XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 18 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi dell'industria siderurgica sta colpendo uno ad uno i maggiori stabilimenti italiani;
    l'industria siderurgica italiana non ha storicamente potuto fruire, al pari di altre realtà internazionali, di una volontà politica indirizzata a difenderne e tutelarne l'eccellenza nei confronti di Paesi come la Cina che possono competere sul mercato con metodi di concorrenza sleale e di maggiore ed indiscusso vantaggio;
    sulla base di tali presupposti l'industria nazionale ha indirizzato i propri investimenti su tutt'altri settori produttivi, ed in prospettiva maggiormente remunerativi, lasciando le realtà siderurgiche nelle mani di colossi internazionali la cui matrice motivazionale è estranea sia ad una tutela dell'eccellenza siderurgica sia all'interesse del mantenimento della produzione italiana;
    nell'ultimo decennio la produzione dell'acciaio in Europa ha registrato un fortissimo calo a fronte della crescita della quantità di acciaio prodotta in Cina, generando preoccupazione sul futuro della siderurgia italiana e facendo emergere la necessità di correggere questa tendenza attraverso l'adozione di iniziative di contrasto alla dislocazione della produzione siderurgica in altri Paesi come la Cina;
    in questo scenario si inserisce la crisi del polo siderurgico di Piombino che è il secondo polo siderurgico a ciclo integrale dopo quello di Taranto e ospita alcune delle più importanti multinazionali di settore come la come la Lucchini, l'Arcelor Mittal-Magona e la Tenaris Dalmine che, occupando circa 6.000 lavoratori, contribuiscono a rendere il polo industriale toscano uno dei principali luoghi di produzione e trasformazione dell'acciaio in Italia e in Europa;
    con il decreto-legge n. 129, del 2012, ha attivato risorse immediate per la bonifica del sito di interesse nazionale di Taranto agevolando prioritariamente tale area industriale senza tener conto di una serie di realtà analoghe o ancora più gravi prevalentemente ubicate al Centro-Nord, una delle quali è appunto Piombino;
    il Governo sta affrontando la crisi del settore siderurgico secondo la logica secondo i firmatari del presente atto distorta di privilegiare le aree svantaggiate del Mezzogiorno; in tal senso la crisi del polo siderurgico di Piombino è stata sottovalutata rispetto a quella di Taranto, anche sulla scia di una campagna mediatica molto accesa;
    le proteste disperate dei lavoratori dei più importanti siti industriali della zona della Val di Cornia testimoniano la gravità della crisi del sito di interesse nazionale di Piombino che sta subendo ingenti perdite;
    la Lucchini, in particolare, è un'azienda che impiega oltre 2.000 dipendenti, che arrivano a 5.000 considerando l'indotto, e sta vivendo una grave crisi finanziaria con la perdita di circa 15 milioni di euro al mese; il rischio della dismissione dell'area a caldo dello stabilimento è concreto e causerebbe una forte emorragia di posti di lavoro. Anche la situazione del gruppo Magona appare critica con il cinquanta per cento di esuberi e la chiusura temporanea di interi reparti produttivi;
    alla luce di tali considerazioni, appare urgente adottare ogni iniziativa di salvaguardia della realtà produttiva ed occupazionale del polo siderurgico di Piombino e di rilancio dell'intero settore industriale siderurgico, in questo caso anche convocando un tavolo tecnico nazionale sulla siderurgia;
    nell'urgenza del momento sarebbe prima di tutto opportuno creare l'immediata appetibilità commerciale di queste strutture industriali, al fine di attrarre investimenti per la riqualificazione degli impianti siderurgici da parte di soggetti che siano realmente interessati al mantenimento dell'industria siderurgica piombinese e alla tutela delle produzioni nazionali, dando così un nuovo impulso all'economia della zona ed evitando di pregiudicare gli attuali livelli occupazionali;
    come poi è stato fatto per Taranto, anche nei confronti del polo siderurgico di Piombino dovrebbe essere applicato l'articolo 27, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, prevedendone l'inclusione tre le aree definite in situazione di crisi industriale complessa, al fine di attivare nuovi investimenti per la riqualificazione produttiva del sito e l'implementazione degli impianti attraverso le migliori tecnologie disponibili;
    occorre inoltre, come fatto per Taranto, attivare risorse pubbliche per la bonifica del sito di interesse nazionale di Piombino al fine di garantire la sostenibilità ambientale delle attività industriali del polo siderurgico;
    solo al termine della fase di emergenza si potranno programmare, in sintonia con gli enti locali, indirizzi di sviluppo a lungo termine del polo siderurgico piombinese, individuando la migliore prospettiva economica per il sito industriale di Piombino che possa garantire i diritti pensionistici acquisiti dei lavoratori e il posto di lavoro per le giovani generazioni,

impegna il Governo:

   ad istituire un tavolo nazionale sulla siderurgia, che tenga conto delle esperienze comunitarie, ai fini della definizione di un piano industriale a lungo termine in grado di riqualificare e promuovere l'industria siderurgica nazionale, che vede negli impianti siderurgici di Piombino uno dei poli industriali strategici per il rilancio dell'economia del Centro-Nord;
   ad assumere ogni iniziativa utile per scoraggiare fenomeni di delocalizzazione industriale che provocano il depauperamento delle risorse produttive del Paese, evitando nel contempo operazioni unicamente indirizzate alla remunerazione finanziaria al di fuori di qualsiasi politica industriale che preservi l'attività siderurgica degli stabilimenti e l'occupazione;
   ad includere il polo siderurgico di Piombino tre le aree definite in situazione di crisi industriale complessa, ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, per la realizzare di progetti riqualificazione del polo industriale in applicazione delle migliori tecnologie disponibili, alla pari del polo siderurgico di Taranto;
   ad attivare, come fatto per Taranto, risorse pubbliche per la bonifica del sito di interesse nazionale di Piombino al fine di garantire la sostenibilità ambientale delle attività industriali del polo siderurgico.
(1-01172) «Fava, Paolini, Grimoldi, Torazzi, Alessandri, Lanzarin, Dussin, Togni, Bonino, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    relativamente agli enti previdenziali, con il decreto legislativo n. 509 del 1994, si era avviata la trasformazione degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, in persone giuridiche private, portando, quindi, alla privatizzazione numerosi enti previdenziali pubblici (Enpaia, Enasarco, Enpam, Enpaf, Enpav, Fimit, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e altre), non sottraendoli però alla funzione sociale e alla caratteristica di essere privi di lucro e, comunque, sottoponendoli al controllo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'economia e delle finanze, oltre al controllo della Corte dei conti;
    la scelta di procedere alla cessione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, attraverso le cosiddette «cartolarizzazioni», è stata, quindi, avviata dal legislatore con il decreto legislativo n. 104 del 1996, che, tra l'altro, all'articolo 3, comma 3, riconosceva ai conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di prelazione;
    la normativa contenuta principalmente nel decreto legislativo n. 104 del 1996 e successivamente dai decreti-legge n. 351 del 2001 e n. 41 del 2004, recante «disposizioni in materia di determinazione del prezzo di vendita di immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione», miravano a realizzare una dismissione equa e corretta per la proprietà e per gli inquilini;
    successivamente, però, l'approvazione della legge n. 243 del 2004, e in particolare il comma 38 dell'articolo 1 in essa contenuto, basato su un uso strumentale dell'interpretazione autentica della citata legge n. 104 del 1996, ha consentito agli enti effettivamente privatizzati, ai sensi del citato decreto legislativo n. 509 del 1994, di non applicare la disciplina prevista dal medesimo provvedimento e, in particolare, quella parte contenente l'obbligo di vendita e di fissazione di canoni di affitto ai valori del 2001;
    detto comma 38, ha dato, quindi, il via libera ai citati enti interessati a procedere a un'operazione di dismissione del proprio patrimonio immobiliare a prezzo di mercato, con valori correnti e non più riferiti al 2001, e a rinnovi dei contratti di locazione con aumenti dei canoni fino al 100 per cento (non più inferiori a quelli di mercato), con conseguenti rischi di sfratto per tutti gli inquilini non disposti ad accettare in conseguenza degli alti prezzi;
    si ricorda che la dismissione degli enti previdenziali, trasformati in «persone giuridiche private» con il citato decreto legislativo n. 509 del 1994, sta cancellando un comparto edilizio che da più di 20 anni ha svolto l'importante funzione sociale di calmierare i prezzi degli affitti;
    accanto a ciò, va altresì ribadito come una gestione del proprio patrimonio, spesso poco trasparente ed effettuata con investimenti a rischio da parte dei suddetti enti, non può in nessun caso ricadere negativamente sugli inquilini dei medesimi enti;
    peraltro, anche gli enti previdenziali rimasti pubblici, tra cui l'Inps e l'Inpdap, hanno ancora un consistente patrimonio invenduto di cui una parte tenuto sfitto;
    va ricordato che l'articolo 43-bis del decreto-legge n. 207 del 2008, recante «Interventi nelle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, ha disposto – a decorrere dal marzo 2009 – il trasferimento della titolarità degli immobili cartolarizzati agli enti previdenziali originariamente proprietari, ed il contestuale subentro in tutti i rapporti attinenti alle procedure di vendita relative agli immobili trasferiti, confermando le tutele e le garanzie sociali vigenti per i conduttori, in particolare quelle previste dall'articolo 3, comma 20, del decreto legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001;
    a circa due anni della citata reimmissione in possesso, il processo di alienazione non è ripreso, determinando una situazione di gravissima inquietudine e di disagio tra i conduttori degli alloggi medesimi;
    a ciò si aggiunge la situazione di circa duemila famiglie di cosiddetti occupanti senza titolo per la cui regolarizzazione si era impegnata la stessa Inps;
    la scelta di dismissione degli alloggi degli enti previdenziali, insieme alla politica degli affitti che vengono portati ai livelli di quelli di mercato, sta contribuendo da troppo tempo ad aggravare l'emergenza abitativa: oltre 430.000 famiglie in difficoltà con il pagamento dei mutui; 65 mila sentenze di sfratto solo nel 2010, di cui circa l'85 per cento è per morosità. Con l'attuale trend di crescita, se ne prevedono 200 mila nei prossimi tre anni;
    al dramma degli sfratti, si aggiunge quello delle aste giudiziarie per insolvenza da mutui, altro fenomeno in pericoloso incremento. Insomma, una situazione di vero allarme sociale che riguarda tutto il Paese, anche se con situazioni di vera e propria emergenza per le grandi aree urbane, Roma in particolare;
    solo a Roma, infatti, sono circa 30 mila gli alloggi degli enti previdenziali privatizzati, la maggior parte dei quali in via di dismissione o di «valorizzazione» tramite l'aumento degli affitti, a cui si aggiungono quelli di proprietà di altri enti come le assicurazioni;
    secondo l'Asia-Usb, l'associazione inquilini e assegnatari, circa il 40 per cento di questi inquilini coinvolti ha difficoltà economiche legate alla vendita delle proprie case;
    a quanto sopra esposto, si aggiunge la totale assenza di politiche abitative pubbliche adeguate e il gravissimo totale azzeramento del «Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione», previsto dall'articolo 11, comma 1, della legge n. 431 del 1998; strumento fondamentale in mano agli enti locali per una politica della casa attenta alle esigenze delle famiglie più bisognose. Si ricorda che obiettivi del fondo sono la concessione, ai conduttori aventi i requisiti minimi richiesti, di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione, nonché il sostegno delle iniziative intraprese dai comuni tese a favorire la mobilità nel settore della locazione, attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione per periodi determinati;
    ebbene, detto fondo nel 2008 aveva ricevuto risorse per 205,6 milioni di euro. Nel biennio successivo gli stanziamenti erano stati ridotti a 161,8 milioni di euro nel 2009 e a 143,8 milioni di euro nel 2010. Nel 2011, il fondo viene praticamente svuotato completamente, con una riduzione delle risorse disponibili a meno di 33 milioni di euro. In pratica, dal 2008 al 2011 si è assistito a un taglio dell'84 per cento delle risorse. Infine, dal 2012 questo importante fondo non è più rifinanziato: le risorse a sua disposizione sono attualmente pari a zero euro,

impegna il Governo:

   a individuare delle soluzioni in grado di tutelare i diritti degli attuali conduttori degli immobili di proprietà degli enti previdenziali privatizzati, anche attraverso l'avvio di un tavolo interistituzionale per affrontare le conseguenze sociali della vendita e dell'incremento degli affitti degli immobili dei sopra indicati enti previdenziali privatizzati;
   ad assumere iniziative per prevedere un blocco delle procedure di vendita in attesa di un accordo da raggiungere in sede del citato tavolo interistituzionale finalizzato, che tuteli effettivamente gli inquilini degli immobili dei medesimi enti;
   ad affrontare, nell'ambito degli interventi oggetto del presente atto di indirizzo, il problema degli sfratti per morosità incolpevole, anche attraverso una moratoria dei medesimi, nonché una sospensione delle aste giudiziarie per insolvenza sul pagamento dei mutui per la prima casa;
   ad intervenire presso gli enti previdenziali pubblici, Inps, Inail, Inpdap, affinché il processo di alienazione a favore dei conduttori riprenda tempestivamente, mantenendo inalterate le tutele e le garanzie previste dalla legge, in particolare quelle previste dal comma 20, dell'articolo 3, della legge n. 410 del 2001, confermate dall'articolo 43-bis del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009.
(1-01173) «Piffari, Borghesi, Donadi, Paladini, Evangelisti».


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia nei primi nove mesi del 2012 hanno portato i libri in tribunale più di trentacinque imprese al giorno, quasi 1.000 al mese, per un totale di 8.718 fallimenti. È quanto emerge dall'analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata alla fine del terzo trimestre 2012, realizzata da Cribis D&B, società del gruppo Crif specializzata nella business information;
    più specificatamente, dopo i 3.212 casi rilevati nel primo trimestre e i 3.109 del secondo, nel terzo trimestre dell'anno (caratterizzato dalla presenza del mese di agosto, che tradizionalmente ne comprime la dinamica) sono fallite 2.397 imprese (contro le 2.205 del terzo trimestre 2011). Considerando il trend dal 1o gennaio 2009, quando la crisi economica ha iniziato a far sentire, sono complessivamente 41.556 le imprese ad aver dichiarato fallimento;
    nel 2012 sono state le società di capitali a rappresentare la maggioranza, con 6.674 casi, pari al 77 per cento del totale, a dimostrazione di un'accelerazione e allargamento della crisi;
    una delle concause che hanno accelerato i fallimenti e la crisi di numerose aziende è da ricercarsi nel patto di stabilità che blocca l'utilizzo delle risorse presenti nelle casse delle Amministrazioni locali che non possono pagare i crediti nei confronti delle aziende;
    anche l'associazione nazionale dei costruttori edili ha lanciato un grido di allarme, denunciando che nel primo trimestre dell'anno ben 750 imprese di costruzioni hanno dichiarato fallimento;
    in particolare l'ANCE denuncia che, nel proprio settore, dall'inizio della crisi, sono fallite 7552 imprese e che ciò ha comportato la perdita di 380 mila posti di lavoro;
    in occasione dell'assemblea nazionale, l'ANCE ha richiesto una revisione in tempi strettissimi del patto di stabilità degli enti locali, che hanno ritardi di pagamenti che vanno da otto mesi a due anni, ben al di sopra delle norme comunitarie che impongono il pagamento della pubblica amministrazione entro sessanta giorni;
    tale situazione rischia di bloccare nel prossimo triennio investimenti per 32 miliardi di euro con gravissime ripercussioni sui livelli occupazionali già fortemente erosi dal prolungamento della crisi economica;
    il sistema impresa nel nostro Paese, in questo momento, si trova schiacciato nella morsa micidiale determinata dalla mancanza di politiche di sviluppo, dal dimezzamento degli investimenti, da una pressione fiscale insopportabile e dalle ben note difficoltà di accesso al credito;
    appare evidente che le nostre imprese non potranno esistere e resistere ancora per molto se persisterà l'attuale chiusura del credito e la piaga dei ritardati pagamenti;
    ci troviamo di fronte ad una situazione eccezionalmente grave e, di conseguenza, sono necessari interventi parimenti eccezionali se non vogliamo che il PIL continui a scendere e che le imprese dichiarino bancarotta mandando a picco ogni possibilità di ripresa;
    questa situazione, ovviamente, pesa maggiormente nel Mezzogiorno dove i ritardi storici in termini di infrastrutture e investimenti, hanno prodotto un gap economico nei confronti del resto del Paese;
    in Sicilia in particolare, nonostante l'intesa firmata tra il Ministro dell'economia e la regione siciliana, che consentirà di derogare la patto di stabilità 2012, sbloccando 600 milioni da destinare alla spesa e 300 milioni per futuri investimenti, la crisi è talmente profonda che si rischia il tracollo economico e la crisi più nera;
    non si può nascondere la gravità della crisi e lo scarso coraggio del Governo che si è limitato ad interventi tesi a ridurre il debito pubblico senza però riuscire a dare segnali particolarmente significativi sul fronte del rilancio dell'economia e dello sviluppo;
    le famiglie sono state costrette a ridurre pesantemente le loro spese, molte imprese, soprattutto quelle piccole e medie che rappresentano il tessuto produttivo del nostro Paese, sono in crisi profonda o hanno fallito, e le banche continuano a operare in un'ottica di esclusiva protezione dei propri presunti interessi continuando a preferire le operazioni sui mercati finanziari e continuando a rendere difficoltoso l'accesso al credito;
    il perseverare di tale situazione sta gettando nella disperazione il sistema produttivo italiano, in particolare la piccola e media impresa (in Europa una su cinque è italiana e nel loro insieme essere rappresentano il 99,8 per cento del totale delle imprese europee. Più di nove su dieci hanno meno di dieci dipendenti e in esse trovano occupazione due terzi dei lavoratori europei. Le aziende artigiane, inoltre, sono cinque milioni, e la microimpresa italiana crea il 31,5 per cento del valore aggiunto del Paese), che stante il perdurare della crisi rischia di perdere il ruolo di volano dell'occupazione italiana;
    se vogliamo realmente rilanciare crescita e competitività bisogna iniziare dall'azzerare i debiti della parte pubblica nei confronti dei privati, quantomeno con lo stesso accanimento e rapidità con cui la parte pubblica persegue i propri creditori che ritardano i propri nei confronti della cosa pubblica,

impegna il Governo

   a promuovere tutte le iniziative normative necessarie per ovviare ai pagamenti delle transazioni commerciali, in particolar modo quelle che interessano le pubbliche amministrazioni, cercando di rispettare le norme comunitarie che impongono il pagamento, da parte della pubblica amministrazione, entro sessanta giorni;
   ad assumere iniziative dirette a rivedere il patto di stabilità quantomeno nella norma che costringe i comuni e le pubbliche amministrazioni a non pagare le imprese che hanno già portato a termine lavori per il pubblico diventando così protagonisti e agenti involontari indiretti di molti fallimenti, verificando, qualora risultasse necessario, la possibilità di incrementare il ruolo della Cassa depositi e prestiti, affinché oltre ai prestiti alle piccole e medie imprese, che vanno in ogni caso incrementati, possa intervenire per coprire i debiti contratti dalla Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese;
   a promuovere un quadro organico di interventi a favore delle micro, piccole e medie imprese che rappresentano il volano dello sviluppo nel nostro Paese.
(1-01174) «Gianni, Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni V e XIV,
   premesso che:
    il 12 settembre 2012 il Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ha presentato, dando seguito al mandato conferitogli dal Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012, un documento di consultazione in vista della elaborazione, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione, Barroso, il presidente dell'Eurogruppo, Juncker, e il presidente della BCE, Draghi, di una relazione intermedia – da presentare entro ottobre 2012 – e di una relazione finale, da presentare entro fine 2012, sugli ulteriori sviluppi dell'Unione economica e monetaria;
    la relazione finale dovrà, in particolare, stabilire una tabella di marcia specifica e circoscritta nel tempo per la realizzazione di un'autentica Unione economica e monetaria, indicando ciò che può essere fatto a Trattati vigenti e quali misure richiederebbero una loro modifica;
    il documento di consultazione, al fine di strutturare il dialogo con gli Stati membri e con il Parlamento europeo, pone una serie di quesiti su quattro settori fondamentali: cornice finanziaria integrata, quadro di bilancio e unione fiscale, cornice integrata per le politiche economiche, legittimità democratica e responsabilità. Ulteriori quesiti potranno essere proposti dalle parti interessate; il 17 settembre 2012, inoltre, è stato presentato il rapporto finale del gruppo di lavoro di ministri degli esteri sul futuro dell'Europa, costituito nel marzo 2012 su iniziativa del Ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle, che ha prospettato alcune importanti proposte anche in merito alle materie oggetto del documento di consultazione;
    è essenziale che le Camere siano coinvolte, in stretto raccordo con il Governo, nella predisposizione della posizione italiana sulle opzioni prospettate nel documento di consultazione, tenuto conto della rilevanza delle decisioni che saranno assunte dal Consiglio europeo di dicembre 2012 ai fini dell'avanzamento del processo di integrazione economica e politica;
    la Camera dei deputati ha già approvato il 27 giugno 2012, in vista del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 le mozioni, Cicchitto ed altri n. 1-01076, Moffa ed altri n. 1-01088, Donadi ed altri n. 1-01095, e Franceschini, Galletti, Della Vedova, Pisicchio, Nucara, Cambursano, Brugger e Melchiorre n. 1-01101, che contengono specifiche indicazioni in merito alla realizzazione di un'unione bancaria, di un'unione fiscale, di un autentico governo economico e alla necessità di riavviare un processo costituente in vista della costruzione di un'Europa politica e federale;
    appare opportuno ribadire, con riferimento agli specifici quesiti posti dal documento di consultazione, le indicazioni contenute nelle mozioni sopra richiamate affinché il Governo ne tenga conto nella predisposizione del suo contributo alla consultazione;
    ciò vale in particolare per le questioni connesse al rafforzamento della legittimità democratica e al coinvolgimento dei Parlamenti nel nuovo governo economico europeo;
    le misure adottate dall'Unione europea in risposta alla crisi e, in particolare, la costruzione del nuovo sistema di governance economica europea, rendono urgente la creazione di nuovi canali per il coinvolgimento diretto dei parlamenti nazionali nella formazione delle scelte politiche e normative dell'Unione;
    l'esercizio, secondo una logica meramente nazionale, di tali prerogative potrebbe, in particolare, pregiudicare il percorso dell'Area euro e dell'Unione verso forme più avanzate di integrazione implicanti una condivisione di ampie aree di sovranità che dovrà essere deliberata in modo consapevole e non rituale dai parlamenti dei Paesi partecipanti;
    è pertanto necessario individuare sedi e procedure attraverso cui, i Parlamenti nazionali, anche in cooperazione con il Parlamento europeo, possano dialogare effettivamente e tempestivamente con le Istituzioni dell'Ue in tutte le fasi della formazione ed attuazione delle politiche e della normativa dell'UE;
    a questo scopo riveste particolare rilievo l'attuazione dell'articolo 13 del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria (cosiddetto fiscal compact), il quale demanda al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali delle parti contraenti, di determinare insieme l'organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei Parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del Parlamento europeo;
    va ribadito l'impegno di tutte le forze politiche a proseguire – in piena coerenza con gli obiettivi e le scadenze fissati a livello di Unione europea – l'azione di consolidamento delle finanze pubbliche e le riforme strutturali necessarie per rilanciare la crescita e l'occupazione del Paese,

impegnano il Governo:

   a) a promuovere, in occasione del Consiglio europeo di dicembre 2012, l'approvazione con gli Stati membri dell'eurozona e gli altri Paesi disponibili di una dichiarazione che avvii, contestualmente alla realizzazione di un'Unione fiscale ed economica, un processo costituente in vista di una progressiva integrazione politica e federale che dovrà avanzare secondo scadenze precise con la partecipazione dei Paesi che decideranno democraticamente di aderirvi;
   b) con riferimento alla creazione di una cornice finanziaria integrata europea:
    ad adoperarsi per una rapida approvazione delle due proposte di regolamento per la creazione di un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario, presentate dalla Commissione europea il 12 settembre 2012, valutando i possibili correttivi al fine di rendere coerenti ed efficaci i sistemi di regolamentazione e vigilanza europeo e nazionali nell'area euro e nell'Unione europea a 27;
    a mantenere fermo, in coerenza con le proposte della Commissione, il principio per cui la Banca centrale europea ha poteri di vigilanza diretta su tutte le banche dell'area euro (cosiddetta «vigilanza universale»), pur valutando la previsione di procedure e parametri di vigilanza differenziati in base alla rilevanza sistemica delle banche stesse;
    a sostenere l'introduzione di meccanismi volti ad assicurare la piena ed effettiva coerenza tra i poteri di vigilanza attribuiti alla Banca centrale europea e le funzioni di regolamentazione di risoluzione delle controversie mantenute in capo all'Autorità bancaria europea;
    a ribadire che, all'atto dell'entrata in vigore del sistema di vigilanza centralizzata, in coerenza con le decisioni del vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'area euro del 28-29 settembre, il Meccanismo europeo di stabilità potrà procedere alla erogazione diretta di aiuti alle banche in crisi, senza attendere, come richiesto da alcuni Stati membri, ulteriori e successive verifiche sulla effettività del medesimo sistema di vigilanza che non sarebbero compatibili con l'esigenza di una risposta immediata ed efficace rispetto allo stato di crisi di alcuni Paesi;
    a sostenere una rapida approvazione della proposta legislativa che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento e delle prossime iniziative per l'istituzione di un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie e di un fondo europeo di garanzia dei depositi bancari, assicurando che tali fondi siano finanziati con i contributi del settore privato, ricorrendo alle risorse pubbliche solo in ultima istanza;
    a sostenere ogni iniziativa necessaria a migliorare e rendere più efficace la regolamentazione europea dei mercati creditizi e finanziari, quale elemento indispensabile per il superamento della crisi dei debiti sovrani, rafforzando ulteriormente, in particolare, il quadro regolamentare sulle agenzie di rating;
   c) con riguardo alla creazione di un quadro di bilancio integrato e di un'unione fiscale:
    a sostenere la contestuale creazione di un dipartimento del tesoro europeo e di un bilancio europeo rafforzato;
    a sostenere altresì la creazione di un Fondo per il rimborso del debito (o European Redemption Fund), quale prospettato dagli emendamenti approvati dal Parlamento europeo alle proposte di regolamento del cosiddetto two-pack, ferma restando la necessità di prevedere l'impegno dei Paesi dell'eurozona a procedere, a medio-lungo termine, all'emissione in comune, a regime, di parte del debito pubblico degli Stati membri, in coerenza con la prospettiva di unione in senso federale;
    a valutare nel medio termine la trasformazione del meccanismo europeo di stabilità in un «Fondo monetario europeo», dotato di poteri adeguati;
    a promuovere la predisposizione, da parte della Commissione europea, di uno studio di fattibilità sull'impatto e l'applicazione di regole che consentano lo scorporo totale o parziale dal calcolo del deficit strutturale dagli aggregati rilevanti ai fini della verifica del rapporto deficit/PIL delle spese per gli investimenti pubblici sostenute dagli Stati membri nell'ambito di interventi cofinanziati dal bilancio dell'Unione europeo o dalla BEI;
   d) con riferimento alla cornice integrata delle politiche economiche:
    a considerare prioritaria l'istituzione di un «Governo economico» dell'Eurozona, attribuendo, mediante appropriate modifiche ai Trattati, al Consiglio e all'Eurogruppo, su proposta della Commissione e in codecisione con il Parlamento europeo, poteri vincolanti in merito alle grandi scelte di politica economica e dell'occupazione;
    ad adoperarsi affinché, anche mediante le appropriate modifiche ai trattati, sia considerato quale obiettivo prioritario del coordinamento rafforzato delle politiche economiche il rilancio della crescita, mediante investimenti finalizzati allo sviluppo dell'impresa e dell'occupazione volti a ridurre il differenziale di competitività tra gli Stati membri e tra l'Unione europea e i principali competitori globali e finanziati direttamente o indirettamente dal bilancio dell'Unione europea;
    a valutare, a tale scopo, in modo approfondito l'ipotesi di ricorrere alla emissione diretta di titoli obbligazionari della BEI o della Commissione europea per finanziare integralmente progetti di rilievo europeo (cosiddetto Growth and project bond), dando mandato alla Commissione stessa di predisporre uno studio – a prevedere un ampio ricorso tra i Paesi dell'area euro alle cooperazioni rafforzate nel settore della tassazione, anche diretta, al fine di ridurre la concorrenza fiscale dannosa tra Stati membri che non appare compatibile con la creazione di un'autentica unione economica;
    a rendere vincolanti, nel nuovo quadro di governance economica, gli impegni previsti dalla Strategia Europa 2020 per la crescita e l'occupazione e dal patto euro plus;
   e) con riguardo alla legittimità democratica e alla responsabilità:
    a sostenere la creazione di un autentico governo politico ed economico europeo che abbia piena legittimazione democratica e goda della fiducia di un compiuto sistema parlamentare europeo;
    a prevedere il pieno coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nel processo costituente per la costruzione di un'Europa politica e federale mediante la convocazione di una convenzione per la riforma dei trattati;
    ad adoperarsi per rafforzare nel contesto del nuovo sistema istituzionale il ruolo dei partiti politici europei, quale strumento essenziale per consolidare la democrazia rappresentativa europea, creare uno spazio pubblico europeo ed assicurare così la piena legittimazione democratica del sistema stesso;
    a promuovere l'attribuzione al Parlamento europeo di poteri codecisori ai fini della definizione degli indirizzi di politica economica dell'Unione europea e adeguati poteri di controllo sull'attuazione del Trattato istitutivo del meccanismo europeo di stabilizzazione;
    ad adoperarsi affinché la Commissione trasmetta tempestivamente ai parlamenti nazionali, oltre ai documenti previsti dai protocolli n. 1 e n. 2, ogni ulteriore elemento di informazione e valutazione utile in merito alle decisioni relative ai nuovi meccanismi di governance economica;
    a promuovere, in analogia a quanto previsto dal Protocollo n. 1 vigente, che il Consiglio non possa procedere all'adozione di decisioni in materia economica e finanziaria prima che sia trascorso un periodo minimo dalla trasmissione dei progetti di tali decisioni ai parlamenti nazionali, in modo da garantire l'effettiva possibilità che ciascuna assemblea si pronunci secondo le rispettive competenze e procedure;
    a sostenere, ferma restando la competenza esclusiva in materia dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, in particolare in sede di Conferenza dei Presidenti:
     1) la rapida creazione della conferenza prevista dall'articolo 13 del «Fiscal compact» nonché, nell'ambito della medesima, di una conferenza ristretta di rappresentanti dei parlamenti nazionali dell'Area euro e del Parlamento europeo per la trattazione delle questioni specifiche dell'eurozona, in stretto raccordo con l'Eurogruppo;
     2) la partecipazione ad entrambe le Conferenze di rappresentanti della Commissione europea, del Consiglio e della Banca centrale europea al fine di riferire in merito all'elaborazione e all'attuazione degli orientamenti di politica economica e dell'occupazione nonché all'esercizio delle funzioni di vigilanza finanziaria;
     3) lo svolgimento delle due conferenze ad inizio autunno al fine di procedere all'analisi dei risultati della sorveglianza multilaterale sull'attuazione delle raccomandazioni specifiche rivolte dal Consiglio agli Stati membri;
     4) l'opportunità di valutare con attenzione se prevedere l'adozione da parte delle due conferenze di contributi da indirizzare alle Istituzioni dell'Unione europea in merito ad ogni aspetto del nuovo sistema di governance economiche;
     5) l'opportunità di valutare lo svolgimento di una seconda riunione delle due conferenze ad inizio di ogni anno, prima del Consiglio europeo di primavera, eventualmente nell'ambito di una «settimana parlamentare europea», che includerebbe anche riunioni delle varie Commissioni settoriali, in modo da assicurare un effettivo indirizzo parlamentare sull'analisi annuale della crescita.
(7-01015) «Pescante, Ciccanti, Gozi, Buttiglione, Formichella, Farinone, Razzi, Fucci, Stanca, Merloni, Gottardo, Lucà, Pompili».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 16 settembre 2011 è stato pubblicato il concorso pubblico per l'ammissione al 2o corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri, bandito con il decreto del Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare – del 13 settembre 2011;
   il 25 febbraio 2012 è stato indetto un bando per esami e titoli per il reclutamento di 1.886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale, il concorso si è concluso il 26 marzo 2012;
   il bando prevedeva espressamente che «i candidati idonei, fino a concorrenza dei posti messi a concorso saranno dichiarati vincitori secondo l'ordine delle graduatorie ed ammessi alla frequenza del corso formativo, che si svolgerà presso i Reparti di istruzione di assegnazione» e che «i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, dovranno presentarsi presso i Reparti di istruzione, nella data e con le modalità che saranno resi noti, verosimilmente a partire dal 21 settembre 2012»;
   con il decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», è stato previsto il blocco del turnover al 20 per cento per il triennio 2012-2014;
   con l'applicazione della disposizione citata in merito al concorso per allievi carabinieri, su 1.886 posti in graduatoria ne saranno arruolati solamente 241;
   l'esigenza di procedere ad una riduzione della spesa era palese ancor prima de 6 luglio 2012, data del decreto-legge, facendo credere ai candidati che i tagli previsti non avrebbero compromesso la svolgimento dei concorsi;
   negli ultimi anni molteplici sono stati i tagli di risorse umane e finanziarie subìti principalmente dal settore dell'esercizio inferti al settore della difesa e della sicurezza;
   il Senato, il 27 settembre 2012, ha approvato mozioni sull'assunzione di personale della Polizia di Stato e dei vigili del fuoco con le quali il Governo si è impegnato a promuovere l'adozione di misure correttive per introdurre l'innalzamento del limite del turnover per le assunzioni delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e dei Vigili del fuoco almeno al 50 per cento,

impegna il Governo:

   a tutelare gli aspiranti che sono stati idonei ma non chiamati all'arruolamento, in modo da poter attingere dalla stessa graduatoria sino ad esaurimento;
   ad adottare iniziative normative correttive per introdurre l'innalzamento del limite del turnover per le assunzioni nell'Arma dei Carabinieri almeno del 50 per cento fino ad arrivare al completo ripristino.
(7-01017) «Di Stanislao».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il credito al consumo riveste un ruolo centrale in tutte le economie contemporanee e svolge finalità molto positive, rappresentando un importante canale di finanziamento, attraverso il quale la domanda di beni, soprattutto di natura durevole e di servizi, può essere soddisfatta;
    le vicende di questi ultimi anni, segnatamente la grande crisi economica e finanziaria avviata con la crisi dei mutui sub-prime, ha tuttavia messo in luce una serie di criticità in tale ambito, che, per quanto riguarda l'Italia, riguardavano principalmente i profili di tutela dei consumatori, nonché la vigilanza degli operatori attivi in questo mercato;
    anche alla luce di tali considerazioni il settore del credito al consumo è stato interessato, nel corso degli ultimi tre anni, da un articolato e complesso intervento di riforma, legato in primo luogo all'attuazione nell'ordinamento italiano della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori;
    l'attuazione della predetta direttiva ha costituito l'occasione propizia per intervenire, in termini più ampi, sulla disciplina in materia di trasparenza e revisione della disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario e degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi;
    le Commissioni parlamentari competenti in materia sono state coinvolte in tale processo di revisiona della normativa in materia, esprimendo il parere, in primo luogo sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché revisione della disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (atto n. 225), divenuto il decreto legislativo n. 141 del 2010, quindi sullo schema di decreto legislativo concernente modifiche al decreto legislativo n. 141 del 2010, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (atto n. 287), e da ultimo, sullo schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo n. 141 del 2010, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (atto n. 486);
    in particolare, la commissione finanze della Camera ha compiuto su tali tematiche un lavoro molto attento nel corso della presente legislatura, dapprima svolgendo un'approfondita indagine conoscitiva che ha portato all'approvazione all'unanimità di un documento conclusivo nel quale sono state formulate numerose proposte normative, quindi formulando, in sede di espressione del parere sugli schemi di decreto legislativo appena ricordati, una nutrita serie di osservazioni al Governo, tese a migliorare il contenuto dei provvedimenti;
    l'azione di collaborazione ed indirizzo rispetto allo svolgimento dell'attività legislativa delegata del Governo svolta dalla Commissione finanze assume ancor più rilievo politico ed istituzionale, in quanto essa è stata compiuta in uno spirito di proficua collaborazione tra tutti i gruppi politici presenti in Commissione e, spesso, attraverso una preventiva interlocuzione con gli stessi uffici governativi responsabili della stesura dei predetti decreti legislativi, a prescindere da alcuna contrapposizione ideologica e con l'esclusivo obbiettivo di contribuire a definire un quadro normativo moderno, chiaro ed efficace;
    in tale contesto appare grave ed immotivata la scelta del Governo di non tener conto di molte delle osservazioni formulate nei pareri espressi, disperdendo in tal modo il lavoro compiuto in sede parlamentare;
    a questo proposito occorre inoltre segnalare come molte delle scelte decisive rispetto a numerosi aspetti della nuova normativa dovranno essere compiuti in sede di emanazione della disciplina secondaria di attuazione, della quale sono per lo più responsabili il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia;
    sotto quest'ultimo profilo è fondamentale che il Parlamento, attraverso le Commissioni competenti in tale settore, possa monitorare le scelte compiute con la disciplina di attuazione, avvalendosi del costante apporto informativo del Governo;
    in sintesi, è necessario che gli organi parlamentari, nell'esercizio della loro funzione di sindacato ispettivo, controllo e indirizzo sull'attività del Governo, siano posti nella condizione di valutare nel complesso il quadro delle scelte normative, sia di rango primario, sia di rango secondario, compiute dall'Esecutivo su tale disciplina, attraverso un'interlocuzione con gli organi governativi,

impegna il Governo

a fornire al Parlamento puntuali elementi di informazione rispetto al complessivo processo di adeguamento dell'ordinamento nazionale alla direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, con particolare riferimento alle ragioni che hanno indotto l'Esecutivo a non recepire numerose delle osservazioni contenute nei pareri parlamentari approvati dalle Commissioni parlamentari competenti sugli schemi di decreto legislativo adottati in materia, nonché ad informare le Commissioni parlamentari competenti in materia circa l'attuazione di tale disciplina, con specifico riguardo all'emanazione della relativa normativa secondaria.
(7-01013) «Pagano».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il 21 maggio 2012 è stato dichiarato lo stato di emergenza, con il termine del 31 luglio 2012, a seguito degli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo;
    gli interventi d'urgenza stabiliti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, nonché con le delibere del Consiglio dei ministri del 22 e del 30 maggio 2012, si erano resi necessari a seguito una situazione di evidente gravità sia per il numero di vittime che per il sistema economico e produttivo una vasta area geografica interessata: dall'Emilia-Romagna alla Lombardia;
    l'articolo 59 del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, recante: «misure urgenti per la crescita del Paese, successivamente convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha destinato specifici interventi a favore del settore agricolo per contrastare la crisi del mercato;
    il comma 3 del suesposto articolo, ha stanziato in particolare 19,738 milioni di euro la cui disponibilità è presente sul bilancio dell'Agea;
    la situazione estremamente grave e difficile che ha investito le zone colpite dal terremoto del maggio scorso, ha determinato per il settore agricolo e produttivo delle suesposte aree territoriali, conseguenze estremamente negative e penalizzanti, con particolari riflessi economici e finanziari per la filiera dei formaggi Dop, con oltre 600 mila forme di Parmigiano Reggiano e oltre 300 mila di Grana Padano cadute a terra e danneggiate in alcuni casi in maniera irreparabile;
    i caseifici e le attività di lavorazione dei formaggi direttamente danneggiate dal sisma, che hanno subito un danno economico diretto, attualmente quantificato dai consorzi di tutela approssimativamente pari a 130-140 milioni di euro complessivi, segnalano ulteriori profili di criticità, a causa della perdita del «pegno» che rappresentava la base per i rapporti con gli istituti di credito;
    le imprese, anche quelle cooperative, coinvolte dalla tragica calamità naturale, che operano all'interno della suesposta filiera del formaggio Dop, incluse quelle del parmigiano reggiano e del grana padano, unitamente a quelle dell'intero settore agroalimentare che lavorano in ambiti di filiera differenti, sono attivamente impegnate attualmente in diversi ambiti d'intervento, per avviare e promuovere iniziative di solidarietà e di sostegno all'interno dei Consorzi di tutela, ed evitare un crollo dell'intero sistema produttivo, con inevitabili conseguenze a livello territoriale, sul profilo occupazionale,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti per destinare alle imprese che operano nella lavorazione e produzione dei formaggi Dop, almeno 15 milioni dei 35 milioni di euro minimi necessari, nell'ambito dei fondi stanziati dall'articolo 59, comma 3, del decreto-legge 22 giugno n. 83 del 2012, come esposto in premessa, per il parziale risarcimento dei danni al prodotto subiti dall'evento sismico del maggio 2012.
(7-01014) «Beccalossi, Bellotti, Biava, Catanoso, De Camillis, Di Caterina, Dima, Faenzi, Martinelli, Miserotti, Nastri, Nola, Romele, Rosso».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la legislazione alimentare comunitaria si prefigge, quale principio generale, di costituire una base per consentite ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano e di prevenire qualunque pratica in grado di indurre in errore il consumatore;
    il Regolamento n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, aggiorna e armonizza, tra le altre cose, la disciplina concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, le cui norme erano prima contenute nella direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000 e risalivano per la maggior parte al 1978;
    il legislatore comunitario nell'aggiornamento della disciplina sull'etichettatura degli alimenti afferma, nel considerando numero 9 del citato regolamento 1169/2011, che «anche se gli obiettivi originari e i principali componenti dell'attuale legislazione sull'etichettatura continuano a essere validi, è necessario che essa sia razionalizzata al fine di agevolarne il rispetto e aumentare la chiarezza per le parti interessate, modernizzandola allo scopo di tenere conto dei nuovi sviluppi nel settore delle informazioni sugli alimenti. Il presente regolamento gioverà sia agli interessi del mercato interno, semplificando la normativa, garantendo la certezza giuridica e riducendo gli oneri amministrativi, sia al cittadino, imponendo un'etichettatura dei prodotti alimentari chiara, comprensibile e leggibile»;
    in particolare, si rileva che «qualunque considerazione sulla necessità di informazioni obbligatorie sugli alimenti dovrebbe tener conto dell'interesse ampiamente mostrato dalla maggioranza dei consumatori a che siano fornite determinate informazioni» e che «le indicazioni relative al Paese d'origine o al luogo di provenienza di un alimento dovrebbero essere fornite ogni volta che la loro assenza possa indurre in errore i consumatori per quanto riguarda il reale paese d'origine o luogo di provenienza del prodotto. In tutti i casi, l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza dovrebbe essere fornita in modo tale da non trarre in inganno il consumatore e sulla base di criteri chiaramente definiti in grado di garantire condizioni eque di concorrenza per l'industria e di far sì che i consumatori comprendano meglio le informazioni relative al paese d'origine e al luogo di provenienza degli alimenti»;
    nei considerando del medesimo regolamento si sottolinea inoltre come alcune valutazioni di impatto dell'etichettatura obbligatoria – nel caso di specie sulle carni bovine – conferma che l'origine delle carni sembra essere la preoccupazione principale dei consumatori e pertanto «è opportuno l'istituzione di requisiti obbligatori che potrebbero variare da un tipo di carni all'altro» mentre «occorre esaminare la possibilità di estendere ad altri alimenti l'etichettatura di origine obbligatoria» già elaborata sulla base di approcci verticali per il miele, la frutta e gli ortaggi, il pesce, le carni bovine e i prodotti a base di carni bovine e l'olio d'oliva;
    pertanto il Parlamento europeo e il Consiglio attraverso il citato regolamento hanno chiesto alla Commissione di preparare relazioni sui seguenti alimenti: tipi di carni diverse dalle carni delle specie bovina, suina, ovina, caprina e dalle carni di volatili; il latte; il latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari; le carni usate quali ingrediente; gli alimenti non trasformati; i prodotti a base di un unico ingrediente; gli ingredienti che rappresentano più del 50 per cento un alimento; l'obiettivo è l'estensione dell'etichettatura di origine;
    l'innovata legislazione comunitaria in materia di etichettatura indica, quindi, una chiara volontà di apertura ed estensione delle disposizioni sulla etichettatura di origine in corrispondenza al sentimento ed alla volontà dei cittadini comunitari, consumatori sempre più attenti ed esigenti;
    infatti come già detto si individua un percorso esecutivo per l'indicazione obbligatoria del Paese di origine o luogo di provenienza per ulteriori alimenti rispetto a quelli per i quali già oggi è prevista l'indicazione obbligatoria di origine (miele, frutta, ortaggi, pesce, carni bovine e prodotti a base di carne bovina e olio d'oliva);
    l'intenzione è di estendere l'etichettatura obbligatoria di origine ai tipi di carni diverse dalle carni delle specie bovina, suina, ovina, caprina e dalle carni di volatili; il latte; il latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari; le carni usate quali ingrediente; gli alimenti non trasformati; i prodotti a base di un unico ingrediente; gli ingredienti che rappresentano più del 50 per cento di un alimento;
    il tema dell'etichettatura dell'origine dei prodotti alimentari è da molto tempo una richiesta del settore primario nazionale poiché fornisce valide risposte alla duplice esigenza di tutela dei consumatori e di tutela degli interessi economici legati alle produzioni agroalimentari nazionali;
    dopo un complesso iter legislativo, il Parlamento italiano ha quindi approvato la legge 3 febbraio 2011, n. 4 recante «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» dando una forte risposta appunto alla suddetta esigenza prevedendo l'obbligo dell'etichettatura di origine o di provenienza per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati;
    la disciplina nazionale della legge n. 4 del 2011, nel momento della sua approvazione, anticipava gli orientamenti comunitari e soprattutto era contestuale all’iter legislativo del Parlamento europeo e del Consiglio che nell'autunno del 2011 hanno armonizzato in un unico regolamento comunitario (appunto il regolamento 1169/2011) la disciplina sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori in cui è ricompresa l'etichettatura obbligatoria degli alimenti;
    tuttavia dopo quasi due anni dall'approvazione della legge n. 4 del 2011, pur in presenza di condizioni di maggior favore per l'obbligo dell'etichettatura di origine dei prodotti alimentari derivante dal nuovo quadro giuridico costituito dal regolamento 1169/2011, l'esecutivo ancora non ha dato attuazione alla normativa nazionale sull'etichettatura di origine,

impegna il Governo:

   in considerazione del fatto che la normativa nazionale sull'etichettatura di origine dei prodotti alimentari sia stata, di fatto, assorbita da quella comunitaria di cui al regolamento 1169/2011, a predisporre tutti gli atti possibili e necessari a definire le modalità concrete per l'indicazione obbligatoria di origine dei prodotti alimentari e le disposizioni relative alla tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale;
   ad adoperarsi in ogni modo affinché la Commissione europea dia efficacia nei tempi più brevi possibili all'estensione ad altri alimenti dell'etichettatura di origine obbligatoria per la quale il regolamento 1169/2011 definisce una procedura per ciascun alimento da concludere entro il mese di dicembre 2014.
(7-01016) «Servodio, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAZZERA e MONAI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 marzo 2007 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il Ministero delle infrastrutture, la regione Puglia, il comune di Bari e la Rete ferroviaria italiana s.p.a. per la realizzazione di interventi infrastrutturali finalizzati al riassetto del nodo di Bari;
   nel documento vengono definiti «interventi che garantiscono l'inserimento delle reti ferroviarie nel territorio urbano della città, nonché le azioni per la riqualificazione urbanistica delle aree ferroviarie dismesse»;
   le soluzioni progettuali prevedono:
    a Bari Nord l'interramento in galleria artificiale della linea RFI, tratta S. Spirito-Palese, con realizzazione dei binari per l'esercizio provvisorio in affiancamento alla linea esistente, per un costo stimato di 300 milioni di euro (IVA esclusa);
    a Bari Sud la variante della linea RFI, tratta Bari C.le-Bari S. Giorgio, in affiancamento alla circonvallazione stradale, per un costo stimato di 370 milioni di euro (IVA esclusa);
   conseguentemente per la realizzazione del nodo ferroviario di Bari, nel 2008 CIPE ha stanziato 394 milioni di euro come primo blocco degli 850 milioni previsti;
   ciononostante ad oggi non è stato realizzato alcun progetto e i cittadini, soprattutto coloro che abitano a Bari Nord, continuano ad avere grandi problemi di viabilità;
   in particolare, i residenti della circoscrizione di Bari Palese sono costretti a subire da anni la presenza di un fascio di binari che determina una frattura urbanistica tra due parti dello stesso territorio, e i sette passaggi a livello provocano seri problemi di sicurezza;
   ciò è confermato dal fatto che in questi ultimi anni si sono verificati tantissimi incidenti proprio a causa dei passaggi al livello. Da ultimo il 21 settembre 2012 nei pressi di Palese-Macchie un autobus dell'Amtab Bari è stato travolto da un treno merci. Dalle prime stime risulta che per il conducente della locomotiva, a causa della chiusura troppo repentina delle sbarre del passaggio a livello, sia risultato impossibile effettuare una manovra di sicurezza. Fortunatamente l'impatto non ha creato gravi conseguenze ma certamente l'episodio poteva trasformarsi in tragedia;
   secondo quanto risulta all'interrogante, il CIPE avrebbe approvato uno stralcio al progetto originale per cui degli originali 850 milioni euro resterebbero impegnati soltanto quelli destinati agli interventi a Bari Sud;
   qualora confermata, tale scelta appare poco condivisibile visto che l'area che presenta le maggiori criticità è quella di Bari Nord, dove al centro abitato sfrecciano continuamente treni ad oltre 100 chilometri orari –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se corrisponda al vero la notizia secondo cui il CIPE avrebbe approvato la variante al protocollo d'intesa del 2007 escludendo gli interventi nell'area Bari Palese, ed in caso affermativo, se il Ministro intenda chiarire i criteri utilizzati;
   se e come intenda perseguire le soluzioni progettuali contenute nel protocollo succitato, anche al fine di tutelare la sicurezza dei cittadini di Bari Palese.
(4-18166)


   DI PIETRO, DI GIUSEPPE e PIFFARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella propria relazione annuale ai Parlamento italiano, del 4 luglio 2012, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha posto in evidenza i rischi sottesi alla discrezionalità che il combinato disposto del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006) e del relativo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010) mantiene in capo alle stazioni appaltanti nella redazione dei bandi di gara per l'affidamento di lavori, servizi e forniture;
   la discrezionalità di cui alla premessa che precede investe, in particolare, i requisiti di ammissione alla selezione; la determinazione dei criteri e dei pesi di valorizzazione delle offerte tecniche dei concorrenti alla selezione; la determinazione dei criteri di valutazione dell'offerta economica dei medesimi concorrenti; la scelta del metodo di valorizzazione del punteggio finale, con specifico riferimento all'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
   la medesima Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, nel proprio quaderno pubblicato nel dicembre 2011, e specificamente dedicato al criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, aveva già ampiamente rappresentato gli effetti concreti riconducibili alle diverse opzioni di valorizzazione delle offerte consentite dalla normativa di riferimento;
    in particolare, in relazione a ciascuno dei menzionati ambiti di discrezionalità, emergono rischi attinenti sia all'esigenza che sia garantito un adeguato livello di concorrenza, sia all'esigenza che l'offerta prescelta risponda effettivamente al criterio della miglior prestazione assicurata alla comunità (il che, con peculiare riferimento ai casi in cui trova applicazione il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, richiede un rigido vaglio di pertinenza al risultato della prestazione dei criteri, di attribuzione del punteggio qualitativo, e che il punteggio economico sia attribuito in ragione di criteri che salvaguardino la netta prevalenza del profilo tecnico – che, tra l'altro, pare messa a rischio dalla previsione del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, che valorizza i ribassi anziché il prezzo assoluto offerto);
   le tematiche sopra accennate sono notoriamente e da tempo dibattute nell'ambito delle procedure per l'affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale su gomma, settore in relazione al quale è indubbia l'esigenza che si dia progressiva concretezza all'ormai risalente virtuosa scelta del legislatore di apertura alla concorrenza, e che vede proprio al momento attuale indette o prossime importanti procedure selettive il cui esito potrebbe influire in termini, rilevanti sulla composizione soggettiva del settore, anche in chiave di competizione comunitaria;
   peraltro, anche in recenti procedure per la selezione dell'affidatario di servizi di trasporto pubblico locale non sono stati garantiti, adeguati livelli di trasparenza e di apertura alla concorrenza;
   il caso della selezione indetta, alla fine del 2011, dalla regione Molise per l'affidamento di tali servizi, per un unico ambito regionale appare, sotto tale rispetto, emblematica. Basti considerare che in merito a tale procedura:
    a) è pendente un'istruttoria presso l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato diretta all'apprezzamento di scelte della Stazione appaltante che la medesima autorità, sia pur in fase di parere, ha già riconosciuto non in linea con i principi concorrenziali e le norme al tempo vigenti in materia;
    b) v’è notizia che siano state effettuate, da soggetti diversi, ulteriori segnalazioni e richieste di intervento alle medesima autorità sia nel corso del 2011 che nel corso del 2012;
    e) costa agli interroganti che è un ricorso pendente giurisdizionale proposto al Tar Molise (RG 157/2012) da un concorrente che, dopo aver manifestato interesse all'affidamento, ha ritenuto che le relative condizioni poste dall'ente regionale non fossero ragionevole, quindi, appetibili in un ambito di corretta concorrenza (ed in tale giudizio l'ente regionale si avvale, come di consueto, del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato);
    d) si è verificato il risultato da molti paventato che obiettivamente desta perplessità della presentazione di un'unica offerta, da parte di operatore incumbent, con ritiro di altri primari operatori del settore (tra i quali la società Busitalia-Sita Nord posseduta al 100 per cento da Ferrovie dello Stato italiane che ha essa stessa ritenuto che l'affidamento fosse stato disegnato dall'ente aggiudicatore in termini che lasciano perplessi ed appetibili, o quanto meno non appetibili per un operatore non incumbent);
   proprio al fine di scongiurare i rischi sin qui descritti, e quindi riconoscendone appieno la consistenza, le norme vigenti includono, tra i compiti dell'autorità di regolazione dei trasporti il compito dell'elaborazione di schemi di bando per la selezione degli affidatari di servizi di trasporto pubblico locale (articolo 37 decreto legge n. 201 del 2011);
   è peraltro noto che detta autorità non è purtroppo ancora operativa; e comunque, anche una volta che tale amministrazione indipendente diventi operativa, sarebbe opportuno che i bandi-tipo da essa licenziati originassero da disposizioni orientative di carattere latamente legislativo e, quindi, con sede propria nelle norme generali relative all'affidamento di contratti pubblici (codice dei contratti pubblici e relativo (regolamento);
   è altresì noto il vuoto di norme nazionali proprie e di dettaglio che si è determinato in relazione alle procedure ed alle condizioni per l'affidamenti di servizi pubblici locali in ragione della declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 4 decreto legge n. 138 del 2011 –:
   se non ritenga urgente assicurare la più rapida ed efficace operatività dell'Autorità di regolazione dei trasporti, anzitutto il relazione alle tematiche ed ai rischi rappresentati in premessa;
   se non ritenga indifferibile, anzitutto con specifico riferimento alle norme che regolano l'affidamento di servizi pubblici, locali, un puntuale intervento sui contenuti normativi del decreto legislativo n. 163 del 2006, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, al fine di limitare e/o di orientare la discrezionalità delle stazioni appaltanti in ordine: all'individuazione dei requisiti di partecipazione alle procedure selettive; alla scelta dei criteri di valutazione delle offerte tecniche dei concorrenti; alle metodologie di calcolo del punteggio, con specifico riferimento al punteggio economico che concorre alla selezione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
(4-18181)


   REPETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il dissesto economico in cui versa il comune di Alessandria è noto al Governo, che di recente ha nominato tre commissari per l'emergenza;
   la situazione, tuttavia, permane molto grave sia per i dipendenti del comune che per l'intero territorio provinciale, come ha denunciato il presidente della camera di commercio, dottor Piero Martinotti;
   senza un intervento immediato del Governo, sono a rischio alcuni servizi essenziali e la stessa tenuta finanziaria dell'amministrazione comunale –:
   quali iniziative normative urgenti il Governo intenda assumere per affrontare una situazione che rischia di determinare conseguenze molto gravi per i cittadini di Alessandria. (4-18183)


   BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 12 giugno 2012 i Carabinieri del R.O.S. hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, nei confronti di 15 indagati per associazione per delinquere, finalizzata alla turbata libertà degli incanti, corruzione, falso in atto pubblico ed altri delitti. I provvedimenti scaturiscono da un'indagine denominata «Due torri» avviata nel mese di febbraio 2007 in direzione di un'organizzazione composta da imprenditori e da pubblici funzionari che ha posto in essere una serie innumerevole di delitti di turbata libertà degli incanti ai danni dell'amministrazione provinciale di Salerno;
   il procuratore capo di Salerno Franco Roberti lo definirà «un sistema criminale per la gestione degli appalti», con ribassi esorbitanti e materiali scadenti per accaparrarsi i lavori di porti e scuole;
   il «cartello» d'imprese, attivo sin dall'anno 2002, era articolato su due livelli: il primo, sovraordinato, composto da pochi imprenditori «capicordata», diretto dai noti cugini salernitani Gennaro Citarella e Giovanni Citarella (quest'ultimo figlio del defunto Gennaro Citarella, imprenditore nocerino ucciso il 16 dicembre 1990 in un agguato camorristico, ritenuto appartenente all'organizzazione camorristica «Nuova famiglia» di Carmine Alfieri), promotori dell'organizzazione e trait d'union con i soggetti istituzionali; il secondo, composto da una numerosissima schiera di imprese «satellite» facenti capo ai primi, che si aggiudicavano sistematicamente gli appalti indetti dall'amministrazione provinciale di Salerno con il ricorso al cosiddetto sistema «delle cordate»;
   gli anni di riferimento dell'inchiesta sono quelli che vanno dal 2002 al 2008 in cui a dirigere l'amministrazione provinciale v'era una giunta capeggiata da Angelo Villani, con assessore ai lavori pubblici l'attuale sindaco di Agropoli, Franco Alfieri;
   tra gli oltre 300 indagati risulta anche un tale Massimo La Porta, all'epoca dei fatti consigliere comunale Pd ad Agropoli ed oggi assessore della giunta guidata dal sindaco Franco Alfieri. La Porta, da titolare dell'impresa «Sudappalti», avrebbe vinto ben cinque gare d'appalto su sei;
   dalle notizie riportate a mezzo stampa (tra cui Il Mattino di Salerno, 18 maggio 2008) si apprende che gli «affari del cartello», estesi in tutta la provincia, comprendevano pure la progettazione esecutiva e la costruzione del liceo scientifico di Agropoli (un appalto da 6,8 milioni di euro poi aggiudicato sempre dalla Sudappalti di Massimo La Porta), progettazione e realizzazione della strada Aversana fino ad Agropoli, i lavori di accesso al porto di Agropoli e numerosi altri;
   secondo gli inquirenti sono proprio i lavori per la viabilità di Agropoli – il paese in cui l'ex assessore provinciale Alfieri si è fatto rieleggere, a maggio scorso, con l'anomala percentuale dell'88 per cento di consensi «l'esempio di organizzazione dei ribassi». Eppure il «santissimo», com’è stato definito in un'intercettazione, non ha fornito alcuna spiegazione pubblica in merito ai fatti emersi in seguito all'inchiesta della procura;
   nell'interrogatorio fiume tenuto da Giovanni Citarella con il pubblico ministero Rosa Volpe il 20 giugno 2012, l'ideatore del «sistema» ha chiamato direttamente in causa anche il sindaco di Agropoli: «per quanto è a mia conoscenza Di Sarli (Luigi, imprenditore edile di Teggiano tra i 15 arrestati) aveva potere di intervento sugli assessori Stanzione e Alfieri oltre che sull'architetto Cavaliere, ai quali, per quanto mi risulta, per averlo appreso dallo stesso Di Sarli, ha corrisposto somme di denaro»;
   «Nell'ufficio gare il signor Di Sarli – continua Citarella – era il deus machina di tutto, l'assessore Alfieri gli consentiva di arrivare a determinati... gli elenchi secondo le sue... secondo le sue volontà, l'ingegnere capo gli consentiva di poter affidargli continuamente somme urgenti»;
   «Lui (Di Sarli) aveva rapporti con tutti in Provincia con Cavaliere, diceva che era un ente che lui poteva fare quello che voleva, perché aveva quest'amicizia forte con l'assessore Alfieri e l'ingegnere capo delle manutenzioni, quello che aveva la stanza accanto a quella dell'assessore»;
   queste ed altre dichiarazioni del Citarella sono state puntualmente pubblicate, tra gli altri, dal quotidiano Metropolis;
   sempre l'assessore Alfieri era stato anche il destinatario delle numerose lettere scritte dal compianto sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, che denunciava come la provincia di Salerno stesse pagando alcune imprese per opere «fantasma», che non sono mai state realizzate. Segnalazioni a cui l'allora assessore Alfieri non ha mai dato risposta ma che sono poi state alla base dell'operazione «Ghost Road» della procura di Salerno, che ha portato all'arresto di sei persone nel marzo 2011 e di altre quattro nella seconda tranche del marzo 2012, tra imprenditori e funzionari della provincia;
   l'amministrazione comunale di Agropoli, da lui presieduta, si caratterizza per la partecipazione diretta di numerose imprese edili nella gestione della cosa pubblica (così come schematicamente riportato dal giornale locale «trasparenza & legalità») dando vita ad una situazione in cui il ruolo di consigliere comunale e di costruttore molto spesso si confonde, ove finanche nella commissione integrata edilizia, paesaggistica e ambientale si era giunti ad inserire almeno in un caso la moglie di uno dei consiglieri/costruttori;
   sul territorio vige tutt'ora un vetusto piano di fabbricazione del 1972 che non tutela adeguatamente il territorio dalle colate di cemento ed espone lo stesso a forti rischi di speculazione (come riportato dalla trasmissione «Presa diretta» andata in onda il 30 gennaio 2011 su Rai3);
   il fenomeno ha assunto dimensioni tali che nell'aprile 2011 la sezione navale della guardia di finanza di Salerno ha sequestrato due manufatti rurali trasformati in ville, in contrada Fuonti di Agropoli, dove sono stati accertati consistenti aumenti di volume, che hanno comportato imponenti sbancamenti di terreno in una zona a rischio frane ed alluvioni. Il direttore dei lavori, responsabile di queste gravi irregolarità, è proprio un consigliere comunale Pd di Agropoli;
   nel marzo 2011 «Il Mattino» di Salerno riporta la notizia che un avvocato della vicina Torchiara (il paese di residenza di Alfieri) che si oppone allo scempio di un mega-parcheggio sotto l'antica chiesa del paese riceve una lettera «raccomandata» con proiettile;
   tra gli atti di cui si è resa protagonista la giunta Alfieri c’è l'acquisto dell'antico castello medievale ove tutt'ora non si comprende la modalità di definizione del prezzo. Sia «Il Mattino» di Salerno che «trasparenza & legalità» pubblicheranno in seguito un avviso di vendita risalente al marzo 2007 dove il castello compare al prezzo di un solo milione di euro, quando successivamente la giunta Alfieri lo acquisterà a tre volte quella cifra;
   contemporaneamente all'acquisto dell'antico maniero da parte del comune di Agropoli, una società privata (la Turris Clara Immobiliare) effettua una serie di acquisti diretti ad aprire un bed and breakfast di fronte alla struttura. Per concludere dette acquisizioni immobiliari la società con sede a Torchiara e un capitale sociale di soli 20 mila euro, ottiene un mutuo di quasi mezzo milione di euro dalla Bcc dei comuni Cilentani (presidente Lucio Alfieri, fratello del sindaco Alfieri, detentore anche del servizio di tesoreria del comune di Agropoli) e dalla Banca della Campania (dove consigliere d'amministrazione era Angelo Villani);
   il 31 luglio 2012 i finanzieri dello S.C.I.C.O. di Roma coordinano un'operazione (denominata «Clean Coast») nei territori di Agropoli, Torchiara e Castellabate nella quale traggono in arresto, tra gli altri, anche Francescantonio Fabbrocino. Oltre a fermare il nipote del capoclan Mario, della Nuova Famiglia Organizzata, a sua volta arrestato nel 1997 la Guardia di finanza effettua sequestri per più di 40 milioni di euro tra cui la succitata Turris Clara immobiliare;
   questi avvenimenti possono essere indiziari di pericolose vicinanze e commistioni tra affari del settore edilizio e politica, in una terra che ha visto l'assassinio di una sindaco – Angelo Vassallo – che ha tutelato fino alla morte la sua Acciaroli dalle speculazioni edilizie –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se non ritenga che il quadro delineato sia tale da far temere una preoccupante infiltrazione della camorra nella vita sociale, economica e politica del Cilento, e quali iniziative intenda assumere per verificare se l'amministrazione comunale di Agropoli sia a rischio di collusioni con la malavita organizzata e se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, disporre l'accesso agli atti al fine di tale verifica. (4-18186)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14, commi 11 e 12, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, modificando l'articolo 639 del decreto legislativo n. 297 del 1994, ha disposto una riduzione di 400 unità del personale scolastico impegnato nelle scuole italiane all'estero, nelle scuole europee e nelle istituzioni scolastiche e universitarie estere, da operare in 5 anni, nella misura di 80 unità, a partire dall'anno scolastico in corso;
   i nuovi decreti che hanno definito il contingente per l'anno scolastico 2012-2013 hanno confermato l'attivazione di 890 posti, di cui 853 docenti ed ATA e 37 dirigenti, determinando, invece degli 80 attesi, una riduzione di 134 posti e nello specifico: meno 22 unità per la qualifica di dirigente scolastico; 31 posti del contingente organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia, del primo e del secondo ciclo; meno 50 unità, di cui 40 docenti e 10 ATA dei corsi di lingua e cultura e 36 unità nel settore lettorati –:
   per quali motivi il personale delle scuole italiane all'estero, definito per l'anno scolastico in corso, sia stato ulteriormente ridotto di ben 56 unità rispetto alle 80 attese come illustrato in premessa e come, in considerazione di tale ulteriore taglio e nel rispetto del contingente previsto dal succitato articolo 14, commi 11 e 12, del decreto-legge n. 95, i Ministri interrogati intendano determinare le unità di personale per i successivi anni.
(5-08171)

Interrogazione a risposta scritta:


   GASBARRA e META. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   apprendiamo dalla stampa che sul sito di vendite on line Amazon è in vendita un puzzle di 252 pezzi che compongono la foto dei crematori del campo di concentramento di Dachau, in Baviera, nel sud della Germania, luogo dove, tra il 1933 e il 1945 venne scritta una delle pagine più tristi della storia della Germania;
   quello di Dachau è stato infatti il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933, su iniziativa di Himmler, appena un mese dopo la presa del potere di Hitler, e divenne il «modello» al quale tutti i lager nazisti costruisti successivamente si ispirarono;
   nel campo transitarono circa 200.000 persone e secondo i dati del Museo di Dachau, furono 41.500 coloro che vi persero la vita tra atroci sofferenze;
   tale assurdo puzzle viene venduto a 24,99 dollari sotto la categoria giochi, ed è suggerito per i bambini «a partire dagli 8 anni»;
   in Germania la notizia è stata ripresa da «Der Spiegel» che ha anche pubblicato brani di una lettera di protesta che la deputata Gerda Hasselfeldt ha inviato a Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato del sito, nella quale sottolinea che «Per i sopravvissuti e i parenti delle vittime si tratta di una offesa e un'umiliazione, il memoriale di Dachau è il luogo del ricordo e Amazon non può impossessarsene. Per i sopravvissuti ai campi di concentramento e i parenti delle vittime, questo è un vero e proprio schiaffo in faccia» –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover individuare strumenti adeguati per intervenire presso il sito Amazon affinché venga rimosso dal commercio il gioco di cui sopra, che rappresenta una grave offesa alla memoria dei sopravvissuti e delle vittime del nazismo nel campo di concentramento di Dachau. (4-18185)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOVELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sito contaminato «ex Ecolibarna», di via Cassano, in Serravalle Scrivia (Alessandria), è stato inserito nel programma nazionale di bonifica previsto dalla legge n. 426 del 1998 ed è stato dichiarato soggetto allo stato di emergenza per il cui superamento è stata adottata l'ordinanza di protezione civile n. 3304 del 30 luglio 2003, con successive modificazioni ed integrazioni;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3591 del 2007, il prefetto di Alessandria è stato nominato commissario delegato per l'attuazione di una serie di interventi straordinari per la messa in sicurezza e lo smaltimento dei rifiuti tossici ubicati nel sito Ecolibarna;
   le azioni commissariali sono state svolte individuando alcune urgenti priorità (realizzazione di una barriera idraulica, caratterizzazione delle aree esterne e gestione delle discariche di rifiuti pericolosi e di melme acide) aventi innanzitutto l'obiettivo della messa in sicurezza del sito in via permanente;
   in data 27 dicembre 2011 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha disposto un'ulteriore proroga sino al 31 dicembre 2012 dello stato di emergenza per la conclusione definitiva degli interventi di bonifica, che ad oggi risultano essere stati interrotti;
   l'attenzione sull'interruzione degli interventi di bonifica del sito contaminato «ex Ecolibarna» è stata di recente richiamata in una lettera inviata dall'omonimo Comitato istituitosi per sensibilizzare l'opinione pubblica, al nuovo prefetto di Alessandria; al sindaco di Serravalle Scrivia; al presidente della giunta regionale del Piemonte; al presidente della provincia di Alessandria, all'Aipo, alla protezione civile della provincia di Alessandria ed alla procura della Repubblica di Alessandria, in cui è stato chiesto che «il tema Ecolibarna, nell'ultimo trimestre del 2012, venga inserito, con estrema urgenza, in cima all'agenda operativa di tutti gli enti e di tutte le figure istituzionali preposte alla messa in sicurezza»;
   nella missiva il comitato per la bonifica del sito Ecolibarna ha inoltre espresso viva preoccupazione per le difficoltà a loro giudizio intervenute nella prosecuzione delle attività commissariali, in una fase delicata per la definizione e la progettazione del nuovo lotto di interventi da mettere in atto sull'area contaminata;
   nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante «disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto (C. 5423)», il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno n. 9/5423/024, con cui il Governo si impegnava a monitorare oltre al sito di interesse nazionale di Taranto, anche la situazione degli altri siti di interesse nazionale presenti in Italia e ad attivarsi affinché le bonifiche dei siti di interesse nazionale situati in provincia di Alessandria, tra i quali appunto l'area Ecolibarna di Serravalle Scrivia, proseguissero fino all'integrale messa in sicurezza a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   ciò nonostante, in relazione al sito ex Ecolibarna di Serravalle Scrivia, continua a permanere un imminente stato di pericolosità e di rischio, sia per l'ambiente, sia per la salute pubblica dei cittadini residenti nel territorio del comune di Serravalle e di quelli dei comuni dell'asta del torrente Scrivia, fiume da cui tra l'altro dipendono le forniture idriche di tutto il territorio circostante –:
   se intenda dare seguito agli impegni assunti con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/5423/024, avvenuto il 19 settembre 2012, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante «disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto (C. 5423)»;
   se intenda adottare le iniziative necessarie affinché venga ulteriormente prorogato lo stato di emergenza per il sito di interesse nazionale «ex Ecolibarna» di Serravalle Scrivia, in scadenza il prossimo 31 dicembre 2012;
   quali interventi intenda assumere per giungere al completamento della bonifica ed al risanamento ambientale del sito di cui in premessa, tutelando così la salute dei cittadini e la salubrità dell'ambiente circostante. (5-08169)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOSSA, MARIANI e BRATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 («spending review»), convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2012, n. 135 riporta una serie di disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica;
   tale disposizione contiene una norma (l'articolo 2) che comporta un ulteriore taglio del 10 per cento agli organici degli enti parco nazionali da portare a compimento a brevissimo, entro il 31 ottobre;
   tale taglio si aggiunge alle numerose riduzioni già operate negli ultimi anni, in virtù di vari interventi: 5 per cento nel 2005, 10 per cento nel 2008, 10 per cento nel 2010 e 10 per cento sempre nel 2012;
   i parchi nazionali sono enti molto piccoli che dispongono, già ora, di personale limitato (circa 670 dipendenti per 23 parchi nazionali italiani) e, in diversi casi, già allo stato attuale decisamente insufficiente a far fronte adeguatamente alle esigenze di conservazione delle risorse ambientali;
   nell'attuale situazione, in cui le dotazioni organiche sono quasi totalmente coperte, il taglio delle spese si tradurrà nella perdita di posti di lavoro di personale di ruolo, con messa in disponibilità per 2 anni e uno stipendio all'80 per cento; il rischio reale, insomma, è che si giunga fino ai licenziamenti di personale, aggiungendo al dramma per gli enti, resi di fatto inoperativi, il dramma umano per i lavoratori;
   in attuazione al decreto della spending review il dipartimento della funzione pubblica ha emanato una circolare, la n. 10 del 24 settembre 2012, dove si legge che la riduzione dovrebbe avvenire con invarianza dei servizi;
   tale aspettativa appare quantomeno inverosimile dal momento che le dotazioni organiche dei parchi sono già esigue; con i tagli prefigurati si va inesorabilmente verso la chiusura o lo svuotamenti dei parchi nazionali con tutto quello che ciò comporta in termini di abbassamento dell'attenzione verso un pezzo fondamentale del patrimonio nazionale;
   a vivere una situazione di particolare disagio, in una situazione già difficile per tutti i parchi nazionali, è il parco nazionale del Vesuvio, che da una pianta organica di diciotto unità è, via via, scesa ad appena sedici unità, così come definito con decreto direttoriale prot. 9392-07/06/2012 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nella deliberazione consiliare n. 37 del 5 dicembre 2011;
   il parco nazionale del Vesuvio ha, quindi, una pianta organica esigua in assoluto e ancor più in relazione alle numerose attività che è chiamato a svolgere (tra cui si ricordano in maniera esemplificativa ma non esaustiva il contrasto al grave fenomeno dell'abusivismo edilizio; l'emergenza rifiuti della regione Campania che costantemente investe l'area parco; la gestione dei Fondi strutturali; la gestione del cratere Vesuvio con un flusso annuo di circa 500.000 turisti; la gestione di beni confiscati alla camorra);
   il parco nazionale del Vesuvio ha mostrato una gestione contabile oculata e attenta riuscendo, con risparmi strutturali nel 2010 di 69 mila euro ottenute da misure di razionalizzazione della spesa, ad evitare il taglio all'organico di una unità;
   è chiaro quindi che l'applicazione degli ulteriori tagli, riducendo una dotazione organica già ai minimi termini, portandola a 15 unità e realizzando un risparmio poco superiore a 50 mila euro l'anno, renderebbe di fatto impossibile la realizzazione dei compiti e il perseguimento degli obiettivi assegnati dalla legge n. 394 del 1991 vanificando il ruolo stesso del parco nazionale del Vesuvio –:
   se sia a conoscenza della situazione di estremo disagio e di reale impossibilità a svolgere le proprie funzioni per il parco nazionale del Vesuvio, e altri parchi nazionali;
   se il Governo non ritenga di valutare una propria iniziativa per escludere i parchi nazionali, in quanto enti non economici a forte valenza culturale, da tagli che ne vanificherebbero la funzione e le attività; se il Governo non ritenga di applicare alla circostanza di cui in premessa l'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 95 del 6 luglio 2012 che consente la cosiddetta compensazione verticale con le riduzioni effettuate da altre amministrazioni, in modo che la mancata riduzione di un ente parco, impossibilitato ad andare al di sotto di una soglia ragionevole dell'organico, possa essere recuperata con riduzioni su dotazioni organiche di altri enti vigilati o del Ministero dell'ambiente e della tutela del mare stesso; in subordine, se il Governo non ritenga di assumere una iniziativa per l'applicazione alla situazione sopra descritta delle compensazioni trasversali, considerando, ai fini della trasversalità dei tagli, i Ministeri anche in aggregazione con i rispettivi enti vigilati e questi ultimi in aggregazione tra loro.
(4-18174)


   CARELLA, GASBARRA, BRATTI, MORASSUT e META. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 6 ottobre a Colleferro c’è stata una manifestazione in difesa dell'ambiente e della salute «Sei Uno Zero» per chiedere la bonifica di un territorio quello della Valle del Sacco che ha subito le conseguenze delle attività industriali svoltesi negli ultimi decenni;
   alla manifestazione hanno preso parte migliaia di cittadini, associazioni, parti sociali per fare pressioni costanti sulla politica e sulle istituzioni perché rimettano al centro il problema, vecchio ma attualissimo, l'inquinamento della Valle Del Sacco;
   dalla contaminazione da betaesaclorocicloesano, il derivato del Lindano, arrivato tramite le acque del fiume a contaminare i terreni riparali e la popolazione attraverso la catena alimentare, alla presenza della discarica di Colle Fagiolara per finire con la presenza di due inceneritori;
   detto sito è stato inserito tra i siti d'interesse nazionale da bonificare di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in data 2 dicembre 2005, con la disposizione introdotta all'articolo 11-quater-decies, comma 15, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni dalla legge n. 248 del 2012, è avvenuto tale inserimento;
   l'ultima relazione dell'Ufficio commissariale mostra come i livelli di inquinamento siano ancora elevati, tanto che le sponde riparali ancora oggi sono interdette alla coltivazione;
   la stessa relazione conferma la contaminazione umana «I dati emersi dallo studio finora eseguito – si legge – mostrano un'esposizione storica pregressa della popolazione, confermando una storicizzazione del dato» –:
   a fronte di quanto esposto si chiede al Ministro interrogato se non ravveda la necessità di indire una conferenza di servizio presso il comune di Colleferro, alla presenza dei comuni interessati e delle associazioni per il fare il punto sullo stato della bonifica e quali iniziative intenda assumere affinché si arrivi alla soluzione del problema. (4-18177)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LANDOLFI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la città di Mondragone (Caserta) è un sito di notevole interesse archeologico per la sua contiguità territoriale con l'antica Sinuessa, rinomata località romana celebrata da sommi poeti latini come Virgilio, Orazio e Marziale per le sue acque termali e per il vino Falerno, ma anche importante snodo stradale in epoca imperiale tra la via Appia e la via Domitiana, lungo l'asse Roma-Pozzuoli-Napoli;
   proprio lungo l'antico tracciato (oggi coperto a cura della competente Soprintendenza) della via Appia ricadente nel territorio mondragonese, che scorre in parallelo con la strada provinciale denominata Incaldana e dove nel 1911 fu rinvenuta una statua acefala raffigurante la dea Venere oggi custodita nel Museo archeologico nazionale di Napoli, e precisamente in località Vecchia Starza insiste un criptoportico così descritto sul sito internet della Soprintendenza: «...parzialmente ipogeo che si presenta come un podio di grandi dimensioni a pianta rettangolare articolato su tre bracci. Sul lato nord del criptoportico sono stati realizzati numerosi ambienti ipogei a pianta rettangolare con volta a botte. All'esterno sono visibili i resti di un acquedotto che convogliava le acque verso il criptoportico»;
   in data 17 ottobre 2012 l'edizione casertana de Il Mattino, in una corrispondenza a firma Angela Rossi, riportava la notizia secondo la quale agli inizi di settembre, attraverso un servizio fotografico, la locale sezione dell’Archeoclub d'Italia onlus aveva rilevato il crollo di una delle due arcate del criptoportico ed immediatamente, il presidente professor Michele Russo, ne aveva dato notizie alla competente soprintendenza non senza aver evidenziato la possibilità di recupero e di riutilizzo ai fini del restauro di grossi frammenti del reperto;
   sempre secondo quanto riportato dal quotidiano napoletano, nessuna risposta è stata fornita dalla competente soprintendenza al professor Russo –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di impedire il verificarsi di ulteriori crolli;
   quali provvedimenti intenda adottare al fine di valorizzare un'area di sicuro pregio archeologico quale quella mondragonese. (4-18179)


   BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il castello di Agropoli (Salerno) si estende su di un'area di circa 12 mila metri quadrati, ha una pianta triangolare con 3 torri circolari, erigendosi sul promontorio;
   la base si protende al di fuori del nucleo abitato, come fortificazione avanzata sul versante collinare;
   attorno alle mura del castello gira un largo e profondo fossato, distinguibile oggi solamente verso il borgo, mentre è quasi scomparso il dislivello sul lato orientale a causa dei lavori agricoli e dei cedimenti del terreno nel corso dei secoli;
   attualmente presenta l'aspetto assunto dalle ristrutturazioni d'età aragonese (XV secolo dopo Cristo);
   l'interno del castello è occupato dalla piazza d'armi e da edifici addossati sui lati settentrionale e orientale;
   la piazza, oggi adibita a giardino e a teatro all'aperto, poggia direttamente sulla roccia inglobata a suo tempo nelle mura perimetrali del castello, mentre sul lato settentrionale si trova la «Sala dei francesi», così chiamata a ricordo della sosta che vi fece il drappello delle truppe francesi durante il periodo napoleonico. Il castello di Agropoli è legato in particolare a due personaggi: Luisa Sanfelice, personaggio minore della rivoluzione napoletana del 1799, e la scrittrice francese Marguerite Yourcenar che vi ambientò il racconto «Anna, soror»;
   nel marzo 2007 sulla testata Affari Città n. 5, pagina 53 compare l'annuncio di vendita del castello per la cifra di un milione di euro;
   in data 12 novembre 2007 il consiglio comunale di Agropoli adotta la delibera n. 90 del 2007 avente ad oggetto l’«Acquisizione Castello di Agropoli» senza una previa perizia di stima che indicasse il reale valore del bene storico;
   il valore economico del monumento storico veniva stabilito fissato dall'amministrazione comunale a seguito di un incontro con il proprietario in 3.000.000,00 (tre milioni di euro);
   nel gennaio del 2008 (stesso anno in cui il castello è stato acquistato dal comune) la Turris Clara immobiliare s.r.l. ha comperato una serie di locali nel palazzo di fronte all'ingresso del castello. Questa società, con sede a Torchiara, si è rivolta per l'acquisto a due banche: la Bcc dei comuni Cilentani (il cui presidente è fratello del sindaco di Agropoli Lucio Alfieri) e la Banca della Campania (proprio quella in cui Angelo Villani – finito agli arresti domiciliari – era consigliere d'amministrazione). La Turris Clara avrebbe ottenuto un prestito per diverse centinaia di migliaia di euro pur avendo un capitale sociale di soli 20 mila euro. Con quest'operazione, la società ha fatto suoi diversi appartamenti («Trasparenza e legalità», 20 maggio 2011);
   in data 31 gennaio 2008 il consiglio comunale di Agropoli adottava la delibera n. 8 del 2008 avente ad oggetto la costituzione della società Agropoli STU srl alla quale successivamente dava mandato di acquisto del castello;
   in data 28 maggio 2008 la giunta municipale di Agropoli adottava la delibera n. 102/2008 avente ad oggetto la presa d'atto dei verbali n. 1 e 2 del Consiglio di amministrazione della società Agropoli STU srl. Tra le altre cose nel verbale n. 1 il Consiglio di amministrazione decideva di procedere ad invitare gli istituti di credito presenti sul territorio affinché entro il 15 maggio 2008 dessero la loro eventuale disponibilità a finanziare l'operazione di acquisto del castello di Agropoli per un importo di 3.000.000,00 di euro. Nel verbale n. 2 del Consiglio di amministrazione lo stesso prendeva atto che nessuna manifestazione d'interesse da parte degli istituti di credito presenti sul territorio fosse pervenuta a finanziare il predetto progetto, quindi decideva di procedere alla formale richiesta di apertura di una linea di credito presso la BCC dei comuni Cilentani per un importo pari o superiore a 1.500.000.00 di euro;
   cominciano ad uscire le prime notizie di stampa in merito alla sottoscrizione del contratto preliminare di acquisto del castello, sottoscritto tra la società Agropoli STU srl ed il proprietario del castello di Agropoli architetto Dente;
   il 12 giugno 2008 è stato stipulato il contratto preliminare di acquisto tra il presidente della società di trasformazione urbana Francesco Barone e il proprietario del castello Antonio Dente (un anno dopo la pubblicazione dell'annuncio su «Affari Città») – notizia pubblicata su «Trasparenza e Legalità» anno 8 numero 7 sabato 23 ottobre 2010);
   il 4 febbraio 2009 sulla vicenda è stato presentato dall'ex sindaco Antonio Domini un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Vallo della Lucania in qualità consigliere comunale;
   nel dicembre 2009 scattano 23 avvisi di garanzia (come riportato da fonti stampa) per concorso in abuso per il sindaco, assessori, consiglieri e tecnici;
   il 30 luglio 2012 Il Fatto Quotidiano on line a firma di Vincenzo Iurillo nell'articolo intitolato «Denuncia il malaffare: sospeso dal Pd, diventa l'eroe dei giovani del partito» informando i lettori circa un giornalino locale di Agropoli «Trasparenza e legali», attualmente non più in stampa, si legge: «Il giornalino vantava un piccolo scoop (24 dicembre 2010): la pubblicazione di un'inserzione di vendita dell'antico Castello di Agropoli per un milione di euro, quando la giunta Alfieri se lo è comprato, successivamente, pagandolo 3 milioni. “Fu un errore di stampa” si difesero i diretti interessati il giorno dopo» –:
   se il Ministro per i beni e le attività culturali sia a conoscenza dei fatti esposti e di quali informazioni disponga quali iniziative intenda assumere;
   perché nella fattispecie esposta non si sia ritenuto di attivare la procedura di esproprio rilevato che il castello non è stato acquistato dal comune ma mediante una società;
   se non ritenga il Ministro dell'economia e finanze di disporre una verifica sui conti del comune di Agropoli accertando violazioni inerenti al patto di stabilità e le procedure che hanno portato all'accensione di un mutuo stimato di sei milioni di euro spalmati in 30 anni;
   quali iniziative intenda assumere il Ministero dell'economia e finanze se non acquisire informazioni consequenziali alla relazione a firma di Vito Tatò sulla verifica amministrativo-contabile tenutasi sul comune di Agropoli ed eseguita dal 12 luglio al 16 settembre 2011;
   se intenda aprire un'indagine tesa a fare luce sulla vicenda del Castello di Agropoli affinché domandi alla soprintendenza di riferimento tutte le informazioni in suo possesso nonché chiarire la posizione della stessa laddove avesse mancato di vigilare affinché un pezzo di storia finisse oggetto di una discutibile compravendita. (4-18187)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della difesa ha indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'ammissione al secondo corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo di ispettori dell'Arma dei carabinieri, decreto dirigenziale n. 133 emanato dalla direzione generale per il personale militare il 13 settembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 74 del 16 settembre 2011;
   lo svolgimento del concorso per 490 allievi marescialli dei carabinieri prevede l'effettuazione di:
    a) prova preliminare;
    b) prove di efficienza fisica;
    c) accertamenti sanitari per la verifica dell'idoneità psico-fisica;
    d) prova scritta per accertare il grado di conoscenza della lingua italiana o tedesca (se scelta);
    e) accertamenti sanitari di controllo ed accertamenti attitudinali;
    f) prova orale;
    g) prova facoltativa di lingua straniera;
   secondo il bando di concorso del 13 settembre 2011 «Dei 490 posti messi a concorso:
    a) 25 sono riservati ai candidati in possesso, all'atto della scadenza del termine di presentazione delle domande, dell'attestato di bilinguismo riferito a livello non inferiore al diploma di istruzione secondaria di secondo grado di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752 e successive modificazioni;
    b) 100 sono riservati al coniuge ed ai figli superstiti, ovvero ai parenti in linea collaterale di secondo grado se unici superstiti, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia deceduto in servizio e per causa di servizio nonché ai diplomati delle scuole militari e agli assistiti dall'opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari di carriera dell'Esercito italiano, dall'istituto Andrea Doria per l'assistenza dei familiari e degli orfani del personale della marina militare, dall'opera nazionale per i figli degli aviatori e dall'opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari dell'Arma dei carabinieri, in possesso dei prescritti requisiti;
    c) cinque sono riservati ai candidati orfani o coniugi di deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ovvero grandi invalidi di cui all'articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68;
    3. i posti riservati non coperti per insufficienza di candidati riservatari idonei saranno devoluti agli altri candidati idonei secondo l'ordine della graduatoria.»;
   con avviso del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare, Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana n. 80 del 12 ottobre 2012, «Si fa presente che per effetto delle disposizioni di cui al decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 i posti a concorso sono ridotti da 490 a 150»;
   i 340 «idonei non prescelti» avevano riservato giuste aspettative nei confronti di questo concorso, avendo non solo profuso impegno e studio al fine di superare le prove, ma anche affrontato e sostenuto spese economiche per recarsi nei luoghi e nel periodo di svolgimento delle stesse –:
   cosa si intenda fare rispetto ai giovani vincitori del concorso di cui in premessa; se non si ritenga urgente e doveroso disporre della graduatoria degli «idonei non prescelti», dello stesso concorso di cui in premessa, per coprire eventuali posizioni vacanti all'interno dell'Arma.
(5-08173)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARGIOTTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli sportelli decentrati autogestiti dai comuni in regime di convenzione con le Agenzie del territorio hanno erogato fino al 1o ottobre 2012 servizi di consultazione (visure catastali, ipotecarie, e altro) in maniera gratuita per i proprietari di immobili;
   a seguito del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, che reca disposizioni che incidono significativamente nelle materie di competenza dell'Agenzia del territorio anche sotto il profilo fiscale, è cambiata la gratuità del servizio;
   vista la circolare n. 4/2012 dell'Agenzie del territorio, tra l'altro, che chiarisce che la consultazione gratuita della banca dati catastale da parte dei cittadini proprietari o titolari di altri diritti, è possibile solo presso gli uffici provinciali dell'Agenzia;
   vista la disparità di trattamento tra il cittadino che può recarsi presso un ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio e un cittadino che ne è impossibilitato il quale, presso i comuni, dovrà pagare un servizio che altrove è gratuito;
   visto una regione come la Basilicata, con moltissimi comuni montani lontani dagli uffici provinciali anche 200 chilometri, risulta evidente il danno economico per l'utenza;
   molti comuni hanno già stipulato convenzioni tra loro, ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000, articolo 30 e ai sensi del decreto semplificazioni convertito in legge n. 35 del 4 aprile 2012, per far svolgere in maniera coordinata alcune funzioni tra le quali il servizio di consultazione di visure catastali, ipotecarie e altri;
   la nuova convenzione, oltre ad essere molto onerosa per i comuni i quali, pur di rendere un servizio ai propri cittadini, hanno deciso di rinnovarla in adesione alla intervenuta normativa, risulta onerosa anche per i cittadini non residenti nei capoluoghi di provincia –:
   se il Governo intenda intervenire rivedendo la questione al fine di semplificare le procedure e consentire la consultazione gratuita della banca dati catastali da parte degli aventi titolo, anche presso gli sportelli decentrati e non solo presso gli uffici provinciali dell'Agenzia. (5-08160)


   GHIZZONI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dopo il drammatico e devastante terremoto del 20 e del 29 maggio con decreto ministeriale 1o giugno 2012, è stato disposto per le zone colpite (le province di Modena, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo) la sospensione, nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d'imposta, «(...) dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione»;
   il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, all'articolo 8, ha poi provveduto ad estendere le misure di copertura in favore dei cittadini residenti nelle zone del sisma, attraverso la sospensione degli obblighi accessori o complementari rispetto a quelli tributari mentre, l'articolo 67-septies del decreto-legge n. 83 del 2012 ha esteso tali applicazioni ai comuni di Ferrara e di Mantova e inserito altri comuni analiticamente elencati nello stesso articolo, solo per quei casi in cui fosse comprovato il nesso di causalità tra l'evento sismico ed i danni subiti;
   con riferimento agli obblighi del sostituto d'imposta sono venuti a determinarsi dubbi applicativi in seguito alla nota pubblicata il 16 agosto scorso sul sito dell'Agenzia delle entrate nella quale è stato specificato che «dal punto di vista oggettivo, la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari non include l'effettuazione e il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d'imposta»;
   sulla base di tale nota, per timore di incorrere in sanzioni e interessi, i sostituti hanno provveduto tempestivamente a ripristinare le trattenute Irpef e a procedere al recupero delle ritenute fiscali sospese attraverso un'unica «soluzione»;
   a parere dell'interrogante il legislatore, con l'approvazione delle succitate norme e in particolare con la conversione in legge del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, ha inteso fuor di dubbio disporre la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari prevedendo che non venissero effettuate e quindi versate le ritenute da parte dei sostituti d'imposta;
   a riguardo, infatti, la relazione tecnica allegata al decreto citato, riportando che «(...) la mancata effettuazione di ritenute ed il mancato riversamento delle ritenute effettuate da parte dei soggetti di cui al decreto ministeriale del 1o giugno sono regolarizzati entro il 30 novembre 2012 (...)» contempla di fatto anche i sostituti d'imposta;
   l'articolo 11, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, deliberato dal Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2012, che fissa al 16 dicembre il termine entro il quale i sostituti d'imposta devono regolarizzare i versamenti tributari e contributivi dovuti (senza applicazione di sanzioni), prevede altresì che i sostituti possano recuperare dai sostituiti le somme dovute a causa della sospensione degli obblighi dei sostituti di imposta, mensilmente e nel limite del quinto dello stipendio; tale disposizione, considera quindi indebita, – a parere dell'interrogante in difformità dall'intento del legislativo – la condotta di quei soggetti che in qualità di sostituti di imposta hanno omesso di effettuare le trattenute ed i versamenti;
   l'articolo 11, comma 6, del citato decreto n. 174 prevede, per i titolari di reddito d'impresa, la possibilità di corrispondervi attraverso finanziamenti bancari, per la durata di due anni, concessi dalla Cassa depositi e prestiti e garantiti dallo Stato;
   a riguardo, va ricordato, tra l'altro, che, per consentire il rientro dall'emergenza derivante dal sisma che ha interessato il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, la legge di stabilità per il 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183), nel disporre, all'articolo 33, comma 28, la ripresa della riscossione dei contributi sospesi a decorrere dal mese di gennaio 2012, ha introdotto un regime agevolato per il versamento da effettuare «senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo» e che «l'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento»;
   tra le ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate di cui al decreto n. 174 risultano assenti interventi, come ad esempio misure di rateizzazione e di sconto sull'importo, volti a contenere le condizioni di disagio createsi nelle zone coinvolte dal sisma nell'assolvimento degli oneri erariali;
   la mancanza di una circolare illustrativa finalizzata ad una corretta applicazione delle norme richiamate ha di fatto giustificato qualsiasi tipo di azione e sta generando delle situazioni che alimentano grande confusione e rallentano la ripresa; a titolo di esempio, e a conoscenza di alcune aziende presenti nel territorio colpito alle quali l'Inail ha bloccato l'emissione del modello Durc (oggi fondamentale per la positiva risoluzione di qualsiasi trattativa lavorativa ed economica) in quanto non riconosce la sospensione del versamento delle rate dell'autoliquidazione «perché la sede legale e operativa dell'azienda non risiede nel cratere sismico» contraddicendo palesemente quanto contenuto nella circolare emanata dallo stesso ente del 15 giugno 2012, n. 28, dove si riporta testualmente «(...) L'articolo 8, comma 1, punto 1), del decreto-legge n. 74 del 2012 dispone la sospensione dal 20 maggio 2012 fino al 30 settembre 2012 dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti dei premi per l'assicurazione obbligatoria. Per effetto del combinato disposto della citata norma con il decreto MEF del 1o giugno 2012, la sospensione dei versamenti e degli adempimenti si applica ai soggetti – persone fisiche e giuridiche – operanti alla data del 20 maggio 2012, nei comuni indicati nell'allegato 1 del decreto ministeriale stesso (...)»;
   un altro esempio è dato da una azienda appartenente al settore dell'edilizia alla quale è stata recapitata la circolare minatoria emessa dalla cassa edili di Modena dove le viene intimata «la ripresa dei versamenti dal 1o ottobre e il versamento a saldo di quanto calcolato e non versato in un'unica rata entro la stessa data»;
   l'impegno più volte espresso dal Governo di prorogare la sospensione almeno fino al 30 giugno del 2013, per chi si trovi in situazioni di difficile recupero, non ha avuto ancora nessuna applicazione –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente assicurare una puntuale e capillare informazione perché sia precisato in modo univoco il novero dei soggetti interessati a più diversi profili dalla norma di sospensione;
   per evidenti ragioni di equità, se non si ritenga opportuno assumere iniziative per applicare, anche nei confronti delle persone fisiche l'equivalente metodo di riscossione e di agevolazioni previste per i terremotati dell'Abruzzo anche mediante misure di rateizzazione e di sconto degli oneri erariali;
   se non ritenga altresì dare seguito alla volontà più volte espressa di prorogare la sospensione almeno fino al 30 giugno del 2013 per chi si trovi in situazioni ancora di difficile recupero.
(5-08166)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLGORA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli enti locali sono soggetti alle regole imposte dal patto di stabilità, che impongono il raggiungimento di un obiettivo di competenza «mista», ovvero inteso come saldo finanziario tra le entrate e le spese di parte corrente considerate in termini di competenza e le entrate e le spese in conto capitale contabilizzate per cassa;
   gli enti locali sono impegnati nella riduzione del proprio debito, utilizzando l'avanzo di amministrazione. La riduzione dell'indebitamento avviene soprattutto nei confronti della Cassa depositi e prestiti, istituto tra i principali finanziatori delle opere pubbliche realizzate da organismi ed enti pubblici in Italia;
   la riduzione dell'indebitamento attraverso il rimborso anticipato dei mutui, comporta, per l'ente pubblico, un risparmio in termini di minori interessi passivi e un miglioramento del saldo per il patto di stabilità, grazie, anche, alla diminuzione delle quote di capitale in ammortamento da restituire negli esercizi successivi, innescando un circolo virtuoso;
   la circolare n. 1255 del 27 gennaio 2005 emanata dalla Cassa depositi e prestiti, con oggetto: «Accesso al credito della gestione separata della Cassa depositi e prestiti società per azioni da parte di enti locali e regioni. Condizioni generali dei prestiti di scopo ordinari di cui agli articoli 11, 12 e 13 del decreto ministeriale Economia e Finanze 6 ottobre 2004» prevede quando di seguito testualmente riportato, in caso di rimborso anticipato di un mutuo ordinario a tasso fisso da parte di un ente locale: «in caso di rimborso anticipato di un prestito a tasso fisso, l'ente deve corrispondere alla CDP la differenza, se positiva, tra la quota di capitale erogata e quella ammortizzata. Qualora la quota di capitale ammortizzata risulti superiore a quella erogata, la differenza è corrisposta dalla CDP all'ente. A fronte dell'esercizio della facoltà di rimborso anticipato, l'ente deve corrispondere alla CDP un indennizzo di importo pari al differenziale, se positivo, tra la somma dei valori attuali delle rate di ammortamento residue e la somma prestata, al netto del capitale ammortizzato alla data prescelta per il rimborso. I valori attuali delle rate di ammortamento residue sono calcolati impiegando i fattori di sconto utilizzati per la determinazione del tasso di interesse definito il terzo venerdì antecedente la data prescelta per il rimborso, relativo ai prestiti a tasso fisso della CDP di durata pari a quella residua del prestito. Nel caso di durata residua non esattamente corrispondente a quella dei finanziamenti offerti, si applica il tasso di interesse relativo ai prestiti di durata più vicina ovvero, in caso di equidistanza, di durata minore. Qualora il venerdì non sia un giorno TARGET, il tasso di interesse è definito il giorno TARGET immediatamente antecedente.»;
   nel caso, invece, del rimborso anticipato di un mutuo ordinario a tasso variabile, si applica quanto segue: «a fronte dell'esercizio della facoltà di rimborso anticipato l'Ente dovrà corrispondere alla CDP un indennizzo di importo pari allo 0,125 per cento della somma prestata al netto del capitale ammortizzato»;
   l'indennizzo è stato soppresso nei rapporti fra soggetto privato ed istituto bancario in caso di rimborso anticipato di mutui e pare paradossale che, al contrario, rimanga a carico degli enti locali nei confronti di un soggetto, la Cassa depositi e prestiti, controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   le norme dovrebbero favorire la restituzione anticipata dei mutui, in coerenza con gli obiettivi del patto di stabilità, mentre, al contrario, la scoraggiano –:
   se si intendano assumere iniziative per l'eliminazione dell'indennizzo in caso di estinzione anticipata di un mutuo da parte di un ente locale, nei confronti della Cassa depositi e prestiti;
   se si intenda promuovere l'attivazione di un meccanismo di premialità sul patto di stabilità per gli enti che rimborsano il debito anticipatamente. (4-18172)


   DI PIETRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da articoli e agenzie stampa, già nell'ambito dell'indagine sulla cosiddetta «P4» e sui rapporti con il faccendiere Luigi Bisignani, era emerso che, sin dal 2001, Alfonso Papa (magistrato della Procura di Napoli e poi eletto parlamentare), quando era stato «distaccato» presso il Ministero della giustizia, aveva a disposizione macchine e uomini delle Fiamme Gialle, non solo per sé ma anche per «...scarrozzare la moglie avvocato, i figli che frequentavano il nuoto o il calcetto, persino l'amante, viaggiando tra Napoli, Roma e numerose località di vacanza» (articolo di Fiorenza Sarzanini, Corriere della sera del 17 ottobre 2012);
   gli investigatori della finanza, incaricati di svolgere accertamenti sull'operato dei colleghi, alla fine hanno ricostruito ruoli e circostanze di quanto sopra citato;
   al parlamentare Papa, alla moglie Tiziana Rodà e agli ufficiali e sottufficiali interessati dall'inchiesta è stato così notificato un avviso a comparire e saranno interrogati nei prossimi giorni;
   secondo l'accusa, l'organizzazione sarebbe stata affidata a Paolo Poletti, attuale numero due dell'Aisi, il servizio segreto civile, quando era alto ufficiale delle Fiamme Gialle –:
   quali iniziative intenda adottare in ordine a quanto evidenziato in premessa a carico di taluni ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza che si sono occupati a vario titolo della scorta del deputato Papa;
   se non ritenga di dover procedere alla rimozione del citato Poletti dal suo ruolo. (4-18184)


   MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i comuni siciliani si trovano in una difficile situazione tanto da non essere, spesso, in grado di provvedere al pagamento degli stipendi dei dipendenti;
   il 10 ottobre 2012, l'AnciSicilia ha convocato una riunione cui hanno preso parte numerosi amministratori;
   tale incontro è stato più volte chiesto dagli amministratori locali, a volte oggetto di episodi allarmanti;
   la paralisi della macchina amministrativa rischia di provocare tensioni sociali e problemi di ordine pubblico;
   nonostante la sempre crescente pressione fiscale cui i cittadini sono chiamati a far fronte, questi rischiano di non ricevere i servizi basilari che le amministrazioni locali non riescono a garantire –:
   quali iniziative di competenza siano state assunte o si intendano urgentemente assumere a fronte della gravissima situazione finanziaria di molti comuni siciliani, e se, in particolare non si ritenga opportuno favorire il pronto trasferimento delle risorse statali dovute ai comuni o consentire anticipazioni di cassa prima che la situazione degeneri in problemi di ordine pubblico. (4-18188)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i servizi adibiti al trasporto pubblico non di linea di persone per conto terzi sono assoggettati alla legge di settore del 15 gennaio 1992 n. 21 e che in data 30 dicembre 2008, con decreto-legge n. 207 convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009 n. 14 detta legge ha subito sostanziali modifiche ai principi che dettavano le norme per le oltre 80.000 imprese esercenti il servizio di noleggio con conducente;
   dette modifiche, dettate dal comma 1-quater dell'articolo 29 della legge del 27 febbraio 2009 n. 14, sono state dallo stesso Governo definite palesemente contrastanti con l'ordinamento vigente presentando queste «notevoli profili di criticità, sia sotto il profilo costituzionale che comunitario»;
   in data 27 febbraio 2009 nel Consiglio dei Ministri n. 39 venne approvato un emendamento al decreto-legge n. 5 del 10 febbraio 2009 convertito con, modificazioni dalla legge del 9 aprile 2009 n. 33 (incentivi settore auto), in cui l'articolo 7-bis (sospensione dell'efficacia di disposizioni in materia di trasporto persone mediante autoservizi non di linea) così stabiliva: «1. Nelle more della ridefinizione della disciplina dettata dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21, in materia di trasporto di persone mediante autoservizi non di linea, da effettuare nel rispetto delle competenze attribuite dal quadro costituzionale e ordinamentale alle regioni ed agli enti locali, l'efficacia dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, è sospesa fino al 30 giugno 2009.»;
   in data 1o luglio 2009 con decreto-legge n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto n. 102 all'articolo 23, comma 2, il termine di scadenza della sospensione determinata dall'articolo 7-bis della legge n. 33 del 2009 è stato prorogato al 31 dicembre 2009 («All'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, le parole “fino al 30 giugno 2009.” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 dicembre 2009.”»);
   in data 30 dicembre 2009 con decreto-legge n. 194 convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 l'articolo 5, comma 3, ha previsto che: «All'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, le parole: “fino al 31 dicembre 2009” sono sostituite dalle seguenti: “fino al 31 marzo 2010.”»;
   in data 25 marzo 2010 il decreto-legge n. 40 convertito con modificazioni in legge 22 maggio 2010 n. 73, l'articolo 2, al comma 3, ha prorogato di fatto il termine di sospensione dell'efficacia del comma 1-quater dell'articolo 29 della legge 27 febbraio 2009 n. 14, in quanto si è incardinato sulla previsione dell'articolo 7-bis della legge n. 33 del 2009: «3. Ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della disciplina di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21, secondo quanto previsto dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, ed allo scopo di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate, entro e non oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente decreto, urgenti disposizioni attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o, comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia. Con il suddetto decreto sono, altresì, definiti gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi.»;
   nella legge n. 122 del 15 luglio 2010 all'articolo 51, comma 7 è stata prevista un'ulteriore proroga relativa a quanto previsto dall'articolo 2, comma 3 della legge n. 73 del 2010;
   ancora una volta, con la legge n. 10 del 2011 detto termine è stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2011, di nuovo prorogato al 31 dicembre 2011, come pubblicato in data 31 marzo 2011 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – serie generale n. 74;
   in data 29 dicembre 2011, con decreto-legge n. 216, lo stesso termine, con il comma 4 dell'articolo 11, è stato in ultimo prorogato al 30 giugno 2012;
   lo stesso Ministro dei trasporti nel mese di settembre dell'anno 2011 a seguito di interrogazione a risposta in Commissione (n. 5-04908) in merito alla normativa sui servizi pubblici non di linea e più precisamente sull'efficacia applicativa dell'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazione, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha dichiarato che «Rispetto alle disposizioni restrittive introdotte è tuttavia apparsa fin da subito necessaria una verifica di compatibilità con i principi di libera concorrenza. Tali verifiche, nonché le critiche mosse dalla categoria interessata e le osservazioni formulate dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, hanno determinato successivi interventi normativi atti prima a stabilire e poi a confermare la sospensione della efficacia delle disposizioni citate»;
   nell'ultima proroga della sospensiva, nella relazione illustrativa dell'articolo 17 del decreto-legge n. 83 del 2012 viene chiaramente dichiarato «la proroga si rende necessaria per evitare l'entrata in vigore del comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008 convertito dalla legge n. 14 del 2009»;
   numerose modifiche, sospensioni e proroghe hanno di fatto determinato una situazione di confusione nelle amministrazioni pubbliche locali (comuni, province e regioni), nelle forze dell'ordine, che incorrono in erronee interpretazioni sull'applicazione della legge 15 gennaio 1992 n. 21, recando pregiudizio agli esercenti dell'attività di noleggio con conducente. Per esempio, oltre ai casi già segnalati che sono recentemente accaduti nella regione Abruzzo, in questi giorni al porto di Civitavecchia gli agenti della Polmare pare stiano effettuando dei fermi amministrativi di mezzi adibiti al servizio di noleggio con conducente applicando la norma suddetta, ancorché attualmente essa non sia entrata in vigore;
   tutto ciò comporta da una parte dispendio di tempo e di denaro alle amministrazioni pubbliche per accertamenti e contestazioni inutili, e dall'altra parte danni agli imprenditori per difendersi avanti ai giudici e alle prefetture a causa di tali errate contestazioni –:
   se e quali iniziative intendano avviare per uniformare l'applicazione della normativa effettivamente in vigore e per rimuovere l'incertezza normativa conseguita al succedersi dei citati provvedimenti di legge. (5-08164)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAZZERA e MONAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta all'interrogante, esisterebbe un progetto per l'ampliamento dell'aeroporto di Bari per consentire il riutilizzo dello scalo militare a supporto di quello civile;
   il suddetto progetto prevede la riqualificazione della ex pista militare e relativi accordi, la realizzazione di un nuovo piazzale di sosta aeromobili per Aeroclub, Protezione civile e nuclei elicotteri enti di Stato, ed infine, la realizzazione di una nuova bretella di collegamento tra la via di rullaggio esistente e l'ex pista militare, sopraelevata, in modo da lasciare inalterati gli attuali accessi all'aeroporto militare e consentire il sottopassaggio della strada comunale Gabriele D'Annunzio;
   dal 1993 al 2010, il traffico di passeggeri presso l'aeroporto di Bari è incrementato da 740.569 a 3.379.506, determinando inevitabilmente l'aumento dell'inquinamento acustico;
   basti pensare all'approvazione nel Lazio della zonizzazione acustica, da cui risulta che l'incremento di oltre il 400 per cento dell'attività dei voli dell'aeroporto di Ciampino «ha causato un inquinamento acustico (...) a livelli ben maggiori di quelli indicati dalla O.M.S. come livelli di rischio per la salute; una indagine epidemiologica, condotta dal dipartimento di prevenzione regionale della Asl, ha inoltre dimostrato come questa situazione arreca danno, ogni giorno, alla salute di oltre 14.000 cittadini (...)»;
   in quell'occasione i sindaci di Ciampino e Marino presentarono un ricorso nei confronti dell'Enac, Ministero dei trasporti, Adr, Enav, Assoclearance e Ryanair a causa della mancata emanazione del provvedimento di limitazione della capacità operativa dell'aeroporto rispetto al monitoraggio acustico e l'indagine epidemiologica –:
   se al Ministro risulti un progetto di ampliamento dell'aeroporto di Bari che prevede, in particolare, la realizzazione di una nuova bretella di collegamento tra la via di rullaggio esistente e l'ex pista militare, sopraelevata, che potrebbe determinare notevoli disagi ai cittadini residenti sia in termini di salute che di vivibilità;
   qualora confermata l'esistenza del progetto di cui in premessa, se al Ministro risulti che in relazione ad esso siano stati effettuate le opportune indagini epidemiologiche e se siano stati effettuati tutti gli studi su eventuali impatti ambientali previsti dalla normativa in materia. (4-18165)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BONAVITACOLA, AMICI, FIANO, IANNUZZI, BOSSA, CUOMO, MAZZARELLA, CIRIELLO e PICCOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 non sono eleggibili alla carica di parlamentare nazionale i presidenti delle giunte provinciali ed i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti;
   detta causa di ineleggibilità non ha effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della legislatura;
   per cessazione dalle funzioni si intende la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta, dalla formale presentazione delle dimissioni e, negli altri casi, dal trasferimento, dalla revoca dell'incarico o del comando ovvero dal collocamento in aspettativa;
   ai sensi dell'articolo 69 del decreto legislativo n. 267 del 2000: «quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come causa di ineleggibilità ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dal presente capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta;
   l'amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità;
   entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare;
   qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto;
   ai sensi dell'articolo 13, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni della legge 14 settembre 2011 n. 148: «la carica di parlamentare è incompatibile con qualsiasi altra carica pubblica elettiva. Tale incompatibilità si applica a decorrere dalla prima legislatura successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto», disposizione, allo stato, non operativa e inefficace;
   in tale chiarissimo quadro normativo è di tutta evidenza che la rimozione della causa d'ineleggibilità alla carica parlamentare comporta la formale presentazione delle dimissioni dei presidenti di provincia dalla funzione rivestita entro i termini di legge;
   nel contempo è altrettanto evidente che, nel corso dell'attuale legislatura, non sussiste alcuna causa d'incompatibilità fra la carica di parlamentare e di presidente di provincia, come autorevolmente precisato di recente dallo stesso Ministero dell'interno, in sede d'interpretazione restrittiva della portata giuridica degli effetti della nota sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 21 ottobre 2011 in tema d'incompatibilità fra la carica di parlamentare e di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti;
    emerge, pertanto, a parere degli interroganti la macroscopica illegittimità delle procedure che risultano attivate in seno ai consigli provinciali di Napoli e Salerno, finalizzate a pervenire alla dichiarazione d'incompatibilità dei rispettivi presidenti di giunta provinciale, allo scopo di evitare il commissariamento dei relativi organi e di consentire il subentro dei vicepresidenti nella carica di vertice dell'ente;
   si tratta di una condotta che sostanzialmente viola la legge e causa di sicuro un'aggravamento del discredito fortemente diffuso nella pubblica opinione nei confronti dei ripetuti usi padronali di pubbliche funzioni, nonché possibile fonte di gravi danni erariali conseguenti all'usurpazione di pubbliche funzioni da soggetti privi di legittimo munus ad officium –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere a fronte di procedure amministrative che appaiono agli interroganti apertamente contra legem con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda procedere, ove necessario, allo scioglimento dei predetti consigli provinciali, pienamente sussistendo a parere degli interroganti le cause di gravi e persistenti violazioni di legge, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo n. 267 del 2000. (5-08174)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOUADI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 ottobre 2012 Il Fatto Quotidiano on line pubblicava un pezzo dal titolo: «Roma, discuteva di droga con il boss. Ora ha un appalto nel cantiere della Metro C»;
   l'articolo narrava la vicenda della società CEAPP SRL di Aldo Ludovisi di Nettuno che ha realizzato lavori nelle stazioni della Metro C Gardenie e Lodi, per il valore di 2 milioni di euro;
   il giornalista riportava che Aldo Ludovisi: «Venne arrestato nel 2004 nel corso dell'operazione antimafia denominata “Appia 2”, incastrato da alcune intercettazioni ambientali disposte dalla Dda romana. Poi, dopo qualche mese, fu prosciolto, perché quell'attività tecnica fu ritenuta non sufficientemente motivata in sede di udienza preliminare. Le parole registrate erano chiarissime, ma per i magistrati l'intercettazione ambientale non era formalmente valida: “Aldo Ludovisi diceva ad Antonio Gallace – si legge nell'ordinanza di custodia cautelare del 2004, che riporta una intercettazione ambientale del febbraio del 1998 – che vendeva la sostanza stupefacente in cubettini. Il Ludovisi raccontava che, in qualità di bagnino, spacciava stupefacenti all'interno dello stabilimento balneare (...) e che solo nell'ultima stagione aveva guadagnato 59 milioni di lire”. Parole chiare, ritenute però inutilizzabili dai magistrati, anche se l'interlocutore dell'imprenditore di Nettuno – oggi impegnato nei lavori per la metropolitana di Roma – era Antonio Gallace, esponente della famiglia di ’ndrangheta di Guardavalle (Catanzaro) da cui proviene il capocosca Vincenzo, considerato dalla Dda di Milano il mandante dell'omicidio di Carmelo Novella»;
   inoltre, il Ludovisi risulta coinvolto nell'inchiesta della commissione d'accesso che nel 2005 ha portato allo scioglimento per condizionamento da parte della criminalità organizzata del consiglio comunale di Nettuno;
    l'articolo del Fatto Quotidiano continua riportando le seguenti notizie: «A seguire direttamente i lavori nelle stazioni della metropolitana di Roma è un dipendente della Ceapp, Mauro Guadagnoli, il cui padre, Rocco, è ben conosciuto alle forze dell'ordine per i suoi rapporti d'affari con Mario Santafede, notissimo narcotrafficante condannato in via definitiva a 12 anni di reclusione dai tribunale di Roma. È lui – raccontano diverse fonti – a portare avanti l'azienda, anche se formalmente non ha nessuna partecipazione societaria. A Mauro Guadagnoli la relazione della commissione di accesso ha dedicato un intero capitolo, evidenziando una serie di particolarissimi passaggi attorno a una concessione edilizia rilasciata dal comune di Nettuno. Diverse poi le segnalazioni su di lui inviate all'autorità giudiziaria per ipotesi di reati fiscali e societari. Ludovisi e Guadagnoli si conoscono da tempo, tanto che i loro nomi sono più volte associati nella relazione della commissione di accesso. Un gruppo di amici le cui fortune sono cresciute a Nettuno alla fine degli anni ’90, quando l'amministratore della Ceapp era un assiduo frequentatore del gruppo Gallace, considerata dal Ros una vera e propria ’ndrina radicata nel Lazio, oggi in attesa di giudizio nel principale processo per ’ndrangheta della provincia di Roma. Il nome di Aldo Ludovisi, nel 2005, era anche finito nelle pagine della commissione di accesso che portò allo scioglimento per mafia del comune di Nettuno: “Probabile prestanome della criminalità locale con numerose segnalazioni all'autorità giudiziaria”, scrivono gli ufficiali di polizia nella relazione, mettendo insieme i tanti elementi raccolti nelle diverse indagini sui gruppi criminali della costa laziale»;
   il territorio di Anzio risulta fortemente infiltrato da organizzazioni criminali: come testimoniato dai processi APPIA e MITHOS pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in tale territorio da anni opera il clan Gallace;
   l'indagine della Dda di Roma PAREDRA e le indagini della Dda di Milano INFINITO e BAGLIORI hanno confermato l'operatività della cosca e le sue proiezioni anche in Lombardia –:
   se il Ministro competente, in conformità con la normativa antimafia in materia di appalti, (decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490 e decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998) e con la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che indicano i legami di parentela con soggetti contigui alla criminalità organizzata come elementi rilevanti per il mancato rilascio di certificazione antimafia, intenda verificare:
    se Aldo Ludovisi risulti imparentato con Fabio Ludovisi raggiunto da provvedimento di custodia cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari di Napoli nel luglio del 2010 per reati associativi connessi al narcotraffico;
    se lo stesso Aldo Ludovisi risulti imparentato con Massimo Ludovisi e Genesio Ludovisi colpiti nel febbraio del 2012 da mandato di cattura europeo emesso dalla magistratura spagnola per traffico di droga commesso tra Tenerife e l'Italia;
    come sia stato possibile che la ditta di Aldo Ludovisi CEAPP SRL sia in possesso di certificazione antimafia;
    se intenda avviare un'indagine amministrativa per verificare eventuali irregolarità connesse alla verifica dei requisiti per la concessione della certificazione antimafia alla ditta in questione. (4-18180)


   FAVA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa dello scorso agosto Rama Spa, provincia e comune di Grosseto hanno lanciato a livello nazionale Rama E-life, il progetto industriale per la mobilità elettrica, che nasce dall'incontro tra imprese cinesi ed italiane;
   il primo prototipo di E-life è l'autobus elettrico del segmento dei 12 metri;
   l'autobus è stato realizzato in Cina dove Rama ha sottoscritto un importante accordo con i due partner, la Ruihua new energy auto di Shanghai e la Alfabus co. di Jiangsu, ottenendo l'esclusiva per i prossimi 8 anni nella promozione e commercializzazione in Europa;
   la società Rama E-life è stata costituita lo scorso luglio ed è composta dai soci Rama (provincia e comune di Grosseto, tutti gli altri comuni del territorio provinciale, Banca Etruria e Banca della Maremma);
   perplessità sorgono quando, scoprendo l'operazione economica, si evince che gli attori italiani sono gli enti locali grossetani, azionisti di Rama;
   da dati diffusi ad agosto, vi sono quasi 3 mila disoccupati in più rispetto al 2010. È quanto emerge da una prima elaborazione dei dati della provincia di Grosseto sul numero di iscritti al centro per l'impiego al 30 giugno 2012: si tratta di 24.009 unità a fronte dei 21.265 del primo semestre del 2010;
   i dati citati descrivono la sofferenza del tessuto produttivo della provincia, che si riversa sulle famiglie messe in difficoltà dalla perdita del posto di lavoro da parte dei componenti lavoratori –:
   se e quali iniziative di competenza intendano assumere a fronte di processi di delocalizzazione quali quelli segnalati in premessa, che possono incidere su una situazione occupazionale già molto critica.
(4-18189)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
   con decreto del direttore amministrativo n. 449 del 30 ottobre 2008, l'università del Salento ha bandito una selezione pubblica, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno e indeterminato di 3 posti di categoria C - area amministrativa, per le esigenze funzionali della segreteria della facoltà di ingegneria industriale, dei corsi di laurea magistrale e interfacoltà (nella sede di Brindisi), e della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali. Con atto del 16 dicembre 2009 è stata pubblicata la graduatoria provvisoria. L'università del Salento ha sospeso il relativo procedimento poiché il bando era stato impugnato da soggetti che – aspirando all'assunzione a seguito della loro utile collocazione nella graduatoria di un precedente concorso – contestavano l'indizione stessa della selezione. Il Consiglio di Stato, con sentenza dell'adunanza plenaria n. 14/2011, ha ritenuto la legittimità della scelta di indire la procedura selettiva in parola;
   è tuttavia accaduto che, al di fuori della prassi amministrativa dell'ateneo – con nota prot. n. 28496 del 5 settembre 2011 il direttore amministrativo dottor Emilio Miccolis – dopo aver autonomamente e senza alcun controllo dissigillato e aperto i plichi della procedura concorsuale contenenti gli elaborati dei candidati – ha segnalato alla commissione giudicatrice alcune irregolarità, da lui qualificate come tali, tra cui presunti plagi e – sempre presunti – segni di identificazione sulle minute degli elaborati dei candidati, chiedendo alla commissione medesima chiarimenti in merito alle stesse ipotetiche anomalie. Con nota dell'8 novembre 2011 la Commissione giudicatrice ha fornito i chiarimenti domandati;
   con nota del 28 dicembre 2011 (priva di protocollo, ma consegnata a mani con ricevuta in calce; consegnata a mani dal direttore amministrativo e da lui sottoscritta per ricevuta, il capo dell'ufficio reclutamento Manfredi De Pascalis, in qualità di responsabile del procedimento, amministrativo (d'ora innanzi RPA), ha fatto presente al direttore medesimo che non vi erano i presupposti giuridici e fattuali per adottare un provvedimento di annullamento. Nonostante i chiarimenti della commissione e nonostante la suddetta nota del RPA, con decreto n. 676 del 30 dicembre 2011 il direttore amministrativo ha annullato gli atti del concorso e ha inviato un esposto alla procura della Repubblica di Lecce, denunciando l'operato della commissione giudicatrice. I vincitori classificati ai primi tre posti di tale concorso annullato dal Direttore amministrativo hanno impugnato innanzi al TAR Lecce tale provvedimento n. 676/2011 di annullamento, deducendone l'illegittimità. Con sentenza n. 1366 del 25 luglio 2012 il TAR Lecce ha accolto il ricorso in questione, e ha annullato il citato decreto direttoriale n. 676/2011;
   in particolare, quanto alla presenza di presunti episodi di plagio, il TAR Lecce ha ritenuto che «del tutto illegittimamente il D.A. ha sostituito la propria valutazione in merito alla genuinità degli elaborati concorsuali, alla diversa valutazione operata dalla commissione. Valutazione che, anche alla luce delle note a chiarimenti rese da quest'ultima, deve ritenersi del tutto immune da quei vizi di palese illogicità, incoerenza, incongruenza, che sole giustificano (C.d.S, IV, 15.2.2010, n. 835, cit.) un sindacato dell'organo verificatore (il D.A.) sulle scelte discrezionali della commissione esaminatrice». Lo stesso TAR Lecce ha affermato che «quand'anche l'operato del D.A. potesse ritenersi legittimo sul piano meramente astratto (la qual cosa, si ribadisce, deve senz'altro escludersi, alla luce di quanto sopra chiarito), nondimeno i lamentati episodi di plagio non possono – in concreto – in alcun modo ritenersi sussistenti.»;
   quanto poi ai presunti segni di identificazione, il TAR Lecce ne ha ritenuto l'insussistenza, affermando che «la presenza di asterischi, segni di interpunzione al di fuori dei margini, numerazioni, spaziature in bianco, eccetera – elementi tutti rilevati dal D.A. – costituiscono segni assolutamente fisiologici nell'ambito di una prova concorsuale scritta, facendo parte del naturale strumentario a disposizione del candidato che si accinga a redigere un elaborato di tal fatta. Alla stessa stregua, non costituisce segno anomalo – specie se indicato soltanto sulla minuta, come nel caso in esame, e non anche sulla «bella copia» – l'indicazione dell'orario di inizio e di fine della prova, dovendo esso valutarsi quale elemento visivo a disposizione del candidato, da comparare con lo scorrere naturale del tempo, in vista dell'evasione, nel termine assegnato, dei quesiti posti dalla traccia. Similmente, in assenza di indicazioni della commissione circa l'ordine di risposta ai quesiti della prova B (presupposto mai contestato dal D.A.), i candidati ben potevano evadere i vari quesiti nell'ordine da loro ritenuto più opportuno, senza che tale scelta possa, se non con una inammissibile petizione di principio, interpretarsi quale indebito segno di riconoscimento.»;
   anche quanto al presunto plagio, al contrario di quanto asserito dal direttore amministrativo nel decreto n. 676/2011, il TAR ha affermato che i lamentati episodi di plagio che sarebbero la parte meno significativa degli elaborati, non possono in alcun modo ritenersi insussistenti perché gli episodi «incriminati» consistono nella spiegazione di concetti basilari di diritto amministrativo e possono essere più o meno riprodotti testualmente da un candidato dotato di buona memoria. Di conseguenza, il TAR ha annullato il decreto direttoriale n. 676/2011. È significativa la circostanza che, quanto al pagamento delle spese di lite, a sottolineare il torto del direttore amministrativo, il TAR Lecce ha reputato che «la violazione, ad opera dell'amministrazione resistente, di postulati pacifici in tema di procedure concorsuali (ed in primis, il divieto di impingere in valutazioni di merito), impedisce qualsiasi forma di compensazione. La resistente va pertanto condannata al rimborso, in favore dei ricorrenti, delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio generale della causalità e della soccombenza»;
   alcuni giorni dopo la pubblicazione della suddetta sentenza – verso la fine del mese di luglio 2012 – è apparso su una testata giornalistica del territorio (il Corriere del Mezzogiorno, inserto locale del Corriere della Sera) un'intervista con il direttore amministrativo E. Miccolis, nella quale si leggono, riportate fra virgolette, le seguenti, gravi affermazioni: «Onestamente non credevo che i giudici avrebbero deliberato accogliendo il ricorso dei tre vincitori, due dei quali accusati di aver copiato. Siamo in una situazione oggettivamente imbarazzante: da una parte abbiamo una sentenza del TAR che in sostanza dice che chi copia e vince un concorso è legittimato a farlo; e dall'altra la riluttanza di questa Amministrazione ad accettare comportamenti poco etici come questo»;
   anche il rettore dell'Università del Salento, professor Domenico Laforgia, ha rilasciato un'intervista a una testata territoriale (La Gazzetta del Mezzogiorno) con la quale ha preso le difese dell'operato del direttore amministrativo e ha attaccato invece i Giudici amministrativi salentini. In particolare, Laforgia ha testualmente affermato che «è stato deciso di annullare un concorso per un obbligo morale. Nella fase di approvazione degli atti il direttore generale si è accorto di irregolarità e ha voluto, giustamente, approfondire, scoprendo che tre elaborati erano stati copiati da internet». La decisione del TAR di annullamento del decreto direttoriale n. 676/2011 è stata quindi stigmatizzata da Laforgia addirittura come foriera di «conseguenze preoccupanti, perché sancisce che chi copia può vincere un concorso pubblico in barba alla meritocrazia ed all'onestà intellettuale. Questa vicenda non può che avere cattive ripercussioni sulla pubblica opinione anche perché due candidati che risultano aver copiato il compito e vinto il concorso sono imparentati con una senatrice accademica e con un dirigente del nostro ateneo». Questo contegno denota sia da parte del rettore che del direttore amministrativo qualcosa che va ben oltre il diritto di critica (si tratta piuttosto di un preoccupante dispregio) nei confronti degli organi giurisdizionali intervenuti a giudicare degli atti adottati dall'università;
   ad aggravare il quadro, è apparso su La Gazzetta del Mezzogiorno del 4 agosto 2012 un servizio che ha informato della conclusione dell'indagine penale avviata a carico della Commissione giudicatrice, proprio su denuncia del direttore amministrativo. Il servizio ha pubblicato molti passaggi del decreto, firmato dal procuratore della Repubblica di Lecce, dottor Cataldo Motta, con cui egli ha chiesto l'archiviazione del procedimento a carico dei componenti della commissione giudicatrice: richiesta poi accolta dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce. La motivazione del decreto di archiviazione ha posto in luce per un verso la correttezza della condotta della Commissione, e per altro verso aspetti sconcertanti dell'operato del direttore amministrativo Miccolis, dal momento che ha censurato la sua condotta con espressioni durissime: «(...) non può non rilevarsi la irregolarità dell'iniziativa del direttore amministrativo (sulla cui legittimità lo stesso presidente della commissione giudicatrice ha formulato condivisibili perplessità) il quale, dopo la conclusione dei lavori della commissione (unico organo legittimato a valutare il merito degli elaborati e la loro regolarità) e dopo l'approvazione della graduatoria finale di merito di cui al verbale 16 dicembre 2009, ha ritenuto di «riesaminare» – in autonomia ed incontrollata solitudine – gli elaborati dei candidati, rilevando alcune anomalie nella stesura grafica degli elaborati il cui controllo esulava dalla semplice verifica sull'approvazione degli atti, di sua competenza, sfociando piuttosto in valutazioni di merito, appannaggio esclusivo della commissione»;
   quanto alla possibilità di plagio dei brani riportati nei compiti, nel decreto si è osservato, recependo le precisazioni del procuratore della Repubblica nella conforme richiesta, che il presidente della commissione «ha ricordato come, anche alla luce della giurisprudenza, non gravi affatto sulla commissione alcun onere di attivarsi per verificare o comparare se alcuni brani contenuti negli elaborati siano stati copiati e riprodotti». In dettaglio, per escludere categoricamente il presunto reato di abuso di ufficio denunciato dal direttore amministrativo a carico della commissione giudicatrice, «non può non osservarsi, per un verso, che nessun elemento indica che la commissione giudicatrice avesse rilevato (e quindi intenzionalmente occultato) la copiatura o la riproduzione di quei brani (qualora effettivamente copiati o riprodotti, come sostenuto dal direttore amministrativo); per altro verso, che il presidente della commissione ha riferito che nessun componente di essa aveva mai obiettato o ritenuto che alcuni brani fossero stati copiati o riprodotti; e, per altro verso ancora, che siffatto controllo, ancor più di quello che aveva portato lo stesso direttore amministrativo a rilevare le altre due «anomalie», ha comportato una inammissibile ed illegittima valutazione del merito degli elaborati, certamente sottratta al potere di verifica formale attribuito al direttore amministrativo»;
   quanto ai presunti segni di riconoscimento contenuti negli elaborati, nel decreto di archiviazione si è affermato che «potrebbe agevolmente osservarsi come non vi sia né possa essere acquisito alcun elemento che consenta di affermare con certezza che le anomalie grafiche segnalate fossero presenti al momento degli esami degli elaborati da parte della commissione (l'improvvido intervento – autonomo e solitario – del direttore amministrativo non consente di escludere l'ipotesi di un'alterazione grafica degli elaborati successiva all'esame della commissione o comunque che i segni fossero rilevabili dalla commissione stessa)»;
   infine, con riferimento alla presunta intenzione dei componenti della commissione di avvantaggiare uno o più concorrenti, la conclusione dell'autorità giudiziaria ha descritto lapidariamente il comportamento del direttore amministrativo: «analogo interesse avrebbe potuto astrattamente avere anche il direttore amministrativo». Infatti, si legge nel provvedimento della magistratura, anche «a voler astrattamente ipotizzare un interesse della commissione ad avvantaggiare uno o più dei concorrenti risultati idonei ovvero a danneggiare uno o più di quelli esclusi (interesse, peraltro, nemmeno adombrato nella segnalazione del direttore amministrativo) è di tutta evidenza che analogo interesse – simmetrico ma invertito – avrebbe potuto astrattamente avere proprio il direttore amministrativo; e tale interesse ben avrebbe potuto costituire il motivo della sua estemporanea iniziativa di «riesaminare» nel merito gli elaborati e di rilevare e segnalare le suddette «anomalie» (volendo escludere l'ipotesi di attribuire a lui l'alterazione grafica delle «minute») al fine di avvantaggiare uno o più dei concorrenti esclusi ovvero di danneggiare uno o più di quelli ammessi»;
   in definitiva, nonostante le chiarissime considerazioni contenute nella sentenza del TAR e nonostante le gravissime considerazioni sviluppate dal procuratore della Repubblica, riprese dal decreto di archiviazione, a carico del direttore amministrativo e del rettore, costoro, invece di affrettarsi a dare attuazione ai provvedimenti del TAR e della procura, hanno attaccato i giudici del TAR, addebitando loro effetti nefasti sull'Ateneo e sulla tenuta morale della comunità accademica, e più in generale della collettività salentina;
   a questi comportamenti occorre aggiungere le condotte tenute dal direttore Miccolis sia nel periodo tra l'adozione del decreto di annullamento n. 676 (datato 30 dicembre 2011) e la citata sentenza del TAR (datata 25 luglio 2012), sia dopo la sentenza. In particolare, quanto al primo periodo (condotta del Miccolis tra l'adozione del decreto di annullamento e la sentenza del TAR), costui ha cercato in ogni modo di disattendere le osservazioni che De Pascalis, in qualità di RPA, gli formulava circa il corretto modo di eseguire il pur illegittimo decreto di annullamento n. 676/2011 e ha adottato ulteriori provvedimenti, conseguentemente viziati. E infatti, con nota prot. n. 2508 del 24 gennaio 2012 De Pascalis, in qualità di RPA, faceva presente al Miccolis che i nominativi (tre) che questi voleva nominare come componenti della commissione di concorso in sostituzione dei componenti precedenti erano privi dei requisiti di competenza previsti dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001: trattandosi di un concorso per collaboratori amministrativi, infatti, occorreva nominare persone dotate di specifiche competenze inerenti la materia. Invece, fra i nominativi compariva un delegato del rettore e un ricercatore di fisica; con decreto n. 137 del 15 marzo 2012 il direttore Miccolis non solo ha ignorato le osservazioni di De Pascalis in qualità di RPA (la cui nota del 28 gennaio 2012 non veniva neppure citata nel testo del decreto), ma si è spinto al punto di affermare – tra le premesse del decreto – che egli aveva «verificati i requisiti di esperienza e competenza di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165»;
   ancora, con nota prot. n. 19763 del 6 giugno 2012 De Pascalis, sempre in qualità di RPA, ha illustrato al direttore Miccolis le corrette modalità di completamento del procedimento concorsuale a seguito del predetto decreto di annullamento: De Pascalis ha precisato – fondandosi su precisi orientamenti giurisprudenziali – che non si doveva procedere ad un nuovo svolgimento delle prove concorsuali, ma solo a una rivalutazione delle prove scritte già effettuate dai candidati. Con decreto n. 348 del 21 giugno 2012, per l'ennesima volta il direttore Miccolis ha ignorato quanto segnalatogli da De Pascalis (la cui nota prot. n. 19763 non veniva neppure citata nel testo del decreto), e ha disposto il rifacimento delle prove scritte;
   quanto alle condotte tenute dal direttore Miccolis nel periodo successivo alla sentenza del TAR del 25 luglio 2012, gli accadimenti sin qui esposti sono stati oggetto di un intervento critico del signor De Pascalis (essendo egli, altresì, un rappresentante di una organizzazione sindacale) apparso il 13 agosto 2012 su una testata del territorio, cioè sul Nuovo Quotidiano di Puglia. Nell'articolo De Pascalis ha espresso perplessità sulla correttezza del comportamento del direttore Miccolis, anche nel quadro di una gestione discutibile dell'insieme delle procedure concorsuali da parte degli organi centrali di Ateneo, e del sostanziale avallo dato dal rettore. A seguito di tale articolo il direttore Miccolis ha aperto un procedimento disciplinare – ancora pendente – nei confronti di De Pascalis, con ciò cumulando incredibilmente la posizione di organo di iniziativa procedimentale con quella di soggetto vulnerato dal contegno di De Pascalis, e mostrando, secondo gli interpellanti, chiari intenti ritorsivi, tali da dissuadere altri interventi nella direzione della trasparenza. Da ultimo, con recentissimo decreto n. 564 del 16 ottobre 2012 il direttore Miccolis ha allontanato De Pascalis dall'ufficio reclutamento, di cui questi è stato sino a quel momento il capo, con ciò confermando un atteggiamento ad avviso degli interpellanti illegittimamente sanzionatorio verso chi ha avuto il solo torto di pretendere la conformità alle regole in un settore così delicato quale quello dei concorsi;
   infatti, pur dissimulato da ragioni inerenti la necessità di coprire altro ufficio rimasto sguarnito (si tratta dell'ufficio previdenza e pensioni, privo – com’è di tutta evidenza – di rilievo comparabile a quello del reclutamento), il grave provvedimento nasconde, secondo gli interpellanti, l'intento di rimuovere un funzionario assai scomodo dalla posizione apicale della postazione centrale nella gestione delle procedure concorsuali: De Pascalis ha sempre cercato di opporsi alle reiterate condotte di dubbia legittimità perpetrate dal direttore Miccolis, per cui costui lo ha dapprima sottoposto a procedimento disciplinare, e poi lo ha rimosso dall'Ufficio reclutamento;
   tali comportamenti del direttore Miccolis, condivisi e confermati dal rettore Laforgia, pongono il serio problema della loro compatibilità con le importanti cariche da loro coperte: ciò, soprattutto in considerazione del fatto che – come ampiamente divulgato dal rettore medesimo – egli si accinge, quale neonominato presidente della fondazione dell'università del Salento a gestire procedure d'appalto di lavori pubblici di edilizia universitaria per oltre cento milioni di euro;
   gli episodi esposti, e il conseguente clima velenoso che hanno determinato, rendono improbabile garantire l'equilibrata gestione di tali delicatissime fasi della vita dell'ateneo salentino, dal momento che chi lo guida pro tempore ha mostrato di non osservare norme e principi basilari per la corretta e trasparente gestione della cosa e del denaro pubblici. I media del territorio dedicano di frequente pagine o servizi alle indagini penali e alle denunce nei confronti del rettore e del direttore amministrativo, in un quadro di costante tensione, che non giova al buon andamento dell'istituzione universitaria –:
   se il Governo, sia al corrente della grave situazione di incompatibilità ambientale del rettore e del direttore amministrativo dell'università del Salento, abbondantemente emersa sui media, e fonte di disorientamento e di disagio per chiunque frequenti l'ateneo, sia esso docente o studente o dipendente amministrativo e se intenda attivare gli opportuni approfondimenti per verificare per quale ragione il rettore, invece di avviare un procedimento disciplinare nei riguardi del direttore amministrativo a causa delle gravi anomalie della sua condotta, lo abbia difeso sui media;
   se non si ritenga di disporre, anche attraverso l'ispettorato della funzione pubblica) un'indagine ispettiva per valutare il comportamento del rettore e del direttore amministrativo, a prescindere dalle vicende giudiziarie penali che riguardano entrambi, già sulla base del danno arrecato al personale tecnico amministrativo, al corpo studentesco ed ai docenti dell'università del Salento a causa dei comportamenti prima descritti, e duramente censurati sia dalla magistratura ordinaria che da quella amministrativa.
(2-01708) «Mantovano, Di Virgilio, Castellani, Garagnani, Costa, Rosso, Ciccioli, Landolfi, Aracu, Scelli, La Loggia, Tortoli, Pelino, Bocciardo, Frassinetti, Bertolini, De Girolamo, Contento, Holzmann, Mussolini, Gava, De Nichilo Rizzoli, Repetti, Ceroni, Barani, Alberto Giorgetti, Mancuso, Biasotti, Ghiglia, Tommaso Foti, Palmieri, Murgia, Vella, Nizzi, Ascierto, Beccalossi, Berardi, Biava, Boniver, Cannella, D'Alessandro, De Angelis, Faenzi, Laffranco, Lainati, Leo, Mazzoni, Mazzuca, Meloni, Minasso, Osvaldo Napoli, Palumbo, Paniz, Pizzolante, Paolo Russo, Scapagnini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   se si considera che con l'assestamento 2012 la previsione di competenza, di cui alla legge di stabilità del 2012 n. 184 del 2011, si assesta a 52.959,9 milioni e quella di cassa a 53.941,9 milioni, le riduzioni di spesa rispetto al 2009 risultano rispettivamente di 5.349,7 e di 7.566 milioni. Di queste riduzioni circa l'86 per cento (4.600 milioni) riguarda il bilancio dell'istruzione;
   la riduzione strutturale della spesa prevista dall'articolo 64 era invece di 3.188 milioni. Essa, unita a quella derivante dalla legge finanziaria n. 244 del 2007, doveva raggiungere i 4.561 milioni;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sembra considerare che nel 2008-2009 nel valutare quel rapporto (studenti/insegnanti) pari a 8,94 da aumentare a 9,94 nel 2011-2012, si contavano tutti i docenti in servizio. Per la precisione gli 868.673 docenti allora in servizio erano costituiti da tre gruppi:
    i 753.683 docenti su posti normali (di cui 656.207 a tempo indeterminato e 97.476 a tempo determinato);
    gli 89.357 posti di sostegno (di cui 45.098 a tempo indeterminato e 44.259 a tempo determinato);
    i 25.633 docenti di religione cattolica (di cui 14.332 a tempo indeterminato e i 11.301 a tempo indeterminato);
   a quei gruppi e a quei numeri, secondo gli stessi recenti dati ministeriali, incompleti perché omettono totalmente i docenti di religione cattolica corrispondono i 791.588 insegnanti in servizio nell'anno scolastico 2011-2012 così distribuiti:
    i 667.513 docenti su posti normali (di cui 596.991 a tempo indeterminato e 70.522 a tempo determinato);
    i 97.495 posti di sostegno (di cui 61.745 a tempo indeterminato e 35.750 a tempo determinato);
    i 26.580 docenti di religione cattolica (di cui 13.289 a tempo indeterminato e 13.291 a tempo indeterminato);
   la riduzione del numero dei docenti (di 86.170 unità) che ha riguardato solo i posti normali, mentre per quelli di sostegno e di religione cattolica vi è stato un aumento, considerato che vengono conteggiati fra il personale in servizio i 10 mila docenti in esubero, ha soddisfatto pienamente gli obiettivi di riduzione del numero dei docenti previsti dalla legge;
   l'articolo 7, commi 12-1,5 della legge n. 135 del 2012 (spending review) prevede taluni interventi sulle amministrazioni centrali dello Stato dall'anno 2013, volti ad assicurare una riduzione della spesa in termini di saldo netto da finanziare. Per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tale riduzione, è di 182,9-172,7-236,7 milioni rispettivamente per gli anni 2013-2014-2015 –:
   se non sia necessario evitare ulteriori interventi che producano ulteriori effetti sul personale della scuola già gravemente penalizzato, fra l'altro, dalla mancata attribuzione di 900 milioni di euro dovuti per la mancata retribuzione degli scatti retributivi maturati negli anni 2011-2012.
(5-08159)


   DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la manovra attuata con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, si è determinata la cancellazione permanente della validità giuridica ed economica dei tre anni (2010-2011-2012) della carriera del personale docente e ATA;
   il pagamento degli scatti maturati nel triennio avrebbe dovuto essere garantito in base agli articoli 9, comma 23 e 8, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, con il Fondo costituito nello stesso bilancio con le risorse derivanti da quel 30 per cento dei tagli destinato al merito, secondo quanto stabilito all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
   tale garanzia però non ha eliminato gli effetti strutturali, sul saldo primario riportati nel DEF 2011, del comma 23 dell'articolo 9 così come precisa la circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 12 del 15 aprile 2011 laddove si afferma che l'articolo 9, comma 23, primo periodo, stabilisce che per il personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della Scuola gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti, e che, ferma restando la non utilità ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici dell'intero triennio 2010/2012, si evidenzia comunque la possibilità di intervenire sugli effetti della norma in esame ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 8, comma 14, e all'articolo 9, comma 1 e 23, ultimo periodo, del decreto-legge citato, come modificato in sede di conversione;
   se non sarà confermata la proroga del blocco degli scatti sino al 2014, così come previsto dal decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011) gli effetti di tale previsione normativa si avranno già nel corso del 2013 allorché tutto il personale, che avrà maturato l'anzianità per il passaggio di scalone, in realtà dovrà attendere altri tre anni per conseguirlo. Ciò avverrà perché l'articolo 8, comma 14, garantisce l'eventuale copertura economica solo alla corresponsione strutturale del valore degli scatti biennali e non quella per evitare lo slittamento triennale per il conseguimento degli scaloni successivi a quello oggi in godimento;
   la VII Commissione della Camera dei deputati in sede di parere sull'assestamento 2012 ha chiesto di conoscere la composizione e il lavoro del comitato di verifica tecnico-finanziaria, di cui all'articolo 64 comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e composto da rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze, con lo scopo di monitorare il processo attuativo delle disposizioni di cui all'articolo 64 medesimo, al momento non si conosce la composizione e neppure il testo ufficiale delle deliberazioni che dovrebbe aver assunto in materia. Tale Comitato si sarebbe dovuto occupare di tali calcoli almeno in vista delle decisioni riguardanti l'assestamento dei bilanci degli anni 2010-2011 e 2012;
   del Fondo della missione fondi da ripartire, accantonato come risorsa contrattuale destinata alla valorizzazione del personale della scuola per garantire il pagamento degli scatti retributivi si deve ad oggi registrare la seguente gestione:
    a differenza di quanto avvenuto per l'esercizio finanziario 2010 quando si sono reperiti 320 milioni per garantire il pagamento degli scatti maturati in quell'esercizio finanziario, nel 2011 non sono stati utilizzati per il pagamento degli scatti maturati in questa annualità i 664 milioni inizialmente presenti nel capitolo 1298 del bilancio di previsione e perfino confermati nell'assestamento 2011;
    nello stato di previsione per il 2012 al capitolo 1298 erano assegnati solo 578 milioni invece dei 960 previsti in attuazione dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Nell'assestamento 2012 essi passano a 379.800.000 con una riduzione di 198.200.000 e con il conseguente mancato pagamento anche degli scatti maturati nel 2012. Resta in bilancio praticamente solo la quota che garantisce la prosecuzione del pagamento degli scatti già retribuiti per il 2010;
   quelle risorse che l'articolo 8, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, destinava al personale, sono state utilizzate per riempire i buchi di un bilancio sottostimato. Si è trattato di un ulteriore taglio non previsto da specifiche disposizioni che modificassero quanto previsto dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Si è trattato di un taglio che equivale quantitativamente a quanto previsto per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dall'articolo 7 della legge n. 135 del 2012;
   sono molto insistenti le notizie provenienti da fonte ministeriale, che hanno destato un vivo allarme soprattutto fra i dirigenti scolastici, secondo cui, almeno per quanto riguarda il pagamento degli scatti 2011, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenderebbe proporre alle organizzazioni sindacali un utilizzo di una buona parte del Fondo di istituto –:
   se sia in grado di confermare o smentire tale grave eventualità;
   come intenda dar seguito a quanto segnalato dalla VII commissione, nel parere espresso all'assestamento di Bilancio 2012, riguardo alla necessità di presentare i risultati del Comitato tecnico preposto per legge alla verifica dei tagli realizzati in attuazione dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. (5-08167)


   DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   molte sono le criticità riscontrate nell'istruzione tecnica-settore tecnologico «sistema moda», in quanto tali criticità non solo comportano uno spreco di risorse economiche ed umane, ma oltretutto fanno sì che il percorso formativo non risponda affatto alle esigenze del territorio;
   il curriculum dell'istruzione tecnica-settore tecnologico «sistema moda» è incentrato quasi esclusivamente, per ciò che attiene alle discipline di indirizzo, sulla conoscenza dei materiali (il tessuto nell'articolazione «tessile, abbigliamento e moda» – il pellame nell'articolazione «calzature, abbigliamento e moda») in quanto più o meno ricalca il vecchio impianto dell'istituto tecnico industriale;
   paradossalmente entrambe le discipline di indirizzo «tecnologie dei materiali e dei processi produttivi ed organizzativi della moda» e «ideazione, progettazione e industrializzazione dei prodotti moda» sono affidate alla classe di concorso «Tecnologie tessili» (70/A), o in alternativa alla 68A, per una complessiva quota di 11 ore al 3o anno, 10 ore al 4o e 11 al 5o;
   anche la compresenza degli ITP, che nelle vecchie bozze dei quadri orari veniva affidata anche alla classe C7 («esercitazioni di abbigliamento e moda») ma che nell'ultima stesura dei quadri orari risulta consentita solo alle classi C10 («esercitazioni di disegno artistico dei tessuti») e C22 («laboratori di tecnologie tessili e dell'abbigliamento e reparti di lavorazioni tessili e dell'abbigliamento»), rimarca l'impronta tessile dell'indirizzo;
   oltretutto il titolo di accesso alla classe 70/A così come alla 68A consiste in una qualsiasi laurea purché congiunta al diploma di perito tessile, mentre il titolo che dà accesso alle classi C10 e C22 è costituito dal diploma di perito tessile;
   l'istruzione tecnica settore tecnologico «sistema moda» non risponde alle richieste del territorio in quanto prepara personale esperto del tessile ma del tutto incompetente in ciò che invece riguarda la progettazione e la realizzazione delle collezioni moda, preparazione questa, come è evidente, ritenuta essenziale dalle aziende dell'abbigliamento, che poi sono in netta maggioranza rispetto a quelle tessili;
   l'elevato numero di ore assegnate alla A70/A68 (sul territorio nazionale, in alcune regioni è presente la A70, in altre la A68), oltre a rappresentare un'insolita anomalia che può avere negative ripercussioni sul piano della didattica, sicuramente comporterà la necessità di arruolare nuovo personale in quanto a tutt'oggi nella scuola i docenti di tale disciplina sono presenti in numero davvero esiguo;
   poiché anche negli istituti Professionali «produzioni industriali e Artigianali» – opzione «produzioni tessili-sartoriali» la quota oraria affidata alla classe A/70 risulta incredibilmente incrementata rispetto al previgente ordinamento («lievitando» da 3 a 6 ore al 3o anno, da 3 a 5 ore al 4o anno e comparendo adesso anche al 5o anno con 4 ore), a fronte invece di una drastica penalizzazione delle discipline laboratoriali specifiche del settore e dell'eliminazione della storia dell'arte, appare evidente che il profilo professionale in uscita sia piuttosto simile in entrambi i percorsi (professionale/tecnico) in quanto incentrato sia nell'uno che nell'altro settore, prevalentemente sullo studio/progettazione del tessile;
   infatti se si vuole che l'istruzione tecnica fornisca le competenze relative alla filiera tecnologica necessarie per una rapida immissione nel mondo del lavoro, non ci si può limitare al solo particolare e ristretto ambito delle materie prime ma occorre prevedere una formazione molto più ampia e complessa, che contempli anche il disegno (per la preparazione manuale di schizzi e bozzetti), la modellistica e la Confezione industriale;
   inoltre appare paradossale che non si vogliano utilizzare, negli istituti tecnici, anche i docenti ITP della classe C70, in esubero ed in possesso dei requisiti necessari (i programmi ministeriali del precedente ordinamento infatti prevedevano, dall'introduzione del progetto 1992, l'insegnamento della modellistica e della confezione industriale, e allo scopo la classe C7 era già stata riconvertita previo corso di aggiornamento) –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire affinché l'istruzione tecnica fornisca le competenze relative alla filiera tecnologica necessarie per una rapida immissione nel mondo del lavoro prevedendo una formazione molto più ampia e complessa, che contempli, ad esempio, anche il disegno (per la preparazione manuale di schizzi e bozzetti), la modellistica la confezione industriale, e altro e che inoltre preveda un aumento di orario da trascorrere nei laboratori per dar vita ad una reale ed indispensabile didattica laboratoriale, così come, d'altro canto, il Governo si è sostanzialmente impegnato a fare accogliendo l'ordine del giorno n. 9/4940-A66 del 13 marzo 2012 presentato dall'interrogante;
   se non ritenga altresì opportuno che i singoli istituti in base alle specifiche realtà locali possano in autonomia scegliere percorsi confacenti alle esigenze territoriali;
   se non ritenga inoltre paradossale che non si vogliano utilizzare, negli istituti Tecnici, anche i docenti ITP della classe C70, in esubero ed in possesso dei requisiti necessari come menzionato in premessa, considerata anche l'estrema scarsità di docenti delle classi di concorso A70 ed A68 che dovrebbero essere formati ed assunti ex novo contro una presenza in esubero del personale ITP sopra citato.
(5-08168)


   DE PASQUALE, COSCIA e GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 197, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ha stabilito che «(...) il titolo conseguito nell'esame di maturità a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale abilita all'insegnamento nella scuola elementare (...)»;
   l'articolo 155, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n 323, stabilisce che «I titoli conseguiti nell'esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale iniziati entro l'anno scolastico 1997/1998 conservano in via permanente l'attuale valore legale e abilitante all'insegnamento nella scuola elementare. Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare»;
   per i diplomati magistrali non risulta essere mai stato posto l'obbligo a frequentare il successivo corso di laurea abilitante in scienze della formazione e di conseguenza è evidente l'attuale riconoscimento del diploma magistrale quale titolo abilitante in virtù delle succitate norme;
   si apprende che in fase di compilazione online della richiesta di partecipazione al concorso appena indetto dal Ministero dell'istruzione, tra i titoli di abilitazione non viene riconosciuta la maturità magistrale;
   è necessario ricevere un chiarimento urgente, vista l'imminente scadenza delle domande al succitato concorso –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente, in vista dell'immediata scadenza del 6 novembre come termine ultimo per l'iscrizione al concorso, chiarire la posizione dei diplomati magistrali all'interno del bando concorsuale stesso e se, in virtù delle norme ricordate in premessa, non ritenga indispensabile salvaguardare il valore di abilitazione all'insegnamento dei diplomi di maturità magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 1997/98. (5-08170)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LANDOLFI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto n. 82 del 24 settembre 2012 a firma del direttore generale per il personale scolastico pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 il 25 settembre 2012, sono stati indetti concorsi a posti e cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia primaria e secondaria di I e II grado;
   ai fini della partecipazione alla prova d'esame, i candidati devono superare una prova preselettiva da svolgere attraverso una procedura on-line, in cui si deve rispondere a 50 domande in 50 minuti;
   i quesiti saranno estratti da una banca dati resa nota, tramite pubblicazione sul sito del Ministero, solo 20 giorni prima dell'avvio delle sessioni di preselezione –:
   quali misure siano state adottate onde assicurare la riservatezza sui quesiti che saranno oggetto della prova d'esame;
   se non ritenga opportuno comunicare chi, eventualmente, oltre al Ministro, sia in possesso della banca dati dei quesiti;
   se non ritenga opportuno rivedere in senso estensivo il termine di 20 giorni che risulta incongruo ai fini di un'adeguata preparazione. (4-18164)


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 25 settembre 2012 il bando del concorso per assumere 11.542 docenti nel biennio 2013-2014;
   a seguito del concorso il prossimo anno scolastico entreranno in ruolo 7.351 neo professori; i restanti 4.191 docenti saliranno definitivamente in cattedra nell'anno scolastico 2014-2015;
   i reclutamenti serviranno a coprire il 50 per cento del fabbisogno, mentre l'altra metà sarà soddisfatto attraverso le graduatorie a esaurimento dei precari;
   il bando metterà a concorso, su base regionale, 11.542 cattedre di personale docente a partire dagli anni scolastici 2013-2014 e 2014-2015 a seconda della disponibilità dei posti vacanti e disponibili;
   al concorso sono ammessi a partecipare i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia o primaria o secondaria di I e II grado, conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, ivi compresi i titoli di abilitazione conseguiti all'estero purché riconosciuti con apposito decreto del Ministero; oppure che abbiano conseguito la laurea alla data del 22 giugno 1999;
   inoltre possono partecipare, ma solo per le scuole primarie e dell'infanzia, «i candidati in possesso del titolo di studio comunque conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, ovvero al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998»;
   l'iscrizione avverrà online, a partire dal 6 ottobre 2012 e fino alle ore 14.00 del 7 novembre 2012;
   la direttiva europea 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, pubblicata su Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 30 settembre 2005 detta le condizioni per poter esercitare determinate professioni in Paesi europei diversi da quelli in cui la persona ha la cittadinanza e ha svolto i propri studi o la propria esperienza professionale;
   la direttiva comunitaria 2005/36 recepita dal decreto legislativo n. 206 del 6 novembre 2007, permette di accedere alla professione corrispondente per la quale gli interessati sono qualificati nello Stato membro d'origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste dall'ordinamento italiano;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riconosce l'abilitazione all'esercizio della professione di insegnante di scuola dell'infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo e secondo grado ai cittadini comunitari abilitati nella corrispondente professione in Paesi diversi dall'Italia;
   coloro che hanno il decreto di riconoscimento professionale rilasciato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca possiedono, conseguentemente, il titolo utile per l'accesso alle graduatorie d'istituto di seconda fascia, così come, peraltro, espressamente previsto dall'articolo 2 del decreto ministeriale n. 62 del 13 luglio 2011;
   il rilascio del decreto di riconoscimento della professione di docente è successivo a un complesso iter procedurale che comporta la verifica dell'autenticità dei titoli, la valutazione della formazione posseduta, comparata per contenuti e durata con quella italiana;
   risulta all'interrogante che i tempi del rilascio del decreto di riconoscimento della professione di docente siano lunghi e che pertanto i docenti interessati a partecipare al concorso non riescano ad ottenerlo prima della scadenza del concorso stesso –:
   se non ritenga necessario intervenire per sollecitare il rilascio del decreto di riconoscimento della professione di docente per fare in modo che gli stessi possano partecipare al concorso. (4-18169)


   LARATTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sulla spending review aggiunge il danno alla beffa: non solo il personale docente permanentemente inidoneo, anche quello distaccato presso gli uffici scolastici regionali e gli ambiti territoriali provinciali, viene dirottato sui ruoli del personale Ata, ma non vede nemmeno riconosciuto il diritto alla priorità nella stessa scuola o comunque nella provincia di appartenenza;
   senza alcun rispetto per i loro problemi di salute, spesso anche gravi, questa tipologia di personale della scuola, rischia, quindi, di doversi confrontare con le difficoltà connesse alla mobilità territoriale. Come extrema ratio viene prevista anche la mobilità intercompartimentale;
   anche per gli ITP delle classi C555 e C999 è previsto il passaggio coatto ai ruoli del personale Ata della provincia di appartenenza;
   le norme contenute nei commi 13 e 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 95 del 2012, pertanto, riescono nel difficile intento di danneggiare tutti: gli ITP perché costretti a diventare Ata; i docenti inidonei perché, oltre al cambio forzato di ruolo, rischiano anche di ritrovarsi costretti a cambiare provincia; il personale Ata in attesa del ruolo perché rischia di veder vanificate per anni le proprie aspettative di stabilizzazione, mortificate dall'occupazione di tutti i posti vacanti e disponibili dal personale transitato da altri ruoli. Per non parlare della qualità complessiva del sistema scuola, che si abbasserà ulteriormente in virtù dell'utilizzo del personale in ruoli non di competenza –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto su esposto;
   che cosa intenda fare, anche attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, al fine di ristabilire, per il personale la cui infermità è riconosciuta gravissima ed inidonea a qualsiasi attività lavorativa, il collocamento in quiescenza, ed, in subordine, tutelare il personale della scuola contro il passaggio coatto ai ruoli Ata e il rischio di mobilità territoriale o intercompartimentale, prevedendo che, sia i docenti che il personale Ata, possano restare in servizio presso l'istituzione scolastica di appartenenza, assolvendo compiti di ausilio ai processi di attuazione dell'autonomia scolastica, quali quelli di «bibliotecario», «addetto ai laboratori tecnico/scientifici e didattici» che spesso non sono svolti da alcun soggetto, per assenza di personale, vanificando così la dimensione operativa e tecnica di supporto alla didattica e agli apprendimenti degli studenti, in contrasto con la riforma degli ordinamenti in atto e con la stessa legge primaria dell'autonomia delle istituzioni scolastica – decreto del Presidente della Repubblica dell'8 marzo 1999, n. 275. (4-18170)


   CARELLA, GASBARRA e META. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in previsione della costituzione degli organici del personale ATA per l'anno scolastico 2012-2013, con il D.I. trasmesso con nota 1o giugno 2011, n. 4638, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dettato disposizione per l'organico ATA 2011-2012, ribadendo di fatto l'abbattimento per il 25 per cento dell'organizzato del personale collaboratore scolastico nelle istituzioni scolastiche in cui vi sia la presenza di servizi esternalizzati (ex lsu);
   la direzione scolastica regionale del Lazio non ha più messo mano al piano di ottimizzazione del servizio dal 2008 in poi, verificato che molti consorzi in provincia di Frosinone non hanno più confermato la stessa pianta organica da diversi anni (in alcune scuole c’è un solo dipendente per 1000 mq) percependo lo stesso importo per il servizio di pulizia, alla luce del dimensionamento scolastico per il 2012-2013 che aggregherà circoli didattici (con ex lsu) e scuole medie (senza ex lsu);
   la provincia di Frosinone ha subito una perdita consistente di posti di collaboratore scolastico, si è passati da 700-800 nomine annuali a circa 150 e visti gli sprechi derivanti dalla duplicazione del servizio in questione –:
   se si intendano assumere iniziative, anche normative, per evitare l'applicazione della decurtazione del 25 per cento sul nuovo organico degli istituti dimensionati.
(4-18178)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCO CARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'agriturismo è un'attività agricola connessa ai sensi del decreto legislativo del 18 maggio 2001, n. 228 e dell'articolo 2135 del Codice civile;
   l'agriturismo mantovano, in particolare, è regolato dalla legge quadro 20 febbraio 2006 n. 96, dalla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale), dal regolamento regionale 6 maggio 2008, n. 4 integrato con le modifiche introdotte dai regolamenti regionali 28 dicembre 2009 e regolamento regionale 19 dicembre 2011, n. 7;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, già con propria circolare del 22 marzo 1991, n. 41, aveva riconosciuto la natura agricola dell'agriturismo. Si premette altresì che nell'attività agricola è diffusa la fattispecie di cui all'articolo 230-bis del Codice civile e che al primo comma di suddetto articolo dispone che: «salvo che sia configurabile un diverso rapporto il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare e ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi». Inoltre, al terzo comma di suddetto articolo si dispone che: «ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come il familiare coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado; per impresa familiare quella in cui collaborano il coniuge, i parenti di terzo grado, gli affini, entro il secondo»;
   in particolare, in agriturismo, per la stagionalità e per la saltuarietà delle sue espressioni è da sempre diffuso l'apporto di lavoro familiare occasionale e non retribuito. È questo un apporto non subordinato, non retribuito, occasionale e quand'anche ripetitivo, comunque sempre di breve periodo;
   si rileva, in particolare che, in seguito alla, sentenza della Corte Costituzionale del 10 dicembre 1987, n. 476, la giurisprudenza ritiene ora tendenzialmente applicabile l'obbligo assicurativo in tutti i casi di familiari collaboratori nell'impresa familiare che prestino attività lavorativa non riconducibile al rapporto societario o di lavoro subordinato, escludendo d'altra parte i soggetti che espletano attività lavorative nel proprio interesse, o comunque a titolo di mera cortesia, esulando tali prestazioni da qualsiasi vincolo associativo (Cassazione 6 novembre 2002, n. 15588);
   si segnala, altresì, ulteriore giurisprudenza secondo la quale la presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese fra parenti che convivono non può essere esclusa solo per la considerazione della scarsità del vincolo di parentela (nella fattispecie di quarto grado, o del carattere non domestico dell'attività lavorativa, Cassazione 9 febbraio 1989, n. 818);
   l'Inps, dal suo canto, con circolari del 13 giugno 1996, n. 125, e del 3 febbraio 2010, n. 17, ha più volte ribadito la validità di questo inquadramento ed in questi anni ad esse ci si è riferiti. Per l'inquadramento di questo apporto da ultimo ha sorretto la circolare Inps 8 febbraio 2005, n. 22, nonché l'articolo 74 della cosiddetta legge Biagi. La circolare 22 del 2005 dell'Inps, in particolare, ha sottolineato che: «non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento o di esecuzione lavori»;
   la circolare Inail del 1o dicembre 1993, n. 53, ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, esclude inoltre la possibilità dell'iscrizione ai soli fini Inail di familiari che non si dedicano con continuità e prevalenza all'attività agricola –:
   quale deve essere il comportamento da osservare per quanto riguarda le prestazioni di lavoro non retribuite, occasionali e, se ripetitive, comunque di breve periodo, di familiari entro il quarto grado in strutture agrituristiche. (5-08162)


   SCHIRRU, VILLECCO CALIPARI, BOCCUZZI, GNECCHI, CODURELLI, BELLANOVA e RAMPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel decreto-legge di stabilità 2013 (articolo 12, comma 17) si conferma l'abrogazione della esenzione IRPEF per le pensioni di guerra e le relative indennità;
   saranno sottoposte ad imposizione IRPEF le pensioni nel caso in cui il titolare possieda un reddito superiore ai 15.000 euro l'anno;
   tale disposizione appare di dubbia legittimità in quanto in apparente contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione italiana, in particolare con quest'ultimo che afferma come «Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
   le pensioni di guerra, per espressa previsione normativa e come pacificamente riconosciuto in dottrina ed in giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 70 del 1999, sentenza n. 193 del 1994, sentenza n. 204 del 1992, sentenza n. 566 del 1989, sentenza n. 387 del 1989) non hanno natura reddituale, né assistenziale, e pertanto non possono essere sottoposte a tassazione;
   l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978 stabilisce, infatti, che «La pensione, assegno o indennità di guerra ... costituiscono atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà, da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto»;
   l'articolo 77 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978, come modificato dall'articolo 5 della legge n. 261 del 1991, prevede conseguentemente che «Le somme corrisposte a titolo di pensione, assegno o indennità ... per la loro natura risarcitoria, non costituiscono reddito»;
   tali somme sono, pertanto, irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali ed in nessun caso possono essere computate, a carico dei soggetti che le percepiscono e del loro nucleo familiare, nel reddito richiesto per la corresponsione di altri trattamenti pensionistici, per la concessione di esoneri ovvero di benefici economici e assistenziali;
   sotto questo ulteriore aspetto si profilerebbe una violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
   si va così ad infierire dopo quasi settant'anni su una categoria di cittadini che già ha offerto un enorme sacrificio fisico e morale per il Paese;
   è di fatto irrilevante l'introito a favore dell'Erario di tale provvedimento, dato l'esiguo numero delle pensioni di guerra che verrebbero interessate –:
   come il Ministro interrogato ritenga di intervenire urgentemente per promuovere l'abrogazione la norma citata che porta tratti di dubbia costituzionalità ed iniquità sociale, in considerazione di una categoria che già sopporta quotidianamente il sacrificio di una quotidianità afflitta a menomazioni anche gravi. (5-08163)


   BELLANOVA. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da qualche giorno sulla stampa emerge una grossa preoccupazione legata all'esiguità dei fondi destinati alla Puglia per la cassa integrazione;
   in Puglia, purtroppo, sono tanti i comparti produttivi in difficoltà a causa della crisi economica: dal TAC all'edilizia. Ed è proprio notizia odierna quella che vede il richiamo delle sigle sindacali sul settore edile dove negli ultimi cinque anni si sono registrati 13 mila occupati e 3500 imprese in meno;
   dagli ultimi dati INPS si evince che il numero di ore complessive di cassa integrazione autorizzate sono pari a 50,9 milioni (settembre 2012), a fronte dei 40,5 milioni dello scorso anno, con un aumento tendenziale delle ore totali di 25,4 punti percentuali. La cassa ordinaria è cresciuta, si è passati da 1.154 ore di agosto scorso agli oltre 1,8 milioni di settembre. A settembre 2012, la CIGS è cresciuta del 112,1 per cento rispetto al precedente dato di agosto. Dalla rilevazione INPS l'unico dato a decrescere sembrerebbe essere quello riferibile alla cassa integrazione, in deroga che vede un decremento del 48,9 per cento su agosto 2012. Tale dato però, a parere dell'interrogante non deve sviare, poiché è utile ricordare che molte aziende in Puglia terminando la cassa integrazione in deroga son passate alla mobilità, che ricordo essere, purtroppo, segnale di cessazione di attività produttiva con la conseguente fuoriuscita dal mercato del lavoro dei lavoratori;
   a conferma del trend non proprio positivo per la cassa in deroga si apprende dagli organi di stampa che anche il presidente della regione Puglia ha scritto, ieri, una lettera al Ministro in oggetto nella quale asserisce che «le risorse destinate alla regione Puglia dal suo Ministero per l'anno in corso, ad oggi pari a 140 milioni di euro sono insufficienti a coprire le necessità delle imprese e dei lavoratori pugliesi, essendo già esaurite da tempo»;
   particolarmente problematica risulta la situazione del territorio salentino nel quale l'INPS rileva che rispetto al settembre 2011 il ricorso alla cassa integrazione ha subito un calo del 49,3 per cento, passando da un totale di 1.281.562 ore autorizzate nel 2011 alle 718.320 attuali. Sempre dalla rilevazione INPS la cassa integrazione in deroga, che incide per il 63,3 per cento sulle ore CIG complessivamente autorizzate ha subito una fortissima contrazione, dalle 904.305 ore siamo passati alle 454.825 attuali. Vale a dire il 51,3 per cento in meno dello scorso anno;
   questa repentina diminuzione delle ore autorizzate sul territorio salentino rischia di avere un riverbero negativo sulla vita di oltre cinquemila lavoratori e relative famiglie. La cassa integrazione in deroga ha assolto, fino ad oggi, alla funzione di tutela della condizione dei lavoratori e di conseguenza delle famiglie pugliesi, che in molti casi sono anche monoreddito, senza il quale si sarebbero registrati, non solo dei drammi meramente economici, ma anche umani e sociali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga utile dover comunicare l'effettivo ammontare delle risorse stanziate per la CIG deroga in Puglia ed alla luce delle sopra citate premesse che cosa intende fare per evitare che a seguito di un probabile esaurimento dei fondi, migliaia di famiglie salentine e pugliesi, già provate dalla crisi che di fatto li ha costretti a rimanere fuori dall'effettiva operatività lavorativa, patiscano ulteriormente una situazione di difficoltà economica che aggraverebbe la loro quotidianità. (5-08172)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIUSEPPE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'incidente sul lavoro verificatosi qualche giorno fa, nella notte tra giovedì e venerdì scorso, sul peschereccio Marinella mentre si trovava a largo delle coste riminesi, e che ha provocato la morte di un marinaio di 47 anni, riporta agli onori delle cronache il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro, particolarmente in un settore, quello della pesca, che più di altri soffre di una carenza normativa;
   i pescatori continuano a lavorare in condizioni di sicurezza non adeguate ad un settore che si è evoluto e che presenta condizioni di lavoro molto disagiate; il marinaio deceduto è scivolato ed ha sbattuto la testa mentre stava mettendo in acqua la rete metallica per la pesca delle vongole;
   il problema si trascina dal 2008, infatti il comparto pesca sta ancora aspettando i regolamenti attuativi del Testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, mentre si va avanti di proroga in proroga praticamente all'infinito;
   i numerosi incidenti sul lavoro con esiti mortali, impongono una doverosa riflessione sul tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull'applicazione degli strumenti di vigilanza e verifica previsti dalla normativa vigente in tema di sicurezza sul lavoro. Trascorsi ormai quattro anni, appare oltremodo urgente risolvere la questione dell'adeguamento normativo, al fine di fornire una legge che dia ai lavoratori del settore le giuste indicazioni e tutele; non è accettabile che la pesca non sia armonizzata con il Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro –:
   se e quali iniziative si intendano attuare per ovviare alla mancanza di indirizzo e di politiche attive in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché all'assenza di coordinamento delle attività di controllo tra i soggetti istituzionali che si ripartiscono a vari livelli;
   se il Ministro interrogato non intenda emanare urgentemente i regolamenti attuativi del Testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. (4-18168)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inran (Istituto nazionale di ricerca sugli alimenti e la nutrizione), ente pubblico di ricerca vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, è l'unico ente di ricerca soppresso dalla seconda manovra di spending review (decreto-legge n. 95 del 2012, articolo 12) ed è attualmente in fase di accorpamento al CRA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura);
   si tratta di un ente centrale per la raccolta dei dati e l'attività di ricerca e si pone come fonte importante per chi, occupandosi di questioni alimentari, ha bisogno di notizie, aggiornamenti, numeri ed elementi scientifici; per statuto, infatti, il compito dell'Inran è di studiare gli alimenti, la loro composizione e di dettare le linee guida per una corretta nutrizione, anche al fine di prevenire problemi di salute;
   il succitato decreto ha messo dunque posto in mobilità il personale ex INCA, già confluito in INRAN non più tardi di 2 anni fa, a seguito di disposizioni contenute nel decreto n. 78 del 2010;
   a distanza di tre mesi dalla decisione adottata dal Ministro interrogato la situazione è critica. I lavoratori e i ricercatori dell'istituto hanno ricevuto lo scorso 28 settembre lo stipendio del mese di agosto, ma non hanno ancora notizie sullo stipendio di settembre. Il mancato pagamento è avvenuto senza alcuna comunicazione preventiva e ha creato notevoli disagi e problemi alle famiglie;
   nel frattempo i fondi per la ricerca sono bloccati: i ricercatori non possono andare in missione con i soldi del progetti precedentemente finanziati, né acquistare il materiale occorrente per le ordinarie attività di laboratorio, come ad esempio i reagenti. Non sono neppure in condizione di firmare nuove convenzioni per i progetti, non essendo ancora state riattribuite le diverse responsabilità interne alla struttura a seguito degli accorpamenti intervenuti –:
   quali provvedimenti intenda predisporre il Governo per assicurare la regolare corresponsione delle retribuzioni mensili ai dipendenti dell'ex Inran;
   quali iniziative intenda assumere, alla luce dello smantellamento del citato istituto, al fine di attivare un percorso condiviso con i lavoratori e i sindacati per il rilancio delle attività di ricerca e salvaguardare le preziose competenze e professionalità in esso impegnate da anni.
(4-18163)


   DI GIUSEPPE. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le notizie relative ai prezzi dei cereali e semi di soia nel mercato internazionale, in particolare quello americano, indicavano un cambiamento di tendenza previsto per il prossimo semestre. Alcuni analisti del settore intravedevano possibili miglioramenti sulle rese per acro delle coltivazioni di soia, tanto da spingersi oltre i 122 bushel per acro previsti dal dipartimento dell'agricoltura americana;
   ulteriori notizie dal mondo dell'agricoltura indicavano che anche la soia avrebbe potuto risentire positivamente di un miglioramento delle rese; previsioni altrettanto positive giungevano dalla Russia, disponibile ad aumentarne le quantità esportabili di grano a fronte della situazione australiana che lamentava un raccolto in forte calo; alla luce di queste notizie è possibile intravedere una prima fase di debolezza sul prezzo dei cereali, anche se sui mercati fisici il disagio ancora rimane, con il mais in forte sofferenza rispetto al grano e alla soia;
   in Italia, il riferimento del prezzo del nostro grano tenero è dato dalle quotazioni della borsa merci di Bologna, venerdì 5 ottobre scorso il prezzo era fermo a 275 euro/t, quotazione ancora molto alta dovuta dalla dilazione tra i prezzi del grano Usa, quotati sulla borsa di Chicago, e il nostro frumento che solitamente è di circa un mese;
   discorso simile vale anche per la soia, quotata a livello internazionale tra i 537 euro/t ed i 510 euro/t della soia Ucraina, la nostra soia è in linea con questi prezzi essendosi attestata alla borsa di Bologna, al 5 ottobre scorso, sui 520 euro/t, con evidenti discrepanze tra questi prezzi virtuali e quelli del mercato fisico, ancora troppo elevati;
   i dati trasmessi giovedì 11 ottobre scorso dal dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti, hanno invece presentato le difficoltà relative ai raccolti internazionali di cereali e semi oleosi. Il mais peggiora nelle sue stime finali ed anche il dato sul grano, a livello mondiale, appare in calo di quasi 5 milioni di tonnellate. L'incertezza dei mercati in questo momento non fa altro che favorire l'esportazione di frumento dagli Stati Uniti che innalzano le quotazioni. In questo modo l'Italia subisce la situazione, con una stasi dei prezzi che rimangono invariati e, sul mercato fisico, ancora troppo elevati;
   la situazione internazionale del frumento influisce sui prezzi dei nostri prodotti, presumibilmente destinati a rimanere sui livelli attuali almeno fino alla primavera prossima in attesa del nuovo raccolto;
   l'andamento dei futures sul Milling Wheat, cioè il grano francese, ha avuto le stesse oscillazioni di quelli americani, ovvero, dopo l'aumento causato dai pessimi dati usciti, il prezzo è rientrato nell'ordine dei 254 euro/t; appare inconcepibile, alla scrivente, come l'Italia che è tra i maggiori produttori a livello europeo di grano tenero e tra i maggiori al mondo di grano duro, debba subire passivamente l'andamento del prezzo dei cereali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
    quali iniziative si intenda porre in essere per sviluppare un modello economico utile a tutelare economicamente i nostri prodotti;
   se non si ritenga utile istituire un tavolo tecnico per definire un potenziamento dei controlli sul funzionamento dei mercati e su eventuali abusi di posizione dominante, coinvolgendo le filiere agro-alimentari. (4-18167)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO CARRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione Onlus Bamco (Banca autologa mantovana del cordone ombelicale) opera a Mantova dal 2002 con finalità di utilità sociale per consentire ai genitori dei nati nella provincia di Mantova, che ne avessero fatto richiesta, il congelamento e la conservazione nel tempo delle cellule staminali del proprio bambino, altrimenti perdute assieme alla placenta;
   dal 2002 al 2010, Bamco ha raccolto e conservato 2.500 sacche di sangue cordonale per uso autologo;
   in ragione del decreto ministeriale 18 novembre 2009 recante «Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato», viene esclusa la possibilità di proseguire nell'attività di raccolta del sangue cordonale, consentendone tuttavia l'esportazione del campione presso strutture operanti all'estero, previo rilascio del nulla osta da parte della regione territorialmente competente secondo le modalità di cui all'accordo Stato-regioni del 29 aprile 2010;
   il 17 luglio 2012, il direttore generale dell'azienda ospedaliera di Mantova «Carlo Poma», azienda con la quale Bamco ha siglato un protocollo d'intesa che prevedeva l'organizzazione del servizio di bancaggio del cordone presso l'ospedale di Mantova con la copertura di tutti i costi da parte di Bamco stessa, ha inviato una lettera all'associazione Bamco, interpretando correttamente la normativa vigente, attraverso la quale ha comunicato l'intenzione di avviare il trasferimento delle sacche di sangue cordonale raccolto in altra sede, secondo le disposizioni contenute nel decreto ministeriale 18 novembre 2009 richiamato al primo paragrafo;
   le famiglie mantovane (circa 2.500) coinvolte nella straordinaria attività di Bamco sono sconcertate dall'idea di dover trasferire il sangue cordonale raccolto lontano dal luogo nel quale esse vivono, dovendo peraltro affrontare nuove e maggiori spese –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative per apporre dei correttivi alla normativa vigente in modo tale da consentire a queste famiglie di poter conservare il sangue cordonale presso la struttura ospedaliera di riferimento e cioè, nel caso sottoposto dal sottoscritto, presso l'azienda ospedaliera di Mantova. (5-08165)

Interrogazione a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la stampa vicentina e nazionale riporta i casi di due bambine disabili che l'Inps non riconosce come tali e a cui ha cancellato le indennità;
   nello specifico, i casi riguardano due bambine affette da malattie rare, che fin dalla nascita hanno goduto delle indennità in quanto disabili. Recentemente, ad una visita di controllo, l'Inps ha cancellato le loro indennità, apparentemente senza dare spiegazioni;
   nonostante la mancanza di spiegazioni da parte dell'Inps, sembra che la cancellazione sia dovuta ad un vuoto normativo: le malattie rare in questione non rientrano nell'elenco dell'Inps e per questo non vengono riconosciute. Di fatto, certe patologie gravi per l'Inps non esistono;
   il fatto che fino ad oggi le due bambine abbiano goduto dell'indennità sembra dovuto ad un errore: le loro malattie (leucinosi e deficit di cobalamina C.) erano state erroneamente codificate sotto una voce sbagliata, corrispondente però ad una patologia riconosciuta dall'ente;
   revocare il contributo ai bambini che soffrono di malattie rare significa mettere ingiustamente in ginocchio le loro famiglie. Sono molti i casi in cui, per assistere in modo adeguato il figlio disabile, uno dei due genitori limita o abbandona il lavoro;
   questi due casi si collocano in un quadro più ampio che vede molti disabili, anche adulti, indeboliti dal mancato riconoscimento della loro condizione –:
   se siano a conoscenza di quanto sopra esposto; se non ritengano di intervenire, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di restituire il diritto al contributo alle famiglie a cui è stato tolto, ed affinché queste malattie vengano riconosciute come patologie invalidanti.
(4-18175)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MESSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 488 del 1992 nasce quale strumento incentivante degli investimenti nel Mezzogiorno e nelle aree depresse, in prosecuzione delle norme avviate negli anni cinquanta con la Cassa del Mezzogiorno e successivamente con la legge n. 64 del 1986;
   dal 2007 però il Governo italiano si è orientato verso altre forme di incentivi e la legge non è stata più rifinanziata, tuttavia risultano ancora numerose le aziende assegnatarie di contributi in fase di svolgimento di programmi di sviluppo. Per conseguire la definitiva chiusura di tali procedure il Governo, con il decreto-legge 22 giugno 2012 n 83, articolo 29 comma 2, ha avviato un procedimento straordinario per accertare la decadenza dai benefici delle suddette aziende con un'istruttoria, a parere dell'interrogante, veloce e sommaria che non distingue tra vizi formali e sostanziali rischiando di danneggiare centinaia di aziende e di provocare così un risultato esattamente contrario agii obiettivi ultimi di sviluppo economico a cui mira il decreto;
   il suddetto articolo, al comma 2, dispone infatti la revoca delle agevolazioni concesse in via provvisoria per tutte quelle imprese che, alla data di entrata in vigore della norma, non avevano avanzato alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento della realizzazione del programma agevolato;
   a parere dell'interrogante, il provvedimento risulta approssimativo poiché si tratta di programmi articolati, che hanno impegnato per anni aziende, peraltro quasi tutte in difficoltà per la crisi economica. Il meccanismo di agevolazione della legge n. 488 del 1992 prevedeva numerosi adempimenti: l'azienda presentava alla banca concessionaria un progetto seguendo gli schemi dettati dalla norma e dai regolamenti e, ai fini della graduatoria, il progetto doveva prevedere il rispetto di numerosi indicatori quali l'immissione di capitale da parte dei soci, assunzione di personale, rispetto dei tempi, e altro;
   nell'ipotesi di inserimento in graduatoria, l'azienda avviava il suo progetto chiedendo al Ministero, dietro la fornitura di adeguate garanzie (normalmente fideiussioni bancarie e/o assicurative), degli acconti per stati di avanzamento dei lavori. Veniva per questo rilasciato un decreto provvisorio;
   durante lo svolgimento e a chiusura dei progetto l'azienda veniva sottoposta a numerosi e severi controlli sia da parte della banca concessionaria che direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, con valutazioni di merito sia sotto il profilo tecnico che amministrativo-finanziario. I controlli prevedevano tra l'altro la verifica dei rispetto rigido e puntuale di tutti i parametri/indicatori stabiliti nel progetto e solo alla fine di tali riscontri veniva rilasciato il decreto che attestava la definitiva concessione del beneficio finanziario. Il meccanismo richiedeva sostanzialmente sforzi enormi da parte delle aziende per riuscire a completare il processo entro i termini, per il rispetto dei parametri dichiarati in sede di istanza e per la gestione della parte burocratico amministrativa per la quale era sempre richiesta l'assistenza di consulenti esterni specializzati;
   in base alla suddetta norma, il Ministero dello sviluppo economico, senza tenere in alcuna considerazione dette difficoltà e ignorando l'impatto economico, sociale e occupazionale degli interventi, ha emanato 6 decreti di revoca dai benefici che coinvolgono ai momento ben 522 aziende per un importo totale di euro 422.841.822,41; tali provvedimenti che, in molti casi, vanno a rilevare delle irregolarità meramente formali, stanno compromettendo l'attività di centinaia di aziende che pur avendo completato gli investimenti e rispettato tutti gli impegni progettuali dovranno subire pignoramenti e procedure esecutive e non avranno alcuna possibilità di pagare le somme richieste essendosi peraltro le stesse, moltiplicate per via di interessi, aggi ed altro. Va considerato inoltre che anche le aziende che, nel tentativo di ottemperare al decreto e restituire gli importi, si rivolgeranno al sistema bancario avranno tutte le strade chiuse dalle segnalazioni in Banca d'Italia derivanti dal contenzioso e quindi, pur avendone la volontà, non potranno che essere dichiarate fallite;
   in definitiva, tutte le aziende coinvolte, spesso già in difficoltà per effetto della nota crisi economica, in assenza di provvedimenti, non potranno che fallire in breve tempo con ricadute a catena sull'indotto e sulle famiglie che verranno toccate dai licenziamenti (solo per le aziende oggi avocate si stima una perdita di circa 20.000 posti di lavoro);
   il Governo inoltre con l'articolo 29, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012 ha contribuito a generare una questione di legittimità che potrebbe produrre una serie di contenziosi con le aziende. Infatti, con il suddetto passaggio del decreto, in considerazione della grave crisi economica, opportunamente si riconosce la necessità di evitare provvedimenti di revoca allentando le rigide maglie di valutazione previste dalla legge n. 488 del 1992 e prevedendo in particolare che le aziende non siano tenute al rispetto degli obblighi derivanti dai calcolo degli indicatori per la formazione delle graduatorie;
   con l'ultimo capoverso del suddetto comma 1 però, viene specificato che sono fatti salvi i provvedimenti già adottati, restringendo così il beneficio alle sole aziende che, per un mero caso fortuito ed essenzialmente per lentezza burocratica, non avevano ancora ricevuto notifica di revoca al momento della pubblicazione del decreto. In pratica, con questa norma, un gruppo di aziende inizialmente tutte sullo stesso piano è stato suddiviso, senza alcuna valutazione di merito, in aziende fortunate che grazie alla lentezza della pubblica amministrazione beneficeranno di contributi e, come ci auguriamo, sopravvivranno e in un secondo gruppo di aziende che, con molta probabilità, falliranno, creando una evidente ed inopinabile disparità di trattamento –:
   in considerazione di quanto sopra esposto, cosa intenda fare il Ministro per evitare il rischio che i provvedimenti di revoca in corso portino le centinaia di aziende interessate al fallimento e finiscano per scardinare il tessuto produttivo in cui sono inserite generando disoccupazione e decrescita e come intenda provvedere per evitare contenziosi e sanare il vulnus legislativo creato dall'ultimo capoverso del comma 1 dell'articolo 29 che, facendo salvi i provvedimenti già adottati, crea una disparità tra aziende che potrebbe configurarsi come un aiuto di Stato, passibile di falsare la libera concorrenza. (5-08161)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIRLANDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   quanto contenuto nella premesse dell'atto di sindacato ispettivo n. 3-02506, presentata da alcuni colleghi sul futuro del polo siderurgico di Terni, disegna un quadro a tinte fosche sul sito oggi di proprietà della Tk-Ast tanto a livello occupazionale quanto sul piano della solidità di un comparto industriale di primaria importanza a livello nazionale;
   uno dei limiti principali ad una positiva soluzione della vicenda, al di là dei limiti imposti dalla commissione europea antitrust, è quello relativa al ridotto numero di soggetti stranieri disposti a fare investimenti in Italia, ravvisando nelle lungaggini burocratiche ed amministrative un peso eccessivo alle azioni imprenditoriali, nonché un elevato tasso di oppressione da parte del fisco;
   la ridotta attrattività del nostro Paese come meta di investimenti esteri riduce l'afflusso di capitali, con ripercussioni negative sul fronte economico ed occupazionale, acuite dalle molteplici crisi aziendali ed industriali di dimensione nazionale che stanno flagellando l'economia italiana e provocando la fine di migliaia di posti di lavoro, impone il ricorso a tutti gli strumenti giuridici più idonei a fronteggiare una situazione esplosiva;
   in questo senso il ricorso all'istituzione di una zona franca che comprenda il sito del polo siderurgico ternano potrebbe alleggerire i costi di un investimento da parte di soggetti esteri, moltiplicare l'interesse nei confronti del polo siderurgico ed agevolare una rapida soluzione della vicenda in essere, che vede coinvolti quasi tremila posti di lavoro –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in relazione alla possibilità di istituire una zona franca che comprenda vantaggi di tipo economico, burocratico e fiscale per investitori esteri, al fine di risolvere quanto prima una vicenda le cui ripercussioni di carattere economico e sociale rischiano di provocare un forte impatto depressivo per la regione Umbria e l'intera industria siderurgica italiana.
(4-18171)


   DI PIETRO, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sulle vicende legate a Finmeccanica, gli interroganti hanno già presentato diversi atti di sindacato ispettivi rivolti al Ministro dello sviluppo economico riguardanti sia la volontà manifestata dai vertici di depotenziare e alienare la tecnologia in attivo, come il settore civile, che si otterrebbe attraverso la cessione di Ansaldo Energia e Ansaldo STS, sia i tre filoni di inchieste giudiziarie in corso a Napoli, Roma e Busto Arsizio che coinvolgono i vertici del gruppo, a partire dal Presidente e amministratore delegato Giuseppe Orsi, indagato per corruzione internazionale e finanziamento illecito in relazione alla commessa di dodici elicotteri venduti al governo indiano dietro il versamento di tangenti a esponenti politici locali e di finanziamenti alla Lega Nord (il partito che ha «sponsorizzato» lo stesso alla guida di Finmeccanica), per la costituzione di presunti fondi neri e consulenze fantasma. Accuse che, se provate, sarebbero molto pesanti e inducono viepiù gli interroganti a reiterare la richiesta, già avanzata nelle precedenti interrogazioni, dell'azzeramento dei vertici in ordine anche alle scelte di politica industriale portate avanti in questi mesi;
   i vertici di Finmeccanica vogliono cedere Ansaldo Energia spa al colosso tedesco della Siemens, vendita considerata da tutti gli esperti del settore, da operatori e sindacati di categoria, oltre che dagli interroganti, come un'operazione per fare cassa, con la prospettiva di vendere a un concorrente diretto con conseguenze disastrose per Genova e l'Italia, un asset operante in un settore industriale come quello dell'energia che è previsto in crescita a livello mondiale;
   il gruppo genovese della Ansaldo spa un produttore di energia con una vasta gamma di offerta di prodotti e servizi, specializzato nella realizzazione di turbine a gas, a vapore, generatori e centrali elettriche complete, fornisce anche centrali nucleari vantando con la sua divisione specifica una notevole esperienza nel campo del decommissioning nucleare;
   Ansaldo Energia è una società sana e in forte attivo e in grado di autofinanziare la propria ricerca e sviluppo. Nel 2010 vantava ricavi per 1,4 miliardi di euro e nel 2011 ricavi per 1,2 miliardi di euro. Ha 3.400 dipendenti circa e genera un indotto di quasi 10 mila posti di lavoro. È l'unica che, diversamente dai comparti militari in forte calo, è capace di acquisire ordini dall'estero e portarli in Italia. Infatti, nel 2011 la Ansaldo Energia spa ha acquisito ordini per 335 milioni dall'Italia, 389 dall'Europa, 479 dall'Africa, 28 milioni dal Medio Oriente, 15 dalle Americhe e 3 dall'Asia;
   va sottolineato inoltre, che dopo il 2005, Ansaldo Energia spa si è affrancata dalla dipendenza da Siemens, creando prodotti che, partendo da quella tecnologia, si sono sviluppati con la ricerca italiana. Anche le organizzazioni sindacali locali affermano come ormai l'Ansaldo propone una turbina molto più duttile della sua omologa realizzata dalla Siemens;
   si può facilmente intuire l'interesse della Siemens all'acquisizione del gruppo italiano, che è un temibile concorrente, anche se dalle dimensioni più piccole, che verrebbe presumibilmente trasformato solo in una filiale del colosso tedesco, con un forte ridimensionamento anche della parte relativa alla ricerca;
   è in atto secondo gli interroganti una campagna di disinformazione sulla trattativa Finmeccanica-Siemens che altera la trasparenza e l'applicazione corretta della legge italiana in materia di cessioni;
   in particolare a quanto consta agli interroganti:
    Siemens avrebbe offerto 1,3 miliardi di euro per il 100 per cento di Ansaldo Energia: tale dato, anche se vero, e non risulta che ci sia un'offerta vincolante al riguardo, sarebbe comunque riferito al cosiddetto enterprise value e cioè al valore dell'azienda che però deve essere rettificato di alcune poste (debito finanziario, altre passività, e altro) per arrivare al cosiddetto equity value che rappresenta l'importo che verrebbe realmente pagato. Sulla base di una stima effettuata su dati pubblici (debito di Ansaldo Energia e livello di passività nel bilancio che potrebbero essere assimilate a debiti finanziari) il valore dell’equity value non supererebbe i 700/800 milioni di euro;
   viene detto che la soluzione Siemens sarebbe la più rapida in quanto consentirebbe a Finmeccanica di incassare entro la fine dell'anno: totalmente falso, a parere degli interroganti: Siemens, infatti, deve ancora iniziare la due diligence e anche se fosse possibile immaginare una definizione degli accordi entro la fine dell'anno ci sarebbe poi l'analisi da parte dell'Antitrust che porterebbe via almeno 6 mesi con fondati dubbi sull'esito finale (competitors e clienti potrebbero rendere tale ostacolo molto accidentato);
   il piano industriale proposto da Siemens prevede la realizzazione nel sito di Genova di un nuovo modello di turbina a gas: questa è la più stupefacente affermazione. Infatti l'unico prodotto che Siemens possiede nelle turbine a gas per power generation in più rispetto ad Ansaldo è il modello 8000H (post F) di cui sono stati venduti e prodotti 5/6 esemplari negli ultimi anni e per il quale esiste una linea dedicata negli stabilimenti tedeschi e americani di Siemens. Pertanto dal momento che risulta improbabile che Siemens voglia smantellare tali linee, peraltro appena realizzate, non è per nulla chiaro di quali nuove turbine si stia parlando;
   Siemens per accordi relativi alla sua uscita dalla Joint Venture con Areva relativa al nucleare non può entrare in tale business, e, dal momento che Ansaldo Energia controlla al 100 per cento Ansaldo Nucleare, è legittimo chiedersi cosa ne sarà di tale azienda atteso che lo scenario più probabile sembra essere quello del suo riacquisto da parte di Finmeccanica; ma ci si chiede anche per farne cosa, poi, visto che in Italia centrali nucleari, grazie all'ultimo esito referendario, non se ne faranno;
   il piano industriale di Siemens, che peraltro non è stato reso pubblico, può anche darsi che contempli alcune assunzioni per profili di fabbrica ma dovrà certamente dare risposte per le centinaia di ingegneri della divisione impiantistica di Ansaldo Energia che non risulta essere tra le priorità del gruppo tedesco;
   la scelta di perseverare sulla strada della svendita del patrimonio tecnologico e della ricerca italiana, decisa dagli attuali vertici di Finmeccanica, appare agli interroganti incomprensibile. La vendita o la dismissione di asset del settore civile, comporterebbe lo smantellamento di un patrimonio industriale strategico di primaria importanza per il Paese e avrebbe conseguenze inimmaginabili sulle prospettive occupazionali dei lavoratori;
   l'interesse di un gruppo, anche dal punto di vista della giurisprudenza, non può considerarsi al di fuori dell'interesse delle singole società che lo compongono. Non è accettabile una costante preponderanza del gruppo a discapito delle controllate;
   nella fattispecie, risulta palese l'apporto positivo della Ansaldo all'intero gruppo Finmeccanica. Potrebbe escludersi una situazione di anomalia, solo e soltanto nell'ipotesi in cui un'operazione in sé svantaggiosa per la singola società trovi adeguata contropartita attraverso altra operazione produttiva che benefici l'intero gruppo ma, nel caso di Finmeccanica e Ansaldo, accade proprio il contrario: ci si sta liberando di un settore, quello civile in netta crescita e produttivo di utili, per avvantaggiare l'altro settore, quello militare che vede una forte contrazione nei profitti, che è in netta perdita e le cui previsioni di crescita sono a dir poco disastrose;
   è auspicabile che si eviti di reiterare l'ennesimo errore industriale in questo Paese, frutto di una gestione e direzione di gruppo miope e maldestra;
   certe scelte potenzialmente dannose dovrebbero essere evitate a monte e non rilevate come tali a valle, per poi ricorrere ai ripari con lo strumento della riparazione, di sicuro, in questo caso, insoddisfacente, visto che a rischiare sono migliaia di persone con il loro posto di lavoro e con le loro legittime aspettative, dignitose, di vita;
   infine, sottolineando che, tra i principali azionisti di Finmeccanica figura il Ministero dell'economia e finanze con una partecipazione azionaria pari al 30,20 per cento del capitale, gli interroganti ancora più scandaloso e ai limiti dell'incredibile il silenzio e l'inerzia da parte del Governo che non ha mai risposto alle tante interrogazioni presentate a partire dal mese di settembre del 2011 –:
   quali iniziative intenda intraprendere per azzerare il vertice della società Finmeccanica, individuando, in totale autonomia dai partiti, dei tecnici veri competenti di industria, mercati e tecnologia, per non disperdere quel patrimonio di professionalità necessario al Paese per la ripresa e la crescita, visto ormai il coinvolgimento in numerose inchieste giudiziarie che compromettono l'immagine e la credibilità del gruppo Finmeccanica nel mondo;
   quali iniziative intenda intraprendere per bloccare qualsiasi trattativa volta a cedere ai concorrenti l'Ansaldo Energia, la STS e l'Ansaldo Breda;
   quali iniziative intenda intraprendere per garantire trattative trasparenti e rispettose delle norme previste dalla legislazione italiana. (4-18173)


   LARATTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 21 dicembre del 2000, il Cipe ha assegnato alla Calabria finanziamenti nell'ambito del «Riparto risorse aree depresse per il triennio 2001/2003». Italia Turismo ha presentato al Ministero per le Attività produttive domanda per accedere alla contrattazione programmata. Per le infrastrutture turistiche nelle regioni del sud, il Cipe ha messo a disposizione circa 200 milioni di euro, quasi la metà viene destinata a Simeri Crichi (Catanzaro) per la realizzazione di un resort turistico con annesso campo da golf in un'area a forte vocazione turistica;
   secondo quanto denunciato da alcuni consiglieri comunali di Simeri Crichi e dalla stampa locale:
    la struttura – i cui lavori sono stati affidati da Italia Turismo alla Proger spa, che a sua volta ha subappaltato ad un'azienda locale – doveva essere consegnata nel 2010, ma nel 2012 è stato rescisso il contratto con tra la Proger e l'impresa locale;
    ad oggi la struttura si presenta priva di tamponature e con i solai a vista, in uno stato che lascia presagire lunghi tempi prima della ripresa o conclusione dei lavori;
    la minoranza consiliare, Gruppo «La Svolta», ha preventivamente chiesto lumi al sindaco, chiedendo allo stesso tempi di ripresa dei lavori e data di ultimazione prevista, oltre che l'illustrazione delle ragioni che hanno portato alla rescissione del contratto;
    il Sindaco ha fornito una risposta ritenuta insoddisfacente e per la medesima ragione è stato interessato il direttore generale di Italia Turismo, dottor Carlo De Romedis;
    al dottor De Romedis, ad oggi, non ha inteso rispondere alle lettera;
   al momento la situazione appare assai grave, atteso che si prefigura una lentissima ripresa dei lavori, nella migliore delle ipotesi, ed una ancor più preoccupante interruzione sine die degli stessi. Si consideri tra l'altro che la zona ha avuto uno sviluppo demografico eccezionale negli ultimi anni, registrando una intensa richiesta di residenze –:
   se il governo sia a conoscenza di quanto su esposto;
   che cosa intenda fare per dare impulso alla realizzazione della struttura turistica finanziata con fondi pubblici;
   che cosa intenda fare al fine di evitare che ci si trovi davanti all'ennesima incompiuta, con gravissimi danni per la zona interessata e la perdita di ingente risorse dello Stato. (4-18176)


   LABOCCETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il prezzo medio dell'assicurazione auto diventa sempre più difficile da sostenere per le famiglie italiane anche a causa della crisi economica che sta erodendo in maniera eccessiva il loro potere di acquisto;
   sarebbero necessari interventi a sostegno del potere di acquisto che puntino a ridurre la pressione fiscale ed a rilanciare i consumi al fine di non allontanare i tanto auspicati segnali di ripresa;
   l'eccessiva pressione fiscale, per quanto concerne l'uso dell'auto, minaccia il nostro diritto alla mobilità costringendo ogni singolo cittadino a ridurne l'utilizzo;
   appare ben chiaro che l'evidente crescita dei premi assicurativi incide notevolmente sul bilancio di ogni singola famiglia che si trova costretta a sostenere costi eccessivi e non sempre equiparabili al valore del servizio offerto;
   nemmeno i numerosi provvedimenti legislativi sono serviti ad abbattere la crescita smisurata dei premi assicurativi;
   la stessa azione del Governo, che mirava ad arginare il fenomeno suddetto, non ha prodotto benefici poiché né l'introduzione dell'indennizzo diretto, né le numerose liberalizzazioni attuate in materia, hanno prodotto risultati concreti tanto che in due anni il costo delle polizze per la RCA è cresciuto in media del 25 per cento;
   per il mercato assicurativo nel nostro Paese, la responsabilità civile auto rappresenta una questione ancora aperta e dinanzi alla quale non si possono più chiudere gli occhi tenuto conto che in Italia il costo per assicurare un'auto è aumentato in media ben cinque volte di più rispetto agli altri Paesi europei;
   l'anno corrente ha mostrato dati piuttosto chiari sui rinnovi delle polizze Rc auto a causa dell'aumento delle tariffe, tanto che sono stati in molti a non rinnovare la copertura obbligatoria;
   bisognerebbe tutelare la posizione dei consumatori e garantire a tutti una copertura assicurativa dai costi congrui e che soddisfi le aspettative;
   quotidianamente i media danno risalto a comportamenti delle compagnie di assicurazione operanti in Italia che destano profonda preoccupazione perché contravvengono in maniera sconcertante a logiche anche economiche che in diverso modo il legislatore ha inteso regolamentare per la tutela del contraente debole;
   in particolare si è segnalato il comportamento della Nationale Suisse spa con sede in San Donato Milanese (Milano) ed autorizzata all'esercizio delle assicurazioni con decreto ministeriale del 6 ottobre 1972 la quale ha proposto al suo assicurato signora Nicola Jane Hugo di poter rinnovare la propria polizza assicurativa indicando un premio di rinnovo che comporta un aumento del 193,67 per cento, praticamente triplo rispetto a quello pagato per la scorsa annualità;
   la stessa compagnia di assicurazione ha giustificato tale abnorme aumento di premio con l'adozione di una nuova tariffa per la RC auto, a della compagnia in vigore dal 1o ottobre 2012;
   la stessa compagnia riterrebbe giustificato tale aumento, pari ad oltre settanta volte il tasso di inflazione programmata, perché rinveniente da basi attuariali che terrebbero conto della sinistralità estremamente negativa evidenziatasi nella specifica zona territoriale;
   la posizione assicurativa della signora Hugo, non è per nulla mutata avendo anzi la stessa maturato ulteriormente un invidiabile status assicurativo non avendo provocato incidenti da un numero considerevole di anni tanto da trovarsi ormai da oltre un quinquennio nella classe di massimo sconto;
   il comportamento della Nationale Suisse Spa nel caso di specie appare ingiustificato;
   l'interrogante giudica abnorme il premio richiesto e sostanzialmente illegittima la condotta della compagnia nonché necessario un intervento dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni;
   comportamenti simili dovrebbero essere adeguatamente sanzionati –:
   se ritenga adottare d'urgenza iniziative normative volte a contrastare fenomeni simili a quello segnalato e che prevedono meccanismi celeri per sanzionare condotte del tipo di quelle evidenziate fino alla revoca dell'autorizzazione. (4-18182)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e Trappolino n. 5-07600, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-07718, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mattesini e altri n. 5-08023, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Melis e Duilio n. 5-08081, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

  L'interrogazione a risposta scritta Frassinetti e altri n. 4-18099, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moffa.

  L'interrogazione a risposta scritta De Poli n. 4-18127, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Lanzarin e altri n. 5-08154, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente De Girolamo n. 2-01701 dell'11 ottobre 2012.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Di Biagio e Muro n. 4-18054 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 700 del 10 ottobre 2012. Alla pagina 35195, prima colonna, alla riga prima deve leggersi: «cessioni autostradali (IVCA) di ANAS spa» e non «cessioni autostradali (IVGA) di ANAS spa», come stampato.