XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 16 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 (spending review), ha determinato una riduzione assunzionale nell'Arma dei carabinieri nel senso di prevedere un «turn over» pari al venti per cento nel triennio 2012-2014;
    ciò ha avuto ricadute negative sullo svolgimento dei concorsi pubblici già banditi e per i quali si sono già svolte le prove selettive;
    il concorso indetto il 25 febbraio 2012 dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto-legge 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo e, ai sensi del decreto legislativo novembre 2011, ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo era finalizzato al reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi; riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno VFP1 quadriennale, VFP4 oppure in rafferma annuale, in servizio o in congedo;
    nel concorso per allievi carabinieri su 20.500 domande presentate inizialmente si è arrivati ad una platea di 3000 aspiranti candidati che, nell'anno in corso hanno dovuto sostenere tutte le prove attitudinali e psicofisiche previste, affrontate con grande impegno e significativo investimento economico, da parte delle famiglie dei giovani concorrenti;
    il concorso pubblico (denominato 2 IST) per l'ammissione al secondo corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri (Gazzetta Ufficiale n. 74 del 16 settembre 2011) è stato bandito nel settembre 2011 dal Ministero della difesa e le prove concorsuali sono terminate nel mese di giugno del 2012;
    appare evidente l'effetto assolutamente negativo che tale situazione determina sia sul rinnovo del personale dal punto di vista di un aumento dell'età media, sia a fronte delle legittime aspettative insorte in chi ha già visto riconosciuta la propria idoneità per i posti messi a concorso, esponendo quindi le amministrazioni interessate a ricorsi giudiziari,

impegna il Governo

ad assumere, con tempestività, iniziative anche in sede normativa, al fine di escludere dal blocco del turn over i concorsi, richiamati nelle premesse, già banditi e di fatto quasi ultimati, o in alternativa mantenere le graduatorie degli stessi concorsi.
(7-01010) «Rugghia, Villecco Calipari, Garofani, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   MIGLIORI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi tre anni si è riscontrato, da una analisi dei dati, che le adozioni di minori nello Sri Lanka, per motivi di varia natura, si sono pressoché bloccate, situazione denunciata più volte anche dalle associazioni che operano nel settore;
   si evidenzia che per gli anni 2010-2011 e 2012 vi siano 5 coppie destinate all'adozione, di cui quattro in attesa di abbinamento ed una già abbinata, ma in attesa da oltre un anno del completamento di tutto l’iter, burocratico e dell'assegnazione definitiva del minore –:
   quali iniziative urgenti, il Governo, intenda attuare per verificare lo stato attuale dei rapporti tra il nostro Paese e lo Sri Lanka, come con gli altri Stati in analoghe situazioni, affinché si possa ripristinare una proficua e snella collaborazione e si possa dare finalmente una famiglia ed un'infanzia normale a questi minori affidandoli a famiglie che possano prendersene cura ed amarli. (4-18115)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBARO. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto affermato dal presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino all'apertura del presente anno giudiziario anche nella Federazione pugilistica italiana – guidata da undici anni da Franco Falcinelli – si sono verificate condotte che hanno portato ad un notevole danno erariale, contribuendo così a quella situazione di sprechi e di cattiva gestione del denaro pubblico denunciata dalla Corte dei conti stessa e ritenuta responsabile di una sottrazione complessiva dalle casse erariali di ben 60 miliardi di euro annui;
   nello specifico il collegio dei revisori della Federazione pugilistica italiana ha informato la procura regionale laziale di una serie di irregolarità contabili poste in essere dall'amministrazione della Federazione stessa, concretizzatesi – come si legge nella memoria scritta redatta in data 22 febbraio 2012 dal procuratore regionale della Corte dei conti per il Lazio – in una serie di «furti e ammanchi di cassa»;
   come si legge nella sopracitata memoria, nell'ambito dell'analisi di varie fattispecie – quali ritardo nella predisposizione di bilanci, uso di cellulari di servizio, illegittime consulenze e altre illiceità – il danno erariale è stato causato da spese effettuate senza autorizzazione e da una serie di furti e ammanchi di cassa, come quello effettuato dalla responsabile amministrativa della FIP che si è scoperto aver sottratto oltre un milione e trecento mila euro (1.362.278, 64 euro) drenandoli dai conti BNL e Bancoposta intestati alla Federazione presieduta da Falcinelli;
   il rinnovo dei vertici della Federazione pugilistica italiana al termine del quadriennio olimpico passato rappresenta un'occasione per dare un segnale di discontinuità rispetto al passato –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione illustrata in premessa e come intenda agire, nell'ambito delle sue competenze e fatta salva l'autonomia dello sport, per evitare che le condotte evidenziate nel rapporto della Corte dei conti continuino a verificarsi anche in un momento come quello attuale di impegno per il rinnovamento della classe politica e dirigente, nonché di contrasto allo spreco del denaro pubblico e alla sua cattiva gestione. (4-18120)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   DELFINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la caserma della scuola allievi carabinieri di Fossano sarebbe a rischio chiusura per gli effetti dei tagli previsti dalla spending review, con una riduzione da 1886 a 227 unità;
   stando a quanto riportato dagli organi di stampa, rischierebbero la chiusura anche altre scuole italiane;
   la chiusura della caserma di Fossano potrebbe avere pesanti ripercussioni non solo in termini occupazionali per il personale civile attualmente impiegato, ma anche per le attività commerciali locali che beneficiano soprattutto della presenza degli allievi;
   al comando generale dei carabinieri sarebbe stata formulata l'ipotesi di trasferire l'intera struttura all'esercito;
   se tale ipotesi venisse confermata, in caso di effettiva chiusura della caserma, potrebbe rappresentare una svolta significativa sia in termini occupazionali sia per le attività economiche presenti sul territorio;
   anche l'amministrazione comunale di Fossano avrebbe confermato la propria disponibilità a far sì che la struttura venga messa a disposizione di altri reparti ed evitare che venga abbandonata, data la sua piena efficienza disponendo di poligoni di tiro, di un'ampia area addestrativa e di numerosi alloggi –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la permanenza della caserma della scuola allievi di Fossano, data la sua valenza strategica per il territorio sia in termini occupazionali sia per le attività commerciali locali che beneficiano soprattutto della presenza degli allievi. (3-02536)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRATTI e LARATTA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in relazione alla misteriosa morte del calciatore del Cosenza Donato «Denis» Bergamini, avvenuta il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (CS), in data 25 settembre 2012 si sollecitava la risposta all'interpellanza n. 2-00573 del 22 dicembre 2009 (già sollecitata il 13 luglio 2010 e il 20 dicembre 2011) atteso che, secondo le informazioni riportate negli ultimi mesi dalla stampa locale e nazionale, il complesso caso giudiziario – all'epoca archiviato come suicidio ma riaperto nel 2011 – risulta ormai propendere per l'ipotesi omicidiaria, al vaglio dell'odierno lavoro dell'autorità giudiziaria e degli inquirenti: nella circostanza, da un lato si auspicava che vi fosse un forte impulso alle indagini in corso da parte delle forze dell'ordine a fare piena luce sul caso e dare così giustizia alla famiglia, dall'altro si richiedeva anche conto del trasferimento di due poliziotti (della questura di Cosenza) che durante le prime indagini di vent'anni fa avrebbero sostenuto che il caso Bergamini era un omicidio e non un suicidio, e per questo sarebbero stati allontanati dall'inchiesta;
   in spregio all'auspicato impulso alle indagini, dopo una settimana dal recente sollecito si è appreso che con provvedimento del 4 ottobre 2012 il comando legione carabinieri Calabria, su richiesta del comando provinciale carabinieri di Cosenza ha trasferito d'autorità ad altre sedi di servizio proprio tutti gli investigatori del nucleo investigativo che si stavano occupando delle odierne indagini sul caso Bergamini, così per come risulta – per sintesi di informazioni – da un comunicato dell'Unione nazionale Arma carabinieri (che ha sollevato l’«anomalia» del recentissimo trasferimento di alcuni carabinieri di Cosenza per questioni di contrasto con la diretta gerarchia, incompatibilità stranamente ravvisata a distanza di oltre un anno dalle circostanze che l'avrebbero originata e dalle denunce sporte dai sottoposti), poi dai consequenziali commenti di perplessità e di sgomento riportati su noto social network dai familiari dello stesso Bergamini, che – avendo conosciuto ed estimato gli investigatori per essere stati da questi escussi nel corso delle indagini – hanno individuato tutti i nomi di questi ultimi tra quelli dei militari trasferiti;
   questi medesimi carabinieri, sempre secondo l'U.N.A.C., già l'anno scorso sono stati contemporaneamente ed improvvisamente trasferiti ad altre sedi ed incarichi, in via provvisoria, dall'attuale comandante provinciale di Cosenza, mentre stavano occupandosi delle importanti indagini afferenti alla ricerca di un pericoloso latitante di ’ndrangheta: la vicenda è stata oggetto di interrogazione a risposta scritta n. 4-13152 datata 12 settembre 2011 dell'onorevole Di Biagio, non ancora conclusa, con cui sono state richieste «le cause che hanno indotto le drastiche modifiche del Nucleo Investigativo del Comando di Cosenza» dal momento che «il trasferimento di queste unità, dalla comprovata esperienza e capacità nella lotta alla criminalità organizzata, rischia di compromettere seriamente l'operato dell'Arma nella provincia considerata, indebolendone l'efficacia»;
   risulta oggettivamente anomalo che, nel giro di poco più di un anno, dei sottufficiali e graduati dei carabinieri di comprovate capacità professionali ed investigative, di indiscutibili doti umane e tutti dal curriculum esemplare (uno di questi rimasto perfino gravemente ferito nel corso di un conflitto a fuoco con esponenti della locale criminalità organizzata cosentina) abbiano subito ben due trasferimenti su input del medesimo comandante provinciale, proprio mentre stanno svolgendo delicatissimi incarichi di polizia giudiziaria (come quello delle indagini sul caso Bergamini), indagine, quest'ultima, nella quale i militari in questione – sempre secondo importanti testate giornalistiche – nonostante il considerevole lasso di tempo trascorso dagli enti «sono riusciti in un piccolo capolavoro»;
   su un articolo del 26 settembre 2012 della Gazzetta del Sud, avente ad oggetto proprio l'interrogazione sollecita dall'interrogante in data 25 settembre 2012, si ha conferma che le indagini non sono state ancora completate (e che quindi sono ancora in corso), laddove si legge testualmente che «...la nuova attività istruttoria sta per essere completata dal p.m. Maria Grazia Anastasia (della Procura di Castrovillari, ndr) che ha elaborato il voluminoso rapporto dei carabinieri del reparto operativo (di Cosenza, ndr), firmato dal colonnello Vincenzo Franzese» –:
   come sia stato possibile affidare le complesse indagini sul caso Bergamini a tali militari (recentemente trasferiti, come evidenziato, per circostanze di «incompatibilità ambientale» con i superiori, ravvisata solo in epoca odierna per fatti, però, precedenti all'attribuzione di quest'ultimo incarico), se essi non riscuotevano più il soggettivo apprezzamento e la fiducia della loro diretta gerarchia (tanto da essere oggi trasferiti), ma – allo stesso tempo – sono stati oggettivamente in grado di pervenire a risultati oltremodo apprezzabili, riscuotere positive estimazioni e ridestare persino nei familiari del calciatore la smarrita fiducia nelle istituzioni e nell'Arma dei carabinieri;
   a prescindere dalle motivazioni poste alla base dei citati trasferimenti (quand'anche non direttamente riconducibili a siffatte indagini), come mai non si sia tenuto conto del fatto che detti militari stessero ancora svolgendo le attività sul complesso caso Bergamini (laddove il maturato bagaglio conoscitivo è indiscutibilmente essenziale per la migliore prosecuzione delle indagini) e pervenire ad altre valutazioni circa la loro posizione d'impiego, onde privilegiare – attesi i risultati a cui costoro sono pervenuti – il superiore interesse della giustizia e della ricerca della verità, attesa da ben 23 anni –:
   di quali elementi disponga circa l'effettiva riconducibilità del voluminoso rapporto prodotto dai carabinieri del reparto operativo di Cosenza al colonnello Vincenzo Franzese;
   se non ritenga necessario, considerata la complessità della vicenda, interpellare segnatamente gli investigatori che si stavano occupando delle indagini, al fine di acquisire anche da parte loro tutti gli elementi utili e per conoscere se – nel corso dei mesi in cui sono stati impegnati nell'attività – abbiano ricevuto il necessario sostegno dalla loro gerarchia o se, diversamente, la loro opera investigativa sia stata in qualche modo contrastata o resa disagevole;
   se non si ritenga opportuna una riconsiderazione delle recenti operazioni di trasferimento di cui in premessa, adottate dal comando legione carabinieri Calabria su richiesta del comando provinciale carabinieri di Cosenza. (4-18118)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   SCILIPOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'estate 2012 la stampa italiana diede grande rilievo ai rischi provocati dalla crisi economica che ha investito il nostro Paese, con riguardo particolare al pericolo della cessione, o per meglio dire svendita, di immobili di proprietà statale, o regionale, provinciale, comunale;
   l'Italia, Paese con una tradizione artistica e architettonica di inestimabile valore – un patrimonio che costituisce un valore aggiunto notevole alla risorsa turismo, e che tutto il mondo invidia –, rischia di vedere deturpati o svenduti i suoi palazzi storici, le sue sedi istituzionali, gli edifici scolastici o universitari;
   su questa possibilità intervenne all'epoca, con la sua autorità, la stessa Corte dei conti;
   il problema è, dunque, reale ed ha determinato nel Paese lo sviluppo di un movimento che si sta attivando per sensibilizzare, in ogni città e regione, i cittadini già vessati da una politica economica che sta colpendo duramente i redditi familiari e gli stipendi fissi, quegli stipendi, peraltro, dimezzati una decina di anni fa dall'iniquo cambio dell'euro deciso dall'allora Governo Prodi –:
   se e quali provvedimenti si intendano prendere per scongiurare questo pericolo e se non si ritenga opportuno, stante l'attuale crisi economica che non accenna ad arretrare, provvedere, attraverso un idoneo strumento legislativo, al ripristino del controllo e dell'acquisizione della rendita da emissione monetaria – il cosiddetto signoraggio – da parte dello Stato italiano, istituendo una nuova zecca di Stato incaricata – nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese in materia di Banca centrale europea e di Sistema europeo delle banche centrali – di gestire le quote assegnate al nostro Paese dalla Banca centrale europea. (3-02544)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   VENTUCCI, STRADELLA e ARMOSINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   nel comune di Acqui Terme esiste un complesso terapeutico recettivo denominato terme militare;
   il manufatto, in passato utilizzato come stabilimento termale ad uso dei militari, è da tempo chiuso ed inutilizzato;
   lo stabilimento termale al momento della sua chiusura, si presentava in ottimo stato di manutenzione e funzionalità;
   la chiusura non ha dato seguito ad alcun provvedimento di guardiania e sorveglianza, mettendo la struttura alla mercé del saccheggio da parte di malintenzionati;
   il compendio edilizio potrebbe essere oggetto di valorizzazione se si intervenisse rapidamente con il coinvolgimento delle amministrazioni locali e delle forze imprenditoriali locali –:
   quali iniziative si intendano intraprendere per evitare che un patrimonio pubblico con possibilità di utilizzo e valorizzazione cada in un degrado irreversibile, con grave danno economico e di immagine. (5-08138)


   LO MONTE, BRUGGER e ZELLER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le prestazioni pubblicitarie eseguite nei confronti di un soggetto passivo stabilito in altro Stato comunitario sono rilevanti, ai fini dell'IVA, nello Stato del committente, sia in base alla normativa attualmente in vigore, a norma dell'articolo 7-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dal decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 18, sia in base a quella vigente fino al 31 dicembre 2009, prima cioè della riforma;
   come ribadito dalla costante e uniforme giurisprudenza comunitaria in materia (ex multis, la sentenza 27 novembre 2011, C-530/09, causa «Inter-Mark»), il concetto di «prestazione pubblicitaria» vale per ogni operazione che faccia parte in termini indissociabili di una campagna pubblicitaria, inclusa la realizzazione di beni e servizi utilizzati nell'ambito di una determinata pubblicità;
   alle stesse conclusioni si deve pervenire, pertanto, per una società non stabilita, specializzata nell'organizzazione di eventi pubblicitari e promozionali che, su incarico di una società automobilistica comunitaria non stabilita, ha organizzato nel 2009, quindi prima della riforma e sulla base di un contratto unitario, eventi pubblicitari riguardanti il lancio di un nuovo modello per automobili in note località turistiche italiane;
   ai fini dell'esecuzione di tale contratto, sono stati effettuati acquisti di servizi di accoglienza, di ristorazione, di sorveglianza e di quant'altro si è reso necessario per la realizzazione degli eventi in questione, e posti in essere contratti di locazione di apposite strutture;
   la società ha chiesto il rimborso dell'IVA pagata in Italia per gli acquisti di beni e servizi sopra indicati;
   l'amministrazione ritiene che il rimborso dell'IVA non sia dovuto, in quanto gli acquisti in esame devono essere considerati singolarmente e, come tali, non possano essere qualificati unitariamente nell'ambito di prestazioni pubblicitarie, rappresentando piuttosto «altre operazioni» effettuate in Italia e, pertanto, sottoposte al diniego del rimborso dell'IVA, posto che, per il riaddebito dei costi delle prestazioni fornite, il committente comunitario avrebbe dovuto applicare il meccanismo dell'inversione contabile;
   la predetta interpretazione è del tutto contraria ai princìpi della direttiva comunitaria in materia di IVA;
   il diniego del rimborso, oltre ad arrecare un significativo danno economico alla società produttrice degli eventi, crea un grave danno di immagine al settore turistico-alberghiero e, più in generale, alla «location» Italia come sede di svolgimento di eventi pubblicitari e/o promozionali –:
   se, nel caso di un soggetto passivo comunitario non stabilito che realizzi un evento pubblicitario per un committente comunitario non stabilito, ritenga che l'acquisto di beni e servizi effettuato in Italia comporti, ai sensi della normativa sopra richiamata, il diritto al rimborso dell'IVA, posto che la territorialità di detta prestazione si trova nel Paese del committente. (5-08139)


   CAUSI, FLUVI e FONTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, istituisce, a decorrere dal 1o gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   la norma è volta a risolvere la questione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti – che assume rilevanza con particolare riferimento all'obbligo di assoggettare o meno le somme all'imposta sul valore aggiunto (IVA) – e che è stata oggetto di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, sul quale si è pronunciata anche la Corte costituzionale;
   il citato tributo comunale sui rifiuti e sui servizi è istituito a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni e i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   a norma del comma 29 e seguenti del predetto articolo 14 del decreto-legge n. 201, i comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, che è riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani;
   conseguentemente, i comuni che optano per l'adozione del sistema tariffario avente natura corrispettiva, applicheranno il tributo limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili;
   l'opzione data ai comuni comporterebbe alcune difficoltà di gestione della riscossione del tributo, in quanto la componente sui rifiuti sarebbe gestita e riscossa dai gestori dei servizi, mentre la componente sui servizi indivisibili sarebbe gestita e riscossa dai comuni;
   in ragione di questo sdoppiamento, mentre i comuni si troverebbero probabilmente ad affrontare ulteriori costi legati al servizio di riscossione – con ulteriore pregiudizio delle già precarie finanze locali –, al contempo, è verosimile che molte società che gestiscono il servizio si troverebbero ad affrontare esuberi del personale;
   affidare la gestione del tributo e della tariffa a soggetti differenti determinerebbe una duplicazione di costi che ricadrebbero sulla comunità, senza considerare poi che i contribuenti sarebbero tenuti anche a fare due differenti dichiarazioni con separati versamenti –:
   quale sia l'orientamento del Ministro in merito alle considerazioni espresse in premessa e quali iniziative di carattere normativo intenda assumere per porre rimedio alle difficoltà che i contribuenti si troverebbero ad affrontare per lo sdoppiamento della gestione del tributo comunale sui rifiuti e della quota-parte commisurata alla tariffa avente natura di corrispettivo. (5-08140)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'andamento negativo dell'economia italiana nel corso del 2012 e le proiezioni, anch'esse molto negative, per il 2013, segnalano l'urgenza di orientare la politica economica del Governo sempre più verso il sostegno alla ripresa delle attività produttive, per contrastare una crisi che costituisce ormai una vera e propria emergenza politica e sociale;
   in particolare, in tale contesto un ruolo fondamentale deve essere svolto dalla politica tributaria, che non può più limitarsi ad interventi restrittivi finalizzati ad assicurare il rispetto notarile dei vincoli posti dal patto di stabilità, ma che deve assumere un ruolo fondamentale per stabilire le condizioni essenziali per favorire la ripresa dell'economia italiana e per dare concrete prospettive di speranza al Paese;
   al contrario, gli orientamenti e le misure assume in questo campo finora dal Governo si sono limitate secondo l'interrogante ad interventi di incremento della pressione fiscale, soprattutto a danno delle famiglie, delle fasce sociali più deboli, dei disoccupati e delle imprese di piccole e medie dimensioni;
   in tal modo si è indotta una spirale viziosa, nella quale la già negativa congiuntura economica risulta ulteriormente aggravata dagli effetti depressivi indotti dalle manovre correttive adottate dal Governo che, per esplicita ammissione di autorevoli esponenti dello stesso Esecutivo, hanno ridotto in modo significativo il prodotto interno lordo;
   in questo quadro risulterebbe particolarmente disastrosa l'ipotesi che, dopo l'incremento di un punto dell'aliquota IVA del 20 per cento disposta l'anno scorso, si proceda, a partire dal 1° luglio 2013, ad un ulteriore incremento di un punto delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento;
   i segnali lanciati in queste settimane dall'Esecutivo appaiono, al tempo stesso, preoccupanti e contraddittori: da un lato, infatti, si è da più parti riconosciuta l'esigenza di adottare misure di sostegno della crescita basate sulla riduzione della pressione fiscale; dall'altro lato, in base alle anticipazioni circa il contenuto del disegno di legge di stabilità, il Governo è intenzionato ad apportare ulteriori misure restrittive in campo tributario, segnatamente attraverso la riduzione della detraibilità e deducibilità IRPEF di molte spese, nonché confermando, almeno in parte, l'aumento delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, previsto a decorrere dal prossimo luglio;
   non sembra, infatti, che tali misure di inasprimento fiscale possano essere compensate dalla riduzione di un punto dell'aliquota IRPEF sui due primi scaglioni di reddito, che avrebbe in realtà riflessi poco più che simbolici, senza modificare la situazione economica dei cittadini più deboli;
   sussiste il forte rischio che il combinato disposto di tali misure sortisca complessivamente effetti depressivi su un quadro economico già compromesso: occorre, infatti, considerare come, mentre un aumento dell'imposizione IVA si riverberebbe direttamente sui costi dei beni e dei servizi, riducendo immediatamente la domanda aggregata, già assai debole, nonché indebolendo conseguentemente un'economia in recessione, la limitata riduzione di alcune aliquote IRPEF aumenterebbe in modo solo molto marginale il reddito disponibile delle famiglie, che ha subito una forte decurtazione negli ultimi anni, determinando effetti espansivi limitati e solo eventuali;
   c’è dunque la sensazione, fondata anche sulle modalità ad avviso dell'interrogante confuse attraverso le quali il Governo ha comunicato proprie intenzioni in materia di politica tributaria, che le misure contenute nel testo del disegno di legge di stabilità, come risulta da fonti di stampa, non corrispondano ad un compiuto disegno volto a ridurre effettivamente la pressione fiscale ed a ripristinare le condizioni per una robusta crescita del Paese, ma costituiscano meri annunci di sapore preelettorale, volti cercare di migliorare il livello di popolarità dell'esecutivo e delle forze politiche, ormai del tutto screditate, che lo sostengono;
   tutto ciò risulta ancor più grave laddove si consideri che l'attuale Governo, proprio per la sua particolare, ed eccezionale sotto il profilo della legittimazione politica, caratterizzazione tecnica, non dovrebbe lasciarsi indurre in tentazioni populistiche e propagandistiche, ma dovrebbe, al contrario, individuare, con la massima oggettività e rigore, tutte quelle misure indispensabili per contrastare la recessione economica della quale il Paese è ormai preda;
   in tale contesto appare fondamentale ed urgente che il Governo chiarisca al Parlamento le sue reali intenzioni in materia di politica tributaria, individuando una strategia credibile di allentamento della pressione fiscale, che non può evidentemente coniugarsi con ulteriori incrementi delle aliquote IVA e che, al tempo stesso, non può prescindere da una significativa riduzione delle spese pubbliche, a partire dai costi della politica a tutti i livelli –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di mantenere l'impegno, pubblicamente assunto, di avviare una concreta riduzione della pressione fiscale, in particolare in favore delle famiglie, delle fasce sociali più deboli, dei disoccupati degli esodati e delle piccole e medie imprese, quali siano gli effetti sul prodotto interno lordo delle manovre finanziarie restrittive adottate a partire dallo scorso anno, quale sia l'impatto atteso sul prodotto interno lordo rispettivamente, dalle riduzioni delle aliquote IRPEF contemplate nel testo del disegno di legge di stabilità e dall'incremento delle aliquote IVA previsto a decorrere dal 1o luglio 2013 e se non ritenga comunque doveroso scongiurare tale ulteriore incremento dell'IVA, migliorando in tal modo il potere di acquisto delle famiglie, anche attraverso una più rigorosa revisione della spesa pubblica che incida finalmente sui costi della politica, sulle spese eccessive degli organi costituzionali e delle amministrazioni ad ogni livello di governo, nonché sui giganteschi sprechi e malversazioni che si annidano tuttora in molti settori dalla macchina pubblica, sia a livello centrale sia a livello locale.
(5-08141)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il complesso dell'Arsenale di Venezia rappresenta uno dei «gioielli» del patrimonio storico, architettonico, ambientale, nazionale;
   da tempo immemorabile, la città e la sua amministrazione avevano richiesto il passaggio di quest'area dalla gestione demaniale a quella della amministrazione comunale;
   tale passaggio corrisponde, per altro, ad una necessità per armonizzare il futuro dell'Arsenale con quello della città e dell'ambiente circostante;
   ripetutamente le stesse autorità di Governo avevano assunto l'impegno a portare a compimento questa scelta;
   lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali aveva collaborato alla definizione dell'elenco dei beni da trasferire;
   un simile impegno è stato, ad avviso dell'interrogante, tradito attraverso una disposizione contenuta nel testo del decreto-legge sull'agenda digitale che assegnerebbe gran parte dell'Arsenale nord, area dei Bacini e delle Tese, allo Stato;
   tale area sarà messa a disposizione delle aziende del consorzio Venezia Nuova e dunque di non meglio precisati interessi privati –:
   se non si ritenga di prendere posizione a difesa di questo patrimonio e di garantire che si dia corso alle intese raggiunte a partire dall'integrale ed immediato passaggio dell'Arsenale sotto la diretta gestione della amministrazione comunale. (5-08137)


   MAZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha deciso di assoggettare all'imposta sul reddito delle persone fisiche le pensioni di guerra – riconosciute agli ex militari, agli invalidi, alle vedove e agli orfani – che finora (così come accade per tutti i trattamenti di natura assistenziale o risarcitoria) non erano tassate;
   tassare le pensioni di guerra ad avviso dell'interrogante è un'azione non solo del tutto inutile sul piano del ritorno in termini finanziari (è appena il caso di osservare che il più giovane dei pochi reduci rimasti ha 88 anni), ma anche contraria ad un principio di generale equità e semplice riconoscenza verso chi ha compiuto il proprio dovere in tempi drammatici, visto che l'importo di tali pensioni è solo un piccolo riconoscimento da parte dello Stato a persone che hanno servito la Patria, e che decurtarlo rappresenta un vero e proprio oltraggio;
   questa misura ha suscitato profonda amarezza non solo nei reduci di guerra, ma anche in coloro che in giovanissima età rimasero feriti durante i bombardamenti, per quella che suona come un'inutile e ingiusta umiliazione;
   le pensioni di guerra risarciscono e sono concesse nella maggior parte dei casi per ferite e mutilazioni subite da persone non più autonome e dunque non in grado di svolgere un lavoro;
   un provvedimento del genere arriva in contemporanea con la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato i tagli attuati nel 2010 dal Governo Berlusconi ai magistrati e ai manager di Stato;
   forse le pensioni sulle quali incrementare la tassazione (o da tagliare) sarebbero altre e con ben altri ritorni in termini finanziari;
   è assolutamente ingiustificabile, soprattutto in questo periodo di crisi, cercare di ricostruire la stabilità finanziaria del Paese sulla pelle dei cittadini più deboli;
   non è degno di un Paese civile considerare un reduce di guerra alla stregua di uno spreco da tagliare;
   non può certo essere considerato una «consolazione» il tetto di 15 mila euro lordi di reddito annuo all'anno, al di sotto dei quali le pensioni restano non tassabili, perché una persona invalida con un reddito inferiore a 15 mila euro riesce a stento a vivere dignitosamente;
   chi è al Governo non può non porsi il problema di come vivranno persone che vedranno tagliate di oltre il 40 per cento le loro pensioni –:
   se il Governo intenda riconsiderare questa decisione evitando un ulteriore sacrificio ed una vera e propria umiliazione a chi ha dato tanto all'Italia senza mai chiedere nulla in cambio. (5-08142)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANATA e PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 9 ottobre 2012 il Governo ha licenziato la prima bozza della legge di stabilità nella quale sarebbe stata inserita una norma che assoggetta a IRPEF le pensioni di guerra corrisposte ai mutilati e invalidi, reduci dai campi di battaglia, dai campi di prigionia e dai lager, per redditi superiori a 15.000 euro;
   per reperite risorse utili al risanamento economico, a quanto si apprende, il Governo intende tassare dal 2013 tutte quelle rendite fino ad ora rimaste esenti dall'imposizione tributaria, cioè tutti quei trattamenti considerati di natura assistenziale o risarcitoria, tra cui gli assegni per gli invalidi civili e le pensioni per gli invalidi di guerra;
   nel bilancio dello Stato l'ammontare complessivo delle pensioni di guerra è di euro 606.152.435,42. Il dato si riferisce al 2011 e quindi ad oggi è in netta diminuzione, per la scomparsa di molti mutilati e invalidi di guerra la cui età media è di oltre ottantacinque anni;
   sempre al 2011, le pensioni dirette erano 48.342 e quelle indirette (vedove e orfani) 131.657, per un ammontare rispettivamente di euro 261.285.061,10 per le dirette, e 344.867.374,32 per le indirette;
   l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978 e l'articolo 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261 sanciscono il principio «risarcitorio» delle pensioni dei mutilati e invalidi di guerra e l'irrilevanza delle stesse ai fini IRPEF;
   la Corte costituzionale, in numerose pronunce, ha sempre ribadito il carattere risarcitorio e non reddituale delle pensioni di guerra e dunque la loro non assoggettabilità ad Irpef (cfr. sentenza n. 70 del 1999, sentenza n. 193 del 1994, sentenza n. 204 del 1992, sentenza n. 566 del 1989, sentenza n. 387 del 1989);
   l'Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra fa sapere che ritiene «un atto gravissimo l'annullamento, con un colpo di spugna, del principio del risarcimento del danno psicofisico subito da chi fu chiamato a combattere per la Patria e per la Libertà»;
   l'Associazione nazionale delle vittime civili di guerra precisa che «se fosse confermata, questa norma costituirebbe un oltraggio morale, oltre che giuridico, immenso, per tutti quei mutilati, invalidi, grandi invalidi, ciechi di guerra e mutilatini di Don Gnocchi e per le loro famiglie, che hanno trascorso gran parte della vita tra atroci sofferenze fisiche e morali, a causa delle invalidità e delle gravi mutilazioni riportate in occasione del secondo conflitto bellico» –:
   se il Ministro interrogato non intenda chiarire con la massima urgenza la natura delle disposizioni riguardanti le pensioni di guerra, i mutilati e gli invalidi di guerra che si ipotizza potranno essere inserite nella legge di stabilità. (4-18113)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MADIA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività stabilisce all'articolo 9, comma 4 che «al tirocinante debba essere riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio»;
   risulta all'interrogante da articoli di stampa apparsi in rete sul periodico on line La Repubblica degli Stagisti che l'Avvocatura dello Stato, così come altri enti pubblici, non potrebbe ottemperare al dettato dell'articolo 9, comma 4, poiché il comma 8 dello stesso articolo prevede che «dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». L'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli spiega infatti nel testo dell'intervista che il bilancio dell'Avvocatura non permette al momento di erogare un rimborso spese ai praticanti: «Bisognerebbe introdurre una voce per il “compenso per l'attività dei praticanti”, voce che al momento manca;
   alla domanda «L'articolo 9 [...] prevede che al tirocinante debba essere “riconosciuto un rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio”, l'Avvocatura intende adeguarsi ?» l'avvocato risponde: «No. Perché leggendo tutta la norma, al comma 8 si legge che “dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”» –:
   quale sia la giusta interpretazione dell'articolo 9, comma 4, della legge 24 marzo 2012 n. 27, cioè se sia corretta l'interpretazione dell'Avvocatura dello Stato – secondo la quale in assenza di uno specifico capitolo di bilancio una amministrazione non è tenuta, in ottemperanza al suddetto comma 8, a corrispondere il rimborso di cui al comma 4 – ovvero se le amministrazioni dello Stato siano tenute a operare variazioni di bilancio e rimodulazioni delle proprie attività al fine di identificare – a risorse invariate – la necessaria dotazione finanziaria per il riconoscimento del rimborso spese di cui all'articolo 9, comma 4. (4-18119)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   PORCU e BALDELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si stanno verificando, con sempre maggior frequenza, gravi episodi di sfruttamento a scopo di accattonaggio, in particolare dei disabili;
   nella città di Milano, dopo un anno di indagini è stato rinvenuto una sorta di lager in cui venivano tenuti alcuni portatori di handicap in condizioni pietose, comprati e utilizzati per chiedere l'elemosina nelle stazioni della metropolitana, ai semafori degli incroci più trafficati o agli angoli delle strade;
   ogni disabile ridotto in schiavitù era costretto a lavorare fino a 12 ore al giorno, chiedendo l'elemosina, mostrando il proprio handicap in cambio di un misero pasto e vivendo in condizioni pessime e antigieniche;
   il traffico dei disabili a scopo di accattonaggio avviene principalmente tra la Romania e l'Italia ed esiste una rete che si spartisce il territorio nazionale in zone di controllo;
   l'operazione di polizia chiamata «Ade», proprio in virtù del fatto che gli sfruttati vivevano in condizioni infernali, sta ottenendo importanti risultati soprattutto nel Nord Italia –:
   in che modo il Governo intenda intervenire per incrementare e migliorare l'impiego delle forze di polizia in tutto il territorio nazionale per opporsi allo sfruttamento disumano dei disabili e sconfiggere le organizzazioni criminali che ne traggono un vantaggio economico. (3-02537)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la trasformazione del rapporto d'impiego da privato in pubblicistico (legge n. 42 del 2004 e decreto legislativo n. 217 del 2005) sono state emanate nuove norme per il passaggio di qualifica a capo reparto e capo squadra nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   attraverso tale procedura dovevano essere snellite le lunghe e farraginose procedure per ripianare le fortissime carenze nei due importanti profili professionali che al momento sono di circa 1500 unità nel profilo di capo reparto e 2000 circa nel profilo di capo squadra. La procedura prevede la copertura delle carenze determinate al 31 dicembre dell'anno precedente con un bando di concorso al 1o gennaio dell'anno successivo. Esso si divide in due sottoprocedure: la copertura nella misura del 60 per cento dei posti vacanti per anzianità e titoli e la copertura nella misura del 40 per cento dei posti per concorso;
   nell'effettuazione delle prime procedure per la copertura dei posti disponibili al 1o gennaio 2006 emersero tutte le problematiche reali rispetto lo spirito di riduzione delle procedure cui s'ispirava la procedura;
   nello specifico riguardo al concorso per la copertura del 40 per cento delle carenze nel profilo professionale di capo squadra (concorso 40 per cento del 1o gennaio 2007) vennero presentati dei ricorsi;
   i soggetti danneggiati nella misura del 40 per cento si trovano esclusi dalla previsione di legge che impone, l'assegnazione dei posti a concorso del 1o gennaio 2007 a capo reparto ai capi squadra 1o gennaio 2008;
   in apparente contrasto con tale disposizione sono stati assegnati i posti suddetti a capo reparto ai capi squadra 2009 saltando inopinatamente un anno creando un danno ingiusto contro il quale è stato presentato ricorso alla giustizia amministrativa;
   rebus sic stantibus il 40 per cento suddetto si trova ingiustamente estromesso dal diritto sancito per legge –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, necessario ed urgente intervenire quanto prima a sanare una situazione di fatto che danneggia gravemente il 40 per cento degli aventi diritto procurando loro un danno ingiusto, e non ritenga opportuno assumere un'iniziativa per un'integrazione trovando loro una dislocazione consona al dettato legislativo in vigore risolvendo in questo modo anche il blocco che il ricorso amministrativo in atto cagionerà a tutta la procedura.
(4-18116)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 240 del 2010 (cosiddetta legge Gelmini) ha introdotto elementi innovatori sul versante delle dinamiche di abilitazione scientifica nazionale, innovando la prassi accademica italiana, con l'introduzione di univoci criteri e parametri nazionali di riferimento per aree scientifiche, con l'obbiettivo di garantite l'accesso alle selezioni di candidati in possesso di una qualificazione condivisa dalla comunità scientifica nazionale e internazionale;
   l'articolo 16 della suddetta legge ha disposto che l'abilitazione scientifica nazionale per i professori di prima e di seconda fascia attesti una «qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori»;
   il suddetto articolo ha disposto l'emanazione di regolamenti ministeriali specifici disciplinanti «le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell'abilitazione, in conformità a determinati criteri»;
   a tal riguardo – nello specifico – il comma 3 del citato articolo 16 dispone che i regolamenti prevedano «l'attribuzione dell'abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro»; inoltre che il regolamento «prescriva un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini del conseguimento dell'abilitazione, anche differenziato per fascia, e per area disciplinare e in ogni caso non inferiore a dodici» e disponga «i meccanismi di verifica quinquennale dell'adeguatezza e congruità dei criteri e parametri e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale»;
   il regolamento di cui al comma 6 del citato articolo 16 è stato adottato con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 7 giugno 2012, n. 76, «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n, 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222»;
   ai sensi del predetto regolamento nelle procedure di abilitazione per ciascuna delle due fasce e per ciascuno dei settori concorsuali di cui agli allegati dello stesso, la commissione è chiamata ad utilizzare per la misurazione dell'impatto della produzione scientifica complessiva, degli indicatori bibliometrici indicati negli allegati stessi;
   nello specifico il suddetto regolamento dispone che per i settori cosiddetti bibliometrici, «ottengono una valutazione positiva dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all'abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno due degli indicatori di cui alle lettere a), b) e c) del numero 2» dell'allegato A, mentre per i settori cosiddetti «non bibliometrici», ottengono una valutazione positiva dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all'abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di cui alle lettere a) e b) del numero 3 dell'allegato B;
   l'articolo 6, del suddetto regolamento, dispone che l'abilitazione può essere attribuita esclusivamente ai candidati i cui indicatori dell'impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all'allegato A, numero 3, lettera b), e all'allegato B, numero 4, lettera b), cioè siano superiori alla mediana in almeno due (per i settori bibliometrici) e uno (per i settori non bibliometrici) degli indicatori previsti;
   di contro, però, l'articolo 3, comma 3, dispone che la commissione può eventualmente utilizzare «ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli» purché «predeterminati dalla commissione con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell'università sede della procedura di abilitazione»;
   di conseguenza, le suddette disposizioni non forniscono un riferimento normativo chiaro atto a specificare il valore univoco delle mediane degli indicatori come riferimento vincolante per il conseguimento dell'abilitazione;
   il suddetto decreto, tra l'altro introduce il principio di età accademica – intesa come «periodo di tempo successivo alla data della prima pubblicazione scientifica pertinente al settore concorsuale» – al fine della determinazione dell'impatto delle pubblicazioni all'interno del settore concorsuale, quindi una sorta di razionalizzazione dei parametri bibliometrici a seconda dell'età accademica;
   la delibera dell'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca) n. 50 del 21 giugno 2012 ha introdotto le modalità di calcolo degli indicatori da utilizzare ai fini della selezione degli aspiranti commissari e della valutazione dei candidati per l'abilitazione scientifica nazionale;
   la suindicata delibera, riconosce all'articolo 17 il cosiddetto h-index disponendo che «ai fini della procedura di abilitazione, la normalizzazione per età accademica degli indicatori avviene dividendo il valore di ogni indicatore per l'età accademica, rilevabile dalla data della prima pubblicazione scientifica pertinente al settore concorsuale»;
   con decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012 viene indetta la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia, la cui scadenza per la domanda di partecipazione è il 20 novembre 2012;
   in un documento pubblicato sul sito dell'ANVUR nell'agosto 2012 – successivamente all'emanazione del suddetto decreto direttoriale – dal titolo «Abilitazione scientifica nazionale – normalizzazione degli indicatori per l'età accademica» viene invece introdotto il cosiddetto contemporary h-index;
   secondo il suddetto indice» la normalizzazione si calcola sulla base di ognuno degli articoli dividendo il numero delle citazioni ricevute per il numero degli anni intercorso dall'anno di pubblicazione all'anno di riferimento del data base, il tutto moltiplicato per 4 per ottenere valori numerici ragionevoli;
   quanto disposto dall'ANVUR, unito al carattere contraddittorio di quanto da esso specificato in più documenti, si mostra in contrasto con lo spirito del citato regolamento, sebbene nel medesimo documento l'Agenzia nazionale specifichi che la normalizzazione lineare per età accademica del singolo articolo si mostri compatibile con il dettato del regolamento;
   alla luce di quanto invece disposto dal regolamento, non è fatta menzione dell'età accademica del singolo articolo, ma si fa riferimento ad una dinamica di normalizzazione basata sull'età accademica del concorrente;
   in data 27 agosto 2012 – ben oltre un mese dopo l'indizione del concorso di cui al suindicato decreto direttoriale – l'ANVUR pubblica sul suo portale «la nuova e definitiva versione delle tabelle delle mediane per i settori bibliometrici e per quelli non bibliometrici», chiarendo che «i valori delle mediane pubblicati in precedenza erano stati ottenuti utilizzando in approssimazione che, ad un più attento esame, non risulta pienamente in linea con la definizione formale di mediana contenuta nel DM 76»;
   nel documento suindicato l'ANVUR modifica la configurazione delle mediane, con la conseguenza che per i settori bibliometrici il valore delle mediane risulta cresciuto, mentre per quelli non bibliometrici il valore delle mediane risulta addirittura diminuito;
   l'evoluzione «in corso d'opera» da parte dell'Agenzia nazionale della mediane ha un deleterio effetto retroattivo sulla validità delle carriere professionali, configurandosi ad avviso degli interpellanti come illegittima, compromettendo in maniera vistosa quanto operato dai concorrenti nel corso degli anni e stravolgendo completamente i requisiti di accesso, oltre che incrementare l'opacità nell'individuazione degli stessi;
   la discrepanza normativa di cui sopra legittima di fatto ricorsi amministrativi da parte degli interessati: nello specifico un ricorso è stato presentato dall'Associazione italiana dei costituzionalisti e la decisione nel merito del TAR è fissata per il 23 gennaio 2013;
   desta particolare stupore e perplessità quanto pubblicato ulteriormente dall'ANVUR in data 14 settembre 2012 con il documento «Abilitazione scientifica nazionale, chiarimenti sul calcolo delle mediane» attraverso il quale vengono fornite diverse scusanti legittimanti la pubblicazione «a più riprese» delle tabelle con i valori numerici delle mediane degli indicatori;
   secondo la prima giustificazione – che tra l'altro richiama ulteriori lacune da parte della pubblica amministrazione – l'Agenzia nazionale afferma che il compito di calcolare le mediane degli indicatori elencati negli allegati A e B del decreto, e di applicarli nella valutazione dell'idoneità dei candidati a far parte delle commissioni di abilitazione «sarebbe stato relativamente agevole se l'ANVUR avesse potuto disporre dell'ANPRePS (anagrafe nominativa dei professori ordinari e associati e dei ricercatori delle pubblicazioni scientifiche prodotte), che era stata istituita con la legge n. 1 del 9 gennaio 2009», ma risultando al momento ancora inesistente, «ciò ha reso le operazioni connesse all'abilitazione complicate e soggette a imprecisioni ed errori», aggiungendo che «di necessità, il sito docente CINECA ha suffragato la mancanza dell'ANPRePS, e l'ANVUR non ha potuto far altro che utilizzare le informazioni ivi volontariamente inserite dai docenti»;
   la seconda giustificazione fa riferimento ai «tempi strettissimi imposti dal decreto, che hanno costretto tutto il personale coinvolto nell'ANVUR e nel CINECA a operare con urgenza nei mesi estivi (tutto agosto compreso)»;
   la terza giustificazione ricade sul concetto stesso di mediana dato dal decreto ministeriale 76 secondo cui è da intendersi come «il valore di un indicatore o altra modalità prescelta per ordinare una lista di soggetti, che divide la lista medesima in due parti uguali», e questa definizione secondo l'ANVUR «pur univoca, lascia però un importante punto di ambiguità nella decisione su come procedere se la mediana viene usata per selezionare tra una serie di soggetti (i docenti), nel caso in cui più soggetti abbiano lo stesso valore mediano»;
   quanto evidenziato dall'Agenzia nazionale sottolinea in maniera evidente e sotto certi aspetti imbarazzante – secondo gli interpellanti – il ventaglio di lacune e superficialità che hanno accompagnato l'attuazione di quanto auspicato dalla legge n. 240 del 2010 da parte degli organi competenti;
   gli indicatori bibliometrici citati e le cangianti modalità di calcolo ad essi collegate e i continui aggiustamenti operati nel corso di diverse settimane ne hanno determinato forti limiti di individuabilità oltre che delineato una forte debolezza applicativa;
   in data 27 settembre 2012 presso la Commissione cultura della Camera dei deputati in occasione di un'audizione informale di rappresentanti di associazioni di docenti universitari, sui processi di valutazione per le abilitazioni alla docenza universitaria, si è discussa la difficoltà applicativa inerente ad alcuni criteri numerici, come il numero delle citazioni e le dinamiche che hanno condotto l'Anvur ad elaborare i suddetti indicatori per l'abilitazione scientifica nazionale, oltre all'opacità alla base della classificazione delle riviste di riferimento delle citazioni;
   la citata Commissione parlamentare ha condiviso le criticità espresse dai soggetti auditi, concordando con l'esigenza di un confronto formale con il Ministro competente;
   lo stesso Consiglio universitario nazionale ha evidenziato che ai concorrenti non sono state fornite adeguate e chiare informazioni circa la corrente applicazione delle disposizioni di riferimento e ha chiesto al Ministro di adottare ogni iniziativa utile all'esigenza di chiarezza e certezza dei criteri e dei parametri di riferimento;
   anche la CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane) denuncia il contesto di incertezza, aggravatosi dopo quanto dichiarato sul sito, che rischia di rendere l'intero processo di valutazione equivoco e foriero quindi di successivi contenziosi che, a norma dell'articolo 5, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2012, finiranno col gravare sulle sole università. Ciò determinerà inaccettabili ritardi che penalizzeranno sia i candidati sia la qualità del sistema universitario;
   la CRUI, in una recente mozione approvata all'unanimità dall'assemblea generale della stessa, ha chiesto tra l'altro l'intervento dei soggetti competenti al fine di risolvere rapidamente e inequivocabilmente gli aspetti tuttora controversi relativi alle procedure di abilitazione, ristabilendo tempi certi, responsabilità e rigore, così come previsto dalle migliori prassi qualitative e quantitative a livello internazionale;
   ci si trova di fronte ad una situazione per cui molti ricercatori e professori di pieni e affermati meriti nel settore di riferimento risultano addirittura inferiori alla generica mediana di riferimento;
   lo scenario delineato, strutturatosi all'indomani delle disposizioni introdotte dall'Anvur in aperto contrasto con lo spinto della citata legge «Gelmini» nonché con il regolamento di cui al decreto-legge n. 76 del 2010, svilisce, ad avviso degli interroganti, il principio di trasparenza amministrativa, viola il principio di legittimo affidamento, dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione e rischia nel contempo di paralizzare l'intero comparto con inevitabili quanto deleterie conseguenze sulla funzionalità e sulle potenzialità della struttura universitaria e sul futuro di coloro che la animano –:
   quali iniziative a carattere urgente si intendano predisporre al fine di chiarire definitivamente che il superamento delle mediane degli indicatori bibliometrici non si configura come una condizione necessaria per conseguire l'abilitazione, e consentire – successivamente – la revisione dell'attuale configurazione delle mediane degli indicatori bibliometrici.
(2-01707) «Di Biagio, Della Vedova, Granata, Barbaro, Muro».

Interrogazione a risposta immediata:


   GRANATA, DI BIAGIO e MURO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa risulta che nella bozza della legge di stabilità per l'anno 2013 viene indicato che a decorrere dal 10 settembre 2013 l'orario di servizio del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso quello di sostegno, viene articolato su 24 ore settimanali rispetto alle attuali 18 previste dal vigente contratto di lavoro;
   a fronte di tale allungamento dell'orario di lavoro non è previsto nessun incremento retributivo, ma, sempre secondo le notizie sopra indicate, i docenti verrebbero, per così dire, compensati con ulteriori 15 giorni a valere sul periodo di ferie retribuito;
   tale ipotesi, a giudizio degli interroganti, risulterebbe impercorribile anche da un punto di vista didattico ed organizzativo, dal momento in cui l'incremento delle 6 ore dovrebbe essere utilizzato per coprire vuoti e supplenze non programmabili e prevedibili ad inizio di anno scolastico;
   nell'attuale momento di crisi sarebbe importante puntare su cultura e istruzione anziché ricorrere a semplici provvedimenti contabili, dando corpo alle promesse fatte alle tante categorie di docenti, precari e non, che attendono un deciso segnale di svolta che vada ben al di là dei soli buoni propositi –:
   se il Ministro interrogato non intenda confermare l'entità della soppressione delle cattedre così come da previsioni sindacali (da 20 a 30 mila), fornendo spiegazioni rispetto ai fondamenti giuridici su cui si basa tale ipotesi, dal momento che la materia è attualmente regolata e disciplinata dal vigente contratto di lavoro, e se sia a conoscenza degli effetti che tale provvedimento produrrebbe in un comparto già pesantemente vessato da profonde limitazioni e penalizzazioni, caratterizzato, come è, da classi di concorsi in esubero, docenti demotivati e decine di migliaia di precari, che questo sistema ha da tempo parcheggiato in un limbo non più sopportabile. (3-02543)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   DI PIETRO, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, MESSINA, ROTA e PALADINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sul sito dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), il 18 settembre 2012, è stato pubblicato l'avviso per un appalto pubblico, diviso in due lotti, «per l'affidamento di servizi di sviluppo software, gestione dei siti web (lotto 1) e di publishing redazionale (lotto 2) dell'Inail - ID 1280 - CIG Lotto 1: 4464615CD6; CIG Lotto 2: 4464617E7C»;
   il bando ha ad oggetto «l'affidamento dei seguenti servizi»:
    a) lotto 1:
     1) sviluppo, migrazione e mev di siti web;
     2) manutenzione correttiva di siti web;
     3) supporto applicativo;
     4) supporto specialistico;
    b) lotto 2: servizi redazionali per siti web;
   la base d'asta massima non superabile (asta al ribasso) per il lotto 1 è di 20.113.000 euro, al netto dell'iva; mentre la base d'asta massima per il lotto 2 è di 4.666.200 euro, al netto dell'iva;
   la durata dell'appalto per il lotto 1 è di «48 mesi dalla data di inizio attività, di cui gli ultimi 12 mesi ai soli fini della manutenzione correttiva in garanzia»; per il lotto 2 di «36 mesi dalla data di inizio attività»;
   l'apertura delle offerte, da bando, è avvenuta il 18 settembre 2012 presso gli uffici di Consip s.p.a., in Roma;
   la gara, infatti, è la prima indetta dalla Consip s.p.a. per la fornitura di servizi per l'Inail, «nell'ambito della convenzione firmata lo scorso 13 luglio, che disciplina il supporto di Consip per l'acquisto di beni e servizi dell'Istituto e si inserisce compiutamente nell'ambito delle più moderne ed efficienti strategie di razionalizzazione e contenimento della spesa, di cui ai recenti provvedimenti sulla spending review», come ha fatto sapere l'Inail attraverso un comunicato stampa del 2 agosto 2012, pubblicato sul sito dell'ente;
   secondo l'Inail l'iniziativa «produrrà un risparmio stimato di circa 4 milioni di euro per l'istituto, grazie all'introduzione di meccanismi innovativi per la gestione della fornitura»;
   i siti e le piattaforme multimediali per le amministrazioni pubbliche sono di fondamentale importanza, perché devono assicurare un'informazione aggiornata e un'interazione diretta dei cittadini con esse;
   non è giustificabile, tuttavia, che la realizzazione di siti e servizi collegati costi a un ente pubblico, come l'Inail, la spesa stratosferica massima di 25 milioni di euro;
   si tratta di un importo spropositato, che riporta immediatamente alla mente lo scandalo del portale web www.italia.it, voluto nel 2004 dal Governo Berlusconi per promuovere l'immagine turistica dell'Italia all'estero, a suo tempo ribattezzato il sito più caro del mondo e rivelatosi uno sperpero, senza precedenti, di milioni di euro di denaro pubblico;
   il precedente citato ricorda come un'amministrazione pubblica possa gestire la realizzazione di un portale internet - per quanto ampio e complesso - senza alcuna cognizione di causa e senza alcun riferimento ai valori di mercato;
   nel caso dell'Inail si ignora quale sia stata e da chi sia stata fatta l'analisi tecnica e di fattibilità, che ha portato a fissare la base d'asta a 20 milioni di euro per la costruzione e migrazione del sito e a 5 milioni per la gestione dei contenuti;
   si ignora, altresì, quali fossero i costi della precedente piattaforma web dell'Inail e della sua gestione, se, come dichiara l'ente, la nuova gara consentirà di risparmiare addirittura 4 milioni di euro;
   la sensazione è che si tratti ancora una volta di sperpero di danaro pubblico, aggravato dal fatto che questo denaro viene sottratto alle casse dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Non sarebbe la prima volta, anzi è prassi, che le risorse delle casse previdenziali e assicurative vengono distratte per altri fini;
   con riferimento al bando per la realizzazione del nuovo sito dell'Inail, infatti, la stampa non ha mancato di sottolineare come l'Inail, in virtù di una legge vecchia di quasi cinquant'anni (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124), ha risarcito con 1.900 euro la morte sul lavoro di un giovane operaio, Nicola Cavicchi, di San Martino, in provincia di Ferrara, rimasto sotto le macerie della sua azienda la notte della prima scossa del terremoto dell'Emilia, il 20 maggio 2012. Cavicchi non era sposato e non aveva figli e il valore della sua vita è stato fissato a 1.900 euro, a titolo, tra l'altro, di rimborso una tantum per le «spese funerarie»;
   si cita anche il caso di Matteo Armellini, l'operaio di soli 31 anni, morto sul lavoro il 5 marzo 2012, schiacciato dal crollo del palco per il concerto di Laura Pausini. Anche in quel caso, i genitori di Armellini hanno ricevuto 1.936,80 per le spese sostenute a causa della morte del figlio;
   il 12 ottobre 2012, per la prima volta al Quirinale e alla presenza del Capo dello Stato, si è tenuta la cerimonia per la giornata a favore delle vittime degli incidenti sul lavoro organizzata dall'Anmil, durante la quale il presidente dell'Anmil, Franco Bettoni, ha ricordato la necessità di superare le «numerose criticità relative al sistema risarcitorio», definendo il testo unico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, «non più al passo con la società», inadeguato e anacronistico;
   in tale contesto, per giunta aggravato dalla crisi generale dell'economia, risulta fondata l'indignazione di chi trova insostenibile una tale spesa per il sito, mentre l'ente assicurativo non può permettersi di risarcire in maniera globale e integrale gli infortuni dei lavoratori;
   su questo caso il Governo, l'Inail e la Consip devono fornire risposte esaustive e celeri, per evitare che i cittadini, sempre più indignati, perdano del tutto la fiducia nelle istituzioni che sono invece chiamati a tutelarli e a garantire i loro diritti –:
   se il Governo non ritenga opportuno sospendere precauzionalmente la gara indetta dalla Consip per conto dell'Inail, al fine di acquisire tutti gli elementi di conoscenza del caso e rideterminare la base d'asta, impegnando le somme risparmiate a beneficio degli assicurati dell'Inail. (3-02538)


   POLI, GALLETTI, RUGGERI, TASSONE, COMPAGNON, CICCANTI, RAO, NARO e VOLONTÈ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha stabilito che per gli anni 2012 e 2013 la rivalutazione automatica è riconosciuta esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento;
   il decreto del 18 gennaio 2012, emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro interrogato, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2012, fissa nella misura del 2,6 per cento l'aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via previsionale, per l'anno 2012 e dell'1,6 per cento l'aumento definitivo di perequazione automatica per l'anno 2011;
   la perequazione per l'anno 2012 è stata attribuita con un aumento del 2,60 per cento per le pensioni fino a 1.405,05 euro, con un aumento fino al raggiungimento del limite massimo della fascia oltre 1.405,05 euro e fino a 1.441,59 euro; nessun aumento è previsto oltre 1.441,59 euro;
   si comprende che, per ragioni di risanamento della finanza pubblica, è stata abolita la perequazione per tutti i trattamenti superiori a 3 volte l'importo del trattamento minimo e, solo nell'anno 2014, salvo ulteriori interventi normativi, si dovrebbe applicare la disciplina ordinaria, senza che sia previsto alcun recupero sugli importi rimasti bloccati nel biennio precedente;
   dal 1o gennaio 2014, salvo ulteriori interventi futuri, riprende la disciplina ordinaria prevista dalla legge n. 388 del 2000, in base alla quale, a decorrere dal 1o gennaio 2001, la percentuale di aumento si applica per intero sull'importo di pensione non eccedente il triplo del trattamento minimo; l'aumento è ridotto al 90 per cento per le fasce d'importo comprese tra il triplo ed il quintuplo del minimo; la percentuale è ridotta al 75 per cento per le fasce d'importo eccedenti il quintuplo del minimo –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative idonee a favorire una soluzione adeguata e urgente alla situazione venutasi a determinare a danno di una categoria di pensionati già colpita duramente dalla crisi, valutando, altresì, l'opportunità di includere nel meccanismo di rivalutazione a regime ordinario la fascia compresa tra 1.500,00 e 1.999,00 euro, con un anticipo dello slittamento previsto dal 2014 al 2013. (3-02539)


   LOLLI, D'INCECCO, GINOBLE, TENAGLIA, LIVIA TURCO, MARAN, LENZI, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, la lettera del comma 28 dell'articolo 33 della legge 12 novembre 2011, 183, dispone che: «Per consentire il rientro dall'emergenza derivante dal sisma che ha colpito il territorio abruzzese il 6 aprile 2009, la ripresa della riscossione di cui all'articolo 39, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, avviene, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante il pagamento in centoventi rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2012. L'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento»;
   l'Inps e l'Inail, a seguito di una segnalazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno adottato rispettivamente le circolari n. 116 del 19 settembre 2012 e n. 46 del 21 settembre 2012, con le quali si nega, di fatto, l'agevolazione prevista dal richiamato articolo 33, comma 28;
   tale determinazione assunta dagli enti previdenziali è stata motivata dall'ipotizzata possibilità che la disposizione in questione, nella parte in cui dispone la riduzione del 40 per cento, si configurerebbe come aiuto di Stato, ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e, in tale ottica, è stata notificata in data 2 luglio 2012 alla Commissione europea a norma dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   alla luce di dette ipotesi, le richiamate circolari stabiliscono che: «In attesa delle determinazioni dell'organismo comunitario, la disposizione che concede la riduzione del debito contributivo può trovare applicazione esclusivamente nei riguardi dei soggetti che usufruiscono dell'aiuto di Stato nei limiti de minimis secondo quanto disposto dai regolamenti comunitari»;
   le agevolazioni concesse e notificate all'Unione europea non riguardano solo l'Abruzzo, ma anche i terremoti di Umbria, Marche e del Molise, mentre le circolari di Inps e Inail si riferiscono esclusivamente all'Abruzzo;
   ci si trova di fronte ad un'evidente modificazione di una disposizione di legge per il tramite di un atto amministrativo: la circolare esplicativa – che, secondo una giurisprudenza consolidata, non costituisce atto con valore provvedimentale, ma mera direttiva di carattere interno alle strutture destinatarie delle singole amministrazioni – non può avere, pertanto, carattere normativo, ma rappresenta lo strumento mediante il quale l'amministrazione fornisce indicazioni in via generale ed astratta in ordine alle modalità con cui dovranno comportarsi in futuro i propri dipendenti ed i propri uffici;
   in maniera assolutamente inattesa con le circolari di cui sopra si richiede alle aziende il versamento con gli interessi di quanto prima non versato in ottemperanza di una disposizione di legge e di procedere, a partire dal 16 ottobre 2012, al versamento rateale dei contributi sospesi in misura intera, invece che al 40 per cento come concesso dalla legge, determinando a caduta, fra l'altro, un'azione da parte di alcune aziende addirittura nei confronti dei propri dipendenti;
   anche la previsione che imporrebbe alle singole imprese la documentazione dei requisiti per accedere al regime del de minimis rischia di costituire un presupposto impraticabile, alla luce della caoticità della normativa emergenziale emanata a seguito del sisma;
   ne consegue il palese pericolo di perdere le agevolazioni, di non essere in grado di pagare le rate di restituzione dei contributi sospesi in misura piena e, a cascata, di vedere risultare il proprio documento unico di regolarità contributiva negativo, con conseguente impossibilità di conseguire i dovuti pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche;
   le citate circolari prevedono, inoltre, che la procedura di restituzione dei tributi e contributi per le rate in scadenza a partire dal mese di ottobre 2012 debba avviarsi a decorrere dal 16 di ciascun mese –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di ripristinare la certezza dell'integrale efficacia della richiamata disposizione di cui al comma 28 dell'articolo 33 della legge 12 novembre 2011, n. 183, fornendo le dovute direttive agli enti previdenziali. (3-02540)


   DOZZO, MARONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o ottobre 2012 è stata annunciata dalla banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. la chiusura, senza alcun accordo, della procedura prevista dal contratto nazionale di lavoro, aperta sulle ricadute sul personale della banca conseguenti all'approvazione del piano industriale 2012-2015;
   i temi in discussione hanno riguardato la chiusura di 400 filiali, la riorganizzazione della capogruppo e delle aree territoriali della direzione operativa di rete, della direzione territoriale di mercato. Il piano industriale del gruppo Monte dei Paschi di Siena prevedeva una riduzione complessiva, entro il 2015, del numero degli addetti di 4.640 unità;
   l'azienda ha, dunque, preso atto che, da parte dei sindacati, vi era «un'indisponibilità pregiudiziale ad affrontare il nuovo scenario», stante la contrarietà sindacale ad ogni forma di esternalizzazione. Il progetto iniziale prevedeva l'esternalizzazione di tutte le attività di back office (consorzio operativo di gruppo, rete e società del gruppo), che l'azienda ha, dunque, intenzione di realizzare nei modi e tempi previsti dalle procedure di legge e di contratto. Le esternalizzazioni saranno in numero di 2.360 persone, in mancanza di un accordo con le organizzazioni sindacali, e di almeno 1.600 in caso di accordo;
   per quanto riguarda il contratto integrativo aziendale, esso è stato unilateralmente disdettato dall'azienda, a far data dal 1o novembre 2012. Da tale data troverà applicazione un regolamento aziendale con le condizioni economiche e di lavoro di maggior favore, rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro, applicate ai dipendenti;
   tale rottura della trattativa è da addebitarsi, a detta dei sindacati, esclusivamente al gruppo Monte dei Paschi di Siena, che così intende fare da apripista a livello di sistema per esternalizzare le lavorazioni e i lavoratori che il gruppo ritiene in esubero;
   tale operazione si realizzerebbe, inoltre, tramite un regolamento e, quindi, attraverso un atto unilaterale rivedibile in qualsiasi momento;
   le esternalizzazioni risulterebbero non coerenti con lo spirito del contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto in data 19 gennaio 2012 e potrebbero in futuro portare, se utilizzate, ad una progressiva e generalizzabile precarizzazione del rapporto di lavoro;
   in alternativa alle esternalizzazioni sono state proposte la riduzione dei costi relativi a consulenze esterne, benefit aziendali, contributi affitto ed altro; ipotesi, queste, non accettate dall'azienda. Le organizzazioni sindacali hanno anche proposto l'utilizzo del fondo di solidarietà (cosiddetto fondo esuberi), il cui costo sarebbe stato alimentato dall'utilizzo di meccanismi di solidarietà fra tutti i dipendenti del gruppo Monte dei Paschi di Siena e/o dal temporaneo congelamento di alcune voci salariali differite;
   le organizzazioni sindacali hanno proposto all'azienda di ricorrere all’ecocert obbligatorio per tutti i nati prima del 1960. L'azienda ha, però, rifiutato tale impostazione, chiedendo, invece, ai dipendenti di consegnare l’ecocert, senza che la delegazione sindacale e l'azienda si fossero accordate in tal senso;
   recentemente, in data 9 ottobre 2012, l'assemblea degli azionisti della banca Monte dei Paschi di Siena ha deliberato di delegare al consiglio di amministrazione ogni decisione su un futuro aumento di capitale da 1 miliardo di euro, con esclusione del diritto di opzione per la fondazione Monte dei Paschi di Siena, attualmente indebitata per la quasi totalità del proprio capitale con un pool di 12 banche, a causa dei due successivi aumenti di capitale, ai quali ha partecipato a seguito dell'acquisizione dell’Antonveneta. Tale rafforzamento è necessario, oltre che a causa del sollecito di Banca d'Italia, per ripagare i 3,4 miliardi di «Monti bond» che la banca emetterà entro fine 2012 a favore del Ministero dell'economia e delle finanze, anche per poter consentire una ricapitalizzazione che ponga l'istituto di rientrare nei paletti imposti dall'Eba. Gli «aiuti di Stato» permetteranno di portare il «Core tier 1» dall'insufficiente 8,85 per cento al più solido 10,8 per cento. Il miliardo di euro di aumento di capitale serve a remunerare lo Stato per le perdite che certamente seguiranno, perché la redditività del 7 per cento nel 2015 è un azzardo finanziario che non costa nulla, anzi i «Monti bond» sono molto più onerosi per la banca dei precedenti «Tremonti bond», che non generavano interessi passivi;
   la banca Monte dei Paschi di Siena si è, infatti, indebitata sia per l'acquisto della banca Antonveneta nel 2007 che per la sottoscrizione di 27 miliardi di euro di buoni del Tesoro poliennali, che generano 5 miliardi di euro di perdite secche ma temporanee, tanto da indurre l'Eba a richiedere un buffer temporaneo alla banca;
   Monte dei Paschi di Siena sarebbe la banca più attiva e più patrimonializzata d'Europa, sempre al netto dei crediti inesigibili che la politica ha concesso agli «amici degli amici» in questi anni;
   Monte dei Paschi di Siena si nazionalizza senza dirlo, spostando le conseguenze delle errate scelte sui dipendenti e i cittadini, dato che la cattiva gestione colpirà i clienti che hanno mutui e le imprese che hanno difficoltà a creare i posti di lavoro;
   l'acquisizione di Antonveneta, invece, pagata oltre 10 miliardi di euro, ma che, a detta di molti analisti, ne valeva solo 2 o poco più, ha veramente rovinato la banca Monte dei Paschi di Siena, tanto che su tale operazione è stata aperta nel mese di maggio 2012 un'indagine della magistratura. È notizia di questi giorni che l'ex presidente della banca Monte dei Paschi di Siena, attuale presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, che nel 2007 curò l'acquisizione di Antonveneta da parte di Monte dei Paschi di Siena dal Banco Santander, sarebbe indagato per una cospicua cifra miracolosamente sparita (si parla di 1-2 miliardi di euro o forse più), tanto che verrebbero ipotizzate operazioni estero su estero con giganteschi ritorni illeciti;
   oltre al già citato aumento di capitale, l'assemblea degli azionisti del 9 ottobre 2012 ha anche aumentato i poteri in capo al consiglio di amministrazione ed al presidente, dato che questi ultimi avranno la possibilità di decidere come, quando ed a chi riservare l'aumento di capitale sociale, depauperando di poteri l'assemblea dei soci e l'attuale azionista di maggioranza, fondazione Monte dei Paschi di Siena, espressione del territorio. La scelta di delegare la cessione dei rami aziendali al consiglio di amministrazione testimonia di come si vada verso un modello in cui la banca rischia di essere un corpo estraneo al territorio di riferimento (quello senese) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione illustrata in premessa e se non si intenda convocare un tavolo con le parti interessate per trovare una soluzione, al fine di salvaguardare posti di lavoro difficilmente riassorbibili in un periodo di enorme crisi come quello che sta vivendo il Paese. (3-02541)


   MELCHIORRE e TANONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Evotape packaging srl, società che opera nel campo della produzione di nastri adesivi, con sede operativa in Santi Cosma e Damiano (Latina), è stata dichiarata fallita dal tribunale di Latina con sentenza n. 24 del 2012;
   a seguito del fallimento, il 4 maggio 2012 è stata avviata una procedura di mobilità per le 131 unità impiegate negli stabilimenti della Evotape, che hanno ottenuto fino al 15 giugno 2012 i benefici previsti dalla cassa integrazione guadagni straordinaria;
   in data 4 giugno 2012 gli ormai ex lavoratori della Evotape packaging srl hanno costituito la cooperativa Manucoop r.l., con lo scopo di predisporre un progetto per l'utilizzo dello stabilimento e la ricollocazione dei lavoratori;
   in data 17 settembre 2012 la cooperativa Manucoop ha, infatti, presentato al giudice del fallimento un'istanza per l'affitto di ramo d'azienda rivolta all'intero reparto «taglio», con patto di riscatto e clausola per l'estensione all'intero compendio aziendale, così da arrestare la procedura di vendita già in atto dei macchinari della Evotape da parte del curatore fallimentare e permettere agli stessi lavoratori di riprendere, almeno parzialmente, il loro lavoro;
   va segnalato che tale prospettiva, legata alla possibile e auspicabile ripresa dell'azienda, ha rappresentato parte integrante delle premesse che hanno condotto la regione Lazio ad esprimere parere favorevole all'ulteriore concessione dei trattamenti previsti dalla cassa integrazione guadagni in deroga fino al 31 dicembre 2012 per tutti i 131 lavoratori (articolo 8, comma 4, della legge n. 236 del 1993);
   nonostante tale disponibilità da parte degli ex lavoratori della Evotape, supportata dall'indicazione della stipula di un preliminare di accordo con una azienda di primario livello per garantire commesse sufficienti a far ripartire autonomamente l'impianto, nonché dalla comunicazione di aver già presentato un business plan ad istituti di credito e ad enti di sostegno finanziario per poter garantire alla cooperativa la liquidità necessaria per lo start up, il giudice del fallimento, sulla base del parere negativo del curatore fallimentare, ha respinto la proposta avanzata dalla Manucoop r.l., di fatto cancellando una concreta possibilità per un numero così elevato di lavoratori di fare ritorno alla propria occupazione e di poter offrire agli stessi creditori della Evotape ristoro maggiore rispetto alla semplice vendita dei macchinari e degli altri beni dell'azienda –:
   se il Ministro interrogato, alla luce degli elementi a propria disposizione in relazione alla vicenda industriale ed occupazionale relativa alla Evotape packaging srl, intenda supportare le iniziative poste in essere dagli ex lavoratori dello stabilimento, eventualmente considerando la possibilità di predisporre opportune iniziative, anche normative, per far sì che, in ogni caso, sia riconosciuta come prioritaria una diretta assunzione di responsabilità da parte dei lavoratori licenziati rispetto all'immediata dismissione del patrimonio aziendale. (3-02542)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   da mesi a Trieste realtà imprenditoriali come la Ferriera, la Seturbi o la Duke vivono nell'incertezza;
   striscioni con messaggi tipo «noi dipendenti vogliamo la verità», «chiediamo lavoro e dignità» sono appesi da giorni sullo stabilimento di San Dorligo della Valle;
   i 60 dipendenti della Duke da luglio 2012 sono in cassa integrazione straordinaria, non ricevono lo stipendio, lamentano ritardi nei contributi previdenziali e, soprattutto, non hanno alcuna garanzia sul proprio futuro, visto che finora, nonostante le ripetute richieste alla proprietà, quest'ultima, a quanto consta all'interrogante, si è sempre rifiutata di fornire alcuna risposta e non si è mai presentata – secondo quanto denunciano le rappresentanze sindacali – agli appuntamenti –:
   se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, intenda porre in essere a tutela dei dipendenti della Duke ed a salvaguardia dei posti di lavoro, anche attraverso l'apertura di un tavolo di confronto con tutte le parti interessate dalla vicenda. (5-08136)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BIAGIO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le disposizioni di cui all'articolo 62, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 17, fissano il termine del pagamento delle forniture nell'ambito della distribuzione alimentare per le merci deteriorabili e per tutte le altre merci, rispettivamente a 30 giorni e a 60 giorni dalla consegna o dal ritiro delle merci stesse o delle relative fatture;
   il decreto interministeriale attuativo delle disposizioni di cui al citato articolo 62, emanato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, nel fissare le specifiche caratteristiche applicative della norma, fissa l'entrata in vigore delle medesime a decorrere dal 24 ottobre 2012;
   le misure introdotte rispondono, tra le altre cose, all'esigenza di porre dei limiti concreti alle speculazioni, di natura lucrativa, in capo alle catene di distribuzione alimentare;
   è, tuttavia, doveroso segnalare che la citata normativa solleva criticità in capo a moltissime aziende del settore della ristorazione, giacché non tiene conto della fondamentale differenza, sul piano operativo, tra aziende che operano nella distribuzione diretta di prodotti alimentari ai concittadini – quali ipermercati, supermercati e analoghe realtà – e aziende che distribuiscono prodotti alimentari ad attività di ristorazione – i cosiddetti food service;
   in particolare, per quanto riguarda i food service, parliamo di aziende che ottengono il pagamento delle forniture dai clienti molto spesso a 60 giorni o più, esercitando, di fatto, la funzione di erogatrici di credito mediante la dilazione dei pagamenti alle tante piccole e medie attività di ristorazione che sempre più spesso non hanno accesso al credito bancario;
   la regolamentazione introdotta dall'articolo 62 del citato decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, nel determinare la necessità, per i food service, di restringere in maniera significativa le dilazioni che possono concedere ai propri clienti comporta delle fondamentali criticità che, in tempi di crisi economica e di mancanza di liquidità, rischia di pregiudicare l'operatività di un comparto importante come quello della ristorazione;
   il decreto attuativo delle citate disposizioni, nel fissare al 24 ottobre 2012 la data di entrata in vigore delle medesime, pone altresì un limite temporale troppo ridotto per consentire all'intera filiera interessata di mettersi progressivamente nelle condizioni operative per assorbire la normativa –:
   quali iniziative intendano adottare al fine di porre rimedio alle criticità normative evidenziate in premessa, anche integrando la normativa medesima perché tenga in dovuto conto le peculiarità strutturali del settore interessato;
   se non ritengano opportuno definire una proroga dei tempi di entrata in vigore delle disposizioni citate in premessa, al fine di consentire alla filiera interessata di adeguarsi progressivamente alla normativa senza subire i contraccolpi negativi che l'impatto della stessa produrrebbe sull'intero comparto della ristorazione nell'immediato futuro. (4-18114)


   NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge da un'analisi sull'efficacia della politica italiana e comunitaria nell'ultima legislatura e illustrata dalla Coldiretti, su 233 iniziative di legge parlamentare assegnate alle Commissioni agricoltura della Camera e del Senato, nel corso della presente legislatura, soltanto 3 sono state approvate e di queste 2 sono rimaste del tutto inapplicate;
   ad inizio legislatura è stata approvata e parzialmente applicata, la legge sul rilancio competitivo del settore agroalimentare, mentre per i provvedimenti sulla regolamentazione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma e sull'etichettatura di origine degli alimenti, sebbene anch'essi approvati definitivamente mancano tuttora i decreti attuativi;
   il rinvio dei decreti applicativi, che sarebbero dovuti entrare in vigore da diverso tempo in considerazione che le suesposte leggi sono state approvate rispettivamente, nel maggio del 2010 e nel febbraio del 2011, blocca, a giudizio della Coldiretti, ogni tentativo di innovazione legislativa del settore –:
   quali siano i motivi per i quali il Ministro interrogato, non abbia tuttora provveduto all'emanazione dei decreti attuativi esposti in premessa, sebbene occorra il concerto con altri dicasteri interessati, il cui ritardo penalizza ulteriormente un comparto essenziale dell'economia italiana in termini di crescita del prodotto interno lordo;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine dell'emanazione dei decreti attuativi in premessa, necessari per garantire la completa applicazione delle disposizioni legislative interessate e rendere correttamente operative le norme in materia di regolamentazione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma, nonché, sull'etichettatura di origine degli alimenti.
(4-18117)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   da un drammatico fatto di cronaca recente, è emersa resistenza di una sindrome, la ICD 10 PAS, a intensa connotazione psicopatologica;
   la sindrome assumerebbe come pilastro della sua diagnosi il consolidato rifiuto di una figura genitoriale, quello che si definisce più propriamente il conflitto di fedeltà verso un genitore, in caso di separazione di questi;
   tale sindrome comporterebbe nei minori che ne risultassero affetti conseguenze devastanti quali «disturbo di personalità, disturbo dissociativo di tipo disaffettivo ovvero psiconevrosi depressiva» –:
   se questa malattia mentale o psicopatologia sia inserita nel DSM IV, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali e, in caso negativo, se non intenda promuovere tutte le necessarie iniziative nei confronti di medici e altri esercenti attività sanitarie che dovessero farne oggetto di diagnosi.
(2-01706) «Borghesi, Donadi».

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Cirielli n. 7-00998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Ascierto, De Angelis e Bosi.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Aracri e Alessandri n. 5-08039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pelino.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Letta n. 2-01693 del 9 ottobre 2012;
   interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n. 5-08102 dell'11 ottobre 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Madia n. 5-07023 del 6 giugno 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-18119.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Farina Coscioni e altri n. 1-01169 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 702 del 12 ottobre 2012. Alla pagina 35253, seconda colonna, dalla quarantatreesima alla quarantottesima riga, deve leggersi: «Farina Coscioni, Agostini, Bachelet, Barbi, Baretta, Beltrandi, Benamati, Bernardini, Bobba, Calvisi, Capano, Carella,» e non: «Farina Coscioni, Maurizio Turco, Fioroni, Gentiloni Silveri, Recchia, Bernardini, Beltrandi, Melis, Livia Turco, Sbrollini, Mazzarella, Boccuzzi, Zamparutti, Mecacci», come stampato. Alla pagina 35254, prima colonna, dalla prima alla nona riga deve leggersi: «D'Incecco, Duilio, Fadda, Fioroni, Fontanelli, Garofani, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Grassi, Marrocu, Mazzarella, Mecacci, Melandri, Melis, Miotto, Morassut, Recchia, Rugghia, Sbrollini, Scarpetti, Schirru, Touadi, Livia Turco, Maurizio Turco, Villecco Calipari, Zamparutti» e non «Bobba, Capano, Benamati, Duilio, Baretta, Agostini, Calvisi, Melandri, Barbi, Villecco Calipari, Gasbarra, Fontanelli, Miotto, D'Incecco, Touadi, Fadda, Marrocu, Carella, Scarpetti, Morassut, Rugghia, Bossa, Schirru, Bachelet, Garofani, Grassi», come stampato.