XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 4 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il perdurare della grave congiuntura economico-finanziaria, internazionale e nazionale, ha reso necessario, anche da parte del nostro Paese, un impegno stringente e determinato nel senso di un maggiore contenimento e un'effettiva razionalizzazione della spesa pubblica;
    nel complessivo processo di revisione attivato, numerosi sono stati gli interventi che hanno inciso pesantemente anche sul delicato settore della difesa, dell'ordine pubblico e della sicurezza;
    nel corso degli ultimi anni (a partire già dal Governo precedente), sono stati effettuati drastici «tagli» alle risorse destinate, tra l'altro, all'ammodernamento del parco auto-motoveicoli, alla manutenzione delle infrastrutture, all'adeguamento dell'impiantistica nonché all'acquisizione dei beni e servizi necessari (come carburanti, attrezzature, cancelleria, equipaggiamenti e pulizie);
    in particolare, nel recente decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le principali misure previste al riguardo sono sostanzialmente finalizzate a realizzare: consistenti risparmi mediante la riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi, la diminuzione dei contributi erogati all'Agenzia industrie difesa, la riduzione delle dotazioni organiche e degli oneri per la professionalizzazione delle Forze armate, per il personale, per la cosiddetta «mini-naja» nonché il ridimensionamento della dotazione di alcuni fondi, tra cui quello relativo al finanziamento delle missioni di pace per il 2012;
    tali provvedimenti rischiano, per molti aspetti, di compromettere seriamente l'operatività, l'efficienza, la funzionalità e la professionalità delle Forze armate italiane e di polizia, con evidenti ricadute sull'intero «sistema» sicurezza;
    le disposizioni che, nell'attuale contesto socio-economico, destano maggiore preoccupazione sono quelle di cui all'articolo 14, commi 1 e 2, che, in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni, prorogano di un anno i limiti stabiliti con riferimento al 2013, al 2014 e al 2015 estendendoli, altresì, ai corpi di polizia e ai vigili del fuoco;
    il comma 2, in particolare, modifica l'articolo 66, comma 9-bis, del decreto legge n. 112 del 2008, al fine di prevedere, per i corpi di polizia e dei vigili del fuoco, che: per il 2010 e 2011 (e non più «a decorrere dal 2010») le facoltà assunzionali siano limitate nell'ambito di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella del personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente; il ricambio del turn over sia limitato al 20 per cento nel triennio 2012-2014, al 50 per cento nel 2015 e al 100 per cento solo a decorrere dal 2016;
    tale misura, come ha evidenziato, altresì, la IV Commissione (Difesa) durante l'esame in sede consultiva, determina un effetto negativo sia, in generale, sulla funzionalità delle forze di polizia, compresa l'Arma dei carabinieri, sia sull'effettiva «possibilità per le amministrazioni cui fanno capo le Forze di polizia ad ordinamento militare o civile di assumere, in via definitiva, i volontari di truppa in ferma prefissata quadriennale, al termine di tale ferma»;
    le percentuali del turn over previste determinano, per l'Arma dei carabinieri, una contrazione effettiva stimata in circa 6.500 unità nel periodo 2012-2016, oltre all'impossibilità, per circa 2.500 volontari in ferma prefissata quadriennale, di essere immessi nelle carriere iniziali delle forze di polizia, provocando, di fatto, un'intollerabile lesione delle legittime aspettative di tanti giovani vincitori di concorso;
    per quanto concerne il concorso indetto, nel mese di febbraio 2012, dal comando generale dell'Arma dei carabinieri per il reclutamento di 1.886 allievi carabinieri effettivi, nella Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2012, n. 77, è stato pubblicato l'avviso relativo alla riduzione dei posti del concorso da 1.886 a 375 unità, così ripartite: n. 216 da immettere direttamente nell'Arma dei carabinieri; n. 159 da immettere nell'Arma dei carabinieri a conclusione della ferma di quattro anni quale volontario nelle Forze armate;
    a tali criticità va ad aggiungersi quanto disposto dall'articolo 2199, comma 4, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che riproduce l'articolo 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226, abrogata dallo stesso codice, secondo il quale i concorrenti per il ruolo degli agenti e assistenti della polizia di Stato, giudicati idonei e utilmente collocati nelle graduatorie di merito, vengono suddivisi in due cosiddette aliquote: una parte, corrispondente al 55 per cento, è immessa direttamente nelle carriere iniziali, la restante – pari al 45 per cento – viene immessa nelle carriere iniziali dopo avere prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale;
    il comma 6 dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dispone, in particolare, che i criteri e le modalità per l'ammissione dei concorrenti alla ferma prefissata quadriennale, la relativa ripartizione tra le singole Forze armate e le modalità di incorporazione sono stabiliti con decreto del Ministro della difesa sulla base delle esigenze numeriche e funzionali delle Forze armate, rimandando, di fatto, tali dinamiche di ammissione alle disponibilità dell'amministrazione e, quindi, ad un principio di discrezionalità amministrativa;
    malgrado la sussistenza di una seconda aliquota in tutti i concorsi, a partire dal 2006, sono stati comunque banditi nuovi concorsi che hanno determinato l'incremento delle unità di personale rientranti nella cosiddetta seconda aliquota: dal 2006 al 2011 sono stati banditi quattro concorsi per una domanda di reclutamento pari a 6.814 unità di personale;
    nonostante le evidenti e più volte ribadite esigenze di incremento delle risorse umane e strumentali in capo al Ministero dell'interno, paradossalmente, al momento, risultano inoperativi circa 1.700 vincitori di concorso, collocati nella cosiddetta seconda aliquota e non più transitati dall'Esercito alla polizia di Stato, sebbene titolari di una priorità di inserimento;
    la mancata transizione degli idonei verso il corpo della polizia di Stato, unita alla ciclica indizione di nuovi e onerosi concorsi, si configura come un paradosso: da un lato, l'amministrazione attraverso nuovi concorsi dichiara di aver bisogno di nuovi operatori, dall'altro, relega ad una condizione di transizione coloro che hanno già superato il medesimo concorso, con conseguente dispendio di risorse da parte dell'erario;
    il Ministro dell'interno, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 26 settembre 2012 (n. 3-02489), ha precisato «che sono allo studio misure per ridurre l'impatto dei limiti alle assunzioni, anche con riferimento agli idonei dei concorsi rientranti nella seconda aliquota che dovranno, tuttavia, tener conto dei conseguenti profili di carattere economico e finanziario», rassicurando ulteriormente che «qualsiasi progetto di riorganizzazione non potrà mai comportare la riduzione degli standard dei livelli di sicurezza né, più in generale, un arretramento dello Stato sul fronte dell'ordine e della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce obiettivo primario e indefettibile del Governo»;
    d'altra parte, lo spirito del provvedimento di spending review, che è quello dell'invarianza dei servizi resi ai cittadini, postula di per sé una non compressione nell'erogazione dei servizi ai cittadini, per cui, in quest'ottica, la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica dovrebbe costituire un obiettivo primario e imprescindibile del Governo;
    è indispensabile, pertanto, operare un adeguato bilanciamento tra le attuali e stringenti esigenze di riduzione della spesa pubblica e quelle, altrettanto prioritarie, di tutela e di implementazione della sicurezza dei cittadini, soprattutto in considerazione delle nuove emergenze;
    il Sottosegretario di Stato per l'interno, De Stefano, intervenendo al Senato nella discussione su mozioni vertenti su analoga materia, ha assicurato che il Governo si è fatto carico delle numerose perplessità evidenziate anche dagli operatori del settore e si sta muovendo al fine di introdurre quei correttivi necessari a superare gli effetti negativi della prevista riduzione del turnover per le forze di polizia;
    in particolare, si starebbe lavorando ad una proposta di modifica normativa che innalzerebbe la percentuale del turnover secondo un principio di gradualità per ciascuno degli anni considerati, passando dal 20 per cento del 2012 al 50 per cento per il triennio 2013-2015, al 70 per cento per il biennio 2016-2017 e al 100 per cento a decorrere dal 2018;
    secondo recenti dati forniti dal Ministero dell'interno, inoltre, le risorse del fondo unico per la giustizia, al 31 luglio 2012, ammonterebbero a circa 1 miliardo e 381 milioni di euro, di cui circa 112,5 milioni di euro sono stati riassegnati al Ministero dell'interno;
    l'articolo 2 del decreto-legge 16 ottobre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, stabilisce, al comma 7, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono stabilite le quote delle risorse intestate «Fondo unico giustizia» da destinare mediante riassegnazione: a) in misura non inferiore ad un terzo, al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico; b) in misura non inferiore ad un terzo, al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali; c) all'entrata del bilancio dello Stato; al comma 7-bis, che le quote minime delle risorse di cui alle lettere a) e b) del comma 7 possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di urgenti necessità, derivanti da circostanze gravi ed eccezionali, del Ministero dell'interno o del Ministero della giustizia;
   il Ministro dell'interno, a margine di un convegno a Como, il 22 settembre 2012, ha dichiarato, tra l'altro, che, in questo particolare periodo emergenziale dal punto di vista sociale, economico ed internazionale (considerata, altresì, l'alta instabilità dei Paesi del Medio Oriente), anche «la disoccupazione può diventare un problema di ordine pubblico», per cui è necessario implementare e ottimizzare la capacità operativa delle forze dell'ordine impegnate sul territorio, garantendo le condizioni, anche economiche, necessarie a garantire capacità di intervento efficaci e tempestive, in relazione alle molteplici e talvolta contemporanee necessità operative,

impegna il Governo:

   a tener conto delle criticità evidenziate in premessa e ad assumere iniziative per introdurre tempestivamente, già a partire dal prossimo disegno di legge di stabilità, le necessarie misure volte, in particolare, ad attenuare i tagli al turn over per le assunzioni da parte delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, introducendo un innalzamento del limite previsto, per il triennio 2012-2014, dalla percentuale del 20 per cento almeno al 50 per cento e valutando la necessità di un ripristino al 100 per cento in tempi adeguati e funzionali alle effettive esigenze operative;
   ad assicurare che un'adeguata e consistente quota delle risorse del fondo unico per la giustizia sia effettivamente destinata al comparto dell'ordine e della sicurezza pubblica, al fine di garantirne una piena ed efficace funzionalità.
(1-01157) «Di Biagio, Paglia, Briguglio, Giorgio Conte, Della Vedova, Granata, Lo Presti, Angela Napoli, Perina».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, ha determinato una riduzione assunzionale nell'Arma dei carabinieri nel senso di prevedere un «turn over» pari al venti per cento nel triennio 2012-2014;
    ciò ha avuto ricadute negative sullo svolgimento dei concorsi pubblici già banditi e per i quali si sono già svolte le prove selettive e per il cui perfezionamento manca solo la pubblicazione delle graduatorie definitive;
    in particolare, per l'Arma dei carabinieri gli idonei sono in attesa di comprendere quali previsioni assunzionali vi saranno a fronte dei concorsi banditi e già svolti per:
     a) 1886 allievi carabinieri;
     b) 490 allievi marescialli;
    si è preso atto delle comunicazioni che il Governo ha reso in Commissione in data 2 ottobre 2012 rispondendo all'atto di sindacato ispettivo 5-08034,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito del disegno di legge di stabilità per il 2013, le risorse necessarie per innalzare il limite del «turn over» nell'Arma dei carabinieri nel triennio 2012-2014 almeno al 50 per cento;
   a programmare il ripristino dell'intero «turn over» a decorrere dal 2015;
   a mantenere aperte le graduatorie dei concorsi di cui sopra, sino a prevedere il completo assorbimento del personale originariamente previsto dai concorsi stessi.
(7-00998) «Cirielli».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    il Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, prevede che per la realizzazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio del Ministero della difesa di cui all'articolo 297:
     a) l'Amministrazione della difesa può utilizzare gli strumenti dei lavori pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il codice degli appalti; ovvero:
    a) avvalersi dell'istituto della concessione di lavori pubblici di cui all'articolo 143, eventualmente anche cedendo, a titolo di prezzo, all'appaltatore beni immobili in uso non più necessari ai fini istituzionali, individuati d'intesa con l'Agenzia del demanio e ulteriori rispetto a quelli da individuare ai sensi dell'articolo 307, comma 2, ovvero destinando direttamente e interamente al concessionario i canoni degli alloggi di servizio realizzati fino al termine della concessione;
    b) in alternativa all'affidamento mediante concessione ai sensi dell'articolo 143, affidare una concessione, ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti, ai sensi dell'articolo 153 («finanza di progetto»);
    c) stipulare accordi con l'Agenzia del demanio che prevedano, quale corrispettivo della cessione di beni in uso al Ministero della difesa, l'acquisizione di alloggi di servizio;
    d) stipulare accordi con soggetti pubblici o privati che si impegnano a realizzare, a proprie spese e su aree a essi appartenenti e contestualmente cedute in proprietà all'Amministrazione, alloggi da alienare, unitamente al diritto di superficie, al personale dipendente dal Ministero della difesa e da questi individuato, con vincolo di destinazione ad alloggio di servizio, per la durata massima di novanta anni, al termine dei quali gli alloggi confluiscono nella piena proprietà e disponibilità dell'Amministrazione;
    è prevista la realizzazione di alloggi con possibilità di acquisto mediante riscatto da parte dei dipendenti del Ministero della difesa utilizzando aree in proprio uso ai sensi del citato articolo 143, comma 8, del codice degli appalti; al termine della concessione, gli alloggi sono consegnati al Ministero che provvede al perfezionamento della vendita in favore degli utenti aventi diritto; al riguardo viene altresì precisato che:
     a) le Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, provvedono a individuare e porre in graduatoria i potenziali assegnatari degli alloggi a riscatto e possono consentire al personale individuato di associarsi in cooperative da costituire per tale finalità o già esistenti;
     b) l'atto di concessione può essere emanato per la costituzione a favore delle cooperative del diritto di superficie sul terreno demaniale per la realizzazione delle unità abitative da assegnare ai soci secondo le priorità indicate dalle Forze armate; in tal caso i canoni degli alloggi di servizio comprendono la quota di ammortamento e sono determinati in funzione dei costi di realizzazione e degli ulteriori oneri sostenuti dal concessionario per la durata del contratto di concessione;
    l'Amministrazione della Difesa deve procedere all'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione, in numero non inferiore a tremila;
    il programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio incontra evidenti difficoltà di attuazione per la scarsità di risorse disponibili e che – come evidenziato in sede di esame in Commissione difesa dello schema di decreto ministeriale concernente il Piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della difesa per gli anni 2010 e 2011, nonché in sede di audizione del sottosegretario Filippo Milone dello scorso 25 luglio 2012 – anche il piano di dismissioni degli alloggi della Difesa incontra numerosi ostacoli che ne rallentano l'attuazione, fino a pregiudicare il raggiungimento dell'obiettivo finale;
    appare necessario favorire l'attuazione del programma pluriennale:
     a) mediante il ricorso alle concessioni su beni immobili in uso alla difesa ma non più necessari ai fini istituzionali;
     b) accelerando le procedure di dismissioni di alloggi con nuove regole che rendano più celere la loro collocazione sul mercato, in particolare agevolandone l'acquisto da parte degli attuali conduttori;
    rilevata altresì l'esigenza di avvalersi delle concessioni alle cooperative, purché accompagnati da vincoli sul riscatto e sulla futura cedibilità degli alloggi realizzati o ristrutturati mediante le concessioni,

impegna il Governo:

  a fornire preliminarmente alla Commissione l'elenco degli immobili di cui all'articolo 307, comma 2, e di quelli che, ai sensi dell'articolo 297, comma 3, potrebbero essere oggetto di cessione, a titolo di prezzo, ai fini della realizzazione del programma pluriennale di cui al medesimo 297, nonché una esaustiva relazione sulle operazioni di dismissione relative agli immobili militari considerati non più utili, condotte fino al 31 dicembre 2012, e sui ricavi sin qui ottenuti dall'Amministrazione della difesa;
  ad assumere iniziative per definire – e quindi celermente applicare – nuove regole per la cessione degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'amministrazione e quindi alienabili, in modo da esperire una nuova e più rapida procedura di vendita che, anche alla luce delle più recenti sentenze del TAR in materia, renda appetibile l'acquisto della proprietà da parte degli attuali conduttori, anche di quelli cosiddetti sine titulo, prevedendo in particolare:
   a) la riduzione del prezzo degli alloggi nella misura del 30 per cento se occupati;
   b) la corresponsione di un canone non superiore a quello derivante dall'applicazione delle disposizioni sull'equo canone per gli utenti degli alloggi di servizio di cui all'articolo 279, comma 1, lettere b) e c), del codice, aventi titolo alla concessione;
   c) la possibilità, in caso di alienazione dell'alloggio, per i soggetti conduttori di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) del decreto del Ministero della difesa 18 maggio 2010 n. 112, di esercitare l'opzione di acquisto dell'usufrutto, in solido con il coniuge convivente, senza soluzione di continuità, con facoltà di rateizzo mensile dello stesso importo del canone precedentemente corrisposto e, comunque pari al 20 per cento del reddito mensile netto dell'usufruttuario;
   d) il mantenimento, per gli utenti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente (categorie protette) che si trovino nelle condizioni di cui agli articoli 286 e 306 del codice e che non intendano avvalersi del diritto di acquisto, del diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio fino al permanere delle condizioni stesse, alle medesime condizioni precedentemente praticate;
  ad adottare ogni misura necessaria a facilitare l'adozione degli atti di concessione ai sensi dell'articolo 402, comma 8, del citato testo unico regolamentare, in favore delle cooperative costituite allo scopo di soddisfare esigenze legate ad una specifica circoscrizione alloggiativa già costituite e anche di nuova costituzione;
  a prevedere, in caso di concessione a favore delle suddette cooperative, vincoli sul riscatto e sulla cedibilità degli alloggi realizzati o ristrutturati;
  ad adottare gli atti di concessione di cui in premessa, unitamente ad una convenzione recante la previsione secondo cui una percentuale di future unità abitative funga da corrispettivo della concessione del diritto di superficie;
  a verificare se le procedure esistenti, di cui all'articolo 402, comma 7, concernenti l'individuazione e la formazione di una graduatoria dei potenziali destinatari degli alloggi sia idonea a garantire adeguatamente le posizioni soggettive degli interessati, anche in relazione alla natura territoriale delle attività di ciascuna cooperativa.
(7-00999) «De Angelis, Rugghia».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    con decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 sono state trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici;
    l'autorità sta definendo un nuovo metodo tariffario per il servizio idrico integrato, le cui linee guida sono state tracciate nei documenti DCO 204/2012/R/IDR e DCO 290/2012/R/IDR, e che avrà decorrenza dal 1° gennaio 2013;
    l'autorità intende procedere alla raccolta dati finalizzata all'adozione della nuova tariffa e, con delibera del 2 agosto 2012, ha delineato i contenuti e la tempistica di raccolta dati, fissando la scadenza entro e non oltre il 15 ottobre 2012;
    tra i dati richiesti vi sono i beni di proprietà dei comuni afferenti il servizio idrico integrato che concorrono alla formazione della tariffa, e, in caso di mancata, parziale, o inesatta trasmissione dei dati, l'Autorità non riconoscerà in tariffa i valori relativi ai beni dei comuni;
    l'Autorità per l'energia elettrica e il gas chiede per tutte le opere del servizio idrico integrato dal 1961 al 2011 e per anno di realizzazione, il costo storico di realizzazione, il fondo di ammortamento, il valore dei contributi ricevuti e il relativo fondo di ammortamento, utilizzando come fonti obbligatorie il conto del patrimonio e le strutture inventariali a valore;
    nonostante le riunioni e consultazioni offerte dalla stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas i comuni riscontrano notevoli difficoltà a reperire i dati richiesti;
    in particolare, al documento di consultazione n. 290/2012/R/IDR, l'informazione inerente alla stratificazione del costo storico per anno di entrata in esercizio dei cespiti non rientra sempre nella disponibilità degli operatori del servizio idrico integrato e va generalmente richiesta ai soggetti terzi che hanno conferito i propri beni (enti locali, comunità montane, consorzi, e altro), che spesso, a loro volta, hanno difficoltà a reperire il dato richiesto;
    la citata tipologia delle fonti obbligatorie chieste dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, ossia il conto del patrimonio e le strutture inventariali a valore, sono strumenti finanziari del tipo aziendale e non sono tipici della finanza pubblica; infatti i comuni non hanno il libro cespiti mentre il conto del patrimonio non è dettagliato per le opere del servizio idrico integrato né suddiviso secondo i princìpi finanziari di tipo aziendalistico;
    da un'interpretazione dei documenti a disposizione sembrerebbe che gli adempimenti richiesti dall'Autorità sono dovuti solo nel caso in cui il comune intenda aumentare il canone; in tal caso, il comune dovrebbe dimostrare il valore dei cespiti e il grado di ammortamento; se, invece, il comune non abbia questa intenzione, non dovrebbe dichiarare nulla e potrebbe continuare a percepire lo stesso canone di concessione; tale interpretazione, tuttavia, non è supportata da documenti ufficiali;
    la questione ha importanza rilevante poiché i comuni virtuosi che hanno pagato con risorse proprie gli interventi di miglioria delle reti rischiano di essere penalizzati, se tali somme non vengano riconosciute nella contabilizzazione della tariffa, rispetto a quei comuni che hanno stipulato mutui e possono contabilizzare le quote di ammortamento;
    ai fini di un esempio esplicativo si riporta, invece, la contabilizzazione degli investimenti dei comuni nella gestione dell'AATO Veneto Orientale: laddove vi fossero dei mutui in corso, questi sono stati presi in carico dall'AATO (attraverso i gestori), mentre le opere realizzate dal 1996 al 2006, sono state quantificate secondo le modalità della contabilità delle opere pubbliche, suddivise per anno di collaudo, e su tale importo (pesato) è stato riconosciuto un «ristorno» ai comuni, ripartito negli anni di valenza del piano finanziario della tariffa;
    i metodi richiesti dall'autorità mettono in difficoltà i comuni, soprattutto per il reperimento dei dati patrimoniali, anche per l'imminenza della data del 15 ottobre 2012, che non permette l'emanazione da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas di ulteriori disposizioni a chiarimento delle delibere e dei documenti già emanati;
    un'altra questione riguarda le opere di urbanizzazione realizzate a scomputo, che vengono definite come «contributi da privati» quando nella realtà si tratta di esecuzione di lavori pubblici da parte di soggetti privati (articolo 32, comma 1, lettera g) del decreto legislativo n. 163 del 2006) che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione in luogo del pagamento al comune del contributo, previsto dall'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per il rilascio del permesso di costruire; in questo caso i dati in possesso dei comuni sono la quantificazione economica a preventivo dell'opera e gli atti del collaudo tecnico amministrativo del piano di lottizzazione; in realtà tali somme non sono dei contributi ma dei pagamenti in opere invece che in denaro; nel testo dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas non risulta chiaro la contabilizzazione di tali pagamenti;
    un'ultima ma non meno importante questione riguarda il calcolo tariffario dei servizi idrici delle località turistiche; i documenti ad oggi elaborati da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas non tengono nella dovuta considerazione le caratteristiche dei territori con forte presenza turistica; infatti i costi standard di riferimento, con cui si valuta l'efficienza del gestore, sono ora parametrati, per quanto attiene in particolare la depurazione, ai soli abitanti residenti e non più al carico inquinante gestito dal depuratore; per contro, gli impianti di depurazione devono essere dimensionati e gestiti sulle presenze stagionali medie, le quali nelle gestioni a forte presenza turistica, come ad esempio quelle del litorale jesolano, tendono a rappresentare un peso maggiore rispetto alla stessa popolazione residente; con i nuovi parametri di riferimento tali peculiarità non vengono considerate, con la conseguenza di ridurre le risorse assegnate al gestore non per effetto di inefficienze dello stesso,

impegna il Governo

  ad adottare iniziative normative, nel rispetto dell'autonomia dell'autorità per l'energia elettrica e il gas, in materia di tariffazione del servizio idrico integrato con particolare riguardo:
   a) alla raccolta dati finalizzata all'adozione della nuova tariffa per il servizio idrico integrato garantendo modalità consone alla gestione patrimoniale dei comuni;
   b) alla contabilizzazione delle opere di urbanizzazione realizzate a scomputo;
   c) al calcolo tariffario dei servizi idrici delle località con forte presenza turistica.
(7-01000) «Alessandri, Dal Lago, Lanzarin, Forcolin, Dussin, Fava, Torazzi, Togni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un'idonea del concorso per educatori penitenziari, intende segnalare una gravissima vicenda che sta avendo luogo proprio in questo delicatissimo momento in cui le nostre carceri si trovano in pieno stato emergenziale;
   il concorso pubblico per esami a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore (Ministero della giustizia, DAP), indetto con provvedimento del direttore generale 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale — IV serie speciale — n. 30 del 16 aprile 2004. Nel giugno del 2010 si sono concluse le prove orali e la graduatoria dei vincitori è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale del Ministero della giustizia n. 21 del 15 novembre 2010. Trascorsi altri 2 anni si è arrivati a febbraio 2012, momento in cui è stata autorizzata l'assunzione di soli 32 vincitori. Non solo i tempi di questo concorso sono stati lunghissimi (ad oggi 8 anni), ma non è stata autorizzata neppure l'assunzione di tutti i 50 posti messi a concorso. L'amministrazione ha dichiarato che il primo aprile 2012 è subentrato l'ennesimo blocco che impedisce di assumere se non prima si procederà ad un'ulteriore riduzione di organico;
   si ritiene che sia giusto ed opportuno che l'amministrazione penitenziaria provveda quanto prima all'assunzione delle restanti 18 unità, senza ulteriori ritardi e rinvii indeterminati. Così come è avvenuto per il concorso a 397 posti per educatori C1 che ha visto numerose interrogazioni parlamentari e una serie di interventi che hanno giustamente portato all'assunzione di vincitori e idonei fino alla copertura totale dei posti messi a concorso (ad esempio 3-01257) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
   se si intenda immediatamente firmare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al fine di procedere con il completamento dell'assunzione dei 18 idonei suddetti. (5-08070)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   a Milano si svolgerà l'Esposizione Universale;
   Lainate è una città di oltre 25.000 abitanti alle porte di Milano;
   Lainate vede la presenza di luoghi di interesse architettonico e artistico, naturalistico e storico, culturale ed ambientale tra i quali numerosi edifici religiosi, il parco di Villa Litta, il Parco Grancia oltre a numerosi altri edifici storici, ville e palazzi;
   il comune di Lainate è limitrofo al sito della fiera di Milano dove si svolgeranno i principali eventi della manifestazione –:
   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere ai fini di coinvolgere il comune di Lainate nell'organizzazione dell'Expo 2015. (4-17956)


   REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il FAI, Fondo ambiente italiano, è una Fondazione nazionale senza scopo di lucro nata nel 1975 allo scopo di «Promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell'arte, della storia e delle tradizioni d'Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità»;
   grazie all'opera meritoria dei suoi soci, del presidente onorario Giulia Maria Mozzoni Crespi, del presidente Ilaria Borletti Buitoni, dei vicepresidenti Paolo Baratta, Guido Roberto Vitale, Marco Magnifico e del direttore generale Angelo Maramai oltreché di migliaia di sostenitori e simpatizzanti, donatori e amici, il FAI ha salvato, restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico del lustro Paese;
   a Manta (Cuneo) sulle colline cuneesi, il Castello della Manta rappresenta uno straordinario edificio storico. Il castello custodisce nel salone baronale una delle più stupefacenti testimonianze della pittura del gotico internazionale: un ciclo di affreschi raffigurante «Eroi ed Eroine» cui fa riscontro, sulla parete opposta, la misteriosa rappresentazione della «Fontana della Giovinezza». Il complesso castellano è frutto di successive aggregazioni a partire dall'originario fortilizio del XIII secolo e si è arricchito nel ’500 dell'elegante salone delle grottesche e di una bella galleria affrescata. La vicina chiesa parrocchiale racchiude preziosi affreschi quattrocenteschi;
   sia l'opera del FAI sia il valore storico e culturale del Castello della Manta meritano un'attenzione particolare dai gestori della cosa pubblica, sia a livello locale, sia a livello nazionale;
   nel 2015 si svolgerà a Milano l'esposizione universale –:
   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere ai fini di sostenere l'opera del FAI, con particolare riferimento al Castello della Manta;
   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere ai fini di coinvolgere e valorizzare il FAI e – tra i vari beni del FAI – il complesso del Castello della Manta nell'organizzazione dell'Expo 2015, favorendo le potenziali ricadute sociali, culturali, turistiche ed economiche. (4-17959)


   REGUZZONI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione internazionale denominata «Expo 2015»;
   il Governo – anche per il tramite della società di gestione e del commissario straordinario – ha tra i vari obiettivi quello di coinvolgere e valorizzare il territorio lombardo che ospita la manifestazione;
   il comune di Cerro Maggiore in provincia di Milano è una città di circa 15.000 abitanti e dista solo pochi chilometri dal sito della Fiera di Milano dove si svolgeranno i principali eventi della manifestazione;
   Cerro Maggiore vede la presenza di luoghi di interesse architettonico e artistico, naturalistico e storico, culturale ed ambientale tra i quali: la chiesa parrocchiale dei Santi Cornelio e Cipriano e il santuario della Borretta, entrambi progettati nel ’700 dall'architetto milanese Giovanni Angiolo Caslini; la chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria ed il convento dei Cappuccini; la chiesa di San Bartolomeo nella frazione di Cantalupo; ville e palazzi come il Palazzo Dal Re, il Palazzo Corneliani Dell'Acqua, la villa Bernocchi Dell'Acqua e la villa Lampugnani a Cantalupo;
   Cerro Maggiore dista solo pochi chilometri dal sito della Fiera di Milano dove si svolgeranno i principali eventi della manifestazione –:
   se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere ai fini di coinvolgere e valorizzare il territorio ed il comune di Cerro Maggiore nell'organizzazione dell'Expo 2015, favorendo le potenziali ricadute sociali, culturali, turistiche ed economiche. (4-17961)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI STANISLAO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di sicurezza ha adottato il 9 giugno 2010 la sua quarta risoluzione sul programma nucleare iraniano, nella quale deplora il fatto che l'Iran abbia fallito nell'attenersi alle risoluzioni precedenti. Il segretario generale ha ripetutamente insistito sull'importanza che l'Iran si conformi pienamente a tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul tema e che cooperi altrettanto pienamente con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica per risolvere tutte le questioni in sospeso. Si tratta di passi necessari al fine di restaurare la fiducia della comunità internazionale nel fatto che il programma nucleare iraniano persegua esclusivamente fini pacifici. Il segretario generale continua a sostenere una soluzione politica al problema, che sia esaustiva e condivisa. Al riguardo, il segretario generale accoglie con favore la disponibilità dei paesi P5+1 (Cina, Francia, Germania, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) ad accrescere ulteriormente gli sforzi in ambito diplomatico, in modo da promuovere il dialogo e le consultazioni. Il segretario generale si augura la ripresa delle trattative su questo tema di estrema importanza;
   il 29 gennaio 2012 Leon Panetta dichiara che l'Iran impiegherebbe «circa un anno» a produrre sufficiente uranio arricchito per una bomba atomica se decidesse di acquisire l'arma nucleare. Se decidessero di farlo, gli iraniani impiegherebbero circa un anno per essere in grado di produrre una bomba, ed altri uno o due anni per montarla su un vettore;
   i ministri degli esteri dell'Unione europea hanno concordato ulteriori misure restrittive nei confronti dell'Iran il 23 gennaio 2012, tra queste il divieto graduale delle importazioni di petrolio iraniano verso l'Europa a partire dal prossimo 1o luglio. L'Unione attualmente acquista circa il 20 per cento delle esportazioni iraniane di greggio;
   la Grecia è il Paese più dipendente dall'Iran da cui compra circa un terzo del suo petrolio. Italia e Spagna, invece, acquistano ognuna il 10 per cento del proprio fabbisogno;
   il Parlamento europeo sostiene sia l'impegno del Consiglio ad adoperarsi per una soluzione diplomatica della questione del nucleare iraniano, sia l'obiettivo dell'Unione di conseguire una soluzione globale a lungo termine. Secondo l'Aula, l'unica soluzione è pacifica, non essendoci spazio per una soluzione armata;
   la risoluzione, infine, esprime rammarico per il fatto che Cina e Russia continuino a rifiutarsi, all'interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di appoggiare le sanzioni contro l'Iran e chiede alla Russia di interrompere gli aiuti al programma di sviluppo nucleare iraniano fino a quando la nazionale guidata da Ahmadinejad non abbia pienamente adempiuto agli obblighi che gli vengono imposti dalle risoluzioni delle Nazioni Unite;
   il 23 maggio 2012 a Baghdad le grandi potenze hanno dato avvio ai colloqui con l'Iran per testare la sua disponibilità, sotto la pressione di sanzioni, a ridurre il proprio programma nucleare, cercando di porre fine allo stallo e di evitare la minaccia di una guerra in Medio Oriente;
   l'incontro tra Iran e Usa, Russia, Cina, Germania, Francia e Gran Bretagna è il secondo, dopo che ad aprile la diplomazia ha ripreso il suo corso a Istanbul, interrompendo uno stallo di 15 mesi che ha visto salire le tensioni. L'obiettivo delle potenze è quello di raggiungere il consenso dell'Iran a una serie di misure che potrebbero alleggerire i sospetti sulla presunta costruzione di armi atomiche;
   la priorità iraniana è quella di superare le punitive sanzioni economiche;
   i negoziatori hanno deciso di fissare un ulteriore appuntamento a Mosca il 18 e 19 giugno prossimi;
   l'ambasciatore d'Israele Naor Gilon riconosce all'Italia un ruolo di primo piano a livello europeo nelle iniziative diplomatiche affinché l'Iran interrompa il suo programma nucleare. Durante il suo breve intervento pronunciato al ricevimento per il 64esimo anniversario dell'indipendenza dello Stato d'Israele ha testimoniato la posizione che l'Italia ha riguardo alle sanzioni, affermando che l'Italia è in prima linea nel condurre gli sforzi europei per esercitare pressione economica sull'Iran;
   il 6 giugno il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, giudica inefficaci le pressioni del gruppo dei «5+1» (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania) sull'Iran, riguardanti il controverso programma nucleare di Teheran;
   in una intervista al quotidiano tedesco Bild, Netanyahu afferma che il gruppo dei «5+1» vuole assolutamente ottenere un risultato e per questo motivo abbassa le sue esigenze. L'Iran potrebbe ora fermare l'arricchimento dell'uranio a livello debole e il suo programma nucleare non sarebbe in alcun modo pregiudicato –:
   quale sia la posizione ufficiale dell'Italia e quale iniziative intenda assumere in linea ed in sintonia con le decisioni e le scadenze previste dal Consiglio europeo circa il blocco del programma nucleare iraniano e delle future sanzioni. (4-17948)


   MARAN. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'efferatezza dell'omicidio di Lignano Sabbiadoro (Udine) dei coniugi Burgato per mano di Lisandra Aguila Rico, rea confessa dopo il fermo da parte delle forze dell'ordine, e del fratellastro Reiver Laborde Rico, rifugiatosi a Cuba prima del fermo, ha sconvolto l'intera comunità regionale del Friuli-Venezia Giulia, non avvezza a fatti di cronaca nera tanto rilevanti;
   i rapporti tra i due Paesi sono sempre stati improntati sulla solidarietà e sulla collaborazione tanto che anche la vicenda dei quattro giornalisti italiani, espulsi dal Paese caraibico dopo il sequestro e la distruzione dell'intervista a Reiver Laborde Rico, raggiunto dalla troupe televisiva per un servizio nell'abitazione dove si era rifugiato, per violazione delle norme cubane sulle motivazioni d'ingresso nel Paese, non hanno inficiato le relazioni tra Italia e Cuba;
   nei giorni scorsi, per mano del proprio legale, il figlio della coppia uccisa ha inviato una lettera-appello al Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata, affinché questi profonda il massimo impegno nel raggiungere l'obiettivo dell'estradizione di Reiver Laborde Rico nel nostro Paese perché la giustizia faccia il suo giusto corso;
   l'evoluzione della vicenda ha portato, come ha dichiarato il sottosegretario agli affari esteri Marta Dassù, al fermo dell'indiziato da parte delle autorità cubane in attesa della formalizzazione del mandato di cattura internazionale gestito dall'Interpol, attivata dal nucleo investigativo dei carabinieri di Udine –:
   quali azioni abbia intrapreso e intenda ancora intraprendere il Governo italiano affinché l’iter per l'estradizione trovi compimento nel più breve tempo possibile alla luce della gravità dei fatti, auspicando anche il solerte impegno da parte della rappresentanza diplomatica italiana a Cuba nel prosieguo della vicenda. (4-17958)


   REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009, n. 2, prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
   il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con l'Arabia Saudita, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore –:
   se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
   quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17963)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO, CICCIOLI, CROLLA e GIRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   Santa Maria della Scala, a Siena, è stato uno dei primi ospedali dell'Occidente e centro di accoglienza per i pellegrini, esempio di solidarietà per tutta l'Europa medioevale;
   l'opera, di straordinario valore architettonico, nel corso di un millennio, si è estesa per oltre 40 mila metri quadri, oggi recuperati per metà, con circa 25 milioni di euro quasi interamente finanziati dalla fondazione Monte dei Paschi;
   il Santa Maria della Scala è anche sede di collezioni permanenti e mostre, fra le più note quelle su Duccio da Boninsegna e Hugo Pratt;
   dallo scorso giugno, dopo la caduta della giunta di centro-sinistra, la città è retta dal commissario prefettizio Enrico Laudanna;
   lo scorso agosto Laudanna aveva preannunciato la chiusura dell'impianto per mancanza di fondi e per la mancanza dell'affidamento dei servizi di sorveglianza, precedentemente gestiti dalla Cooperativa Zelig, il cui contratto è scaduto il 30 agosto 2012;
   il Laudanna è riuscito ad evitare la chiusura con un temporaneo affidamento diretto del servizio di sorveglianza che ha garantito la continuità dell'apertura al pubblico delle principali sale;
   oggi, infatti, si può visitare solo il quarto livello, dove c’è la Sala del Pellegrino e il biglietto d'ingresso è ridotto;
   è in fase di avanzata predisposizione l'istruttoria di una gara per la gestione dell'intero complesso museale, in relazione alle promesse di risorse finanziarie che perverranno dalla regione Toscana e dalla Banca Monte dei Paschi di Siena;
   la banca MpS ha, tra l'altro, stornato i fondi per i festeggiamenti di fine anno, che saranno revocati, e destinati alla salvezza di Santa Maria della Scala –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per destinare appositi fondi alla salvezza del complesso museale senese di Santa Maria della Scala, anche in considerazione della candidatura della città a capitale della cultura per il 2019.
(4-17947)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   un recente rapporto dell'Ong inglese Oxfam afferma che negli ultimi tre anni l'Iran ha importato armi di ogni tipo per un valore di 350 milioni di dollari;
   il rapporto diffuso da Oxfam, che riguarda complessivamente 10 Paesi sotto embargo di armi che hanno continuato imperterriti ad armarsi, conferma di fatto quello emesso dal Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) nel gennaio del 2012 il quale evidenziava proprio la grande mole di acquisti che Teheran stava facendo sul mercato delle armi;
   secondo il Sipri, Teheran, nel tentativo di aggirare embargo sulle armi e sanzioni, avrebbe cambiato nome ad almeno 90 navi (petroliere e mercantili) su una flotta di 123 unità. Con queste navi, alle quali è stato disattivato anche il trasponder, l'Iran trasporterebbe armi, greggio e persino grandi partite di droga che servono a finanziare l'acquisto delle merci proibite;
   il 15 febbraio 2012 il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha annunciato l'inaugurazione di 3000 nuove centrifughe per l'arricchimento dell'uranio al 20 per cento, che vanno ad aggiungersi alle 6000 già attive; quest'attività si svolge nell'impianto sotterraneo di Fordo, la cui esistenza è stata rivelata dalle autorità iraniane solamente nel settembre 2009, dopo essere stata tenuta segreta di fronte agli osservatori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) ai quali nel mese di gennaio 2012 è stato impedito di accedere alla base militare di Parchin, a sud-est di Teheran, dove si crede l'Iran stia portando avanti la fase di sperimentazione di armi nucleari;
   dal 5 al 15 dicembre 2011, il deserto del Negev ha ospitato l'operazione «Desert dusk», che ha visto impegnati i velivoli dell'Aeronautica militare italiana insieme a quelli della Israeli Air Force;
   l'operazione «desert dusk» è un'esercitazione che rientra nel programma di collaborazione militare e coordinamento tra l'aeronautica italiana e quella israeliana, finalizzata a mettere a punto procedure e tecniche di azione congiunta per l'intervento in zone di crisi, e che si è svolta nella base militare di Ovda, nel deserto del Neghev, solitamente utilizzata come scalo di charter turistici verso le località del Mar Rosso;
   sono venticinque i velivoli impegnati, tra cui gli F15 e gli F16 dell'Aeronautica israeliana, oltre a quelli di Grosseto, del 36° stormo di Gioia del Colle e del 50° di Piacenza, per un totale di 100 missioni di volo e 150 militari impegnati;
   secondo la Difesa italiana è stata un'ottima opportunità addestrativa, perché condotta in un Paese che vanta eccellenze nel campo della Difesa;
   risulta che a fine ottobre 2012 era stata la Turchia a negare l'autorizzazione a sorvolare il proprio spazio aereo alle esercitazioni militari israeliane, portando la I.A.F. a chiedere la disponibilità, subito accordata, della base militare di Decimomannu, in Sardegna per l'operazione Vega;
   inoltre, secondo il quotidiano israeliano Ha'aretz, ci sarebbe da parte israeliana l'interesse all'acquisto di nuovi mezzi prodotti da Alenia Aermacchi, e Finmeccanica avrebbe già firmato accordi quadro per rifornire l'Italia di aerei senza pilota e nuovi radar;
   va tenuto conto, pertanto, dei rapporti economici, commerciali, militari e diplomatici che legano l'Italia all'Iran e dell'attuale situazione che coinvolge l'intera comunità internazionale circa il programma nucleare iraniano –:
   se il Governo non ritenga di rivedere i rapporti che legano l'Italia e l'Iran tenendo conto principalmente della questione nucleare, delle lacune nel rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalle convenzioni di carattere internazionale già firmate e ratificate e del traffico di armi verso gruppi terroristici di vario tipo. (4-17953)


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la sospensione del servizio di leva obbligatorio e il passaggio allo strumento militare professionale, si è puntato ad avere delle Forze armate più efficienti, razionalizzando l'impiego di uomini e mezzi;
   quanto sopra ha avuto una trasformazione anche sostanziale della vita operativa. A bordo di alcune navi, ad esempio, le mense ufficiali non sono più con il servizio reso dai marinai con funzioni di camerieri, ma con servizi buffet o self service;
   nonostante questo cambiamento di mentalità, risulterebbe che ci siano ancora degli strascichi di comportamenti arcaici, di Marina «borbonica», che tendono a conservare privilegi;
   all'interrogante risulta che sulla nave «Francesco Mimbelli» il comandante in 2° con comunicazione di servizio permanente n. 17 datata 9 settembre 2012 con oggetto «Organizzazione di bordo per la visita del Sig. Comandante in Capo della Squadra Navale», nelle disposizioni di dettaglio avrebbe specificato che l'ufficiale d'ispezione: «ogni mattina, in particolar modo quando il Sig. CINC è in base Navale a Taranto, l'ufficiale in Comando di ispezione, dovrà accertarsi della effettiva presenza in quadrato Ufficiali di una idonea bottiglia di spumante/champagne tenuta in fresco in riposto Ufficiali, nonché biscotti al burro e mandorle da tostare al momento a cura del cuoco di servizio addetto al Quadrato Ufficiali/quadrati Unificati»;
   inoltre, per il capo reparto logistico, avvalendosi del capo Gamella, dovrà: «accertarsi che sia prontamente reperibile da personale addetto al quadrato Ufficiali il materiale di consumo sopra indicato. Alla chiamata – il Comandate in Capo della Squadra Navale a Bordo, alza insegna, il personale addetto al Quadrato Ufficiali o l'addetto ai Quadrati Unificati (durante il fine settimana/giornate festive) dovrà essere in tenuta di rappresentanza pronto a servire mandorle tostate e spumante/champagne». Per ciò che concerne la cucina nella comunicazione di servizio si specifica che: «dovrà approntarsi, nel caso in cui il Sig. CINC sia in Base Navale, a preparare bruschette e pizzette calde da servire in Quadrato Ufficiali»;
   in periodi di estrema difficoltà economica pare esagerato tale spiegamento di forze, anche in giorni festivi, per accontentare i desideri personali del sia pure comandante in capo;
   tali atteggiamenti per chi li riceve e chi li ordina, fanno ritornare indietro tutta la Forza armata della Marina ad una cultura pre-unitaria;
   l'interrogante ha ricevuto notizie di malumori, a vari livelli gerarchici, fra il personale imbarcato –:
   se il Governo non ritenga di assumere le iniziative di competenza per far annullare immediatamente tale ordine di servizio;
   se il Governo sia a conoscenza di altre comunicazioni di servizio, riguardo le visite a bordo da parte del comandante in capo della squadra navale, che sono state emanate da altre navi e se ci siano contenuti simili riguardo a quello che all'interrogante appare il malcostume di avere personale di servizio per accogliere con champagne e mandorle tostate l'ammiraglio a bordo;
   se non ritenga di dover valutare l'assunzione di iniziative per un possibile trasferimento ad altra destinazione non operativa dell'attuale comandante in capo della quadra navale. (4-17954)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato con la sentenza n. 05180/2012 del 2 ottobre 2012, respingendo il ricorso in appello proposto dal Ministero della difesa, ha confermato la sentenza del T.A.R. per l'Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, n. 671 del 22 settembre 2009, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n. 30/2006, proposto dal maresciallo ordinario dell'Arma dei carabinieri Salvatore Mazzella, è stata annullata la nota del comando regione carabinieri «Emilia Romagna» sm/ufficio personale n. 2261/13-1-C di prot. del 15 febbraio 2005 ed è stato riconosciuto il diritto dell'interessato al risarcimento del danno connesso alla mancata disponibilità dell'alloggio di servizio dal 23 settembre 2003 sino a dicembre 2005, in misura pari a complessivi euro 20.135,48 (di cui euro 6.229,44 per trasferte in autovettura, euro 4.958,04 per canoni locativi di immobile adibito ad abitazione in Ravarino e euro 8.948,00 per canoni locativi di immobile adibito ad abitazione in Montecchio Emilia, spese d'intermediazione, spese per il trasloco), nonché agli ulteriori canoni sino alla consegna dell'alloggio di servizio;
   le motivazioni della sentenza di primo grado, confermate nel giudizio d'appello, accertano chiaramente l'illegittimità del comportamento dell'amministrazione e meritano, ad avviso degli interroganti, una attenta valutazione ai fini dell'individuazione del responsabile dell'evidente danno erariale cagionato e quindi delle conseguenti e doverose azioni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali immediate iniziative, anche di carattere disciplinare, siano state assunte nei confronti del responsabile del procedimento;
   se i fatti in premessa siano stati segnalati alla competente autorità giudiziaria per l'accertamento di un eventuale danno erariale. (4-17974)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dagli organi di stampa nazionali si è appreso che il 19 settembre 2012 i dirigenti nazionali del partito «Margherita – Democrazie e Libertà» hanno consegnato al Ministero dell'economia e delle finanze, e quindi allo Stato, la somma di 5 milioni di euro, quale parte del rimborso elettorale assegnato a quel partito medesimo e non utilizzati per le finalità disposte dalle normative vigenti all'epoca del riconoscimento del rimborso;
   la vicenda legata all'utilizzo, non rispettoso della legge, di quel rimborso elettorale ha causato il giusto sconcerto dell'opinione pubblica;
   il riutilizzo di quei 5 milioni di euro, da parte dello Stato, per cause nobili potrebbe rappresentare un elemento riparatorio, per quanto parziale, nel rapporto tra politica e pubblica opinione –:
   se il Ministro intenda mettere a disposizione quei fondi per le zone colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, con particolare riferimento alla necessità di rifinanziare il «fondo per l'emergenza» per la messa in sicurezza degli edifici pubblici e religiosi, considerato che tale «fondo per l'emergenza» è andato esaurito prima di completare le opere di messa in sicurezza degli edifici pubblici e religiosi danneggiati dal recente terremoto. (5-08062)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARINELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Telespazio, che rappresenta un'importante joint-venture tra Finmeccanica (67 per cento) e Thales (33 per cento) e si configura come tra i principali operatori a livello mondiale nel settore dei servizi satellitari, di osservazione della terra, di navigazione satellitare e di connettività integrata, avvalendosi tra l'altro di un patrimonio di esperienza di altissimo livello tra cui i centri spaziale del Fucino, del Lario, di Matera e dello Scanzano, riveste un ruolo strategico per l'economia italiana, che attraverso i distretti aerospaziali, occupa un ruolo importante per l'economia nazionale;
   in un processo di internazionalizzazione volto a favorire e sostenere le aziende italiane, al fine di creare le condizioni ottimali per gli investimenti nella ricerca e nella competitività, che rappresentano l'unica strada per sviluppare tecnologie in grado di competere con la concorrenza agguerrita dei Paesi emergenti, come confermato a più riprese anche dal Ministro interpellato, occorrono a giudizio dell'interpellante, politiche industriali adeguate e innovative indirizzate a potenziare e a salvaguardare importanti realtà imprenditoriali di comprovata eccellenza, quale la suesposta società ed i relativi centri spaziali operativi;
   l'interpellante segnala che, all'interno del centro spaziale dello Scanzano situato in Sicilia, composto da 35 dipendenti e da 7 antenne i cui impianti risultano indispensabili, anche in considerazione della favorevole e strategica posizione geografica dello stesso centro, emerge una situazione di inquietudine e preoccupazione da parte del personale, a causa delle recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato di Telespazio, che ha comunicato che il conto economico a partire dal 1° ottobre 2012, non risulterà soddisfacente rispetto alle attese previste;
   l'interpellante segnala altresì, che nel corso di un incontro tenutosi nel mese di giugno, per la verifica del piano strategico industriale del gruppo Telespazio, con le delegazioni delle organizzazioni sindacali e le RSU, lo stesso amministratore delegato di Telespazio, ha invece raffigurato una situazione complessiva dell'azienda soddisfacente dal punto di vista economico-finanziario, confermando come i sacrifici e gli sforzi del management e dell'intero personale di tutti i centri spaziali situati in Italia, abbiano consentito di raggiungere importanti risultati in termini di profitto;
   l'amministratore delegato, tuttavia, illustrando il quadro degli interventi relativamente agli investimenti nel quadriennio 2012-2015, evidenziato una serie di criticità finanziarie derivanti dal sito di Scanzano, che mostra delle perdite per oltre 1,5 miliardi di euro all'anno e ha dichiarato che è in corso un tentativo per la ripresa del centro spaziale siciliano, attraverso il conferimento di una importante commessa;
   un documento sindacale di luglio 2012, predisposto a seguito di un incontro tra i lavoratori del Centro spaziale dello Scanzano e lo stesso amministratore delegato di Telespazio, confermando le dichiarazioni precedentemente riportate, che evidenziano uno scenario complessivamente positivo per il Gruppo Telespazio, ad esclusione del sito siciliano, testimonia però i sentimenti di incertezza e di disagio dei dipendenti siciliani sull'eventualità di una chiusura del centro;
   a giudizio dell'interpellante, l'importanza del medesimo sito spaziale, appare strategica ed essenziale sia, come precedentemente riportato, per la sua posizione geografica favorevole e cruciale, in considerazione del fatto che il sito siciliano dello Scanzano situato nei pressi dell'omonimo lago artificiale, a circa 40 chilometri da Palermo, rispetto alle regioni oceaniche dell'Atlantico e dell'Indiano, consente la visibilità di gran parte dei satelliti delle due aree con condizioni operative ottimali, che nell'ambito delle potenzialità enormi che il centro spaziale può offrire sia nella telecomunicazione satellitare che nel telerilevamento e la meteorologia –:
   quali orientamenti nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intendano confermare la situazione di criticità dal punto di vista finanziario che investe attualmente il centro spaziale dello Scanzano, come affermato dall'amministratore delegato di Telespazio ed esposto in premessa;
   se sussistano immediati e reali rischi di chiusura o ridimensionamento dell'attività produttiva all'interno del medesimo sito siciliano e, conseguentemente, iniziative da parte di Telespazio volte ad una rivisitazione dell'organico dei dipendenti;
   in caso affermativo, quali iniziative infine intendano intraprendere, per salvaguardare i lavoratori del Centro spaziale siciliano, la cui rilevanza in considerazione di quanto esposto in premessa, risulta indubitabile Telespazio e per la totalità dei distretti aerospaziali italiani. (4-17945)


   BITONCI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locali di Padova riportano in questi ultimi giorni la notizia secondo la quale la situazione degli operai della Helios Technology, società per azioni con sede legale in via Postumia 9/b a Carmignano di Brenta (Padova) – soggetta alla direzione e al coordinamento della società Kerself Spa con sede in Prato di Correggio (Reggio Emilia), ed una delle più importanti realtà a livello nazionale nella produzione di celle e moduli fotovoltaici presente sul mercato mondiale da alcuni decenni, non appare ancora risolta;
   i lavoratori dell'azienda, che tra la fine del 2010 e i primi mesi del 2011 ha adottato, per parte degli oltre duecento dipendenti alle proprie dipendenze, la stato di cassa integrazione, sono infatti preoccupati dell'attuale situazione, dal momento che, così come riportato dai medesimi organi di stampa, vi sarebbero alcuni reparti d'azienda fermi tanto che è stato convocato, per i prossimi giorni, un incontro urgente tra le parti sindacali e la proprietà presso la provincia;
   da qualche settimana, i nuovi impianti del settore del fotovoltaico sono incentivati secondo le regole del V conto energia e che prevede una drastica riduzione degli incentivi al settore del fotovoltaico, e che determinerà, oltre ovviamente ad una maggiore difficoltà da parte delle aziende operanti nel settore ad acquisire quelle risorse utili a finalizzare i necessari investimenti, un aumento ai danni dei cittadini che, invece di utilizzare risorse rinnovabili per l'approvvigionamento dei propri edifici, continueranno ad utilizzare le consuete fonti energetiche, meno sostenibili dal punto di vista ambientale e più costose economicamente –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per evitare che la crisi della Helios Technology si riversi sui dipendenti dell'azienda, e quali proposte, all'interno delle rispettive competenze, si intendano adottare per sostenere le aziende impegnate nelle energie rinnovabili. (4-17967)


   DI BIAGIO e LO PRESTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Tributi Italia s.p.a. nasce nel novembre del 2008 dalla fusione di San Giorgio s.p.a., Gestor s.p.a., IPE srl e da altre piccole società del settore;
   l'attività principale di Tributi Italia s.p.a. è la riscossione dei tributi e delle imposte degli enti locali, comuni e province. I tributi come la TARSU (tassa sui rifiuti solidi urbani), la TOSAP (tassa sull'occupazione del suolo pubblico), le imposte come la tanto odiata ICI (imposta comunale sugli immobili), ICP (imposta comunale sulla pubblicità e pubbliche affissioni) possono essere riscossi direttamente dagli enti pubblici, in economia, oppure attraverso società specializzate e regolarmente iscritte all'albo dei concessionari, appositamente istituito con decreto legislativo n. 446 del 1997, presso il Ministero dell'economia e delle finanze;
   la nascita di Tributi Italia s.p.a. aveva, fra gli altri, anche lo scopo di abbattere i debiti delle società sciolte attraverso la gestione unica del servizio di riscossione dei tributi per conto di numerosi comuni, percependo un aggio del 30 per cento e addirittura del 70 per cento nel caso di tributi non pagati negli ultimi sei anni;
   secondo prassi consolidata, i tributi incassati confluivano prima nei conti correnti della società e poi, con cadenza trimestrale, venivano riversati sui conti correnti intestati ai comuni, previa trattenuta dell'aggio;
   nonostante la cospicuità dell'aggio riconosciuto, già nel 2009 la situazione economica di Tributi Italia s.p.a. appare difficile poiché risulta avere debiti, per svariati milioni di euro, nei confronti dei circa 500 comuni per cui gestisce il servizio di riscossione tributi in tutta Italia;
   la maggior parte dei comuni interessati si è trovata sull'orlo della bancarotta a causa dei mancati versamenti da parte di Tributi Italia s.p.a.;
   a causa della carenza di liquidità i comuni sono stati costretti a sospendere, ridurre o addirittura azzerare i servizi per cui i cittadini pagavano, determinando quindi un importante disagio per le comunità locali;
   la disastrosa condizione debitoria di Tributi s.p.a. ha portato l'amministrazione a licenziare, o collocare in cassa integrazione, oltre mille dipendenti, conservandone in attività solo poche decine per sbrigare le pratiche ancora necessarie;
   nel dicembre 2009 la società di riscossione Tributi Italia, è stata cancellata dall'albo dei soggetti abilitati alla riscossione, dopo una deliberazione della specifica commissione del Ministero dell'economia e delle finanze (istituita presso la direzione federalismo fiscale) che si occupa dei riscossori. La cancellazione definitiva arriva dopo il provvedimento di sospensione a cui la commissione ministeriale era arrivata anche a seguito della pronuncia della Commissione finanze della Camera che, esaminato il caso, aveva decretato la «pericolosità» della Tributi Italia;
   il giorno 2 ottobre 2012 viene arrestato, dalla Guardia di finanza, che ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Chiavari, Giuseppe Saggese, amministratore della Tributi Italia s.p.a. Le accuse nei suoi confronti sono peculato, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento Iva;
   secondo le accuse mosse dalla procura la società, in amministrazione straordinaria con un commissario, avrebbe operato fino al 2010 riscuotendo imposte mai versate ai comuni per oltre cento milioni di euro;
   Giuseppe Saggese, in particolare, avrebbe personalmente sottratto alla società circa 20 milioni di euro che gli hanno consentito di vivere nel fasto, nei suoi confronti sono stati accertati prelievi bancari anche di 10mila euro al giorno, in contanti, il possesso di yacht, aerei privati, autovetture di lusso, soggiorni in località prestigiose, feste mondane. Contestualmente all'arresto di Saggese, la procura ha anche disposto il sequestro per l'equivalente di otto milioni di euro e diverse perquisizioni nei confronti di altri soggetti indagati;
   appare ignobile e scandalosa la divaricazione fra le condizioni di vita dei cittadini, contribuenti o lavoratori, vittime ultime di questa frode, e la sovrabbondante agiatezza di chi ha messo in opera un complicato sistema di raggiro;
   come emerge anche dagli stessi resoconti parlamentari, in occasione delle audizioni sulle problematiche relative alla riscossione delle entrate degli enti locali nel novembre del 2009, sussisteva in capo all'Associazione nazionale delle aziende concessionarie dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali degli enti locali (ANACAP), parte della Commissione per la tenuta dell'albo, un conflitto di interessi, poiché il presidente della stessa è l'avvocato della società Tributi Italia;
   sussistendo siffatta accertata «anomalia» appare agli interroganti che non si possa escludere l'ipotesi che il rallentamento delle dinamiche di accertamento delle attività della stessa Società Tributi Italia, in capo alla commissione per la tenuta dell'albo, possano essere state rallentate o addirittura ostacolate, garantendo di fatto il prosieguo – non doverosamente sanzionato – delle attività illecite e truffaldine della stessa;
   malgrado i presunti illeciti fossero stati evidenziati, anche attraverso specifici atti parlamentari, diversi anni prima della cancellazione dall'albo nel 2009, il fatto stesso che la società abbia continuato indisturbata ad operare fino al 2010 in maniera illecita a danno degli enti locali lascia emergere l'ipotesi – per nulla trascurabile – che vi fosse un intricato sistema di connivenze e di superficialità tanto istituzionale quanto amministrativa entro il quale l'illecito ha avuto modo di strutturarsi;
   i fatti riportati, si apprende da atti di Commissioni parlamentari, inchieste giornalistiche e denunce di sindaci, erano tristemente noti alle autorità, alle istituzioni e ai cittadini –:
   quali iniziative si intendano predisporre al fine di avviare un accertamento delle responsabilità in seno a quegli organismi pubblici incaricati di vigilare nel settore della riscossione dei tributi;
   se non si ritenga di assumere iniziative normative volte a rivedere la disciplina attualmente vigente in materia di riscossione e incarichi da parte di enti pubblici e società private, implementando le dinamiche di trasparenza e monitoraggio degli step operativi al fine di evitare che si ripetano in futuro accadimenti lesivi della stabilità degli enti locali e dei diritti dei cittadini. (4-17973)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   FRANCESCHINI, MARIANI, AMICI, LETTA, BOCCIA, VILLECCO CALIPARI, LENZI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, SERENI, FLUVI, D'ALEMA, MADIA, MARTELLA, VELTRONI, ORLANDO, BRESSA, BARETTA, BERSANI, VENTURA, FIANO, GIOVANELLI, COLOMBO, ROSATO, PELUFFO, PISTELLI, ROSSOMANDO, RUBINATO, SARUBBI, D'ANTONA, BRAGA, MARGIOTTA, LEVI, MORASSUT, BRATTI, LIVIA TURCO, CIRIELLO, TRAPPOLINO, NACCARATO, BOFFA, BRANDOLINI, GNECCHI, BONAVITACOLA, D'INCECCO, MISIANI, BERRETTA, CAUSI, CENNI, FONTANELLI, FOGLIARDI, PEDOTO, IANNUZZI, SCHIRRU, MAZZARELLA, RAMPI, FIORIO, GRASSI, BOCCUZZI, ESPOSITO, MATTESINI, FRONER, LA FORGIA, ZAMPARUTTI, BARBI, MARCO CARRA, AGOSTINI, BOBBA, CARDINALE, CAPODICASA, FERRARI, PICIERNO, LOSACCO, BENAMATI, BELLANOVA, MELANDRI, VELO, DE TORRE, ZANI, ZACCARIA, VIOLA, ZAMPA, ZUCCHI, ARGENTIN, SERVODIO, SPOSETTI, ZUNINO, MARINI, LULLI, VICO, FEDERICO TESTA, SBROLLINI, NARDUCCI, FERRANTI, SAMPERI, TOUADI, VASSALLO, ALBINI, COLANINNO, BINDI, MIOTTO, ROSSA, COSCIA, OLIVERIO, DE MICHELI, MERLONI, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARCHIONI, GENTILONI SILVERI, GAROFANI, GIACOMELLI, CASTAGNETTI, CAVALLARO, CAPANO, MELIS, MARROCU, MOTTA, DE PASQUALE, PIZZETTI, LUCÀ, PICCOLO, FADDA, TULLO, SANGA, GHIZZONI, ANTONINO RUSSO, SANI, SIRAGUSA, BOSSA, BUCCHINO, BOCCI, GOZI, LOLLI, FARINONE, CODURELLI, DAMIANO, D'ANTONI, LARATTA, RECCHIA, GRAZIANO, PIERDOMENICO MARTINO, PORTA, GARAVINI, MARIO PEPE (PD), PORTAS, GINEFRA, CUOMO, ALBONETTI, ADINOLFI, MIGLIOLI, SANTAGATA, MURER, GATTI, TOCCI, GINOBLE e LO MORO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia che la procura di Stoccarda ha archiviato l'inchiesta per la strage nazista di Sant'Anna di Stazzema, la località toscana fra Lucca e Massa in cui, il 12 agosto 1944, venne perpetrato l'eccidio in cui furono trucidati 560 civili inermi, tra i quali almeno 107 bambini;
   non andranno dunque a processo i diciassette, tra gerarchi e soldati nazisti, dei quali otto ancora in vita, responsabili della strage di Sant'Anna di Stazzema;
   la decisione della procura è stata motivata sulla base dell'assenza di prove documentali comprovanti la responsabilità individuale degli accusati, tra cui Gerhard Sommer, 91 anni, condannato nel 2005 all'ergastolo insieme ad altri otto imputati, dal tribunale di La Spezia con una sentenza del 2005, confermata dalla Cassazione nel 2007;
   la procura di Stoccarda ha sottolineato che ad oggi non è più possibile stabilire il numero esatto delle vittime, anche perché nella regione si trovavano anche numerosi rifugiati di guerra provenienti da altri territori, mentre la sentenza italiana aveva stabilito il numero esatto delle vittime e condannato i responsabili all'ergastolo in contumacia;
   per Sommer, e per gli altri sette condannati all'ergastolo in via definitiva ancora in vita, Werner Bruss, Alfred Concina, Ludwig Goring, Karl Gropler, Georg Rauch, Horst Richter, Heinrich Schendel, la magistratura militare italiana ha chiesto l'arresto, ma la Germania ha negato l'estradizione;
   in quel territorio (con in tanti altri comuni italiani, specie sull'Appennino tosco emiliano) nazisti e fascisti si resero protagonisti di sanguinose incursioni, uccisero civili, donne e bambini, cancellarono famiglie e comunità di contadini;
   il massacro di Sant'Anna di Stazzema è rimasto nell'oblio fino al 1994, quando, durante un'indagine del procuratore militare Antonino Intelisano, vennero ritrovati 695 fascicoli su fatti di sangue accaduti in Italia durante la II Guerra Mondiale, tra i quali quello relativo alla strage di Sant'Anna di Stazzema, nascosti in un armadio dentro uno sgabuzzino di Palazzo Cesi, chiuso con le ante verso la parete e per questo ribattezzato «Armadio della vergogna»;
   l'occultamento di quei fascicoli fu giustificato dalla ragion di Stato, la motivazione fu quella della guerra fredda;
   dopo decenni di silenzio dovuti a questo vergognoso e colpevole insabbiamento la verità storica è stata ricostruita e portata alla luce anche da sentenze divenute definitive: per i giudici italiani il numero delle vittime è stato accertato, così come le responsabilità, ed è stato chiarito ogni aspetto della strage, dalla pianificazione all'esecuzione materiale, compreso il fatto, centrale, che non si trattò di una rappresaglia ma di un'azione premeditata e curata nei dettagli, con l'obiettivo di terrorizzare i civili, i paesi vicini e i partigiani;
   Sant'Anna di Stazzema è stata teatro e vittima di una delle pagine più buie della storia del novecento: il comune di Stazzema e l'Associazione Martiri di Sant'Anna hanno, però, sempre scelto di non chiedere risarcimenti economici per l'uccisione dei propri familiari, quanto piuttosto di moltiplicare iniziative per la pace e la fratellanza tra i popoli, inoltre, in qualità di sede del Parco nazionale della pace, accoglie ogni anno decine di migliaia di persone di ogni nazionalità –:
   se il Governo intenda individuare misure che scongiurino il rischio di cancellare la verità storica e giudiziaria sulla strage di Sant'Anna, giungendo finalmente ad un completo riconoscimento da parte della Germania delle sentenze della magistratura militare italiana;
   se siano state inoltrate alle autorità tedesche le richieste di esecuzione della pena in Germania per i condannati in via definitiva in Italia e, in caso contrario, per quale ragione il Governo non abbia ritenuto di procedere in tale senso, considerata la delicatezza e la centralità di una vicenda che offende e colpisce la memoria dell'intera nazione, e che riapre una terribile ferita nella comunità di Sant'Anna di Stazzema. (3-02516)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DOZZO e DUSSIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   anche a seguito della approvazione del decreto legislativo sulla revisione della geografia giudiziaria, nella regione Veneto si attende con urgenza la revisione delle piante organiche che il Ministro interrogato si è impegnata ad effettuare entro il 31 dicembre 2012;
   nonostante la regione costituisca una delle zone più produttive dell'Italia, dove occupazione e contenzioso presentano indici elevatissimi, in essa si registra il rapporto tra cittadini e magistrati più svantaggiato d'Italia, con trecento magistrati presenti negli uffici giudiziari di un territorio tra i più vasti del Paese che rappresentano una percentuale inferiore alla metà della media nazionale;
   il quadro critico delle scoperture di organico nei ruoli della magistratura dirigenziale è ulteriormente aggravato dalla cronica insufficienza di giudici, cancellieri e pubblici ministeri, che rende difficoltosa una celere ed efficiente amministrazione della giustizia;
   tali scoperture sono determinate da fattori molteplici, come il numero di nuovi ingressi notevolmente inferiore alle uscite ed un organico sottodimensionato del 40-50 per cento ancorato ad una pianta organica risalente di oltre cinquant'anni;
   oltretutto, in una regione come il Veneto, dal territorio molto vasto e con il maggior sviluppo economico dal dopoguerra ad oggi, sono presenti solo otto tribunali, ovvero un tribunale ogni 500 mila abitanti, mentre la situazione è differente in altre regioni ugualmente estese, come la Lombardia e il Piemonte dove sono presenti sedici tribunali;
   particolarmente critica è la situazione nella procura di Treviso, dove è tuttora vacante il posto di procuratore capo, che non è ancora stato sostituito nonostante risalga al dicembre 2011 il pensionamento del dottor Fojadelli Antonio;
   la suddetta vacanza era stata temporaneamente arginata con la supplenza del reggente, dottor Cicero, il quale tuttavia nel mese di luglio 2012 è transitato nella procura generale a Venezia, così che le funzioni del procuratore capo sono attualmente affidate al secondo reggente, dottor Antonio De Lorenzi;
   nonostante siano decorsi oltre dieci mesi dalla cessazione dall'incarico del procuratore capo, non si è ancora provveduto a sostituirlo;
   anche nel tribunale di Treviso sono vacanti i ruoli dirigenziali, dato che nel mese di giugno 2012 si è dimesso il presidente dottor Schiavon e, a seguito della tardiva pubblicazione del bando di concorso, stanno pervenendo solo adesso le relative domande dei candidati –:
   se il ministro sia a conoscenza di tale criticità nella regione Veneto e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per contribuire a risolvere i problemi rilevati nelle copertura delle piante organiche dei relativi uffici giudiziari, tenendo anche conto dei disagi derivanti ai cittadini e agli operatori dalla situazione descritta;
   se il Ministro, per quanto di sua competenza, ritenga di assumere iniziative con assoluta urgenza al fine di garantire, con le modalità che verranno prescelte, l'implementazione di organico necessaria per assicurare la celere copertura dei ruoli dirigenziali presso la procura e il tribunale di Treviso;
   come il Ministro interrogato intenda ovviare, per quanto di competenza, alla carenza di organico, in particolare, favorendo la destinazione di magistrati per incrementare l'organico del tribunale di Treviso. (4-17946)


   MANCUSO, CROLLA e BARANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il matrimonio è contratto di diritto civile, normato dal codice e previsto dall'articolo 29 della Costituzione, tra due persone consenzienti;
   in quanto tale, gli stessi contraenti possono decidere di rescinderlo;
   la decisione del divorzio è normalmente frutto di riflessioni profonde e dolorose;
   oggi, nel nostro paese, per un divorzio consensuale sono necessari almeno tre anni e i costi da sostenere possono essere molto ingenti;
   molte coppie decidono di non divorziare, pur non desiderando rimanere sposati, perché non vogliono, o non possono, sostenere i relativi oneri;
   lo scorso maggio si è discussa alla Camera dei deputati la proposta di legge del collega Maurizio Paniz «Modifiche al codice civile e all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi» (C. 749), cui già la Commissione affari costituzionali aveva dato parere favorevole a febbraio;
   la proposta vuole ridurre i tempi per la separazione a un anno (due in caso di coniugi con figli minori);
   la proposta prevede che la comunione dei beni tra marito e moglie si sciolga nel momento in cui il magistrato, in sede di udienza presidenziale, autorizza a vivere separati;
   da quanto emerge dal rapporto «Il divorzio breve, l'opinione degli italiani», pubblicato dall'Osservatorio permanente sulle famiglie su dati Eurispes, la maggioranza degli italiani sarebbe ampiamente favorevole alla riduzione dei tempi canonici di separazione;
   si dichiara, infatti, favorevole l'82 per cento degli intervistati;
   la percentuale sale al 92 per cento nel caso dei giovanissimi e si attesta sul 71,1 per cento nel caso degli ultrasessantacinquenni;
   il regolamento n. 2201 del Consiglio europeo adottato nel novembre 2003 affida la competenza riguardante la decisione delle questioni riguardanti il divorzio ai giudici dello Stato europeo nel quale si trova l'ultimo domicilio e/o residenza di uno dei coniugi;
   questo permette a ogni cittadino, verificate le condizioni e i presupposti di legge del medesimo regolamento, di aver accesso alla giustizia di qualsivoglia Paese europeo per poter accedere al divorzio in tempi brevi e costi minori;
   è sufficiente, infatti, locare una casa all'estero e cambiare la propria residenza per il tempo necessario a espletare le pratiche di divorzio;
   l'associazione matrimonialisti italiani ha dichiarato che, tra il 2005 e il 2011, sono state circa 8.000 le coppie a divorziare all'estero –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative sul tema del divorzio breve, favorendo, per quanto di competenza, l’iter parlamentare. (4-17957)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 26 settembre 2012, il coordinatore della regione Sicilia della Uil-Pa Penitenziari, Gioacchino Veneziano, ha dichiarato alle agenzie di stampa quanto segue: ”Abbiamo tutto il parco macchine fermo perché non ci sono soldi per ripararli, anzi risulta che un paio di autovetture sono state usate pur avendo i freni a limite del ferodo, e un'altra con le frecce direzionali guaste per trasportare detenuti, cosa vietata dal regolamento per le traduzioni. È un bollettino di guerra, infatti abbiamo dovuto chiedere aiuto al carcere di Pagliarelli. Comprendiamo i rilievi della dottoressa Camassa, ma possiamo assicurare tutti i magistrati che a Trapani siamo a piedi, come a breve lo saremo in tutta la Sicilia. Purtroppo quello che fa male è il fatto che tutti sanno che siamo allo stremo, ma nessuno dal Dipartimento amministrazione penitenziaria di Roma, che dal provveditorato regionale della Sicilia, dicono a chiare lettere, è cioè che il fatto di Trapani è l'inizio della fine del servizio delle traduzioni in Sicilia, essendo tutti gli automezzi fermi per guasti quindi è facile immaginare quali conseguenze si riverbereranno sul sistema giustizia, atteso che la mancanza degli autoveicoli destinati al servizio delle traduzioni potrebbe impedire la presenza in aula degli imputati mettendo a rischio decine di processi –:
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di porre rimedio ai gravissimi problemi denunciati dal coordinatore regionale della Uil-Pa penitenziari. (4-17966)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 27 settembre 2012 sito on line viterbooggi.eu, è apparso il seguente articolo: «Diabetico, cardiopatico, con evidenti problemi di deambulazione, costretto a prendere quotidianamente 14 farmaci diversi e bisognoso di stretta assistenza medica. Queste la situazione clinica in cui versa Luigi Mauro Navone, 55 anni, originario di Torino, detenuto dal 2 agosto scorso nel carcere di Mammagialla a Viterbo, dove sta scontando una pena di 6 mesi di reclusione per inosservanza degli obblighi familiari verso l'ex moglie: 250 euro al mese. Nonostante le sue condizioni, l'uomo non riesce ad ottenere gli arresti domiciliari né il ricovero in una struttura sanitaria protetta. I suoi difensori, gli avvocati Remigio Sicilia e Antonella Cassandro, si sono rivolti al giudice di Sorveglianza di Viterbo, allegando il parere dei medici che certificano l'incompatibilità tra il suo stato di salute e il carcere. Da Viterbo la pratica è approdata a Roma, presso il tribunale di Sorveglianza, dove mercoledì 19 settembre si è svolta l'udienza che avrebbe dovuto disporre la scarcerazione. Ma la decisione è stata rinviata al 31 ottobre prossimo, in quanto nel fascicolo non era stata allegata la relazione medica della casa circondariale. Intanto le condizioni di Navone continuano a deteriorarsi. L'uomo, con un'unica condanna alle spalle, dapprima docente dell'Università della Terza Età di Torino e poi fondatore di quella di Viterbo, poliglotta, nel 2002 si separa consensualmente dalla moglie. I due pattuiscono che, anziché corrispondere un assegno mensile di 250 euro, l'uomo lasci all'ex moglie una parte cospicua del suo patrimonio, tra cui una casa al mare in Liguria. Il tutto a parole, senza mettere nulla per iscritto. Dopo un anno l'ex moglie presenta una querela ai carabinieri per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Nel settembre 2006 il tribunale di Torino lo condanna a 6 mesi di reclusione. La sentenza viene confermata nel 2009 dalla Corte d'Appello, che concede all'uomo, nel frattempo trasferito a Valentano con la nuova compagna, la possibilità di accedere alla misura alternativa dell'affidamento in prova. Poco dopo, però, l'assistente sociale compila una relazione in cui scrive che Navone, durante il periodo di prova, non ha risarcito integralmente l'ex moglie. Lui si giustifica dimostrando che nella sentenza d'appello non è stato quantificato il danno da risarcire. Nel luglio di quest'anno, arriva la decisione della Corte di Cassazione: la revoca del beneficio e l'arresto, eseguito il 2 agosto. Subito dopo, i suoi difensori hanno intrapreso la lunga trafila per fargli concedere gli arresti domiciliari o, in subordine, il ricovero in una struttura sanitaria per detenuti. Ma a distanza di 2 mesi non hanno ancora» –:
   se i Ministri interrogati, negli ambiti di rispettiva competenza, siano a conoscenza di tutto quanto sopra riportato e, in caso affermativo, se e in che modo intendano intervenire, con urgenza, al fine di verificare, le reali condizioni di salute del detenuto in questione ricoverato presso il carcere Mammagialla di Viterbo;
   se e quali iniziative intendano intraprendere al fine di consentire al detenuto Luigi Mauro Navone di sottoporsi a tutti gli accertamenti diagnostici indispensabili e di usufruire in tempi brevi delle cure necessarie, così da garantire il suo fondamentale diritto alla salute costituzionalmente sancito. (4-17972)


   MELIS. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 13 luglio 2012 si è chiusa la votazione presso l'Ordine nazionale dei biologi per rinnovare le cariche nel consiglio nazionale dell'ordine;
   una precedente tornata elettorale del novembre 2010 era stata annullata dal tar Lazio per gravi irregolarità, dopo che nel giugno 2011 erano stati accolti dallo stesso Consiglio nazionale 5 ricorsi presentati da altrettanti interessati; alla sentenza del tar Lazio hanno poi fatto seguito analoghe pronunce del Consiglio di Stato e del tribunale civile di Roma, sezione speciale;
   successivamente a questi gravi fatti il Ministro della giustizia aveva nominato il professor Lucio Botte commissario straordinario, ma questi si era successivamente dimesso. Era stato quindi nominato commissario straordinario il dottor Giampaolo Leccisi, il quale in data 6 giugno 2012 ha indetto le nuove elezioni, affidandone l'organizzazione agli uffici di segreteria dell'Ordine stesso;
   il regolamento prevede che l'Ordine informi dell'indizione delle elezioni tutti gli aventi diritto al voto almeno 10 giorni prima dello svolgimento e che costoro richiedano personalmente le schede elettorali all'Ordine onde poter votare eventualmente per corrispondenza. L'Ordine deve provvedere all'invio delle stesse ai richiedenti che, a loro volta, dovranno votare e rispedire il plico per raccomandata alla sede del seggio elettorale. Tutta la procedura descritta dovrebbe essere contenuta entro 15 giorni;
   nel caso specifico il seggio elettorale si è insediato il 21 giugno 2012; avrebbe dovuto, come in altre occasioni, avere a disposizione un software con gli elenchi degli aventi diritto al voto, allo scopo di poter verificare se costoro avessero o no già espresso il voto per corrispondenza o avessero deciso di esercitare il diritto di farlo personalmente recandosi al seggio, ma tale software non è stato fornito dall'Ordine, sicché si sarebbe dovuto procedere sulla base di un elenco cartaceo allestito al momento, senza poter verificare effettivamente se l'elettore che si presentava al seggio avesse o no già espresso il proprio voto per corrispondenza;
   il 13 luglio il commissario Leccisi ha firmato un verbale dal quale si evince che almeno 16 degli aventi diritto (sui circa 6 mila) avrebbero votato sia per corrispondenza che recandosi al seggio, dunque due volte; l'avvocato Franco Gaetano Scoca, in rappresentanza di vari candidati, ha in seguito depositato un esposto dettagliato su tali anomalie; un secondo esposto è stato poi depositato dai legali di altro candidato;
   altre anomalie risultano quanto all'effettiva procedura del voto per corrispondenza. In una dichiarazione agli atti un direttore di un Centro meccanografico postale ha dichiarato che la dicitura che si evince dal sito delle Poste italiane «codice non registrato» «significa che la raccomandata non e mai transitata dai circuiti postali»;
   a chiusura delle operazioni elettorali svoltesi il 13 luglio, commissario e componenti del seggio elettorale hanno invitato i candidati e i rappresentanti di lista ad abbandonare il seggio, sicché le successive operazioni si sono svolte, anche qui in patente violazione delle regole della trasparenza, a porte chiuse;
   due componenti del seggio elettorale, rilevando le anomalie sopra citate, hanno opposto quello che il Ministero ha poi definito «un improprio ius resistentiae»; anche a seguito di ciò comunque il Ministero ha disposto, nel mese di agosto 2012, la sospensione dello scrutinio; sono seguite le dimissioni del presidente del seggio e l'emanazione di alcune note ministeriali che raccomandano di utilizzare gli elenchi dei votanti per corrispondenza, accertando l'identificazione di quanti hanno fatto ricorso a questo mezzo. Non consta che tali disposizioni siano state rese sinora operative;
   sulla vicenda, sino a questo punto, si è svolto il 1o agosto 2012 un question time della Camera, nel corso del quale il Ministro interrogato ha risposto all'onorevole Antonio Di Pietro;
   il 21 settembre sul sito dell'Ordine è apparsa una nota del capo dipartimento del Ministero di giustizia in cui si afferma essere in corso le fasi preliminari dello spoglio, avendo il commissario Leccisi effettuato i controlli sulle schede elettorali; il 25 settembre sarebbe iniziato materialmente lo spoglio delle schede; nessun dato è stato diffuso preliminarmente sul numero delle schede pervenute per corrispondenza e su quello delle schede votate direttamente al seggio; nulla è dato sapere circa i controlli esercitati al commissario e sul loro esito;
   il 22 settembre 2012 il seggio elettorale è stato aperto per il passaggio delle consegne tra i vecchi ed i nuovi componenti dello stesso. Queste operazioni si sono svolte all'insaputa di tutti ed a porte chiuse per disposizioni verbali di un non identificato rappresentante del Ministero di giustizia;
   le operazioni di spoglio per il Consiglio dell'ordine (9 componenti) e per il Consiglio nazionale (15 membri) sarebbero state completate entro il 2 ottobre –:
   quali informazioni e rassicurazioni possa fornire in merito il Ministro, in particolare relativamente all'esercizio del voto e alla sua regolarità;
   se non ritenga il Ministro che l'intera procedura presenti, quanto meno, tali anomalie da giustificare l'annullamento della votazione;
   se non ritenga il Ministro, anche in vista di future votazioni, che l'intera procedura vada riformata. (4-17975)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la compagnia aerea irlandese Ryanair è, in questi giorni e finalmente, oggetto di ampio dibattito circa i benefici che ha portato al trasporto aereo italiano ed europeo;
   insieme ai benefici vi sono, a giudizio di molti, compreso l'odierno interrogante, molti punti interrogativi circa i reali e concreti benefici e costi che la presenza del vettore impone alla nostra economia, pubblica e privata;
   è di qualche mese fa la denuncia della compagnia aerea Meridiana circa la scorrettezza dei comportamenti del gestore aeroportuale di Verona nei confronti dei vettori: Ryanair viene finanziata per atterrare al «Catullo» mentre le altre compagnie aeree pagano oneri aeroportuali esosi;
   alle disparità di trattamento negli scali, che si traducono in fatturato, passeggeri ed utili per Ryanair, si aggiungono anche i comportamenti di assoluta sufficienza del personale (navigante e di terra) sui voli nazionali nel nostro Paese, comportamenti che in qualche caso mettono a repentaglio la sicurezza del volo;
   secondo quanto riferisce all'odierno interrogante, il signor G.C., durante il volo da Trapani a Roma-Ciampino del 21 agosto 2012, FR6073, tutti gli annunci ai passeggeri legati alle informazioni di sicurezza sarebbero state date solamente in lingua inglese, sia da parte del personale di cabina che da parte del comandante;
   ad aggravare la vicenda, ai passeggeri seduti nella fila corrispondente alle uscite di sicurezza centrali dell'aeromobile, un Boeing 737/800, le indicazioni di sicurezza sono state fornite in maniera superficiale, sbrigativa e sempre solo in lingua inglese;
   a giudizio dell'interrogante non è tollerabile un tale comportamento, a maggior ragione quando si mette a rischio la sicurezza –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché tali comportamenti non abbiano più a ripetersi e se si possano applicare delle sanzioni nei riguardi di Ryanair. (4-17951)


   REGUZZONI. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere:
   come procedano i lavori della Pedemontana Lombarda e se il cantiere sia in linea con il cronoprogramma iniziale;
   quando sia previsto il termine dei lavori per il primo lotto funzionale.
(4-17955)


   MARAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il signor Stefano Caressa, è titolare da decenni di una attività di servizi nel settore dei lavori subacquei occupandosi dei cosiddetti «carotaggi» e trivellazioni subacquee e del servizio di diving;
   per lo svolgimento di tali attività il signor Caressa è proprietario di una imbarcazione regolarmente iscritta nel registro delle navi minori e galleggianti della capitaneria di porto di Trieste per i servizi speciali ad uso «in conto proprio» (articolo 25 della legge n. 472 del 7 dicembre 1999);
   il comandante della capitaneria portuale di Monfalcone (Gorizia), a seguito della richiesta di autorizzazione del titolare dell'imbarcazione per lo svolgimento di carotaggi subacquei per conto dell'azienda speciale per il porto di Monfalcone, ha negato l'autorizzazione al richiedente in quanto l'imbarcazione registrata ad uso «in conto proprio» non permetterebbe, secondo l'interpretazione della norma della capitaneria di porto di Monfalcone, lo svolgimento delle attività fino ad oggi compiute dal Caressa e riportate nella licenza dell'imbarcazione rilasciata dall'autorità competente nel 1995 per l'imbarcazione adibita a «servizi speciali – uso privato» poi divenuta per legge «in conto proprio» nel 1999;
   a seguito delle numerose richieste di chiarimento ed interpretazione dell'interessato presso altre capitanerie di porto contermini e dalla cospicua documentazione reperibile in proposito che attesta l'inconsistenza del diniego alle attività con l'imbarcazione registrata in conto proprio, si rileva, altresì, che i capitolati di appalto pubblici prevedono espressamente che l'imbarcazione debba essere registrata in conto proprio per l'espletamento delle attività gravate da diniego della capitaneria di porto di Monfalcone;
   l'applicazione erga omnes dell'interpretazione data dalla capitaneria di porto di Monfalcone comporterebbe nella sola regione Friuli Venezia Giulia il fermo dei lavori sicuramente delle seguenti imprese titolari di imbarcazioni iscritte ugualmente a quella del Caressa ad uso «in conto proprio» lavori subacquei Ruggero Loperfido di Trieste; Lucatelli s.r.l. di Trieste, Geomar s.n.c. di Trieste, Pierto Sciarillo di Trieste, Keller Nicola di Trieste, comprese, per alcune attività, quelle dell'Arpa e dell'Autorità di Bacino;
   è palese che le ditte citate sono solo un piccolo esempio del cospicuo numero di attività che sarebbero soggette al fermo dei lavori nella sola regione Friuli Venezia Giulia e che risulterebbero diverse centinaia in tutto il territorio nazionale;
   al fine di permettere l'espletamento dei lavori oggetto dell'appalto il signor Caressa si è visto, pertanto, costretto a riscrivere l'imbarcazione ad uso «in conto terzi»;
   la questione è stata oggetto di una interrogazione presso il consiglio provinciale di Gorizia nella seduta del 3 novembre 2011 nella quale si chiedevano i dovuti chiarimenti da parte dell'autorità di Trieste per dirimere ogni dubbio interpretativo. La direzione marittima di Trieste in data 4 gennaio 2012 comunicava ai consiglieri provinciali interroganti che la problematica interpretativa è già oggetto di uno specifico quesito della capitaneria di porto al competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti «con l'intento di stimolare l'emanazione di indicazioni lineari ed univoche da impartire ai vari uffici Marittimi»;
   ad oggi non è dato sapere quale sia l'orientamento interpretativo del Ministero in materia in quanto anche le successive richieste di chiarimento, inoltrate dallo stesso Caressa agli uffici marittimi centrali, hanno portato alla medesima risposta: la capitaneria di porto di Monfalcone per tramite della direzione marittima di Trieste ha inoltrato specifico quesito al Ministero competente ed è in attesa di risposta;
   sussistono tuttora situazioni analoghe a quella descritta anche nella medesima regione che attendono chiarimenti dalle autorità competenti affinché vi sia una omogeneità di trattamento in una materia che dovrebbe accomunare i lavoratori marittimi in tutto il territorio nazionale –:
   quale sia l'interpretazione ministeriale sulla materia e quali iniziative intenda adottare per dipanare nei tempi brevi la questione al fine di evitare che una interpretazione tanto inconcepibile quanto restrittiva possa causare, qualora costituisse un precedente per altre capitanerie di porto, grave danno ad un settore già colpito dalla sfavorevole contingenza economica. (4-17968)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   lo scorso settembre, un ordigno ha fatto saltare in aria una pompa di benzina in pieno centro a Gioia Tauro;
   la notizia della bomba – di cui si cercano ancora i colpevoli – ha avuto ampio spazio sulla stampa locale e le forze dell'ordine stanno lavorando per stabilire se si possa essere trattato di un episodio legato al racket locale;
   ad accrescere il clima di vero e proprio terrore in cui versa la città, il centro più popolato dell'intera Piana, è stato un omicidio in pieno centro abitato verificatosi successivamente all'esplosione dell'ordigno dinamitardo;
   si sono registrati altri episodi violenti che danno il senso di una realtà sempre più insopportabile;
   queste azioni criminose costituiscono un segnale inquietante che ha turbato la tranquillità di tutti i cittadini e che evidenzia il profondo degrado morale di chi, usando le armi della violenza feroce e della sopraffazione, ha calpestato il valore incommensurabile della vita umana, arrecando dolore e smarrimento in tutta la comunità;
   nei territori in cui si registra un forte radicamento della criminalità organizzata esistono anche dei forti anticorpi nella società civile, che vogliono il riscatto sociale: per riuscire a far risollevare Gioia Tauro dal suo periodo nero, è partito un grande progetto di educazione alla legalità nelle scuole, proprio per conoscere e potersi discostare dalla cultura mafiosa;
   i risultati ottenuti positivi e importanti dall'amministrazione in carica guidata dall'avvocato Bellofiore rappresentano il frutto di scelte coraggiose che vanno fortemente sostenute per chiudere definitivamente il capitolo del malgoverno;
   è necessaria una presa di posizione decisa da parte di tutte le istituzioni dello Stato e anche delle forze politiche e sociali, al fine di testimoniare con fatti concreti il disprezzo e il rifiuto verso chi si macchia di tali atti di barbarie –:
   se non intenda predisporre con urgenza interventi mirati e concreti che garantiscano massima vigilanza e sicurezza su tutto il territorio comunale di Gioia Tauro e di quali elementi disponga in merito alla natura degli atti, dando atto ai magistrati e alle forze dell'ordine dell'impegno e del servizio profusi alle istituzioni.
(2-01690) «Tassone».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO e VILLECCO CALIPARI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 2 ottobre 2012 è morto Shlomo Venezia, sopravvissuto del lager di Auschwitz;
   lo stesso Venezia era l'ultimo testimone oculare diretto, vivente in Europa dell'orrore dei forni crematori e delle camere a gas di Auschwitz;
   la sua esperienza è stata narrata in un libro ed in centinaia di testimonianze rese a studenti ed adulti;
   il medesimo giorno della sua scomparsa, il sito neonazista Stormfront.org apriva una pagina di insulti alla memoria del signor Venezia e di fotografie di brindisi, festeggiamenti e fuochi d'artificio dedicati alla gioia per la sua morte;
   all'interno delle pagine del sito si annoverano auguri per la morte di tutti i sopravvissuti e citazioni che indicano nel popolo ebraico l'origine di tutte le peggiori disgrazie dell'umanità;
   questo sito è già noto alle cronache per la pubblicazione di svariati testi discriminatori, antisemiti o razzisti, come quello riguardante il giocatore della nazionale di calcio Balotelli, gli attacchi contro il Ministro Riccardi e contro molti parlamentari della Repubblica;
   il medesimo sito ha riportato più volte elenchi di famiglie di origine ebraica e singole personalità ebree o meno indicandole come responsabili di svariate sventure –:
   se il Governo sia al corrente di questo ultimo episodio e se ritenga vi siano gli estremi per assumere ogni iniziativa di competenza per assicurarne la chiusura.
(5-08065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOSSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Sant'Anastasia (provincia di Napoli), con delibera di giunta comunale n. 324 del 13 ottobre 2008, ha approvato il progetto per la realizzazione di un'isola ecologica sul territorio comunale e ha richiesto alla provincia di Napoli l'ammissione ai benefici previsti da un bando della stessa amministrazione per un ammontare di 360 mila euro;
   in data 26 ottobre 2009 è stata sottoscritta convenzione tra il comune di Sant'Anastasia e l'amministrazione provinciale di Napoli per la concessione del finanziamento di cui sopra e la realizzazione dell'isola ecologica, per la quale il data 12 dicembre 2010 è stata anche indetta gara per l'affidamento dell'appalto integrato;
   l'area prescelta (fissata anche dal consiglio comunale con il piano delle opere pubbliche approvato il 19 giugno 2009) si trovava in località parco Boschetto (zona classificata F1, suolo di proprietà comunale), in adiacenza a via Gramsci;
   su tale scelta sono stati acquisiti i pareri favorevoli dell'Arpac, dell'azienda sanitaria locale, l'autorizzazione paesaggistica della competente Soprintendenza; e il parere favorevole con prescrizione dell'autorità di bacino nord occidentale;
   sulla scelta si sono appuntate critiche e rimostranze di cittadini residenti in zona, mentre il comune sarebbe stato diffidato legalmente da un residente a non effettuare transito nella zona di sua proprietà;
   senza addurre adeguate motivazioni, l'amministrazione comunale di Sant'Anastasia ha provveduto a cancellare la scelta effettuata e ad individuare, con delibera di giunta (del 5 ottobre 2010), una nuova area da destinare ad isola ecologica;
   essa è di proprietà comunale, e si trova all'interno dell'ex piano di zona 167 di via Romani, su una quota parte dell'area retrostante una scuola, l'Elsa Morante di via Petrarca;
   anche la nuova localizzazione ha dato luogo a proteste dei residenti, che però questa volta sono state ignorate dall'amministrazione comunale;
   sono state ugualmente ignorate anche le proteste e le preoccupazioni di insegnanti e genitori degli alunni della vicina scuola Elsa Morante, che contestano la scelta di collocare un'isola ecologica a ridosso del cortile di un edificio scolastico e che, per impedirne la realizzazione, hanno allestito per alcuni giorni un presidio permanente;
   tali preoccupazioni sono state avanzate anche dall'asl Napoli 3, dipartimento di prevenzione, che nel parere espresso in data 19 ottobre 2011 ha chiesto al sindaco una valutazione circa l'opportunità di ubicare un'attività per la gestione dei rifiuti a ridosso di una scuola; il parere favorevole dell'Asl è stato condizionato all'adozione di tutte le misure per non arrecare disturbo alla popolazione scolastica adiacente;
   la stessa preoccupazione è stata espressa nel parere dell'Arpac, che ha rilevato la necessità di escludere dallo stoccaggio nell'isola ecologica i rifiuti organici per non arrecare disturbo e non far correre rischi alla popolazione scolastica;
   nell'isola ecologica, di tipologia 3B, secondo il progetto definitivo approvato con delibera di giunta n. 349 del 9 novembre 2011, verranno conferite, come in tutte le isole ecologiche, quelle frazioni che non vengono raccolte a domicilio o tramite contenitori stradali; tra esse vi possono finire quindi rifiuti ingombranti, rifiuti ad alto impatto ambientale come sfalci di potatura e oli esausti, macerie, e anche i cosiddetti rup, i rifiuti urbani pericolosi come batterie, pile, tubi catodici, siringhe, toner;
   in totale il progetto prevede di conferire nell'isola ecologica 5222 tonnellate l'anno di rifiuti non pericolosi, e 124 tonnellate l'anno di rifiuti pericolosi;
   nella giornata del 2 settembre 2012, la polizia, in assetto antisommossa, ha forzato il presidio di protesta di cittadini, genitori e insegnanti della scuola Elsa Morante, e ha liberato di forza l'area dove dovrà essere allestita l'isola ecologica;
   secondo quanto denunciato dai manifestanti, le forze dell'ordine avrebbero effettuato tre cariche per vincere la resistenza del presidio: tre aderenti al comitato sono finiti in ospedale, qualche anziana signora nel parapiglia è stata colta da malore; undici sono stati i contusi. Otto manifestanti sono stati denunciati per resistenza a pubblico ufficiale. Alla fine la polizia in assetto antisommossa è entrata nel sito mentre la protesta non si placa –:
   di quali elementi dispongano in merito alla vicenda di cui in premessa, con particolare riguardo agli interventi svolti dalle forze dell'ordine che all'interrogante appaiono eccessivi alla luce delle necessità di pervenire in ragione della tutela della salute pubblica, alla ricerca di localizzazioni alternative sul territorio ad una zona altamente sensibile come quella di pertinenza di una scuola. (4-17952)


   MINNITI. —Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), nei giorni scorsi, ha deciso di chiudere la casa di reclusione «Luigi Daga» di Laureana di Borrello (Reggio Calabria), una struttura sperimentale di eccellenza, costruita di recente, in grado di ospitare 68 detenuti tra i 18 ed i 34 anni, ai quali veniva assicurata una straordinaria esperienza di recupero e di inclusione sociale, anche attraverso una intensa attività di laboratorio (con lavori di falegnameria, di ceramica, eccetera);
   l'Istituto «Luigi Daga», in passato, era stato definito da vari ministri della giustizia che si sono succeduti negli anni, come la punta più avanzata in tema di trattamento penitenziario italiano, un esemplare modello d'intervento che ha raccolto ovunque attestati di stima ed unanimi apprezzamenti, sia a livello nazionale che internazionale;
   attraverso il «Luigi Daga» per la prima volta si è data l'opportunità ai giovani detenuti nelle carceri calabresi di abbandonare i circuiti della devianza e della ’ndrangheta, attraverso un contratto trattamentale ed un progetto pedagogico basato sulla assunzione di impegni personali e di elaborazione di un programma esistenziale alternativo alla delinquenza;
   per giustificare la chiusura dell'Istituto «Luigi Daga» sono state fornite ragioni di carenza di personale penitenziario nelle altre strutture detentive della Calabria, ragioni che non giustificano in alcun modo l'interruzione di questa importante esperienza voluta da tanti calabresi e soprattutto dal compianto provveditore Paolo Quattrone, come segno di riscatto della Calabria dalla ’ndrangheta, un fenomeno criminale che condiziona la vita di intere comunità ed il futuro dei giovani calabresi;
   nonostante il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, attraverso una sua nota ufficiale del 3 ottobre 2012, abbia minimizzato la decisione della chiusura del «Luigi Daga» parlando di chiusura temporanea della struttura, nella realtà si sta già procedendo alla cessione degli arredi dell'istituto ad altre carceri, un fatto che denota una evidente volontà di abbandonare il progetto;
   l'amministrazione penitenziaria, chiudendo questa esperienza, non solo ha interrotto in modo traumatico il processo di risocializzazione iniziato da 29 detenuti, improvvisamente trasferiti in altre carceri, ma ha prodotto un segnale preoccupante circa la volontà effettiva di investire sul recupero e l'inclusione lavorativa e sociale dei giovani detenuti, contribuendo di fatto all'aumento del sovraffollamento in strutture detentive;
   il personale di polizia penitenziaria presente a Laureana rientrerà nelle sedi di provenienza mentre quello afferente al comparto Ministeri, in precedenza dislocato al «Luigi Daga», è stato assegnato, senza alcun preventivo confronto, ad altri istituti di pena della regione –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del provvedimento adottato dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria di chiusura dell'istituto «Luigi Daga», un'esperienza fondamentale nel percorso di reinserimento nel circuito sociale e produttivo di tanti detenuti;
   se non ritengano opportuno, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, procedere all'immediata sospensione dell'efficacia del provvedimento adottato, convocando, nello stesso tempo, un tavolo di confronto interistituzionale a Roma (un tavolo che mantenga una positiva interlocuzione con le istituzioni locali e con il comitato spontaneo costituito localmente a difesa del «Luigi Daga»), al fine di individuare soluzioni amministrative urgenti in grado di coniugare un efficace e già sperimentato modello di rieducazione e reinserimento del condannato con le esigenze di razionalizzazione organizzativa espresse dall'amministrazione giudiziaria.
(4-17964)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da Redattore Sociale lo scorso 27 settembre, i medici per i diritti umani avrebbero scoperto – dopo un'ispezione – che nel Centro di identificazione ed espulsione di Lamezia Terme non vi sarebbe un servizio di barberia e che pertanto i migranti sarebbero costretti a entrare nella gabbia nel caso volessero farsi la barba, ciò in quanto i rasoi sono considerati pericolosi per autolesionismo;
   sulla vicenda i medici per i diritti umani hanno dichiarato quanto segue: «Poiché a differenza degli altri CIE, il centro di Lamezia Terme (Catanzaro) non dispone di un servizio di barberia, l'ente gestore, come riferisce lo stesso direttore, ha “inventato” un abitacolo dove i trattenuti si possono radere. L'abitacolo è in effetti una vera e propria gabbia priva di qualsiasi privacy ed esposta alla vista dei trattenuti, del personale dell'ente gestore e delle forze dell'ordine. Prima di uscire dall'abitacolo, il trattenuto deve depositare la lametta in un apposito contenitore. La gabbia è posizionata su un montacarichi e può essere all'occorrenza spostata. Temendo atti di autolesionismo, che nei CIE sono frequenti fra i trattenuti, a Lamezia Terme non vengono dati i rasoi in mano ai migranti reclusi. L'unico modo per radersi è quindi entrare nella gabbia e farlo davanti a tutti»;
   il Centro di identificazione ed espulsione è stato definito da Medici senza frontiere nel 2010 uno dei peggiori d'Italia poiché privo dei minimi requisiti di vivibilità. La struttura appare del tutto inadeguata a garantire la dignità umana dei migranti trattenuti –:
   se non intenda adottare gli opportuni provvedimenti al fine di provvedere all'immediata rimozione della «gabbia per la rasatura» presente nel CIE di Lamezia Terme;
   se non intenda disporre una immediata ispezione ministeriale presso la struttura di Lamezia Terme;
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire ai migranti trattenuti nel Centro di identificazione ed espulsione in questione un trattamento rispettoso della legge, dei regolamenti e della dignità umana. (4-17965)


   CALVISI e FADDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   è di questi ultimi tempi la notizia che riguarda la soppressione della base navale dell'Arma dei carabinieri con conseguente trasferimento della motovedetta attualmente in servizio a Villasimius;
   già da tempo la motovedetta dei Carabinieri presta servizio per l'intero anno con base operativa a Villasimius, ma garantendo nel contempo anche il servizio sino a Villaputzu e sino a Torre delle Stelle;
   su questo territorio insiste l'area marina protetta di Capo Carbonara di interesse nazionale e internazionale che abbraccia una superficie in mare di 100 chilometri quadrati il cui ente gestore è il comune di Villasimius;
   a Villasimius è situato un porto turistico di interesse nazionale di 850 posti barca, aperto e operante tutto l'anno e consolidatosi negli ultimi anni come l'unico porto di tutto il Sud Sardegna in grado di ospitare navi da diporto sino a 50 metri;
   l'economia prevalente dell'intero sud-est della Sardegna si sviluppa prevalentemente sul mare, interessando anche una considerevole parte del golfo degli Angeli, attraverso numerose strutture ricettive e di servizio che attraggono, durante la stagione estiva, oltre un milione e mezzo di presenze turistiche, ed è, dunque, di tutta evidenza che tutto ciò comporta la necessità di una serie di attività di vigilanza, controllo, prevenzione e repressione che non possono essere svolte, per competenza, preparazione e formazione dai soli vigili urbani;
   solo per un breve periodo durante la stagione estiva, sono presenti altri corpi di polizia di interesse nazionale e che in caso di emergenza, solo la motovedetta dei carabinieri è dislocata a Villasimius mentre gli altri mezzi debbono partire necessariamente da Cagliari;
   i sindaci di Sinnai, Maracalagonis, Castiadas, Muravera, Villaputzu si sono unitamente espressi in relazione alla assoluta necessità che la motovedetta dei carabinieri di stanza a Villasimius continui ad operare per tutto l'anno sui territori e lungo le coste dei suddetti comuni;
   sono sotto gli occhi di tutti gli innumerevoli risultati positivi conseguiti dall'azione quotidiana della motovedetta e dal suo equipaggio, peraltro riscontrati costantemente dalla stampa, in materia di sicurezza, di contrasto delle infrazioni e dei reati, di assistenza e pronto intervento in caso di incidenti in mare: infatti, da quando la motovedetta ha iniziato ad operare annualmente in questo territorio, sono, da un lato diminuiti i reati contro l'ambiente, il patrimonio, le persone, e, dall'altro, è notevolmente aumentata la percezione di sicurezza che, sicuramente, è un elemento di competitività territoriale non indifferente –:
   se i Ministri non ritengano, per garantire la sicurezza e per favorire lo sviluppo dei territori interessati, di dover assicurare la permanenza in servizio annuale della motovedetta dei carabinieri attualmente basata a Villasimius, considerata anche la massima disponibilità dimostrata, pure nell'esiguità delle risorse a loro disposizione, dagli enti locali coinvolti per fare fronte a taluni aspetti derivanti dai costi che dal mantenimento in attività della motovedetta potrebbero derivare.
(4-17969)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5, comma 8 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla spending review dispone che «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile»;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con nota protocollo n. 4442 del 16 luglio 2012 ha comunicato alle scuole, agli uffici scolastici regionali e ai revisori dei conti, alcune indicazioni relative all'applicazione del decreto-legge n. 95 del 2012;
   in particolare, la nota reca che l'articolo 5, comma 8 del decreto succitato, «dispone che le ferie, i riposi e i permessi spettanti al personale sono obbligatoriamente fruiti e non danno luogo in alcun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostituivi. Detto disposto si applica anche al personale scolastico, sia con contratto a tempo indeterminato che determinato»;
   con nota del 24 luglio 2012 il Ministero dell'economia e delle finanze ha bloccato il pagamento delle ferie non godute ai docenti per l'anno scolastico appena trascorso;
   conseguentemente, tutti i docenti precari che, proprio a causa della precarietà, hanno deciso di non prendere le ferie perché venissero monetizzate, non avranno più diritto alla retribuzione sebbene abbiano anche garantito la continuità didattica degli istituti scolastici;
   secondo Sergio Sorella, segretario della FLC-CGIL Molise si tratta di «Una penalizzazione incostituzionale e vessatoria, unita al differimento di oltre sei mesi per il pagamento del TFR. Del resto la politica dei tagli e delle riduzioni prosegue anche con la vecchia logica dei tagli lineari senza portare alcun beneficio ai cittadini fruitori dei servizi pubblici. Tagliare i fondi alla ricerca, le piante organiche, aumentare le tasse universitarie, spostare docenti della scuola nei profili ATA, licenziare i precari che hanno acquisito professionalità ed esperienza decennali, significa rendere un pessimo servizio prima di tutto ai cittadini. Si tratta di una situazione inaccettabile contro la quale bisogna reagire» (orizzonte scuola del 28 luglio 2012) –:
   quali iniziative, anche normative, i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire ai docenti la retribuzione per le ferie non godute per l'anno scolastico appena trascorso, evitando in tal modo anche le conseguenze derivanti dalle soccombenze giudiziarie cui dovrebbe far fronte per aver negato ai docenti diritti acquisiti. (5-08063)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la emocromatosi ereditaria è una malattia ereditaria caratterizzata dal progressivo accumulo di ferro nell'organismo. Frequenza: 1/500 nati nel Nord Italia; 1/2.000 nel Centro-Sud. Sono oggi note cinque forme di emocromatosi ereditaria (tipo 1, tipo 2a e 2b, tipo 3, tipo 4) determinate da difetti a carico di diversi geni (HFE, gene della emocromatosi giovanile, epcidina, recettore 2 della transferrina e ferroportina1). Nella maggioranza sono forme a trasmissione recessiva, nelle quali le persone affette ereditano il difetto da ciascuno dei genitori; più raramente si tratta di forme a trasmissione dominante, nelle quali i malati ereditano il difetto da un solo genitore. Se non diagnosticata e trattata in tempo, l'emocromatosi conduce allo sviluppo di gravi danni a carico di vari organi: cirrosi epatica (che può evolvere, come è noto, verso il tumore epatico); diabete mellito; cardiopatia (aritmie e scompenso cardiaco sono causa frequente di morte nei pazienti non trattati); ipogonadismo (riduzione del desiderio sessuale, impotenza nell'uomo, scomparsa delle mestruazioni nella donna, infertilità in entrambi); artropatia (artrite e impotenza funzionale delle articolazioni delle dita delle mani, dell'anca o delle ginocchia);
   la diagnosi e la terapia precoce impediscono lo sviluppo delle complicanze e conferiscono una normale aspettativa di vita ai pazienti. I sintomi causati dall'emocromatosi sono poco specifici (stanchezza, depressione e irritabilità, dolore addominale) e spesso tardivi (quando ormai sono presenti danni d'organo). La malattia va quindi ricercata con indagini semplici, ma specifiche: saturazione della transferrina (un valore del 45 per cento è uno dei primi segni di laboratorio di sovraccarico di ferro) e ferritina sierica (un valore di 300 mg/l nell'uomo e di 200 mg/l nella donna indica in genere un accumulo di ferro). È possibile la ricerca delle mutazioni specifiche del gene HFE o di altri geni responsabili di forme di emocromatosi. La biopsia epatica con sente di misurare il ferro depositato e di evidenziare se il tessuto epatico è danneggiato. Da quando è disponibile l'analisi genetica, la biopsia epatica viene effettuata solo in casi selezionati. Il trattamento è semplice, efficace e ben tollerato e consiste nel prelievo settimanale di sangue (salassoterapia) –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
    c) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza ovvero attraverso il sostengo alle associazioni di malati;

   se e quali iniziative, anche normative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per migliorare le possibilità di una diagnosi precoce;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese e nel mondo, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17962)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le febbri periodiche (FP), denominate da qualche anno anche «sindromi autoinfiammatorie», sono delle malattie rare ancora poco note e poco studiate;
   le sindromi autoinfiammatorie hanno origine genetica. Dal 1997 sono stati individuati e clonati, nel mondo, alcuni geni la cui mutazione provoca queste febbri periodiche ereditarie;
   in questo gruppo di patologie rare, quella che ha una maggiore prevalenza, con alcune centinaia di persone nel nostro paese, è la febbre mediterranea familiare (FMF);
   la FMF è presente tra i popoli del Mediterraneo soprattutto tra ebrei, armeni, turchi, arabi, greci, italiani e spagnoli;
   i pazienti affetti da FP manifestano periodicamente crisi febbrili acute, precedute spesso da brividi e accompagnate o da sintomi gastrointestinali (dolori addominali, vomito, alterazioni dell'alvo), e/o articolari (artrite, artralgia, mialgie) e/o muco-cutanei (afte, lesioni similerpetiche al cavo orale) e altri sintomi più rari; è sempre riscontrabile l'aumento degli indici di flogosi;
   l'episodio acuto della FP dura da pochi giorni a qualche settimana;
   alla crisi febbrile e infiammatoria segue un intervallo di benessere di durata variabile a seconda del tipo di febbri periodiche;
   oltre alla febbre mediterranea familiare, altre febbri periodiche sono:
    TRAPS – sindrome periodica associata al recettore del TNF (o febbre iberniana familiare;
    PFAPA – febbre periodica con faringite aftosa e adenopatia cervicale;
    HIDS – sindrome da iper IgD (o febbre ricorrente con iper IgD o sindrome da iperimmunoglobulinemia);
    CINCA – sindrome cronica, infantile, neurologica, cutanea, articolare (o NOMID – malattia infiammatoria multisistemica neonatale);
    MWS – sindrome di Muckle Wells (o orticaria-sordità nefropatia amiloide);
    PAPA – artrite piogenica sterile, piodermite gangrenosa e acne;
    FCU – orticaria familiare da freddo (o FCAS – sindrome familiare autoinfiammatoria da freddo);
    MAP – aciduria mevalonica (o MAPS – deficit di mevalonato chinasi);
    BLAU – sindrome di Blau (o artrite sarcoide) e altre recentemente scoperte –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17971)


   MARCAZZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2012 presso la sede dell'istituto «Bonomi-Mazzolari» di Mantova si sono svolte le convocazioni per le supplenze annuali su posto vacante nelle scuole della provincia di Mantova;
   tra i convocati erano presenti circa 70 precari con abilitazione nelle diverse classi di concorso, inseriti in graduatoria permanente ad esaurimento della provincia di Mantova, con più di 36 mesi di servizio scolastico i quali in data 13 e 14 dicembre 2011 con più sentenze emesse dal tribunale di Mantova, sezione lavoro, poi passate in giudicato, avevano ottenuto il risarcimento del danno da fatto illecito per aver il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stipulato con i ricorrenti più contratti a tempo determinato, violando la normativa comunitaria (direttiva europea 1999/70/CE) e per questo causando agli stessi un danno ingiusto;
   sempre in data 5 settembre 2012, durante le convocazioni, la dirigente dell'ufficio scolastico territoriale di Mantova, dava lettura di una circolare interna, a firma del dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, che disponeva che non potevano essere stipulati con i ricorrenti nuovi contratti a tempo determinato stante che «il carattere illecito dei contratti, vieta all'amministrazione di avvalersi nuovamente di quel lavoratore per il futuro (...);
   durante la riunione citata d'urgenza comunicava, sempre verbalmente, che avrebbe proceduto alla nomina di coloro i quali allo stato attuale non erano usciti vincitori, con sentenza passata in giudicato, dei ricorsi per la stabilizzazione;
   in definitiva per chi da anni aveva insegnato nella scuola ed aveva avuto riconosciuto un danno ingiusto, a causa della circolare protocollo MIUR AOODRLO R.U. 11983 del 5 settembre 2012 non avrebbe più potuto insegnare;
   in data 7 settembre 2012 venivano pubblicate sul sito AT Mantova le date delle convocazioni. Le operazioni di supplenza del docenti di area scientifica, delle graduatorie ad esaurimento venivano previste per il giorno 11 settembre 2012. L'annuncio prevedeva tuttavia l'esclusione dei beneficiari delle diverse sentenze emesse in data 13-14 dicembre 2011 dal tribunale di Mantova a ciò ostando le specifiche statuizioni delle pronunce, fatta comunque salva la possibilità per i candidati stessi, di addivenire ad una bonaria composizione della questione in sede di conciliazione con l'amministrazione, mediante adesione alla procedura di cui all'articolo 135 del vigente CCNL comparto scuola;
   in data 10 settembre 2012 il tribunale di Mantova in funzione di giudice dei lavoro, su ricorso presentato da alcuni ricorrenti, decretava inaudita altera parte l'illegittimità della esclusione dei ricorrenti dalle graduatorie per le supplenze ordinando al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di reinserire gli stessi nella graduatoria nella posizione precedentemente occupata, con l'adozione dei conseguenti provvedimenti in relazione alle assegnazioni cui avevano diritto;
   nonostante ciò l'Ufficio scolastico provinciale, che mai aveva comunicato per iscritto l'esclusione dalla graduatoria permanente ai docenti interessati, proseguiva nella sottoscrizione di conciliazioni, contattando in alcuni casi anche personalmente e telefonicamente i suddetti precari vincitori delle diverse cause di lavoro, in data successiva alla notifica del decreto d'urgenza, paventando loro una possibile sconfitta in Cassazione, con il seguente pericolo concreto di perdere per sempre il proprio lavoro. Tali concisioni venivano dunque sottoscritte in assenza di rappresentanti sindacali e dei procuratori delle parti, nonostante l'ufficio scolastico provinciale fosse perfettamente a conoscenza del mandato conferito dai ricorrenti ai loro legali, delegati anche a transigere e a conciliare la vertenza;
   in data 25 settembre 2012 si teneva l'udienza innanzi al giudice del lavoro ove l'ufficio scolastico provinciale chiedeva un rinvio di udienza per produrre i contratti di lavoro in realtà mai sottoscritti alla data, dai precari «ribelli»;
   in definitiva l'ufficio scolastico provinciale non aveva ottemperato all'ordine del giudice del lavoro, tant’è che i ricorrenti che non avevano conciliato, stavano svolgendo servizio senza aver stipulato alcun contratto di lavoro ma con una semplice presa di servizio con riserva;
   in data 29 settembre 2012 li giudice del lavoro confermava 11 decreto di urgenza, non solo per chi non aveva conciliato ma anche per alcuni ricorrenti che pur avendo conciliato, non avevano allo stato rinunciato agli atti di causa;
   il caso di Mantova rappresenta un allarmante caso di violazione dei diritti dei lavoratori che per aver avuto riconosciuto dal giudice de lavoro un danno da fatto illecito (violazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca della normativa comunitaria che prevede la stabilizzazione del posto di lavoro dopo 36 mesi di servizio) hanno dovuto subire non solo l'arbitraria esclusione dalle graduatorie per le supplenze ma addirittura hanno dovuto rinunciare agli effetti giuridici ed economici della sentenza stessa, per poter lavorare, attraverso una scandalosa procedura di conciliazione del tutto abnorme nella forma e nel contenuto –:
   se il Ministro interrogato sia conoscenza dei gravi fatti riportati e, quali iniziative, anche normative, intenda adottare al fine di risolvere la situazione in essere, attualmente fortemente compromessa per quei ricorrenti che hanno conciliato la vertenza, rinunciando ad ogni diritto per un novo posto precario;
   quali iniziative intenda adottare per rendere esecutive le sentenze dei vari tribunali d'Italia che non potendo direttamente stabilizzare i precari della scuola, hanno disposto il risarcimento del danno quale strumento atto a scoraggiare il comportamento illecito del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca volto a reiterare negli anni la stipulazione dei contratti a termine, in palese violazione della normativa comunitaria. (4-17976)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   CANNELLA e CAZZOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Progress Assicurazioni è stata posta in liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 30 marzo 2010. Il citato decreto ha disposto, nei confronti della società, le revoca dell'autorizzazione all'esercizio delle attività in tutti i rami, non autorizzando il commissario liquidatore alla liquidazione dei sinistri ed alla conseguente riassunzione del personale dipendente dall'impresa medesima;
   ad oggi il personale della Progress, conta di 40 unità, di cui 21 beneficiano della concessione, sulla base dell'accordo stipulato con le organizzazioni sindacali il 16 febbraio 2012, della cassa integrazione guadagni in deroga fino al prossimo 31 dicembre 2012;
   secondo i dipendenti della Progress la procedura di liquidazione risulta penalizzante poiché:
    a) non sarebbe stato rispettato quanto previsto dal contratto nazionale di settore in merito al «ricollocamento dei dipendenti presso altre Compagnie»;
    b) non sarebbe consentito l'accesso degli stessi allo specifico fondo previdenziale costituito dall'ANIA presso l'INPS, con versamenti effettuati anche dai dipendenti, proprio a tutela degli stessi nel caso di compagnie poste in liquidazione coatta amministrativa;
   il fondo di solidarietà per il personale già dipendente da imprese di assicurazioni poste in liquidazione coatta amministrativa – fondo LCA (istituito con l'accordo sindacale nazionale del 26 luglio 1999 ed il relativo regolamento ministeriale di attuazione, il decreto ministeriale n. 351 del 2000) prescrivono, tra i requisiti di applicabilità, che i lavoratori abbiano maturato il diritto alla riassunzione da parte del commissario liquidatore, ove quest'ultimo sia stato autorizzato alla liquidazione dei sinistri;
   le organizzazioni sindacali, attraverso richieste rivolte all'ISVAP (ora IVASS) e all'ANIA, hanno da subito esercitato forti pressioni al fine di far applicare ai lavoratori della Progress Assicurazioni i citati interventi;
   l'ISVAP (ora IVASS) ha comunicato all'ANIA che, pur considerando non estensibili ai suddetti lavoratori i trattamenti economici previsti dal fondo LCA, attraverso l'interpretazione del quadro normativo esistente, possa essere ipotizzabile l'applicazione della procedura di cui all'articolo 2 del regolamento del fondo che prevede l'obbligo da parte delle imprese di assicurazione di riservare il 10 per cento delle proprie assunzioni ai lavoratori provenienti da imprese poste in liquidazione coatta amministrativa;
   l'ANIA ha replicato all'ISVAP (ora IVASS), ribadendo che sia le prestazioni economiche del Fondo che la quota di riserva di cui sopra, non potevano essere applicabili ai lavoratori della Progress –:
   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere nell'ambito delle proprie competenze e prerogative, in vista dell'approssimarsi del termine della cassa integrazione guadagni in deroga concessa ai dipendenti della Progress fissato al 31 dicembre 2012, ai fini dell'applicazione della procedura di cui all'articolo 2 del regolamento del fondo anche ai dipendenti della Progress, così come segnalato dall'ISVAP (ora IVASS), ciò al fine di garantire la continuità occupazionale del personale dipendente della stessa Progress mediante le procedure di ricollocazione presso altre imprese di assicurazione nei limiti previsti o attraverso iniziative di outplacement e ricollocazione professionale mirate ed in grado di valorizzare la professionalità acquisita dal personale della Progress.
(3-02514)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRAGA, NARDUCCI, MARANTELLI, DAMIANO e CODURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono circa 60.000 le lavoratrici e i lavoratori italiani occupati in Svizzera – nei Cantoni di frontiera Ticino, Vallese e Grigioni – con il permesso di frontaliere rilasciato dalle autorità elvetiche, di cui oltre 45.000 nelle province di Como, Varese e Sondrio; la crisi economica che ha colpito il mercato del lavoro elvetico ha penalizzato anche i lavoratori frontalieri, in particolare nei settori di attività più esposti ai cambiamenti e alle trasformazioni in atto; i frontalieri, come noto, sono i meno tutelati quando l'occupazione diminuisce, non potendo fruire degli ammortizzatori sociali vigenti in Svizzera;
   il trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera è stato regolamentato nel nostro Paese dalla legge 5 giugno 1997, n. 147, in base alla quale ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'accordo fra Italia e Svizzera sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri, sottoscritto dalle parti nel 1978, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è incaricato di provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri divenuti disoccupati in Svizzera, non per colpa propria, secondo i requisiti e le modalità di erogazione prescritti nei successivi articoli 2 e 3 della medesima legge;
   nella stessa legge si stabilisce che presso l'INPS è istituita, per l'intero periodo di validità dell'accordo, la gestione con contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera; il fondo così denominato è finanziato, in base all'accordo del 1978, dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori frontalieri in Svizzera;
   l'accordo bilaterale del 1978 sulla retrocessione finanziaria delle quote di contribuzione destinate alla gestione separata presso l'INPS ha terminato di produrre i suoi effetti nel 2009, come previsto dagli accordi sottoscritti tra l'Unione europea e la Svizzera in materia di libera circolazione delle persone e coordinamento delle assicurazioni sociali, in base ai quali la Svizzera è tenuta a garantire l'esportazione delle indennità di disoccupazione ai cittadini degli stati membri per un periodo massimo di tre o cinque mesi;
   tuttavia, l'articolo 1 della vigente legge n. 147 del 1997 precisa, al comma 4, che la corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione è limitata all'esaurimento delle disponibilità della gestione separata di cui sopra che, secondo le previsioni stimate al 2011, ammontava a circa 300 milioni di euro;
   la Camera è recentemente intervenuta sulla legislazione vigente in materia, approvando in prima lettura, nel febbraio 2012, il testo unificato delle proposte di legge di modifica alla legge n. 147 del 1997, attualmente all'esame del Senato; nella proposta licenziata dalla Camera si prevede un miglioramento del trattamento di disoccupazione speciale per i lavoratori frontalieri che perdono l'impiego in Svizzera (aumento della durata di erogazione a 18 mesi per i lavoratori di età compresa tra i 50 e i 55 anni e a 24 mesi per gli over 55) e si ribadisce l'utilizzo esclusivo del fondo a gestione separata istituito dalla legge n. 147 ai fini del pagamento del trattamento speciale di disoccupazione;
   ai sensi della decisione n. 1/2012, adottata il 31 marzo 2012 dal Comitato misto sulla libera circolazione delle persone – istituito ai sensi dell'accordo stipulato tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione elvetica dall'altro, già in precedenza richiamato – a decorrere dal 1o aprile 2012 i nuovi regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale si applicano anche alla Svizzera; in particolare, le nuove disposizioni in materia di disoccupazione sono contenute al capitolo 6 del regolamento di base n. 883/2004 titolo III, come modificato dal regolamento 987/2009, e relativamente ai rimborsi delle prestazioni nel titolo IV del regolamento di applicazione n. 987/2009;
   a seguito di tale decisione la direzione centrale dell'INPS ha emanato alle proprie strutture territoriali in data 6 agosto 2012 una prima nota di indicazioni sull'applicazione delle disposizioni comunitarie in materiali disoccupazione nei rapporti con la Svizzera, in attesa di una nuova circolare recante precisazioni in materia di prestazioni a sostegno del reddito;
   secondo tale nota il lavoratore frontaliero in stato di disoccupazione beneficia delle prestazioni di disoccupazione secondo la legislazione dello Stato membro del territorio in cui risiede; tali prestazioni sono corrisposte dall'istituzione dello Stato di residenza. Tuttavia l'istituzione elvetica è tenuta a rimborsare, dietro richiesta documentata dell'INPS, le indennità di disoccupazione erogate al disoccupato frontaliero durante i primi tre mesi, in applicazione del citato regolamento 883/2004;
   le strutture territoriali dell'INPS operanti nelle province di confine con la Svizzera, a seguito delle indicazioni centrali, hanno provveduto ad erogare, a far data dal mese di settembre 2012, ai lavoratori frontalieri l'indennità di disoccupazione ordinaria prevista dalla legislazione italiana anziché il trattamento speciale di disoccupazione frontaliera previsto dalla legge n. 147 del 1997;
   tale disposizione comporta una evidente e grave penalizzazione per i lavoratori frontalieri in stato di disoccupazione, dovuta sia all'applicazione di massimali sull'importo dell'indennità riconosciuta, non previsti dal trattamento speciale, sia alla riduzione del periodo di erogazione, che scende da 12 a 8 mesi;
   le disposizioni assunte dall'INPS appaiono agli interroganti essere in contrasto con la legge n. 147 del 1997, pienamente vigente ed oggetto di modifiche in sede parlamentare, che disciplina i termini e le modalità di erogazione del trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, a valere sulle disponibilità del fondo istituito presso l'INPS, dotato tuttora di una copertura considerevole, frutto delle risorse retrocesse dalla Svizzera in base al già menzionato accordo del 1978, prelevate sui salari dei lavoratori italiani impiegati in Svizzera; è bene inoltre evidenziare che l'utilizzo delle risorse giacenti su tale fondo ha evitato in questi anni di far gravare la disoccupazione frontaliera sul sistema di welfare nazionale;
   si ritiene necessario chiarire al più presto la corretta applicazione della normativa in materia di trattamento di disoccupazione spettante ai lavoratori frontalieri, al fine di evitare il rischio che in una situazione di grande difficoltà economica come quella che sta interessando anche le province di confine con la Svizzera, lavoratori in stato di disoccupazione si vedano sottratte risorse economiche dovute e sempre più indispensabili per il sostentamento della propria famiglia –:
   come intenda il Ministro intervenire, su questo ambito di sua competenza, nei tempi compatibilmente più rapidi possibili, al fine di assicurare che alle sedi territoriali dell'INPS siano impartite direttive di applicazione dei trattamenti di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri in Svizzera, tali da garantire la corretta applicazione della legislazione vigente ed in particolare della legge n. 147 del 1997. (5-08064)


   CODURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante nel corso degli ultimi mesi ha più volte sollecitato il Governo al fine evidenziare le numerose problematicità seguite alla soppressione dell'IPOST e al conseguente trasferimento delle sue funzioni all'INPS (disposti dall'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010); atti che hanno determinato una preoccupante situazione di difficoltà per gli ex dipendenti di Poste italiane i quali sono vittime della insufficiente e largamente incompleta riorganizzazione delle questioni riguardanti l'Ente soppresso;
   i tre atti di sindacato ispettivo presentati hanno, purtroppo, ricevuto secondo l'interrogante risposte insoddisfacenti ed evasive ed assunzioni di impegni vaghe e generiche; nel frattempo continuano a pervenire segnalazioni relativamente a tematiche assai delicate, che necessitano di rapida soluzione, e che pongono in evidenza lo stato di disagio e a volte di disparità cui sono sottoposti i lavoratori in oggetto;
   a questo proposito si intende segnalare il caso relativo a lavoratori ex-Ipost che, cessati dal lavoro per ragioni indipendenti da motivi di salute e non ancora in possesso dei requisiti utili alla maturazione del diritto al trattamento pensionistico, siano stati successivamente dichiarati inabili al 100 per cento a svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa;
   tali soggetti non hanno diritto a beneficiare della pensione d'inabilità, poiché essa – come disciplinato dal decreto ministeriale n. 187 del 1997, «Regolamento recante modalità applicative delle disposizioni contenute all'articolo 2, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, concernenti l'attribuzione della pensione di inabilità ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche iscritti a forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria» – può spettare esclusivamente ai soggetti che possiedano i seguenti requisiti: anzianità contributiva di almeno cinque anni, di cui almeno tre nel quinquennio precedente alla decorrenza della pensione di inabilità; risoluzione del rapporto di lavoro per infermità non dipendenti da causa di servizio; riconoscimento dello stato di assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa conseguente all'infermità;
   le persone citate, trovatesi senza occupazione e senza la possibilità di svolgere alcun tipo di attività lavorativa, si ritrovano quindi, a differenza dei soggetti iscritti ad altre forme di previdenza sociale, nella paradossale situazione di non poter ottenere il pur minimo sostegno offerto dalla pensione di inabilità perché la cessazione dell'attività lavorativa non è dipesa da motivi legati a uno stato di infermità –:
   se non ritenga discriminatoria e lesiva dei diritti dei lavoratori la situazione sommariamente esposta in premessa e se non intenda adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di colmare tale disparità tra soggetti iscritti a forme diverse di previdenza sociale. (5-08066)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI GIUSEPPE, ROTA e MESSINA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Monsanto è la multinazionale americana che, grazie al quasi monopolio delle sementi geneticamente modificate, è oggi sinonimo mondiale di organismi geneticamente modificati;
   secondo quanto riportato dal quotidiano il Corriere della Sera, in un articolo del 20 settembre 2012, uno studio nel tempo sugli effetti degli organismi geneticamente modificati, effettuato da un team di ricerca dell'Università francese di Caen, mette sotto accusa due prodotti della multinazionale statunitense Monsanto che, pare, potrebbero essere causa di tumori;
   lo studio, ambizioso e primo del suo genere in tutto il mondo, dal titolo «Long term toxicity of a Roundup herbicide and a Roundup-tolerant genetically modified maize» pubblicato dall'autorevole rivista scientifica americana Food and Chemical Toxicology, denuncia che un certo tipo di mais organismi geneticamente modificati, la variante NK603, e l'erbicida Roundup sarebbero cancerogeni; secondo i ricercatori, i topi nutriti per tutta la vita con questi prodotti avrebbero sviluppato, rispetto a cavie alimentate altrimenti, squilibri ormonali, un'alta incidenza di tumori da 2 a 3 volte più del normale, e gravi anomalie negli organi per la depurazione quali fegato e reni;
   l'autore principale della ricerca, il dottor Gilles-Eric Séralini, professore di biologia molecolare dell'Università di Caen, ha dichiarato che gli esperimenti condotti dal suo team hanno preso in considerazione, per due anni, 200 topi suddivisi in tre gruppi, proprio per valutare differenti casistiche. Il primo gruppo è stato nutrito con mais NK603 Monsanto, un granoturco geneticamente modificato per resistere a uno degli erbicidi più usati al mondo, il Roundup; al secondo gruppo è stato somministrato mais trattato con l'erbicida Roundup; il terzo è stato alimentato con un mais non-OGM, simile al NK603, e senza trattamento con Roundup. Il professor Séralini afferma che nei primi due casi i ratti hanno sviluppato tumori alla mammella e gravi danni a organi interni. Naturalmente la notizia ha riacceso le polemiche sugli organismi geneticamente modificati, che resta a tutt'oggi un argomento poco compreso;
   a tal proposito l'eurodeputato Jose Bové, ha dichiarato: «Quando le imprese hanno detto che non c'erano rischi per la salute, hanno mentito. Tutte le valutazioni fatte finora sugli organismi geneticamente modificati devono essere riviste alla luce di questi nuovi studi, che mostrano quanto gli organismi geneticamente modificati siano pericolosi per la salute umana»;
   da un successivo articolo del Corriere della sera del 28 settembre 2012 si apprende che le competenti autorità russe, a mio avviso estremamente competenti in materia, hanno disposto la sospensione dell'importazione del prodotto accusato di essere cancerogeno, avallando dubbi e sospetti;
   al pari delle autorità russe, anche il gruppo di attivisti di Anonymous, sul loro sito hanno lanciato pesanti accuse alla Monsanto, chiedendo testualmente «il fermo della produzione dei prodotti RR2, resistenti agli effetti dei glifosati prodotti dalla stessa Monsanto, dannosi per la salute dell'uomo (si iniziano a documentare casi di malformazioni genetiche) e dell'ambiente (l'impoverimento e la sterilizzazione del terreno provocato dagli insetticidi e dalle monoculture)»;
   come ripreso dai quotidiani Le Monde e le Nouvel Observateur, il Governo francese e la Commissione europea hanno immediatamente annunciato indagini scientifiche di approfondimento. Il dottor Gérard Pascal, tossicologo francese ed esperto materia di OGM, ha dichiarato «se i risultati saranno confermati, questo è lo scoop del secolo, in questo caso sarebbero da vietare gli OGM in tutto il mondo. È necessario nominare una commissione d'inchiesta e analizzare il tutto in profondità»;
   in un articolo pubblicato sul sito della slow food, si cita una ricerca, con i risultati pubblicati sulla rivista International Journal of Biological Sciences, che parla dei danni alla salute dei mammiferi, cioè anche noi esseri umani, provocati dal ben noto mais organismi geneticamente modificati della Monsanto; una notizia che dovrebbe far riflettere tutti ad iniziare dalla Ue, che ha dato il via libera all'importazione e trasformazione in Europa di quattro varietà di soia geneticamente modificate, ed anche quanti in Italia pensano agli organismi geneticamente modificati come una risposta alla sicurezza alimentare;
   da 15 anni si utilizzano organismi geneticamente modificati in tutto il mondo, appare quantomeno anomalo che non siano stati fatti test approfonditi prima della messa in circolo e, soprattutto, che le autorità competenti non abbiano imposto di fare i dovuti test a lungo periodo;
   sono noti gli studi sui rischi di una graduale ed irreversibile scomparsa delle diversità biologiche causata dall'invadenza degli organismi geneticamente modificati;
   una recente sentenza della Corte di giustizia europea, chiamata in causa da un ricorso presentato da Pioneer Hi-Bred Italia contro la decisione del Ministero delle politiche agricole di non autorizzare la coltivazione di mais organismi geneticamente modificati Mon 810, ha ribadito che uno Stato non può avviare processi di autorizzazione nazionali aggiuntivi rispetto a quello comunitario in materia di coltivazioni biotech, e non può bloccare la coltivazione di varietà organismi geneticamente modificati in assenza di norme regionali in grado di assicurarne la coesistenza con le colture convenzionali e biologiche –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative si intenda porre in essere al fine di verificare l'affidabilità dei prodotti organismi geneticamente modificati e la conseguente assenza di rischi per la salute dei cittadini;
   se non si ritenga di intervenire presso la commissione agricoltura e sviluppo rurale, la Commissione per la sicurezza degli alimenti, la direzione generale salute e consumatori della Commissione europea, e presso l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), al fine di sollecitare opportune indagini scientifiche di approfondimento. (5-08068)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in Italia sono stati diagnosticati circa 500-600 casi di angioedema ereditario. L'angioedema da carenza di C1-inibitore (C1-INH) è una malattia dovuta alla mancanza, nel siero degli affetti, dell'inibitore della prima frazione del sistema del complemento. Può essere provocata da un difetto genetico (angioedema ereditario) oppure da un aumentato consumo di C1-inibitore (angioedema acquisito). Clinicamente si manifesta con episodi ricorrenti di edema della durata di 2-5 giorni. Quando è interessata la cute, la zona colpita appare tumefatta, pallida, non pruriginosa e solitamente senza una nella demarcazione tra parte colpita e parte sana. Nei casi di edema delle mucose, particolarmente temibile è l'edema della laringe che può portare a morte per asfissia. Frequente è pure l'interessamento della mucosa intestinale, causa di coliche addominali molto simili a quadri di «addome acuto». Non si tratta di una malattia allergica e quindi fra i fattori scatenanti non devono essere annoverati farmaci (se non in rarissimi casi), alimenti o sostanze similari, mentre traumi, anche minimi, e stress psichici possono favorire l'insorgenza di attacchi. Per tale ragione manovre sul cavo orale, quali estrazioni dentarie, esami endoscopici, eccetera, possono causare edema della glottide. La diagnosi della malattia è relativamente semplice e consiste nella determinazione quantitativa e funzionale dell'inibitore della C1-esterasi. La terapia d'elezione, in caso di edema della glottide o in caso di grave attacco addominale, consiste nell'infusione di adeguate quantità di concentrato plasmatico C1-INH (inattivatore umano), disponibile in Italia, mentre nella prevenzione degli attacchi, limitatamente ai soggetti adulti, risultano efficaci gli androgeno-derivati. Inutile è invece la somministrazione di cortisonici e antistaminici –:
   se e quali siano i centri di eccellenza per la cura di detta malattia;
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di coordinare gli sforzi tra i vari centri di eccellenza regionali;
   se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;

   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
   se e quali forme di coordinamento siano state o si intendono attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (5-08067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LARATTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   scadono fra pochi giorni i contratti dei 1135 medici, dei 490 operatori sanitari e dei 41 lavoratori interinali dell'azienda sanitaria di Cosenza. Un recente parere dell'avvocatura regionale mette a rischio i vincitori di concorso, stabilizzati nel 2008/09, i quali potrebbero perdere il posto di lavoro dopo circa 10-15 anni di attività nel settore;  
   la situazione assai grave della sanità calabrese, per come si è avuto modo di denunciare con numerose interrogazioni parlamentari, rischia di aggravarsi ulteriormente se non ci sarà la proroga dei contratti del personale medico, infermieristico, paramedico assunto a tempo determinato e interinale. È infatti a tutti noto il fatto che è sui precari che si regge il lavoro di interi reparti delle diverse strutture sanitarie calabresi. Senza di loro, il sistema sanitario calabrese potrebbe non garantire più i livelli essenziali di assistenza –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra denunciato;
   che cosa intenda fare, nei limiti della propria competenza, al finire di evitare il collasso del sistema sanitario calabrese, alla luce della scadenza dei contratti di circa 2000 operatori precari, essendo ormai evidente che in Calabria sta diventando sempre più complicato garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza. (4-17949)


   DI PIETRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti è l'unica associazione che, in forza del regio decreto n. 1789 del 29 luglio 1923 e del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 (Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1979 n. 62), essendo posta sotto la vigilanza del Governo (decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 1990 n. 134 in Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1990 n. 134), rappresenta tutti i ciechi e gli ipovedenti italiani, un universo di circa 1.800.000 persone, e non soltanto i propri iscritti. Inoltre, l'Unione è l'unica associazione che ha scelto di non limitare il proprio impegno al ruolo di rappresentanza e tutela, ma di estenderlo all'erogazione diretta di servizi ai ciechi e agli ipovedenti iscritti e non iscritti all'associazione;
   l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti è posta sotto il controllo della Corte dei conti che redige annualmente la relazione al Parlamento sulle attività dell'Unione. Detta Corte così si esprime nei confronti dell'organizzazione: «L'Unione ... anche nel periodo oggetto di referto si conferma ... punto di riferimento per i non vedenti anche considerato l'elevato numero di aderenti al sodalizio, continuando ad operare con convinzione e tenacia, anche in presenza di difficoltà oggettive»;
   la cecità rappresenta una minorazione gravissima i cui condizionamenti si sono accresciuti con l'avvento della civiltà delle immagini: le più recenti ricerche hanno confermato che l'83 per cento delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso il canale visivo, essa incide, quindi, non soltanto sulla mobilità della persona cieca ma su tutti gli aspetti della vita: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l'informazione, la cultura, la prevenzione della cecità, la riabilitazione, l'accesso ai beni culturali, alle attività sportive ed al tempo libero;
   tali condizionamenti richiedono l'erogazione di servizi specialistici che il settore pubblico non era e non è in grado di assicurare, motivo per il quale il legislatore ha scelto di concedere all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti con diverse leggi – nate anche in compensazione di specifici tributi soppressi il cui gettito aveva analoga destinazione – contributi finalizzati all'erogazione dei summenzionati servizi che vanno dal settore dell'integrazione scolastica, all'assistenza personale ai disabili visivi, dal settore della pensionistica alla produzione di pubblicazioni in Braille e in caratteri ingranditi diffuse gratuitamente, dal settore della formazione a quello della riabilitazione e della ricerca;
   l'articolo 4, comma 17, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto a decorrere dal 2012 una decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo compensativo annuo concesso all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, fissandolo in euro 65.828, costringendo l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ad interrompere l'erogazione di molti dei predetti servizi a solo danno dell'utenza rappresentata dai ciechi, dagli ipovedenti e dalle loro famiglie e a collocare temporaneamente il proprio personale in cassa integrazione con la prospettiva del licenziamento;
   l'articolo 4, comma 18, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto una ulteriore analoga decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo annuo concesso all'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.Ri.Fo.R.) ed all'Istituto europeo ricerca, formazione orientamento professionale (LE.R.F.O.P.), fissandolo in euro 291.142, costringendo anche in questo caso entrambi gli enti a sospendere di fatto la propria attività in favore dei disabili visivi –:
   quali iniziative intenda assumere volte a ripristinare nel loro importo originario i contributi di cui all'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, e all'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379. (4-17950)


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'adrenoleucodistrofia (ALD) è una malattia ereditaria a trasmissione sessuale dovuta alla mutazione di un gene posto sul cromosoma X, ABCD1, che codifica per un trasportatore di membrana perossisomiale. Un difetto metabolico nelle reazioni di ossidazione degli acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) porta al loro accumulo nel sangue e nei tessuti. La ALD è caratterizzata da progressiva demielinizzazione cerebrale e atrofia delle ghiandole surrenali che portano a un progressivo stato vegetativo –:
   quanti siano i casi diagnosticati nel nostro Paese;
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    b) sviluppare la ricerca in questo settore;
   quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, quali siano le relative tempistiche, i risultati raggiunti e l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17960)


   REGUZZONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'intolleranza ereditaria al fruttosio (IEF) è un errore metabolico di origine genetica, a trasmissione autosomica recessiva. La diffusione è ubiquitaria e casi di LEF sono stati riportati in Europa, America Settentrionale, India e Australia. Le persone con IEF presentano deficit dell'attività enzimatica della fruttoaldolasi B. L'enzima è espresso prevalentemente a livello epatico. Il gene che codifica la fruttoaldolasi B è localizzato nella regione 9q22.3. Il lavoro svolto presso il II policlinico di Napoli, CEINGE, ha mostrato che sono due mutazioni prevalenti in Italia, A149P e A174D, mentre altre mutazioni, quali MDdelta4, N334K e delta-6 e x6, sono meno frequenti. I genitori di un bambino affetto da IEF sono entrambi portatori sani del gene malato e il rischio di ricorrenza per ogni successiva gravidanza è del 25 per cento. I bambini e gli adulti affetti da IEF sono completamente sani e asintomatici, se non assumono alimenti contenenti fruttosio, saccarosio, sorbitolo o ogni altro glucide che nel loro metabolismo conduca al fruttosio come prodotto di derivazione. I primi sintomi compaiono con lo svezzamento; i bambini, infatti, sviluppano un tendenziale rifiuto della frutta e dei cibi dolci. Nei bambini non allattati al seno, ma alimentati con formulazioni contenenti fruttosio, i sintomi possono manifestarsi più precocemente con sequele gravissime fino all’exitus. Nei primi mesi di vita, i sintomi più frequenti sono: rifiuto dell'alimentazione, vomito e ritardo di crescita; altri segni meno frequenti, ma più specifici, sono l'ipoglicemia, lo shock e il danno epatico. I pazienti che continuano ad alimentarsi in modo scorretto possono presentare pallore, epatomegalia, episodi di emorragia gastrointestinale e/o cutanea, convulsioni, shock. Gli esami di laboratorio rilevano livelli ematici ridotti di proteine totali, fattori della coagulazione, fosforo, potassio, pH, bicarbonato e un aumento di transaminasi, bilirubina, acido urico e acido lattico. Si rileva inoltre anemia e trombocitopenia;
   con l'eliminazione del fruttosio dalla dieta, i sintomi regrediscono. Si ha notizia di pochi pazienti che seguono spontaneamente una dieta priva di fruttosio, individuati per caso in età adulta. La terapia consiste in una dieta il più possibile povera di fruttosio –:
   se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
    a) sostenere, anche attraverso deducibilità fiscale di particolari alimenti, i malati e le loro famiglie;
    b) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
    c) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
    d) sviluppare la ricerca di cure e terapie. (4-17970)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BOCCUZZI, ESPOSITO, PORTAS e ROSSOMANDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   FNAC è una catena francese di megastore di libri, musica, dvd e prodotti di tecnologia, presente in Italia con 8 negozi e un sito e-commerce, occupando circa 600 dipendenti;
   FNAC è una società del gruppo PPR, che detiene marchi quali Gucci, Yves Saint Laurent, Brioni, Boucheron, Puma e Bottega Veneta tra gli altri;
   la multinazionale ha chiuso il 2011 con 12,2 miliardi di euro di fatturato, 1,6 miliardi di euro di risultato operativo ricorrente e 1,1 miliardi di euro di utile netto;
   il 13 gennaio 2012 la sede centrale di FNAC annuncia con un comunicato stampa un'imponente ristrutturazione dell'azienda, delineando le iniziative di risparmio programmate per ciascun Paese in cui FNAC è presente. Al destino di FNAC Italia, il comunicato dedica una sola riga: «in Italia dove non sussistono più le condizioni per un'attività in proprio, la FNAC vaglierà tutte le possibili opzioni e prenderà una decisione entro l'anno»;
   al comunicato, non è seguita altra informazione –:
   quali iniziative si intendano assumere, valutando anche l'opportunità di aprire un tavolo istituzionale, dal momento che l'eventuale chiusura dei punti vendita è certamente un problema che va affrontato anche dal punto di vista sociale per il ruolo che questa azienda ha ricoperto negli anni nelle città italiane, rappresentando un polo culturale importante.
(3-02515)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ESPOSITO e BOCCUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Tekfor Italia, filiale italiana della omonima multinazionale con sede in Germania ha annunciato lo stato di crisi per i due stabilimenti di Avigliana e Villa Perosa entrambi in provincia di Torino, che attualmente occupano 920 dipendenti;
   la casa madre tedesca è attualmente commissariata dopo aver portato i libri in tribunale a causa di una grave crisi finanziaria e di liquidità;
    l'attuale proprietario del gruppo, il fondo Neumajer, ha messo in vendita l'intero gruppo che ha stabilimenti oltre che in Italia e Germania anche in Messico e Stati Uniti;
   in un recente incontro tra l'amministratore delegato della Neumajer con i lavoratori degli stabilimenti italiani lo stesso ha comunicato che, stante la situazione, l'azienda non è in grado di garantire il pagamento degli stipendi di dicembre 2012 e della tredicesima –:
   se non ritenga opportuno aprire urgentemente un «tavolo di crisi» presso il Ministero dello sviluppo economico, per cercare di evitare che la situazione descritta in premessa, possa precipitare colpendo duramente un territorio, quello della provincia di Torino, già molto provato dalla crisi industriale. (5-08069)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Sarubbi e altri n. 2-01680, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marchi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti e Carlucci n. 5-02437, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alessandri.
  L'interrogazione a risposta in Commissione Oliverio e Laratta n. 5-07439, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Braga.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Fiano n. 1-01140, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 685 del 13 settembre 2012.

   La Camera,
   premesso che:
    le mafie, giovandosi della crisi di liquidità dovuta alla negativa congiuntura economica, stanno sviluppando ancor più il proprio profilo criminale nelle realtà di tutto il Paese secondo una logica predatoria, come ben evidenziato nella relazione al Parlamento del 2011 dai servizi di sicurezza e informazione;
    soggetti e gruppi di matrice eversiva sfruttano il disagio sociale, conseguente alla crisi economica che sta investendo il nostro Paese, per innalzare il livello di scontro con le istituzioni, come, peraltro, dimostrato dall'attentato compiuto a Genova, nel mese di maggio 2012, ai danni dell'ingegner Roberto Adinolfi, dirigente Ansaldo, e dalle precedenti campagne di invio di pacchi e lettere bomba;
    centinaia di uomini sono impegnati quotidianamente in Val di Susa per assicurare la tutela dei cantieri finalizzati alla realizzazione di una linea ferroviaria di alta velocità sulla tratta Torino-Lione;
    migliaia di donne e uomini delle forze dell'ordine sono impegnati quotidianamente per garantire l'ordine pubblico nelle centinaia di manifestazioni di protesta o di disagio connesse alla crisi economica che si svolgono in tutta Italia, come, per esempio, nell'ultima manifestazione di lavoratori dell'Alcoa a Roma;
    migliaia di donne e uomini del soccorso pubblico sono quotidianamente impegnati nelle emergenze grandi e piccole del nostro Paese, con professionalità e abnegazione eccezionali ed in condizione di grandissime ristrettezze materiali;
    il blocco delle assunzioni previsto dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 determinerà una riduzione in tutti i Corpi dello Stato appartenenti ai comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
    nelle sole forze del comparto sicurezza questo significherà la diminuzione di oltre 18.000 unità nel triennio, con ricadute negative anche sull'innalzamento dell'età media delle donne e degli uomini delle forze dell'ordine;
    la lotta alle mafie, la garanzia dell'ordine pubblico, la capacità e la possibilità di intervento rapido per il soccorso pubblico e la promozione della legalità equivalgono ad un investimento per aumentare la competitività, la crescita e lo sviluppo economico del Paese, nonché la sicurezza dei cittadini, che è precondizione per il mantenimento della fiducia nelle istituzioni;
    i commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevedono per il triennio 2011-2013, rispettivamente, il divieto di superare il trattamento economico ordinariamente spettante per l'anno 2010, anche con riferimento all'assegno funzionale, al trattamento economico superiore correlato all'anzianità di servizio senza demerito, compresa quella nella qualifica o nel grado, agli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, previsti per il personale delle forze di polizia ed armate, e il congelamento degli effetti economici delle progressioni di carriere, dei meccanismi retributivi per classi e scatti e degli adeguamenti annuali per il personale dirigente delle forze di polizia e delle stesse Forze armate;
    il legislatore, tenendo conto della specificità del comparto della sicurezza e della difesa e del soccorso pubblico, in sede di conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, ha istituito, all'articolo 8, comma 11-bis, un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle forze di polizia e delle Forze armate, interessato alle disposizioni del blocco del trattamento economico di cui ai citati comma 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
    dopo ripetute manifestazioni sindacali, il legislatore ha previsto, con l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2011, n. 74, l'incremento del citato fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011-2012 e 2013, ed ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum, in favore del personale interessato alla corresponsione delle relative indennità, bloccate dall'articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge n. 78 del 2010;
    l'istituzione del citato fondo è finalizzata, come emerge anche dal dibattito parlamentare relativo ai due decreti-legge sopra richiamati e dagli impegni assunti dal Governo, ad assicurare al personale interessato una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all'applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai citati commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
    i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del sopra citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 e 2013;
    in merito, in sede di conversione del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, il legislatore, all'articolo 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze, ha previsto espressamente l'impiego delle risorse utilizzabili del fondo unico per la giustizia;
    nella versione originaria della legge di stabilità per il 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183) fu prevista l'abrogazione del trattamento economico accessorio per il personale della direzione investigativa antimafia;
    dopo una seria azione di protesta di detto personale, il Parlamento, mostrando di aver ben compreso i gravi effetti sulla funzionalità della struttura investigativa, accolse parzialmente le istanze del personale, non cancellando il trattamento accessorio, ma riducendo di circa il 65 per cento lo stanziamento per il 2012;
    in nessun altro contesto si è mai operato un taglio così forte sugli stipendi, tanto è vero che il personale in servizio presso gli uffici dei vari corpi di polizia continuano a percepire indennità specifiche in ragione dell'appartenenza ai medesimi uffici;
    in attuazione del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha previsto per il Ministero dell'interno una riduzione di spesa, per il 2013 e per gli anni successivi, di 131 milioni di euro, è stato inopinatamente disposto un ulteriore taglio al trattamento economico accessorio del personale della direzione investigativa antimafia, di circa 2 milioni di euro, nonostante la consistente decurtazione operata sullo stesso emolumento nel 2011;
    per fare ciò è stato necessario modificare la scheda del piano di formazione del relativo capitolo 2673 da «spesa obbligatoria», in quanto rientrante nella categoria dei redditi da lavoro dipendente, come correttamente riportato nella scheda del capitolo 2673 del 2012, a «spesa non obbligatoria»;
    successivamente, a seguito dell'interessamento del Ministro dell'interno, è stata reintegrata la somma di 2 milioni di euro, ma è stata mantenuta la dizione «onere giuridicamente non obbligatorio»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per reperire i fondi necessari a garantire l'assunzione di nuovo personale nei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico, sbloccando totalmente il limite previsto dal blocco del turn over al 20 per cento per il triennio 2012/2014;
   ad attribuire priorità all'utilizzo per il 2012 e il 2013 delle risorse disponibili sul fondo unico per la giustizia, per incrementare il fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, destinato alla corresponsione di assegni una tantum ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, al personale delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché ad avviare le procedure amministrativo-contabili per la corresponsione del medesimo assegno una tantum relativo all'anno 2012;
   a classificare il trattamento economico aggiuntivo per il personale della direzione investigativa antimafia nella sua formulazione originaria di «spesa avente carattere obbligatorio», trattandosi di redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente, e a reintegrare la somma destinata al pagamento dello stesso pari a quelle stanziate fino alla data del 31 dicembre 2011.
(1-01140)
(Nuova formulazione) «Fiano, Rosato, Arturo Mario Luigi Parisi, Naccarato, Bressa, Minniti, Villecco Calipari, Recchia, Touadi, Orlando, D'Alema, Tullo, Franceschini, Rossomando, Peluffo, Laganà Fortugno, Esposito, Garavini, Veltroni».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-16338 del 30 maggio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08070.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Zazzera e Di Giuseppe n. 4-17372 dell'8 agosto 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08063.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Rivolta e altri n. 7-00961 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 673 del 26 luglio 2012. Alla pagina 33305, prima colonna, dalla riga diciassettesima alla riga ventiduesima deve leggersi: “(7-00961) «Rivolta, Giulietti, Barbieri, De Biasi, Comaroli, Renato Farina, Levi, Caparini, Frassinetti, Mazzuca, Gianni, Coscia, Lainati, Granata, Enzo Carra, Grimoldi, Cavallotto, Goisis.»” e non “(7-00961) «Rivolta, Giulietti, Barbieri, De Biasi, Comaroli, Renato Farina, Levi, Caparini, Frassinetti, Mazzuca, Gianni, Coscia, Lainati, Granata, Enzo Carra, Grimoldi.»”, come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BITONCI. — Al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l’Antispila oinophylla, è una falena originaria del Nord America ed è descritta per la prima volta sulla rivista ZooKeys da un gruppo di ricerca internazionale al quale l'Italia partecipa con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige e con l'università di Padova;
   questa nuova specie di falena che sta infestando i vigneti del Padovano intaccando le foglie dell'uva, è stata scoperta nel 2007 a Trento, e successivamente nei vigneti del Nord Italia, a Trento, Belluno, Vicenza, Verona e Brescia, ma a detta del professor Mario Baldessari della Fondazione E. Mach-Istituto Agrario di S. Michele all'Adige che ha partecipato allo studio, potrebbe sconfinare ed interessare tutta Italia;
   per classificare questa specie, i ricercatori, coordinati da Erik van Nieukerken del centro della biodiversità dei Paesi Bassi (Ncb Naturalis), hanno sequenziato il dna della falena e studiato la sua morfologia. Caratterizzata da ali nere con macchie argentate, questa falena è molto piccola; ha un'apertura alare di circa 6 millimetri;
   si è verificato che la specie non è conosciuta nel resto d'Europa, ma proviene dal Nord America dove, quando è larva, si ciba di molte specie di uve selvatiche –:
   se il Governo sia a conoscenza della problematica e dell'eventuale incidenza sulla produzione di vino;
   se il Governo abbia intenzione di monitorare il fenomeno che potrebbe espandersi e interessare tutto il Paese.
(4-15078)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'opportunità di attivare un monitoraggio su una nuova specie di falena (Antispila oinophylla) che infesta i vigneti del nord-est d'Italia, preciso che si tratta di un microlepidottero (Lepidoptera: Heliozelidae) le cui larve si sviluppano a carico dell'apparato vegetativo della vite (scavando caratteristiche mine fogliari) e il cui areale di origine è il Nord America.
  La presenza di tale minatore è stata osservata per la prima volta in provincia di Trento nel 2007, ma solo lo scorso febbraio, a cura di un team internazionale di ricercatori, è stato possibile procedere alla sua descrizione, anche sulla base di materiale raccolto in Italia.
  A partire dal suo rinvenimento nei vigneti italiani, la specie è stata monitorata da enti di ricerca e dai servizi fitosanitari regionali competenti per territorio, al fine di studiarne la biologia e verificarne la diffusione e la dannosità.
  Sebbene la specie sia attualmente presente in aree viticole delle province di Belluno, Padova, Treviso, Verona, Vicenza, Pordenone e Trento (Valsugana) tuttavia, sulla base delle osservazioni condotte negli areali coinvolti, non sono stati rilevati danni significativi ai vigneti, né incidenze dirette sulla produzione.
  Infatti, solo alcune varietà di vite sono risultate moderatamente suscettibili, mentre, in talune aree, sono state registrate, localmente, infestazioni di maggiore entità dovute a Antispila oinophylla e ad altri minatori fogliari.
  Ciò premesso, fermo restando che sono in corso ulteriori studi per verificare l'attività di contenimento naturale operata da parassitoidi, nonché per valutare l'azione collaterale verso i minatori fogliari di trattamenti insetticidi abitualmente eseguiti nei vigneti per altre avversità, assicuro che l’Antispila oinophylla sarà oggetto di regolari monitoraggi da parte dei servizi fitosanitari regionali interessati dalla problematica.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   BOCCUZZI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   esiste un lungo elenco di marescialli, ufficiali, soldati semplici deceduti, colpiti da mesotelioma pleurico;
   il procuratore Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo, che raccoglie informazioni fra le centinaia di cartelle cliniche, in Piemonte e nel resto d'Italia;
   questa indagine riguarda gli uomini dell'esercito che prestavano servizio nei settori meccanizzati, che venivano a contatto con carri armati o mezzi corazzati dotati fino a poco tempo fa di rivestimenti di amianto o allestiti con componenti meccanici ricchi della fibra «killer», il cui contatto può aver provocato la malattia;
   a seguito del monitoraggio dell'Osservatorio regionale piemontese sull'amianto si è riscontrata un'incidenza anomala di mesotelioma tra i militari deceduti negli ultimi anni o tuttora sottoposti a cure intensive;
   i casi accertati sono a oggi 335;
   sono stati presi in esame due periodi, prima e dopo il 1970;
   analizzando i dati su base nazionale, è stata riconosciuta una certa correlazione tra l'attività svolta nell'esercito e l'insorgenza, dopo decenni della malattia;
   molti soggetti colpiti da mesotelioma hanno guidato a lungo i mezzi cingolati o hanno fatto parte degli equipaggi. Altri hanno effettuato interventi di manutenzione dei mezzi corazzati o manipolato l'attrezzatura destinata ai veicoli. In alcuni casi, anche la vernice conteneva miscele di amianto per proteggere i veicoli da influssi termici e acustici;
   ormai dal 1992 l'amianto è fuori legge, ma la procura torinese ha il timore che alcuni mezzi oggi contengano ancora fibre, nonostante l'avviata bonifica e la sostituzione dei veicoli obsoleti da parte dell'Esercito –:
   quali iniziative intenda assumere perché le strutture militari mettano in atto le prescrizioni necessarie affinché sia eliminato il rischio di venire a contatto con le particelle di amianto. (4-17031)

  Risposta. — L'amianto è stato utilizzato in diversi settori dell'industria – compresa la cantieristica navale civile e militare – almeno fino alla metà degli anni ottanta.
  I casi di neoformazioni a oggi registrati sono riconducibili al periodo antecedente la conoscenza della pericolosità di tale minerale, il cui utilizzo è stato vietato solo con la legge n. 257 del 1992, dopo esserne stata accertata la nocività per la salute dell'uomo.
  Prima di quella data, il suo impiego era addirittura prescritto obbligatoriamente, anche da varie convenzioni internazionali, come le Ilo (
International labour organization), in materia di tutela dei lavoratori e la Solas 74 (Safety of life at sea), in materia di sicurezza della navigazione, le quali prevedevano l'utilizzo dell'amianto per i vestiti degli operatori dello squadre antincendio o per la coibentazione dei quadri elettrici.
  Dopo l'entrata in vigore della richiamata legge, l'Esercito italiano ha intrapreso un'attività volta a determinare la presenza di amianto all'interno dei veicoli in dotazione, con particolare riferimento a quelli introdotti in servizio prima del 1992, da cui è emerso che solo in alcuni mezzi utilizzati dalla Forza armata erano presenti particolari rivestiti con fibre di tale minerale.
  In tale quadro, quindi, la Forza armata ha:
   avviano un'azione globale per procedere alla bonifica, tuttora in corso, di quei veicoli ove la presenza di amianto è circoscritta ad alcuni particolari minimali (dispositivo di evacuazione dei gas di scarico);
   decretato la sospensione dall'impiego, per vetustà e per inadeguatezza, di tutti i veicoli non più rispondenti alle proprie esigenze;
   disposto il ritiro temporaneo di alcuni veicoli – non sostituibili con mezzi di nuova tipologia per carenza di risorse – per l'avvio delle procedure di adeguamento alle normative vigenti (bonifica).
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da pochi giorni sono terminate le procedure di elezione della rappresentanza dei militari IX mandato, durate ben due mesi, con ampia partecipazione dei militari italiani nelle varie caserme, navi ed aeroporti;
   nonostante ci sia stato tale sentito coinvolgimento, a quanto consta all'interrogante, appena terminate le fasi elettive si è verificato il trasferimento del maresciallo Alfonso Lavignani della Marina militare, delegato categoria «b» della rappresentanza di base delle capitanerie di porto, avente come comandante corrispondente il direttore marittimo della Sicilia occidentale con sede a Palermo;
   tale trasferimento ha pregiudicato l'esercizio del mandato con la forzata decadenza del delegato –:
   se tale trasferimento sia stato concordato con l'organo di rappresentanza, ai sensi del comma 5 dell'articolo 83 del Testo unico delle disposizioni regolamentari;
   in caso affermativo, se i termini della richiesta siano stati chiari e se sia stata altrettanto chiara la risposta del consiglio di base a cui il militare apparteneva riguardo alla decadenza dalla carica;
   quali siano le motivate necessità dell'amministrazione militare, tali da prevalere su una precisa volontà del personale che, democraticamente, ha dato la fiducia al militare trasferito;
   se viceversa non si potesse lasciare il delegato nell'area di competenza del Co.Ba.R., anche in posizione di eccedenza gabellare, al fine di consentirgli il normale espletamento del mandato. (4-17249)

  Risposta. — Preciso, in premessa, che il processo decisionale conclusosi con il trasferimento del Maresciallo della Marina militare citato nell'atto in esame era iniziato nell'anno 2011 quando, nel corso della procedura riguardante la pianificazione d'impiego sottufficiali e truppa per l'anno 2012, l'interessato era stato pianificato per l'impiego fuori area, alla scadenza del normale ciclo d'impiego, in aderenza ai criteri d'impiego del personale stabiliti dalla Forza armata.
  Nel merito, evidenzio che l'iniziale ordine di trasferimento per la sede di Augusta-terra era stato emesso in data 14 maggio 2012, in accoglimento di un'istanza dello stesso interessato in data 27 aprile 2012, motivata da problematiche familiari, quindi in un periodo antecedente alle operazioni di voto per l'elezione della rappresentanza di base (effettuate il 23 maggio 2012). Tale trasferimento sarebbe diventato esecutivo in data 25 giugno 2012.
  Ciò posto, quando l'avvenuta elezione è stata comunicata in data 31 maggio 2012 al competente ufficio del personale della Manina militare, gli effetti dell'ordine di trasferimento in parola sono stati prontamente sospesi (con messaggio in data 11 giugno 2012) e la pianificazione del trasferimento procrastinata, al terzo trimestre 2012, in attesa d'indicazioni da parte dell'organo di rappresentanza, interessato dalla Capitaneria di porto Empedocle, ai sensi dell'articolo 1480 del Codice dell'ordinamento militare (Com) e dell'articolo 883 del Testo unico dell'ordinamento militare (Tuom).
  In data 13 luglio 2012, il Cobar n. 9, riunitosi pressa la Direzione marittima di Palermo, secondo le norme in materia di rappresentanza, ha deliberato che, «in caso di trasferimento esecutivo» il sottufficiale sarebbe stato «sostituito con il primo dei non eletti di categoria, come previsto dalle norme in vigore», senza peraltro evidenziare eventuali motivi ostativi al trasferimento in altra sede.
  Acquisito tale parere non ostativo, in data 19 luglio 2012 è stato, infine, emanato il definitivo ordine di trasferimento, esecutivo dal 23 luglio 2012, dal Compartimento marittimo di Porto Empedocle al Centro Periferico telecomunicazioni di augusta.
  Avuto riguardo, invece, alle «motivate necessità dell'amministrazione militare, tali da prevalere su una precisa volontà del personale che, democraticamente, ha dato la fiducia al militare trasferito», si rappresenta che la sede di Porto Empedocle è considerata «critica».
  Ciò in quanto, a fronte delle limitate posizioni tabellari utili all'impiego, sono pendenti numerose istanze di militari che aspirano a un impiego in tale sede, compresi coloro che hanno titolo ai benefici di cui alla legge n. 104 del 1992, per l'assistenza ai familiari «diversamente abili». Da qui la necessità di una periodica rotazione negli incarichi.

  Con riferimento, infine, alla possibilità di «lasciare il delegato nell'area di competenza del Cobar, anche in posizione di eccedenza tabellare», si precisa che l'impiego nella posizione di «eccedente tabella» è previsto esclusivamente per la fase di passaggio di consegne/assunzione d'incarico tra personale uscente e personale subentrante e, comunque, per il solo tempo strettamente necessario alla svolgimento delle attività correlate.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   DIVELLA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 dicembre 2009 l'UNIRE ha reso noto il calendario corse per l'anno 2010 nel quale si nota un taglio rilevante in molti ippodromi, tutti localizzati al sud, tra cui emerge quello di Foggia («Ippodromo dei Sauri») in cui le cosiddette «riunioni ordinarie» si sono ridotte di 12 rispetto all'anno precedente (–37 per cento);
   in parecchi casi si sono poste le basi per una pesante riduzione dei mesi di apertura degli ippodromi cancellando tutte le riunioni tra ottobre e dicembre senza che ciò sia compensato da un consistente aumento delle riunioni previste in inverno, con ciò profilando il rischio fallimento per gli ippodromi più penalizzati;
   gli ippodromi in cui si registrano i tagli maggiori sono proprio quelli che, nel recente passato, avevano fatto i maggiori sforzi per migliorare la loro redditività e che ora, invece di essere premiati, vengono penalizzati;
   il Ministro interrogato ha emanato, nel luglio 2009, una direttiva che prevedeva di ridurre il numero delle corse nella sola misura del 30 per cento e in ogni caso con una spalmatura nell'arco di tre anni;
   l'eccessivo taglio delle corse negli ippodromi meridionali rappresenta un grave danno sul piano economico perché le «riunioni ordinarie» sono tradizionalmente le più remunerative, mentre con il nuovo calendario il comparto – composto da scuderie, allenatori, fantini e personale vario – si troverà a lavorare essenzialmente con i soli incassi delle corse meno redditizie che si svolgono nei pomeriggi estivi e nelle mattine autunnali. Inoltre, presumibilmente, vi sarà un grave impatto sull'intero indotto che ruota intorno agli ippodromi nei territori di riferimento specie nelle aree meridionali;
   il taglio nelle «riunioni ordinarie» dimostra anche una scarsa attenzione per l'antica tradizione e i rilevanti risvolti culturali legati all'ippica meridionale –:
    se la riduzione delle giornate di corsa nel 2010 sia stata distribuita equamente sul territorio nazionale e se i criteri che l'hanno dettata siano giustificati da motivi tecnici trasparenti e oggettivi;
   se sia stato tenuto conto dei tagli già avvenuti nel 2009 e dei criteri dettati dal Ministro interrogato nel luglio 2009 in materia di programmazione fino al 2011;
   se, nello stilare il calendario delle corse per il 2010, siano state prese in considerazione le osservazioni pervenute da parte degli operatori del settore e delle loro associazioni di categoria;
   più in generale se, come disposto dal Ministro interrogato, l'UNIRE abbia attivato tutte le iniziative volte al risanamento dell'ippica italiana e, in caso di risposta positiva, in cosa esse consistano. (4-06092)

  Risposta. — In riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame, faccio presente che la riduzione delle giornate di corsa negli ippodromi per l'anno 2010 è stata disposta in linea con le direttive della mia Amministrazione che hanno previsto una diminuzione del 30 per cento in tre anni (10 per cento annuo).
  Più precisamente, nel 2009 sono state assegnate complessivamente 2.496 giornate (1.939 ordinarie + 557 differenziate) mentre, nel 2010, sono state assegnate 2.248 giornate, tutte ordinarie, per effetto dell'eliminazione delle giornate cosiddette, differenziate. Pertanto, la riduzione di 248 giornate operata nel 2010 è pari al 9,93 per cento.
  Riguardo l'assegnazione delle giornate di corsa ai singoli ippodromi evidenzio che si è provveduto suddividendo il territorio nazionale in «macroregioni» al fine, non solo, di assicurare un'equa distribuzione delle giornate, ma anche per evitare dannose concentrazioni in alcuni periodi e scarse opportunità in altri.
  Rispetto al 2009 è stato, inoltre, ulteriormente ridotto il numero degli ippodromi in attività nella stessa giornata.
  Evidenzio, infine, che per la stesura del calendario per l'anno 2010, l'Ente ha tenuto conto delle proposte e delle osservazioni richieste agli operatori mediante la pubblicazione, sul sito istituzionale, di una bozza di calendario oggetto, tra l'altro, di apposita riunione con gli ippodromi presso la sede dell'Unire.
  Rappresento, infine, che l'effettiva riduzione delle giornate assegnate all'ippodromo di Castelluccio dei Sauri, dal 2009 al 2010, è stata pari al 6,45 per cento a fronte di una riduzione media del 9,93 per cento.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   FEDRIGA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la pesca al tonno rosso rappresenta un segmento importante dell'attività ittica del nostro Paese, considerato che il mare Mediterraneo ospita una delle varietà più pregiate con esemplari molto quotati sui mercati di riferimento;
   il tonno rosso fa parte di quegli stock ittici oggetto di accordi internazionali volti a disciplinare le campagne di pesca attraverso piani pluriennali di ricostituzione della specie al fine di assicurare lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche;
   le raccomandazioni adottate dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico ICCAT, pienamente vincolanti per il nostro Paese ai sensi dell'articolo 216 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e i regolamenti comunitari stabiliscono i contingenti nazionali di catture di tonno rosso, ripartiti annualmente per il nostro Paese, con decreto del Ministro interrogato, tra i sistemi di pesca autorizzati;
   come evidenziato dagli addetti del settore, la complessità della normativa di riferimento dovuta all'esistenza di norme convenzionali, comunitarie e nazionali, unitamente alla gestione da parte di un organismo internazionale delle questioni legate alla pesca del tonno rosso, rendono difficoltoso l'accesso a dati e informazioni rilevanti per gli operatori, quali il numero dei natanti operanti nel Mediterraneo, gli attrezzi utilizzati, i quantitativi catturati, quelli inviati ai mercati per la vendita diretta o quelli destinati all'industria conserviera per la lavorazione e trasformazione;
   le suddette informazioni sono reperibili sui siti delle associazioni di categoria e su quello dell'ICCAT, in lingua inglese, mentre non si trovano pubblicate, e comunque non in evidenza, sui canali istituzionali quali il sito del Ministero, unico in grado di garantirne l'attendibilità e l'aggiornamento;
   l'Unione europea ha avviato due procedure di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto dell'obbligo di inviare alla Commissione i dati relativi alle catture, oltre che quelli relativi al controllo delle attività di pesca;
   la disponibilità di dati e informazioni da parte degli operatori del settore faciliterebbe la denuncia della pesca illegale da parte di quei pescatori che rispettano le regole e che non intendono contribuire a sottrarre fondi pubblici destinati alla pesca per il pagamento di sanzioni comunitarie –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritenga opportuno migliorare il sistema di comunicazione della direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura, struttura ministeriale preposta alla gestione delle campagne di pesca del tonno rosso, al fine di agevolare gli operatori del settore sia nelle attività di pesca che di controllo e denuncia delle pratiche illegali. (4-15998)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, vorrei anzitutto chiarire che nei confronti del nostro Paese non pende alcuna procedura di infrazione correlata al disatteso obbligo di comunicare alla Commissione europea i dati inerenti le catture del tonno rosso e i controlli delle attività di pesca.
  L'Italia, infatti, ha sempre puntualmente rispettato gli obblighi di cui alla normativa comunitaria e internazionale in materia di trasmissione e comunicazione dei dati relativi alla pesca della specie in parola. Nessun obbligo, invece, è sancito dalla richiamata normativa, in termini di pubblicità e pubblicazione dei dati, assolto, d'altro canto, dall'International commission for the conservation of atlantic tunas (Iccat) mediante il proprio sito istituzionale, tradotto nelle tre lingue previste, da cui è possibile consultare ed estrapolare i dati in questione.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   FUCCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Centro ricerche Bonomo (CRB), centro provinciale per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura con sede in Andria, fu costituito all'inizio degli anni Ottanta per iniziativa della provincia di Bari, in collaborazione con l'università del capoluogo pugliese;
   il CRB — dotato di autonomia scientifica, operativa e finanziaria — è stato realizzato per svolgere attività di ricerca applicata, trasferimento di tecnologie, formazione di personale e fornitura di servizi analitici per la certificazione nel settore agroalimentare, operando anche in collaborazione con altre istituzioni scientifiche pubbliche e private;
   nel concreto il CRB, nel territorio dell'attuale provincia di Barletta-Andria-Trani, opera quotidianamente nei seguenti settori: gestione post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli freschi; trasformazione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari; utilizzazione dei sottoprodotti, degli scarti di produzione e dei reflui delle aziende agroalimentari; controllo qualità; formazione ed aggiornamento di tecnici ed operatori del settore; determinazione di fitofarmaci in prodotti agricoli, terreni ed acque; determinazione di parametri nutrizionali; analisi microbiologiche;
   pochi giorni fa è giunto l'annuncio, da parte dei vertici, dell'imminente chiusura del CRB e del conseguente licenziamento di tutto il personale a causa delle difficoltà economiche ormai insostenibili dovute anzitutto al taglio, ormai in atto da due anni, delle risorse pubbliche che sarebbero necessarie per ovviare alla difficile situazione debitoria –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative di competenza, fermo restando il rispetto per la sfera d'azione propria delle province di Bari e di Barletta-Andria-Trani, intenda assumere in proposito nella consapevolezza che, soprattutto nel Mezzogiorno, l'agricoltura di qualità rimane un pilastro dell'economia italiana. (4-13677)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'imminente chiusura del Centro di ricerche bonomo (Crb) con sede in Andria, nonché il conseguente licenziamento del relativo personale a causa di difficoltà economiche, pur convenendo sulla gravità della problematica rappresentata devo, tuttavia, far presente che il predetto Centro non rientra tra gli enti vigilati dalla mia Amministrazione, ne tra quelli che comunque hanno in corso attività di ricerca finanziate dal Ministero.
  Pertanto, competenti a rispondere al riguardo sono esclusivamente le province interessate.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   GIRLANDA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati Istat del primo trimestre 2012 indicano un incremento positivo congiunturale del 4,9 per cento sul trimestre precedente del settore primario, con un +0,4 per cento incremento tendenziale;
   nel solo mese di aprile, secondo quanto riportato dai dati Ismea, i prezzi alla produzione di alcuni prodotti del settore primario si sono sensibilmente ridotti, tra cui l'olio d'oliva (–30 per cento), il riso (–26 per cento), il grano tenero (–15 per cento) e la frutta (–10 per cento);
   con riferimento particolare all'olio extravergine d'oliva il calo del prezzo alla produzione deriva dalla concorrenza sleale, dagli inganni e dalle frodi che colpiscono produttori e consumatori a causa della sofisticazione degli oli con sostanze come clorofilla e betacarotene, come testimoniato da una recente operazione dei Nas dei Carabinieri, che hanno svelato complicità con diversi oleifici sul territorio nazionale;
   nel 2012 i consumi di olio extravergine delle famiglie sono cresciuti del 4,2 per cento tuttavia, a fronte di una contrazione della produzione del nazionale del 6 per cento nell'ultima raccolta, i produttori italiani hanno risentito della riduzione dei ricavi, anche a seguito della massiccia importazione di olio d'oliva straniero, che ha raggiunto il massimo storico di 584 mila tonnellate, superando la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483 mila tonnellate, tali da sommergere la produzione nazionale, essendo queste ultime quasi triplicate negli ultimi vent'anni;
   la maggioranza delle bottiglie d'olio d'oliva provengono dunque da olive straniere, senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, malgrado le disposizioni contenute nel regolamento comunitario numero 182 del 6 marzo 2009, tanto che si può registrare a tutt'oggi una mancanza di trasparenza, dal momento che in Italia quattro bottiglie su cinque contengono miscele di diversa origine, per le quali è difficoltosa se non impossibile la lettura della provenienza delle olive impiegate;
   l'Italia è il primo importatore mondiale d'olio, che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia ed il 7 per cento dalla Tunisia, le cui olive sono spesso mescolate a quelle nazionali e vendute con marchi italiani, riportando esternamente con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all'italianità, di carattere spesso ingannevole;
   la Coldiretti ha sottolineato più volte il rischio per la produzione di quella che è un'eccellenza italiana nel mondo, che vede un patrimonio ambientale di 250 milioni di piante, un fatturato di 2 miliardi di euro l'anno ed un impiego pari a circa 50 milioni di giornate lavorative, con ben 43 oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall'Unione europea –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendono attuare per venire incontro alle necessità del settore e della tutela dell'olio extravergine d'oliva italiano. (4-16534)

  Risposta. — In merito a quanto rappresentato nell'interrogazione in oggetto evidenzio che l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), in qualità di organo tecnico di controllo del mio Dicastero, ha il compito di prevenire e reprimere gli illeciti nei vari settori del comparto agroalimentare per tutelare i consumatori ed i produttori nazionali.
  Nell'attività ispettiva di controllo particolare attenzione è assicurata alle produzioni di qualità più rappresentative del «Made in Italy», tra cui anche l'olio d'oliva, al fine di garantire l'immagine dello stesso sui mercati nazionali ed internazionali. Per questo motivo sono state anche intraprese misure di collaborazione con l'Agenzia delle dogane e le capitanerie di porto, sia per migliorare l'attività di monitoraggio dei flussi d'introduzione dei prodotti agroalimentari provenienti da Paesi terzi che per evitare fraudolente commercializzazioni di alimenti falsamente dichiarati italiani.
  Sulla base dei criteri dell'analisi del rischio, così come previsti dal regolamento (CE) n. 882 del 2004, vengono scelti tutti gli operatori della filiera che l'Ispettorato sottopone a verifica, ovvero frantoi, commercianti di olio sfuso, confezionatori, esercizi commerciali ivi compresi gli esercizi di ristorazione.
  In particolare, detti accertamenti sono orientati alla verifica della congruità tra le olive lavorate e l'olio prodotto in relazione all'origine dichiarata; della regolarità dei processi produttivi adottati; delle caratteristiche merceologiche; della corrispondenza delle tipologie merceologiche degli oli detenuti con la relativa documentazione contabile; della congruità del prodotto in entrata ed in uscita in relazione all'origine della categoria merceologica dichiarata; degli adempimenti previsti dal decreto ministeriale 10 novembre 2009 ed in particolare la corretta tenuta del registro degli oli d'oliva di cui all'articolo 7 dello stesso decreto; della regolarità degli imballaggi in relazione alla capacità e al sistema di chiusura, nonché della conformità dei dispositivi di etichettatura adottati alle indicazioni obbligatorie e facoltative.
  Inoltre, per assicurare lo svolgimento di azioni congiunte fra le diverse strutture operanti in campo alimentare, presso l'Ispettorato è operativo il Comitato tecnico Ispettorato – altri Organi di controllo, che riunisce i rappresentanti del Comando Carabinieri salute (Nas), dei Nuclei di polizia tributaria della Guardia di Finanza, del Corpo forestale dello Stato, della Polizia di Stato, del Comando Carabinieri politiche agricole, del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, dell'Agenzia delle dogane e dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura.
 Tale Comitato è stato istituito proprio allo scopo di potenziare e rendere più efficaci, nei diversi settori agroalimentari, ivi compreso il settore oleario, le sinergie d'intervento delle diverse amministrazioni interessate ed evitare nel contempo inutili sovrapposizioni di controlli a carico degli stessi operatori.
  In tale ambito, vengono programmate azioni mirate di controllo a carattere straordinario, che si aggiungono all'attività istituzionale annuale dell'Ispettorato; queste particolari azioni si orientano verso alcuni segmenti della filiera oleicola che, per situazioni contingenti di mercato, possono essere a maggior rischio di frode.
  L'attività di controllo dell'Icqrf prevede anche accertamenti analitici su campioni prelevati al commercio e alla distribuzione. Questi vengono effettuati dall'Ispettorato avvalendosi di una propria rete qualificata di laboratori e comitati di assaggio che, nel caso degli oli d'oliva, proceda al controllo di tutti i parametri relativi alla genuinità ed alla qualità dei prodotti previsti dalla regolamentazione comunitaria.
  Per quanto concerne il controllo dei flussi di oli di oliva movimentati dai singoli operatori, in base al richiamato decreto ministeriale 10 novembre 2009, i frantoi, le imprese di condizionamento e i commercianti di olio sfuso sono obbligati alla tenuta di un registro per ogni stabilimento e deposito, nel quale sono annotati le produzioni, i movimenti e le lavorazioni dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine, indipendentemente se destinati al mercato nazionale od estero.
  Tale registro, per una tempestiva fruizione dei dati ivi contenuti da parte degli organismi di controllo, è tenuto secondo modalità telematiche messe a disposizione sul portale del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian). Il registro di cui trattasi, costituendo un sistema di tracciabilità omogeneo e puntuale della «filiera olio d'oliva», consente di monitorare le singole movimentazioni di ogni singolo stabilimento e di conoscere i nominativi con i relativi indirizzi dei soggetti, nazionali o esteri, che hanno fornito o acquistato una specifica partita di olio.
  Al fine di migliorare il sistema di tracciabilità delle olive utilizzate nella produzione degli oli vergini, nonché di tutte le tipologie degli oli vergini commercializzati sul territorio nazionale, compresi quelli utilizzati dalle raffinerie nella produzione degli oli di oliva e di sansa di oliva, è all'esame una modifica del decreto 10 novembre 2009 per estendere l'obbligo della tracciabilità sul portale Sian anche ad altre categorie di olio vergine (oggi escluse) prodotte e movimentate nel territorio nazionale (olio lampante e oli a dop/igp, nonché per ampliare la platea dei soggetti obbligati alla tenuta del suddetto registro telematico, quali i frantoi aziendali, i commercianti di olive da olio e le raffinerie che lavorano gli oli lampanti e producono olio di oliva o olio di sansa di oliva.
  La filiera «olio d'oliva», quindi, risulta essere oggetto di costante monitoraggio da parte dell'Icqrf senza che vengano operati criteri discriminatori tra il prodotto destinato al mercato nazionale e quello destinato al mercato comunitario che extra comunitario.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   GIULIETTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie apparse sulla stampa e confermate da più fonti, sembra che i velivoli AMX dislocati nell'ambito del contingente italiano nel teatro afghano stiano effettuando operazioni di bombardamento;
   lo schieramento dei velivoli AMX in Afghanistan fu vincolato dal Parlamento ad attività di aero-ricognizione e sorveglianza del territorio al fine di garantire maggiore sicurezza ai contingenti che operano a terra –:
   se quanto riportato dalla stampa corrisponda a verità;
   se, nell'eventualità in cui siano state effettuate operazioni di bombardamento, nell'ambito di quale missione o per quale tipologia di operazione si sia fatto ricorso all'intervento aereo;
   se il Ministro interrogato ritenga un siffatto uso della forza aerea coerente con quanto definito in Parlamento, tenuto conto di quanto segnalato in premessa e della necessità, secondo l'interrogante, di una apposite deliberazione parlamentare che autorizzi tali tipologie di interventi. (4-17110)

  Risposta. — L'impiego dei nostri contingenti nelle missioni internazionali è sempre stato e rimane conforme alle decisioni del Governo, sottoposte all'avallo del Parlamento.
  In continuità con gli Esecutivi precedenti, anche l'azione di questo Governo è improntata alla massima trasparenza, nel rispetto della necessità di tenere tempestivamente e costantemente informato il Parlamento.
  Questo è accaduto anche per la missione Isaf e, in particolare, per l'impiego degli aerei, e mi riferisco in questo caso agli AMX attualmente dislocati in Afghanistan.
  Al riguardo ricordo che, in concomitanza con la conversione del decreto 215 del 2011, il 18 gennaio scorso si è svolta l'audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa presso le Commissioni riunite e congiunte esteri e difesa di Camera e Senato, nel corso della quale è stato illustrato al Parlamento il quadro complessivo della situazione e delle prospettive delle principali missioni internazionali per il corrente anno.
  In quella occasione il Ministro Di Paola si è ampiamente soffermato sulla necessità di garantire il massimo livello possibile di sicurezza e protezione, in primis, per i nostri militari, ma anche per i contingenti alleati e per le Forze di sicurezza afghane. Ciò in relazione all'accresciuto rischio connesso con il progressivo avanzamento della transizione.
  Di conseguenza il Ministro ha fatto stato della necessità di poter far ricorso a tutti i nostri mezzi schierati in teatro, compresi gli aerei per il supporto tattico ravvicinato – gli AMX – al meglio delle relative capacità operative.
  Gli assetti aerei, e i nostri AMX fra questi, sono i soli che possono garantire i requisiti di rapidità di intervento, efficacia e precisione che si rendono indispensabili in determinate situazioni operative.
  Non sono infrequenti i casi di azioni ostili improvvise, portate anche con armi pesanti dagli insurgents contro gruppi tattici Nato e afghani che operano isolati sul terreno, spesso a distanze considerevoli dalle basi – e quindi con inaccettabili ritardi d'intervento per le truppe che si muovono via terra – o contro i siti avanzati per il controllo del territorio o, ancora, contro le strutture per l'addestramento delle Forze di sicurezza afghane.
  In caso di attacco è indispensabile, proprio per tutelare le vite dei nostri militari, poter contare su tutte le capacità potenzialmente disponibili per ingaggiare direttamente – reagendo nel minor tempo possibile, con precisione ed efficacia – le sorgenti di fuoco e indirettamente – ma con effetti altrettanto determinati – i supporti operativi per le comunicazioni e le informazioni degli insurgents.
  Si tratta di interventi puntiformi.
  È questa la tipologia di impiego dei nostri assetti aerei, come chiaramente illustrato dal Ministro della difesa Giampaolo Di Paola alle competenti commissioni parlamentari.
  L'impiego dei nostri aerei si basa su esigenze e presupposti operativi che rimangono cardini consolidati della missione della Nato; non vi è alcun cambiamento rispetto ad essi, ma risponde all'esigenza di massima efficacia e flessibilità che deve connotare ogni operazione militare per far fronte anche ai rischi meno prevedibili e alle possibili situazioni di emergenza.
  Per l'Italia, che è la nazione leader della Regione ovest ed uno dei maggiori contributori di Isaf, sarebbe improponibile dover contare solo sul supporto aereo degli altri Paesi, soprattutto nel caso in cui un nostro gruppo tattico o un nostra base venissero a trovarsi sotto attacco.
  Contribuire con nostri assetti alla capacità di supporto aereo di Isaf significa, innanzitutto, poter contare sulla disponibilità immediata e diretta di nostri aerei per le esigenze di protezione dei nostri contingenti, ma anche sul supporto dei nostri partner, ovviamente su base di reciprocità, secondo i concetti di impiego integrato delle risorse operative applicati in ambito Nato.
  L'utilizzo degli AMX avviene, come per tutti gli assetti dislocati in teatro, nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e delle regole d'ingaggio (rules of engagement – roe) della missione Isaf, approvate da tutti i Paesi partecipanti e applicate uniformemente e coerentemente dalle rispettive forze militari.
  Esse sono vincolate ai princìpi del diritto internazionale, pattizio e convenzionale, con particolare riguardo al diritto umanitario e sono appositamente studiate per prevenire al massimo il rischio di danni collaterali.
  A valle di queste considerazioni, faccio presente che dal febbraio 2012 i velivoli AMX italiani rischierati ad Herat hanno effettuato, senza causare danni collaterali, interventi a supporto di alcune unità nazionali fatte oggetto di attacco da parte degli insorti e di neutralizzazione degli apparati di comunicazione utilizzati dagli insorti stessi nell'ambito di tali attacchi.

  In sintesi:
   la missione Isaf opera in applicazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite per la sicurezza e l'assistenza all'Afghanistan;
   l'Italia partecipa alla missione nel pieno rispetto del dettato integrale, sottolineo integrale, dell'articolo 11 della Costituzione;
   le modalità di impiego dei nostri contingenti e dei mezzi, compresi quelli aerei, sono pienamente coerenti con le finalità della missione, così come condiviso in ambito Nato, e avvengono nel pieno rispetto delle regole di ingaggio, ovvero del diritto internazionale, e secondo criteri di necessità e proporzionalità nell'uso controllato della forza;
   in questa missione, come in tutte, la tutela della sicurezza dei nostri contingenti è assolutamente prioritaria e il nostro senso di responsabilità ci impone di prevedere l'impiego al meglio di tutte le capacità operative disponibili per la loro difesa. Se così non fosse, non ci sarebbero scuse plausibili, di fronte ad una eventualità tragica che facesse sorgere il dubbio di non aver fatto tutto il possibile.

  Non mi resta, per concludere, che citare testualmente la dichiarazione di un onorevole dell'Italia dei Valori che, come riportato dal resoconto stenografico della Camera della seduta di martedì 28 luglio 2009, dichiarò: «siamo assolutamente favorevoli a che i nostri soldati siano muniti dal punto di vista della dotazione dei mezzi (anche aerei), dal punto di vista della strumentazione logistica e dal punto di vista economico di tutto ciò che li possa mettere nelle migliori e più efficienti condizioni di sicurezza. Questo è qualcosa che noi crediamo doveroso nell'interesse del Paese, dei nostri militari e delle loro famiglie».
  E questa è, esattamente, la linea del Governo che il Ministro della difesa Giampaolo di Paola ha doverosamente portato all'attenzione del Parlamento.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   JANNONE. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   un patto d'intesa, firmato nei giorni scorsi a Roma da Enea (l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), per coinvolgere il sistema agricolo e agroalimentare verso la produzione e l'utilizzo di energia pulita. Implementando le tecnologie per l'accumulo energetico e intervenendo su processi produttivi e risorse agricole. «L'agricoltura», afferma Carlo Alberto Campiotti, responsabile del servizio agricoltura dell'unità efficienza energetica dell'Enea, «per quello che riguarda le rinnovabili è un settore pieno di potenzialità. Non solo per il risparmio, ma anche per la produzione vera e propria dell'energia». «In Italia», prosegue Campiotti, «questa è la prima volta che si tenta uno sviluppo sostenibile del settore agricolo in maniera totale. Con azioni pratiche che mirano alla riduzione delle emissioni e a valorizzare le fonti agro-energetiche». Uno sviluppo che passa dal recupero energetico dei residui zootecnici e vegetali, ma anche dalla diversificazione e dalla tracciabilità dei prodotti agroalimentari. E, tra i passi più importanti, la produzione di biogas. «In futuro», sottolinea Giuseppe Alonzo, commissario del Cra, «l'uso delle biomasse a fini energetici è il settore strategico su cui concentrare le attività di ricerca e sviluppo tecnologico. Il biogas agricolo, infatti, rappresenta per l'agricoltura la più grande opportunità di sostenibilità energetica ed economica. Ed è per questo motivo», afferma il professore, «che è necessario aiutare le aziende troppo piccole ad affrontare al meglio il mercato energetico. Incentivandone l'unione, ai fini di costruire impianti comuni per la produzione di metano»;
   in più, a condurre le aziende agricole verso la trasformazione verde, non solo la produzione di biogas, ma anche l'introduzione di nuove certificazioni per semplificare l'accesso agli incentivi. «Sono molti i punti», puntualizza il responsabile di Enea, «su cui si dovrà intervenire per migliorare l'efficienza energetica del settore. Facilitando i protagonisti a investire in risparmio e innovazione». Tra gli aiuti, l'utilizzo per la prima volta nel settore dei cosiddetti certificati bianchi. Titoli d'efficienza energetica un tempo all'appannaggio esclusivo di industria ed edilizia. «Stiamo preparando», conclude Campiotti, «schede tecniche specifiche per il settore agricolo. In particolare, per l'uso della biomassa solida nel riscaldamento delle serre, per l'uso di biogas nelle imprese agricole, per la riduzione di energia nell'irrigazione e per l'impiego della bioplastica e dell'agricoltura organica». A tracciare la strada da seguire per ottenere i certificati bianchi, il primo prototipo di impresa agricola totalmente sostenibile. «Come esempio per le altre aziende», anticipa Alonzo, «abbiamo scelto un'impresa zootecnica di Monterotondo, in provincia di Roma. Si tratta di un allevamento di bovini già molto avanti sul fronte della sostenibilità. Un circolo quasi chiuso, visto che produce già in loco tutto il mangime necessario e utilizza gli escrementi per la produzione di biogas. E che presto verrà dotata di impianti fotovoltaici sui tetti delle stalle e di sistemi per il riciclo dell'acqua sanitaria. Infine», conclude il Commissario del Cra, «per renderla completamente a zero emissioni anche la possibilità di limitare l'anidride carbonica prodotta dalle coltivazioni. Per questo, stiamo inserendo nel suolo del biochar (carbone vegetale per arricchire i suoli, ndr), materiale che trattiene la CO2»;
   centrale, del resto, il dibattito oramai aperto in tutto l'emisfero per l'utilizzo e lo sfruttamento delle energie naturali all'interno dell'agricoltura. Tra i più recenti appuntamenti, le tre giorni svedese che si è svolta dal 29 al 31 maggio a Jönköping per la sesta edizione del World Bioenergy. Dove, fra escursioni nei campi e sessioni tematiche, si potranno vedere a 360 gradi tutti i possibili utilizzi delle biomasse. Anche grazie a uno dei maggiori eventi mondiali sul tema, il World Pellets 2012. Oppure, per seguire l'esempio delle campagne olandesi e scoprire come far fruttare al meglio l'utilizzo di biomasse, una buona occasione è non perdere ad Amsterdam (28-29 novembre) la seconda edizione di bioenergy commodity, una serie di eventi e conferenze per collocare in maniera redditizia l'energia verde sul mercato –:
   quali interventi i Ministri intendano adottare, al fine di incentivare il completo sviluppo sostenibile delle attività relative al comparto agricolo in Italia. (4-16420)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente gli interventi da adottare per incentivare il completo sviluppo sostenibile del comparto agricolo italiano, evidenzio che il decreto legislativo n. 28 del 2011 ha già promosso e sostenuto diverse tipologie di sostegno rivolte, in particolare, al sistema agricolo ed agroalimentare nazionale, con l'obiettivo di stimolare la produzione e l'utilizzo dell'energia da sottoprodotti agricoli e biomasse di provenienza agricola.
  In particolare, l'articolo 24 della predetta norma, ha definito diverse premialità per gli impianti di produzione di energia elettrica di piccola taglia alimentati a biomasse, che favoriscono percorsi virtuosi sostenibili nella filiera agroalimentare. Tale disposizione contempla, inoltre, l'emanazione del decreto interministeriale per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche (attualmente all'esame della conferenza Stato-regioni) in cui, tra l'altro, vengono stabilite, in modo puntuale, le modalità di accesso alle incentivazioni ivi disciplinate per l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti negli impianti in grado anche di contenere e ridurre l'azoto prodotto da effluenti zootecnici.
  Analogo sostegno è previsto dagli articoli 21 e 28 del citato decreto legislativo per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, per interventi di alta efficienza energetica, nonché per l'immissione del biometano in rete (in questo caso, tramite l'obbligo di sostituzione di caldaie a biomasse e/o gasolio obsolete, potenzialmente inquinanti).
  Evidenzio infine che, in virtù di quanto previsto dall'articolo 29 del suddetto decreto (ove sono stabilite le modalità per la elaborazione, a cura dell'Enea, di 15 schede tecniche specifiche ai fini dell'accesso al meccanismo di incentivazione dei certificati bianchi) è stato costituito un tavolo di coordinamento tra il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e l'Enea, come previsto dall'accordo di collaborazione siglato recentemente tra i due enti, per la predisposizione, per la prima volta, di una scheda specifica per agricoltura e, in particolare, per l'uso della biomassa solida nel riscaldamento delle serre e del biogas nelle imprese agricole.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   MESSINA, DI GIUSEPPE e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   tra il 1947 e il 1950 in Italia sono state costituite le Associazioni provinciali allevatori e tra esse l'Associazione italiana allevatori, tutti organismi con personalità giuridica riconosciuta, per sviluppare e migliorare il sistema zootecnico nazionale. Nello stesso periodo si costituivano in Sicilia a somiglianza del progetto organizzativo nazionale i consorzi provinciali allevatori (uno per ciascuna provincia) i quali si riunivano, stante la particolare natura autonoma della regione Siciliana, in associazione regionale dei consorzi provinciali allevatori per meglio intrattenere rapporti con l'ente regione e organizzare servizi tecnici agli allevatori siciliani;
   anche i consorzi e l'Associazione regionale allevatori della Sicilia (ARAS) nel 1952 ebbero riconosciuta dalla regione la personalità giuridica. L'associazione si fortificò, si accreditò presso gli allevatori, presso gli organi della regione ed anche nei consessi nazionali dell'Associazione italiana allevatori finché nel 1964 l'associazione programmò la prima importante basilare iniziativa per la zootecnia siciliana in forza di sopravvenute leggi nazionali: richiese alla regione, con un apposito programma di organizzazione e di spesa, l'affidamento della tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali in Sicilia curati, fino a quel momento dai servizi zootecnici degli ispettorati provinciali dell'agricoltura. La regione, assessorato agricoltura e foreste, approvò il programma di spesa (67,000,000 milioni di lire) per tutta la regione e affidò i libri genealogici e i controlli funzionali all'Associazione regionale allevatori trasferendoli dagli ispettorati;
   questa attività a tutt'oggi fa registrare all'ARAS oltre 200.000 capi per diverse specie e razze in selezione in Sicilia in oltre 2.000 aziende in gran parte bene organizzate che si sono sviluppate nell'applicazione delle migliori tecniche di allevamento e di produzione con stalle adeguate e produzioni di qualità. Il patrimonio zootecnico così selezionato per quanto riguarda il bestiame nella media ha un valore del 30 per cento in più del prezzo di mercato di bestiame non selezionato e le produzioni controllate attraverso un sistema che comprende anche analisi di qualità del prodotto ha certamente un valore di mercato superiore a quello privo di controlli. La selezione del bestiame, che consente di seguire genealogicamente il bestiame controllato, costituisce il filo zoo-economico che colloca la zootecnia siciliana nel contesto di quella nazionale ed europea con i relativi riconoscimenti ivi compresi gli interventi comunitari a sostegno delle produzioni;
   il suddetto controllo delle produzione nelle aziende (effettuato mese per mese dai controllori zootecnici Aras) è un'attività che non può trovare sospensione, in quanto si disperderebbe e annullerebbe il lavoro eseguito (genealogia degli animali in produzione). Pertanto è preciso impegno dell'associazione degli allevatori e responsabilità della pubblica amministrazione assicurare la continuità e il funzionamento di tale attività per non minare alla base la zootecnia siciliana che già per altro sopporta crisi del mercato e della mancanza di organici interagenti a sostegno del settore;
   oltre alla attività di cui sopra l'associazione sin dagli anni sessanta ha attuato altre iniziative per promuovere in Sicilia lo sviluppo della zootecnia, quali ad esempio: diffusione e impiego dei mangimi per gli animali per incrementare le produzioni; organizzazione della raccolta del latte mediante l'introduzione di vasche refrigeranti nelle aziende e autocisterne refrigerate per trasporto latte dalle aziende ai caseifici; sviluppo di mini caseifici aziendali; studio per la tipizzazione dei formaggi siciliani che ha portato ai riconoscimenti DOPC, DOP e altro nazionali e comunitari; assegnazione alle aziende di tori di razza pura per il miglioramento delle produzioni; promozione di prodotti con l'organizzazione e/o partecipazione a manifestazioni regionali, nazionali ed estere (oltre un centinaio l'anno fino al 2002); diffusione della pratica della fecondazione artificiale; introduzione nelle aziende dell'assistenza tecnica con agronomi specializzati e zooiatrica con veterinari (in gran parte professionisti convenzionati); l'istituzione di premi per i migliori capi in selezione per incoraggiare e stimolare gli allevatori nel proseguire sulle migliori linee di selezione; assistenza per agevolare agli allevatori nelle procedure per l'ottenimento dei contributi per il miglioramento delle strutture aziendali, per l'ottenimento dei premi comunitari alle produzioni; servizio per la marcatura del bestiame; servizio per il controllo delle mungitrici in azienda, per mascalcia, per il ritiro delle carcasse di animali da conferire ad appositi centri di smaltimento; promozione delle associazioni produttori per le diverse province; promozione dei consorzi tutela formaggi; avvio del progetto ETIAIA e ITALIAALLEVA per garantire la filiera carni e il rispetto delle normative di produzioni alimentari nelle aziende attraverso l'impiego di appositi manuali e tante altre forme di assistenza richieste dagli allevatori;
   l'attività ARAS ha interessato complessivamente oltre 5.000 aziende cui sono stati assicurate migliaia di sopralluoghi tecnici aziendali all'anno. Tutto ciò si è potuto attuare grazie al contributo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'assessorato regionale agricoltura e foreste ed al contributo pagato dagli associati per pareggiare la spesa tra il contributo pubblico e la spesa stessa. Purtroppo, fin dal 2006, la linea di contribuzione pubblica si è andata riducendo, da 12.500.000,00 euro dell'anno 2005 ai 6.500.000,00 euro dell'anno 2011, mentre l'ARAS ha continuato ad assicurare i servizi agli allevatori confidando che la riduzione di contributo fosse momentanea e che quindi per il breve periodo le risorse patrimoniali dei fondi dell'ARA consentissero di ripianare le differenze contributive dell'anno anche ricorrendo a moderati aumenti di quote per gli allevatori associati;
   purtroppo tale situazione di riduzione di contributi dal 2006 è andata aumentando per cui, al 2009, l'ARAS si è trovata ad aver utilizzato gli accantonamenti patrimoniali e quindi a cominciare ad avere delle perdite di bilancio oggi valutabili in circa 4.000.000,00 di euro per contributi non ricevuti;
   il 23 dicembre 2009 si è attivato il commissariamento dell'ente che a tutt'oggi è ancora in atto e non ha comunque ancora risolto la situazione delle annualità pregresse né ha formulato alcuna proposta di rilancio concreta;
   nella conferenza Stato-regioni del 27 luglio 2011 è stata sancita l'intesa sulla rimodulazione finanziaria (capitoli di bilancio previsione 2011 nn. 7637 e 7638) delle risorse destinate alle Associazioni allevatori, garantendo la disponibilità al sistema di 25 milioni di euro per l'anno 2011 e una compensazione delle regioni a statuto speciale con un'assegnazione di risorse PAR-FAS in misura corrispondente al depotenziamento conseguente la suddetta rimodulazione finanziaria. Il provvedimento ha temporaneamente alleviato la problematica, permettendo lo svolgimento di attività che, per la loro stessa natura, hanno però bisogno di una continuità e certezza a carattere pluriennale, nel medio-lungo termine;
   attualmente i lavoratori ARAS stanno rivendicando l'erogazione del proprio credito pari a cinque mensilità oltre ad altri accessori relativi agli anni 2009 e 2010;
   il sindacato Flai-CGIL lamenta inoltre una mancanza di chiarezza da parte della regione Sicilia nella gestione della vicenda dei lavoratori ARAS, considerato che non si è ancora pronunciata sull'ipotesi cassa integrazione ma ha comunque dimezzato il finanziamento regionale; il sindacato lamenta inoltre la necessità di ottenere contributi regionali in virtù del servizio pubblico reso dall'ARAS e al di fuori di quelli previsti dalla tabella B (ex tabella H) del bilancio regionale che stanzia contributi a fondo perduto per associazioni e fondazioni in maniera generica e senza particolari criteri di professionalità e utilità pubblica dei servizi resi dai soggetti destinatari;
   nella volontà di operare un rilancio, l'ARAS pone di poter contare sul contributo di 4.700.000 euro della regione (legge regionale 5 giugno 1989, articolo 6) in aggiunta ai 2.030.000,00 euro del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nonché euro 250.000,00 quale rifinanziamento dell'articolo 57 della legge regionale 1° settembre 2007 n. 33 per la marcatura del bestiame e il rifinanziamento della legge 5 ottobre 2010 n. 20, articolo 4 eliminazione delle carcasse animali euro 300.000. Ciò renderà possibile, tenuto conto di un totale contributo di 7.223.000 euro cui si aggiungerebbe la contribuzione dei soci preventivabile in euro 2.423.000 la formulazione di un programma di attività di servizi tecnici agli allevatori soci di 9.600.000 euro che consentirebbe all'ARAS di proseguire l'attività salvaguardando i posti di lavoro di 156 unità tecniche e amministrative (riducibili con la messa in mobilità di 7/10 unità prossime al pensionamento con una riduzione di spesa di almeno 400.000 euro anno);
   infine, circa il disavanzo di bilancio stimabile in 4.000.000,00 di euro, dal 2009 al 2011 determinato prevalentemente, come anzidetto, dalla riduzione dei contributi, di cui oltre euro 2.300.000,00 non liquidati dal Ministero nel 2011, occorre definire un piano di rientro ricorrendo in parte, per 1.000.000,00 di euro ad un contributo straordinario degli allevatori beneficiari dei servizi ed in parte dovrebbe essere compensato dalla regione quale contributo erogato in meno all'ARAS periodo 2009/2011. Ovviamente sulla base della nuova linea finanziaria programmata, per 9.600.000 euro, l'ARAS, con garanzia del mantenimento del personale addetto ai servizi di programma, dovrà provvedere a rivedere le linee organizzative delle attività, delle spese generali per ridurle in modo significativo oltre a ricorrere a linee contributive dei soci, ticket per almeno il 25 per cento della spesa, sui servizi che sono resi al fine di un pareggio del bilancio ARAS;
   i dipendenti ARAS, con decorrenza dal 1° maggio 2012, hanno sottoscritto l'accordo di cassa integrazione guadagni straordinaria prevista da decreto ministeriale 43900 del 18 luglio 2008 ma come comunicato dai sindacati il capitolo finanziario di riferimento si è esaurito con a marzo 2012 –:
   quali provvedimenti il Ministro abbia adottato o intende adottare per scongiurare la sicura interruzione del servizio pubblico per la tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali ufficiali;
   quali determinazioni il Ministro intenda prendere a seguito dell'intesa sancita nella conferenza Stato-regioni dove si è definito l'impegno a colmare il depotenziamento del finanziamento nazionale attraverso l'utilizzo dei fondi FAS;
   considerato che la crisi dell'Aras si riproduce similmente in altre regioni italiane, come ad esempio accade nelle ARA della Calabria e del Lazio, quali siano gli intendimenti del Governo in merito al sistema delle associazioni allevatori ed in particolare in merito al futuro dell'Aras, il cui smantellamento comporterebbe una sicura ricaduta negativa sullo sviluppo del settore zootecnico e sulla sicurezza alimentare oltreché al pregiudizio insanabile della perdita certa di n. 156 posti di lavoro. (4-16337)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame vorrei far presente che la mia amministrazione, al fine di mantenere una struttura unitaria del sistema delle associazioni allevatori sul territorio nazionale (presupposto fondamentale di competitività della zootecnica italiana) aveva già avanzato una proposta di rimodulazione finanziaria delle disponibilità recate dai capitoli 7637 e 7638 del proprio bilancio di previsione, risorse finalizzate all'attuazione delle funzioni amministrative trasferite alle regioni, destinate però alle sole Regioni a Statuto speciale.
  Tale proposta di rimodulazione (che avrebbe consentito di destinare la somma complessiva di euro 25 milioni alle attività di miglioramento genetico per tutte le Regioni), seppur approvata dal comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura nella seduta del 23 giugno 2011, non ha ottenuto il parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto non compatibile con la normativa di bilancio.
  Pertanto, a fronte di tale parere lo «schema d'intesa» è stato prontamente rimodulato, lasciando inalterata la dotazione finanziaria di ciascun capitolo, in modo da destinare alle attività di miglioramento genetico del bestiame tutti i fondi recati dal capitolo 7637 (pari a 9 milioni di euro) e parte dei fondi recati dal capitolo 7638 (nella misura di 16 milioni di euro) rientrando, tali attività, tra quelle trasferite alle Regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001.
  A seguito del parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, e acquisito un nuovo parere positivo dal comitato permanente agricoltura nella seduta del 21 luglio 2011, la suddetta proposta è stata quindi trasmessa alla Conferenza Stato Regioni che si è dichiarata favorevole. Pertanto, è stato ad essa inoltrato il programma annuale dei controlli funzionali concernente i criteri e gli indirizzi unitari in conformità all'articolo 2 della legge n. 280 del 1999.
  Detto programma, elaborato dalla mia amministrazione a seguito di numerose riunioni del comitato di monitoraggio ha previsto, per il 2011, la riorganizzazione del sistema degli allevatori, con l'attivazione di un sistema operativo regionale (cioè, basato su associazioni regionali di allevatori) a fronte delle associazioni provinciali. L'implementazione di tale sistema (che in alcune regioni è ancora in fase di realizzazione) consente una riduzione del costo dell'attività di un ulteriore 10 per cento rispetto all'anno precedente, con una spesa prevedibile di 69 milioni e un contributo massimo concedibile di 55,2 milioni.
  Il programma in parola, oltre ad indicare le «linee di indirizzo tecnico per la riorganizzazione dei sistemi dei controlli» (che consentiranno di mantenere dei buoni livelli qualitativi del servizio e, al contempo, di perseguire ulteriori economie), propone la ripartizione fra le regioni della disponibilità finanziaria di 25 milioni considerati nella succitata intesa.
  Il 22 settembre 2011 pertanto, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha sancito l'intesa sul programma dei controlli dell'attitudine produttiva per la produzione del latte e o della carne svolti dalle associazioni degli allevatori per ogni specie, razza o tipo genetico per l'anno 2011, ivi compresa la ripartizione dei 25 milioni per il miglioramento genetico. Con successivi provvedimenti si è poi provveduto al pagamento, a favore delle citate regioni, delle somme impegnate.
  Riguardo l'attività per l'anno 2012, abbiamo provveduto a predisporre una nuova proposta di programma in cui sono stati ridefiniti sia i parametri tecnici che economici utilizzando la metodologia e i criteri previsti dal «Manuale per il finanziamento dell'attività di tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali delle Associazioni Provinciali Allevatori», denominato «Manuale del Forfait».
  Le linee guida, rese operative a partire da quest'anno, hanno riguardato l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia dell'attività delle strutture periferiche tramite la regionalizzazione dei servizi, la multifunzionalità del dato di controllo funzionale, la qualificazione dell'attività, la riduzione dei costi della raccolta dei dati tramite l'introduzione dei controlli funzionali semplificati, l'utilizzo di tecnologie di campo innovative, la riorganizzazione dei laboratori di analisi, l'accentramento dei servizi comuni, l'utilizzo di nuove procedure informatiche e banche dati relazionali ed una maggiore e più responsabile partecipazione finanziaria degli allevatori al sistema.
  Il predetto programma, esaminato e condiviso, con modifiche, dal Comitato monitoraggio di cui al decreto ministeriale 23485 del 13 novembre 2006 è stato trasmesso alle regioni e alle associazioni degli allevatori per acquisire eventuali osservazioni, prima di sottoporlo alla conferenza Stato regioni per la prevista intesa.
  Il documento riporta, per province e per regione, la spesa ammessa e il relativo contributo nazionale per l'anno 2012 (pari, rispettivamente, ad euro 64.033.969 e ad euro 50.191.322,98) nonché gli indirizzi per l'elaborazione delle linee guida per la riorganizzazione del sistema della selezione animale.
  In particolare, la proposta di ripartizione prevede per la regione Sicilia una spesa ammessa pari ad euro 5.113.106,73 ed un contributo di euro 3.955.109,25. Di quest'ultimo importo il ministero potrà pagare (sulla base delle attuali disponibilità finanziarie e fermo restando l'acquisizione della predetta intesa da parte della conferenza Stato regioni) la somma di euro 2.032.268,96.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   MIGLIORI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   si è svolto a Pistoia un importante forum sul tema del vivaismo nell'epoca della globalizzazione dei mercati, al quale ha partecipato tra gli altri un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   a Pistoia si produce il 36 per cento della complessiva produzione vivaistica nazionale con quasi 10.000 addetti;
   in tale convegno si è particolarmente dibattuto il tema delle problematiche fisiosanitarie, mentre si è lamentata la scarsità di fondi statali per un effettivo sostegno al settore;
   il distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, stante la concorrenza globale sui mercati internazionali, richiede una opportuna presenza pistoiese al tavolo sul vivaismo di Bruxelles, dove sono rappresentati tutti i Paesi produttori dell'Unione europea –:
   quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare al distretto pistoiese una doverosa ed utile presenza in sede comunitaria, onde tutelare adeguatamente i legittimi interessi anche del vivaismo pistoiese in sede europea. (4-16892)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, sulla tutela in sede comunitaria del settore florovivaistico e, in particolare, del distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, vorrei anzitutto evidenziare che, da tempo, abbiamo intrapreso l’iter burocratico per portare all'attenzione dell'Unione europea le problematiche più urgenti del settore, volte alla tutela dell'intero settore (ivi compreso il predetto distretto).
  In particolare, in occasione della riunione comitato di gestione «Ortofrutta» presso la Commissione Ue, tenutasi nel maggio 2011, abbiamo portato all'attenzione dell'Unione europea le problematiche più urgenti del settore, rappresentando le principali criticità delle piccole e medie imprese (Pmi) nazionali che, probabilmente, si riflettono anche a livello delle aziende comunitarie. In tale contesto, è stato altresì presentato un quadro interpretativo dei dati Eurostat e delle tendenze del mercato per l’import e l’export.
  La documentazione presentata è stata predisposta a seguito dell'analisi dei dati forniti da Eurostat, nonché raccogliendo le osservazioni giunte dal tavolo di filiera, ove i rappresentanti hanno ribadito la necessità di portare all'attenzione della Commissione europea talune criticità. In particolare: l'insostenibilità della delocalizzazione per le aziende/operatori comunitari; la necessità di verifica dell'efficacia dei sistemi di controllo e di regole di produzione sul materiale importato dai Paesi terzi; l'adozione di standard certificati; fitofarmaci e qualità delle produzioni; inadeguatezza dei dati statistici e codici.
  In tale contesto, è stata altresì posta l'attenzione su ulteriori richieste italiane oggetto di discussione concernenti la salvaguardia del territorio e la biodiversità; la revisione delle politiche comunitarie che oggi prevedono facilitazioni e sostegni per le aziende che investono fuori dal mercato europeo; la regolamentazione dei flussi di import di fiori; l'armonizzazione e l'adeguamento dei Paesi terzi alla regolamentazione comunitaria per l'utilizzo dei fitofarmaci nonché alle normative agro-ambientali di riferimento; l'inserimento a pieno titolo del settore florovivaistico nell'ambito delle politiche della politica agricola comune post 2013; l'incentivazione all'accesso ai fondi comunitari per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione, compreso il settore della logistica e del risparmio energetico, specialmente per il settore della floricoltura e delle piante ornamentali.
  La Commissione ha mostrato la massima disponibilità a discutere le argomentazioni rappresentate dall'Italia.
  In proposito, faccio presente che il 7 giugno 2012 abbiamo avuto un incontro con il responsabile del competente ufficio della Commissione europea, coordinatore del Comitato di gestione dell'organizzazione comune di mercato ortofrutta.
  In tale contesto, oltre a presentare, in collaborazione con Ismea, l'aggiornamento del documento relativo alla situazione del settore florovivaistico in Europa, abbiamo affrontato una serie di problematiche che caratterizzano lo scenario europeo e internazionale al fine di mettere a punto proposte adeguate, congruenti con il quadro normativo e gli indirizzi dell'Unione europea.
  In particolare, è risultato di estrema urgenza per il comparto un aggiornamento dei dati Istat relativamente a superfici e produzioni. Infatti, le statistiche attuali del settore non consentono di distinguere in maniera esaustiva i diversi comparti del settore florovivaistico e di avere chiaro il quadro delle diverse categorie merceologiche.
  Dal canto nostro, ci siamo impegnati a fare fronte alle carenze evidenziate e a proporre la riorganizzazione delle categorie di cui sopra (argomento discusso anche nella riunione del tavolo di filiera florovivaistico del 16 luglio 2012), auspicando che trovino consenso da parte degli Stati membri e che possano essere quindi recepite ed implementate da parte di Eurostat.
  Riguardo alle problematiche fitosanitarie sul territorio nazionale evidenzio che, in collaborazione con il centro per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura sezione ricerca per la patologia vegetale, è in corso un progetto di ricerca, denominato Dife. Florviv, volto all'approvazione e o estensioni di impiego di principi attivi utilizzabili per la difesa delle colture florovivaistiche.
Tale progetto si è reso necessario anche a seguito della riduzione delle molecole utilizzabili in ambito comunitario e a causa dell'ingresso di patogeni nuovi per il territorio nazionale ove hanno avuto una proliferazione incontrollata per l'assenza di antagonisti naturali, provocando ingenti danni a numerose specie vegetali (come, per esempio, il punteruolo rosso nel caso delle palme).
  Ad ogni buon conto, allego il documento (disponibile presso il Servizio Assemblea) redatto in collaborazione con ISMEA, aggiornato a febbraio 2012, presentato in sede di comitato di gestione Ocm Ortofrutta.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   MURGIA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (Ce) n. 302 del 2009 ed il paragrafo 31 della raccomandazione ICCAT n. 10-04, prevedono che le unità da pesca non espressamente autorizzate, con permesso speciale, alla pesca del tonno rosso possono effettuare solo catture accessorie (by catch) di tale specie, non oltre il 5 per cento delle catture totali presenti a bordo in peso e/o numero di esemplari;
   con il regolamento (Ue) n. 44 del 2012 del Consiglio del 17 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea L25 del 27 gennaio 2012 è stato ripartito, tra le flotte degli Stati membri, il totale ammissibile di cattura (TAC) del tonno rosso assegnato all'Unione europea per l'annualità 2012, attribuendo all'Italia il massimale di 1.787,91 tonnellate;
   il decreto ministeriale 3 aprile 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 117 del 21 maggio 2012 reca per l'annualità 2012 la ripartizione tra i vari sistemi di pesca, del predetto massimale, la cosiddetta quota indivisa (UNCL), pari a 5 tonnellate con la costituzione di una quota di riserva pari a 53,64 tonnellate;
   con il provvedimento n. 10351 dell'11 aprile 2012 la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali si è riservata la facoltà di disporre l'interruzione immediata di qualsivoglia attività di pesca del tonno rosso, in caso di esaurimento del contingente di cattura ad essa assegnato;
   il decreto del 23 maggio 2012 della direzione generale della pesca del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali afferma che le catture accessorie di tonno rosso (by catch) avrebbero superato la soglia della quota non divisa (UNCL) fino a 23,74 tonnellate;
   tale decreto sospende per «motivi precauzionali» il prelievo accessorio (by catch) al fine di tutelare la risorsa stessa e di non incorrere in violazioni che possano comportare l'applicazione di misure sanzionatone da parte dei preposti organismi comunitari ed internazionali;
   tale decreto ministeriale determina un divieto immediato delle catture accessorie (by catch) di tonno rosso adducendo a motivazione lo sforamento di 18,74 tonnellate, pur con un avanzo di una quota di riserva da 53,64 tonnellate a 34,9 tonnellate;
   come indicato, ciascun pescatore professionista non poteva superiore 5 per cento del pescato per un totale di 750 chilogrammi all'anno fino all'adozione del decreto citato;
   un pescatore diportista sportivo può pescare un tonno al giorno per imbarcazione;
   se questa disposizione ministeriale non viene modificata e/o sospesa determinerà un danno incalcolabile alle marinerie di tutta la Sardegna e d'Italia con gravi ripercussioni in termini economici e quindi sociali per un comparto, come quello della pesca, in gravissime difficoltà anche per l'aggravio dei costi di gestione per il caro carburante;
   con questa disposizione si fa passare chiaramente per comportamento da sanzionare la cattura «accidentale» (quindi per sua natura inevitabile – salvo arresto delle attività con i sistemi di pesca interessati) di tonni rossi con conseguente mortificazione degli operatori che non solo non possono trasformare in reddito la cattura di uno o più esemplari, ma sono costretti a consegnare il pescato in capitaneria per la successiva devoluzione in beneficenza (come indica il decreto ministeriale del 23 maggio 2012);
   basterebbe ridurre la quota per la pesca sportiva, se si volesse davvero favorire la sopravvivenza della pesca professionale in un periodo di crisi conclamata –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione descritta in premessa;
   se non si ravveda la necessità di adottare iniziative urgenti per giungere alla sospensione del citato decreto, per evitare di mettere in ginocchio i pescatori del Sulcis e della Sardegna tutta. (4-16283)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la pesca del tonno rosso di cui al decreto ministeriale 3 aprile 2012 (Ripartizione della quota complessiva di cattura del tonno rosso per la campagna di pesca 2012) vorrei evidenziare che, a causa dell'esaurimento del relativo contingente di cattura assegnato all'Italia con apposito regolamento comunitario, si è reso necessario disporre l'interruzione immediata di qualsivoglia attività di pesca (bersaglio e/o accessoria) di tale specie.
  Preciso, inoltre, che una consistente parte della quota inizialmente assegnata alla pesca sportiva è stata destinata alla compensazione dello sforamento maturato dal sistema palangaro. Anche tale contingente, destinato ai pescatori sportivi, è ormai in via di esaurimento.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   PALAGIANO, DI PIETRO, DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il sistema delle «quote latte» – ossia il quantitativo massimo di latte, stabilito a livello comunitario nel 1980, producibile da un'azienda lattiero-casearia e allo sforamento del quale si determina una «multa» che i produttori devono pagare alla stessa Unione Europea – è controllato, in Italia, al Ministero delle politiche agricole e forestali;
   in particolare, la gestione ed il controllo dei dati da cui dipendono le «quote latte» (totale degli animali produttori di latte, aziende produttrici di latte, e altro) sono affidati, dallo stesso Ministero, all'Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, che amministra direttamente anche i 7 miliardi che lo stesso dicastero destina ai contributi all'agricoltura;
   molti sono i problemi che l'Italia sta affrontando, sin dalla metà degli anni novanta, in questo particolare settore, specie per i ritardi nei pagamenti delle multe di alcuni allevatori che hanno portato anche all'avvio di una procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese da parte dell'Unione europea;
   allo stato attuale, sono in corso indagini ed accertamenti volti a definire se nella gestione delle «quote latte» italiane sussista l'ipotesi di corruzione e bancarotta – al momento contro ignoti – relativamente a circa 350 milioni di euro che per una decina d'anni, tra la fine degli anni ’90 e il 2009 – come sancito dalle recenti condanne in due processi – non sarebbero stati versati all'Unione europea;
   per la definizione di queste particolari «quote» è fondamentale, in ogni caso, la registrazione in una banca dati nazionale degli animali e delle aziende nazionali in grado di produrre latte. Questo database, in Italia, è gestito dal SIN (Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura) di cui usufruisce la stessa Agea;
   da una recentissima inchiesta condotta dalla trasmissione Report su Rai 3 è emerso, però, che all'interno di questa banca dati vi sono molte incongruenze, tali da recare danni agli stessi allevatori, costretti a pagare multe per eccessi di produzione di latte calcolati su dati nazionali errati, che si ripercuotono anche sull'economia dell'Italia tutta;
   l'ammontare delle sanzioni sinora pagate all'Unione europea è, infatti, pari a 4,4 miliardi di euro e se ci fossero degli errori nella gestione del sistema informativo agricolo nazionale, alcuni di questi soldi potrebbero essere restituiti al nostro Paese;
   in particolare, dall'inchiesta di Report – trasmessa il 6 maggio 2012 – è emerso che all'interno del database degli animali produttori di latte si trovano schedati bovini – come gli Yak – che in realtà non producono latte o, cosa ancora più grave, sono state registrate aziende di produzione di latte che in realtà sono dismesse da anni;
   inoltre, all'intero di questo sistema informatico si troverebbero aziende che, non è chiaro per quale meccanismo, produrrebbero quintali di latte senza possedere alcun capo di bestiame;
   esistono, per di più, anche alcune aziende agricole registrate come «di montagna» che effettivamente hanno sede in altri luoghi ma usufruiscono del vantaggio di non dover rispettare le «quote latte» proprio perché situate in zone particolari come l'alta montagna;
   in generale il conteggio totale nazionale degli animali produttori di latte risulta impreciso. L'Agea nel 2008/2009 ha registrato, infatti, circa 1.600.000 vacche da latte, mentre dall'indagine dei Carabinieri condotta nel 2010, che ha comparato i dati dell'Agea con quelli forniti dall'Istituto Zooprofilattico di Teramo, che gestisce l'anagrafe bovina, per lo stesso anno ne sono state contate 1.400.000;
   a seguito di questa indagine il numero di vacche segnalate dall'Agea nel 2010 è sceso a 1.300.000 capi. Il segno, a parere dell'interrogante, è che i dati trasmessi all'Unione europea, sui quali vengono poi definite le «quote latte», non parrebbe attendibile;
   è evidente che, agli occhi dell'interrogante, allo stato attuale, manca in Italia un controllo certo sui capi di bestiame e sulle aziende agricole produttrici di latte e ciò compromette inevitabilmente l'intero settore produttivo, penalizzando, in particolare gli allevatori che, operando in regime di legalità e trasparenza, sono costretti spesso a pagare multe esorbitanti;
   dall'inchiesta condotta da Report è emerso, inoltre, attraverso il recupero di una corrispondenza risalente al 2007, che molti capi di bestiame restano registrati nel database dei produttori di latte anche dopo la loro morte;
   il compito di controllare che le aziende effettivamente esistano e producano latte è demandato all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e allo stesso Ministero, che però sembrerebbero non rilevare tali numerose anomalie;
   nel corso degli ultimi anni, sempre secondo quanto descritto dalla trasmissione di Rai Tre e da quanto emerso nella relazione dei Carabinieri avviata nel 2010 in relazione alla gestione delle «quote latte» in Italia, i ruoli apicali di Agea, SIN e Coanan (Consorzio anagrafe animale) sono stati ricoperti dalle stesse persone, tanto che il confine tra controllato e controllore appare sempre più sfuggente –:
   se sia a conoscenza della grave situazione messa in luce dalla trasmissione Report ed esposta in premessa circa l'apparente, ambigua gestione del sistema informativo agricolo nazionale, nonché i mancati controlli alle aziende irregolari, e se non intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per sanare una così grave anomalia che mette il nostro Paese in una situazione inaccettabile nei confronti della Comunità europea, e che soprattutto danneggia un settore importante come quello della produzione di latte in Italia, che sta affrontando, insieme a tutto il comparto agricolo nazionale, una profonda crisi. (4-16401)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, vorrei anzitutto evidenziare che la legge n. 119 del 2003 (sul riordino del regime quote latte), nel ribadire che gli adempimenti relativi al regime comunitario del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari sono di competenza delle regioni e delle province autonome (cui spettano anche le funzioni di controllo relative all'applicazione del regime stesso), ha specificato che ad Agenzia per le erogazioni in agricoltura compete unicamente la gestione della riserva nazionale, l'esecuzione del calcolo delle quantità e degli importi di cui all'articolo 9 e all'articolo 10, comma 8, nonché l'esecuzione delle comunicazioni di cui all'articolo 15 del regolamento (CE) n. 1392/2001.
  Nel corso degli ultimi anni si sono susseguite diverse commissioni per l'accertamento dello stato di commercializzazione del latte e dei prodotti lattieri da parte dei produttori e degli acquirenti.
  Secondo la relazione presentata il 20 marzo 2003 dalla commissione presieduta dal prefetto Mariani, i controlli eseguiti avevano consentito di certificare la potenzialità produttiva e la consistenza del patrimonio bovino da latte nazionale e, quindi, la compatibilità, in termini quantitativi, rispetto alla produzione dichiarata nella campagna di commercializzazione 2001-2002. Tale commissione aveva inoltre individuato metodologie di calcolo e controllo, poi recepite nella legge n. 119 del 2003.
  Successivamente, la commissione presieduta dal comandante dei Carabinieri delle politiche agricole, Alonzi, istituita il 25 giugno 2009, nella relazione conclusiva del 2010, ha affermato la correttezza del metodo di calcolo adottato da Agea per la rettifica delle produzioni individuali in base al raffronto tra il tenore di materia grassa di periodo (Tmgp) e il tenore di materia grassa di riferimento (Tmgr); la coerenza, con la normativa nazionale di riferimento, della modulistica e delle note esplicative predisposte da Agea per le dichiarazioni di fine periodo per il regime consegne; l'attendibilità e la correttezza dei calcoli applicati da Agea e che il «metodo di calcolo» utilizzato da Agea per effettuare le assegnazioni aggiuntive di cui alla legge n. 33 del 1999 è corretto e conforme all'attuale normativa in materia di quote latte (poiché tiene conto delle modifiche delle percentuali di rettifica introdotte dal Reg. CE n. 258/ 2009 a partire dal periodo 2009 2010).
  Dall'analisi del lavoro svolto dalla commissione si è avuta, in buona sostanza, la conferma che le amministrazioni competenti procedono nel percorso virtuoso di rigore e precisione nei controlli intrapreso a valle della riorganizzazione normativa del settore iniziato con la legge n. 5 del 1998 e compiuto mediante le leggi n. 119 del 2003 e n. 33 del 2009.
  Pertanto, considerato che lo stesso comando dei Carabinieri, in una nota resa alla Procura della Corte dei conti in merito all'interpretazione da dare alla propria relazione di approfondimento, ha sostenuto la necessità di ulteriori e approfonditi accertamenti prima di addivenire a considerazioni concludenti, nonché alla luce delle valutazioni di cui alla sentenza del Tar Lazio n. 6184 2011 (ove si afferma, tra l'altro, che «esiste una coerenza tra la BDN ed il SIAN di AGEA dovuta al fatto che le due banche dati “colloquiano” in modo costante in modo tale da garantire l'allineamento delle informazioni ivi contenute; ...che il patrimonio bovino nazionale, sulla base della produzione media di una mucca da latte, è coerente con l'intera produzione nazionale registrata nelle varie annate e, comunque, non è in grado di far emergere fattori di anomalia tali da mettere in discussione l'affidabilità dell'intero sistema delle “quote latte”;... che è risultato che i dati presenti nella banca dati del SIAN sono compatibili con le produzioni dichiarate nel tempo dagli agricoltori e che il patrimonio nazionale bovino, oltre ad essere coerente con gli elementi ricavabili dalla BDN, è altresì congruente e, comunque, non incompatibile con le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere»), ritengo che i dati sulla produzione lattiera degli ultimi anni e, conseguentemente, la legittimità dei provvedimenti di imputazione del prelievo adottati dall'amministrazione, non possano essere messi in dubbio.
  Colgo l'occasione, per evidenziare come la citata sentenza del Tar Lazio abbia anche rilevato che «con riferimento alla relazione del Comando Carabinieri e all'indagine sul tenore di materia grassa, il Collegio intende ribadire ancora una volta che tali risultanze (riguardanti l'attendibilità dei dati utilizzati nel tempo da AIMA) non sono in grado di scardinare l'intero sistema nazionale delle cosiddette “quote latte”... Ciò che si vuole ribadire è che, a fronte dei dubbi sull'attendibilità dei dati... rimane tuttavia il fatto che, nel tempo sono state introdotte, a livello normativo ed amministrativo... una serie di procedure il cui esito... ha, in sintesi, portato alla redazione di documentazione ufficiale, riversata nella banca dati di AGEA, la cui veridicità, come detto, non è stata ancora smentita dalle autorità (giudiziarie) preposte, dal che deriva che i dubbi sulla attendibilità di dati possono essere considerati indizi non qualificati che non consentono di mettere in discussione l'affidabilità dell'intero sistema nazionale delle cosiddette “quote latte”. Del resto, è sulla base della predetta documentazione ufficiale, basata peraltro su dati certificati dal produttore e dal primo acquirente e assoggettati al controllo delle regioni e province autonome, che è stato determinato il livello di produzione lattiera; dati che, fino ad oggi, come detto, non sono stati mai smentiti in via definitiva o, comunque, non sono mai stati confutati in modo tale da mettere in discussione l'intero sistema».
  Riguardo alla questione inerente l'età delle vacche conteggiate da Agea vorrei far presente che, come previsto dal decreto ministeriale 31 luglio 2003, i criteri per la determinazione del numero delle vacche che risultano iscritte nell'anagrafe bovina e i parametri per il corretto confronto con la produzione fatturata sono stati individuati dalla predetta commissione Mariani del 2002 che, avendo riscontrato una non completa affidabilità dell'anagrafe bovina, aveva previsto un limite «artificiale» all'età delle vacche, oltre il quale non risultava corretto considerarle ai fini della verifica di coerenza con il latte prodotto e fatturato.
  Successivamente, con decisione n. C(2006) 350 del 13 febbraio 2006, la Commissione europea ha sancito che «la base di dati italiana per i bovini è riconosciuta pienamente operativa a decorrere dal 1o aprile 2006».
  Con questo riconoscimento dell'anagrafe bovina, accompagnato dalle garanzie in materia di controlli all'uopo fornite dal Ministero della salute, è stata quindi sancita la piena valenza delle informazioni circa l'esistenza in vita delle vacche da latte, come registrate nell'anagrafe bovina stessa. Pertanto, nell'ambito del gruppo tecnico ristretto regioni/Agea, si è deciso di rimuovere il predetto limite «artificiale» a partire dalla campagna 2007/2008, momento in cui l'anagrafe bovina ha assunto valore certificatorio erga omnes.
  In ogni caso, a fronte dei dubbi sollevati circa l'effettività della produzione nazionale di latte, abbiamo ritenuto comunque doveroso attivare tutte le possibili verifiche e i concreti accertamenti sulle produzioni in atto, mediante la diffusione degli elenchi di tutte le aziende con produzione nel primo semestre della campagna in corso, corredata degli indicatori di rischio individuati nella «Relazione di approfondimento» del 2010 nonché della puntuale analisi sui capi da latte con età superiore a 10 anni.
  Tali elenchi sono stati trasmessi sia al comando Carabinieri politiche agricole, che alle competenti amministrazioni regionali, richiedendo espressamente la registrazione di eventuali accertamenti di rettifica delle dichiarazioni di consegna del latte in tempo utile per le elaborazioni di fine campagna, che sono utilizzate per la formale comunicazione alla Ue della produzione commercializzata.
  Tutte le amministrazioni regionali hanno confermato la correttezza delle dichiarazioni di produzione presentate sotto la propria giurisdizione, anche a seguito di una specifica valutazione, attraverso puntuali verifiche, sulle aziende con presenza di capi di età superiore ai 10 ed ai 15 anni.
  In proposito, tengo a precisare che Agea ha il compito di rendere disponibili le procedure del sistema informativo agricolo nazionale alle regioni e, quindi, di eseguire i calcoli informatici, mentre spetta poi alle regioni stesse l'applicazione dei provvedimenti; il tutto è registrato nel Sian, nella massima trasparenza.
  In questo ambito, Agea opera soltanto per rendere disponibili alle regioni le procedure informatiche necessarie all'applicazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 3, della legge n. 119 del 2003 che prevede la verifica «per ciascuna azienda, della coerenza del quantitativo di latte dichiarato con il numero di vacche da latte avvalendosi dell'anagrafe bovina».
  Con l'occasione, faccio altresì presente che il comando Carabinieri politiche agricole e alimentari, nell'ambito della lunga e costante collaborazione con Agea, ha da sempre la possibilità di accedere alle informazioni di dettaglio registrate nel Sian, incluse quelle relative al regime quote latte, che i funzionari di Agea non possono percepire contributi e che anche la ri-assegnazione delle quote revocate è ovviamente effettuata dalle regioni.
  Mi preme inoltre, evidenziare che la sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei conti ha depositato, il 13 febbraio 2012, una specifica relazione sulla questione del prelievo supplementare nel settore lattiero caseario, ravvisando tale incombenza a seguito della particolare situazione venutasi a determinare, dalla quale emerge, tra l'altro, «che risulta proficuamente attivato il monitoraggio a livello centralizzato, sicché ogni trimestre le procedure del SIAN confrontano a tappeto le rese aziendali rispetto alle medie per provincia e per razza e alle regioni sono segnalate le anomalie succitate»; che «... gli errori avvenuti in sede di autodichiarazione della consistenza del parco zootecnico non si sono riprodotti in sede di aggregazione e che comunque non hanno comportato alcuna alterazione dei dati di consistenza sui quali si sono calcolate le quantificazioni della produzione e quindi gli eventuali sforamenti»; ...«L'esame del carteggio intercorso a seguito di specifiche richieste rivolte dall'Agea alle regioni, di verifica e aggiornamento dei dati dubbi, ha consentito di rilevare che le due tipologie di anomalia segnalate nell'indagine dei Carabinieri (numero dei capi ed età delle lattifere) vanno ad incidere in misura percentualmente trascurabile sui dati numerici utilizzati per determinare la plausibilità delle produzioni».
  In conclusione, alla luce di quanto emerso dalle verifiche che si sono susseguite in questi ultimi anni riguardo l'attendibilità degli elementi che costituiscono il sistema delle quote latte (mai smentita in nessuna sede, né amministrativa ne giurisdizionale, nei vari gradi di giudizio aditi), e considerato che le regioni hanno confermato la correttezza delle dichiarazioni di produzione presentate (anche a seguito di una specifica valutazione, attraverso puntuali verifiche, sulle aziende con presenza di capi di età superiore ai 10 ed ai 15 anni), l'operato dell'amministrazione non può che ritenersi legittimo. Ciò anche in virtù delle recenti pronunce del Tar Lazio rese a fronte di ricorsi proposti da parte dei produttori nei confronti dell'amministrazione nonché di quanto evidenziato nella relazione speciale della Corte dei conti prodotta in data 13 febbraio 2012.
  In tutti questi accertamenti sono emerse delle aree di rischio, a fronte delle quali sono stati tuttavia proposti correttivi da applicare a norme e procedure di gestione, regolarmente recepite dal legislatore e applicate dall'amministrazione.
  Naturalmente, a fronte della mole di dati trattati e della frequenza degli aggiornamenti, non posso certo escludere la presenza di errori materiali e di aree di rischio ma, come riscontrato negli accertamenti suddetti, si tratta di elementi numericamente contenuti che non mettono in discussione il complesso del sistema, e che vengono costantemente monitorati e segnalati ai fini delle dovute verifiche.
  Evidenzio, infine, che Agea non è portatrice di interessi diversi da quelli pubblici e che i relativi funzionari non sono nelle materiali condizioni di mettere in atto i comportamenti illeciti ipotizzati, ancorché descritti in maniera imprecisa, nell'informativa del 4 novembre 2010 in quanto relativi ad adempimenti di competenza regionale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   recenti articoli apparsi sulla stampa nazionale e scientifica, da ultimo un articolo a di Carlo Petrini pubblicato da Repubblica il 26 settembre 2011 dal titolo «Sono tornate le api ora lasciamole in pace», attestano del rapido ripopolamento degli alveari nel nostro territorio, successivo alla sospensione dei pesticidi sistemici per la concia dei semi di mais;
   la sopraccitata sospensione, quarta in ordine di tempo, scadrà il prossimo 31 ottobre 2011;
   da tempo importanti rappresentanze nazionali apistiche, come l'UNAAPI, associazioni ambientali, come Legambiente, ed associazioni per l'eccellenza alimentare e la promozione dell'agricoltura biologica lamentano le nefaste conseguenze di questi micidiali insetticidi per la sopravvivenza delle api, la produzione di miele con conseguenti problematiche e rischi d'insufficiente impollinazione botanica sia delle culture sia delle essenze spontanee;
   trattasi di pesticidi che, come anche sostiene l'agenzia regionale in materia agricola «Venetoagricoltura» per colpire l'1 per cento di probabilità di infestazione delle colture diffondono molecole con un potere offensivo del 70 per cento sulle specie ritenute pericolose, colpendo e decimando nel contempo però tutti gli insetti utili, come le api;
   l'Istituto nazionale di economia agraria conferma come nel suddetto periodo di divieto d'impiego dei neonicotinoidi, quantomeno per il mais, si sia riscontrata un'evidente ripresa dello stato di salute e di buona produttività degli allevamenti apistici italiani e che nel periodo di mancato impiego di semi conciati non si siano verificati fenomeni di danno alle colture. Questa evidenza contrasta con le allarmistiche previsioni, ad esempio, di danni da diabrotica su mais. Questo anche grazie alla secolare tecnica della rotazione delle colture la quale ha prodotto anche effetti positivi dal punto di vista del risparmio dei costi di produzione e a beneficio della varietà produttiva;
   i maiscoltori italiani hanno perciò non solo rispettato maggiormente l'ambiente, grazie alla sospensione dei concianti sistemici, ma risparmiato varie decine di milioni di euro, conseguendo buone se non ottime produzioni del cereale;
   in Francia, Paese in cui è autorizzato ed estesamente utilizzato uno solo, il Cruiser 350, dei quattro preparati sistemici per la concia del mais, la crisi e il decremento degli alveari invece persevera, anzi si acutizza. Peraltro il Consiglio di Stato della Repubblica Francese, con la recente sentenza 336647 del 3 ottobre 2011, ha dichiarato illegale l'autorizzazione per il 2010 concessa dal Ministero dell'agricoltura d'Oltralpe al conciante sistemico del mais «Cruiser 350». Sentenza che conferma e aggrava quanto già stabilito, nel febbraio 2008, sull'illegalità dell'autorizzazione d'uso del Cruiser per il 2009. La sentenza in questione ha definitivamente smascherato il sotterfugio utilizzato delle «autorizzazioni ministeriali d'uso annuali, a termine» utilizzato per non ottemperare alle norme di precauzione previste dalla pur carente normativa vigente e poiché: «priva i cittadini del loro diritto a un ricorso, in tempo utile»;
   nella risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-00505 presentato dal sottoscritto interrogante, il Ministro dell'epoca On. Luca Zaia, affermò: «Al riguardo (morìa delle api dovuta a nicotinoidi, ndr), si fa presente che questa amministrazione, nell'ambito delle azioni di ricerca per l'attuazione del regolamento comunitario n. 797 del 2004 e successive modifiche, per il triennio 2007-2009 appena iniziato, ha inserito le attività di seguito riportate:
   Azione C: Razionalizzazione della transumanza, c.1 – Mappatura aree nettarifere; cartografia, raccolta dati sulle fioriture o flussi di melata; spese per la diffusione con vari mezzi dei dati raccolti – (INA, ISZA):
   a)  l'obiettivo consiste nel valutare la tossicità per le api allevate in aree coltivate con mais conciati mediante insetticidi neonicotinoidi.
  Attività complessiva del triennio.
  In aziende agricole maidicole dell'Italia centrale saranno collocate postazioni sperimentali munite di gabbie underbasket per la raccolta delle api morte, al fine di evidenziare eventuali episodi di mortalità acuta e verificare lo stato di salubrità dell'area. Al fine di evidenziare la traslocazione dei pp.aa. e dei loro metaboliti nelle matrici dell'alveare verranno periodicamente prelevati ed analizzati il miele e il polline raccolto dalle api. Parallelamente verranno effettuate tutta una serie di osservazioni in modo da valutare tutti i parametri funzionali delle colonie (sviluppo di adulti e covata, sciamatura, attacchi parassitari, produzione di miele);
   b) studi sull'impiego delle api come indicatore biologico dei principali contaminanti ambientali (pesticidi, radionuclidi, metalli pesanti, benzopirene, eccetera) per la definizione dello stato di salubrità delle aree nettarifere e, più in generale, dell'ambiente.
  L'obiettivo dello studio, oltre a mettere a punto questa innovativa strategia di controllo del territorio, è quello di salvaguardare la qualità dei prodotti dell'alveare. Lo studio e l'applicazione dell'ape come indicatore biologico sta infatti rivestendo sempre più importanza per le sue diverse possibili applicazioni.
  Attività complessiva del triennio.
  Da un lato, si intende continuare la ricerca sulla messa a punto delle metodologie (protocolli di campo e di laboratorio) e degli strumenti (preparazione degli alveari, gabbie di raccolta, eccetera) per migliorare l'efficacia dei diversi tipi di monitoraggio (per esempio ticidi, radionuclidi, metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici), dall'altro si proseguirà nelle diverse fasi applicative che consentono in ultima analisi di definire la qualità dell'ambiente e dei prodotti apistici. Si inizierà ad applicare le stesse strategie anche nel controllo della eventuale dispersione nell'ambiente di polline di piante geneticamente modificate.
  Nel settore che viene definito «emergenza apicidi» proseguirà lo studio dei rapporti tra mortalità di api e pesticidi e più in generale lo studio dei metodi per l'individuazione dei collegamenti tra pesticidi ed effetti sulle api.
  Le risorse recate dal Regolamento comunitario, sia per la materia regolamentata (miglioramento della commercializzazione del miele e dei prodotti dell'alveare), sia per l'esiguità dei finanziamenti, non consentono, evidentemente, di approfondire l'argomento, ma costituiscono un elemento per mantenere il fenomeno sotto osservazione.
  Allo scopo di redigere un Programma per avviare una serie di azioni di ricerca più organiche e mirate, anche per indagare sul rapporto causa/effetto tra i principi attivi «sotto accusa» e le morie di api denunciate ho avviato una serie di consultazioni, che hanno coinvolto tutte le componenti della filiera, al fine di trovare delle convergenze sui temi da inserire in una specifica proposta di ricerca»;
   se non ritenga il Ministro interrogato di:
   a) rendere adeguatamente note le risultanze di tale importante studio scientifico (Apenet) e relativo monitoraggio, che distingue e qualifica nel mondo l'Italia sia per l'approccio complessivo e sia soprattutto per la sua assoluta indipendenza dai forti interessi commerciali in gioco;
   b) assumere con la dovuta urgenza le necessarie iniziative volte a stabilire immediatamente e comunque entro il 31 ottobre 2011, il divieto definitivo all'uso di questi pesticidi per la concia del mais;
   c) avviare al più presto l'adeguata rivalutazione scientifica dell'autorizzazione d'uso dei preparati a base di tali efficacissime ma assai pericolose molecole nei vari, variegati e crescenti campi d'utilizzo. (4-13485)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente le risultanze cui è pervenuto il progetto Apenet, nonché l'introduzione del divieto di utilizzo dei pesticidi per la concia del mais, evidenzio che la mia amministrazione, nell'ambito del Regolamento CE 1234/2007 (ex 797/2004), ha intrapreso diverse iniziative che si inquadrano in un'azione di monitoraggio ambientale, attuata attraverso l'impiego delle api quali indicatori dell'inquinamento da fitofarmaci e altri agenti.
  Al riguardo, informo che le risultanze cui è pervenuto il progetto Apenet, concluso il 30 settembre 2011, sono state presentate in occasione del convegno conclusivo del progetto stesso, tenutosi lo scorso mese di marzo, nonché nella conferenza stampa organizzata il 17 aprile 2012 presso il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra).
  Per non perdere le informazioni acquisite e, soprattutto, per mantenere alta l'attenzione sulla problematica legata all'inquinamento, alla tutela ambientale e delle api in particolare, il mio ministero ha quindi promosso e finanziato il progetto Beenet (per il periodo 5 agosto 2011-31 dicembre 2013 e per un importo di 2.042.540) che, partendo dai risultati ottenuti con Apenet, nonché ampliando la rete di monitoraggio già costituita a livello nazionale, ha coinvolto anche le strutture di monitoraggio avviate autonomamente a livello regionale.
  Riguardo al rilascio delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari, di competenza del Ministero della salute, evidenzio che la commissione consultiva dei prodotti fitosanitari, riunitasi presso la suddetta amministrazione il mese di ottobre 2011 per valutare i risultati del programma in parola, ha sottolineato la necessità di un coinvolgimento delle regioni interessate alla produzione maidicola, al fine di verificare l'applicabilità delle misure tecniche indicate dalla relazione Apenet, di definire le conseguenti soluzioni operative e di prevedere piani di monitoraggio e controllo a livello territoriale.
  La medesima commissione ha ritenuto opportuno, altresì, coinvolgere la Commissione europea, onde ottenere un parere scientifico da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sui risultati delle indagini condotte a livello nazionale.
  Pertanto il Ministero della salute d'intesa con la mia amministrazione ha ritenuto di dover procedere, in via precauzionale, ad un'ulteriore proroga della sospensione dell'uso dei pesticidi in questione, fissandone il termine al 30 giugno 2013.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il firmatario del presente atto nel giugno 2009 con un'apposita interrogazione segnalava i problemi comuni all'esistenza nel nostro Paese di normative molto restrittive inerenti alla gestione dei macelli; tali normative hanno provocato negli anni la chiusura di molti macelli – pubblici e privati – divenuti obsoleti e per i quali i costi di gestione e/o ripristino non potevano essere giustificati da ragioni di mercato, e pertanto si chiedevano iniziative per risolvere la questione;
   a tale interrogazione peraltro non è mai stata data risposta;
   ad oggi, nonostante la forte crisi economica e occupazionale interna e nonostante le difficoltà anche del settore alimentare e agricolo, il nostro Paese importa semi-lavorati di origine bovina, ovina e suina e pezzi congelati da altri Stati, anche extraeuropei, in relazione ai quali non si hanno certezze circa il luogo di macellazione e le condizioni dello stesso –:
   se e quali iniziative, anche normative, il Ministro intenda assumere per favorire la produzione interna e tutelare il settore alimentare e agricolo dalla concorrenza sleale di produttori stranieri che non rispondono ai requisiti di qualità previsti nel nostro Paese. (4-16481)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame concernente l'applicazione, nel nostro Paese, di norme ritenute molto restrittive in materia di gestione dei macelli (da cui la necessità di tutelare il connesso comparto dalla concorrenza sleale di produttori stranieri), pur trattandosi di questione afferente la specifica competenza del Ministero della salute, vorrei far presente che in Italia vigono le disposizioni del cosiddetto «pacchetto igiene» introdotte dalla normativa comunitaria. Pertanto, non è corretto ritenere che nel nostro Paese esistano disposizioni più restrittive.
  Si tratta, in particolare, dei Regolamenti (CE) n. 852/2004 (sull'igiene dei prodotti alimentari), n. 853/2004 (che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale) e n. 854/2004 (che stabilisce norme specifiche per l'organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine), entrati in vigore il 1o gennaio 2006. Da tale data, pertanto, le precedenti autorizzazioni rilasciate dal Ministero della salute in deroga ai requisiti strutturali previsti dalla precedente normativa (che permetteva a molti macelli a limitata capacità di continuare ad operare) non possono più essere approvate.
  In ogni caso, fermo restando che l'importazione delle carni non è in aumento in termini assoluti, ma in maniera molto contenuta (anche a causa della riduzione del consumo di carne bovina e ovicaprina), ritengo che la maggiore importazione dipenda, per la carne bovina, dal deciso aumento dei costi dell'energia e dei mangimi che rende, quindi, più concorrenziali le carni provenienti da animali allevati in Paesi che privilegiano l'allevamento bovino estensivo con forte utilizzo del pascolo mentre, per la carne ovicaprina, dalla crisi in cui versa il settore.
  La percentuale di auto approvvigionamento di carne suina è sostanzialmente costante, come anche le importazioni, mentre per la carne di pollame i dati sull'auto approvvigionamento continuano ad evidenziare una produzione maggiore dei fabbisogni, con importazioni in aumento, ma sempre molto limitate in valore assoluto.
  Riguardo l'importazione di carne e prodotti carnei ricordo, infine, che il Regolamento n. 1760/2000 ha reso obbligatoria, per tutte le carni bovine importate nell'Unione europea, l'indicazione del Paese di nascita, di allevamento e dello stabilimento di macellazione, mentre per le altre carni valgono le norme orizzontali sulla rintracciabilità, che rendono estremamente improbabile la circolazione di carni di provenienza non certa.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   SANTORI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 30 del 1991, concernente la «disciplina della riproduzione animale», attribuisce all'Associazione italiana allevatori (AIA) le attività di tenuta dei libri genealogici e di realizzazione dei controlli funzionali del bestiame iscritto a tali registri;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con segnalazione ai presidenti di Camera e Senato, ha auspicato una revisione della vigente normativa, con l'obbiettivo di assicurare parità di condizioni di accesso al sistema, da parte di altre associazioni, come richiesto anche dalla commissione europea;
   a seguito della entrata in vigore della legge n. 30 del 1991 al sistema degli allevatori, composto da 29 associazioni nazionali di razza o specie (ANA) e da oltre 90 associazioni provinciali o regionali allevatori (APA/ARA), è consentito di operare e di usufruire, in via esclusiva, per lo svolgimento delle attività attribuite dalla legge n. 30 del 1991, di appositi e finalizzati finanziamenti pubblici;
   la Commissione europea nella comunicazione inerente gli «orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo forestale 2007/2013» prevede che l'intensità dell'aiuto pubblico per la realizzazione dei controlli funzionali del bestiame non possa eccedere il 70 per cento della spesa ammessa ed il 100 per cento della spesa relativa alla tenuta dei libri genealogici;
   il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ogni anno assegna alle regioni e delle province autonome, in applicazione della legge n. 280 del 1999, del decreto legislativo n. 143 del 1997, del decreto legislativo n. 112 del 1998, i fondi per finanziamento dell'attività dei controlli funzionali; detti fondi sono assegnati alle associazioni allevatori (APA-ARA) con riferimento al numero dei capi assoggettati all'attività di controllo senza distinzione tra i soggetti detenuti da allevatori soci del sistema e soggetti detenuti da allevatori non soci APA/ARA/ANA/AIA;
   come riportato nel «Programma dei controlli dell'attitudine produttiva per la produzione del latte e/o della carne (controlli funzionali) svolti dalle Associazioni degli allevatori per ogni specie razza o tipo genetico anno 2011», predisposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali le associazioni allevatori sono comunque tenute a garantire a favore di tutti gli allevatori richiedenti, anche se non soci, alle stesse condizioni, i servizi legati al libro genealogico ed ai controlli funzionali, nonché a fornire eventuali strumenti tecnici ed informatici necessari;
   a seguito delle innovazioni normative e statutarie adottate dalle organizzazioni dal sistema allevatori, un numero crescente di imprese ha ritenuto di non confermare la propria adesione al sistema senza per questo rinunciare all'iscrizione nei libri genealogici del proprio bestiame;
   numerose strutture del sistema AIA, nel fatturare agli allevatori non soci del sistema i costi delle attività di controllo funzionale dei capi iscritti ai libri genealogici, non tengono conto dell'ammontare della contribuzione pubblica ricevuta anche in rapporto a tali soggetti e quindi fatturano l'intero costo delle attività svolte;
   tale procedura non solo sembra creare, a beneficio delle strutture allevatori interessate, ingiustificati introiti finanziari ma anche ingiustificati aggravi economici per l'amministrazione e per i produttori interessati –:
   quali iniziative si intendano assumere per dar corso alle ricordate sollecitazioni formulate dell'autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di liberalizzazione dei servizi;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per verificare il corretto utilizzo delle disponibilità finanziarie messe a disposizione del sistema degli allevatori;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per evitare il manifestarsi dei segnalati ingiustificati aggravi economici a danno dell'amministrazione e dei produttori interessati. (4-15996)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame vorrei, anzitutto, evidenziare che la materia del miglioramento genetico e della selezione animale, è disciplinata dalla legge n. 30 del 1991, così come modificata dalla legge n. 280 del 1999, e che tali disposizioni sono conformi alle direttive comunitarie vigenti che regolamentano la materia relativa agli animali riproduttori di razza pura delle diverse specie (nn. 2009/157/CE che ha abrogato n. 77/504/CEE, 90/427/CEE, 89/361/CEE 88/661/CEE relative rispettivamente a bovini e bufalini, equidi, ovini e caprini, suini) e alle relative decisioni applicative.
  Tra queste ultime, la decisione n. 86/130/CEE (che fissa i metodi di controllo dell'attitudine e di valutazione del valore genetico degli animali riproduttori di razza pura della specie bovina) attribuisce agli Stati membri il riconoscimento degli organismi incaricati del controllo e della elaborazione e pubblicazione dei risultati.
  In linea con tale disposizione, la citata legge 30 del 1991, all'articolo 3, comma 2, ha individuato per tale compito l'associazione italiana allevatori (aia) che lo esercita fin dagli anni ’60 sulla base di un disciplinare approvato con decreto ministeriale 24 maggio 1967 e modificato, da ultimo, con decreto ministeriale del 28 maggio 2010. Con tale provvedimento è stato esplicitamente previsto che «i controlli dell'attitudine produttiva, nonché gli strumenti tecnici e informatici necessari sono assicurati, alle stesse condizioni, a tutti gli allevatori richiedenti indipendentemente dalla circostanza che gli stessi risultino o meno associati all'organizzazione degli allevatori territorialmente competente».
  L'attuale struttura organizzativa del sistema degli allevatori (caratterizzata da numerose articolazioni periferiche e centri di eccellenza tecnico-genetica, nonché provvista di una banca dati dei controlli funzionali, banche dati dei libri genealogici, 11 centri genetici, 1 laboratorio di genetica molecolare e, per il latte, 22 laboratori di analisi e 1 laboratorio di riferimento per gli
standard analitici – LSL) non appare riproducibile, sotto il profilo tecnico, organizzativo ed economico, in altre organizzazioni/associazioni, soprattutto in prospettiva di una riduzione dei finanziamenti pubblici.
  Peraltro, l'esigenza imprescindibile di garantire l'unicità e l'uniformità dell'attività di selezione e miglioramento genetico del bestiame su tutto il territorio nazionale, può essere assolta solo a condizione che sia prevista un'unica unità operativa, disciplinata da appositi regolamenti, non discriminatori nei confronti degli allevatori.
  Per quanto riguarda l'adesione al sistema da parte degli allevatori vorrei evidenziare che il seppur lieve incremento del numero dei controlli funzionali (+0,1 per cento) e delle relative aziende (0,2 per cento) riscontrato nel 2011, anche a fronte della contrazione dei finanziamenti pubblici, ha sortito un sostanziale apprezzamento dei servizi resi agli allevatori italiani.
  Pertanto, considerato il livello raggiunto dal nostro Paese nel settore del miglioramento genetico, soprattutto nei comparti bovino da latte e suino, non ritengo opportuno proporre, a livello nazionale e/o comunitario, alcun cambiamento sostanziale del quadro normativo.
  Con riferimento ai costi delle attività di controllo, mi preme evidenziare che i servizi legati al libro genealogico e ai controlli funzionali sono garantiti, da parte delle Associazioni allevatori, a tutti gli allevatori richiedenti (anche non soci) e alle stesse condizioni. Infatti la mia Amministrazione, nel Programma annuale dei controlli funzionali, include una specifica previsione atta a non generare disparità di trattamento, rispetto ai servizi resi.
  Nel Programma relativo all'anno 2012, attualmente all'esame tecnico, è stato inoltre previsto uno specifico punto inerente la partecipazione finanziaria degli allevatori. In particolare, ai fini della massima trasparenza nei confronti dell'allevatore e della pubblica amministrazione, è stato previsto che le quote di compartecipazione al miglioramento genetico (mediamente pari al 20 per cento del costo) delle strutture di secondo grado (Aia/Ana) riguardo agli uffici periferici/Ara, e di questi verso gli allevatori soci e non soci, vengano pubblicate specificamente.
  In ordine alla entità delle tariffe applicate dal sistema Aia vorrei chiarire che non sussiste disparità di trattamento tra allevatori associati al sistema e allevatori non soci, se non quella derivante dall'applicazione della normativa fiscale inerente l'Iva. Infatti, come previsto dall'articolo 4, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, non sono assoggettate ad Iva le prestazioni di servizi effettuate da associazioni «in conformità alle finalità istituzionali ...nei confronti degli Associati». Pertanto, nei confronti degli allevatori non soci (obbligati dalla normativa fiscale al pagamento dell'Iva) non si ravvisa alcun pregiudizio ed aggravio economico avendo, essi, piena facoltà di detrarre l'imposta.
  Gli allevatori non soci del sistema allevatori Aia quindi, hanno la possibilità di fruire dei servizi per i controlli funzionali anche in mancanza del pagamento di quote associative.
  Per quanto concerne, infine, la richiesta di verificare il corretto utilizzo delle disponibilità finanziarie messe a disposizione del sistema degli allevatori, vorrei far presente che la vigilanza sulle attività dell'Aia e delle Ana che gestiscono i libri genealogici è assicurata dal mio ministero che effettua verifiche secondo procedure prestabilite di
audit (verifiche ispettive specifiche) e di controllo (di campo e in ufficio), in base a specifiche check-list, conservate agli atti d'ufficio per almeno tre anni.
  Analoga vigilanza è assicurata da regioni e province autonome nei confronti delle Ara/uffici territoriali, sulla corretta esecuzione dei controlli funzionali e rispetto ai princìpi del relativo programma annuale dei controlli funzionali (Ccff). Le regioni, a fine esercizio, inviano alla mia amministrazione le informazioni di riepilogo sull'attività dei controlli funzionali effettuati, sulla rendicontazione delle spese sostenute e sui controlli di vigilanza eseguiti.
  L'Associazione italiana allevatori, dal canto suo, svolge attività di «autocontrollo» tramite il proprio servizio ispettivo: nel corso del 2011 la percentuale di intervento ha riguardato il 6,5 per cento degli allevamenti che aderiscono ai controlli funzionali.
  In ogni caso, gli elevati livelli di investimento pubblico annuo nelle attività di selezione e di miglioramento genetico del bestiame hanno già imposto un'approfondita revisione del sistema degli allevatori che interesserà l'anno in corso e il 2013.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   un comunicato dell'agenzia ANSA del giorno 11 giugno 2010, dal titolo «Difesa: Generale Valotto, consulenti accanto a “compagnia Freccia” valuteranno impiego nuovi superblindati in Afghanistan» riportava la notizia che «Accanto al comando italiano che entro l'estate avrà a disposizione in Afghanistan i nuovi blindati Freccia, ci sarà un gruppo di consulenti tecnici (civili) che affiancheranno i militari per monitorare e valutare l'impiego dei nuovi mezzi dal punto di vista tecnico e digitale, in vista di eventuali modifiche e miglioramenti necessari»;
   tale notizia sarebbe stata annunciata dal generale Giuseppe Valotto, capo di Stato maggiore dell'Esercito, a margine della cerimonia di saluto e premiazione al contingente della Brigata aeromobile Friuli in rientro dal Libano;
   il generale avrebbe anche dichiarato che «i civili lavoreranno affiancati al comando che avrà a disposizione la compagnia Freccia – ha spiegato il generale –. Nel momento in cui il comandante di compagnia rientra, farà un rapporto informativo su quella missione e, oltre ad aspetti di carattere operativo, avrà a disposizione anche aspetti che riguarderanno esclusivamente l'impiego dei veicoli» e che, riferendosi ai Freccia sono «considerati veicoli meno veloci ma più sicuri dei Lince... Non è la panacea di tutti i problemi ma un mezzo che risponde molto di più ai sistemi di sicurezza contro gli esplosivi improvvisati»;
   tali dichiarazioni, unite alla necessità di valutare i nuovi mezzi blindati Freccia annunciata dal generale Valotto, rendono evidente che lo Stato maggiore dell'Esercito, e quindi della Difesa era già da molto tempo a conoscenza dei limiti operativi del mezzo Lince, il cui ostentato impiego in Afghanistan è costato la vita a numerosi militari italiani –:
   se sia a conoscenza delle dichiarazioni rese dal generale Valotto;
   se non ritenga inopportuno che – «in vista di eventuali modifiche e miglioramenti necessari» – il mezzo sia testato su un campo operativo;
   se non ritenga inopportuno che a detti «consulenti» sia permesso di affiancare i militari italiani impiegati in Afghanistan;
   quali siano le reali motivazioni che rendono necessario l'invio di una squadra di consulenti, a spese di chi, come, per quanto tempo e chi abbia fatto richiesta. (4-07597)

  Risposta. — In relazione alla questione della presenza di «consulenti» civili affiancati ai militari del contingente italiano in Afghanistan, faccio osservare, preliminarmente, che l'utilizzo di tali squadre specializzate rientra nell'ambito delle misure messe in atto dall'Esercito che, nel conseguire un supporto logistico più aderente, consentano di garantire il mantenimento di un più elevato livello di efficienza dei mezzi impiegati in teatro di operazioni.
  Più in particolare, evidenzio che la Forza armata, di pari passo con l'introduzione in servizio del mezzo Vbm «Freccia», ha sviluppato un processo per la realizzazione del supporto logistico integrato che prevede che:
   le capacità manutentive siano acquisite attraverso specifici corsi e
on job training a cura del Consorzio Iveco-Oto Melara che fornisce il mezzo;
   determinate attività di verifica/riparazione/cambio configurazione delle piattaforme siano effettuate anche in teatro di operazioni con personale altamente qualificato dell'industria.
  Le spese connesse a tale tipo di attività vengono sostenute mediante l'impiego dei fondi stanziati, di volta in volta, con i provvedimenti normativi di proroga delle missioni internazionali.
  Questo complesso di attività deve essere interpretato evidentemente come una conferma dell'impegno che l'amministrazione continua a profondere, in modo costante e determinato, per garantire ad ampio spettro la massima sicurezza possibile del personale.
  In questo caso, alla base dell'azione della Difesa non vi è, pertanto, la presunta consapevolezza dei «limiti operativi del mezzo Lince», ma piuttosto l'intendimento di proseguire, in linea di continuità con i precedenti Governi, al tempestivo aggiornamento dei sistemi e degli equipaggiamenti, mediante lo studio e la realizzazione delle soluzioni tecniche più avanzate per la prevenzione e il contrasto delle minacce attualmente esistenti e di quelle ragionevolmente prevedibili.
  Peraltro, il mezzo «Lince» – utilizzato anche da altre sette nazioni – viene considerato assolutamente indispensabile e di grande validità per la protezione fisica da minacce derivanti da attacchi con tiro diretto e con uso di ordigni improvvisati (cosiddetto Ied –
Improvised explosive device).
  Infatti, non si deve trascurare il fatto che, attualmente, nell'ambito delle capacità produttive industriali a livello mondiale non è disponibile un'alternativa più valida in grado di garantire almeno lo stesso livello di protezione del «Lince».
  In tale quadro, rammento che l'impiego in Afghanistan, dal 2010, del mezzo Vbm «Freccia» non ha avuto lo scopo di sostituire i già esistenti assetti operativi basati sul Vtlm «Lince», bensì di integrarli.
  La presenza congiunta dei mezzi Vbm «Freccia» e Vtlm «Lince», in sintesi, mette le forze terrestri in condizioni di operare efficacemente e con incrementate capacità di sopravvivenza nel contesto delle operazioni di supporto della pace, conferendo ai comandanti la necessaria flessibilità per affrontare le diverse situazioni con i mezzi più adeguati in termini di peso, ingombro e protezione.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2010, sul sito web www.famigliacristiana.it è stato pubblicato un articolo a firma di Francesco Anfossi dal titolo «Alla scuola militare» nel quale si illustra sommariamente un accordo tra i Ministri interrogati per dare vita a un corso d'istruzione che prevede la divisione degli studenti in «pattuglie», lezioni di tiro con la pistola ad aria compressa e percorsi «ginnico-militari» –:
   se i fatti esposti nell'articolo corrispondano al vero e in caso affermativo quali siano i termini dell'accordo stipulato, con chi, e quali le risorse stanziate;
   se siano intenzionati a rivedere nel merito le finalità e le modalità di esecuzione dell'accordo di cui in premessa nel senso di provvedere ad istituire corsi informativi e seminari volti a favorire nello studente la consapevolezza e la conoscenza dei limiti che l'ordinamento militare e le gerarchie militari impongono ai cittadini in divisa in tema delle libertà e dei diritti della persona. (4-08719)

  Risposta. — In via preliminare, è opportuno evidenziare che, in merito ai diversi punti affrontati dall'interrogante, i Ministri pro-tempore della difesa La Russa e dell'istruzione, dell'università e della ricerca Gelmini ha, a suo tempo, già fornito ampi e dettagliati elementi illustrativi dell'accordo in questione in risposta a tre precedenti atti di analogo contenuto (n. 4-03724, n. 4-03727 e n. 4-03730).
  Pertanto, per linea di coerenza, non posso che richiamare sinteticamente anche in questo ambito alcuni dei concetti già espressi all'interno di tali risposte.
  Nel merito, il protocollo d'intesa di durata biennale, siglato dall'ufficio scolastico regionale per la Lombardia e dal comando militare esercito «Lombardia» il 13 settembre 2007, ha previsto la realizzazione del progetto «Allenati per la vita», che, a sua volta, ha tratto origine da un precedente progetto denominato «La pace si fa a scuola», promosso dai ministri del Governo Prodi, Fioroni e Parisi, alla guida rispettivamente della pubblica istruzione e della difesa.
  Le finalità e gli obiettivi del progetto sono stati pienamente conformi ai principi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 169 del 30 ottobre 2008.
  Lo scopo dell'iniziativa era quello di far vivere ai giovani delle scuole superiori esperienze di sport e giochi di squadra, ma anche introdurre corsi specifici e prove tecnico-pratiche, per avvicinare la realtà scolastica alle Forze armate, ai Corpi dello Stato e alla Protezione civile e gruppi volontari di soccorso, senza che i suoi contenuti potessero ingenerare negli studenti e nel corpo docenti un'errata interpretazione dei valori dei unità e coesione del nostro Paese.
  Infatti, il protocollo non era alla base, come strumentalmente riportato da alcuni
mass media, di un'iniziativa finalizzata all'esaltazione della cultura militare, in quanto la finalità del progetto era quello di stimolare negli studenti la conoscenza e l'apprendimento della legalità e della Costituzione, delle istituzioni e dei principi del diritto internazionale, insegnando, oltre ai temi classici dell'educazione civica, l'educazione ambientale, i principi di una corretta competizione sportiva e i valori del volontariato, le basi dell'educazione stradale e dell'educazione alla salute ed il valore del rispetto delle regole.
  Le espressioni di carattere militare andavano perciò viste non come elementi di una presunta «educazione militare», ma sotto l'aspetto puramente organizzativo della risposta formativa che si è inteso dare ai ragazzi, che sono chiamati a fronteggiare situazioni particolari nell'ambito di possibili interventi volontari, in operazioni tipiche di protezione civile, quali il superamento di ostacoli, la sopravvivenza in ambienti ostili, finalizzati a prestare soccorso e tutela alle comunità eventualmente interessate.
  Si precisa inoltre che per lo svolgimento delle attività non sono stati impiegati mezzi o strutture dell'Esercito, intervenuto solo nella fase di definizione concettuale del progetto, proprio perché il processo di formazione era gestito e curato da personale di enti/associazioni, tra cui la Croce rossa, la Protezione civile, l'Unione nazionale ufficiali in congedo.
  Lo
staff del progetto, per il quale non era previsto alcun rimborso o altro onore finanziario a carico dell'ufficio scolastico regionale della Lombardia, come si evince dal protocollo d'intesa, era formato da personale di elevata professionalità che ha contribuito alle attività previste in modo volontario e gratuito, consentendo lo svolgimento delle varie fasi istruttive, senza costi sui fondi destinati all'istruzione.
  Infine, per quanto concerne l'affermazione relativa ai presunti limiti dell'ordinamento militare, mi preme ribadire come l'azione dell'amministrazione difesa, ispirata a criteri di massima trasparenza e coerenza nell'applicazione delle disposizioni di legge, sia costantemente tesa a perseguire il prevalente interesse pubblico e a preservare i caratteri tipici e specifici della compagine militare, sempre ben lungi dal voler negare e/o limitare i diritti costituzionali dei militari.
  Per le ragioni suesposte, le amministrazioni coinvolte non hanno ravvisato, nel periodo di vigenza dell'accordo, i presupposti per rivedere il progetto nel senso invocato dall'interrogante.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 55, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è stato pubblicato un avviso sulla Gazzetta Ufficiale – 4° serie speciale del 6 agosto 2010 per lo svolgimento dei corsi oggetto della citata norma dal 13 settembre-1° ottobre 2010 e dal 15 settembre-1° ottobre 2010 (per il corso presso il 313° Gruppo addestramento acrobatico di Rivolto-Udine). Il numero massimo complessivo dei frequentatori è fissato, per l'anno 2010, in 1.200 unità;
   il comma 5-quater della citata norma recita che «I giovani ammessi ai corsi assumono lo stato di militari, contraendo una speciale ferma volontaria di durata pari alla durata del corso, e sono tenuti all'osservanza delle disposizioni previste dagli ordinamenti di Forza armata...»;
   ad avviso degli interroganti il mero allontanamento dal corso di quei frequentatori che si siano resi responsabili di violazioni del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, il cui accertamento è demandato al giudizio insindacabile del comandante del reparto/ente presso cui si svolge il corso, contrasta con il sistema di garanzie che il medesimo ordinamento offre indistintamente a tutti i militari ed introduce una evidente e pericolosa disparità di trattamento con il personale militare in servizio permanente e in ferma volontaria che si venga a trovare nelle medesime condizioni;
   l'articolo 37 del codice penale militare di pace recita che «Qualunque violazione della legge penale militare è reato militare. È reato esclusivamente militare quello costituito da un fatto che, nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune. I reati preveduti da questo codice, e quelli per i quali qualsiasi altra legge penale militare commina una delle pene indicate nell'articolo 22, sono delitti.». La Corte costituzionale, con sentenza 23 ottobre-10 novembre 1992, n. 429, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 263 codice penale militare di pace, nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione militare le persone alle quali è applicabile la legge penale militare, anziché i soli militari in servizio alle armi o considerati tali dalla legge al momento del commesso reato. Lo status di militare assunto dai frequentatori dei ripetuti corsi assoggetta i medesimi alla esclusiva giurisdizione militare per quei fatti non preveduti come reati dal codice penale come, solo per citarne alcuni, la disobbedienza, l'insubordinazione o l'attività, manifestazioni o grida sediziose;
   inoltre gli interroganti, viste le numerose circolari e disposizioni emanate dal vertice militare in merito all'esercizio di taluni diritti costituzionalmente protetti quali la libertà di espressione, di opinione e finanche il diritto di iscrizione ai partiti politici o di partecipare a manifestazioni o fare propaganda a favore o contro formazioni politiche o sindacali quando non ricorrano le condizioni di cui all'articolo 1350 del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), ritengono che nei confronti dei detti frequentatori l'assoggettamento allo status di militare introduca, ancorché per la sola durata del corso, un ingiustificabile vulnus idoneo a concretizzare una sostanziale la riduzione dei medesimi allo status di «minus habentes», al pari di coloro che, anch'essi militari, sono in servizio permanente o in ferma volontaria –:
   se il Ministro interrogato nel perseguire la realizzazione del progetto denominato «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» abbia opportunamente valutato gli aspetti e le conseguenze che potrebbero coinvolgere negativamente le forze armate e i suoi appartenenti;
   quanti siano stati i frequentatori allontanati dal corso perché ritenuti responsabili di violazioni delle norme dell'ordinamento militare, quali siano le violazioni commesse, quanti quelli che siano stati denunciati per reati militari;
   quanti siano stati i giovani frequentatori dei predetti corsi che hanno riportato traumi o lesioni fisiche e se i competenti organi militari abbiano istruito il procedimento amministrativo per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio;
   se non ritenga di dover sospendere lo svolgimento dei corsi citati in premessa al fine impedire che si possano verificare situazioni di illegittimità, ovvero penalmente rilevanti, con grave pregiudizio per l'istituzione militare o i suoi appartenenti, ivi compresi i frequentatori dei citati corsi.
(4-09138)

  Risposta. — I corsi a carattere teorico-pratico denominati «Vivi le Forze armate. Militare per tre settimane», avviati in attuazione dell'articolo 55, comma 5-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 («Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, offrono l'opportunità, ai giovani partecipanti, di vivere una breve esperienza nei reparti/enti delle Forze armate e di avvicinarsi, in modo diretto e concreto, a quei valori che tradizionalmente promanano dalle Forze armate, quali la disciplina, lo spirito di corpo, l'educazione al rispetto dei principi etici, l'osservanza delle regole e l'amor di Patria.
  Tali corsi, in buona sostanza, sono intesi a fornire le conoscenze di base riguardanti il dovere costituzionale della difesa dello Stato e le attività prioritarie, in particolare nelle missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali, di contrasto al terrorismo internazionale e di soccorso alle popolazioni locali, di protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali e quelle di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza.
  Sulla base delle indicazioni dei competenti organi tecnico-operativi militari, nel periodo di riferimento dell'atto in esame, non risulta si siano configurate situazioni pregiudizievoli per l'amministrazione difesa, così come paventato dall'interrogante, né risulta si siano verificati eventi di violazione delle norme dell'ordinamento militare.
  Per quanto concerne «
Il numero di frequentatori che durante il Corso abbiano riportato traumi o lesioni fisiche», vi sono stati soltanto due casi di infortunio, rispettivamente presso un ente dell'esercito (trauma ad un ginocchio) per il quale è stata avviata la prevista procedura medico legale (compilazione del cosiddetto modello «C») e in un reparto dell'Arma dei carabinieri (trauma ad un'arcata sopraccigliare) per il quale non si è reso necessario avviare alcun procedimento amministrativo d'ufficio per il riconoscimento da causa di servizio.
  Pertanto, in considerazione di quanto suesposto non si ritiene di dover intraprendere iniziative nel senso invocato dall'interrogante.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 18 maggio 2012 sul sito web de Il Sole 24 Ore è stato pubblicato un articolo a firma di Gianandrea Gaiani, dal titolo «È tempo di austerity: la parata militare del 2 giugno costerà il 40 per cento in meno dell'anno scorso»;
   gli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo del 24 maggio 2011, n. 4-12053 cui non è stata data risposta, avevano chiesto di sapere, per il 2011, «quale sia la previsione di spesa per l'esercizio finanziario in corso, quale sia previsione di impiego di personale e mezzi delle Forze armate e dei Corpi armati e civili dello Stato e se non si ritenga opportuno per il 2012 disporre che i festeggiamenti avvengano in forma esclusivamente simbolica e, conseguentemente, destinare i fondi eventualmente stanziati per l'occasione al finanziamento di attività sociali o di assistenza ai diversamente abili o agli anziani»;
   l'autore dell'articolo cita dati riferiti al quotidiano da «fonti ben informate» –:
   se i dati siano stati comunicati dal Governo a Il Sole 24 Ore in forma ufficiale, peraltro prima di dare risposta all'interrogazione in premessa;
   se confermi i dati riferiti dal quotidiano, e se intenda fornire maggiori dettagli al riguardo. (4-16202)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una nota di agenzia stampa del 4 maggio scorso ha diffuso la notizia «Crisi/Basta soldi per le parate, Pdm: tagliare quella del 2 giugno Risparmiare milioni di euro è doveroso Roma, 4 mag. (TMNews) – È crisi ed è giusto risparmiare e estendere con la spending review «la sobrietà» nella gestione del denaro pubblico anche alle manifestazioni e alle celebrazioni dei Corpi della Stato, non esclusa la parata del 2 giugno per la festa della Repubblica. Anche qui, le spese ammontano a diversi milioni di euro. E la proposta di «tagliare» le spese per la parata del 2 giugno arriva dal Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia (Pdm). Il 2 giugno si svolgeranno per le celebrazioni della ricorrenza della festa della Repubblica, oltre alla sfilata dei reparti delle Forze armate, di quelli della polizia di Stato, dei corpi armati e civili dello Stato sono impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti alle Forze armate e ai corpi armati e civili dello Stato. Il costo ? Come dichiarato dal Ministero della difesa, in risposta a un atto di sindacato ispettivo riferito alle celebrazioni svoltesi il 2 giugno 2010 – riferisce il Pdm – «gli oneri previsionali per la cerimonia sono ammontati a circa 3,5 milioni di euro [...] Complessivamente hanno sfilato circa 5.600 militari, 442 civili e 260 mezzi». Si tratta, per il Pdm, si «uno spreco di denaro pubblico che il Paese non può più permettersi. Per questo motivo, con una interrogazione che dallo scorso 24 maggio 2011 giace senza risposta nei cassetti di qualche scrivania di palazzo Chigi, il deputato radicale Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, aveva chiesto al Presidente del Consiglio dei ministri di sapere, oltre al costo per il 2011, «se non si ritenga opportuno per il 2012 disporre che i festeggiamenti avvengano in forma esclusivamente simbolica e, conseguentemente, destinare i fondi eventualmente stanziati per l'occasione al finanziamento di attività sociali o di assistenza ai diversamente abili o agli anziani». «Per essere coerenti con le richieste di sacrifici che si rivolgono ai cittadini, e perché il prossimo due giugno non rischi di essere veramente l'ultima festa prima dell'assalto ai palazzi della politica, il neo commissario “taglia spese” Enrico Bondi – conclude il Pdm – cominci col tagliare proprio le spese destinate alla festa della Repubblica. Non ci sembra ci sia nulla da festeggiare.» Red/Nes 04-MAG-12 12:25 NNNN » –:
   quale sia la spesa complessiva preventivata per le celebrazioni del prossimo 2 giugno;
   se condivida la necessità di aderire alla richiesta formulata dagli interroganti già lo scorso 24 maggio 2011 nel senso riportato nel comunicato stampa in premessa e quali immediate azioni intenda intraprendere in merito. (4-16306)

  Risposta. — Si risponde contestualmente alle interrogazioni in esame, in quanto concernenti la medesima tematica.
  Prima di entrare, tuttavia, nel merito delle singole questioni affrontate dall'interrogante, reputo opportuno sottolineare il pregnante significato e l'importanza che la ricorrenza del 2 giugno rappresenta annualmente per l'Italia e per gli italiani e che conferma – senza timore di smentite – il forte e diffuso sentimento di unità nazionale.
  Il 2 giugno di ogni anno si celebra l'anniversario della proclamazione della Repubblica, passaggio decisivo nel cammino che l'Italia ha percorso per fare propri i principi di democrazia e libertà, sui quali si fonda la nostra Costituzione.
  Le Forze armate, oggi custodi e garanti della Costituzione e della difesa del Paese, attraverso la tradizionale parata militare del 2 giugno nel rendere omaggio alla Repubblica italiana, raccolgono l'affetto, la riconoscenza e l'ammirazione dei cittadini e delle istituzioni democratiche.
  La festa della Repubblica, come ci ha ricordato il Capo dello Stato, è la festa di un popolo, del nostro popolo.
  E in questo 2012 il popolo italiano ha voluto celebrare la sua festa rendendo omaggio, nella particolare circostanza, alle comunità emiliane colpite dal recente sisma. Per questo è stata confermata.
  I simboli di un Paese non possono e non debbono piegarsi di fronte alle avversità di qualunque tipo: la festa della Repubblica rappresenta, con il tricolore, uno dei simboli più alti e nobili del Paese.
  La parata militare è un momento importante delle celebrazioni della festa della Repubblica, la festa degli italiani.
  Il tema della parata, «
Le Forze Armate, al servizio del Paese», intendeva richiamare l'impegno degli uomini e donne con le stellette e di tutti i corpi e organizzazioni a ordinamento militare e civile servono il paese.
  Un impegno che non ha confini, come dimostrato dalle attività per la sicurezza e la pace in tante parti del mondo così come, per le tante emergenze nazionali, su mandato del Parlamento.
  Fatta questa doverosa premessa, in risposta all'atto n. 4-16306 con particolare riguardo alla proposta di «
tagliare le spese per il 2 giugno», faccio notare che, coerentemente con le linee di rigore adottate dal Governo in relazione alla stringente necessità di ridurre la spesa pubblica, la sfilata di quest'anno era stata già fortemente contenuta prima dell'evento sismico che ha colpito le popolazioni emiliane, rendendo possibile un risparmio pari a circa 1,8 milioni di euro rispetto all'edizione del 2011 ed ad oltre 900 mila euro rispetto all'edizione del 2010.
  A seguito del sisma ed anche in esito alle indicazioni venute dal Presidente della Repubblica, la cerimonia è stata oltremodo improntata alla sobrietà, con un'ulteriore riduzione complessiva della presenza di militari e non militari di oltre il 20 per cento.
  In particolare, non hanno preso parte alla sfilata mezzi, cavalli e le Frecce tricolori.
  Ad ogni buon conto, faccio rilevare che il costo totale estimato per l'edizione 2012 ammonta a circa 2.080.000 Euro.
  In sostanza, si è rispettato pienamente quell'appello del Presidente Napolitano alla sobrietà e all'essenzialità che si impongono in momenti delicati e difficili come quello che sta attraversando attualmente il Paese.
  La partecipazione popolare alla parata, come ha fatto rilevare lo stesso Presidente Napolitano, è stata tale da dimostrare che c'era un larghissimo consenso sulla necessità di manifestare in tutti i modi la vicinanza alle popolazioni colpite dal recente sisma, senza, comunque, rinunciare a riaffermare la presenza della Repubblica, delle sue tradizioni e dei suoi simboli.
  Con riferimento, invece, all'auspicio di «estendere la
spending review» anche alle altre manifestazioni e celebrazioni, non soltanto quella del 2 giugno, desidero sottolineare che, fin dagli inizi del mio mandato, ho affrontato la questione, impartendo nel mese di febbraio 2012 precise indicazioni – già recepite dalle Forze armate – volte a rivedere e ridimensionare sensibilmente l'intero panorama degli eventi celebrativi, dei convegni, delle mostre e di ogni altra iniziativa, al fine di evitare spese che non siano indispensabili o non direttamente ed immediatamente ricollegabili ai fini istituzionali perseguiti dal Dicastero e dalle sue articolazioni.
  Pertanto, l'intendimento è quello di evitare cerimonie, convegni, mostre, celebrazioni non direttamente ricollegati a ricorrenze istituzionali normativamente previste, ovvero direttamente funzionali all'attività istituzionale, per le quali dovranno comunque essere adottate formule organizzative più economiche, improntate a criteri di massima sobrietà e rigore, privilegiando il costante ricorso a strutture interne all'amministrazione, al fine di ridurre al massimo le spese da sostenere e l'impegno del personale al di fuori dalle quotidiane attività di servizio.
  In risposta, infine, all'atto n. 4-16202, desidero innanzitutto precisare che non sono note le «
fonti ben informate» da cui il menzionato giornalista avrebbe acquisito i dati riportati nell'articolo di stampa.
  In secondo luogo, sottolineo che il mio Dicastero ha reso noti ufficialmente i costi stimati della parata solo attraverso il proprio sito istituzionale
www.difesa.it mediante due comunicati stampa diffusi rispettivamente in data 25 e 30 maggio 2012.
  In ultimo, faccio notare che è stata fornita risposta alla richiamata interrogazione n. 4-12053 in data 6 agosto 2012.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in una nota dell'agenzia stampa ITALPRESS dal titolo «Difesa: al via il 27 agosto “Vivi le Forze Armate”» del 21 giugno scorso si legge «– Avrà inizio il 27 agosto prossimo l'edizione 2012 di “Vivi le Forze Armate”, un'iniziativa del ministero della Difesa volta a far avvicinare, attraverso un'esperienza diretta di tre settimane, il mondo dei giovani a quello militare. I dettagli sono disponibili nella Gazzetta Ufficiale n. 47 (47° Serie Speciale) del 19 giugno, nonché sul sito www.difesa.it e sui siti delle Forze Armate. (ITALPRESS). fsc/com 21-Giu-12 09:52»;
   lo stesso giorno una nota dell'ANSA ha diffuso la notizia «Difesa: bilancio 2011 in rosso, debiti per 254,7 mln euro canoni acqua, luce e gas da pagare; prontezza operativa al minimo (Ansa) – Roma, 21 giu – Ammontano a ben 254,7 milioni di euro i debiti del ministero della Difesa al 31 dicembre 2011. È quanto emerge dal Rapporto di performance 2011 trasmesso dal dicastero al Parlamento. La formazione di debiti, indica il Rapporto, “appare come conseguenza diretta della situazione di ipofinanziamento che la Difesa ha continuato a registrare; ciò ha indotto a posporre pagamenti da effettuare”. Gran parte dei quali sono riconducibili ai canoni acqua, luce e gas. Il ministero evidenzia poi che con il livello di risorse previste per il triennio 2011-2013, “in assenza di specifici interventi, la prontezza operativa dello strumento militare rimarrà al livello minimo necessario per far fronte agli impegni internazionali, con il rischio di veder aumentare le criticità che la caratterizzano”. C’è consapevolezza del “difficile momento economico” del Paese; tuttavia, secondo il rapporto, “una situazione congiunturale di questo tipo non potrà restare solamente in capo al dicastero della Difesa ma, vista la sua rilevanza, richiede la ricerca di soluzioni che possano conciliare le esigenze generali di finanza pubblica con le necessità di disporre di uno strumento militare in grado di operare ad adeguati livelli capacitivi, producendo quello per cui le stesse forze armate esistono è cioè la Difesa e la Sicurezza del Paese nel contesto delle Alleanze di cui è parte”. Al 2011 il personale militare (compresi i Carabinieri) risulta pari a 291 mila unità (di cui 110 mila appartenenti all'Arma). Il disegno di legge delega per la revisione dello strumento militare prevede una riduzione del personale militare a 150 mila unità (carabinieri esclusi) entro il 2024, nonché una profonda ristrutturazione organizzativa del ministero “fortemente orientata all'efficienza ed alla funzionalità per restituire risorse al settore operativo”» –:
   se a fronte della disastrosa situazione debitoria in cui versa la difesa riportata dalle fonti di stampa citate in premessa non ritenga opportuno annullare ogni attività riferita all'iniziativa «Vivi le Forze Armate». (4-16732)

  Risposta. — Il tema delle spese della Difesa, nel breve e nel lungo periodo, è stato affrontato con tempestività ed in modo integrale dal mio Dicastero nell'ambito delle attività connesse alla revisione dell'intero strumento militare.
  Si può oggettivamente riconoscere che la Difesa è stata la prima delle amministrazioni ad elaborare un piano strutturale di medio-lungo termine di efficientamento delle spese.
  Infatti, il disegno di legge delega sulla revisione dello strumento militare – attualmente all'esame della 4a commissione difesa del Senato della Repubblica – elaborato dal Dicastero della difesa, dopo aver ricevuto prima il pieno consenso nell'ambito del Consiglio supremo difesa e poi l'approvazione in sede di Consiglio dei ministri, mira alla razionalizzazione dello strumento militare, che eliminando ridondanze ed inefficienze, consenta di correggere l'attuale sbilanciamento delle componenti strutturali di spesa e di conseguire uno strumento operativamente efficace e sostenibile a fronte delle risorse disponibili attualmente ed in prospettiva.
  Il provvedimento si muove secondo due linee d'intervento ben chiare.
  La prima è quella di ottenere una ragionevole stabilità programmatica per la funzione difesa nel decennio futuro su una base di risorse finanziarie, coerenti con quelle previste dalla legge di stabilità.
  La seconda, invece, è quella di ridurre progressivamente la spesa del settore del personale (tendenzialmente verso il 50 per cento) e riorientare le risorse così ottenute nella misura del 25 per cento per ciascuno dei settori dell'esercizio e dell'investimento.
  Questo significa, evidentemente, ridurre, con la dovuta cautela e con la necessaria attenzione, il personale, ma anche razionalizzare, accorpando ed eliminando ridondanze con scelte non indolori, nonché ridurre drasticamente il patrimonio infrastrutturale in uso alle Forze armate, realizzando opportunità di valorizzazione a favore dei saldi del bilancio dello Stato.
  Il provvedimento, in sostanza, dovrà contemplare tutti i necessari interventi normativi, in un quadro unitario e razionale, coerente con le esigenze di risanamento delle finanze pubbliche e con le necessità di tutela degli interessi nazionali e con il quadro degli impegni internazionali.
  Ciò premesso, per quanto concerne i corsi a carattere teorico-pratico denominati «Vivi le Forze armate. Militare per tre settimane», avviati in attuazione dell'articolo 55, comma 5-
bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 («Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, faccio osservare che ho inteso mantenere ancora in atto l'iniziativa, seppure in misura opportunamente ridimensionata, condividendone lo spirito e le finalità.
  Si tratta, infatti, di un'iniziativa che può rivelarsi utile sotto il profilo etico, specie in un'epoca in cui è sempre più sentita l'esigenza di rinsaldare, alla base del vivere comune, valori fondamentali come il rispetto delle regole, il senso di responsabilità, la solidarietà, solo per citarne alcuni.
  Rammento, in proposito, che grazie a tali corsi i giovani hanno l'opportunità, dopo la sospensione del servizio di leva, di vivere una breve esperienza nei reparti/enti delle Forze armate e di avvicinarsi, in modo diretto e concreto, a quei valori che tradizionalmente promanano dalle Forze armate, quali la disciplina, lo spirito di corpo, l'educazione al rispetto dei principi etici, l'osservanza delle regole e l'amor di patria.
  Tali corsi, infatti, sono sostanzialmente intesi a fornire le conoscenze di base riguardanti il dovere costituzionale della difesa dello Stato e le attività prioritarie, in particolare nelle missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali, di contrasto al terrorismo internazionale e di soccorso alle popolazioni locali, di protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali e quelle di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza.
  Tuttavia, coerentemente con l'obiettivo prioritario della «
spending review», come anzidetto, i corsi in parola relativi all'anno 2012 sono stati rimodulati, mediante una coerente riduzione sia del numero dei frequentatori sia dei reparti interessati, per effetto della riduzione di 5,6 milioni di euro dell'iniziale stanziamento di 7.500.000 euro per il 2012, operata dall'articolo 7, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 («Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini»).
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sul sito internet del quotidiano La Stampa il 15 luglio 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Amianto sui carri armati, il mesotelioma fra i militari» a firma di Massimiliano Peggio in cui è riportato che «(...) c’è un lungo elenco di militari deceduti colpiti da mesotelioma pleurico, nel fascicolo per malattie professionali aperto dal pubblico ministero torinese Raffaele Guariniello, raccogliendo le informazioni tra centinaia di cartelle cliniche in Piemonte e nel resto d'Italia. Sempre l'amianto killer. Questa indagine riguarda gli uomini dell'esercito che prestavano servizio nei settori meccanizzati. Per lavoro, venivano a contatto con mezzi corazzati o carri armati, dotati fino a qualche anno fa di rivestimenti di amianto, oppure allestiti con componenti meccanici ricchi di fibre del minerale, il cui contatto può aver provocato la malattia. L'inchiesta è scaturita dal monitoraggio dell'Osservatorio regionale piemontese sull'amianto, che ha riscontrato un'incidenza anomala di mesotelioma tra i militari deceduti negli ultimi anni o tuttora sottoposti a cure intensive (...) il pm Guariniello (...) si è rivolto alla Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito i militari dell'esercito, istituita presso il Senato della Repubblica. La stessa Commissione che si sta occupando dei soldati colpiti da tumore alla vescica e dei rischi da esposizione all'uranio impoverito, presente nei proiettili utilizzati nelle missioni internazionali (...)» –:
   se sia a conoscenza dei fatti in premessa e se presso i reparti dell'esercito o delle forze armate siano in uso, o lo siano mai stati, mezzi contenenti sostanze radioattive o fibre di amianto o similari;
   quanti siano i casi accertati di decessi per i fatti riportati nell'articolo in premessa;
   se siano state impartite e, nel caso quali siano, le disposizioni relative all'uso e alla permanenza a bordo dei mezzi militari, quali siano le precauzioni adottate per evitare che il personale militare o civile, che vi è impiegato o è addetto alla loro manutenzione, sia esposto alla possibile contaminazione da radiazioni o da fibre di amianto. (4-16972)

  Risposta. — L'amianto è stato utilizzato in diversi settori dell'industria – compresa la cantieristica navale civile e militare – almeno fino alla metà degli anni ottanta.
  I casi di neoformazioni ad oggi registrati sono riconducibili al periodo antecedente la conoscenza della pericolosità di tale minerale, il cui utilizzo è stato vietato solo con la legge n. 257 del 1992, dopo esserne stata accertata la nocività per la salute dell'uomo.
  Prima di quella data, il suo impiego era addirittura prescritto obbligatoriamente, anche da varie convenzioni internazionali, come le Ilo
(International labour organization), in materia di tutela dei lavoratori e la Solas 74 (Safety of life at sea), in materia di sicurezza della navigazione, le quali prevedevano l'utilizzo dell'amianto per i vestiti degli operatori delle squadre antincendio o per la coibentazione dei quadri elettrici.
  Dopo l'entrata in vigore della richiamata legge, l'Esercito italiano ha intrapreso un'attività volta a determinare la presenza di amianto all'interno dei veicoli in dotazione, con particolare riferimento a quelli introdotti in servizio prima del 1992, da cui è emerso che solo in alcuni mezzi utilizzati dalla Forza armata erano presenti particolari rivestiti con fibre di tale minerale.
  In tale quadro, quindi, la Forza armata ha:
   avviato un'azione globale per procedere alla bonifica, tuttora in corso, di quei veicoli ove la presenza di amianto è circoscritta ad alcuni particolari minimali (dispositivo di evacuazione dei gas di scarico);
   decretato la sospensione dall'impiego, per vetustà e per inadeguatezza, di tutti i veicoli non più rispondenti alle proprie esigenze;
   disposto il ritiro temporaneo di alcuni veicoli – non sostituibili con mezzi di nuova tipologia per carenza di risorse – per l'avvio delle procedure di adeguamento alle normative vigenti (bonifica).

  Relativamente ai «casi accertati di decessi», ad oggi, risulta un caso di decesso per mesotelioma.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   consta agli interroganti che il caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini, effettivo al 1° reggimento bersaglieri con sede a Cosenza, con l'incarico primario di conduttore mezzi vari 18/A e quello secondario di operatore informatico 117, e fino al 25 giugno 2012 impiegato presso il deposito carburanti (DEP.CEL) del reparto, con una nota del 13 luglio scorso, indirizzata al comandante 4° compagnia del 1° battaglione bersaglieri «La Marmora», capitano Gianfilippo Cambera, e per conoscenza al comando distaccamento 1° reggimento bersaglieri, al comando distaccamento brigata bersaglieri Garibaldi, al 2° comando delle forze di difesa, al comando forze operative terrestri, ha rappresentato in modo estremamente dettagliato l'ispezione al deposito carburanti eseguita da altri militari, superiori di grado, il giorno 13 giugno 2012 al termine dell'attività lavorativa giornaliera, a seguito del ritrovamento, fuori dal citato deposito, di alcuni fusti contenenti del carburante (gasolio);
   nella citata nota, composta da sei pagine, si legge inoltre che «[...] In altre circostanze sono stati coperti ammanchi di gasolio di 200-300-400-500 litri e anche oltre, spostamenti di gasolio per riscaldamenti al posto di gasolio per autotrazione, furti di gruppi elettrogeni, furto di un compressore, furti di batterie e furti continui di materiale alla ditta civile edile, ogni volta che l'officina civile preleva un mezzo per riparazione, rientra quasi sempre con metà serbatoio. [...]»;
   a seguito dell'ispezione il militare è stato trasferito dal DEP.CEL. ad altro incarico, pur permanendo presso il medesimo ente;
   i fatti rappresentati nella missiva a firma del caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini, se rispondenti al vero, evidenzierebbero comportamenti illeciti di una gravità estrema che richiederebbero immediati accertamenti da parte delle autorità giudiziarie competenti –:
   quali siano le immediate azioni che intenda avviare in merito per accertare i fatti e le condotte narrate nella missiva in premessa;
   se i comandi destinatari della lettera a firma del caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini abbiano provveduto alle dovute comunicazioni di rito agli organi giudiziari militari e ordinari.
(4-17078)

  Risposta. — La missiva che il graduato menzionato nell'atto, effettivo al 1o Reggimento bersaglieri in Cosenza, ha inviato il 13 luglio 2012 alla propria linea gerarchica è stata presa in considerazione dalla linea di comando dello stesso ed è stata prontamente trasmessa, in data 19 luglio, alla procura militare della Repubblica presso il tribunale di Napoli.
  Ciò posto si rende noto che quanto rappresentato dal militare in questione era già oggetto – ben prima che il medesimo inviasse lo scritto ai propri superiori gerarchici – di specifici ed accurati accertamenti sia da parte dell'Autorità giudiziaria militare, sia da parte della stessa Forza armata.
  Infatti, in data:
   28 giugno 2012 – tta la vicenda era già stata approfonditamente relazionata alla Procura militare della Repubblica presso il tribunale di Napoli dal comando di distaccamento dei citato 1o Reggimento bersaglieri di Cosenza;
   2 luglio 2012 – il comandante di distaccamento del citato reggimento aveva già provveduto a nominare un ufficiale inquirente con lo specifico compito di avviare un'inchiesta amministrativa per chiarire circostanze emerse in sede di una prima verifica sull'episodio, che solo successivamente il graduato interessato ha poi riassunto nel proprio scritto.

  Pertanto, per quanto sopra esposto, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   ZACCHERA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia si caratterizza per elevati livelli di qualità della propria produzione agricola nei campi più diversi;
   tramite i marchi di qualità e di origine si dà certezza al consumatore di quanto viene prodotto –:
   quanti siano ad oggi i marchi di origine protetta e controllata di prodotti agricoli italiani, in quali aree geografiche e in quali settori principali. (4-10356)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne i prodotti a denominazione d'origine protetta (Dop) e quelli a indicazione geografica protetta (Igp), ai sensi del Regolamento (CE) n. 510/2006. In particolare, si chiede di conoscere il numero dei prodotti riconosciuti, le aree geografiche coinvolte e i principali settori interessati.
  Al riguardo, vorrei evidenziare che il nostro Paese continua a mantenere il primato, a livello europeo, con 241 prodotti riconosciuti ai sensi del Reg. n. 510/2006. Infatti, nel 2012, sono state registrate ancora due denominazioni: «Limone di Rocca Imperiale» e «Vulture».
  Riguardo le aree geografiche e i principali settori che possono pregiarsi di tali riconoscimenti, rinvio all'elenco allegato (disponibile presso il Servizio assemblea), consultabile anche dal sito
internet della mia Amministrazione, nella sezione «Prodotti e qualità».
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.