XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 25 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    da notizie stampa risulta che la procura di Palermo il 14 giugno del 2012 ha notificato a dodici persone l'avviso di chiusura dell'indagine sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia; nel successivo mese di luglio 2012, per le stesse persone, la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio e il 29 ottobre 2012 si terrà l'udienza preliminare relativa a queste richieste;
    rispondendo alla Camera dei deputati il 5 settembre 2012 ad un'interrogazione a risposta immediata sulla possibilità del Governo di costituirsi parte civile in questo procedimento, il Governo ha affermato che «all'Avvocatura dello Stato, destinataria ex lege delle notifiche agli organi di Governo, nessun avviso, ai sensi dell'articolo 419 del codice di procedura penale, risulta ancora notificato per ordine del tribunale di Palermo sulla base della richiesta di rinvio a giudizio richiamata dagli interroganti»,

impegna il Governo

ad attivarsi, con gli strumenti messi a disposizione dalla legge vigente, presso l'Avvocatura dello Stato perché la stessa, anche in assenza di notifiche, si costituisca parte civile ai sensi degli articoli 74 e seguenti del codice di procedura penale, nella tutela dell'interesse dello Stato ad essere parte nel processo per contribuire all'accertamento della verità.
(1-01144) «Veltroni, Ferranti, Garavini, Amici, Orlando, Samperi, Bossa, Cavallaro, Rossomando, Tenaglia, Lo Moro, Siragusa».


   La Camera,
   premesso che:
    la procura di Palermo ha condotto, nelle persone del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Lia Sava, Nino Di Matteo e Guido Palermo, un'inchiesta sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in relazione alle stragi del biennio 1992-1994 e l'inchiesta è stata chiusa nel giugno 2012;
    la conduzione dell'inchiesta da parte di Antonio Ingroia lascia seri dubbi circa l'imparzialità e la serietà con cui sono state condotte le indagini, visto che lo stesso Ingroia il 9 settembre 2012 ha dichiarato che «sulla stagione delle stragi le procure di Palermo, Firenze e di Caltanissetta continuano ad indagare ma non è emersa ancora tutta la verità e in queste condizioni questo è il massimo risultato» perché occorre «cambiare la classe dirigente»;
    le suddette dichiarazioni sono state fortemente censurate dall'Associazione nazionale magistrati sostenendo che tutti i magistrati e, soprattutto, quelli che svolgono indagini delicatissime devono astenersi da comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità e, cioè, da comportamenti politici, chiedendo al collega Di Matteo di dissociarsi da quanto dichiarato da Ingroia;
    con riferimento alle critiche dell'Associazione nazionale magistrati il pubblico ministero Nino Di Matteo non solo non si è dissociato, ma ha rivendicato con forza il diritto di poter esprimere pubblicamente la propria opinione;
    anche il Consiglio superiore della magistratura, in relazione al cosiddetto caso Ingroia, ha invitato i magistrati ad «uscire dalla psicosi degli attacchi ed ad entrare nell'ottica del servizio al cittadino, assicurando imparzialità anche fuori dall'esercizio delle loro funzioni»;
    l'udienza preliminare del processo di Palermo sulla presunta trattativa Stato-mafia è stata fissata per il 29 ottobre 2012;
    ad oggi, gli atti processuali non sono stati notificati e tutte le notizie sulle indagini svolte dalla procura di Palermo risultano essere solo giornalistiche;
    lo Stato, e per suo conto il Presidente del Consiglio dei ministri, può costituirsi parte civile in un processo prima dell'udienza preliminare, ma anche successivamente, sino alla fase introduttiva del dibattimento di primo grado;
    tra i requisiti previsti dalla legge, a pena di inammissibilità della costituzione di parte civile, vi è non solo l'indicazione di dati che possono trarsi esclusivamente dagli atti processuali, ma anche dall'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda, il che comporta la necessità di procedere alla completa illustrazione del rapporto tra fatto-reato e danno lamentato, nonché delle ragioni in forza delle quali si ritiene che dal reato stesso siano scaturite conseguenze pregiudizievoli per il danneggiato;
    non essendo intervenuta alcuna notifica degli atti processuali, discutere in Parlamento di una questione così delicata appare puramente strumentale ed improprio,

impegna il Governo

a valutare la situazione, che non può essere data per scontata in alcun senso ma decisa solo sulla base delle risultanze processuali oggettive, che, allo stato, non consentono di sciogliere, né in un senso, né nell'altro, l'interrogativo sull'esigenza o meno da parte del Governo di costituirsi parte civile nel procedimento presso il tribunale di Palermo relativo alla trattativa Stato-mafia.
(1-01145) «Cicchitto, Corsaro, Santelli».


   La Camera,
   premesso che:
    le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, che a distanza di dieci mesi dal suo insediamento ha riconosciuto il fatto che l'operato del suo Governo ha contribuito ad aggravare la crisi economica in atto nel Paese, fanno presagire che l'inizio della nuova stagione autunnale sarà tristemente segnato dalla chiusura delle fabbriche e dalla perdita dei posti di lavoro;
    la mancanza di provvedimenti di sostegno alle imprese, fatta eccezione per quelli adottati a solo vantaggio delle aree site nel Mezzogiorno, dalle misure di rilancio delle aree di crisi industriale nel meridione, con il decreto-legge per la crescita, al recente decreto-legge per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto, e più in generale la mancanza di una seria ed organica politica di rilancio del sistema industriale del Paese, hanno messo in crisi le imprese, al Sud come al Nord, molte di queste già al collasso finanziario, a causa della difficoltà di accesso al credito bancario, della elevata tassazione, la più alta in Europa, dei molti oneri burocratici a cui si aggiunge il fenomeno ancora non superato dei forti ritardi nel pagamento delle forniture da parte dei soggetti della pubblica amministrazione;
    le conseguenze di questa crisi sono inevitabilmente ricadute sul mondo dell'occupazione, generando uno scenario sconfortante per il futuro. Sono circa 180 mila i lavoratori coinvolti nei 150 tavoli di crisi aperti al Ministero dello sviluppo economico, mentre a rischio sono i posti di lavoro di 30 mila persone. Si tratta di aziende strategiche per l'economia italiana che operano su tutto il territorio nazionale in settori diversi ed è quindi inaccettabile che il Governo continui ad operare con la logica di creare un canale privilegiato di sostegno al Sud, quando nella realtà la crisi non vede distinzioni e tocca indistintamente le imprese del Nord come quelle del Sud;
    il Fondo per le aree sottoutilizzate, oggi denominato «Fondo per lo sviluppo e la coesione», è stato ristrutturato con le disposizioni contenute nei decreti-legge n. 112, convertito con modificazioni della legge n. 133 del 2008, e n. 185 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009;
    con il decreto-legge n. 112 del 2008 è stata attuata una ricognizione delle risorse disponibili, al fine di rendere più trasparente ed efficiente il loro impiego, in particolare con l'articolo 6-quinquies il nuovo Fondo infrastrutture per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, in cui sono state convogliate tutte le risorse del FAS assegnate dal CIPE per il periodo 2007-2013;
    con il successivo decreto-legge n. 185 del 2008 le risorse nazionali destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate sono state riprogrammate allo scopo di conseguire obiettivi di rilancio dell'economia italiana, già compromessa dalla crisi internazionale. A tal fine sono stati creati tre Fondi settoriali, ossia: Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, il Fondo infrastrutture, il Fondo strategico per il Paese, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il sostegno dell'economia reale;
    la programmazione delle risorse per il periodo 2007-2013 è stata adottata dal CIPE con delibera n. 166 del 21 dicembre 2007, che evidenziava un ammontare pari a 64,379 miliardi di euro;
    successivamente, a decorrere dall'anno 2008 fino ad oggi, le risorse suddette hanno subito una serie di decurtazioni, a causa della necessità di reperire risorse destinate al riequilibrio dei saldi di finanza pubblica;
    in ogni caso, la ripartizione delle risorse, aggiornate con successive delibere CIPE, è stata effettuata nel rispetto del criterio di riparto che assegna l'85 per cento delle medesime al Mezzogiorno ed il restante 15 per cento al Centro- Nord;
    il suddetto criterio di riparto è stato adottato a seguito dell'accordo sancito in Conferenza unificata Stato-Regioni nel maggio 1999 ed è stato utilizzato per tutte le successive ripartizioni effettuate dal CIPE a decorrere dall'anno 2000 ad oggi. La motivazione di base era la concentrazione degli squilibri economici e sociali nell'area del Mezzogiorno;
    dal 1999 ad oggi, con l'avvento della grave recessione che ha coinvolto l'intera area euro ed in particolare l'Italia, appare evidente che le motivazioni alla base della suddetta ripartizione a favore del Mezzogiorno devono essere rivalutate alla luce della grave crisi, in cui versano tutte le aziende italiane, soprattutto piccole e medie imprese, che sono in procinto di chiudere, con gravi ripercussioni sul tasso di disoccupazione;
    oggi appare prioritario, più che sviluppare aree del Paese ancora depresse, assicurare la continuità produttiva e la sopravvivenza delle aziende esistenti, unica soluzione per poter consentire la crescita del Pil, o quanto meno scongiurare il trend di decrescita del medesimo, che, dalle ultime stime, è in calo tra il 2 fino al 2,4 per cento;
    anche per il 2013 è prevista una tendenza al ribasso, con una crescita non superiore allo 0,5 per cento,

impegna il Governo

ad intraprendere le necessarie iniziative affinché siano quanto prima adottati nuovi criteri di riparto delle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione, ai fini di una più cospicua assegnazione delle risorse in esso contenute al sistema produttivo del Nord e del Centro-Nord, nonché al fine di garantire la sopravvivenza delle imprese ed il loro rafforzamento per il rilancio dell'economia, scongiurando in tal modo il loro fallimento.
(1-01146) «Dozzo, Maroni, Bossi, Fava, Fugatti, Lussana, Fedriga, Montagnoli, Fogliato, Volpi, Dal Lago, Alessandri, Stefani, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Follegot, Forcolin, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».


   La Camera,
   premesso che:
    la perdurante congiuntura economica, le tensioni sociali che essa innesca – i tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello sviluppo economico, dal Sud al Nord, coinvolgono 180 mila lavoratori – l'emergenza criminalità in varie città, da Napoli a Milano, i riflessi sull'Italia dell'assalto al consolato americano di Bengasi, con l'uccisione dell'ambasciatore americano in Libia, questione gravissima apertasi ed estesasi in poche ore ad altri Paesi della medesima area geografica e politica, costituiscono ulteriori, primari e rilevanti problemi per l'ordine pubblico;
    si è riunito nei giorni scorsi il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Ministro dell'interno, cui hanno preso parte il sottosegretario De Stefano, i vertici delle forze di polizia e dei servizi segreti, il capo di stato maggiore della Difesa, ed i componenti hanno esaminato le varie minacce – elencate nell’incipit del presente atto di indirizzo – che turbano e aggravano le condizioni del territorio nazionale;
    gli organi della stampa hanno riportato alcune considerazioni dei componenti del Comitato, quali «la necessità di tenere alto il livello di attenzione attraverso una strategia che si fondi anche sul dialogo con tutte le parti interessate» è da segnalare, nel caso di specie, che tra le vertenze che preoccupano maggiormente, anche per il contesto sociale in cui maturano, figurerebbero l'Alcoa di Portovesme, l'Ilva di Taranto e la Gesip di Palermo;
    non è chiaro come l'alta considerazione verso le forze dell'ordine e della sicurezza, oltre all'estrema necessità del loro apporto, possano sposarsi con i tagli arrecati ai comparti dalla cosiddetta «spending review» – senso e scopo principali della quale sono la revisione dei criteri di spesa, la razionalizzazione e la conseguente ottimizzazione delle risorse finanziarie;
    l'intero comparto sicurezza è oggetto di tagli che si susseguono dall'avvio della legislatura, in dicotomico rapporto con l'accrescersi delle emergenze e in stridente contrasto con i proponimenti del precedente Governo in ordine alla priorità dell'ordine pubblico e della sicurezza per il territorio e per i cittadini; ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non sembra esservi soluzione di continuità con riguardo alle scelte compiute con la «spending review» dal Governo attualmente in carica;
    ai tagli alla sicurezza, inoltre, si contrappone, ad esempio, il rifinanziamento del progetto «strade sicure» – che ha visto protagonista l'esercito –, che si è rivelato costoso e fallimentare e che non può considerarsi una soluzione al blocco degli arruolamenti delle forze della sicurezza;
    altro esempio calzante è offerto dall'analisi condotta dallo Stato maggiore dell'Arma dei carabinieri sui tagli da applicare in relazione ad essa: turn over bloccato per l'80 per cento, che in termini pratici consentirà il ricambio del personale tra pensionamento, in uscita, ed arruolamento, in entrata, solo per il 20 per cento su 1000 carabinieri che si collocano in quiescenza ne saranno arruolati solo 200: il turn over dell'Arma all'anno corrisponde a 2290 carabinieri in uscita e con il blocco del turn over il rientro sarà solo di 464 unità annue; il blocco riguarderà gli anni dal 2012 al 2014, mentre nel 2015 il blocco del turn over passerà dall'80 per cento al 50 per cento; i tagli comportano una ulteriore sofferenza a operativo, una condizione di organico molto al di sotto delle necessità, il venire meno del 15 per cento del personale effettivo nei piccoli reparti; i tagli si abbatteranno, naturalmente, come una scure sulle assunzioni derivanti dai concorsi, di tutti i livelli e tipologie funzionali, dagli allievi ai marescialli, ai ruoli tecnico-logistici ufficiali, ai vice brigadieri, agli appuntati scelti;
    a tutt'oggi gli emolumenti assegnati alle forze dell'ordine risultano al di sotto di quanto sarebbe loro dovuto e, in forza del decreto-legge n. 78 del 2010 – che non ha riconosciuto né rispettato le relative specificità, è stato disposto il blocco stipendiale, il quale, in combinato disposto con il blocco del turn over, comporterà un aggravio di lavoro per tutti gli addetti, i quali dovranno continuare a garantire gli stessi standard lavorativi;
    è opportuno sottolineare la continua erosione, e dunque l'esiguità, delle risorse del fondo unico per la giustizia (FUG) nonché, a dispetto di quanto dichiarato dal Governo, il mancato ristoro economico di quanto dovuto ai comparti interessati quale «assegno una tantum» nonché la devoluzione della riduzione delle risorse per le missioni all'estero in favore dei medesimi comparti, al fine di risarcirli dei nocumenti economici derivanti dal blocco del tetto stipendiale (di cui al decreto-legge n. 78 del 2010) e dalle disposizioni del provvedimento in merito al riordino delle carriere,

impegna il Governo:

   a garantire, attraverso il reperimento delle necessarie risorse finanziarie, le assunzioni nei comparti dell'ordine pubblico e della sicurezza, assumendo iniziative per esonerarli totalmente dall'applicazione del blocco del turn over per gli anni dal 2012 al 2015;
   a garantire che le risorse del fondo unico per la giustizia siano effettivamente destinate al comparto della sicurezza;
   ad assumere iniziative per reperire le risorse necessarie per il completo risarcimento dei danni economici derivanti da quanto indicato nell'ultimo capoverso della premessa del presente atto di indirizzo.
(1-01147) «Di Pietro, Favia, Donadi».


   La Camera,
   premesso che:
    è stato pubblicato il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione alla delega di cui all'articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n. 148;
    il decreto legislativo disattende il parere approvato il 1o agosto 2012 dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati;
    soppressione di diversi uffici giudiziari operata dal decreto legislativo non risponda ad avviso dei firmatari del presente atto ai princìpi e ai criteri dettati dalla delega contenuta nell'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo correttivo del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, dando attuazione ai contenuti del parere approvato il 1o agosto 2012 dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati.
(1-01148) «Costa, Contento, Scandroglio, Abelli, Bocciardo, Cassinelli, Cossiga, Torrisi, Nastri, Dima, Sisto, Minasso, Nola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la protesta dei lavoratori per l'aggravarsi della situazione di crisi della società ASA group di Castellamonte (Torino), ormai in via di fallimento, ha riacceso l'interesse pubblico sulla necessità di individuare soluzioni chiare e definitive sul futuro della gestione dei rifiuti nei 51 comuni dell'Alto canavese e sul futuro dei dipendenti della stessa società;
   la società pubblica ASA group di Castellamonte (Torino), a seguito di una situazione economico-finanziaria disastrosa, è gestita oggi da un commissario straordinario nominato dal Ministero dello sviluppo economico e gestisce i rifiuti di un bacino di 80.000 abitanti nell'Alto canavese;
   la situazione di crisi va avanti dal 2010, come denunciato dall'atto di sindacato ispettivo dell'interrogante n. 5-03569, al quale il Ministero dello sviluppo economico ha risposto in data 2 dicembre 2010;
   la gestione del ciclo dei rifiuti versa in gravi difficoltà anche a seguito della chiusura della discarica di località Vespia in Castellamonte (Torino), per gravi inadempienze;
   nel mese di aprile 2012, il consorzio Canavesano Ambiente ha indetto un procedimento di gara per l'affidamento, con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dei servizi di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, per un periodo di quindici anni, con l'esclusione delle operazioni di trattamento e/o smaltimento; si è trattato di una gara a doppio oggetto, in quanto il procedimento comprendeva, con base di gara di 7 milioni di euro al rialzo, anche la cessione completa del ramo di Impresa della Asa Servizi s.r.l. e la cessione parziale di asset di Asa Consorzio, per le parti afferenti la gestione del ciclo dei rifiuti;
   la gara è andata deserta;
   è stata quindi prevista una riapertura della gara, con modifica dei termini dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ivi compresa l'offerta a ribasso per la cessione dei rami d'azienda;
   a tale seconda gara hanno partecipato solo due società, senza tuttavia averne i requisiti richiesti, mentre altre società, hanno manifestato interesse ma non hanno partecipato al bando presumibilmente per la mancanza di chiarezza nei contenuti del bando stesso, soprattutto per la parte riguardante i beni strumentali dell'azienda e la situazione finanziaria degli stessi;
   lo scorso 19 settembre, il tribunale di Ivrea ha accolto la richiesta del commissario di rinviare a novembre l'avvio della procedura di fallimento di Asa, permettendo la possibilità di proseguire con una procedura negoziata all'espletamento della gara, anche a salvaguardia dei livelli occupazionali dei dipendenti dell'azienda; si continua erroneamente a percorrere la strada della gara a doppio oggetto, nonostante le difficoltà emerse;
   si protrae la pesante situazione di crisi del servizio della gestione dei rifiuti nell'Alto canavese che, come conseguenza, si ripercuote sulla salute dei cittadini che abitano in prossimità all'azienda, a causa del prolungarsi del deposito temporaneo dei rifiuti; di quest'ultima situazione sembra informata la procura di Ivrea;
   il Commissario straordinario del Consorzio azienda servizi ambiente e di Asa servizi in amministrazione straordinaria ha sottoscritto una convenzione ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990 con il consorzio Canavesano ambiente per lo svolgimento in collaborazione di «attività di interesse comune per lo svolgimento congiunto delle procedure di gara per la cessione del complesso aziendale Asa e di Asa servizi s.r.l e per l'affidamento del servizio di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e assimilati nel sub ambito b, del bacino 17» –:
   se il Governo sia al corrente della situazione di crisi della società ASA group di Castellamonte (Torino) e delle modalità utilizzate per lo svolgimento delle gare sopra esposte e se non ritenga opportuno assumere iniziative ai fini della modifica della strategia del doppio oggetto di gara, che fino ad ora non ha portato alcun beneficio, anche valutando i migliori risultati economici conseguibili.
(2-01673) «Togni, Dozzo».

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo un dossier della banca Intesa-Sanpaolo il fatturato delle vendite nelle esportazioni del nostro Paese nel settore agroalimentare risulta essere indietro, anche rispetto ad un Paese quale la Germania, notoriamente non famoso per la qualità dei prodotti agroalimentari;
   il rapporto della medesima banca descrive che i classici prodotti del made in Italy che rappresentano un eccellenza dell'agroalimentare nel mondo, dalla pasta, al vino, all'olio extravergine d'oliva, sono esportati soltanto per il 19 per cento rispetto al 27 per cento della Germania;
   il documento riporta inoltre che negli ultimi dieci anni l'avanzata dei prodotti da tavola tedeschi è stata lenta ma continua, giovandosi della crescita economica dei Paesi limitrofi e più in generale dell'est europeo e della forza di una grande catena di distribuzione come la Rewe;
   i prodotti agroalimentari made in Italy, nello stesso lasso di tempo, hanno invece retto la concorrenza europea, subendo tuttavia un arretramento;
   a giudizio degli economisti di Intesa Sanpaolo, occorrono iniziative in grado di aumentare almeno di 10 miliardi di euro l’export italiano e la necessità di interventi mirati è dimostrata dal successo che incontrano nel mondo i prodotti cosiddetti, italian sounding, ovvero quei prodotti alimentari fatti all'estero, ma che, pur senza essere una vera e propria contraffazione, evocano in qualche modo un'origine italiana;
   secondo il suesposto rapporto, il giro d'affari risulta essere infatti di 60 miliardi di euro e di conseguenza le potenzialità per collocare sui mercati esteri autentici prodotti agroalimentari con il marchio made in Italy, appaiono del tutto realistiche;
   i gap che emergono dal punto di vista agro-industriale per colmare il deficit di competitività della produzione alimentare italiana all'estero, sostiene Intesa Sanpaolo, sono rappresentati dalla frammentazione delle piccole e medie imprese italiane, a differenza di quelle tedesche, che risultano essere più consolidate;
   a causa della dimensione le aziende italiane conseguentemente non riescono ad imporre il loro brand all'estero, nonostante i grandi marchi siano conosciuti in tutto il mondo;
   ulteriori profili di criticità riguardano lo svantaggio competitivo del settore agroalimentare italiano, nei riguardi della Germania e della Francia, causato dalla mancanza di grandi reti di distribuzione nazionali;
   i francesi grazie ad importanti catene di distribuzione nazionale come ad esempio Carrefour, sono riusciti infatti ad entrare in un vasto mercato come la Cina, a differenza dell'Italia che invece non è sostenuta da nessuna grande catena di distribuzione;
   il dossier di Banca Intesa-Sanpaolo evidenzia, infine, come i mercati sui quali gli esperti invitano a insistere sono la Russia, gli Emirati Arabi e la Corea, aree geo-economiche in cui non esistono comunità italiane e pertanto si tratta di mercati inesplorati –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di migliorare i livelli di competitività delle imprese agroalimentari italiane nei mercati esteri europei e mondiali;
   se non ritengano opportuno assumere, nell'ambito delle rispettive competenze, adeguate iniziative volte a promuovere all'estero l'autenticità dei prodotti agroalimentari italiani, in quanto un'accelerazione della vendita di prodotti made in Italy, determinerebbe inevitabili vantaggi in termini economici ed occupazionali per il nostro Paese. (4-17778)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la drammatica vicenda che ha coinvolto la città di Taranto, mettendo la popolazione di fronte all'inaccettabile alternativa, la disoccupazione o l'inquinamento venefico, è ben presente all'attenzione del Governo e della pubblica opinione;
   in qualche modo l'Ilva rappresenta una sineddoche, un emblema della condizione del lavoro dipendente oggi nel nostro Paese, strangolato dallo spettro dei licenziamenti;
   ma la sineddoche dell'Ilva coinvolge anche altri settori delle istituzioni: la magistratura, per esempio, che si è trovata a svolgere un ruolo «oggettivamente» surrogatorio rispetto alla politica e che continua ad effettuare interventi, che, pur nel perimetro della giurisdizione, mettono in allarme le maestranze a seguito della bocciatura da parte dei custodi giudiziari e del procuratore capo del piano di primi interventi da 400 milioni di euro –:
   quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare per rassicurare i lavoratori e la popolazione di Taranto. (3-02493)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PORFIDIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a causa della crisi economica che sta investendo tutto il vecchio continente, con particolare riguardo alla fascia mediterranea, anche l'Italia, è chiamata a riordinare i conti al fine di raggiungere i livelli di spesa pubblica accettati dai vincoli dell'Eurozona. In ossequio a codesto principio è in atto una generale manovra di spending review per ridurre costi e sprechi in ogni settore dello Stato;
   nell'ambito del comparto della Difesa è in atto un riordino della sanità in senso interforze;
   si prevede tra l'altro che l'area della medicina legale subirà un drastico ridimensionamento con la soppressione di talune strutture;
   secondo quanto a conoscenza dell'interrogante il Ministro della difesa, nell'ambito dei provvedimenti di ridimensionamento dell'Area logistico-sanitaria, avrebbe deciso di sopprimere, tra gli altri, il dipartimento militare di medicina legale di Caserta ed ha disposto che le strutture soppresse verranno preferenzialmente chiuse oppure transitate nelle strutture di aderenza delle Forze armate;
   ad oggi il dipartimento militare di medicina legale di Caserta, in termini di mole di lavoro svolto sul vasto bacino di competenza (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e non solo) è secondo solo a quello di Roma, ma con personale medico, in proporzione, notevolmente ridotto. Soddisfa la domanda di un'utenza interforze appartenente alle diverse Forze armate ed ai Corpi armati e non armati dello Stato: esercito, marina, aeronautica, Guardia di finanza, Arma CC, Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, vigili del fuoco, Corpo forestale;
   il dipartimento militare di medicina legale di Caserta ha sede nella caserma Tescione con dipendenza gerarchica dal comando di sanità di Napoli e del poliambulatorio di aderenza con dipendenza gerarchica dal Comando militare Esercito di Napoli;
   è una struttura storicamente prestigiosa, sede del più vecchio ex ospedale militare d'Italia, geograficamente collocata in posizione strategica ed in grado di accogliere notevoli volumi giornalieri di utenti;
   svolge compiti di medicina idoneativa: personale che dopo lunghi periodi di convalescenza/aspettativa per malattia deve essere giudicato idoneo oppure non più idoneo al servizio militare incondizionato – personale da giudicare idoneo o non più idoneo alle attività operative in Italia ed all'estero;
   svolge compiti di medicina risarcitiva (cause di servizio);
   svolge compiti di osservazione militare;
   svolge compiti di medicina del lavoro;
   considerata la presenza sul territorio di organismi militari prestigiosi quali: brigata bersaglieri Garibaldi di Caserta, raggruppamento addestramento volontari di Capua, scuola allievi sergenti dell'AM di Caserta, e altri, i disagi che il provvedimento in oggetto arrecherebbe all'utenza, sono enormi. Le amministrazioni che si rivolgono al dipartimento militare di medicina legale di Caserta e con le quali è consolidato un rapporto di collaborazione sereno e costruttivo che alla data odierna non hanno ancora alcun sentore di quanto accade, incontrerebbero grossi disagi;
   dal 1° gennaio 2007, il dipartimento militare di medicina legale di Caserta è l'unico ente sanitario militare della Campania nonché punto di riferimento della medicina legale regionale. Il servizio sanitario della Campania perderebbe un riferimento molto importante;
   le risorse per i lavori di ristrutturazione dei tetti della struttura potrebbero essere prese anche dalla alienazione di enti militari già soppressi;
   non meno importante, è il destino che si vorrà riservare al personale militare e civile della difesa in servizio presso il dipartimento: circa 130 famiglie per le quali ad oggi nulla di preciso è trapelato circa la possibilità di un eventuale comodo reimpiego;
   se attuato, il provvedimento di soppressione, azzererebbe quasi del tutto la presenza dell'esercito italiano nonché di quello di altre Forze armate sul territorio di Caserta, con verosimili ripercussioni negative sulla credibilità dell'intero comparto logistico di sostegno. Caserta rappresenta un punto logistico di grande importanza per un bacino d'utenza molto esteso che riguarda tutto il meridione d'Italia che con questo riordino rischierebbe di trovarsi sguarnito dal servizio. La chiusura della struttura del dipartimento militare di medicina legale casertana arrecherebbe gravi disagi per molti cittadini i quali si troverebbero un aggravio di spesa considerevole a causa degli spostamenti conseguenti alla chiusura del centro;
   infine è a conoscenza dell'interrogante l'esistenza di colloqui in corso tra i vertici del dipartimento militare di medicina legale e della ASL di Caserta al fine di perfezionare una convenzione per effettuare visite ed esami negli ambulatori del dipartimento militare di medicina legale il che rappresenterebbe un introito non indifferente per l'ente difesa –:
   se la notizia della soppressione del dipartimento militare di medicina legale di Caserta risponda a verità e se, qualora ciò sia confermato, il Ministro non ritenga opportuno rivedere il provvedimento citato. (4-17781)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dai dati contenuti nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si evince il peggioramento delle stime del Governo sull'andamento dell'economia. Infatti è previsto per il 2012 una riduzione del Pil pari al 2,4 per cento e per l'anno prossimo pari ad una diminuzione dello -0,2 per cento;
   ad aprile il Ministro interrogato stimava una flessione del Pil più contenuta (-1,2 per cento) per il 2012 e una crescita dello 0,5 per cento per il 2013. Il Pil, si legge nella Nota di aggiornamento, è invece «previsto contrarsi del 2,4 per cento nel 2012»;
   nel 2013, sulla base del profilo ipotizzato, la crescita sarebbe lievemente negativa, per migliorare ulteriormente nel biennio successivo. Nella media dell'anno prossimo «il Pil si ridurrebbe dello 0,2 per cento, principalmente per l'effetto di trascinamento del calo registrato l'anno precedente. Infatti la variazione trimestrale del Pil inizierebbe a essere positiva già a partire dal primo trimestre» –:
   quali eventuali provvedimenti ulteriori intenda assumere per rendere meno gravose, soprattutto per la parte di popolazione inoccupata, disoccupata o con un reddito che costringe al limite della sussistenza, le condizioni di vita per i prossimi mesi, in attesa dell'auspicata ripresa del sistema economico. (4-17785)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Umbria, sta conoscendo un continuo susseguirsi di crisi aziendali, vertenze, ricorsi alla cassa integrazione o, peggio ancora, ai licenziamenti;
   è difficile trovare un angolo di questa regione in cui non ci siano posti di lavoro che si perdono, aziende che chiudono, lavoratrici e lavoratori in grande difficoltà. Gli ultimi dati della Banca d'Italia dicono che la recessione in Umbria è ancora più pesante di quella, già drammatica, a livello nazionale (-7,6 per cento di Pil dall'inizio della crisi). Una performance particolarmente negativa, che secondo l'istituto di via Nazionale è dovuta al concatenarsi di due fattori concomitanti: un apparato produttivo caratterizzato da una forte presenza di beni intermedi (maggiormente soggetti all'andamento delle congiunture economiche) e una minore capacità di esportazione delle imprese, che gli impedisce di agganciare eventuali fattori di ripresa mondiale. E in effetti la quota di imprese regionali indirizzate all’export è minima: tra le quarantatré regioni d'Europa che hanno dimensioni e connotati simili, l'Umbria ha una propensione all’export tra le più basse;
   scorrendo le diverse analisi che periodicamente vengono prodotte da vari soggetti e istituti, si apprende che solo nell'edilizia dall'inizio della crisi si sono persi in Umbria 10 mila posti di lavoro e altri 12 mila circa negli altri settori;
   sul versante delle imprese, l'Umbria nel primo trimestre 2012 registra il record nel tasso di fallimenti (insolvency ratio, ossia il numero di procedure di fallimento aperte ogni 10 mila imprese attive). Secondo i dati del Cerved Group nella regione questo indice è di 9,2 punti (oltre nove procedure fallimentari aperte ogni 10 mila imprese), rispetto a una media nazionale di 5,5;
   i dati riguardanti i lavoratori fanno emergere la cifra record di 37 mila disoccupati, con un tasso di disoccupazione che cresce dal 6,5 per cento del secondo trimestre 2011 al 9,1 dello stesso periodo di quest'anno. Un dato che, ovviamente, non tiene poi conto dell'altissimo numero di lavoratori cassintegrati (circa 30 mila mediamente coinvolti, di cui 15 mila a zero ore);
   tra il 2010 e il 2011 l'Umbria fa registrare l'aumento maggiore di poveri in termini relativi di tutta l'Italia, passati dal 4,9 ad addirittura l'8,9 per cento della popolazione. Con questo balzo, come ha rilevato l'Istat nel suo rapporto annuale sulla povertà, l'Umbria fa un passo molto consistente verso il meridione, diventando la regione più povera d'Italia dal Lazio in su;
   c’è il rischio concreto della scomparsa della produzione manifatturiera della regione (Merloni, polo chimico, Faber, Trafomec, Ims, Wonderful, solo per citare le aziende maggiore che rischiano la chiusura), c’è il rischio che le risorse necessarie a consentire forme di welfare per il 2012-2013, siano insufficienti. Si rischia il sostanziale azzeramento del fondo sociale nazionale, con il conseguente ridimensionamento di quello regionale, mentre sarebbe utile lo sviluppo della contrattazione di secondo livello nella gran parte delle attività produttive della regione –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali eventuali iniziative intendano assumere per dare soluzione agli stessi.
(4-17787)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   DI PIETRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   noti ed oramai codificati – per legge, per codice deontologico, in giurisprudenza ed in dottrina – sono i diritti di critica e di cronaca di cui devono poter usufruire tutti coloro che fanno informazione: l'informazione libera e senza bavaglio è uno dei principi cardini della Costituzione repubblicana ed è alla base di ogni Stato di diritto e di ogni democrazia evoluta;
   altrettanto noti e codificati sono anche i limiti ed i doveri a cui ogni buon giornalista deve attenersi per rispettare altri principi costituzionali ugualmente intangibili, quali l'onore ed il decoro della persona umana. Tali doveri consistono essenzialmente nel rispetto – da parte del giornalista – della verità della notizia che lui racconta, dell'interesse pubblico a renderla nota e della continenza e correttezza con cui la notizia o la critica vengono esposte;
   orbene, Alessandro Sallusti, oggi direttore de Il Giornale ed all'epoca dei fatti direttore di Libero, è protagonista di una vicenda giudiziaria che il 26 settembre 2012 vedrà la sua conclusione. Egli, infatti, è stato condannato – senza condizionale – dalla corte di appello di Milano a quattordici mesi di reclusione per diffamazione aggravata a mezzo stampa per aver offeso ingiustamente la reputazione di un magistrato. Ora si attende la sentenza della Corte di cassazione che – se dovesse confermare il giudizio della corte di appello (ed è presumibile che possa farlo, in quanto deve verificarne solo la legittimità e non il merito) – comporterà come conseguenza inevitabile che il giornalista Sallusti dovrà andare in carcere a scontare la sua pena;
   il modo di operare del giornalista Sallusti è noto, specie all'interrogante, che ha in corso nei suoi confronti e nei confronti dei suoi editori di oggi e di ieri numerose cause civili e penali per le tante diffamazioni aggravate e reiterate subite;
   però, l'interrogante, pur non condividendo affatto il modo di fare giornalismo da parte di Alessandro Sallusti, ritiene doveroso porre all'attenzione del Governo e del Parlamento la necessità di intervenire urgentemente per rivedere il dettato normativo dell'articolo 595 del codice penale, non nella parte precettiva s'intende, ma in quella sanzionatoria;
   si è, infatti, davanti ad una norma che, caso quasi unico al mondo, punisce anche con il carcere un reato di opinione;
   si ritiene, invece che – qualora il giornalista esorbiti dai limiti che è tenuto a rispettare (verità, continenza, interesse pubblico) – sia più rispondente al bilanciamento di entrambi i diritti costituzionalmente garantiti (diritto ad informare del giornalista e diritto alla privacy ed alla propria reputazione della persona offesa) ritenere sufficiente (come, peraltro, già previsto dalla legislazione attuale) la sola sanzione pecuniaria, oltre la sanzione del risarcimento del danno in sede civile, della rettifica della notizia diffamatoria a spese del diffamatore e delle pubbliche scuse, qualora la gravità del fatto lo richieda;
   il caso segnalato, pertanto – al di là delle valutazioni che si possono fare sul modo di operare del giornalista Sallusti – impone una soluzione immediata e certa per la difesa di un principio costituzionale e di una norma di democrazia e civile convivenza: non si può e non si deve andare in carcere per un reato di opinione –:
   se il Governo non ritenga opportuno adottare in tempi brevissimi iniziative normative d'urgenza al fine di sostituire la sanzione detentiva prevista per il reato di diffamazione a mezzo stampa con quella pecuniaria. (3-02488)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da un reportage realizzato da la Gazzetta del Mezzogiorno, edizione di Lecce, si confermano le gravi carenze del carcere di Borgo San Nicola di Lecce, già emerse nel corso di una visita ispettiva condotta da esponenti radicali il 19 maggio 2012, tra le quali spicca una vera e propria emergenza sanitaria;
   come ha avuto modo di descrivere Mario Chiarelli, dirigente responsabile dell'area sanitaria del carcere, «Borgo San Nicola va inteso come un ospedale da 1.200 posti letto. Una struttura in cui gli ospiti hanno sempre bisogno di assistenza, soprattutto psichiatrica, vivendo 20 ore su 24 in cella»; il dirigente sanitario ha poi fatto presente che «Abbiamo bisogno di medici che svolgano per 24-36 ore settimanali la loro opera presso il carcere in modo da garantire continuità assistenziale»;
   per una popolazione sanitaria di 1.300 detenuti, vi sono infatti solo 13 medici e 26 infermieri e anche se la ASL di Lecce ha aumentato la pianta organica degli infermieri immettendo sei unità negli ultimi mesi – il che consente di avere almeno un infermiere fisso in tutti i reparti – continuano a essere scarse le consulenze specialistiche e la dotazione strumentale;
   71 sono i detenuti che risultano in trattamento sostitutivo per tossicodipendenti, 16 con HIV, 69 HCV, 3 gli alcolisti, 4 con epatite B, 3 con la scabbia, 32 affetti da disturbi psichiatrici cronici e 300 sottoposti a terapie psichiatriche;
   per quanto riguarda gli specialisti, vi sono: un chirurgo (6 ore settimanali), un endocrinologo (6 ore), un odontoiatra (20 ore), due dermatologi (14 ore ciascuno), due psichiatri (32 ore in tutto), un medico delle tossicodipendenze (36 ore), uno pneumologo (20 ore), un infettivologo (12 ore), un oculista (6 ore), un ortopedico (3 ore);
   in particolare non risultano soddisfatte le richieste della direzione generale che chiede un ecografo, uno spirometro, un ecocardigrafo, mentre ragioni di sicurezza non hanno finora consentito di attivare un sistema di tele-radiologia, con macchinario installato nel carcere per inviare via internet l'esito degli esami all'esterno, il che consentirebbe anche di far fronte alle difficoltà di provvedere alle traduzioni dei detenuti all'ospedale per effettuare diagnosi strumentali;
   mancano inoltre un marcatempo per i turni e un sistema per le prenotazioni di consulenze esterne senza contare che, secondo quanto riferisce Claudia Casser, infermiera professionale specializzata nel trattamento di tossicodipendenza e rappresentante sindacale della Cisl Fp, nell'infermeria manca un impianto elettrico con messa a terra, il locale del pronto soccorso non è adeguatamente attrezzato e le condizioni igieniche dei locali non garantiscono in alcun modo la sterilità di ambienti e strumenti;
   secondo Ruggiero D'Amato, agente penitenziario e vicesegretario provinciale dell'Osapp che lavora a Lecce nel nucleo traduzioni e piantonamento, manca personale (763 gli agenti previsti, 721 le unità effettive e 42 i custodi mancanti), l'85 per cento dei blindati e dei furgoni in dotazione hanno oltre 400 mila chilometri (al punto che se dovessero essere fermati da un altro corpo di polizia verrebbero sequestrati), la cancelleria è inesistente e gli arretrati di straordinari non retribuiti risale addirittura al 2008;
   nel corso dell'estate vi sono stati momenti in cui un solo agente ha dovuto seguire due sezioni, cioè fino a 150 detenuti in una situazione in cui non c’è climatizzazione, né sistemi di aerazione o riscaldamento, né postazioni nei corridoi in cui lavorare in sicurezza il che fa dire a D'Amato che «paradossalmente dobbiamo dire grazie alla popolazione detenuta...» riferendosi al senso di responsabilità rispetto a una situazione in cui «se un giorno dovesse decidere di organizzare una rivolta, nel giro di due ore prenderebbe il carcere in mano»;
   un detenuto della Costa d'Avorio, Ibrahim, spiega che il cibo non è male ma è scarso, le condizioni igieniche sono al limite del sopportabile, non è possibile fare la doccia perché la struttura è vecchia e non ci sono docce in cella, da tempo non viene fornito dentifricio, sapone o detersivo e anche l'assistenza di volontari sta venendo meno;
   il direttore del carcere Antonio Fullone, che sta gestendo al meglio la situazione, ha messo a punto un piano di interventi che prevedono:
    a) una riqualificazione dei luoghi con tinteggiatura, lavori sui sistemi elettrici e idraulici, tra cui la sostituzione nelle celle dei bidet con piatti doccia l'installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti, il che potrebbe far risparmiare 35 mila euro mensili di Bolletta con lavori da affidare ai detenuti;
    b) contrasto al disagio psichico attraverso un aggiornamento del protocollo di accoglienza, in accordo con l'Asl;
    c) sostegno alle situazioni di svantaggio rivolto a stranieri, tossicodipendenti e detenuti protetti;
    d) sostegno alla genitorialità nella convinzione che «un aggiornato concetto di pena deve evitare che il peso della detenzione ricada anche su componenti esteri alla persona detenuta» e che prevede, oltre alle esperienze consolidate come la festa dell'affettività, progetti con provincia di Lecce, Asl, ufficio per l'esecuzione penale esterna (Uepe) per la cura dei rapporti tra detenuti e loro famiglie;
    e) un protocollo da rendere operativo tra Uepe e comunità Speranza per gestire il momento della dimissione di persone non autonome e prive di riferimenti esterni;
    f) trattamento penitenziario volto a impegnare i detenuti in azioni umanitarie e culturali per le quali sono state inaugurate salette di socialità e il campo sportivo ma che necessitano di un incremento dell'offerta delle biblioteche e di un'apertura all'esterno per manifestazioni culturali;
    g) un disciplinare da formulare con l'Uepe per modulare i tempi dell'osservazione della personalità;
    h) rafforzamento delle realtà lavorative già presenti e sviluppo di altre;
    i) miglioramento dei rapporti con il territorio attraverso tavoli periodici per settori di intervento aperti alle istituzioni e alle associazioni di volontariato con un'idea di sperimentare forme di riparazione sociale, cioè interventi pulizia o piccola manutenzione su spazi pubblici da realizzare fuori dal carcere –:
   quali iniziative, per quanto di competenza intendano assumere per far fronte alle criticità esposte in premessa, in particolare per quanto riguarda gli aspetti igienico sanitari, l'adeguamento dell'organico medico-infermieristico e della strumentazione diagnostica, dell'organico del personale di custodia e trattamento, e per sostenere l'articolato progetto del direttore del carcere di Lecce per migliorare la struttura, a partire dalla installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti della struttura che consentirebbe di risparmiare sulla bolletta elettrica oltre che di dar lavoro ai detenuti. (4-17779)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in contrasto con l'ultimo orientamento della Corte di giustizia Unione europea, la Corte di cassazione afferma che, in caso di frodi carosello, l'onere della prova contraria spetta al contribuente, con un'inversione dell'onere della prova;
   la Corte di cassazione così si è espressa con la sentenza n. 15741 depositata il 19 settembre 2012, affermando che l'onere della prova è a carico del contribuente se vuole detrarre l'Iva in presenza di fatture soggettivamente inesistenti;
   il caso affrontato riguardava una società a cui veniva contestata la detrazione dell'Iva per acquisti di beni, in quanto collegati ad operazioni soggettivamente inesistenti fatturate da società cartiere interponendosi tra i reali fornitori esteri e le società acquirenti;
   la Corte di giustizia Unione europea in merito a situazioni analoghe (sentenza 21 giugno 2012, cause riunite C 80/11 e C 142/11), ha affermato che, per negare il diritto alla detrazione dell'Iva, deve essere il fisco a provare il coinvolgimento dell'acquirente cui viene rettificata l'Iva detratta –:
   se alla luce dei principi sanciti dagli organi giurisdizionali sovranazionali non ritenga eventualmente opportuno proporre un'iniziativa normativa che, in linea con i principi giurisprudenziali della Corte di giustizia Unione europea, potrebbe evitare, per il futuro, contrasto di giudicati tra giudice domestico e comunitario, anche al fine di prevenire le eventuali istruttorie prodromiche in tutti quei casi in cui possano essere comminate sanzioni agli stati membri. (4-17788)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   GAROFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la crisi del comparto dell'autotrasporto, che si inserisce in quella globale e perdurante dell'economia nazionale e si aggrava di giorno in giorno a causa dell'aumento inarrestabile del prezzo del carburante, ha raggiunto livelli di esasperazione e attanaglia in maniera sempre più stringente gli operatori del settore;
   l'attenzione che deve essere dedicata ad un settore vitale per l'economia del Paese non può che essere massima, considerato che il trasporto merci notoriamente avviene ancora per il 90 per cento su gomma;
   occorre, dunque, confermare e dare vigore alle misure già previste a favore del comparto, allo scopo di risolvere le problematicità e centrare obiettivi sanciti anche a livello europeo, come quello del contenimento dei consumi energetici nel comparto dei trasporti;
   in linea con tale obiettivo, il programma nazionale di riforma allegato al documento di economia e finanza 2012 dà garanzia dell'impegno del Governo ad assumere «un immediato approccio responsabile finalizzato all'ottimizzazione dell'uso delle varie modalità di trasporto», poiché l'incidenza del trasporto sulla bilancia energetica supera il 40 per cento, e a dare «concreta attuazione ad iniziative incisive capaci di ridimensionare, in modo sostanziale, questi consumi anomali e dannosi per la crescita e lo sviluppo»;
   trova, pertanto, conferma la necessità di ricorrere al trasporto via mare attraverso il sistema delle «autostrade del mare»;
   il ricorso maggiore all'intermodalità, indicato dal piano della logistica come obiettivo chiave della economia italiana, consentirà di migliorare le prestazioni ambientali dei sistemi di trasporto e di ridurre la congestione sulle strade, considerato il livello di saturazione raggiunto dalle infrastrutture che, soprattutto nel Mezzogiorno, sono scarsamente idonee a sopportare il traffico delle merci in transito;
   nell'ambito del futuro delle reti transeuropee dei trasporti (TEN-T), i collegamenti marittimi concentrati nell'area mediterranea, in considerazione delle realtà emergenti del sistema logistico italiano, possono rappresentare, inoltre, un volano fondamentale per la ripresa dell'economia nazionale, in termini d'incremento della produttività e di risorse umane, a condizione che si evitino interventi di marginalizzazione delle regioni periferiche;
   uno strumento essenziale al perseguimento dei suddetti scopi è costituito dall’«ecobonus», incentivo nazionale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica dell'11 aprile 2006, destinato a sostenere le imprese di autotrasporto che trasferiscono quote di merci che viaggiano su mezzi pesanti dalla strada alle vie del mare;
   tale misura è stata autorizzata dalla Commissione europea per il triennio 2007-2009 ed è stata valutata dalla stessa come best practice, avendo determinato un esponenziale incremento dell'utilizzo del sistema combinato strada-mare;
   lo strumento «ecobonus» è, infatti, risultato efficace rispetto agli obiettivi fissati nel Libro bianco del 2001 sulla politica europea dei trasporti, che evidenziava la priorità dell'adozione di misure volte a promuovere l'armonizzazione tecnica e l'interoperabilità fra i diversi sistemi, con particolare riguardo al traffico di container;
   le misure di accompagnamento previste sono destinate ad incoraggiare le forme di associazione tra imprese di piccole dimensioni aventi l'obiettivo specifico di utilizzare in modo efficiente le alternative marittime al trasporto su gomma, nonché ad agevolare misure di formazione finalizzate a promuovere l'accesso alle rotte marittime e il loro utilizzo e l'acquisto di attrezzature elettroniche (hardware) e programmi informativi (software), volti ad ottimizzare la catena del trasporto in condizioni di massima sicurezza;
   per il perseguimento di tale scopo a livello europeo sono stati definiti programmi di sostegno come «Marco Polo» e, poi, «Marco Polo II» relativi alla concessione di contributi finanziari comunitari per migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci, che dovrebbero essere efficacemente integrati con altri programmi che prevedano misure incentivanti, quali l’«ecobonus» ed il «ferrobonus»;
   la Conferenza delle regioni periferiche marittime europee, nel settembre del 2011, in coerenza il documento della Commissione europea, approvato nel marzo del 2011, attraverso il Libro bianco sulla politica europea dei trasporti dal titolo «Tabella di marcia per uno spazio europeo dei trasporti – Verso un sistema di trasporti competitivo nelle risorse», si è impegnata a promuovere proposte di strumenti comunitari adeguati allo sviluppo del trasporto marittimo a breve e medio raggio, all'interno dei quali figurano, per l'appunto, i sopra esposti programmi di sostegno;
   proprio per l'efficacia e l'indispensabilità dell'incentivo «ecobonus», di cui usufruiscono per quasi l'80 per cento le imprese siciliane, costrette a sostenere costi molto più elevati di quelli di aziende con sedi operative meno periferiche, derivanti dalle distanze che separano l'isola dalle destinazioni del continente, dalle oggettive difficoltà scaturenti dall'inadeguato livello di infrastrutturazione della Sicilia, nonché dal fortissimo ridimensionamento dell'impegno delle ferrovie nel trasporto combinato, il Governo ha inteso correttamente prorogare la misura anche per i viaggi effettuati negli anni 2010 e 2011;
   il decreto ministeriale 31 gennaio 2011, n. 27, ha, infatti, già definito le modalità per la presentazione delle istanze per il 2010 e, da ultimo, il decreto interministeriale 24 febbraio 2012, n. 55, relativo alla ripartizione dei fondi a favore del settore dell'autotrasporto, ha destinato 30 milioni di euro come contributi alle imprese di autotrasporto per interventi volti a realizzare l'utilizzo di modalità di trasporto alternative al trasporto stradale;
   tuttavia, l'erogazione delle somme stanziate per le annualità 2010-2011 è bloccata in attesa dell'autorizzazione della Commissione europea alla proroga di detti incentivi, poiché nonostante l'invio di dettagliata documentazione che motiva il fatto che tali incentivi non configurino un aiuto di Stato, risulta, dopo molti mesi e dopo tutti i chiarimenti forniti, ancora in corso di approfondimento presso gli uffici competenti della Commissione europea;
   il paventato rischio di diniego della proroga da parte dell'Unione europea sta generando un gravissimo allarme tra gli operatori dell'autotrasporto, soprattutto siciliani, che hanno assunto impegni finanziari per sostenere la costosa modalità del trasporto combinato strada-mare e che nutrono legittime aspettative circa il parziale rimborso dei costi di traghettamento sostenuti;
   le circa 700 imprese di autotrasporto siciliane coinvolte, in un momento di crisi come quella in atto, in caso di mancata erogazione delle somme stanziate per pregresse annualità, ma anche in assenza di analoghe misure da assumere per il 2012 e per quelli a venire, lungi dal divenire realtà competitive, rischiano la sopravvivenza, con conseguente messa a repentaglio di migliaia di posti di lavoro di operatori del comparto, nonché dell'intera filiera dell'agroalimentare –:
   in che modo il Governo intenda garantire l'erogazione in tempi celeri degli incentivi «ecobonus» per gli anni 2010-2011, intraprendendo ogni ulteriore iniziativa volta a sbloccare, in sede comunitaria, l'autorizzazione della proroga della misura e se abbia intenzione di individuare per il triennio 2012-2014 specifici strumenti d'incentivo a favore delle imprese di autotrasporto che utilizzino il trasporto intermodale strada-mare. (3-02495)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 14 novembre 1979 a Bologna Saleh Abu Anzeh, esponente in Italia del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, veniva tratto in arresto su mandato della procura della Repubblica di Chieti spiccato nell'ambito della nota inchiesta sui lanciamissili sovietici sequestrati a Ortona. Nel gennaio 1980, il predetto Saleh veniva condannato a sette anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra. Il 14 agosto 1981, pendente il giudizio di secondo grado presso la corte di appello dell'Aquila, Saleh venne scarcerato e sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora con presentazione periodica presso la (Questura di Bologna, città ove l'imputato risiedeva;
   come riportato nell'articolo scritto da Gian Paolo Pelizzaro sul giornale online liberoreporter.eu il 10 settembre 1981, alle ore 12.45, dall'ufficio istruzione del tribunale di Bologna parte un telex indirizzato alla corte d'appello (sezione penale) de L'Aquila firmato dal consigliere istruttore aggiunto Aldo Gentile: «Ai fini procedimento relativo attentato stazione ferroviaria Bologna 2 agosto 1980 rendesi necessario convocazione in Roma Saleh Abu Anzeh periodo 15-21 settembre. Prego pertanto autorizzare detto periodo assenza Bologna predetto imputato sottoposto codesta Corte obbligo dimora Comune Bologna et presentazione periodica Questura Bologna»;
   questo è il primo di quattro laconici documenti agli atti dell'istruttoria sulla strage del 2 agosto 1980, nel pieno della delicatissima fase istruttoria relativa agli accertamenti sulla cosiddetta pista libanese e cioè quella costruita a Beirut da Abu Ayad (alias Salah Khalaf) e lanciata attraverso Rita Porena sulle pagine del giornale ticinese Corriere del Ticino il 19 settembre 1980;
   gli atti dell'istruttoria sulla strage non c’è alcun documento a monte di questa richiesta, nulla. Neanche un riscontro a valle della richiesta di Gentile. Oltretutto, questa misteriosa istanza viene formalizzata neanche un mese dopo la scarcerazione di Saleh, unico fra gli imputati (Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner e Giuseppe Luciano Nieri) condannati a sette anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra (i due lanciamissili terra-aria SAM 7 Strela di fabbricazione sovietica sequestrati a Ortona il 7 novembre 1979) a lasciare il carcere. Abu Anzeh Saleh, giordano di origini palestinesi nato ad Amman il 18 maggio 1949, che operava sotto la copertura del nostro servizio segreto militare almeno dal 1974, era stato infatti scarcerato il 14 agosto 1981 con ordinanza della corte d'appello de L'Aquila a seguito di pronuncia della Corte di Cassazione (sezione feriale penale) dell'8 agosto 1981 in accoglimento del ricorso presentato dal difensore del giordano, avvocato Edmondo Zappacosta del foro di Roma. Secondo il SISMI, Zappacosta era l'avvocato di fiducia dell'ambasciata libica a Roma;
   i magistrati de L'Aquila chiesero una conferma scritta all'istanza del dottor Gentile e alle ore 9,20 dell'11 settembre, dalla cancelleria della corte d'appello del capoluogo abruzzese partì un fonogramma firmato dal cancelliere Andrea Centanni, indirizzato all'ufficio istruzione tribunale Bologna (dottor Gentile): «Pregasi confermare contenuto telex 10/9/81 codesto Ufficio inteso a ottenere autorizzazione a convocazione in Roma periodo 15-21 settembre Saleh Abu Anzeh». E a stretto giro, dalla cancelleria dell'ufficio istruzione di Bologna partì la conferma al telex del 10 settembre 1981, manoscritta in calce allo stesso fonogramma ricevuto da L'Aquila;
   alle 12,45 dello stesso giorno, 11 settembre, la corte d'appello de L'Aquila replicava tramite nuovo fonogramma, all'indirizzo della segreteria del dottor Gentile, autorizzando la richiesta: «Riferimento telex 10.9.81 relativo ad Abu Saleh Anzeh n. ad Amman il 18.5.49 comunico: il Presidente ritenuto che il Saleh Abu Anzeh deve recarsi a Roma per fini di giustizia dal 15 al 24 sett. 81 autorizza il predetto ad assentarsi da Bologna per il periodo suindicato ed al conseguente obbligo di presentarsi periodicamente alla Questura di questa città;
   alle ore 9,55 del 12 settembre 1981, il giudice istruttore Claudio Gentile trasmette alla divisione polizia giudiziaria della questura di Bologna (dove l'imputato Saleh dal 14 agosto aveva l'obbligo della firma) il seguente telex nell'ambito del procedimento penale 344/80 AGI: «Per opportuna conoscenza comunicasi Corte Appello Aquila a richiesta questo Ufficio abet autorizzato Saleh Abu Anzeh ad assentarsi da Bologna periodo 15-24 settembre»;
   occorre tener conto del ruolo di Saleh anche come responsabile in Italia del Fronte popolare di Habbash per i contatti col gruppo Carlos (nella sua agenda personale dell'anno 1979, corrispondente alla pagina relativa al 22 luglio, gli investigatori al momento del suo arresto trovarono il numero di una casella postale aperta presso le poste di Bologna, la numero 904, la stessa che sarà ritrovata dalla polizia segreta ungherese negli appunti di Carlos durante una perquisizione segreta nella sua base operativa di Budapest, effettuata il 25 agosto 1979) –:
   di quali elementi disponga il Governo nell'ambito delle sue competenze anche in relazione alla qualità di persona che agiva con la copertura dei nostri servizi di Saleh Abu Anzeh e, in particolare, se risulti con chi si incontrò il giordano una volta a Roma, cosa venne discusso ed esaminato in quei dieci giorni nonché se disponga di elementi dai quali si possa desumere per quali ragioni agli atti dell'istruttoria sulla strage di Bologna non vi sia alcuna traccia degli esiti di quella misteriosa missione.
(2-01674) «Raisi, Biava, Giro, Ciccioli, Mussolini, Rampelli, Proietti Cosimi, Divella, Lamorte, Contento, Malgieri, Nola, Piso, Saltamartini, Frassinetti, Cannella, Cossiga, Alberto Giorgetti, Bellotti, Leo, Tommaso Foti, Castellani, Dima, Mancuso, Laffranco, Murgia, Ascierto, Barani, Di Biagio, Muro, Barbaro, Angela Napoli, Lo Presti, Patarino, Consolo, Giorgio Conte, Menia, Toto, Sani, De Luca, Mantovano, Galli, Moroni, Paglia, Perina, Ruben, Scanderebech, Minasso, Buonfiglio, Scalia, Ronchi».

Interrogazioni a risposta immediata:


   DI BIAGIO e GIORGIO CONTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 2199, comma 4, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante «Codice dell'ordinamento militare», che riproduce l'articolo 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226, abrogata dallo stesso codice, i concorrenti per il ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato, giudicati idonei e utilmente collocati nelle graduatorie di merito, vengono suddivisi in due cosiddette aliquote: una parte, corrispondente al 55 per cento, è immessa direttamente nelle carriere iniziali, la restante – pari al 45 per cento – viene immessa nelle carriere iniziali dopo avere prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale;
   il comma 6 dell'articolo 2199 del sopra indicato provvedimento dispone che «i criteri e le modalità per l'ammissione dei concorrenti (...) alla ferma prefissata quadriennale, la relativa ripartizione tra le singole Forze armate e le modalità di incorporazione sono stabiliti con decreto del Ministro della difesa sulla base delle esigenze numeriche e funzionali delle Forze armate», rimandando, di fatto, tali dinamiche di ammissione alle disponibilità dell'amministrazione e, quindi, ad un principio di discrezionalità amministrativa;
   al comma 1 dell'articolo 2199 del sopra indicato decreto legislativo è previsto che «fino al 31 dicembre 2020, per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare, i posti messi annualmente a concorso, determinati sulla base di una programmazione quinquennale scorrevole predisposta annualmente da ciascuna delle amministrazioni interessate e trasmessa entro il 30 settembre al Ministero della difesa, sono riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle predette carriere»;
   malgrado la sussistenza di una seconda aliquota in tutti i concorsi a partire dal 2006, sono stati comunque banditi nuovi concorsi che hanno determinato l'incremento delle unità di personale rientranti nella cosiddetta seconda aliquota: dal 2006 al 2011 sono stati banditi quattro concorsi per una domanda di reclutamento pari a 6.814 unità di personale;
   nel novembre 2011 è stato bandito l'ultimo concorso per 2.800 posti per allievi agenti: stando a quanto sancito dal bando le attuali disponibilità finanziarie permetteranno di reclutare una prima aliquota di 2654 unità, limitando a 164 la seconda aliquota destinata alle Forze armate. Per cui – malgrado quanto disposto dalla legge in termini di percentuali di inserimento nelle carriere iniziali – la prima aliquota per l'ultimo concorso ammonterebbe al 91 per cento, piuttosto che al 55 per cento previsto dalla legge ed applicato ai concorsi precedenti;
   «l'anomalia» amministrativa sopra indicata appare legittimata dalla necessità del Ministero dell'interno di avere maggiori risorse umane per far fronte alle crescenti esigenze di sicurezza e di presidio del territorio, anche in deroga a quanto disposto dalla normativa in materia di regolamentazione dei concorsi;
   malgrado le evidenti e più volte ventilate esigenze di incremento delle risorse umane e strumentali in capo al Ministero dell'interno, al momento risultano inoperativi circa 1.700 vincitori di concorso, collocati nella cosiddetta seconda aliquota e non più transitati dall'Esercito alla Polizia di Stato sebbene titolari di una priorità di inserimento;
   la transizione nell'Esercito, prevista per quattro anni, legittima un «precariato militare» in capo ai vincitori di concorso rientranti nella cosiddetta seconda aliquota, in virtù del fatto che, conclusasi la ferma, ciascuno di loro verrà congedato-licenziato senza la certezza che il passaggio al corpo della Polizia di Stato – previsto dalla legge – avvenga decorsi i quattro anni;
   la mancata transizione degli idonei verso il corpo della Polizia di Stato, unita alla ciclica indizione di nuovi e onerosi concorsi, si configura come un paradosso: da un lato l'amministrazione attraverso nuovi concorsi dichiara di aver bisogno di nuovi operatori, dall'altro relega ad una condizione di transizione coloro che hanno già superato il medesimo concorso, con conseguente dispendio di risorse da parte dell'erario;
   ai suddetti aspetti si aggiunge anche quanto disposto dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che modifica il comma 9-bis dell'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, riducendo le dinamiche di turnover per le assunzioni da parte dei corpi di polizia, portando l'attuale percentuale del 100 per cento al 20 per cento nel triennio 2012-2014 e al 50 per cento nell'anno 2015, prevedendo il ripristino del completo turnover solo a decorrere dall'anno 2016;
   alla luce dei riadeguamenti operati dal citato provvedimento di spending review, potrebbero non sussistere in capo all'amministrazione i presupposti per assumere i volontari di truppa in ferma prefissata quadriennale e annuale delle Forze armate al termine delle stesse, come previsto dalla legge richiamata;
   l'attuale configurazione della norma che legittima la mancata integrazione di migliaia di giovani con idoneità fisica e competenza professionale, unita all'assenza di un turnover nelle strutture della polizia, rischia seriamente di compromettere le potenzialità del nostro sistema di sicurezza, oltre che svilire il diritto inderogabile dei vincitori di concorso ad accedere alla conquistata posizione lavorativa –:
   se si intenda consentire in tempi celeri – attraverso adeguati provvedimenti – la transizione nel corpo della Polizia di Stato ai vincitori dei concorsi rientranti nella seconda aliquota di cui sopra, al termine degli anni di servizio prestati nelle Forze armate ai sensi della normativa richiamata in premessa. (3-02489)


   DOZZO, MARONI, BOSSI, BITONCI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, riduce il fondo sperimentale di riequilibrio ed il fondo perequativo, nonché i trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna in misura pari al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell'imposta municipale propria rispetto al gettito ici del 2010;
   il dipartimento delle finanze ha aggiornato recentemente, e quindi pubblicato sul proprio sito internet, le stime del gettito annuale dell'imu sulla base del gettito incassato con l'acconto di giugno 2012, sia per quanto di attinenza dello Stato, sia per i singoli comuni;
   le previsioni così aggiornate, e risultanti dalle variazioni normative operate dal Governo e contenute all'interno del decreto-legge n. 16 del 2012 ovvero dall'incasso registrato con il pagamento della prima rata dell'imposta avvenuto a giugno 2012, determinerebbero un gettito complessivo dell'imposta a livello nazionale pari a circa 20,9 miliardi di euro, pari a circa 500 milioni di euro in meno rispetto alla prima versione elaborata dallo stesso Governo, ovvero 21,4 miliardi di euro;
   la quantificazione dell'intera spettanza imu ai comuni ammonterebbe, secondo alcuni primi calcoli, ad una cifra di 12.372 milioni di euro annui, evidenziando, però, alcune criticità dovuta al fatto che i fattori che concorrerebbero a determinare tale ammontare ve ne sarebbero alcuni, tra cui il gettito atteso per i pagamenti ritardati di giugno 2012, il gettito atteso dagli «immobili fantasma» e il gettito virtuale derivante dall'imu che i comuni dovrebbero pagare a loro stessi per immobili propri utilizzati non a fini istituzionali, che appaiono di dubbia quantificazione e di incerto incasso;
   la congiunzione dei fattori sopra descritti con l'aumento complessivo del valore ici 2010 determina, di fatto, un maggiore taglio dei trasferimenti erariali ai danni dei singoli enti, comportando così una grave perdita di risorse per i comuni che, per compensare le risorse mancanti, potrebbero decidere, in sede di approvazione dei bilanci preventivi 2012 e il cui termine è oggi fissato al 31 ottobre 2012, di aumentare in maniera esponenziale le aliquote imu;
   l'articolo 13, comma 12-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto salva Italia, ha previsto, infatti, che, in deroga all'articolo 172, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sulla base dei dati aggiornati del gettito imu e comunque entro il 30 settembre 2012, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione dell'imposta municipale propria;
   l'articolo 172, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, stabilisce, tuttavia, che al bilancio di previsione siano allegate «le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi»;
   l'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), stabilisce che «gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione»;
   il termine ultimo per l'approvazione dei bilanci preventivi 2012, fissato ora al 31 ottobre 2012, risulta così ad oggi successivo al termine per l'approvazione delle aliquote dell'imu e degli equilibri di bilancio, così che un comune potrebbe trovarsi nella situazione oggettiva di essere impossibilitato a definire ante il 30 settembre 2012 le aliquote imu, ovvero deliberare l'equilibrio economico e finanziario dell'ente, in quanto in attesa di conoscere con precisione l'esatto ammontare delle risorse ad esso spettanti;
   in data 13 settembre 2012, in risposta all'interpellanza 2/01656 dell'onorevole Vanalli, il Governo aveva prospettato la tesi di un'implicita abrogazione del termine del 30 settembre 2012 per l'approvazione da parte dei comuni del regolamento contente le aliquote dell'imu, con il conseguente slittamento al termine da ultimo fissato per l'approvazione dei bilanci preventivi 2012 –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno fornire gli appositi chiarimenti sulle modalità con le quali è stato definito l'ammontare delle risorse spettanti ai comuni per il fondo sperimentale di riequilibrio 2012, ovvero su quali criteri sono state effettuate le stime in materia di gettito dell'imu ed ici 2010 elaborate a luglio 2012 dal dipartimento delle finanze, precisando, altresì, quali siano le possibili conseguenze in cui potrebbe incorrere un ente che definisce le aliquote imu di propria competenza successivamente alla data del 30 settembre 2012, considerato che a tutt'oggi, nonostante la risposta all'interpellanza sopra citata, non risultano essere state assunte iniziative volte ad armonizzare il termine da ultimo citato con quello fissato per l'approvazione dei bilanci preventivi 2012, né comunicazioni al riguardo agli enti locali. (3-02490)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARINELLO e GIOACCHINO ALFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevedono per il triennio 2011-2013, rispettivamente, il divieto di superare il trattamento economico ordinariamente spettante per l'anno 2010, anche con riferimento all'assegno funzionale, al trattamento economico superiore correlato all'anzianità di servizio senza demerito, compresa quella nella qualifica o nel grado, agli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, previsti per il personale delle forze di polizia ed armate, e il congelamento degli effetti economici delle progressione di carriere, dei meccanismi retributivi per classi e scatti e degli adeguamenti annuali per il personale dirigente delle forze di polizia e delle stesse forze armate;
   in sede di conversione in legge del predetto decreto, all'articolo 8, comma 11-bis, in virtù della specificità del comparto sicurezza, è stato istituito un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle forze di polizia e delle forze armate, interessato alle disposizioni di cui al citato comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
   l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, oltre ad incrementare il predetto fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011-2012, ha previsto una dotazione di 115 milioni di euro per l'anno 2013, e contestualmente ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum in favore dello stesso personale alla corresponsione delle relative indennità bloccate dall'applicazione dell'articolo 9, commi 1 e 21 del richiamato decreto-legge n. 79 del 2010;
   i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti a coprire tutte le esigenze del personale che hanno maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità «congelate» nello stesso 2011, mentre le somme disponibili del sopra citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 e 2013 –:
    se e quali iniziative il Governo intenda assumere per incrementare il fondo destinato alla compensazione degli effetti negativi del blocco economico previsti dai commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010. (4-17777)


   REALACCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Lampedusa un incendio di chiara matrice dolosa, nella notte tra il 20 e 21 settembre 2012 ha distrutto una delle imbarcazioni destinate alla realizzazione del museo dell'immigrazione. Sul luogo, due fogli con minacce al sindaco Giusi Nicolini, ambientalista da sempre impegnata nella valorizzazione della riserva naturale e protagonista di una politica di accoglienza, rispetto e inclusione nei riguardi dei migranti che sbarcano sull'isola;
   gomme a terra e bicicletta tagliata in due, sempre il 20 settembre 2012, per il giovane Michele Rallo, presidente del circolo di Legambiente a Favignana, che si è distinto in questi anni per le battaglie a tutela del territorio e nell'azione di contrasto della pesca di frodo;
   «azioni di questo tipo – come ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – dimostrano che le battaglie di legalità portate avanti in questi luoghi stanno disturbando concretamente la realizzazione di alcuni interessi criminali. Non crediamo che siano realmente gli immigrati l'oggetto delle intimidazioni, ma pensiamo che questo sia solo un espediente per nascondere i veri interessi dei criminali non più liberi di derubare e distruggere il territorio e il patrimonio della comunità per il loro mero vantaggio» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e delle gravi intimidazioni mosse al sindaco Giusi Nicolini e alle associazioni promotrici del rispetto della legalità e dell'ambiente; quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere per tutelare l'incolumità del sindaco, delle istituzioni locali, dei cittadini e dei migranti e quali azioni voglia mettere in campo per salvaguardare il prezioso lavoro portato avanti dall'amministrazione comunale e dalle associazioni che sperimentano nuovi modelli di sviluppo incentrati sulla legalità, la sostenibilità ambientale e l'inclusione sociale nelle isole minori italiane.
(4-17782)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   uno dei pilastri dell'Agenda digitale è il documento unico digitale, ma l'esperienza passata invita a essere prudenti per evitare quanto accaduto in passato;
   secondo un'analisi condotta dal corriere delle comunicazioni, questi in sintesi risultati «Dieci anni di sperimentazione, 60 milioni di euro di investimento, 4 milioni di carte di identità elettroniche (Cie) emesse da 200 Comuni»;
   appare evidente agli interroganti come siano stati sostenuti costi troppo alti, ci siano state modifiche discontinue nella tecnologia, ci sia stata una mancanza di governance e di organizzazione –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali eventuali iniziative intendano assumere a partire dalle indicazioni risultanti dall'analisi citata in premessa.
(4-17789)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   si fa riferimento a quanto è accaduto nell'anno scolastico 2011-2012 al Liceo Classico Galvani di Bologna;
   nel liceo Classico succitato, nel quale le materie caratterizzanti dovrebbero essere il latino e il greco, in oltre la metà delle sezioni, come riportatomi da alcuni studenti e genitori incontrati dall'interpellante, la suddetta materia è stata completamente estromessa facendo venir meno la caratterizzazione del liceo classico che proprio nello studio della lingua di Aristotele, Platone, Tucidide, Sofocle, ha uno dei suoi fondamenti essenziali, che fra l'altro hanno caratterizzato per oltre cento anni il liceo Galvani di Bologna;
   nella città di Bologna sono presenti indirizzi liceali ben precisi: scientifico, linguistico, educativo e musicale e altri e non si comprende la ragione per la quale in modo surrettizio le discipline classiche vengono ridimensionate o annullate dal momento che chi lo desidera può iscriversi in altri istituti;
   la «sperimentazione» didattica non può spingersi fino all'esclusione di materie «caratterizzanti» un corso di studi, pena di venir meno della distinzione tra «indirizzi» scolastici alla base dell'attuale normativa; occorre valorizzare, pur in un contesto di necessaria conoscenza degli elementi fondamentali della cultura scientifica ed economica, anche la parte umanistica che si ricollega strettamente alle radici culturali del nostro Paese e dell'Europa intera –:
   se l'Esecutivo intenda chiarire e precisare i limiti entro i quali l'autonomia scolastica ed il potere dei dirigenti possa arrecare sconvolgimenti ai tradizionali programmi ministeriali e soprattutto la natura e funzione di una scuola come il liceo classico, gloria del sistema scolastico italiano, che pur abbisognando di alcune integrazioni scientifiche e di collegamenti con il mondo contemporaneo, ha tutt'ora una validità culturale unica in un mondo dominato dalla tecnologia.
(2-01672) «Garagnani».

Interrogazione a risposta immediata:


   GALLETTI, CAPITANIO SANTOLINI, ENZO CARRA, CARLUCCI, CICCANTI, COMPAGNON, RAO, NARO e VOLONTÈ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il conservatorio di musica G.B. Martini, di proprietà del comune di Bologna, è stato trasferito in uso gratuito da quest'ultimo alla provincia di Bologna con convenzione rep. n. 180713/1998 del 17 febbraio 1998, per un periodo di anni 30 e, comunque, in relazione all'effettiva permanenza del vincolo di destinazione scolastica;
   tale trasferimento è avvenuto nel quadro previsto dalla legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante «Norme per l'edilizia scolastica», sulla base della quale la provincia, in questi anni, ha provveduto alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici e, quindi, anche del conservatorio in questione;
   le risorse destinate alle province in materia di edilizia scolastica avrebbero dovuto essere individuate attraverso il meccanismo dei trasferimenti erariali, secondo il disposto dell'articolo 5 della legge 16 giugno 1998, n. 191;
   tale norma, tuttavia, non ha trovato attuazione e nessuna risorsa è stata trasferita alla provincia per il conservatorio di musica, i cui oneri sono stati sempre sostenuti dalla provincia stessa;
   il quadro normativo relativo alla formazione artistica è stato modificato dall'approvazione della legge 21 dicembre 1999, n. 508, riforma delle accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati;
   la normativa definisce il sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, disponendo la trasformazione, fra gli altri, dei conservatori di musica in istituti superiori di studi musicali e coreutici afferenti all'istruzione universitaria, assimilando, pertanto, i conservatori non più alle istituzioni scolastiche ma a quelle universitarie;
   in particolare, la legge n. 508 del 1999 prevede una complessa fase integrativa regolamentare per disciplinare diversi aspetti del nuovo sistema. L'articolo 2, comma 7, della suddetta legge demanda, infatti, ad uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, la disciplina di alcune materie. Il successivo comma 9 del medesimo articolo 2 prevede, inoltre, che «con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui al comma 7 sono abrogate le disposizioni vigenti incompatibili con esse e con la presente legge, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi»;
   non è, invece, ricompreso nel suddetto elenco, ed è anzi immediatamente disciplinato dal legislatore, il tema dell'edilizia: l'articolo 5 comma 1, della legge n. 508 del 1999, rubricato «Edilizia», dispone, infatti, che «alle istituzioni di cui all'articolo 1 si applica la normativa vigente in materia di edilizia universitaria»;
   la necessaria fase integrativa regolamentare prevista dalla legge n. 508 del 1999 non riguarda, pertanto, le problematiche dell'edilizia, disciplinata immediatamente senza alcun rinvio, ma ciò nonostante, all'indomani dell'entrata in vigore di tale legge, non tutte le province hanno seguito comportamenti univoci nell'assunzione diretta o indiretta di tali oneri, determinando in tal modo una notevole incertezza sulle modalità corrette da seguire per tali adempimenti;
   tale incertezza è stata, altresì, acuita dalla posizione assunta dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, che, con nota del 14 febbraio 2001, n. AF/V/79/2001, non ha affermato la propria competenza in materia ed ha auspicato un intervento risolutivo della complessa questione in sede legislativa o ad iniziativa del Governo;
   sul punto è successivamente intervenuto, in via risolutiva, il Consiglio di Stato, con parere n. 271 del 22 gennaio 2008. In particolare, tale parere, in materia di concessione gratuita di beni dello Stato, estende espressamente anche agli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica la normativa prevista per le università e dispone, altresì, conformemente a quanto avviene nel caso della concessione in uso gratuito e perpetuo di immobili alle università, ai sensi dell'articolo 1, comma 93, della legge n. 662 del 1996, che i conservatori si facciano carico della manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici;
   al riguardo il conservatorio G.B. Martini, con nota del 21 giugno 2010, ha manifestato le proprie perplessità, ritenendo che gli oneri di manutenzione spettino ancora alla provincia, ai sensi della legge n. 23 del 1996;
   tuttavia, considerato il disposto del citato articolo 5 della legge n. 508 del 1999, nonché quanto affermato dal Consiglio di Stato nel parere testé richiamato, non parrebbero esistere i presupposti per l'applicazione della legge n. 23 del 1996 in materia di edilizia scolastica, soprattutto considerato che, come sopra accennato, le risorse necessarie sono reperite direttamente dall'amministrazione provinciale, senza alcun trasferimento erariale da parte del Ministero dell'interno ovvero del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa, anche di natura normativa, volta a definire la problematica sopra esposta al fine di consentire la realizzazione degli interventi atti a garantire le condizioni di sicurezza ed agibilità di tali edifici e la pubblica incolumità di utenti e cittadini, sollevando le province da un onere cui non possono più far fronte dal punto di vista finanziario. (3-02492)

Interrogazione a risposta scritta:


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le scuole dell'Emilia devastate dal terremoto non sembra possano essere ripristinate in uso;
   l'edilizia scolastica costituiva già un'emergenza nazionale anche prima del terremoto, e lo è a maggior ragione ora;
   i mille insegnanti aggiuntivi assicurati qualche mese fa non sono giunti;
   nell'area colpita dal sisma battono duecento plessi scolastici parzialmente o totalmente inagibili per circa 60.000 alunni e studenti i quali dovranno affrontare forti disagi con il nuovo anno scolastico, che comunque per loro slitterà di qualche settimana o forse più. In molti casi poi verranno smistati verso le scuole delle zone limitrofe, ma i trasporti non sono ancora ben organizzati e per di più le famiglie dovranno pagarli in autonomia;
   in altri casi sono stati allestiti prefabbricati o tensostrutture, al momento sforniti anche dei banchi, mentre la mensa sarà assente per lungo tempo. In queste situazioni di emergenza servirà più personale ed insegnanti, in particolare per l'assistenza ai più piccoli;
   gli organici complessivi sono, ad avviso degli interroganti, tutto insufficienti, mentre in Emilia Romagna continua a crescere a ritmo sostenuto il numero degli studenti: novemila in più per l'anno in corso. Sono quindi previste maggiori difficoltà se non si interviene con rapidità –:
   se fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intendano assumere per dare veloce soluzione ai problemi descritti. (4-17786)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   DAMIANO, LENZI, GNECCHI, SANTAGATA, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SCHIRRU, MARAN, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua ha confermato la notizia relativa all'invio di lettere contenenti la richiesta di restituzione di somme indebitamente erogate dal suo istituto a circa 200 mila pensionati nell'anno 2009;
   le somme suddette riguardano la cosiddetta quattordicesima introdotta nella XV legislatura dal Governo di centrosinistra mediante l'articolo 5 del decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, il quale disponeva, a favore dei pensionati con età pari o superiore a 64 anni e che non superassero determinati limiti reddituali, la corresponsione di una somma aggiuntiva di alcune centinaia di euro;
   il presidente dell'Inps ha dichiarato che dalla verifica delle autocertificazioni presentate per l'anno 2009 dai pensionati al fine di poter beneficiare del provvedimento adottato dal Governo Prodi – inserito in un più organico contesto di misure miranti a supportare la situazione delle fasce più deboli della popolazione, allo scopo di attenuare gli effetti di una congiuntura economica che cominciava a mostrare preoccupanti segnali di debolezza – è risultato che circa 200 mila di queste non fossero corrette e che i presentatori non avessero diritto alla riscossione della quattordicesima;
   Mastrapasqua – affermando che l'Inps può accertare la correttezza dell'autocertificazione solo dopo che l'Agenzia delle entrate abbia reso noti i redditi dei pensionati, per poi incrociare i dati e verificare la legittimità della richiesta – ha annunciato un incontro con i sindacati e i patronati per trovare il modo migliore di effettuare le trattenute, cercando di salvaguardare le fasce sociali più deboli;
   l'attività di recupero delle somme da parte dell'Inps, qualora si confermi inevitabile, dovrebbe conformarsi a criteri di massima elasticità, in modo tale da consentire una restituzione degli importi molto dilazionata nel tempo, così da evitare ripercussioni traumatiche sulle già esigue risorse a disposizione dei pensionati;
   gli interroganti – ritenuto necessario provvedere all'innalzamento dei limiti reddituali massimi entro i quali beneficiare della «quattordicesima», considerati i tassi inflazione intervenuti dal 2008 e del contesto socio-economico estremamente negativo di questi anni, ampliandone progressivamente la platea – ritengono che la richiesta di restituzione, a distanza di tre anni dalla corresponsione delle somme e rivolta a soggetti appartenenti alle fasce sociali più disagiate della società, comporterà oneri e sacrifici considerevoli e, considerando iniqua una procedura di verifica della regolarità delle autocertificazioni così intempestiva, sollecitano una revisione delle modalità di controllo, affinché situazioni del genere non abbiano più a verificarsi;
   si ritiene, altresì, necessario distinguere le diverse situazioni tra chi ha presentato una dichiarazione inesatta per poche decine di euro e chi, invece, ha omesso importi considerevoli del proprio reddito, così come occorre prevedere meccanismi tempestivi che impediscano l'erogazione reiterata per più anni di trattamenti non dovuti qualora si riscontrino dichiarazioni non conformi ai limiti di reddito previsti, al fine di scongiurare l'obbligo di restituzione di ingenti importi –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di provvedere alla restituzione delle somme indebitamente erogate attraverso una procedura di ampio dilazionamento dei tempi che consenta di non incidere in maniera eccessivamente onerosa nei confronti dei pensionati, eventualmente ipotizzando un'esenzione totale o parziale per coloro che hanno commesso errori dell'ordine di poche decine di euro, nonché alla tempestiva modifica delle procedure di verifica della correttezza delle autocertificazioni per l'ottenimento della «quattordicesima» – anche attraverso un più sollecito scambio di dati tra le diverse amministrazioni interessate –, limitando così il rischio del ripetersi di vicende come quella sommariamente descritta in premessa, anche in vista dell'opportunità di estendere la platea di beneficiari. (3-02491)

Interrogazione a risposta scritta:


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa hanno reso noto che 200.000 pensionati hanno ricevuto nel 2009 la quattordicesima erroneamente loro versata;
   l'ipotesi è stata confermata il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua secondo il quale molti sono gli errori riscontrati nelle autodichiarazioni presentate in quel periodo. «La quattordicesima è una bella iniziativa – ha detto Mastrapasqua – ma non può percepirla chi non ne ha diritto. Duecentomila persone hanno presentato dichiarazioni sbagliate, noi possiamo verificarle solo quando l'agenzia delle entrate rende disponibili i loro redditi per poi poter incrociare i dati. Per questo l'accertamento viene fatto quando questa somma è già stata versata. I pensionati che hanno indebitamente percepito la 14esima – ha concluso – dovranno restituirla. L'Inps si incontrerà con i rappresentanti delle categorie per trovare il modo migliore di effettuare le trattenute cercando di salvaguardare le fasce più deboli»;
   una ipotesi sulla restituzione delle 14esime sarebbe la seguente: restituzione di circa 300 euro in 24 mesi, ovvero 12 euro al mese trattenuti dagli assegni dei soggetti coinvolti. Lo ha affermato sempre presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua;
   ad avviso del presidente, il recupero dei versamenti fatti a favore dei 200mila pensionati avverrà «nel modo più indolore possibile, per consentire di avere una trattenuta bassa evitando un impatto negativo». L'Inps farà verifiche legislative: «Stiamo controllando se la norma ce lo consente. Se otteniamo l'autorizzazione lo faremo senza problemi» –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se le dichiarazioni del direttore dell'Inps siano idonee ed opportune a ripristinare il rispetto dello Stato di diritto, considerando che la più gran parte dei pensionati, stanno affrontando una situazione di grande difficoltà e molti di essi dovranno restituire quanto indebitamente dovuto anche per aver superato di pochi euro la soglia legale sancita in 650 euro lordi mensili. (4-17783)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO e TRAPPOLINO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge numero 134 del 7 agosto 2012 sono stati predisposti sistemi di etichettatura «elettronica» per ostacolare le pratiche ingannevoli nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari di qualità;
   nello specifico è stata introdotta una norma allo scopo di arrivare ad un sistema di etichettatura che consenta di contrastare tutte le pratiche ingannevoli nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari di qualità (Dop, Igp, Stg, biologici o anche solo vincolati alle norme qualitative delle singole Ocm);
   tale norma dispone inoltre che il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali avrà sei mesi per emanare un regolamento che consenta l'integrazione delle etichette con sistemi di sicurezza elettronici realizzati dall'Istituto poligrafico statale. È inoltre previsto che i costi di realizzazione e di gestione del sistema di sicurezza saranno a carico dei soggetti che si avvalgono dell'etichettatura;
   tra i prodotti indicati dalla nuova normativa rientrano anche quelli «Dop» e quindi tutti i vini «Doc» prodotti in Italia: la riforma comunitaria dell'Ocm vino, disposta dal Reg. (CE) n.479/2008, prevede infatti l'istituzione di un quadro omogeneo a livello europeo per la protezione delle denominazioni di origine;
   per i produttori dei circa 330 vini «Doc» italiani, che già assicurano una certificazione corretta e trasparente a tutela dei consumatori, si prospetta quindi una vera e propria rivoluzione. Nuove regole il cui costo ricadrà sulle imprese e conseguentemente sui clienti;
   gli finalità generali dell'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 sono indirizzati alla tutela del made in Italy, soprattutto per contrastare il fenomeno delle contraffazioni alimentari, e nascono dal lodevole intento di difendere produttori e consumatori da un uso scorretto delle denominazioni. I contenuti di tale articolo non partono però dal presupposto che gli attuali controlli, nel settore vitivinicolo, sono già particolarmente elevati e che molti produttori di denominazioni a basso valore aggiunto già faticano a sostenere i costi (o a trasferirli al consumatore) dell'attuale sistema di verifica, su cui si è recentemente raggiunto un accordo di filiera che ha portato alla pubblicazione del decreto ministeriale 14 giugno 2012 sul piano dei controlli dei vini Dop e Igp;
   tale piano dei controlli è imposto dall'articolo 48 del Reg. CE 479/2008 e recepisce quanto disposto dall'articolo 19, paragrafo 4, del decreto legislativo 8 aprile 2010 numero 61, lasciando ai singoli consorzi di tutela, e quindi alla filiera produttiva, la prerogativa di decidere se utilizzare, per la tracciabilità, il contrassegno prodotto dal poligrafico dello Stato o, il meno oneroso, numero di «lotto»;
   attualmente i produttori di vini «Igp» ed anche numerosi produttori di vini «Dop», stanno optando per il numero di «lotto» perché le loro produzioni, soprattutto in questo periodo di crisi, non sembrano in grado di sopportare gli oneri che derivano dall'applicazione della fascetta del Poligrafico dello Stato (non si tratta del costo della fascetta, ma degli investimenti necessari per adattare le macchine per l'etichettatura);
   è quindi facile prevedere che l'obbligo di un sistema di controllo elettronico, disposto dall'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 che prevede dispositivi di rilevamento a distanza per tutti i prodotti del settore agroalimentari dotati di una denominazione o certificati come biologici realizzato dall'Istituto poligrafico statale, comporterebbe elevati costi per le aziende e per i produttori: costi difficilmente sostenibili dalle imprese a causa della attuale grave congiuntura economica;
   alla luce della grave crisi economica ed occupazionale in atto sono invece auspicabili politiche di sostegno finanziario e fiscale, anche nel settore agricolo, per accompagnare quelle aziende che hanno deciso di investire in progetti di innovazione e che hanno l'obiettivo di ammodernare e riqualificare l'intero processo produttivo, migliorarne la qualità, ed elevarne redditività e competitività nei mercati internazionali;
   in questo contesto va rimarcato che l'agricoltura italiana è stata duramente colpita dalla più grave siccità degli ultimi dieci anni. Secondo alcune stime dell'Ismea la vendemmia 2012 registrerà un calo nazionale dell'8 per cento di uva rispetto all'anno precedente, con punte del 15 e 20 per cento in alcune regione strategiche per l'intero comparto –:
   quali siano gli orientamenti per definire modalità e contenuti del decreto ministeriale previsto dall'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 del 7 agosto 2012;
   se ad oggi il Ministro possa fornire informazioni circa la tempistica in cui verrà emanato il suddetto decreto e se verranno quindi rispettate le scadenze previste dall'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012;
   se il Ministro, alla luce di quanto espresso in premessa, non ritenga utile al fine di promuovere una ampia condivisione dei contenuti del decreto ministeriale aprire in tempi brevi un tavolo di concertazione che preveda anche la presenza delle associazioni di categoria e dei consorzi di tutela interessati;
   se il Ministro competente non ritenga altrettanto necessario, a causa della crisi economica congiunturale, prevedere l'introduzione di incentivi economici per sostenere le imprese vitivinicole nel perseguimento gli adempimenti richiesti dall'articolo 59-bis del decreto-legge n. 83 del 2012. (5-07991)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'INRAN, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, è un ente pubblico di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, già Istituto nazionale della nutrizione (INN) fino al 1999, è l'unico ente italiano le cui attività di ricerca, formazione e divulgazione sono rivolte allo studio degli alimenti e del loro ruolo nel mantenimento della salute e nella prevenzione del rischio di malattie correlate all'alimentazione;
   l'attività dell'INRAN rappresenta un importante riferimento sia per l'industria agroalimentare nazionale che per la popolazione italiana. Tra le attività di ricerca vi sono infatti il monitoraggio delle abitudini alimentari e dello stato nutrizionale della popolazione italiana, e la valutazione della qualità nutrizionale dei prodotti agroalimentari nazionali che forniscono una base scientifica per la loro valorizzazione e competitività sul mercato nazionale e internazionale. Sul fronte dell'educazione ad una sana alimentazione l'INRAN assiste le istituzioni nell'elaborazione di politiche alimentari e nutrizionali più efficaci ed elabora e sperimenta nuove metodologie per le attività di comunicazione, informazione ed educazione alimentare;
   come si evince da numerosi articoli di stampa nazionale, da blog ospitati dai maggiori quotidiani e petizioni online, e da quanto sostenuto da tutte le sigle sindacali, l'Inran versa in condizioni di profonda crisi: accorpamenti non conclusi sotto l'istituto di altri enti, come l'Ense e il Cra, ristrutturazione dell'organico non ultimata con alto indice anagrafico dei ricercatori, stipendi non pagati anche per dipendenti a tempo indeterminato, progetti di ricerca, attività d'elezione dell'Inran, non rinnovati negli ambiti e quelli in essere non finanziati;
   ad oggi l'Inran segna a bilancio un deficit di oltre sette milioni di euro;
   è utile ricordare che, mentre l'Unione europea stanzia cospicui investimenti per un nuovo programma ventennale di ricerca sulla nutrizione come primo strumento di prevenzione e tutela della salute degli europei, paradossalmente l'Italia sta per smantellare un istituto che intercetta tali finanziamenti, essendo già coinvolto in altre reti di eccellenza internazionale, e che risulta essere presidio della qualità e dell'eccellenza della produzione agroalimentare nazionale oltreché della salute nell'alimentazione –:
   quali iniziative urgenti intenda mettere in campo il Ministro interrogato al fine di evitare lo smantellamento dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e per portare a termine il progetto di ristrutturazione e rilancio delle attività di ricerca;
   se non ritenga altresì di assumere iniziative volte a rivedere i capitoli di spesa inerenti ai compensi dei vertici dell'Istituto, già al vaglio della Corte dei Conti, e al tempo stesso garantire erogazione certa dello stipendio alle altre unità di tutte strutture sia centrali e territoriali. (4-17791)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal recente rapporto del Ministero della salute, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e il Cnr, le bonifiche realizzate in zone ad alto rischio ambientale, in particolare nelle aree limitrofe ai grandi poli chimici e petrolchimici e nelle vicinanze di centrali elettriche e siderurgiche, di miniere, porti, discariche ed inceneritori, non hanno prodotto significativi risultati, in considerazione del fatto che la mortalità risulta più alta del 15 per cento rispetto al resto del Paese;
   il suesposto documento riporta che su 44 siti industriali censiti dallo studio in media, le vie respiratorie sono le parti dell'organismo in cui si riscontra maggiore presenza di amianto;
   le morti in eccesso per tumore polmonare, prosegue il medesimo rapporto ministeriale, risultano essere 330, mentre quelle per carcinoma pleurico sono il triplo rispetto alla norma (416 morti in eccesso);
   nel complesso il numero degli italiani che vivono nelle aree ad alto rischio ambientale e che risulta essere minacciato dalle esalazioni e dai fumi secondo l'Istituto superiore di sanità, delineato dal documento, risulta essere di circa 6 milioni;
   nella lista dei siti a maggior rischio si conferma lo stabilimento siderurgico Ilva situato a Taranto, seguito dal sito industriale della Ferriera di Servola a Trieste, la cui area industriale, secondo recenti indagini, rischia di raggiungere i livelli di inquinamento della stessa Ilva di Taranto;
   ulteriori profili di criticità ambientale e, conseguentemente di alto rischio per la salute degli individui, come sostiene il suddetto rapporto, si riscontrano nell'area del petrolchimico di Gela, non soltanto per i lavoratori che operano all'interno dello stabilimento, ma per tutti i circa 72 mila abitanti dell'area, i cui aumenti di malattie incurabili sono in costante aumento;
   nella zona mineraria del Sulcis, in Sardegna, si riscontrano aumenti della malattie respiratorie o circolatorie, in particolare nei riguardi dei bambini, mentre nella parte alta dei siti più a rischio, si evidenziano anche le aree di Casale Monferrato in Piemonte con oltre 85 mila abitanti, dove l'amianto continua a mietere vittime e quella di Porto Torres, la cui area industriale sta provocando seri danni alla salute dei lavoratori interessati;
   a giudizio dell'interrogante, quanto suesposto desta indubbio sgomento e preoccupazione, per l'attuale stato di rischio ambientale in cui si trova il nostro Paese e induce un processo di riflessione e di analisi, sui sistemi e i metodi utilizzati nell'ambito delle politiche ambientali e sanitarie, per la prevenzione di malattie mortali derivanti dall'aria inquinata, non soltanto per coloro che lavorano all'interno dei siti industriali a rischio, ma anche per le comunità locali che vivono nelle aree limitrofe –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non convengano che il rapporto sulla situazione attuale in cui si trova l'Italia e derivante dall'elevato rischio ambientale per la salute dei lavoratori e degli abitanti delle aree industriali esposte in premessa, indichi un livello di pericolosità di elevata gravità e fuori controllo;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di migliorare i livelli di tutela e di salvaguardia nei confronti dei lavoratori e delle comunità locali dei siti industriali ad alto impatto ambientale la cui aria inquinata, come esposto in premessa, continua a determinare un numero di vittime inaccettabili. (4-17780)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:


   POLIDORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 28 febbraio 2012 fu stipulato un accordo tra Abi, Ministero dell'economia e finanze, Ministero dello sviluppo economico e tutte le associazioni rappresentative del mondo imprenditoriale, al fine di identificare misure volte ad assicurare risorse finanziarie nei confronti delle piccole e medie imprese in difficoltà;
   con una successiva convenzione tra Abi e la Cassa depositi e prestiti sono stati messi a disposizione del settore bancario 10 miliardi di euro, di cui 2 destinati alla realizzazione di operazione di smobilizzo presso il settore bancario di crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione;
   il Governo, a sua volta, si è impegnato ad accelerare il processo di recepimento della direttiva 2011/7/CE su ritardi di pagamento per allineare il nostro Paese alle condizioni standard esistenti in Europa;
   in data 22 maggio 2012 l'Abi, in accordo con le principali associazioni rappresentative del mondo imprenditoriale, si è impegnata a promuovere la costituzione di uno specifico plafond per lo smobilizzo, presso il settore bancario, dei crediti vantati dalle piccole e medie imprese nei confronti della pubblica amministrazione, denominato «Crediti PA», di ammontare minimo pari a 10 miliardi di euro;
   tale accordo, in ogni caso, prevede che sarà la banca a decidere se e come attuare l'eventuale anticipazione del credito a partire da un'analisi sulle eventuali posizioni debitorie dell'azienda interessata, che non debbono risultare come «sofferenze» o «partite incagliate», né tantomeno vi dovranno essere procedure esecutive in corso o «esposizioni scadute» da oltre 90 giorni;
   nel solo caso che tali esposizioni risultino dovute al mancato incasso dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, vi potrà essere una valutazione diversa da parte del singolo istituto di credito, ma nessun impegno vincolante;
   inoltre, in merito alle incompatibilità con i vincoli del patto di stabilità e la possibilità per le regioni, gli enti locali e gli enti del servizio sanitario nazionale di rilasciare la certificazione dei loro debiti senza l'indicazione di una data di pagamento, gli istituti di credito sono liberi, stante l'autonomia in materia di «profili di rischio», di attivare o meno operazioni di sconto pro soluto o anticipazioni dei crediti con operazioni pro solvendo;
   entro il 15 dicembre 2012 le parti firmatarie valuteranno l'opportunità o meno di prorogare il periodo di validità dell'iniziativa e le eventuali modifiche da apportare;
   con tale iniziativa si è cercato di intervenire, in maniera alquanto parziale, stante le valutazioni sulla «sofferenza» delle imprese, a sostegno del sistema delle piccole e medie imprese, che sono ormai schiacciate da una crisi congiunturale determinata sia dalla crisi economica che dalla contrazione del credito e dai mancati pagamenti da parte di regioni, comuni e aziende sanitarie locali (per una cifra che si aggira tra i 70 e gli 80 miliardi di euro);
   anche la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, in maniera unanime, ha approvato un disegno di legge che introduce l'obbligo di liquidazione dei pagamenti tra le imprese entro i 30 giorni, al fine di allinearsi, almeno in parte, alle norme previste da una direttiva europea del 2011 su tale materia;
   tale obbligo non si applica ai ritardi di pagamento delle imprese creditrici di somme dovute da pubbliche amministrazioni, poiché tali misure sono contenute nello «statuto delle imprese», che ha fissato a novembre 2012 il termine entro cui il Governo dovrà esercitare tale delega;
   il provvedimento approvato in Commissione dovrà, adesso, passare il vaglio dell'Aula e dell'altro ramo del Parlamento;
   nel 2011 quasi un fallimento su tre è stato causato dai ritardi di pagamento. A fronte di 11.615 imprenditori italiani che hanno portato i libri contabili in tribunale, circa 3.600 (pari al 31 per cento del totale) lo hanno fatto proprio a causa dell'impossibilità di incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze;
   dall'inizio della crisi in Italia, dai dati elaborati dagli esperti di settore, il ritardo dei pagamenti ha causato la chiusura di 11 mila aziende –:
   se il Governo sia in grado di rispettare il termine del 15 novembre 2012 previsto nello «statuto delle imprese» per l'esercizio della delega legislativa in materia di ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione e, stante la situazione di crisi perdurante per le piccole e medie imprese, anche a causa di tali ritardi, quali iniziative si intendano assumere per sostenere le aziende in sofferenza e per far sì che venga finalmente approvata la direttiva 2011/7/UE in materia di «Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali». (3-02494)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore delle assicurazioni ha mostrato, in questi ultimi anni, diversi profili di criticità, anche per quanto riguarda i requisiti di solvibilità di alcune primarie compagnie;
   è, in particolare, il caso della compagnia assicurativa Fondiaria-SAI, le cui vicende, ampiamente riportate dagli organi di informazione, hanno messo in luce una gestione molto discutibile, che ha portato la compagnia in una situazione di grave instabilità;
   in tale contesto è lecito porsi fondati dubbi circa l'efficacia dell'azione di vigilanza svolta sul settore dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), il quale ha dimostrato di non avere esercitato adeguatamente le funzioni di vigilanza e controllo che le erano assegnate;
   infatti, sebbene, ad avviso di molti, la situazione patrimoniale ed economica del gruppo Fondiaria-SAI fosse tale da giustificare il commissariamento del gruppo stesso, l'ISVAP non ha adottato alcuna misura in tal senso, mancando, a giudizio dell'interrogante, nei suoi doveri sia nei confronti degli assicurati, sia nei confronti degli azionisti di minoranza e dei dipendenti del gruppo stesso, e ponendo in tal modo a rischio l'intero settore assicurativo nazionale;
   l'atteggiamento, quanto meno omissivo, tenuto dall'ISVAP in tale vicenda appare ancor più grave se confrontato con le misure, affrettate ed ingiustificate, adottate nei confronti di una ben più piccola compagnia assicurativa, la società Progress assicurazioni spa, la quale, sebbene disponesse di adeguata liquidità, è stata affrettatamente posta in liquidazione coatta amministrativa, pregiudicandone in tal modo ogni prospettiva di rilancio;
   inoltre, in violazione della normativa in materia, l'attività di liquidazione dei sinistri di competenza della stessa Progress è stata assegnata ad altre compagnie assicurative, mentre non si è ancora proceduto all'assorbimento del personale della società in liquidazione presso altre compagnie;
   tali perplessità circa l'efficacia e la regolarità dell'azione di vigilanza dell'ISVAP hanno trovato del resto implicita conferma nelle decisioni recentemente assunte in materia dal Governo, il quale, con l'articolo 13 del decreto-legge n. 95 del 2012, ha provveduto a sopprimere l'ISVAP stesso, le cui funzioni sono state trasferite al neo costituito Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS);
   peraltro, anche il nuovo assetto di vigilanza sul settore assicurativo delineato dal predetto articolo 13 non appare soddisfacente, soprattutto in ragione del fatto che, al di là del nuovo disegno organizzativo, invero secondo l'interrogante piuttosto barocco, secondo il quale il presidente dell'IVASS è il direttore generale della Banca d'Italia ed i due componenti del consiglio dell'istituto fanno parte del direttorio della Banca d'Italia, non sembra che tali novità normative siano in grado di modificare in meglio il livello di vigilanza pubblica su tale comparto, garantendo un adeguato presidio di quei requisiti di professionalità, onorabilità, solvibilità patrimoniale, prudente e trasparente gestione che costituiscono invece un elemento indispensabile per dare al Paese un settore assicurativo moderno e trasparente;
   appare all'interrogante altresì paradossale che, in forza del comma 28 del predetto articolo 13 del decreto-legge n. 95 del 2012, il presidente dell'ISVAP si sia visto attribuire le funzioni di commissario per l'ordinaria e straordinaria amministrazione dell'ente, nonostante si fosse dimostrato, a giudizio dell'interrogante, inadeguato a guidare l'istituto –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di rafforzare i presidi di vigilanza pubblicistica sul settore delle assicurazioni, onde evitare il ripetersi di vicende, quali quella che ha interessato il gruppo Fondiaria-SAI, che rischiano di pregiudicare la stabilità e la garanzia della solvibilità dell'intero comparto assicurativo nazionale, e se non ritenga, in tale prospettiva, di dover promuovere ulteriori interventi normativi volti a rivedere la struttura organizzativa dell'IVASS, a sostituire il personale dirigente di tale Istituto ed a modernizzarne la cultura di vigilanza, favorendo in tal modo la crescita ed il rinnovamento di un settore che costituisce un elemento fondamentale per la rinascita del Paese. (5-07992)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   grazie alla scheda di valutazione annua stilata dalla Commissione europea, vengono individuate le urgenze e le tendenze dominanti nell'avanzata verso il digitale;
   dalla loro lettura si può evincere che «I cittadini, le imprese e gli innovatori europei stanno creando una domanda digitale sufficiente a indirizzare l'Europa verso una crescita economica sostenibile, ma questo potenziale è compromesso da carenze a livello di accesso a internet veloce, di contenuti on line, di ricerca e di competenze. Il maggiore consumo di dati e il passaggio a tecnologie mobili (come gli smartphone) e a servizi mobili (come 3G, internet, streaming musicale e webmail) costituiscono le tendenze più significative nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), settore che attualmente genera 8 milioni di posti di lavoro e il 6 per cento del PIL in Europa»;
   per quanto riguarda specificamente l'Italia si rileva il consueto ritardo nella diffusione della banda larga fissa e soprattutto nelle alte velocità –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intendano assumere per superare l'annoso ritardo che tanto nuoce al sistema Paese, anche in termini di produttività, efficienza, conoscenza.
(4-17784)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le misure per l'Agenda digitale per l'Italia possono ridurre il deficit dello Stato di 19 miliardi di euro entro il 2013, riducendo il rapporto deficit/Pil dall'3,9 per cento all'1,5 per cento, e stimolare al contempo una crescita del Pil tra lo 0,69 per cento e l'1,30 per cento;
   i risultati provengono da una ricerca del politecnico di Milano che dimostrano come l'innovazione digitale possa rappresentare una chiave per la ripresa del Paese;
   il risparmio di 19 miliardi verrebbe da: una riduzione della spesa per gli acquisti della pubblica amministrazione con un risparmio di 4 miliardi di euro; un aumento della produttività della pubblica amministrazione grazie un miglioramento dell'efficienza, con un risparmio di 15 miliardi di euro;
   l'incremento del PIL tra lo 0,69 e l'1,3 per cento sarebbe generato da: lo stimolo della domanda ICT della pubblica amministrazione (+0,03-0,05 per cento) nell'ipotesi di 150 milioni di euro di investimenti in più in innovazione ICT; lo stimolo agli investimenti ICT delle imprese per un valore di 150 milioni in più rispetto al valore attuale (+0,03-0,05 per cento del PIL); nuovi investimenti in start-up, nell'ipotesi di 150 milioni di euro in più a sostegno della nuova imprenditorialità (+0,05-0,10 per cento del PIL); lo sviluppo delle reti fisse next generation networking, con investimenti da 3-4 miliardi di euro (+0,40-0,70 per cento del PIL); lo sviluppo delle reti mobile LTE, con investimenti da 1,5-2 miliardi di euro (+0,18-0,40 per cento del PIL) –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se ritengano opportuno e utile assumere i provvedimenti descritti. (4-17790)


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa Solagrital, con sede in Bojano (Campobasso), si occupa della fabbricazione di prodotti avicoli commercializzati con i marchi «ARENA» e «AIA»;
   la cooperativa – in gravi difficoltà finanziarie a causa di un credito ingente nei confronti della holding «ARENA» attualmente sottoposta alle procedure di concordato preventivo presso il tribunale di Campobasso – non ha potuto pagare le spettanze ai lavoratori che vantano cinque mensilità arretrate;
   il Consiglio di amministrazione della cooperativa – a maggioranza azionaria della regione Molise – ha manifestato l'intenzione di dimettersi; ha richiesto, altresì, al Ministro interrogato, la nomina di un commissario che dovrebbe verificare le possibili condizioni finalizzate alla creazione di una nuova società per il mantenimento della produzione e degli attuali livelli occupazionali;
   la problematica evidenziata interessa circa mille maestranze della cooperativa e un indotto di pari consistenza; se a ciò si aggiunge il fatto che la cooperativa è il secondo insediamento industriale del Molise per importanza sono facilmente intuibili le ripercussioni sull'intera economia regionale –:
   se non ritenga opportuno provvedere quanto prima alla nomina di un commissario nella prospettiva di un auspicato risanamento della cooperativa Solagrital.
(4-17792)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Renato Farina e altri n. 1-01029, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Torazzi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Distaso e Vitali n. 3-02455, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Lisi, Lazzari, Fucci.

  L'interrogazione a risposta scritta Murer n. 4-17718, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gatti.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Galletti n. 3-01841 del 22 settembre 2012.