XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
pur essendo la situazione critica come quella delle altre regioni meridionali e del Paese tutto, non c’è rischio default per la Sicilia;
il bilancio della Regione siciliana è stato in attivo nel 2010 e nel 2011 e la Regione siciliana ha conti solidi, una finanza sostenibile e un debito che ha onorato il 30 giugno 2012, pagando la rata del mutuo che incide per il 7 per cento del prodotto interno lordo regionale;
la Regione siciliana è in grado di pagare gli stipendi del personale e, quindi, non risponde al vero la mancata corresponsione degli emolumenti;
il governo regionale ha compiuto scelte gravose e coraggiose in questa legislatura: dalla cancellazione dell'affare tangentistico-mafioso dei termovalorizzatori al blocco della costruzione del rigassificatore nel bel mezzo di una raffineria, dallo stop imposto all'affare dell'eolico, che ha deturpato il paesaggio a tutto vantaggio degli speculatori, alla riduzione della costo della sanità, dal blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione alla riduzione da 34 a una dozzina delle società partecipate;
esiste, invece, una criticità temporale legata alla liquidità: un fattore causato dalla riduzione delle entrate tributarie e dai crediti che la Regione siciliana vanta, alcuni anche con lo Stato;
la Sicilia sconta un handicap storico sul fronte dei trasferimenti dello Stato in suo favore, dovuto soprattutto all'annoso contenzioso sull'articolo 38 dello statuto regionale;
nel periodo che va dal 1985 al 1989 i trasferimenti medi annui erano di circa 1.800 milioni di euro; le risorse, con il susseguirsi degli anni, sono confluite nelle casse regionali sempre più parcellizzate, tanto da raggiungere la soglia minima di 404 mila euro nel 1998; dal 1999 le risorse si azzerano, per quattro anni di seguito, influendo notevolmente sui valori medi annui, che dal 1990 al 2010 si sono ridotti di circa un sesto, fermandosi a 268 milioni di euro;
il Governo, dopo l'incontro avvenuto nel mese di luglio 2012 tra il presidente della Regione siciliana ed il Presidente del Consiglio dei ministri, ha disposto il trasferimento di 240 milioni di euro per il settore della sanità, risorse queste da non collegare ai 400 milioni di euro che il Governo ha già deciso di erogare e non al fine di evitare un default che non esiste;
dopo le notizie infondate che sono state fatte circolare circa il rischio di un default della Sicilia, e che ancora vengono surrettiziamente diffuse, è opportuno che il Governo regionale ed il Governo nazionale avviino una collaborazione forte perché lo Stato sappia ciò che fa la Regione siciliana e perché la Regione siciliana si avvalga della collaborazione dello Stato;
ciò può avvenire, innanzitutto, attraverso l'applicazione dell'articoli 21 dello statuto della Regione siciliana, in forza del quale il presidente della regione «col rango di Ministro partecipa al Consiglio dei ministri con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione»;
già, in collaborazione con il Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, si è impressa un'accelerazione per l'impiego dei fondi strutturali;
si auspica una forte collaborazione anche con gli altri dicasteri, anche al fine di concludere l’iter dei provvedimenti del federalismo fiscale;
in quest'ottica, merita un plauso la scelta del Presidente del Consiglio dei ministri Monti di istituire un Ministero per la coesione territoriale, in quanto evidentemente finalizzato ad attuare tutti quegli interventi per il riequilibrio economico e sociale, a differenza di quanto avvenuto nel passato Governo;
bisogna acquisire la consapevolezza che il riavvio di una crescita dell'economia italiana passa anche, se non soprattutto, per la riattivazione di energie inutilizzate, soprattutto i giovani qualificati e le donne presenti in misura principale nelle regioni del Mezzogiorno;
la risorsa principale su cui puntare per riavviare l'economia italiana deve essere rappresentata dal capitale umano delle nuove generazioni e delle donne, risorse oggi largamente sottoutilizzate, specialmente nel Mezzogiorno;
l'ottica dalla quale partire è, quindi, quella di fare del Sud il protagonista della rinascita, in virtù del fatto che esso è, oggi, materialmente l'area a massima vocazione ove può realizzarsi questa necessaria inversione di tendenza,
impegna il Governo:
a dare attuazione all'articolo 21 dello statuto della Regione siciliana, invitando costantemente al Consiglio dei ministri il presidente della Regione siciliana quando sono all'ordine del giorno provvedimenti e materie relativi alla regione;
ad instaurare una stretta collaborazione tra il Governo nazionale e quello della Regione siciliana al fine di assumere una strategia finalizzata alla ripresa economica, con la consapevolezza che la Sicilia ed il Sud rappresentano una leva importante della strategia complessiva di rilancio e riposizionamento dell'intera economia italiana.
(1-01137) «Lo Presti, Briguglio, Granata, Barbaro, Bocchino, Bongiorno, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Lamorte, Menia, Moroni, Muro, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto».
La Camera,
premesso che:
il fenomeno suicidario, diffusamente presente in tutti i tempi e in molte culture, riflette suggestioni, immagini e influenze filosofiche, religiose, culturali, sul cui sfondo tuttavia si tagliano le radici e i significati personali del comportamento individuale. Lo studio del suicidio è per sua natura complesso e difficilmente delimitabile. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) considera il suicidio come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso. Sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Il suicidio, nell'ambito della salute pubblica, è un grave problema che potrebbe essere in gran parte prevenuto; costituisce la causa di circa un milione di morti ogni anno, con costi stimabili in milioni di euro, secondo quanto indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità. Secondo quanto affermato da un documento dell'OMS, il suicidio è un problema di grande entità nei paesi europei, soprattutto tra i nuovi stati indipendenti dell'Europa dell'est. I Governi di tutte le nazioni del mondo sono impegnati nella lotta contro il suicidio, promuovendo la consapevolezza e migliorando gli interventi e le tecniche preventive. Ogni individuo può fare qualcosa per aiutare a ridurre il numero delle persone che considerano il suicidio come soluzione al loro dolore mentale;
stando ai dati attuali e all'analisi dei tassi di morte per suicidio nel mondo, le stime suggeriscono che nel 2020 le vittime potrebbero salire ad un milione e mezzo. Nel 2000 circa un milione di individui ha perso la vita a causa del suicidio, mentre un numero di individui variabile da 10 a 20 volte più grande ha tentato il suicidio. Ciò rappresenta in media una morte per suicidio ogni 40 secondi ed un tentativo di suicidio ogni 3 secondi. Questo porta a concludere che muoiono più persone a causa del suicidio che per i conflitti armati di tutto il mondo e per gli incidenti automobilistici;
in tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre cause di morte nella fascia di età 15-34 anni; nel recente passato il fenomeno predominava tra gli anziani, ma ai nostri giorni è più allarmante tra i giovani, sia in termini assoluti che relativi, in un terzo delle nazioni. Questo dato rappresenta una perdita di vite umane più alta rispetto alla perdita di vite causata da guerre ed omicidi ogni anno; tre volte la perdita di vite umane registrata nella tragedia dello Tsunami nel sud-est dell'Asia nel dicembre del 2004; inoltre, ogni giorno muoiono a causa del suicidio l'equivalente delle vittime causate dall'attacco alle torri gemelle di New York l'11 settembre del 2001. È dunque un fenomeno che non può essere ignorato, e vi è la necessità di infrangere quel silenzio e quel composto, ma deleterio, sviamento dal tema attuato quotidianamente;
lo studio scientifico del suicidio, noto come suicidologia, può essere fatto risalire al 1957, quando Shneidman e Farberow pubblicarono il loro articolo sulle note di suicidio. Ognuno dovrebbe saper riconoscere i segnali d'allarme per il suicidio, soprattutto quando si è in presenza di situazioni di isolamento sociale, di salute gravemente cagionevole; di depressione e di sfiducia nel futuro; di gravi difficoltà scolastiche in certi adolescenti. Spesso il soggetto a rischio di suicidio si presenta con pensieri identificabili con espressioni del tipo: «Vorrei essere morto», «Mi sento solo», «Non riesco a fare nulla», «Non posso più andare avanti così», «Sono un perdente», «Gli altri staranno meglio senza di me». Tutti dovrebbero imparare a riconoscere i segnali d'allarme per il suicidio. Colui che minaccia di farsi male o di uccidersi, chi manifesta il desiderio di farlo, chi parla insistentemente di morte, in modo insolito per lui, dovrebbe far pensare ad un alto rischio di suicidio. Il rischio di suicidio è associato a sentimenti di disperazione, di rabbia incontrollabile, e spesso induce ad agire in modo imprudente o rischioso, senza meditare sulle conseguenze di un certo comportamento. Speso solo perché si sente intrappolato e senza via d'uscita. Il rischio può essere associato al consumo di alcol e droga, alla perdita di amicizie, della famiglia, e dei contatti sociali. Ansia, agitazione, disturbi del sonno sono sempre identificabili in presenza di rischio di suicidio. L'individuo a rischio riferisce spesso di cambiamenti marcati del tono dell'umore, di mancanza di motivi per vivere e dell'incapacità di cogliere il senso della vita. Sono da tener particolarmente presenti anche le minacce dirette o indirette di suicidio che il soggetto fa; i suoi eventuali precedenti tentativi di suicidio; alcuni cambiamenti nel comportamento, come il ripiegamento su se stesso, apatia, e tutta la complessa sintomatologia legata alla depressione, compresa hopelessness, la perdita di iniziativa e di interessi, l'atteggiamento di chi cerca di disfarsi di oggetti personali e altro;
oltre la metà dei decessi dovuti a suicidio riguarda la fascia d'età compresa tra i 17 ed i 23 anni. Il suicidio negli adolescenti è un fatto molto complesso, perché il tentativo di suicidio od anche l'idea del suicidio rappresenta un'urgenza esistenziale assoluta. Il suicidio tentato, progettato e spesso eseguito occupa un posto di primo piano nelle difficoltà esistenziali dell'adolescenza e pone in modo deciso il problema della diagnosi e dei limiti tra normalità e patologia del comportamento. Negli adolescenti al di sotto dei 16 anni, l'incidenza del suicidio è ancora molto bassa, ma vi è un'alta frequenza di minacce e di tentati suicidi, spesso legati ad insuccessi e a frustrazioni nel campo scolastico e sentimentale, laddove l'adolescente si cimenta per la prima volta con situazioni in cui la sua immagine viene umiliata e calpestata e lui percepisce questo come un vulnus insopportabile;
gli anziani non amano parlare dei loro stati emotivi, soprattutto quando si sentono soli e rivelano le loro intenzioni con grande difficoltà. Tendono a rivolgersi prevalentemente al loro medico di famiglia, che in genere cerca di minimizzare il rischio riconducendolo nel quadro di una depressione tipica dell'età. Sono stati 2.986 i suicidi commessi in Italia nel corso del 2009, con un aumento del 5,6 per cento rispetto all'anno precedente (2.828 i casi nel 2008), invertendo la dinamica decrescente dell'ultimo biennio. L'incremento registrato investe sia la componente femminile della popolazione (+1,6 per cento, con 643 casi rispetto ai 631 del 2008), sia soprattutto la componente maschile (+5,6 per cento passando da 2.197 a 2.343). Conseguentemente, l'incidenza della componente maschile (78,5 per cento contro il 21,5 per cento di quella femminile) raggiunge nel 2009 il valore più alto mai registrato negli ultimi decani, con un indice di mascolinità pari a 364,4 suicidi compiuti da uomini ogni 100 femminili (si tratta anche in questo caso di un valore record). In costante aumento l'incidenza della componente maschile anche nei tentati suicidi: dopo il «sorpasso» avvenuto nel 2001, quando per la prima volta in Italia i tentati suicidi degli uomini hanno superato quelli delle donne (con il 50,2 per cento dei casi contro il 49,8 per cento), nel 2009 i tentati suicidi degli uomini rappresentano il 53,8 per cento (contro il 46,2 per cento femminile) e l'indice di mascolinità ha raggiunto un valore record pari a 116,4;
la compresenza di altre patologie crea una situazione comorbilità, che richiede una polifarmacoterapia, non sempre facile da gestire. Il fatto che maggiormente colpisce negli anziani è che il 75 per cento di coloro che si suicidano non aveva mai provato a farlo prima. Ad un certo punto si crea in alcuni di loro la drammatica sensazione di non riuscire più a vivere e ricorrono a soluzioni estreme, scegliendo soprattutto l'ingestione di farmaci o in alcuni casi la morte traumatica. Una cattiva elaborazione degli eventi luttuosi accentua lo scatenamento di auto-aggressività suicidale. Altri fattori predisponenti al suicidio nell'anziano sono la presenza nella famiglia di una o più persone con handicap fisici o psichici, una grave malattia organica e soprattutto la solitudine. Si tratta sempre di elementi destrutturanti della personalità e del vissuto dell'individuo e come tali non sintetizzabili nella qualità del residuo di vita dell'anziano, che non riesce più ad elaborare il desiderio di una nuova vita, una vita diversa, che non si dibatta più tra solitudine, malattia e angoscia. Disgraziatamente la formazione dei medici di medicina generale e dei geriatri non prevede un training specifico per la prevenzione del suicidio. Quasi il 90 per cento di coloro che soffrono di depressione possono essere curati con successo con i farmaci, con psicoterapia, o una combinazione di entrambi. Ma soprattutto necessitano di un mix di socio ed ergoterapia che restituisca loro le ragioni per vivere attraverso una riscoperta positiva delle ragioni che rendono la vita degna e bella da vivere;
sono 66 i suicidi di detenuti dall'inizio dell'anno. Da un lato, ci sono i penitenziari sovraffollati, ma il fatto nuovo è la tendenza a suicidarsi tra i detenuti prossimi alla scarcerazione. Spaventa il ritorno in una società dove si è soli, tra legami familiari ormai spezzati e la ricerca proibitiva di un lavoro. Attualmente è molto cambiata la popolazione carceraria. Non ci sono più soltanto i delinquenti abituali, ma categorie eterogenee: poveri, clochard, stranieri; persone che hanno commesso reati perché colpiti dalla crisi economica; persone depresse dipendenti da psicofarmaci; e giovanissimi, condannati per reati commessi sotto l'effetto di droghe;
oggi sono quasi 70mila i carcerati e le statistiche confermano che c’è una recidiva che va oltre il 66 per cento per chi ha scontato tutta la pena in carcere; mentre la percentuale scende al 31 per cento se si tratta di persone che hanno seguito percorsi di effettivo reinserimento. E se solitudine e disperazione sono alla base dei suicidi in carcere, occorre avere presente che il suicidio in carcere è la tappa finale di una fuga, spesso annunciata. E talvolta mancata. È la Toscana a detenere il primato dei tentati suicidi nelle carceri dove, dal 1° gennaio al 30 settembre 2010, sono stati 141. Al primo posto Livorno con 40, seguita da Pisa con 21, e Firenze Sollicciano con 20. Seguono Lecce con 36, Napoli Poggioreale con 29, Roma Rebibbia con 27, Napoli Secondigliano con 26, Cagliari con 24, Milano San Vittore con 21 e Como con 18. Capofila è dunque la Toscana con 141 tentativi di suicidio, seguita da Sicilia con 91, Lombardia con 90 e Campania con 89. In Italia nello stesso periodo sono stati 911. L'altra faccia del dramma delle carceri è rappresentata dalla grave deficienza organica del Corpo di polizia penitenziaria con meno 6.500 unità, questo significa che i livelli di sicurezza travalicano ogni previsto limite minimo. Non solo, quindi, la polizia penitenziaria non può adempiere al compito costituzionale della rieducazione e del reinserimento, ma non può neppure garantire la mera sorveglianza. È difficile fermare la macchina dei suicidi in un contesto in cui si registrano sovraffollamento, mancanza di attenzione umana alla persona del carcerato, carenza di risorse efficaci per garantire un reinserimento, che preveda anche una adeguata riqualificazione professionale. Considerato che a causa del sovraffollamento non è possibile garantire una detenzione rispettosa della dignità delle persone, è auspicabile che, nell'attesa che siano messe a punto soluzioni di più ampio respiro, siano attuate subito misure per rendere almeno più decenti le condizioni di vita nelle carceri, intervenendo per rendere più umani i rapporti con le famiglie e garantendo una effettiva tutela della salute. Anche questo è parte integrante della prevenzione del suicidio nelle carceri;
le cronache degli ultimi mesi hanno registrato una triste serie di suicidi commessi da titolari di imprese che per effetto di crisi finanziarie ed economiche si sono trovati in grave stato di indebitamento, di insolvenza, di fallimento. L'ultimo grido dei senza voce: un suicidio al giorno tra i disoccupati. Si è avuto un record di casi per motivi economici. Ciò che sembra caratterizzare il fenomeno suicidarlo è la sua forte interdipendenza con la crisi economico-occupazionale: sono stati infatti 357 i suicidi compiuti da disoccupati nel 2009, con una crescita del 37,3 per cento rispetto ai 260 casi del 2008 (sono stati 270 nel 2007, 275 nel 2006 e 281 nel 2005), generalmente compiuti da persone espulse dal mercato del lavoro (272 in valori assoluti, pari al 76 per cento a fronte di 85 casi di persone in cerca di prima occupazione). Anche in termini relativi appare evidente come il lavoro costituisca un vero e proprio discrimine nella lettura del fenomeno suicidario: nel 2009 si registrano infatti ben 18,4 suicidi ogni 100 mila disoccupati (il valore sale a 30,3 tra gli uomini a fronte di 5,7 tra le donne), contro 4,1 suicidi tra gli occupati (6 tra gli uomini e 1,4 tra le donne), confermando la centralità del lavoro nella possibilità di costruire e/o di portare avanti un progetto di vita, soprattutto nella componente maschile della popolazione. Un ulteriore indicatore del rapporto diretto tra il fenomeno suicidario e la crisi è rappresentato dal numero dei suicidi per ragioni economiche (al di là di quanto sia effettivamente possibile stabilire una lettura univoca del «movente» che raggiungono proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni (198 casi, con una crescita del 32 per cento rispetto ai 150 casi del 2008 e del 67,8 per cento rispetto ai 118 casi del 2007). In termini relativi i suicidi per motivi economici arrivano a rappresentare nel 2009 il 10,3 per cento del fenomeno «spiegato» (non considerando cioè i casi di cui non si è stabilita una motivazione) a fronte di appena il 2,9 per cento rilevato nel 2000. Non risulta superfluo evidenziare come il suicidio per ragioni economiche rappresenti un fenomeno quasi esclusivamente maschile (95 per cento dei casi nel 2009) a conferma di come questo si leghi alla acquisizione perdita di identità e di ruolo sociale definita dal binomio lavoro/autonomia economica;
nella maggior parte di queste cronache la causa principale del suicidio viene attribuita alla negazione di linee di credito da parte di banche o di società finanziarie e al contemporaneo aumento della pressione fiscale. Ben poco però viene raccontato del contesto extraeconomico in cui è maturato il tragico gesto (stato di salute fisica e psichica, rapporti familiari, affettivi, sociali), mentre maggiore dovizia di particolari è riservata al «mezzo di esecuzione» (arma da fuoco, impiccagione, precipitazione, avvelenamento, e altro) non solo perché sono più facili da accertare, ma anche perché rispondono maggiormente alla curiosità dei lettori e degli ascoltatori. Quasi nulla viene detto della tragica solitudine in cui si è consumato questo gesto estremo e della svolta positiva che poteva imprimere qualche forma di compagnia e di solidarietà concreta. Sono suicidi che a volte vengano «usati» per mettere sotto accusa le banche, il fisco, il Governo, le politiche di rigore, come se in questi campi non bastassero altre e ben più robuste argomentazioni. Accanto alla comprensione addolorata e silenziosa per chi ha commesso il suicidio, c’è però il rischio di alimentare, nelle persone fragili, comportamenti imitativi. L'impietoso meccanismo della comunicazione gridata e accusatoria soffoca le riflessioni sulle ragioni profonde che conducono alla decisione di «farla finita» e non aiuta a guardare in faccia ai reali aspetti di questo fenomeno. Si deve purtroppo riconoscere che in presenza di crisi economiche, come di eventi che indeboliscono i legami sociali è familiari, per conflitti, abbandoni, separazioni, perdita di persone care, la «corrente suicidogena» aumenta di intensità nel corpo della società tra i suoi membri più fragili, come hanno documentato gli studi sull'andamento dei tassi di suicidio in ciascuna società e fase storica. Al pari di altri comportamenti «devianti» e «anomici» il tasso di suicidio è un drammatico campanello di allarme del disagio collettivo in cui versa la società che si contribuisce a costruire. In presenza di eventi sfavorevoli è purtroppo noto che anche i suicidi possano aumentare, sia in senso generale, sia nei gruppi sociali più svantaggiati, per età, stato civile, condizione lavorativa posizione occupazionale;
molta gente che soffre di depressione fino a meditare il suicidio può nascondere la sua sofferenza e sembrare felice. A volte una persona suicida da dei segnali che indicano la sua disperazione. Conoscere i sintomi della depressione e i segnali di pericolo di suicidio facendo domande dirette riguardo alla sofferenza della persona può aiutare radicalmente una persona cara o un paziente. Il suicidio si può prevenire. La maggior parte degli individui con rischio di suicidio vuole assolutamente vivere; costoro non riescono però a trovare possibili alternative ai loro problemi. La maggior parte degli individui emette chiari segnali inerenti alla intenzione suicida, ma spesso gli altri non colgono il significato di tali messaggi oppure non sanno come rispondere alla loro richiesta d'aiuto. Parlare del suicidio non induce nell'altro un proposito suicidario; al contrario, l'individuo in crisi e che pensa al gesto si sente sollevato, ed ha l'opportunità di sperimentare un contatto empatico. Non bisogna sottovalutare mai chi medita il suicidio. Per una persona determinata al suicidio il desiderio di vivere è oscuro dalla sofferenza a causa della malattia. La decisione di suicidarsi è realmente un desiderio di smettere di soffrire. Non bisogna sottovalutare mai qualcuno anche se dice solo che sta pensando al suicidio;
il suicidio affligge profondamente gli individui, le famiglie, i luoghi di lavoro, la comunità e la società nel suo complesso. Coloro che perdono un loro caro a causa del suicidio rimangono a lungo traumatizzati e sono anch'essi a rischio di suicidio. La sfida della prevenzione del suicidio dovrebbe essere intrapresa dalla collettività. Gli addetti alla salute mentale e tutti gli operatori che entrano in contatto con la popolazione generale per fornire servizi di assistenza, consulenza e supporto dovrebbero offrire informazioni chiare e precise sul riconoscimento e sulla gestione del soggetto suicida. Campagne di sensibilizzazione a livello nazionale proposte dalle autorità competenti dovrebbero essere estese a tutta la popolazione, rispettando le linee guida proposte ai mass-media per la diffusione di servizi e reportage riguardanti il fenomeno suicidario. Per ridurre il rischio di comportamenti imitativi o di contagio occorre mettere in evidenza come spesso il suicidio è una complicazione in diversi tipi di patologia mentale, per questo non bisogna mai presentarlo in stile eroico e romantico, mentre è indispensabile dare spesso informazioni adeguate sulle risorse disponibili per il trattamento e la prevenzione del comportamento suicidario. C’è la necessità di creare una cultura che permetta la lotta contro il suicidio incoraggiando ad accettare l'aiuto necessario a ricercare aiuto da parte di persone autorevoli con cui stabilire un'alleanza per formare personale professionalmente corretto, capace di attuare i principi di prevenzione del suicidio;
i dati della letteratura hanno confermato ampiamente l'azione delle stereotipie mediatiche nell'indurre comportamenti imitativi in soggetti vulnerabili. Le principali organizzazioni che si occupano della prevenzione del suicidio hanno segnalato più volte la necessità di cambiare il modo di riportare il suicidio attraverso i mezzi di comunicazione di massa. L'American Association of Suicidology. l'American Foundation for Suicide Prevention e Annenberg Public Policy Center sostengono l'urgente necessità di modificare le stereotipie linguistiche dei media riguardo al suicidio. Un gran numero di studi ha rilevato la forte connessione tra la diffusione di notizie, immagini, film, telefilm e persino brani musicali e l'incremento di condotte suicidarie. Per cogliere il ruolo dei media nell'agevolare i suicidi, si devono verificare le seguenti condizioni: l'associazione tra trattazione del suicidio da parte dei media e gli effettivi suicidi che si verificano dopo la divulgazione deve presentare una certa consistenza e una effettiva specificità; l'associazione deve essere statisticamente significativa e deve esserci un nesso cronologico tra diffusione di informazioni e suicidi. Le stereotipie mediatiche sono strettamente connesse al contesto culturale;
i mass media riescono ad influenzare maggiormente l'opinione pubblica quando si parla di individui ben conosciuti per il loro nome e per il loro volto; quando il suicidio è presentato come un atto nobile che libera il soggetto dal dolore e dalla sofferenza. Alcuni autori hanno ricercato un nesso significativo con storie di suicidio che occupano le prime pagine dei giornali ed eventi di vario genere che possono essere ricondotti al suicidio. Secondo alcuni esiste una connessione tra la condotta mediatica di presentare in prima pagina un suicidio e il numero di tentativi di suicidio nelle settimane successive la divulgazione della notizia. I servizi sul suicidio possono indurre un aumento del comportamento suicidario, soprattutto quando vengono enfatizzati e descrivono il metodo di suicidio utilizzato; sono i giovani e gli anziani a essere particolarmente esposti a questo tipo di influenza. I media possono non rendersi conto di quanto sia facile fornire tutti gli ingredienti necessari a un suicidio a coloro che in quel momento sono particolarmente vulnerabili dal messaggio. Eppure la «ricetta» è sempre la stessa: situazioni fin troppo reali vengono divulgate e si inseriscono con una facilità estrema nel contesto socio-culturale della massa, divenendo modelli di soluzione. Secondo la teoria del comportamento contagioso, un individuo ha pre-esistenti motivazioni per realizzare un certo comportamento ma possono esistere delle inibizioni che lo possono bloccare. Attualmente si riscontra la forte necessità ad arginare quei particolari modi tipici dei media nel riportare una notizia di suicidio o nel rappresentarlo nelle più variegate forme, molte delle quali capaci di indurre comportamenti imitativi;
è ormai noto che il mezzo di comunicazione di massa maggiormente utilizzato dai giovani è internet. Per questo motivo la ricerca si deve focalizzare sul ruolo che tale mezzo di comunicazione riveste per quanto riguarda la salute mentale dei giovani, e per quanto riguarda i comportamenti suicidari. Pochi studi finora hanno effettuato una correlazione tra l'uso di internet e il rischio di suicidio. Ci sono casi in cui la morte di un adolescente è legata a siti che istigano al suicidio, per cui internet funge come un trigger per quanto riguarda il comportamento suicidario. Un recentissimo studio, effettuato su una popolazione di adolescenti, ha dimostrato che un storia di ideazione suicidiaria può essere correlata alla ricerca di informazioni su internet riguardanti il suicidio. Il ruolo di internet sul comportamento e sulla mente degli adolescenti non è da sottovalutare ed è di fondamentale importanza studiare attentamente in che modo internet possiede un ruolo nell'incremento dei tassi di suicidio e come prevenire gli effetti negativi derivanti dall'uso del web. Una proposta concreta potrebbe essere quella di creare siti web anti-suicidio, che forniscano informazioni utili ad adolescenti e giovani adulti con propositi auto lesivi e che possono andare alla ricerca di una risposta concreta tramite il web; uno studio ha dimostrato che i giovani con ideazione suicidaria frequentemente accedono alla rete alla ricerca di informazioni sul suicidio, probabilmente alla ricerca di un aiuto. Per questo potrebbe essere efficace creare una rete di informazioni e di supporto tramite siti internet che contrastino la disinformazione e i siti che incitano al suicidio;
un crescente numero d'iniziative ha condotto all'elaborazione di linee guida atte a migliorare il metodo con il quale la prevenzione del suicidio è trattata. È bene che la politica si assuma le sue responsabilità, che prenda atto del problema, che dichiari solidarietà e soprattutto che metta in campo risorse concrete per fronteggiare un problema che di anno in anno è sempre in aumento;
secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, inoltre, la politica non può ignorare il dibattito che si riaccende spesso davanti a circostanze diverse e che riguarda le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT); i trattamenti sanitari «straordinari, non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati agli obiettivi di cura e/o di sostegno vitale» devono essere evitati. Ma il divieto di accanimento terapeutico non legittima direttamente o indirettamente pratiche eutanasiche o di abbandono terapeutico che possano risultare forme di suicidio assistito. È necessario trovare il giusto equilibrio tra diritto alla vita e diritto alla libertà,
impegna il Governo:
a valorizzare esperienze come il servizio per la prevenzione dei disturbi dell'umore e del suicidio, attivo presso l'ospedale Sant'Andrea di Roma, punto di riferimento per le persone che vogliono tentare o hanno tentato il suicidio per le persone che hanno perso un loro caro per suicidio, centro che lavora 24 ore su 24 e ha creato un'ampia rete di volontariato, coinvolgendo persone con profili professionali di eccellenza: medici, psicologi, assistenti sociali, e altro;
a promuovere una cultura specifica nell'ambito dei mezzi di comunicazione di massa, obiettivo importante da raggiungere, soprattutto per ciò che concerne la divulgazione dei mezzi di supporto a disposizione di coloro che sperimentano il comportamento suicidario;
ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire un'adeguata presenza di psichiatri e psicologi non solo presso i centri di salute mentale, ma anche presso le carceri, i centri per anziani, gli sportelli scolastici e i servizi di pronto soccorso;
ad assumere iniziative per stanziare risorse adeguate al volume di richieste, dirette ed indirette, per venire incontro alle necessità degli individui in crisi, riducendo notevolmente la possibilità che si verifichino suicidi, promuovendo la diffusione di servizi di ascolto per persone disoccupate o cassintegrate;
ad assumere iniziative per migliorare i livelli di formazione della futura classe medica considerato che di suicidio si parla quasi esclusivamente nell'ambito della scuola di specializzazione di psichiatria, mentre sarebbe urgente un training formativo per i pediatri e per i medici di medicina generale, per i geriatri e per tutto il personale sanitario in generale;
a favorire la creazione di reti sociali che svolgano un efficace lavoro di prevenzione per adolescenti e per anziani, per chi lavora e per chi è disoccupato, tenendo conto che rafforzare la rete dei servizi sociali richiede spazi e tempi, risorse umane e risorse economiche, che è possibile reperire solo se si è davvero convinti che la vita umana non ha prezzo e merita davvero la massima attenzione possibile;
a realizzare programmi di informazione nelle scuole che tengano conto di strategie e iniziative rivolte a tutta la popolazione studentesca per aumentare la consapevolezza del fenomeno e fornire indicazioni sulle modalità di aiuto;
a promuovere l'istituzione di una rete telefonica nazionale di primo soccorso, collegata al Ministero della salute, attiva 24 ore su 24, e di comitati per la prevenzione del suicidio a livello territoriale.
(1-01138) «Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Calgaro, Anna Teresa Formisano, Compagnon, D'Ippolito Vitale, Poli, Di Virgilio, Sarubbi, Mancuso, D'Incecco, Barani, Mussolini, De Nichilo Rizzoli, Bocciardo, Mosella, Bonciani, Lehner, Ciccioli, Patarino, Pezzotta, Mondello, Ruggeri, Mereu, Cera, Ciccanti, Marcazzan, Versace, Sardelli, Antonione, Polidori, Stasi, Mottola, De Pasquale, Consolo, Angela Napoli, Lo Presti, Muro, Luciano Rossi, Di Vizia, Barbaro, Proietti Cosimi, Di Centa, Toto, Vignali, Cazzola, Girlanda, Gioacchino Alfano, De Luca, Crolla, Meloni, De Camillis, Abelli, Gottardo, Dell'Elce, Scandroglio, Mantovano, Pianetta, Stanca, Costa, Cassinelli, Frassinetti, Landolfi, Porcu, Bernini Bovicelli, Pelino, Cannella, Nola, Renato Farina, Angeli, Picchi, Laffranco, Beccalossi, Zinzi, Bosi, Rubinato, Occhiuto, Enzo Carra, Ria, Adornato, Isidori, Misiti, Iapicca, Giorgio Merlo, Adinolfi».
La Camera,
premesso che:
la crisi economica si fa sempre più pesante e moltissimi sono i suicidi per perdita di lavoro;
il tasso di disoccupazione in Italia nel primo trimestre 2012 è volato al 10,9 per cento in crescita di 2,3 punti percentuali su base annua (dati Istat);
solo nel 2010 si sono suicidate 362 persone per la crisi e per la perdita del lavoro;
dai dati del servizio per la prevenzione del suicidio dell'Ospedale S. Andrea di Roma, Università La Sapienza le persone suicidatesi sono «in Italia circa 4000, e con la crisi economica il fenomeno è cresciuto nella fascia d'età che va dai 25 ai 69 anni, praticamente quella che lavora»;
nel 2012 si registra un suicidio ogni 4 giorni per la crisi, per la cifra di 73 persone suicidatesi dall'inizio dell'anno;
un uomo di 54 anni, Angelo di Carlo, si è dato fuoco la sera di venerdì 10 agosto 2012 in piazza Montecitorio, davanti al Parlamento, perché aveva perso il lavoro due mesi prima;
l'uomo è poi deceduto a causa delle ustioni, lasciando al figlio, rimasto orfano dei due genitori, una lettera con 160 euro, gli ultimi rimasti;
non sono ancora state presentate proposte per il sostegno alle famiglie in difficoltà e ai lavoratori che si trovano, improvvisamente, senza lavoro;
non esiste al momento una previsione di legge affinché tali soggetti in difficoltà vengano aiutati in maniera straordinaria;
in Tunisia l'ambulante Mohammed Bouazizi si è dato fuoco a Sidi Bouzid il 4 gennaio 2011 per mancanza di lavoro e di soldi;
da lì si è innescato un processo rivoluzionario e riformatore denominato «primavera Araba», che ha spinto i popoli arabi a chiedere riforme e giustizia sociale;
l'Italia spende ad oggi lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo nazionale per la cooperazione internazionale;
spesso i fondi per la cooperazione, come nel caso dell'Afghanistan (il disegno di legge di ratifica dell'accordo sul partenariato e la cooperazione di lungo periodo con questo Paese è un'esame del Senato) finiscono in mani estranee alla cooperazione stessa, foraggiando regimi «canaglia»;
l'Afghanistan in particolare, dove la vicinanza fra talebani e il Governo è ormai acclarata, è patria di eccidi di massa, di esecuzioni e di violenze senza fine, e a questo Paese l'Italia ha destinato in 10 anni più di 570 milioni di euro;
il 27 agosto 2012 si è verificato l'ultimo episodio, in cui 17 persone, la maggior parte donne, sono state sgozzate perché ballavano ad una festa di matrimonio;
in questi Paesi non vige alcun rispetto dei diritti umani;
in questi Paesi la cooperazione viene peraltro malvista perché contrasta con la volontà di mantenere la popolazione ad un livello bassissimo, tale da poter essere gestita con la forza e con la minaccia delle armi,
impegna il Governo
ad assumere le iniziative di competenza per destinare ai disoccupati e ai giovani quei fondi per la cooperazione destinati a Paesi che non rispettano i diritti umani delle minoranze, delle donne, dei minori e dell'uomo in genere, i cui partenariati dovrebbero essere quindi preventivamente sospesi per tre anni, affinché la crisi possa esser fronteggiata in maniera più decisa e non ricada sulle spalle dei cittadini italiani, trovatisi senza lavoro e senza risorse all'improvviso, i quali decidono di togliersi la vita nell'indifferenza generale.
(1-01139) «Sbai, Iannaccone, Bertolini, Minasso, Ghiglia, Cirielli, Lehner, Iapicca, Misiti, Di Cagno Abbrescia, Pelino, Cassinelli, Cossiga, Biancofiore, Ceroni, Mantovano, Gioacchino Alfano, Paniz, Renato Farina, Muro, Ciccioli, Dussin, Mussolini, De Nichilo Rizzoli, Milanese, Abelli, Vella, Lo Presti, Torrisi, Beccalossi, Osvaldo Napoli, Vincenzo Antonio Fontana, Antonio Martino, Bellotti, Pagano, Pugliese, Mario Pepe (Misto-R-A), Mazzocchi, D'Ippolito Vitale».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
in data 9 luglio 2012 è stato sottoscritto presso il Salone della prefettura di Torino, in relazione al collegamento ferroviario ad alta velocità TAV Torino-Lione, un importante ed innovativo protocollo per la realizzazione del cunicolo «La Maddalena»;
a siglarlo sono stati i livelli nazionali, regionali e territoriali di Filca-Cisl, Feneal-Uil e Fillea-Cgil e la società consortile Venaus, che rappresenta il raggruppamento di imprese tra Cmc Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, Stabag AG, Cogeis Spa e Bentini Spa;
il protocollo rappresenta un esempio di applicazione del «sistema di informazioni e relazioni sindacali» in un'opera che, per un verso, ha forti implicazioni sociali, per altro verso, presenta un altissimo rischio di penetrazioni mafiose specie attraverso l'infiltrazione di aziende gestite dalla malavita;
si tratta di un primo accordo, poiché, per quello definitivo, si aspetta la costituzione della nuova società italo-francese, la Ltf2, che si occuperà della realizzazione dell'intera opera;
è in corso di lavorazione la bozza del protocollo sulla legalità che interesserà l'intera opera, di fondamentale e strategica importanza nell'ottica dell'Europa unita, che si realizza anche attraverso la realizzazione di grandi vie di comunicazione;
il protocollo già siglato non prevede l'estensione della normativa antimafia, elaborata in Italia al precipuo fine di scongiurare i predetti pericoli di infiltrazione delle imprese mafiose o colluse con la mafia, che appaltano o subappaltano i lavori in argomento, anche nella tratta francese;
vi è, quindi, concreto rischio che l'intera normativa venga aggirata, ciò che accadrebbe qualora le predette imprese si spostassero a lavorare sulla tratta che ricade in territorio francese, così, sottraendosi ai controlli antimafia;
appare, quindi, necessario tener conto di tale aspetto relativo alla TAV Torino prendendo contatti con il Ministero dell'interno francese affinché siano elaborate soluzioni che impediscano alle imprese mafiose di aggirare la normativa antimafia prevista in Italia scegliendo di lavorare sulla tratta francese anziché su quella italiana –:
se esistano in atto forme di collaborazione con il Ministero dell'interno francese intese ad assicurare che il protocollo di legalità in fase di lavorazione relativo all'intera opera in oggetto venga recepito anche nel quadro normativo francese o se, comunque, siano state adottate iniziative utili ad evitare, da parte di imprese mafiose che appaltino o subappaltino lavori nella tratta francese, forme di aggiramento della normativa antimafia vigente in Italia o se sia intenzione del Governo agire in tale direzione. (4-17545)
ROSATO, MARIANI, BRAGA, MARGIOTTA, MARAN e STRIZZOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'autostrada A4 Venezia – Trieste si inserisce nel più ampio progetto prioritario n. 6 dell'Unione europea (meglio noto come il corridoio V) ed è contemporaneamente una delle dorsali della mobilità del Nordest più importanti in quanto connessione tra l'Italia e l'Europa centro-orientale e i Balcani;
l'aumento del traffico, in particolare quello pesante, negli ultimi anni ha comportato la perdita dei requisiti di sicurezza per la circolazione, tant’è che si è assistito ad incidenti sempre più frequenti e gravi, alcuni dei quali hanno avuto anche un notevole risalto mediatico nazionale;
si è resa nel tempo sempre più chiara la necessità di superare l'obsolescenza della struttura, ripristinandone una adeguata capacità di trasporto e per tali ragioni Autovie Venete spa (società controllata dalla regione Friuli Venezia Giulia), concessionaria pubblica del tratto Venezia – Trieste fino al 2017, si è adoperata ad elaborare un progetto per la realizzazione della terza corsia ottenendo a marzo 2005, dopo ventotto mesi di attesa, il via libera da parte del CIPE;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 settembre 2008, recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto D'Altino – Trieste e nel raccordo autostradale Villesse – Gorizia», il presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, è stato nominato commissario delegato per l'emergenza di cui all'oggetto dell'ordinanza stessa; mentre soggetti attuatori sono stati nominati l'assessore ai trasporti e mobilità della regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, e il commissario per la Pedemontana veneta. Silvano Vernizzi;
la gestione commissariale avrebbe dovuto provvedere all'approvazione del progetto definitivo sostituendo ad ogni effetto i visti, i pareri, le autorizzazioni e le concessioni di competenza di organi statali, regionali, provinciali o comunali. Alla struttura del commissario sarebbero stati previsti poteri sostitutivi rispetto a quelli del CIPE e, nel settore ambientale, quelle del ruolo di arbitro della procedura di VIA; prevedendo la possibilità di adottare procedure abbreviate anche per la realizzazione delle opere di viabilità ordinaria;
nell'autunno 2008 fu reso pubblico il primo crono programma della realizzazione dell'opera che prevedeva il completamento entro la fine del 2012 del raccordo Villesse – Gorizia; l'apertura dei cantieri per il tratto Passante di Mestre – San Donà di Piave entro il 2010 affinché si concludessero nel 2013 assieme al tratto San Donà di Piave – San Michele al Tagliamento; e la realizzazione, infine, del tratto Gonars – Villesse nel 2014;
durante tutto il 2009 e il 2010 si è assistito ad una serie di dichiarazioni fatte agli organi di stampa in relazione all'attività svolta, da cui emergevano difficoltà in particolare per il reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione della terza corsia della A4, opera considerata indispensabile dai soggetti istituzionali, economici e sociali del Friuli Venezia Giulia per lo sviluppo dei traffici e degli scambi economici tra il Nord-est, l'Italia e l'Europa centrale e balcanica;
il crono programma originario risulta, quindi, fin da subito disatteso così come il piano finanziario preventivato da Autovie Venete spa;
con ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, il commissario delegato Renzo Tondo, fu sostituito da uno dei due soggetti attuatori, ovvero da Riccardo Riccardi, anche assessore ai trasporti e mobilità della regione;
nei mesi successivi sono apparse sulla stampa locale diverse prese di posizione di soggetti politici, istituzionali e di rappresentanti di associazioni di categoria e di componenti sindacali che mettevano in evidenza una situazione sempre più confusa e conflittuale causata, anche, da una affievolita distinzione di ruoli, funzioni e responsabilità tra la struttura commissariale, la società Autovie Venete spa e la sua partecipata Friuli Holding spa, e l'assessorato regionale ai trasporti e mobilità;
in questo complesso scambio di reciproche responsabilità ci sono stati ulteriori complicazioni e ritardi nelle procedure per il reperimento delle risorse necessarie all'avvio della realizzazione della infrastruttura della terza corsia;
nel mentre, il piano finanziario elaborato per la realizzazione dell'infrastruttura, previsto in prima istanza nella somma di 1,7 miliardi di euro, è lievitato, proprio durante la gestione commissariale, a oltre 2 miliari di euro;
sulla provenienza di queste risorse rimane una incognita la partecipazione, e in quale misura, di investitori privati quali un gruppo di banche che Autovie Venete spa sta ricercando da tempo e per le quali ha pubblicato recentemente un bando pubblico;
per la copertura è previsto nel piano finanziario il più che raddoppio delle tariffe dei pedaggi a fronte dell'accensione di un mutuo con a garanzia anche il patrimonio di Auto vie Venete spa, per la quale, però, il business plan prevede perdite tra i 30 e i 70 milioni di euro da qui al 2017, anno in cui terminerà la concessione con Anas alla quale tornerà, salvo rinnovo, la competenza del tratto Venezia – Trieste dell'autostrada A4;
a giugno 2012 la Cassa depositi e prestiti ha confermato l'impegno per la realizzazione della terza corsia autostradale, deliberando nelle ultime settimane una disponibilità massima di 1,5 miliardi di euro, mentre la Banca centrale degli investimenti ha assicurato una copertura massima di 900 milioni di euro;
non è chiaro, ad oggi, il tasso di interesse che la Cassa depositi e prestiti intende applicare sul finanziamento per la terza corsia e se questo sarà a valore di mercato (che consentirebbe il ricorso anche al finanziamento della Banca europea degli investimenti) o sarà a valore calmierato;
non si evince, ancora, dal piano finanziario quale tasso di interesse è stato preventivato per considerare il prestito sostenibile per Autovie Venete spa;
in sede di conversione del decreto-legge n. 59, del 2012, è stato inserito l'articolo 6 ter in materia di gestioni commissariali che prevede una deroga alla normativa introdotta con il medesimo decreto circa la chiusura, il 31 dicembre 2012, di tutte le gestioni commissariali attualmente in funzione;
con l'ordine del giorno 9/05369/009 del 31 luglio 2012, accolto dal Governo, si è impegnato l'Esecutivo a «presentare al Parlamento, entro 30 giorni, una compiuta e approfondita relazione in merito all'efficacia della struttura commissariale, anche alla luce del sovrapporsi di ruoli e di responsabilità tra i vari soggetti a diverso titolo coinvolti nella realizzazione della terza corsia e ai ritardi nell'avvio della realizzazione dell'infrastruttura» –:
quali effetti e ricadute, rispetto ai progetti di Anas e alla gara di rinnovo della concessione, vi siano conseguentemente al piano finanziario di Autovie Venete spa e relativi ai lavori per la terza corsia della A4;
quali siano gli indirizzi del Governo ad Anas rispetto alla messa a gara della concessione dopo la scadenza del 2017, alla luce degli oneri finanziari connessi alla realizzazione dell'opera e al rispetto del crono programma dell'infrastruttura stessa;
quali siano i risultati della relazione in merito all'efficacia della struttura commissariale per l'emergenza A4 che il Governo si è impegnato a stilare e presentare al Parlamento, anche alla luce del sovrapporsi di ruoli e di responsabilità tra i vari soggetti a diverso titolo coinvolti nella realizzazione della terza corsia;
se il Governo, considerato che la realizzazione della terza corsia della A4 è un'opera di rilevanza nazionale ed internazionale e in seguito alle valutazioni di cui sopra circa il finanziamento dell'opera, intenda agire a sostegno dell'infrastrutture anche all'interno della rinegoziazione dei rapporti finanziari oggi esistenti tra lo Stato e la regione Friuli Venezia Giulia.
(4-17554)
REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
nel mese di agosto il comune di Busto Arsizio (Varese) e numerosi altri comuni della bassa provincia di Varese e dell'Alto milanese sono stati colpiti da violenti nubifragi, con creazione di trombe d'aria e numerosi danni a cose ed edifici;
da più parti — compresa una richiesta dell'interrogante — sono state avanzate richieste agli enti competenti ai fini di ottenere la dichiarazione dello stato di calamità ed adeguati interventi del settore pubblico a sostegno dei danneggiati –:
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare al riguardo e quali siano le tempistiche. (4-17566)
REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
i dati OCSE diffusi recentemente assegnano al nostro Paese per l'anno in corso una diminuzione del PIL di almeno il 2,4 per cento, dato non previsto in nessuna relazione del Governo;
tra le prime industrie del nostro Paese vi è senza dubbio l'industria tessile, della calzatura e della pelletteria;
la legge n. 55 del 2010 reca disposizioni volte a sostenere ed agevolare la produzione tessile nel nostro Paese;
l'approvazione unanime da parte dei due rami del Parlamento della legge n. 55 del 2010 testimonia la convinzione che le norme contenute possano essere utili all'industria tessile;
molte delle norme contenute nella legge n. 55 del 2010 sono state «congelate» dalla Presidenza del Consiglio in vista del confronto con la UE circa la compatibilità di dette norme con il dettato comunitario;
il Parlamento Europeo ha recepito in un proprio regolamento alcune delle norme presenti nella legge n. 55 del 2010, rimanendo purtuttavia detto regolamento in attesa dell'approvazione definitiva da parte della Commissione UE –:
se e quali sforzi il Governo abbia attuato o intenda attuare per richiedere alla Unione Europea una rapida approvazione delle norme in argomento;
se il Governo intenda opportuno dar corso agli obblighi ed ai divieti previsti dalla legge n. 55 del 2010 e che potrebbero aiutare il Paese ad uscire dalla fase di profonda recessione in cui si trova. (4-17584)
REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
quale sia nel dettaglio la posizione del nostro Paese in ordine alle decisioni della Banca Centrale Europea di acquistare senza limiti i titoli di Stato dei Paesi con un elevato spread tra i propri titoli di Stato e quelli tedeschi –:
se e come detta misura influirà positivamente sui conti pubblici;
in che modo il Governo intenda impegnare le risorse economiche che si ritiene possano liberarsi a seguito della diminuzione del costo del debito pubblico, soprattutto ai fini della diminuzione del peso fiscale e del rilancio de consumi delle famiglie. (4-17585)
AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta in Commissione:
RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
dal 1993 l'Armenia e l'Azerbaigian sono di fatto in guerra dopo l'appoggio dato dagli armeni alla rivolta della popolazione armena del Nagorno-Karabakh interamente situato nei confini azeri che reclama autodeterminazione per l'indipendenza. A nulla e valso l'impegno delle organizzazioni internazionali per stabilire la pace, in presenza di una occupazione armena di parte del territorio azero;
in questo contesto, nel 2004, due ufficiali, l'armeno Gurgen Margaryan, 24 anni, e l'azero Ramil Safarov, erano ospiti della base Nato a Budapest, per un seminario della partnership per la pace. Safarov, dopo aver accusato Margaryan di aver offeso la bandiera azera ed aver acquistato un'ascia allo spaccio del compound militare si introdusse nella stanza dell'armeno e lo massacrò nel sonno. Dopo aver infierito con 16 colpi;
nel 2006 Safarov fu condannato all'ergastolo da scontare in Ungheria;
nel mese di agosto 2012 l'Ungheria, nel rispetto delle convenzioni nell'ambito del Consiglio d'Europa, ha consegnato alle autorità di Baku, il militare con le garanzie che avrebbe scontato almeno trent'anni di pena;
l'Azerbaigian ha, sulla base delle sue leggi, graziato Safarov, lo ha accolto con ogni onore e lo ha pubblicamente onorato come eroe nazionale, promuovendolo da capitano a maggiore, ed esaltando il suo omicidio come atto patriottico;
dopo questi avvenimenti l'Ungheria si è detta ingannata, l'Armenia ha protestato vivacemente interrompendo le relazioni diplomatiche con l'Ungheria e non è mancata l'accusa, peraltro respinta dalla Turchia, di aver mediato segretamente il trasferimento di Safarov;
le condanne internazionali per il comportamento delle autorità azere si sono susseguite, dal presidente del Parlamento europeo a quello dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Valga soprattutto la dichiarazione del segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, significativamente pronunciata proprio a Baku: «L'atto che ha commesso (Safarov, ndr) nel 2004 è stato un crimine per il quale non andrebbe glorificato, perché questo danneggia la fiducia e non contribuisce al processo di pace»; anche Stati Uniti d'America e Russia hanno espresso biasimo;
tutto questo, a giudizio dell'interrogante, non deve prestarsi a strumentalizzazioni per la soluzione pacifica e giusta del conflitto per il Nagorno-Karabakh –:
se questi fatti risultino al Governo quali siano i suoi orientamenti al riguardo;
se il Governo abbia provveduto a comunicare pubblicamente o riservatamente la sua posizione e in quale sede, o se intenda farlo;
se abbia espresso per via diplomatica al Paese amico dell'Azerbaigian il proprio punto di vista sulla vicenda;
se in sede di Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa non ritenga di prendere iniziative in merito a quello che appare all'interrogante un evidente aggiramento delle convenzioni europee in materia di collaborazione nel campo della giustizia;
se e come intenda – rispondendo con vigore all'aggravarsi drammatico delle tensioni tra Armenia ed Azerbaigian – assumere un ruolo di protagonista in seno al gruppo di Minsk del quale l'Italia è membro. (5-07775)
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
il 1o settembre 2010 è stato chiuso il consolato di prima classe di Saarbrücken, nonostante le prese di posizione contrarie del Comites, della locale rete associativa, delle organizzazioni sindacali italiane di categoria e delle manifestazioni di solidarietà di importanti esponenti politici locali;
lo sportello consolare considerato un rimedio necessario e accolto come il male minore, è stato dotato di quattro impiegati a contratto, ai quali è stato affidato il compito di provvedere alle esigenze dei 30.000 italiani residenti nel Saarland e nel Palatinato;
in questi due anni, tale personale si è fatto carico di tutte le questioni essenziali dei nostri concittadini: dai passaporti alle carte d'identità, dallo stato civile all'assistenza sociale;
il consolato di Francoforte ha assegnato agli impiegati il compito di garantire il servizio telefonico per tutti i 130.000 italiani residenti nell'intera circoscrizione;
dall'inizio di agosto 2012, a seguito di un pensionamento, l'attività dello sportello consolare è rimasta affidata a soli tre impiegati a contratto, che di fatto diventano due nelle prestazioni di sportello –:
se il Ministro non intenda assumere iniziative al più presto per l'invio di un impiegato di ruolo per prevenire le inevitabili disfunzioni. (4-17555)
GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
per difendere lo sportello consolare di Bedford dalla decisione di un'imminente chiusura, il 9 settembre 2012 si è svolta per le strade di Bedford una partecipata manifestazione, alla quale hanno partecipato anche diversi consiglieri comunali del posto e rappresentanti di alcune forze politiche e sociali locali, oltre ai connazionali lì residenti e alle diverse associazioni nelle quali essi si riconoscono;
anche per la sua contiguità con Londra, Bedford è stato uno dei più importanti approdi in Inghilterra dell'immigrazione operaia italiana nel dopoguerra; la comunità che si è formata ha sempre avuto un alto livello di aggregazione sociale e, già dalla prima generazione, si è segnalata per un processo d'integrazione positivo e diffuso;
gli italiani costituiscono attualmente più del 25 per cento della popolazione complessiva; a Bedford, infatti, risiedono molte migliaia di famiglie italiane e circa 20.000 connazionali che per il retroterra emigratorio al quale fanno riferimento, hanno numerose e complesse esigenze di rapporto con l'amministrazione italiana;
le esigenze più diffuse manifestate dalla comunità di Bedford riguardano l'informazione su problemi di assistenza sociale e di cittadinanza, la consegna di documenti da far pervenire in merito all'ottenimento dei passaporti e alle pratiche di assistenza sociale, l'iscrizione all'anagrafe consolare, l'autentica di firme, l'assistenza ai connazionali in caso di necessità;
per corrispondere a questa diffusa domanda di servizi, che tra l'altro comportano introiti per l'amministrazione italiana normalmente superiori alle spese necessarie per la loro erogazione, Bedford è stata sede in passato di un viceconsolato, successivamente degradato in sportello consolare, ormai prossimo alla chiusura; in questa maniera, si sta progressivamente determinando una caduta verticale di rapporti tra la comunità e l'amministrazione;
la chiusura dello sportello consolare, pur divenendo operante in queste settimane, risale alle decisioni di chiusura adottate dal Governo di centrodestra, che l'amministrazione del Ministero degli affari esteri continua a perseguire nonostante le proteste dei cittadini interessati e i ripetuti confronti parlamentari con il Governo tesi a far maturare una più attenta riflessione sulla tematica dei servizi consolari alle nostre comunità; tra questi, è da segnalare il recente ordine del giorno, promosso dai deputati del Partito Democratico e sottoscritto da tutti i parlamentari eletti all'estero, con il quale si impegna il Governo ad una moratoria di quattro anni della chiusura dei consolati –:
se il Ministro non intenda assumere iniziative per la sospensione della decisione di chiudere lo sportello consolare di Bedford, che è già il livello minimo di servizio per la comunità ivi residente, in considerazione del danno obiettivo che si produce alla stessa comunità e dell'esigenza di reinquadrare le misure di chiusura in una più attenta riflessione sul modello di servizi ai connazionali che si intende delineare per il futuro;
in subordine, se il Ministro dal momento che in alcune risposte a precedenti interrogazioni di altri parlamentari (4-15818 e 4-15846) ha ipotizzato alcune misure alternative, non intenda precisare quale sia la natura di questi servizi, con quale periodicità vengano erogati, quale sia la loro durata e quale sia la capacità di corrispondere in modo soddisfacente ai diritti e ai bisogni dei nostri connazionali di Bedford. (4-17559)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BELLANOVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'interrogante, ritenendo l'argomento delle trivellazioni di elevata importanza, in data 7 settembre 2011 ha presentato una interrogazione ai Ministri interrogati alla quale, ad oggi, ancora non vi è risposta e nella quale si chiedeva esplicitamente se i Ministri non ritenessero doveroso informare la cittadinanza su quali fossero effettivamente le intenzioni del Governo in merito all'estrazione di eventuali idrocarburi presenti nel sottosuolo marino adriatico;
dopo circa un anno, l'argomento in questione è ritornato prepotentemente alla ribalta sugli organi di stampa dalle notizie apparse. Infatti, sembrerebbe che il Governo abbia autorizzato le prospezioni chieste dalla multinazionale Petroceltic, nei pressi delle Isole Tremiti. La multinazionale irlandese Petroceltic pare abbia presentato richieste per prospezioni nelle acque antistanti l'Abruzzo, il Molise e la Puglia;
in questo contesto è sfociata la motivata preoccupazione di cittadini ed amministratori locali che dopo mesi di silenzio sulla questione hanno visto riaffacciarsi l'eventuale spettro di un depauperamento del litorale adriatico e del proprio territorio, ciò anche alla luce dei recenti disastri ambientali che si sono verificati in questo ambito;
occorre sottolineare che le aree coinvolte da questa vicenda sono ad alta vocazione turistica proprio in virtù della loro bellezza, ed inoltre, rappresentano una rara riserva per la vita marina che le caratterizza;
il Ministro Clini in una intervista al Corriere del Mezzogiorno del 31 agosto 2012 si legge «Abbiamo semplicemente applicato la legge vigente. E l'ok non è alla coltivazione di idrocarburi in Adriatico ma alle sole prospezioni con tecnica air-gun per capire cosa c’è nel sottosuolo [...] il ministero ha applicato semplicemente la legge: originariamente i permessi richiesti riguardavano anche aree che in base al decreto legislativo 128 del 2010 dovevano essere escluse. Successivamente, nel gennaio 2011, la società Petroceltic ha ripresentato al ministero dello Sviluppo economico una nuova istanza che esclude le aree interdette: a quel punto la richiesta doveva essere presa in considerazione» ed ancora «se c’è il petrolio, occorre capire se la prospettiva dello sfruttamento è di breve durata e se c’è il rischio che i costi superino la valorizzazione della risorsa. Bisogna pesare vantaggi e svantaggi e decidere»;
tali dichiarazioni non hanno dissipato i dubbi dei cittadini, delle associazioni, degli amministratori coinvolti. Ed inoltre, va detto che questa questione giunge in un momento in cui la Puglia vive un ulteriore dramma sociale ed ambientale, qual è quello dell'ILVA che ha riproposto in tutto il suo essere la necessità di trovare una strada che riesca a conciliare la dimensione dello sviluppo con il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini;
giorni addietro sui media il Presidente di Ferderpetroli, in merito al secco parere contrario della regione Puglia, asseriva che si «dovrebbe anche conoscere l'indotto economico ed occupazionale creato da possibile sviluppi di siti volti alla ricerca di idrocarburi, e se c’è inquinamento, quanto e in che misura, prima di proclamare il NO ad operazioni di ricerca nel Mar Adriatico»;
a parere dell'interrogante su un tema così delicato che coinvolge notevolmente la cittadinanza sarebbe stato utile aprire per tempo un tavolo di confronto, anche istituzionale, per attivare i canali d'ascolto, dirimere i dubbi e chiarire gli intenti che le stesse multinazionali hanno in merito alle esplorazioni nell'Adriatico. Proprio per le recenti esperienze pugliesi ed alla luce delle dichiarazioni del Presidente della Federpetroli risulta inadeguato affrontare questa tematica ponendo in essere il dualismo tra sviluppo-occupazione e diritto della salute e tutela ambientale, anche perché proprio in questa materia si è già acclarato che in Europa e nel mondo esiste la possibilità di creare sviluppo conciliandolo con l'esigenze ambientali –:
se i Ministri interrogati, in questo contesto, non ritengano necessario intervenire bloccando l'iter di autorizzazioni sino ad oggi concesse e convocando un confronto con le parti istituzionali per affrontare costruttivamente questa tematica che non può prescindere dal coinvolgimento dei principali attori territoriali. (5-07774)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Italia ha compiuto numerosi sforzi nel campo delle fonti rinnovabili e dell'abbattimento dei gas serra e ora rischia di fermarsi, a un passo dal traguardo, a causa della mancata attuazione di alcune disposizioni. Se ciò accadesse, vorrebbe dire paralizzare un intero comparto economico che aveva creduto nella scommessa green, mettere a rischio un settore che vale l'1 per cento del prodotto interno lordo, e cancellare decine di migliaia di posti di lavoro. Alcuni giorni fa, il Gse ha diffuso i dati che mostrano come – in un anno molto difficile, segnato da una normativa complessa e discontinua – l'energia pulita sia riuscita a dare una spinta importante all'economia italiana. Al dicembre 2011 – calcola il Gse che ha effettuato oltre 200.000 controlli – risultano messi in rete 335.000 impianti fotovoltaici, eolici, a biomasse, idroelettrici che hanno fornito una produzione di 83 terawattora di energia pulita: più del 26 per cento del totale elettrico;
è stato un exploit utile per l'economia e indispensabile per il bilancio ambientale, come mostrano i dati sulle emissioni serra resi noti dell'Unione europea: più 2,4 per cento. I numeri si riferiscono al 2010 perché le statistiche ufficiali alle volte sono lente e catturano la luce della realtà con un ritardo che, in tempi di oscillazioni molto rapide, può ingannare. La spiegazione del leggero aumento delle emissioni è legata, infatti, oltre che all'inverno freddo, ad una piccola ripresa economica di cui oggi è difficile vedere traccia;
nel 2010 nell'Unione europea si è registrato un aumento di 111 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Un dato apparentemente molto negativo che va però corretto con due osservazioni. La prima è che l'anno precedente aveva segnato un meno 7,3 per cento di emissioni (un crollo nettamente influenzato dalla crisi economica) e il modesto recupero economico del 2010 ha portato a dimezzare questo decremento. La seconda osservazione viene dal direttore dell'Agenzia europea per l'ambiente Jacqueline McGlade: «L'aumento delle emissioni avrebbe potuto essere più netto se non ci fosse stata una rapida espansione delle fonti rinnovabili»;
per l'Italia il bilancio a fine 2010 è – 3 per cento di emissioni serra rispetto al 1990. L'obiettivo da raggiungere al 31 dicembre 2012 è – 6,5 per cento. Quindi manca ancora un taglio del 3,5 per cento, che – accelerazione della crisi a parte – appare difficile possa essere coperto in due anni. Soprattutto se, proprio mentre l'eolico diventa sempre più conveniente, il fotovoltaico è un passo dalla grid parity e le prospettive per geotermico e biomasse si rafforzano, le politiche energetiche nel settore green continueranno a essere governate dall'incertezza e dai continui ripensamenti che stanno paralizzando il settore –:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di porre in essere una normativa fattiva che regoli lo sviluppo di sistemi energetici alternativi a quelli tradizionali. (4-17580)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
TOCCI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il territorio dell'Appia Antica è sottoposto, soprattutto nell'area romana, ad una costante compromissione da parte di iniziative edilizie abusive; circa la metà delle costruzioni nell'area è illegale e da quando, nell'ormai lontano 1965, è stato posto il vincolo di inedificabilità dallo specifico decreto del piano regolatore generale, sono stati realizzati illegalmente circa 1,3 milioni di metri cubi, cioè una massa edificatoria pari a quella realizzata in tutti i secoli precedenti fino alla posa della prima pietra nel 312 a.C.;
per tale fenomeno vi è una continua attenzione da parte dei media, fortemente recepita dall'opinione pubblica;
la stessa azione di tutela svolta dalla Soprintendenza archeologica è inficiata da contenziosi mossi da interessi di privati e spesso conclusi con sentenze sfavorevoli dei tribunali amministrativi;
la definizione normativa di parco oggi è dovuta esclusivamente alla legge regionale che ha istituito il parco naturalistico dell'Appia Antica, con l'effetto di generare spesso gravi interferenze con le attività di tutela e valorizzazione della Soprintendenza di Stato;
tanti monumenti antichi, anche di pregio elevato, sono ancora in proprietà privata, ridotti a vergognoso accessorio di residenze, a grave rischio di conservazione e sottratti alla pubblica fruizione;
in passato si è proceduto meritoriamente all'acquisizione al patrimonio pubblico di parti significative dell'Appia come la tenuta di S. Maria Nova e la proprietà di Capo di Bove, mentre non sembra che, negli ultimi tempi, il Ministero abbia in previsione ulteriori acquisizioni;
il codice dei beni culturali e del paesaggio ha definito criteri e principi adeguati per la tutela di ambiti unitari di grande interesse archeologico e paesaggistico come l'Appia Antica e tali principi devono essere attuati con norme e iniziative specifiche al fine di rendere davvero efficace la definizione di «parco archeologico» –:
se intenda assumere iniziative normative in relazione all'ambito dell'Appia Antica indirizzate ad assicurare alla strada, ai monumenti e a tutto il territorio che li comprende, una salvaguardia efficace attraverso norme incontrovertibili, a sostegno del ruolo istituzionale della Soprintendenza archeologica di Stato e preminenti rispetto al ruolo di altri enti;
se intenda assumere iniziative specifiche per risolvere la piaga ad avviso dell'interrogante vergognosa dei condoni edilizi che legittimano l'abusivismo in una delle zone di massimo pregio archeologico e paesaggistico del mondo, a partire dalla legge n. 47 del 1985 e porre fine all'abusivismo mettendo in condizione la Soprintendenza di svolgere pienamente una efficiente azione di tutela;
se intenda programmare l'acquisizione di altri monumenti e aree dell'Appia di rilevante interesse culturale;
se intenda assumere iniziative per definire strumenti attuativi dei principi del codice dei beni culturali e del paesaggio adeguati alla realtà specifica dell'Appia Antica che rappresenta un ambito unitario, di elevato interesse archeologico e paesaggistico che potrebbe corrispondere alla definizione di parco archeologico, con il fine di rendere davvero efficace la tutela e la valorizzazione di tale realtà culturale;
se intenda fornire elementi sull'iniziativa intrapresa dal Ministero, con la redazione di linee guida sui parchi archeologici da parte della Commissione istituita dal Ministro pro tempore Bondi, approvate nella Conferenza Stato-regione, i cui contenuti appaiono all'interrogante gravemente inadeguati dal punto di vista della tutela e della valorizzazione di realtà particolarmente rilevanti archeologicamente che rischierebbero di essere in buona parte sottratte alle competenze delle Soprintendenze. (4-17556)
DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi è giunta una lettera ai componenti della Commissione Difesa di Camera e Senato circa alcune problematiche occupazionali presso la base NATO di Napoli (Bagnoli) e dipendenze (AJFC Naples);
nella lettera viene descritta la questione che coinvolge circa 70 lavoratori impegnati da decine di anni, muniti di ogni necessaria certificazione di sicurezza (NOS), negli appalti di pulimento, manutenzione del verde e facchinaggio;
con il prossimo graduale trasferimento dell'attività NATO presso la nuova e più estesa base di Lago Patria (Napoli) e con l'indizione di nuove gare di appalto per l'aggiudicazione dei suddetti servizi, tali lavoratori, per lo più appartenenti a famiglie monoreddito, rischiano concretamente di perdere il lavoro e la loro unica fonte di reddito e di sussistenza;
infatti, nei nuovi bandi, il comando NATO, pare non abbia inserito tutte le necessarie ed efficaci garanzie a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali (in particolare la garanzia dell'applicazione dell'articolo 4 CCNL multiservizi integrati – industria) previsti in caso di cambio d'appalto (cosiddetto «passaggio di cantiere»);
i sindacati denunciano che in assenza di tali garanzie ed in mancanza di un risoluto ed efficace intervento della committenza AJFC Naples, con l'aggiudicazione dei nuovi appalti che dovrebbe verificarsi già nei prossimi giorni, ci si troverebbe di fronte all'assegnazione di nuovo lavoro e con la contemporanea gravissima perdita occupazionale in un territorio già gravemente colpito come quello della Campania e di Napoli in particolare (una delle aziende che attualmente gestisce i servizi in questione ha già attivato la procedura di licenziamento collettivo ex legge n. 223 del 1991);
la UILTuCS-UIL Campania, rappresentativa di questi lavoratori, da circa un anno e mezzo sta cercando di sensibilizzare sia i diversi livelli del comando NATO, sia le istituzioni italiane (regione Campania, prefettura di Napoli, provincia di Napoli, comune di Napoli e altre) al fine di costituire in tempo utile un tavolo tecnico che potesse in qualche modo favorire una soluzione che salvaguardasse, in maniera primaria, gli attuali livelli occupazionali, purtroppo senza alcun esito positivo;
da circa due mesi i lavoratori, tutti i giorni, si riuniscono in presidio democratico all'esterno della struttura AJFC Naples, fuori dall'orario di lavoro per non creare eccessivi problemi alla peculiare attività della NATO;
il 4 settembre 2012 si è svolta una prima iniziativa di sciopero, con relativa manifestazione, e con molta probabilità seguiranno altre iniziative dei lavoratori per tutelare i propri diritti –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e se intenda verificare, per quanto di competenza, la situazione dei lavoratori al fine di trovare una concreta soluzione per scongiurare ogni possibile licenziamento. (4-17546)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nel corso della vigente legislatura gli interroganti hanno evidenziato, con numerosi atti di sindacato ispettivo, il differente trattamento di missione di aggregazione per vitto e alloggio presso le strutture dell'amministrazione della Difesa riservato al personale militare rispetto a quello di cui hanno beneficiato i delegati del Cocer fino al 15 luglio 2012;
consta agli interroganti che, seppure con notevole ritardo rispetto all'entrata in vigore dell'articolo 4, comma 98, della legge 12 novembre 2011, n. 183, solo gli Stati maggiori dell'Esercito e Aeronautica militare abbiano provveduto ad aggregare per vitto meridiano e alloggio presso strutture dell'amministrazione i componenti delle sezioni del Cocer di Forza armata e che detti alloggi siano perfettamente rispondenti alle normative vigenti e abbiano tutti i requisiti per assicurare al personale una adeguata e confortevole condizione alloggiativa durante i periodi di missione;
consta altresì che sul sito web www.forzearmate.org il 19 giugno 2012 sia stato pubblicato un articolo dal titolo «Co.I.R. del Comando della Formazione: i delegati Co.Ba.R. aggregati con vitto e alloggio in stanze non rispondenti alla normativa vigente» e che, a seguito di tale scritto, sia stato avviato un procedimento disciplinare di corpo nei confronti del militare che nell'occasione aveva rappresentato ai superiori gerarchici le precarie condizioni dell'alloggio assegnatogli –:
se non ritenga opportuno impartire immediate disposizioni al Capo di Stato maggiore della Marina e ai Comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza affinché diano immediata attuazione all'articolo 4, comma 98, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quale sia il costo sostenuto per il pagamento delle indennità di missione ai dipendenti membri della rappresentanza militare dal gennaio a oggi;
se i fatti narrati nell'articolo di cui in premessa corrispondano al vero e nel caso quali immediate iniziative intenda adottare per garantire a tutto il personale militare il medesimo Confortevole trattamento di missione di aggregazione per vitto e alloggio che attualmente viene riservato ai soli membri del Cocer dell'Esercito e dell'Aeronautica. (4-17553)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
negli ultimi anni, dal 1996 al 2009, la mancata riscossione delle sanzioni relative alle quote latte ha rappresentato per il bilancio dello Stato, e quindi dei contribuenti stessi, un onere gravoso pari ad oltre 1,5 miliardi di euro;
con riferimento alle tredici campagne lattiero-casearie dal 1995/1996 al 2007/2008, l'onere che il Paese ha sopportato, in conseguenza degli esuberi produttivi riscontrati nelle campagne medesime, è stato pari a 2.492 milioni di euro versati alla Commissione che, come precisa la Corte, «rappresentano una perdita netta e irrecuperabile per l'economia italiana, perdita che avrebbe dovuto gravare sui produttori eccedentari, ma invece è stata finora finanziata in gran parte con i fondi pubblici";
in ordine alle medesime campagne, il predetto importo, imputarle ai produttori in questione per 2.226 milioni di euro, è stato riscosso per 301 milioni di euro restando ancora da riscuotere 1.925 milioni di euro; tale importo decresce a 1.871 milioni di euro nel 2009, ultimo anno finora relazionato dalla Corte dei Conti;
nel corso delle campagne 2010/2011, a seguito di ulteriori adesioni alle rateizzazioni, l'importo ancora dovuto dai produttori eccedentari risulterebbe superiore a 1,5 miliardi di euro;
la perdita netta complessiva del contribuente italiano ammonterebbe ad oltre 4 miliardi di euro, stando alle stime della Corte dei Conti;
ad oggi non è stata data attuazione all'articolo 8-septies, comma 2, del decreto-legge n. 5 del 2009 norma di perequazione verso i produttori che si sono messi in regola rispetto a coloro che hanno beneficiato di quote integrative a titolo gratuito, a causa della mancata attivazione e dotazione, prevista «in misura non inferiore a 45 milioni di euro per l'anno 2009», del relativo fondo;
la mancata effettiva riscossione del prelievo non rateizzato costituisce una ulteriore sperequazione nei confronti di coloro che rispettano le regole, a vantaggio di chi sostanzialmente non ne riconosce la valenza;
inoltre, ad oggi non è stata data attuazione all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, che dovrebbe dare disposizioni attuative in materia di riscossioni;
la Commissione agricoltura della Camera il 18 luglio 2012 ha approvato, con parere favorevole del Governo, la risoluzione n. 8-00194, all'esito del dibattito sulle risoluzioni Delfino 7-00860, Zucchi 7-00912, Beccalossi 7-00920, Biava 7-00934; la citata risoluzione impegna l'Esecutivo «a riscuotere le somme ancora dovute con la massima efficacia mediante Equitalia spa, in qualità di incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi e contributi»;
le gravi difficoltà in cui versa attualmente la finanza pubblica e le pesanti distorsioni generate alla competitività dal comportamento scorretto dei produttori eccedentari a scapito di quanti, con enormi sacrifici, si sono messi in regola, richiedono un intervento urgente per dare piena attuazione alla legge e ripristinare pari opportunità a tutti i produttori, nonché credibilità all'intera filiera –:
se e come siano state contabilizzate nel bilancio dello Stato le somme versate alla Unione europea per le campagne dalla 1995/1996 alla 2001/2002, di cui alla decisione del Consiglio del 16 luglio 2003, pari a circa 1.400 milioni di euro;
se e come siano state contabilizzate nel bilancio dello Stato le somme trattenute annualmente dalla Unione europea per le campagne dalla 2003/2004 alla 2008/2009, pari a circa 1.150 milioni di euro, ovvero se siano rimaste non contabilizzate ad alimentare lo scoperto del fondo di rotazione per il pagamento degli aiuti comunitari;
quale sia, concretamente, l'impatto sulla finanza pubblica derivante dalla mancata riscossione dei prelievi supplementari dovuti dai produttori eccedentari, essendo del tutto insostenibile mantenere a carico dello Stato, e quindi della collettività, gli oneri derivanti dal comportamento contra legem di alcuni ben individuati operato del settore lattiero-caseario;
conseguentemente vista la gravità e l'urgenza della questione, quali iniziative tempestive ed efficaci il Governo intenda assumere per attuare l'impegno assunto con la risoluzione approvata il 18 luglio 2012.
(2-01660) «Delfino, Naro, Libè».
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
gli imprenditori italiani pagano l'elettricità 10 miliardi di euro in più l'anno, rispetto alla media europea: è quanto emerge da un'analisi condotta da Confartigianato che ha misurato lo spread Italia-Unione europea per i costi dell'energia elettrica utilizzata dalle imprese. Se a livello nazionale, lo scorso anno, gli imprenditori hanno pagato 10.077 milioni di euro in più rispetto alla media europea, il conto più salato tocca alle aziende del Nord che complessivamente nel 2011 hanno sborsato per l'energia elettrica 5.848 milioni di euro in più rispetto ai loro colleghi dell'Unione europea. Il divario con l'Europa è di 2.492 milioni di euro per le imprese del Mezzogiorno e di 1.737 milioni di euro per le aziende del Centro. Le regioni più penalizzate sono proprio quelle a maggior concentrazione di imprese: prima tra tutte la Lombardia (2.289 milioni di euro di maggiori costi rispetto alla media Ue), seguita dal Veneto (1.007 milioni di euro in più) dall'Emilia Romagna (con 904 milioni) e dal Piemonte (con 851 milioni);
Milano guida la classifica provinciale per il più ampio divario di oneri per le imprese rispetto all'Europa, con un gap di 555 milioni di euro, seguita da Brescia (467 milioni euro), Roma (447 milioni euro), Torino (343 milioni euro), Bergamo (293 milioni euro). E così, se in media, ogni azienda italiana paga l'energia elettrica 2.259 euro all'anno in più rispetto agli imprenditori europei, questo gap si allarga per le imprese del Friuli Venezia Giulia (4.108 euro), della Sardegna (3.471 euro per ciascuna impresa), della Lombardia (2.791 euro). «In Italia – precisano da Confartigianato – la corsa dei prezzi dell'elettricità per uso industriale sembra inarrestabile: tra il 2009 e il 2011 sono aumentati del 17,4 per cento, a fronte del + 9,5 per cento registrato nell'Eurozona»;
«Il costo dell'energia elettrica per uso industriale – conferma il Presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini – è una delle tante zavorre che frenano la corsa delle imprese italiane». Tra il 2010 e il 2011 i rincari si sono attestati all'11 per cento, mentre nell'Unione europea si sono fermati al 5,9 per cento. Tutto ciò non ha fatto che allagare la distanza tra il nostro Paese e l'Europa: nel 2009 il gap per il costo dell'elettricità era del 26,5 per cento per salire al 29,4 per cento nel 2010 e al 35,6 per cento nel 2011. Da considerare, inoltre, anche la pressione fiscale che sulla bolletta energetica del e imprese incide per il 21,1 per cento sul prezzo finale dell'elettricità –:
quali iniziative i Ministri intendano adottare per ridurre la tassazione, in materia di energia elettrica, a carico delle imprese produttive italiane. (4-17581)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
BORDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 10 agosto 2012 il Governo, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari, ha varato il decreto che riorganizza le circoscrizioni giudiziarie, sopprimendo 31 tribunali, 220 sedi distaccate di tribunali e 667 uffici del giudice di pace;
le Commissioni giustizia di Camera e Senato hanno espresso a larghissima maggioranza un parere sul provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri il 6 luglio 2012, contenente la previsione della soppressione di 37 tribunali, invitando il Governo a rivedere tale decisione al fine di escludere dai tagli gli uffici giudiziari che operavano in territori ad alta densità criminale e mafiosa;
le stesse Commissioni hanno chiesto che per la suddetta ragione fosse escluso dai tagli il tribunale di Lucera, che opera in un'area in cui vi è la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso molto violente e pericolose, come dimostrato dagli atti di indagine delle forze dell'ordine e dalle inchieste condotte dalla direzione distrettuale antimafia di Bari in collaborazione con la procura della Repubblica di Lucera;
il Governo, con il provvedimento del 10 agosto 2012, ha escluso dai tagli i tribunali di Caltagirone, Sciacca, Castrovillari, Lamezia Terme, Paola, Cassino ed ha confermato la soppressione del tribunale di Lucera –:
quali siano le ragioni che hanno indotto il Governo ad accogliere solo parzialmente il parere delle Commissioni giustizia di Camera e Senato, e se non ritenga il Governo di dover assumere iniziative per correggere il decreto approvato il 10 agosto 2012 escludendo dall'elenco dei tribunali da sopprimere anche quello di Lucera, così come chiesto dal Parlamento.
(5-07773)
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il monitoraggio della legge n. 646 del 1982, in tema di misure di prevenzione personali e patrimoniali di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, è iniziato nel 1983, in osservanza ad una circolare del direttore generale degli affari penali, con cadenza semestrale e fa parte del piano statistico nazionale;
nel 1997 è iniziato un monitoraggio analogo della legge n. 109 del 1996 in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati;
la raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati, allo stato del procedimento per il sequestro e la confisca dei beni, alla consistenza, destinazione ed utilizzazione dei beni è disciplinata dal regolamento del Ministero della giustizia emanato in data 24 febbraio 1997 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 1997;
in ottemperanza all'articolo 7 del predetto decreto ministeriale del 24 febbraio 1997 n. 73 il Ministero della giustizia trasmette, con cadenza semestrale, i dati necessari per la predisposizione della relazione finale che la Presidenza del Consiglio dei ministri è tenuta a fornire al Parlamento;
nella relazione ministeriale sono rappresentate le tabelle inerenti alle misure patrimoniali relative sia al procedimento di prevenzione (dal suo inizio alla sua definizione) sia alle fasi inerenti alla gestione dei beni (fino alla loro definitiva assegnazione);
il predetto sistema di rilevazione e conseguentemente le tabelle riepilogative dei dati non contemplano richieste di informazioni e «voci» relative al numero di lavoratori coinvolti nelle aziende sequestrate e confiscate;
allo stato, può ragionevolmente stimarsi nel 90 per cento, la percentuale delle attività produttive oggetto di misura patrimoniale che vengono meno per chiusura o fallimento e non è azzardato ipotizzare che il fenomeno riguarda, in ambito nazionale, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici appartenenti a tutti i settori produttivi, nessuno esente dalle infiltrazioni del crimine organizzato;
mancano, pertanto, stime ufficiali sulla proiezione del dato relativo alla chiusura e/o fallimento delle aziende sequestrate e confiscate in termini di perdita di posti di lavoro –:
se intenda fornire un dato ufficiale in ordine al numero dei lavoratori coinvolti nelle aziende sequestrate e confiscate nonché di quelli che, in conseguenza della misura patrimoniale, che ha colpito le aziende, hanno perduto il posto di lavoro e se non ritenga opportuno assumere iniziative, con la massima urgenza, per implementare il sistema di monitoraggio di cui in premessa, prevedendo meccanismi di rilevazione statistica anche dei predetti dati. (4-17543)
GIORGIO MERLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la recente decisione del Governo di sopprimere alcuni tribunali ha creato sconcerto e stupore soprattutto per non aver ottemperato ad avviso dell'interrogante ai criteri contenuti nella delega del Parlamento al Governo;
si tratta di scelte che hanno penalizzato tribunali che rientravano perfettamente nei criteri indicati dalla delega, come quello di Pinerolo e Alba in Piemonte, salvaguardandone altri con quella che all'interrogante appare una forzatura inaccettabile e persino plateale pur di rientrare nei numeri richiesti;
ora, in vista della riorganizzazione complessiva della macchina giudiziaria in Piemonte, secondo le indicazioni contenute nel decreto legislativo, è indispensabile conoscere attraverso quali percorsi si realizzerà la cosiddetta sistemazione logistica, ovvero, gli spostamenti, gli accorpamenti, i trasferimenti del personale e la sistemazione logistica a livello infrastrutturale –:
come il Ministro intenda procedere nella riorganizzazione della geografia giudiziaria nell'intero territorio piemontese. (4-17544)
BOFFA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il signor Marco Penza, quarantenne, incensurato e disabile, lavora come impiegato in una cooperativa di servizi a Casal Velino e vive con una protesi alla gamba, amputatagli per un cancro;
nel 2009 il signor Penza viene fermato mentre era alla guida della sua vettura. Ha bevuto due birre e l'alcool test risulta positivo. Viene denunciato a piede libero e gli ritirano la patente per sei mesi. Successivamente la denuncia diventa condanna definitiva: 30 giorni di carcere, il tribunale di Vallo della Lucania emette il provvedimento il 21 agosto 2012. Il giudice non concede la pena sospesa con la condizionale, non si considerano misure alternative né i domiciliari;
l'avvocato del signor Penza, assegnatogli d'ufficio, di fronte ad un ordine di esecuzione a 30 giorni con sospensione, lascia scadere i termini per revocare l'esecuzione del provvedimento, aprendogli così le porte del carcere;
una volta in cella, prima nel penitenziario di Vallo della Lucania poi in quello di Fuorni, il signor Penza è anche temporaneamente costretto a togliere la protesi che gli viene poi restituita;
dopo ben 14 giorni di carcerazione e di attesa, il tribunale di sorveglianza di Salerno manda il signor Marco Penza agli arresti domiciliari a scontare gli altri 17 giorni;
la detenzione secondo l'interrogante è da considerare una misura estrema poco adeguata ai reati minori;
nel caso in questione potevano e dovevano essere applicate quelle misure alternative alla detenzione che si utilizzano anche in casi più gravi;
sarebbe opportuno chiarire il perché il tribunale di sorveglianza di Salerno abbia impiegato tanto tempo ad esprimersi;
è davvero scandaloso e non degno di un Paese civile come il nostro che una persona incensurata e per un reato non ostativo per la richiesta di benefici nonché gravemente disabile, resti in carcere o ai domiciliari e non si applichino invece misure alternative –:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro per preservare la dignità della persona in questo come in altri casi analoghi e, in particolare, se intenda assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa. (4-17583)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
nei territori delle regioni Calabria e Sicilia sono attualmente in corso di esecuzione appalti pubblici diretti alla realizzazione di opere di ammodernamento stradale di interesse preminente per lo sviluppo socioeconomico delle aree interessate;
tali appalti pubblici, aventi ad oggetto infrastrutture strategiche, sono stati aggiudicati mediante il sistema del general contractor, regolamentato dal codice degli appalti pubblici;
nelle regioni interessate, il ruolo di general contractor è svolto da diverse grandi imprese, operanti in Italia e nel mondo nel settore dell'edilizia e delle infrastrutture;
i general contractor, in applicazione del codice degli appalti pubblici, hanno inteso affidare direttamente, mediante specifici contratti, l'esecuzione dei lavori di che trattasi a società radicate ed operanti nelle diverse realtà locali, le quali, pertanto, hanno proceduto e stanno procedendo con mezzi e risorse proprie alla concreta realizzazione degli interventi infrastrutturali strategici in questione;
per come già evidenziato nell'aprile 2012 dall'ANCE Sicilia tramite comunicato stampa ampiamente ripreso dai media locali, e per come recentissimamente segnalato da altre società locali affidatarie degli appalti pubblici ed operanti nei territori calabresi, il rapporto giuridico-economico tra società locali e general contractor è contrassegnato da macroscopiche alterazioni del corretto sinallagma contrattuale, così sintetizzabili:
a) mancate e/o ritardate emissioni, da parte dei general contractor, delle certificazioni prodromiche alla liquidazione dei singoli stati di avanzamento;
b) assoluta mancanza di tempi certi rispetto ai pagamenti correnti dovuti dai general contractor alle società locali, in adempimento dei singoli stati di avanzamento già certificati;
c) mancato periodico «ripianamento», da parte dei general contractor, delle anticipazioni concesse in factoring alle società locali dagli istituti bancari, relativamente alle fatture emesse a carico dei medesimi general contractor all'esito delle previste certificazioni;
d) approfittamento della grave situazione di stress finanziario delle imprese affidatarie con conseguente «acquisto» da parte dei contraenti generali delle riserve a prezzi nettamente inferiori al dovuto ed al reclamato;
la situazione appena descritta, caratterizzata da mancati e/o ingiustificatamente ritardati pagamenti che inesorabilmente producono pesantissimi riflessi sull'indebitamento delle società locali, oltre che sulla tempestiva esecuzione dei lavori appaltati, configura con estrema evidenza l'oramai insostenibile sofferenza finanziaria delle società locali medesime, tale da aver oramai provocato delicatissime ripercussioni sul piano societario squisitamente economico;
il modus operandi dei general contractor appare agli interpellanti con tutta probabilità ispirato ad un inaccettabile abuso della propria posizione dominante, i cui effetti pratici si risolvono in quello che appare un illegittimo e sperequato ribaltamento sulle società locali di costi correnti (in termini di continue anticipazioni) e costi aggiuntivi (specie in termini di interessi bancari), cui fa da contraltare un utilizzo parcellizzato delle liquidità finanziarie, colpevolmente mantenute oltre i normali termini contrattuali nella disponibilità dei general contractor mediante il perverso sistema delle ritardate certificazioni SAL e dei ritardati (se non mancati) pagamenti dei crediti contrattuali e dei crediti IVA;
come segnalato dall'ANCE Sicilia, le conseguenze di siffatta «strategia» contrattuale sono ad oggi devastanti, soprattutto per quanto concerne lo stato di gravissima crisi finanziaria ed economica, artificiosamente indotta, in cui versano la totalità delle società locali che hanno stipulato negozi giuridici di affidamento e/o di cooperazione con i general contractor, società locali le quali, sia bene puntualizzarlo, precedentemente all'avvio di siffatti rapporti giuridici rivestivano nel proprio ambito territoriale ruoli di assoluta affidabilità professionale e di garantita solidità economico-finanziaria, e il cui stato di crisi provocherebbe ulteriori, e gravissimi, danni in termini di perdita di occupazione;
gli ultimi due punti evidenziati assumono importanza centrale, in quanto espressivi di un inaccettabile drenaggio di risorse finanziarie che i general contractor stanno di fatto determinando in danno di aziende operanti nei territori meridionali del Paese, circostanza, questa, foriera di inaccettabile nocumento alla già depressa realtà economica di quelle contrade, rispetto alla quale urgono immediati correttivi tecnici ed altrettanto immediate, oltre che efficaci, azioni politiche di contrasto;
la predetta «strategia» contrattuale comporta, sul piano della tempistica di realizzazione delle infrastrutture interessate, inevitabili rallentamenti, cui si associa un'altrettanto inevitabile proliferazione dei contenziosi legali, che le società locali andranno ad instaurare per vedersi riconoscere il giusto riconoscimento di tutti i danni sin qui subiti per effetto delle inaccettabili modalità con cui i general contractor hanno inteso dare esecuzione agli accordi contrattuali sottoscritti con le società medesime –:
quali urgenti iniziative di competenza, compresa una formale verifica a cura dei competenti uffici del Ministero, il Ministro intenda assumere al fine di riportare in un ambito di correttezza giuridica le fasi di esecuzione contrattuale relative agli affidamenti diretti in essere tra i general contractor e le società locali nei territori della Calabria e della Sicilia, ed al fine di garantire la non assistita sopravvivenza economico-finanziaria delle predette società locali anche in riferimento ai livelli di occupazione da esse garantiti.
(2-01661) «Terranova, Soglia, Pugliese, Lainati, Bernardini, Mario Pepe (Misto-R-A), Roccella, Stracquadanio, Angela Napoli, Granata, Lo Presti, Barbaro, Consolo, Patarino, Iapicca, Contento, Malgieri, Cannella, Scelli, Laboccetta, D'Alessandro, Ventucci, Costa, Sisto, Torrisi, Misiti, Rosso, Dima, Biava, Fucci, Cassinelli, Speciale, Minniti, Margiotta, Pisicchio, Versace, Mistrello Destro, Gava, Lo Moro».
Interrogazione a risposta orale:
BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in diverse stazioni lucane della Basilicata esistono immobili appartenenti alle Ferrovie dello Stato che versano in condizione di profondo degrado;
ad esempio, ci sono appartamenti presso la stazione di Ferrandina e anche di Salandra che potrebbero essere riqualificati in accordo con gli enti locali per riconsegnare nella disponibilità delle rispettive comunità appartamenti che potrebbero essere affidati a famiglie in difficoltà, ad associazioni di volontariato, a giovani coppie che oggi potrebbero trovare beneficio dal recupero di questo patrimonio immobiliare –:
se e quali iniziative il Governo intenda attivare nei confronti della società proprietaria degli immobili, al fine di promuovere un accordo di programma per la riqualificazione dei plessi immobiliari di cui in premessa presso le stazioni ferroviarie di Ferrandina scalo e Salandra scalo. (3-02467)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BELLANOVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
i cittadini leccesi dal 2007 aspettano l'attivazione del trasporto ecocompatibile, costato ben 23 milioni di euro circa. Un'opera che da anni ha, a parere dell'interrogante, deturpato la bellezza di una città conosciuta come la «Firenze del Sud» ingabbiandola in una scacchiera di ferro inutilizzato e sulla cui realizzazione l'amministrazione comunale non solo non ha assolutamente, come buon senso avrebbe voluto, coinvolto ed ascoltato il parere della cittadinanza, ma di fatto ha anche prodotto un danno alla stessa, poiché si sono impiegati fondi che, se invece adoperati per il potenziamento di altro trasporto pubblico, ad oggi avrebbero fornito un servizio concreto in più alla popolazione cittadina leccese;
l'interrogante ha più volte sottoposto il problema al Governo; l'ultima interrogazione è datata 21 settembre 2011, segnalando, peraltro, che solo una delle tre linee ad oggi risulta essere attivata e che dei 12 bus previsti dal progetto solo 4 sono funzionanti, altri 4 non sono neanche stati consegnati, ed i rimanenti 4 sono in deposito perché a causa del lungo periodo di inutilizzo si sono usurati e sono inutilizzabili, pur essendo costati ai cittadini parecchi denari;
sugli organi di stampa in questi giorni sono emerse ipotesi e preoccupazioni circa la possibile revoca da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei 12 milioni di euro finanziati, a causa del mancato rispetto in merito alla tempistica di avvio dell'opera infrastrutturale. L'eventuale restituzione della notevole somma di denaro potrebbe produrre l'effettivo rischio di un ingente danno erariale che ineludibilmente si scaricherebbe sulle tasche dei contribuenti leccesi;
si ha contezza che già nel marzo 2012 il Ministero abbia sollecitato il Comune di Lecce «a trasmettere un programma temporale certo e stringente relativo all'attivazione delle altre due linee [...] la loro mancata attivazione comporterà l'attivazione della procedura di revoca del contributo statale»;
si legge sulla stampa che in merito a questa vicenda il dirigente alla mobilità del comune di Lecce, dottor Sergio Aversa, ha fornito rassicurazioni dichiarando che «tutte le procedure si stanno svolgendo d'intesa tra noi, il Ministero, la Sgm e l'Ustif. Quindi non c’è alcun rischio di perdere il finanziamento» –:
se il Ministro interrogato, in virtù di quanto sopra esposto, non ritenga utile chiarire con urgenza se trovi conferma quanto dichiarato dal dirigente alla mobilità di Lecce in merito allo scongiurato rischio di perdere il finanziamento di 12 milioni di euro, ciò al fine di dare una risposta ai cittadini leccesi che da anni sono spettatori di annunci e rinvii circa un'opera infrastrutturale realizzata con denaro pubblico, che attualmente non ha prodotto alcun beneficio a vantaggio degli stessi e che rischia, invece, di trasformarsi in un ulteriore danno a scapito delle tasche dei contribuenti. (5-07777)
Interrogazioni a risposta scritta:
CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'aeroporto di Catania ha un'importanza strategica per l'economia della Sicilia;
numerosi sono stati gli interventi e le proposte per stimolare la giusta attenzione delle istituzioni sull'indispensabile e improcrastinabile adeguamento, sviluppo e preventiva e lungimirante programmazione alla sempre maggiore domanda di mobilità che l'utenza dell'importante struttura impone;
il rifacimento globale, sin dalle sue fondamenta, della pista di volo e delle altre strutture ad essa connesse, è visto positivamente;
non può, invece, essere taciuto, a poco più di un mese dall'inizio dei lavori, l'inadeguatezza delle alternative per rendere sostenibili i disagi che la chiusura inevitabilmente provocherà;
apprendere che l'Aeronautica militare abbia risposto negativamente alla richiesta di ospitare parte del traffico aereo di Fontanarossa, suscita dei motivati sospetti, che hanno origine dall'annosa inadeguatezza della gestione e fornitura dei servizi di assistenza al volo che l'Aeronautica ha a giudizio dell'interrogante colpevolmente sottodimensionato rispetto alla continua e costante crescita del traffico aereo;
un diniego per motivi di sicurezza apposto in questa fase delicata della vita economica del Paese e della Sicilia in particolare, appare un'ulteriore prova di disattenzione e insensibilità che l'Aeronautica militare italiana ha mostrato e mantenuto negli anni nei confronti dell'aeroporto di Catania. Ne è prova l'autorizzazione concessa agli aerei senza pilota a sorvolare e operare in zone ad alta densità abitativa e nelle immediate vicinanze, se non entro i confini, di una zona ad altissima intensità di traffico aereo civile, che provocano ulteriori ritardi che si sommano a quelli dovuti all'inadeguatezza delle tecnologie e alla vetustà di taluni apparati, come il radar di back-up in uso durante la guerra dei Balcani a Pristina, e al sotto-dimensionamento dello schieramento giornaliero di controllori del traffico aereo che l'Aeronautica militare italiana impone. Si sottolinea che per lo stesso tipo di attività negli Stati Uniti si è scelta una zona desertica, mentre in Sicilia eventuali rischi per questo tipo di attività militare vengono sottovalutati e sottaciuti;
a giudizio dell'interrogante, un intervento deciso e risolutivo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro della difesa e dello Stato Maggiore dell'Aeronautica è necessario per affrancare Fontanarossa dall'ostacolo che l'attuale gestione rappresenta e che ne impedisce il pieno sviluppo delle potenzialità e il raggiungimento di obiettivi ben più ambiziosi;
se l'Aeronautica militare italiana è in grado di soddisfare le esigenze della domanda sempre più crescente di mobilità delle popolazioni, deve assolutamente adeguarsi con uomini e tecnologie idonee a fronteggiare le attese che il mercato impone, altrimenti occorre, secondo l'interrogante, che essa ceda la mano come ha già fatto a Verona ove in poco più di un mese di nuova gestione del controllo del traffico aereo, i ritardi e disservizi che sembravano inalienabili sono scomparsi. Cedere la mano per un servizio reso in tali condizioni e che all'interrogante appare del tutto anacronistico, non è certo elemento negativo per il prestigio ed i compiti che l'Aeronautica militare italiana è chiamata ad assolvere; rappresenterebbe, invece, motivo di merito e dimostrazione di sensibilità nei confronti della collettività e del Paese –:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati affinché si risolvano in tempi brevi le problematiche esposte in premessa. (4-17551)
REGUZZONI. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il precedente Governo ha avviato i lavori della pedemontana lombarda;
il cantiere procede visibilmente –:
quali siano i tempi di conclusione delle opere e se detti tempi siano conformi al cronoprogramma iniziale. (4-17568)
REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'autostrada Torino-Milano rappresenta un'arteria fondamentale per il collegamento tra le aree più produttive del Paese;
da oltre un decennio l'autostrada Torino-Milano è interessata da importanti lavori e cantieri edili, funzionali alla realizzazione di opere necessarie e meritorie;
molto spesso però è possibile osservare — visionando i cantieri attualmente aperti — una non sempre incisiva presenza di uomini e mezzi;
il traffico notevolissimo che percorre quotidianamente l'autostrada Torino-Milano richiede un'attenzione importante alla rapidità di esecuzione delle opere, prevedendo anche turni notturni e festivi ai fini di velocizzare la chiusura dei cantieri aperti e ridurre sia il disagio al traffico sia i rischi di incidenti stradali –:
quali siano attualmente le opere in corso di realizzazione sull'autostrada Torino-Milano;
quali siano i tempi di conclusione delle opere attualmente in corso e se detti tempi siano conformi al cronoprogramma iniziale;
se e quali iniziative il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di velocizzare la conclusione delle opere in argomento. (4-17569)
INTERNO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
recentemente paurosi incendi hanno distrutto gran parte del territorio nazionale e della regione Calabria in particolare devastando il patrimonio boschivo e della macchia mediterranea, lambendo anche centri abitati così come è accaduto nel territorio di Magisano. Il fenomeno si ripete puntualmente, in questo periodo, ogni anno, ed ormai il convincimento è che gli atti siano di natura chiaramente dolosa;
gli atti sono di una portata tale che costituiscono una minaccia importante per il territorio calabrese sia sotto il profilo dell'equilibrio idro-geologico che per l'aspetto economico legato alle attività agricolo-forestali;
pieno riconoscimento e plauso va concesso al Corpo dei vigili del fuoco, al Corpo Forestale e a tutte le forze dell'ordine comprese le polizie locali nonché a tutti i volontari che con la loro professionalità e abnegazione hanno contenuto i danni ed in molti casi evitato il peggio, scongiurando anche che alcune abitazioni venissero avvolte dalle fiamme;
dal 2008 è in vigore nella regione Basilicata in via sperimentale un sistema di monitoraggio e prevenzione integrato denominato Fire-Sat, in grado di individuare le zone più a rischio di incendio permettendo un celere intervento alle forze preposte; il sistema abbattendo notevolmente i costi ha dato risultati importanti consentendo negli ultimi anni di dimezzare le aree bruciate rispetto ai parametri accertati per gli anni antecedenti all'impiego;
sono stati numerosi e ripetuti nel tempo gli atti di sindacato ispettivo con i quali il primo firmatario del presente atto ha segnalato ai vari Governi succedutisi negli anni la necessità di intensificare le politiche di prevenzione e tutela del territorio e di rafforzare l'impianto investigativo per favorire l'individuazione dei responsabili –:
quali iniziative il Governo intenda assumere per reprimere il fenomeno degli incendi boschivi in tutto il territorio nazionale e soprattutto in Calabria, alla luce di dati ormai inequivocabili che accertano la presenza di azioni delittuose proprie di un disegno in cui le organizzazioni criminali non sono estranee;
quali siano i sistemi di monitoraggio attivi ad oggi sul territorio nazionale e se non ritengano opportuno avvalersi di sistemi tecnologici moderni, quali il sistema Fire-Sat, che hanno permesso, ove attivati, una notevole diminuzione degli incendi boschivi.
(2-01659) «Tassone, Occhiuto, D'Ippolito Vitale».
Interrogazione a risposta in Commissione:
MONAI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il commissariato di pubblica sicurezza di Cividale del Friuli esplica per il mandamento di competenza, compreso tra l'Alta Val Resia, le Valli del Natisone e la città di Palmanova, con 24 comuni e oltre 75.000 cittadini residenti, tutte le funzioni di una questura della Repubblica, nonché quelle di settore di polizia di frontiera con duraturi e continui rapporti con gli organi di sicurezza della vicina Repubblica di Slovenia;
l'organico previsto dal Ministero sarebbe di 42 dipendenti, ma nuovamente ve ne sono solamente 33, tra i quali un operatore civile, uno tecnico e ben 5 soggetti che sono esentati dal servizio notturno;
l'attività di prevenzione è svolta dalla squadra volante 24 ore su 24 con 13 operatori e le statistiche hanno visto un incremento degli interventi con migliaia di persone controllate ed altrettanti veicoli oltre a 601 interventi della Squadra volante e l'emissione di ben 1500 passaporti, 530 tessere per l'espatrio, 203 porti d'arma e 1175 permessi di soggiorno per il solo anno 2011;
va, inoltre, sottolineato che la città di Cividale del Friuli sia diventata dal giugno 2011 «patrimonio dell'umanità UNESCO» e che ciò ha portato a nuovi flussi turistici e alla periodica organizzazione da parte delle amministrazioni locali di eventi culturali di forte richiamo (ad esempio, nel mese di luglio 2012 si è tenuto il concerto del cantante Luciano Ligabue con 35.000 presenze) che vedono l'impegno delle forze dell'ordine, e in particolare della polizia di Stato locale;
il locale commissariato, a causa della carenza di organico, registra delle criticità nello svolgimento delle mansioni ordinarie nei settori anticrimine ed ultimamente nella cosiddetta emergenza Nord Africa, per la presenza di diversi soggetti dislocati sul territorio; inoltre, la città di Cividale del Friuli è anche sede di un centro di prima accoglienza per minori stranieri oltreché di un immobile denominato «casa protetta» per donne vittime della prostituzione;
il commissariato intrattiene rapporti di collaborazione, con tutte le forze di polizia ed istituzioni operanti sul territorio ed è punto di riferimento per i comuni del mandamento e per gli altri enti;
vengono altresì trattate anche le pratiche inerenti agli infortuni sul lavoro, agli alloggiati, alle comunicazioni di ospitalità e alle cessioni di fabbricato;
il personale viene spesso impegnato in servizi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica anche al di fuori del territorio di propria competenza, come per esempio per la presenza allo stadio di calcio «Friuli» di Udine e nell'anno corrente dovrà farsi carico anche dell'ordine pubblico durante le partite della squadra di calcio «Triestina» che verranno disputate in provincia di Udine, con il rischio di eccessi tra le contrapposizioni delle opposte tifoserie;
negli anni scorsi si è riusciti a far fronte alle esigenze anche con minor organico grazie alle aggregazioni disposte dal Ministero –:
se e come il Ministro intenda intervenire al fine di incrementare l'organico di fatto rispetto a quello di diritto presso il commissariato di pubblica sicurezza di Cividale del Friuli. (5-07771)
Interrogazioni a risposta scritta:
POLLEDRI, ALESSANDRI e RAINIERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
tra gli elementi fondamentali alla base di una serena convivenza civile si pone il soddisfacimento del bisogno di sicurezza al cui raggiungimento le istituzioni sono preposte;
queste ultime hanno contemporaneamente anche il compito di porre le condizioni affinché le comunità di immigrati possano avviare un percorso di integrazione necessario ai fini della corretta convivenza;
per integrazione, nelle scienze sociali, si intende l'insieme dei processi sociali e culturali che rendono l'individuo membro di una società e conducono all'inclusione delle diverse identità in un unico contesto in cui non ci sia spazio per le discriminazioni ma anzi ci sia la condivisione di una piattaforma valoriale;
i residenti della zona di via pozzo, a Piacenza, sono testimoni di come sia complesso il percorso di integrazione e di come una sua inadeguata gestione possa avere pericolose ricadute in termini di sicurezza;
le cronache locali e nazionali raccontano spesso i disagi che la presenza di immigrati clandestini – in particolare di origine sudamericana – provocano agli abitanti di via pozzo, dove è frequente l'arrivo delle forze dell'ordine chiamate a sedare le risse ed i disordini generati quasi sempre dall'eccessivo uso di alcol, distribuito in un locale dove gli extracomunitari stazionano quotidianamente;
nel frattempo si è costituito un comitato di cittadini che ha più volte denunciato il problema alle autorità, sottolineando come la vita in quella zona sia particolarmente difficile e pericolosa;
come una ricerca del Sole 24 Ore conferma, Piacenza deve registrare un significativo aumento dei crimini (+38 per cento dei furti);
il presidio del territorio risulta decisamente depotenziato vista la riduzione del servizio di pattugliamento notturno e vista la decisione di non destinare a Piacenza alcun agente di polizia dall'ultimo corso –:
se il Governo sia al corrente dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda porre in essere affinché il territorio di Piacenza sia presidiato in maniera più efficace rispondendo così al bisogno di sicurezza dei cittadini. (4-17547)
DE GIROLAMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il comune di Apice con delibera di consiglio comunale n. 4 del 27 gennaio 2010 ha inoltrato ricorso alla procedura del dissesto avviata nei suoi confronti ai sensi degli articoli 244 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267;
al riguardo l'articolo 265 del citato testo unico (TUEL) prevede che il risanamento dell'ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato e che, durante tale periodo, è garantito il mantenimento dei contributi erariali;
tuttavia, in vigenza del periodo di risanamento, il Ministero dell'interno già nel corso dell'anno 2011 e da ultimo con comunicazione aggiornata al 5 settembre 2012, ha decurtato le assegnazioni da federalismo municipale anno 2012 in relazione alle previsioni degli tagli dettati dall'articolo 28, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 201 del 2011, disapplicando la normative di tutela degli enti dissestati;
anche per l'anno 2010 erano previsti tagli ai trasferimenti erariali, salvaguardando però gli enti locali in regime di dissesto finanziario, per un periodo di 5 anni –:
quali motivazioni abbiano indotto il Ministero dell'interno, per il 2011 e per l'anno di competenza, a disapplicare per gli enti dissestati le previsioni di cui all'articolo 265 del TUEL, creando i presupposti per un disequilibrio di bilancio, posto che il richiamato articolo 28 del decreto-legge n. 201 del 2011 non prevedeva modifiche allo stesso articolo 265 del TUEL. (4-17549)
CAPARINI e RAINIERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
da organi di stampa si apprende la notizia che i rifiuti provenienti dalla Campania, e nello specifico da Napoli, siano ad oggi stoccati nelle regioni del Nord;
sembra che nel 2011 e anche per il 2012 alcune aziende del Nord abbiano stipulato con la Sap.Na, società della provincia di Napoli, contratti milionari per lo smaltimento dei rifiuti campani per un costo di circa 130 milioni di euro annui;
sembra che la procura di Napoli stia indagando in merito a tali contratti in quanto risulterebbero in dispetto ai principi di terzietà, trasparenza ed economicità producendo affidamenti illeciti o illegittimi, con lo spettro delle mafie, nonché danni alle casse dello Stato;
inoltre, sembra che questi contratti siano stipulati in pendenza della certificazione antimafia rilasciata dalla prefettura. Le aziende che lavorano per conto della Sap.Na specificano che per la richiesta di detta certificazione viene applicata la stessa procedura che si applica per gli enti pubblici ovvero si chiede alla prefettura la documentazione e se entro 30 giorni questa non risponde si procede con la stipula del contratto –:
se non si intenda, per quanto di competenza, vigilare ed assicurare la massima trasparenza nella gestione di ogni risorsa e finanziamento destinato alla gestione dei rifiuti provenienti dalla Campania nonché sulle procedure per il rilascio della certificazione antimafia. (4-17557)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
negli scorsi mesi era stata raggiunta un'intesa per la realizzazione di una nuova sede del commissariato di polizia di Busto Arsizio (Varese);
pare che l’iter della pratica si sia fermato per sopraggiunte disposizioni consistenti nella impossibilità di sottoscrivere nuovi contratti affitto –:
quale sia l’iter della pratica e quali siano le intenzioni del Governo al riguardo. (4-17567)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel novembre del 1957 il senatore Emilio Lussu rivolse un'epica interrogazione all'allora Presidente del Consiglio dei ministri senatore Zoli con la quale sollecitava la realizzazione di un piccolo modesto ponte passerella che consentisse di collegare le due sponde del Flumendosa dando la possibilità ai contadini del piccolo paese di Armungia di coltivare anche l'altra sponda del fiume;
nell'argomentare tale richiesta Lussu scrive a Zoli: «Faccio seguito alla tua promessa, che io prendo sul serio, sul ponte-passerella. La zona interessata è a cavallo del medio Flumendosa, dopo il Tirso, il fiume principale della Sardegna. Appartiene al Gerrei, provincia di Cagliari. Capoluogo del mandamento è San Nicolò Gerrei, dove cento anni fa fu scoperta la “tavola trilingue” che, con epigrafe in latino, greco e punico, ha dato la chiave approssimativa della lingua che parlavano i cartaginesi. A giudizio di quanti, continentali e sardi, conoscono l'Isola, è la regione più povera: per la mia esperienza, la più povera di tutta l'Europa occidentale. Un tempo ricca di foreste e pastorizia, con pochi passaggi obbligati, poté difendere i suoi pascoli e la sua caccia dalle scorrerie delle tribù più nomadi. Per questi stretti passaggi, fu delle ultime ad essere occupata dai romani, insieme all'Ogliastra che può considerarsi il prolungamento sud occidentale delle Barbagie. Perciò non fu mai toccata dalle irruzioni saracene provenienti dal Sarrabus, lungo la vallata del Flumendosa»;
da allora ad oggi, nonostante quel modesto ponte-passerella che Lussu invocava sia stato realizzato, le condizioni di isolamento di quella sponda del Flumendosa restano gravi ed evidenti a chiunque avesse l'ardire di verificarlo di persona;
non certo una cartina geografica e tantomeno un calcolo parametrico su tabelle ministeriali potrà mai dare l'idea di quale «sacrilego delitto» verrebbe commesso se quell'area, già duramente compromessa, perdesse l'apporto dell'istituzione scolastica;
a tale inaccettabile ipotesi della soppressione delle scuole nell'area si giungerebbe senza aver valutato appieno le condizioni e le esigenze della comunità locale che anche attraverso le sue massime istituzioni civiche ha ribadito la totale contrarietà ad un'ipotesi così grave per i propri figli che sarebbero costretti ad un pendolarismo inaccettabile proprio per le condizioni di cui Lussu parlava nella sua Oratio pro-ponte;
con questo atto di sindacato ispettivo si vuole dar voce all'appello forte del sindaco di Armungia Antonio Quartu, insieme all'intero consiglio comunale, i quali in tutti i modi invocano l'attenzione delle istituzioni scolastiche affinché venga scongiurata una soppressione inaccettabile del presidio educativo;
il consiglio comunale di Armungia riunitosi in seduta straordinaria ha ribadito con un proprio documento l'esigenza di dare agli studenti delle scuole dell'obbligo di Armungia, e più in generale agli studenti del Gerrei, una scuola degna di tale nome dove il primo obiettivo sia quello di somministrare agli alunni conoscenze e competenze adeguate;
il sindaco di Armungia ha richiamato la delibera del consiglio comunale di Ballao n. 16 dell'8 giugno 2012 avente ad oggetto «relazione del Sindaco su riunione e proposte formulate dall'ufficio scolastico provinciale in ordine alla situazione scolastica dell'Istituto Comprensivo di Villasalto» che in questo documento viene sostanzialmente e integralmente richiamato per quanto concerne la situazione degli alunni dei comuni di Armungia, Ballao e Villasalto, nonché per la parte riguardante l'incontro con il provveditore agli studi nella provincia di Cagliari – svoltosi ad Elmas presso la sede del provveditorato in data 10 maggio 2012;
gli alunni della scuola primaria di Armungia, in vista del nuovo anno scolastico 2012/2013, sono stati regolarmente iscritti nel plesso scolastico di Villasalto nel mese di febbraio 2012, scelta avvalorata dal fatto che la situazione scolastica di Armungia prevede a tutt'oggi un'unica pluriclasse;
con l'assegnazione dell'organico di diritto per le scuole primarie, si è venuti a conoscenza che nel plesso di Villasalto sono state create diverse pluriclassi, senza tener conto delle classi contigue ma, procedendo soltanto ad un'attribuzione numerica (per esempio sono state accorpate la 1a con la 3a e la 2a con la 4a);
anche per quanto riguarda la scuola secondaria, in Armungia, la situazione risulta essere assai grave: è da anni infatti che gli studenti si ritrovano a frequentare un'unica pluriclasse. Inoltre, all'assegnazione dell'organico di diritto è emerso che non è stato assegnato nessun docente per il plesso di Armungia, perché il numero degli iscritti non era sufficiente;
in seguito, i genitori degli alunni coinvolti, hanno inoltrato richiesta di chiarimenti al sopracitato provveditore, il quale ha riunito i genitori per discutere della grave situazione in cui si trovano le diverse scuole dei comuni del Gerrei, in primis il comune di Armungia per l'esiguo numero di bambini che risiedono nel territorio;
l'incontro purtroppo non ha dato gli esiti sperati;
lo stesso provveditorato ha incontrato i sindaci di Armungia, Villasalto e Ballao in apposita riunione, dove sono emerse tutte le problematiche della situazione scolastica nel territorio del Gerrei, con particolare riferimento a quelle dell'istituto comprensivo di Villasalto;
nella predetta riunione il sindaco di Armungia Antonio Quartu ha avanzato una proposta di ripartizione del sistema scolastico, ipotizzando di ospitare ad Armungia una scuola dell'infanzia, vista la posizione centrale tra i tre paesi che limiterebbe il viaggio ai bambini più piccoli; quindi a Ballao la scuola primaria, dato che l'edificio è già idoneo ad ospitare una scuola con il tempo pieno e consente altresì l'erogazione del servizio mensa, e, infine, a Villasalto la scuola secondaria;
in questo modo si addiverrebbe alla soluzione ottimale in cui si garantirebbe una scuola «normale» ai ragazzi adolescenti e bambini del Gerrei sia in termini culturali che sociali;
la proposta di cui sopra, ancora in fase provvisoria, è stata accettata oltre che dal sindaco di Armungia anche dal sindaco di Ballao. Per quanto riguarda invece l'amministrazione di Villasalto a tutt'oggi non si è ancora avuta una risposta definitiva;
Armungia in alternativa alle materne può a pieno titolo ospitare le scuole secondarie, in quanto tra breve saranno indette le gare per l'appalto dei lavori di ammodernamento dell'edificio scolastico che attualmente ospita le medie e le elementari, della palestra e per l'eliminazione delle barriere architettoniche con l'installazione di un ascensore;
il comune di Armungia con l'appoggio delle famiglie chiede ad alta voce per i suoi piccoli cittadini, senza discriminazione alcuna, un'istruzione pari alle altre scuole italiane, con orari non ridotti e insegnanti validi e competenti e chiede, inoltre, mezzi di trasporto adatti e sicuri, senza gravare sul bilancio delle famiglie (come già successo negli anni precedenti), qualora si decidesse di condurre gli studenti nei paesi limitrofi, tenendo fermo quanto esposto nella principale proposta circa l'equa ripartizione del sistema scolastico nel territorio;
l'amministrazione comunale unita alle famiglie, infine, chiede a tutte le istituzioni competenti una soluzione tempestiva, al fine di tutelare il diritto all'istruzione –:
se non ritenga di dover valutare con particolare attenzione la grave situazione scolastica del Gerrei, con particolare riferimento ai comuni di Armungia, Villasalto e Ballao;
se non ritenga proprio in virtù delle gravissime condizioni economiche, geografiche e geomorfologiche della zona e delle scarsissime infrastrutture di collegamento di dover assumere iniziative, anche normative, per una deroga a eventuali parametri che risultassero ostativi alla definizione di una positiva soluzione della vicenda;
se non ritenga di dover accogliere l'invito-proposta del sindaco di Armungia al fine di prevedere un equilibrato riparto delle pertinenze scolastiche, e meglio gestire il presidio educativo nell'intero territorio del Gerrei. (5-07778)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPARINI, RAINIERI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel mese di settembre si registra l'immancabile rincaro dei prezzi e dei costi per i consumi: ogni famiglia spenderà a fine anno, tra maggiori tasse e aumento del costo della vita, 3.500 euro in più rispetto all'anno precedente;
da un'analisi dell'Osservatorio Findomestic sui consumi emerge che più di una famiglia su cinque dovrà attingere ai propri risparmi o a finanziamenti per poter fare fronte alle spese per la scuola dei figli quali i costi per libri di testo, cancelleria e abbonamenti ai mezzi pubblici;
l'analisi stima che i costi ai quali andranno incontro le famiglie saranno da 494 euro per un figlio a 642 nel caso in cui i figli siano due o più;
una famiglia su due si rivolge al mercato del libro usato per poter contenere la spesa della voce più rilevante. Si tratta di una tendenza in aumento che si scontra con la richiesta da parte degli insegnanti di utilizzare le ultime edizioni che ovviamente non si trovano usate;
a Brescia si è tenuto il meeting del libro usato, un'occasione per acquistare libri scolastici a prezzi ridotti;
il diffondersi della tecnologia di nuova generazione permette di poter comprare e leggere libri, anche su supporti diversi da quello cartaceo (tablet, smartphone e altro);
attualmente l'Iva per i libri di testo scolastici digitali che ammonta al 21 per cento non è la stessa di quelli cartacei che è del 4 per cento;
in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 313 del 1997, ferma restando l'eventuale aliquota ridotta del 4 per cento prevista per giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici e altro, il regime speciale è applicabile a condizione che i prodotti ceduti siano classificabili in una delle categorie di prodotti editoriali «stampati» (necessità del supporto cartaceo), abbiano il prezzo di vendita in copertina (o in un allegato contenente anche il titolo dell'opera e l'indicazione dell'editore), siano giornali quotidiani, periodici, libri, relativi supporti integrativi o cataloghi;
si potrebbe ovviare a questa disparità uniformando le due aliquote diminuendo quella dei libri digitali al 4 per cento –:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative volte ad uniformare all'aliquota del 4 per cento tutti i libri, anche se fissati su supporto diverso da quello cartaceo e distribuiti attraverso piattaforma telematica, anche al fine di agevolare il risparmio per le famiglie per l'acquisto dei libri, in quanto quelli in digitale sono più economici, ecocompatibili, maggiormente fruibili e aggiornabili;
se i Ministri non intendano promuovere accordi con i produttori di tablet da mettere a disposizione degli alunni ad un prezzo concordato ed agevolato (cosa che già avviene con il gestore Tim per gli smartphone che possono acquistare gli insegnanti di ruolo) coinvolgendo anche la AIE (Associazione italiana editori) nella selezione dei libri da adottare in formato digitale, non lasciando al solo docente la discrezione della scelta del libro di testo, abbattendo, altresì, le barriere tra chi può permettersi un tablet e chi no. (4-17548)
GAROFALO, VELLA, IANNARILLI, PIZZOLANTE, RAMPELLI, MANCUSO, GIOACCHINO ALFANO, PALUMBO, CAZZOLA, SCANDROGLIO, ANTONINO FOTI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MUSSOLINI, RENATO FARINA, PORCU, MINARDO, MURGIA, MANNUCCI, CERONI, LUCIANO ROSSI, TORTOLI, ARMOSINO, MAZZUCA, PRESTIGIACOMO, PALMIERI, MARSILIO, MARINELLO, CENTEMERO, FITTO, SCALERA, TOCCAFONDI, TORRISI, SISTO, CASSINELLI, D'ALESSANDRO, VENTUCCI, GOTTARDO, DE CAMILLIS, LEO, MANTOVANO, DEL TENNO, MILANESE, MELONI, GERMANÀ, GHIGLIA, DISTASO, LA LOGGIA, LAFFRANCO, BARANI, BIANCOFIORE, LANDOLFI e GIBIINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la crisi economica in atto sta sconvolgendo usi ed abitudini delle famiglie che, con l'inizio dell'anno scolastico, si trovano a dover affrontare anche la spesa ingente per l'acquisto dei libri di testo;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 15, ha disposto misure atte a contenere il costo dei libri scolastici, nel rispetto della normativa vigente e fatta salva l'autonomia didattica nell'adozione dei libri nelle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresa la previsione della adozione di testi interamente scaricabili da internet ovvero in formato misto;
ancora, il decreto-legge «Gelmini» sulla scuola – decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169 – all'articolo 5 ha disposto l'adozione dei libri di testo con cadenza pluriennale, stabilendo, in particolare, che i competenti organi scolastici debbano adottare libri di testo in relazione ai quali l'editore si è impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo che per la pubblicazione di eventuali appendici di aggiornamento da rendere separatamente disponibili, e che l'adozione dei libri di testo avvenga nella scuola primaria con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio, e nella scuola secondaria di primo e secondo grado ogni sei anni, a valere per i successivi sei anni;
con i decreti ministeriali n. 42, per la scuola primaria, e n. 43, per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, dell'11 maggio 2012 il Ministero ha individuato i tetti di spesa, riferiti alla versione on line o mista, entro cui i docenti sono tenuti a mantenere il costo dell'intera dotazione libraria con la previsione che eventuali incrementi degli importi indicati debbano essere contenuti entro il limite massimo del 10 per cento;
secondo quanto denunciato da varie associazioni a tutela dei consumatori, risulta che le famiglie in questi giorni stiano registrando per l'acquisto di libri e del corredo scolastico una spesa di circa 100 euro superiore rispetto a quella sostenuta lo scorso anno, sulla quale incide maggiormente proprio l'acquisto dei testi scolastici;
ciò in ragione del fatto che, oltre all'entrata in vigore del divieto di utilizzare testi esclusivamente a stampa, i tetti stabiliti siano stati sforati, oltre il margine di tolleranza del 10 per cento, ad esempio, mediante l'adozione di libri scolastici facoltativi pretesi magari come obbligatori dai docenti –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa ed, in caso affermativo, quali iniziative intenda intraprendere al fine di verificare il rispetto da parte dei dirigenti scolastici dei tetti di spesa fissati;
quali ulteriori iniziative intenda adottare al fine di permettere l'adozione di supporti didattici aggiornati, attuando al contempo le annunciate politiche di abbassamento delle spese scolastiche per sgravare le famiglie nel momento di profonda crisi economica in atto affinché non si prospetti il rischio di lesioni al diritto allo studio. (4-17550)
CAPARINI, RAINIERI, GRIMOLDI e FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
sono migliaia in tutta Italia i neodiplomati che si sono cimentati nei test di ammissione alle facoltà universitarie a numero chiuso, in particolare, la più ambita è la facoltà di medicina e chirurgia che ha visto, a fronte di una disponibilità di circa 11 mila posti, una platea di oltre 77 mila aspiranti medici; quindi soltanto 1 su 8 candidati avrà successo;
il numero dei posti messi a disposizione dalle facoltà di medicina è calcolato sulla base del fabbisogno e sulla capacità formativa delle singole sedi ovvero su una relazione corretta tra numero di studenti e capacità formativa dell'ateneo, presidio a difesa della qualità dell'insegnamento universitario e contro la dispersione;
nel 2015 si stima mancheranno circa 7.600 medici, in quanto, a causa dell'abbandono degli studi, i posti a disposizione non saranno sufficienti a coprire il fabbisogno di medici;
l'Osservatorio della conferenza nazionale dei corsi di laurea facoltà di medicina e chirurgia ha certificato che è più facile superare il test di ammissione al Sud dove il punteggio minimo di ammissione è inferiore di ben 9 punti. Evidentemente i candidati che si sottopongono ad un test nelle università del Nord sono nettamente sfavoriti: si passa dai 49 punti di Milano ai 47 punti di Padova, Verona e Udine ai 40 di Messina e ai 38 di Foggia, l'Aquila, Catanzaro, Cagliari e Sassari;
i test di ammissione hanno suscitato più di una perplessità per la natura delle domande ovvero come si possa valutare, nell'arco di due ore, la preparazione del candidato che andrà a formare la platea dei medici migliori in mancanza di quesiti che consentano di valutare la reale attitudine del candidato a seguire con profitto lo specifico percorso universitario;
da fonti giornalistiche ed universitarie si è appreso che nei giorni in cui si sono tenuti i test di ammissione alcune società di tutoraggio proponevano agli studenti «una pista alternativa al test per aggirare l'ostacolo del numero chiuso», naturalmente a pagamento, tramite l'iscrizione di un anno nell'Europa dell'Est per poi trasferirsi in un'università italiana –:
se non intenda assumere iniziative per rivedere la procedura di preselezione per l'accesso alle università rendendo più coerente il numero chiuso ai fini dell'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia con le reali necessità del Paese, secondo le previsioni relative alla disponibilità futura del personale medico, e non solo sulla base delle capacità di assorbimento delle facoltà;
se non si intendano assumere iniziative per introdurre una graduatoria a livello nazionale degli aventi diritto all'accesso alle facoltà in modo da evitare discriminazioni e difformità di giudizio tra Nord e Sud a parità di valore degli elaborati;
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per contrastare il fenomeno delle società che speculano sulle aspettative frustate dei candidati esclusi dal test. (4-17552)
ANGELA NAPOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi l'Osservatorio sui diritti dei minori, sulla scorta di segnalazioni ricevute, ha lanciato l'allarme «sull'insorgere di figure pseudo-specialistiche che travalicano disinvoltamente i confini delle proprie ridotte competenze per assurgere a ruoli che competono soltanto a quanti sono in possesso di curricula universitari e di specializzazione post laurea debitamente sudati e certificati»;
sembra, infatti, che in alcuni elenchi di assistenza e addirittura di docenza nei corsi orientati alla risoluzione di conflitti coniugali, si inseriscano persone che hanno frequentato solo brevi seminari, sicuramente non idonei per specializzare figure così importanti;
è chiaro che tali figure finiscono col sostituirsi a psicoterapeuti e psichiatri utilizzando finanche un lessico pseudo-terapeutico denso di distorsioni, sicuramente non utili a seguire i figli in età evolutiva di genitori che si trovano in fase di separazione o comunque di contrasto;
appare ineludibile che in fasi complesse della vita, quale quella attraversata dai figli in età evolutiva durante la separazione dei genitori, si venga seguiti da personale dotato di un'adeguata formazione teorica e personale –:
se non ritenga necessario ed urgente far effettuare, per quanto di competenza, una adeguata verifica in merito e, comunque, assumere iniziative normative utili a far inserire negli elenchi di assistenza o di docenza nei corsi orientati alla risoluzione di conflitti coniugali, solo persone in possesso di adeguati curricula universitari e di specializzazioni post laurea certificati.
(4-17558)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'iperplasia surrenale congenita ISC (sindrome adrenogenitale SAG) è una malattia ereditaria che colpisce entrambi i sessi ed è una delle più frequenti endocrinopatie congenite. È trasmessa con modalità autosomica recessiva ed è causata da un difetto enzimatico che riguarda la sintesi dei principali ormoni surrenalici. La sua forma più frequente (circa il 95 per cento dei casi) è il difetto dell'enzima 21-idrossilasi (21-OH). In questo, caso, il blocco enzimatico porta a un arresto più o meno completo della produzione di cortisolo e di aldosterone; si ha un accumulo dei metaboliti a monte del blocco che vengono deviati verso una produzione eccessiva di androgeni surrenalici. Vengono distinte forme classiche e forme non classiche. La frequenza varia a seconda delle popolazioni. Per la forma classica, è stata valutata una frequenza media nel mondo di circa 1:15.000, sovrapponibile a quella stimata per la popolazione italiana;
la ISC può manifestarsi in diverse forme cliniche: forma classica con perdita di sali; forma classica virilizzante semplice; forma non classica a insorgenza tardiva; forma non classica criptica;
i sintomi clinici compaiono precocemente dopo la nascita, in genere nella seconda settimana di vita sotto forma di insufficienza surrenalica: difficoltà all'alimentazione, calo ponderale, vomito, diarrea, disidratazione, scompenso elettrolitico, shock ed exitus se la patologia non viene riconosciuta e trattata con un'adeguata terapia sostitutiva –:
se e quali azioni il Governo ha attuato o intenda attuare ai fini di:
a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
b) fornire adeguata assistenza alle famiglie e ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
c) sviluppare la ricerca in questo settore;
quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17560)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
a seguito di numerose e ricorrenti statistiche, pare evidente che le intolleranze e le allergie alimentari siano in deciso aumento, con effetti negativi non solo sulla qualità della vita dei pazienti, ma anche sulle finanze delle famiglie e sui costi della sanità pubblica;
l'intolleranza ereditaria al fruttosio (IEF) è un errore metabolico di origine genetica, a trasmissione autosomica recessiva. La diffusione è ubiquitaria e casi di IEF sono stati riportati in Europa, America Settentrionale, India e Australia. Le persone con IEF presentano deficit dell'attività enzimatica della fruttoaldolasi B. L'enzima è espresso prevalentemente a livello epatico. Il gene che codifica la fruttoaldolasi B è localizzato nella regione 9q22.3. Il lavoro svolto presso il II Policlinico di Napoli, CEINGE, ha mostrato che sono due mutazioni prevalenti in Italia, A149P e A174D, mentre altre mutazioni, quali MDdelta4, N334K e delta-6 e x6, sono meno frequenti. I genitori di un bambino affetto da IEF sono entrambi portatori sani del gene malato e il rischio di ricorrenza per ogni successiva gravidanza è del 25 per cento. I bambini e gli adulti affetti da IEF sono completamente sani e asintomatici, se non assumono alimenti contenenti fruttosio, saccarosio, sorbitolo o ogni altro glucide che nel loro metabolismo conduca al fruttosio come prodotto di derivazione. I primi sintomi compaiono con lo svezzamento; i bambini, infatti, sviluppano un tendenziale rifiuto della frutta e dei cibi dolci. Nei bambini non allattati al seno, ma alimentati con formulazioni contenenti fruttosio, i sintomi possono manifestarsi più precocemente con sequele gravissime fino all’exitus. Nei primi mesi di vita, i sintomi più frequenti sono: rifiuto dell'alimentazione, vomito e ritardo di crescita; altri segni meno frequenti, ma più specifici, sono l'ipoglicemia, lo shock e il danno epatico. I pazienti che continuano ad alimentarsi in modo scorretto possono presentare pallore, episodi di emorragia gastrointestinale e/o cutanea, convulsioni, shock. Gli esami di laboratorio rilevano livelli ematici ridotti di proteine totali, fattori della coagulazione, fosforo, potassio, pH, bicarbonato e un aumento di transaminasi, bilirubina, acido urico e acido lattico. Si rileva inoltre anemia e trombocitopenia. Con l'eliminazione del fruttosio dalla dieta, i sintomi regrediscono. Si ha notizia di pochi pazienti che seguono spontaneamente una dieta priva di fruttosio, individuati per caso in età adulta –:
quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di prevenire, diagnosticare ed eventualmente curare le intolleranze e le allergie alimentari;
quali azioni il Governo abbi attuato o intenda attuare ai fini di prevenire, diagnosticare ed eventualmente curare in particolare le IEF;
quanti siano i casi in Italia di IEF;
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
b) fornire adeguata assistenza alle famiglie e ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
c) sviluppare la ricerca in questo settore;
quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo.
(4-17561)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
la spasticità è definita come un disturbo motorio, caratterizzato da un aumento dipendente dalla velocità dei riflessi tonici da stiramento: ciò significa che il tono muscolare aumenta con il movimento e diminuisce generalmente durante il sonno. La spasticità è provocata da una lesione presente lungo un tratto del cordone spinale, che inizia in quella parte della corteccia motoria del cervello chiamata motoneurone superiore. Quando è presente una lesione nel sistema dei motoneuroni superiori o lungo il percorso che raggiunge i muscoli delle braccia, del torace e delle gambe, il sistema nervoso non riesce a provocare movimento in una condizione muscolare normale o rilassata. Così che, quando un soggetto tenta di muoversi, anche passivamente, il tono muscolare aumenta secondo uno specifico modello limitando il movimento volontario. Oggi circa 5 milioni di bambini in tutto il mondo sono colpiti da danni neurologici e muscolari indotti da ipossia-ischemia perinatale: la metà di essi presenta un quadro clinico neuromotorio gravemente compromesso, l'altra metà manifesta problemi neurologici di vario tipo. L'ipossia-ischemia perinatale è una causa importante di danno cerebrale che può determinare anche la morte, ma molto spesso porta ad alterazioni neurologiche permanenti nei neonati. Attualmente non esistono terapie disponibili per questa condizione che colpisce circa 1 su 4.000 neonati a termine –:
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
b) fornire adeguata assistenza alle famiglie e ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
c) fornire o incentivare adeguati servizi di riabilitazione e recupero funzionale, anche collaborando con l'associazionismo ed il mondo del volontariato, all'interno del quale si registrano casi meritori come ad esempio l'AIAS;
d) sviluppare la ricerca in questo settore;
quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione Europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17562)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
l'amaurosi congenita di Leber (ACL) è la più precoce e la più grave forma di distrofia retinica ereditaria, responsabile del 10-18 per cento dei casi di cecità congenita. È una malattia genetica rara, nella maggior parte dei casi a trasmissione autosomica recessiva. L'ACL è caratterizzata da cecità o ipovisione severa a esordio alla nascita o nei primi 6 mesi di vita, reazioni pupillari torpide, movimenti oculari erratici/nistagmo, segni oculo-digitali, come per esempio pressione e sfregamento dei bulbi oculari. L'elettroretinogramma è estinto o marcatamente ipovoltato sia nella componente fotopica sia in quella scotopica; i potenziali evocati visivi sono estinti o alterati; il fundus oculi è variabile. L'ACL è una malattia eterogenea dal punto di vista clinico e genetico e probabilmente non rappresenta una singola malattia. È infatti descritta una possibile associazione con altre anomalie sia neurologiche sia sistemiche (in particolare renali). L'ACL è una patologia estremamente eterogenea anche da un punto di vista genetico: finora sono stati infatti identificati undici diversi geni e altri sono in fase di studio. Lo sviluppo psicomotorio dei bambini affetti da ACL è peculiare e richiede specifici strumenti di valutazione. Fino a oggi, sono state prese in considerazione diverse linee di intervento terapeutico comprendenti in particolare il trapianto di retina e di cellule staminali e terapie farmacologiche, nessuna delle quali al momento si è rivelata efficace;
nel 2001, per la prima volta, è stata dimostrata la possibilità di ristabilire la visione, mediante terapia genica, in un modello animale di grossa taglia (cane) di retinopatia umana, utilizzando virus ricombinanti che trasportavano il gene RPE65. Sono al momento in via di definizione studi sperimentali sull'uomo –:
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
c) sviluppare la ricerca in questo settore;
quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
se e quali forme di coordinamento tra le regioni siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17563)
REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è una polineuropatia sensitivo-motoria dovuta all'alterazione di uno dei numerosi geni che determinano la formazione del nervo. Nonostante la definizione «sensitivo-motoria», i disturbi sono dovuti prevalentemente all'indebolimento dei muscoli, che consegue alla degenerazione delle fibre nervose motorie. I primi sintomi sono inciampo sull'avampiede o nel salire i gradini, distorsioni di caviglia, goffaggine nel camminare e crampi ai polpacci. Con il passare del tempo l'indebolimento della dorsiflessione dei piedi si accentua e il paziente è costretto a sollevare le ginocchia più del normale, per evitare d'inciampare con la punta dei piedi: questo cammino, che ricorda quello del cavallo, è detto deambulazione steppante o equina, ed è piuttosto stancante. Sulle mani la malattia si presenta più tardivamente e spesso l'indebolimento è talmente lieve che non determina un deficit funzionale. I disturbi più frequentemente lamentati sono difficoltà ad abbottonarsi e sbottonarsi, a usare chiusure lampo, a girare la chiave, a svitare tappi e coperchi di barattoli. L'indebolimento dei muscoli si accompagna al loro assottigliamento (atrofìa muscolare). Una deformità tipica, ma non esclusiva, della CMT è il piede cavo, presente nella maggioranza dei casi –:
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
sviluppare la ricerca in questo settore;
quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17564)
REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
si sono recentemente svolti i concorsi per l'accesso alle facoltà di medicina;
dai dati emersi sulla stampa sembra che i test previsti avessero caratteristiche di dubbia efficacia, essendo soprattutto nozionistici in materie non connesse a quelle oggetto di studio alla facoltà di medicina;
il numero di richiedenti è stato straordinariamente superiore ai posti disponibili –:
quali siano le ragioni di un numero così elevato di adesioni e se siano corretti i calcoli sui posti disponibili;
se le notizie apparse sulla stampa corrispondano al vero e quali siano le ragioni delle scelte effettuate;
se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di migliorare le modalità di selezione in argomento. (4-17565)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GATTI, MADIA, GNECCHI e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 19 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha disposto, con alcune eccezioni, che a decorrere dal 1o gennaio 2009 le pensioni dirette di anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente;
la medesima disposizione prescrive che, a decorrere dalla suddetta data, a determinate condizioni, sono totalmente cumulabili, con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni dirette conseguite nel regime contributivo in via anticipata rispetto ai 65 anni per gli uomini e ai 60 anni per le donne a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima nonché della gestione separata;
con effetto dalla medesima data relativamente alle pensioni liquidate interamente con il sistema contributivo sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni di vecchiaia liquidate a soggetti con età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne;
a distanza di quasi 4 anni dall'entrata in vigore della norma suddetta, gli interroganti ritengono necessario conoscere i dati relativi al numero dei soggetti che ne abbiano beneficiato –:
a decorrere dal 1o gennaio 2009, quali siano i dati a disposizione del Governo, sia in termini annuali che assoluti, relativamente al numero di soggetti che abbiano usufruito della possibilità di cumulare la pensione con il reddito da lavoro, e, più specificamente, al numero di soggetti titolari di pensione che abbiano aperto una posizione contributiva di lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato. (5-07770)
GHIZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 351 del 1998 vincola la cessazione dal servizio nel comparto scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata»; pertanto in detto comparto, al fine di garantire la continuità didattica, la finestra di uscita è costituita da un solo giorno (il 1° settembre) per ogni anno;
in virtù di tale disposizione – che non ha subito modifiche, nonostante i reiterati interventi in materia previdenziale approvati negli ultimi anni – il personale di detto comparto ha iniziato l'anno scolastico 2011/2012 con il vincolo di concluderlo e, a differenza di tutti gli altri lavoratori, di non poter cessare dal servizio prima del 1° settembre 2012, indipendentemente dalle modifiche intervenute in materia di trattamenti pensionistici;
all'avvio dell'anno scolastico 2011/2012 (1° settembre 2011) era vigente il sistema delle cosiddette quote, risultanti dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 243, così come modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, e l'eventuale pensione anticipata in base al requisito di anzianità contributiva;
in virtù di tale normativa, docenti e personale ausiliario tecnico-amministrativo, già nei mesi di ottobre e novembre 2011, hanno presentato domanda di collocamento a riposo e di dimissioni ai sensi del richiamato regolamento, finalizzata al trattamento di quiescenza ai sensi della legge n. 247 del 2007;
il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertita con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non differenzia in alcun modo la normativa previdenziale relativa al comparto scuola rispetto a quella degli altri settori pubblici e privati, non tenendo in alcun conto il fatto che i lavoratori della scuola possono andare in pensione un solo giorno all'anno, il 1° settembre, indipendentemente dalla data di maturazione dei requisiti, per le giuste esigenze di funzionalità e di continuità didattica;
di tale specificità, invece, si è tenuto sempre conto in tutte le normative in materia pensionistica antecedenti la cosiddetta «riforma Fornero». Il «comparto scuola», in virtù della specificità espressa anche nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica 351 del 1998, ha sempre goduto ai apposita normativa in ordine al trattamento pensionistico: in particolare, si ricordano l'articolo 59, comma 9, della legge 449 del 1997; l'articolo 1, comma 2, lettera a), e comma 5 lettera d), della legge 247 del 2007; l'articolo 12, comma 1, lettera c), e, comma 2 lettera c), del decreto-legge n. 78 del 2010; nonché l'articolo 1, comma 21, del decreto-legge n. 138 del 2011;
sono circa tremila i dipendenti della scuola che, nonostante abbiano maturato il diritto alla pensione secondo le regole previgenti alla riforma, inizieranno l'ormai imminente anno scolastico;
un numero rilevante di docenti e personale ATA interessati dal provvedimento ha adito le vie legali, ottenendo pronunciamenti favorevoli da parte di alcuni giudici del lavoro italiani, come quelli preposti ai tribunali di Oristano, di Torino, di Venezia e Siena, che hanno accertato il diritto dei ricorrenti ad essere collocati in quiescenza dal 31 agosto 2012 con trattamento pensionistico dal 1° settembre 2012. Sottolineando tra l'altro, in particolare con riferimento all'ordinanza resa dal tribunale di Venezia, l'evidente discordanza tra le norme speciali della scuola, quali il decreto del Presidente della Repubblica 351 del 1998 e la circolare della funzione pubblica (n. 2 del 8 marzo 2012), e quelle della riforma Fornero;
l'ordinanza di Venezia nelle proprie argomentazioni mette in rilievo i contenuti della circolare della funzione pubblica (n. 2 dell'8 marzo 2012) con i quali si afferma espressamente che: «(...) rispetto al comparto scuola, rimanga ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all'inizio dell'anno scolastico per le esigenze di servizio e per tali motivi, ad avviso del giudicante, la legge di riforma pare occuparsi esclusivamente dei requisiti per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico e per questo, a conclusione, tutto il resto, afferente ad altri aspetti come ad esempio il termine, rimane regolato dalla vecchia normativa (...)»;
lo stesso giudice opera poi una basilare distinzione tra il momento di «maturazione» del diritto dei ricorrenti, momento che coincide con il 1° settembre 2011, ossia con l'inizio dell'anno scolastico 2011-2012, e momento di «decorrenza» dello stesso diritto, che coincide invece con il 31 agosto 2012, fine dell'anno scolastico, e dice che i ricorrenti avevano maturato un «diritto acquisito e non ancora esercitato»;
inoltre, il giudice del lavoro di Siena ha ritenuto rilevante e non manifestantemente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011 sollevata dalla Segreteria nazionale della CISL SCUOLA, perché configgente con gli articoli 2 e 38, 3, 97, 11 e 117 della Costituzione e con l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale;
nel corso della discussione sul decreto-legge di proroga termini, è stato accolto dal Governo un ordine del giorno a prima firma dell'interrogante (n. 9/4865-AR/79) che impegna il Governo ad adottare al più presto misure volte a differire al 31 agosto 2012 il termine previsto dalla riforma «Fornero» per la maturazione dei requisiti con la normativa previgente;
in fase di discussione del decreto-legge 95 (noto come Spending review) si è avanzata in entrambi i rami del Parlamento l'opportunità di intervenire al fine di differire al 31 agosto 2012 il termine previsto dalla riforma «Fornero» che si è però risolta, con l'approvazione del comma 20-bis dell'articolo 14, riconoscendo tale requisito esclusivamente ai docenti in esubero;
un intervento volto a garantire il rispetto della specificità della condizione del personale della scuola e conseguentemente l'equità di trattamento tra tutti i lavoratori in relazione ai requisiti per il pensionamento, consentirebbe anche di incrementare le immissioni di docenti giovani all'interno della scuola, riducendo il precariato e contrastando un'anomalia propria dell'Italia, che risulta essere il Paese dell'Unione europea con la percentuale più alta di insegnanti ultra cinquantenni e quella più bassa di insegnanti al di sotto dei 30 anni;
la «finestra speciale» di cui hanno sempre beneficiato i lavoratori della scuola era comunque legata alla salvaguardia della qualità e continuità del servizio scolastico e per questo non un privilegio di pochi ma un esigenza legata ad un bene comune: l'istruzione degli alunni –:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario attivarsi con la massima sollecitudine, anche in virtù dei pronunciamenti da parte di alcuni giudici del lavoro italiani, al fine di eliminare tale evidente e iniqua disparità di trattamento riservata ingiustamente ai lavoratori della scuola, che inoltre penalizza la qualità scolastica e non garantisce una continuità didattica. (5-07772)
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel corso di cinque anni l'industria italiana ha perso un occupato su dieci. L'ennesimo allarmante dato sullo stato di salute del nostro mercato del lavoro arriva dalla Cisl nel suo nono «Rapporto Industria» intitolato quest'anno «Fare sistema per rilanciare l'industria e la crescita». Dall'inizio della crisi, nel 2007, ricostruisce il sindacato, sono 675 mila i posti di lavoro in meno nell'industria. «La perdita secca» è di 473.640 posti, cui si sommano «201.096 lavoratori equivalenti a zero ore», interessati da cassa integrazione speciale o in deroga. «Dal lato del lavoro è stato perso il 10 per cento della base industriale», sintetizza la Cisl. Alle posizioni già bruciate quindi la Cisl, «per un esercizio di simulazione», aggiunge i lavoratori colpiti dalla cassa integrazione, stimati dallo stesso sindacato a zero ore, in situazione «di rischio». Il totale porta a 675 mila posti di «riduzione di lavoro effettiva o potenziale». Una cifra che messa a confronto con i 7.007.176 occupati nell'industria ad aprile 2007, sfiora il 10 per cento;
lo studio ripercorre gli anni che vanno dal primo trimestre del 2007 allo stesso periodo del 2012. Quanto alla cassa integrazione guadagni, la Cisl fa notare che tra il 2007 e il 2011 le ore di cassa complessive, per l'industria e l'edilizia sono aumentate del 315,9 per cento con un'esplosione della cassa in deroga, che passa dal 7,4 per cento al 14 per cento delle ore totali di cassa autorizzate. Nove regioni appaiono più in difficoltà, per numero di lavoratori coinvolti in relazione alle ore di cassa relative: Lombardia, Piemonte, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna. Tra le considerazioni della ricerca presentata dal leader della Cisl Raffaele Bonanni e dal segretario confederale Luigi Sbarra emerge che «non solo la crisi partita fra il 2008 e il 2009 non è superata, ma questo primo scorcio di 2012 fa intravedere una fase ancora difficilissima, in cui il primato delle persone e dei gruppi sociali sulle ragioni dell'economia e dei conti economici è fortemente rimesso in discussione». Inoltre l'Italia appare, secondo il sindacato, «bloccata» nelle azioni di risposta;
la Cisl si dice quindi convinta della necessità di contrastare la recessione e avviare un percorso di crescita «attraverso una forte concertazione delle politiche possibili fra Governo centrale e regioni, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e con mio sforzo comune diretto al bene del Paese». La constatazione più ovvia che emerge dai dati de rapporto Cisl, è che in Italia il posto fisso è sempre più un miraggio; ormai meno di due assunzioni su dieci sono a tempo indeterminato. Tale dato è confermato anche dall'Indagine Excelsior di Unioncamere e Ministero del lavoro e delle politiche sociali sul terzo trimestre del 2012. Nel periodo luglio-settembre le assunzioni stabili previste sono appena il 19,8 per cento su un totale di quasi 159 mila. Nello specifico, si avranno 42 contratti atipici ogni 100 contratti di assunzione diretti (25,8 nel 2o trimestre) e 25 contratti di lavoro «non dipendente» ogni 100 contratti di lavoro dipendente (diretti o interinali), quasi il doppio rispetto ai 13 del trimestre precedente;
un terzo dei nuovi assunti per il terzo trimestre dell'anno saranno giovani: queste le previsioni di Unioncamere, in particolare contenute nel sistema informativo Excelsior in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. «Per il terzo trimestre – si legge in uno studio – le imprese assegnano ai giovani fino a 29 anni, tra il personale da assumere, una quota del 32,7 per cento del totale, un punto percentuale in più rispetto al trimestre scorso. Questo incremento, in termini relativi, delle opportunità per i giovani si avrà però solo nel settore dei servizi, dove nel corso del trimestre il ricambio, sia pure parziale, della popolazione lavorativa, si accompagnerà anche a un maggiore “ringiovanimento” dei lavoratori in ingresso, la cui quota di giovani potrà infatti accrescersi di quasi 3 punti, dal 32 al 34,7 per cento»;
nell'industria, invece, la quota dei giovani presenterà una leggera contrazione (dal 29,8 al 26,8 per cento). A salire i gradini della graduatoria delle professioni sono soprattutto docenti, insegnanti e ricercatori, operai dell'industria alimentare e tecnici del marketing; altre professioni in ascesa, interessanti per numero di assunzioni, sono quelle degli operai metalmeccanici, del personale di segreteria, e dei commessi della grande distribuzione; mantengono la posizione cuochi, camerieri e simili e i commessi di negozi e di esercizi all'ingrosso; fra le professioni che perdono quota si segnalano soprattutto quelle dei servizi di sicurezza, degli addetti alla logistica, dei servizi di pulizia e dei tecnici amministrativi e finanziari –:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incrementare il mercato del lavoro nel nostro Paese, con particolare riguardo per il settore dell'edilizia e per l'impiego, anche mediante incentivi ed agevolazioni fiscali, di giovani risorse.
(4-17572)
JANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel 2012 si è registrato un notevole incremento di giovani emigranti italiani verso la Germania; non si tratta soltanto dei cosiddetti «cervelli in fuga», ma anche di ragazze e ragazzi che costituiscono la cosiddetta «generazione 2.0», o più propriamente «generazione 35 per cento (di disoccupati). I dati della Bundesagentur für Arbeit, l'agenzia tedesca del lavoro, lasciano pochi dubbi sul fatto che si tratti di un fenomeno strutturale e non di un andamento temporaneo. L'accelerazione, dai 2009 al 2011, è netta. La sostanza è che in questi due anni l'aumento dei lavoratori italiani in Germania, in percentuale, è pari a quello dei lavoratori in arrivo dalla Grecia. Più 6,4 per cento per questi ultimi, più 6,3 per cento per gli italiani. Alle spalle gli ellenici hanno un Paese nel quale la disoccupazione ufficiale e attorno al 23 per cento mentre in Italia supera appena il 10 per cento. Ma in entrambe le economie solo un cittadino su tre ha effettivamente un posto, segnala Eurostat, dunque l'andamento parallelo nelle migrazioni verso Nord non è poi così strano;
oltre ad italiani e greci, il ritmo dei flussi verso la Germania appare in crescita sempre più rapida anche per spagnoli e portoghesi. Gli europei del Sud riprendono le strade battute dai loro nonni, per le stesse ragioni. All'inizio della crisi, nell'anno di crollo seguito al crac di Lehman Brothers, era un piccolo rivolo di uscite (più 1,7 per cento di italiani e spagnoli in Germania nel 2010). Nel 2011 è diventato un flusso pronunciato, più 4,47 per cento l'Italia e anche di più Spagna, Grecia o Portogallo. E quest'anno sembra un'esplosione dall'Italia verso la Repubblica federale di persone in cerca di lavoro. La Bundesagentur für Arbeit segnala 189.299 lavoratori italiani in regola con i contributi in Germania nel 2011 (8000 in più sul 2010) e ben 232.800 a maggio di quest'anno, un'impennata addirittura del 22 per cento forse però dovuta in parte a un effetto ottico delle statistiche: possibile che molti lavorassero già nella Repubblica federale, ma sono stati regolarizzati solo negli ultimi mesi. Nonostante ciò, si è di fronte ad un'inversione di tendenza. Dai tempi dei primi emigranti, fino a metà dello scorso decennio, era proseguito il graduale declino nella presenza dei lavoratori italiani in Germania. Il 2005 ha segnato il minimo a 171 mila. Poi il malessere economico decennale a Sud delle Alpi e gli choc successivi hanno provocato la ripresa delle abitudini di un tempo;
pressati dal boom dell’export e dal declino demografico, i tedeschi fanno quanto possono per incoraggiare l'arrivo di nuova manodopera; i distretti della meccanica, soprattutto in provincia, hanno sete di nuovi operai da formare. Spiegel scrive che solo nella regione metropolitana del Reno-Neckar, a sud-ovest, si prevede una carenza di manodopera specializzata per 35 mila unità entro il 2013. La Zdh, la confederazione tedesca dei mestieri che rappresenta elettricisti, edili o commercianti, è arrivata a contattare le congregazioni religiose in Spagna perché convincano i giovani parrocchiani a trasferirsi nella provincia profonda tedesca nell'Emsland o a Mannheim;
questa recessione così feroce, così apparentemente cronica, inoltre, spinge sempre di più un'intera generazione di italiani, spagnoli, portoghesi e greci al pragmatismo. Le sedi del Goethe Institut sono così subissate di richieste d'iscrizione che – fa sapere la scuola di lingua – «in molte sedi si è dovuta aumentare l'offerta». Come mostra il grafico qui sopra, l'aumento è a doppia cifra in tutta l'Europa del Sud. Italia inclusa. Dice il presidente del Goethe Klaus-Dieter Lehmann: «Sono i giovani che vogliono i nostri corsi, ma non per leggere Schiller in originale: vogliono migliorare le loro possibilità di trovare un lavoro». Il Goethe Institut ha studiato con cura l'antropologia dell'iscritto medio sudeuropeo di nuova generazione: «Italia: principalmente giovani uomini, in maggioranza con una buona istruzione, che vogliono migliorare le loro prospettive di lavoro» (gli spagnoli invece, «fra i 20 e i 40 anni»). Non è uno sforzo inutile. Se qualche anno fa i professori insegnavano il vocabolario della teologia, della filosofia o della poesia, romantica, adesso hanno introdotto corsi per il tedesco del settore meccanici e auto: lo hanno fatto per esempio a Torino, dove nell'ultimo anno le iscrizioni al Goethe sono cresciute del 26 per cento (anche perché l'Italdesign di Giorgetto Giugiaro è passata alla Volkswagen). Altrove i corsi del Goethe, da Napoli a Barcellona, si concentrano sulle parole utili per infermieri, medici o laureati in legge –:
quali interventi i Ministri intendano adottare, al fine di incentivare l'occupazione giovanile in Italia, limitando l'eccessiva emigrazione della nostra forza lavoro all'estero. (4-17579)
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta scritta:
DOZZO, CALLEGARI, FOGLIATO, RAINIERI, NEGRO, BUONANNO, CAPARINI, CHIAPPORI, CONSIGLIO, DAL LAGO, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FEDRIGA, FORCOLIN, GIDONI, GOISIS, GRIMOLDI, MAGGIONI, LAURA MOLTENI, MONTAGNOLI, PAOLINI, VANALLI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
recentemente il ministro interrogato ha proceduto, come disposto dal decreto legislativo 454 del 1999, alla nomina di alcuni componenti il consiglio di amministrazione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), il maggiorate nazionale di ricerca e sperimentazione con competenza scientifica generale nel settore agricolo, agroindustriale, ittico e forestale;
sebbene sia nota la qualificazione scientifica e professionale delle personalità alle quali è stato conferito l'incarico, l'attuale composizione del Consiglio di amministrazione suscita più di una perplessità in ordine alla sussistenza dei presupposti di natura giuridica in capo alla nomina del professor Salvatore Tudisca il quale, avendo svolto continuativamente il ruolo di componente dell'organo in parola per il quadriennio 2003-2006 e per quello 2007-2010, risulta, per il periodo 2012-2016, al suo terzo mandato, a giudizio degli interroganti in palese violazione della norma vigente;
il comma 6 dell'articolo 4 del citato decreto legislativo stabilisce infatti che i componenti degli organi del CRA durano in carica quattro anni e sono rinnovabili una sola volta; appare peraltro pretestuoso agli interroganti invocare che la gestione commissariale dell'ente, riferibile all'anno 2011 e a parte del 2012, possa in alcun modo aver interrotto la continuità del consiglio di amministrazione;
risulta inoltre poco opportuno che ben due componenti, su quattro appena nominati, appartengano allo stesso ateneo, quello di Palermo, tenuto conto che il CRA, come dimostra la sua capillare articolazione territoriale, svolge attività di studio e ricerca sull'intero territorio nazionale, e più adeguata rappresentanza sarebbe stata assicurata diversificando la provenienza dei membri del consiglio di amministrazione se non almeno dell'istituzione scientifica di appartenenza –:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti in premessa e se non ritenga urgente assumere iniziative volte a riconsiderare la composizione del consiglio di amministrazione del CRA per il quadriennio 2012-2016, con particolare riferimento alla sussistenza dei presupposti di legge alla base delle nomine effettuate. (4-17570)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
SIRAGUSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'8 settembre 2012 il Giornale di Sicilia ha riportato la notizia del conferimento a Paolo Giaccone, medico, docente e vittima della mafia, di una medaglia «al merito della sanità pubblica» dal Ministro della salute Renato Balduzzi su proposta del Sottosegretario Adelfio Elio Cardinale;
Paolo Giaccone, si legge nell'articolo, è stato «ucciso trent'anni fa per aver detto no a Cosa nostra confermando malgrado tutte le pressioni, la perizia su una impronta digitale che incastrava Giuseppe Marchese»;
nello stesso articolo si legge che per il Sottosegretario Cardinale «il riconoscimento sottolinea anche l'unicità del sacrificio, unico professore e medico ucciso per mano mafiosa»;
purtroppo Giaccone non è stato l'unico medico ucciso per mano mafiosa;
come ricorda lo stesso giornale in un articolo pubblicato l'11 settembre 2012 «c’è un altro eroe normale a Palermo, un medico ucciso dalla mafia ancora prima di Paolo Giaccone. Lo ricorda la famiglia del professor Sebastiano Bosio caduto sotto i colpi di una pistola mafiosa per essersi opposto ai ricoveri facili dei boss. Deciso fino in fondo a non trasformare il suo reparto di chirurgia vascolare del Civico in una dependance del carcere Ucciardone ... Ed è per questo che ci sorprende ed amareggia constatare che dopo ben trent'anni di silenzio ed omissioni da parte dello Stato – scrivono le figlie Silvia e Lilli con la madre Rosalba Patania – ancora una volta sia stato ignorato l'omicidio del professor Sebastiano Bosio»;
nello stesso articolo si legge che il «sottosegretario Cardinale offre anche a Sebastiano Bosio come a Paolo Giaccone la sua disponibilità ad avanzare la richiesta al Ministero»;
il processo per l'assassinio del professor Bosio è in corso, ma già nella sentenza di rinvio a giudizio il medico è stato già indicato come vittima di Cosa nostra, contro il cui strapotere dentro l'ospedale Civico di Palermo egli si era tenacemente battuto;
il professor Bosio è stato anche ufficialmente riconosciuto come vittima della mafia dal Ministero dell'interno –:
se alla luce di quanto illustrato in premessa e dell'impegno assunto dal Sottosegretario Cardinale, non si intendano assumere le iniziative di competenza per conferire al più presto la medaglia al merito della sanità pubblica anche al professor Sebastiano Bosio. (5-07776)
Interrogazione a risposta scritta:
GARAGNANI. —Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
si fa riferimento alle affermazioni del Ministro interrogato che richiamano il tema dell'eccesso di politicizzazione della sanità da parte delle regioni che ha prodotto, nel tempo, non solo sprechi ma, in alcuni casi, una gestione poco efficiente e scarsamente rispettosa del diritto dei cittadini alla salute, come pure una selezione del personale medico non sempre subordinata ad una pura logica di professionalità e competenza ma a criteri personali o partitici che dovrebbero essere completamente estranei alla gestione della sanità medesima –:
se si intendano assumere iniziative normative che, senza intaccare la dimensione organizzativa della sanità introducano correttivi in grado di garantire i malati ed il personale medico e paramedico da interferenze anomale non rispondenti alla sola logica, da un lato, della cura del malato e, dall'altro, della valorizzazione del personale medico esclusivamente sulla base delle competenze maturate. (4-17582)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 9 gennaio 2012 la società Alcoa, con un comunicato ufficiale, annunciava la decisione di fermare le proprie produzioni in tre stabilimenti di alluminio primario in Europa nel quadro di una ristrutturazione già annunciata nella globale attività primaria, tra cui quello di Portovesme;
il 27 marzo presso il Ministero dello sviluppo economico veniva siglato un accordo che prevede il ritiro della procedura di mobilità e il mantenimento della produzione che, proseguirà fino al 31 ottobre 2012 se non vi sarà un compratore, con conseguente avvio della Cassa integrazione per i lavoratori a partire dal 1o novembre. Ma è prevista l'inizio della fermata dal 1o settembre qualora nessun acquirente abbia sottoscritto una lettera d'intenti per l'acquisto dello stabilimento entro il 31 luglio;
al 22 di agosto 2012 non risulta sottoscritta nessuna lettera d'intenti con il risultato che non è stata perseguita e raggiunta nessuna soluzione concreta per il costo dell'energia elettrica nel Sulcis e dall'altra risulta totalmente fallita la ricerca di nuovi acquirenti dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
nel mese di agosto, nella fase più delicata della vertenza, a poche settimane dalla data di avvio della fermata dell'impianto di Portovesme, con una mobilitazione durissima delle forze sindacali e operaie del Sulcis tesa a scongiurare la chiusura dello stabilimento di Portovesme il Governo ha sostanzialmente dato il via libera ad incassare la sanzione di 300 milioni di euro da parte della società Alcoa;
il board americano della società americana ha comunicato formalmente la decisione di pagare la sanzione;
il pagamento della sanzione europea di 300 milioni di euro appare in contrasto con la linea difensiva sin qui seguita dallo Stato italiano che si è affiancato ad Alcoa nel giudizio di secondo grado per contrastare la decisione comunitaria;
alla luce di questa situazione e dei risultati praticamente inesistenti si può affermare senza tema di smentita che la vertenza Alcoa e in più generale quella del Sulcis sia stata gestita con una superficialità senza precedenti dimostrando che il Governo non ha fatto niente per scongiurare l'imminente chiusura dello stabilimento;
con il via libera alla Cassa Conguaglio di ottenere l'immediato pagamento della sanzione senza attendere la sentenza di secondo grado si sancisce irrimediabilmente la rottura dei rapporti con Alcoa e si porta direttamente sul baratro lo stabilimento di Portovesme;
il risultato è eloquente: niente energia e niente acquirenti;
si tratta di un fallimento politico e strategico di questo Governo che ha voluto pervicacemente perseguire la strada di individuare un compratore piuttosto che risolvere la questione centrale, ovvero quella energetica;
il sottoscritto interrogante aveva ripetutamente ribadito che non si trattava di un problema di insegne e di proprietà, ma vi era una questione sostanziale e irrinunciabile da affrontare e risolvere: il costo energetico;
il Governo, pur di coprire l'Enel contraria ad una soluzione di contratto bilaterale, l'unico percorso legittimato dall'Unione Europea, ha tergiversato sino a far portare ad un binario morto la vertenza, sino alla chiusura dello stabilimento di Portovesme;
restano ignote le ragioni per le quali il Governo non abbia evitato la rottura con Alcoa e per quale ragione abbia voluto fare cassa in piena trattativa e soprattutto in attesa di un giudizio definitivo sulla sanzione;
resta ignoto l'utilizzo da parte della Cassa Conguagli di quelle risorse, considerato che si tratta di un caso che non appare simile a nessun precedente;
quei trecento milioni, sia nell'impostazione tecnico giuridica che sostanziale, non erano destinati ad Alcoa, ma costituivano di fatto l'onere del riequilibrio del costo energetico del Sulcis;
con una legge dello Stato, votata dal Parlamento, si era, infatti, deciso di riequilibrare il costo energetico del Sulcis rispetto alla media europea, non in funzione di Alcoa ma in conseguenza di una strutturale carenza elettrico energetica della Sardegna su cui si abbatteva la speculazione monopolista dell'Enel;
l'atto compiuto dal Governo e dalla Cassa Conguagli è gravissimo;
con questo comportamento il Governo di fatto sta avallando la tesi della Commissione Europea pregiudicando qualsiasi altro provvedimento in direzione del riequilibrio dei costi energetici per la Sardegna, per il Sulcis, per le industrie energivore e per l'Alcoa nella fattispecie;
se lo Stato italiano, che ha adottato quel provvedimento, anziché difenderlo sino in fondo, decide di far pagare ad Alcoa i 300 milioni della sanzione europea sta ottenendo in un colpo solo due risultati: rompe definitivamente i rapporti con Alcoa e soprattutto rende impossibile un qualsiasi atto o provvedimento finalizzato al riequilibrio del costo energetico;
la decisione del board americano di pagare tutto e subito, comunicata nelle scorse ore al Governo e alla Cassa Conguagli, rende tutto la vertenza sempre più difficile;
la società Alcoa, a questo punto, non avrà nessun tipo di condizionamento e, non avendo più niente da perdere, potrà sancire senza mediazione alcuna la decisione definitiva chiusura dello stabilimento;
una situazione che pregiudica in modo forse irreversibile la vertenza Sulcis e quella Alcoa in particolar modo, proprio oggi che sarebbe stato necessario avere dalla società americana una disponibilità a far slittare ulteriormente il fermo degli impianti;
si tratta di un Governo che ha scelto una strada irresponsabile che ha fatto cadere nel vuoto gli appelli reiterati ad affrontare subito e senza perdite di tempo la questione energia;
ad oggi non esiste un percorso, né tecnico né legislativo, per affrontare la questione e qualsiasi ulteriore dilazione rispetto a questo tema risulterà letale per l'industria dell'alluminio in Sardegna;
esiste un solo percorso che passa attraverso l'accordo bilaterale tra l'Enel e lo stabilimento di Portovesme. Un accordo tra privati, alla pari delle altre realtà europee, a partire dalla Spagna dove l'Endesa di proprietà della stessa Enel ha fatto un analogo accordo bilaterale con le industrie dell'alluminio primario;
i tempi sono ormai strettissimi e le soluzioni limitate;
risulta indispensabile e irrinunciabile che il Governo predisponga un immediato «DECRETO SULCIS» che ponga in essere tutte le azioni necessarie per favorire la soluzione del problema energetico, dai presupposti per l'accordo bilaterale sino all'approvazione del progetto Miniera Centrale della Carbosulcis, alla definizione della soluzione strutturale dell'Eurallumina e alla restituzione al Sulcis di quei fondi che la Cassa Conguagli riscuoterà da Alcoa;
non è reiterabile la strategia delle vacue promesse e del continuo tergiversare;
se si dovesse chiudere lo stabilimento di Portovesme si assesterebbe un colpo mortale sia al presente che al futuro del Sulcis Iglesiente e verranno di fatto cancellati progetti di sviluppo futuro che non potranno reggersi in alcun modo con il crollo dell'apparato produttivo attuale;
risulta eloquente nel quadro della vertenza Sulcis il comportamento tenuto dal Governo che secondo l'interrogante ha garantito copertura e complicità alle politiche monopoliste e sostanzialmente ricattatorie dell'Enel, in ogni sua opposizione sia al contratto bilaterale che all'approvazione del progetto Miniera Centrale della Carbosulcis;
sul progetto Carbosulcis e la realizzazione del sistema integrato Miniera Centrale cattura e stoccaggio della CO2 il Governo sino ad oggi ha fatto solo finta di appoggiarlo a Bruxelles ma in realtà non lo ha approvato e tantomeno finanziato nonostante un decreto del Presidente della Repubblica che lo annovera tra quelli inseriti tra i fruitori del CIP 6;
per smentire questi elementi gravi e reiterati il Governo deve adottare entro questo mese un «decreto ricognitivo-attuativo» dello stesso progetto Carbosulcis, dargli copertura finanziaria e sostenerlo concretamente in Europa;
se il Governo dovesse continuare a non decidere e tergiversare renderebbe palese l'avallo alla contrarietà dell'Enel che punta tutto sulla centrale di Porto Tolle in Veneto –:
se non ritenga il Governo di dover rimuovere, con tutte le iniziative persuasive o istituzionali che riterrà opportune, la situazione che lo Stato italiano rileva nelle dichiarazioni riportate nella decisione della Commissione Europea del 29 novembre 2009, dove ha sostenuto che «con la sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputare al comportamento dell'operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio (ENEL e ENDESA-oggi E.ON) entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare ”un cattivo precedente” nel resto d'Italia»;
se non ritenga di dover porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie a scongiurare la decisione annunciata dalla società Alcoa, a partire dalla promozione di giuste intese con la società Enel affinché vengano garantite, attraverso contratti bilaterali, tariffe uniformi ad altri analoghi contesti europei gestiti direttamente dalla società Enel attraverso la controllata Endesa;
se non ritenga necessario promuovere attraverso le opportune e persuasive azioni la definizione di accordi bilaterali decennali con le società di produzione elettrica al fine di riequilibrare il mercato che risulta distorto da posizioni dominanti e monopoliste;
se non ritenga al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria dell'alluminio primario in Italia, e proporre alla Commissione europea un vertice dei Ministri competenti per definire con sollecitudine una strategia che scongiuri la delocalizzazione dall'Europa dell'industria primaria di alluminio, non solo attivando quelle azioni indispensabili per favorire il mantenimento degli asset produttivi in Europa;
a promuovere un apposito provvedimento d'urgenza con il quale venga definito:
a) un contratto di programma per la filiera dell'alluminio primario che consenta la razionalizzazione del processo produttivo sia per quanto riguarda la produzione elettrica che la ripresa produttiva dello stabilimento Eurallumina;
b) l'approvazione e il finanziamento del progetto integrato Miniera – Centrale – cattura e Stoccaggio CO2 in attuazione del decreto apposito del Presidente della Repubblica del 1994 che aveva inquadrato tale progetto nell'ambito di quelli sostenibili nell'ambito degli incentivi CIP6;
a dare indirizzi alla Cassa Conguagli affinché le risorse finanziarie provenienti da sanzioni comunitarie vengano interamente finalizzate al provvedimento d'urgenza sopra indicato come «decreto Sulcis» e all'ottenimento di tutte quelle misure atte a consentire l'ottenimento di un reale e duraturo riequilibrio del costo energetico nell'area industriale del Sulcis Iglesiente. (5-07779)
TULLO, ORLANDO, ROSSA, ZUNINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in tutta Europa entro la fine del 2012 si dovrebbe completare il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale terrestre. L'Italia ha completato nel primo semestre 2012 con Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia il percorso iniziato nel 2008 dalla Sardegna;
per sostenere questo complicato passaggio lo Stato ha investito oltre 220 milioni di euro a cui si aggiungono risorse destinate dalle singole regioni;
sono decine di migliaia le segnalazioni che arrivano al numero verde messo a disposizione del Ministero dello sviluppo economico per la difficile ricezione del segnale anche da zone in cui il passaggio al digitale è avvenuto da anni;
in un accorata indagine condotta dal quotidiano genovese Il Secolo XIX in questi giorni, vengono riportate le gravi disfunzioni che si registrano a Genova e in Liguria dove l'operazione Switch off è avvenuta tra il 13 ottobre e il 18 novembre del 2011;
in particolare si verifica ripetutamente la richiesta di ripetere la sintonizzazione con canali che saltano temporaneamente e in alcuni casi definitivamente, accompagnati dalla scritta no signal;
questa situazione determina un grave disagio per i cittadini ed in particolare per la popolazione anziana che fa dell'uso della televisione anche per motivi di svago ed evasione;
in particolare per quanto riguarda il non poter usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, i cittadini subiscono la beffa di essere tenuti comunque a pagare il cannone alla Rai;
spesso per ovviare al cattivo ricevimento dei segnali i cittadini, ritenendo che i problemi possono essere legati al proprio impianto casalingo o condominiale ricorrono, con ulteriori dispendio di risorse all'intervento di tecnici, che quasi sempre riscontrano che il problema è legato alla presenza di troppi segnali che interferiscono tra loro e che fa presupporre la necessita di un urgente tavolo tecnico tra le varie emittenti per affrontare strutturalmente e definitivamente i disservizi, verificando anche la possibilità dello spegnimento di alcuni ripetitori;
in tal senso è significativo segnalare, che domenica 26 agosto 2012 in occasione di un'operazione di disinnesco di una bomba risalente alla seconda guerra mondiale ritrovata nelle acque del porto di Genova, tra le decisioni ordinate dalla prefettura vi è stata quella di spegnere alcuni ripetitori per alcune ore, in molti quartieri in cui si verificano problemi la ricezione è risultata migliore;
in Liguria sono presenti 170 tralicci e 2971 ripetitori, e in alcune zone della regione ulteriori segnali arrivano e interferiscono anche dalle regioni confinanti –:
se sia a conoscenza della situazione che si è determinata a Genova e in Liguria e quali possano essere assunte per risolvere i problemi sollevati, a partire dalla convocazione di un tavolo tecnico tra le varie emittenti;
se sia prevista a conclusione del passaggio alla nuova tecnologia sul territorio nazionale una ricognizione sui vari territori regionali;
di quali elementi disponga in merito ad eventuali pronunce dell'autorità competente sulle anomalie indicate e all'indicazione di interventi riparatori a tutela degli utenti, anche attraverso sanzioni nei confronti di quelle emittenti che non hanno effettuato i necessari adeguamenti tecnologici e strutturali. (5-07780)
Interrogazioni a risposta scritta:
DELL'ELCE, MALGIERI, CICCIOLI, NOLA, ANGELI, LAFFRANCO, TERRANOVA, OSVALDO NAPOLI, PICCHI, RAVETTO, CANNELLA, SAGLIA, SCANDROGLIO, MELONI, FORMICHELLA, HOLZMANN, MAZZONI, SPECIALE, LEO, ARACRI, LUCIANO ROSSI, MAZZUCA, BELCASTRO, PORFIDIA, CORSARO, SALTAMARTINI, MOFFA, MINASSO, GIRO, BARANI e LANDOLFI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il Gestore dei servizi energetici s.p.a. (GSE s.p.a.) è società totalmente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e ha come scopo, sulla base degli indirizzi del Ministero dello sviluppo economico, di promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e del risparmio energetico attraverso l'erogazione di incentivi economici e azioni informative tese a diffondere la cultura dell'uso dell'energia compatibile con le esigenze dell'ambiente;
il consiglio di amministrazione del GSE è stato rinnovato per un nuovo mandato triennale nell'assemblea del 13 luglio 2012;
nei mesi scorsi, immediatamente precedenti a tale rinnovo, si è avuta notizia del fatto che il Ministero dello sviluppo economico, nella logica di una rivisitazione della missione aziendale del GSE, avesse intenzione di rinnovarne la guida operativa;
numerosi articoli di stampa (Espresso 11 maggio 2012; Milano Finanza 25 maggio 2012; Libero 8 giugno 2012; Milano Finanza 8 giugno 2012; Milano Finanza 26 giugno 2012; Fatto Quotidiano 3 luglio 2012; Espresso 4 luglio 2012; nonché le testate specializzate in problemi energetici Quotidiano Energia e la Staffetta Quotidiana) hanno reso pubblico che, allo scopo di individuare candidature alla posizione di amministratore delegato del GSE nonché delle controllate Gestore dei mercati energetici (GME s.p.a.) e Acquirente unico (A.U. s.p.a.), era stata incaricata una primaria società di ricerca e selezione del personale, la Egon Zendher;
tale società ha sottoposto una quarantina di curriculum vitae al Ministero dello sviluppo economico e successivamente, in aggiunta ai precedenti, ha proposto altri nominativi di manager con una lunga esperienza nel settore energetico;
nel frattempo nel decreto-legge «spending review» è stata inserita una norma che prevede nelle società di Stato a totale controllo pubblico, al fine di un maggiore controllo interno delle politiche e degli atti aziendali, una ripartizione di compiti e deleghe fra il presidente e l'amministratore delegato;
nonostante il GSE sia considerata la quinta società italiana per fatturato in base al «rapporto annuale di Mediobanca sulle principali società italiane» e svolga il delicatissimo compito di amministrare e gestire i circa 30 miliardi di euro l'anno pagati dai cittadini in bolletta attraverso anche la tariffa A3 per incentivare la realizzazione di impianti di energia rinnovabile di proprietà di privati, i Ministeri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, in base a un'altra norma contenuta nel decreto-legge spending review, hanno considerato il GSE una società di «scarsa rilevanza» riducendone il board a tre membri;
nel fare ciò hanno accorpato le cariche di presidente e amministratore delegato facendo venire meno qualsiasi possibilità di bilanciamento interno e dotando il nuovo amministratore «unico» di poteri assoluti, difficilmente controllabili;
aver dichiarato il GSE una società di «scarsa rilevanza» e, di fatto averne svalutato il rating, ha creato molte apprensioni negli operatori – che vantano crediti per 120 miliardi di euro – circa la solvibilità dell'azienda;
i Ministeri competenti, nel decidere le persone da nominare ai vertici del GSE, non solo hanno riconfermato l'amministratore delegato uscente che volevano a tutti i costi sostituire ma gli hanno anche attribuito la carica di presidente; al che verrebbe dà dire «tanto rumore per nulla»;
prima che venga risposto che ciò discende da esigenze di risparmio, le «economie» realizzate nella riduzione del numero dei membri del consiglio di amministrazione da cinque a tre si può quantizzare, sulla base degli elementi in possesso degli interroganti, nella cifra di circa 120.000 euro/annui, tanto quanto era l'emolumento del consigliere indipendente presidente, dovendo gli altri membri essere dirigenti statali cui non spetta alcun compenso –:
se la riduzione di ruolo del GSE vada interpretata, come pare agli interroganti come abbandono della tutela e dello sviluppo delle fonti rinnovabili;
se, a fronte di tale riduzione di ruolo, in particolare i compiti di verifica e controllo già scarsamente svolti dal GSE verranno attribuiti ad altri enti o organismi pubblici;
quali siano stati i criteri in base ai quali è stato individuato il nuovo presidente-amministratore delegato e se gli emolumenti da esso percepiti saranno allineati al tetto individuato per i manager pubblici. (4-17571)
JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
un distretto industriale ad idrogeno è quello che sorge nell'area di San Zeno ad Arezzo dove, da diversi anni, si è costituita una delle prime comunità europee basata sull'idrogeno per l'autosufficienza energetica. Un'idea, sviluppata da una cooperativa, la Fabbrica del Sole guidata dal fisico Emiliano Cecchini che, insieme alla provincia e altre società, ha creato una rete di tubature che consente all'industria locale di utilizzare l'idrogeno per le proprie necessità. Tra queste quella orafa, da sempre legata all'uso di questo gas per le lavorazioni e la pulitura dell'oro. Un esperimento che, nel corso del tempo, è diventato sempre più grande e ha visto lo sviluppo di un idrogenodotto sotterraneo per servire l'area industriale, di un laboratorio per il suo monitoraggio e la sua implementazione a zero emissioni e, come ultimo passo, un'area produttiva polifunzionale ecologicamente attrezzata pronta a connettere anche la zona urbana. Dove, si potrà vivere senza essere allacciati a nessuna rete;
a rendere possibile la distribuzione capillare dell'idrogeno alle aziende locali, l'idrogenodotto, primo impianto di questo genere costruito in Italia: una rete di tubi lunga 1 chilometro che scorrono in un percorso sotterraneo a un metro di profondità, per portare l'idrogeno, a bassa pressione, alle imprese orafe presenti nella zona, Aziende che grazie a questo sistema di tubazioni hanno abbattuto il costo dei trasporti per le bombole e allo stesso tempo, grazie al monitoraggio costante della rete, migliorato anche le condizioni di sicurezza. L'idrogeno, infatti, viene prelevato e trasportato direttamente dai carri bombolari dentro alle tubazioni, servendo tutte le aziende in un colpo solo. Un modello di distribuzione talmente efficiente da far mobilitare anche il mercato internazionale, pronto ad esportare e a copiare l'idea toscana in altri Paesi. «In questi anni», racconta Cecchini, «non si contano le industrie e le rappresentanze straniere venute a vedere il distretto all'idrogeno di San Zeno. Dai colossi giapponesi come la Tokyo e l'Osaka Gas fino all'ambasciatore degli Stati Uniti. Senza contare la pletora di aziende cinesi, venute a prendere spunto dal nostro modello»;
a beneficiare dell'idrogeno che scorre sottoterra, principalmente il distretto orafo che, solo nell'area di San Zeno, conta più di una trentina di aziende. «L'idrogeno», spiega Antonio Moretti, ingegnere responsabile dei servizi di stabilimento presso l'azienda orafa 1AR, la più grande della zona, «è da sempre utilizzato nelle lavorazioni orafe. Storicamente si usa per le saldature, ad esempio per le catene. Oppure per togliere le macchie e ripulire i metalli dagli ossidi. Per renderli belli lucenti, infatti, gli oggetti in oro vengono trasportati su nastri in forni lunghi dai 4 ai 5 metri dove vengono trattati anche con l'idrogeno. Una volta, l'idrogeno si otteneva rompendo chimicamente le molecole di ammoniaca. Poi, con lo sviluppo industriale, si è passati all'uso delle bombole e, adesso, alle tubazioni dell'idrogenodotto»;
per presidiare e monitorare il progetto di San Zeno è stato istituito un laboratorio permanente per l'idrogeno e le energie rinnovabili, dove i tecnici della Fabbrica del Sole sviluppano le tecnologie a zero emissioni. Dall'idrogeno, usato come vettore energetico e ottenuto da pannelli fotovoltaici per elettrolisi, al cosiddetto solar cooling, ossia l'uso del solare termico come integrazione al calore prodotto dalle fuel cell per il raffreddamento estivo. «Il laboratorio», spiega Cecchini, «è energeticamente autosufficiente e totalmente scollegato da qualsiasi rete. L'alimentazione della struttura è fatta per la parte elettrica da pannelli solari. E anche per la parte idrica il laboratorio è stato concepito seguendo il concetto di circolo chiuso delle acque. Le acque piovane, infatti, vengono raccolte in una cisterna per essere depurate con un filtro a ultravioletti. Mentre le acque reflue sono trattate con la fitodepurazione. Questo ci permette di essere autonomi anche dalla rete fognaria, visto che i liquami dopo la decantazione non finiscono nella fognatura, ma in una vasca fitodepurativa coperta di ghiaia che li trasforma in concime per le piante. In più, l'acqua che avanza finisce in una cisterna sotterranea per essere usata come riscaldamento»;
un modo, quello di vivere senza rete, ossia a zero emissioni e a zero bollette che la Fabbrica del Sole è riuscita a trasformare anche in un'idea commerciale di grande rilevanza, mettendo sul mercato un container da allacciare alla casa, chiamato «Of grid box» e concepito come la struttura hydrolab, che permette di essere energeticamente autosufficienti e senza nessun allacciamento alle reti pubbliche. Un'idea talmente di successo che, solo nel 2011, ha portato le società legate alla cooperativa a fatturare 12 milioni di euro. «Vivere senza essere vincolati ai fornitori che erogano energia e altri servizi, all'inizio è costoso», spiega Cecchini, «perché si spendono 25-30 mila euro, che si recuperano in cinque anni» –:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, sulla base di quanto attuato ad Arezzo grazie alla struttura hydrolab, al fine di sviluppare delle reti di idrogenodotti, in grado di fornire risparmio energetico ed economico alle imprese italiane. (4-17573)
JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
un vero mercato con cibi freschi, dalla frutta alla verdura, dalle uova ai formaggi, dal vino al miele ha aperto il 19 luglio 2012 nella sede della fabbrica Whirlpool di Cassinetta di Biandronno (Varese). Per la prima volta coltivatori e allevatori – su modello dei farmer's market – hanno venduto i loro prodotti direttamente ai dipendenti e ai cittadini di Biandronno e dintorni: solo un paio di chilometri separano l'azienda dal centro del comune varesino;
il sottopasso pedonale è stato trasformato in una piazza coloratissima grazie a tre studentesse del liceo artistico di Varese, ed è li che le bancarelle troveranno spazio ogni giovedì, per offrire frutta e verdura di stagione e fresca di giornata. «Un'attenzione particolare va ai prodotti del territorio varesino, dalle pesche di Monate agli asparagi di Cantello, dalla formaggella del Luinese ai frutti di bosco di Azzio», spiega Dino Crivelli, presidente dell'associazione Il Crivello, che riunisce 70 produttori e rifornirà questo atipico mercato. «Ogni giovedì saranno una decina gli espositori presenti, a rotazione, e parteciperanno bancarelle provenienti da tutta Italia: infatti non si tratta di un mercato a chilometro zero, ma di vendita diretta dal produttore al consumatore. Porteremo cibi sani e tipici da tutte le regioni, dalle arance siciliane ai formaggi piemontesi»;
distribuire derrate alimentari come il formaggio o gli insaccati, i mirtilli o la pasta di farro, all'interno di una fabbrica di elettrodomestici sta a significare la volontà di porre particolare attenzione alle risorse del territorio, incrementandone la produzione ed il consumo. «Il modello di distribuzione senza intermediari vuole promuovere un consumo sempre più consapevole dando garanzie sulla tracciabilità degli alimenti, sicurezza sulla freschezza e genuinità», commenta Fabio Scaltritti, direttore della fabbrica Whirlpool di Cassinetta. «Se siamo informati su quello che mangiamo, contribuiamo al nostro benessere e a quello dell'ambiente». «Per questa ragione pochi mesi fa abbiamo firmato un accordo strategico con il Politecnico di Milano», continua Scaltritti, «allo scopo di costituire un distretto tecnologico nel settore agroalimentare in Lombardia. Lavoreremo insieme su aree come l'efficienza energetica che, applicata agli elettrodomestici, consente di consumare meno energia e sulle nuove tecnologie di cottura, che ne abbattono i tempi»;
se si è ciò che si mangia, e dunque ciò che prima ancora si mette nel carrello, si è anche ciò che si cucina e come lo si fa. Questa sembra essere l'idea che sta dietro al mercato in fabbrica. Nel nome dell'ambiente le aziende possono inventare metodi creativi per promuovere l'idea di risparmio energetico che anche in cucina ha risvolti altamente tecnologici. Le cucine di nuova generazione sono 2.0 e non solo riutilizzano l'acqua di scarto, ma sono in grado di passare il calore da un elettrodomestico all'altro. «Ogni giorno sprechiamo litri d'acqua lavando verdure, cucinando, pulendo: in una cucina green quell'acqua viene raccolta, sterilizzata e conservata in una cisterna sotto il lavandino e riutilizzata per altri cicli di lavaggio oppure, collegata al compressore del frigo, viene riscaldata prima di essere usata dalla lavastoviglie. Risparmiando acqua ed elettricità» –:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di sostenere uno sviluppo dei mercati a chilometro zero, creati anche all'interno di spazi industriali, come nel modello Whirlpool, utili, sia allo sviluppo della produzione, che ad un consumo consapevole delle risorse agricole del territorio interessato. (4-17574)
JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
da rifiuto a risorsa, osservando sette regole di base, elencate in occasione dell'assemblea programmatica in tema rifiuti, organizzata in vista degli stati generali della green economy che si svolgeranno a Rimini il 7 e 8 novembre, in occasione di Ecomondo. A partire da queste tre: armonizzare e semplificare il quadro normativo; orientare il mercato del riciclo dei rifiuti con strumenti fiscali ed incentivi; sviluppare indicatori di performance ambientale. Si tratta di regole volte a trasformare l'industria del riciclo in un volano per l'economia italiana con l'obiettivo di raggiungere l'indipendenza dalle importazioni di materie prime ed energia;
l'industria europea del riciclo ha avuto un tasso di crescita annuo dell'8,3 per cento e occupa 512 mila persone. In Italia, Paese strutturalmente povero di materie prime, l'uso di materie seconde e l'industria basata sull'uso di queste materie ha consentito di conseguire importanti risultati economici e benefici ambientali. Ma, nel 2010, l'Italia si presenta ancora come uno dei pochi Paesi europei importatori di materie seconde. «La sempre maggiore scarsità di risorse naturali e, nello stesso tempo, la disponibilità di nuove tecnologie offrono l'opportunità di gestire in un'ottica green i rifiuti – spiega Walter Facciotto direttore del Conai e coordinatore del gruppo di lavoro sui rifiuti –. Investire nel mercato dei rifiuti consente di generare molteplici benefici economici e ambientali e il settore del riciclo crea un maggior numero di posti di lavoro rispetto a quanti ne sostituisca, in Europa in particolare gli occupati in questa eco-industria crescono ad un tasso dell'11 per cento annuo. Non bisogna dimenticare, inoltre, che il commercio mondiale di materie seconde è cresciuto a tassi superiori a quelli dell'insieme dei beni e dei servizi, trainato da Cina ed economie emergenti»;
queste le sette regole per sviluppare l'industria del riciclo. Si parte dalla necessità di armonizzare la normativa, aggiornare la regolamentazione e la normazione tecnica, standardizzare i materiali derivati dai rifiuti, definendo e applicando criteri comunitari sull’End of Waste, coordinandoli con la normativa italiana sulle materie prime secondarie (Mps) e diffondendo la certificazione a garanzia di qualità. Seconda regola: promuovere gli acquisti verdi. Al terzo punto l'indicazione di sostenere il mercato con strumenti fiscali (sistemi di detassazione «razionale» su Mps, sottoprodotti, prodotti riciclati, sistemi di detassazione e facilitazione al credito per gli investimenti in ricerca e sviluppo, meccanismi premiali per il materiale riciclato sulla falsa riga dei certificati bianchi);
è necessario poi semplificare e snellire gli oneri amministrativi al fine di rendere più competitivo il comparto, aumentare la trasparenza, la corretta informazione e la maggior concertazione con la pubblica amministrazione; introdurre a livello nazionale disincentivi per evitare che lo smaltimento in discarica sia economicamente conveniente; creare dei «poli industriali» favorendo la creazione di siti moderni ed ecoefficienti con capacità di riciclo e recupero in grado di rispondere alle esigenze del territorio. Settima e ultima regola: sviluppare indicatori di performance ambientali, gestionali ed economici in grado di misurare le performance anche in termini di qualità ed effettivo avvio a recupero –:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di modificare la normativa relativa al ciclo dei rifiuti, con indicazioni che prestino particolare attenzione alla possibilità di trasformare i rifiuti in risorse utili dal punto di vista energetico. (4-17575)
JANNONE. —Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il verdetto di uno studio del «World Economic Forum» di Ginevra che misura la competitività dei Paesi in base a fattori come lo stato delle infrastrutture e la capacità di spingere l'innovazione conferma il sorpasso della Germania sugli Stati Uniti, per quanto riguarda la competitività. La Svizzera resta al primo posto seguita da Singapore. L'Italia sale di un gradino al 42esimo posto, ma, insieme alla Spagna (36esima), non riesce a entrare nei top 30, fattori che consegnano la «maglia rosa» alla Svizzera aiutata da campioni nazionali come Novartis e Nestlè, ma anche da un'economia stabile e da mercati finanziari sviluppati;
alle spalle della Svizzera segue stabile Singapore, mentre si scambiano posizione la Finlandia, adesso al terzo posto, e la Svezia, che scende di un gradino. Al quinto posto sale di due gradini l'Olanda, davanti alla Germania, ferma allo stesso livello del 2011, ma davanti agli Usa che sono scesi di due scalini dal quinto al settimo posto. Nella lista dei «top ten» seguono la Gran Bretagna (ottava nonostante le recessione), Hong Kong (9) e il Giappone (10), mentre la Francia perde tre punti (21), con l'Irlanda che ne guadagna due (27), mentre la Cina ne arretra di tre (29). Ferma a quota 36 la Spagna, come pure la Polonia (41), davanti a Italia e Turchia (43), che ha fatto un incredibile balzo in avanti di 16 posizioni. In progresso anche il Brasile, da quota 53 a 48, mentre il Portogallo perde quattro posizioni e scende a quota 49 e l'India scivola al 59esimo posto. All'ultimo posto il Burundi (144);
gli Usa registrano il quarto calo consecutivo nonostante il recupero in competitività sul fronte dell'innovazione e dello sviluppo dei mercati finanziari che mostra segnali di ripresa dal picco della crisi. A pesare sul giudizio del World Economic Forum è – soprattutto – la scarsa fiducia nella politica e l'instabilità macroeconomica. All'interno dell'Unione monetaria la crisi ha reso ancora più evidente il solco fra Nord e Sud del vecchio continente con economie che corrono e altre che arrancano. La Finlandia ha scalzato la Svezia dal podio. Brilla il quinto posto dell'Olanda (era settima) davanti alla stabile Germania. Una situazione che palesa le difficoltà dei Paesi nel mirino della speculazione. Ai problemi di Spagna e Italia si aggiungono quelli della Grecia, sprofondata al 96esimo posto alle spalle anche di Argentina e Namibia. Un crollo che – secondo il World Economic Forum – mantiene in vita la possibilità che Atene «e forse altri Paesi lascino l'area euro» –:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, al fine di rendere il nostro Paese più competitivo, sia a livello europeo, che globale. (4-17576)
JANNONE. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
un gruppo di ricerca napoletano, facente capo all'Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Spin), sta tentando di comprendere se la materia sia o no intelligente, cioè se, ed in che modo, possa rispondere agli impulsi dati dalla luce. In collaborazione con il dipartimento di scienze fisiche e chimiche dell'università partenopea «Federico II», il team è riuscito a spiegare la capacità di certi polimeri fotosensibili di modificare la propria forma in risposta alla luce;
malgrado le grandi potenzialità applicative di questi materiali e nonostante essi siano stati analizzati in moltissime ricerche, fino ad oggi i meccanismi alla base del loro comportamento erano poco conosciuti. Lo studio pubblicato su «Nature Communications» ha invece identificato un nuovo aspetto della risposta di questi polimeri ai fasci luminosi, dimostrando che certi adattano la propria superficie allo stimolo, così da svolgere particolari funzioni;
il risultato è stato ottenuto utilizzando un particolare fascio laser, detto «a vortice», che, una volta assorbito dal polimero, ha evidenziato un disegno superficiale a forma di spirale, mai osservato in precedenza e completamente inatteso secondo le teorie proposte fino ad oggi. «Il nostro team ha preso in esame i polimeri fotosensibili, un particolare insieme di materiali plastici che reagisce alla radiazione dei fasci luminosi esterni», spiega Antonio Ambrosio, che ha coordinato il gruppo di cui fanno parte Lorenzo Marrucci, Pasqualino Maddalena, Fabio Borbone e Antonio Roviello. «Grazie a tali proprietà, questi materiali “intelligenti” quando sono irradiati possono modificare la forma della loro superficie dando luogo a microscopici rilievi e avvallamenti il cui profilo dipende dalla natura e dall'intensità della luce che ricevono», ha aggiunto;
tali modifiche consentono ai polimeri di svolgere particolari funzioni. «Il risultato ottenuto dall'esperimento è anche “esteticamente” molto particolare», spiega il ricercatore. «Attraverso l'utilizzo di un particolare fascio laser, detto “a vortice”, il polimero ha dato luogo a un disegno superficiale che ricorda la forma di una spirale». I materiali impiegati nella ricerca sono gli stessi utilizzati in alcuni oggetti di uso quotidiano come certi tipi di cd-rom e dvd, in cui la memorizzazione dei dati sfrutta proprio la loro sensibilità ai raggi luminosi;
materiali intelligenti rispondono a stimoli esterni e, quindi, sono in grado di modificare le proprie caratteristiche. Una tipologia particolare è quella dei polimeri fotosensibili, che hanno la capacità di modificarsi una volta illuminati (sia da luce normale che da un fascio laser), dando luogo ad un microscopico disegno di rilievi e avvallamenti che è proporzionale al fascio di luce incidente –:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di incentivare l'attività di ricerca riguardante i polimeri fotosensibili, per un loro impiego quotidiano che sia in grado di migliorare la qualità della vita.
(4-17577)
JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
industrie autosufficienti dal punto di vista energetico e monitoraggio dei consumi nelle case, potrebbero essere dei tasselli ideali da inserire nel più ampio puzzle di una smart grid di grandi dimensioni. Piccoli nodi all'interno di una rete elettrica efficiente di prossima generazione. Al momento, quando si produce energia elettrica da fonti rinnovabili, questa viene sfruttata dal produttore e il surplus viene immesso nella rete. Un nuovo progetto sviluppato per un contesto industriale, ma replicabile anche in città all'interno di quartieri, si è posto l'obiettivo di sfruttare l'energia il più possibile in loco. Inoltre, lo scopo di Building energy ecosystem (Bee-Costruire ecosistemi energetici) è utilizzare in maniera congiunta diverse sorgenti rinnovabili, nel caso specifico l'energia derivante dalla biomassa e dal fotovoltaico. La sperimentazione è partita nell'agosto dell'anno scorso e terminerà alla fine del 2012. Questa sfida tecnologica è finanziata nell'ambito dei poli dell'innovazione della regione Piemonte con cinque partner. L'installazione vera e propria verrà effettuata nel mese di settembre 2012 nell'Agrindustria di Cuneo. L'azienda ricava prodotti da scarti di origine vegetale: si producono mangimi, basi per cosmetici, lettiere per gatti. I sensori saranno applicati a macchinari che lavorano i tutoli di mais (la parte centrale del granoturco a cui sono fissati i chicchi);
per sfruttare al meglio l'energia prodotta il dipartimento energetico Tebe del politecnico di Torino ha sviluppato algoritmi specifici: i macchinari funzioneranno a massimo regime quando le fonti energetiche forniranno più energia mentre, quando ce ne sarà una minore disponibilità, ridurranno la potenza. L'energia prodotta, dunque, orienterà lo svolgimento delle lavorazioni in modo da essere sfruttata il più possibile in loco. Paolo Mollo responsabile tecnico del progetto Bee per la Csp spiega di aver creato «un sistema in grado di misurare sia i consumi dei macchinari che i sistemi di produzione dell'energia elettrica facendo interagire diversi protocolli di comunicazione. In più, abbiamo studiato soluzioni wireless in grado di coprire grandi aree facendo fronte ai disturbi elettromagnetici dovuti nei capannoni alla presenza dei macchinari e nelle zone aperte all'estensione stessa dell'area da coprire»;
la casa di domani, per essere confortevole e al tempo stesso sostenibile, si dovrebbe basare su quanto ipotizzato dal progetto Daemon. Il progetto, partito due anni fa, è realizzato con il dipartimento di energetica del politecnico di Torino. Sergio Duretti, direttore di Csp spiega: «L'obiettivo è realizzare una scatola intelligente della dimensione di uno smartphone: un cervello di controllo munito di sensori che rilevano temperatura, umidità e luminosità e anidride carbonica all'interno di un ambiente. Inoltre, questo piccolo cervello trasmette le informazioni in modo automatico ad attuatori che regolano questi parametri in ragione di una configurazione ideale preimpostata». Sebbene siano stati applicati parametri riconosciuti come ideali, l'utente ha la possibilità di modificarli in base alle proprie preferenze. Un esempio pratico sono le tende automatizzate: se il «cervello» individua una luminosità eccessiva, provvederà a ridurla abbassando le tende. Se la temperatura si alza, verrà abbassata e, ben prima di cominciare a battere i denti, se i gradi si abbassano troppo verranno riportati al livello ideale senza muovere un dito;
inoltre, questo sistema fornisce all'utente i dati necessari perché sia consapevole dell'incidenza sui consumi delle proprie scelte. Per esempio, viene informato a quale costo energetico ed economico corrisponde il desiderio di una certa temperatura ambientale. Ciò dovrebbe aumentare la consapevolezza delle conseguenze ambientali ed economiche delle proprie scelte. La sperimentazione è in fase operativa e si concluderà alla fine dell'anno. Unico neo, questo sistema non può essere applicato agli elettrodomestici già presenti in casa. Duretti precisa: «È necessario che i prodotti integrino componenti in grado di comunicare. Oggi la maggior parte degli elettrodomestici è stand alone, ossia pensata come una componente autonoma e distaccata. Solo alcuni apparecchi di fascia alta cominciano a integrare funzionalità di rete» –:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di sviluppare ed estendere a livello nazionale il progetto «Building energy eco system» ideato dal dipartimento di energetica del politecnico di Torino. (4-17578)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Palagiano e altri n. 1-01136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Evangelisti.
Apposizione di una firma ad una interpellanza.
L'interpellanza urgente Bobba e altri n. 2-01655, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Realacci.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in commissione Cenni e altri n. 5-07759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Servodio.