XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la devastante crisi economica internazionale ha pesato maggiormente sul Mezzogiorno, dove il gap economico esistente con il resto del Paese è rimasto immutato se non è addirittura peggiorato;
    tra le regioni che hanno sofferto, con più forza, gli effetti della crisi vi è sicuramente la Calabria che ha pagato gli ormai storici e conosciuti ritardi di natura strutturale, così come è evidenziato in un importante studio realizzato da Rossana Nisticò, economista dell'università della Calabria;
    il tasso di disoccupazione nella regione ha raggiunto il 19,5 per cento nel primo trimestre del 2012 e gli effetti della crisi sono resi evidenti anche dal maggior numero di persone in cerca di occupazione, che è passato dalle 88 mila persone del primo trimestre del 2011 alle 133 mila persone del primo trimestre del 2012 (a fronte di un aumento del 20 per cento a livello nazionale, in Calabria si è registrato un aumento del 51 per cento);
    in pratica, persone in precedenza inattive sono costrette a cercare lavoro a causa della crisi reddituale che investe le famiglie colpite dalla crisi del mercato del lavoro e dall'inasprimento fiscale attuati negli ultimi anni;
    il quadro congiunturale della Calabria peggiora anche a causa del rallentamento produttivo che si è venuto a determinare dalla fine del 2011;
    le stime di Prometeia sull'andamento del prodotto interno lordo descrivono una brusca frenata con un aumento della crescita che si attesta allo 0,2 per cento, ben al di sotto del livello nazionale già di per sé molto critico;
    in questo quadro le condizioni del mercato del lavoro per i giovani sono andate peggiorando, soprattutto nelle regioni meridionali, tanto da «resuscitare» con forza il fenomeno di una nuova ondata di emigrazione;
    in particolare, in Italia il tasso di occupazione nella fascia di età 18-29 anni si è ridotto del 41 per cento, mentre il tasso di disoccupazione ha avuto un'impennata fino a raggiungere nel 2011 il 20,2 per cento, a dimostrazione di un forte disagio giovanile, ma tali dati peggiorano pesantemente se si esamina la Calabria, dove il tasso di occupazione giovanile (18-29 anni) è al 25,2 per cento, pari a meno della metà di quello medio delle regioni del Nord (52 per cento) e ai due terzi di quello medio italiano (41 per cento);
    la situazione economica della Calabria, in linea con la maggior parte delle regioni del Mezzogiorno, segna un forte arretramento dagli ultimi mesi del 2011 a tutt'oggi, e ciò è dovuto soprattutto alla debolezza della realtà produttiva e al calo dei flussi di spesa pubblica, nonché alla contrazione dei redditi che hanno determinato un forte calo dei consumi;
    i maggiori istituti di ricerca sono concordi nell'affermare il rischio concreto che tale situazione, in particolar modo in Calabria, possa ulteriormente peggiorare, con la possibilità di destabilizzazione di ogni forma di tenuta sociale nell'intero territorio;
    appare evidente che in Calabria, come d'altronde in tutto il Mezzogiorno, sia arrivato il tempo di interventi strutturali che possano limitare il gap attualmente esistente, rilanciando l'economia del Sud come asse fondamentale della ripresa a livello nazionale;
    in tal senso, va fatto uno sforzo di riprogrammazione dei fondi per le aree sottoutilizzate obiettivo convergenza, che troppo spesso sono stati utilizzati non per il rilancio delle regioni interessate ma come copertura per interventi non previsti dalla finalità dei fondi medesimi;
    è indubbio che per rilanciare l'economia nel Mezzogiorno e in Calabria bisogna puntare alla modernizzazione e alla riorganizzazione del sistema infrastrutturale unite ad una serrata battaglia per la legalità, accompagnate da concreti interventi che possano stimolare in tali territori proprio processi di crescita, attraverso la promozione delle imprese e dell'innovazione, il sostegno alla ricerca, la valorizzazione del turismo, la promozione dell'autoimprenditorialità giovanile, la crescita sostenibile;
    non si può oltretutto dimenticare che la regione Calabria presenta una specificità propria con un'economia basata sul mercato interno e poco propensa a intervenire sul mercato estero, con il risultato che la crisi economica attuale sta devastando l'economia regionale, senza che vi sia alcuna speranza di ripresa legata a un aumento dell'esportazione, così come sta accadendo in altri Paesi e in alcune regioni italiane;
    dalle considerazioni generali risulta, quindi, un quadro generale preoccupante, per non dire disastroso: aumento della disoccupazione, diminuzione vistosa del credito bancario, forte rallentamento del tasso di crescita, esportazioni molto al di sotto del livello nazionale, aumento del lavoro precario con il corrispondente aumento del disagio delle fasce giovanili, drastica riduzione dei consumi delle famiglie, aumento dei flussi migratori,

impegna il Governo:

   a programmare un piano di intervento straordinario per il Mezzogiorno, a partire dal corretto utilizzo dei fondi per le aree sottoutilizzate, che punti ad annullare il gap attualmente esistente tra le diverse regioni del Paese, puntando alla modernizzazione infrastrutturale delle regioni meridionali in generale e della Calabria in particolare;
   a prevedere, attraverso un piano organico da definire in un tavolo di programmazione aperto al contributo degli amministratori e delle forze imprenditoriali e sociali del territorio, la promozione e l'innovazione delle imprese, il sostegno alla ricerca, la valorizzazione del turismo, la promozione dell'autoimprenditorialità giovanile e un modello che punti soprattutto ad una crescita sostenibile, legata alle potenzialità del territorio;
   a determinare, attraverso un concorso di responsabilità anche degli istituti di credito, delle condizioni di accesso al credito che aiutino realmente le imprese e le famiglie calabresi ad uscire dall'attuale crisi economica;
   a incrementare la lotta alla criminalità organizzata che assume, in quel territorio, una valenza particolarmente violenta e ostativa a qualsiasi processo di crescita economica regionale.
(1-01132) «Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati sull'economia italiana sono allarmanti. Nella relazione dell'Istat, relativa al secondo trimestre del 2012, si rileva che il prodotto interno lordo è in caduta libera, i consumi delle famiglie crollano, la spesa della pubblica amministrazione aumenta e i giovani non trovano lavoro;
    all'interno della situazione di crisi il dato più preoccupante riguarda il Mezzogiorno e, in modo particolare, la regione Calabria;
    infatti, gli ultimi dati sulla disoccupazione in Calabria forniti dall'Istat, intorno al 20 per cento, rappresentano l'ennesima conferma della situazione di difficoltà economica e sociale che continua ad attraversare la regione e la ripresa autunnale non nasce sicuramente tra i migliori auspici se si considerano i tanti punti di crisi aperti e le tensioni sociali conseguenti;
    tutto ciò va oltretutto ad impattare sulla condizione di già persistente gravità dovuta alle pesanti dismissioni di intere filiere e comparti produttivi, con la perdita di migliaia di posti di lavoro registrati in questi ultimi anni;
    in un contesto così sfavorevole non aiutano, anzi penalizzano fortemente, le decisioni del Governo in materia di riduzione della spesa, in particolare nel pubblico impiego, dove addirittura si corre il rischio di mettere in discussione i livelli occupazionali esistenti, oltre che rendere, di fatto, impossibile l'accesso delle nuove generazioni al mercato del lavoro pubblico. Gli stessi interventi previsti nel piano per il Sud varato dal Governo rischiano di essere riduttivi se non inquadrati in un modello di sviluppo compatibile con le specificità territoriali e, quindi, funzionali ad una rapida integrazione della regione Calabria nel sistema produttivo nazionale ed internazionale;
    occorre, quindi, che si avvii al più presto un confronto con le parti sociali, le associazioni imprenditoriali ed i livelli istituzionali locali, senza pregiudizi sulle opere proposte e preannunciate come il rigassificatore ed il polo logistico di Gioia Tauro, la realizzazione della centrale a carbone di Saline e la riconversione della centrale di Rossano, il ponte sullo Stretto;
    in questo senso occorre un sforzo straordinario per velocizzare tempi e procedure per l'erogazione dei fondi strutturali, accelerando programmi e progetti attraverso un corretto e celere utilizzo delle risorse, orientando la spesa verso tre principali ambiti di intervento: infrastrutture, occupazione giovanile ed innovazione;
    va al più presto realizzato e reso esecutivo un piano straordinario per l'occupazione e il lavoro in Calabria con strumenti e risorse adeguate, anche comunitarie. Per questi motivi la decisione di rimodulare il fondo sociale europeo, concentrando le misure esclusivamente sulla «occupabilità», può e deve essere l'occasione per dare risposte immediate ai tanti giovani calabresi sul fronte occupazionale;
    la regione Calabria, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare impotente, stante le molteplici scelte sbagliate operate fino ad ora dal governo regionale e dal suo presidente, di fronte a tale drammaticità,

impegna il Governo:

   a predisporre, nei limiti del contenimento della spesa pubblica, un piano straordinario per il rilancio dell'economia della regione Calabria, attraverso la realizzazione o il completamento di importanti opere infrastrutturali, quali l'autostrada «Salerno-Reggio Calabria», la strada statale 106 jonica, la valorizzazione del porto di Gioia Tauro, il potenziamento degli aeroporti e la linea ferroviaria ad alta velocità;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per istituire aree apposite di fiscalità di vantaggio;
   a varare misure a sostegno dell'agricoltura e, in modo particolare, dell'agrumicoltura e dell'olivocoltura;
   ad agevolare lo sviluppo del turismo attraverso un sostegno mirato al settore (credito d'imposta, formazione del personale ed incentivi per l'ammodernamento ed adeguamento delle strutture);
   a promuovere un piano per la tutela e la valorizzazione dell'ingente patrimonio ambientale;
   ad assumere iniziative per prevedere, attraverso un confronto con le parti sociali, la possibilità di istituire contratti di lavoro per lo sviluppo in deroga al contratto nazionale, al fine di favorire l'insediamento di nuove aziende ed attrarre capitali dall'estero.
(1-01133) «Belcastro, Iannaccone, Porfidia, Brugger».


   La Camera,
   premesso che:
    il numero chiuso per l'accesso all'università sta producendo effetti paradossali che si rifletteranno sinistramente sull'assetto futuro della società italiana;
   al di là delle perplessità sulla qualità dei test di accesso, sulla massa di ricorsi che puntualmente ogni anno si rovescia sui tribunali amministrativi, sul dilagare del nefasto sistema delle raccomandazioni, che in sostanza impedisce ai migliori di accedere, si osserva che la limitazione degli accessi è basata da un lato su una valutazione della capacità di assorbimento del mercato del lavoro che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo del tutto arbitraria, dall'altro sulla capacità di assorbimento dei singoli atenei, anch'essa basata su presunzioni del tutto teoriche, in quanto la qualità dello studio dei laureati non risulta aumentata da quando si è adottato il sistema del numero chiuso;
    giova anche ricordare che l'Italia è il Paese d'Europa con il minor numero di laureati per ogni 100 abitanti e l'Unione europea chiede di raddoppiare questi numeri in pochi anni; entro il 2020 nella fascia tra i 30 ed i 34 anni i laureati dovrebbero essere il 40 per cento della popolazione, ma nel 2010 l'Italia era ancora ferma al 19,8 per cento, quattordici punti sotto la media europea; i dati sulle immatricolazioni negli atenei statali presentano da anni un trend sistematicamente in calo; secondo un recente studio ministeriale sul passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all'università, mai come nel 2012 è stato ampio il divario tra immatricolati e diplomati: se negli anni 90 il rapporto superava il 70 per cento, nel 2012 è sceso al di sotto del 60 per cento;
    ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 264 del 1999 sono programmati a livello nazionale gli accessi a numerosi corsi di laurea di diverse facoltà, tra le quali in particolare medicina, chirurgia, architettura, i corsi per la formazione del personale sanitario, i corsi di laurea in scienza della formazione primaria, nonché i corsi universitari di nuova istituzione o attivazione, su proposta delle università, e i corsi specialistici dei medici e delle professioni legali;
    il numero di posti per i corsi è determinato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» articolo 3, comma 1, lettera a) della legge n. 264 del 1999); considerate le perplessità che possono sollevarsi sulla capacità del suddetto Ministero di valutare quale sarà il mercato del lavoro nel lungo periodo, il rischio è che si sia pervenuti a valutazioni dotate di una forte componente di arbitrarietà;
    a riprova di quanto affermato il piano sanitario nazionale (PSN) per il triennio 2011-2013 stima in circa 17.000 il numero dei medici che lasceranno il Servizio sanitario nazionale entro il 2015. Considerando il numero medio di laureati in medicina e chirurgia per anno accademico e la quota di questi che viene immessa annualmente nel Servizio sanitario nazionale, ci si aspetta, a partire dal 2012, un saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni. Si stima, inoltre, che la forbice tra uscite ed entrate tenderà ad allargarsi negli anni a seguire. In sintesi, ci si attende una carenza di circa 22.000 medici dal 2014 al 2018;
    ulteriori perplessità desta l'utilizzo crescente della facoltà, concessa agli atenei, di introdurre anche autonomamente il numero programmato; le giustificazioni degli atenei consistono nel richiamo all'applicazione dei nuovi criteri di accreditamento che prevedono un certo rapporto tra docenti e studenti e ad un credibile rapporto tra numero di laureati e potenzialità occupazionali; anche qui si tratta di presunzioni del tutto teoriche, mentre è del tutto concreta l'affermazione delle associazioni studentesche e di quelle dei consumatori, secondo cui quello dei testi di accesso è un business da 50 milioni di euro l'anno, di cui ampia quota va agli atenei;
    secondo dati diffusi ad agosto 2012, per il prossimo anno accademico nelle università statali più del 50 per cento dei corsi sarà a numero chiuso: al 27 per cento dei corsi programmati a livello nazionale si aggiunge il 27,2 per cento di quelli programmati a livello locale; dei 2.274 corsi di primo livello, 1.231 sono a numero chiuso; per le scienze chimiche il numero chiuso è applicato nel 55 per cento dei casi, che sale al 90 per cento per coloro che si vogliono iscrivere a farmacia e scienze biologiche;
    dalla stampa si apprende che nel 2012 ai soli test in medicina e odontoiatria sono iscritti circa 77.000 aspiranti per circa 11.000 posti: di conseguenza solo 1 su 7 potrà iscriversi ai corsi; i test sono considerati dai partecipanti una sorta di lotteria. Da un sondaggio del 2011 di Universi Net su un campione, piuttosto significativo, di 16.128 ragazzi è risultato che il 57 per cento delle studentesse e il 39 per cento degli studenti sono pronti a qualsiasi escamotage in cambio dell'ammissione. Schiacciante il risultato su cosa sia più importante fare per essere ammessi all'università: solo per il 12 per cento conta lo studio, mentre per l'86 per cento è più importante la raccomandazione;
    la necessità di una nuova valutazione costi-benefici deve essere sollevata in reazione alla gestione degli studenti stranieri e dei posti ad essi riservati; è sintomatico il dato, ricavato dalle statistiche su ricerca scientifica e sviluppo tecnologico diffuse dall'Unione europea a fine luglio 2011, secondo il quale tra i risultati (tutti sotto la media comunitaria) raggiunti dal nostro Paese, spicca la vigorosa crescita del numero di laureati extraeuropei (+14,2 per cento); a questi si aggiunge anche un crescente numero di studenti tedeschi, inglesi o americani; considerato il livello medio tutt'altro che eccezionale delle università statali, occorre valutare se la crescita di queste iscrizioni non dipenda dal fatto che i relativi costi sono in Italia più bassi rispetto ad altri Paesi economicamente sviluppati, mentre per molti studenti extracomunitari va considerato che le norme attualmente vigenti pongono integralmente a carico del sistema universitario e dell'erario pubblico molti di essi;
    con sentenza 7 giugno-18 ottobre 2011, n. 5593 la VI sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che un cittadino italiano che sia stato respinto (rectius: non ammesso in base ad una graduatoria) alle selezioni per l'ammissione all'università non ha possibilità di fruire dei posti riservati dall'ateneo ai cittadini extracomunitari non residenti in Italia, anche nella ipotesi in cui gli stessi siano rimasti vacanti; con riferimento all'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264, il Consiglio non ha tenuto conto «dell'offerta potenziale del sistema universitario», ma ha preferito fondare la propria decisione sul concetto di «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo»; fabbisogno che non sarebbe inciso dagli studenti extracomunitari non residenti in Italia i quali, secondo alcuni, dopo il conseguimento del titolo di studio, sarebbero destinati a rientrare al proprio Paese di origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana;
    la crisi economica si è abbattuta come un maglio sui nostri giovani; il tasso di disoccupazione giovanile è del 35,9 per cento ed arriva al 48 per cento per le giovani donne nelle regioni meridionali; ma ancora più impressionante è il dato che 1,5 milioni di giovani non studiano e non lavorano: i cosiddetti NEET (not employment, education or training) sono ormai il 18,9 per cento della popolazione giovanile italiana;
    si è ampiamente studiato l'impatto devastante che la perdita del lavoro ha sui lavoratori adulti: il crollo della considerazione di sé stesso; la vergogna verso la famiglia; la vergogna sociale. Nessuno pensa che lo stesso accade, ma con l'aggravante della giovane età, a tanti di quei giovani studiosi che hanno confidato nel sistema Paese, subendo in cambio l'umiliazione di affrontare una sorta di lotteria;
    le associazioni consumeristiche e studentesche contestano con forza crescente il numero chiuso e per quest'anno sono previste class action collettive in favore degli esclusi, mentre si è in attesa di una decisione della Coste Costituzionale sulla legittimità degli accessi programmati,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche normative, volte ad ampliare significativamente, già a decorrere dall'anno accademico 2012-2013, gli accessi programmati alle facoltà universitarie e/o agli atenei;
   ad assumere iniziative normative volte a modificare profondamente i criteri di limitazione dell'accesso agli studi universitari di cui alla vigente legge, in particolare:
    a) sopprimendo il criterio del «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) della citata legge;
    b) limitando ai soli casi di «serio e dimostrato impedimento alla didattica» la facoltà per gli atenei di introdurre autonomamente il numero chiuso;
    c) riducendo temporaneamente il rapporto docenti-studenti, quale forma di partecipazione del sistema universitario alla gestione della crisi economica che incombe sulla società italiana;
   a sottoporre a complessiva valutazione costi-benefici gli oneri relativi al mantenimento degli studenti extra-comunitari, eliminando le storture che possono essersi verificate e le possibili sperequazioni ai danni degli studenti indigenti intra-comunitari, nonché prevedendo che il mantenimento integrale degli studenti extracomunitari sia limitato a quelli dei Paesi più poveri e privi di un sistema universitario adeguato;
   ad assumere iniziative per consentire con effetto immediato agli studenti italiani che risultino tra i primi non ammessi nelle graduatorie di accesso degli atenei di occupare i posti lasciati vacanti dagli studenti extracomunitari, sino a concorrenza dei medesimi;
   a valutare la possibilità di riconsiderare integralmente i criteri di accesso agli studi universitari, in relazione alla scarsa affidabilità del sistema basato su quiz di cultura generale, prevedendo invece che l'accesso sia libero e che siano le università stesse a selezionare coloro che ritengono meritevoli di proseguire gli studi, in base a risultati didattici reali, conseguiti in un periodo da definirsi di prova che potrà essere annuale o biennale a seconda delle facoltà.
(1-01134) «Mario Pepe (Misto-R-A), Brugger».


   La Camera,
   premesso che:
    nel luglio 2012 è stata avviata una improvvisa e ben orchestrata campagna che, ai firmatari del presente atto di indirizzo, appare diffamatoria ai danni della Regione siciliana, con la quale veniva lanciato un allarme assolutamente non documentato sulla situazione finanziaria e su un imminente rischio default;
    tali accuse, che hanno trovato sponda in un consolidato antisicilianismo e antiautonomismo di precisi ambienti politici nazionali, hanno consapevolmente disinformato rispetto alla reale situazione dei conti della Regione siciliana, peraltro certificati dalla Corte dei conti attraverso l'approvazione del rendiconto finanziario del 2011;
    lo stesso Governo, attraverso note formali e dichiarazioni di diversi suoi componenti, smentiva del tutto le illazioni relative ad un rischio default;
    tutto ciò, che ha comportato ricadute dannose compromettendo gravemente l'immagine della Sicilia e creando allarme nei mercati finanziari, ha determinato anche pesanti danni di tipo economico, rischiando di compromettere lo stato dei saldi finanziari e di inficiare le iniziative che il governo regionale ha varato per garantire gli equilibri di bilancio ed il contenimento dei costi degli apparati amministrativi, attraverso l'avvio di un processo di revisione e di modernizzazione dell'amministrazione regionale, grazie al quale si possono conseguire ineludibili risparmi di spesa;
    il Governo ha recentemente assicurato il trasferimento nelle casse della Regione siciliana di soli 400 milioni di euro, come rimborso di anticipazioni di fondi per le aree sottoutilizzate, e di 240 milioni di euro da destinare alla spesa sanitaria, a fronte di un credito complessivo vantato dalla stessa Regione siciliana nei confronti dello Stato pari ad un miliardo di euro;
    il suddetto trasferimento ha, quindi, rappresentato solo una parziale restituzione di importi dovuti (fondi per le aree sottoutilizzate, crediti sanitari e fondi europei), e non, come qualcuno in ignoranza o malafede ha sostenuto, un indebito aiuto finanziario;
    la Regione siciliana vanta nei confronti dello Stato consistenti crediti ai quali va aggiunta la mancata definizione del contenzioso tra Stato e Regione siciliana relativamente all'attuazione dell'articolo 38 dello statuto regionale;
    alcuni dati possono essere utili per riportare verità relativamente alla situazione economica della Regione siciliana:
     a) il bilancio di previsione 2012 della Regione siciliana è di 27 miliardi di euro, di cui solo 1,6 miliardi di euro è destinato al pagamento di stipendi e salari. La spesa corrente prevista è di poco più di 15 miliardi di euro (ridotta di circa 5 miliardi di euro rispetto al 2008); quella in conto capitale di 11 miliardi di euro circa;
     b) a valori deflazionati rispetto al 2001 la spesa corrente è passata da 15,1 miliardi di euro a 11,7 miliardi di euro, con un decremento effettivo di circa 3,1 miliardi di euro. A valori nominali, la spesa corrente 2001 era di 15,5 miliardi di euro ed nel 2012 è di 15,0 miliardi di euro;
     c) analogamente la spesa in conto capitale è passata rispettivamente da 5,9 miliardi di euro nel 2001 a 8,5 miliardi di euro nel 2012. A valori nominali la spesa in conto capitale nel 2001 era di 6 miliardi di euro circa ed nel 2012 è di 10,9 miliardi di euro;
     d) i residui attivi al 31 dicembre 2011 erano pari a 15.730.351.000 euro, di cui 10.898.000.000 euro ascrivibili a somme non riscosse dallo Stato e dall'Unione europea. In particolare, si tratta di 2.040.264.000 euro per sanzioni tributarie accertate dagli uffici finanziari dello Stato e non incassate, 1.526.321.000 euro per trasferimenti non incassati dallo Stato sostanzialmente riferibili alla quota del fondo sanitario, 7.332.029.000 euro per trasferimenti in conto capitale dallo Stato e dall'Unione europea ad oggi non incassati, ma anticipati dalla Regione siciliana;
     e) lo stock di debito della Regione siciliana al 30 giugno 2012 è 5.247.016.053 euro, di cui 1.472.292.000 euro contratti dal 2009 ad oggi;
     f) in rapporto al bilancio della Regione siciliana, l'indebitamento è pari al 19,43 per cento. Il rapporto debito pubblico Regione siciliana/prodotto interno lordo Sicilia è del 6 per cento circa, assai inferiore a quello di altre regioni italiane e certamente non paragonabile a quello dello Stato;
    le difficoltà di liquidità sono generate sistematicamente dal fatto che la Regione siciliana è costretta ad anticipare rilevanti importi sul fondo sostegno al reddito e sui fondi strutturali, al fine dell'avanzamento della spesa nazionale e comunitaria, con ritardi notevoli nella monetizzazione da parte dello Stato e dell'Unione europea. In particolare, la tensione finanziaria di cassa è ascrivibile principalmente alle seguenti circostanze:
     a) programma attuativo regionale del fondo aree sottoutilizzate 2007-2013: a fronte di un programma di oltre 3.684.000.000 euro, sono stati effettuati pagamenti da parte della Regione siciliana per oltre 790 milioni di euro, le somme spettanti dallo Stato sono circa 884 milioni di euro, ne sono stati incassati solo 488 milioni di euro e non sono stati versati oltre 396 milioni di euro, quasi integralmente anticipati dalla Regione siciliana;
     b) fondi strutturali 2007-2013: il quadro è ancora più rilevante. Al 16 luglio 2012 sul fondo sociale europeo sono stati effettuati pagamenti certificati dalla Regione siciliana per circa 347 milioni di euro, di cui rimborsati dall'Unione europea e dallo Stato soltanto per circa 80 milioni. Il disavanzo di cassa in questo caso è di circa euro 266 milioni;
     c) per il fondo europeo di sviluppo regionale sono stati effettuati pagamenti certificati dalla Regione siciliana per circa 673 milioni di euro, di cui rimborsati dall'Unione europea e dallo Stato soltanto per circa 452 milioni di euro. Il disavanzo di cassa in questo caso è di circa 221 milioni di euro;
     d) a questi macro elementi di illiquidità si aggiungono le anticipazioni ai comuni connesse all'emergenza finanziaria e sanitaria del settore rifiuti;
    la campagna orchestrata contro la Regione siciliana è stata, quindi, con tutta evidenza priva di ogni fondamento e determinata esclusivamente da pregiudizi antisicilianisti e antiautonomisti che allignano in parte dalla classe politica italiana e da una campagna elettorale di fatto già avviata,

impegna il Governo:

   ad assicurare, per quanto di competenza, il pieno rispetto dell'autonomia speciale e delle prerogative costituzionali della Regione siciliana;
   a versare con urgenza nelle casse della Regione siciliana quanto anticipato dalla stessa per conto dello Stato e ad impegnarsi a risolvere lo storico contenzioso relativo all'articolo 38 dello statuto regionale siciliano.
(1-01135) «Oliveri, Commercio, Lombardo, Brugger».


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 agosto 2012 la Corte europea di Strasburgo ha giudicato incoerente la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita (legge 40 del 2004) ritenendo, in particolare, illegittimo il divieto di ricorrere alla diagnosi preimpiantatoria nel caso in cui entrambi i genitori siano portatori di una grave malattia genetica;
   in particolare, la Corte europea si è espressa sul caso di una coppia italiana portatrice di fibrosi cistica che, dopo aver avuto un primo figlio affetto da questa grave patologia, desiderava scongiurare tale rischio nel caso di una seconda gravidanza, ricorrendo alla fecondazione artificiale e quindi alla diagnosi preimpiantatoria sull'embrione;
    la Corte ha sentenziato che la legge n. 40, vietando questa possibilità, viola il diritto al rispetto della vita privata sancito dall'articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo e allo stesso tempo contraddice un'altra legge dello Stato italiano, la 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza. Quest'ultima, all'articolo 6, prevede, infatti, la possibilità di ricorrere all'aborto oltre i novanta giorni di gravidanza nel caso in cui siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna;
    secondo la Corte europea è anomalo che due leggi dello Stato si contraddicano in maniera così evidente e su un tema delicato e particolare come quello della procreazione medicalmente assistita e che in Italia, quindi, si vieti la possibilità di ricorrere ad una diagnosi che permetta di capire se l'embrione risulta affetto da patologie invalidanti, ma si autorizzi l'aborto terapeutico tardivo nel caso il feto risulti affetto dalle stesse patologie. Una contraddizione che non è soltanto legislativa, ma etica;
    la sentenza del 28 agosto, che stabilisce, tra l'altro, che lo Stato dovrà versare alla coppia 15 mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali sostenute, diverrà effettiva entro tre mesi se nessuna delle parti farà ricorso per ottenere una revisione davanti alla Grande Camera della Corte europea;
    il Governo italiano, attraverso diverse dichiarazioni alla stampa del Ministro della salute, Renato Balduzzi, sembra però intenzionato a presentare ricorso contro il giudizio europeo richiedendo un chiarimento giurisprudenziale per ciò che riguarda le decisioni dell'ordinamento italiano e quelle del Consiglio d'Europa;
    bisogna ricordare che la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita è stata bocciata in più di una occasione da sentenze di Tar, Corte Costituzionale e Corte europea, ed oggi, con le diverse modifiche apportate a seguito di tali provvedimenti giurisdizionali, risulta svuotata di molti punti fondamentali che ne hanno caratterizzato il contenuto originario. In particolare, proprio riguardo alla diagnosi preimpiantatoria, «storica» è stata la sentenza del tribunale di Salerno (gennaio 2010) che ha segnato la prima apertura del nostro Paese alla possibilità di mettere al mondo un figlio sano per i genitori portatori di gravi malattie genetiche;
    i pronunciamenti giurisprudenziali sinora emessi dalla Consulta e da vari tribunali italiani ed europei contro il contenuto della legge n. 40 sono stati 17 ed hanno abolito il divieto alla crioconservazione degli embrioni e il limite massimo di tre embrioni per ciascun ciclo di fecondazione, facendo decadere il principio fondante del provvedimento del 2004;
    l'unico tassello che mantiene in vita la legge n. 40 del 2004 è il divieto alla fecondazione eterologa sulla quale, la stessa Corte di Strasburgo, ha rinviato la decisione con la sentenza del 22 maggio 2012;
    concedere la possibilità alle coppie italiane fertili, ma portatrici di gravi patologie, di accedere alle tecniche di fecondazione assistita e ricorrere alla diagnosi preimpiantatoria non significa parlare di eugenetica, non significa manipolare i geni per migliorare la razza, né scegliere l'aspetto che dovrà avere il nascituro, ma significa garantire a tutte le coppie che lo desiderano di poter avere un figlio sano e di non fare ricorso all'aborto terapeutico;
    in Europa sono 16, ad oggi, gli Stati in cui la PGD (diagnosi preimpiantatoria) è consentita, pur con i diversi limiti imposti dalle leggi nazionali: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia. Negare alle coppie italiane questa possibilità significa, oggettivamente, incrementare quell'esilio riproduttivo che una buona legge sulla procreazione medicalmente assistita scongiurerebbe;
    la legge n. 40, sin dalla sua approvazione, si è dimostrata inadeguata a garantire i diritti delle coppie italiane, ponendo più limiti e divieti che opportunità e per questo è necessaria una riscrittura che adegui la normativa nazionale alle diverse sentenze emerse in questi anni dai tribunali italiani ed europei,

impegna il Governo

a non presentare ricorso alla Grande Camera della Corte europea contro la sentenza del 28 agosto 2012, al fine di tutelare i diritti delle coppie italiane che desiderano un figlio sano ricorrendo alla diagnosi preimpiantatoria dell'embrione, al pari di quanto previsto in moltissimi altri Paesi del mondo e ad assumere tutte le iniziative idonee a rispettare la sentenza di Strasburgo.
(1-01136) «Palagiano, Di Pietro, Donadi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   sono passati 11 mesi da quando, il 7 novembre 2011, Marina di Campo, sull'isola d'Elba, è stata colpita da una devastante alluvione che ha danneggiato gravemente il territorio, con strade allagate, infrastrutture idriche inutilizzabili, abitazioni private pesantemente compromesse e tutto il sistema dell'impresa turistica da ripristinare celermente per non compromettere l'economia della zona a forte vocazione turistica;
   l'intervento immediato del presidente della regione Toscana, in qualità di commissario straordinario per l'emergenza, Enrico Rossi, attraverso l'utilizzo di dieci milioni di euro dalle risorse del bilancio regionale, ha consentito di gestire l'emergenza mediante interventi di ripristino delle condizioni di sicurezza e di riduzione del rischio idrogeologico avviando, altresì, i necessari lavori per consentire il rientro in casa dei cittadini e per la ripresa dell'attività economica delle imprese;
   il Governo si è reso disponibile stanziando 3 milioni di euro per il risarcimento dei danni ai privati mediante l'ordinanza del Presidente del Consiglio, dei ministri n. 4015 del marzo 2012, anche a seguito delle pressioni esercitate dalla regione Toscana e degli enti locali interessati;
   delle suddette risorse – comunque insufficienti a coprire i danni subiti dai cittadini – ad oggi se ne è persa traccia, mentre gli abitanti di Marina di Campo hanno dovuto accendere prestiti bancari per ricostruire le abitazioni e far ripartire le attività turistiche della zona, nell'attesa di pronto intervento da parte del Governo, che inspiegabilmente non arriva;
   la situazione sembrerebbe ad un punto di svolta decisivo, poiché, da notizie di stampa, si apprende che è in preparazione a Firenze un incontro delle istituzioni presso la Protezione civile regionale nel corso del quale si conosceranno le entità finanziarie effettive messe a disposizione dallo Stato a favore delle popolazioni dell'isola d'Elba colpite dall'alluvione del 7 novembre; la regione potrà così stabilire le regole in base alle quali procedere al risarcimento –:
   per quale motivo i tre milioni di euro messi a disposizione dallo Stato per il risarcimento dei danni ai privati a seguito dell'alluvione del 7 novembre 2011 a Marina di Campo non siano stati ancora erogati dopo 11 mesi dall'evento;
   se il Governo confermi la disponibilità delle suddette risorse e quale sarà il percorso per l'assegnazione delle stesse.
(2-01653) «Velo, Sani, Pierdomenico Martino, Margiotta, Schirru, Giorgio Merlo, Cuperlo, Braga, Gnecchi, Sbrollini, Pes, Gatti, Levi, Albonetti, Marchioni, Boffa, Duilio, Marchignoli, Miglioli, Fluvi, Ferrari, Cavallaro, Tenaglia, Ferranti, Zampa, Ginefra, Rosato, Samperi, Ghizzoni, Capodicasa, De Micheli, Marco Carra».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il 7 novembre 2011, oltre 10 mesi or sono, il centro abitato di Marina di Campo – isola d'Elba – è stato colpito da una devastante inondazione, che ha causato danni ingenti alla proprietà pubblica ed a quelle private. Spiagge, strade, infrastrutture sono state spazzate via, al pari di edifici, con la conseguenza che 105 famiglie e 300 imprese hanno dovuto abbandonare l'abitazione e la sede;
   la popolazione ha reagito in mezzo al fango ed ai rifiuti senza che vi siano stati, al momento, risarcimenti ai privati ed alle imprese, a differenza di quanto accaduto nel caso di eventi alluvionali che, nello stesso periodo, hanno colpito la Lunigiana e la costa ligure;
   gli unici aiuti finanziari pervenuti sono quelli attraverso il commissario, nominato dalla protezione civile, nella figura del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, che ha attinto risorse dal bilancio regionale, coprendo, insieme al comune di Campo nell'Elba, gli oneri per una ricostruzione delle infrastrutture pubbliche, ma non i danni alle famiglie ed alle imprese –:
   quale sia il motivo dei mancati risarcimenti ai singoli cittadini ed alle imprese, a maggior ragione tenendo conto degli aiuti forniti nelle altre succitate aree, diverse dall'isola d'Elba, colpite da analoghi eventi;
   quali siano i criteri attraverso i quali queste risorse finalizzate agli indennizzi vengono riconosciute ed i tempi di assegnazione, che al momento risultano eccessivamente lunghi.
(2-01654) «Bosi, Toccafondi, Velo, Bonciani, Galletti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti, nella notte fra il 30 e 31 agosto 2012, è accaduta una cosa che ha decisamente del paradossale ad Aulla (MS) e che non può essere sottovalutata per la gravità della questione è stato diramato, da parte della protezione civile toscana, un bollettino meteo che, pur annunciando solamente lievi precipitazioni, ha scatenato il caos tra l'amministrazione e la cittadinanza aullese;
   a seguito dell'annuncio di perturbazioni da parte della protezione civile, pensando di «giocare d'anticipo», il sindaco di Aulla, Roberto Simoncini, ha ritenuto di procedere con una sorta di preallarme, non supportato da alcuna ordinanza, dicendo oralmente al personale comunale di avvisare telefonicamente i cittadini di Aulla del presumibile pericolo derivante dai pochi millimetri d'acqua in arrivo, invitandoli a spostare la macchina lontano dal greto del fiume;
   si è diffuso il panico tra la popolazione, che temeva una nuova esondazione del Magra, dal momento che sono stati «allarmati» anche gli abitanti di quelle frazioni site ben 200 metri al di sopra del letto del fiume, tra l'altro visibilmente in secca;
   è quanto mai spiacevole che, anche alla luce dell'incapacità manifestata nella gestione degli eventi, quelli sì davvero alluvionali, dello scorso anno, si sia ritenuto di procurare un allarme tra la popolazione, ad avviso degli interpellanti senza un reale problema di pubblica incolumità, cosa che peraltro, a parere degli interpellanti, potrebbe assumere rilievo penale, considerato che oltretutto si tratta di una popolazione profondamente segnata dall'alluvione che ha colpito la Lunigiana e le Cinque Terre;
   si tratta di un «al lupo, al lupo» al contrario, dal momento che, durante l'alluvione dell'ottobre 2011 nulla fu fatto, ed invece a fine agosto si è ritenuto di allertare la popolazione inutilmente, senza prendere provvedimenti per la realizzazione delle opere necessarie a mettere in sicurezza la città di Aulla, visto che la pulizia dell'alveo è stata fatta subito dopo la tragedia, ed in questo momento alle porte di un nuovo inverno la vegetazione è più rigogliosa di prima;
   tutto questo avviene anche per il fatto che, nonostante i tanti proclami dell'amministrazione regionale, il commissario governativo per le opere non sia intervenuto in modo adeguato ed incisivo, né nell'alveo, né sugli argini del Magra, facendo persistere il pericolo sull'intero territorio –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa, al fine di fare immediata e doverosa chiarezza su quanto accaduto, precisando soprattutto se il prefetto fosse a conoscenza di un reale rischio per la pubblica incolumità e se sia conforme alla normativa vigente e alla prassi l'allarme posto in essere dal sindaco di Aulla senza una comunicazione alla prefettura ed una ordinanza, anche quale segno di comprensione e rispetto nei confronti delle popolazioni colpite dall'alluvione già profondamente segnate e scosse dalla catastrofe dell'ottobre scorso;
   se non si ritenga opportuno rivedere la struttura commissariale governativa in carica, allo stato ad avviso degli interpellanti incapace di mettere in sicurezza l'alveo e gli argini del fiume, che versano ancora in gravi condizioni.
(2-01657) «Barani, Fucci, Luciano Rossi, Tortoli, Stradella, De Corato, Mussolini, Mazzoni, Bocciardo, Abelli, Palumbo, Armosino, Di Virgilio, Mancuso, Girlanda, De Luca, Gioacchino Alfano, Massimo Parisi, De Nichilo Rizzoli, Repetti, Cazzola, Mannucci, Murgia, Minardo, Ciccioli, Castellani, D'Anna, Ceroni, Toccafondi, Scapagnini, Porcu, Mazzuca, Garofalo, Di Cagno Abbrescia, Cassinelli, Formichella, Ascierto, D'Alessandro, Scandroglio, Polidori, Giro».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente nazionale per l'aviazione civile, unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile in Italia, si occupa dei molteplici aspetti della regolazione dell'aviazione civile, del controllo e vigilanza sull'applicazione delle norme adottate, della disciplina degli aspetti amministrativo-economici del sistema del trasporto aereo;
   tra questi uno dei più importanti compiti dell'Enac è senza dubbio quello relativo al controllo della sicurezza, nelle accezioni di safety e di security, nel rispetto ed in applicazione della normativa internazionale. Per safety s'intende la sicurezza dal punto di vista della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio degli aeromobili, nonché la valutazione dell'idoneità degli operatori aerei e del personale di volo. Con il termine security, invece, ci si riferisce alla sicurezza a terra, a bordo degli aeromobili, all'interno e all'esterno degli aeroporti per la prevenzione degli atti illeciti;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) si identifica con l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano. Come tale è un'autorità pubblica, caratterizzata da ampia autonomia, posta in posizione di terzietà rispetto al sistema aviazione civile, a garanzia dell'obiettività del proprio operato, così come richiesto dalla citata direttiva comunitaria 94/56/CE, oggi sostituita dal regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010;
   per garantire la suddetta posizione di terzietà, l'ANSV è stata posta sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta quindi dell'unica istituzione aeronautica che non è sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   in virtù delle disposizioni di legge – decreto legislativo n. 66 del 1999, come modificato dal regolamento (UE) n. 996/2010 – all'ANSV sono demandati i seguenti compiti: svolgere, a fini di prevenzione, le inchieste di sicurezza (precedentemente denominate «inchieste tecniche») relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza; lo scopo delle inchieste in questione è di identificare le cause degli eventi, al fine di evitarne il ripetersi; svolgere attività di studio e di indagine per assicurare il miglioramento della sicurezza del volo;
   da notizie di stampa pubblicate dai principali quotidiani nazionali nonché dall'agenzia di stampa Avionews, specializzata in materia aeronautica, si è appreso che il 30 luglio 2012 un piccolo aereo da turismo Cessna ha sbagliato rotta e per motivi di sicurezza due aerei che effettuavano voli di linea in fase di atterraggio all'aeroporto di Fiumicino, sono stati costretti a riprendere quota;
   il Cessna che appartiene alla scuola di volo Aviomar, era decollato dall'aeroporto dell'Urbe ed era diretto a Todi in Umbria e per motivi non ancora conosciuti aveva completamente deviato dalla rotta che avrebbe dovuto percorrere, andando ad interferire con lo spazio aereo contiguo all'aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci;
   il piccolo aereo, identificato dal sistema di controllo radar di Fiumicino e Ciampino, veniva fatto allontanare e rimesso in rotta;
   il velivolo interferendo con le operazioni di aerei di linea, nella porzione di spazio aereo prospiciente l'aeroporto L. da Vinci congestionata dai numerosi movimenti aerei in partenza ed arrivo, creava condizioni di pericolo sia sotto il profilo della sicurezza operativa che potenzialmente sotto il profilo di possibili interferenze illecite nei confronti del traffico aereo, comunque causando ciò che in termini aeronautici viene definito «Air prox»;
   la stessa agenzia di stampa Avionews nel riportare la notizia, data la gravità del fatto, si chiedeva, visto che la scuola di volo Aviomar risultava coinvolta già in un incidente aereo in cui erano deceduti sia l'istruttore di volo che l'allieva, se non fosse opportuno svolgere degli approfonditi accertamenti su detta scuola di volo, sia da parte dell'ENAC che dell'ANSV, per accertarne la capacità di fornire un corretto addestramento al volo «a vista» agli allievi, e sulle reali responsabilità, onde evitare che in futuro, gravissimi episodi come quello avvenuto nel cielo dell'aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci si possano ripetere –:
   quali iniziative siano state prese dall'Ente nazionale per l'aviazione civile Enac e dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ANSV, ognuno per quanto attiene ai propri compiti istituzionali, e se non si ritenga opportuno che vengano svolte approfondite verifiche da parte degli enti competenti per accertare se la scuola di volo Aviomar abbia la reale capacità organizzativa per impartire correttamente agli allievi piloti l'addestramento al volo. (4-17537)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web «Tiscali notizie» il giorno 3 settembre 2012 è stato pubblicato un articolo a firma Paolo Salvatore Orrù dal titolo «Al mare in Sardegna tra proiettili e bombe in spiaggia: l'immondezzaio bellico nel paradiso di Capo Frasca» –:
   quali immediate iniziative si intendano assumere per bonificare le aree interessate dalle attività militari e industriali che si svolgono nei poligoni della regione Sardegna;
   se a fronte della documentata presenza di ordigni di vario tipo, disseminati sul terreno e nelle acque marine del poligono militare, non si ritenga di dover accertare, per quanto di competenza, la responsabilità della mancata esecuzione delle bonifiche ambientali al termine delle attività e delle esercitazioni militari ed eventualmente segnalare i fatti e i responsabili alla procura competente per territorio per l'ulteriore valutazione dei profili e dei rilievi penali. (4-17541)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta immediata:


   DI PIETRO, FAVIA, MONAI, EVANGELISTI, PALADINI, PALOMBA, MESSINA, ZAZZERA, DI GIUSEPPE e MURA. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   gli stabilimenti balneari e le aziende ad uso turistico-ricreativo costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale e, più in generale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico-ricettiva italiana. Nel nostro Paese risultano censite circa 30.000 concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative con strutture «amovibili» e circa 1.000 pertinenze demaniali marittime con manufatti «inamovibili» di proprietà dello Stato;
   l'Italia, con i suoi 7.458 chilometri di costa, si distingue per la sua specificità in ambito europeo. Nel nostro Paese, infatti, vi è una larga diffusione sul demanio marittimo di stabilimenti balneari, oggetto di concessione. Gli stabilimenti balneari italiani, che, con le loro peculiarità derivanti da oltre cento anni di storia, sono unici nel panorama europeo, nella maggior parte dei casi sono strutture gestite a livello familiare con una forte tradizione alle spalle, piccole imprese individuali o società di persone che offrono i servizi di spiaggia, di piccola ristorazione e di intrattenimento;
   meno della metà delle coste italiane sono oggetto di concessione, sicché non esiste nessuna lesione della concorrenza in quanto possono essere rilasciate, a richiesta, moltissime nuove concessioni;
   sul territorio nazionale sono circa 30.000 le strutture turistico-ricettive balneari che occupano nel periodo estivo non meno di 300.000 persone, alle quali vanno aggiunti tutti i soggetti operanti e impiegati nell'indotto;
   la conduzione di uno stabilimento balneare deve essere considerata una vera e propria attività imprenditoriale complessa, caratterizzata da rilevanti investimenti di carattere strutturale e occupazionale, anche finalizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza dei bagnanti e di manutenzione ambientale dei tratti di costa di propria competenza, che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio e di vero e proprio interesse pubblico;
   gli stabilimenti balneari italiani si distinguono profondamente da quelli del resto dei Paesi mediterranei a maggiore vocazione turistica, come Francia, Spagna e Grecia, dove la diffusione è assai più contenuta e, in molti casi, sono gestiti direttamente dagli alberghi e sono a disposizione esclusivamente della loro clientela. In Italia, negli ultimi dieci anni, la normativa in tema di concessioni aveva dato progressivamente sempre più stabilità alla concessione demaniale, al punto che si era passati da una durata annuale ad una durata quadriennale, per poi arrivare ad una durata di sei anni, rinnovabile in modo automatico di sei anni in sei anni e così ad ogni successiva scadenza, salvo la revoca per motivi legati ad un pubblico interesse. Al rinnovo automatico della concessione demaniale marittima ad uso turistico-ricreativo si legava anche il cosiddetto «diritto di insistenza», che dava la preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze;
   questo quadro normativo più certo aveva, quindi, offerto la possibilità di investire diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si è assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari, che, grazie al rinnovo automatico, hanno permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale;
   nel 2008, tuttavia, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2008/4908) nei confronti dell'Italia, per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime ai contenuti previsti dalla «direttiva servizi», meglio conosciuta come «direttiva Bolkestein» (direttiva 123/2006/CE). In particolare, la direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009, aveva evidenziato che la preferenza accordata dall'articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente era in contrasto con l'articolo 12 della «direttiva servizi», invitando le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere l'ordinamento italiano pienamente conforme a quello comunitario entro il termine ultimo del 31 dicembre 2009;
   nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, con il comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 194 del 2009, è stata disposta l'abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione. Con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate;
   il rinvio da parte del decreto-legge n. 194 del 2009, come convertito dalla legge n. 25 del 2010, ad altri articoli di legge, secondo la Commissione europea, avrebbe privato di ogni effetto utile il testo del decreto-legge, che mirava alla messa in conformità della legislazione italiana con il diritto dell'Unione europea, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni;
   per correggere dette ulteriori discrepanze rilevate a livello comunitario, il Parlamento italiano è intervenuto con l'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010), che, oltre ad abrogare i riferimenti normativi di rinvio citati, prevede anche una delega al Governo in materia di revisione e riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime. Sotto tale profilo, si osserva che nessuno dei provvedimenti normativi varati sino ad oggi in materia concessioni demaniali, ivi compresa la citata delega al Governo di cui all'articolo 11 della legge n. 217 del 2010, appare in grado di superare le molteplici problematiche derivanti dagli effetti della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein o direttiva servizi) nei confronti delle attività esercitate dalle imprese operanti nel settore del turismo balneare. E ciò, ad avviso degli interroganti, a causa della presenza di un difetto intrinseco alla «direttiva servizi» stessa e al relativo decreto legislativo di attuazione (decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/ce relativa ai servizi nel mercato interno). La «direttiva servizi Bolkestein» è, infatti, rivolta ai «servizi pubblici», ovvero a quelle attività che gli Stati o gli enti territoriali delegano alle loro aziende «partecipate» o a imprese private, affinché svolgano servizi diretti a favore della collettività, che tali Stati o enti non possono o scelgono di non svolgere (ferrovie, poste, ospedali ed altri). Essa, quindi, non è idonea a disciplinare le concessioni di beni demaniali marittimi, né tanto meno le imprese balneari che utilizzano una pubblica superficie quale strumento aziendale offrendo un servizio privato;
   questo non esclude, peraltro, che il rilascio della concessione di un bene demaniale non sia legato indissolubilmente al necessario perseguimento di specifici interessi pubblici, quali la sicurezza a mare, la pubblica incolumità, la salvaguardia del profilo costiero e paesaggistico, la tutela dell'ambiente ed altro;
   il 3 agosto 2012 su molte spiagge italiane si è svolto lo sciopero dell'ombrellone, una forma civile di protesta. Il timore dei concessionari è che dal 1o gennaio 2016 alle aste europee si presentino «multinazionali, compagnie di tour operator, gruppi industriali, magnati internazionali». Troppo forti da combattere. I concessionari lamentano che «il Governo non difende la realtà di imprese familiari, né gli interessi degli stessi italiani»;
   ai fini dell'esclusione dall'applicazione della «direttiva Bolkestein» delle concessioni di beni demaniali marittimi rilasciate, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per la gestione di stabilimenti balneari, per gli esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio, per il noleggio di imbarcazioni e natanti di genere, per la gestione di strutture ricettive ed attività turistico-ricreative e sportive, e per gli esercizi commerciali, è stata presentata dall'onorevole Favia una proposta di legge che prevede la non applicabilità della «direttiva servizi» al settore turistico balneare, così come per altre categorie similari come ambulanti e concessionari di acque minerali;
   è l'unica soluzione affinché le imprese balneari italiane non finiscano nella mani di brand e multinazionali straniere, con il grave rischio, anche, dell'intervento occulto, nel settore, della criminalità organizzata interessata al riciclaggio di denaro sporco;
   non esistono interessi confliggenti di altre nazioni europee poiché questo settore, come gestito in Italia, è unico in Europa e l'Unione europea, negli incontri avuti con le rappresentanze di categoria e a livello politico, avrebbe evidenziato, a quanto consta agli interroganti, che il Governo italiano non ha mostrato un fattivo interesse –:
   se il Governo non ritenga, conformemente all'ordine del giorno approvato dal Senato della Repubblica nella seduta del 5 maggio 2011 e alle finalità della proposta di legge dell'Italia dei Valori di cui in premessa, di dover assumere ogni iniziativa di competenza, specificatamente in sede europea, per l'esclusione delle imprese balneari dal campo di applicazione della «direttiva Bolkestein», così come è stato ottenuto per altre categorie similari, come, da ultimo, ambulanti e concessionari di acque minerali, ma anche taxisti e distributori di carburante, tutelando in questo modo un settore sano e produttivo, che rischia di essere spazzato via per sempre. (3-02460)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   alla vigilia di Ferragosto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato alla multinazionale petrolifera la Petrol celtic l'autorizzazione alla trivellazione del fondo marino del mare Adriatico precisamente nei pressi delle isole Tremiti;
   la decisione del Ministro è andata contro la volontà degli enti locali e delle regioni Molise, Abruzzo e Puglia che si erano espresse negativamente alle perforazioni presso le coste del loro territorio;
   è vero che la competenza al rilascio delle autorizzazioni è strettamente statale, in quanto regioni ed enti locali non hanno alcuna voce per quanto riguarda il mare;
   ma autorizzare le trivellazioni in contesti di grande pregio paesaggistico e naturalistico e di conclamata vocazione turistica rappresenta una clamoroso errore, anche dal punto di vista economico;
   si ricorda che già dall'anno scorso la vicenda era stata affrontata dal precedente Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il quale aveva assicurato un maggior coinvolgimento degli enti locali, attraverso la convocazione di una conferenza di servizi, anche se non prevista dall’iter procedurale, per consentire una maggiore trasparenza e informazione a tutte le parti coinvolte, prima della conclusione delle autorizzazioni;
   in questi casi sarebbe opportuno coinvolgere anche soggetti di diritto internazionale come Euroregione adriatica, al fine di tutelare integralmente il tessuto economico-produttivo di un importante zona dell'Europa anche per evitare comportamenti speculativi da parte delle regioni balcaniche vicine;
   si evidenzia che secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, la ricerca per individuare ed estrarre petrolio in Italia potrebbe portare al massimo circa 130 milioni di tonnellate e, anche estraendo tutto il petrolio recuperabile nel sottosuolo e sotto il mare italiano, la quantità ottenuta sarebbe sufficiente, ai consumi attuali, a garantire l'autonomia per soli 20 mesi;
   è evidente che l'estrazione di petrolio non conviene sia per l'esigua quantità ottenibile dai giacimenti italiani ma ancor di più perché compromette irrimediabilmente il patrimonio paesaggistico e naturale delle coste italiane, ponendo una grave ipoteca sullo sviluppo e la tutela di ampie aree del mare e del territorio italiano;
   le nuove trivellazioni in tutti i mari italiani sono incompatibili con lo sviluppo di attività sostenibili come il turismo di qualità e la pesca;
   sarebbe opportuno che il Governo ripensasse la politica in materia perforazioni petrolifere, in quanto si garantiscono solo gli interessi delle multinazionali e non si determina nessun beneficio reale per la collettività italiana –:
   quale sia l'opportunità per lo sviluppo del nostro Paese e del territorio interessato di aver concesso alla Petrol celtic il permesso di perforare il fondo marino del mare Adriatico contro la volontà degli enti locali e delle regioni Molise, Abruzzo e Puglia;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per tutelare le coste italiane, in particolare quelle del mare Adriatico dalle perforazioni petrolifere;
   se non si ritenga opportuno un maggior coinvolgimento degli enti locali, delle regioni e dei soggetti istituzionali europei, nel rilasciare l'autorizzazione alle prospezioni e trivellazioni petrolifere presso le coste italiane.
(2-01658) «De Camillis, Antonio Pepe, Sisto, Alberto Giorgetti, Faenzi, Distaso, Fucci, Lazzari, Pelino, Nastri, Toccafondi, Vella, Frassinetti, Marsilio, Golfo, Pili, Rampelli, Garofalo, Barba, Ciccioli, Ceroni, Palmieri, Crolla, Mancuso, Nicolucci, Di Caterina, Pianetta, Armosino, Bocciardo, Lainati, Leo».

Interrogazione a risposta immediata:


   MOFFA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel cuore del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è stata scoperta, dal Corpo forestale dello Stato, una discarica abusiva di ingenti dimensioni (circa 1.500 metri quadrati in località Petrosa, comune di Ceraso), nella quale erano stati depositati e, in parte, interrati rifiuti tossici pericolosi;
   la pericolosità di tale sito ha indotto il sindaco del comune interessato ad emettere un'ordinanza (la n. 31 del 25 giugno 2012) con la quale si prescrive la bonifica immediata dell'area in oggetto, gestita dal consorzio Velia;
   il consorzio Velia, ai sensi della legge della regione Campania n. 4 del 2003, è vincolato alla «salvaguardia dell'ambente rurale» e alla «conservazione e tutela del territorio»;
   nello stesso Parco del Cilento, lungo le coste di Caprioli, nel comune di Pisciotta, il reparto aeronavale di Napoli della Guardia di finanza ha rinvenuto una discarica abusiva ad uso e consumo di una struttura turistica del luogo. Un terreno di 10.000 metri quadrati in cui erano depositati circa 30.000 metri cubi di materiali provenienti da demolizioni di edifici, veicoli fuori uso, materiale ferroso, tubazioni in plastica e onduline di eternit contenenti amianto;
   nel caso della discarica trovata in località Petrosa detti rifiuti sono risultati essere stati interrati in prossimità di falde freatiche che scorrono nel sottosuolo con affioramento superficiale a cm. 0,90, come è stato accertato dal Servizio geologico nazionale;
   in particolare, lo stesso Servizio geologico nazionale ha rilevato che il manto argilloso presenta frequenti fessurazioni, tali da consentire l'infiltrazione delle acque superficiali inquinate;
   inoltre, l'interramento di tali rifiuti pericolosi e tossici ha avuto luogo in prossimità del collettore che convoglia le acque del lago «Diga-Fabbrica» a Casalvelino Marina, in località «Foce», scaricando a mare le acque contaminate;
   le aree interessate sono state sequestrate dalla procura le cui indagini sono in corso;
   associazioni del territorio denunciano che, a tutt'oggi, non sarebbe stata compiuta in località Petrosa la necessaria opera di rimozione del materiale altamente inquinante;
   tali ritrovamenti, che peraltro non risultano essere casi isolati, in un'area protetta sottoposta a vincolo paesaggistico, hanno destato enorme preoccupazione sia nelle popolazioni locali che nella realtà produttiva territoriale, che proprio nel turismo ha il suo punto di forza;
   è giocoforza che episodi di questa natura, la cui portata mette in evidenza limiti nell'azione di prevenzione e controllo, hanno conseguenze gravissime sotto il profilo ambientale e sanitario e rischiano di compromettere una delle zone più verdi delle provincia di Salerno, che è anche il primo bio-distretto d'Italia e d'Europa –:
   quale sia l'attuale situazione in merito ai casi sopra denunciati, quali tipi di controlli si intendano attuare al fine di evitare che simili episodi, con le possibili infiltrazioni da parte di organizzazioni criminali, abbiano a ripetersi in una delle aree più belle del nostro Paese, qual è il Parco del Cilento, e se non si ritenga, alla luce di quanto emerso, di intensificare l'azione di monitoraggio sulle aree protette in zone particolarmente delicate, avviando un confronto con la regione Campania, al fine di qualificare la tutela del Parco del Cilento, di Vallo di Diana e Alburni.
(3-02459)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZINZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta, istituito dal decreto-legge n. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 123 del 2008, che assicura (ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11, comma 2-ter, del decreto-legge n. 195 del 2009 e successive modificazioni e integrazioni) lo svolgimento dei servizi di igiene urbana in oltre cinquanta comuni della provincia di Caserta, versa in una condizione drammatica dal punto di vista finanziario a causa, principalmente, del mancato pagamento da parte delle amministrazioni servite dei corrispettivi contrattualmente previsti e delle continue aggressioni operate dai creditori, anche mediante pignoramenti presso terzi (essendo decadute le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri che avevano dichiarato, opportunamente, l'impignorabilità delle somme dovute alla struttura consortile in quanto connesse all'erogazione di un servizio pubblico essenziale), che impediscono, di fatto, alla struttura consortile di disporre della liquidità necessaria per la prosecuzione delle attività di istituto;
   la descritta condizione ha determinato, da un lato, una progressiva paralisi operativa del Consorzio unico di bacino (ed in particolare dell'articolazione territoriale di Caserta) tanto da indurre il soggetto liquidatore ed il subcommissario dell'articolazione territoriale di Caserta a preannunciare l'interruzione, a decorrere dal 10 settembre 2012, dell'erogazione dei servizi di igiene urbana sul territorio della provincia di Caserta e, dall'altro, sta creando una situazione di grave tensione sociale, suscettibile di evolvere in scomposte manifestazioni di protesta (con conseguenti ripercussioni sulla tutela dell'ordine pubblico), in considerazione della circostanza che ormai da diversi mesi i dipendenti del Consorzio (circa duemila) non percepiscono le spettanze stipendiali ad essi dovute;
   orbene, ciò posto, occorre evidenziare che alla luce delle vigenti previsioni normative i comuni della Campania sono obbligati, ai sensi del già menzionato articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, ad avvalersi, sino al termine del 31 dicembre 2012, dell'attività dei Consorzi di bacino in relazione ai servizi di igiene urbana pena, a tacere di ogni altra conseguenza, la possibile configurazione di una fattispecie di danno erariale (principio, questo, ribadito più volte dal competente assessorato della regione Campania) per effetto del conseguente incremento dei costi a carico dei cittadini di talché si genera un'evidente discrasia tra situazione di fatto e previsione normativa cui occorre, con la dovuta tempestività, porre rimedio attraverso gli opportuni interventi;
   il quadro sopra sinteticamente delineato risulta ulteriormente complicato da recenti sopravvenienze normative (ci si riferisce, in particolare, al decreto-legge n. 95 del 2012 ed alla relativa legge di conversione) che attribuiscono, in linea generale, ai comuni in forma associata (qualificandole come funzioni fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione) le competenze relative al ciclo integrato dei rifiuti e che pongono complessi problemi di compatibilità tra disposizioni legislative (speciali e generali) adottate in tempi differenti e nel perseguimento di obiettivi diversamente modulati –:
   quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per fronteggiare la problematica di cui in premessa individuando in modo chiaro ed inequivoco gli ambiti di competenza dei diversi soggetti istituzionalmente coinvolti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti sul territorio della regione Campania, sciogliendo il nodo dei rapporti tra decreto-legge n. 195 del 2009 e decreto-legge n. 95 del 2012 e relativo provvedimento di conversione (con ciò assicurando effettività al principio della certezza del diritto), delineando un percorso per la ricollocazione funzionale dei dipendenti del Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta anche attraverso lo stanziamento di risorse ad hoc finalizzate ad una riqualificazione e riconversione degli stessi, considerato che in assenza di misure immediate si ingenereranno situazioni di grave pericolo per la salubrità dell'ambiente, per la tutela del diritto alla salute dei cittadini delle province di Napoli e di Caserta e per il mantenimento dell'ordine pubblico.
(4-17534)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il castello di Miramare di Trieste è stato realizzato attorno ai 1860 per volontà dell'allora arciduca e imperatore del Messico, Massimiliano d'Asburgo-Lorena e della consorte Carlotta del Belgio;
   accanto alla dimora che ospitò anche il duca Amadeo d'Aosta, si sviluppa l'omonimo parco di 22 ettari — inserito al pari del castello tra i beni del FAI — che ospita fin dalla sua progettazione specie botaniche rare, sculture storiche e alcune serre;
   il parco e il museo ospitato nel castello, sono meta fissa dei turisti che fanno tappa a Trieste, difatti si contano circa 12 milioni presenze l'anno;
   purtroppo questa vetrina per la città rischia di non essere più attraente come lo è stata in passato a causa di una noncuranza che ha visto l'apice a giugno 2012, quando il castello è rimasto per diverse notti privo della abituale illuminazione che l'aveva reso celebre quale simbolo della città;
   ogni notte, infatti, il castello di Miramare era illuminato creando un suggestivo colpo d'occhio; ma il costo elevato delle utenze, a fronte delle limitate risorse, ha costretto al buio il monumento per diverse notti, salvo poi l'intervento del comune che ha consentito la riaccensione della illuminazione;
   lo stato di degrado e abbandono nel quale versa l'intera opera è reso evidente dal susseguirsi di alcune vicende che hanno fatto anche clamore nella cittadinanza;
   già qualche anno fa era stato segnalato, con preoccupazione, che i muri di sostegno e contenimento del castello si stavano sgretolando, mentre un dettagliato reportage pubblicato dalla stampa locale Immesso in luce di recente le nuove conseguenze disastrose di questa gestione del parco e del castello;
   le aiuole sono lasciate incolte aggredite dalla siccità, mentre erbacce coprono recinti, bordature, e fontane che ormai non funzionano più. Sono sparite anche le lampade dai lampioni dei vialetti che ora sono lasciati con i fili elettrici penzolanti; mentre la mancata pulizia dell'alveo del piccolo torrente ha fatto morire le carpe che lo abitavano, che non sono resistite all'invasione di fanghiglia nera. Il giardino all'italiana famoso per il suo colorato aspetto è rimasto senza piante, e ha anche le bordure di bosso infestate da erbe gialle paglierino. Sono dissestate e pericolose anche le scalinate, e le acque del laghetto che fu dimora dei cigni sono putride ed emanano un odore nauseabondo;
   il finanziamento ministeriale per l'anno 2012 è stato cancellato, e senza tali risorse non è stato possibile indire una gara d'appalto per la manutenzione del verde, che difatti è rimasta abbandonata a se stessa, così come non sono stati più impiantati i fiori nei giardini e così come è stato fatto morire il parco tropicale, creato con specie provenienti da tutto il mondo;
   il castello di Miramare, grazie alle visite al museo introita 476 mila euro l'anno, ma a norma del codice dei beni culturali, questi soldi non rimangono per la manutenzione del castello e del parco, ma vengono incassati dal Ministero dell'economia e delle finanze quasi totalmente;
   accanto all'assenza, di risorse statali, vi è una carenza anche di organico che sta mettendo a rischio le aperture domenicali del museo e rende difficile anche la gestione ordinaria della spesa e delle procedure amministrative;
   questa situazione di degrado è segnalata soprattutto dai turisti che, dopo aver scelto di venire al castello di Miramare con molte aspettative, si trovano di fronte ad uno spettacolo imbarazzante e impietoso;
   i visitatori italiani e stranieri hanno, quindi, manifestato ai cronisti locali la loro disapprovazione sull'abbandono del monumento –:
   se il Governo intenda assumere iniziative a tutela del castello di Miramare di Trieste e del suo parco con un intervento economico straordinario in ragione della grave situazione di abbandono;
   quale sia nelle intenzioni del Governo, il contingente finanziario per il 2013 per il castello di Miramare di Trieste.
(4-17535)


   DI PIETRO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   all'articolo 8 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, è stata inserita una disposizione che va in direzione della trasformazione dei grandi musei italiani da strutture pubbliche, e direttamente gestite dal Ministero per i beni e le attività culturali, a fondazioni di diritto privato;
   avverso tale decisione si sono levate numerose voci contrarie e in particolare è stato sottoscritto un documento da numerosi e prestigiosi esponenti del mondo culturale italiano;
   in particolare, il suddetto provvedimento stabilisce la creazione della «Grande Brera» quale fondazione privata incaricata di gestire la pinacoteca nazionale di Brera e i suoi beni, mobili e immobili;
   il citato provvedimento normativo conferisce in uso a una fondazione di diritto privato l'intera collezione della pinacoteca di Brera, stratificatasi in due secoli e il grande palazzo che la ospita insieme ad altre istituzioni come l'Accademia di belle arti, la Biblioteca nazionale braidense, l'Osservatorio astronomico, l'Orto botanico, l'Istituto lombardo accademia di scienze e lettere;
   con la costituzione di una fondazione si dovrà procedere alla nomina dei relativi organi di Governo con un presumibile uso di risorse che verranno sottratte al funzionamento del museo; inoltre, non è noto come saranno nominati i dirigenti della futura fondazione e quale sarà il ruolo di coloro che fino ad ora hanno diretto la Grande Brera;
   il provvedimento stabilisce una dotazione di 2 milioni di euro da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e non sono previste altre erogazioni per le attività del museo;
   il provvedimento non vincola la nascente formazione ad avvalersi di personale appartenente ai ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali e degli enti territoriali che abbiano acquisito la qualità di soci promotori, ma ne prevede solo la possibilità;
   il provvedimento in questione prevede l'erogazione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali di due milioni di euro l'anno, quale contributo dello Stato alla fondazione per il suo funzionamento e non vengono dunque previsti contributi per le iniziative di sviluppo e di valorizzazione del patrimonio culturale della costituenda fondazione;
   si profila un rischio di disimpegno del Ministero per i beni e le attività culturali, il cui intervento dovrebbe essere sostituito da finanziamenti privati e degli enti locali, in una situazione in cui si fa sempre più problematica la possibilità per privati ed enti territoriali di investire sui beni e sui servizi culturali –:
   quali siano le dotazioni che il Governo intende stanziare per le attività oltre che per il funzionamento della Fondazione, la cui costituzione altrimenti in questa fase si profilerebbe come un'ulteriore spesa unicamente legata alla gestione, configurando a giudizio dell'interrogante un disimpegno dello Stato nel funzionamento e nella valorizzazione del museo;
   quali siano le valutazioni che hanno portato alla scelta di costituire una Fondazione di diritto privato;
   quale sia l'orientamento del Governo riguardo al personale attualmente in forza presso la Grande Brera. (4-17536)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   GIDONI, CHIAPPORI, MOLGORA e MERONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe altamente auspicabile l'elaborazione da parte della Difesa di un nuovo libro bianco, che enunci il quadro delle minacce militari gravanti sulla Repubblica e le principali missioni assegnate alle Forze armate, anche in vista della promozione di un dibattito d'altro profilo sulla materia in Parlamento;
   se si esclude l'esercizio commissionato dal Ministro pro-tempore Antonio Martino nel 2002, l'ultimo vero libro bianco pubblicato dalla Difesa italiana risale al lontano 1985;
   circolano indiscrezioni secondo le quali sarebbe intenzione del Governo elaborare un nuovo documento di questo genere prima del termine della legislatura in corso;
   secondo le medesime indiscrezioni, altresì, l'elaborazione del documento verrebbe appaltata in outsourcing a personale esterno all'amministrazione della Difesa, cosa che pare scarsamente compatibile sia con la natura di atto politico del Governo che un libro bianco dovrebbe avere che con la necessità economica di comprimere le spese dello Stato –:
   se le indiscrezioni rispondano al vero e quali ragioni indurrebbero la Difesa ad appaltare all'esterno la produzione di un atto tecnico-politico tanto importante quale l'elaborazione di un nuovo libro bianco. (5-07764)


   DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il personale che opera nei poligoni deve essere munito di misure di protezione del tutto simili a quelle previste per il personale che opera all'estero, cioè tute di tessuto molto fitto e maschere provvedute di filtri per impedire, o quantomeno ostacolare, il passaggio delle nano particelle, occhiali, guanti e soprascarpe monouso;
   in relazione ai risarcimenti dovuti a personale che non ha potuto usufruire di adeguate misure di protezione si può far riferimento a quanto stabilito dal tribunale civile di Firenze in data 17 dicembre 2008 in un provvedimento giudiziale relativo al paracadutista che aveva operato in Somalia per il quale il tribunale ha stabilito un risarcimento di 545.000 euro;
   l'obbligatorietà di adottare misure per il personale è sancita dall'articolo 21 del regolamento di disciplina militare. La protezione del personale dipendente è un compito permanente dei comandi da cui il personale dipende. In caso di non adempimento di un compito di protezione vale quanto stabilito dall'articolo 117 del codice militare di pace, come nel caso delle vittime della tragica vicenda Nassiriya nel quale venne rilevata una carenza di protezione (si ricorda che ebbe luogo un processo presso il tribunale militare di Roma);
   nei poligoni, inoltre, ai pericoli chimici e di particolato deve anche aggiungersi il pericolo di radiazione;
   in data 31 luglio 2012 l'Anavafaf ha inviato una lettera alla Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito e alle Commissioni Difesa di Camera e Senato nella quale si citano le numerose richieste che l'Associazione ha ricevuto da parte del personale colpito da tumori per possibili danni da nano particelle. Il personale colpito ha chiesto i risarcimenti basandosi su analisi che testimoniano la presenza delle nano (micro) particella nel corpo. Attualmente si fa riferimento per dette analisi al laboratorio dell'università di Modena, pertanto sono tutte a pagamento;
   l'Anavafaf ritiene che le spese per tali analisi debbano essere a carico dello Stato e che, quindi, in ciascuna delle regioni debba esserci la possibilità presso la sanità militare o civile di eseguirle, e che le stesse possano essere eseguite sotto certificazione nelle varie regioni d'Italia;
   negli Stati Uniti queste analisi sono state condotte circa 30 anni fa e le nano particelle di uranio impoverito vennero trovate nel poligono dell'aeronautica militare Usa in Florida (poligono Eglin nel 1977);
   un'altra questione da trattare riguarda le cure mediche all'estero. È auspicabile che, nei casi di infermità per i quali la sanità italiana presenta alcune insufficienze, al personale sia data la possibilità di recarsi gratuitamente all'estero;
   la situazione di grave rischio è comune a tutto il personale che si trova a operare nei poligoni e potrebbe dare luogo quindi a un azione collettiva, mirante a ottenere indennizzi e/o risarcimenti previsti dalla legislazione in atto all'epoca dei fatti –:
   se il Governo non ritenga di intervenire al fine di assicurare le specifiche protezioni al personale che opera nei poligoni e garantire parità di condizioni di assistenza medica a tutto il personale ammalato, dando la possibilità di eseguire analisi gratuite e di avviare convenzioni con ospedali all'estero in grado di intervenire su alcune specifiche infermità che in Italia possono non trovare le giuste e necessarie cure mediche. (5-07765)


   RUGGHIA, RECCHIA e GAROFANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi anni è stata avanzata l'ipotesi di localizzare presso l'aeroporto militare Comani di Latina uno scalo aereo civile, in particolare per i voli low cost in vista di un ridimensionamento del traffico aereo diretto a Ciampino, giunto al limite della sostenibilità;
   tale proposta era contenuta anche nel piano regionale dei trasporti, approvato dal Consiglio regionale, del 2006 e ha dato luogo a uno studio finanziato nel 2007 dalla camera di commercio locale che metteva in luce gli impatti positivi per lo sviluppo e la particolare vocazione del territorio ad accogliere una infrastruttura di questo genere alla luce della limitata necessità di investimenti per adeguarlo, della particolare prossimità dell'aeroporto militare Comani allo scalo ferroviario e alla frequenza dei treni per Roma, con un tempo di percorrenza minimo (30 minuti);
   l'orientamento espresso dalle competenti autorità fu invece favorevole alla localizzazione del nuovo aeroporto laziale a Viterbo, scelta ora rimessa in discussione, alla luce del rapporto One Works, KGPM, e Nomisma presentato al Ministero dello sviluppo economico, a causa di un volume di investimenti proibitivo (quasi due miliardi di euro) per predisporre lo scalo aereo e l'infrastruttura viaria e ferroviaria di servizio verso la Capitale;
   sulla stampa locale in diversi articoli sono state riportate notizie informali e voci relative a un possibile accorpamento della scuola di volo ad elica, attualmente basata a Latina, con la scuola di volo di stanza a Lecce, nel quadro di una prevedibile riorganizzazione delle scuole di volo dell'Aeronautica militare;
   già in passato si era sostenuta la disponibilità a condividere con l'aeronautica militare l'infrastruttura aeroportuale di Latina, aprendola a un utilizzo civile o commerciale, e la stessa regione Lazio aveva avanzato la proposta di sostenere i costi dell'eventuale spostamento delle strutture militari in altra base;
   in questo contesto, ritorna l'interesse a riproporre la candidatura di Latina per la realizzazione dello candidatura sostenuta dallo stesso sindaco del capoluogo che ha formalmente richiesto al Ministro Passera un incontro per reinserire l'aeroporto Comani nel redigendo nuovo piano nazionale degli aeroporti –:
   quali siano, anche alla luce della proposta di riforma dello strumento militare, presentata al Senato, i più recenti progetti di riorganizzazione delle scuole di volo dell'Aeronautica militare al fine di chiarire, dal punto di vista delle esigenze militari, in che misura è prevedibile un uso esclusivamente militare o promiscuo o totalmente civile dell'aeroporto «Comani» di Latina. (5-07766)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   su Il Fatto Quotidiano del 20 agosto 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover» in cui si legge «Nel capoluogo siciliano, in autunno, andrà in scena un vero e proprio giro di vite. Come per il maggiore Antonio Coppola, capo del nucleo investigativo, per il quale i pm della Dda hanno chiesto di bloccare il trasferimento. Negli stessi mesi in cui saranno sostituiti i vertici investigativi dell'Arma, [...] Una scelta che non è piaciuta a 35 magistrati dell'antimafia, che hanno scritto al procuratore capo Francesco Messineo per chiedergli di intercedere con i vertici dell'Arma e ritardare il trasferimento di Coppola» –:
   se i fatti descritti nell'articolo corrispondano al vero e, nel caso, quali siano le ragioni dei trasferimenti annunciati e se non si ritenga di dover accogliere le richieste dei magistrati dell'antimafia.
(4-17539)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 4/17078 gli interroganti hanno chiesto di conoscere quali siano state le azioni intraprese a seguito della lettera trasmessa dal caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini, effettivo al 1° reggimento bersaglieri con sede a Cosenza il 13 luglio 2012, indirizzata al suo superiore gerarchico, comandante 4a compagnia del 1° battaglione bersaglieri «La Marmora», capitano Gianfilippo Cambera, e per conoscenza al comando distaccamento 1° reggimento bersaglieri, al comando distaccamento brigata bersaglieri Garibaldi, al 2° comando delle forze di difesa, al comando forze operative terrestri, con cui il predetto caporal maggiore capo scelto ha rappresentato, in modo estremamente dettagliato, l'ispezione al deposito carburanti eseguita da altri militari superiori di grado, il giorno 13 giugno 2012, al termine dell'attività lavorativa giornaliera a seguito del ritrovamento, fuori dal citato deposito, di alcuni fusti contenenti del carburante (gasolio);
   con il foglio prot. M–D E24244 0016553 del 21 agosto 2012, al caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini, a conclusione del procedimento disciplinare instaurato dal comandante di corpo il 24 luglio 2012, sono stati comminati sette giorni di consegna di rigore con la seguente motivazione: «Graduato in servizio al Distaccamento del reggimento bersaglieri, in data 18 luglio 2012, faceva pervenire una lettera raccomandata, a sua firma, in cui esponeva questioni attinenti il servizio di particolare gravità e delicatezza. La missiva veniva indirizzata al Comandante della compagnia di appartenenza e per conoscenza alla catena gerarchica sovraordinata ovvero al Comandante di reparto, al Comando della Brigata, al 2° Comando delle Forze di Difesa ed Comando delle Forze Operative Terrestri, non rispettando la via gerarchica ed evidenziando nel contempo un comportamento gravemente lesivo del prestigio e della reputazione del reparto d'appartenenza»;
   gli interroganti non comprendono le ragioni per cui i superiori gerarchici di Settembrini anziché accertare la veridicità di quanto riferito nella citata lettera, ed eventualmente perseguire i responsabili dei fatti nella medesima narrati, abbiano prontamente provveduto a sanzionare disciplinarmente il caporal maggiore capo scelto privandolo della libertà per 7 giorni consecutivi con la motivazione di non aver rispettato la via gerarchica. Agli interroganti appare, invece, inequivocabile che il militare scrivendo direttamente al suo diretto superiore, il «Comandante della compagnia di appartenenza», abbia adempito ai suoi doveri e il fatto che abbia anche informato anche altri militari sovraordinati non sembra costituire una violazione delle norme dell'ordinamento militare che, sul punto controverso, non dispongono alcun divieto espresso;
   appare agli interroganti gravemente lesivo dell'onore e del prestigio delle Forze armate il fatto di aver sanzionato il militare che ha avuto il coraggio di segnalare al proprio superiore diretto degli avvenimenti che certamente meritano accurate indagini da parte delle autorità giudiziarie competenti;
   tra le accuse rivolte al caporal maggiore capo scelto Settembrini vi è anche quella riferita all'articolo 719 (spirito di corpo) del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90. Gli interroganti non ne comprendono le ragioni; ci si chiede se tale accusa sia dovuta ad una svista dell'autorità militare che ha inflitto l'incomprensibile sanzione disciplinare, dal momento che essa potrebbe essere interpretata quale monito al destinatario della sanzione affinché, in futuro, non riferisca ad altri gli avvenimenti di cui dovesse venire a conoscenza;
   sono numerosi gli atti di sindacato ispettivo che gli interroganti hanno rivolto al Ministro della difesa in merito a fatti accaduti presso il 1° reggimento bersaglieri –:
   se non ritenga opportuno intervenire con la massima urgenza consentita presso i vertici del reggimento affinché l'azione di «governo del personale» sia improntata al massimo rispetto di quei chiari principi di legalità e trasparenza che ad ogni livello devono caratterizzare l'azione amministrativa;
   quali immediate iniziative intenda intraprendere per accertare la veridicità dei fatti descritti nella lettera citata in premessa;
   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza affinché si possa pervenire all'annullamento dell'atto con cui è stata comminata al caporal maggiore capo scelto Daniele Settembrini la grave sanzione disciplinare di 7 giorni di consegna di rigore. (4-17540)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   appare agli interpellanti necessario un intervento urgente presso l'Agenzia delle entrate a fronte del rifiuto della medesima di prorogare i termini di pagamento delle tasse ed in genere gli adempimenti fiscali per le attività economiche danneggiate dal terremoto, rammentando che al riguardo vi era stato un impegno preciso dell'esecutivo e delle istituzioni;
   si fa presente inoltre che tale dilazione non riguarda soltanto i piccoli medi imprenditori o gli esercenti attività commerciali o professionali ma anche molti cittadini che hanno visto danneggiate dal sisma le proprie abitazioni e che si trovano pertanto in condizioni economiche particolarmente svantaggiate, dovendo provvedere in attesa della ricostruzione e dei contributi conseguenti loro dovuti ad opere urgenti di risistemazione. Di fronte all'emergenza ed a situazioni determinate da calamità naturali comunque non previste lo Stato se vuole essere rispettato dai cittadini deve dimostrarsi sensibile alle situazioni di disagio e non può invocare una «asettica e fredda» applicazione della legge come sta facendo l'Agenzia delle entrate prescindendo da condizioni particolari che a parere del sottoscritto in questo momento legittimerebbero, beninteso nelle sole zone terremotate, uno sciopero fiscale –:
   quali iniziative, anche normative il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa.
(2-01650) «Garagnani, Romele».

Interrogazioni a risposta immediata:


   ZELLER e BRUGGER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 172, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, stabilisce che al bilancio di previsione siano allegate «le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi»;
   l'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), stabilisce che «gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione»;
   l'articolo 151, comma 1, dello stesso testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali fissa al 31 dicembre «il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno successivo da parte degli enti locali e dispone che il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze»;
   in base a quanto detto, il decreto del 21 dicembre 2011, emanato d'intesa con il Ministro interrogato, aveva inizialmente differito il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012 al 31 marzo 2012;
   il comma 16-quater dell'articolo 29 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, aggiunto in sede di conversione dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha differito poi al 30 giugno 2012 il predetto termine;
   il decreto del 20 giugno 2012, emanato d'intesa con il Ministro interrogato, aveva ulteriormente differito il termine al 31 agosto 2012;
   alla luce della richiesta dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e ritenuto necessario e urgente prorogare il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012, il Ministero dell'interno ha da ultimo differito, con decreto del 2 agosto 2012, al 31 ottobre 2012 il termine in questione;
   tuttavia, l'articolo 13, comma 12-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto salva Italia, ha previsto che, in deroga all'articolo 172, comma 1, lettera e), e all'articolo 1, comma 169, di cui sopra, sulla base dei dati aggiornati, ed entro il 30 settembre 2012, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo –:
   se il Ministro interrogato non intenda indicare quale sia il termine ultimo per l'approvazione, da parte dei comuni, delle delibere sulle aliquote e detrazioni imu, nonché dei relativi regolamenti, chiarendo, quindi, se esso coincida con il termine di approvazione del bilancio di previsione, attualmente stabilito con decreto del Ministero dell'interno del 2 agosto 2012 per il 31 ottobre 2012, oppure se per tali deliberazioni valga il termine del 30 settembre 2012, secondo quanto previsto dal comma 12-bis dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, di cui in premessa. (3-02461)


   RAISI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12, comma 90-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», prevede la possibilità per i dipendenti della Coni servizi s.p.a. provenienti dal Coni, ente pubblico, di transitare nella pubblica amministrazione fino al dicembre 2013, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   la Coni servizi s.p.a., partecipata al cento per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e costituita ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, fa a tutti gli effetti parte della pubblica amministrazione, sebbene i vertici aziendali di questa abbiano aperto, di fatto, una procedura di licenziamento collettivo per 141 dipendenti secondo procedure proprie di un'azienda privata;
   nonostante la sopra citata norma approvata il 7 agosto 2012, la Coni servizi s.p.a. ha completato la procedura di licenziamento collettivo raggiungendo un accordo con i sindacati (escluso l'Ugl) in base al quale i dipendenti – tra i 141 oggetto dell'esubero perché non ancora transitati «volontariamente» alle dirette dipendenze delle federazioni sportive nazionali – che non richiederanno entro il 30 settembre 2012 l'aspettativa per sottoscrivere il contratto con le federazioni stesse, saranno licenziati;
   nonostante l'articolo 35, comma 4, della legge n. 14 del 2009 disponga che la permanenza dei dipendenti della Coni servizi s.p.a. presso le federazioni sportive nazionali sia finalizzata al loro funzionamento e non preveda alcun obbligo di cambio di datore di lavoro, né incentivi o altre spese a ciò finalizzate, e nonostante il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, preveda che le amministrazioni pubbliche debbano agevolare il processo di mobilità del personale tra le amministrazioni stesse, la strada del licenziamento intrapresa dai vertici della Coni servizi s.p.a. appare netta e costituisce agli occhi dell'interrogante uno strumento di preclusione della possibilità offerta dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, avente ad oggetto la revisione della spesa pubblica;
   il Governo ha assunto in sede di risposta ad una precedente interpellanza (atto n. 2-01579 del 3 luglio 2012) l'impegno per «verificare che venga sempre applicata la regola della buona pratica gestionale, al fine di non disperdere il patrimonio di competenze e professionalità formatesi nel tempo, nell'interesse del sistema sportivo italiano» –:
   cosa il Governo intenda fare, nell'ambito delle proprie competenze, per garantire che le decisioni della Coni servizi s.p.a. siano conformi ai principi delle amministrazioni pubbliche e, perciò, che sia possibile per i lavoratori di questa azienda non ancora transitati alle dirette dipendenze delle federazioni sportive nazionali di permanere in servizio presso le stesse, usufruendo – come tutti i restanti lavoratori della Coni servizi s.p.a. – del termine previsto dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. (3-02462)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FOGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   vi sono diverse interpretazioni degli uffici delle Agenzie delle entrate riguardo al trattamento tributario relativo alle impose ipotecarie e catastali per i seguenti atti:
    a) cessione di fabbricato strumentale grezzo da parte di impresa a soggetto privato;
    b) cessione di fabbricato strumentale grezzo da parte di impresa a impresa;
    c) cessione di fabbricato strumentale grezzo da parte di impresa a società di leasing, la quale poi lo cederà all'impresa utilizzatrice in sede di riscatto;
   in relazione a tali tre ipotesi, parte degli uffici applica due imposte fisse, alcuni uffici applicano l'imposta ipotecaria del 3 per cento e catastale dell'1 per cento. Ciò crea difficoltà ai contribuenti e ai professionisti che li assistono;
   nel caso dell'accettazione espressa di eredità da parte di più soggetti coeredi in uno stesso atto, la quasi totalità degli uffici dell'Agenzia delle entrate, dopo una recente circolare dell'Agenzia stessa, applica una sola imposta fissa di registro, mentre qualche sporadico ufficio continua ad applicare una imposta fissa di registro di euro 168,00 per ogni coerede accettante;
   nel caso di divisione di beni dotati tutti di rendita catastale (esclusi terreni edificabili) senza conguaglio, l'unanimità degli uffici non opera accertamenti di valore in presenza di valori dichiarati in atto uguali o superiori al valore catastale rivalutato, mentre qualche sporadico ufficio opera accertamenti di valore nel caso che la divisione sia seguita da un successivo atto di vendita dell'immobile, oggetto di divisione, per un corrispettivo superiore al valore dichiarato nella divisione –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per fare chiarezza riguardo alle questioni sopra esposte e per eliminare definitivamente ogni possibilità di equivoco per i contribuenti. (5-07767)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Capaccio-Paestum è ubicata un'area demaniale di grandissimo pregio storico, artistico, archeologico e paesaggistico, posta all'interno della cinta muraria dei templi greci, nel quale risulta ubicato, a poche decine di metri dal Tempio di Nettuno, un immobile, anch'esso appartenente al patrimonio statale, il quale è attualmente oggetto di una concessione a soggetti privati, che vi esercitano un'attività di ristorazione denominata ristorante Nettuno;
   accanto a tale immobile è stata recentemente realizzata un'ulteriore struttura ove è sito il bar del predetto ristorante, al servizio del quale è altresì posta un'area di parcheggio, anch'essa all'interno della cinta muraria su terreno demaniale;
   risulterebbe all'interrogante che la concessione sui predetti immobili sia stata attribuita senza alcuna gara, e risulti assegnata al medesimo soggetto ormai da decenni;
   risulterebbe inoltre all'interrogante che il canone annuo di concessione sia pari a soli 900 euro nonostante l'attività ivi svolta appaia particolarmente redditizia, trattandosi di un ristorante di notevole livello, addirittura presente sulla guida Michelin, risultando una delle principali attrazioni turistiche dell'intera area archeologica;
   nella medesima area, a pochi metri dal predetto esercizio pubblico, è posto un ulteriore immobile, attualmente residenza del sindaco del comune di Capaccio-Paestum, di cui non apparirebbe chiaro il regime di proprietà, e che risulterebbe insistente, in parte su terreni privati, in parte sull'area demaniale interna alla già citata cinta muraria;
   in ogni caso l'area sulla quale è costruito tale ultimo immobile risulta assoggettata, evidentemente, a vincoli ambientali e storico-artistici particolarmente stringenti, essendo distanti appena cento metri da uno dei templi;
   infatti all'interrogante risulta pendente presso il TAR una controversia per opere edilizie abusivamente realizzate su tale ultimo immobile;
   la situazione appena descritta getta una luce estremamente inquietante sullo stato di fatto di una delle aree archeologiche più importanti dell'intero Paese: infatti, non risultano assolutamente chiari il regime giuridico degli immobili ivi ubicati, nonché i meccanismi di assegnazione dei rapporti concessori ed i meccanismi che hanno portato alla determinazione di un canone di concessione che risulta evidentemente irrisorio;
   sembra dunque trattarsi dell'ennesimo, gravissimo episodio di cattiva gestione di una parte di inestimabile valore del patrimonio pubblico, che determina non solo gravi rischi per la conservazione dei beni storico-artistici ivi presenti, ma anche uno sperpero di risorse pubbliche, non essendosi evidentemente proceduto ad una adeguata valorizzazione di tali beni demaniali;
   infatti, utilizzi abusivi, distorti e non rispettosi della normativa in materia urbanistica e paesaggistica dei beni del demanio pubblico costituiscono un grave ostacolo rispetto alle operazioni di valorizzazione sui medesimi beni e rispetto alle potenzialità di crescita delle attività turistiche in una zona del Mezzogiorno afflitta da una crisi economica, occupazionale e sociale particolarmente grave;
   tutto ciò, oltre ad apparire in stridente contrasto con i proclami, più volte esplicitati dall'attuale Governo, di voler finalmente procedere ad una effettiva valorizzazione del demanio pubblico, risulta ancora più grave nell'attuale fase di grave crisi della finanza pubblica, nella quale si è scelto improvvidamente di utilizzare lo strumento della leva tributaria per reperire risorse, che, in parte, potrebbero giungere da una più oculata ed attenta gestione del demanio e del patrimonio pubblico;
   inoltre, laddove fosse confermato il fatto che la concessione sui predetti beni è avvenuta senza procedere a gara, ciò apparirebbe in contrasto con i principi di liberalizzazione e maggiore apertura alla concorrenza nelle attività economiche, che, almeno a parole, costituisce uno degli obiettivi programmatici del Governo in carica –:
   quali informazioni possa fornire in merito alla situazione appena illustrata in premessa, in particolare per quanto riguarda la natura giuridica dei beni immobili esistenti nell'area demaniale ove sono siti i templi di Paestum, circa le procedure di attribuzione delle concessioni su tali beni, nonché in merito all'ammontare dei relativi canoni concessori, e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di verificare eventuali irregolarità e di assicurare il pieno rispetto della normativa in materia di beni immobiliari pubblici, trattandosi di un'area di eccezionale valore storico, archeologico ed artistico, nonché al fine di far cessare immediatamente ogni abuso e di ripristinare lo stato dei luoghi. (5-07768)


   PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo monetario internazionale ha recentemente ribadito che la situazione economica in Europa risulta molto critica, ed ha rivisto al ribasso le previsioni della crescita economica complessiva europea;
   altri organismi economici internazionali confermano le incertezze che dominano sui mercati finanziari europei e indicano come le prospettive per una ripresa della crescita siano peggiorate;
   nell'ambito di tale scenario, di per sé scarsamente rassicurante, s'inserisce l'inchiesta relativa ai tentativi di manipolazione, da parte della banca internazionale britannica Barclays, sul Libor, l'indice di riferimento del mercato interbancario, che ha determinato le dimissioni del presidente della stessa banca d'affari inglese;
   le conseguenze di tale scandalo hanno provocato l'intervento della Banca centrale europea, che, secondo le notizie di stampa, ha chiesto di rivedere il sistema di calcolo del tasso interbancario Euribor, che rappresenta il tasso di riferimento calcolato giornalmente applicato dai primari istituti di credito per operazioni a termine effettuate sul mercato interbancario ed in particolare per il calcolo d'indicizzazione dei mutui, in base al quale sono a loro volta determinati gli interessi sui mutui e su numerosi altri prodotti finanziari in Europa;
   sia il Libor, in Gran Bretagna, sia l'Euribor, nei Paesi nell'area euro, sono calcolati in base ai dati forniti da un gruppo di banche, lasciando agli stessi istituti di credito ampi margini di discrezionalità;
   secondo le intenzioni della BCE, i prossimi interventi di revisione del calcolo dell'Euribor sarebbero volti a realizzare un sistema basato sui tassi di mercato;
   a giudizio dell'interrogante, quanto esposto, in connessione con l'attuale, critica congiuntura economico-finanziaria a livello continentale, solleva dubbi e perplessità, soprattutto in uno scenario economico complessivo in cui le prospettive continuano ad essere negative e gli indicatori economici puntano ancora al ribasso;
   la condizione del mercato dei titoli di Stato, nel quale il differenziale di rendimento (spread) tra BTP italiani e Bund tedeschi permane a livelli ingiustificabili, lo spettro di un'imminente attacco speculativo contro i Paesi dell'area dell'euro, in particolare quelli ad elevato debito pubblico come l'Italia, unitamente alla richiamata vicenda relativa al tasso Libor, che determinerà a sua volta interventi di modifica dell'Euribor, alimentano, a giudizio dell'interrogante, preoccupazioni e incertezze sul futuro economico, acuite ulteriormente dalle debolezze dell'architettura istituzionale dell'Unione monetaria;
   l'Italia è particolarmente interessata dall'applicazione dei tassi Euribor, in quanto oltre l'80 per cento degli italiani è proprietario dell'immobile in cui abita e le modalità d'acquisto dell'abitazione principale sono incentrate sui contratti di mutuo;
   a tale proposito è opportuno sottolineare le difficoltà in cui versa un elevato numero di famiglie italiane, che, a causa dell'attuale fase economica particolarmente critica del Paese, caratterizzata dall'aumento del tasso di disoccupazione e dalla riduzione dei redditi disponibili dei nuclei familiari, incontra ostacoli sempre più grandi a pagare le rate dei contratti di mutuo in essere;
   l'ultimo bollettino della Banca d'Italia segnala inoltre come il contratto di mutuo maggiormente diffuso in Italia sia quello a tasso variabile, il cui meccanismo di determinazione è stabilito dal tasso Euribor più lo spread, in cui l'Euribor costituisce la componente variabile del tasso, mentre lo spread quella fissa, che resterà invariata per tutta la durata del mutuo;
   di conseguenza l'Euribor, che rappresenta il tasso di riferimento per i mutui a tasso variabile sottoscritti con banche e istituti finanziari italiani, costituisce un riferimento cardine, fondamentale per l'intero sistema finanziario nazionale;
   risulta pertanto indispensabile, a giudizio dell'interrogante, fornire ogni chiarimento circa eventuali interventi della BCE in merito alla revisione del meccanismo di calcolo del tasso Euribor, atteso che tale tasso incide direttamente sulla determinazione gli interessi per un vasto ambito di contratti interbancari e privati, per un valore totale di 500 trilioni di dollari, dai più sofisticati, come i derivati, ai più diffusi, quali i mutui e i contratti relativi alle carte di credito –:
   di quali elementi disponga in merito all'intenzione, da parte della BCE, di rivedere il meccanismo di calcolo del tasso Euribor, a seguito dello scandalo relativo al tasso Libor richiamato in premessa e, in caso affermativo, di quali iniziative intenda farsi promotore a livello europeo per evitare che una riforma del meccanismo di calcolo di tale tasso, che coinvolge direttamente la quotidianità delle famiglie e delle imprese italiane, possa danneggiare ulteriormente una situazione economica e finanziaria già particolarmente difficile. (5-07769)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAVALLARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i numerosi provvedimenti adottati negli ultimi mesi, tra cui la legge di stabilità per l'anno 2012 e il «decreto Salva-Italia», nonché il decreto sulla spending review, hanno riguardato anche gli enti locali, a cui è stato richiesto un importante sforzo come contributo degli enti periferici alla riduzione del debito pubblico italiano;
   in tale contesto, l'impossibilità per gli enti in avanzo di poter spendere le risorse per investimenti, ovvero l'impossibilità per gli enti locali di poter sbloccare i residui passivi per liberare le risorse indispensabili a pagare appalti e forniture e aiutare le aziende nella loro sopravvivenza, unita ai già pesanti tagli a carico degli enti locali, mina nei fatti la ripresa economica e la qualità di vita dei cittadini;
   nel caso specifico, segnalato dagli organi dell'amministrazione provinciale di Macerata con comunicati ufficiali e notizie sulla stampa, la provincia dovrebbe e potrebbe pagare circa 35.141.000 euro per opere pubbliche, partecipazioni, contributi ed altro, ma proprio per i vincoli stringenti del patto di stabilità non può spenderne più di 1.100.000, nonostante non abbia un bilancio in dissesto;
   oltre a dover «tagliare» dal bilancio altri 4 milioni e mezzo di euro per effetto del decreto sulla spending review, la provincia di Macerata, a causa del patto di stabilità, non può pagare, pur avendone la disponibilità di cassa, crediti vantati da imprese appaltatrici per quasi 6 milioni di euro e non può avviare 36 opere pubbliche già appaltate per più di 11 milioni di euro e dare corso ad altri 16 progetti di lavori pubblici per circa 5 milioni e 600 mila euro nonché portare a termine due cantieri sospesi da mesi;
   si tratta non solo di strade e ponti, ma anche di risorse che riguardano l'edilizia scolastica, la manutenzione dei fiumi, i contributi per attività socio assistenziali e per l'edilizia residenziale;
   in tali condizione gli enti locali non solo non sono in grado di dare sostegno a livello territoriale agli imprenditori in grave difficoltà, le cui imprese trovano sussistenza in genere nell'economia locale, ma per far quadrare i conti sono di fatto obbligati a tagliare drasticamente i servizi ai cittadini;
   il patto di stabilità che regola la vita della pubblica amministrazione nazionale dovrebbe assicurarne la stabilità finanziaria, avere un effetto di traino tanto più prezioso in questa fase di crisi economica ed occupazionale e non rappresentare un freno allo sviluppo del territorio e delle imprese che in esso insistono;
   è prioritario intervenire con modifiche al patto di stabilità e liberare risorse da destinare alla prosecuzione delle opere già appaltate, per cantierare nuove opere, per salvare e far sopravvivere le piccole e medie aziende e con esse i posti di lavoro che rischiano di essere compromessi –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per far sì che gli enti locali che non hanno deficit di bilancio possano utilizzare risorse ulteriori, peraltro già nelle loro disponibilità e in deroga al patto di stabilità, per consentire la realizzazione di opere pubbliche e creare un volano per le attività economiche, tenendo anche conto che le spese degli enti locali per le opere pubbliche rappresentano più del 60 per cento delle spese in conto capitale delle pubbliche amministrazioni;
   se, alla luce del ruolo fondamentale che le province hanno nelle politiche attive per il lavoro e nella gestione di servizi per il cittadino, non ritenga opportuno ripensare ai tentativi in corso di riordino delle stesse in termini di risparmio della spesa pubblica, soprattutto laddove, come nel caso della provincia di Macerata non risultino deficit di bilancio. (5-07763)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO, PALOMBA e MESSINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   malgrado la smentita del procuratore generale presso la Corte di cassazione, Gianfranco Ciani, che ha dichiarato di non avere mai chiesto al Capo della direzione nazionale antimafia, Pietro Grasso, l'avocazione dell'indagine sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia» revocandola agli inquirenti palermitani, vi è motivo di credere che le dichiarazioni del pubblico ministero di Caltanissetta, Nicolò Marino, che ha definito inaccettabile il fatto che il procuratore generale della Cassazione abbia chiesto a Grasso di promuovere un coordinamento tra le procure con un indirizzo preciso non siano «prive di qualsiasi fondamento»;
   il 19 aprile scorso il procuratore generale convocò in Cassazione il capo della direzione nazionale antimafia per parlare delle indagini sulla trattativa citata, ma egli ammette soltanto di aver chiesto «notizie sull'attività di coordinamento svolte nella vicenda nel rigoroso rispetto dei poteri di sorveglianza attribuiti dall'articolo 104 del decreto legislativo n. 159 del 2011 sulla Procura nazionale antimafia, istituita nell'ambito della Procura generale della Cassazione»;
   sennonché le dichiarazioni del dottor Grasso smentiscono tale ricostruzione dei fatti: in un'intervista rilasciata al Fatto Quotidiano del 19 giugno 2012, Grasso non solo ammette di esser stato convocato dal procuratore generale Ciani, ma rivela anche di aver ricevuto da lui la richiesta di «una relazione sul coordinamento tra le procure» di Palermo e di Caltanissetta: «ho espresso (al procuratore generale della Cassazione – NdR) la volontà che mi venisse messo per iscritto. Mi è stato fatto presente che era nei suoi poteri chiederlo verbalmente. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno di influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisite dai singoli uffici giudiziari»;
   una traccia della conversazione del 19 aprile tra Ciani e Grasso è inoltre conservata nel verbale della riunione, dove si legge che Grasso «precisa di non avere registrato violazioni... tali da potere fondare un intervento di avocazione a norma dell'articolo 371-bis Cpp» e promette che rimetterà al procuratore generale «un'informativa scritta»;
   il dottor Marino sottolinea, pur con il massimo rispetto per il procuratore generale della Cassazione, come sia «evidente che era stato chiesto a Grasso perché non avesse dato un indirizzo alle preliminari investigazioni: sia pure soltanto verbalmente, ma gli era stato chiesto»;
   ma in realtà, non sembra sia l'avocazione quello che è stato chiesto a Grasso: lo stesso infatti nell'intervista citata dichiara che «io alle richieste del superiore ufficio (il procuratore generale della Cassazione – NdR) rispondo per iscritto». Dunque «il superiore ufficio» aveva chiesto di dare indirizzi investigativi alle indagini;
   inoltre, nella stessa intervista Grasso aggiunge «Gli ho detto (a Nicola Mancino incontrato alla cerimonia al Quirinale per lo scambio degli auguri natalizi – NdR) che il solo strumento che può ridurre ad unità indagini pendenti in diversi uffici è l'istituto dell'avocazione che, però, è applicabile solo nel caso di ingiustificata e reiterata violazione delle direttive impartite dal Procuratore nazionale antimafia al fine del coordinamento delle indagini. Avocazione che è nei miei poteri, ma nel caso Mancino non vi erano i requisiti per poterla applicare»;
   infine, il contenuto della superiore ricostruzione delle richieste avanzate dal dottor Ciani al PNA Grasso secondo gli interroganti dovrebbe essere valutato anche alla luce delle pregresse conversazioni (oggetto di attività intercettiva) intrattenute dal senatore Mancino con il (dottor Loris D'Ambrosio e con il procuratore generale Esposito, depositate nel procedimento della procura di Palermo sulla cosiddetta «trattativa Stato-mafia», pendente avanti al giudice dell'udienza preliminare (aventi ad oggetto le sollecitazioni del senatore Mancino all'indirizzo del procuratore Generale della suprema corte sull'attività di coordinamento delle investigazioni svolte dalle procure di Caltanissetta, Firenze e Palermo sulle stragi del 1992 – 1993 e sulla cosiddetta «trattativa») –:
   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare.
(4-17538)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 25 agosto 2012 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Castelvetrano (Trapani), accompagnata dagli esponenti radicali di Palermo e Catania, Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli;
   la visita ha avuto una durata di 5 ore; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di polizia penitenziaria Giovanni Antoci; non erano presenti la direttrice dell'istituto Carmen Rosselli, in ferie, né la sostituta pro tempore Rita Barbera, direttrice della casa circondariale Ucciardone di Palermo;
   l'istituto è gravemente sovraffollato: i detenuti presenti sono 97, a fronte di una capienza regolamentare che attualmente è di 46 posti; risulta non corretto, pertanto, il dato presente nella statistica pubblicata sul sito del ministero della giustizia (Detenuti italiani e stranieri presenti e capienze per istituto – 30 giugno 2012) che attribuisce alla casa circondariale di Castelvetrano una capienza regolamentare di 49 posti;
   i detenuti stranieri sono 19, di cui 15 extracomunitari; con riferimento alla posizione giuridica, sono 4 i detenuti in attesa di primo giudizio, 3 gli appellanti, 6 i ricorrenti, 84 quelli che scontano una condanna definitiva; quasi tutti i detenuti sono provenienti da altri istituti di pena (anche di altre regioni), mentre gli ingressi dalla libertà, secondo quanto riferito, sono pochissimi;
   il personale di polizia penitenziaria è sottodimensionato: la pianta organica prevede 61 unità, gli agenti assegnati sono 67, ma (tra distacchi e congedi per malattie di lunga degenza) quelli effettivamente in servizio sono soltanto 55; «di questi 55 agenti effettivamente in servizio, 11 unità usufruiscono dei permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992, per cui si assentano tre volte al mese», riferisce il comandante, che aggiunge: «riusciamo a garantire i riposi e le ferie con grande difficoltà; molti agenti sono anziani e ormai prossimi alla pensione»;
   il deficit di organico di polizia penitenziaria incide sull'organizzazione del lavoro e si ripercuote negativamente sulla vita dei detenuti e sulla vita degli stessi agenti, costretti a operare in condizioni di stress per fare fronte a un notevole carico di lavoro, reso ancora più gravoso dalla carenza di mezzi e risorse economiche; le autovetture in dotazione alla polizia penitenziaria sono soltanto due (Fiat Punto), più un'altra in officina: «abbiamo pochi uomini e pochi mezzi», afferma il comandante;
   il nucleo traduzioni di riferimento è quello di Trapani; «se è necessario effettuare un ricovero urgente si procede con personale in servizio in questo istituto: chiamiamo un'ambulanza, la scortiamo, e poi attendiamo che arrivino i colleghi da Trapani», spiega il comandante;
   all'interno del penitenziario non sono presenti né un alloggio per il comandante di polizia penitenziaria né un alloggio per il direttore;
   le risorse per la manutenzione ordinaria sono scarse: «ci sono molti problemi, tentiamo di risparmiare anche sulla carta perché ne abbiamo poca; anche il climatizzatore della mia stanza perde acqua», sottolinea il comandante;
   i detenuti tossicodipendenti sono 22;
   all'interno dell'istituto è assicurata la presenza di un medico h24 soltanto venerdì, sabato e domenica, mentre dal lunedì al giovedì il presidio sanitario è attivo fino alle 20.00; «nei giorni feriali non c’è copertura medica e infermieristica h24, e la guardia medica esterna è a Selinunte che dista 13 chilometri da qui ed è spesso ipercarica di lavoro, perché è una località turistica», evidenzia il responsabile dell'area sanitaria; secondo quanto riferito, all'interno dell'istituto non è presente il defibrillatore;
   l'assistenza psicologica è assicurata da uno psicologo per sole 4 ore al mese;
   gli educatori sono 2 (uno di ruolo più uno distaccato);
   sotto il profilo dell'istruzione, sono attive esclusivamente classi di scuola elementare (alfabetizzazione); i detenuti possono accedere al corso di computer e nel recente passato sono stati effettuati corsi di cucina, giardinaggio e decorazione; non sono presenti lavorazioni di alcun tipo; «manca lo spazio per fare lavorazioni stabili; per i corsi viene utilizzata la stanza della socialità dei detenuti, di mattina si fa il corso e nel pomeriggio la socialità, per questo abbiamo fatto soprattutto corsi orali, perché per le lavorazioni occorrerebbero altri spazi», spiega il comandante; i detenuti che lavorano sono pochi, tutti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria (fatta eccezione per i detenuti ammessi al lavoro esterno ex articolo 21 dell'ordinamento penitenziario);
   l'istituto si articola in quattro sezioni: le sezioni prima e seconda ospitano 58 detenuti comuni in regime di media sicurezza; nella terza sezione sono ristretti 31 detenuti «protetti» (sex offender); la quarta sezione ospita 8 detenuti semiliberi o ammessi al lavoro esterno ex articolo 21 dell'ordinamento penitenziario;
   le celle, tutte di uguale dimensione, misurano circa 8 metri quadrati; pensate per ospitare un detenuto, ne ospitano generalmente due e in alcuni casi perfino tre; tutte le celle sono sprovviste di doccia, in violazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000; ai detenuti è consentito l'utilizzo della doccia comune soltanto tre volte alla settimana; le porte d'ingresso delle celle presentano una singolare conformazione «piena» che limita sensibilmente la circolazione dell'aria: anziché esservi (come nella generalità dei penitenziari) il cancello a sbarre e la porta blindata, c’è un'unica porta blindata senza aperture, fatta eccezione per una piccola porzione della stessa (circa 20 centimetri x 1 metro) in cui vi sono due sbarre; le ore d'aria sono 4, due al mattino e due al pomeriggio;
   la prima sezione si compone di 11 celle più una (la cella n. 1) che è adibita a sala per la socialità; i detenuti presenti sono 23;
   nella cella n. 2 sono ristretti 3 detenuti sistemati in un letto a castello;
   G.S., detenuto ventunenne, riferisce di essere in attesa di andare presso la comunità «Casa dei Giovani» di Bagheria (Palermo) e racconta: «sono entrato in una casa famiglia a 10 anni, da quando ho 10 anni ho fatto solo 3 anni di libertà; mia madre è in carcere e mio padre dovrebbe essere scarcerato proprio oggi, un mio fratello che è stato adottato si è rifatto vivo dopo 9 anni che non lo vedevo, non faccio molti colloqui»;
   R.S., ristretto nella cella n. 11, ha chiesto un avvicinamento colloqui nel carcere Ucciardone di Palermo, dove si trova anche il figlio: «vorrei andare all'Ucciardone per essere vicino ai familiari, il mio problema è che qui non faccio colloqui»;
   nell'area esterna (il cosiddetto «passeggio») non c’è nemmeno un rubinetto ma soltanto 2 wc alla turca in pessime condizioni;
   nella postazione di controllo della polizia penitenziaria (la cosiddetta «garitta») il condizionatore non funziona da circa un anno: «non si è potuto aggiustare per questione di soldi, ma in estate c’è troppo caldo, ci sono 50 gradi dentro la garitta, e così il collega si deve mettere in piedi sull'uscio», afferma un agente; secondo quanto riferito, il personale di polizia penitenziaria deve fare i conti anche con un problema di vestiario: «il vestiario è bloccato; gli anfibi, ad esempio, dovrebbero cambiarli ogni 5 anni ma dopo 10 anni ancora non ce li danno, a volte li chiediamo all'esercito che però utilizza anfibi di colore marrone, e poi noi provvediamo a tingerli di nero»; il comandante conferma: «le scarpe mancano da parecchio tempo»;
   la delegazione incontra i detenuti nel passeggio;
   «in questo passeggio non c’è acqua, abbiamo fatto richiesta almeno per un lavandino, ma ancora niente», lamentano i detenuti;
   uno dei problemi segnalati dai detenuti riguarda il sopravitto, con riferimento sia ai prezzi che alla varietà dei prodotti che possono essere acquistati; «qui la spesa è cara, ad esempio la pasta Barilla, il pomodoro, il gelato: hanno un costo molto più alto rispetto a fuori, io lo so perché mia moglie lavora in un supermercato», afferma un detenuto; «nella lista mancano i piselli, manca il pesce, non ci sono nemmeno i bastoncini Findus», si rammarica un altro; molti detenuti evidenziano l'assenza del frigorifero in cella: «senza un frigo il cibo che ci portano da fuori o lo mangi tutto la sera stessa oppure lo puoi buttare»;
   molti detenuti, inoltre, deplorano la scarsa qualità del vitto somministrato dal carcere: «il pesce che passa l'Amministrazione fa puzza»; «l'hamburger che passano è immangiabile»; e ancora: «ci danno sempre würstel, uova, e cordon bleu, che è frittura»;
   secondo quanto riferito dai detenuti, non vengono forniti dall'amministrazione nemmeno quei generi di prima necessità necessari per la pulizia della cella (stracci, detersivi) e per l'igiene personale (spazzolino, dentifricio, sapone): «qui la fornitura non esiste, il poveraccio che non ha i soldi non può nemmeno pulire la cella»;
   un detenuto deplora: «consentirci di fare la doccia soltanto tre volte alla settimana non è corretto, specialmente nel periodo estivo»; un altro afferma: «la doccia possiamo farla lunedì, mercoledì e giovedì: sarebbe meglio il venerdì anziché il giovedì; noi comunque vorremmo farla ogni giorno»;
   molti detenuti sottolineano l'anomala struttura delle porte delle celle: «il blindato non fa passare l'aria, queste sono porte da 41 bis»; «con questo blindato mi sta venendo l'asma, uno in carcere entra sano ed esce malato»; «il blindo non è normale, dovrebbe venire a vederlo Amnesty International»;
   una delle rimostranze più ricorrenti riguarda la figura del magistrato del sorveglianza: «qualche colloquio con i detenuti ogni tanto lo fa, ma il magistrato di sorveglianza non visita mai le celle», affermano i detenuti; «forse il magistrato di sorveglianza le celle le ha viste nelle riviste», dice un altro; alcuni detenuti sottolineano il ritardo con cui viene concesso il beneficio della liberazione anticipata;
   molti detenuti evidenziano che la legge n. 199 del 2010 (e successive modifiche) non ha prodotto gli effetti deflattivi auspicati: «nemmeno in un penitenziario come questo, dove in tanti siamo definitivi con pene brevi, la 199 ha funzionato»; «il sovraffollamento c'era prima e continua ad esserci anche ora»;
   emblematico il caso di A.T., che racconta di essersi visto rigettare «per pericolo di fuga» l'istanza presentata per scontare la pena presso il proprio domicilio ai sensi della legge n. 199 del 2010, sebbene si fosse costituito spontaneamente: «avevo un residuo pena di 1 anno e 2 mesi e così ho fatto la richiesta per la 199, dopo 5 mesi mi è arrivato il rigetto del magistrato di sorveglianza motivato dicendo che c'era pericolo di fuga; ma se io ero andato in questura con i miei piedi e mi ero consegnato, come fanno a dire che c'era pericolo di fuga?»;
   L.M. non ha ricevuto alcuna risposta all'istanza di avvicinamento colloqui presentata a marzo: «vorrei andare nel carcere di Catanzaro per stare vicino a mio padre che ha avuto un ictus, nella domanda ho allegato la sua cartella clinica; ho fatto richiesta anche per andare in un carcere qualsiasi della Calabria o della Basilicata, al limite andrei anche a Messina, ma qui sono troppo lontano da casa, sono a 700 chilometri, sono qui da 16 mesi e non ho mai fatto un colloquio»;
   O.I., detenuto ucraino, non ha mai ricevuto risposta all'istanza presentata circa 9 mesi fa per chiedere il trasferimento in un carcere più vicino alla sua famiglia, che risiede a Mantova: «non faccio colloqui, non vedo la mia famiglia da 5 anni»;
   alcuni detenuti denunciano l'inadeguata assistenza psicologica: «lo psicologo lo vediamo pochissimo»;
   G.I., detenuto con disagio di tipo psichiatrico, vorrebbe avere colloqui più frequenti con lo psichiatra: «sono qui da 13 mesi, ho paura di morire qua dentro, io non credo di essere compatibile con la detenzione, mi danno solo gocce ma io sto male»;
   tanti detenuti manifestano rammarico per il fatto che Radio Radicale non si senta in questa area: «fate qualcosa per fare arrivare il segnale, Radio Radicale per noi è un filo di speranza»;
   il vano doccia comune della prima sezione consta di due docce; le condizioni sono buone, fatta eccezione per gli infissi che si presentano arrugginiti;
   la delegazione visita la cucina, che si presenta in ottime condizioni sotto il profilo igienico e strutturale; i detenuti che lavorano in cucina offrono alla delegazione un pezzo di pizza;
   la seconda sezione si compone di 15 celle e ospita 35 detenuti; la delegazione incontra i detenuti nel passeggio, che si presenta in condizioni peggiori rispetto a quello della prima sezione; le rimostranze dei detenuti si appuntano sulle stesse criticità già segnalate dai detenuti della prima sezione: il sovraffollamento (vivere in 3 in una cella di queste dimensioni è impossibile), le inadeguatezze strutturali delle celle (porta blindata, assenza della doccia), le anomalie del sopravitto, la scarsa qualità del vitto, l'assenza di frigorifero, la carenza di forniture da parte dell'amministrazione, l'assistenza psicologica inadeguata, l'assenza di assistenza medica nelle ore serali e notturne, la carenza di lavoro e attività trattamentali, il funzionamento del magistrato di sorveglianza;
   N.F.L. riferisce di avere un residuo di pena da scontare di 5 mesi e di aver presentato 4 mesi fa istanza ai sensi della legge n. 199 del 2010, senza aver ricevuto alcuna risposta: «nemmeno rispondono: così la svuotacarceri è una presa in giro»;
   M.B., con un residuo di pena da scontare di 12 mesi, non ha ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata il 22 marzo 2012 per chiedere di poter scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge n. 199 del 2010;
   anche nella garitta che si affaccia sul passeggio della seconda sezione il climatizzatore non funziona, con evidente disagio per gli agenti assegnati in quella postazione di controllo;
   la delegazione si reca al primo piano e visita la terza sezione che si compone di 12 celle e ospita 31 detenuti «protetti» (sex offender); nella sezione ci sono 2 salette (una saletta polivalente e un'altra dove si svolgono i corsi) e 2 vani doccia con 2 postazioni-doccia ciascuno;
   A.T., detenuto di 80 anni ristretto nella cella n. 8, riferisce di trovarsi in cattive condizioni di salute: «sono qui da 2 anni, sto male, la salute mi manca»;
   A.C., detenuto di 76 anni ristretto nella cella n. 13, lamenta: «ieri sera ho avuto un fortissimo mal di pancia e ho dovuto attendere più di tre ore per avere qualcosa, io chiedevo un calmante, non pretendevo mica un'assistenza specialistica, qui se stiamo male di sera siamo abbandonati, non c’è né assistenza medica né infermieristica»; A. C. riferisce di essere stato sfollato dal carcere di Termini Imerese, dove l'anziana moglie poteva andarlo a trovare con minore difficoltà: «mi hanno trasferito da Termini Imerese a Castelvetrano per il sovraffollamento, ma anche questo carcere è sovraffollato; mia moglie vive in provincia di Messina ed è anziana: ogni volta che viene a trovarmi, fra andata e ritorno, fa centinaia di chilometri»;
   M.R. ha chiesto di essere trasferito a Palermo dove risiede la moglie gravemente malata: «mia moglie ha la leucemia, inoltre le hanno trovato una massa al seno grande come un'arancia, vorrei starle vicino»;
   G. C., ristretto nella cella n. 12, sottolinea l'importanza di risolvere, accanto ai problemi che riguardano i detenuti, anche i problemi che riguardano gli agenti di polizia penitenziaria: «il nostro destino qui dentro è legato: se stanno bene loro stiamo bene anche noi»;
   nel carcere di Castelvetrano il rapporto fra i detenuti e gli agenti è molto buono, nonostante le difficoltà oggettive legate al sovraffollamento e alla carenza di organico;
   la sala colloqui, arredata con 8 tavoli e decorata con dipinti a muro, si presenta in buone condizioni; il climatizzatore però, secondo quanto riferito, non è funzionante;
   all'interno dell'istituto è presente ma non è ancora funzionante una piccola area verde attrezzata per lo svolgimento dei colloqui dei detenuti con i familiari minorenni; l'attivazione dell'area verde, secondo quanto riferito, è ostacolata dalla mancanza di un apposito posto di sorveglianza;
   l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n. 354, (ordinamento penitenziario) stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;
   l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»;
   il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale» (...);
   l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»;
   il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali (...)» –:
   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere di Castelvetrano;
   se e quando si intenda intervenire per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;
   se, e in che tempi, verranno effettuate le opere di adeguamento strutturale necessarie a rendere le celle conformi a quanto prescritto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
   se, e in che tempi, intenda intervenire per far sì che il vestiario in dotazione agli agenti risulti costantemente adeguato alle necessità e al decoro del corpo di polizia penitenziaria;
   se si intendano incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle; quale intervento intenda mettere in atto per assicurare ai detenuti i detergenti per lavarsi e la possibilità di farsi la doccia quotidianamente;
   in che modo si intenda intervenire, per quanto di competenza, in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
   a quanti dei detenuti definitivi del carcere di Castelvetrano venga applicato il trattamento rieducativo previsto dall'ordinamento, penitenziario, trattamento che deve tendere, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi, secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti;
   cosa si intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;
   in particolare, come si giustifichino gli sfollamenti da carceri sovraffollate che sradicano i detenuti dal loro ambiente familiare per confinarli in istituti altrettanto affollati;
   come questi sfollamenti a centinaia di chilometri di distanza siano compatibili con la normativa citata in premessa;
   quale sia il carico di lavoro del magistrato di sorveglianza di riferimento del carcere di Castelvetrano e se, in riferimento ai commi 1 e 2 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354, lo stesso, vigilando come è suo compito sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena, abbia mai prospettato al Ministro della giustizia le esigenze dei vari servizi del carcere, con particolare riguardo all'attuazione del trattamento rieducativo;
   se corrisponda al vero che la legge n. 199 del 2000 e la sua recente estensione a 18 mesi per l'esecuzione presso il domicilio delle pene, venga applicata agli aventi diritto solo a ridosso del fine pena e, comunque, quanti siano i detenuti che hanno beneficiato dell'intero periodo – 12 mesi prima e 18 mesi con l'adeguamento della nuova normativa;
   se intenda intervenire per consentire l'utilizzo dell'area verde per gli incontri dei detenuti con i loro familiari, in particolare se minorenni;
   se intenda verificare i prezzi del sopravitto praticati all'interno del carcere di Castelvetrano. (4-17542)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'aerostazione di Comiso (Ragusa), aeroporto per l'aviazione generale civile e cargo ha iniziato il suo lungo iter procedurale nel 1999, con l'inserimento negli accordi e nelle intese fra Governo e regione siciliana;
   il lungo e complesso iter di progettazione e di finanziamento dell'opera ha visto per oltre 10 anni operare concordemente l'ENAC, la regione siciliana ed il comune di Comiso;
   l'ENAC ha dichiarato il comune di Comiso quale «ente beneficiario dell'opera» e «stazione appaltante»;
   l'infrastruttura, secondo alcune stime, sarebbe costata quasi 60 milioni di euro, fra risorse comunali regionali e contributi dell'Unione europea;
   secondo le dichiarazioni dell'ENAC, recentemente riportate sulla stampa nazionale televisiva, il presidente Vito Riggio afferma che l'aeroporto è «privato» e che per questo motivo il Ministero dell'economia e delle finanze negherebbe il finanziamento dei costi relativi al servizio di assistenza al volo fornito da ENAV, che ad oggi ne impediscono l'apertura, nonostante l'opera sia ultimata;
   non vengono invece esclusi i finanziamenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, alla polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, all'Agenzia delle dogane;
   la norma contenuta nell'articolo 697, lettera a), del codice della navigazione equipara gli aeroporti di proprietà degli enti pubblici territoriali a quelli di proprietà dello Stato;
   il sedime su cui ricade l'aeroporto di Comiso è di proprietà della regione siciliana che lo ha assegnato al comune di Comiso, per l'attuazione dell'aeroporto civile di IIo livello, così come rilevato dalla nota 20578 del 31 gennaio 2003 dalla conferenza di servizi presieduta da ENAC;
   l'aeroporto di Comiso è stato finanziato con decreto 368/serv.2 del dipartimento regionale trasporti regione siciliana, con fondi comunitari in attuazione dell'accordo di Programma quadro per il trasporto aereo;
   il presidente dell'ENAC Vito Riggio, con nota 116/PRE del 1 settembre 2010 inviata al presidente della regione siciliana, onorevole Raffaele Lombardo, e, per conoscenza, al Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore onorevole Silvio Berlusconi e ai Ministri pro tempore dell'economia e delle finanze, e delle infrastrutture e dei trasporti, ha affermato che titolare delle aree dell'aeroporto di Comiso è la regione siciliana, che lo stesso aeroporto è configurato quale componente del sistema aeroportuale integrato della Sicilia orientale e che, inoltre lo scalo rientra fra gli aeroporti beneficiari dei finanziamenti di cui alla legge 102 del 2009 per i servizi di assistenza al volo;
   con successiva nota 117315 del 5 ottobre 2010 ENAC comunicava che i servizi di assistenza al volo saranno affidati in 3 mesi da ENAV e che la stessa ENAV si dichiara in condizione di organizzare il servizio di assistenza al volo all'aeroporto di Comiso per il quale dichiara già disponibili 3 milioni di euro;
   il comune di Comiso, nella qualità di Stazione Appaltante – delegata da ENAC – ha provveduto ad affidare la progettazione, la costruzione e la gestione dello scalo con tre distinte gare ad evidenza pubblica a livello comunitario;
   se entro il 31 dicembre 2012 l'aerostazione non diverrà pienamente operativa l'Unione europea, che ha stanziato circa 20 milioni di euro di fondi strutturali, secondo quanto anticipato da numerosi organi di stampa, aprirà una procedura di infrazione e pretenderà la restituzione dei fondi;
   l'aeroporto di Comiso rappresenta «l'alternato naturale» dell'aeroporto di Catania Fontanarossa, come dichiarato da ENAC, con fl. 07.08.2003;
   l'aeroporto di Comiso rappresenta un imprescindibile tassello per la piena funzionalità del trasporto aereo in Sicilia ed una infrastruttura di grande rilievo in una zona con il più basso tasso di infrastrutturazione di tutto il Paese;
   un'eventuale mancata apertura dell'aeroporto di Comiso, comprometterebbe gli investimenti privati destinati all'indotto, che l'aeroporto potrebbe sviluppare ovvero alle strutture ricettive, nonché i finanziamenti dell'Unione europea per ciò ottenuti –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di scongiurare il definanziamento dell'aeroporto di Comiso (Ragusa) da parte dell'Unione europea, che comporterebbe la restituzione di fondi pari a 20 milioni di euro;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per portare alla piena operatività l'aeroporto di Comiso;
   se il Ministro sia a conoscenza che l'Avvocatura generale dello Stato ha emesso parere in merito alla realizzazione e gestione dell'aeroporto di Comiso, affermandone la piena legittimità, come da nota Cs. 11890/06 VIIa avv. 389 Di Palma;
   se le recenti dichiarazioni e decisioni assunte dai vertici di ENAC ed ENAV non siano in contrasto con le decisioni, le condotte, gli impegni economici fin qui assunti e sottoscritti.
(2-01651) «Berretta, Causi, Siragusa».

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il comma 1 dell'articolo 151 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) stabilisce nella data del 31 dicembre il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno successivo da parte degli enti locali e dispone che «il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze»;
   in conseguenza delle diverse modifiche normative avvenute nel corso del 2012 sull'imposta municipale propria, la cui entrata in vigore è stata anticipata rispetto al 2014, e in ragione del fatto che il quadro sulle risorse a disposizione dei comuni per quanto attiene proprio all'IMU non appare ancora definitivo, allorché numerosi enti non conoscono ancora perfettamente l'esatto ammontare delle risorse a propria disposizione, è stato definito al 31 ottobre 2012, con un decreto del Ministro dell'interno del 2 agosto 2012, l'ennesimo rinvio del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012;
   il comma 2 dell'articolo 193 del TUEL stabilisce che l'ente locale, con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, provveda con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi finanziari dell'ente stesso, dando atto della permanenza degli equilibri di bilancio;
   in conseguenza del differimento del termine per l'approvazione del bilancio preventivo a data successiva alla scadenza per l'approvazione degli equilibri del medesimo, è sostanzialmente impossibile eseguire la ricognizione degli equilibri di bilancio, sia per gli enti che hanno già approvato il bilancio ma che, alla luce delle recenti modifiche normative in materia di IMU potrebbero vedersi costretti a rivederlo, sia per quegli enti che, ad oggi, in attesa di avere un quadro normativo e finanziario più stabile, non lo hanno ancora approvato;
   il comma 12-bis dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, ovvero del provvedimento che sancisce l'entrata in vigore dell'imposta municipale propria, prevede che «Entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, ed in deroga all'articolo 172, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo», così che, ad oggi, il termine ultimo per la definizione delle aliquote IMU è precedente al termine ultimo per l'approvazione dei bilanci preventivi, laddove il gettito dell'imposta municipale propria rappresenta purtroppo una delle voci di maggiore importanza per gli enti locali –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative idonee a differire il termine del 30 settembre 2012 per l'approvazione dei regolamento comunale dell'imposta municipale propria e degli equilibri di bilancio alla data del 31 ottobre 2012, in modo da armonizzarlo alla scadenza stabilita per l'approvazione dei bilanci preventivi.
(2-01656) «Vanalli, Comaroli, Consiglio, Meroni, Grimoldi, Chiappori, Maggioni, Bonino, Torazzi, Desiderati, Pastore, Paolini, Polledri, Follegot, Fabi, Callegari, Pini, Rivolta, Nicola Molteni, Bitonci, Volpi, Fedriga, Molgora, Lanzarin, Munerato, Negro, Fugatti, Isidori, Crosio, Di Vizia, Buonanno, Cavallotto, Allasia, Bragantini, Simonetti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   DE CORATO, CORSARO, BECCALOSSI, RAMPELLI e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Milano nel maggio 2012 un gruppo di giovani, denominatosi collettivo «Macao», ha occupato due edifici, uno, la Torre Galfa, di proprietà privata. Successivamente dopo essere stati sgomberati, hanno occupato Palazzo Citterio, di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, e anche da quest'ultimo dopo pochi giorni sono stati sgomberati dalle forze dell'ordine. Dopo questi due sgomberi, questi hanno occupato in una cinquantina l'area dell'ex macello comunale in via Molise 68 di proprietà della Sogemi (società comunale che gestisce i mercati generali di Milano). Tale occupazione è avvenuta l'11 giugno 2012, dopo un peregrinare tra vari stabili comunali, come quello di viale Eginardo, e poi abbandonati per vari motivi. Il tutto è avvenuto sotto gli occhi di forti contingenti delle forze dell'ordine, che, attenendosi alle disposizioni, si sono solo limitati ad osservare senza intervenire. In questa situazione il sindaco Pisapia ha pensato di risolvere la situazione offrendo un bene pubblico, l'area ex Ansaldo, agli abusivi, ad avviso degli interroganti mancando di rispetto e dando un messaggio profondamente diseducativo alle persone che onestamente attendono in graduatoria l'assegnazione uno stabile pubblico. Successivamente all'occupazione dell'area, la società Sogemi comunicava alla stampa di aver presentato querela nei confronti degli occupanti abusivi del collettivo «Macao», perseguibili, peraltro, d'ufficio in base all'articolo 633 del codice penale;
   a tutt'oggi i suddetti occupano quell'area, senza che nessuna autorità di pubblica sicurezza abbia provveduto ad allontanarli o sgomberarli. Non contenti di ciò annunciano con comunicati stampa e attraverso internet un summer camp della durata di un mese e mezzo. Si ricorda che quell'area dovrebbe essere posta in vendita dalla Sogemi e dal comune, con un grosso introito vista la posizione urbanistica della stessa. Si ribadisce, inoltre, che a Milano vi sono almeno una decina di stabili occupati abusivamente dai centri sociali (area no-global e collettivi vari); solo negli ultimi mesi ne sono stati occupati tre, in via Apollodoro a Lambrate dal collettivo «Lambretta», in via Arbe e in via Scaldasole, senza che siano state date notizie di denunce a carico degli occupanti, né che siano stati fatti dei tentativi da parte delle forze dell'ordine di allontanarli o sgomberarli;
   a ciò va aggiunto che da anni vi sono a Milano, come nel caso del centro sociale Leoncavallo o di quello di via dei malfattori, edifici occupati abusivamente, senza che sia stata concesso l'ausilio della forza pubblica agli ufficiali giudiziari che avevano l'ordine di notificare lo sgombero. A tutt'oggi risultano occupati abusivamente dai centri sociali: «La panetteria occupata» a Lambrate, vecchio ritrovo di ex brigatisti, ma ora occupato da un collettivo di scienze politiche, in via Watteau il centro sociale «Leoncavallo», in via Muratori il centro sociale «Vittoria». In via Conchetta un altro di questi centri sociali ha occupato uno stabile da ormai più di vent'anni (sgomberato una sola volta e poi rioccupato). Infine, il centro sociale «Il Cantiere», che occupa uno stabile privato in viale Monterosa sempre a Milano;
   una decina di stabili pubblici e privati sono, infatti, occupati abusivamente da centri sociali, collettivi, no-global ed altri. Ecco alcuni esempi: la «Cascina Torchiera» a Musocco, di proprietà comunale, lo stabile privato di viale Monterosa, occupato abusivamente dal centro sociale «Il Cantiere», lo stabile privato di Watteau occupato dal centro sociale «Leoncavallo», a cui per 38 volte è stato notificato da un ufficiale giudiziario l'ordine di sgomberarlo (senza forza pubblica), il «Circolo dei malfattori» al Vigentino, di proprietà comunale, a cui da 8 anni l'ufficiale giudiziario notifica lo sfratto senza forza pubblica, il centro sociale «Vittoria» in via Muratori, di proprietà privata, il centro sociale «Cox 18», che occupa uno stabile comunale in via Conchetta 18, il centro sociale «La panetteria occupata», stabile privato occupato in via Conte Rosso a Lambrate, e altri ancora che sono diventate tutte vere e proprie zone franche all'interno della città di Milano. Questi, oltre a causare notevoli disturbi al residenti vicini, sono luoghi da cui partono vere e proprie spedizioni contro le forze dell'ordine, oltre che danneggiamenti di varia entità nei confronti del patrimonio pubblico. Molti di questi, peraltro, sono entrati in vari filoni di inchieste come fiancheggiatori del terrorismo brigatista, come quella sulle brigate rosse padovane. Infine, questi centri sociali sono frequentati, come possono testimoniare i rapporti della digos di Milano, da ex terroristi e sono in alcuni casi, peraltro, luogo di spaccio –:
   per quel che riguarda lo stabile occupato dal collettivo «Macao» dalla metà del mese di giugno 2012, quali siano i motivi per i quali prefetto e questore, dopo aver sgomberato gli abusivi nelle settimane precedenti dalla Torre Galfa, di proprietà di privati, e da Palazzo Citterio, di proprietà pubblica, non procedano allo sgombero e all'allontanamento dei suddetti occupanti, essendo passato più di un mese e mezzo, e, premesso che è stata presentata denuncia dalla società comunale Sogemi, proprietaria dell'area, e che, da parte del questore, si dovrebbe procedere d'ufficio, a norma dell'articolo 633 del codice penale, anche considerato che essendo un'enorme area pubblica destinata alla vendita vi è un danno per le casse comunali, quali siano i motivi per i quali a Milano i centri sociali abusivi non vengono sgomberati ma vengono piuttosto tollerati. (3-02463)


   DOZZO, MARONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   notizie rilanciate dagli organi di informazione riferiscono il susseguirsi, nelle ultime settimane, di sbarchi di clandestini sulle coste dell'isola di Lampedusa: nelle sole giornate del 18 e 19 agosto 2012 sono approdati sull'isola ben 400 extracomunitari;
   l'allarme sbarchi, registratosi già nel corso di tutta l'estate, non è stato preso in adeguata considerazione, ad avviso degli interroganti, dal Governo e, in particolare, dal Ministro interrogato;
   l'emergenza in atto si è manifestata nella sua drammaticità con il naufragio di un'imbarcazione carica di migranti avvenuto, nei giorni scorsi, a 12 miglia dalle coste di Lampedusa, a causa del quale si registra un elevato numero di vittime;
   notizie come quella riportata testimoniano la ripresa massiccia degli sbarchi di clandestini a Lampedusa e fanno seguito all'allarme di recente rilanciato dal generale Adriano Santini, direttore dell'Aise, l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna, nel corso di un'audizione presso il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, come emerso da fonti di stampa;
   il generale Santini ha richiamato, infatti, l'attenzione sui rischi di quella che si potrebbe considerare una probabile invasione delle nostre coste dalla Siria, dalla Libia e dalla Tunisia;
   a fronte delle citate notizie e degli allarmi lanciati non si registra una significativa attenzione da parte del Ministro interrogato, che anzi ha parlato, nel corso di una trasmissione radiofonica, all'inizio dell'estate, di «accordi verbali» con la Libia, lasciando intendere che non sia intenzione del Governo attualmente in carica proseguire sulla linea di fermezza intrapresa in passato dal Ministro Maroni con la stipula di specifici accordi bilaterali con gli Stati rivieraschi di partenza dei clandestini, finalizzati a pattugliamenti congiunti e all'addestramento delle locali forze di polizia;
   a fronte dell'emergenza in atto, alcuni rappresentanti del Governo come il Sottosegretario all'interno con delega all'immigrazione, Saverio Ruperto, tracciando un improprio paragone con l'emergenza dell'estate 2011, seguente alle insurrezioni in Libia e in Tunisia, ha sottolineato che l'incidenza del fenomeno sulle nostre coste è diminuita rispetto al 2011;
   a tali dichiarazioni si aggiungono quelle di altri rappresentanti del Governo a favore della cittadinanza facile per gli stranieri, nonché provvedimenti, ad avviso degli interroganti, sconcertanti, come la sanatoria in corso per i clandestini, inserita nelle pieghe del recepimento di una direttiva comunitaria per il contrasto del «lavoro nero»;
   tali prese di posizione di autorevoli esponenti del Governo non potranno che avere l'effetto di incentivare gli arrivi di clandestini nel nostro Paese, come dimostrato dalla ripresa degli sbarchi sull'isola di Lampedusa, dopo che la politica degli accordi bilaterali intrapresa dal Ministro Maroni li aveva praticamente azzerati –:
   quali siano i reali intendimenti del Governo in materia di contrasto all'immigrazione clandestina e, in particolare, se il Ministro interrogato non intenda ridare impulso alla cooperazione bilaterale con gli Stati costieri del Nord Africa per contrastare le partenze di clandestini dai porti africani, anche attraverso pattugliamenti congiunti. (3-02464)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato il regolamento per le prossime abilitazioni nazionali ai ruoli di professore associato e ordinario;
   una delle novità è che un professore non potrà far parte di una commissione se la sua produzione scientifica è inferiore alla mediana degli ordinari nel settore scientifico in questione;
   l'ANVUR (Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca) farà una graduatoria dei professori ordinari sulla base di alcuni criteri, chiaramente indicati nel regolamento e facilmente controllabili da chiunque (e diversi a seconda delle discipline);
   solo i professori che si trovano nella metà superiore di tale graduatoria (sopra la mediana, cioè) potranno fare domanda di diventare commissari e la commissione sarà sorteggiata fra loro;
   lo stesso criterio vale per i candidati: non si può diventare professore ordinario se si ha meno pubblicazioni della mediana degli ordinari negli ultimi dieci anni o professore associato se si ha meno pubblicazioni della mediana degli associati;
   poi le commissioni potranno giudicare ciascun candidato e dichiararlo idoneo;
   l'idoneità è condizione indispensabile per accedere ai concorsi che le università bandiranno per assumere i nuovi professori;
   la principale perplessità che viene rappresentata dalla gran parte dei ricercatori e dei professori associati è relativa al loro inquadramento risultante spesso inferiore alle mediane;
   è noto che ciò può accadere valutando solo quanto attiene a pubblicazioni in riviste indicizzate (criteri bibliometrici), mentre la qualità scientifica del settore si è sempre configurata anche e soprattutto in altri prodotti (volumi, capitoli di libri, atti di congressi, articoli di riviste italiane validate dalle società scientifiche di riferimento);
   qualora valessero solo i criteri bibliometrici anche nelle procedure di abilitazione in storia della medicina, gran parte dei ricercatori, dei professori associati e di quanti aspirano ad una idoneità resterebbe esclusa, pur potendo vantare una qualificazione scientifica pienamente riconosciuta all'interno del settore;
   molti dei professori e dei ricercatori hanno concretizzato la loro attività producendo soprattutto libri, capitoli di libri o articoli su riviste validate dalle società scientifiche di riferimento (le loro citazioni si possono trovare nelle riviste di area storico-umanistica) e solo occasionalmente sono andati verso riviste internazionali;
   ci si trova di fronte ad una paradossale situazione per la quale diversi ricercatori e professori di pieni e riconosciuti meriti nel settore – apprezzati all'interno di una valutazione tra pari – risultano persino inferiori alla generica mediana di riferimento;
   la mediana non viene da loro superata e ciò non perché siano in carenza di produzione scientifica di rispetto, ma in quanto non hanno generalmente inteso cercare spazio nelle banche dati utilizzate ora per le mediane, mettendo di fatto in discussione l'autorevolezza delle mediane –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per pervenire a norme transitorie, soprattutto per alcuni settori, che tengano conto delle qualificazioni scientifiche finora acquisite e riconosciute all'interno dei settori medesimi. (3-02458)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LANDOLFI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 novembre 2011, con decreto ministeriale, è stato indetto un concorso per l'accesso ai corsi di tirocinio formativo attivo (TFA) per l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado;
   le modalità concorsuali, così come previsto nel suddetto decreto ministeriale all'articolo 1, punto 9), prevedevano una prima prova scritta consistente in 60 domande ed una soglia di ingresso posta a 42, cioè soltanto rispondendo bene ad almeno 42 domande la prova risultava superata e già da ciò emerge una prima anomalia, perché si posiziona la soglia ben oltre la sufficienza, che consisterebbe in 36/60;
   su tale prova, così come riconosciuto dallo stesso Ministero, sono stati rilevati clamorosi errori che hanno portato ad individuare, per ogni classe di concorso (ossia materia da insegnare), un arco di domande (da un minimo di 7 ad un massimo di 24) ritenute «ambigue» e quindi considerate corrette a tutti, indipendentemente dalla risposta data a giudizio dell'interrogante alterando di fatto l'esito del concorso. Infatti, alcuni concorrenti sono stati valutati su 53 domande, altri su 36. Emblematico della disparità creatasi tra i partecipanti al medesimo concorso appare senza alcun dubbio il caso della facoltà di lettere presso la Sun (Seconda università di Napoli) dove i posti messi a disposizione dall'università sono 70 a fronte di soli 37 concorrenti che hanno risposto correttamente a tutte le domande, mentre altri hanno riportato punteggi di poco inferiori a quelli da questi ultimi ottenuti;
   il punto 18 del già citato decreto ministeriale riporta che «la graduatoria degli ammessi al corso non può essere in nessun caso integrata con altri candidati. Nel caso in cui la graduatoria dei candidati ammessi risulti composta da un numero di candidati inferiore al numero dei posti disponibili indicati nel bando, non si procede ad alcuna integrazione e il corso è attivato per un numero di studenti pari al numero degli ammessi» –:
   se non ritenga opportuno e rispondente a criteri di equità ammettere alle prove di accesso (prova scritta e colloquio) candidati in numero pari al doppio dei posti disponibili, al duplice fine di garantire la copertura dei posti e di offrire la possibilità di accesso ai concorrenti penalizzati dalla presenza nella prova selettiva di quesiti risultati non corretti;
   in caso affermativo, quali misure compensative si intendano adottare, con l'urgenza richiesta dal caso, al fine di consentire, per giunta senza alcun ulteriore aggravio di spesa, la copertura di tutti i posti di tirocinio formativo attivo previsti dal bando di concorso. (4-17532)


   PERINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il trinomio «sordità-integrazione-istruzione» rappresenta un elemento fondamentale nell'educazione delle persone sorde;
   l'integrazione e l'inclusione degli studenti sordi nella scuola, e di conseguenza nella società, non possono essere prese in considerazione e disciplinate prescindendo dalla specificità del deficit uditivo e dalla garanzia di un'educazione scolastica adeguata;
   lo studente sordo, al pari di tutti gli altri, è titolare del diritto fondamentale, tutelato dalla Costituzione della Repubblica italiana, di ricevere un'istruzione a parità di condizioni, rispetto ai suoi compagni, ricevendo i necessari ausili e servizi volti a favorire il suo apprendimento, la sua integrazione e la sua inclusione;
   la Carta Costituzionale, che è la legge fondamentale dello Stato che regola i rapporti tra i cittadini, è il testo base da cui si ricavano alcune importanti disposizioni in materia: in particolare gli articoli 3, 34, e 38, che sanciscono il diritto di accesso di tutti i cittadini, senza esclusione alcuna, all'istruzione, e che prevedono che tale accesso deve essere assicurato anche agli studenti con disabilità in modo da garantire l'effettiva uguaglianza fra tutti i cittadini, contengono i principi ispiratori di alcune leggi ordinarie che disciplinano parzialmente l'istruzione degli studenti disabili, tra cui anche i sordi, come il decreto-legge n. 5 del 1971 e la legge n. 517 del 1977;
   il decreto-legge n. 5 del 1971, all'articolo 28, comma 2, disponeva che «L'istruzione dell'obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento o l'inserimento nelle predette classi normali»; al comma 3, specificava, poi, che la frequenza degli studenti disabili dovesse essere facilitata nelle scuole medie superiori ed universitarie (tale comma fu dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza 3 giugno 1987, n. 215, nella parte in cui, in riferimento ai soggetti portatori di handicap, prevedeva che «Sarà facilitata», anziché disporre che «È assicurata» la frequenza alle scuole medie superiori); entrambi i commi sono stati successivamente abrogati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;
   la legge n. 517 del 1977 ha introdotto per la prima volta il termine «integrazione», con riferimento all'universo degli alunni in condizione di handicap; in particolare gli articoli 2 e 7 affermano che, fermo restando il diritto allo studio, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap attraverso le prestazioni di insegnanti specializzati; l'articolo 10 specifica che agli studenti sordi viene esteso l'obbligo scolastico, assicurando loro la necessaria «interazione» specialistica e i servizi di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti;
   la legge-quadro n. 104 del 1992 che concorre a tutelare il diritto all'istruzione e ad un'effettiva integrazione degli studenti in situazione di handicap, sia nelle scuole di ogni ordine e grado che nelle università, riaffermando la garanzia di attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati, prevede disposizioni di particolare interesse anche per gli studenti sordi;
   all'articolo 13, infatti, dispone che l'integrazione scolastica della persona handicappata si realizza, altresì, mediante l'attribuzione, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, e, nelle scuole di ogni ordine e grado, attraverso la previsione di un servizio di assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, che è posto a carico agli enti locali ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977;
   in tale modo viene definita la figura dell’«assistente alla comunicazione», in riferimento alla quale è importante precisare che la legge n. 104 del 1992, in linea con la sua natura di legge-quadro, senza chiarirne il ruolo giuridico e professionale, ne specifica solo i principi fondamentali, demandando la regolamentazione delle modalità e degli strumenti operativi alle regioni;
   con l'articolo 13, comma 3, si pone a carico degli enti locali l'obbligo di erogare il servizio, senza tuttavia identificare, in modo circostanziato, l'ente effettivamente preposto a tale adempimento, che si ricava solo attraverso il combinato disposto di una serie di norme e di leggi nazionali e regionali; rispetto all'individuazione concreta dell'ente locale, cui è demandata l'erogazione del servizio, occorre tenere debitamente conto del nuovo disposto dell'articolo 118 della Costituzione e di nuove norme intervenute nell'ordinamento giuridico;
   oltre al decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e alla legge n. 104 del 1992 che prevedono che l'assistenza ai minorati psico-fisici e le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni che le svolgono secondo le modalità previste dalla legge regionale, si segnala il decreto legislativo n. 112 del 1998 ai sensi del quale la gestione del servizio è attribuita alle province in relazione all'istruzione secondaria, e ai comuni in merito agli altri gradi inferiori di scuola;
   in merito ai disabili sensoriali, il legislatore nazionale è intervenuto con il decreto-legge n. 9 del 1993 che, all'articolo 5, attribuisce alle province le competenze in materia di assistenza ai minori disabili sensoriali e quello regionale, con la legge della regione Lazio n. 14 del 1999 che, all'articolo 150, conferma le funzioni e i compiti amministrativi delle province concernenti l'assistenza agli alunni sordomuti;
   il TAR della regione Sardegna, con la sentenza n. 34 del 2012, ha stabilito che «l'assistente alla comunicazione, al pari delle ore di sostegno, costituisce diritto fondamentale che va comunque assicurato all'alunno disabile», confermando, dunque, quanto già previsto dalla legge n. 104 del 1992 all'articolo 13, comma 3, ed ulteriormente sottolineando quanto essa sia istitutiva di un diritto tutelato da norme costituzionali identificabili negli articoli 2, 3, 34, e 38, comma 3, della Costituzione;
   la mancata predisposizione del servizio e perfino la sua erogazione per un numero di tre ore (come nel caso trattato dal TAR della Sardegna) comporta il riconoscimento da parte della famiglia dell'alunno disabile o dello stesso, se maggiorenne, del diritto di risarcimento del «danno esistenziale», ex articolo 2059 del codice civile, e l'assegnazione dell'assistente alla comunicazione per il resto delle ore spettanti;
   alla luce della recente giurisprudenza, dunque, il diritto allo studio degli studenti sordi – diritto tutelato costituzionalmente – comporta, altresì, il diritto alla presenza di un servizio di assistenza alla comunicazione;
   tale servizio, nella regione Lazio, è stato attivato nelle province di Frosinone, Latina, Rieti, e Roma, ad esclusione di Viterbo, creando, così, una sostanziale condizione di disagio e di mancata integrazione, che costringe molte famiglie a ricorre a sistemi di istruzione alternativi a quelli pubblici;
   la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 30 marzo 2007, ratificata in Italia con legge n. 18 del 2009, contiene importanti disposizioni rivolte alla tutela delle persone sorde, tra le quali, in particolare, l'articolo 21 riferito alla libertà di espressione, opinione e accesso all'informazione e al riconoscimento e promozione della lingua dei segni, e l'articolo 24, ai sensi del quali gli Stati-parti riconoscono il diritto all'istruzione delle persone con disabilità, offrendo loro la possibilità di acquisire competenze per una piena ed effettiva inclusione, e garantiscono alle persone cieche, sorde o sordo cieche il diritto di ricevere un'istruzione attraverso i linguaggi, le modalità e i mezzi di comunicazione più adeguati –:
   quali iniziative di competenza ritenga opportuno assumere al fine di garantire, in generale, una piena ed effettiva attuazione dei principi contenuti nelle disposizioni di cui in premessa in tema di istruzione, integrazione ed inclusione degli alunni portatori di handicap e delle loro famiglie ed, in particolare, di riconoscimento della lingua dei segni italiana (LIS);
   quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di garantire, anche a fronte delle recenti decisioni giurisprudenziali, quali la sentenza del TAR della Sardegna n. 34 del 2012, che il servizio di «assistenza alla comunicazione» venga erogato regolarmente ed in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale, evitando situazioni di effettiva «disparità sociale», come avviene per la provincia di Viterbo, con inevitabili svantaggi, anche economici, per le famiglie degli alunni portatori di handicap;
   se non ritenga necessario assumere iniziative al fine di definire il ruolo giuridico e professionale dell'assistente alla comunicazione, in modo da offrire agli alunni sordi una figura professionale di riferimento certa e chiara che svolge un'attività altamente formativa e di sostegno, al pari degli altri insegnanti.
(4-17533)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere premesso che:
   la Bbva Finanzia, società specializzata in credito al consumo del gruppo spagnolo Bbva, ha dichiarato 60 esuberi su 137 dipendenti italiani, un taglio pari a quasi il 45 per cento che riguarderà sia la sede centrale di Roma che le filiali sparse sul territorio nazionale;
   lo rendono noto i sindacati Fisac-Cgil, Fiba-Uil, Uilca e Dircredito, che denunciano in una nota «una filosofia aziendale di drastica e definitiva riduzione dell'organico». L'azienda avrebbe mostrato «scarsa disponibilità» a discutere le proposte dei sindacati, tra le quali il contratto di solidarietà nell'ottica di salvare i posti di lavoro, per percorrere la strada degli incentivi all'esodo. La situazione di difficoltà attuale, secondo i sindacati, sarebbe dovuta a «una cattiva gestione tutta incentrata sul monoprodotto» quando il gruppo attivo Bbva ha chiuso il 2011 con considerevole attivo;
   si legge nel documento finale dei sindacati interessati: «Dopo un lungo e serrato confronto, le scriventi Organizzazioni Sindacali non hanno trovato l'Accordo con la Delegazione di BBVA Finanzia in merito alla procedura prevista dall'articolo 18 del CCNL. Il Sindacato, contestando sin dall'inizio l'approccio aziendale incentrato esclusivamente sulla riduzione secca e strutturale di oltre il 40 per cento dell'organico con ripercussioni drammatiche sulla vita e sul lavoro di circa 60 lavoratori, si è dichiarato disponibile ad una trattativa seria e costruttiva per trovare soluzioni che, in un'ottica di salvaguardia occupazionale, permettessero di affrontare e risolvere i problemi sui tavolo. Le organizzazioni sindacali, con l'obiettivo di difendere il lavoro, hanno richiesto di fare ricorso alla puntuale e completa applicazione degli strumenti utilizzabili previsti nell'articolo 18 del Contratto Nazionale, per ottenere una sensibile riduzione del numero degli esuberi, sollecitando una informativa più dettagliata e disaggregata sui dati forniti. Malgrado un prolungato dibattito al tavolo negoziale, il documento proposto dall'Azienda è stato definito sconcertante dalle organizzazioni sindacali. Infatti, pur in presenza dell'utilizzo di vari strumenti (riduzione straordinari, fruizione spettanze annuali e residui ferie, blocco bonus discrezionali, allineamento all'1,5 per cento di tutti i dipendenti del contributo alla previdenza aziendale, mobilità internazionale nel Gruppo su richiesta, telelavoro al Sud, passaggio da full-time a part-time per massimo 6 dipendenti, incentivazioni all'esodo ecc.), il numero indicato degli esuberi si è ridotto di sole 5 unità, da 58 a 53. Le organizzazioni sindacali hanno ribadito la necessità di ricorrere al pieno utilizzo di altri strumenti con particolare riferimento ai Contratti di Solidarietà (riduzione dell'orario di lavoro con conseguente riduzione del trattamento economico) e alla sospensione dei permessi legati alle ex festività per ottenere un ulteriore ridimensionamento degli esuberi. È stata anche riaffermata la necessità, in tema di incentivazioni all'esodo volontario, di rivedere la proposta aziendale in quanto assolutamente insufficiente sia nella definizione degli importi economici prospettati, decisamente inferiori ad altri accordi sottoscritti in situazioni analoghe, che nelle modalità previste. La posizione della controparte, rimasta intransigente, manifesta una chiara mancanza di volontà politica nel trovare soluzioni alternative ai licenziamenti: questo è un atteggiamento grave, irresponsabile ed inaccettabile. La proposta aziendale offende la dignità dei lavoratori, disponibili a consistenti sacrifici e a ridursi la propria retribuzione in cambio di una tutela del lavoro. Le organizzazioni sindacali stigmatizzano le decisioni dell'Azienda e si impegnano a ripristinare le condizioni per un confronto civile e rispettoso dei diritti dei lavoratori. A questo fine, nel caso di ingiustificato diniego ad una valutazione dettagliata inerente la fattispecie normativa nella sua interezza, intraprenderanno ogni iniziativa legale e contrattuale, a tutti i livelli, in difesa dei dipendenti. Un grande Gruppo Bancario internazionale come BBVA deve trovare una soluzione alternativa al massiccio ricorso ai licenziamenti. Vogliamo entrare nel merito della responsabilità di chi ha malamente gestito questa azienda negli ultimi anni, le cui conseguenze non possono ricadere sulle spalle dei lavoratori incolpevoli, pronti comunque a rimboccarsi le maniche. Di sicuro non lasceremo soli i lavoratori, ma ci batteremo al loro fianco per tutelare i loro diritti e ricercare una soluzione che difenda l'occupazione. Le organizzazioni sindacali dichiarano da subito lo stato di agitazione dei lavoratori, che utilizzeranno ogni mezzo e ogni sede, nazionale e internazionale, per difendere il posto di lavoro, e invitano la delegazione di BBVA Finanzia a rivedere la propria posizione senza deludere i dipendenti che in tutti questi anni hanno dimostrato di credere fortemente nella loro Azienda. Le RSA terranno informati puntualmente i colleghi sugli sviluppi della vertenza e sulle iniziative che verranno intraprese;
   «Il sospetto – aggiungono i lavoratori – è che finora l'azienda abbia portato avanti una gestione a dir poco allegra. Perché? Dal 2004 al 2010, i bilanci sono stati sistematicamente in rosso. Eppure l'azienda non solo ha continuato ad assumere, ma ha pure elargito a piene mani premi e bonus prettamente discrezionali. Poi, nel 2011, per la prima volta, l'esercizio si è chiuso in attivo. E ora ci si accorge di essere a un passo dal fallimento. C’è qualcosa che non va»;
   con le attuali prospettive di recessione economica, una scelta di riduzione dei costi da parte dell'azienda appare quanto mal opportuna sempre che avvenga nel pieno rispetto della normativa sul lavoro, perché non possono essere sempre i lavoratori a pagare il prezzo di gestioni disinvolte per assecondare quelle che appaiono scelte arbitrarie dei vertici e per garantire loro prebende e stock option;
   di fronte a questa realtà i lavoratori hanno creduto necessario dare un più chiaro segnale del loro dissenso proclamando tre giornate di sciopero, dal 3 al 5 settembre 2012 –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare l'attività dei lavoratori in questione e se il Governo non ritenga urgente convocare un nuovo tavolo di crisi con i vertici aziendali, le parti sindacali e sociali, al fine di garantire i lavoratori e trovare una soluzione idonea per l'azienda;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per evitare che analoghe vicende di tale gravità, che mettono a repentaglio la sicurezza economica delle famiglie con una vera e propria falcidia di migliaia di posti di lavoro, abbiano a ripetersi.
(2-01652) «Borghesi, Donadi».

Interrogazione a risposta immediata:


   ARGENTIN, MARAN, SCHIRRU, GIACHETTI e QUARTIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dovrebbe essere in via di definizione – in realtà, sarebbe dovuto già essere adottato – il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri riguardante la determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee), ai fini della concessione di agevolazioni fiscali e di benefici assistenziali;
   stante la rilevanza sociale del tema in questione e le dirette implicazioni che potranno determinarsi sulla condizione materiale delle persone appartenenti agli strati sociali più deboli, a maggior ragione in concomitanza con una lunga fase di crisi recessiva, la definizione del citato provvedimento richiederebbe il massimo coinvolgimento delle rappresentanze sociali interessate, al fine di scongiurare effetti contraddittori o, addirittura, controproducenti;
   secondo alcune indiscrezioni di stampa, nelle bozze del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe previsto che tra i redditi da conteggiare, oltre a quelli sottoposti a tassazione ordinaria, vengano aggiunti anche quelli sottoposti a regime di cedolare secca, quali i redditi da locazione, nonché i redditi esenti da tassazione, quale è, ad esempio, l'indennità di accompagnamento per i disabili;
   come noto, l'indennità di accompagnamento è stata istituita dalla legge 11 febbraio 1980, n. 18, prevedendone la corresponsione in favore dei «mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui agli articoli 2 e 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall'articolo 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un'assistenza continua»;
   come si evince dalla lettera e dallo spirito della richiamata disposizione del 1980, l'indennità di accompagnamento è riconosciuta solo in casi di gravi condizionamenti psico-fisici e rappresenta solo un parzialissimo ristoro degli oneri economici che queste persone devono sopportare per poter svolgere una vita dignitosa con l'ausilio permanente di un accompagnatore o ricorrendo ad un'assistenza continua;
   se questi sono i presupposti giuridici, confermati dalla semplice constatazione empirica della condizione materiale in cui si trovano a vivere queste persone, appare del tutto impropria, laddove confermata, l'ipotesi che detta indennità possa essere contemplata per la determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee), alla stregua dei redditi da locazione di immobili –:
   quali siano i reali intendimenti del Governo in materia di definizione dei nuovi elementi per la determinazione della situazione economica equivalente, con particolare riferimento all'ipotesi di un'eventuale inclusione dell'indennità di accompagnamento tra i redditi disponibili ai fini isee. (3-02466)

Interrogazione a risposta scritta:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   un muratore di 45 anni, il signor Giuseppe Lo Bianco, è deceduto a Caltagirone (CT), in seguito alle ferite riportate in una caduta. L'uomo è precipitato dal tetto di un'abitazione, sul quale stava lavorando, finendo su un'automobile in sosta –:
   di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
   se l'operaio stesse rispettando o meno le norme relative alla sicurezza nel lavoro.
(4-17531)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Saluggia sono depositate attualmente e da molti anni l'85 per cento delle scorie nucleari a vari livelli di radioattività, tra le quali molte ad alto livello, presenti in Italia;
   Sogin è la società costituita nel 1999, nell'ambito della riforma del sistema elettrico nazionale e ha come missione lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi;
   Sogin è interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e opera secondo gli indirizzi strategici formulati dal Ministero dello sviluppo economico; le sue risorse finanziarie derivano in buona parte da una componente della tariffa elettrica, la sua gestione finanziaria è assoggettata al controllo della Corte dei conti;
   a Sogin sono state conferite le quattro centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca;
   la commissione tecnica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare incaricata di svolgere la valutazione d'impatto ambientale e sull'impianto Cemex ed il collegato deposito D3, situati nel territorio di Saluggia e destinati alla cementificazione e allo stoccaggio provvisorio delle scorie nucleari ivi collocate, con proprio atto n. 11 del 17 marzo 2008 ha dato parere positivo circa la compatibilità ambientale del progetto in esame, subordinatamente al rispetto delle prescrizioni espresse nei rispettivi pareri espressi dal Ministero per i beni e le attività culturali e dalla regione Piemonte, compreso il vincolo della non idoneità del sito di Saluggia a configurarsi come sito definitivo di stoccaggio dei rifiuti radioattivi (richiamato nella deliberazione della giunta regionale del Piemonte n. 192351 del 13 marzo 2006). Il relativo decreto è stato emanato in data 29 settembre 2008;
   nel periodo di tempo tra il 2009 fino ad oggi, nulla è stato fatto per individuare un sito unico e per ottemperare a quanto previsto dalla commissione tecnica di cui al precedente punto;
   in data 8 novembre 2011, l'amministratore delegato di Sogin, Giuseppe Nucci, ha presentato la tempistica per la conclusione degli impianti di bonifica che secondo lo stesso amministratore delegato si concluderanno nel 2025, precisando che «a Saluggia sarà realizzato il deposito temporaneo, denominato D2 ..., che garantirà la massima sicurezza nello stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi già presenti nel sito e di quelli che saranno prodotti dal decommissioning dell'impianto, in vista del loro successivo trasferimento al deposito nazionale». Specificando che «al termine del decommissioning il deposito temporaneo verrà demolito»;
   per terminare le attività di decommissioning e arrivare al «prato verde» dei siti occorrono 4,8 miliardi di euro, comprensivi dei costi di trasferimento dei rifiuti al futuro deposito nazionale, di cui dal 2010 il nuovo contesto normativo ha affidato a Sogin realizzazione e gestione;
   il D2 sarà pronto nel 2012, entro luglio, verrà riempito di materiale radioattivo; lo ospiterà per dodici anni ed entro il 2025 sarà vuotato, perché tutto il suo contenuto verrà trasferito al deposito nazionale, e smantellato;
   l'articolo pubblicato martedì 15 novembre 2011, a firma Umberto Lorini, su La Gazzetta, pagina 5, considera i costi del deposito temporaneo che dovrà ospitare per dodici anni (sarebbero 13, ma si contano sei mesi per riempirlo e altri sei per svuotarlo) 4.300 metri cubi di rifiuti radioattivi che già stanno a Saluggia pari a circa 15,7 milioni di euro;
   secondo il giornalista Lorini «spalmando i costi sui prossimi 12 anni, Sogin ... spenderà a Saluggia almeno 3.000 euro (il conto è fatto per difetto) per “conservare temporaneamente” rifiuti radioattivi in un capannone temporaneo (in un luogo inidoneo, eccetera). E li spenderà solo perché Sogin stessa, nonostante sia un suo compito definito dalla legge, non ha ancora costruito il Deposito Nazionale. Non avendo il definitivo, costruisce – a Saluggia e negli altri siti – depositi temporanei»;
   il giornalista Lorini, nel medesimo articolo, evidenzia il timore più volte manifestato e a vario titolo, da cittadini, associazioni di riferimento e istituzioni, compresi gli interpellanti, che in realtà il deposito D2 non sarà temporaneo e lo smantellamento, in realtà, sarà solo una finzione per gestire nell'immediato una vicenda che da troppi anni viene governata male con gravi pregiudizi per i cittadini del territorio;
   con diversi atti di indirizzo e in particolar modo due ordini del giorno 9/01441-ter-C/072 e 9/01441-ter-A/016, presentati dal primo firmatario del presente atto, si è più volte evidenziata la necessità di individuare prioritariamente un sito unico nazionale di stoccaggio dei rifiuti nucleari ad alta radioattività, tenendo conto a tale scopo della non idoneità del sito di Saluggia, anche in considerazione della dispendiosità dell'impresa di bonifica che ha carattere temporaneo –:
   come si giustifichi la scelta di non individuare in modo prioritario e in tempi stringenti la localizzazione del deposito unico nazionale e se si intenda contestualmente verificare, per quanto di competenza, se la decisione invece di costruire il D2 possa costituire un danno per l'erario.
(2-01655) «Bobba, Fabbri, Giorgio Merlo, Lovelli, Bratti, Esposito, Muro, Baretta, Vaccaro, Benamati, Fogliardi, Nicco, Marco Carra, Mosella, Sanga, Livia Turco, Gatti, Marini, Gianni Farina, De Torre, Sarubbi, Mariani, Verini, Bordo, Martella, Bocci, Boccuzzi, Grassi, Trappolino, Calvisi, Capano, Bernardini, Maurizio Turco, Codurelli, Cambursano, Concia, Fioroni, Cilluffo, Motta, Damiano, Melandri, Touadi, Melis, Narducci, Servodio, Gnecchi, Rossomando».

Interrogazione a risposta immediata:


   COMPAGNON, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI, TASSONE, CICCANTI, RAO, NARO, VOLONTÈ, MEREU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2011, il primo firmatario della presente interrogazione presentava il question time 3-01984, relativamente alle iniziative che il Ministro interrogato intendeva assumere per assicurare un corretto funzionamento del registro pubblico delle opposizioni, al fine di tutelare i cittadini con riguardo alle telefonate per scopi commerciali o per ricerche di mercato;
   nel dibattito che ne seguiva, il Ministro interrogato, richiamando anche le dirette responsabilità del Garante per la protezione dei dati personali, riconosceva che – nonostante l'introduzione del registro avesse indubbiamente offerto una maggiore tutela agli abbonati – sussisteva, fra gli altri, il problema delle chiamate effettuate da numeri riservati, dal momento che le attività promozionali sono spesso affidate dagli operatori economici a soggetti terzi in esternalizzazioni (i cosiddetti call center);
   appena attivato il registro si sono registrate in media 10 mila iscrizioni al giorno, ma dal febbraio 2011 al luglio 2012 le iscrizioni sono diminuite costantemente, attestandosi oggi a circa 2 mila iscrizioni quotidiane. Attualmente, le iscrizioni al registro sono quantificate in 1 milione e 95 mila (pari all'8 per cento dei 14 milioni di utenze telefoniche fisse), di cui: 630 mila tramite web, 391.500 tramite il numero verde, 57.500 tramite e-mail, 15 mila tramite fax e 2.300 tramite raccomandata;
   secondo un'indagine avviata dal Garante per la protezione dei dati personali, i cittadini che si lamentano di ricevere telefonate promozionali indesiderate sono in aumento esponenziale ed hanno superato le 5 mila segnalazioni;
   ad oggi, il Garante per la protezione dei dati personali ha contestato ad aziende e call center sanzioni per un milione e 500 mila euro, di cui oltre il 70 per cento riguarda gli operatori telefonici e circa il 6 per cento quelli energetici. Le sanzioni vanno dai 10 mila ai 120 mila euro per violazione, ma sono state comminate anche multe pari a 480 mila euro;
   l'iscrizione al registro resta, tuttavia, uno strumento debole ed inefficace ai fini di una concreta tutela degli abbonati, dal momento che presenta le seguenti principali due lacune: per essere iscritto al registro delle opposizioni occorre che il numero dell'abbonato sia nell'elenco pubblico (cosicché si verifica il paradosso che molti utenti che si erano cancellati dall'elenco pubblico chiedono di potersi reiscrivere così da poter accedere poi al registro); il consenso al trattamento dei dati personali ai fini commerciali espresso spesso inconsapevolmente dai cittadini (sottoscrivendo un contratto di telefonia, di pay-tv o la carta fedeltà al supermercato) è gerarchicamente superiore all'iscrizione al registro –:
   quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare nel senso di ampliare il registro delle iscrizioni anche ai numeri non iscritti nei pubblici elenchi (includendo in tal modo ulteriori 5 milioni di utenze fisse e 90 milioni di utenze mobili), nonché di rendere la stessa iscrizione al registro gerarchicamente superiore alla sottoscrizione del consenso al trattamento dei dati personali. (3-02465)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Montagnoli n. 4-17528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e altri n. 5-07759, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brandolini, Dal Moro, Zucchi, Agostini.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   Interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-05736 del 23 novembre 2011.
   Interrogazione a risposta scritta De Corato n. 4-17339 del 7 agosto 2012.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Internet è il più grande mezzo di comunicazione di massa della storia dell'umanità e ciò sia in termini di destinatari dell'informazione sia in termini di produttori di informazione;
   un post su un blog, o strumenti consimili, ad alta visibilità, possono contribuire a formare o consolidare movimenti di opinioni, ed essere utilizzati per dar vita a manifestazioni di varia natura;
   come per ogni strumento, le finalità perseguite tramite la rete, dipendono dalla volontà dell'agente e non dal mezzo stesso;
   a questo proposito, a seguito della diffusione on line di dati riguardanti noti terroristi, la stampa e la tv, specificamente un servizio del TG5 trasmesso in data 29 novembre 2009, hanno fatto emergere la notizia riguardante alcuni latitanti degli anni di piombo – segnatamente Alessio Casimirri e Guglielmo Guglielmi. Costoro, macchiatisi di reati gravissimi, sarebbero facilmente rintracciabili in rete;
   le persone di cui sopra hanno segnato tragicamente la storia del nostro Paese perché, il brigatista Alessio Casimirri ha preso parte al gruppo di fuoco del sequestro dell'onorevole prof. Aldo Moro ed, in seguito a tali crimini, è stato condannato a undici ergastoli;
   in rete compaiono persino il suo numero di telefono, così come alcune foto da sommozzatore;
   costui sarebbe l'ultimo latitante del caso Moro. È cittadino nicaraguense da oltre 15 anni, pur avendo l'Italia contestato le modalità di ottenimento del relativo passaporto;
   Guglielmo Guglielmi è stato invece condannato a 30 anni e a 9 anni di carcere per duplice omicidio – pene mai scontate – ed apparteneva alle «unità combattenti comuniste» da cui si generò la «Brigata 28 marzo» che poi colpì a morte il giornalista Walter Tobagi. Anche lui sarebbe rintracciabile on line e, secondo altre fonti, sembrerebbe persino aver ottenuto un passaporto diplomatico per collaborare con le Nazioni Unite. Risiederebbe in Nicaragua di cui è cittadino dal 1989;
   non esiste un quadro di accordi internazionali tra il nostro Paese ed il Nicaragua per richieste di estradizione di connazionali che abbiano commesso reati sul nostro territorio;
   per l'eventuale ottenimento dell'estradizione, l'unico strumento utilizzabile, è quello del rapporto politico-diplomatico tra i due Stati, esercitando quella moral suasion utile al riguardo;
   non esistono, altresì, accordi per la cooperazione giudiziaria tra i due Paesi, che consentano almeno lo svolgimento delle minime attività istruttorie;
   i fatti sopra riportati, ove trovassero riscontro, rappresenterebbero, ad avviso degli interroganti, un grave vulnus allo stato di diritto e una grave ed ulteriore ingiustizia nei confronti dei familiari delle vittime –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
   se esista e, nell'eventualità positiva, da quali uffici della pubblica amministrazione sia svolta, un'azione sistematica di monitoraggio della rete, alla ricerca di notizie utili alla collettività;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza, conformemente agli usi formali ed informali propri del diritto internazionale che disciplina fattispecie di questo tipo, relativamente ai due specifici casi riportati in premessa;
   se non ritengano opportuno effettuare approfondimenti presso le Nazioni Unite, per chiarire la posizione rivestita in quella organizzazione, da Guglielmo Guglielmi. (4-06551)

  Risposta. — Questo Ministero, mediante il servizio polizia postale e delle comunicazioni del Dipartimento della Pubblica sicurezza, effettua – sia a livello centrale che periferico – una costante e accurata azione di monitoraggio della rete Internet, mirata all'acquisizione di notizie che possano fornire spunti investigativi e riscontri per attività giudiziarie in corso, svolgendo, altresì, un'intensa attività di collaborazione con le Forze di polizia di altri Paesi.
  Le ricerche espletate hanno evidenziato, in alcuni
social network, la presenza di profili/utenti con la denominazione «Alessio Casimirri» e «Guglielmo Guglielmi», fra i quali alcuni risulterebbero chiusi mentre altri sarebbero visibili alle sole persone autorizzate espressamente dal titolare del profilo stesso.
  Il Casimirri, appartenente all'organizzazione terroristica «Brigate Rosse», in data 5 febbraio 1998 è stato colpito da un ordine di esecuzione della Procura della Repubblica di Roma, esteso in campo internazionale, con riferimento a due condanne di cui una emessa dalla corte di appello di Napoli il 3 giugno 1986 – divenuta irrevocabile il 19 maggio 1987 – per i reati di associazione sovversiva e partecipazione a banda armata, e l'altra dalla corte di assise di Roma il 12 ottobre 1988 – divenuta irrevocabile il 3 dicembre 1991 – per i reati di associazione sovversiva e partecipazione a banda armata, sequestro di persona, omicidio plurimo aggravato, lesioni personali aggravate, furto aggravato ed altro (sequestro Moro).
  La pena che deve espiare il Casimirri è l'ergastolo. Nei suoi confronti il nostro Ministero della giustizia ha avanzato alle autorità del Nicaragua formale domanda di estradizione verso l'Italia il 24 maggio 1998. Successivamente è stata avanzata al Governo della Repubblica del Nicaragua, a titolo di cortesia internazionale, con assicurazione di reciprocità, domanda per l'esecuzione in quel Paese della sentenza irrevocabile di condanna all'ergastolo, con isolamento diurno, emessa nei confronti del Casimirri dalla corte d'assise di Roma il 12 ottobre 1988 e divenuta irrevocabile il 3 dicembre 1991.
  Sulla richiesta di estradizione, le Autorità del Governo del Nicaragua hanno dichiarato il non luogo a procedere in virtù del presupposto che il Casimirri ha acquisito la cittadinanza nicaraguense, per cui è impossibile estradare un proprio cittadino secondo quanto sancito dalla loro Costituzione, nonché sulla ritenuta maturata prescrizione dell'azione penale e della pena per la quale il Casimirri ha riportato condanna, in virtù degli articoli 115, 118 e 21 inciso 3 del Codice Penale del Nicaragua, con conseguente estinzione della responsabilità penale.
  Non risulta, inoltre, agli atti alcuna risposta ufficiale alle Autorità italiane in ordine alla richiesta, a suo tempo inoltrata tramite i canali diplomatici, di esecuzione della condanna italiana in territorio nicaraguense.
  Nel gennaio 2005, sulla base di alcune informazioni circa gli spostamenti del Casimirri, è stata avviata un'intensa collaborazione investigativa con gli organi di polizia del Costa Rica, finalizzata all'individuazione del brigatista latitante qualora lo stesso fosse localizzabile in quel Paese, ma le attività fino ad oggi condotte non hanno portato alla sua cattura.
  Per quel che riguarda Guglielmo Guglielmi, ex appartenente alle «Unità comuniste combattenti», le ricerche, a suo tempo estese in campo internazionale, sono state revocate il 23 gennaio 2007 per estinzione della pena a seguito della revoca dell'ordine di carcerazione, emessa il 9 gennaio 2007 dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Milano – Ufficio esecuzione.
  Nel gennaio 2007 il Guglielmi, munito di copia del provvedimento di revoca dell'ordine di carcerazione, si è presentato presso l'Ambasciata italiana a Brasilia, ove ha richiesto l'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero ed il rilascio del passaporto.
  Con riferimento a tale richiesta, l'autorità giudiziaria competente ha riferito che non esistono motivi ostativi.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 31 luglio 2005, n, 177, recante il «Testo unico della radiotelevisione» pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 208, del 7 settembre 2005, disciplina, al titolo VIII, le modalità con le quali vengono definiti i compiti del servizio pubblico radiotelevisivo «affidato per concessione a una società per azioni, che, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 7, lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero»;
   con la delibera n 614/09/CONS, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha provveduto all'approvazione delle linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo ai sensi dell'articolo 17, comma 4, della legge 3 maggio 2004, n. 112, e dell'articolo 45, comma 4, del testo unico della radiotelevisione;
   la bozza del contratto di servizio 2010-2012 è stata licenziata con grande ritardo dal consiglio di amministrazione della RAI solo l'11 febbraio 2010;
   la Commissione bicamerale per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha potuto esprime solo il 9 giugno 2010 il parere obbligatorio sul contratto di servizio 2010-2012;
   nonostante si sia ormai prossimi al mese di ottobre 2010, quindi in gravissimo ritardo rispetto a quanto previsto dall'ordinamento giuridico, il contratto di servizio per gli anni 2010-2012 non è ancora stato sottoscritto dalle parti obbligate a ciò, una delle quali è rappresentata dal Ministro interrogato, in virtù d'una norma tuttora vigente nel nostro ordinamento giuridico –:
   quali iniziative urgentissime intenda porre in essere per assicurare la piena attuazione delle norme vigenti in materia di concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, ovvero quando avverrà la sottoscrizione del contratto di servizio.
(4-08682)


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il contratto nazionale di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai, Radiotelevisione italiana s.p.a. è scaduto nel dicembre 2009;
   il parere sullo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. per il triennio 2010-2012 – parere che deve essere necessariamente reso dalla commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per la sottoscrizione del nuovo contratto – è stato reso, come previsto dalla legge, nella seduta notturna della Commissione di mercoledì 9 giugno 2010;
   nonostante il necessario adempimento parlamentare, il nuovo contratto non è ancora stato sottoscritto;
   stando così le cose, il precedente contratto di servizio mantiene la sua validità solo per regolare i rapporti tra i due contraenti;
   tale situazione crea un enorme vulnus all'ordinamento giuridico, poiché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha il potere legale di verificare lo stato effettivo di attuazione delle norme ivi contenute, solo nel periodo di ordinaria vigenza dello stesso;
   attualmente, quindi, o meglio dal 1° gennaio 2010, l'Autorità non può verificare l'effettivo rispetto delle disposizioni contenute nel contratto –:
   quali elementi intenda fornire al riguardo e quali iniziative urgenti intenda porre in essere per siglare il contratto in questione e ripristinare completamente il rispetto del principio dello stato di diritto, principio ad avviso degli interroganti, attualmente violato a causa dell'inapplicabilità delle prerogative di controllo che la legge attribuisce all'Autorità garante per le garanzie nelle telecomunicazioni. (4-11340)

  Risposta. — Si risponde alle interrogazioni in esame relativamente alla mancata sottoscrizione del contratto di servizio fra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai per il triennio 2010-2012.
  Come è noto, successivamente alla proposizione delle interrogazioni in esame, si è proceduto, in data 6 aprile 2011, alla sottoscrizione del predetto contratto.
  Il medesimo definisce i diritti e gli obblighi della Rai a cui è affidato lo svolgimento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, ponendo particolare attenzione al terna della qualità dell'informazione e prevedendo specifiche e puntuali disposizioni che consentono agli organismi, incaricati della vigilanza e del controllo sull'attuazione del contratto stesso, maggiori e più incisivi poteri di intervento.
  L'avvenuta sigla del nuovo contratto viene, così, incontro alle preoccupazioni giustamente espresse nelle interrogazioni ed in particolare a quelle in merito all'applicabilità delle prerogative di controllo che la legge attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom).
  A tal proposito, pare opportuno segnalare che l'articolo 31 del vigente contratto di servizio ha ulteriormente rafforzato i poteri di verifica da parte degli organismi sopra ricordati, con la previsione dell'obbligo per la Rai di trasmettere, con cadenza semestrale al Ministero dello sviluppo economico, all'Agcom e alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, una relazione concernente gli adempimenti posti in essere per il rispetto degli obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   BOBBA e NARDUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il servizio civile nazionale è stato istituito con la legge n. 64 del 2001 e in dieci anni di vita, secondo i dati resi noti dal Ministro interrogato, «ha coinvolto 284.596 giovani impegnati nella realizzazione di progetti in diversi settori (assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all'estero). Attraverso la partecipazione ai progetti presentati da oltre 14.000 enti pubblici e privati, il Servizio Civile ha consentito ai medesimi enti, da un lato, di porsi come punto di riferimento delle singole realtà, e, dall'altro, di ricucire legami importanti con le comunità, con particolare riferimento a quelli tra i cittadini e le istituzioni. Nel contempo, i giovani hanno potuto sperimentare e praticare con maggior consapevolezza una cittadinanza attiva, sviluppando il senso civico ed una maggiore percezione dei valori democratici;
   secondo i dati di Federsolidarietà-Confcooperative, il 40 per cento dei ragazzi che hanno svolto il servizio nelle loro cooperative ha trovato un'occupazione in quelle realtà;
   l'istituto del servizio civile nazionale rischia di essere interrotto proprio per mancanza di finanziamenti, infatti le risorse per il servizio civile sono passate dai 296 milioni di euro del 2007, che garantivano l'accesso a 57.000 ragazzi, ai 68,8 milioni di euro del 2012, per un totale di appena 10.000 giovani;
   in una recente tavola rotonda, del 20 marzo 2012, il Ministro interrogato ha affermato: «Ritengo paradossale che questa straordinaria esperienza italiana, che è stata analizzata e posta tra le buone pratiche, in numerosi studi comparati a livello europeo, proprio per la capacità di inserire i giovani nel vivo della società italiana, possa essere messa in crisi»;
   nello stesso intervento il Ministro sottolineava: «Alla luce della drastica riduzione della disponibilità finanziaria che si profilava, già dal mese di dicembre dello scorso anno, era stato richiesto, con un ordine del giorno presentato al Parlamento dal Partito Democratico, di «aprire un confronto tra i ministri e i parlamentari interessati per la revisione dell'intera normativa in materia, in modo da costruire un insieme di regole stabili, efficaci e condivise che consentissero, ad almeno 40.000 giovani, di poter beneficiare di questo importante servizio». Un secondo ordine del giorno, approvato dal Governo e presentato dalla Lega Nord, chiedeva di «porre allo studio la cessazione dell'imposizione Irap sui contratti concernenti i giovani impegnati dal servizio civile»;
   l'Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, in un recente comunicato stampa ha indirizzato un appello ai partiti affinché rinuncino alla rata di luglio del rimborso elettorale e dirottino quei fondi, per un valore 100 milioni di euro, per finanziare la partenza di 27.000 ragazzi per il servizio civile nazionale, istituito con la legge n. 64 del 2001;
   i partiti politici si apprestano a ricevere la quarta tranche per le spese elettorali sostenute nel 2008 corrispondente a 100 milioni di euro; questa tranche, se ridestinata, consentirebbe a circa 27.000 giovani di accedere ad una delle poche esperienza formative, quale è il servizio civile, offerte ai giovani dallo Stato;
   il 2012 è l'anno internazionale dedicato alla cooperazione e sempre nel 2012 ricorrono in Italia, il 15 dicembre 2012, i 40 anni della nascita della legge nazionale sull'obiezione di coscienza, che ha dato avvio all'impegno civico di tanti giovani, per trasformarsi successivamente in servizio civile nazionale –:
   quali iniziative, di carattere normativo e finanziario, si intendano porre in essere al fine di salvaguardare l'istituto del servizio civile del servizio civile nazionale e scongiurarne la cessazione;
   se si intendano assumere iniziative normative volte a recepire la proposta delle Acli, di cui in premessa, quale misura straordinaria e una tantum per consentire nell'immediato l'accesso al servizio civile nazionale a 27.000 giovani.
(4-16948)

  Risposta. — L'interrogante chiede al Governo in merito alle prospettive del servizio civile e ai timori di una interruzione per mancanza di finanziamenti.
  In particolare, illustra le proposte di alcuni partiti (partito democratico e lega nord) per far fronte all'esiguità delle risorse finanziarie disponibili, tra cui quella che le associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli) hanno indirizzato ai partiti affinché rinuncino alla rata di luglio del rimborso elettorale e destinino tali fondi, pari a 100 milioni di euro, al servizio civile.
  Viene chiesto, quindi, al Governo se intenda recepire tale proposta, quale misura straordinaria e
una tantum per consentire, nell'immediato, l'accesso al servizio civile nazionale a 27 mila giovani.
  In merito alla difficile situazione del servizio civile, vorrei ricordare che l'Ufficio nazionale per il servizio civile ha comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio del bilancio, il fabbisogno per il triennio 2013-2015, stimandolo in euro 120 milioni per ciascun anno, al fine di stabilizzare un contingente annuo di giovani da avviare al servizio civile nel triennio di riferimento. Per quanto concerne l'esercizio finanziario relativo al 2012, è stato chiesto di valutare la possibilità di ottenere una variazione in aumento del capitolo 2185, sia in termini di competenza che di cassa, pari a euro 51.200 mila.
  L'Ufficio ha, altresì, inviato una richiesta di parere al Consiglio di Stato sulla possibilità di escludere i compensi attribuiti ai volontari in servizio civile dalla base imponibile Irap che consentirebbe di realizzare rilevanti economie da destinare interamente all'avvio di un maggior numero di volontari rispetto a quello consentito dalle risorse finanziarie attualmente disponibili.
  Con specifico riferimento alla richiesta di recepire la proposta delle Acli, indirizzata ai partiti affinché rinuncino alla rata di luglio del rimborso elettorale, si segnala che la legge n. 96 del 6 luglio 2012, recante riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici, ha previsto che i risparmi derivanti dalla riduzione dei finanziamenti ai partiti siano destinati agli interventi conseguenti a danni provocati da eventi sismici e calamità naturali che hanno colpito il territorio nazionale a partire dal i gennaio 2009 e, quindi, anche ai terremotati dell'Abruzzo e dell'Emilia-Romagna.
  All'evidenza, pertanto, i fondi derivanti dal taglio dei rimborsi elettorali non potranno essere destinati al Servizio civile e non sarà possibile dar corso all'iniziativa proposta dalle Acli.
  Con l'occasione, si fa presente che, comunque, si è provveduto allo stanziamento di 50 milioni di euro.
  Venti milioni sono stati reperiti attraverso una rimodulazione delle spese di bilancio della Presidenza e trenta milioni
ex articolo 5, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante «misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell'Amministrazione dell'interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il servizio civile», la cui conversione in legge è stata definitivamente approvata dal Parlamento il 31 luglio 2012.
  Ciò consentirà il prossimo avvio per ciascun anno del biennio 2013-2014 di circa 18.810 ragazzi (di cui 450 in progetti da realizzarsi all'estero).

Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazioneAndrea Riccardi.


   CONTENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sta facendo discutere la notizia secondo cui la maggior parte dei guard rail metallici posti a protezione laterale delle strade italiane non risulta più a norma, atteso che le dimensioni e l'altezza degli stessi sono potenzialmente tali da provocare danni ai conducenti dei veicoli – soprattutto motociclisti – in caso di sinistro –:
   se la notizia di cui in premessa sia vera;
   in caso affermativo, se intenda assumere una qualche iniziativa di rapido coordinamento degli interventi di sostituzione delle barriere metalliche più pericolose site lungo lo stradario nazionale. (4-15599)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si ritiene utile riportare di seguito alcune precisazioni in merito alle questioni poste dall'interrogante.
  Il decreto 18 febbraio 1992 del Ministro dei lavori pubblici, all'articolo 3, comma 1, introduceva la necessità per le barriere stradali di sicurezza di possedere il certificato di omologazione rilasciato dal Ministero dei lavori pubblici con le relative «istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego delle barriere di sicurezza stradale», nonché le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere stesse: le prove d'urto, pertanto, erano eseguite secondo norme nazionali, successivamente aggiornate con i decreti del Ministro dei lavori pubblici 15 ottobre 1996, 3 giugno 1998 e 11 giugno 1999.
  Il decreto 21 giugno 2004 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con l'articolo 1, comma 2, recepiva le norme Uni EN 1317 parti 1, 2, 3 e 4 «che individuano la classificazione prestazionale dei dispositivi di sicurezza nelle costruzioni stradali, le modalità di esecuzione delle prove d'urto ed i relativi criteri di accettazione» richiamate nelle norma armonizzata EN 1317 parte 5, in sostituzione delle norme nazionali sopra indicate.
  A partire dal 1o gennaio 2011 vige l'obbligo di marcatura CE per le barriere di sicurezza stradale, a seguito dell'applicazione della Direttiva Comunitaria 89/106/CEE sui prodotti da costruzione, che, in ambito nazionale, è stata recepita con apposito regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 246 del 21 aprile 1993.
  In base alla citata direttiva si presumono idonei al loro impiego tutti quei materiali, denominati anche prodotti, provvisti di marcatura CE, attestanti il soddisfacimento di tutte le disposizioni del regolamento n. 246 del 1993.
  In particolare la Commissione europea tramite il mandato M111:1996 conferito al Comitato tecnico Cen/Cenelec per la realizzazione di norme armonizzate inerenti attrezzature fisse per la circolazione stradale, adottato il 28 agosto 1996, ha inteso che per tali prodotti sia rispettato unicamente il requisito essenziale n. 4 di cui all'allegato I della direttiva 89/106/CEE e all'allegato A del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 246 del 1993. A seguito del suddetto mandato, il Comitato tecnico CEN ha elaborato le norme EN 1317 (tradotte e pubblicate in Italia dall'Uni) di cui la EN 1317 parte 5 costituisce la norma armonizzata (l'ultima edizione pubblicata sulla Guue risale al luglio 2008).
  In tale norma si evidenzia che il Sistema di attestazione della conformità (aoc), all'interno del requisito n. 4, per i dispositivi di ritenuta stradale è quello n. 1, specificato all'articolo 7, comma 1, lettera
a), del succitato decreto del Presidente della Repubblica n. 246 del 1993, che risulta essere tra i più severi tra quelli possibili. Tale sistema di attestazione prevede che il fabbricante definisca «il sistema di controllo di produzione in fabbrica (Fpc)», applichi il sistema (Fpc) ai fini di assicurare la conformità della produzione alla norma armonizzata di riferimento ed esegua le prove sui prodotti secondo il piano prescritto dalla medesima norma armonizzata.
  L'organismo notificato, autorizzato dal singolo Stato membro, deve altresì eseguire e certificare le prove iniziali di tipo (nel caso in esame i cosiddetti
crash test) secondo norme europee (in particolare quelle contenute nella norma armonizzata EN 1317-5), effettuare una ispezione iniziale della fabbrica per la valutazione del sistema di controllo della produzione in fabbrica, approvare il predetto sistema di controllo ed, infine, sorvegliare costantemente la sua applicazione.
  Il decreto 28 giugno 2011 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad informare dell'obbligo della marcatura CE per i dispositivi di ritenuta stradale utilizzati ed installati a decorrere dal 1o gennaio 2011 ed a concedere un periodo transitorio di 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, per l'uso di prodotti sprovvisti di marcatura CE, purché immessi sul mercato entro il 31 dicembre 2010, ovvero installati entro tale termine, nel caso in cui il fabbricante o produttore coincida con la stazione appaltante. Tali prodotti sono costituiti da:
   
a) dispositivi di ritenuta stradale omologati fino al 31 dicembre 2010, ai sensi del citato decreto ministeriale 21 giugno 2004;
   
b) dispositivi di ritenuta stradale sottoposti con esito positivo alle prove d'urto prescritte dalla norme Uni EN I 317, i cui rapporti di prova siano stati verificati, ai sensi del decreto ministeriale 21 giugno 2004 e del relativo allegato tecnico, da parte della stazione appaltante.

  Dunque, dall'entrata in vigore del decreto ministeriale del 18 febbraio 1992 le barriere di sicurezza stradali, per il loro uso ed installazione, devono essere testate secondo delle prove che, a partire dall'entrata in vigore del decreto 21 giugno 2004, sono quelle di cui alla norma europea armonizzata Uni EN 1317-5 (e successivi aggiornamenti).
  È doveroso precisare che, come indicato nella circolare del 21 luglio 2010 emanata da questo Ministero, il campo di applicazione della normativa in materia di progettazione, omologazione e impiego dei dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali è definito dall'articolo 2 comma 1 del decreto ministeriale del 18 febbraio 1992 e riguarda i progetti esecutivi relativi alle strade ad uso pubblico extraurbane ed urbane che hanno velocità di progetto maggiore o uguale a 70 chilometri/orari: sono espressamente escluse dal campo di applicazione della norma in argomento le progettazioni inerenti le strade extraurbane ed urbane con velocità di progetto inferiore a 70 chilometri/orari.
  Nei progetti relativi a strade ad uso pubblico che non rientrano invece nel campo di applicazione delle norme richiamate, tenuto conto delle specifiche condizioni locali in termini di configurazione dello stato dei luoghi e di circolazione, qualora sia previsto anche un intervento sui margini o sui dispositivi di ritenuta, il progettista dovrà comunque valutare le situazioni ove si rendono necessarie protezioni in relazione alla presenza od all'insorgenza di condizioni di potenziale pericolo.
  Relativamente alla problematica dell'urto del motociclista in caduta contro le barriere di sicurezza, l'attuale norma armonizzata Uni EN 1317-5 non contempla che il dispositivo di ritenuta debba essere testato per verificare gli effetti dell'urto del motociclista contro di esso.
  Tuttavia, che pur non essendosi concretizzata l'emanazione di norma tecnica europea obbligatoria per tutti gli Stati membri, come peraltro l'Italia ha più volte richiesto, nel gennaio 2012 il Cen (Comitato europeo di normazione) ha approvato una regola tecnica per testare i dispositivi per la protezione dei motociclisti adottabile dagli Stati membri –
technical specification.
  Considerato l'elevato numero di motociclisti presenti sulle strade italiane e che, ai fini della sicurezza stradale, l'utilizzo di motocicli e ciclomotori sulle strade possiede di per sé un rischio intrinseco più elevato rispetto ad utenti che utilizzano veicoli dotati di abitacolo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è attivato per predispone una bozza di norma italiana che disciplini l'esecuzione delle prove d'urto secondo la technical specification e l'installazione dei dispositivi di protezione per i motociclisti.
  Tale provvedimento è in fase di elaborazione all'interno di un gruppo di lavoro coordinato da questo Dicastero, in particolare dagli uffici della Direzione generale per la sicurezza stradale, al quale partecipano rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dell'Ente nazionale italiano di unificazione, degli Enti proprietari delle strade e dei concessionari, dei costruttori di barriere, dei docenti universitari ed esperti del settore.
  Si fa presente, infine, che gli Enti proprietari o concessionari delle strade possono richiedere l'autorizzazione a questo Dicastero per l'installazione, in via sperimentale, di dispositivi di protezione per motociclisti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   DAMIANO e CORSINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Invatec nasce a Brescia verso la fine degli anni ’90 da un industriale che sperimenta lo stampaggio, l'assemblaggio e la sterilizzazione di prodotti cardiovascolari, nella fattispecie cateteri coronarici e periferici;
   i dipendenti occupati dal 2000 ad oggi crescono in maniera esponenziale, da 15/20 dipendenti a 600 in Italia e circa 200 in Svizzera;
   circa un anno e mezzo fa (1° maggio 2010), l'imprenditore bresciano vende per 500 milioni di dollari tutta l'azienda alla multinazionale Americana Medtronic, leader al mondo per i prodotti cardiovascolari coronarici e assente nel mercato periferico;
   il 7 novembre 2011 presso l'Associazione industriale bresciana, l'azienda convoca i sindacati e la rappresentanza sindacale unitaria per spiegare il piano strategico dei prossimi 5 anni, che in realtà si trasformerà nella presentazione di tale piano con una visibilità di solo 1 anno e mezzo;
   il futuro per i siti bresciani (1 a Roncadelle con circa 200 addetti, 1 a Torbole con circa 300 addetti e uno a Concesio con circa 50 addetti) sarà la realizzazione di un centro di eccellenza attraverso 5 punti strategici:
    a) mantenimento della lavorazione delle materie plastiche attraverso il reparto di estrusione (circa 20/25 addetti);
    b) capacità tecnologica della formatura palloni (circa 15/25 addetti);
    c) mantenimento di ricerca e sviluppo;
    d) investimento nell’education con i medici attraverso la realizzazione di una struttura dove i medici potranno formarsi e sperimentare i nuovi cateteri;
    e) avendo Mediatronic acquisito un'azienda negli Stati Uniti (poi chiusa) che produceva un particolare prodotto di protezione cerebrale, questo verrà trasferito a Brescia per quanto riguarda la sua produzione (circa 5/6 addetti);

  a fronte di questo piano strategico e nonostante ci siano stati nel primo e secondo trimestre del 2011 buoni risultati per quanto riguarda le vendite, è stato comunicato alle organizzazioni sindacali ed alle maestranze che: verrà dismesso il coronarico Invatec e sostituito con il coronarico Medtronic, comportando così una riduzione del personale calcolata in circa 120 unità tra diretti ed indiretti; il metodo individuato per reperire nuove risorse sarà quello di abbattere il costo di produzione, trasferendo tutta la produzione dei periferici ad alto volume produttivo in Messico tra il 1° maggio 2013 e 31 luglio 2013, comportando così un'ulteriore riduzione di personale calcolato in circa 180 unità tra diretti ed indiretti;
   i lavoratori e le lavoratrici occupati sui tre siti bresciani sono complessivamente 594 unità suddivise in 474 donne e 120 uomini;
   i circa 300 esuberi annunciati sono calcolati come personale full-time e in Invatec Medtronic ci sono oltre 75 part-time, per cui il reale numero degli esuberi supererà certamente le 300 unità –:
   se non ritengano doverosa una convocazione delle parti, nonché l'attivazione di un tavolo istituzionale al fine di trovare soluzioni alternative che possano garantire il mantenimento della piena occupazione e della produzione nel sito bresciano, in quanto l'economia locale e nazionale non può permettersi di dismettere e delocalizzare centri di eccellenza produttiva con elevata professionalità. (4-14843)

  Risposta. — L'interrogante chiede di sapere cosa si intende fare per garantire il mantenimento della occupazione e della produzione nel sito bresciano, in particolare per quanto riguarda l'azienda Invatec (e del relativo indotto) acquisita nel maggio del 2010 dalla multinazionale americana Medtronic.
  Si premette che la specificità della crisi economica che sta attraversando il sistema Italia all'interno di una crisi generalizzata a livello europeo ma anche a livello internazionale comporta una serie di scelte economico-sociali della materia trattata che realizzino una convergenza tra le esigenze di sviluppo e competitività dell'Italia con le stesse esigenze sentite fortemente anche a livello europeo e internazionale di trovare soluzioni comuni e condivise. È d'altra parte condivisibile l'affermazione dell'interrogante sulla necessità economica e soprattutto sociale del Governo italiano di lavorare ed impegnarsi affinché non si proceda a dismissioni o a delocalizzazioni di centri di eccellenza produttiva con elevata professionalità.
  Per quanto di competenza, il Ministero dello sviluppo economico rappresenta quanto segue.
  Nel mese di febbraio e nel mese di giugno 2012 si sono tenuti, presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza del management Medtronic, delle istituzioni territoriali ed delle organizzazioni sindacali una serie di incontri riguardanti la società Medtronic Invatec Spa.
  In particolare, nei tavoli di lavoro, si è discusso ampiamente del piano strategico annunciato dalla direzione Medtronic nel novembre 2011 avente ad un oggetto un processo di riorganizzazione che interesserà 300 risorse. Il piano strategico originariamente proposto prevedeva una riduzione, a partire dal mese di maggio 2012, di n. 120 unità (tra diretti ed indiretti) nell'area della produzione di dispositivi coronarici e, dal mese di maggio del 2013, di n. 180 unità (tra diretti ed indiretti) nella linea di assemblaggio di un dispositivo per le malattie vascolari periferiche la cui attività verrebbe trasferita in Messico.
  Per queste 300 unità interessate la direzione della Medtronic ha dichiarato la disponibilità a ricorrere all'attivazione di contratti di solidarietà.
  Si segnala, con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, che, in occasione dell'ultimo incontro tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico il 18 giugno scorso, l'Azienda Medtronic ha comunicato la posticipazione dell'avvio dei contratti di solidarietà a gennaio 2013 inizialmente prevista per maggio 2012 per n. 120 unità nell'area della produzione di dispositivi coronarici.
  Infine il Ministero dello sviluppo economico al fine di tutelare la piena occupazione, nonché l'eccellenza produttiva e la elevata professionalità del comparto in esame, di concerto con la regione Lombardia e con la provincia di Brescia, ha confermato la totale disponibilità a valutare qualsiasi opportunità, con particolare riferimento ad eventuali incentivi connessi a progetti nel settore della ricerca biomedicale, che possano in qualche misura incidere positivamente sul perimetro occupazionale interessato.
  A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con le istituzioni interessate ha confermato la propria disponibilità a convocare di nuovo un ulteriore tavolo di confronto prima dell'avvio dei citati contratti di solidarietà.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   DI PIETRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) ha divulgato i dati aggiornati al gennaio 2012 in merito alle aziende poste sotto sequestro;
   tra le aziende incriminate moltissime sono attività di ristorazione, imprese edili, palestre, aziende di informatica nate come aziende di copertura e poi, il più delle volte, utilizzate per reciclare denaro «sporco»;
   le aziende finite sotto sigillo sono 1.516, delle quali l'11 per cento (176) risulta attivo;
   l'89 per cento delle aziende, attualmente, è fermo o rischia di chiudere a stretto giro;
   il 60 per cento dei beni confiscati alle organizzazioni criminali da destinare ai comuni – da quanto riportato da Davide Pati, responsabile nazionale «Libera» – è inutilizzabile perché gravato da ipoteche bancarie;
   le aziende confiscate non hanno le risorse necessarie per sopravvivere e ripartire;
   è fondamentale nella lotta alle mafie trainare le sopracitate aziende sul binario della legalità;
   con l'effettiva operatività di tutte le aziende sottratte alla criminalità organizzata si potrete creare nuova occupazione nelle realtà in cui il tasso di disoccupazione e il rischio di delinquere è sono più alti –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di porre rimedio a questa intollerabile situazione che rappresenta un vero e proprio regalo alla criminalità organizzata e se non ritenga, opportuno adottare iniziative normative urgenti volte a sostenere le aziende in questione, agevolandone l'accesso al credito e devolvendo ad esse parte delle risorse sottratte ai mafiosi e confluite nel fondo unico giustizia. (4-15042)

  Risposta. — In ordine alle questioni sollevate dall'interrogante, si rappresenta che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità ha effettuato un puntuale screening di tutti i beni immobili gravati da ipoteche attualmente in gestione, diramando poi ai nuclei di supporto, istituiti presso le singole Prefetture-Uffici territoriali del Governo, una specifica circolare contenente le prime linee guide in materia.
  L'espletamento delle attività in essa contenute consentirà la destinazione in gestione dei beni definitivamente confiscati.
  Con particolare riferimento alle aziende confiscate l'interrogante segnala un'alta percentuale delle aziende confiscate inattive (89 per cento).
  Al riguardo si evidenzia che il dato esaminato dall'interrogante riguarda soltanto le aziende confiscate in via definitiva e non anche le aziende attualmente sub iudice (in sequestro ovvero in confisca non definitiva).
  Rispetto alle aziende confiscate in via definitiva l'Agenzia nazionale subentra nella gestione nella fase cosiddetta «patologica», ereditando dalla precedente fase giudiziaria tutte le criticità precedentemente non risolte e, spesso, difficilmente superabili se non tramite la liquidazione dell'azienda.
  Proprio al fine di risolvere le difficoltà connesse alla gestione dei beni aziendali, il codice antimafia prevede l'intervento sin dalla fase iniziale e segnatamente dall'udienza preliminare (nel caso di procedimento penale) e dalla confisca di primo grado (nel caso di procedimento di prevenzione).
  In tal modo, l'Agenzia nazionale è chiamata a garantire, senza soluzione di continuità, una gestione efficace e uniforme su tutto il territorio nazionale eliminando le criticità esistenti.
  Al riguardo si sottolinea che una delle problematiche riscontrate riguarda le capacità manageriali del professionista nominato dal giudice delegato per l'amministrazione dei beni, il quale sovente si limita ad effettuare una gestione conservativa assolutamente inadeguata a garantire la prosecuzione dell'attività di impresa.
  Per superare tale problema, l'Agenzia nazionale ha stipulato una serie di protocolli di intesa finalizzati a garantire una gestione manageriale dei beni delle aziende attive, confiscate in via definitiva. Ci si riferisce, in particolare, al protocollo di intesa siglato con Assolombarda che per la gestione delle aziende definitivamente confiscate consente di ricorrere a manager esperti del settore iscritti nelle liste di mobilità.
  Ulteriore protocollo in materia, in corso di sottoscrizione, è quello con Unioncamere ove è previsto, tra l'altro, il ricorso alle singole Camere di Commercio territoriali per l'individuazione di manager esperti sia del settore merceologico, sia del contesto territoriale dove opera l'azienda confiscata.
  Per quanto attiene alla tematica relativa alle difficoltà delle aziende di accedere al credito, si segnala che sovente gli istituti di credito, acquisita la notizia del sequestro, tendono a revocare gli affidamenti bancari all'azienda e a non concederle più credito. Ovviamente, ciò determina la materiale impossibilità di continuare a svolgere l'attività di impresa.
  Sul punto l'Agenzia nazionale ha avviato un rapporto di collaborazione sia con l'Associazione bancaria italiana, sia con i principali istituti di credito al fine di scongiurare la revoca degli a affidamenti.
  Infine, sulla proposta dell'interrogante di agevolare, tramite interventi normativi urgenti, l'accesso al credito delle aziende confiscate nonché di devolvere ad esse parte delle risorse sottratte ai mafiosi e confluite nel Fondo unico di giustizia, si rappresenta che una modifica normativa in tal senso potrebbe configurare la fattispecie del cosiddetto «aiuto di Stato» vietato dall'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni sono in corso trattative per l'acquisizione dello stabilimento di Termini Imerese da parte dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio, con il suo gruppo Dr Motor o, meglio, con la società diversa, Dr Industrial che fa parte della stessa compagine societaria;
   notizie di stampa, però, e non solo, tratteggiano una situazione di sofferenza economica dell'azienda molisana che vedrebbe già irrimediabilmente compromessa la stessa struttura di Macchia d'Isernia. Le medesime trattative per il subentro di Di Risio a Termini Imerese sono in una fase di stallo data la difficoltà del gruppo molisano non solo a concludere un accordo con le banche, vista la sua forte esposizione debitoria, ma anche per le scarse garanzie ai lavoratori di Termini Imerese;
   tale operazione prevede l'investimento di risorse pubbliche, con Di Risio che dovrebbe ricevere ben 177 milioni di euro, 82 a fondo perduto e 95 milioni di euro in garanzie regionali;
   l'assenza di totale informazione e trasparenza sul piano industriale che Di Risio avrebbe presentato presso il Ministero dello sviluppo economico pone agli interroganti e al Paese intero alcuni quesiti determinanti a nostro modo di vedere, per stabilire se l'imprenditore molisano debba essere o meno il nuovo proprietario dello stabilimento di Termini Imerese con l'utilizzo di denaro pubblico. Quesiti che qualsiasi persona avverte se raffronta le due realtà imprenditoriali, quella molisana e quella siciliana. Interrogativi che dovrebbero nascere tanto più in chi è deputato, in tale circostanza, a elargire denaro pubblico, cioè risorse della collettività;
   lo stabilimento di Termini Imerese è sorto ed è destinato solo all'assemblaggio (CKD) di parti meccaniche per la costruzione di un unico modello automobilistico (sinora la Lancia Ypsilon). A parere dell'interrogante, c’è da chiedersi come possa fare la Dr Motor (o Industrial, che dir si voglia) a dimostrare di saper gestire questa tipologia di produzione visto che sinora ha immesso sul mercato solo prodotti già finiti (CBU) o, tutt'al più e per un brevissimo periodo di tempo, semilavorati (SKD);
   lo stabilimento di Termini Imerese prevede un'unica linea di produzione e non si capisce come si possa conciliare con tale situazione di fatto l'affermazione dell'imprenditore Di Risio secondo il quale si produrranno (in caso di aggiudicazione) 3 o 4 modelli di nuove automobili;
   l'unica linea/piattaforma presente a Termini Imerese sinora è stata utilizzata per la produzione della Lancia Ypsilon. Come è possibile affidare lo stabilimento siciliano alla Dr Motor/Industrial, che commercializza solo modelli di cilindrata diversi dal marchio Lancia (vedasi Dr 1 e Dr 5 Suv) e, quindi, niente affatto compatibili tra di loro. Si fa presente che la percentuale d'intercambiabilità della componentistica da stessa piattaforma almeno i seguenti elementi: a) pianale, b) assali; c) impianto frenante; d) sospensioni; e) componenti sterzo; f) motori e trasmissioni. Non è noto se il gruppo Di Risio ha dimostrato tutto ciò nel proprio piano industriale;
   ogni nuovo investimento prevede per l'azienda che lo pone in essere il cosiddetto «DiBa», ossia distinta base per prodotto, una sorta di inventario con la descrizione puntuale dei singoli elementi da acquisire e il relativo percorso. È contemplato nel piano industriale ?;
   nello stesso, poi, non è noto se sia prevista la «specifica dei processi produttivi», è presente la programmazione di quanto esposto al punto precedente;
   il gruppo Di Risio ha dichiarato o meno, sempre nel piano industriale, non è noto come e dove affronterà la questione delle «procedure di calibrazione» (indicandone i metodi, i costi e i tempi) come: il controllo dell'elettronica (centraline), dei dispositivi di sicurezza, le prove di efficienza dinamica dei componenti, le prove di resistenza stradale (anche simulazione di laboratorio) e altro;
   cosa ci può dire a proposito delle certificazioni ed abilitazioni riguardanti il Gruppo Di Risio rilasciate tanto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quanto dalle Aziende di certificazione qualità e metodi;
   nel piano industriale non risulta se siano enunciati espressamente i tempi necessari alla commercializzazione dei nuovi modelli che il gruppo Di Risio si propone di immettere sul mercato;
   e non è noto se siano compatibili le dichiarazioni roboanti dell'imprenditore Di Risio con le condizioni anche del mercato auto europeo, date le difficoltà attuali, la qualità base cinese (poco competitiva) di cui si avvale il Gruppo Di Risio, lo studio dei segmenti di mercato discordante –:
   se siano stati posti in essere tutti i controlli necessari per testare non solo la solvibilità economica dell'imprenditore, a parere dell'interrogante di dubbia consistenza, ma anche la sua capacità tecnica di gestione di uno stabilimento come quello di Termini Imerese di importanza nevralgica per il sud;
   se non ritenga necessario rendere noto il piano industriale presentato dal Gruppo Di Risio che, oramai, data la fase delle trattative, non può non essere reso pubblico;
   se non ritenga opportuno procedere a tutte le verifiche necessarie al fine di garantire che i fondi pubblici vengano affidati in buone mani;
   se non ritenga necessario rendere noto se il gruppo molisano nel proprio piano industriale faccia menzione del destino riservato allo stabilimento di Macchia d'Isernia e a tutto il personale ivi impiegato. (4-15909)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere gli sviluppi e gli aggiornamenti in relazione alle prospettive di sviluppo dello stabilimento di Termini Imerese, oggetto di proposte di acquisto da parte del gruppo Di Risio.
  Al riguardo, il Ministero dello sviluppo economico, per quanto di competenza, rappresenta quanto segue.
  Il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo con grande attenzione la vertenza Termini Imerese al fine di sostenere progetti che garantiscano la riconversione industriale del sito e la tutela occupazionale secondo quanto previsto dall'accordo di programma sottoscritto il 16 febbraio 2011 con la regione siciliana e gli enti locali.
  Per quel che riguarda in particolare il progetto della DR Motor company inizialmente selezionato tra le iniziative agevolabili con gli strumenti previsti dall'Accordo, il Ministero dello sviluppo economico, al fine di verificare la solidità finanziaria ed aziendale, con comunicazione da parte di Invitalia del 17 maggio 2012 ha concesso 15 giorni di tempo alla Dr Motor company per confermare gli impegni assunti con particolare riferimento alla disponibilità ad immettere capitale proprio per la realizzazione del progetto.
  Nel corso dell'incontro che si è tenuto il 4 giugno 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha preso atto che l'azienda Dr Motor Spa non è nelle condizioni di rispettare la scadenza richiesta da Invitalia per risolvere i propri problemi finanziari.
  In seguito a tale situazione, il Ministero dello sviluppo economico, in accordo con la Regione Sicilia, ha stabilito che:
   a) verranno immediatamente riavviate le procedure per individuare soluzioni industriali per la riconversione del sito di Termini Imerese;
   b) se, nelle more, DR Motor Spa avrà provveduto alla capitalizzazione richiesta, garantendo il rispetto del piano presentato nel gennaio dovrà tempestivamente comunicarlo all’advisor Invitalia;
   c) il Governo si impegna a ricercare una soluzione, in accordo con le organizzazioni sindacali ed entro i termini necessari, per la questione relativa ai 640 lavoratori per i quali è prevista nell'accordo del 1° dicembre 2011 «la salvaguardia dei requisiti per la pensione vigenti alla data dell'accordo». L'esecutivo si adopererà inoltre per favorire il buon esito delle procedure per la concessione del sostegno al reddito per l'anno 2013 ai lavoratori interessati;
   d) qualora la soluzione complessiva per Termini Imerese non dovesse concretizzarsi, la conseguente revisione dovrà coinvolgere tutti i soggetti firmatari degli accordi presi il 1o dicembre 2011.

  In data 16 luglio 2012 si è svolta, presso il Ministero dello sviluppo economico, una ulteriore riunione sul sito di Termini Imerese.
  Alla riunione era anche presente, in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il viceministro Michel Martone.
  Hanno partecipato inoltre i dirigenti di Fiat e delle organizzazioni sindacali, i rappresentanti della Regione Sicilia e delle istituzioni territoriali.
  Alla luce delle risultanze del tavolo il Ministero dello sviluppo economico rappresenta quanto segue.
  Gli esponenti governativi hanno illustrato ai presenti come, con il decreto sulla «Spending Review» (decreto legge n. 95 del 2012, articolo 22, comma l, lettera a, sia stata data soluzione al problema dei cosiddetti esodati degli stabilimenti Fiat di Termini Imerese. Ciò, è stato sottolineato, consentirà anche di realizzare la condizione necessaria per il prolungamento al secondo anno della Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) per tutti gli addetti degli stabilimenti.
  Per i lavoratori dell'indotto, è stata prevista una riunione – da tenersi prima della pausa estiva – ed esclusivamente dedicata al capitolo degli ammortizzatori sociali.
  Quanto al tema del futuro industriale di Termini Imerese, il Ministero dello sviluppo economico ha già avviato un'ampia ricognizione di potenziali investitori con i quali verificare concrete disponibilità. In questo quadro, nei giorni scorsi si è svolto un incontro con alti dirigenti di
Cherry International, importante casa automobilistica cinese, per valutare l'ipotesi di una collaborazione non solo finanziaria, ma soprattutto gestionale.
  Si precisa infine che entro la metà di settembre 2012, il tavolo su Termini Imerese sarà nuovamente convocato per un aggiornamento complessivo.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   DI PIETRO e PALOMBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi incide sempre di più sul comparto produttivo sardo. I dati emersi dall'ultimo rapporto Unioncamere del 4 maggio 2012 dicono che il prodotto interno lordo della Sardegna è in caduta libera: previsioni economiche negative per il 2012 nel corso del quale l'isola subirà un decremento dell'1,9 per cento rispetto all'anno scorso. Vanno male anche i consumi (-2,6 per cento), gli investimenti (-5,7 per cento) e l'occupazione (-1,7 per cento);
   nel quarto trimestre 2011 l'indagine continua sulle forze di lavoro effettuata dall'Istat ha rilevato, in Sardegna 587 mila occupati. Rispetto al trimestre precedente si registra una diminuzione di circa 28 mila unità. Il dato negativo è quello fatto registrare dalle persone in cerca di occupazione, che, nel solo quarto trimestre del 2011, sono cresciute di 36 mila unità, facendo fare un balzo di oltre 5 punti percentuali al tasso di disoccupazione nell'arco temporale di un solo trimestre, passando dall'11,2 per cento al 16,3 per cento. Il tasso di occupazione diminuisce di 2,4 punti percentuali, passando dal 53,3 per cento al 50,9 per cento;
   i dati Inps diffusi in aprile dicono che oltre 85 mila sardi usufruiscono oggi dei tre principali gruppi di ammortizzatori sociali. La disoccupazione ordinaria con requisiti normali è cresciuta del 5 per cento, così come quella ordinaria con requisiti ridotti. Il dato in assoluto più allarmante è però quello sulla cassa integrazione in deroga, che ha subito un incremento di più del 300 per cento nell'isola in due anni, passando dai due milioni di ore pagate del 2009 ai sette milioni del 2011;
   in questo quadro la vicenda Alcoa è emblematica, non solo per le ragioni ben note della crisi che la coinvolge ma perché è una clamorosa occasione per costruire una filiera industriale in Sardegna che sia sostenibile economicamente, ambientalmente con la creazione di posti di lavoro veri e stabili nel tempo;
   la crisi, pur drammatica, deve trovare un'unità delle istituzioni, dalla regione al governo, e delle organizzazioni sindacali con quelle imprenditoriali, e a tal fine andrebbero coordinati sullo stesso tavolo del Ministero dello sviluppo economico anche altre realtà industriali e cioè:
    a) la Carbonsulcis: unica miniera di carbone italiana in attività. Oggi la miniera è di proprietà della regione Sardegna, che l'ha acquisita, con la finalità di guidarne la transizione verso la privatizzazione. Il suo rilancio definitivo, attraverso una piena capacita estrattiva, è legato alla costruzione di una centrale elettrica di tecnologia moderna, capace di abbattere gli alti valori di CO2 e garantire una resa economicamente sostenibile;
    b) la centrale termoelettrica: è il fulcro attorno a cui ruota il destino del polo industriale di Portovesme. Una centrale elettrica consortile ultramoderna a carbone, gestita dagli stabilimenti della filiera dell'alluminio e compartecipata da Stato/regione, potrebbe risolvere i problemi legati alla tariffa energetica di Alcoa, fornire il vapore necessario a Eurallumina per la sua produzione, soddisfare le esigenze di ILA e SMS, fornendo loro energia a basso costo e rilanciando contemporaneamente la miniera di carbone Carbosulcis, che fornirebbe il combustibile, diventando appetibile per la ricollocazione sul mercato;
    c) la Eurallumina: nell'aprile del 2009, nello stabilimento Eurallumina, di proprietà dei russi della multinazionale Rusal, unica raffineria italiana per la trasformazione della bauxite, in allumina, materia prima per la realizzazione dell'alluminio primario (Alcoa), oltre seicento lavoratori, tra diretti e indiretti, hanno perso il proprio posto di lavoro. Dalla data dell'incontro al Ministero dello sviluppo economico del 14 aprile 2011, sono passati ben dodici mesi e nulla si è concretizzato, anzi, sulla costituzione della società mista composta da Stato, regione e Rusal che doveva costruire la nuova centrale per la produzione del vapore, prima fonte energetica per la marcia degli impianti, si sono registrati passi indietro. Il prezzo complessivo dell'opera è lievitato e la parte di denaro che avrebbe dovuto mettere la regione Sardegna, con tanto di delibera, non risulterebbe essere più disponibile. Gli ammortizzatori sociali dei dipendenti hanno una scadenza, quella del 31 dicembre 2012, l'assegno INPS, sarà decurtato di un ulteriore 30 per cento, e passerà a euro 480,00. Restano in piedi 2 ipotesi per lo stabilimento Eurallumina: la costruzione di una caldaia dedicata, per la produzione di vapore da trasferire a Eurallumina e quella di un Vapordotto che dall'Enel si collega all'Eurallumina. La seconda è l'ipotesi da sempre definita la più economica, la più rapida per i tempi di esecuzione e più strutturale, accantonata un anno fa, per l'indisponibilità di Enel. Per regione e Governo, Eurallumina e Alcoa sono due vertenze che devono essere risolte con interventi sull'energia. La decisione spetta all'Enel. La parola ultima e definitiva spetta alla proprietà, alla Rusal;
    d) l'Alcoa: è una multinazionale americana ed è il maggiore produttore mondiale di alluminio primario e semilavorato. In Italia è presente dal 1996 e nel corso degli anni ha sempre ricevuto ingenti fondi pubblici dallo Stato, l'ultimo nel marzo 2010, quando l'Italia varò quello che fu definito il decreto salva-Alcoa. Solo grazie a questo provvedimento l'Alcoa ritirò la minaccia di chiudere i suoi stabilimenti sardi, avviando nel maggio 2010 un piano di investimenti triennale, per gli anni 2010-2012, recepito negli accordi allora sottoscritti con Governo e sindacato, finalizzato al miglioramento della posizione competitiva dello stabilimento attraverso il pieno recupero della capacità produttiva e il miglioramento di efficienza. Ha una capacità produttiva di 150.000 Ton/anno e conta 502 dipendenti diretti e 350 in appalto; il 6 gennaio 2012 Alcoa ha annunciato il proprio piano di riorganizzazione internazionale della divisione alluminio che, fra l'altro, prevede la riduzione significativa della propria capacità produttiva anche nei propri impianti europei; il 9 gennaio 2012 Alcoa ha annunciato la intenzione di dismettere la produzione nel sito di Portovesme; il 10 gennaio 2012 ha annunciato la propria intenzione di iniziare la procedura di mobilità per l'intero stabilimento di Portovesme; il 27 marzo al Ministero dello sviluppo economico è stato raggiunto un accordo tra le parti interessate il quale prevede, di fronte alla decisione di Alcoa di cessare la produzione di alluminio presso lo smelter di Portovesme per ragioni di ordine economico e di mercato, che in ogni caso lo smelter potrà continuare a operare a condizioni economicamente sostenibili in altri contesti societari. Alcoa da parte sua ha manifestato la propria volontà di favorire la cessione dello stabilimento di Portovesme a investitori interessati ad acquistarlo e gestirlo e ha inoltre informato di aver già ricevuto da alcune multinazionali operanti nel settore, manifestazioni di interesse. Inoltre l'azienda si è impegnata a mantenere la produzione fino al 31 agosto 2012. Qualora entro il 31 agosto 2012 fossero pervenute ad Alcoa formali lettere di intenti di uno o più soggetti industriali, la produzione potrebbe essere mantenuta fino al 31 ottobre 2012. Le parti hanno concordato fin da subito il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione attività a decorrere, a seconda dei casi, dal 1° novembre 2012 o dal 1° gennaio 2013;
    e) la ILA (industrie laminazione alluminio): la fabbrica ha una sua fonderia con tre linee di colata, un laminatoio sbozzatore a freddo (LAP) che è il cuore di tutto l'impianto, ha quattro forni a gas di ricottura da 65 tonnellate ciascuno, tre forni elettrici più piccoli per il lavaggio del foglio sottile (il classico Cuki), due laminatoi (Las1 e Las2) più piccoli del precedente per lavorazioni del foglio sottile fino a 9 Micron, un impianto per la verniciatura dell'alluminio con annesse taglio nastri e lamiere, un parco magazzino e spedizioni. Nel 2008 la ILA fallì, non riuscendo più a sostenere le necessità del mercato e per colpa di una politica aziendale errata. Al maggio 2012, 166 famiglie vivranno della cassa integrazione guadagni in deroga fino a ottobre 2012. Se Alcoa continuerà a produrre e fornire l'alluminio a bocca di produzione, ILA può sperare di essere rilanciata e gli impianti riavviati. Tutti conoscono le grandi potenzialità produttive dello stabilimento nel settore dell'alluminio, ritenuto da sempre strategico;
    f) la SMS (Società Metallurgica Sarda): ha dichiarato il fallimento nell'aprile 2004. Verso la metà del 2007 lo stabilimento venne preso in affitto dalla SMS che assunse una ventina dei 51 operai e lasciò i restanti impaludati nelle famigerate liste di mobilità. Negli ultimi giorni di febbraio 2010, la SMS comunicò alla rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento e alle organizzazioni sindacali lo stop delle attività produttive e l'intenzione di mettere in cassa integrazione i 26 dipendenti e di avere un debito che si aggira sui 2.000.000 di euro. Tutto ciò si concretizzò il 3 marzo 2010, quando presso la sede dello stabilimento di Iglesias le parti concordarono un verbale di accordo. Il secondo passaggio fu effettuato in sede di assessorato al lavoro a Cagliari, dove tutte le parti firmarono il riconoscimento della crisi aziendale e il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per 26 lavoratori a partire dal 4 marzo 2010. A due anni esatti dalla chiusura dello stabilimento di Estrusi di Iglesias, la vertenza della SMS (Ex Sardal, Ex Alcoa) e adesso Ex Ali di Iglesias, sembra ancora lontana da una soluzione. Si parlò di un eventuale ripresa lavorativa legata all'interessamento di più soggetti imprenditoriali e di una continuità nel pagamento dell'ammortizzatore sociale che era ormai in scadenza. Sono passati alcuni mesi ma non sono ancora disponibili informazioni rassicuranti;
    f) la Fluorsid: si tratta di un piccolo stabilimento sito nella provincia di Cagliari. Produce e fornisce fluoruro (ALF3) allo stabilimento Alcoa di Portovesme. Praticamente unico cliente. Nello stabilimento operano circa 20/25 addetti –:
   se intenda convocare presso il Ministero dello sviluppo economico le istituzioni locali, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali al fine di coordinare la costruzione di una filiera dell'alluminio attraverso la costituzione di un unico tavolo che tenga insieme tutte le realtà produttive descritte sopra per affrontare il tema degli investimenti e del rilancio della produzione dell'alluminio in Italia, con un'ottica globale che segua tutte le fasi della produzione, dalla materia prima al prodotto finito. (4-16124)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere le iniziative che il Governo intende adottare sul tema degli investimenti e della produzione del comparto produttivo dell'alluminio in Sardegna, auspicando in particolare la costituzione di un tavolo che riunisca tutte le realtà produttive del comparto e relativo indotto (Alcoa, Eurallumina, Ccs Carbonsulcis, Ila, Sms, Fluorsid).
  In relazione all'interrogazione in esame per quanto di competenza, il Ministero dello sviluppo economico rappresenta quanto segue.
  Si precisa che in conseguenza degli impegni assunti dal Presidente del Consiglio nel corso della riunione del 2 febbraio 2012 sulla questione Sardegna, è stato istituito il «tavolo tecnico Sardegna», al quale partecipano amministrazioni centrali, regionali e locali, per l'esame delle vertenze in atto, enucleate nel corso della citata riunione del 2 febbraio 2012.
  La prima riunione del tavolo tecnico, di cui sono componenti, in rappresentanza del Ministero sviluppo economico, il Capo dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, dottoressa Sabina De Luca, e il Direttore generale per la politica industriale e la competitività, dottor Andrea Bianchi, si è tenuta 13 marzo 2012.
  In tale sede, l'Amministrazione ha fornito gli aggiornamenti circa le vertenze industriali di competenza, iscritte all'ordine del giorno del tavolo, di cui alcune di rilievo per l'interrogante: Alcoa, Eurallumina (Portovesme), Vinyls (Porto Torres, Polo chimica verde di Porto Torres, Accordo di Programma Ottana, progetto Galsi (sulla scorta di informazioni fornite dal competente Dipartimento per l'energia di questo Ministero).

  L'elenco sopra riportato non ha peraltro carattere di esaustività, essendo aperti presso il Ministero dello sviluppo economico altri tavoli tecnici per crisi aziendali localizzate in Sardegna, che non hanno costituito specifico esame del tavolo tecnico generale presso la Presidenza del Consiglio.
  Tali vertenze costituiscono tavoli tecnici industriali, attivi già da tempo presso il Ministero ed incardinati nella Direzione generale politica industriale e competitività, che ne segue costantemente gli sviluppi adottando tutte le iniziative finalizzate alla salvaguardia delle attività e al mantenimento dei livelli occupazionali.
  Con particolare riferimento alla situazione del comparto dell'alluminio, le crisi aziendali Alcoa ed Euralumina sono caratterizzate da una forte criticità e interessano nel complesso 1550 lavoratori tra addetti e indotto:
   Alcoa 550 addetti + 350 indotto;
   Eurallumina 350 addetti + 300 indotto;
   per un totale di 900 addetti + 650 indotto;

  Data la particolare struttura dell'industria sarda (metallurgia, chimica, soprattutto), una delle principali criticità «di sistema» è dovuta all'elevato costo della energia (elettrica e termica).
  Su questo fronte il Ministero dello sviluppo economico sta operando in due direzioni:
   a) un'azione per ottenere dalla Unione europea la proroga (2-3 anni) della cosiddetta «superinterrompibilità» riservata alle imprese energivore di Sardegna e Sicilia (che ha consentito ad Alcoa di fruire energia a circa 35 euro a megawattore);
   b) assicurare, in una prospettiva più lunga (6 anni prorogabili per altri 6) un contratto di «interconnector» che insieme con 1'interrompibilità semplice assicuri un prezzo in linea con quelli europei.

  Nel contesto generale di crisi economica in Sardegna, una situazione estremamente critica è quella della provincia del Sulcis (provincia storicamente mineraria) interessata da difficoltà che la collocano tra le aree del Paese con i più alti tassi di disoccupazione e di caduta del reddito.
  In questo momento le crisi più preoccupanti sono quelle di Alcoa ed Eurallumina. Su queste vicende l'impegno del Ministero, a fianco delle Amministrazioni territoriali, è molto intenso e coinvolge i massimi livelli di responsabilità. Il tentativo in corso è quello di trovare alternative reali (e possibilmente di lungo periodo) per i due stabilimenti.
  Si rileva, a tal proposito, che gli investitori potenzialmente interessati sono solo multinazionali che operano nel settore; nessun imprenditore italiano è allo stato interessato.
  Con riferimento al Progetto Ccs (Carbon capture & storage) va rilevato che esso è ancora in una fase di studio. Consiste nella realizzazione di una centrale elettrica, integrata con la miniera carbone di Nuraxi Figus (circa 350 persone + indotto) e la realizzazione di impianti per la cattura della CO2 ed il suo infossamento.
  Si reputa opportuno fornire, in particolare, all'interrogante alcune precisazioni sulle crisi Alcoa ed Eurallumina.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha affrontato con determinazione la crisi della Alcoa da quando la multinazionale di Pittsburg ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Portovesme e il licenziamento di tutti i lavoratori.
  Due decisioni che il Governo ha respinto, ponendosi l'obiettivo della continuità produttiva e della salvezza dei posti di lavoro.
  Per raggiungere questi risultati, sapendo che la decisione di Alcoa sarebbe stata irreversibile, il Ministero ha operato con la regione Sardegna e le altre istituzioni territoriali per realizzare due condizioni fondamentali:
   da un lato condizioni economiche adeguate all'attrazione di nuovi investitori. Ciò ha significato, ricercare le condizioni normative per una riduzione strutturale del costo dell'energia elettrica, per adeguare le infrastrutture e per ottenere una maggiore efficienza degli impianti e del lavoro;
   dall'altro lato evitare la sospensione della produzione.

  Dopo un confronto difficile e prolungato, il 27 marzo è stato sottoscritto un accordo tra Ministero sviluppo economico, regione, provincia, Alcoa e sindacati che prevede il mantenimento degli impianti fino al 31 ottobre 2012, nel caso non ci siano manifestazioni d'interesse per rilevare lo stabilimento e, fino al 31 dicembre 2012 nel caso di interesse manifestato da un nuovo investitore che sottoscriva entro il mese di luglio una prima lettera di intenti.
  Alcoa ha sviluppato un confronto con tre multinazionali che hanno manifestato interesse, con due il confronto non si è concretamente sviluppato mentre con il Fondo di private equity «Aurelius» è proseguito fino alla seconda metà di luglio 2012. Il giorno 26 luglio 2012 il Ministero, al termine di un confronto con le due Società, ha dovuto constatare la mancanza delle condizioni per una positiva conclusione e la irrevocabile indisponibilità di «Aurelius» a sottoscrivere una dichiarazione di intenti letter of intent (LOI).
  Questa conclusione è stata comunicata ai sindacati ed alle istituzioni il 1o agosto 2012 nell'ambito del tavolo di confronto attivo presso il Ministero dello sviluppo economico.
  In quella occasione è stato chiesto ad Alcoa di mantenere in forza i lavoratori fino a tutto il 31 dicembre 2012 anche in assenza di una lettera di intenti; questa richiesta è stata accolta. Inoltre è stato confermato l'impegno del Governo a riprendere l'iniziativa per la ricerca di nuovi investitori e già dalle prossime settimane sono previsti incontri con alcune delle realtà che avevano manifestato interesse.
  Il tavolo di confronto è stato riconvocato il 10 settembre 2012 per un esame della situazione.
  Per le problematiche energetiche, l'Alcoa è già titolare i un contratto di interrompibilità con Terna (per una potenza superiore a 40 megawatt) e, dunque, ha diritto all'esenzione dal pagamento di alcuni corrispettivi di dispacciamento come disposto dalla legge n. 99 del 2009. Se anche in futuro lo stabilimento continuerà a fornire il servizio di interrompibilità, potrà continuare a godere dell'esonero previsto dalla legge.
  Il regime di «super interrompibilità» per le isole maggiori, è stato autorizzato dalla Commissione europea fino al 31 dicembre 2012. Per considerazioni connesse alle criticità previste nel sistema elettrico sardo, il Ministero dello sviluppo economico ha valutato necessaria una proroga del regime anche per il successivo triennio 2013-2015 ed ha notificato tale richiesta alla Commissione europea. Il termine di pronuncia della Commissione, stimato inizialmente per luglio 2012, è in realtà da aggiornare di qualche mese, in relazione ai tempi di avvio formale della procedura che si sono rivelati più ampi del previsto; si può ragionevolmente prevedere che la pronuncia venga emessa entro il prossimo settembre/ottobre 2012. La prosecuzione del regime di «superinterrompibilità» costituirà, in quanto rinnovato dalla Comunità europea, un importante fattore di competitività per tutto il Sulcis.
  Si sottolinea che i regimi richiamati possono fornire garanzie di fornitura energetica a condizioni competitive solo per un tempo determinato, occorre quindi pensare a soluzioni a regime di carattere strutturale. In questa ottica è allo studio la realizzazione di un nuovo interconnector (ex legge n. 99 del 2009) tenendo presenti anche altre soluzioni (come ad esempio l'autoproduzione).
  Per quanto riguarda Eurallumina si rappresenta quanto segue.
  L'impianto è fermo da aprile 2009 ed i lavoratori sono ancora oggi in cassa integrazione guadagni straordinaria. Le ragioni del fermo della produzione sono dovute agli elevati costi di produzione per sopperire ai quali sono necessari investimenti per il miglioramento dell'impianto e per produrre vapore a prezzo più contenuto.
  Dopo tentativi in varie direzioni, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato che la soluzione possibile è la costruzione di una apposita caldaia alimentata a carbone la cui realizzazione, tuttavia, richiede un tempo non inferiore a 30 mesi. Per la realizzazione del nuovo impianto, il cui costo è stimato in 100 milioni di euro, è richiesto un impegno della regione e del governo nazionale con risorse finanziarie che si dovranno affiancare a quelle dell'azionista Rusal.
  In attesa della costruzione del nuovo impianto, Rusal dovrà intervenire sull'impianto per adeguarlo all'utilizzo di materia prima diversa da quella attuale.
  Per queste ragioni si dovrà prevedere un nuovo piano di Cigs per il quale si stanno esaminando le soluzioni meno gravose per i lavoratori.
  Di tutto questo si è discusso in due importanti appuntamenti alla presenza di alti dirigenti della Rusal. Il primo incontro, presieduto dal Ministro dello sviluppo economico Passera, si è svolto il 17 luglio 2012 ed ha consentito di acquisire la disponibilità dell'azionista russo ad impegnarsi per la realizzazione degli investimenti ed a proseguire nel sostegno al reddito dei lavoratori sospesi oramai da molto tempo. In quella occasione è stato convenuto che i nuovi impegni dovranno essere compresi in un nuovo accordo che le parti sottoscriveranno non appena verrà messo a punto.
  Il secondo incontro si è svolto il 3 agosto 2012 presso il Ministero dello sviluppo economico con i sindacati e le istituzioni territoriali. In quella occasione Rusal e la dirigenza italiana di Eurallumina hanno ribadito le disponibilità manifestate in precedenti occasioni ed hanno assunto l'impegno ad attivarsi per completare il quadro dei tempi e delle risorse per raggiungere l'obiettivo della riapertura della attività produttiva a Portovesme.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   DI STANISLAO. – Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il 9 gennaio 2012 sul sito Vittimeuranio.com è stato pubblicato un articolo dal titolo «L'inquinamento nascosto del Poligono di Quirra»;
   nell'articolo si torna a parlare dell'inquinamento legato alle attività militari nel poligono di Quirra e si afferma che i contaminanti potrebbero essersi annidati nel vasto sistema di grotte sottostanti l'area militare;
   risulta essere una problematica già presa in considerazione circa tre anni, ma non risulta che sia stato approntato alcun piano investigativo per vagliare l'ipotesi. Il semplice prelevamento di campioni di acque dalle sorgenti potrebbe fornire valori falsamente confortanti se non si procederà all'analisi dei sedimenti depositatisi all'interno delle grotte. Il sistema di cavità de Is Angurtidorgius consta di oltre 11 chilometri di gallerie solcate da un fiume e con numerosi laghi che costituiscono una riserva idrica di notevole valore;
   sempre nell'articolo si legge che i calcari si comportano come una sorta di gigantesca spugna che assorbe, senza filtrarla, qualunque sostanza rilasciata in superficie e, se non si procederà alla ricerca degli inquinanti nei depositi sedimentari delle grotte, si corre il rischio che le persone continuino ad ammalarsi per cause «misteriose»;
   i tempi di transito degli inquinanti all'interno del sistema di cavità non possono essere determinati con certezza in virtù delle numerose variabili che ne governano il passaggio (clima, tassi di sedimentazione e di erosione, periodi di attività o di inattività del poligono, interazione con le argille e/o minerali, profondità di seppellimento all'interno dei sedimenti, e altro). Anche nella frazione di Quirra esiste un sistema di cavità, indipendente da quello dell'altopiano, in cui potrebbe essersi riversata una frazione delle sostanze dannose provenienti dal poligono. Se ciò risultasse vero i tempi di permanenza degli inquinanti nel sottosuolo potrebbero dilatarsi a dismisura;
   viene citato inoltre anche il poligono di Teulada che insiste in parte su una zona carsica della quale, però, si sa ben poco perché gli speleologi hanno avuto scarsissime occasioni per esplorarla;
   in conclusione, si afferma che le attività dei poligoni in zone carsiche possono produrre effetti deleteri per la salute a parecchi chilometri di distanza in aree apparentemente protette. Le analisi epidemiologiche non possono prescindere dalle condizioni geologiche soprattutto quando sono presenti sistemi di grotte in grado di veicolare sostanze pericolose molto lontano dal punto di immissione e in zone insospettabili. Sotto questa luce le vittime delle attività dei poligoni purtroppo potrebbero aumentare –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e delle informazioni citate in premessa e se abbia mai disposto ricerche ed analisi che vadano in tale direzione;
   se, considerato che una parte del paese di Villaputzu utilizza l'acqua di una sorgente posta alla base del Salto di Quirra, siano mai state eseguite analisi ad hoc per individuare la presenza di nanoparticelle e se siano state rilevate incidenze anomale di malattie tra la popolazione dei rioni serviti. (4-14446)

  Risposta. — Con riferimento ai controlli effettuati presso il poligono interforze del Salto di Quirra (Pisq), si rappresenta che:
   è stata eseguita un'indagine da parte della procura della Repubblica presso il Tribunale militare di Cagliari: il procuratore incaricato, audito il 10 novembre 2005 presso la I Commissione parlamentare d'inchiesta, affermava che l'indagine poteva ritenersi conclusa, non essendo risultato impiego di munizionamento non convenzionale durante le esercitazioni effettuate nei poligoni; nell'ambito di tale indagine, le rilevazioni effettuate dal Centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) non hanno evidenziato alcuna traccia di impiego di proiettili all'uranio impoverito nelle aree dei quattro poligoni sardi dove viene svolta attività addestrativa (Capo Teulada, Perdasdefogu e Capo Frasca) e i prelievi eseguiti hanno rilevato valori della radioattività nella norma;
   è stato svolto, per conto della Difesa, uno studio da parte del professor Riccobono, ricercatore dell'Università di Siena, che ha eseguito un'indagine per stabilire lo stato dell'ambiente nella zona del poligono; l'ateneo senese ha reso disponibili i risultati dello studio svolto relativo ad oltre 1500 campioni e a circa 25000 determinazioni analitiche da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo dal presidio multizonale della Asl di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del poligono non è individuabile alcuna traccia di uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale e con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale;
   è stata condotta un'attività di monitoraggio ambientale negli anni 2008-2010, conclusasi con la «Relazione conclusiva» del comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, la verifica e il confronto delle attività del monitoraggio ambientale condotto nelle aree del Pisq. Tale comitato (composto anche da rappresentanti dei comuni, delle Asl, della regione e delle province di Cagliari e dell'Ogliastra) si è avvalso di una Commissione tecnica mista di esperti con il compito di verificare e valutare i risultati del progetto di monitoraggio ambientale. Sulla base delle valutazioni espresse dalla Commissione, il comitato ha raccomandato l'attivazione, dove necessario, delle procedure previste dalla normativa vigente in materia ambientale e sanitaria;
   è stato svolto uno studio sul territorio e sulla radioattività naturale, a cura dell'Università di Urbino, ultimato nel 2007, nel quale si afferma che sia le indagini effettuate dalla Difesa che quelle effettuate dalle Università di Siena e di Cagliari non hanno evidenziato dati di particolare rischio; gli elementi individuati sono legati all'attività estrattiva delle miniere argentifere di Baccu Locci e del Sarcidano, prossime al Pisq;
   in applicazione a quanto disposto dal disciplinare di tutela ambientale del 2008, già applicato in via sperimentale dal 2006, si provvede ad effettuare una verifica visiva dell'area in uso agli utenti, prima e dopo le attività, con le eventuali azioni sugli stessi ai fini della bonifica operativa e del ripristino ambientale;

   è stato effettuato un controllo – nei limiti delle professionalità disponibili presso il Pisq, in ambito della sicurezza del lavoro e ambientale – delle schede di sicurezza dei materiali impiegati e delle schede di sicurezza ambientale.

  Per la bonifica del territorio, il Dicastero si è attivato, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal corrente anno, mentre, per il triennio 2013-2015, sono in corso contatti con i rappresentanti del Governo coinvolti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero della salute) e con il Presidente della regione autonoma Sardegna, dottor Cappellacci, per prevedere l'inserimento, già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità, di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
  Appare evidente, pertanto, come il buon esito finale del complesso progetto di bonifica necessiti di un adeguato sostegno finanziario idoneo ad assicurare un regolare svolgimento degli adempimenti non ulteriormente rinviabili, anche in considerazione del procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Lanusei, attualmente nella fase dell'udienza preliminare.
  In merito, poi, alle analisi delle acque delle sorgenti situate sui bordi del poligono, nel sottolineare che la potabilità delle acque esterne è demandata alla Asl territorialmente competente, si fa presente che la Difesa, nell'ambito del richiamato monitoraggio ambientale, si è limitata ad analizzare le acque superficiali all'interno del poligono. Indagini in tal senso, i cui risultati non sono mai stati resi noti, sono state effettuate dalla Procura di Lanusei nell'ambito dell'indagine ancora in corso sulle attività effettuate nel Pisq.
  Risulta, comunque, che le fonti, inizialmente poste sotto sequestro, sono state dissequestrate e a, tutt'oggi, riforniscono la rete idrica dei paesi viciniori.
  Quanto alle «incidenze anomale di malattie tra la popolazione», il competente Ministero della salute ha comunicato che agli atti dell'Istituto superiore di sanità (Iss) vi è unicamente uno studio di caratterizzazione ambientale dell'area del Pisq commissionato dalla Difesa, nel quale non si evince un particolare stato di inquinamento dell'area di interesse.
  Tuttavia, a fronte di un ipotetico fenomeno di contaminazione ambientale, per poter correttamente valutare il rapporto causa-effetti sanitari per la popolazione residente in prossimità del sito inquinato, si è costituito, il 16 dicembre 2011, uno «Scientific board» – su richiesta della regione Sardegna e dell'Assessorato sanità – composto da esperti regionali e dell'Iss, del centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione salute (Cnesps), nonché da un esperto del Dipartimento di statistica dell'Università di Firenze, con la finalità di valutare criticamente tutti gli studi ambientali e sanitari ad oggi, condotti per l'area di interesse.
  Tale indagine epidemiologica riguarda anche le aree della Sardegna sedi dei poligoni di Capo Teulada e Capo Frasca.
  Il 25 giugno 2012 è tenuta una riunione dello «Scientific board» nel corso della quale sono stati presentati i primi riscontri – tuttora in esame – ed è emersa la decisione di completare tutti i lavori d'indagine entro e non oltre il 31 dicembre 2012, come auspicato dalla stessa regione.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   FAENZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi economica che sta investendo il nostro Paese è particolarmente avvertita dalle famiglie, che si trovano in difficoltà per il pagamento delle locazioni relative agli immobili in cui abitano, a causa della perdita del lavoro o per un improvviso peggioramento delle condizioni di reddito, dovute all'aumento della pressione fiscale e alla spinta inflazionistica, che determina in questa fase economica un'erosione dei salari e degli stipendi;
   l'emergenza abitativa, rappresenta un fenomeno sfavorevole che si sta manifestando in tutta Italia ed è particolarmente percepito nella città di Grosseto, dove nonostante i contributi regionali previsti per i nuclei familiari in grave difficoltà per le mutate condizioni di reddito, a causa della crisi economica in corso, il comune, non essendo in grado di soddisfare l'elevato numero di richieste delle famiglie in difficoltà, si sta adoperando per il reperimento di ulteriori risorse per fronteggiare il problema sociale ed economico, anche dal punto di vista degli sfratti per morosità;
   l'articolo 29, comma 16, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Differimento di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative», convertito, con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, cosiddetto decreto-legge mille proroghe, ha prorogato al 31 dicembre 2012 il termine per l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 158 del 2008, come da ultimo modificato dall'articolo 2, comma 12-sexies, del 29 dicembre 2010, n. 225;
   la suesposta disposizione di proroga che riguarda particolari categorie sociali disagiate, residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni confinanti con popolazione superiore a diecimila abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa, sebbene sia valutata positivamente dall'interrogante, tuttavia non rappresenta, una soluzione definitiva dell'emergenza abitativa in questa particolare e delicata fase economica e sociale del Paese;
   occorre affrontare, a giudizio dell'interrogante, il disagio abitativo attraverso interventi legislativi in grado di risolvere i nodi strutturali del settore –:
   quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di fronteggiare il fenomeno sociale ed economico esposto in premessa, negativo e penalizzante, affrontando in particolare il nodo degli sfratti per morosità;
   se non ritengano opportuno assumere, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione e con i vincoli di bilancio, un'iniziativa normativa ad hoc volta ad istituire un fondo straordinario per le famiglie a rischio di sfratto per morosità, il cui fenomeno sfavorevole è avvertito nel Paese e, come esposto in premessa, è particolarmente sentito nella città di Grosseto. (4-15495)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è ben consapevole della problematica relativa al disagio abitativo, particolarmente grave in alcune aree metropolitane e che nel corso degli ultimi anni ha riguardato nuove categorie di cittadini non tradizionalmente interessati da tale fenomeno sociale.
  In particolare, l'incremento del numero dei procedimenti di rilascio soprattutto per morosità incolpevole, dovuto essenzialmente alla riduzione del reddito per perdita del posto di lavoro, quale conseguenza anche della attuale congiuntura economica non favorevole, sta assumendo dimensioni, in effetti, preoccupanti.
  Altro aspetto rilevante riguarda gli sfratti per finita locazione che interessano quei nuclei familiari che si trovano nelle condizioni di particolare disagio abitativo previste dalla legge 8 febbraio 2007, n. 9 (circa 1.700 famiglie), attualmente sospesi fino al 31 dicembre 2012.
  Al riguardo, è intenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attivare un programma di recupero di alloggi di proprietà degli ex Iacp, che risultano privi di assegnatari, da destinare ai soggetti beneficiari della citata sospensione.
  Per garantire la dotazione finanziaria di tale programma, per il quale si prevedeva di utilizzare risorse per circa 70 milioni di euro provenienti da economie realizzate su precedenti programmi edilizi non completati, è stato presentato, in sede di conversione del decreto-legge 22 giugno n. 83, apposito emendamento con il quale veniva prevista la creazione di un fondo ad hoc. Tuttavia, tale emendamento non ha trovato favorevole accoglimento in quella sede ma verrà valutata la possibilità di inserirlo nel primo strumento normativo utile.
  Vanno, inoltre, evidenziate le recenti iniziative assunte dal Ministero che possono concorrere a dare soluzione, seppure parziale, al disagio abitativo delle categorie sociali deboli sottoposte a procedure esecutive di rilascio.
  Si fa riferimento, essenzialmente, alle linee di attività contenute nel Piano nazionale di edilizia abitativa approvato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009.
  In primo luogo si fa presente che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera f), del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono stati attivati n. 480 interventi, per i quali sono state assegnate risorse pari a circa 200 milioni di euro, distribuiti sull'intero territorio nazionale e destinati ad incrementare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica dei comuni o degli ex Iacp comunque denominati. Verranno così realizzati 5059 alloggi di cui 4220 oggetto di recupero, 209 di nuova costruzione e 146 acquisiti.
  Per quanto concerne, poi, le attività del Fondo nazionale (Fondo investimenti per l'abitare) gestiti da CDP Investimenti Sgr (società di gestione del risparmio) in attuazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, si segnala che le prime iniziative deliberate svilupperanno oltre 1500 alloggi a fronte di un investimento statale di 8 milioni di euro ed attiveranno investimenti per 311 milioni di euro. Inoltre, il Fondo ha già deliberato la partecipazione ad ulteriori iniziative grazie alle quali, fermo restando l'esito positivo dell'istruttoria tecnico-finanziaria, potranno attivarsi investimenti per oltre 1,1 miliardi di euro per un totale di 9 mila alloggi a fronte di una partecipazione statale di 31 milioni di euro.
  Si evidenzia, inoltre, che con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2012, attualmente in fase di registrazione e successiva pubblicazione, al fine di facilitare l'operatività degli investimenti, è stato eliminato il vincolo del limite massimo del 40 per cento previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009 per gli investimenti del Fondo nazionale ai fondi locali.
  Inoltre, sulla base degli Accordi sottoscritti in attuazione dell'articolo 4, comma 2, del più volte richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009 la linea di intervento del Piano nazionale di edilizia abitativa relativa agli Accordi di programma consentirà la realizzazione, a livello nazionale, di 17.101 alloggi (di cui 13.737 di nuova costruzione, 3.168 da recupero/ristrutturazione e 196 da acquisto di immobili già esistenti). Del totale sopraindicato, 7220 alloggi saranno destinati al mercato dell'affitto permanente o per almeno 25 anni; 6.587 a riscatto dopo 10 anni; 3.314 saranno destinati al libero mercato. Le risorse che complessivamente potranno essere investite sono pari a circa 2,9 miliardi.
  Per completezza d'informazione, per quanto concerne gli altri Dicasteri destinatari dell'interrogazione in esame, si fa presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha evidenziato che fra gli strumenti di sostegno all'abitare è attivo il programma carta acquisti. Si tratta di una carta di pagamento elettronico, introdotta con il decreto-legge n. 112 del 2008 e relativa legge di conversione, per offrire un sostegno alle persone meno abbienti, tra l'altro, anche per il pagamento delle bollette domestiche di luce e gas.
  Con la carta acquisti le spese vengono addebitate entro i limiti stabiliti dal programma, direttamente allo Stato, alle Regioni e agli Enti territoriali che hanno erogato specifici contributi.
  La carta acquisti ha un valore di 40 euro mensili e viene caricata ogni due mesi con 80 euro sulla base degli stanziamenti via via disponibili; viene concessa agli anziani di età superiore o uguale a 65 anni e ai bambini di età inferiore ai tre anni (in questo caso il titolare della carta è il genitore) che siano in possesso dei requisiti previsti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   FEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto centrale delle banche popolari italiane ha svolto a novembre 2011, prima della conclusione del contratto per il pagamento delle pensioni INPS all'estero, una verifica di esistenza in vita;
   dal 1° febbraio 2012, il servizio del pagamento delle pensioni INPS per beneficiari residenti all'estero sarà svolto da Citibank NA, con sede legale a New York e con sede secondaria a Milano, via Mercanti 12;
   in vista dell'avvio del servizio, è stata spedita una comunicazione personalizzata di presentazione ai pensionati contenente una lettera di introduzione, un opuscolo con le domande frequenti, la richiesta di certificazione di esistenza in vita ed il modulo di dichiarazione di intestazione congiunta del conto corrente;
   particolare spazio è stato dedicato all'attestazione dell'esistenza in vita, alle modalità da seguire per contattare Citibank ed al servizio di assistenza che sarà assicurato nel periodo precedente l'avvio del servizio;
   l'accertamento dell'esistenza in vita che è stato avviato con l'invio del pacchetto introduttivo ai pensionati è basato sulla richiesta di compilare e restituire a Citibank un'attestazione di esistenza in vita avallata da un «testimone accettabile», e che per «testimone accettabile» si intende un rappresentante di un'ambasciata o consolato italiano o un'autorità locale abilitata ad avallare la sottoscrizione dell'attestazione di esistenza in vita;
   in alcune realtà geografiche, a partire dalla mensilità di dicembre 2011, sono stati riscontrati problemi gravissimi ed ingiustificati ritardi nel pagamento delle pensioni INPS;
   la situazione risulta particolarmente grave in Sudafrica, con un numero abnorme di pensioni per le quali la sospensione di fatto delle mensilità arriva fino a tre mesi e coinvolge quindi entrambi gli istituti di credito, ICBPI e Citibank;
   tale situazione pone a serio rischio molti connazionali che fanno unico affidamento sul reddito derivante da pensione italiana –:
   quali urgentissime iniziative si intendano intraprendere per assicurare che l'Istituto nazionale della previdenza sociale ottemperi ai pagamenti di pensione e garantisca quindi l'unica fonte di reddito di molti pensionati italiani nel mondo e particolarmente in Sudafrica;
   quali immediate iniziative si intendano assumere per chiarire in relazione a ciascuna delle aree geografiche, e per ciascun Paese, i soggetti abilitati ed autorizzati alla certificazione dell'esistenza in vita, tenendo anche conto delle chiusure di consolati e della sostanziale assenza dello Stato italiano in alcune realtà;
   quali altre immediate iniziative si intendano adottare per garantire che nel passaggio di consegne da un istituto di credito all'altro, e nelle more contrattuali, non si determinino situazioni analoghe con potenziale perdita di dati, lungaggini burocratiche aggiuntive e penalizzazioni a carico dei pensionati;
   se non si ritenga indispensabile, infine, al fine di evitare situazioni di grave rischio ai connazionali in Sudafrica, procedere al pagamento della mensilità di febbraio 2012 e, dopo verifica dell'esistenza in vita, automaticamente riaccreditare le mensilità di dicembre 2011 e gennaio 2012. (4-14817)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne la richiesta di attestazione dell'esistenza in vita ai cittadini italiani residenti all'estero, in particolare nella Repubblica del Sudafrica, ai fini del pagamento delle pensioni a carico dell'Inps.
  In via generale, si osserva che la verifica dell'esistenza in vita dei pensionati contribuisce ad assicurare la correttezza dei flussi dei pagamenti dei trattamenti previdenziali, evitando casi di pagamento di prestazioni dopo la morte del beneficiario e difficili azioni di recupero spesso con esito negativo.
  Al fine di impedire, quindi, che risorse pubbliche siano devolute a soggetti che non ne hanno diritto, l'Inps affida all'Istituto di credito aggiudicatario del servizio di pagamento delle prestazioni ai residenti all'estero il compito di effettuare l'accertamento dell'esistenza in vita.
  Nel corso del 2011, l'Icbpi (Istituto centrale delle banche popolari italiane), che ha gestito per conto dell'Inps i pagamenti fino a gennaio 2012, al fine di verificare l'esistenza in vita dei beneficiari delle prestazioni pensionistiche, ha proceduto alla localizzazione forzata di una rata di pensione presso gli sportelli Western Union nei mesi di maggio, per i residenti nel continente americano, di giugno, per i residenti in tutti gli altri continenti e di luglio per i beneficiari di pensioni semestrali.
  Dal momento, però, che dalla verifica dell'esistenza in vita condotta nel suddetto trimestre (maggio-luglio 2011) erano rimasti esclusi i residenti in Paesi nei quali non erano presenti sportelli Western Union, nel mese di ottobre 2011, l'Icbpi, ha richiesto, con comunicazione personale inviata ai destinatari dei pagamenti, di produrre un certificato di esistenza in vita entro il termine di 60 giorni, operazione che ha riguardato anche circa 1.200 residenti in Sudafrica.
  Al riguardo, occorre evidenziare che, per evitare che i pensionati residenti in località lontane dalla sede delle nostre rappresentanze diplomatiche all'estero subissero eccessivi disagi, nella lettera inviata dall'Icbpi, è stato chiaramente indicato che la certificazione richiesta poteva essere emessa non solo dai Consolati italiani, ma anche da Pubbliche Autorità locali legittimate ai sensi della legislazione dei Paesi di residenza.
  Nel frattempo, è stata ultimata la procedura di gara per l'affidamento del servizio di pagamento delle pensioni per un nuovo triennio e nel mese di maggio 2011 è stato siglato il contratto con il nuovo gestore del servizio, la Citibank, che ha avviato i pagamenti a partire dalla rata di febbraio 2012. Anche il nuovo contratto prevede la verifica almeno annuale dell'esistenza in vita a partire dal 2012.
  Per consentire ai pensionati di fruire di un termine più ampio rispetto a quello normalmente previsto, la Citibank ha richiesto, fin dal novembre 2011, ai titolari di prestazioni previdenziali a carico dell'Inps di fornire attestazioni di esistenza in vita. Il termine per produrre le attestazioni è scaduto il 2 giugno 2012.
  In ogni caso, per evitare duplicazioni di adempimenti per i pensionati, l'Istituto previdenziale ha richiesto all'Icbpi, di trasmettere alla subentrante Citibank le certificazioni già pervenute dai pensionati affinché siano validamente acquisite anche dal nuovo gestore.
  L'Inps ha fatto, inoltre, sapere che la sospensione del pagamento da parte dell'Icbpi delle rate di pensione in favore di alcuni residenti in Sudafrica, a partire dalla mensilità di gennaio 2012, è collegata alla mancata o ritardata produzione della prova dell'esistenza in vita da parte dei titolari.
  In proposito, l'Inps ha precisato che, nei casi in cui la verifica dell'esistenza in vita era stata completata, i pagamenti sono proseguiti senza soluzione di continuità; nello specifico, la Citibank ha effettuato circa 750 pagamenti in Sudafrica per la mensilità di febbraio 2012.
  La gestione delle residue pensioni per le quali è stato sospeso il pagamento è stata affidata direttamente alle sedi Inps, le quali non appena pervenute le attestazioni di esistenza in vita, hanno provveduto al ripristino dei pagamenti correnti e alla riemissione delle rate relative al periodo di sospensione.
  In tal senso, l'Istituto ha diramato precise istruzioni alle proprie strutture territoriali, invitandole a procedere con tempestività alla normalizzazione dei pagamenti non appena verificate le condizioni di erogabilità.
  Tali attività sono svolte anche con la collaborazione delle rappresentanze diplomatiche italiane in Sudafrica che hanno inviato liste di soggetti per i quali è stata effettuata la verifica; tale operazione ha agevolato la riattivazione dei pagamenti da parte delle sedi Inps.
  L'Inps ha, infine, comunicato che sono state ripristinate la quasi totalità delle pensioni, tanto che nel mese di giugno 2012 i pagamenti in Sudafrica sono stati circa 1.170.
  In ogni caso, ai fini della normalizzazione dei pagamenti ancora sospesi occorre che i pensionati producano nel minor tempo possibile l'attestazione di esistenza in vita richiesta e inviino copia di tale attestazione anche alla sede Inps che gestisce la pensione, insieme con la richiesta di pagamento delle rate di gennaio e febbraio 2012.
  L'Istituto ha comunque assicurato che le sedi Inps provvederanno tempestivamente al pagamento nei casi in cui risulta provata l'esistenza in vita e che i tempi saranno contenuti al minimo consentito dalle procedure di pagamento dell'Istituto stesso.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   GENOVESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con una precedente interrogazione (atto Camera n. 4-13934 seduta del 18 novembre 2011), a tutt'oggi senza risposta, l'interrogante aveva chiesto al Ministro interrogato «se ritenesse opportuno approvare con la necessaria sollecitudine il decreto di nomina del nuovo presidente dell'Autorità Portuale di Messina» e «se ritenesse opportuno (...) nominare un soggetto dotato, oltre che di specifiche competenze, anche di una particolare conoscenza delle problematiche di questo territorio, che possa dedicarsi a tempo pieno all'incarico che gli verrà affidato»;
   il Ministro, contrariamente a quanto richiesto dall'interrogante ha affidato per sei mesi l'incarico di commissario straordinario al presidente uscente professor ingegner Lo Bosco;
   il suddetto presidente, professor ingegner Dario Lo Bosco, nel 2010 è stato nominato presidente di RFI;
   il sovrapporsi di incarichi e la situazione di precarietà avevano già reso oggettivamente meno efficace e puntuale l'azione del presidente dell'autorità portuale di Messina;
   è a giudizio dell'interrogante, incontestabile il conflitto di interessi tra la carica di presidente di RFI e quella di presidente dell'autorità portuale di Messina;
   non si comprende la logica sottesa alla scelta di prorogare l'incarico al professor Lo Bosco se non immaginando che per il Governo gli interessi di RFI siano preminenti rispetto a quelli dell'autorità portuale di Messina –:
   se intenda porre fine a quella che all'interrogante appare una situazione di subalternità dell'autorità portuale di Messina rispetto agli interessi di RFI;
   se intenda porre rimedio, provvedendo alla nomina di un nuovo presidente dell'autorità portuale di Messina, a quello che, ad avviso dell'interrogante, rappresenta un conflitto di interessi in cui da tempo si trova il professor Dario Lo Bosco nella sua duplice veste di presidente dell'autorità portuale di Messina e di RFI;
   se intenda attuare scelte che restituiscano efficacia, efficienza e, soprattutto, la necessaria autonomia all'autorità portuale di Messina. (4-15094)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha esaminato, ai sensi della legge n. 84 del 1994, i requisiti professionali di cui alla terna dei nominativi prodotti dalla regione siciliana in relazione alla nomina del Presidente dell'Autorità portuale di Messina.
  Il Capitano di Vascello (CP) Antonio De Simone, nell'ambito dei nominativi di cui alla citata terna, è stato ritenuto in possesso dei requisiti prescritti per poter assolvere al suddetto mandato e, pertanto, nominato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in data 18 giugno 2012, visti i pareri favorevoli delle competenti Commissioni parlamentari, Presidente dell'Autorità portuale di Messina per la durata di un quadriennio a decorrere dalla data di notifica del decreto stesso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GENTILONI SILVERI, META e PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 20 gennaio 2012 il Ministro dello sviluppo economico (Dipartimento comunicazioni – direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione) ha sospeso per 90 giorni lo svolgimento delle procedure di gara di cui al bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana numero 80 dell'8 luglio 2011 (cosiddetto beauty contest del dividendo digitale interno). Nello stesso decreto è specificato che «Le frequenze indicate nel bando e nel disciplinare di gara summenzionato devono intendersi nel frattempo indisponibili»;
   contrariamente a questa prescrizione tutte le frequenze oggetto del bando e del disciplinare di gara, sono attualmente utilizzate da emittenti locali in uno o più dei principali bacini d'utenza italiani. Per citare alcuni casi più eclatanti: i canali 25, 54 e 55 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti Telemilano e Più Blu e Più Blu2 nel principale sito servente della Lombardia (Valcava – 10 milioni di utenti potenziali); il canale 28 è utilizzato dall'emittente Solregina Po nel principale sito che serve Milano e la Lombardia occidentale (Monte Calenzone – 7 milioni di utenti potenziali); i canali 25, 55 e 59 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti CanaleZero, IdeaTV e IESTv nel principale sito che serve la provincia di Roma (Monte Cavo – 4 milioni di utenti potenziali) mentre i canali 54 e 59 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti TeleCapri HD e TV Capital nel sito che serve la città di Napoli (Monte Faito – 6 milioni di utenti potenziali). Infine il canale 24 è utilizzato dalla Concessionaria del servizio pubblico (RAI) in tutto il Friuli e nel principale sito che serve la città di Bologna;
   la sola eccezione è costituita dal canale 58, che il Ministero aveva assegnato sperimentalmente a Mediaset, che dallo scorso autunno – sospeso l'utilizzo Mediaset – non è stato utilizzato da nessuno –:
   se e in quali date il Ministero abbia autorizzato l'uso di frequenze destinate al dividendo digitale interno e dichiarate «indisponibili» dal decreto 20 gennaio 2012;
   quando tali frequenze saranno liberate e se i costi di liberazione saranno a carico dell'amministrazione pubblica.
(4-14782)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'utilizzo da parte di emittenti locali delle frequenze oggetto del bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 80 dell'8 luglio 2011, sulla base degli elementi forniti dalle direzioni generali competenti, si rappresenta quanto segue.
  In merito alla procedura di assegnazione delle 6 frequenze nazionali ad uso televisivo, si evidenzia che il cosiddetto «bando beauty contest», riguardante l'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale, emanato in conformità a quanto previsto dal Regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 497/10/CONS del 23 settembre 2010, è stato annullato dall'articolo 3-quinquies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla legge n. 44 del 26 aprile 2012.
  La norma sopra citata stabilisce che i diritti d'uso delle frequenze in banda televisiva sono assegnati mediante pubblica gara che verrà indetta dal Ministero dello sviluppo economico, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, secondo le procedure che l'Autorità adotterà sulla base dei principi e i criteri direttivi ivi previsti.

  Per quanto concerne l'utilizzo delle frequenze di cui trattasi da parte di emittenti locali, si precisa che le stesse non sono state oggetto di pianificazione da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito della delibera 300/10/CONS del 15 giugno 2010 (Pianificazione nazionale) e conseguentemente nemmeno oggetto di alcuna assegnazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, conseguentemente a tale delibera.
  Si rappresenta tuttavia che, in data antecedente alla medesima delibera, quando ancora non erano individuate le frequenze del dividendo digitale, sulla base di delibere emesse dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la pianificazione locale delle aree tecniche oggetto di switch-off, alcune frequenze sono state transitoriamente oggetto di assegnazione in alcune aree limitate (Lazio e Campania).
  Inoltre, alcune emittenti utilizzano detti canali in virtù di sentenze emesse dal Tar Lazio avverso le quali il Ministero dello sviluppo economico ha proposto appello.
  Quanto al Canale 24, si precisa che, in sede di switch-off, ne è stato acconsentito l'uso da parte della concessionaria pubblica in Friuli Venezia Giulia ed in Emilia Romagna, in accordo con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, soltanto al fine di tutelare in via temporanea l'utenza di quelle regioni.
  Il Canale 58 non è stato oggetto di assegnazione. La sperimentazione a suo tempo autorizzata è cessata nel luglio del 2011, subito dopo la pubblicazione del bando di gara del beauty contest.
  Comunque, in tutti i casi in cui le frequenze sopra accennate sono utilizzate come sopra specificato è prevista la liberazione prima dell'effettuazione della gara. La liberazione stessa avverrà con le nuove assegnazioni nelle aree già digitalizzate in concomitanza con le procedure di liberazione dei Canali 61-69 (banda degli 800 megahertz), e non comporterà alcun onere economico per l'Amministrazione pubblica.
  In particolare, nelle aree digitalizzate dal 2011 in poi (Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) successivamente alla legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), nell'ambito della quale è stata disposta l'assegnazione dei canali da 61 a 69 ai servizi di comunicazione mobili in conformità a quanto previsto dall'articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, le citate frequenze sono completamente libere. È naturalmente intendimento dell'amministrazione pervenire ad analogo risultato, in tempi utili per poter procedere all'effettuazione della gara, anche nelle aree digitalizzate prima del 2011, in ottemperanza alla delibera n. 265/12/CONS del 7 maggio 2012 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha pianificato le frequenze per le regioni Lazio, Campania, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Sardegna, Valle d'Aosta e Trentino Alto-Adige.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   GHIGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il centro produzione Rai di Torino è uno dei centri propulsori dell'azienda e ricopre un ruolo strategico anche a livello nazionale, trasmettendo dalla sede torinese 6 canali nazionali (RaiSport2, RaiMovie, RaiPremium, Rai5, Gulp, Yo-Yo);
   da oltre sei mesi, la direzione del centro produzione Rai di Torino non ha più una guida e inoltre, non le sarebbero più state assegnate alcune risorse, ivi compresi i minimi investimenti per l'aggiornamento tecnologico delle apparecchiature necessarie per la messa in onda;
   sembrerebbe profilarsi, su proposta dell'attuale direttore ad interim, il trasferimento presso gli studi romani del canale RaiSport2, attualmente in onda da Torino con redazione a Milano;
   in seguito al congelamento dell'investimento che sarebbe già stato previsto per Torino e all'investimento su Roma di una nuova messa in onda di 16 canali, potrebbe avvenire il trasferimento, da Torino verso Roma, di altri 5 canali;
   tutto ciò comporterebbe la perdita di ulteriori risorse occupazionali (che andrebbero ad aggiungersi a quelle già cospicue avvenute negli ultimi vent'anni) e di figure professionali di rilievo, svilendo così il centro produzione Tv della Rai di Torino che di fatto verrebbe ridotto ad una mera sede giornalistica regionale;
   in tale contesto sarebbe opportuna la nomina di un direttore che si occupi di redigere un piano di sviluppo per rilanciare la produzione del centro Rai torinese –:
   quali siano, e cosa comportino in termini di investimenti sul centro e sul territorio e di prospettive occupazionali nonché professionali, le strategie aziendali sul centro di produzione Rai di Torino;
   se, come il PdL e il territorio piemontese auspicano, si intende addivenire ad un incontro tra Governo, vertici Rai e rappresentanti delle istituzioni locali (regione, provincia e comune) per rafforzare la sede torinese, creando le condizioni migliori al fine di portare produzioni stabili presso suddetto centro di produzione;
   in caso contrario, come si intenda valorizzare l'occupazione e le professionalità impiegate presso il suddetto centro e le numerose risorse presenti presso lo stesso. (4-14884)

  Risposta. — L'interrogante chiede di sapere quali siano e quali effetti abbiano, in termini di investimenti sia sul centro di produzione Rai di Torino che sul territorio, le strategie aziendali in atto o in divenire e come si intendano valorizzare sia l'occupazione, sia le risorse e le professionalità impiegate presso il suddetto centro.
  Il Ministero dello sviluppo economico, rappresenta quanto segue, anche sulla base delle informazioni acquisite presso la Rai.
  L'azienda radiotelevisiva ha precisato che il centro di produzione TV di Torino costituisce per essa uno dei poli strategici da valorizzare, soprattutto, nel contesto della ridefinizione delle politiche aziendali da intraprendere nel medio-lungo termine in merito alle risorse produttive.
  L'importanza di tale centro di produzione è peraltro ribadita dal Contratto di servizio 2010-2012 nel quale, all'articolo 12 comma 2, si legge che «... il centro di produzione di Torino è individuato come distretto produttivo Rai specializzato nell'offerta dedicata al pubblico dei bambini, senza pregiudizio per la normale produzione».
  La Rai peraltro segnala che, presso il centro di produzione Rai di Torino, per scelte di politiche aziendali, vengono regolarmente ospitati, negli studi Tv, programmi di divulgazione, rubriche giornalistiche nazionali e regionali, concerti di musica classica dell'orchestra sinfonica nazionale Rai, rubriche sportive.
  Negli ultimi anni, lo stesso centro di produzione, come fortemente voluto dal contratto di servizio degli anni 2010-2012, ha sviluppato una specializzazione nelle produzioni indirizzate ai bambini ed ai ragazzi.
  Inoltre presso la struttura in questione è ospitato il museo della radio e della televisione, un museo aziendale che raccoglie circa 1200 cimeli della storia della emittenza.
  Tutto ciò porta a concludere che il centro di produzione Rai in questione rientra tuttora in un contesto produttivo di rilievo e che le sue attività rispondono alle strategie aziendali della Rai.
  Quanto alla nomina del direttore della sede, pur facendo presente che si tratta di una scelta di esclusiva competenza gestionale della Rai, l'auspicio è che ciò possa essere portato a breve all'attenzione del consiglio d'amministrazione della società.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoMassimo Vari.


   GIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 agosto 2011 fu approvata all'unanimità, dalle commissioni bilancio e cultura della Camera in seduta congiunta, la risoluzione n. 8-00143, relativa a interventi urgenti di edilizia scolastica;
   la risoluzione impegnava il Governo pro tempore ad attuare interventi significativi e improrogabili in particolare per la messa in sicurezza degli edifici scolastici ma anche per opere di restauro o conservazione nei comuni;
   l'approvazione della risoluzione fu accolta dai cittadini interessati con soddisfazione, ma ad oggi a fronte del silenzio del Governo e soprattutto dinanzi alla mancanza di azioni rispetto agli impegni assunti, che riguardavano esigenze reali e indifferibili, sia il Governo che i parlamentari rischiano, ad avviso dell'interrogante, di perdere in credibilità –:
   se e quali iniziative intendano intraprendere in tempi certi per attuare gli impegni presi e votati all'unanimità dalle Commissioni cultura e bilancio, con la risoluzione n. 8-00143 del 2 agosto 2011.
   (4-15786)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 14 giugno 2012, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Si fa presente che, come è noto all'interrogante, la risoluzione Gioacchino Alfano ed altri n. 8-00143 del 2 agosto 2011 costituisce la più recente formulazione dell'atto di indirizzo previsto dall'articolo 2, comma 239, della legge n. 191 del 2009, quale presupposto per la formazione del terzo programma stralcio del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici.
  La risoluzione in parola ha individuato distintamente, attraverso una vera e propria lista, le scuole interessate agli interventi di messa in sicurezza, con la determinazione del relativo importo, prevedendone l'attuazione con apposito decreto interministeriale, in deroga alla procedura che stabilisce di sottoporre i medesimi interventi all'approvazione del Cipe.
  Successivamente, l'articolo 30, comma 5-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che il Governo dia attuazione al citato atto di indirizzo approvato dalle Commissioni parlamentari competenti il 2 agosto 2011.
  Al fine di predisporre il decreto interministeriale in parola, è stato istituito un tavolo interministeriale, nel cui ambito sono stati approfonditi tutti gli aspetti che ne rallentavano l'adozione, aspetti, peraltro, in parte già evidenziati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in una nota inviata al Cipe il 13 febbraio 2012.
  In seguito, con nota del 4 aprile 2012, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha confermato che il decreto in parola dovrà essere adottato senza ulteriori passaggi al Cipe.
  Tuttavia, continua a permanere una criticità legata al problema del finanziamento a favore delle scuole paritarie non statali, non essendo ancora del tutto chiaro se ai sensi della vigente normativa sia possibile finanziare edifici privati.
  Conseguentemente, al fine di acquisire chiarimenti al riguardo, è stata predisposta una richiesta di parere al Consiglio di Stato, attualmente in attesa del formale concerto da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Parallelamente, è stata anche predisposta la bozza di un unico decreto interministeriale nel quale confluiscano il provvedimento di cui alla risoluzione in argomento, nonché quello di autorizzazione all'utilizzo dei relativi contributi pluriennali, di cui alla legge n. 296 del 2006.
  Attualmente, tale bozza è all'esame del Ministero dell'economia delle finanze.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   GIRLANDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni si sono verificati nuovi segnali di spostamento del viadotto Rio Piazza della A1, nel tratto che passa sull'Appennino bolognese vicino all'abitato di Ripoli e soggetto alla frana riattivata dai lavori della Variante di valico;
   tale spostamento è arrivato, nel giro di cinque mesi, ormai a tre centimetri, tanto da spingere la Società autostrade ad aprire un cantiere al di sotto del viadotto per mettere in sicurezza i piloni;
   la commissione trasporti della regione Emilia Romagna ha ricevuto nella giornata del 22 maggio 2012 Gennarino Tozzi, condirettore Sviluppo rete di Autostrade per l'Italia, che ha parlato di «intervento preventivo», mentre il portavoce del comitato di cittadini che da anni si batte contro l'opera, Dino Ricci, citando le relazioni ufficiali della società Autostrade, ha spiegato come «le fondazioni del viadotto sono sospese sul corpo di frana, come si vede anche dalle cartografie»;
   la stessa società Autostrade ha tuttavia confermato lo spostamento dei piloni nell'ambito di un limite definito come sicuro, compreso tra i 13 ed i 14 centimetri, superato il quale saranno avviati interventi di consolidamento, allargare il basamento su cui poggiano le travi del viadotto;
   tra le altre denunce del comitato di cittadini i problemi registrati anche sulla A1 sono l'ennesima conferma della necessità di fermare i lavori, visto il rischio per la galleria, l'intero versante e l'autostrada esistente, in quanto la frana potrebbe non arrestarsi, con effetti tuttora evidenti sulla galleria in costruzione, tra cui la traslazione e lo schiacciamento della stessa, come segnalato nei giorni scorsi anche dalla ditta che sta scavando l'opera nella parte sud;
   per evitare danni ulteriori, il comitato insiste con la richiesta di cambiare il tracciato, optando per un transito che non passi nel cuore della montagna e più in alto anche rispetto all'autostrada esistente, anche al fine di ridurre i costi, in questa maniera, a loro dire, triplicati –:
   quali iniziative il Ministro intenda attuare per approfondire la fondatezza di questi rilievi, anche dal punto di vista economico, e se intenda attivarsi immediatamente per verificare la gravità della situazione in atto in relazione allo spostamento del viadotto e alla sicurezza dei mezzi che vi transitano. (4-16215)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
  Lungo il tracciato dell'autostrada A1 Milano-Napoli, nel tratto Rioveggio-Firenze, è situato il viadotto Rio Piazza, alla progressiva chilometro 229+836 (area comunale di San Benedetto Val di Sambro). L'infrastruttura risulta composta da due impalcati separati, di larghezza pari a 11 metri, a due corsie (marcia e sorpasso) più la corsia di emergenza. La fondazione del viadotto è stata effettuata su pozzi (manufatti ottenuti mediante escavazione), la cui struttura in elevazione è costituita da cemento armato precompresso, a fili aderenti, con schema statico di trave semplicemente appoggiata (impalco articolato su 6 travi su cui poggia una soletta di 30 centimetri).

  Al riguardo, Anas ha rappresentato che il viadotto, controllato mediante un sistema di monitoraggio specifico, ha manifestato modesti movimenti, strumentalmente rilevabili, a carico di alcune pile, la cui velocità di avanzamento risulta costante, ma di limitata entità. La società concessionaria Autostrade per l'Italia Spa pur confermando la mancanza di pericolosità del fenomeno, ha, tuttavia, definito un piano di intervento preventivo, concordato con l'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali dell'Anas, consistente nell'ampliamento della sede di appoggio degli impalcati sulle pile tale da assorbire eventuali ulteriori spostamenti. Ad oggi il traffico si svolge regolarmente e in condizioni di adeguata sicurezza.
  Per quanto attiene alle gallerie Val di Sambro e Sparvo, queste risultano quasi interamente completate, mentre la galleria di Ripoli, della lunghezza complessiva di circa 4 chilometri, è stata, già, scavata per 1650 metri (circa 550 metri da un imbocco e 1100 metri dal lato opposto).
  Lo stato di avanzamento dei lavori della variante è pari circa all'80 per cento e le citate gallerie, situate ai lotti 5A, 6 e 7, rappresentano le ultime opere da completare prima della definitiva apertura al traffico della nuova tratta autostradale, prevista per il primo semestre del 2014.
  Si evidenzia che il progetto della variante di valico ha seguito un iter approvativo più che ventennale, nel corso del quale sono stati concordati, con tutti gli enti interessati (Ministero dell'ambiente e dalla tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenze, Ministero della difesa, ANAS Spa, regione Emilia Romagna, provincia di Bologna, comune di San Benedetto Val di Sambro) il tracciato, le opere di cantiere e gli interventi di mitigazione e compensazione ambientali relativi al territorio interessato dall'infrastruttura.
  Per la complessità delle opere in esecuzione, inoltre, tutte le attività svolte sulla variante di valico sono state e sono, tuttora, monitorate dall'Osservatorio ambientale-socioeconomico, composto dai rappresentanti di tutte le Istituzioni coinvolte nella realizzazione dei lavori (principalmente dalla regione Emilia Romagna).
  Per quanto riguarda il tracciato relativo al tratto di galleria Val di Sambro, che interessa l'abitato di Ripoli, si segnala che esso è stato definito, nella sua configurazione attuale, alla Conferenza di servizi del luglio 2005 e approvato in data 19 settembre 2005 da tutti gli enti territoriali competenti.
  Nel Protocollo d'Intesa del novembre 2011, relativo alla valutazione dei danni subìti da alcuni immobili a causa dei lavori, intervenuto tra la società concessionaria Autostrade per l'Italia (Aspi), il Prefetto di Bologna, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di San Benedetto Val di Sambro, è stato anche formato un «collegio di tecnici» che, avvalendosi della collaborazione dei Vigili del fuoco, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e dell'Osservatorio ambientale, agisce come soggetto terzo rispetto alla stazione appaltante e all'impresa esecutrice, con il compito di valutare la stabilità degli edifici di Santa Maria Maddalena e di Ripoli, quantificando gli eventuali danni derivanti dai lavori in corso.
  Nel mese di marzo 2012 si è svolto un incontro presso la Prefettura di Bologna, con la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli enti (regione, provincia e comune) e le società interessate alla realizzazione della galleria, nel corso del quale sono stati illustrati gli esiti del «Rapporto di sintesi dell'evoluzione dei movimenti dell'abitato di Santa Maria Maddalena – aggiornamento 4 del 12 marzo 2012», redatto dal Servizio geologico della regione Emilia Romagna, le cui conclusioni hanno generato forti preoccupazioni nell'opinione pubblica locale.
  Anas ha riferito che nel corso dell'incontro il «collegio dei tecnici» ha confermato l'assenza di «elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale» e ha ribadito che «non vi è incompatibilità tra l'attività di monitoraggio e un prudente avanzamento dei lavori». Inoltre, i tecnici estensori del rapporto, hanno evidenziato nelle conclusioni del loro studio che, in base ai modelli previsionali adottati, «è da escludere l'ipotesi di un collasso del versante interessato dai lavori della galleria», pur sottolineando la necessità di proseguire nel monitoraggio ambientale in atto.
  La Società concessionaria Aspi ha ribadito, nel corso dell'incontro, la propria volontà di proseguire regolarmente i lavori, confermando, tuttavia, l'adozione di ulteriori accorgimenti cautelativi quali, ad esempio, il maggior distanziamento tra i fronti di scavo (da elevare a 120 metri), tale da alleggerire il condizionamento dello scavo sullo «stato tensionale» dell'ammasso roccioso e/o il rallentamento della velocità di scavo.
  Il Prefetto di Bologna, nel medesimo incontro, affermava che «ad oggi non sono emersi elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale e poiché non è possibile ordinare la sospensione di lavori (non sussistendone i presupposti), viene richiesto un fermo per acquisire ulteriori elementi da parte di altri tecnici che possano contribuire a tranquillizzare le istituzioni locali, i cittadini di Ripoli e l'opinione pubblica». Il tavolo tecnico è stato, quindi, aggiornato all'acquisizione degli elementi richiesti dal Prefetto, mediante uno studio elaborato da rappresentanti dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dell'Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr).
  Il risultato degli studi di Ispra ed Irpi è stato illustrato in un successivo incontro tenutosi, presso la Prefettura di Bologna, il 2 maggio 2012, la cui sintesi è la seguente:
   si definisce «a bassa probabilità d'occorrenza» la riattivazione/mobilizzazione dell'intero versante, senza chiari indicatori premonitori di movimento (si suggerisce l'integrazione del sistema di monitoraggio in un sistema di allerta a supporto di decisioni di protezione civile);
   non si esclude completamente la possibilità che si possano avere deformazioni localizzate (si raccomanda di intensificare le analisi di vulnerabilità statico-strutturale degli edifici definendo, altresì, le condizioni di vulnerabilità del reticolo stradale e delle infrastrutture a rete);
   non si suggerisce una sospensione delle attività di scavo in quanto, valutando la posizione delle canne e della loro area di influenza rispetto alle superfici di scivolamento profonde già note, si riuscirà a contrastare le deformazioni della superficie topografica;
   si definisce di difficile progettazione e realizzazione opere di consolidamento del versante e/o di contenimento di frane profonde (si suggerisce di migliorare e di estendere il controllo dell'evoluzione spazio-temporale dei fenomeni deformativi in atto, riducendo gli effetti di disturbo adottando diverse strategie di scavo e di messa in opera degli interventi di sostegno provvisori e definitivi).

  Successivamente, la società Autostrade per l'Italia ha notificato all'Anas le azioni intraprese per adempiere alle prescrizioni emerse dal suddetto studio.
  L'operato della concessionaria è stato oggetto di verifica anche da parte dell'Irpi del Cnr e dell'Ispra che hanno ritenuto parzialmente soddisfatte le richieste subordinando la prosecuzione dei lavori al completo adempimento delle prescrizioni indicate. In particolare:
   l'adozione di misure specifiche (monitoraggio) e di modellazioni adeguate al fine di valutare gli effetti delle nuove tecnologie/strategie di scavo;
   la frequenza delle letture dei dati di monitoraggio inferiore al giorno;
   l'integrazione del piano di monitoraggio con il piano di protezione civile locale;
   la formazione e la diffusione di un piano di protezione civile.

  La società Autostrade per l'Italia ha ottemperato alle richieste contenute nei primi tre punti sopra riportati, mentre, per quanto riguarda il quarto ha provveduto la regione Emilia Romagna, essendo la competenza regionale.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, si comunica che i lavori, tra l'altro sospesi cautelativamente, sono ripresi nel rispetto delle maggiori precauzioni finora indicate. Le suddette raccomandazioni sono state esaminate e validate come le migliori dagli esperti del collegio dei tecnici e sono finalizzate a garantire una maggiore sicurezza sia per l'aspetto strettamente connesso ai lavori di realizzazione della galleria, attraverso un monitoraggio molto più accurato durante lo scavo, sia per l'aspetto incolumità delle popolazioni, attraverso l'adozione di un ulteriore sistema di allerta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   IANNUZZI, MARIANI e MARGIOTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria costituisce una grande infrastruttura di assoluta valenza nazionale, essenziale e strategica non solo per il Mezzogiorno, ma per l'intero Paese;
   i lavori relativi al progetto di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada hanno raggiunto uno stadio rilevante e significativo, con circa 230 chilometri, ultimati e fruibili;
   su circa 140 chilometri, i lavori sono in corso ovvero sono stati appaltati;
   occorre accelerare i lavori in corso per addivenire rapidamente alla loro conclusione;
   sono, invece, ancora da finanziare, progettati, ovvero in via di mera progettazione 12 interventi, per circa 60 chilometri, che ricomprenderanno alcuni lotti ed alcuni nuovi svincoli autostradali, per complessivi 2,9 miliardi di euro;
   alcuni di questi interventi non sono, peraltro, direttamente connessi con il tracciato autostradale;
   andrebbe, invece, ricompreso nelle opere da finanziare il raccordo Salerno-Avellino nel primo tratto Salerno-Fratte-Mercato San Severino, che funge da raccordo fra le autostrade A30 Caserta-Roma ed A3 Salerno-Reggio Calabria, il cui tracciato attuale è assolutamente inadeguato e pericoloso per la sicurezza della circolazione e che, come tale, va potenziato con la costruzione della terza corsia e con la messa in sicurezza secondo le norme vigenti;
   per ammodernare tale raccordo occorrono 239 milioni di euro; sono stati stanziati dal CIPE 123 milioni di euro con deliberazione del 3 agosto 2011 –:
   quale sia il quadro aggiornato, lotto per lotto, dei lavori lungo l'autostrada A3, precisando – alla luce dell'abituale report sullo stato delle opere periodicamente curato dall'ANAS – la percentuale di esecuzione dei lavori per ciascun lotto, i termini previsti per la loro ultimazione, nonché i tempi e i provvedimenti con i quali il Governo intenda erogare i finanziamenti ancora mancanti. (4-17291)

  Risposta. — L'interrogante nell'evidenziare la valenza strategica per il Paese dell'autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria, chiedono di conoscere il quadro aggiornato dei lavori lungo detta autostrada.
  Al riguardo si segnala che alla data del 1o agosto 2012 la situazione è la seguente:
   272 chilometri sono completamente fruibili;

   93 chilometri sono interessati da lavori in corso o in fase di imminente avvio;
   20 chilometri sono stati appaltati ma i lavori non ancora avviati poiché si è in attesa della definizione di un ricorso tuttora pendente innanzi al Tar del Lazio;
   58 chilometri sono in corso di progettazione.

  Per un quadro dettagliato dei lavori si riporta di seguito una scheda dalla quale è possibile evincere i dati richiesti lotto per lotto, con il relativo stato di avanzamento ed i termini previsti per la loro ultimazione.

Immagine prelevata dal resoconto

  Nel concludere si assicura che si continuerà a sostenere ogni azione utile per supportare finanziariamente gli ulteriori interventi necessari all'ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada A3.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   JANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni è salita alla ribalta della cronaca la notizia di una giovane donna ucraina che ha venduto il proprio figlio, appena nato, ad una coppia di cittadini italiani, per la cifra di venticinquemila euro. Sullo sfondo un accordo, una compravendita di bambino che si intreccia tra l'Ucraina, l'agro aversano e Cassino, che vede l'arresto di otto persone, tra cui anche un avvocato casertano, del foro di Santa Maria Capua Vetere, che avrebbe fornito un contributo «tecnico» e avrebbe dovuto rendere legale la pratica. È il quadro emerso dalle indagini avviate da carabinieri e procura di Cassino. Il sostituto procuratore Beatrice Siravo ha richiesto ed ottenuto i mandati di arresto anche per una coppia di cittadini russi e per due persone italiane stanziali nel casertano: i quattro sono ritenuti gli intermediari per l'arrivo del neonato in Italia, con i due stranieri che avrebbero fatto da «ponte» per il pagamento della cifra pattuita. Per i sei destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare spiccata dal giudice per le indagini preliminari, Alessandra Tudino, è stata mossa l'accusa, in concorso, di soppressione di stato civile di minore e alterazione di stato. Per gli investigatori, tutti hanno avuto un ruolo più o meno preciso in questa vicenda, che ha scosso le coscienze, anche quella dell'abate di Montecassino, don Pietro Vittorelli, che afferma: «Esprimo immenso dispiacere per l'accaduto. È da considerare sempre deprecabile e da condannare che una madre “venda” il proprio figlio»;
   le indagini sono partite nel luglio 2010, quando i carabinieri hanno scoperto che due coniugi italiani residenti a Cervaro si prendevano cura di un neonato, presentandolo come loro figlio. All'origine, vi sarebbe stata la segnalazione di un medico di base, a cui la coppia si era rivolta per far visitare un bimbo di pochi mesi colpito da febbre alta. Sono scattati così gli accertamenti, da cui è emerso che la nascita del piccolo non risultava registrata né i coniugi avevano alcun documento che lo dimostrasse. Sulla base di quanto emerso, la coppia, che gestiva una piccola attività commerciale, ai carabinieri aveva spiegato che era il figlio di un'amica, la quale aveva chiesto loro di tenerlo fin quando non fosse tornata a riprenderlo. Da lì le ulteriori verifiche, ed i sospetti di un'adozione irregolare. Per sei mesi le indagini sono andate avanti e hanno portato i carabinieri di Cassino a scoprire i retroscena e a incastrare altre sei persone, ritenute implicate nella trattativa e nella vendita del neonato. Tra queste, una ragazza ucraina, madre naturale del bimbo, accusata di aver venduto suo figlio dietro il pagamento di venticinquemila euro, a una coppia che, a quanto risulta, non poteva averne. Stando alle indagini, l'intera operazione ha visto il coinvolgimento di una coppia di cittadini russi, un uomo e una donna che avrebbero fatto da intermediari e favorito l'arrivo del neonato. Non solo: sarebbero stati loro i referenti per il pagamento della cifra concordata e a far raggiungere un punto di incontro tra la «domanda» e l’«offerta». Ma i carabinieri hanno impedito il versamento dell'ultima rata, diecimila euro. Un ruolo attivo è stato attribuito anche alla coppia di italiani residenti nell'agro aversano, che avrebbe lavorato per stabilire i contatti; l'avvocato del foro avrebbe dovuto lavorare sulla pratica per mettere in regola la nuova famiglia. I genitori «adottivi» avrebbero versato gli ultimi diecimila euro solo alla fine del procedimento di adozione. Proprio i tempi lunghi della procedura, però, avevano indotto i due cittadini russi a far pressione per provare ad ottenere subito il denaro. È a questo punto che i neo genitori si sarebbero trasferiti in un albergo di San Giorgio a Liri per far perdere le loro tracce;
   il terribile «traffico di bambini» sembra una via usata parallelamente dalle coppie che non possono avere figli, per adottarne uno. Secondo un'antica tradizione del mercato ucraino, organizzazioni efficientissime, specializzate nella tratta dei minori, possono persino proporre un catalogo, come si fa per scegliere i cuccioli di razza, possono organizzare compravendite attraverso un ricco repertorio di espedienti, persino «travestirle» da adozione, con le carte in regola. Basta pagare, tutto ha un prezzo. Gli «addetti» possono accettare ordinazioni di bambini, oppure agire lungo un mercato parallelo alle adozioni legali, all'interno del sistema, per accelerare i tempi, semplificare, favorire una selezione, permettere una scelta del «prodotto», in base alle esigenze e ai gusti dell'utente. «Fuggite da chi ve le propone», ammonisce Gianfranco Amoletto, presidente di Cifa Onlus, 385 adozioni nell'ultimo anno, tempi di attesa dodici mesi o poco più. «Cercate di non farvi prendere dall'ansia: all'adozione si arriva sempre, nei tempi, nei modi e con la spesa giusta, affidandosi a persone competenti, ad Enti seri»;
   eppure alcune coppie cadono in trappola, stremate dalle frustrazioni dall'ansia dall'attesa, capaci di violare la legge e la coscienza. Così il «suggeritore» le indirizza verso un ufficio legale competente. Legale non proprio: si tratterà di attivare intermediari giusti in un ambiente obliquo per reperire l’«area» di fabbricazione, un ventre accogliente, una ragazza che si trasforma in un'incubatrice umana per disperazione, per miseria, perché schiava di qualcuno che la sfrutta senza pietà, così che anche una gravidanza, indesiderata o commissionata, può trasformarsi in un affare d'oro. Questo c’è dietro storie come quella di Cassino, e come chissà quante altre simili che restano sepolte e sconosciute. Gente che scappa lontano da un itinerario complicato lungo il quale si vaga, in un Paese straniero tra uffici, funzionari e avventurieri, mentre una sinergia di inefficienze, opportunismi e illegalità vessa il cuore. Il fatto è che i bambini ucraini sono in Italia al terzo posto tra quelli più adottati. E c’è chi sa trasformare questa propensione in un ricatto, manipolando i sogni fino a trasformarli in una fonte di guadagno. E non tutte le coppie sono preparate, tante inseguono un sogno integralista, dimenticando che a ispirare un'adozione dovrebbe essere solo l'interesse di un bambino –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di contrastare il «mercato di bambini» adottati illegalmente, che sta prendendo sempre più piede fra Ucraina, altri Paesi dell'Est europeo, Paesi in via di sviluppo e l'Italia. (4-10519)

  Risposta. — In relazione alla vicenda segnalata dall'interrogante, relativa al presunto acquisto di un neonato da parte di due cittadini italiani, si premette che il prossimo 2 ottobre 2012, presso il Tribunale di Cassino, si terrà l'udienza a carico di otto persone imputate nel procedimento penale, che sarà celebrato con «rito abbreviato».
  L'indagine ha avuto inizio nel mese di luglio 2010, a seguito del fermo di indiziato di delitto di due coniugi di Cervaro (Frosinone), i quali facevano apparire come figlio adottivo un neonato di origine russa, affidato loro illegalmente dietro pagamento di una somma di denaro.
  Il 17 gennaio 2011, i militari della Compagnia Carabinieri di Cassino, nell'ambito dell'indagine denominata «Baby Genny», hanno dato esecuzione a ulteriori 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Cassino, a carico di altrettante persone indagate per «soppressione di stato civile di minore».
  Gli sviluppi investigativi hanno permesso di ricostruire, oltre alla responsabilità della madre naturale, anche il ruolo illecito svolto da una coppia russa, dai due congiunti italiani, nonché da un avvocato incaricato di dare una parvenza legale all'adozione.
  Per quanto attiene ai profili generali del problema, si osserva che il fenomeno potrebbe essere inquadrato in quello più ampio della tratta degli esseri umani, il cui contrasto costituisce una linea di azione prioritaria delle Forze di polizia.
  In tale settore, vengono, inoltre, attuate convergenti iniziative tra le varie istituzioni a seguito di specifici protocolli d'intesa, sottoscritti a livello centrale e locale.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   LARATTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie diffuse dall'avvocato Giulio Calabretta, difensore del collaboratore di giustizia calabrese Luigi Bonaventura, attualmente il «Bonaventura è stato abbandonato ed è senza scorta, con grandi e reali pericoli di morte per lui e per la sua famiglia»;
   il pentito nei mesi scorsi è scampato ad un attentato e ora vive sotto copertura. Bonaventura ora ha chiesto di poter abbandonare il programma di protezione continuando a collaborare ed ha presentato al Ministero dell'interno una richiesta di risarcimento danni per 2,5 milioni di euro;
   «paradossalmente per Bonaventura — ha aggiunto il legale — lasciare il programma di protezione non è rischioso, perché i pericoli maggiori li ha trovati proprio nel programma. Quando Bonaventura deciderà di rendere noti tutti gli abusi, le sevizie psicologiche e le prepotenze di ogni genere che ha subito allora ci si renderà conto che la richiesta di 2 milioni e mezzo è irrisoria. Con il risarcimento Bonaventura e la sua famiglia intendono trasferirsi all'estero, acquistare una casa e una attività commerciale e finalmente uscire dall'inferno del sistema di protezione che ormai va avanti da cinque anni».
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra e cosa intenda fare al fine di garantire sicurezza e protezione al Bonaventura;
   se rispondono a verità le denunce fatte, dal legale in merito al programma di protezione del signor Luigi Bonaventura. (4-14747)

  Risposta. — In relazione alla questione segnalata dall'interrogante, si premette che il signor Luigi Bonaventura, ammesso, unitamente ai familiari, alle misure di protezione nell'aprile del 2007 in ragione dell'importante contributo reso all'Autorità giudiziaria, è tuttora sottoposto al programma speciale di protezione previsto dalla legge n. 82 del 1991.
  La vicenda del collaboratore di giustizia che secondo notizie diffuse agli organi di informazione dal suo legale di fiducia «è stato abbandonato ed è senza scorta» e sarebbe scampato ad un attentato, è stata segnalata dal predetto legale in un formale atto di diffida, indirizzato a varie Autorità. L'atto è stato oggetto di pronto esame da parte della Commissione centrale di cui all'articolo 10 della menzionata legge, per gli eventuali profili di competenza, nella riunione dell'8 febbraio 2012.
  La Commissione, in merito, ha deliberato di interessare la competente Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e la Direzione nazionale antimafia per l'accertamento dei fatti segnalati dall'avvocato e le conseguenti valutazioni, riservandosi di assumere le determinazioni di sua competenza dopo l'acquisizione degli elementi informativi richiesti.
  Quanto ai profili di sicurezza, il Servizio centrale di protezione della direzione centrale della Polizia criminale – organo esecutivo per l'attuazione delle misure di protezione – ha prontamente disposto l'attivazione delle procedure previste per assicurare l'incolumità e la tutela del Bonaventura.
  Al riguardo, nel corso del 2011, al collaboratore di giustizia è stato erogato un prestito di euro 1.000,00 per far fronte a spese mediche, da recuperare con trattenute mensili del 10 per cento sull'assegno di mantenimento previsto dal programma di protezione.
  Relativamente alle problematiche di carattere sanitario, si precisa che il Bonaventura, sin dall'arrivo nella località protetta ove attualmente si trova, è stato accreditato, su sua richiesta, presso un centro di salute mentale e seguito nel suo percorso psicoterapeutico, poiché egli alternava periodi di depressione a periodi di maggiore tranquillità; anche alla moglie, affetta da carcinoma e in cura presso l'ospedale della località protetta, è stata proposta la possibilità di ricorrere a una visita di consulto presso una struttura ospedaliera in altro centro specializzato, soluzione da lei rifiutata. Inoltre, il Servizio centrale di protezione ha offerto a entrambi il supporto del dipendente ufficio di assistenza psicologica.
  Quanto alla mancata integrazione nel nuovo tessuto sociale, il Servizio ha proposto al collaboratore di giustizia un trasferimento in altre regioni di suo gradimento, senza ricevere positivo riscontro dall'interessato.
  In merito alla notizia dell'attentato, si rappresenta che la Questura della località protetta, con nota del 12 gennaio 2012, ha comunicato che il Bonaventura, nel mese di ottobre 2011, aveva riferito di essere stato avvicinato da una persona non identificata, che lo avrebbe avvertito di un attentato nei suoi confronti. L'episodio non era stato precedentemente segnalato dal collaboratore al personale di polizia preposto alla sua gestione, ma soltanto formalizzato attraverso una dettagliata denuncia presentata alla Procura della Repubblica di Catanzaro il 22 novembre 2011.
  Il 16 gennaio 2012, la Questura, che a suo tempo aveva trattato il caso del Bonaventura, ha inviato una relazione di servizio, con cui ha rappresentato che il predetto, a suo dire, era stato contattato telefonicamente da un interlocutore non precisato, dal quale era stato esortato a ritrattare le dichiarazioni processuali rese.
  Il 17 gennaio 2012, in occasione di un incontro con il personale del Servizio centrale di protezione incaricato di notificargli alcune comunicazioni, il Bonaventura ha rifiutato di firmare il relativo verbale e, in evidente stato di alterazione, ha chiesto l'erogazione di euro 2.000,00 per presunti rimborsi non usufruiti, manifestando la volontà di incontrare, unitamente al suo legale, il direttore del Servizio stesso, senza però dare seguito alla richiesta.
  Relativamente ai fatti narrati dai quotidiani, il collaboratore non ha riferito nulla in merito a una sua presunta esposizione al pericolo, ma ha mostrato un costante atteggiamento di chiusura totale, che ne rende molto difficile la gestione. Giova precisare che il predetto, già dal novembre 2011, ha volontariamente interrotto gli incontri con lo specialista del centro di salute mentale che lo aveva in cura nella località protetta.
  Il 12 e il 16 gennaio 2012 sono stati predisposti due distinti trasferimenti, peraltro rifiutati, finalizzati a tutelare il Bonaventura e il suo nucleo familiare; sono state inoltre intensificate le misure di vigilanza nella località protetta, e il collaboratore è stato più volte invitato ad ottemperare ai disposti trasferimenti e diffidato dal rilasciare dichiarazioni non autorizzate agli organi di stampa.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   MONTAGNOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla gestione governativa laghi, portandoli da 26 a 13 milioni. Le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione sul lago di Garda;
   l'azienda di trasporto pubblico Navigarda nel 2011 ha trasportato più di 2 milioni di passeggeri, ma per l'anno in corso le previsioni sono assolutamente drammatiche, visto che il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio ha portato ad una drastica diminuzione delle corse e un notevole ridimensionamento del personale;
   le recenti disposizioni della legge n. 217 del 2011 prevedono che la Navigarda paghi sia le accise sia l'Iva sui carburanti, oltre alla stessa Iva sull'acquisto dei pezzi di ricambio per le navi e questo si traduce, secondo le stime degli esperti del settore, in un aggravio ulteriore di 5 milioni di euro;
   per compensare le minori entrate e garantire comunque il servizio pubblico, è stato ipotizzato un aumento delle tariffe del 30 per cento, come richiesto dalla direzione generale di Milano al Ministero dei trasporti, il che contraddice, nei fatti, le prospettive di potenziamento del servizio di navigazione lacuale;
   i battelli e i traghetti della Navigarda rispondono alla domanda di trasporto pubblico locale lacuale, che interessa una significativa parte della popolazione regionale che sceglie di utilizzarlo come servizio alternativo a quello su gomma, contribuendo a migliorare le condizioni ambientali e di gestione della mobilità –:
   se il Ministro non ritenga urgente mettere in atto tutte le iniziative, anche di carattere normativo ed economico, opportune a garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi, anche provvedendo a reperire urgentemente le risorse necessarie al proseguimento del servizio. (4-15519)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In data 30 marzo 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha autorizzato, per il periodo giugno-settembre 2012, nonostante i tagli intervenuti a bilancio, la programmazione di esercizio relativa all'espletamento dei servizi pubblici lacuali svolti dalla gestione governativa per i laghi Maggiore, Garda e di Como secondo il programma già adottato negli anni precedenti per il medesimo arco temporale, per cui la navigazione dei predetti laghi non subirà alcun ridimensionamento.
  Peraltro, si fa presente che in considerazione delle gravose vicende che hanno caratterizzato l'andamento dei conti pubblici nell'ultimo periodo, in pari data è stata autorizzata l'applicazione del piano tariffario, formulato dalla gestione governativa dei laghi Maggiore, Garda e di Como, che prevede il necessario aumento delle tariffe praticate all'utenza.
  Da ultimo, si segnala che, tenuto conto delle funzioni essenziali e non rinunciabili delegate alla gestione governativa navigazione laghi per il pubblico servizio che essa svolge e per il suo ruolo di volano dello sviluppo economico e la crescita dei territori serviti, nonché per il forte richiamo turistico che la sua attività esercita, con l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, proprio al fine di garantire la continuità di tale servizio pubblico di navigazione, sono state attribuite a detto ente risorse pari a 6 milioni di euro finalizzate al consolidamento della situazione finanziaria.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   PALOMBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 6 marzo 2001, n. 64, è stato istituito il Servizio civile nazionale, i cui princìpi e finalità sono enunciati nell'articolo 1 di detta legge:
    a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari;
    b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale;
    c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
    d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
    e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti e amministrazioni operanti all'estero;
   questo primo articolo si richiama a diversi doveri dei cittadini sanciti dalla Costituzione italiana: l'articolo 52 (dovere di difesa della patria); l'articolo 2 (dovere di solidarietà politica, economica e sociale) e l'articolo 4 (dovere di concorrere al progresso materiale o spirituale della società);
   ma il servizio civile nazionale per tantissimi giovani ha rappresentato, e sarebbe opportuno che continuasse a rappresentare, un'importante opportunità di formazione sociale, civica, culturale e professionale e di impegno in diverse aree d'intervento (assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale);
   dal 2001 al 2011 sono stati messi a bando quasi 320.000 posti di volontario del servizio civile;
   a poco più di 10 anni dal suo avvio il servizio civile nazionale rischia di scomparire perché con la legge di stabilità del novembre 2011 sono state ridotte le risorse del fondo nazionale di quasi il 40 per cento, passando da 113 milioni di euro ad appena 69. Negli ultimi 4 anni il taglio è stato di oltre il 400 per cento, passando dai 299 milioni del 2008 ai 68 del 2012, ed è anche a rischio l'avvio al servizio degli oltre 22.000 giovani già selezionati a seguito del bando 2011, apparendo inoltre altamente improbabile ipotizzare un nuovo bando per il 2012 per mancanza di risorse. Ciò accade mentre le risorse occorrenti per l'acquisto di un solo cacciabombardiere F-35 sarebbero sufficienti per finanziare un anno di attività per oltre 20.000 giovani da impegnare in progetti di difesa della Patria in modo non armato e nonviolento;
   per di più, con ordinanza n. 15243/11RG del 9 gennaio 2012, il tribunale di Milano – sezione lavoro – aveva dichiarato discriminatoria la limitazione prevista dall'articolo 3 del «Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero» pubblicato il 20 settembre 2011, nella parte in cui chiedeva il possesso della cittadinanza italiana quale requisito di ammissione allo svolgimento del servizio civile nazionale. Con la stessa decisione il giudice aveva ordinato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – ufficio nazionale servizio civile – di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza consentendo l'accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia e di fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande;
   in esecuzione alla citata ordinanza l'avvio al servizio civile nazionale era rimasto sospeso con effetto immediato per tutti i volontari selezionati per i progetti inseriti sia nel bando nazionale di 10.481 volontari, sia nei bandi regionali e delle province autonome contestualmente emanati dall'ufficio, per i quali era previsto il medesimo requisito della cittadinanza italiana in conformità con quanto disposto dall'articolo 5 della legge n. 64 del 2011 e dall'articolo 3 del decreto legislativo n.77 del 2002;
   fortunatamente quella decisione è stata annullata su reclamo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   ma resta la situazione fortemente negativa del drastico taglio delle risorse che rischia di dare un colpo mortale al servizio, privando la comunità di un prezioso apporto di tanti volontari e moltissimi giovani di un progetto di impegno sul campo, assai formativo –:
   se il Governo sia conoscenza di questa pesante situazione, quali siano i suoi intendimenti al riguardo e quali misure intenda adottare al fine di limitare i disagi agli enti, al volontariato, alla comunità e ai giovani derivanti dalla grave carenza di risorse che inciderebbe negativamente anche sui progetti già avviati, per i quali esistono forti e legittime aspettative, evitando la sostanziale agonia del servizio civile nazionale che rappresenta una delle poche opportunità a sostegno dei giovani concorrendo a realizzare anche il principio costituzionale di solidarietà sociale. (4-16942)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, viene sottolineata la rilevanza del servizio civile come opportunità di formazione civica, sociale, culturale e professionale per i giovani, nonché come impegno in aree di intervento di notevole impatto sociale.
  Tuttavia sono espresse preoccupazioni in merito alla drastica riduzione delle risorse finanziarie assegnate al Fondo nazionale per il servizio civile, disposta da ultimo dalla legge di stabilità del novembre 2011 e pari al 40 per cento. Viene prospettato che tale riduzione rischia di determinare la scomparsa dell'intero sistema – essendo improbabile ipotizzare l'adozione di un nuovo bando per il 2012 – e di privare la comunità del prezioso contributo offerto dai volontari in servizio civile.
  Viene, altresì, evidenziato, che le risorse per l'acquisto di un solo cacciabombardiere F-35 sarebbero sufficienti per finanziare un anno di attività per oltre 20 mila giovani da impegnare in progetti volti alla realizzazione della difesa della Patria in modo non armato e non violento.
  Al riguardo, si chiede al Governo quali iniziative intenda adottare al fine di limitare i disagi causati a tutti i soggetti coinvolti nel sistema del servizio civile dalla carenza di risorse finanziarie, che potrebbero incidere anche sui progetti già avviati, e di evitare l'agonia del servizio civile nazionale, che rappresenta una grande opportunità per tutta la comunità.
  In proposito, occorre anzitutto precisare che l'esigua disponibilità dei fondi assegnati per l'anno 2012 al servizio civile, pari a euro 68.812 mila, riflette la più ampia situazione di grave crisi economica che interessa il nostro Paese.
  Tale situazione ha determinato una complessiva contrazione della spesa pubblica a causa delle notevoli difficoltà nel reperire nuove e ulteriori risorse finanziarie e, quindi, ha inevitabilmente interessato anche il servizio civile nazionale.
  A fronte della descritta riduzione degli stanziamenti, l'Ufficio nazionale per il servizio civile ha programmato lo scaglionamento delle partenze dei volontari, da gennaio a ottobre 2012, per garantire l'avvio di circa 19 mila giovani selezionati, a seguito del bando pubblicato nella GURI n. 75 del 20 settembre 2011, per l'impiego nei progetti ammessi al finanziamento. Sul punto si segnala che l'Ufficio, nel procedere ad una comparazione degli interessi pubblici coinvolti, ha ritenuto prevalente quello di assicurare l'avvio di tutti i giovani risultati idonei a seguito delle selezioni, seppur attraverso un sistema di scaglionamento delle partenze, piuttosto che avviare un contingente di volontari notevolmente ridotto. Quest'ultima scelta avrebbe precluso la possibilità ad un rilevante numero di giovani già selezionati di svolgere l'importante esperienza del servizio civile, comportando una grave delusione delle loro aspettative, e avrebbe impedito la realizzazione di tutti i progetti ammessi al finanziamento. La riduzione dei fondi, quindi, ha comportato un disagio dovuto allo scaglionamento delle partenze ma non ha inciso negativamente sulla realizzazione dei progetti già ammessi al finanziamento.
  In tale situazione, vorrei sottolineare che, consapevole dell'importante contributo apportato dai volontari del servizio civile a settori di vitale importanza per il Paese, mi sono adoperato per trovare ulteriori fondi. In tale ottica sono riuscito a reperire circa 30 milioni nel recente decreto-legge sui vigili del fuoco (articolo 5, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante «misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell'Amministrazione dell'interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il servizio civile»), la cui conversione in legge è stata definitivamente approvata dal Parlamento il 31 luglio 2012.
  Inoltre, sono riuscito ad assicurare altri 20 milioni di euro a valere sull'esercizio finanziario 2012 nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri nei capitoli di mia competenza. L'insieme di tali risorse consentirà di stabilizzare il servizio civile per il biennio 2013-2014 e di far partire per ciascun anno del biennio considerato circa 18.810 ragazzi (di cui 450 in progetti da realizzarsi all'estero).
Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazioneAndrea Riccardi.


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la procedura di gara relativa all'affidamento dei servizi di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna è risultata infruttuosa per la mancata partecipazione di soggetti concorrenti;
   la mancata partecipazione di concorrenti è legata fondamentalmente all'azione ad avviso dell'interrogante ricattatoria e palesemente speculativa messa in campo dalle principali compagnie aeree operanti in Sardegna che hanno sin dall'inizio osteggiato un vero processo di continuità territoriale da e per la Sardegna;
   le argomentazioni ad avviso dell'interrogante pretestuose e destituite di alcun fondamento delle stesse compagnie aeree relativamente alla mancata remunerazione appaiono ulteriormente gravi in considerazione del fatto che le stesse compensazioni previste nel bando di gara erano palesemente ingiustificate proprio per l'analisi dei costi che le supportava;
   la decisione di non partecipare comunicata nell'ultimo giorno utile proprio per evitare l'affacciarsi di qualsiasi altro concorrente in modo tale da garantirsi una futura azione speculativa sui cieli della Sardegna;
   tale infruttuosa gara, oltre che per la singolare gestione della preventiva procedura dell'imposizione dell'onere del servizio pubblico, è conseguenza anche delle caratteristiche ben individuate poste nel capitolato d'appalto della gara che escludevano gran parte delle compagnie operanti in Europa, a partire da quelle low cost;
   la competenza primaria in materia di trasporti tra regioni e all'intero del territorio nazionale è dello Stato che ha il compito e il dovere di garantire il pieno e totale collegamento e la connessione territoriale;
   il rischio che la Sardegna venga sottoposta ad un attacco speculativo senza precedenti sia sui collegamenti aerei che via mare impone soluzioni straordinarie e urgenti che non possono essere in alcun modo essere ulteriormente ritardate;
   occorre affrontare con immediatezza la cessazione degli oneri del servizio pubblico sulle tratte da e per la Sardegna dei collegamenti aerei e attivare procedure straordinarie rispetto a quelle già delegate alla regione Sardegna;
   in tal senso l'unica soluzione percorribile in termini immediati appare quella disciplinata dal regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità;
   l'articolo 12 del regolamento (CE) n. 1008/2008 dispone: «In caso di improvvisa interruzione del servizio da parte del vettore aereo comunitario selezionato a norma dell'articolo 17, lo Stato membro interessato può, in caso di emergenza, selezionare di comune accordo un vettore aereo comunitario differente che si assuma l'onere di servizio pubblico per un periodo massimo di sette mesi, non rinnovabile, alle seguenti condizioni:
    a) ogni eventuale compenso versato dallo Stato membro deve essere conforme all'articolo 17, paragrafo 8;
    b) la selezione deve avvenire tra i vettori aerei comunitari in base ai principi di trasparenza e non discriminazione;
    c) si deve pubblicare un nuovo bando di gara d'appalto;
   la Commissione e lo Stato membro o gli Stati membri interessati sono informati senza indugio della procedura di emergenza e delle sue motivazioni. Su richiesta di uno Stato membro, o di propria iniziativa, la Commissione ha la facoltà, secondo la procedura di cui all'articolo 25, paragrafo 2, di sospendere la procedura qualora ritenga, a seguito della sua valutazione, che questa non rispetti le prescrizioni di cui al presente paragrafo o che sia comunque in contrasto con il diritto comunitario»;
   è evidente che deve essere immediatamente comunicata, senza indugio, la procedura di emergenza con ampie e convincenti motivazioni rispetto alla speculazione in atto sui cieli della Sardegna;
   a tal fine deve essere predisposta una procedura ristretta, allargata a tutte le compagnie anche low cost operanti in Sardegna, che riconsideri l'imposizione dell'onere del servizio pubblico di partenza;
   appare evidente che risulta inviolabile il principio sancito della tariffa unica, anche con voto unanime della Camera dei deputati, in considerazione della valenza della continuità che si definisce territoriale proprio per l'obbiettivo di connettere a pari condizioni due territori dello stesso Stato senza discriminazioni tra cittadini europei;
   essendo di fatto cessata la delega relativi alle procedure di cui alla conferenza dei servizi è in capo al Ministro dei trasporti e delle infrastrutture la competenza di avviare le procedure straordinarie per i prossimi mesi, semmai negoziando un estensione temporale dei sette mesi al fine di garantire l'individuazione di percorsi ordinari sulla continuità territoriale;
   in via ordinaria appare indispensabile prevedere l'estensione dei criteri di partecipazione a tutte le compagnie aeree operanti in Europa, senza limitazioni al fine di garantire la massima adesione all'imposizione degli oneri di servizio pubblico;
   occorre attivare procedure di tutela dell'operatività delle compagnie low cost al fine di introdurre nel mercato italiano effettive condizioni di liberalizzazione che sino ad oggi sono venute meno per un atteggiamento che ne ha limitato l'efficacia –:
   se non ritenga di dover fare urgente richiesta all'Unione europea dell'attivazione della procedura di emergenza;
   se non ritenga di dover avviare una procedura ristretta rivolta anche alle compagnie low cost operanti in Europa per garantire l'applicazione dell'imposizione dell'onere del servizio pubblico per la continuità territoriale da e per la Sardegna;
   se non ritenga di dover individuare procedure trasparenti e effettivamente aperte per la predisposizione di una continuità territoriale con tariffa unica;
   se non ritenga di dover valutare la necessità di convocare un'apposita conferenza dei servizi relativamente alla continuità territoriale aerea e marittima da e per la Sardegna al fine di evitare il totale collasso dei collegamenti con la regione insulare. (4-15692)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come è noto, l'articolo 1 della legge 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007), ha previsto, al comma 837, il trasferimento, dallo Stato alla regione Sardegna, delle funzioni attinenti alla «continuità territoriale».
  Sotto il profilo finanziario, il successivo comma 840 dispone che i connessi oneri, a partire dal gennaio 2010, siano interamente a carico della regione.
  In attuazione della predetta legge, in data 7 settembre 2010 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra regione Sardegna, Enac e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, nel delineare concretamente le competenze di ciascuna Amministrazione, individua, all'articolo 3, nel Presidente della regione il soggetto competente ad indire e presiedere la conferenza di servizi.
  Per quanto attiene la richiesta di attivare, presso l'Unione europea, la procedura d'emergenza di cui all'articolo 16, paragrafo 12, del Regolamento CE 1008/2008, si osserva che tale procedura riguarda principalmente la fattispecie di «improvvisa interruzione del servizio da parte del vettore aereo comunitario selezionato a norma dell'articolo 17», presupposto che non sembra riscontrarsi nel caso delle rotte onerate sarde, attualmente esercite in regime di proroga dalle compagnie aeree Alitalia Cai e Meridiana fly. Conseguentemente, non appare possibile, sulla base della predetta norma comunitaria, contemplare una procedura di negoziazione ristretta per la selezione di un vettore aereo comunitario, tra quelli già operanti in Sardegna, che si assuma l'onere di effettuare il servizio pubblico per un periodo massimo di sette mesi. Tale procedura, in ogni caso, necessiterebbe di un tempo non trascurabile e non compatibile con l'urgenza che richiede la situazione dei collegamenti con la Sardegna.
  Tuttavia, allo scopo di assicurare la continuità territoriale aerea agli abitanti della regione Sardegna, e, nel contempo, di disporre dei tempi necessari per l'eventuale rimodulazione dei parametri dell'imposizione, con decreto del 18 giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 152 del 2 luglio 2012 si è proceduto ad un ulteriore differimento della data di entrata in vigore del nuovo regime onerato previsto dal decreto ministeriale d'imposizione n. 413 del 2011, relativo ai collegamenti tra la Sardegna e gli scali di Roma e Milano.
  Infine, in merito alle richiesta di una tariffazione unica per i residenti nell'isola ed i non residenti, è opportuno ricordare che il suddetto decreto ministeriale d'imposizione n. 413 del 2011, la cui data di entrata in vigore è stata posticipata al 27 ottobre 2012, ai sensi dell'articolo 1 del suddetto provvedimento del 18 giugno 2012, prevede già per tutte le rotte interessate una tariffa massima onerata applicabile indiscriminatamente a tutti i passeggeri.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   PORTA, BUCCHINO, GARAVINI e FEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   gli assegni corrisposti dall'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) ai pensionati italiani, tramite gli enti convenzionati per il pagamento, sono determinati sulla base dei rapporti di cambio di ciascuna moneta con l'euro, comunicati annualmente dalla Banca d'Italia;
   in Venezuela il rapporto di cambio tra bolivar ed euro ha subito una sostanziale modifica dal primo gennaio 2011, a seguito della decisione di quel Governo di annullare i diversi cambi ufficiali e di unificarli a 4,30 bolivares per dollaro, spostando di conseguenza il cambio bolivar/euro a 5,70;
   in mancanza di una comunicazione ufficiale da parte della Banca d'Italia, tuttavia, l'INPS ha continuato a disporre il pagamento degli assegni ai pensionati italiani in Venezuela sulla base del cambio precedente, provocando una perdita di valore delle pensioni superiore al 60 per cento;
   le sollecitazioni di varia natura rivolte soprattutto dai patronati italiani operanti in Venezuela al dipartimento internazionale della Banca d'Italia non hanno dato finora risultati concreti, dal momento che la comunicazione dell'Istituto in merito al cambio euro/bolivar è restata quella del 2010 –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per favorire una soluzione adeguata e urgente della situazione venutasi a determinare a danno dei pensionati italiani residenti in Venezuela. (4-14889)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne il mancato adeguamento dell'importo delle rate di pensione erogate dall'Inps ai pensionati italiani residenti in Venezuela, al nuovo tasso di cambio bolivar/euro, in vigore dal 2011, con conseguente danno economico per i titolari delle prestazioni.
  Come riportato anche dall'interrogante, la Repubblica del Venezuela ha disposto a partire dal 2011 la variazione del cambio con il dollaro statunitense e le altre divise, stabilendo un cambio fisso con il dollaro, per cui 1 dollaro equivale a 4,30 bolivares e dunque 1 euro a 5,70 bolivares.
  In proposito, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha chiarito che il cambio applicato per convertire in euro le pensioni pro rata estere dei cittadini residenti in Paesi extra-Unione europea è quello pubblicato dalla Banca d'Italia, relativo al tasso medio mensile del mese precedente al calcolo oppure del mese precedente la rivalutazione annuale effettuata a gennaio, a seconda che si tratti o meno di una prima erogazione.
  Nel corso del mese di febbraio 2012, la Banca d'Italia ha provveduto a comunicare una «revisione» delle serie storiche dei cambi della moneta venezuelana per le rilevazioni dal 3 gennaio 2011 al 20 febbraio 2012, aggiornando, altresì, le medie mensili e annuali di detta valuta per il periodo indicato.
  Conseguentemente, l'Inps ha ricalcolato tutte le pensioni da erogare in Venezuela in regime convenzionale con il sistema del pro rata.
  La rata di pensione è stata posta in pagamento nell'importo aggiornato alla nuova parità valutaria a partire dal mese di marzo 2012 ovvero dal mese di luglio 2012 per i soli pagamenti semestrali.
  Ove spettanti, inoltre, l'Istituto ha provveduto ad erogare ai pensionati anche le somme arretrate a credito.
  In conclusione, la questione sollevata con l'interrogazione in esame ha trovato adeguata soluzione in risposta alle legittime aspettative dei pensionati italiani residenti in Venezuela.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   PROIETTI COSIMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il tratto di rete autostradale, lungo oltre sessantadue chilometri, tra i territori comunali di Sasso Marconi, in Emilia Romagna, e Barberino di Mugello, in Toscana, è interessato da interventi di adeguamento infrastrutturale, per un importo di oltre tre miliardi e seicento milioni di euro, con la realizzazione della cosiddetta «variante di valico», a cura di Autostrade per l'Italia s.p.a. (ASPI). Il consiglio dei Ministri, nella seduta del 9 agosto 2001, deliberò, in via definitiva, la realizzazione dell'intero potenziamento dell'autostrada A1, lungo il tratto Firenze-Bologna, nel quale è ricompreso la variante di valico. I primi cantieri furono avviati nell'anno 2004; attualmente, è stato ultimato un terzo dei lavori, pari a circa venti chilometri dell'intero tracciato;
   l'opera interessa otto comuni dell'Emilia-Romagna e della Toscana, tra i quali quello di San Benedetto Val di Sambro, in Emilia-Romagna, specificatamente una sua frazione, denominata Ripoli Santa Maria Maddalena, nella cui area sono in corso lavori di scavo per la realizzazione della galleria «Val di Sambro», a doppia canna, una per ciascuna delle due direzioni di marcia, compresa nel progetto della variante di valico;
   i lavori sarebbero all'origine di assestamenti e lenti smottamenti del terreno che determinerebbero il suo scivolamento verso valle di un'ampiezza periodicamente apprezzabile e, comunque, tali da destare preoccupazioni, in relazione agli emergenti danneggiamenti di manufatti e infrastrutture in superficie, in specie immobili a uso residenziale e anche a beni architettonici;
   tali fenomeni si inscrivono in un contesto geologico «precario», posto che il territorio dove insiste la frazione di Ripoli Santa Maria Maddalena sarebbe stato riconosciuto, da anni, come instabile, tanto da definire di «riattivazione» la frana osservata dopo l'avvio dei lavori per la realizzazione della galleria «Val di Sambro», sottostante l'abitato. A riprova della notorietà dei profili problematici delle caratteristiche geologiche del territorio in argomento, nella convenzione firmata nel 2001 tra la società Autostrade per l'Italia Spa e i comuni interessati alle opere sarebbero stati prefigurati interventi di stabilizzazione dei versanti malfermi, da realizzare prima dell'inizio dei lavori, con menzione, nel documento, delle frane di: «Ripoli di Sotto» e di «Serra di Ripoli». L'interpellante ignora se e quali eventuali interventi di stabilizzazione siano stati eseguiti nell'area considerata;
   va rilevato, a conferma della qualificazione ecologica della zona in questione ma anche degli stessi presupposti degli appalti conferiti da ASPI e degli stessi progetti esecutivi, che il progetto definitivo, redatto a cura della società appaltante, specificava espressamente la sottoposizione della medesima a una «frana quiescente», ossia dal movimento esaurito;
   risulta che l'ATI appaltatrice della costruzione di parte della galleria in menzione, nel mese di maggio 2010, constatate emergenti problematiche statico-geologiche, abbia informato l'Autorità per l'Italia e la direzione dei lavori, ipotizzando che, all'epoca della conclusione dei lavori, la galleria potesse, addirittura, risultare compromessa al punto da essere inutilizzabile;
   al riguardo, elementi di correlazione da considerare sono, altresì, intanto, la prossimità, di qualche centinaio di metri, dell'opera interessata ai fenomeni in rilievo al tracciato originario dell'autostrada, abbandonato e sostituito dal tracciato attualmente in esercizio a seguito di gravi dissesti determinati da movimenti di versante e, inoltre, le difformità rilevanti che l'attuale stato dei luoghi presenterebbe rispetto al piano particellare di esproprio, redatto sull'aggiornamento catastale degli anni sessanta del secolo XXI secolo. Significativo, in specie, sarebbe lo spostamento del torrente Setta, il cui tracciato di scorrimento risulterebbe scostato di 35-40 metri, in corrispondenza, giustappunto, del tratto iniziale della galleria;
   la direzione dei lavori, edotta delle ipotizzate problematiche, ne avrebbe a quanto risulta all'interrogante tuttavia, eccepito l'eziologia e la stessa consistenza, addebitando, peraltro, all'ATI appaltatrice supposte omissioni d'intervento funzionalmente utili a prevenire i fenomeni rappresentati dall'ATI medesima. Devesi aggiungere, in proposito, che l'ATI a quanto consta all'interrogante trasmetteva, in replica, alla direzione dei lavori e ad ASPI una relazione della società progettista della galleria, designata da ASPI, denominata Rocksoil s.p.a. che si concluderebbe ipotizzando che il movimento franoso potrebbe comportare danni rilevanti alla galleria, fino al tranciamento della stessa;
   a seguito di una successiva riunione svolta tra ASPI, direzione dei lavori e ATI, non conclusasi, pare, con una valutazione conclusiva della situazione, sarebbe stato impartito un ordine di servizio, nel mese di luglio 2010, in cui risulterebbero prescritte limitate modificazioni e integrazioni progettuali, in capo ad ATI. Di fatto, si sarebbe, in tal modo, convenuto sulla natura delle problematiche rappresentate dall'ATI e dalla società progettista, ancorché valutandone in termini meno critici le conseguenze. Tale atto sarebbe stato sottoscritto con riserva dall'ATI che non avrebbe ritenuto le prescrizioni formulate utili a risolvere radicalmente le questioni poste; semmai a consentirne il controllo per un periodo eventualmente maggiore e a prevenirle solo in ragione di una fortuita esiguità dimensionale di una frana. La riserva avrebbe pure evidenziato il permanere delle responsabilità riconnesse alle indicazioni tecniche in testa ad ASPI e direzione dei lavori;
   l'ATI avrebbe presentato, all'inizio del mese di settembre 2010, uno studio di fattibilità di una variante plano altimetrica ritenuta, sembra, ad avviso dell'associazione, idonea alla risoluzione delle problematiche generate dal movimento franoso. Consta all'interrogante che l'ASPI avrebbe comunicato, in due successivi incontri con l'ATI, nello stesso mese di settembre 2010, l'indisponibilità a esaminare lo studio presentato e, in ogni caso, a considerare l'adozione di qualsivoglia variante, ingiungendo ad ATI di proseguire nell'esecuzione dei lavori secondo il progetto esecutivo come sarebbe stato modificato dall'ordine di servizio impartito nel corso del precedente mese di luglio, a pena di risoluzione contrattuale del contratto di appalto per grave inadempimento;
   in relazione alle discordanti valutazioni circa la portata di eventuali eventi franosi, l'ATI avrebbe rimesso ad ASPI, negli ultimi giorni dell'anno 2010, un'ulteriore documento tecnico consistente in una relazione redatta congiuntamente da esperti di elevata qualificazione professionale nella quale sarebbe stata congetturata, con altissima probabilità e in tempi ravvicinati, una frana coinvolgente l'intero versante e, dunque, di portata notevole;
   di assoluta evidenza si appalesa l'aggiornamento della cartografia geologica del territorio regionale operato dal servizio geologico sismico e dei suoli della regione Emila-Romagna, che modifica la classificazione di vaste parti dell'ammasso interessato dalla galleria Val di Sambro, dalla precedente classificazione «a2h – Deposito di frana quiescente per scivolamento in blocco» all'attuale classificazione «a1b – Deposito di frana attiva per scivolamento», per alcune parti, e «a1h – Deposito di frana attiva per scivolamento in blocco o DC»;
   la fondatezza delle preoccupazioni, dei dubbi e delle eccezioni dall'ATI sui possibili danni alle opere derivanti da frane o da eventuali fenomeni connessi alle caratteristiche geomorfologiche dei territori interessati ai lavori della galleria in sindacato, sarebbe confermata anche dalle decisioni che la compagnia assicuratrice Assitalia avrebbe adottato, sospendendo, sembra, limitatamente alla galleria stessa, la copertura assicurativa. A siffatta decisione sarebbe da ascrivere la sospensione dei lavori da parte di ATI, limitatamente alla galleria, per essere la copertura assicurativa notoriamente obbligatoria per legge e, intuitivamente, per contratto. La Compagnia assicuratrice, peraltro, avrebbe comunicato, a seguito di verifiche e controlli, la sua disponibilità a riattivare la polizza assicurativa in via provvisoria, fino al termine del 30 aprile 2012, modificandone in senso restrittivo le coperture e, al contempo, incrementando il premio da corrispondere. Di tale evenienza l'ATI avrebbe informato a fine gennaio 2012 ASPI che, dal canto suo, avrebbe comunicato ad ATI la disponibilità a farsi carico degli oneri conseguenti alle variazioni imposte dalla Compagnia assicuratrice ad esclusione dell'incremento del premio di polizza e a manlevare l'ATI stessa da ogni responsabilità per il caso di danni alle opere e/o a terzi derivanti da eventuali frane interessanti la galleria «Val di Sambro», a condizione che si fossero ripresi i lavori. L'ATI, a sua volta, avrebbe contestato le valutazioni di ASPI, rilevandone la contraddizione di condotta, laddove dalla disponibilità a farsi carico delle variazioni assicurative offerte da Assitalia era esclusa quella ad accollarsi la maggiorazione di premio l'aumento, ingente, del cui onere ASPI avrebbe lasciato gravare sull'ATI;
   da un buon numero di mesi, per via di danneggiamenti occorsi a diversi fabbricati ubicati nella menzionata frazione di Ripoli Santa Maria Maddalena del comune di San Benedetto Val di Sambro che, va precisato, è posta sulla verticale della porzione di galleria la cui realizzazione è ricompresa nell'appalto aggiudicato da ASPI alla società CMB di Carpi, ha determinato, ad opera specialmente di un comitato di cittadini residenti nella suddetta frazione, l'eco sui mass media delle richiamate problematiche;
   con riguardo agli eventi e ai fenomeni geo-morfologici relativi alle zone interessate dai lavori della variante di valico, è in corso un'indagine aperta dalla procura della Repubblica di Bologna, nella quale, allo stato, si ipotizzerebbe il reato di disastro colposo, che ha ordinato una consulenza tecnica d'ufficio per l'accertamento delle questioni inerenti alla galleria sunnominata;
   nell'aprile di quest'anno, a seguito anche di una mozione approvata all'unanimità dal consiglio regionale dell'Emilia-Romagna e della disponibilità di Autostrade per l'Italia, società concessionaria dell'autostrada in questione, è stata predisposta la sospensione dei lavori prevista per alcune settimane, per approfondimenti tecnici di natura geomorfologica, atti ad accertare la sicurezza del cantiere per i cittadini e per l'ambiente. A seguito delle intese raggiunte in una riunione tenutasi presso la prefettura di Bologna il 23 marzo 2012, con la presenza, oltre dello stesso prefetto, dell'assessore ai trasporti della giunta regionale dell'Emilia-Romagna e di un dirigente della società concessionaria Autostrade per l'Italia, gli approfondimenti sono stati svolti, nel periodo di fermo del cantiere, dai tecnici dell'Irpi-istituto di ricerca e protezione idrogeologica del Cnr e dell'Ispra-istituto di ricerca e protezione ambientale del ministero dell'ambiente;
   la relazione finale dei citati istituti di ricerca, è stata presentata nel corso di un ulteriore incontro alla prefettura di Bologna, svoltosi il giorno 2 del mese di maggio del corrente anno. In detta relazione è scritto, tra l'altro, che «l'analisi delle deformazioni superficiali e profonde evidenzia un chiaro inequivocabile “effetto richiamo” causato dal passaggio dei fronti di scavo». Tuttavia, un evento collassante è valutato come «ipotetico e a bassa probabilità d'occorrenza» e si afferma, pure, che «la tipologia e le caratteristiche degli ammassi presenti nel versante fanno escludere con un buon grado di affidabilità la possibilità di un crollo catastrofico e repentino»;
   sulla scorta di queste conclusioni e delle indicazioni contenute nella relazione, sostanzialmente quale di implementare i sistemi di allerta per il monitoraggio del suolo e di predisporre un piano di protezione civile, il prefetto di Bologna ha annunciato, come si riscontra da notizie di stampa, la ripresa dei lavori, subordinatamente all'ottenimento delle garanzie che «questi suggerimenti saranno rispettati», senza, peraltro, l'indicazione di un termine per il riavvio del cantiere della galleria in via di realizzazione in prossimità della frazione di Ripoli Santa Maria Maddalena;
   l'ATI, avrebbe prodotto alla procura della Repubblica di Bologna la perizia tecnica di cui più sopra è menzione nella quale, in proiezione futura, si prospetterebbe l'inutilizzabilità della variante medesima, a causa della pressione di milioni di metri cubi di frana incombenti sulla struttura della galleria che avrebbe già provocato la variazione di alcuni centimetri nell'assetto dell'infrastruttura. Appare opportuno sottolineare che la concessionaria Autostrade per l'Italia mentre non condivide, come in pubbliche e istituzionali circostanze ha avuto modo di lasciar esplicitamente intendere, le valutazioni che recherebbe la perizia in parola tuttavia avrebbe alimentato un fondo di dieci milioni di euro per il ristoro di danni eventualmente subiti dalle proprietà della zona, in dipendenza dei movimenti franosi occorsi;
   è notizia delle scorse settimane quella dei problemi statici al viadotto denominato «Rio Piazza», lungo il tracciato dell'attuale autostrada A1, precisamente nei pressi dell'abitato di Ripoli Santa Maria Maddalena nel comune di San Benedetto Val di Sambro. I piloni del viadotto si sarebbero spostati di 3 centimetri e ASPI ha aperto un cantiere che avrebbe l'obiettivo di mettere in sicurezza i piloni del viadotto. Salvi i riscontri, appare logico e conferente il nesso di causalità tra quest'ulteriore evenienza e il corpo di frana su cui potrebbero ancorarsi le fondazioni di quel viadotto –:
   se il Governo non ritenga di disporre il fermo dei lavori almeno fino alle conclusioni dell'indagine aperta dalla procura della Repubblica di Bologna o, almeno al pronunciamento dei consulenti tecnici d'ufficio nominati dalla medesima procura nominati;
   se la convenzione richiamata in premesse impegnasse la società concessionaria a dar luogo, prima degli interventi di realizzazione della variante di valico, a lavori di stabilizzazione dei versanti fragili nel territorio di Ripoli Santa Maria Maddalena, frazione del comune di San Benedetto Val di Sambro e, in caso di conferma, se quei lavori siano mai stati eseguiti e collaudati;
   se e quali interventi preventivi e precauzionali siano stati effettuati in ragione della nota vulnerabilità del terreno interessato ai lavori della variante di valico;
   se il Governo abbia acquisito da Anas ogni utile elemento cognitivo intorno ai movimenti franosi emersi collateralmente e in verosimile nesso di causalità rispetto all'avvio e all'avanzamento dei lavori di escavazione della galleria «Val di Sambro» ed, eventualmente, quali siano i contenuti delle informative. (4-16638)

  Risposta. — Lungo il tracciato dell'autostrada A1 Milano-Napoli, nel tratto Rioveggio-Firenze, è situato il viadotto Rio Piazza, alla progressiva chilometro 229+836 (area comunale di San Benedetto Val di Sambro). L'infrastruttura risulta composta da due impalcati separati, di larghezza pari a 11 metri, a due corsie (marcia e sorpasso) più la corsia di emergenza. La fondazione del viadotto è stata effettuata su pozzi (manufatti ottenuti mediante escavazione), la cui struttura in elevazione è costituita da cemento armato precompresso, a fili aderenti, con schema statico di trave semplicemente appoggiata (impalco articolato su 6 travi su cui poggia una soletta di 30 centimetri).
  Al riguardo, Anas ha rappresentato che il viadotto, controllato mediante un sistema di monitoraggio specifico, ha manifestato modesti movimenti, strumentalmente rilevabili, a carico di alcune pile, la cui velocità di avanzamento risulta costante, ma di limitata entità. La società concessionaria Autostrade per l'Italia Spa, pur confermando la mancanza di pericolosità del fenomeno, ha, tuttavia, definito un piano di intervento preventivo, concordato con l'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali dell'Anas, consistente nell'ampliamento della sede di appoggio degli impalcati sulle pile tale da assorbire eventuali ulteriori spostamenti. Ad oggi il traffico si svolge regolarmente e in condizioni di adeguata sicurezza.
  Per quanto attiene alle gallerie Val di Sambro e Sparvo, queste risultano quasi interamente completate, mentre la galleria di Ripoli, della lunghezza complessiva di circa 4 chilometri, è stata, già, scavata per 1650 metri (circa 550 metri da un imbocco e 1100 metri dal lato opposto).
  Lo stato di avanzamento dei lavori della variante è pari circa all'80 per cento e le citate gallerie, situate ai lotti 5A, 6 e 7, rappresentano le ultime opere da completare prima della definitiva apertura al traffico della nuova tratta autostradale, prevista per il primo semestre del 2014.
  Si evidenzia che il progetto della variante di valico ha seguito un iter approvativo più che ventennale, nel corso del quale sono stati concordati, con tutti gli enti interessati (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenze, Ministero della difesa, Anas Spa, regione Emilia Romagna, provincia di Bologna, comune di San Benedetto Val di Sambro) il tracciato, le opere di cantiere e gli interventi di mitigazione e compensazione ambientali relativi al territorio interessato dall'infrastruttura.
  Per la complessità delle opere in esecuzione, inoltre, tutte le attività svolte sulla variante di valico sono state e sono, tuttora, monitorate dall'Osservatorio ambientale- socioeconomico, composto dai rappresentanti di tutte le Istituzioni coinvolte nella realizzazione dei lavori (principalmente dalla regione Emilia Romagna).
  Per quanto riguarda il tracciato relativo al tratto di galleria Val di Sambro, che interessa l'abitato di Ripoli, si segnala che esso è stato definito, nella sua configurazione attuale, alla Conferenza di servizi del luglio 2005 e approvato in data 19 settembre 2005 da tutti gli enti territoriali competenti.
  Nel Protocollo d'intesa del novembre 2011, relativo alla valutazione dei danni subìti da alcuni immobili a causa dei lavori, intervenuto tra la società concessionaria Autostrade per l'Italia (Aspi), il Prefetto di Bologna, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di San Benedetto Val di Sambro, è stato anche formato un «collegio di tecnici» che, avvalendosi della collaborazione dei Vigili del fuoco, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e dell'Osservatorio ambientale, agisce come soggetto terzo rispetto alla stazione appaltante e all'impresa esecutrice, con il compito di valutare la stabilità degli edifici di Santa Maria Maddalena e di Ripoli, quantificando gli eventuali danni derivanti dai lavori in corso.
  Nel mese di marzo 2012 si è svolto un incontro presso la Prefettura di Bologna, con la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli enti (regione, provincia e comune) e le società interessate alla realizzazione della galleria, nel corso del quale sono stati illustrati gli esiti del «Rapporto di sintesi dell'evoluzione dei movimenti dell'abitato di Santa Maria Maddalena – aggiornamento 4 del 12 marzo 2012», redatto dal Servizio geologico della regione Emilia Romagna, le cui conclusioni hanno generato forti preoccupazioni nell'opinione pubblica locale.
  Anas ha riferito che nel corso dell'incontro il «collegio dei tecnici» ha confermato l'assenza di «elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale» e ha ribadito che «non vi è incompatibilità tra l'attività di monitoraggio e un prudente avanzamento dei lavori». Inoltre, i tecnici estensori del rapporto, hanno evidenziato nelle conclusioni del loro studio che, in base ai modelli previsionali adottati, «è da escludere l'ipotesi di un collasso del versante interessato dai lavori della galleria», pur sottolineando la necessità di proseguire nel monitoraggio ambientale in atto.
  La società concessionaria Aspi ha ribadito, nel corso dell'incontro, la propria volontà di proseguire regolarmente i lavori, confermando, tuttavia, l'adozione di ulteriori accorgimenti cautelativi quali, ad esempio, il maggior distanziamento tra i fronti di scavo (da elevare a 120 metri), tale da alleggerire il condizionamento dello scavo sullo «stato tensionale» dell'ammasso roccioso e/o il rallentamento della velocità di scavo.
  Il Prefetto di Bologna, nel medesimo incontro, affermava che «ad oggi non sono emersi elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale e poiché non è possibile ordinare la sospensione di lavori (non sussistendone i presupposti), viene richiesto un fermo per acquisire ulteriori elementi da parte di altri tecnici che possano contribuire a tranquillizzare le istituzioni locali, i cittadini di Ripoli e l'opinione pubblica». Il tavolo tecnico è stato, quindi, aggiornato all'acquisizione degli elementi richiesti dal Prefetto, mediante uno studio elaborato da rappresentanti dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dell'Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr).
  Il risultato degli studi di Ispra ed Irpi è stato illustrato in un successivo incontro tenutosi, presso la prefettura di Bologna, il 2 maggio 2012, la cui sintesi è la seguente:
   si definisce «a bassa probabilità d'occorrenza» la riattivazione/mobilizzazione dell'intero versante, senza chiari indicatori premonitori di movimento (si suggerisce l'integrazione del sistema di monitoraggio in un sistema di allerta a supporto di decisioni di protezione civile);
   non si esclude completamente la possibilità che si possano avere deformazioni localizzate (si raccomanda di intensificare le analisi di vulnerabilità statico-strutturale degli edifici definendo, altresì, le condizioni di vulnerabilità del reticolo stradale e delle infrastrutture a rete);
   non si suggerisce una sospensione delle attività di scavo in quanto, valutando la posizione delle canne e della loro area di influenza rispetto alle superfici di scivolamento profonde già note, si riuscirà a contrastare le deformazioni della superficie topografica;
   si definisce di difficile progettazione e realizzazione opere di consolidamento del versante e/o di contenimento di frane profonde (si suggerisce di migliorare e di estendere il controllo dell'evoluzione spazio-temporale dei fenomeni deformativi in atto, riducendo gli effetti di disturbo adottando diverse strategie di scavo e di messa in opera degli interventi di sostegno provvisori e definitivi).

  Successivamente, la società Autostrade per l'Italia ha notificato all'Anas le azioni intraprese per adempiere alle prescrizioni emerse dal suddetto studio.
L'operato della concessionaria è stato oggetto di verifica anche da parte dell'Irpi del Cnr e dell'Ispra che hanno ritenuto parzialmente soddisfatte le richieste subordinando la prosecuzione dei lavori al completo adempimento delle prescrizioni indicate. In particolare:
   l'adozione di misure specifiche (monitoraggio) e di modellazioni adeguate al fine di valutare gli effetti delle nuove tecnologie/strategie di scavo;
   la frequenza delle letture dei dati di monitoraggio inferiore al giorno;
   l'integrazione del piano di monitoraggio con il piano di protezione civile locale;
   la formazione e la diffusione di un piano di protezione civile.

  La società Autostrade per l'Italia ha ottemperato alle richieste contenute nei primi tre punti sopra riportati, mentre, per quanto riguarda il quarto ha provveduto la regione Emilia Romagna, essendo la competenza regionale.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, si comunica che i lavori, tra l'altro sospesi cautelativamente, sono ripresi nel rispetto delle maggiori precauzioni finora indicate. Le suddette raccomandazioni sono state esaminate e validate come le migliori dagli esperti del collegio dei tecnici e sono finalizzate a garantire una maggiore sicurezza sia per l'aspetto strettamente connesso ai lavori di realizzazione della galleria, attraverso un monitoraggio molto più accurato durante lo scavo, sia per l'aspetto incolumità delle popolazioni, attraverso l'adozione di un ulteriore sistema di allerta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   RAISI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la variante di valico, inserita nell'ambito del progetto di potenziamento della A1 Milano-Napoli, si estende per 59 chilometri tra Sasso Marconi e Barberino del Mugello attraversando il territorio di otto comuni, tra i quali quello di San Benedetto Val di Sambro (BO) interessando in particolare le frazioni di S. Cristina in Ripoli e di Santa Maria Maddalena in Ripoli;
   il 19 marzo 2011 si è tenuta in S. Cristina in Ripoli, presente il sindaco Gianluca Stefanini, l'assemblea dei cittadini davanti alla quale i portavoce del comitato Autosole Ripoli hanno illustrato quanto si evince con chiarezza dai contenuti della lettera dell'osservatorio ambientale socio economico;
   nella suddetta lettera dell'osservatorio ambientale socio economico redatta il 14 marzo 2011, il presidente, professor Giuseppe Ricceri, assume l'importante determinazione che, dopo approfonditi esami effettuati con la collaborazione e il supporto del settore assetto del territorio dell'università di Bologna, «con la massima urgenza, preventivamente al passaggio del fronte di scavo della galleria nell'area di interazione con l'abitato di Santa Maria Maddalena in Ripoli sia eseguita la redazione dello studio di stabilità del versante della galleria (da nord a sud)»;
   seguono nella stessa lettera altre indicazioni da effettuarsi ante-operam per verificare le effettive condizioni di stabilità del versante;
   risulta evidente che il progetto base della galleria Val di Sambro non sia esaustivo e che se la stabilità del versante non risultasse verificata, a causa dell'impatto parietale dei due fornici affiancati e inseriti in un contesto geologico estremamente fragile e difficile, non stabilizzabile post operam, si dovrà provvedere a una variazione del progetto –:
   se non si ritenga necessario individuare una radicale variante del tracciato plano-altimetrica in contesti geologici stabili per salvaguardare il paese, le abitazioni e l'opera stessa. (4-11718)

  Risposta. — Lungo il tracciato dell'autostrada A1 Milano-Napoli, nel tratto Rioveggio-Firenze, è situato il viadotto Rio Piazza, alla progressiva chilometro 229+836 (area comunale di San Benedetto Val di Sambro). L'infrastruttura risulta composta da due impalcati separati, di larghezza pari a 11 metri, a due corsie (marcia e sorpasso) più la corsia di emergenza. La fondazione del viadotto è stata effettuata su pozzi (manufatti ottenuti mediante escavazione), la cui struttura in elevazione è costituita da cemento armato precompresso, a fili aderenti, con schema statico di trave semplicemente appoggiata (impalco articolato su 6 travi su cui poggia una soletta di 30 centimetri).
  Al riguardo, Anas ha rappresentato che il viadotto, controllato mediante un sistema di monitoraggio specifico, ha manifestato modesti movimenti, strumentalmente rilevabili, a carico di alcune pile, la cui velocità di avanzamento risulta costante, ma di limitata entità. La società concessionaria Autostrade per l'Italia Spa, pur confermando la mancanza di pericolosità del fenomeno, ha, tuttavia, definito un piano di intervento preventivo, concordato con l'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali dell'Anas, consistente nell'ampliamento della sede di appoggio degli impalcati sulle pile tale da assorbire eventuali ulteriori spostamenti. Ad oggi il traffico si svolge regolarmente e in condizioni di adeguata sicurezza.
  Per quanto attiene alle gallerie Val di Sambro e Sparvo, queste risultano quasi interamente completate, mentre la galleria di Ripoli, della lunghezza complessiva di circa 4 chilometri, è stata, già, scavata per 1650 metri (circa 550 metri da un imbocco e 1100 metri dal lato opposto).
  Lo stato di avanzamento dei lavori della variante è pari circa all'80 per cento e le citate gallerie, situate ai lotti 5A, 6 e 7, rappresentano le ultime opere da completare prima della definitiva apertura al traffico della nuova tratta autostradale, prevista per il primo semestre del 2014.
  Si evidenzia che il progetto della variante di valico ha seguito un iter approvativo più che ventennale, nel corso del quale sono stati concordati, con tutti gli enti interessati (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenze, Ministero della difesa, Anas Spa, regione Emilia Romagna, provincia di Bologna, comune di San Benedetto Val di Sambro) il tracciato, le opere di cantiere e gli interventi di mitigazione e compensazione ambientali relativi al territorio interessato dall'infrastruttura.
  Per la complessità delle opere in esecuzione, inoltre, tutte le attività svolte sulla variante di valico sono state e sono, tuttora, monitorate dall'Osservatorio ambientale-socioeconomico, composto dai rappresentanti di tutte le Istituzioni coinvolte nella realizzazione dei lavori (principalmente dalla regione Emilia Romagna).
  Per quanto riguarda il tracciato relativo al tratto di galleria Val di Sambro, che interessa l'abitato di Ripoli, si segnala che esso è stato definito, nella sua configurazione attuale, alla Conferenza di servizi del luglio 2005 e approvato in data 19 settembre 2005 da tutti gli enti territoriali competenti.
  Nel Protocollo d'intesa del novembre 2011, relativo alla valutazione dei danni subìti da alcuni immobili a causa dei lavori, intervenuto tra la società concessionaria Autostrade per l'Italia (Aspi), il Prefetto di Bologna, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di San Benedetto Val di Sambro, è stato anche formato un «collegio di tecnici» che, avvalendosi della collaborazione dei Vigili del fuoco, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e dell'Osservatorio ambientale, agisce come soggetto terzo rispetto alla stazione appaltante e all'impresa esecutrice, con il compito di valutare la stabilità degli edifici di Santa Maria Maddalena e di Ripoli, quantificando gli eventuali danni derivanti dai lavori in corso.
  Nel mese di marzo 2012 si è svolto un incontro presso la Prefettura di Bologna, con la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli enti (regione, provincia e comune) e le società interessate alla realizzazione della galleria, nel corso del quale sono stati illustrati gli esiti del «Rapporto di sintesi dell'evoluzione dei movimenti dell'abitato di Santa Maria Maddalena – aggiornamento 4 del 12 marzo 2012», redatto dal servizio geologico della regione Emilia Romagna, le cui conclusioni hanno generato forti preoccupazioni nell'opinione pubblica locale.
  Anas ha riferito che nel corso dell'incontro il «collegio dei tecnici» ha confermato l'assenza di «elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale» e ha ribadito che «non vi è incompatibilità tra l'attività di monitoraggio e un prudente avanzamento dei lavori». Inoltre, i tecnici estensori del rapporto, hanno evidenziato nelle conclusioni del loro studio che, in base ai modelli previsionali adottati, «è da escludere l'ipotesi di un collasso del versante interessato dai lavori della galleria», pur sottolineando la necessità di proseguire nel monitoraggio ambientale in atto.
  La società concessionaria Aspi ha ribadito, nel corso dell'incontro, la propria volontà di proseguire regolarmente i lavori, confermando, tuttavia, l'adozione di ulteriori accorgimenti cautelativi quali, ad esempio, il maggior distanziamento tra i fronti di scavo (da elevare a 120 metri), tale da alleggerire il condizionamento dello scavo sullo «stato tensionale» dell'ammasso roccioso e/o il rallentamento della velocità di scavo.
  Il prefetto di Bologna, nel medesimo incontro, affermava che «ad oggi non sono emersi elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale e poiché non è possibile ordinare la sospensione di lavori (non sussistendone i presupposti), viene richiesto un fermo per acquisire ulteriori elementi da parte di altri tecnici che possano contribuire a tranquillizzare le istituzioni locali, i cittadini di Ripoli e l'opinione pubblica». Il tavolo tecnico è stato, quindi, aggiornato all'acquisizione degli elementi richiesti dal Prefetto, mediante uno studio elaborato da rappresentanti dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dell'Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr).
  Il risultato degli studi di Ispra ed Irpi è stato illustrato in un successivo incontro tenutosi, presso la prefettura di Bologna, il 2 maggio 2012, la cui sintesi è la seguente:
   si definisce «a bassa probabilità d'occorrenza» la riattivazione/mobilizzazione dell'intero versante, senza chiari indicatori premonitori di movimento (si suggerisce l'integrazione del sistema di monitoraggio in un sistema di allerta a supporto di decisioni di protezione civile);
   non si esclude completamente la possibilità che si possano avere deformazioni localizzate (si raccomanda di intensificare le analisi di vulnerabilità statico-strutturale degli edifici definendo, altresì, le condizioni di vulnerabilità del reticolo stradale e delle infrastrutture a rete);
   non si suggerisce una sospensione delle attività di scavo in quanto, valutando la posizione delle canne e della loro area di influenza rispetto alle superfici di scivolamento profonde già note, si riuscirà a contrastare le deformazioni della superficie topografica;
   si definisce di difficile progettazione e realizzazione opere di consolidamento del versante e/o di contenimento di frane profonde (si suggerisce di migliorare e di estendere il controllo dell'evoluzione spazio-temporale dei fenomeni deformativi in atto, riducendo gli effetti di disturbo adottando diverse strategie di scavo e di messa in opera degli interventi di sostegno provvisori e definitivi).

  Successivamente, la società Autostrade per l'Italia ha notificato all'Anas le azioni intraprese per adempiere alle prescrizioni emerse dal suddetto studio.
  L'operato della concessionaria è stato oggetto di verifica anche da parte dell'Irpi del Cnr e dell'Ispra che hanno ritenuto parzialmente soddisfatte le richieste subordinando la prosecuzione dei lavori al completo adempimento delle prescrizioni indicate. In particolare:
   l'adozione di misure specifiche (monitoraggio) e di modellazioni adeguate al fine di valutare gli effetti delle nuove tecnologie/strategie di scavo;
   la frequenza delle letture dei dati di monitoraggio inferiore al giorno;
   l'integrazione del piano di monitoraggio con il piano di protezione civile locale;
   la formazione e la diffusione di un piano di protezione civile.

  La società Autostrade per l'Italia ha ottemperato alle richieste contenute nei primi tre punti sopra riportati, mentre, per quanto riguarda il quarto ha provveduto la regione Emilia Romagna, essendo la competenza regionale.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, si comunica che i lavori, tra l'altro sospesi cautelativamente, sono ripresi nel rispetto delle maggiori precauzioni finora indicate. Le suddette raccomandazioni sono state esaminate e validate come le migliori dagli esperti del collegio dei tecnici e sono finalizzate a garantire una maggiore sicurezza sia per l'aspetto strettamente connesso ai lavori di realizzazione della galleria, attraverso un monitoraggi molto più accurato durante lo scavo, sia per l'aspetto incolumità delle popolazioni, attraverso l'adozione di un ulteriore sistema di allerta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   ROSATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in una precedente interrogazione, l'interrogante aveva portato a conoscenza del Governo, senza ottenere, peraltro, alcuna risposta, il caso della società Croce Italia Marche srl;
   la società sopra riportata, infatti, ha vinto l'appalto dell'azienda sanitaria n.1 Triestina, per la gestione del trasporto di pazienti emodializzati, affiancando il servizio di 118;
   la società Croce Italia Marche srl ha alle proprie dipendenze 370 persone e circa 200 collaboratori che prestano la loro opera presso le aziende sanitarie in diverse regioni italiane, di questi 38 sono occupati nel territorio provinciale di Trieste;
   come già segnalato precedentemente, i lavoratori lamentavano il mancato pagamento degli stipendi di alcune mensilità oltre che di ulteriori spettanze accessorie;
   la società, in occasione degli incontri anche con i sindacati presso la prefettura di Trieste, ha motivato i ritardi nella corresponsione degli stipendi giustificandoli con i ritardi della stessa azienda sanitaria n.1 triestina nel liquidare le fatture;
   a detta della società l'azienda liquidava le fatture a 120 giorni anziché a 30 come sarebbe previsto, compromettendo anche la regolare copertura delle posizioni INAIL e INPS e portando alla non regolarità del Durc per alcuni periodi;
   la non regolarità del Durc per brevi periodi causava a sua volta il non pagamento da parte di altre amministrazioni pubbliche delle relative fatture, creando un circolo vizioso nel quale a farne le spese erano e sono i lavoratori che rimangono senza la paga;
   l'azienda, operando in più regioni d'Italia, dipende per la sua liquidità che condiziona la corresponsione degli stipendi di tutti i 370 dipendenti sul territorio nazionale, dal complesso dei pagamenti delle diverse aziende sanitarie;
   per il medesimo motivo a poco è valso l'intervento dell'azienda sanitaria n.1 triestina, sollecitata dopo l'incontro in prefettura a Trieste, a versare le somme che dovevano essere liquidate alla società;
   il caso della provincia di Trieste non è l'unico, in quanto anche nella provincia di Pesaro e Urbino i 60 dipendenti hanno avuto le stesse difficoltà a percepire regolarmente gli stipendi;
   ad oggi la situazione si è aggravata in quanto, nonostante la società abbia proceduto con il pagamento di alcune mensilità arretrate, risultano non corrisposti gli stipendi dei mesi da settembre ad oggi;
   i lavoratori, anche se non pagati, continuano a lavorare per garantire comunque il trasporto di malati in ambulanza, nel mentre, i sindacati hanno dichiarato lo stato di agitazione;
   sottolineato l'impegno di questi 33 dipendenti nella provincia di Trieste che nonostante le difficoltà continuano a garantire il servizio, va segnalato che comunque lo stesso non funziona come dovrebbe e quindi parte delle possibili dimissioni dei pazienti verso il domicilio o le case di riposo viene in qualche modo rinviata al giorno dopo o addirittura sospesa con evidente e chiaro danno anche economico oltre che sociale;
   il mancato rispetto della programmazione effettuata per le dimissioni ha portato a situazioni di saturazione dei reparti, con un rischio di collasso anche nel reparto del pronto soccorso;
   inoltre, una relazione dell'Ass – azienda per i servizi sanitari a seguito di una verifica effettuata sulle vetture di Croce Italia Marche srl ha segnalato una serie di disfunzioni tra cui specchietti rotti, portelloni malfunzionanti, frecce inesistenti, richiedendo, in particolare, il ritiro dal servizio di due ambulanze e interventi di grossa manutenzione su altre due;
   nella medesima relazione si sono segnalate anche dotazioni sanitarie incomplete, in numero insufficiente o addirittura assenti;
   il problema della retribuzione dei lavoratori, essendo esteso su tutto il territorio nazionale, necessita, per la sua risoluzione, di un intervento nazionale –:
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza a garanzia di una puntuale corresponsione delle retribuzioni arretrate e attuali al personale addetto, presa coscienza della difficile situazione in cui versano i lavoratori nell'importante settore del trasporto degli emodializzati e dei degenti, atteso che i ritardi nei versamenti delle retribuzioni dei dipendenti di Croce Italia Marche si sono verificati anche per causa di un ritardo nel pagamento delle fatture da parte di alcune aziende sanitarie;
   se il Governo intenda aprire un tavolo di concertazione nazionale preso atto che la questione debba essere risolta su tutto il territorio nazionale e che non è possibile sbloccare la situazione individualmente da provincia a provincia.
(4-14435)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali iniziative si intendano assumere a garanzia delle corresponsione delle retribuzioni arretrate e attuali del personale addetto alla gestione del trasporto di pazienti emodializzati dipendenti dalla società Croce italia Marche Srl, si rappresenta quanto segue.
  La direzione territoriale del lavoro di Trieste ha rappresentato che la Croce Italia Marche Srl, è stata appaltatrice della locale azienda per i sevizi sanitari per il servizio di trasporto pazienti emodializzati e degenti, fornendo altresì supporto alle emergenze del 118 attuando il servizio con ambulanze di proprietà.
  Il 3 agosto 2011, su sollecitazione della Filt-Cgil, si è svolta una riunione presso la Prefettura di Trieste al fine di comporre la vertenza tra la Srl, Croce Italia Marche ed i dipendenti della stessa avente ad oggetto il mancato pagamento degli stipendi di maggio, giugno e la 14a mensilità del 2011. Al tavolo è stata chiamata, oltre alla società datrice di lavoro, anche l'azienda per i servizi sanitari.
  Nel corso dell'incontro – che non ha visto il coinvolgimento della direzione territoriale del lavoro di Trieste – è stato chiarito che la retribuzione di maggio era stata liquidata qualche giorno prima e quella di giugno, nonché la 14a mensilità sarebbero state pagate entro il successivo 15 agosto, non appena l'azienda sanitaria avesse pagato le fatture pendenti.
  Il 27 settembre 2011 le parti sono state nuovamente convocate presso la prefettura di Trieste, ma la Croce Italia Marche Srl non ha potuto presenziare alla riunione, in quanto era stata convocata in udienza presso il Tribunale del lavoro di Parma.
  In tale circostanza la Cgil ed i lavoratori intervenuti hanno rappresentato che non erano state ancora liquidate le retribuzioni di giugno, luglio, agosto 2011 e l'Irpef a credito, né erano state versate alla banca le quote di cessione del quinto dello stipendio.
  L'azienda per i servizi sanitari ha comunicato di aver avviato il 20 settembre 2011 la procedura prevista dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010, n. 207, che prevede l'intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva dell'esecutore e del subappaltatore.
  A fronte di quanto previsto al suddetto articolo, l'azienda per i servizi sanitari (stazione appaltante), previa trasmissione dei prospetti paga da parte dell'azienda, avrebbe provveduto, dopo il 5 ottobre 2011 al pagamento diretto degli stipendi.
  Sulla base di quanto rappresentato dalla direzione territoriale del lavoro di Trieste risulta che alla data del 25 giugno 2012, il rappresentante sindacale della Filt-Cgil ha comunicato che ad aprile 2012 i lavoratori in questione hanno cessato il rapporto di lavoro con la Croce Italia Marche Srl, la quale non opera più in Friuli Venezia Giulia. Attualmente detta società è in liquidazione, le retribuzioni non risultano corrisposte dal mese di gennaio 2012 e sono state attivate le cause di lavoro per il recupero di quanto dovuto ai lavoratori.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raccordo autostradale Venezia – Trieste A4 nel suo tratto finale, nella provincia di Trieste, interessa il comune di Duino Aurisina ed in particolare alcune sue località; il tracciato si sviluppa lungo alcune frazioni del paese e in taluni punti si avvicina molto ai centri abitati;
   il traffico intenso che si concentra su questo raccordo autostradale è causa di un notevole inquinamento acustico e ambientale;
   Autovie Venete e ANAS hanno installato, per i rispettivi tratti di competenza, alcune barriere fonoassorbenti così da ridurre i disagi che il traffico arrecava ai cittadini delle località dove il passaggio del raccordo era più prossimo alle abitazioni;
   tali installazioni hanno, però, lasciato scoperte alcune parti dove la vicinanza dell'infrastruttura a centri abitati avrebbe dovuto giustificare l'apposizione anche in quei punti delle barriere;
   le località che sono rimaste disagiate sono quelle di San Giovanni di Duino, Duino centro, Visogliano, Sistiana e parte di Aurisina;
   per quanto concerne la località di Duino, il traffico della stazione di servizio è motivo di ulteriore disturbo alle abitazioni private a causa dei rumori dei camion in sosta e degli impianti di refrigerazione degli stessi;
   gli abitanti delle frazioni citate sopra hanno sollecitato più volte Autovie Venete e ANAS a porre rimedio a questa situazione, anche con un intervento diretto presso la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ma le promesse finora manifestate non hanno avuto seguito –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se ritenga di poter intervenire direttamente o tramite sollecito per porre fine ai disagi acustici e ambientali che il raccordo autostradale Venezia – Trieste A4 crea nei punti in cui si avvicina a centri abitati nel comune di Duino Aurisina con l'installazione delle rimanenti barriere fonoassorbenti.
(4-15907)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il piano di risanamento acustico con installazione di barriere fonoassorbenti, predisposto dalla concessionaria «autovie venete Spa», prevede la realizzazione di barriere antirumore a protezione delle abitazioni adiacenti al Raccordo autostradale Venezia-Trieste A4 e al raccordo autostradale RA 13 nel comune di Duino-Aurisina in provincia di Trieste.
  L'intervento è suddiviso in 10 tratte – interventi A, B, C, D, E, F, G, H, I ed L – ciascuna ubicata all'interno di specifiche progressive chilometriche dell'autostrada A4, della strada regionale 55, gestita dalla società Friuli Venezia Giulia strade, e del raccordo autostradale 13, gestito dall'Anas – compartimento per la abilità del Friuli Venezia Giulia.
  L'opera proposta è stata dimensionata sulla base dei risultati dello studio acustico condotto nel 2008 e prevede una superficie totale di mascheratura pari a 18.563,60 metri quadrati, con una lunghezza complessiva di 3.747 metri e un'altezza dal piano autostradale variabile tra 4 e 6 metri.
  Le barriere saranno realizzate mediante pannelli in calcestruzzo rivestiti di materiale poroso fonoassorbente.
  Sulla base dei volumi di traffico riscontrati, al fine di migliorare la velocità di esecuzione dell'intervento, si è optato per l'impiego di barriere acustiche fonoassorbenti del tipo auto-stabile, con fondazioni realizzate con cordolo continuo in calcestruzzo armato collegato al terreno da coppie di tiranti. Il cordolo fungerà da base di appoggio per le barriere che vi saranno fissate per mezzo di adeguati tirafondi.
  Dal punto di vista ecologico-ambientale, la soluzione proposta per le fondazioni è caratterizzata da un'invasività minima sia sui terreni che sulle acque sottostanti.
  L'intervento B, in particolare, è suddiviso in quattro sub-tratti dei quali i primi tre – B1-B2 e B3 – interessano la carreggiata est dell'A4 – dal chilometro 120+689 al chilometro 120+761 – mentre il quarto (B4) prevede la realizzazione di un tratto di barriera acustica tra il chilometro 0+290 ed il chilometro 0+302 lungo il ciglio della strada regionale 55 gestita dalla società Friuli Venezia Giulia strade.
  Il lavoro sopradescritto, di competenza delle autovie venete Spa, dovrà ottenere il nulla osta della società che gestisce la strada regionale 55 e, successivamente, dovrà essere stipulata un'apposita convenzione tra tutti gli enti gestori onde regolare modi e tempistiche delle attività.
  L'intervento G, di importo pari a 170 mila euro, prevede la realizzazione di un tratto di barriera acustica lungo il ciglio del RA13 e la rampa di accesso in direzione ovest dello svincolo di Sistiana entrambi in gestione ad Anas compartimento del Friuli Venezia Giulia.
  Il progetto esecutivo stabilisce che l'opera, così come specificato nel cronoprogramma, dovrà essere realizzata entro 490 giorni decorrenti dalla consegna dei lavori all'impresa esecutrice; in tale periodo temporale rientrano i trenta giorni necessari per eseguire l'intervento G.

  Attualmente, l'elaborato progettuale è all'esame del Consiglio di amministrazione della concessionaria. Per procedere alla relativa approvazione sarà necessaria un'apposita convenzione che regoli i rapporti contrattuali tra la società autovie venete e l'Anas.
  Si segnala, infine, che il menzionato progetto, unitamente alla convenzione stipulata, verrà sottoposto all'Anas per l'approvazione definitiva.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   SORO e META. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   organi di informazione riferiscono, nel corso degli ultimi mesi, di diversi episodi di gravissime violazioni delle regole di sicurezza aeronautica da parte di aerei italiani di lungo raggio (Boeing 767 di Air Italy, compagnia specializzata in voli charter che fa parte del gruppo Meridiana);
   i velivoli avrebbero operato il rifornimento di carburante con i motori accesi e, in un caso, con i passeggeri a bordo;
   i tre episodi segnalati sarebbero avvenuti in rapida successione dal 16 febbraio al 24 marzo di quest'anno e avrebbero riguardato due aerei Boeing 767-300 in servizio da 17 anni e un 767-200 in servizio da 24 anni;
   i fatti si sarebbero verificati in aeroporti di Honduras, Cuba e Madagascar;
   i suddetti velivoli, partiti da Malpensa, sarebbero stati privi dei dispositivi APU (auxiliary power unit), indispensabili per la riattivazione dei motori a seguito della sosta per il rifornimento di carburante;
   se si appurasse la veridicità dei fatti denunciati, i piloti responsabili di tali azioni avrebbero trasformato gli aerei in potenziali ordigni devastanti;
   l'ENAC, ente nazionale per l'aviazione civile, avrebbe avviato un'inchiesta per fare luce sui fatti riferiti –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se corrispondano al vero e, in tal caso, quali iniziative intenda assumere in merito. (4-16232)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si evidenzia che con il Regolamento (CE) n. 1008/2008, il Regolamento (CE) n. 859/2008, il Regolamento Enac «Certificato di operatore aereo per imprese di trasporto aereo», nonché le circolari Enac NAV-70C e OPV-09A è stato delineato un sistema volto a garantire che l'attività di trasporto aereo commerciale sia esercitata in sicurezza.
  A tal fine, è richiesto all'operatore aereo il possesso di specifici requisiti, anche di tipo organizzativo, e lo svolgimento di una particolare attività di sorveglianza interna che deve essere condotta da determinate figure all'uopo preposte.
  Il suddetto quadro normativo di riferimento prevede, infatti, la presenza nell'organico di alcune figure professionali che hanno la responsabilità di garantire la continua conformità dell'impresa alle norme richiamate.
  In particolare, il Regolamento (CE) n. 859/2008 (articolo OPS 1.175(i)) e la circolare Enac OPV 09A qualificano tali figure quali presidio costante per la sicurezza delle operazioni. Tra i diversi ruoli professionali previsti, quello di flight operations post holder – direttore operazioni volo (di seguito foph) opera all'interno della struttura operativa della società facendo sì che tutto il personale coinvolto nelle operazioni di volo rispetti costantemente le regole e le procedure operative previste.
  Nello specifico, si fa presente che l'Ente nazionale per l'aviazione civile, dopo aver eseguito un'apposita istruttoria per accertare quanto evidenziato dall'interrogante, ha avviato, in data 1o giugno 2012, un procedimento amministrativo finalizzato alla revoca dell'accettazione del flight operations post holder del vettore air Italy Spa.
  Tale figura, infatti, rappresenta il soggetto responsabile, previsto dalle vigenti disposizioni di legge sopraindicate, chiamato a garantire la continua conformità dell'impresa al quadro normativo e alle procedure specifiche poste a presidio della sicurezza delle operazioni di volo.
  Il procedimento si è concluso con l'emanazione, da parte dell'Enac, del provvedimento di revoca dell'accettazione della figura in argomento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con il foglio n. 229/3-3 di prot. 2009 datato 1° marzo 2010, avente ad oggetto «somministrazione di alimenti e bevande calde e fredde a mezzo di distributori automatici da installare presso le caserme sede di reparti amministrativamente dipendenti. Esercizio Finanziario 2010» il Comando legione Carabinieri Lazio – servizio amministrativo, a firma del generale di divisione Saverio Cotticelli, ha comunicato agli enti territorialmente dipendenti che «in ordine alla problematica di cui all'oggetto, rappresento preliminarmente che il Servizio Amministrativo regionale – a seguito di esperimento di apposita ricerca di mercato – ha affidato il servizio de quo alla Associazione Carabinieri in servizio «Podgora» con sede in Roma, Via Giuseppe Mantellini n. 14 che ha proposto i prezzi in allegato.»;
   in risposta all'interrogazione n. 4-05722, con la nota prot. n. 5/N1P/14078/14.1.6 (10) datata 24 marzo 2010 il Ministro interrogato ha affermato « ... Dal momento che ho ritenuto di concedere il previsto assenso ministeriale alla costituzione, sono naturalmente a conoscenza dell'esistenza dell’«Associazione Podgora. I soci fondatori di tale sodalizio, sulla base degli atti in possesso, risultano essere il luogotenente Giovanni Mola, il brigadiere Antonio Tarallo, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna e l'appuntato Maurizio Lama; non si dispone, invece, del numero complessivo degli associati. Le finalità dell'associazione sono la promozione di iniziative di carattere culturale, il sostegno morale e materiale in favore dei soci e delle loro famiglie, con particolare riguardo al coniuge superstite ed ai congiunti dei carabinieri deceduti, la promozione della cultura dell'igiene alimentare, la prestazione di opere di volontariato. Riguardo, infine, all'asserita «vendita degli articoli citati, nel riferire a margine che non risulta possibile effettuare una verifica del sito web, essendo lo stesso inaccessibile, non dispongo delle necessarie informazioni per “accertare eventuali responsabilità amministrative”, di cui è cenno nell'interrogazione in titolo.»;
   il decreto ministeriale 31 dicembre 1998, n. 522 – regolamento recante modalità per la gestione e la rendicontazione delle attività di protezione sociale a favore del personale militare e civile delle Forze armate – all'articolo 7, comma 1 stabilisce che «L'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale è affidato ad organizzazioni costituite ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382, su istanza delle medesime che comprovi il possesso di adeguata idoneità tecnica ed economica per lo svolgimento delle attività stesse.»;
   il successivo comma 2 del medesimo articolo recita che «Il comandante dell'ente distaccamento presso cui l'organismo e costituito, accertata la sussistenza dei presupposti di legge, l'opportunità e la convenienza economica, sentito l'organismo di rappresentanza militare o le organizzazioni sindacali corrispondenti, previa autorizzazione dell'alto comando periferico da cui dipende ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto, delibera l'affidamento in concessione.»;
   i restanti commi del medesimo articolo 7 stabiliscono le modalità e i criteri di affidamento dell'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale;
   il successivo articolo 8, comma 1, del medesimo decreto stabilisce che «In assenza di istanze da parte di organizzazioni costituite ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382, l'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale può essere affidato ad enti di diritto pubblico o privato con le procedure e nel rispetto delle norme di cui al precedente articolo 7.»;
   il recepimento delle norme europee nel campo della tutela della salute dei consumatori, ha introdotto il principio dell'autocontrollo anche nel campo alimentare. L'HACCP è stato introdotto in Europa nel 1993 con la direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia con il decreto legislativo n. 155 del 1977), che prevede l'obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentare. Questa normativa è stata sostituita dal Reg. (CE) n. 852 del 2004 entrato in vigore dal 1° gennaio 2006. Con il decreto legislativo n. 193 del 2007 viene definitivamente abrogato il decreto legislativo n. 155 del 1997 e vengono decretate le sanzioni per inadempienza al Reg. (CE) n. 852 del 2004;
   il presidente dell'associazione carabinieri in servizio «Pastrengo», oltre ad essere un delegato del Cocer Sezione Carabinieri, è anche un membro del consiglio comunale di Roma, eletto nelle liste del Popolo delle Libertà (PdL);
   agli interroganti appare evidente che il Ministro della difesa con la risposta all'atto di sindacato ispettivo citato sembrerebbe aver erroneamente assunto la riferita inaccessibilità del sito web dell'associazione quale impedimento assoluto ad indagare sulla regolarità sia dell'associazione medesima sia sul comportamento degli uffici dell'amministrazione militare con cui i membri del predetto sodalizio hanno intrattenuto rapporti culminati nell'atto di concessione del servizio di somministrazione di bevande e alimenti a mezzo di distributori automatici –:
   quante siano le associazioni analoghe alla Podgora, ovvero enti di diritto pubblico o privato siano stati invitati a presentare offerte per la gestione del servizio citato in premessa e quali criteri di valutazione siano stati utilizzati nella apposita ricerca di mercato esperita dall'Amministrazione militare;
   quali siano stati i motivi che hanno determinato la decadenza dei concessionari affidatari del servizio in premessa fino alla data del 1° marzo 2010 e quale sia stato il bilancio economico dell'esercizio finanziario 2009;
   quali siano la solidità economica e le garanzie offerte dall'Associazione all'amministrazione e con quale compagnia di notoria solidità abbia stipulato una polizza assicurativa di adeguato massimale a garanzia della responsabilità civile presso terzi per danni o infortuni che dovessero occorrere a cose o persone che comunque faranno uso dei citati distributori automatici;
   quale sia l'importo del deposito cauzionale costituito in favore dell'amministrazione relativamente all'esercizio delle attività in affidamento ed a garanzia dei materiali di proprietà dell'amministrazione;
   quali siano le modalità con cui l'Associazione intenderà svolgere il servizio in affidamento, di quanto personale regolarmente assunto disponga per gestire detto servizio, se sia in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni sanitarie e se abbia approntato un piano di autocontrollo;
   quali siano le motivazioni con cui il comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha autorizzato il comandante della Legione Carabinieri Lazio a deliberare l'affidamento in concessione del servizio in premessa;
   se il Ministro intrattenga rapporti di carattere politico con il presidente dell'Associazione Carabinieri in servizio «Podgora», se non ritenga inopportuno che il servizio in questione o altri siano affidati alla gestione di un'associazione il cui presidente è anche esponente politico del partito del quale il ministro medesimo è coordinatore nazionale;
   se il ministro intenda accertare se l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, il brigadiere Antonio Tarallo, il luogotenente Giovanni Mola e l'appuntato Maurizio Lama svolgano le attività connesse all'esercizio dell'associazione o altre attività connesse al disbrigo delle incombenze relative alla stipula di atti o convenzioni in nome e per conto dell'Associazione, ciascuno per le proprie competenze, durante l'attività di servizio. (4-06775)

  Risposta. — Il servizio di somministrazione di vivande tramite distributori automatici presso le caserme dei reparti della legione Carabinieri «Lazio», non configura la concessione di un servizio pubblico, né la fornitura di un servizio a favore dell'Amministrazione, bensì l'erogazione di un servizio a favore dei militari dei reparti.
  Caratteristica del rapporto negoziale in oggetto è l'assenza del sinallagma contrattuale: infatti, mentre l'impresa si assume l'onere di assicurare il servizio, l'Amministrazione si obbliga solo ad assicurare la mera «occupazione» del suolo necessario per l'installazione dei distributori.
  La reale controprestazione del servizio è resa dall'utente, ossia dal militare che materialmente fruisce del distributore, pagando il corrispettivo per gli acquisti.
  In ragione delle peculiarità proprie di tale rapporto negoziale, il Comando Legione «Lazio», con lettera d'invito n. 229/1 del 4 dicembre 2009, ha esperito una ricerca di mercato per il servizio, con scadenza per la presentazione delle offerte il 16 dicembre 2009 e prevedendo, come criterio di aggiudicazione, quello dell'offerta più bassa sui prezzi posti a base di gara, per ciascuna tipologia di vivanda d'interesse.
  Il 17 dicembre 2009, la Commissione di ricognizione delle offerte ha verificato che quella migliore era stata presentata dall'associazione «Podgora», con un ribasso percentuale unico del 12 per cento sui prezzi posti a base di gara.
  Il 7 gennaio 2010 è stata data notizia dell'aggiudicazione all'associazione «Podgora» ed all'impresa «Ivs Italia Spa», aggiudicataria della precedente ricerca di mercato del 2009.
  Il 1o marzo 2010, si è proceduto alla stipula della convenzione tra il Comando Legione e l'associazione «Podgora».
  Con riferimento, poi, agli altri quesiti posti si partecipa che alla ricerca informale di mercato non sono state invitate altre associazioni analoghe alla «Podgora» (quest'ultima è stata l'unica ad avanzare, il 22 settembre 2009, formale richiesta di invito a future gare) e sono state invitate altre due imprese operanti nel settore, la ditta uscente, «Ivs Italia Spa» e la ditta «Eur Caffè Srl» che, però, non ha presentato alcuna offerta.
  Ribadisco che il criterio seguito per l'aggiudicazione è stato quello del maggiore sconto percentuale unico sui prezzi palesi indicati nell'invito.
  Si specifica, inoltre, che l'articolo 9 della convenzione stipulata il 3 luglio 2009 con la ditta «Ivs Italia» prevedeva espressamente che la stessa fosse valida fino al 31 dicembre 2009 e potesse essere rinnovata, previa richiesta da parte della ditta entro il 30 ottobre di ogni anno ed accettazione da parte dell'Amministrazione, per ulteriori 4 anni.
  Al riguardo la ditta «Ivs Italia» non ha fatto pervenire, nei termini previsti, alcuna richiesta di rinnovo, per cui l'impresa è automaticamente decaduta dalla convenzione allo spirare del suo naturale termine, stabilito per il 31 dicembre 2009.
  In ordine al «bilancio economico», ritenendo che si faccia riferimento alla «Ivs Italia», si rileva che trattasi di un dato non conoscibile poiché l'impresa gestisce direttamente la propria attività, senza fornire alcun rendiconto all'Amministrazione.
  Con riferimento, invece, alla solidità economica dell'associazione, trattandosi di servizio svolto direttamente a beneficio del personale in servizio presso i reparti interessati, si rende noto che:
   è stato ritenuto sufficiente il possesso dei generali requisiti, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006, richiesti per poter contrattare con la Pubblica Amministrazione;
   non è stata invece ritenuta rilevante la presenza di livelli minimi di capacità tecnico-economica da parte delle imprese concorrenti, eccezion fatta per l'instaurazione di un sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici, ai sensi del decreto legislativo n. 155 del 1997, autocertificato dai concorrenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.

  Per quanto concerne, invece, la copertura dei danni, si rende noto che la «Podgora» ha costituito copertura assicurativa per responsabilità civile verso terzi con un massimale di euro 1.500.000,00, mediante polizza n. 20784968, in data 18 febbraio 2010, con la società Axa assicurazioni Spa – agenzia di Giussano.
  Alle imprese concorrenti alla ricerca di mercato, non è stata richiesta la costituzione di deposito cauzionale in quanto il servizio non prevede l'uso dei materiali di proprietà dell'Amministrazione.
  Peraltro, relativamente alle attività oggetto del servizio, l'articolo 6 della convenzione stipulata il 1o marzo 2010 prevede penalità per eventuali inadempimenti, ferma restando la possibilità per il Comando Legione «Lazio» di procedere alla revoca della convenzione qualora l'Associazione affidataria:
   sia responsabile di reiterate mancanze nell'esecuzione del servizio ovvero di fatti/inadempienze compiute con dolo/colpa grave, insindacabilmente accertati dall'Amministrazione nell'esercizio dei propri poteri di direzione, vigilanza e controllo sulle attività;
   non fornisca il servizio ad essa affidato in conformità delle condizioni previste;
   non si munisca o perda la titolarità delle prescritte licenze/autorizzazioni;
   ceda il contratto a terzi ovvero subappalti qualsiasi parte dei servizi;
   divenga insolvente verso i creditori, ceda ad essi i propri beni, risulti in situazioni di irregolarità penali e/o amministrative e per qualsiasi altro caso previsto dal codice civile.

  In sede di offerta, i concorrenti alla ricerca di mercato, hanno, inoltre, auto-dichiarato di:
   obbligarsi al pagamento dei contributi previdenziali/assistenziali dei lavoratori dipendenti;
   aver instaurato un sistema analisi rischi/controllo, ai sensi del menzionato decreto legislativo n. 155 del 1997;
   essere in possesso delle autorizzazioni/licenze previste e di obbligarsi al rispetto del Contratto collettivo nazionale di lavoro e degli eventuali integrativi territoriali e/o aziendali, nonché delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994 e, infine di tutti gli adempimenti di legge nei confronti dei lavoratori dipendenti e/o dei soci;
   essere in possesso delle attrezzature e dei materiali necessari.

  I requisiti di cui sopra, infine, auto-certificati dai concorrenti in sede di offerta, sono oggetto di verifica all'atto dell'effettivo inizio della prestazione negoziale e il Comandante della Legione «Lazio» ha impartito disposizioni tecnico-amministrative in tal senso ai reparti dipendenti.
  Per quanto sopra esposto, non si ritiene opportuno dare seguito alle richieste avanzate dall'interrogante.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sono sempre più numerosi i casi di suicidio fra gli appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile che si verificano durante e fuori dall'orario di servizio, compiuti con l'arma di ordinanza –:
   quanti siano stati i casi rilevati negli ultimi dieci anni, quali le modalità e come vengano classificati dai comandi competenti per territorio; quali siano state le successive azioni poste in essere nei confronti dei familiari del personale interessato;
   quanti siano stati i casi di tentato suicidio, quali le motivazioni e quali le successive azioni poste in essere nei confronti del personale interessato o dei loro familiari. (4-07092)

  Risposta. — Si risponde anche per conto del Ministero dell'interno.
  Per quanto riguarda l'Arma dei Carabinieri, nel decennio 2000/2009 si sono registrati 131 episodi di autolesionismo, mentre nell'anno 2010 si sono verificati 22 casi di suicidio e nel 2011, 15 casi.
  Gli episodi di suicidio tra gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, maturati prevalentemente al di fuori dell'ambiente lavorativo, presentano caratteri non difformi da quelli riscontrati nella popolazione generale (età media pari a 35,5 anni, maggiore incidenza nella fascia d'età tra 36 e 45 anni e maggior numero di casi tra i coniugati).
  Le difficoltà nelle relazioni interpersonali, in particolare quelle afferenti la sfera sentimentale e familiare, rappresentano il movente di oltre il 50 per cento dei casi di suicidio e, a seguire, i motivi di salute propri e dei familiari. Dagli studi condotti è emerso che nell'Arma dei Carabinieri sono presenti specifici fattori di rischio che possono incidere sull'evento, quali la disponibilità di un'arma individuale, le ricorrenti situazioni di stress psico-fisico e il carico di responsabilità che discende dalle elevate aspettative che la società ripone nel ruolo istituzionale ricoperto.
  Quanto, invece, alle attività attuate ai fini di prevenire il fenomeno in questione, l'istituzione si avvale della responsabile azione svolta dai comandanti a ogni livello, basata sulla conoscenza diretta e consapevole dei propri militari e, inoltre:
   contribuisce, dal 1992, all'attività dell'Osservatorio permanente sul fenomeno del suicidio in ambito militare;
   ha reso operativo, dal 2001, il Servizio di Psicologia Medica, con il compito di prevenire e curare il disagio psicologico dei militari in servizio, in quiescenza e dei loro familiari, di svolgere attività di prevenzione primaria (attività divulgativa/informativa e monitoraggio nel tempo), di prevenzione secondaria (controllo e supporto in situazioni acute) e di terapia (farmacoterapia, counselling e psicoterapia). L'accesso al servizio è volontario e risponde a severi requisiti di riservatezza, di rispetto del segreto professionale e dell'assoluta tutela della privacy. Le prestazioni erogate, a titolo gratuito, hanno una connotazione esclusivamente medico-assistenziale e non rivestono finalità medico-legali o, comunque, attinenti al servizio d'Istituto;
   ha istituito, dal 2002, la «Commissione di supporto della condizione generale del Personale dell'Arma dei Carabinieri», diretta da un Ufficiale Generale, con compiti di monitoraggio nello specifico settore, allo scopo di isolare fattori di criticità e d'individuare adeguate soluzioni migliorative dei livelli di benessere dei militari;
   proprio in ordine all'aumento degli episodi suicidiari verificatisi nel 2010, l'istituzione ha implementato ogni forma di attività volta all'analisi/prevenzione di tali eventi, sia tramite il servizio di psicologia medica, che attraverso l'istituzione della «Commissione centrale sul fenomeno dei suicidi», presieduta dal Sottocapo di Stato Maggiore della stessa Arma dei Carabinieri: tale «Commissione» ha svolto un'attenta analisi degli episodi, verificando l'estraneità al servizio delle motivazioni a base del gesto, constatando l'assoluta genericità del profilo del militare a rischio (anagrafico, familiare, psicologico, culturale, economico, operativo) e infine, accertando la correttezza dei competenti interventi (di gestione del personale, amministrativi, d'impiego), prima e dopo l'evento, così da escludere, con certezza, sentimenti di rivalsa nei confronti dell'Amministrazione.

  Per quanto riguarda gli interventi a favore dei familiari dei deceduti è previsto che:
   alla famiglia – che può avvalersi del supporto degli psicologi dell'Arma – competano un sussidio urgente e il rimborso delle spese per onoranze funebri;
   venga garantita l'assistenza agli orfani, a cura dell'Opera nazionale assistenza orfani militari Arma Carabinieri (Onaomac);
   sono inoltre attribuiti i benefici previdenziali previsti, nonché l'indennità di buonuscita.

  Per quanto riguarda, invece, il numero dei casi di suicidio tra gli appartenenti della Polizia di Stato nel periodo dal 1997 a tutt'oggi, il competente Ministero dell'interno, ha comunicato che si sono verificati 179 casi (avvenuti, per lo più, con pistola di ordinanza), sottolineando il costante impegno nello studio e nella prevenzione del fenomeno, attraverso corsi di formazione per la gestione dei disagi psichici e controlli da parte di medici, psicologi, infermieri e operatori sanitari presenti sul territorio nazionale. Lo stesso Dicastero ha reso noto che:
   nel 2005, è stato avviato un protocollo di lavoro in collaborazione con l'Università cattolica policlinico Gemelli, che ha previsto l'uso dello strumento dell'autopsia psicologica al fine di raccogliere informazioni dettagliate sui comportamenti suicidari. Tale metodologia si avvale di un'intervista condotta con parenti, amici, colleghi e superiori del suicida, che consente di raccogliere informazioni sulla sfera privata, familiare e lavorativa e permette, inoltre, di esplorare altri aspetti relativi all'evento, quali i fattori precipitanti e/o stressanti, la motivazione, la letalità e l'intenzionalità. Il lavoro ha preso in esame e ha studiato i suicidi avvenuti nella Polizia di Stato negli anni 2003, 2004, 2005 e ha permesso di evidenziare che il fenomeno non era riconducibile a criticità da disagio lavorativo, ma, piuttosto, a problematiche affettivo-relazionali ed economiche. Tali situazioni, per la quasi totalità dei casi, per quanto conosciute dai più stretti familiari e dal personale intervistato, non sembravano assumere caratteristiche di preoccupazione per le persone vicine al suicida;
   sono state, inoltre, attivate, in via sperimentale, convenzioni con le Università di Verona e di Firenze per garantire al personale della Polizia di Stato l'assistenza psicoterapeutica;
   tali iniziative sono complementari alle attività del direttore, dei funzionari del Centro di neurologia e psicologia medica, dei medici di Polizia specialisti in psichiatria e dei direttori tecnici psicologi operanti a vario titolo sul territorio, che, da molti anni, mettono a disposizione la loro professionalità per tutto il personale e familiari che ne facciano richiesta;
   l'attenzione e l'impegno prestato dai medici e psicologi del Centro di neurologia e psicologia medica della direzione centrale di sanità, consente alla Polizia di Stato di essere in primo piano nell'analisi del fenomeno;
   da tempo, sono stati avviati presso vari istituti d'istruzione della Polizia di Stato corsi di formazione esplicativi nella gestione dello stress;
   da una decina di anni è stata avviata la formazione della figura del «Pari», operatore di Polizia che, avendo vissuto e superato un evento critico in servizio, affianca psichiatri e psicologi della Polizia di Stato nel supporto psicologico in tutti gli ambiti che necessitino di un rapido intervento.

  Si assicura che la problematica continuerà a essere oggetto di massima e scrupolosa attenzione.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la nota n. 594/153/18354 data 23 dicembre 2010 della Stato maggiore dell'esercito emanata con ordine di servizio in data 15 marzo 2011, ha portato alla costituzione presso il policlinico militare di Roma di 3 macroaree, 17 dipartimenti oltre al dipartimento di lungodegenza di Anzio, il reparto servizi generali, l'ufficio amministrazione e l'assistenza spirituale, ulteriori 24 reparti clinici, oltre 50 servizi ed oltre 10 sezioni, cui afferisce un organico presunto di circa 1200 persone più i consulenti e convenzionati. Tutte queste cariche e UU.OO., al momento, servono per meno di 100 posti letto realmente fruibili (molto meno del numero delle unità organizzative);
   per converso, prendendo ad esempio un ospedale romano, il San Giovanni Calabita, – Fatebenefratelli – isola tiberina, ha, di massima (dati tratti dal sito web dell'ospedale), lo stesso numero di dipendenti e ben 382 posti letto. Il numero di ricoveri ordinari dell'ospedale Calabita nel 2009 è stato pari a 20.666. L'occupazione media, nello stesso periodo, è passata dal 96 per cento al 98 per cento, e la degenza media è passata, dai 9.9 giorni del 1994 ai 5.7 giorni del 2009. L'indice di rotazione per posto letto nel 2009 è risultato pari a 5,2. Le attività di day hospital medico e chirurgico hanno registrato, nel corso dell'anno 2009, 3907 dimessi. L'attività ambulatoriale ha registrato in totale, nel 2009, 1.077.694 prestazioni per esterni, di cui 968.721 a favore del servizio sanitario nazionale, 108.973 in libera professione, e 45.972 prestazioni di radiologia, 43.485 prestazioni di Radioterapia, circa 569.401 prestazioni di laboratorio analisi. L'attività di pronto soccorso ha visto in totale nel 2009, 31.347 prestazioni non seguite da ricovero e 631 trasferimenti per ricovero in altri nosocomi;
   richiamandosi all'interrogazione n. 404735 del 27 ottobre 2009 che ancora non ha ottenuto risposta, sembra agli interroganti che il quadro organizzativo come delineato serva per offrire e stabilizzare l'enorme numero di posizioni dirigenziali mediche nel grado di colonnello e non abbia invece una funzione clinica legata al soddisfacimento dei reali bisogni della comunità militare afferente –:
   quale sia la necessità di costituire e quali siano le funzioni del dipartimento day hospital con in organico 7 persone dislocate in ulteriori tre servizi quando in tutte le altre realtà sanitarie risulta essere una funzione trasversale alle varie attività di degenza;
   quali siano le valutazioni anche in termini di sostenibilità economica e di numero minimo di utenza militare di ambito necessaria per il funzionamento di reparti ad elevata specializzazione che hanno consentito di dare avvio alla costituzione del reparto di cardiochirurgia e UTIPO e dei servizi di emodinamica e cardioanestesia;
   quali siano i dati relativi a numero di personale in servizio suddiviso per categoria e formazione professionale, compreso il personale VFP1, quali siano i dati concernenti il numero di ricoveri, l'occupazione media, il numero ricoveri in day hospital, il numero di interventi chirurgici e delle attività ambulatoriali divisi per singolo dipartimento e servizio, le prestazioni radiologiche e radioterapiche, laboratorio e pronto soccorso, il numero di prestazioni effettuate nei confronti di non aventi titolo effettuati dal policlinico militare di Roma;
   quali siano le disposizioni che regolamentano il pagamento delle prestazioni (ticket o altro), di chi siano a carico gli oneri di funzionamento del policlinico militare ivi compresa la ripartizione dei costi per forza armata, come siano regolati i rapporti con il servizio sanitario regionale e nazionale e come siano regolate e previste esenzioni di pagamento per specifiche categorie di personale tra le quali il personale interno e i familiari;
   quali urgenti iniziative il Ministro della difesa intenda assumere rispetto alle citate problematiche, anche relative ad eventuali profili di responsabilità del personale che ha contribuito all'approvazione delle tabelle ordinative organiche e all'attuale quadro organizzativo come profilato, al fine di assicurare condizioni di massima correttezza dell'amministrazione anche e soprattutto ai fini della tutela della salute dei cittadini alle armi. (4-11329)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) all'articolo 212, oltre a prevedere il pieno recepimento della legge n. 43 del 2006, legando quindi inscindibilmente il possesso di titolo professionali infermieristici all'assunzione di incarichi, prevede, al terzo comma, che «Al personale infermieristico è attribuita la diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni»;
   nell'ambito del congresso degli infermieri e delle professioni sanitarie del Ministero della difesa, tenutosi nei giorni 1° e 2 febbraio 2011, organizzato dalla direzione generale della sanità militare che, con distinte note fin dal 2006, ha comunicato alle Forze armate la necessità di valorizzare il ruolo delle professioni infermieristiche e tecnico sanitarie, i vertici militari presenti risulta abbiano ribadito la necessità di dare rapida attuazione ai disposti di cui al codice dell'ordinamento militare prevedendo la piena attuazione dei disposti di cui al codice ed un rapida modifica per l'accrescimento del ruolo predetto personale;
   il personale infermieristico militare risulta essere stato oggetto di progetti di legge ed interrogazioni parlamentari, a cui il Ministero della difesa non ha ancora dato risposta, tra cui è appena il caso di citare l'interrogazione n. 4-03933 del 14 settembre 2009;
   in particolare, rispetto ai disposti di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, con provvedimento ODG n. 74 emesso in data 15 marzo 2011 a firma del brigadiere generale Alberto Germani, risulta essere costituito presso il policlinico militare di Roma, tra l'altro, un «servizio di coordinamento infermieristico» posto alle dirette dipendenze dell'area dei servizi ospedalieri prevedendo in tabella organica l'attribuzione ad altra figura professionale, e risulta altresì che l'incarico di «capo servizio», è stato affidato al tenente colonnello medico Persemoli Luca, medico con specializzazione in oncologia;
   non risultano invece essere state inserite ulteriori graduazioni negli incarichi (esempio coordinatore infermieristico) nell'ambito dei reparti e dei dipartimenti, ad eccezione delle due unità organizzative, tra l'altro dove non sono previsti letti di degenza, dove insistono ufficiali del ruolo speciale, non titolati al ruolo di coordinatore per formazione e profilo, e che invece dovrebbero trovare utile collocazione in altro settore come previsto dalle linee guida sull'impiego diramate dallo Stato maggiore dell'esercito in data 31 gennaio 2011 con nota a firma del generale Domenico Rossi. Tale documento, tra l'altro prevede che tale ruolo di coordinatore infermieristico sia coerentemente affidato al personale del ruolo marescialli, con il grado di luogotenente;
   ad avviso degli interroganti sussistono nelle tabelle ordinative organiche negligenze e inosservanze di una serie di norme quali delle disposizioni nell'impiego del personale e nel governo delle risorse umane infermieristiche previste dal codice dell'ordinamento militare, in vigore dal 9 ottobre 2010, dalla legge n. 42 del 1999, dalla legge n. 251 del 2000 nonché mancato rispetto dell'autonomia professionale specifica –:
   se non ravvisi la necessità di valutare se si siano verificate mancanze rilevanti sul piano disciplinare da parte del personale intervenuto nel processo di approntamento, approvazione e divulgazione delle tabelle ordinative organiche e se in ogni caso non ritenga di valutare l'opportunità di trasferimento del medesimo personale ad altre funzioni;
   se non ravvisi la necessità di disporre per la rimozione immediata dall'incarico di «coordinatore delle attività infermieristiche» del tenente colonnello Persemoli, affidando l'incarico a personale del ruolo marescialli infermieri del previsto livello di formazione ed esperienza, unica categoria professionale nell'attuale quadro di configurazione titolata all'assunzione del predetto incarico;
   se non ravvisi la necessità di provvedere alla immediata revisione totale delle tabelle ordinative organiche in modalità tali che siano realmente confacenti ai carichi di lavoro dei reparti nel rispetto delle norme di settore, di garantire la presenza di coordinatori infermieristici di reparti e dipartimentali (infermieri), di evitare la totale dipendenza dal personale medico degli infermieri come in tutte le realtà civili e militari della NATO, e se non ravveda l'esigenza di coinvolgere nel processo di revisione delle tabelle ordinative organiche del personale infermieristico in possesso di specifiche competenze nel settore;
   quali urgenti iniziative il Ministro intenda assumere rispetto alle citate problematiche al fine di assicurare condizioni di massima correttezza, trasparenza ed imparzialità dell'Amministrazione nei confronti del personale infermieristico militare del ruolo marescialli che ad avviso degli interroganti vede lese le norme che regolano l'esercizio delle funzioni, con ovvie ripercussioni negative sulla salute del personale alle armi e degli utenti del policlinico militare di Roma. (4-11382)

  Risposta. — Il confronto tra il policlinico militare del Celio e l'ospedale romano «Fatebenefratelli San Giovanni Calibita», rappresentato dall'interrogante, richiede alcune riflessioni.
  Gli accordi NATO prevedono che le nostre Forze armate rispondano sul territorio nazionale alla capacità di un ospedale per il trattamento specialistico definitivo e di riabilitazione del personale militare, italiano e straniero, ferito e/o ammalato in operazioni (Role 4).
  In caso di necessità, in virtù degli stessi impegni internazionali, l'Esercito Italiano deve essere in grado di fornire, contemporaneamente, sino a 4 ospedali da campo, da schierare sul territorio nazionale o all'estero per il trattamento iniziale del personale ammalato o ferito in operazioni, mantenendo contemporaneamente la sua attività di Role 4.
  La missione del policlinico militare, unico ente sanitario militare con tali caratteristiche, è quella di essere ospedale di riferimento per le Forze armate.
  Il Celio assolve tale compito svolgendo attività clinico-assistenziali e di formazione del personale medico e paramedico, nonché fornendo personale altamente qualificato per tutte le esigenze sanitarie campali (ospedali da campo, posti di medicazione avanzata, unità sanitarie di minore livello).
  Ad oggi, tutte le missioni internazionali che hanno impegnato le Forze armate hanno impiegato una componente sanitaria: il Celio, attingendo dal proprio personale effettivo, nel corso del 2011 ha inviato 63 Ufficiali e 51 Sottufficiali, mentre nel primo quadrimestre del 2012, 19 Ufficiali e 14 Sottufficiali.
  L'attività di Role 4 include l'esecuzione delle operazioni di evacuazione strategica, per le quali il Celio permanentemente assicura, senza soluzione di continuità e con massima prontezza operativa, qualificati team sanitari plurispecialistici che, in caso di necessità, vengono inviati nei teatri operativi per il rientro (tecnicamente, sgombero sanitario) in Patria di feriti e/o ammalati.
  Il policlinico militare di Roma assicura, inoltre, un servizio di pronto soccorso nell'ambito di tutte le principali cerimonie e manifestazioni militari che si tengono nella capitale, mettendo a disposizione, nelle sedi interessate, assetti sanitari di diversa tipologia, definiti secondo le singole esigenze.
  Un impegno simile viene sostenuto di routine anche per numerose emergenze e manifestazioni di interesse civile, quali possono essere grandi eventi, manifestazioni religiose di rilievo, visite di delegazioni governative straniere o eventi sportivi.
  Il Celio, quale ospedale militare di riferimento nazionale, ha il compito di garantire le cure definitive e a lungo termine per il personale militare impiegato sia nelle operazioni sia nelle attività addestrative sul territorio nazionale.
  Deve essere in grado, pertanto, di fornire servizi specialistici appropriati per ogni singolo caso, alla stregua di quanto avviene negli altri ospedali militari dei paesi NATO.
  Applicando la metodologia del «training on the job», per assicurare sia la formazione sia il mantenimento di elevatissimi livelli di capacità tecnica del personale sanitario medico ed infermieristico, il Celio eroga prestazioni sanitarie, oltre che al personale militare, anche alle categorie di utenti individuate dal decreto interministeriale sanità/difesa del 31 ottobre 2000.
  Il policlinico militare affianca alle attività sanitarie quelle di sostegno logistico alle operazioni fuori area, per quanto attiene ai rifornimenti di materiali, medicazioni, farmaci, sangue ed emoderivati, nonché di manutenzione, di riparazione delle apparecchiature medicali attraverso complesse attività amministrative e logistiche, con spedizioni intercontinentali che, per evidenti motivi, non possono subire ritardi o disguidi.
  La riserva di capacità operativa del policlinico militare è sempre stata resa disponibile anche a vantaggio della popolazione civile in occasione di vari eventi critici verificatisi nella città di Roma negli ultimi anni, tra cui – solo per citare un caso – lo sgombero urgente dell'ospedale Casilino, per il rinvenimento di un ordigno bellico.
  In tali occasioni, il concorso del policlinico militare è stato richiesto dalla Prefettura di Roma, dalla regione Lazio e dall'azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata.
  Tramite apposite convenzioni, inoltre, il Celio continua a fornire servizi assistenziali alla cittadinanza romana collaborando con il servizio sanitario nazionale.
  È evidente come un insieme di attività così complesso richieda necessariamente una articolazione ordinativa altrettanto complessa.
  Il policlinico Celio, i cui oneri di funzionamento sono a carico dell'amministrazione Difesa, si articola in 3 macroaree cliniche (medicina, chirurgia e servizi ospedalieri), 24 reparti clinici e 50 servizi specialistici, proprio per poter rispondere più appropriatamente all'utenza militare e civile, italiana e straniera, sia in patria che in operazioni internazionali oltremare.
  Per garantire le competenze tecniche e l'esperienza clinica necessarie per il soddisfacimento dei bisogni della comunità afferente, gli incarichi direttivi sono ricoperti da Ufficiali medici plurispecialisti, che rivestono il grado di Generale per le macroaree e di Tenente Colonnello/Colonnello per i reparti e i servizi.
  Il policlinico militare Celio, costruito nel 1891, per mantenersi al passo con i tempi e con le evoluzioni tecnologiche e scientifiche ha intrapreso importanti interventi di ristrutturazione e di adeguamento tecnologico.
  Nell'anno 2011 si sono registrati 5.449 ricoveri ordinari e 651 day hospital per un totale di 6.100 ricoveri, con una degenza media di 5,08 giorni, mentre nel primo quadrimestre 2012 vi sono stati 1.744 ricoveri ordinari e 32 day hospital per un totale di 1.776 ricoveri, con una degenza media di 5,01 giorni.
  Si segnala, in proposito, la necessità di mantenere disponibili un numero di posti letto di riserva per feriti/ammalati che possono essere sgomberati dai teatri operativi in condizioni di emergenza, a causa di possibili eventi ostili o traumatici di rilevanti entità.
  Il Celio dispone di una risonanza magnetica nucleare, una tomografia assiale computerizzata, un artoscan, otto apparecchi radiologici fissi, un mammografo e due sezioni ecografiche.
  Tali apparecchiature hanno effettuato nel 2011 un totale di 35.410 esami di diagnostica per immagini (tale cifra non comprende le procedure di diagnostica ecografica specialistica effettuate presso altri dipartimenti-urologia, ginecologia, cardiologia, chirurgia e di radiologia odontoiatrica ed altro) e, nel primo quadrimestre 2012, 12.677 esami diagnostici.
  Il policlinico militare di Roma non dispone di apparecchiature per radioterapia.
  Presso il Celio opera anche un centro trasfusionale che nel 2011 ha prodotto 1.450 unità di emazie, di cui 764 cedute alla regione per emergenze/urgenze, oltre a una anca donatori del midollo osseo inserita nel registro nazionale con 3.400 donatori (2 donatori nel 2011).
  Nell'anno 2011 e nel primo quadrimestre 2012, si sono registrati, rispettivamente, 4.797 e 1.569 accessi al pronto soccorso, mentre negli stessi periodi presi in considerazione sono state effettuate 30.089 (anno 2011) e 12.312 visite specialistiche (gennaio-aprile 2012).
  Sono state, altresì, erogate 31.467 prestazioni cliniche ambulatoriali nel corso del 2011 e 12.152 nel primo quadrimestre 2012, oltre all'effettuazione di 1.205.284 esami e test di laboratorio (patologia clinica) nel 2011 e 399.207 nel primo quadrimestre 2012.
  Per quanto riguarda gli interventi chirurgici, nel 2011 sono stati praticati 1649 interventi e 633 nel periodo gennaio-aprile 2012.
  Con riferimento, invece, alle prestazioni nei confronti dei non aventi titolo, nel 2011 si sono registrati 415 ricoveri (di cui, 146 pazienti provenienti dalle aziende San Giovanni Addolorata e policlinico Umberto I in regime di convenzione) e 62 nel primo quadrimestre 2012, oltre a 5.132 accettazioni per varie prestazioni ambulatoriali nel 2011 e 1.208 nel 2012.
  A tutti i pazienti in regime ambulatoriale si applicano le disposizioni vigenti presso il servizio sanitario nazionale in tema di compartecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie.
  Le somme riscosse dal policlinico militare a titolo di «ticket» sono contabilizzate separatamente e versate obbligatoriamente quali «proventi», ogni mese, al Ministero dell'economia e delle finanze – sezione tesoreria provinciale dello Stato.
  Sono esonerati dal pagamento del ticket soltanto i soggetti previsti dalle norme del servizio sanitario nazionale, quelli sottoposti ad accertamenti sulla base di specifiche disposizioni dell'Autorità militare, dell'Autorità giudiziaria o sottoposti ad accertamenti con finalità di esclusivo interesse dell'amministrazione della Difesa.
  Con riferimento al dipartimento day hospital del policlinico militare Celio, lo stesso è articolato in un servizio day hospital, un servizio day surgery e un servizio home care, dove operano complessivamente 4 Ufficiali medici e 3 Sottufficiali Infermieri.
  La logica che sottende all'organizzazione del Celio è proprio quella di fornire una attività trasversale alle principali attività chirurgiche e mediche, realizzando inoltre un innovativo servizio di assistenza domiciliare sia per seguire i pazienti da poco dimessi sia per valutarli, eventualmente, prima del ricovero, interagendo con l'assistenza di base.
  Presso il policlinico militare di Roma è stato realizzato un laboratorio di emodinamica con annessa sala operatoria cardiochirurgia con funzioni di stand-by in caso di coronarografia e trattamenti endovascolari; allo stato attuale, è in fase di definizione la procedura di convenzionamento con la regione Lazio per il recupero dei costi di degenza.
  La necessità di realizzare tali strutture deriva dall'alta frequenza della patologia cardiaca nella popolazione generale, che rappresenta in assoluto la più frequente causa di decesso.
  La struttura di emodinamica è funzionale per garantire una diagnosi e una terapia più tempestiva possibile per i pazienti con infarto acuto del miocardio per i quali, come noto, il tempo è un fattore critico sia per la risoluzione della mortalità sia per la prognosi a lungo termine.
  La realizzazione di questo laboratorio, che fa parte di un progetto globale di sviluppo del policlinico militare, è stata decisa alcuni anni or sono e potrà operare anche grazie ad un accordo con l'Università La Sapienza (polo Sant'Andrea) presso il quale Ufficiali medici e Sottufficiali infermieri hanno seguito corsi di formazione specialistica.
  Del servizio di emodinamica potranno fruire anche i pazienti non militari, tramite uno specifico accordo con le aziende sanitarie cittadine e la regione Lazio, alla stregua di quanto già avviene con l'azienda policlinico Umberto I per la neurochirurgia.
  Quanto alle risorse di personale del policlinico militare di Roma, sono impiegati:
   Ufficiali: 221 unità della sanità e 18 di altri corpi/armi;
   Sottufficiali: 231 unità della sanità e 59 di altri corpi/armi;
   Volontari in servizio permanente: 118 unità;
   Personale civile della Difesa: 149 unità;
   Militari di truppa volontari in ferma prefissata: 236 unità, di cui 138 volontari in ferma prefissata di un anno (vfp1).

  Riguardo, in ultimo, all'opportunità di procedere alla «revisione totale delle tabelle ordinative organiche», come auspicato dall'interrogante, si fa presente che la problematica è allo studio nell'ambito della riconfigurazione/revisione della sanità militare, attualmente in atto, al fine di valorizzare il ruolo del personale e l'efficienza delle strutture.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sui quotidiani la Nuova Sardegna e L'Unione sarda del luglio 2011 è pubblicata la notizia che il generale Fabio Molteni, attuale comandante della 2° divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio svoltosi presso la procura di Lanusei nell'ambito delle indagini sul poligono di Quirra;
   il Ministro interrogato e i vertici dell'Aeronautica militare hanno sempre affermato che avrebbero offerto la massima collaborazione alle indagini in corso;
   dai medesimi articoli si apprende che l'avvocato di Stato che cura la difesa del generale Molteni ha dichiarato che il suo assistito non ha risposto alle domande del sostituto procuratore Daniele Rosa in quanto non è a conoscenza degli atti;
   ad avviso degli interrogano è poco credibile il fatto che l'indagato non sia a conoscenza degli atti o dei fatti che hanno caratterizzato la sua attività di comando del Poligono nel periodo 2004-2006 e la posizione assunta dal generale dell'Aeronautica militare Fabio Molteni indagato per diverse ipotesi di reato non appare corretta –:
   se non si ritenga opportuno verificare, sul piano amministrativo e disciplinare la sussistenza di eventuali responsabilità del generale di cui in premessa, sospendendolo dal servizio ove ne ricorrano i presupposti, in virtù della posizione di comando attualmente ricoperta. (4-12919)

  Risposta. — In relazione all'opportunità di «verificare ... la sussistenza di eventuali responsabilità del generale» – cui fa riferimento l'interrogante – si fa presente che la Difesa valuterà la fondatezza di eventuali responsabilità sia sotto il profilo amministrativo che disciplinare solo all'esito del procedimento penale attualmente pendente.
  Quanto alla questione rappresentata in premessa all'interrogazione in esame, circa la facoltà di non rispondere – di cui l'Ufficiale si è avvalso – durante l'interrogatorio presso la Procura di Lanusei nell'ambito delle indagini sul poligono di Quirra, si partecipa che tale facoltà è espressamente prevista dal sistema processuale vigente.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte tra il 1° ed il 2 novembre 2007 veniva uccisa a Perugia in via della Pergola la cittadina inglese Meredith Kercher;
   le indagini venivano svolte dalla squadra mobile di Perugia, con l'ausilio della polizia scientifica di Roma e Perugia, e lo SCO, coordinate dal pubblico ministero dottor Giuliano Mignini;
   dopo appena 4 giorni, in data 6 novembre 2007 venivano fermati Amanda Knox, Sollecito Raffaele e Dya Patrick Lumumba;
   in buona sostanza il fermo scaturì dalle dichiarazioni rese da Knox nel corso della nottata del 5 novembre;
   i relativi verbali sono stati dichiarati inutilizzabili dalla Corte di cassazione perché assunti in dispregio dei fondamentali diritti di difesa e per mancata nomina del difensore;
   Sollecito, inoltre, veniva fermato in quanto a parere della polizia scientifica, era sua la scarpa che aveva lasciato un'orma insanguinata del sangue di Meredith rinvenuta all'interno della stanza del delitto;
   solo nel giugno del 2008 si scoprirà che la polizia scientifica (per sua stessa ammissione) aveva sbagliato: quell'orma apparteneva ad una scarpa di proprietà di Rudy Hermann Guede;
   tutto l'impianto accusatorio si basava su due elementi di carattere genetico: il Dna di Meredith sulla lama di un coltello trovato a casa di Sollecito, il Dna di Sollecito su un gancetto di reggiseno trovato sotto il corpo della vittima (inizialmente) e poi incredibilmente repertato 46 giorni in un posto diverso dal primo avvistamento e completamente modificato dalle varie perquisizioni effettuate dalla squadra mobile;
   la perizia disposta solo nel corso del giudizio di secondo grado, criticando aspramente il lavoro svolto dalla polizia scientifica in sede di analisi genetiche, ha dichiarato i due reperti non utilizzabili a fini probatori;
   sono state effettuate numerosissime intercettazioni telefoniche a tutta la famiglia del Sollecito a giudizio degli interroganti assolutamente inutili e già da principio evidentemente strumentali di cui, infatti, i giudici di primo grado non hanno tenuto alcun conto;
   in data 16 luglio 2010 e in data 21 maggio 2011 (per quanto consta, salvo altro) personale appartenente alla squadra mobile di Perugia, alla polizia scientifica e allo Sco hanno ricevuto «Un encomio e una parola di lode» perché «evidenziando elevate capacità professionali, acume investigativo e non comune determinazione operativa, conducevano una complessa indagine di polizia giudiziaria che si concludeva con l'arresto degli autori dell'omicidio di una studentessa inglese consumato nel centro storico di Perugia»;
   in data 4 ottobre 2011 la corte d'assise d'Appello di Perugia ha assolto con formula piena Raffaele Sollecito e Amanda Knox dai reati a loro ascritti –:
   se non ritenga opportuno annullare gli atti relativi alla concessione delle ricompense già assegnate al personale dipendente dalla squadra mobile di Perugia, dalla polizia scientifica e dallo Sco per evidente negligenza nello svolgimento di indagini relative al caso di cui in premessa che si sono rilevate essere dichiaratamente fallaci. (4-13544)

  Risposta. — In relazione alla questione posta dall'interrogante, si rappresenta che la Commissione centrale per le ricompense del Dipartimento della Pubblica sicurezza, nella seduta del 12 luglio 2010, ha esaminato la proposta di riconoscimento premiale avanzata dal Questore di Perugia in relazione alle indagini sull'omicidio della studentessa britannica Meredith Kercher espletate dal personale della dipendente Squadra mobile, del Servizio centrale operativo della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, del Compartimento della Polizia postale di Perugia e della Polizia scientifica.
  All'esito della valutazione, la Commissione, in considerazione dell'impegno profuso dai vari operatori e tenuto conto altresì dei contenuti della sentenza di primo grado, ha concesso le ricompense proposte in favore del personale impegnato nelle attività di indagine.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoCarlo De Stefano.


   VITALI, BRUNO, DE CORATO, SBAI, SAVINO, DI CAGNO ABBRESCIA e SISTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul sito internet di Trenitalia, si apprende che il treno Eurostar Frecciargento con partenza dalla stazione di Roma Termini con destinazione Lecce, non prevede la sosta intermedia nella città di Ostuni, nonostante quanto riportato dal medesimo sito il 9 dicembre 2010, secondo cui: «Ferrovie dello Stato smentisce la notizia, riportata da alcuni organi di stampa, relativa alla soppressione della fermata di Ostuni del treno Eurostar n. 9351, in partenza da Roma Termini»;
   per raggiungere la città di Ostuni, secondo quanto risulta dalla pagina web di Trenitalia, in realtà per i viaggiatori ferroviari è prevista la soluzione con cambio alla stazione di Bari centrale e successivamente la prosecuzione con i treni regionali con prevedibile allungamento dei tempi, oltre che disagi per i fruitori del servizio, nell'arrivare alla destinazione nella cosiddetta Città Bianca;
   le decisioni introdotte a partire dal dicembre dello scorso anno, da parte della la principale società italiana per la gestione del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, della soppressione di numerosi treni a lunga percorrenza, principalmente per le tratte ferroviarie verso il Mezzogiorno, rappresenta un'ingiustificabile decisione in considerazione degli evidenti disagi che riguarderanno numerose migliaia di viaggiatori e più specificatamente i cosiddetti «pendolari» che a cadenza settimanale, si muovono dal proprio luogo di residenza per motivi professionali o di studio e comunque regolarmente, verso il Centro-nord del Paese;
   la decisione di cancellare dalle fermate previste, i treni ad alta velocità Eurostar Frecciargento, nei riguardi di importanti città ad alta vocazione turistica come quella di Ostuni, a giudizio degli interroganti, costituisce inoltre un grave danno, oltre che in termini d'immagine nei riguardi di numerosi turisti in particolare stranieri, che in prossimità dell'imminente periodo estivo, riscontrano evidenti difficoltà nel raggiungere le destinazioni programmate, anche e soprattutto dal punto di vista economico in considerazione che molti di essi intenzionati a trascorrere un periodo di vacanza in Puglia, rilevando disagevole e lacunoso il sistema di collegamento ferroviario per giungere alla località turistica, decidono per soluzioni alternative determinando pertanto un danno rilevante per l'economia locale –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga urgente e necessario, in considerazione dell'imminente avvio della stagione estiva e dell'importanza che la città di Ostuni, riveste dal punto di vista turistico, non solo per l'area locale interessata, ma per l'intera regione Puglia assumere iniziative presso Trenitalia al fine di verificare, nel rispetto dell'autonomia dell'azienda, la possibilità di un ripristino della citata fermata. (4-15975)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, Trenitalia ha riferito che i collegamenti «Frecciargento» rientrano tra i servizi a mercato, di conseguenza, non essendo oggetto di corrispettivi pubblici, si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico; la programmazione dei suddetti collegamenti dipende, pertanto, esclusivamente da valutazioni di carattere commerciale.
  Trenitalia ha riferito, inoltre, che al fine di assicurare all'utenza un minor tempo di percorrenza tra Roma e la Puglia, con l'orario di dicembre 2011, ha velocizzato la coppia di treni «Frecciargento» 9351 e 9358 attraverso la soppressione delle fermate intermedie tra Bari e Brindisi e precisamente Monopoli, Fasano e Ostuni, che registravano volumi di traffico estremamente bassi. Ciò ha consentito di ridurre di circa 20 minuti i tempi di percorrenza complessiva dei due treni «Frecciargento» sopra citati.
  Tuttavia, il collegamento tra Ostuni e Roma è stato assicurato, nelle medesime fasce orarie, attraverso interscambio con i servizi regionali nella stazione di Bari, con tempi di percorrenza complessivi invariati tra Roma e Ostuni e solo di qualche minuto superiori nel tragitto inverso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   per quanto riguarda una valutazione della pericolosità delle microonde emesse dai Radar occorre specificare che la legge italiana prevede due soglie di campo che, in differenti circostanze e con diverse limitazioni, non devono essere superate. Viene fissato un «limite di esposizione» pari a 40 V/m, che non deve mai e in nessun caso essere superato; oltre questo limite infatti sono possibili effetti acuti e danni immediati e irreversibili. Vi è poi una seconda soglia più bassa, il cosiddetto «valore di attenzione», pari a 6 V/m, oltre il quale è possibile che si verifichi un danno biologico per esposizione prolungata o cronica e per un effetto di accumulo delle dosi assorbite. Campi compresi tra i 6 e i 40 V/m non devono mai verificarsi in prossimità di abitazioni e non deve mai verificarsi una esposizione di durata superiore alle 4 ore di seguito;
   risulta agli interroganti che a Quirra (Cagliari) sono in funzione Radar RIS-3C, tre dei quali nella «zona a mare» del PISQ, che si trova di fronte alla frazione di Quirra, uno si trova nella «zona a monte» in prossimità del paese di Perdasdefogu, gli altri due si trovano lungo la costa più a nord. Di questi uno è alla marina di Tertenia, in prossimità del capo Sferracavallo, mentre l'altro si trova a fianco della cittadina di Arbatax, al faro di capo Bellavista, a ben 40 chilometri dalla base di Capo S. Lorenzo, cuore della «zona a mare» del PISQ, in aree dunque anche esterne al demanio militare e intensamente frequentate dalla popolazione;
   una prima analisi del campo generato dai Radar RIS-3C indica che il limite di esposizione (40 V/m) viene superato a distanze inferiori dei 300-500 metri (a seconda della modalità di funzionamento), mentre il valore di attenzione (6 V/m) viene superato quando ci si trova a meno di 1800-3200 metri dalla sorgente. Calcoli più precisi potrebbero essere effettuati a partire da conoscenze più dettagliate della forma dell'antenna. Per quel che è dato sapere sembra che le misure effettuate nel maggio 2007 siano compatibili con un evento di «illuminamento» di uno di questi radar (ma non si può naturalmente averne la certezza) –:
   a che punto sia la campagna di indagine del Ministero della difesa sull'inquinamento ambientale prodotto dal PISQ;
   dove siano ubicati e quali siano le caratteristiche tecniche degli apparati tra cui l'intensità e la frequenza, che generano i campi elettromagnetici. (4-11140)

  Risposta. — Ai fini di una più ampia visione della problematica rappresentata con l'atto in titolo, con riferimento ai controlli effettuati presso il poligono interforze del Salto di Quirra (piSQ), si rappresenta che:
   è stata eseguita un'indagine da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale militare di Cagliari: il Procuratore incaricato, audito il 10 novembre 2005 presso la I Commissione parlamentare d'inchiesta, affermava che l'indagine poteva ritenersi conclusa, non essendo risultato impiego di munizionamento non convenzionale durante le esercitazioni effettuate nei poligoni; nell'ambito di tale indagine, le rilevazioni effettuate dal Centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) non hanno evidenziato alcuna traccia di impiego di proiettili all'uranio impoverito nelle aree dei quattro poligoni sardi dove viene svolta attività addestrativa (Capo Teulada, Perdasdefogu e Capo Frasca) e i prelievi eseguiti hanno rilevato valori della radioattività nella norma;
   è stato svolto, per conto della Difesa, uno studio da parte del professor Riccobono, ricercatore dell'Università di Siena, che ha eseguito un'indagine per stabilire lo stato dell'ambiente nella zona del poligono; l'ateneo senese ha reso disponibili i risultati dello studio svolto relativo ad oltre 1500 campioni e a circa 25000 determinazioni analitiche da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo dal presidio multizonale della Asl 8 di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del poligono non è individuabile alcuna traccia di uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale e con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale;
   è stata condotta un'attività di monitoraggio ambientale negli anni 2008-2010, conclusasi con la «Relazione conclusiva» del Comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, la verifica e il confronto delle attività del monitoraggio ambientale condotto nelle aree del piSQ. Tale Comitato (composto anche da rappresentanti dei comuni, delle Asl, della regione e delle province di Cagliari e dell'Ogliastra) si è avvalso di una Commissione tecnica mista di esperti con il compito di verificare e valutare i risultati del progetto di monitoraggio ambientale. Sulla base delle valutazioni espresse dalla Commissione, il Comitato ha raccomandato l'attivazione, dove necessario, delle procedure previste dalla normativa vigente in materia ambientale e sanitaria;
   è stato svolto uno studio sul territorio e sulla radioattività naturale, a cura dell'Università di Urbino, ultimato nel 2007, nel quale si afferma che sia le indagini effettuate dalla Difesa che quelle effettuate dalle Università di Siena e di Cagliari non hanno evidenziato dati di particolare rischio; gli elementi individuati sono legati all'attività estrattiva delle miniere argentifere di Baccu Locci e del Sarcidano, prossime al piSQ;
   in applicazione a quanto disposto dal disciplinare di tutela ambientale del 2008, già applicato in via sperimentale dal 2006, si provvede ad effettuare una verifica visiva dell'area in uso agli utenti, prima e dopo le attività, con le eventuali azioni sugli stessi ai fini della bonifica operativa e del ripristino ambientale;
   è stato effettuato un controllo – nei limiti delle professionalità disponibili presso il piSQ in ambito della sicurezza del lavoro e ambientale – delle schede di sicurezza dei materiali impiegati e delle schede di sicurezza ambientale.

  Per quanto riguarda, in particolare, le attività di bonifica del piSQ premesso che i relativi atti sono stati tutti acquisiti dall'Autorità Giudiziaria procedente nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei, il poligono si attiene, nello svolgimento dei compiti istituzionali, alle regole di tutela e di sicurezza dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (testo unico delle norme in materia di tutela ambientale) e al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, nonché al pieno rispetto della normativa e delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale.
  In tale ambito, fondamentale è il ruolo del comitato misto paritetico che valuta preventivamente le attività da svolgere nel poligono e procede alla loro autorizzazione solo dopo un attento esame dell'impatto ambientale.
  Chiarito tale aspetto, si evidenzia che le azioni avviate per procedere alla bonifica ambientale e tutte le fasi caratterizzanti il procedimento sono state oggetto di costante comunicazione informativa alla richiamata Autorità giudiziaria, cui la Difesa ha garantito la più ampia disponibilità.
  Nello specifico, l'Aeronautica militare, a seguito degli aspetti di criticità evidenziati dalla stessa Procura, ha predisposto uno specifico piano d'azione, nominando, successivamente, un apposito gruppo di lavoro che, in data 5 ottobre 2011, ha immediatamente effettuato i sopralluoghi tecnici presso il poligono e ha prodotto una serie di relazioni, a seguito delle quali sono state individuate e recintate, mediante concertina metallica e cavalli di frisia, le aree di Is Pibiris, zona Accu Perda Majori (conosciuta anche come zona Torri o zona brillamenti), Arbaresus e Campo Pisanu (zona arrivo colpi).
  Sono stati, altresì, quasi completati i recuperi dei rottami metallici presenti nei fondali della zona di mare sottoposta a sequestro probatorio, indicati dall'autorità giudiziaria di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta in corso.
  Le azioni di recupero e smaltimento dei rottami sono state avviate anche nei confronti dello specchio di acqua marino antistante Capo San Lorenzo, sottoposto, a suo tempo, a sequestro probatorio.
  È stata, inoltre, convocata, in aderenza al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, la Conferenza dei servizi che ha approvato il piano di caratterizzazione presentato dalla Difesa con la collaborazione di tecnici dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
  A seguito di ciò, sono state avviate le azioni preliminari per il bando di gara volto ad aggiudicare l'esecuzione del piano di caratterizzazione approvato che verrà reso esecutivo con le conseguenti azioni di bonifica, se necessarie, mediante le previste procedure tecnico-amministrative.
  In proposito, è il caso di evidenziare che le azioni poste in essere dalla Forza armata, sono, comunque, adottate a mero titolo cautelativo e di prevenzione, non essendovi, allo stato attuale, chiare evidenze scientifiche circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le attività svolte nel piSQ e l'eventuale impatto sull'ambiente e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale.
  Per la bonifica del territorio, il Dicastero si è attivato, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal 2012, mentre, per il triennio 2013-2015, sono in corso contatti con i rappresentanti del Governo coinvolti (Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministro della salute) e con il Presidente della regione autonoma Sardegna dottor Cappellacci, per prevedere l'inserimento, già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità, di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
  Quanto, in ultimo, ai Radar RIS-3C – cui fa riferimento l'interrogante – la relativa documentazione è stata fornita all'Autorità giudiziaria nell'ambito dell'inchiesta, tuttora in corso, avviata dalla richiamata Procura di Lanusei.
  La Difesa – il cui atteggiamento è stato sempre improntato all'assoluta trasparenza – attende con fiducia gli esiti dell'indagine in corso, con l'auspicio che si possano dare risposte precise, sulla base di dati scientificamente attendibili, nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.
  Il Dicastero ha sempre mantenuto un atteggiamento attivo e trasparente sulla tematica, confrontandosi e collaborando con le sollecitazioni provenienti dall'esterno, accogliendo le varie istanze senza pregiudizi, operando secondo risultanze di vari studi, ricerche e approfondimenti di volta in volta effettuati.
Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica del 3 maggio 2012 risulta che: «Con precise condizioni e raccomandazioni, i lavori della galleria di Ripoli della Variante di valico continueranno. Il responso degli esperti esterni chiamati dal prefetto Angelo Tranfaglia (Ispra e Cnr) è stato reso pubblico ieri in Prefettura. I tecnici rassicurano, viene esclusa l'esistenza di un disastro ambientale, ma intanto Toto Costruzioni, che sta scavando al lato Sud della galleria e che già da un anno ha posto con forza il tema dei rischi di questi lavori, ha inviato in Procura una perizia-choc. Una perizia nella quale si sostiene che la pressione di milioni di metri cubi di frana che incombe sulle strutture della galleria e che già ha modificato di alcuni centimetri l'assetto dell'opera, nel corso degli anni renderà del tutto inutilizzabile l'autostrada che corre dentro la galleria»;
   l'articolo prosegue affermando che: «I tecnici di Ispra e Irpi del Cnr dovevano rispondere alle domande del prefetto sui rischi attuali per l'incolumità delle persone. Il pericolo di collasso, seppure basso, c’è, ma viene escluso »un crollo repentino« dell'intero versante. Siccome il problema di cui si occupa il prefetto è soprattutto l'incolumità delle persone, i tecnici affermano che gli scavi, ora interrotti da Pasqua possono così riprendere, pur con alcune novità. I monitoraggi saranno estesi e soprattutto collegati ad un sistema di allarme permanente. A Ripoli verrà installato un presidio di Protezione Civile e gli abitanti saranno chiamati a collaborare. I tecnici raccomandano anche l'introduzione di tecniche di scavo che possano dare meno “disturbo” alla frana» –:
   se e quali iniziative intendano promuovere per verificare ulteriormente il livello di sicurezza dell'area interessata ai lavori;
   se non si ritenga di sospendere comunque i lavori in attesa dell'esame da parte della procura della perizia-choc presentata dalla Toto Costruzioni. (4-16178)

  Risposta. — Lungo il tracciato dell'autostrada Al Milano-Napoli nel tratto Rioveggio-Firenze, è situato il viadotto Rio Piazza, alla progressiva chilometro 229+836 (area comunale di San Benedetto Val di Sambro). L'infrastruttura risulta composta da due impalcati separati, di larghezza pari a 11 metri, a due corsie (marcia e sorpasso) più la corsia di emergenza. La fondazione del viadotto è stata effettuata su pozzi (manufatti ottenuti mediante escavazione), la cui struttura in elevazione è costituita da cemento armato precompresso, a fili aderenti, con schema statico di trave semplicemente appoggiata (impalco articolato su 6 travi su cui poggia una soletta di 30 centimetri).
  Al riguardo, Anas ha rappresentato che il viadotto, controllato mediante un sistema di monitoraggio specifico, ha manifestato modesti movimenti, strumentalmente rilevabili, a carico di alcune pile, la cui velocità di avanzamento risulta costante, ma di limitata entità. La società concessionaria Autostrade per l'Italia Spa, pur confermando la mancanza di pericolosità del fenomeno, ha, tuttavia, definito un piano di intervento preventivo, concordato con l'Ispettorato vigilanza concessioni autostradali dell'Anas, consistente nell'ampliamento della sede di appoggio degli impalcati sulle pile tale da assorbire eventuali ulteriori spostamenti. Ad oggi il traffico si svolge regolarmente e in condizioni di adeguata sicurezza.
  Per quanto attiene alle gallerie Val di Sambro e Sparvo, queste risultano quasi interamente completate, mentre la galleria di Ripoli, della lunghezza complessiva di circa 4 chilometri, è stata, già, scavata per 1650 metri (circa 550 metri da un imbocco e 1100 metri dal lato opposto).
  Lo stato di avanzamento dei lavori della variante è pari circa all'80 per cento e le citate gallerie, situate ai lotti 5A, 6 e 7, rappresentano le ultime opere da completare prima della definitiva apertura al traffico della nuova tratta autostradale, prevista per il primo semestre del 2014.
  Si evidenzia che il progetto della variante di valico ha seguito un iter approvativo più che ventennale, nel corso del quale sono stati concordati, con tutti gli enti interessati (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenze, Ministero della difesa, Anas, Anas Spa, regione Emilia Romagna, provincia di Bologna, comune di San Benedetto Val di Sambro) il tracciato, le opere di cantiere e gli interventi di mitigazione e compensazione ambientali relativi al territorio interessato dall'infrastruttura.
  Per la complessità delle opere in esecuzione, inoltre, tutte le attività svolte sulla variante di valico sono state e sono, tuttora, monitorate dall'Osservatorio ambientale- socioeconomico, composto dai rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte nella realizzazione dei lavori (principalmente dalla regione Emilia Romagna).
  Per quanto riguarda il tracciato relativo al tratto di galleria Val di Sambro, che interessa l'abitato di Ripoli, si segnala che esso è stato definito, nella sua configurazione attuale, alla Conferenza di servizi del luglio 2005 e approvato in data 19 settembre 2005 da tutti gli enti territoriali competenti.
  Nel Protocollo d'intesa del novembre 2011, relativo alla valutazione dei danni subiti da alcuni immobili a causa dei lavori, intervenuto tra la società concessionaria Autostrade per l'Italia (Aspi), il Prefetto di Bologna, la regione Emilia Romagna, la provincia di Bologna ed il comune di San Benedetto Val di Sambro, è stato anche formato un «Collegio di tecnici» che, avvalendosi della collaborazione dei Vigili del fuoco, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche e dell'Osservatorio ambientale, agisce come soggetto terzo rispetto alla stazione appaltante e all'impresa esecutrice, con il compito di valutare la stabilità degli edifici di Santa Maria Maddalena e di Ripoli, quantificando gli eventuali danni derivanti dai lavori in corso.
  Nel mese di marzo 2012 si è svolto un incontro presso la Prefettura di Bologna, con la partecipazione dei rappresentanti di tutti gli enti (regione, provincia e comune) e le società interessate alla realizzazione della galleria, nel corso del quale sono stati illustrati gli esiti del «Rapporto di sintesi dell'evoluzione dei movimenti dell'abitato, di Santa Maria Maddalena - aggiornamento 4 del 12 marzo 2012», redatto dal servizio geologico della regione Emilia Romagna, le cui conclusioni hanno generato forti preoccupazioni nell'opinione pubblica locale.
  Anas ha riferito che nel corso dell'incontro il «collegio dei tecnici» ha confermato l'assenza di «elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale» e ha ribadito che «non vi è incompatibilità tra l'attività di monitoraggio e un prudente avanzamento dei lavori». Inoltre, i tecnici estensori del rapporto, hanno evidenziato nelle conclusioni del loro studio che, in base ai modelli previsionali adottati, «è da escludere l'ipotesi di un collasso del versante interessato dai lavori della galleria», pur sottolineando la necessità di proseguire nel monitoraggio ambientale in atto.
  La società concessionaria Aspi ha ribadito, nel corso dell'incontro, la propria volontà di proseguire regolarmente i lavori, confermando, tuttavia, l'adozione di ulteriori accorgimenti cautelativi quali, ad esempio, il maggior distanziamento tra i fronti di scavo (da elevare a 120 metri), tale da alleggerire il condizionamento dello scavo sullo «stato tensionale» dell'ammasso roccioso e/o il rallentamento della velocità di scavo.
  Il Prefetto di Bologna, nel medesimo incontro, affermava che «ad oggi non sono emersi elementi che indichino una condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità o rischio di disastro ambientale e poiché non è possibile ordinare la sospensione di lavori (non sussistendone i presupposti), viene richiesto un fermo per acquisire ulteriori elementi da parte di altri tecnici che possano contribuire a tranquillizzare le istituzioni locali, i cittadini di Ripoli e l'opinione pubblica». Il tavolo tecnico è stato, quindi, aggiornato all'acquisizione degli elementi richiesti dal Prefetto, mediante uno studio elaborato da rappresentanti dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e dell'Irpi (Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr).
  Il risultato degli studi di Ispra ed Irpi è stato illustrato in un successivo incontro tenutosi presso la Prefettura di Bologna, il 2 maggio 2012, la cui sintesi è la seguente:
   si definisce «a bassa probabilità d'occorrenza» la riattivazione/mobilizzazione dell'intero versante, senza chiari indicatori premonitori di movimento (si suggerisce l'integrazione del sistema di monitoraggio in un sistema di allerta a supporto di decisioni di protezione civile);
   non si esclude completamente la possibilità che si possano avere deformazioni localizzate (si raccomanda di intensificare le analisi di vulnerabilità statico-strutturale degli edifici definendo, altresì, le condizioni di vulnerabilità del reticolo stradale e delle infrastrutture a rete);
   non si suggerisce una sospensione delle attività di scavo in quanto, valutando la posizione delle canne e della loro area di influenza rispetto alle superfici di scivolamento profonde già note, si riuscirà a contrastare le deformazioni della superficie topografica;
   si definisce di difficile progettazione e realizzazione opere di consolidamento del versante e/o di contenimento di frane profonde (si suggerisce di migliorare e di estendere il controllo dell'evoluzione spaziotemporale dei fenomeni deformativi in atto, riducendo gli effetti di disturbo adottando diverse strategie di scavo e di messa in opera degli interventi di sostegno provvisori e definitivi).

  Successivamente, la società Autostrade per l'Italia ha notificato all'Anas le azioni intraprese per adempiere alle prescrizioni emerse dal suddetto studio.
  L'operato della concessionaria è stato oggetto di verifica anche da parte dell'Irpi del Cnr e dell'Ispra che hanno ritenuto parzialmente soddisfatte le richieste subordinando la prosecuzione dei lavori al completo adempimento delle prescrizioni indicate. In particolare:
   l'adozione di misure specifiche (monitoraggio) e di modellazioni adeguate al fine di valutare gli effetti delle nuove tecnologie/strategie di scavo;
   la frequenza delle letture dei dati di monitoraggio inferiore al giorno;
   l'integrazione del piano di monitoraggio con il piano di protezione civile locale;
   la formazione e la diffusione di un piano di protezione civile.

  La società Autostrade per l'Italia ha ottemperato alle richieste contenute nei primi tre punti sopra riportati, mentre, per quanto riguarda il quarto ha provveduto la regione Emilia Romagna, essendo la competenza regionale.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, si comunica che i lavori, tra l'altro sospesi cautelativamente, sono ripresi nel rispetto delle maggiori precauzioni finora indicate. Le suddette raccomandazioni sono state esaminate e validate come le migliori dagli esperti del collegio dei tecnici e sono finalizzate a garantire una maggiore sicurezza sia per l'aspetto strettamente connesso ai lavori di realizzazione della galleria, attraverso un monitoraggio molto più accurato durante lo scavo, sia per l'aspetto incolumità delle popolazioni, attraverso l'adozione di un ulteriore sistema di allerta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   risulta da agenzie di stampa che, dopo il crollo del «Geremia II» sulla strada statale 626 per Caltanissetta (maggio 2009) e la caduta del ponte ferroviario lungo la tratta per Caltagirone (maggio 2011), un altro viadotto di Gela mostrerebbe gravi segni di cedimento;
   si tratta del cavalcavia che, alle porte della città, collega la via Venezia alla strada statale 117-bis per Catania ed Enna che è stato realizzato negli anni ’70 ed è uno degli snodi viari più importati e più movimentati di Gela, sia per il traffico extraurbano che per quello urbano;
   il presidente dell'associazione di protezione civile «Ambiente e Sviluppo», Francesco Cassarino, ha segnalato alla procura della Repubblica del tribunale di Gela la caduta di pezzi di calcestruzzo che hanno messo a nudo i ferri di pilastri e campate, la cui consistenza apparirebbe compromessa dal tempo e dalle intemperie –:
   se si intenda disporre una perizia statica dell'Anas che consenta la verifica della stabilità della struttura viaria e se intenda comunicare quali siano gli esiti.
(4-16406)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, la società Anas, interessata al riguardo, ha fatto presente che nel corso degli ultimi mesi ha effettuato numerosi sopralluoghi e verifiche tecniche per accertare la stabilita del viadotto di Gela, situato sulla strada statale 117 bis «centrale sicula» tra il chilometro 91+280 e il chilometro 91+700.
  Le ricognizioni effettuate sulla suddetta infrastruttura hanno riscontrato la presenza di alcuni distacchi superficiali del calcestruzzo di rivestimento senza, tuttavia, rivelare danni strutturali (lesioni o cedimenti) tali da compromettere la tenuta e la sicurezza dell'opera.
  Si informa, altresì, che l'Anas ha già programmato dei lavori di manutenzione straordinaria, per un importo complessivo di circa 2,26 milioni di euro, necessari al restauro statico e conservativo del viadotto, al ripristino delle superfici ammalorate e alla protezione della struttura da agenti naturali aggressivi esterni. L'intervento sopradescritto è previsto nel Contratto di programma Anas 2011.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.