XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il Palazzo ducale di Mantova è un tesoro artistico di inestimabile valore;
    le scosse telluriche susseguitesi nel mese di maggio 2012 hanno provocato danni strutturali che la sovrintendenza stima in dieci milioni di euro;
    i danni alle opere d'arte sono stati per fortuna esigui e già sono iniziati i lavori di restauro di affreschi danneggiati;
    il Palazzo ducale è oggi soltanto parzialmente agibile al pubblico. In particolare, non è accessibile la «Camera degli Sposi» di Andrea Mantegna, assoluto capolavoro dell'arte mondiale, che per fortuna ha subito lievi danni (cadute sulla parete della Corte, zona centrale, nella porzione di cielo, riapertura di una crepa sottile preesistente, con relativi sollevamenti di stucchi), ma non è raggiungibile dal pubblico che dovrebbe transitare per corridoi non in sicurezza;
    l'urgenza di procedere al ripristino di condizioni adeguate di sicurezza per il pubblico e per le opere d'arte è palese, tanto più se si considera che l'economia turistica della città di Mantova e dei dintorni si basa sull'attrattiva di questo Palazzo ducale e, in particolare, della «Camera degli Sposi», che ha la stessa valenza della «Gioconda» al Louvre;
    in questa situazione di emergenza i responsabili artistici e il commissario per le zone terremotate delegato dalla regione Lombardia convergono nell'ipotesi di permettere l'accesso fuori dell'itinerario fin qui adibito al pubblico alla «Camera degli Sposi», che fino a prima del terremoto era in grado di ospitare 1.500 visitatori al giorno. Una soluzione di accesso alternativa, affidata ad un grande architetto, sarebbe certamente una opportunità di fascino ulteriore di Palazzo ducale, evitando l'inevitabile lenta tempistica delle opere di messa in sicurezza, che comunque vanno condotte a termine,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire il pieno recupero del Palazzo ducale di Mantova la sua agibilità in tempi rapidi;
   a valutare la proposta di un accesso straordinario alla «Camera degli Sposi»;
   ad assumere iniziative per mobilitare organismi internazionali per garantire il recupero e il rilancio di palazzo ducale e in particolare della «Camera degli Sposi».
(1-01115) «Renato Farina, Corsaro, Centemero, Palmieri, Frassinetti, Abelli, Nola, Bocciardo, De Corato, Vignali, Gelmini, Romani, Beccalossi».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    i territori dell'Emilia Romagna sono stati colpiti, a partire dal 20 maggio 2012, da forti e ripetute scosse telluriche e tali eventi sismici hanno causato, oltre che la perdita di numerose vite umane, ingenti danni alle abitazioni, al patrimonio artistico, agli stabilimenti produttivi del territorio;
    a fronte dell'emergenza sono stati adottati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 21 maggio 2012, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, nonché le delibere del Consiglio dei ministri del 22 e del 30 maggio 2012, con le quali è stato dichiarato fino al 31 luglio 2012 lo stato di emergenza in ordine agli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo;
    con l'ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile n. 1 del 22 maggio 2012 e le ordinanze n. 2 e 3 del 2 giugno 2012 sono stati adottati i primi interventi urgenti volti al primo soccorso, all'assistenza della popolazione nonché ai primi interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, come modificato dal decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59;
    vista la straordinaria urgenza, sono state emanate ulteriori disposizioni per fronteggiare gli eccezionali eventi sismici verificatisi nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo e favorire gli interventi di ricostruzione, la ripresa economica e l'assistenza alle popolazioni colpite;
    l'articolo 8 (sospensione di termini amministrativi, contributi previdenziali ed assistenziali) del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012 dispone, in aggiunta a quanto già disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 2012, adottato ai sensi dell'articolo 9 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la sospensione dei termini amministrativi e dei contributi previdenziali e assistenziali, fino al 30 settembre 2012;
    migliaia di contribuenti stanno, in questi giorni, ricevendo o riceveranno lettere firmate da direttori dell'Agenzia delle entrate o da Equitalia, con dettagliate richieste di documentazione relativa a dichiarazioni dei redditi del passato, in cui si ingiunge che l'ufficio, nel caso di mancato invio della documentazione richiesta entro 30 giorni, procederà alla rettifica dei dati dichiarati e alla comunicazione dell'esito del controllo e delle relative somme dovute;
    in pratica, tutte le somme portate in detrazione verrebbero considerate nulle, e al contribuente verrebbero immediatamente richiesti pagamenti di migliaia di euro, anche se non dovuti, con la ben nota aggiunta di sanzioni, interessi e spese;
    tali lettere, sono state recapitate anche nelle zone colpite dal sisma dell'Emilia Romagna, nelle zone alluvionate della Toscana e Liguria dell'ottobre 2011 e finanche ai contribuenti delle zone colpite dal terremoto dell'Aquila per accertamenti precedenti all'anno 2009;
    al contribuente viene richiesto di trasmettere numerosi documenti, tra i quali la copia dell'atto di acquisto dell'immobile dichiarato come abitazione principale, i documenti relativi al mutuo, nonché in violazione dell'articolo 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, altri che sono già in possesso dell'Agenzia delle entrate, presso la quale possono essere consultati dallo stesso interessato non senza difficoltà per i frequenti cambi del numero di identificazione personale, come i documenti relativi ai contributi versati, facilmente reperibili;
    a tutti i lavoratori, anche dipendenti, anche pubblici viene richiesta la documentazione relativa ai contributi previdenziali versati alla gestione pensionistica obbligatoria di appartenenza; anche questi dati possono essere facilmente reperiti presso gli enti previdenziali, o presso il datore di lavoro; ancor meglio, si tratta di dati contenuti nel CUD, certamente reperibile da parte della pubblica amministrazione;
    molti cittadini si trovano nell'impossibilità di ottemperare all'obbligo perentorio prescritto nelle lettere richiamate; le richieste appaiono quindi come un'odiosa vessazione del contribuente,

impegna il Governo

ad emanare direttive all'Agenzia delle entrate ed a Equitalia, nonché agli altri enti interessati affinché le richieste di documentazione, come quelle esposte in premessa, non siano inviate ai cittadini delle aree dichiarate colpite da calamità naturale, ai sensi dell'ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile, e a sospendere le richieste di documentazione ai cittadini che dichiarino di aver subito danneggiamenti alla propria abitazione o alla propria azienda.
(7-00957) «Bernardo, Barani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   sul sito web ufficiale dell'Associazione familiari delle vittime del 2 agosto 1980 sono pubblicate le schede di tutte le 85 vittime dell'attentato alla stazione ferroviaria di Bologna;
   nella scheda intestata a Mauro Di Vittorio vengono citati con apposito virgolettato brani di un non meglio specificato diario personale tenuto dalla vittima in cui sono annotati episodi del viaggio all'estero effettuato nei giorni immediatamente precedenti l'eccidio;
   nella scheda suddetta si afferma che la polizia convocò a Bologna i familiari di Di Vittorio per il riconoscimento della salma attraverso una telefonata effettuata il 10 agosto 1980, dopo che la carta di identità del giovane era stata rinvenuta fra le macerie;
   agli atti giudiziari relativi alle indagini sulla strage risulta che Di Vittorio avesse in una tasca dei pantaloni solo un biglietto della metropolitana di Parigi;
   nel verbale redatto dai militari incaricati dalla procura della Repubblica di Bologna di setacciare le macerie della stazione ferroviaria, accumulate in un'area militare denominata Prati di Caprara, sembrerebbe non risultare verbalizzato alcun rinvenimento di documento di identità o agenda di proprietà del Di Vittorio –:
   se risulta da atti o documenti ufficiali il ritrovamento del diario personale e della carta di identità di Mauro Di Vittorio fra le macerie della stazione ferroviaria di Bologna.
(2-01620) «Raisi, Perina, Buonfiglio, Ciccioli, Menia, Angela Napoli, Frassinetti, Murgia, Biava, Nola, Dima, Contento, Meloni, Saltamartini, Lamorte, Traversa, Beccalossi, Lisi, Aracri, Cirielli, Rosso, Landolfi, Mussolini, Malgieri, Lorenzin, Germanà, Ghiglia, Cazzola, Tommaso Foti, Ascierto, Alberto Giorgetti, Lupi, Cannella, Porcu, Scandroglio, Proietti Cosimi, Ronchi, Cosenza, Renato Farina, Rampelli, Granata, Mariarosaria Rossi, Faenzi, Gottardo, Garagnani, Saglia, Cossiga, Lo Presti, Scanderebech, Patarino, Giorgio Conte, Toto, Palmieri, Paolo Russo, Di Biagio, Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Divella, Galli, Moroni, Muro, Paglia, Ruben, Marsilio, Gava».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come riportato sul sito web ParmaNews24 lo scorso 24 luglio 2012, gli occhi della Corte europea dei diritti dell'uomo sarebbero puntati sul carcere di Parma, ciò a causa della situazione di evidente degrado della struttura penitenziaria emiliana e del trattamento considerato disumano dei detenuti ivi reclusi. In particolare, secondo quanto è dato apprendere dalle agenzie di stampa, le criticità segnalate riguarderebbero alcuni «ricorsi, anche se non molti, di detenuti troppo malati per restare in carcere, mentre quelli legati al poco spazio a disposizione in cella sono circa 1.200»;
   l'Italia è già stata condannata per quattro anni consecutivi – l'ultima, questo mese di luglio – per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Le quattro condanne derivano da altrettanti ricorsi presentati dal detenuto Franco Scoppola, persona reclusa proprio nel carcere di Parma;
   già nel 2008 era chiaro ai magistrati e ai medici che il detenuto Franco Scoppola non poteva ricevere cure mediche adeguate all'interno dell'istituto penitenziario in questione. Ma l'amministrazione penitenziaria non si è mai attivata per risolvere il problema, il che ha dato la stura alla condanna emessa dalla Corte di Strasburgo la scorsa settimana;
   i problemi segnalati nei ricorsi sopra citati (cattiva sanità e sovraffollamento) erano già stati dibattuti dal Governo nel mese di novembre 2011, dopodiché lo Stato italiano aveva presentato alla Corte di Strasburgo il piano carceri con l'obiettivo di evitare un'ennesima condanna, ma ciò non è bastato: ora, con questo nuovo duro pronunciamento, la Corte europea dei Diritti dell'uomo chiede all'Italia risultati concreti sul fronte del diritto alle cure dei detenuti e della mancanza di spazi all'interno dei nostri istituti di pena;
   lo Stato ha il dovere di assicurare che le condizioni detentive siano compatibili con il rispetto della dignità umana;
   da tempo la sovrappopolazione e la mancanza di cure e di spazio personale nelle carceri sono state individuate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo quali violazioni dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) –:
   se nel corso dell'esame dei ricorsi presentati dal detenuto Franco Scoppola la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia invitato la Repubblica italiana a presentare osservazioni scritte;
   ove esse siano state richieste, quale sia il testo delle osservazioni che il Governo ha presentato nei relativi procedimenti e da chi siano state redatte;
   se il Ministro interrogato intenda adottare urgentissime misure compensative per supplire alla mancanza di spazio e per far sì che la salute e il benessere dei detenuti siano adeguatamente garantiti all'interno dei nostri istituti di pena;
   se, al fine di diminuire il sovraffollamento, si intenda ampliare e/o rafforzare il ricorso alle misure alternative alla detenzione;
   se il Governo non intenda favorire e/o promuovere – anche alla luce delle continue condanne provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo – un dibattito pubblico relativamente alla proposta di un provvedimento di amnistia e indulto ed individuare una serie di altre misure urgenti per rimediare alla pessima amministrazione della giustizia italiana. (4-17127)


   VOLPI, DOZZO e GIANCARLO GIORGETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo sport rappresenta un autentico veicolo di comunicazione sociale;
   la predetta comunicazione va ben oltre lo sport spettacolo solidaristico (partite del cuore, manifestazioni sportive di denuncia, e altro) che richiama pubblici e audience, poiché esiste una capillare attività di promozione del sociale che gli organismi territoriali e le migliaia di società sportive pongono in essere;
   è opinione degli interroganti che lo sport dilettantistico debba avere come finalità la ricerca di chi è maggiormente dotato per conseguire un risultato di prestazione sportiva, adattandosi plasticamente alle condizioni locali e alle capacità di ognuno;
   la Lega calcio nazionale dilettanti ha stimato che ogni associazione sportiva ha in media 5 sponsor commerciali e/o tecnici (il che si traduce nell'impegno di oltre 400.000 imprese nel sostegno delle attività di base e dilettantistiche), marketing del territorio sia in chiave turistica (scuole estive, tornei, manifestazioni, convegnistica, e altro) che in chiave di promozione dei brand locali;
   da un sondaggio accreditato risulta che su 11.000 società sportive, 1 su 4 organizza attività scolastiche, 1 su 3 dà luogo a progetti di orientamento sportivo, 1 su 5 promuove lo sport come modello di integrazione e solidarietà e sempre 1 su 5 attiva agevolazioni per le categorie svantaggiate;
   le suddette attività sono svolte in strutture ludiche sportive che dal 2001 si sono dotati di manti in erba artificiale, che ovviamente necessitano di un'adeguata certificazione che ne attesti la sicurezza;
   detta certificazione, che ha un costo di 3 mila euro, è attuata con scadenza triennale, direttamente dalla Lega calcio nazionale dilettanti;
   recentemente ha destato grande indignazione da parte delle società sportive, l'anomalo «affidamento diretto» della consueta procedura di «riomologazione dei campi in erba sintetica» a una non ben identificata «ditta» che, ai sensi della normativa vigente, avrebbe dovuto essere selezionata in base a una procedura di evidenza pubblica, elevando peraltro il costo relativo al rilascio della certificazione di ulteriori 2000 euro;
   in proposito, la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, contenuta in un gruppo di direttive, che hanno ricevuto attuazione mediante atti legislativi nazionali, prevede tra l'altro che, quando si affida un servizio il soggetto che procede all'appalto debba adottare procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente. L'obbligo sussiste sia che l'attribuzione dell'appalto spetti ad un ente pubblico territoriale o ad altro «organismo di diritto pubblico», sia che lo stesso venga effettuato da un privato, il quale in tal caso assume – come chiarito dalla Corte di giustizia delle Comunità europee – la veste di «titolare di un mandato espresso», conferito dall'ente pubblico che intende realizzare l'opera o il servizio (sentenza 12 luglio 2001, in causa C-399/98);
   la richiesta di pagamento di 5.000 euro per la procedura in parola sarebbe catastrofica sia per la maggior parte delle società sportive (il cui bilancio molto esiguo rischia di far fallire la loro partecipazione all'inizio dei campionati), sia per le amministrazioni locali;
   a livello locale, in particolare a Brescia, sono state intraprese diverse iniziative volte a sensibilizzare le più alte gerarchie territoriali sulla citata ingiusta «gabella» posta dalla Lega nazionale dilettanti sugli impianti sportivi –:
   se non ritenga altresì opportuno assumere iniziative per prevedere forme di contribuzione per i costi sostenuti dalle società sportive interessate, ai fini della «omologazione dei campi da gioco in erba sintetica»;
   in base a quali criteri siano effettuate le omologazioni dei terreni naturali, poiché esistono anche campi da gioco ibridi (misti naturali – sintetico), il cui passaggio da una categoria all'altra è spesso di difficile interpretazione normativa.
(4-17132)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 luglio 2011, la prima firmataria del presente atto ha già presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-12640 relativamente alla sottrazione internazionale di due minori avvenuta ad opera della loro madre, signora Meirelles De Oliveira, in danno del padre dei bambini, signor Federico L.;
   il Governo non ha mai risposto alla predetta interrogazione nonostante i reiterati solleciti del 21 settembre 2011, 16 novembre 2011, 15 febbraio 2012, 11 aprile 2012, 4 luglio 2012;
   successivamente ai fatti citati nella ricordata interrogazione parlamentare, si sono verificati altri fatti che hanno vieppiù aggravato la posizione dei due minori e del padre di questi ultimi. In particolare:
    il 4 novembre 2010 l'avvocato Normanha ha presentato ricorso al Consiglio superiore della magistratura portoghese evidenziando: a) l'operato del giudice Vouga che si era avocato ben due procedimenti diversi (processo Aja e riconoscimento sentenza sull'affidamento), emettendo sentenza sommaria individuale, revocando i provvedimenti precedenti di entrambi i processi; fatto che la signora Meirelles fosse inspiegabilmente a conoscenza di provvedimenti che sarebbero stati emanati dal giudice Vouga. Nel ricorso citato è stato anche segnalato come la polizia giudiziaria si sia rifiutata di eseguire doppi mandati di consegna in corso di validità ed esecutività dei bambini al padre;
    l'8 novembre 2010 l'avvocato Normanha ha presentato reclamo alla corte d'appello di Lisbona relativamente al processo per il riconoscimento della sentenza italiana sull'affidamento eccependo la manifesta violazione del Regolamento (CE) 2201/2003 ad opera del giudice Vouga;
    il 4 novembre 2010 la corte d'appello di Lisbona sospende il procedimento di riconoscimento ed esecuzione della sentenza italiana sull'affidamento poiché, essendo stato presentato ricorso in corte di cassazione in Italia da parte della signora Meirelles, ritiene opportuno riconoscere al ricorso un effetto sospensivo nonostante tale effetto sia incompatibile con l'ordinamento giuridico portoghese e italiano, ma ritenendo opportuno procedere per eccezione;
    l'11 novembre 2010 l'avvocato Normanha presenta reclamo alla corte d'appello di Lisbona relativamente al processo Aja eccependo il difetto di competenza del giudice Vouga nel revocare i mandati di consegna dei bambini al padre;
    il 12 novembre 2010 il giudice del Tribunale di primo grado, relativamente al processo di riconoscimento ed esecuzione della sentenza italiana sull'affidamento, chiede l'invio dell'intero fascicolo al Consiglio superiore della magistratura portoghese affinché valuti la validità del provvedimento del giudice Vouga;
    il 7 dicembre 2010 la corte d'appello di Lisbona respinge il reclamo presentato dall'avvocato Normanha con un provvedimento collegiale, collegio il quale è presieduto dallo stesso giudice Vouga;
    il 4 gennaio 2011 l'avvocato Normanha presenta doppio ricorso alla Suprema corte di cassazione contro il provvedimento della corte d'appello sul procedimento di riconoscimento ed esecuzione della sentenza italiana sull'affidamento, eccependo questioni di incostituzionalità e violazione procedurale, ribadendo inoltre che nello spazio comunitario, secondo il regolamento (CE) la sentenza italiana non deve nemmeno necessitare l'instaurazione di un nuovo processo di riconoscimento presso lo Stato destinatario;
    il 20 gennaio 2011 il Consiglio superiore della magistratura portoghese respinge il ricorso presentato dall'avvocato Normanha ritenendolo inammissibile in quanto inerente fatti squisitamente giurisdizionali ed ignorando e non argomentando, nelle motivazioni, l'illecito che era stato evidenziato;
    il 27 gennaio 2011 la corte d'appello di Lisbona si pronuncia, relativamente al processo Aja, ordinando la continuazione del processo al tribunale di primo grado disponendo che si indaghino eventuali cause di rischio fisico e psichico grave (ex Articolo 13 Convenzione Aja) a cui i bambini potrebbero essere esposti al loro rientro in Italia. Si tratta di un provvedimento che suscita anche lo stupore del giudice di primo grado poiché nemmeno la signora Meirelles aveva eccepito tale argomentazione nella sua impugnazione e perché tale istruttoria non si rendeva necessaria una volta che la sentenza di affidamento esclusivo al padre e decadimento della potestà genitoriale della madre, pronunciata dal tribunale per i minorenni di Bologna, poi confermata dalla corte d'appello di Bologna, già escludeva qualsiasi causa di rischio e doveva ritenersi vincolante anche per il sistema giudiziario portoghese, come da rapporti intra-comunitari;
    il 21 marzo 2011 la Corte di cassazione italiana accoglie parzialmente il ricorso presentato dalla signora Meirelles ammettendo che la sentenza della corte d'appello debba essere parzialmente cassata là dove aveva ritenuto inammissibile il ricorso per intempestività. La Corte di cassazione mantiene decaduta la signora Meirelles della potestà genitoriale e rinvia alla Corte d'appello la questione inerente l'affidamento ed il regime di visita per questioni di tempestività del ricorso, già indicando però che questa «ferma la decadenza della potestà della madre, la regolamentazione dell'affidamento [...] troverà spazi limitati»;
    i giorni 7-8-9 dicembre 2011 si celebrano per la terza volta le udienze di primo grado del processo Aja, con audizione dei testimoni, allo scopo di verificare le cause di rischio per i bambini al ritorno in Italia. I familiari della signora Meirelles ammettono che nel periodo giugno-settembre 2010 si erano resi irreperibili, assieme alla Meirelles ed i bambini per evitare di essere rintracciati perché a conoscenza dei mandati di consegna. In fase istruttoria il giudice chiede ed ottiene per rogatoria una nuova ed aggiornata relazione ai servizi sociali italiani circa la situazione abitativa, economica e sociale del signor Federico L. la quale conferma la perfetta idoneità di questi ad accogliere ed allevare i propri figli;
    il 23 marzo 2012 il tribunale di primo grado, relativamente al processo Aja, emette una nuova sentenza determinando nuovamente il ritorno immediato dei bambini in Italia e la loro consegna al padre, emettendo nuovi mandati di consegna immediatamente esecutivi per la polizia e la Dgrs, esplicitando che non c’è alcun pregiudizio a che la madre accompagni i bambini, assieme al padre. Il giudice precisa inoltre che la riconsegna dei bambini al padre non equivale, come asserito dalla signora Meirelles, a privarli della figura materna, la quale non ha alcun impedimento, nemmeno da parte del signor Federico L. a frequentarli con continuità, bensì a permettere loro di riconquistare la figura patema, alla quale sono provatamente legati e della quale hanno assoluta necessità;
    nei giorni immediatamente successivi la Dgrs organizza, d'accordo con la polizia locale, il prelievo dei bambini per la consegna al padre ma questi, assieme a tutta la famiglia (madre e nonni) risultano nuovamente irreperibili, a casa come a scuola;
    il 28 marzo 2012 la signora Meirelles deposita un atto al tribunale di primo grado chiedendo che al suo ricorso in appello venga riconosciuto l'effetto sospensivo e che non vengano emessi i mandati di consegna dei bambini;
    il 29 marzo 2012 il giudice del processo Aja respinge la richiesta di attribuzione di effetto sospensivo alla signora Meirelles poiché non ammissibile nella sostanza e nella forma, dato che nessun ricorso è ancora stato presentato. La informa altresì che i mandati sono già stati emessi e che sono immediatamente esecutivi;
    il 29 marzo 2012 la signora Meirelles deposita il ricorso in corte d'appello, chiedendo nuovamente l'attribuzione di effetto sospensivo ed asserendo che la consegna dei bambini al padre italiano (anche in quanto tale) sarebbe contraria e pericolosa per l'ordine pubblico portoghese;
    il 2 aprile 2012 l'avvocato Normanha denuncia alla sezione penale del tribunale di Lisbona il consapevole rifiuto della Meirelles di riconsegnare i bambini, i quali sono stati da questa occultati, e chiede che a suo carico venga emesso mandato di arresto europeo per sottrazione di minori e sequestro di persona e la segnalazione ai servizi SIS, SIRENE. A tal fine ricorda che la signora Meirelles è stata privata dell'affidamento e della potestà genitoriale sui figli;
    il 16 aprile 2012 l'avvocato Normanha, procuratore del signor Federico L., si costituisce in appello;
    il 18 aprile 2012 la direzione della Dgrs informa il giudice che la polizia locale ha rintracciato la signora Meirelles presso la sua residenza abituale ma in assenza dei figli che questa dichiara che i bambini si trovano con i nonni, in un luogo che rifiuta di rivelare. La direzione, data l'ostruzione della signora Meirelles all'esecuzione dei mandati di consegna suggerisce di attivare la divisione specializzata nel rintraccio delle persone scomparse della polizia giudiziaria;
    il 20 aprile 2012 la corte d'appello di Bologna, secondo quanto indicato dalla corte di cassazione, si pronuncia confermando integralmente la sentenza del tribunale per i minorenni di Bologna che affidava i bambini al padre e dichiarava la madre decaduta della potestà genitoriale;
    il 27 aprile 2012 il Procuratore impone alla signora Meirelles di rivelare il luogo dove si trovano i figli entro cinque giorni;
    il 28 maggio 2012 il signor Federico L. presenta nuova denuncia-querela alle autorità italiane a, ipotizzando i reati di cui agli articoli 574-bis e 606 del codice penale, chiedendo inoltre l'attivazione dell'Interpol per il rintraccio dei propri figli;
    il 21 giugno 2012 la corte d'appello di Lisbona respinge il ricorso presentato dalla signora Meirelles, relativamente al processo Aja, perché inammissibile, non alterando quindi la validità della sentenza del tribunale di primo grado, con i conseguenti mandati di consegna dei bambini al padre, che rimangono esecutivi;
    il 27 giugno 2012 l'avvocato Normanha segnala alla sezione penale del tribunale di Lisbona, relativamente alla denuncia presentata il 2 aprile 2012 – circa la quale non si conosce alcun esito – l'emissione della sentenza della corte d'appello, rinnovando la richiesta di emissione di mandati di cattura;
   attualmente i due minori sono occultati in qualche luogo che la madre si rifiuta di rivelare; non frequentano la scuola da mesi e non possono accedere ai servizi sanitari. In sostanza, pur non essendolo, vivono come orfani di padre, per via della condotta della signora Meirelles la quale da anni (ed impunemente) ignora ed ostacola l'esecuzione di qualsiasi provvedimento giudiziario;
   le autorità portoghesi paiono avallare la strategia dilatoria operata dalla signora Meirelles la quale ignora il danno causato ai figli, in questo fiancheggiata dai propri familiari, e violano apertamente le più basilari norme di cooperazione internazionale, non mancando, talvolta, di esprimere pareri denigratori del cittadino straniero (nella fattispecie il padre dei minori);
   a fronte di tutto ciò, grave e preoccupante appare il silenzio del Governo, il quale fino a questo momento non ha dato risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-12640 –:
   se ed in che modo si siano attivate le autorità italiane dopo il deposito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-12640 dell'11 luglio 2011;
   se non ritengano necessario intervenire presso le autorità portoghesi affinché venga data finalmente esecuzione ai provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie italiane e straniere con le quali è stato disposto l'affidamento esclusivo dei minori al padre, e perché le stesse autorità agevolino, nell'interesse dei bambini, il loro rientro in Italia ed affinché, per quanto di competenza, siano trovati spazi di collaborazione sul versante giudiziario per arrivare in tempi brevi ad adottare decisioni sul futuro dei bambini conformi a quanto previsto dalle convenzioni internazionali. (4-17137)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   CASINI, GALLETTI e VOLONTÈ. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   domenica 22 luglio 2012 è morto in un incidente stradale a Bayamo, nell'est dell'isola di Cuba, Oswaldo Payà, uno dei più noti esponenti della dissidenza di Cuba e leader del Movimento cristiano liberacion;
   secondo l'Avana chi era alla guida del mezzo ha perso il controllo dell'auto finendo contro un albero, mentre secondo alcuni testimoni un camion avrebbe seguito la vettura per poi tamponarla a più riprese;
   il 2 giugno 2012 Payà sarebbe scampato, insieme alla moglie, ad un altro attentato mentre era in auto –:
   se non ritenga opportuno e necessario, d'intesa con le istituzione europee, chiedere alle autorità cubane di aprire un'inchiesta trasparente ed indipendente che faccia chiarezza sulla morte del dissidente Payà. (3-02416)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il signor Bruno Pistoia, cittadino italiano, si trova recluso in Francia, all'interno della struttura penitenziaria di Nizza;
   il 12 luglio 2012 l'uomo ha ricevuto una lettera/comunicazione dall'ospedale di Nizza nella quale i medici sostengono che il quadro clinico del signor Pistoia è molto grave posto che i valori della glicemia sono costantemente sopra i 500 e che per questo motivo il paziente necessita di un immediato trasferimento a Marsiglia per essere sottoposto ad un ricovero urgente;
   nella predetta comunicazione i medici dell'ospedale di Nizza scrivono anche che — considerate le gravi condizioni di salute in cui versa l'uomo e le probabili conseguenze disastrose alle quali possono condurre i valori della glicemia così alti — da questo momento in poi loro non sono più responsabili della salute del signor Pistoia;
   il signor Pistoia non vuole essere trasferito all'ospedale di Marsiglia perché ciò aumenterebbe la distanza dai suoi affetti familiari, visto e considerato che già oggi la signora Stefania Novelli deve sostenere un viaggio molto lungo e dispendioso per recarsi a trovare il marito nel carcere di Nizza;
   ed invero più di quattro mesi fa l'uomo ha chiesto il trasferimento in un carcere italiano. A tal proposito, l'ambasciatore italiano a Nizza e il direttore del carcere francese hanno più volte garantito alla signora Stefania Novelli che la richiesta di trasferimento sarà presto accolta, ma finora nulla di tutto questo è avvenuto –:
   se il Ministro interrogato non intenda immediatamente assumere iniziative per accertare le condizioni di salute del signor Bruno Pistoia;
   se le pratiche relative alla richiesta del signor Pistoia di scontare il resto della pena comminatagli in un carcere italiano stiano facendo il loro corso regolare, e se, da questo punto di vista, il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché al più presto il detenuto in questione ottenga il trasferimento chiesto ormai più di quattro mesi fa in modo da essere curato vicino all'affetto dei suoi cari. (4-17116)


   MIGLIORI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   è deceduto in circostanze misteriose Osvaldo Payà, storico dissidente cubano, leader del Movimento cristiano di liberazione, più volte condannato ai lavori forzati;
   insignito dal Parlamento europeo nel 2002 del premio Sakharov, più volte candidato al Nobel per la pace, Osvaldo Payà è stato guida morale della resistenza pacifica al regime castrista, combattendo, in duri decenni di persecuzione, per la libertà e i diritti civili;
   nello stesso incidente automobilistico ha trovato la morte anche Harold Cepero altro dissidente cubano e sono rimasti feriti gravemente due giovani dirigenti del partito popolare europeo;
   non sono chiari i motivi e la dinamica dell'incidente tanto che sia il Governo spagnolo che il segretario generale del partito popolare europeo Antonio Lopez hanno chiesto al Governo cubano una indagine per chiarire esattamente le ragioni dell'incidente stesso –:
   se non si ritenga opportuno chiedere ufficialmente al Governo cubano di fare chiarezza sui motivi dell'incidente automobilistico onde appurare definitivamente se la morte dei dissidenti cubani sia stata effettivamente accidentale. (4-17122)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


   PES e ROSSA. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'alfabetizzazione motoria, come descritto dal sito del CONI, è un progetto rivolto a tutti gli alunni e gli insegnanti della scuola primaria, attuato congiuntamente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal CONI con l'obiettivo di promuovere e trasmettere il valore della pratica sportiva nel tessuto sociale, quale fattore di benessere individuale, di coesione e di sviluppo culturale ed economico;
   l'insegnante titolare è affiancato da un consulente esperto qualificato che in orario curriculare propone attività didattiche diversificate per ciascuna classe;
   le attività sono finalizzate all'acquisizione delle competenze motorie e di stili di vita attivi, nel rispetto delle indicazioni ministeriali per il curricolo;
   l'educazione motoria diviene l'occasione per promuovere esperienze cognitive, sociali, culturali ed affettive;
   la proposta didattica, sempre da quanto si evince dal sito del CONI, è organizzata e realizzata secondo le indicazioni ministeriali per il curricolo, mediante una programmazione articolata in moduli che favoriscono il raggiungimento dei traguardi per lo sviluppo delle competenze attraverso un percorso che tiene in considerazione gli obiettivi di apprendimento indicati;
   l'alfabetizzazione motoria è stata attuata nella forma di progetto pilota nell'anno scolastico 2009/2010 su di un campione ristretto, interessando 31 province;
   i buoni risultati del progetto pilota del 2010 hanno permesso di confermare l'impegno del CONI nella sua prosecuzione, per un periodo di sperimentazione triennale, affiancando allo stesso CONI — anche economicamente — il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le istituzioni locali, che colgono nelle finalità progettuali, nel rigore organizzativo e gestionale e nella formula partecipativa allargata un'opportunità per raggiungere concretamente obiettivi e sfide di grande rilevanza sociale per tutti i soggetti a vario titolo coinvolti;
   nel 2011 il progetto pilota ha interessato tutte le province italiane;
   con nota n.0003201/12 in data 9 luglio 2012 il CONI ha comunicato ai comitati regionali e provinciali che l'importo di euro 2.500.000,00, previsto dall'accordo Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-CONI stipulato in data 29 dicembre 2011, non è ancora nelle disponibilità del CONI, in quanto risultano in corso gli adempimenti amministrativi necessari al trasferimento dei fondi;
   il CONI, sulla base delle norme amministrative alle quali è soggetto, non può effettuare il pagamento per la quota eccedente i 5.000.000,00 euro stanziati in favore del progetto, sino all'incasso della quota spettante al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   al momento, comunica il CONI nella nota di cui sopra, sarà consentito riconoscere agli operatori solo una quota a titolo di «acconto», pari a circa il 45 per cento del saldo finale dovuto;
   il CONI in una nota ha comunicato ai comitati regionali e provinciali la prosecuzione del progetto di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria per l'anno scolastico 2012-2013, visti i riscontri positivi avuti negli anni scorsi;
   nella nota il CONI conferma l'ulteriore estensione sul territorio nazionale del progetto di alfabetizzazione motoria, con l'incremento delle istituzioni scolastiche coinvolte e dei laureati in scienze motorie –:
   quali siano i motivi che non hanno consentito la totale liquidazione al CONI della cifra relativa al progetto «alfabetizzazione motoria», mettendo il Comitato nelle condizioni di non poter erogare la cifra ai laureati in scienze motorie che hanno preso parte al progetto;
   se siano in grado di prevedere i tempi necessari per elargire le somme spettanti, in previsione anche del fatto che è intenzione del CONI e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dare seguito al progetto. (4-17124)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nell'isola di Ischia, come in molte località costiere, è diffusa la navigazione per fini escursionistici e ricreativi, per permettere ai turisti di trascorrere una giornata alla scoperta della costa e del parco marino;
   gli operatori isolani di questa categoria, che operano da diversi anni, sono circa un centinaio suddivisi tra i sei comuni dell'isola, e attendono la stagione estiva per poter svolgere la loro attività turistica, mediante la quale spesso traggono il sostentamento per tutto l'anno;
   da alcuni anni le più note compagnie di navigazione abilitate al traffico di passeggeri sono entrate in concorrenza con le più piccole imbarcazioni dei pescatori e con gli operatori del settore isolani, rendendo a queste ultime l'attività di navigazione onerosa e difficoltosa;
   inoltre, la capitaneria di porto di Napoli, nell'esercizio delle sue funzioni, quotidianamente, anche più volte al giorno con zero sospetto ferma le piccole imbarcazioni storiche per controlli, trattenendole in porto per diverso tempo, generando disagio e malcontento nei turisti imbarcati;
   la legislazione in merito è farraginosa e lacunosa, poco incline alla tutela delle piccole imbarcazioni, caratteristiche del luogo, e del parco marino lungo la costa;
   tutto ciò rende svantaggiosa la navigazione da diporto e i turisti, da qualche anno, preferiscono rivolgersi alle grandi compagnie di navigazione piuttosto che alle caratteristiche più piccole imbarcazioni dell'isola –:
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per definire una normativa di riferimento per il diporto turistico, nel rispetto del regolamento del parco marino dell'isola di Ischia, definendo la rotta, le soste, gli ancoraggi, la distanza dalla costa, permettendo entro un certo limite dalla costa la navigazione alle sole piccole imbarcazioni che non deturpano il paesaggio e l'ambiente (come le navi di grande stazza e potenza) e che mantengono, lungo la costa, il caratteristico clima dell'isola.
(2-01618) «Ciccioli».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   PIFFARI e CIMADORO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 288, 3o comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) a proposito dello strumento legislativo della direttiva comunitaria dispone che – ... vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. – La ratio di questa disposizione pone quale elemento sostanziale il suo effetto non vincolante, ma di risultato. La direttiva non è obbligatoria in tutti i suoi elementi, in quanto, dettando solo un obbligo di risultato, lascia spazio all'iniziativa normativa di ogni stato cui è diretta. Il fine principale di questa fonte del diritto comunitario è l'avvicinamento degli istituti giuridici riguardanti date materie tra gli Stati dell'Unione. La libertà dello Stato non è assoluta in quanto deve garantire l'effetto voluto dall'Unione;
   con il ricorso per inadempimento (ex articolo 258 TFUE): – La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato è uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea;
   la Corte controlla il rispetto, da parte degli Stati membri, degli obblighi sanciti dai trattati e dagli atti di diritto derivato. Il ricorso alla Corte di giustizia è preceduto da un procedimento preliminare (la cosiddetta procedura di infrazione) avviato dalla Commissione, nel corso del quale lo Stato membro ha la possibilità di rispondere alle accuse. Se tale procedimento non porta lo Stato membro a porre fine all'inadempimento, viene presentato alla Corte di giustizia un ricorso per violazione del diritto dell'Unione europea, proposto dalla Commissione oppure da un altro Stato membro. Se la Corte accerta l'inadempimento, lo Stato è tenuto a porvi fine immediatamente;
   con la direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane pubblicata nella Gazzetta Ufficiale legge n. 135 del 30 maggio 1991, la Repubblica Italiana, recepiva un dispositivo normativo atto a regolare su tutto il territorio nazionale la questione inerente il trattamento delle acque reflue dei tessuti urbani;
   all'articolo 3 della direttiva 91/271/CEE è disposto quanto segue: Art. 3. 1. Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane: entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15.000 e entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di abitanti equivalenti compreso tra 2.000 e 15.000; per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate «aree sensibili» ai sensi della definizione di cui all'articolo 5, gli Stati membri garantiscono che gli agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti siano provvisti di reti fognarie al più tardi entro il 31 dicembre 1998. Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale. 2. Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono rispondere ai requisiti dell'allegato I A. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18;
   si è appreso in data 20 luglio e seguenti da quanto pubblicato su numerosi organi di stampa cartacea e web (Ansa.it, Corriere della Sera, Libero News.it, il sole 24 ore, green.style.it) che il nostro Paese è stato condannato poiché secondo il supremo giudice comunitario l'Italia non avrebbe rispettato le norme inerenti la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane su tutto il territorio dello Stato;
   sempre dai sovracitati articoli di stampa si è appreso altresì che la decisione della Corte di Giustizia europea, è giunta al termine di una procedura d'infrazione partita nel 2009 e che, in origine aveva coinvolto un centinaio di località distribuite su tutto il territorio italiano. Si legge che, in particolare, l'Italia non avrebbe rispettato gli obblighi imposti dalla direttiva dell'Unione europea 271/91, che impone norme sugli scarichi fognari con il solo obiettivo di tutelare l'ambiente;
   la scadenza entro la quale i comuni avrebbero dovuto adeguarsi alla normativa comunitaria era fissata al 31 dicembre 2000;
   la sentenza pubblicata in data 19 luglio 2012 e reperibile dal sito ufficiale della Corte di giustizia europea riporta espressamente quanto segue a proposito della decisione del giudice comunitario riguardo alla procedura d'infrazione intrapresa dalla Commissione nei confronti del nostro Paese: «Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara e statuisce:
   1) La Repubblica italiana, avendo omesso:
    di prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati di Acri, Siderno, Bagnara Calabra, Bianco, Castrovillari, Crotone, Santa Maria del Cedro, Lamezia Terme, Mesoraca, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rende, Rossano, Scalea, Sellia Marina, Soverato, Strongoli (Calabria), Cervignano del Friuli (Friuli-Venezia Giulia), Frascati (Lazio), Porto Cesareo, Supersano, Taviano (Puglia), Misterbianco e altri, Aci Catena, Adrano, Catania e altri, Giarre-Mascali-Riposto e altri, Caltagirone, Aci Castello, Acireale e altri, Belpasso, Gravina di Catania, Tremestieri Etneo, San Giovanni La Punta, Agrigento e periferia, Porto Empedocle, Sciacca, Cefalù, Carini e ASI Palermo, Palermo e frazioni limitrofe, Santa Flavia, Augusta, Priolo Gargallo, Carlentini, Scoglitti, Marsala, Messina 1, Messina e Messina 6 (Sicilia), aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 91/271/CEE, del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, come modificata dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, conformemente all'articolo 3 di tale direttiva,
    di prendere le disposizioni necessarie per garantire che, negli agglomerati di Lanciano-Castel Frentano (Abruzzo), Acri, Siderno, Bagnara Calabra, Castrovillari, Crotone, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rossano (Calabria), Battipaglia, Benevento, Capaccio, Capri, Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Massa Lubrense, Napoli Est, Vico Equense (Campania), Trieste-Muggia-San Dorligo (Friuli-Venezia Giulia), Albenga, Borghetto Santo Spirito, Finale Ligure, Imperia, Santa Margherita Ligure, Quinto, Rapallo, Recco, Riva Ligure (Liguria), Casamassima, Casarano, Porto Cesareo, San Vito dei Normanni, Supersano (Puglia), Misterbianco e altri, Scordia-Militello Val di Catania, Palagonia, Aci Catena, Giarre-Mascali-Riposto e altri, Caltagirone, Aci Castello, Acireale e altri, Belpasso, Gravina di Catania, Tremestieri Etneo, San Giovanni La Punta, Macchitella, Niscemi, Riesi, Agrigento e periferia, Favara, Palma di Montechiaro, Menfi, Porto Empedode, Ribera, Sciacca, Bagheria, Cefalù, Carini e ASI Palermo, Misilmeri, Monreale, Santa Flavia, Termini Imerese, Trabia, Augusta, Avola, Carlentini, Ragusa, Scicli, Scoglitti, Campobello di Mazara, Castelvetrano 1, Triscina Marinella, Marsala, Mazara del Vallo, Barcellona Pozzo di Gotto, Capo d'Orlando, Furnari, Giardini Naxos, Consortile Letojanni, Pace del Mela, Piraino, Roccalumera, Consortile Sant'Agata Militello, Consortile Torregrotta, Gioiosa Marea, Messina 1, Messina 6, Milazzo, Patti e Rometta (Sicilia), aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15.000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 91/271, come modificata dal regolamento n. 1137/2008, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte ad un trattamento conforme all'articolo 4, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva, e;
    di prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 4 7 della direttiva 91/271, come modificata dal regolamento n. 1137/2008, siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati di Lanciano-Castel Frentano (Abruzzo), Acri, Siderno, Bagnara Calabra, Castrovillari, Crotone, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rossano (Calabria), Battipaglia, Benevento, Capaccio, Capri, Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Massa Lubrense, Napoli Est, Vico Equense (Campania), Trieste-Muggia-San Dorligo (Friuli-Venezia Giulia), Albenga, Borghetto Santo Spirito, Finale Ligure, Imperia, Santa Margherita Ligure, Quinto, Rapallo, Recco, Riva Ligure (Liguria), Casamassima, Casarano, Porto Cesareo, San Vito dei Normanni, Supersano (Puglia), Misterbianco e altri, Scordia-Militello Val di Catania, Palagonia, Aci Catena, Giarre-Mascali-Riposto e altri, Caltagirone, Aci Castello, Acireale e altri, Belpasso, Gravina di Catania, Tremestieri Etneo, San Giovanni La Punta, Macchitella, Niscemi, Riesi, Agrigento e periferia, Favara, Palma di Montechiaro, Menfi, Porto Empedocle, Ribera, Sciacca, Bagheria, Cefalù, Carini e ASI Palermo, Misilmeri, Monreale, Santa Flavia, Termini Imerese, Trabia, Augusta, Avola, Carlentini, Ragusa, Scicli, Scoglitti, Campobello di Mazara, Castelvetrano 1, Triscina Marinella, Marsala, Mazara del Vallo, Barcellona Pozzo di Gotto, Capo d'Orlando, Furnari, Giardini Naxos, Consortile Letojanni, Pace del Mela, Piraino, Roccalumera, Consortile Sant'Agata Militello, Consortile Torregrotta, Gioiosa Marea, Messina 1, Messina 6, Milazzo, Patti e Rometta (Sicilia), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 3, 4, paragrafi 1 e 3, e 10 della direttiva 91/271, come modificata dal regolamento n. 1137/2008. 2) La Repubblica italiana è condannata alle spese» –:
   quale sia lo stato di fatto degli scarichi fognari dei comuni italiani sopra i 15.000 abitanti ed in particolare cosa sia stato fatto per riportare al rispetto della normativa comunitaria quelli di cui alla condanna. (5-07539)


   LANZARIN e TOGNI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un grave caso di inquinamento ambientale è presente da molti anni nel territorio del comune di San Benigno in provincia di Torino;
   il problema riguarda il sito dello stabilimento della ex recuperi, oggi di proprietà della società Green Piemonte srl, che fin dal 1994 è stato interessato da eventi inquinanti che ne hanno reso altamente pericoloso lo stato in cui versa, sia per la salute pubblica e sia per la qualità ambientale ed ecologica della relativa biosfera;
   attualmente su tale area sono presenti cumuli di rifiuti depositati all'aperto, di cui tre coperti da materiale impermeabile ed un quarto, formato da pneumatici bruciati frammisti da altre tipologie di rifiuti, in stato libero e ricoperto da terreno e vegetazione naturale;
   va fatto presente al riguardo che l'area sarebbe già dovuta essere stata bonificata almeno fin dall'anno 2004 essendo stata interessata da misure di bonifica predisposte ed approvate a livello comunale e regionale, con pertinenti finanziamenti della regione Piemonte allo scopo destinati (risulterebbe che nel 1998 il comune avesse previsto un intervento di bonifica per un costo di 4.700 milioni di lire con un primo finanziamento a stralcio da parte della regione per un ammontare di 1.240 milioni di lire), ma nei fatti mai eseguiti;
   sembrerebbe che sulla situazione in oggetto siano aperte diverse e differenti procedure e contenziosi di rilievo sia locale, con controversie tra il comune e la società proprietaria dell'area, sia statale con contrasti tra una terza società di trattamento dei rifiuti interessata all'occupazione dell'area ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e ciascuna delle situazioni prevederebbe comunque la precondizione di sito già bonificato al fine di poterlo utilizzare per gli scopi economici che gli interessati prevedono;
   nelle more che si accertino le eventuali responsabilità di chi in passato abbia cagionato l'inquinamento del sito e di chi oggi debba intervenire per eseguire le misure di bonifica, resta il fatto che l'area in questione rappresenti una circostanza di rischio per i cittadini essendo ancora oggi gravata dalla presenza di rifiuti, anche nocivi, e altamente pericolosi per l'incolumità pubblica e per l'ambiente, mentre è chiaramente conclamato, in ragione di accertamenti svolti dalla competente agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che le falde sottostanti sono gravemente contaminate da metalli pesanti come il nichel, il piombo o il manganese –:
   se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda ad ogni modo intraprendere in relazione a quanto sopra descritto. (5-07540)


   DI BIAGIO e PAGLIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da uno studio recentemente pubblicato dall'Istituto nazionale per i tumori «Pascale» di Napoli, risulta che, dal 1998 ad oggi, i casi di morte per tumori sono aumentati nel casertano fino al 30 per cento: il 28,4 per cento tra gli uomini e il 32,7 per cento tra le donne. Un dato questo allarmante e soprattutto in controtendenza rispetto ai decessi per neoplasie nel resto d'Italia;
   questi dati confermano la stretta connessione tra l'aumento delle patologie cancerogene e l'illecito smaltimento del rifiuti nonché l'inquinamento del suolo e delle acque, anche perché i comuni nei quali si sono registrati i maggiori tassi di mortalità sono, in particolar modo, sulla linea di confine tra Napoli e Caserta, in quello che è tristemente noto come il «triangolo della morte» a causa degli sversamenti di sostanze tossiche e di rifiuti speciali che si sarebbero susseguiti negli anni;
   di continuo nell'area a Nord di Napoli e a sud di Caserta, gli invasi e le relative sopraelevazioni vanno periodicamente in fiamme e le diossine che si sprigionano sono probabilmente uno dei fattori (insieme ai veleni interrati abusivamente) che fa incrementare i casi di morte;
   il territorio casertano per anni è stato territorio incontrastato per lo smaltimento dei rifiuti tossici ed illegali esportarti dalle grandi fabbriche dei Nord: in particolare, la vasta area denominata lo «Uttaro» risulta una vera e propria discarica a cielo aperto con numerosi scoli che vanno ad inquinare il suolo;
   le responsabilità di tale situazione sono, senza dubbio, da individuare nell'incapacità di governo di quei territori;
   a ciò si aggiunge il perverso circuito dell'illegalità diffusa che alimenta la malavita organizzata la quale, sui rifiuti, ha costruito, per così dire, la sua fortuna, attraverso un giro d'affari considerevole –:
   se, alla luce delle considerazioni di cui in premessa, non ritenga opportuno, oltre che doveroso, promuovere, nonostante il grave periodo di crisi economica che impone tagli sostanziali, un concreto ed efficace programma di bonifica e di «recupero ambientale» dell'intera aerea interessata dallo sversamento dei rifiuti tossici e da una pessima politica di smaltimento dei rifiuti ordinari, anche valutando di inserire l'area stessa tra i siti da bonificare di interesse nazionale avviando al più presto, nel rispetto dell'autonomia e dell'operato della magistratura, eventuali iniziative per accertare i danni all'ambiente connessi allo smaltimento dei rifiuti nel territorio di riferimento. (5-07541)


   MARIANI, REALACCI, MARGIOTTA, BRATTI, BRAGA, BENAMATI, BOCCI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MORASSUT, MOTTA e VIOLA. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sempre più spesso si verificano in varie zone d'Italia situazioni anomale connesse all'alternarsi di eventi meteorologici estremi di grande intensità e violenza con periodi di forte siccità. Tali eventi sono presumibilmente legati ai mutamenti climatici in corso e sollecitano politiche più efficaci e credibili sia sul fronte della mitigazione dei processi in atto che sul fronte dell'adattamento agli stessi;
   secondo alcune dichiarazioni dell'ufficio federale statunitense per i cambiamenti climatici, nell'anno 2012, si assiste «ad un costante incremento di eventi meteorologici come pioggia, siccità, neve, inondazioni e violente tempeste. Il surriscaldamento globale mette seriamente a rischio la salute pubblica». Di fronte a un anno particolarmente caldo è perciò pesante la situazione di molte parti d'Italia relativamente alla disponibilità di acqua;
   da recenti rilevazioni dall'Arpa Toscana dei dati pluviometrici le precipitazioni registrate negli ultimi 6 mesi in alcune zone della regione risultano essere inferiori del 50 per cento rispetto al dato del 2011 e addirittura del 70 per cento rispetto al 2010. Mentre per quanto riguarda il bacino padano il Po registra un livello delle sue acque scarsissimo: -6.22 metri rispetto allo zero pluviometrico (dati 16 luglio 2012 – Pontelagoscuro/Agenzia interregionale per il fiume Po). Secca che persiste pressoché dal mese di marzo 2012;
   la Coldiretti prevede inoltre un calo fino al 70 per cento delle rese per mais e soia a causa della siccità. Un inverno poco piovoso ha lasciato nella pianura padana la falda acquifera al di sotto del livello storico e l'assenza di piogge primaverili non ha incrementato le portate medie dei fiumi, creando nelle zone già colpite da una riduzione degli apporti idrici una vera e propria siccità;
   il deficit di precipitazioni della prima metà dell'anno 2012 è oggi comune a quasi tutte le regioni d'Italia. In vaste aree del Paese infatti l'assenza di precipitazioni, calcolato tramite confronto con le piogge degli ultimi 15 anni, ha raggiunto anche qui valori del 50 per cento in meno;
   l'attuale condizione di siccità è successiva ad un anno, il 2011, già caratterizzato da scarsità di pioggia e neve che ha determinato l'uso intensivo di risorse di falda per garantire l'approvvigionamento idrico durante tutta la stagione estiva e i primi mesi autunnali, con un conseguente depauperamento delle stesse risorse;
   l'indice di siccità (SPI – standardized precipitation index – Arpa Toscana) 2011, calcolato su base annua, evidenzia ampie aree della Toscana in cui si registra un livello di siccità severo e lo stesso indice riferisce un livello di siccità più alto nel secondo semestre dell'anno, con punte di siccità estrema;
   nell'Alta Toscana inoltre le risorse idriche locali (falde, torrenti, pozzi) dopo una breve parentesi dovuta alle piogge tra i mesi di aprile e maggio 2012, sono tornate al minimo o secche, e continua l'allerta per il periodo più caldo dell'anno, con afa record e consumi oltre la media. L'invaso di Bilancino, perno del sistema che disseta le province di Firenze, Prato e Pistoia, è oggi al livello di 247,74 metri sul livello del mare che equivale a 48 milioni di metri cubi; negli stessi giorni del 2003 e 2007 (le altre due siccità degli ultimi 10 anni) conteneva rispettivamente un livello di 69 e 63 milioni di metri cubi di acqua;
   stante l'attuale situazione siccitosa, sono aperti da tempo tavoli tecnici e istituzionali coordinati dalla regione e dall'autorità di bacino dell'Arno. Lo stesso gestore del servizio idrico della Toscana centrale, Publiacqua, ha più volte nei mesi scorsi richiamato la criticità delle condizioni delle risorse idriche che da mesi impegnano risorse e personale per evitare disagi ed emergenze –:
   oltre alle azioni di contrasto dei mutamenti climatici, quali azioni e quali risorse il Ministro interrogato intenda mettere in campo per attuare politiche di adattamento alle tendenze in corso e fronteggiare l'emergenza idrica in Toscana, ma anche nelle altre regioni. (5-07542)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da un annuncio del consigliere provinciale della provincia di Terni Giampiero Lattanzi, riportato da organi di stampa online, si apprende che sarebbe ipotizzata la costruzione di una centrale a biomasse nel comune di Montecchio nell'area di confine con Guardea;
   a seguito della notizia di approvazione del progetto è nato il Comitato di tutela della Val Teverina e del parco fluviale del Tevere che lamenta il mancato coinvolgimento dei cittadini nella decisione relativa alla realizzazione dell'impianto, oltre ai rischi derivanti dalla costruzione stessa. Infatti, con questo impianto — sostiene il Comitato — si mettono a rischio i corridoi migratori e alcune specie in via di estinzione e si rischia di inquinare le falde acquifere e il Tevere, perché, se i vasconi dove sarà stoccato il mais in caso di pioggia esondassero, tutto andrebbe a finire in un fosso che sfocia nel Tevere, così come risulta dalla relazione tecnica in possesso del comitato (tratto da Il Messaggero del 15 luglio 2012 «Centrale a biogas nasce il comitato: distruggerebbe il territorio»);
   secondo il Comitato inoltre dalla costruzione dell'impianto deriverebbe anche il rischio di seri danni economici per la zona, considerato che il valore delle abitazioni subirebbe sicuramente una forte svalutazione, i locali di ristorazione, le industrie alimentari e le aziende agricole subirebbero sicure e gravi ripercussioni negative, con perdite di decine posti di lavoro, mentre il nuovo impianto assicurerebbe al massimo due o tre posti di lavoro;
   insieme alla popolazione, alle attività commerciali della zona e alle amministrazioni comunali attigue, anche il WWF Umbria si è mobilitato per approfondire gli aspetti correlati alla realizzazione dell'opera e verificarne la compatibilità ambientale. Secondo quanto riportato da Orvieto News, il WWF Umbria chiede approfondimenti sulla centrale a biogas nei pressi dell'Oasi del lago di Alviano, ubicata in un'area che costituisce sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale, trattandosi di una centrale di quasi un megawatt di potenza, realizzata su una superficie di circa 3 ettari, per la cui gestione occorrono oltre 600 chilogrammi di massa combustibile al giorno;
   secondo quanto afferma il comitato Tutela Val Teverina parco fluviale del Tevere, il biogas si ricava dalla fermentazione di liquami e cereali e un simile impianto consuma giornalmente dalle 12 alle 15 tonnellate di liquami e dalle 30 alle 40 tonnellate di cereali; il servizio idrico integrato evidenzia, in particolare, un potenziale danno per le falde acquifere per i pozzi dell'acquedotto esistenti a valle di tale impianto –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interrogati, anche per il tramite della competente autorità di bacino, in merito a quanto rappresentato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere, in considerazione del fatto che dall'impianto potrebbe derivare il rischio di inquinamento delle falde acquifere e di compromissione dell'Oasi del lago di Alviano, collocata in un'area che costituisce sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale. (5-07544)

Interrogazione a risposta scritta:


   BONCIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Legoli, frazione del comune di Peccioli, in provincia di Pisa, è attualmente attiva una discarica comunale per rifiuti solidi urbani non pericolosi, aperta ormai più di 30 anni fa e poi ampliata più volte negli anni successivi (1988, primo ampliamento da 450.000 metri cubi; 1994, secondo ampliamento da 1.750.000 metri cubi; 2004, terzo ampliamento da 1.900.000 metri cubi);
   il 9 marzo 2011 la Belvedere spa, società che attualmente gestisce la discarica, ha richiesto l'autorizzazione per un quarto «ampliamento» di ulteriori 4.490.000 metri cubi; questo nuovo ampliamento ha ottenuto parere favorevole in sede di conferenza di servizi ed è stato definitivamente approvato dalla provincia di Pisa il 20 giugno 2012 con determina n. 2857 del servizio ambiente della provincia di Pisa;
   gran parte della popolazione locale è contraria a questo nuovo progetto di «ampliamento» della discarica di Legoli a causa delle impressionanti volumetrie richieste (più del doppio della discarica attuale), di alcune incongruenze che caratterizzano il nuovo progetto di ampliamento e dell'enorme impatto ambientale che esso inevitabilmente avrà sulla zona;
   la sentenza n. 6461 del 2004 del TAR della Toscana ha stabilito che discarica di Legoli attualmente attiva e gestita dalla Belvedere spa in realtà è stata realizzata a seguito di un procedimento autorizzativo viziato dalla violazione della legge regionale n. 79 del 1998 allora vigente, applicazione diretta della normativa europea e nazionale (direttiva 85/337/CEE e s.m.i.; direttiva 96/61/CE; decreto del Presidente della Repubblica, 12 aprile 1996; legge 22 febbraio 1994, n. 146). Nella sentenza suindicata la seconda sezione del TAR della Toscana ha infatti stabilito che la provincia di Pisa ha erroneamente approvato il progetto definitivo della discarica di Legoli attualmente attiva e gestita dalla Belvedere spa (D.D. provincia Pisa n. 4078 del 14 ottobre 2003) senza averlo prima assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) come invece previsto dalla legge regionale e dalle normative nazionali e comunitarie sopraindicate;
   questa violazione di fondo che grava sull'attuale discarica di Legoli pone seri dubbi anche sulla legittimità del nuovo ampliamento, che di fatto si conforma come un «ampliamento» di una discarica irregolarmente autorizzata;
   seri dubbi sulla legittimità del nuovo ampliamento della discarica di Legoli scaturiscono anche da altre incongruenze, tra cui:
    il nuovo ampliamento è in contrasto con il vigente piano dei rifiuti della provincia di Pisa, che non prevede la possibilità di realizzare un ampliamento della discarica di Legoli di queste dimensioni (circa 4.500.000 di metri cubi);
    il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 «attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti», all'Allegato 1, punto 2.1: «UBICAZIONE» dispone che:
     «Di norma gli impianti di discarica per rifiuti pericolosi e non pericolosi non devono ricadere in aree dove i processi geologici superficiali quali l'erosione accelerata, le frane, l'instabilità dei pendii, le migrazioni degli alvei fluviali potrebbero compromettere l'integrità della discarica»; «Con provvedimento motivato le regioni possono autorizzare la realizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nei siti sopradescritti solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda le condizioni di cui sopra, o le misure correttive da adottare, indichino che la discarica non costituisca un grave rischio ecologico»;
   l'area su cui insiste la discarica di Legoli e quella che verrebbe interessata dal nuovo ampliamento sono sottoposte a vincolo idrogeologico e sono classificate come aree a pericolosità di frana elevata PF3 nel piano stralcio di assetto idrogeologico (P.A.I. - decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2011) e come aree a pericolosità geomorfologica molto elevata (sottoclasse 4b) o elevata (sottoclasse 3b e Sa) nel piano territoriale di coordinamento e nel piano di protezione civile della provincia di Pisa;
   a fronte di questa chiara situazione di rischio, l'autorità di Bacino del fiume Arno, in sede di conferenza di servizi, ha stabilito che il nuovo progetto ampliamento della discarica di Legoli in questione, pur individuando questa pericolosità, non definisce i provvedimenti di stabilizzazione che devono esse messi in atto per far fronte alle problematiche di erodibilità, franosità e instabilità del sito e, di fatto, non assicura il superamento delle condizioni di pericolosità così come previsto dal P.A.I.. Esistono pertanto seri dubbi che le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 possano essere rispettate;
   la direttiva 1999/31/CE e successive modificazioni e integrazioni all'articolo 6, prevede che solo i rifiuti trattati (attraverso processi fisici, termici, biologici, chimici o meccanici) possano essere conferiti in discarica, ma, ciò nonostante, oltre il 55 per cento dei rifiuti smaltiti nella discarica di Legoli nel 2010, così come negli anni precedenti, sono rifiuti urbani non differenziati (CER 200301) e non trattati. La discarica non è infatti dotata di nessun impianto di pre-trattamento dei rifiuti. Anche per il nuovo ampliamento si prevede il conferimento degli stessi quantitativi di rifiuti non trattati, in aperta contraddizione con le prescrizioni della normativa comunitaria;
   l'articolo 9 del decreto legislativo 205 del 2010 stabilisce i principi di autosufficienza e prossimità al fine di «realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali (ATO)» e di «permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati negli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Ciò nonostante, nel triennio 2008-2011 nella discarica Legoli sono state sversate una media di 330.000 tonnellate di rifiuti l'anno di cui quasi il 70 per cento – pari a circa 230.000 tonnellate l'anno – provenenti da fuori ATO. Anche per il nuovo ampliamento si prevedono modalità di conferimento molto simili, contrariamente a quanto disposto dalla legge che stabilisce, appunto, che i rifiuti dovrebbero essere smaltiti all'interno dell'ATO in cui sono prodotti;
   a prescindere dalla decisione di aumentare la capienza della discarica in funzioni di esigenze di tipo locale, l'interrogante ritiene comunque passibile di verifica la scelta localizzativa che insiste su un'area classificata a pericolosità di frana elevata PF3, sottoposta a vincolo idrogeologico e distante dai principali centri di produzione e raccolta dei rifiuti in chiara contraddizione con i principi di prossimità e autosufficienza più volte richiamati dalle leggi nazionali ed europee;
   inoltre il fatto che oggi si intende ampliare una discarica che secondo il TAR della Toscana (sentenza n. 6461/04) è stata realizzata nel 2004 a seguito di un procedimento autorizzativo viziato dalla violazione della legge regionale n. 79 del 1998 e il cui relativo progetto definitivo fosse prima assoggettato a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) così come previsto dalle normative nazionali ed europee, lascia decisamente interdetti –:
   se, anche per il tramite della competente autorità di bacino, il Ministro non intenda valutare attentamente i rischi descritti in premessa e quali iniziative l'autorità di bacino intenda porre in essere, anche in termini di prescrizioni a garanzia della conservazione dell'assetto del territorio interessato dal progetto. (4-17134)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
   la fondazione teatro Massimo di Palermo ha indetto una gara d'appalto da espletarsi il 26 luglio prossimo relativa ai servizi di:
    trasporto e facchinaggio;
    pulizia, derattizzazione e disinfestazione;
   appare anomalo l'affidamento ad un unico soggetto di servizi fra loro così diversi;
   il bando prevede un incarico quadriennale, così da poter incaricare una commissione aggiudicatrice interna, nonostante un importo a base d'asta di oltre un milione di euro, che richiederebbe altrimenti una commissione esterna composta da soggetti individuati in apposito albo;
   lo stesso bando pone, secondo l'interrogante inopportunamente, fra i requisiti per la partecipazione, un fatturato aziendale, per i tre esercizi pregressi, di euro 2.270.000,00 di cui euro 1.200.000,00 per l'attività di pulizia ed euro 1.070.000,00 per quella di facchinaggio e che, detto requisito, è talmente specifico da limitare fortemente, di fatto, la partecipazione al bando dei soggetti interessati producendo così effetti sulla regolarità della gara;
   la stessa fondazione Teatro Massimo ha, fin qui, bandito e aggiudicato il servizio di accoglienza a risorse esterne;
   per il suddetto bando, il capitolato di gara prevede un punteggio fino a 60 punti, per la fornitura di servizi tecnici, di cui fino a 17 per servizi aggiuntivi, e soltanto 40 legati al criterio di economicità, a parere degli interroganti, ciò sposta l'aggiudicazione della gara dalla oggettività del criterio di economicità a quello discrezionale dei servizi aggiuntivi, irrilevanti e marginali rispetto al servizio da garantire (ad esempio fornitura di fiori e piante per le prime) ed espone la Fondazione ad un aggravio di costi;
   con ulteriore bando, pur in presenza di personale interno, è stato appaltato all'esterno anche il servizio di portierato esponendo, anche in questo caso, la Fondazione ad aggravio di costi e, anche in questo caso, il bando prevede fino a 10 punti per servizi aggiuntivi che rischiano di spostare il confronto tra i soggetti che partecipano alla gara su servizi irrilevanti e nel spingere la Commissione aggiudicatrice verso valutazioni troppo discrezionali;
   di recente, la Fondazione ha espletato un'ulteriore gara per l'affidamento, a trattativa privata, del servizio bar aperto al pubblico, anche in orari diversi dagli spettacoli. Il bando inoltre non ha previsto il coinvolgimento di gestori nazionali e internazionali del settore mentre a giudizio dell'interrogante, sarebbe stato opportuno procedere con appalto-concorso, almeno a livello nazionale in quanto il terzo teatro d'Europa avrebbe ben giustificato il coinvolgimento di alte professionalità del settore. La gara è dunque già stata espletata a trattativa privata con un valore base di appena euro 30.000,00;
   ad oggi, né il servizio di accoglienza, né quello di portierato, né quello relativo al bar sono stati ancora affidati alle ditte aggiudicatane –:
   con quali criteri siano stati fin qui gestiti gli appalti aggiudicati dalla fondazione Teatro Massimo, con quali criteri siano state nominate le relative commissioni di gara, se ciò sia avvenuto nel rispetto delle normative vigenti in materia e se quali siano le risultanze di detta gestione con riferimento ai criteri di efficienza e di efficacia nell'utilizzo del denaro pubblico cui si deve ispirare la pubblica amministrazione.
(2-01617) «Messina».

Interrogazione a risposta scritta:


   RENATO FARINA, CENTEMERO e PALMIERI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la visita effettuata domenica 22 luglio 2012, dall'interrogate a Palazzo ducale di Mantova con la guida del conservatore del museo di Palazzo ducale dottor Stefano L'Occaso (componente del gruppo di lavoro dell'unità di crisi per l'emergenza sisma), ha permesso di constatare danni rilevanti, così come rilevati dai vigili del fuoco e dalla sovrintendenza e di seguito indicati:
    a) corte nuova: la galleria della mostra e la sala dei mesi già interessate da crepe dovute alle scosse del 20 maggio ora presentano ampie fessurazioni nelle volte con caduta di intonaco e degli elementi decorativo plastici. Anche la sala di manto è interessata da cadute diffuse di intonaco;
    b) Castello: nella Camera degli sposi, si registrano cadute sulla parete della corte, zona centrale, nella porzione di cielo, la riapertura di una crepa sottile preesistente, con relativi sollevamenti di stucchi;
    c) sala delle sigle: si è verificata l'apertura di crepe nella volta; in corrispondenza della sala degli affreschi si è creata una grande fessurazione;
    d) carceri di Belfiore: presentano notevoli criticità con danni notevoli alle strutture murarie e alle volte;
    e) torre del Belfiore: si registra la rottura dei mattoni sovrastanti la finestra, verso piazza Castello; camini di piazza Castello: si è verificata la loro stabilità; la ditta Leali provvede alla fasciatura per scongiurare la caduta;
    f) basilica di Santa Barbara: la scossa del 29 maggio 2012, ore 12.57, ha provocato la caduta del lanternino della basilica di Santa Barbara, già spostata con la scossa delle ore 9.01; in parte i materiali sono caduti sulla balaustra della loggia di Santa Barbara e hanno sfondato il tetto in corrispondenza delle stanze adiacenti l'appartamento delle metamorfosi;
    g) scala di Manto: si registra un grave dissesto dei muri in corrispondenza delle finestre;
    h) sala dei fiumi: si sono verificate piccole cadute diffuse;
    i) appartamento di Vincenzo I: sulla parete esterna verso piazza Paccagnini, si registra il dissesto delle finestre;
   il dottor L'Occaso ha riferito a voce che la stima degli stanziamenti necessari per la messa in sicurezza e il recupero pieno delle opere d'arte è valutato intorno ai dieci milioni di euro;
   sarebbe possibile invece, fermo restando il doveroso recupero integrale del palazzo, consentire la fruibilità della «camera del vescovo» di Andrea Mantegna, vero e proprio tesoro nel tesoro, centro attrattivo del turismo di Mantova e provincia, con costi ovviamente più limitati –:
   se i fatti riportati corrispondano a verità;
   se, come e in quanto tempo il Ministro pensi di reperire i fondi e di passare operativamente alla messa in sicurezza di Palazzo ducale;
   quali siano i suoi orientamenti in merito all'ipotesi di consentire l'accesso nel più rapido tempo possibile della stanza del vescovo, coinvolgendo architetti di fama internazionale. (4-17114)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie apparse sulla stampa e confermate da più fonti, sembra che i velivoli AMX dislocati nell'ambito del contingente italiano nel teatro afghano stiano effettuando operazioni di bombardamento;
   lo schieramento dei velivoli AMX in Afghanistan fu vincolato dal Parlamento ad attività di aero-ricognizione e sorveglianza del territorio al fine di garantire maggiore sicurezza ai contingenti che operano a terra –:
   se quanto riportato dalla stampa corrisponda a verità;
   se, nell'eventualità in cui siano state effettuate operazioni di bombardamento, nell'ambito di quale missione o per quale tipologia di operazione si sia fatto ricorso all'intervento aereo;
   se il Ministro interrogato ritenga un siffatto uso della forza aerea coerente con quanto definito in Parlamento, tenuto conto di quanto segnalato in premessa e della necessità, secondo l'interrogante, di una apposite deliberazione parlamentare che autorizzi tali tipologie di interventi. (4-17110)


   NASTRI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il programma multinazionale Joint Strike Fighter (Jsf) del centro italiano, finalizzato alla costruzione delle ali e all'assemblaggio del cacciabombardiere F-35, la cui fase realizzativa è in corso da mesi all'interno degli hangar della base aerea militare situata nel comune di Cameri, in provincia di Novara, è oggetto di analisi e responsabili valutazioni da parte degli esponenti del Popolo della Libertà, sull'opportunità di proseguire secondo la tempistica pianificata, nella sua realizzazione, oppure di prevedere un ridimensionamento del progetto, che secondo la direzione generale degli armamenti aeronautici potrebbe comportare una conseguente diminuzione, in proporzione, del previsto ritorno industriale ed occupazionale;
   al riguardo, la suddetta direzione, confermando come le attività delle ditte di costruzione e delle maestranze attualmente impegnate all'interno dell'aeroporto militare di Cameri, che stanno realizzando il sito produttivo, sono circa quaranta, il cui impiego nelle attività dirette ed indirette è concentrato nel complesso processo di assemblaggio e di verifica dei velivoli e delle ali, ha ribadito che le ricadute positive in termini occupazionali sono effettivamente reali;
   è opportuno tuttavia, a giudizio dell'interrogante, considerare le analisi e le osservazioni politiche emerse attualmente nel corso dell'esame del provvedimento sulla revisione della spesa pubblica, cosiddetto spending review, nell'ambito del quale, in un'ottica complessiva di rivisitazione della spesa pubblica dello Stato, anche quella delle spese militari, ed in particolare quella relativa al finanziamento dell'acquisto di velivoli da guerra F35, le risorse potrebbero essere indirizzate verso interventi di carattere sociale, come ad esempio la città della salute a Novara, la cui realizzazione risulta incerta a causa dei tagli previsti dal bilancio dello Stato –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare quanto dichiarato dalla direzione generale degli armamenti aeronautici, con riferimento alle ricadute in termini occupazionali dirette ed indirette sulle imprese impegnate alla realizzazione di tutte quelle opere infrastrutturali per la nuova linea di montaggio dell'F-35, nonché sulle ditte specializzate che intervengono non solo per l'assemblaggio, ma anche per la manutenzione degli aerei;
   se abbia effettuato una stima dei benefici economici, che le medesime ricadute occupazionali derivanti dalla costruzione delle ali e all'assemblaggio del cacciabombardiere F-35, all'interno dell'aeroporto militare di Cameri, possano determinare per l'intera area interessata, nonché per le attività interessate dall'indotto;
   quali siano gli orientamenti dal punto di vista procedurale, nel caso di una rimodulazione dei finanziamenti già stabiliti per il completamento della realizzazione degli aerei F-35, con riferimento ai contratti in essere per le ditte impiegate nell'esecuzione dei velivoli militari all'interno dell'aeroporto di Cameri. (4-17125)


   BARBATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Fulvio Pazzi, nato a Napoli l'8 marzo 1982, è stato arruolato nel 2000 nei Lancieri di Novara (Udine) con la qualifica di esploratore blindo leggera, in qualità di volontario in ferma annuale;
   è stato inquadrato nella missione delle Nazioni Unite Sfor;
   è partito con destinazione militare Bosnia Erzegovina nel 2000 nell'Operazione Nato «Joint Force»;
   al ritorno (2001) dalla citata missione nel Paese Balcanico il militare si è ammalato di tumore, precisamente linfoma non Hodgkin ed è morto a soli 21 anni il 24 agosto 2003;
   nel giugno 2012 diverse testate locali e nazionali riferiscono della richiesta da parte della madre del giovane militare che il proprio figlio venga riconosciuto come «vittima di guerra» in luogo dell'inquadramento avvenuto il 20 marzo 2012 di «vittima del dovere equiparato», che – per la mamma, Teresa Ruocco offende la memoria del militare;
   il 5 giugno 2012 la signora Ruocco nel lancio Ansa – 5 giugno 2012 dichiara; «Chi muore in quelle che chiamano missioni di pace per mano del nemico è uguale a chi la vita l'ha persa in un letto d'ospedale devastato da una malattia contratta per l'esposizione all'uranio impoverito dal quale doveva essere difeso, non devono esserci differenze». «Anzi, – aggiunge – chi parte per le missioni all'estero sa di dovere affrontare un nemico ben definito, è stato finanche addestrato per questo. Mio figlio, e tutti gli altri militari italiani che hanno subito la sua stessa sorte, si sono recati in guerra ignorando a cosa si stavano esponendo e chi doveva proteggerli non lo ha fatto». «Non è una battaglia legata al trattamento finanziario quella che sto portando avanti – conclude – ma una battaglia affinché venga fatta giustizia perché mio figlio non può essere considerato alla stregua di un morto di serie “B” e affinché quello che gli è accaduto non accada più»;
   la vicenda si lega alla tristemente nota storia dell’«uranio impoverito»;
   in Bosnia risulterebbero stati lanciati da aerei Nato oltre 10 mila proiettili all'uranio impoverito;
   i rischi dell'uranio impoverito in Bosnia sono stati confermati a suo tempo anche dal Ministro della salute, professor Sirchia, che ha emanato due decreti legati alla pericolosità della presenza di uranio in derrate alimentari provenienti dai Balcani;
   il militare Pazzi è stato esposto alle nanoparticelle emanate dagli obiettivi colpiti con armi all'uranio impoverito;
   inoltre, lo stesso era privo di misure di protezione;
   la necessità di adottare delle misure di protezione era apparsa evidente già nella missione in Somalia (1992-1994) dove gli Usa avevano impartito rigorose disposizioni di protezione il 14 ottobre 1993;
   in seguito, norme di protezione erano state emanate dalla Kfor (la forza multilaterale nei Balcani) già dal 22 novembre 1999;
   il militare napoletano aveva eseguito operazioni di vigilanza alle infrastrutture militari e di controllo dell'ordine pubblico ai check-point a cui risulta essere stato destinato;
   agli inizi per il caso Pazzi era già stata riconosciuta la «causa di servizio» cioè la dipendenza della malattia da fatto di servizio (tanto che venne assegnato un trattamento pensionistico alla madre);
   una causa di servizio già riconosciuta ma che poi è stata negata;
   il lancio Ansa (del 19 luglio 2012) così recita: «I dinieghi ai risarcimenti per militari e civili che si sono trovati in zone ad alto rischio ambientale, zone contaminate da uranio impoverito e nanoparticelle di metalli pesanti, sono tutti errati e da rifare». È quanto sottolinea Falco Accame, presidente dell'Associazione assistenza vittime arruolate nelle forze armate, che aggiunge: «si basano, infatti, sull'esistenza o meno di un nesso di causa-effetto di tipo deterministico tra la malattia (tumori) e la loro possibile causa. Nei tribunali civili, invece, in procedimenti giudiziari riguardanti risarcimenti da malattie tumorali, viene da sempre adottato, dato che i tumori possono derivare da molteplici cause, il criterio probabilistico, più esat-tamente definito nei termini del “più probabile che non”» –:
   quali motivi ostino al riconoscimento del militare Fulvio Pazzi quale vittima di guerra in luogo di «vittima del dovere equiparato» (legge n. 466 del 1980 e legge 308 del 1981), se non ritenga il Ministro di intervenire per fare chiarezza sul caso esposto per adottare le misure urgenti per ristabilire equità su un inquadramento che ferisce il sentimento dei familiari di questo giovane militare. (4-17128)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CAUSI e BERRETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in esito al terremoto che, nel dicembre del 1990, ha colpito le province siciliane di Catania, Ragusa e Siracusa, sono state previste una serie di proroghe e provvidenze, anche di natura fiscale, per i contribuenti ivi residenti o operanti, come individuati ai sensi dell'articolo 3 dell'ordinanza ministeriale 21 dicembre 1990 del Ministro per il coordinamento della protezione civile;
   la regolamentazione delle situazioni giuridiche dei soggetti interessati ha trovato ulteriore previsione all'articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni e integrazioni, il quale dispone che i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, possano definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992 versando, entro il 16 aprile 2003, l'intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento;
   il testo di detta norma ha dato adito a differenti interpretazioni: in particolare l'Agenzia delle entrate ha ritenuto che essa facesse esclusivo riferimento ai casi di mancato pagamento e non ai casi in cui il pagamento delle imposte fosse stato interamente eseguito, pur non essendo previsto;
   secondo l'interpretazione dell'Agenzia, ai contribuenti che hanno eseguito i versamenti non spetterebbe alcun rimborso, mentre, al contrario, molti contribuenti ritengono di aver diritto al rimborso di quanto già pagato in quanto non dovuto;
   tale incertezza interpretativa ha provocato un notevole contenzioso in sede tributaria; successivamente è intervenuta quindi la Corte di Cassazione che, in proposito, ha stabilito che la definizione automatica per gli anni pregressi prevista, mediante il pagamento del dieci per cento dei tributi dovuti, dall'articolo 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, legittima i contribuenti che abbiano già assolto per intero il debito di imposta a ripetere il novanta per cento di quanto versato (Cassazione civile, sez. trib., 1o ottobre 2007, n. 20641);
   la Suprema Corte ha motivato siffatta interpretazione assumendo, per un verso la non assoluta chiarezza della norma e, per altro verso, la univocità della lettura retroattiva della stessa richiamando, in proposito, in un'ottica costituzionalmente orientata, il principio di parità di trattamento in situazioni eguali;
   il principio riassunto nella richiamata massima, alla luce di successive pronunzie, costituisce un orientamento ormai consolidato; in termini analoghi si è anche pronunciata (per la materia contributiva) la sezione lavoro della Corte di Cassazione, con le sentenze n. 11247/2010 e 11133/2010;
   in una recente pronunzia, in materia, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9577 del 12 giugno 2012, ha ulteriormente affermato il consolidato principio enunciato nella sentenza n. 20641/2007, ribadendo, in una fattispecie analoga (agevolazioni per i residenti in zone soggette all'alluvione del novembre 1994), che «la definizione può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10 per cento del dovuto...; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90 per cento di quanto versato al medesimo titolo»; anche in tal caso, l'Agenzia delle entrate è stata anche condannata al pagamento delle spese giudiziarie;
   nonostante le avverse pronunzie della Corte di Cassazione, l'Agenzia delle entrate non ha finora inteso modificare il proprio orientamento in merito, anche in sede giurisdizionale, che la vede soccombente nelle cause, arrecando un danno ingiusto ai contribuenti interessati, costretti a sopportare spese processuali per ottenere il riconoscimento di un diritto –:
   quali iniziative intenda assumere affinché l'Agenzia delle entrate, nel rispetto della consolidata giurisprudenza, riconosca, in sede giurisdizionale, in ogni stato e grado, le ragioni vantate dai contribuenti delle province siciliane di Catania, Ragusa e Siracusa, delle zone colpite dal sisma del dicembre 1990 e provveda all'immediata restituzione del novanta per cento di quanto versato a titolo di imposta per gli anni 1990, 1991 e 1992. (5-07535)


   FUGATTI, RAINIERI e GIDONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la ex caserma Sani, sita tra via Ferrarese e via Stalingrado a Bologna risulta essere, sin dal 2007, uno dei gioielli dell'Agenzia del demanio, un'area ex militare che conta 26 edifici (tra cui magazzini, palazzine, 2 silos ed un fabbricato destinato a celle frigorifero), vaste aree verdi con grandi alberi, diversi piazzali ed un binario;
   oggi l'edificio risulta chiuso, abbandonato ed in evidente stato di degrado, evidenziando pertanto al necessità di riqualificare l'area;
   ad ulteriore conferma delle condizioni di quanto detto, l'area risulta essere luogo di riparo per tossicodipendenti ed immigrati e, negli ultimi tempi, risultano essere stati segnalati gravi episodi di criminalità –:
   quali siano gli interventi urgenti che l'Agenzia del demanio intende assumere per assicurare un'adeguata riqualificazione e tutela dell'area e quali siano le misure che la stessa intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, assediati da una criminalità sempre più aggressiva e diffusa. (5-07536)


   SAVINO e GOLFO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la legge 12 luglio 2011, n. 120, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2011, è intervenuta in materia di parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati;
   la legge, che deriva dai testo unificato delle proposte di legge C. 2426 Golfo e C. 2956 Mosca, è stata approvata in prima lettura dalla Commissione finanze della Camera, in sede legislativa, all'unanimità, ed è stata approvata definitivamente dall'Assemblea della Camera a larghissima maggioranza – con 438 voti favorevoli, 27 voti contrari e 64 astenuti –, si pone l'obiettivo di promuovere le pari opportunità, attraverso il bilanciamento della rappresentanza tra generi in seno agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati, nonché delle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, non quotate in mercati regolamentati;
   in particolare, la legge n. 120 stabilisce che, qualora la composizione del consiglio di amministrazione risultante dall'elezione non rispetti il criterio di riparto previsto dalla legge, la CONSOB diffida la società interessata affinché si adegui a tale criterio entro il termine massimo di quattro mesi dalla diffida; in caso di inottemperanza alla diffida, la CONSOB applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100,000 a euro 1.000.000, secondo criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento e fissa un nuovo termine di tre mesi ad adempiere; in caso di ulteriore inottemperanza a tale nuova diffida, i componenti eletti decadono dalla carica;
   le disposizioni della legge n. 120 si applicano a decorrere dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e degli organi di controllo delle società quotate in mercati regolamentati successivo ad un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa;
   in base alla previsione dell'articolo 3, comma 1, della legge, il predetto criterio di riparto tra i generi si estende anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 2, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge avrebbe dovuto essere adottato un regolamento governativo volto a stabilire termini e modalità di attuazione della norma per quanto riguarda le predette società pubbliche, al fine di disciplinare in maniera uniforme per tutte le società interessate la vigilanza sull'applicazione della stessa, le forme e i termini dei provvedimenti previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti;
   la CONSOB, l'8 febbraio 2012, ha modificato, con delibera n. 18098, il regolamento emittenti, dando in tal modo attuazione alla legge per gli aspetti di sua competenza, mentre, allo stato, non è stato ancora adottato provvedimento di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, sebbene i relativi termini siano già scaduti da circa dieci mesi;
   la questione è stata oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo, dapprima dell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-05406, a firma dei deputati Bernardo e Golfo, svolta il 28 settembre 2011 presso la Commissione finanze, in risposta alla quale il Governo rispose che erano «in corso gli – approfondimenti necessari per la predisposizione del Regolamento» (...) «relativamente alle società controllate da pubbliche amministrazioni», quindi, dell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06190, presentata il 16 febbraio 2012 dai deputati Mosca e Golfo;
   essendo trascorso circa un anno dalla data di entrata in vigore della legge, appare del tutto incomprensibile il motivo per il quale il Governo non intende concludere doverosamente il procedimento di definizione della disciplina attuativa della legge n. 120, in tal modo eludendo la chiara volontà del legislatore;
   ciò appare ancor più grave ove si consideri che non risulta attuata proprio la parte delle legge che riguarda il settore pubblico, il quale avrebbe dovuto per primo attenersi alle previsioni della nuova normativa, dando un esempio positivo al settore privato rispetto all'esigenza di innovare questo aspetto della governance economica del Paese –:
   quali siano le ragioni del grave ritardo nella definizione da parte del Governo del regolamento di attuazione propedeutico all'applicazione della legge n. 120 del 2011 alle società controllate da pubbliche amministrazioni, e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di prevenire all'emanazione in tempi brevissimi del predetto regolamento. (5-07537)


   BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2012 scadrà il termine per la presentazione in via telematica, da parte dei sostituti d'imposta, direttamente o tramite un intermediario abilitato, del modello 770;
   l'imminenza di tale scadenza sta generando numerose preoccupazioni e proteste da parte dei contribuenti interessati e degli intermediari professionali, i quali hanno evidenziato la sostanziale impossibilità di rispettare la predetta scadenza, chiedendo, con forza, una proroga di tale termine;
   infatti, il sovrapporsi, nel periodo estivo, di numerosi adempimenti fiscali, resi sempre più complessi dalle continue modifiche alla disciplina tributaria, i ritardi con i quali sono spesso predisposti i sistemi informatici per la compilazione e trasmissione delle dichiarazioni, nonché i frequenti inconvenienti e disservizi che si registrano nel collegamento telematico con l'amministrazione finanziaria, rende estremamente problematico rispettare le scadenze fiscali;
   a testimonianza di tale difficoltà occorre ricordare che, negli anni precedenti, era stata sempre disposta una proroga del termine di presentazione del modello 770, appunto al fine di alleviare le difficoltà dei sostituti d'imposta e degli intermediari;
   finora il Governo è rimasto dei tutto sordo alle legittime richieste di proroga avanzate, a testimonianza di quella che all'interrogante appare la colpevole indifferenza dell'Esecutivo nei confronti delle reali esigenze dei cittadini;
   appare particolarmente grave che nell'attuale, gravissima fase di recessione economica, il Governo non senta la necessità di dare un, sia pur minimo, segnale di attenzione nei confronti degli imprenditori onesti, i quali, oltre a dover subire gli effetti rovinosi di una politica fiscale orientata unicamente ad aumentare la pressione tributaria sul lavoro e sulla produzione, salvaguardando invece gli interessi delle banche e del mondo finanziario, si trovano costretti a far fronte ad un numero sempre più ampio e complesso di adempimenti burocratici, con conseguente aggravio di costi e di tempo;
   a tale quadro, già di per sé preoccupante, occorre aggiungere il fatto che quest'anno, per la prima volta, i contribuenti, e dunque anche le imprese, si sono dovuti confrontare, per la prima volta, con l'IMU, le cui modalità di calcolo e versamento risultano assai più complesse di quelle dell'ICI;
   in tale contesto, appare evidente l'opportunità che, anche quest'anno, il Governo provveda a prorogare il predetto termine di presentazione del modello 770, dimostrando in tal modo di non ignorare del tutto la drammatica condizione in cui versa ormai da tempo il mondo produttivo nazionale;
   tale proroga, peraltro, non comporterebbe alcuna riduzione di gettito per l'erario, mentre costituirebbe un primo, sebbene tardivo, segnale di attenzione del Governo nei confronti dei contribuenti, nell'obiettivo di instaurare finalmente un rapporto di collaborazione e buona fede tra i cittadini ed il fisco –:
   se intenda assumere urgenti iniziative per disporre la proroga del termine, attualmente fissato al 31 luglio 2012, per la presentazione dei modelli 770, venendo in tal modo incontro alle pressanti, legittime esigenze dei contribuenti interessati e degli intermediari professionali. (5-07538)

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è stato indetto, per l'anno 2012, un pubblico concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 750 allievi della Guardia di finanza, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno (cosiddetto «VFP1») o quadriennale (cosiddetto «VFP4») ovvero in rafferma annuale (cosiddetta «VFP1T») delle Forze armate;
   il limite di età per la partecipazione a tale concorso, fissato all'articolo 2, primo comma, lettera c) consente la partecipazione al concorso a coloro che «non abbiano superato, alla data del 1° gennaio 2012, il ventiseiesimo anno di età. Il limite massimo di età è elevato di un periodo pari all'effettivo servizio militare prestato fino alla scadenza del termine utile per la presentazione delle domande e, comunque, non superiore a tre anni»;
   tale previsione trova origine nel dettato normativo del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, «Attuazione dell'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza», che all'articolo 6, primo comma, lettera b) prevede che al concorso possano essere ammessi i giovani con età non inferiore ad anni 18 e non superiore ad anni 26;
   contemporaneamente è stato indetto un concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di 1.886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4) ovvero in rafferma annuale (VFP1T);
   il limite di età per la partecipazione a tale concorso, fissato all'articolo 2, primo comma, lettera c) consente la partecipazione al concorso a coloro che, «non abbiano superato il trentesimo anno di età alla data di scadenza del termine utile per la presentazione della domanda indicato nell'articolo 3, cioè siano nati dopo il 26 marzo 1982 compreso»;
   appare singolare e incomprensibile la previsione di un differente limite di età per il reclutamento nella Guardia di finanza (non superiore al ventiseiesimo anno di età) e per quello nell'Arma dei carabinieri (non superiore al trentesimo anno di età), elevabile al massimo di tre anni in ragione del periodo di servizio già prestato;
   peraltro, la legge n. 127 del 15 maggio 1997, all'articolo 3, comma 6, prevede che «la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connessi alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell'amministrazione»;
   non sembra all'interrogante che, nel caso della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, «la natura del servizio e le oggettive necessità» siano talmente differenti da giustificare una così vistosa diversità nel limite massimo di età per l'accesso al reclutamento;
   la minore età per la partecipazione al concorso nella Guardia di finanza, rispetto a quella per la partecipazione al concorso nell'Arma dei carabinieri, ha creato una situazione di assoluta disparità che, apparendo manifestamente iniqua, suscita fondate perplessità e disagio in molti giovani che, dopo aver espletato un periodo di ferma, hanno maturato una legittima aspettativa di poter accedere al pubblico concorso per il reclutamento –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e non ritenga di intervenire, nell'ambito delle sue competenze e con gli strumenti che ritiene più idonei, per uniformare l'età di accesso al concorso allievi finanzieri della Guardia di finanza a quello del concorso per allievi carabinieri effettivi, sanando così un'incomprensibile disuguaglianza e consentendo l'estensione delle opportunità di partecipazione. (4-17126)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   D'IPPOLITO VITALE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da molto tempo gli organi di informazione si stanno occupando della drammatica vicenda della signora Federica Puma cui è stata sottratta, dal 14 dicembre 2011, la figlia B. 7 anni, assegnata ad una casa famiglia dal presidente del tribunale dei minori di Roma, a seguito e per effetto della relazione di due assistenti sociali che ribaltavano precedenti valutazioni sulla piena idoneità della madre, fino a quel momento affidataria;
   le difficoltà della giovane mamma pare abbiano inizio da subito; già all'inizio della convivenza con il papà della sua bambina, viene sottoposta a violenze e vessazioni quotidiane e cacciata di casa a soli 15 giorni dalla nascita della figlia, perché il compagno è «disturbato» dal pianto della neonata;
   il padre non si rassegna alla decisione della donna che, nel frattempo tornata a Milano dalla sua famiglia, rifiuta la convivenza; al fine di tutelare la piccola, interviene il tribunale per i minorenni di Milano;
   inizia così una lunga serie di schermaglie giudiziarie, fino a quando l'autorità giudiziaria decide di autorizzare gli incontri tra il padre e la bambina solo in ambito protetto e sotto vigilanza (le CTU disposte evidenziano forti disturbi della personalità del genitore);
   avendo trovato lavoro e pensando di favorire il rapporto tra padre e figlia, la Puma decide di rientrare a Roma; i giudici milanesi autorizzano il trasferimento nella capitale della madre e della bambina ed il fascicolo passa per competenza al tribunale per i minorenni di Roma;
   le assistenti sociali che prendono in carico la pratica, consapevoli, al pari dei colleghi di Milano, della complessità della situazione da gestire, relazionano puntualmente e circostanziatamente il giudice tutelare che inibisce al padre anche gli incontri protetti con la figlia;
   del tutto inaspettatamente, il padre di B. denuncia le assistenti sociali e riesce a farle sostituire da altre che, ribaltando completamente la situazione, inquadrano il caso in un conflitto tra i genitori e richiedono, pertanto, il collocamento della piccola in casa famiglia (dove poi viene subito portata, a seguito di un provvedimento immediato del giudice e senza neanche essere ascoltata in udienza);
   la bambina può incontrare la mamma soltanto un'ora a settimana, ciò per espressa volontà dei servizi sociali, nonostante la previsione di due incontri a settimana disposta dal tribunale; non può vedere i nonni materni e gli altri parenti ed è stata costretta a cambiare scuola (adesso frequenta una scuola statale di periferia);
   questa storia ha molti lati oscuri: ci si chiede innanzitutto come e perché il tribunale, chiamato a decidere anzitutto nell'interesse del minore, abbia accettato, in palese contraddizione con precedenti deliberati di altro organo giudiziario, le richieste del padre, affetto da «disturbo di personalità di stampo narcisistico dovuto a vuoto empatico ed affettivo da curarsi in strutture cliniche idonee» (come risulta da due perizie del tribunale del 2005 e del 2008); pare che costui preferisca che la figlia (di cui ha chiesto l'adottabilità a terzi) resti in casa famiglia, privata della possibilità di un costante rapporto affettivo con i genitori;
   nessuno sembra preoccuparsi del grave trauma e dei conseguenti, permanenti e pesanti danni psicofisici che B. sta subendo e che continuerà a subire –:
   quali urgenti ed opportune iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare al riguardo e se in particolare non intenda promuovere iniziative normative volte ad introdurre meccanismi e garanzie tali da evitare l'atto tasso di discrezionalità che sembra caratterizzare le scelte relative alla collocazione dei minori, ai casi quali quelli segnalati in premessa. (3-02417)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PICIERNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'esercizio della delega conferita al Governo dall'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, recante norme sulla riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari, per il territorio della provincia di Caserta è stata disposta la soppressione di tutte le sezioni distaccate del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Aversa, Caserta, Carinola, Marcianise e Piedimonte Matese);
   il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, istituito nel 1808, assolve a tutte le incombenze che gravano su un tribunale di una città capoluogo di provincia, ed invero il suo circondario corrisponde all'estensione del territorio della provincia di Caserta, circa 2639 chilometri quadrati e con un bacino di utenza pari a circa 900.000 abitanti suddivisi in 104 comuni. La città di Caserta, difatti, è l'unico capoluogo di provincia d'Italia a non essere sede di tribunale;
   quello di Santa Maria Capua Vetere è il sesto tribunale d'Italia per carico di lavoro, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, attesa la delicatezza e la complessità dei procedimenti trattati;
   com’è ben noto alla Commissione antimafia, la provincia di Caserta è fortemente esposta ai fenomeni criminali, unico territorio presidiato dall'esercito italiano in armi, dovendosi contrastare sodalizi camorristici estremamente organizzati, particolarmente feroci, e dotati di ingenti disponibilità finanziarie sovente impiegate per inquinare le attività imprenditoriali e produttive della zona;
   una simile peculiarità non può essere ignorata quando si ridefinisce la geografia giudiziaria, poiché spogliare quel territorio del più autorevole e visibile presidio di legalità rappresentato dalle sezioni distaccate del tribunale non corrisponde alla diffusa esigenza di combattere efficacemente la criminalità, sia nelle forme particolarmente aggressive e pericolose come quella organizzata, sia in quelle cosiddette «predatorie» che, quotidianamente, attaccano la serenità e la tranquillità dei cittadini. Inoltre, la forza economica di alcuni clan, si pensi a quello tristemente famigerato dei casalesi, condiziona pesantemente le relazioni economiche con riflessi, tutt'altro che trascurabili, anche nella gestione degli affari civili;
   il pericolo derivante dalla soppressione di tutte le sezioni distaccate di una provincia così vasta e complessa, e dei conseguenti rischi per l'azione di contrasto alla criminalità organizzata, è avvertito dagli stessi vertici della magistratura, essendosi in tal senso espressi sia il presidente della corte di appello di Napoli, sia l'avvocato generale, sia il presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che il procuratore della Repubblica presso detto tribunale;
   a rendere ancora più preoccupante la situazione sovvengono le criticità logistiche e organizzative segnalate dal presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere con nota del 30 maggio 2012, dal presidente della corte di appello di Napoli con nota del 26 giugno 2012 e dal Consiglio dell'ordine degli avvocati del foro di Santa Maria Capua Vetere del 5 luglio 2012 –:
   quali siano i motivi di una tanto drastica soppressione integrale delle sezioni distaccate del tribunale di Santa Maria Capua Vetere;
   se e come intenda il Ministro coniugare le pur legittime esigenze di riduzione, in linea con il contenimento della spesa pubblica, con l'imprescindibile obiettivo di garantire sicurezza e legalità in una provincia dove è drammaticamente forte la presenza della criminalità organizzata.
(5-07528)


   ANGELA NAPOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha più volte evidenziato il grande disagio con il quale opera la polizia penitenziaria in Calabria, a causa delle inaccettabili carenze di mezzi e personale;
   è ormai ricorrente l'impossibilità dei magistrati a svolgere le udienze processuali giacché la polizia penitenziaria non può trasferire i detenuti presso le aule giudiziarie;
   ed è ancor più inaccettabile che questo accada per processi contro uomini della ’ndrangheta, la cui pervasività è divenuta in Calabria davvero preoccupante;
   mercoledì 18 luglio 2012 è accaduto a Reggio Calabria, dove è saltata l'udienza di un processo contro tre presunti mafiosi perché la polizia penitenziaria non è riuscita a trasportare i detenuti dal carcere all'aula del tribunale;
   nei penitenziari calabresi la situazione è sempre più difficile non solo per il sovraffollamento dei detenuti che sono 3.000, di cui 67 donne, a fronte dei 1890 posti disponibili, ma anche per la mancanza di personale della polizia penitenziaria, i cui organici non sono assolutamente stati mai adeguati alla necessità;
   il 24 luglio 2012 Angelo D'Agostino di Rosarno, condannato nei giorni scorsi alla pena di sei anni di reclusione per spaccio di droga, è evaso dal carcere di Palmi mentre si trovava nel cortile per l'ora d'aria; l'uomo ha scavalcato i muri di due cortili ed ha raggiunto il muro perimetrale del carcere da dove si è calato utilizzando delle lenzuola legate come una fune;
   anche la gravità di questa evasione evidenzia la drammaticità della situazione carceraria in Calabria;
   disagi, problemi e rinvii stanno davvero ponendo a rischio i processi –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire la sicurezza in tutte le strutture penitenziarie calabresi e per sopperire alle carenze di uomini e mezzi, al fine di garantire lo svolgimento di tutte le fasi processuali, in particolare, quelle che riguardano detenuti responsabili di reati di stampo mafioso. (5-07533)


   TORRISI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento alla legge n. 148 del 2011, che delega il Governo alla riorganizzazione e distribuzione degli uffici giudiziari, e alla proposta di soppressione anche della sezione del tribunale di Paternò (con competenza anche nei comuni viciniori di Ragalna, Santa Maria di Licodia, Castel di Iudica, Ramacca e Raddusa) sezione distaccata dal tribunale di Catania, si sottopongono le ragioni a sostegno del mantenimento della suddetta sezione;
   la sezione di Paterno serve un vasto territorio che si estende per circa 640 chilometri quadrati e accoglie una popolazione di quasi centomila abitanti. Si tratta di un territorio a vocazione prevalentemente agricola, ove non mancano insediamenti industriali e fiorenti attività artigianali e commerciali che danno luogo a una vivace economia. Tali attività e il loro sviluppo necessitano, però, di un efficiente servizio della giustizia, la cui carenza ne può causare intralcio e quindi recessione. Difatti, come si evince dai rapporti della Dia, nel territorio paternese si registra una forte presenza di elementi affiliati al clan mafioso catanese dei Santapaola, nonché di altre famiglie mafiose locali quali gli Alleruzzo, gli Assennata e i Morabito. In questi anni la sezione distaccata di Paternò ha svolto, e svolge ancora, una adeguata e soddisfacente attività con lo smaltimento di migliaia di cause, sia in sede civile che penale, contribuendo a dare certezza ai rapporti giuridici tra i cittadini e sicurezza all'ambiente economico e commerciale. La soppressione – ancorché costituisca una delle opzioni che la legge delega conferisce al Governo – attuata in maniera indiscriminata, non rappresenta però il rimedio migliore per assicurare una razionale distribuzione degli uffici giudiziari nel territorio dello Stato e, soprattutto, non rappresenta la via migliore per raggiungere uno degli obiettivi fondamentali della legge delega: procurare «un incremento di efficienza» del servizio-giustizia. La delega al Governo di accorpare le sezioni distaccate da quella centrale non ha, nella ratio legis, carattere cogente, essendo invece concepita come semplice «opzione» da adottare caso per caso;
   è inoltre opportuno sottolineare come la struttura giudiziaria del tribunale di Catania si dibatte quotidianamente alla ricerca di un equilibrio precario, tra molte problematiche che attengono ad una logistica carente e alle esigue risorse (umane e non) a disposizione per gestire i servizi, alle strutture inadeguate, e che richiedono sforzi immensi da parte dei dirigenti per garantire efficienza ed equilibrio sufficienti. Si tratta di valutazioni fatte dal consiglio giudiziario presso la corte d'appello di Catania, il quale ha espresso il proprio parere sull'argomento, ritenendo confacente alle necessità del territorio – per un efficiente servizio di giustizia – ridurre le attuali sette sezioni del tribunale di Catania a tre, tra le quali, appunto, è prevista quella di Paternò, che potrebbe accorpare, oltre alla sezione di Belpasso, anche quella di Adrano e Bronte Paternò, essendo in possesso di tutti i parametri previsti dalla legge per una sezione «modello» all'espletamento dei compiti di Giustizia e per la sua strategica posizione geografica, è senz'altro idonea a continuare a fornire un dignitoso servizio;
   le suddette ragioni – di valeva obiettiva e razionale – hanno peraltro indotto l'associazione forense di Paternò (che abbraccia circa 200 avvocati) e i sindaci dei comuni sopra indicati a chiedere già, al Ministro interrogato e al Governo, di adottare una ragionevole decisione che preveda il mantenimento della sezione di Paternò, conformemente alle indicazioni espresse dal consiglio giudiziario che si è fatto interprete delle effettive necessità del territorio compreso nella circoscrizione del tribunale di Catania –:
   se il Ministro intenda chiarire le regioni per le quali si sia proceduto alla soppressione della sezione distaccata di tribunale di Paternò che insiste in un territorio ad alta presenza di criminalità organizzata. (5-07534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO. —Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo di revisione della geografia giudiziaria che dà attuazione alla delega al Governo attribuita dalla legge n. 148 del 2011, provvedimenti per la stabilizzazione finanziaria approvata dal precedente Esecutivo;
   lo schema di decreto legislativo – che ora passerà alle Commissioni parlamentari per un parere obbligatorio ma non vincolante – prevede la riduzione e l'accorpamento di 37 tribunali;
   il tribunale di Lucera (Foggia), dalla non trascurabile tradizione in campo giuridico, con le sue sezioni distaccate (Apricena e Rodi Garganico) rientra tra i sopracitati tribunali per i quali è stata decisa la soppressione e la conseguente annessione al tribunale di Foggia che non riuscirebbe a sopportare un notevole aggravio del carico processuale, già smisurato (oltre 151 mila pendenze civili e circa 23 mila pendenze penali). Il tribunale di Foggia, infatti, si trova già – come da formale parere del presidente del tribunale di Foggia – nell'impossibilità logistica di assorbire le quattro sezioni distaccate di San Severo, Cerignola, Manfredonia e Trinitapoli; sul punto si evidenzia che attualmente la sede del tribunale di Foggia già non è in grado di accogliere tutti gli uffici giudiziari, tant’è che la sezione lavoro, gli uffici del giudice di pace e l'Unep sono dislocati in strutture private per le quali il Ministero della Giustizia è costretto a corrispondere pesanti affitti (circa 500 mila euro annui);
   il circondario del tribunale di Lucera ha giurisdizione su trentadue comuni, un organico che prevede sedici magistrati alla giudicante e sei magistrati alla procura della Repubblica, una popolazione di 163 mila abitanti e dimensioni maggiori di non pochi tribunali aventi sede nei capoluoghi di provincia. Il tribunale di Lucera, per estensione, è secondo tra i tribunali sub-provinciali e 26o tra tutti i 165 tribunali d'Italia con i suoi 2800 chilometri quadrati, al di sopra dei 2100 chilometri quadrati considerati ottimali dal Ministro della giustizia nel sopracitato schema di decreto legislativo;
   il tasso d'impatto della criminalità organizzata nel circondario lucerino è tutt'altro che modesto – così come evidenziato nella relazione del 2 luglio 2012 n. 365/12 del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lucera e nel parere 16 luglio 2012 del consiglio giudiziario del distretto di corte di appello di Bari – e sta purtroppo da tempo caratterizzando ampie zone del circondario (peraltro il comune di Lucera è rientrato tra gli otto comuni della provincia interessati dalla sottoscrizione del protocollo per la difesa dalla criminalità organizzata), e va da sé la necessità del non venir meno dei presidi di giustizia. Al riguardo, si rimarca come detto fattore costituisce altro criterio previsto dalla legge delega per la conservazione dei tribunali;
   diverrebbe alquanto penalizzante la condizione del tribunale di Lucera, ove lo schema di decreto legislativo adottato dal Governo il 6 luglio 2012 dovesse trasformarsi in definitivo, atteso che la provincia di Foggia, pur avendo ben 672.000 abitanti e oltre 7.000 chilometri quadrati (seconda per estensione in Italia, dopo solo la provincia di Bolzano), si ritroverebbe con un solo tribunale (Foggia), con ogni conseguente immaginabile grave disagio per la collettività e per l'esercizio della giurisdizione;
   il tribunale di Lucera, rispetto a tutti i 58 tribunali sub-provinciali d'Italia, è il 15o per popolazione, il secondo per estensione, il 14o per organico di magistrati, il nono per sopravvenienze medie 2006/2010 (tutti parametri rinvenuti dal Ministero con riferimento ai criteri indicati nella legge-delega), ma nonostante ciò, è stato inserito nella lista dei 37 tribunali sopprimendi (è come se fosse stato messo dopo del ventunesimo posto tra i tribunali sub-provinciali, pur non ricoprendo mai tale posizione, per nessuno dei suddetti parametri);
   il tribunale di Lucera inoltre ha dimensioni maggiori di circa venti tribunali provinciali, proprio con riguardo ai parametri utilizzati dal Ministero;
   lo stesso istituto delle sezioni distaccate è messo in discussione ma, ove si dovesse por mano al recupero di alcune di esse, necessariamente vi dovrebbe far rientrare anche la sezione distaccata di Rodi Garganico che, difatti, non si discosta dai parametri utilizzati per il detto recupero, atteso che si tratta di un ufficio giudiziario molto lontano dalla sede circondariale (110 chilometri e nel cui territorio rientrano comuni, quali Peschici, distanti addirittura 140 chilometri dalla sede circondariale), condizione, questa, non ricorrente presso altre realtà giudiziarie italiane –:
   quali siano le ragioni per le quali si sia decisa la soppressione del tribunale di Lucera e del suo circondario e, in particolare, della sezione distaccata di Rodi Garganico. (4-17111)


   ANGELA NAPOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la corte d'assise d'appello di Messina nei giorni scorsi ha emesso la sentenza di scarcerazione di Luigi Mancuso, boss del «locale di Limbadi», tra i più potenti della ’ndrangheta su scala nazionale ed internazionale;
   Luigi Mancuso, detenuto dal 1993, avrebbe dovuto scontare una pena di 30 anni di reclusione, ma la corte d'appello di Messina, grazie alle maglie larghe dell'ordinamento giudiziario italiano, lo ha reso libero con 11 anni di anticipo –:
   se non ritenga necessario ed urgente avviare adeguate iniziative normative affinché vengano soppressi tutti i benefici utili ad alleggerire le pene detentive inflitte ai noti boss della criminalità organizzata. (4-17123)


   SPOSETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 maggio 2012 il sottoscritto presentava una interrogazione a risposta in commissione al Ministro della giustizia in merito ai processi derivanti dall'inchiesta sul CEV, la società partecipata del comune di Viterbo e quella denominata mensopoli, relativa all'appalto di refezione scolastica nello stesso comune di Viterbo. Nella stessa interrogazione si segnalava il rinvio dei processi, a causa dell'assenza per malattia del magistrato, e il conseguente rischio di veder gli stessi estinti per intervenuta prescrizione;
   i reati contestati riguardano ipotesi di particolare gravità tra le quali abuso d'ufficio, concussione, corruzione, turbativa d'asta e false fatturazioni, ovvero reati che qualora effettivamente accertati avrebbero arrecato un rilevante pregiudizio economico alla pubblica amministrazione reati che qualora accertati richiedono una risposta giurisdizionale efficace, rigorosa e credibile;
   il 17 luglio 2012 i giudici, in seguito alla mancata notifica di convocazione ad uno degli imputati, hanno rinviato al 19 ottobre 2012 la prima udienza;
   se si dovessero presentare lentezze burocratiche e altre circostanze tese a rinviare di volta in volta dibattimento, il rischio di prescrizione diventerebbe concreto;
   appare indispensabile assicurare un ordinato svolgimento ed una rapida definizione dei predetti processi, affinché siano accertate le effettive responsabilità degli imputati e la pubblica amministrazione sia posta in grado di recuperare quanto eventualmente sottratto all'erario –:
   se il Ministro possa fornire chiarimenti in merito ai motivi che sottendono gli irragionevoli e ripetuti ritardi sopra esposti e se, nell'ambito delle proprie prerogative, non intenda promuovere una specifica iniziativa ispettiva al fine di verificare il pieno e corretto funzionamento del tribunale di Viterbo. (4-17136)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAZZERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalla stampa, in occasione della manifestazione «Un libro possibile» svoltasi a Polignano a Mare il 12 luglio 2012, il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio avrebbe denunciato un fatto gravissimo accaduto nel mare di Monopoli, bandiera blu;
   il giornalista ha raccontato di aver visto quattro imbarcazioni sversare liquami nelle acque vicino alla costa, tra lo stupore dei tantissimi bagnanti presenti;
   immediatamente i testimoni del fatto avrebbero tentato di denunciare il reato in corso contattando la capitaneria di porto che però li avrebbe liquidati malamente;
   anche al giornalista la capitaneria avrebbe sbattuto due volte il telefono in faccia (fax, i fatti della settimana del 21 luglio 2012);
   inoltre, una volta segnalato l'episodio, l'ufficio circondariale marittimo avrebbe «inviato una pilotina soltanto dopo il terzo sollecito» (fax, I fatti della Settimana, del 14 luglio 2012);
   ma «Quando il mezzo nautico della Guardia Costiera ha raggiunto il punto esatto della segnalazione, le imbarcazioni si erano allontanate [...]» (fax, I fatti della Settimana, del 14 luglio 2012);
   di contro, il comandante T.V. Francesco Esposito, titolare dell'ufficio, sostiene che la motovedetta inviata sul posto, partita, secondo quanto a lui risulta, prima ancora della segnalazione, non avrebbe trovato traccia né delle imbarcazioni né della sostanza sversata in mare;
   ma il comandante ha anche aggiunto che se le barche «fossero state così vicino alla costa, come il signore (riferendosi al giornalista Carlo Vulpio) dice di aver notato, avrebbe quantomeno dovuto prendere il numero di targa e renderci un servizio migliore. È facile richiamare l'applauso di una folla accondiscendente con una demagogia di basso livello» (fax, I fatti della Settimana, del 14 luglio 2012) –:
   se il Ministro intenda far luce sul comportamento della capitaneria di porto di Monopoli ed accertare se quanto riportato dal giornalista Carlo Vulpio nell'articolo pubblicato sul settimanale fax del 21 luglio 2012 corrisponda al vero. (4-17113)


   LO PRESTI, TERRANOVA e FALLICA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2011 n. 83 l'ufficio locale marittimo di Terrasini, è stato elevato al rango di ufficio circondariale marittimo;
   nella relazione che accompagna il decreto del Presidente della Repubblica in questione che riguarda anche altri uffici marittimi periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti su tutto il territorio nazionale, si fa espressamente riferimento alla importanza che tali uffici rivestono per la trattazione delle «problematiche marittime lato sensu che abbracciano la componente amministrativa, operativa, tecnica e di vigilanza sui litorali di giurisdizione (...)»;
   in buona sostanza le competenze svolte dagli uffici circondariali marittimi rispetto ai meno dimensionati ed importanti uffici locali marittimi «assumono connotati e consistenza che sono adeguate alla vastità del territorio, alle attività marittime ed economiche che ivi si svolgono ed ai relativi bacini d'utenza» ... che costituiscono un evidente «patrimonio» delle comunità locali, i cui Enti esponenziali hanno chiesto ed auspicato la realizzazione di elevazione di tale ufficio al rango di ufficio circondariale marittimo;
   l'ufficio di Terrasini che comprende un'importante flotta peschereccia ha competenza anche sui servizi della delegazione di spiaggia di Balestrate, nel cui porto è di stanza un'altra importante marineria. Tale ufficio dovrebbe assolvere a tutta una serie di compiti connessi all'acquisito rango di ufficio circondariale marittimo quali:
    a) istituzione delle sessioni di esami per il rilascio titoli professionali marittimi del ceto marinaro presso la sezione gente di mare; iscrizione nelle matricole della gente di mare di 1a, 2a, 3a categoria; rilascio di abilitazioni professionali; istanza di iscrizione nel registro pescatori marittimi; istanza di iscrizione nel registro pescatori marittimi (per minori); iscrizione al R.I.P.;
    b) istituzione delle commissioni per le visite a bordo delle unità da pesca superiori alle 25 tonnellate/stazza, con il rilascio degli appositi certificati; certificato di navigabilità; certificati annotazioni di sicurezza e altro;
    c) istituzioni delle commissioni per gli esami delle patenti nautiche da diporto, nonché la tenuta dei registri per l'iscrizione delle unità da diporto (registri imbarcazioni da diporto - R.I.D.); iscrizione unità sprovviste di marcatura CE; trasferimento dell'ufficio d'iscrizione delle unità da diporto; passaggio proprietà unità da diporto; nota di trascrizione per la pubblicità navale; domanda per rinnovo convalida del certificato di sicurezza; domanda di cancellazione dai R.I.D. di unità rientranti nella categoria dei natanti e altro;
   risulta all'interrogante che ad un anno dall'assunzione del rango di ufficio circondariale marittimo, Terrasini ha solo sulla carta istituito le sezioni sopra richiamate ma, nonostante sia in possesso di una struttura adeguata, di uomini e mezzi, di fatto finora non è stata svolta nessuna attività, con la conseguenza che gli utenti (gente di mare e diportisti) dell'intero circondario che potrebbero fare riferimento all'ufficio circondariale di Terrasini, sono costretti a rivolgersi alla capitaneria di porto di Palermo che dista, sia da Terrasini che da Balestrate, oltre 50 chilometri, con un dispendio di tempo e di risorse economiche per l'utenza che, soprattutto in tempi di crisi, andrebbe accuratamente evitato;
   il mancato dialogo con le amministrazioni locali sul cui territorio ricade la giurisdizione dell'ufficio circondariale marittimo di Terrasini ha compromesso gli ottimi rapporti con le istituzioni che in passato si erano avuti. Infatti lo stesso regolamento del circondario marittimo di Terrasini è stato emanato senza avere richiesto i pareri alle predette amministrazioni;
   dalla fine del 2011 un relitto di nave, battente bandiera panamense, giace sui fondali del porto di Terrasini e sta provocando un ostacolo alla navigazione portuale e al deflusso naturale delle correnti all'interno del porto, con un notevole insabbiamento dello stesso ed accumulo di alghe che vanno in putrefazione con il rischio per la salute pubblica;
   una seconda unità risulta ormeggiata tra le unità navali del corpo, dopo essere stata ritrovata, con lo stesso pericolo di affondamento;
   i fatti di cui sopra evidenziano una gestione secondo gli interroganti approssimativa e poco funzionale dell'ufficio circondariale marittimo in questione che causa da un lato, reali disagi agli operatori ed ai cittadini che fruiscono del porto e dall'altro, integra un danno in termini di tempo lavorativo sprecato e di costi sostenuti per lo svolgimento di pratiche amministrative che gli utenti sono costretti a svolgere a Palermo –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere affinché, verificati i fatti descritti in premessa, il comandante l'ufficio circondariale marittimo di Terrasini, decorso oltre un anno dalla sua istituzione, possa, nel più breve tempo possibile, rendere operativa la struttura e le competenze assegnate dal rango conseguito, al fine di agevolare gli operatori della pesca, i diportisti ed i cittadini gravati ingiustamente di oneri e disagi;
   quali provvedimenti intenda adottare al fine di garantire la sicurezza della navigazione all'interno del porto e la salute pubblica compromessa dal relitto in questione che, semi affondato, giace da diversi mesi sul fondale del porto. (4-17117)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   indiscrezioni di stampa annunciano un imminente avvio di procedure di cassa integrazione per centinaia di lavoratori dell'Alitalia CAI che si andranno a sommare al già elevato numero di lavoratori ex dipendenti Alitalia licenziati;
   Alitalia CAI nel 2011 ha già aperto una procedura di cassa integrazione per 700 dipendenti di terra e di volo, chiedendo al contempo uno stanziamento al Fondo di sostegno del trasporto aereo pari a 4,5 milioni di euro per effettuare attività di riqualificazione del personale pilota, la maggior parte della quale riferibile al personale già assunto a tempo indeterminato;
   la compagnia CAI Alitalia ha avviato un processo di espansione intercontinentale con accordi in code sharing con compagnie estere e questo, comportando l'apertura di nuove tratte, presumibilmente porterà, nell'immediato, ad un maggiore carico di lavoro per i dipendenti e un coinvolgimento più consistente, in termini numerici, di personale impegnato;
   la compagnia nazionale, piuttosto che richiamare in servizio alcuni dei piloti attualmente in mobilità o procedere ad una cassa integrazione a rotazione che contempli il reinserimento nel ciclo produttivo dei piloti e della rimanente parte del personale di terra e degli assistenti di volo, si avvale regolarmente di aeromobili e di equipaggi di altre compagnie, come la compagnia rumena Carpatair, per effettuare attività di volo con nominativo Alitalia sul territorio nazionale, senza peraltro informare preventivamente i passeggeri;
   pochi giorni fa Alitalia CAI ha lanciato un piano di risparmio carburante che prevede l'erogazione di generosi incentivi di natura economica, nell'ordine di milioni di euro, per larga parte del personale qualora tali obiettivi siano raggiunti. Tale azione di elargizione premi sembra poco coerente con un piano di ridimensionamento dei costi, che dovrebbe puntare innanzi tutto a finanziare programmi lungimiranti per la compagnia e il personale dipendente –:
   se trovino conferma le indiscrezioni di stampa relative ad una nuova procedura di cassa integrazione da parte di Alitalia CAI che riguarderebbe centinaia di dipendenti e se non si ritenga opportuno intervenire per quanto di competenza su scelte aziendali di elevato spessore sociale.
(4-17130)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   COMPAGNON. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi, nei valichi autostradali goriziani al confine tra l'Italia e la Slovenia è andato via via espandendosi, per volume e frequenza, un preoccupante fenomeno di traffici e spedizioni privi delle necessarie autorizzazioni tra il nostro Paese, l'Ucraina, la Moldavia e la Bielorussia;
   ogni giorno, con particolare intensità nei fine settimana ed in occasione di particolari festività, si stima che sulla rete viaria di confine transitino almeno 500-1.000 automezzi carichi di sigarette di contrabbando, alcolici, generi alimentari non certificati e rimesse di denaro che gli immigrati spediscono alle loro famiglie residenti nei Paesi di origine;
   le Forze dell'ordine hanno riscontrato che ogni automezzo può arrivare a trasportare 1.500-3.500 chilogrammi di pacchi, talvolta contenenti i proventi di furti compiuti in Italia;
   nonostante il blitz della polizia stradale effettuato lo scorso marzo presso il casello autostradale di Porpetto in provincia di Udine (durante il quale sono stati controllati, sanzionati e sequestrati un centinaio di furgoni) il traffico è ripreso con la stessa intensità;
   risulta essere rilevante il danno subito dalle società italiane operanti in Friuli Venezia Giulia specializzate nel settore del corriere internazionale espresso e della logistica tra l'Italia ed i Paesi dell'est Europa ed altrettanto significativa la contrazione del volume di affari e dei posti di lavoro subito dalle medesime –:
   se non ritengano necessario intervenire con tempestività ed incisività per porre fine a tale sleale concorrenza messa in atto da autotrasportatori stranieri, disponendo un intensificazione dei controlli nei valichi autostradali goriziani. (3-02414)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del comune di Picerno (Potenza) è da diverse settimane attenzionato da ladri;
   furti si registrano sia nel centro cittadino che nelle sue zone rurali; si ricorda in proposito che il comune di Picerno ha una caratteristica particolare per cui metà dei suoi abitanti vivono nelle contrade di campagna;
   sono stati segnalati furti in abitazioni nonché di automobili, di mezzi meccanici e anche di derrate alimentari;
   il dato preoccupante è che questi ladri spesso agiscono anche in presenza dei proprietari e alcuni derubati hanno detto di essersi svegliati storditi, così come risultano neutralizzati anche i cani da guardia;
   si è venuto a creare un clima di preoccupazione nella comunità che va affrontato;
   va assolutamente potenziato l'organico dei carabinieri della locale stazione che svolgono un importante lavoro ma hanno un territorio vasto da coprire con poche unità –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di potenziare l'organico dell'Arma dei carabinieri della stazione di Picerno, rafforzare il pattugliamento delle contrade nonché di installare un circuito di telecamere per la videosorveglianza all'interno del centro abitato. (3-02415)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IANNUZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del comune di Fisciano e l'intera Valle dell'Irno – sede dell'università degli studi di Salerno ed attraversata dal raccordo fra le autostrade A30 Caserta-Roma ed A3 Salerno-Reggio Calabria – da tempo sono destinatari di ripetuti episodi di microcriminalità (furti automobili e in private abitazioni, scippi, spaccio sostanze stupefacenti, atti vandalici che colpiscono strutture e beni pubblici), ai quali purtroppo si sono aggiunti con frequenza sempre maggiore, rapine con uso di armi, incendi autovetture, scontri a fuoco;
   ne è conseguito un giustificato e forte allarme sociale nella comunità;
   l'Amministrazione comunale di Fisciano si è prontamente attivata, istituendo un servizio di vigilanza notturno affidata alla polizia municipale e potenziando il servizio di videosorveglianza;
   nel territorio di Fisciano ricade il prestigioso Campus dell'università degli studi di Salerno, che vanta tutte le facoltà, con un bacino di circa 50.000 studenti e che è caratterizzato da strutture didattiche, di ricerca, del tempo libero e da servizi di assoluta rilevanza;
   attualmente, nella grande realtà del Campus universitario è già operante solo un posto di polizia, insufficiente a garantire la massima e doverosa tutela dell'ordine e della sicurezza delle persone;
   appare a tal fine necessario e opportuno potenziare e accrescere le risorse umane, professionali ed organizzative a disposizione delle forze dell'ordine, trasformando il presidio di polizia, attualmente presente nell'università, in commissariato di polizia per assicurare un'azione più intensa e forte di prevenzione e repressione delle attività criminose;
   il consiglio comunale di Fisciano, più volte negli ultimi anni ed ultimamente, con deliberazione n. 14 del 14 maggio 2012, ha deciso di richiedere al prefetto ed al questore di Salerno, al Ministro dell'interno la creazione del commissariato di polizia nel Campus universitario;
   già in passato, a più riprese, l'università di Salerno ha condiviso, con atti formali, questa proposta –:
   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di poter assumere per accogliere la richiesta, giustamente avanzata dal comune di Fisciano e condivisa dall'università di trasformare il presidio di polizia, attualmente presente nel campus universitario di Fisciano in commissariato di polizia, con il potenziamento delle risorse complessivamente a disposizione delle forze dell'ordine. (5-07530)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali, emerge un increscioso episodio di criminalità verificatosi ai danni di una famiglia di Palinuro, rinomata località turistica del comune di Centola, a sud della provincia di Salerno;
   peraltro, nell'ultimo anno si sono verificati diversi analoghi episodi in tutto il territorio salernitano;
   in particolare, una banda di malviventi nel corso della notte tra il 22 ed il 23 luglio 2012, approfittando del buio delle ore notturne, si introduceva all'interno dell'agriturismo «Isca delle Donne», di proprietà dell'ex assessore comunale Vincenzo Merola;
   una volta all'intero della struttura, i suddetti criminali, dall'accento balcanico ed in possesso di arma da fuoco, nel tentativo di rubare danaro ed oggetti di valore si scagliavano contro la moglie del proprietario, esercitando sulla stessa percosse e minacce con inaudita violenza;
   in un secondo momento, i banditi assalivano lo stesso Merola e due camerieri dell'agriturismo presenti al momento, immobilizzandoli e legandoli all'interno della villa con una sciarpa;
   infine, al termine delle violenze la banda riusciva a scappare assicurandosi un bottino di circa duemila euro in contanti e l'autovettura del proprietario della villa;
   la stampa locale e nazionale ha attribuito particolare risalto all'accaduto per le modalità esecutive della rapina, commessa attraverso una brutale aggressione ai danni della famiglia Merola, in perfetto stile «arancia meccanica» e del tutto anomalo rispetto alla tranquillità della zona;
   la frazione di Palinuro costituisce una delle più note stazioni turistiche del Cilento, ricca di storia, di bellezze paesaggistiche e di strutture ricettive, ivi comprese agriturismi, residence e villaggi vacanze;
   l'immagine della località, che richiama un notevole flusso turistico che rappresenta il settore più importante per l'economia dell'intero comprensorio, non può essere compromessa da simili efferati episodi di criminalità –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire maggiore sicurezza nella costa cilentana e, più in generale, nell'intera provincia di Salerno, anche in considerazione del notevole flusso turistico presente nella zona nel corso della stagione estiva. (4-17108)


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locali (Mattino di Padova del 24 Luglio 2012) riportano la notizia secondo la quale, a seguito di una trattativa tra privati cittadini, nel comune di Noventa Padovana è stato finalizzato un accordo tra soggetti privati per l'affitto di un locale tra la proprietà dell'immobile stesso e la associazione «Sonar Bangla cultur center»;
   scopo di tale accordo, così come confermato da un socio dell'associazione, era quello di trovare un luogo adatto per poter professare la preghiera e la cultura islamica per i musulmani dell'area compresa tra Noventa Padovana e Padova; il luogo individuato in Via Risorgimento 47, trattasi un ampio salone con destinazione urbanistica non adeguata alla normativa vigente, la quale prevede chiaramente come, queste «moschee» o centri di preghiera, dovrebbero insediarsi in aree a destinazione urbanistica per edifici di culto, così come succede per le altre confessioni religiose nel territorio;
   a seguito delle forti preoccupazioni relative ai problemi di sicurezza e di ordine pubblico, tra i residenti del comune di Noventa Padovana è in corso una democratica protesta al fine di scongiurare l'ipotesi che il progetto della comunità islamica arrivi a compimento;
   l'amministrazione comunale, attraverso il sindaco, ha dichiarato la legittimità dell'operazione tra privati, e che garantirà il rispetto della libertà di culto, ammettendo così che si tratta quindi di una moschea e non di centro culturale –:
   quali iniziative il Ministro abbia assunto o intenda assumere in relazione alle esigenze di monitoraggio della diffusione di centri di culto con specifico riferimento ai problemi di ordine pubblico. (4-17129)


   BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il «Grand Hotel La Sonrisa» di Sant'Antonio Abate (Napoli) è immerso in un parco di 50.000 metri quadrati con ampio parcheggio per auto e bus, eliporto, piscina con vasca idromassaggio, campo di calcio per squadre in ritiro e si distingue per la sontuosità delle sue 70 camere in stile veneziano, dotate di tutti i più moderni comfort. Ampi e lussuosi saloni decorati con splendidi affreschi, sale congressi fornite delle più moderne attrezzature multimediali, telematiche e sistemi audiovisivi per incontri, riunioni, meeting e congressi da 20 a 800 persone (www.lasonrisa.it);
   dal 1983 ospita la kermesse canora di «Napoli Prima e Dopo» sottotitolo «La canzone napoletana in concerto» che ha visto sfilare in questi trent'anni tanti personaggi italiani ed internazionali noti al grande pubblico;
   l'evento canoro va regolarmente in onda su Rai Uno e riportando uno share andatosi negli anni sempre più ad assottigliarsi, dal 22,85 per cento del 27 luglio 2007 al 18,79 per cento del 22 luglio 2011 ed il 19 per cento del 20 luglio 2012;
   il 28 dicembre 2011 è stato posto sotto sequestro su istanza della procura di Torre Annunziata per lottizzazione edilizia abusiva dal giudice per le indagini preliminari Nicola Russo che ha le 48 pagine del decreto di sequestro preventivo dell'imponente albergo; la procura ha lasciato in facoltà d'uso l'albergo agli indagati;
   secondo gli inquirenti, che hanno iscritto nel registro degli indagati quattro soggetti, la struttura si è accresciuta negli anni grazie a lottizzazioni abusive per oltre 40 mila metri quadrati;
   il 18 luglio 2012 il quotidiano La Repubblica in un articolo a firma di Nicola Russo, giudice in Corte di Assise a Napoli titola: «Le telecamere della Rai nell'hotel sotto sequestro. Le troupe del servizio pubblico nell'albergo La Sonrisa di Sant'Antonio Abate per lo show “Napoli prima e dopo”»;
   all'interno dell'articolo si legge: «Non contesto che nell'ambito di tale facoltà vi sia pure la possibilità di vedersi ancora una volta destinatari dell'affidamento del contratto Rai. Ma mi chiedo se sia mai possibile che una trasmissione del servizio pubblico debba (consapevolmente o meno) essere trasmessa da un complesso che — almeno allo stato degli accertamenti giudiziari — è ancora sottoposto ad un provvedimento cautelare dell'autorità giudiziaria e che, se confermato nel successivo giudizio, è destinato alla confisca. Se fossi ancora giudice di quel procedimento avrei taciuto, come era mio dovere. Ma avrei impedito che questo schiaffo alla legalità venisse dato, come altrettanto era mio dovere»;
   il 20 luglio 2012 il quotidiano Il Fatto ricorda che di recente: «le ruspe spedite dalla magistratura hanno buttato giù dieci camere di una pertinenza del complesso turistico perché ritenute abusive in base a una sentenza passata in giudicato»;
   il 20 luglio 2012 in prima serata su Rai Uno alle ore 21.10 il festival «Napoli Prima e Dopo» è andato regolarmente in onda dall'hotel sotto sequestro;
   già in un articolo del quotidiano Il fatto quotidiano del 30 dicembre 2011 si legge «basta leggere le prime pagine del decreto di sequestro giudiziario per vedere emergere un quadro di diffusa illegalità e impunità, diventata un sistema di impresa. In sintesi — afferma il Gip — dal 1979 in poi su questa vasta area, ove fino ad allora era presente solo un fabbricato rurale, è stata compiuta un'attività edilizia, in assenza di titoli abilitativi o di titoli emessi in maniera illegittima, in violazione delle più elementari norme edilizie ed urbanistiche e della normativa a tutela del paesaggio, che ha portato alla realizzazione di una imponente consistenza immobiliare con lo stravolgimento urbanistico dell'area»;
   la regione Campania, parte lesa dell'inchiesta, ha concesso il patrocinio alla manifestazione, insieme alla provincia di Napoli;
   non è difficile immaginare che tale operazione possa celare rapporti affaristico clientelari con i politici e imprenditori interessati, che ne avrebbero ricevuto vantaggi economici e benefici mediatici grazie anche alle apparizioni televisive –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per contrastare fenomeni di abusivismo edilizio come quello descritto, alimentati ad avviso dell'interrogante da una cultura politico-amministrativa non improntata a principi di correttezza e trasparenza. (4-17133)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   con decreto n. 196 del 28 giugno 2012 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha fissato le modalità ed i contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia ed odontoiatria e protesi dentaria per l'anno accademico 2012/2013 statuendo (articolo 1, comma 2), ai fini della compilazione delle graduatorie, aggregazioni di sedi universitarie con graduatorie comuni, secondo l'ordine di punteggio dei candidati;
   attraverso tale disposizione si è inteso estendere a tutti gli atenei italiani quella forma di aggregazione sperimentata dalle università di Trieste e Udine nel corso dell'anno accademico ultimo scorso (2011/2012), in tal modo, dal prossimo anno accademico 2012/2013, coloro che parteciperanno al test per l'accesso alla facoltà di medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria concorreranno non più per singolo ateneo ma per un gruppo di università «vicine» (in totale i 38 atenei statali sono stati raggruppati in 12 aggregazioni):
    Napoli «Federico II», Napoli Seconda Università, Salerno;
    Cagliari, Sassari;
    Chieti «G. D'Annunzio», L'Aquila, Perugia, Roma Tor Vergata;
    Roma La Sapienza Med. e Farmacia A E, Roma La Sapienza Med. e Odontoiatria B C D, Roma La Sapienza Med. e Psicologia;
    Catania, Catanzaro «Magna Grecia», Messina, Palermo;
    Firenze, Parma, Pisa, Siena;
    Bari, Foggia, Molise;
    Genova, Torino I Facoltà, Torino II Facoltà;
    Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Politecnica delle Marche;
    Padova, Trieste, Udine;
    Milano, Milano Bicocca, Varese «Insubria», Vercelli «Avogadro»;
    Brescia, Pavia, Verona;
   a parere degli interpellanti il sistema normativo avrebbe dovuto prevedere una graduatoria unica nazionale;
   la decisione del Ministro, peraltro, è stata assunta dopo che il Consiglio di Stato, con ordinanza della sezione VI, depositata il 18 giugno 2012, ha invocato l'intervento della Corte costituzionale sulla diatriba graduatoria unica a livello nazionale o graduatoria per ateneo (sistema in uso fino al concorso 2011-2012);
   il fulcro dell'intero progetto è rappresentato dalla valorizzazione del merito scolastico adeguatamente pesato e coerente con lo svolgimento dei programmi di studio nell'indirizzo di scuola secondaria superiore frequentata (scuole secondarie superiori di secondo grado di indirizzo nell'ultimo triennio) avuto particolare riguardo al percorso universitario prescelto (selezione degli studenti più meritevoli e «preformati» nell'ambito di un contesto più ampio) allora ben pochi dubbi residuano per non preferire il modello della graduatoria unica nazionale con il quale è il valore assoluto del merito ad essere premiato;
   detto criterio risponde peraltro a criteri di ragionevolezza, logicità delle scelte amministrative ed equità (non potrà più accadere che uno studente di Catania che abbia totalizzato 44 punti rimanga fuori, e viceversa se avesse sostenuto il test a Parma, al contrario, sarebbe stato ammesso a frequentare il corso di studi in medicina e chirurgia) e lo stesso legislatore lo assume quale criterio essenziale per i concorsi pubblici quale quello in magistratura o, come in passato (2005/2006), per la prova di ammissione con graduatoria unica nazionale per l'accesso al corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria;
   in sintesi, una volta che il legislatore ha optato per il sistema meritocratico del test unico nazionale da svolgersi nello stesso giorno in tutti gli atenei italiani, non può che residuare l'unica opzione della graduatoria unica nazionale e non quella della graduatoria plurima aggregata, perché quest'ultima scelta non farebbe altro che rinviare ma non risolvere il problema;
   infatti, a fronte di una prova unica nazionale, con ottanta quesiti a risposta multipla, l'ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascuna aggregazione d'ateneo e dal numero di concorrenti complessivi nella stessa, ossia fattori non ponderabili ex ante;
   infatti, ove in ipotesi il concorrente scegliesse di effettuare la propria preiscrizione in una data aggregazione d'ateneo perché ci sono più posti disponibili e dunque ipotetiche maggiori «speranze» di successo, la stessa scelta potrebbero farla un numero indeterminato di candidati, e per converso, in una aggregazione con pochi posti disponibili potrebbero esservi un numero ridotto di domande di preiscrizione;
   da una simulazione delle varie sedi oggi aggregate, sulla base delle risultanze dei punteggi minimi ottenuti l'anno scorso, emergono i seguenti dati con riferimento ai punteggi minimi di ingresso nelle diverse università:
    Napoli «Federico II», Napoli Seconda Università, Salerno — punteggio minimo 41.75;
    Cagliari, Sassari — punteggio minimo 42.25;
    Chieti «G. D'Annunzio», L'Aquila, Perugia, Roma Tor Vergata — punteggio minimo 43.50;
    Roma La Sapienza Med. e Farmacia A E, Roma La Sapienza Med. e Odontoiatria B C D, Roma La Sapienza Med. e Psicologia — punteggio minimo 43.00;
    Catania, Catanzaro «Magna Grecia», Messina, Palermo — punteggio minimo 43.50;
    Firenze, Parma, Pisa, Siena — punteggio minimo 44.25;
    Bari, Foggia, Molise — punteggio minimo 45.25;
    Genova, Torino I Facoltà, Torino II Facoltà — punteggio minimo 45.75;
    Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Politecnica delle Marche — punteggio minimo 46.50;
    Padova, Trieste, Udine — punteggio minimo 47.00;
    Milano, Milano Bicocca, Varese «Insubria», Vercelli «Avogadro» — punteggio minimo 48.25;
    Brescia, Pavia, Verona — ponteggio minimo 48.50;
   ciò è del tutto contrario alla logica del concorso unico nazionale;
   a parere degli interpellanti è probabile che queste anomalie e distorsioni si potrebbero accentuare giacché durante lo svolgimento della prova nelle diverse sedi concorsuali sia all'interno della stessa aggregazione che tra aggregazioni diverse;
   a parere degli interroganti urge garantire il sistema del merito da tutti invocato e a cui certamente tende anche questa nuova modalità di selezione, prevenendo qualsiasi forma di campanilismo o peggio ancora di dolo a svantaggio di talune sedi universitarie. Si pensi, infatti, a cosa potrebbe succedere qualora durante le prove talune sedi si dimostrino lassiste, mentre altre si comportassero in maniera regolare o addirittura più severa –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interpellato a proposito degli scenari esposti in premessa e quali iniziative di competenza egli intenda porre in essere per garantire la piena omogeneità nella fase esecutiva della selezione dei candidati al fine sia di favorire il criterio del merito sia di prevenire ricorsi e contenziosi devastanti per il nostro sistema Paese non soltanto in termini di costi ma anche di immagine;
   se il Ministro non ritenga opportuno, in considerazione dell'approssimarsi dello svolgimento delle suddette prove di ammissione, assumere iniziative per disciplinare nel dettaglio criteri di organizzazione uniformi per lo svolgimento effettivo delle prove selettive, in particolare specificando:
    a quali criteri debba essere improntata l'assegnazione e la sistemazione delle postazioni sia in termini di distanza tra un candidato e l'altro — mutuando l'esperienza internazionale dell'università Cambridge — sia in termini di attribuzione delle stesse, con un sorteggio del posto da parte del candidato all'ingresso nelle aule e l'invariabilità dello stesso riscontrabile durante tutto il tempo della prova per mezzo di apposito talloncino numerato, trattenuto dal candidato e coerente con il posto numerato sorteggiato;
    i criteri di vigilanza (in particolare la scelta del numero dei vigilanti in proporzione adeguata al numero di candidati presenti) specie in caso dell'uso di più aule, ciò al fine di evitare discrezionali assegnazioni di posto ai candidati e/o arbitrari spostamenti;
    quali criteri e quali sistemi elettronici debbano essere impiegati per inibire l'utilizzazione di attrezzature elettroniche quali telefoni cellulari, palmari o altra strumentazione similare in sede concorsuale anche alla luce di notizie apparse sulla stampa, in particolare sul Corriere del Mezzogiorno del 24 luglio 2012.
(2-01619) «Pagano, Frattini, Carfagna, Mantovano, Angeli, Antonione, Biancofiore, Brancher, Casero, Catone, Cicu, Colucci, Commercio, Cossiga, Crimi, Del Tenno, Fallica, Fitto, Gava, Giro, Granata, Grassano, Grimaldi, Iapicca, Jannone, Lo Monte, Marinello, Misuraca, Nirenstein, Orsini, Ossorio, Mario Pepe (Misto-R-A), Pisacane, Porfidia, Prestigiacomo, Romano, Ronchi, Scalia, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Terranova, Urso».

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione delle province italiane ha espresso la preoccupazione che, permanendo i tagli previsti ai trasferimenti della spesa corrente alle province, potrebbe essere messa a rischio la corretta e puntuale riapertura degli istituti scolastici;
   l'UPI ha denunciato una erronea applicazione del sistema dei «costi intermedi» alla determinazione dell'ammontare della spesa effettivamente contraibile;
   analoga preoccupazione è stata più volte ribadita dall'Associazione nazionale dei comuni italiani inerente ai servizi educativi e scolastici di loro competenza;
   all'interno del Governo molti hanno espresso preoccupazione sulle modalità di tagli lineari al sistema delle autonomie locali non prendendo minimamente in considerazione la complessità e la non omogeneità delle spese per le decine di migliaia di istituzioni scolastiche presenti su un variegato territorio nazionale;
   la situazione è altresì aggravata dall'assenza di ogni intervento teso a dare certezze nell'ambito dell'edilizia scolastica che necessita di interventi non più procrastinabili almeno a tutela della sicurezza dei nostri figli, non avendo previsto nessun intervento di rifinanziamento per il cosiddetto «patto per la sicurezza dei nostri figli» tra Stato, regioni, province e comuni –:
   se le preoccupazioni dell'UPI e dell'ANCI siano state adeguatamente valutate e quali iniziative si intendano porre in essere per la regolare e corretta riapertura delle istituzioni scolastiche;
   quali iniziative altresì si intendano intraprendere per trovare le risorse indispensabili al fine di garantire l'efficienza del sistema di manutenzione e gestione degli edifici scolastici nonché della loro messa in sicurezza. (4-17121)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GATTI, MADIA, MATTESINI, CODURELLI, GNECCHI, BOCCUZZI, SCHIRRU, RAMPI, DAMIANO e BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di riforma del mercato del lavoro, n. 92 del 2012, entrata in vigore pochi giorni fa, si pone, tra gli altri, l'obiettivo di «ridistribuire in modo più equo le tutele dell'impiego, contrastando l'uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità relativi alle tipologie contrattuali» (articolo 1, comma 1);
   a questo fine si è intervenuti anche sulla disciplina dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro (articolo 1, commi 28-31), al fine di rafforzarne le modalità antielusive ed impedire che tale tipologia lavorativa venga utilizzata, come molto spesso accade, per coprire rapporti di lavoro subordinato;
   il comma 28 dell'articolo 1, integrando l'articolo 2549 del codice civile, stabilisce che, qualora l'apporto dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a tre, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo;
   la legge ha però concesso una deroga, fino alla loro cessazione, per i contratti in essere che alla data di entrata in vigore del provvedimento siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo n. 276 2003; questi ultimi fanno riferimento a una procedura di certificazione volontaria del contratto stipulato tra le parti presso apposite commissioni di certificazione, che attribuisce piena forza legale al contratto, escludendo la possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di incompetenza, eccesso di potere o violazioni di legge che ledano interessi legittimi;
   la procedura di certificazione in alcuni casi consiste nell'invio da parte delle commissioni di un questionario, che i lavoratori devono compilare dichiarando se la prestazione lavorativa corrisponde alle condizioni indicate nel contratto, in caso affermativo viene «certificata» la genuinità del medesimo;
   risulta agli interroganti che nel periodo immediatamente precedente la data di entrata in vigore delle legge (18 luglio 2012) vi sia stata un'autentica impennata di sottoscrizioni di certificazione da parte di associati in partecipazione; il timore è che molti di questi possano essere stati corretti dalle aziende a firmare tali documenti al fine di conservare il posto di lavoro e che alcune, commissioni abbiano certificato questionari precompilati dai datori di lavoro;
   a tal proposito si segnala il caso reso noto dai sindacati Filcams e NidiL (vedi Corriere.it del 20 luglio 2012): tre lavoratrici impiegate nei negozi torinesi dell'azienda di arredamento Poltronesofà hanno denunciato di esser state poste nella condizione di dover firmare un questionario precompilato attestante che il loro rapporto di lavoro rispondeva alle caratteristiche di autonomia previste dalle norme sull'associazione in partecipazione; secondo la ricostruzione dei sindacati, al loro rifiuto di firmare un documento non veritiero, l'azienda ha deciso di recedere dal contratto, così come accaduto già in altre sedi –:
   se la vicenda esposta in premessa risponda al vero e, nel caso, come intenda intervenire per garantire i diritti e le tutele dei lavoratori coinvolti;
   se non ritenga opportuno di meglio precisare le modalità relative alla procedure di certificazione anche mediante l'adozione del decreto ministeriale previsto dal comma 4 dell'articolo 78 del decreto legislativo n. 276 del 2003, relativo all'individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economici e normativi;
   se non ritenga di dover impegnare i servizi ispettivi del Ministero al fine di verificare l'efficacia e la correttezza delle procedure di certificazione attualmente utilizzate. (5-07532)


   BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il processo di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale annunciato dall'istituto bancario MPS con il piano di impresa 2012-2015 sta creando non poche preoccupazioni tra i lavoratori operanti presso il gruppo. Ad essere interessati da questo processo sembrerebbe siano circa 4.640 lavoratori, tra cessioni di asset, esternalizzazioni, joint-venture, partnership, ed utilizzo degli ammortizzatori sociali. Tra questi, ben 400 lavoratori solo nella città di Lecce;
   il sopra citato piano sembrerebbe prevedere: l'esternalizzazione del back office, sia nella componente che afferisce al consorzio operativo, sia nella componente che riguarda le strutture di rete, di area territoriale e di direzione generale, attuata mediante la cessione di un ramo d'azienda ad un soggetto terzo che però, ad oggi, sembrerebbe non essere stato ancora individuato; la chiusura di circa 400 sportelli ubicati nei diversi territori, la cessione di CONSUM.IT e di BIVERBANCA, il deconsolidamento del ramo leasing, oltre all'incorporazione di BAV e delle altre controllate nella capogruppo bancaria; la disdetta del contratto integrativo di Banca Monte dei Paschi, l'individualizzazione del rapporto di lavoro ed un drastico abbattimento salariale nel periodo di attuazione del piano;
   il 19 luglio 2012 le organizzazioni sindacali nazionali hanno inviato una lettera ai Ministri interrogati, nella quale sottolineavano la necessità di dare seguito con celerità, visto anche la platea di lavoratori coinvolti, agli accordi pattuiti in sede ministeriale per evitare che i processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale si trasformassero in una penalizzazione occupazionale a carico dei lavoratori;
   nello specifico, le organizzazioni sindacali nella sopra citata missiva hanno sottolineato che «il Fondo di solidarietà del settore del credito rappresenta, lo strumento attraverso il quale ABI e Sindacati hanno efficientemente gestito, da oltre un decennio, i processi di ristrutturazione e di riorganizzazione aziendale, nonché le correlate tensioni occupazionali: dal 2000 ad oggi sono circa 40.000 gli esuberi gestiti attraverso un ammortizzatore sociale di origine pattizia, la cui operatività non ha comportato oneri per la collettività. A distanza di più di un anno dalla stipulazione, non è stato ancora emanato il decreto interministeriale di recepimento dell'Accordo dell'8 luglio 2011 e dei successivi Accordi applicativi del 20 ottobre 2011 e del 12 gennaio 2012 [...] manca ancora l'adozione del decreto di recepimento, in via definitiva, dell'Accordo nazionale del 16 dicembre 2009, con cui è stata, tra l'altro, introdotta la sezione emergenziale»;
   in tale complesso contesto, inoltre, sembrerebbe che la dirigenza del Monte dei Paschi non abbia inteso avviare alcun tipo di dialogo o concertazione per trovare una soluzione condivisa;
   a parere delle organizzazioni sindacali la stessa strada intrapresa dell'esternalizzazione di servizi e della chiusura di 400 sportelli rappresenterebbe di fatto non una modalità di effettivo rilancio del gruppo, ma bensì una penalizzazione a carico dei lavoratori;
   il nostro Paese si trova a vivere una condizione di crisi economico-finanziaria ed occupazionale seria che certamente investe gruppi aziendali e l'intero comparto produttivo economico-finanziario, ma che purtroppo fa sentire i suoi effetti più devastanti prevalentemente sulle spalle dei lavoratori e delle famiglie. Gli ultimi dati sull'occupazione divulgati dai maggiori istituti di statistica sottolineano la necessità di mettere in campo ogni misura utile atta a scongiurare altra perdita di posti di lavoro in tutto il Paese, ma a maggior ragione nel territorio meridionale, territorio che sta soffrendo la crisi pesantemente –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire con urgenza dando seguito agli accordi sopracitati e sottoscritti in sede ministeriale, con la conseguente emanazione dei decreti di recepimento necessari, affinché si riesca a trovare tempestivamente una soluzione proficua per i lavoratori del settore del credito interessati da questo riordino. (5-07543)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MISEROTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, (cosiddetto «decreto Salva-Italia») ha dato origine al fenomeno dei lavoratori cosiddetti «esodati», ovvero quei lavoratori che, in base ad accordi con il proprio datore di lavoro, hanno aderito all'esodo anticipato dal lavoro, secondo quanto previsto dalla precedente normativa che garantiva l'accesso al trattamento pensionistico e che poi, dopo l'approvazione del decreto legge succitato, non avendo più i requisiti utili per accedere alla pensione, si trovano in pratica disoccupati, in quanto rimasti senza lavoro e senza pensione;
   il delicato tema dei lavoratori esodati, al centro del dibattito politico degli ultimi giorni, riguarda in maniera particolare la Lombardia, regione con il maggior numero di lavoratori in tali condizioni;
   le cifre relative al numero di lavoratori esodati sono incerte e, inoltre, le misure tampone messe in atto dal Governo, al fine di ampliare la platea dei lavoratori tutelati, appaiono insufficienti e di difficile realizzazione, a causa dei vincoli di carattere burocratico e dei limiti temporali troppo stretti imposti ai lavoratori per presentare domanda di pensione;
   l'urgenza del problema impone di garantire la corresponsione delle pensioni ai cosiddetti «lavoratori esodati», anche valutando la possibilità, su domanda degli stessi, di una parziale riduzione dei trattamenti, secondo un calcolo attuariale che non comporti aggravi per le casse statali –:
   quali iniziative urgenti ed improcrastinabili, alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di tutelare la categoria dei cosiddetti «lavoratori esodati», penalizzati gravemente dalla recente riforma previdenziale, garantendo loro un regolare trattamento pensionistico alle decorrenze ante riforma, anche operando, su domanda degli interessati, una eventuale riduzione dello stesso secondo un calcolo attuariale che non comporti un aggravio per le casse dello Stato. (4-17109)


   SBROLLINI, LENZI e D'INCECCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dalle recenti cronache locali risulta ufficiale la chiusura, prevista per il 31 dicembre 2012, dello stabilimento Bayer Material Science di Mussolente (Vi), società operativa appartenente alla multinazionale tedesca Bayer e specializzata nel settore dei sistemi per poliuretani;
   le cronache riportano che lo stabilimento chiude in Italia per la volontà del gruppo tedesco di delocalizzare in Olanda e in Spagna;
   lo stabilimento di Mussolente impiega attualmente circa cinquanta lavoratori e la sua storia è fortemente radicata nel tessuto storico e socio-economico del territorio; l'azienda nasce nel 1992 per mano di Sergio Brunetti e prende il nome di Apichem. Nel 1996 il gruppo Bayer assume la maggioranza del pacchetto azionario di Apichem e dal 1998 la totalità. Il nome muta prima in Deltapur, dal 2006 in BaySystems Italia e infine nel 2010 in Bayer Material Science;
   Bayer sviluppa in Italia la propria attività attraverso 4 poli produttivi che contano ad oggi un totale di circa 2.500 collaboratori;
   secondo quanto dichiarato da Bayer Material Science alle organizzazioni sindacali di categoria e alla rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento di Mussolente, la decisione di chiudere lo stesso deriverebbe dagli insufficienti margini di guadagno realizzati dall'attività;
   di concerto con le organizzazioni sindacali, i lavoratori chiedono di cercare soluzioni alternative alla chiusura del sito. I dipendenti riuniti in assemblea, unitamente alla rappresentanze sindacali unitarie e alle organizzazione sindacali territoriali, hanno chiesto alla Bayer che «nessuno spostamento di attività venga avviato» e che sia aperto «un confronto serio e concreto che permetta di ricercare soluzioni alternative alla chiusura del sito, garantendo un futuro di lavoro ed occupazione alle lavoratrici ed ai lavoratori» –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga di intervenire, nell'ambito delle sue competenze, al fine di salvaguardare i posti di lavoro nonché il patrimonio storico e socio-economico che interessa il territorio di Mussolente, per scongiurare la chiusura dello stabilimento attraverso una forma di rilancio dello stesso che andrebbe a consolidarne lo sviluppo. (4-17112)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante segnala che nell'interrogazione n. 4-14718 presentata il 1° febbraio 2012 ed in attesa di risposta da parte del Ministro interrogato, si evidenziavano le carenze d'organico del Corpo forestale dello Stato nella regione Piemonte, a seguito della riduzione dei fondi, prevista dall'articolo 4, comma 60, della legge 12 novembre 2011 n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2012), che ha stabilito la riduzione di spesa per le assunzioni di personale operaio presso il Corpo forestale dello Stato per un importo pari a euro 1.570.659 per il 2012;
   in occasione della cerimonia del 16 luglio 2012 in cui si è festeggiato in provincia di Novara il patrono della polizia specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nonostante non siano state rilevate dal comandante provinciale del Corpo forestale, le problematiche dell'insufficienza d'organico in Piemonte ed in particolare nel novarese, secondo una verifica effettuata seppure in maniera ufficiosa dagli organizzatori dell'evento, a livello nazionale su 120 nuovi commissari usciti dai corsi di specializzazione necessari per accedere all'interno della struttura organizzativa del Corpo medesimo, soltanto 5 sono stati destinati al Piemonte e nessuno nella città di Novara;
   l'interrogante evidenzia che sebbene l'attuale periodo economico di crisi che non consente ampi margini d'intervento per ampliare le dotazioni organiche degli enti pubblici statali a livello generale, imponga un contenimento ed una razionalizzazione della spesa pubblica ad ogni livello ed in modo permanente, con riferimento alla carenza d'organico da parte del Corpo forestale dello Stato nella regione Piemonte occorre tuttavia valutare come l'estensione della superficie forestale piemontese sia in costante aumento e coinvolga un articolato sistema di imprese forestali, garantendo un livello occupazionale per migliaia di operai forestali;
   è necessario conseguentemente, a giudizio dell'interrogante, rivedere il sistema di ripartizione dell'organico del suesposto Corpo di polizia, in maniera più omogenea e uniforme sul territorio nazionale, attraverso una impostazione maggiormente equilibrata, in particolare considerando l'estensione della superficie forestale che, come precedentemente riportato, nel caso del Piemonte risulta molto vasta –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga necessario, in considerazione di quanto esposto in premessa, valutare l'opportunità di potenziare la dotazione organica del Corpo forestale dello Stato ed, in particolare, nel territorio novarese, al quale, secondo quanto è emerso nel corso della cerimonia in onore del patrono dello stesso Corpo forestale, come esposto in premessa, non è stato destinato neanche un commissario preposto alla tutela del paesaggio naturale e paesaggistico del territorio novarese;
   se non ritenga necessario, valutare l'opportunità di assumere iniziative per sospendere gli eventuali concorsi pubblici in atto, al fine di rivedere i criteri e le modalità di ripartizione della dotazione organica in base alla superficie forestale territoriale esistente a livello regionale, nonché al numero del personale, al fine di una maggiore omogeneità sul territorio nazionale. (4-17118)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIRLANDA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo una recente indagine della Cgia di Mestre la burocrazia rappresenta una vera e propria tassa occulta che soffoca le piccole e medie imprese con un costo di 26,5 miliardi di euro l'anno, pari a circa 6mila euro l'una, con una crescita pari al 14 per cento rispetto al 2011;
   il settore che incide maggiormente sui bilanci delle piccole e medie imprese è quello del lavoro e della previdenza, che comprende le comunicazioni legate alle assunzioni o alle cessazioni di lavoro, le denunce mensili dei dati retributivi e contributivi, la tenuta dei libri paga, l'ammontare delle retribuzioni e delle autoliquidazioni, che costano al sistema delle piccole e medie imprese circa 9,9 miliardi di euro all'anno;
   la sicurezza nei luoghi di lavoro pesa sul sistema imprenditoriale per un importo complessivo di 4,6 miliardi di euro, comprendendo voci quali la valutazione dei rischi, il piano operativo di sicurezza, la formazione obbligatoria del titolare e dei dipendenti;
   l'area ambientale pesa sul sistema delle piccole e medie imprese per 3,4 miliardi all'anno, con le autorizzazioni per lo scarico delle acque reflue e quelle per le emissioni in atmosfera, la tenuta dei registri dei rifiuti e la documentazione per l'impatto acustico come voci che determinano la gran parte degli oneri di questa sezione;
   le dichiarazioni dei sostituti di imposta, le comunicazioni periodiche ed annuali iva e altri adempimenti in materia fiscale costano complessivamente altri 2,7 miliardi di euro, a cui vanno infine aggiunti altri settori che incidono sui costi amministrativi delle piccole e medie imprese come la privacy, la prevenzione incendi, gli appalti e la tutela del paesaggio e dei beni culturali;
   nonostante le misure di semplificazione adottate in questi ultimi anni, l'inefficienza del sistema pubblico italiano continua a penalizzare le imprese attraverso un spaventoso aumento dei costi, che comporta un basso tasso di appeal per gli investimenti stranieri, a causa delle farraginosità del sistema burocratico italiano;
   come ha sottolineato il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, «una legislazione spesso indecifrabile, l'incomunicabilità esistente tra gli uffici delle varie amministrazioni, la mancanza di trasparenza, l'incertezza dei tempi e un numero spropositato di adempimenti richiesti hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che, nonostante gli sforzi fatti dal legislatore, non sarà facile rimuovere», sottolineando anche come «il carico fiscale sugli utili di una impresa italiana ha raggiunto il 68,6 per cento, contro una media presente in Germania del 48,2 per cento» –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di ridurre i tempi ed il numero degli adempimenti della burocrazia per le piccole e medie imprese, semplificando la normativa esistente, riducendo i tempi di risposta della pubblica amministrazione e riducendo il carico fiscale sugli utili delle aziende. (4-17119)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIRLANDA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in una recente intervista ad un noto sito web il professore Clarbruno Vedruccio illustrava le caratteristiche di un bioscanner Trimprob in grado, a suo dire, di rilevare i tumori, il cui funzionamento si basa sulla capacità elettrica dei tessuti, che sono sani quanto più è ridotta la loro capacità elettrica;
   l'esame ha una durata ridotta, non vi è un'esposizione cronica alle onde elettriche — utilizzando una potenza 100 volte inferiore a quella dei cellulari — e la frequenza ha uno spettro di assorbimento selettivo sui tessuti infiammati, non su quelli sani;
   questo bioscanner consentirebbe, in pratica, di effettuare una sorta di biopsia elettromagnetica, quindi incruenta, dei tessuti biologici, grazie a tre frequenze in banda Uhf, intorno ai 460, ai 920 e ai 1350 megahertz; in particolare, sottolineava il professore, «il segnale sulla prima frequenza interagisce con le formazioni tumorali maligne, evidenziando un abbassamento della riga spettrale»;
   riferendo degli esperimenti compiuti a sostegno della sua teoria, il professore ha illustrato come «ad eccezione delle leucemie il bioscanner è in grado di rilevare tutti i tumori solidi su cui abbiamo indagato. Ho visto alcuni carcinomi del seno con due anni d'anticipo sull'ecografia e sulla mammografia»;
   il professore ha riferito inoltre come «il bioscanner ha l'omologazione dell'Istituto superiore di sanità, che ne ha attestato la non nocività. Per ogni organo occorre poi una procedura di validazione presso enti accreditati dal Ministero della salute. Per le ovaie la sperimentazione avviata dall'Istituto nazionale dei tumori di Milano ha dimostrato un indice di sensibilità del 91 per cento, il che è particolarmente confortante, trattandosi di una neoplasia che non dà sintomi e in genere viene scoperta quando vi sono già le metastasi. Nello stesso istituto sono stati testati i tumori del retto: siamo sull'89 per cento di attendibilità. Le prove per la tiroide e lo stomaco-duodeno, eseguite nelle Università di Catanzaro a Genova e nell'ospedale maggiore della Marina militare a Taranto, si sono rivelate esatte al 90 per cento e in due casi al 100 per cento. I tumori della vescica, testati all'ospedale Vito Fazi di Lecce, hanno restituito un dato sicuro nell'89,5 per cento dei casi. Per la prostata e il seno siamo al 72 per cento»;
   l'intervista si concludeva con la previsione che «se il Trimprob fosse dato in dotazione ai medici di base, si risparmierebbero miliardi di euro spesi per accertamenti diagnostici spesso inutili. Purtroppo è presente solo in 50 ospedali sui circa 2.000 esistenti in Italia; si trova in Giappone, Brasile, Malesia, Turchia, Iran, Regno Unito, Francia, Belgio. Ma la Galileo Avionica ha smesso di produrlo e io mi ritrovo a pagare le spese per il mantenimento del brevetto internazionale dalla Cina al Sudafrica, dall'India al Canada»;
   i bioscanner attualmente in uso in Italia subiranno processi di deterioramento e malfunzionamento e, in assenza di un'azienda produttrice, non potranno essere sostituiti –:
   se i Ministri interrogati dispongano di dati aggiornati in relazione alle capacità e funzioni dei bioscanner e della loro capacità di previsione dei tumori e se intendano avviare nuovi percorsi di ricerca o approfondimento delle potenzialità dello strumento, anche mediante incentivi per l'acquisto o la produzione di nuovi macchinari. (4-17120)


   BARBATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 25 novembre 2010 presso l'ospedale Monaldi di Napoli, è spirata, a cinque giorni dalla nascita, la piccola Antonia Pagano, venuta alla luce presso l'ospedale civile di Boscotrecase (Napoli);
   i genitori, Giuseppina e Michele, sporsero denuncia perché fosse fatta chiarezza sulle circostanze della morte della bimba;
   sul caso è stata aperta un'inchiesta giudiziaria dalla procura della Repubblica di Torre Annunziata;
   il Corriere.tv del 17 luglio 2012 ha reso pubblica una videoinchiesta in cui si ascoltano alcune registrazioni telefoniche nelle quali le persone sottoposte ad indagini esprimono frasi di questo tenore: «Vedete di apparare questa cartella nel migliore dei modi», «Vediamo di metterla a posto ora che si può fare, domani potrebbero sequestrarla...»;
   il menzionato video è completato da un articolo a firma di Amalia De Simone che riporta: «La verità venne fuori solo molti mesi dopo, quando uno dei medici che aveva partecipato al parto confessò al pm di Torre Annunziata Emilio Prisco, di aver effettuato una intercettazione ambientale registrando parte dell'incontro avuto con il primario e l'ostetrica presenti al parto, mentre si decideva di “confezionare” una nuova cartella clinica che garantisse loro l'impunità. E così il procuratore aggiunto Raffaele Marino e il pm Prisco, chiesero e ottennero dal gip alcune misure cautelari a carico di medici e paramedici ritenuti responsabili a vario titolo, della morte della neonata e di averne falsificato la cartella clinica»;
   nell'inchiesta sono coinvolte tre persone dell'organico sanitario del nosocomio, tra queste due medici di cui il primario del reparto di ginecologia dell'ospedale di Boscotrecase ed una ostetrica. Secondo gli inquirenti, i due dottori avrebbero commesso «imprudenza, negligenza e imperizia causando il decesso del feto» (fonte Metropolisweb.it – 17 luglio 2012);
   l'interrogante apprende sempre da fonti stampa che i magistrati torresi hanno formulato la richiesta di rinvio a giudizio per gli indagati;
   il procuratore aggiunto Raffaele Marino ha definito la vicenda come un episodio «vergognoso»: «Non si può tradire così la fiducia di chi si affida a medici di un ospedale pubblico. Questa storia è la spia di un degrado anche morale che non può essere accettato. Abbiamo fatto indagini meticolose e alla fine siamo venuti a capo della vicenda. Naturalmente l'intercettazione che a me sembra piuttosto inquietante, si è rivelata fondamentale» (Corriere della Sera -17 luglio 2012);
   il legale della famiglia Pagano riferisce di aver provveduto a citare «per responsabilità civile anche l'Asl Napoli 5» (www.ilgazzettinovesuviano.com – 18 luglio 2012) –:
   di quali elementi disponga il Ministro sul caso esposto e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per fare chiarezza sulla vicenda. (4-17131)


   PELUFFO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il centro di ricerca di Nerviano Medical Science è stato creato nel 1965 dalla divisione prodotti veterinari del gruppo Montedison per poi passare negli anni a Farmitalia Carlo Erba, ceduta successivamente a Pharmacia nel 1993, inglobata in Pharmacia & Upjohn nel 1995 e poi confluita nella fusione tra P&U con Monsanto-Searle (la «nuova Pharmacia») nel 2000. A seguito della ennesima acquisizione/fusione tra multinazionali farmaceutiche Pharmacia fu comprata da Pfizer, che appare da subito poco interessata al business dell'oncologia, avviando una politica di razionalizzazione dei propri siti di produzione e cedendo proprio quello di Nerviano alla Congregazione dei figli dell'immacolata concezione (CFIC) ente di diritto vaticano e proprietario dell'Istituto-dermopatico dell'immacolata (IDI), Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) considerato una delle struttura di eccellenza nel campo della ricerca dermatologica del nostro paese, articolato con sedi in tutto il territorio italiano;
   da notizie apparse nei giorni scorsi sugli organi di stampa si apprende che la Congregazione dei figli dell'immacolata concezione è sotto inchiesta della procura di Roma per un ammanco di circa 800 milioni di euro;
   la vicenda appunto da quanto si legge risale al 2004, al periodo nel quale la Pfizer proprietaria della Nerviano Medical Sciences, decide di vendere la società di Nerviano alla congregazione dei frati ad un prezzo simbolico: dieci euro;
   la Nerviano Medical Sciences, già all'epoca presentava perdite tali che la stessa azienda attivò un fondo di copertura perdite pari a 305 milioni di euro;
   nel 2011 la Nervian Medical Science (NMS) viene ceduta dalla congregazione dei frati a titolo gratuito alla regione Lombardia che ne diviene nuovo azionista di riferimento creando con DGR IX/2401 del 26 ottobre 2011 una fondazione ad hoc denominata Fondazione regionale per la ricerca biomedica; a tutti gli effetti la fondazione diventa proprietaria del centro di ricerca di Nerviano, nominando a capo della fondazione il dottor Alberto Sciumè, presidente in carica della Nerviano Medical Sciences s.r.l. e di una sua partecipata, la Nerviano Medical Sciences 2009 s.r.l, vicepresidente della società per azioni autostrade centro padane, presidente della Stradivaria s.p.a, nominato dall'amministrazione provinciale di Cremona, advisor degli ospedali dell'Istituto-dermopatico dell'immacolata;
   al periodo dell'acquisizione da parte della regione la NMS risultava avere debiti per circa 180 milioni di euro, di cui solo 120 milioni temporaneamente iscritti tra le passività, perché si trattava di crediti auto liquidanti mentre 60 milioni considerati debiti effettivi;
   il 26 ottobre 2011, viene pubblicato un comunicato sul sito della regione Lombardia, nel quale il presidente della regione Formigoni commenta che l'interazione con la regione Lombardia produrrà sicuramente un considerevole rilancio del NMS, anche tenendo conto delle opportunità di collaborazione con alcuni IRCCS come il policlinico di Milano, l'Istituto neurologico Besta, l'Istituto dei tumori di Milano ed il San Matteo di Pavia;
   dopo qualche mese le enormi difficoltà di liquidità che attanagliano il bilancio della NMS, portarono i vertici a richiedere nuovamente l'intervento della regione; successivamente con una n. 3229 del 4 aprile 2012 la giunta regionale Lombardia autorizza Finlombarda s.p.a. società finanziaria della regione Lombardia a concedere un finanziamento di 8 milioni di euro che il centro di Nerviano a sua volta dovrà restituire nei tre mesi successivi a tassi in linea con le attuali condizioni di mercato;
   con DGR XI/2841 del 29 novembre 2011 la regione Lombardia ha provveduto ad adeguare il patrimonio della Fondazione regionale per la ricerca biomedica mediante il conferimento di 300.000,00 euro;
   a marzo 2012 come si legge in un comunicato stampa pubblicato sul sito della regione Lombardia, viene firmato un protocollo d'intesa a Palazzo Lombardia, alla presenza, tra gli altri, del presidente Roberto Formigoni, dell'assessore regionale alla sanità, Luciano Bresciani, del presidente della fondazione regionale per la ricerca biomedica e del Nerviano Medical Sciences, Alberto Sciumè e del direttore scientifico dell'IEO, Umberto Veronesi; il protocollo prevede la creazione di una piattaforma integrata, un progetto comune per contrastare il fenomeno del Drug shortage, ossia la scomparsa del mercato di farmaci essenziali, in particolare in ambito oncologico; come si legge nella nota Formigoni afferma che l'accordo assume un carattere strategico per la sanità lombarda, riconfermando il sostegno della regione Lombardia al NMS, trovando sponda nelle dichiarazioni dell'assessore regionale alla sanità che definisce tale accordo «sussidiarietà orizzontale» e che «Con questo accordo cresce la tendenza allo sviluppo in Lombardia per quanto riguarda le competenze specifiche della ricerca applicata alla clinica e per quelle di Nerviano nell'ambito della ricerca di base e preclinica»;
   il 27 giugno 2012 l'amministratore delegato di NMS Luciano Baielli, dichiara che non ci sono i fondi per pagare gli stipendi di 575 ricercatori e che la situazione economica in cui verte la società non consente di fare previsioni future, lasciando temere addirittura che si possa giungere alla chiusura del più grande centro di ricerca farmaceutica italiana;
   la Nerviano Medical Science rappresenta un'esempio di collaborazione/integrazione instaurata con la rete oncologica lombarda (capofila l'Istituto nazionale tumori) per numerosi progetti clinici e preclinici, come testimoniato dalle varie delibere della giunta regionale per progetti di ricerca che hanno coinvolto NMS a vari livelli, non solo per l'aspetto relativo alla ricerca preclinica (biologia, chimica, test in vitro ed in vivo su animali) e clinica, ma anche perché c’è anche la produzione sia del principio attivo che del prodotto finito (NMS è un'officina farmaceutica, certificata sia dalla FDA che dal Ministero della salute, per la produzione sia di solidi orali, le compresse, che di iniettabili, le fiale); inoltre la NMS rappresenta una opportunità nella produzione del farmaco oncologico generico che come ormai è noto è una produzione che trova poco interesse nel mercato poiché non vi sono grandi margini di guadagno per i produttori poiché tale produzione richiede in genere impianti complessi ad alto contenimento (per l'altissima attività dei tradizionali citotossici e chemioterapici, che infatti vengono somministrati solo in ospedale sotto stretto controllo medico); a Nerviano è appunto presente un impianto del genere, eredità di quando il centro era di proprietà di multinazionali del farmaco (Pharmacia) –:
   se si sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché non venga messa a rischio una struttura che ad oggi rappresenta un patrimonio della sanità italiana;
   quali iniziative si intendano intraprendere a salvaguardia delle unità lavorative presenti nella struttura, oltre la metà donne, con curriculum che confermano l'alta professionalità, posto che la metà dei laureati della Neviano Medical Science ha conseguito il titolo di dottore di ricerca e ha svolto esperienze lavorative presso centri di ricerca americani ed europei e costituisce patrimonio culturale a disposizione del nostro Paese che rischia di essere perduto. (4-17135)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRANDOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il piano di riorganizzazione dei servizi di Poste italiane spa, inviato nelle scorse settimane all'Agcom, prevede la chiusura in tutto il Paese di 1.156 sportelli, nonché la razionalizzazione di altri 638 per i quali si ridurrebbero gli orari e i giorni di apertura;
   nella provincia di Forlì-Cesena gli uffici postali a rischio di chiusura sarebbero una decina, la maggioranza dei quali collocati nel comprensorio cesenate (Calisese e Gattolino di Cesena, Linaro e Pieve di Rivoschio di Sarsina, Selvapiana di Bagno di Romagna);
   i sindaci dei comuni coinvolti e le forze economiche-sociali hanno espresso forti preoccupazioni per la riduzione dei servizi gestiti dalle poste italiane che comporterebbero rilevanti disagi ai cittadini, e alle imprese, soprattutto nei territori rurali e montani;
   la giunta della regione Emilia-Romagna e l'UNCEM Emilia-Romagna, tenuto anche conto delle numerose segnalazioni ricevute dai sindaci, hanno chiesto a Poste italiane spa di conoscere quali scelte intende praticare per non penalizzare i cittadini e le imprese operanti nelle zone montane, nei piccoli comuni e nelle zone rurali;
   Poste italiane spa per la scelta degli sportelli da sopprimere avrebbe utilizzato parametri meramente quantitativi relativi al volume di corrispondenza, alla distanza tra l'ufficio postale e la zona di recapito, ai numeri civici, alle famiglie e negozi presenti in zona ed al tragitto totale per attraversarla da una parte all'altra;
   gli uffici postali oltre ad assicurare un servizio pubblico storicamente riconosciuto e percepito, forniscono, anche alla luce delle nuove offerte commerciali in essi introdotte, un servizio di fondamentale importanza per la popolazione che, nei centri dove si prevede la chiusura, è prevalentemente più anziana è già più carente di servizi e collegamenti;
   il contratto di programma fra il Ministero dello sviluppo economico e le Poste italiane spa è scaduto alla fine del 2011 –:
   quali iniziative il Ministro intenda porre in essere affinché Poste italiane spa sospenda il piano di riorganizzazione in attesa della sottoscrizione del nuovo contratto di programma;
   quali orientamenti il Governo intenda perseguire affinché il rinnovo del contratto di programma non comporti una riduzione della qualità del servizio pubblico gestito da Poste italiane spa ed, in particolare, il livello del servizio pubblico da assicurare alla popolazione dei territori più disagiati quali la montagna, i piccoli comuni e le zone rurali. (5-07529)


   LOVELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane ha recentemente presentato all'Agcom, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, un documento in cui è stato individuato un elenco di uffici postali situati su tutto il territorio nazionale considerati «anti-economici» per l'azienda;
   secondo quanto dichiarato dai vertici di Poste Italiane S.p.a alla stampa, gli sportelli elencati nel documento entro breve saranno sottoposti ad una riorganizzazione. In particolare, sempre secondo fonti di stampa, 1156 uffici postali potrebbero essere chiusi, mentre altri 638 essere sottoposti ad una razionalizzazione, tramite una riduzione dell'orario e dei giorni di apertura;
   il piano di riorganizzazione prevede principalmente la chiusura di uffici postali situati nelle aree più svantaggiate del territorio nazionale, i quali, pur essendo in perdita rispetto ai costi di gestione, rappresentano da sempre un presidio dello Stato e nei piccoli comuni privi di altri sportelli postali. Evenienza questa, che metterebbe a repentaglio l'erogazione del servizio universale, ovvero la fornitura in ogni parte del territorio nazionale delle prestazioni dei servizi postali di qualità e a prezzi accessibili all'utenza, come tra l'altro stabilito nell'ormai scaduto contratto di programma, stipulato in data 11 novembre 2010 tra il Ministero dello sviluppo economico e l'operatore postale, Poste italiane spa;
   in attesa dell'esame del documento da parte di Agcom sono emerse forti preoccupazioni per le sue possibili ricadute occupazionali tra le rappresentanze sindacali del settore, già alle prese con gli effetti dei piano di riorganizzazione aziendale «Interventi Servizi Postali – Impatti previsti per il 2012» presentato da Poste italiane spa lo scorso aprile, con cui l'azienda ha deciso di procedere ad una riduzione dei servizi a causa della diminuzione dei volumi di traffico della corrispondenza. Si stima che il piano presentato in aprile, da solo, provocherà circa 1.763 esuberi tra il personale addetto alle operazioni di smistamento e quello impiegato nel recapito della corrispondenza;
   gli amministratori ed i cittadini residenti nei territori interessati dal taglio degli uffici postali, inoltre, stanno manifestando il proprio disappunto per il ridimensionamento degli uffici sul territorio, mentre l'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia ha chiesto che non vengano assunte decisioni unilaterali –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito agli effetti del piano di riorganizzazione degli sportelli delineato da Poste italiane sui servizi erogati ai cittadini e sulla situazione occupazionale degli addetti del settore, con riferimento sia all'occupazione diretta, sia ai lavoratori in esubero delle agenzie di recapito private che gestiscono contratti di appalto con Poste italiane spa;
   quali siano i motivi alla base del mancato rinnovo del contratto di programma tra Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane spa. (5-07531)


   PICIERNO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da quanto appreso dagli organi di stampa, sarebbe stato predisposto per il nuovo direttore generale RAI, Luigi Gubitosi, un contratto a tempo indeterminato e con un compenso complessivo pari a 650 mila euro annui;
   in una congiuntura economica e finanziaria negativa e recessiva come quella attuale, che impone ai governi europei drastiche riduzioni di spesa pubblica e, di conseguenza, ai cittadini enormi sacrifici economici, il compenso del direttore della RAI appare assurdo e incomprensibile;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012 recante «Limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali» fissava il limite massimo alla retribuzione per i manager pubblici in circa 293 mila euro annui;
   a pagare il conto dell'attuale crisi sono, ancora una volta, i giovani costretti di fatto a rinunciare alla prospettiva di un posto di lavoro stabile che consenta loro di pianificare un percorso di vita familiare sereno. A questi stessi giovani le istituzioni politiche ripetono costantemente che l'idea del cosiddetto «posto fisso» è da accantonare in quanto del tutto inattuabile e anacronistica;
   nella stessa RAI lavorano tanti giornalisti e operatori in condizioni contrattuali precarie e instabili;
   la natura a tempo indeterminato del nuovo contratto del direttore generale RAI, pattuito con la presidente Tarantola, appare in evidente contrasto con l'articolo 29, comma 1, dello Statuto RAI, che equipara la durata dell'incarico del direttore generale a quella del consiglio d'amministrazione –:
   se e quali iniziative intendano assumere, per quanto di loro competenza, al fine di verificare l'aderenza delle condizioni contrattuali del direttore generale RAI con il tetto agli stipendi dei manager pubblici fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2012, e la compatibilità della natura a tempo indeterminato del contratto in oggetto con lo Statuto RAI. (5-07545)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   profonda preoccupazione hanno manifestato nel corso delle assemblee dei giorni scorsi i giornalisti e i dipendenti dell'emittente televisiva La7 in merito al previsto riassetto societario di Telecomitalia Media spa riguardante la vendita e la scissione dell’asset televisivo La7 dalla capacità trasmissiva del segnale (frequenze) in capo a Telecomitalia Media broadcasting e la creazione di una newco La7 Srl (La7, La7d e Mtv);
   il comitato di redazione e la rappresentanza sindacale unitaria dell'emittente del gruppo Telecom hanno denunciato la separazione delle emittenti La7, La7d e Mtv dalle «attività di emissione», ovvero lo scorporo delle frequenze ovvero di un bene demaniale assegnato in concessione dallo Stato;
   l'operazione, che non ha precedenti in Italia, ad avviso dell'interrogante non produrrebbe valore economico per gli azionisti e finirebbe per indebolire le televisioni del gruppo Telecom compromettendone seriamente il futuro;
   un siffatto riassetto societario comporterebbe, inoltre, lo smantellamento del terzo polo televisivo nazionale ad esclusivo vantaggio del duopolio Rai-Mediaset, con seria compromissione dello sviluppo mediatico nel nostro Paese e del pluralismo televisivo;
   gravi, inoltre, sarebbero le conseguenze sul piano occupazionale con la perdita di oltre 500 posti di lavoro;
   le concessioni hanno rilevanza pubblica e chi ne ha l'uso deve possedere requisiti e personale adeguato;
   la decisione di procedere allo scorporo societario risulta tanto più ingiustificata se si considerano i soddisfacenti risultati conseguiti da La7 nel periodo 2011-2012 in cui si registra una progressiva e costante riduzione delle perdite e un significativo aumento della raccolta pubblicitaria; l'aumento si è attestato intorno al 30 per cento nel 2011 e un ulteriore aumento si è registrato nei primi 6 mesi del 2012, in controtendenza rispetto ad altre televisioni;
   le assemblee hanno proclamato lo stato di agitazione e di astensione dal lavoro da svolgersi nelle modalità decise dalla rappresentanza sindacale unitaria –:
   se il Ministro interrogato intenda seguire l'intero iter dello scorporo delle frequenze avviato dal gruppo Telecom anche in considerazione dei significativi effetti che tale operazione comporterà non solo sul destino dell'emittente nazionale del gruppo Telecom, ma anche sugli equilibri dell'intero sistema dell'informazione del nostro Paese;
   come il Ministro intenda intervenire per fa sì che l'eventuale cessione dell'emittente avvenga ad un editore con seri progetti di rilancio, dotato di un management che punti ad un reale sviluppo delle televisioni nazionali e che non penalizzi i livelli occupazionali presenti evitando che, attraverso operazioni poco trasparenti, si possa agire in danno dei lavoratori di La7 e degli utenti televisivi italiani. (4-17105)


   REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate dalle rappresentanze sindacale interne si apprende che da martedì 3 luglio, 3 unità di personale sulle 6 in organico del Ministero dello sviluppo economico, sono state allontanate dalla sala stampa italiana, presso Palazzo Marignoli, in piazza S. Silvestro 13, e destinate ad altro incarico con effetto immediato;
   conseguentemente a questa decisione da mercoledì 4 luglio l'orario di apertura della sala stampa si riduce drasticamente: il personale dovrebbe chiudere la sede intorno alle 15,30 con effetti negativi sui giornalisti che ivi lavorano. D'ora in poi la sala stampa chiuderebbe tra le 15,30 e le 17, oltre che l'intera giornata del sabato e della domenica;
   è evidente come tali orari appaiano inconciliabili con le esigenze dei giornali e dei giornalisti;
   da parte dei giornalisti giunge la sollecitazione del passaggio delle competenze dal Ministero alla Presidenza del Consiglio dei ministri, così come avvenuto per la sala stampa estera e la richiesta del ripristino dell'organico necessario ad un normale ed efficiente funzionamento della struttura;
   è opportuno ricordare che in sala stampa lavorano abitualmente giornalisti in servizio ad importante testa giornalistiche nazionali, quali: Il Secolo XIX, Quotidiano Nazionale (Giorno, Nazione, Resto del Carlino), Il Sole24Ore, Gruppo Aga (Arena Verona, Bresciaoggi, Giornale di Vicenza, Incittà Verona, IncittàBrescia, IncittàVicenza), La Gazzetta del Mezzogiorno, La Sicilia, Il Corriere del Mezzogiorno, Editoriale Trasporti, oltre a giornali on line (First online, Ogginotizie).
   la sala stampa dà inoltre appoggio a colleghi occasionalmente impegnati in servizi nella Capitale. Quotidianamente, a palazzo Marignoli sono impegnati almeno 60/70 professionisti;
   la decisione del Ministero rischia di pregiudicare gravemente la possibilità di lavoro dei giornalisti e, inoltre, si prefigura come l'anticipazione di ulteriori pesanti misure (dal Ministero si è lasciato trapelare che entro dicembre saranno allontanate anche le ultime 3 unità rimaste in servizio) verso una ipotizzata assoluta inagibilità della struttura, che così rischia la chiusura dopo quasi cento anni di vita al servizio dell'informazione. Saranno inevitabili gravi riflessi anche sul piano occupazionale, segnando così una incomprensibile disparità di trattamento con i colleghi della stampa estera ai quali viene garantita, in altra sede, la possibilità di fare il proprio lavoro; –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda;
   se non ritenga utile rivedere la decisione di ridimensionamento della sala della stampa italiana che crea di fatto una disparità di trattamento e di accesso tra colleghi nazionali e stranieri;
   quali siano gli effetti di tale decisione dal punto di vista del risparmio economico. (4-17106)


   FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le aziende italiane in Cina presentano «difese immunitarie» bassissime contro la violazione della proprietà intellettuale;
   all'IPR desk di Pechino, lo sportello a disposizione delle imprese italiane per la tutela dei marchi, si sono rivolte centinaia di aziende;
   lo sportello di Pechino, attivo dal luglio del 2010 presso la sede dell'ICE, fornisce una consulenza a 360 gradi sulla proprietà intellettuale a tutte le aziende presenti in Cina, o che con la Cina hanno a che fare, e costituisce anche un punto di riferimento per l'amministrazione italiana; si tratta di un sostegno del quale, a consultare le statistiche ufficiali, c’è davvero bisogno (nel 2010, ad esempio, le aziende italiane che hanno chiesto di registrare i loro brevetti in Cina sono state 1627);
   se appare normale che l'Italia venga ampiamente superata da giganti come USA, Giappone e Germania, anche concorrenti più diretti come Francia e Gran Bretagna si mostrano più attenti degli imprenditori italiani a tutelare le loro proprietà intellettuali, per non parlare di nazioni come Olanda, Svezia e Svizzera; 
   un ulteriore dato preoccupante arriva dalle dogane italiane, secondo cui, nel 2009, il 90 per cento dei prodotti contraffatti fermati alle frontiere italiane proveniva dall'Impero di Mezzo e, mentre è possibile bloccare queste merci all'ingresso in Italia, non sempre si può fare altrettanto in Cina, ciò comportando situazioni ormai note – ma sempre paradossali – per le quali aziende cinesi veloci a registrare marchi italiani in patria risultano inattaccabili sul piano legale;
   i costi per tale tutela sarebbero irrisori, visto che la tassa per la tutela minima di un marchio minimo, che copre una classe di merci e dieci prodotti, corrisponde a circa 150 dollari, cui ne vanno aggiunti altrettanti per la prestazione dei consulenti: si parla, dunque, di circa 300 dollari all'anno;
   appare utile rappresentare alcuni dati significativi dell'attività svolta dall'IPR desk Pechino, essendo state visitate 319 fiere, che hanno permesso di venire a contatto con 2619 aziende italiane, essendo stato dato riscontro a richieste provenienti da 1508 entità, essendo stati accertati 40 casi di aziende false italiane, con relativa comunicazione anche alle istituzioni locali competenti in materia, essendo state redatte 6 guide tecniche, le prime tre delle quali, anche aggiornate alla seconda edizione e contenenti la normativa locale di riferimento tradotta in lingua italiana direttamente da quella cinese, avendo relazionato a 32 eventi, in Cina ed in Italia;
   la tutela della proprietà intellettuale nei rapporti d'affari in Cina ed il rispetto dei conseguenti diritti rappresentano aspetti fondamentali per il successo delle iniziative imprenditoriali nel Paese e la presenza dell'IPR desk Pechino – nelle modalità operative da questo adottate – ha voluto costituire un concreto ed effettivo punto di riferimento istituzionale per gli imprenditori italiani –:
   se il Ministro sia a conoscenza della suddetta situazione e se non intenda assumere iniziative per prorogare l'attività della struttura che non ha potuto dare seguito a richieste successive al 20 luglio 2012, posto che l'IPR desk Pechino, per quanto di sua competenza, ha inteso contribuire ad agevolare e rendere più sicuro il cammino delle aziende italiane nel sempre più interessante ma altrettanto insidioso mercato cinese (4-17107)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato sul quotidiano Gazzetta del Mezzogiorno-edizione nord barese del 24 luglio 2012, dal titolo «Ecco i rischi delle pale eoliche, l'ingegner Cancellara presenta nuove carte alla Regione» a firma Cosimo Forina emerge una nuova frontiera sui rischi prodotti dalle torri eoliche secondo le osservazioni presentate dall'ingegner Donato Cancellara in sede di valutazione di impatto ambientale alla regione Puglia e alla provincia Barletta-Andria-Trani per progetti di impianti da realizzarsi in agro di Spinazzola, società Nextwind S.r.l., denominati «Spinazzola–MassLucia» e «Spinazzola–Florio»;
   i rischi attengono non solo alla rottura accidentale delle pale, con getto di frammenti delle parti rotanti, ma anche a quello poco considerato degli incendi;
   nella sostanza viene evidenziato che nell'ambito di una valutazione di impatto ambientale pur considerando la gravissima questione dell'eventuale distacco di elementi rotanti e di sue porzioni al fine di tutelare il territorio, l'ambiente, il paesaggio, si deve tener conto anche dell'incolumità delle persone;
   l'ingegnere Cancellara, sottolinea: «non viene considerata l'altrettanto delicata questione secondo la quale il distacco di tali elementi rotanti potrebbe avvenire anche in seguito ad un incendio dell'aerogeneratore la cui probabilità di accadimento non è trascurabile così come per tutte le apparecchiature elettriche. Si ritiene importante considerare la possibilità che si possano verificare incidenti di esplosione e lancio, da parte dei rotori degli aerogeneratori, di porzioni di pala o porzioni di navicella con l'aggravante di non essere inerti bensì incendiate e quindi essere possibili inneschi di incendio»;
   a supporto della tesi vi è un dossier fotografico, tratto dal sito web inglese (http://www.windbyte.co.uk/safety.html);
   nelle osservazioni si legge poi: «Qualora gli impianti eolici presentino aerogeneratori che insistono su territori agricoli si porrebbe il problema d'incendio nel caso in cui le culture, come spesso accade, siano cerealicole e la presenza disseminata di apparecchiature elettriche, potenzialmente incendianti, aggraverebbe il rischio di incendio per tutto il periodo estivo che va dalla raccolta del prodotto coltivato fino all'imballaggio della paglia quale prodotto altamente incendiante»;
   «le prevalenti cause, spiega l'ingegnere, di questi tipi di incidente sono abbastanza note e ricorrenti (avverse condizioni meteo, usura, difetti strutturali o più spesso, una coesistenza di queste cause)». Si legge ancora nelle osservazioni: «È ben noto che tutti gli aspetti di sicurezza e prevenzione non posso e non devono essere sottovalutati nei pareri che le autorità competenti si accingono a rilasciare al fine di assicurare una sostanziale, e non solo formale, tutela del Paesaggio, dei Beni Culturali, dell'Ambiente nonché dell'incolumità degli uomini e delle loro attività produttive che nella fattispecie risultano essere prevalentemente connesse all'agricoltura e quindi alla conduzione di quegli stessi fondi sui quali insistono gli aerogeneratori con i rischi ad essi direttamente riconducibili»;
   «tali aspetti di sicurezza non dovrebbero essere trascurati e quindi si chiede che venga innalzato il livello di attenzione sui rischi connessi al potenziale danno da incendio causato dal distacco di elementi rotanti o porzioni della navicella di un aerogeneratore che, nel caso in cui fossero incendiati, rappresenterebbero potenziali inneschi di incendio in un territorio prevalentemente agricolo»;
   l'ingegner Cancellara, dopo aver ribadito che i terreni coltivati non sono luoghi disabitati, ricorda che sono anche luoghi di lavoro per coloro che esercitano la professione di agricoltore e che questi non dovrebbero essere esposti a rischi –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative affinché, analogamente a quanto fatto in merito all'esclusione delle aree agricole dall'installazione di fotovoltaico, si stabilisca che l'installazione degli impianti eolici possa avvenire esclusivamente in aree a destinazione industriale appositamente scelte ed individuate, nelle quali si vada a circoscrivere l'impianto, evitando i rischi, precedentemente esposti sull'ambiente e sull'uomo. (4-17115)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Damiano e altri n. 2-01616, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gasbarra.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Verini e altri n. 5-07278, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Touadi e altri n. 4-16997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zaccaria, Gozi, Bobba, De Torre, Bossa, Pes, Sarubbi, Siragusa, Zampa.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Monai n. 4-16644 del 18 giugno 2012.