XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 luglio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    nel 2007, al fine di contrastare l'elevatissimo rischio acquatico del luogo, e dopo varie esperienze operative e formative, è stata assegnata, sul più grande lago d'Italia a Bardolino (Verona), l'unità navale «RAFF» al locale distaccamento dei vigili del fuoco;
    il lago di Garda è frequentato da milioni di turisti all'anno che usufruiscono dei 23 traghetti ed aliscafi della «Navigarda» e di altre compagnie presenti sullo specchio lacustre;
    sono migliaia i diportisti, velisti, serfisti e bagnanti che risultano presenti per quasi tutto l'anno, poiché il lago di Garda è molto frequentato da appassionati di vela e surf, anche nei periodi diversi da quello estivo, per le ben conosciute correnti ascensionali;
    l'unità navale «RAFF» è l'unico mezzo in grado di affrontare qualsiasi situazione meteo estrema;
    la morfologia particolare del territorio lo rende unico sia per la sua bellezza che per la sua pericolosità a causa di una serie di venti dominanti che favoriscono condizioni atmosferiche estreme, inimmaginabili nonché improvvise, e sorprendono spesso i villeggianti tra i quali vengono contate purtroppo vittime tutti gli anni;
    solo la «RAFF» è in grado di affrontare il lago durante i sopra citati eventi atmosferici, come constatato dal precedente dirigente dell'area soccorso acquatico e portuale, a margine di un incontro regionale del soccorso acquatico; durante un'esercitazione congiunta con i sommozzatori di Venezia, salito a bordo della «RAFF», lo stesso ha assistito all'improvviso abbattersi di un nubifragio di forte intensità e violenza con onde contrapposte di almeno 5 metri; la «RAFF» è risultata simile ad un sommergibile ma comunque stabile e sicura anche per i suoi occupanti a bordo;
    dopo aver vissuto questa esperienza, è stata condivisa l'importanza della «RAFF» che risulta essere in grado di svolgere il soccorso di emergenza in un lago che non si conosceva da questo punto di vista;
    la «RAFF», infatti, favorisce ricerche prolungate di persone disperse ed il recupero dei naufraghi; gli spazi a bordo consentono il ricovero di molte persone: ad esempio qualche tempo la RAFF è stata utilizzata per l'evacuazione dell'isola del Garda dove centinaia di giovani dopo una festa erano rimasti bloccati da un violento temporale;
    con l'ausilio dei 2 nuclei regionali s.m.z.t. di Venezia e Vicenza la nave viene impiegata in operazioni di ricerca e recupero di annegati, di imbarcazioni semi affondate a seguito di fortunali o altre operazioni anche di carattere giudiziario per intercettare scarichi abusivi;
    con i sommozzatori (s.m.z.t.) di Milano vengono installate a bordo tutte le componentistiche dei r.o.v. (robot per la ricerca in profondità), inoltre, ne fruiscono anche i nuclei regionali dell'Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, in quanto il distaccamento dei vigili del fuoco di Bardolino è stato individuato come polo addestrativo per i sommozzatori del corpo nazionale;
    l'assegnazione è avvenuta dopo anni di esperienze ed in collaborazione con il Ministero dell'interno, in occasione dell'istituzione del distaccamento di Bardolino;
    nel 1997 si è iniziato con 7 unità per turno cercando di intervenire sul lago con una vecchia manta; parecchie volte nel corso degli interventi soccorritori acquatici in erba dovettero essere soccorsi da altri;
    a seguito del tragico destino toccato ad una famiglia inglese rimasta alla deriva per diversi giorni nel 1999 venne istituito il presidio acquatico permanente, incrementando di 5 unità l'organico e garantendo così i due settori operativi terrestre e acquatico h 24;
    in quell'anno vennero effettuate delle ricerche di mercato in collaborazione con il Ministero dell'interno, al fine di individuare e realizzare un natante che sostituisse la manta e che desse maggiori garanzie di sicurezza al personale in ambito acquatico;
    da uno scafo da diporto fu realizzato un natante antincendio cabinato con particolare attenzione a favorire il soccorso, la ricerca persone ed il loro trasporto;
    detto mezzo era denominato «Victor 1»; lo scafo era di una rio 800 con lunghezza di metri 8,00 e peso 28 quintali motorizzato con due efb da 250 hp;
    tale mezzo però diede scarsi risultati e risultò meno affidabile di quanto sembrava;
    dopo anni di formazione del personale a tutti i livelli, si è rilevato che tutto il personale del distaccamento di Bardolino riesce a dare copertura ad entrambi i settori operativi;
    l'assegnazione della «RAFF» sta conferendo grande visibilità dando lustro al Corpo in ambito nazionale ed internazionale, in quanto il lago di Garda è sicuramente una vetrina mondiale;
    il Ministero dell'interno nel quadro della riorganizzazione generale prevista per la flotta dei vigili del fuoco, prevede nell'arco dei prossimi 7 mesi la ridislocazione della nave «RAFF» in parola, assegnandola all'unità di soccorso dei vigili del fuoco di Trapani,

impegna il Governo

alla luce di quanto espresso in premessa, a valutare, sia pure nel rispetto delle economie previste dalla cosiddetta «spending review», che impongono la razionalizzazione di tutti i settori pubblici, l'opportunità di non privare il territorio dell'unità navale «RAFF», importantissima ai fini del soccorso in situazioni di pericolo degli abitanti e degli innumerevoli turisti del lago di Garda.
(7-00949) «Vanalli, Munerato, Negro».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    con la riforma del codice della strada, introdotta con la legge 29 luglio 2010, n. 120 (disposizioni in materia di sicurezza stradale), è stata modificata la normativa in materia di dispositivi per il rilevamento a distanza delle violazioni (autovelox);
    il comma 2 dell'articolo 25, infatti, nel rinviare all'emanazione di un apposito decreto interministeriale la definizione delle modalità di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all'articolo 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ha stabilito, in maniera chiara ed inequivocabile, che «fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità»;
    successivamente il Ministero dell'interno – dipartimento pubblica sicurezza, con la circolare del 29 dicembre 2010, ha fornito specifiche precisazioni sulle nuove norme, stabilendo espressamente che «nel caso in cui, lungo il tratto oggetto del controllo, siano presenti intersezioni stradali che, ai sensi dell'articolo 104 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, impongono la ripetizione del segnale stradale stesso, la predetta distanza deve essere calcolata dal segnale con il quale viene ripetuto il limite di velocità dopo l'intersezione»;
    al fine di chiarire l'esatto ambito applicativo della norma ed evitare ambiguità dal punto di vista pratico, il dipartimento della pubblica sicurezza, con la circolare del 12 agosto 2010, ha fornito indicazioni applicative ed operative, al riguardo, specificando che «la previsione normativa intende riferirsi unicamente ai casi in cui i dispositivi siano finalizzati al controllo remoto delle violazioni e cioè siano collocati ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 168 del 2002 e, perciò, non riguarda i casi in cui l'accertamento dell'illecito sia effettuato con la presenza di un organo di polizia stradale;
    tale circolare, ad avviso dei firmatari del presente atto, risulta non perfettamente rispondente all'assetto normativo vigente – tecnologicamente orientato alla sicurezza della circolazione ed alla tutela della vita umana, ma al contempo volto a garantire la legalità e trasparenza dell'azione amministrativa, in quanto, dal tenore letterale delle disposizioni, non si evince affatto che le citate previsioni siano da ritenersi applicabili unicamente ai casi in cui il rilevamento delle violazioni venga effettuata con postazione mobile presidiata;
    occorre precisare, infatti, che il citato articolo 25, nel fissare l'obbligo di rispettare la distanza minima di un chilometro, esplicitamente non fa alcuna distinzione in merito alle modalità mediante le quali le violazioni stesse sono rilevate, né si può sostenere che la disposizione di cui all'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2002, n. 168, sostituisca le norme generali del codice della strada in materia di accertamenti degli illeciti, in quanto esso piuttosto le integra, prevedendo una procedura speciale per le attività di controllo e di accertamento delle violazioni realizzato anche senza il diretto intervento di un operatore di polizia stradale ed introducendo un'espressa eccezione al principio della contestazione immediata in casi particolari;
    d'altra parte, nell'ambito della più generale attività di prevenzione e contrasto dell'eccesso di velocità sulle strade, un principio cardine, pacificamente accettato dalla giurisprudenza dominante, è quello della necessaria e adeguata conoscibilità come presupposto e precondizione della legittimità delle eventuali sanzioni comminate: non si può, infatti, muovere al conducente di un autoveicolo il rimprovero per aver violato una regola di prudenza alla guida, se quest'ultimo non è stato messo nelle condizioni di conoscere preventivamente ed adeguatamente il precetto, attraverso controlli automatici della velocità che siano segnalati e ben visibili,

impegna il Governo:

  a rivalutare le indicazioni contenute nella circolare del 12 agosto 2010, chiarendo che la disposizione contenuta nell'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, relativa alla distanza non inferiore ad un chilometro dei dispositivi di controllo rispetto al segnale che impone il limite di velocità, è applicabile anche ai casi in cui l'accertamento dell'illecito sia effettuato con la presenza di un organo di polizia stradale;
  ad adottare tutte le opportune iniziative di competenza volte a garantire l'effettiva legittimità del posizionamento dei citati dispositivi nonché a revocare i decreti che autorizzano l'uso e l'installazione degli apparecchi rilevatori di velocità (autovelox) in contrasto con la normativa vigente in materia.
(7-00950) «Compagnon, Mereu».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel pomeriggio di venerdì 13 luglio 2012 si è sviluppato un vastissimo incendio in territorio di Salandra che ha distrutto oltre 120 ettari di bosco e macchia mediterranea;
   le fiamme si sono sviluppate in modo rapido e vi sono stati momenti di grande preoccupazione nel centro abitato perché l'incendio ha interessato anche alcune abitazioni della periferia del paese con famiglie costrette ad abbandonare le proprie case;
   ci sono voluti interventi aerei per spegnere l'incendio che è proseguito fino alla giornata di sabato;
   i danni al patrimonio ambientale sono ingenti –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per riconoscere al comune di Salandra lo stato di emergenza legato all'incendio.
(5-07437)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in una nota dell'Agenzia AGI, dello scorso 10 luglio, si dà conto di alcune affermazioni della deputata europea Sonia Alfano che, tra l'altro, afferma «La vicenda della mancata cattura del boss etneo (Benedetto Santapaola ndr), intercettato nel territorio barcellonese subito dopo l'omicidio di mio padre fu gestita in simbiosi proprio dal maresciallo Giuseppe Scibilia, in quel momento reggente della sezione di Messina del Ros, e dall'allora maggiore Mario Parente, al tempo capo del primo reparto del Ros. Per questa ragione Parente venne in provincia di Messina e, insieme a Scibilia, si raccordò con il titolare delle indagini, il magistrato Olindo Canali (di recente condannato in primo grado per falsa testimonianza, quindi per un delitto contro l'amministrazione della giustizia commesso nel maxiprocesso alla mafia barcellonese), come risulta nero su bianco perfino dalle informative del Ros di Messina, che riportano anche le intercettazioni ambientali con la viva voce di Santapaola, che placidamente raccontava in diretta la sua carriera criminale senza che a nessuno venisse voglia di andare nell'immobile in cui erano state piazzate le cimici e ammanettarlo» –:
   se il Governo disponga di elementi, e di quali, sulla base degli atti depositati negli archivi, circa la vicenda descritta in premessa, con particolare riferimento al prospetto coinvolgimento dell'allora maggiore Parente;
   quali siano i titoli e le professionalità del generale Mario Parente e se la scelta di nominare il militare Comandante del R.O.S. sia stata determinata dalla impossibilità di reperire tra gli ufficiali dell'Arma, con pari o superiori titoli, un altro candidato idoneo a ricoprire il prestigioso e delicato incarico di comando, e in caso contrario quali immediate azioni intenda intraprendere in merito. (5-07441)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI PIETRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dalla requisitoria orale del procuratore generale Salvatore Nottola presso la Corte dei conti nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato (esercizio 2011) emerge che le manovre che si sono susseguite fin dal 2010 – indotte dalla crisi economico-finanziaria globale – «avrebbero dovuto realizzare una strategia (voluta dall'Europa) di riduzione del disavanzo mediante l'intervento su alcune tipologie di costi attinenti al funzionamento delle pubbliche amministrazioni nonché il contenimento della spesa previdenziale, e di quella assistenziale, la riduzione dei costi delle autonomie territoriali e della politica, la lotta all'evasione fiscale e la tracciabilità dei movimenti in contanti»;
   il procuratore evidenzia come, a fronte del disavanzo pubblico ridotto e del debito in discesa, ci sia stato un appesantimento della pressione fiscale a danno delle classi medio-basse, mentre «risultano mancanti o insufficienti o in ritardo interventi correttivi strutturali»;  
   il procuratore nello specifico precisa che «non si possono trascurare, al riguardo, la mancata (o attuata solo parzialmente) soppressione di enti pubblici ritenuti superflui; le difficoltà nel por mano ad una significativa riduzione dei costi della politica – da attuare anche con la riorganizzazione di enti locali; il fenomeno dell'affidamento di compiti funzionali a soggetti esterni agli apparati istituzionali; le condizioni, tutt'altro che soddisfacenti, della sanità pubblica e quella dell'ambiente e dei beni culturali; l'esigenza di ammodernamento della giustizia, soprattutto civile»; l'auspicata riorganizzazione di enti locali non può certo contare, ad avviso dell'interrogante, sul decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, contenente «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» nel quale, all'articolo 17, comma 12, si precisa che – a prescindere dal numero a seguito della soppressione o accorpamento – le province continueranno ad avere un presidente ed un consiglio provinciale;
   è la corruzione – da quanto emerge dalla requisitoria orale – ad allontanare gli investimenti stranieri in Italia: «è stato calcolato – fonte di Transparency International Italia – che ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione (sembra che l'Italia attualmente sia al 69o posto su 182) provoca la perdita del 16 per cento degli investimenti dell'estero»; nella requisitoria orale non si fa nessun riferimento alla cancellazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori – che secondo il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Fornero «era un alibi per non investire» – mentre, invece, si precisa che «una giustizia civile lenta e complicata allontana gli investimenti stranieri dall'Italia. Non si può però – continua il procuratore, ad avviso dell'interrogante, in netto disaccordo con il Ministro della giustizia Severino – non rilevare con preoccupazione che l'attenzione è spesso distratta da altri aspetti, uno fra tanti, di grande attualità, è quello della responsabilità civile dei magistrati che, pur essendo questione di rilievo, per come è posta, sia detto con franchezza, appare soltanto un falso problema»;
   in data 28 giugno 2012, nell'udienza di parificazione del rendiconto generale dello Stato, il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino ha affermato che: «non vi e dubbio che il tasso di democraticità di un Paese si misura anche in relazione al grado di trasparenza dei conti, così che il Parlamento, le assemblee rappresentative e, in ultima analisi, i cittadini, siano posti in grado di conoscere l'operato degli esecutivi titolari della gestione delle risorse finanziarie in modo da verificare la rispondenza delle azioni di governo agli obiettivi definiti nella legislazione sostanziale di spesa» –:
   se il Governo non ritenga disattesi gli obiettivi prefissati a fronte di proprie azioni che appaiono all'interrogante incerte e inefficaci, soprattutto con riferimento alle iniziative volte alla soppressione delle province, alla cancellazione dell'articolo 18 e all'introduzione della responsabilità civile diretta dei magistrati. (4-16994)


   TOUADI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della direttiva 43/2000 dell'Unione europea, l'articolo 29 della legge 1° marzo 2002, n. 39 (cosiddetta «legge comunitaria»), ha previsto l'istituzione di un «Ufficio di controllo e di garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di garanzia, diretto da un responsabile nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato, che svolga attività di promozione della parità e di rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, in particolare attraverso (...) l'assistenza indipendente alle persone lese dalle discriminazioni nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi e lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell'autorità giudiziaria»;
   a seguito di tale provvedimento normativo, il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, ha stabilito all'articolo 7, denominato «Ufficio per il contrasto delle discriminazioni», l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le pari opportunità di un «Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, con funzioni di controllo e garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso;
   in base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, l'UNAR dovrebbe avvalersi di un contingente di complessive 26 unità (n. 1 dirigente generale, n. 2 dirigenti di II fascia, n. 8 funzionari, n. 10 impiegati, n. 5 ulteriori professionalità della pubblica amministrazione) oltre un n. 5 esperti estranei alla pubblica amministrazione;
   dal punto di vista delle risorse finanziarie, per la realizzazione dei propri compiti istituzionali, l'UNAR si avvale dei fondi relativi al capitolo 537 «spese di funzionamento dell'UNAR» (pari a 2.035.000,00 euro annui) che sono espressamente previsti e determinati dal comma 3 dell'articolo 29 della legge 1° marzo 2002, n. 39 «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europee. Legge comunitaria 2001». Tali fondi, secondo quanto disposto dall'articolo 21 della legge 16 aprile 1987, n. 183 «Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari, vengono reperiti attraverso il cosiddetto «fondo di rotazione» istituito dall'articolo 5 della stessa legge;
   come risulta anche dalle relazioni al Parlamento trasmesse dall'UNAR, pur con le limitazioni imposte dalla sua attuale configurazione giuridica e dall'assenza di poteri sanzionatori, in questi anni l'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, meglio conosciuto come UNAR, istituito appunto ai sensi del decreto legislativo 215 del 2003 con lo scopo precipuo di prevenire, contrastare e rimuovere le discriminazioni etniche, razziali e religiose, ha comunque assicurato una importante attività di presidio istituzionale a tutela dei diritti fondamentali delle persone oggetto di discriminazioni razziali, conseguendo in particolare nell'ultimo triennio i seguenti risultati:
    la costruzione di un modello di governance sussidiaria e integrata per la prevenzione, il contrasto e la rimozione delle discriminazioni razziali mediante il coinvolgimento dell'Ufficio nazionale della consigliera di parità e per suo tramite della rete delle consigliere di parità regionali e provinciali nonché dell'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, del sistema delle autonomie locali (accordi sottoscritti con n. 11 regioni, n. 32 province e n. 5 comuni) che entro il 2013, sulla base di un significativa e diffusa attività di formazione degli operatori territoriali, realizzata direttamente dall'Ufficio, saranno conseguentemente interconnesse con il sistema informatico del contact center UNAR, consentendo un adeguato monitoraggio dei fenomeni e la costituzione di una banca dati unica ai fini dello sviluppo dei centri e degli osservatori i previsti dall'articolo 44, comma 12, del testo unico sull'immigrazione (regioni, province e comuni) delle parti sociali (organizzazioni sindacali e datoriali), delle organizzazioni non governative di settore e delle associazioni di rappresentanza delle comunità straniere;
   un percorso di rielaborazione e applicazione di un nuovo modello organizzativo dell'Ufficio, sfociato nel passaggio dal call center al contact center e nella messa a sistema e nell'informatizzazione progressiva dei centri e degli osservatori territoriali contro la discriminazione razziale sull'intero territorio nazionale;
   un processo di riposizionamento presso istituzioni, enti locali, organizzazioni non governative e parti sociali (in particolare le organizzazioni sindacali) teso a recuperare criticità del passato e a dimostrare, nei fatti, l'effettività delle funzioni dell'UNAR e la sua rigorosa imparzialità e autonomia;
   una incessante attività itinerante sul territorio nazionale, del tutto inconsueta rispetto al passato almeno per le dimensioni quantitative raggiunte dal nuovo corso, che ha visto l'UNAR sempre presente ed attivo in centinaia di iniziative, incontri e manifestazioni, a partire dalle audizioni itineranti delle associazioni iscritte al registro di cui al decreto legislativo 215 del 2003;
   una consapevole azione di stimolo rivolta alle organizzazioni non governative per l'elaborazione, la programmazione e la realizzazione condivisa e congiunta di progetti di livello nazionale, come nel caso dei progetti europei «progress», della settimana contro la violenza e della settimana d'azione contro il razzismo, mediante l'attivazione di partnership e reti informali e formali composte dalle principali organizzazioni non governative di settore;
   l'elaborazione, sulla base delle valutazioni derivanti dall'analisi dei dati del contact center, di focus tematici rivolti alle giovani generazioni, all'associazionismo e alle donne straniere, con il finanziamento di azioni positive realizzate dalle organizzazioni non governative in collaborazione con gli enti locali, la realizzazione di misure ad hoc quali il social network di volontariato civico giovanile (www.retenear.it) la settimana nazionale contro la violenza e le discriminazioni nelle scuole italiane di ogni ordine e grado e di campagne di sensibilizzazione («donne straniere contro ogni discriminazione»);
   la definizione di una strategia complessiva di tutela delle comunità Rom e Sinte, attraverso la realizzazione della campagna Dosta del Consiglio d'Europa e la costruzione di un modello di governance da sperimentare nelle regioni dell'obbiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) nell'ambito del fondo sociale europeo attraverso il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza delle comunità Rom e Sinte;
   un ruolo rilevante rivolto alla ricerca statistica, mediante l'attivazione della convenzione sottoscritta fin dal 2008 con l'ISTAT per la realizzazione della prima ricerca nazionale sulle discriminazioni per etnia, orientamento sessuale e genere di quella sull'immigrazione e la definizione di un piano di fattibilità per l'istituzione di un centro di ricerca permanente dell'UNAR sulle discriminazioni razziali (CERIDER) che consenta, in particolare, la rilevazione periodica dei fenomeni di xenofobia e razzismo sul territorio nazionale e la sua misurazione nei rispettivi territori regionali attraverso un set di indicatori di riferimento;
   uno sviluppo esponenziale delle attività di verifica e monitoraggio circa il grado di effettività della tutela prevista dalla normativa vigente per le potenziali vittime di discriminazioni razziali, attraverso un'attività crescente di contrasto delle discriminazioni, a partire da quelle poste in essere da altre amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o afferenti al sistema delle autonomie locali;
   l'istituzione, nell'ambito del contact center, di un fondo di anticipazione per le spese legali delle vittime di discriminazione e di un gruppo di lavoro ad hoc e della funzione di monitoraggio dei procedimenti penali in corso per fenomeni di razzismo e xenofobia (140 circa i procedimenti giudiziari monitorati al 31 dicembre 2011);
   per quanto concerne il monitoraggio dei fenomeni di discriminazione, il contact center dell'UNAR, sulla base della riorganizzazione del servizio avviata dal 2010, ha conseguito nell'ultimo biennio un efficace ed esponenziale aumento dell'emersione dei fenomeni, perlopiù sommersi, di discriminazione, passando dalle 373 istruttorie del 2009, alle 767 del 2010, fino alle 1000 gestite nel corso del 2011, alle 876 del primo semestre 2012, con una crescita complessiva nel triennio pari ad oltre il 400 per cento mentre i contatti gestiti sono ascesi ad oltre 20 mila nel 2011 e a più di 14 mila nel primo semestre 2012;
   per quanto concerne la questione relativa all'indipendenza dell'UNAR, dal 2009 ad oggi l'Ufficio, anche al fine di aderire alle osservazioni rivolte in passato in sede Nazioni Unite, Consiglio d'Europa e Unione europea nell'ambito della periodica attività di vigilanza svolta dalla Commissione indipendente CERD (ONU), ECRI (Consiglio d'Europa) e FRA (Unione europea) nelle more della definizione da parte delle istituzioni competenti di modifiche normative o regolamentari atte a rafforzare giuridicamente il mandato conferito all'UNAR in attuazione della direttiva 43/2000, ha dispiegato un'attività di concreta autonomia e imparzialità manifestatasi in particolare attraverso:
    apertura di istruttorie su eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da altre amministrazioni centrali dello Stato e della stessa Presidenza del Consiglio (quali i «buoni vacanze» del dipartimento del turismo, il «bando Mecenati» del dipartimento della gioventù e l'apertura del servizio civile ai ragazzi stranieri nati in Italia e regolarmente soggiornanti);
    apertura di istruttorie relative ad eventi e fattispecie discriminatori poste in essere da amministrazioni regionali ed enti locali diretti e/o composte da partiti politici, anche facenti parte della coalizione governativa (vedasi le oltre 50 istruttorie inerenti il fenomeno delle cosiddette «ordinanze» concentrato in particolare in Lombardia e Veneto, nonché alcune leggi regionali emanate dal Friuli Venezia Giulia e dalla Regione Veneto che subordinavano l'accesso a servizi fondamentali al possesso di lunghi periodi di residenza nel territorio regionale e altro);
    l'elaborazione e la diffusione di apposite «raccomandazioni» su ambiti tematici di significativa rilevanza, emanate dall'Ufficio sulla base del ripetersi di fattispecie discriminatorie, come nel caso delle discriminazione nell'accesso ai servizi sociali e altro. Tali raccomandazioni hanno lo scopo precipuo, mediante la loro opportuna diramazione al sistema delle autonomie locali, di prevenire l'adozione da parte degli enti pubblici competenti di atti e procedimenti potenzialmente discriminatori;
   apertura di istruttorie inerenti a dichiarazioni di esponenti politici, inclusi quelli appartenenti a partiti al Governo, nonché materiali propagandistici utilizzati dagli stessi nel corso delle competizioni elettorali (arrivati in alcuni casi alla trasmissione da parte dell'Ufficio di notizie di reato alle competenti procure della Repubblica);
   la riorganizzazione del call center dell'Ufficio, trasformato in contact center e interconnesso, mediante la sottoscrizione di accordi e protocolli operativi con regioni ed altri enti locali, con le reti di centri ed antenne territoriali contro ogni forma e causa di discriminazione già autonomamente istituite o da istituirsi congiuntamente con gli enti locali stessi e tutte le parti sociali e le organizzazioni no profit di riferimento (Organizzazioni non governative associazioni di volontariato, comunità di rappresentanza degli interessi diffusi e altro) in modo da rendere sempre più trasparente e condivisa la gestione delle istruttorie e prescindere nella loro definizione quotidiana da qualsiasi eventuale valutazione di ordine politico-istituzionale estranea alle previsioni normative;
    la istituzione di una serie di tavoli e luoghi di concertazione, co-programmazione e condivisione delle attività UNAR quali la «cabina di regia UNAR – Parti sociali» istituita nel maggio 2010 cui hanno aderito tutte le organizzazioni di rilievo nazionale, il gruppo nazionale di lavoro con le associazioni, cui aderiscono oltre 20 tra le principali associazioni nazionali operanti su tutti gli ambiti di discriminazione e altri;
   in base alla direttiva generale per l'azione amministrativa del dipartimento delle pari opportunità emanata dal Ministro interrogato il 31 maggio 2012 l'UNAR deve obbligatoriamente conseguire, entro il 31 dicembre 2012 i seguenti imprescindibili obiettivi:
    predisporre, attraverso un ampio e preventivo coinvolgimento dell'associazionismo, delle comunità straniere e della società civile nel suo complesso, lo schema del primo piano di azione nazionale contro il razzismo e la xenofobia da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei ministri entro il 31 dicembre 2012;
   dare attuazione e monitorare lo stato di avanzamento della strategia di inclusione dei Rom varata il 24 febbraio 2012 dal Governo italiano e di cui l'UNAR è punto di contatto nazionale;
    definire e attuare il piano di azione per la lotta alle discriminazioni delle persone LGBT da realizzarsi nell'ambito dell'accordo già sottoscritto il 16 febbraio 2012 da UNAR con il Consiglio d'Europa;
   a fronte di tali imponenti risultati, unanimemente ed ineditamente riconosciuti sia dalle istituzioni che dall'associazionismo e dalla società civile, si è appreso che:
    l'organico già ridato al 50 per cento di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003 tra luglio e ottobre 2012 verrà quasi azzerato riducendosi da 13 a 4 unità in virtù di una circolare emanata nel maggio 2012 dalla Presidenza del Consiglio ed avente ad oggetto la restituzione alle amministrazioni di appartenenza dei cosiddetti dipendenti pubblici «fuori comparto», disperdendo così competenze di estrema e peculiare professionalità formate da anni di operatività sul tema del razzismo e delle discriminazioni, assolutamente non fungibili;
    il direttore dell'UNAR, titolare di un incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001 verrà a scadenza il 22 luglio 2012 e secondo testualmente e pubblicamente dichiarato l'11 luglio 2012 dal Ministro interrogato nel corso della presentazione dell'indagine ISTAT sull'immigrazione, pur essendo già stato «riconfermato» nell'incarico fino alla scadenza del Governo, dovrà obbligatoriamente essere sostituito con un dirigente interno esclusivamente a causa della cosiddetta «spending review» –:
   se il Ministro interrogato abbia o meno formalmente riconfermato il direttore dell'UNAR come da lei stessa dichiarato l'11 luglio 2012;
   se risponda al vero che il Ministro interrogato abbia convocato e ricevuto il direttore dell'UNAR per comunicargli la sua intenzione di proporne il rinnovo il 15 giugno 2012 dopo lo svolgimento della riunione del Consiglio dei ministri che già formalizzato il taglio del 20 per cento dei dirigenti di Palazzo Chigi;
   per quali motivi la proposta di rinnovo avanzata dal Ministro in data 21 giugno 2012 sia comunque rimasta ferma, per quanto risulta all'interrogante, presso i competenti uffici del segretariato generale della Presidenza del Consiglio nonostante il Ministro avesse richiesto il rinnovo dell'incarico fino alla scadenza dell'attuale Governo;
   se il comma 20 dell'articolo 2 del decreto 6 luglio 2012, n. 95, impedisca qualsiasi proroga dell'incarico di cui trattasi, perlomeno fino alla scadenza del Governo attuale, considerato che dal testo in oggetto è espressamente vietato il rinnovo dei soli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto legislativo 165 del 2001 e non di quelli di cui al comma 6, tra cui rientra appunto l'incarico a suo tempo conferito all'attuale direttore dell'UNAR
   se il sostanziale smantellamento dell'UNAR, che per numero di unità di personale effettivamente in servizio non realizza, ad avviso dell'interrogante, alcuna significativa economia, sia effettivamente da ricondurre a «scelte impersonali» come dichiarato dal Ministro interrogato l'11 luglio 2012 o sia piuttosto dovuto alla concreta attività che l'UNAR dal 2009 ad oggi ha svolto sempre in piena autonomia ed imparzialità, assumendo decisioni ed emanando pareri a giudizio dell'interrogante spesso in contrasto con l'orientamento espresso dal Governo e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, come avvenuto nel caso dell'apertura del servizio civile ai cittadini stranieri;
   se si ritenga compatibile con quanto stabilito dalla direttiva 43/2000 e dal decreto legislativo 215 del 2003 all'UNAR che la direzione dell'ufficio sia attribuita a un dirigente interno soggetto in via permanente ed esclusiva al vincolo gerarchico di dipendenza rispetto alla Presidenza del Consiglio;
   come si intenda assicurare, in assenza della necessaria continuità della direzione e della struttura dell'UNAR, il puntuale adempimento degli impegni assunti dall'attuale Governo davanti alle Nazioni Unite il 5 marzo 2012 in sede di discussione del rapporto sull'attuazione della convenzione internazionale sulle discriminazioni razziali CERD in merito alla predisposizione del primo piano di azione nazionale contro il razzismo che il Governo deve varare entro dicembre e dell'attuazione della strategia di inclusione dei rom e sinti prevista dalla comunicazione 173/2011 della Commissione europea, compiti e funzioni in entrambi i casi appunto attribuiti all'UNAR. (4-16997)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta immediata:


   RAZZI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   la materia delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative è governata dalla «direttiva servizi» 2006/123/CE, in combinato con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, per quanto riguarda la determinazione dei criteri e delle modalità di affidamento delle concessioni medesime, ed in combinato con l'articolo 11 della legge n. 217 del 2012 (legge comunitaria 2010), che delega il Governo alla stesura di un decreto legislativo di revisione e di riordino della materia in questione;
   l'aspetto socio-economico del provvedimento preannunciato dal Ministro interrogato avente ad oggetto le concessioni demaniali, del quale non è dato ancora conoscere esattamente i contenuti, riveste una grande importanza ed interesse, tanto che la Commissione europea ha manifestato la disponibilità, per i criteri di assegnazione delle concessioni, al prolungamento delle norme di transizione;
   le aziende che detengono, attualmente, tali concessioni sono ovviamente interessate alla tematica in oggetto, considerati anche i consistenti capitali sin qui impiegati a titolo di investimento di lungo periodo per il miglioramento delle strutture turistico-ricreative che rischierebbero di perdere, con tutte le conseguenze immaginabili, se si scegliesse di determinare il totale sovvertimento delle procedure di assegnazione sin qui adottate;
   tale situazione di incertezza si sta riflettendo negativamente, in una situazione già difficile in tempi di crisi economica, sulle oltre 30 mila piccole e medie imprese del settore;
   su questa tematica il gruppo Popolo e Territorio ha annunciato la prossima presentazione di una proposta di legge, a prima firma del presidente Moffa, atta a risolvere in via definitiva le problematiche che rischiano di colpire le piccole e medie imprese attualmente operanti nel settore –:
   se non si ritenga opportuno ed urgente avviare un confronto con le regioni e gli altri livelli istituzionali sui contenuti di eventuali provvedimenti normativi nella materia in oggetto e se si sia avviato un confronto con la Commissione europea o se si abbia intenzione di avviarlo al fine di valutare la necessità di escludere le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative dall'applicazione delle «direttiva servizi». (3-02394)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   gli abitanti della località Marinella, sita nel territorio comunale di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, denunciano ormai da tempo il completo stato di abbandono dell'area che ha ospitato per anni l'ex camping «il Subacqueo»;
   l'intera zona andrebbe urgentemente bonificata, necessità segnalata dagli stessi cittadini anche con un esposto presentato in procura e trasmesso per conoscenza a comune, provincia, regione, con il quale si denuncia una situazione gravissima e non più tollerabile per la salute dei bagnanti e dei cittadini, che si recano in particolare nei periodi estivi sulle spiagge – limitrofe proprio all'area che ospitava il camping suddetto – spiagge tra le più belle della costa jonica calabrese;
   lo stato di degrado, secondo quanto riferiscono gli abitanti della località di Marinella, risulterebbe visibile appena percorsa la scalinata, posta a confine proprio con il campeggio, e utilizzata dai bagnanti per raggiungere la spiaggia di questa meravigliosa località;
   si tratta di un campeggio, non più in attività e completamente abbandonato da anni dalla proprietà, nel quale sono presenti camper ridotti ormai a rottami, case lesionate e a rischio crollo, prefabbricati crollati, e, cosa ancora più preoccupante, numerose coperture in amianto rotte, deteriorate e sbriciolate che erano poste probabilmente a copertura delle numerose casette del campeggio, ora lasciate abbandonate con incuria sul terreno;
   le recinzioni infine, in parte crollate, rischiano di costituire un evidente pericolo soprattutto per i bambini, oltre che un ostacolo al libero transito dei bagnanti;
   la mancanza di pulizia e manutenzione del camping e la presenza di vegetazione spontanea, alberi caduti, sterpaglia ed erba secca, potrebbero essere poi causa di pericolosi incendi, l'ultimo dei quali verificatisi nella scorsa estate che ha impegnato per più ore i vigili del fuoco per il suo spegnimento;
   i cittadini sono fortemente preoccupati per la loro salute e per lo stato di degrado in cui si trova l'intera area. Ma soprattutto sono preoccupati per la presenza di eternit di amianto, di cui si è ormai ampiamente dimostrata la pericolosità per la salute dell'uomo dovuta ad eventualità/possibilità che siano rilasciate fibre aerodisperse nell'ambiente e che, se inalate, potrebbero provocare gravi malattie come l'asbestosi, il carcinoma polmonare o la mesotelioma;
   è assolutamente necessaria, e non più rinviabile, una completa bonifica dell'intera zona, con relativo smaltimento di tutto il materiale pericoloso, oltre alla rimozione, nel rispetto degli standard di sicurezza, delle coperture in eternit al fine di tutelare la salute di tutta la popolazione che abita questo territorio e di chi frequenta le vicine spiagge, in modo da poter restituire il paesaggio e l'ambiente allo splendore che meritano –:
   se il Ministro interrogato intenda al più presto promuovere un'ispezione del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente nell'area in modo da verificare lo stato dei luoghi, anche considerato che l'area di Crotone e provincia, per la forte concentrazione di industrie chimiche, in passato ha già toccato pesantemente la salute dei cittadini provocando diversi morti oltre al diffondersi di diverse malattie tumorali. (5-07439)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 giugno 2012 cinque sacchi contenenti fumi d'acciaio provenienti dall'acciaieria greca della Hellenic Halyvourgia e destinati allo stabilimento della Portovesme Srl sono risultati positivi alle verifiche radiometriche all'ingresso dello stabilimento della Portovesme Srl e da fonti aziendali risulterebbe che questo sia stato il secondo carico arrivato dall'acciaieria greca;
   il livello di radioattività dei sacchi sarebbe risultato superiore di 2-3 volte rispetto a quello del fondo, anche se i successivi rilievi del nucleo Nbcr (nucleare, biologico, chimico e radioattivo) dei vigili del fuoco, intervenuti nell'area dello stabilimento dove sono stati dislocati i cinque sacchi contenenti fumi di cesio positivi ai controlli radiometrici sul cesio 137, avrebbero stabilito che il cesio 137, contenuto nei fumi di acciaieria provenienti da Volos, nel cuore della Grecia, sarebbe in misura contenuta e non vi sarebbe stata dispersione in atmosfera, e dunque sarebbero, in questo caso, esclusi rischi di contaminazione radioattiva per la popolazione e per i lavoratori –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa;
   quali azioni intenda promuovere per verificare i livelli di contaminazione e per assicurare massima trasparenza per i cittadini su tutta l'operazione;
   quali azioni si intendano promuovere perché i controlli siano effettuati già nella fase di scarico del materiale presso il porto anche attraverso un rilevatore di radioattività;
   quali azioni si intendano promuovere per verificare le condizioni di sicurezza in cui lavorano o hanno lavorato le persone presso lo stabilimento della Portovesme. (4-16988)


   PALAGIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
     in data 19 giugno 2012, risulta essere stata rilasciata, da parte del comune di Massa Lubrense, un'autorizzazione paesaggistica (n. 89 del 2012) rispetto ad un'istanza, relativa ad un fondo di circa 6.312 metri quadri che aveva ricevuto i pareri favorevoli della commissione locale per il paesaggio il 7 febbraio 2012 e della soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici per Napoli provincia in data 10 maggio 2012;
   secondo quanto si apprende da diversi organi di stampa, la società che ha richiesto ed ottenuto l'autorizzazione sarebbe la «Costruzioni Generali d'Esposito S.r.l.» e l'autore del progetto che prevede la realizzazione di 40 box interrati, è l'architetto Giuseppe Ruocco, il quale, attualmente, risulta ricoprire la carica di assessore alla tutela dell'ambiente nel medesimo comune di Massa Lubrense;
   in relazione all’iter della pratica edilizia in oggetto, avviata con richiesta di permesso di costruire del 1° marzo 2010, risulterebbe esservi stato un parere contrario della Commissione ambientale del comune di Massa Lubrense il 19 ottobre 2010 nel quale si accertava la non congruità, la non compatibilità e la non conformità della proposta progettuale rispetto all'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto l'opera era in netto contrasto con la Zona F4 (Parchi Speciali – tutela degli agrumeti) del piano regolatore generale (PRG) e tale da stravolgere l'armonia agricola dei luoghi, non integrandosi nel contesto ambientale e paesaggistico;
   nel marzo 2012, relativamente all'autorizzazione succitata, è stato altresì registrato un iniziale preavviso di procedimento negativo, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, comunicato dalla soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici per Napoli e Provincia;
   l'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che i proprietari possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione ed hanno pertanto l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendono intraprendere, corredato della prescritta documentazione. Inoltre, gli stessi devono astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione paesaggistica, la quale costituisce un atto autonomo e un presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio;
   lo stesso articolo 146, prevede inoltre che sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronunci la regione, dopo aver acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela;
   da un punto di vista urbanistico, il fondo oggetto della richiesta di autorizzazione ricade in una zona territoriale satura ai fini residenziali per la quale la pianificazione non consente l'edificazione delle residue aree libere, fatta eccezione per le attrezzature pubbliche che coprono una quota degli standard urbanistici, consentendo, per l'edilizia esistente, esclusivamente interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria, straordinaria e di ristrutturazione secondo le indicazioni delle norme-tecniche. Inoltre, tale fondo interessa la zona F4 – parchi speciali – del piano regolatore generale che comprende aree di importante valore storico, artistico ed ambientale, giardini, insiemi di pregio vegetazionale o di interesse archeologico, in posizione topografica particolare o attinenti a monumenti di grande rilievo, in cui non si consente l'edificazione, in qualsiasi forma, sia pubblica che privata, in cui vanno impedite le modificazioni del suolo e della vegetazione arborea, l'attraversamento di strade, di elettrodotti o altri vettori, consentendosi invece il solo uso pubblico, regolamentato al fine di salvaguardare l'integrità del complesso;
   stando al già citato articolo di stampa, il responsabile dell'Italia dei valori in penisola sorrentina, avvocato Antonetti, ha inoltrato una dettagliata nota legale all'amministrazione comunale, alla sovrintendenza per i beni ambientali ed architettonici per Napoli e Provincia e, per conoscenza alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, avente ad oggetto la richiesta di annullamento in autotutela dell'autorizzazione n. 89 del 2012 –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e non ritengano che possa essere rilevata una violazione della normativa statale di tutela paesaggistica di cui al menzionato codice dei beni culturali ed ambientali;
   se ritengano che, con riferimento al progetto in premessa, in base alle valutazioni espresse dalla soprintendenza competente, siano state messe in atto tutte le verifiche del caso e, in caso contrario, quali provvedimenti si intendano adottare;
   quali iniziative intendano promuovere al fine di assicurare il rispetto e la preservazione degli agrumeti, valutando, per quanto di competenza, l'adozione degli opportuni provvedimenti amministrativi di annullamento in autotutela, anche in riferimento al proliferare di progetti simili o anche maggiormente dannosi di quello esposto in premessa che stanno compromettendo il paesaggio, la bellezza e la qualità della vita nella penisola sorrentina. (4-16996)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:


   SCALERA, BARBIERI e BALDELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Biblioteca dei Girolamini a Napoli custodisce uno straordinario patrimonio librario che comprende, tra l'altro, circa 160 mila titoli, prevalentemente antichi, tra cui 1.230 incunaboli, 5 mila cinquecentine, numerosi manoscritti di cui 6.500 riguardanti composizioni e opere musicali dal XVI al XIX secolo;
   il patrimonio comprende, tra l'altro, anche il ricchissimo fondo librario della collezione privata di Giuseppe Valletta (18 mila volumi con numerose edizioni rare), acquisizione che i padri oratoriani dei Girolamini portarono avanti dietro consiglio di Giambattista Vico, oltre a tutte le prime edizioni donate dallo stesso Vico, al quale è dedicata una sala del complesso bibliotecario;
   recentemente la Biblioteca è salita agli onori della cronaca per una serie di indagini della magistratura napoletana, che, grazie alle telecamere installate nella Biblioteca, hanno potuto appurare come durante le ore notturne varie persone abbiano saccheggiato il patrimonio del sito portando fuori dai locali scatoloni, borse e valigie trainate con carrelli –:
   quali provvedimenti abbia adottato o intenda adottare al fine di restituire la Biblioteca dei Girolamini al ruolo e alla funzione cui ha sempre assolto, se corrisponda al vero che dalla Biblioteca dei Gerolamini siano spariti ben 6 mila volumi e se abbia già maturato la decisione circa la nomina del nuovo direttore. (3-02395)

Interrogazione a risposta orale:


   VELTRONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il 6 luglio 2012, a seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 95 del 2012, (articolo 12 comma 38) è stato soppresso l'istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi (ICBSA); questa istituzione era stata creata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 26 novembre 2007, regolamentato dal decreto ministeriale del 7 ottobre 2008, in cui la Discoteca di Stato veniva trasformata in Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi (ICBSA), che ne acquisiva «le competenze, il personale, le risorse finanziarie e strumentali, le attrezzature e il materiale tecnico e documentario»; l'intento di questo provvedimento era quello di creare anche in Italia un'istituzione dedicata alla memoria sonora e visiva del paese e delle sue molteplici comunità, rendendola disponibile on-line secondo le modalità di fruizione culturale del mondo contemporaneo, tardivo quanto improcrastinabile tentativo di dotare il paese di un'istituzione di importanza e funzione analoga al Paley Center for Media di New York (nato nel lontano 1975) o l'INA di Parigi (anch'esso fondato negli anni Settanta), il Phonogrammarchiv di Vienna, il Berliner Phonogramm-Archiv di Berlino, la Fonoteca Nazionale Svizzera di Lugano, e altri; l'ICBSA, così sarebbe diventata la più grande collezione pubblica del nostro Paese nel settore essendo in possesso di un patrimonio unico, accumulatosi dalla data di fondazione nel 1928 e, ad oggi, composto da quasi 500.000 supporti inventariati e catalogati: dai cilindri di cera, inventati da Edison alla fine dell'800, ai dischi, ai nastri, ai video, fino agli attuali supporti digitali e conservando anche una rilevante collezione di strumenti storici per la riproduzione del suono: fonografi, grammofoni e altri apparecchi, dalla fine dell'Ottocento agli anni Cinquanta, per un totale di circa 500 pezzi di elevato valore; l'Istituto, così, si vedeva affidato il compito di tutelare, valorizzare e promuovere la fruizione del patrimonio sonoro e audiovisivo nazionale, implementato dal deposito legale ai sensi della legge n. 106 del 15 aprile 2004, con una missione istituzionale assimilabile nella struttura e nelle funzioni ad una Biblioteca nazionale centrale come quelle di Roma e Firenze; dal punto di vista amministrativo, con una spesa di circa 50 mila euro l'anno e appena 36 dipendenti, il progetto era tanto più lungimirante che colmava una grande lacuna nell'adeguamento delle istituzioni culturali italiane ai nuovi linguaggi in cui si vanno formando le identità del nostro tempo e del mondo globale, affrontando così anche il problema della disgregazione sociale e culturale e dello scollamento tra «cultura legale» e «cultura reale» nel nostro Paese; nel corso di questi cinque anni di vita, per il progetto di trasferire il nuovo istituto al palazzo della civiltà e del lavoro dell'Eur, sono stati già spesi 30 milioni di euro in lavori di restauro e di adeguamento, di cui 14 investiti dal Ministero per i beni e le attività culturali e 16 dalla società Eur Spa; questi 30 milioni sono circa due terzi del totale, visto che per finalizzare il completamento della struttura mancano 18,5 milioni, cui Eur spa dovrebbe partecipare per 3,5 milioni, il Ministero per i beni e le attività culturali e Fondazione Valore Italia, soltanto con i restanti 3,5 milioni; il progetto consentiva di destinare a uso pubblico un edificio già sottoposto a tutela di interesse culturale dall'articolo 10 del decreto legislativo 42 del 2004 e di rivalutare un'area di un quartiere monumentale della Roma del Novecento dall'indiscusso interesse architettonico, storico e urbanistico; la soppressione dell'istituto, infine, prevede un generico e inadeguato passaggio delle competenze, «le funzioni e i compiti, nonché le risorse di personale, finanziario e strumentali» su questo delicato e specifico patrimonio alla «competente direzione generale del ministero», prefigurando la fine dell'autonomia e un passo indietro persino alla precedente discoteca di Stato –:
   come il Ministro interrogato pensi di poter gestire un'istituzione di queste dimensioni e di questa importanza sottoponendola a una Direzione generale e privandola di autonomia scientifica e organizzativa, come intenda ovviare ai problemi specifici di tutela, conservazione e valorizzazione di un patrimonio sensibile e culturalmente strategico come l'audiovisivo, tanto più che la soppressione dell'istituto, con una sede peraltro in fase di completamento, rischia di contribuire ancora una volta alla scarsa credibilità di un settore vessato da politiche contraddittorie con investimenti mai portati a termine, con grave pregiudizio per la credibilità necessaria ad attrarre sponsorizzazioni private e ad accreditare il Paese nel panorama culturale internazionale, sapendo che disordini e incertezze amministrative causate da una mancanza ormai strutturale di continuità programmatica e politica finisce per pesare in termini di efficienza amministrativa, di motivazione del personale, di conservazione dei beni posti sotto la sua tutela e persino di bilancio, viste le somme investite senza essere finalizzate a un progetto. (3-02393)

DIFESA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   nel giorni scorsi sul portale di Emergency, E-ilMensile, è apparso un articolo dal titolo «Afghanistan: Italia in guerra al cento per cento» in cui viene riportata l'intervista al tenente colonnello Francesco Tirino, portavoce del contingente italiano in Afghanistan;
   nell'intervista il colonnello dichiara che i nostri assetti presenti in teatro, Amx compresi, vengono usati al cento per cento della loro capacità a difesa delle nostre truppe sul terreno, dei nostri alleati e della popolazione afgana;
   rispondendo alle domande, il colonnello Tirino afferma, inoltre, che nell'ambito dell'operazione congiunta Shrimp Net gli Amx vengono impiegati con sgancio di bombe per queste attività o per azioni preventive: ad esempio, le bombe a guida laser sganciate dai nostri Amx hanno distrutto un'antenna collocata in una zona impervia di montagna e usata dagli insorti per le loro comunicazioni radio;
   è altresì emerso dall'intervista che, secondo fonti di stampa afghane, ci sarebbero stati decine di militari afgani uccisi dal «fuoco amico» nel corso di bombardamenti aerei alleati in Gulistan –:
   se e quali decisioni siano state adottate in relazione agli indirizzi espressi dal Parlamento che non consentivano di effettuare bombardamenti e se non ritenga di dover riferire circa le operazioni nelle quali i contingenti italiani sono impegnati nell'utilizzo degli Amx con sgancio di bombe.
(2-01601) «Di Stanislao, Donadi, Evangelisti».

Interrogazione a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 1998 il personale sanitario militare esercente la professione di veterinario concorre, con il personale dell'ex Corpo della sanità militare, alla costituzione del Corpo sanitario dell'Esercito dipendente funzionalmente dalla direzione generale della sanità militare;
   con il decreto ministeriale 22 giugno 2011 sono stati risolti gli aspetti connessi con la giusta attribuzione della competenza nell'assolvimento dei compiti tecnico-amministrativi e gestionali derivanti dalla soppressa direzione generale della sanità militare (DIFESAN), consentendo l'individuazione di un referente unico che favorisse l'elaborazione di soluzioni unitarie, adeguate e condivise, con evidenti vantaggi in fase esecutiva, piuttosto che una parcellizzazione degli stessi settori;
   dal febbraio 2012 gran parte delle funzioni della direzione generale della sanità militare sono state assegnate all'ufficio generale della sanità militare (UGESAN), dipendente dallo Stato maggiore della difesa, cui spettano le competenze operative, addestrative e di formazione, quale organo tecnico operativo interforze di vertice, anche ai fini dello svolgimento dei servizi della sanità militare sia nel contesto nazionale che negli scenari internazionali;
   in risposta a una interrogazione parlamentare sulle conseguenze derivanti dalla soppressione della direzione generale della sanità militare (DIFESAN), venne chiarito che le potenzialità del servizio sanitario militare non solo non sarebbero state affievolite, ma, al contrario, ampliate e rese più efficacemente attuabili attraverso una maggiore razionalizzazione della distribuzione delle competenze, con la conseguente, più razionale, riallocazione delle relative risorse e competenze, scelta organizzativa che sembrava essere supportata dal convincimento di affidare le specifiche attribuzioni alle naturali aree di attività, ponendo fine ad incertezze sulle pertinenti competenze, oltre che a forme di commistione non sempre proficue;
   nell'ambito della succitata revisione dello strumento militare, il Ministro diede, altresì, precise disposizioni affinché la sanità militare venisse ulteriormente riorganizzata in senso interforze attraverso un ispettorato sanitario di vertice interforze unico, l'ispettorato della sanità militare, alle dipendenze del Capo di Stato maggiore della difesa, capace di razionalizzare ed ottimizzare ulteriormente le risorse e le competenze;
   malgrado la riduzione della componente animale nelle forze armate, e nonostante l'importante presenza di veterinari dell'Esercito e la presenza, in marina militare, di ufficiali biologi che possono occuparsi delle problematiche connesse all'applicazione della normativa internazionale e nazionale in tema di sicurezza alimentare (H.A.C.C.P.), sulla Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale n. 103 del 28 dicembre 2010, veniva pubblicato un concorso straordinario, per titoli ed esami, per il reclutamento di due guardiamarina ufficiali laureati in veterinaria del ruolo speciale del Corpo sanitario militare marittimo, successivamente ampliati, per esigenze di forza armata, a totali quattro posti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e di quali siano state le esigenze straordinarie della Marina militare che hanno portato ad indire il succitato bando di concorso;
   se sia a conoscenza di eventuali problematiche riscontrate dagli ufficiali veterinari dell'esercito, temporaneamente imbarcati sulla portaerei Cavour della Marina militare, in occasione della missione umanitaria «White Crane» del 2010 ad Haiti, e se le medesime problematiche possano essere state determinanti nella scelta di indire, alla fine dello stesso anno, il succitato bando di concorso straordinario;  
   se non ritenga che le esigenze della Marina militare potessero essere delegate alle attribuzioni naturali degli ufficiali veterinari già in forza presso l'amministrazione difesa;
   se sia a conoscenza del numero totale degli ufficiali veterinari attualmente in forza presso la difesa, compresi quanti di essi ricoprono cariche dirigenziali, e quali azioni vorrà intraprendere per garantire maggiore razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse che possano, peraltro, risultare efficaci ad evitare, in senso interforze, la parcellizzazione dei medesimi settori di competenza. (4-16993)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   OLIVERI, COMMERCIO e LOMBARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Sicilia ha iniziato già da quattro anni la revisione della spesa nel settore della sanità, grazie alle precise scelte del Governo regionale, che ha puntato tutto sulle riforme dei settori nevralgici e sull'efficientamento della macchina burocratica;
   il Governo regionale, nel 2008, ha ereditato una situazione sanitaria difficilissima, con un sistema gravato da oltre 600 milioni di deficit, da inefficienze e disorganizzazione, inquinato da lobby affaristico mafiose che – come dimostrato da numerose sentenze – vi avevano trovato terreno fertile; con straordinaria capacità politica e amministrativa, senza badare al carattere largamente impopolare di numerosi provvedimenti adottati, l'assessore della salute Massimo Russo è riuscito ad evitare il commissariamento della Sicilia e a trasformare il durissimo piano di rientro in una occasione di sviluppo, comprendendo che proprio attraverso il risanamento del sistema sanitario era possibile ridare ossigeno all'economia siciliana e dare inizio a un reale cambiamento della Sicilia;
   gli ultimi dati che certificano questa quadriennale esperienza sono sotto gli occhi di tutti:
    a) il deficit è passato da meno 617 milioni di euro a soli 21 milioni, peraltro abbondantemente coperti dalle maggiorazioni delle aliquote irap e irpef;
    b) il costo del personale, al netto dei rinnovi contrattuali, si è ridotto del 5,80 per cento;
    c) la mobilità passiva si è ridotta di quasi il 10 per cento;
    d) la spesa farmaceutica è scesa del 14 per cento;
    e) l'indice di ospedalizzazione si è ridotto dal 249 al 174 per mille, con il contestuale miglioramento dell'indice di complessità delle prestazioni erogate e la media posto letto/abitante è adesso del 3,89 per mille;
    f) sono state bandite numerose gare centralizzate con risparmi di alcune centinaia di milioni per l'acquisto di beni e servizi;
    g) è stato risanato il servizio di emergenza urgenza 118 senza pregiudicare i livelli occupazionali;
    h) sono state ridotte da 29 a 17 le aziende del sistema sanitario regionale, con l'abbattimento del 30 per cento circa delle unità operative semplici e complesse;
    i) è stata ridisegnata la rete ospedaliera con la riduzione di ben 2.200 posti letto per acuti e l'istituzione di 1.868 posti letto per lungodegenza e riabilitazione;
    l) sono state acquistate numerose apparecchiature di alta tecnologia per implementare i servizi in ognuna delle nove province: in particolare, 25 nuove tac, 5 risonanze magnetiche, 10 angiografi digitali, 10 mammografi digitali, 4 gamma camere e 2 acceleratori lineari;
    m) sono state completate nuove strutture ospedaliere e realizzati nuovi punti territoriali di assistenza e punti di primo intervento, in ottemperanza della moderna legge di riforma sanitaria che il Governo regionale ha varato nel 2009;
    n) è stato varato dopo oltre 10 anni il nuovo piano sanitario e sono state disegnate le nuove reti assistenziali;
   si potrebbe continuare a lungo con l'elenco delle cose fatte, perché tantissimi sono stati i provvedimenti adottati nella direzione di una minore spesa e di una necessaria riqualificazione del modello sanitario, nel rispetto della trasparenza e della legalità; anche a livello europeo, la Sicilia è stata scelta tra i quattro casi di studio di buone prassi per l'impiego di fondi strutturali in sanità presentati ai 27 Ministri della salute dell'Unione europea;
   la Sicilia ha già affrontato e risolto alcuni dei temi che in queste settimane sono stati di stretta attualità: come, ad esempio, la rifunzionalizzazione dei piccoli ospedali, con la chiusura di alcune strutture e l'istituzione di nuovi distretti ospedalieri che hanno riunito sotto un'unica direzione l'attività di molti ospedali con pochi posti letto, unificandone i servizi ed eliminando reparti doppioni; come, ad esempio, la riconversione dei punti nascita con meno di 500 parti all'anno per venire incontro alle esigenze di sicurezza per la madre, il bambino e gli operatori sanitari e la ristrutturazione della rete laboratoristica pubblica e privata, che ha già fatto registrare una riduzione del 30 per cento delle strutture e che si avvia a fissare in 100.000 il numero delle prestazioni minime per far parte del sistema sanitario; sono numeri, dati, fatti concreti che i tavoli ministeriali, impegnati in questi anni ad accompagnare il cammino virtuoso della Sicilia, conoscono molto bene;
   non più di un mese fa il Ministro della salute, Renato Balduzzi, in occasione del Forum del Mediterraneo, ha pubblicamente riconosciuto la bontà dei risultati conseguiti dalla Sicilia; la sanità siciliana ha fatto e vuole continuare a fare la propria parte, con grande senso di responsabilità, per contribuire al risanamento economico del Paese attraversato da una crisi senza precedenti;
   l'assessore Russo ha già preso l'impegno di proseguire l'opera di risanamento e ha già dichiarato di essere pronto a ulteriori sforzi per recuperare, nell'interesse generale del Paese, sacche di spesa inefficiente ed eventuali sprechi da colpire con durezza;
   sono già stati individuati margini di intervento, sia nel contenimento della spesa, in particolare per quanto riguarda la farmaceutica territoriale, sia per l'efficientamento del sistema, che comunque ha già visto sensibilmente migliorare quasi tutti gli indicatori di qualità e sicurezza, ma ogni ulteriore manovra non può non tenere conto delle singole realtà sociali ed economiche e deve avere i connotati dell'equità sociale; è inaccettabile che, dopo quattro anni in cui il sistema è stato radicalmente rinnovato seguendo puntualmente le indicazioni ministeriali, ulteriori tagli e sacrifici possano essere spalmati su tutte le regioni, senza tenere conto di ciò che è successo negli ultimi anni;
   ogni ulteriore restrizione operata a livello nazionale, imponendo misure eccessivamente rigide, rischia di «stressare» il cammino di riqualificazione avviato dalla Sicilia e di arrestare il processo virtuoso, perché è di tutta evidenza che ulteriori tagli colpirebbero l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e che lo sforzo compiuto dalla Sicilia, che in questi quattro anni ha comportato un costo sociale non indifferente, rischierebbe di diventare insopportabile –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di evitare che i criteri volti alla riduzione dei trasferimenti in materia sanitaria alle regioni per un eventuale contenimento della spesa pubblica penalizzino attraverso tagli lineari anche quelle regioni, come la Sicilia, che hanno già avviato un serio processo di revisione della spesa sanitaria. (3-02396)


   GRANATA e LO PRESTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze.— Per sapere – premesso che:
   il presidente e l'amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, in data 27 giugno 2012 hanno presentato i contenuti del nuovo piano del gruppo;
   i vertici del Monte dei Paschi di Siena hanno, poi, in data 4 luglio 2012, incontrato i dirigenti delle filiali dell'istituto di credito della Sicilia per illustrare il piano industriale 2012-2015;
   il nuovo piano industriale 2012-2015 prevede, tra le altre cose, 4.600 esuberi nel triennio, taglio del contratto integrativo, esternalizzazione del back office e chiusura di 400 sportelli;
   tale piano industriale avrà un impatto devastante per il personale e l'occupazione e comporterà la perdita del lavoro per oltre 4.000 dipendenti;
   la dirigenza del Monte dei Paschi di Siena non ha inteso avviare alcun tipo di dialogo o concertazione con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori per trovare una soluzione che potesse essere condivisa;
   la Fabi e le altre organizzazioni sindacali hanno proclamato nel gruppo Monte dei Paschi di Siena un pacchetto di 15 ore di sciopero da attuare venerdì 27 luglio 2012 e lunedì 13 agosto 2012, in quanto ritengono che quello del Monte dei Paschi di Siena sia un piano «socialmente violento, privo di prospettive, a corto respiro e sviluppato per gestire un'emergenza»;
   occorre, quindi, che il Governo intervenga per sviluppare e ricostruire un clima di concertazione, di costruzione e di condivisione, unico in grado di dare garanzie e certezze ai dipendenti e ai lavoratori dell'istituto di credito che rischiano di essere esternalizzati per un piano industriale che mette in sofferenza migliaia di famiglie –:
   quali interventi il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda porre in essere per salvaguardare i posti di lavoro messi in pericolo ed evitare che si aggravi la già preoccupante crisi occupazionale. (3-02397)


   LIBÈ, NARO, TASSONE, CICCANTI, COMPAGNON, RAO e VOLONTÈ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2012, con notevole ritardo, è stata emanata l'ordinanza n. 11 del Capo del Dipartimento della protezione civile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2012, che ha certificato come la natura e la violenza degli eventi meteorologici verificatisi a più riprese in provincia di Messina nel novembre 2011 e, più recentemente, nei mesi di febbraio e marzo 2012, ha determinato una grave situazione di pericolo per l'incolumità delle persone e per la sicurezza dei beni pubblici e privati, rendendo così necessari interventi diretti a fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche;
   l'ordinanza, in particolare, prevede che il presidente della regione Sicilia, in qualità di commissario delegato, predisponga un piano contenente gli interventi realizzati dagli enti locali territoriali nella fase di prima emergenza rivolti a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l'indispensabile assistenza e ricovero delle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi e a porre in essere ogni utile attività per l'attuazione della messa in sicurezza delle aree alluvionate e ripristino della viabilità e delle infrastrutture danneggiate;
   i fenomeni alluvionali, infatti, hanno gravemente danneggiato infrastrutture, edifici pubblici e privati ed anche collegamenti viari di un territorio caratterizzato da un sistema infrastrutturale già inadeguato e necessitante di ammodernamento, determinando così notevoli disagi alla popolazione, compromettendo attività commerciali, industriali ed agricole e causando un notevole depauperamento di un tessuto economico e sociale già fragile ed instabile;
   nel dispositivo dell'ordinanza viene disposto uno specifico contributo mensile per l'autonoma sistemazione dei nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa sia stata distrutta in tutto o in parte, ovvero sia stata sgomberata; tuttavia, il provvedimento non prevede alcun contributo statale a copertura parziale dei danni subiti al patrimonio abitativo, né a sostegno delle attività produttive, industriali, agricole, zootecniche, commerciali, artigianali, turistiche, professionali danneggiate dagli eventi alluvionali;
   in aggiunta e con grande stupore risultano, inoltre, essere assenti disposizioni finanziarie a copertura delle spese necessarie per le opere di messa in sicurezza completa del territorio, che a distanza di mesi dagli eventi alluvionali risultano ancora incomplete, abbandonando così lacunosamente un territorio già fortemente messo in ginocchio dalla gravi crisi economico-sociale che si sta vivendo, in condizioni non tollerabili per un Paese civile e moderno;
   in occasione dei fenomeni sismici che hanno colpito il territorio emiliano, lombardo e veneto, il Governo, tra le diverse ed appropriate misure indicate, ha previsto la concessione di contributi per la ricostruzione o riparazione di immobili di edilizia abitativa, ad uso produttivo e per servizi pubblici e privati, distrutti o danneggiati, di contributi a favore delle attività produttive, industriali, agricole, zootecniche, commerciali, artigianali, turistiche, professionali e di servizi, ivi comprese quelle relative agli enti non commerciali e alle organizzazioni, fondazioni o associazioni con esclusivo fine solidaristico che abbiano subito gravi danni a beni mobili di loro proprietà e di contributi per danni subiti da strutture adibite ad attività sociali, ricreative, sportive e religiose e da edifici di interesse storico-artistico, nonché interventi per garantire la continuità produttiva di attività delocalizzate temporaneamente in conseguenza del sisma;
   per garantire la parità di trattamento dei soggetti danneggiati dagli eventi calamitosi, è necessario prevedere che quanto disposto a favore delle popolazioni del Nord Italia colpite dagli eventi sismici sia corrisposto nei riguardi delle popolazioni della provincia di Messina, travolte anch'esse da una calamità naturale come l'alluvione del novembre 2011 e dei successivi eventi verificatisi l'inverno scorso, che hanno pesantemente messo in ginocchio un'intera comunità, distruggendone completamente tutte le attività economiche attive sul territorio e rendendone impossibili perfino anche lo svolgimento delle più normali condizioni di vita –:
   se non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a prevedere adeguati stanziamenti finalizzati alla concessione di contributi per la messa in sicurezza del territorio della provincia di Messina recentemente colpito da eventi alluvionali, nonché per il recupero e la ricostruzione del patrimonio abitativo compromesso e il riavvio delle attività produttive messe in ginocchio dagli eventi calamitosi. (3-02398)


   FRANCESCHINI, VENTURA, BOCCIA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, BARETTA, FLUVI, LULLI e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il mercato dei titoli di Stato ha registrato un avvio di settimana estremamente difficile, con lo spread btp-bund che ha sfiorato i 500 punti e un tasso del 6,10 per cento;
   pesano su questi andamenti la revisione al ribasso della crescita mondiale da parte del Fondo monetario internazionale e la decisione della Corte costituzionale federale tedesca di rinviare a settembre 2012 la sentenza sui ricorsi relativi all'Esm, il cosiddetto fondo salva-Stati, lasciando nell'incertezza l'effettiva operatività dell'Esm nell'affrontare le emergenze;
   lo stesso Fondo monetario internazionale, tuttavia, sottolinea come gli attuali tassi dei titoli italiani siano assolutamente ingiustificati, tanto da considerarli di 200 punti base superiori ai fondamentali economici, e sollecita l'Europa ad agire immediatamente per stabilizzare le condizioni dei mercati del debito sovrano, attuando rapidamente le decisioni dell'ultimo vertice europeo di fine giugno 2012, considerato che al momento è operativo il solo Efsf, con una dotazione decisamente più modesta dell'Esm;
   è evidente che su questi andamenti stanno pesando sia le debolezze dell'architettura dell'unione monetaria, priva di strumenti di stabilizzazione e di correzione degli squilibri, sia una forte componente speculativa;
   a questo proposito appare di grande interesse l'esperienza statunitense dell'Autorità di vigilanza sui mercati derivati (Commodity futures trading commission, Cftc), la quale ha recentemente approvato un documento in cui si definisce cosa si intenda per «swap», definizione cruciale nell'ambito della più ampia riforma della regolamentazione di un mercato over-the-counter, che vale 650.000 miliardi di dollari a livello globale;
   non esistono in Europa autorità analoghe, ancor più necessarie oggi a fronte del rischio che le attività che saranno regolamentate negli Stati Uniti si trasferiscano sul mercato europeo –:
   di quali ulteriori iniziative il Governo italiano intenda farsi promotore a livello europeo per far sì che vengano assunte misure analoghe a quelle adottate negli Stati Uniti in materia di vigilanza e regolamentazione dei derivati e, al tempo stesso, come sollecitato dal Fondo monetario internazionale, che vengano assunte immediate iniziative volte a rafforzare gli strumenti di stabilizzazione già in essere, in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale federale tedesca. (3-02399)

Interrogazione a risposta scritta:


   BITONCI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 18 giugno 2012 era il termine per il versamento da parte delle persone fisiche e delle società di persone del saldo IRPEF e/o IRAP 2011 e dell'acconto, se dovuto, IRPEF e/o IRAP 2012; solo il 6 giugno, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio ne ha stabilito la proroga al 9 luglio, senza alcuna maggiorazione;
   nonostante la proroga, «solamente» l'11 luglio l'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 30/E, fornendo chiarimenti in merito alle novità introdotte relativamente all'applicazione degli studi di settore per il 2011; la circolare si è resa necessaria anche per chiarire una serie di «buchi» che i commercialisti ed i consulenti avevano riscontrato nella versione aggiornata del software Gerico, distribuita il 18 giugno 2012;
   anche quest'anno si è ripetuta l'ennesima inaccettabile situazione nella quale si parla sui vari organi di stampa della possibile proroga delle scadenze di giugno, con l'Agenzia delle entrate che ritarda la messa a disposizione degli strumenti operativi per contribuenti e consulenti e con la solita conclusione: all'ultimo secondo interviene la proroga governativa per permettere ai contribuenti di adeguarsi alle nuove regole;
   quest'anno, addirittura, la circolare 30/E è arrivata dopo la teorica scadenza del 9 luglio 2012, tanto che è intervenuta una seconda proroga, al 20 agosto, per la consegna degli studi senza maggiorazione; le precisazioni fornite dalla circolare 30/E non sono, tra l'altro, di poco conto, riguardando le modifiche alle analisi della territorialità, i nuovi indicatori di coerenza economica e di anomalia, i correttivi anti-crisi e congiunturali e la modulistica;
   il ritardo nell'emanazione del software e della circolare esplicativa e l'avvicinarsi del termine ultimo per i versamenti hanno indotto moltissime aziende a farsi predisporre gli studi e la dichiarazione entro la scadenza prefissata; tali aziende ora sono costrette a farsi rifare i calcoli dai consulenti, sopportando un ulteriore costo da addebitare esclusivamente all'inefficienza dell'amministrazione finanziaria;
   i ritardi, ormai cronici, del fisco stanno esasperando tutto il mondo produttivo, mettendo in notevole difficoltà anche i professionisti che assistono le aziende; la crisi economica ha ulteriormente esacerbato gli animi degli imprenditori, che mal sopportano la mancanza di trasparenza nei rapporti fisco-contribuente; nemmeno un Governo tecnico, composto da personalità del mondo accademico e produttivo, ha saputo dare chiarezza agli adempimenti fiscali e alle scadenze di questa prima metà del 2012 –:
   quali siano le motivazioni che hanno portato all'emanazione così tardiva della circolare 30/E, che ha costretto a rinviare ulteriormente la consegna degli studi e in che modo le novità introdotte dalla suddetta circolare tengano conto, a vantaggio del contribuente, della drammatica crisi economica che ancora sta colpendo il nostro sistema produttivo. (4-16991)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con l'insediamento di questo Esecutivo si sta verificando, a parere degli interroganti, un continuo ed irrazionale indebolimento del settore della giustizia, che i Governi precedenti, al contrario, tenuto conto delle limitate risorse finanziarie disponibili, avevano cercato, anche attraverso le riforme dei riti di procedura civile e penale, di rendere più efficiente e adeguato, anche rispetto agli standard che si riscontrano nei più avanzati Paesi dell'Unione europea;
   più precisamente, questo Governo, ad avviso degli interroganti, sta procedendo ad una «rottamazione» del settore della giustizia, attraverso l'adozione di provvedimenti di revisione della geografia giudiziaria che appaiono anomali e molto discutibili;
   infatti, la politica di revisione della geografia giudiziaria del Governo Monti deriva da scelte che, ad avviso degli interroganti, si riveleranno perdenti e, in merito, i numeri sono esemplificativi, dato che si intendono chiudere più di 600 uffici di giudici di pace e che si prospetta la soppressione di tutte le attuali 220 sezioni distaccate di tribunale, la riduzione e l'accorpamento di 37 tribunali e di 38 procure;
   in particolare, la totale soppressione su tutto il territorio nazionale delle sezioni distaccate di tribunale e di un cospicuo numero di sedi di tribunale non capoluogo di provincia si pone, a giudizio degli interroganti, in netto contrasto con i principi e criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, ed indi in violazione dell'articolo 76 della Costituzione, perché l'assetto territoriale degli uffici giudiziari doveva (riforma varata dal precedente Esecutivo) e deve tenere conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata;
   appare con immediata evidenza che non può considerarsi aderente ai principi e criteri direttivi in parola un riassetto territoriale degli uffici giudiziari che prevede l'intera soppressione delle sezioni distaccate dei tribunali, la quasi integrale soppressione dei tribunali non capoluogo di provincia e, infine, la soppressione, anch'essa molto rilevante, degli uffici dei giudici di pace, poiché appare inverosimile che, tenuto conto delle specificità territoriali del bacino di utenza, ovvero della situazione infrastrutturale, del tasso d'impatto della criminalità organizzata, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, non sia giustificata la permanenza di nemmeno una delle attuali sezioni distaccate di tribunale;
   con riguardo ai contenuti dei provvedimenti di esercizio della delega, appaiono disattesi i principi e criteri direttivi detti e gli stessi provvedimenti non osserverebbero la cosiddetta tecnica del minimo mezzo per realizzare l'obiettivo dell'efficiente allocazione delle risorse giudiziarie, senza diminuirne oltre misura la naturale suddivisione territoriale; appare agli interroganti del tutto chiaro ed evidente che la motivazione sottesa alle scelte dell'Esecutivo Monti è quella di fare solo «cassa» nell'immediato per importi modesti (pari circa a 70 milioni di euro), a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
   la logica sottesa al progetto governativo è quella di mantenere i tribunali che si trovano in città che fanno provincia, anche a discapito di quelli che gestiscono, in proporzione, un carico di lavoro maggiore e portano a compimento una mole di cause in tempi più brevi;
   è evidente che attraverso l'accorpamento a parere degli interroganti selvaggio, indiscriminato e di dubbia legittimità delle sezioni distaccate dei tribunali, la soppressione delle sedi di tribunale capoluogo, nonché la soppressione della quasi totalità degli uffici dei giudici di pace, che il Governo sta realizzando, si produrranno solo delle diseconomie di scala dovute a macrostrutture di tribunali che risulterebbero dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, dato che molti saranno indotti a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana –:
   se non intenda chiarire quali valutazioni siano alla base delle scelte compiute con il decreto legislativo recentemente adottato nell'esercizio della delega citata e se siano state adeguatamente verificate e considerate le effettive conseguenze derivanti dalle scelte di revisione della geografia giudiziaria sopra richiamate. (3-02400)

Interrogazione a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa e dal bollettino quotidiano di «Ristretti Orizzonti» il 15 luglio 2012, il «pentito» di camorra Angelo Ferrara, di 41 anni, si è suicidato impiccandosi con i lacci delle scarpe nella Casa di reclusione di Carinola, nel casertano;
   l'uomo è stato rinvenuto riverso a terra, senza vita, coi lacci stretti intorno al collo dagli agenti della Polizia penitenziaria. Secondo i primi rilievi, nessun segno di colluttazione sarebbe presente sul corpo del detenuto;
   la salma è stata trasferita presso il dipartimento di medicina legale dell'ospedale di Caserta, dove sarà effettuata l'autopsia disposta dal magistrato di turno;
   nel 2008 le dichiarazioni di Angelo Ferrara avevano portato alla condanna di numerosi esponenti della camorra napoletana appartenenti al clan Moccia di Afragola (Na); dopodiché, posto in «programma di protezione» dalla apposita commissione del ministero dell'interno, l'uomo si stabilisce con una nuova identità a Ronchi dei Legionari (Gorizia). Negli anni successivi, però, gli viene revocato il programma di protezione e finisce detenuto nel carcere di Carinola in quanto: a) il 27 maggio 2009, con dei complici, compie una rapina alla filiale del Monte dei Paschi di Siena di Portogruaro (Ve); b) nel settembre 2010 rapina altre due banche di Rimini;
   sulla vicenda Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), ha diramato il seguente comunicato stampa: «Ieri a Carinola (Caserta) un altro detenuto si è tolto la vita nonostante gli encomiabili sforzi che quotidianamente svolge la Polizia Penitenziaria per evitare che le nostre carceri sprofondino nel baratro della civiltà. Questo ennesimo suicidio ci preoccupa, come ci preoccupano le voci che dicono che dal prossimo 18 luglio le carceri campane saranno coinvolte in una serie di proteste con battitura delle inferriate. La carenza di personale di Polizia Penitenziaria e di educatori, di psicologi e di Personale medico specializzato, il pesante sovraffollamento dei carceri italiani (67mila detenuti in carceri che ne potrebbero ospitare 43mila, con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite tenuto anche conto che più del 40 per cento di chi è detenuto è in attesa di un giudizio definitivo) sono temi che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi. Spesso, come a Carinola, il personale di Polizia Penitenziaria è stato ed è lasciato da solo a gestire all'interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale e di tensione, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno. Le tensioni in carcere crescono non più di giorno in giorno, ma di ora in ora: bisogna intervenire tempestivamente per garantire adeguata sicurezza agli agenti e alle strutture ed impedire l'implosione del sistema» –:
   quali iniziative siano state adottate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per assicurare l'incolumità di Angelo Ferrara; in particolare se e come il 15 luglio 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio dell'uomo non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario; con chi divideva la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
   se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se il detenuto lavorasse e/o partecipasse alle attività trattamentali dell'istituto e, di conseguenza, quanto tempo passasse normalmente all'interno della cella;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Carinola;
   quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Carinola, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni minime di vivibilità all'interno della struttura penitenziaria in questione, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi in modo da garantire il funzionamento del nuovo padiglione detentivo. (4-16990)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata di martedì 17 luglio 2012, organi di stampa locali di Padova (Mattino di Padova e Gazzettino) hanno riportato la notizia secondo cui il comune di Padova avrebbe in dotazione 113 vetture per i propri dipendenti, che si sommano a 345 automezzi che vengono utilizzati per attività di manutenzione e pubblica sicurezza;
   il rapporto tra numero di autovetture e dipendenti (113 su 1.757) fa di Padova il comune del Veneto con il valore più elevato, anche rispetto a città di dimensioni maggiori, come Verona, o a città più importanti, come il capoluogo di regione, Venezia;  
   in conseguenza della grave crisi economico-finanziaria e della urgente necessità di dover ridurre le spese pubbliche, il Governo precedente aveva adottato, con il decreto-legge n. 78 del 2010, una serie di disposizioni finalizzate ad una rimodulazione delle spesa pubblica per le voci di bilancio degli enti locali più onerose;
   in virtù di tale disposizione, oltre che dei successivi provvedimenti adottati anche dal Governo attuale e che hanno drasticamente rimodulato le risorse trasferite agli enti locali, i comuni hanno dovuto rivedere al ribasso, all'interno dei rispettivi bilanci, sia le voci di spesa di parte capitale e legate al rispetto del patto di stabilità interno, sia le voci di spesa di parte corrente;
   il Governo ha finalizzato in queste ultime settimane un provvedimento d'urgenza denominato «spending review» che fa seguito a precedenti e simili accorgimenti finalizzati ad adottare delle disposizioni per limitare voci della spesa pubblica che gravano sempre più sul debito pubblico italiano, giunto ormai a lambire i 2.000 miliardi di euro e che continua a rappresentare un freno alla ripresa e alla crescita del Paese –:
   quali orientamenti intenda esprimere il Governo, per quanto di competenza, sull'utilizzo delle autovetture per i dipendenti dei comuni per attività diverse dalla pubblica sicurezza o dalle opere di manutenzione e se, anche in virtù della difficile situazione economica e finanziaria degli enti locali, non ritenga opportuno assumere iniziative, anche in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per concordare un impegno a ridurre la dotazione di automezzi degli enti locali. (4-16995)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il comma 9 dell'articolo 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dispone che il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6 è prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo. Sono poi formulate due ulteriori ipotesi residuali ovvero a) sono comunque fatte salve le scadenze dei mandati in corso previste alla data dell'elezione dei rettori eletti, o in carica, se successive al predetto anno accademico; b) il mandato dei rettori i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono stati eletti ovvero stanno espletando il primo mandato è prorogato di due anni e non è rinnovabile;
   la ratio della legge è quella di assicurare tempi certi e rapidi per il cambiamento distinguendo peraltro la sorte degli organi collegiali e monocratici elettivi, che decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto, dal rettore, per il quale sono dettati tempi certi con la regola generale della proroga di un anno aggiuntivo rispetto al proprio mandato;
   la norma è chiara dell'indicare il momento da considerare ai fini della proroga generale facendo espressamente riferimento alla prima adozione dello statuto disposta con delibera del Senato accademico su parere favorevole del consiglio di amministrazione, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge prorogabile di altri tre mesi ai sensi dei commi 5 e 6;
   poiché la legge è entrata in vigore il 29 gennaio 2011, il nuovo statuto doveva essere fatto entro il 29 luglio 2011 salvi gli atenei che, avendo beneficiato della proroga di tre mesi, potevano provvedere entro il 29 ottobre 2011;
   come emerge dalla lettura della sentenza n. 261/2012 del TAR Umbria ci sono casi in cui il decano dell'università degli studi di Perugia, essendovi tenuto, si è rifiutato di indire le elezioni del nuovo rettore sulla base del presupposto che il rettore debba conservare la carica fino al completamento dell'anno accademico successivo a quello nel corso del quale si è portato a compimento il percorso di adozione del nuovo statuto;
   dalla stessa sentenza emerge che la decisione del decano dell'università degli studi di Perugia sarebbe stata assunta anche sulla base di una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che avrebbe avallato una interpretazione della norma secondo la quale il termine non decorrerebbe dalla data di adozione dello statuto, come sopra indicata, ma da quella di definitiva approvazione dello statuto a seguito dell'espletamento della procedura ministeriale di controllo;
   il Tribunale amministrativo regionale nella decisione richiamata evidenzia con chiarezza i motivi di diritto che impediscono la strada interpretativa seguita dal decano dell'università degli studi di Perugia e dal Ministero evidenziando, tra l'altro, la circostanza che la legge nel fissare il termine non richiama la procedura di controllo regolata dai commi 7 e 8 ma solo la procedura di prima adozione regolata dai commi 5 e 6;
   appare evidente che una tale lettura rappresenta tanto sul piano giuridico quanto su quello strategico un grave rischio per il sistema universitario. Per quanto riguarda il profilo giuridico e amministrativo si crea un serio stato di incertezza con possibili effetti sulla legittimità degli atti adottati dal rettore quale organo scaduto e non rinnovato nei termini di legge. Per quanto riguarda il piano strategico una tale interpretazione andrebbe contro lo spirito della legge n. 240 del 2010 che ha affidato la sua attuazione a precisi termini con la sostituzione di fatto di un termine indeterminato e incerto a un termine determinato e certo. La legge infatti non prevede termini precisi nel caso in cui, come sta accadendo in maniera diffusa, la fase di controllo comporti una dialettica tra ateneo e Ministero per cui il sistema perderebbe un punto di riferimento con alterazione dei rapporti tra gli organi nella delicata fase di transizione;  
   tale situazione rischia di creare abusi tanto che sembra che in alcune sedi universitarie i rettori in carica già prorogati, intendano impedire o quanto meno ritardare ulteriormente, il regolare svolgimento di elezioni già convocate dal decano a norma della legge n. 240 del 2010;
   i fatti in questione costituiscono, a giudizio degli interpellanti prima di tutto una violazione di legge, in quanto non è possibile con determinazioni ministeriali modificare termini di legge chiari, ma potrebbero avere anche dei riflessi di compatibilità con princìpi costituzionali in quanto l'autonomia universitaria ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione, deve essere esercitata nei limiti indicati dalla legge e situazioni del genere impediscono l'estrinsecarsi dell'autonomia degli atenei in violazione delle norme che la presidiano;
   la delicata situazione in cui versa il sistema universitario oggi suggerisce di evitare ulteriori elementi di confusione nell'attuazione della riforma degli atenei esposti a cambiamenti di norme e di indicazioni che rallentano lo svolgimento della vita democratica degli atenei e le elezioni dei nuovi rettori –:
   se, alla luce della sentenza sopra citata il Governo non ritenga necessario ripristinare con la massima sollecitudine la certezza del diritto nella governance dell'università, anche al fine di evitare contenziosi che potrebbero insorgere tra i diversi atenei e il Ministero, nonché all'interno dei medesimi atenei, e per dare una corretta e chiara indicazione sull'applicazione delle citate norme.
(2-01600) «Binetti, Galletti».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il convitto nazionale Cicognini di Prato è una delle più antiche istituzioni scolastiche italiane. Fondato nel 1692 dai padri Gesuiti, è stato nei secoli centro di cultura e di formazione del Granducato di Toscana, del Regno d'Italia, della Repubblica italiana;
   l'istituzione educativa convitto nazionale statale Cicognini ha come riferimento l'intero territorio nazionale, e la sua vocazione nazionale ed internazionale si evince dall'adesione a tutte le forme di sperimentazione succedutesi negli anni e dalla centralità degli scambi con l'estero;
   nel corso dei suoi tre secoli di storia hanno studiato al Cicognini allievi prestigiosi come Gabriele D'Annunzio, Curzio Malaparte, Bettino Ricasoli e Cesare Guasti;
   a febbraio del 2012 sono pervenute al Convitto Cicognini le iscrizioni di 570 studenti;
   l'ufficio scolastico regionale della Toscana ha decretato che, in applicazione del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011 e dalla legge 183 del 2011 che hanno per oggetto il dimensionamento scolastico, dal primo settembre 2012 il convitto Cicognini di Prato e l'educandato della santissima Annunziata di Firenze – le due più antiche e prestigiose scuole toscane – per poche decine di allievi non avranno più né il dirigente né il segretario titolari, ma solo una reggenza, condannandoli di fatto a un ridimensionamento gestionale che metterà a rischio lo stesso sviluppo dell'attività didattica;
   è paradossale che per una norma generica che male si applica alle istituzioni educative, e per soli trenta alunni in meno rispetto al tetto previsto, vengano soppressi l'istituto del rettorato e la segreteria in centri d'eccellenza scolastica e culturale come il Convitto Cicognini;
   con nota del 22 luglio 2011 l'Associazione nazionale degli istituti educativi statali ha segnalato che alcune direzioni regionali applicano, nei confronti delle istituzioni educative, il comma 5 dell'articolo 19 del decreto legislativo 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
   in merito, si osserva che, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, gli istituti di educazione sono esclusi dalle disposizioni relative al dimensionamento scolastico dettate dallo stesso decreto;
   non dovrebbe, pertanto, trovare applicazione nei confronti degli istituti in questione la norma di cui all'articolo 19, comma 5, del sopra citato decreto-legge, anche perché le scuole annesse ai convitti nazionali e agli educandati statali non posseggono autonomia amministrativa né personalità giuridica distinta dall'istituto di appartenenza e non sono quindi scuole autonome né hanno bilanci autonomi, né revisori dei conti; la disposizione che esclude gli istituti di educazione dal dimensionamento non è stata abrogata né dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, articolo 24, né da successive disposizioni;
   in conseguenza di ciò, i predetti istituti rimangono sedi di titolarità di dirigenza scolastica –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di queste di disposizioni intenda assumere ogni iniziativa di competenza per escludere il convitto nazionale Cicognini di Prato dal novero delle scuole sottodimensionate.
(2-01599) «Mazzoni, Pelino, Milanese, Costa, De Corato, Lunardi, Faenzi, Del Tenno, Castiello, Alberto Giorgetti, Minasso, Vincenzo Antonio Fontana, Cazzola, Golfo, Sammarco, Garagnani, Bocciardo, Saltamartini, Mussolini, Di Centa, Mottola, Poli, Martinelli, Bosi, Nirenstein, Calderisi, Palmieri, Pizzolante, Mazzuca, Bonciani, Sbai, D'Alessandro».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   DONADI, MURA, EVANGELISTI, BORGHESI, PALAGIANO e ZAZZERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della direttiva 43/2000 dell'Unione europea, l'articolo 29 della legge 1o marzo 2002, n. 39 (cosiddetta legge comunitaria) ha previsto l'istituzione di un «Ufficio di controllo e di garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di garanzia, diretto da un responsabile nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato, che svolga attività di promozione della parità e di rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, in particolare attraverso (...) l'assistenza indipendente alle persone lese dalle discriminazioni nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi intrapresi; lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell'autorità giudiziaria»;
   in attuazione della delega, il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, ha previsto, all'articolo 7, rubricato «Ufficio per il contrasto delle discriminazioni», l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità di un ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (Unar – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali);
   il percorso di rafforzamento dell'autonomia e dell'indipendenza di fatto dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali è stato di recente riconosciuto anche nel rapporto della Commissione contro il razzismo e l'intolleranza (Ecri) del Consiglio d'Europa, il quale ha sottolineato come il direttore dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali abbia «innalzato il livello di autonomia e imparzialità che dovrebbe caratterizzare l'ufficio e che, in pratica, l'Unar antidiscriminazioni razziali è stato capace di censurare misure discriminatorie adottate in ambito nazionale e di farle annullare»; in questi anni l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ha assicurato un'importante attività di presidio istituzionale a tutela dei diritti fondamentali delle persone oggetto di discriminazioni razziali, conseguendo riconosciuti e importanti risultati;
   in particolare, per quanto concerne il monitoraggio dei fenomeni di discriminazione, il contactcenter dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, sulla base della riorganizzazione del servizio avviata dal 2010, ha conseguito nell'ultimo biennio un efficace ed esponenziale aumento dell'emersione dei fenomeni, perlopiù sommersi, di discriminazione;
   in base alla direttiva generale per l'azione amministrativa del Dipartimento per le pari opportunità emanata dal Ministro interrogato il 31 maggio 2012, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali deve obbligatoriamente conseguire, entro il 31 dicembre 2012, una serie di imprescindibili obiettivi, quali: la predisposizione dello schema del primo piano di azione nazionale contro il razzismo e la xenofobia da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri entro il 31 dicembre 2012; il monitoraggio dello stato di avanzamento della strategia di inclusione dei rom varata il 24 febbraio 2012 dal Governo italiano e di cui l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali è punto di contatto nazionale; la definizione e l'attuazione del piano di azione per la lotta alle discriminazioni delle persone lgbt da realizzarsi nell'ambito dell'accordo già sottoscritto il 16 febbraio 2012 dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali con il Consiglio d'Europa; per converso, si è appreso, invece, che l'organico dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, già oggi ridotto al 50 per cento di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003, tra luglio e ottobre 2012 verrà quasi azzerato, riducendosi da 13 a 4 unità, in virtù di una circolare emanata nel maggio 2012 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e avente a oggetto la restituzione alle amministrazioni di appartenenza dei cosiddetti dipendenti pubblici «fuori comparto», disperdendo così competenze di estrema e peculiare professionalità formate da anni di operatività sul tema del razzismo e delle discriminazioni, assolutamente non fungibili;
   inoltre, il compito del direttore dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali verrà a scadenza il 22 luglio 2012 e, secondo quanto testualmente e pubblicamente dichiarato l'11 luglio 2012 dal Ministro interrogato, nel corso della presentazione dell'indagine Istat sull'immigrazione, pur essendo già stato «riconfermato» nell'incarico fino alla scadenza del Governo, dovrà obbligatoriamente essere sostituito con un dirigente interno, esclusivamente a causa della cosiddetta spending review; risulterebbe agli interroganti che lo stesso Ministro abbia convocato e ricevuto il direttore dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, per comunicargli la sua intenzione di proporne il rinnovo fino alla scadenza del mandato dell'attuale Governo, solo il 15 giugno 2012, ovverosia dopo che si era tenuta la riunione del Consiglio dei ministri che aveva già formalizzato il taglio del 20 per cento dei dirigenti di Palazzo Chigi; il comma 20 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, vieta espressamente il rinnovo dei soli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e non di quelli di cui al comma 6, tra cui rientra appunto l'incarico a suo tempo conferito al dottor Monnanni. Non vi è, pertanto, alcuna norma che impedisce la proroga dell'incarico all'attuale direttore dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, perlomeno fino alla scadenza del Governo attuale; inoltre, la sostituzione dell'attuale direttore con un dirigente interno, soggetto in via permanente ed esclusiva al vincolo gerarchico di dipendenza rispetto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sarebbe incompatibile con quanto stabilito dalla direttiva 43/2000 e dal decreto legislativo n. 215 del 2003; la mancanza della necessaria continuità della direzione e lo smantellamento della struttura dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali non consentiranno di assicurare il puntuale adempimento degli impegni assunti dall'attuale Governo davanti alle Nazioni Unite il 5 marzo 2012 in sede di discussione del rapporto sull'attuazione della Convenzione internazionale sulle discriminazioni razziali (Cerd), in merito alla predisposizione del primo piano di azione nazionale contro il razzismo che il Governo deve varare entro dicembre 2012 e all'attuazione della strategia di inclusione dei rom e sinti prevista dalla comunicazione 173/2011 della Commissione europea, compiti e funzioni in entrambi i casi appunto attribuiti all'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali;
   il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Nils Muiznieks, il 6 luglio 2012, al termine della sua visita in Italia, ha dichiarato alla stampa che l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali non rischia una semplice riduzione del personale, ma drastici tagli, che compromettono la realizzazione degli adempimenti internazionali assunti dal Governo italiano –:
   se e come intenda assicurare l'attuazione degli adempimenti internazionali assunti dal Governo italiano o derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, garantendo la prosecuzione della continuità gestionale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, mediante la proroga dell'incarico al direttore, dottor Monnanni, fino alla scadenza dell'attuale Governo, non vietata da alcuna norma e come, peraltro, già previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012 per tutti gli altri dirigenti esterni della Presidenza del Consiglio dei ministri, e il mantenimento del personale attualmente in servizio presso l'ufficio, già oggi ridotto al 50 per cento di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2003. (3-02401)

Interrogazione a risposta scritta:


   BITONCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la Bayer Material Science del gruppo Bayer ha comunicato alle organizzazioni sindacali di Vicenza ed alla rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento di Mussolente, la chiusura del sito produttivo dedicato alla produzione di sistemi per poliuretano nell'ambito di un riassetto produttivo che riguarda tutto il settore;
   la Bayer, pur ammettendo che tale stabilimento svolge un ruolo importante nell'approvvigionare il mercato italiano, non ritiene sufficiente il margine di guadagno che si viene a realizzare e preferisce in prospettiva concentrare la produzione in Germania;
   questa scelta andrà a colpire i 50 lavoratori dell'azienda che si troveranno a breve senza lavoro, considerato poi che il processo di chiusura, nell'intenzione di Bayer, si dovrà realizzare in tempi stretti a partire dal mese di settembre 2012 per terminare entro il 31 dicembre 2012;
   i lavoratori della Bms di Mussolente, unitamente alla rappresentanza sindacale unitaria ed alle organizzazioni sindacali, hanno richiesto alla Bayer che nessuno spostamento di attività venga avviato e di aprire un confronto serio e concreto che permetta di ricercare soluzioni alternative alla chiusura del sito, garantendo un futuro di lavoro ed occupazione alle lavoratrici ed ai lavoratori, anche attraverso il coinvolgimento delle istituzioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra descritta e della decisione aziendale del gruppo Bayer di chiudere lo stabilimento concentrando la produzione in Germania;
   se non ritenga opportuno assumere urgenti iniziative per salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione sopraesposta a tutela delle famiglie del territorio interessato, convocando d'urgenza un tavolo d'incontro tra la proprietà dell'azienda e le rappresentanze sindacali e politiche coinvolte dalla vertenza. (4-16989)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CONTENTO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da qualche tempo l'INPS sta subendo un processo di informatizzazione che ha portato lo stesso istituto a gestire solamente on line pratiche, istanze varie e ricorsi:
   sull'intero territorio nazionale si registrano casi di anziani che sono stati praticamente presi alla sprovvista da un cambiamento così radicale e tempestivo, ancorché condivisibile (si conterebbero, addirittura decine di casi di ricorsi avverso provvedimenti interni dichiarati d'ufficio irricevibili perché inoltrati dai diretti interessati solo su supporto cartaceo);
   gli stessi call center, gestiti da società esterne, lamenterebbero dei problemi di scarsa efficienza con lunghe attese e disguidi di collegamento con le sedi periferiche dell'istituto;
   la vicenda sta suscitando preoccupazioni e malessere tra gli operatori, gli utenti e le stesse rappresentanze sindacali dei pensionati, che giudicano incongrua la mancata ricezione da parte dell'INPS di pratiche e ricorsi cartacei, nonché denunciano i disservizi tipici di centralini gestiti da sedi territorialmente molto distanti –:
   se sia possibile ipotizzare un intervento del Governo al fine di individuare eventuali soluzioni alla problematica segnalata in premessa. (5-07440)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vertenza Pcma Magneti marelli di Pisticci Scalo è ad un punto delicatissimo in quanto l'azienda ha deciso di chiudere l'impianto e di collocare in cassa integrazione straordinaria gli 81 dipendenti dal 1° ottobre 2012 con una possibilità di ricollocare una parte del personale presso gli altri stabilimenti operanti in Basilicata e in Puglia e di destinare incentivi a chi volesse mettersi in proprio;
   si tratta di una ipotesi che mette con le spalle al muro i lavoratori; non è stata data possibilità alcuna di creare un tavolo di confronto con una mediazione pubblica sia essa rappresentata dalla regione Basilicata sia essa rappresentata dal prefetto, che, va detto, già in occasione di una precedente vertenza del 2009 erano stati interessati ed erano diventati parti attive di un accordo che ha consentito il prosieguo dell'attività lavorativa;
   si è a conoscenza della crisi del settore automobilistico e della componentistica in quanto indotto Fiat;
   tuttavia non si può assistere all'ennesima chiusura di uno stabilimento in Valbasento in maniera inerme senza cercare di rappresentare non solo le istanze dei lavoratori interessati ma più complessivamente di un intero territorio che ha visto desertificarsi il proprio sito industriale nell'arco di 10 anni;
   si tratta di uno stabilimento con maestranze giovani e con una presenza femminile significativa e con un tasso di produttività molto importante legato anche ai sacrifici che i lavoratori hanno sopportato nel corso degli anni proprio per mantenere in vita questa realtà –:
   se e quali iniziative intenda assumere il Governo in questa vertenza al fine di poter attivare un tavolo di confronto e verificare entro la fine del mese di settembre 2012 la possibilità di un prosieguo dell'attività lavorativa magari interessando altri soggetti istituzionali, come Invitalia, ove vi fossero acquirenti del settore interessati all'impianto di Pisticci. (3-02392)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO e LARATTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa apparse negli scorsi giorni su vari quotidiani nazionali e locali è intenzione della società Poste Italiane spa procedere a breve a un notevole ridimensionato del volume dei servizi offerti alla clientela nell'intero territorio nazionale ed in particolare in Calabria. Il tutto nell'ambito di una riorganizzazione del settore dei servizi postali, non giustificato però da alcuna motivazione di carattere tecnico o produttivo;
   nella sola regione Calabria, risulta che siano più di 100 (su circa mille da sopprimere su tutto il territorio nazionale) gli uffici postali interessati da una eventuale soppressione, che, se attuata, costringerebbe i cittadini dei territori interessati dai tagli, a spostarsi per diverse decine di chilometri, con notevoli disagi soprattutto per le fasce più deboli della popolazione e per i comuni di montagna più svantaggiati, visto anche il fatto che molti di questi tagli riguarderebbero sportelli situati in zone montane, frazioni o piccoli comuni (si veda per tutti il caso del comune di Umbriatico in provincia di Crotone che dista circa un'ora dal paese più vicino) già penalizzati dalle carenze di collegamenti, e da una scarsa distribuzione dei servizi;
   questa decisione, va poi ad aggiungersi alla situazione esistente, già grave, lamentata dall'utenza dovuta alla riduzione dell'orario di ufficio in molte zone collinari o montane che prevede l'apertura degli stessi uffici solo a giorni alterni, e che ha generato inoltre la riduzione del servizio di distribuzione della posta;
   uno sportello costituisce uno dei pochi servizi essenziali per mantenere in vita paesi o frazioni e il continuo taglio di essi contrasta anche con l'approvazione – all'unanimità – da parte della Camera dei deputati del disegno di legge sulla valorizzazione dei piccoli comuni (AC 1174 e abb.) con meno di 5000 abitanti;
   le Poste, insieme alle farmacie, alle scuole e alle stazioni dei carabinieri, storicamente rappresentano l'avamposto dello Stato proprio nei territori svantaggiati e svolgono una serie di servizi essenziali per i cittadini fra cui, solo a titolo esemplificativo, il pagamento delle pensioni;
   a giudizio degli interroganti, è importante evidenziare che la dimensione e la rilevanza in termini di qualità delle attività svolte negli uffici postali calabresi richiederebbero piuttosto che un ridimensionamento, al contrario, un potenziamento del personale e dei presidi presenti. Le Poste spa non dovrebbero decidere in solitudine dove chiudere e dove tenere aperto. Queste valutazioni di tipo strategico dovrebbero essere frutto di un percorso che coinvolga anche l'amministrazione dello Stato e le amministrazioni locali, sempre più indignate da tali scelte –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, e conseguentemente, quali siano le iniziative di competenza che intendano adottare per garantire il proseguimento dell'attività degli uffici postali in Calabria, la cui ipotetica chiusura secondo quanto previsto dal «Piano di riorganizzazione delle Poste Italiane», determinerebbe un ulteriore tonfo per l'intera economia calabrese, già particolarmente colpita dalla crisi economica nazionale, e che provocherebbe gravissime conseguenze sociali per l'intera regione in quanto la paventata riconversione e/o chiusura di tutti questi uffici vedrebbe mettere fortemente anche a rischio la salvaguardia dei relativi livelli occupazionali in una regione come la Calabria, da sempre alle prese con il problema drammatico delle infrastrutture e della mancanza di lavoro. (5-07438)

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane ha stilato una lista per l'autorità per le comunicazioni in cui sono inseriti circa un migliaio di uffici postali al di sotto dei parametri di economicità, ovvero che non garantiscono equilibrio fra spese e ricavi, sette dei quali sono nel comasco: Civiglio, Lemna di Faggeto Lario, Carlazzo, Camnago Volta, Manera di Lomazzo, Romano Brianza e Cantù Asnago;
   il timore è che gli uffici contenuti nella lista siano i prossimi ad essere chiusi, vista la politica che negli ultimi anni ha caratterizzando le azioni di Poste italiane che ha disposto la chiusura di molti uffici, di dimensioni più o meno grandi, e il ridimensionamento degli orari di apertura degli sportelli;
   il servizio postale è un servizio pubblico che deve essere garantito a tutti i cittadini per l'importanza che riveste nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, dal pagamento delle utenze al ritiro del denaro contante e la chiusura di ulteriori uffici nella provincia di Como creerebbe notevoli difficoltà nella gestione operativa degli uffici e genererebbe una drastica diminuzione della qualità del servizio fornito alla clientela;
   Poste italiane spa è una società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che deve garantire l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato che prevede degli obblighi e il raggiungimento di obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   la direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 inserisce le prestazioni postali tra i servizi di interesse di economia generale e stabilisce specifiche obbligazioni comunitarie per la tutela dei servizi universali a garanzia della piena efficienza a favore degli utenti, dando la possibilità al cittadino-utente non soddisfatto del servizio postale di appellarsi, in prima istanza, all'operatore postale responsabile; in seconda istanza, all'autorità nazionale competente e, da ultimo, alla Commissione europea;
    in particolare l'ufficio postale di Cantù Asnago svolge una funzione fondamentale e di elevata importanza sociale in quanto consente l'adempimento di un servizio primario a una porzione di territorio periferico rispetto al centro cittadino, soprattutto rispetto alle fasce della popolazione più anziana e quindi più svantaggiata;
   infatti la località di Asnago di Cantù vista la particolare specificità periferica del territorio e le difficoltà di collegamento e di raggiungimento della stessa attraverso idonei e strutturati mezzi e servizi pubblici con il centro cittadino e con altre eventuali strutture postali limitrofe, necessita del mantenimento, anche con l'attuale riduzione di orari di apertura, dell'attuale sede postale –:
   se non ritenga doveroso intervenire ufficialmente in merito alla lista stilata da Poste italiane per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste italiane spa arrechino disagi agli abitanti dei comuni del comasco, che si vedrebbero privati dell'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, così come previsto dall'accordo siglato fra le Poste italiane spa e lo Stato;
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per scongiurare la chiusura dell'ufficio postale di Cantù Asnago e degli altri 6 uffici della provincia di Como, anche favorendo una concertazione tra la direzione di Poste Italiane spa e le amministrazioni locali, al fine di garantire l'erogazione, in particolar modo in un momento così difficile per l'economia, di un servizio postale efficiente ai cittadini ed alle attività produttive che operano nella provincia di Como. (4-16992)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Dionisi e altri n. 1-01087, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-16964, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.
  L'interrogazione a risposta scritta Rossa 4-16965, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tullo;
  L'interrogazione a risposta in commissione Codurelli n. 5-07400, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duilio, Misiani.
  L'interrogazione a risposta in commissione Fedriga n. 5-07401, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci;
  L'interrogazione a risposta in commissione Lanzarin e altri n. 5-07412, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Contento n. 4-14941 del 16 febbraio 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-07440.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in commissione Toto e Proietti Cosimi n. 7-00936 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 659 del 3 luglio 2012. Alla pagina 32440, seconda colonna, alla riga trentaquattresima, deve leggersi: «effettuato con la presenza di un organo» e non «effettuato senza la presenza di un organo», come stampato.
  Risoluzione in commissione Crosio e altri n. 7-00947 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 666 del 16 luglio 2012. Alla pagina 32808, prima colonna, alla settima riga, deve leggersi: «effettuato con la presenza di un organo» e non «effettuato senza la presenza di un organo», come stampato.
  Interrogazione a risposta scritta Maurizio Turco e altri n. 4-16980 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 666 del 16 luglio 2012.
  Alla pagina 32824, prima colonna, alla riga ventottesima, deve leggersi: «sezione esercito, Girolamo Foti, in cui tra», e non «sezione esercito, Girolamo Poti, in cui tra», come stampato.
  Alla pagina 32824, seconda colonna, alla riga ottava, deve leggersi: « 12 novembre 2011, 183, all'articolo 4,», e non « 12 novembre 2011, 1836, all'articolo 4,», come stampato.
  Alla pagina 32824, seconda colonna, alla riga ventottesima, deve leggersi: «se ci sia disparità di trattamento COIR,» e non «se c’è disparità di tattamento COIR,», come stampato.
  Alla pagina 32824, seconda colonna, dalla riga trentunesima alla riga trentatreesima, deve leggersi: «se chi frequenta corsi di aggiornamento e simili (ad esempio il corso ISMI) sia sottoposto alla disciplina citata e qualora non lo fosse,» e non «se chi frequenta corsi di aggiornamento e simili (ad esempio il corso ISMI) sin sottoposto alla qualora non lo fosse,», come stampato.