XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 4 giugno 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'amianto è sostanza particolarmente insidiosa perché può provocare 2 diverse malattie: l'asbestosi, frutto dell'accumulo nell'organismo di fibre del materiale, altamente invalidante, e il mesotelioma pleurico, tumore maligno per la cui insorgenza, anche a distanza di decenni dall'esposizione, è sufficiente l'azione anche di pochissime fibre;
    è stato, pertanto, riconosciuto che l'esposizione all'amianto è fortemente nociva, in quanto provoca tumori maligni della pleura e del peritoneo; con legge 27 marzo 1992, n. 257, si è disciplinata la cessazione dell'impiego di amianto nelle attività produttive di qualsiasi tipo, con l'obiettivo di sottrarre il lavoratore alla fonte di rischio;
    purtroppo, in Italia numerosi sono i lavoratori impiegati presso multinazionali che hanno contratto la malattia o addirittura sono deceduti, perché le medesime aziende, in violazione delle norme vigenti, non hanno preso le dovute precauzioni per evitare l'esposizione all'amianto dei propri lavoratori;
    gli eredi delle vittime attendono ancora il dovuto risarcimento da parte delle aziende condannate, le quali si rifiutano di pagare nonostante siano state emanate sentenze;
    è dovere del Governo attivarsi a tutti i livelli per monitorare le questioni ancora insolute, a tutela dei lavoratori lesi, delle famiglie delle vittime e di tutti i soggetti danneggiati dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro;
    in data 15 settembre 2010 la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione n. 8-00089, per impegnare il Governo, con particolare riferimento alla vicenda della Goodyear, ad aprire un tavolo di confronto con tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, per portare all'attenzione e monitorare tutte le questioni ancora aperte, nonché a valutare l'eventuale esigenza di adottare possibili iniziative volte a garantire i diritti legittimamente rivendicati dai familiari delle vittime,

impegna il Governo

a dar seguito nell'immediato agli impegni già assunti in sede parlamentare e a relazionare al Parlamento sui risultati del monitoraggio, individuando quali e quante aziende coinvolte in sentenze risarcitorie non hanno ancora a tutt'oggi provveduto alla corresponsione del dovuto ai familiari delle vittime.
(1-01067) «Fedriga, Dozzo, Bonino, Caparini, Munerato, Lanzarin, Dussin, Togni, Laura Molteni, Fabi, Martini, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    sono quasi un milione le pensioni in convenzione internazionale erogate dall'Inps a nostri cittadini residenti all'estero e ad emigrati rientrati in Italia, e sono centinaia di migliaia i cittadini italiani residenti all'estero e in Italia i quali matureranno nei prossimi anni il diritto a una pensione italiana in pro-rata attraverso l'applicazione di una convenzione bilaterale o multilaterale di sicurezza sociale;
    per tutelare i diritti previdenziali dei nostri lavoratori emigrati nel corso degli anni l'Italia ha stipulato numerose convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di maggiore emigrazione; tali convenzioni hanno garantito in materia di sicurezza sociale la parità di trattamento dei lavoratori che si spostavano da un Paese all'altro, l'esportabilità delle prestazioni previdenziali e soprattutto la totalizzazione dei contributi ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi minimi previsti dalle varie legislazioni per la maturazione di un diritto a prestazione;
    tali convenzioni sono state stipulate, tranne alcune eccezioni, negli anni 1970 e 1980: come ad esempio quella con l'Argentina che risale al 1984, quella con il Brasile al 1977, con l'Uruguay al 1985, con il Venezuela al 1991, con gli USA al 1978, con il Canada al 1979, con la ex Jugoslavia addirittura al 1961 – le più recenti, per modo di dire, sono quelle con la Croazia del 1999 e con l'Australia del 2000; sono evidentemente convenzioni obsolete nello spirito, nei contenuti e nella forma che non possono più tutelare adeguatamente diritti e interessi o doveri dei futuri pensionati perché non sono state adeguate alle evoluzioni e agli aggiornamenti, talvolta radicali, delle legislazioni e dei sistemi previdenziali dei Paesi contraenti;
    nessuna delle convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia contempla, e quindi disciplina, nel suo campo di applicazione oggettivo il nuovo sistema contributivo introdotto in Italia; infatti in tutte le convenzioni, e nei relativi regolamenti applicativi, il calcolo della pensione teorica e del relativo pro-rata sono regolamentati esplicitamente con il metodo retributivo;
    nessuna delle convenzioni bilaterali contempla nel proprio campo di applicazione soggettivo i dipendenti pubblici italiani e i liberi professionisti i quali quando emigrano nei Paesi extracomunitari sono esclusi da ogni forma di tutela previdenziale (una intollerabile disparità di trattamento con i dipendenti privati che è stata invece da tempo colmata dai regolamenti comunitari di sicurezza sociale);
    sono più di dieci anni che lo Stato italiano ha sospeso i negoziati con i Paesi di emigrazione italiana per la stipula e il rinnovo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale; sono numerose le convenzioni già firmate dall'Italia, approvate dai parlamenti degli altri Paesi contraenti (come quelle con il Cile – prima stipula – e con il Canada – rinnovo –) ma mai ratificate dal nostro Parlamento;
    sono incomprensibili e ingiustificabili l'eliminazione dell'Unità di consulenza per la sicurezza sociale del Ministero degli affari esteri, strumento di ricerca, consulenza e progettazione per l'avvio dei negoziati bilaterali, e il ridimensionamento da servizio ad area del settore convenzioni internazionali dell'Inps intorno ai quali ruotava l'intera attività dello Stato italiano al fine di promuovere e tutelare il sistema di protezione socio-previdenziale della nostra emigrazione;
    è bene essere consapevoli che le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non devono tutelare solo la vecchia emigrazione: stanno emergendo, infatti, moderne figure di nuovi migranti italiani, come i ricercatori, i piccoli imprenditori, gli artigiani, gli insegnanti, gli studenti, i lavoratori al seguito delle imprese, i tanti giovani che si recano a lavorare all'estero, anche per lunghi periodi, dove versano i contributi e pagano le tasse, e i quali rischiano poi, a causa delle convenzioni oramai obsolete, di non essere adeguatamente tutelati negli ambiti previdenziale, fiscale e sanitario;
    nella strategia di internazionalizzazione del Paese, a causa del drastico ridimensionamento delle cosiddette politiche migratorie che da alcuni anni si sta determinando, rischiano di offuscarsi le potenzialità legate alla presenza degli italiani nel mondo e tende a restringersi la rete di relazioni che essa ha assicurato nel tempo, con grave danno del Paese soprattutto in questo passaggio di gravi difficoltà economiche e sociali;
    oltre a limitare le prospettive di internazionalizzazione dell'Italia, la sensibile riduzione dell'intervento pubblico e il totale abbandono della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali di una parte non marginale delle nostre comunità, costituita da anziani che spesso vivono in realtà dove i sistemi di protezione sociale non assicurano livelli di tutela adeguati;
    è primario interesse nazionale fare in modo che non si indeboliscano i rapporti con la diffusa e articolata presenza degli italiani nel mondo e che vengano a mancare in un momento di seria difficoltà gli apporti derivanti dalla nostra diffusa diaspora; nello stesso tempo, è ineludibile dovere etico riconoscere alla nostra emigrazione il contributo storico dato in momenti difficili al Paese e non ignorare i compiti di tutela e di solidarietà verso coloro che sono in seria difficoltà, a partire dalla tutela previdenziale e sanitaria,

impegna il Governo

nel rispetto delle esigenze di controllo della spesa pubblica e dei vincoli di natura finanziaria, a riprendere i negoziati, sospesi da troppi anni, per la stipula e il rinnovo degli accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione italiana in America latina, in America centro-settentrionale e nel resto del mondo e con i Paesi di provenienza delle più importanti comunità di immigrati in Italia, al fine di completare il quadro del sistema di tutela internazionale dei diritti previdenziali dei lavoratori migranti e soprattutto di garantire la revisione degli accordi già stipulati ma divenuti oramai inadeguati e superati dai recenti aggiornamenti e dall'evoluzione normativa delle legislazioni dei Paesi contraenti (come la recente e innovatrice riforma pensionistica italiana).
(1-01068) «Bucchino, Gnecchi, Gatti, Lenzi, Pedoto, Miotto, Fedi, Porta, Garavini, Narducci, Gianni Farina, Codurelli, Froner, Boffa, Argentin, Laganà Fortugno, D'Incecco, Esposito, Marco Carra, Servodio, Rubinato, Touadi, Miglioli, Madia, Benamati, Mario Pepe (Misto-R-A), Polledri, Ricardo Antonio Merlo».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    ogni Stato membro ha l'esigenza e l'obbligo di garantire a livello nazionale l'applicazione armonizzata della normativa comunitaria anche e soprattutto per quanto concerne la nuova politica agricola comune, il miglioramento e l'integrazione dei controlli al fine di evitare fenomeni di frode, l'omogenea e facilitata fruizione dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale quale strumento finalizzato a garantire il corretto adempimento della normativa comunitaria e nazionale ed anche volto a conseguire, attraverso la sua diffusione, economie di scala a favore degli organismi pagatori, inclusa l'AGEA, ed in generale a favore delle altre amministrazioni;
    ogni Stato membro ha l'esigenza e l'obbligo di ricercare la maggiore efficacia nella relazione con le istituzioni comunitarie, nonché con le altre istituzioni interessate al comparto agricolo, agroalimentare e della pesca;
    con la legge 4 giugno 1984, n. 194, è stato istituito il sistema informativo agricolo nazionale - SIAN ai fini dell'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole, con conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale ed, al fine di garantire la piena attuazione delle finalità istitutive del predetto sistema, è stata disposta l'unificazione nel Sistema informativo agricolo nazionale dei servizi erogati dall'AIMA, ora AGEA, nonché dei sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97; pertanto il Sistema informativo agricolo nazionale si configura quale sistema erogatore di servizi a supporto dell'esercizio delle competenze in materia agricola, forestale, agroalimentare e della pesca delle amministrazioni centrali e regionali;
    il comma 2 dell'articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, prevede, in attuazione della normativa comunitaria, che il Sistema informativo agricolo nazionale assicuri i servizi necessari alla gestione degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune e nazionale connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi, nonché alle connesse attività di controllo integrato così come previsto in particolare dal regolamento CE n. 796/2004;
    il decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, ha disposto la soppressione e la liquidazione dell'AIMA e l'istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero, come organismo di coordinamento, responsabile nei confronti della Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, e degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo, finanziate dai fondi comunitari FEAGA – Fondo europeo agricolo di garanzia, destinato a finanziare le misure di mercato e altre misure, e FEASR – Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, destinato a finanziare i programmi di sviluppo rurale;
    v’è la necessità di rendere maggiormente efficace, pregnante ed omogenea l'azione di coordinamento esercitata dallo Stato membro nei confronti dei diversi organismi pagatori cui competono le funzioni di gestione, controllo e rendicontazione dei finanziamenti a favore del comparto agricolo che la Commissione europea assegna agli Stati membri nell'ambito delle politiche comunitarie di sostegno all'agricoltura europea, garantendo la messa a disposizione degli stessi strumenti e metodologie di controllo uniformi ed omogenee sull'intero territorio nazionale, con conseguenti economie complessive;
    il decreto legislativo del 29 marzo 2004, n. 99, ha trasferito integralmente la proprietà di Agecontrol s.p.a. all'AGEA ed ha attribuito alla stessa AGEA le funzioni di controllo su Agecontrol s.p.a.;
    nell'ottica di valorizzare e non disperdere l'ampio e qualificato patrimonio professionale accumulato, l'Agecontrol è stata incaricata di dar corso al sistema dei controlli istituzionali previsti nel comparto ortofrutticolo;
    Agecontrol ha avuto un ulteriore incremento di incarichi relativamente ad altri controlli di secondo livello (quote latte, polizze assicurative vite da vino, sviluppo rurale, ristrutturazione/riconversione vigneti, estirpazione vigneti, vendemmia verde), ai controlli ex post regolamento CE n. 485/2008 ed al Fondo europeo pesca (audit);
    tale intervento deve prevedere un risparmio di spesa nella gestione della cosa pubblica ed una maggiore efficacia nell'intervento di controllo ed ispettivo, come richiesto dall'Unione europea, a cui compete, in prima istanza, la materia degli aiuti in agricoltura;
    tali obiettivi sono conseguibili attraverso una nuova organizzazione che consenta ad Agecontrol di operare in stretta sinergia tecnica, organizzativa ed operativa con l'ispettorato centrale della tutela e repressioni frodi dei produttori agroalimentari, vista la stretta attinenza degli scopi e delle competenze specifiche disponibili sia nell'ambito dell'Agecontrol che nell'ambito dell'ispettorato centrale della tutela e repressioni frodi dei produttori agroalimentari,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative, volte a trasferire la proprietà di SIN spa dall'AGEA al ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e, conseguentemente, ad attribuire al ministero le connesse funzioni di controllo e governo sulla stessa SIN;
   ad assumere iniziative volte a trasferire la titolarità delle partecipazioni azionarie di Agecontrol spa dall'AGEA al Ministero per le politiche agricole, agroalimentari e forestali e, conseguentemente, ad attribuire al Ministero le connesse funzioni di controllo sulla stessa Agecontrol spa;
   ad assegnare, nell'ambito del Ministero per le politiche agricole, agroalimentari e forestali, il coordinamento e la gestione della Agecontrol all'ispettorato centrale della tutela e repressioni frodi dei produttori agroalimentari;
   ad assumere iniziative per istituire, nell'ambito dell'Ispettorato centrale della tutela e repressioni frodi dei produttori agroalimentari, una direzione generale di coordinamento alla quale siano assegnate le funzioni di organismo di coordinamento di cui ai regolamenti (CE) n. 1290/05 del Consiglio e n. 885/06 della Commissione e sia demandato di agire come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative ai fondi Feaga e Feasr.
(7-00887) «Catanoso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   HOLZMANN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il recente sisma che ha colpito l'Emilia-Romagna ha confermato che questo tipo di rischio oltre ad essere purtroppo imprevedibile, costituisce un reale pericolo per ampie aree del nostro territorio;
   spesso i terremoti sono tristemente accompagnati da un numero di vittime più o meno elevato;
   una delle misure di prevenzione sarebbe quella di prevedere dei piani di evacuazione per tutti i luoghi, pubblici o privati dove vi sono notevoli concentrazioni di persone;
   sono molti i luoghi dove il rischio di crolli con elevato numero di vittime potrebbero verificarsi: ospedali, scuole, luoghi di culto, esercizi ricettivi, fabbriche, grandi strutture di vendita, centri commerciali –:
   se esistano dei piani di evacuazione in caso di eventi come incendi o improvvisi terremoti per i luoghi sopra indicati;
   se il personale assunto stabilmente sia in grado di eseguire i piani di evacuazione con la necessaria rapidità e professionalità;
   se si ritenga di intervenire per imporre periodiche brevi esercitazioni, sia per i luoghi pubblici che privati, per consentire di rendere sempre immediato ed efficace l'intervento del personale preposto alla sicurezza. (4-16379)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2012, l'associazione II Carcere Possibile Onlus ha diramato il seguente comunicato stampa: «Il Carcere Possibile Onlus si rivolge al Ministro della Giustizia affinché il Governo emani immediatamente un decreto-legge per evitare l'ingresso in carcere di persone che potrebbero aver già scontato la pena detentiva. Da tempo si discute su come evitare, negli Istituti di Pena italiani, il fenomeno c.d. ”delle porte girevoli”, che vede l'ingresso in carcere di persone che escono dopo pochi giorni. L'ultima norma c.d. ”svuota carceri” si è basata proprio su tale principio. Tra le cause del fenomeno c’è senz'altro una mancanza di coordinamento tra l'articolo 656 codice procedura penale e l'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento Penitenziario), cioè tra l'esecuzione della pena detentiva e la liberazione anticipata, che prevede, in alcuni casi, una detrazione di giorni 45 per ogni singolo semestre di pena scontata. Accade, infatti, che un soggetto che abbia scontato uno o più semestri di pena in regime di misura cautelare (custodia in carcere e/o arresti domiciliari) e si trovi libero o agli arresti domiciliari al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna a pena detentiva, debba necessariamente entrare in carcere per poter ottenere la detrazione prevista, anche se con tale detrazione, egli avrebbe finito di scontare l'intera pena. La ”liberazione anticipata” è istituto che può essere concesso solo dal Magistrato di Sorveglianza che diventa competente dopo l'emissione dell'ordine di esecuzione della pena. L'accertamento operato dal Magistrato per verificare se vi sono le condizioni per concedere il beneficio, comporta, inoltre, un periodo di tempo non breve, durante il quale il soggetto resta in carcere pur avendo, probabilmente, già espiato la pena. Occorre, pertanto, a nostro avviso un'integrazione all'articolo 656 codice procedura penale per modificare tale situazione che incide sul sovraffollamento degli istituti di pena. Integrazione che certamente non influirebbe sulla c.d. ”sicurezza sociale”, in quanto indirizzata a imputati che, in attesa della sentenza definitiva, sono in libertà o posti agli arresti domiciliari dopo la valutazione di un organo giudiziario. Essi potrebbero attendere, nello stesso stato (invece di entrare in carcere), l'esito della valutazione del Magistrato di Sorveglianza sulla richiesta di liberazione anticipata»;
   in particolare, per evitare il fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», l'associazione II Carcere Possibile Onlus, invita il Governo ad adottare un decreto-legge composto da un solo articolo. Il seguente: «Proposta di integrazione dell'articolo 656 codice procedura penale. Art. 656 - comma 10-bis. In ogni caso, il Pubblico Ministero verifica se il condannato ha già scontato uno o più semestri di pena detentiva, anche agli arresti domiciliari, e se il residuo di pena da scontare è inferiore o uguale ai giorni che sarebbero detratti, ove venisse concessa la liberazione anticipata prevista dall'articolo 54 della n. 26 luglio 1975, n. 354. In tal caso, sospende l'esecuzione e trasmette immediatamente gli atti al Magistrato di Sorveglianza perché provveda sull'eventuale applicazione della liberazione anticipata. Fino alla decisione il condannato permane nello stato di libertà o detentivo in cui si trova. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette immediatamente al Pubblico Ministero la decisione sul provvedimento ex articolo 54 della legge n. 354 del 1975. Il Pubblico Ministero, riformulato il calcolo della pena residua, dichiara la pena totalmente espiata o pone in esecuzione l'ordine di carcerazione. La richiesta, inviata al Ministro della Giustizia, è accompagnata da ”considerazioni in diritto”, dalle quali emerge non solo l'applicabilità della norma, ma anche la sua necessità in base al principio rieducativo della pena, al principio della ragionevole durata del processo e a quello del corretto e, buon andamento della Pubblica Amministrazione» –:
   se il Governo non intenda assumere un'iniziativa normativa urgente volta a modificare l'articolo 656 del codice di procedura penale così come indicato nella proposta elaborata dal Carcere Possibile Onlus. (4-16387)


   MIGLIORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il caso più clamoroso di cattiva amministrazione e sperpero di denaro pubblico degli ultimi anni ad avviso dell'interrogante è certamente appannaggio della regione Toscana, capace addirittura di versare 29 milioni di euro alla S.I.T. (società infrastrutture Toscana), nel 2006 come contribuito in anticipo per la realizzazione della bretella autostradale Signa-Prato di chilometri 9,4 che si doveva terminare nel 2010 ed i cui lavori non sono mai iniziati;
   la «Bretella fantasma» rappresenta un caso più unico che raro in Italia di «pagamento anticipato» da parte della pubblica amministrazione generalmente restia a puntuali pagamenti per opere addirittura già realizzate;
   è in corso un'inchiesta da parte della procura della Repubblica di Firenze;
   se esistesse un cofinanziamento statale dell'opera;
   se corrispondano a verità le notizie secondo le quali nel novero dei primi tagli di 1 miliardo di spese pubbliche proposti dal dottor Bondi su incarico del Presidente del Consiglio dei ministri, siano ricomprese poste di bilancio inutilizzate dalla Regione Toscana soprattutto sul piano delle opere infrastrutturali. (4-16392)


   ROSATO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la trasparenza è intesa come accessibilità a tutte le informazioni concernenti l'organizzazione, gli andamenti gestionali, l'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali e dei risultati, per consentire forme diffuse di controllo e di valutazione sia interne che esterne (da parte dei cittadino);
   la Commissione europea nel libro verde per la trasparenza considera tale principio una garanzia di controllo pubblico sull'operato delle istituzioni e ritiene che «un alto grado di trasparenza costituisca parte integrante della legittimità di ogni amministrazione moderna. I cittadini europei hanno il diritto di pretendere delle istituzioni pubbliche efficienti, trasparenti e improntate ad una cultura di servizio»:
   il principio di trasparenza è stato da ultimo introdotto dal legislatore italiano esplicitamente nella legge sul procedimento amministrativo ed è richiamato dai Governi europei nell'articolo 11 del Trattato di Lisbona;
   sul sito internet del Governo (www.governo.it) non sono accessibili al pubblico i provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri e i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri;
   a detta dell'interrogante tutte le istituzioni dovrebbero conformarsi al diritto di trasparenza ed efficienza che è presupposto di una libera e coscienziosa partecipazione democratica dei cittadini alla gestione della cosa pubblica –:
   se il Governo intenda introdurre nuove forme di trasparenza con i cittadini, a partire dalla pubblicazione – sul sito internet del Governo – dei provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri e dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. (4-16395)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:


   TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in un comunicato del 23 aprile scorso, le organizzazioni internazionali Action Against Hunger, Oxfam, Save the Children e World Vision hanno denunciano che per fronteggiare la grave crisi alimentare che da mesi sta coinvolgendo le regioni del Sahel, necessiterebbero di 250 milioni di dollari aggiuntivi;
   secondo notizie a mezzo stampa, Action Against Hunger e Oxfam avrebbero entrambe rilevato un ammanco di due terzi dei fondi di cui avrebbero avuto bisogno per fornire assistenza rispettivamente a 1 milione e 1,2 milioni di persone, mentre Save the Children e World Vision sono riusciti a raccogliere rispettivamente solo il 15 per cento e il 20 per cento delle risorse necessarie a raggiungere l'obiettivo che si erano prefisse, cioè di portare aiuto rispettivamente a 2,5 milioni e 1,1 milioni di persone;
   sono pertanto a rischio 15-18 milioni di persone, con il Niger che risulta essere il paese maggiormente colpito (5,5 milioni di persone); altrettanto preoccupante è la situazione in Mali, dove le condizioni della popolazione si stanno aggravando per la profonda instabilità politica e il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, con profughi nei Paesi confinanti che vivono una situazione di particolare difficoltà come nel campi di Tillabery e Ouallama in Niger;
   complessivamente, rispetto ai bisogni che necessitano di un intervento urgente, in Niger a fronte di 392 milioni di dollari ne sono stati promessi 142 milioni; in Mali con un bisogno pari a 118 sono stati promessi 61 milioni di dollari; per il Burkina 38 milioni contro i 75 milioni necessari;
   a inizio maggio a fronte dei 923 milioni di euro che le Nazioni Unite avevano preventivato, sono riuscite a raccoglierne il 58 per cento: gli Stati Uniti avevano stanziato 238 milioni, la commissione europea 135 milioni, il Canada 41, la Francia 22; il Giappone 22 la Germania 17, il Regno Unito 14, l'Australia 10 Svizzera 9 la Finlandia 7, la Svezia 5, e l'Irlanda e Svezia 4;
   la perdurante crisi nel Sahel è peraltro destinata ad aggravarsi rapidamente con l'avvio della stagione estiva, e raggiungerà il suo culmine tra la fine di giugno e agosto;
   nonostante la consapevolezza che la crisi economica e finanziaria in atto in Europa, le cui conseguenze si estendono ben al di là dei confini europei, ha naturalmente portato ad una forte contrazione delle risorse destinate dai Governi a fronteggiare la grave crisi alimentare, è evidente che solo un consistente sforzo dei Governi e dei donatori economicamente forti può scongiurare il rischio che questa crisi si trasformi in una vera e propria emergenza umanitaria, in una crisi senza ritorno, con migliaia e migliaia di vittime;
   dal 5 al 6 giugno si terrà in Burkina Faso la Conferenza dei Donatori, convocata anche a seguito delle richieste avanzate dalle Agenzie internazionali, allo scopo di rafforzare la risposta alla crisi in atto, e di concentrare gli sforzi dei Governi, delle agenzie della Nazioni Unite e di tutti gli attori impegnati nei settori dell'umanitario e dello sviluppo, al fine di realizzare un cambiamento che includa programmi di sviluppo a lungo termine e il rafforzamento della capacità di recupero delle comunità del Sahel –:
   quali siano attualmente le risorse che il nostro Paese può mettere a disposizione, alla luce delle urgenti iniziative da adottare anche in sede europea ed internazionale per fronteggiare l'emergenza della crisi alimentare nel Sahel e se il Ministro consideri la possibilità di disimpegnare il 15 per cento degli stanziamenti del decreto missioni per il 2012 per rispondere all'emergenza, ad esempio, in Niger, come previsto dalla normativa del decreto, che consente tale rimodulazione per rispondere ad esigenze urgenti. (5-06988)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOGHERINI REBESANI, BOSSA, BRANDOLINI, CENNI, CILLUFFO, CODURELLI, D'INCECCO, GARAVINI, LUCÀ, MATTESINI, MOTTA, STRIZZOLO e VERINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni è stata annunciata la presentazione ufficiale del programma della XXXIII edizione del meeting per l'amicizia fra i popoli, in programma dal 19 al 25 agosto a Rimini;
   la presentazione del meeting di Rimini avrà luogo mercoledì 6 giugno 2012 all'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede a Roma alla presenza del Ministro degli affari esteri;
   l'appuntamento annuale del meeting di Rimini ha sempre grande rilevanza e eco mediatica, essendo promosso da un movimento ecclesiale che partecipa direttamente al dibattito politico e al confronto tra partiti, con prese di posizione molto esplicite e con l'impegno pubblico diretto in partiti e nelle istituzioni di suoi esponenti;
   le attività delle ambasciate dello Stato italiano dovrebbero mantenere un profilo espressamente istituzionale e non politicamente caratterizzato, proprio per la loro funzione di rappresentanza diplomatica e di tutela degli interessi politici ed economici generali dell'Italia in un Paese estero –:
   se non ritenga inopportuna la decisione di ospitare presso una sede diplomatica dello Stato italiano la presentazione ufficiale di un evento non istituzionale e se non valuti la possibilità di considerarne l'annullamento. (4-16382)


   PORTA, BERRETTA, BOCCUZZI, CAPODICASA, COSCIA, DE BIASI, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, GIULIETTI, GNECCHI, LUCÀ, MARAN, MARCHI, MELIS, MORASSUT, PISTELLI, PIZZETTI, STRIZZOLO, TOUADI e VERINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   le cronache degli ultimi mesi hanno riportato con grande evidenza il caso del diplomatico Mario Vattani, console generale a Osaka, in Giappone, che un anno fa, prima di assumere servizio nella sua nuova destinazione, nel corso di un raduno «fascio-rock» a Roma, ha inneggiato alla Repubblica Sociale e alla «bandiera nera», definendo invece la Repubblica democratica «fondata sulle menzogne e i tradimenti» e nata con il sostegno di «mafiosi italiani riportati a casa dagli americani»;
   il provvedimento di sospensione dal servizio, adattato dal Ministro degli affari esteri dopo la forte esposizione mediatica che a fine dicembre la vicenda ha avuto sul web e le conseguenti reazioni critiche, è stato oggetto di sospensiva da parte del presidente della prima sezione del TAR del Lazio, a seguito di un ricorso dello stesso Vattani, sulla base della sorprendente considerazione che la partecipazione, per altro reiterata, di un diplomatico italiano a raduni inneggianti al fascismo, non costituirebbe motivo di discredito per l'immagine e gli interessi dello Stato;
   un pronunciamento monocratico del presidente della IV sezione del Consiglio di Stato, adito dall'Avvocatura dello Stato su richiesta del Ministero degli affari esteri, ha rovesciato il pronunciamento del TAR, legittimando le misure cautelari provvisorie assunte dal Ministro, in base alla considerazione che i dati fattuali assumono una oggettiva rilevanza che va ben al di là delle «diplomatiche» contestazioni formali e che «il provvedimento di richiamo assume una peculiare connotazione che induce a considerare prevalenti gli interessi pubblici»;
   il 17 maggio 2012, il nuovo presidente della prima sezione del TAR del Lazio ha rigettato una nuova istanza sospensiva, avanzata dal ministro Vattani, dichiarandola inammissibile dal punto di vista procedurale alla luce del decreto di ripristino del presidente della IV sezione del Consiglio di Stato. La stessa sezione del Consiglio, questa volta in seduta collegiale, ha pienamente legittimato il decreto di richiamo, reiterandone l'efficacia, argomentando che «le acquisizioni istruttorie dell'amministrazione fanno risultare un quadro probatorio vasto e coerente e l'ampia risonanza dei fatti contestati»;
   l'applicazione dei termini minimi nell'ambito del procedimento disciplinare, di cui al testo unico n. 3 del 1957, proposta dalla Commissione disciplinare del Ministero degli affari esteri e recepita mediante il decreto ministeriale del 24 maggio, non sembra sufficiente a sanare il vulnus che i comportamenti del diplomatico hanno determinato sul piano dei rapporti di lealtà con lo Stato democratico e sul piano della credibilità e autorevolezza dei nostri rappresentanti diplomatici, soprattutto nei confronti dei Paesi che hanno avuto storicamente una posizione conflittuale con il fascismo –:
   quali diverse e più adeguate ipotesi di ordine disciplinare si possano configurare in relazione al non equivoco pronunciamento degli organi di giustizia amministrativa intervenuti sul caso in questione e al quadro procedurale e sanzionatorio previsto dai regolamenti interni;
   quali iniziative intenda adottare nei confronti del ministro plenipotenziario (funzione equivalente a quella di generale di corpo d'armata) Mario Vattani perché la diplomazia italiana sia salvaguardata nei rapporti internazionali da motivi di imbarazzo e discredito e da riserve inerenti alla poca affidabilità istituzionale dei rappresentanti italiani e, nello stesso tempo, l'opinione pubblica sia rassicurata sulla lealtà democratica di alti funzionari dello Stato. (4-16396)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport — Per sapere – premesso che:
   diciassette morti, 15 mila assistiti, più di 350 feriti. Sono i numeri complessivi, forniti dalla Protezione civile, a 10 giorni dal primo sisma che ha colpito l'Emilia e dopo 3 scosse di grado superiore a 5 della scala Ritcher che si sono abbattute sul modenese;
   l'ultima vittima è stata l'uomo trovato morto tra le macerie del capannone di Medolla, inizialmente dato per disperso. 228 le scosse che si sono susseguite dopo quella principale, delle 9 di mattina. Alle 14 una nuova scossa di terremoto di grado 3.2 è stata registrata dall'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia nei pressi di Mirandola, Medolla e San Possidonio;
   secondo il presidente dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Stefano Gresta, «non si può escludere che ci siano repliche di magnitudo uguale o superiore a 5 nelle prossime settimane». Gresta ha anche affermato che servirà «riprendere tutti i dati per individuare se la causa delle ultime scosse è una seconda faglia o il movimento della prima». Per far fronte all'emergenza, il Consiglio dei ministri ha deciso l'aumento di 2 centesimi dell'accisa sui carburanti, che però «durerà fino al 31 dicembre». Alla domanda su un possibile aumento dell'Iva, il premier, Mario Monti, ha risposto: «Credo si debba evitare, però vedremo». Intanto, la procura di Modena ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e lesioni colpose sui crolli causati dal terremoto e la morte di numerosi operai;
   nel frattempo continua il lavoro dell'unità di crisi delle aziende sanitarie modenesi in seguito al terremoto che ha colpito soprattutto i comuni dei distretti di Carpi e Mirandola. In particolare, si stanno riorganizzando i percorsi assistenziali della rete ospedaliera provinciale per garantire una risposta adeguata e tempestiva ai bisogni sanitari della popolazione. Si lavora anche per garantire la continuità dell'assistenza a fasce particolari di popolazione: ad esempio, donne in gravidanza, diabetici, pazienti in terapia anticoagulante orale, controlli dopo il ricovero;
   per ragioni precauzionali e in attesa di un'attenta valutazione dei danni subiti, restano ancora chiusi gli ospedali di Carpi, Mirandola e Finale Emilia. In queste strutture attualmente non viene erogata alcuna attività di tipo ambulatoriale o di ricovero programmato o urgente. I controlli da parte dei tecnici dell'azienda USL proseguono per poter riutilizzare le strutture il prima possibile;
   sono sospese le attività ambulatoriali (visite, esami e indagini strumentali) erogate nelle strutture ospedaliere e ambulatoriali pubbliche a Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro, Concordia, Massa Finalese, San Possidonio, Camposanto, Cavezzo, Carpi, Novi, Rovereto. Proseguono invece regolarmente le attività nelle sedi di Campogalliano e Soliera. Ai cittadini con visita o esami prenotati in questi giorni di interruzione delle attività si chiede di non contattare l'azienda USL;
   saranno i servizi sanitari a contattare l'utenza e a fornire le informazioni per un nuovo appuntamento;
   sono operativi punti medici a Carpi, Mirandola, Finale Emilia, San Felice e Massa Finalese;
   è attivo a Carpi, Mirandola, Finale Emilia un Servizio di Supporto psicologico, a cura del settore Psicologia Clinica, rivolto alle persone più direttamente coinvolte dal terremoto con l'obiettivo di prevenire i disagi di natura psicofisica;
   anche il danno economico è purtroppo rilevantissimo. «Il problema vero è che nel nostro sistema economico, fatto di filiere, un terremoto moltiplica i danni sulla produttività dei sistemi industriali delle province». Così, in un'intervista, il vicepresidente di Confindustria per le politiche regionali e la semplificazione, che definisce le conseguenze del sisma «un disastro per l'economia locale con un impatto considerevole su quella nazionale». «Sono almeno 500 gli stabilimenti danneggiati molto pesantemente in termini di edifici, macchinari e scorte; valutiamo un danno per il momento sicuramente superiore ai 600 milioni con 12-13mila posti di lavoro a rischio sui 60mila complessivi dell'area», afferma il dirigente che tra i settori più colpiti individua «il biomedicale, il ceramico e quello della meccanica». L'esponente di Confindustria da un giudizio positivo sull'intervento delle istituzioni. «A livello nazionale abbiamo sollecitato il Governo affinché prendesse provvedimenti rapidi e ha risposto prontamente», dice. «È importantissimo il rinvio delle scadenze fiscali anche se, solo fino a settembre, per noi non è sufficiente. Altrettanto importante – aggiunge – è aver previsto contributi a fondo perduto per la ricostruzione e per l'indennizzo alle imprese»;
   le imprese della zona producono beni fondamentali per la vita del Paese intero. Ad esempio, sono 45 mila le persone in dialisi a cui non sono garantiti i prodotti salva vita. Il presidente di Assobiomedica, lancia l'allarme la distruzione delle aziende biomedicali nel modenese che producono gran parte della produzione nazionale. Rimondi avvisa che non sa quando la sua azienda potrà riaprire a causa degli ingenti danni provocati dal sisma. L'allarme è scattato perché è proprio nella zona di Mirandola, la più colpita dal terremoto del 29 maggio, che si produceva il 60 per cento dei prodotti per la dialisi. Rimondi che la sua azienda ha «subito danni strutturali che rendono impossibile sia la produzione, sia la gestione del magazzino». Il motivo dei crolli sarebbe l'indicazione della pianura Padana come zona meno sismica d'Italia, come spiega Rimondi: «La dichiarazione di basso livello sismico è arrivata solo nel 2003, da allora si seguono altri criteri di costruzione». L'obiettivo ora è di garantire ai malati i prodotti ed i macchinari per la dialisi, che per loro rappresentano la sopravvivenza. Rimondi spiega le loro idee per gestire la preoccupante situazione: «Abbiamo chiesto al ministro della Salute di costituire una task force per trovare una soluzione. Perché questa è un'emergenza. Vanno assicurate le consegne ricorrendo a produttori anche esteri»;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha ribadito la necessità di un Piano nazionale per la sicurezza del territorio. «L'area dove si è scatenata la drammatica forza del sisma – ha sottolineato il Presidente della Confindustria Emilia Romagna, – è un'area ad alta concentrazione industriale: lì – ha spiegato – c’è il 10 per cento del Pil regionale e 1 per cento di quello nazionale. Parliamo di 60 mila aziende, molte delle quali con una forte componente tecnologica». Quanto ai rischi per le imprese, legati al terremoto, il vice presidente di Confindustria ha sottolineato che «sono molteplici. Alcune piccole aziende potrebbero non riaprire ma – ha assicurato – c’è la volontà di conservare le attività produttive. Sono necessari un intervento rapido e la certezza di consistenti aiuti. Ho visto che il Governo si è già mosso». Sul rischio che le multinazionali possano scegliere di non ricostruire e di riaprire all'estero, Maccaferri ha concluso sostenendo che sebbene non siano «così radicate nel territorio» sanno che «un know how tanto specifico non potrebbero trovarlo altrove»;
   in seguito alle polemiche sulla classificazione sismica del territorio colpito, l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha precisato che «con riferimento alle affermazioni circolate in questi giorni circa la necessità di aggiornare la mappa del rischio sismico o della pericolosità sismica dell'area colpita dai recenti terremoti o addirittura di tutta l'Italia, l'Istituto precisa quanto segue:
    a) i terremoti sono avvenuti in una zona che non era stata classificata come sismica fino al 2003, a dispetto di molteplici evidenze fornite dagli studi scientifici;
    b) la mappa di pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale (Ordinanza PCM 3519/2006 del 28 aprile 2006 contenente i Criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone, Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2006), considera la zona a pericolosità media;
    c) i parametri dei terremoti avvenuti sono compatibili con le assunzioni che stanno alla base della mappa citata. In particolare, viene ipotizzata per questa zona una magnitudo massima pari a 6.2;
    d) l'assegnazione dei comuni a una delle quattro zone sismiche, sulla base della suddetta mappa di riferimento, è assegnata dalla legge alla competenza delle Regioni, non degli istituti di ricerca;
    e) l'applicazione delle norme sismiche del 2003 ha proceduto a rilento, anche perchè era rimasta in vigore la possibilità di applicazione delle normative precedenti;
    f) le nuove norme tecniche per le Costruzioni, deliberate nel 2008, fanno riferimento ad azioni sismiche ottenute dalla sinergia fra INGV e Dipartimento della protezione civile. Tuttavia, queste norme sono entrate in vigore in tutta l'Italia solo all'indomani del terremoto dell'Aquilano del 2009;
    g) a causa di questi ritardi, nelle zone colpite in questi giorni si è accumulato un notevole deficit di protezione sismica, che è in parte responsabile dei danni avvenuti;
    h) una situazione analoga interessa un notevole numero di Comuni, localizzati principalmente nell'Italia settentrionale;
   è opinione di questo Istituto che la mappa di pericolosità sismica di riferimento sia perfettibile, ma che l'eventuale aggiornamento che tenga conto solo degli ultimi terremoti non ne determini, complessivamente, variazioni significative;
   si ritiene più urgente che venga assicurato il suo pieno recepimento da parte delle Regioni e che vengano ulteriormente sviluppate le iniziative per la riduzione della vulnerabilità sismica, già avviate in alcune zone del Paese –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali ulteriori iniziative intendano assumere, quale sia il motivo in base al quale la zona colpita dal terremoto è stata classificata come non sismica sino al 2003, se il cambiamento sia avvenuto in seguito a valutazioni scientifiche e nell'eventualità positiva per sapere da chi sono state effettuate, se invece il cambiamento è avvenuto senza nuovi rilievi scientifici, in base a quali valutazioni si è determinata la nuova classificazione;
   quali ulteriori aiuti sanitari possano essere portati alle popolazioni colpite, con particolare riguardo ad un supporto di tipo psicologico delle persone che hanno perso abitazione e lavoro;
   quali iniziative si vogliano prendere per garantire importanti forniture di beni alla popolazione colpita e anche al resto del Paese, perché come nel caso di prodotti per dialisi ed altre produzioni particolarmente importanti sono concentrate nella zona colpita dal sisma e più in generale quali ulteriori iniziative intendano assumere per dare sollievo alla popolazione e per poter al più presto riprendere le attività produttive particolarmente importanti anche in termini di Pil, in un momento difficilissimo per la zona colpita e più in generale della nostra economia e se non ritengano opportuno revocare l'aumento delle accise sulla benzina in un momento in cui i consumi devono essere favoriti e non depressi, anche in considerazione della inflazione generata da tale ulteriore aumento, reperendo in alternativa i fondi necessari dall'otto per mille, preparando una apposita campagna televisiva, radiofonica, giornalistica e on line in cui lo Stato faccia campagna pubblicitaria perchè i cittadini sappiano e destinino il proprio 8 per 1000 a tale finalità.
   (4-16383)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla spiaggia del Poetto di Cagliari sono stati rinvenuti manufatti di amianto con una stima dell'estensione della potenziale contaminazione di 110 mila metri quadrati;
   il servizio igiene del suolo ha inoltre affermato di aver effettuato un sopralluogo nel quale è stata rilevata la presenza in numerosi punti della spiaggia di frammenti di materiali edili potenzialmente contenenti fibre di amianto le cui prime segnalazioni risalgono a una decina di anni fa –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano promuovere a sostegno della bonifica in questa e nelle altre aree del Paese nelle quali esistano ancora depositi di amianto. (4-16402)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 1o giugno 2012, la «Mersa II», nave mercantile battente bandiera panamense con a bordo 12 persone di equipaggio tutte di nazionalità turca, poco prima delle 5 di mattina ha centrato con la prua un fondale di pochi metri davanti alla riva nordoccidentale dell'isola d'Elba;
   la collisione ha provocato una falla sul lato dritto di prua di 3-4 metri e che ha incastrato la nave su quegli scogli, tra Sant'Andrea e La Zanca;
   secondo quanto riferito dalla stampa a bordo vi erano ben 2.970 tonnellate di tondini di ferro che la «Mersa II» stava trasportando da Marina di Carrara all'Algeria;
   si tratta dell'ennesimo incidente avvenuto nel parco dell'arcipelago e nel perimetro del santuario dei cetacei e, secondo quanto ricorda il WWF, in violazione al divieto di navigazione a due miglia dai perimetri esterni dei parchi, stabilito con il decreto ministeriale del 2 marzo di quest'anno –:
   quale sia l'origine dell'incidente e se abbia causato danni ambientali;
   quali misure si intendano adottare per assicurare il rispetto del divieto di navigazione citato in premessa ed assicurare piena tutela al parco dell'arcipelago toscano e al santuario internazionale dei cetacei. (4-16403)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


   RUGGHIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 dicembre 2002, in sede di esame del piano regolatore generale adottato dal consiglio comunale di Ciampino, la Soprintendenza per i beni e le attività culturali del Lazio, ha definito ville e casali storici, come quello dei Monaci, Maruffi e dei Francesi, la presenza storico-monumentale più significativa del comune di Ciampino;
   nella stessa comunicazione la Soprintendenza ha affermato che la tutela, del patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale di Ciampino impone una particolare attenzione;
   l'area delle Mura dei francesi del comune di Ciampino, situata tra la via dei Laghi, via del Sassone, via dell'Ospedaletto è delimitata da una cinta muraria impreziosita dal portale, gioiello dell'arte barocca del ’600, dell'architetto Rainaldi, noto per aver progettato palazzo Pamphili a piazza Navona e terminato i lavori del Campidoglio dopo la morte di Michelangelo;
   il portale, recentemente crollato per incuria e per responsabilità degli attuali proprietari, con decreto 9 febbraio 1935 del Ministro dell'educazione nazionale, venne dichiarato di importante interesse e sottoposto a tutela ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364;
   le mura segnano i confini di quella che fu la tenuta Colonna che comprendeva un giardino privato (Parco-Barco) e la «Casina-buen ritiro» del cardinale Ascanio Colonna, Viceré di Aragona, dove fu accolto Papa Clemente VIII Aldobrandini, primo Papa a villeggiare nella campagna romana dai tempi di Sisto V;
   nell'area delle Mura dei francesi, il tribuno Cola di Rienzo, nel 1347, fece accampare il proprio esercito durante la guerra intrapresa contro gli Orsini di Marino;
   la stessa area fu teatro dell'epica battaglia di Marino, vinta da Alberico da Barbiano contro i «francesi» della famigerata compagnia bretone al soldo dell'antipapa Clemente VII, all'epoca dello scisma d'occidente;
   con delibera di consiglio comunale n. 42 del 27 marzo 2006, il comune di Ciampino ha destinato l'area delle Mura dei francesi a piano di zona di edilizia economica e popolare, legge 18 aprile 1962, n. 167;
   il 4 febbraio 2008, la Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio, con la nota n. 37350/B, ha comunicato agli interessati e al comune di Ciampino l'avvio della procedura per l'individuazione di un'arena di rispetto al bene denominato Portale seicentesco e Mura dei francesi, avente come finalità di conservare lo scenario in cui si trova che conserva, altresì, i residuali connotati della tenuta Colonna, garantendone l'integrità e la fruibilità pubblica;
   il comune di Ciampino, in data 6 marzo 2008, con nota inviata alla direzione regionale per i beni e le attività culturali del Lazio e alla Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio, opponendosi al vincolo sull'intera area, ha confermato la volontà di realizzare il piano di zona 167 per soddisfare contemporaneamente sia i bisogni della Soprintendenza che del Comune, entrambi generati da pubblico interesse;
   in data 3 febbraio 2009, il CO.RE.CO. della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, proponendo l'ampliamento dell'area di tutela, ha confermato all'unanimità le prescrizioni indicate nella comunicazione di avvio del procedimento (non modificabilità dello stato dei luoghi con particolare riferimento ai coni visivi che si aprono sui Colli Albani, la non abbattibilità delle alberature, l'edificabilità solo per uso agricolo e altro);
   il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'epoca, come risulta dal verbale, concordò con le decisioni del CO.RE.CO. Successivamente però, in data 15 giugno 2009, decreto il vincolo solo per i portali e le mura, rendendo possibile la costruzione degli edifici di edilizia economica e popolare in un'area di grande rilevanza paesaggistica, storica e culturale;
   numerose sono le testimonianze archeologiche da ricondurre all'area, inscritte e distinte dal toponimo Casale o Mura dei francesi. Rinvenimenti di strutture e manufatti antichi sono documentati dal XIX secolo, quando furono messi in luce «ambienti romani» al di sotto della vaccheria e un'iscrizione con dedica alla divinità italica Semo Sancus; quindi, senza indicazione topografica puntuale, i resti di un edificio sacro di età tardo antica che attesterebbe una delle prime presenze del culto cristiano nel Patrimonium Appiae ed, infine, una fistula acquaria in piombo menzionante Valerius Messala;
   nel corso delle indagini archeologiche, preventive alla realizzazione del piano di zona 167, recentemente sono stati rinvenuti i ricchi ambienti di una grande villa; se questa dovesse essere attribuita a Valerio Corvino Messala, console del 31 A.C., ci si troverebbe di fronte alla residenza suburbana di uno dei personaggi più influenti della cultura di età augustea del cui circolo letterario Tibullo fu principale esponente;
   l'esigenza di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, culturale, archeologico e paesaggistico del territorio è fortemente avvertita dalla popolazione –:
   se non intenda, anche alla luce dei recenti ritrovamenti archeologici, assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a tutelare la godibilità pubblica di tutta l'area compresa nelle antiche Mura dei francesi, garantendone l'integrità e la fruibilità. (3-02308)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CECCACCI RUBINO, PILI, VELLA, NIZZI, MURGIA e CICU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   nel cuore della Sardegna, la tomba di Mandras, del IV-III millennio a.C., situata nel territorio di Ardauli, provincia di Oristano, interamente affrescata, rischia di scomparire per sempre a causa dell'incuria;
   questa tomba rappresenta una delle testimonianze preistoriche più importanti della Sardegna, in quanto essa è interamente affrescata con pittura rossa, presumibilmente ocra, e con decorazioni che riproducono l'intelaiatura delle pareti delle capanne preistoriche, costituita da pali sistemati sia in senso verticale che orizzontale. Una sorta d'istantanea di quello che doveva essere il paesaggio circostante la necropoli di cui tale tomba faceva parte;
   nella Sardegna prenuragica i principali elementi di architettura civile, case o edifici di varia natura, venivano infatti realizzati in materiali deperibili e sono documentati solo attraverso rarissime raffigurazioni come quelle della tomba di Mandras;
   quest'ultima si distingue anche per la planimetria, assai articolata, fatta di celle piccole e grandi collegate da stretti cunicoli arredati con nicchie per deporvi le offerte funerarie;
   gli archeologi dalle pagine dell'autorevole rivista Archeologia Viva hanno lanciato in questi giorni l'allarme per scongiurare che questo patrimonio scompaia per sempre, in quanto il monumento è aggredito dalla vegetazione ed è attraversato da profonde spaccature che provocano continui allagamenti;
   occorrono urgenti misure di salvaguardia del sito e risorse adeguate per la sua messa in sicurezza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dello stato di abbandono del sito e se intenda intervenire, con urgenza, dotando la Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Cagliari e Oristano, di adeguate risorse umane e finanziarie per salvaguardare tale importante patrimonio nazionale.
(5-06986)


   CONTENTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   le amministrazioni comunali di Pasiano e Porcia hanno deliberato la realizzazione di diversi interventi di pubblico interesse sui relativi territori;
   si tratta di interventi di una certa consistenza ed in grado, tra l'altro, di impegnare investimenti utili allo sviluppo locale anche attraverso il coinvolgimento delle imprese che operano nel settore;
   nonostante le ripetute richieste da parte dei sindaci dei due comuni di poter incontrare il soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia — nominato recentemente — allo scopo di accelerare le procedure anche attraverso un'intesa volta a semplificare l'avvio degli interventi, i capi delle due amministrazioni non solo non sono stati posti in grado di vedere il sovrintendente, ma si sono sentiti dire che, se tutto andrà bene, tali incontri si svolgeranno piuttosto in là nel tempo;
   si tratta di una situazione inaccettabile perché non solo denota la situazione in cui versa un'amministrazione periferica dello Stato, ma incide pesantemente sulla possibilità di avviare opere pubbliche ritenute importanti dalle comunità locali a causa della più completa assenza di risposte e di collaborazione con queste ultime da parte di un organo statale;
   la situazione è ancora più grave dal momento che si tratta di interventi per i quali sono già state stanziate le relative somme e, in alcuni casi, addirittura effettuate le aggiudicazioni alle imprese con la conseguenza che non solo non possono essere avviati a causa di comportamenti addebitabili esclusivamente alla disattenzione di un'importante articolazione del Ministero, ma che tale negligente comportamento rischia di provocare anche danni alle amministrazioni che potrebbero essere chiamate a rispondere in tal senso proprio dalle ditte vincitrici;
   qualsiasi giustificazione risulterebbe inadeguata a colmare l'inefficienza determinata dal comportamento descritto tanto più nella situazione di crisi economica in cui versa il Paese;
   dal momento che tali notizie sono divenute ormai di dominio pubblico, attraverso la pubblicazione sui quotidiani locali, vi è da chiedersi se detti atteggiamenti non meritino un drastico intervento da parte del Ministro al fine di scongiurare il ripetersi di tali incresciosi episodi –:
   quanti e quali enti pubblici del Friuli Venezia Giulia siano in attesa delle determinazioni del soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici al fine di avviare opere od interventi di pubblico interesse e per quale ammontare;
   quali urgenti interventi intenda assumere per ripristinare l'operatività della soprintendenza del Friuli Venezia Giulia;
   quali garanzie intenda fornire ai sindaci degli enti locali interessati circa la sollecita definizione dei procedimenti pendenti e, soprattutto, circa la più efficace collaborazione con le amministrazioni interessate per recuperare, attraverso soluzioni condivise, il tempo perduto a causa dell'inefficienza dell'amministrazione dello Stato interessata. (5-06991)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il mercato dell'auto in Italia nel primo trimestre del 2012 è stato contrassegnato da una flessione che si attesta attorno al –16,9 per cento risultato di gran lunga peggiore rispetto al –10,88 per cento del 2011;
   il brand Alfa Romeo ha registrato nel primo scorcio di questo anno un –33,30 per cento seguito da Fiat –17,66 per cento e da Lancia/Chrysler con –2,39 per cento;
   a gennaio 2012 sono state immatricolate in Italia appena 137.119 auto, cifra scoraggiante che segue il trend negativo di dicembre 2011 pari a –15,3 per cento. Si tratta del livello più basso mai registrato da oltre 20 anni e, rispetto alla media degli ultimi 4 anni, si stima che mancheranno all'appello circa 500.000 unità;
   la mancanza a tutt'oggi di un piano di sviluppo dell'ecomobilità che passi attraverso una serie di incentivi all'acquisto differenziato, secondo i livelli di emissione di CO2, ritarda ulteriormente la ripresa economica del mercato automobilistico e del sistema Paese in generale;
   ulteriore elemento invalidante per il mercato delle auto risulta anche stavolta il mancato adeguamento del sistema fiscale riferito al segmento delle auto aziendali agli standard europei, essendo l'Italia l'unico Paese europeo ad aver disposto un ammortamento di 4 anni anziché di 2 come avviene negli altri Stati, il solo ad aver previsto una quota ammortizzabile ed una detraibilità IVA pari al 40 per cento piuttosto che del 100 per cento come accade in Europa;
   una ragguardevole e marcata contrazione in termini di vendite si evidenzia nel settore delle auto di lusso, riduzione imputabile in larga parte all'introduzione del «superbollo» per le auto con potenza maggiore ai 185 chilowatt, così come stabilito dal decreto-legge del 6 dicembre 2011 n. 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
   le case automobilistiche Ferrari e Maserati hanno registrato negli ultimi tempi rispettivamente un calo delle vendite pari al 51,5 per cento e al 70 per cento, perdite verosimili alla luce dei costi esorbitanti, in termini di imposte, che i possessori si trovano ad affrontare;
   l'incidenza negativa del «superbollo» combinata ad una forte demonizzazione nei riguardi dei possessori delle vetture di lusso, ha prodotto quella che, a detta di molti, può essere considerata una vera e propria fuga dei clienti, che ha peraltro compromesso notevolmente anche il mercato dell'usato e prodotto notevoli stock di invenduto presso i concessionari;
   la nuova addizionale porterà nelle casse dello Stato molto meno dei 168 milioni di euro annui stimati dal Governo; infatti, ed è bene sottolinearlo, oltre ad incidere negativamente sui bilanci degli operatori del settore delle auto di lusso (soprattutto a causa del deprezzamento che ne deriva sull'usato), la netta riduzione delle vendite di questa tipologia di vetture, determinerà una significativa perdita di getto derivante da IVA, IPT e bollo (in media, complessivamente più di euro 15.000 per vettura); una perdita erariale che fin da ora si ritiene possa raggiungere l'importo totale di 2,5 miliardi di euro;
   il progressivo azzeramento in corso del mercato delle auto di lusso condurrà a breve alla chiusura delle concessionarie interessate e come ulteriore grave contraccolpo pesanti saranno le ricadute in termini occupazionali se si considera che migliaia sono i cittadini impiegati nel settore in esame;
   il mercato automobilistico rappresenta l'11,4 per cento del prodotto interno lordo, garantisce un gettito fiscale del 16,6 per cento ed occupa, tra indotto ed occupazione diretta 1,2 milioni di addetti; esso va considerato oggi più di ieri il volano dell'economia italiana e, come rimarcato dagli esperti del settore, risulta di vitale importanza raggiungere un volume di vendita superiore a 2 milioni di autoveicoli all'anno che garantisca sostenibilità economica e finanziaria agli operatori del settore –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare al fine di salvaguardare il mercato automobilistico italiano e, in particolar modo, il settore delle auto di lusso considerato la punta di diamante dell'infero comparto a livello mondiale;
   se, alla luce di quanto rappresentato in premessa, non si ritenga conveniente dare seguito ai diversi studi di settore che insistono sulla necessità di un piano di rilancio che miri direttamente allo sviluppo dell'ecomobilità, consentendo fin da subito il recupero di un volume di vendite pari a 230 mila unità, provvedimento che, tra l'altro, non comporterebbe alcun costo per lo Stato, poiché verrebbe compensato dal maggior introito fiscale;
   se, in tema di adeguamento della fiscalità ai parametri europei, ritengano opportuno, assumere iniziative per introdurre correzioni alla vigente normativa soprattutto per il comparto delle auto aziendali, prevedendo nello specifico un ammortamento anticipato da 4 a 2 anni per le vetture e da 5 a 3 anni per i veicoli commerciali, nonché, la soppressione di norme inique come quella soprannominata «IVA 40 per cento», caso unico in Europa in cui la detraibilità è del 100 per cento, considerato che l'effetto sarebbe la commercializzazione di oltre 100.000 vetture all'anno con conseguenze positive sui bilanci delle imprese;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per un riordino del superbollo sulle cosiddette auto di lusso, escludendo dall'imposizione le vetture usate o, al limite, assoggettando all'imposta solo quelle con una anzianità massima di tre anni, in modo da garantire la tutela delle aziende italiane e la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro.
(2-01522) «Gibiino, Laffranco, Barba, Armosino, Ghiglia, Vincenzo Antonio Fontana, Barani, De Luca, Girlanda, La Loggia, Tortoli, Murgia, Romani, Mannucci, Minardo, Santelli, Ceroni, Bernardo, Garofalo, De Corato, Luciano Rossi, Germanà, Grimaldi, Ravetto, Pelino, Lorenzin, Landolfi, Nizzi, Distaso, Scilipoti, Simeoni, Repetti, Vignali, Cazzola, Scandroglio, Lunardi, Di Virgilio, Stradella, Giammanco, Ciccioli, Del Tenno, Torrisi, Catanoso».

Interrogazione a risposta orale:


   TOTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il concessionario della riscossione Equitalia spa è da tempo, anche per effetto della crisi in atto nel Paese, al centro di polemiche e di tensioni, alcune delle quali sono pure sfociate in inaccettabili e deprecabili atti di violenza;
   i parlamentari della Repubblica hanno prestato, in più occasioni, attenzione alle ragioni del disagio crescente che la situazione economico-finanziaria di contesto genera, incrementando le difficoltà di tanti soggetti, cittadini e imprenditori, ad adempiere ai propri doveri fiscali, corrispondendo all'erario quanto dovuto a vario titolo;
   com’è noto a gran parte degli italiani, ad un livello di per sé elevato di pressione fiscale si accompagna, purtroppo, una gestione amministrativa del rapporto tra l'erario, in tutte le sue articolazioni, e i contribuenti connotato, troppo spesso, da tratti di «schizofrenia operativa» che appaiono insopprimibili, probabilmente in ragione delle interferenze che, direttamente, col ruolo esercitato dagli uffici legislativi, in particolare, e dalle direzioni generali dei dicasteri, la burocrazia proietta sul corpus legislativo condendo, quando i provvedimenti siano di competenza ministeriale o di iniziativa governativa, com’è nel caso dei disegni di legge, oppure, indirettamente, se si tratti di proposte di legge o di emendamenti di iniziativa parlamentare, sulla scorta dei monitoraggi operati dagli stessi uffici legislativi e direzioni generali ministeriali, sempre tradotti in proposte di pareri a supporto dei rappresentanti del Governo intenti a seguire, in Parlamento, l’iter di esame e votazione dei progetti di legge. Innumerevoli sono gli esempi esposti nella letteratura come cifra di una dissolutezza nella gestione della cosa pubblica, a causa della quale si giunge persino a precludere a un ente, per intervenuta prescrizione, comunicata dalla compagnia assicuratrice coinvolta, l'incasso del risarcimento di un sinistro conseguente all'incendio di un immobile, perché, nelle more di una gara tra vari uffici del comune di Napoli, a cui è da ascrivere questo assurdo e inquietante primato di pubblica inefficienza, a scaricarsi addosso, l'uno l'altro, il barile dell'attribuzione della competenza, alla firma di quietanza, intervenne, nel frattempo, trascorsi i due anni di legge, la prescrizione del diritto al risarcimento che l'agenzia assicurativa competente si rassegnò essa stessa, incredula, a rilevare, per chiudere definitivamente la pratica essendo infruttuoso qualsivoglia tentativo di «svegliare» dal sonno burocratico la «parte» assicurata;
   nella contezza e consapevolezza di siffatta mentalità, il Parlamento ha anche provveduto a introdurre, palliativamente, taluni adeguamenti normativi e procedurali, nell'ottica del riequilibrio del rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti e, perciò stesso, di rendere meno vessatoria non solo e non tanto l'entità dell'imposizione sul contribuente ma il «calvario» burocratico a cui in più ambiti, quelli dei controlli, della giustizia tributaria, persino delle procedure di autotutela, sono sottoposti, di norma, soggetti privati e imprenditoriali;
   ciononostante, qualunque azione volta a imprimere caratteri di normalità al rapporto del contribuente con il fisco, a qualunque livello, da quello comunale a quello statale, fatalmente, in un numero spropositato di volte, è frustrata da un'azione contraria e diseguale, nel senso di iniquamente ed eccezionalmente sperequata, che, se non la rende vana, in ogni caso non previene e non reprime nessuna delle «scorrerie» burocratiche, impunite e pregiudizievoli per l'intero Paese. E ciò sovviene, immutabile, quantunque sia calcolato in miliardi di euro il danno di cui la burocrazia è responsabile e che zavorra i processi produttivi e la competitività dell'Italia. In proposito, turba oltremodo la stima di sessantuno miliardi di euro del costo della burocrazia, per le sole imprese, indicata dall'allora presidente dell'autorità garante della concorrenza e del mercato, dottor Antonio Catricalà, il 12 maggio 2008, nel corso della sua partecipazione ad un programma televisivo;
   l'inopinata criticità di rapporti spesso vissuta dai contribuenti è ulteriormente confermata dalla vicenda che ha avuto ed ha per protagonista un'azienda abruzzese, localizzata in provincia di Pescara, la quale, con inizio dall'anno 2009, si è vista iscrivere ipoteche sul compendio immobiliare di sua proprietà dal concessionario Equitalia Pragma spa, al fine di cautelare il recupero di crediti asseritamente vantati nei confronti delle società;
   le dette iscrizioni ipotecarie, rispettivamente, n. 3050 registro particolare, iscritta in data 16 luglio 2009, n. 2412 registro particolare, iscritta il 10 giugno 2010, n. 3435 registro particolare, iscritta il 12 agosto 2010, apparivano viziate da plurimi profili di illegittimità, sul presupposto dei quali la società incardinava appositi giudizi di opposizione presso la competente commissione tributaria provinciale di Pescara che accoglieva le ragioni della ricorrente nei primi due suindicati procedimenti instaurati, essendo in attesa di deposito della sentenza relativo al terzo procedimento, compensando, tuttavia, integralmente le spese di giudizio;
   successivamente, la competente commissione tributaria regionale confermava l'annullamento della prima iscrizione ipotecaria, contrassegnata col n. 3050 registro particolare in data 16 luglio 2009, in rigetto dell'appello, proposto da Equitalia Pragma spa, avverso la relativa sentenza, n. 1160/01/10. I giudici, nuovamente, compensavano le spese di giudizio;
   la società depositava, altresì, ricorsi in opposizione a due cartelle di pagamento, per un importo complessivo di circa euro duecentocinquantamila/00, i quali, sulla scorta dei rilievi eccepiti dalla ricorrente, venivano accolti dalla competente commissione tributaria provinciale di Pescara, ancorché, more solito, pronunciandosi per la compensazione integrale delle spese di giudizio;
   nel tentativo di pervenire ad una definizione delle pendenze risultanti presso Equitalia Pragma spa, la società di cui si tratta, nella primavera del 2011, rappresentava al concessionario la necessità di riscuotere una somma ammontante, all'epoca, a circa euro quattrocentosettantamila/00 della quale la società stessa era creditrice nei confronti di un'altra azienda, in forza del regolare adempimento delle obbligazioni nascenti da un contratto di subappalto. L'azienda debitrice, dal canto proprio, nel mettere a disposizione di Equitalia Pragma quelle somme, reiterava, inutilmente, comunicazioni al concessionario per ottenere indicazioni specifiche in relazione a modalità e importo da versare. La corrispondenza sia della società in vertenza con Equitalia Pragma che della sua debitrice restava, inopinatamente, negletta;
   alla gravità della pratica di non fornire risposte, inaccettabile sotto ogni punto di vista e di non rispettare i basilari principi relazionali come quelli, ad avviso dell'interrogante, ampiamente misconosciuti nella pubblica amministrazione, dello stile e dei più elementari e beneducati canoni comportamentali, per non evocare l'altro ancora della consapevolezza del ruolo di servizio pubblico, da rendere, cioè, al cittadino che lo finanzia attraverso al fiscalità generale, Equitalia Pragma aggiungeva, ad abundantiam, quella che all'interrogante appare una sconcertante inerzia appercettiva rispetta a somme già nella sua giuridica disponibilità e intorno alle quali, pressantemente, l'azienda debitrice della società invano aveva richiesto istruzioni;
   in contraddizione patente con tale condotta, Equitalia Pragma, peraltro, in data 23 novembre 2011, procedeva all'iscrizione di vincolo pignoratizio su un bene strumentale indispensabile all'esercizio della attività lavorativa della società. In ogni caso, la società era nuovamente costretta ad agire per la tutela dei propri diritti, promuovendo un giudizio di opposizione all'esecuzione, attualmente pendente innanzi al tribunale di Pescara, in funzione del quale ha eccepito la sopravvenienza di fatti successivi alla formazione del titolo esecutivo, idonei ad annullarne l'efficacia esecutiva;
   in tale ultimo predetto atto, è stata evidenziata, tra le altre, la violazione dell'articolo 53 del decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito». Infatti, non avendo completato le formalità necessarie alla vendita nei 120 giorni successivi al pignoramento, Equitalia Pragma, entro il termine di ulteriori e consecutivi dieci giorni avrebbe dovuto cancellare, ex lege, l'atto di gravame. Così non è ancora stato. Il gravame, pertanto, permane ancora iscritto con le intuitive e prevaricatorie conseguenze in danno della società di cui si tratta. Confermando un comportamento inaccettabile, Equitalia Pragma è rimasta sorda anche alla richiesta, formulata dal legale della società, di cancellazione dell'atto di gravame in via di autotutela;
   a giudizio dell'interrogante, è incontrovertibile, alla luce degli esaustivi elementi riferiti, l'attitudine della condotta di Equitalia Pragma a ignorare la certezza e le statuizioni del diritto, com’è pure evidente che tale condotta è passibile di azione giudiziale, intanto in sede civile, per la richiesta di ristoro dei danni patiti e patiendi dalla società, con potenziale ed eventualmente conseguente depauperamento delle pubbliche risorse –:
   se, con riferimento alle vicende che, nel rapporto con Equitalia Pragma srl, hanno coinvolto la società di cui al caso di specie, il Ministro non intenda promuovere un'attività ispettiva presso gli uffici della sede di Pescara del concessionario per accertare la correttezza, la legittimità, la trasparenza, l'economicità e l'imparzialità delle procedure e delle decisioni che il medesimo adotta nell'ambito della sua operatività e, nel caso di esiti positivi dell'ispezione, adottare, con ogni urgenza e senza indugio alcuno, tutte le misure, anche cautelari, per inibire al personale eventualmente in difetto almeno ogni ulteriore attività decisionale, potenzialmente dannosa per i contribuenti e per l'apparato dello Stato;
   se, alla luce, delle vicende sopra narrate, il Ministro non intenda porre fine, con estrema urgenza, a decisioni che appaiono inaccettabili da parte del personale del concessionario per la riscossione, Equitalia, che procurano un'ingente, perversa, vessatoria, dispendiosa, iugulatoria per il contribuente e per le casse dell'erario, attività di contenzioso, in relazione ad azioni, ad opera del concessionario, ad avviso dell'interrogante manifestamente illegittime e in contrasti con le cogenti disposizioni normative, impartendo disposizioni, istruzioni e ordini di servizio finalizzati all'indirizzo e al controllo dell'operato di quella società strumentale dello Stato, al fine di conseguire il ripristino del rispetto incondizionato dei diritti dei cittadini, non solo in quanto contribuenti ma in quanto persone, dalle quali, oltretutto, dipende il mantenimento materiale di quello stesso personale, e, altresì, al fine di conseguire un considerevole risparmio di costi impedendo, nei modi acconci, quelle stesse attività da cui prolificano, ingiustificatamente, i paventati contenziosi, angarianti per i contribuenti e inutilmente dissipatori per l'erario e per i contribuenti medesimi;
   se il Ministro non ritenga di promuovere le opportune iniziative, anzitutto e senza esitazioni, di carattere amministrativo ma anche, opportunamente di natura normativa, per circoscrivere, specificare e rendere tassativi gli ambiti di discrezionalità amministrativa di Equitalia per prevenire danni ai patrimoni pubblico e privati da, quelle che all'interrogante appaiono, inconsulte, irragionevoli, improvvide, immotivate azioni poste in essere a scapito di soggetti che, in ragione dell'illegittimità dell'operato del concessionario, potrebbero rivalersi per il ristoro integrale dei danni e in pari tempo, per imporre regole, e delle relative sanzioni, quali il dovere generalizzato di risposta, tempestiva e sollecita, alle comunicazioni dei contribuenti, indipendentemente dalle statuizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante norme sull'accesso agli atti amministrativi, strumento, in realtà, più funzionale, a giudizio dell'interrogante, alla tutela delle burocrazie che dei soggetti privati nel rapporto con la pubblica amministrazione;
   se il Ministro non intenda farsi promotore di un'opportuna iniziativa normativa volta a tutelare integralmente le ragioni eventualmente riconosciute in capo al contribuente, eliminando la discrezionalità giurisdizionale nelle decisioni intorno alle spese di giudizio che, nei procedimenti avverso gli atti pubblica amministrazione, apparirebbe equo far seguire alla soccombenza, quando a soccombere sia la parte pubblica, per una fondamentale e primitiva esigenza di equilibrio tra una parte debole, il soggetto privato che impegna le sue risorse finanziarie, e la parte forte, il soggetto pubblico che impegna le risorse finanziarie della collettività, dunque, in quota parte, anche della sua controparte in un giudizio;
   se il Governo, in ragione delle implicazioni delicatissime sul piano economico, finanziario, sociale e, persino, esistenziale, dell'attività della riscossione, non ritenga indispensabile, oltre all'adeguamento normativo che si auspica e all'attività ispettiva che si sollecita in atto, promuovere corsi di formazione periodica e permanente per il personale di Equitalia per l'apprendimento di essenziali elementi relazionali utili alla corretta gestione dei rapporti, diretti e personali o indiretti, epistolari o informatici, con i contribuenti, per la verifica dell'integrità di teoria e prassi legalitaria sussunte nell'implementazione e nello sviluppo di ogni procedura avviata, per l'approfondimento di istituti fondamentali, quali i procedimenti di autotutela, per l'acquisizione da parte del personale della migliore conoscenza e della maggiore dimestichezza con il ricorso a detti procedimenti, ove ne ricorra il caso che quei medesimi corsi potrebbero, utilmente, ben illustrare. (3-02310)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BIAGIO, RAISI e GRANATA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 maggio 2012, il colonnello comandante del Gat nucleo speciale frodi telematiche, Umberto Rapetto, uno dei più rinomati investigatori informatici anche a livello internazionale ha rassegnato le proprie dimissioni dalla Guardia di finanza a seguito della rimozione dall'incarico ricoperto fino a quella data e la successiva collocazione presso il Centro alti studi difesa, alla frequenza di corsi di aggiornamento;
   la suddetta questione assume dei tratti di particolare clamore in considerazione del fatto che la rimozione dall'incarico e successiva ricollocazione hanno avuto luogo in concomitanza della condanna da parte della Corte dei conti dei Monopoli di Stato e delle società concessionarie di giochi al pagamento di circa 2 miliardi di penali contrattuali legittimate dal mancato collegamento dei sistemi alla rete dell'anagrafe tributaria, contravvenendo alle disposizioni vigenti;
   paradossalmente le indagini che hanno condotto al suindicato risultato sono state condotte dal Nucleo speciale frodi telematiche sotto la direzione del colonnello Umberto Rapetto su delega della Corte dei conti, che stando alle risultanze dell'indagine, ha condotto a risultati rilevanti;
   l'indiscutibile competenza del colonnello Rapetto è stata evidenziata anche nell'ambito delle indagini sul disastro della Costa Concordia, in considerazione del fatto che il tribunale di Grosseto, alla luce delle non semplici attività tecniche necessarie ai fini investigativi ha ritenuto opportuno coinvolgere del personale specializzato, al fine di poter consentire l'estrazione dei dati contenuti all'interno della scatola nera e dei computer di bordo della nave;
   appare opportuno evidenziare che a seguito dei molteplici ottimi risultati ottenuti del team di Rapetto che rappresentano di certo la punta di diamante di quanto finora conseguito dalla Guardia di finanza, il procuratore generale della Corte dei conti del Lazio pro tempore, dottor Ribaudo, aveva proposto l'ufficiale e i suoi collaboratori per un avanzamento di carriera. Malgrado tale proposta, apparentemente degna di nota, non vi è stato alcun riscontro da parte del Comando generale della Guardia di finanza che di fatto ha ignorato la lettera formale;
   in occasione della discussione su di un atto di sindacato ispettivo avente ad oggetto il medesimo tema il Viceministro Grilli, ha evidenziato che «il trasferimento del colonnello Umberto Rapetto da capo del Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di Finanza è stata una necessaria disposizione che si è dovuta assumere nei riguardi di un ufficiale, il quale eccezionalmente aveva già da tempo potuto godere di ampi margini di permanenza di un incarico e di una stessa sede di servizio»;
   tale posizione del Ministero interrogato mal concilia con la primaria esigenza di continuità e di salvaguardia delle operazioni investigative finora condotte dal colonnello e dal suo team: operazioni che al momento risultano essere ancora in corso di esecuzione;
   molte delle attività attualmente svolte dal colonnello risultano essere particolarmente complesse e potrebbero svolgersi anche nell'arco di diversi mesi – come nel caso delle dinamiche tecnico-investigative sulla nave Concordia – considerando l'esigenza prioritaria di perseguire gli obiettivi affidatigli dall'autorità giudiziaria;
   fermo restando il carattere discutibile a detta degli interroganti dell'esigenza di «turn over» avanzata dal Ministero, appare del tutto inaccettabile che proprio in questo dato momento e soprattutto in concomitanza di un importante riconoscimento da parte della stessa Corte dei conti per l'egregio lavoro svolto, un virtuoso operatore venga relegato a seguire un corso presso una struttura dove paradossalmente per più di un decennio è stato docente;
   gli elementi testé evidenziati lasciano emergere il carattere critico, discutibile e di evidente «cattiva prassi» che l'amministrazione sta dando nel non valorizzare un profilo valido – riconosciuto come tale anche in Europa – il quale potrebbe ancora fare molto in considerazione delle molteplici e complesse indagini per le quali operava;
   sorge il dubbio che l'evidenziato allontanamento a sedi più defilate possa essere stata una sorta di tutela da parte dell'amministrazione nei confronti delle risultanze a cui le brillanti indagini condotte dal Rapetto stavano o potevano giungere –:
   se siano da considerarsi opportune le dinamiche che hanno condotto alla ricollocazione del colonnello Rapetto, anche in considerazione del velato messaggio che ne trapela e se si intendano creare le condizioni al fine di consentire il rigetto – da parte delle autorità deputate – delle sue dimissioni finalizzato ad una futura collocazione anche alla luce delle costanti esigenze di professionalità e di competenza nello svolgimento di indagini sempre più complesse sul fronte informatico. (4-16380)


   MIGLIORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane, nell'ambito delle proprie prerogative istituzionali, esercita attività di controllo, accertamento e verifica sulla circolazione delle merci e sulla fiscalità intera connessa agli scambi internazionali garantendone la riscossione (IVA e dazi). Verifica e controlla altresì scambi, produzione e consumo di prodotti e delle risorse naturali soggette ad accisa provvedendo alla riscossione della stessa. Contrasta gli illeciti di natura extratributaria, quali traffico di droga, di armi, di beni del patrimonio culturale, di prodotti contraffatti e non rispondenti alle normative in materia sanitaria e di sicurezza, nonché il commercio internazionale di esemplari di specie animali e vegetali minacciate di estinzione e protette dalla Convenzione di Washington. Tra le altre essa svolge l'attività di analisi merceologica a fini istituzionali, offre servizi nei settori dell'industria dei prodotti organici, inorganici e alimentari compresi i prodotti transgenici (OGM) e i materiali gemmologici;
   la direzione dell'ufficio delle dogane di Prato lo scorso 20 marzo 2012, dà comunicazione dell'intenzione di sopprimere la sezione operativa territoriale di Montale, unico presidio della provincia, su indicazione della direzione interregionale delle dogane per la Toscana, la Sardegna e l'Umbria (Prot. n. 0043754 del 26 marzo 2012), che dà comunicazione della decisione con lettera del 5 aprile 2012 Prot. n. 509G1 al Presidente della provincia;
   tra gli atti istitutivi e organizzativi dell'Agenzia delle dogane, in spirito di collaborazione istituzionale, si prevede la presenza sul territorio di ogni provincia di un Agenzia territoriale con compiti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo dell'area di competenza;
   il consiglio provinciale con approvazione unanime di una mozione sul rischio di chiusura della dogana di Montale (deliberazione del consiglio provinciale di Pistoia del 9 Maggio 2012 n. 129), ha espresso la posizione di contrarietà, più volte espressa anche a mezzo stampa, sulla chiusura della stessa e ha sollecitato una riflessione comune con il Ministero dell'economia e delle finanze e un'attenta valutazione delle gravi conseguenze sul piano organizzativo, economico e commerciale, che tale decisione provocherebbe sul territorio;
   la sezione operativa territoriale di Montale, dotata di una nuova struttura e di tutti gli strumenti idonei ad offrire agli utenti servizi efficienti è, peraltro, facilmente raggiungibile anche con mezzi di trasporto pubblico, servendo l'intera provincia di Pistoia, che comprende al suo interno comuni che disterebbero dai 15 agli 80 chilometri dall'eventuale ufficio delle dogane di Prato, come i comuni di Larciano, Lamporecchio, Montecatini, Chiesina Uzzanese, Pescia e quelli della montagna pistoiese –:
   quali iniziative si intendano attuare per scongiurare la chiusura degli uffici della sezione operativa territoriale di Montale, per evitare un aggravio della situazione economica finanziaria che grava sul nostro Paese ed anche su questa provincia, costringendo gli operatori ad aumento dei costi ed ad un aggravio delle metodiche lavorative in un territorio produttivo dove sussistono molteplici settori ed attività di rilievo nazionale e internazionale come: tessile, confezioni, maglieria, calzature, florovivaistica, arredamento, meccanica, agroalimentare, terziario avanzato, continuando a garantire a loro e alla cittadinanza tutta il buon funzionamento dei servizi già erogati dallo Stato. (4-16389)


   RAMPELLI e MARSILIO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o luglio 2011 l'europarlamentare onorevole Mario Borghezio, ha presentato alla Commissione europea l'interrogazione con richiesta di risposta scritta E-006243/2011, nella quale si chiedevano lumi sulla natura giuridica della proprietà dell'euro, con richiesta esplicita di conoscere la proprietà dell'euro al momento della sua emissione;
   a tale interrogazione, in data 16 agosto 2011, il commissario europeo Olli Rehn ha risposto affermando che, nella fase di emissione, le banconote appartengono all'Eurosistema, ovvero la banca centrale europea e le Banche centrali dei Paesi aderenti alla moneta unica, mentre nella fase della circolazione appartengono al titolare del conto sul quale vengono addebitate;
   a seguito di tale vicenda un altro europarlamentare italiano, l'onorevole Marco Scurria, in data 12 gennaio 2012 ha presentato un'altra interrogazione, la E-000302/2012, nella quale ha chiesto esplicitamente alla Commissione quali fossero le basi giuridiche su cui si fondassero le affermazioni del commissario Olli Rehn in risposta all'interrogazione sopra richiamata;
   ancora una volta è arrivata la risposta del commissario Olli Rehn che, il 12 marzo 2012, ha confermato che, dopo l'emissione, la proprietà delle banconote e delle monete appartiene al nuovo proprietario, ovvero a chi ha accettato l'addebito delle stesse, indicando nell'articolo 128 del «Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea» la base giuridica su cui si fonda la risposta fornita in prima istanza all'interrogazione dell'onorevole Borghezio;
   insoddisfatto di tale risposta, anche in virtù del fatto che l'articolo 128 succitato nulla dice in fatto di proprietà dell'euro all'emissione in capo all'Eurosistema, disciplinando unicamente la facoltà di emissione dell'euro, l'onorevole Marco Scurria ha presentato un'ulteriore interrogazione, la P-003128/2012, con la quale ha chiesto esplicitamente se la Commissione fosse in grado di «precisare se la facoltà di emettere banconote corrisponda alla proprietà delle stesse»;
   l'ulteriore risposta, ancora del commissario Olli Rehn, cita ancora l'articolo 128 che, come visto, tratta di altro, ma aggiunge che «la proprietà delle banconote e monete in seguito all'emissione è soggetta alla legge nazionale applicabile nel momento in cui avviene il trasferimento al nuovo detentore», nulla dicendo sul precedente detentore che, secondo logica, dovrebbe a questo punto essere individuato nella Banca centrale europea;
   al termine di questa complessa vicenda sorge inevitabilmente il sospetto che la Banca centrale europea si sia appropriata indebitamente della proprietà dell'euro, mancando, in assenza di prova contraria, la norma che disciplina tale procedimento;
   l'altro elemento che lascia estremamente perplessi è dato dal fatto che, all'atto dell'emissione, la Banca centrale europea presta gli euro emessi, e l'atto del prestare è inequivocabilmente una prerogativa del titolare della proprietà –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di fare chiarezza sull'effettiva proprietà dell'euro. (4-16393)


   RAMPELLI e MARSILIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da articoli apparsi nei giorni scorsi su testate giornalistiche nazionali, si apprende che Equitalia, l'ente di riscossione nazionale dei tributi, sarebbe in ritardo con il pagamento della tassa sui rifiuti nella città di Roma;
   nello specifico, sembrerebbe che l'Ama, l'azienda municipalizzata che gestisce la raccolta dei rifiuti a Roma, abbia un credito di diverse migliaia di euro con Equitalia Sud, una delle controllate del gruppo di riscossione pubblico, per bollette non onorate e scadute da diversi mesi;
   da quanto emerso, sembrerebbe che una parte dei mancati pagamenti sia riconducibile alla omessa disdetta e conseguente omessa comunicazione di cambio di sede, relativa al trasferimento presso nuova sede di Equitalia;
   un'altra, più consistente parte, farebbe invece riferimento a bollette scadute da ben sette mesi per un ammontare di oltre 75.000 euro;
   secondo quanto si evince, tra Equitalia e Ama avrebbe avuto corso una sorta di accordo, in forza del quale all'ente moroso saranno applicate sanzioni e interessi minimi, anche in considerazione dell'impossibilità (o del paradosso) di chiedere l'invio di una cartella esattoriale a Equitalia nei confronti di sé stessa –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, nel caso, se non ritenga necessario procedere, per quanto di competenza, ad una sollecita verifica per accettare le eventuali responsabilità;
   se non ritenga opportuno, oltreché giusto, fare in modo che eventuali interessi e sanzioni connessi ai ritardati pagamenti non ricadano in capo alla collettività ma siano accollati, come avviene per i cittadini e le imprese, ai responsabili di tale situazione. (4-16394)


   LANDOLFI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia del territorio è stata istituita ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, secondo cui per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse, svolte da altri uffici del Ministero dell'economia e delle finanze sono istituite l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Agenzia del demanio, denominate agenzie fiscali, alle quali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna agenzia;
   pertanto, pur nella sua autonomia, ogni Agenzia è un segmento dell'amministrazione ministeriale di origine, sottoposta agli ordinari principi del diritto amministrativo e pertanto all'imparzialità, all'economicità e al buon andamento della pubblica amministrazione, a cui si affianca uno spirito ed un'efficienza di tipo aziendale;
   l'organizzazione ed il funzionamento dell'Agenzia persegue le finalità istituzionali definite dal proprio statuto;
   in forza della caratterizzazione pubblicistica, l'attività dell'Agenzia si deve conformare ai principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, adottando propri regolamenti in materia di termini e responsabilità dei procedimenti, di trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa e di disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi;
   l'Agenzia adotta adeguate metodologie per la valutazione periodica delle prestazioni, delle conoscenze professionali e delle capacità dei dipendenti, al fine di governare, in coerenza con i contratti collettivi, lo sviluppo delle competenze, gli incentivi economici, le progressioni di carriera e gli interventi formativi;
   insieme a tutte le disposizioni vigenti per le amministrazioni pubbliche, anche all'Agenzia del territorio si applica la legge 7 giugno 2000, n. 150, che detta la «disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni», prevedendo all'articolo 8 l'istituzione di uffici per le relazioni con il pubblico (cosiddetti URP) e all'articolo 9 l'istituzione di uffici stampa;
   nel regolamento di attuazione della predetta legge n. 150 del 2000, all'articolo 2 si trovano elencati i requisiti per lo svolgimento delle attività di comunicazione;
   in forza di tale normativa, l'Agenzia del territorio, con comunicato n. 1 del 2001, indiceva una selezione per «area comunicazione», con lo scopo di istituire l'ufficio comunicazione;
   alla selezione partecipava, tra gli altri, anche il signor Antonio Graziano, all'epoca inquadrato come lavoratore socialmente utile (LSU) presso la stessa Agenzia;
   il signor Antonio Graziano, dichiarava di aver prestato ininterrottamente servizi presso l'Agenzia del territorio ufficio provinciale di Napoli in qualità di lavoratore socialmente utile dal 1998 fino ad aprile 2001, per poi prestare la propria attività, dal maggio 2001, come lavoratore a tempo determinato;
   fin dal gennaio 2001, con nota indirizzata al direttore generale e al direttore dell'ufficio del personale, il signor Graziano — dichiarando di essere iscritto all'ordine nazionale dei giornalisti e di aver collaborato con la Rai Tv e con la Pro Sieben (rete televisiva nazionale della Repubblica federale tedesca) — si candidava in vista di un'eventuale costituzione di un ufficio stampa e/o di un ufficio relazioni con il pubblico, così come previsto dalla predetta legge n. 150 del 2000;
   nell'aprile del 2001, in riscontro all'istanza nel frattempo inoltrata per la partecipazione alla suddetta selezione, il direttore dell'Agenzia del territorio con una nota a firma del responsabile area di staff di direzione, affermava che la ricerca di personale era destinata ai soli dipendenti dell'Agenzia del territorio e quindi la candidatura del signor Graziano non poteva essere presa in considerazione;
   in conseguenza di ciò il Graziano, convinto dell'illegittimità della risposta nella parte in cui veniva considerato come un terzo estraneo all'amministrazione, provvide a chiedere parere alla Commissione europea — direzione generali occupazione e affari sociali — adattabilità, dialogo sociale e diritti sociali — diritto del lavoro e organizzazione del lavoro, la quale rispose con una comunicazione protocollo n. 12989 dell'11 novembre 2002, sostenendo che lo stesso avrebbe dovuto essere considerato un lavoratore dipendente come gli altri, ancorché a tempo determinato, e come tale non doveva essere trattato in modo meno vantaggioso dei lavoratori inquadrati con formule temporali differenti;
   successivamente, in contraddizione con quanto precedentemente adottato, l'Agenzia del territorio contrattualizzò — proprio presso l'ufficio comunicazione — una giornalista, una risorsa, proveniente dall'esterno (e quindi con aggravio di spesa) anziché prendere in considerazione la candidatura del signor Graziano, precedentemente escluso proprio in quanto considerato risorsa esterna;
   a seguito di tale incomprensibile ed antieconomica decisione, in data 28 settembre 2004 il signor Antonio Graziano depositava presso l'Agenzia del territorio, richiesta di inquadramento professionale con contestuale richiesta di accesso agli atti ai sensi della legge n. 241 del 1990, cui, con nota del 24 gennaio 2005, l'Agenzia rispondeva confermandogli la decisione di esclusione dall'istituto motivandola nuovamente con la sua condizione di professionista esterno (esattamente come la succitata giornalista assunta) all'organico del personale e solo nel 2007, il signor Graziano è stato assunto a tempo indeterminato;
   successivamente, si procedeva all'assunzione, quale responsabile dell'area comunicazione, di Mario Occhi, esterno come il Graziano, munito di una laurea in scienze delle attività motorie (non riconosciuta in Italia), conseguita all'Università Bernard di Lione, con la corresponsione di uno stipendio, tra fisso ed indennità varie, che si avvicina ai diecimila (10.000) euro lordi al mese –:
   quali iniziative urgenti, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto del principio dell'autonomia organizzativa, intenda assumere al fine di tutelare la rigorosa osservanza dei canoni di trasparenza ed imparzialità cui è tenuta ad uniformarsi qualsiasi settore della pubblica amministrazione. (4-16399)


   PISICCHIO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto è stato dichiarato da molti sindaci, le norme relative all'IMU presenterebbero, alcuni profili di dubbia costituzionalità, con specifico riferimento agli articoli 3, 47, 53;
   viene rilevato, in particolare, che la seconda casa molto spesso (e, in particolare, nei piccoli comuni) non è indice di una certa agiatezza ma è la casa del ricordo, dell'attaccamento al territorio per un paese di alta emigrazione, la radice;
   è utile, peraltro, rammentare come sia stato riconosciuto il voto agli italiani all'estero proprio per consentire loro di conservare legami con le origini, legami che, a detta dei sindaci e, in particolare, dei sindaci dei comuni in cui la popolazione denuncia un più alto tasso di invecchiamento, come nel comune di Zeri (in provincia di Massa Carrara), rischiano di venire recisi a causa del pesante costo dell'IMU che grava su case modeste ereditate da bisnonni e trisavoli;
   molti Stati membri delle Nazioni Unite hanno affermato che l'abitazione è una componente essenziale dei diritti fondamentali e il diritto all'abitazione è una pre-condizione per la fruizione di molti altri diritti fondamentali dell'individuo, al pari della libertà di espressione del pensiero o del diritto alla salute;
   la Costituzione, all'articolo 47, mostra, peraltro, di favorire lo sviluppo del risparmio «popolare», avendo quindi un occhio di riguardo per i piccoli risparmiatori i quali finalizzino l'attività di risparmio all'acquisizione dell'abitazione, vista come un bene che soddisfa appunto una delle necessità primarie dell'individuo;
   il Costituente, inoltre, con l'articolo 53 della Costituzione, statuì che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» ed è questo un sacrosanto principio. La dottrina tributaria sostiene, però, che esiste una differenziazione tra capacità economica e capacità contributiva, e cioè tra la capacità di produrre un reddito qualsiasi, per quanto minimo possa essere, e la capacità di contribuire doverosamente ai bisogni dello Stato, ma solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni legittimi, in quanto essenziali e primari. Un principio di equità dovrebbe, dunque, distinguere la capacità economica, che produce un reddito, da quella contributiva;
   la Corte Costituzionale, con pronuncia 97/1969, ha escluso che l'obbligo tributario possa sorgere dove una capacità contributiva manchi del tutto, appunto in applicazione dell'articolo 53 della Costituzione: il legislatore non può andare oltre le possibilità effettive del contribuente. «Non ha pertanto alcun significato rifarsi al criterio oggettivo in base al quale ciascun immobile, e quindi anche la casa di abitazione, è di per sé produttivo di reddito, in quanto tale reddito non va considerato oggettivamente e astrattamente, ma con riferimento al soggetto che ne beneficia per determinare se esso, in relazione a ciascuna fattispecie concreta, possa considerarsi un reddito tassabile. Il reddito fondiario della casa di abitazione non è pertanto, di per sé, indice di capacità contributiva, ma solo di quella economica» (ROSSI – La casa – Torino 1998, pagine 557);
   la normativa speciale ha agevolato, dunque, l'acquisto e la gestione economica della prima casa, allargando de facto l'ambito di riferimento dell'articolo 47 della Costituzione a tutti i cittadini non possessori di una casa di abitazione, indipendente dalla loro posizione reddituale, almeno fino al 1992, quando il dlg n. 504 del 1992 introdusse l'imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), destinata a ridursi fino a scomparire, per poi riapparire in vesti nuove e più insidiose;
   in seguito alle recenti modifiche normative apportate, l'abitazione principale è definita come «l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Per pertinenze, sempre secondo il decreto, si intendono «esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo»;
   con il decreto-legge n. 16 del 2012 è stato stabilito che «i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all'imposta». Non solo non viene esplicitata una norma precisa di esenzione totale dei pensionati «agricoli», ma anzi si lascia spazio a provvedimenti di difficile sostenibilità;
   un semplice raffronto fra la struttura e le finalità dell'ICI rispetto alla nuova IMU e le rispettive «rese» economiche lascia intravedere, ad avviso dell'interrogante, un'operazione di asservimento del singolo bilancio comunale alle esigenze del bilancio statuale, laddove l'autonomia del comune venga utilizzata come mera longa manus dello Stato per contribuire ad impinguare le entrate per «salvare» l'Italia (se sono veri i dati che parlano di quasi quattro miliardi di euro dalla sola IMU sulla prima casa), contraddicendo i principi che hanno ispirato la normativa di progresso che dal 1982 a oggi aveva favorito il sorgere ed il consolidarsi della «piccola proprietà abitativa» –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda mettere in campo per porre rimedio, in coerenza con i principi costituzionali evocati, alla condizione di grave difficoltà in cui versa una parte della popolazione a seguito dell'introduzione dell'IMU. (4-16400)


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il colonnello della Guardia di finanza Umberto Rapetto, creatore e comandante prima del gruppo anticrimine tecnologico e poi del nucleo speciale frodi telematiche, persona cui si devono numerosi successi nella lotta al crimine informatico in Italia e all'estero (ad esempio si deve a lui la condanna degli hacker che avevano violato i siti del Pentagono e della NASA) è stato rimosso dall'incarico per essere destinato a frequentare un corso al centro alti studi difesa dove lo stesso insegna, peraltro, da oltre quindici anni;
   il Governo, a seguito di una interrogazione, ha risposto che la circostanza «rientra, altresì, nella «normalità» delle vicende che interessano tutti gli ufficiali della Guardia di finanza»;
   appare difficile descrivere la rimozione del colonnello Rapetto, come «normale» avvicendamento degli ufficiali della Guardia di finanza, poiché tale provvedimento ad avviso dell'interrogante disconosce la qualità dell'attività messa in atto dal colonnello, le sue riconosciute competenze tecniche, riscontrate anche dai media, le sue attitudini scientifiche, documentate dai tre diplomi di laurea, e la sua capacità di interazione con il cittadino, coerente con la politica di trasparenza e di incontro promossa dalla Guardia di finanza;
   il ruolo di comandante del nucleo speciale frodi telematiche impone requisiti non comuni, ma secondo il contenuto della risposta all'interrogazione dell'onorevole Fluvi (5-06864) la Guardia di finanza tenderebbe a considerarlo come «un incarico di comando di livello dirigenziale, che, in quanto tale, non può essere caratterizzato, per sua natura, da profili prettamente specialistici, né deve essere connotato da esclusive competenze di carattere tecnico»;
   nella medesima replica si aggiunge che l'elevato numero di attività extraprofessionali svolte da molti anni dal colonnello Rapetto (partecipazione a convegni, conferenze, docenze, attività pubblicistica) dimostra la capacità del nucleo speciale frodi telematiche di espletare le attività demandategli indipendentemente dalla costante e continua presenza del comandante, trascurando, tuttavia, di sottolineare che l'ufficiale ha sempre svolto le cosiddette «attività extraprofessionali» fruendo (come ben noto alle gerarchie della Guardia di finanza) di giornate di licenza e sempre e comunque nel tempo libero e senza pregiudizio per l'amministrazione;
   il colonnello Rapetto ha sempre progettato e diretto le operazioni di servizio condotte dal proprio reparto, che non va dimenticato è una piccola squadra composta soltanto da una trentina di persone e quindi non ha spazi per «ruoli dirigenziali», partecipando personalmente alle attività di polizia giudiziaria (perquisizioni, sequestri, analisi tecniche) per condividere l'impegno dei militari operanti;
   la Guardia di finanza non sembra preoccuparsi del fatto che il colonnello Rapetto sia prossimo a congedarsi, perché ritiene «preferibile che nessuna delle risorse sia da ritenersi indispensabile ma, al contrario, tutte siano fungibili in qualsivoglia ambito di servizio» e sottolinea che «l'amministrazione tende ad evitare eccessive personalizzazioni soggettive in capo ad una medesima realtà operativa» adombrando, in questo modo, la sensazione di non aver considerato utile per l'amministrazione la presenza di una personalità come quella dell'ufficiale in questione che è identificato come paladino del cittadino e del consumatore alle prese con la rete;
   la Guardia di finanza nel raffrontare i risultati conseguiti dal nucleo speciale con quelli del resto della Guardia di finanza (29 siti oscurati contro 119 da parte dei reparti territoriali) non considera ad avviso dell'interrogante che tale confronto è disomogeneo, in quanto mette sullo stesso piano l'operato di 35 persone e quello di 65 mila;
   né va trascurato di considerare il significativo risultato raggiunto da Rapetto e dai suoi collaboratori nel contrasto all'evasione realizzata dalle slot machine installate negli esercizi pubblici che, non collegate all'anagrafe tributaria, hanno recato un inestimabile danno all'erario, risultato di servizio che si traduce nel recupero di 2 miliardi e mezzo di euro, con indiscusso beneficio per i conti dello Stato;
   la Corte dei Conti, peraltro, proprio per l'importante risultato dell'inchiesta coordinata dal sostituto procuratore generale dottor Marco Smiroldo e diretta dal colonnello Rapetto, aveva invitato – con lettera del dottor Ribaudo – la Guardia di finanza a ricompensare con avanzamenti di carriera per meriti eccezionali di servizio i protagonisti dell'indagine, ma tale proposta non ha avuto riscontro alcuno e lo testimonia il fatto che Rapetto (colonnello già dal 1o gennaio 2004) non è stato promosso generale nemmeno in via ordinaria, né i suoi collaboratori hanno ottenuto progressione alcuna rimanendo nel grado già rivestito –:
   quali interventi il Ministro interrogato intenda effettuare per evitare che una risorsa come il colonnello Rapetto venga perduta, in un momento storico in cui il Paese deve far scendere in campo i migliori talenti. (4-16409)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA, nelle carceri liguri vi sarebbero 870 detenuti in più e 400 agenti della polizia penitenziaria in meno;
   il dato sarebbe stato diffuso dal sindacato autonomo della polizia penitenziaria nel giorno della celebrazione dell'annuale festa regionale dell'amministrazione carceraria a Genova;
   secondo Roberto Martinelli, segretario aggiunto del Sappe, «siamo di fronte ad una situazione critica in cui ogni giorno avvengono risse, suicidi e scontri all'interno delle carceri per via del sovraffollamento. Per non parlare degli stessi mezzi della polizia penitenziaria che cadono a pezzi. L'amministrazione penitenziaria sembra vivere in una realtà virtuale e non si rende evidentemente conto della drammaticità del momento, che costringe le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a condizioni di lavoro sempre più difficili: la situazione penitenziaria è sempre più incandescente» –:
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ridurre drasticamente l'abnorme numero delle persone recluse nelle carceri della Liguria;
   se non intenda disporre quanto prima un immediato aumento del numero degli agenti di polizia penitenziaria assegnati presso le strutture penitenziari liguri. (4-16384)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa del 27 maggio 2012, un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di contrada Cavadonna, a Siracusa, avrebbe sventato il suicidio di un giovane detenuto marocchino ristretto all'interno della sezione protetta;
   la vicenda è stata resa nota dal vice segretario nazionale dell'Osapp, Mimmo Nicotra. Il detenuto avrebbe tentato di soffocarsi con la cintura dell'accappatoio dopo averla legata alla finestra della sua cella –:
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Siracusa;
   con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto che ha tentato di togliersi la vita;
   se il detenuto in questione fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Siracusa, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative in loco, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni di legalità all'interno del carcere siciliano, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi.
(4-16385)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI, il personale della polizia penitenziaria di Reggio Calabria, con l'ausilio delle unità cinofile della polizia penitenziaria della Sardegna, avrebbe rinvenuto due involucri contenenti cannabis all'interno del carcere reggino. Gli involucri sono stati rinvenuti tra il piazzale esterno del carcere e il settore colloqui, luogo cui hanno accesso anche le persone provenienti dall'esterno;
   secondo quanto riferito da Giovanni Battista Durante in qualità di segretario generale aggiunto del Sappe, «sono sempre più frequenti i tentativi di introdurre droga in carcere, dove, a livello nazionale, i detenuti tossicodipendenti sono il 25 per cento circa. Nonostante in Italia ci sia una legislazione molto favorevole che consente di accedere ai benefici della sospensione della pena e dell'affidamento terapeutico, quando si è superato un programma di recupero o tale programma è in corso, i tossicodipendenti continuano a rimanere in carcere e la polizia penitenziaria non ha neanche gli strumenti idonei per contrastare i tentativi di portare le sostanze stupefacenti all'interno delle strutture –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere per i detenuti tossicodipendenti, anche attraverso il potenziamento dei progetti volti all'attivazione di percorsi di affidamento terapeutico. (4-16386)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa lo scorso 3 giugno, poco dopo mezzanotte, un giovane di 25 anni, italiano, detenuto nel carcere di Vercelli per reati di natura sessuale, si è ucciso impiccandosi nella sua cella con un lenzuolo che ha legato ad una grata;
   la notizia è stata resa nota dall'Osapp, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, il cui segretario, Leo Beneduci, ha denunciato il protrarsi di condizioni inaccettabili all'interno dell'istituto di pena. «Siamo al settantunesimo morto in carcere dall'inizio dell'anno e al ventunesimo suicidio. Si tratta di numeri davvero inaccettabili, così come quelli del perdurante sovraffollamento, che indicano la presenza di 66.300 detenuti nelle carceri italiane contro 35.500 posti disponibili. È ora che il Governo, e in particolare il Ministro della giustizia, affrontino la situazione in maniera risolutiva» –:
   se e come il 3 giugno 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione;
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Vercelli;
   con chi divideva la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
   se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Vercelli, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a garantire il rispetto della Costituzione, della legge e dei regolamenti, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi. (4-16407)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   LIBÈ, MEREU, COMPAGNON e LUSETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2011 la capitaneria di porto di Porto Empedocle ha comunicato che l'ufficio del genio civile opere marittime di Porto Empedocle non era nelle condizioni, per mancanza di disponibilità finanziarie, di provvedere alla pulizia delle aree portuali ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto di pubblica illuminazione;
   l'amministrazione comunale si è periodicamente sostituita al locale ufficio del genio civile opere marittime effettuando la pulizia delle aree portuali;
   la mancanza di idonei provvedimenti potrebbe rendere vani gli impegni profusi dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che hanno consentito al porto di Porto Empedocle di aumentare i volumi di traffico merci e passeggeri;
   inoltre, la capitaneria di porto di Porto Empedocle con nota n. 3760 del 28 febbraio 2012 ha comunicato che, al ripetersi degli inconvenienti causati dalla mancata manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione dell'area portuale, sarà costretta ad emettere apposita ordinanza restrittiva sull'operatività del porto nelle ore notturne –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per mettere in atto tutti gli interventi e le risorse necessarie, affinché si possa affrontare la nuova gestione senza spiacevoli inconvenienti;
   se, nella vicenda di cui trattasi, non si ritenga di dover risolvere le problematiche già evidenziate nel 2011 in merito alla mancanza di pulizia delle aree portuali di Porto Empedocle, considerando l'approssimarsi della stagione estiva. (3-02309)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CODURELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di luglio 2011 l'associazione temporanea d'imprese Tirrena Scavi si è aggiudicata l'appalto per i lavori di consolidamento del contorno roccioso e di rifacimento del rivestimento della canna di monte della Galleria «Monte Piazzo», che si trova proprio lungo la statale 36 «del lago di Como e dello Spluga»;
   i lavori avrebbero dovuto prendere avvio nel mese di gennaio 2012, avrebbero avuto, a detta dell'ANAS, una durata di 720 giorni per un investimento di 32 milioni di euro. Inoltre era stato concordato un primo periodo di chiusure notturne per i rilievi e lavori di messa in sicurezza;
   l'Anas aveva annunciato a mezzo stampa e con grande enfasi l'apertura del cantiere: «I lavori prenderanno avvio a partire da lunedì 7 novembre 2011 con l'esecuzione delle indagini geognostiche, propedeutiche all'avvio delle attività di consolidamento del tunnel, previste dal cronoprogramma del progetto esecutivo»;
   «le indagini verranno svolte esclusivamente di notte nell'orario notturno compreso tra le 22 e le 6 di tutte le notti, ad esclusione di quelle di sabato su domenica e di domenica su lunedì, mediante la chiusura totale alternata della due canne della galleria avranno una durata di circa 3 settimane. A conclusione delle indagini della successiva elaborazione del progetto cantierabile, il tavolo istituzionale si riunirà nuovamente per condividere la data di avvio delle attività di cantiere della canna sud, mediante la chiusura totale della stessa e l'istituzione del senso unico alternato nella canna adiacente»;
   ad oggi tutto è fermo, i 32 milioni di euro sono bloccati così come i lavori –:
   se non reputi doveroso rendere note le motivazioni che ostano alla prosecuzione di lavori già appaltati e appurare di chi siano le responsabilità in merito.
(5-06990)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   risulta da agenzie di stampa che, dopo il crollo del «Geremia II» sulla strada statale 626 per Caltanissetta (maggio 2009) e la caduta del ponte ferroviario lungo la tratta per Caltagirone (maggio 2011), un altro viadotto di Gela mostrerebbe gravi segni di cedimento;
   si tratta del cavalcavia che, alle porte della città, collega la via Venezia alla strada statale 117-bis per Catania ed Enna che è stato realizzato negli anni ’70 ed è uno degli snodi viari più importati e più movimentati di Gela, sia per il traffico extraurbano che per quello urbano;
   il presidente dell'associazione di protezione civile «Ambiente e Sviluppo», Francesco Cassarino, ha segnalato alla procura della Repubblica del tribunale di Gela la caduta di pezzi di calcestruzzo che hanno messo a nudo i ferri di pilastri e campate, la cui consistenza apparirebbe compromessa dal tempo e dalle intemperie –:
   se si intenda disporre una perizia statica dell'Anas che consenta la verifica della stabilità della struttura viaria e se intenda comunicare quali siano gli esiti.
(4-16406)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro della giustizia, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'analisi storica dei metodi di infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema degli appalti di lavori pubblici e privati ha messo in luce una pericolosa sintonia economica di larga parte di ceti imprenditoriali con le organizzazioni mafiose;
   il triste binomio mafia-appalti rappresenta la sintesi verbale di una modalità di inquinamento della pubblica e privata economia da parte della malavita organizzata, che realizza un'aggressione particolarmente insidiosa delle regole del libero mercato e della libera iniziativa economica privata;
   allorquando sono coinvolti nel sistema anche settori deviati della politica nazionale e locale, l'intreccio verbalmente rappresentato dal trinomio mafia-appalti-politica diventa pericoloso fattore di inquinamento e distorsione dell'assetto democratico, con effetti destabilizzanti che già sono in fase avanzata in varie zone del Paese, assoggettate al potere di associazioni a delinquere o dalle stesse fortemente condizionate;
   il libro II del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice antimafia), istituisce presso il Ministero dell'interno la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, quale piattaforma tecnologica su cui basare, con funzione di accelerazione, il procedimento di rilascio della comunicazione ed informazione antimafia in vista del potenziamento dell'attività di prevenzione di tentativi di infiltrazione mafiosa nell'attività d'impresa;
   l'istituzione della banca dati, come da più parti sottolineato, rappresenta l'innovazione più incisiva nel nuovo corpus normativo, poiché, per suo tramite, si realizza una semplificazione delle procedure di rilascio della documentazione antimafia, con evidenti effetti positivi in termini di celerità ed efficienza nel costante monitoraggio delle imprese e nella prevenzione dei tentativi di infiltrazione delle mafie negli appalti;
   l'effettiva entrata in vigore del nuovo sistema normativo è stata, tuttavia, notevolmente differita nel tempo;
   l'articolo 119 dispone, invero, che tutte le disposizioni recate dai capi I, II, III e IV del libro II entreranno in vigore trascorsi 24 mesi dall'entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti sul funzionamento della citata banca dati di cui all'articolo 99, non ancora emanati, così determinando una perpetuatio nell'applicazione delle previgenti disposizioni, destinata a protrarsi per un lungo periodo ad avviso degli interpellanti con ulteriori consequenziali problemi di compatibilità con la previsione della legge delega, che consente l'emanazione di decreti integrativi e correttivi nel termine di tre anni dall'entrata in vigore del decreto delegato –:
   se i Ministri interpellati ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza, con la massima urgenza, per dare piena e completa attuazione alla normativa di cui in premessa con l'adozione dei regolamenti previsti dall'articolo 99 del codice antimafia, all'entrata in vigore dei quali è subordinata, ai sensi dell'articolo 119, quella di tutte le disposizioni recate dai capi I, II, III e IV del libro II, e quali siano, a tutt'oggi, le ragioni del ritardo nell'adozione dei regolamenti.
(2-01523) «Garavini, Bachelet, Brandolini, Soro, Fluvi, Luongo, Fiano, Rosato, Peluffo, Ginefra, Carella, Martella, Sani, Pizzetti, Marchi, Cenni, Vaccaro, Zampa, Fogliardi, Veltroni, Madia, Motta, De Biasi, Oliverio, Scarpetti, Pes, Lulli, Marrocu, Coscia, Realacci, Viola, Braga, Bossa».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANTONINO RUSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 aprile 2012 è stata emessa e depositata presso la cancelleria del tribunale di Palermo, dal giudice per le indagini preliminari, dottor Luigi Petrucci, un’«Ordinanza sulla richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere» (articoli 272 e seguenti codice di procedura penale), procedimento n. 20775/2011;
   il giudice delle indagini preliminari, infatti, visti gli articoli 272 e seguenti codice di procedura penale, ha accolto in parte la richiesta del pubblico ministero e, per tali ragioni, ha disposto la misura della custodia cautelare a carico di:
    a) Messicati Vitale Antonino, nato a Palermo nel 1972 (di fatto latitante);
    b) Lo Gerfo Francesco, nato a Misilmeri nel 1961;
    c) Falletta Mariano, nato a Misilmeri nel 1958;
    d) Polizzi Stefano, nato a Palermo nel 1955;
    e) Ganci Vincenzo, nato a Palermo nel 1966;
   inoltre, è stato disposto il sequestro della ditta individuale Mariano Falletta con sede a Misilmeri e dell'intero complesso dei beni aziendali;
   in data 17 aprile 2012, i Carabinieri del nucleo investigativo di Palermo hanno dato esecuzione al suddetto provvedimento di «ordinanza di custodia cautelare» in carcere, emesso dal giudice delle indagini preliminari di Palermo su richiesta della locale D.D.A. (indagini coordinate dal procuratore aggiunto De Francisci Ignazio e dai sostituti procuratori Lia Sava, Antonino Di Matteo, Marzia Sabella e Calogero Ferrara), nei confronti dei sopra indicati soggetti;
   inoltre, nella stessa giornata, un'informazione di garanzia, per concorso esterno in associazione mafiosa, è stata emessa a carico del presidente del consiglio comunale di Misilmeri, Cimò Giuseppe (Palermo, 1964), poiché avrebbe agevolato la locale consorteria mafiosa nell'aggiudicazione di taluni appalti;
   ha scritto il giudice delle indagini preliminari dottor Luigi Petrucci nell'ordinanza di custodia cautelare: «Le indagini hanno dimostrato che Lo Gerfo, dopo aver indirizzato i voti della consorteria mafiosa e fatto eleggere nell'amministrazione comunale persone a lui vicine, è riuscito a far sì che le stesse ricoprissero ruoli istituzionali nevralgici, come quelli di presidente (Giuseppe Cimò) e vice presidente (Giampiero Marchese) del consiglio comunale di Misilmeri, creando dunque i giusti presupposti per controllare e indirizzare le scelte della pubblica amministrazione in favore degli interessi propri e dell'associazione da lui capeggiata»;
   va segnalato che anche Vincenzo GANCI, uno dei destinatari del provvedimento, era candidato al consiglio comunale di Palermo nella lista civica «Amo Palermo» a sostegno della candidatura di Marianna Caronia a sindaco del capoluogo siciliano: egli è stato arrestato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: le indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia lo accusano di aver consegnato Misilmeri ai boss;
   le indagini, dunque, hanno certificato che dal municipio di Misilmeri i boss gestivano appalti, soprattutto per la raccolta dei rifiuti e, poi, puntavano a modificare il piano regolatore, per far cambiare destinazione urbanistica ad alcuni terreni che a Misilmeri avrebbero potuto essere trasformati da agricoli in aree edificabili;
   aveva suscitato, inoltre, l'interesse della consorteria mafiosa l'attività attualmente in atto per l'acquisizione di alcune aree che dovrebbero ospitare la nuova sede di Ikea a Palermo;
   il boss Lo Gerfo, come testimoniano le intercettazioni, invocava prudenza al suo ambasciatore in politica: «Evitiamo un po’ di telefonate», gli diceva. «Attenzione, perché se no lo sciolgono il consiglio comunale... e non mi interessa niente»;
   per queste ragioni, in data 20 aprile 2012, si dimettono dalla carica di consigliere comunale 17 consiglieri su 20 – spiegano – per «senso di responsabilità e nel rispetto della cittadinanza» determinando di fatto la decadenza del consiglio comunale;
   la giunta ed il sindaco rimangono in carica aspettando la nomina del commissario regionale con i poteri sostitutivi del consiglio comunale;
   da quanto emerge a pagina 53 dell'ordinanza: «Tale gravissima ingerenza sulla vita pubblica, se da un lato dimostra ulteriormente la qualità del Lo Gerfo di vertice dell'associazione mafiosa, dall'altro lato evidenzia la preoccupante permeabilità degli organi elettivi di quell'amministrazione comunale a pressioni e richieste comunque provenienti da un soggetto che, anche prescindendo dal suo attuale ruolo apicale in seno alla famiglia mafiosa di Misilmeri, era notorio essere già stato definitivamente condannato per favoreggiamento aggravato dall'intento di agevolazione dell'organizzazione mafiosa. Proprio per questo motivo, e in assenza di più specifiche risultanze che si traducano in gravi indizi di colpevolezza a carico degli stessi amministratori comunali, questo ufficio provvederà immediatamente a trasmettere la presente richiesta e l'eventuale provvedimento del giudice delle indagini preliminari, agli uffici competenti a valutare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento degli organi elettivi dell'amministrazione comunale di Misilmeri»;
   nei giorni scorsi, l'assessorato agli enti locali ha nominato il commissario a sostituzione del consiglio comunale: si tratta del dottor Marcellino, uno degli ex commissari prefettizi insediatisi a Misilmeri con l'ultimo scioglimento;
   nulla si conosce sulle intenzioni del Ministero dell'interno riguardo l'eventuale scioglimento degli organi elettivi –:
   quali immediate iniziative intenda assumere per inviare una commissione d'accesso presso il comune di Misilmeri, posto che sono molto gravi i ritardi che mantengono in carica l'attuale amministrazione e considerati i rischi di condizionamento della consorteria mafiosa locale così come emerso in modo lampante dalle indagini, e ad esito degli accertamenti procedere allo scioglimento dell'ente locale ove ne sussistano i presupposti;
   se il Ministro confermi che, nel caso di scioglimento, come nell'occasione precedente, il dottor Marcellino possa o meno far parte dei commissari prefettizi da insediare nel comune. (5-06989)

Interrogazione a risposta scritta:


   CONCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Dioum Alioune, nato in Senegal, di origine e nazionalità senegalese, come la stragrande maggioranza degli stranieri presenti nel nostro Paese, è arrivato senza i documenti necessari, per cercare lavoro e fuggire dalla miseria e dalle discriminazioni, e, dunque, irregolarmente;
   il giovane, omosessuale dichiarato e attivista dell'associazione per la tutela delle persone omosessuali, Arcigay, ha inoltrato una domanda di emersione del lavoro domestico, ai sensi della legge n. 102 del 2009, subendo proprio in occasione di questa procedura, una truffa per la quale ha sporto denuncia-querela presso la procura della Repubblica di Rimini;
   in data 17 giugno 2010 il giovane, essendo persona offesa dal reato, ha inoltrato alla questura di Ravenna una istanza di rilascio di permesso di soggiorno per motivi di giustizia/attesa occupazione;
   in seguito il signor Dioum Alioune, nonostante fosse parte offesa di un procedimento penale in corso, veniva colpito da due decreti di espulsione emessi dal prefetto di Rimini, puntualmente impugnati, senza successo, presso le competenti sedi giudiziarie;
   di fronte alla concreta possibilità di essere allontanato e rimpatriato, Alioune Dioum teme a ragione di essere soggetto a gravi discriminazioni (avendone già subite a tale titolo) ed atti di violenza psicologica e fisica poiché il Senegal, Paese a maggioranza musulmana, pur assai tollerante e pluralista sotto molteplici profili della vita pubblica e del costume sociale, non accetta un diverso orientamento sessuale e, invece di offrire protezione ai soggetti discriminati, asseconda ed incoraggia, seppure in modo non aperto, per il diffuso sistema di valori a base religiosa, gli atti discriminatori;
   il Senegal è tra i 19 Paesi che in occasione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 17 giugno 2011 hanno votato contro la proposta di un documento a sostegno dei diritti delle persone omosessuali;
   il codice penale senegalese del 1965 all'articolo 319, però, punisce con la prigione da 1 a 5 anni «chiunque commetta un atto impudico o contro natura con un individuo del suo stesso sesso»;
   il giovane, inoltre, è affetto da epatite B cronica, malattia per la quale deve sottoporsi a periodici controlli e terapie continuative e che detta condizione è di ostacolo al suo trattenimento in un centro di permanenza temporanea o simili strutture, sia per fondamentali ed ineludibili profili di tutela sanitaria che la promiscuità con altri soggetti non può garantire, sia per il pericolo di subire atti discriminatori o, peggio, molestie e violenze, verbali e/o fisiche;
   la tutela del diritto alla salute rientra tra i diritti umani fondamentali che il testo unico immigrazione, all'articolo 2, garantisce anche al cittadino straniero irregolare;
   conseguentemente, anche ai sensi dell'articolo 14 del testo unico immigrazione, sarebbe auspicabile che lo stesso, ancorché colpito da provvedimento di espulsione, venga sottoposto, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico, alle misure alternative alla detenzione amministrativa –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito ai fatti esposti, se non reputi opportuno attivarsi immediatamente per tutelare il diritto alla salute e gli altri diritti fondamentali di Dioum Alioune. (4-16410)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CODURELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni, a causa dei mancati trasferimenti di fondi a livello centrale e delle politiche di rigore attuate in numerosi istituti scolastici, sia a livello regionale che nazionale, gli insegnanti supplenti, che hanno ricevuto incarico direttamente dal dirigente scolastico, vengono pagati con enormi ritardi, addirittura dopo diversi mesi oppure sono ancora in attesa di essere pagati;
   l'interrogante in data 12 dicembre 2008, presentava un atto di sindacato ispettivo (5-00768) nel quale interrogava il Ministro interessato sulla grave situazione finanziaria degli istituti scolastici della provincia di Lecco e sulla relativa impossibilità da parte dei dirigenti scolastici di poter procedere alla nomina dei supplenti e al pagamento di quelli in servizio;
   dal 2008 la situazione sembra essere rimasta identica: le risorse destinate al funzionamento delle istituzioni scolastiche sono sempre più insufficienti a fronte anche dei tagli al settore imposti dal precedente Governo;
   in Lombarda, in alcuni istituti scolastici della provincia di Lecco già da diversi mesi ad esempio non si sta procedendo al pagamento degli stipendi dei supplenti di 3o fascia che hanno appunto ricevuto incarico direttamente dal dirigente scolastico;
   l'ufficio di presidenza dell'ASAL (associazione delle istituzioni scolastiche della provincia di Lecco) in occasione della visita del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Profumo a Lecco il 16 febbraio 2012, ha consegnato al Ministro una lettera nella quale ha posto all'attenzione del Governo la questione dei residui attivi di cui le scuole sono creditrici nei confronti dello Stato con l'auspicio che finalmente arrivi un segnale di inversione di tendenza affinché le scuole che hanno, con difficoltà e senso del dovere, fatto fronte a tutti i loro impegni, vengano finalmente valorizzate anziché essere penalizzate con mancati versamenti;
   in particolare in alcune scuole la situazione è maggiormente acuita. Si registrano infatti ritardi nei pagamenti, pur facendo fronte grazie agli anticipi di cassa dei singoli istituti a partire da: ISS Bertacchi di Lecco, ISS Badoni di Lecco (da pagare dicembre 2011 e aprile 2012), IPS Fumagalli di Casatenovo (febbraio e marzo verranno pagati a fine maggio, restano da pagare aprile e maggio 2012), liceo artistico Merdardo Rosso di Lecco (da pagare novembre e dicembre 2010, marzo, aprile e maggio 2012, mentre settembre, ottobre, novembre 2011 e gennaio, febbraio e marzo 2012 sono stati pagati a fine maggio 2012), ISS Rota di Calolziocorte (da pagare dicembre 2011, marzo e aprile sono stati pagati a maggio 2012);
   nella sola provincia di Lecco il fabbisogno relativo ai residui attivi delle scuole ad oggi ammonta a oltre 2 milioni di euro;
   il mancato trasferimento delle risorse rischia di acuire i contenziosi tra gli istituti scolastici e i supplenti in servizio e di interrompere l'attività didattica per mancate nomine di supplenti;
   da notizie di stampa si apprende che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con una nota (protocollo 3142 del 23 giugno 2012) del direttore generale per la politica finanziaria, Elisabetta Davoli, dovrebbe erogare un primo saldo dei fondi per retribuire i supplenti assunti nel 2011 –:
   a fronte di tale situazione come intenda operare il Governo per assicurare agli istituti scolastici le risorse necessarie per il pagamento delle competenze dei supplenti al fine di assicurare in tal mondo un normale e dignitoso proseguimento delle attività didattiche. (5-06983)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è stato reso noto l'elenco delle istituzioni scolastiche che nel prossimo anni funzioneranno in Sicilia, ossia dotate di autonomia, queste risultano essere 1.001;
   insieme all'elenco delle scuole dotate di autonomia è stato predisposto l'elenco delle scuole sottodimensionate, quelle scuole che restano sospese in un limbo, in quanto restano aperte ma non avranno un dirigente scolastico;
   le scuole sottodimensionate sono 112 scuole di base e 59 scuole superiori;
   la suddivisione provinciale delle scuole di base sottodimensionate che non avranno un preside è il seguente: ad Agrigento 12 scuole; 6 a Caltanissetta, a Enna 9 scuole, 15 a Messina, 12 a Ragusa, 11 a Siracusa, 15 scuole a Trapani, 23 a Palermo;
   la suddivisione provinciale delle scuole superiori sottodimensionate e che non avranno un preside è la seguente: 4 scuole ad Agrigento, 3 a Caltanissetta, 6 ad Enna, 8 a Messina, 4 a Ragusa, 8 a Siracusa, 6 a Trapani, 10 a Palermo, 10 a Catania –:
   quali azioni intenda intraprendere al fine di verificare la possibilità di evitare che un numero elevato di scuole di base e superiori della Sicilia si trovino senza preside nell'anno scolastico 2012-2013, in gran parte a causa di una quota di alunni frequentanti troppo elevata.
(4-16381)


   GARAGNANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento a quanto avvenuto a Reggio Emilia ove una donna è stata massacrata dal marito extracomunitario di religione islamica unicamente perché colpevole di essersi avvicinata alla Chiesa cattolica e di avere adottato costumi occidentali;
   al di là del fatto particolare, comunque gravissimo in sé, perché perpetrato anche davanti alle figlie, quanto accaduto è emblematico di una sensibilità diffusa in settori della comunità islamica che, in parte significativa, rifiutano l'integrazione e non accettano la legislazione italiana per quanto concerie il diritto di famiglia e la dignità della donna, in ciò aiutati a giudizio dell'interpellante dal comportamento di molti enti locali emiliano-romagnoli e da certi sindacati sempre pronti a parlare di diritti e mai di doveri –:
   se il Governo intenda intensificare gli sforzi in ambito scolastico per rendere edotte le giovani generazioni extracomunitarie sul fatto che l'appartenenza ad un Paese, l'Italia nel nostro caso, significa adesione piena alla tradizione culturale del medesimo che si sostanzia senza riserve nell'accettazione delle leggi che ne regolano la vita e nella conoscenza della storia e della lingua;
   se il Governo intenda assumere iniziative, anche con il coinvolgimento degli enti locali che devono affrontare emergenze sociali rilevanti, affinché sia osservato da parte degli immigrati il dovere ineludibile di rispettare a tutti gli effetti la legislazione italiana. (4-16397)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALADINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il presidente dell'INPS nel corso di un'audizione parlamentare sullo stato delle procedure di accorpamento degli enti previdenziali e sugli effetti delle recenti riforme in materia pensionistica avrebbe comunicato che l'avanzo di gestione maturato dall'Enpals (ente previdenziale dei lavoratori dello spettacolo), oltre 2 miliardi di euro, verrebbe impiegato per colmare l'enorme disavanzo dell'INPDAP che gestisce le pensioni dei dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche e che nel 2011 avrebbe chiuso con un passivo di più di 10 miliardi di euro;
   i lavoratori della musica e dello spettacolo hanno lavorato in questi anni affinando una cultura personale e sindacale proiettata al dovere della contribuzione, ritenuta indispensabile ed utile contro abusi, illegalità, evasione fiscale e concorrenza sleale;
   l'industria musicale ha versato negli anni milioni di euro di contributi per l'opera svolta in sala di registrazione da migliaia di artisti e musicisti;
   l'ente previdenziale esigerebbe nel nuovo contratto nazionale di lavoro tra imprese del settore e sindacati il versamento dei contributi sulle prestazioni professionali fornite da artisti e turnisti in sala di registrazione, calcolati in proporzione al numero di dischi venduti (e con un'eccezione a favore delle piccole e medie imprese per i titoli distribuiti in meno di 1.500 esemplari);
   l'avanzo di gestione maturato dall'ente previdenziale dei lavoratori dello spettacolo (ENPALS) debba sostenere i diritti dei lavoratori di un settore già in crisi e non essere utilizzato per coprire l'INPDAP, l'ente di previdenza del pubblico impiego, in considerazione, anche, delle attuali misere pensioni che vengono erogate –:
   se il Ministro interrogato, non ritenga necessario adoperarsi, pur nel rispetto di ciascun contribuente, per un definitivo chiarimento della questione al fine di favorire la acquisita cultura centrata sul valore e sul dovere della contribuzione mostrata dai contribuenti ENPALS. (4-16376)


   BOBBA, BINETTI, CALGARO e GRASSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 46 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con legge n. 31 del 28 febbraio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29 febbraio 2008, dispone che il diritto alla pensione ai superstiti disabili viene mantenuto anche in caso di attività lavorativa «svolta con finalità terapeutica dai figli riconosciuti inabili, secondo la definizione di cui al comma 1, con orario non superiore alle 25 ore settimanali, presso le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o presso datori di lavoro che assumono i predetti soggetti con convenzioni di integrazione lavorativa, di cui all'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68», con contratti di formazione e lavoro, con contratti di apprendistato o con le agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupati di lunga durata;
   nel passato molti genitori di persone con sindrome di Down, per timore della perdita di una certezza economica, quale la pensione di reversibilità in favore del figlio, hanno rinunciato spesso ad occasioni di lavoro, importanti e decisive per la qualità della vita dello stesso, in termini di formazione professionale e di inserimento lavorativo e quindi anche sociale;
   tale scelta, oltre ai danni che può provocare al singolo individuo, determina notevoli costi sociali, trasformando potenziali contribuenti, quali i lavoratori con sindrome di Down, in assistiti permanenti, non solo sul piano pensionistico, ma anche per l'incremento di domanda che suscita rispetto alla fruizione di servizi assistenziali;
   tale fenomeno è destinato a crescere, visto l'allungamento della vita delle persone con sindrome di Down;
   il sopraccitato articolo 46 è particolarmente importante, perché consente a molte famiglie di affrontare con maggiore serenità il futuro dei propri figli, che non si trovano più, come accadeva in precedenza, nella condizione di dover rinunciare alla pensione di reversibilità dei genitori nel caso di svolgimento di attività lavorativa;
   nonostante il disposto dell'articolo in esame abbia finalmente risolto tale situazione, si evidenziano alcuni dubbi interpretativi a livello amministrativo, che rischiano un'applicazione riduttiva della normativa, riguardanti in particolar modo la finalità terapeutica e le modalità di assunzione;
   il riferimento all'articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, nell'articolo 46 del decreto-legge, esclude tutti coloro che sono stati assunti prima della emanazione della stessa legge, quindi molti di coloro che lavorano da diversi anni e che sono stati assunti ai sensi della precedente normativa, che non disponeva dello strumento delle convenzioni;
   le agevolazioni fruibili dal datore di lavoro che assume con la convenzione non sempre sono convenienti, in quanto vengono erogate a volte con anni di ritardo, o possono non arrivare affatto, vista la natura instabile delle stesse, relative al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, che stabilisce annualmente con apposito decreto un riparto tra le diverse regioni –:
   se il ministro in indirizzo non intenda opportuno individuare quanto prima un criterio che assimili ai criteri di assunzione esplicitati tutti i rapporti analoghi per caratteristiche di beneficiari e tipologie contrattuali;
   se lo stesso ministro, nel definire i criteri e nell'individuare gli organi competenti al riconoscimento della finalità terapeutica, non ritenga questa implicita per tutti i casi di attività lavorativa svolta da persone affette da disabilità intellettiva. (4-16388)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 28 maggio 2012 ha avuto luogo un grave incidente sul lavoro in un cantiere in via Val Padana, nel quartiere Montesacro a Roma;
   in detto incidente, a causa della caduta di una gru risulta che un operaio è deceduto mentre altri due sono rimasti feriti –:
   l'esatta dinamica dell'incidente;
   se le misure di sicurezza previste dall'attuale normativa siano state rispettate;
   quali iniziative urgenti si intendano promuovere, sollecitare, adottare in ordine a quella che assume di giorno in giorno i contorni di una vera e propria strage.
(4-16408)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto direttoriale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 13718 del 23 maggio 2012 firmato dal direttore generale dottor Francesco Saverio Abate, che ha sancito per i pescatori professionisti il divieto «di effettuare catture accessorie (by-catch) di tonno rosso, a decorrere dal giorno successivo alla data di affissione del presente provvedimento all'albo delle autorità marittime che devono provvedervi entro e non oltre le ore 13,00 del giorno 24 maggio 2012» stante che la campagna di pesca al tonno rosso è attualmente aperta, e disponibili le relative quote del contingente assegnato dell'Unione europea all'Italia;
   l'attuazione immediata di un decreto non pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dovrebbe prevedere la necessaria tolleranza per quelle imbarcazioni impegnate in battuta di pesca di lunga durata, che facessero ritorno in porto nei giorni immediatamente successivi alla affissione all'albo delle autorità marittime, così da evitare pesanti sanzioni a incolpevoli pescatori, che sconoscendo la portata del provvedimento sbarcassero più di un esemplare di tonno rosso quale «cattura accessoria»;
   il significato stesso di «cattura accessoria», indica un concetto di indipendenza dalla volontà, per cui detto divieto sembrerebbe di difficile applicazione pratica, stante che a tal proposito il vigente regolamento (CE) 302/2009, vincolante per tutti gli Stati membri dell'Unione europea compresa l'Italia, al comma 2 dell'articolo 11 recita testualmente «Le catture accessorie sono detratte dal contingente assegnato allo Stato membro di bandiera. Quando è aperta la pesca del tonno rosso è vietato rigettare in mare gli esemplari morti delle catture accessorie di cui al paragrafo 1, che devono essere imputati al contingente delle Stato membro di bandiera»;
   la disponibilità attuale del contingente assegnato all'Italia e le relative attività di pesca autorizzate regolarmente aperte, l'applicazione pratica del decreto direttoriale comporterebbe il rigetto in mare delle «catture accessorie», in contrasto con il 2o comma dell'articolo 11 regolamento (CE) 302/2009 e con i principi della politica comune europea, per ridurre e/o eliminare i rigetti in mare di esemplari catturati morti;
   non sembra, attenuare la portata del provvedimento neppure il comma 3 dell'articolo unico del decreto direttoriale citato, in quanto le imbarcazioni impegnate in battute di pesca di lunga durata non possono assolutamente prevedere né tantomeno limitare volontariamente, le catture «accessorie» ad un unico esemplare per battuta di pesca, con la conseguenza che gli esemplari catturati morti in eccedenza al primo finirebbero gettati in mare, senza la possibilità di essere detratti dal contingente italiano;
   i pescatori nel regolare svolgimento della loro attività di pesca, nel caso di «catture accessorie» dovrebbero comunque violare una delle due norme:
    1)  il regolamento (CE) 302/2009 rigettando in mare gli esemplari catturati morti;
    2)  il decreto direttoriale, issandoli a bordo e consegnandoli alle autorità marittime competenti come previsto dal regolamento 302/2009 –:
   quali provvedimenti intende adottare il Ministro interrogato per assicurare l'adozione di misure compatibili con il dettato comunitario in materia (regolamento (CE) 302/2009), ritirando il decreto direttoriale n. 13718 del 23 maggio 2012 relativamente il divieto di effettuare catture accessorie. (5-06984)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAGIANO, DI PIETRO, DI GIUSEPPE, MESSINA e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il sistema delle «quote latte» – ossia il quantitativo massimo di latte, stabilito a livello comunitario nel 1980, producibile da un'azienda lattiero-casearia e allo sforamento del quale si determina una «multa» che i produttori devono pagare alla stessa Unione Europea – è controllato, in Italia, al Ministero delle politiche agricole e forestali;
   in particolare, la gestione ed il controllo dei dati da cui dipendono le «quote latte» (totale degli animali produttori di latte, aziende produttrici di latte, e altro) sono affidati, dallo stesso Ministero, all'Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, che amministra direttamente anche i 7 miliardi che lo stesso dicastero destina ai contributi all'agricoltura;
   molti sono i problemi che l'Italia sta affrontando, sin dalla metà degli anni novanta, in questo particolare settore, specie per i ritardi nei pagamenti delle multe di alcuni allevatori che hanno portato anche all'avvio di una procedura d'infrazione nei confronti del nostro Paese da parte dell'Unione europea;
   allo stato attuale, sono in corso indagini ed accertamenti volti a definire se nella gestione delle «quote latte» italiane sussista l'ipotesi di corruzione e bancarotta – al momento contro ignoti – relativamente a circa 350 milioni di euro che per una decina d'anni, tra la fine degli anni ’90 e il 2009 – come sancito dalle recenti condanne in due processi – non sarebbero stati versati all'Unione europea;
   per la definizione di queste particolari «quote» è fondamentale, in ogni caso, la registrazione in una banca dati nazionale degli animali e delle aziende nazionali in grado di produrre latte. Questo database, in Italia, è gestito dal SIN (Sistema informativo nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura) di cui usufruisce la stessa Agea;
   da una recentissima inchiesta condotta dalla trasmissione Report su Rai 3 è emerso, però, che all'interno di questa banca dati vi sono molte incongruenze, tali da recare danni agli stessi allevatori, costretti a pagare multe per eccessi di produzione di latte calcolati su dati nazionali errati, che si ripercuotono anche sull'economia dell'Italia tutta;
   l'ammontare delle sanzioni sinora pagate all'Unione europea è, infatti, pari a 4,4 miliardi di euro e se ci fossero degli errori nella gestione del sistema informativo agricolo nazionale, alcuni di questi soldi potrebbero essere restituiti al nostro Paese;
   in particolare, dall'inchiesta di Report – trasmessa il 6 maggio 2012 – è emerso che all'interno del database degli animali produttori di latte si trovano schedati bovini – come gli Yak – che in realtà non producono latte o, cosa ancora più grave, sono state registrate aziende di produzione di latte che in realtà sono dismesse da anni;
   inoltre, all'intero di questo sistema informatico si troverebbero aziende che, non è chiaro per quale meccanismo, produrrebbero quintali di latte senza possedere alcun capo di bestiame;
   esistono, per di più, anche alcune aziende agricole registrate come «di montagna» che effettivamente hanno sede in altri luoghi ma usufruiscono del vantaggio di non dover rispettare le «quote latte» proprio perché situate in zone particolari come l'alta montagna;
   in generale il conteggio totale nazionale degli animali produttori di latte risulta impreciso. L'Agea nel 2008/2009 ha registrato, infatti, circa 1.600.000 vacche da latte, mentre dall'indagine dei Carabinieri condotta nel 2010, che ha comparato i dati dell'Agea con quelli forniti dall'Istituto Zooprofilattico di Teramo, che gestisce l'anagrafe bovina, per lo stesso anno ne sono state contate 1.400.000;
   a seguito di questa indagine il numero di vacche segnalate dall'Agea nel 2010 è sceso a 1.300.000 capi. Il segno, a parere dell'interrogante, è che i dati trasmessi all'Unione europea, sui quali vengono poi definite le «quote latte», non parrebbe attendibile;
   è evidente che, agli occhi dell'interrogante, allo stato attuale, manca in Italia un controllo certo sui capi di bestiame e sulle aziende agricole produttrici di latte e ciò compromette inevitabilmente l'intero settore produttivo, penalizzando, in particolare gli allevatori che, operando in regime di legalità e trasparenza, sono costretti spesso a pagare multe esorbitanti;
   dall'inchiesta condotta da Report è emerso, inoltre, attraverso il recupero di una corrispondenza risalente al 2007, che molti capi di bestiame restano registrati nel database dei produttori di latte anche dopo la loro morte;
   il compito di controllare che le aziende effettivamente esistano e producano latte è demandato all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e allo stesso Ministero, che però sembrerebbero non rilevare tali numerose anomalie;
   nel corso degli ultimi anni, sempre secondo quanto descritto dalla trasmissione di Rai Tre e da quanto emerso nella relazione dei Carabinieri avviata nel 2010 in relazione alla gestione delle «quote latte» in Italia, i ruoli apicali di Agea, SIN e Coanan (Consorzio anagrafe animale) sono stati ricoperti dalle stesse persone, tanto che il confine tra controllato e controllore appare sempre più sfuggente –:
   se sia a conoscenza della grave situazione messa in luce dalla trasmissione Report ed esposta in premessa circa l'apparente, ambigua gestione del sistema informativo agricolo nazionale, nonché i mancati controlli alle aziende irregolari, e se non intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per sanare una così grave anomalia che mette il nostro Paese in una situazione inaccettabile nei confronti della Comunità europea, e che soprattutto danneggia un settore importante come quello della produzione di latte in Italia, che sta affrontando, insieme a tutto il comparto agricolo nazionale, una profonda crisi. (4-16401)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Niscemi (Caltanissetta), in contrada Ulmo, è in fase di completamento un'opera edilizia della Marina militare statunitense, per la realizzazione di un sistema di radiocomunicazione satellitare a fini bellici, mobile user objective system (MUOS) che avrebbe una potenza di circa due milioni di watt;
   l'opera è localizzata all'interno della riserva naturale orientata Sughereta di Niscemi, area di notevole pregio naturalistico nonché sito di interesse comunitario riconosciuto a livello europeo;
   la realizzazione di tale opera ha suscitato grande allarme e preoccupazioni nella popolazione dei territori interessati che potrebbero essere esposti alle conseguenze ed ai pericoli che deriverebbero dall'inquinamento elettromagnetico che l'impianto del MUOS potrebbe causare;
   negli stessi luoghi esiste già un sistema di radiocomunicazione militare composto da numerose antenne, entrato in funzione nel 1991;
   la stazione inizialmente avrebbe dovuto essere localizzata all'interno della base militare di Sigonella, successivamente è stata scelta un'altra località, per il pericolo di innesco dei missili militari e per i disturbi che avrebbe arrecato al traffico aereo dell'aeroporto di Catania Fontanarossa;
   le proteste, iniziate nel 2009, hanno visto coinvolte le popolazioni, le istituzioni, comitati ed organizzazioni delle provincie di Ragusa, Caltanissetta, Catania, Enna;
   negli ultimi mesi sono state realizzate numerose iniziative pubbliche di sensibilizzazione, raccolte di firme ed approvati ordini del giorno da parte dei consigli comunali;
   con il completamento dell'opera, la zona militare diventerà un punto strategico di enorme importanza per le radiocomunicazioni e la Sicilia rafforzerà il suo ruolo di obiettivo militare, con tutti i pericoli che ne possono derivare per la sicurezza dei siciliani che la abitano –:
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti possa escludere che l'attuale localizzazione del MUOS nel comune di Niscemi (Caltanissetta) rischi d'interferire col traffico aereo del nascente aeroporto di Comiso (Ragusa), compromettendo l'investimento per la realizzazione dell'aerostazione e le prospettive di sviluppo economico e turistico di un vasto territorio;
   considerato che molti studi oggi rilevano un'aumentata incidenza della leucemia infantile conseguente all'esposizione ai campi magnetici e che l'Agenzia internazionale ricerche sul cancro (I.A.R.C) ha classificato tali campi come «possibilmente cancerogeni per l'uomo» se il Ministro della salute non ritenga di applicare il principio di precauzione e scongiurare che il sistema MUOS venga localizzato nel comune di Niscemi, esponendo a possibili rischi per la salute una vasta area di territorio densamente popolata;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa escludere che la realizzazione del MUOS nel comune di Niscemi rappresenti un'attività pericolosa per l'ambiente;
   se il Governo possa escludere che la realizzazione del MUOS nel comune di Niscemi potrebbe compromettere la qualità della vita e la salute per gli abitanti della vasta zona che potrebbe essere influenzata dall'inquinamento elettromagnetico che l'impianto potrebbe causare;
   se il Ministro della difesa non ritenga, in funzione del principio di cooperazione, di intervenire presso la Marina militare statunitense, affinché, in assenza di evidenze scientifiche che escludano ogni e qualsiasi rischio a carico dell'ambiente e della popolazione interessata, non realizzi il MUOS nel comune di Niscemi, in quanto potrebbe causare fenomeni rilevanti di degrado all'ambiente e alla popolazione;
   se il Governo non ritenga, in assenza di una piena certezza scientifica, anche in rapporto ai costi diretti a prevenire il degrado ambientale, di adottare un approccio cautelativo al fine di proteggere l'ambiente interessato dalla localizzazione del MUOS nel comune di Niscemi che sarebbe a rischio di danno grave o irreversibile;
   se il Governo non ritenga in particolare di effettuare studi e monitoraggi, per avere garanzie di tutela della salute dell'uomo, della natura e degli animali e per raccogliere informazioni e dati relativi alla pericolosità e alle minacce procurabili da tali sistemi d radiocomunicazioni.
(2-01524) «Causi, Cardinale, Antonino Russo, Samperi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'aborto terapeutico è previsto dagli articoli 4 e 10 della legge n. 194 del 1978 ed, in particolare, dall'articolo 6 della stessa legge che recita: «L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna»;
   durante tale percorso medico-assistenziale agli operatori è richiesta particolare attenzione tanto alla riduzione delle eventuali complicanze, quanto alla salvaguardia di un adeguato comfort psicologico della paziente, considerando il dolore per una gravidanza che, suo malgrado, deve essere interrotta;
   diverse sono le testimonianze recenti di donne che, durante il ricovero in importanti ospedali della Capitale, denunciano di aver vissuto per vari motivi delle esperienze traumatiche (vedasi tra tutte l'episodio personalmente accaduto ad una giornalista de Il Manifesto e riportato sul supplemento Alias in data 5 maggio 2012);
   stanti tali testimonianze risulta agli interroganti che, in alcuni ospedali, il ricovero di donne per aborto terapeutico avverrebbe talvolta (invece che nei reparti di ginecologia) nei reparti di ostetricia, dove vi sono anche le gestanti che si avviano a partorire, con evidente disagio psicologico per le prime;
   risulterebbe, altresì, agli interroganti che alle suddette pazienti ricoverate per aborto terapeutico non venga sempre somministrato un adeguato trattamento antidolorifico e che tale comportamento dei sanitari sia vissuto dalle donne come «punitivo»;
   dopo 34 anni di applicazione della legge n. 194, si deve constatare che, con sistematica ricorrenza, si infiamma un disordinato dibattito contro una legge dello Stato – peraltro confermata da un referendum – che ha rappresentato un passaggio culturale centrale nel riconoscimento e nella promozione dei diritti civili della donna –:
   se corrisponda al vero quanto esposto in premessa relativamente al duplice aspetto del ricovero delle donne sottoposte ad aborto terapeutico nei reparti di ostetricia (invece che nei reparti di ginecologia) e alla presunta mancata somministrazione di adeguate terapie antidolorifiche e, nell'ipotesi affermativa, se ritenga opportuno assumere iniziative volte a prevedere, laddove non esista per le strutture pubbliche, un protocollo sanitario per la somministrazione di eventuali farmaci antidolorifici durante il travaglio per aborto terapeutico. (5-06985)


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Purinethol è un farmaco di fascia A (medicinali essenziali e medicinali per malattie croniche) indicato per il trattamento della leucemia acuta la cui molecola, la mercaptopurina, induce la remissione della malattia ed è indicata, in particolare, nella terapia di mantenimento delle leucemie linfoblastica e mieloide nella forma acuta;
   questo farmaco è indispensabile per evitare ricadute nelle leucemie linfatiche, specie in ambito pediatrico, e non ha sostituti equipollenti;
   la leucemia è il tumore più diffuso dell'età infantile, rappresentando il 33 per cento delle neoplasie infantili. Ogni anno, in Italia, si ammalano circa 5 bambini ogni 100.000 abitanti;
   come si evince da una comunicazione ufficiale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) vi è una carenza sul mercato italiano di Purinethol e tale carenza è dovuta alla sospensione, avvenuta nel dicembre del 2011, della società Laboratories Genopharm Sas, titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del suddetto medicinale, da parte dell'autorità regolatoria francese (AFFSAPS);
   al momento non è possibile prevedere la durata di tale carenza tanto che la stessa AIFA ha predisposto la possibilità di far acquistare tale farmaco, previo rilascio del nulla osta all'importazione del medicinale, alle strutture sanitarie che ne facciano richiesta ai sensi del decreto ministeriale 11 maggio 2001;
   la GlaxoSmithKline, casa produttrice del medicinale, ha dichiarato di aver ceduto i diritti di commercializzazione del Purinethol sin dal 2009 all'azienda farmaceutica Aspen, cui spetterebbe, sempre secondo la Glaxo, «garantire produzione e commercializzazione del farmaco su tutti i territori compresa l'Italia dove ha chiesto in via temporanea a GskItalia, di continuare la distribuzione delle sole scorte residue esistenti a magazzino»;
   ogni anno si ammalano di tumore 1.400-1.500 bambini e l'80 per cento guarisce. Otto su dieci riescono a vivere anche grazie alle cure di Purinethol –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere affinché l'importazione del Purinethol avvenga in tempi rapidi, tali che tutti coloro che necessitano di questo farmaco possano continuare ad assumerlo con la necessaria continuità. (5-06987)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie circolate negli ultimi giorni si apprende che sia decisa da parte del Governo l'approvazione dello schema di decreto legislativo relativo alla riorganizzazione dell'Associazione della Croce Rossa Italiana (CRI) per la «privatizzazione» dell'Ente (atto del Governo n. 424);
   sembrerebbe che la bozza del decreto legislativo faccia riferimento alla legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale (SSN), un riferimento incompleto dato che non si farebbe menzione del decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 1980;
   alla luce di dette indiscrezioni è opportuno ripercorrere gli ultimi decenni della storia della CRI e dei diversi provvedimenti legislativi che hanno portato all'attuale situazione di ingovernabilità, di impoverimento dei suoi beni materiali e immateriali;
   la legge 23 dicembre 1978, n. 833, all'articolo 1, stabilisce che «l'attuazione del Servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni, agli enti locali territoriali». Pertanto, poiché si trattava di un ente di diritto pubblico, fu disposto dalla legge, oltre che il «riordinamento dell'Associazione», lo «scorporo dei servizi sanitari della CRI»; si dispone che sono trasferiti ai comuni competenti per territorio per essere destinati alle unità locali i servizi di assistenza sanitaria dell'associazione CRI, nonché i beni mobili e immobili (scuole per infermiere e assistenti sanitarie, ospedali, navi ospedale, centri trasfusionali, ambulatori) che erano destinati ai predetti servizi ed il relativo personale ad essi adibito, previa indicazione del relativo contingente. Per il trasferimento dei beni e del personale si attuano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui agli articoli 65 e 67 (cioè le disposizioni relative agli enti inutili soppressi);
   sempre all'articolo 70 della legge n. 833 del 1978, al terzo comma, si dispone che «Il Governo, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, è delegato ad emanare, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della difesa, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per il riordino dell'Associazione della CRI, con l'osservanza dei seguenti criteri direttivi»: a) il carattere volontaristico dell'Associazione; b) la determinazione dei compiti in relazione alle finalità statutarie e agli adempimenti commessi dalle vigenti convenzioni e risoluzioni internazionali e dagli organismi della CR internazionale alle società nazionali di CR; c) l'articolazione delle strutture su base regionale, ferma restando l'unitarietà dell'Associazione; d) l'elettività e la gratuità delle cariche;
   imprevedibilmente, e inaspettatamente, nell'esercizio della predetta delega, viene emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 1980 che, secondo gli interroganti, eccedendo la delega stessa, che non prevedeva alcun cambiamento della natura giuridica della CRI, la configura come «ente privato di interesse pubblico», figura che non aveva riscontro nella normativa concernente le persone giuridiche;
   l'attribuzione alla CRI della natura di «ente privato di interesse pubblico» destò non poche perplessità, poiché l'articolo 70 della legge n. 833 del 1978 nulla disponeva in ordine alla sua natura giuridica; infatti, in quanto ente pubblico, aveva subito lo scorporo di beni e attività sanitarie, trasferiti alle regioni, mentre si delegava al Governo solo la ristrutturazione dell'associazione. Pertanto, in sede di attuazione della delega, non si sarebbe potuto valicare legittimamente la delega stessa;
   si ravvisò inoltre una notevole contraddizione tra i penetranti poteri di vigilanza spettanti al Governo (ad esempio articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 1998: rappresentanti ministeriali nel consiglio, Collegio dei revisori dei conti costituito da rappresentanti ministeriali; articolo 4 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica: controllo sulla gestione) e la natura privata della CRI;
   la vigilanza si spiega in rapporto all'esigenza di assicurare il soddisfacimento di scopi rilevanti per l'apparato pubblico (vigilanza in funzione di manovra e di efficienza) mentre la natura privata postula l'autonomia del soggetto. In base a tale autonomia esula dalla vigilanza quanto attiene agli scopi specifici del titolare dell'autonomia, alla organizzazione, alla gestione economica e finanziaria;
   ulteriore causa di contraddizione è identificabile nella imposizione di uno schema organizzativo della CRI che si giustifica solo in rapporto alla necessaria preordinazione dell'Ente al perseguimento di fini, dei quali dispone lo stesso Stato;
   se lo «scorporo», che è un atto amministrativo, avesse seguito, e non preceduto, la ristrutturazione, per uniformarsi ai principi legislativi stabiliti, la CRI, divenuta ente privato di interesse pubblico, per il decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 1980 (ex articolo 70 della legge n. 833 del 1978), in quanto organismo associativo privato, avrebbe mantenuto i beni mobili e immobili, il personale, e avrebbe continuato a svolgere quelle funzioni che la legge n. 833 aveva trasferito al SSN, mediante lo «scorporo»;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 613 stabiliva, come strumento attuativo, un nuovo statuto, per la cui elaborazione (articolo 8) provvede un comitato nazionale composto da un socio della Croce Rossa che lo presiede, prescelto di concerto tra il Ministro della difesa e il Ministro della sanità, e da altri componenti designati, tra gli attuali soci, dai presidenti delle giunte regionali in numero due per ciascuno, tenendo conto di tutte le componenti volontaristiche;
   ebbe così inizio la situazione di un comitato per lo statuto, presieduto da un presidente che si rivelò incapace di far rispettare le regole, di arginare prevaricazioni, di gestire le votazioni; in breve, si verificò una situazione caotica dalla quale emersero due «correnti» contrapposte: a favore della privatizzazione della CRI, l'una, l'altra per la definizione della CRI ente di diritto pubblico e il superamento della sua divisione nelle sei componenti;
   i lavori del comitato furono lunghissimi ed estenuanti. Infine lo statuto fu votato e approvato a maggioranza di 17 contro 12, un astenuto e molti assenti. Il Presidente trasmise al Ministro della sanità lo statuto, dichiarandolo approvato all'unanimità;
   la minoranza, che non aveva ottenuto che il proprio documento fosse trasmesso, lo presentò autonomamente al Ministro della sanità che, peraltro, aveva chiesto al Presidente del Comitato di soprassedere e tentare di arrivare ad un unico documento. Il documento di minoranza era in dissenso dal decreto del Presidente della Repubblica che, tra l'altro, non restituiva alla CRI privata ciò che le era stato sottratto dallo scorporo in quanto pubblica;
   la disciplina della CRI quale ente pubblico fu ristabilita dall'articolo 7 del decreto-legge n. 390 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 490 del 1995, che ha modificato come segue l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 613 del 1980: «l'Associazione Italiana della Croce Rossa ha ad ogni effetto di legge qualificazione e natura di ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e, in quanto tale, è soggetta alla disciplina normativa e giuridica degli enti pubblici»;
   ed è singolare che dal 1978 al 1995 la CRI sia stata un ente di diritto privato, pur avendo un corpo militare e il corpo «militarizzato» delle crocerossine;
   la disciplina della CRI come ente pubblico fu motivata dal dover essa rispondere con criteri di doverosità (necessità, ufficialità) ai compiti tipici derivanti dalle convenzioni internazionali in tema di emergenza internazionale e interna, in tempo di pace e in tempo di guerra, e per assicurare la necessità dell'azione della CRI quale «ausiliaria dei Poteri pubblici», condizione prevista dagli statuti delle società di croce rossa;
   è comunque opportuno rammentare che, sia per l'associazione ente di diritto pubblico sia per l'ente di diritto privato, gli adempimenti commessi dalle vigenti convenzioni e risoluzioni acquistano obbligatorietà dall'essere sottoscritti dai delegati dei Governi in sede di Conferenza internazionale, che è la più alta autorità della CRI, le cui deliberazioni sono sottoscritte dai suoi membri (i delegati delle società nazionali, i delegati degli Stati firmatari della Convenzione di Ginevra, i delegati del Comitato Internazionale, i delegati della Federazione delle società nazionali di Croce rossa e Mezzaluna rossa);
   alla CRI, quale entità (sia pure delegata) dell'organizzazione dello Stato, nella sua articolazione centrale e periferica, e garantita dalle norme del diritto internazionale, alla cui osservanza lo Stato è tenuto, possono essere attribuiti compiti specifici da attuare secondo criteri di ufficialità;
   peraltro, l'ente pubblico (Stato, regioni, comuni) non può utilizzare, come elementi permanenti della propria organizzazione, entità private che possano essere identificate come entità tenute sempre e comunque ad assolvere dei compiti affidati da enti pubblici, a meno che non siano a ciò delegate per compiti specifici;
   secondo lo statuto in vigore, le regioni ed altre pubbliche amministrazioni avrebbero potuto affidare specifici compiti alla CRI, delegarla a determinate incombenze umanitarie, mediante convenzioni, ma tale «possibilità» non ebbe risposta adeguata, sufficiente, e, nemmeno uniforme su tutto il territorio nazionale. È stata persa l'occasione di usufruire di una «forza» operativa di appoggio ai servizi pubblici, cioè di riconoscere la ausiliarità dei poteri pubblici, requisito istituzionale di ogni Società nazionale di Croce rossa;
   lento e inesorabile ebbe inizio il decadimento della CRI che, pur essendo la maggiore associazione di volontariato nel mondo, non può beneficiare di aiuti e vantaggi concessi alle associazioni di volontariato, in quanto ente di diritto pubblico, sebbene in essa operino migliaia di volontari;
   i «mali» della CRI, il 5 novembre 1996, indussero ad istituire un'indagine conoscitiva il cui documento conclusivo fu approvato all'unanimità;
   la Commissione si era posta l'obiettivo di evidenziare i problemi che si erano accumulati all'interno della CRI nei 16 anni di commissariamento. La Commissione, pur riconoscendo la straordinaria capacità, i valori, lo spirito di servizio che caratterizzano una grande parte delle persone che lavorano nell'associazione, riconosceva che la CRI si trovava di fronte a una crisi permanente e a un governo caratterizzato da microconflittualità centrali e periferiche;
   per rispettare la storia e soprattutto dare, in sintonia con i valori, le motivazioni agli aderenti, la Commissione esprimeva la necessità di un vero, profondo cambiamento dei suoi aspetti, con umiltà e con il rispetto che si deve alla CRI, che deve essere considerata un importante patrimonio sociale dell'intero Paese: era maturo, pertanto, il tempo di avviare una verifica severa e progettuale in funzione dei valori e degli obiettivi prioritari che la CRI doveva assumere nel campo sociale, sanitario e della protezione civile;
   nel corso dei decenni, altri statuti tentarono di definire l'organizzazione della CRI: tra tutti, fra buoni propositi elencati nei «Compiti» e la realtà formale, «normata», i Comitati locali rappresentano la più evidente incapacità di quella rifondazione di cui necessita la CRI. Così l'ultimo statuto, nonché la legge delega;
   considerato che a giudizio degli interroganti:
   l'inaccettabile configurazione dei Comitati locali era già evidente nella proposta di statuto presentata all'Assemblea dei soci della CRI dal commissario Scelli, in cui si ipotizzava la costituzione di società per azioni. Con la conversione del decreto-legge, scomparve la CRI SpA, ma non le anomalie relative ai Comitati locali, non più strutture operative della SpA, ma abbandonati a sé stessi. I Comitati locali gestiscono quei servizi e quelle attività che costituiscono i compiti istituzionali (cioè commessi dalle convenzioni e dalle risoluzioni internazionali), ma devono auto-finanziarli, debbono trovare risorse economiche per mantenere sé stessi, le attività e i servizi, ormai irrinunciabili e fortemente radicati sul territorio;
   i molti, troppi commissariamenti sono stati fallimentari, anzi nocivi, all'Associazione perché la scelta dei commissari è sempre stata una scelta strumentale al soddisfacimento di qualche personaggio politico, alla premiazione di chi avesse bene meritato, non della CRI, ma di qualche partito politico;
   l'anomalia più stridente nella prefigurata organizzazione della CRI è il mantenimento del Corpo militare e delle Crocerossine «militarizzate» esse pure;
   tutte le società di Croce Rossa e Mezza Luna Rossa sono «ausiliarie dei Pubblici poteri» e, in tempo di guerra, «ausiliarie delle Forze armate». Per questo compito devono preparare e formare volontari, in tempo di pace;
   in età fascista, in Italia, Spagna e Grecia, le rispettive società di Croce Rossa avevano costituito un Corpo militare. L'assurdità di un corpo militare dipendente dal Ministero della guerra (poi «della difesa») in un'Associazione per definizione, per storia, per statuto, assolutamente neutrale, fu avvertita dagli altri Stati, non dall'Italia che li mantenne ed anzi donò alle Crocerossine la «Bandiera di Guerra»;
   pertanto la riorganizzazione della CRI non può mantenere l'Associazione unica al mondo ad avere dei Corpi militari, con stellette, gradi, compiti presso l'esercito spesso prevalenti su quelli della CRI;
   come affermò un Presidente della Croce Rossa Internazionale, tutte le società nazionali di Croce Rossa hanno delle infermiere, loro vanto è la Croce Rossa sulla bianca divisa e non le spalline con le stellette militari;
   la Cisl Fp dice no al ridimensionamento della CRI, un progetto che il Governo Monti vorrebbe attuare e che, per il sindacato, metterebbe a rischio qualità dei servizi ed i posti di lavoro;
   dopo l'incontro con il Ministro della salute, Renato Balduzzi, la federazione del pubblico impiego della Cisl esprime forte preoccupazione sul piano di riordino della CRI che prevede la soppressione dell'attuale ente pubblico ed il trasferimento delle funzioni ad una associazione di interesse pubblico con personalità giuridica di diritto privato. Si legge sul quotidiano della Cisl «Conquiste del lavoro»: «“Abbiamo manifestato al ministro il nostro dissenso – spiega Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Fp – rispetto ad una scelta che può tradursi facilmente in un ridimensionamento del livello della qualità e quantità di servizi. Prestazioni che, interessando l'assistenza sociale ed il soccorso sanitario, sono vitali per le persone e le comunità. Siamo i primi a chiedere la riqualificazione della spesa pubblica e la riorganizzazione della Croce Rossa. Ma diciamo no ad operazioni draconiane, a tagli lineari di spesa e di posti di lavoro che finiscono per pesare sulla collettività più di quanto promettono di risparmiare: perché non tagliano costi inutili ma carne viva”. Il piano del ministro pone seri problemi sul versante della occupazione, attacca la Cisl Fp. “L'eventuale passaggio della Croce Rossa – aggiunge Faverin – ad associazione privata consentirà infatti alla nuova dirigenza di stabilire le dotazioni organiche senza discutere i criteri di scelta e senza garanzie per i lavoratori in esubero. Per molti di loro si profilerebbe la mobilità. Mentre i lavoratori a tempo determinato finirebbero addirittura per rimanere a casa alla scadenza del contratto e comunque entro la fine del prossimo anno. Tutto questo è inaccettabile. Sono a rischio 3.000 posti di lavoro”. La protesta non si ferma. La Cisl Fp rilancia. Vengono confermate tutte le iniziative in programma, a partire dal presidio di oggi davanti alla sede del Ministero della Salute. “Dal ministro ci aspettiamo una nuova convocazione per la prossima settimana – conclude Faverin –. E una modifica sostanziale ad un progetto che così com’è è inaccettabile”»;
   i coordinatori nazionali dei sindacati CGIL e USB, Pietro Cocco e Massimo Gesmini, hanno rivolto un appello al Ministro della salute Renato Balduzzi in relazione alle notizie e alla bozza di decreto legislativo sulla riorganizzazione della Croce Rossa circolate negli ultimi giorni, affinché nell'emanare il testo definitivo del provvedimento normativo il Governo tenga conto di quanto le organizzazioni sindacali hanno già rappresentato nel corso degli incontri svoltisi nelle sedi istituzionali e cioè che la privatizzazione dell'Associazione deve necessariamente essere il frutto di una gestione ordinaria e non commissariale;
   il segretario del Pdm (Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia), Luca Marco Comellini, si è associato alla richiesta delle organizzazioni sindacali augurandosi che da parte del Ministro vi sia massima attenzione e che la legalità e la trasparenza siano il centro della questione. Comellini ha inoltre ricordato al Ministro Balduzzi che occorre evitare che si ripeta quanto avvenuto lo scorso mese di dicembre 2011 in occasione del maldestro tentativo, conclusosi con un nulla di fatto, di far passare dalle Commissioni parlamentari un decreto viziato ab origine;
   il 26 gennaio 2012 accogliendo l'ordine del giorno 9/4865-AR/10 il Governo si è assunto l'impegno di far eleggere entro il 1o giugno i nuovi vertici della Croce Rossa –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di garantire alla CRI un ordinamento di giustizia, di rigore e trasparenza amministrativa nonché di valorizzazione di quanti vogliono contribuire disinteressatamente alla crescita culturale, morale ed operativa dell'ente, ponendo fine ad ogni forma di gestione clientelare e personalistica, che garantisce impunità ai «favoriti»;
   se non ritenga che dovrebbero essere i soci della CRI a decidere il futuro dell'associazione e non la politica degli interessi e che il Corpo militare potrebbe utilmente essere accorpato nella Protezione civile, ai fini della cui attività, il Corpo militare dispone di notevolissime attrezzature e di una certa preparazione, ma non nella sanità, o comunque che il Ministro della difesa se ne faccia carico, assumendo ogni utile iniziativa per una adeguata collocazione degli appartenenti nei corrispondenti ruoli delle Forze armate;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di avviare immediatamente nuove elezioni per organi collegiali democraticamente eletti fino al riordino della CRI, riportandola ai compiti istituzionali, considerato che, a giudizio degli interroganti, in questi anni di commissariamento non è stato prodotto alcun miglioramento gestionale dell'ente;
   quali iniziative, alla luce delle preoccupazioni esplicitate dalla Cisl Fp in relazione al piano di riordino della CRI, intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per salvaguardare l'attività dei lavoratori in questione. (5-06992)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la bambina C.S. nata a Catania il 1o marzo del 2011, per una serie di errori, incompetenze ed omissioni, ha subito in occasione del parto gravissime lesioni e danni cerebrali che l'hanno relegata fin da subito in uno stato di coma vegetativo;
   i genitori, fin da subito, hanno assunto ogni genere d'informazione al fine di trovare cure adatte ed adeguate al caso, rivolgendosi infine all'Azienda ospedaliera «Spedali riuniti di Brescia»;
   la collaborazione con la «Stamina Foundation onlus», l'ospedale di Brescia ha dato il via a dei protocolli con l'uso di cellule staminali mesenchimali autologhe per tentare di ricostruire i danni cerebrali della bambina;
   una volta ottenuto l'approvazione da parte del Comitato etico dell'Ospedale di Brescia e sottoposta a carotaggio osseo per estrarre piccoli pezzi di midollo dal quale ricavare le cellule mesenchimali autologhe, la bambina viene aviotrasportata con volo della Presidenza del Consiglio a Brescia dove riceve il primo dei cinque trattamenti previsti dal protocollo. Il secondo trattamento viene ripetuto il 12 aprile 2012;
   i miglioramenti sono evidenti, come certificato da una relazione da parte del personale medico dell'ospedale in cui è ricoverata la piccola (rianimazione pediatrica), la bambina riprende un po’ di tono muscolare, risponde agli stimoli esterni e riesce ad essere svezzata dal ventilatore automatico riuscendo a respirare anche per alcuni giorni;
   nel frattempo, ordinato dalla procura della Repubblica di Torino, arriva un sopralluogo ispettivo del Comando Nas di Torino presso l'Azienda ospedaliera di Brescia a cui segue una richiesta di collaborazione con l'Agenzia italiana del farmaco;
   a seguito della richiesta di collaborazione, l'Agenzia italiana del farmaco emette l'ordinanza 1/2012 con la quale vieta a far data dal 15 maggio 2012 all'azienda ospedaliera «Spedali civili di Brescia» di effettuare prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane in quanto, tra le altre cose, non sarebbe dimostrata la mancanza di una valida alternativa terapeutica;
   l'esistenza di una valida alternativa terapeutica l'Agenzia italiana del farmaco non l'ha provata ed ha lasciato l'onere della prova a carico dei genitori della bambina ma, a giudizio dell'interrogante, se esiste una valida cura alternativa è l'Agenzia italiana del farmaco che la deve indicare e non deve essere il paziente a provare che non esiste per lui alternativa terapeutica a quella staminale;
   la terapia staminale sulla bambina era stata approvata dal comitato etico dell'Ospedale di Brescia a «norma di legge», due quinti della terapia sono stati fatti e questa brusca interruzione ne sta compromettendo il futuro –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti dell'Agenzia italiana del farmaco al fine di far ritirare l'Ordinanza di cui sopra e far riprendere la terapia alla piccola C.S. (4-16391)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il pronto soccorso dell'ospedale di Nola il 4 gennaio 2012 è stato trasferito «temporaneamente» nello scantinato un tempo ex cucine del Santa Maria della Pietà, per consentire l'avvio dei lavori di ammodernamento della struttura;
   detta sistemazione, «provvisoria» rischia di protrarsi per lungo tempo, dal momento che il cantiere per i lavori non è neppure stato aperto, una situazione che procura notevole e immaginabile disagio per pazienti e personale sanitario;
   luci sempre accese e nessun ricambio di aria sono solo alcuni dei problemi per i quali risulta essere stato chiesto l'intervento del medico aziendale;
   in una corrispondenza della giornalista Carmen Fusco pubblicata il 17 maggio 2012 sul quotidiano Il Mattino si può leggere: «Tra stampanti che non funzionano perché manca il toner, guanti di lattice che non si acquistano, macchinari fuori uso e, soprattutto assenza di personale infermieristico indispensabile per far funzionare quel triage attivo solo sulla carta, altre due tegole si sono abbattute sull'ospedale di Nola. La prima, pesantissima, riguarda i lavori delle sei sale operatorie. Il cantiere è fermo dal mese di ottobre perché la ASL non paga; per giunta la scorsa settimana la ditta incaricata ha deciso di chiedere la rescissione del contratto: una vertenza giudiziaria che adesso rischia di allungare a dismisura i tempi di realizzazione di un'opera importantissima per la soddisfazione della domanda di sanità da parte degli oltre 500 mila utenti del nosocomio»;  
   risulta praticamente dimezzato il centro trasfusionale che dall'8 maggio 2012 garantisce il servizio solo nei giorni feriali dalle 8 alle 14; per il restante tempo l'emergenza sanitaria viene fronteggiata con nove unità di sangue conservate nel frigo emoteca: tre di gruppo zero rh negativo e sei di zero rh positivo; a determinare il dimezzamento del centro trasfusionale è la carenza di organico medico: uno dei due medici in servizio è, infatti, prossimo alla pensione e, a quanto pare, non sarà sostituito –:
   se sia in grado di confermare l'esattezza di quanto sopra esposto e se ciò dipenda dall'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario in corso di esecuzione nella regione Campania. (4-16398)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   Nokia Siemens Network, è una società nata ad aprile del 2007, dalla fusione tra Nokia e Siemens, è presente in 150 Paesi, ed è tra i principali fornitori al mondo di servizi e soluzioni per le telecomunicazioni su reti fisse, mobili e convergenti;
   fino a pochi anni fa la società Nokia Siemens Network, in Italia, contava circa 3.000 dipendenti;
   nel novembre 2011 la società Nokia Siemens Network ha annunciato circa 17.000 esuberi a livello mondiale;
   lo scorso 4 maggio la società Nokia Siemens Network ha reso noto il nuovo piano industriale riguardante la presenza del gruppo nel nostro Paese, questi ha previsto il licenziamento di 580 dipendenti sugli attuali 1.100 e il piano industriale ha preannunciato l'avvio di un processo di pianificazione che potrà avere impatti ulteriori sull'esistenza delle singole sedi;
   allo scopo di ridurre i costi di real-estate, lo scorso 6 febbraio 2012, è stata già annunciata la chiusura della sede di Palermo e il conseguente trasferimento presso lo sede di Catania dei quattro dipendenti ivi impiegati;
   i preoccupanti tagli avviati da Nokia Siemens non sono un fatto isolato; rientrano, infatti, in una crisi generalizzata che ha investito l'intero settore delle TLC italiane coinvolgendo anche altre importanti realtà aziendali presenti nel nostro paese quali Alcatel-Lucent, Italtel, Sirti, Jabil e Linkra, con pesanti ricadute sul piano occupazionale, economico e sociale;
   la difficile situazione finanziaria in cui versano le società del settore tlc potrebbe produrre 2.500 esuberi tra operai, tecnici e ingegneri e mettere a rischio la stessa sopravvivenza dei centri presenti nel Sud Italia e, in particolare, di quello di Catania da sempre considerato centro di eccellenza nella creazione di soluzioni innovative per i servizi a valore aggiunto per gli operatori di telefonia fissa e mobile italiana e di tutto il sud Europa;
   il centro NSN di Catania ha più volte partecipato, insieme all'università di Catania, a piccole e medie imprese e ad altri centri di ricerca italiani e europei, a progetti europei e ha recentemente ottenuto l'approvazione per un progetto Pon relativo alla costituzione un laboratorio interregionale per la creazione di servizi;
   l'eventuale cancellazione di tale centro costituirebbe un grave passo indietro per tutto il meridione in quanto, oltre ad impattare negativamente ed in modo preoccupante sulla già fragile e sofferente economia del sud Italia, cancellerebbe una realtà importante per il territorio capace di contribuire efficacemente all'innovazione, allo sviluppo di competenze e alla creazione di un qualificato indotto nelle realtà locali;
   il Governo in carica ha previsto 2,3 miliardi di euro di fondi per il Sud di cui 900 milioni di euro per la competitività e l'innovazione delle imprese incentivando il comparto e stimolando il business interno al territorio;
   il settore delle TLC è un settore strategico che produce direttamente il 5 per cento del PIL dell'Unione europea e ha un valore di mercato di 660 miliardi di euro l'anno;
   l'Italia si è impegnata a rispettare gli obiettivi dell'Agenda digitale EU2020, tra questi figurano: a) la copertura entro tale data del 100 per cento della popolazione europea con connessioni dotate di capacità pari ad almeno 30 megabit al secondo e del 50 per cento delle famiglie con servizi che garantiscano una capacità di oltre i 100 megabit la secondo;
   il decreto-legge 9 febbraio 2012 n. 5, ha istituito la cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, cui è stato affidato il compito di accelerare il percorso di realizzazione della medesima agenda in raccordo con le strategie europee, predisponendo una serie di interventi normativi mirati;
   sono sei gli assi su cui si articola l'Agenda digitale italiana, sviluppati attraverso altrettanti gruppi di lavoro suddivisi in base ai principali obiettivi della strategia, il gruppo di lavoro «Ricerca e investimenti», finalizzato a promuovere l'innovazione tecnologica e gli investimenti nelle infrastrutture di comunicazione elettronica, è stato assegnato ai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dello sviluppo economico;
   gli ambiti della ricerca tecnologica e degli investimenti in infrastrutture di comunicazione elettronica appaiono particolarmente rilevanti sia per la diffusione capillare delle reti e delle tecnologie dell'informazione sia per il mantenimento e la crescita di aree industriali fondamentali per l'economia lombarda e conseguentemente italiana –:
   se ritengano che il dimezzamento da parte di Nokia Siemens Network dei propri addetti nel settore dei servizi e delle tecnologie di telecomunicazioni in Italia e, in particolare, la chiusura di realtà quale quella catanese una delle ultime sedi di servizi per telecomunicazioni nel Mezzogiorno, e la drastica riduzione del personale del gruppo sia compatibile che con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, l'Agenda digitale italiana, l'istituzione della cabina di regia e i fondi recentemente stanziati per Innovazione;
   con quali atti e iniziative intendano affrontare con la massima urgenza la situazione di Nokia Siemens Network, di concerto con l'azienda e con la regione Sicilia, valutandone il piano industriale e verificando l'esistenza di condizioni per evitare il licenziamento di 580 lavoratori in tutta Italia;
   se non ritengano fondamentale e strategico, in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale italiana e con i compiti assegnati ai Ministeri dello sviluppo economico, sostenere le aziende di information&communication technology presenti sul territorio e i lavoratori in esse impiegati, al fine di sviluppare la ricerca e incentivare gli investimenti nelle nuove reti e tecnologie della comunicazione;
   se non ritengano necessario convocare con estrema urgenza il tavolo di settore delle telecomunicazioni, al fine di affrontare la situazione di Nokia Siemens Network e delle altre aziende del settore gravemente colpite dalla crisi quali Alcatel-Lucent, Italtel, Jabil, Sirti e Linkra. (4-16377)


   DOZZO, FUGATTI e CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è tenuto al pagamento del canone di abbonamento RAI «chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni», ai sensi dell'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246. La Corte costituzionale nel 2002 ha riconosciuto al canone Rai la natura sostanziale di imposta per cui il canone di abbonamento è dovuto per la mera detenzione di un apparecchio televisivo indipendentemente dall'utilizzo che ne venga fatto o delle trasmissioni seguite o che per motivi orografici non sia possibile ricevere uno o più canali della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
   la dicitura utilizzata dal regio decreto del 1938 è anacronistica e obsoleta e fra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione del segnale televisivo potrebbero oggi essere ricompresi pc, videotelefonini, videocitofoni. Sulla questione sono stati presentati numerosi atti parlamentari in cui si chiedeva chiarezza circa l'individuazione degli apparecchi diversi dai televisori tradizionali per cui era dovuto il pagamento del canone;
   dopo anni di incertezza, in cui il Ministero ha ammesso la non sussistenza di un'interpretazione univoca per il pagamento del canone sugli apparecchi diversi dalla televisione, e dopo anni in cui la questione veniva rimbalzata fra Ministero e Agenzia delle entrate, la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo Rai ha inviato, a febbraio 2012, a milioni di imprese e società la richiesta di corresponsione dell'abbonamento speciale, sulla base delle disposizioni contenute nel decreto Salva Italia;
   il decreto Salva Italia (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) all'articolo 17 prevede infatti che «le imprese e le società (...), nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza (...), ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale»;
   in seguito alle proteste delle imprese e di molti parlamentari, con nota del 22 febbraio 2012 il Ministero dello sviluppo economico – dipartimento per le comunicazioni ha precisato cosa debba intendersi per «apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni» ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare il canone di abbonamento radiotelevisivo ai sensi della normativa vigente (regio decreto-legge n. 246 del 1938). In sintesi, debbono ritenersi assoggettabili a canone tutte le apparecchiature munite di sintonizzatore per la ricezione del segnale (terrestre o satellitare) di radiodiffusione dall'antenna radiotelevisiva. Ne consegue ad esempio che di per sé i personal computer, anche collegati in rete (digital signage o simili), se consentono l'ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi via Internet e non attraverso la ricezione del segnale terrestre o satellitare, non sono assoggettabili a canone;
   nei giorni scorsi la Rai ha mandato nuove lettere alle aziende, chiedendo il pagamento dell'abbonamento speciale per gli apparecchi televisivi, i decoder per televisione digitale terrestre o satellitare e i videoregistratori, specificando che dal 2012 il numero di abbonamento speciale deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi, come a voler far erroneamente intendere che tutte le imprese siano tenute a pagare, a prescindere dagli apparecchi posseduti. Altre uscite per le imprese, altri bollettini da pagare, altri gravami per i nostri imprenditori;
   in un momento di grave crisi economica, colpire il sistema produttivo con l'ennesima gabella con un gettito stimato superiore al miliardo di euro è una manovra ingiustificata quanto depressiva e significherebbe, di fatto, imporre una nuova imposta sull'innovazione, sullo sviluppo tecnologico e sul lavoro –:
   se, in questo grave momento di crisi economica, non ritenga opportuno non dar corso agli effetti delle richieste di pagamento a carico delle imprese e delle società inviate dalla RAI-radiotelevisione italiana Spa, per la corresponsione del canone speciale di abbonamento e conseguentemente l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazione dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 per non gravare ulteriormente sul settore produttivo così drammaticamente colpito dalla congiuntura economica. (4-16378)


   ROSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   diverse sono state le interrogazioni parlamentari che hanno evidenziato al Governo i discutibili criteri di certificazione dell'importazione di energia rinnovabile che il Gestore dei servizi energetici (GSE) pretende dagli importatori;
   ripetute sono state anche le denunce sugli organi di comunicazione; in particolare la trasmissione Report in onda il 28 novembre 2010, dove lo stesso Sottosegretario pro tempore, onorevole Stefano Saglia, poneva chiaramente in dubbio la veridicità dei certificati verdi di origine, evidenziando un grave danno economico per i contribuenti italiani;
   la problematica è stata sollevata anche da associazioni a tutela dei diritti dei consumatori;
   si evidenzia che il costo delle certificazioni di importazione di energia rinnovabile, con ricaduta nelle bollette degli italiani attraverso la componente tariffaria A3, è stimato in circa 500 milioni di euro negli ultimi 10 anni;
   il Gestore dei servizi energetici, soggetto preposto al controllo delle certificazioni, non ha mai provveduto a sollevare la problematica a livello istituzionale continuando ad accettare le certificazioni che gli venivano sottoposte e, peraltro, dedicando le risorse degli italiani, che ad esso affluiscono in quanto beneficiario della componente tariffaria A3, ad attività diverse;
   l'inattività del Gestore dei servizi energetici che ha peraltro creato gravi problemi di concorrenza e di alterazione del mercato, ha portato, per quanto a conoscenza dell'interrogante, ad un formale esposto al procuratore del tribunale di Roma teso ad appurare la responsabilità civile e penale del Gestore dei servizi energetici nella gestione dei compiti affidatigli dalla legge ed in attuazione del codice etico da esso stesso proposto, con particolare attenzione alla validazione dei certificati di origine, sempre in attuazione del codice etico interno che prevede l'obbligo civile e morale che il funzionario pubblico ha di far presenti le eventuali assurdità tecniche riscontrate nella normativa –:
   se la gestione dell'attività di controllo sul Gestore dei servizi energetici da parte del Ministero dello sviluppo economico si sia svolta in modo corretto ed efficace anche a fronte della presenza di personale del gestore dei servizi energetici distaccato presso tale Ministero in funzioni di gestione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
   quali iniziative il Ministro dello sviluppo economico, a fronte dei molti e rilevanti esposti a lui indirizzati ed a fronte delle condanne operate dall'Unione europea nei confronti dell'alterazione del mercato elettrico italiano, intenda porre in essere per intervenire in modo efficace ed immediato sui gravi danni derivanti dall'incomprensibile comportamento dei vertici del Gestore dei servizi energetici sui discutibili criteri di certificazione dell'energia importata, peraltro neppure rilevati dagli organi ministeriali cui competeva il controllo;
   quali iniziative il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda porre in essere al fine di valutare l'impatto ambientale causato dai gravi danni derivanti dall'incomprensibile comportamento dei vertici del Gestore dei servizi energetici in merito ai discutibili criteri di certificazione dell'energia importata. (4-16390)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in merito al progetto di stoccaggio di gas sotto le colline di Susegana, dove saranno stoccati 800 milioni di metri cubi di gas provenienti dalla Russia da notizie stampa risulta che la zona è indicata a sismicità 2;
   tale gas sarà immesso in rete attraverso un metanodotto Snam adesso in fase di costruzione e per il quale è stata dichiarata la pubblica utilità;
   il via libera al raddoppio della centrale del gas a Sant'Anna di Collalto è stato dato recentemente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico e l'ampliamento sarebbe stato autorizzato senza la valutazione d'impatto ambientale;
   sul progetto, il comitato d'imprenditori Veneti Piave 2000 aveva rivolto un appello al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da cui si apprende che: «La rilevazione e la relazione dell'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste non esprime un parere favorevole all'impianto e ...richiede che vengano effettuati ulteriori accertamenti utili a comprendere meglio la vulnerabilità sismica dell'impianto di compressione»;
   il timore espresso dal comitato è che non solo il territorio di Susegana sia a rischio, ma anche i comuni limitrofi come Conegliano, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Semaglia e Nervosa;
   il comitato imprenditori Veneti Piave 2000 ha inviato inoltre una serie di documenti sulla questione del gas ed il rischio sismico anche al prefetto Aldo Adinolfi, tra i quali vi è la relazione del professor Alberto Marcellini del CNR istituto ricerca sul rischio sismico che fece parte e poi si dimise dalla commissione comunale dell'impianto di stoccaggio gas –:
   se si siano tenute in conto le segnalazioni dell'osservatorio geofisico sperimentale di Trieste e se si sia provveduto ad effettuare ulteriori accertamenti utili a comprendere meglio la vulnerabilità sismica dell'impianto di compressione.
(4-16404)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è in corso una istruttoria autorizzativa in merito alla realizzazione a Capriano e Bordolano, nella bassa bresciana, di mega depositi di metano sotterranei;
   nel parco del Monte Netto su un'area sotterranea di 24 chilometri quadrati, la Edison vorrebbe infatti pompare 680 milioni di metri cubi nel prossimo decennio. Addirittura 1,2 i miliardi di metri cubi di gas che sarebbero iniettati dalla Eni Sogit, nelle cavità del sottosuolo a Bordolano, a due passi da Quinzano e Borgo San Giacomo;
   secondo il coordinamento dei comitati civici della Lombardia, che reclama tra l'altro il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte energetiche sul territorio e nel sottosuolo, «in ottemperanza a quanto previsto dalla Convenzione Europea di Aarhus del 1998».R.PR, nuove scosse potrebbero mettere a repentaglio la salubrità delle falde idriche –:
   se il Governo intenda sospendere l'attività di stoccaggio in sovrapressione del metano e se si intenda non dar seguito agli iter autorizzativi dei nuovi giacimenti, a partire appunto da Bordolano e Capriano. (4-16405)


   ANTONIONE, GAVA, MISTRELLO DESTRO, SARDELLI, SANTORI, MARIO PEPE (Misto-R-A). — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è prioritario l'impegno di adottare tutte le misure utili a ridurre drasticamente il nostro debito pubblico;
   si prende atto della decisione del Governo di affidare al dottor Bondi l'incarico di analizzare e redigere un piano di contenimento della spesa pubblica;
   ad avviso degli interroganti è indispensabile abbassare la pressione fiscale imponendo a tutte le articolazioni dello Stato misure conseguenti, partire dal Parlamento con la riduzione di almeno il 50 per cento dei suoi componenti e delle loro indennità;
   la disciplina di rigore della spesa debba essere adottata anche da tutte le società pubbliche;
   la Rai è un'azienda totalmente pubblica, ricca di professionalità eccellenti, impegnate prioritariamente a fornire la più ampia e rigorosa informazione;
   è necessario contribuire a far conoscere e ad analizzare la situazione gestionale dell'azienda al fine anche di agevolare il lavoro del dottor Bondi e del suo team;
   l'obbligo di versare il canone alla Rai, determinato da una legge dello Stato, rende a tutti gli effetti tale misura una forma di tassazione;
   la pressione fiscale del nostro Paese ha raggiunto percentuali di gran lunga superiori alla media dei Paesi economicamente paragonabili al nostro ed è comunque eccessivamente onerosa per le imprese e i cittadini;
   va ricordato che l'articolo 27 del vigente contratto di servizio prevede, tra l'altro, che, al fine di fornire una completa informativa sulle dinamiche della gestione, entro il mese di giugno di ogni anno la Rai trasmetta al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione sui risultati economico-finanziari, oltre a prevedere la pubblicazione sul suo sito web degli stipendi di dipendenti e collaboratori, mentre l'articolo 31 attribuisce al Ministero dello sviluppo economico un'ampia facoltà di disporre verifiche e di richiedere alla Rai informazioni, dati e documenti utili –:
   quale sia il gettito annuale del canone Rai;
   di quali elementi disponga il Governo, anche alla luce di quanto stabilito dagli articoli 27 e 31 del vigente contratto di servizio stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI, in ordine ai seguenti aspetti:
    a) quanti siano i dipendenti della Rai suddivisi per categoria (dirigenti, giornalisti, tecnici, e altro), e quali siano i loro contratti di lavoro e le loro retribuzioni;
    b) quanti siano i dipendenti Rai distaccati stabilmente all'estero e quali siano i loro trattamenti economici;
    c) quali siano le disposizioni dei vertici aziendali in ordine ai benefit concessi ai dipendenti, in particolare per quel che riguarda l'utilizzo di auto di servizio, cellulari, carte di credito aziendali, spese di rappresentanza;
    d) quali siano altresì le determinazioni aziendali per le missioni dei dipendenti Rai in Italia e all'estero, con particolare riferimento alle diarie giornaliere, ai rimborsi per le spese di viaggio, vitto e alloggio (categorie dei mezzi di trasporto, degli hotel e dei ristoranti ammessi per i rimborsi);
    e) quante siano le sedi e gli immobili di proprietà della Rai in Italia e all'estero;
    f) quanto costi la gestione del circolo sportivo della Rai situato a Roma sul Lungotevere, dotato di piscine, campi da tennis, ristorante, club house, sala riunioni, e altro; chi sia il proprietario di questa struttura, quale sia la valutazione catastale di tale proprietà ed eventualmente se e quali strutture simili, (circoli aziendali e sportivi) siano di proprietà o in locazione d'uso alla Rai;
    g) quale sia il regolamento per accedere e utilizzare tale struttura, a quanto ammonti il canone annuale per i soci, se e quanti dipendenti dell'azienda siano impiegati nel suddetto circolo sportivo. (4-16411)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Moffa e altri n. 1-01034, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Binetti.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Antonione e altri n. 7-00886, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monai.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Paolo Russo n. 7-00875, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 639 del 28 maggio 2012.

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento europeo ha approvato diverse risoluzioni sullo squilibrio della filiera alimentare, da ultimo nella seduta del 19 gennaio 2012, in cui si evidenzia, tra l'altro, la progressiva perdita di potere contrattuale degli agricoltori cui corrisponde analoga diminuzione dei prezzi alla produzione e si invita la Commissione europea a proporre solide normative per garantire rapporti fra produttori, fornitori e distributori di prodotti alimentari equi e trasparenti;
    la Commissione europea ha presentato la comunicazione «Miglior funzionamento della filiera alimentare in Europa» (COM(2009)591) e vari documenti di lavoro che evidenziano significativi squilibri nella filiera, che si traducono in pratiche commerciali scorrette, quali ritardi di pagamento, modificazioni unilaterali dei contratti, condizioni contrarie al principio di buona fede, restrizioni all'accesso al mercato, disuguali distribuzioni dei margini di profitto all'interno della filiera;
   il British institute of International and comparative law ha presentato al forum di alto livello per un miglior funzionamento della filiera alimentare – istituito con decisione della Commissione europea del 30 luglio 2010 – un rapporto sulle misure da adottare per affrontare l'abuso di potere contrattuale nel mercato alimentare, che contiene una catalogazione e valutazione dei comportamenti che costituiscono pratiche commerciali sleali;
    i dati statistici europei ed italiani dimostrano che il reddito degli agricoltori è in continua diminuzione (–11,6 per cento dal 2009 a livello di Unione europea) e che i prezzi pagati dai consumatori non riflettono quelli corrisposti ai produttori agricoli, pur continuando questi ultimi a investire in qualità e innovazione;
    nel nostro Paese, per ogni 100 euro spesi dai consumatori per acquistare i prodotti agricoli non trasformati (principalmente gli ortofrutticoli freschi), solo 20 restano al settore agricolo, mentre 73 euro rappresentano la quota del commercio e del trasporto; 7 euro sono spesi per acquistare prodotti di provenienza estera;
    la quota agricola, a sua volta, viene destinata ai consumi intermedi e soltanto 12 euro rappresentano il valore aggiunto, ossia quello che serve a coprire i costi degli ammortamenti e infine a remunerare l'imprenditore agricolo;
    tali circostanze, unitamente agli ingenti aumenti dei costi di produzione che non possono essere coperti dai ricavi (+40 per cento in media in Europa tra il 2000 e il 2010), generano nel lungo periodo la diminuzione del potenziale produttivo dei fattori primari dell'Europa e dell'Italia, rischiando di aumentare la dipendenza dalle importazioni;
    l'uso di contratti formali scritti, stipulati prima della consegna dei prodotti, contenenti elementi di base, non è diffuso. Tuttavia, tali contratti contribuiscono a rafforzare la responsabilità degli operatori nella filiera, ad accrescere la consapevolezza delle esigenze dei mercati, a migliorare la trasparenza dei prezzi, adeguare l'offerta alla domanda, nonché a contribuire ad evitare determinate pratiche commerciali sleali;
    l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevede che i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, siano stipulati in forma scritta, con indicazione, a pena di nullità, della durata, delle quantità, delle caratteristiche, del prezzo, nonché delle modalità di consegna e di pagamento del prodotto venduto;
    i contratti devono essere informati a princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti;
    la citata disposizione, inoltre, indica espressamente le condizioni riconosciute come pratiche commerciali sleali, sanzionandole adeguatamente;
    i ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale nelle relazioni commerciali «resa finanziariamente attraente per i debitori» dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati e soprattutto dalla lentezza delle procedure di recupero;
    diventa necessario, come evidenziato in sede europea, un passaggio deciso verso la cultura dei pagamenti rapidi, stabilendo adeguati interessi di mora per disincentivare i ritardi di pagamento, che sono una delle cause principali dei problemi di liquidità delle imprese interessate;
    in particolare, l'articolo 62 individua i prodotti alimentari deteriorabili riproducendo fedelmente le categorie di prodotti elencati dalla norma previgente; per la cessione di tali prodotti il termine legale di pagamento del corrispettivo è fissato in 30 giorni, mentre per tutti gli altri il termine è fissato in 60 giorni; in entrambi i casi il termine decorre dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura e gli interessi si applicano automaticamente dal giorno successivo alla scadenza dei suddetti termini;
    si dispone che il mancato rispetto degli obblighi e dei termini di pagamento è punito con l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che è incaricata della vigilanza sull'applicazione della normativa;
    il comma 11-bis prevede, infine, che le disposizioni di cui all'articolo 62 abbiano efficacia decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012 e che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, siano definite le relative modalità di applicazione,

impegna il Governo:

   a seguire, nella definizione delle modalità applicative dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, i seguenti indirizzi:
    a) ricomprendere nell'ambito applicativo del citato articolo 62 le cessioni, dietro pagamento di un corrispettivo, di prodotti agricoli e alimentari, la cui consegna avviene nel territorio della Repubblica italiana;
    b) applicare la suddetta normativa ai prodotti agricoli individuati dall'Allegato I di cui all'articolo 38, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e ai prodotti alimentari definiti dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2001;
    c) individuare il consumatore finale nella persona fisica o giuridica, privata o pubblica, che acquista i prodotti agricoli e alimentari per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale o per finalità non commerciali;
    d) escludere dall'ambito applicativo del provvedimento i conferimenti dei prodotti effettuati dai soci alle rispettive cooperative nonché alle organizzazioni di produttori agricoli riconosciute ai sensi della normativa vigente;
    e) escludere dall'ambito applicativo del provvedimento la cessione dei prodotti agricoli alle società di persone ed a responsabilità limitata, da parte degli imprenditori agricoli soci, al fine della successiva commercializzazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 1094, della legge n. 296 del 1996;
    f) considerare assolti gli obblighi di cui all'articolo 62, comma 1, relativamente ai documenti di trasporto contenenti gli elementi richiesti qualora la fornitura dei prodotti indicati nei documenti di trasporto non venga contestata nei termini previsti dall'articolo 62, comma 3;
    g) considerare assolto l'obbligo del rispetto della forma scritta nelle ipotesi di contratti-tipo di vendita dei prodotti agricoli e alimentari stipulati in esecuzione dei contratti quadro di cui al decreto legislativo n. 102 del 2005, sulla regolazione dei mercati agroalimentari;
    h) ritenere assolto il requisito della forma scritta relativamente agli ordini di acquisto con i quali il compratore richiede la consegna dei prodotti sempreché tali ordini eseguano contratti di cessione già stipulati tra le stesse parti, contenenti gli elementi di cui all'articolo 62, comma 1;
    i) stabilire che le eventuali condizioni relative ai servizi promozionali, agli sconti commerciali ed ai premi di fine periodo devono essere espressamente previste, ab origine, nei contratti di cessione, in conformità all'articolo 62, comma 2, lettera a);
    l) prevedere la possibilità di sottoscrivere i contratti anche in via telematica o per telefax in base alle disposizioni vigenti in materia, purché sia garantita la tracciabilità delle operazioni;
    m) prevedere che i contratti di cessione devono essere conservati per un congruo periodo al fine di consentire all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di espletare adeguatamente i previsti controlli;
    n) ritenere condotta commerciale sleale, oltre le fattispecie indicate dall'articolo 62, comma 2, quelle identificate dalla Commissione europea e dal forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare;
    o) considerare clausola iniqua in danno del creditore la conclusione di contratti con determinazione di prezzi al di sotto dei costi di produzione dei prodotti oggetto delle cessioni, come rilevati dall'ISMEA attraverso il servizio certificato ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2008;
    p) ritenere che la data di ricevimento della fattura, ai fini della applicazione sia degli interessi dovuti al creditore che della irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, venga validamente certificata nelle ipotesi di consegna a mano della fattura, di invio a mezzo di raccomandata A/R, di posta elettronica certificata (PEC) o di impiego del sistema EDI (electronic data interchange);
    q) considerare, nel caso in cui non vi sia certezza sulla data di ricevimento della fattura, la decorrenza del periodo di pagamento dei trenta o sessanta giorni di calendario dalla data di ricevimento dei prodotti, da documentare con mezzi idonei;
    r) disporre che, nel caso in cui la cessione dei prodotti venga eseguita per singole consegne nell'ambito di un mese, i termini di pagamento decorrano dal ricevimento dell'ultima fattura;
    s) applicare i termini di pagamento alle cessioni dei prodotti che prevedono erogazioni di servizi e prestazioni accessorie;
    t) consentire l'emissione di fatture distinte per le cessioni di prodotti assoggettate a termini di pagamento differenti ai sensi dell'articolo 62, comma 3.
(7-00875) «Paolo Russo».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Garagnani n. 2-01285 del 5 dicembre 2011.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Moffa e altri n. 1-01034, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012: è stata ritirata la firma del deputato Fedriga.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in commissione Bobba e altri n. 5-00407 del 2 ottobre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16388;
   interrogazione a risposta orale Mogherini Rebesani e altri n. 3-02306 del 31 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16382.