XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 30 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica che ha coinvolto tutto il vecchio continente sta, lentamente, facendo danni irreparabili a tutto il sistema produttivo italiano e, in modo particolare, a quello del Sud;
    se è vero che il rigore è necessario per mettere in sicurezza i conti ed il bilancio pubblico, è altrettanto vero che senza una seria politica di crescita l'uscita dal tunnel della crisi appare sempre più lontana, se non impossibile;
    inoltre, in Italia, una serie di problematiche ne acuiscono il problema. Se, da un lato, la pressione fiscale è aumentata, dall'altro, i crediti vantati dalle imprese nei confronti dello Stato appaiono sempre di più come un miraggio irraggiungibile;
    anche dal punto di vista del credito le cose non vanno meglio. Gli istituti bancari italiani fanno fatica a finanziare le imprese e le famiglie, pur avendo ottenuto cospicui prestiti dalla Banca centrale europea (circa 400 miliardi di euro) ad un tasso di particolare favore;
    inoltre, anche dal punto di vista territoriale il costo del denaro varia. È un dato di fatto che, al Sud, il costo del denaro sia superiore di quattro punti percentuali rispetto al Nord, con un conseguente danno alle famiglie ed al sistema produttivo del Mezzogiorno che viene ulteriormente penalizzato,

impegna il Governo:

   ad assumere, con immediatezza, iniziative per saldare i debiti che la pubblica amministrazione ha nei confronti delle imprese private, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;
   a prendere tutte le misure necessarie affinché gli istituti di credito, beneficiari di liquidità ad un tasso bassissimo, diano reale sostegno alle imprese e alle famiglie italiane in questo delicato momento di congiuntura negativa e, in modo particolare, per incentivare le banche a concedere mutui, con un tasso di particolare favore, per le giovani coppie ed i giovani precari e per evitare che al Sud si impongano tassi di gran lunga superiori rispetto al resto del Paese, mettendo in ginocchio un'economia già in difficoltà.
(1-01060) «Iannaccone, Belcastro, Porfidia, Brugger».


   La Camera,
   premesso che:
    con la raccomandazione n. 1763 dell'ottobre 2010, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha ribadito esplicitamente il pieno riconoscimento del diritto di sollevare obiezione di coscienza in campo sanitario, un diritto espressione della più ampia libertà di opinione, di coscienza e di religione, in linea con le norme del diritto internazionale quali, ad esempio, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nelle quali viene garantita ad ogni individuo la pienezza della fruizione delle libertà di pensiero, di coscienza e di religione;
    in particolare, nella raccomandazione si legge che «nessuna persona, nessun ospedale o altro istituto sarà costretto, reso responsabile o sfavorito in qualsiasi modo a causa di un rifiuto ad eseguire, facilitare, assistere o essere sottoposto ad un aborto, all'esecuzione di un parto prematuro, o all'eutanasia o a qualsiasi atto che potrebbe provocare la morte di un feto o di un embrione umano, per qualsiasi ragione»;
    a tal proposito l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha sollecitato gli Stati membri che ne sono ancora privi a definire e ad adottare specifici regolamenti e normative chiare per disciplinare e garantire l'obiezione di coscienza in relazione agli operatori dei servizi medici e sanitari;
    in Italia, il diritto all'obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari è disciplinato e garantito, nel quadro dei principi d'ordine costituzionale, dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978, che prevede una specifica forma di obiezione di coscienza legata all'interruzione volontaria della gravidanza. La legge n. 40 del 2004, in relazione alla procreazione medicalmente assistita, riconosce il diritto del personale sanitario di astenersi dal compiere le procedure richieste «quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione»;
    dalla relazione del Ministero della salute sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, dell'agosto 2011, si rileva come l'obiezione di coscienza abbia, in Italia, un'ampia diffusione. Mentre nel 2009 si è registrata una sorta di stabilizzazione generale dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, gli anni immediatamente precedenti avevano fatto segnare un aumento continuo: «a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009». I dati relativi ad alcune regioni del Sud sono, in questo senso, ancora più chiari: tra i ginecologi si parla di percentuali pari all'85,2 per cento in Basilicata, all'83,9 per cento in Campania, all'82,8 per cento in Molise, all'81,7 per cento in Sicilia. Allo stesso livello medio, cioè all'81,3 per cento, si attesta quello della provincia di Bolzano; anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 87 per cento in Sicilia e 82 per cento in Molise»;
    alla luce di dati così significativi, appare opportuno sottolineare che il rispetto del diritto di sollevare obiezione di coscienza sia correlato alla tutela del diritto alla salute nelle forme legittimamente determinate dalla legge;
    è essenziale la tempestività dell'intervento regolatorio per la buona programmazione delle attività sanitarie che implichino la legittimità dell'obiezione di coscienza e per evitare una potenziale conflittualità che ridonderebbe in danno del diritto alla salute,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie a dare piena attuazione ai principi affermati nell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e, al tempo stesso, ad assicurare il diritto alla salute di tutti i cittadini e il diritto di ricevere dallo Stato le cure richieste.
(1-01061) «Mosella, Pisicchio, Brugger, Tabacci».


   La Camera,
   premesso che:
    il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione è tutelato dall'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, come di recente ha chiarito il Comitato per i diritti umani dell'ONU (UN Human Rights Committee, General comment No. 34. Article 19: Freedoms of opinion and expression, 21 July 2011);
    i relatori speciali sul diritto all'informazione di ONU, OCSE e OSA hanno definito il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione «un diritto umano fondamentale» (Joint Declaration by the UN Special Rapporteur on Freedom of Opinion and Expression, the OSCE Representative on Freedom of the Media and the OAS Special Rapporteur on Freedom of Expression, 2004);
    in ottanta Paesi, nei cinque continenti (tra cui – oltre a Canada, Usa, Regno Unito, Germania e Svezia – vi sono anche Messico, Brasile, Sud Africa, Nigeria, India, Giappone, Giordania e molti altri) il diritto di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione permette alla comunità di controllare e far funzionare meglio le proprie istituzioni;
    la trasparenza di quanto sta alla base delle decisioni pubbliche, a tutti i livelli, è un formidabile strumento di buon governo che i cittadini attivano;
    l'attuale normativa italiana enuncia, sì, il principio della trasparenza totale nelle amministrazioni (articolo 4, lettera h, legge 4 marzo 2009 n. 15), ma non sanziona in alcun modo i comportamenti degli amministratori pubblici incompatibili con tale principio;
    il Consiglio d'Europa ha invece raccomandato ai Paesi membri di adottare norme sull'accesso ai documenti basate sul principio che «chi fa domanda per accedere a documento ufficiale non deve essere obbligato a indicare il motivo per la richiesta di accesso» (Raccomandazione Ree (2002) 2);
    il Consiglio d'Europa ha aperto alla firma degli Stati membri una Convenzione sul diritto d'accesso ai documenti della Pubblica amministrazione, nella quale si indicano i principi su cui si debbono basare le leggi nazionali in materia, come quello che le richieste di accesso non debbono essere motivate e che le limitazioni debbono essere indicate dalla legge, proporzionate agli interessi da proteggere e necessarie in una società democratica;
    i principi indicati dal Consiglio d'Europa sono già stati fatti propri dalla maggior parte dei Paesi che si sono dotati di normative sul diritto all'informazione detenuta dalla Pubblica amministrazione;
    il 14 maggio 2012 un gruppo di singoli cittadini, associazioni della società civile attive nella rete e nella carta stampata, giornalisti, professori ed esperti della pubblica amministrazione si sono riuniti presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e ha rivendicato il diritto incondizionato di accesso alle informazioni della pubblica amministrazione quale strumento per la trasparenza delle istituzioni, la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e il miglioramento dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione;
    l'obiettivo comune è quello di ottenere, anche in Italia, un freedom of information act (Foia), una legge che permetta a chiunque, senza discriminazioni di alcun tipo, di far funzionare meglio le proprie istituzioni controllandone direttamente l'operato – diritto, questo, oggi di fatto negato dal sistema pubblico italiano;
    l'iniziativa per l'introduzione di un freedom of information act nasce con un sito web (www.foia.it) nel quale sono illustrati gli obiettivi e sono evidenziati dieci motivi che spiegano il perché di questa urgenza;
    tramite il sito «foia.it» i promotori intendono informare i cittadini del loro diritto a conoscere e dei modi per esercitarlo, per quanto possibile, sin da subito: nei comuni, nelle regioni, negli enti pubblici dove buoni amministratori vogliono lavorare «in modo trasparente»;
    la cabina di regia per l'Agenda digitale italiana (ADI) è stata istituita il 1o marzo 2012 con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'economia e delle finanze, per coordinare, ai sensi dell'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012 n. 35, gli interventi pubblici volti alle medesime finalità da parte di regioni, province autonome ed enti locali,

impegna il Governo:

   ad assumere un'iniziativa diretta a inserire un'apposita norma per la trasparenza e gli opendata all'interno dei provvedimenti che verranno proposti dalla cabina di regia dell'Agenda digitale italiana;
   a mettere in primo piano nella agenda digitale una revisione e/o integrazione della legge n. 241 del 1990, e della legge n. 15 del 2009, al fine di adeguarle a quanto raccomandato dal Consiglio d'Europa e allinearle alle esperienze più avanzate di full disclosure nelle amministrazioni disponibili nel panorama internazionale;
   ad aderire alla Convenzione del Consiglio d'Europa sull'accesso ai documenti ufficiali (Council of Europe Convention on Access to Official Documents, Tromsø, 8 June 2009).
(1-01062) «De Biasi, Giulietti, Giovanelli, Gentiloni Silveri, Garofani, Veltroni, Bressa, Zaccaria, Samperi, Ghizzoni, Pollastrini, Gasbarra, Ferranti, Damiano, Levi».

Risoluzioni in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    il comma 1, articolo 33, della legge 12 novembre 2011 n. 183 ha rifinanziato per 50 milioni di euro, per l'anno 2013, il Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, dall'articolo 13, comma, 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
    il richiamato articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008 stabilisce che, a valere sulle risorse del fondo, sono concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell'ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi;
    sempre il medesimo articolo 13, comma 3-quater, stabilisce inoltre che alla ripartizione delle risorse e all'individuazione degli enti beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;
    il suindicato comma 1, articolo 33, della legge 12 novembre 2011, ha altresì destinato 100 milioni di euro per il 2012, per il finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico, ivi compresi interventi di messa in sicurezza del territorio, e allo sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220;
    anche in questo caso la norma vigente stabilisce che alla ripartizione delle predette risorse e all'individuazione dei beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario;
    i drammatici eventi sismici che hanno colpito l'Emilia Romagna il 20 e il 29 maggio scorsi, che hanno complessivamente provocato centinaia di feriti e la morte – dato purtroppo non definitivo – di 23 persone, nonché ingentissimi danni a immobili, chiese ed edifici storici, impongono un immediato impegno anche finanziario per le popolazioni colpite,

impegna il Governo

ad assegnare le risorse di cui in premessa, alle amministrazioni competenti in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti ai danni provocati dagli eventi sismici e dalle calamità naturali del 20 e del 29 maggio 2012 per la ricostruzione nonché per il sostegno alle popolazioni e alle attività produttive ed economiche delle zone interessate.
(7-00884) «Borghesi, Mura».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    a tutti è noto il dramma che le popolazioni dell'Emilia Romagna, ma anche di parte della Lombardia e del Veneto, stanno vivendo in questi giorni, a seguito degli eventi sismici che si sono susseguiti a partire dal 20 maggio fino a ieri, 29 maggio 2012;
    i sismologi sono al lavoro per tentare di ricostruire le cause che hanno generato due fenomeni così forti a distanza di così pochi giorni: la prima scossa del 20 maggio con una magnitudo 5,9 e la seconda, il 29 maggio, con magnitudo 5,8;
    al di là delle cause e del possibile ripetersi di ulteriori episodi, è ovviamente attuale il tema degli aiuti da portare alle popolazioni colpite: oltre alle vittime ed ai feriti, si calcolano in 14.000 gli sfollati che hanno perso la propria abitazione e i propri averi; oltre alle testimonianze di affetto e di vicinanza da parte delle autorità pubbliche, occorrono risorse economiche immediate per far fronte all'emergenza; il Consiglio dei ministri dovrebbe riunirsi oggi per prendere le prime delibere;
    oltre al necessario stanziamento di risorse fresche, è indispensabile intervenire sospendendo gli adempimenti ed i versamenti fiscali e previdenziali per le zone colpite dal dramma; ma bisogna andare oltre: sia le persone fisiche, sia le partite iva avranno difficoltà a far fronte non solo alle scadenze tributarie e previdenziali, ma anche ai pagamento delle rate dei mutui e dei finanziamenti; occorre che il Governo chiami ad un tavolo le banche e le istituzioni finanziarie per introdurre una moratoria dei debiti per le popolazioni colpite per un periodo di almeno un anno, per ridare ossigeno e liberare le risorse necessarie a chi ha perso tutto per ripartire, per affrontare i costi di una dura ricostruzione; si ritiene che il sistema bancario possa permettersi, in una così grave circostanza, il differimento degli incassi, dando un concreto aiuto agli emiliani così duramente colpiti;
    le risorse si possono trovare: non è necessario aumentare accise o introdurre nuove imposte; è sufficiente applicare concretamente, almeno in questa fase drammatica, i princìpi federalisti e consentire alle popolazioni colpite dal terremoto di utilizzare i propri soldi per finanziare la ricostruzione; occorre dare la possibilità agli emiliani di versare le proprie imposte sui redditi alla regione Emilia Romagna in modo che la regione stessa possa finanziare l'emergenza e la ricostruzione in tempi rapidi e con risorse certe,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere, per le popolazioni colpite dai terremoti del 20 e 29 maggio 2012, la sospensione per almeno un anno degli adempimenti e dei versamenti tributari e previdenziali;
   ad aprire nel brevissimo termine un tavolo di confronto con ABI per introdurre una moratoria dei mutui e dei finanziamenti per almeno un anno, sia per le imprese, sia per i privati;
   ad assumere iniziative, anche normative, affinché l'IRPEF pagata dalle popolazioni colpite possa essere eccezionalmente versata alla regione Emilia Romagna per il finanziamento dell'emergenza e della ricostruzione.
(7-00881) «Fugatti, Rainieri, Alessandri, Polledri, Pini, Fava, Cavallotto, Bitonci, Bragantini, Callegari, Dal Lago, Dozzo, Dussin, Fabi, Forcolin, Gidoni, Goisis, Lanzarin, Martini, Montagnoli, Munerato, Negro, Stefani».


   La X Commissione,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria, che nel corso dell'anno si è ulteriormente aggravata in Italia con inevitabili effetti depressivi sull'economia reale, ha particolarmente investito un comparto strategico per la produttività nazionale quale quello della mobilità, determinando una situazione di forte contrazione nel settore dell’automotive;
    secondo le ultime rilevazioni Istat, l'industria automobilistica che nel corso dello scorso anno ha subito una flessione di circa l'11 per cento, per le nuove immatricolazioni rispetto al 2010, prosegue con una tendenza di evidente difficoltà, come confermano i dati registrati nel mese di aprile che evidenziano un calo del 18 per cento, pari a 129.663 immatricolazioni in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
    i dati evidenziano pertanto come le prospettive di ripresa per il mercato italiano dell'automobile, che da sette mesi consecutivi registra segnali negativi, permangono estremamente deboli, i cui valori contrari hanno proiettato il mercato delle compravendite degli autoveicoli addirittura indietro rispetto ai primi anni ottanta;
    il ciclo di audizioni avviato recentemente dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati sull'attuale condizione del settore delle automobili, dei veicoli commerciali, industriali e autobus ha rilevato un'evidente condizione generale significativamente molto complessa per ciò che riguarda l'intera filiera dell’automotive, con riguardo alle dinamiche di mercato e a quelle industriali;
    fra i principali soggetti ad essere direttamente danneggiati, dalle diverse e articolate conseguenze negative e penalizzanti della crisi del settore automobilistico, figura l'amministrazione patrimoniale dello Stato ovvero l'erario, che secondo quanto prevede la Federazione italiana dei concessionari d'auto – Federauto, nel 2012 riscuoterà 3,15 miliardi di euro in meno tra imposta di valore aggiunto e tributi correlati, pari a circa 5 mila euro per ogni vettura invenduta;
    occorre evidenziare, inoltre, come le recenti manovre correttive di finanza pubblica varate dal Governo al fine del contenimento e della riduzione del debito pubblico, sebbene abbiano evitato il rischio d'insolvenza per il nostro Paese, hanno tuttavia inciso negativamente sul reddito disponibile e aumentato complessivamente la pressione fiscale su imprese e cittadini, contribuendo a comprimere la domanda di beni e servizi determinando una spirale pericolosa per l'economia domestica e, in particolare, per i settori produttivi;
    quanto suesposto si è inevitabilmente riflesso in maniera sfavorevole anche sul mercato automobilistico e l'intera filiera dell’automotive, rappresentata in Italia da centinaia di imprese, concessionarie di tutti i brand commercializzati, associazioni di categoria, oltre che dal segmento della componentistica, che costituisce una delle eccellenze dell'industria manifatturiera, il cui comparto, nel complesso rappresenta l'11,4 per cento del prodotto interno lordo e contribuisce con il 16,6 per cento al gettito fiscale nazionale, garantendo occupazione a oltre 1 milione e 200 mila addetti tra diretto e indotto;
    le imposizioni fiscali introdotte nel biennio 2011-2012 nei confronti del settore automobilistico e della mobilità in generale: le nuove accise sui carburanti, l'aumento delle imposte RCA e dell'imposta provinciale di trascrizione (IPT) per i soggetti IVA, l'introduzione dell'addizionale erariale al bollo auto (superbollo) sulle auto di lusso e da ultimo la stretta sulla deducibilità per le auto aziendali prevista dalla riforma sul lavoro, hanno inevitabilmente inciso negativamente sulle vendite e sulle immatricolazioni;
    anche la Commissione europea attraverso il responsabile dell'industria e imprenditoria onorevole Tajani, è intervenuta di recente a monitorare il fenomeno della crisi del settore, che ha raggiunto ormai livelli emergenziali, attraverso un piano d'azione di quattro proposte, volte a sostenere il comparto e rappresentate da: incentivi al rinnovamento del parco circolante, una fiscalità «europea» per le vetture aziendali, l'eliminazione dell'imposta addizionale al bollo auto (superbollo) per le macchine ad alte prestazioni ed una maggiore facilitazione per l'accesso al credito da parte dei concessionari;
    secondo quanto sostiene il Presidente dell'Unrae, l'associazione delle case automobilistiche estere in Italia, il dato più preoccupante è quello relativo alla sostenibilità dei concessionari, in considerazione del fatto che il calo della domanda, unitamente alla stretta creditizia che insiste pesantemente sul settore produttivo e commerciale, sta determinando la chiusura di tante imprese del settore, con inevitabili impatti negativi sull'occupazione;
    in coerenza con i piani di sostegno a livello europeo e con quanto precedentemente esposto che illustra uno scenario di estrema gravità del mercato automobilistico e del settore automotive in generale, occorre conseguentemente prevedere in tempi rapidi misure volte a riequilibrare l'intero sistema interessato, attraverso iniziative in grado di ridimensionare un'emorragia in corso, quale il calo inarrestabile delle immatricolazioni delle autovetture, nella consapevolezza dell'importanza strategica che riveste il settore nel nostro Paese;
    appare indifferibile pertanto, prevedere l'introduzione di una serie di misure in particolare di natura fiscale per il sostegno al settore, compatibili con l'attuale quadro di finanza pubblica, che possano bilanciare l'attuale sistema di tassazione che grava sul comparto automobilistico, per il quale i costi di gestione crescono a dismisura da anni, rendendo insostenibile, in questa fase recessiva, la prosecuzione dell'attività delle imprese del comparto automotive,

impegna il Governo:

   ad adottare, in tempi rapidi, iniziative volte ad interrompere un ciclo regressivo attraverso misure fiscali di allineamento verso i regimi di tassazione europei stabiliti per il settore dell’automotive, in coerenza con quanto proposto dal Commissario europeo Tajani;
   ad intraprendere interventi, in particolare nei riguardi delle famiglie, in grado di favorire il rinnovo parco delle automobili, dei veicoli commerciali e industriali, attraverso un piano di durata triennale, che sostenga specialmente la mobilità a basso impatto ambientale;
   a prevedere, infine, misure di agevolazione al credito nei confronti dei concessionari la cui contrazione particolarmente avvertita nel Paese, sta determinando la cessazione di numerose imprese su tutto il territorio nazionale.
(7-00882) «Romani, Garofalo, Biasotti, Gibiino».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il settore tabacchicolo nazionale attraversa una profonda crisi nonostante la coltivazione e la lavorazione del tabacco rappresentino un comparto trainante per l'economia di intere regioni con un indotto che conta complessivamente 210 mila addetti e una manodopera di oltre 60 mila unità;
    le maggiori criticità si ravvisano nella difficoltà a smaltire stock di prodotto di altissima qualità, in prezzi non competitivi sul mercato mondiale e nella consistente diminuzione della superficie agricola coltivata frutto di una dismissione di circa l'85 per cento delle aziende, che in alcuni territori, come la provincia di Verona, fanno registrare una produzione dimezzata a partire dalla prossima campagna;
    tale situazione, estremamente grave, considerata la rilevanza che la coltivazione riveste in termini economici ed occupazionali, rischia di peggiorare alla luce dei nuovi orientamenti comunitari relativi all'introduzione del cosiddetto «pacchetto generico» e al divieto di utilizzo di ingredienti per la preparazione della miscela «American Blend» nelle sigarette commercializzate in Europa, proposte che penalizzano ulteriormente la produzione nazionale limitando gli sbocchi commerciali;
    le misure previste nei piani di sviluppo rurale rappresentano senza dubbio interventi importanti al fine di migliorare la competitività delle produzioni attraverso il sostegno alle imprese ed è pertanto auspicabile che le regioni garantiscano piena disponibilità delle risorse;
    a livello nazionale è indispensabile che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, oltre a sostenere una regolamentazione comunitaria equilibrata ed adeguatamente supportata da evidenze scientifiche, proceda a rivedere e rilanciare gli accordi con tutte le multinazionali del tabacco operanti in Italia come richiesto dagli operatori del settore;
    la filiera del tabacco va salvaguardata e rilanciata in chiave imprenditoriale al fine di scongiurare la crisi irreversibile di un settore che da anni assicura un introito fiscale rilevante e nel quale la spesa sostenuta dalle aziende per la riduzione del rischio associato all'assunzione di tabacco è in continuo aumento, a dimostrazione dello sforzo in atto per assicurare sempre maggior qualità e sicurezza ai consumatori,

impegna il Governo:

   a promuovere accordi di durata pluriennale con le manifatture internazionali operanti in Italia al fine di garantire l'acquisto del tabacco e sostenere così la produzione;
   a monitorare, per quanto di competenza, lo stato di attuazione delle misure n. 144 e n. 214 dei piani di sviluppo rurale da parte delle regioni;  
   ad attivarsi presso le competenti sedi comunitarie al fine di contrastare l'adozione di norme penalizzanti per le produzioni tabacchicole italiane.
(7-00878) «Negro, Callegari, Rainieri».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il sisma che dal 20 maggio 2012 interessa un'ampia zona della pianura padana, con epicentro nell'area del ferrarese, continua a provocare, oltre a vittime tra la popolazione, ingenti danni al patrimonio culturale e alle strutture produttive;
    il settore agroalimentare risulta quello maggiormente colpito con crolli di edifici, fienili, stalle e serre oltre ai numerosi capi di bestiame ed altri animali dispersi o ancora intrappolati sotto le macerie;
    il territorio colpito dal terremoto è caratterizzato da una rete economica costituita da tante piccole e medie aziende e cooperative agricole operanti nei settori vitivinicolo, lattiero-caseario, ortofrutticolo e zootecnico e rappresenta un bacino di riferimento per molti prodotti che si forgiano del prestigioso marchio «made in Italy»;
    tra le aree investite dal sisma è ricompresa quella di produzione del consorzio parmigiano reggiano e del grana padano, prodotti tipici per eccellenza del settore lattiero-caseario e componenti principali del sistema agroalimentare nazionale;
    particolarmente ingenti sono i danni subiti dalle strutture di stoccaggio del parmigiano reggiano; dalle prime stime effettuate dal consorzio di tutela le forme cadute risultano essere circa 500 mila, la metà delle quali danneggiata irrimediabilmente a causa della rottura della crosta, poste prevalentemente in aziende situate tra la «bassa mantovana» e la provincia di Modena;
    i caseifici e i produttori bolognesi, modenesi e mantovani colpiti dal sisma hanno perso, oltre a significative quote di prodotto, strutture di magazzinaggio ed impianti indispensabili a garantire la continuità della trasformazione del latte e temono probabili speculazioni e ribassi sulle quotazioni correnti in grado di alterare la concorrenza in fase di consumo e compromettere la stabilità dell'introito;
    gli imprenditori agricoli della zona colpita dal sisma dovranno sostenere ulteriori gravosi oneri al fine di mettere in sicurezza e ripristinare le strutture produttive danneggiate sarebbe opportuno prevedere degli interventi agevolativi volti ad alleggerire i carichi fiscali, quali l'Imposta Municipale Unica sugli immobili rurali disposta dal decreto-legge n. 201 del 2011,

impegna il Governo:

   a disporre adeguati incentivi economici al fine di sostenere i caseifici e i loro dipendenti per i mancati introiti conseguenti alla invendibilità delle forme danneggiate e stabilire, attraverso il coinvolgimento di AGEA, forme di sostegno al mercato dei prodotti agroalimentari danneggiati, in particolare per quelli DOP e IGP;
   ad intraprendere tutte le iniziative di propria competenza volte a garantire la sospensione dei pagamenti fiscali e delle rate di mutuo a carico delle aziende agricole interessate dal sisma e in particolare a stabilire l'esenzione, per il quinquennio 2012-2017 dal pagamento dell'Imposta Municipale Unica e disporre altresì che la quota non erariale dell'imposta, di spettanza dei singoli enti, sia coperta, per il quinquennio di esenzione, con risorse statali.
(7-00879) «Rainieri, Callegari, Fogliato, Negro».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il sisma che in questi giorni e per ben due volte ha colpito l'Emilia Romagna, in particolare le province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova, ha determinato una situazione emergenziale molto grave sia per il numero di vittime che per il sistema economico e produttivo dell'area geografica interessata;
    il Governo il 22 maggio 2012 ha decretato lo stato di emergenza stanziando 50 milioni di euro a valere sul fondo nazionale della protezione civile;
    nelle zone colpite dal terremoto l'agricoltura è stata messa letteralmente in ginocchio;
    i danni hanno riguardato moltissime strutture, dai caseifici agli stabilimenti di lavorazione della frutta, dalle cantine alle acetaie di invecchiamento dell'aceto balsamico fino ai magazzini di stagionatura dei formaggi Parmigiano Reggiano e Grana, ma anche le case rurali, le stalle, i fienili, i macchinari distrutti e gli animali morti, per un totale di 500 milioni di euro di danni provocati dal terremoto tra le province di Modena, Ferrara, Piacenza, Mantova e Bologna ma anche tra Rovigo e Reggio Emilia;
    ad essere stata colpita è una parte vitale del sistema agroalimentare italiano, con ripercussioni sia sul patrimonio che sull'attività aziendale; ad esempio, c’è chi ha perso trattori, attrezzi ed animali sotto le macerie;
    secondo una prima stima i danni totali ammontano a decine di milioni di euro, di cui solo 150 milioni di euro in conseguenza della distruzione di oltre di 300 mila forme di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate sotto le scosse;
    cantine e macelli, dai quali si ottiene la materia prima per il prosciutto di Parma, hanno fermato le attività e solo per l'aceto balsamico si stimano danni per 15 milioni di euro, mentre sono circa un milione le forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano rovinate a terra dopo le ultime scosse che hanno provocato ulteriori crolli delle «scalere», come nella latteria sociale di Porto Mantovano e nel caseificio e magazzino di Pietro Rossi di Correggio, in provincia di Reggio Emilia;
    senza uno specifico intervento del Governo le forme di formaggio irrecuperabili saranno destinate alla fusione con perdite economiche enormi causate dal crollo dei prezzi;
    risulta, inoltre, che anche in sede europea le istituzioni si siano impegnate ad avviare iniziative adeguate per valutare la possibilità di attivare percorsi di risarcimento che saranno comunque a supporto degli interventi decisi in ambito nazionale per il settore agroalimentare;
    risulterebbe quindi di grande efficacia un coinvolgimento dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) per il sostegno del mercato dei prodotti agroalimentari danneggiati, in primo luogo per quel che riguarda le produzioni a denominazione di origine protetta e controllata e le produzioni a indicazione geografica protetta,

impegna il Governo:

   a reperire le necessarie risorse, previa autorizzazione dell'Unione europea, atte a consentire il ritiro dal mercato delle forme di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano non più commercializzabili ma utilizzabili a scopi alimentari da parte di AGEA, nell'ambito dei piani di intervento gestiti dalla medesima Agenzia;
    ad intraprendere tutte le iniziative di propria competenza che possano agevolare la sospensione dei pagamenti fiscali e delle rate di mutuo per le aziende agricole delle aree colpite dal sisma.
(7-00880) «Delfino, Galletti, Naro, Libè».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la comunicazione della Commissione su un migliore funzionamento della filiera alimentare (COM(2009)0591) ha individuato notevoli squilibri a livello di potere negoziale che si traducono in pratiche commerciali sleali, quali, tra le altre, pagamenti tardivi, modifiche unilaterali dei contratti, clausole contrattuali inique, limitato accesso al mercato, mancanza di informazioni sulla formazione dei prezzi, disparità nella ripartizione dei margini di profitto lungo la catena alimentare, abusi di potere di mercato da parte di fornitori o acquirenti (ad esempio cartelli e imposizioni dei prezzi di rivendita) e alleanze di acquisto;
    il livello di concentrazione della grande distribuzione nell'Unione europea incide negativamente sui produttori e gli altri fornitori, in quanto provoca crescenti squilibri nei rapporti di forza tra le parti contraenti, considerando che si registra una graduale perdita di potere negoziale da parte di produttori e trasformatori di prodotti agricoli in relazione al livello dei prezzi lungo la catena del valore, dalla produzione primaria al consumatore finale passando per la trasformazione;
    l'eccessiva concentrazione sta attualmente generando un deterioramento in termini di varietà dei prodotti, patrimonio culturale, punti vendita al dettaglio, posti di lavoro e mezzi di sussistenza;
    come più volte sottolineato, la situazione reddituale degli agricoltori è in continuo peggioramento e i prezzi al consumo dei prodotti non trovano riscontro in quelli corrisposti agli agricoltori per le rispettive produzioni;
    tale circostanza non solo sta compromettendo la capacità degli stessi agricoltori di investire e innovare ma potrebbe altresì indurre molti di loro ad abbandonare le campagne;
    la perdita di potere negoziale, l'aumento dei costi di produzione e l'impossibilità di recuperare detti costi lungo la catena di distribuzione alimentare mettono a rischio la sopravvivenza delle aziende agricole, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, il cui potenziale produttivo a lungo termine potrebbe così risultare indebolito nei vari Stati membri, accentuando la dipendenza di questi ultimi dai mercati esterni;
    con il cosiddetto decreto-legge decreto liberalizzazioni è stata definita una nuova disciplina sulle relazioni commerciali per la vendita dei prodotti agricoli ma anche una norma che si propone, in via generale, di riequilibrare i rapporti di forza all'interno del sistema agroalimentare e garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare;
    nello specifico, con l'articolo 62 del citato decreto-legge vengono disciplinati i contratti conclusi tra i diversi operatori delle filiera agroalimentare che abbiano per oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, esclusi quelli conclusi con un consumatore finale: a pena di nullità le norme impongono la forma contrattuale scritta ed indicano il contenuto obbligatorio;
    in particolare l'articolo individua un elenco tassativo di pratiche che se attuate nelle relazioni commerciali tra operatori economici, relazioni nelle quali sono compresi i contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari, vengono ritenute ope legis sleali;
    l'ultimo comma dell'articolo in questione differisce l'applicazione dell'intero articolo 62, che esplicherà i suoi effetti decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012, e stabilisce che, con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di concerto del Ministro dello sviluppo economico, siano definite le modalità applicative dell'articolo,

impegna il Governo:

   ad adottare un decreto attuativo il più funzionale possibile alle esigenze del comparto, privo di eccessi di burocrazia e di aggravi per le imprese, soprattutto per le piccole e medie imprese agricole;
   a seguire, nella definizione delle modalità applicative dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, i seguenti indirizzi:
    a) nell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 62, comma 3, prevedere, nel caso di consegne effettuate da cooperative o loro consorzi, che una quota parte di quanto percepito dalla grande distribuzione organizzata, dall'industria alimentare o dai grossisti, ritorni, in un lasso di tempo non superiore a 30 giorni, calcolato dalla data del ricevimento del pagamento, ai soci conferenti;
    b) a considerare clausola iniqua in danno del creditore la conclusione di contratti con determinazione di prezzi al di sotto dei costi di produzione dei prodotti oggetto delle cessioni, come rilevati dall'ISMEA attraverso il servizio certificato ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2008;
    c) a prevedere, fermo restando che i contratti dovranno essere informati in base all'articolo 62, comma 1, a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti, che la stesura dei contratti medesimi e gli adempimenti a questi relativi siano a carico dell'acquirente;
   a garantire una crescita della filiera più integrata che possa programmare volumi e richieste, al fine di sostenere le imprese e gli agricoltori in modo che possano contare su certezze e su una riduzione delle intermediazioni che ne limitano la redditività;
   a proseguire nelle consultazioni esistenti, attraverso l'azione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, tenendo in considerazione tutti gli attori della catena alimentare, in modo da promuovere il dialogo e stabilire linee guida per l'instaurazione di rapporti più equi ed equilibrati;
   ad adottare, per quanto di propria competenza, azioni volte a contrastare pratiche di acquisto abusive dei grossisti e dei dettaglianti dominanti che pongono sistematicamente gli agricoltori in una posizione negoziale estremamente sfavorevole;
   ad assumere iniziative normative volte a prevedere che la pubblica amministrazione (mense, ospedali e altro) onori gli impegni contrattuali relativi al pagamento nei 90 giorni successivi alla consegna della merce esposta in bolla e che, nel caso di consegne effettuate da cooperative o loro consorzi, questi rimettano ai soci conferenti almeno il 40 per cento di quanto percepito dalla pubblica amministrazione a titolo di acconto entro 30 giorni dal ricevimento del pagamento.
(7-00883) «Di Giuseppe, Rota, Messina».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   VILLECCO CALIPARI, SANTELLI, ZACCARIA, FONTANELLI e AMICI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, nell'esercizio dei poteri assunti a seguito della nomina con decreto del Presidente della Repubblica il 31 luglio 2007, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988, svolge compiti di raccordo istituzionale, monitoraggio, studio comparato dei dati e delle informazioni acquisite dai soggetti pubblici e privati sul fenomeno;
   l'attività del commissario è tesa a favorire il confronto e l'aggiornamento continuo tra le informazioni in possesso del sistema dati interforze del dipartimento della pubblica sicurezza sulle persone scomparse e quelle risultanti a livello territoriale sui cadaveri non riconosciuti, allo scopo di tenere aggiornato il dato di sintesi nazionale sugli scomparsi;
   attualmente sono in corso di definizione appositi modelli informativi di concerto con il capo della polizia direttore generale della pubblica sicurezza, per la compilazione di talune informazioni essenziali da parte degli enti locali e degli istituti di medicina legale, con il supporto tecnico dei gabinetti di polizia scientifica regionale, volte a favorire il coordinamento a livello nazionale della materia e a migliorare la univocità dei dati e delle informazioni;
   l'ufficio del commissario tiene i rapporti con i familiari degli scomparsi e con le associazioni più rappresentative a livello nazionale, tra cui l'Associazione Penelope, allo scopo di proporre alle competenti autorità eventuali soluzioni e misure per rendere più efficaci gli interventi nel settore;
   il 30 marzo 2012 è stata presentata, alla presenza del Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri, del sottosegretario all'interno Giovanni Ferrara e del capo di gabinetto prefetto Giuseppe Procaccini, l'VIII relazione semestrale curata dall'ufficio del commissario straordinario del Governo, Michele Penta, dalla quale risulta che sono 25 le persone che scompaiono ogni giorno nel nostro Paese;
   dalla relazione del commissario Penta, si evince che i dati fino al 2007, anno di istituzione dell'ufficio del commissario straordinario, venivano raccolti dal sistema dati interforze (SDI), che dal 1o gennaio 1974 al 31 dicembre 2011 le persone scomparse in Italia ancora da rintracciare sono in totale 24.912, di cui 9.280 cittadini italiani e 15.632 cittadini stranieri; quelli maggiorenni sono 14.593 di cui 7.593 italiani e 7.000 stranieri. I minori sono, invece, 10.319, di cui 1.687 italiani e 8.632 stranieri –:
   se risulti vero che l'incarico del commissario straordinario per le persone scomparse, che scade il 2 giugno 2012, non sarà prorogato per i prossimi mesi, producendo così un grave danno agli scomparsi e alle moltissime famiglie che nel nostro Paese ancora sperano in un intervento dello Stato verso il loro dramma;
   se, visti i risultati conseguiti dal commissario e dal suo ufficio, come risultano evidenziati nella ultima relazione semestrale presentata agli organi istituzionali, nelle more della possibile approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge A.C. 4568 «Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse», trasmesso dal Senato in data 29 luglio 2011 e attualmente all'esame della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, non si ritenga di proporre al Consiglio dei ministri la necessità di una proroga dell'incarico. (3-02304)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI, GIRLANDA e CROLLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la riforma della sanità istruita dalla regione Piemonte, perché contenente una disposizione normativa priva di copertura finanziaria;
   l'assessore regionale piemontese alla sanità, Paolo Monferino, riferendo di un colloquio telefonico con il Ministro Balduzzi, ha sottolineato che «il Ministro ha confermato che l'impianto complessivo della riforma è stato accettato e non è per niente messo in discussione»;
   il Governo, infatti, non ha mosso rilievi di illegittimità costituzionale sulle federazioni, ma sull'articolo 2, comma 2, della legge perché «omette di quantificare gli oneri da essa derivanti e nulla dispone riguardo alla loro copertura»;
   la parte impugnata è relativa agli incentivi alla gestione associata dei servizi sociali e l'equivalenza tra distretti sanitari e organi di gestione;
   il fondo per le incentivazioni è di competenza delle politiche sociali e ogni riferimento al piano di rientro, che riguarda la spesa sanitaria, non tocca gli ammontari relativi a questa spesa;
   il Governo, dopo aver impugnato la riforma sanitaria piemontese, motivando la decisione con la mancata copertura finanziaria di un singolo articolo, è a sua volta in difficoltà nel garantire la copertura del riparto del fondo sanitario nazionale 2012;
   molte regioni italiane, compreso il Piemonte, hanno approvato il bilancio 2012 contando su risorse che potrebbero subire un nuovo ridimensionamento: 1,5 miliardi sui 108 previsti per il fondo sanitario nazionale;
   tali ammontari erano destinati ad alimentare i cosiddetti «obiettivi di piano», ovvero alcune voci vincolate di spesa –:
   se il Governo intenda riconsiderare l'impugnazione del comma 2 dell'articolo 2 della riforma regionale della sanità della regione Piemonte;
   se il Governo intenda rassicurare le regioni italiane sulla copertura del Fondo sanitario nazionale 2012. (5-06969)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARANI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il paese a più alto rischio sismico in Europa ed il nostro territorio ha un rischio naturale molto forte;
   la comunità scientifica è convinta che, ad oggi, non sia possibile effettuare predizioni dei terremoti a medio-breve termine, nel senso di pre-determinare l'intensità dell'evento, la sua locazione spaziale e la finestra temporale;
   il terremoto dell'Aquila aveva portato all'attenzione nazionale il dottor Giampaolo Giuliani che aveva previsto un sisma di forte intensità in quell'area geografica;
   il tecnico e ricercatore del laboratorio nazionale di fisica del Gran Sasso recentemente aveva sostenuto che lo sciame sismico, potesse essere il preannuncio di un evento più forte affermando che «la gente, se sente due o tre scosse nell'arco della giornata, o le sente ravvicinate e con intensità maggiore, deve avere già la borsa sulla porta per scappare fuori, perché si rischia un terremoto come quello in Abruzzo»;  
   gli istituti sismologici dell'università di Genova avevano registrato, già a partire dalla tarda serata di venerdì 18 maggio 2012 uno sciame sismico relativamente preoccupante nella zona delle Alpi Apuane e proprio nell'area della Lunigiana, tanto che l'interrogante stesso è stato avvisato per via informale da alcuni esperti dell'eventualità di un terremoto «importante»;
   non risulta all'interrogante che anche la protezione civile sia stata pre-allertata di questi avvenimenti che riguardavano la zona dell'Appennino Tosco-Emiliano –:
   se non ritenga il Governo di verificare se sia stato fatto tutto il necessario per poter mettere in pre-allerta la popolazione emiliana e toscana, visto il susseguirsi dello sciame sismico;
   se il Governo non ritenga di dover incaricare esperti di settore per redigere un distinto programma di prevenzione ambientale capace di far fronte alle continue emergenze di carattere geologico e sismico sul territorio italiano. (4-16332)


   ZINZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio unico di bacino per le province di Napoli e Caserta vanta un credito nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento di protezione civile, per complessivi euro 71.039.043,76 e per il quale ha presentato istanza di ammissione al passivo ai sensi del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 del 2010;
   secondo quanto contenuto nella nota prot. n U0D03198 del 16 maggio 2012, il dipartimento di protezione civile avrebbe sospeso l'analisi dell'istanza di insinuazione al passivo perché «il credito è oggetto di contenzioso tuttora pendente»;
   si segnala che il comma 6 dell'articolo 5 del decreto del dipartimento di protezione civile n. 903 del 1o dicembre 2010, stabilisce che «le istanze riferite a crediti relativamente ai quali esista un giudizio pendente davanti all'autorità giudiziaria, per tutto o parte del credito stesso, saranno eventualmente valutate, ai fini dell'inserimento nella massa passiva, all'esito del giudizio, salva definizione transattiva anticipata»;
   il citato decreto prevede pertanto una possibilità, e non un obbligo, di attendere gli esiti del giudizio. Sta di fatto inoltre, che, al momento, è soltanto una piccola parte dell'intero credito ad interessare le pendenze giudiziarie, e non certo l'intero credito;
   la motivazione inserita nella citata nota prot. n U0D03198 del 16 maggio 2012 del dipartimento di protezione civile, sembrerebbe pertanto all'interrogante viziata da eccesso di potere, sospendendo l'analisi dell'istanza di insinuazione al passivo per l'intero credito richiesto dal Consorzio unico di bacino e non solo relativamente alla parte interessata dalle pendenze giudiziarie;
   d'altronde, nella domanda di insinuazione al passivo, è dettagliatamente descritta la parte del credito per il quale pendono azioni giudiziarie;
   il comportamento della Presidenza del Consiglio dei ministri appare all'interrogante inoltre tanto più di dubbia legittimità alla luce delle integrazioni al decreto 903 del 2010 effettuate in seguito all'approvazione del successivo decreto n. 128 del 18 luglio 2011;
   nelle premesse del citato decreto 128 si legge infatti: «considerato che, a seguito della soppressione, in sede di conversione, del comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 195 del 2009, non è più obbligatorio l'inserimento nella massa passiva per ottenere il soddisfacimento del credito vantato, potendo il creditore direttamente esercitare azioni giudiziarie per conseguire il pagamento di quanto preteso»; sulla base di tale premessa, il dipartimento di protezione civile ha decretato «fatte salve le istanze di ammissione alla massa passiva e tenuto conto della possibilità di adire le vie giudiziarie per ottenere il soddisfacimento delle pretese creditorie, l'Unità tecnico-amministrativa... procederà a dare compiuta attuazione al disposto di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 195/2009, come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26... provvedendo, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, a fronteggiare le proprie esposizioni debitorie, comprese quelle rispetto alle quali non è stata presentata istanza di ammissione alla massa passiva...»;
   l'interpretazione fornita quindi dallo stesso dipartimento di protezione civile, con il decreto n. 128 del 2011 opera un evidente scollamento tra le istanze di ammissione alla massa passiva e le pendenze giudiziarie, superando il problema della pendenza dei procedimenti, che era sorto in applicazione del decreto-legge 195 del 2009 successivamente non convertito nella parte relativa alla sospensione dei processi civili in pendenza delle istanze di insinuazione alla massa passiva;
   di recente, inoltre, si è venuti a conoscenza che, nei confronti dell'articolazione di Napoli, dello stesso Consorzio unico di bacino, il dipartimento di protezione civile ha adottato un comportamento differente, provvedendo ad inserire nella massa passiva anche crediti per i quali vi è pendenza di azioni giudiziarie, ponendo in essere, pertanto, un comportamento a giudizio dell'interrogante contraddittorio, in tutta evidenza –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti, quali siano gli orientamenti in merito e se non ritenga di assumere iniziative volte a superare quello che all'interrogante appare un comportamento contraddittorio del Dipartimento della protezione civile nei confronti delle due articolazioni del Consorzio unico di bacino. (4-16335)


   BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   un'idonea del concorso per educatori penitenziari, intende segnalare una gravissima vicenda che sta avendo luogo proprio in questo delicatissimo momento in cui le nostre carceri si trovano in pieno stato emergenziale;
   il concorso pubblico per esami a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore (Ministero della giustizia, DAP), indetto con provvedimento del direttore generale 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale — IV serie speciale — n.30 del 16 aprile 2004. Nel giugno del 2010 si sono concluse le prove orali e la graduatoria dei vincitori è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 21 del 15 novembre 2010. Trascorsi altri 2 anni si è arrivati a febbraio 2012, momento in cui è stata autorizzata l'assunzione di soli 32 vincitori. Non solo i tempi di questo concorso sono stati lunghissimi (ad oggi 8 anni), ma non è stata autorizzata neppure l'assunzione di tutti i 50 posti messi a concorso. L'amministrazione ha dichiarato che il primo aprile 2012 è subentrato l'ennesimo blocco che impedisce di assumere se non prima si procederà ad un'ulteriore riduzione di organico;
   si ritiene che sia giusto ed opportuno che l'amministrazione penitenziaria provveda quanto prima all'assunzione delle restanti 18 unità, senza ulteriori ritardi e rinvii indeterminati. Così come è avvenuto per il concorso a 397 posti per educatori C1 che ha visto numerose interrogazioni parlamentari e una serie di interventi che hanno giustamente portato all'assunzione di vincitori e idonei fino alla copertura totale dei posti messi a concorso (ad esempio 3-01257) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
   se si intenda immediatamente firmare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al fine di procedere con il completamento dell'assunzione dei 18 idonei suddetti. (4-16338)


   GIRLANDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 maggio 2012 il Presidente del Consiglio, Mario Monti, nel corso di una conferenza stampa relativa ad un vertice con la Polonia, ha dichiarato, riferendosi allo scandalo delle scommesse sportive che vede coinvolti diversi tesserati e società di vari campionati di calcio del nostra Paese, «mi chiedo ancora se una sospensione del gioco per due o tre anni, visto questo caos, non gioverebbe alla maturazione totale»;
   queste dichiarazioni hanno dominato le prime pagine dei media televisivi e dei quotidiani subito dopo i primi lanci delle agenzie di stampa, scatenando un sentimento di non condivisione da parte dei cittadini, dei commentatori, dei vertici della Figc e del mondo del calcio, vista l'autorevole fonte istituzionale da cui provenivano, in un momento in cui il Presidente del Consiglio rivestiva in pieno le proprie funzioni in un'occasione ufficiale e non, quindi, quale privato cittadino;
   il mondo del calcio nazionale subirebbe un duro colpo da un'eventuale sospensione dei campionati, considerando il notevole giro di introiti che interessa le società di calcio, gli sponsor, i media, i vari settori del merchandising, la valutazione dei calciatori, i tifosi, nonché le entrate erariali che questo settore genera;
   il recente scandalo delle scommesse non è il primo evento con conseguenze giudiziarie che interessa il nostro calcio nel passato recente e remoto, che non è stato mai sospeso per tali casualità, bensì ha accettato le sentenze della giustizia sportiva ed ordinaria reagendo ai vulnera provocati dalle inchieste giudiziarie o dai comportamenti scorretti e sleali dei singoli;
   una sospensione dei campionati provocherebbe una crisi probabilmente irreversibile del settore, che rappresenta una delle eccellenze italiane nel mondo, con danni pesantissimi a livello sportivo, oltre che economico, tali da non giustificare questo provvedimento, che pure il Presidente Monti ha accennato quale possibile, senza tuttavia approfondire le motivazioni alla base di queste dichiarazioni –:
   su quali elementi di natura economico-finanziaria, sportiva e giudiziaria, quali quelle riportate in premessa, abbiano trovato fondamento le dichiarazioni del Presidente del Consiglio in data 29 maggio 2012. (4-16343)


   ALESSANDRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   gli sconvolgenti fenomeni sismici che dal 20 di maggio colpiscono l'Emilia Romagna hanno provocato fino ad ora 24 morti, oltre 250 feriti e circa 14.000 sfollati;
   sono stati distrutti, edifici pubblici e privati e sono crollate chiese e monumenti; sono ingenti i danni agli edifici storici e di culto e alle case coloniche; sono state devastate una serie di aziende agricole e sono crollati molti edifici industriali e capannoni, provocando morti e feriti tra gli operai;
   le risorse necessarie ai fini della ricostruzione e della ripresa delle attività economiche, oltre che della vita sociale, sono ingenti;
   l'Emilia Romagna è tra le regioni che maggiormente contribuiscono ai trasferimenti in favore dello Stato;
   l'attuazione del federalismo fiscale è stata bloccata dal Governo –:
   se il Governo non intenda opportuno adottare le occorrenti iniziative, anche di carattere normativo, affinché tutte le risorse provenienti dalla tassazione dei cittadini della regione Emilia Romagna siano mantenute in capo alla stessa regione e agli enti locali, così che siano gestiti direttamente dagli amministratori locali fino al ripristino delle normali condizioni di vita, ai fini della più celere ed efficace azione di ricostruzione. (4-16345)


   ALESSANDRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la mattina di domenica 20 maggio 2012, alle ore 4.03, un terremoto devastante, di magnitudo 5,9 e con epicentro alla profondità di circa 6 chilometri, ha colpito l'Emilia-Romagna, nella zona tra Modena e Ferrara, provocando 7 morti, oltre 50 feriti e migliaia di sfollati; San Felice sul Panaro, Sant'Agostino, Mirandola, Bondeno, Buonacompra, Finale Emilia sono stati i comuni maggiormente colpiti;
   a seguito di circa 800 ulteriori scosse di intensità minore accadute nei successivi 8 giorni, alle ore 9 del 29 maggio, si è verificata una nuova scossa tellurica nella stessa zona, di magnitudo 5,8 ed alla profondità di 10,2 chilometri, nell'area epicentrale compresa tra Medolla, Mirandola e San Felice sul Panaro, che ha provocato ulteriori 17 morti e oltre 200 feriti;
   sono stati distrutti, edifici pubblici e privati e sono crollate chiese e monumenti; sono ingenti i danni agli edifici storici e di culto e alle case coloniche; sono state devastate una serie di aziende agricole e sono crollati molti edifici industriali e capannoni, provocando morti e feriti tra gli operai;
   l'accavallarsi delle due scosse ha provocato circa 14 mila sfollati, l'evacuazione di ospedali e ha generato il terrore nella popolazione;
   la stima provvisoria di danni già del primo sisma del 20 maggio ha raggiunto cifre dell'ordine di centinaia di milioni di euro; è in corso la rendicontazione dei danni al patrimonio artistico e al mondo produttivo;
   in particolare sono ingenti i danni provocati alle aziende agricole nelle campagne di Modena e Ferrara. Nel crollo di rimesse, fienili, capannoni sono andati perduti bestiame, macchinari agricoli, attrezzature, fertilizzanti, impianti fotovoltaici eccetera; molte abitazioni rurali sono lesionate;
   alla luce di tale catastrofe appaiono inopportuni e fuori luogo festeggiamenti istituzionali;
   il Governo ha manifestato la volontà di celebrare comunque la festa del 2 giugno –:
   se non intenda annullare le celebrazioni della festa della Repubblica del 2 giugno, con la tradizionale parata militare, dirottando agli aiuti ai terremotati dell'Emilia i circa 2,5 milioni di euro che verrebbero risparmiati. (4-16347)


   MIGLIOLI e MIOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in queste settimane è stato diffuso in 300.000 famiglie italiane a cura della presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con il Ministero della salute, un questionario riguardante le abitudini e gli stili di vita degli italiani;
   il questionario si compone di 13 pagine ed intende acquisire informazioni sull'uso di tabacco, sull'assunzione di alcool, di farmaci e di sostanze stupefacenti, e chiede informazioni sulle abitudini di gioco, compreso quello di azzardo, ma a pagina 10 dopo aver chiesto notizie sull'uso di sostanze psicoattive, chiede se queste possono essere scambiate per incensi, profumatori ambientali, sali da bagno o fertilizzanti ed, inoltre, chiede il luogo ove sono state reperite, formulando quattro risposte preordinate:
    internet;
    smart shop;
    erboristerie/drogherie;
    altro da specificare;
   la evidente allusione alla erboristeria come luogo ove sarebbe possibile procacciarsi sostanze stupefacenti ha determinato la protesta della Federazione erboristi italiani che ha denunciato il grave rischio di immagine che ne deriva a tutto il settore che certamente non ha alcuna contiguità con luoghi ove si esercita lo spaccio di sostanze stupefacenti –:
   quale iniziative urgenti il Governo intenda assumere allo scopo di evitare che un settore economico e commerciale già penalizzato dalla diffusa crisi economica possa essere ulteriormente danneggiato da un messaggio fuorviante che il questionario in argomento indiscutibilmente trasmetta;
   quale sia l'ammontare della spesa prevista per la diffusione, raccolta ed elaborazione dei citati questionari e quale sia l'Amministrazione tenuta a finanziarla.
(4-16348)


   DI PIETRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato, in data 3 febbraio 2010 e 26 aprile 2012, due atti di sindacato ispettivo, rispettivamente il 4-05995 ed il 4-15841, relativi alla vicenda della scuola di Fossalto (Campobasso) che in caso di sisma rischierebbe di sgretolarsi nonostante siano stati spesi 400 mila euro per lavori di adeguamento non completati che hanno reso inagibile la struttura;
   a parere dell'interrogante, responsabilità appaiono più che evidenti come è evidente il fatto che qualcuno ci abbia speculato ben consapevole del tragico precedente della scuola di San Giuliano di Puglia in cui sono morti 27 bambini e una maestra per il crollo della scuola durante il terremoto del 2002;
   l'interrogante, in data 28 maggio 2012, ha effettuato personalmente il sopralluogo nell'istituto che ospitava infanzia, primaria e medie vedendo con i propri occhi la negligenza adoperata nella realizzazione dei lavori –:
   se non ritenga opportuno intervenire e di effettuare i controlli del caso assumendo le conseguenti iniziative di competenza. (4-16350)


   SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica Araba di Siria non ha al momento motivi di controversia con lo Stato italiano;
   la Repubblica araba di Siria intrattiene da sempre ottimi rapporti con lo Stato italiano;
   la Repubblica Araba di Siria è da mesi in uno stato di «guerra civile» fra Stato ed estremisti di matrice islamica;
   le vittime civili sono migliaia, per responsabilità di entrambe le parti;
   con la Repubblica araba di Siria era in corso un filo di dialogo attraverso l'Onu che ora si spezza progressivamente;
   l'espulsione di un ambasciatore è prevista, secondo il diritto internazionale, in caso di diritti violati a danno della comunità e o dello Stato ospitante oppure di dichiarazione di guerra fra lo Stato ospitante e quello di appartenenza del diplomatico;
   la Farnesina ha provveduto all'espulsione dell'ambasciatore siriano presso lo Stato italiano, Hasan Kaddour;
   di tale provvedimento è testimone solo una nota informativa della Farnesina che ricorda come l'azione sia in un piano coordinato fra Parigi, Berlino e Roma;
   non è stato chiarito in alcuna maniera se esiste una strategia fra Stati e se questa sia o meno stata siglata nel rispetto della normativa internazionale vigente;
   la Camera dei deputati non è stata in alcuna maniera consultata in relazione a questa decisione;
   la Commissione esteri della Camera dei deputati non è stata in alcuna maniera consultata in relazione a questa decisione;
   la Camera dei deputati non è stata in alcun modo informata, nemmeno tramite nota preventiva, della volontà di porre fine all'attività dell'ambasciatore siriano;
   risulta dalla nota della Farnesina che soggetti al provvedimento di espulsione siano anche alcuni funzionari dell'ambasciata il che configurerebbe responsabilità diffuse in un qualsivoglia capo di accusa a carico dei diplomatici suddetti, cosa non chiarita nella nota –:
   se intenda il Governo, rendere note le motivazioni di tale decisione;
   se intenda il Governo, chiarire se esiste una strategia fra Stati e se questa sia o meno stata concordata nel rispetto della normativa internazionale vigente;
   se intenda il Governo chiarire il perché della decisione di espellere l'ambasciatore non trovandosi l'Italia nelle condizioni succitate;
   se intenda il Governo chiarire il perché della decisione di espellere anche funzionari dell'ambasciata e se vi siano motivazioni più profonde del semplice sdegno per i massacri di civili. (4-16351)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel volume «Sua Santità» scritto dal giornalista Gianluigi Nuzzi, alle pagine 131-134, viene riportata la notizia di un pedinamento avvenuta il 21 aprile 2008 da parte di personale dello Stato Città del Vaticano in territorio italiano ai danni dell'ingegner Pier Carlo Cuscianna –:
   se le autorità vaticane abbiano informato le autorità italiane di una azione investigativa a carico dell'ingegner Cuscianna, ovvero se abbiano chiesto l'autorizzazione a pedinarlo;
   se le autorità italiane abbiano gli strumenti per evitare intercettazioni indebite sul territorio italiano da parte del Vaticano;
   di fronte ad attività investigative o di intercettazione abusive sul territorio italiano da parte di uno Stato estero quale sia la procedura che viene seguita;
   quali iniziative intendano prendere per appurare se quanto narrato in premessa corrisponde al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intendano assumere. (4-16352)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la «Direzione dei servizi di sicurezza e protezione civile» dello Stato della Città del Vaticano è diretta dal signor dottor Cavaliere di gran croce Domenico Giani e il vice direttore è il signor dottor grand'ufficiale Raoul Bonarelli;
   Raoul Bonarelli è noto anche per essere stato l'unico indagato nella vicenda di Emanuela Orlandi. Finito sotto inchiesta per depistaggio, Bonarelli, prima di recarsi in procura, come risulta da una intercettazione, viene «consigliato» di non rivelare quanto accadeva in Vaticano dopo la scomparsa di Emanuela;
   il 29 maggio 2012 sul quotidiano La Repubblica è apparso un articolo di Corrado Zunino dal titolo «Hacker e controlli sulle mail così gli 007 del Vaticano vanno a caccia dei corvi. Nei sotterranei sale hi-tech e centri d'ascolto». Nell'articolo è tra l'altro scritto che «Giani, 50 anni (...), nella precedente vita civile è stato finanziere, collaboratore del Sisde, i servizi segreti interni, dirigente dell'amministrazione penitenziaria, addetto alla sicurezza di una presidenza del Consiglio. Tredici anni fa Domenico Giani è entrato nel corpo di vigilanza dello Stato straniero, ha contribuito a trasformarlo, nell'attuale Gendarmeria e dal 2006, quando ne è diventato ispettore generale, ha avviato una riforma radicale seguendo due princìpi: la segretezza necessaria a uno Stato così ricco e influente merita una intelligence da nazione evoluta e, secondo, la filiera del controllo deve restare in due sole mani. Le sue. Come tutti in Vaticano, Giani si muove «sotto protezione». La sua è inattaccabile: Tarcisio Bertone. Lo tutela e gli suggerisce le strategie. Non è un caso che Bertone il 22 giugno 2006, diciannove giorni dopo la promozione del poliziotto di Arezzo a ispettore generale, sia diventato Segretario di Stato. In sei stagioni Giani ha avocato a sé tutti i servigi di sicurezza del governatorato: Protezione civile, vigili del fuoco, le operazioni di gendarmeria. Ha stretto rapporti con i gruppi speciali dei carabinieri, i Gis. (...) Il comandante Giani ha specializzato le sue squadre nel pedinamento e ha creato sottogruppi come il Gir, intervento rapido, e l'Unità antisabotaggio. (...) ha fatto costruire un ufficio per le intercettazioni telefoniche e ambientali e un secondo per il monitoraggio della posta elettronica e dei siti internet ostili. Quest'ultimo, (...) è stato affidato a un giovane hacker. (...) Domenico Giani è al corrente dei segreti di fondo del Vaticano, collabora con monsignor Novacek che in via dei Cherubini 32 guida l'Istituto gesuitico di studi vaghi, il contro-spionaggio ecclesiale (...)»;
   nello Stato Città del Vaticano «La forma di governo è la monarchia assoluta»;
   il «Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario» e che «In qualunque causa civile o penale ed in qualsiasi stadio della medesima, il Sommo Pontefice può deferirne l'istruttoria e la decisione ad una particolare istanza, anche con facoltà di pronunciare secondo equità e con esclusione di qualsiasi ulteriore gravame» (articoli 1 e 16 della nuova legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano) –:
   se risponda al vero che il direttore dei servizi di sicurezza dello Stato Città del Vaticano, Aldo Giani, nato ad Arezzo il 16 agosto 1962, abbia prestato servizio presso la Repubblica italiana in qualità di finanziere, collaboratore del Sisde, i servizi segreti interni, dirigente dell'amministrazione penitenziaria, addetto alla sicurezza di una presidenza del Consiglio e, se del caso, in quali periodi e con quali mansioni;
   se risulti se vi siano state attività di controllo provenienti dallo Stato della Città del Vaticano relative allo Stato italiano, aziende, associazioni, siti o cittadini italiani;
   se il signor Aldo Giani abbia ottenuto il nulla osta di sicurezza (NOS), in che data e, se del caso, fino a quando;
   se risponda al vero e, se del caso, quali siano i rapporti dal punto di vista formale ed operativo con i gruppi di intervento speciale (G.I.S.) dei Carabinieri;
   se risulti l'esistenza di un «Istituto gesuitico di studi vaghi» a Roma ed eventualmente se il Governo sia a conoscenza di quali attività svolga. (4-16353)


   ANDREA ORLANDO e FERRANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 maggio 2012 il quotidiano La Repubblica ha reso nota una bozza del Governo per riformare l'organismo disciplinare della magistratura ordinaria attraverso una modifica delle sezioni disciplinari del Consiglio superiore della magistratura;
   nella medesima data il Presidente del Consiglio, Mario Monti, ha precisato che questa iniziativa era stata da tempo ritenuta inopportuna e non percorribile ed era stata esclusa dai provvedimenti all'esame del Consiglio dei ministri;
   in data 28 maggio, anche il Ministro della giustizia, Paola Severino, ha dichiarato alle agenzie di stampa che si trattava di una semplice bozza di modifica su cui aveva personalmente espresso parere tecnico negativo per l'incostituzionalità delle norme;
   in data 29 maggio, in una lettera al quotidiano La Repubblica, il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, definendosi estensore delle bozze di norme in questione, ricostruisce l'intera vicenda sostenendo che «non c'era alcun intento aggressivo nei confronti dei magistrati, né della loro autonomia, garanzia assoluta della convivenza civile, anzi la ratio era di rinforzarne l'immagine». «Il pacchetto di cui mi assumo la responsabilità è stato elaborato dallo stesso gruppo di studio che ha scritto molte norme del Salva Italia, il 50 per cento delle norme del decreto Liberalizzazioni». Non tutte le norme proposte «furono approvate dal Presidente del Consiglio, anche se per indiscrezioni molte di esse erano comparse sui giornali. Nello stesso modo il gruppo ha predisposto il pacchetto Merto e ha iniziato le consultazioni dei Ministeri interessati, il Presidente Monti, da me avvertito, ritenne inopportuna la proposta sul Csm e il Ministro della giustizia sollevò una questione di praticabilità costituzionale della riforma e il testo per quella parte fu archiviato. Iniziò per il resto il confronto con la Corte dei conti e con il Consiglio di Stato, per conoscere l'avviso di questi organismi sulla bozza di regolamentazione, ciascuno per la parte di propria competenza, il testo non fu invece mandato al Csm, a riprova dell'avvenuta archiviazione dell'idea. Inizialmente avevo inviato ai presidenti dei due Organi la sola norma che li riguardava direttamente. Successivamente, su richiesta, ho inviato l'intera sezione relativa all'azione disciplinare per la magistratura e per le libere professioni. In una cosa ho sbagliato: non ho precisato agli uffici di espungere la norma sul Csm che, per mio errore, è stata quindi allegata» –:
   come sia possibile che davanti ai tanti e urgenti problemi della giustizia italiana, data la nota distanza tra le posizioni delle forze politiche che sostengono il Governo su questo tema, si sia tentato di affrontare questioni così delicate con metodi davvero discutibili e quali siano i presupposti e le ragioni che hanno mosso il Sottosegretario Catricalà a lavorare sull'ipotesi di modifica dell'assetto disciplinare del Consiglio superiore della magistratura trattandosi quest'ultima, inoltre, di materia estranea alle dichiarazioni programmatiche del Governo e al momento non oggetto del confronto tra le forze che lo sostengono. (4-16354)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la gravità e il perdurare della crisi economica in atto ripropone con sempre più forza, sia a livello nazionale che europeo, il tema della crescita per uscire dalla crisi dei debiti sovrani e al contempo ridare fiato e slancio all'economia di Paesi «strangolati» dalla crisi prima, e dalle rigide politiche di austerità poi, fin qui imposte soprattutto a livello europeo;
   l'obiettivo della crescita, per essere raggiunto, richiede che gli scenari internazionali evolvano nella stessa direzione, battendo i rischi di protezionismo e di guerra tra le monete, lavorando anzi attivamente nel pieno rispetto delle regole del Wto per favorire lo sviluppo e la crescita del commercio internazionale. In questo contesto appare certamente strategico per l'Europa e per l'Italia promuovere la creazione di una zona trans-atlantica di libero scambio tra grandi regioni, quali sono l'Europa e gli Stati Uniti per un verso, ma anche l'America latina;
   secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, dai dati post-crisi sul commercio globale di beni, servizi e attività finanziarie, appare che non ci sia alcuna relazione economica così sviluppata come quella che riguarda Europa e Stati Uniti, che nel solo 2010 si scambiavano beni per 410 miliardi di dollari – con l'Unione europea che esportava in USA beni per 240 miliardi di dollari e ne importava dall'America per 170 – e detenevano un ammontare di scambio di servizi pari a 255 miliardi di dollari;
   secondo i dati riportati, inoltre, gli investimenti americani in Europa sarebbero pari a tre volte quelli realizzati dagli stessi Usa nell'intera Asia, mentre gli investimenti europei in America sarebbero di otto volte maggiori di quelli effettuati in Cina e India;
   tuttavia, da alcuni studi di settore i grandi volumi di scambi già in essere tra Europa e Stati uniti potrebbero essere assai più grandi qualora venisse approfondita l'integrazione economica Usa-Unione europea, in particolare attraverso una decisa riduzione delle cosiddette «barriere non tariffarie allo scambio»;
   mentre infatti i tassi doganali tra i due Paesi sono già tra i più bassi al mondo – mediamente intorno al 3 per cento – il problema più rilevante è costituito da una miriade di differenze di regolamentazione e di pratiche doganali, che incidono tanto sulla protezione dei consumatori, quanto sulla sicurezza alimentare;
   del resto, la stessa Commissione europea nel 2009 pubblicava uno studio in cui stimava in modo dettagliato l'entità e il costo delle principali barriere non tariffarie e il beneficio di una loro eventuale riduzione, indicando possibili guadagni di prodotti interno lordo tra i 40 e i 100 miliardi l'anno per l'Europa, e tra i 20 e i 40 miliardi l'anno per gli Usa;
   nella lettera inviata il 20 febbraio 2012 al Presidente del Consiglio europeo dai primi Ministri di dodici Paesi europei, tra cui l'Italia, dopo aver ricordato che la crisi che si ha davanti è una crisi di crescita e che è necessario costruire una maggior competitività e correggere gli squilibri macroeconomici, si chiedeva esplicitamente di «dare un'ulteriore spinta politica all'approfondimento dell'integrazione economica con gli Stati Uniti, prendendo in esame tutte le opzioni, compresa quella di un accordo di libero scambio»;
   come afferma il professor Daveri in un articolo pubblicato sul Corriere Economia del 30 aprile 2012, «un mercato transatlantico davvero unico sarebbe un modo per dare nuovi orizzonti alla crescita economica, in Europa e in America, facendo concorrenza leale alla Cina senza alzare barriere protezionistiche» –:
   quali iniziative diplomatiche urgenti il Ministro interrogato ritenga possano essere intraprese al fine di integrare, approfondire e rafforzare l'integrazione economica tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America;
   se ritenga che la negoziazione di un accordo di libero scambio tra Unione europea e gli Stati Uniti sia un'opzione possibile in tempi brevi, e se, per quanto di sua conoscenza, siano già stati convocati tavoli interistituzionali di approfondimento e confronto per l'esame di questo particolare aspetto delle relazioni trans-atlantiche. (5-06961)


   TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   qualche giorno fa, nel corso di un incontro alla Farnesina, il Ministro degli esteri libico, Ashour Bin Khayal, ha richiesto una maggior collaborazione internazionale, denunciando il rischio di un «peggioramento della situazione» sul flusso dei clandestini dalle coste nordafricane, e in particolare, da quelle libiche, ritenendo che «sia dalla Siria, sia dal Sahel, dove sono in atto visibili eventi di destabilizzazione, possano generarsi nuovi flussi di rifugiati che potrebbero poi riversarsi sulla sponda sud del Mediterraneo»;
   lunedì 14 maggio 2012, nel corso del Consiglio dell'Unione europea sugli affari esteri, secondo quanto riportato in un comunicato della Farnesina, l'Unione europea avrebbe accolto la richiesta italiana di un maggior coordinamento a livello europeo sui temi della sicurezza delle frontiere e dell'immigrazione con la Libia, accogliendo l'approccio italiano per un «cambio di passo» dell'Unione europea nei confronti dell'assistenza alla transizione libica;
   in particolare, sarebbe stata condivisa la necessità di un maggiore sostegno per assicurare la stabilità delle frontiere e anche di un più efficace meccanismo di coordinamento tra gli sforzi condotti a livello nazionale da parte dei singoli Stati e tra i Paesi membri e l'Unione europea;
   la previsione del Ministro libico non rappresenta certo un fatto inusitato, considerando l'ordinario intensificarsi degli sbarchi con l'avvicinarsi della stagione estiva; tuttavia, come ben sottolineato dal Ministro degli affari esteri, pone «attenzione e senso di urgenza all'obiettivo di prevenire piuttosto che di contrastare successivamente con operazioni di rimpatrio», spostando l'obiettivo sulla necessità di lavorare sulle cause originarie dell'immigrazione clandestina;
   è pertanto da ritenersi positiva l'intenzione di «cambiare passo nel rafforzare il partenariato con la Libia», come precisato dal Ministro Terzi, «prevedendo il contributo al rafforzamento istituzionale del processo democratico con le elezioni che si svolgeranno a fine giugno, e gli strumenti e le politiche che devono prevenire i flussi di immigrazione illegali»;
   accanto alle iniziative di più lungo periodo nelle opportune sedi europee, appaiono altrettanto indispensabili alcune iniziative nazionali che possano mettere il nostro Paese nelle condizioni di affrontare nell'immediato l'emergenza sbarchi, come per esempio la riapertura in tempi brevi del centro di prima accoglienza di Lampedusa, chiuso dal precedente Governo sulla base della considerazione che Lampedusa fosse da considerarsi porto non sicuro e che costringe, nel caso di interventi italiani di soccorso in mare, a raggiungere il ben più lontano Porto Empedocle, con conseguenti rischi per la salute e la sicurezza dei migranti;
   appare altresì urgente quanto prima ripristinare i fondi per l'emergenza profughi provenienti dal Nord Africa, stanziati con legge su iniziativa del precedente Governo, e successivamente utilizzati per l'attuazione del cosiddetto decreto salva Italia, e mai più ripristinati;
   da notizie a mezzo stampa, infatti, in una riunione tenutasi il 2 maggio 2012, presso il dipartimento della protezione civile, incaricato di pianificare e gestire l'accoglienza sia dei profughi sia dei migranti provenienti dal Nord africa, il prefetto Gabrielli – cui è stato affidato con l'ordinanza n. 3933 del 13 aprile 2011, l'incarico di commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari a fronteggiare lo stato d'emergenza dichiarato con i decreti del Presidente del Consiglio del 12 febbraio 2011, del 7 aprile 2011 e infine del 6 ottobre 2012, che ha prorogato lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2012 – avrebbe fornito informazioni preoccupanti, non solo rispetto al mancato ripristino dei fondi in precedenza stanziati, ma soprattutto rispetto all'impossibilità denunciata da diverse regioni di far fronte agli impegni contrattuali sottoscritti con associazioni, cooperative sociali, organizzazioni che gestiscono i Centri di accoglienza per richiedenti asilo, grandi o piccoli, distribuiti su tutto il territorio nazionale;
   la mancanza dei fondi destinati alla pianificazione e all'accoglienza dei profughi e dei migranti provenienti dal Nord Africa si aggiunge alla non chiarezza sulle strategie che il Governo intende mettere in campo per affrontare non solo la sorte di circa 21.000 migranti attualmente ospitati nei centri, per la maggior parte dei quali è stato negato lo status di rifugiato e che sono in attesa degli esiti dei ricorsi, ma anche di coloro che non sono ancora stati ascoltati dalle commissioni, nonché per i minori non accompagnati –:
   per quanto di conoscenza dei Ministri interrogati, quali siano in concreto le misure che l'Unione europea si appresterebbe a mettere in campo per realizzare un maggior coordinamento a livello europeo sui temi della sicurezza delle frontiere e dell'immigrazione dalla Libia, e se tra di esse siano comprese anche misure economiche volte a sostenere gli sforzi dell'Italia quale frontiera meridionale dell'Unione europea;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per ripristinare quanto prima i fondi destinati all'emergenza profughi provenienti dal Nord Africa, e in caso affermativo, in quali tempi e modi intendano provvedervi, al fine di porre in essere una pianificazione efficace nella gestione e accoglienza di questi migranti. (5-06964)


   DI BIAGIO, GRANATA e MENIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (cosiddetta legge di stabilità), reca «Riduzioni delle spese non rimodulabili dei Ministeri» intervenendo in maniera vistosa sulle risorse disponibili in capo ai Ministeri;
   nello specifico nel suindicato articolo vengono individuate le modalità di raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero degli affari esteri. Tra queste al comma 3 viene specificato che «a decorrere dall'anno 2012, l'autorizzazione di spesa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1967, n. 215, è ridotta di euro 1.230.000»;
   il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 4 della legge di stabilità reca disposizioni in merito al «Personale in servizio nelle istituzioni scolastiche e culturali all'estero»;
   la riduzione delle risorse, sancita dalla legge di stabilità, sta sollevando, tra l'altro, notevoli criticità di tipo organizzativo e qualitativo presso gli uffici scuola delle rappresentanze diplomatico-consolari oltre confine: la ristrutturazione dell'offerta formativa destinata agli utenti, connazionali e non, rischia di compromettere l'organizzazione dei servizi scolastici oltre che condizionare la qualità del servizio offerto agli utenti, sui quali ricadrebbero inevitabilmente le conseguenze della succitata «ristrutturazione»;
   la rimodulazione delle risorse ministeriali e la conseguente prospettiva riorganizzativa sul versante scolastico e formativo, determinano una condizione piuttosto delicata sotto il profilo operativo degli uffici scuola, comportando nuove programmazioni dei corsi, intervenendo sulla platea degli utenti e determinando dei riflessi non trascurabili sulla medesima;
   nella descritta fase di riorganizzazione, che si configura con tratti particolarmente delicati, appare imprescindibile la figura del dirigente scolastico dell'ufficio scuola presso le nostre rappresentanze;
   proprio su questo versante, è opportuno evidenziare che le disposizioni ministeriali, così come confermate dalla recente comunicazione del Ministero degli affari esteri, diramata in data 12 marzo 2012 a tutte le rappresentanze italiane, pur non in armonia con quanto indicato nel Contratto collettivo nazionale dei dirigenti scolastici, prevedono che gli stessi — nell'ambito dei complessivi nove anni di possibile permanenza all'estero — non possano permanere nella medesima sede per più di sei anni (nello specifico la normativa indica quattro di prima nomina a cui si aggiungono due di successiva proroga). Per cui, al fine di completare il mandato di nove anni complessivi oltre confine, i dirigenti dovrebbero svolgere obbligatoriamente l'incarico in un'altra sede, peraltro dopo aver ripetuto la prova di selezione già svolta in occasione della prima nomina;
   alla luce della normativa ministeriale citata, alla criticità caratterizzante l'attuale ridefinizione dell'offerta formativa e scolastica degli uffici scuola oltre confine, determinata dal contenimento delle risorse, andrebbe ad aggiungersi il possibile rientro al territorio metropolitano del dirigente scolastico ed il conseguente avvicendamento con un altro profilo — non a conoscenza della realtà locale in termini di specificità dei servizi e dell'utenza — in una fase certamente complessa dell'organizzazione della struttura;
   tale condizione si rappresenta presso l'ufficio scuola del consolato generale di Monaco di Baviera, in Germania. Infatti alla luce della citata normativa, l'attuale dirigente scolastico presso l'ufficio scuola dovrebbe cessare dall'incarico in agosto 2012 — alla vigilia del nuovo anno scolastico — con inevitabili ripercussioni sull'organizzazione dell'offerta formativa e sulle potenzialità della struttura;
   l'ufficio scuola di Monaco si è contraddistinto per il notevole impegno profuso, segnatamente nella fase di transizione che ha visto il passaggio dell'organizzazione di corsi dal Ministero bavarese alle istituzioni italiane e agli enti gestori: il coordinamento tra utenti, istituzioni ed enti gestori, unito ad una indiscutibile capacità progettuale hanno rappresentato di certo un valore aggiunto per la rappresentanza italiana;
   l'applicazione della citata normativa ministeriale sembra di fatto non tener conto delle reali esigenze funzionali delle nostre rappresentanze, sollevando disagi e criticità che interverrebbero in un contesto già fortemente vessato: in questa fase delicata un turn over della dirigenza scolastica potrebbe creare delle serie difficoltà nell'avvio del nuovo anno scolastico, non potendo essere garantita adeguata continuità con quanto operato, organizzato e progettato in precedenza;
   a detta dell'interrogante, già sussistendo uno scenario dai tratti delicati presso gli uffici scuola, la normativa ministeriale rischia di compromettere l'efficienza operativa del servizio scolastico del consolato di Monaco, così come quello delle altre rappresentanze italiane, compromettendo la possibilità di concludere progetti avviati e la possibilità di garantire un adeguato livello di operatività alla struttura, con inevitabili ricadute sui servizi agli utenti –:
   se intenda rivedere le disposizioni della citata comunicazione ministeriale, in materia di mandato del dirigente scolastico, al fine di renderle armoniche con le reali difficoltà operative del momento, con le attuali caratterizzazioni del servizio scolastico e con le esigenze dell'utenza, nel pieno rispetto di quanto disposto dal CCNL per i dirigenti scolastici. (5-06971)

Interrogazione a risposta scritta:


   FOGLIARDI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Edward Kojo Akanor, ghanese di 67 anni, lavoratore modello all'aeroporto Catullo di Verona, è morto il 25 aprile 2012, sempre a Verona;
   arrivato in Italia 25 anni fa, lavorava a Villafranca da 12 anni e mandava sistematicamente buona parte dello stipendio in patria alla moglie paralizzata e alla figlia Matilda;
   la figlia, raggiunta dalla notizia, in procinto di partire per l'Italia per partecipare alle esequie del genitore, fino ad oggi, nonostante i documenti in regola, non ha ottenuto dall'ambasciata italiana di Accra il visto per partire, perché ritenuta non in possesso di una situazione economica tale da garantire il «sicuro rientro in Africa»;
   il fatto ha destato compassione e profondo disagio in gran parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni. Anche il presidente dell'aeroporto Paolo Arena, il prefetto Perla Stancari e il questore Michele Rosato hanno discusso della questione e sono intervenuti per mettersi in contatto con le autorità africane –:
   se il Ministro non intenda assumere con la massima urgenza ogni iniziativa di competenza per agevolare la situazione, consentendo alla figlia di partecipare al funerali del padre, ed evitare che in futuro tali situazioni possano ripetersi. (4-16334)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CICCANTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   durante gli scavi archeologici realizzati tra il 1893 e il 1895 in località Castel Trosino, frazione del comune di Ascoli Piceno, furono portate alla luce delle tombe longobarde contenenti reperti archeologici d'ornamento e d'uso, maschili e femminili, i quali furono recuperati per repertoriarli dalla direzione generale delle antichità e delle belle arti di Roma, che finanziò anche la campagna di scavi;
   la necropoli fu esplorata e analizzata in modo scientifico e sistematico con la guida del dottor Edoardo Brizio, direttore degli scavi d'antichità per Emilia e Marche, riportando così alla luce numerosi oggetti preziosi (monili, armi e utensili realizzati con pietre preziose ed ori) che erano raccolti in circa 300 tombe, dislocate nei fondi denominati «Santo Stefano», «Fonte» e «Campo»;
   sin dalla loro scoperta – quindi da oltre un secolo – i reperti della necropoli di Castel Trosino sono depositati al museo dell'Alto Medioevo di Roma all'Eur e mai restituiti al comune di Ascoli Piceno per destinarli alla mostra del proprio passato, ricco di storia medievale come nessun altra città dell'Adriatico;
   il «tesoro» quindi appartiene alla storia millenaria e medievale della città di Ascoli, nulla avendo a che vedere con la città di Roma e con il suo museo dell'Alto Medioevo e – come richiesto da una petizione di migliaia di firme e da tutte le istituzioni pubbliche e private del territorio Piceno – deve tornare dove è stato trovato, quale testimonianza storica e di vita vissuta dello stesso territorio ascolano –:
   se non ritenga doveroso, come segno e dimostrazione di giustizia per un danno da riparare, assumere un'iniziativa per restituire alla «città di Ascoli» tutti i reperti che vanno sotto il nome di «tesoro dei Longobardi» di Castel Trosino, essendo già stato predisposto idoneo museo per ospitarli sotto la cura e la sorveglianza della competente soprintendenza archeologica delle Marche;
   se sia stato fatto uno studio costi/benefici dell'attività di detto museo dell'Alto Medioevo di Roma all'Eur, ossia quanto costi per tenere aperto un Museo rispetto ai visitatori paganti, dal momento che risulta sia a saldo negativo, con il doppio danno che il «Tesoro dei Longobardi» non è sufficientemente valorizzato in quanto storicamente decontestualizzato e per di più oneroso per l'erario, quando invece rappresenterebbe un eccezionale volano per l'economia turistica del piceno, dove si rispecchierebbe con la propria identità storica;
   quali modalità e tempi si ritenga occorrano per trasferire detto «Tesoro dei Longobardi» tutto da Roma ad Ascoli. (5-06967)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FUGATTI, BRAGANTINI e NEGRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010) è stato istituito il fondo per i comuni di confine, che grazie ad uno stanziamento di 40 milioni annui da parte di ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano finanzia progetti «per lo sviluppo economico e sociale dei territori confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano»;
   il fondo è gestito da un organismo di indirizzo (ODI) appositamente creato, e sceglie i progetti da finanziare dietro presentazione a bando e sulla base dei seguenti criteri: interesse pubblico generale dei progetti; benefici di carattere economico e sociale per le comunità di riferimento; impatto sullo sviluppo economico dei territori; consolidamento, sostegno e promozione degli usi e dei costumi delle comunità di lingua ladina;
   partecipano di diritto al bando per l'assegnazione dei fondi i comuni, o loro forme associative, delle province del Veneto e della Lombardia confinanti con la provincia autonoma di Trento o di Bolzano, e dunque Belluno, Vicenza, Verona, Brescia e Sondrio;
   il 25 maggio 2012 è stata pubblicata la graduatoria dei progetti ammessi a valere sul bando 2010-2011, per un valore totale di 160 milioni di euro benché manchino dal fondo i 40 milioni dovuti per la seconda tranche dalla provincia autonoma di Bolzano);
   i 206 progetti presentati, con una richiesta totale di finanziamento pari a 756 milioni di euro, sono stati vagliati da Invitalia su delega dell'organismo di indirizzo. La graduatoria è stata poi validata dalla commissione di indirizzo, con l'approvazione di 33 progetti in totale;
   tra i comuni beneficiari della regione Veneto (106 milioni su 160), quasi 69 milioni vanno alla provincia di Belluno, contro i 27 alla provincia di Verona e i 9 e mezzo di Vicenza;
   la graduatoria stilata dall'organismo di indirizzo ha suscitato molte polemiche in particolare nella provincia di Verona, che si è sentita penalizzata nella scelta dei progetti, soprattutto perché sono stati scartati proprio i comuni veronesi meno abbienti, senza chiarezza sui criteri di selezione. Secondo alcuni esponenti locali la scelta avrebbe seguito una mera logica «spartitoria» dei componenti dell'organismo di indirizzo posto che i criteri di valutazione contenuti negli atti di indirizzo sono troppo generici per fornire indicazioni di merito;
   secondo gli interroganti quindi la proporzione di assegnazione tra le tre province del Veneto risulta fortemente squilibrata, ed in particolare la provincia di Verona appare sottovalutata rispetto, ad esempio, all'ammontare di fondi assegnati ai comuni della provincia di Belluno –:
   quali siano i criteri effettivi, al di la di quelli generali presentati dall'organismo di indirizzo, che hanno portato a quella che agli interroganti appare una arbitraria assegnazione. (5-06962)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIRLANDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il recente scandalo del calcioscommesse che ha investito numerosi tesserati e società sportive dei maggiori campionati di calcio del nostro Paese ha provocato un'ondata di sdegno e malcontento da parte di tutti i cittadini e soprattutto di coloro i quali effettuano scommesse sportive;
   i proventi per l'erario derivanti dalle scommesse sportive rappresentano una voce non secondaria del bilancio statale;
   la prossima ricorrenza dei campionati europei di calcio e, successivamente, dei giochi olimpici, rappresentano manifestazioni particolarmente sentite da parte degli scommettitori e degli appassionati delle varie discipline sportive che a seguito di eventi quali quello che ha interessato il calcio italiano potrebbero scegliere di astenersi dalle giocate;
   il bilancio dello Stato potrebbe risentire negativamente della riduzione delle giocate a causa delle minori entrate –:
   se sia possibile avere una stima dell'impatto negativo sull'insieme delle scommesse sportive alla luce degli eventi sopra indicati, anche in relazione alle precedenti ricorrenze di questi eventi sportivi di carattere internazionale;
   in che modo il Ministro intenda sopperire alla possibile riduzione delle entrate per l'erario derivanti dalle scommesse sportive. (4-16328)


   ANIELLO FORMISANO, BORGHESI, EVANGELISTI, DI GIUSEPPE, PALAGIANO, BARBATO, MESSINA, ZAZZERA e PORCINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in considerazione del riacutizzarsi della crisi negli ultimi mesi, il Governo ha annunciato l'arrivo di decreti per la certificazione dei crediti vantati da imprese e professionisti nei confronti delle amministrazioni pubbliche, sia centrali che locali. Misure che metterebbero in campo 20-30 miliardi per sbloccare i pagamenti, con la possibilità di compensare i crediti con le somme iscritte a ruolo;
   il quadro degli interventi previsti assume particolare rilievo per garantire maggiore liquidità da cui potrebbero trarre vantaggi in modo particolare le imprese che operano nel Mezzogiorno;
   da questa procedura, stando ai testi informali del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sulle compensazioni, vengono escluse dal beneficio le imprese che operano in comuni o province commissariati o in regioni che siano interessate al piano di rientro dal deficit della sanità;
   per le imprese resta infatti «off limit» la certificazione dei crediti dunque la compensazione tra crediti e debiti con la pubblica amministrazione, proprio nelle regioni commissariate o anche solo con piano di rientro dai mega disavanzi sanitari;
   le regioni con la sanità commissariata sono cinque: Lazio, Campania, Molise, Abruzzo e Calabria. E altre tre regioni sono sotto piani di rientro dai debiti: Puglia, Sicilia, Piemonte. In queste otto regioni la bozza del citato decreto esclude le imprese dal rientro più rapido dai crediti, escludendole dalla certificazione;
   tali determinazioni, nascenti anche dall'ultima manovra finanziaria (legge n. 183 del 2011) del Governo Berlusconi, rischiano di aggravare il quadro economico di diverse regioni, per la maggior parte situate al Sud, le quali sono soggetti al piano di rientro dal deficit sanitario creando una situazione che pone le regioni su piani diversi e penalizzando proprio quelle che vivono profonde condizioni di marginalità;
   si impone così alle suddette regioni una doppio sacrificio, ovvero da un lato il recupero dei debiti accumulati nel comparto sanità, dall'altro con l'esclusione delle importanti agevolazioni previste nel suindicato decreto –:
   alla luce di quanto espresso in premessa quali iniziative intenda intraprendere il Governo per eliminare una situazione di disparità fra regioni sul piano del risanamento economico e della tutela alle imprese. (4-16330)


   MORONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto del cinque per mille rappresenta una risorsa fondamentale per la vita del terzo settore in Italia e per le scelte strategiche che ne conseguono. Gli enti no profit, infatti, impegnano le risorse ricevute dai contribuenti nello sviluppo di progetti pluriennali e nello sviluppo di programmi di ricerca;
   a partire dalla sua introduzione con la legge Finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 337 e successivi) il «5 per mille» è stato rinnovato ad ogni successiva Finanziaria. Tuttavia sconta le incertezze legate al rinnovo annuale e alla definizione dell'importo;
   il 21 maggio 2012 uno dei principali quotidiani italiani Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo in cui si riferisce che la quota del cinque per mille assegnata dai contribuenti, con le dichiarazioni dei redditi per l'anno 2010, agli enti no profit, alle università, alla ricerca, non sarebbe più tale in quanto sarebbe stato tagliato di 80 milioni di euro;
   infatti, secondo quanto riportato nell'articolo, a fronte di una cifra di prossima distribuzione pari a 383 milioni di euro, le somme che i contribuenti avrebbero destinato al cinque per mille ammonterebbero, invece, a 463 milioni di euro;
   se ciò fosse confermato, significa che gli importi ricevuti da ciascuna delle organizzazioni presenti negli elenchi pubblicati dall'Agenzia delle entrate nei giorni scorsi, sarebbero ridotti del 17 per cento; si tratterebbe di un taglio di risorse che metterebbe a rischio lo stato sociale, lo sviluppo della ricerca scientifica e sanitaria, in un periodo già molto difficile per la raccolta fondi da parte delle organizzazioni no profit dato l'attuale quadro economico;
   la notizia riportata da Il Sole 24 Ore ha allarmato le organizzazioni no profit che non sono state preventivamente informate dalle indicazioni fornite dall'amministrazione finanziaria ai Ministeri competenti, in riferimento all'esigenza di allinearsi alla effettiva disponibilità in bilancio delle risorse da distribuire;
   ad oggi già trecento associazioni, tra cui l'Associazione italiana ricerca sul cancro (AIRC), Emergency, l'Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) e l'Unicef, oltre che più di mille privati cittadini hanno sottoscritto una petizione ospitata dal sito del settimanale VITA che chiede trasparenza nelle comunicazioni relative al taglio delle risorse destinate al cinque per mille;
   ad oggi il Governo non ha espresso alcuna posizione –:
   se intenda fornire al più presto una risposta puntuale e ufficiale in riferimento all'articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore;
   se intenda motivare il taglio delle risorse del cinque per mille avvenuto senza alcuna forma di comunicazione preventiva ai beneficiari. (4-16333)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTENTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da tempo avvocati, utenti e dipendenti dell'ufficio del giudice di pace di Maniago (Pordenone) segnalano, anche mediante il ricorso a denunce giornalistiche, il pessimo stato di manutenzione dell'accesso all'immobile;
   nei giorni di pioggia risulta quasi impossibile accedere alla struttura giudiziaria a causa delle condizioni del viale di ingresso, non asfaltato e soggetto alla presenza di notevoli pozzanghere non altrimenti evitabili;
   il problema sarebbe facilmente risolvibile ma a tutt'oggi non è stato assunto alcun provvedimento, ad eccezione della posa di un leggero strato di ghiaia drenante all'altezza della porta centrale;
   a questo punto una segnalazione formale di codesto Ministero potrebbe finalmente sortire l'effetto sperato –:
   se intenda segnalare all'ente gestore dell'edificio in oggetto la necessità di una rapida sistemazione dell'accesso all'ufficio del giudice di pace di Maniago (Pordenone), rendendo più decoroso e agevole il lavoro degli stessi operatori che quotidianamente frequentano tale sede periferica. (4-16325)


   LOVELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2003, veniva approvata una normativa, la legge n. 350, articolo 4, comma 90, che equiparando le imprese piemontesi alluvionate nel novembre 1994, a quelle terremotate della Sicilia del 1990, consentiva di regolarizzare la propria posizione debitoria degli anni 1995, 1996 e 1997, riguardante tributi, contributi e premi, versando il 10 per cento del capitale dovuto al netto di interessi e sanzioni. La normativa, destinata a quelle imprese che avendo subito gravi danni e avuto difficoltà nel ripristinare le proprie aziende, non erano riuscite a ottemperare alle sopraccitate scadenze, aveva una copertura finanziaria stanziata dallo Stato di 5 milioni di euro per tre anni. Tali fondi erano destinati a coprire il disavanzo dal 10 per cento versato al 100 per cento dei contributi ai fini pensionistici per le imprese individuali;
   successivamente, il 26 febbraio 2007, veniva emanata la legge n. 17, articolo 3-quater, comma 1, che stabiliva una riapertura dei termini della legge precedente, con ben specificati gli oggetti delle agevolazioni, ovvero tributi, contributi previdenziali e premi assicurativi ed il termine per la presentazione delle domande, il 31 luglio 2007, con relativa copertura finanziaria di 1,5 milioni di euro per tre anni;
   in seguito alla proroga dei termini di presentazione delle domande e dopo aver informato le imprese alluvionate alessandrine associate, erano quindi state predisposte le richieste di rimborso del 90 per cento dei contributi versati all'INPS negli anni 1995, 1996, 1997;
   nei mesi successivi l'INPS negava il diritto ai rimborsi malgrado la sentenza del giudice del lavoro del tribunale di Alessandria che imponeva il rimborso nei confronti di un imprenditore alessandrino il quale aveva tempestivamente citato in giudizio l'istituto previdenziale;
   dopo il diniego dell'INPS, le imprese, attraverso il servizio legale dell'associazione Confartigianato Alessandria, presentavano quindi ricorso al tribunale di Alessandria e l'INPS si costituiva a sua volta in giudizio con la richiesta di rigetto dei rispettivi numerosi ricorsi;
   trascorsi i dovuti tempi della giustizia, nel 2009 il giudice del lavoro del tribunale di Alessandria, condannava l'INPS a corrispondere a tutte le imprese le somme richieste oltre interessi legali e spese processuali;
   a seguito delle richieste di pagamento, l'INPS provvede al pagamento delle spese processuali liquidate dal giudice, ma non al pagamento delle somme dovute agli imprenditori artigiani alluvionati. L'INPS per contro, proponeva atto di appello innanzi la corte di appello di Torino chiedendo l'integrale riforma della sentenza emessa dal giudice del lavoro di Alessandria;
   alla fine del 2010, dopo circa un anno, la controversia tra gli imprenditori alluvionati associati a Confartigianato Alessandria e l'INPS, è stata quindi sottoposta al giudizio della corte d'appello di Torino–sezione lavoro. Nella sentenza emessa dalla corte d'appello di Torino, le richieste dell'INPS sono state respinte e l'Istituto nazionale della Previdenza sociale è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali;
   la sentenza emessa in appello dalla corte d'appello di Torino non è stata impugnata dall'INPS innanzi la Corte di cassazione nei termini previsti dalla legge e pertanto è transitata in giudicato;
   dopo la sentenza d'appello, come dopo il primo grado di giudizio, l'INPS ha provveduto al pagamento delle spese processuali, continuando però a non versare i rimborsi spettanti alle sovra citate imprese alessandrine alluvionate. Le somme dovute dall'ente previdenziale variano dai 5.000 ai 200.000 euro per ditta, in funzione del numero dei dipendenti dell'impresa;
   dopo una serie di legittime e insistenti richieste finalizzate a dare seguito al dettato delle sentenze, gli artigiani alluvionati annunciavano all'INPS la ferma intenzione di notificare nei confronti dell'Istituto «atti di precetto» per poi dar corso al pignoramento nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
   presumibilmente per evitare questo tipo di azioni, nel mese di luglio di 2011, l'INPS assicurava il pagamento delle somme indicate nelle sentenze, richiedendo tra l'altro alle varie imprese artigiane alluvionate, le coordinate bancarie per provvedere entro breve all'accredito delle somme dovute;
   tuttavia, alla fine del mese di agosto 2011, l'INPS di Alessandria comunicava al legale rappresentante delle aziende artigiane alluvionate associate a Confartigianato Alessandria, che la sede regionale dell'INPS aveva nuovamente bloccato l'erogazione dei rimborsi per le ditte alluvionate, anche per i casi per i quali erano già stati predisposti i pagamenti. Il blocco dei rimborsi comunicato dall'INPS di Alessandria è stato inoltre giustificato con la necessità di assicurare un omogeneità di trattamento nell'ambito dell'intera regione Piemonte, evenienza che è stata poi smentita dal fatto che le imprese artigiane della provincia di Asti, pur avendo proposto i ricorsi giudiziali successivamente a quelle della provincia di Alessandria, hanno comunque ottenuto gli stanziamenti loro dovuti;
   i legali rappresentanti delle imprese artigiane alessandrine hanno quindi notificato gli atti di precetto contro l'INPS, pignorando presso il conto corrente dell'ente previdenziale, depositato presso la Cassa di risparmio di Alessandria le somme dovute. A seguito dell'opposizione dell'INPS, il giudice ha bloccato le esecuzioni e non ha assegnato le somme pignorate;
   l'INPS continua a sottrarsi dal pagamento delle somme dovute, confermate da sentenze che oltre ad essere esecutive, sono anche passate in giudicato, proponendo anche opposizioni giudiziali alle azioni esecutive avviate dalle imprese creditrici, giustificando la sua posizione sulla base della decisione di un giudice del tribunale di Cuneo – sezione lavoro – che ha rimandato alla Commissione europea un quesito sulla eventuale configurazione o meno come aiuti di Stato dei rimborsi in questione;
   indipendentemente dall'emissione di pareri da parte della Commissione europea o di eventuali sentenze della Corte di giustizia della comunità europea, non vi è dubbio che le sentenze emesse da giudici italiani, passate in giudicato, debbano essere rispettate ed eseguite –:
   se sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga che l'INPS debba procedere al pagamento delle somme dovute agli artigiani alessandrini alluvionati, come tra l'altro stabilito dalle sentenze emesse dalla corte d'appello di Torino–sezione lavoro e dalla Corte di cassazione. (4-16327)


   BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti hanno già presentato due atti di sindacato ispettivo a risposta scritta – 4-10292 e 4-16046 – relativamente alle condizioni di salute della signora Grazia Marine, 76 anni, rinchiusa nel carcere sardo di Badu ’e Carros da 5 anni (con fine pena gennaio 2013) perché accusata di essere stata la carceriera di Silvia Melis. Entrambi i predetti atti di sindacato ispettivo sono rimasti privi di risposta da parte del Governo;
   recentemente la dottoressa Paola Matera, su incarico del presidente del tribunale di sorveglianza di Sassari, è stata chiamata a rispondere al seguente quesito: «Accerti le condizioni di salute della signora Marine Grazia e se le stesse siano compatibili con lo stato di detenzione (se la donna si trovi in gravi condizioni di infermità psico-fisica che la rendano incompatibile con lo stato di detenzione);
   la relazione medico-legale, depositata in cancelleria il 26 aprile 2012, risponde al citato quesito nel modo seguente: «(...) Ne discende che allo stato, le condizioni psico-fisiche di Marine Grazia sono apparentemente buone in relazione alla stabilità delle infermità da cui è affetta, ciò che consente di affermare che non si trova in “condizioni di grave infermità psico-fisica” nell'accezione di cui all'articolo 147 del codice penale. Si tratta comunque, di una situazione complessiva delicata ed in equilibrio precario, da cui si deve attendere una continua e certa evoluzione peggiorativa, come anche episodiche riacutizzazioni e accidenti cardio o cerebrovascolari), per la coesistenza ed il sinergismo di fattori di rischio specifici, quali l'obesità, l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito tipo II, la coronaropatia, l'insufficienza renale cronica. Da questo punto di vista particolarmente insidiosi sono i danni vascolari da diabete mellito: il 55 per cento dei diabetici muore per infartio miocardio (arteriosclerosi delle arterie coronarie epicardiche), nei diabetici la coronaropatia è caratterizzata: da prevalente interessamento dei tratti distali, da alterazione della soglia di percezione del dolore da ischemia cardiaca (angina) a causa della neuropatia diabetica autonoma, da prognosi meno favorevole. I diabetici anche ipertesi hanno una probabilità maggiore del 20-30 per cento di manifestare un infarto o un ictus entro 10 anni, se si sviluppa una nefropatia diabetica, il rischio cardiovascolare è maggiore del 30 per cento. Questo per dire conclusivamente che le condizioni cliniche di MG, attualmente definibili solo «apparentemente» buone, devono essere attentamente monitorate per la concomitanza di vari fattori di rischio capaci di compromettere sia cronicamente che acutamente la funzionalità di cuore, rene e cervello con rapido declino dello stato generale e incerta prognosi quoad vitam»;
   la predetta relazione-medico legale è stata effettuata dalla dottoressa Matera basandosi solo sui referti clinici e senza che venissero effettuati esami medici più approfonditi;
   i familiari della detenuta sostengono che – nonostante le attenzioni dei medici e della polizia penitenziaria – la signora Marine Grazia non possa più essere curata in modo adeguato all'interno del carcere visto e considerato, fra l'altro, che la stessa ultimamente fatica sempre più a camminare e a parlare;
   nella consulenza medico legale di parte (C.T.P.) effettuata a fine maggio 2011 è risultato che Marine Grazie è affetta dalle seguenti patologie: insufficienza mitralica, aortosclerosi, dislipidemia, diabete mellito insulino-dipendente, insufficienza renale cronica grave (stadio 3), bronchite cronica enfisematosa, anemia aplastica, gozzo multinodulare tossico, diverticolosi del sigma, osteoporosi, rotoscoliosi e segni di lomboartrosi, mastopatia fibrocistica, prolasso uterino, rettocolite ulcerosa, rene sinistro ipoplastico, calcolosi renale, sdr varicosa e lieve insufficienza venosa arti inferiori, gonartrosi a sinistra e artrosi tibiotarsica, gastropatia antrale e dermatite irritativa pruriginosa;
   nonostante i rischi per l'incolumità fisica che la signora Grazia Marine corre stando in carcere, alla detenuta non è stata concessa sinora alcuna misura tale da tutelarne effettivamente il diritto alla salute, come in particolare sarebbe possibile attraverso il differimento dell'esecuzione della pena;
   la mancata concessione di tale misura non può del resto fondarsi su ragioni inerenti alla pericolosità della detenuta, né su motivi di prevenzione speciale; sicché allo stato non si comprende quali siano le ragioni ostative che non consentono, nel caso specifico, il ricorso al differimento dell'esecuzione della pena;
   tale provvedimento sarebbe, del resto, il solo idoneo ad evitare che la condizione fisica della signora Grazia Marine peggiori in maniera irreversibile, pregiudicandone per sempre l'incolumità e l'integrità psicofisica, così come evidenziato anche nella relazione medico-legale effettuata dal consulente tecnico, dottoressa Patrizia Matera, laddove si fa riferimento a «fattori di rischio capaci di compromettere sia cronicamente che acutamente la funzionalità di cuore, rene e cervello con rapido declino dello stato generale e incerta prognosi quoad vitam»;
   la prima firmataria del presente atto, nel reiterare le richieste contenute negli atti di sindacato ispettivo 4-10292 e 4-16046, sottolinea la irresponsabilità e gravità del comportamento del Governo il quale, sebbene interpellato su questa delicata vicenda fin dal lontano 10 gennaio 2011, non ha fornito agli interroganti alcun tipo di risposta nonostante i numerosi e ripetuti solleciti –:
   se sia a conoscenza della questione e se possa fornire ulteriori informazioni in merito;
   se sia noto quali siano attualmente le condizioni di salute della signora Grazia Marine e se venga garantita alla detenuta tutta l'assistenza medico-sanitaria che il suo precario stato di salute richiede;
   se non si ritenga necessario adottare le iniziative di competenza ritenute opportune, al fine di garantire la tutela della salute, della dignità, e dell'incolumità della signora Grazia Marine, nonché allo scopo di evitare che l'ulteriore permanenza nella struttura carceraria dell'anziana donna possa pregiudicarne irreparabilmente le condizioni cliniche generali;
   se non intendano promuovere, anche alla luce delle considerazioni sinora svolte, ogni accertamento di competenza, in rapporto ai fatti esposti in premessa, e quali ulteriori iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare il diritto alla salute della signora Grazia Marine.
(4-16336)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   società Autostrade per l'Italia ha recentemente elaborato un piano di riorganizzazione aziendale, che è stato giustificato sulla base della diminuzione del traffico autostradale registrato negli ultimi mesi a causa della crisi economica e con la contemporanea necessità si mantenere i livelli finanziari idonei a sostenere il piano d'investimenti deciso dalla società autostradale stessa;
   secondo quanto comunicato da società Autostrade per l'Italia alle organizzazioni sindacali, per evitare un peggioramento dei livelli di investimento e mantenere inalterati gli standard di servizio e manutenzione, è stato quindi necessario procedere all'elaborazione di un piano di riorganizzazione basato sulla revisione delle modalità di organizzazione del lavoro;
   gli interventi previsti saranno avviati a partire dal maggio 2012 fino al dicembre 2013. In questo arco temporaneo la società autostradale si è impegnata a non ridurre forzatamente il personale (salvo il caso in cui la situazione economica dovesse ulteriormente peggiorare);
   lo scorso 22 maggio, società Autostrade per l'Italia e le segreterie nazionali FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, SLA-CISAL, UGL-TRASPORTI, assistite dalle rispettive Rsa, hanno siglato un verbale d'accordo nel quale è stata raggiunta una sostanziale condivisione in merito alle modifiche contrattuali da apportarsi nell'orario di apertura dei punti blu, nell'organizzazione dei riposi, delle ferie, delle trasferte e nella riorganizzazione della specializzazione funzionale del personale;
   nel piano di riorganizzazione aziendale comunicato dall'azienda alle organizzazioni sindacali sono state inoltre previste una serie di modifiche relative alle attuali modalità di riscossione dei pedaggi. La società Autostrade per l'Italia, infatti, ha previsto l'installazione di 19 casse automatiche sulla rete autostradale e, dato lo scarso traffico durante l'orario notturno, ha previsto in alcuni caselli contigui, la non sostituzione del personale previsto in notturno nel caso di assenza di uno dei due addetti all'esazione. Infine, la società Autostrade ha previsto che in alcuni caselli, il turno notturno non sarà più presidiato, e nel caso di interventi urgenti, dovrà ad intervenire il personale in turno nel casello più limitrofo;
   sulle modalità ed i tempi per il completamento del programma di automazione delle casse, le parti non hanno ancora raggiunto un accordo. Ogni decisione in merito è stata infatti posticipata ad un successivo tavolo di confronto, la cui prima riunione è stata convocata dopo quindici giorni dalla sottoscrizione del sopracitato verbale di accordo tra le parti;
   le organizzazioni sindacali, rappresentando le istanze del personale del settore, hanno manifestato profonda preoccupazione in merito agli effetti che il piano di riorganizzazione presentato da società Autostrade potrebbe avere sui livelli occupazionali. Secondo le organizzazioni sindacali infatti la decisione di procedere ad un'automazione dei caselli e di ridurne il presidio notturno potrebbe avere conseguenze negative sui livelli occupazionali, mettendo a rischio quasi metà del personale attualmente impiegato;
   le organizzazioni sindacali hanno quindi avviato una mobilitazione in tutto il Paese per chiedere ai vertici aziendali l'avvio di un piano d'impresa maggiormente equo e basato su tagli che non investano unicamente il fattore lavoro –:
   se sia a conoscenza di quanto disposto dal piano di riorganizzazione aziendale elaborato da società Autostrade per l'Italia;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito, tenuto conto delle conseguenze che il nuovo piano potrebbe avere sui lavoratori del comparto e sui servizi forniti agli utenti della rete autostradale nazionale. (5-06957)


   LOVELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   «Assicuro che l'andamento della situazione verrà costantemente monitorato, tenuto conto anche del fatto che il trasporto pubblico locale è uno dei problemi cui questo Governo presta maggiore attenzione». Con queste parole, il 20 marzo 2012, il Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti Guido Improta, rispondeva in IX Commissione trasporti all'interrogazione n. 5-05955 presentata dall'interrogante, riguardo alle numerose criticità riscontrate nei primi mesi dell'anno dai pendolari della linea ferroviaria che collega il Basso Piemonte a Milano;
   le criticità denunciate dai pendolari nei collegamenti con il capoluogo lombardo, nella risposta alla precedente interrogazione, pur essendo state verificate sia dal rappresentante dell'Esecutivo, che dalla stessa società che gestisce i collegamenti ferroviari Novi Ligure-Milano, Trenord, venivano giustificate sulla base «dell'eccezionale emergenza meteo che ha spesso causato difficoltà alla rete infrastrutturale, determinando ritardi nell'arrivo dei materiali necessari per l'effettuazione dei servizi provocando, di conseguenza, disagi per i viaggiatori»;
   nonostante la fine dei mesi invernali e le rassicurazioni fornite dal Governo, le situazioni di ripetuto disagio registrate dai pendolari della linea Novi Ligure-Milano non sembrano essere state risolte. Come denunciato dai viaggiatori e dalle associazioni pendolari, nei collegamenti tra Novi Ligure e Milano, continuano infatti a registrarsi frequenti ritardi e soppressioni che rendono pressoché insostenibili gli spostamenti verso il capoluogo lombardo e viceversa;
   in particolare, si evidenzia, che nella giornata di giovedì 24 maggio 2012, il treno in partenza da Novi Ligure alle ore 6,34 è arrivato a Milano Centrale con un'ora di ritardo e nella stessa giornata, al rientro serale, i pendolari saliti sul treno delle 18,10 da Milano Centrale, diretto ad Arquata Scrivia, hanno raggiunto la stazione di Novi Ligure alle ore 21,45, dopo aver cambiato tre differenti convogli e accumulato due ore di ritardo –:
   se sia a conoscenza dei problemi irrisolti continuamente riscontranti dai pendolari sulla linea di trasporto passeggeri Genova-Milano;
   quali provvedimenti intenda assumere nei confronti di Trenitalia S.p.a e Trenord per evitare che in futuro si ripetano nuovamente simili disagi ed al fine di apportare soluzioni risolutive in favore dei pendolari che viaggiano sulle linee ferroviarie del Nord Italia. (5-06963)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   RENATO FARINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata di lunedì 28 maggio 2012 le forze dell'ordine e in particolare del servizio centrale operativo della polizia (SCO) hanno eseguito una perquisizione nell'alloggio del signor Mimmo Criscito, al centro tecnico di Coverciano dove la Nazionale italiana di calcio si sta preparando agli Europei;
   sin dal primo mattino i telegiornali di ogni rete hanno trasmesso le immagini delle «auto (che) hanno curvato a sinistra attraversando il parcheggio in pietrisco e si sono fermate nel piazzale davanti alle palazzine dove dormono gli Azzurri» (la Stampa, pagina 3, martedì 29 maggio);
   questa prontezza, lo schieramento di operatori della comunicazione è stata spiegata da Marco Ansaldo della Stampa: «la giornata è cominciata così, lunghissima, estenuante, con le troupe televisive e i giornalisti appesi ai cancelli in attesa di notizie perché qualche soffiata era giunta già domenica sera»;
   ad avviso dell'interrogante non si può non supporre che la tempestività della stampa sia riconducibile ad una violazione del segreto di indagine, con una spettacolarizzazione della vicenda che nulla ha a che fare con le esigenze della giustizia –:
   se i fatti corrispondano al vero;
   si intendano promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza. (3-02305)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva europea 2008/115/CE approvata dal Parlamento europeo il 16 dicembre 2008, recepita solo in parte, e in maniera imperfetta dallo Stato italiano con la legge n. 129 del 2011, prevede che gli Stati europei pongano fine al soggiorno irregolare dello straniero attraverso una procedura equa e trasparente, senza limitarsi a considerare il semplice dato di fatto del soggiorno irregolare, ma preferendo il rimpatrio volontario rispetto a quello coatto;
   la direttiva 2008/115/CE risulta immediatamente vincolante per le autorità italiane per le parti non attuate a decorrere dalla scadenza del termine di recepimento, del 26 dicembre 2010, o attuate con la legge n. 129 del 2011 in senso difforme rispetto a quanto previsto dalla direttiva medesima;
   l'uso di misure coercitive, ivi compreso il ricorso alla misura del trattenimento, andrebbe pertanto subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità perseguendo l'obiettivo della gradualità delle misure da adottare in concreto;
   sotto questo profilo, lo straniero – prima di essere sottoposto al rimpatrio (volontario o coatto) – dovrebbe essere intervistato al fine di verificare l'intenzione di chiedere accesso ad una procedura per il riconoscimento della protezione internazionale o l'eventuale sussistenza delle condizioni per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari o ad altro titolo;
   qualora fosse possibile escludere tale eventualità, si dovrebbe valutare quantomeno la sussistenza delle condizioni per concedere all'espellendo un termine per la partenza volontaria. E, solo nel caso in cui non si ritengano sussistenti le condizioni per un rimpatrio volontario, si potrebbe infine, disporre il suo trattenimento in un Centro di identificazione ed espulsione finalizzato al successivo accompagnamento coatto;
   in buona sostanza la direttiva impone di considerare le misure di privazione della libertà come estrema ratio, al fine di rendere effettive le misure di allontanamento forzato, e non come sanzione per l'ingresso o il soggiorno irregolari, e tali misure restrittive sono giustificate dunque solo dopo aver esperito tutte le altre modalità di rimpatrio degli stranieri irregolari, con preferenza per il rimpatrio volontario;
   la sentenza della Corte di giustizia C-357/09 del 30 novembre 2009, nota come sentenza Kadzoev, sancisce «il venir meno» della giustificazione del trattenimento, con conseguente obbligo di rilasciare la persona interessata, nei casi in cui «non esiste più una prospettiva ragionevole di allontanamento»;
   da un esposto presentato dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI) al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani, emerge che tra il 24 e il 26 giugno 2011 otto cittadini extracomunitari provenienti dal Nord-Africa sono stati rintracciati sulle coste dell'isola di Lampedusa e fermati dalle locali forze di polizia. Nei confronti degli stessi, in data 28 giugno 2011 e quindi, già con modalità differita, è stato emesso dal questore di Agrigento un decreto di respingimento e contestualmente un decreto di trattenimento presso il Centro di identificazione ed espulsione «Serraino Vulpitta» di Trapani;
   in data 2 luglio 2011, i migranti sono stati trasferiti nel Centro di identificazione ed espulsione dove si è poi celebrata l'udienza di convalida della misura restrittiva innanzi all'A.G. territorialmente competente, in quella sede, il giudice di pace di Trapani ha ritenuto di non convalidare il trattenimento – rilevando la decadenza di tutti termini previsti dagli articoli 13 e 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
   le disposizioni normative richiamate dall'A.G., innovate dalla legge n. 271 del 2004 istitutiva della competenza del giudice di pace in subiecta materia, prevedono testualmente che: «il Questore del luogo in cui si trova il C.P.T.A. (oggi C.I.E.) trasmette copia degli atti al Giudice di pace territorialmente competente per la convalida, senza ritardo e, comunque, entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza [...] il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo e sentito l'interessato se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione»;
   la stringente sequenza procedimentale è stata prevista dal legislatore al fine di garantire al trattenuto i fondamentali diritti di libertà fisica e di autodeterminazione, e ciò perché nel trattenimento – non a caso definito dagli interpreti più avveduti «detenzione amministrativa» – dottrina e giurisprudenza, da tempo, hanno individuato misura idonea ad incidere fortemente sulla sfera personale del cittadino straniero, limitandolo nella sua libertà di spostamento in relazione alle esigenze di famiglia, lavoro, studio – e cioè di beni costituzionalmente protetti (sentenze Corte Costituzionale nn. 105/2001 e 222/04);
   a riprova di ciò, i termini perentori previsti per il completamento della procedura di convalida del trattenimento di cittadino straniero, che deve esaurirsi con l'atto formale dell'A.G. nell'arco di complessive 48+48 ore per la convalida da parte del magistrato, appaiono del tutto analoghi a quelli previsti dal codice di procedura penale per l'applicazione delle misure cautelari custodiali, nonché a quelli previsti da particolari misure di prevenzione personali ritenute anch'esse limitative della libertà individuale come i cosiddetti d.a.spo. (legge n. 401 del 1989), diretti a reprimere il crimine e la violenza durante le manifestazioni calcistiche;
   l'articolo 13 della Costituzione espressamente non ammette alcuna forma di detenzione, né qualsiasi altra forma di restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'A.G. e nei soli casi e modi previsti dalla legge; consentendo, nei soli casi di necessità e urgenza – tassativamente indicati dalla legge, l'adozione di provvedimenti provvisori che devono essere comunicati entro 48 ore all'A.G. e, se questa non li convalida nelle successive 48 ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto;
   disposizioni di eguale garanzia sono previsti anche dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo agli articoli 3, 5 e 13;
   nel caso dei migranti di cui sopra, il giudice di pace di Trapani, ha preso atto della scadenza dei termini costituzionalmente imposti, e ha deciso di non convalidare la misura; a questo punto però anziché rilasciare immediatamente gli stranieri trattenuti, come imposto dalla normativa a seguito della mancata convalida da parte dell'A.G., sempre trattenendoli all'interno del Centro di identificazione ed espulsione, è stato emesso nei loro confronti un nuovo decreto di respingimento e un nuovo decreto di trattenimento dal questore di Agrigento in data 2 luglio 2011;
   gli atti sono stati trasmessi una seconda volta al giudice di pace di Trapani per la necessaria convalida che, ancora una volta, non è stata concessa per l'ovvia mancanza dei requisiti di legge: il respingimento è misura da adottare nei confronti dei cittadini extracomunitari nell'immediatezza dello sbarco o, comunque, dell'ingresso in frontiera;
   in ogni caso i trattenimenti, iniziati di fatto tra il 24 e il 26 giugno 2011, si erano ininterrottamente e indebitamente prolungati sino a quel momento senza che fosse intervenuta, nei termini di legge, la convalida dell'A.G. territorialmente competente – così come imposto dall'articolo 13 della Costituzione;
   tuttavia, ancora una volta, invece che provvedere all'immediato rilascio degli stranieri, costringendoli sempre al trattenimento all'interno del Centro di identificazione ed espulsione, il prefetto del capoluogo trapanese, in data 5 luglio 2011 ha emesso un nuovo atto amministrativo: decreto di espulsione, al quale ha fatto seguito un nuovo decreto di trattenimento emesso dal questore di Trapani;
   i nuovi provvedimenti amministrativi sono stati trasmessi al giudice di pace di Trapani che questa volta, secondo l'interrogante, inopinatamente, ha concesso la convalida richiesta;
   si rileva l'illegittimità delle prolungate condizioni di restrizione della libertà dei migranti: a fronte della mancata convalida del trattenimento da parte dell'A.G. competente, infatti, la questura avrebbe dovuto provvedere all'immediato rilascio e di certo non porre in essere dei provvedimenti di trattenimento «a catena», in una sconcertante violazione di quanto previsto dalla normativa vigente;
   con riferimento poi alla direttiva 2008/115/CE, nel caso in specie, non risulta che gli stranieri siano stati sottoposti, alla preliminare intervista – in occasione della quale – se fossero stati posti nelle condizioni di farlo – avrebbero pressoché certamente formulato richiesta di protezione internazionale o di concessione di permesso per motivi umanitari, atteso il particolare stato di emergenza sussistente sul territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa – condizione, che ha portato recentemente la Presidenza del Consiglio dei ministri, con decreto del 6 ottobre 2011, alla proroga dei permessi di soggiorno per motivi umanitari concessi ex articolo 20 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
   altre procedure di trattenimento illegittimo sono state poste in essere nel corso del 2011 con il ritardo sistematico nella formalizzazione dei provvedimenti di respingimento differito adottati ai sensi dell'articolo 10 comma 2 del testo unico n. 286 del 1998 da parte del questore di Agrigento, oppure in assenza di provvedimenti formali di respingimento e trattenimento, come nel caso eclatante dei migranti trattenuti sulle navi-prigione ormeggiate nel porto di Palermo nel mese di settembre 2011. Su tali casi, verificati direttamente nel corso di una visita su una delle navi in questione, sono stati presentati esposti presso le competenti procure di Palermo e Agrigento, a firma di diversi esponenti della società civile;
   ancora nelle scorse settimane si sono verificati altri casi di trattenimento senza l'adozione tempestiva di provvedimenti formali e senza la garanzia del rispetto di un minimo dei diritti fondamentali da riconoscere comunque allo straniero irregolare presente nel territorio nazionale, in base all'articolo 2 del testo unico n. 286 del 1998, come nel caso degli immigrati egiziani trattenuti nello stadio di Mazara del Vallo nei primi giorni di maggio di quest'anno, e poi rimpatriati in massa, con veri e propri respingimenti collettivi, mentre cinque di loro si trovano ancora all'interno del Centro di identificazione ed espulsione Vulpitta di Trapani –:
   se il Ministro sia al corrente di quanto esposto in premessa, e se intenda intervenire per quanto di competenza affinché simili fatti non abbiano più a verificarsi;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover dare piena attuazione alla nuova norma sul rimpatrio volontario assistito di cui al decreto-legge n. 89 del 2011 poi convertito dalla legge 2 agosto del 2011, n. 129, in particolare adottando un ulteriore necessario decreto attuativo che tenga conto anche dell'impossibilità di trattenere nei Centro di identificazione ed espulsione quegli immigrati per cui appare ormai evidente l'impossibilità di un rimpatrio con accompagnamento forzato, e realizzando programmi adeguati in tal senso, che prevedano un congruo contributo di reintegrazione in caso di rimpatrio volontario, e siano accessibili ai migranti irregolarmente presenti sul territorio;
   se non ritenga di promuovere l'abrogazione dell'articolo 10 comma secondo del testo unico n. 286 del 1998 che, prevede i cosiddetti respingimenti differiti, trattandosi di norma di dubbia costituzionalità, che di fatto introduce una surrettizia duplicazione del provvedimento di espulsione, la cui scelta risale esclusivamente alla discrezionalità delle autorità di polizia, e che anche per questa ragione appare in contrasto con la direttiva 2008/115/CE che esclude dal suo campo di applicazione soltanto i respingimenti immediati in frontiera e non anche le misure di allontanamento forzato come i «respingimenti differiti» adottati dal questore in base all'articolo 10 comma 2, dopo l'ingresso irregolare, o per motivi di soccorso, nel territorio dello stato considerato che una diversa interpretazione contrasterebbe con l'effetto utile della direttiva sui rimpatri che mira a rendere effettive le procedure di rimpatrio con accompagnamento forzato e non a stabilire (come di fatto si sta verificando in Italia) una sanzione detentiva di durata indeterminata per gli immigrati entrati o soggiornanti irregolarmente nel territorio dello Stato. (5-06968)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un articolo giornalistico pubblicato nei giorni scorsi sul quotidiano nazionale Il Mattino, dall'eloquente titolo «Quelle baracche nella terra di nessuno in un mondo che si anima solo di notte», mostra un inquietante scenario presente nella zona dove è ubicato l'aeroporto di Pontecagnano, alle porte della città di Salerno;
   degrado, malaffare e traffici illeciti di vario genere, causati anche da una massiccia presenza di extracomunitari irregolari che vivono in baracche ed abitazioni di fortuna dislocate nell'intera area della Piana del Sele, fanno da sfondo ad una difficile realtà che irrompe, in particolare, nelle ore notturne condizionando pesantemente lo stile di vita dei residenti;
   i cittadini interessati, sentendosi «abbandonati» al loro destino, hanno più volte sollecitato l'intervento delle forze dell'ordine e, riuniti in comitati di quartiere, hanno chiesto agli amministratori un maggiore presidio del territorio, specialmente nelle aree sensibili e nelle ore notturne;
   l'interrogante ha più volte denunciato al Governo lo stato in cui versano molte aree della zona litoranea e delle frazioni rurali di alcuni centri a sud di Salerno, quali Pontecagnano, Eboli, Bellizzi, Capaccio, caratterizzate da una illegalità diffusa derivante da molteplici fenomeni, quali prostituzione, caporalato, lavoro nero, furti in appartamenti, condizioni di vita disumane e degradanti, come già evidenziato negli atti di sindacato ispettivo nn. 4-04692 del 26 ottobre 2009, 4-08588 del 15 settembre 2010 e 4-15395 del 21 marzo 2012;
   le suddette criticità risultano ancor più gravi tenendo presente il contesto strategico dell'aeroporto «Salerno-Costa d'Amalfi», opera infrastrutturale di primaria importanza per lo sviluppo economico, sociale e turistico dell'intera provincia di Salerno, non a caso riconosciuto da ENAC e dall'Agenzia delle dogane nel gennaio scorso come scalo aeroportuale «doganale» e, quindi, di respiro internazionale;
   tali episodi, unitamente allo stanziamento di massicce comunità di cittadini dell'Est Europa e di extracomunitari irregolari, oltre ad alterare le condizioni di vita dei residenti, danneggiano l'immagine dei comuni interessati e dell'intera provincia di Salerno, con pesanti ricadute sul turismo e l'economia del territorio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intenda assumere per contrastare tali fenomeni, anche attraverso un maggiore presidio delle aree interessate ed un maggiore contrasto all'immigrazione clandestina nella provincia di Salerno.
(4-16331)


   NACCARATO e SBROLLINI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 maggio 2012 i carabinieri dei comandi di Vicenza e di Padova hanno eseguito le misure di custodia in carcere nei confronti di Lino Cattaldo, 55 anni, residente a Brugine (Padova) già detenuto; Luciano Turato, 54 anni, residente a Campolongo Maggiore (Venezia); Eugenio Pittarello, 50 anni, e Andrea Dolesei, 40 anni, entrambi residenti a Legnaro (Padova), accusati di far parte di un'associazione a delinquere finalizzata al furto aggravato ai danni di supermercati. Tra i destinatari del provvedimento di arresto risulta anche una quinta persona, attualmente latitante; mentre tra i denunciati risulta L.M., 49 anni, moglie di Pittarello, accusata del concorso nel trasporto e detenzione di circa 2 chilogrammi esplosivo;
   secondo gli inquirenti, l'organizzazione criminale sarebbe responsabile di una serie di furti commessi facendo esplodere la «cassa continua» di diversi esercizi commerciali in provincia di Vicenza: il 1o ottobre 2011 al supermercato «Coop» a Bolzano Vicentino; il 5 ottobre 2011 al supermercato «Prix», sempre a Bolzano Vicentino, il 19 ottobre 2011 al supermercato «Prix» a Dueville e il 24 ottobre 2011 al supermercato «Prix» a Torri di Quartesolo;
   nell'ambito dell'indagine gli inquirenti hanno disposto il sequestro di circa 2 chilogrammi di esplosivo;
   gli arrestati risultano tra gli ex membri della cosiddetta «Mala del Brenta», organizzazione criminale di stampo mafioso attiva in Veneto prevalentemente negli anni Ottanta e Novanta, resasi responsabile di omicidi, sequestri di persona, rapine, usura, traffico internazionale di stupefacenti e di armi;
   gli interroganti esprimono particolare preoccupazione a causa delle modalità di attuazione dei reati, commessi attraverso l'utilizzo di sostanze esplosive, e nella scelta degli obiettivi, tali da provocare un significativo allarme sociale nella popolazione locale;
   negli ultimi anni altri ex componenti della «Mala del Brenta» sono risultati coinvolti in reati commessi in Veneto. In particolare, il 28 ottobre 2008 a Padova è stato arrestato Fiorenzo Trincanato, 52 anni, ritenuto uno dei successori del «boss» Felice Maniero, accusato di traffico di sostanze stupefacenti –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete misure di competenza il Ministro intenda assumere per prevenire e contrastare le attività criminali degli ex aderenti alla cosiddetta «Mala del Brenta» perpetrate anche mediante l'utilizzo di sostanze esplosive;
   se dalle informazioni in possesso al Ministro risultino in Veneto rapporti o relazioni tra ex aderenti della «Mala del Brenta» ed esponenti di altre organizzazioni criminali di stampo mafioso.
(4-16346)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CAPITANIO SANTOLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo anno accademico più di 145 mila studenti si sono visti riconoscere dallo Stato il diritto ad avere una borsa di studio, ma sempre dallo Stato si sono sentiti dire che questa borsa non la riceveranno più;
   questi studenti sono riconosciuti idonei alla borsa di studio in base a determinati parametri, quali il reddito e il merito accademico;
   negli ultimi anni il fondo nazionale per le borse di studio ha subito tagli del 95 per cento e, mentre in Francia e Germania più di mezzo milione di studenti riceve la borsa di studio e in Spagna quasi 300 mila con grande investimento di risorse, l'Italia nel 2013 spenderà appena 12 milioni di euro;
   in un momento di crisi, con una disoccupazione giovanile stimata oltre il 35 per cento, con 11 milioni di giovani disoccupati in Europa e una precarietà sempre più dilagante, si rende ancora più urgente attuare una politica in grado di dare una risposta a tutti quei giovani studenti meritevoli ma privi di mezzi economici –:
   se il Governo non ritenga di adottare iniziative normative urgenti volte a prevedere ulteriori strumenti di tutela e a garantire la copertura necessaria delle borse di studio per tutti gli studenti considerati idonei. (3-02303)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto ministeriale n. 439 del 2011 disciplina le modalità per favorire la mobilità del personale docente e ricercatore;
   l'articolo 5 punto 1, del suddetto decreto ministeriale predispone che incentivi per 1.400.000 euro vengano destinati a tal fine per «assunzioni di professori I e II fascia di idonei in valutazioni comparative bandite ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, con esclusione di quelle disposte ai sensi del successivo articolo 11 del presente decreto e di quelle riferite a concorsi banditi dall'ateneo stesso»;
   l'idoneità in questione si presuppone essere relativa ai concorsi messi a bando dalle singole sedi universitarie ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, in riferimento all'articolo 2, comma 1, lettera f);
   l'articolo 5 punto 1, lettera b) del decreto ministeriale n. 439 del 2011, fa riferimento a tali figure idonee che ricoprano ruoli nella pubblica amministrazione o in istituti di ricerca non universitari (CNR);
   l'articolo 5 punto 1, del decreto ministeriale n. 439 del 2011 presuppone due differenti tipologie di cofinanziamento per tali assunzioni nella misura del: a) 90 per cento del costo medio nazionale relativo al ruolo occupato dall'interessato nell'ateneo di appartenenza; b) 95 per cento del costo iniziale di ciascuna qualifica per assunzioni relative a soggetti precedentemente non appartenenti ai ruoli universitari;
   le assunzioni per mobilità presuppongono la chiamata diretta dell'interessato;
   si presuppone che nel primo caso si faccia riferimento a personale docente e ricercatore già appartenente al ruolo di associato o ordinario;
   non è invece chiaro come debba intendersi nel secondo caso la dicitura «soggetti precedentemente non appartenenti ai ruoli universitari», che determina la portata di applicazione della norma circa le assunzioni per le quali gli atenei possono beneficiare degli incentivi in questione;
   la Corte dei conti si è espressa a riguardo nel Prot. C.d.c n. 29652, articolo 3, sostenendo che in riferimento all'articolo 5, punto 1, lettera b), del decreto ministeriale n. 439 del 2011 «sarebbe opportuno precisare la portata della norma e, in particolare, che la stessa si applica limitatamente a coloro che sono già appartenenti a ruoli pubblici, ancorché non universitari», nell'ottica di preservare la ratio del suddetto articolo, che riguarda incentivi alla mobilità del personale docente, mobilità che va appunto intesa in senso giuridico;
   il decreto ministeriale n. 71 del 2012, all'articolo 2, disciplinando la ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario, prevede uno stanziamento di ulteriori 3.643.453 euro per il consolidamento nell'anno 2012 degli interventi di cofinanziamento della mobilità dei docenti disposti dalle università in applicazione di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto ministeriale n. 439 del 2011, ignorando le indicazioni della Corte dei conti;
   la Corte dei conti si è espressa in maniera chiara in materia, utilizzando il condizionale «sarebbe opportuno» solo in riferimento alla necessità di chiarimenti ufficiali da parte del Ministero, mentre è certo che l'espressione mobilità debba essere intesa in senso giuridico presupponendo perciò che venga già ricoperto un ruolo nella pubblica amministrazione;
   si crea in sostanza, ad avviso dell'interrogante, una confusione generale tra le assunzioni bandite ai sensi degli articoli 18 e 24 della legge n. 240 del 2010, reclutamento ordinario e straordinario, e quelle bandite ai sensi dell'articolo 5 del decreto ministeriale n. 439 del 2011, che dovrebbero beneficiare degli incentivi predisposti per la sola mobilità e non anche per la chiamata di persone, provviste di idoneità, ma estranee a qualsiasi ruolo della pubblica amministrazione;
   l'interrogante ha ricevuto numerose segnalazioni sul fatto che a seguito di tale ambiguità si sta procedendo ad utilizzare tali incentivi per operare un «reclutamento», privo di procedimenti valutativi e concorsuali facendolo passare per assunzione in base a chiamata per mobilità, coinvolgendo erroneamente ai sensi dell'articolo 5, punto 1, lettera b), del decreto ministeriale n. 439 del 2011 assegnisti, borsisti, contrattisti, ricercatori a tempo determinato che hanno la «fortuna» di poter esser chiamati direttamente;
   tali assunzioni a chiamata per mobilità attendono ancora di essere finanziate e in alcuni casi confermate; pertanto, risulta ancora più urgente chiarire l'ambito di applicazione del decreto ministeriale n. 71 del 2012 –:
   se il Ministro intenda chiarire l'ambito di applicazione degli incentivi per la mobilità di cui all'articolo 5, punto 1, lettera b), del decreto ministeriale n. 439 del 2011, in modo da non consentire la chiamata diretta, a giudizio dell'interrogante priva di valutazione e antimeritocratica, di persone estranee completamente alla pubblica amministrazione, quindi al di fuori della mobilità in senso giuridico, e nel rispetto di quanto manifestato nel decreto interministeriale del 15 dicembre 2011, recante il piano straordinario per la chiamata dei professori di seconda fascia, ove è stata ribadita l'equiparazione dell'idoneità ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, all'abilitazione nazionale di cui alla legge n. 240 del 2010;
   se la mobilità di cui all'articolo 5, punto 1, lettera b), del decreto ministeriale n. 439 del 2011 debba essere intesa come mobilità in senso giuridico e, quindi, fra persone già di ruolo nella pubblica amministrazione;
   se il Ministro intenda precisare di conseguenza la portata di applicazione del provvedimento successivo di cui al decreto ministeriale n. 71 del 2012. (5-06959)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'impatto che la crisi economica ha avuto sul nostro Paese è di ampia portata. Il Meridione d'Italia soffre, in particolar modo, gli effetti devastanti che la stessa ha prodotto in un territorio che appariva dal punto di vista economico-occupazionale già provato;
   lo stesso Rapporto Istat 2012 sottolinea che «il divario fra il Nord e il Sud del Paese è rimasto ampio (l'incidenza della povertà è pari, rispettivamente, al 4,9 per cento e al 23 per cento). Nel 2010, il 67 per cento delle famiglie e il 68,2 per cento delle persone povere risiedono nel Mezzogiorno, dove a una più ampia diffusione del fenomeno si accompagna una maggiore gravità del disagio: l'intensità della povertà raggiunge, infatti, il 21,5 per cento, contro il 18,4 per cento osservato nel Nord (la spesa media equivalente tra le famiglie povere del Sud è pari a 779 euro, contro gli 810 euro e i 793 euro rilevati tra le famiglie povere del Nord e del Centro). Ed inoltre, si sottolinea come «quasi il 70 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, per un totale di 1.266 mila bambini;
   nel panorama meridionale particolarmente preoccupante si attesta la situazione del sistema produttivo pugliese che vede coinvolte in modo preponderante le medie e piccole aziende territoriali. Ben 27mila i lavoratori pugliesi attualmente beneficiari dei trattamenti economici di cassa integrazione in deroga. I dati diffusi dall'Inps evidenziano che in Puglia, nel secondo semestre 2011 la Cassa integrazione guadagni in deroga ha raggiunto 11 milioni di ore per 16.128 lavoratori, mentre la mobilità in deroga ha sostenuto 15.315 lavoratori licenziati. Il 30 aprile 2012 la Cassa integrazione guadagni interessava 1.700 aziende e 19.441 lavoratori, ai quali si sommano le 7mila domande di mobilità in deroga presentate all'Inps;
   notizie di stampa riportano che a fronte di un fabbisogno necessario per la Puglia di 200 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali in deroga, vi sarebbe, invece, da parte del Governo, un intenzione di stanziamento di soli 80 milioni di euro;
   in questa situazione delicatissima l'istituto della cassa integrazione in deroga ha assolto, fino ad oggi, alla funzione di tutela della condizione dei lavoratori e di conseguenza delle famiglie pugliesi, che in molti casi sono anche monoreddito, senza il quale si sarebbero registrati, non solo dei drammi meramente economici, ma anche umani e sociali –:
   se, in previsione dello stanziamento delle risorse sia stato dato luogo ad un incontro tra il Governo e la regione Puglia per acquisire una visione d'insieme sull'effettivo fabbisogno per gli ammortizzatori sociali in deroga;
   se il Ministro interrogato non ritenga utile dover comunicare l'effettivo ammontare delle risorse per la Cassa integrazione guadagni in deroga che si intendano stanziare per la Puglia, su quali basi sia stato compiuto il riparto, se vi siano state contrazioni nello stanziamento ed a quali motivazioni siano ascrivibili, atteso che non si tratta di intaccare benefìci di persone privilegiate, ma di salvaguardare un fondamentale diritto dei lavoratori, che soprattutto in alcune zone del territorio italiano e meridionale, tra cui la Puglia, è stato posto fortemente a rischio dalla crisi in corso. (5-06958)


   PEDOTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa riportano quotidianamente drammatiche notizie relative a incidenti sui luoghi di lavoro: le stime dell'INAIL relative al 2011 parlano di 726 mila infortuni e 930 morti, cifre che, pur in miglioramento rispetto all'anno precedente, evidenziano le dimensioni del fenomeno e la necessità di rafforzare la sicurezza e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori;
   a tale proposito, si avverte l'esigenza di un quadro normativo chiaro ed esaustivo, capace di definire regole certe ed inequivoche, al fine di definire le procedure più opportune per garantire i più elevati standard di sicurezza all'interno dei luoghi di lavoro e, al tempo stesso, stabilire appropriate sanzioni nei confronti di chi le viola;
   il decreto legislativo n. 81 del 2008 era intervenuto a disciplinare la complessa materia, operando il riassetto e la riforma della normativa relativa alla tutela e sicurezza sul lavoro, stabilendo tra le proprie finalità, la garanzia e «l'uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati»;
   allo stato attuale, purtroppo, il suddetto decreto sconta il problema della mancata adozione dei provvedimenti normativi volti a coordinare la normativa generale ivi contenuta: infatti, delle quasi 50 disposizioni normative d'attuazione previste, solo una minima parte, meno di 10, ne è stata adottata, con inevitabili incertezze normative e dannose ripercussioni sulla tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro;
   a più di 4 anni dall'entrata in vigore del provvedimento appare all'interrogante sconcertante e paradossale l'inerzia relativa alla mancata adozione di decreti, regolamenti e altri atti normativi, necessari alla sua piena e completa attuazione;
   l'interrogante ritiene indispensabile e urgente un intervento governativo, affinché vengano adottate tutte le iniziative necessarie a garantire la sollecita adozione degli atti normativi necessari a dare integrale attuazione alle disposizioni previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di far cessare una penosa situazione di vuoto normativo e di contribuire a una maggiore salvaguardia delle donne e degli uomini impegnati nei luoghi di lavoro –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza, con la massima solerzia, affinché siano adottate tutte le disposizioni normative non ancora adottate, previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, allo scopo di dare completo compimento al medesimo e porre così in essere le condizioni per raggiungere gli obiettivi che questo si pone, ossia garantire e rafforzare le tutele della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro. (5-06960)


   STRADELLA e CROSETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), articolo 4, comma 90, si consentiva ai soggetti colpiti dalle alluvioni del novembre 1994 di definire in via automatica la propria posizione tributaria relativamente agli anni 1995, 1996 e 1997, versando il 10 per cento delle somme ancora dovute, a titolo di tributi, contributi e premi;
   purtroppo l'INPS decise di respingere le domande presentate dai contribuenti secondo quanto sopra, ritenendo che la definizione automatica, prevista dalla legge, non potesse essere applicata al settore previdenziale, atteso che la norma in esame, nel riaprire i termini di presentazione delle domande, richiamerebbe sempre disposizioni fiscali;
   con il decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, è stata disposta una proroga, precisando che la disposizione prorogata si riferiva ai contributi previdenziali, premi assicurativi e tributi riguardanti le imprese, relativi all'alluvione del Piemonte del 1994;
   con sentenza n. 595 dell'8 maggio 2007, la corte d'appello di Torino, sezione lavoro, confermava la disposizione interpretativa richiamata, affermando che «ogni dubbio circa l'applicazione delle agevolazioni anche in materia previdenziale è pertanto venuto meno»;
   contro tale sentenza, l'INPS ha presentato ricorso davanti alla suprema corte di cassazione, sezione lavoro; il ricorso è stato rigettato con sentenza n. 1133 del 2010, che ha pronunciato in senso analogo alla pronuncia della corte d'appello di Torino;
   alcune imprese artigiane della provincia di Alessandria, colpite dall'alluvione del 1994, hanno ottenuto sentenze favorevoli della corte d'appello di Torino, sezione lavoro, che hanno confermato le pronunce emesse dal tribunale di Alessandria, respingendo di fatto i vari ricorsi in appello proposti dall'INPS;
   queste sentenze sono ormai passate in giudicato;
   a seguito di continui solleciti di pagamento, nel corso del mese di giugno 2011 l'INPS ha richiesto i codici IBAN delle varie imprese artigiane, affermando che a breve avrebbe provveduto al pagamento, per poi cambiare nuovamente posizione nell'agosto 2011;
   alle imprese di cui sopra, infatti, l'istituto ha comunicato che la sede regionale aveva nuovamente bloccato i rimborsi per le ditte alluvionate, anche per quelle per cui avevano già predisposto i pagamenti, adducendo come spiegazione il fatto di dover adempiere a direttive impartite dagli uffici regionali dell'INPS per assicurare omogeneità di comportamento sul territorio;
   tale posizione dell'Istituto di previdenza sembrerebbe essere conseguente alla decisione di un giudice del tribunale di Cuneo, sezione lavoro, che ha rimandato alla Commissione europea un quesito sull'eventuale configurazione o meno come aiuti di Stato dei rimborsi in questione;
   indipendentemente dall'emissione di pareri da parte della Commissione europea o di eventuali sentenze della Corte di giustizia della Comunità europea, non vi è dubbio che le sentenze emesse da giudici italiani, passate in giudicato, debbano essere rispettate ed eseguite;
   molte di queste imprese attendono rimborsi immediatamente erogabili da parte dell'INPS, che ha invece bloccato indiscriminatamente tutti i rimborsi;
   il protrarsi di questa questione causa ulteriori danni alle ditte della provincia di Alessandria, che già sono state vittime di quella catastrofica calamità naturale –:
   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di propria competenza, per far sì che vengano rispettate le sentenze in materia previdenziale emesse dalla corte d'appello di Torino, sezione lavoro, e confermate dalla suprema corte di cassazione, in favore delle imprese danneggiate dall'alluvione. (5-06965)


   BELLANOVA. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere premesso che:
   in data 7 novembre 2011 è stato pubblicato, da parte dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, il bando di partecipazione con il quale si avviava l'esercizio di valutazione della qualità e della ricerca in Italia nel periodo 2004/2010. Tale bando presenta un elemento di criticità non trascurabile per ciò che concerne il diritto alla maternità ed i relativi meccanismi di valutazione della produttività correlati ad essa;
   già l'Associazione Donne e Scienza, impegnata alla costruzione di politiche di gender mainstreaming nelle istituzioni di ricerca pubblica e privata e il comitato Unico di garanzia dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia con il comitato unico di garanzia dell'Istituto nazionale fisica nucleare hanno inteso porre, attraverso una lettera pubblica, questo problema all'attenzione degli organi competenti;
   nel sopra citato bando viene stabilito il numero di prodotti che ogni singolo soggetto valutato deve aver realizzato nel periodo di tempo esaminato. Il MIUR pare aver specificato che non si terrà una valutazione dei singoli soggetti (ricercatori, professori, e altri) poiché tutti debbono contribuire con i propri prodotti alla valutazione delle strutture di appartenenza nell'ambito degli obiettivi fissati dal bando. Detto ciò, però, i direttori di ogni istituto ed i rettori delle diverse università hanno stilato una lista con gli obiettivi di produttività assegnati ad ogni singolo soggetto;
   il bando in oggetto risulta essere molto generico in merito alle situazioni di donne interessate da maternità. A pag. 8 si dice che solo chi ha cumulato un periodo di congedo superiore ai due anni, nel computo del quale entrano anche le malattie può sottomettere un numero di prodotti ridotto di un terzo. Inoltre si rimanda alla sezione 2.3 dello stesso bando «I soggetti valutati e i prodotti di ricerca» dove si legge che «nel caso di periodi di congedo avvenuti nel settennio ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 32 del 1980 o, comunque, per motivi estranei allo svolgimento di attività di ricerca, quali maternità, congedo parentale, malattia, eccetera, il numero di prodotti da presentare è ridotto di un terzo rispetto al valore indicato nella Tabella 3 per congedi di durata complessiva compresa fra 2 e 4 anni, e di due terzi per congedi di durata complessiva fra 4 e 6 anni. Per congedi superiori ai 6 anni si è esentati dall'esercizio dell'autovalutazione. Il numero di prodotti attesi risultante, se decimale, si arrotonda per difetto»;
   da quanto sopra riportato si deduce che una donna che porta avanti una maternità fisiologica, cumulando 5 mesi di congedo obbligatorio e un anno di orario ridotto per allattamento, sarà destinata a non raggiungere mai il periodo di due anni propedeutico alla riduzione;
   va detto che senza una adeguata chiarezza in merito alle modalità di conteggio, così come effettivamente si riscontra nel bando in oggetto, della molteplicità dei periodi di congedo, si rischia di poter aprire la strada ad una certa discrezionalità di metodo nella valutazione degli stessi;
   l'interrogante ritiene che la maternità e nello specifico ciò che concerne il congedo di maternità obbligatorio, la riduzione dell'orario di lavoro nel primo anno di vita per l'allattamento e dei facoltativi congedi parentali, così come postulato dalla normativa italiana ed in particolare dal decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, ma anche dalla normativa riguardante la conciliazione lavoro-famiglia, contenuta nel decreto legislativo n. 198 dell'11 aprile 2006, debba avere una influenza non marginale nei meccanismi di valutazione della produttività;
   la stessa Comunità europea ha la tendenza a calcolare per le donne che sono state in maternità un periodo più lungo delle attività svolte. Un esempio tangibile è costituito dal bando ERC starting Grant 2012 che prevede per la maternità un'estensione di 18 mesi a figlio ai limiti temporali imposti nel bando –:
   se i Ministri interrogati non ritengano utile intervenire per acclarare quale sia la modalità di conteggio, nella specifica fattispecie sopra riportata, dei diversi periodi di congedo;
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire promuovendo una rettifica del bando in oggetto e contemplando una riduzione del numero dei prodotti di uno per ogni singola maternità indipendentemente dal periodo di congedo (come avviene ad esempio nell'attività di valutazione della ricerca nel regno Unito REF – Research Excellence Framework, ciò al fine di rispettare non solo il lavoro che tante donne portano avanti con le proprie specificità, ma anche per eliminare, di fatto, una evidente discriminazione perpetrata troppo spesso a carico delle donne. (5-06966)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAZZOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 282 del 2 maggio 1996, nel disciplinare l'assetto organizzativo e funzionale della gestione separata e del rapporto assicurativo istituiti ai sensi della citata legge 8 agosto 1995, n. 335, di cui all'articolo 2, comma 26 e seguenti, stabiliva al comma 1, lettera a), dell'articolo 4, che per un quinquennio a decorrere dal 1o aprile 1996, relativamente a coloro che erano privi di tutela previdenziale obbligatoria, o dal 30 giugno 1996, relativamente a coloro che erano già pensionati o iscritti a forme pensionistiche obbligatorie e ai soggetti che svolgevano attività lavorative di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e che alle date indicate risultavano essere ultrasessantacinquenni, si concedeva la facoltà di iscriversi alla gestione separata. Alla lettera b) del medesimo articolo, per contro, si prevedeva che coloro che avevano compiuto i 65 anni nel corso del quinquennio potevano richiedere la cancellazione dalla suddetta gestione separata. Altresì, limitatamente al periodo quinquennale citato, veniva concessa la facoltà ai soggetti sessantenni che alla data del 1o aprile o del 30 giugno 1996 avessero cessato l'attività lavorativa senza aver conseguito il diritto alla pensione autonoma o ad altri trattamenti pensionistici, di richiedere la restituzione dei contributi maggiorati degli interessi;
   le attuali aliquote contributive applicate ai lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dal 1o gennaio 2012 per effetto della legge n. 183 del 2011 hanno subito l'aumento di un punto percentuale e sono complessivamente fissate nella seguente misura:
    a) del 27,72 per cento (27,00 aliquota IVS più 0,72 aliquota aggiuntiva) per tutti i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;
    b) del 18,00 per cento per i soggetti titolari di pensione (diretta o indiretta) e per i soggetti con altra forma pensionistica obbligatoria;
   le suddette aliquote devono essere applicate in riferimento ai redditi conseguiti fino al raggiungimento del massimale di reddito, pari, per l'anno 2012 a euro 96.149,00;
   il disegno di legge S. 3249 «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», all'esame del Senato, prevede un incremento delle aliquote contributive di altri sei punti percentuali entro il 2018;
   il decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 24, comma 16, ha previsto norme in materia di trattamenti pensionistici che, nel rivedere i coefficienti di trasformazione, hanno stabilito che questi devono essere estesi dall'età massima di 65 anni a quella nuova di 70 anni;
   le attuali aliquote di contribuzione per gli iscritti alla gestione separata rappresentano una quota sostanziale del reddito del lavoratore che, soprattutto per i soggetti ultrasettantenni, in considerazione dell'avanzata età, non sono utili alla maturazione di ulteriori benefici in termini di incremento della quota pensionistica loro riconosciuta –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative, non ritenga opportuno che oltre il limite di 70 anni fissato dall'articolo 24, comma 16, del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sia possibile ripristinare quello che prima delle modifiche valeva dopo i 65 anni, ovvero consentire ai lavoratori parasubordinati ultrasettantenni la facoltà di richiedere la cancellazione dalla gestione separata presso l'INPS. (4-16339)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano il Corriere della Sera in data 29 maggio, la Coldiretti evidenzia come la causa principale del ribasso dei prezzi pari al 19 per cento relativamente alla produzione dell'olio di oliva, registratosi nel primo trimestre del 2012 in Italia, sia imputabile dalla sovrabbondanza di olio contraffatto e venduto come made in Italy e non invece dal crollo dei consumi che al contrario, in Italia sono aumentati del 4,2 per cento, a differenza della produzione che si è invece ridotta addirittura del 6 per cento come confermato dall'ultima raccolta;
   a giudizio dell'associazione agricola, la mancanza di trasparenza sulla provenienza dell'olio d'oliva utilizzato per la vendita, la cui importazione straniera ha raggiunto livelli massimi storici superiori alla stessa produzione nazionale, rappresenta una delle cause maggiori negative e penalizzanti per il settore oleario italiano;
   la Coldiretti evidenzia inoltre ulteriori profili di criticità derivanti dall'attuale sistema di etichettatura delle bottiglie d'olio d'oliva, che rende impossibile preservare l'autenticità del prodotto, la veridicità della provenienza territoriale e la trasparenza delle informazioni;
   il fenomeno della contraffazione dei prodotti agroalimentari ed in particolare dell'olivo di oliva, risulta come ampiamente noto, particolarmente grave e penalizzante dal punto di vista economico e produttivo nel nostro Paese, avendo raggiunto dimensioni preoccupanti, come confermato dalla recente indagine promossa dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e agroalimentare;
   in particolare la suddetta Commissione ha dedicato un'attenzione particolare allo scenario offerto dai mercati esteri, dove i consumatori a causa del dilagare del fenomeno del cosiddetto italian sounding, ovvero l'evocazione in etichetta dei prodotti tipici italiani, spesso rischiano di non riuscire a distinguere un vero prodotto italiano dalla sua imitazione;
   l'articolo del Corriere della Sera, evidenzia inoltre, un ulteriore aspetto che condiziona negativamente le quotazioni dell'olio di oliva, ed in particolare i Paesi mediterranei, nella cui area geografica è concentrata la maggior parte della produzione, i cosiddetti Paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) ed è rappresentato dalle quotazioni sempre più orientate al ribasso dell'olio d'oliva; il valore di una tonnellata di extra vergine al mercato all'ingrosso è sceso infatti a 2,900 dollari, ovvero il minimo da dieci anni e meno della metà delle quotazioni di sette anni fa;
   per l'Italia, la Grecia e la Spagna che contribuiscono per il 70 per cento della produzione mondiale di olio, il ribasso delle quotazioni certamente non contribuisce positivamente a sostenere il settore delle imprese olearie, in particolare nell'attuale fase economica generale e gli stock (le giacenze in magazzino) potrebbero inoltre salire alla fine di questa stagione al livello record di 1,1 milioni di tonnellate, ovvero circa un terzo del consumo mondiale;
   le suddette stime, riporta il medesimo articolo del Corriere della Sera, sono riportate dal Financial Times e rilevate dal Consiglio internazionale dell'olio d'oliva, con sede a Madrid, che evidenzia anche del calo dei consumi nel mercato mediterraneo;
   a giudizio dell'interrogante, le rilevazioni della Coldiretti, appaiono condivisibili, in considerazione che le motivazioni della crisi di mercato dell'olio di oliva, sono imputabili principalmente alla mancanza di trasparenza sulla provenienze dell'olio di oliva in vendita;
   il Governo Berlusconi nel corso della presente legislatura ha introdotto importanti disposizioni a tutela dei consumatori, le cui norme relative sull'etichettatura di origine dei prodotti alimentari, sono state, a giudizio dell'interrogante, in maniera improvvida, respinte dalla Commissione europea che le ha giudicate incompatibili con la normativa comunitaria;
   all'esame della Commissione agricoltura del Senato è attualmente in corso un disegno di legge, che prevede una serie di norme alcune delle quali volte ad ostacolare la commissione di attività fraudolente e pratiche commerciali scorrette nell'ambito della filiera degli oli di oliva vergini;
   il predetto provvedimento, contiene importanti disposizioni in grado di garantire maggiori tutele per i consumatori, favorendo una leale concorrenza tra le imprese, attraverso l'introduzione di norme che preservano l'autenticità del prodotto e la trasparenza delle informazioni fornite sia in etichetta che nell'ambito delle pratiche commerciali –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritengano opportuno intervenire in ambito comunitario, affinché i princìpi dell'etichettatura obbligatoria sull'origine agricola degli alimenti possano essere recepiti nei quadro giuridico comunitario. (5-06970)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MESSINA, DI GIUSEPPE e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   tra il 1947 e il 1950 in Italia sono state costituite le Associazioni provinciali allevatori e tra esse l'Associazione italiana allevatori, tutti organismi con personalità giuridica riconosciuta, per sviluppare e migliorare il sistema zootecnico nazionale. Nello stesso periodo si costituivano in Sicilia a somiglianza del progetto organizzativo nazionale i consorzi provinciali allevatori (uno per ciascuna provincia) i quali si riunivano, stante la particolare natura autonoma della regione Siciliana, in associazione regionale dei consorzi provinciali allevatori per meglio intrattenere rapporti con l'ente regione e organizzare servizi tecnici agli allevatori siciliani;
   anche i consorzi e l'Associazione regionale allevatori della Sicilia (ARAS) nel 1952 ebbero riconosciuta dalla regione la personalità giuridica. L'associazione si fortificò, si accreditò presso gli allevatori, presso gli organi della regione ed anche nei consessi nazionali dell'Associazione italiana allevatori finché nel 1964 l'associazione programmò la prima importante basilare iniziativa per la zootecnia siciliana in forza di sopravvenute leggi nazionali: richiese alla regione, con un apposito programma di organizzazione e di spesa, l'affidamento della tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali in Sicilia curati, fino a quel momento dai servizi zootecnici degli ispettorati provinciali dell'agricoltura. La regione, assessorato agricoltura e foreste, approvò il programma di spesa (67,000,000 milioni di lire) per tutta la regione e affidò i libri genealogici e i controlli funzionali all'Associazione regionale allevatori trasferendoli dagli ispettorati;
   questa attività a tutt'oggi fa registrare all'ARAS oltre 200.000 capi per diverse specie e razze in selezione in Sicilia in oltre 2.000 aziende in gran parte bene organizzate che si sono sviluppate nell'applicazione delle migliori tecniche di allevamento e di produzione con stalle adeguate e produzioni di qualità. Il patrimonio zootecnico così selezionato per quanto riguarda il bestiame nella media ha un valore del 30 per cento in più del prezzo di mercato di bestiame non selezionato e le produzioni controllate attraverso un sistema che comprende anche analisi di qualità del prodotto ha certamente un valore di mercato superiore a quello privo di controlli. La selezione del bestiame, che consente di seguire genealogicamente il bestiame controllato, costituisce il filo zoo-economico che colloca la zootecnia siciliana nel contesto di quella nazionale ed europea con i relativi riconoscimenti ivi compresi gli interventi comunitari a sostegno delle produzioni;
   il suddetto controllo delle produzione nelle aziende (effettuato mese per mese dai controllori zootecnici Aras) è un'attività che non può trovare sospensione, in quanto si disperderebbe e annullerebbe il lavoro eseguito (genealogia degli animali in produzione). Pertanto è preciso impegno dell'associazione degli allevatori e responsabilità della pubblica amministrazione assicurare la continuità e il funzionamento di tale attività per non minare alla base la zootecnia siciliana che già per altro sopporta crisi del mercato e della mancanza di organici interagenti a sostegno del settore;
   oltre alla attività di cui sopra l'associazione sin dagli anni sessanta ha attuato altre iniziative per promuovere in Sicilia lo sviluppo della zootecnia, quali ad esempio: diffusione e impiego dei mangimi per gli animali per incrementare le produzioni; organizzazione della raccolta del latte mediante l'introduzione di vasche refrigeranti nelle aziende e autocisterne refrigerate per trasporto latte dalle aziende ai caseifici; sviluppo di mini caseifici aziendali; studio per la tipizzazione dei formaggi siciliani che ha portato ai riconoscimenti DOPC, DOP e altro nazionali e comunitari; assegnazione alle aziende di tori di razza pura per il miglioramento delle produzioni; promozione di prodotti con l'organizzazione e/o partecipazione a manifestazioni regionali, nazionali ed estere (oltre un centinaio l'anno fino al 2002); diffusione della pratica della fecondazione artificiale; introduzione nelle aziende dell'assistenza tecnica con agronomi specializzati e zooiatrica con veterinari (in gran parte professionisti convenzionati); l'istituzione di premi per i migliori capi in selezione per incoraggiare e stimolare gli allevatori nel proseguire sulle migliori linee di selezione; assistenza per agevolare agli allevatori nelle procedure per l'ottenimento dei contributi per il miglioramento delle strutture aziendali, per l'ottenimento dei premi comunitari alle produzioni; servizio per la marcatura del bestiame; servizio per il controllo delle mungitrici in azienda, per mascalcia, per il ritiro delle carcasse di animali da conferire ad appositi centri di smaltimento; promozione delle associazioni produttori per le diverse province; promozione dei consorzi tutela formaggi; avvio del progetto ETIAIA e ITALIAALLEVA per garantire la filiera carni e il rispetto delle normative di produzioni alimentari nelle aziende attraverso l'impiego di appositi manuali e tante altre forme di assistenza richieste dagli allevatori;
   l'attività ARAS ha interessato complessivamente oltre 5.000 aziende cui sono stati assicurate migliaia di sopralluoghi tecnici aziendali all'anno. Tutto ciò si è potuto attuare grazie al contributo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'assessorato regionale agricoltura e foreste ed al contributo pagato dagli associati per pareggiare la spesa tra il contributo pubblico e la spesa stessa. Purtroppo, fin dal 2006, la linea di contribuzione pubblica si è andata riducendo, da 12.500.000,00 euro dell'anno 2005 ai 6.500.000,00 euro dell'anno 2011, mentre l'ARAS ha continuato ad assicurare i servizi agli allevatori confidando che la riduzione di contributo fosse momentanea e che quindi per il breve periodo le risorse patrimoniali dei fondi dell'ARA consentissero di ripianare le differenze contributive dell'anno anche ricorrendo a moderati aumenti di quote per gli allevatori associati;
   purtroppo tale situazione di riduzione di contributi dal 2006 è andata aumentando per cui, al 2009, l'ARAS si è trovata ad aver utilizzato gli accantonamenti patrimoniali e quindi a cominciare ad avere delle perdite di bilancio oggi valutabili in circa 4.000.000,00 di euro per contributi non ricevuti;
   il 23 dicembre 2009 si è attivato il commissariamento dell'ente che a tutt'oggi è ancora in atto e non ha comunque ancora risolto la situazione delle annualità pregresse né ha formulato alcuna proposta di rilancio concreta;
   nella conferenza Stato-regioni del 27 luglio 2011 è stata sancita l'intesa sulla rimodulazione finanziaria (capitoli di bilancio previsione 2011 nn. 7637 e 7638) delle risorse destinate alle Associazioni allevatori, garantendo la disponibilità al sistema di 25 milioni di euro per l'anno 2011 e una compensazione delle regioni a statuto speciale con un'assegnazione di risorse PAR-FAS in misura corrispondente al depotenziamento conseguente la suddetta rimodulazione finanziaria. Il provvedimento ha temporaneamente alleviato la problematica, permettendo lo svolgimento di attività che, per la loro stessa natura, hanno però bisogno di una continuità e certezza a carattere pluriennale, nel medio-lungo termine;
   attualmente i lavoratori ARAS stanno rivendicando l'erogazione del proprio credito pari a cinque mensilità oltre ad altri accessori relativi agli anni 2009 e 2010;
   il sindacato Flai-CGIL lamenta inoltre una mancanza di chiarezza da parte della regione Sicilia nella gestione della vicenda dei lavoratori ARAS, considerato che non si è ancora pronunciata sull'ipotesi cassa integrazione ma ha comunque dimezzato il finanziamento regionale; il sindacato lamenta inoltre la necessità di ottenere contributi regionali in virtù del servizio pubblico reso dall'ARAS e al di fuori di quelli previsti dalla tabella B (ex tabella H) del bilancio regionale che stanzia contributi a fondo perduto per associazioni e fondazioni in maniera generica e senza particolari criteri di professionalità e utilità pubblica dei servizi resi dai soggetti destinatari;
   nella volontà di operare un rilancio, l'ARAS pone di poter contare sul contributo di 4.700.000 euro della regione (legge regionale 5 giugno 1989, articolo 6) in aggiunta ai 2.030.000,00 euro del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nonché euro 250.000,00 quale rifinanziamento dell'articolo 57 della legge regionale 1o settembre 2007 n. 33 per la marcatura del bestiame e il rifinanziamento della legge 5 ottobre 2010 n. 20, articolo 4 eliminazione delle carcasse animali euro 300.000. Ciò renderà possibile, tenuto conto di un totale contributo di 7.223.000 euro cui si aggiungerebbe la contribuzione dei soci preventivabile in euro 2.423.000 la formulazione di un programma di attività di servizi tecnici agli allevatori soci di 9.600.000 euro che consentirebbe all'ARAS di proseguire l'attività salvaguardando i posti di lavoro di 156 unità tecniche e amministrative (riducibili con la messa in mobilità di 7/10 unità prossime al pensionamento con una riduzione di spesa di almeno 400.000 euro anno);
   infine, circa il disavanzo di bilancio stimabile in 4.000.000,00 di euro, dal 2009 al 2011 determinato prevalentemente, come anzidetto, dalla riduzione dei contributi, di cui oltre euro 2.300.000,00 non liquidati dal Ministero nel 2011, occorre definire un piano di rientro ricorrendo in parte, per 1.000.000,00 di euro ad un contributo straordinario degli allevatori beneficiari dei servizi ed in parte dovrebbe essere compensato dalla regione quale contributo erogato in meno all'ARAS periodo 2009/2011. Ovviamente sulla base della nuova linea finanziaria programmata, per 9.600.000 euro, l'ARAS, con garanzia del mantenimento del personale addetto ai servizi di programma, dovrà provvedere a rivedere le linee organizzative delle attività, delle spese generali per ridurle in modo significativo oltre a ricorrere a linee contributive dei soci, ticket per almeno il 25 per cento della spesa, sui servizi che sono resi al fine di un pareggio del bilancio ARAS;
   i dipendenti ARAS, con decorrenza dal 1o maggio 2012, hanno sottoscritto l'accordo di cassa integrazione guadagni straordinaria prevista da decreto ministeriale 43900 del 18 luglio 2008 ma come comunicato dai sindacati il capitolo finanziario di riferimento si è esaurito con a marzo 2012 –:
   quali provvedimenti il Ministro abbia adottato o intende adottare per scongiurare la sicura interruzione del servizio pubblico per la tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali ufficiali;
   quali determinazioni il Ministro intenda prendere a seguito dell'intesa sancita nella conferenza Stato-regioni dove si è definito l'impegno a colmare il depotenziamento del finanziamento nazionale attraverso l'utilizzo dei fondi FAS;
   considerato che la crisi dell'Aras si riproduce similmente in altre regioni italiane, come ad esempio accade nelle ARA della Calabria e del Lazio, quali siano gli intendimenti del Governo in merito al sistema delle associazioni allevatori ed in particolare in merito al futuro dell'Aras, il cui smantellamento comporterebbe una sicura ricaduta negativa sullo sviluppo del settore zootecnico e sulla sicurezza alimentare oltreché al pregiudizio insanabile della perdita certa di n. 156 posti di lavoro. (4-16337)


   MANCUSO, CICCIOLI, CROLLA, DE LUCA, BARANI e GIRLANDA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   L'Unione europea sostiene la produzione agricola dei Paesi dell'Unione attraverso l'erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi;
   tali erogazioni, finanziate dal FEAGA (fondo europeo agricolo di garanzia) e FEASR (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), vengono gestite dagli Stati membri attraverso gli organismi pagatori, istituiti ai sensi del regolamento (CE) n. 885 del 2006 (articolo 18);
   con il decreto legislativo n. 165 del 1999 è stata istituita l'Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore. All'articolo 3, commi 2 e 3, dello stesso decreto è disciplinata l'istituzione, da parte delle regioni e province autonome, di servizi ed organismi per lo svolgimento delle funzioni di organismo pagatore;
   l'AGEA supporta le attività svolte dagli organismi pagatori e assicura la predisposizione – ai fini dell'armonizzazione delle procedure – di appositi manuali di indirizzo;
   l'AGEA è anche l'organismo pagatore italiano ed ha competenza per l'erogazione di aiuti, contributi, premi ed interventi comunitari;
   uno degli organismi pagatori istituiti in Italia è l'AGREA per la regione Emilia-Romagna;
   dal 1987 la Commissione europea eroga a ciascun paese dell'Unione un fondo destinato alla distribuzione di prodotti alimentari per la popolazione indigente;
   in Italia il piano di intervento a favore delle fasce di popolazione più deboli è gestito da Agea attraverso le principali organizzazioni caritative riconosciute (tra cui Croce rossa italiana, Caritas, banco alimentare);
   ogni anno queste associazioni garantiscono assistenza a oltre 15.000 strutture senza scopo di lucro (centri di accoglienza, parrocchie, mense) e a oltre 2 milioni di indigenti;
   nel 2008 il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali pro tempore Luca Zaia ha proposto e organizzato il ritiro, attraverso l'Agea, di 100mila forme di Parmigiano Reggiano e altrettante di Grana Padano;
   il fine, al tempo, era aiutare il mercato dei due formaggi, in crisi in particolar modo a causa della contraffazione estera;
   le forme acquistate sono state acquistate a prezzi di mercato e poi distribuite agli indigenti, attraverso il canale delle Onlus delle associazioni di volontariato;
   grazie a tale ritiro, l'Italia ha potuto ottenere gli aiuti comunitari previsti a copertura del costo sostenuto;
   il recente sisma ha tragicamente messo in ginocchio i produttori emiliani di Parmigiano Reggiano e, tutta l'economia emiliana –:
   se il Governo intenda ripetere l'operazione di ritiro organizzata dal Ministro pro tempore Zaia nel 2008, acquistando dai produttori emiliani, a prezzo di mercato, prodotti alimentari. (4-16341)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO, CICCIOLI, CROLLA, BARANI, DE LUCA, GIRLANDA, GIRO, DI VIRGILIO, CARFAGNA e BOCCIARDO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i donatori di sangue in Italia sono 1.400.000, di cui 1.200.000 affiliati all'AVIS, i rimanenti affiliati a: CRI, Fratres e FIDAS;
   il sistema delle donazioni garantisce la raccolta di 2.100.000 unità di sangue l'anno;
   l'Italia, nonostante ciò, non è autosufficiente nel suo fabbisogno ematico;
   nell'anno 2011 i donatori sono aumentati del 2,4 per cento e le donazioni dell'1,6 per cento;
   il Ministero della salute, eroga a favore delle associazioni ONLUS dei contributi per l'acquisto di autoambulanze;
   per la stessa causale ogni anno vengono aperti dei bandi regionali;
   in alternativa al contributo ministeriale alle associazioni ONLUS che acquistino un'autoambulanza viene riconosciuta una riduzione del prezzo del 20 per cento;
   con questa riduzione si vuole compensare l'associazione dell'applicazione dell'IVA sull'acquisto del bene;
   il ministero, infatti, con la circolare 30 novembre 2000 n. 217/E ha posto in evidenza che le disposizioni contenute nell'articolo 8 della legge n. 266 del 1991 (che prevedono la non rilevanza ai fini I.V.A. delle cessioni di autoambulanze a favore delle associazioni di volontariato) sono in contrasto con la VI direttiva CEE n. 388/77 del 17 maggio 1977;
   nella stessa circolare si evidenzia inoltre che le Onlus possono raggiungere la non imponibilità ai fini Iva utilizzando il meccanismo della riduzione del prezzo all'acquisto mediante credito d'imposta a favore del venditore contenuto nella legge n. 342 del 2000;
   la riduzione del prezzo viene poi recuperata dal venditore mediante la concessione di uno speciale credito d'imposta che può essere utilizzato in compensazione con altre imposte e contributi;
   per l'acquisto di autoemoteche non si può usufruire dell'agevolazione fiscale (credito d'imposta a favore del venditore) prevista dalla legge n. 342 del 2000 atteso che la norma prende in esame esclusivamente le ambulanze;
   la cessione di un'autoemoteca è soggetta ad Iva in quanto nell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (confronta punto n. 12) si afferma che sono esenti solo le cessioni di cui al n. 4 dell'articolo 2 fatte alle Onlus vale a dire le cessioni gratuite di beni la cui produzione o commercio rientra nell'attività propria dell'impresa –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per includere anche le autoemoteche nelle agevolazioni previste per le ambulanze, quali la riduzione del prezzo per l'acquirente e l'agevolazione d'imposta per il venditore, in considerazione del ruolo strategico che le stesse rappresentano nella preziosa ed insostituibile attività di raccolta del sangue. (4-16326)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   La ITALGASBETON spa con sede ad Anagni (Frosinone) rappresenta una realtà produttiva di prim'ordine nel settore dei lavorati per l'edilizia;
   nel corso degli oltre venti anni di attività, grazie alla produzione dei prodotti con marchio IPERBLOCK commercializzati in Italia e Germania, la ITALGASBETON spa ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, che ne hanno rafforzato il carattere di impresa di avanguardia del settore, capace di operare per prodotti di alto valore tecnologico con l'utilizzo di materiali non inquinanti e prevalentemente naturali;
   per queste caratteristiche la ITALGASBETON spa rappresenta una preziosa esperienza di made in Italy che opera in funzione dell'innovazione del prodotto e del ciclo industriale peraltro in una realtà territoriale importante per tutto il Centro Sud e per il basso Lazio in particolare;
   tuttavia l'attività della ITALGASBETON spa è stata in varie occasioni funestata da eventi negativi e da tentativi di vera e propria «espropriazione fraudolenta» condotta da gruppi concorrenti che hanno cercato di appropriarsi delle capacità produttive e creative della società;
   in particolare per quanto riguarda queste ultime vicende sono aperti procedimenti giudiziari presso la Corte di appello di Bologna che ha riconosciuto la piena e legittima posizione della ITALGASBETON spa;
   gli eventi funesti poc'anzi accennati e consistenti in una grave esplosione di impianti determinatasi nel 2007 hanno costretto l'azienda ad anni di inattività ed a durissimi indebitamenti per garantire i livelli occupazionali;
   è in essere il processo penale nei confronti dei responsabili dell'esplosione chiaramente individuati in sede di CTU nei fornitori dell'autoclave scoppiata; pur essendo accaduto che in sede di primo grado INA Assitalia sia stata condannata al rimborso dei danni, ad oggi si attende ancora la sentenza di secondo grado presso la Corte di Appello di Roma;
   tali tempi sono tuttavia incompatibili con la necessità di risarcimento da parte di INA Assitalia che ad oggi rifiuta di erogare i 7,4 milioni di euro di risarcimento fissati da apposita terna arbitrale il 14 luglio del 2008;
   tali risorse appaiono essenziali per una piena ripresa delle attività industriali e la difesa dei livelli occupazionali;
   la direzione della ITALGASBETON spa, in una situazione di grave prostrazione, si è rivolta al Presidente del Consiglio per sollecitare un intervento del Governo su tutta la materia inviando una dettagliata lettera;
   la Presidenza del Consiglio con lettera del 4 aprile 2012 ha inviato al Ministero della giustizia e al Ministero dello sviluppo economico – a firma della dottoressa Patrizia Campanella prot. n. 60 – una lettera – allegando la documentazione della ITALGASBETON spa – per chiedere «di fornire risposta all'interessato» –:
   quando i Ministri interpellati intendano fornire risposta all'interessato al fine di avere più chiara prospettiva sull'esito di una dolorosa vicenda che rischia di mettere in crisi una realtà importante dell'apparato produttivo centromeridionale che sempre si è caratterizzata per la capacità industriale e di innovazione del proprio prodotto, internazionalmente riconosciuto.
(2-01519) «Morassut, Pompili, Anna Teresa Formisano, Meta, Carella, Villecco Calipari, Causi, Vico, Martella, Touadi, Gasbarra, Corsini, Luongo, Andrea Orlando, Calvisi, Madia, Tidei, Sposetti, Bratti, Verini, Coscia, Marco Carra, Velo, Boccuzzi, Bonavitacola, Concia, Lolli, Argentin, Recchia, Tullo, Amici, Bocci, Colombo, Margiotta, Mattesini, Merloni, Realacci, Rugghia, Vannucci».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI, MOTTA, MARGIOTTA, LOSACCO, BELLANOVA, LULLI e VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Ghizzoni spa è stata fondata nel 1950 e nel corso dei decenni la società ha progredito continuamente specializzandosi nel settore della costruzione di grandi condutture per gas e liquidi sino diventare un riferimento del mercato italiano ed internazionale di settore;
   la società Ghizzoni ha sede operativa a Vidalenzo di Polesine (Parma) e sede legale a Macchia di Ferrandina (Matera);
   a livello europeo Ghizzoni ha operato con le maggiori imprese energetiche ed ha effettuato la costruzione dei pipeline in Italia, Svizzera, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria, Grecia e Croazia per un totale di oltre 5.000 chilometri di condotte;
   la Ghizzoni ha indicato fatturati compresi fra i 130 e 220 milioni di euro, con punte di circa 250 milioni, nel triennio 2009-2011 e larga parte di questi sono stati realizzati all'estero;
   la Ghizzoni ha acquisito nel 2000 il ramo d'azienda Saipem Italia raggiungendo quindi un potenziale operativo diretto pari a circa 3.500.000 ore di lavoro/anno;
   la Ghizzoni si occupa in proprio dell'attività di ricerca e innovazione tecnologica ed è stata la prima azienda italiana a conseguire la certificazione tramite Lloyd's Register Quality Assurance, nel settore condutture;
   da un comunicato dell'azienda e dalla stampa si è appreso che la Ghizzoni in difficoltà economico-finanziarie ha deciso: «(...) sussistendone a suo parere i requisiti, di presentare istanza per il ricorso all'amministrazione straordinaria, così come prevista dalla legge Marzano. Tale decisione – si spiega ancora – conformemente allo spirito della legge, che disciplina la ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, è stata dettata dalla finalità di garantire l'efficace ristrutturazione dell'impresa perseguendo, unitamente alla garanzia dei creditori, l'obiettivo di preservare l'avviamento e la posizione di mercato della stessa, assicurando la ristrutturazione del passivo e l'eventuale dismissione delle sole attività non strategiche, oltreché, coerentemente con i detti obiettivi, i livelli occupazionali» come recita appunto il comunicato stampa;
   sempre come recita il comunicato le ragioni della presente situazione sarebbero da ricercarsi nella: «(...) crisi di liquidità che riguarda l'impresa, e che si inserisce nel più ampio quadro della gravissima congiuntura economico-finanziaria, oramai sistemica, da tempo persistente a livello mondiale e soprattutto europeo, mercato che più di tutti involge l'attività della Ghizzoni»;
   molta inquietudine è già presente fra il migliaio i lavoratori coinvolti, ottanta dei quali sono già in cassa integrazione straordinaria;
   la regione Basilicata come si apprende da notizie stampa avrebbe in programma l'apertura di un tavolo di crisi locale;
   l'assoggettamento alla legge Marzano di imprese soggette a fallimento ed in stato di insolvenza oltre ad rispondere all'esistenza di criteri oggettivi, in termini di debiti, dipendenti e volontà di ristrutturazione, deve comunque essere disposta direttamente dal Ministero per lo sviluppo economico previa richiesta dell'impresa insolvente –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quale sia il reale stato della Ghizzoni spa e quali azioni il Ministero intenda porre in essere per salvaguardare un grande patrimonio tecnologico italiano, i lavoratori, i creditori e l'integrità aziendale. (5-06956)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIRLANDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i recenti eventi calamitosi di natura sismica che hanno interessato l'Emilia Romagna, insieme ai danni alle cose e alle persona, hanno provocato una serie di danneggiamenti alle infrastrutture e alle reti di comunicazione, provocando black out non solo alle reti informatiche ma anche a quelle dei gestori telefonici;
   queste interruzioni hanno acuito i danni provocati dal sisma, contribuendo a ritardare le comunicazioni ed i soccorsi, soprattutto a fronte della dipendenza della maggior parte delle attività quotidiane di comunicazione per le istituzioni, i soccorsi, i privati e le imprese;
   l'isolamento delle comunicazioni di determinate aree potrebbe essere parzialmente ridotto grazie all'accesso gratuito alle reti wi-fi ancora attive presso i privati o le imprese, altrimenti protette da password o codici identificativi –:
   se il Ministro intende promuovere un'apposita normativa che consenta libertà di accesso a tutte le reti wi-fi nelle zone interessate da calamità di natura sismica o idrogeologica per il periodo di tempo necessario al ripristino delle normali e basilari attività di comunicazione. (4-16329)


   BORGHESI. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il presidente dei Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati ha inviato una lettera ancora nel 2009, nella quale chiede di correggere la bozza del decreto prevista dal decreto legislativo n. 192 del 2005;
   la lettera c) dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 192 del 2005 si riferisce ai requisiti professionali dei certificatori energetici in particolare la categoria dei periti industriali e periti industriali laureati, forte di quasi cinquantamila professionisti, è articolata per specializzazioni che spaziano in tutti i settori della tecnica ingegneristica, proprio con l'obiettivo di disporre di conoscenze approfondite in settori specifici;
   questo bagaglio di riconosciute competenze è messo a rischio da un passaggio contenuto nel provvedimento e sul quale si desidera richiamare l'attenzione del Ministro. All'articolo 2, lettera b) della bozza di decreto del Presidente della Repubblica nell'identificare la figura del «tecnico abilitato» si precisa: «(...) Abilitato all'esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici ed impianti asserviti agli edifici stessi, nell'ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente (...)»;
   sembra di capire che il tecnico abilitato debba esserlo per la progettazione di «edifici ed impianti», ma se l’«ed» non viene trasformato in «o» in Italia soltanto una parte di una sola professione sarà direttamente abilitata;
   sarà quindi opportuno porre rimedio precisando che «il tecnico abilitato alla certificazione energetica» è colui che è «abilitato alla progettazione di edifici relativamente all'isolamento dell'involucro o impianti asserviti agli edifici stessi, nell'ambito delle competenze...»;
   solo così sarà possibile garantire nell'ambito della certificazione energetica una sana concorrenza del mercato, evitando che sia il cittadino a pagarne le conseguenze;
   si segnala che tale punto di vista è coerente con la legislazione vigente in Italia in materia con riferimento alla legge n. 1 del 1991 che è stata modificata dal decreto legislativo n. 192 del 2005 rispettandone i principi e le finalità di applicazione. L'articolo 1, comma 3, della legge n. 10 del 1991 parla di «edificio» fa riferimento esclusivo ad «interventi sull'involucro edilizio» ai fini del rendimento energetico dei singoli componenti (pareti, tetti, solai, vetrate, e altro);
   un'altra conseguenza dell'equivoco che si segnala è che tra questi soggetti mancano i diplomati tecnici che sono articolati in specializzazioni pure diverse dall'edilizia e dall'impiantistica e che, con un serio corso di formazione, possono ben competere in questo settore;
   questo decreto doveva uscire entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto n. 195 del 2005 (8 ottobre del 2005), sono passati quasi sette anni e da quella data il citato non è stato emanato –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
   come si intenda intervenire per accelerare l'emanazione di questo decreto del Presidente della Repubblica con le correzioni della bozza come richiesto dal Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati;
   come si intenda intervenire affinché venga emesso il decreto attuativo.
(4-16340)


   BORGHESI. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la signora Innocenza Maria Campo lamenta la sparizione di atti relativi ad operazioni finanziarle svolte sul suo conto presso la banca Generali;
   il 4 gennaio 2008, banca Generali solo a seguito dell'ulteriore richiesta datata 8 novembre 2007 della Guardia di Finanza di Ragusa, riferisce di un borsino azionario BAV sottoscritto con Banca intesa con sede a Parma in via Langhirano 1;
   la procura di Ragusa il 31 luglio 2007 ordinava agli istituti di credito di comunicare entro dieci giorni, natura ed estremi di qualsiasi rapporto a partire dal 1o gennaio 2003. Banca Intesa invece nelle comunicazioni del 25 agosto, 14 e 20 settembre 2004, non aveva riportato nulla in merito al borsino azionario BAV;
   il 19 dicembre 2003 il medico neurologo, dopo attenta visita certificava che la signora Campo Innocenza non presentava deficit della memoria sia di fissazione che di rievocazione;
   non solo la signora Campo Innocenza Maria il 10 dicembre 2003 ricordava bene come attestano i certificati medici, ma nella denunzia-querela che produce il 22 dicembre 2003 chiede la ricostruzione dell'intera vicenda «Chiede, altresì, che si provveda ad acquisire, eventualmente mediante provvedimento di sequestro, l'intera documentazione bancaria e non in possesso della signora Cappello Maria, a quanto pare custodita presso lo studio dell'Avvocato Carmela Nobile, nonché di tutta la documentazione in possesso di istituti di credito e uffici postali, finanziari ed uffici di promotori eventualmente coinvolti»;
   il magistrato della procura di Ragusa dottor Emanuele Diquattro, il 26 gennaio 2007 emette decreto di sequestro, il quale viene consegnato alla Guardia di finanza in sede per l'esecuzione, lo stesso 26 gennaio 2007: «... sequestrare in originale tutta la documentazione bancaria citata dalla Campo Innocenza nei suoi esposti. Raccomando l'urgenza».
   rimane quindi il mistero sia sulle «delicate operazioni finanziarie» svolte da Campo Innocenza Maria e volatilizzatesi nel nulla e sia su chi prima del maggio del 2005, abbia svolto all'interno di Poste italiane una indagine ispettiva di cui le stesse Poste italiane ne sconoscevano l'esistenza e per cui non riportano nulla nella «Copia della relazione ispettiva – Fraud Management Report prot. N. DCTA-FM-06-0666 dell'8 gennaio 2007» che il direttore di filiale Fabio Piazza invia sia alla Guardia di finanza di Ragusa che alla procura della Repubblica di Ragusa;
   anche questo decreto di sequestro non viene eseguito –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali ulteriori elementi intendano fornire a riguardo. (4-16342)


   DI PIETRO, PALADINI, ANIELLO FORMISANO, CIMADORO e PIFFARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione in cui si trova il settore delle telecomunicazioni è un campanello d'allarme che suona ormai da mesi e rispetto al quale il Ministero dello sviluppo economico ha dimostrato, ad avviso degli interroganti, scarsa reattività per troppo tempo;
   quella di Nokia Siemens è solo l'ultima vertenza, in ordine di tempo, che sta interessando il settore delle telecomunicazioni. In Italia, da mesi, si sta assistendo al progressivo smantellamento di aziende leader del settore delle telecomunicazioni e dell’information and communication technology, tra cessioni di rami d'azienda, delocalizzazioni ed esternalizzazioni in subappalti che rischiano di frammentare il panorama delle imprese dell'innovazione, mettendo a serio rischio il futuro del comparto e di tutti gli addetti;
   la Nokia Siemens Networks è una delle principali aziende di telecomunicazioni al mondo, fu creata tramite joint venture tra la divisione COM della Siemens AG e il Network Business Group della Nokia e ha iniziato la produzione nell'aprile del 2007, stabilendo la sede generale in Finlandia, mentre il centro di comando della divisione Europa sud-occidentale e tre delle cinque divisioni si trovano a Monaco di Baviera, in Germania. Il reparto del Service ha la sua sede in India; opera in circa 150 Stati e conta circa 70.000 dipendenti;
   i principali Stati in cui sviluppa i suoi prodotti sono Cina, Finlandia, Germania, Polonia e India. Circa 1 miliardo di persone sono collegate tra loro grazie ai suoi prodotti;
   le principali business units di questa società sono: radio access, broadband connectivity solutions, converged core, operations and business software, services;
   all'inizio della joint venture, nel 2007 la Nokia Siemens Networks contava in Italia oltre 3.000 dipendenti, più l'importante indotto dei consulenti, concentrati quasi per la metà nelle sedi di Cinisello Balsamo e Cassina de’ Pecchi in provincia di Milano;
   nel gennaio del 2008, Nokia Siemens Networks, Governo e le rappresentanze sindacali unitarie hanno firmato un protocollo d'intesa nel quale, pur prendendo atto dell'esternalizzazione della produzione a Jabil che ha coinvolto circa 900 lavoratori tra Cassina e Marcianise, la Nokia Siemens Networks si sarebbe impegnata a mantenere in vita e addirittura potenziare i siti di ricerca e sviluppo nonché la catena del valore del perimetro aziendale rimanente;
   nel periodo 2008-2009 si sono registrati una dichiarazione di mobilità per circa 200 lavoratori, oltre a piani per gli esodi incentivati;
   nel maggio 2010 invece l'azienda ha chiuso il sito di Cinisello Balsamo e trasferito i 184 lavoratori non ancora dismessi alla società Value Team, attraverso una cessione di ramo d'azienda;
   anche altre esternalizzazioni di rami d'azienda sono intervenute dal 2007 a oggi, il ridimensionamento complessivo dei dipendenti NSN in Italia è pari a circa il 70 per cento;
   la situazione attuale deriva anche dal disimpegno di SIEMENS dal proprio settore storico delle telecomunicazioni, un'azienda che è invece ben presente nel mondo e nel mercato italiano nei settori dell'energia (produzione e distribuzione), delle fonti rinnovabili, dei trasporti, del medicale, dell'automazione industriale, anche attraverso la proposta e realizzazione di futuri progetti per «Città Sostenibili»;
   per questo motivo il coinvolgimento di Siemens sarebbe auspicabile per il mantenimento del patrimonio di conoscenze sviluppato e presente in Italia. Così sono cessati anche gli importanti e innovativi progetti che in quello stabilimento si erano sviluppati, vale a dire la telefonia di terza e di quarta generazione; quest'ultima garantisce la banda larga per la telefonia mobile;
   il 23 novembre 2011 Nokia Siemens Networks ha annunciato il lancio di un piano di trasformazione globale che prevede tra le altre cose la riduzione di 17.000 unità lavorative in tutto il mondo al netto delle esternalizzazioni;
   il 4 maggio 2012 Nokia Siemens Network Italia ha annunciato ai sindacati che intende porre in esubero 580 lavoratori su 1.100 dei suoi dipendenti e la maggior parte di questi, ricadrebbero nei due siti di Cassina de’ Pecchi, dove gran parte dei 900 impiegati e ricercatori rischiano di restare senza un lavoro entro il dicembre del 2012;
   occorre sottolineare che la riduzione media del personale in Italia, conseguente ai tagli che Nokia Siemens Networks andrà ad operare, sarà più del doppio rispetto a quella degli altri Paesi in cui opera, con il 53 per cento della forza lavoro che verrà mandata a casa. Tale percentuale altissima risulta agli interroganti ancora più incomprensibile alla luce dei dati sul mercato della telefonia mobile in Italia, che vedono questo settore tra i primi al mondo per fatturato e per numero di cellulari e smartphone in possesso dei cittadini;
   infine, il 3 maggio 2012 è stato modificato l'accordo tra Nokia Siemens Networks e i canadesi Dragonwave per la cessione di un ramo d'azienda, che non riguarda più il trasferimento dei 231 lavoratori del ramo Microwave di Cassina De’ Pecchi, come previsto inizialmente nell'accordo, ma soltanto la cessione delle attività come lo sviluppo e la gestione del prodotto e il supporto alle vendite;
   durante l'incontro al Ministero, che si è svolto il 23 maggio 2012, è emerso l'impegno ad aprire un tavolo per le telecomunicazioni entro poche settimane, ma per il momento non è previsto nessun congelamento della procedura che porta agli esuberi: è solo una dichiarazione di intenti;
   nel mese di luglio 2011 la regione Lombardia e il Governo hanno firmato un accordo per lo stanziamento di 121,5 milioni di euro, dei quali 62,5 a carico della regione, per la ricerca industriale, lo sviluppo e la formazione in diversi settori, tra cui il settore delle tecnologie dell'informazione e dell'innovazione, con lo scopo finale di estendere la banda larga in tutta la regione;
   l'Italia si è impegnata a rispettare gli obiettivi dell'agenda digitale EU2020 sulla copertura della rete nei Paesi europei e per fare ciò il Governo ha istituito una cabina di regia che ha il compito di realizzare la medesima in tempi svelti e in raccordo con le strategie europee. In particolare, uno dei gruppi di lavoro di cui è composta l'Agenda digitale italiana è stato affidato ai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dello sviluppo economico ed ha come obiettivo quello di promuovere l'innovazione tecnologica e gli investimenti nelle infrastrutture di comunicazione elettronica, ambiti che appaiono fondamentali sia per la diffusione capillare delle reti e delle tecnologie dell'informazione sia per la crescita di aree industriali fondamentali per l'economia italiana;
   l'Italia non può permettersi di perdere altri posti di lavoro e il know-how maturato in settori strategici come quello delle telecomunicazioni;
   negli ultimi decenni l'innovazione tecnologica è stata travolgente, ponendo l'Italia ai primi posti nel mondo per lo sviluppo della telefonia mobile, un progresso che è destinato a continuare per diversi anni contribuendo positivamente all'incremento del prodotto interno lordo come più volte confermato dalle ricerche e da indagini di diversi enti, per i quali gli investimenti nel settore costituiscono un eccezionale motore di crescita sociale e economica –:
   se non intenda intervenire per impedire gli esuberi portati avanti dalla Nokia Siemens Network, in particolare nei siti di Cassina de’ Pecchi, che risulterebbero incompatibili con gli obiettivi sia dell'agenda digitale europea che dell'agenda digitale italiana;
   se non intenda verificare insieme all'azienda, alle organizzazioni sindacali e alla regione Lombardia, il piano industriale della Nokia Siemens Network, al fine di valutare se esistano le condizioni per evitare l'esubero di 580 lavoratori degli stabilimenti di Cassina de’ Pecchi;
   se non intenda sostenere il settore dell’information technology e le aziende presenti nel territorio, al fine di sviluppare e incentivare gli investimenti nelle nuove reti e tecnologie della comunicazione;
   se non intenda affrontare il tema delle telecomunicazioni a livello di settore, coinvolgendo non solo la Nokia Siemens ma tutte le aziende gravemente colpite dalla crisi che sono sempre più numerose;
   se non intenda creare le condizioni per favorire il riassorbimento in Siemens del personale dichiarato in eccedenza, in modo da salvaguardare i livelli occupazionali, le competenze tecnologiche, il tessuto industriale, le potenzialità di innovazione anche in nuovi settori in costante sviluppo. (4-16344)


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato, in data 3 maggio 2012, l'atto di sindacato ispettivo n. 4-15909, cui non è giunta alcuna risposta, relativo alla possibile futura acquisizione dello stabilimento di Termini Imerese da parte dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio;
   l'interrogante ha altresì inviato una lettera al Ministro in data 17 aprile 2012;
   il Ministro interrogato ha reso nota l'intenzione di convocare nuovamente un tavolo su Termini Imerese per verificare le garanzie finanziarie della Dr Group, in linea con quanto richiesto da noi dell'Italia dei Valori con il sopracitato atto;
   l'Italia dei Valori ha già presentato un esposto a seguito del quale la procura di Isernia ha aperto un fascicolo su Massimo Di Risio e la Dr Motor –:
   se non ritenga opportuno valutare, per tempo, le alternative qualora il progetto della Dr Motor di Di Risio si confermasse poco credibile, considerando che, ad oggi, non ha ancora fornito chiarimenti sulle garanzie finanziarie necessarie a pagare il proprio debito attuale;
   se non ritenga di fornire, altresì, copia del piano industriale presentato presso il Ministero dalla Dr Group per capire, tra le altre cose, quale futuro spetta ai lavoratori dello stabilimento di Macchia di Isernia (IS) che stanno vivendo momenti di grande difficoltà. (4-16349)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Pippo Gianni e Ruvolo n. 3-02299, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Romano.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta scritta Di Biagio e altri n. 4-15498 del 27 marzo 2012 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-06971.