XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la specificità del comparto sicurezza e difesa e soccorso pubblico si estrinseca, nell'efficienza psico-fisica del personale addetto, oltre che in ragione della peculiarità dei compiti esercitati, proprio nell'assoggettamento a particolari obblighi e ad un complesso di limitazioni personali, previste da leggi e regolamenti, nonché ad una condizione di impiego altamente usurante;
    in virtù di tale specificità il cosiddetto decreto-legge salva Italia ha previsto che, in sede di armonizzazione delle regole di quiescenza del personale in questione rispetto a quello dei lavoratori pubblici e privati, si provveda con apposito regolamento;
    il comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, prevede che, con regolamento da adottare entro il 30 giugno 2012 ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, nonché del comparto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, nonché dei rispettivi ordinamenti;
    l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 riconosce, anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale, «la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
    il comma 2 dell'articolo 19 citato prescrive che la disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede, altresì, a stanziare le occorrenti risorse finanziarie;
    in tal senso, il regolamento di armonizzazione della normativa in materia pensionistica, ai sensi del decreto-legge n. 201 del 2011, deve rappresentare, quindi, l'estrinsecazione di quel principio di specificità che il Paese riconosce, secondo quanto dispone la legge n. 183 del 2010, al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, proprio in virtù degli altissimi compiti di sicurezza interna e internazionale cui è destinato;
    tale regolamento rappresenterebbe un punto di riferimento per l'intero quadro normativo riguardante le Forza armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e costituirebbe, altresì, norma programmatica, in quanto prevede, al comma 2 del predetto articolo 19, che la disciplina attuativa del predetto principio di specificità «è definita con successivi provvedimenti legislativi»;
    in considerazione di ciò, ai sensi del citato comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, si esclude, quindi, ogni intervento sugli istituti peculiari previsti per il personale del comparto in questione connaturati all'espletamento di atipiche ed usuranti attività, che rendono indispensabile disporre di strumenti compensativi volti a differenziare la posizione del personale addetto, anche ai fini dell'accesso alla pensione;
    il comparto versa già in un profondo stato di malessere e l'esasperazione e la sfiducia crescente si alimenterebbero di fronte ad un ulteriore provvedimento punitivo che si aggiungerebbe ai pesanti interventi occorsi negli ultimi anni in materia di trattamento economico, mettendo così a forte rischio la stessa efficienza ed efficacia del personale;
    inoltre, in tutti i Paesi europei, i limiti di età previsti per il personale militare e delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco sono inferiori rispetto a quelli vigenti in Italia;
    non si è ancora proceduto all'istituzione di forme pensionistiche integrative e complementari per il personale del comparto e, in generale, non sono mai state previste forme di tutela del personale assunto dopo il 1o gennaio 1996, che godrà del solo sistema contributivo;
    proprio in ragione della specificità del comparto, si configura come determinante la partecipazione delle rappresentanze sindacali del personale nella fase di definizione dei provvedimenti loro riguardanti, come accaduto in altre circostanze; al contrario, tale prassi pare, almeno sino ad oggi, disattesa nell'ambito dell'esercizio della delega di cui al comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    eppure, la norma sulla specificità di cui all'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, pur nel suo tratto programmatico, prevede un ruolo concertativo dei sindacati e del Consiglio centrale di rappresentanza (Cocer), ruolo che non può essere pretermesso dall'Esecutivo nell'esercizio del potere regolamentare di cui al comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    la disciplina regolamentare dovrà essere adottata dal Governo nel rispetto delle disposizioni legislative citate, nonché conformemente al principio di cui all'articolo 3, primo comma, della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle distinzioni e il divieto di discriminazioni,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito del regolamento di armonizzazione, norme di tutela delle specificità del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco, esclusivamente con riguardo al solo allungamento dell'età per il conseguimento della pensione di vecchiaia e di anzianità in relazione ai diritti quesiti e al previgente ordinamento;
   a procedere, prima dell'adozione del regolamento in questione, ad un incontro con i sindacati più rappresentativi e con il Cocer;
   ad avviare forme pensionistiche complementari, salvaguardando il personale attualmente in servizio già assoggettato al cosiddetto sistema contributivo puro, nei medesimi termini previsti per il personale del comparto dello Stato, nel rispetto dei vincoli del bilancio pubblico;
   ad avviare, dopo l'emanazione del regolamento in questione, con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate, un tavolo di concertazione al fine di definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli e delle carriere del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco.
(1-01052) «Bosi, Poli, Cesa, Marcazzan, Tassone, Mantini, Libè, Compagnon, Naro, Ciccanti, Volontè, Rao, Ruggeri, Delfino, Pezzotta».


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi del comma 18 dell'articolo 24 del cosiddetto decreto-legge salva Italia (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) è previsto che, con regolamento da adottare entro il prossimo 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, si proceda all'armonizzazione dei requisiti di accesso al trattamento di quiescenza del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, nonché del comparto del soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 riconosce, anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale, «la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
    in considerazione della predetta specificità lavorativa del personale del comparto sicurezza e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è indubbio che un innalzamento tout court dell'età pensionabile possa ostacolare la reale capacità operativa dei lavoratori in questione, con conseguenze inevitabili anche sul livello di efficienza della sicurezza del nostro Paese;
    il riconoscimento della specificità del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico – infatti – ha proprio lo scopo di valutare la condizione peculiare del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, considerando le condizioni di impiego operativo altamente rischioso cui è soggetto, che presuppone il costante possesso di particolari idoneità psico-fisiche;
    il requisito anagrafico è, pertanto, una condicio sine qua non per l'idoneità al servizio e per l'espletamento di tali attività operative ed addestrative; ne consegue che l'intervento regolamentare deve rispondere al principio di proporzionalità ed essere condizionato dai limiti di età del personale militare, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco nei trattamenti di quiescenza e anticipati;
    il personale del comparto sicurezza e difesa, peraltro, gode di un'autonomia contrattuale limitata rispetto all'esercizio dei diritti sindacali fondamentali, per via del mancato riconoscimento del diritto di sciopero e della piena libertà di organizzazione sindacale;
    esiste, altresì, il problema di assicurare a tutte le componenti del comparto difesa e sicurezza esposto ad attività dal rischio comparabile un trattamento equipollente sotto il profilo della tutela infortunistica, con particolare riguardo al personale volontario dei vigili del fuoco, attualmente penalizzato;
    il Governo, infatti, non ha ancora esercitato le deleghe di cui al comma 7 dell'articolo 27 della legge n. 183 del 2010, relative all'equiparazione della pensione ai superstiti riconosciuta ai familiari dei vigili del fuoco volontari deceduti per causa di servizio al trattamento economico spettante ai familiari superstiti dei vigili del fuoco in servizio permanente anche nelle ipotesi in cui i vigili del fuoco volontari siano deceduti espletando attività addestrative od operative diverse da quelle connesse al soccorso, nonché all'equiparazione del trattamento economico concesso ai vigili del fuoco volontari a quello riconosciuto ai vigili del fuoco in servizio permanente in caso di infortunio gravemente invalidante o di malattia contratta per causa di servizio, includendo anche il periodo di addestramento iniziale reso dagli aspiranti vigili del fuoco a titolo gratuito,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito del regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, norme di tutela delle specificità del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, con particolare riguardo all'allungamento dell'età pensionabile per il personale operativo in relazione ai diritti quesiti e al previgente ordinamento;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per eliminare le differenze di trattamento attualmente esistenti all'interno del comparto difesa e sicurezza tra categorie di personale diverse, ma esposte alla stessa tipologia di rischio, così come già previsto dalla delega di cui al comma 7 dell'articolo 27 della legge n. 183 del 2010 citata in premessa, con riferimento al personale volontario dei vigili del fuoco incaricato del soccorso tecnico urgente, il cui trattamento deve essere uniformato a quello del personale permanente in forza al Corpo;
   a garantire, con disposizioni transitorie, la certezza dei rapporti giuridici già consolidati o in via di maturazione, che, per esigenze funzionali, potranno essere prolungati solo su base volontaria;
   ad istituire con immediatezza un tavolo di concertazione con i sindacati rappresentativi ed il Cocer per giungere ad un regolamento condiviso, nel quale trovi concreto riconoscimento la peculiarità degli operatori del settore;
   ad aprire, contestualmente alla stesura del regolamento di armonizzazione, un tavolo sulla previdenza complementare;
   ad avviare un tavolo di lavoro con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate e le rappresentanze del personale per definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli del personale interessato al regolamento di armonizzazione, ai fini della predisposizione di un disegno di legge di delega che preveda un'attuazione differita nel tempo – coordinata con la gradualità dell'incremento dei requisiti per l'accesso alla pensione – e che assicuri la compatibilità finanziaria, anche attraverso un processo di razionalizzazione e modernizzazione delle strutture interessate, coerente con le misure di contenimento della spesa.
(1-01053) «Dozzo, Fedriga, Munerato, Bonino, Gidoni, Chiappori, Caparini, Molgora, Vanalli, Meroni, Pastore, Volpi, Bragantini».


   La Camera,
   premesso che:
    il giorno 20 maggio 2012 alle ore 4,03 un terremoto di magnitudo 5.9 ha colpito l'Emilia Romagna in particolare le province di Modena, Ferrara e Bologna, profondità 6,3 chilometri, epicentro tra i comuni modenesi di San Felice sul Panaro e Finale Emilia;
    secondo i dati dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l'evento sismico ha colpito anche le province di Mantova e Rovigo;
    i comuni tra 10 e 20 chilometri tra i più colpiti sono: Borgofranco Sul Po (Mantova), Carbonara Di Po (Mantova), Felonica (Mantova), Magnacavallo (Mantova), Pieve di Coriano (Mantova), Poggio Rusco (Mantova), Revere (Mantova), San Giovanni Del Dosso (Mantova), Schivenoglia (Mantova), Sermide (Mantova), Villa Poma (Mantova), Bergantino (Rovigo) Calto (Rovigo), Castelmassa (Rovigo), Castelnovo Bariano (Rovigo), Ceneselli (Rovigo), Ficarolo (Rovigo), Melara (Rovigo), Camposanto (Modena), Medolla (Modena) Mirandola (Modena), San Felice Sul Panaro (Modena), Crevalcore (Bologna), Pieve Di Cento (Bologna), Bondeno (Ferrara), Cento (Ferrara) e Sant'Agostino (Ferrara);
    la potenza devastante del sisma ha provocato sette vittime, circa 50 feriti e più di 5.000 sfollati;
    il totale dei danni stimati dalle associazioni di categoria per il terremoto in Emilia Romagna è di 200 milioni di euro tra crolli e lesioni degli edifici rurali (case, stalle, fienili e serre), danni ai macchinari, animali imprigionati sotto le macerie;
   oltre 400 mila forme di formaggio sono cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate sotto le scosse;
    vi sono danni evidenti anche per le forme di Grana Padano e Parmigiano Reggiano impilate nei magazzini del mantovano. Ad essere colpite sono soprattutto le forme fresche (sei mesi di stagionatura), ormai irrimediabilmente danneggiate, ma il danno è aggravato anche dalla difficile individuazione di nuove strutture per la stagionatura delle forme rimaste integre;
    in provincia di Mantova si è certificato il danneggiamento di 178.450 forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano;
    solo mantovano il valore alla produzione stimato, delle sole forme di formaggio, tenuto conto del prezzo inventariato a bilancio delle cooperative lattiero casearie pari a 6,5 euro/chilogrammo per il Grana Padano di 8,00 euro/chilogrammo per il Parmigiano Reggiano, si aggira intorno ai 50 milioni di euro;
    negli allevamenti da latte le mucche che si sono salvate sono ancora sotto shock e agitate dalle continue scosse che rischiano di avere un effetto sulla produzione di latte;
    sono pesanti i danni alle strutture degli allevamenti di maiali e mucche con diversi animali rimasti intrappolati sotto le macerie;
    sono segnalati in tutta l'area interessata dal sisma crepe nei fienili, tegole cadute dai tetti delle cascine, cornicioni che si sono staccati, vecchi fabbricati crollati;
    il sistema produttivo legato alle imprese localizzate nei territori colpiti dal sisma è stato pesantemente colpito;
    oltre ai danni al sistema economico deve essere ancora fatto un bilancio definitivo a quanto occorso al patrimonio artistico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento di fondi che possano sostenere le famiglie le cui abitazioni sono state colpite dal sisma, affinché possano procedere con le opere di ricostruzione;
   ad assumere iniziative normative al fine di sospendere per i cittadini e le imprese la riscossione dei tributi in scadenza;
   a predisporre ammortizzatori sociali per le imprese danneggiate dal sisma;
   ad attivarsi presso le sedi dell'Unione europea per la destinazione di fondi a sostegno del comparto agricolo pesantemente danneggiato.
(1-01054) «Fava, Rainieri, Pini, Negro, Bragantini, Munerato, Grimoldi, Rondini, Bonino, Fugatti».


   La Camera,
   premesso che:
    la devastante crisi economica sta interessando tutto il sistema socio-economico-produttivo del Paese;
    i Governi che si sono succeduti durante la XVI legislatura, per far fronte alla richiamata situazione economica, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo hanno, in più occasioni e con numerosi provvedimenti, irresponsabilmente addossato i costi del necessario risanamento finanziario sulle classi sociali medio-basse;
    a riprova di quanto riportato, a titolo d'esempio, si richiamano le norme contenute nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge del 22 dicembre 2011, n. 214, tra le quali, al capo IV del titolo III (Riduzioni di spesa. Pensioni), quelle che hanno innalzato significativamente i requisiti per l'accesso all'età pensionabile, bloccato gli scatti stipendiali e delle pensioni, previsto il completo passaggio al sistema contributivo, scaricando l'intero costo della crisi sui lavoratori con reddito non elevato;
    al comma 18 dell'articolo 24 del citato decreto-legge, si prescrive peraltro che, mediante regolamento da adottarsi entro il 30 giugno 2012, la disciplina dei requisiti per l'accesso alla pensione del personale del comparto sicurezza e difesa e di quello del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, sia armonizzata per il tramite di un progressivo innalzamento dei requisiti attualmente previsti, pur tenendo conto delle peculiarità e delle specifiche esigenze del comparto;
    l'attuale modello di sicurezza, concepito in presenza di grandi risorse statali e della necessità di riavviare il settore industriale del Paese, risulta essere – non certo per responsabilità degli appartenenti alle Forze armate e di polizia, ma per una programmazione, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, errata, compiuta dai vari Esecutivi succedutisi nel tempo, nonché per una volontà di soddisfare le esigenze industriali, piuttosto che quelle della sicurezza – arretrato rispetto al nuovo scenario criminale nazionale ed internazionale;
    il quadro normativo di riferimento del comparto sicurezza si è connotato per una serie di tagli, adottati per tramite di manovre finanziarie presentate dall'attuale e dal precedente Governo, nella XVI legislatura, innumerevoli ed ingentissimi, tanto da determinare l'aumento vertiginoso di atti criminali non perseguiti su tutto il territorio nazionale;
    nonostante i «pacchetti sicurezza» del Governo Berlusconi, le riduzioni degli stanziamenti relativi al comparto che ricomprende polizia di Stato, polizia penitenziaria, vigili del fuoco, Corpo forestale e carabinieri hanno generato una situazione desolante, che vede, a solo titolo di esempio:
     a) agenti che non possono uscire dalle caserme perché le volanti non funzionano e non ci sono fondi per sistemarle;
     b) attese insopportabili sulla linea telefonica di emergenza 113 per assenza di personale addetto;
     c) assenza di fondi per l'acquisto di derrate alimentari sufficienti al mantenimento di standard decenti per l'alimentazione dei detenuti;
     d) sempre più frequenti difficoltà di tradurre un detenuto, colpevole o innocente che sia, per consentirgli di presenziare al suo processo;
     e) interi quartieri senza forze dell'ordine che presidiano il territorio, senza distinzione tra centro e periferia, tra le zone più tranquille e quelle più insicure, a causa della chiusura delle caserme;
     f) commissariati di polizia di Stato con incredibili carenze d'organico che, pur mantenendo attivi i servizi al pubblico, de facto non riescono a compiere tutte le attività attribuite in condizioni normali, con conseguenze nefaste sulla sicurezza dei cittadini;
     g) l'organico del Corpo dei carabinieri, così come riportato in numerose relazioni del Governo al Parlamento, sottostimato di oltre 7.000 unità;
     h) l'assenza di fondi per l'addestramento, l'esercitazione, la formazione e l'aggiornamento delle unità dei vigili del fuoco;
    nel documento di economia e finanza 2012 – all'allegato 1, punto 51 della prima tabella, sezione «lavoro e pensioni», misura: «Ampliamento della contrattazione decentrata, detassazione e decontribuzione dei salari di secondo livello», colonna: «impatto sul pubblico impiego» – il Governo prevede testualmente «per la detassazione dei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico» – ovvero tutti gli ambiti relativi al presente atto di indirizzo – maggiori oneri per 60 milioni anche per il 2012;
    in aggiunta al desolante quadro descritto, il Governo dovrebbe procedere in questi giorni, e comunque non oltre il 30 giugno 2012, alla cosiddetta armonizzazione, ovvero all'inasprimento della disciplina dei requisiti per l'accesso alla pensione del personale del comparto sicurezza e difesa e di quello del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, così come riportato in premessa;
    in tutti i Paesi europei i limiti di età previsti per il personale militare e delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco risultano inferiori a quelli stabiliti per il personale italiano;
    i firmatari del presente atto di indirizzo, fortemente contrari alla serie di provvedimenti sinora adottati, si sono battuti al fine di indicizzare completamente le pensioni, che dovrebbero continuare a seguire l'andamento dell'inflazione, per evitare che i cittadini perdano potere d'acquisto, scontrandosi con maggioranze e Governi che hanno previsto al contrario la sola reindicizzazione parziale per le pensioni sino a 1.400 euro;
    il Governo è ancora alle prese con il problema dei lavoratori prossimi alla pensione secondo le vecchie regole o che si trovano a dover lavorare anche 5 anni in più rispetto alle regole precedenti;
    i firmatari del presente atto di indirizzo, nel corso di tutta la XVI legislatura, hanno stigmatizzato i provvedimenti adottati da parte dei Governi che si sono succeduti nei confronti del predetto comparto, in quanto non si è provveduto né al reperimento delle fondamentali risorse economiche per l'esercizio della funzione, né a programmare concreti ed opportuni interventi strutturali al fine di garantire sicurezza del territorio, dei cittadini e degli operatori del settore. Non c’è stato il tanto auspicato aumento dell'organico addetto alla sicurezza, non sono stati previsti tempi certi per lo svolgimento dei processi, né aumenti di organici nella funzione giurisdizionale, né tanto meno spazi, infrastrutture o ristrutturazioni di edifici esistenti da destinare al settore penitenziario;
    le norme introdotte nell'ordinamento giuridico in materia pensionistica dal Governo Monti rappresentano un'iniqua operazione volta a far cassa, riformulando un sistema pensionistico pensato appena quindici anni prima, non rispettando i diritti acquisiti dei lavoratori, non riconoscendo, molto spesso, ai lavoratori una vita di sacrifici e la giusta aspirazione all'equità;
    la riforma della previdenza, fissando requisiti più stringenti per il pensionamento, seppur rafforzando da subito la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, ha rappresentato un costo pressoché insopportabile per i cittadini italiani, sia in termini di riduzione del potere d'acquisto che di frustrazione di aspettative individuali;
    la specificità del comparto sicurezza è volta a distinguere la particolare posizione, anche giuridica, all'interno dell'ordinamento del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dalle altre categorie di dipendenti pubblici;
    i lavoratori della sicurezza sono assoggettati ad una serie di limitazioni ed obblighi del tutto peculiari – impossibilità di iscriversi a partiti politici, sindacati, di scioperare – nonché ad una condizione di impiego altamente usurante, che presuppone il costante possesso di particolare idoneità psico-fisica e il mantenimento di standard di efficienza operativa puntualmente verificati mediante controlli medici, prove fisiche e severe attività a carattere addestrativo;
    alla richiamata «specificità» non può che corrispondere una differenziazione di requisiti utili al fine del raggiungimento dell'età pensionabile, rispetto ad altri comparti della pubblica amministrazione. Differenziazione che non deve in alcun modo rappresentare un privilegio rispetto alle altre categorie, considerando che un limite anagrafico ridotto, soprattutto per i lavoratori con compiti operativi, è da considerarsi imprescindibile per il corretto espletamento della funzione sicurezza;
    non è assolutamente utile un incondizionato ed indiscriminato aumento dell'età pensionabile dei lavoratori, senza la previsione di una rivisitazione strutturale dell'intero assetto del comparto,

impegna il Governo:

   a salvaguardare la specificità del comparto, convocando celermente un tavolo di concertazione dei lavoratori del settore, con il riconoscimento della particolare attività svolta sul territorio per la sicurezza dei cittadini, tanto più in un particolare momento di forte tensione sociale;
   ad ascoltare le ragioni dei lavoratori, predisponendo interventi volti a tutelare la specificità del settore, nell'interesse generale della sicurezza e dei cittadini;
   a valutare lo spostamento degli operatori di pubblica sicurezza ad incarichi non operativi, soprattutto negli ultimi anni della vita lavorativa, quali che siano i requisiti fissati dalle normative;
   a ridisegnare il modello di sicurezza nazionale mediante l'adozione di interventi di riorganizzazione finalizzati ad eliminare sprechi o inefficienze, basandolo su programmi comuni ai singoli corpi interessati, con l'intento di generare economie di gestione e maggiore efficienza nei più svariati settori, garantendo, tuttavia, una razionalizzazione armonica di settori più eterogenei del comparto sicurezza, assumendo decise iniziative nel contrasto all'inerzia e alla resistenza al cambiamento tipiche di tutte le burocrazie, al fine di mantenere, ovvero aumentare, le tutele previdenziali dei lavoratori del settore;
   a riconsiderare la logica dei tagli indiscriminati e a provvedere, in una situazione di oggettiva crisi economica e mancanza di fondi, a distribuire gli stessi con maggiore oculatezza, con l'obiettivo primario di garantire la sicurezza dei cittadini e, al contempo, la loro incolumità e condizioni lavorative e previdenziali ottimali al personale del comparto;
   a garantire efficaci programmi di esercitazione e aggiornamento delle professionalità che permettano agli operatori di ricominciare ad effettuare i necessari addestramenti fondamentali per garantire la formazione allo svolgimento delle funzioni di pubblica sicurezza, rinunciando, ad esempio, per compensare le spese, all'acquisto di inutili cacciabombardieri atti ad offendere e non a difendere la sicurezza del territorio e dei cittadini italiani.
(1-01055) «Paladini, Palomba, Aniello Formisano, Borghesi, Evangelisti, Di Stanislao».


   La Camera,
   premesso che:
    il 16 novembre 2009 Sergei Magnitsky è deceduto in un carcere, in una cella di isolamento del «sizo» (struttura di detenzione pre-processuale), nella Federazione Russa il 16 novembre 2009;
    Sergei Magnitsky lavorava per un fondo di investimenti esteri in Russia l’Hermitage capital management che faceva capo al finanziere americano Bill Browder;
    per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, la detenzione a cui è stato sottoposto è durata oltre 12 mesi ed è stata costellata da una serie di maltrattamenti, denunciati dallo stesso Magnitsky prima della sua morte e riconosciuti dallo stesso Governo russo che ha individuato le responsabilità, dirette o indirette per i maltrattamenti, di 60 persone all'interno del sistema carcerario, sanitario e anche giudiziario, sottoponendole per questo a procedimento giudiziario;
    la vicenda ha suscitato scalpore, soprattutto per il fatto che l'avvocato 37 enne era stato arrestato, secondo la versione di Hermitage, per aver scoperto una truffa da oltre 5 miliardi di rubli (circa 130 milioni di euro) a danno del fondo stesso e dello Stato russo, mentre l'accusa ufficiale per l'arresto era quella di frode fiscale;
    nel 2009 il capo del Comitato anticorruzione Kirill Kebanov ha assicurato che sarebbe stato fatto di tutto per assicurare i colpevoli alla giustizia, mentre Evgeni Arkhipov, presidente dell'Associazione degli avvocati per i diritti umani, ha dichiarato che: «il fatto che la vicenda Magnitsky sia trattata ora anche ai piani alti, lascia sperare che alla fine si possano davvero trovare i responsabili»; nel novembre del 2011 le autorità russe hanno dichiarato che al lavoro degli organi di forza pubblica si sarebbe affiancato anche quello dei rappresentanti del Consiglio per i diritti dell'uomo presso il Presidente russo;
    a seguito della vicenda di Sergei Magnitsky ed in relazione a questa, il presidente del comitato per le indagini presso l'ufficio della procura Aleksandr Bastrykin e il capo del consiglio presidenziale Mikhail Fedotov hanno firmato un accordo sulla cooperazione, rispetto al quale Leonid Poliakov, titolare della cattedra di politologia della Scuola suprema di economia, ha dichiarato: «Fedotov e Bastrykin hanno firmato un accordo secondo cui lo scambio di informazioni sarà effettuato in regime operativo. È un avvenimento di grande rilevanza. Ci poniamo lo scopo di mettere a punto un sistema di protezione delle persone finite in luoghi di isolamento temporaneo»;
    la questione, come detto, ha avuto un'importante eco internazionale, provocando attriti diretti tra Stati Uniti e Russia. Il Dipartimento di Stato americano ha deciso, infatti, di inserire i 60 cittadini russi indicati come responsabili dell'accaduto nella lista dei soggetti, a cui impedire il visto d'ingresso negli Stati Uniti. Decisione a cui ha fatto seguito quella russa dell'allora Presidente Dmitri Medvedev, che ha fatto sapere, tramite la sua portavoce Natalia Timakova, di «aver istruito il Ministero degli esteri russo perché prepari misure simili in relazione a cittadini americani». Ed inoltre, ha aggiunto: «Siamo sconcertati dalla posizione del Dipartimento di Stato Usa che, senza attendere la fine dell'indagine e una sentenza di un tribunale russo, ha assunto funzioni che sono atipiche. Tali misure non sono state prese neppure negli anni più difficili della guerra fredda»;
    anche altri soggetti istituzionali nazionali e internazionali hanno espresso la loro posizione al riguardo, adottando specifiche risoluzioni parlamentari. In particolare, il Parlamento olandese e il Congresso degli Stati Uniti hanno chiesto alle autorità russe di individuare e processare i responsabili e i mandanti della morte di Magnitsky e hanno chiesto ai rispettivi Governi di sanzionare questi individui, sia attraverso il congelamento dei loro beni all'estero, sia non concedendo loro il visto di ingresso nei rispettivi territori nazionali;
    anche il Parlamento europeo si è espresso sulla questione; in particolare, l'8 marzo 2012 l'Alta rappresentante/Vicepresidente Catherin Ashton ha risposto a nome della Commissione europea ad una specifica interrogazione presentata nel gennaio del 2012, specificando che:
     «il Servizio europeo per l'azione esterna (Seae) e la Commissione europea hanno seguito attentamente questo caso e sono intervenuti attivamente sulla questione, sia a Bruxelles che nella delegazione dell'Unione europea a Mosca;
     il caso di Sergei Magnitsky è stato più volte sollevato con le autorità russe, anche al massimo livello. Recentemente, al vertice Unione europea-Russia del 15 dicembre 2011, l'Unione europea ha manifestato al Presidente Medvedev viva preoccupazione per la mancanza di progressi in relazione a questo caso, sottolineando la necessità che le autorità russe svolgano indagini credibili ed esaustive;
     tutte le domande poste dagli onorevoli parlamentari su questo caso sono state sollevate nell'ultima riunione di consultazione con la Russia sui diritti umani il 29 novembre 2011, senza, peraltro, ottenere una risposta chiara da parte russa. Recentemente, alcune di queste domande sono state formulate anche per iscritto, nel contesto dello scambio degli elenchi di singoli casi sensibili;
     la controparte russa ha informato il Servizio europeo per l'azione esterna (Seae) sullo svolgimento di una discussione in merito tra il Consiglio presidenziale per la società civile e i diritti umani e la commissione d'inchiesta. L'Unione europea è stata, altresì, informata sulla firma da parte della commissione d'inchiesta di un accordo generale di cooperazione con il Consiglio presidenziale, in base al quale, in tutti i casi di grande risonanza, i difensori dei diritti umani possono essere presenti durante le indagini;
     in generale, l'Unione europea ha accolto con favore l'indagine indipendente sul caso disposta dal Presidente Medvedev, di cui ha attentamente esaminato le conclusioni preliminari. Tuttavia, resta delusa dal fatto che finora solo i due medici della prigione siano stati incriminati nel caso e molte questioni rimangono senza risposta. L'Unione europea continua a esortare la Russia a portare a pieno compimento l'indagine ufficiale e invita il Governo russo a indagare in maniera corretta ed esaustiva su questo caso al fine di assicurare i responsabili alla giustizia senza ulteriori indugi»;
    è del tutto evidente che il rispetto dei diritti umani debba essere un obiettivo costante da perseguire con convinzione, in ogni occasione, e nei confronti di qualsiasi soggetto coinvolto. L'affermazione di tale principio deve essere tanto assoluta, quanto costante;
    per il perseguimento concreto ed efficace di tale obiettivo è, quindi, fondamentale procedere con coerenza e decisione nelle sedi opportune, al fine di evitare effetti diametralmente opposti all'obiettivo che si vuole e si deve perseguire;
    è necessario evitare che l'affermazione di un principio fondamentale come quello del pieno rispetto dei diritti umani sia strumentalizzato come oggetto di pressione, quanto non di confronto e conflitto diplomatico, finendo per essere così pretesto di nuove tensioni e lacerazioni. Per questo motivo tale principio deve essere affermato con coerenza nelle sedi internazionali proprie, che devono farsi garanti del suo rispetto,

impegna il Governo:

   ad intervenire, in sede comunitaria ed internazionale, affinché si prosegua nella legittima richiesta che sulla vicenda della morte di Sergei Magnitsky sia fatta piena luce e che tutti responsabili della sua morte siano affidati alla giustizia del loro Paese;
   ad intervenire, in sede comunitaria ed internazionale, con le modalità che riterrà più opportune, per ribadire che il diritto alla difesa e ad un giusto processo, sancito dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, sia effettivamente rispettato da tutti i Paesi che hanno ratificato le Convenzione stessa;
   a farsi promotore, in sede comunitaria ed internazionale, delle opportune iniziative affinché tutti i Paesi che hanno ratificato la Convenzione europea sui diritti dell'uomo dimostrino la loro piena adesione ai suoi principi, a tal fine ipotizzando il potenziamento di strumenti di controllo, monitoraggio, comunicazione ed eventualmente sanzione in caso di violazione della Convenzione stessa.
(1-01056) «Pianetta, Baldelli, Angeli, Biancofiore, Boniver, Crolla, Renato Farina, Malgieri, Migliori, Osvaldo Napoli, Nirenstein, Picchi».


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma Amato del 1992 e successivamente la riforma Dini nel 1995 hanno decurtato il modello previdenziale dei comparti della sicurezza, difesa e soccorso pubblico, annullando, di fatto, la specificità degli appartenenti, pur riconfermando quella delle amministrazioni;
    la legge finanziaria n. 724 del 1994 ha ridotto il rendimento del modello previdenziale di questo personale dal 3,60 per cento annuo al 2 per cento. Con il decreto-legge n. 112 del 2008, si è definitivamente equiparato il rendimento della pensione dei professionisti della sicurezza a quelli del restante pubblico impiego;
    l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, riconosce, anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale, «la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
    tale articolo stabilisce che gli operatori dei comparti di sicurezza, difesa e soccorso pubblico e le amministrazioni di riferimento, in relazione al particolare status, devono essere valutati e considerati non solo nell'ottica di quella che è la normale dinamica contrattuale e previdenziale prevista per tutti i lavoratori; ad essi bisogna guardare in relazione alle peculiari funzioni attribuite alle amministrazioni di appartenenza, che, in assenza di operatori che siano selezionati e messi in condizioni di operare con altrettante condizioni peculiari, verrebbero vanificate e con esse le condizioni di tutela e di difesa delle istituzioni democratiche, così come quelle dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna e del soccorso alle popolazioni;
    il criterio di specificità stabilito dalla legge n. 183 del 2010 del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco e del soccorso pubblico ha lo scopo di garantire la condizione peculiare del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a condizioni di impiego operativo altamente rischioso, che presuppone il costante possesso di particolari idoneità psico-fisiche;
    l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto salva Italia, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede che, con regolamento da adottarsi entro il 30 giugno 2012, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, deve essere armonizzata la disciplina dei requisiti per l'accesso alla pensione del personale addetto a specifiche attività, tra cui quello del comparto sicurezza e difesa e quello del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, attraverso un processo di incremento dei requisiti attualmente previsti, tenendo conto delle peculiarità ordinamentali e delle specifiche esigenze;
    tale intervento di armonizzazione deve rispondere al principio di proporzionalità, principio generale del diritto, e deve essere limitato esclusivamente ai limiti di età del personale militare, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco nei trattamenti di quiescenza e anticipati, nel rispetto dell'articolo 3 della Costituzione, primo comma, in forza del quale la mancanza di altro espresso criterio si traduce in un'arbitraria discriminazione di questo personale a ordinamento speciale in ragione dei peculiari compiti e dei rispettivi status;
    i limiti di età per tali trattamenti previsti per il personale militare, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco degli altri Stati europei risultano inferiori a quelli già stabiliti per il personale italiano;
    per definire l'ambito del regolamento da adottare entro il 30 giugno 2012, è utile ricordare la precedente armonizzazione in materia, disciplinata dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, in attuazione degli appositi criteri di delega, di cui all'articolo 2, comma 23, lettera b), della legge 8 agosto 1995, n. 335, ed all'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che hanno riguardato sia l'incremento dei limiti di età per l'accesso alla pensione, sia gli specifici istituti, quali, ad esempio, l'ausiliaria e il meccanismo di calcolo dell'assegno di pensione. Questa estensione è stata possibile perché i criteri di delega facevano espresso riferimento ai «trattamenti pensionistici» e all'istituto dell'ausiliaria e non solo all'incremento dei requisiti per l'accesso alla pensione, come invece previsto dall'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011;
    il Governo, all'atto dell'emanazione del cosiddetto decreto-legge salva Italia, considerando il particolare ruolo che tali comparti hanno nell'ambito dell'amministrazione pubblica ha previsto, proprio in virtù della specificità, l'emanazione di un regolamento volto ad armonizzare le regole di accesso al trattamento di quiescenza del personale in questione con quello delineato in senso generale per tutti i lavoratori pubblici e privati,

impegna il Governo

a garantire, nell'ambito del regolamento di armonizzazione, norme di tutela delle specificità del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, tenendo conto delle ragioni per cui questo personale fino ad ora raggiunge prima l'età della pensione rispetto ad altri dipendenti pubblici e tenendo, inoltre, conto che si va verso la stesura di un regolamento di armonizzazione, che richiede particolare attenzione per salvaguardare il personale in servizio passato al sistema contributivo puro.
(1-01057) «Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».


   La Camera,
   premesso che:
    sulle strade italiane viaggiano circa 8.610.000: veicoli motorizzati a due ruote, di cui 2.170.000 ciclomotori (veicoli < 50 cc) e 6.440.000 motocicli (scooter e moto > 50 cc), corrispondenti al 17 per cento dei veicoli circolanti, il che ne fa la categoria più rappresentata dopo le autovetture;
    le strade italiane sono le più frequentate in Europa dai veicoli a due ruote: infatti circa un quarto del circolante di motocicli e di ciclomotori è concentrato nel nostro Paese;
    secondo una recente indagine realizzata dal dipartimento trasporti e mobilità di Leuven, in Belgio, l'eventuale spostamento del 10 per cento dell'utenza dalle autovetture ai veicoli a due ruote comporterebbe una riduzione del 40 per cento delle ore trascorse nel traffico ed una riduzione del 6 per cento dei costi riconducibili al danno ambientale prodotto da emissioni e congestione del traffico;
    i vantaggi offerti dalla mobilità a due ruote agli utenti, soprattutto in termini di riduzione dei tempi di percorrenza e contenimento dei costi di gestione, sono testimoniati dal XIX rapporto annuale dell'Aci-Censis (2011), che registra un incremento del 34 per cento nel numero degli spostamenti su motociclo o scooter, con percentuali che passano dal 14,9 per cento nel 2007 al 20 per cento 2011, con punte del 35 per cento per giovani di età compresa tra 18 e 19 anni;
    l'accresciuto ricorso ai veicoli a due ruote per gli spostamenti individuali ha provocato un incremento degli incidenti stradali in cui rimangono coinvolti gli utilizzatori di questi mezzi;
    gli incidenti stradali nel corso del 2010 hanno provocato la morte di 4.090 persone e il riferimento di 302.735 tra conducenti, passeggeri di veicoli e pedoni;
    tra le categorie particolarmente esposte a rischio di incidenti, quella degli utilizzatori di ciclomotori, scooter e motocicli nel corso del 2010 ha fatto registrare 1.204 vittime e 77.590 feriti, corrispondenti rispettivamente al 29 per cento e al 25 per cento del totale;
    il costo sociale riferibile agli incidenti a due ruote è stimabili in circa 5 miliardi di euro;
    secondo l'Istat la presenza di ostacoli accidentali o fissi sulla strada ha provocato nel 2010 la morte di 108 centauri, il 39 per cento delle vittime riconducibili a questa causa di mortalità;
    una delle principali criticità per gli utenti di due ruote è rappresentata dalle infrastrutture, che anche quando non presentano problemi di corretta installazione o manutenzione, sono sovente progettate senza tenere in alcuna considerazione le specifiche esigenze di motociclisti e ciclomotoristi;
    l'associazione dei Costruttori europei di motocicli (ACEM) ha recentemente pubblicato una ricerca intitolata «linee guida per progettare strade più sicure per le due ruote a motore in Europa», che evidenzia come le strade presentino, fin dalla loro iniziale progettazione, fattori di pericolosità per tutti gli utenti che non dispongano di un abitacolo protettivo, come ad esempio la presenza di ostacoli lungo la carreggiata, l'utilizzo di segnaletica inadeguata, l'impiego di vernice che diventa sdrucciolevole, in caso di pioggia, la progettazione di rotatorie, curve ed incroci con caratteristiche dimensionali e di visibilità inadeguate per gli utenti delle due ruote e altro;
    tra gli elementi infrastrutturali che rivestono una particolare importanza occorre evidenziare i dispositivi di ritenuta stradale, tra cui le barriere di sicurezza, i cosiddetti guard rail – la cui pericolosità per le due mote a motore è ampiamente dimostrata dalla letteratura scientifica sull'argomento, come gli studi di Ellmers (1997) e Brailly (1998), che dimostrano come, paradossalmente, le ferite prodotte dall'impatto contro le barriere risultino fino a 5 volte più gravi rispetto a quelle che il motociclista si sarebbe procurato se avesse impattato direttamente contro l'oggetto protetto dalle stesse;
    nel gennaio 2012 il CEN (Comitato europeo di normazione) ha approvato una specifica tecnica, che, se applicata, consentirebbe di testare barriere stradali che siano finalmente idonee anche per i motociclisti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative per aggiornare il codice della strada, articolo 53-bis e articolo 208, prevedendo l'inserimento degli utenti di ciclomotori e motociclo nella definizione di utente debole della strada, che attualmente comprende pedoni, bambini, anziani, disabili e ciclisti, senza menzionare espressamente gli utilizzatori dei veicoli motorizzati a due ruote, in ciò conformandosi alla consuetudine comunitaria, come esemplificato dalla direttiva 2008/96/CE, sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali, che include nella definizione di «vulnerable user», pedoni, ciclisti e appunto, motociclisti;
   a monitorare, eventualmente istituendo un'apposita commissione di vigilanza, l'effettiva applicazione dell'articolo 208 del codice della strada che prevede la destinazione del 50 per cento degli introiti delle sanzioni comminate dalle polizie locali, tra l'altro al rifacimento della segnaletica, alla manutenzione delle strade, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e della segnaletica e alla sistemazione del manto stradale;
   a vigilare analogamente sull'applicazione delle disposizioni dell'articolo 142 del codice della strada, che assegnano agli enti proprietari delle strade il 50 per cento dei proventi delle sanzioni per eccesso di velocità, destinandoli alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi compresa la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti;
   ad assumere iniziative volte a prevedere la trasmissione da parte degli enti locali ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno, di una relazione indicante l'ammontare complessivo dei proventi di propria spettanza e a garantire la trasmissione al Parlamento di una relazione annuale sull'utilizzo degli stessi proventi;
   a mettere in atto le opportune iniziative sul piano normativo e amministrativo affinché sia recepita la technical specification approvata dal comitato europeo di normazione citata in premessa, che consentirebbe di progettare e fabbricare guard rail sicuri anche per i motociclisti, prevedendo l'installazione obbligatoria degli stessi, da parte degli enti proprietari e gestori delle strade, sulle strade di nuova costruzione;
   ad istituire un'apposita commissione tecnica nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che, sulla base di un'attività di approfondimento della letteratura scientifica, di studio del bestpractice a livello nazionale ed europeo e di analisi di sicurezza delle strade e degli arredi stradali, definisca linee guida destinate a progettisti e costruttori di infrastrutture varie che tengano conto della sicurezza degli enti di due ruote a motore, facendo sì che le linee guida siano portate a conoscenza delle amministrazioni locali con l'obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza del problema tra decisori ed addetti ai lavori;
   a recepire le indicazioni della menzionata direttiva 2008/96/CE del 19 novembre 2008 sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali, che, pur applicandosi alle strade della rete transeuropea, invita gli Stati membri a recepirne le disposizioni come codici di buona prassi per le infrastrutture nazionali, e che tra i criteri da adottare per le valutazioni di impatto ed i controlli di sicurezza espressamente menzionata l'attenzione per gli utenti vulnerabili e, specificamente, per i motociclisti;
   a promuovere una modifica del codice della strada che preveda espressamente il libero accesso di ciclomotori e motocicli nelle corsie riservate alla circolazione dei mezzi pubblici, in modo da separare dal normale traffico veicolare i mezzi motorizzati a due ruote, cosa che determina una pericolosa promiscuità di utenti della strada con caratteristiche e comportamenti spesso incompatibili, ferma restando la facoltà dei comuni di disciplinare diversamente accessi alle summenzionate corsie sulla base di motivate esigenze legate alla sicurezza della circolazione;
   ad assumere iniziative per disciplinare l'utilizzo di dispositivi individuali atti ad archiviare informazioni sanitarie ed a costituire una storia clinica completa (gruppo sanguigno, allergie, patologie pregresse, rx, e altro) ad uso del personale sanitario che svolge interventi di emergenza su soggetti privi di conoscenza a causa di eventi traumatici come gli incidenti stradali, consentendo una maggiore tempestività e precisione nel trattamento del paziente.
(1-01058) «Frattini, Valducci, Baldelli, Pianetta, Biasotti, Bergamini, Cesaro, D'Alessandro, Galati, Garofalo, Landolfi, Lupi, Nizzi, Papa, Piso, Simeoni, Testoni».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    in seguito al decreto direttoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) del 12 marzo 2012, l'erario dovrà rimborsare circa 130 milioni di euro ai concessionari dei giochi in seguito ad anticipi d'imposta sul fatturato dei giochi calcolati con l'aliquota del 12,60 per cento;
    infatti, l'articolo 30-bis, comma 1, del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, ha disposto che:
  «a decorrere dal 1o gennaio 2009, il prelievo erariale unico di cui all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, è determinato, in capo ai singoli soggetti passivi d'imposta, applicando le seguenti aliquote per scaglioni di raccolta delle somme giocate:
   a) 12,6 per cento, fino a concorrenza di una raccolta pari a quella dell'anno 2008;
   b) 11,6 per cento, sull'incremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo non superiore al 15 per cento della raccolta del 2008;
   c) 10,6 per cento, sull'incremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo compreso tra il 15 per cento e il 40 per cento della raccolta del 2008;
   d) 9 per cento, sull'incremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo compreso tra il 40 per cento e il 65 per cento della raccolta del 2008;
   e) 8 per cento, sull'incremento della raccolta, rispetto a quella del 2008, pari ad un importo superiore al 65 per cento della raccolta del 2008»;
    l'articolo 30-bis, comma 2, del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, che ha disposto che «fermo quanto disposto dall'articolo 39, comma 13-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, e dai relativi decreti direttoriali di applicazione, gli importi dei versamenti periodici del prelievo erariale unico dovuti dai soggetti passivi di imposta in relazione ai singoli periodi contabili sono calcolati assumendo un'aliquota pari al 98 per cento di quella massima prevista dal comma 1, lettera a), del presente articolo»;
    la raccolta conseguita nell'anno 2011 nel settore degli apparecchi da gioco con vincita in denaro di cui all'articolo 110, comma 6a), del Tulps base alle comunicazioni acquisite dai concessionari per il tramite del partner tecnologico Sogei è di euro 29.729.195.804,33 (euro ventinovemiliardi settecentoventinovemilioni centonovantacinquemila ottocentoquattro/33);
    sull'incremento della raccolta rilevata per l'anno 2011 (euro 29.729.195.804,33) rispetto a quella per l'anno 2008 (euro 21.465.761.265,97), pari ad euro 8.253.434.538,36, sono applicati gli scaglioni di cui al citato decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185;
    ferma restando l'aliquota del 12,60 per cento sulla parte di raccolta fino all'ammontare rilevato nel 2008, calcolando i diversi importi su cui applicare le percentuali relative ai singoli scaglioni si ottiene un importo complessivo pari a 3.612.808.622,48 euro, con un aliquota pari complessivamente al 12,1524 per cento;
    si riesce con difficoltà a recuperare coperture finanziarie per i provvedimenti a favore dei lavoratori cosiddetti «esodati» e per gli interventi a favore delle popolazioni in difficoltà in seguito al terremoto che ha colpito la regione Emilia-Romagna,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative per modificare l'articolo 39, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, al fine di evitare di restituire ai concessionari dei giochi le somme anticipate ai fini del pagamento del Preu unificando le aliquote per il computo del prelievo unico erariale per lo meno al 12,60 per cento e destinando le maggiori entrate alle finalità citate in premessa.
(7-00874) «Barbato, Messina».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento europeo ha approvato diverse risoluzioni sullo squilibrio della filiera alimentare, da ultimo nella seduta del 19 gennaio 2012, in cui si evidenzia, tra l'altro, la progressiva perdita di potere contrattuale degli agricoltori cui corrisponde analoga diminuzione dei prezzi alla produzione e si invita la Commissione europea a proporre solide normative per garantire rapporti fra produttori, fornitori e distributori di prodotti alimentari equi e trasparenti;
    la Commissione europea ha presentato la comunicazione «Miglior funzionamento della filiera alimentare in Europa» (COM(2009)591) e vari documenti di lavoro che evidenziano significativi squilibri nella filiera, che si traducono in pratiche commerciali scorrette, quali ritardi di pagamento, modificazioni unilaterali dei contratti, condizioni contrarie al principio di buona fede, restrizioni air accesso al mercato, disuguali distribuzioni dei margini di profitto air interno della filiera;
    il British institute of International and comparative law ha presentato al forum di alto livello per un miglior funzionamento della filiera alimentare – istituito con decisione della Commissione europea del 30 luglio 2010 – un rapporto sulle misure da adottare per affrontare l'abuso di potere contrattuale nel mercato alimentare, che contiene una catalogazione e valutazione dei comportamenti che costituiscono pratiche commerciali sleali;
    i dati statistici europei ed italiani dimostrano che il reddito degli agricoltori è in continua diminuzione (-11,6 per cento dal 2009 a livello di Unione europea) e che i prezzi pagati dai consumatori non riflettono quelli corrisposti ai produttori agricoli, pur continuando questi ultimi a investire in qualità e innovazione;
    nel nostro Paese, per ogni 100 euro spesi dai consumatori per acquistare i prodotti agricoli non trasformati (principalmente gli ortofrutticoli freschi), solo 20 restano al settore agricolo, mentre 73 euro rappresentano la quota del commercio e del trasporto; 7 euro sono spesi per acquistare prodotti di provenienza estera;
    la quota agricola, a sua volta, viene destinata ai consumi intermedi e soltanto 12 euro rappresentano il valore aggiunto, ossia quello che serve a coprire i costi degli ammortamenti e infine a remunerare l'imprenditore agricolo;
    tali circostanze, unitamente agli ingenti aumenti dei costi di produzione che non possono essere coperti dai ricavi (+40 per cento in media in Europa tra il 2000 e il 2010), generano nel lungo periodo la diminuzione del potenziale produttivo dei fattori primari dell'Europa e dell'Italia, rischiando di aumentare la dipendenza dalle importazioni;
    l'uso di contratti formali scritti, stipulati prima della consegna dei prodotti, contenenti elementi di base, non è diffuso. Tuttavia, tali contratti contribuiscono a rafforzare la responsabilità degli operatori nella filiera, ad accrescere la consapevolezza delle esigenze dei mercati, a migliorare la trasparenza dei prezzi, adeguare l'offerta alla domanda, nonché a contribuire ad evitare determinate pratiche commerciali sleali;
    l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevede che i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, siano stipulati in forma scritta, con indicazione, a pena di nullità, della durata, delle quantità, delle caratteristiche, del prezzo, nonché delle modalità di consegna e di pagamento del prodotto venduto;
    i contratti devono essere informati a princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti;
    la citata disposizione, inoltre, indica espressamente le condizioni riconosciute come pratiche commerciali sleali, sanzionandole adeguatamente;
    i ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale nelle relazioni commerciali «resa finanziariamente attraente per i debitori» dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati e soprattutto dalla lentezza delle procedure di recupero;
    diventa necessario, come evidenziato in sede europea, un passaggio deciso verso la cultura dei pagamenti rapidi, stabilendo adeguati interessi di mora per disincentivare i ritardi di pagamento, che sono una delle cause principali dei problemi di liquidità delle imprese interessate;
    in particolare, l'articolo 62 individua i prodotti alimentari deteriorabili riproducendo fedelmente le categorie di prodotti elencati dalla norma previgente; per la cessione di tali prodotti il termine legale di pagamento del corrispettivo è fissato in 30 giorni, mentre per tutti gli altri il termine è fissato in 60 giorni; in entrambi i casi il termine decorre dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura e gli interessi si applicano automaticamente dal giorno successivo alla scadenza dei suddetti termini;
    si dispone che il mancato rispetto degli obblighi e dei termini di pagamento è punito con l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie, irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che è incaricata della vigilanza sull'applicazione della normativa;
    il comma 11-bis prevede, infine, che le disposizioni di cui all'articolo 62 abbiano efficacia decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012 e che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, siano definite le relative modalità di applicazione;

impegna il Governo:

   a seguire, nella definizione delle modalità applicative dell'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, i seguenti indirizzi:
    a) ricomprendere nell'ambito applicativo del citato articolo 62 le cessioni, dietro pagamento di un corrispettivo, di prodotti agricoli e alimentari, la cui consegna avviene nel territorio della Repubblica italiana;
    b) applicare la suddetta normativa ai prodotti agricoli individuati dall'Allegato I di cui all'articolo 38, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e ai prodotti alimentari definiti dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2001;
    c) individuare il consumatore finale nella persona fisica o giuridica, privata o pubblica, che acquista i prodotti agricoli e alimentari per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale o per finalità non commerciali;
    d) escludere dall'ambito applicativo del provvedimento i conferimenti dei prodotti effettuati dai soci imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile alle rispettive cooperative nonché alle organizzazioni di produttori agricoli riconosciute ai sensi della normativa vigente;
    e) escludere dall'ambito applicativo del provvedimento la cessione dei prodotti agricoli alle società di persone ed a responsabilità limitata, da parte degli imprenditori agricoli soci, al fine della successiva commercializzazione;
    f) considerare assolti gli obblighi di cui all'articolo 62, comma 1, relativamente ai documenti di trasporto contenenti gli elementi richiesti qualora la fornitura dei prodotti indicati nei documenti di trasporto non venga contestata nei termini previsti dall'articolo 62, comma 3;
    g) considerare assolto l'obbligo del rispetto della forma scritta nelle ipotesi di contratti-tipo di vendita dei prodotti agricoli e alimentari stipulati in esecuzione dei contratti quadro di cui al decreto legislativo n. 102 del 2005, sulla regolazione dei mercati agroalimentari;
    h) ritenere assolto il requisito della forma scritta relativamente agli ordini di acquisto con i quali il compratore richiede la consegna dei prodotti sempreché tali ordini eseguano contratti di cessione già stipulati tra le stesse parti, contenenti gli elementi di cui all'articolo 62, comma 1;
    i) stabilire che le eventuali condizioni relative ai servizi promozionali, agli sconti commerciali ed ai premi di fine periodo devono essere espressamente previste, ab origine, nei contratti di cessione, in conformità all'articolo 62, comma 2, lettera a);
    l) prevedere la possibilità di sottoscrivere i contratti anche in via telematica o per telefax in base alle disposizioni vigenti in materia, purché sia garantita la tracciabilità delle operazioni;
    m) prevedere che i contratti di cessione devono essere conservati per un congruo periodo al fine di consentire all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di espletare adeguatamente i previsti controlli;
    n) ritenere condotta commerciale sleale, oltre le fattispecie indicate dall'articolo 62, comma 2, quelle identificate dalla Commissione europea e dal forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare;
    o) considerare clausola iniqua in danno del creditore la conclusione di contratti con determinazione di prezzi al di sotto dei costi di produzione dei prodotti oggetto delle cessioni, come rilevati dall'ISMEA attraverso il servizio certificato ai sensi della norma UNI EN ISO 9001:2008;
    p) ritenere che la data di ricevimento della fattura, ai fini della applicazione sia degli interessi dovuti al creditore che della irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, venga validamente certificata nelle ipotesi di consegna a mano della fattura, di invio a mezzo di raccomandata A/R, di posta elettronica certificata (PEC) o di impiego del sistema EDI (electronic data interchange);
    q) considerare, nel caso in cui non vi sia certezza sulla data di ricevimento della fattura, la decorrenza del periodo di pagamento dei trenta o sessanta giorni di calendario dalla data di ricevimento dei prodotti, da documentare con mezzi idonei;
    r) disporre che, nel caso in cui la cessione dei prodotti venga eseguita per singole consegne nell'ambito di un mese, i termini di pagamento decorrano dal ricevimento dell'ultima fattura;
    s) applicare i termini di pagamento alle cessioni dei prodotti che prevedono erogazioni di servizi e prestazioni accessorie anche qualora questi ultimi siano fornite da soggetti terzi;
    t) consentire l'emissione di fatture distinte per le cessioni di prodotti assoggettate a termini di pagamento differenti ai sensi dell'articolo 62, comma 3.
(7-00875) «Paolo Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la gestione del presidente dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani, è stata caratterizzata da evidenti irregolarità e da una conclamata incapacità amministrativa, che ha prodotto continue e crescenti perdite finanziarie tali da condurre, oggi, l'Ente al dissesto economico;
   difatti, l'esercizio 2010 dell'autorità portuale di Bari è stato chiuso con un disavanzo di gestione di euro 622.665,73;
   nel bilancio dell'esercizio 2009 e in quello dell'esercizio 2010 sono state commesse gravi irregolarità, in quanto sono state illegittimamente imputate, tra le entrate, somme non certe e non esigibili, rispettivamente pari ad euro 1.325.462,18 e circa euro 600.000, relative a presunti crediti stabiliti unilateralmente dall'Autorità portuale e pretesi ai danni della concessionaria Bari Porto Mediterraneo Srl tutt'oggi oggetto di contenzioso dinanzi al giudice ordinario, avendo il Consiglio di Stato, con recente sentenza del 19 gennaio 2012, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
   pertanto, eliminando dai bilanci 2009 e 2010 tali somme illegittimamente imputate, gli stessi bilanci presentano in realtà disavanzi di gestione rispettivamente di circa euro 500.000 e di circa euro 1.200.000;
   con il decreto ministeriale n. 357 del 13 ottobre 2011 dei Ministeri delle infrastrutture e trasporti e dell'economia, l'autorità portuale di Bari è stata l'unica in Italia ad aver subito la revoca di circa 86 milioni di euro, ossia di tutti i finanziamenti di cui disponeva per la realizzazione delle infrastrutture portuali, per non aver bandito le gare né realizzato progetti cantierabili nel corso degli ultimi cinque anni, proprio quelli in cui l'autorità portuale è stata gestita dal signor Mariani;
   anche il bilancio 2011, approvato nella seduta del comitato portuale del 24 aprile 2012, presenta secondo l'interpellante elementi di dubbia regolarità per quanto attiene alla valutazione dei crediti riferiti alla procedura fallimentare in corso ai danni della Bari Porto Mediterraneo – la cui valutazione appare all'interpellante in contrasto con l'articolo 43 del Regolamento di amministrazione e contabilità della stessa autorità portuale, in relazione alla verifica dell'esistenza dei residui attivi e passivi;
   infatti, il tribunale di Bari, con sentenza n. 52 del 28 marzo 2012, ha dichiarato il fallimento della società di Bari Porto Mediterraneo S.r.l., a seguito di istanza di fallimento presentata dal liquidatore professore avvocato Francesco Macario, nominato dallo stesso tribunale di Bari, in cui ne ha attribuito le responsabilità esclusivamente all'Autorità portuale ed ai suoi comportamenti;
   nonostante che tale evento si sia verificato prima dall'approvazione del bilancio 2011 e del quale l'autorità portuale, il suo presidente ed il collegio dei revisori dei conti ne fossero a piena conoscenza, non se n’è fatto nel bilancio e nessuna conseguenza se n’è apportata nello stesso bilancio, avendo lasciato invariati i residui attivi da riaccertare per il 2012, che per la sola partecipata Bari Porto Mediterraneo ammontano in bilancio ad euro 3.562.399,75;
   peraltro, tale credito a quanto risulta all'interpellante è effettivamente pari a circa euro 1.500.000, in quanto, come già detto, per i circa 2.000.000 di euro che si rinvengono dai bilanci 2009 e 2010 non esiste alcun titolo esecutivo, essendo tuttora oggetto di contenzioso tra l'autorità portuale e la Bari Porto Mediterraneo;
   a modo, del credito imputato nel bilancio 2011 di euro 3.562.399,75, ai sensi del citato articolo 43 del regolamento di amministrazione e contabilità e dei citati articoli del codice civile, a causa del fallimento della Bari Porto Mediterraneo, se ne sarebbe dovuta operare la cancellazione, essendo lo stesso di sicura inesigibilità;
   per di più, anche l'ulteriore somma nel bilancio 2011 di euro 375.000, pari al valore nominale della quota di partecipazione dell'autorità portuale nella Bari Porto Mediterraneo, è rimasta in esso immutata ed invece, anche di questa, per gli stessi motivi, se ne sarebbe dovuta effettuare la cancellazione;
   inoltre, nella relazione del presidente signor Mariani sul rendiconto generale 2011, è stato affermato che «non si è operata la svalutazione dei crediti»;
   infine, nella relazione del collegio dei revisori dei conti allegata al bilancio 2011 viene affermato che, per effetto della citata revoca dei finanziamenti per le opere infrastrutturali, l'avanzo di amministrazione «risulta attualmente pari ad euro 4.770.048,76 a seguito del versamento di euro 21.182.049,70 effettuato dall'ente in favore dell'erario in data 5 marzo 2012, in ottemperanza a quanto disposto dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 nonché dal decreto ministeriale 357 del 2011»;
   in effetti, depurando l'avanzo di amministrazione al 31 dicembre 2011 – riportato nel bilancio 2011 pari a euro 25.952.098,46 – delle somme vincolate indisponibili, pari ad euro 25.489.156,19 (di cui come già detto sono già stati restituiti all'erario, euro 21.182.049,70 in applicazione del decreto ministeriale 357 del 2011), e dei crediti inesigibili nei confronti della Bari Porto Mediterraneo, pari ad euro 3.562.399,75, la complessiva situazione amministrativa presenta, oggi, un disavanzo finanziario di Euro 3.099.457,48;
   inoltre, la situazione economica, come si evince dalla relazione del collegio dei revisori dei conti allegata al bilancio 2011, al netto di una mera operazione contabile di euro 895.714,52, presenta in sostanza una perdita pari ad euro 630.756,14 «di entità pressoché analoga a quella dell'esercizio 2010», potendosi affermare che la gestione economica dell'ente è oramai caratterizzata da un cronico squilibrio economico;
   dal bilancio 2011 si rileva un'allarmante irrisoria disponibilità di cassa al 31 dicembre 2011, pari appena ad euro 264.958,38;
   nel bilancio di previsione 2012, approvato nella seduta del Comitato portuale del 31 ottobre 2011, si evince un disavanzo di competenza per l'anno 2012 pari ad euro 4.108.523;
   i rilievi mossi ai bilanci 2009, 2010 e 2011 dell'autorità portuale non sembra siano stati adeguatamente considerati dal collegio dei revisori dei conti, peraltro nominato da codesto Ministero interpellato;
   di fatto, oggi, l'autorità portuale, per effetto della gestione del suo presidente signor Mariani, versa in una disastrosa situazione economica e gestionale, essendo stata compromessa la realizzazione delle infrastrutture portuali ed avendo prodotto l'impossibilità di funzionamento dell'ente;
   tale situazione è stata preconizzata, e pertanto è oggi certificata, dallo stesso presidente dell'autorità portuale di Bari signor Mariani, il quale, a proposito della revoca dei finanziamenti di cui al decreto ministeriale n. 357 del 2001, nella nota protocollo n. 3123 del 31 marzo 2011 inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha dichiarato che «È di tutta evidenza che, qualora la ricognizione mettesse in discussione i fondi necessari alla realizzazione dei Piani triennali delle Opere, che formano parte integrante dell'avanzo di amministrazione, ci troveremmo, di fatto, dinanzi ad una profonda alterazione degli equilibri finanziari stabiliti con Bilanci già approvati dal Ministero competente compromettendo così la funzionalità dell'Ente»;
   per quanto detto, l'attuale presidente dell'autorità portuale di Bari, signor Francesco Palmiro Mariani, è, secondo l'interpellante, il responsabile del depauperamento delle ingenti risorse finanziarie di cui disponeva l'autorità portuale e della conseguente «situazione fallimentare» in cui versa l'ente, divenuta tale da aver praticamente reso impossibile perfino la semplice gestione ordinaria dell'autorità portuale barese;
   l'attuale Governo è fortemente impegnato nel risanamento e nel rilancio economico del Paese e nella rimozione di quelle situazioni di chiara e conclamata «mala gestio» –:
   se l'attuale Governo, mantenendo fede alla mission tracciata dal Presidente del Consiglio e posta alla base del mandato conferitogli, intenda prendere seri e rapidi provvedimenti in merito alla gravissima situazione economica e gestionale dell'autorità portuale di Bari, prodotta dal suo Presidente signor Francesco Palmiro Mariani;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con solerzia e tempestività, intenda effettuare il commissariamento dell'autorità portuale di Bari, al fine di dotarla di una guida qualificata e competente per risanare il bilancio dell'ente, riattivare la realizzazione delle opere infrastrutturali e la qualificazione dei servizi, nonché per rilanciare l'immagine internazionale dello scalo barese.
(2-01513) «Tassone».

Interrogazione a risposta orale:


   MURGIA e PES. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica ha il dovere di promuovere lo sviluppo delle attività culturali;
   il Comitato interministeriale per la programmazione economica coordina le più importanti spese di investimento a livello nazionale;
   lo stesso Comitato, nella seduta del 23 marzo 2012, deliberava – con riferimento al fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) – di assegnare «70 milioni di euro a favore del Ministero per i beni e le attività culturali per il finanziamento di 9 interventi di recupero, restauro e valorizzazione di sedi museali di rilievo nazionale (Grande Brera, Galleria dell'Accademia di Venezia, Palazzo reale e museo di Capodimonte a Napoli, poli museali di Melfi-Venosa, Taranto e Palermo, Museo nazionale di Cagliari, Museo archeologico di Sassari)»;
   l'organismo interministeriale evitava di specificare nella sua determinazione se importanti realtà site nella provincia di Nuoro sarebbero state fatte oggetto di finanziamento per investimenti da parte del Ministero per i beni e le attività culturali;
   il Ministero per i beni e le attività culturali ha la competenza per poter riconoscere dei finanziamenti ai poli museali attivi nel territorio del nuorese –:
   se il Governo intenda rivedere i criteri di assegnazione sopraindicati;
   se il Ministro sia a conoscenza della decisione del Cipe di escludere dai finanziamenti i musei attivi nella provincia di Nuoro, privilegiando le strutture di Cagliari e Sassari;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della specialità e della vivacità culturale di Nuoro e del suo territorio;
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per valorizzare il tessuto economico del nuorese, anche tramite gli investimenti nel comparto culturale. (3-02291)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENNI, FLUVI e ALBINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è presente a Siena, in prossimità del centro cittadino, il «Circolo Due Ponti». Tale struttura, nata nel 1908 come associazione di mutuo soccorso (denominata «Il Risorgimento ai Due Ponti»), fu realizzata da privati cittadini attraverso erogazioni volontarie. L'obiettivo di tale associazione fu quello di garantire, soprattutto alle classi popolari, contadini, operai, famiglie meno abbienti, un punto di riferimento e di sostegno solidale ed economico. Nello specifico come risulta dalla documentazione storica e fondativa, 34 operai sentirono la necessità di costituire una associazione affinché si potessero svolgere «funzioni di ricreazione per il corpo sociale e di reciproca assistenza in caso di malattia». Nel 1909 un notaio sancì giuridicamente la nascita della prima società di mutuo soccorso di Siena. Fu redatto uno statuto dettagliato ed avviate tutte le pratiche affinché anche lo Stato regio riconoscesse l'associazione. Nel 1910 dal Presidente, in nome e per conto della società stessa, fu acquistato l'appezzamento di terreno, ad uso abitativo, dove sorgono tutt'oggi i locali del Circolo;
   il circolo, nel 1942, viene requisito dal Partito fascista e diviene una «Casa del Fascio»;
   dopo la caduta del regime, nel 1944, tutti i beni che il Partito fascista aveva acquisito arbitrariamente e quindi anche il «Circolo Due Ponti» (temporaneamente rinominato «Società di mutuo soccorso Benito Mussolini»), vengono devoluti al demanio pubblico;
   lo Stato italiano successivamente, vista la valenza di uso sociale e collettivo del bene, affitta l'edificio alla Società Due Ponti, che aveva nel frattempo ripreso la sua funzione e le sue attività originarie, per una cifra simbolica;
   risulta pertanto, per le ragioni illustrate, evidente come tale edificio, nonostante fosse stato realizzato attraverso finanziamenti e lavoro manuale di privati cittadini, sia stato di fatto espropriato per essere poi destinato al demanio pubblico;
   nel corso dei decenni successivi il «Circolo Due Ponti» (anche in virtù della sua disposizione logistica ben integrata con il tessuto cittadino) diviene un centro plurifunzionale di riferimento per la comunità locale e per le associazioni territoriali di molteplice finalità e tipologia: di volontariato, di movimenti politici, di comunità religiose, di associazioni sportive, ricreative, culturali e sociali;
   la società Due Ponti aderisce all'Arci che nel 1967 ottiene il riconoscimento ministeriale del carattere assistenziale delle finalità perseguite;
   con la legge numero 208 del 1978 viene abrogata la norma (secondo comma dell'articolo 38 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944, numero 159) che aveva comunque permesso alla società Due Ponti di mantenere la gestione delle attività sociali ed assistenziali: cessa, in pratica, il diritto di prelazione per «servizi pubblici o a scopi di interesse generale» a favore degli enti locali in caso di alienazione dell'edificio, il cui prezzo di vendita o di affitto viene d'ora in avanti definito in relazione alle quotazioni di mercato;
   anche grazie all'impegno degli enti e delle istituzioni locali e della comunità cittadina nel 2005 viene stipulato un contratto tra il circolo Due Ponti e la società demaniale dello Stato (della durata di 6 anni, fino al 31 dicembre 2010, e comunque prorogabile) ad un prezzo di affitto pari ad un decimo del valore di mercato (circa 3.500 euro annui), possibilità prevista dalla legge numero 390 del 1986 che prevedeva agevolazioni per immobili utilizzati per lo svolgimento di scopi sociali, ricreativi, culturali ed umanitari. Si trattava quindi di un affitto sostenibile per i soci che riconosceva e salvaguardava il ruolo centenario e l'attività mutualistica e assolutamente volontaria (priva di alcun tipo di finalità commerciale) offerta quotidianamente dalla struttura alla cittadinanza;
   con il decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, numero 296 «Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato» viene abrogata la legge numero 390 del 1986 e conseguentemente le agevolazioni previste per concessioni a canone agevolato;
   con la scadenza del contratto di affitto sopra illustrato, si avvia una trattativa per giungere ad una nuova definizione dei rapporti tra Demanio e circolo, nei mesi scorsi è stata attivata, dall'Agenzia del demanio, la rinegoziazione del canone con il Circolo Due Ponti ad un prezzo relativo ai canoni di mercato. Dai primi contatti intercorsi, ma anche dai colloqui che l'onorevole Cenni ha svolto con l'agenzia del demanio, risulterebbe informalmente una ipotesi di circa 8 volte superiore all'ammontare dell'ultimo contratto. Si tratterebbe inevitabilmente di una cifra che, proprio in virtù delle finalità espresse e della natura non commerciale delle attività effettuate e programmate, il circolo Due Ponti non potrebbe chiaramente più sostenere. Risulta evidente che, qualora non fosse preso in considerazione dalla Agenzia del demanio qualsiasi tipologia di canone agevolato, la struttura sarebbe presto adibita ad altro utilizzo e la comunità locale dovrebbe rinunciare ad un importante centro di aggregazione e di promozione sociale;
   in questo contesto si ritiene utile sottolineare come il circolo Due Ponti abbia, nel corso degli anni, finanziato o eseguito direttamente anche opere di ammodernamento e ristrutturazione dei locali utilizzati per le attività delle associazioni, contribuendo di fatto ad un suo più elevato valore di mercato;
   l'Agenzia del demanio (che fa riferimento al Ministero dell'economia e delle finanze), si legge nel sito internet dell'ente, persegue il soddisfacimento dell'interesse pubblico adottando, nella gestione del patrimonio immobiliare dello Stato, oltre a «criteri di economicità e di creazione di valore economico» anche indirizzi di carattere «sociale» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di intervenire affinché il nuovo contratto di locazione fra l'Agenzia del demanio ed il circolo Due Ponti preveda un canone agevolato, rispetto ai valori di mercato, proprio in virtù del ruolo di centro di aggregazione e di promozione sociale rivestito da decenni a servizio della comunità locale e del fatto che l'edificio stesso è stato realizzato e ristrutturato con finanziamenti di privati cittadini e solo successivamente assegnato al demanio pubblico;
   se sia possibile, qualora ufficialmente le determinazioni dell'Agenzia del demanio raggiungano cifre molto più elevate rispetto all'ultimo contratto, chiedere una rivalutazione dalla parte contraente;
   se il Governo non ritenga opportuno emanare provvedimenti mirati per riconoscere la natura effettiva di beni acquisiti e costruiti dalla comunità locale nel secolo scorso come nel caso in oggetto, riconsegnando alla medesima comunità con trasferimento gratuito agli enti locali territoriali, anche nell'ambito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà essere varato nelle more del federalismo demaniale, quelle strutture, come il circolo Due Ponti di Siena (dalla riconosciuta e decennale attività di promozione sociale e non commerciale) realizzate con finanziamenti di privati cittadini e solo successivamente, in conseguenza di appropriazione avvenuta durante il periodo fascista, assegnate al demanio pubblico. (5-06937)


   SARUBBI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   come denunciato nella petizione on-line lanciata su Vita.it da un importante gruppo di organizzazioni non profit (Ail;AIC – Associazione italiana Celiachia; AIRC; AISM; Amnesty International; ASSIF; Cesvi; CINI; Emergency; FAI; Lega del Filo d'Oro; Medici senza frontiere; Save the Children; Terre des Hommes; Vita magazine; WWF), in un articolo del Sole 24 Ore di lunedì 21 maggio 2012, si riferisce che il 5 per mille relativo alle dichiarazioni 2010 non sarebbe più tale, in quanto sarebbe stato tagliato di una cifra che l'articolo fa ascendere a ben 80 milioni di euro;
   secondo le cifre esposte nell'articolo, a fronte di una cifra di prossima distribuzione pari a 383 milioni di euro, le somme che i contribuenti avrebbero destinato al 5 per mille ammonterebbero a 463 milioni di euro. Questo significa che gli importi ricevuti da ciascuna delle organizzazioni presenti negli elenchi pubblicati dall'Agenzia delle entrate nei giorni scorsi, sarebbero ridotti del 17 per cento rispetto a quelli che, in base alle preferenze espresse dai contribuenti e delle modalità di calcolo previste dalla legge, sarebbero spettati a ciascuna organizzazione;
   è di tutta evidenza come, in particolare in questo momento di profonda crisi economica, molto spesso gravi proprio sulle spalle del mondo dell'associazionismo l'onere di assistere i tanti cittadini che si trovano in difficoltà, ed è grazie a questo lavoro che gli effetti della congiuntura non hanno conseguenze ancora più pesanti sul tessuto sociale del Paese –:
   se il Governo non ritenga di dover esprimere ufficialmente la propria posizione su quanto esposto in premessa ed in particolare, se corrispondesse al vero, di rivedere la decisione presa circa la decurtazione dei trasferimenti del 5 per mille verso le organizzazioni non profit.
(5-06945)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCANDROGLIO, DE CAMILLIS, MANTOVANO, CROSETTO, COSTA, BECCALOSSI, ABELLI, BOCCIARDO, CASTELLANI, GARAGNANI, PELINO, FRATTINI, BIASOTTI, GIAMMANCO, ANTONINO FOTI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MINARDO, FORMICHELLA, FUCCI, LAZZARI, VALDUCCI, BERNINI BOVICELLI, SALTAMARTINI, RENATO FARINA, BERTOLINI, LA LOGGIA, DISTASO e GREGORIO FONTANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 dicembre 2011 è stata approvata la legge n. 214 che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 201 del 2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici;
   l'articolo 5 della succitata disposizione prevede la revisione dei criteri di calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente e degli ambiti di applicazione da adottarsi, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 maggio 2012;
   FISH (Federazione italiana per il Superamento dell'Handicap) e FAND (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) tramite comunicato stampa del 17 maggio 2012 hanno dichiarato: «il nuovo ISEE sarà gravemente svantaggioso per le famiglie in cui è presente una persona con disabilità grave o un anziano non autosufficiente. Le misure in via di adozione prevedono, infatti, di conteggiare come se fossero redditi anche gli aiuti monetari che lo Stato riconosce alle persone con disabilità (assegni di cura, indennità di accompagnamento, pensioni). Le detrazioni previste per spese sanitarie e di assistenza non modificano l'impatto negativo dell'impianto. Centinaia di migliaia di famiglie verranno escluse dall'accesso agevolato ai servizi e alle prestazioni ... Circolano insistentemente voci ancora più inquietanti rispetto all'applicazione futura dell'ISEE. Questo sarebbe applicato anche ai fini della concessione di pensioni e indennità di accompagnamento riservate alle persone con grave disabilità e ad ogni altra prestazione di sostegno all'autonomia personale. Un'ipotesi gravissima e smaccatamente volta a tagliare quel già minimo sostegno economico che lo Stato riconosce in caso di invalidità civile. A pagarne il prezzo sarebbero, ancora una volta, le persone con disabilità e le loro famiglie»;
   il Governo con proprio comunicato stampa del 18 maggio 2012 ha dichiarato: «in riferimento ad alcuni articoli stampa, il Governo dichiara che è priva di ogni fondamento la notizia che si possa utilizzare la riforma dell'Isee, (l'indicatore della situazione economica) per operare un taglio della spesa sociale, a partire dall'indennità di accompagnamento per i disabili ... il Governo sta lavorando alla riforma dell'Isee per migliorarne l'efficacia come strumento di misurazione della condizione economica delle famiglie e, quindi, per rafforzare il sistema dei controlli e renderlo più equo. In quest'ambito è stato aperto un tavolo di confronto con regioni, comunità parti sociali e le federazioni delle persone con disabilità Fish e Pand), che coinvolgerà anche il forum del Terzo settore e il forum delle Famiglie per elaborare una proposta che verrà in seguito presentata al Parlamento. La definizione delle condizioni di accesso e la articolazione delle tariffe per quanto riguarda i servizi locali restano di competenza degli enti locali, Una auspicabile riforma dell'indennità di accompagnamento, anche ai fini di adattarla in funzione del bisogno, sarà oggetto di attenzione nell'ambito di un più ampio piano di sostegno alle persone non autosufficienti e alle loro famiglie, a cui il governo sta lavorando, che potrà essere attuata solo gradualmente in ragione degli attuali vincoli di finanza pubblica».
   se ritenga di escludere dal reddito, nell'ambito della riforma dell'Isee, l'erogazione dell'indennità di accompagnamento;
   se ritenga di non conteggiare come se fossero redditi anche gli aiuti monetari che lo Stato riconosce alle persone con disabilità;
   se intenda intraprendere azioni a sostegno delle persone non autosufficienti e verso le loro famiglie. (4-16265)


   SIRAGUSA e SCHIRRU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la cooperazione sociale no profit è un settore fondamentale del sistema economico del nostro Paese;
   le cooperative sociali erogano servizi essenziali per conto di Stato, regione, province, comuni ed Asp creando opportunità lavorative per soggetti disagiati (legge 381 del 1991;
   negli ultimi anni il settore cooperativistico ha subito una grave crisi, che potrebbe divenire irreversibile a causa dei ritardi nei pagamenti per i servizi erogati, da parte della pubblica amministrazione, se non si interviene con tempestività;
   i ritardi, soprattutto nell'area centro-sud, hanno ormai raggiunto la soglia insostenibile dei 24 mesi;
   tale situazione ha indotto molte cooperative ad abbandonare il settore mentre altre si trovano in una condizione di pesante indebitamento con le banche a cui si espongono con garanzie anche personali;
   ai summenzionati ritardi nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni si aggiunge l'aggravio di dover effettuare i versamenti mensili dei contributi assistenziali, previdenziali e fiscali (di somme comunque non incassate), pena la non regolarizzazione del durc con conseguente impossibilità di contrarre con le pubbliche amministrazione e/o incassare dalle stesse;
   un circuito che di fatto strangola le cooperative nello stesso modo in cui accade per molte imprese private;
   considerando la drammaticità del quadro sopra descritto, per una sopravvivenza, comunque temporanea, molte cooperative hanno dovuto optare per una scelta certamente svilente e frustrante quale il ritardo nel pagamento della retribuzione ai propri soci;
   se il Governo non interverrà tempestivamente si corre il rischio di una interruzione nello svolgimento di servizi preziosi che vengono erogati a favore di persone disagiate e deboli per conto di Stato, regione, province, comuni ed Asp;
   una possibile soluzione per tamponare e dare fiducia e forza al settore potrebbe essere individuata nella possibilità offerta alle cooperative sociali di sospendere, per un periodo di tre anni, il pagamento dei contributi assistenziali, previdenziali e fiscali, per un successivo versamento dal 4° anno a seguire rateizzato in dieci anni con 120 rate;
   la proposta di una rateizzazione nei pagamenti così prolungata nasce dall'esigenza di evitare un default definitivo nel settore cooperativistico considerando che nei dieci anni previsti le cooperative effettuerebbero il pagamento dei contributi sospesi oltre che di quelli ordinari;
   a tal fine si potrebbe ipotizzare di estendere il contenuto dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3947 avente a oggetto: «Sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari, previdenziali ed assicurativi», alle cooperative sociali che svolgono attività da almeno due anni –:
   se il Governo sia al corrente della grave crisi che attraversano le cooperative sociali soprattutto del centro-sud Italia;
   se non si ritenga opportuno intervenire con urgenza attraverso la misura suggerita in premessa o altra simile.
(4-16268)


   DIMA, LANDOLFI, DI CATERINA, ANTONINO FOTI, GALATI, GOLFO, TRAVERSA, FUCCI, CASTIELLO, FORMICHELLA, MANTOVANO, DE CAMILLIS, LAZZARI, SANTELLI, DI STANISLAO, SALTAMARTINI, LORENZIN, VENTUCCI, SAVINO, D'ALESSANDRO e LISI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi è stato presentato un pacchetto di iniziative finalizzato a disciplinare i rapporti di credito e debito tra la pubblica amministrazione e le imprese fornitrici di beni o servizi alla luce della necessità di venire incontro alla crescente richiesta di liquidità da parte del sistema imprenditoriale italiano;
   a questa richiesta, che è notevolmente aumentata proprio in questi mesi a causa del riacutizzarsi della crisi finanziaria ed economica, si farebbe fronte o attraverso il supporto del sistema bancario o attraverso la compensazione di crediti e debiti nei confronti della pubblica amministrazione;
   questa iniziativa, nello specifico, si è tradotta nell'adozione di quattro decreti ministeriali, di certificazione dei crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione, di compensazione tra crediti e debiti verso la pubblica amministrazione nonché di sostegno alle imprese creditrici, e nella definizione di un accordo tra ABI ed Associazioni imprenditoriali, per la costituzione di un plafond dedicato allo smobilizzo dei crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione tanto da rappresentare, per come sono stati presentati, l'inizio di un percorso di riduzione dei debiti commerciali e di una migliore gestione dei rapporti tra aziende e pubblica amministrazione;
   l'intervento preannunciato dal Governo sbloccherebbe il pagamento di 20-30 miliardi di euro di arretrati già nel corso del 2012 e rappresenterebbe sicuramente una boccata d'ossigeno per il sistema delle imprese italiane alle prese con una fortissima crisi economica;
   dal perimetro di applicazione dei citati decreti ministeriali, a quel che consta agli interroganti, sarebbero esclusi i crediti vantati dalle imprese verso gli enti locali commissariati e le regioni sottoposte ai piani di rientro dal deficit sanitario e ciò rappresenta un'evidente discriminazione perpetrata al danni di tutte quelle imprese che hanno rapporti di lavoro con questi enti territoriali;
   questa esclusione è ancora più evidente e grave se si pensa al fatto che la maggior parte delle regioni soggette al rispetto di un piano di rientro dai debiti della sanità sono meridionali e quindi presentano un tessuto produttivo ed imprenditoriale già strutturalmente fragile, che la crisi in atto non ha fatto altro che rendere ancora più debole, e quindi bisognoso di risposte chiare dal governo nazionale;
   la misura è sicuramente iniqua sia per le regioni che con molti sacrifici stanno ristrutturando il proprio debito sanitario abbattendo ed al tempo stesso riqualificando la spesa del settore sia per le imprese private che operano in queste realtà territoriali –:
   quali iniziative il Governo abbia intenzione di porre in essere per superare una discriminazione che non appare logica perché penalizza imprenditori che hanno difficoltà immani di accesso al credito ed operano in un contesto di criticità complessiva del sistema produttivo. (4-16272)


   POLIDORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   l'ipotesi ventilata, dagli organi di stampa, della possibile soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, destinato a diventare un semplice Ufficio del dipartimento degli affari regionali e lo sport, qualora venisse confermata, sembrerebbe un'operazione dettata da logiche ragionieristiche più che una decisione sensata e ponderata;
   lo stesso Ministro Gnudi ha dichiarato ufficialmente, ai componenti dell'osservatorio parlamentare del turismo, che nei prossimi 10 anni il settore potrebbe dare un contributo al prodotto interno lordo sino al 18 per cento, creando 1,6 milioni di nuovi posti di lavoro;
   in tal senso, la soppressione di un dipartimento che dovrebbe lavorare, in prima fila, alla delicata costruzione di politiche turistiche nazionali condivise, armonizzate e non confliggenti con le competenze regionali, risulta illogica e difficilmente comprensibile;
   tale decisione appare ancora più incomprensibile tenuto conto che, se l'obiettivo fosse stato quello di realizzare i necessari risparmi di spesa, si sarebbe potuto, anziché sopprimere un dipartimento tanto importante per lo sviluppo economico e occupazionale del Paese, operare in maniera diversa prevedendo la possibilità di:
    a) sopprimere la «Struttura di missione per il rilancio dell'immagine dell'Italia» istituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 novembre 2011, che costa all'erario circa un milione e mezzo di euro all'anno solo per le spese per il personale (cui deve aggiungersi almeno un altro mezzo milione di euro di spese per il funzionamento e per la gestione delle attività), che, nella sostanza, appare destinata a svolgere compiti tutti rientranti totalmente nelle competenze istituzionali dell'Enit o dello stesso dipartimento e che, per di più, risulta affidata nella totalità a soggetti estranei all'amministrazione, sia per l'incarico di dirigente generale che per i tre incarichi di dirigente di seconda fascia e quelli di «esperto» addirittura previsti nel numero di nove unità;
    b) ridurre il numero dei servizi del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo accorpandone le competenze;
    c) eliminare un ufficio di livello generale e un servizio del dipartimento degli affari regionali e lo sport, che attualmente risultano privi di dirigente, destinandone le relative competenze ad altri servizi –:
   quali ragioni abbiano indotto il Governo a non affidare all'Enit lo svolgimento di quelle azioni e di quei progetti mirati al «rilancio dell'immagine dell'Italia», viceversa affidati ad una struttura di missione istituita ad hoc, con conseguenti oneri aggiuntivi a carico del bilancio della Presidenza del Consiglio (spese per il funzionamento e per il personale estraneo all'Amministrazione);
   quali misure intendano assumere per scongiurare l'ipotesi della soppressione del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri e se non si ritenga opportuno, nel caso, verificare la possibilità di operare, in alternativa, i tagli di spesa suggeriti in premessa. (4-16276)


   GIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il terremoto che ha colpito, in forma più dura, le province di Ferrara e Modena, ha lasciato il suo strascico di morti e di danni;
   tra gli effetti del terremoto, si è registrato, inaspettatamente, il crollo di alcuni capannoni industriali che hanno portato, in un caso specifico, alla morte di quattro lavoratori;
   adesso, com’è giusto che sia, si sta approntando lo stato di emergenza e si porteranno avanti gli interventi nelle aree più colpite;
   in questo caso, come in altri che hanno funestato il Paese, si attendono le cosiddette scosse di assestamento che, purtroppo, sembrano siano destinate a durare dei mesi;
   oltre ai danni alle abitazioni e al patrimonio storico e architettonico di questo territorio, ha suscitato parecchia perplessità la mancanza di adeguate misure antisismiche in molte strutture adibite a cicli produttivi;
   ancora una volta, anche se con un numero minore di vittime, si è potuto registrare il ritardo, in termini di sicurezza, che caratterizza buona parte del nostro patrimonio abitativo e, in questo caso, lavorativo;
   com’è facile comprendere, sarebbe meno gravoso, sia in termini di vite umane che di costi materiali per la comunità, mettere mano alla sicurezza degli edifici pubblici e privati piuttosto che intervenire a disastro compiuto contando le vittime che si sarebbero potute evitare e i fiumi di denaro pubblico che saranno investiti per ristabilire, giustamente, un livello di vita decente per i territori colpiti;
   tra le aree più a rischio, come è noto, vi è la regione Sicilia che ha il 90 per cento del proprio territorio inserito nella mappa del pericolo terremoti –:
   se non si ritenga necessario e improcrastinabile intervenire, anche attraverso apposite iniziative normative al fine di accertare e ripristinare, nel caso, i livelli di sicurezza antisismica, non solo nelle aree più a rischio, di tutti gli edifici pubblici e privati esistenti nell'intero territorio nazionale affinché non si continui a subire gli effetti e le vittime procurate dai terremoti senza che si sia fatto niente di serio per evitare tante tragedie;
   se non si ritenga, su tale necessità, urgente attivare un confronto con tutti gli enti locali e regionali affinché si diventi operativi in tempi rapidi per avviare un monitoraggio serio, a cui deve seguire ovviamente la messa in sicurezza, sulla situazione degli stabili, sia abitativi che commerciali, in tutto il territorio nazionale, dando in questo caso priorità alla regione Sicilia che come è noto è un territorio al 90 per cento a rischio di terremoti (ben 356 comuni su un totale di 390). (4-16277)


   REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   è in vigore la legge n. 55 del 2010;
   principio ispiratore della legge è la volontà di armonizzare la normativa doganale al codice del consumatore, i cui princìpi sono inseriti nel trattato di Lisbona;
   il Parlamento aveva approvato quasi all'unanimità detto provvedimento, ritenuto essenziale per tutelare la nostra produzione industriale;
   nel corso del dibattito parlamentare era emersa chiaramente la necessità di un confronto a livello europeo, ai fini di richiedere agli organismi europei di procedere all'opera di armonizzazione della normativa doganale europea con le prescrizioni previste dal codice del consumo;
   ad oltre due anni di distanza non si ha notizia alcuna al riguardo degli sforzi che il Governo dovrebbe aver svolto per promuovere gli interessi del nostro Paese –:
   se e quali iniziative il Governo abbia adottato nel senso auspicato dal Parlamento e previsto dalla legge n. 55 del 2010;
   quale sia lo stato di aggiornamento della normativa europea del settore, e quali siano le prospettive di evoluzione. (4-16278)


   NOLA, BECCALOSSI, LAFFRANCO, SAGLIA e CANNELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 maggio 2012 l'Associazione culturale «11 settembre» di Vicenza, in collaborazione con il consolato generale degli Stati Uniti d'America a Milano, ha organizzato il Forum sulla sicurezza internazionale «Mediterraneo: notizie dalla sponda sud»;
   a tale evento hanno presentato relazioni alte personalità civili e militari sia italiane che americane tra le quali il console generale degli USA a Milano, il comandante del comando militare esercito veneto, il generale comandante dell’U.S. Army Africa di stanza a Vicenza, due docenti universitari dell'università Cattolica Sacro Cuore di Milano e dell'università di Trieste, un notissimo giornalista corrispondente di guerra per conto del Corriere;
   durante i lavori sono intervenuti il console generale di Turchia e il rappresentante diplomatico dell'autorità nazionale palestinese per l'alta Italia;
   detto convegno si è svolto presso il centro congressi Confartigianato;
   tale localizzazione si è resa necessaria dopo che la sala precedentemente indicata, posta in un Palazzo di proprietà della Curia Vescovile, era stata da questa prima concessa con accordo scritto e successivamente negata per le pressioni svoltesi nei suoi confronti da esponenti del movimento No Dal Molin e, secondo fonti di stampa locale (Nuova Vicenza dell'11 maggio 2012), anche di rappresentanze della amministrazione comunale;
   gruppi del movimento No Dal Molin hanno preannunciato e messo in atto manifestazioni volte ad impedire che il Forum si potesse svolgere pacificamente;
   contrariamente a quanto preannunciato alla questura, parte dei gruppi sopra indicati hanno non solo tentato di ostacolare il Forum ma anche concretizzato un assalto mascherato alla nuova caserma USA presso l'ex aeroporto Dal Molin (Giornale di Vicenza del 13 maggio 2012) violando lo spazio interdetto anche con i cartelli «vigilanza armata», tagliando ed asportando parte della rete di protezione, deturpando con scritte i muri degli immobili e affiggendo grandi cartelli con slogan;
   in questo clima di violenza verbale e intimidazione verso gli organizzatori, il Forum si è potuto svolgere regolarmente solo con l'accurata ed efficiente organizzazione del servizio d'ordine predisposto dalla questura e dall'arma dei carabinieri –:
   come intenda agire il Governo per garantire la sicurezza sia alla base americana sia alla cittadinanza locale e, nello specifico, assicurare alle associazioni democratiche, in questo caso rappresentate dalla associazione 11 settembre (che ha ricevuto riconoscimenti importanti tra i quali la medaglia d'oro del Presidente della Repubblica), che possano serenamente svolgere le proprie iniziative culturali dirette anche alla costruzione di un positivo rapporto tra comunità americana e quella italiana, nonché di non essere oggetto, come in effetti è avvenuto, di minacce da parte di gruppi organizzati di contestatori che, come si evince dalla stampa locale, traggono inoltre vanto dalle loro azioni. (4-16281)


   REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   è in vigore la legge n. 55 del 2010;
   il Parlamento aveva approvato quasi all'unanimità detto provvedimento, ritenuto essenziale per tutelare la nostra produzione industriale;
   risulta all'interrogante che è intervenuta una circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri indirizzata all'Agenzia delle dogane in cui si invita a non applicare le sanzioni e i controlli previsti dalla legge n. 55 del 2010;
   la legge dello Stato non può essere modificata o sospesa o interpretata unilateralmente da un atto della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'Agenzia delle dogane ha l'obbligo di far rispettare una legge dello Stato, di effettuare i controlli e irrogare le sanzioni previste –:
   se corrisponda al vero quanto riportato in premessa;
   in quali termini precisi si collochi la questione;
   se vi siano responsabilità in ordine all'emissione di tale provvedimento e/o all'inosservanza degli obblighi e delle indicazioni previste dalla legge n. 55 del 2010;
   se e quali iniziative il Governo abbia attuato per segnalare gli abusi o le inadempienze all'autorità giudiziaria. (4-16287)


   SCILIPOTI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'attuale momento di profonda crisi economica che attraversa indistintamente tutto il Paese le banche continuano, incontrastate, ad esercitare un pervasivo e soffocante controllo sul sistema produttivo e commerciale nazionale, disponendo a proprio piacere degli strumenti della raccolta del risparmio e della concessione del credito, sorde alle esigenze ed alle grida di aiuto degli operatori economici e commerciali, ma anzi pronte ad esigere dagli stessi somme esorbitanti e non dovute nell'ambito di rapporti caratterizzati sia da elevatissime asimmetrie cognitive ed informative che dalle resistenze e dall'ostracismo dispiegati nei confronti dei clienti che chiedono di avere effettiva contezza della loro posizione;
   non si può fare a meno di rilevare come i clienti degli istituti di credito, soprattutto risparmiatori e piccoli e medi imprenditori, per potere procedere ad una omogenea ed uniforme ricostruzione dei propri rapporti bancari, ricostruzione indefettibile per una compiuta valutazione, sia sotto il profilo legale che contabile, che della legittimità delle somme pretese ed incamerate dalle banche nel corso dei rispettivi rapporti, frequentemente di durata ultradecennale, devono richiedere copia degli estratti conto, unitamente alle ulteriori comunicazioni periodiche rese dall'istituto di credito;
   la predetta ricostruzione, come anticipato, è indispensabile per determinare se la banca, nel corso dei diversi rapporti intrattenuti con i clienti, abbia illegittimamente preteso ed incassato somme a titolo di interessi ultralegali, capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori ove non pattuita, commissione di massimo scoperto, valute, spese di tenuta conto non convenute, oltreché eventuali interessi usurai;
   il 4o comma dell'articolo 119 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (cosiddetto T.U.B.), così come modificato dall'articolo 4, 2o comma, decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, a sua volta modificato dall'articolo 3, 2o comma, decreto legislativo 14 dicembre 2010, n. 218, dispone testualmente che «il cliente o colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente posso essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione»;
   la previsione normativa è intesa a consentire l'effettivo esercizio del diritto di controllo del cliente sui propri rapporti bancari, effettività che impone che un siffatto controllo non sia nei fatti impedito o reso particolarmente difficile dalla richiesta della banca di somme elevate per l'acquisizione di copia della documentazione bancaria;
   tuttavia, nella realtà, le banche, in dispregio alle finalità perseguite dal legislatore, al fine di frustrare il compiuto esercizio del diritto di controllo dei clienti sui propri rapporti bancari e la loro omogenea ricostruzione, premessa necessaria questa alla determinazione della dovutezza e della legittimità delle somme pretese e trattenute dalle medesime banche, spesso in assenza di alcun titolo giuridico legittimante, subordinano la consegna delle copie della documentazione bancaria richiesta dai clienti al pagamento di elevatissimi importi, non pattuiti ma anzi unilateralmente ed illegittimamente determinati;
   tale illegittima pretesa pone i clienti, che vorrebbero verificare se il dovuto è tale e la legittimità di quanto incamerato dalle banche nel corso dei rispettivi rapporti, nella disagevole alternativa tra subire l'esborso di cospicui importi per potere esercitare un diritto legislativamente previsto o rinunziare al proprio diritto di controllo sulla corretta e trasparente gestione dei rapporti bancari –:
   quali iniziative anche normative il Governo intenda intraprendere per evitare che i «costi di produzione» di copia della documentazione bancaria, richiesta ai sensi dell'articolo 119, 4o comma, decreto legislativo 385 del 1993 al fine di determinare la legittimità delle somme pretese, e trattenute dalle banche nel corso dei rapporti bancari, vengano unilateralmente determinate dagli istituti di credito con conseguente impedimento o fortissima limitazione nei fatti dell'esercizio del diritto di controllo e verifica da parte dei clienti della trasparenza, correttezza e legittimità nella gestione dei rapporti bancari.
(4-16290)


   LARATTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'imprenditore calabrese, Antonino De Masi, conduce da alcuni anni una decisa e consistente battaglia contro quelle banche che hanno commesso gravi irregolarità nei confronti di tantissimi correntisti;
   il caso è approdato presso alcune procure ed è stato già oggetto di un processo penale;
   la procura della Repubblica di Trani, in seguito alle denunce di De Masi, ha avviato un'indagine per truffa e usura;
   De Masi nei mesi scorsi ha segnalato le profonde irregolarità a diverse altre procure italiane. La denuncia parla chiaramente di illegalità finalizzate a procurare vantaggi ai manager delle banche stesse;
   tali azioni hanno fortemente danneggiato le aziende interessate, soprattutto per il fatto che è stato posto in essere, per come denuncia De Masi, un cartello che ha colpito la libera concorrenza, provocato danni ingenti alle aziende del Gruppo De Masi e a diverse altre imprese italiane;
   le denunce dell'imprenditore sono al vaglio delle autorità competenti, ma non possono lasciare indifferente il Governo e il Parlamento del Paese –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto su esposto e delle conseguenze sul sistema delle imprese denunciato dal De Masi;
   cosa intenda fare, per quanto di competenza, al fine di dare impulso a iniziative anche normative per impedire che azioni di questa portata possano ripetersi o rimanere impunite. (4-16292)


   VILLECCO CALIPARI, MINNITI, LO MORO, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, MARINI e OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha annunciato alcune misure per affrontare l'annosa questione dei ritardati pagamenti alle imprese dei crediti da queste vantati nei confronti della pubblica amministrazione, anche attraverso l'emanazione di atti regolamentari attesi da anni dal mondo economico e dell'impresa;
   in particolare, nell'ambito di dette misure, risulta agli scriventi che siano previste:
    a) norme riguardanti la certificazione dei crediti nei confronti di amministrazioni statali, enti pubblici nazionali, enti locali, regioni e enti del servizio sanitario nazionale;
    b) norme riguardanti le regole per compensare i crediti con i debiti verso il fisco iscritti a ruolo alla data del 30 aprile 2012;
    c) norme riguardanti la costituzione di un fondo centrale di garanzia per offrire garanzia diretta sull'anticipazione dei crediti che le aziende vantano nei confronti della pubblica amministrazione;
    d) la definizione dell'accordo tra Abi e associazioni degli imprenditori per la costituzione di un plafond del valore iniziale 10 miliardi di euro, riservato allo mobilizzazione dei crediti verso lo Stato;

   i debiti della pubblica amministrazione ammonterebbero a circa 70 miliardi di euro e, sulla scorta delle misure predisposte dal Governo e di quanto dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, già entro la fine del 2012 dovrebbero essere pagati debiti per un ammontare di 20-30 miliardi di euro, attraverso un meccanismo che, previa certificazione dei crediti scaduti da parte delle amministrazioni, consentirà alle imprese di recarsi in banca per farseli anticipare o per cederli, il tutto attraverso la garanzia del Fondo centrale che consentirà anche alle imprese meno forti di essere tutelate;
   il quadro degli interventi previsti assume specifico rilievo per garantire un'iniezione di liquidità nella difficile congiuntura economica, da cui potrebbero giovarsi in modo particolare le imprese che operano nel mezzogiorno;
   da questa procedura, stando al testo informale del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sulle compensazioni che gli scriventi hanno avuto modo di conoscere, resterebbero esclusi gli enti locali commissariati e le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari, tra cui la regione Calabria;
   si deve ritenere che tale esclusione costituisca diretta conseguenza del divieto introdotto dalla legge di stabilita per il 2012 (legge 183/2011) approvata dal Parlamento su proposta dell'allora in carica Governo Berlusconi, con specifico riferimento alle preclusioni in danno dei comuni commissariati e delle regioni sottoposte a piano di rientro per deficit sanitario, secondo quanto disposto dall'articolo 13, comma 3-ter, della legge di stabilità n. 183 del novembre 2011;
   non può sottacersi l'evidente ingiustizia di tale esclusione, che per ragioni riguardanti le condizioni critiche dei bilanci di enti pubblici, ricade sulle imprese che non hanno alcuna responsabilità in merito, determinando una discriminazione e grave disparità di trattamento, sicuramente censurabile anche per violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
   infatti a seguito dei provvedimenti in questione le imprese operanti in Calabria si vedrebbero preclusa, tra l'altro, la possibilità di compensare i crediti vantati nei confronti dell'amministrazione regionale campana, perdendo l'occasione per conseguire un giusto ed opportuno rimedio nei confronti delle inadempienze della pubblica amministrazione;
   è invece necessario garantire maggiore liquidità a tutte le imprese in condizioni di difficoltà, riducendo non solo i tempi di pagamento della pubblica amministrazione, ma anche predisponendo misure dirette a supportare soprattutto quelle aree del Paese in maggiore condizione di svantaggio;
   le conseguenze della decisione governativa di estromettere solo talune zone del Paese dai suddetti benefici fiscali avrebbero un devastante effetto domino sull'occupazione e su tutto il comparto economico-produttivo, le cui prospettive di crescita verrebbero completamente azzerate;
   l'indiscriminata estromissione sopra indicata è, secondo gli interroganti, un'insostenibile sottovalutazione da parte del Governo della gravità della situazione socio-economica del Mezzogiorno, in quanto la prevalenza degli enti esclusi interessa proprio le aree del centro sud d'Italia; si tratta di una estromissione che contribuirebbe in maniera determinante a danneggiare non solo il Mezzogiorno ma lo stesso tessuto economico produttivo nazionale, compromettendone irreparabilmente la ripresa e aumentando il divario che già esiste tra Nord e Sud e vanificando nei fatti – togliendo con una mano ciò che dà con un'altra – le parziali misure già disposte dal Governo per il Piano Sud –:
   se non ritenga opportuno e doveroso garantire la facoltà di compensare rapporti creditori e debitori anche alle imprese che vantano crediti nei confronti di comuni commissariati e delle regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit sanitario;
   quali iniziative normative intenda assumere per il pieno raggiungimento dell'obiettivo di cui sopra. (4-16301)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una nota di agenzia stampa del 4 maggio scorso ha diffuso la notizia «Crisi/Basta soldi per le parate, Pdm: tagliare quella del 2 giugno Risparmiare milioni di euro è doveroso Roma, 4 mag. (TMNews) – È crisi ed è giusto risparmiare e estendere con la spending review «la sobrietà» nella gestione del denaro pubblico anche alle manifestazioni e alle celebrazioni dei Corpi della Stato, non esclusa la parata del 2 giugno per la festa della Repubblica. Anche qui, le spese ammontano a diversi milioni di euro. E la proposta di «tagliare» le spese per la parata del 2 giugno arriva dal Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia (Pdm). Il 2 giugno si svolgeranno per le celebrazioni della ricorrenza della festa della Repubblica, oltre alla sfilata dei reparti delle Forze armate, di quelli della polizia di Stato, dei corpi armati e civili dello Stato sono impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti alle Forze armate e ai corpi armati e civili dello Stato. Il costo ? Come dichiarato dal Ministero della difesa, in risposta a un atto di sindacato ispettivo riferito alle celebrazioni svoltesi il 2 giugno 2010 – riferisce il Pdm – «gli oneri previsionali per la cerimonia sono ammontati a circa 3,5 milioni di euro [...] Complessivamente hanno sfilato circa 5.600 militari, 442 civili e 260 mezzi». Si tratta, per il Pdm, si «uno spreco di denaro pubblico che il Paese non può più permettersi. Per questo motivo, con una interrogazione che dallo scorso 24 maggio 2011 giace senza risposta nei cassetti di qualche scrivania di palazzo Chigi, il deputato radicale Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, aveva chiesto al Presidente del Consiglio dei ministri di sapere, oltre al costo per il 2011, «se non si ritenga opportuno per il 2012 disporre che i festeggiamenti avvengano in forma esclusivamente simbolica e, conseguentemente, destinare i fondi eventualmente stanziati per l'occasione al finanziamento di attività sociali o di assistenza ai diversamente abili o agli anziani». «Per essere coerenti con le richieste di sacrifici che si rivolgono ai cittadini, e perché il prossimo due giugno non rischi di essere veramente l'ultima festa prima dell'assalto ai palazzi della politica, il neo commissario “taglia spese” Enrico Bondi – conclude il Pdm – cominci col tagliare proprio le spese destinate alla festa della Repubblica. Non ci sembra ci sia nulla da festeggiare.» Red/Nes 04-MAG-12 12:25 NNNN » –:
   quale sia la spesa complessiva preventivata per le celebrazioni del prossimo 2 giugno;
   se condivida la necessità di aderire alla richiesta formulata dagli interroganti già lo scorso 24 maggio 2011 nel senso riportato nel comunicato stampa in premessa e quali immediate azioni intenda intraprendere in merito. (4-16306)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 maggio 2012 nel campo profughi di Scegarab in Sudan, stando alle testimonianze che giungono attraverso l'agenzia Habeshia c’è stato un vero e proprio massacro e una gravissima violazione dei diritti dei rifugiati, che chiedevano maggiori protezioni dai trafficanti che vanno a sequestrare persone poi vendute nel Sinai;
   i profughi, esasperati da tutta questa situazione, in 300 si sono presentati negli uffici dell'UNHCR, per chiedere più protezione; i testimoni parlano di tentativi della polizia di disperdere il gruppo e di fronte alla resistenza dei profughi i militari sudanesi hanno risposto sparando gas lacrimogeni, e proiettili, uccidendo una ventina di persone;
   ci sono stati molti feriti gravi, ai quali sono state perfino rifiutate le cure mediche dagli ospedali –:
   se i fatti riferiti corrispondono al vero;
   se il Governo non intenda interessarsi presso gli organismi internazionali come l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per rifugiati, perché sia garantita maggiore protezione nei campi profughi richiamando le autorità sudanesi ad un maggiore rispetto dei diritti dei rifugiati, ad impegnarsi contro il traffico di esseri umani, e garantire la sicurezza e l'incolumità dei rifugiati che trovano accoglienza in questi campi. (5-06935)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI e BARBIERI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di settembre del 2013 si svolgeranno in Toscana i mondiali di ciclismo su strada, un grande evento sportivo che rappresenta anche un'occasione per il rilancio dei territori designati a ospitare il percorso di gara;
   l'organizzazione dell'evento richiede uno sforzo notevole da parte degli enti pubblici coinvolti al fine di realizzare gli interventi infrastrutturali per adeguare i percorsi stradali e la viabilità agli standard richiesti dall'Unione ciclistica internazionale;
   il comitato organizzatore, gli enti locali, i comuni e la regione stanno lavorando assiduamente per garantire la buona riuscita dell'evento, ma quello che manca, a poco più di un anno dall'inizio della manifestazione, è l'impegno finanziario da parte dello Stato;
   fino a oggi risulta, infatti, completamente assente il sostegno finanziario del Governo né vi è un impegno dello stesso a intervenire in tempi rapidi, nonostante sia stato già più volte evidenziato, da parte degli amministratori locali coinvolti nell'organizzazione dell'evento, che senza un quadro finanziario certo da parte dello Stato è impossibile partire con i bandi, svolgere le gare d'appalto e realizzare i progetti per la costruzione dei circuiti da adibire alle gare;
   è ormai chiaro che se entro la fine dell'anno il Governo non stanzierà le necessarie risorse è molto probabile che i mondiali di ciclismo del 2013 in Toscana salteranno. Le conseguenze di tale eventualità, anche in relazione all'immagine del nostro Paese nel mondo, sono evidenti a tutti: le ricadute saranno pesanti –:
   quali iniziative il Governo intenda attuare, al fine di stanziare, in tempi rapidi, le risorse occorrenti per garantire la realizzazione degli interventi necessari allo svolgimento dei mondiali di ciclismo su strada che si terranno in Toscana nel settembre 2013, considerato che in assenza del sostegno finanziario dello Stato gli enti locali interessati non sono in grado di finanziare l'organizzazione dell'evento, che potrebbe, quindi, non avere luogo, con ciò mettendo anche a rischio l'immagine del nostro Paese circa la capacità di organizzare eventi di rilievo internazionale e di ottemperare agli impegni assunti.
(5-06936)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'area archeologica di Elea, antica città della Magna Grecia denominata Velia in epoca romana, ora località nel comune di Ascea in provincia di Salerno ed inclusa nel Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, rappresenta un sito di pregio assoluto, di altissimo valore culturale e storico;
   l'area archeologica di Elea-Velia, culla della Scuola eleatica con Parmenide e Zenone, è inserita (punto 30) nella lista Unesco dei patrimoni dell'umanità;
   difatti tale lista Unesco comprende il Parco nazionale del Cilento e del Valle di Diano con il sito archeologico di Paestum e Velia, Roscigno Vecchia e la Certosa di Padula; tale decisione dell'Unesco risale al 1998;
   giustamente la regione Campania, proprio per salvaguardare e tutelare quel sito archeologico di Elea-Velia, che appartiene alla storia della intera civiltà, ha approvato la legge 8 febbraio 2005, n. 5, per promuovere la «costituzione di una zona di riqualificazione paesistica ambientale intorno all'antica città di Velia», sita nei comuni di Ascea e Casalvelino;
   tale legge prevede un apposito piano particolareggiato di riqualificazione da redigere d'intesa fra i comuni di Ascea e Casalvelino e le soprintendenze per i beni archeologici ed architettonici e per il paesaggio, il patrimonio storico ed etno antropico con il divieto, fino all'approvazione del piano medesimo, di apportare ogni modifica dell'assetto del territorio e qualsiasi opera edilizia;
   sono invece consentiti interventi di manutenzione, di consolidamento statico e restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto degli edifici, nonché opere pubbliche;
   tale piano deve assicurare la valorizzazione, la salvaguardia e la riqualificazione dell'area archeologica e del contesto paesistico-ambientale attorno alla città di Velia;
   a tal fine è previsto, nella legge regionale n. 5 del 2005, per la realizzazione del piano, un finanziamento di 9 milioni di euro (articolo 5);
   allo stato risulta definita la procedura selettiva per il conferimento dell'incarico di progettazione del piano particolareggiato;
   in questo contesto la giunta regionale della Campania ha presentato al consiglio regionale il disegno di legge n. 321 del 9 marzo 2012 «Norme in materia di tutela e valorizzazione del paesaggio in Campania per l'attuazione della pianificazione paesaggistica regionale ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42»;
   questo disegno di legge (articolo 15) prevede l'abrogazione della legge regionale n. 5 del 2005;
   tale scelta appare all'interrogante assolutamente sbagliata e pericolosa, perché condurrebbe alla abrogazione della legge regionale speciale per Velia, approvata giustamente dalla regione Campania proprio per valorizzare, per preservare e rilanciare l'area archeologica di Velia, che costituisce un unicum prezioso nella storia della civiltà, del pensiero, delle bellezze archeologiche e culturali; inoltre tale scelta potrebbe aprire la via a pericoli di deturpazione della zona ed a interventi devastanti;
   piuttosto occorre dare completa e tempestiva attuazione alla legge regionale n. 5 del 2005, con la rapida definizione della progettazione del piano particolareggiato di riqualificazione dell'area di Velia;
   al riguardo è necessario che siano stanziate ed assegnate dalla giunta regionale in concreto tutte le risorse indicate dalla legge n. 5 del 2005 (9 milioni di euro) –:
   quali opportune iniziative i Ministri interrogati – nell'esercizio delle loro competenze dirette a tutelare il valore costituzionalmente protetto della difesa del patrimonio storico, culturale e ambientale della Nazione – intendano assumere per la tutela e la salvaguardia dell'area archeologica di Velia, patrimonio Unesco dell'umanità e sito di assoluto e straordinario valore e pregio storico, culturale ed ambientale. (5-06939)

Interrogazione a risposta scritta:


   FUGATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante già in passate circostanze ha sollevato il problema provocato all'incolumità pubblica, alla tranquillità sociale ed alla sicurezza delle specie animali domestiche per via della presenza degli orsi immessi nel territorio del Trentino nell'ambito del progetto Life Ursus;
   come già meglio descritto nelle precedenti interrogazioni di cui ai numeri 4-12122, 4-10832 e 5-04247, nel 1996 in Trentino, ha preso avvio il progetto di reintroduzione dell'orso bruno ed al momento la popolazione di orsi nella regione risulta essere composta da circa trenta individui e tale numero è dovuto, in gran parte, all'attuazione del predetto Progetto «Ursus-azioni di tutela della popolazione di orsi del Brenta», meglio noto come Life Ursus, promosso dal parco naturale Adamello Brenta, in collaborazione con la provincia autonoma di Trento e con il contributo scientifico dell'INFS (ora ISPRA);
   nel corso degli anni, anche a causa di quelle che secondo l'interrogante sono state sottovalutazioni degli enti interessati circa la presenza di questi orsi, si sono verificati casi di predazione o altro danno a carico delle popolazioni locali;
   in particolare, si sono evidenziati i casi dei due esemplari che hanno cagionato i maggiori problemi. Il primo, Jurka, a seguito di incursioni in aree antropizzate e predazione di bestiame in provincia di Trento ed il secondo, DJ3, figlia di Jurka, che si è resa responsabile, sempre in provincia di Trento, di danni al bestiame;
   risale a qualche giorno fa il nuovo allarme che ha scosso alcune Valli del Trentino in cui si sono verificati episodi di aggressioni al bestiame da parte di questi orsi risvegliatisi dal letargo. Si fa riferimento, in particolare, ai recenti fatti accaduti in Val Rendena dove si è verificato che tre asini siano stati aggrediti e sbranati presumibilmente dallo stesso orso, al margine di alcuni centri abitati, allertando le istituzioni quando però era troppo tardi per i tre animali;
   i cittadini lamentano di non sentirsi più padroni del loro territorio, di non poter più andare in montagna e tenervi degli animali all'aperto e pertanto hanno chiesto che venga definitivamente affrontato il tema della presenza dell'orso in Trentino e della difficoltà che incontrano gli abitanti delle valli dove gli esemplari del plantigrade scorrazzano liberi seminando panico e aggredendo animali domestici, con notevole danno agli allevatori –:
   se sia a conoscenza dei nuovi problemi che hanno creato gli orsi presenti nelle Valli del Trentino sia alle popolazioni residenti e sia agli allevatori locali;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda intraprendere iniziative urgenti volte ad assicurare alle popolazioni di tutte le Valli del Trentino una maggior sicurezza nel vivere il proprio territorio, allo scopo, nell'immediato, attivando azioni di contrasto alla incontrollata diffusione degli orsi in aree frequentate e frequentabili dall'uomo e contestualmente prendendo in considerazione la necessità di stabilire l'impossibilità della convivenza dei predetti orsi con le popolazioni di montagna, già svantaggiate per le difficili condizioni di vita ed ora maggiormente colpite anche a causa di questi pericoli, così da decidere l'annullamento del suddetto programma Life Ursus e lo spostamento in altri territori compatibili degli orsi oggi presenti nella regione Trentino. (4-16266)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una nota di agenzia stampa ha diffuso la notizia «Aeronautica: dopo nove anni stop ai caccia F-16 (2) (Ansa) – Roma, 22 Mag – La cerimonia per il termine del programma di leasing, denominato ”Peace Cesar”, si terrà domani presso il 37o Stormo di Trapani Birgi, attualmente al comando del colonnello Mauro Gabetta. Saranno presenti, tra gli altri, il capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Giuseppe Bernardis, e il comandante della Squadra aerea, Tiziano Tosi. [...]. (ANSA). SV 22-MAG-12 16:58 NNN»;
   il successivo 23 maggio il segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) pubblicava sul socialnews del portale web Tiscali il seguente articolo: «Spese militari, nessuna trasparenza: 23 milioni di euro per feste e spese “riservate”» in cui si legge che «Lo “Stato di previsione del Ministero della difesa”, allegato n. 11 al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013 è una lettura che seppure ”criptica” non manca di regalare sorprese, così si può scoprire che le somme stanziate, per ciascuno degli anni fino al 2013, per ”spese per riviste, conferenze cerimonie, convegni, raduni congressi, mostre ed altre manifestazioni, spese di rappresentanza, realizzazioni promozionali” sono in totale 1.853.518 euro, mentre per quanto riguarda le ”spese di pubblicità, spese di propaganda a mezzo stampa, radio, televisione o cinematografia; collaborazioni redazionali e giornalistiche, organizzazione convegni e mostre e per altre manifestazioni e raduni per una migliore conoscenza della condizione militare” il conto sale fino a 3.615.597 euro. Se le cifre sono chiare non lo sono però le voci di spesa: non descrivono nel dettaglio le differenti attività e programmi. Dalle pieghe del bilancio inoltre ne saltano fuori alcune che denotano l'assoluta mancanza di trasparenza, come ad esempio i 904.401 euro per le spese ”riservate e confidenziali” dell'Arma dei carabinieri, oppure i 1.584.940 euro destinati a ”spese riservate degli Stati Maggiori e degli organi centrali e territoriali della difesa”. A parte la curiosità di sapere quale sia il reale utilizzo da parte della Difesa dei 2.489.341 euro di ”spese riservate e confidenziali”, facendo due conti nel periodo considerato dal bilancio avranno sborsato 23.875.368 euro per sostenere feste, festini, pubblicità e forse chissà cos'altro di tanto ”riservato e confidenziale” per le Forze armate e per i carabinieri. Sono convinto che qualsiasi attento lettore troverebbe molte spese ”strane”, incomprensibili e soprattutto inutili. Non vorrei esagerare ma ritengo che eliminando solo quelle che ho citato, se si considerano anche i costi del personale, dei mezzi e delle attrezzature, il risparmio che si potrebbe conseguire sarebbe di 50-60 milioni di euro all'anno. Occorre quindi domandarsi, e domandare seriamente al Ministro Di Paola, se non sia il caso di eliminare tutte le cerimonie e festicciole che i militari fanno in ”pompa magna” in ogni parte d'Italia e per ogni occasione, anche quando non c’è proprio nulla da festeggiare, come ad esempio oggi a Trapani presso il 37o Stormo dell'Aeronautica militare dove è andata in scena la celebrazione per la fine del programma bilaterale di leasing «Peace Cesar» del caccia F-16 alla quale è intervenuto il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, ovviamente portandosi dietro una nutrita schiera di generali e autorità civili. Una ”spesa inutile” che si poteva e doveva evitare. Chissà se dopo la cerimonia hanno approfittato dell'occasione per andarsi a fare una ricca mangiata di pesce in uno dei graziosi ristoranti dell'accogliente provincia siciliana»;
   il 24 maggio seguente, sul sito istituzionale dell'Aeronautica militare, all'indirizzo http://www.aeronautica.difesa.it/News/Pa- gine/Replica–Comellini–240512.aspx è stata pubblicata una lettera del capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, generale Giuseppe Bernardis «CSMA: Cerimonia di Trapani era per il personale – Il Capo di Stato Maggiore Bernardis replica all'articolo di Comellini pubblicato sul sito di Tiscali. 24 maggio 2012 – Ho letto il Suo articolo “ Spese Militari, nessuna trasparenza: 23 milioni di euro per feste e spese riservate ” del 23 maggio 2012, ed in particolar modo le Sue considerazioni sulla mia partecipazione alla cerimonia organizzata in occasione della chiusura del programma Peace Caesar. Al di là del fatto che sono andato e tornato da Trapani in mattinata e senza aver pranzato, mi meraviglio molto che Lei non abbia colto nella Sua vita aeronautica quali siano i veri valori della nostra compagine. Al riguardo, sento il dovere di precisare, anche per rispetto nei confronti dei Suoi lettori, che lo scopo della mia partecipazione alla suddetta cerimonia era unicamente quello di ringraziare i Suoi ex colleghi che hanno operato per anni con sacrificio ed abnegazione per il successo del programma, la cui realizzazione si inserisce nel processo di ridimensionamento dello strumento aereo che l'Aeronautica Militare sta svolgendo già da tempo al fine di ottenere una gestione e manutenzione dei velivoli più razionale e semplificata nonché un migliore, impiego del personale. Constato con profondo rammarico che il periodo di servizio da Lei prestato nei ranghi dell'Aeronautica Militare non Le ha consentito di assimilare i valori etici e lo spirito di servizio alla base dell'attività quotidiana degli uomini e delle donne delle Forze Armate. Di questo, evidentemente, devo sentirmi responsabile e per tale motivo mi scuso a nome dell'Aeronautica nei confronti del personale in servizio e in congedo che in quei valori, al contrario, crede e si riconosce pienamente e che Lei con la Sua posizione massimalista non dimostra di apprezzare. Non avrei voluto raccogliere le Sue provocazioni, alle quali non darò più alcun seguito, ma ho sentito il dovere di replicare per rispetto dell'Istituzione militare e del personale che la rappresenta. Generale di Squadra Aerea Giuseppe Bernardis»;
   il 25 maggio, il segretario del Pdm, Luca Marco Comellini, ha replicato sul portale Tiscali con il seguente «Spese militari: nel vertice manca la volontà di guardare avanti» in cui si legge «Gentilissimo generale Bernardis, la Sua risposta al mio precedente articolo “ Spese Militari, nessuna trasparenza: 23 milioni di euro per feste e spese ’riservate’ ” del 23 maggio 2012 mi sorprende e tuttavia mi offre una inaspettata occasione per rivolgerLe personalmente i miei più cordiali saluti e nel contempo replicare con quell'affetto e quella stima che l'Istituzione militare e i miei colleghi meritano. Non si dolga di colpe che non le appartengono. Non vi è poi alcuna necessità che Lei si scusi con i Suoi dipendenti perché quei valori etici e quello spirito di servizio di cui Lei parla sono oggi – per nostra fortuna – il retaggio di una militarità che la società, quella civile e democratica che vive e lavora oltre i muri delle caserme, è riuscita faticosamente a relegare al passato giungendo, anche grazie a quelli come me, a includere in sé tutti i cittadini militari, affrancandoli dall'isolamento e dalle limitazioni nell'esercizio dei diritti che la Legge non vieta, e senza imposizioni e violenze a responsabilizzarli nei compiti e nei doveri che con lo status di militare hanno scelto di assumere per servire lo Stato, come con diverse responsabilità e doveri fa ogni altro pubblico dipendente. Nel merito delle spese per le molteplici ricorrenze militari, cerimonie, parate e quant'altro di inutile viene fatto gravare sulle tasche dei contribuenti, con riferimento alla celebrazione alla quale Lei ha partecipato ritengo che, nell'attuale situazione di innegabile recessione economica, proprio quell'etica e quello spirito di servizio che Lei sembra aver assimilato con tanta efficacia, le avrebbero dovuto suggerire che sarebbe stato più opportuno inviare una lettera di compiacimento a ciascuno dei militari del 37o stormo che, come Lei ha voluto ricordare, hanno operato per anni con sacrificio ed abnegazione per il successo del programma «Peace Cesar». Credo che il personale del 37o Stormo (molti di loro li conosco dal lontano 1982) l'avrebbe gradita maggiormente perché oltre ad essere segno tangibile del Suo apprezzamento Lei avrebbe dato la prova di una concreta volontà di guardare avanti»;
   agli interroganti sono ben noti i «valori etici» e lo «spirito di servizio» sui quali il Comellini ha fondato e sviluppato le attività che senza risparmio di energie svolge da luglio del 2009 a favore della legalità e dei diritti di tutti i militari e di coloro che a qualsiasi titolo indossino una divisa come sono altresì ben noti gli atti che l'amministrazione militare ha compiuto nei confronti del medesimo e già ampiamente riscontrabili negli atti parlamentari –:
   sulla base di quali presupposti siano state avviate nei confronti di Luca Marco Comellini due inchieste disciplinari di stato di cui la prima conclusa con l'archiviazione in quanto l'amministrazione militare non è riuscita a provare oltre ogni legittimo dubbio le accuse sostenute e la seconda conclusa anch'essa con l'archiviazione «come atto dovuto»;
   quale sia stato il costo complessivo delle celebrazioni svoltesi il giorno 23 maggio 2012 presso il 37o stormo dell'aeronautica militare, quanto personale sia stato impiegato, quali e quanti i mezzi impiegati;
   quale sia stato il mezzo di trasporto utilizzato dal Capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare e dalle altre autorità militari per recarsi presso il 37o Stormo, quale sia stato il costo complessivo del viaggio di andata e ritorno;
   se intenda chiarire quale siano state le attività effettivamente finanziate con le somme per spese riservate e confidenziali indicate nello «Stato di previsione del Ministero della difesa» allegato n. 11 al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013 denominate;
   quale sia la spesa complessivamente sostenuta nell'esercizio finanziario 2011 dal Ministero della difesa per effettuare tutte le conferenze, cerimonie, convegni, raduni, congressi, mostre ed altre manifestazioni a carattere militare svoltesi presso gli enti e i reparti dell'esercito, della marina militare, dell'aeronautica militare e dell'arma dei carabinieri e quale sia il preventivo di spesa per le medesime attività per l'anno in corso;
   alla luce della drammatica situazione economica e di disagio sociale in cui versa lo Stato se non ritenga opportuno sospendere le celebrazioni a carattere militare che a qualsiasi titolo si svolgeranno a partire dal prossimo 1o giugno 2012.
(4-16300)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica n. 4635/2010, 4636/2010, 4642/2010, 4453/2010, 5172/2010, 4790/2010 e 5791/2010 proposti da numerosi specialisti di elicottero della Marina militare, invocano l'erogazione dell'indennità mensile di volo e dell'indennità supplementare di pronto intervento aereo anche per i mesi formalmente esclusi dagli equipaggi fissi di volo ma sostanzialmente impiegati sempre nelle medesime condizioni nell'arco dell'anno;
   tutti i capolista hanno avanzato similari istanze per «partecipare al procedimento amministrativo», con atto notificato a mezzo posta tramite l'ufficiale giudiziario (cronologici nella sequenza su esposta: 81/A Ter, 79/A Ter, 78/A Ter, 63/A Ter e 80/A Ter al Ministero della difesa e 45/A Ter e 46/A Ter al sesto reparto dello Stato Maggiore Marina);
   nelle prime tre istanze si legge «la notifica della relazione ministeriale è avvenuta in data 26 luglio 2011, quindi dopo l'espressione del Parere dell'alto Consesso (ritardo da imputabile non certo alla parte ricorrente)», «è stato accordato il periodo di 15 giorni dalla notifica della relazione ministeriale per inviare eventuale replica» e «la replica alla relazione ministeriale è stata inviata con atto notificato a mezzo posta tramite Ufficiale Giudiziario (...) del 29 luglio 2011)», quindi l'atto di replica è stato inviato al sesto reparto dello Stato Maggiore Marina in appena tre giorni;
   nelle successive istanze si legge «la notifica della relazione ministeriale è avvenuta in data 11 novembre 2011», «è stato accordato il periodo di 15 giorni dalla notifica della relazione ministeriale per inviare eventuale replica» e «la replica alla relazione ministeriale è stata inviata con atto notificato a mezzo posta tramite Ufficiale Giudiziario (...) del 14 novembre 2011)», quindi l'atto di replica è stato inviato al sesto reparto dello Stato Maggiore Marina in appena tre giorni;
   in tutte le istanze si invoca esplicitamente «in virtù dei principi del giusto procedimento e contraddittorio, di poter conoscere se la replica alla relazione ministeriale sia stata trasmessa o se intenda farla valutare al Consiglio di Stato come dispone il combinato disposto dell'articolo 49 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 e l'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241»;
   le considerazioni espresse dal Ministro della difesa in risposta all'interrogazione a risposta scritta 4-14667, presentata dagli interroganti, lasciano sgomenti, poiché i ricorrenti hanno manifestato la volontà di partecipare al procedimento sin dalla proposizione dei ricorsi e gli eventuali ritardi sono quindi da imputare all'amministrazione;
   l'interrogazione a risposta scritta 4-15574, ancora priva di risposta, ha già prospettato la soluzione alla disamina –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative volte a sanare il vulnus inferto non solo ai ricorrenti ma anche alle norme di legge e quali eventuali iniziative intenda avviare nei confronti dei responsabili che hanno indotto l'inerzia nei sette procedimenti amministrativi. (4-16303)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una nota di agenzia stampa del 4 maggio 2012 ha diffuso la notizia: «DIFESA: PDM, CRISI ECONOMICA IMPONE SOLUZIONI IMMEDIATE Roma, 4 maggio (Adnkronos) – “Il Ministro della difesa Di Paola, non perde una sola occasione per ricordare all'opinione pubblica le scelte dolorose che attendono i dipendenti militari e civili del suo dicastero e insiste nell'incentrare la spending review solo su di loro come ha fatto oggi durante il 151/esimo anniversario della costituzione dell'Esercito italiano. Sicuramente i numeri sono sovradimensionati e vanno ridotti ma la crisi economica è oggi, e quindi le azioni devono essere immediate e, per questo, il Ministro dovrebbe considerare che è sicuramente più facile e veloce tagliare 7,4 miliardi di spese per regalie, prebende e armamenti dal bilancio della Difesa, che mandare via 40.000 dipendenti”. Lo affermano il deputato radicale Maurizio Turco e Luca Marco Comellini, segretario del Pdm, Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia. “Siamo convinti – si legge in una nota – che l'ammiraglio Di Paola abbia letto attentamente i suggerimenti che gli abbiamo rivolto nei giorni scorsi in merito alle spese inutili da tagliare e siamo anche convinti che l'altra soluzione percorribile sia quella di una concreta iniziativa politica per dare vita ad un esercito europeo. Tra gli immediati tagli possibili, suggeriti al Ministro Di Paola, vi sono quelli dell'indennità di ausiliaria, gli avanzamenti di grado all'ultimo giorno di servizio, i richiami in servizio e i trattamenti economici superiori percepiti al compimento dei 13-15 e 23-25 anni di servizio, le indennità antiesodo dei piloti e controllori di volo, il cui ammontare complessivo è di 472 milioni/anno”. Il PDM sottolinea che “dalla sospensione triennale e dalla successiva riduzione del 50 per cento del programma di acquisizione del caccia multiruolo d'attacco JSF si otterrebbero 2,9 miliardi nel triennio 2012-2014 e 4,38 miliardi nel periodo 2015-2026 di risparmi effettivi, e infine l'unificazione delle forze di polizia compresa la Guardia di finanza frutterebbe una riduzione della spesa per la sicurezza di 4 miliardi all'anno”. (Sin/Ct/Adnkronos) 04-AG-12 20:39» –:
   se condivida la necessità di ridurre le spese nel senso indicato nel comunicato in premessa e quali immediate azioni intenda assumere in merito;
   quali immediate azioni intenda intraprendere per avviare una concreta iniziativa politica per dare vita ad un esercito europeo. (4-16305)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sul sito http://www.fondazionemilillio.eu/ il colonnello dei carabinieri in servizio Giuseppe Fausto Milillo, propaganda la propria candidatura nelle liste del PdL per l'elezione del consiglio comunale di Palermo che si sono svolte il 6 e 7 maggio 2012;
   nel pubblicizzare la propria candidatura il militare fa ampio ed esplicito riferimento al suo stato di servizio come ufficiale dell'Arma dei carabinieri e di presidente del Consiglio di base della rappresentanza militare della regione Carabinieri Sicilia –:
   se sia a conoscenza dei fatti in premessa quali immediati provvedimenti intenda adottare nella considerazione che in altre, occasioni che hanno visto dei militari di truppa svolgere attività politica fuori delle condizioni previste dal codice dell'ordinamento militare e senza comunque qualificarsi come militari in servizio, i vertici militari dell'Arma dei carabinieri hanno intrapreso severe azioni disciplinari. (4-16309)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LENZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 30 giugno 2012 scadrà l'appalto che Poste italiane aveva stipulato con la società LIGRA srl, la quale si occupa del servizio di distribuzione della corrispondenza pregiata e delle attività di logistica e collegamento tra uffici postali;
   a Bologna, al momento, il bando previsto per il rinnovo dell'appalto non è stato ancora emanato, provocando la comprensibile preoccupazione dei lavoratori e delle loro famiglie;
   particolarmente difficile è la situazione dei 9 lavoratori, impiegati a tempo indeterminato e quasi tutti operanti sin dall'inizio dell'appalto, quasi 4 anni, attualmente in cassa integrazione, i quali, in mancanza del predetto rinnovo, saranno licenziati e costretti a usufruire solamente del trattamento di disoccupazione ordinaria;
   l'interrogante ritiene indispensabile, soprattutto nella situazione attuale, caratterizzata, da una drammatica crisi economica e da forti tensioni sociali, intraprendere una sollecita iniziativa volta a consentire l'immediata apertura del bando di gara per l'appalto e a garantire il mantenimento del posto di lavoro delle persone attualmente impiegate presso la società LIGRA srl –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di sollecitare Poste italiane a indire il predetto bando di gara;
   nel caso di mancato rinnovo dell'appalto alla società LIGRA srl, se non intenda adottare provvedimenti che consentano ai 9 lavoratori citati in premessa di non ritrovarsi senza lavoro, prendendo in considerazione la possibilità di assorbirli nell'organico di Poste italiane, tenuto conto della carenza di organico in cui quest'ultima versa. (5-06934)


   BARETTA, PICCOLO e VICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   in considerazione del riacutizzarsi della crisi negli ultimi mesi, il Governo ha annunciato la scorsa settimana il pacchetto di iniziative che disciplina i rapporti di credito e debito tra Pubblica Amministrazione e imprese fornitrici, intervenendo, in tal modo, sull'annosa questione dei ritardati pagamenti alle imprese;
   stime recenti quantificano i debiti della pubblica amministrazione in circa 70 miliardi di euro e, sulla scorta delle misure predisposte dal Governo e di quanto dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, già entro la fine del 2012 dovrebbero essere pagati debiti per un ammontare di 20-30 miliardi di euro;
   secondo quanto si legge nel comunicato, l'obiettivo del Governo è quello di fornire liquidità alle aziende mediante un meccanismo che, previa certificazione dei crediti scaduti da parte delle amministrazioni, consente alle imprese di compensare i crediti con i debiti iscritti a ruolo ovvero di rivolgersi al sistema bancario mediante la cessione pro-soluto o pro-solvendo del credito o l'anticipazione garantita dalla certificazione medesima;
   in particolare, le misure previste intendono dare attuazione a numerose previsioni legislative e riguarderebbero: a) la certificazione dei crediti nei confronti di amministrazioni statali, enti pubblici nazionali, enti locali, regioni ed enti del servizio sanitario nazionale (articolo 9 del decreto legislativo n. 185 del 2008, e successive modificazioni); b) le regole per compensare i crediti con i debiti verso il fisco iscritti a ruolo alla data del 30 aprile 2012 (articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010; c) l'utilizzo del Fondo centrale a garanzia delle anticipazioni dei cittadini che le aziende vantano nei confronti della pubblica amministrazione (articolo 39 del decreto legislativo n. 78 del 2011); d) la definizione dell'accordo tra Abi e associazioni degli imprenditori per la costituzione di un plafond del valore iniziale di 10 miliardi di euro, riservato alla mobilizzazione dei crediti verso lo Stato;
   tuttavia, l'articolo 13, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012) modificando l'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, prevede che la certificazione dei crediti vantati nei confronti degli enti territoriali non possa essere rilasciata, a pena di nullità, dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dei deficit sanitari e dagli enti locali commissariati;
   tale esclusione rischia di pregiudicare fortemente l'efficacia della norma e vanificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Governo, in quanto molte imprese che vantano crediti nei confronti delle regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit sanitario e dei comuni commissariati non potrebbero usufruire delle misure previste nei suddetti provvedimenti, con grave pregiudizio delle imprese stesse –:
   se non ritenga di dover intervenire, con una norma di rango primario, al fine di porre rimedio a questa esclusione, prevedendo in particolare una modifica del citato articolo 9 del decreto-legge 185 del 2008, che consenta anche alle imprese che vantano crediti nei confronti dei comuni commissariati e delle regioni sottoposte a piano di rientro dal deficit sanitario di accedere all'istituto della certificazione.
(5-06944)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 2011 ha dichiarato lo stato di emergenza umanitaria per l'isola di Lampedusa fino al 31 dicembre 2011, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del nord Africa, a causa del quale le condizioni ambientali ed igienico-sanitarie dell'isola avevano subito significativi peggioramenti al punto da richiedere l'adozione di tempestivi interventi di riqualificazione ambientale e territoriale;
   per far fronte ai numerosi sbarchi nell'isola, per prestare la necessaria assistenza umanitaria ai migranti si sono dovute mettere a disposizione strutture ed edifici, pubblici e privati, non aventi tale destinazione;
   l'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3947 del 16 giugno 2011 ha pertanto disposto la sospensione dei versamenti tributari, dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali fino al 16 dicembre 2011;
   l'articolo 23, comma 44, del decreto-legge 6 luglio 2011, n 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2011 n. 183, ha modificato il termine, prorogando la sospensione nei versamenti e negli adempimenti fiscali al 30 giugno 2012;
   nei primi giorni di marzo i Ministri Cancellieri e Riccardi hanno effettuato un sopralluogo sull'isola constatando che con l'arrivo della primavera e del bel tempo gli sbarchi sarebbero potuti riprendere e si sarebbe potuta ripetere un'emergenza umanitaria;
   effettivamente nei mesi successivi si sono verificati diversi sbarchi di migranti, tali da condurre il sindaco di Lampedusa a chiedere al Ministero dell'interno una rapida riapertura del centro di accoglienza;
   va ricordata la tragedia del 3 aprile 2012 quando dieci migranti hanno perso la vita in mare nella traversata dalla Libia verso l'Italia, a testimonianza che sono ricominciati i viaggi dal nord Africa che fanno prospettare a breve una situazione di nuova emergenza a Lampedusa –:
   a seguito del sopralluogo a Lampedusa nel marzo 2012, quali siano le valutazioni del Governo circa la capacità di far fronte agli attuali afflussi;
   quando ritenga di riaprire le strutture di accoglienza considerate le precarie condizioni in cui vengono alloggiati attualmente i profughi;
   se il Governo ritenga, contestualmente alla proroga dello stato di emergenza umanitaria, di assumere iniziative per prorogare anche la sospensione dei versamenti e degli adempimenti fiscali previsti nell'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3947 del 16 giugno 2011. (4-16269)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la complessità del sistema fiscale del nostro Paese non ha eguali in altri Paesi industrializzati, fatto che rende complicato – per il contribuente in buona fede – ottemperare ai propri obblighi e spesso accade che la riscossione venga affidata a soggetti esterni, primi tra i quali Equitalia;
   le procedure di riscossione affidate a Equitalia paiono alla generalità della platea dei contribuenti particolarmente vessatorie e stringenti;
   sull'argomento il Governo è stato sollecitato in più interventi in aula dall'interrogante, attraverso mozioni e ordini del giorno, oltreché in molte altre occasioni, ottenendo sempre rassicurazioni in merito alla volontà di procedere ad una diversa regolamentazione dei poteri di Equitalia, introducendo metodi e procedure che tengano conto della peculiarità delle diverse situazioni;
   a fonte di dette rassicurazioni, poco o nulla pare essere stato realizzato né si ha contezza circa i proponimenti del governo al riguardo –:
   se e come il Governo si sia attivato o intenda attivarsi – anche attraverso Equitalia – per ridurre la rigidità delle procedure di riscossione affidate a Equitalia e migliorare la percezione del servizio di riscossione nei confronti del contribuente. (4-16270)


   REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha affidato le procedure di riscossione a Equitalia, determinando un aggio sulle cifre effettivamente riscosse;
   detto aggio non è stato variato nel corso degli ultimi anni, nonostante un aumento molto significativo delle cifre riscosse;
   detto aggio rappresenta comunque un carico per il contribuente –:
   quale sia l'aggio attualmente riconosciuto a Equitalia in termini percentuali e come venga calcolato nel dettaglio;
   se sia intenzione del Governo rivedere l'aggio, ed in che misura;
   se e come il Governo si è attivato o intenda attivarsi per ridurre i costi a carico del contribuente. (4-16271)


   CAVALLOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, il presupposto impositivo dell'IRAP consiste nell’«esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi»;
   la formulazione generica di tale disposizione normativa ha determinato negli ultimi anni l'insorgenza di diverse controversie tra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti sulla particolare questione della verifica del presupposto impositivo per i contribuenti che svolgono un'attività economica «senza organizzazione», con la conseguente emanazione di numerose pronunce giurisprudenziali;
   in merito la Corte costituzionale, nella sentenza 21 maggio 2001, n. 156, ha affermato che «mentre l'elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l'attività di lavoro autonomo... nel senso che è possibile ipotizzare un'attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui», con la conseguente inapplicabilità dell'IRAP per mancanza di presupposto;
   mentre di fatto, dunque, per gli esercenti un'attività d'impresa, come evidenziato nella citata sentenza, «l'elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa», per i lavoratori autonomi si pone la necessità di individuare, caso per caso, la presenza o meno di un'autonoma organizzazione al fine di determinare l'assoggettamento ad IRAP;
   la Corte di cassazione a Sezioni Unite, nel 2009, con le sentenze nn. 12108, 12109, 12110 e 12111 in merito all'attività svolta dagli agenti di commercio e promotori finanziari, ha sentenziato che anche per tali soggetti, pur svolgendo un'attività che ai fini delle imposte dirette è considerata produttiva di reddito d'impresa, è necessario verificare, analogamente a quanto previsto per i lavoratori autonomi, l'esistenza o meno di un'autonoma organizzazione; inoltre la stessa Corte ha sostenuto che «è evidente che nel caso di una attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione risulterà mancante il presupposto stesso dell'IRAP ... con la conseguente inapplicabilità dell'imposta»;
   il tema, insomma, è particolarmente controverso e, soprattutto per gli agenti di commercio, si presta a innumerevoli interpretazioni, tanto da giustificare, a parere dell'interrogante, un intervento del Governo o dell'Agenzia delle entrate che chiarisca concretamente cosa si debba intendere per organizzazione autonoma –:
   se il Governo intenda intervenire, anche attraverso un provvedimento dell'Agenzia delle entrate, per definire in maniera precisa quali siano gli elementi che configurano, ai fini dell'imposizione IRAP, la cosiddetta «organizzazione autonoma» per la categoria degli agenti di commercio, per i promotori finanziari e per le altre categorie di lavoratori autonomi. (4-16273)


   SCILIPOTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la presidenza Greenspan alla Bank of Federal Reserve è caratterizzata, tra l'altro, anche per l'enorme proliferazione dei derivati che in tutto il mondo sono stimati ora ad almeno 300 trilioni di dollari (stima certamente in difetto) che hanno avuto un ruolo fondamentale nella finanziarizzazione del mondo bancario, delle commodities e più in generale dell'economia;
   i derivati non vanno affatto demonizzati dato che corrispondono ad uno scopo necessario e reale di qualsiasi ente o società, privata o pubblica: quello della copertura dei rischi e di rendere più prevedibile (come nel caso pubblico) il costo del debito. In buona sostanza si tratta né più né meno che una polizza assicurativa, naturalmente se sono utilizzati nella maniera corretta. Tutt'altra cosa è l'abuso di tali strumenti avvenuto, nella grande maggioranza dei casi, per superficialità e impreparazione del soggetto pubblico ed anche privato;
   esistono – ai fini che competono al debito pubblico – due tipologie di derivati: quelli sui tassi per proteggersi o coprirsi se si emettono obbligazioni a tasso variabile o fisso (detti IRS o Interest rate swap) e quelli a fronte di variazioni dei tassi di cambio di valuta estera (cross currency swap). Tali derivati sono over the counter cioè non quotati sulle borse ma negoziate solo dalle parti e quindi di smobilizzo molto difficile in particolare se confezionati su misura;
   le pubbliche amministrazioni hanno posizioni su derivati statali per 160 miliardi di euro (dati del Ministero dell'economia e delle finanze) ma per le altre amministrazioni locali si stimano 50/60 miliardi;
   l'Italia ha chiuso recentemente una posizione (aperta nel 1994) pagando a Morgan Stanley 2,6 miliardi di euro (passata quasi sotto silenzio). Si è saputo di questa notizia unicamente per la pubblicazione di un articolo sul quotidiano finanziario americano Bloomberg (a seguito della segnalazione alla SEC, la Consob degli USA), sempre secondo Bloomberg le perdite potenziali italiane dovrebbero situarsi sopra i 23 miliardi di euro;
   la Banca d'Italia censisce solo le posizioni con le banche nazionali ma la gran parte di questi contratti sono conclusi con banche americane (che sono enormemente più attive nel settore) e restano perciò invisibili;
   recentemente il comune di Milano ha vinto una causa contro 4 banche estere (JP Morgan, Ubs, Depfa e Morgan Stanley) che sono state condannate a rifondere circa 400 milioni di euro per mancanza di consulenza. Vicenda incredibile quest'ultima in cui il comune si ergeva addirittura assicuratore delle banche (tramite un credit default swap) a fronte del fallimento dello Stato;
   molti comuni sono alle prese con questo problema (circa 800 sono gli enti pubblici interessati da questa perversa «finanza creativa»). Uno scandalo di dimensioni enormi ha interessato anche il comune di Roma (e, è cronaca recente, anche la regione Calabria) dove si parla di perdite per 700 milioni di euro, dovrebbero esserci decine di situazioni sotto la lente dei giudici, rispetto a paventati utili per 400 milioni;
   lo schema-tipo prevede che la banca apra un derivato con l'ente e gli paghi un premio (cosiddetto upfront) a fronte dell'apertura del contratto, quello che è accaduto è che a fronte di perdite emerse l'ente anziché chiudere la posizione ha rinegoziato il contratto, per non contabilizzare o far emergere la perdita, aprendo una nuova posizione ma a fronte di un rischio maggiore che solitamente poi si manifesta con perdite sempre maggiori, naturalmente la perdita effettiva ai fini contabili si manifesta alla chiusura del contratto, quasi certamente sotto altra amministrazione;
   non si conosce a tutt'oggi la situazione delle posizioni aperte dalle pubbliche amministrazioni (ad eccezione di quelle statali suddivise in 100 miliardi di Irs, 36 di valutari e 20 di swaption, opzioni queste ultime di entrare in un contratto swap), sarebbe necessario rendere obbligatorio la pubblicazione di tutte le pubbliche amministrazioni e costituire all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze un'unità col duplice compito di monitorare tali posizioni e di fornire la necessaria consulenza, preventiva alla stipula dei contratti e successiva, che è totalmente mancata sinora e che ha portato a concludere contratti quasi al buio e senza spesso indicare casi di nullità per la carenza d'informazione o la redazione di una copia in italiano, trattandosi ormai, per le dimensioni imponenti come quelle di una finanziaria, di un vero e proprio debito pubblico sommerso che deve assolutamente essere monitorato e governato pena l'ulteriore grave deterioramento della finanza pubblica. Inoltre è necessaria la redazione di un regolamento da parte del Ministero dell'economia e delle finanze come suggerito dalla Consob –:
   se esista un elenco delle posizioni aperte da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, non solo quelle statali, suddiviso per amministrazione, per tipologia e per istituto bancario e laddove questo non esista se non ritenga opportuno procedere alla formazione del citato elenco;
   quale sia il valore corrente (fair value) che presentano per l'amministrazione, con le relative plus/minusvalenze, la presenza di clausole contrattuali che rendano oneroso il pagamento per la pubblica amministrazione, corredato della data di conclusione e di scadenza delle clausole contrattuali;
   se vi siano altre trattative in corso tra pubbliche amministrazioni statali e istituti bancari allo scopo di stralciare queste posizioni;
   se non ritenga necessario rendere obbligatoria la pubblicazione delle posizioni in contratti derivati da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e di tutte le pubbliche amministrazioni;
   se non ritenga necessario e improcrastinabile costituire un apposito ufficio all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze con il duplice compito di monitorare le posizioni e di fornire la indispensabile consulenza, che è del tutto mancata sino ad ora e che ha portato ha concludere contratti quasi al buio, trattandosi ormai per le dimensioni imponenti raggiunte, di un vero e proprio debito pubblico sommerso che deve assolutamente essere governato;
   se non si intenda elaborare immediatamente il regolamento come richiesto dalla Consob. (4-16275)


   GALATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il quadro tracciato recentemente dall'Istat nel suo rapporto annuale evidenzia un divario sempre più ampio tra il Nord e il Sud del Paese. Secondo i dati diffusi dall'Istituto nazionale di statistica in Italia, l'occupazione totale è aumentata tra il 1993 e il 2011 di circa 1,7 milioni (+7,8 per cento) ed ha riguardato esclusivamente il centro-nord, mentre nel Mezzogiorno l'occupazione è passata da circa 6,4 a 6,2 milioni. Alla diminuzione del capitale lavoro si associa la drammatica situazione relativa alla soglia di povertà che al Sud, ed in particolare in Calabria, raggiunge livelli record;
   se al Nord l'incidenza della povertà è al 4,9 per cento, sale al 23 per cento al Sud; particolarmente gravi, dunque, risultano le condizioni delle famiglie residenti in Basilicata, Sicilia e Calabria dove, nel 2010, il fenomeno riguarda più di una famiglia su quattro. È inoltre peggiorata la condizione delle famiglie più numerose;
   nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9 per cento delle famiglie con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). Nelle famiglie con almeno un figlio minore l'incidenza della povertà è del 15,9 per cento. Complessivamente sono un milione e 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2 per cento del totale); quasi il 70 per cento risiede nel Mezzogiorno;
   all'assenza di lavoro e alle precarie condizioni economiche si associa, sempre nel Mezzogiorno, una bassa offerta dei servizi, come gli asili nido pubblici, con notevoli differenze nella diffusione territoriale nazionale: otto comuni del Nord-est su dieci dispongono di asili nido, contro due del sud. Nell'anno scolastico 2010-2011, su cento bambini da zero a due anni, gli utenti dei nidi o dei servizi integrativi per la prima infanzia variano da 29,4 in Emilia-Romagna a 2,4 in Calabria, rispetto a una media nazionale di 14;
   un quadro chiaramente a tinte fosche, quello tracciato dall'Istat, che conferma ancora una volta un'Italia che viaggia a due velocità. Si rende quindi necessaria un'attenzione particolare, soprattutto alla politica fiscale, il cui peso potrebbe ancor di più incidere nell'aumento delle distanze tra Nord e Sud –:
   alla luce di quanto descritto in premessa come intenda il Governo garantire una politica di crescita di più ampio respiro che riduca il gap socio-economico fra le diverse aree territoriali nazionale. Sono previsti interventi specifici per le diverse categorie sociali più a rischio, giovani e anziani ? Sempre secondo le rilevazioni Istat, le famiglie numerose sono quelle più colpite dalla crisi, sono previste per queste politiche di sostegno ? (4-16294)


   STRIZZOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni numerosi quotidiani hanno riportato, con abbondanza di dettagli, la notizia che — nell'ambito delle indagini avviate dalla Procura di Milano sulla vicenda popolarmente nota come «Ruby Gate» — sarebbero stati accertati numerosi movimenti di denaro con erogazioni effettuate dal signor Giuseppe Spinelli, uomo di fiducia dell'onorevole Silvio Berlusconi, a favore di un rilevante numero di persone, prevalentemente donne;
   nominativi ed importi, senza che vi siano state smentite, sono stati riportati da diversi giornali suscitando, proprio in un particolare momento di grande difficoltà economica per imprese e famiglie, un diffuso sentimento di indignazione per una vicenda che — al di là dell'esito finale delle indagini giudiziarie — sta contribuendo, ad avviso dell'interrogante, ad aumentare un discredito generalizzato verso le pubbliche istituzioni anche per come è stato utilizzato un ammontare di circa 20 milioni di euro nell'arco di due anni;
   in questo periodo, si sono notevolmente inaspriti i rapporti tra i contribuenti e l'amministrazione finanziaria e ciò anche in conseguenza di una decisa azione di contrasto all'evasione fiscale, avviata su tutto il territorio nazionale, con una pressante richiesta di documentazioni, di incrocio di dati per verificare la veridicità delle dichiarazioni dei redditi e per individuare i possibili evasori –:
   se l'Amministrazione finanziaria, l'Agenzia delle entrate o altra istituzione pubblica preposta ai controlli e alle verifiche sui redditi dei contribuenti, abbiano acquisito i dati finanziari emersi dalle indagini avviate dalla magistratura sul «Ruby Gate», con particolare riferimento a quelli derivanti dalla deposizione del signor Giuseppe Spinelli;
   se, in conseguenza di ciò, l'Amministrazione finanziaria abbia proceduto con le doverose e necessarie azioni per accertare se tutti i numerosi passaggi di denaro siano avvenuti in corretta rispondenza con le dichiarazioni dei redditi dei soggetti «beneficiati» e se vi sia stata osservanza delle disposizioni relative al passaggio di denaro contante e alle altre forme in cui si svolgono le operazioni finanziarie tra contribuenti. (4-16312)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   l'esito dell'ultima consultazione elettorale per il rinnovo del consiglio dell'ordine nazionale dei biologi è stato oggetto di cinque ricorsi promossi ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 24 maggio 1967, n. 369, ricorsi accolti dal consiglio nazionale dei biologi con altrettante pronunce;
   l'ordine nazionale dei biologi e alcuni dei consiglieri eletti hanno impugnato le predette pronunce dinanzi al T.A.R. Lazio-Roma che ha confermato l'annullamento delle elezioni con sentenze del 29 febbraio 2012;
   nelle more era stato nominato, con decreto del 3 novembre 2011, un commissario straordinario, nella persona del professor Lucio Botte;
   il professor Botte, il 27 aprile 2012, ha rassegnato le dimissioni dall'incarico, pubblicando una durissima lettera sul sito dell'ordine nazionale dei biologi con la quale evidenziava di essere stato oggetto di quotidiane intimidazioni, giunte al punto da determinargli uno stato di stress psico-fisico incompatibile con la prosecuzione dell'incarico;
   il professor Botte, più in particolare, ha denunciato le continue diffide tese a impedirgli di concedere l'accesso agli allegati ai bilanci delle passate gestioni, presentate da alcuni biologi in ossequio a quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6029/2011;
   la predetta sentenza ha accertato il diritto dei biologi iscritti all'ordine a ottenere la pubblicazione dei bilanci, fino a quel momento pervicacemente negata, nonché, all'esito dell'esame dei bilanci stessi, dei relativi allegati previa presentazione di nuova e più dettagliata istanza di accesso agli atti;
   tali istanze sono state presentate in data 7 e 15 febbraio 2012; con esse si chiedevano alcuni allegati ai bilanci in ragione delle inspiegabili incongruenze emerse dalla lettura di questi ultimi;
   la signora Giuseppina Comandè, dipendente dell'ordine, è stata nominata responsabile del relativo procedimento ma, ha chiesto un parere legale al professor Giuseppe Barone circa l'accoglibilità delle istanze, malgrado evidentissime ragioni di opportunità sconsigliassero di rivolgersi al professor Barone avendo egli, in passato, infruttuosamente difeso l'ordine proprio nel giudizio che ha condotto alla sentenza del Consiglio di Stato n. 6029/2011;
   il professor Barone ha reso parere negativo nonostante la evidente ricorrenza dei presupposti per concedere il richiesto accesso agli atti;
   anche alla luce delle controdeduzioni rese dall'interessato, il commissario straordinario ha stabilito di concedere il richiesto accesso agli atti;
   in attesa della consegna all'interessato, tali atti sono stati collocati nella cassaforte dell'ordine, la cui chiave era custodita dalla sola signora Giuseppina Comandè;
   la signora Comandè ha negato la consegna delle chiavi al commissario straordinario per circa venti giorni, rendendo inutili gli accessi effettuati per ben quattro volte dal delegato dell'interessato e dal suo avvocato, fino a quando il professor Botte non ha presentato denuncia alle competenti autorità;
   solo dopo la presentazione di tale denuncia la signora Comandè si è resa disponibile a consegnare le chiavi della cassaforte che veniva aperta alla presenza di un notaio in data 16 maggio 2012; in quella occasione è emersa la circostanza che le chiavi di riserva della cassaforte, che avrebbero dovuto essere all'interno della stessa, in realtà erano sparite, mentre erano presenti i suddetti documenti;
   delle relative operazioni è stato redatto apposito verbale;
   la mattina successiva, data in cui era stato fissato l'appuntamento per la consegna degli atti, il commissario straordinario ha constatato che i predetti documenti erano stati sottratti dalla cassaforte;
   il professor Botte, a questo punto, con un ordine di servizio, ha invitato il signor Angelo Abrugia a estrarre dal server i bilanci relativi agli anni 2004-2005;
   il signor Abrugia si è dapprima rifiutato di ottemperare all'ordine di servizio per poi rendersi disponibile a eseguirlo, ma durante l'utilizzo del software ha riferito che, per problemi tecnici, dal server non era possibile accedere all'archivio;
   interpellato dal commissario straordinario, l'informatico dell'ordine, signor Giuseppe Cuoco, ha riferito che lo stato off-line del server era da attribuire, a dire dei responsabili della società proprietaria, ad una presunta intrusione nei loro sistemi;
   a tutt'oggi, dunque, non è stato possibile accedere agli allegati ai bilanci;
   l'Ordine aveva conferito incarico a un legale di recuperare somme erogate senza alcuna giustificazione a vari soggetti, inclusi parenti di alcuni consiglieri dell'Ordine e suoi dipendenti (fra i quali la signora Comandè), per un ammontare di circa due milioni di euro;
   dalla relazione inviata dal predetto legale al commissario straordinario è emerso che l'ordine nazionale dei biologi, ha richiesto al predetto legale, di soprassedere dal recuperare tali somme nei confronti di alcuni soltanto dei predetti soggetti, malgrado gli importi percepiti superassero gli ottocentomila euro in un caso, e i trecentomila in un altro (tali ultime somme, peraltro, erano state erogate a favore dell'ex Presidente del consiglio dell'ordine, dottor Ernesto Landi, e di sua figlia);
   la procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha avviato indagini a carico di alcuni ex consiglieri dell'ordine per la gestione delle casse sociali (pubblico ministero dottoressa Golfieri) nonché per le modalità attraverso cui si sono tenute le scorse elezioni;
   prima di tali ultimi avvenimenti, il professor Botte era stato oggetto di un'aggressione da parte di ignoti non appena uscito dai locali dell'ordine, a seguito della quale ha perso conoscenza ed ha subìto diverse escoriazioni –:
   se sia a conoscenza di tali fatti e se ritenga necessario intervenire, nell'esercizio del potere di vigilanza sull'ordine nazionale dei biologi, per fare chiarezza sull'accaduto e, soprattutto, per verificare i motivi per i quali vi è tanta insistenza nel negare l'accesso agli atti da cui emergono le modalità di gestione dell'ordine nazionale dei biologi degli ultimi anni.
(2-01515) «Moffa».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOUADI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere — premesso che:
   con la legge 14 settembre 2011, n. 148, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo il Governo ha ricevuto la delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
   con l'articolo 2, in particolare sono stati fissati gli obiettivi della delega. Per quanto interessa il presente atto di sindacato ispettivo, il Governo è stato autorizzato a:
    a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
    b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane (...);
    d) procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b.
    e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell'attuazione di quanto previsto dalle lettere a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni (...);
    m) prevedere che il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace venga riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento presso la sede di tribunale o di procura limitrofa e la restante parte presso l'ufficio del giudice di pace presso cui sono trasferite le funzioni delle sedi soppresse;»
   il risultato finale dell'operazione di revisione previsto dalla legge delega, per quanto riguarda una sezione distaccata di tribunale, può essere pertanto: il mantenimento della stessa, ovvero la soppressione mediante accorpamento ad uno dei tribunali ad essa limitrofi;
   non è stata quindi prevista una soppressione generalizzata delle sezioni distaccate di tribunale (quale è quella di Ostia) bensì una selezione mirata che tenga conto dei seguenti fattori: estensione del territorio; numero degli abitanti; carichi di lavoro; indice delle sopravvenienze; specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; tasso d'impatto della criminalità organizzata;
   il Governo ha dato avvio alle disposizioni di cui sopra conferendo mandato ad una commissione Consultiva di studio presso il Ministero di giustizia che di recente ha completato i propri lavori e depositato una relazione che prende posizione anche in merito alle sezioni distaccate di tribunale e, in particolare, viene prospettata la possibilità che 160 sezioni distaccate di tribunale su un totale di 220 siano suscettibili di soppressione. Non è stato però pubblicato, per dichiarate ragioni di opportunità, un elenco ufficiale di tali sedi. Non è dato quindi sapere quale sorte, a giudizio della commissione, debba essere riservata alla sezione di Ostia anche se, con una nota a piè di pagina, viene ipotizzato un possibile accorpamento come è avvenuto già per Fiumicino (..,). Le ragioni per le quali sia stata avanzata questa ipotesi tuttavia sfuggono, non essendo confortate dai parametri individuati dalla Commissione stessa;
   sono stati infatti elaborati due valori soglia al di sotto dei quali si suggerisce la soppressione di una sezione distaccata. Il primo valore riguarda il bacino degli abitanti serviti dalla sezione, che non deve essere inferiore a n. 85.490,6. Il secondo valore riguarda le sopravvenienze per anno che non debbono essere inferiori a n. 2269;
   la sezione distaccata di Ostia ha competenza su un bacino di utenza corrispondente al territorio del XIII municipio di Roma Capitale e quindi su circa 300.000 abitanti effettivi (226.084 residenti ufficiali, secondo quanto attestato dal portale web di Roma Capitale);
   quanto alle sopravvenienze va premesso che la commissione consultiva ha preso in considerazione il quinquennio 2006-2010. Al fine del rilevamento per la sezione distaccata di Ostia, sul secondo valore soglia, quello relativo alle sopravvenienze, si ricava che il valore medio per anno del quinquennio 2006-2010 per la sezione distaccata di Ostia è di 3.525. In particolare: cause e procedimenti civili: 9.382; esecuzioni immobiliari: 835; esecuzioni mobiliare: 3.468; procedimenti penali: 3.941; totale: 17.625 che, diviso per i cinque anni cinque, fa appunto 3.525;
   ne consegue che, sulla base dei valori soglia elaborati dalla commissione ministeriale la sezione distaccata di Ostia supera grandemente i limiti minimi ritenuti indispensabili per la sopravvivenza, sia sotto il profilo del bacino di utenza – vale a dire del numero di popolazione servita – e sia sotto il profilo del carico di lavoro che sopravviene annualmente, parametrato al quinquennio 2006-2010, come indicato dalla commissione;
   ulteriore conseguenza di quanto precede è che, non rientrando la sezione distaccata di Ostia fra le sezioni distaccate che in base ai parametri elaborati dalla commissione dovrebbero essere soppresse, non vi è alcuna ragione per disporre l'accorpamento del suo territorio ad altro tribunale;
   la possibilità di accorpamento del territorio della sezione distaccata di Ostia che corrisponde a quello del XIII municipio di Roma Capitale è stata peraltro già esaminata e ritenuta inappropriata ed inopportuna dal Governo, come si legge diffusamente nello schema di accompagnamento al decreto legislativo n. 491 del 1999;
   la sezione distaccata di Ostia ha dimostrato inoltre un'esemplare efficienza con indici di smaltimento altissimi che hanno prodotto nel biennio 2010-2011 – caso unico nel distretto di Roma e anche attraverso un utilizzo intenso della mediazione delegata – un decremento delle pendenze del -32 per cento, come attestato dal presidente della corte di appello di Roma dottor Giorgio Santacroce nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario 2012;
   la sezione distaccata di Ostia opera attivamente in un territorio ad alto rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata – come le cronache attestano da tempo – condizione che rende particolarmente importante la presenza in loco di un presidio dello Stato dove si celebrano convalide di arresti e processi penali anche nei confronti della manovalanza della criminalità organizzata;
   in particolare, il territorio di Ostia è interessato dal traffico di stupefacenti (anche per la vicinanza dell'aeroporto di Fiumicino), dall'usura ed in genere dai reati contro il patrimonio, con competenze di legge molto estese, sia giurisdizionali in senso proprio e sia amministrative e contabili, nel civile e nel penale, nella volontaria giurisdizione e negli affari di competenza del giudice tutelare (in particolare, per le amministrazioni di sostegno), nelle esecuzioni mobiliari ed immobiliari, con competenze autonome (rispetto alla Sede Principale di Roma) in ordine alla gestione del campione civile e penale, delle schede e del cancellario, del gratuito patrocinio, dei rapporti diretti con altre autorità giudiziarie (in particolare, vi è un presidio di procura con due addetti che fungono da raccordo fra le attività penali della Sezione e la Procura della Repubblica di Roma), del gratuito patrocinio e del recupero delle spese per l'erario, dell'organizzazione e della gestione dei beni dell'ufficio per le quali sono stati nominati sub-consegnatari (di cancelleria e degli ufficiali giudiziari) distinti da quelli della sede principale di Roma;
   è evidente quindi che la sezione distaccata di Ostia può costituire un esempio da imitare per il decongestionamento dei tribunali metropolitani, fra cui quello di Roma, non una realtà da sopprimere –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   se non ravveda la necessità di chiarire il destino della sezione distaccata di Ostia del tribunale di Roma e, in particolare, di escludere una sua soppressione o accorpamento con altra sede. (5-06942)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 24 maggio 2012, un detenuto italiano di 28 anni sarebbe morto all'interno della sua cella nel carcere di Latina;
   stando alle prime notizie diffuse dalla stampa, l'uomo – un 28enne originario di Gaeta con problemi legati all'uso di sostanze stupefacenti – era appena stato arrestato per il furto di un portafogli e trasferito in serata nel carcere di Latina. Subito dopo il suo ingresso nel penitenziario il detenuto aveva accusato dei dolori ad un fianco, era stato visitato e gli era stato somministrato un antidolorifico. Ad accorgersi del decesso, sarebbe stato il compagno di cella che rientrando dall'ora d'aria lo ha trovato esanime;
   la notizia del decesso è stata diffusa dal Garante regionale per i diritti dei detenuti, avvocato Angiolo Marroni, il quale ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Dalle informazioni in mio possesso è stato fatto tutto il possibile per salvare la vita di quest'uomo e, dunque, non mi sembra vi siano addebiti specifici da fare, anche se spetterà alla magistratura fare chiarezza anche attraverso una eventuale autopsia. Ma, al di là di questa tragedia, l'ennesima dall'inizio dell'anno nelle carceri della regione, mi preoccupa la situazione della struttura di Latina. Un carcere con evidenti problemi strutturali aggravati dalle gravi carenze di organico della polizia penitenziaria e, soprattutto da un sovraffollamento record: oggi i detenuti erano 193 a fronte di una capienza regolamentare di 86 posti. Da mesi il saldo fra chi entra e chi esce dal carcere è negativo e, ormai da giorni, una ventina di detenuti devono dormire per terra per mancanza di spazi. In queste condizioni diventa problematico non solo salvare vite, ma anche garantire condizioni minime di vivibilità»;
   si tratta del settimo decesso dall'inizio dell'anno nelle carceri della regione Lazio: prima di questo, cinque altri decessi erano stati registrati a Roma ed uno a Viterbo –:
   quali siano le cause che hanno provocato il decesso dell'uomo;
   con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto rinvenuto cadavere nella sua cella;
   se il detenuto morto fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se al momento del decesso all'interno del carcere fosse presente il medico di turno;
   quali provvedimenti urgenti si intendano adottare al fine di contrastare il grave e preoccupante sovraffollamento che si registra nel carcere di Latina. (4-16284)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA il 24 maggio 2012, Calogero Costa, 42enne di Borgo Ticino, si è tolto la vita nella sua cella nel carcere di Novara;
   a quanto pare, l'uomo si è tolto il cordino che sosteneva i pantaloni della tuta, se l’è stretto attorno al collo e poi ha legato l'altro capo alla brandina e si è lasciato cadere per terra –:
   se e come il giorno del suicidio fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se, con riferimento al suicidio del detenuto, non siano ravvisabili profili di responsabilità amministrativa o disciplinare in capo al personale penitenziario;
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Novara;
   con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
   se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se nel corso della detenzione il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   se sia vero che il detenuto si trovasse in isolamento e, in caso di risposta affermativa, per quali motivo sia stato adottato questo provvedimento. (4-16285)


   SCILIPOTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso la segreteria dell'interrogante è giunta una lettera datata 23 marzo 2012 inviata dal signor S.D.G. nella quale, si segnalavano le seguenti vicissitudini:
   «La presente per richiedere un intervento parlamentare a favore di migliaia di cittadini in attesa di provvedimenti giudiziari a seguito di cause relative a risarcimenti danni da incidenti stradali le quali, affidate a giudici di pace che portano a termine tali cause per anni, fanno passare altri anni per il relativo deposito del provvedimento senza che il cittadino riesca ad avere alcuna comunicazione sull'esito finale;
   nel caso specifico, ma emblematico di una enorme quantità di cittadini nella stessa situazione, per un incidente stradale avvenuto il 14 dicembre 2006 tra un conducente e la vettura di mia moglie, incidentata con danni pagati di ca. euro 3.500,00 oltre visite mediche e lastre per dolori vari, nonostante la inequivocabile ragione della stessa e l'affido della pratica ad uno studio di consulenze assicurative di Roma, la causa affidata al giudice di pace Dottor Angelo Mandetta (ruolo nr. 92831/2007) è andata avanti per anni fino ad arrivare al giugno 2011 per poter andare a sentenza;
   già a novembre 2009 è stata richiesta perizia CTU (pagata 489,00 euro) e che secondo me è stata scritta a tavolino senza neanche recarsi sul luogo del sinistro;
   trovato su internet lo storico del fascicolo di mia competenza leggo in data 7 giugno 2011: in decisione senza fissazione termini;
   inutili sono stati i tentativi di avere notizie sia dagli enti preposti (Ministro della giustizia) che dagli uffici del giudice di pace di Via Teulada Roma in quanto la risposta ricorrente era sempre la stessa: troppa mole di lavoro e pratica in attesa di deposito provvedimenti;
   interpellato il coordinatore della cancelleria del tribunale per vedere se possibile ritrovare il fascicolo e sapere quantomeno che tipo di decisione ha preso il giudice Mandetta, mi risponde che non è possibile una cosa del genere; mi rivolgo agli avvocati che stanno seguendo la pratica, ormai stanco di aspettare oltre 5 anni, e mi dicono che bisogna solo aspettare senza sapere se passeranno altri mesi o anni e che loro non possono farci nulla;
   ad oggi nessuno è in grado di dare risposte di alcun tipo e non si sa quando questa storia avrà una fine;
   così concludeva la lettera del signor S.D.G. inviata all'interrogante –:
   quali iniziative, anche normative, si intendano proporre per garantire un periodo certo per la conclusione di cause di tal genere e per rafforzare i diritti dei cittadini di essere informati sullo svolgimento dei propri procedimenti. (4-16291)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 25 maggio 2012, poco dopo mezzanotte, un uomo, di circa 50 anni, ristretto nel carcere fiorentino di Sollicciano e in attesa di giudizio per tentata rapina si è ucciso nel bagno della sua cella;
   la notizia è stata diffusa dal Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe). L'uomo si sarebbe impiccato nel bagno della sua cella, utilizzando un lenzuolo;
   nel carcere di Sollicciano attualmente sono stipati più di mille detenuti, il doppio della capienza regolamentare. Per questo motivo Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze, ha avviato uno sciopero della fame di qualche giorno con l'intento di formare «una catena» che veda impegnati anche gli altri garanti ed esponenti del volontariato e delle associazioni;
   il 23 gennaio 2012, lo stesso Ministro della giustizia, uscendo dal carcere di Sollicciano dove si era recato in visita, rilasciò la seguente dichiarazione: «Il carcere è, sì, un luogo di espiazione ma che non deve perdere di vista i diritti dell'uomo. L'uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato. Oggi invece il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione che deve portare invece alla rieducazione. Con i detenuti di Sollicciano abbiamo anche pensato al cammino che si sta percorrendo, che vorrebbe mettere insieme un insieme di piccole misure. Che, però, tutte riunite potrebbero dare un sollievo alla situazione carceraria. Quello che si deve fare in una proiezione futura è mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione. Che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l'ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere. Un rovesciamento di proporzioni: è normale la misura alternativa al carcere, il carcere deve rappresentare una misura eccezionale, che come tale deve essere espressamente motivata. Ciò non vuol dire dare la libertà a tutti o negare le esigenze di difesa sociale, ma vuol dire riservare il carcere alle sole situazioni nelle quali le esigenze di difesa sociale prevalgono su quelle di un'alternativa alla carcerazione» –:
   se e come il 25 maggio 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se con riferimento al suicidio del detenuto non siano ravvisabili profili di responsabilità amministrativa o disciplinare in capo al personale penitenziario;
   quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Sollicciano;
   con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
   se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
   se, nel corso della detenzione, il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo calo, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
   quali siano le condizioni umane e sociali del carcere di Sollicciano, in particolare se non ritenga di assumere — coerentemente con quanto dichiarato il 23 gennaio all'uscita dall'istituto penitenziario fiorentino — sollecite, mirate ed efficaci iniziative volte a instaurare condizioni rispondenti ai parametri di legalità contenuti nel nostro ordinamento. (4-16302)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal quotidiano Il Piccolo del 24 maggio 2012, nel carcere di Gorizia vi sarebbe una vera e propria emergenza sanitaria a causa delle gravi carenze che si registrano nel sistema di assistenza sanitaria, il che avviene in una struttura che peraltro è interessata anche da patologie importanti quali epatite e tubercolosi. Anche il supporto psicologico risulta inadeguato, dato che solo per 12 ore al mese, e per tutti i 42 detenuti, sarebbe a disposizione uno psicologo –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
   se non ritengano di dover promuovere, negli ambiti di rispettiva competenza, un'accurata visita medica a tutte le persone recluse all'interno del carcere in questione;
   quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di prevenire il rischio della diffusione della epatite e della tubercolosi tra i detenuti del carcere di Gorizia;
   a quando risalga e cosa vi sia scritto nell'ultima relazione che la ASL di competenza deve fare in merito alle condizioni igienico-sanitarie del carcere di Gorizia;
   se non si intenda intervenire immediatamente, per quanto di competenza, affinché l'assistenza sanitaria necessaria all'interno del carcere di Gorizia sia garantita h24;
   cosa si intenda fare, infine, per colmare la carenza di organico degli psicologi. (4-16308)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, un nordafricano di 32 anni, fino a un mese e mezzo fa ristretto nel carcere di Vicenza, e poi scarcerato, sarebbe risultato affetto da tubercolosi;
   la vicenda ha fatto esplodere la preoccupazione fra gli agenti di polizia penitenziaria che lavorano all'interno della casa circondariale di San Pio X, anche perché Stefano Tolio, dirigente dell'unità operativa di sanità penitenziaria dell'Ulss, ha disposto le visite mediche per i 30 detenuti ritenuti più a rischio per essere venuti a contatto con l'extracomunitario (sono i 16 compagni di cella che si sono alternati accanto a lui nei 6 mesi in cui è rimasto a Vicenza, ma anche altri 14 reclusi che lo hanno affiancato nelle lezioni della scuola interna);
   l'agente scelto Francesco Colacino, segretario nazionale del sindacato Cnpp, Coordinamento della polizia penitenziaria, ha dichiarato: «Come si fa a restare tranquilli dinanzi a una notizia del genere ? Ai controlli fatti fra i colleghi del carcere di Verona il 30 per cento del personale è risultato positivo al virus della tubercolosi. Qui c’è gente sposata, ci sono padri di famiglia. Ovvio che si pensa al contagio, al pericolo di infettare moglie e figli. Vogliamo capire quale sia il rischio, ma soprattutto chiediamo che lo screening si faccia subito. Invece, ci parlano di settembre»;
   secondo quanto riferito dal dottor Tolio, non sarebbe il caso di fare allarmismo: «Capisco il panico che la notizia può aver generato ma la situazione è sotto controllo. Noi sapevamo del problema, due giorni fa io e il collega infettivologo Vinicio Manfrin avevamo riferito al direttore del carcere, e si era già deciso cosa fare. Dovevamo dare delle priorità e abbiamo scelto subito coloro che rischiano di più, anche perché a giugno, in base a un protocollo regionale, faremo uno screening sistematico a tutta la popolazione carceraria. Stiamo solo aspettando che arrivi l'apparecchio radiologico portatile che l'Ulss ha acquistato» –:
   se il Governo non intenda intervenire al più presto, per quanto di competenza, affinché il personale di polizia penitenziaria e i detenuti siano accuratamente controllati attraverso uno screening celere ed immediato, il tutto al fine di scongiurare il diffondersi della tubercolosi. (4-16311)


   SPOSETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si sta celebrando avanti la prima sezione della corte di assise di Milano il processo a carico di Emanuele Cipriani ed altri (cosiddetto processo alla «Security Telecom», numero di Ruolo Generale Notizie di Reato 25194/08 mod. 21), imputati, a vario titolo, per numerose ipotesi di corruzione di pubblici ufficiali, peculato, rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, rivelazione di notizie coperte dal segreto;
   l'udienza del 9 maggio 2012 – cui l'interrogante ha assistito personalmente – è stata dedicata all'esame, tra gli altri, del testimone Cap. Piero Vincenti, all'epoca dei fatti in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria aliquota carabinieri e Nucleo operativo reparto operativo comando provinciale dei Carabinieri di Milano, che su delega della procura della Repubblica di Milano ha condotto le indagini sul materiale informatico e documentale sequestrato all'investigatore privato Emanuele Cipriani nel corso di una serie di perquisizioni presso gli uffici della società Polis D'Istinto;
   nel corso dell'esame testimoniale il teste ha riferito di aver personalmente effettuato la stampa di tutti i documenti – circa 25.000 pagine – contenuti in un DVD sequestrato al Cipriani, che successivamente per motivi di riservatezza vennero custoditi all'interno di una cassaforte degli uffici giudiziari di Milano, dalla quale di volta in volta venivano prelevati al fine di verificarne la rilevanza per le indagini in corso;
   il teste ha altresì riferito di aver personalmente esaminato tutta la predetta documentazione in esecuzione dell'incarico delegato, ad eccezione di quattro dossier che all'indomani della stampa vennero prelevati dal o dai pubblici ministeri assegnatari del fascicolo di indagine dalla cassaforte della procura della Repubblica nella quale erano collocati, per essere utilizzati in non meglio precisati «altri procedimenti penali» e di non aver più avuto in seguito occasione di esaminarne il contenuto al fine di accertare l'eventuale commissione di reati per la loro compilazione o per la presenza di notizie riservate;
   il Cap. Vincenti ha infine precisato che tra i quattro dossier prelevati vi era anche quello denominato «Operazione Fondo», relativo ad una attività di intelligence condotta dall'investigatore Emanuele Cipriani su un Fondo di Investimento denominato «Oak Fund», con sede presso le Isole Grand Cayman, presuntivamente collegato o riconducibile all'allora Partito dei democratici di sinistra o ad alcuni dei suoi più alti dirigenti, tra le cui pagine ve ne erano alcune contenenti la traccia contabile di un passaggio di denaro (il teste ha riferito circa dieci milioni di dollari), che sarebbe transitato dall'estero in Italia nella disponibilità «del cassiere del partito»;
   tra i documenti depositati come corpo di reato dalla pubblica accusa agli atti del processo Telecom, non si rinviene traccia di siffatta documentazione contabile;
   ove mai quanto riferito dal testimone fosse corretto, sarebbero evidenti i profili penali di un'operazione di importazione di capitale di provenienza sospetta dall'estero;
   nessuno dei tesorieri del Partito dei democratici di sinistra o del partito Democratici di sinistra ha mai ricevuto un'informazione di garanzia per le ipotesi di reato di riciclaggio o impiego illecito di capitali provenienti dall'estero;
   è interesse dell'interrogante avere piena contezza della documentazione contabile citata dal testimone, sulla cui esistenza, destinazione ed utilizzo da parte della procura della Repubblica di Milano è opportuno si faccia piena luce, affinché possa essere pienamente garantito il rispetto degli articoli 111 e 112 della Costituzione in materia di giusto processo ed esercizio obbligatorio dell'azione penale –:
   se non intenda adottare iniziative ispettive ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare. (4-16313)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni si registra il verificarsi di disservizi presso l'aeroporto di Venezia «Marco Polo», gestita dalla società SAVE Spa. Una situazione contrassegnata da ritardi ai varchi, con inevitabili momenti di tensione e proteste dei viaggiatori;
   la causa del disservizio è da collegarsi all'avvio di quello che lo stesso amministratore delegato di SAVE SpA, Enrico Marchi, ha definito come «sciopero degli investimenti»;
   come riportato dagli organi di stampa locali, l'amministratore delegato Marchi, nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 18 maggio 2012, ha infatti annunciato il blocco delle assunzioni del personale addetto ai varchi di sicurezza in segno di protesta contro la mancata concessione degli aumenti tariffari, «fermi da undici anni» e contro la «inaccettabile vicenda che sta bloccando, nei rimpalli dei Ministeri, la firma del contratto di programma necessario ad ottenerli»;
   l'iniziativa dell'ente gestore viene anche riassunta e comunicata all'utenza tramite la diffusione di volantini che riportano la seguente frase: «Ci scusiamo con i passeggeri costretti a subire disagi a causa delle azioni oggi intraprese dal gestore, che sono mirate a sensibilizzare le autorità, con le quali non è nemmeno più possibile dialogare»;
   sul fronte delle organizzazioni sindacali, Filt Cgil ha scritto al prefetto di Venezia e alla Commissione di vigilanza nazionale, che sovrintende sui servizi pubblici, per segnalare questi «disservizi importanti: le persone non possono attendere ore perdendo il volo perché i varchi non sono in funzione. Abbiamo chiesto un intervento agli enti preposti, perché per non si configura l'interruzione di pubblico servizio»;
   in data 23 maggio 2012, Enac ha comunicato l'avvio di «urgenti accertamenti per capire se SAVE abbia ridotto temporaneamente la capacità dello scalo: se così fosse – viene riportato in una nota – SAVE non starebbe ottemperando a impegni assunti con l'Enac e con gli operatori dello scalo, determinando disservizi ai passeggeri»;
   lo stesso direttore Enac dello scalo veneziano, Valerio Bonato, ha dichiarato che «la possibile revoca alla concessionaria SAVE non è una mia decisione personale, ma solamente l'effetto delle inopinate riduzioni della clerance aeroportuale, prevista dal programma già concordato...»;
   in tutta risposta, l'a.d. di SAVE Enrico Marchi, minaccia di ricorrere alla Corte europea «per ottenere il rispetto dei miei diritti e della società che presiedo»;
   non è accettabile che l'attuale situazione di stallo, conclamatasi con l'avvio dello «sciopero degli investimenti» da parte dell'ente gestore del «Marco Polo», venga fatta pagare all'utenza in termini di forti disagi all'interno di quello che è uno dei maggiori scali aeroportuali nazionali;
   l'approssimarsi della stagione estiva impone un rafforzamento delle strutture operative, pena l'impossibilità di garantire adeguati servizi ai passeggeri, con un potenziale danno anche per l'economia turistica veneziana –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione, quali siano i suoi orientamenti in proposito e se nell'ambito delle sue competenze e prerogative, non intenda intervenire, e con quali modalità, per consentire l'immediato ritorno ad un regime di normalità per quanto concerne l'erogazione di servizi all'interno dello scalo aeroportuale «Marco Polo» di Venezia.
(4-16304)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei centri di identificazione ed espulsione del nostro Paese è emergenziale, come già denunciato dalla Commissione ministeriale De Mistura nel 2007;
   tale situazione si è aggravata a seguito dell'entrata in vigore delle norme, promosse dal precedente Governo, che hanno prolungato da 6 a 18 mesi il tempo di permanenza nei centri d'identificazione e di espulsione. Contribuisce ad un clima di rinnovata tensione anche l'utilizzo dei Centri di identificazione ed espulsione dopo la fine della detenzione penitenziaria, sempre al fine di quella identificazione che non si è riuscita a garantire nelle strutture carcerarie, con spostamenti da una parte all'altra del territorio nazionale, con la conseguente perdita di contatti, di opportunità di difesa legale, e di possibilità di cura;
   la direttiva 2008/115/CE (cosiddetta direttiva rimpatri) impone di considerare le misure di privazione della libertà come estrema ratio, e dunque solo dopo aver esperito tutte le altre modalità di rimpatrio degli stranieri irregolari, con preferenza per il rimpatrio volontario; l'attuazione della direttiva in Italia, attraverso la legge n. 129 del 2011, costituisce una trasposizione parziale del dettato comunitario, ed andrebbe corretta integrando il quadro normativo nazionale con norme che prevedano anche il caso in cui risulti evidente l'impossibilità definitiva di rimpatrio a seguito della mancata identificazione (ipotesi prevista dalla direttiva comunitaria, ma non disciplinata dal legislatore nazionale). In questi casi, non appare conforme trattenere gli immigrati nei Centri di identificazioni ed espulsione, attraverso successive convalide, per un periodo superiore a sei mesi;
   in data 24 aprile 2012, l'interrogante ha fatto visita al Centro di identificazione ed espulsione di contrada Milo, a Trapani, nell'ambito dell'iniziativa «LasciateCiEntrare», campagna di mobilitazione in Italia e in Europa contro le detenzioni amministrative;
   il Centro di identificazione ed espulsione si è presentato all'interrogante, e alla delegazione che l'ha accompagnata, come «un super carcere». Colpisce la situazione di estremo degrado strutturale e igienico e sanitario. Le stanze, sporche, maleodoranti e spoglie, contengono ognuna sei brandine, alcune fornite di lenzuola usa e getta e cuscini, altre invece sprovviste. I bagni, privi di porte, non hanno docce funzionanti. Gli impianti idrici sono difettosi, e la delegazione ha riscontrato mancanza d'acqua in uno dei padiglioni. I sistemi di condizionamento sono rotti e non vi sono televisori. La struttura è priva di sala mensa, e ai migranti, aperto un cancello, viene fornito un sacchetto di plastica con dentro il cibo, di cui lamentano la qualità e la scarsità, che viene consumato a terra. La distribuzione del cibo avviene in palese contrasto con la normativa vigente: il camioncino che li trasporta non è a norma, mancano i contenitori termici, sulle vaschette non è apposta la prevista etichetta con indicazioni sulla manipolazione e preparazione. I migranti sono costretti a consumare il cibo per terra. L'assurda disposizione degli spazi crea disagio e tensione e rende difficile la vita dei migranti ma anche quella delle forze dell'ordine. Nonostante le rassicurazioni del medico, che ha definito la situazione sanitaria «d'eccellenza», la delegazione ha riscontrato una evidente violazione del diritto alla salute, che si manifesta sia per la carenza di strumentazioni d'urgenza, sia per l'incuria a cui sono abbandonati i malati: un ragazzo col braccio lesionato aspetta da quattro mesi di essere visitato, un altro dovrebbe essere operato a un occhio, tre cardiopatici non ricevono l'assistenza necessaria. Il medico ha anche riferito che ci sono stati negli ultimi tempi ben 50 atti di autolesionismo e alcuni tentativi di suicidio;
   in data 11 maggio 2012, l'interrogante, accompagnata da un'altra delegazione, ha fatto visita al centro di identificazione ed espulsione Serraino Vulpitta di Trapani;
   ciò che ha colpito sin da subito l'interrogante e la delegazione è la struttura che ospita il Centro di identificazione ed espulsione: una palazzina a tre piani in cui il centro è separato da una rete metallica dalla struttura della casa di riposo, ancora attiva per gli anziani. La differenza è visibile a occhio nudo. Alle finestre del Centro di identificazione ed espulsione ci sono inferriate strette e arrugginite. Quelle della casa di riposo sono adornate con vasetti di fiori. Più in generale si può dire che la struttura è inadeguata ad assicurare standard accettabili di sicurezza e condizioni di vita minimamente dignitose ai trattenuti. Nel corso della visita l'interrogante viene informata della prossima chiusura del centro per ristrutturazione, la struttura è fatiscente, in stato di degrado (specialmente quella abitata dai detenuti), mancano in quasi tutte le stanze i vetri delle imposte (esclusi gli uffici e la sala audizioni dove si riunisce la commissione territoriale). Per questa ragione i detenuti lamentano freddo e zanzare e appongono asciugamani e pezze alla finestre. Rispetto ai tempi di ristrutturazione della struttura, tuttavia, le informazioni sono contraddittorie. La direttrice ha informato la delegazione che gli ospiti sono 41, ma in realtà il numero potrebbe superare la cinquantina: il Centro di identificazione ed espulsione Vulpitta funziona anche come centro di transito di immigrati in attesa di essere rimpatriati in esecuzione di provvedimenti di respingimento, provvedimenti che non attesa vengano adottati e notificati nel rispetto delle norme di legge, e soprattutto dell'articolo 13 del regolamento «frontiere Schengen» che impone precisi oneri procedurali a garanzia dei diritti delle persone da allontanare dal territorio nazionale. 15 egiziani, probabilmente non identificati, sono stati rinvenuti il giorno della visita, chiusi in una piccola stanza, probabilmente in attesa del rimpatrio. Gli immigrati reclusi sono quasi tutti ex carcerati, alcuni richiedenti asilo, di nazionalità: tunisina, egiziana, marocchina, albanese, ivoriana, palestinese. Tra gli egiziani c’è un cristiano copto richiedente asilo e, nell'altro stanzone, un ivoriano anch'egli richiedente asilo; non si comprende perché siano stati trasferiti nel Centro di identificazione ed espulsione piuttosto che in un CARA. All'interno della struttura non c’è un refettorio e il catering è esterno: il cibo arriva tre volte al giorno. La distribuzione del cibo avviene in palese contrasto con la normativa vigente, mancano i contenitori termici, sulle vaschette non è apposta la prevista etichetta con indicazioni sulla manipolazione e preparazione. I migranti sono costretti a consumare il cibo per terra. Molti detenuti sono affetti da patologie, tra cui forti depressioni. Frequenti i gesti di autolesionismo e suicidio. I bagni sono rotti, perdono acqua, la scarsa igiene e promiscuità va a discapito della salute dei reclusi. Molti immigrati provengono da carceri di tutta Italia, molti non hanno un avvocato in Sicilia; chi adesso ha nominato un legale del foro di Trapani comunque non riesce ad essere adeguatamente difeso. Questo centro è diventato negli ultimi mesi un collettore per il transito di centinaia di tunisini irregolari in attesa di essere imbarcati sui voli da Palermo per Tunisi. Il prolungamento del periodo di trattenimento fino a diciotto mesi ha reso la situazione ancora più difficile anche per chi lavora nel centro: sia per gli uomini della cooperativa sia per le forze dell'ordine chiamate sempre più spesso ad intervenire per sedare tentativi di fuga e proteste. Proteste spesso innescate dalle precarie condizioni igienico-sanitarie e dalla scarsa qualità del cibo. Alcuni migranti egiziani hanno raccontato di aver fatto richiesta d'asilo, dicono che sia stata la prima cosa che hanno detto al loro arrivo, ma probabilmente gli è stato notificato contestualmente il provvedimento di espulsione. Soltanto così si riesce a giustificare la loro presenza all'interno del Centro di identificazione ed espulsione, Una procedura ad avviso dell'interrogante al limite del lecito che li costringerà a restare rinchiusi nel centro chissà per quarto tempo;
   dalle visite dell'interrogante emerge come nei Centri di identificazione ed espulsione siano reclusi molti ex detenuti che hanno scontato la pena senza essere identificati. La questione della mancata identificazione di chi è passato dal carcere, si configura a giudizio dell'interrogante come una doppia pena non prevista dalla nostra legislazione;
   i migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione, pur essendo di fatto sottoposti a misure restrittive della libertà di circolazione, non possono, d'altro canto, avere accessi a nessuna delle attività che vengono previste, ad esempio, dall'ordinamento penitenziario: non è possibile nessuna attività lavorativa né formativa né, per il momento, ricreativa, con il risultato di dare vita a delle «polveriere» la cui difficilissima, se non impossibile gestione, è praticamente del tutto delegata alle forze dell'ordine e alle pochissime organizzazioni ammesse all'accesso;
   come rilevato dal rapporto stilato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato (approvato e pubblicato il 6 marzo 2012) la gestione dei centri di trattenimento degli stranieri sembra essere ancora del tutto orientata verso un approccio emergenziale, non rispettoso degli standard minimi previsti dalle norme interne e dalle convenzioni internazionali a tutela di tutte le persone migranti comunque private della libertà personale in vista del loro successivo allontanamento dal territorio nazionale;
   il rapporto di Medici senza frontiere sui centri per migranti centri di identificazione ed espulsione, centri di accoglienza richiedenti asilo e centri di accoglienza (2010) rivela come: «Nei CIE convivono persone con status giuridici differenti e negli stessi ambienti si trovano vittime di tratta, di sfruttamento, di tortura, di persecuzioni, così come individui in fuga da conflitti e condizioni degradanti, altri affetti da tossicodipendenze, da patologie croniche, infettive o della sfera mentale, oppure stranieri che vantano anni di soggiorno in Italia, con un lavoro (non regolare), una casa e la famiglia o sono appena arrivati)»;
   ad avviso dell'interrogante le politiche adottate dal precedente Governo in tema di immigrazione sono risultate inefficaci e lesive dei diritti dei migranti, in particolare, il prolungamento dei tempi di trattenimento ha comportato una profonda mutazione della funzione della detenzione amministrativa nei Centri di identificazione ed espulsione, che non appare più una misura finalizzata all'esecuzione dell'espulsione, ma si configura di fatto come una mera sanzione, particolarmente afflittiva, della condizione di irregolarità nell'ingresso o nel soggiorno nel territorio nazionale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito di un ripensamento complessivo delle politiche adottate dal precedente Governo in materia di immigrazione, di dover intervenire con urgenza affinché nei centri di identificazione ed espulsione di Trapani si superino le attuali, gravi criticità, nel rispetto dei diritti dei migranti trattenuti, a partire dall'immediato blocco del circuito carcere – Centri di identificazione ed espulsione – carcere;
   se non ritenga altresì di dover intervenire presso la prefettura di Trapani per un superamento delle carenze igienico-sanitarie riscontrate, perché siano consentite umane condizioni di vita e perché sia garantito ai migranti il diritto alla difesa, garantendo in ogni caso la presenza di un difensore ed il rispetto del principio del contraddittorio nelle procedure di convalida del trattenimento;
   se non ritenga di promuovere l'abrogazione dell'articolo 10 comma secondo, del Testo unico sull'immigrazione che, prevede i cosiddetti respingimenti differiti, trattandosi di norma ad avviso dell'interrogante di dubbia costituzionalità, che di fatto introduce una surrettizia duplicazione del provvedimento di espulsione, la cui scelta risale esclusivamente alla discrezionalità delle autorità di polizia, e che anche per questa ragione appare in contrasto con la direttiva 2008/115/CE che esclude dal suo campo di applicazione soltanto i respingimenti immediati in frontiera e non anche i respingimenti differiti adottati dal questore in base all'articolo 10, comma 2, dopo l'ingresso irregolare o per motivi di soccorso, nel territorio dello Stato. (5-06940)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCILIPOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Valmontone in provincia di Roma è stata rubata nei giorni scorsi la replica della statua in bronzo di Totò della scultrice Maria Stifini, che l’«Associazione Amici di Totò a prescindere !» – Onlus, si era impegnata a fare collocare nelle vicinanze della caserma dei carabinieri e della stazione ferroviaria, nei giardini di viale XXV aprile il 27 ottobre del 2000;
   l'importante Associazione si era attivata altresì ad organizzare uno spettacolo al «Cinema Totò» alla presenza: di Liliana e Diana de Curtis, di Michele Placido, di Carlo Croccolo, di Raffaele Pisu e di altri autorevoli personaggi dello spettacolo, al quale ha fatto seguito l'inaugurazione della statua, mentre dopo alcuni giorni una copia della statua era stata ubicata ed ancora fa bella mostra a Roma, in piazza Cola Di Rienzo, davanti al «Cinema Eden»;
   il motivo di collocare una statua a Valmontone si evince dalla pubblicazione «TOTÓ un principe nel cinema italiano», casa editrice Mediane, pubblicato nel 2007 in diversi continenti con la contemporanea traduzione in inglese, che ha riscontrato un grande interesse ed ha stimolato la produzione di un film documentario;
   negli anni della guerra e fino al 1949, Totò si dedicava soprattutto alla rivista con spettacoli attenti alla realtà del tempo e pregni di sottile ironia per la borghesia ed il fascismo;
   di quel periodo sono le riviste: Quando meno te l'aspetti; Orlando Curioso; Con un palmo di naso; C'era una volta il mondo; Bada che ti mangio; Che ti sei messo in testa. Ed è la satira sul fascismo che lo costringe nel 1944, dopo avere ricevuto una «confidenza», che unitamente a Peppino De Filippo, la polizia li avrebbero arrestati il giorno seguente, a farlo defilare tempestivamente, presso l'abitazione di un conoscente nel comune di Valmontone, naturalmente dopo avere avvertito l'amico e collega, Peppino De Filippo;
   nel periodo di soggiorno in questa ridente cittadina, Antonio è stato protagonista di un episodio che è rimasto indelebile nella memoria degli abitanti del posto e tramandato alle generazioni successive. Si racconta che nell'attraversare un terreno agricolo, dopo un bombardamento aereo, aveva trovato un albero divelto. L'amore innato per gli animali e per la natura, l'avevano spinto a ricollocare l'albero nel terreno, che ancora oggi esiste ed è diventato grande, grazie al ricordo della gente, che lo continua a chiamare «l'albero di Totò»;
   il rappresentante legale dell'Associazione «Amici di Totò ... a prescindere !» – Onlus, con la scultrice Maria Stifini, hanno denunciato con il Rappresentante legale di Mondoconsumatori, presso la stazione dei Carabinieri di Valmontone il furto della statua, che si aggiunge alla denuncia del sindaco;
   nei fatti denunciati l'Ufficio, letta la denuncia presentata: «(...) ravvisa le ipotesi di cui agli articoli 624 e 625 del codice penale, furto aggravato nei confronti di ignoti»;
   gli abitanti di Valmontone e non solo quelli sono sconcertati da questo furto. Si avverte l'evidente sensazione di inadeguatezza delle istituzioni nel tutelare la sicurezza della collettività e di quella del patrimonio artistico;
   i tagli economici ai servizi pubblici si riverberano anche sull'operatività delle forze dell'ordine. Infatti la caserma dei carabinieri di Valmontone purtroppo la notte è chiusa. Considerando che la scultrice Maria Stifini ha subìto alcuni anni fa un furto di sette sculture di bronzo nel suo studio, al riguardo sono stati contemporaneamente impegnati la polizia ed i carabinieri, ma l'indagine purtroppo non ha avuto esito positivo. La scientifica ha appurato che gli autori del furto erano professionisti, probabilmente hanno operato per una commissione internazionale. Pertanto l'Associazione Amici di Totò offrirà una lauta ricompensa a coloro che forniranno notizie utili alle forze dell'ordine per assicurare alla giustizia gli autori dell'aberrante furto e contribuiranno al recupero integrale della pregevole opera artistica –:
   quali iniziative intenda intraprendere, ovvero sono state intraprese, per garantire che pregevoli opere artistiche come la statua in bronzo di Totò della scultrice Maria Stifini nel comune di Valmontone (Roma), siano oggetto di furti e di atti vandalistici, che denotano anche la insufficienza delle azioni preventive da parte della pur generosa attività delle forze dell'ordine, anche a causa dei tagli economici subìti. (4-16274)


   COMPAGNON. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 45 del 31 ottobre 2005, il consiglio comunale di Cinto Caomaggiore (Venezia) avviava l’iter procedurale di referendum per il distacco dalla regione Veneto e l'aggregazione alla regione Friuli Venezia-Giulia, poi dichiarato legittimo dalla Corte di cassazione con ordinanza del 29 novembre 2005;
   sebbene il comune di Cinto Caomaggiore ricada nella provincia di Venezia, i suoi legami con la regione Friuli Venezia Giulia sono profondi e antichi, ciò tanto per ragioni storiche (dal 568 dopo Cristo, il ducato friulano faceva parte del regno dei Longobardi per poi, dopo oltre 1.200 anni, essere sottratto ai territori della Repubblica di Venezia ed essere restituito all'Impero asburgico), per ragioni etnico-culturali-linguistiche (appartiene alla minoranza friulanofona della provincia di Venezia), geografiche (si colloca a 83 chilometri da Venezia e a 22 chilometri da Pordenone), nonché economiche (il comune ed il suo hinterland hanno fornito e forniscono manodopera all'industria pordenonese);
   a seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri n. 40 del 19 gennaio 2006, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia, veniva emanato il decreto del Presidente della Repubblica 19 gennaio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2006, con il quale veniva indetto, nel territorio del comune di Cinto Caomaggiore, il suddetto referendum;
   l'ufficio centrale per i referendum presso la Corte di cassazione accertava che il risultato era favorevole al distacco territoriale del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto ed alla sua aggregazione alla regione Friuli Venezia Giulia (al referendum partecipavano 1.956 elettori su 2.994 aventi diritto, pari al 65,3 per cento; i «sì» al quesito referendario erano 1.790, cioè il 91,5 per cento dei votanti, superando il doppio quorum richiesto);
   del risultato del referendum veniva data comunicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2006 a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 45, terzo comma, della legge n. 352 del 1970 e successive modificazioni;
   dalla data della predetta pubblicazione iniziavano a decorrere i sessanta giorni entro i quali il Ministro dell'interno avrebbe dovuto presentare al Parlamento il disegno di legge di natura ordinaria, come stabilito dall'articolo 132, secondo comma della Costituzione e dall'articolo 46, terzo comma della legge n. 352 del 1970;
   solo un anno dopo, ovvero il 17 aprile 2007, il Governo presentava il disegno di legge in materia di distacco del comune di Cinto Caomaggiore dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia ma attribuiva al medesimo natura costituzionale con i relativi maggiori oneri procedurali rispetto alle leggi ordinarie (n. 2526);
   in seguito allo scioglimento anticipato delle Camere e alle elezioni politiche del 2008, il disegno di legge costituzionale n. 2526 decadeva e non veniva ripresentato dal nuovo Ministro dell'interno, Roberto Maroni, il quale disattendeva le prescrizioni legislative sopra richiamate e confermate dalla sentenza del 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 66 della Corte costituzionale e dall'ordinanza 10-12 gennaio 2011 della medesima, n. 11;
   la procedura di distacco-aggregazione si pone, tra gli altri, l'obiettivo di collocare il territorio del comune di Cinto Caomaggiore all'interno della regione di pertinenza linguistica, ovvero la Regione Friuli Venezia Giulia, uniformemente al dettato del punto b), articolo 7, parte II della «Carta europea delle lingue regionali o minoritarie» che afferma il principio in virtù del quale deve essere rispettata l'area geografica di ogni lingua regionale o minoritaria, facendo in modo che le divisioni amministrative già esistenti o nuove non ostacolino la promozione di tale lingua regionale o minoritaria –:
   se intendano giungere alla rapida presentazione di un disegno di legge ordinario che sancisca la modifica dei confini delle regioni coinvolte, conformemente a quanto espresso dalla volontà popolare attraverso lo strumento referendario.
(4-16280)


   BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 21 e 22 maggio 2012 dal Centro di identificazione ed espulsione di Modena sono evasi 26 clandestini, che, armati di spranghe, hanno travolto gli operatori in servizio, ferendo ben 7 persone;
   la fuga era stata perfettamente organizzata e pianificata, infatti qualche giorno prima le forze dell'ordine avevano ritrovato nascoste alcune piccole seghe;
   una volta fuori dal Centro di identificazione ed espulsione il gruppo si è sparpagliato lungo la tangenziale; una parte di loro è riuscita a salire su un furgone, mentre altri sono stati trovati il giorno dopo nelle campagne del modenese;
   il clima all'interno del Centro di identificazione ed espulsione era difficile da settimane, tanto che erano scoppiati degli incendi e dei tafferugli il 12 maggio 2012, ad opera soprattutto di clandestini con parecchi precedenti penali;
   i sindacati di polizia denunciano la grave carenza di personale, mentre le associazioni a tutela degli immigrati, a seguito dell'ultimo fatto, chiedono addirittura la chiusura del Centro di identificazione ed espulsione –:
   se sia a conoscenza di tali episodi;
   se intenda mettere al corrente in merito ad eventuali nuove circostanze;
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare, al fine di mettere in sicurezza il Centro di identificazione ed espulsione di Modena, affinché siano scongiurati altri tentativi di fuga ed episodi di violenza;
   se non ritenga necessario inviare a Modena rinforzi per integrare un organico in sofferenza ormai da molti anni. (4-16288)


   FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risulta che la regione Toscana nel solo 2011, come canone d'affitto per i locali di via Slataper 2/8 a Firenze, ha pagato euro 304.399,24;
   nell'edificio in questione erano insediati uffici della regione Toscana facenti capo alla direzione politiche ambientali e alla direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale;
   dalla risposta all'interrogazione scritta n. 453, presentata presso il consiglio regionale risulta che l'affitto per i locali in questione fosse stato disdettato per il 15 settembre 2011;
   a maggio 2011 mentre la regione stava liberando gli immobili, per dar seguito alla disdetta dell'affitto prevista per il 15 settembre, l'edificio è stato occupato da un gruppo di 70 eritrei, etiopi e somali;
   la proprietà dello stabile, la Società A.G.R.I s.r.l., alla luce dell'occupazione avvenuta durante il periodo in cui l'uso del bene era della regione, sembra si sia rifiutata di accettare la disdetta del contratto;
   la regione, si trova quindi nella condizione di continuare a pagare un contratto d'affitto da oltre 300 mila euro l'anno per ospitare degli occupanti abusivi;
   appare indifferibile un'azione da parte delle istituzioni per sgombrare gli occupanti abusivi evitando il protrarsi di un danno a carico dei cittadini toscani;
   nel solo 2011, stando a quanto riportato nella tabella prodotta dal SETTORE PATRIMONIO E LOGISTICA (Allegato A), la regione Toscana ha speso per gli uffici di via Slataper più di 376 mila euro di oneri complessivi;
   la regione Toscana dovrà pagare alla proprietà dell'immobile gli eventuali danni prodotti dagli occupanti con altro grave dispendio di denaro pubblico –:
   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza dello status dei settanta occupanti il citato immobile e se non intenda chiarire quanti siano in regola con le norme sul soggiorno nel territorio nazionale quanti abbiano richiesto asilo politico e quali esiti abbiano avuto tali eventuali richieste. (4-16289)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2012 si è svolta a Roma la celebrazione per il 160o anniversario della fondazione del Corpo della polizia di Stato, mentre il giorno seguente si sono svolte le celebrazioni in tutte le altre città d'Italia;
   per i festeggiamenti della ricorrenza oltre al personale appartenente al Corpo, sono stati impiegati mezzi e risorse altrimenti destinati a garantire la sicurezza del territorio;
   in un comunicato stampa dell'Ansa si legge che «Polizia: Siulp Catanzaro; non saremo a festa, parate inutili non capiamo cosa ci sia da festeggiare in questo momento (Ansa) – Catanzaro, 25 maggio – Il Siulp di Catanzaro non parteciperà domani alla celebrazione della Festa della Polizia. Lo annuncia, in una nota, il segretario generale del sindacato, Carmelo Lufrano. “Non si tratta – afferma Lufrano – di una protesta contro il Questore. Ai poliziotti viene difficile capire cosa ci sia da festeggiare in questo particolare momento. Non servono parate pseudo militari per farci amare dalla gente. Il Dipartimento Ps non paga, da oltre un anno, indennità e somme arretrate”» –:
   quale sia stato il costo complessivo dei festeggiamenti svoltisi a Roma e in tutte le altre città d'Italia, quanti gli uomini e donne impiegati nella preparazione dell'evento e nelle celebrazioni, quali e quanti siano stati i mezzi utilizzati;
   se corrisponda al vero che «Il Dipartimento Ps non paga, da oltre un anno, indennità e somme arretrate»;
   se il Ministro interrogato per i prossimi anni non sia intenzionato ad abolire ogni forma di festeggiamento che a qualsiasi titolo possa rappresentare un costo economico per il bilancio dello Stato.
(4-16295)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la nota prot. Prot. 550/12 S.N. del 26 maggio 2012, indirizzata alla procura regionale della Corte dei Conti del Veneto, alla procura della Repubblica presso il tribunale di Verona, avente ad oggetto «Esposto/denuncia in merito all'impiego del personale della Polizia di Stato in compiti di vigilanza di aree di parcheggio private a pagamento» il segretario generale del sindacato di polizia COISP (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia), Franco Maccari, ha rappresentato che «Durante la manifestazione fieristica “Vinitaly 2012”, svoltasi a Verona dal 25 al 28 marzo 2012, personale della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Verona unitamente a personale di altre Forze dell'Ordine, veniva comandato alla vigilanza e prevenzione di furti a bordo degli autoveicoli parcheggiati in aree di sosta private a pagamento di proprietà dell'Ente Fiere di Verona. In particolare, detto personale veniva impiegato a vigilare tre parcheggi privati di proprietà dell'Ente Fiere destinati esclusivamente alla sosta dei veicoli degli espositori e dei visitatori, quindi riconducibili alla medesima particolare esigenza di sicurezza pubblica che caratterizzava gli altri parcheggi pubblici adiacenti alla Fiera, ove alcuna vigilanza fissa veniva prevista. A parere dello scrivente e del Sindacato COISP, l'impiego delle Forze di Polizia veronesi come sorveglianti gratuiti di aree private costituisce un danno patrimoniale causato allo Stato a favore di un Ente Privato. Che ciò sia stato possibile ha dell'incredibile, e lo è ancor più se si considera l'esperienza del Responsabile della Sicurezza di recente nomina nell'Ente Fiera, l'ex Dirigente la Divisione PASI della Questura di Verona Dott. Fernando Malfatti, a cui si aggiunge altro Appartenente alla Polizia di Stato, attualmente in servizio nell'Ufficio capoluogo veronese, che siede all'interno del Consiglio di Amministrazione del medesimo Ente Fiere. I poliziotti, in buona sostanza, hanno dovuto lavorare per conto dell'Ente Fiere, così da garantire a questo di risparmiare soldi su una eventuale vigilanza privata da impiegare nei propri parcheggi a pagamento ! Il sottoscritto espone quanto sopra affinché codeste Spett.li Autorità, nell'eventualità in cui dovessero ritenere sussistente un danno erariale o la commissione di un reato, agiscano di conseguenza. Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento, con la richiesta di essere informato qualora venga archiviato il presente esposto, saluta distintamente»;
   il 19 maggio 2012 il segretario generale della medesima organizzazione sindacale, con la nota Prot. 518/12 S.N. indirizzata al MINISTERO DELL'INTERNO-UFFICIO AMMINISTRAZIONE GENERALE DIPARTIMENTO DELLA P.S.-UFFICIO PER LE RELAZIONI SINDACALI avente ad oggetto «OGGETTO: Questura Verona, manifestazione fieristica “Vinitaly 2012”-Impiego personale di polizia come vigilantes ai parcheggi privati dell'Ente Fiera», replicando alla nota ministeriale nr. 557/RS/39/93/3719 del 9 maggio 2012 a firma del responsabile dell'ufficio per le relazioni sindacali in cui si legge che «Al riguardo, la Questura di Verona ha comunicato che in occasione della manifestazione “Vinitaly 2012” sono stati predisposti con apposita ordinanza, servizi di controllo del territorio all'esterno del Quartiere Fieristico, con particolare riguardo ai parcheggi usati da visitatori ed espositori, dove negli ultimi anni si sono verificati numerosi episodi delittuosi [...] L'argomento è stato peraltro oggetto di discussione e approvazione in seno al Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica», precisava che «[..] è di tutta evidenza che la risposta fornita dalla Questura di Verona non stata nemmeno sottoposta a valutazione da codesto Ufficio circa la corrispondenza con quanto il COISP aveva denunciato. È di tutta evidenza, inoltre, quanto tale risposta sia assolutamente vergognosa così come lo è stato l'impiego di poliziotti per garantire risparmi di spesa all'Ente Fiere di Verona. La predetta Questura ha difatti omesso di riferire — cosa che noi avevamo ben precisato — che i “parcheggi usati da visitatori ed espositori”, dove i poliziotti sono stati impiegati come vigilantes, sono di proprietà dell'Ente Fiere che ha dato corso alla manifestazione in argomento, ed erano a pagamento. I poliziotti in buona sostanza hanno lavorato per conto dell'Ente Fiere, così da garantire a questo di risparmiare soldi su una eventuale vigilanza privata da impiegare nei propri parcheggi ! E per codesto Ufficio è tutto normale ? ? [...]»;
   sulla questione con un comunicato stampa del 26 marzo 2012, era intervenuto anche il segretario nazionale del sindacato autonomo vigilanza privata (SAVIP), Vincenzo del Vicario, affermando che «Sorprende l'impiego della Polizia a sussidio delle esigenze private della Fiera di Verona, con sottrazione della stessa dai compiti di vigilanza e controllo del territorio che le sono propri. Sorprende anche che il tutto avvenga in un momento in cui il Ministro Cancellieri invita all'attenzione nell'impiego delle risorse economiche, sprecandosi indennità di ordine pubblico che ben potrebbero essere destinate ad altre esigenze. V’è, tuttavia, da notare che a Verona, come dimostrano le vicende di disinvolto passaggio di illustri funzionari pensionati della Polizia dal ruolo di controllori a quello di controllati presso l'Ente Fiera, il limite tra pubblico e privato è davvero molto, troppo labile» –:
   quali siano le immediate azioni che intende intraprendere in merito. (4-16298)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   come già evidenziato in due precedenti interrogazioni presentate dall'interrogante la prima il 3 maggio 2012, la seconda il 21 maggio 2012, l'Umbria è stata colpita da una serie di delitti particolarmente violenti;
   la cronaca degli ultimi mesi evidenzia come l'intera regione sia divenuta una delle aree più coinvolte dal mercato della droga; si è registrata una serie continua di furti e rapine, mentre appare con sempre più evidenza come l'intera regione sia sottoposta ad infiltrazioni di carattere mafioso;
   non sono mancati purtroppo neanche diversi omicidi; in particolare, l'area più colpita da questa «escalation» di fenomeni delinquenziali di vario genere e natura risulta essere quella di Perugia;
   le forze dell'ordine hanno risposto nel miglior modo possibile a questo allarme sostenendo la popolazione con competenza e determinazione, nonostante le evidenti carenze di uomini e mezzi;
   nelle scorse settimane si è svolto al Ministero dell'interno un incontro tra il Ministro e il sindaco di Perugia, nel corso del quale e stato affrontato proprio il tema della sicurezza del capoluogo, il tutto alla presenza del capo della polizia, del comandante generale dell'Arma dei carabinieri e del prefetto di Perugia;
   a quanto si è potuto apprendere l'impegno assunto dal Ministro sarebbe stato quello di assicurare in primo luogo «un'adeguata e stabile presenza di agenti»;
   a poche settimane da quel vertice si è però appresa una notizia che non può che essere interpretata esattamente nella direzione opposta; pare infatti essere stata decisa la chiusura della caserma dei carabinieri di Ponte D'Oddi, un quartiere di Perugia che ha visto migliorare negli anni la propria vivibilità anche grazie alla stazione dei carabinieri, che con la sua presenza ha comportato un aumento del senso di sicurezza e di presenza delle istituzioni nella cittadinanza;
   per diversi anni il quartiere di Ponte D'Oddi ha sofferto un senso di abbandono, risultando spesso e volentieri un quartiere «difficile» e proprio la stazione dei carabinieri ha contribuito a risolvere tutto questo, restituendo ai residenti il piacere di risiedere nel proprio quartiere e di viverlo;
   in un momento come quello attuale nel quale Perugia si trova a combattere numerosi atti di violenza e degrado sia nel centro storico che nella periferia, sarebbe un controsenso rischiare di diminuire ancora quel minimo di sicurezza che i cittadini hanno;
   la chiusura della caserma dei carabinieri nel quartiere di Ponte d'Oddi appare una decisione che se confermata, ad avviso dell'interrogante, contraddice completamente l'impegno preso dal Ministro dell'interno –:
   se siano a conoscenza dell'intenzione di procedere alla chiusura della caserma, se ciò trovi conferma e, nel caso, se non intendano intervenire al più presto per evitare che la caserma dei carabinieri di Ponte d'Oddi sia chiusa. (4-16299)


   ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 e 7 maggio 2012 si sono svolte elezioni amministrative in molti comuni dell'hinterland di Napoli, molte sono state le segnalazioni di brogli elettorali, ma fra tutte si evidenzia quanto sta accadendo nel comune di Torre Annunziata;
   in data 9 maggio 2012 la Repubblica Napoli.it già titolava «Minacce e voto di scambio indagine a Torre Annunziata» riportando il caso in cui in una sezione era stato sorpreso un elettore che aveva scattato una foto alla sua scheda elettorale e altri elettori entrati in cabina con il telefono cellulare;
   in data 10 maggio 2012 Metropolisweb.it riportava come la Digos avesse molto materiale su cui indagare in merito alla tornata elettorale, infatti il bilancio delle prime indagini vedeva due candidati denunciati, altre otto persone indagate compreso un presidente di seggio e il dubbio sul rilascio di 850 duplicati di tessere elettorali su cui gli inquirenti ipotizzano il fenomeno del «doppio voto»;
   il 14 maggio 2012 viene presentato al prefetto di Napoli un esposto riepilogativo sulle irregolarità registrate a Torre Annunziata in occasione delle elezioni amministrative, nel quale si ipotizzano i reati di voto di scambio, indebite candidature con conferma di esclusione dal TAR di Napoli per una di esse, partecipazione di un minorenne alla votazione, elettore con fotografia della scheda;
   nell'esposto vengono ipotizzate altre irregolarità legate alla distribuzione di pacchi alimentari a famiglie non indigenti, sostituzione con nomina dal sindaco di molti presidenti di seggi rinunciatari all'ultimo momento;
   in data 18 maggio 2012, su Metropolisweb.it, viene riportato il caso quanto meno particolare dei pacchi spesa distribuiti prima del voto, denunciato con un esposto dai consiglieri comunali di opposizione che hanno fornito all'autorità giudiziaria un dossier di atti deliberativi con sopra la firma dei promotori dell'iniziativa e di volantini tra cui uno inviato tre giorni prima delle elezioni in una scuola cittadina, in cui veniva detto che il 26 maggio 2012 sarebbero arrivati i pacchi alimentari e che nella lista erano inserite tutte le famiglie dei bambini, comprese quelle dei bambini dell'asilo nido;
   il 22 maggio 2012 Il Mattino titolava «Verbali in bianco, rischio annullamento a Torre Annunziata», l'articolo descrive quanto sta accadendo nel post voto, verbali completamente bianchi, tabelle di scrutinio finiti sotto sequestro, indagini in corso, alle quali sarebbe interessata anche la DIA, che vagliano l'attività messa in atto da personaggi che in combutta tra loro, prima e durante le amministrative, avrebbero messo in campo con diversi mezzi, iniziative finalizzate al condizionamento della libera espressione di voto;
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto e della turbativa creata nella pubblica opinione dai fatti descritti e quali iniziative di competenza il Ministro abbia adottato o intenda intraprendere in relazione a quanto descritto in premessa anche con riferimento al profilo della tutela dell'ordine pubblico. (4-16314)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 249 del 2010 disciplina i requisiti e le modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
   l'8 maggio 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato una nota in cui annuncia la previsione di un percorso abilitante differente rispetto a quanto previsto nel decreto ministeriale n. 249 del 2010 per i docenti con 36 mesi di servizio, laureati ma senza il possesso dell'abilitazione all'insegnamento;
   l'assenza, tuttavia, di una normativa definita ha generato confusione in particolare relativamente all'espressione «36 mesi» utilizzata nella nota dell'8 maggio:
    a) non è chiaro se 36 mesi di servizio verranno riconosciuti a docenti che hanno accumulato supplenze annuali o supplenze fino al termine delle attività didattiche o supplenze continuative per almeno 180 giorni in un anno scolastico;
    b) non è chiaro se 36 mesi di servizio debbano essere accumulati nella stessa classe di concorso o anche in diversi servizi e classi;
   i docenti che potrebbero essere in possesso del requisito di 36 mesi di servizio si trovano nella situazione di non sapere se iscriversi o meno alle procedure di accesso ai tirocini formativi attivi, in scadenza il prossimo 4 giugno –:
   quando e con quali modalità verranno definiti i percorsi per i docenti non abilitati previsti dalla nota ministeriale dell'8 maggio, definendo con chiarezza il requisito dei 36 mesi, auspicando che indicazioni possano pervenire dal Ministero prima del 4 giugno 2012, data di scadenza per l'iscrizione ai tirocini formativi attivi. (5-06933)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVALLOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'insegnante di storia e filosofia del liceo classico «Massimo d'Azeglio», Renato Pallavidini, si è reso protagonista di gravissime e deliranti frasi razziste e antisemite pubblicate su Facebook, tra cui una minaccia di strage di ebrei in una sinagoga;
   il dirigente della suddetta istituzione scolastica avrebbe deciso di non adottare alcun provvedimento di censura, poiché il docente in parola, attualmente in congedo per motivi di salute fino al 31 marzo 2012, avrebbe avanzato richiesta di prepensionamento;
   pur essendo in congedo il professor Pallavidini sarebbe rimasto in contatto, attraverso il citato social network, con alcuni studenti dando spazio alle sue farneticazioni ideologiche e razziste, sottolineando di «non voler pagare l'Ici per l'assistenza a negri, zingari nonché handicappati e mongoloidi», incitando addirittura all'applicazione delle teorie del «dottor Mengele»;
   appaiano inoltre inquietanti alcune dichiarazioni rilasciate dal docente stesso che recitano: «Sono insegnante di storia e filosofia in un liceo classico e, infatti, nel 2007 gli ebrei hanno cercato di farmi fuori senza riuscirci. Alla fine sono riusciti a farmi assegnare solo due settimane di sospensione nel 2008, poi ho fatto ricorso e l'ho vinto. Hanno dovuto reintegrarmi lo stipendio e lo scatto d'anzianità. Sono molto orgoglioso di essere una delle poche persone, dopo la morte del Fuhrer, che è riuscita nel suo piccolo a sconfiggere gli ebrei». Un concetto che ha voluto ribadire anche in una e-mail inviata all'Osservatorio sul pregiudizio anti-ebraico della Fondazione Cdec di Milano: «Io comunque ho avuto la piena riconferma della mia cattedra liceale, alla faccia vostra»;
   è evidente che il professor Pallavidini inneggi a una repubblica fondata sui valori degli epuratori, sulla lotta armata fatta da banditi, dinamitardi e bombaroli. E altrettanto chiaro che non abbia mai tentato di coniugare la conoscenza e la comprensione della storia con l'impulso a stimolare nei giovani la costruzione di una coscienza etica e politica fondata sul valore della vita umana e dei principi democratici –:
   se non ritenga opportuno verificare se, durante la trentennale carriera didattica in vari licei di Torino e provincia, siano mai state avanzate critiche sull'insegnamento del professor Pallavidini anche da parte di genitori cattolici e laici e, nel caso, se ci siano stati sottovalutazioni da parte delle competenti gerarchie periferiche;
   in caso di reiterate proteste da parte di genitori, studenti e comunità interessate, nonché in considerazione del plagio ideologico-culturale che il professor Pallavidini ha potuto eventualmente arrecare ad alcuni dei suoi allievi adolescenti, se non ritenga opportuno intervenire affinché il docente in parola sia rimosso al più presto dalla sua funzione, prima del relativo prepensionamento, come segno di rispetto dei valori costituzionali nati dal superamento della tragedia nazi-fascista.
(4-16282)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 24 maggio sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno è apparso un articolo dal titolo «Protesta aspiranti presidi “Chiederemo il sequestro di tutti gli atti del concorso”» nel quale è scritto: «Abbiamo dei dubbi sulla imparzialità della commissione esaminatrice che ha corretto gli elaborati. Se nel verbale non c’è traccia del candidato espulso, significa che qualcuno ha fatto finta di non vedere. A questo punto sarà la magistratura, sia penale che amministrativa, a fare chiarezza sulla correttezza delle procedure». I docenti che ambiscono a fare il grande passo per concludere la carriera nella veste di presidi non mollano. Ieri una rappresentanza dei professori che non ha superato gli scritti del maxiconcorso ha protestato davanti all'Ufficio scolastico regionale;
   «Ci viene negata la possibilità – spiega il portavoce degli esclusi Gerardo Troiano – di esercitare il diritto di accesso informale alle nostre prove. Per questo, ad integrazione dell'esposto già presentato alla Procura, chiederemo il sequestro di tutti gli atti del concorso»;
   sono passati cinque mesi da quel 14 dicembre, quando nell'aula 4 dell'istituto Elena Di Savoia, vengono mandati via due candidati sorpresi a copiare. Nessuno dei 23 colleghi della medesima classe, il giorno seguente avrebbe immaginato di ritrovare sui banchi uno dei due docenti espulsi. Ma la rabbia collettiva esplode il 4 maggio scorso, con la pubblicazione dell'elenco degli ammessi a sostenere l'orale: su 895 partecipanti, passano il turno in 228, compreso il professore allontanato dalla classe al primo scritto, ma risultato idoneo per affrontare il secondo;
   Antonia Sallustio, fra le promotrici dell'azione legale, racconta: «Il direttore generale pro tempore dell'Usr, Ruggiero Francavilla, ci ha detto che nei verbali questo episodio non è menzionato. Mi chiedo perché nessuno abbia deciso di convocare i testimoni». È il caso di specificare che i segretari della medesima commissione si sono dimessi qualche giorno fa e che comunque gli orali si terranno mercoledì 30 maggio;
   gli insegnanti «bocciati» e che ieri hanno potuto conoscere soltanto il punteggio che ha messo fine, salvo novità, al sogno di lasciare la cattedra per vestire i panni del dirigente scolastico, sono intenzionati a fare ricorso al Tar per chiedere la sospensiva e essere riammessi al concorso;
   i candidati esclusi, il 75 per cento del totale, avanzano perplessità sulla validità delle prove. E aspettano di essere convocati dai giudici per riferire la «loro» verità. Nell'aula 4, nei due giorni degli scritti, tre candidati sono stati invitati a interrompere le prove, perché pizzicati a copiare, e a consegnare i compiti. Soltanto uno però figura nella graduatoria dei docenti meritevoli di sostenere gli orali –:
   se sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa, diversamente se intenda aprire una inchiesta e comunque sospendere la nomina dei dirigenti nell'attesa di chiarire l'accaduto. (4-16307)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI, CAZZOLA, POLI, DAMIANO, CODURELLI, MURER, LENZI, FRONER, GATTI, CENNI e BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 9 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243 recita: «In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180. Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione»;
   il comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214 recita: «Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi ai soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011, ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 9 della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni e integrazioni, nonché nei limiti delle risorse stabilite ai sensi del comma 15 e sulla base della procedura ivi disciplinata, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011 ...omissis»;
   la circolare INPS n. 37 del 14 marzo 2012 al punto 6 – disapplicazione della cosiddetta finestra mobile e deroghe, recita: «le lavoratrici che accedono al pensionamento in virtù di quanto disposto dall'articolo 1, comma 9 della legge n. 243 del 2004, ossia che conseguono il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 57 anni (requisito anagrafico da adeguarsi, a partire dal 1o gennaio 2013, agli incrementi della speranza di vita) optando per la liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (disposizione prevista, in via sperimentale, solo per pensioni decorrenti entro il 31 dicembre 2015)»;
   con l'interpretazione dell'INPS sopra evidenziata, peraltro inserita fra parentesi, sembra che si debba intendere che entro la data del 31 dicembre 2015, si debba già percepire il relativo trattamento pensionistico, mentre invece la legge n.  243 del 2004 dispone chiaramente che i requisiti di accesso per il diritto a pensione debbano maturarsi entro il 31 dicembre 2015, anche alla luce delle modifiche successivamente intervenute;
   le donne che optano per il sistema contributivo, così come previsto dal comma 14 dell'articolo 24 del citato decreto-legge, mantengono i requisiti previgenti ma non rientrano nei limiti e nei relativi criteri di cui al successivo comma 15 dell'articolo 24 della legge richiamata –:
   se non ritenga il Ministro interrogato, a fronte di quanto previsto dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 e dal comma 9 dell'articolo 1 della legge n. 243 del 2004, confermarne la corretta applicazione nei confronti delle donne che optano per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole del sistema contributivo nella fase transitoria fino al 2015, come perfezionamento dei requisiti e non della decorrenza del trattamento pensionistico. (5-06938)


   ANTONINO FOTI, BERGAMINI e BALDELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per l'anno 2012), ha dettato una importante proroga, a tutto il 2012, delle misure sperimentali per l'incremento della produttività, già introdotte dal Governo Berlusconi, per la prima volta, nel 2008 e successivamente rinnovate ogni anno, tra le quali rileva la detassazione per lavoro notturno, straordinari e premi di produttività (in pratica, per buona parte delle componenti accessorie alla retribuzione dei dipendenti);
   le misure citate hanno avuto, nel corso degli ultimi anni, un notevole impatto sul mercato del lavoro e hanno consentito alle aziende di favorire processi di incremento produttivo legato al lavoro dei propri dipendenti;
   per l'attuazione dell'ultima proroga, sopra richiamata, deve essere emanato (come ogni anno) un apposito decreto attuativo, al fine di individuare i parametri di riferimento per rendere la detassazione effettivamente applicabile;
   senza tale decreto attuativo, infatti, non può essere applicata l'aliquota agevolata sulle somme percepite dai dipendenti del settore privato per lavori volti ad incrementare la produttività aziendale (anche alla luce della probabile conferma a regime, dal 2012, degli sgravi contributivi di produttività) –:
   se non ritenga opportuno, per quanto di sua competenza, attivarsi per assicurare, in tempi brevissimi, l'emanazione del decreto attuativo per la detassazione dei premi di produttività 2012. (5-06941)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal territorio del crotonese, in Calabria, arriva il grido d'allarme di 73 operatori monoreddito che con le proprie famiglie da mesi sono appesi a un filo con lo spettro della perdita del posto di lavoro;
   tali lavoratori, sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato dalla società Getek Information Comunication Technology con sede legale a Roma e con sito operativo a Crotone, e per cinque anni hanno svolto le proprie mansioni per una commessa Inps/Inail, rispondendo al numero verde 803164. La maggior parte degli operatori, in possesso di laurea, è stata formata direttamente dall'Inps per dare servizi e informazioni a qualsiasi tipo di utenza. Il sito di Crotone, per le capacità professionali acquisite è risultato il migliore ed ha visto il riconoscimento dell'efficienza oltre che dagli istituti Inps/Inail anche dell'allora Ministro della pubblica amministrazione e innovazione Renato Brunetta;
   la nuova commessa per la gestione del numero verde Inps/Inail 803164, ha previsto l'aggiudicazione del servizio alla Società Transcom con sede legale a L'Aquila. Tale tipo di decisione è stato anche il frutto delle agevolazioni post-terremoto. In tutto questo, gli operatori di Crotone, dalla fine di settembre 2010, sono stati posti, prima in cassa integrazione ordinaria, e dal 4 ottobre 2011 in cassa integrazione guadagni straordinaria pagata direttamente dall'Inps. Peraltro nel nuovo bando di gara non è stata «inserita la clausola di salvaguardia dei posti di lavoro. Nella nuova rimodulazione, mentre gli operatori di tutti gli altri siti sono stati integrati nella nuova commessa, il solo sito di Crotone è rimasto escluso. Un'azienda bresciana ha aperto a Paternò, in Sicilia, nel mese di dicembre 2012 un call center che svolge in subappalto la commessa per il servizio informatico Inps/Inail assumendo ben 250 operatori con la prospettiva di altre assunzioni nel lungo periodo. Non può che essere una nota lieta questa delle assunzioni, ma sarebbe stato altresì plausibile il consequenziale riassorbimento dei dipendenti di Crotone da parte della vincitrice della commessa Inps/Inail o magari da altra società in subappalto. Nonostante ripetuti incontri, l'impegno dei sindacati, delle istituzioni territoriali a oggi non si è giunti a nessuna soluzione per questa vertenza lasciando di fatto gli operatori crotonesi fuori da ogni logica di reintegro;
   la situazione in Calabria, in particolare nel crotonese, dal punto di vista occupazionale, economico e sociale è drammatica. Sarebbe opportuno poter difendere tale forza lavoro che, dopo anni di lavoro ha acquisito professionalità e che in caso di conclusione negativa di tale vertenza potrebbe essere definitivamente dispersa –:
   se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire, per agevolare il reintegro degli operatori di Crotone e non far disperdere un utile patrimonio professionale in tale comparto. (4-16296)


   VACCARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   i lavoratori della P.C.B. Spa di Pagani (Salerno), azienda nata dalla ex Ericsson, sono da diversi anni collocati in mobilità, a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda;
   la vicenda risale al 1998 quando la ex Ericsson, dopo una richiesta di cassa integrazioni guadagni straordinaria respinta prima dal Ministero del lavoro e poi dal Tar del Lazio, scindeva le due sedi produttive costituenti il sito di Pagani, denominando P.C.B. Spa quella delle piastre circuiti stampati e P.B.A. Spa quella degli assemblaggi; successivamente la ex Ericsson cedeva i due rami d'azienda rispettivamente al gruppo El.Man e al gruppo Finmek (articolo 47 della legge n. 428 del 29 dicembre 1990);
   nel 2001, nonostante l'inserimento negli accordi sindacali sottoscritti all'atto della cessione di garanzie per il mantenimento dei livelli occupazionali per 5 anni senza il ricorso agli ammortizzatori sociali, i lavoratori della P.C.B. Spa sono stati posti in cassa integrazione guadagni straordinaria ed ordinaria;
   nell'agosto 2003 la P.C.B. Spa ha definitivamente cessato le attività ed alla cassa integrazione è seguita prima la mobilità ordinaria, poi la mobilità in deroga dal 2005, con un'indennità ultima percepita di 400/460 euro;
   nell'altra azienda ex Ericsson – la P.B.A. Spa – entrata in crisi più tardi, i lavoratori con i requisiti richiesti sono stati invece collocati su base volontaria, nel 2007, nelle liste di mobilità lunga finalizzata al raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità (ex articolo 1, comma 1189, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006);
   risulta all'interrogante che, mentre l'INPS continua ad erogare ai rimanenti lavoratori della P.B.A. Spa l'indennità cassa integrazione guadagni in deroga che scade il prossimo dicembre 2011, ai lavoratori della P.C.B. Spa l'indennità di mobilità in deroga non viene erogata dal gennaio 2012 e, ad oggi, nessuna comunicazione in merito è pervenuta dagli enti preposti;
   sebbene tutti ultracinquantenni, solo alcuni dei lavoratori della P.C.B. Spa sono giunti in mobilità sino alla pensione; gli altri, che non hanno ancora raggiunto l'età pensionabile perdono con la mancata erogazione dell'indennità di mobilità non solo un esiguo reddito ma anche la contribuzione mancante per l'ottenimento della pensione;
   i lavoratori della P.C.B. Spa vedono inoltre posticipato l'effettivo raggiungimento del diritto alla pensione a seguito delle misure di contenimento della spesa previdenziale adottate tra il 2010 e il 2011, le quali hanno comportato il posticipo delle decorrenze dei trattamenti e l'adeguamento dell'età pensionabile all'incremento dell'aspettativa di vita –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gravissima situazione in cui si trovano i lavoratori della P.C.B. Spa e dei motivi all'origine della diversità di trattamento previdenziale nelle due aziende ex Ericsson;
   quali siano le motivazioni della sospensione dell'erogazione dell'indennità di mobilità in deroga e della mancata comunicazione ai lavoratori interessati da parte degli enti preposti;
   quali urgenti iniziative, e in quali tempi, il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di agevolare la proroga ai lavoratori della P.C.B. Spa della concessione dell'indennità di mobilità in deroga sino all'effettivo raggiungimento del diritto alla pensione. (4-16297)


   POLLEDRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalle notizie di stampa si apprende che è stata stilata una graduatoria per analizzare lo stato di salute delle aziende presenti nel territorio piacentino relativamente agli anni 2009/2010;
   questi dati, prodotti da una rivista di studi economici specializzata, evidenziano una capacità strutturale delle aziende di produrre utili;
   una di esse in particolare, la Doppel, leader nel settore chimico piacentino, si distingue per i profitti lordi più alti (ben 73 milioni di euro);
   al contempo, tuttavia, nonostante i dati, i vertici dell'azienda di cui sopra hanno annunciato un presunto «buco» di bilancio di circa 1 milione di euro, anticipando ai dipendenti un periodo di difficoltà cui dovranno far fronte;
   i dirigenti della Doppel hanno infatti comunicato un piano di rientro dal presunto passivo che determinerebbe una perdita di 300 euro al mese per ciascun lavoratore dovuta a vari meccanismi, tra i quali spalmare la 14esima, eliminare l'indennità di turno e il premio di produzione;
   i vertici della Doppel non si sono resi disponibili ad accogliere le controproposte delle rappresentanze sindacali, tra cui il ripristino delle condizioni di remunerazione di partenza una volta coperto il «buco», generando pertanto forme di protesta (sciopero) da parte dei lavoratori –:
   se il Governo sia al corrente del fatto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di conciliare le posizioni dei lavoratori e quelle dei vertici aziendali, evitando però che vengano scaricati sui primi eccessivi disagi. (4-16310)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa lo scorso 27 maggio, l'Ismea (l'Istituto di servizio per il mercato agricolo alimentare) rileva una situazione allarmante riferita ai prezzi del riso che hanno toccato il minimo storico dopo che nel 2011 avevano raggiunto il record opposto;
   il predetto Istituto sostiene che le 4.500 aziende operanti in Italia che a livello europeo detiene il primato dal punto di vista non solo qualitativo, rischiano il tracollo con ripercussioni fortemente negative e penalizzanti a causa delle quotazioni di riferimento al ribasso, per un intero territorio a rilevante vocazione produttiva, la cui area geografica si estende da Vercelli a Novara e da Pavia a Milano;
   il prezzo medio che si registra infatti, è sceso a 284,29 euro/tonnellata, ovvero il livello più basso delle ultime due campagne e se si considera la quotazione della varietà da risotto più importante: il Carnaroli, che a maggio del 2011 era quotata a 856 euro/tonnellata, mentre attualmente vale 380 euro/tonnellata, con un ribasso del 56 per cento, appare evidente, a giudizio dell'interrogante, come la situazione suscita evidenti segnali di inquietudine per gli operatori del settore e l'intera filiera interessata;
   la Confagricoltura del Piemonte e la Federazione nazionale prodotto riso, hanno inoltre rilevato che stante la situazione critica per il settore della risicoltura italiana, attualmente non si rileva alcun vantaggio per i consumatori, ma soltanto danni economici per i produttori in considerazione che le quotazioni dei risi bianchi sono rimaste immutate, a fronte di un forte ribasso subito dal risone, ovvero il grezzo;
   le imprese risicole, sostiene la predetta confederazione agricola piemontese, rilevano inoltre evidenti segnali di speculazione da parte delle grandi industrie trasformatrici, determinati dai vigenti livelli di prezzo che al di sotto del tetto di 300 euro/tonnellata, rendono impossibile reggere i costi di produzione;
   il suddetto articolo riporta tra l'altro, l'intervento dell'Associazione industrie risiere italiane, che addebita le cause della crisi della risicoltura italiana, a motivazioni riconducibili al cambio euro-dollaro, la cui parità per troppo tempo ha depresso le esportazioni di riso, come confermato dal calo di 12 mila tonnellate di riso italiano, esportato oltre i confini;
   la crisi generale sul mercato interno che ha ridotto di circa il 4 per cento i consumi di tutto l'agroalimentare, unitamente alla burocrazia che rallenta il perfezionamento del decreto sulle denominazioni delle varietà, definiscono pertanto un quadro generale particolarmente complesso e difficile per il settore interessato, esposto alla volatilità di un mercato che come precedentemente esposto, penalizza fortemente i produttori di riso –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se sia a conoscenza dell'effettivo livello di criticità in cui si trova il settore risicolo italiano e conseguentemente quali iniziative urgenti e necessarie nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di sostenere le imprese del comparto, ed in particolare quelle piemontesi nella cui area territoriale, è particolarmente concentrata un'elevata quantità di coltivazioni e di produzioni, pesantemente penalizzate dal crollo delle quotazioni dei prezzi del riso. (5-06946)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURGIA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (Ce) n. 302 del 2009 ed il paragrafo 31 della raccomandazione ICCAT n. 10-04, prevedono che le unità da pesca non espressamente autorizzate, con permesso speciale, alla pesca del tonno rosso possono effettuare solo catture accessorie (by catch) di tale specie, non oltre il 5 per cento delle catture totali presenti a bordo in peso e/o numero di esemplari;
   con il regolamento (Ue) n. 44 del 2012 del Consiglio del 17 gennaio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea L25 del 27 gennaio 2012 è stato ripartito, tra le flotte degli Stati membri, il totale ammissibile di cattura (TAC) del tonno rosso assegnato all'Unione europea per l'annualità 2012, attribuendo all'Italia il massimale di 1.787,91 tonnellate;
   il decreto ministeriale 3 aprile 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 117 del 21 maggio 2012 reca per l'annualità 2012 la ripartizione tra i vari sistemi di pesca, del predetto massimale, la cosiddetta quota indivisa (UNCL), pari a 5 tonnellate con la costituzione di una quota di riserva pari a 53,64 tonnellate;
   con il provvedimento n. 10351 dell'11 aprile 2012 la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali si è riservata la facoltà di disporre l'interruzione immediata di qualsivoglia attività di pesca del tonno rosso, in caso di esaurimento del contingente di cattura ad essa assegnato;
   il decreto del 23 maggio 2012 della direzione generale della pesca del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali afferma che le catture accessorie di tonno rosso (by catch) avrebbero superato la soglia della quota non divisa (UNCL) fino a 23,74 tonnellate;
   tale decreto sospende per «motivi precauzionali» il prelievo accessorio (by catch) al fine di tutelare la risorsa stessa e di non incorrere in violazioni che possano comportare l'applicazione di misure sanzionatone da parte dei preposti organismi comunitari ed internazionali;
   tale decreto ministeriale determina un divieto immediato delle catture accessorie (by catch) di tonno rosso adducendo a motivazione lo sforamento di 18,74 tonnellate, pur con un avanzo di una quota di riserva da 53,64 tonnellate a 34,9 tonnellate;
   come indicato, ciascun pescatore professionista non poteva superiore 5 per cento del pescato per un totale di 750 chilogrammi all'anno fino all'adozione del decreto citato;
   un pescatore diportista sportivo può pescare un tonno al giorno per imbarcazione;
   se questa disposizione ministeriale non viene modificata e/o sospesa determinerà un danno incalcolabile alle marinerie di tutta la Sardegna e d'Italia con gravi ripercussioni in termini economici e quindi sociali per un comparto, come quello della pesca, in gravissime difficoltà anche per l'aggravio dei costi di gestione per il caro carburante;
   con questa disposizione si fa passare chiaramente per comportamento da sanzionare la cattura «accidentale» (quindi per sua natura inevitabile – salvo arresto delle attività con i sistemi di pesca interessati) di tonni rossi con conseguente mortificazione degli operatori che non solo non possono trasformare in reddito la cattura di uno o più esemplari, ma sono costretti a consegnare il pescato in capitaneria per la successiva devoluzione in beneficenza (come indica il decreto ministeriale del 23 maggio 2012);
   basterebbe ridurre la quota per la pesca sportiva, se si volesse davvero favorire la sopravvivenza della pesca professionale in un periodo di crisi conclamata –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione descritta in premessa;
   se non si ravveda la necessità di adottare iniziative urgenti per giungere alla sospensione del citato decreto, per evitare di mettere in ginocchio i pescatori del Sulcis e della Sardegna tutta. (4-16283)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il Governo con la spending-review è intervenuto analizzando le voci di spesa delle pubbliche amministrazioni, per evitare inefficienze, eliminare sprechi e ottenere risorse da destinare allo sviluppo e alla crescita;
   il sito web del «Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia» nel comunicato stampa del 30 aprile 2012, dal titolo «Spending review, PDM: 7,4 miliardi di risparmi, adesso Monti valuti nostre proposte respinte dalla partitocrazia» riporta che esistono «i trattamenti economici superiori che solo il personale dei ruoli ufficiali e direttivi percepisce al compimento dei 13-15 e 23-25 anni di servizio»;
   la legge 1o aprile 1981, n. 121 e successive modificazioni all'articolo 43 prevede al comma 22 che «Ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 15 anni, è attribuito il trattamento economico spettante al primo dirigente» e al successivo comma 23 che «Ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato e ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per 25 anni, è attribuito il trattamento economico spettante al dirigente superiore»;
   la legge 1o aprile 1981, n. 121 e successive modificazioni all'articolo 43-ter prevede al comma 1 che «Fermo restando quanto previsto all'articolo 43, commi ventiduesimo e ventitreesimo a decorrere dal 1o aprile 2001, ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni è attribuito lo stipendio spettante al primo dirigente. Ai medesimi funzionari e ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito, per 23 anni è attribuito lo stipendio spettante al dirigente superiore. Il predetto trattamento è riassorbito al momento dell'acquisizione di quello previsto dai medesimi commi ventiduesimo e ventitreesimo del predetto articolo 43 e non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica», al successivo comma 2 che «A decorrere dal 1o aprile 2001, ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato e ai primi dirigenti, destinatari del trattamento di cui ai commi ventiduesimo e ventitreesimo dell'articolo 43, lo stipendio è determinato, se più favorevole sulla base dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1982, n. 869, prescindendo dalla promozione alla qualifica di primo dirigente e di dirigente superiore» e infine al comma 3 che «Ai sensi dell'articolo 43 comma sedicesimo, i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono attribuiti, con le stesse modalità e condizioni anche ai funzionari e ufficiali delle altre Forze di polizia previste dall'articolo 16»;
   il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e successive modificazioni all'articolo 1802 prevede al comma 1 che «Al fine di completare l'omogeneizzazione stipendiale con le Forze di polizia a ordinamento militare, è attribuito agli ufficiali dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare che hanno prestato servizio militare senza demerito per 15 anni dalla nomina a ufficiale, ovvero dal conseguimento della qualifica di aspirante, il trattamento economico spettante al colonnello con relative modalità di determinazione e progressione economica», al comma 2 che «Allo stesso fine, è attribuito agli ufficiali che hanno prestato servizio militare senza demerito per 25 anni dalla nomina a ufficiale, ovvero dal conseguimento della qualifica di aspirante, il trattamento economico spettante al generale di brigata con relative modalità di determinazione e progressione economica» e infine al comma 3 che «Fino a quando non ricorrono le condizioni per l'attribuzione dei trattamenti previsti dai commi 1 e 2, agli ufficiali che hanno prestato servizio senza demerito per 13 anni e 23 anni dal conseguimento della nomina a ufficiale o della qualifica di aspirante è attribuito lo stipendio spettante rispettivamente al colonnello e al brigadiere generale e gradi equiparati. Il predetto trattamento non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica, fatta eccezione per gli ufficiali appartenenti ai ruoli del servizio permanente per i quali è previsto il diretto conseguimento del grado di tenente o corrispondente, ai quali il suddetto trattamento è attribuito secondo le modalità previste dai commi 1 e 2»;
   le suddette norme stabiliscono quindi che agli ufficiali e ai direttivi, della Forze armate e delle Forze di polizia, rispettivamente con 13 o 23 anni di servizio è attribuito lo stipendio di colonnello/primo dirigente o di generale di brigata/dirigente superiore e al raggiungimento di 15 o 25 anni di servizio è elargito l'intero trattamento economico a prescindere dal grado/qualifica conseguito;
   la «promozione indiscriminata a dirigente» non ha eguali in tutto il pubblico impiego e secondo gli interroganti appare in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza, giacché a parità di funzioni dovrebbe corrispondere un trattamento economico ben definito (articolo 36 della Costituzione), ci sono tenenti colonnelli/vice questori aggiunti che non riescono o non meritano di essere promossi dirigenti e terminano la carriera con questo grado/qualifica e quindi è irragionevole scindere il percorso professionale dal trattamento economico –:
   quale sia per il corrente anno l'importo della spesa complessiva destinata al trattamento economico del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia per effetto delle norme citate in premessa;
   se non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative normative per eliminare quello che gli interroganti giudicano un vero e proprio privilegio retributivo e in quale modo. (4-16293)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è di recente pubblicazione la notizia diffusa da diversi organi di stampa che l'uso di alcune tra le più diffuse classi di antidepressivi utilizzati anche in Italia per combattere la depressione, può provocare un paradossale aggravamento della depressione stessa con drammatiche conseguenze;
   la scoperta è stata effettuata dai ricercatori della McMaster University — la prestigiosa università canadese fondata a Ontario 130 anni fa — i quali hanno pubblicato i risultati del loro studio sulla rivista scientifica «Frontiers In Evolutionary Psychology»;
   il risultato è emerso paragonando gli effetti dei più moderni e diffusi antidepressivi, gli «inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina» (SSRI) a un gruppo trattato con placebo. I livelli di serotonina alterati dai farmaci possono produrre tutta una vasta gamma di effetti indesiderati: tra questi si va dai più «semplici» problemi digestivi a effetti collaterali più seri come difficoltà nella sfera sessuale, ictus e morte prematura. Diversi tra gli psicofarmaci esaminati nello studio offrono pochi benefici per la maggior parte delle persone affette da depressione da lieve a moderata, mentre offrono un aiuto attivo solo ad alcuni tra i pazienti più gravemente depressi. In alcun casi si sono addirittura riscontrati effetti positivi più marcati con l'uso di un placebo rispetto al farmaco;
   gli antidepressivi SSRI interferiscono con l'attività cerebrale, lasciando il paziente vulnerabile a una depressione di «rimbalzo» che spesso si presenta con intensità ancora maggiore rispetto a prima dell'inizio della terapia. A seguito di una sospensione dai farmaci SSRI «dopo un uso prolungato, il cervello compensa la presenza in eccesso del neurotrasmettitore riducendone automaticamente i livelli di produzione — sottolinea il dottor Paul Andrews, coordinatore della ricerca — e questo cambia il modo in cui i recettori nel cervello rispondono alla serotonina stessa, rendendo alla fine il cervello meno “sensibile” a questa sostanza»;
   diversi studi suggeriscono che gli effetti indesiderati possano permanere fino a due anni, aumentando significativamente il rischio di scompenso psichico. Oltre a ciò, i farmaci SSRI possono interferire con tutti i processi fisici che di norma sono regolati dalla serotonina: per esempio, quantità significative di questa sostanza sono presenti nell'intestino, in quanto essa è utilizzata per controllare la regolarità della digestione, formare coaguli di sangue nei punti di cicatrizzazione e anche regolare la riproduzione e la crescita dell'organismo, e questa è la ragione per la quale queste classi di psicofarmaci possono causare problemi di sviluppo nei minori;
   l'utilizzo di antidepressivi in fascia pediatrica e adolescenziale è il problema che maggiormente preoccupa gli esperti che si occupano di farmacovigilanza in età pediatrica e di sensibilizzazione sul tema dell'uso disinvolto di psicofarmaci su organismi e cervelli ancora in via di sviluppo;
   inoltre, somministrati in bambini ed adolescenti, alcuni farmaci antidepressivi potrebbero innescare il meccanismo psicologico che porta al suicidio. È l'avvertimento dei consiglieri scientifici del governo degli Stati Uniti, secondo i quali, genitori e medici devono essere messi al corrente in maniera esplicita di questo rischio –:
   se non ritenga opportuno avviare un processo di monitoraggio per tutti quegli adolescenti che presentano un rischio concreto di suicidio, mettendo a fuoco una serie di indicatori che permettano alla famiglia, ai medici e al contesto sociale in cui è inserito di essere sempre in guardia per sostenere il ragazzo nei momenti di maggiore criticità;
   se non giudichi necessario emanare nuove linee guida per l'utilizzo di questi psicofarmaci sui minori, dal momento che in Italia decine di migliaia di minori sono a rischio. (3-02290)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   per l'ennesima volta, il 16 aprile 2012, i computer degli uffici postali d'Italia sono andati in tilt per il blocco del sistema operativo informatico che ha reso impossibile agli utenti compiere i pagamenti in scadenza o ritirare la pensione; tale situazione non è migliorata con il passare del tempo e alle 18 del pomeriggio solo un terzo degli uffici postali era tornato alla normalità;
   il direttore dei sistemi informatici di Poste italiane ha dichiarato che c’è stato un rallentamento delle operazioni di 4 ore causato dall'aggiornamento dati del sistema operativo informatico, un sistema centralizzato che serve 68 mila uffici che il gruppo Poste ha acquistato dall'azienda americana Ibm;
   il costo complessivo dell'informatizzazione degli uffici postali è tuttora incerto; infatti, l'amministratore delegato di Poste italiane ha siglato un primo contratto da 12 milioni di euro nel 2005 con l'Ibm che, nel tempo, sarebbe lievitato fino a 90 milioni; da ultimo nel marzo 2011 l'amministratore delegato avrebbe assegnato all'Ibm 150 milioni di euro con l'obiettivo di informatizzare entro giugno altri 10.000 uffici postali; stando ad indiscrezioni di stampa, la relativa gara da 150 milioni di euro avrebbe visto un solo partecipante, l'Ibm, che per assegnarsi la «megacommessa» avrebbe applicato alla sua offerta un ribasso del 4 per cento;
   un sistema informatico andato in tilt molteplici volte, anche per giorni interi tra il 2011 e il 2012, non può non far riflettere ancora una volta sulla particolare situazione delle Poste italiane, con un management da poco riconfermato e, come nel caso dell'amministratore delegato, per la quarta volta consecutiva;
   Poste italiane è una azienda il cui assetto proprietario vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze e che ha esteso la propria attività in ogni campo costruendo per partenogenesi una «giungla» societaria che conta una trentina di partecipazioni dirette; ad oggi il gruppo Poste conta circa 145 mila dipendenti e una diversificazione che lo vede presente nel settore delle assicurazioni (Postevita), dei telefonici (Postel-Postemobile), fino al trasporto merci (Mistral Air) e alla commercializzazione di vari prodotti (Posteshop); le Poste controllano perfino una società (Poste energia spa) che si occupa dell'approvvigionamento energetico del gruppo;
   in particolare, i «fari» dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Banca d'Italia e dell'Unione europea sono da qualche tempo rivolti sulla divisione del gruppo denominata BancoPosta che svolge le attività di una banca pur non avendone la licenza e rimanendo una divisione del gruppo Poste italiane;
   a conferma di quanto detto, il 24 maggio 2012, i vertici del gruppo Poste hanno designato il nuovo amministratore delegato della Banca del Mezzogiorno, un istituto pubblico di cui Poste è l'azionista unico, creato dal precedente Governo di centrodestra per finanziare le piccole e medie imprese del Sud;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in un documento inviato nei mesi scorsi al Governo sulle liberalizzazioni ha chiaramente indicato come per quel che riguarda «l'attività di Bancoposta occorre prevedere la costituzione di una società separata da Poste italiane che abbia come oggetto sociale lo svolgimento dell'attività bancaria a pieno titolo e che risponda ai requisiti della normativa settoriale contenuta nel Testo unico bancario»;
   tuttavia, nelle prime liberalizzazioni fatte dal Governo manca qualsiasi iniziativa nei confronti della separazione Poste e BancoPosta, anche se, negli ultimi tempi il Ministro dello sviluppo economico ha annunciato più volte la sua disponibilità a valutare tale separazione del servizio;
   come se non bastasse, sembra che «il gruppo Poste Italiane si voglia impegnare anche nel difficile business della riscossione di tributi locali aggredendo il mercato della fiscalità locale che tra un anno sarà definitivamente abbandonato da Equitalia che si concentrerà sulla riscossione dei tributi erariali; infatti una società ad hoc, PosteTributi, già esiste e non è passata inosservata, tanto che, di recente, il gruppo del PD ha presentato una interrogazione con cui si chiedeva al Governo di chiarire quali fossero gli obiettivi dello strumento; la risposta non esaustiva ha comunque indotto la immissione finanze a chiedere una audizione dei vertici di Poste per chiarire meglio cosa sia e cosa intenda fare PosteTributi;
   a fronte di tutta questa innovazione e tecnologia che il gruppo Poste risulta possedere, appare quasi un controsenso il tilt registrato dagli uffici postali il 16 aprile 2012, che rende quanto mai attuali le proposte avanzate al Governo dall'dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel mese di gennaio 2012, che delinea una vera e propria rivoluzione per il sistema postale; il documento afferma che: «nel settore postale è necessario delimitare il perimetro del servizio universale limitandolo esclusivamente a quei servizi essenziali che l'utente non sarebbe altrimenti in grado di acquistare a titolo individuale. Va inoltre ridotta la durata dell'affidamento del servizio stesso a Poste (adesso fissata in quindici anni)»;
   come conferma lo stesso amministratore delegato del gruppo Poste italiane, in un articolo del 19 aprile 2012 sul Corriere della sera, il core business tradizionale sul nostro bilancio è in perdita per via del servizio universale: noi stiamo ancora aspettando i pagamenti del 2009, del 2010 e del 2011. Siamo in credito verso lo Stato di 2,4 miliardi di euro e nonostante questo siamo in utile e a luglio, azzereremo il debito di Poste rimborsando i 750 milioni di euro di bond emessi prima del mio arrivo»;
   appare quindi necessario chiarire la mission di Poste soprattutto in relazione al nuovo assetto imprenditoriale che sta emergendo come azienda pubblica di rilevanti dimensioni e di notevoli rendimenti che realizza una forte concorrenza di mercato, soprattutto nel settore finanziario e assicurativo;
   infatti il profitto netto del gruppo seppure in calo rispetto al miliardo del 2010 si è attestato a quota 846 milioni di euro proprio grazie alla diversificazione del business tradizionale e ai servizi tecnologici;
   il cambiamento vissuto dalle Poste italiane è certificato da uno studio dell'università Bocconi che si è occupata il 20 aprile 2012 delle Poste Italiane con la presentazione del rapporto KITeS «Innovazione e diversificazione nei servizi pubblici: il caso di Poste Italiane»; i ricercatori dell'ateneo milanese hanno individuato i punti di forza dell'azienda e hanno messo in luce quelli che sono gli indicatori delle buone performance di Poste Italiane: la capacità di diversificazione dei suoi business, che la rende un caso per l'intera Europa, e il forte impulso per l'innovazione tecnologica applicata a diverse categorie di servizi;
   tuttavia, l'amministratore delegato di Poste Italiane, pur avendo la possibilità di illustrare e condividere, in audizione presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati il 15 maggio 2012, le prospettive occupazionali e i piani di sviluppo industriale dell'azienda, si è limitato a fornire generiche dichiarazioni rivolte più semplicemente alla mera gestione della riduzione dei servizi per i cittadini e del personale –:
   quale sia per i prossimi anni la strategia industriale del gruppo Poste italiane, una tra le più grandi imprese pubbliche italiane, e se l'attività caratteristica oggi sia connessa ai servizi postali o ai servizi finanziari;
   se il Governo intenda assumere iniziative per separare chiaramente le attività finanziarie e bancarie dai servizi postali, costituendo, a tal fine, una apposita società, separata da Poste italiane;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per chiarire i disservizi di Poste italiane del 16 aprile 2012, anche al fine di individuare le eventuali responsabilità della interruzione di un servizio pubblico.
(2-01514) «Boccia, Ventura, Carella, Fogliardi, Froner, Piccolo, Tullo, Velo, Vico».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRAPPOLINO, VICO, BOCCI, SERENI e VERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento di Acciai speciali Terni, uno dei più competitivi al mondo per qualità della produzione e per la ricerca, occupa complessivamente circa 2.900 persone;
   tale stabilimento, in anni recenti, è stato oggetto di un importante intervento di ristrutturazione, che ha comportato anche sacrifici occupazionali significativi;
   il 31 gennaio 2012 il gruppo tedesco ThyssenKrupp (titolare anche dello stabilimento di Terni) annunciava di avere raggiunto un'intesa con la società finlandese Outokumpu per la cessione di tutte le attività di Inoxum GmbH, quindi anche della società Acciai speciali Terni. Contemporaneamente segnalava di avere raggiunto un'intesa anche con il sindacato tedesco circa le conseguenze occupazionali dell'accordo;
   questa operazione è stata sottoposta alla valutazione dell'Autorità antitrust europea e, finché non vi sarà il placet della suddetta Autorità (previsto entro il 26 settembre 2012), l'accordo annunciato resta sospeso, come accade in questi casi;
   secondo quanto dichiarato dal Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Claudio De Vincenti, in data 9 febbraio 2012 rispondendo alla interpellanza urgente n. 2-01338, a prima firma del deputato Carlo Emanuele Trappolino sulla acquisizione di Outokumpu, risulta che «è stato precisato, in una comunicazione indirizzata al governo italiano e al sindacato, che lo stabilimento di Terni non è interessato da azioni di ristrutturazione e di riduzione di personale, in coerenza, secondo il nostro giudizio, con il fatto che lo stabilimento di Terni ha già operato in passato una ristrutturazione e oggi è, dal punto di vista produttivo, all'avanguardia nel mondo». «La nostra valutazione – ha continuato Claudio De Vincenti – è che l'accordo possa essere positivo per le sorti dello stabilimento di Terni, ma, naturalmente, seguiamo con grande attenzione gli sviluppi, in particolare l'effettiva applicazione della comunicazione circa il fatto che lo stabilimento di Terni non avrà riduzioni di personale, anzi avrà davanti una prospettiva di crescita produttiva, e speriamo anche occupazionale. Allo scopo di monitorare la situazione, abbiamo avviato contatti con la ThyssenKrupp per avere informazioni dettagliate sull'operazione e sulle sue conseguenze per lo stabilimento italiano. Abbiamo avviato anche i primi contatti con la società finlandese Outokumpu. Puntiamo ad avere un primo incontro e un confronto ufficiale con la citata società per conoscerne formalmente le intenzioni. Nelle prossime settimane il Ministero dello sviluppo economico convocherà anche un incontro con i sindacati nazionali e territoriali interessati»;
   in questa fase di transizione, secondo quanto emerge dalla presentazione del progetto di acquisizione fatta da Outokumpu, è assolutamente necessario mantenere alta l'attenzione e intensificare le azioni affinché il ruolo importante assegnato al sito produttivo siderurgico di Terni poggi su ancor più solide basi. Affinché Terni possa mettersi nelle condizioni di competere sui mercati del sud Europa e del bacino del Mediterraneo è opportuno sostenere un'autonoma e continua capacità di ricerca e innovazione, di processo e di prodotto, dimostratesi nel corso degli anni l'elemento chiave per il mantenimento sia della produzione industriale che della forza lavoro in loco;
   un aspetto molto rilevante per garantire al sito di Terni il previsto ruolo tecnologico e commerciale all'interno del gruppo Outokumpu (e, conseguentemente, la stabilità dei livelli produttivi ed occupazionali) riguarda la strategia e l'organizzazione delle attività di ricerca e sviluppo. In questo senso, se non fosse garantita piena autonomia nella definizione delle politiche delle attività di ricerca e sviluppo l'impianto produttivo di Terni sarebbe inevitabilmente relegato in posizione subalterna;
   per quanto riguarda la ricerca e l'innovazione, elemento strategico di sviluppo industriale, il polo di Terni utilizza da numerosi decenni una delle strutture più importanti del nostro Paese e tra le più prestigiose dell'Unione europea: il Centro sviluppo materiali (Csm), Tale centro occupa circa 300 persone, in grande maggioranza ricercatori altamente qualificati nello specifico campo siderurgico, ed è anche presente sul territorio con una sede all'interno dello stabilimento. Il suo pacchetto azionario è composto, tra l'altro, da alcuni protagonisti del settore industriale siderurgico mondiale tra cui anche la ThyssenKrupp;
   nello specifico la ThyssenKrupp detiene il 15 per cento del pacchetto azionario del Centro sviluppo materiali e, per un lungo periodo, è stato anche il suo maggior cliente raggiungendo e mantenendo, per alcuni anni successivi alla privatizzazione, il livello di fatturato annuo di circa 10 milioni di euro. Nell'ultimo decennio, gli investimenti di ricerca e innovazione sul sito di Terni si sono però progressivamente ridotti fino a raggiungere il valore di circa un quinto rispetto ai primi anni 2000;
   nel piano strategico della Outokumpu, Terni, insieme alla sede finlandese di Tornio, rappresenterà invece uno dei due poli principali del gruppo caratterizzati dalla completezza del ciclo e dalla complementarità nella distribuzione delle qualità di acciaio inossidabile prodotto (ferritico, austenitico, duplex). L'intenzione dei nuovi acquirenti è di riportare l'impianto a saturare la capacità produttiva mantenendo alti livelli qualitativi; conseguentemente, la posizione del gruppo industriale, in un mercato estremamente competitivo, si giocherà quasi esclusivamente sulla capacità di elevare continuamente il valore aggiunto dei prodotti;
   il gruppo Outokumpu dispone già di strutture di ricerca soprattutto in Finlandia che hanno accompagnato lo sviluppo e le attività produttive del sito di Tornio. Anche ai fini di una razionalizzazione delle risorse aziendali. Acciai speciali Terni potrà rilanciarsi appieno solo avvalendosi di una robusta e continua attività di ricerca e innovazione attraverso l'utilizzo delle risorse già esistenti in termini di personale e conoscenze nel suo insieme, tenendo conto anche della loro immediata disponibilità, della forte integrazione di gruppo e di una consolidata collaborazione pluridecennale;
   in questo senso il Centro sviluppo materiali, nel suo insieme attore protagonista pienamente inserito nel contesto innovativo siderurgico europeo e mondiale, costituisce un elemento fondamentale non per lo sviluppo e la competitività della struttura di Terni, e potrebbe esserlo per la intera Outokumpu;
   è quindi fondamentale, per i motivi esposti, che il Governo, coerentemente con quanto dichiarato dal Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Claudio De Vincenti, segua con attenzione e continuità l'evolversi della vicenda per accompagnare la transizione in atto verso esiti che garantiscano allo stabilimento di Terni competitività e qualità nella produzione e continuità dei livelli occupazionali;
   è infine auspicabile un'opportuna attenzione del Governo nei confronti delle indagini e del costituirsi progressivo delle decisioni dell'Antitrust europeo, in modo da accompagnare una operazione industriale che potrà garantire un rinnovato slancio al sito produttivo di Terni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli sviluppi della procedura dell'Antitrust europeo rispetto alla acquisizione di Outokumpu delle attività di Inoxum GmbH;
   quali iniziative intenda assumere per accompagnare tale transizione in atto verso esiti che garantiscano, allo stabilimento di Terni, competitività e qualità nella produzione e continuità dei livelli occupazionali, ed in particolare per il ruolo del Centro sviluppo materiali.
(5-06943)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   è in vigore la legge n. 55 del 2010;
   il Parlamento aveva approvato quasi all'unanimità detto provvedimento, ritenuto essenziale per tutelare la nostra produzione industriale;
   la redazione dei decreti previsti all'interno della legge n. 55 del 2010 non è ancora avvenuta –:
   per quale motivo l'emanazione dei decreti non sia ancora avvenuta;
   se e come il Governo intenda attivarsi ai fini di emanare detti decreti. (4-16267)


   QUARTIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento agli sciami sismici che hanno drammaticamente colpito l'Emilia Romagna dalle prime ore di domenica, tuttora attivi con sequenze di diversa intensità, e che hanno epicentro in una zona caratterizzata dalla presenza delle più importanti infrastrutture energetiche sotterranee essenziali per la sicurezza nazionale;
   in Emilia Romagna sono presenti 6 stoccaggi geologici di gas naturale a diversa profondità, tra i quali quello di Minerbio, che contiene oltre 4 miliardi e 700 milioni di metri cubi di metano a due chilometri nel sottosuolo, mentre in località Poggio Renatico, duramente colpita, è presente il punto di confluenza e dispacciamento di tutti i grandi gasdotti che alimentano l'Italia dai giacimenti nazionali e internazionali;
   a pochissimi chilometri dalla zona più colpita sono anche in attività giacimenti per l'estrazione di petrolio e gas;
   in assenza di adeguata informazione, che, sebbene faccia ritenere che il terremoto non abbia avuto effetti, si sono diffusi presso la popolazione locale – ripresi e rilanciati dalla stampa e dai siti internet – forti timori sia per un possibile ruolo di tali impianti nell'attivazione del terremoto – modificando le condizioni di pressione del sottosuolo in grado di attivare faglie sismiche preesistenti – sia per i rischi connessi ad una eventuale rottura degli impianti con rilascio di ingentissimi volumi di gas naturale e loro risalita in superficie –:
   quale sia secondo le informazioni di cui dispone il Governo, la situazione degli impianti energetici presenti nella regione Emilia Romagna in conseguenza del terremoto dal punto di vista della loro sicurezza e della tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente;
   se ad avviso del Governo siano state attivate adeguate attività di controllo e verifica per tenere costantemente monitorata la situazione in considerazione della prosecuzione degli eventi sismici;
   se il Ministro non ritenga opportuno strutturare un servizio informativo specifico che, attraverso comunicati stampa e altri strumenti, possa rendere edotti i cittadini della situazione di detti impianti;
   quale sia il grado di collaborazione, ai fini della disponibilità delle informazioni di cui sopra, fornito alle competenti autorità dagli esercenti degli impianti.
(4-16279)


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto sostenuto dalla Coldiretti, l'Argentina avrebbe annunciato recentemente il blocco delle importazioni di prosciutto dall'Italia che nel 2011 ha esportato circa 264 tonnellate di salumi nel Paese sudamericano;
   a giudizio della suddetta associazione agricola, gli effetti della crisi sul commercio internazionale, in cui si registrano misure protezionistiche del tutto ingiustificate come quelle intraprese dalle autorità argentine, rischiano di bloccare l’export del made in Italy alimentare che per la prima volta ha oltrepassato i 30 miliardi di euro, un importo superiore in maniera rilevante rispetto al settore automobilistico, dei rimorchi e semirimorchi il cui fatturato per l'esportazione è fermo a 25 miliardi di euro;
   la chiusura alle importazioni di prosciutto italiano, che interessa anche la Spagna e il Brasile, a giudizio della Coldiretti, è stata chiesta dagli allevatori industriali argentini in cambio di un accordo, per autolimitarsi negli acquisti di materie prime suine all'estero;
   la decisione secondo la Coldiretti risulta in evidente contrasto con le regole basilari dell'Organizzazione mondiale del commercio –:
   se quanto sostenuto dalla Coldiretti ed esposto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di garantire e tutelare le imprese italiane del settore dalle ingiustificate misure protezionistiche intraprese dall'Argentina;
   se non ritengano conseguentemente necessario attivarsi immediatamente: presso l'Unione europea, affinché la stessa chieda in sede di Organizzazioni mondiali del commercio (WTO) chiarimenti in merito alle eventuali iniziative di ostruzionismo messe in atto dal Governo argentino che ostacolano l'ingresso dei prodotti alimentari provenienti dall'Italia e dall'Unione europea. (4-16286)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Mecacci e altri n. 1-00899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Evangelisti e Vernetti, conseguentemente con il consenso del primo firmatario e degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Mecacci, Volontè, Evangelisti, Vernetti, Pistelli, Migliori, Rosato, Sereni, Misiani, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni e Beltrandi».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Mecacci e altri n. 1-00899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Evangelisti.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Antonino Russo n. 7-00867, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Siragusa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Ossorio n. 1-01011, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 622 del 17 aprile 2012.

  La Camera,
   premesso che:
    in questi ultimi mesi il nostro Paese affronta una crisi economica di portata continentale e mondiale. La crisi, nata come finanziaria, si è presto rivelata molto più profonda, mostrando in poco tempo la sua natura economica e produttiva; il rischio reale è che possa sfociare in una crisi anche sociale. Anche per evitare questa possibile quanto pericolosa degenerazione è nato il Governo del senatore Monti, la cui genesi è stata accompagnata dalla maturata consapevolezza del baratro che anche il nostro Paese aveva ed ha di fronte a sé. Un baratro in cui non si può cadere perché in tal caso l'Italia trascinerebbe con sé l'intera Europa, una nuova realtà ma fondamentale per il mantenimento degli equilibri mondiali;
    la globalizzazione ha posto e pone di fronte alla consapevolezza che il destino dell'Italia è legato indissolubilmente a quello degli altri Paesi. Le decisioni che si prendono in ogni singolo Paese hanno oggi ripercussioni ed effetti su realtà che fino a pochi anni fa si potevano considerare molto più distanti di quanto non siano oggi. Questa consapevolezza, è bene sottolinearlo, aumenta e deve aumentare il grado di responsabilità di chi è chiamato a decidere;
    ebbene, l'attuale Governo sta agendo su più fronti, consapevole che il tempo è un fattore determinante della sua azione. In pochi mesi ha affrontato liberalizzazioni, semplificazioni, riforma del sistema pensionistico, ora quella del mercato del lavoro. Su quest'ultima è in corso un confronto necessario. Si tratta di provvedimenti che sono destinati a lasciare il segno nel tessuto sociale del nostro Paese; tanto più sarà profondo tale segno, tanto più sarà dimostrata l'efficacia delle scelte fatte;
    rigore e sviluppo sono i riferimenti cardine su cui si sta muovendo l'azione riformatrice. Ma se per ciò che attiene al rigore l'intervento legislativo e normativo può certo considerarsi direttamente efficace, per quanto riguarda lo sviluppo la sua efficacia non può essere considerata altrettanto diretta. L'intervento normativo nell'ottica del rilancio dello sviluppo può, cioè, essere certamente utile, ma come premessa, come fattore agevolativo e semplificativo, non certo come fattore determinante. Lo sviluppo non si può creare per decreto, sono le forze produttive del Paese a poterlo determinare, ma queste vanno messe nelle condizioni adeguate per farlo; questo è il compito della politica e delle istituzioni che la rappresentano;
    in questo senso molto c’è da fare, se il rigore voluto e perseguito sta producendo effetti avvertiti quotidianamente dai cittadini italiani, ebbene le scelte propedeutiche al rilancio del Paese devono avere la stessa efficacia, devono essere avvertite nella stessa maniera dai nostri concittadini;
    la pubblica amministrazione riveste in questo quadro un ruolo centrale; può e deve essere considerata come uno strumento fondamentale per il rilancio del sistema economico italiano; può essere il volano della ripresa;
    invece, uno dei principali ostacoli sulla strada del possibile rilancio del Paese è rappresentato proprio dal ritardo cronico dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, una situazione questa non più sostenibile. Attualmente la realizzazione di importanti opere pubbliche, necessarie per ammodernare il Paese e riprendere il ciclo dello sviluppo economico, sono a rischio per il blocco della liquidità dell'amministrazione pubblica;
    investire nel rilancio delle opere pubbliche rappresenta un'opzione non di secondo piano per il rilancio dell'economia e della produttività del sistema Italia, ma, di fatto, questa possibilità viene resa impraticabile;
    gli enti locali in Lombardia pagano mediamente in 120 giorni, in Campania pagano con 365 giorni di ritardo, in Calabria addirittura si raggiunge il tetto di ben 600 giorni. Bisogna, però, tener conto che vi sono pure al Nord realtà in cui è ben evidente questa patologia del rapporto fra le imprese fornitrici di beni e servizi e gli enti locali. Ottenere una commessa per un'impresa privata in queste condizioni può rappresentare una vera e propria iattura per il proprio conto economico;
    questa situazione tiene lontani gli investimenti pubblici e privati da un'area come quella del Mezzogiorno, che, non va sottaciuto, rappresenta un mercato di consumo per le imprese del Nord e potrebbe diventare un'area strategica per il rilancio dell'economia dell'intero Paese;
    il rilancio degli investimenti infrastrutturali al Sud e nelle altre aree depresse del Paese rappresenta un'opportunità che deve essere colta, anche perché una scelta del genere contribuirebbe a sviluppare sul territorio quella serie di piccole e medie imprese private che potrebbero ridare, con la loro stessa esistenza, linfa all'intero Meridione e non solo;
    lo Stato, le regioni e gli enti locali possono rappresentare un'opzione in più, uno strumento importante, attraverso i loro investimenti, per veicolare, diffondere e invogliare l'iniziativa privata sul territorio. Nell'interesse, si badi bene, non solo delle aree eventualmente interessate, ma dell'intero sistema Paese e delle aziende non solo locali che potrebbero essere coinvolte in un piano nazionale di investimenti sul territorio;
    fino a qualche anno fa le regioni riuscivano a pagare i fornitori di beni e servizi con più tempestività, perché potevano utilizzare i fondi di riequilibrio o, comunque, ricorrevano con maggiore possibilità all'indebitamento. Entrambe le ipotesi oggi non sono più percorribili. Inoltre, è necessario tenere conto del vincolo imposto dal patto di stabilità. In virtù proprio del patto di stabilità, si è di fronte ad una situazione particolare per la quale alcune regioni, pur avendo risorse disponibili, non possono utilizzarle, mentre altre non hanno praticamente denaro in cassa. Dunque, in una situazione di crisi come quella attuale, esistono risorse che di fatto si rendono indisponibili;
    di fronte a questa situazione i Repubblicani Azionisti hanno proposto la necessità di discutere nelle sedi opportune l'ipotesi che le risorse finanziarie inutilizzate possano essere rimesse in circolo con l'istituzione di un fondo di garanzia, attraverso il quale il Governo sia garante dei pagamenti anche delle autonomie locali;
    una proposta avanzata anche in virtù della consapevolezza che il Governo ha da poco messo a disposizione ben 1 miliardo di euro al di fuori del patto di stabilità e sta lavorando per diminuire l'incidenza dei vincoli esistenti, scelta questa che comporta la spesa di ingenti risorse economiche; di fronte a tale impegno, pensare di rendere utilizzabili risorse attualmente rese indisponibili appare vieppiù necessario;
    una necessità ancora più evidente; in una fase come quella attuale, nella quale anche il sistema bancario mostra evidenti segnali di difficoltà e l'accesso al credito diventa sempre più difficile, l'azione della pubblica amministrazione, come detto, può diventare una valvola di stabilità fondamentale. Essa può ridare ossigeno a moltissime imprese di tutto il Paese del Sud e forse e soprattutto del Nord;
    in occasione di un dibattito in Assemblea, il rappresentante del Governo ha ricordato i numerosi interventi effettuati negli ultimi anni, per cercare di risolvere la criticità del ritardo dei pagamenti: dall'articolo 9 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, al più recente articolo 13, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, sino alla previsione di una disciplina da definire con un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata. Per quanto utili e necessari gli interventi citati non sono risultati risolutivi, almeno non così sono stati percepiti ed avvertiti;
    una consapevolezza questa che aumenta di fronte alla drammatica carenza di liquidità cui sono sottoposte le piccole e medie imprese del Paese, che rappresentano, come è noto, la spina dorsale del sistema produttivo italiano;
    in Italia l'iniziativa imprenditoriale, infatti, non manca: il numero di aziende che il Paese vanta è pari a 3,8 milioni; è quasi il doppio di quelle che si possono contare nella locomotiva d'Europa, ovvero in Germania (2 milioni e 38 mila). Ma quasi il 95 per cento delle imprese italiane ha una dimensione ridotta con un numero di dipendenti inferiore a dieci. In particolare, in Italia su un totale di 3.849.258 di imprese, il 94,5 per cento è costituito da micro imprese, il 4,9 per cento da piccole, lo 0,5 da medie e solo lo 0,1 per cento da grandi;
    il credit crunch a cui sono sottoposte le piccole e medie imprese produce un avvitamento finanziario che danneggia non solo la fisiologia interna delle piccole e medie imprese, ma la natura stessa del sistema imprenditoriale italiano;
    di fronte a questa situazione, se lo statuto dei lavoratori nel 1970 ha avuto il merito di socializzare l'impresa, oggi appare necessario ribadire e rinsaldare il ruolo sociale degli istituti bancari, la cui attività resta sì fondamentale per l'economia moderna, ma deve mantenere la qualità basilare di servizio;
    nell'ultima indagine trimestrale, condotta dalla Banca d'Italia, è quasi raddoppiata, al 28,6 per cento dal 15,2 per cento della precedente inchiesta, la quota delle imprese per le quali le condizioni di accesso al credito sono peggiorate;
    le ragioni di queste difficoltà sono principalmente di due tipi. In primo luogo, c’è da parte delle banche un problema di liquidità, soprattutto per quanto riguarda gli impieghi a medio termine, posto che le banche si trovano di fronte all'esigenza di garantire la copertura delle operazioni correnti e devono ridurre gli spazi per i finanziamenti alle imprese; in secondo luogo, c’è un problema di costi. Per le banche è sempre più oneroso aumentare la propria raccolta e ottenere capitali per il forte rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato italiani;
    di fronte a questa situazione sono proprio le piccole e medie imprese a rischiare maggiormente, perché il sistema bancario continua ad essere fortemente impegnato verso i grandi gruppi, anche loro spesso in difficoltà;
    le imprese, quindi, hanno di fronte un credito difficile e più caro proprio in un momento in cui sarebbero invece necessari forti investimenti per rinnovare gli impianti e accrescere la competitività;
    va ricordato che il 21 dicembre 2011 le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, allo scopo di fronteggiare il credit crunch; di queste risorse, gli istituti italiani hanno ricevuto 116 miliardi di euro al tasso dell'1 per cento;
    la Banca centrale europea ha più volte dichiarato che tali risorse sono vincolate allo scopo di offrire credito all'economia reale, in modo da permettere alle banche di avere più liquidità da poter mettere a disposizione, in particolare, delle imprese. Questa scelta è stata dettata dalla consapevolezza che il rilancio dello sviluppo del sistema non può che essere collegato alla capacità effettiva di credito, che gli istituti bancari dovrebbero concedere alle imprese, in particolare a quelle piccole e medie;
    senza il rafforzamento delle linee di credito appare, infatti, estremamente complicato ipotizzare che si possa davvero procedere ad un rilancio dello sviluppo del sistema, per il quale, specie in Italia, il ruolo delle piccole imprese è determinante, sia in termine di produzione che di impiego di forza lavoro;
    la mancanza di liquidità è, dunque, la ragione principale del ristagno dell'economia ed è l'obiettivo principale da perseguire se si vuole rilanciare il sistema Italia. Le cause principali di questa carenza sono evidentemente, da un lato, la mancanza di credito alle imprese da parte del sistema bancario, dall'altro la mancanza di investimenti pubblici in settori strategici e il patologico quanto insostenibile ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione a tutti i suoi livelli;
    recentemente il Governo ha predisposto un decreto ministeriale con specifico riguardo proprio alla compensazione dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Una decisione questa assolutamente condivisibile. Però, il testo in questione prevede che questa misura di compensazione non si attui in quelle regioni sottoposte a piani di rientro oppure che siano state commissariate, regioni prevalentemente del Mezzogiorno, dove la crisi economica è sempre più forte. Si tratta, evidentemente, di una scelta non condivisibile ed estremamente grave, perché produrrebbe effetti direttamente contrari agli obiettivi che si vogliono raggiungere;
    si tratterebbe, qualora confermata, di una scelta evidentemente discriminatoria che scarica sulle aziende e sulle imprese colpe e responsabilità che non hanno e di cui non possono pagare il prezzo;
    l'origine di tale eventuale, inaccettabile ed insostenibile discriminazione non è da addebitare ad una scelta o a un errore del Governo. Il problema è, invece, originato dai vincoli di una direttiva europea, che, difatti, escluderebbero dalle compensazioni le regioni che già hanno usufruito del piano di rientro, per ristabilire l'equilibrio economico-finanziario,

impegna il Governo:

   ad intervenire, nel rispetto delle proprie ed altrui competenze, affinché l'ipotesi avanzata di rendere disponibili le risorse attualmente inutilizzate, da parte di alcune regioni, attraverso la creazione di un fondo nazionale per garantire i pagamenti delle pubbliche amministrazioni ed anche delle autonomie locali, fondo di cui il Governo nazionale sia gestore e garante, possa essere discussa e vagliata come eventuale risorsa aggiuntiva per risolvere il problema cronico dei ritardi dei pagamenti e contribuire così al rilancio del sistema nel suo complesso;
   ad istituire nel più breve tempo possibile un tavolo permanente con i rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana, della Banca d'Italia, delle principali associazioni di categoria e dei consumatori, al fine di avanzare proposte operative per il sostegno del credito a favore delle imprese e delle famiglie;
   ad intervenire, nei limiti delle proprie competenze, affinché i prestiti che la Banca centrale europea ha messo a disposizione delle banche siano effettivamente utilizzati per sostenere l'accesso al credito per le imprese;
   ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia possibile per i creditori della pubblica amministrazione richiedere alle amministrazioni debitrici la certificazione delle somme dovute e, quindi, nel caso, cedere il relativo credito ad un istituto bancario che ne assuma la piena titolarità;
   ad intervenire nelle sedi europee competenti affinché si adottino provvedimenti mirati a garantire effettivamente l'accesso al credito per imprese e famiglie;
   a chiarire quale siano le soluzioni tecnico-normative che il Governo intende adottare, per rimuovere un vincolo che creerebbe un'inaccettabile discriminazione ed estendere, quindi, i benefici delle compensazioni a tutte quelle regioni, che sono prevalentemente del Sud, che ne resterebbero escluse pur avendone più bisogno.
(1-01011)
(Nuova formulazione) «Ossorio, Nucara, Brugger».

Trasformazione di documenti del Sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale Cavallotto n. 3-02021 del 17 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16282.
   interrogazione a risposta in commissione Murgia e Pes n. 5-06492 del 26 marzo 2012 in interrogazione a risposta orale n. 3-02291.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta in commissione Zazzera e Messina n. 5-06925 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 638 del 24 maggio 2012. Alla pagina 31115, prima colonna, dalla riga sesta alla riga ottava deve leggersi: «2010, ha presentato l'interpellanza parlamentare n. 2-00849 per chiedere lo scioglimento del comune di Altamura per» e non «2010, ha presentata l'interpellanza parlamentare n. 2-00849 per chiedere lo scioglimento del comune di Altamura per», come stampato.

  Alla Pagina 31115, prima colonna, alla trentatreesima riga deve leggersi: «boxing e discipline associate il diploma» e non «boxing e disciplinare associate il diploma», come stampato.

  Alla pagina 31115, seconda colonna, alla prima riga deve leggersi: «forze di polizia, di coordinarlo meglio con» e non «forze di polizia, a coordinarlo meglio con», come stampato.

  Alla pagina 31115, seconda colonna, dalla riga settima alla riga ottava deve leggersi: «dicembre 2011 l'Antimafia ha disposto l'arresto di tre» e non «dicembre 2011 la Commissione parlamentare antimafia ha disposto l'arresto di tre», come stampato.

  L'interrogazione a risposta in commissione Bosi n. 5-06931 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 638 del 24 maggio 2012. Alla pagina 31128, seconda colonna, dalla riga decima alla riga dodicesima deve leggersi: «Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo» e non «Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento), come stampato.