XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 21 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, entrata in vigore il 1o luglio del 2005, nasce dall'esigenza di contrastare la concorrenza fiscale e assicurare che i pagamenti di interessi effettuati nell'Unione europea, in favore di persone fisiche che hanno la residenza fiscale in uno Stato membro diverso da quello in cui sono pagati gli interessi stessi, siano soggetti a un'imposizione effettiva secondo la legislazione nazionale del loro Stato membro di residenza;
    al fine di evitare distorsioni nei movimenti di capitali tra Stati membri, incompatibili con il mercato interno, la direttiva introduce un sistema di scambio di informazioni nominative tra le amministrazioni finanziarie degli Stati dell'Unione europea. Solo in via transitoria alcuni di questi (Austria, Belgio e Lussemburgo), caratterizzati da rigide disposizioni in materia di segreto bancario, in luogo dello scambio di informazioni, applicheranno una ritenuta alla fonte nel caso in cui corrispondano pagamenti di interessi direttamente a persone fisiche residenti in un altro Stato membro. Misure equivalenti a quelle previste dalla direttiva dovranno essere applicate anche dai cosiddetti Paesi terzi (Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Svizzera), nonché da parte dei territori dipendenti o associati degli Stati membri;
    la Commissione europea il 13 novembre 2008 ha voluto modificare tale direttiva, ampliando l'ambito di applicazione anche a tutti i redditi da risparmio e i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti, e soprattutto ha inteso rinegoziare gli accordi con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera;
    la Svizzera ha proposto alla Germania e all'Inghilterra degli accordi bilaterali, cosiddetti accordi di Rubik, concernenti l'imposizione sui redditi finanziari prodotti dai patrimoni dei cittadini di tali Paesi, che disciplinano la tassazione a cui sono assoggettati gli interessi da risparmio percepiti dai cittadini tedeschi e britannici e corrisposti dagli istituti di credito svizzeri; essi comprendono misure dirette a garantire l'imposizione in conformità alla legislazione dello Stato di residenza del beneficiario;
    una convenzione analoga, volta a sanare l'evasione pregressa per le attività finanziarie detenute presso le sedi bancarie svizzere, è stata firmata anche dall'Austria nel mese di aprile 2012;
    tali accordi prevedono che gli intermediari svizzeri effettuino direttamente un prelievo di un'imposta liberatoria, quantificata tra il 15 ed il 41 per cento, calcolata in funzione del capitale alla fine dell'anno di apertura del rapporto. Tale imposta copre le imposte evase, sia nello Stato Svizzero che nello Stato di residenza, e le dovute sanzioni amministrative o penali. Quest'applicazione di imposta non è facoltativa e, qualora il contribuente non acconsenta ad essere assoggettato all'imposta, determinerà la comunicazione dei nominativi degli intestatari dei rapporti di conto corrente ai vari Stati di residenza;
     il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale, il lituano Algirdas Semeta, il 17 aprile 2012, dopo aver concluso una specifica indagine sulla compatibilità con la normativa comunitaria di questi due patti, ha ritenuto gli accordi sottoscritti dalla Svizzera con Germania, Regno Unito e Austria conformi al diritto comunitario;
    il Presidente del Consiglio dei ministri recentemente ha dichiarato di voler riaprire il dialogo con la Svizzera relativamente ad un modello di convenzione fiscale per regolarizzare i capitali illecitamente detenuti in territorio elvetico da contribuenti italiani e introdurre un'imposta alla fonte sui futuri redditi da capitale; a tale scopo il giorno 11 maggio 2012 si è incontrato con la Presidente della Confederazione elvetica;
    il Consiglio dei Ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea (Ecofin) si è riunito il 15 maggio 2012 per discutere, tra l'altro, della possibilità di raggiungere un accordo tra l'Unione europea e la Svizzera sulla tassazione del risparmio: in particolare, i Ministri hanno discusso della concessione alla Commissione europea di una delega per negoziare un eventuale accordo con Paesi terzi e, quindi, anche con la Confederazione elvetica;
    l'obiettivo dell'Ecofin era di attribuire alla Commissione europea il mandato per negoziare accordi più stringenti con la Svizzera e altri «paradisi fiscali» come San Marino, Montecarlo, Liechtenstein e Andorra sugli evasori di tasse europei che portano capitali all'estero: l'obbiettivo dell'Unione europea era quello di allineare il più possibile i cinque citati Paesi alle regole comunitarie in materia di tassazione dei capitali di cittadini non residenti;
    tali trattative non sono andate a buon fine per l'opposizione di Lussemburgo e Austria, che sono contrari al negoziato,

impegna il Governo:

   a intraprendere le opportune e necessarie iniziative presso le competenti autorità dell'Unione europea, per giungere ad un'equa giustizia fiscale, che supporti la lotta all'evasione fiscale nei singoli Paesi;
   a promuovere la sottoscrizione di un accordo bilaterale Italia-Svizzera che regoli i rapporti fra i due Stati sui temi fiscali in base a quanto concordato tra la Svizzera e altri Stati dell'Unione europea.
(1-01039) «Miccichè, Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2008 sono emersi in modo drammatico gli elementi di fragilità e ingovernabilità dei sistemi finanziari ed è diventata volontà diffusa quella di fare ogni sforzo per rendere più trasparenti i mercati dei servizi bancari e finanziari a livello globale; accanto a questa volontà, tutti gli Stati europei si sono mossi in maniera decisa per ridurre il proprio deficit ed il proprio debito, mettendo in campo misure severe, con imponenti tagli di spesa, che stanno sfociando, in alcuni casi, in vere e proprie crisi sociali, con conseguenze drammatiche anche in termini di perdita di vite umane;
    nell'ambito delle politiche «antievasione» dei Paesi dell'Unione europea, notevoli sono gli sforzi per scovare i capitali detenuti in altri Paesi che sfuggono ad imposizione: Germania e Regno Unito hanno stipulato nel 2011 una convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini o persone fisiche residenti che hanno investito o depositato i capitali in Svizzera; scopo delle convenzioni è regolarizzare le somme di denaro non dichiarate nel passato e convenire la tassazione dei futuri redditi da capitale;
    la convenzione Germania-Svizzera stabilisce che sui futuri redditi e utili da valori patrimoniali sarà riscossa un'imposta con effetto liberatorio, mentre per i valori patrimoniali non tassati collocati in Svizzera da contribuenti tedeschi si procederà ad un'imposizione a posteriori;
    è prevista, quindi, l'introduzione di un'imposta liberatoria per i redditi da capitali di contribuenti tedeschi in Svizzera, con un'aliquota che corrisponde a quella applicata in Germania, ovvero del 25 per cento, con un ulteriore 5,5 per cento sull'imposta riscossa, in modo da garantire che i redditi da capitali vengano tassati in modo identico in Svizzera e in Germania e che, quindi, non sussistano più distorsioni della concorrenza, dovute al diverso trattamento fiscale, tra il mercato finanziario tedesco e quello svizzero;
    per i redditi conseguiti nel passato è possibile procedere ad un recupero d'imposta forfettario e anonimo sotto forma di pagamento unico a favore del fisco tedesco, con un'aliquota che varia tra il 19 ed il 34 per cento; il contribuente tedesco può optare, in luogo dell'imposizione forfettaria per il passato, per la comunicazione alle autorità fiscali tedesche dei dati necessari ai fini di una tassazione individuale;
    per il futuro è prevista, inoltre, l'introduzione di un meccanismo di garanzia, per cui vige per le autorità svizzere un obbligo di informazione che va al di là dell'attuale standard minimo Ocse e vige il divieto, per entrambe le parti, del cosiddetto fishing expedition, cioè della ricerca generalizzata ed indiscriminata di informazioni;
    sugli stessi principi si basa la convenzione fiscale tra Svizzera e Regno Unito: l'imposta liberatoria per il futuro prevede un'aliquota tra il 27 e il 48 per cento, a seconda della categoria del reddito da capitale; anche in questo caso vale il divieto del fishing expedition, con un numero massimo di domande all'anno; ai fini della tassazione a posteriori delle attuali relazioni bancarie in Svizzera, vengono applicate le medesime modalità previste dalla convenzione con la Germania;
    attraverso queste convenzioni, comunque, vengono garantite sia la tutela della sfera privata dei clienti bancari, sia la garanzia della riscossione delle imposte sui capitali da parte degli Stati di residenza;
    dopo Germania e Regno Unito, anche l'Austria, nel 2012, ha stipulato un accordo analogo con la Svizzera;
    dopo un primo parere contrario che aveva frenato il Governo italiano nell'avviare concrete trattative con le autorità svizzere, poche settimane fa, il Commissario europeo Semeta ha affermato in conferenza stampa che gli accordi bilaterali stipulati da Germania, Regno Unito ed Austria con la Svizzera sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
    le stime sull'ammontare di capitali esteri in Svizzera parlano di circa 1.500 miliardi di euro complessivi, di cui 180 provenienti dalla Germania, 70 dal Regno Unito e 120 dall'Italia;
    si ritiene ormai improcrastinabile la riapertura del dialogo e delle trattative fra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, aggiornando la convenzione in essere ormai datata; i rapporti tra i due Stati sono, infatti, al di là dei rapporti ufficiali, strettissimi: la lingua, la storia, i costumi, le radici culturali hanno accomunato nei secoli gli abitanti del Canton Ticino e del Canton Grigioni con quelli delle province del Verbano Cusio Ossola, di Como, di Varese e di Sondrio, generando un'area omogenea che travalica i confini amministrativi tra Svizzera ed Italia; oggi sono più di 50.000 i lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Svizzera per svolgere la propria attività lavorativa, partendo dai comuni di frontiera della Lombardia e del Piemonte, apportando un contributo indispensabile all'economia elvetica; si sottolinea, in particolare, come negli ultimi due anni di crisi internazionale questo trend sia cresciuto di almeno 2.000 unità, segno che l'apporto delle professionalità italiane, spesso di alto livello di specializzazione, è sostanziale per il dinamismo dell'economia svizzera;
    oggi la Confederazione ha un prodotto interno lordo pro capite tra i più alti d'Europa e un'economia fiorente e solida, è Paese membro degli accordi di Schengen sulla libera circolazione ed è allineata alla normativa comunitaria in base agli accordi bilaterali con l'Unione europea e merita sicuramente di essere definitivamente esclusa dalla cosiddetta black list, in relazione al concreto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria; in relazione a questo punto la Camera dei deputati, in data 7 giugno 2011, ha specificatamente impegnato il Governo pro tempore in sede di approvazione delle mozioni sulle iniziative concernenti i rapporti tra Italia e Svizzera, con particolare riferimento alle doppie imposizioni e ad altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio;
    nelle ultime settimane, indubbiamente, i segnali di un riavvicinamento delle parti, dopo le tensioni degli ultimi anni, sono incoraggianti: il blocco dei ristorni ai comuni italiani di confine, quale compensazione delle spese sostenute dai comuni italiani in relazione alla residenza dei frontalieri sul loro territorio, si è risolto anche per l'impegno diretto degli esponenti della Lega Nord sia in Parlamento, sia nei territori di confine lombardi; il 9 maggio 2012 il consigliere diplomatico del Ministro dell'economia e delle finanze italiano, Carlo Baldocci, e il segretario di Stato del Dipartimento federale delle finanze svizzero, Michael Ambühl, capo della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, si sono incontrati, manifestando esplicitamente la volontà di affrontare tutte le problematiche aperte tra i due Stati, programmando la partenza di un tavolo di lavoro che già si riunirà il 24 maggio 2012;
    indubbiamente l'accordo dovrà affrontare anche la revisione degli accordi esistenti, in particolare sul meccanismo di pagamento dei ristorni, che oggi sono versati dalla Svizzera allo Stato italiano e, successivamente, riversati ai comuni di confine: trattandosi di trasferimenti a destinazione specifica è giusto, anche in ottica federalista, che siano versati direttamente dal fisco elvetico ai nostri enti locali, eliminando un passaggio che oggi comporta ritardi e conseguenti crisi di liquidità per le casse comunali,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi attraverso ulteriori iniziative, presso le competenti sedi internazionali, affinché la Svizzera possa essere definitivamente esclusa dalla cosiddetta black list, in relazione al concreto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria, e ad adottare tutte le iniziative utili per garantire l'effettiva reciprocità nei rapporti Italia-Svizzera, in modo da sostenere le imprese italiane che intrattengono rapporti economici e commerciali con la Svizzera stessa;
   a proseguire i negoziati tra Italia e Svizzera, appena iniziati, al fine di stipulare in tempi rapidi una convenzione bilaterale secondo gli stessi principi di quelle concluse dalla Confederazione elvetica con la Germania, il Regno Unito e l'Austria, dal momento che anche il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale ha dichiarato la piena compatibilità di tali accordi con il diritto comunitario;
   ad assumere iniziative normative per modificare le modalità di versamento dei ristorni fiscali, in modo che essi siano versati dal fisco svizzero direttamente ai comuni italiani di confine, evitando il passaggio dalla tesoreria statale, inutile e foriero di ritardi insostenibili per le casse degli enti locali.
(1-01040) «Crosio, Dozzo, Nicola Molteni, Rivolta».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo stime ufficiose, sia internazionali che elvetiche, la Confederazione elvetica gestisce patrimoni per circa 4 mila miliardi di franchi svizzeri, di cui la metà di origine estera. Più del 50 per cento dei capitali esteri sarebbe legato a investitori istituzionali, mentre il resto è riconducibile a investitori privati e si stima che una parte significativa di quest'ultima area sia «non fiscalizzata»;
    sempre secondo stime ufficiose, i patrimoni italiani non fiscalizzati attualmente ammonterebbero a circa 130/150 miliardi di euro;
    la possibilità di un accordo con la Svizzera, analogo a quello firmato nel 2011 da Germania e Regno Unito, alimenta in Italia un intenso dibattito;
    per i due Paesi suddetti, in cambio del mantenimento del segreto bancario, le banche svizzere applicheranno sui capitali dei cittadini tedeschi e britannici un prelievo una tantum sullo stock del capitale e una ritenuta annuale sui rendimenti;
    i clienti potranno sottrarsi al prelievo una tantum sullo stock del capitale con la comunicazione dei propri dati all'amministrazione finanziaria di residenza;
    la novità della Confederazione elvetica è far emergere il denaro non dichiarato attraverso l'introduzione di un'imposta liberatoria e ulteriori misure destinate a incoraggiare l'onestà fiscale dei clienti delle banche e a ridurre in tal modo i rischi legali;
    il tema della percorribilità di un'iniziativa analoga a quella tracciata con gli accordi di Germania e Regno Unito è ora all'attenzione dell'attuale Governo, per un più approfondito esame. E sono all'attenzione della Commissione europea i profili di compatibilità con la «direttiva risparmio» 2003/48/CE;
    la «direttiva risparmio» parte dal presupposto (comune ai recenti accordi) che i redditi di capitale vadano tassati in modo adeguato anche se realizzati fuori dello Stato di residenza; ma, a differenza di essi, la direttiva ha un perimetro di applicazione molto più limitato, quanto all'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo: riguarda, infatti, solo gli interessi direttamente destinati a persone fisiche residenti in un altro Stato membro;
    l'altra rilevante differenza è costituita dallo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri interessati, che la direttiva individua come lo strumento principale attraverso cui ottenere il suo principale obiettivo, ossia la tassazione degli interessi transfrontalieri nel Paese di residenza,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le necessarie iniziative con la Confederazione elvetica al fine di stipulare un accordo bilaterale analogo a quello stipulato dalla Germania;
   a favorire accordi bilaterali anche con i Paesi definiti «paradisi fiscali», ampliando i meccanismi di informazione relativi ai clienti italiani degli istituti di credito di tali Paesi.
(1-01041) «Bernardo, Ventucci, Ravetto, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino».


   La Camera,
   premesso che:
    la risoluzione n. 1763, «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», approvata il 7 ottobre 2010 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riporta gli ambiti sanitari in cui la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata;
    la risoluzione fa riferimento ai casi di interruzione di gravidanza volontaria, alle situazioni di fine vita e alla procreazione medicalmente assistita;
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riconoscendo la tutela del diritto del personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ha invitato gli Stati membri del Consiglio d'Europa non ancora dotati di normative specifiche ad adottare atti completi e chiari che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza per gli operatori del settore, medici e paramedici;
    infatti, la liceità dell'obiezione di coscienza è subordinata al riconoscimento da parte dello Stato agli individui della possibilità di astenersi da condotte che determinano un conflitto interiore del soggetto rispetto al suo sistema di valori;
    in Italia il diritto all'obiezione di coscienza in campo medico è assicurato ed espressamente codificato dalle seguenti leggi: la legge n. 194 del 1978 che, all'articolo 9, ha introdotto una particolare species di obiezione di coscienza, in materia di interruzione volontaria della gravidanza, riconosciuta al personale sanitario ed esercente attività ausiliarie, salvo nei casi urgenti nei quali è in gioco la vita di una persona; peraltro, una disposizione similare è contenuta anche nel codice di deontologia medica, approvato anch'esso nel 1978, che all'articolo 28 stabilisce che «qualora al medico vengano richiesti interventi che contrastino col suo convincimento clinico o che discordino con la sua coscienza, come nel caso di sterilizzazione, aborto o interventi di plastica, egli può rifiutare la propria opera pur nel rispetto della volontà del paziente»; la legge n. 413 del 1993 che disciplina l'obiezione di coscienza per la sperimentazione animale; l'articolo 16 della legge n. 40 del 2004 che riguarda la procreazione medicalmente assistita e riconosce al personale sanitario ed esercente le attività sanitarie accessorie la facoltà di astenersi dal compimento della procedura, adottando un'impostazione similare alla disciplina in materia di aborto;
    inoltre, il diritto all'obiezione di coscienza ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza, diritti esplicitamente previsti anche nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti fondamentali previsti dalla Carta costituzionale e, fra questi, l'irrinunciabile diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quell'assistenza sanitaria riconosciuta per legge;
    particolare rilievo assume l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria di gravidanza, per le ricadute sulla stessa funzionalità dei vari enti ospedalieri e del sistema sanitario nazionale, nonché per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza;
    come descritto nella «Relazione del Ministero della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978)», del 4 agosto 2011, «nel 2009 si evince una stabilizzazione generale dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni. Infatti, a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 87,0 per cento in Sicilia e 82,0 per cento in Molise»;
    nonostante il numero degli obiettori si stia stabilizzando dopo un notevole aumento negli ultimi anni, l'attuale situazione pone problemi organizzativi all'interno delle aziende sanitarie locali e degli ospedali, specialmente al Sud, dove, come si evince dai dati sopra indicati, vi è una media di oltre 8 obiettori su 10;
    tuttavia, il citato articolo 9 della legge n. 194 del 1978, oltre ad assicurare l'obiezione di coscienza per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano tenuti, in ogni caso, ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla stessa legge e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità; inoltre, è la regione a doverne controllare e garantire l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale,

impegna il Governo:

   a garantire il diritto all'obiezione di coscienza al personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie senza alcuna discriminazione o penalizzazione, come richiesto dal Consiglio d'Europa e affermato nelle linee guida della federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia;
   ad assicurare che le strutture ospedaliere e le case di cura autorizzate siano sempre nelle condizioni di poter rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini, che vanno preventivamente informati sulle caratteristiche delle attività svolte in ciascun ente ospedaliero.
(1-01042) «Stagno d'Alcontres, Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Terranova».


   La Camera,
   premesso che:
    i Governi dei principali Paesi occidentali hanno attivato politiche contro l'evasione fiscale e contro la fuga di capitali all'estero;
    dal 2013 in Usa entrerà in vigore il Fatca (Foreign Account Tax Compliance Act), atto in base al quale ogni banca che gestisce capitali statunitensi o che opera con il mercato statunitense dovrà inviare all'autorità Usa le informative su questi clienti o, in alternativa, pagare una tassa del 30 per cento su queste transazioni;
    nel 2011 la Germania e il Regno Unito hanno firmato una convenzione con la Svizzera, in base alla quale coloro che hanno depositato capitali non dichiarati dovranno pagare una tassa liberatoria ai loro Paesi di origine per mantenere l'anonimato e la Svizzera si farà garante come sostituto d'imposta;
    tali convenzioni non prevedono solamente una tassa liberatoria, ma anche una forma di tassazione permanente sulla redditività annuale di tali capitali;
    le aliquote previste da tali accordi variano a seconda del regime fiscale di Germania e Regno Unito, comunque oscillanti tra il 20 e il 48 per cento;
    nel 2012 anche l'Austria ha firmato un accordo analogo con la Svizzera;
    le stime dei capitali italiani all'estero arrivano sino a oltre 190 miliardi di euro (studio di Banca d'Italia sui capitali perduti) e, in base ai rilievi dei capitali scudati durante il Governo Berlusconi, si evince che i due terzi arrivano dalla Svizzera;

  diventa, quindi, di vitale importanza riaprire un dialogo con il Governo elvetico, al fine di normare questo «fenomeno», anche perché i due Paesi hanno rapporti commerciali e lavorativi in essere importanti;
    sono oltre 50.000 i cittadini svizzeri che vivono in Italia e circa 55.000 i lavoratori italiani transfrontalieri;
    il 17 aprile 2012 il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale, Algirdas Semeta, ha dichiarato che le convenzioni stipulate da Germania e Regno Unito sono compatibili con il diritto dell'Unione europea;
    il 30 aprile 2012 il Presidente del Consiglio dei ministri Monti ha dichiarato di essere pronto a rivedere l'intera materia;
    tale convenzione, oltre a normare un'importante materia, porterebbe alle casse dello Stato, nel medio periodo, un significativo gettito, utilizzabile per lo sviluppo dell'economia,

impegna il Governo

ad attivare i negoziati tra Italia e Svizzera al fine di definire una convenzione sulla traccia di quelle firmate da Germania e Regno Unito, al fine di garantire la giustizia fiscale e la lotta all'evasione fiscale.
(1-01043) «Moffa, Marmo, Razzi, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Gianni, Lehner, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 dell'introduzione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993, descrive la violenza contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». La dignità della donna è bene assoluto per ogni società e cultura;
    purtroppo, la donna è spesso vittima di profonde discriminazioni, all'interno della famiglia, nella comunità, nel mondo del lavoro. Una riflessione sulla violenza che le donne subiscono su tanti piani diversi che si intersecano spesso in modo sottile, ma altre volte in modo prepotente ed aggressivo richiede un percorso di formazione ben strutturato, momenti concreti di scambio e di socializzazione, luoghi di condivisione e politiche mirate di tutela e di intervento preventivo che consentano di superare quelle barriere culturali ed economiche che escludono le donne dall'essere protagoniste in prima persona;
    le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche inducono a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente come un oggetto o una merce da usare per interessi di vario tipo. Occorre chiedersi che immagine si sta dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia. Non basta eliminare la prostituzione dalla strada finché c’è una prostituzione dell'immagine della donna che è parte integrante della pubblicità in strada, sui giornali e in TV, su internet e su tanti link a cui è facile accedere anche ai giovanissimi, al cinema e nei programmi televisivi, sempre e comunque alla portata di tutti. Tutto questo purtroppo induce allo sfruttamento, al sopruso, alla falsa idea che una donna sia sempre disponibile: come una merce che si possa comperare, consumare per poi liberarsene come un oggetto «usa e getta». E se ciò non accade, allora lo spazio per la violenza sembra scontato, in famiglia, a scuola, sui luoghi di lavoro e nella società in genere;
    «la Chiesa non manca di alzare la sua voce per denunciare le ingiustizie e le violenze perpetrate contro le donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvengano. Essa chiede che siano realmente applicate le leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure efficaci contro l'uso umiliante di immagini femminili nella propaganda commerciale e contro il flagello della prostituzione», (documento «Ecclesia in Europa», 28.VI.2003). Questo è un tempo in cui a chi accusa la Chiesa cattolica di essere una delle cause o la causa principale del mancato progresso, sul piano dei diritti, delle donne in Italia, si deve rispondere citando non solo il concilio Vaticano II e la lunga appassionata catechesi di Giovanni Paolo II, puntualmente ripresa da Benedetto XVI, ma anche le tante iniziative per la promozione della donna che nascono nelle diocesi, nelle associazioni, e nelle Ong di matrice cattolica. «La donna è forte per la consapevolezza dell'affidamento, forte per il fatto che Dio “le affida l'uomo”, sempre e comunque, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi», (Mulieris dignitatem, n. 30). Basta pensare alla riflessione sui diritti di maternità, sulle politiche familiari, che vanno dal rilancio delle politiche demografiche alla creazione di reti di servizi per l'infanzia; dalla conciliazione dei tempi famiglia-lavoro all'enfasi messa sul fattore famiglia;
    la riflessione però non è stata approfondita a livello politico e il ripetersi degli stessi concetti, con un linguaggio che a volte appare datato, sembra creare disinteresse, mentre in realtà è solo delusione per una ulteriore forma di violenza burocratica con cui la donna è sospesa tra il senso di responsabilità verso la sua famiglia e verso il suo lavoro e l'ostilità di un contesto che rimanda a tempi migliori, quanto non ha il coraggio di concedere. Anche questa è violenza. Una violenza che colpisce donne che rinunciano alla maternità, o si limitano al primo figlio spingendosi raramente ad avere il secondo, o ritagliano i propri sogni professionali e imbrigliano le loro competenze specifiche, in attesa di altri tempi. Il dibattito su questo tipo di violenza si è assopito, l'attenzione si è spostata su altri temi, che sembravano più urgenti, dimenticando che nei Paesi in cui le donne possono affrontare con serenità la maternità, sentendosi sostenute a livello sociale e istituzionale, lavorano più e meglio, e anche il prodotto interno lordo migliora. Ma in Italia le donne ancora una volta sono lasciate sole a combattere le loro battaglie al servizio della famiglia e al di là delle ennesime affermazioni di principio anche questo Governo per ora ha fatto ben poco per loro;
    non si comprende come si possa parlare di famiglia, sostenerla e difenderla, se si dimentica il problema delle donne oggi. Come si possa parlare di vita, se non si ascolta la voce di chi la vita la mette al mondo come si possa fare la battaglia per il fattore famigliare, e ignorare che oggi le donne hanno bisogno di lavorare, e non ci riescono; desiderano due figli, come dice l'Istat, ma ne fanno uno solo; chiedono di essere valorizzate, ma sono ancora discriminate, questa violenza sottile e persistente va combattuta e sconfitta una volta per tutte, almeno sul piano culturale e politico;
    dai dati ISTAT emerge che:
   a) una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è vittima di violenza: nei 12 mesi precedenti alla rilevazione il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4). Quasi 700 mila donne hanno subito violenze ripetute dal partner;
   b) ogni anno vengono uccise in media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex;
   c) nel 62,4 per cento dei casi i figli hanno assistito a un episodio di aggressione;
   d) secondo l'Osservatorio nazionale sullo stalking, circa il 10 per cento egli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 ha avuto come prologo atti di stalking, l'80 per cento delle vittime è di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti è di circa un anno e mezzo;
   e) le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3 per cento e dai 25 ai 24 anni (7,9 per cento) presentano i tassi più alti. Un milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6 per cento del totale;
   f) il 3,5 per cento delle donne ha subito violenza sessuale (stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati, attività sessuali degradanti e umilianti). Lo 0,3 per cento, pari a 74 mila donne, ha subito stupri o tentati stupri;
   g) la violenza domestica ha colpito il 2,4 per cento delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4 per cento;
   h) il 21 per cento delle vittime ha subito violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini;
   i) il 69,7 per cento degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4 per cento di un conoscente e solo il 6,2 per cento è stato opera di estranei;
   l) nella quasi totalità dicasi le violenze non sono denunciate: il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Lo stesso nel caso degli stupri (91,6 per cento). È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite;
   m) la violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente delle donne tra i 14 e i 50 anni. Più del cancro. Più degli incidenti stradali. Una vera piaga sociale;
    secondo un'indagine, la donna che ha subito gravi vessazioni ha dodici volte più probabilità di tentare il suicidio rispetto alle altre donne (Violence against Women in the family, 1989). Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale e la maggioranza delle vittime ha subito più episodi di violenza. Tra le violenze fisiche è più frequente l'essere spinta, strattonata, afferrata, l'avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7 per cento), l'essere minacciata di essere colpita (52,0 per cento), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1 per cento). Segue l'uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1 per cento) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3 per cento). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l'essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5 per cento), l'aver avuto rapporti sessuali non desiderati (19,0 per cento), il tentato stupro (14,0 per cento), lo stupro (9,6 per cento) e i rapporti sessuali degradanti e umilianti (6,1 per cento);
    sarebbe facile parlare dello stupro, immaginando la violenza di estranei, magari venuti da un Paese straniero, come di una sorta di «stupro etnico» utilizzando una formula ed una simbolizzazione utilizzata ai tempi della guerra nella ex-Iugoslavia. Invece moltissimi casi di violenza sessuale arrivano da mariti ed ex mariti, conviventi, ex fidanzati, persone di famiglia. Qualche volta produce denunce, ma nessun vero intervento preventivo. Le forze dell'ordine alzano le braccia con un moto di impotenza. Molte persone si chiedono stupite se davvero c’è tanta violenza nelle famiglie. La violenza contro le donne e sulle donne è difficile da accettare per gli uomini e per le donne. Perché mette l'accento su una forte tensione che riguarda la relazione fra gli uomini e le donne e fa emergere una certa «arretratezza» della relazione di coppia;
    pensare istintivamente agli stupratori stranieri permette di vedere come «diverso da sé» il male che ci può essere nella sessualità maschile. Se lo stupratore, il violento è malato, pazzo o solo borderline si tira un sospiro di sollievo. È ovvio che più stranieri abitano in una città e più le percentuali della violenza contro le donne da parte di uomini stranieri su donne straniere aumenteranno per un dato se non altro statistico. Perché la violenza contro le donne non solo è trasversale ai ceti sociali, ai livelli culturali, alle professioni, ma anche alle fedi religiose, alle culture e altro. Va anche detto che molti italiani maltrattano donne straniere e le ricattano con le questioni dei permessi di soggiorno, e molti uomini stranieri opprimono e maltrattano donne italiane innamorate che pensavano che l'amore modificasse la cultura. Ma le motivazioni per cui stuprano non potranno mai giustificare i loro atti di violenza finalizzati non alla soddisfazione sessuale ma all'annientamento della vittima, alla sua totale umiliazione e dolore;
    proprio lo stupro in famiglia rende difficile la denuncia e l'emergere di un sommerso pericoloso nel nostro contesto sociale. Manca l'impegno diffuso delle donne contro la complicità sociale che circonda la violenza familiare ed in generale contro le donne e i bambini, un impegno di riflessione teorica e politica. La violenza è sempre in crescendo, e l'unica soluzione è interromperla per evitare che degeneri, occorre approfondire i meccanismi che portano alla sottovalutazione o alla rimozione dei segnali di allarme che confusamente arrivano dalle donne coinvolte;
    non di minore gravità è la violenza psicologica che è silenziosa ma può fare molto male. È un tipo di oppressione subdola che accompagna e spesso precede la violenza fisica. La violenza psicologica rappresenta uno dei livelli più profondi e insidiosi tra le varie violenze all'interno delle mura domestiche, è una delle più potenti strategie di potere e controllo che presiedono ai maltrattamenti. Molte donne la subiscono, a volte consapevolmente, altre volte senza neanche rendersene conto, da parte di uomini che vogliono annientare l'identità e l'orgoglio delle proprie vittime. Comincia a manifestarsi gradualmente. Le prime espressioni della violenza psicologica sono il controllo e l'isolamento. Indifferenza, gelosia patologica, denigrazione sono altre manifestazioni della violenza psicologica subita dalle donne. Si ignorano i bisogni della donna, si alimentano le frustrazioni per portarla ad uno stato di insicurezza sempre maggiore, in cui la vittima è sempre lei, bersaglio dei malumori dell'uomo, dei suoi sospetti, delle sue minacce, succube delle sue accuse, degli insulti, prigioniera in casa propria. La subiscono 7 milioni 134 mila donne: le forme più diffuse sono l'isolamento o il tentativo di isolamento (46,7 per cento), il controllo (40,7 per cento), la violenza economica (30,7 per cento) e la svalorizzazione (23,8 per cento), seguono le intimidazioni (7,8 per cento). Il 43,2 per cento delle donne ha subito violenza psicologica dal partner attuale; 1 milione 42 mila donne hanno subito oltre alla violenza psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5 per cento delle vittime di violenza fisica o sessuale;
    il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. La violenza psicologica è una violenza oggettiva, chi subisce aggressione psichica è sottoposto ad un evento traumatico, chi è sottoposto a violenza psicologica si trova in uno stato di stress permanente. La violenza psicologica è la causa di stati depressivi e anche di suicidi, perché la vittima è incapace di reagire, in quanto logorata, e anche se denunciasse la violenza, la legge italiana non ne terrebbe conto senza prove fisiche di lesioni. Ma c’è soprattutto la vergogna di ammettere di essere trattati male, la paura a chiedere aiuto, per non subire un'altra violenza;
    per quanto riguarda la violenza domestica invece, è esercitata soprattutto nell'ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fìsici e psicologici, atteggiamenti persecutori, percosse, abusi sessuali, delitti d'onore, uxoricidi passionali o premeditati;
    la violenza domestica, quella compiuta all'interno delle mura di casa da parte di un familiare, è, tra le diverse forme di violenza sulla donna, quella che si verifica più frequentemente e con maggiori tragiche ripercussioni sulla salute psicofisica della vittima;
    esistono diversi tipi di violenza domestica sulla donna: violenza fisica, violenza psicologica, violenza sessuale, violenza economica, stalking. Si parla di violenza sulla donna perché la violenza vede nella maggioranza dei casi la donna come vittima. Le bambine e le ragazze adolescenti possono essere sottoposte all'incesto;
   nella coppia la violenza psicologica è spesso negata e banalizzata. Si tende troppo spesso a considerare la donna complice dell'aggressore perché non riesce, non sa o non vuole ribellarsi, ma questo è esattamente il risultato della violenza esercitata;
    il neologismo «femminicidio» è sconosciuto alla maggioranza, ma ha una sua genesi come categoria concettuale politica, criminologica e giuridica. Si tratta di un neologismo, ormai sempre più diffuso anche nel nostro Paese, che fa riferimento alla strage delle donne di Ciudad Juarez, in Messico. Le categorie concettuali del femicide e del feminicidio, anche se poco conosciute in Italia, sono accreditate internazionalmente. Vengono utilizzate da criminologi e criminologhe accademici, dalle Nazioni Unite, dall'Unione Europea, dal Consiglio d'Europa. La valenza scientifica di queste categorie non necessiterebbe di una strenua difesa, se anche in Italia venisse accettata la rilevanza degli studi di genere non solo negli studi umanistici, ma anche in campo giuridico e criminologico. Ed è proprio nell'ottica della cultura del «gender» che questo termine va utilizzato in modo consapevole, per evitare strumentalizzazioni e per non sottrarsi alla responsabilità di tutela delle donne. Negli anni 90 utilizzare questo termine fu una scelta politica: la categoria criminologica del femmicidio introduceva un'ottica di genere nello studio di crimini «neutri» e consentiva di rendere visibile il fenomeno, spiegarlo, potenziare l'efficacia delle risposte punitive. In paesi, come in India e in Cina, ad esempio sussiste ancora l'aborto selettivo: le donne vengono indotte a partorire solo figli maschi, perché più accettati socialmente;
    esiste anche un tipo di violenza cosiddetta economica che consiste in forme dirette ed indirette di controllo sull'indipendenza economica e limitano o impediscono di disporre di denaro, fare liberamente acquisti, avere un proprio lavoro. Ostacola la ricerca o il mantenimento di un posto di lavoro, non permette di disporre di un conto in banca, esclude dalla gestione del denaro familiare, rinfaccia ogni spesa, si appropria dei beni, fa acquisti importanti senza consultare la moglie/convivente;
    altre forme di violenza sono rappresentate dalla povertà e prostituzione e dalle mutilazioni genitali: pratica ancora ampiamente utilizzata, effettuata quasi sempre in condizioni sanitarie abominevoli, senza anestesia e soprattutto su bambine anche in tenerissima età. Gli effetti sulla salute sono devastanti, e colpiscono le donne in ogni momento della loro vita sessuale e riproduttiva. I flussi migratori hanno portato il problema (e le sue conseguenze) anche nelle ricche civiltà occidentali;
    l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), nell'ambito del World report on violence and health, esaminando esclusivamente la violenza da parte del partner, ha pubblicato il seguente elenco di possibili conseguenze sulla salute delle donne:
   a) fisiche: 1) lesioni addominali; 2) lividi e frustate; 3) sindromi da dolore cronico; 4) disabilità; 5) fibromialgie; 6) fratture; 7) disturbi gastrointestinali; 8) sindrome dell'intestino irritabile; 9) lacerazioni e abrasioni; 10) danni oculari; 11) funzione fisica ridotta;
   b) sessuali e riproduttive: 1) disturbi ginecologici; 2) sterilità; 3) malattia infiammatoria pelvica; 4) complicazioni della gravidanza/aborto spontaneo; 5) disfunzioni sessuali; 6) malattie a trasmissione sessuale, compreso HIV/AIDS 7) aborto in condizioni di rischio; 8) gravidanze indesiderate;
   c) psicologiche e comportamentali: 1) abuso di alcool e droghe; 2) depressione e ansia; 3) disturbi dell'alimentazione e del sonno; 4) sensi di vergogna e di colpa; 5) fobie e attacchi di panico; 6) inattività fisica; 7) scarsa autostima; 8) disturbo da stress post-traumatico; 9) disturbi psicosomatici; 10) fumo; 11) comportamento suicida e autolesionista; 12) comportamenti sessuali a rischio;
   d) conseguenze mortali: 1) mortalità legata all'AIDS; 2) mortalità materna; 3) omicidio; 4) suicidio;
    è importante sapere che i vissuti di colpa e impotenza sono comuni a tutte le vittime di violenza e che se si riesce a chiedere un aiuto esterno si possono superare le conseguenze fisiche e psicologiche delle violenze subite. È fondamentale quindi:
   a) riconoscere di vivere o aver vissuto una situazione di violenza;
   b) riconoscere che la violenza non è mai giustificabile;
   c) riconoscere che non si è mai responsabili della violenza che si subisce;
   d) riconoscere che è normale sentirsi depressi e tristi;
   e) parlare di quello che si sta vivendo con qualcuno, che possa capire e dare aiuto;
   f) rivolgersi ai centri antiviolenza;
    in Italia i primi centri antiviolenza sono nati solo alla fine degli anni Novanta ad opera di associazioni femminili. Attualmente ci sono varie organizzazioni che lavorano sui vari tipi di violenza di genere. La metà delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza non si ritengono autosufficienti dal punto di vista economico e di conseguenza non possono garantirla ai figli. Questo dato è tanto più negativo se si pensa che è spesso lo stesso partner ad usare violenza. Poiché non si sentono economicamente autosufficienti, non vedono alternative alla situazione di cui sono vittime;
    i centri antiviolenza in Italia si sono riuniti nella rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case delle donne. Nel 2008 è nata una federazione nazionale che riunisce 58 Centri antiviolenza in tutta Italia dal nome «D.i.Re: Donne in Rete contro la violenza alle donne» a cui è possibile rivolgersi per dire basta ad un fenomeno inaccettabile e barbaro. Nonostante esistano validi centri per il soccorso delle donne che subiscono violenza fisica e/o psicologica, non sempre questi vengono pubblicizzati in modo adeguato. La conseguenza è che solo un numero esiguo di donne si rivolge agli esperti dell'ospedale per avere un appoggio medico e psicologico. Per far fronte a quella che per molti sta diventando un'emergenza di sicurezza è necessario creare risorse preparate e predisposte a fronteggiare con professionalità situazioni di questo tipo;
    il Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri, aderendo alla petizione «Mai più complici» ha recentemente manifestata «massima attenzione e impegno nella lotta contro la violenza sulle donne e solidarietà a tutte le vittime di abusi. Il numero dei reati commessi dall'inizio dell'anno, ai quali potrebbero essere aggiunti anche quelli non denunciati, testimonia che la violenza contro le donne è un fenomeno allarmante, purtroppo in crescita, che va contrastato con determinazione e fermezza». Ha aggiunto poi il Ministro Cancellieri – «Il ministero dell'interno, insieme a tutte le forze dell'ordine, è impegnato, e non da oggi, a combattere e a tenere alta la vigilanza contro questo particolare tipo di reato. Ma, prima ancora della giusta e doverosa azione di repressione, le donne e gli uomini del ministero sono impegnati a praticare, coltivare e diffondere una cultura del rispetto che è l'unico antidoto vero contro qualsiasi forma di violenza». Il messaggio del Ministro è chiaro ed incisivo: la violenza è prima di tutto una fatto che denota la mancanza di una cultura del rispetto reciproco diffusa su larga scala: comincia dal linguaggio, dal modo di disimpegnarsi nel traffico, in ufficio e a casa. Le parole chiave sono:
   a) formazione e prevenzione: sportelli di ascolto nelle scuole, in parrocchia e altro;
   b) denuncia precoce e registro dei soggetti a rischio;
   c) codici rosa in questura e nei pronto soccorso: personale specializzato;
   d) riabilitazione efficace sul piano psicologico ed economico: professionalizzazione;
    la consulta femminile, creata in molti comuni e spesso in collaborazione con i dipartimenti per le pari opportunità, ha il compito di lavorare per le donne puntando sulla formazione e coinvolgendo scuole medie e superiori, ma anche le forze di polizia e persone formate sul tema per spiegare e intervenire sul tema;
    occorre aiutare le donne vittime di violenza a denunciare il fatto senza dover essere delle eroine: non solo maltrattate, umiliate, picchiate, minacciate, ma spesso anche costrette, direttamente o indirettamente, a mantenere il silenzio su quello che stanno subendo. L'aiuto da parte della società non è molto. L'ignoranza è tanta: occorre fornire materiale di documentazione facilmente accessibile, magari in più lingue. Chi viene picchiata teme di parlarne persino con le proprie amiche: prova a convincersi che siano episodi passeggeri, a volte il pensiero è «me lo merito, è colpa mia». Solo negli ultimi anni in Italia è stato introdotto il reato di «atti persecutori», anche se forse il termine sminuisce il fatto. I tempi lunghi della giustizia italiana non aiutano. Tra la denuncia e il processo passano molti anni, vissuti sotto minaccia costante;
    il codice rosa si aggiunge a quelli già in uso nei pronto soccorso per indicare il livello di gravità (bianco, giallo, rosso, e altro). Viene assegnato (da personale addestrato a riconoscerle anche se queste non lo dichiarano) alle vittime di violenza: donne, ma non solo: bambini, anziani, extracomunitari, omosessuali, eccetera. Al codice rosa è dedicata una stanza apposita nel pronto soccorso e, non appena il codice scatta, entra in funzione una task force composta da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi), ma anche da forze dell'ordine, che si attivano subito per l'individuazione dell'autore della violenza (il codice rosa è frutto di un protocollo siglato tra regione Toscana e procura della Repubblica);
    contro la violenza, nel corso degli anni, sono state emanate differenti norme cui si può fare riferimento: i reati d'ingiuria (ex articolo 594 codice penale); di violenza privata (ex articolo 610 codice penale); di minaccia (ex articolo 612 codice penale); di lesioni quando cagionano una malattia del corpo o della mente (ex articoli 582 e 583 codice penale); di abuso di mezzi di correzione e disciplina (ex articolo 571 codice penale), di maltrattamenti in famiglia (ex articolo 572 codice penale) di sequestro di persona (ex articolo 605 codice penale);
    tuttavia, ci sono parole, comportamenti che nessuna legge punisce e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in modo grave e spesso irreversibile. La provocazione continua, l'offesa, la disistima, la derisione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, la minaccia, il silenzio, la privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia riposta, l'isolamento sono alcune forme in cui si manifesta la violenza fisica e psicologica;
    la Camera dei deputati ha già trattato in diverse circostanze della violenza sulle donne, in particolare con l'approvazione in data 28 gennaio 2009 e 25 gennaio 2011 di alcune mozioni sull'argomento,

impegna il Governo:

   a recuperare le risorse necessarie atte a fronteggiare situazioni di violenza come quelle descritte in premessa, rispondendo alle esigenze, non solo economiche, ma di divulgazione e di conoscenza della rete nazionale dei centri antiviolenza e delle case delle donne, dal momento che esistono validi centri per il soccorso delle donne che subiscono violenza fisica e/o psicologica, ma non sempre questi vengono pubblicizzati in modo adeguato;
   a promuovere interventi di prevenzione e sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza verso le donne, intervenendo nelle scuole con azioni concrete e didatticamente efficaci per insegnare il rifiuto della violenza, del bullismo e della violenza sessuale nei confronti delle compagne;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria, anche normativa, atta a far fronte a quella che sta diventando un'emergenza di sicurezza;
   a rispettare gli impegni assunti dal Governo, in diverse occasioni in Parlamento, in materia di lotta alla violenza sulle donne, anche attraverso un adeguato sostegno all'attività svolta dalla consulta femminile, in collaborazione con i dipartimenti per le pari opportunità, puntando sulla formazione e coinvolgendo scuole medie e superiori, ma anche le forze di polizia e persone formate sul tema per poter intervenire adeguatamente.
(1-01044) «Binetti, Anna Teresa Formisano, Mondello, Capitanio Santolini, Carlucci, D'Ippolito Vitale, Buttiglione, Volontè, Calgaro, Delfino, Nunzio Francesco Testa, Tassone».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il decreto direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012 recante la disciplina «dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione su sostegno per i docenti appartenenti a classi di concorso in esubero», ha predisposto la riconversione del personale docente in esubero attraverso l'attivazione di corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno;
    con tale decreto, il personale docente in esubero viene ricollocato sul sostegno senza tenere conto dei bisogni e dei diritti degli alunni con disabilità;
    il costo dei corsi a numero programmato, come stabilito dal comma 3 dell'articolo 1, è coperto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Nel decreto direttoriale si legge che, al fine di realizzare un'offerta formativa «flessibile», i corsi sono attivati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 crediti formativi universitari (CFU), corrispondenti rispettivamente a un livello base, intermedio e avanzato;
    l'accesso è su base volontaria ma il docente soprannumerario che decidesse di non aderire rischierebbe di rientrare nel profilo previsto dalla legge n. 183 del 2011, con la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione e, se ciò non fosse possibile, con la cassa integrazione, seguita da un possibile licenziamento;
    tutto ciò nonostante il 12 aprile 2012, il sottosegretario Rossi Doria, rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-01436 recante «Iniziative per dare una soluzione definitiva al problema degli esuberi del personale docente» in cui si chiedeva al Governo cosa intendesse fare con gli esuberi del mondo della scuola, affermava che «con riferimento ai corsi di riconversione, si precisa che nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato»;
    il decreto, pertanto, contraddice in modo evidente le parole del Sottosegretario, penalizzando certamente i docenti precari specializzati per le attività di sostegno che, il prossimo anno scolastico, con matematica certezza, rimarranno senza lavoro;
    il provvedimento così concepito non tiene conto del diritto alla qualità dell'insegnamento, penalizzando gli alunni e gli studenti con disabilità che si troveranno come docenti di sostegno persone formate troppo frettolosamente;
    la riconversione riguarderà oltre 10.000 unità di personale in esubero e, di riflesso, altrettanti docenti precari già abilitati sul sostegno;
    i docenti di sostegno a tempo indeterminato hanno conseguito la specializzazione attraverso corsi biennali di 1280 ore, corsi SISS post specializzazione, corso di laurea in scienze della formazione primaria, hanno arricchito il loro curriculum di nuovi titoli di laurea, master, perfezionamento e posseggono esperienze ultra decennali;
    tale provvedimento, quindi, non tiene assolutamente nella giusta considerazione l'importanza degli articolati percorsi formativi effettuati dai docenti specializzati sul sostegno, trascurando – inoltre – importanza delle competenze acquisite e sperimentate quotidianamente;
    i docenti specializzati sul sostegno con maggiore esperienza sono stati finora penalizzati dal sistema di reclutamento attraverso le quattro aree divise nell'ambito della scuola superiore che non tenendo conto del punteggio danneggia, a tutto svantaggio degli alunni con disabilità, proprio i docenti con maggiore punteggio maturato nei tanti anni di servizio;
    un altro esito irrazionale che si verrebbe a determinare, già da settembre, sarebbe il sorpasso a danno degli insegnanti di sostegno di ruolo che da diversi anni operano nella stessa scuola. Infatti, questi sarebbero superati nelle graduatorie d'istituto dai «soprannumerari» convertiti in insegnanti di sostegno, poiché la maggior parte degli stessi dispone di tanti anni di servizio. Ciò ovviamente, non garantirebbe più la continuità didattica che per i disabili rappresenta più che mai un indicatore di efficacia formativa e psicologica importantissimo;
    il decreto n. 7/2012, pertanto, non tiene assolutamente conto del bisogno formativo di docenti cui sarà consegnato il delicatissimo compito del lavoro con alunni e studenti con disabilità ed impone ai docenti soprannumerari di sostituire altri in un lavoro che non dovrebbe, per specifica natura, essere una imposizione o un ripiego rispetto alla perdita del lavoro;
    una mancata correzione di marcia, a partire dal ritiro del decreto stesso, porterebbe inevitabilmente a nuovi contenziosi di massa i cui esiti giurisprudenziali appaiono scontati e le cui condanne causerebbero con i potenziali risarcimenti un ingente danno alle casse statali,

impegna il Governo

a predisporre soluzioni alternative per l'utilizzo del personale docente in esubero che non pregiudichino in alcun modo le legittime aspettative, i diritti del personale precario e, soprattutto, non danneggino alunni e studenti con disabilità che hanno diritto al sostegno da parte di docenti opportunamente ed approfonditamente formati ed adeguatamente motivati.
(7-00867) «Antonino Russo».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    nella crisi economica grave e prolungata che si sta vivendo gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia e rendono al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
    il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici fa parte di uno degli importanti impegni che l'Italia ha già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
    il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento ha fino ad oggi certamente riscosso un enorme successo, secondo un'indagine del Cresme-Enea il volume complessivo di interventi al dicembre del 2011 è stato pari a 1.400.000 interventi, 17 miliardi di euro complessivi di investimento, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Ha inoltre attivato ogni anno di oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è così favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
    appare altresì opportuno redigere un bilancio degli interventi di incentivazione ed in particolare individuare, anche per tramite del supporto tecnico dell'ENEA, validi criteri di ampliamento dei tipi di intervento di efficientamento energetico e della platea dei beneficiari come, ad esempio, i beni strumentali che, sempre secondo stime del Cresme, potrebbero produrre un incremento del 40-50 per cento di tali investimenti con conseguente riflesso positivo in termini di riduzione di costi energetici ed ambientali;
    il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei successi più significativi della green economy, nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie, tenuto conto della vetustà e dell'arretratezza in termini di prestazioni energetiche di larga parte del nostro patrimonio edilizio;
    si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni. Secondo la sopraccitata indagine Cresme-Enea gli effetti complessivi sul bilancio del nostro Paese sono stati positivi;
    come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del dipartimento della protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
    avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale;
    la Commissione VIII sia nella XV che nella XVI legislatura si è occupata del tema, con pareri e atti, da ultimo con l'approvazione, nella seduta del 29 luglio 2010, del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in cui si ribadisce la bontà e l'importanza dello sgravio fiscale in efficienza energetica e nella seduta del 18 gennaio 2012 il Governo ha accolto ed è stata conseguentemente approvate una risoluzione in merito alla stabilizzazione del credito d'imposta del 55 per cento per le misure di efficienza energetica degli edifici;
    nell'ultimo documento di economia e finanza 2012, in sede di indicazione delle priorità di azione per una economia eco-efficiente e per il rispetto degli impegni internazionali assunti dall'Italia in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
    nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza (allegato VI – «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi» –) si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di [riduzione delle emissioni di gas a effetto serra] per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»,

impegna il Governo

a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, anche dando stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, per sostenere inoltre un importante settore della nostra economia, e ad assumere iniziative volte a estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
(7-00866) «Realacci, Mariani, Margiotta, Bratti, Braga, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   la scorsa stagione, in considerazione anche dell'aumento della produzione di rifiuti dovuti all'incremento della popolazione turistica presente nel territorio, sono state innumerevoli le situazioni di black-out riscontrate diffusamente in larga parte delle città calabresi, in particolare nelle località turistiche costiere, che hanno portato ad una totale congestione dell'intero ciclo di gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nell'intero territorio regionale;
   dopo circa un anno e innumerevoli solleciti a porre rimedio ad una situazione divenuta insostenibile, nessuna azione concreta è stata posta in essere per recuperare una capacità qualitativa nel ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Calabria e in prospettiva dell'imminente stagione turistica si ripropone lo spettro dell'inefficienza gestionale;
   sono ormai più di 14 anni che la regione Calabria vive una fase emergenziale continua e mai risolta sulla gestione del ciclo di raccolta e smaltimento rifiuti, malgrado le ingenti risorse sia umane che economiche impegnate nel tempo nel tentativo di dare una reale risoluzione all'emergenza nel territorio calabrese;
   una mancata efficace programmazione delle opere strutturali da porre in essere, la colpevole disattenzione da parte delle istituzioni locali, l'utilizzo di risorse umane poco professionali hanno portato oggi la regione Calabria alla soglia del collasso nella gestione del ciclo dei rifiuti, ponendola in condizioni di criticità evidenti, anche sotto il profilo dell'immagine del territorio;
   il continuare a ostinarsi per la risoluzione della problematica legata ai rifiuti in Calabria affidando tutti i poteri a gestioni commissariali che si sono manifestate inefficaci rappresenta ad anni dell'interpellante una miopia politica intollerabile, e oggi, al cospetto di una gravissima crisi economica congiunturale, minerebbe ancora di più lo sviluppo economico di un territorio già fortemente provato;
   è necessario, oggi ancor di più quindi, assicurare una serie di controlli e un attento monitoraggio sull'intero processo di gestione integrata del ciclo dei rifiuti e la messa in atto di un piano strutturale mirato a superare le numerose difficoltà presenti nel ciclo di gestione dei rifiuti nella regione Calabria e a chiamare in causa tutti gli attori interessati all'assunzione di responsabilità per il superamento delle difficoltà presenti –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per garantire un efficiente servizio di gestione del ciclo di raccolta e smaltimento in regione Calabria, in particolar modo nelle aree interessate durante la stagione estiva, un maggior incremento del flusso turistico e di afflusso di utenti;
   se non si ritenga essere giunto il momento per porre fine alla fase di gestione commissariale dell'emergenza riguardante il ciclo di smaltimento integrato dei rifiuti nella regione Calabria.
(2-01501) «Tassone».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:
   il 17 maggio 2012 la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati Gaetano Blandini, direttore generale della Siae nonché ex direttore del settore cinema del Ministero per i beni e le attività culturali;
   l'accusa è di concorso in corruzione nell'ambito dell'inchiesta sui Grandi Eventi, per avere, in qualità di dirigente del Ministero dei Beni culturali, «concesso o fatto concedere, in virtù della carica ricoperta, ripetuti finanziamenti pubblici per 1,8 milioni di euro in favore di società di produzione cinematografica per la realizzazione di film interpretati da Lorenzo Balducci, figlio di Angelo. Il tutto in cambio di alcuni lavori di ristrutturazione, svolti su richiesta di Balducci da imprese di fiducia di Diego Anemone presso la sua abitazione, e della cessione a prezzo di favore di un'autovettura alla propria consorte» (Il Messaggero del 17 maggio 2012);
   da Il Messaggero del 17 maggio 2012 si evince che: «in particolare, Blandini ha finanziato i film Gas (2005), Last Minute Marocco (2007), Ce n’è per tutti (2009), Aspettando Godard (2009) e Io, Don Giovanni (2009), tutti interpretati da Lorenzo Balducci. In cambio, prosegue il Gip, Blandini otteneva da Balducci, per il tramite di Anemone, quale titolare dell'omonimo gruppo imprenditoriale a già avvinto da vincolo corruttivo con Balducci, ripetute utilità»;
   la Guardia di finanza per ordine della procura di Roma ha anche sequestrato beni per un valore di 16 milioni a Angelo Balducci e a Diego Anemone; inoltre, sempre dal citato articolo pubblicato su Il Messaggero, si legge ancora: «fra i beni le quote del Salaria Sport Village, 26 tra immobili di pregio e terreni tra Roma, Siena e Belluno, tra cui la villa di Montepulciano di Balducci, 11 conti correnti, una cassetta di sicurezza e un'auto di lusso»;
   l'articolo 1, comma 3, della legge 9 gennaio 2008, n. 2 recante «Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori» dispone che «il Ministro per i beni e le attività culturali esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri, la vigilanza sulla SIAE. L'attività di vigilanza è svolta sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza –:
   se, alla luce dei gravi fatti descritti in premessa, il Governo, nell'ambito del potere di vigilanza previsto dalla legge 9 gennaio 2008, n. 2, ritenga opportuno che Gaetano Blandini, iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Roma per concorso in corruzione, continui a ricoprire l'importante ruolo di direttore generale dell'ente pubblico dei diritti d'autore (SIAE).
(2-01503) «Di Pietro, Zazzera».

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
   quale sia lo stato di attuazione dei decreti attuativi del cosiddetto «federalismo demaniale»;
   se e come il Governo intenda operare per dare completa attuazione a quanto previsto da detti decreti in ordine al trasferimento di beni dal demanio statale agli enti locali. (4-16157)


   REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   tra meno di tre anni si svolgerà a Milano l'esposizione universale;
   nella presentazione della candidatura, era stata prevista, tra le altre, la realizzazione delle seguenti infrastrutture caratterizzanti lo spirito della manifestazione:
    a) la via d'acqua;
    b) la via di terra;
    c) un percorso acquatico di 20 chilometri, dalla Darsena sino all'area dell'Expo;
    d) due punti di sosta informativi con attività legate alle manifestazioni dell'Expo: la Porta di Quinto e la Porta est;
    e) la porta d'acqua: un luogo dove conoscere l'acqua come risorsa, per apprendere i metodi per dirigerla e prendere visione degli enti e delle associazioni che si occupano della gestione dell'acqua;
    f) il centro sulla nutrizione, con l'obiettivo di offrire l'opportunità di conoscere i metodi di coltivazione innovativi ed ecologici;
    g) il centro dell'agricoltura tradizionale;
    h) la porta est: spazio per gli eventi e le manifestazioni;
    i) il chiosco dello sport: situato immediatamente a sud, nei pressi di viale delle Forze Armate, sarà punto d'informazione per le attività da svolgere all'aria aperta nel grande parco territoriale;
    l) la porta del canale: gli edifici ferroviari in disuso nei pressi del Naviglio Grande potranno essere riconvertiti e diventare ulteriore luogo attrattivo per i visitatori, dando informazioni e illustrazioni sulla storia della città attraverso i suoi canali;
    m) il rinnovamento della Darsena –:
    se e come il Governo, anche attraverso il proprio commissario e la società di gestione, abbia operato e opererà al fine di realizzare i progetti in premessa.
(4-16167)


   ANTONINO FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore delle comunicazioni elettroniche si trova ad affrontare importanti sfide che risulteranno determinanti per la trasformazione dell'intero sistema economico italiano, con effetti importanti anche sul mercato del lavoro. Tali sfide sono molteplici e, tra le altre, comprendono: il rafforzamento della concorrenza del mercato italiano; il potenziamento delle infrastrutture di rete fissa, con lo sviluppo della fibra ottica; la definizione della disciplina a tutela della proprietà intellettuale online;
   le sfide di cui sopra richiedono risposte autorevoli e lungimiranti da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), per questo le prossime nomine dei nuovi commissari dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rappresentano un'opportunità unica per dotare il settore di un regolatore guidato da personalità competenti in grado di agire svincolate da logiche particolari e, in tal modo, in grado di permettere al settore delle comunicazioni elettroniche di sfruttare tutto il suo potenziale innovativo a beneficio dell'economia italiana;
   riguardo alla procedura di nomina dei nuovi commissari dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, i principali gruppi politici hanno presentato specifici atti parlamentari per impegnare le istituzioni a decidere le nomine secondo criteri di trasparenza e professionalità. Sulla questione, ad esempio, il PD ha presentato una specifica risoluzione per impegnare il Governo a assumere iniziative per prevedere criteri più rigorosi che garantiscano la scelta di personalità tecnicamente competenti in tutti i settori di intervento dell'Autorità al fine di garantirne l'effettiva indipendenza –:
   se non si ritenga opportuno escludere dal novero dei possibili candidati alla nomina di presidente, personalità che abbiano evidenti incompatibilità sia in relazione alla politica, ma anche alle grandi forze economiche del settore – per esempio attraverso società di consulenza che fatturano servizi per aziende di telecomunicazioni – evitando così imbarazzanti situazioni di conflitto di interesse.
(4-16184)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   CATONE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il console a Osaka Mario Vattani è stato oggetto di un circo mediatico giudiziario che si è messo in moto il 29 dicembre 2011 con un video pubblicato dall'Unità che lo ritraeva nella sede romana di Casapound, sul palco sotto pseudonimo a cantare canzoni di gioventù;
   il console di Osaka è stato prima richiamato dalla Farnesina, poi reintegrato da una sentenza del Tar ed ora di nuovo richiamato in Italia dopo una decisione monocratica del Consiglio di Stato;
   il nuovo richiamo in Italia avviene senza alcuna decisione della commissione di disciplina;
   il Consiglio di Stato esprimerà una sentenza collegiale solo il 29 maggio 2012;
   secondo la Farnesina il ricorso al Consiglio di Stato è basato su una considerazione che la militanza missina del console Vattani negli anni ottanta e questo renderebbe la permanenza all'estero del console una palese contraddizione con le alte funzioni di rappresentanza dello Stato che egli è chiamato a svolgere;
   far rientrare il console ad Osaka Mario Vattani, senza attendere la sentenza del Consiglio di Stato del 29 maggio 2012, significherebbe anche non ottemperare ad impegni istituzionali già programmati con autorità giapponesi cosa che rappresenterebbe un grave sgarbo –:
   se non ritenga necessario sospendere il richiamo in Italia del console di Osaka Mario Vattani, in attesa della sentenza collegiale del Consiglio di Stato prevista per il 29 maggio 2012, e in questo modo garantendo il mantenimento di impegni istituzionali già programmati in Giappone con le autorità locali. (4-16173)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   in riferimento agli eventi alluvionali verificatisi il 25 e il 26 ottobre 2011, in Toscana e in Liguria, con particolare concentrazione di effetti nella zona della Lunigiana (MS) e delle Cinque Terre (SP) sono state molte le interrogazioni sui fatti accaduti;
   fra le zone più colpite c’è stata la Lunigiana ed, in particolare, la città di Aulla, in provincia di Massa Carrara, che ha subito, oltre alle due vittime, anche ingenti danni a molte zone dell'abitato cittadino a seguito dell'esondazione del fiume Magra;
   in riferimento all'esondazione del fiume Magra è ormai palese che la tragedia dell'alluvione di Aulla è stata causata anche dalla cattiva gestione del fiume Magra e degli altri fiumi, perché gli stessi sono diventati veri e propri boschi, che non si possono più toccare; per conseguenza, gli alberi e la vegetazione abbondantissima sono stati divelti e, quindi, hanno prodotto un effetto diga a livello della luce degli archi dei piloni dei ponti ed hanno buttato giù diversi ponti a monte di Aulla; poi, i ponti sono andati giù anche a valle e, dunque, hanno contribuito alla piena e all'esondazione del fiume Magra;
   l'alveo del fiume, secondo i dizionari, è tutto quello dove passa il fiume tra un argine e l'altro, fuori dei due argini non è alveo; il riporto di ghiaia è salito negli ultimi vent'anni da cinque a otto metri, da un calcolo idraulico, matematico, quindi elementare; se il centro dell'alveo del fiume è a dorso di mulo e, quindi, è superiore al livello dell'argine, è ovvio che prima o poi l'acqua esce dall'argine, rompendolo;
   i fiumi, in base all'ingegneria idraulica, nei centri delle città vanno tenuti puliti e l'acqua va fatta scorrere velocemente al centro dell'alveo, mentre fuori dai centri abitati va rallentata per fargli fare cassa di espansione; invece, i fiumi sono stati gestiti in maniera disordinata, irrazionale e non corretta per le pressioni di quelli che appaiono agli interpellanti «pseudoambientalisti» di cultura non certamente corretta, ed è palese che se il riporto di ghiaia nei fiumi è superiore agli argini stessi, l'acqua è portata ad uscire, soprattutto se il fiume non scorre al centro; ci si chiede perché per 20 anni non si sono rimodulati gli alvei e i bacini dei fiumi facendoli scorrere al centro, ammassando la ghiaia ai lati, contro quindi gli argini per proteggerli e perché non si sia provveduto alla rimozione delle piante e della ghiaia accumulatasi in eccesso che hanno innalzato di diversi metri l'alveo del fiume stesso;
   in riferimento ai viadotti, i fenomeni erosivi in alveo sono prevedibili e molto frequenti nei corsi d'acqua a fondo mobile (di sabbia e ghiaia) – quale appunto il Magra – le cui piene sono, tra l'altro, caratterizzate da forte apporto solido; gli accumuli di materiale deviano la corrente e la «costringono» sotto una sola campata, e il restringimento della sezione di deflusso provoca l'aumento di velocità dell'acqua, che a sua volta provoca l'escavazione del fondo dell'alveo fino a scalzare le fondazioni ed a scoprirne i pali sottostanti;
   non si tratta della prima volta che gli interpellanti chiedono notizie al Governo sullo stato dei fiumi nella Lunigiana, dato che, nonostante sembrerebbe ragionevole attivarsi per garantire una più efficiente gestione dello stesso, poco o nulla è stato fatto in troppi anni;
   il Paese ha certamente problemi urgenti e le emergenze si susseguono, ma non si può permettere che venga trascurato ancora una volta il problema legato ad un fiume che ha causato negli anni dei disastri, soprattutto visto che da notizie sui quotidiani (La Nazione del 12 Maggio-Cronaca Lunigiana) non si comprende a chi spetterebbe la pulizia dell'alveo del fiume, considerato che il presidente dell'Unione dei comuni imputa l'onere all'autorità di bacino e alla provincia;
   la provincia dal suo punto di vista è di tutt'altro avviso e richiama un regio-decreto del 1904, il n. 523, che stabilisce come criterio quello della classificazione degli stessi e sulla base di questa classificazione il fiume Magra viene identificato come terza categoria;
   la stessa provincia sulla base di ciò ha stabilito che la manutenzione spetterebbe, come indica la legge regionale n. 34 del 1994, agli specifici consorzi di bonifica e quindi per le successive modifiche alle unioni dei comuni (ex comunità montane);
   la provincia stabilisce che la verifica è sempre possibile per l'ente, sempre sulla base della normativa regionale, visto che agli enti provinciali spetta la manutenzione sui corsi classificati di seconda categoria;
   risulta paradossale ma sul territorio della provincia di Massa-Carrara non esiste nessun corso d'acqua che appartenga a questa categoria;
   ciò che importa è se vi siano i presupposti, perché, a fronte di precipitazioni straordinarie, non debbano esserci minacce in futuro;
   il dissesto idrogeologico e fenomeni d'incuria e trascuratezza sono, spesso, la causa di gravi calamità e in molte zone del Paese, nell'ultimo decennio, avrebbero concorso allo straripamento di alcuni corsi d'acqua, con gravi danni per le realtà locali e per lo Stato;
   tale situazione di incuria si ripercuote poi nei mesi estivi, ove, per contrasto, si verifica una carenza d'acqua, con il conseguente insorgere del fenomeno del cosiddetto cuneo salino, ossia dell'acqua del mare che risale dalla foce provocando gravi danni alle colture e portando alla scarsità di risorse idriche;
   appare evidente che un tale contrasto deriva non tanto da fenomeni di tipo naturale, ma da una gestione del corso d'acqua che risente dei vincoli legislativi, che porta a seri problemi, anche in vista dei tanto paventati cambiamenti climatici;
   pare, ormai, opinione condivisa e trasversale che il vincolo paesaggistico ed ambientale non può sopravanzare la necessità di garantire la sicurezza per la cittadinanza e per le realtà produttive delle aree della Lunigiana limitrofe al fiume Magra ed ai suoi affluenti, né può reggere al paradosso che un eventuale danno portato da una piena eccessiva danneggerebbe l'ambiente ed il paesaggio ben più che i lavori volti a garantire maggior contenimento ad una portata delle acque superiore alla media –:
   se il Governo non ritenga assumere ogni iniziativa di competenza affinché la situazione sopra descritta sia affrontata al fine di risolvere la questione del mancato dragaggio dell'alveo del Fiume Magra ma anche agli altri corsi d'acqua a rischio in modo da risolvere il conflitto in atto tra gli enti in premessa e soprattutto evitare nuovi danni alla città di Aulla che dopo l'alluvione dell'ottobre 2011 è stata ricostruita permettendo la ripresa delle attività commerciali;
   se non intenda adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, al fine di modificare le procedure per far realizzare il dragaggio dei fiumi, affinché i corsi d'acqua dolce siano periodicamente ricalibrati così da farli scorrere in modo corretto, senza pericoli per le popolazioni e gli abitanti.
(2-01502) «Barani, Girlanda, De Luca, Castellani, Di Virgilio, Bocciardo, Ciccioli, Palumbo, Fucci, Mancuso, Porcu, Abelli, Gioacchino Alfano, Pianetta, Scapagnini, Mussolini, Berruti, Cazzola, De Nichilo Rizzoli, Vincenzo Antonio Fontana, Ascierto, Barba, Bellotti, Boniver, Ceccacci Rubino, Frassinetti, Massimo Parisi, Faenzi, Divella, Di Centa, Dell'Elce, De Corato, De Angelis, Aracu, Bianconi, Biasotti, Colucci, D'Alessandro, Marinello, Martinelli, Nola».

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Governo si è dichiarato disposto ad incentivare pratiche ambientalmente sostenibili nel campo del riciclaggio di rifiuti;
   il comune di Napoli soffre da anni dell'incapacità di smaltire autonomamente i propri rifiuti;
   vi era stato un impegno importante delle istituzioni locali e del commissario governativo per i rifiuti di Napoli ad incentivare velocemente la raccolta differenziata nell'area partenopea –:
   se e quali progressi siano stati fatti in questo settore;
   se e quali azioni il Governo intenda attuare, per quanto di competenza, per migliorare la raccolta differenziata in Campania e nelle altre regioni. (4-16154)


   NASTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale relativo ai costi e alle modalità per il controllo dei produttori, in ottemperanza con quanto previsto dal decreto legislativo 25 luglio 2005 n. 151 recante «Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti», risulta non ancora pubblicato;
   la mancata adozione del suddetto decreto determina l'ostacolo che, in caso di mancata adesione di un produttore di apparecchiature elettroniche ed elettriche, al centro di coordinamento RAEE, organo per regolare e coordinare le attività di un sistema multiconsortile, istituito dai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche e previsto dal medesimo decreto legislativo, il comitato di vigilanza e di controllo individuato dall'articolo 15 dello stesso decreto legislativo, risulta privo degli strumenti per procedere alla corretta applicazione della normativa;
   a giudizio dell'interrogante, la definizione delle modalità dei controlli e dei costi consentirebbe al comitato di vigilanza e di controllo, di operare nelle migliori condizioni;
   secondo quanto risulta all'interrogante inoltre, il Ministero interrogato avrebbe tuttavia definito le modalità e i costi nei confronti del suddetto comitato, definendo pertanto l'emanazione del decreto ministeriale, ma esisterebbero alcuni problemi di coordinamento con il Ministero dell'economia e delle finanze, a cui compete la concertazione del medesimo provvedimento, che avrebbe espresso l'intenzione di riscuotere i proventi derivanti dai controlli dei produttori; 
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si sarebbe opposto in base a quanto precedentemente riportato, chiedendo la riscossione diretta dei costi o in alternativa concedendo la riscossione al Ministero dell'economia e delle finanze, a condizione che sia vincolata al trasferimento immediato allo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   risulta conseguentemente di rilevante importanza, a giudizio dell'interrogante, per tutti i consorzi che operano nel settore e nel rispetto della legislazione, definire il contenuto del decreto ministeriale esposto precedentemente e porre fine ad un vuoto normativo, che com’è prevedibile, sta determinando confusione e aspettative all'interno dei consorzi e degli operatori del settore, i quali attendono da tempo un'indicazione da parte del Ministro interrogato che consenta una maggiore efficienza ed efficacia dei sistemi e degli strumenti operativi dell'intera filiera di recupero e di riciclo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche – RAEE –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se corrispondano al vero i conflitti esistenti, con riferimento all'attribuzione del riparto delle competenze e delle risorse, esistenti tra i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, che stanno determinando la mancata pubblicazione del decreto ministeriale esposto in premessa;
   in caso affermativo, se non ritengano urgente e necessario, intraprendere ogni iniziativa volta a definire le competenze e la ripartizione delle risorse tra gli stessi Ministeri e provvedere all'emanazione del suddetto decreto ministeriale, atteso dai consorzi del settore da diverso tempo, la cui mancata introduzione sta determinando ostacoli e difficoltà operative fra di essi. (4-16181)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 luglio 2009 il firmatario del presente atto presentava un'interrogazione che riportava tra l'altro che «la diga sul fiume Olona attualmente in fase di costruzione in località Molini di Gurone-Malnate (Varese) rappresenta una delle maggiori opere in costruzione finalizzate alla prevenzione delle inondazioni»;
   l'opera è quasi totalmente finanziata dalla provincia di Varese, ente che ha fortemente voluto tale intervento nonostante le mille difficoltà e le lungaggini provocate dai vari enti ed organismi centrali (ad esempio, non certamente esaustivo, si cita il registro italiano dighe);
   a detta interrogazione non è mai stata data risposta;
   nel frattempo la provincia di Varese ha terminato i lavori di costruzione, la diga è stata inaugurata e — durante almeno un paio di occasioni — è entrata in funzione impedendo il realizzarsi di notevoli danni e situazioni pericolose;
   si parla prevenzione dei dissesti idrogeologici, ma il Ministero a quanto consta all'interrogante nulla ha fatto a supporto della provincia di Varese;
   esistono altri problemi idrogeologici del territorio varesino ai quali occorre fornire risposta –:
   quali siano i suoi intendimenti circa una riduzione delle lungaggini burocratiche una revisione delle competenze, una migliore ripartizione dei compiti e delle funzioni tra Stato, regioni ed enti locali;
   se si ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa al riguardo. (4-16188)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie del 18 maggio 2012 risulta che sono stati rinvenuti in mare sei fusti in plastica, di circa 50 litri ciascuno, a 25 miglia a sud ovest dell'isola di Montecristo da un peschereccio battente bandiera maltese;
   i fusti, sbarcati a Porto Santo Stefano, sono stati posti sotto sequestro dall'ufficio circondariale marittimo di Porto Santo Stefano, che sta curando le indagini del caso e che ha comunque accertato che i fusti non appartengono al carico di quelli tossici persi in mare, al largo della Gorgona, dall'eurocargo Venezia;
   sono al momento in corso le analisi dell'Arpat sui campioni prelevati da tutti e sei i fusti: dai primi rilievi effettuati anche dai vigili del fuoco, pare che la sostanza contenuta sia una soluzione a base di acido cloridrico;
   si tratta dell'ennesimo ritrovamento in un'area di mare che come evidenziato da numerose interrogazioni risulta letteralmente minata da bidoni contenenti sostanze tossiche -:
   di quali ulteriori informazioni disponga il Ministero;
   se non si ritenga di definire piani di monitoraggio e misure restrittive per mitigare e, laddove possibile, eliminare le cause principali di degrado da inquinamento. (4-16192)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ripetute segnalazioni avevano evidenziato la presenza di colonie di zanzare, di topi e finanche di scorpioni lungo il corso del torrente Arno comunemente denominato Arnetta in comune di Gallarate (Varese);
   la manutenzione degli alvei dei torrenti non è compito dei comuni, bensì dell'ex magistrato del Po e lo stato dell'Arnetta è stato documentato con dovizia di materiale fotografico dall'amministrazione gallaratese che ha inviato informazioni dettagliate all'ente competente;
   dal 2009 il comune di Gallarate aspetta risposte che non sono arrivate –:
   quali interventi si stiano predisponendo, anche attraverso l'autorità di bacino, al fine di risolvere la situazione descritta in premessa. (4-16193)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le aziende registrano un aumento dei tassi di interesse ben al di sopra di quanto richiederebbe la situazione finanziaria di spread ed euribor;
   vi sono documentati allungamenti dei tempi di delibera ed una maggiore severità e rigidità nella concessione del credito da parte di tutti gli istituti bancari;
   molte imprese ricevono richieste di garanzie integrative a copertura delle linee di credito già in essere;
   il tema dell'accesso al credito e del sostegno finanziario per le Pmi è fondamentale per lo sviluppo economico del Paese –:
   se i dati riportati in premessa siano reali e se sia noto quale sia la dimensione dei vari fenomeni;
   se sia noto se e come i dati di tassi di interesse medio applicati al nostro sistema produttivo, i tempi delle delibere erogative degli istituti di credito, le quantità e qualità delle garanzie reali richiesta a fronte di concessione di prestiti siano attualmente e come si siano evoluti negli ultimi 3 anni;
   se e come il Governo intenda intervenire per migliorare l'accesso al credito delle medie e piccole imprese. (4-16155)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle immediate adiacenze della stazione delle Ferrovie dello Stato della città di Busto Arsizio (Varese) sono localizzate aree nel passato utilizzate come scalo merci e area di interscambio, ed oggi in gran parte abbandonate e ricettacolo di attività illegali, luogo di episodi di criminalità più volte all'attenzione delle forze dell'ordine;
   i terreni e gli edifici in parola occupano parecchi ettari in una zona di pregio, immediatamente a ridosso del centro storico e di quartieri residenziali;
   dette aree appartengono in parte al gruppo Ferrovie dello Stato ed in parte al demanio, e sono state recentemente oggetto di un interessamento da parte del comune di Busto Arsizio che vorrebbe vederle restituite ad una fruizione cittadina –:
   se e come il Governo intenda intervenire per quanto di competenza, per favorire un accordo tra Ferrovie dello Stato e comune di Busto Arsizio ai fini di restituire ad una qualsivoglia funzione – logistica, industriale, a parcheggi, per servizi o altro – a dette aree di pregio sottraendole al degrado e all'abbandono e migliorando la sicurezza complessiva della città di Busto Arsizio. (4-16158)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
   se corrisponda al vero che agenti della Guardia di finanza o della Agenzia delle entrate o di forze dell'ordine operino ai confini del territorio elvetico o addirittura nel territorio elvetico ai fini di acquisire elementi circa eventuali evasori fiscali;
   se tali operazioni siano svolte a seguito di precisi mandati della magistratura e/o degli accordi internazionali con la Confederazione Elvetica;
   quali e quante azioni effettivamente autorizzate si siano svolte negli ultimi 24 mesi;
   se le citate azioni, siano state effettuate nel pieno rispetto dei trattati internazionali e coordinate dal centro comune di cooperazione di Polizia doganale di Chiasso;
   quale sia la reale entità dei controlli effettuati ed in corso, quanti uomini e messi siano stati utilizzati, quali sanzioni siano state emesse, quali reati siano stati effettivamente accertati e quali somme incassate, con riferimento agli ultimi anni e agli ultimi mesi. (4-16164)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   purtroppo la stampa riporta quasi quotidianamente notizie di imprenditori suicidi per cause legate o comunque riconducibili anche a problemi fiscali;
   la complessità del sistema fiscale del nostro Paese non ha eguali in altri Paesi industrializzati, fatto che rende complicato – per il contribuente in buona fede – ottemperare ai propri obblighi;
   sull'argomento il Governo è stato sollecitato in più interventi in assemblea dall'interrogante, attraverso mozioni e ordini del giorno, oltreché in molte altre occasioni, ottenendo sempre rassicurazioni in merito alla volontà di procedere ad una semplificazione delle procedure in capo al contribuente;
   in numerose occasioni pubbliche nonché precedentemente anche in colloqui e incontri anche informali il direttore dell'Agenzia delle entrate dottor Befera ha sempre assicurato l'impegno dell'Agenzia ad addivenire a procedure e modalità dichiarative più semplici, riscontrabili e certe;
   tali affermazioni non paiono seguite da fatti concreti –:
   se e come il Governo si sia attivato o intenda attivarsi – anche attraverso l'Agenzia delle entrate – per migliorare le condizioni di trasparenza, semplicità e riduzione della complessità delle procedure in capo al contribuente fiscale.
(4-16165)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo si avvale della collaborazione della Agenzia delle entrate, determinando un aggio sulle cifre dalla stessa accertate nei confronti di contribuenti non in regola;
   detto aggio non è stato variato nel corso degli ultimi anni, nonostante un aumento molto significativo delle cifre accertate;
   detto aggio rappresenta comunque un carico per il contribuente finale –:
   quale sia l'aggio attualmente riconosciuto alla Agenzia delle entrate in termini percentuali e come venga calcolato nel dettaglio;
   se sia intenzione del Governo rivedere l'aggio, ed in che misura;
   se e come il Governo si sia attivato o intenda attivarsi per ridurre i costi a carico del contribuente. (4-16166)


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è proprietaria a Trieste di alcuni stabili in via Giulia, i quali vengono poi posti in locazione;
   il complesso di case è stato costruito nel 1989 in base ad un modello nazionale che non risponde alle peculiarità climatiche della città di Trieste esposta a raffiche di vento in particolare da nord-est;
   sono sorti innumerevoli problemi in questi appartamenti quali infiltrazioni d'acqua e gli infissi che non erano in grado di reggere alle raffiche di vento;
   la stessa USL in una relazione dell'11 marzo 2003 segnalava che «le superfici finestrate dell'alloggio, ed in particolare quelle più esposte al vento, risultano essere inefficaci ad evitare infiltrazioni di aria fredda all'interno degli ambienti, risultando di fatto permeabili all'aria [...] non garantendo, quindi, un sufficiente “taglio termico”. Nell'arco delle 24 ore monitorate, nonostante la presenza di un impianto autonomo di riscaldamento, le temperature rilevate sono rimaste quasi sempre al di sotto del livello di standard di comfort tecnico»;
   a seguito di ciò, alcuni conduttori dei contratti di locazione hanno deciso, nell'autunno 2010, di sostituire finestre e infissi nuovi in alluminio, e pertanto hanno avviato la richiesta dell'autorizzazione a Poste italiane spa;
   dopo alcuni mesi dalle richieste di autorizzazione, per le vie brevi è stato garantito che l'autorizzazione sarebbe giunta;
   i conduttori hanno, a loro spese, dato avvio ai lavori prima che giungesse il periodo invernale, quindi, hanno provveduto a pagare i lavori entro il 31 dicembre 2010 così da poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste;
   la sostituzione degli infissi e dei serramenti non ha comportato oneri per l'azienda, avrebbe consentito a quelle famiglie di vivere in ambienti più confortevoli e di diminuire i consumi per il riscaldamento degli appartamenti, ed inoltre, ha aumentato il valore dell'immobile di proprietà di Poste italiane spa;
   a distanza di un anno l'autorizzazione non era ancora pervenuta, e, dopo alcuni solleciti, è stato inviato un documento dal quale si evince che l'autorizzazione non sarebbe stata concessa in quanto i nuovi infissi «erano di un materiale diverso»;
   infatti, stando a quanto detto da Poste italiane spa, gli infissi dovevano essere in ferro nonostante gli altri materiali offrano maggiori garanzie di resa in termini di tenuta ed isolamento termico e richiedano minori oneri di manutenzione;
   ad oggi comunque non è ancora stata notificata alcuna comunicazione ufficiale di Poste italiane di non concessione dell'autorizzazione;
   si concorda che Poste italiane spa è una società a totale partecipazione pubblica –:
   se, visto che nel caso specifico i lavori hanno valorizzato il patrimonio immobiliare dell'Azienda e che sono stati necessari per il raggiungimento del comfort termico, i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire presso Poste italiane spa per sollecitare la concessione dell'autorizzazione dei lavori svolti così da sanarli e metterli al riparo da qualsivoglia tipo di contestazione;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire affinché nel caso di sostituzione di infissi, vengano privilegiati materiali che consentono una resa termica migliore, come l'alluminio, anziché i materiali classici, come richiesto nel caso esposto. (4-16174)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che il Corpo forestale della regione Sicilia comprende 18.691 unità, a cui si aggiungono altre 7.300 unità dell'antincendio, per una spesa di 121,6 milioni di euro –:
   se e come il Governo si sia attivato o intenda attivarsi, per quanto di competenza, per ridurre i costi a carico del bilancio pubblico. (4-16187)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CONTENTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   notizie di stampa hanno riportato le dichiarazioni che il senatore Luigi Lusi avrebbe rilasciato, a sua difesa, alla giunta per le autorizzazioni del ramo del Parlamento di appartenenza;
   in particolare, sul Corriere della Sera del 18 maggio 2012, è apparso un virgolettato, attribuito al senatore, del seguente letterale tenore: «c’è stata un'ingerenza nell'attività d'indagine della procura di Roma», ingerenza che, secondo l'estensore, sarebbe intervenuta «da parte dei vertici della Margherita, cioè da parte di Francesco Rutelli, Enzo Bianco e Giampiero Bocci»;
   altri quotidiani hanno attribuito al tesoriere della Margherita dichiarazioni relative a fondi del partito utilizzati per finanziare fondazioni facenti capo a noti esponenti politici ovvero per sostenere dei candidati in occasione di alcune competizioni elettorali;
   sempre da notizie di stampa, si è appreso che una richiesta di incidente probatorio, avanzata dai legali del senatore, sarebbe stata respinta e che la documentazione relativa al rendiconto della forza politica ed ai relativi giustificativi sarebbe stata lasciata nella disponibilità del partito senza provvedere al relativo sequestro;
   ulteriori notizie di stampa, fanno, poi, riferimento all'esistenza di una lettera, risalente all'8 febbraio, in cui «Rutelli, Bianco e Bocci chiedono ai PM di risparmiare il partito dall'inchiesta» (Libero, 18 maggio 2012);
   sempre da notizie di stampa del 19 maggio 2012, il difensore del senatore ha testualmente dichiarato «Chi sostiene questa tesi non ricorda, o finge di non ricordare, che tutta la documentazione contabile è in possesso della sola Margherita e che proprio la difesa di Lusi ha chiesto, senza successo, che si arrivasse ad una perizia per accertarne i contenuti»;
   a parere dell'interrogante risulterebbe davvero singolare che, a fronte di gravi irregolarità, non fossero stati assunti provvedimenti idonei a preservare la documentazione di interesse per le indagini come altrettanto singolare appare il diniego di incidente probatorio diretto ad assumere elementi di prova utili al procedimento;
   l'esistenza, infine, di una lettera indirizzata ai pubblici ministeri da parte di soggetti che, secondo il senatore, avrebbero cercato di «risparmiare il partito» da un eventuale coinvolgimento nel corso delle indagini, legittima la richiesta di accertamenti sui fatti evidenziati dagli organi di comunicazione e ciò al fine di fugare ogni dubbio circa comportamenti della magistratura che potrebbero anche solo apparire, agli occhi dell'opinione pubblica, improntati a logiche diverse da quelle che sembrano ispirare iniziative giudiziarie di analogo tenore, ma riferite ad altre forze politiche –:
   se non intenda disporre dei propri poteri ispettivi per accertare quanto riportato dalla stampa anche al fine di esercitare eventuali azioni disciplinari. (5-06901)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il palazzo di giustizia sede della procura della Repubblica di Busto Arsizio (Varese) necessita da anni di interventi di Ristrutturazione, di adeguamento alla sicurezza, di rinnovo degli arredi;
   istanze in tal senso sono state avanzate da più parti;
   la procura di Busto Arsizio è tra le più attive ed importanti del Paese, vista anche la competenza territoriale sull'aeroporto di Malpensa ed il relativo carico di lavoro dovuto ai molti fenomeni legati allo scalo intercontinentale;
   esistono competenze in merito di soggetti terzi, tra i quali gli enti locali, ma è altresì assoluto interesse dello Stato –:
   se e quali iniziative il Governo abbia realizzato o programmato ai fini di migliorare e/o ristrutturare il palazzo di giustizia della procura di Busto Arsizio. (4-16156)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal quotidiano La Nuova Sardegna dello scorso 17 maggio 2012, domenica 13 maggio nel carcere di Alghero mancava il personale sanitario per la distribuzione dei farmaci;
   sembrerebbe infatti che l'unico medico incaricato disponibile si sia improvvisamente ammalato sicché quel giorno non risultava in turno alcun infermiere. A quel punto non si è potuto far altro che chiamare con urgenza la guardia medica cittadina, che alla fine si è dovuta sostituire al collega assente, facendo oltretutto un lavoro improprio;
   i sindacati della polizia penitenziaria non esitano a definire la situazione gravissima, anche perché i detenuti a correre il rischio di una crisi di astinenza sarebbero circa 60 su 175, senza contare che un certo tipo di terapie non possono essere interrotte con disinvoltura –:
   di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa;
   se non intendano promuovere ogni iniziativa di competenza in rapporto ai fatti esposti in premessa, anche al fine di evitare che un episodio del genere abbia a ripetersi in futuro. (4-16183)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   META. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 1o marzo 2012 si è verificato l'ennesimo disservizio alla Ferrovia Roma-Lido, di proprietà della regione Lazio ma concessa in gestione ad Atac Spa, società di Roma capitale;
   in particolare, stando a quanto riferito dall'Atac, un treno per la manutenzione si sarebbe ribaltato durante la notte bloccando di fatto la circolazione sulla linea ed impedendo al mattino il ripristino del normale servizio che viene svolto su due binari;
   la ferrovia Roma-Lido costituisce di fatto l'unico collegamento di trasporto pubblico tra Ostia, il XIII Municipio ed il centro della Capitale, attraversando un bacino di circa 500.000 utenti che vivono nel quadrante a sud-est di Roma;
   si tratta della prima ferrovia italiana ad essere costruita per servizi ferroviari metropolitani, per una lunghezza di 28 chilometri circa, ed è stata inaugurata nel 1924;
   sulla base dei dati pubblicati da alcuni quotidiani risulta che solamente nel 2008 sono state registrate 985 corse saltate a causa di disservizi e problemi al materiale rotabile con gravissimo pregiudizio per una linea di trasporto su ferro che ha caratteristiche simili alle linee metropolitane per tipologia di servizio e frequenza di passaggio;
   sempre nel 2011 i dati sulle corse cancellate sono ulteriormente peggiorati arrivando ad una media di 4 corse soppresse al giorno per un totale di 1.514 treni in meno nel periodo gennaio-agosto;
   sulla tratta Roma-Lido dovrebbero essere utilizzati quotidianamente circa 12 convogli che però, a causa delle gravissime carenze nella manutenzione, scendono ad appena 4-7 treni al giorno;
   ben sei treni dei dodici utilizzati sulla Ferrovia Roma-Lido hanno un'anzianità di servizio compresa tra i 40 e i 50 anni;
   i disagi sono ormai una consuetudine per gli utenti della Ferrovia Roma-Lido che, guardando agli ultimi episodi resi noti dalle cronache, l'11 novembre 2011 sono stati abbandonati su di un treno che improvvisamente si era fermato per un problema ai freni dai quali proveniva del fumo;
   non è tollerabile oltremodo che venga garantito a singhiozzo un servizio pubblico per decine di migliaia di cittadini che non hanno alternative al mezzo di trasporto privato e per i quali viene messa a disposizione un'offerta di treni davvero inconcepibile per una Capitale europea –:
   se il Governo intenda assumere iniziative anche normative, per tutelare i pendolari costretti a viaggiare nelle condizioni descritte in premessa. (4-16153)


   REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i piani di trasporto aereo in molti Paesi europei prevedono una integrazione costante tra mezzi di ala fissa e ala rotante;
   l'aeroporto di Malpensa rappresenta, per localizzazione geografica prossima ai confini, un sito ideale per il posizionamento strategico di una infrastruttura che integri il trasporto tra elicottero e aereo, anche a livello internazionale –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire l'integrazione tra trasporto a mezzo elicottero e a mezzo aeromobile a livello nazionale e internazionale, con particolare riguardo all'aeroporto di Malpensa. (4-16160)


   REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i piani di trasporto aereo in molti Paesi europei prevedono una integrazione costante tra mezzi di ala fissa e ala rotante;
   la pianificazione del trasporto aereo si sviluppa per programmi pluri-decennali, essendo la stessa basata su infrastrutture da pianificare, costruire e avviare –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire il trasporto integrato ala fissa-ala rotante;
   se e come dette iniziative siano coordinate a livello europeo. (4-16161)


   REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere:
   quale sia l'orientamento del Governo in merito alle proposte di modifica normativa tese ad eliminare la possibilità di decurtare i punti della patente di guida anche nel caso di infrazioni commesse in bicicletta;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare per favorire un sistema normativo favorevole alla diffusione della mobilità ciclistica. (4-16163)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica del 3 maggio 2012 risulta che: «Con precise condizioni e raccomandazioni, i lavori della galleria di Ripoli della Variante di valico continueranno. Il responso degli esperti esterni chiamati dal prefetto Angelo Tranfaglia (Ispra e Cnr) è stato reso pubblico ieri in Prefettura. I tecnici rassicurano, viene esclusa l'esistenza di un disastro ambientale, ma intanto Toto Costruzioni, che sta scavando al lato Sud della galleria e che già da un anno ha posto con forza il tema dei rischi di questi lavori, ha inviato in Procura una perizia-choc. Una perizia nella quale si sostiene che la pressione di milioni di metri cubi di frana che incombe sulle strutture della galleria e che già ha modificato di alcuni centimetri l'assetto dell'opera, nel corso degli anni renderà del tutto inutilizzabile l'autostrada che corre dentro la galleria»;
   l'articolo prosegue affermando che: «I tecnici di Ispra e Irpi del Cnr dovevano rispondere alle domande del prefetto sui rischi attuali per l'incolumità delle persone. Il pericolo di collasso, seppure basso, c’è, ma viene escluso »un crollo repentino« dell'intero versante. Siccome il problema di cui si occupa il prefetto è soprattutto l'incolumità delle persone, i tecnici affermano che gli scavi, ora interrotti da Pasqua possono così riprendere, pur con alcune novità. I monitoraggi saranno estesi e soprattutto collegati ad un sistema di allarme permanente. A Ripoli verrà installato un presidio di Protezione Civile e gli abitanti saranno chiamati a collaborare. I tecnici raccomandano anche l'introduzione di tecniche di scavo che possano dare meno »disturbo« alla frana» –:
   se e quali iniziative intendano promuovere per verificare ulteriormente il livello di sicurezza dell'area interessata ai lavori;
   se non si ritenga di sospendere comunque i lavori in attesa dell'esame da parte della procura della perizia-choc presentata dalla Toto Costruzioni. (4-16178)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 116 del codice della strada disciplina l'abilitazione alla guida distinguendo le patenti di guida in distinte categorie in base al veicolo e alla massa complessiva;
   l'interpretazione della norma, però, non è chiara soprattutto nel definire in quale categoria rientrino alcuni veicoli;
   non è di facile comprensione quale patente occorra per la guida di un caravan di massa inferiore a 3,5 tonnellate nel caso, consentito il traino di un rimorchio, questo raggiunga con il rimorchio una massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate;
   di conseguenza si segnala che non appare chiaro se la patente utile nel caso appena citato sia la medesima che è necessaria nel caso di guida del caravan come detto sopra, a prescindere dall'utilizzo effettivo del rimorchio;
   sono giunte segnalazioni all'interrogante circa la difficoltà di interpretazione dell'articolo 116 del codice della strada, anche con riguardo al caso di un autoveicolo adibito al trasporto di persone o di cose di massa non superiore a 3,5 tonnellate, la cui carta di circolazione consente il traino di un rimorchio, con il risultato di una massa complessiva dei due veicoli superiore a 3,5 tonnellate;
   vista l'esistenza di sanzioni amministrative, anche non poco onerose nel caso di contravvenzioni del codice della strada, si rende necessario un chiarimento per evitare inconsapevoli violazioni delle norme in materia di sicurezza stradale –:
   se il Ministro ritiene di dover emanare una circolare interpretativa che definisca:
    a) la categoria di patente necessaria per l'utilizzo di un caravan di massa inferiore a 3,5 tonnellate, la cui carta di circolazione permette il traino di un rimorchio, nel caso superi, con il rimorchio, le 3,5 tonnellate di massa complessiva;
    b) la categoria di patente necessaria per l'utilizzo di un caravan di massa inferiore a 3,5 tonnellate, la cui carta di circolazione permette il traino di un rimorchio, nel caso non vi sia un effettivo utilizzo del rimorchio;
    c) la categoria di patente necessaria per l'utilizzo di autoveicolo adibito al trasporto di persone o di cose di massa non superiore a 3,5 tonnellate, la cui carta di circolazione consente il traino di un rimorchio, con il risultato di una massa complessiva dei due veicoli superiore a 3,5 tonnellate;
   se il Ministro nell'emanare la circolare interpretativa possa specificare, con riguardo a quest'ultimo punto, se si renda necessario anche l'uso del cronotachigrafo. (4-16182)


   POLLEDRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento alla volontà manifestata dall'amministrazione comunale di Piacenza di apportare modifiche al sistema viabilistico in via Emilia Parmense (strada statale 9) un prossimità della tangenziale sud, località Montale;
   la zona, già oggetto di precedenti lavori, ha registrato un sensibile calo (si calcola il 40 per cento) del giro d'affari dovuto alla presenza dei cantieri prima e dell'opera finita poi, che hanno negato e continuano a negare la necessaria visibilità alle numerose attività commerciali ivi presenti;
   se si decidesse di intervenire con modifiche agli svincoli stradali bisognerebbe perseguire lo scopo di valorizzare il Montale e non di penalizzarlo ulteriormente;
   è necessario tutelare gli investimenti non solo delle Ipercoop e dei grandi centri commerciali ma anche quelli dei singoli individui e delle medio piccole società, numerosi nella frazione Montale di Piacenza;
   risulta quantomeno discutibile la necessarietà dei lavori di modifica agli svincoli stradali interessanti una strada statale, quale l'Emilia Parmense, che vanta una storia millenaria –:
   se il Governo sia al corrente di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda porre in essere in relazione al progetto di modifica del sistema viabilistico della strada statale 9 Emilia Parmense che potrebbe provocare danni irreversibili alle attività commerciali troppo spesso sacrificate per dar invece lustro alle grandi catene commerciali. (4-16191)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAMPA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la componente volontaria del Corpo nazionale dei vigili del fuoco conta circa 7.000 unità operanti in approssimativamente 300 sedi volontarie sparse su tutto il territorio nazionale;
   già da qualche tempo, si registra una crescente demotivazione di tale personale, a causa di quello che sembra all'interrogante un sostanziale disinteresse dell'amministrazione di riferimento che, non solo, non permette di crescere, ma anche semplicemente di sopravvivere;
   la legge di stabilità 2012 (n. 183 del 2011, articolo 4, commi 13 e 14) contiene norme che stanno creando notevoli ostacoli all'operatività delle sedi volontarie;
   in particolare, il comma 13 prevede che, ai fini del reclutamento del personale volontario di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, il capo del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno stabilisca, con cadenza triennale e sulla base delle esigenze operative, il contingente massimo dei nuovi reclutamenti a domanda, tenendo conto, in prima applicazione, del personale volontario che, alla data del 31 dicembre 2011, sia iscritto o abbia presentato domanda di iscrizione negli appositi elenchi;
   il comma 14 della medesima legge di stabilità prevede che le visite mediche per l'iscrizione siano a carico del richiedente (circa 250,00 euro);
   tali norme disincentivano, di fatto, chi si avvicina al Corpo nazionale dei vigili del fuoco pensando di fare il passaggio da precario a «stabilizzato» ma, probabilmente, avranno anche l'effetto di disincentivare chi invece vuole semplicemente fare il volontario presso la caserma del suo paese;
   altro problema è l'acuirsi della cronica assenza di risorse da destinare alla formazione del personale volontario dei distaccamenti, il quale, avendo già una diversa occupazione, ha in tal senso la necessità di frequentare corsi in orari fruibili, che richiederebbero la corresponsione dell'indennità straordinaria al personale istruttore o la presenza di istruttori nella componente volontaria, attualmente non presenti;
   il collegato lavoro 2010 (legge n. 183 del 2010, articolo 27, commi 7, 8, 9) prevede una delega al Governo, il cui termine di esercizio scade il 24 maggio 2012, per l'adozione di uno o più decreti legislativi allo scopo di armonizzazione il sistema di tutela previdenziale e assistenziale applicato al personale permanente in servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale volontario presso il medesimo Corpo nazionale;
   ad oggi, la suddetta delega non è stata esercitata da parte del Governo –:
   se non ritenga opportuno, per l'adozione dei provvedimenti relativi al contingentamento dei reclutamenti del personale volontario dei vigili del Fuoco – adottando il criterio legato alle esigenze di servizio e, solo in via subordinata, l'ordine di presentazione della domanda – prevedere la destinazione di risorse finanziarie sufficienti per consentire l'erogazione di una formazione fruibile, al fine di favorire realmente la sopravvivenza delle sedi volontarie che altrimenti rischiano la chiusura pur avendo personale in attesa di entrare;
   se, per i medesimi obiettivi, si ritenga di attribuire a figure qualificate fra il personale volontario, in ragione della loro esperienza, un ruolo compatibile con l'erogazione della formazione di primo ingresso (come ad oggi risulta avvenire per la formazione di guida), in modo che siano utilizzati nei comandi provinciali – senza oneri per l'amministrazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 – per i corsi di primo ingresso relativi al personale dei distaccamenti volontari;
   se intenda destinare risorse finanziarie sufficienti per un piano di formazione del personale volontario dei distaccamenti, che potrebbe così acquisire maggiore professionalità e lavorare di conseguenza con maggiore sicurezza;
   se siano stati già predisposti gli schemi di decreti legislativi attuativi della delega contenuta nel collegato lavoro 2010 per l'armonizzazione del sistema di tutela previdenziale e assistenziale tra il personale permanente e quello volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, in caso contrario, se intenda promuovere iniziative normative per la proroga del termine per l'esercizio della delega stessa. (5-06894)


   COMAROLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il contratto di locazione della prefettura e dell'alloggio prefettizio di Cremona, il cui canone di locazione corrisponde ad euro 253.063,88, risulta scaduto in data 30 novembre 2010 e ad oggi non è ancora stato rinnovato con l'ente proprietario dell'edificio, ovvero la provincia di Cremona;
   il contratto di locazione della caserma dei carabinieri di S. Lucia di Cremona è scaduto in data 30 novembre 2011 e ad oggi, a fronte di un canone di locazione pari ad euro 113.300,84, il medesimo canone dell'anno 2011 non è stato corrisposto all'ente provincia di Cremona, proprietario dell'immobile;
   la situazione debitoria complessiva nei confronti dell'ente provincia di Cremona per i due immobili ammonta ad euro 366.364,72 e, come risulta anche da una segnalazione effettuata dall'ente provincia di Cremona, permane ancora scoperto il rimborso delle spese di riscaldamento richiesto in acconto per euro 12.016,61, relativo al periodo 2010/2011, e manca ancora l'acconto del periodo 2011/2012;
   gli enti locali vivono oggi una situazione di estrema difficoltà, in virtù sia delle riduzioni delle risorse economiche, diminuite anche a causa dei recenti provvedimenti governativi quali il ripristino del regime di tesoreria unica, sia della crisi economica, aggravata peraltro dalle recenti disposizioni promosse dal Governo in materia di IMU –:
   se non si ritenga opportuno, anche in ragione della grave situazione degli enti locali, assumere idonee iniziative di competenza affinché vengano definite con certezza ed urgenza le tempistiche entro le quali si intende corrispondere all'ente provincia di Cremona le somme dovute, relative ai canoni d'affitto e al rimborso per le spese di riscaldamento non ancora incassate. (5-06897)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come già evidenziato nell'interrogazione del 3 maggio 2012, cui ancora non è stata fornita alcuna risposta, i fatti di cronaca degli ultimi mesi tratteggiano un profilo dell'Umbria oramai divenuta mercato della droga tra i più fiorenti d'Italia, zona di furti e rapine, area d'infiltrazioni mafiose consistenti con annessi episodi di riciclaggio ed anche efferati omicidi, fenomeni ormai quotidiani che destano viva preoccupazione tra i cittadini della regione e, in particolare, per quelli che risiedono a Perugia;
   per citare solo gli ultimi si ricorda la rapina in una villa della provincia di Perugia, che ha avuto come tragico epilogo l'omicidio di Luca Rosi nei primi giorni di marzo; a febbraio, una donna era stata oggetto di violenza sessuale nel corso di un colpo analogo sempre alle porte di Perugia. Alla fine di marzo, una rapina finita in tragedia, è costata la vita a due membri di una famiglia titolare di un'attività orafa, chiusa qualche anno fa;
   le forze dell'ordine hanno sempre agito con competenza e determinazione nonostante le carenze di uomini e mezzi;
   è compito, dunque, delle istituzioni restituire certezze e serenità ai cittadini dell'Umbria e per questo considerare centrale la questione sicurezza;
   il 16 maggio 2012, al Viminale, si è svolto un incontro tra il Ministro dell'interno e il sindaco di Perugia, dove è stato affrontato il tema della sicurezza del capoluogo, alla presenza del capo della Polizia, del comandante generale dell'Arma dei carabinieri e del prefetto di Perugia;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, l'impegno assunto dal Ministro è stato quello di assicurare «un'adeguata e stabile presenza di agenti» –:
   rilevato che tale espressione appare piuttosto generica, se non ritenga di dover declinare analiticamente gli impegni concreti assunti per ripristinare la sicurezza e l'ordine pubblico a Perugia. (4-16150)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   rispondendo all'interrogazione 4-14219, il Governo ha precisato che i corsi di ingresso per i nuovi vigili del fuoco volontari debbono svolgersi senza maggiori oneri per lo Stato, utilizzando il personale formatore ed istruttore già in forza al corpo;
   nella medesima circostanza, il Governo ha altresì sottolineato come la formazione finalizzata al conseguimento di patenti per la conduzione di mezzi in forza al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia formalmente accessibile anche al personale volontario;
   in realtà, tuttavia, perché l'attività formativa a profitto dei nuovi vigili volontari sia svolta da personale formatore ed istruttore in forza al Corpo senza oneri aggiuntivi occorre il verificarsi di tutta una serie di condizioni, che in pratica implicano una possibilità di accedervi molto ridotta ed in definitiva l'esaurimento progressivo del ruolo dei vigili volontari;
   allo stesso modo, il personale volontario dei vigili del fuoco non pare veramente nelle condizioni di partecipare alle attività di formazione alla guida dei mezzi in dotazione al Corpo, essendo generalmente privo dei titoli richiesti per prendervi parte;
   le possibilità di accedere alle attività formative sopracitate a disposizione dei Vigili volontari sono sostanzialmente bassissime –:
   se il Governo sia intenzionato ad esaurire il ruolo dei vigili del fuoco volontari o ne preveda invece la sopravvivenza anche in futuro, ed in particolare se sia ipotizzabile qualche intervento per porre mano almeno alla formazione dei nuovi volontari in entrata nel Corpo.
(4-16152)


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo dichiara di essere impegnato nella repressione di ogni fenomeno di illegalità;
   molte organizzazioni criminali ottengono fondi rilevanti dal commercio abusivo e illegale di prodotti contraffatti e di importazione irregolare;
   è notorio che moltissimi prodotti venduti in vari modi – per lo più irregolari – sulle spiagge e sui marciapiedi in tutto il Paese siano prodotti tessili e/o di abbigliamento e/o accessori di abbigliamento provenienti da fabbriche straniere, e pertanto commercializzati dopo essere transitati illegalmente in un varco doganale;
   è opinione diffusa tra gli operatori del settore che – essendo la dogana del porto di Napoli una tra le più attive per l'ingresso di prodotti tessili nel nostro Paese, molta merce venduta illegalmente entri nel nostro territorio transitando dal varco partenopeo –:
   quale siano i dati disponibili circa l'effettiva dimensione del fenomeno;
   quali provvedimenti il Governo abbia assunto o intenda assumere per perseguire i funzionari doganali responsabili degli omessi controlli;
   se e con il Ministro intenda intervenire – con apposite iniziative normative – per aumentare le sanzioni e le pene per i responsabili. (4-16159)


   DI PIETRO e PALADINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi della stampa hanno riportato le dichiarazioni rilasciate dal Ministro interrogato esclusivamente a giornalisti, cui è immediatamente susseguita, per la prima volta nella storia della Repubblica, una riunione congiunta convocata dai sindacati della carriera prefettizia, della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco;
   le dichiarazioni del Ministro inerivano alla soppressione di un numero indefinito di prefetture, questure e comandi provinciali dei Vigili del fuoco e, come riportate dai giornali, non facevano cenno alcuno ai criteri di razionalizzazione e, viepiù, in ordine a tale decisione si sono dette, all'oscuro le rappresentanze sindacali dei circa 200.000 lavoratori del Ministero dell'interno che ne sarebbero coinvolti;
   al Ministro interrogato è certamente nota la situazione drammatica in cui versano le forze dell'ordine, della sicurezza e della prevenzione, presìdi sui quali si sono riversati continui tagli che già da diverso tempo ne minacciano l'operatività e la tempestività sui territori della Nazione –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in ordine al futuro della sicurezza per il nostro territorio, per i cittadini e per coloro che vi prestano la loro opera, con quali strumenti intenda eventualmente darvi corso e con quali tempi intenda farne partecipi le rappresentanze sindacali. (4-16168)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano Il Manifesto nella sua edizione del 17 maggio 2012 pubblica un circostanziato e allarmante articolo della giornalista Cinzia Gubbini, intitolato «A Trieste il commissariato degli orrori, sequestri e violenze su 50 immigrati»;
   in detto articolo si riferisce che dalle indagini relative alla morte per suicidio di Ailna Bonar Diachuk, la giovane ucraina detenuta in una stanza chiusa a chiave all'interno del commissariato di Opicina, che si è tolta la vita dinanzi all'obiettivo delle telecamere a circuito interno;
   la morte di Alina, si legge nell'articolo «rivela una gestione gravissima e omertosa della questura. A casa del capo un altare al Duce, il Mein Kampf e tutti i testi antisemiti. Targa nazi sulla porta: “Ufficio epurazioni”;
   il dirigente in questione, dottor Carlo Baffi, risulta ora indagato per sequestro di persona e omicidio colposo; dalle indagini sulla vicenda, condotte dal pubblico ministero Massimo De Bortoli, stanno emergendo filoni più ampi. La procura è interessata soprattutto a capire quale fosse la prassi seguita dalla questura nei confronti dei migranti privi di permesso di soggiorno, ma privi anche di un decreto prefettizio che ne stabilisse la reclusione in un centro di espulsione. Starebbe infatti emergendo infatti che l'ufficio del dottor Baffi ritenesse la legge insufficiente, e si organizzasse di conseguenza, rinchiudendo in questura gli immigrati in attesa della decisione del prefetto. Si chiama sequestro di persona, che è infatti uno dei reati contestati dal pm al vicequestore che dovrà rispondere davanti a un giudice anche della morte di Alina» –:
   se quanto riportato da Il Manifesto corrisponda a verità;
   se risulti confermato che la procura di Trieste abbia sequestrato i fascicoli relativi a 49 immigrati detenuti da agosto ad aprile nel commissariato di villa Opiciana, per capire se avessero dovuto stare lì o no;
   in caso affermativo se non si ritenga di dover disporre un'inchiesta di carattere amministrativo per accertare come, e per responsabilità di chi, sia potuto accadere quanto emerso, e in particolare come sia potuto accadere che quelle che delle fonti di stampa sembrano evidenti simpatie fasciste del dottor Baffi e le modalità del suo operato non abbiano suscitato alcun tipo di reazione e provvedimento. (4-16170)


   PORCU e MURGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Osidda, provincia di Nuoro, il 30 e 31 maggio 2010, si sono svolte le elezioni comunali. Il risultato ha premiato la lista «Cuncoldia – Tribagliu», capeggiata dal sindaco uscente, con cinque soli voti di scarto, rispetto alla lista «Cuncoldos», in un contesto di 16 voti di sospetta importazione;
   esiste, infatti, una articolata indagine dei carabinieri nella quale si legge «Il Comune di Osidda, ha concesso nella totalità dei casi considerati, la residenza nel proprio territorio, senza compiere gli accertamenti previsti, attestando quindi il falso» (pag. 197 del rapporto). Violazioni per le quali hanno indagato 8 persone, e di cui tre interne all'amministrazione;
   gli atti sono stati trasmessi all'autorità giudiziaria di Nuoro per l'esercizio dell'azione penale;
   da tali atti risulta che sedici persone, in gran parte di origine straniera, (romena e marocchina) e 3 italiani, sono state iscritte in anagrafe e ammesse al voto, nel periodo immediatamente precedente le elezioni ma senza che ci fosse una puntuale verifica dei requisiti necessari per l'iscrizione anagrafica come previsto dall'articolo 4 della legge n. 128 del 1954, recante ordinamento delle anagrafi della popolazione residente nonché dagli articoli 3 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989 n. 223, sul nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente e dall'articolo 43 codice civile;
   ben 6 persone di origine romena sono state iscritte in anagrafe il 27 maggio 2010, a soli 3 giorni dalle elezioni;
   gli accertamenti condotti dalla polizia giudiziaria, pare abbiano evidenziato inoltre che diverse persone, in possesso di moduli di residenza, andavano in giro per le campagne e gli ovili di altri paesi limitrofi, cercando maggiorenni e facendo loro firmare richieste di residenza e, addirittura nel contempo, istruendole sul modo di votare alle comunali di Osidda, e che tali moduli, così sottoscritti, abbiano reso possibile le iscrizioni anagrafiche e l'ammissione al voto escludendo le previste forme di accertamento ai sensi dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1984, n. 1228, nonché dell'articolo 3, comma 1, e articolo 19 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989;
   avrebbero dovuto essere cancellati dall'anagrafe dei residenti e invece sono stati ammessi al voto anche 3 cittadini originari del Marocco;
   non è stata ammessa al voto la signor V.S. nonostante abbia presentato dichiarazione di residenza 4 mesi prima senza avere alcun riscontro;
   tutti i consiglieri di minoranza si sono dimessi dalla carica segno di protesta –:
   alla luce dei fatti sia pur sommariamente descritti, che delineano però un quadro assai inquietante, quali urgenti iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per porre rimedio alla inaccettabile situazione in essere ad Osidda. (4-16185)


   ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 maggio 2012 è pubblicata l'interrogazione n. 3-02849 della senatrice Teresa Armato, il cui iter ancora in corso, nella quale erano segnalati casi inquietanti relativi al fenomeno dello scambio di voti e più in generale al legame tra politica e criminalità;
   il caso forse più eclatante di quanto denunciato è quello delle elezioni nel comune di Sant'Antimo, nel quale, oltre a quanto descritto dalla stessa, si sono verificati anche casi di affissione selvaggia;
   la sezione locale dell'Italia dei Valori descrive ondate di manifesti e teloni elettorali, il cui contenuto elettorale si scontrava con le norme per le normali affissioni negli spazi pubblicitari, per le quali si è impegnata in una battaglia per la normalizzazione della campagna elettorale presentando una denuncia presso i vigili urbani;
   la risposta pronta e immediata dei vigili urbani poco ha potuto ottenere contro le squadre di attacchini che ricoprivano la città, vedendo ancora una volta perdenti le istituzioni dello Stato italiano;
   molteplici sono le relazioni e i documenti prodotti sia dalla Commissione antimafia che da servizi giornalistici, che collegano il fenomeno dell'attacchinaggio in periodo elettorale alla camorra –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per restituire dignità ai territori interessati e perché tali fatti non influenzino più il corretto svolgimento delle elezioni democratiche. (4-16189)


   ROSATO, FIANO e TOUADI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 16 aprile, presso il commissariato di polizia di Villa Opicina, frazione di Trieste, è stata constatata dai soccorsi del 118 la morte di Alina Bonar Diachuk;
   la donna, cittadina ucraina di soli 32 anni, era stata scarcerata il precedente sabato 14 aprile dalla casa circondariale di Trieste con decreto del magistrato che applicava il patteggiamento alla pena di quattro anni di carcere congiunti all'espulsione;
   secondo una prima ricostruzione la donna, che aveva tentato il suicidio già durante la detenzione presso la casa circondariale di Trieste, si sarebbe legata attorno al collo il cordino che regolava la tensione del cappuccio della sua felpa;
   secondo quanto emerso dalle prime indagini, il giorno stesso della scarcerazione della ragazza, dall'ufficio matricola della casa circondariale, sarebbe stato inviato un fax all'attenzione dell'ufficio immigrazione della questura in cui si segnalavano i presupposti per l'attivazione dell'espulsione dal territorio nazionale;
  il pomeriggio di sabato 14 aprile 2012, in assenza della convalida da parte del giudice di pace del decreto di espulsione, gli agenti della Polizia di Stato hanno trasferito la Diachuk nella stazione di Villa Opicina, per trattenerla per le giornate di sabato e domenica, in attesa che il lunedì successivo riprendessero le udienze del giudice di pace;
   in base alle notizie pubblicate dalla stampa, l'atto di espulsione non sarebbe stata notificato alla destinataria né prima né durante le giornate di permanenza al commissariato, e non sarebbe stata inviata al magistrato dall'ufficio stranieri dalla questura nessuna richiesta per l'espulsione per Alina Bonar Diachuk;
   nell'ambito dell'inchiesta, il 9 maggio il pubblico ministero Massimo De Bortoli ha perquisito, con alcuni agenti della Guardia di Finanza, le stanze dell'ufficio immigrazione della questura e in particolare quelli del funzionario responsabile della pratica di Alina Bonar Diachuk, Carlo Baffi;
   secondo gli inquirenti sarebbe stato il responsabile dell'ufficio Carlo Baffi a disporre che Alina Bonar Diachuk venisse prelevata alla casa circondariale da una pattuglia della Polizia di Stato per essere trasferita al commissariato di Villa Opicina;
   nel corso della perquisizione dell'ufficio del dottor Carlo Baffi, e in seguito della sua abitazione, gli agenti della Guardia di Finanza hanno rinvenuto molti libri e altro materiale dal contenuto antisemita, sulla difesa della razza e di propaganda nazista;
   pur nel rispetto del lavoro della magistratura e nell'osservanza del principio di non colpevolezza, non vi è dubbio che le notizie emerse rischiano di offuscare agli occhi della cittadinanza l'immagine della Polizia di Stato, in quanto appare grave che un funzionario di Polizia di Stato con compiti delicati detenga materiale di questo tipo;
   il lavoro delle forze dell'ordine, svolto quotidianamente con impegno e umanità, corre il pericolo di passare in secondo piano rispetto a uno specifico grave fatto, che però va circoscritto ai soggetti coinvolti dall'inchiesta;
   si rileva, inoltre, che la normativa vigente sull'espulsione dei cittadini extracomunitari è di difficile gestione pratica in quanto è la Polizia a farsi carico delle comunicazioni ai difensori, di trovare l'interprete e di provvedere al trasporto all'ufficio del giudice di pace per l'udienza;
   si evidenzia che nei fine settimana non vi è a disposizione un giudice di pace che convalidi i decreti di espulsione, ma allo stesso tempo secondo la procura non sarebbe possibile nemmeno trattenere lo straniero in attesa della convalida;
   resta il fatto che ai sensi della normativa vigente e come previsto nella sua sentenza di condanna. Alina Bonar andava immediatamente espulsa al termine del periodo di reclusione;
   sul caso specifico Alina Bonar, in stato di depressione psichica, sarebbe dovuta essere per lo meno sorvegliata attentamente durante il fermo presso il commissariato di Polizia, cosa che, in base alla ricostruzione dei fatti apparsa sugli organi di informazione, non è accaduta con continuità –:
   se le notizie riferite dalla stampa, che naturalmente hanno suscitato clamore e senso di amarezza nella popolazione, corrispondano all'effettivo svolgimento dei fatti e se vi siano ulteriori elementi utili alla comprensione dell'effettivo svolgimento dei fatti;
   se risulti che nelle dichiarazioni rilasciate nel corso delle indagini a Gorizia che avevano portato al suo arresto, Alina Bonar abbia dichiarato al magistrato di dover scontare una condanna per omicidio in Ucraina;
   come il Ministro dell'interno intenda seguire gli sviluppi delle indagini, che stanno delineando fatti gravi e in contrasto con le norme e le prassi di tutela dei diritti, distinguendo le responsabilità personali sopra richiamate dall'operato, sempre caratterizzato da correttezza ed abnegazione, del personale e dei dirigenti della questura di Trieste;
   se il Ministro della giustizia, alla luce della difficile applicazione pratica della normativa sull'espulsione dello straniero soprattutto durante il fine settimana, non intenda presentare una proposta di modifica delle leggi in materia di immigrazione che non aggravi ulteriormente le responsabilità degli agenti della polizia di Stato e detti una linea chiara sulla procedura di espulsione dello straniero in libertà;
   se, in assenza o in attesa di tale modifica, non intenda intervenire con altre iniziative per garantire una presenza del giudice di pace convalidante anche nei giorni festivi e prefestivi;
   se il Governo non intenda intervenire, al fine di evitare aggravi di tipo processuale e burocratico, per regolamentare in modo diverso l'espulsione di cittadini stranieri nei casi in cui questa avvenga al momento della loro scarcerazione. (4-16190)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'educazione alimentare rappresenta una importante questione da affrontare nel percorso educativo del bambino;
   il dibattito attuale sui cibi nostrani, eco-compatibili, geneticamente modificati e altro assume particolare importanza su tutti gli organi di informazione;
   l'organizzazione scolastica nulla prevede al riguardo –:
   quale sia l'orientamento del Governo per migliorare l'informazione e l'educazione rivolta ai nostri ragazzi;
   se e quali iniziative siano state assunte per migliorare, quale sia lo stato di attuazione del programma di educazione alimentare ed informazione alimentare corretta. (4-16162)


   SIRAGUSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre 2011, il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo a firma di Corrado Zunino, dal titolo «Gelmini, scampoli di fine stagione fondi a pioggia, spesso agli amici»;
   lo stesso giornale ha ospitato la risposta al suddetto articolo dell'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   nell'articolo si legge che «L'11 novembre scorso il direttore generale dell'Istruzione ha licenziato sotto dettatura politica un decreto ministeriale che sbloccava un finanziamento da 650 milioni – i mitici Pon, i programmi operativi nazionali – per la ricerca al Sud: in Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia. Con questo budget pubblico (250 milioni è denaro di Stato, il resto arriva dall'Unione europea) oggi si possono finanziare 47 centri di ricerca pubblici, privati e confessionali (molti). Infine, nell'elenco dei beneficiati ci sono tre amici della politica: hanno ricevuto finanziamenti che sembrano elargizioni, ottenuto consistenti assegni dopo aver servito la causa del centrodestra in sede locale»;
   di questi fondi, circa 150 milioni di euro sono stati destinati direttamente o indirettamente a enti siciliani;
   tra questi, denuncia sempre Zunino, «Dodici milioni e quattro dalla Gelmini se li è presi, poi, il neonato Polo di innovazione Cyber Brain di Catania. È sostenuto da due istituzioni interessanti. Una è l'Istituto Euro-Mediterraneo di Scienza e Tecnologia, Iemest per gli addetti. Fondato nel 2009 a Palermo per “condividere e divulgare la conoscenza tecnologica”, oggi lo presiede l'ex graduato della finanza Bartolo Sammartino. Ha 43 anni, Sammartino, e ha assommato la carica di consigliere del Pdl alla Regione Sicilia (all'assemblea siciliana li chiamano deputati) nonché quella di vicesindaco di Palermo (dal 2001 al 2003). La sua militanza nell'agguerrita destra post-fascista Sammartino ama ricordarla istruendo corsi di studio attraverso la sua Accademia nazionale politica. Per Sammartino, a cui non sono bastate la conoscenza fluente di tre lingue tra cui l'arabo e diverse docenze per essere nominato all'Antitrust, ora arrivano i dodici milioni abbondanti. I primi due anni di attività dell'istituto di ricerca li aveva sostenuti per intero la sua Accademia nazionale politica: può liberarsi di un peso, ai soldi adesso ci pensa la Gelmini. L'altro bastione societario del Polo di innovazione Cyber Brain, quello che appunto si è beccato i dodici milioni di fine governo, è la Fondazione Neuromed di Isernia. La guida l'ex prefetto di Campobasso (e di Cosenza e di Modena) Marcello Palmieri, già commissario di governo per la Regione Molise, amico di Di Pietro ma anche dell'ala tardo dc del Partito democratico. Non si conoscono, fin qui, le competenze scientifiche del prefetto in pensione, pronto a fondersi con i post-fascisti del Pdl per garantirsi i finanziamenti pubblici»;
   colpisce, soprattutto in epoca di crisi economica e di spending review, l'entità delle risorse destinate al neonato Polo di innovazione Cyber Brain di Catania e, in particolare, colpisce il fatto che in quello stesso progetto, accanto a due istituti di ricerca medica, vi sia anche l'Istituto euro-mediterraneo di scienza e tecnologia che ha una vocazione politico-sociale più che clinica, ed è presieduto da un esponente politico –:
   se il Ministro non ritenga, alla luce di quanto esposto in premessa, di effettuare un approfondimento in merito alla destinazione di tali risorse, inserendo anche questo ambito nella prevista spending review, e di verificare l'attività svolta dal polo di innovazione Cyber Brain di Catania e l'utilizzo delle somme concesse. (4-16172)


   DI BIAGIO, GRANATA, BARBARO e MURO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 14 marzo 2012 n. 31 ha decretato il numero di «posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di tirocinio formativo attivo per l'abilitazione all'insegnamento» nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, per l'anno scolastico 2011-12;
   in data 13 marzo 2012 attraverso l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/4940-A/98 il Governo si è impegnato a consentire ai docenti, considerati non abilitati, con esperienze e competenze pregresse maturate nella scuola di poter partecipare al tirocinio formativo attivo senza l'obbligo di sostenere le prove di accesso;
   in data 8 maggio 2012 con nota ministeriale pubblicata sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca venivano fornite ulteriori informazioni su percorsi abilitanti e sul sistema di reclutamento che, in parte accoglieva, quanto Futuro e Libertà, va sostenendo da tempo, aprendo alla possibilità di un riconoscimento dell'esperienza maturata;
   in data 14 maggio 2012 nel corso di una riunione tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sindacati veniva formalizzata una ipotesi di intervento volto a prevedere il riconoscimento della partecipazione ad un percorso abilitante senza sostenere la prova di accesso ai docenti che abbiano maturato 3 anni di insegnamento nella classe di concorso di riferimento, mediante supplenze annuali fino al termine delle lezioni o supplenze annuali fino al 31 agosto o supplenze continuative per almeno 180 giorni in un anno scolastico;
   la suddetta iniziativa, sebbene si collochi nella lodevole direzione di avviare, come auspicato e sollecitato, una risoluzione del problema, introduce delle palesi limitazioni che di fatto risolvono soltanto parzialmente l'annosa questione del precariato-scuola precludendo l'accesso a numerosi docenti e alimentando una «guerra tra poveri» che provoca ulteriore disagio in una categoria che rischia di essere ulteriormente mortificata;
   alla luce di quanto disposto con la citata iniziativa, potrebbero partecipare, ai percorsi speciali, solo i docenti non abilitati nella stessa classe di concorso per cui ha avuto luogo la supplenza non tenendo conto che in clima di razionalizzazione degli organici molti docenti hanno prestato servizio non solo sulla classe di riferimento specifica ma anche in classi di concorso afferenti lo stesso ambito;
   risulterebbero esclusi i docenti di strumento musicale e di discipline artistiche per i quali manca l'attivazione dell'AFAM, i docenti dell'infanzia, della primaria e degli ex diplomati magistrali che, pur presenti nelle norme transitorie, allo stato risultano inspiegabilmente esclusi mancando i relativi atti attuativi ed infine i docenti tecnico pratici che da anni attendono risposte concrete sulla sorte di tale categoria –:
   quali siano i motivi di esclusione della categoria dei docenti citati in premessa, se si ritenga opportuno ampliare il requisito dei 180 giorni, al servizio «comunque» prestato limitando il presupposto della continuità anche in considerazione del fatto che molti docenti si son visti interrompere il periodo di servizio in concomitanza con festività;
   se si intenda riconoscere anche ai docenti che abbiano maturato 360 giorni di servizio il diritto di accedere al percorso senza sostenere le prove di accesso o, in alternativa, fornire loro certezze su tempi e modalità del loro reclutamento.
(4-16175)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2011 l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, (INPGI), emette un comunicato – sul proprio sito – in cui si annunciano sgravi fiscali per le editrici che trasformano il rapporto di lavoro di propri giornalisti dipendenti, da tempo determinato in tempo indeterminato;
   da tale comunicato si evince che «dagli sgravi fiscali saranno comunque esclusi i pensionati e le aziende che hanno effettuato licenziamenti, mentre saranno inclusi tutti i contratti giornalistici, compresi quelli adottati dalla Fieg e dall'Aeranti Corallo;
   la società editrice «Fotocomposizione Santarosa Snc» di Savigliano (CN), editrice del giornale «Il Saviglianese» presenta richiesta di agevolazioni per un proprio dipendente per il quale ha trasformato il contratto a tempo determinato in contratto tempo indeterminato e la richiesta viene accolta, con comunicazione ufficiale;
   la stessa Fotocomposizione Santarosa Snc viene poi contattata telefonicamente da INPGI che anticipa una comunicazione di revoca, in quanto le agevolazioni sarebbero previste solo per i contrattualizzati FNSI, giusta delibera del C.d.A. dell'INPGI, secondo una circolare del 10 novembre 2011;
   la Editrice «Fotocomposizione Santarosa Snc» riceve la revoca ufficiale delle agevolazioni a suo tempo concesse;
   in entrambe le comunicazioni sopra citate di concessione e di revoca delle agevolazioni si fa riferimento alla mansione di «giornalista», e quindi non viene messa in discussione la figura professionale in parola, per la quale la Editrice versa regolarmente i contributi previsti da leggi nazionali e regolamenti INPGI;
   a parere dell'interrogante si è posta in essere una discriminazione sindacale, con l'obiettivo pratico di spingere alla contrattualizzazione con FNSI, cosa che non è sicuramente compito dell'INPGI né di altri organi istituzionali, pubblici o privati –:
   in base a quali norme l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ha stabilito i contratti e quindi i giornalisti, che hanno diritto alle agevolazioni contributive rispetto ad altri, dal momento che tutti i giornalisti, comunque contrattualizzati, anche individualmente sono obbligati ad iscriversi all'INPGI;
   se non si ritenga urgente e doveroso chiarirei rapporti tra editori e INPGI a prescindere dal contratto applicato, ovvero, in alternativa, di concedere agli editori che applicano contratti non siglati da FNSI, di versare i contributi all'INPS. (5-06896)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUCCHINO e PORTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   con la stipula di numerose convenzioni multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale lo Stato italiano ha garantito nel tempo un buon livello di tutela previdenziale ai lavoratori emigrati all'estero;
   la finalità degli accordi di sicurezza sociale è quella di garantire la parità di trattamento di lavoratori e pensionati che si spostano, spesso permanentemente, dall'uno all'altro Paese contraente e l'esportabilità delle prestazioni previdenziali di cui sono o saranno eventualmente titolari;
   la stipula di tali accordi bilaterali di sicurezza sociale consente, inoltre, e soprattutto ai lavoratori italiani emigrati e ai lavoratori immigrati in Italia, che, per varie ragioni, al compimento dell'età pensionabile non sono in grado di maturare un diritto autonomo nel loro Paese per insufficienza contributiva, di attivare il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati nei Paesi contraenti, ai fini del perfezionamento del diritto a un pro-rata (quota parte di pensione) e quindi del proficuo utilizzo di contributi che altrimenti rimarrebbero inutilizzati;
   la maturazione di un diritto previdenziale in convenzione bilaterale fa conseguire un diritto a pensione sia a carico dell'Italia che dell'altro Paese contraente;
   il sistema di tutela previdenziale in regime internazionale sopra descritto costruito nel corso degli anni dall'Italia non è purtroppo completo, perché numerosi Paesi di emigrazione italiana sono rimasti esclusi come il Cile, il Perù, l'Ecuador e il Messico dove risiedono rispettivamente 48.125, 29.494, 13.468 e 11.471 cittadini italiani iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero); da Cile, Perù, Ecuador e Messico sono immigrati in Italia, dove vivono con regolare permesso di soggiorno, rispettivamente 3.629, 101.711, 85.518 e 5.192 soggetti cittadini di tali Paesi;
   la consistenza della presenza di cittadini italiani in questi Paesi e di cittadini di questi Paesi in Italia privi di tutela previdenziale in convenzione, impone, se lo si ritiene un dovere di un Paese civile, la stipula di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale che tutelino adeguatamente questi lavoratori nell'ambito socio-previdenziale, anche per evitare che i lavoratori immigrati in Italia rappresentino un onere per il nostro Stato, richiedendo all'Inps, al compimento dell'età prevista, l'erogazione dell'assegno sociale che dovrà essere concesso in mancanza di una prestazione erogata dal Paese di provenienza –:
   quale sia la politica del Governo in relazione alla tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori italiani emigrati nei Paesi succitati e dei lavoratori di tali Paesi immigrati in Italia titolari di regolare permesso o carta di soggiorno;
   quali iniziative urgenti si intendano adottare per completare il quadro di tutela previdenziale in regime internazionale con la stipula di convenzioni con i Paesi succitati dove vivono importanti comunità di cittadini italiani e da dove sono immigrati in Italia migliaia di lavoratori locali;
   quali eventuali iniziative si intendano adottare per verificare le reali implicazioni finanziarie che la ratifica di tali accordi comporta, anche alla luce della possibilità di limitare l'esportabilità delle prestazioni assistenziali e/o legate alla residenza, e del fatto che se gli immigrati da questi Paesi in Italia, tramite la stipula delle convenzioni bilaterali, matureranno un diritto a pensione a carico del loro Paese non graveranno sullo Stato italiano con l'eventuale richiesta dell'assegno sociale. (4-16151)


   ALESSANDRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano Libero del 17 maggio 2012 è stato pubblicato un articolo intitolato «Gli schiavi delle coop emiliane pagati 4 euro l'ora». In esso si descrive un presunto abuso commesso dalla Coopservice di Reggio Emilia a danno dei dipendenti della stessa cooperativa cui di fatto sarebbe stato effettuato un contratto di lavoro di tipo part-time per il solo fine di eludere le norme contrattualistiche, utilizzandoli in maniera piena pur risultando precari;
   i lavoratori in questione svolgerebbero attività di portierato e assistenza informatica di base presso l'università di Bologna con un contratto che prevederebbe dalle 20 alle 30 ore settimanali ma che di fatto arriverebbero a 50, ossia 8 ore settimanali, per via degli straordinari che in questa vicenda risulterebbero essere una prassi consolidata;
   per le loro prestazioni, i lavoratori della cooperativa percepirebbero circa 4 euro l'ora e potrebbero ottenere un incremento di 30 centesimi l'ora ma solo a condizione che diventino soci lavoratori. Si evince però dall'articolo in questione, che la cooperativa abbia ottenuto l'appalto in oggetto a fronte di un contratto che stabilirebbe una paga oraria di circa 20 euro l'ora (19,8 euro/ora) –:
   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se in tale ambito non intenda ad ogni modo verificare se la cooperativa di Reggio Emilia Coopservice utilizzi in maniera corretta e non abusiva le modalità di contratto part-time verso i propri lavoratori e se tali modalità non siano praticate anche in altre aree della regione Emiliana. (4-16169)


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o maggio 2012 un operaio di origine rumena, il signor Vasile Copil, è morto cadendo dall'impalcatura al terzo piano di un cantiere a Rocca di Cambio, vicino L'Aquila –:
   quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
   se risulti osservata la normativa relativa alla sicurezza nel lavoro. (4-16176)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo uno studio dell'Università di Edimburgo, pubblicato su «Nature Climate Change», il latte non utilizzato e dunque buttato nelle cucine inglesi, ogni anno crea un impatto ambientale equivalente a migliaia di emissioni di scarico delle automobili;
   in particolare gli scienziati spiegano che le 360.000 tonnellate di latte sprecato nel Regno Unito ogni anno creano emissioni di gas serra equivalenti a 100.000 tonnellate di CO2 che, secondo lo studio è pari a quanto viene emesso da circa 20.000 auto l'anno –:
   se esista uno studio sullo spreco di latte in Italia ed in ogni caso se si intendano promuovere politiche volte a contenere il consumo di prodotti animali come strumento per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. (4-16180)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo il rapporto «Ospedali e Salute 2011» curato dall'Associazione italiana ospedalità privata, la regione Lazio appare tra le regioni meno virtuose e con i maggiori sprechi nel settore sanitario, ben 1.900 milioni di euro, su cui pesa il costo medio dei posti letto, il più alto d'Italia;
   secondo il terzo rapporto Pit salute di Cittadinanzattiva Lazio, che fa riferimento a oltre 4mila segnalazioni raccolte dal tribunale dei diritti del malato tra il 1o gennaio e il 31 dicembre del 2011, i pronto soccorso sono intasati e poco efficienti (per circa l'11,03 per cento), il rapporto con i medici e il personale sanitario è inadeguato (10,18 per cento), mancano informazioni e orientamento, specie su medici di base e pediatri (18,89 per cento), ancora troppi gli errori diagnostici (17,89 per cento), poca informazione riguardo l'invalidità civile e l'handicap (7,67 per cento) e liste d'attesa troppo lunghe (5,45 per cento);
    al Policlinico Gemelli di Roma risultano a rischio gli stipendi di maggio, anche se questa struttura vanta 152 milioni di crediti con la regione Lazio;
   all'Ospedale San Camillo i medici sono in stato di agitazione e hanno proclamato l'occupazione virtuale dell'ospedale; mancano risorse, posti letto e personale;
   al Policlinico Umberto I di Roma un’«ispezione» del Codacons ha fatto scoprire molti letti guasti, inutilizzabili e lasciati nei corridoi a Medicina fisica e riabilitativa;
   il capogruppo del PD alla regione Lazio Esterino Montino, secondo quanto riporta il «Corriere della Sera» denuncia una situazione di «ospedali a mezzo servizio e sale operatorie chiuse, il CTO è semivuoto e alcuni reparti sono buoni solo per ricoverare i fantasmi. Il Santo Spirito lavora a metà, fa i conti con la mancanza di ginecologi e non raggiunge i 1500 parti all'anno. L'Oftalmico è un cimitero di attrezzature non utilizzate e ha ridotto l'attività di 600 interventi rispetto al 2010, ma la regione Lazio non ha fatto nulla» –:
   se sia in grado di confermare l'esattezza di quanto sopra esposto ed in caso affermativo quali urgenti iniziative, di competenza, si intendano promuovere, sollecitare, adottare anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario in ordine a quanto sopra esposto. (5-06898)


   LENZI, MIOTTO, LIVIA TURCO, BOSSA, FONTANELLI, SARUBBI, PEDOTO e SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dall'organo di stampa Corriere della Sera di giovedì 17 maggio 2012, si apprende la notizia della grave realtà in cui si trova la sanità molisana ed, in particolare, il forte degrado in cui versa l'ospedale di Isernia, dove le sale operatorie del nuovo monoblocco dell'ospedale, con macchinari nuovissimi ancora incellofanati, attrezzature d'avanguardia, costate ben due milioni di euro, sono abbandonate in quanto non è mai stato costruito un ascensore adeguato con cui trasportare i pazienti dalla sale operatorie, che si trovano nel sotterraneo;
   questo è solo l'ennesimo spreco di una sanità che vede il Molise avere la spesa sanitaria pro capite più alta d'Italia e il record nazionale di ricoveri impropri (94 per cento) come uno studio del Sole 24 Ore aveva già evidenziato;
   la sanità molisana è commissariata dal luglio 2009 e fino ad ora nonostante la nomina di un commissario ad acta nella persona del governatore Michele Iorio e di due sub commissari, la dottoressa Isabella Mastrobuono, sostituita poi nel gennaio 2012 dal dottor Nicola Rosato e, dal dottor Mario Morlacco, che in data 17 aprile ha annunciato di volere lasciare l'incarico, non è riuscita a tenere sotto controllo i conti della sanità ma anzi ha ulteriormente ampliato il suo deficit sanitario –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione in cui versa l'ospedale di Isernia e quali iniziative urgenti intenda assumere affinché anche i cittadini di quella regione non vedano venir meno il loro diritto alla salute ed a essere curati dal servizio sanitario nazionale;
   se il Ministro, visto la totale mancanza di risultati nella gestione commissariale della sanità molisana, non ritenga opportuno intervenire per nominare un nuovo commissario ad acta e per definire nuovi obiettivi di rientro. (5-06900)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Pavia, sul terreno di circa 60 mila metri quadrati dove ha operato lo stabilimento dell'ex Snia Viscosa (uno degli stabilimenti chimico-tessili più grandi della Lombardia), posto sotto sequestro, è stata rinvenuta, con dei carotaggi, la presenza diffusa di zolfo, metalli tossici e idrocarburi pesanti, anche in notevoli quantità;
   tale situazione è dovuta alla presenza di grandi quantità di rifiuti interrati e al mancato adeguato trattamento e/o messa in sicurezza di tali materiali;
   secondo la Forestale, il sottosuolo, almeno sino ad una profondità di otto metri, quota a cui si trova già la falda, presenta un'elevata concentrazione di queste sostanze pericolose che pertanto si sono propagate e si stanno diffondendo nelle acque sotterranee –:
   quali azioni di competenza si intendano intraprendere a tutela della salute e dell'ambiente ed in particolare nei confronti della proprietà. (4-16177)


   DI PIETRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo «blocco operatorio per tutte le discipline chirurgiche» del presidio ospedaliero del «Veneziale» di Isernia dispone di una sala operatoria completata nell'estate 2010 e mai utilizzata, come testimoniato da macchinari ancora incellofanati e abbandonati tra piatti di carta colmi di veleno per topi;
   la struttura non funziona poiché, incomprensibilmente, manca l'ascensore per il trasporto dei pazienti;
   la sala operatoria è costata due milioni e mezzo di euro di cui il 5 per cento a carico della regione e il resto finanziato con gli «Accordi programma quadro infrastrutture sanitarie e sociali, ex delibera CIPE 20 del 2004»;
   quanto esposto dall'interrogante è solo un aspetto di una struttura fatiscente — quella del nosocomio pubblico di Isernia — che soffre della gestione familiare degli Iorio primi fra tutti Michele e Rosa; Rosa Iorio, sorella del presidente della regione, candidato sindaco di Isernia, infatti, è il direttore del distretto sanitario di Isernia-Venafro e ha preso il posto di Vincenzo Bizzarro, cugino di Michele Iorio. A questi dobbiamo aggiungere la cugina Giovanna Bizzarro assunta in regione nel 2006, la moglie del cugino Luciana De Cola in Bizzarro, direttrice sanitaria dell'ospedale isernino e il figlio del governatore Luca Iorio che, anche lui medico, avrebbe fatto assumere all'ospedale di Isernia il suo maestro Huscher licenziato perché si sarebbe opposto — stando a quanto dichiarato dallo stesso Huscher in una lettera aperta — all'apertura del reparto di Chirurgia vascolare — inutile e dalle spese proibitive — che avrebbe consentito «al figlio del presidente di consolidare la sua presenza a Isernia» –:
   quali iniziative, considerato il commissariamento della regione Molise per il disavanzo sanitario, intenda intraprendere per evitare questo ulteriore spreco di denaro pubblico che altro non fa se non aggiungersi alle vicende di malasanità, sprechi di denaro e pratiche clientelari che l'interrogante ha segnalato più volte al Ministro. (4-16186)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Crotone, è stato recentemente messo sotto sequestro l'impianto di trattamento delle acque reflue urbane, sulla strada statale 106 Jonica, impianto gestito della società Soakro;
   la procura contesta lo smaltimento irregolare dei fanghi prodotti dall'impianto di trattamento delle acque reflue urbane che invece di essere trattati e conferiti in discariche autorizzate finivano direttamente nel torrente Papaniciaro dal quale poi gli stessi confluivano in mare. Sarebbe questa, peraltro, la causa della moria di pesci che si è registrata la scorsa estate alla foce del fiume Esaro e nel tratto nord della costa crotonese;
   sono stati emessi avvisi di garanzia nei confronti di quattro dirigenti della Soakro, la società acque crotonesi interamente partecipata da comune e provincia di Crotone oltre che dai comuni ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, che gestisce l'impianto mentre la custodia giudiziaria dell'impianto è stata affidata al sindaco della città dal momento che il depuratore è di proprietà del comune;
   il sindaco dovrà, entro il termine perentorio di venti giorni, ripristinare la funzione dell'impianto e provvedere allo smaltimento dei fanghi che ammontano a trenta metri cubi di materiali, ammassati nei piazzali dello stesso depuratore da quando, nel luglio dello scorso anno, è avvenuto l'ultimo conferimento in discarica;
   con una missiva urgente inoltrata nella mattinata di lunedì 15 maggio al presidente della provincia di Crotone, ai sindaci dei comuni che ricadono nell'ambito territoriale ottimale e al prefetto Vincenzo Panico, il direttore generale della società acque crotonesi Franco Sulla ha comunicato la volontà di rinunciare alla gestione di tutti i ventisette depuratori comunali che entro cinque giorni saranno restituiti all'Ato;
   a distanza di pochi giorni le forze dell'ordine hanno posto sotto sequestro l'acquedotto «Alaco» che sorge tra le province di Vibo Valentia e Catanzaro e ventisei persone (tra tecnici della società di gestione dell'impianto idrico, sindaci dei comuni che utilizzano l'acquedotto, dirigenti di aziende sanitari e quelli dell'Arpacal l'agenzia regionale dell'acqua) risultano indagate dalla competente procura per aver consentito la distribuzione di acqua per uso umano non conferme ai requisiti di potabilità ed in contemporanea –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito al rischio di inquinamento ambientale dovuto al cattivo funzionamento del depuratore sequestrato e rispetto agli altri gestiti dalla Soarko, nonché alla valutazione e caratterizzazione dei fanghi presenti;
   se non si intenda procedere ad un'ampia indagine sul funzionamento di tutti i depuratori a partire da quelli calabresi in particolare del crotonese, alla luce dei rischi di una ulteriore procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. (4-16194)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Autogrill spa, controllata al 59,3 per cento dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni srl, oltre a gestire i fast food in questione gestisce la concessione di marchi americani come Starbucks o Pizza Hut, e possiede catene di ristoranti come «Spizzico», con più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località del nostro Paese; 10 mila dipendenti sul territorio nazionale oltre 60.000 unità impiegate, con un fatturato di 5,84 miliardi l'anno (4 dei quali provenienti proprio dal settore della ristorazione dislocati in tutto il territorio nazionale, certificata SA 8000 (per social accountability);
   da notizie apparse sugli organi di stampa, si apprende che in questi ultimi mesi sono state avviate le procedure di licenziamento collettivo per i dipendenti di tre punti vendita autostradali tra Roma, Bologna e Milano del gruppo Autogrill;
   in una nota della Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucus-Uil Nazionali, si legge che Autogrill non abbia la possibilità di ricollocare i lavoratori coinvolti dalla procedura di licenziamento, nonostante la stessa continui ad assumere personale con contratto a termine;
   ad oggi i lavoratori licenziati di fatto sono 7 a Milano (mensa Vodafone di via Caboto) che sono senza lavoro dal 1o aprile 2012 e hanno ricevuto la lettera di licenziamento tra il 22 e il 28 aprile, altri 15 sempre a Milano (mensa Vodafone via Bisceglie) che dopo il 30 giugno potranno essere licenziati, 25 lavoratori a Bologna (Burger King), 43 lavoratori a Roma (presso centro commerciale la Romanina) che riceveranno la lettera di licenziamento entro la fine di maggio, in totale sono circa 90 dipendenti, prevalentemente donne e da quanto sembrerebbe le motivazioni di tale scelta aziendale, seppur con qualche differenza sono simili;
   l'azienda Autogrill ha avviato procedure di licenziamento per ogni singola regione, non affrontando la questione in modo generale sul territorio nazionale;
   le diverse procedure di licenziamento hanno quindi generato una disarticolazione definendo scadenze diverse per le singole procedure di licenziamento –:
   se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e se siano stati rispettati i vincoli contrattuali e di legge, relativi alle aziende di carattere nazionale, come a tutti gli effetti è la stessa azienda Autogrill;
   quali siano i motivi per i quali Autogrill abbia aperto procedure di licenziamento in modo differente nelle varie regioni interessate e per quale ragione la stessa azienda da quanto si apprende abbia comunque avviato nuove assunzioni a tempo determinato, senza tenere in considerazione eventuali ricollocazioni delle unità licenziate. (5-06895)


   LANZARIN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'8 aprile 2008 è stato sottoscritto, tra la regione Emilia-Romagna, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, la provincia di Parma e il comune di Fidenza, l'accordo di programma quadro (APQ), quale strumento attuativo per il completamento degli interventi di bonifica e la riqualificazione economico-produttiva del Sin di Fidenza;
   l'accordo di programma quadro prevede la riqualificazione delle aree di via Marconi (ex Cip e Carbochimica) incluse nel Sin di Fidenza, non solo attraverso il recupero ambientale, ma anche mediante processi di valorizzazione che puntino prioritariamente alla logistica, alle attività industriali, e alle produzioni specialistiche;
   tale accordo ha definito le strategie e le priorità di sviluppo e ha previsto lo stanziamento di 14 milioni di euro, ed in particolare:
    a) 10 milioni di euro, già stanziati in sede di approvazione dell'accordo di programma quadro o con atti successivi (di cui 7 milioni a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e 3 milioni a carico di regione, provincia e comune, per 1 milione ciascuno);
   b) 4 milioni di euro di competenza del Ministero dello sviluppo economico, a valere sui fondi FAS;
   nel corso del 2011 è stato firmato un accordo preliminare fra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la regione Emilia Romagna per l'inserimento del finanziamento del completamento dell'accordo di programma quadro nell'intesa generale quadro per opere di infrastrutturazione di rilievo strategico;
   sulla base di tale accordo, la regione Emilia-Romagna, con propria deliberazione n. 401/2011 ha approvato l'intesa generale quadro, nell'ambito della quale è previsto l'intervento di Fidenza, destinato, specificatamente, alla nuova infrastrutturazione dell'APEA Marconi (ex Cip ed ex Carbochimica, dove sono in pieno svolgimento gli interventi di bonifica del sito di interesse nazionale «Fidenza»);
   il Governo non ha ancora provveduto alla sottoscrizione dell'intesa, probabilmente, anche per la preminenza di tematiche economico-finanziarie nell'azione governativa;
   resta l'obbligo del Ministero dello sviluppo economico, in attuazione dell'accordo di programma quadro dell'8 aprile 2008;
   l'amministrazione comunale di Fidenza si sta adoperando per garantire la piena operatività degli accordi sottoscritti –:
   se il Ministro intenda adottare le opportune iniziative per garantire al più presto la piena operatività della quota residua di finanziamento statale per la realizzazione dell'accordo di programma quadro dell'8 aprile 2008, ai fini del completamento degli interventi di bonifica e la riqualificazione economico-produttiva del sito di interesse nazionale di Fidenza. (5-06899)

Interrogazioni a risposta scritta:


   EVANGELISTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 11 maggio 2012, a Milano, durante la cerimonia del premio innovazione Finmeccanica, l'amministratore delegato e presidente della holding ha confermato l'intenzione di cedere le attività civili e procedere velocemente per rendere operativa entro fine anno la nuova Selex Electronic Systems Spa, creata per accorpare le Società Selex Galileo, Selex Elsag e Selex Sistemi Integrati tutto ciò, a poche ore dall'annuncio da parte del ministero interrogato dell'esistenza di un piano industriale per Finmeccanica, condiviso dal Governo;
   la società Selex Elsag è un azienda Finmeccanica specializzata in elettronica per la difesa e conta oltre 5.000 dipendenti in Italia e in molti altri Paesi; le sue attività sono principalmente legate ai sistemi di comunicazione in ambito militare e civile, alla cyber security e all’information and communication technology (Ict) principalmente rivolte alla pubblica amministrazione; inoltre, i suoi principali insediamenti produttivi e quelli della Ansaldo risultano collocati nelle regioni della Toscana, Liguria, Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia, Calabria e Abruzzo;
   appare evidente che, qualora esistesse un piano di dismissioni e cessioni delle attività civili della Finmeccanica, il Governo debba quantomeno aprire un tavolo di confronto assumendosi la responsabilità dei contenuti del piano stesso, poiché non è pensabile che sia l'amministratore delegato ad assumere in autonomia tali decisioni, atteso che le scelte d'indirizzo e di politica industriale di un Paese competono al Governo in carica;
   d'altra parte, uscire definitivamente dal settore civile, procedendo alla cessione di alcuni asset, in particolare per il settore energia (Ansaldo Energia) e per il settore trasporti (Ansaldo Breda e Ansaldo Sts), nonché avviare l'integrazione delle tre società nell'ottica di una riorganizzazione del settore dell'elettronica della difesa, rappresenta oggi un solo obiettivo: fare cassa per un miliardo di euro per ridurre l'indebitamento;
   a parere dell'interrogante, se esiste un piano industriale più complessivo il Governo dovrebbe renderlo assolutamente pubblico, prima che sia troppo tardi, ovvero prima che Finmeccanica prosegua con le cessioni sopra citate –:
   quale sia la posizione del Governo in merito a quanto evidenziato in premessa;
   se tale posizione sia la medesima espressa presso il consiglio di amministrazione di Finmeccanica dove siedono i propri rappresentanti;
   come si intendano difendere le attività industriali senza svendere le aziende alla concorrenza;
   se non ritenga di aprire nel più breve tempo possibile un confronto con tutti i soggetti coinvolti per parlare di politiche industriali serie e coerenti. (4-16171)


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerso dalla conferenza sulla geotermia organizzata a Napoli dall'università Parthenope e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), a cui hanno partecipato ricercatori internazionali, aziende e il gruppo informale Geotermia e ambiente (Giga), l'Italia potrebbe sviluppare fino al 10 per cento della produzione di elettricità dal suo suolo vulcanico, soprattutto nella fascia tirrenica centro-meridionale;
   la geotermia, con le attuali tecnologie, hanno spiegato gli esperti, è una fonte energetica molto versatile, che si presta alla co-generazione elettrica e termica su una larga scala di dimensioni d'impianto, dalle centinaia di kilowatt alle centinaia di megawatt di potenza;
   l'estrema adattabilità della taglia degli impianti, insieme al trascurabile impatto ambientale ottenibile utilizzando tecnologie di re-iniezione in falda dei fluidi geotermici dopo il loro utilizzo, secondo gli esperti, «rende la geotermia moderna inseribile anche in aree altamente urbanizzate, quali sono quelle del margine Tirrenico centro-meridionale, dalla Toscana alla Sicilia, alla Campania»;
   queste aree, caratterizzate da vulcanismo attivo o spento, hanno enormi risorse geotermiche, che possono essere utilizzate con un nuovo concetto di geotermia che prevede impianti di taglia medio-piccola diffusi sul territorio e collegati a reti di energia più grandi, in alternativa al modello attuale italiano di grandi impianti in poche aree;
   l'Europa si sta muovendo già da tempo in questo ambito come avviene in Islanda che stima di poter produrre 100.000 megawatt nei prossimi 50 anni con la geotermia ed in Francia che conta di moltiplicare per sei, da qui al 2020, la quantità di energia ottenuta dal calore del sottosuolo, generando anche una quantità di calore tale da riscaldare due milioni di abitazioni –:
   quali azioni di competenza il Governo stia promuovendo a sostegno della geotermia. (4-16179)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Narducci e altri n. 1-01037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Boccia, che con il consenso degli altri sottoscrittori ne diventa in quarto firmatario.

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Crosetto e altri n. 1-00913, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cosenza.

  La mozione Narducci e altri n. 1-01037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marantelli.

  La mozione Miotto e altri n. 1-01038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pedoto, Fontanelli.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Di Pietro e altri n. 4-16060, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monai.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Narducci n. 1-01037, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 634 del 17 maggio 2012.

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria globale che imperversa dal 2008 ha indotto i Governi di svariate nazioni ad adottare misure di salvataggio dei rispettivi sistemi finanziari e ampie misure di sostegno alle loro economie. Nello sforzo di evitare crisi di portata drammatica e di proteggere le proprie popolazioni dalle conseguenze di tali crisi, Governi, Parlamenti e banche centrali hanno dato vita a nuovi meccanismi di regolazione dei mercati finanziari per contrastare, da un lato, le tendenze speculative e, dall'altro, per attivare con più decisione politiche di risanamento del debito pubblico. In particolare, sotto questo profilo, lo sforzo maggiore è stato prodotto dai Paesi dell'area euro dell'Unione europea per contrastare la crisi dovuta in primo luogo dal debito pubblico, con manovre che incidono prima di tutto a livello fiscale. Molti Governi hanno attivato, con grandi decisioni, politiche antievasione e di contrasto alla fuga dei capitali;
    le politiche antievasione avviate dall'Unione europea e da altri Stati hanno spinto numerose piazze finanziarie internazionali ad adeguare gli strumenti di cooperazione tra Paesi per la lotta all'evasione fiscale. La Svizzera, ad esempio, ha ampliato il modello degli accordi sulla doppia imposizione fiscale, integrandolo con l'articolo sull'assistenza amministrativa e lo scambio d'informazioni conforme allo standard dell'Ocse, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
    la Germania e il Regno Unito hanno stipulato, nella seconda metà del 2011, una convenzione con la Svizzera sulla tassazione alla fonte delle attività finanziarie detenute da propri cittadini o persone fisiche residenti che hanno investito o depositato i capitali in Svizzera. Con tali convenzioni i contraenti hanno individuato una soluzione per regolarizzare somme di denaro non dichiarate nel passato e per convenire la tassazione dei futuri redditi da capitale. Entrambe le convenzioni sono state integrate e completate a inizio 2012;
    una convenzione analoga, corrispondente in larga misura a quelle firmate con la Germania e il Regno Unito, volta a sanare l'evasione pregressa per le attività finanziarie detenute presso le sedi bancarie svizzere, è stata firmata anche dall'Austria nel mese di aprile 2012;
    tali convenzioni – previa ratifica dei rispettivi Parlamenti – prevedono che i cittadini, che hanno investito o depositato i propri capitali in Svizzera, dovranno pagare ai rispettivi Paesi di appartenenza una tassa liberatoria. Le aliquote del prelievo fissato nella convenzione con la Germania, ovvero l'aliquota fiscale minima e massima per la regolarizzazione del passato, oscillano tra il 21 per cento e il 41 per cento. In base alla clausola della nazione più favorita, contenuta nel protocollo di modifica stipulato il 20 marzo 2012 tra la Svizzera e il Regno Unito, le aliquote fiscali minime e massime si allineano a quelle della convenzione con la Germania (dal 21 al 41 per cento). Tale modifica non si applica ai soggetti non domiciliati nel Regno Unito in modo durevole («non UK domiciled individual»), per i quali resta l'aliquota del 34 per cento. La convenzione firmata con l'Austria il 13 aprile 2012 fissa, invece, le aliquote tra il 15 e il 38 per cento per il calcolo del pagamento unico forfettario, a seconda della durata della relazione bancaria e del patrimonio, mentre per la tassazione dei futuri redditi da capitale è stabilità un'aliquota unica del 25 per cento, corrispondente alla tassazione austriaca sul reddito;
    tali accordi prevedono che la tassazione sui capitali evasi all'estero non si traduca in una sorta di condono una tantum, ma che diventi un elemento strutturale e permanente; infatti, nel caso in cui i suddetti cittadini decidano di continuare a detenere attività finanziarie presso sedi svizzere, dovranno pagare una tassa sui redditi da capitale pari al 26,3 per cento (i cittadini tedeschi) e pari a un tasso oscillante fra il 27 e il 48 per cento (i cittadini britannici); dunque, a fronte di una prevista sanzione per gli anni pregressi, si procederebbe per gli anni a venire con l'imposizione di una tassazione annuale mediante il conferimento alla Svizzera del ruolo di esattore, quale sostituto d'imposta per conto del Paese contraente l'accordo. Sempre sulla base di tali accordi, la Svizzera otterrebbe il mantenimento del segreto bancario e una serie di facilitazioni per l'accesso delle proprie banche su territorio tedesco e britannico;
    secondo alcune autorevoli stime, la metà dei capitali depositati in Svizzera, pari complessivamente a circa 4.000 miliardi di franchi svizzeri (3.330 miliardi di euro), sarebbe di origine straniera. In particolare, circa 180 miliardi apparterrebbero ad investitori tedeschi, 120 miliardi a investitori italiani e circa 70 miliardi ad investitori britannici;
    secondo uno studio della Banca d'Italia – «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani» – i capitali italiani esportati all'estero ammontano tra i 124 e i 194 miliardi di euro, mentre, sulla base degli esiti derivanti dai cosiddetti «scudi fiscali» varati dal Governo Berlusconi-Tremonti, si calcola che i due terzi dei rimpatri dei capitali italiani evasi deriverebbero dalla sola Svizzera;
    la complessa materia inerente alla tassazione dei redditi da risparmio e al negoziato con la Svizzera va considerata anche alla luce delle difficili relazioni in materia fiscale tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica, contrassegnate da visioni non sempre condivise, da svariate controversie e da decisioni inaccettabili per l'Italia, come il blocco parziale (50 per cento) dei ristorni del prelievo fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori transfrontalieri italiani, messo in atto dal Canton Ticino nel 2011, e dalla perdurante decisione dell'Italia di mantenere la Svizzera nelle cosiddette «black list»;
    la riapertura delle trattative fra Italia e Svizzera per regolare le questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, e per negoziare una nuova convenzione per evitare le doppie imposizioni fiscali, rappresenta uno snodo sempre più urgente e rilevante, anche in considerazione dell'interscambio esistente fra i due Paesi, che ammonta a ben 29 miliardi di euro, quasi sei volte l'interscambio dell'Italia con il gigante India, e un saldo notevole di quasi due miliardi di franchi svizzeri a favore del nostro Paese. Attualmente, oltre mezzo milione di connazionali vive stabilmente nella Confederazione, mentre 50 mila cittadini svizzeri vivono in Italia. Inoltre, sono oltre 55 mila i lavoratori frontalieri italiani occupati oltre confine. La Svizzera non è soltanto un mercato del lavoro di grande interesse per lo sbocco occupazionale per tanti italiani, ma anche un considerevole partner per l'Italia sotto il profilo economico e degli investimenti;
    l'annuncio di un prossimo incontro di lavoro tra la Presidente della Confederazione elvetica Eveline Widmer-Schlumpf e il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti rappresenta, dunque, un passo importante per la ripresa del dialogo sulle questioni fiscali tra la Svizzera e il nostro Paese, e dà finalmente un seguito positivo alla richiesta formulata nella mozione Narducci ed altri 1-00631, approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati poco meno di un anno fa, il 7 giugno 2011;
    l'annuncio congiunto, dato dal Governo italiano e svizzero di voler riaprire il dialogo e di avviare il negoziato per pervenire a una costruttiva convergenza sulle questioni fiscali, ha prodotto immediatamente un risultato importante, cioè lo sblocco della vertenza che per due anni ha alimentato forti tensioni fra il Canton Ticino e le regioni italiane confinanti: la Svizzera ha confermato lo sblocco dei ristorni fiscali con il pagamento effettuato dal Cantone Ticino a favore dell'Italia;
    per quanto attiene alla regolazione della materia fiscale nell'area dell'Unione europea, rileva la direttiva n. 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio, attualmente in vigore relativamente ai rapporti dell'Unione europea stessa con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera. La Commissione europea, in esito al monitoraggio sull'applicazione della citata direttiva e dell'accordo con la Svizzera, ne ha evidenziato l'agevole elusione da parte dalle persone fisiche, che hanno la possibilità di evitare il prelievo del 35 per cento, avvalendosi dell'interposizione di società, trust o altri istituti giuridici simili. Ciò è dimostrato anche dai dati relativi all'ammontare delle imposte riscosse dalla Confederazione elvetica a carico di soggetti residenti nell'Unione europea, che sono state pari a 535 milioni di franchi nel 2009 e a soli 432 milioni di franchi nel 2010, di cui 57 milioni di franchi trasferiti all'Italia;
    è da valutare positivamente la proposta di revisione della direttiva n. 2003/48/CE presentata dalla Commissione europea il 13 novembre 2008 (COM (2008)727), volta a rafforzare e ad estenderne l'ambito di applicazione, al fine di includervi non solo i pagamenti di interessi, ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti, e a rinegoziare gli accordi con i Paesi terzi, in particolare con la Svizzera;
    la revisione della citata direttiva europea è, tuttavia, un obiettivo difficile da raggiungere entro il termine previsto del 31 dicembre 2012. Ne è conferma il recente mancato accordo all'Ecofin sul conferimento del mandato alla Commissione europea a negoziare la tassazione del risparmio in Paesi terzi. L'intesa – che avrebbe dovuto far partire il negoziato dell'Unione Europea per rafforzare gli strumenti atti a combattere l'evasione fiscale a livello comunitario e a inibire gli accordi fiscali stipulati con la Svizzera su base bilaterale – non è stata raggiunta per la mancanza di consenso unanime dei 27 Paesi membri;
    nonostante il parere contrario sulla prima formulazione delle convenzioni stipulate bilateralmente dalla Svizzera con Germania, Regno Unito e Austria, il 17 aprile 2012, il Commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale Algirdas Semeta ha rilasciato un'importante dichiarazione, affermando che la versione riformulata delle convenzioni bilaterali summenzionate è compatibile con il diritto dell'Unione europea e, quindi, esse sono euro-conformi;
    secondo quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei ministri Monti, in conferenza stampa il 30 aprile 2012, il Governo sarebbe pronto a «considerare ex novo l'intera materia»;
    l'applicazione in Italia di una convenzione simile a quella già stipulata dalla Svizzera con altri Paesi europei potrebbe assicurare, a breve e medio termine, il reperimento di significative risorse e costituirebbe un passo fondamentale nella direzione della lotta all'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   a sostenere un approccio europeo alla lotta all'evasione fiscale, approntando strumenti più efficaci per fronteggiare il fenomeno e garantire la giustizia fiscale del risparmio, in particolare esercitando un'adeguata e pressante azione politico-diplomatica volta a rimuovere il dissenso di alcuni membri sulla proposta di revisione della direttiva 2003/48/CE sulla tassazione del risparmio;
   ad avviare i negoziati tra l'Italia e la Svizzera al fine di concludere una convenzione bilaterale che regolamenti transitoriamente la questione dell'imposizione fiscale dei capitali italiani depositati presso aziende di credito in Svizzera, nel caso non si consideri raggiungibile in tempi certi un accordo sulla revisione della direttiva comunitaria attualmente bloccata dal veto di alcuni Paesi membri, e prevedendo in ogni caso nell'accordo l'applicazione di aliquote fiscali significativamente comparabili con quelle vigenti in Italia e secondo il modello ritenuto compatibile con il diritto comunitario, alla luce della recente posizione assunta dal Commissario europeo per la fiscalità e l'Unione doganale;
   a sostenere, nell'ambito dei negoziati fra Italia e Svizzera in materia di tassazione dei redditi da risparmio, la necessità di pervenire ad una nuova convenzione volta ad evitare la doppia imposizione fiscale sui redditi e sulle sostanze, a tutela dei lavoratori italiani transfrontalieri.
(1-01037)
(Nuova formulazione) «Narducci, Gozi, Tempestini, Boccia, Vannucci, Maran, Farinone, Garavini, Giachetti, Losacco, Lucà, Luongo, Merloni, Pompili, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Pistelli, Porta, Touadi, Marantelli».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n. 5-06840 del 14 maggio 2012;
   interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n. 5-06841 del 14 maggio 2012.

Ritiro di firme da una mozione.

  Mozione Volontè e altri n. 1-00922, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2012: sono state ritirate le firme dei deputati Laura Molteni, Fabi.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Meta n. 5-06328 del 5 marzo 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16153;
   interrogazione a risposta in Commissione Farina Coscioni e altri n. 5-06791 dell'8 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-16176.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BERTOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la riorganizzazione del servizio postale nell'Alto Appennino modenese, un territorio vasto che comprende i comuni di Montefiorino, Palagano, Prignano e Frassinoro, ha comportato l'accentramento del servizio di smistamento della corrispondenza in un unico Comune, quello di Montefiorino, con conseguente trasferimento del personale preposto a detto servizio;
   gli spazi nell'ufficio postale di Montefiorino per ospitare il centro unificato di smistamento della corrispondenza sono insufficienti e mancano i parcheggi per i mezzi;
   la direzione regionale di Poste italiane dell'Emilia Romagna avrebbe varato la riorganizzazione in questione, senza alcun confronto preventivo con le Istituzioni locali, nonostante la rilevanza del servizio, con il rischio di penalizzare ulteriormente i cittadini di un territorio già ingravato dalla debolezza dei servizi pubblici;
   già da diversi mesi, nella suddetta zona, si sono registrate inefficienze nel servizio postale, a causa del ridimensionamento degli addetti, con conseguenti disagi per le imprese e per i residenti;
   è necessario garantire un servizio postale efficiente in tutto il territorio della provincia di Modena, avendo particolare riguardo per quelle zone già oggettivamente disagiate come appunto quelle montane –:
   se sia a conoscenza delle scelte della direzione regionale di Poste italiane dell'Emilia-Romagna di procedere alla riorganizzazione nel territorio sopraindicato e quali interventi urgenti, di concerto con la direzione nazionale di Poste italiane, con gli enti locali e le istituzioni interessate, intenda assumere per ripristinare il corretto funzionamento del servizio di smistamento della corrispondenza ed altri servizi postali, in questa zona montana del modenese, dove i residenti, soprattutto nel periodo invernale, subiscono maggiori disagi. (4-13928)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue, sulla base delle informazioni acquisite presso la società Poste Italiane.
  Nell'ambito del Progetto nazionale di riorganizzazione del servizio di recapito, è stata attuata, il 7 novembre 2011, la nuova organizzazione del centro primario di distribuzione di Sassuolo e del centro secondario di distribuzione di Montefiorino.
  Tale progetto ha comportato lo spostamento del presidio decentrato di distribuzione (pdd) di Prignano sulla Secchia alle dipendenze del centro di Montefiorino, e l'accorpamento del presidio di Palagano a quest'ultimo centro.
  A tal riguardo, Poste Italiane ha precisato che durante la fase di implementazione del suddetto progetto, i responsabili territoriali dell'azienda, al fine di illustrare nel dettaglio la concreta operatività della riorganizzazione, hanno incontrato i sindaci dei comuni interessati, fornendo tutte le delucidazioni richieste nonché rassicurazioni circa eventuali ripercussioni della nuova organizzazione sullo svolgimento del recapito.
  Nella medesima occasione è stata anche confermata l'adeguatezza degli spazi disponibili all'interno del centro di Montefiorino, peraltro già sottoposti a lavori di adeguamento e ristrutturazione.
  A tal proposito la società ha, peraltro, evidenziato che anche il sopralluogo svolto dalla Asl, durante il mese di dicembre 2011, non ha evidenziato impedimenti all'utilizzo dei suddetti luoghi di lavoro né altri problemi riguardanti i predetti spazi a disposizione.
  Nel territorio in esame, la generale riorganizzazione del servizio di recapito ha determinato una «riassegnazione» delle singole zone di recapito. La revisione delle zone è stata effettuata con il contributo dei portalettere ed è stata sottoposta al vaglio di un comitato tecnico, al quale hanno preso parte sia i rappresentanti delle organizzazioni sindacali territoriali che lo stesso personale addetto al recapito.
  Poste Italiane ha, infine, precisato che, per migliorare la qualità del servizio di recapito, i portalettere che svolgono attività sul territorio di Palagano, e in altre località montane limitrofe, saranno a breve dotati di computer palmare, come già avvenuto per i portalettere di Montefiorino. Tale iniziativa consentirà il pagamento dei bollettini premarcati mediante pos, agevolando in tal modo la clientela che risiede in località distanti da uffici postali o che comunque presenta difficoltà di spostamento.
  Il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, monitorerà i territori in esame affinché sia assicurato il rispetto, da parte della società Poste Italiane, degli obblighi connessi allo svolgimento del servizio universale, a tutela della cittadinanza e delle imprese.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   BERTOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la linea telefonica di rete fissa, nella frazione Piandelagotti del comune di Frassinoro, in provincia di Modena, funziona a intermittenza;
   dagli inizi di novembre 2011, sia famiglie che aziende hanno denunciato disservizi alle linee telefoniche, tali da provocare notevoli disagi per i residenti e le attività imprenditoriali;
   ad aggravare la situazione c’è anche l'impossibilità ad utilizzare i pos, per effettuare pagamenti e questo, alla vigilia del periodo sportivo-turistico invernale, rischia di causare gravi danni alle attività commerciali, costringendo i turisti ad utilizzare per i pagamenti solamente i contanti;
   tempestive e numerose sono state le segnalazioni effettuate dall'amministrazione comunale di Frassinoro per cercare di risolvere la situazione;
   il rischio è di penalizzare ulteriormente le aziende ed i cittadini di un territorio, che già soffre di forti carenze strutturali, gravato da una forte debolezza dei servizi pubblici, quali quelli sanitarie postali;
   inoltre, in detta località vive una popolazione principalmente di anziani per i quali il servizio telefonico fisso riveste una funzione di sicurezza indispensabile;
   in un momento di crisi generale è assolutamente necessario sostenere le imprese che operano nei territori montani e fare in modo che i residenti non siano declassati a cittadini di «serie B», rispetto a chi vive in altre zone della provincia di Modena;
   tali disservizi sono un vero e proprio incentivo a quel fenomeno dello spopolamento della montagna che deve invece essere contrastato con ogni mezzo –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali siano i suoi intendimenti al riguardo;
   di quali ulteriori informazioni disponga in merito a tale disservizio;
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per tutelare i cittadini e le imprese del comune di Frassinoro (Modena) e per consentire la normale vivibilità di questa importante località dell'Appennino modenese. (4-14128)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, sulla base delle informazioni acquisite presso la società Telecom Italia si rappresenta quanto segue.
  Nel mese di settembre 2011 si sono verificati numerosi disservizi su portanti ed apparati che hanno causato forti disagi alla clientela residente nella frazione Piandelagotti del comune di Frassinoro, in provincia di Modena.
  Al riguardo, la società Telecom Italia ha segnalato che, in data 2 e 21 settembre, 3 ottobre e 24 novembre 2011, si sono verificati ripetuti disservizi all'impianto trasmissivo sulla portante in fibra ottica causati dalla presenza di un roditore.
  In particolare, la società ha evidenziato che in data 25 ottobre 2011 si sono verificati altri disagi, che hanno interessato la fonia, a causa di un malfunzionamento dell'impianto di commutazione della stazione di energia mentre in data 15 novembre 2011 è stato rilevato un disservizio sull'impianto trasmissivo su apparato in ponte radio che ha interessato alcune apparecchiature di trasmissione dati per la clientela
business del comprensorio, senza causare disservizi per la fonia.
  Telecom Italia ha, inoltre, precisato che nella prima decade di novembre 2011 si sono verificati altri temporanei disservizi che hanno interessato un limitato numero di clienti a causa di problemi sull'accesso in rame provocati da alcuni rilevanti eventi atmosferici registrati nel comprensorio.
  Per fronteggiare tali disagi, la società ha assicurato di aver provveduto alla bonifica del portante in fibra ottica mediante la messa in opera di un cavo armato nelle tratte danneggiate e di aver effettuato, nel corso del 2011, circa 40 interventi sull'intero comprensorio, sia per la manutenzione e sistemazione della rete, sia per bonifica dei raccordi di 18 clienti maggiormente interessati da guasti ripetuti, 5 dei quali nella zona di Piandelagotti.
  Alla luce delle criticità segnalate dall'interrogante, sarà mia cura invitare la società Telecom Italia a porre in essere tutte le misure atte ad assicurare alla cittadinanza dei territori in esame un servizio sempre efficiente e di qualità, verificando al contempo, nell'ambito delle competenze del Ministero dello sviluppo economico, il corretto svolgimento del servizio universale da parte di Telecom Italia.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   BITONCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
   la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
   il Governo attuale, attraverso l'approvazione dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire, perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turn-over del personale;
   alcune regioni italiane, come il Veneto, sono pronte ad impugnare il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno, come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
   la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011, e quasi contemporaneamente alla emanazione del decreto-legge n. 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che, all'articolo 3, comma 4, stabilisce: «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;
   numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
   organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, abbia raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
   la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, che rappresentano invece una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, così come oggi prevista dalla legge statale. (4-15041)

  Risposta. — L'interrogante, dopo aver sottolineato l'importanza degli esercizi commerciali nell'ambito dell'economia nazionale sostiene che la previsione contenuta nell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 22 dicembre 2011, n. 214, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado di usufruire del turn-over del personale.
  Per quanto di competenza, il Ministero dello sviluppo economico, nel fare presente che sullo stesso argomento ha provveduto a rispondere ad altri atti aventi analogo contenuto, rappresenta quanto segue.
  Il primo comma del citato articolo 31, modificando la disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, sancisce la liberalizzazione del regime degli orari di apertura e di chiusura delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.
  In particolare, tale previsione identifica in via definitiva quali prescrizioni non applicabili agli esercizi di vendita e di somministrazione, in qualunque comune ubicati, in quanto anticoncorrenziali, quelle relative al rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio, ove prevista dall'ente locale.
  Con riferimento alla norma nazionale, preliminarmente, si rileva che l'eliminazione dei limiti e delle prescrizioni in materia di orari è correlata alla necessità di adeguare la disciplina nazionale ai principi previsti dall'ordinamento comunitario in tema di libera concorrenza tra gli operatori e pari opportunità di accesso al mercato.
  Inoltre, altra peculiare finalità della normativa in questione è quella di essere diretta ad assicurare al consumatore finale un livello uniforme delle condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti su tutto il territorio nazionale, materia, al pari di quella citata in precedenza, considerata di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117 comma 2, lettere
e) ed m), della Costituzione. Tale intervento è in linea anche con le prescrizioni derivanti dal diritto dell'Unione europea che impongono di eliminare gli ostacoli all'esercizio delle attività economiche che non siano giustificati da motivi imperativi di tutela di interessi irrinunciabili e non siano proporzionati a tali eventuali esigenze.
  L'intervento statale, pertanto, non comporta ingerenza dello Stato nelle competenze regionali, in quanto rientrante nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.
  Al riguardo la Corte Costituzionale (cfr. sentenze n. 288 del 2010 e n. 430 del 2007) ha già affermato che la legislazione statale, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, può intervenire in materie regionali nella misura in cui la sua azione sia «strumentale ad eliminare limiti e barriere all'accesso al mercato e alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale». Al contrario, deve ritenersi che non siano compatibili con l'assetto costituzionale della ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni gli interventi regionali in contrasto con tale norma statale.
  Quanto alle preoccupazioni evidenziate dall'interrogante, si rileva, altresì, che la disposizione statale che liberalizza gli orari non comporta obblighi di alcun tipo per l'esercente, stabilendo, anzi, il principio generale della libera determinazione dell'orario. In altre parole essa consente al medesimo esercente la facoltà di organizzare l'orario di vendita in relazione alle specifiche esigenze della propria attività, anche se di piccola dimensione, e alla fascia di mercato nella quale opera, garantendogli la possibilità di rispondere adeguatamente ed efficacemente alla richiesta di servizio.
  Non vi è pertanto alcuna automatica connessione fra tale liberalizzazione degli orari ed i paventati rischi di chiusura dei piccoli esercizi, anche in considerazione della circostanza che la precedente analoga liberalizzazione, pur limitata ai soli comuni turistici, non ha determinato simili rilevanti conseguenze negative.
  Peraltro l'interesse che anche il Governo ha riguardo alla tutela delle piccole e medie imprese anche nel settore commerciale, per salvaguardare il pluralismo dell'offerta commerciale e, in particolare, di quella di qualità e di prossimità, può certamente essere perseguito con misure diverse e più proporzionate rispetto al permanere di ingiustificati vincoli alla libertà d'impresa.
  Si ritiene, pertanto, che non possa essere condivisa la richiesta di rivedere la predetta disposizione di liberalizzazione, fermo restando invece l'impegno a monitorare attentamente l'evoluzione congiunturale e strutturale del settore distributivo, anche al fine di valutare gli eventuali ulteriori e diversi interventi da assumere a maggior tutela delle piccole e medie imprese anche in tale settore.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   BOCCUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Sigma TAU ha aperto la procedura di cassa integrazione straordinaria a zero per 569 dipendenti del sito di Pomezia;
   l'azienda fino a poco tempo fa era considerata sana e dinamica;
   in seguito a vicende interne ha deciso di ridimensionare la sua presenza in Italia, chiudendo ogni approccio al dialogo;
   come in molte altre situazioni che stanno accadendo nel nostro Paese a farne le spese sono stati i dipendenti che si sono visti imporre in maniera perentoria la dichiarazione dello stato di crisi accompagnata dall'annuncio di Cigs, senza neppure tenere in considerazione la possibilità della rotazione, proposta peraltro dal Ministero al primo tavolo;
   le aree più colpite dalla riduzione del personale sono quella produttiva, quella dell'informazione scientifica e soprattutto quella della ricerca;
   tagliare il settore della ricerca in un'azienda farmaceutica è evidentemente una scelta strategica perdente;
   nel nostro Paese è assolutamente necessaria una politica industriale per tutto il settore della farmaceutica italiana, considerata un comparto strategico che ha bisogno di scelte politiche adeguate –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla situazione illustrata e quali iniziative intenda adottare.
(4-14770)

  Risposta. — Il Ministero dello sviluppo economico ha seguito e continuerà a seguire la vertenza del gruppo Sigma-Tau che, come noto, ha formalmente comunicato di voler procedere a una contrazione delle attività e alla conseguente sospensione delle maestranze. La stessa ha quindi chiesto l'intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, per un numero massimo di 569 dipendenti a decorrere dal 27 dicembre 2011.
  La società ha sostenuto, come già riferito in una seduta di
question time, che questo intervento sarebbe funzionale al suo percorso di risanamento in un momento di grave crisi, a causa delle modifiche strutturali del mercato farmaceutico, della scadenza di molti brevetti e della progressiva riduzione della spesa sanitaria pubblica.
  La Sigma-Tau ha, pertanto, predisposto un piano di risanamento, che prevede l'accentramento e lo snellimento di alcune funzioni aziendali, l'eliminazione di due linee d'informazione scientifica del farmaco, l'abbandono di alcuni progetti di ricerca, la riduzione dell'impegno della ricerca di base, la riorganizzazione dell'attività di manifattura, l'adeguamento delle strutture operative, l'esternalizzazione o l'appalto di alcuni servizi e la riduzione dei costi organizzativi del personale.
  La stessa società ha manifestato, inoltre, la sua disponibilità a un piano per la gestione degli eventuali esuberi, attraverso sia l'attivazione di percorsi formativi per la ricollocazione all'esterno del personale sospeso, che attraverso eventuali percorsi di autoimprenditorialità. La crisi è stata inizialmente seguita dalla regione Lazio, dove un incontro tra le parti non ha consentito di giungere a un'intesa. Per questa ragione, il Ministero dello sviluppo economico, considerata la criticità della situazione aziendale, ha provveduto a convocare il tavolo nazionale di confronto con la società e le organizzazioni sindacali.
  In data 2 marzo 2012 è stata sottoposta all'approvazione dell'assemblea dei lavoratori l'ipotesi di accordo siglata in data 22 febbraio 2012, presso Unindustria Roma, tra organizzazioni sindacali, rappresentanti sindacali unitarie e Azienda; il
referendum tra i lavoratori, nella medesima data, ha portato alla ratifica della citata ipotesi di accordo, nell'ambito del quale l'Azienda si è impegnata, nel rispetto del mantenimento dei normali livelli di efficienza e in coerenza con il modello organizzativo aziendale a introdurre un criterio di rotazione nella Cassa integrazione guadagni straordinaria. Nel medesimo accordo è prevista altresì la mobilità incentivata, i cui contenuti economici saranno preliminarmente discussi con le organizzazioni sindacali.
  In caso di assunzioni, l'azienda si è inoltre impegnata a riassumere in via prioritaria i dipendenti in Cassa integrazione guadagni straordinaria o in mobilità, a partire dal mese di ottobre 2012.
  Organizzazioni sindacali e Azienda s'incontreranno per una verifica del piano di risanamento nonché per la presentazione di un nuovo piano industriale.
  Con riferimento all'attuale situazione di criticità in cui versa il settore farmaceutico e all'impegno, da parte del Ministero dello sviluppo economico, per cercare di definire politiche attive finalizzate al rilancio del comparto industriale, si conferma nuovamente che sono stati attivati una serie d'incontri, con gli altri Ministeri ed enti interessati, finalizzati a sostenere lo sviluppo del comparto, nonché il rilancio degli investimenti in ricerca e sviluppo.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da fonti di stampa (tra cui il quotidiano La Repubblica del 25 febbraio 2012), nello stabilimento di Correzzana (Monza e Brianza) di proprietà della multinazionale Harlan, stanno arrivando, a gruppi di circa 150 individui, 900 macachi provenienti dalla Cina e destinati alla sperimentazione in laboratorio. Si tratta di uno dei più grossi carichi di animali per la vivisezione mai importati nel nostro Paese;
   nel 2006 il «Fronte di liberazione animale», dopo un blitz proprio all'interno dello stabilimento di Correzzana, denunciò una situazione sconvolgente: migliaia di roditori costretti a vivere in pile di gabbie di plexiglas, decine di carcasse trafitte da puntine e conservate nei frigoriferi del laboratorio, e soprattutto decine di macachi che sopravvivevano in condizioni squallide, tra sangue e feci, prima di essere inghiottiti dalla catena della sperimentazione –:
   attraverso quale iter sia stata autorizzata l'importazione nel nostro Paese di un numero così elevato di macachi e da chi, quali controlli siano stati effettuati sul trasporto dalla Cina e con quale frequenza vengano effettuati controlli sullo stabilimento di Correzzana per verificare che siano rispettate le norme igienico-sanitarie vigenti. (4-15122)

  Risposta. — Per quanto concerne le autorizzazioni per l'importazione di animali, si precisa che gli stabilimenti che intendono importare primati non umani in Italia devono presentare, «in primis», apposita istanza di autorizzazione al Ministero della salute ai sensi del decreto legislativo 12 novembre 1996, n. 633 (articolo 13) per il riconoscimento delle strutture di destinazione come organismo, istituto o centro ufficialmente riconosciuto.
  Le strutture devono essere regolarmente autorizzate quali stabilimenti di allevamento e di fornitura di animali destinati alla sperimentazione scientifica ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, che prevede una apposita autorizzazione da parte dei Comuni e lo svolgimento della vigilanza veterinaria da parte del servizio veterinario dell'Asl territorialmente competente.
  Considerato che per l'importazione di primati non umani è prevista la quarantena, la struttura di destinazione deve avere un nullaosta sanitario rilasciato
«ad hoc» dalla Asl competente per territorio sulla base della presenza dei requisiti strutturali e gestionali.
  In base alla sussistenza di tutti i requisiti evidenziati e a seguito dell'apposita e circostanziata istanza dello stabilimento interessato, il Ministero della salute rilascia l'autorizzazione per l'importazione da un determinato Paese di un numero contingentato di animali e per un periodo di tempo definito.
  L'autorizzazione prevede anche la certificazione sanitaria di scorta degli animali, che deve essere redatta e rilasciata dall'Autorità competente del paese terzo e la quarantena a destino.
  L'autorizzazione concessa alla ditta
Harlan laboratories concerne un totale di 900 primati per un periodo di un anno a partire da febbraio 2012 e in lotti di massimo 156 soggetti per singola importazione.
  Si precisa in proposito che alla data odierna sono stati importati 104 primati non umani e che, per quanto appena accennato, non è stata autorizzata la possibilità di importare 900 animali in una partita unica.
  Prima dell'importazione nel territorio nazionale tutti gli animali sono controllati, ai sensi del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 93, dai posti di ispezione frontalieri (Pif) veterinari (uffici periferici del Ministero della salute), autorizzati a tal fine dalla Commissione europea: i controlli riguardano la verifica delle certificazioni sanitarie, dell'identificazione individuale, dello stato clinico, di salute e di benessere degli animali.
  Soltanto a seguito degli esiti favorevoli dei controlli viene autorizzato, da parte dei Pif, l'ingresso degli animali in vincolo sanitario fino alla struttura di destinazione individuata dalla citata autorizzazione ministeriale.
  L'Azienda sanitaria di competenza sulla struttura, informata immediatamente da parte del Pif dell'arrivo degli animali per mezzo di un apposito sistema informatico comunitario (denominato sistema Traces), procede alle immediate verifiche dello stato di salute degli animali medesimi e della loro corretta identificazione provvedendo alla predisposizione della quarantena.
  Il servizio veterinario della Asl garantisce inoltre la vigilanza permanente sullo stabilimento dove risiedono gli animali, sulla persistenza dei requisiti di sanità animale e di benessere, nonché sul rispetto delle procedure di fornitura degli animali.
  In merito all'arrivo di 104 scimmie provenienti dalla Cina, si rappresenta che il Ministro della salute, professor Renato Balduzzi, ha disposto una verifica immediata del rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati non umani destinati alla sperimentazione scientifica. Ciò in relazione sia alle condizioni di viaggio sia al trattamento degli animali in Italia.
  Gli ispettori ministeriali inviati presso il Pif di Fiumicino hanno rilevato il rispetto della normativa in materia e la corretta applicazione delle previste procedure concernenti i controlli degli animali presentati per l'importazione.
  I Nuclei operativi del Comando Carabinieri per la sanità, inviati presso lo stabilimento fornitore della ditta
Harlan Laboratories di Correzzana (Monza e Brianza), hanno accertato il completo rispetto dei requisiti strutturali e gestionali della struttura, e di tutto quanto previsto dalla normativa vigente.
  L'impiego dei primati non umani nella ricerca scientifica è reputato tuttora necessario, e in molti casi è reso obbligatorio da legislazioni nazionali ed internazionali (farmacopea europea, emea, fda) per l'immissione in commercio di farmaci ad uso umano e veterinario.
  Attualmente il Ministero della salute svolge tutti i controlli e gli accertamenti ritenuti necessari per verificare la corretta ed uniforme applicazione del decreto legislativo n. 116 del 1992.
  Mentre per la verifica degli aspetti igienico-sanitari ci si avvale dell'attività di controllo dei servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali, a cui spetta l'attività di vigilanza permanente sugli stabulari, ulteriori controlli sono effettuati dai nuclei operativi del Comando Carabinieri per la sanità.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   CAPARINI e PINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la R.B.M. editrice di Radio Carisma con sede a Ferrara operante su un unico impianto regolarmente censito a 93.800 megahertz dal 25 novembre del 2010 spento in modo coatto in forza di un'ordinanza di disattivazione a causa di interferenze con RadioRai;
   il successivo ricorso al TAR di Bologna e al Consiglio di Stato hanno valutato legittima l'ordinanza di disattivazione in quanto vincolata alla compatibilizzazione elettromagnetica in campo all'ispettorato territoriale Emilia Romagna del Ministero per lo sviluppo economico;
   l'emittente è quindi a tutt'oggi inattiva se pur legittimata, anche ai sensi della legge n. 66 del 2001 con conseguenti ingenti danni economici;
   al 28 novembre del 2011 la ditta Towertel, incaricata di ospitare l'impianto compatibilizzato, non ha ancora fornito nessuna indicazione operativa alla RBM –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra elencati e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per consentire il legittimo esercizio della libertà economica e di pensiero. (4-14070)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, si fa presente che l'impianto Rai mf3 di Colle Barbiano, operante su frequenza 93,900 mhz, attivo dal 4 giugno 1975, gode del diritto di protezione (nella città di Ferrara) nei confronti dell'impianto interferente, attualmente di proprietà della società RBM emittente Radio Carisma frequenza 93,800 mhz, censito in base alla legge n. 223 del 1990.
  Dalle verifiche effettuate dall'Ispettorato territoriale dell'Emilia Romagna risulta che le prime segnalazioni di interferenze risalgono al 1994 e che tutti i tentativi di compatibilizzazione finora proposti da Radio Carisma non hanno consentito la cessazione dei disturbi.
  Lo stesso Ispettorato ha evidenziato che l'ultimo procedimento di compatibilizzazione è stato avviato in data 24 aprile 2009, su istanza presentata da Radio Carisma. In tale ambito è stato verificato un progetto presentato dalla predetta emittente riguardante il trasferimento del proprio impianto e la modifica della frequenza da 93,800 mhz a 93,700 mhz.
  Le verifiche effettuate congiuntamente con l'Ispettorato, hanno evidenziato che la modifica proposta non era sufficiente a risolvere la turbativa arrecata all'impianto Rai di Bologna-Colle Barbiano, e nel contempo alterava l'equilibrio radioelettrico con altri segnali esistenti.
  L'Ispettorato competente ha, quindi, prescritto all'emittente la cessazione delle interferenze, fissando il termine di 30 giorni per la presentazione di un nuovo progetto di modifica, pena la disattivazione dell'impianto.
  Non essendo pervenuto il progetto richiesto, l'impianto con ordinanza del 21 maggio 2010 è stato disattivato.
  Contro tale provvedimento la società RBM ha presentato ricorso al TAR per annullamento e, successivamente, al Consiglio di Stato, entrambi respinti.
  Si evidenzia, infine, che dopo la disattivazione dell'impianto di Radio Carisma sono state valutate nuove ipotesi tecniche di riattivazione, rivelatesi incompatibili con le emissioni Rai e con segnali dei concessionari terzi legittimamente operanti.
  Al momento i competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico stanno valutando, nell'ambito di un generale spostamento di tutti gli impianti FM esistenti nella città di Ferrara verso una località esterna, un progetto specifico di compatibilizzazione redatto dalla
Towertel, società che ha curato il suddetto spostamento.
Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   CARLUCCI, MEREU, GALLETTI, DELFINO e GAVA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la pesca del tonno rosso riveste una grande importanza per la tradizione e l'economia del nostro Paese, in particolare per la regione Sardegna dove sono ancora attive le ultime tonnare fisse presenti nel Mediterraneo;
   negli ultimi anni il sistema economico delle tonnare fisse è stato interessato da una crisi causata oltre che dall'estrema irregolarità delle catture, dal sistema di gestione dalla quota Iccat (Commissione internazionale per la conservazione di grandi pelagici) assegnata all'Italia del tonno rosso che ha portato ad una progressiva riduzione della quota di cattura assegnata dal Ministero delle politiche agricole senza tenere conto della peculiarità dell'attività;
   la pesca del tonno rosso mediante tonnara fissa è considerata una modalità di pesca tra le più compatibili con le esigenze di tutela delle risorse in quanto è selettiva sulla taglia, viene condotta stagionalmente per un breve periodo di tempo e ha un impatto contenuto in termini di cattura;
   dunque, tale sistema dovrebbe essere quello meno svantaggiato dalla progressiva riduzione delle quote di cattura volte alla tutela della specie;
   il decreto in pubblicazione in questi giorni da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sembrerebbe, invece, riconfermare quanto accaduto nel 2011 quando fu assegnato circa l'83 per cento circa della quota Iccat disponibile per l'Italia al sistema di cattura con barche di circuizione (12 barche) lasciando solo il 17 per cento circa della quota a tutti gli altri tipi di pesca, tra cui long liner (39 barche), pesca sportiva, pesca accidentale ed in particolare riconfermerebbe alle tonnare fisse la quota di 140 tonnellate totali;
   anche considerando che delle sei aziende italiane titolari di concessione vadano in pesca solo quelle della regione Sardegna (3 impianti), la quota a fronte dell'esperienza del corso dei prezzi della scorsa stagione scorsa stagione è assolutamente insufficiente a garantire il break even;
   la quota per il sistema Italia così divisa è fortemente sbilanciata e foriera di disparità; con l'assegnazione di 140 tonnellate, infatti, nel 2011 la regione Sardegna ha rischiato di veder scomparire i suoi tre impianti che sono le ultime tonnare fisse ancora in vita nel Mediterraneo. La quantità minima che permetterebbe il pareggio di bilancio e di non eliminare ulteriore occupazione è di 200 tonnellate –:
   quali interventi il Ministro ritenga opportuno assumere per una più equa ripartizione della quota al fine di consentire la persistenza di questo sistema antichissimo ed ormai peculiare di una sola area del Mediterraneo amine in vista delle future assemblee Iccat, dove verrà stabilito il quantitativo massimo di cattura assegnato all'Unione europea e da questa all'Italia, e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per ottenere che l'Italia riceva una più corretta ed adeguata valutazione in termini di quota in entrambe le sedi istituzionali. (4-15391)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, in via preliminare, si evidenzia che, nel corso dell'ultima riunione della Commissione consultiva centrale della pesca marittima e dell'acquacoltura, tenutasi il 21 marzo 2012, anche alla presenza dei rappresentanti della regione Sardegna, è stato approvato lo schema di decreto relativo alla ripartizione delle quote di cattura del tonno rosso per la campagna di pesca 2012.
  Nel citato provvedimento, a fronte di un numero di tonnare fisse rimasto invariato, è stato previsto, per tale tipologia di sistema, un contingente di cattura di 120 tonnellate.
  Il predetto quantitativo, rispetto al contingente complessivo dello Stato Italia, rappresenta una aliquota pari a circa il 7 per cento che non può che confermare il
trend di crescita ottenuto nel 2011 a fronte di una aliquota storica che era stabilizzata intorno al 4 per cento.
  Naturalmente, notevole è stato lo sforzo profuso da questa Amministrazione in considerazione della considerevole riduzione che ha interessato, nel corso dell'ultimo quinquennio, il contingente complessivo di cattura dell'Italia.
  Per quanto riguarda, invece, la futura ripartizione delle quote massime di cattura in ambito
International commission for the conservation of Atlantic tunas e Unione europea, si assicura l'interrogante che, così come rappresentato nelle suddette sedi istituzionali riguardo a un auspicabile allargamento del quantitativo pescabile, porremo in essere tutte le necessarie iniziative per evitare una diminuzione delle quote.
  Al contempo, per il tramite della Commissione europea, cercheremo di ottenere una quantitativo di cattura maggiore che, ovviamente, sarà ripartito anche a beneficio delle tonnare fisse esistenti.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   mese di dicembre 2004 veniva bandito un concorso per l'assunzione di 183 vice-ispettori del Corpo forestale dello Stato;
   le selezioni del concorso sono terminate nel 2009 con la pubblicazione delta graduatoria finale nell'ambito della quale vi sono 232 idonei non vincitori;
   il Corpo forestale dello Stato soffre da alcuni anni di una carenza di organico che necessita un deciso intervento da parte del Governo, pur tenendo conto delle esigenze di bilancio dello Stato;
   a fronte di un organico previsto di 1.590 unità vi sono ben 867 vacanze nel solo ruolo dei vice-ispettori, ben superiori numericamente ai «soli» 232 idonei del concorso di cui trattasi;
   gli idonei di questo concorso si sono costituiti in «comitato» e stanno, da tempo, sollecitando i propri rappresentanti in Parlamento, l'amministrazione del Corpo ed i Ministri negli anni succedutisi per chiedere, legittimamente e correttamente, quanto reputano un loro sacrosanto diritto, vale a dire l'assunzione nella pubblica amministrazione;
   a giudizio dell'interrogante si dovrebbe procedere con l'assunzione degli idonei e non procedere a nuovi concorsi per la stessa qualifica prima di aver esaurito detta graduatoria, a meno che non si voglia rivedere l'organico e ridurlo fino ai numeri paventati, sacrificando però i criteri di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per coprire i vuoti d'organico del Corpo forestale dello Stato e per far scorrere la graduatoria del concorso a vice-ispettori del Corpo.
(4-13244)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la graduatoria relativa al concorso interno per l'assunzione di 183 vice ispettori del Corpo forestale dello Stato, mi preme anzitutto evidenziare la vigenza, all'epoca dei fatti, di una norma transitoria (il decreto legislativo n. 87 del 2001) che prevedeva la copertura del 35 per cento dei posti mediante un concorso pubblico (nel caso di specie, 99 posti), riservandone il restante 65 per cento al concorso interno (nello specifico, 183).
  Pertanto, avendo la mia Amministrazione riscontrato 282 vacanze nel ruolo suddetto, nel dicembre 2004 ha bandito un concorso interno per 183 posti (pari al 65 per cento dei posti vacanti), rinviando a tempi successivi quello per i residui 99 posti riservati al concorso pubblico (non ancora messi a concorso).
  La procedura per l'assegnazione dei posti disponibili dal 2005 ad oggi (circa 600) è ora assoggettata ad una distinta normativa, il decreto legislativo n. 201 del 1995, che prevede il reperimento delle risorse necessarie mediante concorso pubblico e interno, rispettivamente nella misura del 50 per cento.
  A normativa vigente, dunque, per coprire i circa 400 posti vacanti riservati alla procedura concorsuale pubblica (di cui 99 «accantonati» nell'anno 2004 e circa 300 divenuti disponibili nel periodo successivo), è necessario indire un concorso pubblico mentre, per i restanti posti (circa 300), si può provvedere mediante l'emanazione di un bando per il correlato concorso interno.
  Pertanto, lo «scorrimento» della graduatoria stilata a seguito di un concorso interno già espletato necessita di una modifica legislativa, in assenza della quale verrebbe negato quel principio di ragionevolezza, giuridicamente rilevante, che impone il rispetto delle legittime aspettative del personale ad aspirare alla progressione in carriera.
  Infatti, mentre l'ampliamento delle posizioni utili di una graduatoria di un concorso «pubblico» per coprire posti resi disponibili dopo il bando è rispondente ai principi di economicità, speditezza e ragionevolezza e, soprattutto, non lede la legittima aspettativa di alcun soggetto ad un nuovo bando, non altrettanto può dirsi per una «graduatoria interna» per il cui ampliamento è necessario attingere ai posti non originariamente destinati a quel concorso e, dunque, oggetto di legittime aspettative del personale dei ruoli sottostanti che hanno maturato i requisiti di partecipazione dopo il 2004 e di coloro che non sono risultati vincitori nel primo concorso interno.
  Peraltro lo scorrimento della graduatoria, in danno del prossimo concorso interno porterebbe a ricoprire quasi tutti i posti resisi disponibili dal 2005 ad oggi, con ripercussioni negative per oltre 4.300 dipendenti interessati al nuovo concorso (1.700 dei quali non hanno neanche potuto partecipare al primo).
  Infatti, mentre il dipendente che ha maturato i requisiti di partecipazione ai concorsi interni è titolare di una vera e propria aspettativa a concorrere per i posti resisi disponibili a tempo debito, gli «idonei non vincitori» di concorsi interni, rispetto ai posti dichiarati disponibili successivamente al concorso espletato, non sono titolari di alcuna aspettativa alla «promozione», salvo in caso di rinuncia e conseguente necessità di coprire uno di quei posti.
  Al riguardo vorrei evidenziare che il Consiglio di Stato ha più volte ribadito, direttamente o indirettamente, che non vi è alcun obbligo, per l'Amministrazione che indice un concorso, di motivare l'avvio di una nuova procedura anziché operare lo scorrimento di una precedente graduatoria, evidenziando, invece, la necessità di ben giustificare i motivi di un eventuale scorrimento (Sez. V, del 19 novembre 2009, n. 7243 e giurisprudenza ivi richiamata).
  In proposito, ritengo utile far presente che il Consiglio di Stato (Ad. Plen. del 28 luglio 2011, n. 14) afferma che «non è condivisibile l'idea ... in forza della quale, la disciplina in materia di scorrimento assegnerebbe agli idonei un diritto soggettivo pieno all'assunzione, mediante lo scorrimento, che sorgerebbe per il solo fatto della vacanza e disponibilità di posti in organico», precisando che «in tali circostanze l'amministrazione non è incondizionatamente tenuta alla loro copertura, ma deve comunque assumere una decisione organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale».
  Peraltro, seppur è possibile rinvenire alcuni pronunciamenti giurisprudenziali che privilegiano l'ipotesi dell'obbligo di scorrimento (Cons. St., Sez. VI e Cons. St., Sez. V del 4 marzo 2001 n. 2395), essi riguardano, tuttavia, sempre «concorsi pubblici» i cui bandi sono stati ritenuti illegittimi, rispettivamente, per mancanza di motivazione ad indire un nuovo concorso, o perché emanato a seguito di «rinuncia» da parte di alcuni vincitori.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestaliMario Catania.


   CONTENTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   esistono numerose aree geografiche del Paese in cui l'avvio del digitale terrestre ha comportato disservizi o, comunque, non ha supplito in alcun modo alle precedenti carenze tecniche nella ricezione del segnale;
   a titolo di esempio, si possono citare alcune borgate della montagna Pordenonese nelle quali la maggioranza o la totalità degli utenti si è dotata autonomamente di antenna parabolica pur di non restare privi del servizio televisivo nelle abitazioni;
   persino alcuni consigli comunali e sindaci del pordenonese hanno cominciato a dubitare pubblicamente dell'opportunità di pagare il canone se il servizio non viene in alcun modo erogato al cittadino (il rischio di tensioni sociali e di mobilitazioni popolari pare, pertanto, sussistere a tutti gli effetti) –:
   se e quali iniziative intenda assumere al fine di individuare delle forme di compensazione nei confronti di chi, pur versando regolarmente il canone, non gode del servizio televisivo e, magari, è dovuto ricorrere a proprie spese a sistemi alternativi per la captazione dei programmi pubblici. (4-14061)

  Risposta. — Riguardo delle problematiche tecniche relative ad una mancata o cattiva ricezione del segnale televisivo in digitale, è opportuno ricordare che laddove a seguito dello switch off dovessero verificarsi tali disturbi tecnici, gli utenti, i gestori televisivi o chiunque altro interessato potranno fare una segnalazione agli Ispettorati territoriali oppure ai competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico che provvederanno ad attivare i suddetti organi periferici.
  Gli Ispettorati territoriali interpellati verificheranno quanto denunciato, individuando, possibilmente, eventuali soluzioni tecniche alla problematica esposta.
  Qualora non fosse possibile trovare alcuna soluzione, di più facile attuazione, si evidenzia che è previsto, ai sensi dell'articolo 30 comma 1 del decreto legislativo del 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), previa preventiva autorizzazione da parte dei competenti uffici del Ministero dello sviluppo economico, l'installazione e l'esercizio di impianti e ripetitori privati, destinati esclusivamente alla ricezione e trasmissione via etere simultanea ed integrale dei programmi radiofonici e televisivi diffusi in ambito nazionale e locale.
  Detta autorizzazione potrà essere rilasciata ai comuni, comunità montane o ad altri enti locali o consorzi di enti locali, su un'estensione territoriale limitata alla circoscrizione dell'ente richiedente, tenendo conto della particolarità delle zone di montagna.
  Per quanto concerne infine la richiesta di assumere iniziative volte a prevedere forme di compensazione nei confronti di soggetti che pagano regolarmente il canone non godendo del servizio televisivo, si fa presente che il canone di abbonamento ha natura giuridica tributaria e che l'obbligo di pagamento dello stesso è previsto dall'articolo 1 del regio-decreto n. 246 del 1938.
  A tal proposito, occorre segnalare che l'istituzione di tale tributo deve rinvenirsi non tanto nell'esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che lega il contribuente, da un lato, e la Rai che gestisce il servizio pubblico, dall'altro, ma nel fatto che si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio, (cfr. Corte di cassazione, S.U. sentenza n. 24010 del 20 novembre 2007).

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   CONTENTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da tempo in Valcellina (Pordenone) è in corso un fronte di protesta che coinvolge anche il Servizio nazionale delle dighe, gli enti locali di zona e gli operatori turistici;
   tutto dipende da un progetto, presentato dal gestore dell'invaso idroelettrico di Barcis, di realizzazione di una nuova conduttura di scarico da affiancare a quella già esistente ma poco funzionale e efficiente;
   secondo l'azienda, l'opera si rende necessaria per questioni di pubblica incolumità, non potendo altrimenti garantire la piena sicurezza degli svasi d'urgenza del bacino;
   il problema è che, a detta del comune di Barcis, il condotto di pescaggio dell'acqua in eccesso verrebbe ad essere materialmente costruito in un'ansa del lago ad alta valenza turistica –:
   se e quali iniziative abbiano posto in essere gli uffici ministeriali competenti e gli organi correlati rispetto alla tematica indicata in premessa e quali siano le tempistiche di realizzazione della presa per il rapido svaso del lago di Barcis, così come preventivata dall'azienda di gestione dell'impianto. (4-14460)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La diga di Barcis, costruita negli anni ’50, è soggetta al controllo del Ministero delle infrastrutture e trasporti per gli aspetti di sicurezza indicati dal decreto legge n. 507 del 1994, e convertito con modificazioni, nella legge n. 584 del 1994.
  Si comunica che i tecnici di questo Ministero effettuano due ispezioni all'anno su tutte le grandi dighe di competenza territoriale (articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959), ivi inclusa quella in oggetto; durante le ispezioni viene valutato lo stato delle opere (diga e manufatti accessori, serbatoio) effettuando misure strumentali, verificandone la congruenza con il comportamento storicamente accertato, e controllando il funzionamento dei sistemi di allarme.
  Oltre alla periodica attività di ispezione, questo Dicastero promuove, nel rispetto della specifica normativa tecnica, anche studi ed indagini per l'aggiornamento dello stato di sicurezza delle grandi opere di sbarramento.
  In particolare, su sollecitazione di questa amministrazione, in merito alla sicurezza nei confronti delle piene, nel 2005 il concessionario della diga di Barcis (Edipower Spa) ha trasmesso una rivalutazione idrologica aggiornata. Lo studio ha accertato la necessità di potenziare le opere di scarico dell'invaso, capaci di smaltire complessivamente 1412 m3/s, a fronte di una portata millenaria stimata in 2500 m3/s. Successivamente, nell'aprile del 2007, il concessionario ha trasmesso il progetto definitivo del nuovo scarico di superficie ausiliario in sponda sinistra.
  Eseguite le verifiche e gli accertamenti di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 11 novembre 1959 n. 1363, acquisito il parere dell'ufficio periferico di Venezia del Registro italiano dighe, nonché i pareri specialistici dell'ufficio geotecnica e dell'ufficio idraulica, con la nota protocollo 6793/UCCE del 25 settembre 2007 detto progetto è stato approvato con condizioni, ai sensi dell'articolo 1 del citato decreto-legge n. 507 del 1994.
  Si ricorda, che ai sensi del citato articolo 1, comma 1, del suddetto provvedimento legislativo rientra tra i compiti di questo Ministero la tutela della pubblica incolumità, in particolare delle popolazioni e dei territori a valle delle opere di sbarramento: ed in tale attività istituzionale è ricaduta la richiesta di potenziamento degli organi di scarico, necessario a garantire l'esercizio in sicurezza dell'invaso.
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto medesimo: «l'approvazione tecnica del progetto ai fini della pubblica incolumità da parte del Servizio Nazionale Dighe non costituisce obblighi, oneri e vincoli gravanti sul soggetto e sulle opere interessate, con riferimento alla valutazione di impatto ambientale, all'assetto idrografico, agli interessi urbanistici, paesaggistici, artistici, storici, archeologici, sanitari, demaniali, della difesa nazionale, dell'ordine pubblico e di pubblica sicurezza, che restano di competenza delle autorità previste dalle norme vigenti. Di conseguenza, il concessionario ha provveduto a richiedere le necessarie autorizzazioni alle competenti autorità.
  In particolare, secondo informazioni assunte per le vie brevi, risulterebbe che il progetto in questione sia tutt'ora all'esame degli organi competenti in materia di valutazione di impatto ambientale, il cui
iter dovrebbe concludersi entro il 2012.
  Successivamente, il concessionario dovrà espletare le procedure di appalto ed affidamento dei lavori, che avranno una durata presumibile di 18 mesi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   DE POLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il collegio sindacale della Vaccari Giovanni spa, l'azienda di autotrasporto con sedi a Carmignano ha posto la società in liquidazione volontaria;
   è stata avanzata la richiesta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali perché conceda un anno di cassa integrazione straordinaria a tutti i 105 dipendenti. Nel frattempo la proprietà si è impegnata a reperire i fondi per pagare entro l'anno ai lavoratori gli arretrati di agosto e settembre 2011;
   la procedura, secondo coloro che hanno firmato l'accordo a Roma alcuni giorni fa, riguarda 105 lavoratori; 15 lavorano a giorni alterni per garantire un minimo di fatturato, mentre con altri 15 è stata concordata la mobilità volontaria;
   la Giovanni Vaccari spa è stata al centro nei giorni di scorsi di un summit conclusosi con un verbale di accordo, con il quale le parti si impegnano a fare il possibile sia per salvare l'azienda specializzata nel trasporto della sabbia, dei rifiuti e dei materiali inerti, sia per versare, entro i prossimi due mesi, i due stipendi arretrati ai dipendenti. Tra i punti salienti dell'accordo c’è anche il ritiro del progetto di cedere un ramo d'azienda dalla Vaccari Giovanni spa alla Vaccari Global srl;
   l'azienda da quanto si è appreso ha importanti debiti tali da giustificare questa drammatica soluzione. A questo punto i dipendenti manifestano le loro preoccupazioni e ansie per i loro crediti che attendono ancora di recuperare;
   in caso contrario, sarà il sindacato a presentare, su mandato dei lavoratori, istanza di fallimento –:
   se si intenda accogliere la richiesta avanzata di cassa integrazione straordinaria e in che modo si intenda operare per tutelare i dipendenti dell'azienda.
(4-13956)

  Risposta. — Con riferimento alla interrogazione in esame, concernente la richiesta di attivazione della cassa integrazione presentata dalla società Giovanili Vaccari SpA, in liquidazione dal 5 ottobre 2011, si rappresenta quanto segue.
  Il 7 ottobre 2011 presso la provincia di Padova – settore lavoro e formazione è stato sottoscritto tra la società e le organizzazioni sindacali un verbale di incontro nel quale la Giovanni Vaccari SpA che allora occupava 121 unità lavorative distribuite in 3 filiali – una a Carmignano di Brenta (Padova) con n. 5 unità, un'altra a Fontaniva (Padova) con 103 unità ed una a Bologna Interporto (Bologna) con 13 unità –, si è impegnata a presentare richiesta di esame congiunto, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per sottoscrivere un accordo di Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per 12 mesi per tutte le 121 unità lavorative al fine di salvaguardare la realtà aziendale e le professionalità dei lavoratori. Contestualmente l'azienda ha concordato di sospendere la procedura di affitto del ramo di azienda in corso con altra società, la ditta Vaccari Global srl, fino al momento di attivazione della CIGS, confermando l'interesse a ricercare sul mercato ulteriori nuovi soci finanziatori o imprenditori interessati all'acquisizione totale o parziale dell'azienda.
  In data 19 ottobre 2011 le parti hanno sottoscritto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo di Cigs per crisi aziendale per cessazione dell'attività a decorrere dal 3 ottobre 2011 fino al 2 ottobre 2012 per un massimo di n. 120 lavoratori, pari all'intero organico aziendale. La concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale è avvenuta con decreto n. 63593 del 28 dicembre 2011.
  Nel corso del periodo di intervento della Cigs e le parti hanno inoltre convenuto sull'utilizzo della mobilità, subordinata al requisito della non opposizione, finalizzata alla ricollocazione presso aziende terze ed alla realizzazione di progetti di auto imprenditorialità.
  La Vaccari Giovanni SpA ha quindi avviato una procedura di mobilità collettiva, con comunicazione del 28 ottobre 2011, per la totalità dei lavoratori impiegati, pari a 117 unità lavorative.
  Risultano ricollocati, alla fine del mese di dicembre 2011, 25 lavoratori.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   DE POLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 24 e il 25 ottobre 2011 hanno avuto luogo incontri sulle problematiche in merito alle emergenze occupazione e servizi nelle attività complementari ed accessori al trasporto ferroviario, nel corso dei quali sono emerse drammaticamente le emergenze dell'accompagnamento notte e della manutenzione delle vetture utilizzate che stanno comportando licenziamenti per 865 lavoratori dipendenti delle società Servirail e Wasteelse e 89 dipendenti della società Rsi;
   purtroppo gli incontri svolti non sono serviti a individuare le soluzioni per consentire il mantenimento dei servizi di trasporto universale di cui il Paese ha bisogno e conseguentemente la salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori del settore (accompagnamento e manutenzione);
   il gruppo FS pressato dalle osservazioni del sindacato non è riuscito a fornire oggettive giustificazioni sulle ragioni che hanno portato Trenitalia, sul versante nazionale, a ridurre il numero di treni notte in catalogo e, sul versante internazionale, a cedere ad altra impresa ferroviaria, le relazioni Roma-Parigi e Venezia-Parigi; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in qualità di titolare a del contratto di servizio con Trenitalia, pur prendendo atto della problematica non è stato in grado, al momento, di determinare la quantità di risorse economiche necessarie a garantire la continuità del servizio, per il triennio 2012-2014;
   i sindacati a seguito del confronto avvenuto il 25 ottobre 2011, in considerazione dell'esiguità degli elementi messi a disposizione dal gruppo FS, hanno richiesto ulteriori approfondimenti rendendosi disponibili a considerare qualsiasi ipotesi atta a scongiurare la «scelta strategica» del gruppo FS di ritirarsi da un segmento di trasporto ferroviario fondamentale che consente, realmente, sia i collegamenti fra il Sud e il Nord del Paese sia fra l'Italia e l'Europa;
   ad oggi non risulta essere stata fissata alcuna convocazione di incontro per proseguire il confronto e considerato che i licenziamenti dei lavoratori sono imminenti e che dal giorno 11 dicembre 2011, in assenza di urgenti interventi, si potrebbe modificare radicalmente l'offerta del «servizio universale» nel Paese, sindacati e lavoratori si interrogano preoccupati su quando verrà ripreso il confronto tra le parti necessario ad una soluzione atta a tutelare gli interessi di tutti;
   pare dimostrato da fonti autorevoli che ci siano opportunità di crescita nel mercato del trasporto «notte», con l'ausilio di tutte le flessibilità che le attuali normative del lavoro e contrattuali mettono a disposizione. Insomma, pare sia possibile il rilancio del «settore notte» in condizioni economicamente compatibili con le risorse destinate al «servizio universale» integrate da incrementi dei ricavi da mercato derivanti dal miglioramento del servizio. In tale ottica sarebbe possibile coniugare le esigenze produttive e industriali di Trenitalia con la possibilità di trovare soluzioni ai problemi occupazionali dei lavoratori attualmente impiegati nelle attività di manutenzione rotabili e accompagnamento notte, sia nell'ambito del settore sia all'interno delle società del gruppo FS e delle relative società controllate e/o partecipate –:
   in che modo il Ministro intenda agire per tutelare i lavoratori a rischio e stimolare un confronto che risolva la questione esposta nell'interesse della crescita generale del Paese. (4-14133)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne la riduzione da parte del gruppo Ferrovie dello Stato del servizio di treni notturni e le conseguenti ricadute occupazionali.
  In proposito, si sottolinea che, negli ultimi dieci anni e in modo particolare nell'ultimo anno, i collegamenti ferroviari «notte» sono stati interessati da una forte contrazione della domanda per effetto – soprattutto – dell'aggressiva concorrenza delle compagnie aree
low cost e della velocizzazione dei servizi giorno a seguito dell'attivazione dell'alta velocità, che porta la clientela a preferire questi-ultimi, sia per il comfort di viaggio che per i tempi di percorrenza.
  Va precisato che la tipologia dei treni notturni rientra nel novero dai treni classificati di «servizio universale», ovvero di quel servizio che per poter essere effettuato necessita di una contribuzione pubblica – definita nell'ambito di un contratto di servizio – in quanto presenta un conto economico negativo.
  Per i treni inseriti nel contratto di servizio con lo Stato, nel 2011, Trenitalia ha registrato una perdita complessiva di rilevante entità nonostante i corrispettivi, derivante principalmente dalla forte contrazione dei ricavi – conseguente al calo della domanda – del servizio universale.
  Ciò ha comportato una riduzione della percorrenza dei treni notte, più costosi e meno frequentati, in coerenza con la tendenza in atto sui mercati europei, senza però pregiudicare la possibilità per gli utenti di raggiungere le destinazioni finali. Più in particolare, si è provveduto a garantire il servizio sulle direttici nord-sud del Paese, garantendo i collegamenti notte a Roma e a Bologna e prevedendo il proseguimento del viaggio a bordo dei treni Alta velocità, cui sarà applicata, tuttavia, una tariffa speciale per l'utenza proveniente dalle regioni meridionali.
  Nonostante ciò, il gestore dei servizi ha dovuto operare delle scelte aziendali che hanno comportato la riduzione delle attività di accompagnamento a bordo dei suddetti treni.
  Secondo quanto comunicato da Ferrovie dello Stato, dall'11 dicembre 2011, nei collegamenti ferroviari notturni sulla rotta Parigi-Milano-Venezia (e viceversa) ha iniziato ad operare la nuova Società TVT (costituita in
partnership tra Trenitalia e la francese Veolia Transdev); le modalità, di svolgimento e affidamenti dei servizi connessi a questi collegamenti sono curate direttamente e autonomamente dalla Società TVT.
  Per quanto riguarda, invece, gli aspetti occupazionali, si precisa che questo Ministero aveva già autorizzato, per il periodo dal 1o maggio 2010 al 30 aprile 2011, la corresponsione del trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti della
Wasteels International Italia srl – appalto Trenitalia spa per servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e altre prestazioni accessorie svolte dal personale viaggiante treni notte – per i quali era stato stipulato in data 30 aprile 2010 un contratto di solidarietà che stabiliva per 12 mesi la riduzione massima dell'orario di lavoro da 38 ore settimanali, come previsto dal Contratto collettivo nazionale del settore attività ferroviarie applicato a 15 ore medie settimanali nei confronti di un numero massimo pari a n. 115 unità, su un organico complessivo di n. 201 unità.
  Tale misura è stata prorogata per ulteriori 12 mesi (fino al 30 aprile 2012) nei confronti di un numero massimo pari a n. 113 lavoratori, su un organico complessivo di n. 190 unità.
  Si evidenzia che la razionalizzazione del servizio notturno ha generato circa 1.700 esuberi, 900 tra il personale di Trenitalia ed oltre 800 tra i dipendenti delle ditte in appalto o in subappalto. Per i 900 dipendenti di Trenitalia, Ferrovie dello Stato italiane ha individuato le azioni di ricollocazione all'interno del gruppo tali da risolvere completamente la problematica.
  Per quanto riguarda l'esubero dei circa 800 dipendenti delle ditte in appalto, si precisa che gli stessi sono così ripartiti:
   circa 180 lavoratori erano impiegati presso l'azienda
Wasteels, che svolgeva prevalentemente servizi di accompagnamento notte su tratte internazionali;
   circa 480 lavoratori presso l'azienda
Servirail, che svolgeva servizi accompagnamento su tratte nazionali;
   circa 80 lavoratori presso l'azienda RSI, che svolgeva servizi di manutenzione;
   il rimanente personale era riconducibile a servizi subappaltati o più in generale all'indotto del settore.

  Relativamente ai lavoratori di RSI (86 lavoratori) – il gruppo Ferrovie dello Stato – pur confermando la volontà di individuare una soluzione anche per loro, precisa che tale vicenda è riferibile esclusivamente al preesistente stato di crisi dell'azienda RSI, non essendo stata quindi determinata dalla contrazione dell'offerta commerciale sul segmento «notte».
  Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che nell'ambito del nuovo contratto di appalto per i servizi di accompagnamento dei treni «notte», è stato previsto che l'impresa aggiudicataria impieghi il personale già utilizzato dal precedente affidatario (in applicazione della cosiddetta «clausola sociale»), in misura corrispondente ai volumi di attività oggetto del nuovo contratto.
  Le tre aziende citate hanno concluso presso gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali le procedure per il licenziamento collettivo. Nel corso di una riunione svoltasi il 12 dicembre 2011, i competenti uffici di questo Ministero hanno sollecitato le parti a formalizzare le procedure di cambio appalto con la nuova ditta affidataria provvisoria per definire il numero dei lavoratori che verranno assunti in virtù della clausola sociale, anche al fine di determinare con precisione il numero degli esuberi a cui potranno eventualmente applicarsi trattamenti di sostegno al reddito, anche in deroga.
  Si rappresenta che Trenitalia accogliendo l'invito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha convocato le aziende interessate alla successione di appalto e le organizzazioni sindacali, al fine di favorire una soluzione alla crisi occupazionale dinnanzi descritta. Nel corso dell'ultimo confronto svoltosi alla presenza di Trenitalia, l'azienda appaltatrice
Angel Service Srl avrebbe quantificato in 320 unità il bacino lavoratori interessati dal passaggio di cantiere; tali lavoratori, pertanto, vanno sottratti dal numero complessivo degli esuberi del settore. In questa occasione, tuttavia, non è stato possibile formalizzare le procedure di cambio appalto fra cedente e cessionario a causa della mancata convocazione dell'Associazione temporanea di imprese Wasteels-Servirail (parte cedente).
  Ferrovie dello Stato ha, inoltre, reso noto di voler garantire, entro i prossimi 24 mesi, la progressiva ricollocazione dell'eventuale personale che non troverà utile ricollocazione nell'appalto del servizio di accompagnamento notte. Tale termine, secondo quanto precisato da Ferrovie dello Stato, potrebbe tuttavia essere ridotto in considerazione delle diverse peculiarità territoriali.
  Nella regione Lombardia – ove contribuiscono al riassorbimento dei lavoratori anche aziende locali non appartenenti al gruppo Ferrovie dello Stato – è stato, infatti, assunto l'impegno a ricollocare tutti i lavoratori entro 12 mesi. Il 30 dicembre 2011, infatti, è stato siglato, presso gli uffici della regione Lombardia, un primo accordo con il quale si assicura la ricollocazione di 156 lavoratori (oltre a cinque per i quali è previsto l'accompagnamento a pensione) presso ditte del settore.
  Per quanto riguarda, invece, il personale operante nelle regioni Sicilia, Lazio e Piemonte sono già stati calendarizzati una serie di incontri finalizzati alla soluzione del caso.
  In conclusione, si evidenzia che per la maggior parte dei lavoratori interessati dalla situazione rappresentata sono state individuate soluzioni idonee a salvaguardare i livelli occupazionali; per i restanti lavoratori, qualora ne ricorrano i presupposti e a seguito degli ulteriori elementi che emergeranno negli incontri a livello territoriale, potrà essere valutata l'applicazione delle misure di sostegno al reddito, con le modalità e nei limiti previsti dalla normativa vigente.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   DI PIETRO e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 luglio 2011 n. 128 dispone, all'articolo 2 che:
    «il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dal venditore o dall'importatore ed è da questo apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, su ciascun esemplare o su apposito allegato»;
    «è consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1»;
    «la vendita di libri ai consumatori finali è consentita con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1:
     a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
     b) in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e università»;

   anche le biblioteche, che svolgono un fondamentale compito di diffusione assolutamente gratuita della cultura, non possono più godere per l'acquisto di libri di uno sconto superiore al 20 per cento;
   precedentemente all'entrata in vigore della suindicata legge le biblioteche godevano di una scontistica certamente superiore, che in alcuni casi arrivava finanche al 35 per cento;
   i forti tagli agli enti locali hanno già pesantemente inciso sulle risorse destinate dagli stessi alle biblioteche comunali e provinciali e che i minori sconti – come rilevato dall'Associazione italiana biblioteche (Aib) – determineranno un ulteriore riduzione degli acquisti di libri da parte delle biblioteche, con conseguente danno per i cittadini in termini di quantità e qualità di titoli consultabili –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire in materia adottando le necessarie iniziative normative affinché venga al più presto liberalizzato per le biblioteche lo sconto sui prezzi di copertina, garantendo così alle stesse una più elevata capacità di acquisto. (4-14492)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quali iniziative il Governo intenda assumere affinché venga liberalizzato per le biblioteche lo sconto sui prezzi di copertina, garantendo alle stesse una più elevata capacità di acquisto, si rappresenta quanto segue.
  Va, innanzitutto, rilevato che le due Biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze beneficiano della legge relativa al deposito legale (Legge 15 aprile 2004, n. 106), che obbliga gli editori all'invio di una copia di tutta la produzione libraria, per cui tutti i documenti destinati all'uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l'ascolto e la visione, prodotti totalmente o parzialmente in Italia, sono destinati al deposito legale e a incrementare le raccolte.
  Anche alcuni altri Istituti bibliotecari statali sono stati individuati dalle regioni quali destinatari del recepimento delle copie di deposito obbligatorio regionale e/o provinciale.
  Tuttavia, tra i compiti istituzionali delle Biblioteche pubbliche statali esiste quello di assicurare l'incremento e l'aggiornamento delle raccolte mediante gli acquisti, anche di produzione straniera, nonché di completare e valorizzare le proprie collezioni attraverso gli acquisti in antiquariato in Italia e all'estero.
  L'entrata in vigore della nuova disciplina del prezzo dei libri, imposta dalla legge 27 luglio 2011, n. 128, ha comportato, in concomitanza con il progressivo assottigliamento delle risorse in bilancio destinate a tale scopo, una ulteriore flessione sulla capacità di acquisto degli Istituti, con ovvie ripercussioni per i suoi utenti in termini di varietà e quantità di titoli disponibili per la consultazione.
  Il mondo dei libri rappresenta, comunque, una realtà complessa con molteplici interessi, pubblici e privati, quali quelli degli autori, degli editori, dei librai, dei bibliotecari e dei lettori.
  La legge n. 128 del 2011 ha cercato di salvaguardare la diversità di tali interessi, favorendo, in particolare, piccoli editori e librai non di catena.
  In ogni caso, l'articolo 3, comma 3, stabilisce che, trascorsi 12 mesi dall'entrata in vigore della norma, «il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero, se nominato, con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all'informazione e all'editoria, nel quadro delle rispettive competenze, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l'informazione e l'editoria, che provvede al successivo inoltro alle Camere, una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente legge sul settore del libro».
  In base alle considerazioni sopra esposte, è intenzione di questo Ministero analizzare la questione sollevata dall'interrogante ed approfondirla con gli operatori di settore.
  A riguardo, va comunque ricordato che la legge n. 128 del 2011 è stata approvata, su iniziativa parlamentare, con una larghissima maggioranza; si auspica, pertanto, qualora vi sia una condivisione delle argomentazioni svolte dall'interrogante, un nuovo intervento parlamentare, che possa incontrare la stessa condivisione avuta dalla proposta di legge approvata nel senso prospettato dalla interrogazione cui si risponde.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   DI PIETRO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 6 dell'articolo 14 della legge n. 401 del 1990 ha previsto che la funzione di direttore, per gli Istituti Italiani di cultura all'estero, può essere conferita a «persone di prestigio culturale ed elevata competenza anche in relazione alla organizzazione della promozione culturale, con le procedure di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni»;
   l'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 sancisce che: «qualora per speciali esigenze anche di carattere tecnico o linguistico non possa farsi ricorso per incarichi presso uffici all'estero ad esperti tratti dal personale dello Stato e da Enti pubblici, l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare in via eccezionale e fino ad un massimo di dieci unità, persone estranee alla pubblica Amministrazione purché di notoria qualificazione nelle materie connesse con le funzioni del posto che esse sono destinate a ricoprire. Le persone predette devono essere in possesso della cittadinanza italiana, in età compresa tra i trentacinque e i sessantacinque anni e godere di costituzione fisica idonea ad affrontare il clima della sede cui sono destinate»;
   l'età anagrafica, così come avviene per la figura del senatore a vita, non può e non deve costituire un ostacolo insormontabile al ricorso, da parte dello Stato, a personalità che hanno acquisito negli anni una indiscussa professionalità e che hanno reso onore al nostro Paese;
   la nostra società, dalla pubblicazione del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica, è stata interessata non solo da un considerevole innalzamento della durata media della vita, ma anche da un marcato miglioramento della qualità della vita stessa anche in età avanzata;
   la promozione della cultura italiana nel mondo rappresenta, nel Terzo Millennio, un settore assolutamente strategico sotto tutti i profili;
   gli Istituti Italiani di Cultura all'estero sono, all'80 per cento dei casi, retti da addetti con scarsa esperienza, mentre la maggior parte dei Direttori è in quiescenza;
   il livello qualitativo dell'offerta culturale degli Istituti all'estero si è abbassato notevolmente –:
   se non ritenga opportuno adottare, nei confronti dei dieci direttori di «chiara fama», tutte le misure necessarie al fine di eliminare ogni elemento ostativo relativo all'età, affinché si possa mettere, a costo zero, «la persona giusta al posto giusto» dando spazio alla provata professionalità e dedizione di coloro che per anni hanno contribuito ad elevare il prestigio culturale del nostro Paese. (4-14875)

  Risposta. — La legge n. 401 del 1990 all'articolo 14 prevede che i direttori degli Istituti italiani di cultura «...sono nominati dal Ministro fra il personale dei livelli IX e VIII appartenente all'area della promozione culturale, sentito il parere della Commissione di cui all'articolo 4.
   2. La funzione di direttore di Istituto può essere conferita anche agli esperti del ruolo dirigenziale di cui comma 2 dell'articolo II.
   3. La nomina e la destinazione dei direttori degli Istituti sono disposte con decreto del Ministro, su proposta del direttore generale per le relazioni culturali, anche sulla base delle competenze relative all'area geografica di destinazione e delle aspirazioni espresse dall'interessato. (...)».

  Il paragrafo 6 della stesso articolo prevede che «la funzione di direttore può essere altresì conferita, in relazione alle esigenze di particolari sedi, a persone di prestigio culturale ed elevata competenza anche in relazione alla organizzazione della promozione culturale, con le procedure di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, sentito il parere della Commissione di cui all'articolo 4 della presente legge. Le nomine, di durata biennale, rinnovabili per una pari durata una sola volta, potranno essere effettuate entro il limite massimo di dieci unità (...)».
  Al fine di assicurare trasparenza nell’
iter di nomina dei Direttori degli Iic, le disposizioni normative sopra richiamate prevedono un ruolo specifico della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, istituita dalla stessa legge n. 401 che ne regolamenta anche composizione e funzioni (articoli 4 e 5). In particolare la Commissione garantisce un coinvolgimento delle maggiori istanze del mondo culturale, scientifico ed accademico, istituzionale e non, nella trattazione delle diverse tematiche attinenti appunto la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero.
  Le procedure di selezione e valutazione già in atto sono state ulteriormente rafforzate dal Ministro degli affari esteri Terzi di Sant'Agata. Sono state infatti elaborate delle linee guida, condivise con la Commissione nazionale stessa, per la selezione dei candidati che aspirano a dirigere Istituti italiani di cultura in base a quanto previsto dal paragrafo 6 dell'articolo 14 della legge n. 401 del 1990.
  Alla luce degli incarichi di alta responsabilità che tali candidati sono chiamati a svolgere, con le linee guide vengono individuati requisiti e criteri di selezione necessari ad identificare i titolari di tali funzioni nell'ambito di quanto prevede la normativa vigente (articolo 14.6 della legge n. 401 del 1990) che per la nomina dei direttori di «chiara fama» richiede, accanto al prestigio culturale, elevate competenze in materia organizzativa e promozionale.
  La destinazione presso gli Istituti di cultura del restante personale dell'Area della promozione culturale, così come del ruolo dirigenziale degli esperti, avviene attraverso una procedura regolamentata dalla normativa vigente (legislazione e contratto nazionale), nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza, con modalità analoghe a quelle seguite per le assegnazioni di tutti i funzionari del Ministero.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   DI STANISLAO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il Governo dell'Afghanistan e l'Agenzia dell'ONU per i rifugiati (UNHCR) stanno cercando l'approvazione di una nuova strategia che mira a fornire soluzioni sostenibili alla crisi dei rifugiati più grande e più lunga del mondo;
   negli ultimi 30 anni di guerra in Afghanistan almeno 10 milioni di persone sono fuggite. Molti hanno fatto ritorno, ma milioni di afgani restano al di fuori del loro Paese, di cui circa 2,7 milioni registrati come rifugiati in Iran e Pakistan, e si stima 2.4-3.4 milioni di persone nei due Paesi «illegalmente»;
   anche nelle zone dove il conflitto si è placato molti afgani hanno scelto di non tornare a causa della mancanza di servizi e di sviluppo. Il governo afgano ammette che non ha la capacità di reintegrare i molti profughi che ritornano;
   il Governo afghno il 27 febbraio 2012 approvato una strategia pluriennale, la cosiddetta «Solutions Strategy», che sarà presentata alla comunità internazionale ad una conferenza di parti interessate in Svizzera nel mese di maggio con lo scopo di migliorare le condizioni nelle comunità di origine in Afghanistan per incoraggiare i ritorni pur sostenendo le comunità che ospitano i rifugiati afgani in Iran e Pakistan;
   l'UNHCR sottolinea che l'evento non è una conferenza dei donatori, ma piuttosto un invito per le parti interessate ad approvare il nuovo approccio, che si concentra su progetti di sviluppo già finanziati in aree ad alti rendimenti;
   il Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Antonio Guterres ha recentemente dichiarato che la strategia richiederebbe 1,5 miliardi di dollari in fondi;
   fin dal 2001 l'Italia si è impegnata ad assicurare il proprio sostegno agli sforzi della comunità internazionale per l'Afghanistan con un significativo e costante contributo di risorse per la ricostruzione istituzionale ed economica e di forze di sicurezza nell'ambito dell'operazione ISAF (International security assistance force) a guida NATO, disposta con mandato delle Nazioni Unite –:
   se e come il Governo intenda impegnarsi fattivamente per trovare soluzioni alle problematiche dei rifugiati afgani e se intenda partecipare e con quali prospettive alla conferenza delle parti interessate in Svizzera, prevista per il mese di maggio 2012. (4-15244)

  Risposta. — Secondo i dati forniti dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), i cittadini afgani cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato, attualmente residenti nei Paesi terzi, sarebbero circa 3 milioni, ai quali si aggiungono 500 mila sfollati interni, su una popolazione complessiva di oltre 30 milioni di persone.
  Dalla caduta del regime talebano, l'Alto commissariato ha assistito il rientro di oltre 4.6 milioni di profughi afgani, in gran parte dall'Iran e dal Pakistan, nell'ambito della più massiccia operazione di rimpatrio attuata dall'organizzazione.
  In tale contesto, l'Alto commissariato ha assunto negli ultimi anni un crescente ruolo di mediazione tra l'Afghanistan, il Pakistan e l'Iran, con i quali sono in vigore accordi tripartiti, per favorire il rimpatrio di detti profughi. Il problema del rientro ha assunto rilevanza politica sempre maggiore negli ultimi anni, per l'impatto sulla sicurezza interna dei Paesi interessati, sui rapporti bilaterali e sulla stabilità complessiva della regione.
  In Europa, il maggior numero di migranti afgani richiedenti asilo si registra nei Paesi del centro e del nord. L'Italia riserva particolare attenzione alla questione, infatti nel settembre 2011 il Ministero dell'interno ha ricevuto una delegazione afgana, guidata dal Ministro per l'immigrazione e il rimpatrio, Jamaher Anwari. Nell'incontro si è potuto discutere delle problematiche legate alla gestione dei flussi migratori, al controllo delle frontiere e alle politiche di asilo, con particolare riferimento alla questione delle condizioni di vita in Italia e dei rimpatri volontari assistiti dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria provenienti dall'Afghanistan.
  In occasione dei vari consessi in ambito internazionale, tra cui la stessa riunione ministeriale G8 di Trieste del 2009, è stata evidenziata l'esigenza di superare la tradizionale impostazione dell'assistenza umanitaria di detti rifugiati, presenti nei Paesi ospitanti, e favorire l'integrazione di una politica complessiva sui ritorni nell'ambito di una strategia nazionale di sviluppo. I Paesi coinvolti sono stati chiamati a promuovere politiche di sostegno ai rifugiati nella prospettiva di reinserimento economico e sociale, ad esempio tramite specifici programmi di formazione professionale. In tale ottica, l'Italia ha finanziato, tra l'altro, iniziative dell'organizzazione internazionale per le migrazioni, volte a favorire i ritorni assistiti dei rifugiati ed il loro reinserimento socio-economico in patria.
  La Conferenza internazionale in programma a Ginevra a maggio 2012, promossa dall'Alto commissariato e non ancora formalmente convocata, rappresenta un'ulteriore opportunità di dialogo, in particolare tra Afghanistan, Iran e Pakistan, al fine di promuovere il sostegno alla strategia regionale volta ad individuare adeguate soluzioni di rimpatrio sostenibile per i rifugiati afgani. A tale evento, incentrato principalmente sulle tematiche di carattere umanitario, dovrebbe fare seguito entro la fine dell'anno una seconda Conferenza a Tokyo.
  Il Ministero degli affari esteri ha da poco avviato, in collaborazione con un'iniziativa di cooperazione allo sviluppo con carattere di emergenza del valore di 2,1 milioni di euro volta a favorire il ritorno sostenibile e la reintegrazione dei rifugiati afgani.
  L'intervento, rivolto principalmente alle popolazioni rimpatriate nelle aree di Herat, Bamyan e Kabul, ha come obiettivo la costruzione di unità abitative, l'installazione di condutture per l'acqua potabile e la costruzione di cisterne, la fornitura di dispositivi per la rimozione dei rifiuti, l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione all'igiene nonché attività in ambito infrastrutturale, sanitario ed educativo.
  Un intervento del valore di 400mila euro si è invece appena concluso, realizzato sempre in collaborazione con l'Acnur, che ha fornito assistenza a 214 famiglie di rimpatriati, rientrate dal campo di Bardsir, in Iran, nel loro Astretto di origine, Sozma Qala. In particolare, l'iniziativa ha previsto la costruzione di rifugi, la realizzazione di attività nel settore idrico (cisterne, pozzi, punti distribuzione acqua, canali di scolo), la distribuzione di
kit per l'inverno, la ristrutturazione di 7 chilometri di strada per collegare i villaggi di ritorno dei rifugiati alla strada principale per Sozma Qala. È stata prevista altresì la realizzazione di attività generatrici di reddito destinate anche alla comunità autoctona, quali l'acquisto e la distribuzione di capre per 66 dei rientrati dall'Iran e per 54 famiglie autoctone.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   DI VIZIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aumento del traffico su strade e autostrade necessita di un aumento dell'attenzione sul tema della sicurezza stradale, tanto che nell'anno 2009, l'Europa ha contato 1.150.000 incidenti, 35.000 decessi e 1,5 milioni di feriti, con un costo per la società europea di circa 160 miliardi di euro (il 10 per cento delle risorse stanziate in campo medico-sanitario);
   una delle categorie più esposte agli incidenti stradali è quella dei motociclisti: dagli ultimi dati forniti dall'ISTAT risulta che nel solo anno 2008 in Italia sono stati oltre 1.300 i motociclisti deceduti sulle strade e oltre 83.000 quelli rimasti feriti, spesso in modo grave;
   secondo il Motorcycle Accidents in Depth Study, i fattori esterni (condizioni meteorologiche, condizioni del traffico e delle infrastrutture) determinano circa l'8 per cento degli incidenti motociclistici e ne sono concausa in circa un ulteriore 15 per cento Molte lesioni permanenti e decessi, in seguito a cadute con la moto, sono imputabili ad infrastrutture stradali inadeguate, soprattutto le barriere di sicurezza, più che all'impatto delle moto con il suolo o con un altro mezzo;
   il protocollo europeo EN 1317-8 (Road restraint systems – Motorcycle road restraint systems which reduce the impact severity of motorcyclist collisions with safety barriers), studiato dal Comitato europeo per la normalizzazione, è nato con l'obiettivo di mitigare gli effetti dell'urto di un motociclista che, caduto al suolo e separatosi dal motociclo, scivola verso l'ostacolo;
   nel giugno 2011, l'Unione europea ha ridotto la proposta di controllo 1317-8 a semplice specifica tecnica, nonostante l'esempio della Spagna avesse dimostrato come potesse essere efficace e nonostante la risoluzione europea 319 invitasse a mettere a punto uno standard di omologazione dei guard-rail, con test specifici per i motociclisti;
   l'Italia ha votato a favore del protocollo proposto, ritenendo necessario definire i requisiti, la classificazione e le modalità di valutazione e accettazione di sistemi volti a migliorare la sicurezza passiva delle barriere di sicurezza stradali e di ostacoli, con riferimento ad eventuali impatti dei motociclisti –:
   se il Ministro non reputi opportuno, con iniziative anche di carattere normativo, raccogliere le indicazioni contenute nella nota tecnica EN 1317-8, al fine di dotare l'ordinamento italiano di sistemi volti a migliorare la sicurezza passiva delle barriere stradali, soprattutto al fine di mitigare gli effetti dell'urto dei motociclisti sui guard-rail. (4-13644)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Pur non essendosi concretizzata l'emanazione di norma tecnica europea obbligatoria per tutti gli Stati membri, come l'Italia ha più volte richiesto, nel gennaio 2012 il Cen (Comitato europeo di normazione) ha approvato una regola tecnica per testare i dispositivi per la protezione dei motociclisti adottabile dagli Stati membri –
Technical Specification.
  Considerato l'elevato numero di motociclisti presenti sulle strade italiane e che, ai fini della sicurezza stradale, l'utilizzo di motocicli e ciclomotori sulle strade possiede di per sé un rischio intrinseco più elevato rispetto ad utenti che utilizzano veicoli dotati di abitacolo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è attivato per predisporre una bozza di norma italiana che disciplini l'esecuzione delle prove d'urto secondo la
Technical Specification e l'installazione dei dispositivi di protezione per i motociclisti.
  Tale provvedimento è in fase di elaborazione all'interno di un gruppo di lavoro coordinato da questo Dicastero, in particolare dagli uffici della direzione generale per la sicurezza stradale, al quale partecipano rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dell'ente nazionale italiano di unificazione, degli enti proprietari delle strade e dei concessionari, dei costruttori di barriere, del docenti universitari ed esperti del settore.
  Si fa presente, infine, che gli enti proprietari o concessionari delle strade possono richiedere l'autorizzazione a questo Ministero per l'installazione, in via sperimentale, di dispositivi di protezione per motociclisti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


    EVANGELISTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato segnalato all'interrogante che il Volkswagen Group Italia, con sede a Verona, negli ultimi anni ha richiesto ingenti investimenti immobiliari ai propri concessionari, al fine di valorizzazione i brand e lanciare nuovi programmi commerciali;
   nonostante l'impegno profuso dai concessionari italiani, l'azienda ha in poco tempo introdotto regole apparentemente incomprensibili, relative alle attività che le concessionarie possono svolgere e all'organizzazione degli spazi delle concessionarie;
   tale politica ha portato alcuni concessionari a non essere più in grado di rispettare le richieste della Volkswagen Group Italia e a perdere importanti introiti necessari anche per rientrare degli investimenti immobiliari richiesti dall'azienda;
   la conseguenza o il rischio è che gli imprenditori si vedano ritirare i mandati di concessione dei marchi Volkswagen e Audi, con danno per l'economia e l'occupazione;
   a quanto consta all'interrogante questa vicenda avrebbe avuto anche conseguenze giudiziarie presso il tribunale di Verona, dove sarebbe in corso un procedimento nei confronti della Volkswagen Group di Verona, anche per verificare se ci siano state violazioni delle norme sulla concorrenza e, per lo stesso motivo, il caso è stato segnalato alla Commissione europea –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti riportati, se abbia notizie o documenti da comunicare alla Camera e se abbia preso o intenda prendere iniziative relative alla vicenda segnalata. (4-10399)

  Risposta. — Il settore automotive sconta una annosa crisi di sovraccapacità produttiva strutturale, che ha determinato a livello mondiale un calo del grado di utilizzo degli impianti dall'83 per cento del 2007 al 64 per cento del 2009.
  L'eccesso di capacità si aggira intorno ai trenta milioni di vetture ed è uniformemente distribuito su tutti i mercati: 40 per cento e 35 per cento in nord America ed Europa occidentale, ma anche 35 per cento nei mercati emergenti (Cina, India, est Europa).
  La gravissima crisi finanziaria ed economica internazionale esplosa nel 2008 ha ulteriormente inasprito, in generale, uno squilibrio che resta strutturale per il comparto.
  Per quanto riguarda, in particolare, l'Europa, i rapporti pubblicati nell'ultimo decennio dalla Commissione europea-DG concorrenza, testimoniano di un ambiente decisamente competitivo, contraddistinto da una vivace concorrenza – sia tra i produttori che all'interno della marca – da un'innovazione costante, dal calo dei prezzi reali, dall'apertura del mercato ai
competitors extraeuropei.
  Della forte pressione concorrenziale hanno fatto le spese in particolare i concessionari, in genere piccole e media imprese – probabilmente il vero anello debole della filiera – sempre più stretti nella morsa generata da un composito
mix di fattori:
   l'inasprimento, imposto dalle case, degli
standard contrattuali legati alla vendita e al servizio, che ha determinato un aumento dei costi fissi di struttura a livello distributivo (numero minimo di vetture da esporre, superficie minima espositiva, numero minimo di vetture per la prova, contribuzione economica alle campagne pubblicitarie/promozionali, indice minimo di capitalizzazione, numero minimo di venditori con relativi oneri di formazione, indice minimo di customer satisfaction...);
   la riduzione complessiva del margine lordo anche a seguito di una struttura provvigionale sempre più basata sulla quota variabile e su fattori non sempre oggettivi (si pensi al grado di soddisfazione della clientela). A questo proposito è significativo il dato emerso da uno studio di MC
Network, secondo cui il margine operativo netto (Ebit) medio realizzato da un concessionario italiano nel 2005 era di circa l'1,5 per cento per le marche estere e, tra l'1,5 per cento (FIAT) e l'1,2 per cento (Lancia, Alfa Romeo), per i brand nazionali. Peraltro, tale realtà spiega come oggi i dealers siano sempre più indotti a ricercare nuovi e più remunerativi margini nei servizi finanziari ed assicurativi nonché nell'assistenza postvendita;
   il fenomeno delle prassi commerciali forzose (vendite a km 0; incremento del parco vetture dimostrative e aziendali);
   l'erosione del potenziale di mercato a seguito delle vendite dirette effettuate dai costruttori – alle flotte aziendali, alle società di noleggio a lungo termine e alle società di
leasing – e delle importazioni parallele che portano a circa il 31 per cento del mercato italiano la percentuale di mercato sottratta alle reti ufficiali (dati Federauto al Luglio 2007);
   la concorrenza esercitata da talune società di noleggio/
leasing che, talvolta, rivendono le auto acquistate a chilometri 0, anziché trattenerle per uso proprio senza peraltro, essere sottoposte agli stessi vincoli vigenti in capo ai concessionari, in termini di standard contrattuali, obiettivi di vendita e soddisfazione del cliente.

  La direzione generale concorrenza della Commissione europea, nella elaborazione della propria politica di concorrenza, di fatto, non è riuscita ad offrire una soluzione a problemi del tipo sopra accennato.
  Peraltro, con l'ultima riforma varata dalla stessa nel 2010 (regolamento Unione europea n. 461 del 2010), la condizione dei concessionari non ne esce propriamente rafforzata, sia per effetto di un intervento di semplificazione/
deregulation dell'intero impianto normativo, sia per la scelta, in discontinuità rispetto al passato, di stralcio delle previgenti disposizioni relative alla tutela minima contrattuale dei concessionari, rinviata alle rispettive legislazioni nazionali di diritto commerciale, in quanto ritenute non pertinenti alla tutela della concorrenza.
  Al riguardo, comunque, si ritiene utile evidenziare che l'azione combinata del Ministero dello sviluppo economico, della rappresentanza permanente d'Italia a Bruxelles e degli operatori interessati è riuscita ad ottenere una proroga di tre anni della previgente disciplina relativa alla vendita.
  Tale proroga è utile agli operatori –
in primis ai concessionari – per adeguarsi al nuovo regime e, soprattutto, per ammortizzare gli investimenti specifici a lungo termine effettuati in ottemperanza alla vecchia normativa.
  La direzione generale concorrenza della Commissione, sulla base dell'esperienza acquisita nel frattempo, non ritiene più che la tutela dell'indipendenza dei concessionari abbia incidenza, seppure indiretta, sulla concorrenza e, pertanto, è da vedersi se la segnalazione effettuata dai concessionari Volkswagen di Verona possa sortire gli effetti attesi, a meno di violazioni specifiche particolarmente significative.
  In merito alla questione, il Ministero dello sviluppo economico, nelle sedi competenti, ha partecipato al dibattito sul progetto normativo della Commissione, anche esprimendo preoccupazione per le possibili ripercussioni negative per il futuro del comparto in generale, per le imprese della distribuzione e, in definitiva, per lo stesso consumatore. Tuttavia, la procedura di approvazione prevedeva un ruolo solo consultivo degli Stati membri, per cui la Commissione, nella propria autonomia, ha ritenuto di confermare sostanzialmente l'impianto normativo, fatta salva la proroga triennale sopra accennata.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   FEDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in numerosi centri lucani sono presenti segni tangibili del Risorgimento italiano;
   il comune di Corleto Perticara, in provincia di Potenza, è profondamente legato alla storia del Risorgimento italiano;
   nel comune di Corleto Perticara (Potenza) è custodito il primo tricolore italiano, issato dallo stesso Giuseppe Garibaldi;
   il tricolore di Corleto Perticara è quindi profondamente legato alla storia del Risorgimento e dell'Unità nazionale –:
   se siano fondate le preoccupazioni, espresse da studiosi e ricercatori, circa le pessime condizioni di conservazione di questo importante cimelio storico e culturale;
   se non si ritenga necessario intervenire affinché lo stato di conservazione della bandiera possa migliorare nell'immediato e possa essere garantito in futuro;
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per garantire che il «tricolore» di Corleto Perticara, nell'anno in cui si aprono le celebrazioni dell'Unità d'Italia, trovi opportuni riconoscimenti in Italia e all'estero;
   se non si ritenga indispensabile, infine, garantire le necessarie risorse per la conservazione e tutela del nostro patrimonio storico e culturale. (4-10372)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante esprime preoccupazione in ordine alle condizioni di conservazione del primo tricolore italiano, custodito nel comune di Corleto Porticara (Potenza), si rappresenta quanto segue.
  L'importante cimelio è simbolo della insurrezione antiborbonica lucana del 16 agosto 1860 ed è attualmente custodito ed esposto alla pubblica fruizione nella sede municipale di Corleto Porticara, così come asserito nell'interrogazione.
  Le verifiche condotte dalla Soprintendenza per i beni artistici ed etnoantropologici della Basilicata, sin dall'anno 2011, hanno evidenziato la necessità di un restauro conservativo del prezioso manufatto, che presenta antiche lacerazioni e strappi che hanno provocato la sfilacciatura della trama: anche il ricamo dello stemma presenta alcuni punti critici, con il sollevamento e l'usura dei fili di seta che furono all'epoca utilizzati.
  In considerazione della valenza storica e culturale dell'opera, la citata Soprintendenza, è impegnata ad elaborare una perizia di spesa che preveda l'apporto di diverse professionalità, con possibilità di avvalersi, sia in fase progettuale che in fase esecutiva, dell'intervento professionale di restauratori esperti dello stesso Ministero per i beni e le attività culturali. A tal fine l'importante cimelio risorgimentale sarà sottoposto alla verifica di un esperto restauratore di tessuti dell'Opificio delle pietre dure di Firenze.
  In attesa che possano essere avviate le procedure amministrative necessarie alle operazioni di restauro, il personale della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici della Basilicata è impegnato in controlli e periodiche verifiche tese a monitorare lo stato di conservazione dell'antica bandiera.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il processo di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, attuato tra il 2009 e il 2011, ha determinato la chiusura di un elevato numero di rappresentanze, colpendo gli interessi strategici degli italiani nel mondo e del sistema economico e imprenditoriale italiano;
   la comunità italo-sudafricana aveva manifestato, attraverso i Comitati degli italiani all'estero (Com.It.Es.), i rappresentanti al Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), i rappresentanti delle associazioni e tutte le istanze rappresentative della locale comunità, la propria ferma opposizione alla chiusura del consolato di Durban;
   la chiusura del consolato di Durban, una città dove risiedono quattromila cittadini italiani, ha reso di fatto impossibile offrire servizi consolari ad utenti che continuano invece a chiedere rapporti forti con le istituzioni italiane e servizi efficienti dalle pubbliche amministrazioni del nostro Paese;
   la chiusura del consolato di Durban ha compromesso il corretto svolgimento della verifica di esistenza in vita ed ha inoltre compromesso i rapporti economici e commerciali in uno scalo marittimo e in uno snodo commerciale tra i più importanti dell'intero continente africano;
   il consolato d'Italia in Durban, soppresso il 1° ottobre 2010, è stato sostituito da un ufficio consolare onorario e la sua dotazione organica di personale è stata assorbita dal consolato generale di Johannesburg –:
   se non intenda garantire livelli adeguati di assistenza ai connazionali residenti nella ex circoscrizione consolare di Durban, adeguando compiti e funzioni del console onorario di Durban, nel decreto che ne fissa le competenze, oltre la trasmissione di documentazione al consolato generale di Johannesburg;
   se non intenda garantire livelli adeguati di assistenza ai connazionali residenti nella ex circoscrizione consolare di Durban attraverso l'apertura di uno sportello consolare che assicuri un'effettiva offerta di servizi consolari e la piena tutela dei diritti dei cittadini italiani residenti a Durban.  (4-15204)

  Risposta. — In linea generale, nel corso del processo di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, l'attenta considerazione delle specificità esistenti in loco ha portato all'individuazione di soluzioni differenti per quanto concerne i più appropriati strumenti sostitutivi di tutela a favore delle nostre collettività all'estero nel caso in cui si sia dovuta decidere la chiusura di Uffici consolari di carriera.
  Le alternative prese in considerazione sono state più precisamente: l'attivazione di sportelli consolari permanenti; l'istituzione di Uffici consolari onorari; l'organizzazione di regolari viaggi di servizio per garantire la continuità all'azione di assistenza.
  La concreta adozione delle specifiche opzioni che peraltro non ha potuto prescindere dall'assoluta necessità di ridurre i costi d'esercizio rispetto alle strutture preesistenti è avvenuta ponderando, caso per caso, una serie di criteri ben precisi. Essi sono stati: l'opportunità per la sede che riceve le competenze, dall'ufficio soppresso, di mantenere
in loco una struttura di primo contatto con gli utenti, nonché la distanza geografica – tenuto anche conto dei collegamenti e della distribuzione sul territorio dei connazionali – fra la sede in chiusura e quella ricevente.
  Nell'arco dell'ultima fase di razionalizzazione (dal 2009), a fronte di 13 soppressioni/accorpamenti, l'Amministrazione degli esteri ha attivato 4 sportelli: Mulhouse, Saarbruecken, Norimberga e Manchester. Essa sta inoltre procedendo all'istituzione di un Ufficio onorario a Liegi e garantisce regolari viaggi di servizio fra il Consolato generale di Parigi e la città di Lilla.
  L'eventuale decisione di aprire nuovi sportelli consolari non potrà che dipendere dalle più generali indicazioni che verranno fornite dal gruppo di lavoro di alto livello sulla
spending review appositamente istituito alla Farnesina per approfondire la riflessione sulle modalità per ottimizzare l'impiego delle risorse attribuite all'Amministrazione degli affari esteri con l'obiettivo di salvaguardare e valorizzare ulteriormente la rete dei nostri uffici all'estero.
  Come indicato infatti dal Ministro Giulio Terzi di Santagata, le conclusioni che matureranno nell'ambito di tale gruppo di lavoro – che potranno essere condivise con gli organi parlamentari – consentiranno di valutare più compiutamente ogni futura ipotesi di rimodulazione della rete diplomatico-consolare nel quadro dei più recenti scenari del processo di razionalizzazione.
  Si rileva tuttavia che il Consolato onorario in Durban è stato istituito nel 2010 al fine di garantire non solo la necessaria continuità nell'assistenza ai connazionali residenti nella circoscrizione del soppresso Ufficio di prima categoria ma anche i contatti di adeguato profilo con le Autorità locali attraverso una figura specificamente prevista dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari (laddove lo sportello consolare costituisce una soluzione-ponte maggiormente contingente e «pratica», ma di meno nitida inquadrabilità sotto il profilo giuridico internazionale). La decisione di affidare ad un ufficio consolare onorario il compito di fungere da agile struttura «sostitutiva» del soppresso Ufficio di carriera, non renderebbe dunque operativamente percorribile l'ipotesi di istituzione di uno sportello consolare, dato il carattere fondamentalmente alternativo e non complementare con le quali le due soluzioni sono state sinora intese.
  Per quanto concerne infine le prerogative dei rappresentanti onorari, si rileva che le funzioni esercitabili da ciascun funzionario consolare di seconda categoria sono elencate in uno specifico decreto ministeriale di limitazione delle funzioni che è predisposto su proposta dell'Ufficio di carriera dal quale l'Ufficio onorario interessato dipende.
  È necessario in proposito segnalare come le funzioni attribuibili ai funzionari consolari onorari costituiscano tendenzialmente un
numerus clausus, individuato sulla base delle disposizioni del diritto consolare vigente, ed in particolare del dettato normativo del decreto legislativo n. 71 del 2011; tale ultimo decreto, infatti, ha radicalmente innovato la materia delle funzioni consolari, con particolare riguardo alla competenza all'erogazione dei differenti servizi. La normativa ad oggi in vigore consente in prevalenza l'affidamento ai Consoli onorari di funzioni istruttorie nell'ambito dei differenti procedimenti amministrativi, all'esito dei quali l'eventuale emanazione di atti o, più in generale, l'erogazione dei servizi consolari resta comunque riservata all'Ufficio di prima categoria. Ciò precisato, l'Amministrazione degli affari esteri valuterà la possibilità, sentito il competente Consolato generale di Johannesburg, di rimodulare in senso estensivo il decreto sulle limitazione delle funzioni consolari del Console onorario in Durban.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   FOGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 del decreto-legge 27 aprile 1990 n. 90, ha istituito un'imposta erariale in aggiunta ai diritti di approdo e decollo degli aeromobili la cosiddetta «tassa rumore». L'accertamento, la riscossione e il versamento (come da decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 434) era demandato alle stesse società di gestione degli scali aeroportuali che svolgevano pertanto la funzione di sostituto d'imposta;
   dal 1° gennaio 2001 l'imposta erariale di cui sopra è stata sostituita dall'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili;
   come risulta da una circolare dell'ENAC pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale riportante la legge 21 novembre 2000, n. 342 istitutiva dell'imposta regionale, il soggetto obbligato al pagamento è l'esercente dell'aeromobile (compagnia aerea). All'articolo 90, comma 4, si richiedeva un decreto al Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei Trasporti e della navigazione e quello dell'Ambiente per stabilire le modalità applicative dell'imposta. A quanto consta all'interrogante, il decreto è stato preparato dal Ministero delle finanze già dal maggio 2001 ed inviato agli uffici legislativi degli altri due ministeri senza, a tutt'oggi, aver avuto alcuna risposta;
   pertanto, l'Aeroporto Catullo di Verona ha continuato (per quelle compagnie che non abbiano inviato comunicazione scritta di disapplicazione del tributo) a conteggiare e riscuotere l'imposta sino al 31 dicembre 2008, costituendo all'uopo uno specifico fondo vincolato, in attesa di ricevere precise istruzioni sulle modalità di trasmissione di tali somme agli Enti competenti per le relative assegnazione. In questa procedura la posizione del Valerio Catullo è dunque meramente di sostituto d'imposta –:
   a che punto sia l’iter per stabilire le modalità applicative dell'imposta;
   se i ministri siano a conoscenza del grave ritardo accumulato (8 anni dal decreto preparato dal Ministero delle finanze) e cosa intendano fare affinché gli Enti competenti possano godere quanto prima delle somme accantonate dall'aeroporto. (4-03533)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale sono state richieste delucidazioni riguardanti l'applicazione degli articoli 90 e seguenti della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia di imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili, il Dipartimento delle finanze ha evidenziato quanto segue.
  Le richiamate norme, prevedendo l'introduzione di una imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili, ne hanno anche stabilito gli elementi essenziali, quali il presupposto impositivo, il soggetto passivo, i casi di esenzione, le misure del tributo, i termini di pagamento, il sistema sanzionatorio, nonché la disciplina del contenzioso.
  Al riguardo, il Dipartimento delle finanze ritiene pleonastica l'emanazione del decreto ministeriale di cui al citato articolo 90, comma 4, della legge n. 342 del 2000, alla luce di quanto previsto dal nuovo Titolo V della Costituzione.
  La lettera
e), del comma secondo, dell'articolo 117, della Costituzione, prevede la competenza esclusiva statale in materia di sistema tributario e contabile dello Stato. Il successivo comma terzo, del medesimo articolo 117, dispone che sono materie di legislazione concorrente, tra le altre, l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; il comma sesto, dell'articolo 117, attribuisce, inoltre, alle regioni la potestà regolamentare nelle materie di legislazione concorrente.
  L'articolo 119 della Costituzione afferma che le regioni hanno risorse autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
  Dall'analisi delle norme summenzionate, così come interpretate da costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, si evince che la disciplina sostanziale dei tributi definiti come regionali dalle singole leggi istitutive è riservata, alla competenza statale, mentre la loro attuazione può essere lasciata alle regioni nel pieno rispetto dei vincoli primari posti dal legislatore nazionale che, nel caso in esame, sono contenuti negli articoli 90 e seguenti della summenzionata legge n. 342 del 2000.
  Allo stato, alcune regioni hanno già provveduto, in ossequio alla norma statale, a demandare ad un proprio regolamento la disciplina di dettaglio del tributo in parola. In proposito si possono citare gli esempi della regione Lazio che ha provveduto in tal senso con legge 28 aprile 2006, n. 4, nonché della regione Toscana che è intervenuta con la legge 19 dicembre 2003, n. 58.
  Analoga risposta era stata fornita all'interrogazione parlamentare n. 4-08703 dell'onorevole Madia, nella seduta della Camera del 24 marzo 2011.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanzeVieri Ceriani.


   FOGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010 si è previsto per il 2010 la possibilità per i contribuenti di destinare una quota pari al 5 per mille dell'Irpef a finalità di interesse sociale;
   l'Agenzia delle entrate ha imposto la presentazione delle richieste di ammissione al beneficio entro il 7 maggio 2010 e solo in forma telematica, nei modi e nelle forme previste dall'ufficio e, per farlo, vi è l'obbligo dell'abilitazione ai servizi telematici;
   dal 23 aprile al 7 maggio 2010 ci sono stati 14 giorni, di cui solo 10 lavorativi e in questi 10 giorni molti richiedenti hanno provato ad inoltrare la richiesta, ma il sistema non ha riconosciuto la password e il pincode dell'anno precedente e la richiesta del nuovo pincode e password è rimasta disattesa;
   i contatti telefonici con l'agenzia (a pagamento) sono stati impediti dalla lunga lista d'attesa, (fino a 70 contribuenti), provocando così, a causa dei tempi ristretti e dei disservizi dell'Agenzia delle entrate, l'impossibilità da parte di tutti di poter accedere al beneficio –:
   quali siano le ragioni di tempi tanto ristretti per la presentazione dell'istanza per l'iscrizione nella lista dei beneficiari del 5 per 1000 e di tanti oneri burocratici e tecnologici per una semplice domanda;
   per quale motivo non si istituisce un numero verde, funzionante, affinché il contribuente possa essere aiutato e tutelato contro i disservizi dell'Ente. (4-07726)

  Risposta. — L'Agenzia delle entrate in merito al beneficio del 5 per mille relativo all'anno 2010 ha fatto presente che, l'articolo 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2010 ha previsto, anche per l'esercizio finanziario 2010, la possibilità per i contribuenti di devolvere il cinque per mille della propria Irpef per il finanziamento in determinati settori. I settori individuati sono cinque e, come avvenuto per gli anni precedenti, l'Agenzia delle entrate ha curato la gestione dell'elenco del volontariato di cui alla lettera a) dell'articolo 1, comma 1, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché la gestione dell'elenco delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla lettera e) dell'articolo 1, comma 1, del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L'iscrizione nell'elenco del volontariato, come per i precedenti esercizi finanziari, è stata prevista esclusivamente in via telematica e il termine per la trasmissione era stato normativamente fissato al 7 maggio 2010.
  Di tale circostanza e delle altre disposizioni attuative del 5 per mille relativo al 2010 recate dal predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata data evidenza sul sito istituzionale della citata Agenzia
www.agenziaentrate.gov.it, la quale ha altresì provveduto ad informare tempestivamente i potenziali beneficiari di questi e di altri adempimenti disposti dal predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attraverso il comunicato stampa del 23 aprile 2010 ripreso da numerosi organi di informazione.
  Il sistema di acquisizione delle domande telematiche – peraltro adottato sin dal 2006, anno di istituzione e tuttora immutato nella procedura – prevede il rilascio all'interessato, sempre con modalità telematiche, di una ricevuta attestante l'avvenuto invio. Ovviamente, nel caso di invio andato a buon fine, la ricevuta segnala tale circostanza, così come, in caso di invio oltre il termine previsto dalla norma, la ricevuta reca la comunicazione dello scarto della domanda, con la precisazione che la medesima è stata respinta «perché pervenuta al di fuori dei termini previsti».
  La procedura, infatti, è concepita in modo che «il canale» venga bloccato alla scadenza del termine disposto: nel caso del 5 per mille è stato inserito un blocco, conformemente alla normativa vigente, alla data del termine previsto per la presentazione delle istanze.
  Per quanto riguarda l'asserita onerosità di utilizzo riferita alla nuova tecnologia utilizzata dal programma scaricabile dal sito e dalla richiesta del nuovo codice
pin e password per la trasmissione dell'istanza, si osserva che a partire dall'anno 2010 i prodotti di compilazione resi disponibili dall'Agenzia delle entrate, compreso quello relativo alla domanda del 5 per mille, hanno introdotto una semplificazione relativamente alle modalità di utilizzo da parte dell'utente. La vecchia procedura prevedeva, infatti, il download del pacchetto di installazione, l'installazione del prodotto e la verifica periodica sul sito della presenza di nuove versioni e, in tale caso, un nuovo download del pacchetto ed una nuova installazione del prodotto.
  La nuova tecnologia, invece, consente di attivare le applicazioni in maniera semplice e con un solo
clic, avendo la certezza di utilizzare sempre la versione più aggiornata del prodotto, evitando complesse procedure di installazione o aggiornamento.
  Relativamente alla segnalata richiesta di un nuovo codice
pin e alla relativa password, l'Agenzia delle entrate rappresenta che in alcuni casi potrebbe essere stata determinata dalla disciplina recata dal provvedimento del direttore dell'Agenzia stessa del 10 giugno 2009, emanato in attuazione delle prescrizioni adottate dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 18 settembre 2008. Infatti, dal 2 novembre 2009, gli enti che non avevano nominato i gestori incaricati delle trasmissione telematica entro il 31 ottobre 2009, sono stati disabilitati d'ufficio. Il provvedimento del 10 giugno 2009 ha previsto la revisione delle modalità di abilitazione e di accesso ai servizi telematici al fine di assicurare i migliori standard in materia di rafforzamento della password policy relativa alle utenze, stabilendo, fra l'altro, la scadenza periodica delle stesse. Di tale circostanza ne è stata data ampia comunicazione sul sito http://telematici.agenziaentrate.gov.it/ con un avviso agli interessati sin dal 26 ottobre 2009. In particolare, qualora gli utenti non avessero a suo tempo nominato i gestori incaricati entro il termine fissato, sarebbero stati disabilitati d'ufficio a decorrere dal 2 novembre 2011. In seguito però, se si fossero trovati nella necessità di utilizzare il servizio, in ottemperanza alle prescrizioni del garante, avrebbero dovuto richiedere l'abilitazione e, quindi, nominare il gestore incaricato ad operare per conto dell'ente.
  Giova in proposito porre in risalto che nei comunicati stampa sopra citati e nella partizione relativa al 5 per mille del sito
web dell'Agenzia delle entrate, proprio per prevenire qualsiasi tipo di problematica, si è data evidenza anche della modalità alternativa di trasmissione da parte dei rappresentanti degli enti di cui trattasi, in quanto per l'invio telematico della domanda era possibile ricorrere ad un intermediario abilitato. Detta modalità alternativa teneva conto anche della circostanza che non tutti i contribuenti sono abilitati ai servizi telematici per la trasmissione di atti.
  In ordine all'auspicata attivazione di un numero verde per l'assistenza telefonica, l'Agenzia fa presente che per il canale Entratel, è già esistente il servizio telefonico dedicato al n. 800.299.940, mentre gli utenti di Fisconline, possono ricevere assistenza componendo il n. 848.800.444.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanzeVieri Ceriani.


   FORCOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Wasteels International Italia srl è una società che svolge dal 1997, unitamente a Servirail srl, attività di accoglienza, accompagnamento e assistenza alla clientela ed altre prestazioni accessorie in regime d'appalto per Trenitalia spa;
   i 182 lavoratori che dipendono da tale società (di cui 39 nel treno notte Venezia Parigi Venezia), hanno ricevuto comunicazione, in data 14 aprile 2011, della scelta aziendale di avviare la procedura per un nuovo bando di gara internazionale, recedendo anticipatamente i contratti di lavoro;
   in seguito a questo fatto è stata aperta una procedura di mobilità per tutti i dipendenti di Wasteels International Italia srl, che si è conclusa il 5 ottobre 2011 con un verbale di mancato accordo siglato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'avvio delle procedure di licenziamento dei 182 lavoratori, nonostante il parere contrario di tutte le organizzazioni sindacali che avevano richiesto di approfondire ulteriormente la vicenda;
   in passato Trenitalia ha effettuato scelte similari, abolendo le corse per Zurigo, Vienna, Ginevra, Monaco di Baviera e Nizza e affidandone la lavorazione a società straniere. Queste scelte hanno avuto gravi ripercussioni sui lavoratori della società Wasteels: circa 110 persone con contratti a tempo indeterminato sono stati messi inizialmente in cassa integrazione a rotazione per due anni, e successivamente, è stato loro applicato il contratto di solidarietà per altri due anni;
   di fatto, i costi sociali addebitati allo Stato per le scelte di Trenitalia sono molto alti, considerando che il 60 per cento degli stipendi viene pagato dall'Inps;
   le tratte per Vienna e Monaco continuano ad avere mercato e a richiedere quindi personale qualificato, ma il servizio viene assicurato dalle compagnie straniere, che si avvalgono di personale proprio, visto che Trenitalia ha scelto di non inserire nel bando per l'assegnazione dei servizio la cosiddetta «clausola sociale»;
   a partire dal mese di dicembre 2011 le linee fra Italia e Francia saranno assicurate dal personale francese di «THELLO», primo treno della nuova compagnia ferroviaria franco italiana TVT –:
   quali iniziative i Ministri intendano intraprendere, anche promuovendo un tavolo di concertazione fra le parti interessate, a sostegno dei lavoratori della società Wasteels International Italia srl, che stanno vivendo un periodo di grave difficoltà a causa delle scelte aziendali di Trenitalia. (4-13879)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concesse la riduzione da parte del gruppo Ferrovie dello Stato del servizio di treni notturni e le conseguenti ricadute occupazionali.
  In proposito, si sottolinea che, negli ultimi dieci anni e in molo particolare nell'ultimo anno, i collegamenti ferroviari «notte» sono stati interessati da una forte contrazione della domanda per effetto – soprattutto – dell'aggressiva concorrenza delle compagnia aeree
low cost e della velocizzazione dei servizi giorno a seguito dell'attivazione dell'alta velocità, che porta la clientela a preferire questi ultimi, sia per il comfort di viaggio che per i tempi di percorrenza.
  Va precisato che la tipologia dei treni notturni rientra nel novero dei treni classificati di servizio «universale», ovvero di quel servizio che per poter essere effettuato necessita di una contribuzione pubblica – definita nell'ambito di un contratto di servizio – in quanto presenta un saldo economico negativo.
  Per i treni inseriti nel contratto di servizio con lo Stato, nel 2011, Trenitalia ha registrato una perdita complessiva di rilevante entità nonostante i corrispettivi, derivante principalmente dalla forte contrazione dei ricavi – conseguente al calo della domanda – del servizio universale.
  Ciò ha comportato una riduzione della percorrenza dei treni notte, più costosi e meno frequentati, in coerenza con la tendenza in atto sui mercati europei, senza però pregiudicare la possibilità per gli utenti di raggiungere le destinazioni finali. Più, in particolare, si è provveduto a garantire il servizio sulle direttrici nord-sud del Paese, garantendo i collegamenti notte a Roma e a Bologna e prevedendo il proseguimento del viaggio a bordo dei treni ad Alla velocità, cui sarà applicata, tuttavia, una tariffa speciale per l'utenza, proveniente dalle regioni meridionali.
  Nonostante ciò, il gestore dei servizi ha dovuto operare delle scelte aziendali che hanno comportato la riduzione delle attività di accompagnamento a bordo dei suddetti treni.
  Secondo quanto comunicato da ferrovie dello Stato, dall'11 dicembre scorso, nei collegamenti ferroviari notturni sulla rotta Parigi-Milano-Venezia (e viceversa) ha iniziato ad operare la nuova Società TVT (costituita in
partnership tra Trenitalia e la francese Veolia Transdev), le modalità di svolgimento e affidamento dei servizi connessi a questi collegamenti sono curate direttamente e autonomamente dalla Società TVT.
  La società ferroviaria ha, altresì, comunicato che dal 28 luglio 2011 è stata chiusa la vendita dell'intero servizio letto sul territorio nazionale a causa di rana situazione eccezionale di indisponibilità di carrozze letto, determinata dall'improvvisa sospensione delle lavorazioni da parte della impresa appaltatrice della manutenzione (la RSI di Costa Masnaga). Tale circostanza ha dato luogo alla risoluzione del contratto con la citata impresa per grave inadempimento.
  Trenitalia ha fatto sapere, inoltre, che è in corso la procedura di si affidamento del servizio di manutenzione che, tuttavia, necessita di adeguati tempi tecnici per il suo completamento in quanto trattasi di settore che prevede lavorazioni estremamente specialistiche.
  Per quanto riguarda, invece, gli aspetti occupazionali, si precisa che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali: ha autorizzato, per il periodo dal 1o maggio 2010 al 30 aprile 2011, la corresponsione del trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti della
Wasteels International Italia srl – appalto Trenitalia spa per servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e altre prestazioni accessorie svolte dal personale viaggiante treni notte – per i quali è stato stipulato in data 30 aprile 2010 un contratto di solidarietà che ha stabilito per 12 mesi la riduzione massima dell'orario di lavoro da 38 ore settimanali, come previsto dal Contratto collettivo nazionale del settore attività ferroviarie applicato a 15 ore medie settimanali nei confronti di un numero massimo pari a n. 115 unità, su un organico complessivo di n. 201 unità.
  Tale misura è stata prorogata per ulteriori 12 mesi (fino al 30 aprile 2012) nei confronti di un numero massimo pari a n. 113 lavoratori, su un organico complessivo di n. 190 unità.
  Si evidenzia che la razionalizzazione del servizio notturno ha generato circa 1700 esuberi, 900 tra il personale di Trenitalia ed oltre 800 tra i dipendenti delle ditte in appalto o in subappalto. Per i 900 dipendenti di Trenitalia, Ferrovie dello Stato italiane ha individuato le azioni di ricollocazione all'interno del Gruppo tali da risolvere completamente la problematica.
  Per quanto riguarda l'esubero dei, circa 800 dipendenti delle ditte in appalto, si precisa che gli stessi sorto così ripartiti:
   circa 180 lavoratori erano impiegati presso l'azienda
Wasteels, che svolgeva prevalentemente servizi di accompagnamento notte su tratte internazionali;
   circa 480 lavoratori presso l'azienda
Servirail, che svolgeva servizi accompagnamento su tratte nazionali;
   circa 80 lavoratori presso l'azienda RSI, che svolgeva servizi di manutenzione;
   il rimanente personale era riconducibile a servizi subappaltati o più in generale all'indotto del settore.

  Relativamente ai lavoratori di RSI (86 lavoratori) il Gruppo FS pur confermando la volontà di individuare una soluzione anche per loro, precisa che tale vicenda è riferibile esclusivamente al preesistente stato di crisi dell'azienda RSI, non essendo stata quindi determinata dalla contrazione dell'offerta commerciale sul segmento «notte».
  Ferrovie dello Stato ha fatto sapere che nell'ambito del nuovo contratto di appalto per i servizi di accompagnamento dei treni «notte», è stato previsto che l'impresa aggiudicataria impieghi il personale già utilizzato dal precedente affidatario (in applicazione della cosiddetta «clausola sociale»), in misura corrispondente ai volumi di attività oggetto del nuovo contratto.
  Le tre aziende citate hanno concluso presso gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali le procedure per il licenziamento collettivo. Nel corso di una riunione svoltasi il 12 dicembre 2011, i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno sollecitato le parti a formalizzare le procedure di cambio appalto con la nuova ditta affidataria provvisoria per definire il numero dei lavoratori che verranno assunti in virtù della clausola sociale, anche al fine di determinare con precisione il numero degli esuberi a cui potranno eventualmente applicarsi trattamenti di sostegno al reddito, anche in deroga.
  Si rappresenta che Trenitalia ha accolto l'invito del Ministero del lavoro e stelle politiche sociali ed ha convocato le aziende interessate alla successione di appalto e le organizzazioni sindacali, al fine di favorire una soluzione alla crisi occupazionale dinnanzi descritta. Nel corso di tale ultimo confronto svoltosi alla presenza di Trenitalia, l'azienda appaltatrice
Angel Service Srl avrebbe quantificato in 320 unità il bacino dei lavoratori interessati dal passaggio di cantiere. Tali lavoratori, pertanto vanno sottratti dal numero complessivo degli esuberi del settore. In tale occasione, tuttavia, non è stato possibile formalizzare le procedure di cambio appalto fra cedente e cessionario a causa della mancata convocazione dell'associazione temporanea di imprese Wasteels-Servirail (parte cedente).
  Ferrovie della Stato ha, inoltre, reso moto di voler garantire, entro i prossimi 24 mesi, la progressiva ricollocazione dell'eventuale personale che non troverà utile collocazione nell'appalto del servizio di accompagnamento notte. Tale termine, secondo quanto precisato da Ferrovie dello Stato, potrebbe tuttavia essere ridotto in considerazione delle diverse peculiarità territoriali.
  Nella regione Lombardia – ove contribuiscono al riassorbimento del lavoratori anche aziende locali non appartenenti al gruppo Ferrovie dello Stato – è stato, infatti, assunto l'impegno a ricollocare tutti i lavoratori entro 12 mesi. Il 30 dicembre scorso, infatti, è stato siglato, presso gli uffici della regione Lombardia, un prima accordo con il quale si assicura la ricollocazione di 156 lavoratori (oltre a 5 cinque per i quali è previsto l'accompagnamento a pensione) presso ditte del settore.
  Per quanto riguarda, invece, il personale operante nelle regioni Sicilia, Lazio e Piemonte sono già stati calendarizzati una serie di incontri finalizzati alla soluzione del caso.
  In conclusione, si evidenzia che per la maggior parte dei lavoratori interessati dalla situazione rappresentata sono state individuate soluzioni idonee a salvaguardare i livelli occupazionali, per i restanti lavoratori, qualora ne ricorrano i presupposta e a seguito degli ulteriori clementi due emergeranno negli incontri a livello territoriale, potrà essere valutata l'applicazione delle mistura di sostegno al reddito, con le modalità e nei limiti previsti dalla normativa vigente.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   GIRLANDA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le recenti tensioni diplomatiche recentemente intercorse tra l'Iran e la comunità internazionale a seguito di esercitazioni militari iraniane, dichiarazioni «bellicose» e provocazioni verbali di illustri esponenti del regime degli Ayatollah hanno ampliato le distanze tra tale Repubblica ed il resto della comunità internazionale:
   la ripresa del processo di arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran potrebbe portare ad un rafforzamento delle sanzioni nei confronti della Repubblica islamica, al cui proposito si riunirà il 23 gennaio 2012 il Consiglio dei 27 ministri degli Affari esteri dell'Unione europea;
   la stessa diplomazia statunitense non esclude un ricorso alle armi nei confronti dell'Iran, qualora quest'ultimo perseverasse in un atteggiamento non collaborativo od ostativo in relazione all'accesso alle fonti energetiche dell'area mediorientale o a passaggi strategici, come lo stretto di Hormuz;
   l'Italia è il primo partner commerciale europeo dell'Iran, il cui volume di scambi ha raggiunto nel 2010 la quota di 6,1 miliardi di euro, suddivisi approssimativamente in 2,2 miliardi di esportazioni e 3,9 miliardi di importazioni, consistenti soprattutto in risorse energetiche –:
   quali ripercussioni possano avere per la bilancia commerciale italiana un conflitto armato con l'Iran da parte della comunità internazionale, o un significativo raffreddamento dei rapporti economici e diplomatici, con riferimento particolare agli effetti sull'approvvigionamento di risorse energetiche;
   se siano state avviate, o si intendano avviare, iniziative nei confronti degli altri maggiori partner economici e commerciali italiani di prodotti energetici, al fine di approfondire le possibilità di incrementare le nostre importazioni in seguito ad una delle situazioni sopra indicate. (4-14451)

  Risposta. — L'impatto delle sanzioni economiche verso l'Iran, adottate dal Consiglio dei Ministri degli affari esteri (Cae) dello scorso 23 gennaio 2012, sull'interscambio Italia-Iran, va esaminato avendo riguardo distintamente alle importazioni ed alle esportazioni.
  Le prime sono costituite soprattutto dai prodotti petroliferi che nell'anno 2011 si sono attestate su 9,1 milioni di tonnellate, risultando un calo dell'8,7 per cento rispetto al 2010. Il peso percentuale di tali importazioni sul totale a livello medio annuo è stato del 12,5 per cento mentre il dato di dicembre (ultimo disponibile) mostra come tale peso sia sceso all'11,2 per cento.
  È ipotizzabile che il livello delle importazioni di greggio scenda in maniera graduale fino a giugno 2012, data in cui si avrà il pieno esplicarsi delle sanzioni all'Iran. L'impatto generale di tali misure sanzionatorie sono di difficile misura e stime di esperti internazionali lo collocano tra i 5 ed i 10 dollari aggiuntivi al barile.
  La decisione del cae di adottare un embargo sull'importazione di tali prodotti è stata adottata nell'ottica della risoluzione n. 1929 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che evidenzia «la potenziale connessione tra i proventi derivanti all'Iran dal settore energetico ed il finanziamento delle attività di proliferazione nucleare», vietate dallo stesso Consiglio di sicurezza. La decisione del cae prevede che le compagnie petrolifere europee, e quindi anche italiane, non possano stipulare nuovi contratti di acquisto di greggio e di prodotti petroliferi iraniani e dunque solo i contratti in vigore potranno essere attuati fino alla data del 1o luglio 2012. Tale periodo transitorio, fino al 1o luglio, è stato previsto per consentire alle compagnie petrolifere europee di diversificare i loro approvvigionamenti.
  Entro la metà del 2012 si prevede quindi che le importazioni si ridurranno a livelli modesti, fatta salva la possibilità di continuare a ricevere dall'Iran carichi di greggio come rimborso di importi dovuti in base a contratti pregressi per investimenti effettuati in passato nel Paese.
  Il Governo è ora impegnato ad attenuare gli effetti della crisi sugli operatori italiani. Il Ministero degli affari esteri ed il Ministero dello sviluppo economico si sono infatti attivati per accompagnare e sostenere le compagnie petrolifere italiane nella loro attività di diversificazione degli approvvigionamenti. L'azione di accompagnamento condotta nella ricerca di forniture alternative al greggio iraniano può indirizzarsi, se richiesto dai nostri operatori, anche ad altri importanti produttori di petrolio (oltre all'Arabia Saudita, che ha già manifestato la sua disponibilità). Il Governo ha infatti ricevuto assicurazioni da altri Paesi produttori disposti a fornire risorse aggiuntive per rispondere all'accresciuta domanda di greggio proveniente dall'Asia e dall'Europa.
  Infine, per far fronte all'impatto differenziato delle sanzioni sulle economie degli Stati membri il Governo ha anche sollecitato, ed ottenuto, in sede comunitaria la piena disponibilità del servizio europeo per l'azione esterna a svolgere un'azione di accompagnamento nella ricerca di approvvigionamenti alternativi a vantaggio di quegli Stati membri maggiormente penalizzati.
  Complessivamente quindi non dovrebbero registrarsi carenze quantitative dell'offerta, anche se problemi potrebbero presentarsi riguardo al reperimento di specifiche qualità di greggio.
  Per quanto riguarda i rischi di un blocco dei transiti nello Stretto di Hormuz in violazione del principio della libertà di navigazione commerciale negli stretti, l'impatto sulla sicurezza energetica dell'Europa e dell'Italia sarebbe di gravità variabile a seconda della sua durata. In ogni caso occorre tenere presente che la maggioranza dei carichi di greggio e di gas naturale liquefatto che transitano da Hormuz è diretto in Asia. Sarebbero quindi i Paesi asiatici importatori a sopportare le conseguenze economiche più serie, oltreché l'Iran in una sorta di auto-embargo, che lo priverebbe della maggior parte delle sue entrate petrolifere.
  Nel caso specifico dell'Italia, da Hormuz passa attualmente soprattutto il nostro
import di greggio iraniano. I carichi provenienti dagli altri Paesi produttori del Golfo via Hormuz rappresentano soltanto il 4 per cento del totale dell'import nazionale.
  Per quanto riguarda le esportazioni italiane verso l'Iran, che nei primi undici mesi del 2011 si sono attestate intorno a euro 1,6 miliardi, la decisione del cae, di vietare l'esportazione verso l'Iran delle attrezzature e delle tecnologie chiave nel settore petrolchimico, comporterà presumibilmente un ridimensionamento delle esportazioni italiane in tale specifico settore. Viene fatta salva in ogni caso l'esecuzione dei contratti stipulati prima del 23 gennaio 2012.
  L'Unione europea ha inoltre congelato i beni della Banca centrale iraniana tenendo conto di quanto indicato dalla risoluzione n. 1929 del Consiglio di sicurezza dell'ONU per la «necessità di vigilare sulle transazioni che coinvolgono le banche iraniane, inclusa la Banca Centrale, allo scopo di prevenire le transazioni che contribuiscano alle attività di proliferazione nucleare o allo sviluppo di sistemi balistici». Le decisioni del cae prevedono tuttavia che lo stretto monitoraggio sulla Banca centrale avvenga con modalità che permettano al commercio legittimo con l'Iran di proseguire.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari europeiStaffan de Mistura.


   GRANATA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è previsto in questi giorni l'arrivo all'aeroporto Fiumicino di Roma di un maxi-carico di 900 scimmie provenienti dalla Cina e destinate alla sperimentazione in laboratorio presso la ditta Harlan di Correzzana (Monza e Brianza);
   secondo quanto dichiarato dal Ministero della salute, già in data 21 febbraio 2012 un primo lotto di 104 esemplari è stato trasferito nello stabilimento di Correzzana che si occupa di allevamento e vendita di animali destinati a laboratori di vivisezione, a università pubbliche e private e a centri di ricerca per fini scientifici o sperimentali;
   l'autorizzazione all'importazione delle scimmie è stata rilasciata dal Ministero della salute in data 31 gennaio 2012, ha durata annuale e prevede l'importazione in Italia di 900 scimmie in lotti di massimo 156 esemplari per volta;
   l'accaduto appare agli occhi dell'interrogante non degno di un Paese civile e risulta quanto mai in contrasto con la nostra cultura della vita;
   le associazioni degli animalisti si sono mobilitate contro la vivisezione, organizzando in questi giorni un sit-in di protesta di fronte ai cancelli dello stabilimento di Correzzana, e chiedendo una verifica sulla regolarità dell'importazione degli animali;
   sulla vicenda dei macachi destinati alla sperimentazione in laboratorio è stata peraltro avviata un'inchiesta conoscitiva dalla procura di Monza la quale ha aperto un fascicolo a modello 45, senza ipotesi di reato né indagati;
   dopo questo ennesimo episodio di barbarie sugli animali, risulta ad oggi quanto mai necessario aprire in Italia una seria riflessione sulla opportunità di mettere fine alla riprovevole pratica della vivisezione, con ogni probabilità neanche più necessaria ai fini scientifici –:
   se — e per quanto di competenza — non ritenga opportuno verificare quale sia la destinazione finale delle scimmie, se siano state rispettate tutte le norme vigenti in materia di importazione di animali e quali controlli siano stati effettuati presso lo stabilimento di Correzzana in merito alle condizioni igienico-sanitarie degli stessi. (4-15202)


   GRANATA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio era previsto l'arrivo in Italia di 900 scimmie provenienti dalla Cina e destinate alla sperimentazione in laboratorio presso la società Harlan di Correzzana (Monza e Brianza);
   agli occhi dell'interrogante l'accaduto è apparso, fin da subito, non degno di un Paese civile e quanto mai in contrasto con la nostra cultura della vita;
   secondo quanto dichiarato dal Ministero della salute, già in data 21 febbraio 2012, un primo gruppo di 104 esemplari è stato trasferito nello stabilimento di Correzzana, centro che si occupa di allevamento e vendita di animali destinati a laboratori di vivisezione, università pubbliche e private e a centri di ricerca per fini scientifici o sperimentali;
   l'autorizzazione all'importazione delle scimmie è stata rilasciata dal Ministero della salute in data 31 gennaio 2012, ha durata annuale e prevede l'importazione in Italia di 900 scimmie in «lotti» di massimo 156 esemplari per volta;
   dopo le vibranti proteste di associazioni di animalisti, mobilitatesi contro la vivisezione, cui si sono aggiunte le critiche di un parte significativa del mondo scientifico (da segnalare l'opposizione del professor Umberto Veronesi), il Ministro della salute ha disposto una verifica immediata del rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati destinati alla sperimentazione scientifica, in relazione sia alle condizioni di viaggio sia al trattamento degli animali in Italia;
   sulla vicenda dei macachi destinati alla sperimentazione in laboratorio è stata peraltro avviata un'inchiesta conoscitiva dalla procura di Monza la quale ha aperto un fascicolo a modello 45, senza ipotesi di reato né indagati;
   secondo notizie di stampa, le proteste avrebbero provocato la decisione della Harlan di interrompere l'importazione dei primati;
   dopo questo ennesimo episodio, risulta ad oggi quanto mai necessario aprire in Italia una seria riflessione sulla opportunità di mettere fine alla riprovevole pratica della sperimentazione e della vivisezione animale, con ogni probabilità neanche più necessaria ai fini scientifici –:
   quali siano le condizioni di salute, il trattamento attualmente riservato ai 104 esemplari già importati dalla Harlan, quali siano gli esiti dei controlli effettuati presso lo stabilimento di Correzzana e come intenda operare il Governo in futuro per affrontare casi simili e più in generale la tematica della sperimentazione su animali. (4-15430)

  Risposta. — In data 20 febbraio 2012 sono giunti in Italia, presso l'aeroporto di Fiumicino, regolarmente autorizzati, 104 primati non umani provenienti dalla Cina, destinati, in data 21 febbraio, alla ditta Harlan Laboratories, di Correzzana (Monza Brianza), stabilimento autorizzato quale fornitore di animali da utilizzare ai fini sperimentali.
  L'autorizzazione concessa alla ditta
Harlan Laboratories concerne un totale di 900 primati, per un periodo di un anno a partire dal febbraio 2012 e in lotti di massimo 156 soggetti per singola importazione, per motivi strutturali e di benessere.
  Si precisa che negli anni passati, a fronte di autorizzazioni concesse per un numero massimo di 900 primati non umani, sempre per lotti di 156 soggetti, la ditta in questione ne ha effettivamente importanti un numero decisamente inferiore.
  Il decreto legislativo n. 116 del 1992 in materia di protezione degli animali da utilizzare ai fini sperimentali, prevede tra l'altro che gli stabilimenti di allevamento e di fornitura di animali devono essere in possesso di un apposita autorizzazione, rilasciata dai Comuni e devono essere sottoposti a vigilanza veterinaria da parte del servizio veterinario dell'Asl.
  Per quanto riguarda lo stato di salute degli animali importati, è utile sottolineare che gli stessi animali sono controllati nel rispetto del decreto legislativo n. 93 del 1993 dai posti di ispezione frontalieri veterinari-pif (uffici periferici del Ministero della salute) autorizzati per esercitare la suddetta funzione di controllo dalla Commissione europea.
  I controlli riguardano: la verifica delle certificazioni sanitarie, dell'identificazione individuale, dello stato clinico, di salute e di benessere degli animali (l'applicazione di tali controlli è stato oggetto di verifica, con esiti favorevoli, da parte di ispettori ministeriali).
  Soltanto a seguito degli esiti favorevoli dei controlli viene autorizzato, da parte del pif, l'ingresso degli animali in vincolo sanitario fino alla struttura di destinazione.
  L'Azienda sanitaria competente sulla struttura, informata immediatamente dal pif dell'arrivo degli animali per mezzo di un apposito sistema informatico comunitario (denominato sistema
trade control and export system), procede alle immediate verifiche dello stato di salute degli animali e della loro corretta identificazione, provvedendo alla predisposizione della quarantena.
  Il servizio veterinario della asl garantisce, inoltre, la vigilanza permanente sullo stabilimento dove risiedono gli animali, sulla persistenza dei requisiti di sanità animale e di benessere, nonché sul rispetto delle procedure di fornitura degli animali.
  In merito all'arrivo di 104 scimmie provenienti dalla Cina, si segnala che il Ministro della salute, professor Renato Balduzzi, ha disposto una verifica immediata del rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa, per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati non umani destinati alla sperimentazione scientifica.
  I Nas Carabinieri per la tutela della salute, inviati presso lo stabilimento fornitore della ditta
Harlan Laboratories di Correzzana, hanno accertato il completo rispetto dei requisiti strutturali e gestionali della struttura oltreché della normativa vigente.
  Attualmente il Ministero della salute svolge tutti i controlli e gli accertamenti ritenuti necessari per verificare la corretta ed uniforme applicazione del decreto legislativo n. 116 del 1992.
  Per la verifica degli aspetti igienico-sanitari, ci si avvale dell'attività di controllo dei servizi veterinari delle asl, a cui spetta l'attività di vigilanza permanente sugli stabulari, mentre ulteriori controlli sono effettuati dai Nuclei operativi del comando Carabinieri per la sanità.
  Da ultimo per quanto riguarda le prospettive future, ricordo che nel disegno di legge Comunitaria per il 2011 (AS 3129) è contenuta la direttiva europea 2010/63/UE sulla protezione degli animali impiegati nella sperimentazione, che prevede un rafforzamento della tutela degli animali secondo i più recenti sviluppi scientifici e costituisce un passo importante verso l'obiettivo finale della completa sostituzione delle procedure sugli animali, attraverso la promozione, lo sviluppo, la convalida e la diffusione di metodi alternativi, con l'istituzione di un Centro europeo per lo sviluppo e la convalida degli stessi.
  L'Italia al riguardo, nel panorama europeo è uno dei Paesi che si qualifica per una forte attenzione al tema, che può e deve essere intensificata.

Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.


   GRIMOLDI e CAVALLOTTO – Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le recenti manovre ed in particolare la legge di stabilità per il 2011 hanno sensibilmente ridotto le risorse allocate alla formazione dei vigili del fuoco volontari, rendendone oltremodo difficile in prospettiva il reclutamento;
   sarebbe tuttavia possibile ridurre sensibilmente i costi della formazione dei vigili del fuoco volontari, assegnando al personale volontario del Corpo già in servizio il compito di svolgere il corso di addestramento iniziale ed i corsi patente a profitto di quelli in ingresso, a costi nulli e senza retribuzione per gli istruttori –:
   se esista un orientamento politico ad eliminare la componente volontaria dal Corpo dei vigili del fuoco e, nell'ipotesi che non ci sia, quali ragioni ostino all'adozione da parte del Governo delle misure generalizzate nella premessa come alternativa alla totale compromissione delle attività di formazione svolte a profitto dei vigili del fuoco volontari. (4-14219)

  Risposta. — La possibilità di attingere al «serbatoio» dei volontari ha sempre costituito, e costituisce ancora oggi, una risorsa per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Infatti, il volontariato è una componente fondamentale nella struttura del Corpo.
  Gli aspiranti vigili volontari del Corpo nazionale, che a domanda chiedono di essere impiegati nei servizi di istituto, devono frequentare un corso di formazione iniziale, presso i Comandi provinciali dei vigili del fuoco, con un programma teorico-pratico stabilito dall'Amministrazione, come disposto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004.
  Inoltre, è previsto che dall'organizzazione dei suddetti corsi non debbano derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio statale (articolo 28 decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004).
  Pertanto, il corso di formazione iniziale per vigile del fuoco volontario viene svolto da personale formatore e istruttore dei vigili del fuoco ed è senza alcun onere per l'Amministrazione. In considerazione di ciò l'impiego di personale volontario del Corpo con il compito di svolgere il corso di addestramento iniziale non comporterebbe alcun vantaggio in termini di riduzione dei costi di formazione.
  Per quanto riguarda, invece, la formazione finalizzata al conseguimento di patenti per la conduzione dei mezzi in dotazione al Corpo, il «Testo unico delle norme interne che, disciplinano le patenti terrestri» già prevede la possibilità di impiego del personale volontario, per gli insegnamenti teorici e le esercitazioni di guida nell'ambito di corsi abilitanti alla conduzione di mezzi con patenti di 2a e 3a categoria.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGiovanni Ferrara.


   HOLZMANN, DEL TENNO, MILANESE, GIULIO MARINI, MAZZONI, SPECIALE e DE ANGELIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in caso di caduta in curva i motociclisti per effetto della forza centrifuga tendono a scivolare sulla strada verso il guardrail di protezione;
   attualmente i guardrail hanno una barra in lamiera ondulata che consente il passaggio del corpo del motociclista nella parte sottostante ma non quello del casco e si trasforma quindi in un mezzo non di protezione, bensì di morte, provocando lesioni gravissime;
   da anni le associazioni dei motociclisti chiedono guardrail più moderni per evitare danni gravissimi ai motociclisti;
   recentemente la provincia autonoma di Bolzano ha provveduto ad installare nelle curve più pericolose una seconda barra posta più in basso affinché il guardrail respinga il corpo del motociclista quindi annullando il rischio certo di morte o di gravissime lesioni –:
   se il Ministero abbia allo studio soluzioni idonee per scongiurare i pericoli attualmente determinati dalle barriere di protezione e se sia previsto che l'Anas, le società concessionarie di arterie autostradali e gli enti locali possano procedere in tempi ragionevoli alle necessarie integrazioni. (4-13284)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che pur non essendosi concretizzata l'emanazione di norma tecnica europea obbligatoria per tutti gli Stati membri, come l'Italia ha più volte richiesto, nel gennaio 2012 il Cen (Comitato europeo di normazione) ha approvato una regola tecnica per testare i dispositivi per la protezione dei motociclisti adottabile dagli Stati membri – technical specification (ts).
  Considerato l'elevato numero di motociclisti presenti sulle strade italiane e che, ai fini della sicurezza stradale, l'utilizzo di motocicli e ciclomotori sulle strade possiede di per sé un rischio intrinseco più elevato rispetto ad utenti che utilizzano veicoli dotati di abitacolo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è attivato per predisporre una bozza di norma italiana che disciplini l'esecuzione delle prove d'urto secondo la
technical specification e l'installazione dei dispositivi di protezione per i motociclisti.
  Tale provvedimento è in fase di elaborazione all'interno di un gruppo di lavoro coordinato da questo dicastero, in particolare dagli uffici della Direzione generale per la sicurezza stradale, al quale partecipano rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dell'Ente nazionale italiano di unificazione, degli Enti proprietari delle strade e dei concessionari, dei costruttori di barriere, dei docenti universitari ed esperti del settore.
  Si fa presente, infine, che gli Enti proprietari o concessionari delle strade possono richiedere l'autorizzazione a questo Ministero per l'installazione, in via sperimentale, di dispositivi di protezione per motociclisti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   IANNACCONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo, con forti precipitazioni nevose si è abbattuto da venerdì 3 febbraio 2012 in Italia, ed ha colpito pesantemente i territori dell'Abruzzo, del Lazio, del Molise, del Sannio e dell'Irpinia dove, a differenza di altre zone del Paese vi è stata l'interruzione della fornitura di energia elettrica;
   a tutt'oggi, a distanza di sette giorni dall'avvenuta interruzione di fornitura elettrica, in numerosi comuni dei territori sopra indicati ancora non ritorna la luce e le popolazioni sono esposte al freddo ed alle intemperie con rischi fisici notevoli per anziani, bambini e disabili;
   è inconcepibile che nell'anno 2012 vi possano ancora essere blackout elettrici per un così lungo periodo: a dimostrazione della completa inefficienza del sistema elettrico del Paese, in particolare nel Sud d'Italia dove è stata carente, o per meglio dire inesistente, la fase di prevenzione, coordinamento e manutenzione di una emergenza atmosferica così devastante;
   la rete elettrica di distribuzione a 20.000 volt, la più danneggiata dalla neve che ha isolato le cabine elettriche di trasformazione media tensione (M.T.) /bassa tensione (B.T.), è ancora del tipo aereo con posa su pali, mentre sono quasi del tutto inesistenti le linee in cavo interrato che presentano una maggiore sicurezza, nella distribuzione dell'energia elettrica da tali fenomeni naturali;
   la liberalizzazione del settore elettrico, introdotta in Italia nel 1999, con il decreto «Bersani», non ha portato ai cittadini energia più economica, sicura ed accessibile e non ha garantito, in caso di emergenza, standard adeguati per un ritorno nel più breve tempo possibile dell'energia elettrica interrotta senza arrecare ulteriore disagi alle popolazioni colpite dalla neve –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere affinché siano posti in essere investimenti progettuali e di sicurezza nei territori del Sud per evitare il ripetersi di detti incresciosi ed inqualificabili episodi. (4-14862)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'eccezionale periodo di freddo e maltempo ha causato nei giorni scorsi notevoli disservizi sulle linee ferroviarie e sulle infrastrutture di distribuzione di energia elettrica.
  Per quanto riguarda l'interruzione della fornitura di energia elettrica, che ha interessato molti cittadini abitanti nelle regioni dell'Italia centrale, dall'inizio dell'emergenza neve, la situazione è andata progressivamente migliorando, anche se non può dirsi del tutto superata.
  Il fenomeno ha colpito principalmente, a partire dal 1o febbraio 2012, le aree del Lazio, della Toscana, delle Marche, dell'Emilia Romagna nonché dell'Abruzzo, della Campania e della Calabria.
  Le province più coinvolte sono state quelle di Roma e Frosinone, dove il disservizio, non solo ha colpito il maggior numero di clienti, ma è stato di maggiore durata. Nelle altre aree del centro-nord, la situazione è presto migliorata, mentre è insorta una nuova area di emergenza, sempre a causa dei fenomeni climatici, in Calabria, soprattutto nell'area della Sila (Cosenza) e nell'area delle Serre (Vibo Valentia).
  I guasti sono stati provocati essenzialmente dall'eccezionale sovraccarico meccanico dei conduttori, dovuto a neve e ghiaccio ed alla caduta di alberi di alto fusto oltre la fascia di rispetto.
  Il concessionario del servizio di distribuzione di energia elettrica nelle aree interessate è Enel distribuzione che, a quanto risulta, ha lavorato sul territorio in stretto coordinamento con le autorità locali, i Sindaci, la Protezione civile, l'Esercito e la Guardia forestale.
  Il ripristino del servizio è stato effettuato dall'Enel in parte grazie ai sistemi di telecomando, in parte operando con squadre di tecnici dislocati sul territorio, nonché ricorrendo a riparazioni provvisorie ed installazioni di gruppi elettrogeni nelle località non rialimentabili attraverso la rete.
  In alcuni casi, tuttavia, si sono riscontrate difficoltà di accesso fisico agli impianti e alle utenze, a seguito della impraticabilità di strade secondarie che risultavano bloccate da alberi caduti e neve abbondante; in questi casi, il ripristino del servizio è stato purtroppo più lento ed è proseguito man mano che sono state rese agibili le strade.
  Sono impegnate sul campo oltre 1.800 risorse tra tecnici ed operai di Enel Distribuzione, sono stati installati circa 370 gruppi elettrogeni.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha costantemente seguito in quel periodo l'evolversi della situazione, acquisendo notizie dal soggetto concessionario sulle iniziative adottate e sulle attività che si sarebbero effettuate.
  L'Enel ha, inoltre, attivato un centro operativo attrezzato per indirizzare e coordinare gli interventi sul territorio e per ricevere le segnalazioni dei cittadini.
  Circa le iniziative da adottare, si fa presente che, come tutti i servizi di pubblica utilità, anche in questo caso è vigente da anni una regolazione, affidata all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che garantisce un determinato standard di qualità del servizio e una giusta tutela dei cittadini nei casi di disservizi e malfunzionamenti. L'emergenza climatica ha indubbiamente creato dei gravi disagi che sono, tuttavia, riconducibili all'eccezionalità dell'evento e ai danni fisici causati agli impianti e al territorio, più che a carenze organizzative strutturali del servizio di distribuzione elettrica. In ogni caso, superata l'emergenza, si potrà effettuare una riflessione su come potenziare ulteriormente le strutture, i presidi di pronto intervento e il coordinamento istituzionale, per affrontare nel modo più efficace anche eventi di tipo straordinario.
  Tenuto conto della natura di servizio essenziale che riveste la fornitura elettrica, si ritiene opportuno assumere l'impegno ad effettuare una verifica sui modi per potenziare la struttura della rete e i sistemi di difesa, incluse le possibilità di doppia alimentazione ed i presidi di pronto intervento, in modo da affrontare in modo più efficace anche eventi di tipo straordinario.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   MIGLIOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la sezione distaccata di Pavullo nel Frignano, è stata istituita nel 1998 come sezione distaccata del tribunale di Modena e vi operano due magistrati, uno civile e uno penale, un cancelliere, un assistente giudiziario e un collaboratore;
   l'ufficio del giudice di pace è composto da un giudice, da un cancelliere, un assistente giudiziario, un operatore amministrativo ed un collaboratore;
   nel tribunale di Pavullo nel Frignano risultano iscritte mediamente ogni anno 270 esecuzioni immobiliari, 434 cause civili, 257 procedure di volontaria giurisdizione e 122 cause penali, con un pronunciamento medio nell'anno di 173 sentenze civili, 101 sentenze penali e 270 decreti ingiuntivi;
   dinnanzi al giudice di pace mediamente risultano iscritti ogni anno 397 cause civili e 40 procedimenti penali;
   la sezione distaccata del tribunale di Pavullo si colloca in una posizione geografica strategica, in quanto la sezione distaccata comprende 14 comuni (Pavullo nel Frignano, Fanano, Fiumalbo, Lama Mocogno, Montecreto, Montese, Pievepellago, Polinago, Riolunato, Serra Mazzoni, Sestola, Zocca, Guiglia e Palagano) per una estensione territoriale di 1410 chilometri quadrati corrispondente a quasi il 50 per cento del territorio di tutta la provincia di Modena;
   il giudice di pace comprende invece 11 comuni;
   il numero di residenti interessati al circondato della sezione distaccata del tribunale di Pavullo è di circa 60.000 unità in un territorio quello montano dove il servizio del tribunale è un servizio essenziale non solo per la risoluzione del contenzioso civile e penale ma anche per tutta l'attività di giurisdizione volontaria (eredità, tutele e curatele, autorizzazioni ai cittadini ecc.) che si svolgono quotidianamente;
   tutto questo con costi assai modesti a carico del bilancio statale e questo grazie anche al significativo contributo del comune di Pavullo nel Frignano che si fa carico di una spesa rilevante per il funzionamento degli uffici giudiziari;
   una attenta e oculata riorganizzazione della dislocazione sul territorio degli uffici giudiziari così come previsto dal decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011 recante misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo che nell'articolo 1 comma 1 lettera d) prevede di «procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate dei Tribunali» non può e non dovrebbe tradursi in soppressione lineare di alcuni tribunali senza un'analisi preventiva ed obiettiva che considera le esigenze funzionali socio-economiche e territoriali di tutti gli uffici in cui si amministra la giustizia;
   in particolare riguardo alle aree di pertinenza della sezione staccata del tribunale di Pavullo nel Frignano che opera in un'area quella montana in cui la viabilità non consente di raggiungere se non con tempi eccessivi le altre sedi di Modena e di Sassuolo, in particolare con avverse condizioni meteorologiche che si determinano in montagna nel periodo invernale;
   aree montane già duramente colpite per chi vi abita e vi lavora da rilevanti riduzioni ai fondi per lo sviluppo e il sostegno alle aree deboli ad iniziare dai servizi essenziali quali la scuola, la sanità, i trasporti e altro;
   per questo le istituzioni locali, comuni, comunità montana, le associazioni sindacali e di categoria, hanno assunto posizioni convergenti sulla necessità di mantenere in funzione la sezione distaccata del tribunale e dell'ufficio del giudice di pace di Pavullo nel Frignano –:
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza in relazione al mantenimento della sezione staccata di Modena e del giudice di pace a Pavullo nel Frignano, confermando la presenza di questo servizio essenziale per le comunità dei comuni interessati. (4-14100)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, occorre evidenziare che, come noto, la legge n. 148 del 2011 – di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011 – delega il Governo ad adottare decreti legislativi per la riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio.
  I principi ed i criteri direttivi del riordino prevedono la riduzione degli uffici giudiziari di I grado, la possibilità di ridefinire l'assetto territoriale delle circoscrizioni giudiziarie, anche mediante attribuzione di porzioni di territorio a circondari limitrofi e la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali.
  Pertanto, con decreto ministeriale del 13 ottobre 2011 è stato istituito, presso l'ufficio legislativo del dicastero della giustizia, il gruppo di studio per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie.
  Allo stato, tale gruppo di studio sta provvedendo a raccogliere i dati relativi ai carichi di lavoro, alle piante organiche, ai bacini di utenza e a quant'altro possa rivelarsi utile ai fini dell'elaborazione di criteri oggettivi ed omogenei, sulla cui base riorganizzare gli uffici giudiziari e realizzare una loro più razionale distribuzione sul territorio.
  L'individuazione dei predetti criteri, allo stato ancora in via di definizione, mira infatti a conseguire una preventiva risoluzione di eventuali problematiche nell'esercizio della delega, con particolare riferimento alla necessità di contemperare l'esigenza di un'ottimale distribuzione ed impiego delle risorse disponibili con la necessità di garantire all'utenza opportune condizioni di fruibilità, così da realizzare una complessiva maggiore efficienza nell'erogazione del servizio giustizia.
  Una volta concluso tale incarico e definiti tali criteri si procederà alla concreta individuazione delle sedi giudiziarie accorpabili, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai responsabili degli uffici giudiziari e dai rappresentanti degli organi istituzionali e delle comunità interessate.
  Soltanto all'esito del predetto articolato procedimento – nel quale, si sottolinea, si darà adeguato spazio a tutte le indicazioni provenienti dalle diverse istituzioni territoriali – sarà possibile sottoporre al vaglio delle competenti Autorità politiche gli interventi normativi ritenuti necessari.

Il Ministro della giustiziaPaola Severino Di Benedetto.


   MIGLIORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento ha delegato il Governo a «ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire l'esistenza del tribunale ordinario nei circondari di Comuni capoluogo di Provincia alla data del 30 giugno 2011»;
   tale delega porterà alla riduzione delle sezioni distaccate dei tribunali e degli uffici dei giudici di pace, con conseguente soppressione ed accorpamenti di tali sedi;
   in taluni casi la perdita degli uffici giudiziari potrebbe pregiudicare il buon funzionamento della giustizia ed il servizio reso alla cittadinanza sia in materia civile che penale, in un contesto già gravato da gravi problematiche di efficienza;
   nel territorio di Empolese Valdelsa è messo in discussione il futuro dello stesso tribunale di Empoli, fondamentale per il mantenimento dell'autonomia del territorio quanto per il corretto funzionamento dei servizi legati all'amministrazione della giustizia –:
   quali iniziative il Governo intenda attuare per scongiurare la chiusura dei tribunali e uffici giudiziari nel territorio dell'Empolese Valdelsa e di quelli che, come in tal caso, pregiudicherebbero un corretto ed efficiente funzionamento della giustizia e un servizio adeguato alla cittadinanza. (4-14063)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, occorre evidenziare che, come noto, la legge n. 148 del 2011 – di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011 – delega il Governo ad adottare decreti legislativi per la riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio.
  I principi ed i criteri direttivi del riordino prevedono la riduzione degli uffici giudiziari di I grado, la possibilità di ridefinire l'assetto territoriale delle circoscrizioni giudiziarie, anche mediante attribuzione di porzioni di territorio a circondari limitrofi e la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali.
  Pertanto, con decreto ministeriale del 13 ottobre 2011 è stato istituito, presso l'ufficio legislativo del dicastero della giustizia, il gruppo di studio per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie.
  Allo stato, tale gruppo di studio sta provvedendo a raccogliere i dati relativi ai carichi di lavoro, alle piante organiche, ai bacini di utenza e a quant'altro possa rivelarsi utile ai fini dell'elaborazione di criteri oggettivi ed omogenei, sulla cui base riorganizzare gli uffici giudiziari e realizzare una loro più razionale distribuzione sul territorio.
  L'individuazione dei predetti criteri, allo stato ancora in via di definizione, mira infatti a conseguire una preventiva risoluzione di eventuali problematiche nell'esercizio della delega, con particolare riferimento alla necessità di contemperare l'esigenza di un'ottimale distribuzione ed impiego delle risorse disponibili con la necessità di garantire all'utenza opportune condizioni di fruibilità, così da realizzare una complessiva maggiore efficienza nell'erogazione del servizio giustizia.
  Una volta concluso tale incarico e definiti tali criteri si procederà alla concreta individuazione delle sedi giudiziarie accorpabili, tenendo conto delle indicazioni provenienti dai responsabili degli uffici giudiziari e dai rappresentanti degli organi istituzionali e delle comunità interessate.
  Soltanto all'esito del predetto articolato procedimento – nel quale, si sottolinea, si darà adeguato spazio a tutte le indicazioni provenienti dalle diverse istituzioni territoriali – sarà possibile sottoporre al vaglio delle competenti Autorità politiche gli interventi normativi ritenuti necessari.

Il Ministro della giustiziaPaola Severino Di Benedetto.


   MINNITI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel centro cittadino di Vibo Valentia, in piazza Garibaldi, accanto a palazzo Gagliardi, si trova la lapide del partigiano Saverio Papandrea, posta a futura memoria per ricordare il valore ed il sacrificio del partigiano vibonese «a difesa della libertà e contro le dittature»;
   il partigiano Saverio Papandrea, seppur giovanissimo, sacrificò la sua vita entrando nelle formazioni partigiane del Canavese e morì a soli 23 anni nel 1943 combattendo valorosamente, nella 18° brigata della II divisione Garibaldi sulle montagne di Marzabotto contro il nazifascismo;
   ricevette la medaglia d'oro al valor militare alla memoria, la massima onorificenza per chi ha combattuto per la nostra patria con la seguente motivazione: «Partigiano fin dall'inizio della lotta di Liberazione, durante un violento attacco nemico protrattosi per più giorni, visto il suo battaglione accerchiato da soverchianti forze naziste, conscio del pericolo cui andava incontro, si offriva di proteggerne il ripiegamento. Spostata la sua mitragliatrice in posizione più favorevole, apriva larghi vuoti nelle file nemiche, consumava fino all'ultima cartuccia e, sopraffatto, anziché arrendersi, si lanciava in un sottostante burrone, avvinghiato in un supremo abbraccio alla sua arma indivisibile. Fulgida figura di combattente eroico, il cui sacrificio ha salvato la vita a numerosi compagni»;
   la lapide di Saverio Papandrea ha in sé un forte significato di carattere simbolico per la memoria fondativa della storia nazionale repubblicana, oltre ché un indiscutibile valore storico e monumentale;
   attualmente, purtroppo, la possibilità di commemorare e di rendere il giusto tributo alla lapide di Saverio Papandrea è stata inspiegabilmente lesa, in quanto la stessa è stata coperta integralmente da un gazebo costruito da un ristorante vibonese (in seguito ad una concessione comunale degli uffici competenti rilasciata evidentemente senza operare i dovuti approfondimenti del caso);
   la lapide, nonostante l'indignazione e le vibranti sollecitazioni dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, di tanti vibonesi e di tanti italiani venuti a conoscenza della cosa, non è stata ancora resa visibile e restituita alla memoria ed alle possibilità di commemorazione collettiva e individuale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'oltraggio consumato alla memoria di un combattente per la libertà, fulgido esempio di generosità disinteressata verso il bene comune;
   quali iniziative intendano attivare, nelle sedi appropriate e ciascuno per gli ambiti di propria competenza, per restituire alla memoria condivisa di un popolo ed alla cittadinanza la piena visibilità della lapide di Saverio Papandrea. (4-14757)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quali azioni le Amministrazioni interpellate avrebbero intrapreso per restituire alla memoria condivisa di un popolo ed alla cittadinanza di Vibo Valentia la piena visibilità della lapide del partigiano Saverio Papandrea, medaglia d'oro al valore militare alla memoria, il cui sacrificio salvò la vita a numerosi suoi compagni, coperta integralmente da un gazebo di un ristorante vibonese, si comunica quanto segue.
  In sede di sopralluogo, effettuato il 13 febbraio 2012 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, è emerso che il comune di Vibo Valentia ha provveduto a far rimuovere il gazebo del ristorante che ricopriva la lapide del partigiano Saverio Papandrea, ritornata pienamente visibile e restituita alla memoria collettiva.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   MONTAGNOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni è pervenuta agli uffici della motorizzazione civile la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 6878 del 9 marzo 2012, in cui si rende noto che, a causa dell'indisponibilità delle necessarie risorse economiche, l'erogazione della postalizzazione dei tagliandi relativi al rinnovo di validità della patente di guida, all'annotazione sulla stessa dell'avvenuto cambio di residenza, nonché di comunicazione dell'avvenuta decurtazione di punteggio, è sospesa;
   il Ministero, prendendo atto dei disagi che questo arreca all'utenza che legittimamente reclama l'erogazione di un servizio dovuto, con la suddetta circolare dispone delle forme alternative per il rinnovo di validità della patente di guida ed annotazione cambio residenza sulla stessa;
   in particolare, visto che non esiste alcuna documentazione alternativa a quella dell'emissione del rispettivo tagliando, che di fatto è emesso dal sistema informatico del CED ancorché non consegnato all'indirizzo di residenza del titolare della patente, il Ministero invita gli utenti che hanno necessità o urgenza di regolarizzare la patente, a chiedere un duplicato del certificato di guida;
   la medesima circolare specifica che, in tal caso, gli importi per diritti e tariffe dovuti per l'emissione del duplicato della patente di guida siano a carico dell'utente –:
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per mettere fine a questa grave e preoccupante situazione, in cui i cittadini utenti sono chiamati a compensare delle mancanze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sono costretti ad un esborso economico per un servizio che dovrebbe essere a carico delle amministrazioni pubbliche. (4-15358)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il servizio di spedizione su tutto il territorio nazionale, relativo ai tagliandi per il rinnovo della patente, per l'annotazione dei trasferimenti di residenza sui documenti di circolazione nonché per le lettere relative alle decurtazioni dei punteggi è stato sospeso a partire dal 1o febbraio 2012.
  L'interruzione del servizio di stampa e «postalizzazione» di tali comunicazioni è derivata dalla mancanza di fondi sul relativo capitolo di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con conseguente impossibilità di richiedere al fornitore le necessarie attività.
  Tale blocco ha creato gravi problemi per l'utenza (professionale e non), impossibilitata a guidare in territorio estero senza il tagliando di conferma di validità della patente.
  Nel mese di febbraio e nelle prime due settimane di marzo il servizio fornito dal
call center della motorizzazione ha dovuto far fronte a migliaia di chiamate di cittadini che lamentavano situazioni di indubbia criticità.
  In tale periodo, per supplire e limitare i disagi dei cittadini, i competenti uffici del Ministero hanno continuato ad aggiornare il «
database» centralizzato dei titolari di patente con le nuove date di scadenza, anche al fine di garantirne la verifica da parte delle forze dell'ordine che possono accedere al sistema centrale tutti i giorni, H24.
  Inoltre, sono state diramate istruzioni operative semplificate, con il coinvolgimento degli uffici provinciali della motorizzazione civile, per consentire comunque agli interessati l'accesso ai corsi di recupero punti della patente, anche in assenza della lettera di comunicazione dell'avvenuta decurtazione degli stessi.
  Il 15 marzo 2012 sono confluiti sul relativo capitolo di entrata le somme necessarie per consentire la ripresa delle attività e ne è stata data contestuale comunicazione all'utenza.
  Il costante aggiornamento del «
database» centralizzato ha consentito, già a partire dal 16 marzo 2012, di riprendere le lavorazioni interrotte; pertanto, sulla base delle spedizioni in corso in questi giorni, l'arretrato accumulato sarà evaso entro breve tempo ed entro pochi giorni sarà possibile ripristinare la consueta operatività.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiCorrado Passera.


   MURER. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Cooperazione italiana è presente ad Herat dal 2005 allo scopo di aiutare la ricostruzione del Paese dopo la caduta del regime dei talebani; dalla seconda metà del 2009, il Ministero degli affari esteri ha fatto obbligo agli esperti di risiedere all'interno di un compound messo in sicurezza con fondi del Ministero stesso;
   il Ministero della difesa ed i competenti uffici del Ministero affari esteri hanno certificato che la struttura presentava le caratteristiche di sicurezza necessarie a permettere agli esperti di dimorarvi; nel giugno del 2011 il contratto di locazione per il medesimo complesso è stato rinnovato per un ulteriore periodo di 10 anni ed una spesa prevista complessiva nel decennio di circa 800.000 dollari;
   in considerazione della forte presenza del contingente italiano nella Regione Ovest (di cui la provincia di Herat fa parte) il Ministero degli affari esteri ha dato indicazioni di concentrare gli interventi di cooperazione in quell'area;
   in prospettiva del ritiro delle forze militari nel 2014 è in corso un processo di transizione che dovrebbe portare l'amministrazione governativa afgana ad operare su tutto il territorio; in questo contesto nella regione la presenza della cooperazione civile italiana è strumento fondamentale per dare alla popolazione afgana un'immagine direttale tangibile di ritorno alla normalità dopo anni di guerra;
   i programmi della Cooperazione italiana, in accordo con le finalità stabilite dalla legge istitutiva n. 49 del 26 febbraio 1987, mirano a migliorare concretamente le condizioni di vita delle popolazioni con interventi a breve, medio e lungo termine finalizzati soprattutto al sostegno diretto delle comunità; in questa prospettiva dal gennaio del 2011 il numero dei programmi e degli esperti settoriali operanti ad Herat sono considerevolmente aumentati con conseguente rilevante aumento dell'impegno finanziario del Ministero degli esteri italiano;
   pur rimanendo la sicurezza un valore di riferimento, essa non sarà mai assoluta in un teatro di guerra come è l'Afghanistan e, di conseguenza, una ragionevole dose di rischio è inevitabile da parte di chi vi si reca liberamente come operatore allo sviluppo;
   il 30 maggio il (provincial reconstruction team) (PRT) di Herat ha subito un attentato, che però non ha coinvolto direttamente l'ufficio della Cooperazione italiana, collocato altrove; al momento dell'attentato al PRT di Herat l'avvio dei nuovi programmi era entrato in fase esecutiva e la cooperazione italiana aveva ritrovato una salda immagine di affidabilità e di prestigio dopo le difficoltà sperimentate in precedenza;
   nella tarda serata dello stesso giorno, dell'attentato il capo della componente civile avrebbe disposto l'evacuazione forzata del personale italiano, pur contro l'espressa volontà di alcuni esperti, presso la base del comando militare regionale di Herat ed avendo avocato a sé ogni decisione in merito;
   perdurando l'indecisione circa un rientro degli esperti nella sede di Herat da parte degli organi centrali del Ministero degli affari esteri, la condizione di stretto confino in condizioni di lavoro oltremodo precarie sarebbe stata protratta ad oltranza, contro l'espressa volontà di taluni di essi, anche dopo che il 12 giugno 2011 le condizioni di sicurezza sarebbero rientrate formalmente nella normalità e di conseguenza le attività delle altre organizzazioni internazionali (e tra queste le organizzazioni non governative italiane) erano normalmente riprese;
   in data 25 giugno 2011 sarebbe giunta comunicazione da parte del direttore generale della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri che era autorizzato, per chi lo volesse, il rientro nell'ufficio di Herat previa sottoscrizione di una lettera liberatoria da ogni responsabilità nei confronti della pubblica amministrazione ed avrebbe invitato il direttore UTL a prendere i provvedimenti al riguardo;
   nonostante ciò, parrebbe che il capo della componente civile abbia ritenuto di non doversi attenere a quanto disposto – osteggiando anzi fortemente il personale che vi aveva formalmente aderito – incurante del fatto che questa situazione avrebbe pregiudicato l'immagine della Cooperazione italiana (e quindi il ruolo di guida dell'Italia), decretandone di fatto la fine dei programmi appena avviati –:
   di quali elementi disponga il Governo;
   ove i fatti sopra riportati risultino confermati, se non ritenga che il problema della sicurezza dei locali dell'ufficio di cooperazione di Herat sia stato sottovalutato durante i controlli e le verifiche che autorizzarono a suo tempo il trasferimento della Cooperazione italiana nella nuova sede; per quali motivi, nonostante un rigido protocollo di sicurezza che ha limitato in modo sostanziale la libertà di movimento degli esperti cooperatori operanti ad Herat, a detto personale siano stati fatti sempre mancare i presidi pur ritenuti formalmente necessari ad uno standard di sicurezza accettabile (elmetti, radio, giubbotti antiproiettile, veicoli blindati, e altro); per quale motivo, anche quando il Ministero ha autorizzato il rientro ad Herat a certe condizioni per riprendere normalmente il lavoro, la disposizione non sia stata fatta eseguire; perché attualmente, a molti mesi dall'attentato, l'ufficio della cooperazione italiana di Herat continui ad essere solo parzialmente operativo e le missioni degli esperti selettivamente bloccate; se tutto ciò rappresenti un cambio di strategia del Governo italiano nei confronti del nostro impegno civile in Afghanistan, con l'effetto di sbilanciare ingiustificatamente l'intervento italiano a tutto favore della componente militare, oppure sia solo il frutto di una cattiva gestione di una vicenda pur delicata che poteva però essere affrontata in modo ben diverso e più rispettoso dello spirito e della lettera della legge. (4-15112)

  Risposta. — A seguito degli attentati simultanei perpetrati il 30 maggio 2011 nella città di Herat e nella sede del provincial reconstruction team (prt) si è ritenuto necessario disporre, come misura prudenziale per tutelare l'incolumità del personale di cooperazione, il temporaneo trasferimento degli esperti presso Camp Arena (sede del comando regionale ovest). A partire dal giugno 2011, sono state prese in considerazione ed analizzate diverse opzioni volte ad accelerare la piena operatività dell'ufficio di cooperazione di Herat. In particolare, nel contesto della transizione, ossia del trasferimento alle autorità afgane della responsabilità per la sicurezza nel distretto urbano di Herat, si è prudenzialmente ritenuto di rafforzare ulteriormente il dispositivo di sicurezza della palazzina sede della cooperazione, prima di autorizzarvi un nuovo trasferimento degli esperti. Infatti si è predisposto un dispositivo basato sui parametri adoperati dalle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite presenti nella regione, oggi operativo, con conseguente rientro degli esperti nella sede a far data dall'8 marzo 2012.
  È dunque opportuno ribadire che, antecedentemente all'approntamento di tale dispositivo di sicurezza, non sono mai state date autorizzazioni ad un nuovo trasferimento degli esperti presso la sede della cooperazione di Herat.
  Tale sede e la sua messa in sicurezza è stata materialmente realizzata dal centro amministrativo intendenza (CAI) del Ministero della difesa e, nel contesto della situazione di Herat, non è mai stata sottovalutata la tutela della sicurezza degli esperti di cooperazione. La struttura della cooperazione di Herat è dotata di auto blindate messe a disposizione dall'Ambasciata a Kabul, che ha recentemente proceduto alla riparazione di tutto il parco auto disponibile per gli esperti. L'Ufficio è altresì dotato di una maglia radio e di apparecchi satellitari per comunicare in situazioni di emergenza. Elmetti e giubbotti sono stati acquistati e consegnati ad Herat sempre a cura dell'Ambasciata.
  L'ufficio della cooperazione italiana di Herat non è mai stato chiuso. Piuttosto, esso ha continuato ad operare grazie ad un preparato ed attivo
staff afgano, coordinato dall'unità territoriale locale di Kabul e da esperti italiani.
  In particolare, a partire dall'ottobre 2011, hanno potuto operare una media di cinque esperti per settimana, grazie all'ospitalità garantita dal Ministero della difesa presso il prt.
  Le attività di cooperazione, sia prima che dopo il ritorno degli esperti (ottobre 2011), sono proseguite, pur con qualche rallentamento, attraverso collaboratori locali e, soprattutto, attraverso i diversi agenti esecutori (istituzioni del Governo afgano, organismi internazionali, ONG, università) cui è affidata l'attuazione di gran parte delle iniziative. A titolo esemplificativo, dal 30 maggio 2011 sono stati realizzati:
   l'avvio delle attività di microcredito, con la concessione dei primi prestiti (circa 200) a beneficiari heratini;
   la prosecuzione delle attività del
national solidarity program, per la realizzazione di circa 300 progetti di villaggio;
   l'avvio della costruzione della strada Shindand-Azizabad (11,9 chilometri) e della strada Khoja Oria-Shindand (23,9 chilometri) ad opera del Ministero lavori pubblici e
United nations organization for project service (UNOPS);
   l'assegnazione e il completamento della fattibilità per la tangenziale esterna alla città di Herat da parte di Unops;
   l'approvazione dei disegni (realizzati dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Mae) e la realizzazione (ad opera del PRT) delle costruzioni per il centro ambulanze della città che verrà attrezzato con mezzi e macchinari in via di acquisizione da parte del Ministero della sanità (acquistati con fondi della stessa cooperazione);
   la prosecuzione di attività a sostegno dell'ospedale pediatrico e del dipartimento di salute;
   alcuni interventi di emergenza per le popolazioni locali (per esempio, alluvione nell'area di Shindand) e il rafforzamento delle strutture della locale protezione civile (ivi incluse la realizzazione di una sede provinciale e l'identificazione e attrezzature di magazzini di stoccaggio ad Herat).

  Sono peraltro proseguite ininterrottamente le attività delle ONG italiane operanti con fondi della cooperazione italiana. È stato quindi possibile continuare ad assicurare un forte impegno italiano di cooperazione civile, pienamente riconosciuto dal Governo afgano e dai partners internazionali, in linea con la strategia del Governo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriStaffan de Mistura.


   PIFFARI e CIMADORO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 20 ottobre 2011 diversi organi di stampa locale e siti web (www/.gazzettadimantova.aelocal.it e www.mantova.com) hanno diffuso la notizia della grave crisi attraversata dalla «Manzardo», storica azienda bolzanina di vendita di termosanitari, presente anche in Trentino, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, che negli ultimi due anni ha accumulato perdite per quasi 36 milioni di euro;
   il gruppo, di cui faceva parte l'inglese Wolseley, pur avendo ripianato il rosso, con perdite che avevano superato un terzo del capitale, nel febbraio di quest'anno, dopo 12 anni, ha passato la mano cedendo le proprie quote e vendendo l'azienda a Hadleigh Partners, che controlla «Manzardo» attraverso Bourdon Building Materials Inc, holding finanziaria anch'essa britannica ma con sede alle Bahamas;
   la nuova proprietà, pur assicurando l'investimento di nuove risorse finanziarie, a causa del blocco di alcuni fidi da parte delle banche, ha avviato da subito una diversa e severa politica aziendale di riduzione dei costi, rivedendo i contratti con fornitori e imprese artigiane e attuando i primi 69 licenziamenti nello stabilimento di Forlì;
   per dare l'idea del valore occupazionale rappresentato da «Manzardo» nel settore, basti rilevare che prima di suddetti licenziamenti, l'azienda contava 430 addetti in tutta Italia. Nella sola provincia di Trento, ad esempio, oltre ai 50 addetti e ai cinque negozi (Rovereto, Arco, Cles, Castelnuovo Valsugana e Trento) l'azienda disponeva della sede di zona, punto di riferimento per i punti vendita di Feltre, Mantova e Sona (Verona);
   nel 2010 l'azienda ha fatturato 139,4 milioni di euro, 10 milioni in meno del 2009, quando le vendite ammontavano a 149,9 milioni. La differenza tra valore e costi della produzione è però negativa sia nel 2009 che nel 2010. Nel 2009 lo squilibrio ammonta a 18 milioni. L'anno scorso scende a 11,2 milioni. Mentre, però, nel 2009 oltre 5 milioni di proventi straordinari contengono la perdita netta a 13,8 milioni, nel 2010 al margine negativo si aggiungono quasi 11 milioni di minusvalenze dalla chiusura di sette punti vendita in Romagna. Come si legge nell'ultima relazione al bilancio, il risultato economico negativo dipende soprattutto dal «perdurare della generalizzata situazione di forte crisi che ha investito tutti i settori dell'economia» e il relativo «calo dei consumi» che ha colpito anche gli acquisti di prodotti idrotermosanitari, di condizionamento e arredo bagno;
   lo scorso 29 giugno 2011, in assemblea straordinaria, il nuovo presidente Martyn Meade ha spiegato che «la società ha ricevuto comunicazione che alcune linee di credito concesse da Unicredit erano state revocate e altre ridotte. Tale circostanza si è aggiunta al fatto che, negli ultimi esercizi, la società ha operato in perdita» e nonostante l'azionista di controllo, abbia manifestato la disponibilità a intraprendere azioni per sostenere l'azienda (professionisti affiancati agli attuali manager, contatti con le banche, fornitura di nuovi mezzi finanziari) i segnali di crescente disagio dell'azienda sono divenuti sempre più evidenti;
   da alcune testate locali della provincia di Mantova, da articoli pubblicati il 21 e 22 ottobre 2011, si è appreso che, i 65 lavoratori dello stabilimento mantovano di Valdaro, senza alcun preavviso si sono trovati senza lavoro e con l'apertura di istanza di fallimento da parte dell'azienda;
   dalle stesse fonti si apprende altresì che con un iter velocissimo, il tribunale di Bolzano ha dichiarato il fallimento della ditta Manzardo e che, il giudice delegato Francesca Bortolotti, dopo l'esame dei libri contabili depositati in Tribunale che ha messo in evidenza un'esposizione debitoria dell'azienda non più sostenibile, specialmente a seguito della chiusura da parte delle banche della linea di credito, ha rapidamente disposto l'affissione dei sigilli su tutti i punti vendita della catena commerciale e la nomina di due curatori fallimentari, gli avvocati Elisabetta Rossi e Mauro Pojer, responsabili per la gestione del fallimento –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della succitata vicenda e se non ritengano opportuno intervenire al più presto nel tentativo di trovare un'acquirente all'azienda e attivandosi per far sì che con urgenza possa essere concessa la procedura per la cassa integrazione straordinaria. (4-13893)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la situazione occupazionale della Manzardo SpA, dichiarata fallita dal Tribunale di Bolzano con sentenza n. 44 del 20 ottobre 2011, si rappresenta quanto segue.
  La società, con sede legale ed amministrativa a Bolzano e sedi in Trentino, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, operava nel settore del commercio e vantava, alla data del fallimento, circa 346 dipendenti, cui applicava il contratto collettivo nazionale di lavoro terziario, distribuzione e servizi.
  Con comunicazione del 7 novembre 2011 i curatori fallimentari hanno richiesto un incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di addivenire ad un accordo in sede governativa necessario per la concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 223 del 1991.
  A seguito dell'accordo raggiunto il 23 novembre 2011, i curatori fallimentari, in data 6 dicembre 2011, hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali istanza di concessione del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria per la durata di 12 mesi a decorrere dal 20 ottobre 2011, in favore dell'intero organico aziendale, pari a 313 lavoratori collocati in CIGS a zero ore, senza rotazione, a fronte della cessazione dell'attività aziendale.
  L'istanza è stata accolta con decreto direttoriale n. 63694 del 12 gennaio 2012, con cui è stato altresì autorizzato il pagamento diretto del trattamento di CIGS da parte dell'INPS.
  Per quanto riguarda la possibilità di trovare un acquirente della Manzardo SpA in fallimento, la provincia autonoma di Bolzano ha fatto sapere che sono in corso alcuni sondaggi, da parte di possibili interessati, presso i curatori fallimentari, ma al momento qualsiasi conferma appare prematura.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMichel Martone.


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   poste italiane ad oggi è una società per azioni il cui capitale è detenuto al 100 per cento dallo Stato italiano attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze ed è posta sotto il controllo e la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico;
   Poste italiane s.p.a. è la più grande azienda di servizi italiana in grado di contribuire allo sviluppo del Paese, il tutto preservandone le caratteristiche sociali;
   Poste italiane S.p.a. – nel riorganizzare il conferimento del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici nelle diverse sedi e uffici postali, in uso a qualsiasi titolo a Poste italiane s.p.a. ubicati sull'intero territorio nazionale – ha predisposto uno specifico documento «manifestazione di interesse» nel quale ha indicato i requisiti richiesti per l'acquisizione, appunto, della manifestazione di interesse da parte delle aziende operanti nel settore della distribuzione automatica. Tra i requisiti minimi di accesso alla gara prevista per l'assegnazione, è stata prevista una quantità minima di distributori nella disponibilità dell'operatore economico installati in Italia al 31 dicembre 2010, esclusi i distributori a cialde, che deve essere almeno di mille unità, di cui almeno 200 presenti nell'ambito geografico per il quale si intende manifestare interesse. È stata prevista, inoltre, una copertura territoriale minima in termini di distributori già installati al 31 dicembre 2010 nella disponibilità dell'operatore economico su almeno tre regioni facenti parte dell'ambito geografico per il quale si esprime interesse a partecipare. Ed, inoltre, indici di fatturato complessivamente superiori a 80 milioni di euro nel triennio 2008-2009-2010;
   i criteri sopra elencati evidentemente escludono tutte le piccole e medie imprese del settore che, peraltro, sono radicate sul territorio, ad esclusivo vantaggio di un numero estremamente esiguo di grandi realtà imprenditoriali. Le piccole e medie imprese escluse dai requisiti richiesti da Poste Italiane s.p.a. sono oltre 1.100 –:
   se, alla luce di quanto testé illustrato, i Ministri interrogati intendano intervenire al fine di garantire che i requisiti richiesti per la manifestazione di interesse, relativa alla gestione di distributori automatici presso le sedi in uso a qualsiasi titolo a Poste italiane s.p.a. essere rivisti affinché alle tantissime piccole e medie imprese italiane del settore non venga preclusa una importante opportunità commerciale in un momento di grave crisi economica, come quello che sta attraversando il Paese. (4-13590)

  Risposta. — In merito alla riorganizzazione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici la società Poste italiane, ha rappresentato come la fornitura di tale servizio, non rientra nei casi regolati dal decreto legislativo n. 163 del 2006 (cosiddetto codice dei contratti pubblici) e successive modifiche.
  In particolare, la società ha evidenziato che la riorganizzazione del citato servizio di ristoro ha la duplice finalità di:
   1) affidare la gestione dei distributori automatici ad un numero di operatori economici ristretto, più facilmente controllabile ed in grado di assicurare la copertura di un'area geografica multi regionale;
   2) stipulare con gli operatori economici specifici accordi commerciali basati sullo sviluppo dei pagamenti mediante carte prepagate. È previsto, infatti, che i distributori installati presso gli spazi di Poste siano dotati di dispositivi capaci di accettare pagamenti con carte prepagate (pos).

  Relativamente alla richiesta di tutela nell'accesso alla procedura di manifestazione di interesse, anche per le piccole e medie imprese. Poste italiane ha precisato che, al fine di favorire la partecipazione di un molteplicità di operatori, è stata prevista la possibilità di rendere nota la manifestazione di interesse sotto forma di raggruppamento temporaneo di imprese.
  La Società ha, infine, segnalato che all'esito della suddetta procedura nel mese di febbraio 2012, sono stati individuati gli operatori economici, sulla base delle migliori proposte commerciali e che tuttora sono in corso le necessarie verifiche per la formalizzazione dell'accordo.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da diversi articoli apparsi sulla stampa nazionale e da un comunicato stampa dell'Uncem Toscana si apprende che, con delibera numero 31/10/CONS, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 77 del 2 gennaio 2010, l'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni ha rivisto i criteri di distribuzione sul territorio nazionale delle postazioni telefoniche pubbliche nell'ambito del servizio universale;
   in base a questa delibera Telecom Italia s.p.a., società incaricata di fornire il servizio universale, sta procedendo alla rimozione di postazioni telefoniche pubbliche non più redditizie;
   la sopraccitata delibera dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni infatti autorizza a rimuovere i telefoni pubblici in eccesso. Saranno risparmiati solo quelli presenti negli ospedali, nelle scuole e nelle caserme e teoricamente la legge n. 2529 dell'11 dicembre 1952 e, successive modificazioni, dovrebbe far sì che venga salvaguardata la presenza di collegamenti telefonici in particolari luoghi, quali ad esempio comuni di ridotte dimensioni, frazioni distanti dal comune principale, rifugi di montagna, stazioni ferroviarie distanti dai centri abitati;
   il pericolo di tale operazione è rappresentato dal fatto che, in un periodo di «tagli» generali, si rischia di non garantire più i servizi ai cittadini, si pensi ai servizi postali, alla riduzione del personale scolastico, alle farmacie, istituti che nei piccoli comuni, specie nei territori montani o nelle aree geografiche più lontane, rappresentano un riferimento essenziale per gli abitanti;
   è anche per le sopracitate ragioni che l'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni ha previsto, come detto, specifiche deroghe per edifici pubblici ospedali e territori, sovente montani, dove non c’è copertura totale di rete di telefonia mobile e in luoghi in cui l'utilizzo del telefono pubblico resta ancora una risorsa ed un servizio necessario anche in caso di emergenza –:
   se il Ministro interrogato intenda vigilare, per quanto di competenza, affinché la progressiva rimozione delle cabine telefoniche pubbliche da parte di Telecom Italia s.p.a. non pregiudichi il contratto di servizio di telefonia pubblica universale e vengano rispettate le specifiche deroghe per i territori non coperti dal servizio di telefonia mobile e territorialmente disagiati. (4-12264)

  Risposta. — Il vigente Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259), all'articolo 56 prevede che la società Telecom Italia, nell'ambito degli obblighi di svolgimento del servizio universale, metta a disposizione «postazioni telefoniche pubbliche» (ptp) a pagamento per soddisfare le esigenze degli utenti in termini di copertura geografica e numero di apparecchi, nel rispetto delle disposizioni emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
  Le disposizioni emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prevedono, innanzitutto, che le ptp debbano essere obbligatoriamente presenti in luoghi di grande rilevanza sociale, quali ospedali, strutture sanitarie equivalenti, e carceri, nei rifugi di montagna e in tutti i luoghi in cui sia proibito l'uso del telefono mobile (per esempio nelle caserme in cui sia vigente detta proibizione).
  Fermi restando i suddetti obblighi che sono stati fissati nel 2001 con la delibera AGCOM n. 290/01/CONS, l'Autorità è intervenuta nel 2010 con una seconda delibera n. 31/10/CONS con la quale ha rivisto i criteri di distribuzione delle ptp sul territorio nazionale.
  La modifica dei criteri di distribuzione delle ptp, operata dall'AGCOM con la citate delibera del 2010, discende da una drastica riduzione dell'utilizzazione delle ptp in Italia in conseguenza del mutamento delle abitudini degli utenti, che ricorrono sempre più alla telefonia cellulare, e dalla constatazione di un oggettivo sovrannumero delle postazione telefoniche pubbliche sul territorio se rapportato alla popolazione e confrontato con quello degli altri Paesi della Comunità europea.
  La predetta delibera n. 31/10/CONS prevede che i risparmi di gestione, ottenuti tramite la rimozione delle ptp non utilizzate, saranno in parte reinvestiti nelle attività di manutenzione delle postazioni che restano attive sul territorio, a vantaggio degli utenti. Sono previsti, infatti, a carico della società Telecom Italia monitoraggi costanti delle funzionalità delle ptp e tempi ridotti per il ripristino dell'efficienza in caso di malfunzionamento.
  Rispetto, poi, alle esigenze specifiche di determinate zone del territorio, si ricorda che, al fine di salvaguardia delle stesse e, più in generale, degli interessi di tutti gli utenti, nella citata delibera l'Autorità ha espressamente previsto il più ampio coinvolgimento degli Enti locali e degli utenti che sono interessati dalle procedure di rimozione.
  Telecom Italia, infatti, almeno 60 giorni prima della rimozione di una determinata ptp, deve avvisare in forma scritta le Amministrazioni del luogo e deve altresì contraddistinguere la postazione da rimuovere con un apposito cartello informativo.
  Attraverso una specifica procedura, sia gli Enti locali che i singoli utenti possono avviare dinanzi all'AGCOM un procedimento di «opposizione alla prevista rimozione», nel corso del quale possono essere evidenziate eventuali esigenze specifiche del luogo.
  Il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, non mancherà di verificare il rispetto, da parte della società Telecom Italia, degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale, soprattutto con riguardo a quelle aree non coperte dal servizio di telefonia mobile e territorialmente disagiate.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   ROSSA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 marzo 2012 la casa d'aste Bolaffi di Milano ha messo all'asta 17 volantini delle Brigate Rosse stampati tra il 1974 e il 1978;
   tra i volantini vi è anche il famoso «numero 6» del 15 aprile del 1978 che annunciava la fine del «processo» ad Aldo Moro e la sua condanna a morte;
   il senatore Marcello Dell'Utri si è aggiudicato i 17 volantini alla cifra di 17 mila euro;
   come lo stesso senatore Dell'Utri ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera (30 marzo 2012), i volantini saranno esposti da fine aprile in una mostra nella sua biblioteca di via Senato a Milano;
   il fatto ha suscitato numerose proteste da parte soprattutto dei parenti delle vittime del terrorismo –:
   se non ritenga che la direzione generale degli archivi di Stato avrebbe dovuto vincolare i volantini dichiarandoli di interesse storico ed esercitare quindi il diritto di prelazione previsto dalle legge e ad acquistarli allo stesso prezzo che sono stati pagati dalla casa d'aste;
   se non ritenga possibile mettere in atto un intervento d'urgenza per bloccare la vendita e acquisire i volantini all'archivio di Stato e, ove non consentito, quali iniziative il Governo intenda assumere per assicurare che non si dia luogo a possibili altre operazioni del medesimo genere. (4-15570)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante ha chiesto se questa Amministrazione non ritenesse che la Direzione generale degli archivi avrebbe dovuto vincolare i volantini delle Brigate Rosse, stampati tra il 1974 e il 1978, venduti dalla casa d'aste Bolaffi di Milano, si comunica quanto segue.
  Il Ministero, tramite i competenti organi territoriali (la Soprintendenza archivistica per la Lombardia), era al corrente della vendita, presso la suddetta Casa d'aste Bolaffi di Milano, di comunicati e volantini delle Brigate Rosse, poi acquistati per 17 mila euro dal senatore Marcello Dell'Utri.
  Ad un esame approfondito e diretto del materiale, è apparso evidente che si trattava non di pezzi unici, ma esclusivamente di documentazione «seriale», fotocopie e/o ciclostilati tirati in numerosi esemplari, fatti ritrovare all'epoca in diversi luoghi del nostro Paese. Pertanto, in linea di principio ciascuno di essi potrebbe essere considerato un documento di interesse storico particolarmente importante solo se fosse esistente o disponibile in solo un unico o al massimo due o tre esemplari, come è il caso di tutti i documenti archivistici, che di regola esistono al massimo in due esemplari o copie.
  Altri esemplari, anche in più copie, di tutti i volantini messi in vendita presso la Casa d'aste Bolaffi sono stati acquisiti, a suo tempo, dall'autorità giudiziaria nel corso delle investigazioni relative alle attività delle Brigate Rosse e, in particolare, si è accertato, tramite il competente Archivio di Stato di Roma, che essi si trovano tutti presso l'archivio della Corte di Assise di Roma, che include gli atti del processo Moro e di altri processi relativi a fatti di terrorismo, in una serie di atti che sono in procinto di essere versati, come previsto dal Codice dei beni culturali, all'Archivio di Stato di Roma il quale ha già, come è noto, provveduto a una ricognizione della documentazione e al restauro delle lettere di Moro conservate negli atti di quel processo. In tal modo viene ad essere garantita, da parte dello Stato, la conservazione e la consultabilità degli originali autentici di tali documenti.
  Tale circostanza soddisfa, quindi, in modo esauriente il compito di tutela dei beni archivistici in questione, rendendo superfluo l'acquisto oneroso mediante prelazione da parte del Ministero di ulteriori copie dei predetti volantini e comunicati, che nulla aggiungerebbero al contenuto e al valore degli esemplari già custoditi dallo Stato.
  Si fa presente, inoltre, che, ai sensi dell'articolo 60 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, questo Ministero ha «facoltà» e non obbligo di esercitare la prelazione sui beni posti in vendita.
  Sarà compito del Ministero assicurare la conservazione e la pubblica consultabilità, anche mediante digitalizzazione e comunicazione in rete, dei documenti in questione.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   SBROLLINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   si sta vivendo un momento storico in cui la difesa dell'ambiente dovrebbe essere un tema prioritario;
   da mesi nel territorio vicentino si discute della possibile apertura di una nuova discarica per rifiuti con sito individuato tra i comuni di Malo e Monte di Malo;
   l'area in cui dovrebbe trovare destinazione la discarica, è una vera e propria cava, anche se catalogata come «miniera», quindi in un territorio che negli anni ha già avuto un utilizzo forte e gravoso, e che attende semplicemente di vedere attivate le vere procedure per il ripristino ambientale;
   le amministrazioni comunali coinvolte esprimono parere non favorevole alla realizzazione della discarica;
   i terreni ricadenti in territorio del comune di San Vito di Leguzzano (comune che insiste in una porzione territoriale dell'ipotetica discarica), identificati catastalmente al fg. 3, m.n. 291, risultano compresi all'interno del vincolo paesaggistico imposto ai sensi dell'articolo 139, lettera d) del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora articolo 136 lettera d) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42);
   è sorto ed è fortemente attivo un comitato di cittadini che da sempre si batte contro l'apertura del sito, e promuove e organizza la protesta pacifica e informata sul tema dei rifiuti e del loro smaltimento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se, per il tramite della competente soprintendenza, non intenda valutare l'espressione di un orientamento contrario, per quanto di competenza, all'autorizzazione paesaggistica trattandosi di un'area sottoposta parzialmente a vincolo e che, peraltro, attende la bonifica alla luce della cessata attività estrattiva così agendo in difesa del territorio, dei cittadini e delle amministrazioni locali che hanno espresso tutta la loro preoccupazione e contrarietà rispetto agli effetti del progetto ricordato in premessa. (4-14308)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame indicata, con cui l'interrogante, con riferimento alla possibile apertura di una nuova discarica per rifiuti in area individuata tra i comuni di Malo e Monte di Malo, chiede di sapere se questo Ministero non intenda valutare l'espressione di un orientamento contrario, per quanto di competenza, alla compatibilità paesaggistica del progetto, si rappresenta quanto segue.
  Il progetto di discarica su cui si pone l'attenzione dell'interrogante risulta sottoposto ad una procedura di valutazione di impatto ambientale regionale.
  Nel quadro di tale procedura, è stata disposta un'inchiesta pubblica, ai sensi dell'articolo 24, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  Diverse amministrazioni comunali si sono espresse in senso contrario alla realizzazione del suddetto progetto e tra queste, figurano anche le amministrazioni comunali di Monte di Malo e di San Vito di Leguzzano.
  La Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, chiamata ad esprimersi ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 3 aprile 2006, sulla compatibilità paesaggistica del progetto, acquisite le valutazioni istruttorie delle Soprintendenze di settore, con la nota n. 20624 del 14 novembre 2011 ha comunicato alla regione del Veneto il proprio parere contrario alla realizzazione dell'opera
de qua.
  La regione Veneto, ai sensi dell'articolo 10-
bis della legge 8 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, ha trasmesso il parere predetto al proponente, la società Monte Verde srl, che ha presentato le proprie osservazioni.
  Queste ultime sono state esaminate dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, che le ha ritenute non sufficienti a superare le criticità già rilevate e che avevano condotto all'emanazione di una valutazione negativa. Tale parere è stato condiviso dalla direzione regionale che, con nota prot. 5435 del 20 marzo 2012, ha confermato il proprio parere contrario sulla compatibilità paesaggistica del progetto, atteso che le osservazioni presentate dal proponente non contengono chiarimenti sufficienti a superare le seguenti motivazioni negative:
   le mitigazioni dell'impatto dell'intervento di scavo e di realizzazione dell'isolamento del fondo della discarica interferiscono negativamente con la proposta di ripristino ambientale poiché la ricostituzione delle morfologie originarie della collina non è più raggiungibile con le risagomature del materiale di riporto;
   a lavori ultimati come da sezioni e planimetrie di progetto verrebbe a formarsi una collina artificiale con andamenti rigidi e anomali rispetto agli andamenti naturali del sistema collinare circostante;
   non va trascurato l'effetto negativo connesso alla realizzazione delle opere di servizio alla discarica (viabilità, aree di sosta canalizzazioni per la raccolta del percolato).

  La direzione regionale, nel suddetto parere, è tornata, inoltre, a ribadire che, qualora il progetto proposto fosse modificato secondo le indicazioni poste nei precedenti pareri, lo stesso potrà essere valutato favorevolmente dal suddetto Ufficio.
Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.


   STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti hanno presentato una serie di atti di sindacato ispettivo, di cui alcuni con iter concluso, molti altri con iter in corso, riguardanti l'inefficiente servizio erogato nella provincia di Bergamo dall'azienda Poste Italiane;
   giungono agli interroganti continue lamentele da parte dei cittadini e degli enti locali bergamaschi sulle disfunzioni relative ai servizio erogato da Poste italiane;
   in particolare, il comune di Ghisalba (Bergamo) registra ormai da tempo lunghe code agli sportelli postali, dovute spesso al malfunzionamento dei terminali;
   gli utenti hanno segnalato lunghi tempi di consegna della posta che lì ha fatti spesso incorrere in sanzioni e/o interessi;
   dal 6 al 9 giugno 2011 è stato chiuso l'ufficio postale di Ghisalba, attraverso una semplice comunicazione al sindaco, senza la predisposizione di una soluzione alternativa atta a non creare disagi alla collettività –:
   quali iniziative intenda adottare affinché Poste italiane eroghi un servizio puntuale ed efficiente alla popolazione della provincia di Bergamo. (4-13410)

  Risposta. — In merito ai disservizi postali registrati nel comune di Ghisalba, la società Poste italiane ha rappresentato quanto segue.
  L'ufficio postale di Ghisalba, che presenta flussi di traffico particolarmente esigui, è dotato di tre sportelli ed è aperto dal lunedì al venerdì con orario 8,30/14,00 ed il sabato con orario 8,30/12,30.
  La società ha precisato che dal 6 al 9 giugno 2011, l'ufficio è rimasto chiuso per lo svolgimento di improrogabili lavori di adeguamento dell'immobile alle vigenti prescrizioni in materia di sicurezza.
  L'iniziativa è stata comunicata ai rappresentanti dell'Amministrazione comunale, mentre alla clientela ne è stata data notizia mediante appositi avvisi affissi nell'ufficio postale.
  Per quanto riguarda gli episodi di malfunzionamento dei terminali, Poste italiane ha evidenziato che l'implementazione della nuova piattaforma informatica, finalizzata al miglioramento del servizio alla clientela, ha in alcuni casi rallentato l'operatività degli sportelli, senza però mai determinarne la completa interruzione.
  Il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, non mancherà di effettuare verifiche nella provincia di Bergamo affinché siano in ogni caso, rispettati gli obblighi connessi allo svolgimento del servizio postale universale.

Il Ministro dello sviluppo economicoCorrado Passera.


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica n. 4453/2010, 4635/2010, 4636/2010, 4642/2010, 4790/2010, 5172/2010 e 5791/2010, proposti da numerosi specialisti di elicottero della Marina militare, invocano l'erogazione dell'indennità mensile di volo e dell'indennità supplementare di pronto intervento aereo anche per i mesi formalmente esclusi dagli equipaggi fissi di volo ma sostanzialmente impiegati sempre nelle medesime condizioni nell'arco dell'anno;
   un ricorrente ha avanzato all'amministrazione di competenza l'istanza per partecipare al procedimento amministrativo ed ha chiesto esplicitamente «in virtù dei principi del giusto procedimento e contraddittorio, di poter conoscere se la replica alla relazione ministeriale sia stata trasmessa o se intenda farla valutare al Consiglio di Stato» come dispone il combinato disposto dell'articolo 49 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 e l'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
   con il foglio F6/01154/6 del 10 gennaio 2012, lo Stato maggiore della Marina, sesto reparto aeromobili, ha comunicato al militare che non ha provveduto all'inoltro della replica al Consiglio di Stato per le seguenti ragioni: «codesto ricorrente aveva avanzato tale replica direttamente e per competenza al Consiglio di Stato, rendendo pertanto inutile ed irrilevante l'inoltro della stessa da parte di questo Reparto ai fini della tutela del diritto di partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo (...) la replica non aveva alcuna considerazione aggiuntiva rispetto a quelle già espresse in merito al ricorso»;
   il richiamato articolo 49, comma 2, del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 dispone che «i memoriali o documenti che gli interessati credono di sottoporre al Consiglio di Stato devono essere rassegnati al Ministero, cui spetta di provvedere. Non può tenersi conto di alcun documento non trasmesso dal Ministero» –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative volte a sanare il vulnus inferto non solo ai ricorrenti ma anche alle norme di legge e quali le eventuali azioni che intenderà avviare nei confronti dei responsabili. (4-14667)

  Risposta. — È opportuno precisare, in premessa, che il mancato inoltro della replica dei ricorrenti non è stato motivato da una valutazione di irrilevanza della stessa compiuta dall'amministrazione procedente.
  Tale replica, infatti, è pervenuta all'ufficio competente per l'istruttoria solo in data 22 novembre 2011, ovvero successivamente all'emanazione del parere definitivo del Consiglio di Stato, reso in data 16 novembre 2011 e, quindi, in una fase in cui il supremo organo di giustizia amministrativa aveva concluso l’
iter procedimentale.
  Il giudizio, ormai, era chiuso; dunque veniva meno l'obbligo di trasmissione, perché inutile ai fini del contraddittorio processuale.
  Alla luce di tali considerazioni non si ravvede la necessità di adottare le iniziative richieste dall'interrogante, atteso che risulta la correttezza procedurale e sostanziale degli atti posti in essere dall'ufficio che ha curato l'istruttoria del ricorso straordinario.

Il Ministro della difesaGiampaolo Di Paola.


   ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da un lancio dell'agenzia AGENPARL del 5 settembre risulta che dal 26 agosto 2011 è in vigore nel comune di Formello un'ordinanza comunale che dispone nella zona Valle del Sorbo il «divieto di accesso e transito da parte dei non addetti a causa di possibili focolai di tubercolosi»;
   l'ordinanza è firmata dal sindaco, Giacomo Sandri, ma le aree non risultano essere state delimitate da alcun tipo di recinzione o protezione a tutela dei cittadini;
   il degrado sanitario ed ambientale, è strettamente collegato al degrado della vita di tutti gli esseri viventi –:
   quali iniziative risulti al Governo che siano state intraprese per accertare le cause dei possibili focolai di tubercolosi, a partire dalle condizioni in cui versano gli allevamenti di animali e a quando risalgono le prime avvisaglie di rischio tubercolosi. (4-13127)

  Risposta. — Dalle informazioni acquisite presso la regione Lazio, si evince che i 5 allevamenti costituenti il pascolo collettivo della Valle del Sorbo, che viene considerato un'unica unità epidemiologica e, come tale, gestita unitariamente per un totale di circa 122 capi, sono stati sottoposti a profilassi per TBC nei giorni 8, 15 e 17 marzo 2010. Gli esiti di questi controlli hanno evidenziato la positività di due capi, e quindi è stato aperto il focolaio.
  In conseguenza è stata proposta al sindaco del comune di Formello l'emissione di ordinanze, tendenti a tutelare la salute pubblica, evitando peraltro il possibile diffondersi della malattia tra gli animali. Il sindaco di Formello ha quindi emanato le ordinanze n. 36 e n. 37 per gli allevamenti dei capi infetti e l'ordinanza n. 39 per gli allevamenti non infetti, ma che in precedenza avevano avuto contatti con i capi infetti, con le seguenti prescrizioni:
   
a) isolamento e abbattimento dei bovini infetti;
   
b) pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto;
   
c) divieto di utilizzo del latte se non dopo trattamento termico;
   
d) divieto di monta;
   
e) idonea raccolta del letame, disinfezione e conservazione per almeno 5 mesi prima dell'utilizzo;
   
f) divieto di introduzione di animali.

  Successivamente, sono stati macellati i capi infetti entro il termine previsto di 30 giorni ed il competente servizio veterinario ha continuato a svolgere la propria attività di controllo. Dall'ottobre 2010 al settembre 2011 tutti gli animali sono stati sottoposti alla nuova profilassi di Stato per TBC e si è proceduto alla macellazione di ulteriori 4 capi infetti. A seguito di due prove consecutive risultate negative, veniva richiesta al sindaco di Formello la revoca delle ordinanze ed era chiuso il focolaio di TBC. Sugli animali macellati sono stati richiesti esami batteriologici, che hanno dato esito positivo per Mycobacterium bovis, come da referto dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna.
Il Sottosegretario di Stato per la saluteAdelfio Elio Cardinale.