XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 3 maggio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione dell'Ucraina desta particolare preoccupazione in ambito europeo: diversi esponenti del precedente Governo, fra i quali l'ex Primo ministro Yulia Tymoshenko, l'ex Ministro dell'interno Yuriy Lutsenko, l'ex Ministro della difesa ad interim Valeriy Ivashchenko e l'ex Primo viceministro della giustizia Yevhen Korniychuk sono stati messi in carcere con le accuse di «abuso d'ufficio» e «abuso di poteri pubblici»;
    Yulia Tymoshenko è stata condannata a sette anni di prigione dopo che il tribunale distrettuale di Pechersky l'ha riconosciuta colpevole di «abuso di potere» in relazione ad alcuni contratti da lei siglati per le forniture di gas nel 2009, giudicati svantaggiosi per il proprio Paese; tale condanna implica l'impossibilità dell'ex Primo ministro a candidarsi alle prossime elezioni politiche e alle elezioni presidenziali;
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato il 26 gennaio 2012 la risoluzione n. 1862 del 2012 sul «Funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina», con la quale ha criticato le manchevolezze del procedimento frutto di lacune sistemiche del sistema giudiziario ucraino; inoltre, la medesima risoluzione ha rilevato la «mancanza d'indipendenza della magistratura, l'eccessivo ricorso alla custodia cautelare e la durata della medesima, la disparità tra gli strumenti a disposizione dell'accusa e della difesa e gli argomenti giuridici non pertinenti addotti dai magistrati inquirenti e giudicanti nei documenti e nelle decisioni ufficiali»;
    al peggioramento delle condizioni di salute di Yuriy Lutsenko, Valeriy Ivashchenko e Yulia Tymoshenko si aggiunge la denuncia di violenze fisiche subite dall'ex Primo ministro mentre veniva trasferita dal carcere all'ospedale;
    l'integrazione dell'economia ucraina nello spazio economico europeo continua ad essere una delle priorità dell'Unione europea; tuttavia, tale integrazione deve essere subordinata a una serie di riforme radicali nel settore giudiziario, dello Stato di diritto, della difesa dei diritti umani fondamentali, degli standard democratici, senza le quali non sarà possibile giungere all'accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea,

impegna il Governo:

   a richiedere l'immediato rilascio dell'ex Primo ministro Yulia Tymoshenko, dell'ex Ministro dell'interno Yuriy Lutsenko e dell'ex Ministro della difesa ad interim Valeriy Ivashchenko;
   a sollecitare le autorità ucraine affinché i suddetti esponenti del precedente Governo possano essere visitati da equipe mediche indipendenti, nonché dalle delegazioni del Consiglio d'Europa, dell'Unione europea, dell'Osce e dei Parlamenti nazionali che ne faranno richiesta;
   a subordinare il parere favorevole del Governo italiano all'accordo di associazione fra Ucraina e Unione europea all'approvazione di riforme per l'affermazione dello Stato di diritto e per la difesa dei diritti umani fondamentali, che avvicinino l'Ucraina agli standard democratici europei.
(1-01023) «Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».


   La Camera,
   premesso che:
    il 5 agosto 2011 il tribunale di Kiev, nel corso del processo che vedeva imputata Yulia Tymoshenko per aver stipulato un contratto per la fornitura di gas russo all'Ucraina senza aver avuto il preventivo consenso del Governo, ha ordinato l'arresto del ex Primo ministro ucraino;
    l'arresto di Yulia Tymoshenko ha fatto seguito a quello del suo ex Ministro dell'interno Yuriy Lutsenko, detenuto in carcere da tre anni con la medesima accusa;
    l'11 ottobre 2011 Yulia Tymoshenko è stata condannata a 7 anni di carcere;
    attualmente, oltre all'ex Primo ministro e al suo Ministro dell'interno, in carcere si trovano anche: l'ex Ministro della difesa Ivashchenko;
    i procedimenti penali di cui sono stati fatti oggetto gli ex rappresentanti governativi sono stati criticati da diversi organismi internazionali e l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato il 26 gennaio 2012 la risoluzione n. 1862 relativa al «Funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina», con la quale ha stigmatizzato le carenze del procedimento penale del Paese che evidenzierebbero lacune sistemiche del suo sistema giudiziario;
    in particolare, il campo di applicazione degli articoli 364 e 365, rispettivamente abuso di ufficio e abuso di pubblici poteri, in virtù dei quali sono state fondate le azioni giudiziarie nei confronti degli ex esponenti governativi, appare particolarmente ampio, permettendo una penalizzazione retroattiva delle decisioni politiche;
    nella stessa risoluzione è stata, inoltre, criticata: «la mancanza di indipendenza della magistratura, l'eccessivo ricorso alla custodia cautelare» nonché l'eccessiva durata della medesima ed anche: «la disparità degli strumenti a disposizione delle accusa e della difesa e gli argomenti giuridici non pertinenti addotti dai magistrati inquirenti e giudicanti nei documenti e nelle decisioni ufficiali»;
    nelle ultime settimane le condizioni di salute dell'ex Ministro dell'interno, dell'ex Ministro della difesa e della stessa Yulia Tymoshenko sono particolarmente peggiorate, tanto che il 16 marzo 2012 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha intimato alle autorità ucraine di fornirle le necessarie cure mediche. Una settimana dopo, però, il Parlamento ucraino ha votato contro il ricovero della Tymoshenko in una clinica specializzata, ignorando così la richiesta avanzata dalla Corte di Strasburgo;
    al momento da quanto si apprende sarebbero in corso trattative tra Ucraina e Germania per un possibile ricovero della Tymoshenko in una clinica tedesca;
    il 1o marzo 2012 il Presidente Silvio Berlusconi, nel corso della consueta riunione del Partito popolare europeo che si svolge a Bruxelles prima del Consiglio europeo, ha avanzato la proposta di istituire una commissione che studi le contromosse per ottenere la libertà dell'ex Primo ministro ucraino; la proposta ha trovato il consenso unanime dei partecipanti, tra i quali anche Angela Merkel;
    l'azione dell'Unione europea, e dei suoi leader politici, nei confronti dell'attuale Governo ucraino si inquadra nel percorso di una sempre maggiore integrazione dell'economia ucraina nello spazio economico europeo; scelta strategica questa confermata dal vertice Ucraina-Unione europea tenutosi a Kiev il 19 dicembre 2011;
    l'integrazione è, però, possibile solo a condizione che l'ex Repubblica sovietica sia disposta ad intraprendere una serie di profonde riforme proprio nel settore giudiziario e nel campo del rispetto dei diritti umani, offrendo la piena garanzia dell'affermazione di un compiuto Stato di diritto;
    in mancanza di un'apertura ucraina su un convincente piano di riforme e di garanzie sul rispetto dei diritti umani, l'Unione europea potrebbe assumere una riflessione sull'ulteriore implementazione dell'accordo di associazione e cooperazione in vigore tra Ucraina e Unione europea;
    il 21 marzo 2012 i giovani del Popolo della Libertà hanno incontrato a Roma, alla Camera dei deputati, Eugenia Tymoshenko, figlia di Yulia, l'ex Primo ministro ucraino oggi in prigione;
    l'Italia ha costantemente seguito la preoccupante situazione dello Stato di diritto in Ucraina e anche di recente il Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi, ha pubblicamente espresso forte apprensione;
    il Ministro degli affari esteri ha assicurato sia l'impegno della Farnesina, in contatto con i principali partner europei, affinché sia fatta piena luce sulle denunce del difensore civico ucraino, sia la necessità di mantenere una crescente pressione sul caso,

impegna il Governo:

   a farsi promotore presso i competenti organismi internazionali di ogni possibile intervento mirato a sollecitare il rispetto dei diritti legali e un'adeguata assistenza sanitaria a favore di Yulia Tymoshenko e dell'ex Ministro dell'interno Yuriy Lutsenko, nonché dell'ex Ministro della difesa Ivashchenko, anche in vista di possibili soluzioni dei loro casi per ragioni umanitarie, considerando anche l'eventualità di un possibile rilascio, in particolare alla luce delle loro condizioni di salute;
   a sollecitare l'Unione europea, nel suo complesso, ad un'azione diplomatica di sensibilizzazione che possa accelerare e facilitare lo sviluppo in Ucraina di un percorso di riforme necessarie alla piena affermazione nel Paese di uno Stato di diritto, ponendo questa come condizione necessaria per l'associazione politica e l'integrazione economica del Paese con l'Unione europea.
(1-01024)
(Nuova formulazione) «Calabria, Baldelli, Frattini, Pianetta, Biancofiore, Boniver, Formichella, Di Virgilio, Saltamartini, Barani».
(3 maggio 2012)

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    in occasione di una visita ufficiale è stata concessa nel 2010 al presidente siriano Bashar Assad l'onorificenza dell'ordine al merito della Repubblica italiana;
    lo scambio di onorificenze in occasione di visite di Stato rientra nelle consuetudini del protocollo diplomatico, trattandosi di un riconoscimento accordato alle più alte cariche di uno Stato, senza un giudizio di merito puntuale sulla personalità insignita;
    i fatti che hanno insanguinato la Siria a partire dal marzo 2011 e l’escalation di una repressione governativa dura e indiscriminata che ha colpito la popolazione civile provocando oltre 9000 vittime vede una pesante responsabilità politica del presidente Assad che gli è valsa la condanna unanime della Comunità internazionale e che rende – comunque evolvano gli sforzi diplomatici in corso – del tutto inopportuno il mantenimento dell'onorificenza concessa;
    anche sul piano diplomatico, l'Italia, sin dall'inizio della crisi, ha assunto una posizione molto ferma e, il 14 marzo 2012, ha – insieme ai principali partner dell'Unione europea – sospeso l'attività della propria ambasciata a Damasco e rimpatriato lo staff della sede diplomatica, mentre il regime di Bashar Assad appariva sempre più chiuso in una posizione di stallo;
    ai sensi dell'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, incorre nella perdita dell'onorificenza l'insignito che se ne renda indegno, e la revoca è pronunciata su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

ad attivare tutte le procedure necessarie volte a revocare l'onorificenza concessa al presidente siriano Bashar Assad.
(7-00852) «Pistelli, Pianetta, Tempestini».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    i dati occupazionali del nostro Paese devono preoccupare e non poco rispetto alle ricadute sociali sui territori;
    in particolare, assume connotati assai drammatici la situazione concernente il Mezzogiorno;
    nel primo semestre del 2011 il tasso di disoccupazione al Sud ha raggiunto il 13,2 per cento contro il 5,5 per cento nel Nord;
    il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 39 per cento contro il 6 per cento nel Centro-nord;
    il tasso di occupazione femminile è pari al 30,7 per cento contro il 55,4 per cento nel Centro-nord;
    a tutto ciò va aggiunto il peso del lavoro sommerso;
    in molti comuni vi sono inoltre centinaia di lavoratori che beneficiano di ammortizzatori in deroga, espulsi da ristrutturazioni industriali avvenute molti anni fa e in contesti in cui la ricollocazione si fa sempre più difficile anche in relazione all'età;
    con la riforma della previdenza si sono allungati i requisiti per l'accesso alla pensione di persone che non lavorano da anni e per i quali oggettivamente non di vede alcuna via di uscita in assenza di investimenti che rimettano in moto l'economia;
    spesso il trattamento dell'ammortizzatore in deroga è al di sotto della soglia di povertà;
    il vincolo del patto di stabilità sta soffocando gli enti locali che non sono più in grado di mantenere i servizi per la comunità;
    per questi lavoratori si potrebbe ipotizzare una forma di impiego a tempo per le amministrazioni comunali per far fronte a servizi importanti come la cura del verde, la sicurezza dei parchi, la raccolta differenziata, la manutenzione e messa in sicurezza del territorio, anche in relazione alla prevenzione degli effetti legati alle calamità atmosferiche;
    per fare questo occorre una deroga al patto di stabilità al fine di consentire agli enti locali di mettere in piedi progetti concreti e non clientelari legati alle esigenze della comunità, impiegando persone che sono ai margini della collettività,

impegna il Governo:

ad assumere tempestivamente iniziative normative per prevedere la possibilità per i comuni interessati da crisi industriali e con lavoratori che beneficiano di ammortizzatori sociali in deroga, di derogare al patto di stabilità con la presentazione di progetti di impiego temporaneo per questa platea e sulla base delle emergenze e delle specificità presenti sui territori interessati.
(7-00851) «Berretta, Burtone».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    le patate rappresentano la produzione orticola più importante, dopo il pomodoro, sia per investimenti che per quantità prodotte;
    il settore delle patate è ad oggi l'unico comparto produttivo a non essere regolamentato da una specifica organizzazione comune di mercato (OCM);
    in Italia operano circa 105.640 aziende agricole, su una superficie coltivata di circa 80.000 ettari; per una produzione italiana di circa 1,8 milioni di tonnellate, di cui 1,2 milioni di tonnellate di patate comuni e seicento mila tonnellate di patate novelle;
    l'Italia, fin dal 1988 ha utilizzato risorse nazionali, aiuti di Stato, per finanziare due interventi per la gestione del mercato della patata, ossia quelli di cui all'accordo interprofessionale per la trasformazione industriale e lo Stoccaggio privato per il prodotto destinato al mercato del fresco;
    da oltre vent'anni gli strumenti attivati in Italia per la gestione del mercato, quali l'accordo interprofessionale per le patate destinate alla trasformazione industriale e lo stoccaggio privato per il mercato del fresco, hanno permesso di superare le cicliche crisi che colpivano il settore fino agli inizi degli anni ’90. Inoltre, tali misure hanno consentito ai sistemi organizzati di investire in strutture che hanno permesso l'innovazione tecnologica attraverso la quale è stato possibile migliorare la qualità del prodotto avendo particolare attenzione ai problemi legati agli aspetti sanitari e ambientali;
    ai sensi dell'articolo 43 del regolamento (CE) n. 1182 del 26 settembre 2007, relativo alla riforma del settore ortofrutticolo, è stato definito che gli Stati membri potevano continuare ad erogare aiuti di Stato al settore delle patate fino al 31 dicembre 2011;
    col decreto ministeriale del 23 ottobre 2010, è stato autorizzato tramite l'AGEA, lo stanziamento di sei milioni di euro per l'attuazione dell'accordo interprofessionale per le patate destinate alla trasformazione industriale e per lo stoccaggio privato di patate da consumo fresco, campagna 2010;
    a novembre 2011 è stato inoltre firmato l'accordo interprofessionale per le patate destinate alla trasformazione industriale, ma il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non ha ancora predisposto il decreto d'impegno per l'anno 2011;
    va considerato inoltre che a partire dal 2014 le patate dovrebbero entrare nelle regole della politica agricola comune con una propria organizzazione comune di mercato mentre per le campagne 2012 e 2013 il settore risulta sprovvisto di strumenti finanziari indispensabili per garantire una corretta gestione del mercato;
    nella proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune COM (2011) 625/3, non vi è alcun riferimento esplicito al settore delle patate;
    all'articolo 38 della proposta di regolamento, nel titolo IV relativo al sostegno accoppiato, nella lunga lista dei prodotti per i quali gli Stati membri hanno facoltà di concedere un sostegno accoppiato agli agricoltori, non vi è alcun riferimento alla patata da consumo;
    alla luce delle suindicate criticità sarebbe auspicabile introdurre una deroga all'applicazione del regolamento (CE) n. 1182/2007, al fine di gestire il mercato con misure di carattere nazionale, atteso che le patate nel biennio 2012-2013 sono fuori dalle regole della politica agricola comune non avendo una specifica organizzazione comune di mercato,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza al fine di corrispondere nel più breve tempo possibile il contributo per il sostegno dei meccanismi di gestione per il mercato della patata, di cui all'accordo interprofessionale per le patate destinate alla trasformazione industriale e per lo stoccaggio privato di patate da consumo fresco, con risorse adeguate alla media dell'ultimo triennio pari a sette milioni di euro;
   ad attivarsi presso la Commissione europea al fine di prevedere l'inserimento del settore produttivo delle patate da consumo nell'elenco dei comparti che possono utilizzare le misure di sostegno accoppiate previste dall'articolo 38 della proposta di regolamento di cui in premessa.
(7-00849) «Di Giuseppe, Rota».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la produzione di patate è distribuita su tutto il territorio nazionale e – secondo i dati forniti dalle associazioni di categoria – interessa 80.000 ettari, per una produzione di 1,8 milioni di tonnellate e una produzione lorda vendibile pari a circa 1 miliardo di euro;
    il settore della patata è l'unico comparto produttivo non regolamentato dalla politica agricola comune (PAC) e non gode pertanto di alcun sostegno comunitario;
    in Italia, sin dal 1988, sono stati autorizzati aiuti nazionali, per finanziare due interventi per la gestione del mercato della patata; l'accordo interprofessionale per la trasformazione industriale e lo stoccaggio privato per il prodotto destinato al mercato del fresco;
    tali strumenti – a fronte di un impegno finanziario contenuto (circa l'1 per cento della PLV del comparto) – hanno conseguito effetti estremamente positivi, permettendo ai sistemi organizzati di investire nell'innovazione tecnologica attraverso la quale è stato possibile migliorare la qualità del prodotto, avendo particolare attenzione ai problemi legati agli aspetti sanitari e ambientali; inoltre, hanno consentito il superamento delle cicliche crisi che colpivano il settore e la salvaguardia del reddito dei produttori, con ricadute positive per tutta la filiera agroalimentare;
    da ultimo, con il regolamento (CE) n. 1182/2007, relativo alla riforma del settore ortofrutticolo (poi trasfuso nel regolamento (CE) n. 1234/2007), è stato previsto che gli Stati membri possono continuare a erogare aiuti di Stato nel quadro di un regime esistente per la produzione ed il commercio di patate, fresche o refrigerate, fino al 31 dicembre 2011;
    per tali finalità, l'Italia ha messo a disposizione mediamente 7 milioni di euro l'anno, ma restano ancora da erogare una quota delle risorse relative alla campagna 2010 e l'intero ammontare delle risorse per il 2011;
    dal 2011, inoltre, le superfici agricole coltivate a patate da consumo, finora non ammesse al regime del pagamento unico aziendale possono essere utilizzate per la richiesta di premi PAC, ma senza attribuzione di titoli supplementari;
    a partire dal 2014, entrerà in vigore la nuova politica agricola comune, ma la proposta di regolamento sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (COM (2011) 625), non fa esplicito riferimento alle future regole da applicare al settore delle patate; lo stesso articolo 38 di tale proposta di regolamento, nella lista dei prodotti per i quali gli Stati membri hanno facoltà di concedere un sostegno accoppiato agli agricoltori, citano la patata di fecola, ma non quella da consumo;
    in questa prospettiva, è importante che il nostro Paese si attivi affinché le patate possano avere una specifica organizzazione comune di mercato (OCM) o in alternativa affinché si preveda l'inserimento delle patate nella lista dei prodotti di cui al citato articolo 38;
    per le campagne 2012 e 2013 il settore risulta, al momento, sprovvisto di strumenti finanziari indispensabili per garantire una corretta gestione del mercato nel periodo transitorio e non vanificare i risultati positivi fino ad oggi raggiunti;
    per tale periodo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali risulta orientato a predisporre un piano pataticolo nazionale con il quale sostenere il settore, con le misure previste dal decreto legislativo n. 102 del 2005, come l'attivazione da parte delle organizzazioni di produttori dei piani operativi sul modello dell'ortofrutta;
    risulta tuttavia indispensabile individuare strumenti finanziari specifici per garantire una corretta gestione del mercato nel periodo transitorio e non vanificare i risultati positivi fino ad oggi raggiunti,

impegna il Governo:

   a provvedere all'erogazione degli aiuti nazionali al settore delle patate già autorizzati per la conclusione delle campagne relative all'anno 2010 e all'anno 2011;
   ad attivare presso le istituzioni europee tutte le iniziative necessarie affinché, nell'ambito del processo di riforma della politica agricola comunitaria, si preveda una specifica organizzazione comune di mercato per le patate da consumo ovvero l'inserimento delle patate nella lista dei prodotti per i quali gli Stati membri hanno la facoltà di concedere un sostegno «accoppiato» agli agricoltori, ai sensi dell'articolo 38 della proposta di regolamento sui pagamenti diretti agli agricoltori (COM(2011) 625 definitivo);
   ad attivare presso le istituzioni europee tutte le iniziative necessarie affinché sia consentita in via transitoria la prosecuzione degli aiuti nazionali al settore per gli anni 2012 e 2013, fino all'entrata in vigore della riforma della politica agricola comunitaria.
(7-00850) «Paolo Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   alla foce del fiume Pescara esiste una situazione di notevole ammasso di detriti determinato sia da un notevole lasso di tempo trascorso dall'ultimo intervento di dragaggio, sia dalla realizzazione, negli anni passati, di una diga foranea che rallenta e parzialmente ostacola il libero corso e il deflusso delle acque fluviali, aggravando in modo esorbitante l'insabbiamento del fiume;
   tale situazione ha gradatamente reso impraticabile il porto fluviale di Pescara, con gravissimi danni per il transito dei natanti da pesca e di trasporto di merci e persone, con gravi influenze sull'economia locale, sia per le attività turistiche e commerciali sia, e soprattutto, per quelle relative alla pesca ed alla flotta peschereccia che tale porto utilizza, senza considerare i gravi pericoli di esondazioni nella città segnalati dall'ufficio del genio civile con un allarmante comunicato del 19 gennaio 2012;
   dopo un parziale ed infruttuoso intervento di dragaggio che ha comportato ad avviso degli interpellanti un non proficuo impiego di denaro pubblico e l'aggravamento della situazione al punto da rischiare la totale chiusura alla navigazione, il Governo ha nominato commissario straordinario per la soluzione del problema, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3948 in data 20 giugno 2011, il presidente della provincia di Pescara, dottor Guerino Testa;
   questi ha dato rapidamente avvio all'esecuzione di un progetto di rimozione dei depositi e scarico nel mare (così ponendo rimedio all'ostacolo determinato dalla diga) su progetto già a suo tempo approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto in data 20 settembre 2011, previa analisi dell'ARTA regionale e con progetto sul quale ha espresso parere favorevole l'ISPRA, affidando l'appalto alla ditta Gregolin Lavori Marittimi S.r.l. di Venezia;
   due ore dopo l'inizio dei lavori è intervenuto personale della polizia giudiziaria, su mandato della procura della Repubblica dell'Aquila, in funzione di procura distrettuale antimafia (articolo 51, comma 3-bis, codice di procedura penale) ipotizzando un tentato traffico di rifiuti a scopo di lucro (in relazione alla mera esecuzione degli atti governativi suddetti) a carico della ditta esecutrice e del responsabile dei lavori;
   con provvedimento in data 29 dicembre 2011, il tribunale del riesame dell'Aquila ha posto nel nulla il sequestro del natante della ditta Gregolin con il materiale dragato e stivato nella nave, da un lato affermando l'insussistenza del reato, dall'altro lasciando aperte le soluzioni del problema alla luce della diversità di risultati tra le analisi effettuate dall'ARTA regionale e quelle eseguite dal perito incaricato dalla procura;
   il procedimento è tuttora pendente all'Aquila, nonostante la revoca del sequestro ordinata dal tribunale dell'esame e supportata da una chiara motivazione;
   si registra, a giudizio degli interpellanti, la totale assenza di eventuali, ulteriori approfondimenti dei presupposti e contorni della vicenda, che la procura dell'Aquila non ha ritenuto, né ritiene di effettuare a distanza di circa quattro mesi dal provvedimento di sequestro;
   risulta gravissima la situazione in cui, a causa di tale immobilismo, oltre che del traffico commerciale e passeggeri, versa anche e soprattutto l'intera marineria pescarese, che conta una flotta peschereccia tra le più importanti dell'Adriatico e che sta provocando reazioni di grande impatto sociale;
   si è verificata una divergenza tra i risultati degli esami del materiale estratto ottenuti dall'ARTA Abruzzo (confermati da analisi eseguite dall'ARPA Marche) rispetto a quelli ottenuti dal perito incaricato dalla procura (la società INDAM srl, istituto privato accreditato per l'analisi di materiali qualificabili come rifiuti, peraltro già partecipe di analoga vicenda, anche se più modesta, riguardante il dragaggio del porto turistico di Pescara, a causa dell'utilizzo della sabbia dragata per il ripascimento della riviera pescarese, sabbia anch'essa ritenuta inquinata dalla stessa INDAM srl, ancora una volta in contrasto con i risultati dell'ARTA);
   è da stigmatizzare anche la posizione inopinatamente assunta dall'ISPRA che, chiamata a risolvere la divergenza tra i risultati dell'ARTA e quelli dell'istituto privato, ha ritenuto di chiamare in causa l'Istituto superiore di sanità, attraverso richiesta di un parere, determinando così una ulteriore dilatazione dei tempi;
   la situazione è ad oggi ancora in sospeso, nonostante i numerosi solleciti operati dal commissario straordinario ed altrettante numerose iniziative del prefetto di Pescara;
   la ditta appaltatrice, apprestandosi a richiedere alla stazione appaltante un consistente risarcimento dei danni subiti, decorsi i tempi di legge, ha scaricato quanto prelevato nel fiume ed ha lasciato Pescara, non essendo stato possibile far scaricare almeno quanto prelevato dalla draga in una zona ad hoc a causa di difficoltà logistiche e procedurali. Nessun altro sito a terra è stato possibile rinvenire in Abruzzo e in altre regioni a tale scopo, come pure nessuna soluzione è stata offerta o consentita dalle autorità ministeriali;
   frattanto, i danni per eventuali responsabilità nei confronti della ditta appaltatrice, a causa del blocco di fatto della navigabilità del fiume ed i gravi pericoli di disastri per esondazioni, permangono e si accrescono nel tempo con l'accumulo di nuovi materiali e con l'approssimarsi della stagione estiva, che non permetterebbe l'esecuzione di tali operazioni;
   potrebbe verificarsi il paradosso per cui, ove risultassero effettivamente inquinati i materiali di scavo, occorrerebbe agire, anche per via giudiziaria, sulle cause dell'inquinamento e quindi coinvolgere il commissario straordinario governativo nominato appunto per tali problematiche riguardanti il bacino del fiume Pescara e che, invero, con atteggiamento ad avviso degli interpellanti pilatesco, sembra essersi assolutamente disinteressato della vicenda che lo riguarda in prima persona, come pure sarebbe opportuna secondo gli interpellanti una maggiore attenzione da parte della magistratura inquirente sul medesimo tema; invece sull'ipotesi di grave e non rimuovibile inquinamento nel fiume e sulle relative responsabilità, non risultano indagini;
   a seguito dell'entrata in vigore del recente decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, articolo 24, la competenza della materia è stata trasferita alle regioni, il che se disegna un nuovo scenario di attribuzioni, poteri e responsabilità, non fa certamente tabula rasa di quanto accaduto sino ad oggi;
   né la mappa delle nuove responsabilità cancella l'impegno assunto, e non onorato, da ISPRA di fornire un chiarimento definitivo sulla correttezza delle procedure di analisi seguite dall'uno o dall'altro dei laboratori coinvolti, con il che potrebbe riproporsi quanto già avvenuto in occasione del terremoto dell'Aquila in riferimento alle mancate o inadeguate determinazioni della commissione grandi rischi, circa gli allarmi pervenuti ai suoi componenti e per cui la stessa procura dell'Aquila ha proceduto per via giudiziaria;
   si pone comunque il problema della salvaguardia delle attività economiche collegate alla fruizione piena del porto pescarese, certamente quelle commerciali e turistiche ma in primis quelle svolte dalla flotta peschereccia, che dovrà abbandonare del tutto il porto canale se verranno a mancare, ancor più di oggi, le garanzia di navigabilità in sicurezza del fiume Aterno-Pescara; la gravità economica è confermata dalla disponibilità dimostrata dall'ABI Abruzzo di utilizzare a tale scopo gli strumenti previsti dall'accordo «Nuove misure per il credito alle PMI» sottoscritto a livello nazionale dall'ABI in data 23 febbraio 2011;
   secondo gli interpellanti non sono ammissibili la serie di veti incrociati e l'assenza di legittime soluzioni in positivo del gravissimo problema in questione, che vede ancora oggi in primo piano la responsabilità dell'ISPRA per la mancanza di risposte dalle quali non può sottrarsi, nonostante le nuove norme in materia –:
   se le autorità statali, ciascuna per quanto di competenza e nell'esercizio dei poteri derivanti dal principio di sussidiarietà, non debbano disporre o consentire una rapida soluzione al problema, non solo attraverso l'ISPRA ed i suoi vertici, ma anche attraverso il commissario straordinario per il fiume Aterno-Pescara, Adriano Goio, nominato sin dal 2006, le cui competenze riguarderebbero specificamente la realizzazione di opere di regolazione della portata del fiume e di collettamento degli scarichi civili ed industriali, con lo scopo di ridurre il livello dell'inquinamento, oltre che l'adozione di tutte le altre iniziative necessarie al superamento delle emergenze idraulica ed ambientale;
   se il Governo non ritenga di definire per quanto di competenza, la modalità di soluzione del problema per l'immediato, in tal senso precisando ed integrando il mandato conferito al commissario Testa, concordando con la regione forme e procedure;
   se non ritengano, altresì, di avviare ogni iniziativa di competenza per agevolare quanto più possibile, l’iter per la definitiva attuazione del piano regolatore portuale, in cui è prevista la modifica della diga foranea, così da riattivare il deflusso delle acque fluviali verso il mare e di promuovere, anche attraverso il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica su eventuali illeciti sversamenti di materiali inquinanti nel fiume Pescara sia in passato che allo stato attuale;
   se non si ritenga di dare ulteriore e doveroso sostegno alla marineria pescarese, assumendo le iniziative di competenza per ampliare nei termini quantitativi e migliorare nelle modalità le provvidenze che essa potrà conseguire per il prossimo fermo biologico.
(2-01466) «D'Incecco, Minniti, Veltroni, Ventura, Barbi, Tidei, Zunino, Fedi, Maran, Vassallo, Ferrari, Bindi, Marco Carra, Ossorio, Gentiloni Silveri, Cavallaro, Soro, Baretta, Causi, Rossomando, Bocci, Morassut, Fogliardi, Argentin, Cuomo, Pisacane, Milo, Berretta, Migliavacca, Misiani, Sposetti, Tocci, Cuperlo, Gatti, Touadi, Capano, Bernardini, Agostini, Grassi, Antonino Russo, Gasbarra, Bobba, Melandri».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   nell'audizione avvenuta il 21 marzo 2012 dalle 8:30 nelle Commissioni riunite VII e VIII del Senato sulle problematiche emerse nel settore internet in materia di diritto d'autore, il Presidente dell'autorità garante delle comunicazioni Corrado Calabrò ha espresso la volontà di attendere una proposta di legge adottata su iniziative del Governo che ribadisca la legittimazione dell'Agcom e ne definisce meglio la competenza e i poteri nella materia del diritto d'autore, prima di adottare il regolamento concernente la disciplina del diritto d'autore;
   su organi di stampa (in particolare, su La Stampa con un articolo di Anna Masera dal titolo «Agcom, ecco la bozza per normare per decreto il diritto d'autore su Internet,» pubblicato il 29 marzo 2012) è stato pubblicata una bozza del suddetto provvedimento interpretativo del Governo che espande le competenze dell'Agcom, inclusa la capacità di inibire l'accesso ai siti esteri sospettati di violare il copyright;
   secondo le dichiarazioni del Presidente dell'autorità garante delle comunicazioni Corrado Calabrò nella stessa audizione al Senato del 21 marzo 2012 le modifiche che l'Autorità si appresta ad introdurre al regolamento sul diritto d'autore includono l'inibizione dell'accesso ai siti esteri, una misura non presente nel regolamento posto in consultazione la scorsa estate e già oggetto di notifica alla Commissione europea; pertanto, il nuovo regolamento, contenendo condizioni più restrittive rispetto a quelle già comunicate, deve essere nuovamente notificato, in ossequio della direttiva 98/34/CE, alla Commissione per una valutazione prima di una qualsiasi applicazione;
   nonostante la bozza iniziale del regolamento dell'autorità garante delle comunicazioni contenesse la volontà di riforma del mercato dei contenuti digitali, niente di tutto ciò pare essere contenuto nel testo illustrato nelle Commissioni riunite venendo meno l'elemento di maggiore interesse per i cittadini questo nuovo regolamento rischia di apparire secondo gli interpellanti come un mero strumento repressivo;
   il Consiglio dell'autorità garante delle comunicazioni è prossimo, alla sua scadenza ordinaria, un contesto inopportuno per affrontare un'intempestiva riforma dei suoi poteri e competenze nonché, per il Consiglio stesso, per adottare il regolamento più complesso e problematico dal suo insediamento nel 2005;
   il quadro legislativo di riferimento per la disciplina del diritto d'autore risale al 1941 e nella mutata condizione dell'ambiente in cui opera, data l'evoluzione tecnologica e la sostanziale inapplicabilità di alcune misure legislative si impone la necessità di avviare una nuova iniziativa parlamentare che possa rispondere alle necessità contingenti meglio di azioni, come il nuovo regolamento dell'autorità garante delle comunicazioni e eventuali disposizioni interpretative del Governo, che mantengono nella sostanza, il quadro normativo vigente nella sua inadeguatezza –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in materia di diritto d'autore, quale contenuto abbia l'eventuale proposta normativa in itinere, citata dal presidente dell'Autorità garante delle comunicazioni e se il Governo intenda assumere una specifica iniziativa, per quanto di competenza, con riferimento alle delicate questioni indicate in premessa.
(2-01468) «Della Vedova, Giulietti, Rao, Beltrandi, Barbaro».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
    dall'inizio del 2012, ben quattro voli della compagnia Ryanair decollati dall'aeroporto di Milano-Orio al Serio sono stati bloccati inaspettatamente;
   nella serata di lunedì 6 febbraio 2012, il volo Ryanair FR-4523, partito da Orio per l'aeroporto belga di Bruxelles Charleroi, è stato costretto ad un atterraggio di emergenza;
   mercoledì 4 aprile 2012, il volo Ryanair FR 1703 da Milano-Orio al Serio diretto all'aeroporto East Milands di Nottingham è stato costretto ad un atterraggio di emergenza a Francoforte per motivi di sicurezza;
   martedì 24 aprile 2012, il volo delle 17 della Ryanair diretto a Brindisi ha dovuto rientrare pochi minuti dopo la partenza a causa di un problema tecnico;
   mercoledì 25 aprile 2012, il volo Ryanair FR 4001 delle ore 14 per Lanzarote, a seguito di un guasto, è rientrato dopo qualche minuto –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano assumere, anche per il tramite dell'ENAC, le iniziative di competenza volte a fare piena luce sui fatti e a garantire la massima sicurezza. (4-15867)


   STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'apertura di nuove case da gioco può avvenire nel nostro Paese solo in forza di un'apposita disposizione normativa, in deroga agli articoli 718 e seguenti del codice penale;
   è interessante segnalare la procedura adottata dalla Valle d'Aosta per l'istituzione della casa da gioco di Saint Vincent, alla quale si è provveduto con decreto del presidente del consiglio della regione, recante la data del 3 aprile 1946, adottato in esecuzione del decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, con il quale alla Valle d'Aosta era stata data competenza amministrativa nelle iniziative in materia turistica, di vigilanza alberghiera, di tutela del paesaggio e di vigilanza sulla conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
   l'adozione di tale procedimento aveva creato qualche perplessità circa la sua legittimità, poiché non esisteva una normativa di rango legislativo che autorizzasse l'istituzione della casa da gioco valdostana. Tali dubbi non sono stati del tutto fugati neanche in seguito alla costituzione della Valle d'Aosta in regione autonoma a statuto speciale, avvenuta con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4;
   da tempo si discute in Parlamento per superare il sopramenzionato regime restrittivo, in virtù del quale sono solo quattro le case da gioco aperte in Italia: Venezia, Sanremo (Imola), Campione d'Italia (Como) e Saint-Vincent (Aosta);
   taluni altri comuni hanno avanzato negli anni la richiesta di apertura di case da gioco, senza ricevere una positiva risposta dagli organi istituzionali competenti;
   in particolare, la valenza turistica e le ricadute occupazionali che, di regola, caratterizzano l'istituzione di una casa da gioco assumono un notevole rilievo per il comune di San Pellegrino Terme (Bergamo), il quale, sotto il profilo economico, a causa delle limitate prospettive di sviluppo industriale e della stessa attività artigianale, una volta colonna portante dell'economia locale, attraversa una fase critica;
   nel 2001 è stata approvata la riforma al titolo V della Costituzione che ha ampliato le competenze regionali –:
   se non ritenga necessario assumere iniziative normative, che, sulla scorta dell'esperienza europea che ha incentivato l'apertura di case da gioco in centri turistici medio-piccoli, permettano ad ogni singola regione, ove esistano ragioni storiche o condizioni ambientali favorevoli per l'esercizio di una casa da gioco, di concedere la relativa autorizzazione che consentirebbe tanto un riequilibro territoriale, quanto maggiori possibilità di controllo dal punto di vista dell'ordine pubblico;
   se ritenga urgente promuovere una normativa organica che legittimi e stabilisca i limiti e le condizioni dell'esercizio del gioco d'azzardo, permettendo a realtà quali il comune di San Pellegrino Terme (Bergamo) di realizzare un progetto che permetterebbe il rilancio economico-alberghiero di una zona fortemente colpita dalla grave crisi internazionale. (4-15894)


   DE CAMILLIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, prevede misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro;
   l'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2012)» stabilisce che «per il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2012 sono prorogate le misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro, previste dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126»;
   tale comma, inoltre, stabilisce l'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché il limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione fiscale dei premi produttività, così come stabilito «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al fine del rispetto dell'onere massimo fissato al secondo periodo»;
   ad oggi il medesimo decreto non risulta ancora adottato –:
   quali siano i motivi perché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, così come disposto dall'articolo 33, comma 12, della legge n. 183 del 2011 non è stato ancora adottato;
   se intendano dare attuazione alla normativa descritta in premessa. (4-15895)


   STRIZZOLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri, con l'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza 5 settembre 2008, n. 3702, ha nominato il presidente della regione Friuli Venezia Giulia «commissario delegato per l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell'area interessata dalla realizzazione della terza Corsia del tratto autostradale della A 4 compreso tra Quarto d'Altino e Villesse nonché dell'adeguamento a sezione autostradale del raccordo Villesse-Gorizia»;
   contestualmente, soggetti attuatori sono stati nominati l'assessore ai trasporti e mobilità della regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi e il commissario per la Pedemotana Veneta, Silvano Vernizzi;
   con nuova ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 maggio 2009, alle competenze del commissario delegato per la terza corsia che già prevedevano i poteri sostitutivi rispetto a quelli del CIPE e, nel settore ambientale, quelle del ruolo di arbitro della procedura di VIA, sono stati aggiunti quelli della possibilità di adottare procedure abbreviate anche per la realizzazione delle opere di viabilità ordinaria per agevolare l'apertura più rapida dei cantieri di lavoro;
   il commissario delegato e i due soggetti attuatori (vice-commissari), sono stati affiancati da una struttura composta da cinque persone, da due consulenti e da un comitato tecnico-scientifico preposto all'istruttoria per la valutazione dei progetti, compresi quelli definitivi;
   alla struttura commissariale sopra descritta viene garantito da Autovie Venete Spa il supporto tecnico, logistico ed operativo;
   il commissario delegato e i due soggetti attuatori hanno annunciato di aver rinunciato al compenso di propria spettanza per la funzione svolta;
   durante il 2009, il 2010 e nel primo semestre del 2011, si è assistito ad una serie di dichiarazioni fatte agli organi di stampa in relazione all'attività svolta, da cui emergono difficoltà in particolare per il reperimento delle risorse necessarie alla realizzazione della terza corsia della A 4, opera considerata indispensabile dai soggetti istituzionali, economici e sociali del Friuli Venezia Giulia per lo sviluppo dei traffici e degli scambi economici tra il Nord-est, l'Italia e l'Europa Centrale e balcanica;
   nel corso del mese di luglio del 2011, nuovo commissario delegato viene nominato, con ordinanza del 22 luglio, l'architetto Riccardo Riccardi, già soggetto attuatore e assessore regionale alle infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale e lavori pubblici che, sempre da notizie di stampa, conferma la struttura commissariale;
   nonostante i notevoli poteri straordinari assegnati al commissario delegato e alla struttura commissariale, si riscontrano ritardi nella attuazione dell'opera della terza corsia ed, inoltre, appare non efficace e trasparente – in una affievolita distinzione di ruoli, funzioni e responsabilità – il rapporto economico, tecnico-amministrativo e giuridico tra la struttura commissariale, la società Autovie Venete spa e l'assessorato regionale cui è preposto l'architetto Riccardi –:
   se il Governo abbia svolto una valutazione sulla efficacia della struttura commissariale, anche alla luce del sovrapporsi di ruoli e di responsabilità tra i vari soggetti a diverso titolo coinvolti nella realizzazione della terza corsia;
   se sia stata effettuata una valutazione circa il rapporto tra i costi complessivi – sostenuti da e per la struttura commissariale – e i risultati fin qui ottenuti;
   se non ritengano più opportuno ed efficace, attribuire direttamente i poteri e le funzioni della struttura commissariale ad Autovie Venete spa, società a capitale largamente pubblico e controllata dalla regione Friuli Venezia Giulia tramite la finanziaria Friulia spa, superando o semplificando così diversi passaggi burocratici e amministrativi e diminuendo i costi gestionali;
   se il Governo, considerato che la realizzazione della terza corsia della A 4 è un'opera di rilevanza strategica non solo regionale ma nazionale ed internazionale, intenda intervenire a sostegno dell'opera stessa anche attraverso una rinegoziazione dei rapporti finanziari oggi esistenti tra lo Stato e la regione Friuli Venezia Giulia.
(4-15906)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCUSO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Siria è teatro di una sanguinosa guerra civile che sta mietendo numerose vittime tra la popolazione civile;
   la Siria è mecca degli archeologi di tutto il mondo per il suo patrimonio preistorico, greco, bizantino e islamico;
   il Paese ospita alcune delle più imponenti fortezze crociate al mondo, come il Krak dei Cavalieri, considerato patrimonio dell'umanità;
   Hiba al-Sakhal, responsabile dei musei siriani, ha denunciato che negli ultimi 4 mesi si sono verificati diversi saccheggi;
   secondo gli esperti i reperti trafugati sono stati contrabbandati in Libano e in paesi vicini per essere venduti sul mercato nero;
   si temono ulteriori gravi danni che il patrimonio culturale del Paese potrebbe subire causa il protrarsi delle violenze in corso da oltre un anno;
   colpita da saccheggi e danni anche la città di Ebla, dove nel 1975 furono portati alla luce gli archivi reali, contenenti oltre 17.000 tra tavolette e frammenti di tavoletta d'argilla con iscrizioni cuneiformi in eblaita, risalenti al periodo tra il 2500 e il 2200 a.C.;
   da tali documenti si è avuta la prova dell'esistenza di una grande cultura urbana anche nella Siria del III millennio avanti Cristo;
   la missione archeologica di Ebla era guidata dal professore romano Paolo Matthiae, dell'università La Sapienza;
   Matthiae opera nel Paese siriano ininterrottamente dal 1975;
   la lingua dei documenti rinvenuti è stata studiata e sostanzialmente avviata alla decifrazione dall'epigrafista della missione italiana, il professor Giovanni Pettinato, dell'università La Sapienza di Roma –:
   se il Governo intenda intervenire sul Governo siriano con azioni diplomatiche per evitare che l'importantissimo patrimonio culturale siriano, e in particolare gli archivi reali di Ebla venga danneggiato o trafugato. (4-15908)

AFFARI EUROPEI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI e CROLLA. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi due anni e mezzo l'Unione europea ha speso oltre 11 milioni di euro per le procedure di preselezione del proprio personale;
   nel luglio 2009 l'EPSO, la struttura che si occupa del servizio di selezione del personale delle istituzioni comunitarie, strinse un accordo quadro con la Prometric Ltd, società privata statunitense che si occupa della logistica dei test e del servizio di hosting della banca dati EPSO;
   dalla firma del contratto sono stati somministrati 150.000 test; circa 56.000 nel 2010, incrementati a 72.000 nel 2011;
   ogni test, a seconda della lunghezza e della tipologia, costa a quanto risulta agli interroganti dai 62 agli 80 euro;
   il Commissario Sefcovic pochi mesi fa ha dichiarato di voler tagliare il 5 per cento del personale delle istituzioni comunitarie a partire dal 2013;
   tra il 2010 e il 2011 i test sono aumentati del 30 per cento –:
   se il Governo intenda chiarire la motivazione dell'affidamento dell'incarico di selezione del personale a una società esterna;
   se il Governo intenda sottoporre alla Commissione europea la questione. (4-15863)


   ROSATO, BARETTA e SBROLLINI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   la gravissima crisi che ha investito l'Italia ha colpito soprattutto le piccole e medie imprese;
   la situazione di stallo delle aziende italiane è dovuto anche alla concorrenza dei prodotti d'importazione;
   questi, talvolta, nonostante siano stati lavorati all'estero, riportano la dicitura Made in Italy in ragione di alcune lavorazioni residuali e di scarso impatto sul prodotto, svolte nel territorio nazionale;
   in una condizione di concorrenza sleale le aziende dell'autentico Made in Italy si trovano ad affrontare difficoltà di natura economica e commerciale che per lo più comportano fallimenti e predite della capacità lavorativa nel settore manifatturiero; sebbene vi siano importanti iniziative di salvaguardia della produzione interna, la normativa europea ad oggi è facilmente eludibile e mal tutela da queste prassi le imprese nostrane;
   tra queste iniziative vi è quella di un regolamento europeo che impone la dicitura del paese di origine su taluni prodotti finiti provenienti da paesi terzi;
   è importante per il sistema produttivo italiano ed europeo che la proposta di regolamento venga approvato dal Consiglio e diventi eseguibile, ma è altrettanto essenziale che lo Stato italiano intervenga, nei limiti concessi dalla nostra adesione all'Unione europea, a tutela e salvaguardia di quei settori che, non ripresi nel testo del regolamento, rimarrebbero sprovvisti di tutela anche dopo l'approvazione della normativa;
   l'importazione di prodotto finiti qualificati come Made in Italy ma lavorati principalmente all'estero richiede una risposta dalle istituzioni che affronti l'emergenza, contenga le conseguenze economiche negative ed anzi rilanci quei settori produttivi;
   il Partito democratico ritiene, infatti, che l'azione di sostegno ai settori produttivi debba essere parte di una più generale strategia di politica per l'innovazione, che punti a superare i tradizionali limiti italiani legati al basso livello degli investimenti in ricerca e sviluppo, alla scarsa capacità di integrare e valorizzare risorse umane fortemente qualificate, alla bassa propensione del nostro sistema finanziario ad investire in progetti fortemente innovativi, all'assenza di un circuito virtuoso tra sistema della ricerca e mondo della produzione;
   tra i settori colpiti da questo tipo di importazioni, e che non è inserito nella proposta di regolamento di cui sopra, è quello dell'occhialeria, vera eccellenza italiana, portata avanti da molte imprese soprattutto del nordest (in Veneto operano l'80,4 per cento delle imprese – grazie la presenza del distretto dell'occhiale nelle province di Belluno e Treviso – in Friuli Venezia Giulia oltre il 4 per cento) e di medie dimensioni (il 94 per cento di esse hanno meno di 20 dipendenti);
   il settore dell'occhialeria è una produzione da 2.650 milioni di euro l'anno, ed ha un valore importante anche in termini occupazionali in quanto vede occupati oltre 16.000 addetti nelle circa 900 aziende italiane;
   la produzione italiana in questo settore è concentrata su manufatti di qualità medio alta, che hanno consentito alle quattro principali società italiane di essere leader internazionali: Luxottica, Sàfilo, Marcolin e De Rigo;
   nel mercato della produzioni di occhiali e lenti i maggiori competitori mondiali appaiono essere paesi terzi rispetto l'Unione europea: Cina e Stati Uniti, ma nonostante questo dato il settore non è inserito tra quelli difesi dalla bozza di regolamento europeo;
   il rilancio economico del Paese si potrà avere solo quando gli investimenti economici delle nostre imprese non saranno resi vani dalla concorrenza di prodotti realizzati all'estero a basso costo del lavoro, che riportano la dicitura Made in Italy a fronte di lavorazioni solo marginali nel territorio nazionale;
   la difesa dei posti di lavoro presuppone, in prima battuta, la difesa del mercato nazionale ed europeo –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare presso il Consiglio dell'Unione europea al fine di sollecitare una pronta approvazione del regolamento europeo sul Made in;
   se il Governo ritenga che ci siano margini per modificare la proposta di Regolamento restituendole un contenuto più ampio che copra tutta la produzione europea e non si limiti ad alcuni prodotti;
   se e come il Governo intenda arginare la concorrenza sleale di Paesi terzi rispetto all'Unione europea dei prodotti nei settori non inseriti nella proposta di regolamento, e più nel dettaglio, quello dell'occhialeria, vera eccellenza italiana nel mondo;
   se e quali misure il Governo intenda assumere per favorire una strategia di investimenti pubblici e privati nell'innovazione, nella tecnologia e nella ricerca e sviluppo, unica uscita dalla crisi prospettabile per il Paese dalla crisi. (4-15910)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANI, BRAGA, BRATTI e MARGIOTTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società SOGESID s.p.a. era stata istituita, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, successivamente modificato dall'articolo 20 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, allo scopo di affidare alla stessa, in regime di concessione, gli impianti idrici già detenuti dalla Cassa del Mezzogiorno;
   nel corso degli anni la SOGESID s.p.a. ha visto continuamente ampliate le sue competenze e le peculiarità relative alle modalità e agli strumenti di intervento, grazie a successivi passaggi normativi;
   l'articolo 10 della legge 10 agosto 1995, n. 341, ha stabilito che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene alle funzioni di istruttoria, supporto tecnico, organizzazione e monitoraggio nel settore idrico, possa avvalersi della SOGESID;
   l'articolo 3 del decreto legislativo n. 163 del 2006 ha inserito la SOGESID nel novero di quei soggetti che non sono tenuti ad espletare le procedure di evidenza pubblica per lo svolgimento delle attività ad essa affidate;
   la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ne ha disposto, all'articolo 1, comma 503, la trasformazione in una società in house, cioè un ente strumentale alle finalità ed alle esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, consentendo, in forza di tale trasformazione, che alla SOGESID s.p.a. fossero trasferite molte competenze istituzionali del Ministero;
   attualmente, quindi, l'operato della SOGESID s.p.a. insiste nei più svariati settori – quali l'assistenza tecnica alle varie direzioni generali del Ministero, inclusa la direzione VIA, la definizione di interventi di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati di interesse nazionale, il supporto alla redazione dei piani di tutela delle acque e talvolta a quelli di monitoraggio, senza peraltro il coinvolgimento delle ARPA, che di tali attività sono titolari, la partecipazione a tavoli tecnici, forum e progetti internazionali in materia di risorse idriche, anche con funzioni di rappresentanza, lo svolgimento di campagne informative in materia ambientale, il monitoraggio e la vigilanza in materia di rifiuti –, per i quali sono evidenti i profili di sovrapposizione con le competenze istituzionali attribuite all'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA);
   tale sovrapposizione di ruoli e di attività risulta ad avviso degli interroganti palesemente contraddittoria rispetto all'esigenza di utilizzare al meglio le risorse umane, tecniche ed economiche della pubblica amministrazione;
   ancor più grave è il fatto che le attività affidate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a SOGESID s.p.a. vengano nella maggioranza dei casi subappaltate da quest'ultima a soggetti terzi, e che la SOGESID s.p.a. possa, in questo modo, sottrarsi di fatto a norme dello Stato e procedure, soprattutto in materia di personale;
   solo nell'ultimo anno la SOGESID, come riportato nell'articolo del 14 febbraio 2012 del quotidiano Italia Oggi, ha assegnato 203 consulenze, per un valore complessivo di 4 milioni e 359 mila euro;
   infine, a giudizio degli interroganti la circostanza che SOGESID svolga anche attività di progettazione esecutiva e direzione lavori porta, da un lato, a situazioni di conflitto d'interessi in relazione ai compiti autorizzativi e di controllo attribuiti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dall'altro, a gravi distorsioni sul mercato della progettazione, con serie difficoltà per i professionisti e le imprese operanti soprattutto nel settore dell'ingegneria ambientale;
   il Governo nell'incentivare misure a favore della concorrenza ha imposto ad enti locali e regioni di limitare il ricorso a procedure di affidamento in house ed in tal senso è auspicabile che tale orientamento sia applicato anche dalle istituzioni centrali assieme alla dovuta trasparenza –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere adeguate iniziative normative al fine di ricondurre le competenze attualmente svolte da SOGESID nell'ambito dell'attività svolta dalle direzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in modo tale da far emergere con la massima trasparenza le azioni di valutazione e di controllo, in particolare per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse e la pubblicità degli atti. (5-06703)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRAZIANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il complesso monumentale di Monte Castello nel comune di Castel Morrone, in provincia di Caserta, di proprietà comunale e sottoposto a vincolo di tutela e conservazione dal Ministero per i beni e le attività culturali ad oggi è a rischio crollo per mancanza di manutenzione;
   nella chiesa settecentesca di Santa Maria della Misericordia l'assenza di grondaie, tegole e finestre rotte facilitano infiltrazioni di acqua piovana attraverso crepe e lesioni, l'umidità ha corroso nel tempo gli stucchi e i resti di affreschi rimasti. Il muro di contenimento del piazzale su cui è posto il monumento dedicato a Pilade Bronzetti e ai caduti garibaldini, puntellato e chiuso ormai da anni ha raggiunto un livello di inclinazione tale da poter crollare;
   a Castel Morrone, su Monte Castello si consumò l'epico scontro, tra duecento garibaldini e quattromila borbonici, che segnò le sorti della battaglia del Volturno del 1° ottobre 1860, Per l'estremo eroismo mostrato Garibaldi, con l'ordine del giorno del 1-2 ottobre 1860, consegnò alla storia la memoria del maggiore Pilade Bronzetti con le seguenti parole «A Castel Morrone Bronzetti alla testa d'un pugno di Cacciatori ripeteva uno dei fatti che la storia porrà certamente accanto ai combattimenti di Leonida e dei Fabi» facendo assurgere Castel Morrone a «Termopili d'Italia»;
   recentemente dello stato di abbandono e di degrado del santuario di Monte Castello e del palazzo ducale si è occupata la trasmissione televisiva Buongiorno Regione di Rai Tre. Lo stato dei luoghi e degli immobili è stato ripreso e documentato nonostante i parziali interventi di manutenzione effettuati in tutta fretta in vista delle riprese televisive;
   la gestione e la conservazione dei beni culturali nel comune di Castel Morrone è critica e grave. Le dichiarazioni dell'amministrazione comunale sul punto, ad avviso dell'interrogante, sono state presto smentite dai fatti. Il severo giudizio dei cittadini si contrappone all'indifferenza e alla mancanza di azioni di manutenzione dei luoghi;
   da ultimo, nel 2011 è stato previsto lo stanziamento di risorse per il restauro e la ristrutturazione della chiesa. Nell'anno in corso il contributo è stato revocato;
   eppure il sito di Monte Castello potenzialmente rappresenta una risorsa produttiva e la sua riqualificazione potrebbe diventare strumento di sviluppo economico per il posto se solo non fosse sottovalutato il problema del suo degrado, se solo questa opportunità non fosse sprecata o rimessa a interessi privati –:
   quali iniziative e misure il Ministro interrogato intenda intraprendere, al fine di garantire la riqualificazione del sito di Monte Castello, il cui valore simbolico è importante per la definizione della storia d'Italia e della identità della comunità di Castel Morrone. (5-06686)


   MURGIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione impone la valorizzazione e la tutela del patrimonio artistico nazionale;
   più di un anno fa la Soprintendenza per le province di Cagliari ed Oristano diffondeva i dati di uno studio sulla situazione dell'anfiteatro romano del capoluogo sardo;
   i documenti allegati illustravano una situazione emergenziale in merito allo stato dei luoghi ed al pericolo per la loro conservazione;
   i tecnici dell'organo territoriale del Ministero ponevano l'accento sulle tribune lignee installate sulla struttura del teatro. Impalcature e tavole che – stando alle risultanze delle verifiche – sarebbero potenzialmente dannose per lo stato di conservazione generale dell'anfiteatro;
   nonostante polemiche e opinioni diverse, l'anfiteatro cagliaritano veniva chiuso annullando la tradizionale stagione concertistica che attirava migliaia di persone;
   a tutt'oggi, ad un anno di distanza, la struttura lignea – oggetto del contendere – è ancora lì;
   secondo quanto riportato dai quotidiani locali, la struttura risulta in stato di abbandono, priva di vigilanza e degradata;
   non risultano in essere servizi di manutenzione o pulizia all'interno dell'anfiteatro romano;
   a tutt'oggi cittadini e turisti non sono messi nella condizione di poter visitare il sito;
   la stagione concertistica, caratteristica dell'Anfiteatro, sarebbe compromessa per sempre –:
   il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione;
   il Ministro non ritenga idoneo promuovere un confronto tra la Soprintendenza e gli enti locali, in primis la città di Cagliari e la stessa regione Sardegna, per uscire dallo stallo in cui ci si trova;
   il Ministro non ritenga necessario intraprendere iniziative urgenti per ridare vitalità al sito archeologico, considerato l'enorme danno al turismo della Sardegna e della città di Cagliari in particolare;
   se siano in programma iniziative tecnico-politiche per uscire dallo stallo che pregiudica lo sviluppo di attività culturali con evidenti ricadute economico-occupazionali. (5-06688)


   ROSSA, TULLO, BARBIERI, MAZZUCA, CAPITANIO SANTOLINI, FRASSINETTI e DE BIASI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere premesso che:
   con la legge n. 350 del 2003, «finanziaria 2004» fu stabilito, all'articolo 4, che la Fondazione Teatro Carlo Felice diventasse beneficiaria di un contributo annuo permanente di 2,5 milioni di euro;
   con questa nuova norma il legislatore sostituiva e razionalizzava precedenti disposizioni di legge che avevano consentito l'erogazione di contributi specifici per questa Fondazione genovese, a fronte dei maggiori costi del nuovo Teatro, a partire dall'anno della sua inaugurazione, ovvero dal 1990;
   il contributo è stato erogato continuativamente, di anno in anno, nella misura prevista dagli accantonamenti per determinati capitoli del bilancio dello Stato dopo l'entrata in vigore delle normative comunitarie in materia;
   nel 2011 la manovra finanziaria ne ha ridotto l'importo ad 1,3 milioni di euro: tale riduzione è intervenuta in un momento particolarmente critico per la Fondazione Carlo Felice, che pochi mesi prima aveva dovuto far ricorso ad ammortizzatori sociali al fine di avviare un complesso programma di risanamento, con sacrifici economici anche da parte di tutti i dipendenti;
   tale disposizione – che appariva operante per il solo esercizio 2011 – ha ulteriormente indebolito la posizione economica e finanziaria della Fondazione;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha inaspettatamente erogato anche per il 2012 un importo pari al 2011. Ciò pesa ulteriormente sulla situazione economica, mentre è in corso il già citato programma di risanamento, che inizia a rendere visibili i primi positivi risultati;
   la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova si è trovata nelle sopra ricordate difficoltà anche a seguito del progressivo ridimensionamento del fondo unico per lo spettacolo: da qui la necessità di dar corso all'utilizzo di ammortizzatori sociali, i contratti di solidarietà, caso ad oggi unico tra le fondazioni lirico sinfoniche;
   dal 2010, anno della profonda crisi della Fondazione che ha portato all'accordo sui contratti di solidarietà, il Teatro ha intrapreso una tendenza virtuosa che ha permesso di chiudere il 2011 con un utile di esercizio che si profila intorno ai 2,5 milioni di euro, senza contare il valore delle patrimonializzazioni effettuate nell'esercizio pari a 4 milioni di euro;
   il 2012, allo stato attuale, presenta un bilancio previsionale in pareggio; tale risultato si è reso possibile grazie anche a un forte abbattimento dei costi di produzione che hanno altresì consentito di mantenere sei produzioni d'opera, due produzioni di balletto, la stagione sinfonica, le produzioni per i giovani e l'alta qualità artistica;
   il reintegro di 1,2 milioni di euro ad oggi mancante dal contributo della legge n. 350 del 2003, unito agli sponsor istituzionali, potrebbe consentire il mantenimento e il miglioramento del trend di risanamento intrapreso –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di provvedere alla corresponsione integrale di quanto previsto ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003, integrando tale contributo nel saldo previsto il prossimo settembre 2012. (5-06692)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI e CROLLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   a Oplontis (Torre Annunziata) vi sono due siti archeologici di grande rilevanza: la Villa di Poppea, che un bellissimo arazzo con due pavoni fece attribuire alla moglie dell'imperatore Nerone, e la Villa di Lucius Crassius, in cui furono ritrovati i cosiddetti «Ori di Oplontis», elegantissimi gioielli trovati nel 1984 addosso ai resti di una ventina di persone che si erano rifugiate in una stanza della villa durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.;
   la Villa di Poppea si presenta in stato di forte degrado: pavimenti luridi di polvere, mosaici che si stanno gradualmente sgretolando, affreschi gonfi a causa delle infiltrazioni, tubi che reggono putrelle sostenitrici, nastri di plastica biancorossa di traverso, lampade arrugginite, erbacce che crescono a bordo piscina e altro;
   le stanze della Villa di Olimpia sono state coperte da pesantissimi soffitti sorretti da travi di cemento;
   in caso di terremoto, l'aver ammassato tonnellate di cemento armato su mattoni e pietre antiche moltiplicherebbe i danni rendendoli devastanti;
   nella Villa di Lucius Crassius i locali al piano terra, dove furono ritrovati gli Ori, versano in grave degrado a causa di infiltrazioni di acqua, che creano pericolo di crollo e i resti umani ritrovati giacciono in cassette di plastica;
   gli «Ori di Oplontis» furono oggetto, nel 1987, di una mostra a Castel Sant'Angelo che ebbe successo immenso;
   da allora quei gioielli giacciono in un deposito, nascosti alla vista dei visitatori, perché a Torre Annunziata non vi è un museo;
   dal deposito sono inoltre recentemente spariti due pezzi –:
   se il Governo intenda acquisire elementi dalla Soprintendenza regionale in merito allo stato di manutenzione del patrimonio artistico e archeologico campano;
   se il Governo intenda assumere iniziative volte a stanziare appositi fondi per il mantenimento delle due Vile di Oplontis;
   se il Governo intenda promuovere, tramite la Soprintendenza, un progetto di prestito degli «Ori di Oplontis» a musei nazionali che ne possano garantire la sicurezza;
   se il Governo intenda avviare un'ispezione per far luce sulla sparizione, dal deposito dov'erano custoditi, di due dei gioielli ritrovati nella Villa di Lucius Crassius. (4-15868)


   GIULIETTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha ratificato la convenzione per la definizione della lista dei beni immateriali riconosciuti dall'Unesco;
   per il 2011, per l'Italia, il riconoscimento è stato assegnato alle antiche liuterie di Cremona;
   l'Italia è ricca di iniziative e manifestazioni che meritano l'inserimento nell'elenco dell'Unesco;
   la storica «corsa dei ceri di Gubbio», universalmente riconosciuta ed apprezzata, era stata addirittura inserita al primo posto nella graduatoria provvisoria stilata, a suo tempo, dal Ministero per i beni e le attività culturali;
   relativamente all'elenco del 2012, circolano le più disparate voci circa il sito italiano prescelto –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per assicurare trasparenza e certezza nella definizione dell'elenco, e quale sia l'orientamento circa la candidatura avanzata dalla città di Gubbio e fondata su una ricchezza di ricerche e di testimonianze storiche che, oggettivamente, ben pochi siti possono vantare e non solo in Italia. (4-15889)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANTINI. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto liberalizzazioni decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, si è stabilito all'articolo 70 che «La dotazione del Fondo istituito all'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, può anche essere destinata al finanziamento degli aiuti de minimis a favore delle piccole e medie imprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, localizzate nelle aree individuate ai sensi del medesimo articolo 10, comma 1-bis, e degli aiuti a finalità regionale, nel rispetto del regolamento 1998/2006/CE e del regolamento 800/2008/CE.»;
   in base alle agevolazioni già delineate, come aiuti de minimis, nella finanziaria 2008, legge n. 244 del 2007, emergono in sostanza le seguenti tipologie di aiuti:
    a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l'esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esenzione di cui alla presente lettera spetta fino a concorrenza dell'importo di euro 100.000 del reddito derivante dall'attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2009 e per ciascun periodo d'imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all'interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;
    b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;
    c) esenzione dall'imposta comunale sugli immobili, a decorrere dall'anno 2008 e fino all'anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche;
    d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi l'esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca urbana;
   pertanto, sulla base del testo normativo entrato in vigore, si può ritenere che ai sensi dell'articolo 70, la dotazione del suddetto Fondo viene ora destinata al finanziamento degli aiuti de minimis a favore delle piccole e micro imprese – come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003 – che:
    a) siano localizzate nelle aree dei territori abruzzesi di cui al citato articolo 10, comma 1-bis;
    b) risultino già costituite o che si costituiranno entro il 31 dicembre 2014;
   secondo alcune valutazioni e stime, si può ritenere che i sussidi alle imprese, voluti per compensare le difficoltà e i maggiori costi che ci sono nelle aree sottoutilizzate, siano inefficaci poiché si incentivano investimenti che sarebbero stati effettuati comunque, si introducono, inoltre, distorsioni di varia natura penalizzando imprenditori più capaci. Questo genere di aiuti può non produrre uno sviluppo durevole delle attività produttive, e rischia di dare respiro nel breve periodo ma di essere inefficace, in prospettiva di lungo periodo;
   per elevare la qualità dei servizi e stimolare la crescita, problema nazionale ed europeo ma peculiare nel territorio aquilano, si potrebbero integrare le risorse attualmente esistenti (90 milioni di euro ex ZFU + circa 50 milioni di euro residuo asse VI Por-Fesr 2007-2013 ed individuare risorse finanziarie per L'Aquila nel Piano sviluppo e coesione ex Fas coordinato dal Ministro per la coesione territoriale che ha 4 linee di azione: istruzione, agenda digitale, occupazione, ferrovie) ed elaborare un pacchetto di misure volto a migliorare qualità dei servizi educativi, qualità del trasporto pubblico locale, diffusione dell'informatizzazione negli enti locali, banda larga su tutto il territorio, diffusione e qualità della raccolta differenziata dei rifiuti, quantità e qualità della regolazione condizionante la gestione d'impresa, elaborare misure per risolvere il problema idrogeologico del nucleo industriale di Pile, fornire un sistema di servizi idonee a tutte le aree industriali del comprensorio, sostenere la creazione di servizi di trasporto privato che integrino quello pubblico considerando l'enorme dispersione della popolazione sul territorio, incentivare un servizio di trasporto, ad esempio supermercato-abitazione, per ridurre congestione e costi di trasporto onde favorire nuovi consumi e migliorare le condizioni di vita delle famigli disperse in tutto il territorio, creare nuovi edifici scolastici nei comuni periferici (Scoppito, Tornimparte, eccetera) le cui scuole sono in forte sovrannumero favorendo la permanenza di numerose famiglie che diversamente sarebbero indotte a trasferirsi con ulteriori negative ripercussioni sui consumi locali, e così via. In sostanza, si potrebbero impegnare le risorse disponibili in un vero Piano per la crescita e la coesione sociale per L'Aquila e i comuni del terremoto, che ha caratteri di straordinaria necessità ed urgenza –:
   quali misure urgenti intenda assumere per impegnare subito i 90 milioni degli aiuti de minimis per il territorio di L'Aquila e se intenda procedere ad una unificazione delle risorse disponibili per un Piano per la crescita sulla base di quanto prospettato in premessa. (4-15881)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   MARMO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con provvedimento prot. 2834, adottato il 17 giugno del 2011, il sindaco di Petruro Irpino, in provincia di Avellino, ha nominato il signor Giuseppe Lepore, nato ad Avellino il 24 luglio 1980, effettivo al reparto comando e supporti tattici «Ariete» di Pordenone, quale rappresentante del comune di Petruro Irpino in seno all'assemblea dell'ente d'ambito, n. 1 della Campania «Calore Irpino» (A.A.T.O) di Avellino;
   l'autorità di ambito n. 1 Calore Irpino (A.A.T.O.) è il consorzio obbligatorio di enti locali istituito in base alla legge della regione Campania n. 14 del 1997, emanata in applicazione della legge n. 36 del 1994;
   la normativa che attualmente ne disciplina le funzioni è il decreto legislativo n. 152 del 2006;
   il comma 2 dell'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 – «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» stabilisce testualmente che «per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e comunali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento»;
   pertanto i componenti dell'assemblea dell'autorità di ambito n. 1 Calore Irpino (A.A.T.O.) sono a tutti gli effetti amministratori ai sensi del citato comma 2 dell'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 – «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»;
   il comma 6 dell'articolo 78 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, stabilisce che: «Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione»;
   il 28 settembre 2011 il caporal maggiore scelto Giuseppe Lepore ha trasmesso richiesta allo Stato Maggiore dell'Esercito di poter essere temporaneamente trasferito presso il Reggimento dell'Esercito più vicino al comune di Petruro Irpino, al fine di poter ottemperare alla carica rivestita presso l'assemblea dell'ente di ambito n. 1 della Campania, «Calore Irpino» di Avellino per tutta la durata del mandato;
   lo Stato Maggiore dell'Esercito, con nota protocollo 017178, in data 9 novembre 2011 ha dato esito negativo alla suindicata richiesta, sostenendo che, «in base allo statuto consortile, l'assemblea consortile si riunisce poche volte l'anno con una frequenza comunque tale da consentire all'interessato di assolvere funzioni inerenti al citato mandato usufruendo di permessi, licenze, e/o aspettative»;
   la fruizione dei benefici di cui all'articolo 79 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (permessi, licenze e/o aspettativa) non consente l'espletamento delle funzioni di rappresentante di un comune in seno all'assemblea dell'ente d'ambito n. 1 della Campania «Calore Irpino» (AATO) considerata la rilevante distanza tra la sede di servizio del caporal maggiore Lepore Giuseppe (Pordenone) ed il comune di Avellino (sede AATO), nel quale si svolge detta attività –:
   quali siano le ragioni per le quali il comando generale dell'Esercito non abbia ancora provveduto, ai sensi delle disposizioni riportate in premessa, a trasferire il caporal maggiore Lepore Giuseppe presso il reggimento dell'esercito disponibile più vicino al comune di Avellino, sede dell'ente d'ambito n. 1 della Campania «Calore Irpino», al fine di poter ottemperare alla carica rivestita, e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire al caporal maggiore Lepore Giuseppe di espletare il mandato conferitogli dal sindaco di Petruro Irpino, in provincia di Avellino, di rappresentante del comune presso l'assemblea dell'ente d'ambito n. 1 della Campania, «Calore Irpino» di Avellino. (4-15876)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOLLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009/2010 l'Agenzia delle entrate ha eliminato gli uffici territoriali o, in alcuni casi, ha lasciato ad essi, qualora necessari per motivi logistici o demografici, alcune delle funzioni previste negli uffici provinciali presenti in tutti i capoluoghi di provincia;
   le direzioni provinciali hanno tutte le funzioni (direzione, contenzioso, accertamento, anagrafe, territorio, eccetera) mentre negli uffici territoriali vengono attivate quelle funzioni che, per comodità o distanza, conviene sia all'Agenzia che al contribuente, dislocare, senza eliminare la stessa dalla sede provinciale;
   in questi giorni a L'Aquila, unico caso in Italia, potrebbe succedere che l'intera funzione dell'accertamento venga spostata ad Avezzano, eliminando dagli uffici della direzione provinciale l'intera funzione relativa all'accertamento. Questo sarebbe un grave danno per i cittadini che dovrebbero caricarsi anche l'onere fisico ed economico della trasferta ad Avezzano e per i dipendenti che sarebbero posti davanti ad un bivio, cambiare mansione e passare alla funzione «contenzioso» (essendo in numero superiore al fabbisogno potrebbe ipotizzarsi una diminuzione di personale), oppure seguire la funzione «accertamento» ad Avezzano, quindi con trasferimento o, quanto meno, trasferta;
   le distanze della provincia dell'Aquila giustificano il mantenimento di un ufficio territoriale che, tra l'altro, eviterebbe il trasferimento di lavoratori da queste sedi a L'Aquila, ma che, addirittura, si possa ipotizzare il contrario e cioè che si trasferiscano in toto funzioni e personale da L'Aquila a queste sedi è secondo l'interrogante veramente incredibile. Tutto questo potrebbe accadere dopo che, a seguito delle prime voci il sindaco Massimo Cialente venne rassicurato sia dalla direzione provinciale sia dal direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera sul fatto che si trattasse solo di organizzazione interna che nulla avrebbe comportato per gli uffici dell'Aquila;
   sarebbe un ennesimo colpo alla città dell'Aquila, ai suoi servizi, ai diritti dei cittadini e dei lavoratori –:
   quale sia la giusta interpretazione da dare alle scelte dell'Agenzia delle entrate e, in caso si confermassero le preoccupazioni esposte se non ritenga il Ministro indispensabile assumere le iniziative di competenza per interrompere immediatamente questo trasferimento lasciando all'ufficio provinciale dell'Aquila tutte le sue funzioni. (5-06693)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE POLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le imprese del Veneto legittimamente autorizzate alla realizzazione di accessi stradali sono soggetti al pagamento di canoni esosi ed ingiusti;
   in un momento difficile per l'economia del Paese ed in particolar modo per le imprese del Nord-est la questione degli altissimi importi dei canoni concessori aggrava la già insostenibile situazione degli imprenditori;
   è necessario un intervento chiaro per la risoluzione di questa delicata questione nazionale e locale in modo da poter tutelare le imprese e i cittadini, veneti in particolare;
   in merito alla questione sono stati già presentati dall'interrogante altri atti di sindacato ispettivo, ma ad oggi nessuna risposta concreta e risolutiva da parte del Governo è stata intrapresa –:
   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per garantire i diritti di quei cittadini veneti che si vedono vessati dai bollettini di pagamento del canone sui passi carrai. (4-15871)


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le tabaccherie autorizzate alla vendita dei francobolli delle Poste Italiane spa si riforniscono autonomamente presso uno dei 14.000 uffici ubicati nel territorio nazionale;
   in base all'andamento di vendita il gestore della tabaccheria si reca, a seconda delle necessità, dalla agenzia alla quale è solito affidarsi, per il ritiro dei fogli di francobolli cosicché le tabaccherie che, in un breve periodo, vendono un gran numero di francobolli devono di volta in volta riacquistarne degli altri da Poste italiane spa per non rimanerne senza;
   sono molti, però, i disagi segnalati da tabaccherie, anche di aree diverse del Paese, che a fronte di una vendita cospicua non hanno avuto modo di rispondere alla domanda dell'utenza perché l'agenzia di Poste italiane spa territorialmente competente era sprovvista dei fogli di francobolli richiesti, peraltro quelli più diffusi da 0,60 euro;
   questa carenza crea difficoltà soprattutto nei centri abitati più distanti da un ufficio postale, crea imbarazzi nei gestori delle tabaccherie che non riescono ad evadere comuni richieste dell'utenza e può causare anche una perdita di clientela per alcuni tabaccai;
   è vero che gli uffici di Poste italiane spa garantiscono comunque il servizio di spedizione ai clienti che si recano direttamente in ufficio postale, in quanto in mancanza del francobollo appongono una marcatura sostitutiva, ma è altrettanto vero che codesta procedura è onerosa per i cittadini che troverebbero più agevole rivolgersi al tabaccaio di fiducia e comporta un danno commerciale lucro cessante alle tabaccherie a cui è stato negato la fornitura;
   è giunta segnalazione all'interrogante, che una mancanza simile a quella descritta si è verificata in questi giorni nella provincia di Firenze, dove l'agenzia 14 di Poste italiane spa non è riuscita a fornire ad una tabaccheria i fogli di francobolli nonostante la stessa ne abbia fatto ripetutamente richiesta per esigenze commerciali che la vedevano impegnata nella vendita di 2.000 affrancature ad un cliente abituale;
   l'Associazione nazionale coordinamento camperisti – cliente abituale interessato all'acquisto di 2.000 francobolli – sarebbe, così, rimasta privata degli stessi;
   il caso è stato segnalato a Poste italiane spa che ha risposto in una comunicazione mail che per grandi carichi di spedizioni è consigliabile la procedura «senza materiale affrancatura», modalità, però, non accolta dall'Associazione a causa del carico variabile di materiale da spedire, della scomodità e dei costi della procedura;
   rimane ingiustificabile, comunque, la carenza di fogli di francobolli per una tabaccheria che ne ha fatta richiesta a prescindere dalla tipologia di clientela con la quale si rapporta;
   questo episodio segue a distanza quello verificatosi, ad esempio, nella provincia di Vicenza dove tempo addietro la fornitura dei valori bollati non era stata omogenea nelle oltre 800 tabaccherie provinciale lasciando scoperte alcune aree –:
   se al Ministro risulti che i disservizi di Poste italiane spa, nella fornitura puntuale dei fogli di francobolli alle tabaccherie che ne abbiano fatto richiesta, interessi solo quest'ultimo episodio nella provincia di Firenze, o anche altri in diverse aree del Paese;
   per quali motivi Poste italiane spa – o alcune sue agenzie – non sia in grado di rifornire le tabaccherie dei francobolli e quali iniziative il Ministro valuti di poter intraprendere per verificare che si predisponga una procedura che permetta in futuro di assicurare un più efficiente servizio. (4-15883)


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 12 novembre 2011, n. 183, consente alle aziende per tutto il 2012 di usufruire della detassazione per alcune componenti accessorie e variabili della retribuzione dei dipendenti collegate alla produttività;
   tale incentivo consiste nella previsione di un'aliquota agevolata pari al 10 per cento applicabile sul lavoro straordinario, il lavoro supplementare (nei contratti di lavoro a tempo parziale), il lavoro notturno, il lavoro festivo, le indennità di turno nonché le voci retributive correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione o efficienza organizzativa;
   per quanto concerne la detassazione dei premi di produttività, l'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183, proroga le misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro introdotte dal decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, e rimanda la definizione dell'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva e del limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad oggi non risulta ancora emanato il decreto richiesto dalla norma;
   l'ufficio per le relazioni con il pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze in una comunicazione mail ad un'utente ha risposto che la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività deve considerarsi valida anche per l'anno 2012 senza che sia necessario un decreto attuativo del Ministero, e che per le modalità applicative si deve far riferimento alla circolare 3/2011 dell'Agenzia delle entrate;
   la stessa comunicazione non risponde, però, sull'ammontare dell'importo massimo assoggettabile all'imposta e sul limite massimo di reddito annuo oltre il quale non si può usufruire della detassazione;
   rimane necessaria l'emanazione del decreto in ordine quantomeno a questi due punti;
   nonostante siano già stanziati per l'anno in corso 835 milioni di euro per questa misura, senza l'emanazione dello stesso non è applicabile l'aliquota agevolata, correndo il rischio di dover procedere ad una serie di conguagli;
   sono già passati molti mesi nei quali si sarebbe potuto applicare il beneficio che invece non si è potuto utilizzare in assenza della determinazione dei requisiti per i beneficiari –:
   a che punto sia la procedura di stesura ed emanazione del decreto attuativo sulla detassazione dei redditi derivanti da premi di produttività disposta dall'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quali tempistiche preveda il Ministro. (4-15884)


   NICOLUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'entrata in vigore della legge comunitaria, legge n. 217 del 2011, ha posto un problema di interpretazione riguardo a quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, lettera e), in materia di imponibilità dell'IVA rispetto alle forniture destinate al rifornimento di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciale o della pesca;
   secondo il presidente della Commissione per la navigazione a corto raggio di Confitarma, infatti, «parrebbe che le forniture di bordo e in particolare gli acquisti di carburante diventerebbero con la nuova legge assoggettabili ad IVA per coloro che si occupano di navigazione a corto raggio, sotto le 12 miglia. Che effettuando operazioni attive esenti Iva non potrebbero più detrarla, sì da trovarsi costretti a tentare il recupero del maggior costo rivalendosi sul consumatore finale attraverso l'aumento delle tariffe dei titoli di viaggio»;
   la medesima fonte ha aggiunto: «Il provvedimento toccherebbe decine di operatori e migliaia di utenti, basti pensare al Golfo di Napoli, alle Eolie o all'Arcipelago Toscano. I costi aggiuntivi sarebbero di milioni di euro e in buona parte si riverserebbero sui prezzi, che potrebbero subire incrementi fino al 21 per cento»;
   tale problematica è stata anche segnalata in particolare, all'attenzione dell'Agenzia delle entrate, da parte di ACAP («Associazione Cabotaggio Armatori Partenopei», che raggruppa tutti gli operatori privati attivi nel Golfo di Napoli) con una lettera del 3 febbraio in cui si ipotizzava anche una possibile serrata –:
   quali iniziative i Ministri interrogati ritengano di assumere in merito a quanto esposto in premessa e in relazione a un problema che oggettivamente nel medio periodo, soprattutto in realtà come quelle della Campania in generale e del Golfo di Napoli in modo più specifico, è suscettibile di risvolti di carattere non solo finanziario dal punto di vista degli operatori, ma anche occupazionale dal punto di vista dei lavoratori impegnati nella navigazione a corto raggio. (4-15886)


   MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato ha affermato più volte che la lotta all'evasione fiscale è tra le priorità del Suo dicastero;
   sul quotidiano La Repubblica del 29 aprile 2012, è pubblicato un articolo a firma di Fabio Tonacci dal titolo «Finanzieri, 007 e geni del computer. L'esercito dei 46 mila cacciatori di evasori» nel quale si afferma che Guardia di finanza impiega 31.500 Finanzieri in attività di polizia tributaria, pari al 50 per cento dei 63.000 militari in servizio;
   la legge n. 189 del 1959 prevede che il primo compito del Corpo della guardia di finanza quello di prevenire, ricercare e denunziare le evasioni e le violazioni finanziarie;
   il decreto legislativo n. 68 del 2001 nell'adeguare i compiti del Corpo, ha previsto che la Guardia di finanza e forza di polizia ad ordinamento militare con competenza generale in materia economica e finanziaria, e che assolve le funzioni di polizia economica e finanziaria a tutela del bilancio pubblico;
   l'articolo 1, comma 404, della legge n. 296 del 2006 dispone che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità) non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione –:
   se i dati fatti esposti nell'articolo in premessa corrispondano al vero;
   quanti siano e come sono impiegati i militari del Corpo della guardia di finanza che non svolgono attività di polizia tributaria ed in attività di supporto;
   se, atteso l'attuale stato dei conti pubblici, non ritenga opportuno impiegare il personale della Guardia di finanza esclusivamente nella lotta all'evasione fiscale tralasciando tutte le altre funzioni non prioritarie riferite all'assolvimento di compiti di polizia a ordinamento militare e di supporto. (4-15900)

TESTO AGGIORNATO AL 14 MAGGIO 2012

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
in merito alla morte di Daniele Franceschi, deceduto all'età di 36 anni nel carcere francese di Grasse il 25 agosto del 2010, il legale della famiglia Franceschi-Antignano, avvocato Aldo Lasagna, riassume in modo cronologico i momenti salienti della drammatica vicenda:
25 agosto 2010, data ufficiale del decesso comunicata dalle autorità carcerarie ai familiari. Come ben noto Daniele Franceschi era detenuto a Grasse da più di 5 mesi ed aveva inoltrato richieste pressanti di avere un colloquio col console italiano di Nizza, risultate purtroppo inevase dalle autorità francesi con motivazioni del tutto pretestuose; inoltre il ragazzo aveva inviato alla madre numerose missive con cui denunciava una lunga serie di soprusi e patimenti subiti all'interno della struttura penitenziaria;
31 agosto 2010, svolgimento della prima autopsia da parte dei medici legali francesi e contestuale rifiuto dell'ammissione di un medico italiano peraltro già prescelto dalla Farnesina e già presente sul territorio francese:
13 ottobre 2010, decisione della madre di protestare davanti al carcere di Grasse con gesto simbolico di esposizione di uno striscione ed immediato arresto della sua persona operato da parte dei gendarmi francesi immediatamente accorsi su richiesta del direttore del carcere, intervento risolutivo del nostro massimo rappresentante dell'autorità consolare a Nizza grazie al quale la signora Cira viene rimessa in libertà dopo essere stata ammanettata e percossa. Tale trattamento inferto dagli agenti di polizia determina la redazione di un successivo referto sottoscritto da medici italiani e francesi che hanno diagnosticato l'incrinatura di alcune costole a causa del brutale intervento operato dagli agenti;
16 ottobre 2010, rimpatrio della salma all'aeroporto militare di Pisa e contestuale trasferimento della stessa presso l'obitorio dell'Ospedale Versilia dove è stata eseguita un'immediata ricognizione autoptica dal dottor Grazzini medico legale dell'ASL Versilia che ha riconosciuto il pessimo stato di conservazione del corpo e la procedura assolutamente anomala di asportazione di gran parte degli organi interni;
21 ottobre 2010 - autopsia ad opera del dottor Varetto che conferma tutto quanto accertato nell'immediatezza dell'arrivo della salma all'obitorio dell'ospedale Versilia dal dottor Grazzini, integrando quanto da quest'ultimo acclarato con la definizione di «manovre ... distruttive» eseguite precedentemente dai medici francesi e cagionando così una sostanziale impossibilità di procedere ad ulteriori accertamenti sullo stato del cadavere finalizzati ad individuare la sussistenza di eventuali lesioni interne in conseguenza di supposti atti di violenza;
2 novembre 2010 - colloquio della madre signora Cira Antignano in qualità di persona offesa ed alla presenza dei legali italiani e francesi, col console italiano a Nizza e col giudice istruttore francese Sandrine Andè incaricata di condurre un'istruttoria penale al fine di ricercare le cause della morte di Daniele. In tale occasione la madre esterna tutti i suoi dubbi e le sue preoccupazioni sulla sorte del diario che il figlio custodiva in carcere che potrebbe fornire lumi sui tetri giorni della detenzione patita nel carcere francese;
26 novembre 2010 - lettera di Carla Bruni pubblicata su Repubblica e fatta pervenire ai legali italiani (avvocato Aldo Lasagna e Mariagrazia Menozzi) in risposta all'epistola accorata della signora Cira Antignano, indirizzata alla stessa Premiere Dame e pubblicata da Repubblica. Ad una tale iniziativa, la stampa nazionale ed internazionale - compresi i nostri organi di informazione ed i TG nazionali - hanno conferito ampio risalto. Nella lettera, Carla Bruni-Sarkozy scrive «Ho letto la sua lettera con grande emozione» e si dice «commossa da questa testimonianza» ed esprime alla madre di Franceschi piena solidarietà. «Le sono vicina - spiega - nel suo dolore e nella sua pena per la tragica scomparsa di suo figlio Daniele. Ho pienamente fiducia nella giustizia francese» spiega nel messaggio Carla Bruni-Sarkozy, certa che ci sarà presto una risposta positiva alle richieste della famiglia del trentaquattrenne viareggino. «Sono in corso contatti in questa direzione» precisa, lasciando intendere di essersi informata sulle procedure attivate.
8 dicembre 2010, con comunicazione formale del procuratore di Grasse rilasciata ai legali francesi ed ai colleghi italiani che stanno seguendo il caso, li Procuratore stesso ha dichiarato di non voler procedere ovvero di non dare ulteriore corso al procedimento intentato nei confronti della signora Cira Antignano in occasione della protesta manifestata in terra francese ed a causa della quale la cittadina italiana viene accusata del reato di «oltraggio alle istituzioni Francesi» per ragioni esclusivamente e meramente «umanitarie».
gennaio 2011, i legali italiani apprendono dell'intendimento del giudice Andrè di non consentire l'invio in Italia degli organi di Daniele Franceschi ancora preservati - a detta delle autorità francesi - presso differenti istituti di medicina legale e laboratori di analisi di varie città francesi. Segue comunicazione ufficiale dello stesso giudice inquirente ai legali francesi e conseguentemente agli stessi legali italiani;
2 febbraio 2011, la signora Cira Antignano accompagnata da una rappresentanza delle istituzioni locali - presidente del consiglio Provinciale di Lucca ed un assessore delegato dal sindaco di Viareggio - si reca presso la sede dell'Ambasciata di Francia e viene ricevuta dal primo Ministro della suddetta Ambasciata;
il 25 agosto 2011, nel primo anniversario della morte di Daniele Franceschi, sul Nuovo Corriere di Lucca e Versilia viene riportata la notizia della nuova manifestazione della madre, Cira Antignano, davanti all'Eliseo: «Cira Antignano, la madre di Daniele Franceschi, il giovane viareggino morto in un carcere francese, è oggi a Parigi, di fronte all'Eliseo, accompagnato dal legale, Aldo Lasagna, per cercare di riaccendere i riflettori sulla tragica fine del figlio. Franceschi, sposato, separato e padre di un bambino, morì il 25 agosto del 2010, a 36 anni, nel carcere francese di Grosse in circostanze ancoro da chiarire (in alcune lettere il giovane aveva denunciato maltrattamenti e assenza di cure per forti dolori al petto)». «Nonostante le rassicurazioni del ministro Frattini inviate anche a me personalmente - afferma la senatrice del PD Manuela Granaiola - le autorità giudiziarie francesi non hanno provveduto a restituire gli organi del ragazzo, trattenuti, si afferma, per l'inchiesta giudiziaria in corso. Il Consolato italiano e l'Ambasciata italiana a Parigi mi hanno assicurato che daranno alla madre del ragazzo tutto il sostegno possibile per sensibilizzare le autorità francesi e sollecitare la conclusione delle indagini. La speranza è quella che sia fatta giustizia». La minaccia di mamma Cira è quella di incatenarsi se non otterrà quello che chiede;
il 3 settembre 2011, a distanza di pochi giorni dalla seconda manifestazione davanti all'Eliseo, arriva la notizia di una perizia che accusa i medici del carcere di Grasse: «Sarebbero state ignorate le richieste di aiuto del 36enne viareggino - si legge in una nota dell'AdnKronos - La madre della vittima: «Si sgretola il muro di gomma delle autorità francesi». Daniele è morto il 25 agosto 2010 in circostanze mai chiarite nel penitenziario di Grasse. Era detenuto con l'accusa di falsificazione e indebito utilizzo di carte di credito»;
l'11 novembre 2011, il Corriere della Sera dà la notizia della non archiviazione del caso: «La famiglia del giovane ha ricevuto venerdì dalla magistratura francese la richiesta di costitution de partie civile per homicide involontaire (il nostro omicidio colposo). «Un atto importante - spiega l'avvocato Aldo Lasagna - che quasi certamente aprirà la strada al processo per avere una verità definitiva sulla morte di questo giovane connazionale».
è da tenere presente la risposta che il Governo italiano diede il 27 ottobre 2010 all'interrogazione 5-03645 Ferranti sulla morte di Daniele Franceschi: «il Ministero degli Affari Esteri e il Ministro Frattini in prima persona seguono con la massima attenzione la vicenda di Daniele Franceschi»; (...) «Grazie all'intervento del Console Generale, la madre e alcuni familiari hanno potuto vedere il corpo di Daniele prima degli esami disposti d'ufficio dalle autorità carcerarie. Secondo quanto affermato nel primo referto medico francese, il corpo non presentava segni evidenti di lesione e appariva cianotico, "circostanza" - afferma il rapporto - "spesso legata all'arresto cardiaco".» (...) Il Console Generale a Nizza ha quindi chiesto alle autorità francesi che il corpo venisse mantenuto in condizioni tali da consentire un nuovo esame autoptico in Italia. Tale richiesta è stata ribadita dallo stesso Ministro Frattini in una lettera inviata al suo omologo francese Kouchner, il quale ha risposto facendo sapere di aver immediatamente interessato della questione il Ministro della Giustizia francese e di aver sottolineato la necessità di restituire la salma in maniera consona. «Nel referto della prima autopsia effettuata in Francia - comunicato al Consolato Generale a Nizza il 14 settembre - si affermava l'assenza di tracce di violenza fisica e si segnalava che gli organi interni erano ancora sottoposti ad esame presso laboratori di Marsiglia e Tolosa. Secondo le procedure locali, la famiglia avrebbe a quel punto potuto chiedere l'effettuazione di una seconda autopsia in Francia. Tuttavia, la madre di Daniele, non potendo contare sulla presenza di un medico di sua fiducia, ha chiesto il rimpatrio della salma per procedere ad un esame autoptico in Italia, richiesta ribadita anche a fronte della segnalazione delle autorità francesi che gli organi interni erano ancora sotto esame e sarebbero stati resi disponibili solo a dicembre. Il giudice istruttore francese ha quindi disposto che il corpo, privo degli organi interni, venisse conservato in adeguate condizioni. Avendo appreso sia pure informalmente nella fase di definizione del volo di rimpatrio, che la salma - scongelata per la prima autopsia - era stata conservata ad una temperatura non inferiore a zero gradi, il Consolato Generale a Nizza è intervenuto sulle autorità francesi per ottenere delucidazioni al riguardo». (...) «La Farnesina ha continuato a seguire la vicenda anche dopo l'arrivo del corpo in Italia. In particolare, è stato effettuato un intervenuto sull'Ambasciata francese a Roma, chiedendo a nome del Ministro Frattini che fosse disposta un'approfondita verifica sull'accaduto. Parallelamente la nostra Ambasciata a Parigi ha evidenziato ai locali Ministeri degli Esteri e della Giustizia il vivo auspicio che si giunga presto a conclusioni certe sulle cause della morte del connazionale. A fronte delle preoccupazioni della famiglia, il Console Generale a Nizza ha reiterato la richiesta al Procuratore di Grasse che gli organi siano mantenuti in condizioni tali da permettere un ulteriore esame in Italia e che siano restituiti alla famiglia il più celermente possibile.» (...) «Ricevendo lo scorso 20 ottobre la signora Antignano - accompagnata dal fratello, dal Sindaco di Viareggio, dalla Senatrice Granaiola e dall'onorevole Bergamini - il Ministro Frattini ha confermato la grandissima attenzione con cui segue personalmente il caso, assicurando che la Farnesina continuerà ad essere a fianco della famiglia affinché sia accertata la verità sull'accaduto. Egli ha quindi sottolineato che è in corso un'indagine della magistratura francese per fare piena chiarezza sulle circostanze della morte di Daniele e ha riferito le assicurazioni ricevute in questo senso da Parigi;
il Ministero degli Esteri francese ha affermato, anche in un comunicato stampa, che gli organi mancanti sono stati prelevati per esami tossicologici e anatomopatologici tutt'ora in corso e che, poiché era stata preannunciata una seconda autopsia, il corpo è stato conservato ad una temperatura di zero gradi. Secondo i medici legali francesi, la congelazione a meno 18 gradi avrebbe, infatti, impedito un ulteriore esame. Dall'autopsia eseguita a Viareggio il 21 ottobre, di cui si attende il verbale ufficiale, risulterebbe l'assenza di lesioni traumatiche. Sarà compito della magistratura francese fornire comunque precisi riscontri sulla dinamica della vicenda che, come ribadito dal Ministro Frattini alla famiglia, continuerà ad essere attentamente monitorata dal Governo italiano;
il quotidiano La Nazione del 24 aprile 2012 - Edizione Viareggio - riporta la notizia degli ulteriori sviluppi della vicenda di Daniele Franceschi; in particolare, a pagina 4, nella Cronaca di Viareggio con il titolo Mamma Cira tornerà presto in Francia «Voglio la verità sulla morte di mio figlio» si legge: Viareggio, 24 aprile 2012 - Non vuole darsi per vinta Cira Antignano, non permetterà che la morte di suo figlio Daniele Franceschi, avvenuta nell'agosto del 2010 nel carcere francese di Grasse dove era detenuto finisca nel dimenticatoio. Per questo è intenzionata a tornare a Parigi per far sentire la sua voce e magari dare vita a una clamorosa protesta proprio adesso che l'attenzione di tutti è volta al ballottaggio. Ai primi di maggio, poco prima del turno elettorale che eleggerà il nuovo presidente. Cira Antignano, difesa dall'avvocato Aldo Lasagna, volerà nuovamente sotto la Tour Eiffel per chiedere giustizia per suo figlio, per sapere a che punto è l'inchiesta della magistratura, che fine hanno fatto gli organi mai restituiti di suo figlio che furono oggetto dell'autopsia. Intanto prima di tornare nuovamente in Francia, Cira Antignano parlerà domani a Roma nell'ambito delle manifestazioni organizzate per il 25 aprile dai radicali. È stata direttamente invitata da Marco Pannella visto che la manifestazione è stata organizzata per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dei detenuti e sulle morti in carcere. Quelle che avvengono in Italia, ma anche all'estero. In Francia appunto, dove perse la vita Daniele Franceschi. Cira Antignano, la madre che da sempre si batte per conoscere la verità sulla morte di suo figlio e per ottenere giustizia dalle autorità francesi, è decisa a tenere alta l'attenzione perché da diversi mesi non si hanno più notizie importanti dalla Francia. Al momento si sa che la procura transalpina ha indagato per omicidio colposo quattro o cinque persone, presumibilmente i medici del carcere di Grasse che quantomeno sottovalutarono i sintomi manifestati da Daniele e le sue ripetute richieste di aiuto. Nel registro degli indagati forse anche qualche dirigente della struttura, ma il condizionale è d'obbligo perché neppure l'avvocato francese cui si è rivolta la famiglia Franceschi-Antignano è riuscito a sapere qualche informazione in più. L'unica novità rispetto a questo è che l'ambasciata francese a Roma ha contattato recentemente Cira Antignano per comunicarle che gli organi di suo figlio «sono meri reperti» e che quindi non le saranno mai restituiti. Fanno parte, insomma, del fascicolo dell'inchiesta. Andrà invece probabilmente verso l'archiviazione l'inchiesta parallela che, a suo tempo, era stata avviata dalla Procura di Lucca sempre sulla morte di Daniele. I magistrati non hanno però una documentazione sufficiente per arrivare a delle conclusioni. Ecco perché Cira Antignano non vuole adesso abbassare la guardia e intende sfruttare il momento del possibile cambiamento politico in Francia per portare all'attenzione generale quanto accaduto a suo figlio nell'estate di due anni fa. Come si ricorderà la diplomazia italiana e i parlamentari si attivarono per fare pressioni sulla magistratura francese. La vicenda ebbe una grande eco mediatica a livello nazionale, ma a tutt'oggi non ci sono sviluppi significativi;
26 aprile 2012, il quotidiano La Nazione da la notizia di quanto riferito dalla madre di Daniele Franceschi: «non morì a Nizza ma a Grasse. Ci hanno dunque mentito anche sul luogo della morte». Parole pesanti quelle di Cira Antignano, la madre di Daniele Franceschi, il ragazzo morto a 26 anni in cella in Francia. Il ragazzo morì il 25 agosto 2010. Era stato fermato perché secondo le accuse aveva usato una carta di credito falsa per giocare al casinò. Sulla vicenda ci sono attualmente tre indagati, un medico e due infermieri, il ragazzo sarebbe morto di infarto ma secondo i giudici francesi i sintomi furono sottovalutati. Medico e infermiere sono indagati per omicidio involontario, il nostro omicidio colposo. Da ricordare inoltre che in Francia l'essere indagati equivale alla richiesta di rinvio a giudizio. «Gli devono spiegare perché finora ci avevano nascosto il vero luogo della sua morte - continua la donna, raggiunta da TMNews - questo dettaglio dovrebbe essere sufficiente a far capire quante cose strane devono esserci dietro la fine di mio figlio». Cira Antignano ha appreso questa ulteriore novità dall'avvocato Maria Grazia Menozzi, che segue il caso sul versante francese (...) -:
quale sia, dopo 20 mesi, la ricostruzione che i Ministri interrogati possano fare della vicenda;
se i Ministri siano tenuti costantemente informati sulla vicenda dalle nostre rappresentanze diplomatiche in Francia che seguono il caso del nostro connazionale deceduto nella prigione di Grasse;
come mai, nonostante le rassicurazioni, il corpo del giovane Daniele Franceschi sia rientrato in Italia in pessimo stato di conservazione e privo degli organi interni;
cosa sia in grado di dire il Ministro degli affari esteri sulla circostanza per la quale alla fine di ottobre 2010 le autorità francesi affermavano che gli organi interni fossero ancora sotto esame e che sarebbero stati resi disponibili solo a dicembre 2010;
quale sia la ragione per la quale gli organi espiantati di Daniele Franceschi non siano stati ancora restituiti alla madre dopo più di venti mesi dal tragico evento;
se corrisponda al vero il fatto che l'ambasciata francese a Roma abbia contattato recentemente la signora Cira Antignano per comunicarle che gli organi di suo figlio «sono meri reperti» e che quindi non le sarebbero mai stati restituiti;
se siano in grado di dire in quale ospedale sia morto il giovane Daniele Franceschi;
cosa abbiano intenzione di fare per ottenere dalle autorità francesi spiegazioni convincenti rispetto alle contraddittorie risposte fin qui ottenute;
quali iniziative intendano mettere in atto per supportare la madre di Daniele Franceschi nella drammatica ricerca della verità sulle cause della morte del figlio.
(2-01471) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Paglia, Ginoble, Mantini, Laratta, Realacci, Bocci, De Angelis, Bellotti, Bonciani, Calgaro, Giachetti, Melis, Boccuzzi, Verini, Fiano, Cenni, Rossa, Servodio, Fontanelli, Narducci, Froner, Delfino, Villecco Calipari».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CALVISI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, recante il complesso delle misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, ha conferito al Governo la delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
   desta preoccupazione, nell'ambito di tale riorganizzazione, l'ipotesi di soppressione della sezione distaccata di Olbia che, ubicata in un comune capoluogo di provincia, presenta l'ulteriore peculiarità di avere un carico di lavoro superiore, per alcune materie, rispetto alla sede centrale di Tempio Pausania;
   nel territorio della Gallura, inoltre, non può non tenersi in considerazione il reale bacino d'utenza dovuto alla vocazione turistica della zona, che comporta un moltiplicarsi delle presenze, soprattutto nella stagione estiva, e un proliferare di attività commerciali;
   a fronte di ciò, la situazione infrastrutturale è rimasta immutata nell'ultimo trentennio, cosicché la zona è priva di strade a scorrimento veloce, autotrasporti pubblici e rete ferroviaria: ancora oggi, per raggiungere la sede principale di Tempio dal comune di Olbia, occorrono non meno di 45 minuti di automobile;
   risulta all'interrogante che la commissione di studio incaricata dal Ministro della giustizia di predisporre una relazione sulla revisione della geografia giudiziaria abbia elaborato, tra i criteri per disporre la soppressione o meno delle sezioni distaccate di tribunale, quello del numero di abitanti residenti nei comuni che afferiscono alla sezione distaccata – individuato in circa 85.000 – e quello del numero delle sopravvenienze, indicate in 2.269;
   la sezione distaccata di Olbia è di gran lunga sopra il numero minimo delle sopravvenienze: 2642 nell'anno 2009 e ben 3.257 nell'anno 2010, e conta un numero di residenti pari a 83.700, ma con una popolazione stabilmente residente di oltre 100.000 unità, con punte del doppio nel periodo estivo;
   per tutte le ragioni suesposte, la soppressione della sede distaccata di Olbia causerebbe grandi disagi sia agli operatori del settore, sia ai cittadini, con aggravio dei tempi e dei costi per ottenere risposte dal servizio giustizia e con effetti negativi sulla collettività anche dal punto di vista della sicurezza sociale e del sistema economico –:
   se non intenda il Ministro interrogato fare in modo che venga garantito, mediante il mantenimento della sezione del tribunale di Olbia, il servizio giudiziario a favore dei cittadini, della sicurezza e della crescita economica della zona. (5-06698)


   RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   durante la visita ispettiva ex articolo 67 dell'ordinamento penitenziario presso la sezione femminile dell'Istituto casa circondariale «San Vittore» di Milano effettuata nella giornata di sabato 28 aprile 2012, tra le detenute in attesa di giudizio una di esse ha rivelato all'interrogante di essere al secondo mese di gravidanza e di aver fatto presente la sua condizione. Nonostante questo suo stato vive in una cella di non più di dieci-undici metri quadrati in coabitazione con altre quatto compagne. La reclusa è dunque in una situazione inaccettabile, e con lei la creatura nel suo seno, con contraccolpi e danni psichici;
   sempre a San Vittore, che non l'interrogante ha avuto la possibilità di incontrare, un'altra donna è detenuta essendo al nono mese di gravidanza;
   risulta all'interrogante che la polizia penitenziaria opera dando prova di grande umanità e competenza, ma in carenza di organico;
   il 20 maggio 2011 è entrata in vigore la legge 21 aprile 2011, n. 62, recante «Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela riporto tra detenute madri e figli minori». In essa viene reso più vincolante il principio per cui la tutela della prole deve prevalere sulle esigenze cautelari. L'articolo 1 della nuova legge tocca la disciplina delle misure cautelari riguardanti le imputate madri (articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale) che la legge «Finocchiaro» del 2001 non aveva sottoposto a modifica. L'attuale dizione dell'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale prevede che, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), non possa essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, per tali dovendosi intendere, secondo la consolidata indicazione giurisprudenziale, quella rilevante pericolosità desunta da puntuali e specifici elementi dai quali emerga un «non comune, spiccato, allarmante rilievo» dei pericoli di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale (Corte di cassazione, sezione II, sentenza 15 giugno 2004, Pm in c. Lenuta, su «Guida al diritto» n. 47 del 2004, pagina 88);
   il rispetto per la condizione di donna incinta ha pervaso la cultura popolare riflettendosi nella consuetudine giuridica anche quando non conosceva le finezze umanitarie dei nostri giorni. Ciò che è rappresentato nel film Ieri, Oggi e Domani di Vittorio De Sica. In esso Sophia Loren interpreta la figura di una donna che, sfruttando una consuetudine di umanità e devozione per la maternità, evitava il carcere con successive gravidanze (l'ispirazione nasce dalla storia vera della contrabbandiera napoletana Concetta Muccardi, che per non andare in carcere rimase incinta 19 volte) –:
   se i fatti riportati rispondano al vero;
   se si intendano assumere iniziative ispettive in relazione a quanto esposto in premessa ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza;
   se non ritenga comunque, qualora esistessero effettivamente condizioni di pericolosità, di consentire una detenzione in celle meno afflittive;
   quante risultino oggi essere le detenute in stato di gravidanza nelle carceri italiane. (5-06705)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottica del risanamento dei conti pubblici e soprattutto della riduzione del debito pubblico, la messa in campo della cosiddetta «spending review» è necessaria per armonizzare l'apparato economico dello Stato. Nel tenere conto di tale inderogabile necessità, non bisogna altresì dimenticare le necessità e i bisogni di alcuni enti locali che in alcune materie fondamentali, come la giustizia, potrebbero trovare un vulnus nelle loro esigenze di sicurezza e legalità. Si fa soprattutto riferimento alla riforma preannunciata dal Ministro interrogato che, alla luce della attuazione della revisione della spesa pubblica, ha individuato specifiche aree di spesa da razionalizzare e possibili metodi per recuperare risorse tra cui: nuovi programmi di spesa e uffici e attività da sopprimere o razionalizzare; individuazione di inefficienze; segnalazioni di leggi di finanziamento microsettoriali potenzialmente eliminabili. Nelle 44 pagine della relazione del «gruppo di studio» del Ministero della giustizia, anche se in maniera molto tecnica, e non esplicitamente, viene spiegato che «attenendosi alla tecnica del minimo mezzo per realizzare l'obiettivo dell'efficiente allocazione delle risorse giudiziarie senza diminuirne oltre misura la naturale frammentazione territoriale, sembra funzionale escludere la necessità di permanenza degli uffici che contano meno di 20 unità di organico, ma non anche di quelli con organico superiore ancorché minore di 28». Secondo tali principi gli uffici del tribunale di Lamezia Terme, quindi, dovrebbero essere accorpati in quanto «titolari» di meno di 20 unità di organico. Tale relazione però non può non tener nella dovuta considerazione il ruolo che alcuni tribunali «svolgono» in alcune zone del Paese sia in termini di servizio, vista la vocazione del territorio, sia in termini di calmiere di situazioni sociali «pericolose». È questo il caso di Lamezia Terme (Catanzaro). In particolare, si tratta della terza città della Calabria per numero di abitanti e, soprattutto, si tratta di un territorio che, vista la forte vocazione commerciale, necessita addirittura di un intensificarsi delle misure di sicurezza. Sono sotto gli occhi di tutti i fenomeni generati da molteplici guerre di mafia. Tale territorio risulta spesso crocevia di criminalità organizzata. Sono dell'ultimo periodo le lettere di minacce indirizzate alla stessa procura lametina quasi a definire situazioni di sfida intimidatoria. Il territorio lametino è stato sottoposto al vaglio del giudizio severo e garantista dello Stato, prevedendone per ben due volte, nel corso degli ultimi due decenni, lo scioglimento del civico consesso, il cui processo di risanamento finalizzato alla riaffermazione dei principi di buon andamento e legalità deve potersi consolidare. Questa attenzione dello Stato stride dunque con una possibile riorganizzazione degli uffici giudiziari, la cui «soppressione» rappresenterebbe il venir meno della presenza dello Stato di cui il palazzo di giustizia costituisce l'emblema tangibile. In un territorio con tali tipi di problematiche è necessario, quindi, che i cittadini sentano forte la presenza dello Stato;
   l'efficiente allocazione delle risorse non può non tenere nella giusta considerazione questi dati oggettivi, a cui occorre aggiungere la posizione baricentrica di Lamezia Terme nel contesto regionale, crocevia dei più importanti mezzi di comunicazione, dal trasporto aereo a quello su strade o ferrovie. Una realtà che possiede, inoltre, l'area industriale più grande della Calabria che, nonostante la crisi economica in corso, sta investendo le sue migliori risorse per lo sviluppo in nuovi insediamenti produttivi oltre a quelli già esistenti. È fondamentale, all'uopo, garantire un continuo e sicuro presidio di legalità che sappia proteggere i distretti economici dalle insidie della malavita organizzata che potrebbero intorbidire e rendere vano tutto l'impegno della società civile e delle istituzioni locali per lo sviluppo socio-economico. Di fronte a queste considerazioni sembra all'interrogante alquanto miope che la politica non aggiusti il tiro e non ponga alla base della sua decisione criteri oggettivi i quali non possono essere disconosciuti da semplicistiche basi statistiche elaborate sulla carta –:
   se il ministro, alla luce di una riorganizzazione e revisione delle circoscrizioni giudiziarie, intenda tenere conto, di tutti gli elementi sopra citati, affinché si possano rimodulare i criteri adottati, mantenendo lo status quo giudiziario (tribunale di Lamezia Terme) nella città di Lamezia Terme che ha necessariamente bisogno della presenza dello Stato con il suo presidio di legalità. (4-15861)


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI e CROLLA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Astrea è la squadra di calcio del Ministero della giustizia;
   in origine la squadra era nata come passatempo per i dipendenti del Ministero;
   l'Astrea ha militato per 6 anni tra i semi professionisti per poi retrocedere in serie D;
   nel 2011 i giocatori dell'Astrea sono stati assunti dal Ministero per concorso, diventando dipendenti della polizia penitenziaria con contratto a tempo indeterminato;
   secondo notizie riportate dalla stampa, nei requisiti concorsuali, possedere una laurea valeva mezzo punto, la militanza in serie C 8 punti;
   i componenti della squadra guadagnano dai 1.300 ai 1.800/1.900 euro al mese più indennità di trasferta;
   gli stipendi dell'Astrea vengono pagati dai contribuenti –:
   se si intenda risolvere il contratto con i giocatori dell'Astrea, essendo ad avviso degli interroganti inopportuno che il Ministero mantenga dipendenti con la sola mansione di «giocare a calcio»;
   se il Governo intenda avviare una verifica sul concorso del 16 novembre 2011. (4-15869)


   REGUZZONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, prevede la delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione di uno o più decreti legislativi volti a procedere alla riorganizzazione degli uffici giudiziari;
   il comune di Luino, con delibera n. 57 del 22 dicembre 2011 e il voto favorevole di tutti i gruppi del consiglio comunale, ha invitato il Governo a non procedere alla soppressione, per accorpamento, della sezione distaccata di Luino del tribunale di Varese e dell'ufficio del giudice di pace di Luino;
   appare evidente che il prospettato accorpamento, lungi dal realizzare l'obiettivo di assicurare la giustizia in tempi ragionevoli, a un territorio di fondamentale importanza nel tessuto imprenditoriale e industriale del nord-ovest, comporterebbe una dilatazione dei tempi dei processi, tenuto conto dell'enorme carico di lavoro già gravante sul tribunale di Varese, determinando un aumento di disagi e di costi per tutti i cittadini e gli operatori economici;
   la legge del 21 febbraio 2006, n. 98 ha modificato le tabelle A e B allegate al decreto legislativo n. 51 del 1998, istituendo la sezione distaccata di Luino del tribunale di Varese divenuta operativa l'8 ottobre 2007;
   la scelta di istituire nel 2006 la sezione distaccata di Luino era dipesa dalle seguenti motivazioni:
    a) la conformazione del territorio, su cui insistevano quattro comunità montane (ora due) contraddistinta da una viabilità particolarmente disagevole;
    b) la presenza sul territorio di Luino di ben sei valichi con la confinante Confederazione elvetica, che generano un rilevante passaggio, con flusso quotidiano anche di moltissimi stranieri;
    c) l'esistenza di una linea ferroviaria internazionale, che congiunge la Confederazione elvetica con Luino, sede della stazione ferroviaria internazionale a confine con la Confederazione elvetica, Novara-Genova e Milano-Malpensa;
    d) l'adesione alla richiesta di istituzione del presidio di tribunale da parte di nove comuni della Valcuvia, già ricompresi nell'ex mandamento della pretura di Gavirate oltre che dei comuni di Valganna e Bedero Valcuvia, che pure chiedevano di entrare a far parte nel territorio della costituenda sezione distaccata del tribunale di Varese di Luino, con la conseguenza di innalzare il numero di abitanti del bacino a 64.000 unità, con un notevole incremento del carico di lavoro dell'istituenda sezione distaccata del tribunale di Luino;
    e) la vocazione turistica del luinese, nel periodo estivo, di non residenti e di molti stranieri, in gran parte proprietari di immobili per vacanza – in particolare nei mesi estivi – che fa raddoppiare il numero degli abitanti ricadenti nel territorio anzidetto;
    f) la considerazione complessiva che il bacino di utenza del luinese costituiva, dunque, una entità precisa, con caratteristiche e problematiche del tutto peculiari, completamente distinte dal territorio del capoluogo di provincia, sede del Tribunale di Varese;
   le ragioni sopra evidenziate per l'istituzione nel 2006 della sezione distaccata di Luino del Tribunale di Varese di cui alla legge n. 98 del 2006, restano inalterate e mantengono tutta la loro validità;
   in merito all'ufficio del giudice di Luino sussistono tutti i criteri oggettivi ed omogenei per il mantenimento dell'ufficio giudiziario in parola citati dalla norma (articolo 1, comma 2, legge n. 148 del 2011), quali criteri direttivi delle scelte riorganizzative, e precisamente: l'estensione del territorio, il numero degli abitanti e la situazione delle infrastrutture;
   attualmente il territorio ricadente all'interno della sezione distaccata del tribunale di Varese copre il territorio di 34 comuni, servendo una popolazione complessiva di circa 68.000 abitanti, rispetto ad una superficie di circa 280.000 chilometri quadrati in gran parte montuosa –:
   quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Ministro, al fine di mantenere in essere l'attuale sezione distaccata di Luino del tribunale di Varese e l'ufficio del giudice di pace di Luino. (4-15885)


   MINARDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti non ufficiali della possibile chiusura delle case circondariali con meno di 100 detenuti;
   tra questi ci sarebbe anche il carcere di Modica (Ragusa) che ad oggi ospita circa 60 detenuti ed è l'unico carcere della provincia, dopo quello di Ragusa;
   nella casa circondariale di Modica sono presenti 37 unità di polizia penitenziaria, nonostante la pianta organica ne preveda 42. Di queste alcune vengono giornalmente impiegate a supporto della casa circondariale di Ragusa. Ciò nonostante il carcere è conforme al dettato costituzionale dell'articolo 27;
   nella struttura sono state intraprese numerose attività trattamentali a costo zero per l'amministrazione penitenziaria, grazie alla vicinanza delle istituzioni locali e del terzo settore;
   in tali attività è impegnata la quasi totalità dei detenuti;
   sono in programmazione quattro formazioni professionali ed il 35 per cento dei detenuti sono avviati al lavoro intramurario retribuito con qualifica di inserviente, cuoco o muratore, mentre il 10 per cento è impegnato in un laboratorio di rosticceria e dolceria;
   per 18 detenuti è stato possibile acquisire competenze professionali nel settore edile, culinario e di pulizia locali. La realizzazione di quest'ultimo progetto ha consentito di migliorare notevolmente le condizioni detentive di tutti, attraverso il rifacimento dell'impianto termico ed idrico dell'Istituto, il rifacimento dei servizi igienici di tutte le celle, che sono state dotate di acqua calda e servizio doccia, liberando il locale docce, dove è stato possibile realizzare una piccola palestra;
   tutte le attività elencate sono state finanziate dal Fondo sociale europeo, nell'ambito del programma operativo obiettivo convergenza 2007/2013;
   altri progetti sono in fase di esecuzione: un corso di attività motoria, uno di decoupage, uno di musicoterapia ed un laboratorio espressivo motorio. Si sta lavorando anche ad altri due progetti, il primo di agricoltura biologica da realizzarsi in un terreno annesso al carcere ed il secondo di custodia e manutenzione del Chiostro e della Chiesa di Santa Maria del Gesù, annessi all'Istituto –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato non intenda riconoscere l'impegno costante manifestato, nella realtà della casa circondariale di Modica, nella umanizzazione e rieducazione dei detenuti, principio base del sistema carcerario;
   se corrisponda al vero la notizia della chiusura di una struttura tanto pregevole come si è dimostrata essere la casa circondariale di Modica. (4-15896)


   ZAZZERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da circa due anni la direzione distrettuale antimafia di Lecce si sta occupando di una delicatissima inchiesta di corruzione in atti giudiziari a Bari;
   ad oggi l'Antimafia ha iscritto nel registro degli indagati 28 persone: 14 giudici di pace, un giudice onorario ed un ex magistrato per associazione a delinquere, corruzione, abuso d'ufficio, falso. Alcuni di questi giudici peraltro, sarebbero ancora in attività;
   coinvolti nell'inchiesta anche avvocati e collaboratori, accusati a vario titolo di corruzione in atti giudiziari;
   dalle indagini è emerso uno spaventoso sistema di malagiustizia per cui, ad avviso della procura di Lecce, i giudici di pace avrebbero fatto redigere le sentenze dagli avvocati amici per lucrare maggiori guadagni derivanti dalla stesura di un maggior numero di sentenze (La Gazzetta del Mezzogiorno del 31 marzo 2012);
   un vera e propria organizzazione basata sullo scambio di favori tra giudici e avvocati: i primi incassavano senza sforzi i compensi previsti dalla legge, i secondi vincevano automaticamente le cause;
   molte le sentenze truccate, tra cui anche alcune «importanti come quelle emesse dal Got di Altamura Deborah Semidoppio: il giorno che nella sua aula si presenta Squicciarini (in qualità di avvocato di persone arrestate per furti o per detenzione di armi e droga) la giudice emette provvedimenti di assoluto favore come il ritorno in libertà e la restituzione dei beni sequestrati. In cambio la giudice riceve bottiglie, aiuti per un trasloco e provvedimenti di favore a vantaggio di persone di suo interesse» (La Gazzetta del Mezzogiorno del 31 marzo 2012);
   «l'episodio più grave è quello da cui parte l'inchiesta, ovvero la patente restituita dal gdp Maria Marcantonio al boss altamurano Bartolomeo Dambrosio, grazie all'intervento di Squicciarini (che definiva fratello Dambrosio) e di Frugis. Al solo Squicciarini – che non ricopre più l'incarico di gdp – viene poi contestato anche l'abuso di ufficio. Nel novembre 2007, secondo la procura, avrebbe aiutato un amico che gli chiedeva cosa fare in relazione a un verbale di contravvenzione da 158 euro con 5 punti sulla patente. “Porta la contravvenzione e stai tranquillo, perché non devi pagare a nessuno”: un avvocato compiacente prepara il ricorso, il giudice accoglie strappa la multa» (La Gazzetta del Mezzogiorno del 31 marzo 2012) –:
   di quali elementi ulteriori disponga il Ministro interrogato sulla questione descritta in premessa, e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire l'efficienza del sistema giustizia nel territorio pugliese. (4-15902)


   RENATO FARINA e LUPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 24 aprile, a pagina 1 e a pagina 13 del Corriere della Sera compare un articolo a firma di Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, i quali scrivono: «...non stupisce che, agli atti dell'indagine sfociata il 13 aprile nell'arresto di Daccò (già in carcere dal 15 novembre scorso nell'inchiesta sul dissesto del San Raffaele) per 56 milioni di fondi neri della Fondazione Maugeri di Pavia, compaia ora una annotazione di polizia giudiziaria che viviseziona una lettera scritta in carcere da Daccò il 25 gennaio al commercialista Perego»; seguono ampie citazioni di questa corrispondenza privata e di asserite interpretazioni della stessa da parte della polizia giudiziaria;
   l'articolo 15 della Costituzione sancisce: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge»; la legge n. 95 del 2004, introduce l'articolo 18-ter nell'ordinamento penitenziario, prevedendo i casi che giustificano una restrizione della libertà di corrispondenza dei detenuti, dispone che «per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi:
    a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa;
    b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo;
    c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima»;
   non esiste alcuna legge che autorizzi la trasmissione alla stampa e la pubblicazione sui giornali della corrispondenza dei detenuti, ancorché sottoposta a controllo degli organi giudiziari, costituendo anzi quanto verificatosi nel caso esposto una violazione palese sia del segreto d'ufficio sia del rispetto della segretezza della corrispondenza;
   queste patenti violazioni della segretezza nell'ambito dei procedimenti giudiziari dovrebbero costituire motivo di preoccupazione –:
   se i fatti sopra esposti corrispondano al vero;
   se non intenda disporre un'ispezione presso gli uffici giudiziari interessati (legge 12 agosto 1962, n. 1311). (4-15913)


   CAVALLARO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come numerose note di agenzia, ed in particolare dell'agenzia ANSA, confermano, già a partire dal Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012 dovrebbero essere assunti o almeno avviati numerosi provvedimenti ricompresi nell'ambito di quella che viene correntemente definita spending review, per oltre quattro miliardi di euro;
   tale riqualificazione della spesa, non incide al momento, a quanto le notizie disponibili e le stesse dichiarazioni dei Ministri interessati dimostrano né sull'organizzazione centrale dei Ministeri né sul neo-centralismo regionale assai pesante sotto il profilo del costo finanziario, né su livelli non istituzionali di articolazione della macchina statale e locale, come società a partecipazione pubblica, consorzi, enti strumentali e di secondo grado o soggetti comunque pubblici come la Rai né infine dimostra l'esistenza di un piano strategico di dismissioni del patrimonio pubblico non utile a fine pubblici, del valore di decine di miliardi di euro;
   appare evidente che sono proprio i livelli istituzionali di Governo, come già accaduto parzialmente con le province, anche se previste da norme di rango costituzionale, ad essere oggetto di disorganici e confusi tagli, così come sono previsti altrettanti tagli all'articolazione territoriale dei ministeri della giustizia e dell'interno, che sono notoriamente uno dei pilastri dello Stato democratico e sono un necessario contrasto, tanto più efficace quanto più prossimo e sussidiario, alla criminalità specie organizzata e condizione per la sicurezza dei cittadini, che favorisce lo sviluppo e consente gli investimenti stranieri;
   tali ipotesi di tagli, fra cui quella ormai reiteratamente annunciata come prossima, di pochi tribunali con poche decine di magistrati, a fronte di quelle centinaia di giudici che non vengono assunti, dopo aver vinto il concorso, per mancanza di fondi e quelli che operano fuori degli incarichi giudiziari d'istituto presso i Ministeri adesso si estende alle prefetture e all'organizzazione territoriale delle forze di polizia, compresa quella penitenziaria, almeno come indicazione di prospettiva;
   in particolare, tali misure appaiono del tutto prive: di una previa analisi dei costi reali diretti ed indiretti, compresi quelli a carico dei cittadini, che la loro realizzazione comporterà; di una valutazione degli effetti in termini di costo della concentrazione delle responsabilità e competenze, anche sotto il profilo territoriale; di un esame preventivo dei modelli di organizzazione a cui essi dovrebbero essere ispirati ed in contrasto, in nome del mero annunciato e, secondo l'interrogante indimostrato contenimento delle spese, con i principi di sussidiarietà e di decentramento, se non addirittura di federalismo, a cui si ispira la costituzione repubblicana;
   peraltro la loro attuazione produce devastanti effetti sul principio di efficienza e di efficacia dell'amministrazione pubblica, sancito dall'articolo 97 della Costituzione, nonché una violazione evidente del principio di uguaglianza e di parità di trattamento, producendo, al contrario di quello che dovrebbe essere l'indirizzo di uno stato democratico fondato sulla solidarietà, l'effetto di rendere a milioni di cittadini, che sono nel complesso la maggioranza, data la natura reticolare degli insediamenti sociali di gran parte dell'Italia, specie del centro, disagevole l'accesso a servizi fondamentali come quelli della sicurezza e della giustizia;
   non risulta alcun indirizzo se non di carattere generale in tutte queste materie da parte del Parlamento e le deleghe normative e le linee guida finora tracciate, com’è il caso del sistema giustizia, vengono interpretate ponendo come unico principio quello del risparmio di spesa e non della declinazione del medesimo nella considerazione della specificità dei territori e delle loro caratteristiche;
   il paradosso è che tali misure si dovrebbero abbattere sulle poche cose che obbiettivamente finora funzionano nel nostro Paese, come: i piccoli uffici giudiziari, le prefetture, specie quelle piccole e medie, e gli istituti di istruzione pubblica;
   è del tutto errato e privo di ogni giustificazione obbiettiva lo spirito di sufficienza anticampanilistica con cui la difesa di un'ordinata organizzazione dello Stato, spesso assai parsimoniosa proprio in quanto prossima ai cittadini e facilmente soggetta al loro controllo, viene presentata apoditticamente come uno dei traguardi tecnici virtuosi osteggiati dalla politica territoriale, la cui mancanza è invece il primo elemento di crisi del sistema e di scarsa tenuta anche sotto il profilo economico e della responsabilità della spesa;
   anche le passate esperienze, non solo italiane, di concentrazione assoluta dei centri di spesa e di controllo, oltre che essere assai discutibili sotto il profilo della coerenza con i modelli istituzionali, a cui lo Stato democratico e repubblicano italiano dovrebbe ispirarsi, hanno ampiamente dimostrato che esiste per ogni comparto un livello adeguato di buon rapporto fra economicità, efficienza e dimensione delle strutture, come del resto dimostra persino l'articolazione complessa delle strutture economiche non pubbliche, in cui l'efficienza ed economicità di processo e di prodotto non è affatto legata al solo parametro della grandezza, ma ad una serie innumerevole di fattori e parametri –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, prima di ogni deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri, di dover sottoporre al Parlamento le linee guida ed i parametri e criteri di attuazione della spending review nei comparti sicurezza e giustizia, onde ottenerne la discussione ed approvazione urgente. (4-15916)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   alla prima firmataria del presente atto è pervenuto il seguente appello sottoscritto da Alessandro Cataldo, persona detenuta nel carcere di Siano (Catanzaro), e affetta dal linfoma di Hodgkin, la quale aspetta da diversi mesi di essere sottoposta alle cure urgenti e necessarie imposte dal suo precario stato di salute: «Mi chiamo Cataldo Alessandro, nato il 23 luglio 1977 a Cetraro (Cosenza). Sono un detenuto dal 2 dicembre 2010 per l'operazione Over Loading e quindi da un anno e mezzo detenuto e praticamente da otto mesi nel carcere di Siano in attesa di un processo. In questi otto mesi ho riscontrato un disturbo che mi portava dolore al collo e quindi dopo aver fatto tutti gli esami specifici, il 27 marzo 2012 sono venuto a conoscenza tramite il dirigente sanitario che il disturbo dipendeva da noduli, cioè tumore e quindi io dovrei urgentemente essere sottoposto a chemioterapia ed altre cure specifiche. Però ad oggi, 24 aprile 2012, nessuna di queste terapie essenziali mi è stata applicata. Io, con questa missiva mi appello alle istituzioni competenti o chi di dovere per risolvere il mio drammatico problema che essendo ristretto in carcere non ho nessuna possibilità di curarmi cioè un diritto che in un paese civile mi toccherebbe a livello di umanità e diritto alla vita. Inoltre, per quello che riguarda la mia posizione giuridica sono ancora giudicabile e quindi avendo una custodia cautelare non colpevole fino al terzo grado di giudizio, e pure che io fossi un condannato, sarebbe sempre un mio diritto come essere umano curarmi di un male perché non capisco per quale motivo le istituzioni competenti alla mia posizione giuridica e sanitaria non prendono decisione sul da farsi mandandomi o in un centro per cure specifiche oppure dando a me la possibilità e l'autonomia di andarmi a curare in una clinica o un centro apposito. Con questo mio scritto non voglio esonerarmi da nessuna responsabilità penale che potrebbe esserci su di me. La ringrazio per essere stato ascoltato e spero che al più presto qualcuna delle istituzioni a cui mi sono appellato mi dia risposta»;
   il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante «Regole minime per il trattamento dei detenuti» e dall'articolo 1 della Raccomandazione (2006)2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;
   il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscettibile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;
   l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sancisce una rigorosa disciplina in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che «ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura»;
   la recente sentenza della Corte di cassazione n. 46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture»;
   a giudizio della prima firmataria del presente atto, è necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l'espiazione della custodia cautelare in carcere non si traduca di fatto in un'illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicare irreversibilmente le condizioni psico-fisiche del detenuto, già gravemente compromesse –:
   di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa;
   se sia noto per quali motivi il detenuto in questione non sia ancora stato sottoposto al ciclo di chemioterapia e a tutte le altre cure specifiche richieste dal suo stato di salute;
   se non intendano promuovere ogni accertamento di competenza, anche attraverso un'ispezione ministeriale, in rapporto ai fatti esposti in premessa, e quali ulteriori iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare il diritto alla salute del signor Alessandro Cataldo. (4-15917)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI e CROLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   non esiste, nel nostro Paese, una stima definitiva, ma i dati più recenti dicono che per le 22.500 navi mercantili italiane manchino almeno 50mila ufficiali;
   la flotta mondiale, negli ultimi anni, risulta in continuo aumento numerico;
   un tempo si imbarcavano graduati stranieri, piuttosto che italiani, per la grossa disparità di trattamento economico tra le due categorie;
   oggi, appianata tale differenza, le navi italiane imbarcano in larga maggioranza graduati stranieri, perché gli italiani sono numericamente insufficienti a coprire la domanda;
   la penuria di ufficiali è un effetto dell'ultima crisi dello shipping, quella degli anni ’90, cui è seguito un boom straordinario durato alla nuova crisi iniziata nel 2008;
   un allievo al primo imbarco percepisce uno stipendio di circa 2.500 euro;
   l'articolo 138 del registro navale italiano prevede che l'equipaggio dovrebbe essere interamente italiano o comunitario, con una deroga per casi eccezionali, da parte del Ministero, per l'imbarco di un numero di personale di bassa forza extracomunitario, in quantità non superiore ad un terzo del resto dell'equipaggio –:
   se il Governo intenda intraprendere una campagna promozionale di orientamento nelle scuole per illustrare ai giovani questa possibilità di carriera. (4-15872)


   NICOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei collegamenti ferroviari tra il Sud Italia e il resto del Paese risulta essere sempre più precaria perché, in dicembre, con la pubblicazione dei nuovi orari da parte di Trenitalia sono stati notevolmente depotenziati sia i collegamenti intercity che quelli eurostar;
   Trenitalia, inoltre, ha deciso di eliminare numerosi collegamenti ferroviari notturni tra il Nord e il Sud del Paese e di disinvestire ulteriormente nel settore dei trasporti locali con una scelta che evidentemente va nel senso di progressivamente concentrare tutte le risorse finanziarie e tecnologiche dell'azienda solo nell'alta velocità che viaggia in direzione delle aree economicamente più trainanti del Nord Italia;
   alla luce di tale situazione, gli utenti dei treni in servizio nel Mezzogiorno, soprattutto con riferimento al trasporto locale, lamentano inoltre la scarsa puntualità e i livelli a volte minimi di pulizia ed efficienza delle vetture;
   tali situazioni, sia con riferimento al tema degli orari che con riguardo agli standard qualitativi e di pulizia dei servizi ferroviari locali, determinano notevoli disagi ai cittadini del Mezzogiorno e, soprattutto, paiono in contrasto rispetto agli orientamenti dell'Unione europea in materia di trasporti ferroviari –:
   quali iniziative di competenza, rispetto a Trenitalia, ritenga di assumere perché sia garantito un livello sufficiente di collegamenti diurni e notturni tra il Mezzogiorno e il resto del Paese;
   in che modo si possa far sì che il trasporto locale nel Mezzogiorno, invece di essere depotenziato come avviene oggi, goda degli investimenti necessari a garantire servizi efficienti alle decine di migliaia di pendolari che ogni giorni, tra disservizi e ritardi, usano il treno per spostarsi tra la propria casa e il posto di lavoro;
   come si intendano promuovere, in collaborazione con Trenitalia, iniziative finalizzate a intervenire con urgenza e in modo concreto perché il trasporto locale nel Mezzogiorno, al contrario di quanto avviene mediamente oggi, sia caratterizzato da standard quantomeno sufficienti in termini di puntualità, efficienza e pulizia. (4-15887)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raccordo autostradale Venezia – Trieste A4 nel suo tratto finale, nella provincia di Trieste, interessa il comune di Duino Aurisina ed in particolare alcune sue località; il tracciato si sviluppa lungo alcune frazioni del paese e in taluni punti si avvicina molto ai centri abitati;
   il traffico intenso che si concentra su questo raccordo autostradale è causa di un notevole inquinamento acustico e ambientale;
   Autovie Venete e ANAS hanno installato, per i rispettivi tratti di competenza, alcune barriere fonoassorbenti così da ridurre i disagi che il traffico arrecava ai cittadini delle località dove il passaggio del raccordo era più prossimo alle abitazioni;
   tali installazioni hanno, però, lasciato scoperte alcune parti dove la vicinanza dell'infrastruttura a centri abitati avrebbe dovuto giustificare l'apposizione anche in quei punti delle barriere;
   le località che sono rimaste disagiate sono quelle di San Giovanni di Duino, Duino centro, Visogliano, Sistiana e parte di Aurisina;
   per quanto concerne la località di Duino, il traffico della stazione di servizio è motivo di ulteriore disturbo alle abitazioni private a causa dei rumori dei camion in sosta e degli impianti di refrigerazione degli stessi;
   gli abitanti delle frazioni citate sopra hanno sollecitato più volte Autovie Venete e ANAS a porre rimedio a questa situazione, anche con un intervento diretto presso la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ma le promesse finora manifestate non hanno avuto seguito –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se ritenga di poter intervenire direttamente o tramite sollecito per porre fine ai disagi acustici e ambientali che il raccordo autostradale Venezia – Trieste A4 crea nei punti in cui si avvicina a centri abitati nel comune di Duino Aurisina con l'installazione delle rimanenti barriere fonoassorbenti.
(4-15907)

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   durante lo svolgimento della cerimonia del 25 aprile a Prato, la banda eseguiva l'inno di Mameli, l'inno del Piave ed altre musiche militari, ma non eseguiva – sebbene esplicitamente sollecitata dai rappresentanti dell'ANPI locale – la canzone simbolo della resistenza «Bella ciao»;
   soltanto dopo che i gonfaloni e le autorità avevano lasciato il luogo della cerimonia, un gruppo di giovani e di partecipanti, colpiti dalla mancata esecuzione del canto simbolo della Resistenza intonava spontaneamente, accompagnati dalla banda musicale, la suddetta canzone;
   la prefettura, che ha svolto il ruolo di organizzatore della cerimonia ha più volte opposto, ad ogni proposta e richiesta concernente le modalità di svolgimento della cerimonia, la inderogabile necessità di conformarsi alle direttive, emesse per tale occasione, facendo altresì riferimento ad una circolare ministeriale;
   le modalità scelte dalla prefettura di Prato o imposte da normative ministeriali hanno dato la sensazione più di una impropria ripetizione della festa delle Forze armate e degli apparati dello Stato che non di una festa di tutto il popolo, laddove le Forze armate sono certamente comprese ma non sono le uniche protagoniste dell'evento –:
   se esista una circolare, o altro atto del Ministero, che regoli lo svolgimento della cerimonia del 25 aprile e quale ne sia il contenuto;
   se tale atto in particolare preveda o meno o vieti l'esecuzione della canzone simbolo della Resistenza;
   in base a quali normative o disposizioni la prefettura, quale organo periferico dello Stato, abbia assunto in una circostanza come il 25 aprile un ruolo centrale e determinante tale da trasformare una festa popolare con protagonisti tutti i cittadini, tutte le comunità locali, le associazioni partigiane e le forze democratiche di ogni cultura e schieramento in una cerimonia di Stato rigidamente controllata ed indirizzata dagli «apparati burocratici»;
   se le circostanze ricordate abbiano caratterizzato lo svolgimento della cerimonia del 25 aprile in tutte le città d'Italia o se siano ascrivibili solo ad una autonoma iniziativa della prefettura di Prato.
(2-01465) «Giacomelli, Lulli, Ventura».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 201 del 2011 ha anticipato al 2012 l'istituzione dell'imposta municipale propria (IMU), prevista decreto legislativo n. 23 del 2011 recante «Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale», stabilendo altresì che la stessa imposta non sostituisce altre imposte, come invece disposto dal decreto legislativo sul federalismo fiscale, prevedendo che il 50 per cento degli introiti provenienti dal gettito ICI (IMU) sulla abitazione principale spetterà allo Stato, sulla seconda casa e sugli altri immobili non definibili come abitazione principale spetterà allo Stato, e riconoscendo la possibilità al comune di modificare, in aumento o in diminuzione e dentro un determinato intervallo, le aliquote base fissate dal decreto, sia relativamente alla prima abitazione che sugli immobili diversi dalla prima abitazione;
   ad oggi numerosi comuni, sulla base del fatto che il gettito IMU, nel suo complesso, appare di entità incerta e non precisamente definibile, non hanno ancora deliberato le aliquote IMU da adottare, così che la predisposizione dei bilanci preventivi 2012 risulta, anche a causa delle continue e recenti modifiche normative e alla luce delle recenti riduzioni ai trasferimenti, bloccata in numerosi comuni;
   il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, prevede, all'articolo 141, comma 1, che i consigli comunali vengano sciolti con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno qualora sussistano determinate casistiche, tra le quali la mancata approvazione nel termini del bilancio;
   il successivo comma 2 dell'articolo 141 ha stabilito che nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, «trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al Consiglio. In tal caso e comunque quando il Consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio»;
   successivamente, il decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 13, ha parzialmente innovato quanto previsto dallo stesso articolo, mantenendo invariata la procedura sopra descritta ma sostituendo l'organo regionale di controllo con il prefetto –:
   se, nel caso in cui la giunta comunale non predisponga il bilancio di previsione, impedendo così l'approvazione dello stesso da parte del consiglio comunale nel termine ultimo determinato con legge, per l'anno 2012 fissato attualmente al 30 giugno, possa essere considerata corretta la seguente procedura:
    a) nomina del commissario prefettizio ad acta che si sostituisce alla giunta e predispone lo schema di bilancio di previsione 2012, mentre il sindaco e la giunta comunale esercitano le rimanenti prerogative derivanti dalla carica, ad esclusione, appunto, della redazione dello schema di bilancio;
    b) trasmissione da parte del commissario ad acta dello schema di bilancio al consiglio comunale con lettera notificata ai singoli consiglieri, e determinazione di un termine non superiore a 20 giorni per la approvazione del medesimo bilancio;
    c) approvazione, da parte del consiglio comunale entro tale termine dello schema di bilancio, con eventuali modifiche, e immediata cessazione dell'incarico del commissario con riappropriazione da parte della giunta di tutte le sue competenze;
   se, nel caso viceversa in cui il consiglio comunale non dovesse approvare nei termini previsti il bilancio stesso, debba essere data comunicazione al prefetto che, così come ribadito, peraltro, al TAR della Puglia con l'ordinanza 23 maggio 2007, n. 446, inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
(2-01467) «Vanalli, Simonetti, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Caparini, Chiappori, Comaroli, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Fugatti, Lanzarin, Lussana, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Pastore, Polledri, Stucchi, Torazzi, Volpi».

Interrogazione a risposta orale:


   BERRETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è carente su tutto il territorio nazionale di capi squadra e capi reparto, profili operativi con mansioni di ufficiali di polizia giudiziaria;
   è essenziale che ogni squadra di vigili del fuoco ne includa uno, di cui è responsabile, come coordinatore delle attività e dei servizi;
   l'introduzione della normativa prevista nel decreto legislativo n. 271 del 2005 ha causato ricorsi, contestazioni e complessivamente un sistema farraginoso di passaggi di qualifica, spesso del tutto bloccati;
   al comando provinciale di Catania in particolare, le figure sopra indicate risultano carenti di circa il 40 per cento a causa del blocco dei passaggi di qualifica, di pensionamenti e di una mobilità nazionale di capi squadra che, a fine 2011, ha prodotto una carenza di 39 unità complessive;
   a questo si è aggiunta la carenza di 10 vigili del fuoco, venuti meno nell'organico, per l'avvio del corso di qualificazione per capi squadra, con decorrenza 2008, con lo scopo di colmare le assenze di organico di anni precedenti, che però non corrispondono più alle attuali necessità;
   la divisione in due della mobilità dei vigili del fuoco, decisa nell'aprile dall'amministrazione centrale, ha prodotto un ulteriore riduzione di 30 unità nell'organico per la sede di Catania;
   quanto su esposto è stato ripetutamente denunciato dalle organizzazioni sindacali rappresentative del settore, e in modo particolare dalla FP CGIL, con diverse iniziative sindacali e comunicati apparsi sulla stampa e sulle Tv locali;
   il territorio interessato dall'attività dei vigili del fuoco del comando di Catania risulta essere coperto da sole due squadre per il bacino di popolazione di un vasto territorio, che va da Scordia fino a Nicolosi; a queste, si aggiungono sei squadre distaccate (Adrano, Paternò, Caltagirone, Acireale, Risposto e Radazzo) che oltre ai territori di competenza spesso danno supporto ed ausilio tecnico-organizzativo ai comprensori geograficamente più distanti;
   ogni squadra risulta essere composta da sole cinque unità;
   la carenza di organico è risultata più che evidente, nell'ultimo periodo invernale; data la straordinarietà delle precipitazioni e del maltempo, i vigili del fuoco di Catania sono stati costretti a raddoppiare i turni di servizio per far fronte alle numerose emergenze;
   di fronte di tali carenze, le organizzazioni sindacali hanno denunciato la presenza di eccedenze in alcune città del resto del Paese, tra cui Milano e Bologna –:
   se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
   in particolare se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza necessarie, anche di carattere straordinario, per riequilibrare la dotazione organica dei vigili del fuoco di Catania, anche attraverso forme di sostegno finanziario per garantire la programmazione di personale in servizio straordinario;
   se non si ritenga di valutare l'ipotesi di anticipare la mobilità dei vigili del fuoco prevista a giugno 2012, e di ritardare l'assegnazione dei neo capi squadra residenti. (3-02242)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CALVISI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, recante il complesso delle misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, ha conferito al Governo la delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
   l'interrogante ha più volte sollecitato il Ministro della giustizia ad intervenire affinché vengano stabiliti criteri di valutazione della concreta realtà territoriale sulla quale deve operare tale riorganizzazione e segue con preoccupazione l’iter della delega con la quale si sta programmando la soppressione di numerosi uffici giudiziari della Sardegna, tra i quali la sezione distaccata di Olbia;
   le conseguenze della chiusura di un presidio di legalità in un territorio in rapida espansione demografica, ed in particolare con il maggiore tasso migratorio in Sardegna, vanno ben oltre la semplice modifica, comunque peggiorativa, della geografia giudiziaria;
   vi è infatti il rischio concreto di una sottovalutazione delle esigenze di presenza dello Stato e di tutela della collettività di fronte a fenomeni inquietanti di criminalità;
   a tale proposito va ricordato l'attentato con esplosivo ad alto potenziale che lo scorso anno ha devastato un'intera via al centro della città di Olbia e che solo per una sorte benevola non ha determinato delle vittime. Un attentato che convinse l'allora Ministro dell'interno Maroni a recarsi nella città gallurese per rendersi conto personalmente della situazione ed assumere nel confronto dialettico con l'amministrazione comunale gli impegni di intervento per conto del governo. È noto che le locali forze di polizia sono costrette ad operare con mezzi ormai inadeguati e personale insufficiente, e solo poche settimane orsono alcuni agenti hanno rischiato di morire all'interno di un ascensore del fatiscente locale commissariato, il cui impianto aveva preso fuoco;
   con la chiusura della sezione distaccata del tribunale, i disagi per le forze di pubblica sicurezza e per i corpi militari di polizia giudiziaria sarebbero aggravati in modo non più sopportabile;
   si pensi a tutte le attività procedurali inerenti al fermo ed all'arresto in flagranza che devono necessariamente ottenere la convalida del giudice: Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza dovrebbero impegnare giornalmente il proprio limitato personale ed i propri limitati mezzi per la scorta delle persone sottoposte all'arresto e per il loro trasferimento presso la sede del tribunale di Tempio Pausania che, trovandosi in zona montuosa servita da strade il cui tracciato ripercorre quello usato dalle carrozze ottocentesche, determina tempi e costi di impiego irragionevoli. Queste energie verrebbero irrimediabilmente sottratte ai compiti di presidio del territorio;
   congiuntamente a ciò la chiusura dell'ufficio UNEP associato alla sezione distaccata di Olbia, costituendo un grave ostacolo nella esecuzione dei provvedimenti giudiziari, avrebbe inevitabili e gravi riflessi sull'ordine pubblico e sulla civile convivenza: occorre infatti tenere presente che, tra le sedi distaccate di tribunale che insistono su capoluoghi di provincia, la sezione distaccata di Olbia ha la peculiarità quasi unica in Italia di avere un carico di lavoro civile e penale superiore allo stesso tribunale di appartenenza: in caso di soppressione l'ampiezza e la complessa orografia del territorio costringerebbero gli ufficiali giudiziari, già ora in numero gravemente inadeguato alle esigenze della Gallura costiera, a quotidiane e dispendiose trasferte che non consentirebbero l'assolvimento dell'imponente carico di lavoro, salvo non si pensi ad un rilevante aumento degli addetti ed al reperimento di nuovi uffici, essendo gli attuali assolutamente inadeguati, con costi che al contrario delle aspettative del Governo andrebbero notevolmente ad aumentare;
   l'esecuzione dei provvedimenti giudiziari subirebbe una vera paralisi in un territorio in cui vanno aggravandosi le tensioni sociali, determinando il venir meno della fiducia del cittadino nei confronti delle istituzioni e nella loro efficacia, con conseguente aumento di fenomeni illeciti e perfino criminali indotti dalla consapevolezza dell'assenza di pronta risposta della giustizia –:
   se i Ministri interrogati non ritengano che la chiusura dei presidi di giustizia sul territorio, ed in particolare dell'ufficio giudiziario essenziale della sezione distaccata di Olbia, sia in contrasto con le esigenze di tutela dell'ordine pubblico del territorio della Gallura;
   se il Ministro dell'interno non intenda attuare una rigorosa verifica sulle conseguenze di ordine pubblico conseguenti al detrimento dei servizi della giustizia civile e penale;
   se i Ministri interrogati non intendano, di concerto, prendere provvedimenti perché nell'azione di Governo volta alla riorganizzazione degli uffici giudiziari siano salvaguardate le esigenze palesi di presenza dello Stato e di tutela dell'ordine pubblico nel territorio della Gallura costiera. (5-06697)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i fatti di cronaca degli ultimi mesi tratteggiano ormai un profilo dell'Umbria come mercato della droga tra i più fiorenti d'Italia, zona di furti e rapine, area d'infiltrazioni mafiose consistenti con annessi episodi di riciclaggio ed anche efferati omicidi, fenomeni ormai quotidiani che destano viva preoccupazione tra i cittadini della regione e, in particolare, per quelli che risiedono a Perugia;
   per citare solo gli ultimi episodi si ricorda la rapina in una villa della provincia di Perugia, che ha avuto come tragico epilogo l'omicidio di Luca Rosi nei primi giorni di marzo; a febbraio, una donna era stata oggetto di violenza sessuale nel corso di un colpo analogo sempre alle porte di Perugia. Alla fine di marzo, una rapina finita in tragedia, è costata la vita a due membri di una famiglia titolare di un'attività orafa, chiusa qualche anno fa;
   le forze dell'ordine hanno sempre agito con competenza e determinazione nonostante le carenze di uomini e mezzi;
   è compito, dunque, delle istituzioni restituire certezze e serenità ai cittadini dell'Umbria e per questo considerare centrale la questione sicurezza;
   il 5 marzo 2012 si è tenuto a Perugia il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica cui hanno partecipato i Sottosegretari De Stefano e Giovanni Ferrara –:
   quale situazione abbiano potuto rilevare i rappresentanti del Governo;
   quali iniziative s'intendano adottare in merito;
   se non si ritenga necessario rafforzare gli organici e i mezzi delle forze dell'ordine al fine di rendere più efficace l'azione di contrasto alla criminalità sul territorio. (4-15864)


   ANGELA NAPOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della famiglia, assicurata e riconosciuta nei diversi ambiti in cui l'unione esprime i suoi valori, trova espresso riconoscimento anche all'interno delle unità produttive per le quali il «coniuge/genitore» impegna le proprie capacità professionali;
   molteplici sono le fonti legislative che regolamentano ed organizzano i rapporti tra le amministrazioni-datori di lavoro e dipendenti presso le quali costoro prestano l'attività lavorativa; la variegata produzione normativa contempera le diverse esigenze di cui le parti sono portatrici, con la particolare attenzione a quelle che fanno capo all'unità familiare ed al sereno svolgersi di rapporti etico-sociali (articolo 29 Costituzione);
   la tutela della famiglia sui luoghi di lavoro, con particolare attenzione ai rapporti di lavoro di diritto pubblico, è assicurata e riconosciuta dall'ampia legislazione attualmente in vigore;
   anche per il personale appartenente ai ruoli delle forze di polizia esistono fonti normative perché lo stesso possa beneficiare, a richiesta, di un periodo di aggregazione presso altra sede idonea a contemperare l'esigenza di lavoro, con quella, non meno importante, della coltivazione dei rapporti familiari;
   l'applicazione delle regole poste a tutela della famiglia, nel mentre trova ampio riscontro nell'ambito delle forze di polizia caratterizzate da ordinamento e disciplina militare, di contro, non può dirsi riferita all'amministrazione della polizia di Stato, al cui interno il diritto previsto ed assicurato dalla normativa vigente non trova ad avviso dell'interrogante adeguato riconoscimento –:
   se non ritenga necessario assicurare la piena applicazione alle regole poste a tutela della famiglia anche da parte dell'amministrazione della polizia di Stato. (4-15865)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 19 aprile 2012 a Milano si è verificato un episodio di intimidazione molto grave ai danni dei militanti e della sede della Lega Nord di piazza XXIV Maggio;
   alcuni ignoti, appartenenti probabilmente ai centri sociali, hanno infatti cercato di sfondare le vetrate di ingresso della sede della Lega Nord in zona Darsena;
   gli autori del blitz si sono serviti di fioriere in ferro come arieti, credendo che la sede fosse vuota; quando dai locali si sono udite le voci dei giovani padani presenti, il commando si è dileguato;
   un altro episodio di intimidazione, causato probabilmente da altri ragazzi appartenenti ai centri sociali, si è verificato nella giornata di domenica 22 aprile 2012 ai danni di un giovane padano, preso un gazebo della Lega Nord in piazzale Farina a Milano;
   questi episodi sono preoccupanti e da condannare, derivati a giudizio dell'interrogante dalla campagna mediatica in atto volta a discriminare la Lega Nord, unico partito all'opposizione del Governo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suddetti e se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, affinché si possa porre fine a tali frequenti episodi di intimidazione politica. (4-15870)


   LARATTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli enti gestori dei centri di accoglienza per richiedenti protezione internazionale della Calabria hanno comunicato la loro adesione all'appello al Governo italiano e alla autorità competenti in materia di asilo, promosso dal tavolo asilo coordinato dall'Unhcr, al fine di estendere i benefici della protezione umanitaria a tutte le persone fuggite in Libia e soggiornanti sul territorio italiano;
   la cosa che si sottolinea con particolare evidenza è la necessità che nell'esame delle domande si valutino le circostanze nelle quali sono avvenuti la fuga, le discriminazioni, le violenze e i traumi subiti prima e durante il conflitto, nonché le vicende personali dei richiedenti e, la situazione psico-fisica di ognuno. Di particolare importanza è l'effettiva possibilità che si possa far rientro in condizioni di sicurezza;
   delle situazioni sopra descritte, si è a lungo parlato nel corso di un incontro presso il centro accoglienza di Amantea (Cosenza) che come in tutti gli altri centri calabresi fa registrare una grandissima preoccupazione da parte degli ospiti –:
   se il Ministro sia a conoscenza esposto in premessa;
   se sia a conoscenza dell'appello al Governo, promosso dal «tavolo asilo» di cui in premessa;
   cosa intenda fare nel merito, per quanto di sua competenza, soprattutto in relazione alla possibilità di concedere la protezione temporanea in favore di tutti i cittadini stranieri non libici, giunti dalla Libia che tuttavia non hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale né la protezione umanitaria ex articolo 32, terzo comma, del decreto legislativo n. 25 del 2008;
   se non ritenga essenziale l'adozione di iniziative volte a facilitare l'avviamento del processo di integrazione per coloro ai quali è stata riconosciuta una forma di protezione internazionale. (4-15873)


   D'AMICO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Jabil, con stabilimento produttivo situato all'interno di un area di proprietà della Nokia-Siemens Network spa, nel comune di Cassina de’ Pecchi, in provincia di Milano, nello scorso mese di dicembre 2011, con atto unilaterale e senza accordo con i lavoratori ha licenziato 325 propri dipendenti;
   i lavoratori, sostenuti anche mediante deliberazioni di solidarietà dall'amministrazione comunale locale, hanno predisposto un presidio permanente davanti all'ingresso dello stabilimento per evitare che i macchinari produttivi vengano venduti o comunque trasportati in altra sede;
   il 18 marzo 2012 un grosso contingente di agenti delle forze dell'ordine, sembrerebbe di più di 100 uomini, è stato dispiegato sul territorio del comune di Cassina de’ Pecchi per scortare alcuni camion che dovevano accedere allo stabilimento per caricare e trasferire materiale cartaceo di proprietà Nokia-Siemens, nonostante, a detta degli organizzatori del presidio permanente di cui sopra, vi era stato un accordo verbale preliminare tra di loro e l'azienda Nokia-Siemens per permettere il trasferimento di detto materiale senza problemi –:
   quanti uomini e di che forza in particolare, polizia, carabinieri o altro siano stati utilizzati nell'operazione;
   per quale motivo si sia utilizzato un contingente così numeroso e se siano state prese informazioni preventive che giustifichino quello spiegamento di forze;
   se le modalità operative dell'intervento siano state adeguate all'ipotetico pericolo o, come sembrerebbe, non siano state sproporzionate. (4-15888)


   MARMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che
   in Italia esistono sul territorio circa 250 distaccamenti volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, costituiti da cittadini che prestano volontariamente l'attività di soccorso istituzionale al momento della chiamata di emergenza;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 disciplina in modo organico il reclutamento, l'iscrizione e l'avanzamento del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, all'articolo 9, la formazione iniziale, prima di essere impiegato a livello operativo, secondo i programmi del Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco;
   la suddetta formazione iniziale verte su un programma di 120 ore complessive, erogate ai discenti, ivi compresi quelli che rivolgono istanza di svolgere attività presso i comandi provinciali e non nelle sedi volontarie;
   la carenza di tali corsi e l'attività formativa erogata dai comandi provinciali alla componente esigono tempi lunghi ed incompatibili con la necessità dei distaccamenti volontari di impiegare operativamente in tempi rapidi il relativo personale neo iscritto;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, all'articolo 10, prevede per il personale volontario in servizio negli appositi distaccamenti l'obbligo di corso di addestramento sotto la diretta responsabilità del capo distaccamento, mentre per la restante componente in attività nei comandi provinciali il periodo di istruzione viene erogato sotto la responsabilità del comandante;
   una disposizione del dipartimento dei vigili del fuoco-direzione centrale per la formazione nella pianificazione didattica 2010 impone che i corsi di formazione iniziale dei vigili volontari non possono determinare oneri per l'amministrazione, limitando fortemente la presenza di personale permanente formatore per tali necessità, a causa dei predetti costi –:
   se non ritenga opportuno ovviare a tale situazione, promuovendo l'obbligo di svolgere interamente il corso di formazione d'ingresso per i vigili volontari presso i distaccamenti e sotto la diretta responsabilità dei capi distaccamento, in analogia a quanto previsto per i periodi di addestramento di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, utilizzando per l'erogazione dei contenuti didattici le figure qualificate della componente volontaria.
(4-15892)


   GIANNI FARINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un altro contenzioso tra l'Italia e la Svizzera rischia di accrescere le frizioni tra i due Paesi confinanti. Da alcuni mesi le autorità doganali italiane delle frontiere tra il Ticino e la Lombardia, ricorrono al sequestro di auto con targa elvetica guidate da cittadini residenti in Italia;
   di questi casi si sono occupati i giornali del Canton Ticino, i quali hanno riportato testimonianze di automobilisti che si sono visti sequestrare l'auto. Addirittura è successo ad un giovane studente ticinese, iscritto all'università degli studi dell'Insubria, che aveva trasferito la residenza nella città di Varese. Essere figlio del proprietario dell'auto, e con delega a guidarla non è stato sufficiente per la Guardia di finanza italiana in dogana: guidare un'auto svizzera da parte di un residente in Italia senza un documento firmato da un notaio è da considerarsi contrabbando d'auto, secondo le norme comunitarie in materia di Passaggio alla frontiera di persone residenti nella Unione europea alla guida di autovetture immatricolate in paesi terzi per uso privato (si vedano: legge 26 ottobre 1995, n. 479 – Ratifica ed esecuzione della convenzione di Istanbul del 26 giugno 1990, sulla ammissione temporanea; articolo 216 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, Testo Unico delle disposizioni Legislative in materia Doganale; articoli 137 e seguenti del regolamento (CEE) del 12 ottobre 1992 n. 2913 del Consiglio che istituisce un codice doganale comunitario; articoli 559, 560 e 561 del Regolamento (CEE) del 2 luglio 1993 n. 2454, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario);
   ai sensi della normativa sopra riportata, è consentito il passaggio di persone con residenza nella Unione europea alla guida di autovetture immatricolate in Paesi terzi (es. Svizzera), in esonero dal pagamento dei dazi all'importazione (e di conseguenza dell'IVA, ai sensi dell'articolo 70 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 nr. 633), secondo le specifiche di seguito evidenziate:
    a) nel caso di uso a titolo occasionale e temporaneo, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 559 del regolamento (CEE) n. 2454/93, è previsto il beneficio dell'esonero totale dai dazi all'importazione in caso di emergenza. Tale fattispecie consente l'utilizzo dell'autoveicolo immatricolato all'estero da parte dei soggetti residenti nella Comunità, e non determina alcuna contestazione a carico dei medesimi, purché sia resa dichiarazione all'atto della introduzione nella Unione europea. Ovviamente il motivo di urgenza, che giustifica il possesso episodico dell'autoveicolo, deve essere debitamente comprovato dalla parte, soprattutto al fine del riscontro del periodo massimo di utilizzo (5 giorni);
    b) nel caso di locazione di mezzo di trasporto, con contratto stipulato con azienda estera, avente per oggetto sociale la locazione di autoveicoli per uso privato, ai sensi dell'articolo 560 del regolamento (CEE) n. 2454/93, è previsto l'esonero purché, all'atto dell'ingresso nella Unione europea, il soggetto esibisca copia del medesimo contratto all'autorità doganale, in quanto l'utilizzo di detto mezzo è consentito per un termine massimo di otto giorni dalla data di stipulazione del contratto;
    c) nel caso di utilizzo sistematico per motivi di lavoro, prevista dall'articolo 561, l'esonero è, invece, concesso su regolare e formale istanza, da presentare preventivamente, a cura dell'interessato (lavoratore frontaliero), all'autorità doganale competente, al fine dell'ottenimento dell'autorizzazione alla guida con validità biennale. A partire dal 15 gennaio 2011, per il rilascio delle autorizzazioni di cui sopra da parte degli uffici delle dogane di Como, Varese e Tirano, il soggetto interessato può presentare un'istanza documentata, ovvero un'istanza autocertificata, redatta ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in cui, in particolare dichiari:
   a) di essere dipendente della ditta svizzera;
   b) di essere in possesso del permesso di lavoro e/o titolare di un contratto di lavoro stipulato con la ditta svizzera in cui è prevista l'utilizzazione, per motivi di lavoro, di veicoli aziendali;
   c) la mancanza di precedenti penali e amministrativi in campo doganale e fiscale.
   è l'articolo 207 del Codice della strada relativa ai veicoli immatricolati all'estero o muniti di Targa EE, a permettere il sequestro agli agenti della Guardia di finanza:
    1) quando con un veicolo immatricolato all'estero o munito di targa EE viene violata una disposizione del presente codice da cui consegue una sanzione amministrativa pecuniaria, il trasgressore è ammesso ad effettuare immediatamente, nelle mani dell'agente accertatore, il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 202. L'agente trasmette al proprio comando od ufficio il verbale e la somma riscossa e ne rilascia ricevuta al trasgressore, facendo menzione del pagamento nella copia del verbale che consegna al trasgressore medesimo;
    2) qualora il trasgressore non si avvalga, per qualsiasi motivo, della facoltà prevista del pagamento di misura ridotta, egli deve versare all'agente accertatore, a titolo di cauzione, una somma pari alla metà del massimo della sanzione pecuniaria prevista per la violazione. Del versamento della cauzione è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. La cauzione è versata al comando od ufficio da cui l'accertatore dipende. 2-bis. Qualora il veicolo sia immatricolato in uno Stato membro dell'Unione europea o aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo, la somma da versare a titolo di cauzione, di cui al comma 2, è pari alla somma richiesta per il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 202.
    3) in mancanza del versamento della cauzione di cui ai commi 2 e 2-bis viene disposto il fermo amministrativo del veicolo fino a quando non sia stato adempiuto il predetto onere e, comunque, per un periodo non superiore a sessanta giorni;
   questi casi molto diffusi in Italia, non si sono verificati per gli svizzeri che guidano auto italiane in Svizzera. Il divieto italiano applicato dalla Guardia di finanza sembra all'interrogante avere delle sanzioni sproporzionate –:
   se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza affinché:
    a) si persegua, anche nei casi in questione, il massimo di collaborazione tra le autorità istituzionali italiane e svizzere;
    b) si verifichi il numero dei casi di sequestro avvenuti secondo la tipologia di cui sopra;
   se risultino casi di cui sopra verificatisi in territorio elvetico riguardanti cittadini residenti in Svizzera alla guida di auto immatricolate in Italia;
   se intenda emanare disposizioni ai comandi della Guardia di finanza operanti presso le dogane tra l'Italia e la Svizzera per concordare il coordinamento delle informazioni tra gli agenti italiani e svizzeri in servizio nelle zone di confine al fine di ottenere uniformità di trattamento nei confronti di automobilisti che infrangono la normativa del codice della strada nei casi di cui sopra. (4-15901)


   VITALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il livello di criminalità e di malaffare nella città di Brindisi e in particolare nella provincia, ha raggiunto una dimensione grave e preoccupante in considerazione dell'aumento vertiginoso di estorsioni, truffe, rapine e attentati a scopo intimidatorio, che dall'inizio dell'anno sta destando forte inquietudine sia fra le istituzioni locali, che soprattutto all'interno della comunità brindisina;
   il lavoro eccellente di prevenzione e di repressione da parte delle forze dell'ordine, nel contrastare l'aumento di illegalità diffusa sul territorio, con gli strumenti a disposizione sia in termini di risorse umane che finanziarie estremamente limitati, non sembra essere in grado di fronteggiare adeguatamente il numero sempre più rilevante di fenomeni di delinquenza anche di rango quale quella organizzata, come confermano gli arresti nel mese di febbraio 2012 tra Taranto e Brindisi, di esponenti di spicco della mafia locale della sacra corona unita;
   la situazione di allarme e di timore per la sicurezza di Brindisi e della provincia e per l'incolumità dei cittadini, a giudizio dell'interrogante, risulta ancora più grave se si considerano sia le diverse e differenti forme di fenomeni di illegalità, come precedentemente esposto, che si estendono dalle truffe finanziarie e assicurative alle estorsioni, al taglieggiamento, ai furti e allo spaccio di sostanze stupefacenti, sia il livello di omertà estremamente diffuso fra la comunità locale, che certamente non aiutano i responsabili delle indagini ovvero le autorità giudiziarie e le forze dell'ordine;
   appare di evidente gravità inoltre, a giudizio dell'interrogante, la scarsa incisività da parte dell'attuale prefetto di Brindisi, nell'intraprendere una serie di azioni volte ad un coordinamento mirato in grado di contrastare più efficacemente, rispetto alla attuale situazione di particolare criticità, la criminalità sia a Brindisi che nelle aree limitrofe, in cui il fenomeno risulta ancora più diffuso;
   dall'inizio dell'anno, infatti, non si registrano interventi significativi da parte del medesimo prefetto, che possano confermare come la condizione generale d'illegalità nel brindisino, sia stata adeguatamente se non debellata quanto meno ridimensionata –:
   quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere, al fine di fronteggiare l'aumento della criminalità che sta investendo la città di Brindisi e della sua provincia, in maniera estremamente virulenta e pericolosa, che incide pesantemente sul tessuto produttivo e sociale del capoluogo pugliese, penalizzando l'intera economia brindisina;
   quali iniziative intenda altresì adottare nei riguardi del prefetto di Brindisi, in considerazione dei modesti risultati ottenuti, nel corso dell'anno, sul fronte del contrasto alla criminalità e dell'illegalità in generale così diffusa nel territorio interessato;
   se non ritenga opportuno, infine, prevedere azioni volte a potenziare l'organico delle forze di polizia, nella città di Brindisi, il cui livello d'insicurezza come esposto in premessa, ha raggiunto dimensioni di estrema gravità. (4-15904)


   MENIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   in questi ultimi mesi nella provincia di Bolzano si è assistito a diverse iniziative, a livello comunale, volte a restringere il campo di applicazione del bilinguismo, nello specifico si è registrato un caso del tutto anomalo e scorretto nel comune di Bressanone;
   la commissione pari opportunità del consiglio comunale di Bressanone, con l'obiettivo della parificazione dei diritti e delle prerogative dei generi e anche dei cittadini di diversa estrazione, con diversi interessi o diverse abilità motorie, ha nominato – a suo tempo – il signor Alessandro Saggiorato, costretto su una sedia a rotelle, ma instancabile sostenitore della parità di opportunità fra individui, in ogni ambito della società, membro della suddetta;
   il signor Saggiorato, uno dei componenti che rappresentano la minoranza territoriale di lingua italiana, di fronte allo svolgersi di molte riunioni esclusivamente in lingua tedesca, o meglio nella versione dialettale di questa, ha sollecitato un servizio – anche informale – di traduzione rapida per essere al passo con la discussione in atto e potere votare con consapevolezza;
   purtroppo la situazione si trascina da mesi senza risultati e le discussioni proseguono senza alcun supporto linguistico, tanto che recentemente il signor Saggiorato ha minacciato le proprie dimissioni per «impraticabilità del campo»;
   nel mese di marzo 2012 il collega Saggiorato è stato invitato ad una riunione, presso l'ufficio del sindaco, proprio per parlare dell'uso della lingua all'interno della commissione pari opportunità, a cui erano presenti la presidente della commissione pari opportunità, Monika Leitner, il sindaco, l'assessore alle pari opportunità, Elda Letrari, e Antonio Bova, consigliere comunale di Bressanone;
   al signor Saggiorato che, già in due incontri precedenti, aveva sollevato l'impossibilità di capire la discussione in quanto la lingua usata era stata esclusivamente la variante dialettale locale del tedesco è stato proposto di frequentare un corso di tedesco, seppur con spese a carico del comune;
   le procedure, con cui una pluralità di comuni altoatesini continua nell'esasperata ricerca di quella che appare all'interrogante una sopraffazione culturale e identitaria nei confronti della minoranza italiana, vengono adottate nel più assoluto silenzio da parte della giunta provinciale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;
   come il Governo intenda garantire, per quanto di competenza, in tutta la provincia autonoma di Bolzano il rispetto del bilinguismo, evitando eventuali abusi da parte delle amministrazioni locali per quanto concerne lo svolgimento di funzioni pubbliche come quella affidata al signor Alessandro Saggiorato e illustrata in premessa la tutela dei principi di eguaglianza di tutti i cittadini e il principio di imparzialità della pubblica amministrazione. (4-15911)


   CICCIOLI, CROLLA e MANCUSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   è noto che l'ordinamento italiano persiste nella differenziazione del regime normativo proprio della prestazione lavorativa del personale denominato «volontario» del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   l'articolo 4, comma 12, della legge n. 183 del 2011, («legge di stabilità per l'anno 2012») ha espressamente stabilito che: «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione»;
   è significativo sottolineare che tale disposizione è stata introdotta dal legislatore italiano mediante la modifica del testo dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001 – adottato dalla Repubblica Italiana in recepimento della normativa europea posta dalla direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES nonché dall'UNICE e dal CEEP sul punto – e la conseguente introduzione di un'ulteriore ipotesi di deroga alle limitazioni di ricorso al cosiddetto «rapporto di lavoro a termine»;
   l'intervento in esame determina, pertanto, la sottrazione dal campo di applicazione della disciplina europea del rapporto di lavoro a tempo determinato di un cospicuo numero di lavoratori da sempre denominati «volontari» e «discontinui» ma, in verità, impiegati stabilmente ed organicamente nonché dietro retribuzione dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal Ministero dell'interno dal quale tale Corpo dipende, a mezzo di una sequenza ininterrotta di successivi «richiami» in servizio;
   tale impiego stabile ed organico dei lavoratori in questione da parte dell'Amministrazione dello Stato italiana – sia pure presentato nella veste formale del «richiamo in servizio» reiterato indefinitamente nel tempo – ad avviso degli interroganti non è in linea con la normativa comunitaria sui limiti del ricorso al rapporto di lavoro a termine;
   si veda, innanzitutto, la clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato CES-UNICEP-CEEP recepito con la direttiva n. 1999/70/CE:
    «Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5);
    per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
     a) ragioni obiettive per lo giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
     b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
     c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

   Gli Stati membri, previo consultazione delle parti sociali, e/o le porti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
     a) devono essere considerati “successivi”;
     b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
   con tale previsione, pertanto, è evidente che il legislatore comunitario, pur non imponendo la generalizzazione dell'obbligo di conversione del rapporto a tempo indeterminato dinanzi ad abusi del contratto di lavoro a tempo determinato, ha però comunque imposto la previsione di efficaci misure di contrasto di tali ipotesi di abuso; conclusione condivisa anche dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia della Comunità europea, 4 luglio 2006, causa C212/04, cosiddetta sentenza Adeneler):
  «91. In primo luogo si deve rilevare al riguardo che l'accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come esso nemmeno stabilisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi.
  92. Tuttavia esso impone agli Stati membri di adottare almeno una delle misure elencate nella clausola 5, n. 1, lettere da a) a e), dell'accordo quadro, che sono dirette a prevenire efficacemente l'utilizzazione abusiva di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi.
  93. Inoltre gli Stati membri sono tenuti, nell'ambito della libertà che viene loro lasciata dall'articolo 249, terzo comma, CE, a scegliere le forme e i mezzi più idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive (v. sentenze 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 75, e 12 settembre 1996, cause riunite C58/95, C75/95, C112/95, C119/95, C123/95, C135/95, C140/95, C141/95, C154/95 e C157/95, Gallotti e a., Racc. pag. 14345, punto 14).
  94. Pertanto, quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui sono stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro»;
   di analogo tenore sono i passaggi dell'ulteriore pronuncia citata in sentenza (Corte giustizia CE, 7 settembre 2006, C53/04, cosiddetta sentenza Vassallo). Si vedano i seguenti passaggi:
    «48. la clausola 5 dell'accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico (...) affinché una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, posso essere considerata conforme all'accordo quadro, l'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un'altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione.
  50. Per quanto riguarda quest'ultima condizione, occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro impone agli Stati membri l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione e dirette a prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti»;
   la Corte di Giustizia specifica inoltre – ad ulteriore conferma di quanto sopra rappresentato – che: «quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro (sentenza Adeneler e a., cit., punto 94). Anche se le modalità di attuazione di siffatte norme attengono all'ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell'autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C312/93, Peterbroeck, Racc. pag. 14599, punto 12, nonché Adeneler e a., cit., punto 95).
  53. Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato – come sicuramente accade allorquando il rapporto è senza fine reiterato nella forma del «richiamo temporaneo in servizio», si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Infatti, secondo i termini stessi dell'articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (sentenza Adeneler e a., cit., punto 102).
  54. Non spetta alla Corte pronunciarsi sull'interpretazione del diritto interno, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio, il quale deve, nella fattispecie, determinare se i requisiti ricordati ai tre punti precedenti siano soddisfatti dalla normativa nazionale pertinente. Tuttavia la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C255/02, Halifax e a., Racc. pag. 11609, punti 76 e 77).
   costituisce circostanza già rappresentata alle autorità ministeriali quella secondo cui le funzioni svolte nei comandi provinciali dai lavoratori discontinui sono chiaramente di tipo subordinato a ripiano parziale delle gravi carenze di organico del Corpo e del suo sottodimensionamento, con mansioni che variano dal servizio tecnico urgente (pronto intervento) ai servizi amministrativi;
   non a caso, infatti, sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (cosiddetta «Legge finanziaria per l'anno 2007»), all'articolo 1, comma 526, si è previsto l'avviamento anche per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco della «stabilizzazione dei rapporti di lavoro del personale, in possesso dei requisiti», prevedendo la «trasformazione in rapporti a tempo indeterminato delle forme di organizzazione precaria dei lavoro» per i lavoratori discontinui che «alla data del 1o gennaio 2007 [...] da almeno tre anni abbia(no) effettuato non meno di centoventi giorni di servizio»;
   tale processo non ha, però, ancora prodotto i risultati auspicati e tali lavoratori rimangono nella situazione di precarietà sopra indicata appunto prodotta dalla successione senza limiti di tali rapporti nelle forme del «richiamo in servizio»;
   in sede di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, è stato approvato, previo parere favorevole del Governo, un emendamento all'articolo 15 dello stesso, che prevede la proroga «al 31 dicembre 2013 (de)l termine della validità della graduatoria adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 526, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», ma tali misure, da un lato, non hanno avuto seguito mentre, dall'altro, non sembrano adeguate alla soluzione del tema;
   in data 26 gennaio 2012 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/4865AR/66 con il quale si è impegnato a predisporre una nuova regolamentazione del servizio del volontariato nel Corpo che distingua nuovamente la figura del discontinuo, che a tutti gli effetti è un lavoratore a tempo determinato, da quella del volontario; tanto risulta doveroso, sia per rendere conforme la disciplina interna a quella europea sul tempo determinato sia per rendere certi i termini e le modalità per la conversione di tali rapporti a tempo determinato o comunque assicurare ai medesimi una debita prospettiva ripristinatoria o satisfattiva in qualsivoglia modalità –:
   se i Ministri interrogati non ritengano che debbano essere intraprese iniziative per assicurare la conformità della legislazione italiana in materia ai vincoli derivati dalla disciplina europea del rapporto a tempo determinato e che debbano essere intraprese misure per assicurare il superamento di tali rapporti a tempo determinato e per completare il processo di conversione di tali rapporti a tempo indeterminato. (4-15914)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   DI BIAGIO, GRANATA, BARBARO e MURO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 14 marzo 2012, n. 31, ha decretato il numero di «posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di tirocinio formativo attivo per l'abilitazione all'insegnamento» nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, per l'anno scolastico. 2011-2012;
   la prova di accesso al tirocinio formativo attivo mira a verificare contenuti disciplinari oggetto di insegnamento e conoscenze disciplinari preliminari indispensabili al perseguimento degli obiettivi formativi;
   alla luce di quanto individuato, con le prove di accesso si dovrebbe verificare una competenza di certo acquisita, implementata e comprovata da professionisti che – pur non essendo abilitati de iure – esercitano da anni l'insegnamento;
   le dinamiche di accesso alla prova di cui al citato decreto non riconoscono alcun tipo di titolo preferenziale in capo ai professionisti che hanno già maturato esperienza nell'insegnamento tale da legittimare una differenza tra questi ultimi e coloro che aspirano ad accedere al comparto accademico per la prima volta;
   in data 13 marzo 2012, attraverso l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/4940-A/98 – a margine dell'approvazione del cosiddetto decreto semplificazioni e sviluppo (decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35) – il Governo si è impegnato sostanzialmente a valutare l'opportunità di consentire ai docenti, considerati non abilitati de iure, di partecipare al tirocinio formativo attivo senza l'obbligo di sostenere le prove di accesso, che mortificano e vanificano l'esperienza maturata sul campo;
   con decreto direttoriale 23 aprile 2012, n. 74, recante «Indicazioni operative per le prove di selezione di cui all'articolo 15 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249» è stato reso noto il calendario delle prove di selezione per i tirocini formativi attivi, che vanno dal 6 al 31 luglio 2012, con avvio nelle classi di concorso con una minor aggregazione, per contenere l'impatto sul contestuale svolgimento degli esami di Stato;
   le indicazioni di cui al citato decreto direttoriale rischiano di creare ulteriori criticità in un comparto già caratterizzato da confusione normativa, determinando, inoltre, sconcerto in quanti, in possesso di competenze pregresse e ampiamente verificate, confidavano in un intervento urgente che consentisse loro o una partecipazione al tirocinio formativo attivo senza sostenere le prove di accesso, o in un corso abilitante loro riservato, come di fatto pare avere prospettato anche il Governo attraverso i riscontri agli atti di sindacato ispettivo aventi medesima materia –:
   anche alla luce di quanto calendarizzato con il citato decreto direttoriale, quali urgenti e non procrastinabili iniziative si intendano predisporre al fine di dare seguito all'impegno accolto dal Governo in data 13 marzo 2012 attraverso l'ordine del giorno n. 9/4940-A/98 e consentire ai docenti, di ogni ordine e grado, ivi compresi i docenti della scuola dell'infanzia e primaria, di discipline artistiche e di strumento musicale e gli insegnanti tecnico pratici, che abbiano maturato almeno 360 giorni di servizio, di veder riconosciuta l'esperienza pregressa attraverso l'accesso senza sbarramento al tirocinio formativo attivo o la partecipazione ad un corso abilitante loro riservato. (3-02235)
(Presentata il 2 maggio 2012)

Interrogazione a risposta orale:


   GARAGNANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al divieto, da parte dei dirigenti scolastici, di far benedire con acqua santa la scuola elementare di Poggio Grande di Castel San Pietro Terme in occasione delle festività pasquali;
   al riguardo all'interrogante non pare ammissibile che una iniziativa di questo genere possa violare la laicità dello Stato o turbare l'armonia delle classi per la presenza di eventuali studenti di fede diversa da quella cristiana, omologando tutto in un amalgama indistinto che finisce per penalizzare la nostra storia ma soprattutto le nostre radici culturali e spirituali;
   in particolare si giudica con vera preoccupazione l'atteggiamento ormai sempre più diffuso nelle scuole, volto a penalizzare l'identità del popolo italiano che si basa prevalentemente sulla tradizione culturale giudaico-cristiana fondamento della nostra civiltà ed elemento identitario della nostra cultura;
   non è in dubbio la libertà di insegnamento dei docenti o l'autonomia della scuola (si osserva peraltro che la maggioranza dei genitori gradiva la benedizione pasquale e, ad avviso dell'interrogante, occorre tenere conto del ruolo della famiglia) ma lo sbandamento culturale dell'attuale momento storico in cui la difesa dell'identità è messa a repentaglio da una visione ideologica della società che tende a denigrare gli elementi costitutivi della nostra tradizione in favore di culture diverse in nome di un presunto ideale di accoglienza e solidarietà;
   occorre, secondo l'interrogante, riflettere sulla scarsa attenzione data al legame con le tradizioni che vanno salvaguardate con convinzione, perché solo la consapevolezza della propria identità cristiana, nel nostro caso particolare, aiuta l'eventuale confronto con realtà diverse –:
   se intenda attivarsi, per quanto di sua competenza, affinché nelle scuole di ogni ordine e grado venga valorizzato il patrimonio culturale cristiano che è fondamento della identità del popolo italiano.
(3-02243)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRASSINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno accademico 2014-2015 al Politecnico di Milano sarà cancellato il «doppio binario» di insegnamento di corsi in italiano e inglese e tutti i corsi dell'ultimo biennio della laurea specialistica e dei dottorati saranno tenuti esclusivamente in lingua inglese;
   secondo il rettore del Politecnico di Milano, professor Giovanni Azzone, la scelta di offrire corsi unicamente in inglese offrirà agli studenti italiani una maggiore apertura culturale internazionale e consentirà di attirare un maggior numero di studenti e docenti stranieri;
   secondo i sostenitori dell'insegnamento esclusivo in lingua anglofona, la scelta dell'Università milanese favorirebbe la modernizzazione e l'internazionalizzazione del nostro sistema accademico offrendo un migliore insegnamento di tipo politecnico e manageriale e favorendo un rapporto più stretto con le imprese;
   il dibattito che si è acceso in questi giorni ha portato diversi linguisti, filosofi e uomini di scienza ad esprimere forti perplessità e dubbi sulla decisione del Politecnico di Milano di soppiantare l'insegnamento in lingua italiana con quello in lingua anglofona rilevando che il valore della ricerca e dell'insegnamento non possono dipendere dalla lingua in cui si esprimono;
   l'imposizione del solo insegnamento in lingua inglese, tra l'altro operata da una università pubblica, rappresenterebbe una grave limitazione di accesso allo studio per tutti gli studenti capaci e meritevoli che non avranno acquisito una piena padronanza di una lingua diversa dalla lingua madre, con il rischio di relegare i corsi di insegnamento in lingua anglofona ad una esigua elite di studenti che magari hanno avuto la possibilità, negli anni precedenti di studiare in strutture internazionali;
   la nostra lingua madre rappresenta il patrimonio culturale più antico, la sensibilità giuridica, filosofica e scientifica del nostro popolo frutto di una evoluzione secolare e la scelta di rimpiazzare la lingua italiana con quella inglese significherebbe sacrificare ogni ricerca umanistica e scientifica progredita; tale scelta non ci renderà né più moderni e né più progrediti e rinunciare alla nostra lingua madre ci farà regredire nel controllo delle strutture logico argomentative in tutti gli ambiti del sapere –:
   come il Ministro interrogato, effettuata una attenta analisi dei diversi risvolti scientifico-culturali connessi alla scelta del Politecnico di Milano di tenere tutti i corsi dell'ultimo biennio della laurea specialistica e dei dottorati esclusivamente in lingua inglese, intenda salvaguardare la lingua italiana coniugando la necessità di internazionalizzazione a quella di garantire a tutti gli studenti un libero e proficuo accesso allo studio. (5-06694)


   PES, GHIZZONI, SIRAGUSA, DE PASQUALE, COSCIA, DE TORRE e MAZZARELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 7 del 16 aprile 2012 predispone la riconversione del personale docente in esubero attraverso l'attivazione di corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno;
   i corsi, come stabilito dal decreto, sono a numero programmato sulla base delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 19, comma 11, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito con modificazioni della legge 15 luglio 2011 n. 111 e dell'articolo 63 del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola del 29 novembre 2007;
   il costo dei corsi è coperto dal Ministero dell'istituzione, dell'università e della ricerca; tali risorse potranno essere incrementate con altre rese disponibili dagli uffici scolastici regionali, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e da enti pubblici e privati;
   i corsi sono istituiti ai sensi dell'articolo 4 dell'accordo tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza nazionale permanente dei presidi di scienze della formazione sottoscritto in data 5 luglio 2011 e sono organizzati dalle reti di cui alla Convenzione tra la direzione, generale per il personale scolastico, la direzione generale per lo Studente, l'integrazione, la partecipazione e comunicazione, le università di Firenze, Bari, Salerno, Padova e Cattolica di Milano e il liceo Alfano I di Salerno del 27 dicembre 2011;
   i corsi sono attivati in tre moduli, ciascuno equivalente a 20 crediti formativi universitari (CFU), corrispondenti rispettivamente a un livello base, intermedio e avanzato;
   precedentemente, in data 12 aprile 2012 il sottosegretario Rossi Doria, rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-01436 in cui si chiedeva di precisare cosa il Governo intendesse fare con gli esuberi nel mondo della scuola, precisava che «nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato»;
   il decreto ministeriale n. 7-02012 nonché contraddire le parole del sottosegretario, penalizza fortemente gli oltre diecimila docenti precari specializzati per le attività di sostegno che per il prossimo anno scolastico rimarranno senza lavoro;
   tali docenti hanno conseguito la specializzazione attraverso corsi biennali di 1280 ore, corsi SISS post specializzazione, corso di laurea in Scienze della formazione primaria, hanno arricchito il loro curriculum di nuovi titoli di laurea, master, perfezionamento e posseggono esperienze ultra decennali –:
   quali siano i motivi che hanno portato all'emanazione del decreto ministeriale n. 7 del 2012 e se non ritenga opportuno predisporre soluzioni alternative per l'utilizzo del personale in esubero che non pregiudichino le legittime aspettative e diritti del personale precario. (5-06695)


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Trapani si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale;
   il sindaco uscente Girolamo Fazio ha ripresentato la sua candidatura;
   alla vigilia, di queste elezioni è stata organizzata una recita scolastica per gli alunni delle elementari e delle medie;
   nel corso della recita sarebbe stata organizzata una «celebrazione» del sindaco uscente con tanto di letture sul palco;
   il tutto si sarebbe svolto alla presenza dei dirigenti scolastici;
   «la rappresentazione in stile coreano» è stata ripresa e più volte ritrasmessa dalla emittente TeleSud –:
   quali iniziative di competenza abbia già assunto o intenda assumere il Ministro a tutela della autonomia scolastica e del diritto delle alunne e degli alunni a non essere strumentalizzati in modo alcuno, così assicurando anche il regolare svolgimento delle elezioni. (5-06701)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI e SCHIRRU. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 marzo 2012, il quotidiano La Stampa – cronaca di Torino riporta la notizia secondo la quale la certificazione della disabilità rilasciata dall'ASI per ottenere l'insegnante di sostegno deve seguire le modalità ordinarie fissate per il riconoscimento dell'invalidità civile, tutto ciò a causa di una interpretazione restrittiva delle norme vigenti in materia;
   tale notizia, se fosse vera nei termini in cui è stata esposta, comporterebbe un allungamento dei tempi di rilascio incompatibili con quelli della necessaria programmazione della scuola, oltre anche ad un aggravio economico a carico delle famiglie che si vedono richiedere dai medici di medicina generale (del tutto legittimamente) la cifra di 60 euro per la certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti e l'invio – per via telematica – all'INPS della richiesta di visita;
   da informazioni rese all'interrogante da familiari di alunni disabili, risulterebbe che quanto esposto in premessa si verificherebbe anche in altre realtà territoriali in ambito nazionale:
   ai sensi dell'articolo 20 decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, a decorrere dal 1° gennaio 2010 «... le domande volte a ottenere benefici in materia di... handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS...» e che «... le Commissioni ASL sono integrate da un medico dell'INPS ...»;
   ai sensi dell'articolo 19, comma 11, decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, «... le commissioni mediche di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto all'assegnazione del docente di sostegno all'alunno disabile, sono integrate obbligatoriamente con un rappresentante dell'INPS ...»;
   le due norme considerate pur prevedendo modalità organizzative identiche, prendono in considerazione due fattispecie diverse: nel primo caso si tratta di domande volte ad ottenere «benefici»; nel secondo caso si tratta di domande volte alla richiesta di diagnosi funzionale «costitutiva del diritto» all'assegnazione del docente di sostegno, e non di «benefici»;
   anche dal punto di vista strettamente letterale, la norma contenuta nell'articolo 19, del decreto-legge n. 98 del 2011 non opera alcun richiamo o rinvio, né esplicito, né implicito, alla procedura prevista dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009;
   l'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2006, n. 185 (Regolamento recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, legge 27 dicembre 2002, n. 289) prevede che gli accertamenti vadano effettuati «... in tempi utili rispetto all'inizio dell'anno scolastico e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta ...»;
   l'interpretazione adottata dalle AA.SS.LL. torinesi comporta – nella pratica – un notevole allungamento dei tempi di rilascio, causando enormi ritardi sui riconoscimento dei diritti degli alunni disabili all'integrazione scolastica;
   la Corte Costituzionale, fin dal 1987 (sentenza 3 giugno 1987, n. 215), ha riconosciuto che «... la frequenza scolastica è un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione ...» –:
   se risulti quanto in premessa e quali iniziative di propria competenza intendano adottare al fine di garantire in modo uniforme il concreto esercizio del diritto del disabile all'integrazione scolastica. (4-15879)


   SAVINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 16 aprile 2012 si è verificato il crollo del sottotetto di un'aula del primo circolo didattico «De Amicis» di Massafra (Taranto), per cause in corso di accertamento e, fortunatamente, è stata soltanto sfiorata una tragedia, poiché fino a circa un'ora prima dell'accaduto gli allievi erano presenti nell'aula;
   già in passato erano state segnalate infiltrazioni d'acque e i genitori di alcuni allievi della scuola «De Amicis», nei giorni scorsi, avevano fatto cenno ad una «caduta di calcinacci»;
   a seguito di un sopralluogo eseguito dalla commissione lavori pubblici del comune di Massafra è stata chiesta l'istituzione di una commissione d'inchiesta amministrativa;
   il caso di Massafra non rappresenta però una vicenda isolata, infatti altri episodi analoghi si sono verificati in diverse scuole italiane e che è doveroso citare: il distacco di un cornicione dal tetto nell'Istituto comprensivo statale «Antonio Ugo Palermo» di Palermo nel settembre 2010; il crollo del soffitto all'istituto alberghiero di Ladispoli (Roma) nel novembre 2010; il crollo di una lastra di vetro all'Istituto tecnico «Belluzzi» di Bologna nel novembre 2010, il crollo di alcuni calcinacci del primo circolo didattico «Lombardo Radice» di Paternò (Catania) nel febbraio 2011 ed il crollo di parte del soffitto della scuola materna «Gazzaniga» di Pavia nel marzo 2011 hanno invece provocato il ferimento di alcuni studenti;
   se in molti casi le tragedie sono state evitate perché gli eventi si sono verificati di notte, non bisogna purtroppo dimenticare le storie tristemente note dei ventisette alunni morti nel crollo della scuola «Jovine» di San Giuliano di Puglia (31 ottobre 2002) e di Vito Scafidi, lo studente che perse la vita nel crollo del soffitto avvenuto nel Liceo Darwin di Rivoli (novembre 2008);
   secondo un'indagine svolta con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della gioventù ed in collaborazione con il dipartimento della protezione civile, su un campione di 88 edifici scolastici di diverse zone del Paese e i cui dati sono riportati nel IX rapporto nazionale sicurezza qualità e comfort degli edifici scolastici 2011, la situazione relativa alla sicurezza degli edifici scolastici è davvero allarmante. L'indagine infatti sottolinea il deficit di manutenzione (34 per cento delle scuole) e la necessita di interventi manutentivi ordinari (89 per cento dei casi) e di manutenzione straordinaria (31 per cento). Inoltre, soltanto il 41 per cento degli edifici scolastici monitorati sarebbe in possesso del certificato di agibilità statica;
   secondo i dati diffusi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sarebbero 12.000 gli edifici scolastici che presentano elementi di particolare criticità, tra cui 390 in Abruzzo, 228 in Basilicata, 1.428 in Calabria, 300 in Campania, 467 in Emilia Romagna, 1.330 nel Lazio, 1.259 in Sicilia e 974 in Puglia;
   l'articolo 3 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989, sottoscritta da novanta Stati tra cui l'Italia (nel 1991), al comma 3 dispone: «...gli Stati vigilino affinché il funzionamento di istituzioni, servizi, istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo»;
   l'Anagrafe dell'edilizia scolastica, istituita dalla legge n. 23 dell'11 gennaio 1996, finalizzata ad accertare la consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio scolastica, doveva rappresentare uno strumento importante che fornisse una visione chiara ed analitica dello stato dell'edilizia scolastica, anche attraverso la mappatura degli stessi, sia ai fini della programmazione di interventi di manutenzione ed ampliamento da parte degli enti locali, sia per la gestione quotidiana da parte di province, comuni e singole unità scolastiche;
   nonostante siano trascorsi diversi anni, ad oggi non si è realizzato il pieno completamento dell'Anagrafe edilizia scolastica, mentre invece risulta urgente ed improcrastinabile programmare gli interventi necessari per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e, a tal fine, non più rinviabile procedere ad una loro mappatura dettagliata e completa;
   di recente nel decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (sulle semplificazioni), convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, sono contenute novità per l'edilizia scolastica: si prevede infatti l'approvazione da parte del CIPE di un piano nazionale di edilizia scolastica avente ad oggetto la realizzazione di interventi di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici;
   nel Piano nazionale di riforma contenuto nel documento di economia e finanza 2012 si ricorda che nel 2011 è stato avviato un piano di edilizia scolastica per dotare soprattutto le regioni meridionali di strutture conformi ai più moderni standard didattici e per ridurre la spesa delle amministrazioni locali per locazione passiva di edifici non idonei all'uso scolastico –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle situazioni descritte in premessa e quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle loro competenze, in merito alla manutenzione ed alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, anche al fine di tutelare l'incolumità degli studenti e di tutti i soggetti facenti parte del mondo scolastico;
   se non ritengano necessario indicare con chiarezza competenze e responsabilità dei diversi soggetti preposti in materia di sicurezza scolastica e, in particolare, le ragioni del mancato completamento dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative di competenza per incrementare ulteriormente le risorse per la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica sull'intero territorio nazionale. (4-15880)


   DI GIUSEPPE e ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno scolastico 2011-2012 in tutta Italia si sono creati 10.443 docenti in esubero tra scuola primaria, medie e superiori. Si tratta di docenti di ruolo, in sovrannumero, che hanno perso la propria cattedra passando, di fatto, da una situazione di stabilità ad una di precariato; docenti che rischiano nel giro del prossimo biennio di essere messi in mobilità e licenziati;
   la cosiddetta riforma Gelmini ha prodotto tagli per 140.000 posti di lavoro a livello nazionale tra docenti ed ATA; questi Docenti perderanno la propria cattedra e dovranno essere riconvertiti, considerando ipotesi tra le più disparate tra lo spostarli in altre classi di concorso, utilizzarli nel sostegno con brevi corsi, o metterli in mobilità interregionale;
   il riordino dei cicli ormai sta andando a regime ed insieme all'aumento dell'età pensionabile, in vigore dal primo gennaio di quest'anno, agli accorpamenti di scuole, alla riduzione delle ore d'insegnamento, determineranno l'inevitabile crescita del numero dei docenti in esubero;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con l'emanazione del decreto direttoriale n. 7 del 16 aprile 2012 ha istituito appositi percorsi formativi finalizzati alla realizzazione del profilo del docente specializzato per le attività del sostegno; quindi la paventata riconversione sui posti di sostegno dei docenti curricolari diventati soprannumerari a causa dei tagli sta per diventare realtà, nonostante il Sottosegretario Rossi Doria, in una nota, avesse recentemente comunicato che «nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato»;
   l'accesso a detti percorsi formativi è su base volontaria ma, qualora il docente soprannumerario decidesse di non aderire, rischierebbe di rientrare nel profilo previsto dalla legge n. 83 del 2011, con la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione e, se anche questa ipotesi non fosse possibile, verrebbe collocato in cassa integrazione, seguita da un probabile licenziamento;
   si tratterà di corsi a numero programmato e gratuiti, rivolti agili oltre 10 mila insegnanti in esubero di ogni ordine e grado. La formazione si svilupperà in tre moduli e sono previste lezioni (circa 400 ore) di cui il 50 per cento online, laboratori e tirocini. Per essere assegnati sul sostegno basterà aver concluso il primo modulo. Ciò consentirà probabilmente di collocarli in servizio già dal prossimo 1o settembre 2012. Prima del conseguimento del titolo perciò, nelle secondarie si attuerà la cosiddetta area unica, verranno inseriti in un elenco senza suddivisione in aree disciplinari e solo successivamente saranno impiegati nelle rispettive aree;
   in questo modo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha deciso di allocare sul sostegno, docenti che hanno alle spalle decine di anni di insegnamento in altre discipline, dimostrando totale indifferenza rispetto alle esigenze didattiche degli allievi disabili; gli esuberi riguardano la scuola primaria, in particolar modo al Sud e, soprattutto, la scuola secondaria superiore;
   gran parte dei docenti che saranno ricollocati appartengono alla cosiddetta tabella C e si tratta soprattutto di tecnici di laboratorio che, una volta costretti volontariamente a specializzarsi, confluiranno nell'area 3 del sostegno e perciò, la principale conseguenza di questo ricollocamento sarà quella di non dare opportunità di lavoro a quei docenti specializzati, ma precari, che hanno lavorato per anni su posto di sostegno, maturando conoscenze e competenze specifiche e che saranno sostituiti da dei docenti formati con un corso breve, in buona parte on-line, costretti a riconvertirsi in un ruolo mai ambito e pertanto demotivati. Tutto questo a danno degli allievi disabili che vedono calpestare ancora una volta il loro diritto ad avere un supporto competente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario porre rimedio a questa situazione, invertendo questa tendenza e prevedendo un organico funzionale, con personale, didattica ed un tempo scuola adeguato alle esigenze formative degli studenti disabili;
   se il Ministro abbia valutato sia un progetto organico per dare una soluzione definitiva al problema dei docenti curricolari diventati soprannumerari, sia la possibilità di istituire delle graduatorie nazionali ad esaurimento per l'assunzione a tempo indeterminato di detti docenti così da razionalizzare in una prospettiva realmente meritocratica le risorse umane, in ottemperanza al disposto dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 26 giugno 2008. (4-15897)


   DI PIETRO e ROTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 gennaio 2012 il consiglio comunale della città di Bergamo ha approvato una mozione che impegna la giunta a farsi portavoce presso le istituzioni nazionali per l'adeguamento del fondo ordinario di finanziamento destinato all'università degli studi di Bergamo;
   la situazione specifica dell'ateneo in questione è di effettivo sottofinanziamento, essendo la seconda università meno finanziata in Italia (rapporto Sole 24 ore), con un impegno per lo Stato di 2422 euro per studente, a fronte di una media nazionale di 4000 euro l'anno;
   tale situazione costituisce un'eccezione, in un quadro nazionale in cui gli atenei del nord si collocano prevalentemente al di sopra della media nazionale in termini di finanziamento per studente;
   tale eccezione è dovuta alla grande crescita dell'ateneo di Bergamo negli ultimi 10 anni, in termini di numero di studenti, offerta didattico-formativa e strutture, unitamente al fatto che i parametri di assegnazione del attendono di essere aggiornati da almeno un decennio rispetto alle condizioni specifiche degli atenei;
   l'ateneo di Bergamo rischia di incorrere in procedimenti giudiziari per lo sforamento del limite alla contribuzione studentesca, attualmente al 35,5 per cento contro il 20 per cento previsto dalla legge in proporzione al fondo ordinario di finanziamento;
   l'ateneo di Bergamo è da considerarsi al pari delle altre università del nord, come dimostrano ancora i dati del Sole 24 ore;
   nella mozione approvata dal comune di Bergamo si chiede, oltre all'adeguamento del fondo ordinario di finanziamento, anche l'attuazione dell'articolo 11 della legge n. 240 del 2010, circa gli interventi perequativi per le università statali;
   l'ateneo di Bergamo si trova in una situazione simile ad altri atenei sul territorio nazionale, i quali a seguito dei tagli e dei provvedimenti degli ultimi anni, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, del decreto-legge n. 180 del 2008 legge n. 1 del 2009, legge n. 240 del 2010, l'atto di governo 437 sul reclutamento e l'aumento della quota premiale nell'ultima assegnazione del fondo ordinario di finanziamento, si trovano, specialmente al sud, in una condizione di impossibilità oggettiva di rientrare nei parametri «Virtuosi» imposti dal Governo –:
   se e come il Ministro intenda provvedere quanto prima ad adeguare la quota del fondo ordinario di finanziamento destinata all'ateneo di Bergamo e in generale come intenda provvedere alla situazione degli atenei in difficoltà e in condizioni di impossibilità oggettiva a rientrare nei nuovi parametri di rifermento. (4-15905)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   BORGHESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.— Per sapere – premesso che:
   dopo mesi che lo richiedevano, il Ministro interrogato ha convocato i sindacati il 9 maggio 2012 con l'obiettivo di cercare di trovare una soluzione per quanti hanno perso il lavoro o sono stati incentivati a lasciarlo e, per effetto della riforma previdenziale, rischiano di trovarsi per anni senza reddito e senza pensione;
   l'incontro è importante per trovare una soluzione soprattutto al problema delle lavoratrici e dei lavoratori «esodandi», ovvero la platea non ancora esattamente quantificata dal Governo di coloro che, transitando dalla cassa integrazione guadagni straordinaria alla mobilità, rischiano di rimanere senza tutele a causa dell'innalzamento dell'età pensionabile, a differenza dei 65 mila lavoratori ribattezzati dal Ministro interrogato come «salvaguardati», che andranno in pensione con i precedenti requisiti;
   la distinzione è contenuta in una lettera inviata il 20 aprile 2012 ai leader sindacali dal Ministro interrogato che ricorda come per i 65 mila salvaguardati nei decreti-legge «salva Italia» e «milleproroghe» è stata trovata una copertura economica di 5 miliardi di euro fino al 2019, e per i quali entro il 30 giugno 2012 dovrà essere adottato un decreto interministeriale;
   il decreto interministeriale è importante perché dovrà individuare i criteri e le caratteristiche per rientrare nella platea dei salvaguardati e solo sulla base di questi si potrà stabilire il numero reale di lavoratrici e lavoratori interessati, come ricordato dal presidente dell'Inps in un'intervista a Il Sole 24Ore del 27 aprile 2012;
   è necessario ricordare che la soluzione al problema delle lavoratrici e dei lavoratori «esodati» o «esodandi» richiede risorse molto maggiori rispetto a quelle preventivate dal Governo per i 65 mila salvaguardati. Secondo calcoli per difetto, all'interrogante risulta che servirebbero almeno altri 15 miliardi di euro aggiuntivi;
   ad oggi, il Governo e il «super-Inps» hanno dimostrato quella che all'interrogante appare un'imbarazzante incapacità, impiegando oltre quattro mesi a calcolare il numero delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. Il Ministro interrogato ha imputato il ritardo alla difficoltà di elaborazione dei dati, ma tale giustificazione non è accettabile. Anche sull'orlo del baratro finanziario, il Governo aveva il dovere di conoscere in anticipo il numero di persone per le quali la riforma pensionistica stava dimenticando di prevedere un regime transitorio, ad eccezione dei «salvaguardati»;
   trattandosi di lavoratrici e lavoratori che hanno versato tra i 30 e i 40 anni di contributi, il Governo aveva il dovere di trovare una soluzione per salvaguardare gli accordi già presi e non, invece, creare una lotteria tra gli stessi lavoratori, individuando una soluzione per i soli «salvaguardati»;
   nel «balletto» delle cifre che sono state fornite sono macroscopiche le differenze: il Governo ha parlato di 65 mila lavoratori «esodati»; l'Inps di 130 mila; i sindacati di oltre 350 mila. Il Ministro interrogato si è affrettato a precisare che non vi è contraddizione tra i numeri, dal momento che il Governo intendeva far riferimento unicamente a quei lavoratori che nel corso del 2012 non percepiranno più una forma di sostegno al reddito, non avranno uno stipendio e non percepiranno la pensione; l'Inps ha, invece, fornito numeri che non tengono in considerazione i lavoratori in uscita ammessi alla prosecuzione volontaria dei contributi, mentre i sindacati hanno fatto riferimento a tutti i lavoratori e le lavoratrici che si troveranno nella predetta situazione nei prossimi anni, a causa di accordi accettati fino alla fine del 2011, ma che in alcuni casi non hanno ancora materialmente lasciato il posto di lavoro;
   anche se la precisazione del Ministro interrogato trovasse riscontro, rimarrebbe il fatto che il Governo nei decreti-legge «salva Italia» e «milleproroghe» ha tralasciato non solo ogni soluzione per gli «esodati» e «esodandi» che verranno a trovarsi, a partire dal 2013, nella situazione in cui si troveranno quelli che nel 2012 non percepiranno un reddito, né una pensione, ma a giudizio dell'interrogante ne ha ignorato anche l'esistenza;
   rispondendo ad una interpellanza alla Camera dei deputati il 19 aprile 2012, il Ministro interrogato ha detto che il numero complessivo di 65 mila è composto da: «lavoratori di cui alla lettera a) del comma 4, articolo 24, che complessivamente sono 25 mila 590 lavoratori collocati in mobilità ordinaria ai sensi di accordi sindacali sottoscritti secondo i requisiti previsti dalla disposizione vigente, cioè con un accordo fatto entro il 4 dicembre 2011; lavoratori di cui alla lettera b) – sempre del comma 14 dell'articolo 24 – che sono complessivamente 3 mila 460 lavoratori collocati in mobilità lunga, sempre ai sensi di accordi sindacali sottoscritti entro il 4 dicembre; lavoratori di cui alla lettera c), che sono 17 mila 710 lavoratori titolari di una prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà, ovvero aventi il diritto di accesso a tali fondi sulla base di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011. In questo caso è stato previsto che tali lavoratori restino a carico dei fondi di solidarietà fino a 62 anni, in ciò avvalendosi della possibilità prevista dalla stessa disposizione di adeguare il limite anagrafico di accesso. Nel nostro decreto dicevamo «almeno fino a 60 anni»; in sede di definizione, proprio anche per tener conto di vincoli di bilancio, abbiamo detto che questi lavoratori dovrebbero restare negli accordi di solidarietà fino a 62 anni. Inoltre, lavoratori di cui alla lettera d), che complessivamente sono 10 mila 250 soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. Questo è un numero di persone estratto da un pool più ampio di contributori volontari, dei quali, però, può essere più o meno vicina la prossimità al pensionamento. In questo caso, al fine di garantire la necessaria coerenza ed omogeneità tra i requisiti previsti per le diverse categorie di lavoratori salvaguardati, è stata considerata la platea dei soggetti i cui trattamenti pensionistici avrebbero avuto decorrenza entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto «salva Italia», in analogia con il requisito richiesto per i lavoratori aggiunti dall'articolo 6 del decreto «milleproroghe», come modificato dalla legge di conversione»;
   guardando, invece, alle reali dimensioni della platea di lavoratrici e di lavoratori non salvaguardati, che nei prossimi quattro-cinque anni si troveranno senza reddito, senza copertura di ammortizzatori e senza pensione, i numeri (per difetto) sono molto diversi: 70 mila lavoratori in uscita con accordi individuali e collettivi per esodi incentivati; 45 mila in mobilità lunga e breve; 15 mila coperti da fondi di solidarietà aziendali o di categoria; 200 mila in uscita ammessi alla prosecuzione volontaria dei contributi;
   la predetta situazione dovrebbe riguardare oltre 100 mila lavoratori nel 2013; 90 mila nel 2014 e 70 mila nel 2015;
   si tratta di un quadro spaventoso e doloroso, in quanto le cifre riguardano persone e non numeri;
   per tentare di risolvere le criticità che si sono determinate, il Ministro interrogato ha dichiarato che i lavoratori per i quali «in base ad accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011 fosse previsto, al termine di un periodo di fruizione di strumenti di integrazione reddituale (Cig, mobilità), l'accesso al trattamento pensionistico», specie se il periodo di tempo che li separa dalla pensione in base alle nuove regole è lungo, si dovrebbe puntare sull'offerta di nuove opportunità occupazionali piuttosto che solo su una soluzione previdenziale;
   il Ministro interrogato immagina che – in base al disegno di legge di riforma del mercato del lavoro, che ancora non è legge – chi assuma questi lavoratori porterà in dote lo sconto contributivo del 50 per cento per un anno (in caso di contratto a termine) e per 18 mesi (in caso di assunzione a tempo indeterminato) previsto per i contratti di reinserimento. Il Ministro interrogato ha anche ipotizzato la sperimentazione di forme graduali di ricorso al part-time volontario associato a un incasso parziale della pensione, attraverso accordi aziendali che avrebbero il pieno sostegno del Governo;
   in fondo, aveva ricordato il Ministro interrogato, gli «esodati» li creano le imprese e la responsabilità è loro;
   in un articolo comparso sul Corriere della Sera del 25 aprile 2012, vi è scritto che la Banca Popolare di Bari ha riassunto 60 dipendenti tutti ultra cinquantenni che già lavoravano presso la banca prima di accettare accordi di incentivo all'esodo. La fortuna di questi lavoratori (gli «esodati» del settore bancario sono almeno 22 mila) è che nell'accordo erano riusciti a far inserire una clausola di salvaguardia che metteva al riparo da eventuali cambi del quadro legislativo;
   il segretario generale della Fabi ha raccontato di aver chiesto l'inserimento della clausola di salvaguardia per gli «esodati» a tutte le banche con cui il sindacato ha negoziato negli ultimi due anni la riduzione degli organici attraverso i prepensionamenti. Tuttavia, solo la Banca Popolare di Bari e il Banco Popolare hanno accettato. Il segretario generale dà ragione al Ministro interrogato quando afferma che il problema degli «esodati» è stato creato dalle aziende, chiedendosi come mai lo stesso Ministro non abbia ritenuto che fosse giusto adottare il modello del gruppo Banco Popolare quando fu fatto un accordo di incentivazione all'esodo in Banca Intesa, con il Ministro che sedeva nel consiglio di sorveglianza della banca dell'allora amministratore delegato Corrado Passera;
   non deve essere facile per il Ministro interrogato trovarsi in quella che appare all'interrogante una situazione di conflitto di interessi, in veste ora di accusata, ora di accusatrice;
   per di più, bisogna aggiungere che, al termine della risposta all'interpellanza già citata, il Ministro interrogato aveva voluto ricordare «che qualche volta i patti con lo Stato si fanno non in astratto, ma addossando oneri alle generazioni giovani e future. Quindi, quando diciamo che in nome di principi economici noi rinneghiamo questo patto, vorrei ricordare che non si tratta di astratti principi economici. Si tratta, tuttavia, di considerare che l'onere di questi patti viene addossato a qualcuno che agli stessi non ha partecipato e si tratta essenzialmente dei giovani. Non ci sono astratti principi economici da salvaguardare. Ci sono degli oneri che gravano – lo ripeto – soprattutto sui giovani ed è qui che interviene il concetto di equità. È bene domandarsi quali siano questi oneri ed è bene domandarsi quali criteri di equità possano presiedere alla distribuzione degli oneri e, quindi, per garantire quelli che appaiono diritti acquisiti, stabilendo però che questi diritti non possono essere sempre pagati da qualcun altro. Ricordo anche che, siccome si tratta di pensioni retributive, vale per tali pensioni una non corrispondenza tra contribuzione e prestazione. Questa non corrispondenza è esattamente l'onere di cui parlavo. Aggiungo anche un'altra cosa perché spesso c’è un malinteso dietro questi patti, anche quando sono siglati da grandi imprese. C’è l'idea che il lavoro di qualcuno debba escludere qualcun altro. Vorrei dire che questo è un principio alla base della nostra riforma del mercato del lavoro: vorremmo avere una società dove il lavoro è inclusivo ed è per tutti e non è che mandando fuori una persona non anziana e ancora giovane, tu fai un posto di lavoro per uno giovane. Noi vorremmo – per questo stiamo proponendo la riforma del mercato del lavoro – avere una società nella quale c’è lavoro per un giovane e per un anziano»;
   non erano passati che pochi giorni, che un altro componente del Governo, il Ministro dell'interno Cancellieri, dovendo tagliare i costi del proprio dicastero ha dichiarato al Corriere della Sera: «Vorrei ridurre del 10 per cento i dipendenti civili del ministero, grazie ad uno scivolo, un pensionamento anticipato, senza traumi». Per ingraziarsi i sindacati promette anche di assumere un numero di giovani pari a quello dei lavoratori allontanati;
   le parole del Ministro Cancellieri, lette in uno con quelle del Ministro interrogato, gettano, a giudizio dell'interrogante, ulteriore discredito sul Governo, ingenerando oltretutto una situazione ridicola. Si tratta, infatti, di una serie di contraddizioni inestricabili;
   è necessario che il Governo trovi con urgenza una soluzione al problema che ha creato alle lavoratrici e ai lavoratori «esodandi», che non rimetta in gioco i patti da essi sottoscritti, ma individui un regime transitorio e le risorse necessarie ad evitare che si crei una lotteria tra lavoratori –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, con gli strumenti a disposizione del Governo, a parte gli incentivi ipotizzati per il reinserimento nel mercato del lavoro, per trovare le risorse necessarie a garantire tutte le lavoratrici e i lavoratori di cui in premessa dal rischio che nei prossimi quattro o cinque anni si trovino senza stipendio, senza misure di sostegno al reddito e senza pensione. (3-02239)
(Presentata il 2 maggio 2012)


   D'IPPOLITO VITALE, GALLETTI, POLI, OCCHIUTO, TASSONE, NUNZIO FRANCESCO TESTA, CERA, RUGGERI, CARLUCCI, RIA, CALGARO, ANNA TERESA FORMISANO, BINETTI, CAPITANIO SANTOLINI, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, NARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.— Per sapere – premesso che:
   i recenti dati Svimez delineano uno scenario davvero sconfortante che descrive drammaticamente il mondo del lavoro femminile, in particolar modo nel meridione d'Italia, dove lavora regolarmente meno di una donna su quattro (età 19-34 anni), sebbene il 19 per cento delle stesse sia in possesso di una laurea (contro il 12 per cento degli uomini meridionali);
   se il lavoro stabile è un obiettivo irraggiungibile, l'entrata nel mondo dell'occupazione precaria o a progetto è altrettanto difficoltosa, soprattutto per le donne, spesso madri e mogli impegnate a conciliare aspirazioni professionali e famiglia;
   il tasso di occupazione femminile nel sud Italia è fermo al 23,3 per cento. Le più «fortunate» sono le donne sarde (lavora il 38 per cento di loro), seguite dalle pugliesi (24 per cento). Le più svantaggiate sono le donne campane (17,9 per cento). Ultimi posti della classifica anche per le calabresi (21 per cento) e le siciliane (20,6 per cento);
   si tratta di dati preoccupanti che delineano uno scenario di estrema incertezza. Basti ricordare i numeri forniti da Almalaurea: in Italia lavora soltanto un laureato su cinque. Per tutti gli altri, nessuna prospettiva a parte brevi periodi di occupazione per poi ripiombare nel tunnel del precariato e della ricerca di un posto di lavoro;
   per le donne under 64 la situazione è ancora più critica: in Italia il tasso di occupazione è del 30,5 per cento, pari a meno di una su tre. Tornando alle giovani, appare chiaro che studiare non basta, sebbene le donne meridionali tra i 15 ed i 34 anni siano le protagoniste di una grande rivoluzione culturale. Nel 2010 le donne meridionali laureate sono state il 18,9 per cento sul totale della popolazione di 30-34 anni, superando di 7 punti percentuali i maschi corrispondenti alla medesima fascia d'età;
   a questi dati non corrispondono adeguate percentuali per quanto riguarda l'ingresso nel mondo del lavoro delle donne e la possibilità di vedere garantito il lavoro stesso alla nascita del primo figlio;
   recenti statistiche dimostrano che, conseguentemente alla nascita del primo figlio, si è registrata un'elevatissima perdita di posti di lavoro delle lavoratrici madri (circa 800 mila), soprattutto nel privato, pur in presenza di un'adeguata normativa di tutela della maternità;
   tale fattore risulta di grave criticità, tenuto conto del contesto generale che registra un fenomeno di disoccupazione superiore alle media dell'Unione europea per tutti, ma in particolar modo per le donne;
   garantire un'adeguata occupazione femminile, sottratta alla tentazione di una semplice rivendicazione di genere, costituisce una condizione essenziale per la tenuta economica complessiva del sistema Paese –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per impedire il noto fenomeno dell'abbandono del lavoro, soprattutto delle donne del Sud, costrette a dividersi tra il lavoro e l'educazione dei figli, nel rispetto degli impegni più volte pubblicamente presi, e se non ritenga opportuno attuare adeguate politiche familiari che tengano conto della voglia di riscatto delle donne del Sud e dei benefici, in termini di sviluppo sociale ed economico, che un loro impegno nel mondo lavorativo comporterebbe. (3-02240)
(Presentata il 2 maggio 2012)


   LAGANÀ FORTUGNO, MINNITI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI e LENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.— Per sapere – premesso che:
   il 31 dicembre 2011 arrivava a scadenza il contratto di gestione del servizio di depurazione di Acquereggine spa con gli enti locali reggini. In seguito a ciò la società, per motivi di cessazione dell'attività, definiva una procedura di mobilità per tutti i suoi dipendenti;
   con legge regionale del 23 dicembre 2011, n. 47, la regione Calabria emanava disposizioni urgenti in materia di servizio idrico integrato e predisponeva, in attesa del riordino della disciplina del servizio idrico integrato, la nomina di commissari liquidatori al fine di assicurare la continuità gestionale dei servizi svolti dai cessati organismi, prevedendo inoltre la possibilità di affidamento del servizio ad eventuali gestori provvisori del servizio da parte dei comuni;
   ad Acquereggine spa veniva chiesta una proroga nella gestione, accordata dalla società stessa, a condizione che venissero saldati i pagamenti per le quote del servizio di depurazione da parte dei comuni fruitori morosi;
   non essendosi raggiunto nessun accordo con le amministrazioni interessate per il prosieguo del servizio, non disponibili a pagare i crediti vantati dalla società, ad eccezione della città di Reggio Calabria, ciò nonostante gli impegni assunti dai comuni stessi dinanzi al prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, Acquereggine spa ha iniziato la riconsegna degli impianti di depurazione ai rispettivi proprietari e la messa in mobilità dei lavoratori –:
   se il Governo intenda far chiarezza sul come si è giunti a tale situazione, e se, per quanto di competenza, intenda favorire una soluzione che tenga conto delle professionalità degli oltre 80 lavoratori di Acquereggine spa ed un loro reinserimento all'interno dei futuri enti gestori, al fine di assicurare la continuità gestionale degli impianti di depurazione, che ad oggi ne paiono privi con gravi ricadute sulla qualità ambientale e sulla tutela delle acque. (3-02241)
(Presentata il 2 maggio 2012)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PALADINI e ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la tabella 15 della legge 26 marzo 1958, n. 425, richiamata dal comma 1 dell'articolo 165, fissava l'età pensionabile per macchinisti delle ferrovie, per il personale «viaggiante» e per quello di «manovra» a 58 anni di età e 25 di contributi;
   il 15 maggio 2009, veniva siglato un accordo tra Ferrovie e sindacati che istituiva un «Fondo di sostegno al reddito di accompagnamento alla pensione» che in alcuni casi consentiva (su base volontaria e in base alle necessità aziendali) di anticipare il pensionamento a 54 anni, per chi maturava il diritto alla pensione a 58 anni;
   il decreto legislativo 13 dicembre 2010 n. 212, recante «Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell'articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246», cosiddetto «Taglia-Leggi», al numero 70351 dell'allegato 1 abroga, tra gli altri, il comma 1 dell'articolo 165 della legge n. 425 del 1958, che stabiliva a 58 anni l'età pensionabile per il personale dinanzi menzionato;
   successivamente il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, cosiddetto «Salva-Italia», riformando il sistema pensionistico italiano ha innalzato l'età pensionabile a 66 anni, conservando i vecchi requisiti di accesso e di regime delle decorrenze a beneficio solo di alcune categorie di lavoratori, tra i quali i lavoratori di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, recante norme in materia di «Accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti», che godono di un trattamento differenziato;
   in particolare, il comma 18 dell'articolo 24 del predetto decreto-legge, ha stabilito che entro il 30 giugno 2012, allo scopo di assicurare un processo di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anche ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, sono adottate le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti;
   l'ultimo periodo del comma 18 dell'articolo 24, con riferimento ai lavoratori iscritti al Fondo speciale per i ferrovieri istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, utilizza l'espressione «al presente articolo», anziché «al presente comma», determinando così l'applicazione del nuovo regime pensionistico a tutti i ferrovieri, senza prevedere per essi neppure un percorso di armonizzazione, che faccia salve le mansioni disagiate e le professionalità molto usuranti;
   dalla lettura combinata delle modifiche legislative intervenute, quindi, emerge che i ferrovieri vengono equiparati tutti, senza distinzione alcuna, ai lavoratori iscritti all'Ago con conseguente innalzamento da 58 a 66 anni dell'età pensionabile, anche per personale «macchinista», «viaggiante» e «manovra»;
   ciò genera evidentemente una situazione paradossale, in quanto non è immaginabile – ad esempio – che un macchinista continui a guidare un treno che viaggia fino a 300 chilometri orari fino all'età di 66 anni, per le molteplici ragioni che in seguito si riporteranno;
   il lavoro del personale «macchinista», «viaggiante» e «manovra» era molto fondatamente considerato particolarmente usurante dalla legge, che aveva da sempre stabilito per esso un regime pensionistico speciale;
   la riforma dei benefici pensionistici per i lavoratori usurati, da ultimo operata con il già richiamato decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 a norma della delega contenuta nell'articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183, aveva tenuto fuori i predetti lavoratori delle ferrovie proprio in ragione del fatto che la loro peculiarità era già disciplinata dalla norma speciale contenuta al comma 1 dell'articolo 165 della legge n. 425 del 1958, che tuttavia il cosiddetto «Taglia-leggi» ha abrogato;
   questa abrogazione da parte del «Taglia-leggi» costituisce secondo gli interroganti tuttavia un errore evidente che necessita di correzione mediante la pubblicazione di un avviso di rettifica in Gazzetta Ufficiale, cosa che il Presidente del Consiglio può fare in ogni tempo ed a cui ha fatto ricorso numerose volte anche con riferimento al taglia leggi. Va evidenziato, per di più, che questa soppressione, potendo porsi in contrasto con i limiti della delega conferita al legislatore delegato, potrebbe essere dichiarata incostituzionale;
   anche il riferimento «al presente articolo», anziché «al presente comma», nell'ultimo periodo dell'articolo 24, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, costituisce ad avviso degli interroganti un errore. Infatti non si comprende come possa applicarsi il nuovo regime pensionistico, con l'età della pensione che per alcune professionalità passa da 58 a 66 anni, senza neppure prevedere un percorso di armonizzazione del personale ferroviario, così come previsto, invece, dallo stesso comma 18 per altre categorie professionali, che valuti il disagio e l'usura dei diversi lavori del comparto;
   l'applicazione del nuovo regime pensionistico a tutti i ferrovieri senza eccezione alcune è stato ribadito dalla circolare INPS n. 35 del 14 marzo 2012 al punto 11.4 che ha così interpretato l'ultimo periodo dell'articolo 24, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
   guardando alla definizione di lavoro usurante contenuta nel decreto legislativo n. 67 del 2011, ad esempio, si ricava che vi rientra chi soddisfa anche solo uno dei seguenti requisiti che accorciano la «normale aspettativa di vita»:
    a) coloro che fanno turni pesanti o che comprendono anche lavoro notturno;
    b) i minatori e altre categorie che lavorano in gallerie, tunnel o assimilabili;
    c) chi è esposto a radiazioni e campi magnetici per ovvie ragioni;
    d) chi è costretto a lavorare in ambienti angusti, rumorosi e sottoposti a vibrazioni;
    e) conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo;
   i macchinisti delle ferrovie sono esposti non ad uno, ma a tutti i rischi sopra elencati e paradossalmente ora si trovano esclusi da qualunque beneficio. Infatti essi:
    a) fanno turni sia di giorno che di notte; non solo, ma fanno turni irregolari, poiché ogni giorno hanno un orario e luogo diverso di inizio e fine lavoro; devono mangiare anche se non hanno fame e ad orari sempre diversi, devono dormire anche se non hanno sonno e ad orari sempre diversi, anche se sono lontani da casa e anche se fuori è giorno;
    b) una buona percentuale del proprio lavoro lo svolgono in gallerie, a volte corte, a volte lunghissime (la linea Firenze-Bologna Alta Velocità è lunga 80 chilometri di cui 75 in galleria);
    c) rischiano sempre in prima persona, pagando spesso con la vita eventuali errori o fatalità ovviamente non dipendenti dalla loro volontà;
    d) fino al 1999 e oltre hanno lavorato in cabine di guida coibentate con amianto;
    e) sono spesso sottoposti a campi magnetici molto potenti, fino a 30 microtesla su linee alta velocità a 25.000 volts alternati (quando il limite di legge è di 0,2 microtesla);
    f) guidano mezzi che trasportano centinaia di persone, a velocità che arrivano fino a 300 chilometri l'ora, lavorando anche 7 ore consecutive senza neanche un minuto di pausa, spesso da soli in un ambiente di neanche 2 metri quadri;
   se ciò non bastasse, si deve aggiungere che:
    a) dopo 15-20 anni di lavoro il 70/80 per cento del personale macchinista ha problemi di udito dovuti ai rumori continui, spesso molto al di sopra delle soglie consentite;
    b) dopo 20-25 anni di attività l'80/90 per cento inizia ad avere seri problemi alla spina dorsale (schiacciamenti, ernie, protusioni, lombalgie, cervicale, e altro) dovuti alla continue vibrazioni, alle continue oscillazioni trasversali e ai frequenti contraccolpi verticali;
    c) i macchinisti dei treni alta velocità guidano i treni da soli per lunghe tratte (per esempio: Roma-Bolzano) senza soste e per ciò quando iniziano a lavorare devono andare in bagno (anche se non ne hanno necessità) poiché sanno che per 4-5-6 ore non avranno la possibilità di farlo (sul posto di lavoro non c’è né il bagno né tantomeno il tempo per andarci);
    d) lavorano «normalmente» fino a 10 ore al giorno, ma possono arrivare a lavorare (alle condizioni di cui sopra) anche 13 ore di seguito, oppure, se «dormono» fuori casa, l'impegno lavorativo può arrivare anche a 24 ore;
    e) hanno livelli di stress da lavoro correlato molto superiori alla norma;
    f) hanno una aspettativa di vita sensibilmente inferiore alla media nazionale (nel ventennio scorso era intorno ai 65 anni di età);
   non vi è dubbio che vada individuata prontamente una seria soluzione, che ripari alla serie di «errori» in cui è incorso il legislatore, considerando la particolare usura alla quale erano già sottoposti questi lavoratori, che nell'ultimo decennio sono stati assoggettati ad ulteriori fattori fortemente influenzanti l'aspettativa di vita specifica: allungamento dell'orario di lavoro da 8 a 10 ore giornaliere, accorciamento dei riposi tra due servizi da 18 a 11 ore, aumento delle velocità di linea da 200 a 300 chilometri/orari (presto diventeranno 350 chilometri/orari), passaggio da due ad un solo macchinista alla guida dei treni, ed un enorme recupero di produttività lavorativa generalizzata, attraverso continue erosioni normative;
   la correzione dell'errore o degli errori deve ripristinare prontamente la precedente normativa per i ferrovieri, in attesa di una verifica da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che certifichi la reale aspettativa di vita e le eventuali ripercussioni sulla sicurezza ferroviaria che inevitabilmente comportano un eccessivo sfruttamento psicofisico insieme ad un'età avanzata;
   tra l'altro non va trascurato che un eventuale aumento dell'età pensionabile, oltre che incidere negativamente sulla sicurezza del trasporto ferroviario, ricadrebbe sulla salute dei lavoratori stessi, con conseguente aumento degli inidonei alla mansione ed elevati costi aggiuntivi per l'azienda, con la possibilità di licenziamenti per motivi economici, di cui tanto si parla in vista della prossima eventuale entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro. Basti pensare che i macchinisti in particolare, sono per legge sottoposti a visita di idoneità ogni sei mesi e facilmente possono perdere in maniera definitiva l'idoneità alla conduzione dei treni a causa del deterioramento delle condizioni di salute, correlato all'attività lavorativa svolta –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per rimediare alla situazione che si è venuta a creare nei confronti dei ferrovieri e tra questi in particolare di quelle professionalità più disagiate come il personale «macchine», «viaggiante» e quello di «manovra», sia che si tratti di riparare ad errori nei quali è incorso il legislatore e quello delegato, sia che invece si tratti di recuperare il riconoscimento del lavoro dei ferrovieri tra quelli disagiati o usuranti. (5-06696)


   MANCUSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la fusione degli Enti previdenziali INPS, INPDAP ed ENPALS dovrebbe portare a una riorganizzazione del servizio di welfare per renderlo più efficiente e, contemporaneamente, meno costoso;
   ne è nato un colosso previdenziale da 400 miliardi di euro di bilancio e 35 mila dipendenti;
   attualmente sussistono 53 direzioni generali, 28 in conto INPS, 24 per l'INPDAP, 1 per ENPALS, importo medio delle retribuzioni tra i 160 mila e i 180 mila euro annui;
   il Governo ha richiesto, entro fine anno, la presentazione di un piano di riorganizzazione e di aggregazione di spazi, personale e servizi dei tre enti;
   le direzioni, in conseguenza, dovrebbero diventare 41, il 23 per cento in meno;
   in una bozza di riassetto messa a punto dall'istituto guidato da Antonio Mastrapasqua si fissano a regime in 41 le funzioni di livello generale e si prevede che le 12 in avanzo possano essere assegnate per un periodo transitorio di tre anni per realizzare «progetti a termine, per l'attuazione di programmi, di progetti e gestioni con caratteristiche di eccezionale rilievo per lo sviluppo e l'integrazione»;
   nei prossimi tre anni, quindi, nulla di concreto cambierà nell'organigramma del nuovo colosso previdenziale –:
   se il Governo intenda chiedere all'INPS di effettuare un concreto taglio delle proprie direzioni generali, eliminando le 12 previste e non riassorbendole sotto diverso nome. (5-06699)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI, DAMIANO, BELLANOVA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, SCHIRRU e SANTAGATA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle politiche sociali del territorio provinciale novarese, la progressiva riduzione degli stanziamenti nazionali e regionali, inserita nel quadro di una frammentazione dei soggetti che erogano le prestazioni socio-assistenziali, sta determinando una vera e propria situazione di emergenza sociale;
   in alcune realtà della provincia gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali stanno operando rilevanti riduzioni delle prestazioni che determinano serie ricadute sul piano sociale, in particolare nei confronti delle fasce sociali più deboli (anziani non autosufficienti, soggetti disabili, minori, famiglie in difficoltà) e sui livelli occupazionali del settore;
   la mancanza di una normativa nazionale sui livelli essenziali di assistenza sociale e la diversificazione delle caratteristiche dei gestori configurano criteri differenti nell'accesso alle prestazioni e determinano aspetti disomogenei sulle tariffe a carico degli utenti, sulle quote di compartecipazione a carico dei comuni, sulla quantità e tipologia delle prestazioni nonché sulla tipologia di inquadramento del personale incaricato ad erogare servizi;
   in data 19 aprile 2012 si è svolto un presidio davanti alla sede della provincia di Novara e della prefettura, organizzato dal sindacato Funzione pubblica CGIL Novara «contro i tagli dei servizi sociali del CISA 24 e dell'ISA di Ghemme» e le organizzazioni sindacali unitarie hanno programmato, per i giorni 26-27-28 aprile 2012, tre giornate di mobilitazione di tutti i lavoratori dei servizi sociali operanti nella provincia di Novara;
   in data 23 aprile 2012 il Consorzio intercomunale servizi socio assistenziali CISA 24 ha comunicato in via preventiva alle organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL-CSA e alle rappresentanze sindacali unitarie l'avvio della procedura di mobilità collettiva per eccedenze di personale in relazione alla situazione finanziaria del consorzio ai sensi del comma 4 dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 nel testo riformulato dall'articolo 16 della legge 12 novembre 2011, n. 183 –:
   se il Ministro intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché i livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali siano garantiti, come previsto dall'articolo 117 della Costituzione della Repubblica italiana, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando il determinarsi di situazioni di abbandono e non protezione sociale e salvaguardando i diritti e i livelli occupazionali delle lavoratrici e dei lavoratori del settore pubblico, privato e del mondo della cooperazione. (4-15875)


   ARACRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il commissario dell'Istituto nazionale della previdenza sociale dottor Antonio Mastrapasqua, con determinazione commissariale n. 18 del 16 ottobre 2008 rideterminava la dotazione organica del personale dirigente di I e II fascia e quella del personale dell'area medica e degli altri professionisti e con successive determinazioni, n. 35 del 23 ottobre 2008, e n. 88 del 25 novembre 2008, lo stesso commissario provvedeva a definire i criteri applicativi dell'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, (convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008 n. 133) e in particolare, a seguito di questi due ultimi atti, le strutture centrali già ridimensionate negli organici hanno perso i loro vertici a seguito della rescissione contrattuale, operata ex lege dall'ente, del rapporto di lavoro dei dirigenti generali che avevano maturato, alla data di entrata in vigore dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008 i 40 anni di anzianità contributiva;
   tali dirigenti generali, messi a riposo forzatamente, avevano maturato nella generalità dei casi per quanto risulta all'interrogante una specifica alta professionalità ed alcuni anche un'alta qualificazione scientifica riconosciuta anche all'esterno in campo internazionale ed europeo per quanto attiene alle tematiche del «welfare», che sicuramente conferiva all'Istituto un certo prestigio. Tutto ciò in un momento nel quale gli effetti della crisi internazionale ed i suoi riflessi negativi sull'economia del nostro paese, fanno sì che l'Istituto debba provvedere a sostenere il reddito di quelle famiglie di lavoratori interessati a processi di ristrutturazione e/o chiusure delle imprese con interventi di cassa integrazione anche in deroga alla legislazione vigente al fine contribuire all'attenuazione del disagio;
   a seguito della riorganizzazione dell'Ente sono state attribuite, per quanto risulta all'interrogante senza alcuna procedura di selezione, a dirigenti di II fascia appena quarantenni, le posizioni apicali di I fascia forzatamente svuotate; questi ultimi, talora privi di quel supporto di esperienza professionale, dato dall'anzianità di servizio, molto ridotta e in alcuni casi sarebbe quasi inesistente perché maturata in ambito di gestione delle Segreterie del Presidente e del direttore generale senza alcun legame con le problematiche di gestione delle direzioni centrali. Strutture queste ultime che hanno nell'organizzazione dell'ente un punto di riferimento e coordinamento per le strutture operative a livello periferico sull'intero territorio nazionale;
   conseguentemente si è determinata la condizione quasi obbligata per cui i processi di cambiamento ed i piani di adeguamento degli assetti organizzativi della struttura di supporto fossero affidati alle consulenze esterne. Il complesso di tali consulenze però non figurerebbe tale, in quanto celato all'interno di contratti di fornitura informatica stipulati tutti a trattativa privata in sostanziale elusione della normativa europea, il tutto per un importo di euro 121.280.000,00.
   le strutture centrali continuavano ad avere un deficit di dotazione di personale, compresi i dirigenti di II fascia, l'istituto ha ritenuto di poter attivare, sulla base dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 una procedura di reclutamento di 10 nuovi dirigenti da destinare alla sede centrale, avvalendosi della nota società di consulenza PRAXI spa al costo di euro 95.000,00 su un totale di euro 125.000,00 preventivamente impegnato a favore della suddetta società. Selezione effettuata senza alcun criterio di trasparenza, senza dare l'informativa di legge che sarebbe stata dovuta alle organizzazioni sindacali dei lavoratori dell'ente, rappresentative ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 165 del 2001, ed infine apparentemente smentendo l'accaduto in ogni sede di trattativa sia nazionale che di direzione generale fino a quando l'organizzazione sindacale RDB ne ha dato notizia. Le competenze richieste, per almeno sette dei profili per quanto risulta all'interrogante erano rinvenibili all'interno in quanto in possesso di personale non dirigente di qualifica apicale, con pluriennale esperienza, nel settore della finanza, dell'organizzazione e della gestione del patrimonio. Comunque, ad onor del vero sembra che qualche dipendente dell'INPS distaccato presso le segreterie particolari di alcuni Ministri in virtù di rapporti di parentela con personale della segreteria del presidente Mastrapasqua, fosse stato informato della procedura di ricerca appaltata alla PRAXI e pertanto ha potuto proporre la sua candidatura, con esito positivo;
   tutto ciò senza neanche far riferimento alla graduatoria di un concorso per dirigenti già espletato la cui graduatoria degli idonei, per via di varie proroghe, è ancora valida con la quale sarebbe stato molto facile reperire le competenze dirigenziali ricercate dall'ente senza ricorrere a costose procedure di selezione, o bandire concorsi che vengono poi impugnati per gravi irregolarità procedurali ed infine resistere ad un contenzioso instaurato dagli idonei di cui sopra, data la grave carenza di Dirigenti in organico;
   in merito alla promozione dei dirigenti, si sottolinea che i neo promossi direttori centrali hanno dato luogo nelle diverse direzioni alle quali sono stati preposti ad una emarginazione di quei dirigenti loro subordinati già presenti in quelle strutture, ritenuti, senza validi motivi, non idonei al fine di favorire con un’«opera di clonazione» i 10 beneficiari della ricerca che nel frattempo sono diventati 36. Poco sembrerebbe importare ad alcuni vertici della funzionalità dell'Ente la preoccupazione primaria appare quella di assicurare l'assoluta dipendenza della struttura anche in aree come quella dei pagamenti nella quale è necessario ricorrere ai controlli incrociati di legittimità della spesa al fine di contrastare sia i fenomeni di lavoro nero che di evasione fiscale –:
   quali misure intenderà intraprendere per il futuro in ragione del ruolo fondamentale dell'INPS con riferimento alle problematiche descritte in premessa;
   se si intendano fornire chiarimenti in merito alla trasparenza e pubblicità sulla procedura di conferimento degli incarichi di I fascia a dirigenti di II fascia con riferimento ai criteri sopra richiamati, ossia di valutazione delle professionalità dall'anno 2008 ad oggi;
   quali siano le ragioni per le quali l'Ente non abbia proceduto a dare idonea informazione alle organizzazioni sindacali ed ai lavoratori interessati della procedura di reclutamento dei 10 dirigenti ex articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 165 del 2001;
   quali siano le, ragioni per le quali l'amministrazione abbia ritenuto di dover resistere al contenzioso instaurato dai 22 idonei al concorso a settanta posti di primo dirigente, la cui graduatoria era utilizzabile a tutto il 2009 in virtù di varie proroghe intervenute, nel tempo con diversi provvedimenti legislativi;
   quale sia la ratio per cui si è provveduto all'affidamento di contratti nel settore informatico a trattativa privata nonostante il C.N.I.P.A., dopo aver definito l'aspetto tecnico, abbia, con parere n. 46 del 2009 del 28 maggio 2009, formulato le seguenti osservazioni «Premesso che il CNIPA si limita a esprimere considerazioni di ordine tecnico in merito alle forniture in esame, si osserva che sul mercato vi sono altri fornitori in grado di realizzare i servizi previsti. Si ricorda, comunque, che la modalità di scelta dei fornitori rimane affidata all'esclusiva responsabilità dell'Istituto». (4-15918)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARMO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Agecontrol spa è un'agenzia pubblica che produce controlli nell'ambito degli aiuti comunitari e nazionali erogati per l'agricoltura;
   nasce nel 1986 per volontà dell'Unione europea come organismo di controllo nel settore dell'olio di oliva, ed oggi, dopo varie riforme, è controllata da Agea (unico azionista, di cui è il braccio operativo);
   dalle agenzie di stampa di questa settimana, si legge che è stato indetto sciopero da parte dei dipendenti Agecontrol per i giorni 26-27-30 aprile;
   suddetto sciopero è stato proclamato a causa dell'interruzione della trattativa per il contratto integrativo;
   sempre dalle agenzie di stampa si apprende che i vertici di Agecontrol avrebbero disdettato il contratto integrativo unilateralmente, causando una perdita di circa il 30 per cento per i lavoratori, tagliando il salario accessorio e i rimborsi spese per mancanza di fondi;
   i sindacati ed i lavoratori hanno chiesto un intervento urgente del socio unico Agea al fine di conoscere le motivazioni della governance di Agecontrol e per conoscere l'entità di questi fondi mancanti;
   agecontrol ha poco più di 200 dipendenti, di cui la gran parte svolgono la funzione di ispettori, quindi, un'attività sul territorio, fatta di trasferte per la gran parte dell'anno, e, che tali tagli andrebbero ad incidere proprio su tali indennità o rimborsi spese, già decurtate negli ultimi esercizi;
   negli ultimi esercizi, i bilanci di Agecontrol hanno chiuso con cospicui utili (circa euro 1.270.000,00 per il 2010) ;
   la gestione di Agecontrol spa, negli ultimi anni, ha visto il cambio di diversi dirigenti apicali mantenendo sempre il restante assetto del personale dipendente;
   si è assistito al cambiamento della logistica degli uffici di Agecontrol spa da una sede all'altra, determinando a tutt'oggi la non definitiva ubicazione del personale, creando disagi, probabilmente caduta di produttività e secondo notizie di stampa seri dubbi circa l'economicità delle scelte –:
   se sia intenzione del Governo fare chiarezza su tali problematiche, chiedendo alla governance di Agea e Agecontrol un chiaro piano industriale per i prossimi tre anni concordato con le forze sindacali. (4-15878)


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   il commissario europeo all'Agricoltura, ha annunciato recentemente che entro il mese di maggio sarà presentato un piano d'azione per il rilancio dell'olio d'oliva, stretto da mesi in una spirale di ribassi dei prezzi a livello europeo, dovuti alla sovrapproduzione spagnola, che sta vanificando anche i positivi risultati ottenuti dall’export italiano, che lo scorso anno hanno toccato la soglia record di 402 mila tonnellate;
   l'olio d'oliva, com’è noto, rappresenta un prodotto strategico per il made in Italy alimentare, il cui fatturato di oltre 3,2 miliardi di euro, unitamente ai sostegni previsti dall'Unione europea pari a 720 milioni di euro l'anno, confermano il livello qualitativo e quantitativo di assoluto valore mondiale;
   secondo quanto riportato da quotidiano Il Sole 24 Ore del 28 aprile 2012, i temi chiave sui quali sarà incentrata la nuova strategia dell'Unione europea saranno la ristrutturazione degli uliveti, la promozione internazionale dei consumi di olio d'oliva e una migliore organizzazione del settore attraverso un sostegno ai gruppi di produttori;
   per il rilancio del comparto, prosegue il medesimo articolo, l'Unione europea intende rafforzare come precedentemente esposto, la promozione e la ristrutturazione degli uliveti, simulando un percorso virtuoso come per il vino;
   proprio il settore vinicolo ha dimostrato, negli ultimi anni, di saper utilizzare i sostanziosi budget, destinati dalla Commissione europea, alla ristrutturazione degli impianti, determinando le basi per un rilancio del vino dell'Unione europea sui mercati internazionali;
   ai suddetti interventi condivisibili, occorre, a giudizio di Confagricoltura, affiancare azioni volte a riformare l'universo associativo troppo legato a un ruolo burocratico, inteso quale gestione delle pratiche di aiuto, piuttosto che alla messa a punto di servizi di mercato, come la concentrazione dell'offerta;
   sul fronte della promozione, occorre inoltre verificare, secondo quanto sostiene la Coldiretti, come la misura sarà declinata e in particolare se sarà previsto un budget dedicato all'olio italiano, oppure, se come avvenuto per altre campagne promozionali dell'Unione europea, le risorse saranno destinate a valorizzare il prodotto d'olio d'oliva indipendentemente dalla sua origine;
   molto importante è anche l'impegno della Commissione europea sulla ristrutturazione, in considerazione del fatto che, a giudizio della Confederazione italiana agricoltori, riguarda una misura decisiva, trattandosi di interventi che non sono diretti all'incremento della produzione, ma al miglioramento, attraverso il ricorso alla meccanizzazione, delle tecniche produttive con conseguente abbattimento di costi;
   occorre verificare in riferimento a quanto predetto, come la stessa Commissione europea, riuscirà a conciliare la esigenze di ristrutturazione con l'attuale divieto di espianto stabilito in Italia per tutelare il valore paesaggistico dei vigneti –:
   quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati, nell'ambito delle rispettive competenze, in relazione a quanto esposto in premessa;
   se ritengano condivisibili le proposte avanzate dalle associazioni agricole, come riportato in premessa e quali iniziative intendano intraprendere, a favore del comparto dell'olio d'oliva italiano, che rappresenta una delle punte d'eccellenza del panorama mondiale dell'agroalimentare italiano. (4-15890)


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il blue box è un dispositivo di rilevazione satellitare installata a bordo dei motopescherecci che consente l'identificazione dell'unità da pesca, l'individuazione della sua esatta posizione geografica, la data e l'ora di rilevamento, la velocità e la rotta;
   i dati vengono memorizzati ad intervalli regolari di due ore e successivamente trasmessi alle capitanerie di porto;
   lo strumento – introdotto per la salvaguardia delle risorse ittiche e per la sicurezza dei naviganti – sta creando serie difficoltà ai pescatori siciliani sempre più costretti, a causa della rarefazione delle risorse, a pescare più lontano, con aggravio di costi e di rischi cui si aggiungono le sanzioni per sconfinamento;
   la normativa vigente autorizza le imbarcazioni ad esercitare la pesca entro scaglioni di distanza molto precisi e rigorosi;
   si rende necessario non solo semplificare le procedure, rivelatesi alquanto complesse e costose, ma anche ridiscutere i limiti di queste fasce in funzione della sicurezza e della reale posizione delle attuali aree di pesca;
   alcune capitanerie, riscontrando l'interruzione dei segnali ed applicando i regolamenti vigenti, hanno multato le imbarcazioni, con conseguenti danni economici e sociali alle imprese di pesca;
   ulteriori timori riguardano la possibilità che la blue box possa essere utilizzata anche per questioni di polizia marittima, mettendo a repentaglio la libertà degli individui per le indiscutibili questioni legate alla privacy;
   con decreto del Ministero 1o luglio 2006 è stato disposto il trasferimento degli oneri relativi al traffico satellitare e alla manutenzione delle blue box, con la conseguente intestazione a loro nome dei relativi contratti;
   nei primi tempi dell'installazione di questo strumento, imposto dall'Unione europea a tutela dei numerosi interessi coinvolti nel settore della pesca, non ultimo quello dei pescatori italiani, sono stati consentiti utilizzi parziali, sperimentazioni e sono state superati i malfunzionamenti legati alla prima fase di sperimentazione;
   con il decreto legislativo n. 4 del 9 gennaio 2012 sono state adottate misure per il riassetto della normativa in materia di pesca ed acquacoltura con un aggiornamento delle infrazioni e delle relative sanzioni a carico degli armatori e dei pescatori italiani;
   il decreto ha esteso ed ampliato le sanzioni in caso di infrazioni ponendo l'Italia fra i Paesi più virtuosi in ambito comunitario con la conseguenza, a giudizio dell'interrogante, di mettere in difficoltà la nostra marineria a tutto vantaggio di quella nord-africana e di quei Stati membri, come per esempio Malta, che hanno limiti di pesca più ampi e sanzioni più lievi;
   la rete radio tele gestita dal Corpo delle capitanerie di porto dovrebbe essere stata completata e nulla ostacolerebbe, a giudizio dell'odierno interrogante e delle maggiori associazioni di categoria, l'ampliamento del limite le 40 miglia –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere le necessarie iniziative per estendere l'abilitazione delle imbarcazioni da pesca ravvicinata dalle attuali 20 miglia a 40 miglia dalle coste e dalle attuali 40 miglia alle 80 miglia nei periodi stagionali ed estivi da aprile ad ottobre. (4-15899)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   SARDELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità delineano un quadro internazionale per il quale in molti Paesi l'età pediatrica va dalla nascita ai 18 anni, mentre nella quasi totalità dei Paesi si considera età pediatrica quella da 0 a 14/15 anni;
   attiene, secondo la normativa vigente, alla libera volontà delle famiglie la possibilità di optare tra il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta per la cura dei soggetti di età compresa tra i 7 e i 14 anni e un'altissima percentuale di famiglie statisticamente preferisce continuare ad affidarsi alla figura del pediatra;
   i direttori generali degli assessorati alla sanità regionale, riunitisi a Roma in data 24 gennaio 2012, hanno proposto un patto per la salute per il triennio 2013-2015 che, per quanto concerne il riordino delle cure primarie all'articolo 2, comma 10, prevede di assegnare ai pediatri di libera scelta esclusivamente i bambini da zero a sei anni e di trasferire gli assistiti dai 7 ai 14 anni ai medici di medicina generale;
   se, da un lato, nella proposta delle regioni per il patto per la salute (2013-2015), all'articolo 2 comma 2, si prevede l'istituzione di strutture territoriali per le cure primarie con la collaborazione dei medici di medicina generale, facendo affidamento su posti letto territoriali, sanitari e sociosanitari, al fine di ridurre significativamente il rischio di ospedalizzazione inappropriata; dall'altro, non è contemplata, in queste strutture, la figura del pediatra del territorio;
   l'Associazione europea dei pediatri (Epa), in una lettera inviata al Ministro interrogato il 31 gennaio 2012, ha espresso preoccupazione riguardo alla suddetta proposta delle regioni, in quanto, se da un lato tale passaggio dei bambini dai 7 ai 14 anni al medico di base parrebbe ridurre i costi, d'altro lato l'affidamento di preadolescenti e adolescenti al medico di medicina generale comporterebbe una riduzione della qualità assistenziale e un incremento dei costi dell'assistenza per un significativo aumento dell'ospedalizzazione dei soggetti dai 7 ai 14 anni di età;
   i pazienti dai 7 ai 14 anni in carico ai medici di medicina generale presentano un'incidenza di patologie e determinano un costo per i ricoveri significativamente maggiore rispetto ai pazienti assistiti dal pediatra di libera scelta;
   nelle more della definizione del nuovo patto per la salute, alcune regioni stanno intervenendo sull'assistenza pediatrica con decisioni estemporanee che alterano il rapporto di convenzione, stabilito a livello nazionale, con i pediatri di libera scelta;
   in conclusione, alla luce di quanto detto, ben si comprende che la proposta delle regioni configura la condizione esemplare di un rimedio peggiore del male, ovvero di una riforma peggiorativa dello status quo concepita con criteri che appaiono di miopia economica e sanitaria –:
   quale intendimento, in linea generale, abbia il Ministro interrogato rispetto alla funzione dei pediatri di libera scelta per quanto concerne il patto per la salute 2013-2015 e, nello specifico, se intenda promuovere la presenza dei pediatri di libera scelta nelle nuove strutture per le cure primarie e, comunque, assicurare livelli essenziali di assistenza pediatrica omogenei sul territorio nazionale, investendo sulla qualità dell'assistenza, sulla prevenzione e sulla medicina del territorio, anche per i soggetti in età compresa tra i 7 e i 14 anni. (3-02237)
(Presentata il 2 maggio 2012)


   PAOLO RUSSO, DI CATERINA e BALDELLI. — Al Ministro della salute.— Per sapere – premesso che:
   si definisce «triangolo della morte» un'area della provincia di Napoli delimitata dai comuni di Acerra, Nola e Marigliano;
   nel 2004, la rivista scientifica internazionale The Lancet Oncology ha pubblicato uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza, dal titolo: «Il “Triangolo della morte” italiano collegato alla crisi dei rifiuti», sostenendo l'alta incidenza di mortalità per patologie tumorali rispetto al resto d'Italia;
   nel 2004, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse attivò sul territorio una campagna aeromagnetica per individuare, attraverso i rilievi geofisici effettuati dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dal Corpo forestale dello Stato, la presenza di rifiuti e sostanze inquinanti nel sottosuolo, fino a 30 metri di profondità, mettendo in evidenza la contaminazione di numerosi ettari di terreno agricolo;
   nel 2006, 16 comuni dell'area nolana furono inseriti tra i siti di interesse nazionale da bonificare e, nello specifico, nel sito di interesse nazionale «litorale domitio flegreo ed agro aversano» già annoverato dalla legge n. 426 del 1998 tra i 50 luoghi italiani da bonificare per «l'alto rischio ambientale»;
   la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, nella relazione finale sulla Campania approvata nel 2006, metteva in evidenza che «il quadro complessivo emerso dalle indagini svolte descrive una situazione di degrado ambientale dei suoli, delle acque e dell'aria, tale da comportare potenziali conseguenze pregiudizievoli per la stessa salute della popolazione residente»;
   nel 2007, l'Organizzazione mondiale della sanità, l'Istituto superiore di sanità il Consiglio nazionale delle ricerche e la regione Campania hanno monitorato in 196 comuni campani la mortalità per tumori e le malformazioni congenite nel periodo dal 1994 al 2002, evidenziando che «la mortalità per tutte le cause è risultata in eccesso significativo per gli uomini del 19 per cento nei comuni della provincia di Caserta e del 43 per cento nei comuni della provincia di Napoli; per le donne del 23 per cento nella provincia di Caserta e del 47 per cento nella provincia di Napoli»;
   come ricordato nelle più alte sedi istituzionali, è stato assolutamente accertato anche in sede parlamentare che ci sono stati sistematici trasferimenti di rifiuti tossici, altamente pericolosi, da industrie del Nord in territorio campano con l'attiva cogestione da parte della camorra;
   insiste in quell'area un sito da bonificare da oltre 10 anni denominato Agrimonda, deposito di materiali chimici per il quale, dopo la caratterizzazione, ben poco è stato fatto;
   insistono in quella medesima area: diversi siti di «stoccaggio provvisorio» di rifiuti urbani (circa 300.000 tonnellate) tritovagliati ed imballati, che attendono da oltre 5 anni di essere smaltiti, il termovalorizzatore di Acerra e ben tre discariche non bonificate che negli ultimi trenta anni hanno ingoiato i rifiuti, non solo urbani, dell'intera provincia di Napoli per un totale di oltre 4 milioni di tonnellate;
   il Ministero della salute, con l'Istituto superiore di sanità e la regione Campania, ha posto in essere, su mandato del commissariato straordinario del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, uno studio epidemiologico sulle malformazioni neonatali dei soggetti nati in prossimità delle discariche autorizzate e, più in generale, uno studio sullo stato della salute della popolazione e la gestione dei rifiuti in quei territori;
   uno studio appena pubblicato dalla rivista Gene, rilanciato dai quotidiani regionali ed elaborato da ricercatori della Seconda università di Napoli Federico II sostiene che le donne residenti nei centri di questo territorio hanno il dna più «logoro o più esattamente hanno le estremità dei cromosomi (telomeri) più corte», attribuendo a questa conformazione un più precoce invecchiamento ed una speranza di vita minore –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente – anche per un ulteriore e definitivo supporto alla bonifica dei territori in questione, comunque necessaria – promuovere, d'intesa con tutte le autorità competenti, un'approfondita analisi dell'eventuale nesso di causa ed effetto tra la presenza di rifiuti e i danni alla salute patiti dalla comunità, tramite uno studio di profilo epidemiologico da affidare ad un istituto scientifico di chiara fama internazionale. (3-02238)
(Presentata il 2 maggio 2012)

Interrogazioni a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la crescita del disagio esistenziale, soprattutto nell'età evolutiva, rende imprescindibile disporre di strumenti sempre più flessibili e articolati per contenerlo, ma proprio l'estensione del disagio richiede forme di intervento sempre più mirate ed efficaci che non comportino un costo eccessivo in termini di tempo, di denaro, di energia; per questo negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di differenti professioni, che hanno prodotto una molteplicità di interventi di aiuto, come risposta ai bisogni del nostro tempo;
   tra le nuove professioni sta emergendo quella del counsellor, impegnato in una relazione di aiuto che assume caratteristiche diverse a seconda dei problemi da affrontare e dei contesti in cui questi problemi si sviluppano. Il counseling è definito come un insieme di tecniche, abilità e atteggiamenti mirati ad aiutare le persone a gestire i loro problemi utilizzando le loro risorse personali; con il counseling si vuole implementare i livelli di sicurezza e di autostima del soggetto per renderlo più capace di prendere le decisioni necessarie;
   il metodo del counseling è stato inserito in molte professioni in campo pedagogico, didattico, comunicativo, economico, aziendale, medico, spirituale, psicologico, psicoterapeutico, religioso, per facilitare il necessario processo di empowerment che rende la persona capace di gestire le proprie emozioni, di differire la soddisfazione di un bisogno, di tollerare le proprie frustrazioni e di agire con autonoma, e altro;
   la legge n. 56 del 1989 definisce la professione di psicologo stabilendo che essa «comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende, altresì, le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito» (articolo 1);
   si tratta di un ambito molto ampio, che abilita lo «psicologo» ad operare efficacemente in moltissimi settori: clinico, sociale, psicologia del lavoro, benessere psico-fisico e crescita personale (crescita emotiva, cognitiva, relazionale, eccetera). Ciò vale, appunto, per lo «psicologo»: cioè per il soggetto che mostri di aver acquisito la necessaria competenza, conseguendo l'abilitazione a svolgere la propria attività in ambito psicologico mediante l'esame di Stato e l'iscrizione all'apposito Albo professionale;
   il diffondersi del disagio psicologico, non come segno di una patologia di tipo psichiatrico, ma come manifestazione di una difficoltà adattativa all'ambiente, ha fatto emergere dei «consulente di psicologia», o «counsellor», con competenze diverse, a seconda del lavoro svolto; non stupisce quindi che negli ultimi tempi si sia andata moltiplicando l'offerta di prestazioni da parte di counsellor che hanno tutte le competenze necessarie;
   sulla base delle segnalazioni pervenute (principalmente afferenti l'impiego di tale figura professionale in ospedali, scuole, aziende sanitarie, consultori, eccetera), l'Ordine degli psicologi ha potuto riscontrare che gran parte delle attività svolte (e degli strumenti utilizzati) dai counsellor rientrano nell'area del «sostegno psicologico», riconducibile all'ambito delle competenze riservate agli psicologi ex articolo 1 legge n. 56 del 1989;
   tuttavia proprio la varietà dei campi di impegno e la successiva specializzazione delle competenze richieste, rende necessario, di volta in volta verificare se lo specifico servizio che si intende affidare al counsellor rientri o meno nell'ambito delle loro competenze, se sia «regolamentato» – «riservato» – a psicologi, tenendo conto sia del tipo di incarico che si intende affidare, sia degli strumenti di indagine e delle tecniche di intervento che si renderanno necessari ai fini dell'espletamento del medesimo;
   altrimenti il danno che potrebbe derivare al destinatario di prestazioni psicologiche eseguite da soggetti non autorizzati potrebbe essere particolarmente grave e pervasivo, in considerazione della domanda rivolta al professionista e della situazione personale dell'utente; il moltiplicarsi di figure di counsellor ha un notevole rischio di generare confusione: il cittadino rischia di rivolgersi a soggetti non solo scarsamente qualificati rispetto allo psicologo, ma anche esenti dagli obblighi che questi è tenuto a rispettare al fine di tutelare l'utenza –:
   quali urgenti iniziative anche di carattere normativo, intendano attuare al fine di garantire il raggiungimento dei necessari obiettivi professionalizzanti (conoscenze, abilità, capacità, competenze) nel contesto di professioni d'aiuto, quali quella del counseling, così delicato e denso di responsabilità, sotto il profilo scientifico e soprattutto sotto quello etico;
   se non ritengano necessario tutelare con ogni mezzo i destinatari di attività psicologiche non sanitarie – come quelle svolte in ambito aziendale, scolastico, sportivo e di altro tipo – riservandole in via esclusiva allo psicologo in possesso di una adeguata certificazione delle competenze acquisite e quindi regolarmente abilitato dallo Stato. (3-02234)


   LULLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'espletamento dei tirocini presso le Aziende Unitarie Locali degli specializzandi delle scuole di psicoterapia, riconosciute ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 56 del 1989, riveste una grande importanza per una più compiuta formazione di tale personale e che, al contempo, fornisce un supporto alle attività specializzate che si svolgono nelle strutture pubbliche;
   l'espletamento dei tirocini è regolamentato dal decreto-legge n. 509 dell'11 dicembre 1998 e ciò nonostante, risulta che in molti casi le ASL si rifiutino di accettare i tirocinanti e in tanti altri casi li accettino solo dietro pagamento del «diritto di accesso» fino a 500 euro a specializzando –:
   se sia a conoscenza di questo stato di cose che assume un carattere paradossale, perché, da un lato lo Stato chiede legittimamente alle scuole in oggetto e ai loro allievi di svolgere i tirocini, dall'altro viene impedito l'espletamento di un importante aspetto della formazione degli psicoterapeuti, e quali iniziative di competenza atte a rimuovere tali criticità, intenda adottare. (3-02245)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANCUSO, CICCIOLI, VIOLA, DE LUCA, BARANI e CROLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a capodanno del 2005, un veterinario di Nuoro, E.V. subì un attentato: una bomba costruita con 700 grammi di esplosivo fu posta dinanzi alla sua abitazione e causò il crollo di parte della sua casa;
   solo due giorni prima la sua auto era stata cosparsa di benzina e incendiata;
   per un miracolo vi sono stati danni solo alle cose e non vittime;
   il veterinario aveva deposto in aula, nel 2004, denunciando i suoi sospetti relativamente a un allevamento del nuorese;
   in quell'allevamento, il numero dei vitelli era maggiore del numero delle fattrici;
   gli allevatori giustificavano la cosa con parti gemellari o asserendo di aver acquistato i vitelli in esubero;
   nuovi sospetti erano sorti quando, in seguito all'istituzione dell'anagrafe bovina, venne scoperta la presenza di capi con lo stesso numero di certificazione in allevamenti differenti da quelli che l'allevatori dichiarava in proprio possesso;
   proprio la denuncia del 2004 avrebbe fatto divenire il veterinario destinatario di intimidazioni culminate con i due attentati;
   ora la procura indaga a carico dell'allevatore, che avrebbe messo in piedi un giro di false certificazioni su capi animali;
   secondo gli inquirenti l'attività illecita andava avanti sin dal 2000, ma è venuta alla luce solo in seguito alla banca dati locale, che non avrebbe più consentito di rilasciare false certificazioni, utilizzando numeri riferibili a capi di bestiame di allevamenti anche del Nord Italia;
   a seguire l'allevamento prima del 2004 era un altro veterinario, ora imputato con accusa di falso per aver compilato dei fogli rosa relativi alla movimentazione in uscita del bestiame dall'allevamento imputato –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative in difesa dei medici veterinari del servizio sanitario nazionale;
   se il Governo intenda monitorare il fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei medici veterinari del servizio sanitario nazionale. (5-06689)


   MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, BARANI, CROLLA e VIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   attualmente, si possono ottenere i crediti ECM (educazione continua in medicina), attraverso gli eventi formativi residenziali (congressi, conferenze, seminari) e attraverso i corsi a distanza (FAD) accreditati dalla Commissione nazionale per la formazione continua (CNFC), dalle regioni o dalle province autonome;
   i crediti ECM erogati dai corsi FAD rilasciati dalle regioni e dalle province autonome sono riconosciuti solo per i professionisti che operano sul territorio dell'ente accreditante;
   i crediti erogati dalla Commissione nazionale per la formazione continua valgono su tutto il territorio nazionale;
   l'Age.Na.S (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ha annunciato, in data 6 aprile 2011, che nel corso del triennio 2011/2013 ogni operatore sanitario deve acquisire 150 crediti formativi secondo la seguente ripartizione: 50 crediti/anno (minimo 25 e massimo 75 per ogni anno) per un totale di 150 crediti nel triennio, con uno «sconto» di 10 crediti formativi l'anno in favore dei virtuosi, ovvero di coloro che negli ultimi tre anni (triennio 2008/2010) abbiano accumulato almeno 90 crediti formativi;
   ogni singolo corso, residenziale o FAD, comporta un corso, spesso notevole, a carico del singolo operatore sanitario;
   ogni singolo corso residenziale comporta l'assenza dal posto di lavoro dell'operatore sanitario;
   l'assenza dal posto di lavoro risulta particolarmente gravosa in particolare per i liberi professionisti, a causa del mancato guadagno per le giornate perse e, spesso, per la spesa sostenuta per farsi sostituire durante l'assenza, per garantire il servizio ambulatoriale;
   ancor più difficoltoso risulta raggiungere i crediti richiesti per i giovani medici veterinari, mancanti di mezzi, esperienza e tempi necessari;
   per molti specialisti raggiungere i 150 crediti è impossibile, non esistendo sufficienti eventi ECM in alcuni settori;
   il sistema ECM è nato per gli operatori sanitari dipendenti pubblici e continua a evidenziare negli obiettivi questa sua origine, che emargina in modo evidente i liberi professionisti;
   relativamente ai medici veterinari, la rivista 30giorni, edita da ENPAV e FNOVI, ogni mese pubblica un corso attraverso il quale è possibile conseguire 2 crediti ECM;
   la rivista 30giorni è spedita gratuitamente a tutti i medici veterinari italiani –:
   se Governo intenda assumere iniziative per una revisione della disciplina dei crediti ECM, prendendo in considerazione la possibilità di prevedere un numero minore di crediti obbligatori;
   se il Governo intenda prevedere una forma agevolativa di conseguimento dei crediti ECM per i liberi professionisti, come, ad esempio, il conseguimento di corsi erogati gratuitamente attraverso il sito del Ministero della salute;
   se il Governo intenda avvalersi di strumenti quali la rivista 30giorni per un percorso sperimentale di formazione ECM gratuita. (5-06690)


   MANCUSO, DE LUCA, BARANI, VIOLA, CICCIOLI e CROLLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) hanno pubblicato la loro relazione annuale sulle zoonosi e i focolai a trasmissione alimentare nell'Unione europea nel 2010;
   i casi di infezioni di alcuni virus risultano numericamente diminuiti;
   i casi di salmonella, ad esempio, sono diminuiti del 9 per cento nel 2010, facendo registrare un calo per il sesto anno consecutivo, sia nella casistica umana che nel pollame;
   alcune infezioni, invece, rimangono ancora virulente e i casi sono in aumento;
   dal 2005 l'infezione zoonotica segnalata con maggior frequenza nell'uomo è la campilobatteriosi, di cui si è registrato un continuo aumento del numero di casi negli ultimi anni;
   nel 2010 sono stati segnalati in totale 212.064 casi di campilobatteriosi, in aumento per il quinto anno consecutivo (7 per cento di casi in più rispetto al 2009);
   nel 2010 l’escherichia coli, produttore della tossina di Shiga o di vero tossina, è stato responsabile di 4.000 casi di infezione nell'uomo, in aumento rispetto al 2008;
   secondo i dati della relazione, nel 2010 sono stati segnalati 5.262 focolai a trasmissione alimentare nell'Unione europea, in leggero calo rispetto al 2009;
   non tutti i casi, però, vengono riferiti;
   i focolai riferiti hanno coinvolto più di 43.000 persone e causato 25 decessi;
   per contrastare la diffusione di camplylobacter e altre infezioni, la Commissione europea sta svolgendo un'analisi dei costi e dei benefici delle misure di controllo della presenza di batteri nelle diverse fasi della filiera alimentare;
   l'EFSA assiste la Commissione in questa attività, tra l'altro mediante un'analisi dell'indagine di riferimento su scala europea riguardante la prevalenza di camplylobacter nei polli, oltre che fornendo consulenza scientifica sulle possibili misure di riduzione dell'infezione –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per finanziare l'attività di EFSA per una fattiva analisi dei costi/benefici di un intervento in filiera;
   se il Governo intenda attuare una campagna promozionale sui media sulla prevenzione delle infezioni da trasmissione alimentare. (5-06691)


   PALAGIANO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia la medicina non è prerogativa esclusiva del Servizio sanitario nazionale (SSN). Esiste anche una medicina privata, esercitata da liberi professionisti a cui si rivolgono spontaneamente migliaia di pazienti che pagano in proprio le prestazioni di cui hanno bisogno;
   tale tipo di medicina non è, però, tenuta nella giusta considerazione e poco tollerata da parte delle istituzioni che, troppo spesso, non tengono conto del rapporto, il più delle volte indissolubile, tra paziente e specialista di fiducia. In tale contesto si può trovare la ratio di disposizioni, alquanto singolari, che rendono nulle le prescrizioni e le certificazioni dei liberi professionisti;
   nell'ambito della sanità privata operano spesso luminari di chiara fama che, dopo aver concluso la carriera pubblica, svolgono la loro attività solo nel privato. Le loro diagnosi e le loro prescrizioni per il servizio sanitario nazionale non hanno però alcun valore legale e pertanto se il paziente necessita di un certificato medico, di un farmaco particolare o deve sottoporsi ad una indagine strumentale, è costretto a passare attraverso le aziende sanitarie locali, pena il non rilascio dell'impegnativa da parte del medico di medicina generale. Se l'ammalato non vuole fare questa trafila, non ha altra scelta che pagare in proprio anche accertamenti e medicine;
   le norme attualmente in vigore, che regolano le prescrizioni mediche nel Sistema sanitario nazionale, vietano, quindi, l'utilizzo nelle strutture pubbliche di ricette rilasciate da medici professionisti non convenzionati;
   in particolare è previsto, l'obbligo di far vagliare tali prescrizioni da un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale, qualche volta non specialista, che dovrà rilasciare a sua volta una propria ricetta. In caso non si adempia tale obbligo, il cittadino non potrà accedere ai servizi del sistema sanitario pubblico;
   nel caso dei ginecologi è innegabile che la peculiarità della visita specialistica, degli interventi e della stessa scelta del professionista rappresentino per la paziente un'opzione che riguarda la sfera più intima della persona. Questo fattore dovrebbe essere maggiormente considerato, a parere degli interroganti, dal legislatore al fine di evitare che la donna, soprattutto se lavoratrice dipendente, sia costretta, come ora accade, a sottoporsi a visita una seconda volta da un medico non propriamente scelto e recarsi in un ambulatorio pubblico perdendo un'altra giornata lavorativa;
   secondo i dati pubblicati dall'Istat, la figura professionale scelta più frequentemente dalle donne durante la gravidanza è quella del ginecologo privato che lavora anche in una struttura pubblica (48,7 per cento) per cento al quale segue il ginecologo esclusivamente privato (32,2 per cento), mentre è nettamente più basso il ricorso al ginecologo che lavora unicamente in una struttura pubblica (16,2 per cento);
   attualmente in Italia i cittadini possono scegliere il proprio specialista di fiducia tra il 44 per cento dei professionisti abilitati e non tra il 90 per cento dei medesimi come accade in altri Stati europei. Inoltre i medici specialisti extra ospedalieri non possono a) certificare la malattia del paziente con valore legale per il datore di lavoro; b) se ginecologi, non possono certificare lo stato di gravidanza della donna con valore legale; c) prescrivere farmaci mutuabili alle medesime condizioni dei medici convenzionati; d) prescrivere farmaci particolari, al momento prescrivibili solo da medici ospedalieri; e) richiedere esami di laboratorio ecografici, radiologici esenti da spese, in analogia ai medici convenzionati;
   proprio l'associazione dei ginecologi extra ospedalieri (AGEO) ha più volte segnalato questa anomalia della normativa italiana che regola le prescrizioni nel Servizio sanitario nazionale e l'accesso alla sanità pubblica da parte dei cittadini;
   tali limitazioni prescrittive ricadono soprattutto sul paziente, limitandone ed ostacolandone, di fatto, l'accesso al sistema sanitario pubblico e, in qualche modo, il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione;
   allo stesso tempo, questa normativa nazionale secondo l'interrogante viola, come descritto nel dettaglio da un esposto alla Commissione Europea redatto dalla AGEO nel 2006, alcuni principi sanciti dal Trattato di Costituzione dell'Unione europea in particolare per ciò che attiene la libera professione dei servizi;
   le attività mediche rientrano, infatti, in base al trattato dell'Unione europea nella prestazione dei servizi degli Stati membri, senza fare distinzioni tra attività dispensate in ambito ospedaliero ed attività extra ospedaliere. Il sistema del «doppio passaggio» prima di accedere al sistema sanitario pubblico (prescrizione del medico specialista e successiva «validazione» del medico convenzionato), utilizzato nel nostro Paese, costituisce, quindi, un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, sancita nel Trattato stesso;
   anche se gli Stati membri possono organizzare in maniera autonoma i loro sistemi previdenziali, è evidente che essi devono rispettare il diritto comunitario;
   l'anomalia della situazione italiana è ancora più evidente se si comparano i modelli del Sistema sanitario di alcuni dei Paesi più rappresentativi dell'Unione europea scelti per importanza storico-politica e per numero di abitanti. In particolare, risulta che in Belgio e in Francia la scelta del medico specialista è libera con il rimborso delle relative spese con un tetto del 60-70 per cento o attraverso un ticket; in Austria, Germania e Regno Unito la scelta del medico, ai fini della gratuità delle spese di visita, è circoscritta a quelli convenzionati che superano in percentuale il 90 per cento degli abilitati;
   una proposta di riforma dell’iter per il riconoscimento INPS dei certificati del ginecologo «di fiducia», libero professionista, non convenzionato con il Servizio sanitario nazionale è stata formulata proprio dall'AGEO e discussa in sede comunitaria a Bruxelles nel 2007, con esito favorevole;
   la stessa proposta fu recepita integralmente dalla XV legislatura, approvata dal Senato della Repubblica il 12 dicembre 2007 ed inserita nel disegno di legge 1249 (articolo 2 «certificati di maternità»), il quale sanciva che «al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche: a) all'articolo 20, comma 1, dopo le parole: “il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato,” sono inserite le seguenti: “ovvero il ginecologo curante di fiducia, anche non convenzionato (...)” per ginecologo curante di fiducia, si intende il medico specialista che assiste la paziente con continuità con riferimento all'intero arco di un processo fisiopatologico»;
   tale disegno di legge, dopo l'approvazione del Senato non è arrivato mai alla Camera per l'approvazione definitiva;
   nel febbraio 2011, la stessa AGEO, ha riproposto il problema sollecitando anche una circolare interpretativa da parte dell'INPS, ai fini della attuazione dei principi comunitari immediatamente applicabili –:
   se, sulla base di quanto esposto in premessa, non intenda mettere in atto delle azioni concrete per porre fine a questa condizione di ambiguità nella quale si trova il nostro Sistema sanitario nazionale al fine di applicare i principi comunitari definiti dal trattato dell'Unione europea, garantire un più corretto ed omogeneo funzionamento del Sistema sanitario nazionale, ma soprattutto tutelare la salute dei cittadini e delle donne in particolare. (5-06702)


   LOLLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la società cooperativa Capodarco all'inizio del 2009 svolgeva 37.000 ore di servizio con l'ASL 04 di L'Aquila in relazione al Centro unico prenotazioni e prenotazioni telefoniche;
   con l'unificazione delle ASL di Avezzano e di L'Aquila in seguito al sisma del 2009 sono state trasferite 3.500 ore lavorative sul presidio ospedaliero di Avezzano;
   ad oggi con una popolazione che, di fatto, è tornata ad essere numericamente quella antecedente al sisma si registra una carenza oggettiva del servizio offerto alla cittadinanza aquilana: file estenuanti al Centro unico prenotazioni per la scarsità di casse aperte e difficoltà di accesso al servizio telefonico per il basso numero di operatori;
   gli operatori della centrale telefonica, inoltre, svolgono il loro lavoro ancora in container senza servizi igienici;
   il portavoce della ASL ha affermato in una dichiarazione agli organi di stampa che sarebbero state aperte 10 casse ticket nel presidio S. Salvatore quando sono disponibili solo 9 postazioni e solitamente ne sono aperte di mattina 7 o 8 e nel pomeriggio 4 o 5, le quali sono numericamente insufficienti per soddisfare la domanda degli utenti;
   la situazione più grave si registra nelle postazioni dislocate a Paganica dove sono aperte solo 2 casse una fino alle ore 12 ed una fino alle 13;
   nel 2009 prima dell'evento sismico a disposizione degli utenti erano aperte 14 casse la mattina e 6 il pomeriggio dislocate tra il polo ospedaliero S. Salvatore ed il polo ospedaliero di Collemaggio –:
   se il Ministro sia informato di tali fatti e se intenda intervenire per il tramite del commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario al fine di verificare se tale situazione dipenda dai vincoli imposti dal piano di rientro penalizzando un'area già gravemente colpita dal sisma. (5-06704)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURER. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 1o febbraio 2013 scade il termine fissato dall'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211 del 2011 per il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) in applicazione delle norme già esistenti;
   il riferimento è all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (1° aprile 2008) che, per dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, ha previsto che le regioni organizzino e disciplinino gli interventi di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, attraverso le aziende sanitarie, con la presa in carico da parte dei dipartimenti di salute mentale dentro i princìpi fissati dalle linee guida; queste ultime stabiliscono che per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari si strutturi un modello in grado di garantire una corretta armonizzazione fra le misure sanitarie e le esigenze di sicurezza;
   al comma 2 dell'articolo 3-ter si prevede che entro il 31 marzo 2012 il Ministro della salute di concerto con il Ministro della giustizia e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni adotti un decreto di natura non regolamentare per individuare gli ulteriori requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi anche con riguardo ai profili di sicurezza, relativi alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di cura e custodia;
   al comma 4 dell'articolo 3-ter si prevede che a partire dal 31 marzo 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di cura e custodia siano eseguite esclusivamente all'interno delle nuove strutture individuate dal medesimo articolo, mentre le persone che hanno cessato di essere pericolose devono senza indugio essere dimesse e prese in carico, sul territorio, dai dipartimenti di salute mentale;
   il comma 5 dell'articolo 3-ter autorizza tutte le regioni e le province autonome ad assumere personale qualificato da dedicare al percorso terapeutico, riabilitativo e di reinserimento sociale dei pazienti internati provenienti dagli ospedali psichiatrici giudiziari, anche in deroga alle disposizioni sul contenimento della spesa pubblica;
   ad oggi risultano essere oltre 1.300 (dati del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dicembre 2011) le persone che restano internate nei vecchi ospedali psichiatrici giudiziari, senza che aziende sanitarie locali e dipartimenti di salute mentale abbiano organizzato né presa in carico né dimissioni;
   la situazione appare particolarmente diversificata di regione in regione; in Veneto, ad esempio, risulterebbero cinquanta persone da prendere in carico;
   in vista della scadenza perentoria del prossimo febbraio, le iniziative delle singole regioni sembrano indirizzate principalmente all'individuazione delle nuove strutture (previste dal comma 2 dell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211 del 2011), in cui, dal 31 marzo 2013, saranno disposte le misure di sicurezza detentive in luogo degli attuali ospedali psichiatrici giudiziari o delle case di cura e custodia;
   le nuove strutture sanitarie regionali d'internamento somigliano molto agli ospedali psichiatrici giudiziari, tanto da poter essere definite da alcune associazioni «mini OPG», vanificando di fatto la riforma e la normativa;
   ad oggi, non risulta ancora costituita la prevista «commissione Stato-regioni», composta da rappresentanti del Ministero della salute e dagli assessori alla salute delle regioni Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto che dovrebbe monitorare tutto il percorso per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari;
   ad oggi l'unica concreta iniziativa, anche questa oltre il tempo previsto dalla legge, quindi oltre il 31 marzo 2012, è la discussione, tra Ministero della salute e Conferenza delle regioni, sul decreto che deve fissare i requisiti delle «nuove» strutture;
   la preoccupazione è che tutto il processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari si riduca al trasferimento degli internati in nuovi ospedali psichiatrici giudiziari, magari con altro nome e altre dimensioni, ma con le stesse caratteristiche, determinando di fatto la conservazione dell'esistente e vanificando la normativa –:
   a che punto sia l’iter previsto dalla normativa citata in premessa relativamente al superamento degli quali ospedali psichiatrici giudiziari; quali iniziative si stiano assumendo per il rispetto del comma 4 dall'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211 del 2011, per le dimissioni senza indugio e la presa in carico dai dipartimenti di salute mentale delle persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose; se non ritengano di verificare, nell'ambito delle proprie competenze, se e come nelle diverse realtà territoriali, si sia proceduto a finalizzare le azioni per la completa attuazione del percorso di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari; quali iniziative e in che tempi il Governo intenda assumere per dare attuazione all'ordine del giorno 9/4909/31 sia sull'applicazione del decreto-legge n. 211 del 2011 che per la modifica degli articoli del codice penale e di procedura penale inerenti a imputabilità, pericolosità sociale e misure di sicurezza, all'origini del retrivo istituto giuridico dell'ospedale psichiatrico giudiziario. (4-15874)


   NICOLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio era previsto l'arrivo in Italia di 900 scimmie provenienti dalla Cina e destinate alla sperimentazione in laboratorio presso la società Harlan di Correzzana (Monza e Brianza). Di queste, 104 sono effettivamente entrate nel territorio nazionale;
   dopo che la vicenda ha assunto una forte dimensione mediatica agli occhi dell'opinione pubblica, il Ministro della salute ha disposto una verifica immediata sul rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa per quanto riguarda l'ingresso in Italia e il trattamento di primati destinati alla sperimentazione scientifica;
   secondo notizie di stampa, le proteste avrebbero provocato la decisione della Harlan di interrompere l'importazione dei primati;
   dopo questo ennesimo episodio, risulta ad oggi quanto mai necessario aprire in Italia una seria riflessione sulla opportunità di mettere fine alla riprovevole pratica della sperimentazione e della vivisezione animale, con ogni probabilità neanche più necessaria ai fini scientifici –:
   quali siano le condizioni di salute e il trattamento attualmente riservato ai 104 esemplari già importati dalla Harlan;
   quali siano gli esiti dei controlli effettuati presso lo stabilimento di Correzzana e come intenda operare il Governo in futuro per affrontare casi simili e più in generale la tematica della sperimentazione su animali. (4-15882)


   BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denunciato dalla Lila, Lega italiana per la lotta all'Aids, nella traduzione dell'opuscolo redatto dall'Organizzazione mondiale della sanità per i tifosi che tra poco più di un mese si riverseranno in Polonia e Ucraina per i campionati europei di calcio 2012, è stato censurato il condom come mezzo di prevenzione della trasmissione dell'Hiv;
   l'opuscolo dell'Organizzazione mondiale della sanità dice testualmente che «Per evitare il rischio di malattie sessualmente trasmissibili, assicurarsi di usare correttamente il preservativo-femminile o maschile»;
   il 1o dicembre 2011, giornata mondiale di lotta contro l'Aids, prima in conferenza stampa e poi nel mezzo delle proteste per la circolare Rai che chiedeva ai redattori di omettere il termine «preservativo», il Ministro della salute Renato Balduzzi aveva rassicurato sul fatto che «il condom è previsto nei nostri programmi di prevenzione»; la stessa rassicurazione era stata reiterata in Commissione nazionale Aids, dove siede anche la Lega italiana per la lotta contro l'Aids. Nell'opuscolo tradotto in italiano ci si riferisce ad un generico «rapporti protetti» e si trasforma così un'informazione chiara e pragmatica in una sorta di precetto morale; secondo la Lila gli unici rapporti protetti sono quelli che prevedono l'uso del preservativo (il preservativo maschile e anche quello femminile), l'unico mezzo meccanico che garantisce, se usato correttamente, la protezione dall'Hiv e dalle altre malattie sessualmente trasmissibili –:
   per quale motivo nella traduzione in italiano dell'opuscolo dell'Organizzazione mondiale della sanità sia scomparsa la parola preservativo;
   quanti siano i casi di trasmissione dell'infezione dell'Hiv negli ultimi anni in Italia;
   se non ritenga che censurare la parola «preservativo» dai documenti realizzati con l'obiettivo di prevenire la trasmissione delle malattie sessualmente trasmissibili sia inutile e dannoso. (4-15898)


   MIOTTO e BRATTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha annunciato il 12 aprile 2012 l'intenzione di consentire con decreto l'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) nei forni degli impianti che producono cemento. Il Ministro intenderebbe così rispondere ad una esigenza dell'industria del settore ma non è chiaro come tale scelta sia finalizzata al raggiungimento degli obiettivi della direttiva europea 98 del 2008 che pone obiettivi ambiziosi riguardo alla riduzione dei rifiuti e alle percentuali di riciclo; inoltre non risulta chiaro a quale normativa, riguardo alle emissioni in atmosfera, tali impianti dovranno attenersi;
   per combustibili solidi secondari (CSS) si intendono i combustibili solidi prodotti da rifiuti non pericolosi, sia di origine urbana che speciale, compresi i rifiuti industriali, che rispettano le caratteristiche individuate dalle norme tecniche UNI CEN/TS 15359, fatta salva l'emanazione di decreti ministeriali che definiscano le condizioni di tali combustibili per la cessazione della qualifica di rifiuto;
   con apposito accordo di programma il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenderebbe coinvolgere l'AITEC – associazione italiana tecnico economica del cemento e le regioni che presentano problemi di insufficiente smaltimento dei rifiuti, al fine di procedere alla valorizzazione energetica dei combustibili solidi secondari che sarebbero utilizzati dai cementifici in sostituzione dei combustibili fossili «tradizionali»;
   siffatto provvedimento non risolverebbe i problemi di mercato dei cementifici che non sono ascrivibili ai costi dei combustibili utilizzati;
   la soluzione della gestione del ciclo integrato dei rifiuti non rivede nel ricorso indiscriminato all'incenerimento dei rifiuti e non è possibile far fare al nostro Paese passi indietro così rilevanti rispetto ai traguardi raggiunti nel campo delle buone pratiche realizzate nella raccolta differenziata che consente il riciclaggio dei rifiuti;
   la scorciatoia dell'incenerimento dei rifiuti nei cementifici non è chiaro se consideri la notevole diversità esistente fra i limiti delle emissioni di inquinanti pericolosi per la salute previsti per i cementifici: polveri totali: mg 30/Nm3; biossido di zolfo: mg 600/Nm3; ossido di azoto: mg 1.800/Nm3; mentre i limiti per gli stessi inquinanti prodotti dagli inceneritori sono: polveri totali: mg 10/Nm3; biossido di zolfo: mg 50/Nm3; ossido di azoto: mg 200/Nm3;
   la macroscopica diversità che appare ingiustificabile e che andrebbe rimossa adottando anche per i cementifici i parametri fissati per gli inceneritori, consente ora di qualificare il provvedimento annunciato come un pericolo per la salute –:
   quali siano le strategie del Governo in tema di gestione integrata dei rifiuti alla luce della grave situazione di emergenza che si è determinata in diverse regioni del Paese e quale sia la compatibilità della scelta di bruciare combustibili solidi secondari nei cementifici con tale strategia;
   quali siano i limiti delle emissioni a cui saranno sottoposti i cementifici qualora utilizzino combustibili solidi secondari;
   se siano stati valutati nella predisposizione del decreto gli effetti che tale scelta può avere sulla salute degli abitanti al di là delle procedure autorizzative obbligatorie di legge nonché quali siano i vantaggi economici che ne derivano da parte dei proprietari e/o gestori degli impianti.
(4-15903)


   NICOLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 21 e il 22 aprile 2012 si sono verificati due episodi gravi presso l'ospedale Capilupi di Capri;
   il primo riguardava una bimba appena nata che presentava un distress respiratorio, il secondo una piccola di sei settimane colpita da laringoplasma;
   in entrambi i casi, come riportato dalla stampa locale con dovizia di particolari nella giornata del 23 aprile, per varie ragioni non si è potuto realizzare il trasferimento in elicottero, se non dopo tempi lunghi e con continui ostacoli, a Napoli dove vi sono strutture più attrezzate a casi medici così delicati;
   inoltre quella nottata ha fatto emergere gravi carenze strutturali con gravi problemi di funzionamento perfino alle bombole per l'ossigeno e alle caldaie;
   la gestione sanitaria è di competenza regionale, ma allo Stato spetta garantire, a norma dell'articolo 117 della Costituzione, i livelli essenziali di assistenza e inoltre la regione Campania è oggi sottoposta al piano di rientro, il che rende particolarmente forte il ruolo statale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se disponga di elementi in merito alle vicende avvenute nella notte tra il 21 e il 22 aprile e quali iniziative il Governo ritenga di assumere per garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nelle isole minori. (4-15912)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia è materia concorrente ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione;
   la produzione, il trasporto e la distribuzione dell'energia fanno quindi parte delle materie nelle quali Stato e regioni concorrono nell'approntare la normativa di riferimento;
   più specificamente, lo Stato determina i principi fondamentali e le regioni hanno piena potestà legislativa nel merito della materia, all'interno degli indirizzi predisposti dallo Stato;
   l'ordinamento italiano prevede, anche in correlazione con specifiche indicazioni di direttive e regolamenti europei, diversi strumenti di pianificazione/indirizzo in materia energetica. Si fa riferimento, in specifico, ai seguenti:
    a) gli scenari decennali relativi allo sviluppo dei mercati del gas naturale e dell'energia elettrica, che il Ministero dello sviluppo economico è tenuto a predisporre, previa consultazione delle regioni e della parti interessate e ad aggiornare ogni biennio;
    b) il Piano degli impianti e infrastrutture energetiche necessari a conseguire gli obiettivi della politica energetica nazionale;
    c) il Piano di azione preventivo e il Piano di emergenza e monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale;
    d) il Piano decennale per lo sviluppo della Rete gas predisposto dai Gestori della Rete gas secondo modalità definite con decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico, sentite la conferenza Stato-regioni e l'Autorità per l'energia;
    e) il Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale di trasmissione;
    f) il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili;
    g) il Piano di azione per l'efficienza energetica;
   oltre a questi piani per i diversi settori dal 2008 si era stabilito di definire anche un quadro di indirizzo e programmazione a carattere generale in materia di energia, denominato «Strategia energetica nazionale»;
   l'articolo 7 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, aveva, infatti, attribuito al Governo il compito di definire una «Strategia energetica nazionale» cui pervenire a seguito di una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente;
   lo scopo era di indicare le priorità per il breve e il lungo periodo per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, gli obiettivi della diversificazione delle fonti di energia e delle aree di approvvigionamento, del potenziamento della dotazione infrastrutturale, della promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, della realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare, del potenziamento della ricerca nel settore energetico e della sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia;
   la definizione di «Strategia energetica nazionale» prevista nel 2008 riportava specificamente tra le fonti future di approvvigionamento per il Paese il nucleare da fissione secondo quanto disciplinato dalla legge delega n. 99 del 2009 e dal decreto legislativo n. 31 del 2010;
   dopo l'incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima (a seguito del terribile sisma e del maremoto conseguente che ha colpito quel paese), il decreto-legge n. 34 del 2011 ha abrogato tutte le norme in materia di energia nucleare, mentre l'articolo 5, comma 8, del medesimo decreto-legge ha dettato una nuova formulazione della norma sulla «Strategia energetica nazionale», depurata da riferimenti all'energia nucleare;
   anche in questa versione, tuttavia, la norma è venuta meno per effetto del referendum popolare abrogativo tenutosi nei giorni 12 e 13 giugno 2011. Uno dei quesiti, così come riformulati dalla Corte aveva, infatti, ad oggetto proprio la riformulazione della norma sulla Strategia energetica nazionale dettata dal citato decreto-legge; il successo dei Sì al referendum ha quindi determinato l'abrogazione anche del citato comma 8, dell'articolo 5 (abrogazione resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica n. 114 del 2011) e dell'istituto della Sen da esso disciplinato;
   in ogni caso nel triennio 2008-2011 non è stato adottato né un atto d'indirizzo generale per la definizione della strategia energetica nazionale, né è stata convocata la Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente;
   secondo quanto riportato nel Documento di economia e finanza 2012 (Doc. XVII, n. 5), il Governo intende formulare una Strategia energetica nazionale, incentrata su tre obiettivi cardine: energia più competitiva e meno costosa per consumatori e imprese; maggiore sicurezza e indipendenza di approvvigionamento; crescita economica legata al settore energetico, nel rispetto dell'ambiente. La nuova strategia dovrebbe focalizzarsi quindi su una serie di azioni tra le quali: il conseguimento di una posizione di leadership industriale nel settore dell'efficienza energetica sulla base di un programma nazionale ampio e articolato e il perseguimento di uno sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili;
   la situazione energetica del Paese appare sempre più problematica, in relazione anche alle scelte adottate e da adottarsi per adeguarsi alla normativa europea nell'ambito del pacchetto Clima-Energia (cosiddetto «20-20-20»);
   per quanto attiene alla sola produzione di energia elettrica, si è operata negli ultimi due anni una promozione delle fonti rinnovabili che portato a raggiungere nel 2012 una capacità di produzione di poco inferiore agli obiettivi previsti per il 2020 di 100 Twh;
   sempre limitandosi alla sola energia elettrica si può notare come i prezzi dell'energia elettrica pagati dalla piccola e media industria in Italia siano superiori del 30 per cento rispetto alla media europea (con riferimento al 1o semestre 2011) mentre quelli per le famiglie lo siano per poco meno del 20 per cento;
   questi costi sono in parte negativamente accresciuti ponendo in bolletta voci scorrette e attinenti in maniera marginale alla generazione di energia elettrica ma temi sostanziali collegati al tipo di fonti usate, come il forte ricorso al gas (i cui prezzi sono legati al petrolio) ed il regime di incentivi ad alcune rinnovabili e vanno anch'essi considerati nell'analisi di sistema;
   l'approccio complessivo al problema energetico sin qui seguito non appare comunque essere stato ottimale per il Paese soprattutto in termini di costi –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per dotare il Paese di un piano energetico nazionale che produca uno sviluppo più equilibrato e più conveniente del sistema energetico italiano a beneficio delle imprese e dei cittadini.
(2-01469) «Benamati, Fioroni, Fogliardi, Ginoble, Grassi, Rubinato, Viola».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
Poste Italiane ha recentemente presentato un piano di ristrutturazione organizzativa del servizio postale che prevede, tra l'altro, una diversa distribuzione dei portalettere sul territorio con pesanti effetti occupazionali e sulla regolarità del servizio;
secondo stime sindacali, tale piano comporterà il licenziamento nel 2012 di 1.765 lavoratori nelle sole 5 regioni del Piemonte, dell'Emilia Romagna, delle Marche, della Toscana e della Basilicata e, per il 2013, con l'estensione a tutto il territorio nazionale, alla perdita di 10-12.000 posti di lavoro e, a quanto sembra, la chiusura di circa 2.000 uffici postali, nonché il taglio del 50 per cento degli appalti;
come si vede, si tratta di cifre preoccupanti che lasciano intendere una volontà di procedere a un progressivo abbandono del servizio di recapito, compromettendo una delle funzioni proprie della società e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale;
tale riorganizzazione si sommerebbe a quelle già intraprese dal 2006 ed è stata annunciata nonostante risultati di bilancio 2011 più che confortanti, con 846 milioni di utili e un risultato operativo pari a 1 miliardo a 641 milioni, che collocano la società di gran lunga al primo posto al mondo per redditività nel confronto con i principali operatori internazionali;
un piano che, come detto, non prevede alcun futuro per il recapito e che sembra non riconoscere una prospettiva strategica al settore della logistica e delle sue opportunità quale grande mercato in espansione e che potrebbe rappresentare il cuore di un moderno recapito, così come dell'esigenza di una integrazione verticale tra asset legati al trasporto di «cose» che attraversano continenti, paesi e città;
per di più, in alcune realtà territoriali, il servizio di recapito già presenta evidenti carenze e inefficienze di cui il piano non sembra tener conto. Così come non sembra tener conto di alcuni recenti investimenti, come nel caso del centro meccanico di smistamento di Ospedaletto di Pisa, inaugurato nell'aprile 2010, per il quale sono stati spesi diversi milioni di euro per apparecchiature che fanno di questo impianto per livelli di produttività ed efficienza, secondo parametri aziendali, il secondo in Italia, interventi che verrebbero vanificati con il trasferimento delle attività su Firenze;
un piano che non ha visto il coinvolgimento e il confronto con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative né con le regioni e le amministrazioni locali;
le ricadute occupazionali di tali scelte rischiano di risultare ancora più gravi alla luce della recente riforma del sistema pensionistico, con il prolungamento dell'età lavorativa e l'impossibilità, di fatto, di ipotizzare ulteriori misure di accompagnamento alla pensione per i lavoratori coinvolti -:
quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane in materia di riorganizzazione del servizio di recapito e se tale piano sia considerato compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
come i Ministri interpellati intendano intervenire al fine di scongiurare che gli effetti di tale piano possano tradursi in ulteriore aggravarsi delle tensioni occupazionali nel nostro Paese;
quali iniziative intendano assumere al fine di consentire l'apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, con le regioni e le amministrazioni locali, volto a individuare le soluzioni più opportune per la definizione delle strategie future di una società pubblica che svolge un ruolo cruciale sul piano economico e sociale.
(2-01470) «Velo, Meta, Lovelli, Fontanelli, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Zampa, Rampi».

Interrogazione a risposta immediata:


   DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore delle telecomunicazioni in Italia si trova in forte difficoltà. Sono numerose le aziende che, in modo particolare nelle regioni del Nord ed in Lombardia, continuano a ridurre il proprio personale sia nel settore della ricerca che nella produzione;
   emblematica è la crisi industriale ed occupazionale che ha colpito lo stabilimento produttivo Jabil, situato all'interno dell'area di proprietà della Nokia-Siemens Network spa, nel comune di Cassina de’ Pecchi, in provincia di Milano, che sta mettendo a dura prova i 325 lavoratori, per i quali è stata avviata la procedura di licenziamento. Anche Nokia-Siemens sembra che stia per comunicare un ridimensionamento della capacità di ricerca presente nello stesso sito mediante un analogo numero di esuberi;
   nell'ottobre 2011 è stato convocato dal sindaco di Cassina de’ Pecchi un tavolo tecnico per lo studio delle dinamiche di garanzia e rilancio del sito di ricerca, sviluppo e produzione delle information communication technology e dell'alta tecnologia e di salvaguardia dell'occupazione, il quale ha registrato anche l'impegno del Ministro pro tempore Paolo Romani per una positiva soluzione della vicenda. Il Governo attuale, nonostante i solleciti, ha manifestato un totale disinteresse nei confronti di queste proposte operative atte alla conservazione dello stabilimento e dei posti di lavoro;
   l'alto livello tecnologico e industriale della ricerca-sviluppo e della produzione raggiunto all'interno del sito produttivo hanno reso il sito stesso un importante bacino di ricchezza economica ed occupazionale per il territorio e, più in generale, per il Paese, dato anche il ruolo da esso giocato negli ultimi decenni in ambito mondiale nel settore delle telecomunicazioni. È necessario, adesso più che mai, non disperdere questo importante patrimonio che rappresenta il fiore all'occhiello del territorio lombardo;
   per porre il Paese nelle condizioni di superare questo periodo di grave crisi economica, è necessario dunque puntare allo sviluppo del settore delle telecomunicazioni, creando, al contempo, migliaia di posti di lavoro e consentendo allo straordinario patrimonio rappresentato dalle piccole e medie imprese italiane di essere più competitive e generare nuova ricchezza;
   il settore delle telecomunicazioni è caratterizzato da un'elevata propensione all'innovazione tecnologica ed è in grado di creare nuovi prodotti e servizi, soddisfare nuove esigenze ed incrementare la produttività delle imprese e della pubblica amministrazione, facendo recuperare al nostro Paese il ruolo storico come esempio di imprenditorialità e leadership nella produzione di ricerca, sapere e innovazione;
   soprattutto in questo momento si rendono improcrastinabili trasformazioni radicali dei modelli di sviluppo dove cultura, conoscenza e spirito innovativo sono i volani che proiettano nel futuro, in quanto il progresso tecnologico offerto dalle telecomunicazioni è in grado di fronteggiare le sfide dell'innovazione e migliorare la qualità di vita, mentre il Governo non ha previsto, a giudizio degli interroganti, nessun tipo di intervento per opere di modernizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione o di sostegno al settore, che porterebbero invece a ritorni rapidi in termini di spinte verso la crescita del Paese;
   il comparto delle telecomunicazioni sta soffrendo pesantemente per la crisi in atto, anche perché è chiamato ad operare in un regime di forte competizione con ricadute sull'abbattimento progressivo dei prezzi a favore dei consumatori e di altri comparti produttivi e perché deve fronteggiare il continuo sviluppo tecnologico di reti e servizi con investimenti elevatissimi in infrastrutture e frequenze;
   per consentire di far partire un virtuoso sviluppo che garantisca all'Italia una dotazione di reti di comunicazione all'avanguardia nel mondo, con significative ricadute sull'intero sistema produttivo italiano e sui consumatori, le proposte si concentrano su misure rivolte in particolare al sostegno degli investimenti in infrastrutture mobili volte all'offerta e diffusione di servizi a larga banda;
   le strategie adottate dall'azienda, alla luce delle considerazioni esposte, hanno un impatto ancora più grave sul territorio e non possono in ogni caso ricadere interamente sui lavoratori e le proprie famiglie il cui futuro, senza interventi immediati, risulta estremamente incerto;
   le 325 persone licenziate dallo stabilimento della Jabil sono in presidio permanente davanti alla fabbrica, in attesa che si trovino soluzioni atte al reintegro dei lavoratori, tenendo presente che i prodotti realizzati nello stabilimento hanno ancora richiesta sul mercato da parte di aziende già clienti di Jabil che potrebbero riportare in Italia produzioni che, al momento, vengono svolte in Cina, in quanto la tecnologia ed i prodotti realizzati nello stabilimento di Cassina de’ Pecchi risultano di migliore qualità e alcuni di questi clienti hanno manifestato interesse a rilevare l'attività –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per favorire l'immediata convocazione di tavoli tecnici, sia a livello nazionale che regionale e locale, con la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori coinvolti, per lo studio e l'attuazione di dinamiche volte a fronteggiare la crisi del settore delle telecomunicazioni nel nostro Paese e per lo sviluppo del settore stesso, in modo da creare nuovi posti di lavoro e restituire maggiore competitività alle piccole e medie imprese di settore, all'interno delle quali possano trovare soluzione le problematiche che investono il sito di Jabil, ai fini di un rilancio della produzione e della ricerca con la fondamentale tutela dell'occupazione, anche attraverso il sostegno al tavolo tecnico locale inaugurato nell'ottobre del 2011 dal sindaco del comune di Cassina de’ Pecchi. (3-02236)
(Presentata il 2 maggio 2012)

Interrogazione a risposta orale:


   PERINA e BARBARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Valore Italia è stata istituita dal Ministero della attività Produttive il 30 settembre 2005 (iscrizione nel registro delle persone giuridiche della prefettura di Roma, n. 386/2005), quale soggetto giuridico destinato all'attuazione dell'articolo 4, commi 68 e 69 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per la realizzazione della «Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy».
   l'attività della fondazione ha meritato in questi anni un generale apprezzamento, sia da parte del mondo della produzione, delle istituzioni scientifiche e dell'associazionismo interessato ai campi della sua iniziativa, sia da parte delle direzioni vigilanti del Ministero dello sviluppo economico;
   tale apprezzamento è stato dimostrato, per altro, dalla decisione del Ministero dello sviluppo economico di affidare alla Fondazione Valore Italia una serie di importanti progetti, tra cui una iniziativa sul design svoltasi in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia e la gestione di un fondo di sostegno alle piccole e medie imprese azione tutt'ora in corso con riconosciuto successo;
   altre realtà istituzionali hanno individuato nella fondazione lo strumento idoneo per svolgere compiti di promozione e rappresentanza dell'impresa italiana; lo stesso Ministero dello sviluppo economico aveva indicato la Fondazione come partner italiano di una istituzione governativa italo-cinese per l'innovazione nel campo del design (Cidic), affidandone la presidenza al suo presidente professor Massimo Arlecchino;
   la fondazione non riceve contributi annuali ma è chiamata ad impiegare il patrimonio messo a sua disposizione per la realizzazione delle attività istituzionali; il valore di tale patrimonio, grazie ad un'azione oculata, è stato in questi anni non intaccato, ma accresciuto; il bilancio 2011 è stato chiuso in pareggio;
   il presidente, il professor Massimo Arlecchino ha meritato il riconoscimento delle strutture ministeriali competenti e dei ministri – ben cinque – dal momento in cui assunse la carica, recentemente rinnovatagli da parte del Ministro Romani;
   il 20 aprile 2012, tre giorni prima della riunione del consiglio di amministrazione che avrebbe approvato il bilancio, il Ministro dello Sviluppo economico con un proprio decreto ha commissariato la Fondazione Valore Italia, azzerando il consiglio di amministrazione in carica e nominando commissario il professor Carlo Malinconico Castriota Scanderbeg;
   il commissariamento ha comportato e comporterà inevitabili conseguenze sull'operatività dell'ente, alla vigilia dell'avvio delle gare per l'ultimo lotto di lavori finalizzato alla realizzazione dell'Esposizione e dunque rischia di pregiudicare e non di salvaguardare il perseguimento delle attività istituzionali da parte della Fondazione –:
   quali informazioni e in che forma abbia ricevuto dai competenti uffici del Ministero in ordine alla attività della Fondazione e alla sua situazione, che abbiano motivato la decisione di commissariare una Fondazione solida dal punto di vista economico, rigorosa nell'utilizzo delle risorse pubbliche e qualitativamente apprezzata, come risulta per atti, per l'attività svolta, dalla data di istituzione fino al 20 gennaio 2012, da parte del Ministero interrogato;
   l'atto, privo di motivazioni giuridiche (lo stesso dispositivo di decreto lo definisce «non sanzionatorio») appare illegittimo sia sotto il profilo della competenza, in quanto l'unica autorità di governo titolata a intervenire in tal senso è il prefetto (secondo quanto disposto dall'articolo 25 del codice civile), sia sotto il profilo procedurale, non essendo stati rispettati l'obbligo di notifica alle parti dell'avvio del procedimento e la richiesta di chiarimenti entro dieci giorni ad avviso degli interroganti non ricorreva nessun motivo di urgenza, non essendo intercorsi fatti ostativi al regolare svolgimento delle attività della Fondazione a partire dagli adempimenti statutari, quali l'approvazione del bilancio che era appunto prevista pochi giorni dopo il commissariamento dell'ente –:
   se non ritenga, alla luce di quanto sopra esposto e della copiosa rassegna stampa che attesta l'allarme per l'improvvido commissariamento, di riconsiderare la decisione presa, revocando il decreto di scioglimento del consiglio di amministrazione o limitandone la portata alle finalità meramente ispettive, con un termini di pochi giorni, in modo da consentire alla Fondazione Valore Italia di tornare in tempi brevissimi ad operare in condizioni di normalità. (3-02244)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCO CARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Allison è un'azienda leader nel settore dell'occhialeria mondiale per ideazione, produzione e distribuzione di occhiali da sole e da vista;
   la Allison è stata fondata nel 1959 a Volta Mantovana (Mantova) e nel 2002 ha trasferito il quartier generale ed il centro logistico a Padova, mantenendo la produzione a Volta Mantovana;
   la stessa azienda ha acquistato la licenza di prestigiosi marchi quali Ferrè, Moschino, Missoni ed altri ancora;
   nel 2002 sono nate filiali della Allison in Canada, in Usa ed in diversi Paesi europei;
   intorno alla metà di febbraio 2012, la direzione dell'Allison ha comunicato l'intenzione di ridurre l'organico da 82 a 16 dipendenti, al termine della cassa integrazione straordinaria che scadrà il 31 luglio 2012 e che vede coinvolti, a rotazione, 58 dipendenti;
   la motivazione di tale ipotesi ad avviso dell'interrogante inaccettabili è riconducibile, stando alle comunicazioni della direzione aziendale, ad un calo di fatturato, ma le notizie raccolte dai sindacati e dai dipendenti lasciano intuire la volontà dell'azienda di delocalizzare, in altri Paesi, le attività svolte nel sito produttivo di Volta Mantovana, trasformando quest'ultimo in un semplice laboratorio artigianale;
   questa eventualità, che determinerebbe la perdita del posto di lavoro per 66 persone, avrebbe delle ripercussioni sociali molto pesanti, tenuto conto che il territorio dell'alto mantovano, nel quale si trova Volta Mantovana, si trova già in una situazione di forte difficoltà in ragione della crisi del settore della calza –:
   se il Ministro intenda dar vita, rapidamente, ad un tavolo di confronto tra le parti (sindacati, enti locali e proprietà dell'azienda) al fine di trovare le opportune soluzioni affinché il sito produttivo della Allison di Volta Mantovana garantisca la continuità produttiva per gli 82 dipendenti, tenuto altresì conto che richiesta analoga a quella dell'interrogante è stata formalmente avanzata dagli enti locali coinvolti (provincia di Mantova e comune di Volta Mantovana) e dalle organizzazioni sindacali. (5-06685)


   LOVELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 17 aprile 2012, presso l'Unione degli industriali di Roma, Poste Italiane s.p.a. ha presentato alle organizzazioni sindacali il nuovo piano aziendale «interventi servizi postali – impatti previsti per il 2012»;
   il piano di riorganizzazione, giustificato da Poste Italiane sulla base della diminuzione dei volumi di traffico della corrispondenza conseguenti allo sviluppo delle tecnologie digitali, interesserà cinque regioni (Basilicata, Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Toscana), intervenendo sulle operazioni di smistamento e sui servizi di recapito. Secondo le stime delle forze sindacali la riduzione di tali servizi comporterà 1.763 esuberi;
   in particolare, per il Piemonte è stata delineata la cancellazione di 431 portalettere, di 17 capi squadra ed il dimezzamento del centro meccanizzato postale di smistamento di Novara, con la conseguente riduzione della forza lavoro da 184 ad 85 unità. Nella sola provincia di Alessandria la riorganizzazione dei servizi porterà all'esubero di 39 portalettere e di 2 capisquadra;
   secondo le rappresentanze sindacali, il personale addetto al recapito sul territorio piemontese e nella provincia di Alessandria risulta essere già al di sotto del fabbisogno necessario, comportando ripetuti disagi nell'erogazione dei servizi di consegna della corrispondenza;
   risultano, infatti, essere sempre più numerose le zone in cui la corrispondenza non viene più recapitata giornalmente con gravi ricadute sull'erogazione del servizio universale, ovvero la fornitura in ogni parte del territorio nazionale delle prestazioni dei servizi postali di qualità e a prezzi accessibili all'utenza, come tra l'altro stabilito nel contratto di programma, rinnovato in data 11 novembre 2010 dal Ministero dello sviluppo economico e l'operatore postale, attraverso il riaffidamento del servizio all'ex monopolista Poste Italiane s.p.a per un periodo di ulteriori 5 anni, nonostante l'avvio del processo di liberalizzazione del settore, imposto dall'Unione europea con la direttiva 2008/6/CE modificante la precedente direttiva 97/67/CE per il completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari –:
   se il piano di riorganizzazione delineato da Poste Italiane s.p.a rispetti i dettami imposti dal contratto di programma in essere con lo Stato e finalizzato all'erogazione di un servizio continuativo e di qualità per tutti i cittadini sull'intero territorio nazionale;
   se la decisione assunta da Poste Italiane possa comportare il rischio di ulteriori disservizi per gli utenti, in alcuni territori già penalizzati dalla consegna non più giornaliera della corrispondenza;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per mitigare gli effetti della decisione di Poste Italiane sulla situazione occupazionale di oltre 1.763 addetti del settore e del personale in esubero del Piemonte. (5-06687)


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   com’è noto, la multinazionale svedese Electrolux, leader nel settore degli elettrodomestici e delle apparecchiature per uso professionale, è da tempo alle prese con la difficile situazione del mercato dell'elettrodomestico che ha portato in pochi anni a ben tre riorganizzazioni con notevoli ripercussioni sul piano produttivo ed occupazionale, che hanno interessato in modo particolare i due stabilimenti di Porcia (Pordenone) e Susegana (Treviso);
   il piano industriale di ristrutturazione presentato dall'azienda alle organizzazioni sindacali di categoria il 10 febbraio 2011 prevedeva, con riferimento specifico a tali siti, il licenziamento di 800 lavoratori (circa 300 a Porcia e 500 a Susegana) e il trasferimento della parte più significativa della produzione, il «frigorifero di alta gamma», dal sito di Susegana all'Ungheria;
   a seguito del tavolo tecnico di confronto tra i rappresentanti dell'Electrolux e le organizzazioni sindacali, alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dello sviluppo economico, avviato in data 24 febbraio 2011 presso il Ministero dello sviluppo economico con lo scopo di contenere i licenziamenti e salvaguardare il mantenimento dei siti produttivi in Italia, è stato raggiunto in data 25 marzo 2011 un Accordo, frutto di una difficile ed approfondita trattativa, che prevedeva da un lato un cosiddetto riallineamento strategico degli stabilimenti di Porcia e di Susegana, con la conferma delle missioni industriali di tutti gli stabilimenti Electrolux puntando sulle produzioni del medio alto di gamma con particolare riferimento al mercato dell'Europa occidentale, una programmazione di significativi investimenti, con il mantenimento in Italia della ricerca, progettazione e sviluppo, la concentrazione a Susegana delle attività di built in e a Porcia delle produzioni AEG e l'alta gamma di Electrolux; dall'altro un piano sociale che, oltre al ricorso agli ammortizzatori sociali (CIGS), metteva in campo una serie di strumenti per favorire la ricollocazione dei lavoratori in esubero (rispettivamente 453 a Susegana e 287 a Porcia), attraverso il part time, la ricollocazione professionale con incentivo economico sia ai lavoratori che alle aziende che li assumessero, iniziative di autoimprenditorialità con incentivi economici, collocazione in mobilità di lavoratori pensionabili;
   tali misure non hanno tuttavia prodotto i risultati sperati atteso che nel marzo scorso dei circa 450 esuberi previsti a Susegana dall'accordo del 2011 ne sono rimasti attivi 315, ai quali si sono aggiunti altri 19 che coinvolgono impiegati ed altro personale con funzioni dirigenziali, mentre dei quasi 300 di Porcia ne sono rimasti attivi circa 176 cui si sono aggiunti 24 colletti bianchi; a Forlì ai 154 esuberi annunciati nel 2011 si sono aggiunti 18 impiegati, mentre del tutto nuovi sono i circa 102 esuberi di Solaro, che hanno portato da ultimo gli eccedenti a circa 800 sui 5.500 addetti di Electrolux negli stabilimenti italiani;
   perdurando la crisi del settore, l'Electrolux ha infatti presentato alla recente assemblea dei soci tenutasi a Stoccolma, in sede di approvazione del bilancio 2011, il nuovo piano strategico nel quale viene confermata la volontà dell'azienda di continuare, per l'anno 2012, a ridurre i costi e potenziare la propria presenza a Est e nei mercati emergenti riducendo la propria esposizione e capacità produttiva nei mercati cosiddetti «maturi», prorogando al 2015 il progetto di riposizionamento produttivo che farà scendere ulteriormente la capacità produttiva nei Paesi ad alto costo per trasferirla in quelli a low cost, pur riconoscendo il ruolo strategico, con l'assegnazione della mission dell'alto di gamma, agli stabilimenti italiani;
   dopo un'intensa trattativa, è stata raggiunta da ultimo un'intesa di massima tra i sindacati e l'azienda, che ha portato in data 30 marzo 2012 alla sottoscrizione di un nuovo accordo in sede ministeriale, preceduto da un referendum tra i lavoratori negli stabilimenti del gruppo, per gestire i predetti consistenti esuberi;
   il nuovo piano sociale, ferma restando la cassa integrazione straordinaria a rotazione mensile per 120-130 lavoratori alla volta, prevede altresì la novità dell'utilizzo della cassa integrazione a riduzione d'orario giornaliero con turni di 6 ore in tutti gli stabilimenti del gruppo, oltre a riaprire i termini ai lavoratori per misure incentivanti all'esodo, oltre a fondi, garanzie e consulenza per promuovere l'autoimprenditorialità, nonché formazione finalizzata all’outplacement;
   sin dall'accordo del marzo del 2011 è stata prevista la messa a disposizione da parte della proprietà delle aree inutilizzate degli stabilimenti di Susegana e Porcia (rispettivamente di circa 16.000 metri quadri e 45.000 metri quadri), a condizioni particolarmente agevolate, a favore di processi di reindustrializzazione di soggetti industriali che presentino un Piano solido e credibile e che si impegnino ad assumere lavoratori di Electrolux;
   tali accordi, pur se importanti per evitare soluzioni traumatiche nell'affrontare il pesante problema occupazionale derivante dalle scelte di Electrolux, si limitano a gestire nel breve periodo le ricadute della crisi aziendale in atto, consentendo all'azienda di ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto migliorando la competitività degli stabilimenti italiani, ma non danno certezze sulla loro messa in sicurezza per il futuro, considerati i budget di volumi e i numeri degli eccedenti da ricollocare indicati nel piano dalla multinazionale e stante la previsione nell'intesa dell'avvio di contratti di solidarietà nel 2013 alla scadenza della cassa integrazione a riduzione d'orario;
   la gravità della situazione del comparto dell'elettrodomestico necessita di un piano strategico di ampio respiro, di politiche industriali capaci di dare sostegno e rilancio ad un settore che riveste da sempre in Italia un ruolo strategico e di primaria importanza, essendo il secondo comparto manifatturiero, dopo quello dell'automobile, che occupa oltre 130 mila lavoratori;
   in occasione dell'intesa del marzo del 2011 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore Sacconi e il Ministro dello sviluppo economico pro tempore stabilirono di aprire un tavolo nazionale sulla situazione del settore dell'elettrodomestico, che tuttavia non poi stato più costituito –:
   se non ritengano di aprire con urgenza un tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico presso il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, coinvolgendo le rappresentanze sindacali e le Regioni interessate, per promuovere un monitoraggio della situazione del mercato e dello stato di salute del comparto produttivo dell'elettrodomestico in Italia e per definire delle misure incisive per il rilancio del settore, affinché possa continuare a dare il suo importante contributo alla crescita del Paese;
   se non ritengano altresì opportuno aprire un tavolo di confronto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico, tra i vertici dell'azienda ed i sindacati, coinvolgendo anche le regioni e le amministrazioni locali interessate, per il monitoraggio dell'attuazione da parte della multinazionale svedese di tutti i punti di cui alle intese siglate, in particolare del rispetto degli impegni di consolidamento e mantenimento degli stabilimenti produttivi in Italia, sollecitando la presentazione di un piano industriale e relativo business plan da parte di Electrolux che preveda il rilancio dei siti produttivi strategici dell'azienda, e per valutare con riferimento specifico ai siti di Susegana e Porcia le iniziative atte a dare corso ad un piano di reindustrializzazione delle aree oggi inutilizzate degli stabilimenti già messe a disposizione dalla proprietà, quali ad esempio l'assegnazione delle aree stesse alle società strumentali delle regioni interessate aventi la mission specifica della promozione dello sviluppo economico.
(5-06700)


   SCANDEREBECH. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio, n. 111, è intervenuto in materia di orari degli esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, prevedendo, altresì, quale termine per l'adeguamento degli ordinamenti regionali e comunali alla nuova disciplina, il 1o gennaio 2012;
   l'articolo 35, al comma 6, infatti, ha aggiunto un'ulteriore lettera d-bis), all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, per cui «ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, [...], le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:[...] “d-bis) in via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte”»;
   il recente decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 23 dicembre 2011, n. 214, intervenendo nuovamente sulla materia, ha inteso realizzare una piena ed omogenea liberalizzazione dei giorni e degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali, eliminando qualsiasi vincolo;
   il comma 1 dell'articolo 31, infatti, modificando l'articolo 3, comma 1, del citato decreto-legge n. 223 del 2006, ha fatto venir meno entrambe le condizioni poste dal precedente decreto legge n. 98 del 2011: la liberalizzazione dei giorni e degli orari di apertura, quindi, diviene permanente, e non più solo sperimentale, e, soprattutto, vale in tutto il territorio nazionale, e non solo nelle località turistiche e d'arte;
   il principio di massima tutela della libertà di impresa e di iniziativa economica privata, e, quindi, quello di massima libertà di attivazione e di esercizio delle attività economiche (ivi compresi tutti gli esercizi commerciali) tuttavia, sono stati, per così dire, mitigati, dalla possibilità di porre vincoli e restrizioni, anche se limitatamente ai casi in cui ciò sia richiesto da motivi imperativi di interesse generale connessi principalmente alla tutela della salute, dell'ambiente, della sicurezza del patrimonio artistico-culturale, dell'ordine pubblico e, comunque, nel rigoroso rispetto dei principi di necessità proporzionalità e non discriminazione (articolo 1, comma 2, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27);
   in quest'ottica, è evidente che, solo dopo un attento e capillare monitoraggio delle singole realtà territoriali, eventuali misure di limitazione o di condizionamento dell'esercizio delle attività economiche (anche in materia di orario di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali), potranno, di fatto, essere considerate lecite in quanto rispondenti ai sopra esposti principi e, quindi, introdotte previo un adeguato bilanciamento degli interessi complessivamente coinvolti;
   le citate disposizioni sono adottate in materia di concorrenza e di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale – sancendo, così, la prevalenza della legge statale sulle previgenti legislazioni regionali – ed, inoltre, non intervengono sulla previsione di un termine di adeguamento, per cui sono da ritenere di immediata applicazione;
   a fronte dei ricorsi presentati alla Corte costituzionale da parte di alcune regioni, si registrano numerose resistenze da parte di molti amministratori locali nel recepire ed attuare a pieno lo spirito «liberalizzatore» del legislatore;
   in particolare, a quanto risulta all'interrogante, l'amministrazione comunale di Torino intende mantenere valida una delibera di giunta del 9 marzo 2010, avente ad oggetto il programma di apertura obbligatoria degli esercizi pubblici nel periodo estivo (relativamente al Turno C di apertura obbligatoria degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande – coincidente con il periodo dal 6 agosto al 18 agosto 2012);
   nella delibera viene richiamato sia l'articolo 17 della legge regionale 29 dicembre 2006, n. 38 che, al comma 3, in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, stabilisce che «il Comune, al fine di assicurare all'utenza, specie nei mesi estivi e con riferimento agli ambiti territoriali particolarmente carenti, idonei livelli di servizio, può definire, previo confronto con le organizzazioni delle imprese del settore interessate nonché con le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello provinciale, programmi di apertura per turno degli esercizi di cui alla presente legge», sia l'articolo 21, comma 10, del regolamento della città di Torino, che, per la disciplina dell'attività di somministrazione e bevande, prevede che durante il periodo di apertura obbligatoria non è consentito osservare più di una giornata di riposo settimanale e l'orario minino di apertura non deve essere inferiore ad ore sei;
   dalla delibera risulta che: il comune di Torino, in applicazione della previgente normativa, adottava a seguito di incontri con le organizzazioni di categoria e le associazioni dei consumatori, una programmazione sperimentale triennale composta da turni di apertura obbligatoria dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande nei mesi estivi in quanto, in base alle attuali abitudini della popolazione residente, in tale periodo molte persone restano in città ed inoltre il territorio cittadino è anche meta di turisti (delibera della giunta comunale del 20 marzo 2007);
   per tali ragioni, considerati, altresì, gli indubbi risultati positivi, si è deciso di confermare anche per il futuro la decisione di prevedere turni di apertura obbligatoria degli esercizi pubblici nei mesi estivi ed, in seguito ad incontri tenuti con le organizzazioni di categoria e le associazioni dei consumatori, si è convenuto di definire che il periodo in cui appare necessario programmare l'apertura degli esercizi pubblici corrisponde alle due settimane centrali di agosto, atteso che nel mese di luglio non si sono mai riscontrate criticità nella copertura del servizio;
   anche alla luce della circolare della regione Piemonte Prot. n. 3096/DB0500 del 7 marzo 2012, la quale, tra l'altro, «nel ribadire che le scelte comunali per le individuazione di disposizioni di limitazione necessitano sempre di rigorosa motivazione in merito all'interesse pubblico perseguito» precisa che «non possono mai costituire motivo imperativo di interesse generale ragioni di tipo economico fondate sulla presunta relazione fra domanda e offerta o sulla saturazione della rete per eccesso di offerta, né sulla troppo bassa redditività degli esercizi commerciali», è opportuno chiarire, in maniera definitiva ed inequivocabile, se la predetta delibera comunale possa mantenere ancora la sua validità o se piuttosto, alla luce della nuova normativa, non sia doveroso, oltre che opportuno, per l'amministrazione comunale di Torino riconsiderare l'intera questione anche previo confronto con le organizzazioni delle imprese del settore interessate nonché con le principali associazioni dei consumatori –:
   se il Ministro stia esercitando un monitoraggio sull'attuazione della normativa citata in premessa. (5-06706)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE POLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale situazione economica ha colpito principalmente le piccole e medie imprese artigiane; sono pesanti le conseguenze, in particolare per tutte quelle che vantano crediti nei confronti degli enti locali, i quali in virtù del patto di stabilità, hanno i fondi bloccati. A ciò si aggiunge il fatto che le banche stanno bloccando le concessioni di credito anche ad aziende garantite da consorzi che presentano tutte le caratteristiche richieste da Basilea 2. Occorre pertanto rimuovere questo freno che penalizza le aziende italiane sempre meno competitive rispetto in particolare a quelle tedesche che godono di condizioni ben più favorevoli;
   la situazione è veramente drammatica, da fonti ufficiali di Unioncamere nel primo trimestre 2012 le iscrizioni di nuove imprese sono diminuite di 5mila unità rispetto all'analogo periodo 2011, mentre le cessazioni sono state 12mila in più. Il saldo è negativo per oltre 26mila imprese, quasi al -9.638 del gennaio-marzo 2011. È il peggior dato dal primo trimestre 2009. In particolare, da una ricerca nazionale realizzata dalla Fondazione Nord Est e promossa da Veneto Banca Holding, nell'anno in corso le piccole imprese hanno conosciuto cali significativi nella produzione (-59,4 per cento), nel fatturato (-61,0 per cento), negli ordinativi (-60,1 per cento), e anche l'occupazione (-24,0 per cento);
   l'Unione europea sottolinea che il 58 per cento dei nuovi posti di lavoro è creato dalle imprese con meno di 10 addetti e come risulta dai dati Istat il 60 per cento dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle micro imprese con meno di 15 addetti;
   l'Unione artigiani di Padova ha messo in atto nelle ultime settimane due azioni concrete: ha richiesto alla camera di commercio di Padova di incanalare la disponibilità finanziaria manifestata, mettendo a disposizione i propri fondi per aiutare le aziende creditrici della pubblica amministrazione. Ha poi lanciato un'iniziativa che ha permesso la diffusione agli imprenditori artigiani di un questionario che permetterà un monitoraggio dell'entità dei debiti degli enti locali nei confronti delle imprese. L'obiettivo è consentire agli imprenditori oggi in difficoltà di intravedere spiragli per il futuro –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per abbassare il carico fiscale sulle imprese e in generale sul mondo del lavoro e per agevolare, per quanto di competenza, la concessione alle aziende di prestiti per poter continuare a vivere, posto che altrimenti sarà difficile far partire l'economia del Paese. (4-15862)


   MATTESINI, GATTI, LULLI, SCARPETTI, VELO, ALBINI, FLUVI, SANI, MARIANI e DE PASQUALE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane ha presentato nei giorni scorsi il nuovo piano di ristrutturazione dei servizi postali sul territorio nazionale che investe 5 regioni nel 2012 e tutte le altre nel 2013;
   Poste italiane ha chiuso il proprio bilancio con un utile di circa 810 milioni di euro;
   la Toscana è tra le regioni interessate dall'intervento previsto nel 2012, con un taglio di circa 600 dipendenti (di cui 470 portalettere) distribuito fra tutte le province a (Pisa n. 150 di cui n. 100 nel centro di meccanizzazione postale che sarebbe dimezzato; a Firenze n. 126 postini e l'implementazione di n. 49 nel centro di smistamento; ad Arezzo circa 64 esuberi e la chiusura di 14 uffici postali e la razionalizzazione di altri 5 entro l'estate);
   si è già alla terza ristrutturazione in meno di 6 anni ed ogni volta con centinaia di posti di lavoro in meno, operazioni fatte con il solo obbiettivo di ridurre i costi senza un chiaro piano di sviluppo per rilanciare il settore;
   a Firenze nel 2010 ed all'inizio del 2011 in tutta la Toscana, l'organizzazione è stata modificata eliminando il sabato come giorno di consegna della posta ed ampliando gli orari di servizio negli altri giorni della settimana, una riorganizzazione che ha permesso di ammortizzare le conseguenze dei tagli (160 posti nel 2006 e 260 nel 2011);
   i tagli previsti con le conseguenti chiusure di uffici postali, compromettono fortemente la qualità del servizio postale in Toscana ed in tutti i territori interessati, con la consegna della posta a giorni alterni e la chiusura di alcuni uffici postali nei centri minori, con danni proprio alle fasce di popolazione più deboli, come gli anziani che utilizzano gli uffici postali per riscuotere la pensione;
   a differenza degli anni scorsi questa volta sarebbe ben più difficile ricollocare i lavoratori in esubero tenuto conto che, con l'allungamento dell'età pensionabile anche la possibilità di esodi incentivati è una strada impossibile da percorrere;
   in Toscana infatti il 70 per cento dei postini è costituito da giovani tra i 30 ed i 45 anni, per il 50 per cento uomini e per il 50 per cento donne (negli uffici invece il rapporto è 60 per cento di impiegati di sesso femminile ed il 40 per cento di sesso maschile), persone assunte a tempo indeterminato negli ultimi tempi dopo svariati anni di contratti a tre mesi, stabilizzati in seguito a cause di lavoro;
   Poste italiane ha comunicato al sindacato di voler concludere l'accordo sulla proposta di ristrutturazione entro 15 giorni, pena l'esecuzione del piano così come presentato –:
   cosa intenda fare il Governo a fronte della necessità di un rilancio di Poste italiane fondato su di un piano di investimento evitando una ulteriore riduzione del personale come sta invece avvenendo da anni;
   quali iniziative di competenza preveda di assumere il Governo per facilitare corrette relazioni sindacali sia nei tempi, sia nelle modalità. (4-15866)


   COMPAGNON. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in occasione del ponte del primo maggio, Poste Italiane ha deciso, nell'ambito della regione Friuli Venezia Giulia, di tenere chiusi 56 sportelli per l'intera giornata;
   le chiusure per l'intera giornata hanno coinvolto 44 uffici postali in provincia di Udine e 12 in quella di Pordenone; mentre le chiusure pomeridiane hanno interessato 29 sportelli, dei quali: 3 nella provincia di Trieste, 2 a Gorizia, 8 a Pordenone e 16 a Udine;
   tale sconcertante determinazione aziendale ha provocato un gravissimo disagio all'utenza, specie quella economicamente e socialmente più fragile come gli anziani;
   appena lo scorso 7 marzo 2012, a Roma si è tenuto un incontro tra il presidente della regione Renzo Tondo e l'Amministratore delegato di Poste Italiane Massimo Sarmi, su problemi e prospettive del servizio reso in Friuli Venezia Giulia da Poste italiane, che sembrava aver portato ad un accordo di massima in grado di superare i latenti problemi di copertura territoriale ed oraria e rispondere al meglio alle esigenze dei cittadini e delle amministrazioni locali, soprattutto nelle aree di montagna, dove tali uffici svolgono un ruolo sociale di rilevante importanza;
   nonostante le predette intese intercorse, esiste tuttavia il fondato timore che la scelta aziendale di chiudere gli sportelli durante il ponte del primo maggio possa rappresentare in realtà un test per ridimensionare ulteriormente ed in via definitiva la presenza postale sul territorio regionale, con conseguenze esiziali specie con l'approssimarsi della scadenza dell'Imu e con l'apertura obbligatoria dei conti correnti per molti pensionati;
   in passato, l'interrogante ha sensibilizzato più volte il Governo pro tempore sui disservizi postali in Friuli Venezia Giulia, tanto in relazione a controverse rimodulazioni degli orari estivi in numerosi comuni delle aree marginali e montane della regione, quanto in relazione a gravi problemi del sistema informatico (interrogazioni n. 3-00864 del 22 gennaio 2010, n. 3-01093 del 1o giugno 2010; interpellanze n. 2-01114 del 7 giugno 2011 e n. 2-01100 del 30 maggio 2011) –:
   quali immediati, concreti e definitivi interventi intenda porre in essere per garantire un assetto rispondente alle crescenti esigenze dei cittadini residenti in Friuli Venezia Giulia, specie anziani, e per assicurare la continuità di un servizio pubblico essenziale, quale quello postale, con particolare riguardo alle zone marginali e montane colpite ormai da anni da un irreversibile fenomeno di spopolamento. (4-15877)


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto rilevato dal Centro Studi Promotor, il mercato dei camion e degli autobus si è pressoché dimezzato in Italia in considerazione che i dati diffusi da Acea e pubblicati dal quotidiano: «Il Sole 24 Ore», indicano un -45,4 per cento della vendita su scala nazionale;
   la contrazione più pesante è quella dei veicoli commerciali -47,7 per cento, mentre le vendite dei veicoli industriali diminuiscono del 25 per cento e quelle degli autobus del 12,6 per cento;
   la situazione a livello europeo, secondo quanto denuncia il rapporto pubblicato dal suesposto quotidiano, è altrettanto difficile e critica se si valuta che le vendite dei camion e dei bus hanno accusato infatti nel mese di marzo 2012 un calo dell'11,3 per cento;
   il quadro delle vendite nel nostro Paese, a giudizio del Centro studi Promotor GL events, dimostra che è sempre più forte l'impatto della crisi e della mancanza di provvedimenti per contrastarla –:
   quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere a sostegno del settore dei veicoli commerciali, pesantemente investito dalla crisi economica in corso, come confermato dai dati esposti in premessa.
(4-15891)


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel nostro Paese attualmente, oltre 3 milioni di automobili circolano senza assicurazione e il fenomeno secondo le informazioni più recenti dettate dagli organi di stampa, è destinato ad aumentare rapidamente in tutta la penisola;
   la circolazione di automobili sprovviste di responsabilità civile auto, ovvero la polizza assicurativa obbligatoria di responsabilità civile per veicoli a motore in circolazione nel territorio italiano, al fine di risarcire eventuali danni cagionati a terzi, rappresenta solo una delle diverse tipologie di frodi ai danni delle compagnie assicurative, oltre ai falsi sinistri e alle assicurazioni intestate a persone decedute, inesistenti per l'anagrafe o a pensionati (oltre 160 mila casi in Italia), come accaduto nel mese di ottobre 2011 a Roma, quando un'organizzazione criminale aveva messo in circolazione su tutto il territorio nazionale, una truffa con tali caratteristiche;
   la costituzione dell'Agenzia antifrode per il settore assicurativo, al vaglio della Commissione finanze della Camera dei deputati, a giudizio dell'interrogante, non sembra costituire una valida soluzione per fronteggiare il suesposto fenomeno, che sta assumendo contorni gravi a pericolosi in particolare sotto il profilo della sicurezza degli automobili;
   secondo il giudizio dell'ANIA – l'associazione nazionale delle imprese assicuratrici, inoltre, l'istituzione della suesposta Agenzia, non darebbe luogo a un vero organismo antifrode, ma soltanto un'organizzazione con compiti prevalentemente amministrativi, senza competenze di polizia giudiziaria;
   a giudizio dell'interrogante, occorre prevedere l'introduzione di nuove norme con l'obbligo di comunicare l'eventuale sospensione dalla circolazione per i veicoli che non sono utilizzati, anche solo temporaneamente;
   quanto detto consentirebbe di incrociare i dati delle immatricolazioni e le targhe non in circolazione con quelle assicurate e ricavare una panoramica attuale del reale flusso di auto, in base al quale pianificare azioni più incisive ed estese;
   un intervento con il quale si possa procedere attraverso l'individuazione dei veicoli non a norma, ai cui proprietari potrebbe essere recapitata una lettera per ricordare i provvedimenti presi verso chi circola senza assicurazione, ad esempio il sequestro del veicolo, a giudizio dell'interrogante, potrebbe inoltre costituire una soluzione se non definitiva, per lo meno condivisibile per ridimensionare il suesposto fenomeno causato anche dalla crisi economica in corso –:
   quali siano gli orientamenti del Governo, nell'ambito delle proprie competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se ritenga di assumere iniziative normative per una rapida introduzione di disposizioni in linea con quanto proposto dall'interrogante, al fine di diminuire il fenomeno della circolazione di automobili sprovviste di assicurazione obbligatoria, che, come esposto in premessa, è in continuo aumento in tutto il Paese. (4-15893)


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni sono in corso trattative per l'acquisizione dello stabilimento di Termini Imerese da parte dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio, con il suo gruppo Dr Motor o, meglio, con la società diversa, Dr Industrial che fa parte della stessa compagine societaria;
   notizie di stampa, però, e non solo, tratteggiano una situazione di sofferenza economica dell'azienda molisana che vedrebbe già irrimediabilmente compromessa la stessa struttura di Macchia d'Isernia. Le medesime trattative per il subentro di Di Risio a Termini Imerese sono in una fase di stallo data la difficoltà del gruppo molisano non solo a concludere un accordo con le banche, vista la sua forte esposizione debitoria, ma anche per le scarse garanzie ai lavoratori di Termini Imerese;
   tale operazione prevede l'investimento di risorse pubbliche, con Di Risio che dovrebbe ricevere ben 177 milioni di euro, 82 a fondo perduto e 95 milioni di euro in garanzie regionali;
   l'assenza di totale informazione e trasparenza sul piano industriale che Di Risio avrebbe presentato presso il Ministero dello sviluppo economico pone agli interroganti e al Paese intero alcuni quesiti determinanti a nostro modo di vedere, per stabilire se l'imprenditore molisano debba essere o meno il nuovo proprietario dello stabilimento di Termini Imerese con l'utilizzo di denaro pubblico. Quesiti che qualsiasi persona avverte se raffronta le due realtà imprenditoriali, quella molisana e quella siciliana. Interrogativi che dovrebbero nascere tanto più in chi è deputato, in tale circostanza, a elargire denaro pubblico, cioè risorse della collettività;
   lo stabilimento di Termini Imerese è sorto ed è destinato solo all'assemblaggio (CKD) di parti meccaniche per la costruzione di un unico modello automobilistico (sinora la Lancia Ypsilon). A parere dell'interrogante, c’è da chiedersi come possa fare la Dr Motor (o Industrial, che dir si voglia) a dimostrare di saper gestire questa tipologia di produzione visto che sinora ha immesso sul mercato solo prodotti già finiti (CBU) o, tutt'al più e per un brevissimo periodo di tempo, semilavorati (SKD);
   lo stabilimento di Termini Imerese prevede un'unica linea di produzione e non si capisce come si possa conciliare con tale situazione di fatto l'affermazione dell'imprenditore Di Risio secondo il quale si produrranno (in caso di aggiudicazione) 3 o 4 modelli di nuove automobili;
   l'unica linea/piattaforma presente a Termini Imerese sinora è stata utilizzata per la produzione della Lancia Ypsilon. Come è possibile affidare lo stabilimento siciliano alla Dr Motor/Industrial, che commercializza solo modelli di cilindrata diversi dal marchio Lancia (vedasi Dr 1 e Dr 5 Suv) e, quindi, niente affatto compatibili tra di loro. Si fa presente che la percentuale d'intercambiabilità della componentistica da stessa piattaforma almeno i seguenti elementi: a) pianale, b) assali; c) impianto frenante; d) sospensioni; e) componenti sterzo; f) motori e trasmissioni. Non è noto se il gruppo Di Risio ha dimostrato tutto ciò nel proprio piano industriale;
   ogni nuovo investimento prevede per l'azienda che lo pone in essere il cosiddetto «DiBa», ossia distinta base per prodotto, una sorta di inventario con la descrizione puntuale dei singoli elementi da acquisire e il relativo percorso. È contemplato nel piano industriale ?;
   nello stesso, poi, non è noto se sia prevista la «specifica dei processi produttivi», è presente la programmazione di quanto esposto al punto precedente;
   il gruppo Di Risio ha dichiarato o meno, sempre nel piano industriale, non è noto come e dove affronterà la questione delle «procedure di calibrazione» (indicandone i metodi, i costi e i tempi) come: il controllo dell'elettronica (centraline), dei dispositivi di sicurezza, le prove di efficienza dinamica dei componenti, le prove di resistenza stradale (anche simulazione di laboratorio) e altro;
   cosa ci può dire a proposito delle certificazioni ed abilitazioni riguardanti il Gruppo Di Risio rilasciate tanto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, quanto dalle Aziende di certificazione qualità e metodi;
   nel piano industriale non risulta se siano enunciati espressamente i tempi necessari alla commercializzazione dei nuovi modelli che il gruppo Di Risio si propone di immettere sul mercato;
   e non è noto se siano compatibili le dichiarazioni roboanti dell'imprenditore Di Risio con le condizioni anche del mercato auto europeo, date le difficoltà attuali, la qualità base cinese (poco competitiva) di cui si avvale il Gruppo Di Risio, lo studio dei segmenti di mercato discordante –:
   se siano stati posti in essere tutti i controlli necessari per testare non solo la solvibilità economica dell'imprenditore, a parere dell'interrogante di dubbia consistenza, ma anche la sua capacità tecnica di gestione di uno stabilimento come quello di Termini Imerese di importanza nevralgica per il sud;
   se non ritenga necessario rendere noto il piano industriale presentato dal Gruppo Di Risio che, oramai, data la fase delle trattative, non può non essere reso pubblico;
   se non ritenga opportuno procedere a tutte le verifiche necessarie al fine di garantire che i fondi pubblici vengano affidati in buone mani;
   se non ritenga necessario rendere noto se il gruppo molisano nel proprio piano industriale faccia menzione del destino riservato allo stabilimento di Macchia d'Isernia e a tutto il personale ivi impiegato. (4-15909)


   DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Italia dei Valori, dopo aver incontrato le delegazioni dei lavoratori di tutte le aziende del gruppo Finmeccanica in Italia ha già presentato in Parlamento numerose interrogazioni al Ministro dello sviluppo economico a prima firma dell'onorevole Antonio Di Pietro. In tutte le interrogazioni, Italia dei Valori ha posto il tema della spartizione politica delle nomine nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica e di come il nuovo amministratore delegato Giuseppe Orsi, rispondesse alle indicazioni della Lega Nord, da cui è stato fortemente «sonsorizzato», così come denunciato anche da quotidiani come il Sole 24 Ore e Il Giornale.it. L'IDV, denunciava al Ministro il pericolo di una svendita ai concorrenti internazionali di tutto il settore civile. Cosa che sta regolarmente avvenendo in totale spregio alle richieste anche dei territori e dei manager che chiedono di fermare la follia dello «spezzatino» di Finmeccanica. Si fa riferimento ai seguenti atti:
    a) interrogazione Camera 4-13971 del 30 novembre 2011, sullo smantellamento e la svendita del patrimonio industriale di Finmeccanica;
    b) interrogazione Camera 4-13408 del 3 ottobre 2011, sulle vicende Ansaldo STS e Ansaldo Breda;
    c) interrogazione Camera 4-13414 su Alenia Aeronautica del 3 ottobre 2011;
    d) interrogazione Camera 4-13419 su Firema trasporti del 3 ottobre 2011;
    e) interrogazione Camera 4-13603 del 14 ottobre su Selex Elsag;
    f) interrogazione Camera 4-13288 del 22 settembre 2011 a prima firma onorevole Evangelisti su Ansaldo STS e Ansaldo Breda;
    g) interrogazione Senato 4-07151 del 22 marzo 2012 a prima firma del capogruppo Idv Felice Belisario un'interrogazione sugli appalti di Finmeccanica in India;
   Finmeccanica è leader in settori ad altissima tecnologia ad alto contenuto di ricerca sia in Italia che all'estero ed è detentrice di un patrimonio industriale strategico di primaria importanza per il Paese. Il capitale della società è detenuto per il 30,2 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre la quota restante è detenuta dal pubblico indistinto e da investitori istituzionali italiani ed esteri;
   la società è presente nei settori dell'aeronautica, dello spazio, dell'elettronica per la difesa, degli elicotteri, dei sistemi di difesa, dell'energia e dei trasporti. Tra le aziende controllate o partecipate più note vi sono Alenia, Galileo Avionica, AgustaWestland, Oto Melara, Ansaldo Energia, AnsaldoBreda, Ansaldo STS ed STMicroelectronics, DRS Technologies;
   secondo quanto riportato da un articolo de «Il Messaggero» del 27 febbraio 2012, a firma di Massimo Martinelli, nonché da un articolo de «il Fatto Quotidiano» del 3 marzo 2012, a firma di Valeria Pacelli, ed i successivi articoli di Paolo Lelli, l'attuale amministratore delegato di Finmeccanica, l'ingegner Giuseppe Orsi, sarebbe al centro di una vicenda di presunta corruzione per la vendita di 12 elicotteri Agusta Westland 101, modello Vip, allestiti per il trasporto di personalità di Governo all'epoca in cui lo stesso Orsi ricopriva la carica di amministratore delegato della predetta Agusta Westland;
   il Ministro della difesa indiano, Antony Ak, ha chiesto al Segretario generale della difesa Shashi Kant Sharmit di accertare che non vi furono episodi di corruzione per la stipula del contratto che Agusta Westland firmò nel 2010 con la Indian air force, sbaragliando la concorrenza dell'azienda statunitense Sikorsky Aircraft Corporation;
   i vertici della difesa indiana avrebbero sollevato sospetti a seguito di alcune indiscrezioni sull'inchiesta della procura di Napoli relativa alle attività estere delle consociate di Finmeccanica. Nell'ambito di tali indagini sarebbero state richieste alle autorità indiane, in via informale, alcune informazioni in merito alle trattative che portarono alla stipula della commessa;
   Finmeccanica ha smentito qualsiasi coinvolgimento della sua controllata Agusta Westland in relazione a presunte irregolarità relative alla fornitura di elicotteri in India, sottolineando, inoltre, che nessuna comunicazione è stata notificata al gruppo;
   oltre all'appalto per gli elicotteri, Finmeccanica e le sue consociate hanno firmato negli ultimi anni diversi contratti di enorme valore con l'India, come quello della Selex sistemi integrati con la società statale Cochin Shipyard Limited, per la fornitura di radar navali per le portaerei della marina indiana in costruzione nei cantieri di Kochi; quello della stessa Finmeccanica, che ha già fornito tre sistemi di comando e controllo per le fregate di classe Brahmaputra e il sostegno supplementare logistico, oltre che la fornitura dei radar e dei sistemi per il controllo del traffico aereo da installare negli aeroporti delle città indiane del sud;
   l'articolo de il Fatto Quotidiano precedentemente citato riferisce, inoltre, di ulteriori preoccupanti scenari in termini di fenomeni di corruttela attualmente oggetto di approfondimento da parte della magistratura come quello denunciato dal Corriere della Sera del 24 aprile sulle commesse in Africa. Da alcune rivelazioni emergerebbe la creazione da parte di manager di Agusta Westland di società che si sarebbero specializzate nella manutenzione di elicotteri affidandosi ad alcuni operatori italiani collegati alla criminalità organizzata. Secondo quanto riportato su La Repubblica del 25 aprile 2012 i presunti rapporti con la criminalità organizzata sarebbero avvenuti attraverso Vito Roberto Palazzolo, il cassiere di Totò Riina e Bernardo Provenzano che in Africa ha interessi di milioni e milioni di euro ed è proprietario di miniere di diamanti ed altre attività imprenditoriali. Agusta Westland, negli anni in cui l'amministratore delegato era Giuseppe Orsi, si sarebbe appoggiata proprio a Vito Roberto Palazzolo per investire in particolare in Congo, Angola e Namibia;
   secondo quanto riportato dal Corriere della Sera del 26 aprile 2012, nell'inchiesta sulle commesse ottenute all'estero da Finmeccanica ci sono nuove accuse che i magistrati devono verificare. Esistono sospetti sull'amministratore delegato Giuseppe Orsi, indagato per corruzione internazionale e riciclaggio, sulla sua gestione di Agusta Westland e su nuovi possibili beneficiari dei suoi finanziamenti: la Lega Nord e Comunione e Liberazione. Secondo Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni istituzionali del Gruppo Finmeccanica, vi sono possibili e ulteriori passaggi di denaro;
   sempre secondo il Corriere della Sera, l'accantonamento di «provviste» di denaro da utilizzare per pagare manager e politici sarebbe avvenuto grazie al sistema delle sovraffatturazioni, un meccanismo neanche troppo sofisticato che prevede la scelta di un mediatore di affari che deve essere disponibile a far figurare compensi molto più alti di quelli che effettivamente percepirà e proprio una parte di questa somma aggiuntiva sarebbe stata versata in parte alla Lega e in parte a Comunione e Liberazione. Secondo quanto riportato dai quotidiani La Stampa e Sole 24 ore del 26 aprile, Lorenzo Borgogni avrebbe parlato di 10 milioni di tangenti alla Lega ma anche di versamenti a Comunione e Liberazione;
   l'articolo del Corriere della Sera continua riportando che per gestire la commessa dei 12 elicotteri venduti al Governo indiano nel 2010, il negoziatore è stato Guido Ralph Haschke, ingegnere di Lugano ora indagato per corruzione internazionale e riciclaggio perché sospettato di aver distribuito «mazzette» all'estero per conto di Orsi. Del rapporto con i partiti italiani invece si sarebbe occupato un intermediario britannico conosciuto probabilmente con un'identità falsa: Christian Mitchell. Secondo i testimoni d'accusa sarebbe legatissimo ad Orsi e pare abbia gestito i soldi poi finiti ai partiti e una «cresta» da destinare ai manager;
   inoltre l'amministratore di Finmeccanica Orsi sarebbe entrato nella disponibilità di 6 Maserati, ma intestate al suo autista. Vetture di grande valore che il manager avrebbe ottenuto dai proprietari di alcune società che lavoravano con Agusta Westland quando lui ne era amministratore. L'esito delle indagini in corso determineranno l'effettiva proprietà delle macchine, la loro provenienza e se rappresentano davvero la contropartita di un affare da milioni di euro che Orsi avrebbe concluso con un'altra azienda italiana;
   a seguito della continua pubblicazione di notizie e di documentazione relative ad inchieste giudiziarie in corso, sta emergendo ormai da tempo il coinvolgimento di parte del management di Finmeccanica in episodi che – a prescindere dal rilievo giudiziario, tuttora in corso di accertamento, dalla rilevanza penale, nonché da quella relativa all'opportunità di certi comportamenti – sono in grado di mettere a rischio non soltanto la credibilità dell'intera struttura della società, ma anche la competitività di una delle più importanti aziende italiane;
   Finmeccanica ha estrema necessità di tutelare l'immagine della società, l'onorabilità del suo marchio e la serietà della sua struttura industriale, anche al fine di rilanciare gli stabilimenti produttivi operanti in stato di crisi;
   la situazione di difficoltà di Finmeccanica è stata del resto rappresentata dallo stesso amministratore delegato Giuseppe Orsi nel corso dell'incontro con le segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm tenutosi a Roma il 22 febbraio 2012: in tale occasione, l'ingegner Orsi ha indicato come possibile soluzione l'uscita di Finmeccanica dal comparto dei trasporti e da quello dell'energia;
   la vendita o la dismissione di asset come Ansaldobreda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia, nonché Breda Menarini Bus, comporterebbero tuttavia lo smantellamento di un patrimonio industriale strategico di primaria importanza per il Paese, e avrebbero conseguenze nefaste sulle prospettive occupazionali dei lavoratori, con ripercussioni molto gravi anche nelle regioni meridionali, dove potrebbe essere messa a repentaglio la sopravvivenza di importanti realtà industriali. Aziende di eccellenza, leader del mercato mondiale, come AnsaldoBreda, che rappresenta ad oggi l'unico costruttore nazionale a ciclo integrato in grado di produrre treni ad alta velocità, treni pendolari, tram, metropolitane leggere e pesanti, o Ansaldo Energia, che rappresenta per la città di Genova un patrimonio di inestimabile tecnologia e di lavoro di qualità costruito in stretto rapporto con la locale università, sono obiettivi della speculazione finanziaria internazionale e dei concorrenti interessati unicamente al mercato italiano e alla nostra tecnologia –:
   se il Ministro interrogato, già a conoscenza di quanto riportato in premessa, intenda assumere iniziative considerato che le questioni sollevate coinvolgono una delle poche multinazionali italiane e sicuramente la più importante realtà produttiva del Paese;
   quali iniziative intenda adottare, alla luce degli episodi citati, al fine di tutelare la credibilità e la competitività economico industriale di Finmeccanica e garantire l'affidabilità e la credibilità del suo management, tanto più necessaria in relazione all'estrema delicatezza delle sue funzioni e delle sfide che la società deve affrontare per tutelare i suoi asset strategici;
   quali azioni concrete il Governo intenda porre in essere per fermare la cessione degli asset civili di Finmeccanica, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire che le scelte della società vadano nella direzione dello sviluppo e del rilancio produttivo dei settori e degli stabilimenti che rappresentano un'importantissima risorsa strategica per il Paese;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza dirette ad azzerare il vertice di Finmeccanica, espressione della logica spartitoria dei partiti, per consegnare il gruppo ai migliori manager dell'azienda che, in questi anni, hanno dimostrato grandi capacità industriali e che lavorano nell'interesse generale del Paese. (4-15915)

Apposizione di firma, ritiro di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Vernetti n. 1-00996, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dall'onorevole Pistelli e contestualmente sono state ritirate le firme degli onorevoli Pianetta, Di Virgilio, Barani e Biancofiore. Conseguentemente l'ordine delle firme deve intendersi così modificato «Vernetti, Tempestini, Volontè, Menia, Brugger, Santori, Nucara, Adornato, Binetti, Bobba, Boccuzzi, Calgaro, Carella, Castagnetti, Codurelli, Colombo, Concia, Esposito, Farinone, Giulietti, Gnecchi, Losacco, Lusetti, Cesare Marini, Mosella, Oliverio, Pistelli, Servodio, Strizzolo, Touadi».

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

  Mozione Moffa e altri n. 1-00978 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 613 del 28 marzo 2012, l'ordine delle firme viene così modificato: «Moffa, Gioacchino Alfano, Bellanova, Fedriga, Enzo Carra, Lo Presti, Paladini, Fabbri, Santori, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Cazzola, Ceccacci Rubino, Ciccanti, Codurelli, D'Ippolito Vitale, Damiano, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Gatti, Giammanco, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Muro, Pezzotta, Rampi, Saltamartini, Santagata, Schirru, Tassone».

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Narducci n. 4-15778, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 624 del 19 aprile 2012.

   NARDUCCI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il caso per certi versi drammatico della vicenda giuridica di una nostra connazionale, M.I. e, pone gravi interrogativi sul grado di tutela che lo Stato italiano riesce a garantire ai propri cittadini allorché essi vedono minacciati i loro diritti fondamentali di cittadinanza da parte dello Stato in cui sono emigrati per lavoro, tanto più quando trattasi di Stati membri dell'Unione europea;
   la signora M.I. era stata assunta, previa selezione con vari colloqui, dalla Goldman Sachs di Londra, sede in cui ha preso servizio il giorno 14 febbraio 2000, occupandosi in particolare degli investimenti dei clienti italiani e dei loro rapporti commerciali con la sede londinese della banca stessa;
   l'organico davvero ridotto che all'epoca si occupava dei clienti italiani e il periodo veramente esplosivo per il settore degli investimenti hanno prodotto ben presto una enorme pressione lavorativa sulla nostra concittadina: la Goldman Sachs esigeva orari di lavoro massacranti che superavano regolarmente le 11-12 ore giornaliere, per giunta, senza remunerazione dello straordinario. Tale situazione si è protratta per mesi, nonostante i ripetuti appelli della signora M.I. ai suoi diretti superiori, soprattutto in merito alla qualità del servizio offerto ai clienti, che anziché riportare il ritmo di lavoro a livello accettabile le hanno affidato un rilevante numero di progetti extra-curriculari e casi riguardanti «falliti» o «sospesi» relativi ad una banca italiana cliente di Goldman Sachs;
   comprensibilmente lo stato di salute della signora M.I. ha risentito della situazione sul posto di lavoro con frequenti forti emicranie da costringerla a trascorrere i fine settimana a letto per recuperare la condizione fisica. Le sono stati affidati casi complessi, datati, non risolti da altri colleghi che se ne erano occupati prima di lei, con la conseguenza di un incattivimento dei rapporti gerarchici, a scapito unicamente della signora M.I. che, tra l'altro, si vedeva perfino negare aiuto in una specifica istanza, benché ciò fosse di competenza manageriale e non sua. È iniziata così un'operazione di mobbing nei suoi confronti, con calunnie e lamentele chiaramente false e in diretta contraddizione con le lodi che aveva ricevuto nei mesi iniziali della sua collaborazione con Goldman Sachs. In pari tempo due colleghi e la diretta superiore hanno iniziato, in sua presenza, a parlare male dell'Italia e degli italiani, utilizzando offese e luoghi comuni inaccettabili contro i clienti italiani, con il chiaro scopo di mettere in cattiva luce la signora M.I. ed emarginarla dal team, sia in ufficio che al di fuori dell'ambiente di lavoro;
   il clima di tensione, il diniego della procedura di grievance prevista dalle regole interne e dallo Stato britannico, nonché le manifeste violazioni contrattuali sono sfociate in una proposta capestro unilaterale della Goldman Sachs, tesa a interrompere il rapporto di lavoro e a ottenere dalla signora M.I. la sottoscrizione di una dichiarazione liberatoria a favore della banca, con l'offerta di un indennizzo irrisorio di 2.000 sterline. Proposta rifiutata categoricamente dalla nostra concittadina, preoccupata non tanto dell'indennizzo bensì delle note professionali sicuramente punitive e fondate su false affermazioni che sarebbero state redatte a suo danno. Un timore che si sarebbe rivelato fondato come l'interessata ha potuto verificare una volta ottenuto copia del suo fascicolo personale in cui sono manifesti ed evidenti gravi falsi ideologici ed una forma severa di discriminazione e diffamazione;
   il 15 settembre 2000 è giunta di fatto l'interruzione del rapporto di lavoro: dopo un colloquio in cui rifiuta di sottoscrivere la già citata liberatoria, alla signora M.I. viene fisicamente impedito, da parte del servizio di sorveglianza, di raggiungere la propria scrivania;
   la signora M.I., messa brutalmente sulla strada, si è rivolta ad un legale per difendere i propri diritti e chiedere il reintegro sul posto di lavoro. Il legale interpellato ha confermato le violazioni commesse dalla banca. Inutilmente poiché il suo fascicolo contiene ancora evidenti falsificazioni, per esempio che la risoluzione del rapporto di lavoro sarebbe avvenuta di comune accordo e che l'interessata avrebbe ricevuto denaro in cambio e persino che avrebbe subito un provvedimento disciplinare quando tutto ciò è manifestamente falso. Per la nostra concittadina è iniziato in tal modo un pesante e oneroso (finanziariamente) calvario giudiziario, con avvocati che non hanno avuto il coraggio di difendere lealmente i suoi interessi contro la potente banca, tanto che si vede spesso costretta a dover presentare personalmente ricorsi e prove a sua difesa, senza trovare giustizia nelle svariate sedi giudiziali dell'ordinamento del Regno Unito a cui si è rivolta in questi anni;
   essendole stato impedito di rivolgersi alla House of Lords (ultimo grado interno ed ora rinominata quale Supreme Court) la signora M.I. si è rivolta, il 9 maggio 2007, alla Corte europea dei diritti dell'uomo inoltrando ricorso contro il Regno Unito per violazione dei diritti umani ma, dopo un anno, ha ottenuto risposta negativa. La Corte, infatti, ha valutato che il ricorso non adempiva a quanto previsto dagli articoli 34 e 35 della convenzione di Strasburgo e a nulla sono valsi le successive precisazioni e chiarimenti inviati dalla signora M.I. all'organismo sopranazionale;
   la signora M.I., non avendo avuto soddisfazione attraverso le istanze summenzionate, ha intrapreso un'azione giudiziaria contro la Goldman Sachs ricorrendo alla Central London County Court, con un procedimento che si trascinerà avanti tra rinvii, un incredibile andirivieni di corrispondenza, nuovi ricorsi a lei imposti, ripetuti ordini di conciliazione, certificazioni (naturalmente con costi proporzionali al numero di atti richiesti e inoltrati) ed evidenti omissioni e negligenze da parte della County Court. Le conseguenze sul piano fisico per la signora M.I. sono state pesanti: il 6 settembre 2009 ha rischiato un infarto a causa di una grave forma di tachicardia e un ipertiroidismo che le vengono diagnosticati, di cui subisce ancora oggi le conseguenze;
   il 27 luglio 2010 la signora M.I. si è rivolta alla Commissione europea a Bruxelles inoltrando formale denuncia contro il Regno Unito per inadempimento giudiziario di Stato membro, accompagnando la denuncia stessa con una folta e meticolosa documentazione di quanto accaduto;
   dopo avere ripetutamente sollecitato una risposta, o una presa d'atto, il 24 gennaio 2011 la signora M.I. ha ricevuto una comunicazione da parte della Commissione europea (protocollo CHAP (2010) 2528), con cui si respinge la denuncia, dando a giustificazione che trattasi di «lamentela di lavoro» e non di inadempimento giudiziario da parte di uno Stato membro. La Commissione stessa consiglia quindi di rivolgersi alla magistratura del Regno Unito oppure alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nonostante le testuali parole «denuncia» e «inadempienza» siano le prime del documento ed evidenziate in prima pagina;
   la poca considerazione riservata al suo caso – come detto, non sono in gioco soltanto aspetti di remunerazione in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, bensì il licenziamento ingiusto e immotivato, le qualificazioni negative nel fascicolo dell'interessata e quello che all'interrogante appare lo strapotere di un colosso bancario contro una persona che difende strenuamente la propria dignità umana e professionale – ha rappresentato un durissimo colpo per la signora M.I. che, per non lasciare nulla di intentato, ha denunciato il tutto al Ministero degli affari esteri a Roma e ha chiesto assistenza e tutela legale al consolato generale d'Italia a Londra;
   il consolato generale d'Italia a Londra ha risposto che non può interferire nelle vertenze legali riguardanti il Paese ospitante e suggerito alla signora M.I. di rivolgersi ad un legale. Nessun tipo di presa di posizione, invece, sulle gravi illegalità subite da una cittadina italiana da parte del datore di lavoro. Peraltro lo studio legale indicato nelle liste del consolato, dopo avere ascoltato dalla signora M.I. l'esposizione dei fatti, ha risposto che non intende occuparsene, così come avevano fatto in precedenza altri studi legali;
   anche la risposta data dalla direzione generale per gli italiani all'estero del Ministero degli affari esteri è stata perfettamente in linea con quella adottata dal consolato generale a Londra. La succitata direzione generale ha infatti scritto in data 15 aprile 2011 che l'azione può essere promossa esclusivamente da un legale rappresentante oppure che la signora M.I. si rivolga alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Nessuna considerazione è stata attribuita al fatto che i legali inglesi hanno declinato il caso, che il Regno Unito ha violato le proprie leggi e i trattati europei sui diritti fondamentali dei cittadini comunitari, pur essendo Stato membro dell'Unione europea e dunque soggetto alla sua normativa e, altresì, che la Corte di Strasburgo non ha voluto ammettere, in virtù degli articoli 34 e 35 della sua convenzione, che si trattasse di un caso di violazione dei diritti umani;
   nello sforzo estremo e caparbio di difendere la propria dignità personale e professionale e i propri diritti, la signora M.I. ha esperito un ultimo tentativo di appellarsi alla High Court, che però ha confermato che può ricevere appello esclusivamente da un CIRCUIT JUDGE (secondo grado della County Court), ovvero ciò che il DISTRICT JUDGE (primo grado della County Court) ha appunto impedito con modalità di dubbia legittimità omettendo di arrivare ad una sentenza, in un senso o nell'altro –:
   se e in che modo il Governo intenda ripensare i propri criteri di tutela e di protezione legale dei propri cittadini all'estero che, allo stato attuale sono a giudizio dell'interrogante piuttosto generici e deboli, non garantendo adeguatamente l'assistenza necessaria soprattutto nel rapporto con i procedimenti giudiziari;
   se il Ministero degli affari esteri – alla luce anche di casi eclatanti come quello di Carlo Parlanti negli Stati Uniti d'America e di Daniele Franceschi, carpentiere di Viareggio, sposato, separato e padre di un bambino di nove anni, finito in un carcere francese con accuse tutte da comprovare e morto in circostanze da chiarire, sicuramente dopo avere subito maltrattamenti – non intenda modificare le procedure di assistenza legale ai nostri connazionali all'estero impartendo a tal fine direttive più stringenti alla propria rete consolare, migliorando la formazione del personale addetto e incrementando le risorse finanziarie destinate ad una tutela che non sia limitata alla semplice indicazione di uno studio legale;
   se il Governo non intenda farsi portatore di nuove proposte normative tese a migliorare la protezione dei cittadini comunitari che, in virtù della forte mobilità professionale indotta dalla libera circolazione delle persone, sono più esposti alle violazioni dei diritti fondamentali in ambiente di lavoro, proposte che contemplino, per esempio, strumenti più incisivi per le infrazioni perpetrate dagli Stati membri e per gli inadempimenti di cui essi si rendono colpevoli;
   se il Governo intenda valutare l'opportunità di approfondire le ragioni dell'inopinato diniego di giustizia ricevuto dalla signora M.I. da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, verificando l'esigenza di promuovere un aggiornamento, se necessario, dei parametri del Consiglio d'Europa nella materia del diritto del lavoro;
   se il Governo non intenda far luce, in ambito europeo, sulle responsabilità del Regno Unito nei confronti della signora M.I.;
   quali iniziative anche sul piano della tutela giudiziaria della nostra connazionale intenda assumere alla luce delle criticità chiaramente illustrate in premessa. (4-15778)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Renato Farina n. 5-06680, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 626 del 26 aprile 2012.

   RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Falun Gong è una disciplina spirituale tradizionale cinese fondata da Li Hongzhi nel 1992, che consiste di insegnamenti spirituali, religiosi e morali per la vita quotidiana, e di meditazione ed esercizi basati sui principi di verità, compassione e tolleranza;
   secondo il Rapporto annuale 2008 della Commissione congressuale-esecutiva sulla Cina, «negli anni 90 decine di milioni di cittadini cinesi praticavano il Falun Gong e gli aderenti al movimento spirituale all'interno della Cina vengono stimati ancora nel numero di centinaia di migliaia nonostante la repressione in corso da parte del governo»;
   altre stime pubblicate sulla stampa occidentale fissano il numero degli aderenti al Falun Gong attualmente in Cina a decine di milioni;
   nel 1996, i libri del Falun Gong vennero proibiti in Cina ed i media di Stato iniziarono una campagna di diffamazione del Falun Gong;
   nel 1999, la polizia cinese iniziò ad interrompere gli esercizi mattutini nei parchi pubblici e iniziò a cercare nelle case dei praticanti del Falun Gong;
   il 25 aprile 1999, oltre 10.000 praticanti del Falun Gong si radunarono davanti al palazzo del Consiglio di Stato per gli appelli a Pechino, accanto alla residenza della leadership del Partito Comunista, per chiedere che i praticanti arrestati fossero rilasciati e autorizzati a riprendere la loro attività senza interferenze governative e, che il divieto di pubblicazione dei libri del Falun Gong fosse rimosso;
   lo stesso giorno, subito dopo che l'allora premier Zhu Rongji aveva incontrato i rappresentanti del Falun Gong nel suo ufficio e aveva accordato il rilascio dei praticanti arrestati, il segretario del Partito Comunista Jiang Zemin criticò le azioni di Zhu e ordinò la repressione del Falun Gong;
   nel giugno del 1999, Jiang Zemin ordinò l'istituzione dell'Ufficio 6-10, un apparato di sicurezza extragiudiziale, con il mandato di «sradicare» il Falun Gong;
   nel luglio 1999, la polizia cinese iniziò ad arrestare i portavoce dei praticanti del Falun Gong;
   il 22 luglio 1999, i media di Stato cinesi iniziarono una grande campagna di propaganda per vietare il Falun Gong con l'accusa di «sovvertire l'ordine sociale» e avvisarono i cittadini cinesi che la pratica del Falun Gong era stata vietata;
   nell'ottobre 1999, il segretario del partito Jiang Zemin, secondo articoli di stampa occidentali, «ordinò che il Falun Gong fosse marchiato come un “culto”, e poi chiese di approvare una legge che proibisse i “culti”»;
   le autorità cinesi hanno dedicato molto tempo e risorse negli ultimi dieci anni a livello mondiale per la distribuzione di falsa propaganda, sostenendo che il Falun Gong è una «setta malvagia» suicida e militante, piuttosto che un movimento spirituale, che attinge ai concetti tradizionali cinesi di meditazione e di esercizio;
   il 10 ottobre 2004, la Camera dei Rappresentanti ha adottato la risoluzione House Concurrent 304, che aveva 75 promotori bipartisan, dal titolo «Esprimendo il senso del Congresso per quanto riguarda l'oppressione del Falun Gong da parte del governo della Repubblica Popolare Cinese negli Stati Uniti e in Cina», e il testo di questa risoluzione ha osservato che «il governo cinese ha anche tentato di mettere a tacere il movimento Falun Gong e dei gruppi pro-democrazia cinesi all'interno degli Stati Uniti»;
   il 18 ottobre 2005, lo stimatissimo avvocato per i diritti umani Gao Zhisheng ha scritto una lettera al presidente del Partito Comunista Cinese Hu Jintao e al premier Wen Jiabao, chiedendo la fine della persecuzione del Falun Gong e le autorità cinesi, in risposta, hanno chiuso il suo studio legale e hanno portato via la sua licenza in legge; le forze di sicurezza cinesi sono inoltre sospettate di essere direttamente coinvolte nella scomparsa del signor Gao, il 4 febbraio 2009;
   in relazione alle accuse di espianto di organi sui corpi dei praticanti del Falun Gong da parte del regime cinese, secondo il rapporto dell'ispettore speciale sulla tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti delle Nazioni Unite, Manfred Nowak, del 19 febbraio 2008 afferma che «la discrepanza tra gli organi disponibili e i numeri delle fonti identificabili si spiega con organi prelevati da praticanti del Falun Gong, e che l'aumento dei trapianti dal 2000 coincide e si correla con l'inizio della persecuzione di queste persone»;
   il rapporto Annuale 2008 di Amnesty International afferma che i praticanti del Falun Gong sono stati particolarmente a rischio di tortura e altri maltrattamenti durante la detenzione; nel corso del 2007 e oltre 100 praticanti del Falun Gong sono stati segnalati morti durante la detenzione o poco dopo il rilascio a seguito di torture, privazione del cibo o cure mediche, e altre forme di maltrattamenti;
   secondo il rapporto 2008 del dipartimento di Stato per i diritti umani in Cina, «alcuni osservatori stranieri hanno stimato che gli aderenti del Falun Gong costituiscono almeno la metà dei 250.000 detenuti ufficialmente nei campi di rieducazione attraverso il lavoro (RTL), mentre le fonti del Falun Gong all'estero affermano un numero ancora maggiore»;
   secondo il Rapporto annuale 2008 della commissione congressuale esecutiva sulla Cina «il governo centrale (cinese) ha intensificato la campagna di nove-anni di persecuzione contro i praticanti del Falun Gong nei mesi precedenti alle Olimpiadi estive di Pechino 2008»;
   i siti web relativi al Falun Gong rimangono tra i più sistematicamente ed ermeticamente bloccati dal firewall internet in Cina;
   secondo il Falun Dafa Information Center, con sede a New York, almeno 3526 sono morti in carcere –:
   se il Governo sia a conoscenza della cronologia dei fatti riportati e se essi corrispondano al vero;
   se non intenda attivarsi attraverso i canali diplomatici e le opportune sedi internazionali affinché il Governo della Repubblica popolare cinese possa cessare immediatamente le persecuzioni, desistere da quella che appare una campagna di intimidazione, detenzione e tortura dei praticanti del Falun Gong, questo anche abolendo l'ufficio 6-10, e rilasciare i praticanti del Falun Gong detenuti unicamente per le loro convinzioni nelle carceri e nei campi di rieducazione attraverso il lavoro (RTL);
   se il Governo, in occasione del tredicesimo anniversario della ufficiale repressione cinese del movimento spirituale Falun Gong, non intenda, in modo appropriato ed efficace, esprimere solidarietà ai perseguitati in Cina, e, incontrando i praticanti del Falun Gong quando e dove possibile, ribadire che la difesa della libertà di religione resta un principio fondamentale, in conformità all'impegno preso con l'approvazione della risoluzione Mazzocchi e altri approvata il 12 gennaio 2011. (5-06680)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale D'Ippolito Vitale n. 3-02165 del 20 marzo 2012;
   interrogazione a risposta scritta Ciccioli n. 4-15386 del 20 marzo 2012;
   interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-15401 del 21 marzo 2012.
   interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-15571 del 2 aprile 2012.