Allegato B
Seduta n. 624 del 19/4/2012
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GAVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 5 maggio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 109 del 15 maggio 2011, definito «quarto conto energia» attualmente in vigore, disciplina e regola gli incentivi per il settore del fotovoltaico e si applica agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016 (articolo 1, comma 2);
l'allegato 5 al decreto ministeriale 5 maggio 2011 disciplina le tariffe d'incentivazione per gli anni 2011, 2012 (primo e secondo semestre dell'anno), 2013 e periodi successivi;
detto decreto ministeriale ha dato nuovamente credibilità ed impulso, sia in termini economici che occupazionali, a tutto il settore del fotovoltaico ed ai settori ad esso correlati;
la programmazione degli incentivi dettata dal decreto ministeriale per gli anni 2011-2016 ha permesso alle aziende di prevedere investimenti interni di breve e/o medio e lungo termine sia sotto il profilo degli ampliamenti aziendali che delle assunzioni;
ad oggi le prospettive di crescita del mercato e di sviluppo aziendale sono positive, in quanto sono stati già sottoscritti contratti tra le aziende fornitrici del fotovoltaico ed i clienti finali, per la realizzazione di impianti per i quali sono state promesse e legislativamente previste, le tariffe incentivanti del secondo semestre 2012 e/o successive;
è notizia di questi giorni l'intenzione dell'Esecutivo di modificare nuovamente (per la seconda volta nell'arco di nemmeno un anno) l'attuale conto energia e farlo addirittura con decorrenza dal secondo semestre 2012 (ossia dal primo luglio 2012, così come si legge da alcune bozze in circolazione) significherebbe (per l'ennesima
volta) bloccare del tutto ed in modo irreversibile il settore fotovoltaico;
oltretutto, come detto, ciò comporterebbe la perdita di tutti i lavori già contrattualmente stipulati con i clienti per la realizzazione di nuovi impianti (in quanto già stipulati con le tariffe di incentivazione previste dall'attuale decreto in vigore per il periodo 1o luglio-31 dicembre 2012) e causerebbe alle ditte interessate, oltre che la perdita di introiti già contrattualmente acquisiti, danni per il mancato rientro degli investimenti intrapresi;
questo repentino capovolgimento del fronte normativo, oltre che a causare i suddetti danni, provoca incertezza sia negli investitori che negli istituti di credito, i quali non reputano più attendibile il settore come investimento e/o come finanziamento del credito;
quindi appare opportuno che il decreto ministeriale 5 maggio 2011 non venga modificato o abrogato per dare continuità normativa e certezza ad un mercato in forte espansione e sviluppo; se fossero necessarie delle revisioni al decreto in vigore, queste non dovrebbero causare arresti alle programmazioni economiche ed aziendali già definite, escludendo quindi modificazioni a decorrere già dal mese di luglio 2012;
sarebbe opportuno non prendere in considerazione la macchinosa prospettiva di creare per i piccoli e medi impianti (fino ad 1 MWp di potenza) inadatti ed inattuabili preventivi «registri informatici degli impianti ammessi agli incentivi» (come invece oggi già previsto per impianti della potenza uguale o superiore ad 1 MWp), che determinerebbero sostanzialmente un blocco totale del settore, in quanto ne soffrirebbe la possibilità di realizzare gli impianti di piccole (privati cittadini) e medie taglie (P.M.I.), in quanto assolutamente disincentivati dalla prospettiva di un iter burocratico estremamente laborioso, costoso ed assolutamente incerto -:
quali siano le intenzioni del Governo in ordine a ventilate modifiche del decreto ministeriale 5 maggio 2011, e con quali azioni il Governo intenda dare certezza al mercato fotovoltaico che, negli ultimi tempi, ha fortemente ridotto le proprie positive potenzialità a causa di continui cambiamenti normativi che hanno spesso inciso sulle regole in corso o retroattivamente.
(5-06643)
BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
giovedì scorso doveva svolgersi una riunione al Ministero dello sviluppo economico in merito alla vertenza Cesame di Catania;
i lavoratori del gruppo per salvare questa importante realtà produttiva si sono costituiti in cooperativa e con il proprio tfr (hanno già speso 750 mila euro circa) hanno avviato la procedura per rilevare la società;
nel mese di novembre 2011 le pratiche di finanziamento sono state inviate a Invitalia (ex Sviluppo Italia) che nel mese di gennaio ha risposto che non poteva procedere causa progetto al di sotto dei 30 milioni di euro;
a sua volta la cooperativa ha risposto che la regione siciliana ha legiferato in materia consentendo la creazione di uno strumento che possa consentire il finanziamento di iniziative con investimenti al di sopra dei 7,5 milioni di euro e questo darebbe la possibilità alla Cesame di poter partecipare alla richiesta di finanziamento;
Invitalia a sua volta a risposto nuovamente che prendendo atto della iniziativa di legge della regione questo strumento potrebbe essere attivato solo mediante apposita convenzione con il Ministero dello sviluppo economico;
dopo tutti i sacrifici posti in essere dai lavoratori e le battaglie di questi anni sarebbe davvero una beffa non consentire
ad una realtà come la Cesame di rialzarsi con le proprie forze e la volontà dei suoi lavoratori -:
quali iniziative il Governo intenda adottare affinché si possa attivare in tempi rapidi questa convenzione che consentirebbe alla Cesame di poter vedere valutato il proprio progetto da Invitalia affinché si possa procedere nella ripresa produttiva dello stabilimento.
(5-06650)
CODURELLI, LULLI, FRONER, QUARTIANI e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 7 aprile 2011, con l'interrogazione a risposta in Commissione 5-04564 l'interrogante, aveva raccolto le rimostranze dell'API - Associazione piccole industrie di Lecco, contro il bando di gara 2011/S 28-046558 pubblicato sul «Supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea» del 10 febbraio 2011, con procedura aperta, per la fornitura di 39.500 completi da lavoro invernali e di altrettanti completi da lavoro estivi, per addetti al recapito di poste italiane;
confermando le ragioni degli imprenditori e l'anomalia delle condizioni eccessivamente ribassiste imposte all'epoca dal richiamato bando, l'Unione europea in data 26 luglio 2011 ha comunicato che il bando medesimo «non è stato aggiudicato» per «procedura incompleta»;
secondo il capitolato della suddetta gara, infatti, la commessa prevedeva l'aggiudicazione da parte dell'impresa che fosse riuscita a proporre un prezzo al ribasso rispetto ai valori massimi di euro 107,00 per la divisa estiva ed euro 210,00 per quella invernale, valori da considerarsi impraticabili dalle aziende manifatturiere che operano all'interno dello spazio economico europeo;
all'interrogazione 5-04564 ha risposto, in data 19 maggio 2011, il Sottosegretario di Stato Stefano Saglia, ricordando che il capitolato relativo al bando in questione prevedeva il rispetto, da parte dei fornitori, di stringenti standard di qualità, anche ambientale, appannaggio della migliore produzione mondiale quali UNI-EN ISO 9001, UNI-EN ISO 14001, EMAS, ECOLABEL, OEKOTEX, oltre a un articolato collaudo, prima di procedere all'eventuale contrattualizzazione della fornitura, finalizzato a verificare la rispondenza dei prodotti proposti alle previsioni tecniche della specifica e all'annullamento dell'aggiudicazione in caso di non corrispondenza ai predetti profili;
il Ministero dello sviluppo economico si impegnò, in sede di risposta alla citata interrogazione 5-04564, affinché Poste Italiane effettuasse «le opportune verifiche in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi e di idoneità tecnica dei soggetti partecipanti al citato, nonché, alla qualità dei prodotti che verranno forniti ed al loro grado di protezione agli agenti atmosferici»;
in data 5 aprile 2012 è apparso sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea un nuovo avviso di gara per appalto di forniture 2012/S 67-110299 di Poste italiane spa che prevede una procedura aperta in modalità telematica «accordo quadro per la fornitura di n. 43.000 completi da lavoro invernali e n. 43.000 completi da lavoro estivi per addetti al recapito di Poste italiane», nella quale si esclude l'obbligo della certificazione ISO 14001 e della dichiarazione relativa alla lista dei macchinari;
inoltre, nella documentazione fornita da Poste italiane spa relativamente al nuovo bando si legge quanto segue: «j) partecipazione alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: Ai sensi dell'articolo 37, commi 1 e 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, le società aventi sede, residenza o domicilio in paesi cosiddetti "black list" di cui al decreto del Ministero delle finanze, 4 maggio 1999 e al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, sono obbligati a presentare l'autorizzazione alla partecipazione
alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 163/06 rilasciata secondo la procedura prevista dal decreto, 14 dicembre 2010, del Ministero dell'economia e delle finanze. Il concorrente può presentare la propria offerta producendo copia dell'istanza già inviata, fermo restando che in caso di aggiudicazione dovrà produrre l'autorizzazione in argomento»;
tale previsione farebbe pensare che la partecipazione all'appalto sia accessibile anche a concorrenti extracomunitari con sede in qualsiasi paese del mondo con il solo limite dell'autorizzazione nel caso di Paesi inseriti nella «black list», lasciando un dubbio sull'ambito geografico di applicazione della procedura di acquisizione;
come chiarito anche dal Tar Lazio con la sentenza 5258/2007, gli appalti comunitari «hanno come naturali destinatari gli Stati membri» e conseguentemente gli operatori economici comunitari, in tale sentenza il Tar afferma infatti che «il postulato che non consente ad impresa extracomunitaria non destinataria del comma 1 dell'articolo 47 del decreto legislativo n. 163 del 2006 di partecipare agli appalti pubblici comunitari (...) non trova ostacolo neanche nei princìpi comunitari posti a presidio del valore della libera concorrenza: e ciò in quanto tale valore trova il suo diretto equipollente in quello della par condicio degli operatori economici e non in un allargamento acritico della base di partecipazione a favore di ditte i cui costi di gestione ambientale, operativi e tecnici sono imparagonabili a quelli delle imprese comunitarie»;
l'intervento dell'Unione europea, che ha bloccato il primo bando, doveva offrire l'occasione per una riflessione sulla necessità di tutelare le imprese italiane ed europee, e le loro produzioni realizzate nel rispetto delle normative in tema di ambiente, sicurezza e salute negli ambienti di lavoro richieste in Europa;
in particolare, è indispensabile evitare nei bandi di gare le formulazioni che favoriscono interpretazioni incerte o parziali, tali da premiare iniziative meramente commerciali e speculative che si concretizzano nell'importazione di merce prodotta da fabbricanti extra Unione europea;
oltre alle gare per la fornitura di vestiario a Poste italiane, sarebbero imminenti quelle di Ferrovie italiane e di ENEL, il cui complessivo valore potrebbe attestarsi intorno agli 80 milioni di euro, cifre importanti che, ferma la correttezza e la trasparenza dei bandi, permetterebbero una vitale boccata d'ossigeno per le aziende dello Spazio economico europeo, tra cui, ovviamente, quelle italiane, altamente specializzate in questa tipologia di fornitura -:
quali misure intenda assumere per garantire la massima vigilanza sui dispositivi formali dei bandi affinché, nel rispetto della normativa vigente, vengano tutelate e favorite le produzioni effettivamente svolte all'interno dello Spazio economico europeo;
se e come intenda promuovere una maggiore e più severa attività di controllo presso le aziende aggiudicatarie degli appalti pubblici in modo da garantire la qualità del prodotto e il rispetto dei disciplinari di produzione durante tutte le fasi delle lavorazioni.
(5-06654)
VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il PON ricerca e competitività è certamente il più importante programma del ciclo 2007/2013 che l'Unione europea ha finanziato all'Italia per le finalità strategiche ed entità delle risorse disponibili;
si prevede che gli oltre 3 miliardi di euro (esattamente 3,102), provenienti dal cofinanziamento FESR-Fondo europeo di sviluppo regionale, siano utilizzati dalle quattro regioni convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) per realizzare l'obiettivo
prioritario di favorire la capacità di produrre e utilizzare ricerca ed innovazione;
i beneficiari delle risorse sono tanto i grandi gruppi industriali che le piccole e media imprese attraverso vari profili di intervento;
la recente nota del direttore generale della politica regionale della Commissione europea, Walter Deffaa, al rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea (ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci), ha avviato la procedura di sospensione dei pagamenti intermedi e l'interruzione dei termini di pagamento dell'intero PON R&C;
il provvedimento, di per sé molto grave, è l'ultimo passo prima della procedura di rettifica totale (definanziamento, sottrazione delle risorse all'Italia ed attribuzione ad altri Paesi UE) da parte della Commissione europea ed è motivato dalle carenze significative rilevate dalle strutture comunitarie nel funzionamento del sistema di gestione e controllo delle operazioni finanziate sul PON R&C dalla direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali (DGIAI) del Ministero dello sviluppo economico, nonché dai ritardi nelle procedure di selezione delle stesse operazioni;
per l'assistenza tecnica alla gestione ed al controllo del PON R&C la direzione generale del Ministero dello sviluppo economico si avvale di Invitalia, alla quale vengono riconosciuti (per questa sola parte di attività) oltre 45 milioni di euro;
Invitalia, inoltre, è anche il soggetto che gestisce l'attuazione di quasi tutti gli strumenti agevolativi utilizzati dalla DGIAI, con risorse di circa 1 miliardo e 400 milioni di euro (esattamente 1,388) per contributi destinanti alle imprese delle regioni convergenza;
il provvedimento della Commissione europea è stato assunto in quanto le attività di assistenza tecnica assegnate ad Invitalia avrebbero dovuto garantire alla DGIAI la predisposizione di procedure di selezione dei progetti conformi con la normativa comunitaria, la verifica dell'ammissibilità delle spese, l'esercizio delle funzioni di gestione e controllo nel rispetto della logica di salvaguardia del principio della sana gestione finanziaria;
proprio sulle procedure di selezione e sul sistema di controlli della DGIAI la Commissione europea avrebbe concentrato le proprie osservazioni rilevando fattori rilevanti di criticità nell'assistenza tecnica di Invitalia per ciò che riguarda i dati sullo stato di attuazione delle linee di intervento PON R&C del Ministero (circa 3 miliardi di euro (esattamente 2,973) che sarebbero dovuti andare alle imprese del Mezzogiorno nel ciclo di programmazione 2007/2013, al 31 dicembre 2011 ne risultano erogati solo 652 milioni di euro, intorno al 20 per cento delle risorse disponibili);
risulta evidente il rischio di riprogrammazione/definanziamento del programma, emerge altresì dalla lettura dei documenti dell'Unione europea il completo fallimento della strategia complessiva fissata dal precedente Governo, e sinora attuata dal Ministero dello sviluppo economico e dalla DGIAI, mentre si tratta di intervenire (attraverso gli strumenti del PON R&C) in direzione dell'innalzamento della propensione all'innovazione e allo sviluppo da parte delle imprese, con l'ambizioso obiettivo di modificare strutturalmente i fattori di contesto che attualmente limitano la capacità di iniziativa imprenditoriale, rendendo il territorio delle regioni Puglia, Calabria, Campania e Sicilia maggiormente competitivo ed attrattivo;
persiste un ulteriore dato di preoccupazione, riguardante le attività di Invitalia (nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico) passibili di censura da parte della Commissione europea, per l'evidente potenziale/accertato conflitto di interessi tra compiti di attuazione/gestione e di controllo/audit che l'Agenzia avrebbe anche su altre importanti linee di finanziamento alle imprese, di competenza della DGIAI, in difformità dalle regole europee che regolano l'house providing;
Invitalia, sulla base dei rapporti in essere e degli atti amministrativi di affidamento, deve fornire al Ministero dello sviluppo economico - DGIAI l'assistenza tecnica per la preparazione e la realizzazione degli interventi nell'ambito del PON R&C quali la predisposizione delle procedure di selezione dei progetti, la verifica della conformità con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, il supporto tecnico per la progettazione e l'attuazione delle azioni, la preparazione di bandi e avvisi; verifica dell'ammissibilità delle spese, l'aggiornamento (con adeguamento ai nuovi regolamenti) dei sistemi informativi per il monitoraggio, il supporto all'esercizio delle funzioni di gestione e controllo del programma operativo nazionale che, coerentemente con quanto previsto agli articoli 58 e 59 del Regolamento(CE) 1083/06, devono rispondere alla logica di salvaguardia del principio della sana gestione finanziaria, il supporto alle attività di monitoraggio e verifica in itinere degli interventi, il supporto per le attività di certificazione e di audit;
la Commissione, avrebbe intanto evidenziato:
a) carenze rispetto ai controlli di primo livello dei «progetti ponte» (assistenza tecnica Invitalia);
b) audit negativo sulle modalità di costituzione del Fondo di garanzia (individuazione soggetto gestore MCC);
c) gravi ritardi nelle procedure di selezione delle operazioni, in particolare vengono contestati i tempi troppo lunghi per la valutazione dei progetti del bando «Nuove misure per investimenti produttivi innovativi» e la presenza di criteri di valutazione troppo generici (assistenza tecnica Invitalia, soggetto incaricato dell'istruttoria Invitalia);
d) gravi ritardi nella conduzione delle verifiche in loco e mancata decertificazione degli importi risultati irregolari dalle attività di controllo (assistenza tecnica Invitalia);
e) mancanza di chiarezza circa le fonte di finanziamento dei progetti prima fase certificati (legge 488, legge 46) se non erano finanziati con fondi FAS ma risorse ordinarie andavano decertificati (assistenza tecnica Invitalia);
f) mancato completamento da parte dell'autorità di audit (UVER) del controllo su 36 operazioni per un importo di 60 milioni di euro circa;
di quali elementi disponga in ordine ai fatti sopra descritti e se sia a conoscenza della situazione sopra descritta; quali iniziative intenda urgentemente assumere in ordine al programma operativo nazionale (PON) Ricerca & Competitività, quale risposta intenda rendere al direttore generale della politica regionale della Commissione europea ed infine quali adozioni intenda mettere in essere rispetto a Invitalia.
(5-06659)
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea «non può tollerare il furto della proprietà intellettuale» e, per questo, sta lavorando a una nuova direttiva da approvare entro l'anno. Lo ha annunciato il commissario al mercato interno ed ai servizi finanziari, Michel Barnier, assicurando che l'Esecutivo «sta monitorando da vicino gli sviluppi nei nostri Paesi membri ed in altri Paesi nel campo dei diritti della proprietà intellettuale e della pirateria on line, compreso l'attuale dibattito al Congresso americano sulla legislazione proposta. Io stesso - ha detto Barnier - sto lavorando, con i servizi della Commissione, a rivedere la direttiva sull'applicazione dei diritti sulla proprietà intellettuale», con l'introduzione di una nuova versione entro il 2012;
fino al 2011, l'azione dell'Unione europea nel settore della proprietà intellettuale ha avuto per oggetto principalmente l'armonizzazione del diritto sostanziale nazionale
e la creazione di un diritto uniforme nell'Unione. Da un lato, cioè, sono state armonizzate le normative nazionali attraverso l'adozione di direttive sui marchi, i disegni e modelli, i brevetti in materia d'invenzioni biotecnologiche e su alcuni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi. D'altro lato, l'Unione ha creato anche diritti uniformi a livello comunitario, d'immediata applicazione in tutto il territorio dell'Unione, come il marchio comunitario e, più recentemente, i disegni o modelli comunitari. Benché l'armonizzazione progressiva del diritto sostanziale della proprietà intellettuale abbia facilitato la libera circolazione tra gli Stati membri e abbia reso più trasparenti le norme applicabili, gli strumenti atti a far rispettare i diritti di proprietà intellettuale sono stati armonizzati soltanto con il tentativo messo in atto nello scorso anno;
la contraffazione e la pirateria e, più in generale, le violazioni della proprietà intellettuale, sono fenomeni in continuo aumento che assumono oramai una dimensione internazionale e costituiscono una seria minaccia per l'economia degli Stati membri. Nel mercato interno europeo i contravventori sfruttano in particolare le diversità che esistono fra i vari meccanismi istituiti dagli Stati membri per tutelare i diritti di proprietà intellettuale. In altri termini, i prodotti contraffatti e le merci usurpative tendono ad essere fabbricati e venduti nei Paesi che reprimono con minore efficacia degli altri la contraffazione e la pirateria. Premesso che l'obiettivo principale consiste nell'assicurare un livello equivalente di protezione della proprietà intellettuale negli Stati membri, la direttiva persegue anche altri obiettivi, tra cui; a) promuovere l'innovazione e la competitività delle imprese. Fenomeni come la contraffazione e la pirateria, se non sono puniti con la dovuta efficacia, rischiano di determinare una perdita di fiducia degli operatori nei confronti del mercato interno. Una simile situazione scoraggerebbe i creatori e gli inventori e frenerebbe l'innovazione e la creazione intellettuale all'interno dell'Unione; b) tutelare l'occupazione in Europa. Sul piano sociale, i danni subìti dalle imprese a causa della contraffazione e della pirateria si ripercuotono in definitiva sul volume dell'occupazione; c) evitare le perdite fiscali e la destabilizzazione dei mercati. Le perdite fiscali dovute alla contraffazione e alla pirateria sono considerevoli. Questo fenomeno costituisce una vera e propria minaccia per l'equilibrio economico e potrebbe comportare una destabilizzazione dei mercati più fragili (come ad esempio il mercato dei prodotti tessili). Per quanto riguarda l'industria dei prodotti multimediali, la contraffazione e la pirateria tramite internet continuano ad aumentare e provocano già da ora perdite molto elevate; d) proteggere i consumatori. La contraffazione e la pirateria implicano in genere un inganno deliberato del consumatore circa la qualità che ha il diritto di ottenere acquistando ad esempio prodotti che recano un marchio rinomato. Le merci contraffatte e usurpative sono infatti fabbricate eludendo i controlli delle autorità competenti e non rispettano le norme minime di qualità. Quando acquista questi prodotti al di fuori del commercio lecito, il consumatore non beneficia, in linea di massima, né di una garanzia né di un servizio dopo vendita né ha la possibilità di presentare un ricorso efficace in caso di danni. Oltretutto, i prodotti contraffatti possono rivelarsi pericolosi per il consumatore, perché minacciano la sua salute (contraffazione di medicinali) o la sua sicurezza (contraffazione di giocattoli o di parti di automobili o di aerei); e) garantire il mantenimento dell'ordine pubblico. La contraffazione e la pirateria non rispettano la legislazione sul lavoro (lavoro clandestino), la legislazione fiscale (minori entrate per lo Stato), la legislazione sanitaria, né la legislazione in materia di sicurezza dei prodotti;
le misure previste dalla direttiva si applicano ad ogni violazione dei diritti di proprietà intellettuale prevista dalla legislazione comunitaria e/o dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Per contro, la direttiva non incide sulle disposizioni riguardanti la tutela dei diritti e le eccezioni previste dalla normativa
comunitaria nel campo del diritto d'autore e dei diritti connessi. Nonostante quando già fatto, Barnier sottolinea che «il mio obiettivo è di assicurare che i nuovi modelli di business on line possano emergere in Europa con una solida certezza locale per i fornitori e i consumatori. Vogliamo dare la possibilità agli autori di offrire il loro lavoro su internet e di proteggerli contro i furti delle loro opere». In particolare, ha assicurato il commissario, l'esecutivo «faciliterà la concessione di licenze sulla musica ed altri lavori creando pari condizioni nel mercato unico per la gestione collettiva dei diritti. Stiamo lavorando a una proposta per questa primavera». Infine, Barnier ha assicurato che, con la revisione della direttiva, Bruxelles vuole assicurare che coloro che violano le norme sul diritto d'autore e ne traggono profitto «siano rapidamente identificati e sanzionati dai tribunali dei Paesi membri» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di recepire, quanto prima, la nuova direttiva relativa alla regolamentazione sulla «proprietà intellettuale», nonché di attuare, fin da ora, misure maggiormente protettive nel nostro Paese.
(4-15771)
BELLOTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da quanto emerge dalla stampa sono molti i casi, non solo provocati dalla crisi economica, in cui alcune aziende, cooperative o società, utilizzando normali contratti di diritto commerciale, tentano di aggirare la legislazione sul lavoro, specie quella relativa ai licenziamenti;
tra questi emblematico è il caso della CFM Srl di Rovigo - azienda di Coop Service s. coop. p. a. di Reggio Emilia;
da svariati articoli dei giornali locali, risulterebbe che, nel giugno 2011 NEST s.p.a sarebbe stata acquisita dal gruppo Coopservice, tramite un contratto di affitto d'azienda, con 69 dei 112 dipendenti, trasformandosi dapprima in NEST FM srl per poi, dopo pochi mesi, mutare la denominazione in CFM srl, a socio unico;
NEST spa, un'azienda rodigina che aveva fatto del Global Service il suo business, arrivando in pochi anni a gestire un esponenziale aumento di fatturato, con punte vicino ai 30 milioni di euro, insieme al contratto di affitto d'azienda aveva contestualmente siglato un preliminare di cessione d'azienda che garantisse, d'accordo i sindacati, la salvaguardia dei posti di lavoro anche tramite l'utilizzo della cassa integrazione per 43 dei 69 dipendenti;
Coopservice avrebbe dapprima siglato una dichiarazione di intenti per un programma di ripresa di 24 mesi per poi depositare, dopo solo 8 mesi, istanza di fallimento in proprio, dopo aver svuotato l'intero portafoglio clienti originario tra cui Carrefour, Pinko, Max Mara, Stefanel, Roadhouse;
tali clienti, secondo una mail inviata all'interrogante dai dipendenti di CFM sarebbero confluiti GE.S.IN, una cooperativa di Parma;
buona parte di questi clienti si sarebbero peraltro ritirati, visti i dubbi espressi dalle istituzioni, provincia di Rovigo e regione Veneto, nel tentativo di evitare la negativa esposizione mediatica e risulterebbero dunque definitivamente persi;
Coopservice non sarebbe nuova a comportamenti di questo genere dato che un evento simile si sarebbe ripetuto nei confronti di LARES, azienda di sicurezza e portierato di Milano ugualmente rilevata da Coopservice, chiusa dopo un iter simile, i cui lavoratori, oltre 400, sono da allora disoccupati, precari o in cassa integrazione;
dalle ultime informazioni risulterebbe il fallimento di NEST, per mancata omologa della procedura di concordato fallimentare, in quanto è venuto a mancare
l'apporto economico derivante dal contratto di affitto con Coop Service;
esistono in Italia diversi casi in cui vengono compiuti abusi nei confronti dei lavoratori, specialmente nelle cooperative che, nonostante l'intento dichiarato di fare della mutualità e della socialità la propria missione, sfrutterebbero una non chiara identificabilità della responsabilità gestionale per compiere operazioni in cui l'ultimo degli interessi rappresentati è proprio quello dei componenti della cooperativa -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda compiere per mettere fine agli abusi perpetrati ai danni dei lavoratori delle cooperative e garantire un pieno esercizio dei diritti degli stessi così come previsti negli statuti;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo affinché casi come quelli esposti in premessa non abbiano a ripetersi.
(4-15796)