Allegato B
Seduta n. 624 del 19/4/2012

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

COLUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
la crisi aziendale dell'ospedale «Casa della Divina Provvidenza» ente ecclesiastico-Onlus, con sede legale a Bisceglie, nella provincia di Barletta Andria Trani (Bat) ed ulteriori sedi operative in Foggia e Potenza ha determinato una grave situazione di disagio economico e sociale per il personale medico e paramedico nel complesso circa 2000 dipendenti che vi prestano servizio e per gli abitanti dei comuni che fanno parte dell'ampio bacino di utenza sociosanitaria nel territorio di riferimento;
la posizione debitoria accumulatasi nel corso di svariati anni di gestione del bilancio aziendale, determinata essenzialmente dalla mancata attuazione da parte della regione Puglia delle delibere adottate in materia, rischia ora di compromettere qualunque prospettiva di sopravvivenza ed ulteriore sviluppo dell'ente, con serissime conseguenze per quanto concerne la tutela dell'occupazione e la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie a livello locale e regionale;
la regione Puglia, infatti, non ha ancora espressamente manifestato un chiaro indirizzo politico ed amministrativo di lungo periodo in merito al ruolo dell'ospedale «Casa della Divina Provvidenza» di Bisceglie nell'ambito del piano sanitario regionale e non ha provveduto ad aggiornare e rivalutare le rette, limitandosi ad interventi ad avviso dell'interrogante estemporanei del tutto inadeguati rispetto alle esigenze di riforma strutturale necessarie a garantire la continuità e l'alta qualità delle prestazioni sanitarie da esso erogate;
i pazienti dell'ospedale, ad oggi circa 1800, in gran parte affetti da gravissime patologie oncologiche e neurodegenerative, rischiano di subire per primi le più gravi conseguenze del dissesto finanziario dell'ente, fino a perdere anche le minime garanzie di cui godono attualmente, con pesanti conseguenze economiche e sociali per le famiglie di appartenenza;
una crisi definitiva ed irreversibile dell'ospedale comporterebbe anche preoccupanti conseguenze recessive sull'economia locale e regionale, tenendo conto del rilevante indotto occupazionale (altri circa 1500 dipendenti), nell'attuale fase di crisi economica ed occupazionale rispetto alla quale le esigenze di rigore economico-finanziario di cui sono espressione le più recenti iniziative adottate dal Governo, in conformità con gli indirizzi espressi dall'Unione europea, devono essere conciliate con i compiti di promozione sociale e della persona umana che la Costituzione assegna espressamente all'azione dei poteri pubblici -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alla situazione venutasi a determinare a seguito della crisi aziendale dell'ospedale «Casa della Divina Provvidenza» di Bisceglie, se tali criticità siano riconducibili alle esigenze di razionalizzazione della spesa imposte dal piano di rientro dai disavanzi sanitari e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la necessaria continuità dei livelli essenziali di assistenza e le essenziali prospettive di sviluppo per questa importante struttura sanitaria di riferimento per la Puglia e per l'intera area circostante dell'Italia meridionale.
(3-02221)

Interrogazioni a risposta scritta:

CONCIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'elenco ufficiale delle patologie e dei traumatismi, figuranti nella versione Icd 9 Cm da ultimo modificata con decreto ministeriale 18 dicembre 2008, a firma Ministro pro tempore Fazio, entrato in vigore il 1o gennaio 2009, a pagina 514, capitolo 302, paragrafo 0, è inserito il

«lesbismo ego distonico», che viene dunque classificato a tutti gli effetti come malattia per gli enti pubblici e per l'Inps, che sulla base di quegli elenchi certifica disabilità e invalidità, per comuni e regioni, ospedali e istituti di previdenza;
per lo Stato italiano, dunque, ad oggi, il lesbismo è ufficialmente annoverato come «patologia»;
lo si è appreso dal settimanale l'Espresso, che ha svolto un'inchiesta sull'omofobia in Italia;
tale presunta patologia è ormai scomparsa da anni dall'elenco in vigore nella comunità internazionale: l'Organizzazione mondiale della sanità ha infatti cancellato l'omosessualità dall'elenco ufficiale delle malattie già nel 1993;
l'elenco nella versione Icd 9, attualmente in vigore, è la traduzione di un documento dell'Agenzia federale americana, che è, in effetti, già decaduto e sostituito da anni a livello internazionale dal modello successivo, «Icd 10», dove il riferimento al lesbismo non c'è più;
il Ministero della salute ha diffuso una nota nella quale «si precisa che la versione italiana dell'ICD-9-CM recepisce la classificazione internazionale attualmente in uso negli Stati Uniti. Il Dipartimento della Salute del Governo americano ha predisposto l'adozione della nuova classificazione, denominata ICD-10-CM, che entrerà in vigore il 1o ottobre 2013. L'iter italiano di aggiornamento, quindi, sta avvenendo secondo la tempistica ordinaria e senza alcun ritardo burocratico»;
in realtà si tratta di un ritardo inaccettabile che non fa altro che accomunare il nostro Paese a quei paesi in cui l'omosessualità è considerata un reato perseguibile con la pena di morte -:
se il Ministro non ritenga che il mancato adeguamento al modello Icd 10, che da anni ha sostituito a livello internazionale il precedente Icd 9 in cui si classificava il lesbismo come disturbo ego-distonico e che si scopre essere ancora in vigore nel nostro Paese, sia un fatto estremamente grave, e se non ritenga, dunque, di dover superare con urgenza qualunque difficoltà procedurale con un provvedimento che adegui immediatamente la nostra normativa alla nuova classificazione dell'Organizzazione mondiale della sanità, cancellando così definitivamente la dicitura «lesbismo ego distonico» dall'elenco delle patologie figuranti nella versione Icd 9.
(4-15766)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i primi giorni di marzo 2012 un ragazzo gay di origine brasiliana R.F., di 24 anni si è recato accompagnato da Massimo Frana, un rappresentante dell'Associazione radicale Certi Diritti, all'ospedale di Roma, Policlinico Umberto I, per effettuare una visita medica;
dopo alcune analisi viene diagnosticato che è affetto da sifilide;
il medico del servizio malattie sessualmente trasmissibili, Professor Salvatore Sala, gli prescrive il Benzetacil, farmaco a base di penicillina; secondo informazioni lì raccolte il farmaco, non mutuabile, è stato ritirato da parecchio tempo in tutta Italia e si trova solo all'estero;
il ragazzo accompagnato da Massimo Frana si reca, quindi, presso la Farmacia dello Stato della Città del Vaticano dove le fiale di Benzetacil costano l'una 25 euro;
la prescrizione medica prevede 30 fiale, quindi il costo complessivo sarebbe stato di 750 Euro; secondo quanto detto dal medico della Farmacia esiste anche una versione di quelle fiale senza anestetico al costo cadauna di 6 euro; il ragazzo quindi acquista il medicinale più doloroso e meno costoso per una spesa complessiva di 180 Euro;
lo stesso farmaco in Italia oltre un anno fa veniva venduto a 2 euro a fiala;

dopo aver provveduto all'acquisto del farmaco il giovane si reca presso l'ospedale San Giovanni di Roma per iniziare le iniezioni ma gli viene detto di recarsi all'Ambulatorio della Croce Rossa dove però gli viene detto che l'ambulatorio non esiste più da diverso tempo;
il ragazzo contatta quindi l'Ospedale San Giovanni per chiedere se l'iniezione la può fare la Guardia Medica ma la risposta che riceve testualmente che: «Qui non facciamo queste cose, cerchi un infermiere privato»;
il ragazzo, trovandosi in una situazione sempre più elevata di disagio, si reca il giorno dopo al Policlinico, dove, grazie al volontario aiuto di una infermiera riesce ad avviare la cura a base di iniezioni -:
se sia vero che il farmaco contro la sifilide è introvabile nelle farmacie italiane e si trova ad un prezzo maggiorato di almeno 10 volte nella farmacia dello Stato della Città del Vaticano;
per quale ragione lo stesso farmaco non risulterebbe nemmeno mutabile;
quanti casi di sifilide siano stati registrati in Italia negli ultimi cinque anni e se sia vero che il trend della diffusione della malattia è in crescita;
quali campagne di informazione finalizzate alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili sono state promosse nelle scuole e negli ambienti di lavoro e socialità;
se risulti che nelle strutture sanitarie non si fanno iniezioni in casi di necessità, pur avendo i pazienti il farmaco e la prescrizione medica.
(4-15775)

GIANNI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 50, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, come modificato ed integrato dall'articolo 1, comma n. 276, della legge n. 266 del 2005, norma e disciplina disposizioni in materia di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prescrizioni sanitarie;
la finalità di tale norma è dunque chiara ed esplicitata al comma 1 del citato articolo 50, ovvero quella di potenziare il monitoraggio della spesa pubblica nel settore sanitario, nonché di monitorare l'appropriatezza delle prescrizioni, l'attribuzione e la verifica del budget di distretto, di vigilanza sulle prescrizioni dei farmaci e sulla sorveglianza epidemiologica;
per realizzare tali obiettivi di controllo e sorveglianza, si sono individuate le cosiddette strutture di erogazione di servizi sanitari che provvedono, tramite procedure di acquisizione ottica dei dati necessari, all'invio telematico di questi ultimi al Ministero dell'economia e delle finanze;
l'attività di accertamento delle violazioni è stata affidata alla Guardia di finanza, mentre autorità competente all'irrogazione della sanzione è la direzione provinciale dei servizi vari competente per territorio;
dalla lettura sistematica della norma la prima cosa che risulta in tutta evidenza è la discontinuità logica tra i vari commi, denunciando interventi di manutenzione della stessa che si sono susseguiti nel tempo. L'aggiunta di ulteriori disposizioni, come quelle riferite alla determinazione delle sanzioni o all'individuazione dell'autorità competente per l'accertamento delle violazioni o l'irrogazione sanzione, rivelano, da un lato, che nel tempo si sono succeduti interventi diversi e stratificati sulla norma e, dall'altro, denotano una ondivaga incertezza del legislatore nell'elaborare la norma nella parte riguardante controlli e sanzioni;
non può inoltre non rilevarsi il mancato rispetto di quanto previsto nello statuto del contribuente in ordine alla mancata previsione dei tempi massimi entro cui effettuare i controlli delegati alla Guardia di finanza;
si evidenzia, altresì la mancanza di nesso eziologico tra il contenuto ritardo

nell'invio telematico dei dati e il danno procurato rispetto alla finalità della norma cioè il monitoraggio della spesa sanitaria;
si segnala la inesistenza della previsione di un massimo ed un minimo della sanzione, come prevede la legge n. 689 del 1981 nonché la mancata previsione di un procedimento di ravvedimento operoso per sanare ritardati invii dei dati;
quanto citato nelle precedenti premesse conferma quanto sostenuto in precedenza in ordine alla discontinuità logico-sistematica dell'articolo 50, con il risultato di vanificare lo sforzo fatto dal legislatore rispetto agli obiettivi, legittimi e condivisibili, previsti dalla norma stessa ovvero il monitoraggio ed il controllo della spesa sanitaria -:
se non ritenga necessario assumere iniziative, se del caso normative, per:
a) attenuare gli effetti sanzionatori di cui alla legge n. 689 del 1981 che prevede, sia per il ritardato che per l'omesso invio telematico dei file (frequenza mensile con scadenza entro il 10 del mese successivo) contenenti i riferimenti di spesa farmaceutica e prescrizione specialistica, il pagamento di 2,00 euro per ricetta;
b) tenere conto che ogni file può contenere migliaia di ricette;
c) prevedere l'annullamento della sanzione laddove i ritardi nell'invio sono minimi (pochi giorni rispetto al 10 di ogni mese) e i ritardi non sono reiterati per più di due volte in un anno;
d) prevedere per coloro i quali debbano essere sanzionati una procedura di ravvedimento operoso con riduzione della sanzione;
e) prevedere all'interno della norma tempi certi sui controlli e gli accertamenti.
(4-15780)