XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 12 aprile 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
in tutti i Paesi europei i limiti di età previsti per il personale militare e delle forze di polizia e dei vigili del fuoco risultano inferiori a quelli stabiliti per il personale italiano;
al comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, si prescrive che, mediante regolamento da adottarsi entro il 30 giugno 2012, la disciplina dei requisiti per l'accesso alla pensione del personale del Comparto sicurezza e difesa e quello del Comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, venga armonizzata mediante un progressivo innalzamento dei requisiti attualmente previsti, tenendo conto delle peculiarità e delle specifiche esigenze;
in considerazione del citato comma 18, si esclude ogni intervento sugli istituti peculiari previsti per il personale dei summenzionati comparti collegati alle attività specifiche che rendono indispensabile disporre di strumenti compensativi volti a differenziare la posizione lavorativa e ordinamentale, anche ai fini dell'accesso alla pensione;
l'intervento deve essere graduato nel tempo e la materia oggetto di armonizzazione deve essere solo quella dell'eventuale incremento dei limiti di età per accedere alla pensione di vecchiaia e dell'aumento dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva per beneficiare della nuova pensione anticipata (ex pensione di anzianità);
l'articolo 19 legge 183 del 2010 riconosce anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale «la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;
la suddetta previsione costituisce un quadro di riferimento per l'intero schema normativo concernente le Forze armate, le Forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed è altresì norma programmatica in quanto prevede altresì che (comma 2 del predetto articolo 19) la disciplina attuativa del predetto principio di specificità «è definita con successivi provvedimenti legislativi...»). In tale contesto, il regolamento di armonizzazione in materia pensionistica, che deve essere formalizzato entro il 30 giugno 2012, rappresenta il primo vero passo di concreta attuazione della «specificità», che il Paese riconosce al personale delle forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, chiamato ad assicurare il bene della vita a tutela della collettività, anche a rischio della propria incolumità personale;
il concetto di «specificità del comparto Sicurezza-Difesa» e del comparto dei vigili del fuoco e del soccorso pubblico mira proprio a rappresentare la situazione specifica del personale delle forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, da un lato, è assoggettato ad un complesso di limitazioni e obblighi del tutto peculiari, nonché ad una condizione di impiego altamente usurante che presuppone il costante possesso di particolare idoneità psico-fisica e il mantenimento di standard di efficienza operativa periodicamente verificati e testati, mediante anche controlli medici, prove fisiche, e severe attività a carattere addestrativo;

ogni anno, come evidenziano gli studi e le statistiche, a seguito del servizio e per diretto effetto di attività operative ed addestrative, molti operatori perdono i requisiti di idoneità, con conseguente cessazione dal servizio attivo, o, peggio cadono nell'adempimento del dovere;
il Governo con l'emanazione del decreto-legge «Salva Italia» ha considerato il particolare ruolo che tali Comparti hanno nell'ambito dell'amministrazione pubblica, prevedendo, in virtù della richiamata specificità, l'emanazione di un apposito regolamento teso all'armonizzazione delle regole di accesso al trattamento di quiescenza del personale in questione a quello delineato in senso generale per tutti i lavoratori pubblici e privati;
l'assunto della specificità non, può tradursi in una penalizzazione per il personale dei comparti considerando che il limite anagrafico inferiore per la cessazione dal servizio, è un'esigenza funzionale dello Stato;
per evitare questi effetti derivanti dall'intervento in materia e per contenere il preoccupante aumento dell'età media del personale in servizio garantendo così la correlata funzionalità delle amministrazioni interessate è necessario anche un parallelo e convergente intervento, attraverso un graduale e contestuale percorso di adeguamento degli assetti ordinamentali;
risulta essere stranamente disattesa nell'ambito della delega di cui al comma 18, dell'articolo 24 del decreto-legge «Salva Italia» quella concertazione con le rappresentanze dei suddetti comparti che pur viene richiamata esplicitamente dalla previsione della specificità mentre correttamente il Governo per disciplinare, in una ottica moderna e competitiva, le «regole» sul mondo del lavoro ha sentito l'esigenza di convocare i sindacati per un confronto, a tutto campo;
nonostante la declamata specificità, per tutti i lavoratori pubblici e privati sono state avviate da tempo forme previdenziali complementari, finalizzate a coprire il gap tra quanto si è percepito in servizio e quanto invece si è maturato in termini di pensione, mentre per il personale dei citati comparti tale forma di previdenza è tuttora da definire con grave nocumento del personale. Tutto ciò senza prevedere formule per tutelare gli operatori assunti dopo il 1° gennaio 1996 immediati destinatari del sistema contributivo;
secondo notizie di stampa del 15 marzo 2012, «il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, e il ministro della difesa, si è detta disponibile ad un incontro con i rappresentanti dei sindacati delle forze di polizia e del corpo nazionale dei vigili del fuoco e con il CoCeR del comparto di sicurezza e difesa per verificare le loro istanze», e lo stesso «verrà fissato al più presto compatibilmente con l'attività di Governo»;
le suddette rappresentanze del personale in occasione delle loro iniziative pubbliche hanno chiesto un urgente confronto con il Governo nella sua interezza, compreso il Ministro dell'economia e delle finanze che è anche il vertice politico della Guardia di Finanza, e non solo un «incontro» come da comunicato stampa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,


impegna il Governo:


a salvaguardare la specificità del comparto tesa a tutelare le particolari esigenze funzionali ed operative del suddetto;
a convocare immediatamente un tavolo di concertazione per giungere quanto prima ad un regolamento condiviso fra Governo e rappresentanze;
ad assumere iniziative normative volte a tutelare il personale dei comparti che, per esigenze funzionali è tenuto a lasciare il servizio prima degli altri lavoratori pubblici e privati, con trattamenti pensionistici sostanzialmente più contenuti;

ad avviare contestualmente alla stesura del regolamento di armonizzazione le procedure di concertazione atte all'avvio di forme pensionistiche complementari, avendo cura di salvaguardare con apposite previsioni il personale attualmente in servizio e già assoggettato al cosiddetto sistema contributivo puro;
ad avviare un immediato tavolo di lavoro con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate e le rappresentanze del personale per definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli del personale interessato al regolamento di armonizzazione citato.
(1-01007)
«Fiano, Franceschini, Letta, Bressa, Naccarato, Rosato, Recchia, Andrea Orlando, Rugghia, Zaccaria».

Risoluzioni in Commissione:

La III e la VII Commissione,
premesso che:
le sedi di corrispondenza all'estero della RAI-TV costituiscono uno strumento privilegiato della proiezione internazionale del Sistema-Paese ed assicurano un canale preferenziale per le relazioni bilaterali, contribuendo in modo significativo alla conoscenza reciproca ed al dialogo tra le culture e le civiltà;
la decisione di chiudere le sedi di corrispondenza della RAI-TV in sette capitali che hanno un ruolo-chiave per la politica estera italiana - come Nairobi, Delhi, Beirut, Buenos Aires, Madrid, Mosca e Istanbul - depaupera significativamente il patrimonio complessivo della presenza italiana all'estero;
tale decisione ha prodotto diffuse reazioni nell'opinione pubblica italiana ed estera nonché nelle molteplici associazioni impegnate in attività di volontariato e di assistenza nei Paesi interessati e rischia di nuocere fortemente al dialogo ed al rapporto con i Paesi interessati,

impegnano il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza, anche attraverso le sedi diplomatiche all'estero, affinché sia offerto il massimo supporto alle sedi di corrispondenza all'estero della RAI, in modo tale che tutti tali presidi possano continuare ad operare quali strumenti essenziali della politica culturale in senso ampio del Paese, valorizzando il raccordo con le altre strutture italiane all'estero impegnate a rafforzare il sistema Paese.
(7-00838)
«Vernetti, Giulietti».

La VII Commissione,
premesso che:
l'arte figurativa e contemporanea sta da tempo attraversando una profonda crisi, malgrado rappresenti uno dei settori più rilevanti della cultura italiana e un punto di riferimento e di apprezzamento anche di molti Paesi stranieri;
nel luglio 2007 Governo e Parlamento furono sollecitati ad avviare un'ampia indagine conoscitiva attenta a tutti gli aspetti dell'arte e delle sue dinamiche produttive in Italia, in comparazione con esperienze di altri paesi d'Occidente;
la Commissione cultura di allora, verificava la situazione italiana ed il particolare aggravio per il mercato dell'arte nel nostro Paese a causa di una tassazione per le transazioni più onerosa rispetto agli altri Stati in Europa giungendo alla formulazione di alcune proposte;
l'urgenza attuale di realizzare interventi da parte dello Stato è dovuta al fatto che la crisi di allora si è ulteriormente aggravata rischiando di essere irreversibile per l'intero comparto dell'arte contemporanea;
la sopravvivenza del mercato dell'arte in Italia costituisce una necessità non solo per i diretti operatori del settore, quanto piuttosto per la stessa permanenza dell'attività artistica nel nostro Paese;

infatti, la grave situazione di emergenza ha obbligato molte gallerie ed artisti a spostare le proprie sedi amministrative ed operative all'estero, lasciando completamente senza mezzi gli operatori che non hanno abbandonato il nostro Paese;
non bisogna dimenticare, inoltre, che l'arte non è rappresentata solo dalle poche punte di eccellenza certificate dai borsini delle case d'asta e da un sistema di circolazione del tutto autoreferenziale, ma anche e soprattutto da nuovi talenti e giovani di solida reputazione che operano nel mercato italiano,


impegna il Governo:


ad attuare le proposte tese ad armonizzare il nostro ordinamento con quello degli altri Stati europei;
a favorire e sviluppare ulteriormente l'interesse degli acquirenti per le opere d'arte attraverso la semplificazione della disciplina contabile e fiscale, necessaria per una sana ripresa economica dell'intero settore.
(7-00837)
«Carlucci, Barbieri, Lainati, Capitanio Santolini, Scalera, Centemero».

La XII Commissione,
premesso che:
le ulcere cutanee rappresentano una patologia di elevato significato sociale e incidono in modo notevole sulla spesa pubblica assistenziale;
nella maggioranza dei casi colpiscono persone anziane e la patologia che determina l'insorgenza delle lesioni è spesso complessa e richiede un inquadramento diagnostico e un programma terapeutico accurati;
le difficoltà che si incontrano nell'assistenza di un paziente sono spesso legate al fatto che le esigenze cliniche devono confrontarsi con la politica sanitaria costantemente impegnata nel gestire il difficile equilibrio tra un'offerta di eccellenza e il contenimento dei costi;
l'impatto socioeconomico è notevole: è necessario infatti tener conto delle spese per il materiale di medicazione, dei tempi di trasporto, del personale medico ed infermieristico, ma anche delle spese sostenute direttamente dai pazienti e delle spese indirette a carico del Servizio sanitario nazionale;
attualmente la cura delle ulcere cutanee degli arti inferiori costituisce un problema per il Servizio sanitario nazionale sia in termini di occupazione di risorse umane sia in termini di impatto economico. Questa attività può occupare fino al 60 per cento del tempo degli infermieri con uno spostamento delle risorse a scapito di altri problemi domiciliari e ha un peso, in termini di costi, assai rilevante. Nel nostro Paese i pazienti affetti da queste lesioni vengono trattati generalmente a domicilio dal medico curante e da un infermiere con la consulenza dello specialista ospedaliero, in quanto mancano servizi e centri dedicati;
l'integrazione ospedale-territorio dovrebbe prevedere la creazione di centri specialistici ospedalieri di riferimento, con personale esperto nella cura delle lesioni cutanee, e di una rete di assistenza territoriale costituita da infermieri, medici di medicina generale e medici specialistici ambulatoriali, che gestisca i pazienti sul territorio, nell'ambito di un percorso di continuità assistenziale;
considerato che mancano linee guida per le regioni e che non vi è alcuna forma di rimborso dei presidi medici per i pazienti affetti da ulcere cutanee degli arti inferiori (ad eccezione dei diabetici e dei pazienti colpiti contemporaneamente da ulcera da pressione);
la qualità dell'assistenza risente della mancata istituzione dell'insegnamento di vulnologia nel corso di laurea in medicina e chirurgia e nelle scuole di specializzazione,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di adottare linee guida nazionali, al fine di promuovere una maggiore omogeneità di trattamento della patologia richiamata in premessa nella diverse regioni italiane, anche mediante la promozione di percorsi diagnostico-terapeutici integrati;
ad assumere iniziative volte a garantire forme di rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale dei presidi essenziali per la cura delle ulcere cutanee.
(7-00834)
«Pedoto, Lenzi, Miotto, Grassi, Bucchino, D'Incecco, Sbrollini».

La XII Commissione,
premesso che:
negli ultimi anni il problema «ulcere cutanee» (venose, arteriose, diabetiche, da pressione) ha assunto un'importanza crescente, soprattutto in funzione del progressivo aumento della popolazione in età avanzata e quindi della prevalenza delle patologie cronico-disabilitanti. Le ulcere cutanee rappresentano un vero e proprio problema clinico-assistenziale di crescente importanza, spesso invalidante e di difficile approccio;
sono circa 2 milioni le persone affette in Italia da tale patologia;
nella maggior parte di casi, le ulcere cutanee colpiscono le persone anziane: l'incidenza varia tra lo 0,3 per cento a 60 anni e l'1 per cento a 65, fino a raggiungere il 5 per cento a 90 anni. L'incidenza è nettamente più elevata nel sesso femminile con un rapporto di 3 a 1;
la patologia che determina l'insorgenza delle lesioni è spesso complessa, richiede un inquadramento diagnostico accurato e un programma terapeutico incentrato sia sull'eziopatogenesi che sullo stato del letto dell'ulcera;
le difficoltà che si incontrano nell'assistenza di un paziente sono spesso legate al fatto che le esigenze cliniche devono sempre confrontarsi con la politica sanitaria, costantemente impegnata nel gestire il difficile equilibrio tra un'offerta di eccellenza e il contenimento dei costi;
le ulcere cutanee, infatti, rappresentano una patologia di elevato significato sociale e incidono in modo notevole sulla spesa pubblica assistenziale;
l'impatto socio economico delle ulcere cutanee è notevole. In Italia, però, mancano studi e la raccolta di dati non è ancora precisa e uniforme; mancano ambulatori dedicati (solo alcune ASL hanno identificato figure specialistiche di riferimento senza tener conto della cultura e dell'interesse nei confronti delle lesioni cutanee); non c'è comunicazione e integrazione tra le strutture esistenti sul territorio, mancano linee guida regionali, non vi è alcuna rimborsabilità per i pazienti affetti da ulcere agli arti inferiori (a eccezione dei diabetici e di quelli colpiti contemporaneamente da ulcera da pressione);
in Italia le normative vigenti garantiscono ai pazienti affetti da ulcere cutanee un livello minimo assistenziale azionale (LEA), unicamente in riferimento al decreto ministeriale n. 332 del 1999, che peraltro non prevede alcuna fornitura ai pazienti affetti da ulcere cutanee agli arti inferiori;
nel nostro Paese i pazienti affetti da queste lesioni vengono trattati, generalmente, a domicilio, dal medico curante e da un infermiere con la saltuaria consulenza dello specialista ospedaliero in quanto mancano servizi e centri dedicati;
attualmente la cura delle ulcere degli arti inferiori costituisce un rilevante problema per il Sistema sanitario nazionale, sia in termini di occupazione di risorse umane, sia in termini di impatto economico;
questa attività occupa fino al 60 per cento del tempo degli infermieri con un deciso spostamento di tale risorsa a scapito di altri problemi domiciliari e ha

un peso, in termini di costo, assai rilevante: è stato infatti calcolato che la spesa per l'assistenza domiciliare di un soggetto con ulcera dell'arto inferiore non complicata si aggira intorno ai 1.700 euro annui;
tra i pochi dati disponibili si menzionano quelli relativi al biennio 1996/1997 in cui sono stati spesi 10 miliardi di lire per i soli pazienti ricoverati,


impegna il Governo:


ad inserire la tematica delle ulcere cutanee e le problematiche sociali ed economiche a esse relative nel Piano sanitario nazionale indicando quali obiettivi:
a) una maggiore integrazione tra territorio e ospedale che preveda, da un lato, la creazione di centri specialistici ospedalieri di riferimento, con personale esperto nella cura delle lesioni cutanee e, dall'altro, una rete di assistenza territoriale costituita da infermieri, medici di medicina generale e medici specialisti, ambulatori dei distretti sanitari di base e dei presidi intermedi, che gestiscano i pazienti sul territorio nell'ambito di un percorso di continuità assistenziale;
b) la creazione di un percorso diagnostico-terapeutico e una maggiore integrazione territorio-ospedale, trasferendo prestazioni a livello territoriale, al fine di migliorare la qualità dell'assistenza, di ridurre i disagi per i pazienti e il costo dei trattamenti, anche attraverso l'utilizzo di sistemi gestionali informatici per il monitoraggio e il controllo dei profili di cura;
c) l'aggiornamento del personale medico e infermieristico, al fine di accelerare la guarigione, diminuire i costi sociali, prevenire le recidive e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
(7-00835)
«Mancuso, Barani, Ciccioli».

La XIII Commissione,
premesso che:
la pesca del tonno rosso riveste una grande importanza per la tradizione e l'economia del nostro paese, in particolare per la regione Sardegna dove sono ancora attive le ultime tonnare fisse presenti nel Mediterraneo;
negli ultimi anni il sistema economico delle tonnare fisse è stato interessato da una crisi causata oltre che dall'estrema irregolarità delle catture, dal sistema di gestione dalla quota Iccat (Commissione internazionale per la conservazione di grandi pelagici) assegnata all'Italia del tonno rosso che ha portato ad una progressiva riduzione della quota di cattura assegnata dal Ministero delle politiche agricole senza tenere conto della peculiarità dell'attività;
la pesca del tonno rosso mediante tonnara fissa è considerata una modalità di pesca tra le più compatibili con le esigenze di tutela delle risorse in quanto è selettiva sulla taglia, viene condotta stagionalmente per un breve periodo di tempo e ha un impatto contenuto in termini di cattura;
dunque, tale sistema dovrebbe essere quello meno svantaggiato dalla progressiva riduzione delle quote di cattura volte alla tutela della specie;
il decreto approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 3 aprile 2012 sancisce che il contingente complessivo, pari a 1.787,91 tonnellate, assegnato dall'UE all'Italia per la campagna di pesca 2012, è stato ripartito e assegna alla Sardegna una quota pari al 6,7 per cento del totale;
al sistema delle tonnare fisse sono state assegnate 120,00 tonnellate totali da dividere per i tre impianti sardi;
secondo il Ministero, questo decreto asseconderebbe il trend in crescita delle tonnare;
tuttavia questo non risponderebbe al vero in quanto nel 2011 la quota era di 180 tonnellate e nel 2010 le tonnare ne hanno pescato 300 tonnellate;

il decreto riconferma quindi quanto accaduto nel 2011 quando fu assegnato l'83 per cento circa della quota Iccat disponibile, per l'Italia al sistema di cattura con barche di circuizione (12 barche) lasciando solo il 17 per cento circa della quota a tutti gli altri tipi di pesca, tra cui long liners (39 barche), pesca sportiva, pesca accidentale ed in particolare riconfermerebbe alle tonnare fisse la quota di 140 tonnellate totali;
anche considerando che delle sei aziende italiane titolari di concessione vadano in pesca solo quelle della regione Sardegna (3 impianti), la quota a fronte dell'esperienza del corso dei prezzi della scorsa stagione scorsa stagione è assolutamente insufficiente a garantire il break even;
la quota per il sistema Italia così divisa è fortemente sbilanciata e foriera di disparità; con l'assegnazione di 140 tonnellate, infatti, nel 2011 la regione Sardegna ha rischiato di veder scomparire i suoi tre impianti che sono le ultime tonnare fisse ancora in vita nel mediterraneo. La quantità minima che permetterebbe il pareggio di bilancio e di non eliminare ulteriore occupazione è di 200 tonnellate,


impegna il Governo


ad assumere ogni iniziativa di competenza per una più equa ripartizione della quota al fine di consentire la vita di questo sistema antichissimo ed ormai peculiare di una sola area del mediterraneo anche in vista delle future assemblee Iccat, dove verrà stabilito il quantitativo massimo di cattura assegnato all'Unione europea e da questa all'Italia, e per ottenere che l'Italia riceva una più corretta ed adeguata valutazione in termini di quota in entrambe le sedi istituzionali.
(7-00836)
«Delfino, Carlucci, Galletti, Gava, Mereu, Naro».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la gravità della situazione e la rapidità degli interventi resisi necessari nel novembre-dicembre 2011, tesi ad intervenire in maniera urgentissima su una situazione della finanza pubblica al limite del collasso, non nascondono una questione fondamentale: il pareggio di bilancio nel 2013 è solo il primo dei passi necessari per uscire dall'attuale situazione di crisi ma non è affatto l'unico;
anche se il 2013 segnerà l'arresto nel percorso d'indebitamente pubblico il debito accumulato, che ha raggiunto a fine 2011 la cifra di 1935 miliardi, rimane il problema centrale e mette a rischio la stabilità del Paese. Il tema che ora si pone è di intervenire con rapidità sul debito adottando misure che non deprimano l'economia e garantiscano la coesione sociale;
è innegabile che una fase di sensibile crescita economica, unita ad adeguati interventi sulla spesa, sia indispensabile per permettere nel tempo una riduzione strutturale del debito. Al momento, però, questa congiuntura positiva non sembra prevedibile possa avviarsi, quasi sicuramente non nel corso presente anno;
i significativi interventi ad oggi in corso su alcuni temi cruciali, quali quelli delle liberalizzazioni del mercato, della sburocratizzazione e semplificazione normativa, della riforma del mercato del lavoro ed in prospettiva delle misure in termini di efficienza della giustizia e contro

la corruzione, sono assai importanti ma dispiegheranno i loro positivi effetti solamente nel medio periodo;
in termini di finanza pubblica, al contrario, il peso delle misure adottate con i decreti-legge n. 78 del 2010 (convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122), 98 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111) e n. 138 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011 n. 148) ed in ultimo con il decreto-legge 201 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214) stanno mostrando i loro effetti complessivi soprattutto in termini di aumento generale della pressione fiscale;
in termini numerici la pressione fiscale, così come stimata da Banca d'Italia, dovrebbe passare dal 42,3 per cento sul Prodotto interno lordo (PIL) del 2010 al 42,7 per cento del 2011 e dal 2012 si attesterebbe su valori intorno al 43,8 per cento non avendo incluso in questa stima, però, né gli eventuali effetti dell'attuazione della delega fiscale e assistenziale né i possibili maggiori prelievi fiscali che gli enti decentrati potrebbero disporre per compensare i tagli apportati con le manovre estive ai trasferimenti dallo Stato;
in sede di audizione parlamentare la relazione rilasciata dalla Corte dei conti sull'«Analisi annuale della crescita per il 2012» (documento 13 marzo 2012) indica nel 45 per cento il valore tendenziale della pressione fiscale negli anni successivi al 2012;
l'ufficio studi di Confcommercio, come altri istituti di ricerca privata, stimano una pressione fiscale «effettiva», al netto del contributo dell'economia sommersa sul PIL, assai maggiore;
a complemento di questo, sempre dati della Banca d'Italia, indicano che le tre manovre approdate nella seconda metà del 2011 determinano una correzione pari al 3 per cento del PIL nel 2012 e al 4,7 per cento in media l'anno, nel 2013 e nel 2014;
le conseguenze depressive delle manovre e le mediocri previsioni di crescita per la zona euro, non lasciano ipotizzare per l'Italia in un prossimo futuro un ciclo economico favorevole, mentre appaiono ancora incerte, nonostante il forte contributo italiano in questo settore, le decisioni europee su strumenti efficaci e di grande utilità quali gli «eurobond»;
prima ancora dei vincoli comunitari proprio la situazione del nostro Paese sui mercati, che nonostante il positivo lavoro svolto in questi ultimi quattro mesi rimane precaria, richiede un rapido intervento sul debito in modo da rendere esplicito il nostro impegno in questa direzione;
per ottenere risultati significativi sui mercati, aiutare la crescita e contenere il carico fiscale sarebbe importante che lo sforzo per il pareggio di bilancio non risultasse isolato ma accompagnato da un'azione di riduzione del debito;
con questa riduzione si potrebbe ottenere un primo diretto risparmio sulla spesa annuale per interessi, variabile in funzione dell'entità della riduzione, ed è assai probabile che si assisterebbe anche ad un risparmio indiretto nella spesa per interessi ove questa manovra provocasse un abbassamento dei tassi;
nel decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, sono contenute prime misure di privatizzazione legate principalmente a beni immobili dello Stato;
da questo punto di vista sembra oggi utile, necessario e non rinviabile dedicare all'abbattimento del debito pubblico la dismissione di una frazione del patrimonio dello Stato operando dismissioni di immobili pubblici e privatizzazioni e cessioni di quote azionarie di aziende pubbliche;
in questo senso si muovono anche le osservazioni della Corte del conti che nel documento più sopra richiamato, in tema di risanamento e crescita, indica chiaramente come «...non si può, pertanto, rinunciare a ridurre lo stock del debito

attraverso la cessione di quelle parti del patrimonio pubblico non funzionali allo svolgimento dei compiti essenziali delle amministrazione non soggetto a tutele artistiche e patrimoniali»;
per il patrimonio immobiliare pubblico stime effettuate da enti di ricerca privati sulla base dei bilanci dello Stato, delle amministrazioni pubbliche e degli enti locali indicano valori superiori ai 400 miliardi di euro, mentre altre analisi, ad esempio KPMG nel 2004, tendono a fornire cifre più elevate basandosi però su valutazioni con criteri di mercato oggi opinabili;
per quanto attiene alle aziende pubbliche la situazione appare complessa. Una prima stima delle partecipazioni dello Stato in grandi aziende ammonta a circa 100 miliardi, mentre più difficile da valutare, ma molto consistente, è l'entità delle partecipazioni degli enti locali nelle centinaia di aziende sparse sul territorio;
per quanto attiene alle aziende controllate o partecipate dalla Stato vi sono fra esse situazioni in cui vi è un interesse strategico nazionale ed altre, invece, che necessitano di ristrutturazioni societarie prima della eventuale collocazione sul mercato;
in ogni caso per la cessione di patrimonio, immobiliare quanto azionario, l'attuale situazione dei mercati pone problemi nella valorizzazione di questi «asset» ed occorre quindi adottare piani di privatizzazione mirati alle reali possibilità del mercato;
in queste condizioni appare realistico pensare ad un limitato, e credibile, piano di cessione pluriennale che permetta l'abbattimento di una quota significativa del debito evitando nel contempo consistenti perdite di valore nella fase di alienazione;
un risultato significativo che libererebbe risorse per le successive riduzioni del debito o per contribuire a politiche di investimento e di crescita prima fra tutte una riforma fiscale che alleggerisca il peso alle fasce più deboli dei contribuenti, alle famiglie ed alle imprese;
in alternativa alla diretta privatizzazione vi sono anche importanti proposte tese alla valorizzazione in funzione della riduzione del debito, delle proprietà delle Stato mediante la realizzazione di un «Fondo patrimoniale» in cui far confluire oltre alle proprietà immobiliari anche le azioni di imprese pubbliche possedute dal Tesoro, quotate e non, per la parte eccedente il loro controllo. Tale Fondo mediante l'assorbimento di titoli di debito pubblico potrebbe portare, secondo alcune stime dei proponenti, ad un abbattimento fra il 10 ed il 20 per cento del rapporto debito/PIL nel giro di due tre anni, svolgendo anche una funzione economicamente propulsiva;
in ogni modo gli impegni europei già assunti dal Paese, anche prima della recente normativa cosiddetta «fiscal compact», richiedono l'abbattimento del 50 per cento del debito in venti anni e se è vero che tale abbattimento dovrà essere operato con l'avanzo sul bilancio è anche vero che tale sforzo è assai consistente (trattandosi di circa 3 punti di PIL/anno) e dal 1992 l'obbiettivo di una riduzione in valore assoluto del debito non è mai stato colto;
nell'attuale situazione, dunque, di elevatissima pressione fiscale e di forte recessione la strada maestra per uscire dalla crisi resta un significativo taglio del debito;
affiancare il pareggio di bilancio con l'operazione di riduzione del debito pubblico, in un percorso che veda una seria operazione di revisione della spesa e dei conti pubblici uniti ad interventi strutturali e riforme profonde appare non solo realistico ma non rinviabile, in modo da creare le condizioni per riavviare un ciclo economico positivo che favorisca la stabilizzazione e la crescita del Paese prevedendo altresì la coesione sociale -:
se i dati macroeconomici esposti in premessa siano rispondenti alle valutazioni

del Governo e quali misure esso abbia in programma per attuare una significativa riduzione del debito pubblico che possa concorrere alla stabilizzazione della finanza pubblica e al contempo liberare più rapidamente risorse a favore dei cittadini e delle imprese.
(2-01449)
«Benamati, Fioroni, Rubinato, Ginoble, Grassi, Pedoto, Viola».

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO, MARAN e STRIZZOLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Primorski dnevnik è un quotidiano pubblicato a Trieste, unico edito in lingua slovena in tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia;
in quanto espressione della minoranza slovena a Trieste e Gorizia, la testata fa parte dell'associazione dei quotidiani in lingua minoritaria e regionale - Midas, di cui sono parte anche gli altoatesini Dolomiten e Neue Südtiroler Tageszeitung;
la pubblicazione del Primorski dnevnik esprime, oltre all'espressione del naturale diritto all'informazione, anche il rispetto dell'articolo 6 della Costituzione che tutela le minoranze linguistiche nel nostro Paese;
il quotidiano versa in condizioni economiche difficoltose che hanno costretto l'editore a definire un piano di risparmi che fronteggi la crisi sempre più grave che attanaglia i giornali anche a causa delle incertezze e dei ritardi nei finanziamenti pubblici alla stampa;
i fondi statali costituiscono il 60 per cento del budget annuale su cui può fare affidamento la cooperativa proprietaria della testata giornalistica che conta oggi 27 dipendenti tra tecnici, amministrativi e giornalisti più una decina di collaboratori, per una tiratura media di 8.500 copie;
la riduzione dei finanziamenti pubblici intrapresa correttamente dal Governo in questo momento storico di ristrettezza economica minaccia, però, l'esistenza del giornale in futuro;
i cittadini di lingua slovena portano avanti una vivace attività sociale, politica e culturale nella fascia delle province di Trieste e Gorizia e la riduzione dell'offerta informativa nella loro lingua rappresenterebbe, negli effetti, una strozzatura alle libertà costituzionali garantite alle minoranze;
la casa editrice ha avviato alcune procedure che denotano quanto sia pressante il rischio di dover rinunciare al quotidiano, tra cui l'adozione di contratti di solidarietà per giornalisti, la riduzione della foliazione, la riduzione dell'organico, la diminuzione del budget per i collaboratori, la cancellazione degli straordinari, il taglio del lavoro festivo dopo quello già effettuato a suo tempo, sempre per ragioni di bilancio, del lavoro domenicale;
la razionalizzazione delle risorse pubbliche non può affidare all'incertezza del mercato uno degli strumenti che consente alla comunità slovena in Italia di essere tutelata nell'utilizzo della propria lingua nei mezzi di informazione -:
se il Governo sia disposto a porre rimedio alle conseguenze del taglio dei finanziamenti statali all'editoria evitando che questi coinvolgano le testate delle minoranze linguistiche;
se il Governo, rimanendo nell'alveo delle esigenze di un percorso di bilancio pubblico virtuoso, intenda porre fine alla situazione di aleatorietà finanziaria in cui versano il Primorski dneynik e le altre testate storiche membri del Midas, stabilendo risorse certe, tali da permettere un sereno svolgimento dell'attività.
(4-15681)

RENATO FARINA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel corso del viaggio in Libano, in Israele, nei territori palestinesi e in Egitto

il presidente del Consiglio dei Ministri, senatore Mario Monti ha incontrato le maggiori personalità istituzionali dei rispettivi Paesi;
riferisce il Corriere della Sera dell'11 aprile a pagina 19 a firma A. Gar. (Andrea Garibaldi) «... il Presidente del Consiglio ha incontrato anche l'imam della moschea Al Azhar Ahmed El Tayeh, considerato la più alta autorità del mondo islamico: "in un momento di grandi cambiamenti nel paese, è importante la conoscenza diretta di chi contribuisce a ispirarli". L'orientamento di Monti, che in questo caso rappresenta indirettamente anche i maggiori colleghi europei, è di spingere l'Egitto, il più grande dei paesi della primavera araba, "verso una forma di democrazia stabile, pace, stabilità". E verso la "libertà di culto e la tolleranza"»;
avendo incontrato anche i leader dei Fratelli Mussulmani, vincitori delle elezioni con il 47 per cento dei voti, il Presidente Monti ha definito, secondo la medesima fonte, «abbastanza moderate» le posizioni di questo partito islamico -:
quali siano le posizioni espresse dai Fratelli Mussulmani in tema di libertà di espressione e di libertà religiosa;
se il manifesto di Al Azhar «per un nuovo stato in Egitto» risulta essere al centro dei programmi dei Fratelli Musulmani così come emerso dai colloqui;
se abbia incontrato esponenti della gerarchia cristiano copta e se abbiano espresso le medesime preoccupazioni riferite alla delegazione della Camera dei Deputati - presieduta dall'onorevole Stefano Stefani e composta dall'onorevole Tempestini e dal sottoscritto interrogante - ricevuta dal vescovo Marcos l'8 marzo 2012, il quale lamentò crescenti violazioni della libertà religiosa e paventato una diaspora della comunità cristiana;
se queste valutazioni del vescovo Marcos alla delegazione della Camera trovino riscontro secondo il parere del Governo italiano nella realtà dell'Egitto e se nel corso dei colloqui con le autorità di quel Paese siano state sollevate preoccupazioni al riguardo;
come sul tema della libertà religiosa il Governo intenda fattivamente collaborare con le autorità egiziane.
(4-15693)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

MORASSUT, GIULIETTI e META. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il console italiano ad Osaka, Mario Vattani, risulta essere aderente a organizzazioni politiche e culturali che si richiamano esplicitamente alla Repubblica di Salò e che professano ideologie neofasciste in aperta e palese contraddizione con i valori della Repubblica italiana e della Costituzione;
lo stesso Vattani non ha nascosto la sua adesione e ideologia manifestando altresì apertamente la sua appartenenza e arrivando a definire la Repubblica italiana una Repubblica di epuratori;
peraltro nel corso di manifestazioni pubbliche il console Vattani ha connotato tale sua ispirazione ideologica anche in forme di spettacolo, partecipando ad esibizioni musicali di gruppi «fascio-rock» con l'appellativo di «Katanga»;
tutto ciò - lungi dal rappresentare una forma di discriminazione politico-ideologica - appare evidentemente incompatibile con incarichi rilevanti di rappresentanza diplomatica della Repubblica italiana presso sedi estere e più in generale di rappresentanza istituzionale di qualsivoglia natura;
a seguito di tali notizie il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha pubblicamente annunciato attraverso gli organi

del Ministero la decisione di deferire il consigliere Vattani alla commissione disciplinare della Farnesina, comunicandolo personalmente all'interessato;
l'inaspettata vicenda ha sollevato sorpresa e proteste da parte del mondo delle associazioni da sempre impegnate per conservare e rinnovare la memoria della Resistenza che è alla base della Costituzione e della Repubblica;
i sottoscrittori della presente interrogazione hanno rivolto al Ministro specifica interrogazione il giorno 21 gennaio 2012 - interrogazione n. 4-14466, singolo atto 79931 - per conoscere lo stato dell'iter della richiesta di deferimento presso la commissione disciplinare;
in data 23 marzo 2012 il Sottosegretario di Stato agli affari esteri Steffan De Mistura ha pubblicato - facendone regolarmente pervenire copia agli interroganti - risposta scritta che informava che la Farnesina confermava l'avvenuta richiesta di deferimento;
la Commissione si esprimerà su tale richiesta non prima della fine del mese di aprile 2012;
il console Vattani ha opposto presso il TAR del Lazio ricorso alla richiesta di deferimento;
da notizie pubblicate dalla stampa - e non smentite ne dal TAR né dalla Farnesina - il TAR stesso ha ritenuto di accogliere la richiesta di sospensiva del ricorrente, rinviando tuttavia al 21 novembre 2012 la decisione di merito;
appare quindi evidente la possibilità che la decisione sulla vicenda, non certo positiva per l'immagine della Repubblica all'estero e nell'opinione pubblica nazionale, rischi di protrarsi per lunghi mesi senza concreto esito -:
se il Ministro degli affari esteri non ritenga necessario verificare la possibilità di un ricorso immediato circa la suddetta decisione assunta dal Tar del Lazio.
(4-15679)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere, con riferimento alla risposta resa dal sottosegretario Tullio Fanelli all'interrogazione 5-04036, se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda inserire l'intervento atto a contrastare il dissesto idrogeologico del versante su cui è posto il Borgo della Boffalora, in comune di Agazzano (Piacenza), tra i prioritari, nell'elenco dei comuni aventi diritto al finanziamento di cui all'accordo di programmazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e regione Emilia-Romagna, nei limiti dei fondi residui che si renderanno disponibili dopo l'aggiudicazione degli appalti.
(5-06593)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, DE LUCA e BARANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la reggia borbonica a Carditello (NA), per le sue bellezze, viene definita la Versailles agreste dei Borbone;
l'ultimo restauro, quando i responsabili della linea alta velocità volevano istituirci un loro ufficio, interessò più che altro la facciata e le stanze utilizzate dalla direzione, tralasciando le cascine, le stalle e i magazzini della tenuta;

in seguito la direzione abbandonò la reggia lasciandola in balia dei saccheggiatori;
negli anni, nella campagna circostante, sono state scavate molte discariche abusive allestita dalla camorra piene di rifiuti tossici;
negli anni sono stati scalpellati e rubati i camini antichi scampati alla razzia dei nazisti, i pavimenti di cotto, i gradini di marmo di una delle due grandi scalinate centrali;
le acquasantiere della cappella sono state spaccate in un tentativo di rimozione delle stesse;
sono stati staccati dai muri i simboli in marmo dei Borbone e pezzi di affreschi di Jacob Philips Hackert e Fedele Fischetti;
il Ministero per i beni e le attività culturali solo nel 2004 ha sottoposto la zona a vincolo monumentale;
nel 2003 la villa è stata sottoposta a pignoramento giudiziario;
il giudice delegato alla vendita, Valerio Colandrea, aveva al tempo stimato il prezzo di vendita in 35 milioni di euro più 15 necessari per il restauro;
il prezzo, nel tempo, è verticalmente sceso mentre è aumentato esponenzialmente il costo dei restauri necessari;
a causa dell'aumento di prezzo, la villa rimane senza acquirenti e l'ultima asta è andata deserta -:
se il Governo intenda stanziare dei fondi dedicati ai necessari lavori di restauro della villa di Carditello;
se il Governo intenda istituire un sistema di sorveglianza per la villa e i suoi arredi.
(5-06579)

MANCUSO, BARANI e CICCIOLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il museo del territorio Biellese, nei primi giorni di marzo 2012, aveva ricevuto dall'archeologa ed egittologa Sabina Malgora, specialista di medicina dell'antico Egitto e curatrice della sezione egizia del Castello del Buonconsiglio di Trento, la richiesta di studiare approfonditamente la mummia Shepsettaaset, conservata nel museo piemontese;
risalente all'epoca tolemaica proveniente da Adyut, il sarcofago di Shepsettaaset si presenta intatto nella forma e nella decorazione e grazie a un'esposizione particolare e accurata, è visibile in tutte le sue parti;
lo studio della professoressa Malgora avrebbe dovuto coinvolgere l'ospedale Fatebenefratelli di Milano e il direttore del dipartimento materno-infantile professor Luca Bernardo;
si trattava unicamente di sottoporre la mummia ad una tac, intervento per nulla invasivo o pericoloso per la conservazione della stessa;
l'esame avrebbe consentito di fare una ricostruzione tridimensionale della mummia che sarebbe stata poi protagonista di una puntata della prossima edizione del programma di divulgazione storico-archeologica Ulisse, oltre a essere oggetto di articoli divulgativi che sarebbero stati pubblicati su importanti riviste di settore come Archeo e l'inglese Egypt;
tutte le ricostruzioni e il materiale sarebbero comunque rimaste nel pieno possesso del museo del territorio Biellese;
mercoledì 21 marzo 2012, la soprintendenza ha, però, negato il permesso allo studio spiegando che «la mummia 9480 (questo il suo codice) è già inserita nel più ampio progetto di studio interdisciplinare di diagnostica avviato dalla Soprintendenza con le Molinette di Torino»;
il progetto cui fa riferimento la soprintendenza risale agli anni novanta e, a oggi, più di vent'anni dopo, nessun esame o studio è stato fatto sulla mummia Shepsettaaset;

in ogni caso i due studi avrebbero comunque potuto essere effettuati in parallelo, non essendo la richiesta della professoressa Malgora in alcun modo in tensione con il progetto della soprintendenza -:
se il Governo intenda acquisire dalla soprintendenza le motivazioni del rifiuto;
se il Governo intenda considerare l'opportunità di invitare la soprintendenza a valutare l'accettazione della proposta della professoressa Malgora, effettuando il parallelo il progetto proposto dalla stessa soprintendenza, anche in considerazione del lungo tempo trascorso.
(5-06583)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
come è noto con una procedura secondo l'interrogante assai discutibile, già oggetto dell'interrogazione n. 4-13996 pubblicata in allegato al resoconto della seduta del 23 novembre 2011 l'ente privato IMAIE è stato soppresso e ne è stata disposta la messa in liquidazione;
il presidente del tribunale di Roma, De Fiore, ha nominato i liquidatori dell'Imaie (unico ente estinto nella storia degli enti morali, sebbene in attivo di 118 milioni di euro) «in pochi minuti» dalla comunicazione dell'estinzione ed ha deciso tutto direttamente e personalmente;
non risulta all'interrogante che il presidente del tribunale abbia preso una decisione circa i quesiti che i vari avvocati difensori avevano posto sulla liquidazione, mentre la risposta dei commissari liquidatori, è sempre stata negativa;
prima dell'estinzione, il presidente del collegio dei revisori dei conti dell'Imaie era l'avvocato Galoppi che, in continuità, è stato nominato liquidatore dell'istituto;
il fatto di trasformare il controllore in amministratore appare, secondo l'interrogante, degna di essere annoverata tra i conflitti d'interesse;
si parla dello stesso avvocato Galoppi, nominato in tanti enti e in uno di questi enti (Cinecittà), condannato dalla Corte dei conti del Lazio a risarcire la società;
altro liquidatore risulta essere l'avvocato Tepedino, spesso associato alle iniziativa dell'avvocato Galoppi, che era stato nominato prima ispettore desta perplessità analoghe a quelle manifestate in merito al ruolo nel caso Imaie dell'avvocato Galoppi, prima revisore e poi commissario liquidatore;
in questo contesto permangono le situazioni di incertezza già rappresentate nell'ambito dell'interrogazione n. 4-13996;
continua a non essere noto se sia stato predisposto lo stato passivo con individuazione degli artisti creditori; non è noto se si sia proceduto a pagamenti ed a quanto essi ammontino, mentre molti soggetti certamente creditori non hanno ricevuto alcuna somma; non è noto a quanto ammonti la somma attualmente a disposizione dei commissari; ogni tentativo di conoscere quanto sopra è risultato vano;
ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 64 del 2010 al termine della procedura di liquidazione sono trasferiti, tra l'altro, al nuovo Imaie, posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri per i beni e le attività culturali e del lavoro e delle politiche sociali, l'eventuale residuo attivo e i crediti maturati; anche alla luce di ciò, sarebbe opportuno acquisire maggiori dettagli sulla situazione economica e finanziaria dell'Imaie in liquidazione e sulla gestione commissariale -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se, anche al fine di rassicurare gli artisti interessati, si intenda assumere ogni iniziativa di competenza volta ad acquisire il dettaglio dell'entità delle somme sin qui pagate dai commissari

e di quanto residui attualmente sul conto intestato alla gestione considerato che nessun artista è più riuscito a conoscere la sua posizione creditoria nei riguardi della liquidazione.
(4-15685)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

BRATTI, BRANDOLINI, REALACCI e MARIANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il sistema della pesca in mare sta vivendo presumibilmente la sua stagione più critica e difficile degli ultimi 50 anni a causa del crollo inarrestabile delle catture e conseguentemente dei ricavi;
a tale già insostenibile situazione deve aggiungersi lo spropositato rincaro del carburante che rende i costi di esercizio veramente proibitivi;
la situazione di cui sopra ha reso le imprese di pesca incapaci di produrre reddito e di fare utili ed ha già causato cali consistenti del personale ed una netta diminuzione delle imbarcazioni;
la situazione di gravità sopra evidenziata è resa per i pescatori di Portogaribaldi, ancor più difficile a causa della graduale sottrazione di tratti di mare ove poter esercitare la pesca, in ragione della presenza degli impianti di mitilicoltura a nord del porto, e dell'area interdetta alla navigazione ed alla pesca a sud, per la presenza del poligono di tiro Echo 346;
la situazione venutasi a creare è veramente paradossale se si considera che, nelle giornate di operatività della ordinanza della capitaneria di porto di Ravenna in concomitanza con le esercitazioni di tiro, come può evincersi dalla allegata carta nautica, l'area interdetta alla navigazione preclude addirittura alle imbarcazioni di poter uscire dal porto, se non violando la predetta ordinanza;
pertanto i pescatori, peraltro violando le disposizioni impartite dalla capitaneria si vedono costretti a portare le loro imbarcazioni ad oltre 11 miglia dalla costa, con maggiori costi di esercizio ed evidente pericolo, per poter rimanere al di fuori dello spazio di mare precluso a navigazione e pesca;
le disposizioni impartite dalla autorità marittima, confliggono apertamente con quelle date dalle motovedette dell'esercito, che viceversa, in presenza dei tiri, invitano le imbarcazioni a rimanere al di fuori delle 4 miglia;
negli ultimi giorni vi è stata da parte della capitaneria una recrudescenza dei controlli, con numerosi verbali levati ad imbarcazioni ritrovate entro lo spazio delle 11 miglia;
la situazione di cui sopra non può evidentemente perdurare, essendo di grave pregiudizio alle ragioni del «lavoro» che a parere di chi scrive, devono avere certamente priorità e privilegio rispetto all'esercizio di una attività, quella del poligono di tiro di cui ci si chiede il senso;
la zona a terra ricompresa entro due province, Ferrara e Ravenna e due comuni Comacchio e Ravenna, a partire da nord, dal Lido di Spina in direzione sud, interessa due distinti piani territoriali del parco del Delta del Po: il piano di stazione «Valli di Comacchio» fino alla sponda sinistra del fiume Reno, ed il Piano di Stazione «Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna» per la restante parte dalla sponda destra del fiume Reno (e quindi fino anche a Casalborsetti);
inoltre le porzioni di territorio di spiaggia, pialasse e pinete fanno parte (sempre da nord verso sud) di due riserve naturali dello Stato la cui competenza è

affidata al Corpo forestale, ufficio territoriale di Punta Marina (Ravenna): riserva naturale statale «Sacca di Bellocchio» per metà nel comune di Comacchio, per metà nel comune di Ravenna; il confine fra le due province è alcune centinaia di metri a nord della foce del cosiddetto canale «gobbino»-Bellocchio, risultando il tratto terminale di quest'ultimo nel territorio ravennate fino al Reno; Riserva Naturale Statale «Pineta di Ravenna», che inizia dalla sponda sud del Reno;
a suffragare l'importanza del sito sul piano ambientale e la presenza di vincoli incompatibili con l'attività esercitata nel poligono di tiro, si osserva che la zona fa parte di una più grande zona SIC (sito di interesse comunitario) e ZPS (zona di protezione speciale)-le cosiddette zone della rete Natura 2000;
questa zona, codice IT4060003 è denominata SIC ZPS «Vene di Bellocchio, Sacca di Bellocchio, Foce del Fiume Reno, Pineta di Bellocchio»; la zona SIC-ZPS comprende anche la zona mare ad est, per circa 300 metri dalla battigia;
a parere di chi scrive, la rumorosa e dannosa attività del poligono viene incomprensibilmente tollerata, in presenza di specifici divieti di legge, ed in palese violazione di norme poste a tutela e salvaguardia dell'ambiente e dell'avifauna;
infine, oltre all'incommensurabile danno di natura ambientale ed alla economia della pesca, la presenza del poligono, precludendo la navigazione nel tratto di mare antistante la costa, genera indubbi danni alla economia turistica dei lidi ravennati e comacchiesi -:
se intenda assumere iniziative che venga aperta la procedura per la soppressione del poligono di tiro Echo 346, che risulta in palese contrasto con la destinazione di parco naturale del territorio circostante, e con le ragioni della pesca e del turismo.
(4-15676)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella scorsa settimana la Grecia ha messo in atto le clausole di azione collettiva (CAC) sullo swap del debito sovrano: questo significa che i risparmiatori italiani che hanno investito il loro denaro nei bond di un Paese dell'area euro dovranno subire un taglio forzato al loro investimento senza che loro abbiano aderito alla proposta del Governo greco;
all'annuncio della ristrutturazione del debito era stato da più parti garantito che questo «haircut» avrebbe coinvolto solo banche e istituzioni finanziarie;
i risparmiatori hanno poi dovuto apprendere all'ultimo minuto che questo scambio avrebbe riguardato anche loro, che in tutta questa vicenda rappresentano l'aspetto virtuoso;
chi detiene in portafoglio delle obbligazioni greche è infatti un risparmiatore che ha creduto nelle emissioni di uno Stato sovrano dell'area euro e in passato alle affermazioni assertive di vertici della Banca centrale europea che escludevano nella maniera più assoluta la possibilità che il debito greco non riuscisse ad essere onorato nei confronti dei risparmiatori;
la situazione venuta a crearsi è dunque paradossale: lo swap ha consentito alla Grecia di ridurre il proprio debito pubblico grazie all'aiuto del Fondo Salva Stati, le banche hanno potuto contare su innesti di capitale della BCE, i fondi che detenevano obbligazioni greche saranno risarciti dai Credit Default Swap, i piccoli risparmiatori saranno costretti a subire una perdita del loro investimento;
in questa colossale operazione di salvataggio finanziario i piccoli risparmiatori

rischiano di essere a pagare il prezzo più alto con l'unica colpa di aver investito in un titoli di uno Stato sovrano dell'Unione europea, comportamento che in verità andrebbe premiato -:
se e come il Ministro intenda intervenire affinché anche i piccoli risparmiatori che hanno investito in titoli greci vengano tutelati nel loro investimento;
se e come intenda ribadire, e in quali sedi, l'essenziale principio di giustizia per cui se manca la tutela del risparmio per chi investe in titoli di Stato vengono messe in dubbio le basi stesse della finanza pubblica e viene giustificata la speculazione selvaggia sui titoli.
(5-06582)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati presentati il 17 gennaio 2012 in occasione delle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, la situazione dei procedimenti civili e penali pendenti veniva così rappresentata: «(...) una situazione che desta forti preoccupazioni sia in ordine all'enorme mole dell'arretrato da smaltire, che al 30 giugno 2011 è pari a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 per il penale), sia con riferimento ai tempi medi di definizione, che nel civile sono pari a sette anni e tre mesi, cioè 2.645 giorni, e nel penale a quattro anni e nove mesi, cioè 1.753 giorni» -:
se, per quel che riguarda l'arretrato penale, nel numero di 3.400.000, siano compresi anche i procedimenti penali contro ignoti e, in caso negativo, quale sia il motivo di questa sottrazione;
quale sia, per quel che riguarda i procedimenti penali pendenti, l'arretrato suddiviso per ciascun distretto di corte d'appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quali siano, per quel che riguarda i procedimenti penali, i tempi medi di definizione in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quante siano - in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni - le prescrizioni che si sono verificate nel penale;
quali siano - in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni - le fattispecie di reato che si sono prescritte più frequentemente;
quale sia, per quel che riguarda i procedimenti civili pendenti, l'arretrato suddiviso per ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni;
quali siano, per quel che riguarda i procedimenti civili, i tempi medi di definizione in ciascun distretto di corte di appello, anno per anno, negli ultimi 5 anni.
(5-06588)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 24 marzo 2012 la prima firmataria del presente atto ha effettuato una visita al carcere di Foggia accompagnata dai responsabili locali dell'associazione radicale Mariateresa Di Lascia, Antonella Soldo, Elisabetta Tomaiuolo e Dino Tinè; l'ispezione si è svolta alla presenza del comandante della polizia penitenziaria Montanaro e dalla direttrice Maria Consiglia Affatato;

la direttrice ha preso servizio da pochi mesi, dopo aver efficacemente amministrato il carcere di Spinazzola che purtroppo, ad avviso dell'interrogante, è stato chiuso (vedi interrogazione n. 5-05330);
da dieci anni nel carcere di Foggia manca la figura del vicedirettore;
i detenuti presenti sono 710 a fronte di 378 posti regolamentari disponibili; 407 hanno una sentenza definitiva, 182 sono in attesa del 1o giudizio, 60 sono appellanti, 57 hanno fatto ricorso in cassazione, 3 sono gli internati e 1 detenuto è «da impostare»; gli stranieri sono circa il 30 per cento;
il nucleo traduzioni della polizia penitenziaria deve far fronte a tutte le incombenze con 49 agenti effettivamente in servizio, mentre la pianta organica del 2001 - quando i detenuti erano molti di meno - ne prevedeva 64; per comprendere la mole di lavoro sopportata dal nucleo, basti pensare che nel 2011 ha effettuato 2.234 traduzioni di cui 137 solo per ricoveri in ospedale e 684 per visite ambulatoriali; il nucleo effettua spesso traduzioni presso tribunali fuori regione e si occupa del piantonamento in corsia negli ospedali di Foggia (D'Avanzo e ospedali riuniti), Cerignola, Manfredonia e San Giovanni Rotondo; capita frequentemente che gli agenti siano costretti a chiedere l'autorizzazione affinché i detenuti ai domiciliari possano raggiungere tribunale per l'udienza senza scorta a causa della mancanza di un auto di servizio disponibile; ci sono agenti che ancora non hanno goduto le ferie del 2010;
il reparto detentivo ospedaliero pronto da tempo è chiuso in attesa del collaudo;
l'infermeria del carcere è tale per modo di dire in quanto non sopperisce nemmeno alle minime cure, come mettere dei punti di sutura in casi di autolesionismo; i medici della ASL preferiscono mandare i detenuti in ospedale e ciò crea ulteriore sovraccarico di lavoro per gli agenti di polizia penitenziaria; incredibilmente il reparto risulta essere «centro clinico» tanto che nel carcere di Foggia vengono indirizzati detenuti malati prevenienti da altre realtà penitenziarie;
all'ingresso che porta all'ufficio matricola e alle sezioni detentive c'è una parte recintata a causa della caduta di calcinacci dalla facciata che non viene riparata per mancanza di fondi; l'area verde destinata ai colloqui dei detenuti con i figli minori non è utilizzata per mancanza di personale; in 3 delle 4 sale colloqui esiste ancora il muretto divisorio; per incontrare i familiari i detenuti attendono anche un'ora in piccole celle; la chiesa è chiusa a causa di un cedimento delle fondamenta e, per questo motivo, la messa si celebra nel teatro dell'istituto;
all'ufficio matricola ci dicono che ogni giorno ci sono molti nuovi ingressi: «del decreto Severino - afferma qualcuno - non ce ne siamo nemmeno accorti»;
il carcere di Foggia è organizzato in vari reparti:
a) il «nuovo complesso» ha 5 sezioni ognuna della quali è divisa in «lato destro» e «lato sinistro»; qui sono reclusi 202 detenuti definitivi (media sicurezza) in una capienza «regolamentare» di 77 posti; in alta sicurezza ci sono invece 74 detenuti in 20 posti «regolamentari»;
b) nel reparto «protetti» ci sono 11 detenuti ex appartenenti alle forze dell'ordine a fronte di 6 posti regolamentari e 35 «precauzionali» (sex offender e detenuti con divieto di incontro) a fronte di 13 posti; 2 celle sono destinate a detenuti omosessuali mentre i presenti sono 3; i transessuali, invece, vengono destinati direttamente a Napoli dove esistono apposite sezioni;
c) il «vecchio reparto» ha in tutto sei sezioni, una della quali (la II) ospita 75 detenuti definitivi a fronte di una capienza «regolamentare» di 32 posti; nelle altre sezioni ci sono 278 detenuti in attesa di giudizio (indagati e imputati) in 135 posti;

d) nel «reparto reclusione» (per condanne superiori ai 5 anni) ci sono 25 presenti in 34 posti «regolamentari»;
e) ci sono inoltre 3 celle di «accoglienza» per i nuovi giunti che possono ospitare al massimo 12 persone per un tempo di permanenza massimo di 7 giorni;
f) nel reparto «disciplinare» ci sono 4 celle di isolamento singole che, al momento della visita ospitano 2 detenuti;
g) nel reparto «semiliberi maschi» ci sono 23 presenti a fronte di 18 posti regolamentari suddivisi in 3 celle;
h) nel reparto «femminile» ci sono 36 detenute e due bambini in 18 posti «regolamentari»; i bambini si trovano con le loro madri in una sezione «nido» con due posti;
il reparto transito è isolato rispetto al resto della struttura e ciò comporta non poche problematiche organizzative;
i nuovi giunti sostano una settimana in celle apposite prima di essere assegnati in sezione; vengono visitati nell'immediato dal medico mentre la visita da parte dello psicologo avviene anche dopo qualche giorno; nella struttura lavorano due psicologi per un totale di 80 ore mensili (40 ciascuno);
gli educatori dell'istituto sono solamente 2;
le agenti donne sono 12 rispetto alle 25 previste in pianta organica: un agente di sesso femminile fa da sola il turno notturno;
secondo le informazioni ricevute, alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è prevista la creazione di un reparto psichiatrico anche nel carcere di Foggia;
nel nuovo complesso, in media sicurezza, la delegazione acquisisce informazioni che risultano poi confermate nel prosieguo della visita: la doccia è possibile farla tutti i giorni, ma calda la mattina e fredda il pomeriggio (peraltro durante l'ora d'aria); nella sezione ci sono 4 docce esterne per 70 persone; ogni giorno le ore d'aria disponibili sono 3, le restanti 21 vengono trascorse in cella; le lenzuola per le brande non sono fornite dall'amministrazione e i reclusi devono farsele portare da casa;
una volta a settimana, dicono i detenuti, è possibile utilizzare il campo di calcetto; per i definitivi è possibile seguire i corsi scolastici: scuole elementari, medie e geometra ma, in totale, i detenuti iscritti ai corsi sono solo 60;
i detenuti interpellati nel corso della visita affermano di non avere mai visto il magistrato di sorveglianza; nella cella n. 1, per esempio, ci sono due detenuti definitivi e due in attesa di giudizio;
D.B. afferma di aver inviato decine di lettere al magistrato di sorveglianza senza mai aver ricevuto risposta; A.H. ha presentato domanda per trasferimento colloqui vicino alla famiglia che si trova a Pescara e non può venirlo a trovare; spesso le celle sono sguarnite anche di mobilia essenziale, come nella cella n. 3 dove si trovano 8 detenuti ma sei «bilancette», i piccoli armadi dove i detenuti ripongono vestiario ed altri effetti personali;
nella sezione femminile, si segnalano i seguenti casi: E.O. nigeriana che deve ancora scontare un anno e ha presentato istanza per scontarlo ai domiciliari senza aver ricevuto risposta; E.O. ha tre figli piccoli di 8, 5 e 3 anni che vivono con il padre a Foggia; S. E. anche lei nigeriana, è in attesa di giudizio da un anno e racconta di avere un figlio di dieci anni; D.O. ha molte gravi patologie e un fine pena di tre anni (sottraendo i giorni della liberazione anticipata); ha fatto richiesta di trasferimento a Messina, città dove vivono i figli di 18 e 20 anni e dove potrebbe usufruire del centro clinico del carcere di Gazzi; A. P. deve ancora scontare due mesi e H. A. tre mesi; ambedue hanno presentato domanda per la detenzione domiciliare (L. 199/2010), ma non hanno ancora ricevuto risposta; O.O. nigeriana, si lamenta del fatto di non poter

fare telefonate al suo paese d'origine e di non poter frequentare la scuola; «noi - dice amareggiata - non facciamo colloqui, non facciamo telefonate, qui non facciamo niente»;
la direttrice ha riferito alla delegazione di avere numerosi progetti, anche di revisione organizzativa, per migliorare le condizioni di vita e di lavoro; per esempio, intende impiegare i detenuti nei lavori di tinteggiatura delle celle, della costruzione di muretti che separino la zona bagno dalla zona dove sono i fornelli: il progetto dovrebbe essere finanziato entro l'anno; quanto all'organizzazione del lavoro ha rilevato l'esigenza di un miglioramento che passi anche dalla rotazione delle mansioni fra gli agenti; un altro obiettivo è quello di potenziare il gruppo MOF, ovvero la squadra di agenti preposta alla sorveglianza dei detenuti impiegati in attività lavorative di manutenzione; tra gli altri progetti c'è quello teatrale per i detenuti in alta sicurezza, quello di modista per la sezione femminile, un corso di informatica e, ancora per la sezione femminile, quello della produzione di monili di alta bigiotteria; inoltre, nel carcere ci sono già una falegnameria ed una sartoria, dotate di tutti i macchinari, ma completamente abbandonate, che la direttrice vorrebbe rimettere in funzione;
altre zone del carcere necessitano di lavori di ristrutturazione concepiti nell'ottica di una diversa e più razionale sistemazione delle diverse tipologie di detenuti;
nell'ottica di offrire occasioni di lavoro ai detenuti non si comprende molto, ad avviso dell'interrogante, la scelta del provveditorato che ha imposto una ditta esterna per le pulizie;
il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...) -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere Foggia;
se e quando intenda intervenire, per quanto di competenza, per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per quanto di competenza affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
quando verrà aperto il reparto detentivo ospedaliero pronto da tempo;
se corrisponda al vero la creazione di un «repartino» psichiatrico all'interno del carcere di Foggia;
se siano stati previsti adeguati finanziamenti per le opere di ristrutturazione e per le iniziative trattamentali descritte in premessa;
in che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
cosa intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;
se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate effettuate dai detenuti ai loro congiunti;
quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle

criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;
se il magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari servizi del carcere di Foggia, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;
cosa intenda fare per incrementare le possibilità di studio per i detenuti;
se intenda intervenire per fare in modo che i bambini detenuti con le loro madri nel carcere di Foggia possano avere nel corso della giornata momenti di vita all'esterno dell'istituto senza vivere 24 ore su 24 l'incubo delle sbarre;
quali provvedimenti di competenza ritenga opportuno adottare al fine di modificare radicalmente le condizioni della vita penitenziaria nel carcere di Foggia, così da garantire finalmente il rispetto dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena.
(4-15680)

HOLZMANN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della corruzione politica e più in generale dei reati commessi da funzionari e pubblici amministratori ha assunto dimensioni preoccupanti anche per l'enfasi data dai mass media nazionali che negli ultimi anni hanno assunto un profilo sempre più sensazionalistico-scandalistico;
il malcostume dilagante di pochi, compromette l'immagine di migliaia di persone che quotidianamente compiono il proprio dovere con passione, impegno e onestà;
diventa quindi importante scoraggiare il compimento dei reati tipici che coinvolgono la pubblica amministrazione: corruzione, concussione, abuso d'ufficio, falso, e altro, anche con l'inasprimento delle sanzioni penali;
un'azione del Governo tesa a contrastare comportamenti che danneggiano la pubblica amministrazione e ledono l'immagine della classe politica e dei dipendenti pubblici, sarebbe accolta con grande interesse dagli italiani -:
se il Governo sia intenzionato ad assumere un'iniziativa normativa mirante all'inasprimento delle sanzioni penali per i reati tipici contro la pubblica amministrazione.
(4-15682)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Aldo Bianzino, arrestato il 12 ottobre 2007, è deceduto a 24 ore di distanza all'interno dell'istituto di pena «Capanne» di Perugia in circostanze del tutto oscure e che lascerebbero ipotizzare un decesso per cause non accidentali;
giunto in carcere dopo essere stato tratto in arresto con l'accusa di coltivare piante di cannabis presso la propria abitazione, il Bianzino è deceduto nella notte tra il 13 e il 14 ottobre; secondo quanto riportato dagli organi di stampa, un primo esame autoptico sulla salma avrebbe riscontrato lesioni massive al cervello e all'addome e la rottura di un paio di costole; in particolare le prime indagini seguite al decesso avrebbero riscontrato «(...) lesioni viscerali di indubbia natura traumatica (lacerazione del fegato) e a livello cerebrale una vasta soffusione emorragica subpiale, ritenuta al momento di origine parimenti traumatici (...)»;
appare certo che il Bianzino sia giunto presso l'istituto «Capanne» in perfetta salute e che durante il viaggio dalla sua abitazione verso il carcere non sia intervenuto alcun evento che possa aver determinato le lesioni che sarebbero state riscontrate in sede di autopsia;

la gravità della vicenda in esame ha indotto il Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa a seguire gli sviluppi del caso, al fine di individuare eventuali responsabilità per la morte del signor Bianzino, nonché eventuali violazioni delle norme sull'ordinamento penitenziario e sui requisiti di legittimità del trattamento penitenziario, oltre che, ovviamente, dei diritti fondamentali dei detenuti;
dopo mesi di indagini, la procura della Repubblica di Perugia, nella persona del sostituto procuratore dottor Giuseppe Petrazzini, è giunta alla conclusione che il decesso del signor Bianzino sarebbe avvenuto per «cause naturali» ossia in conseguenza di un aneurisma cerebrale; atteso che la fuoriuscita del fegato dalla sua sede naturale sarebbe avvenuta a causa di un tentativo di rianimazione particolarmente vigoroso e violento;
alla richiesta di archiviazione avanzata dagli organi inquirenti perugini, si sono opposti i familiari del signor Bianzino, i quali, al contrario, ritengono che il decesso dell'uomo non sia dipeso da «cause naturali», né tanto meno da un ipotetico aneurisma cerebrale, quanto piuttosto da una azione violenta commessa in qualche modo da terze persone ai danni del detenuto;
a dicembre 2009 il giudice per le indagini preliminari, dottor Massimo Ricciarelli, accoglie la richiesta avanzata dal sostituto procuratore Petrazzini ed archivia il procedimento respingendo l'opposizione avanzata dai familiari del detenuto;
ufficialmente la morte del signor Aldo Bianzino è dunque avvenuta a causa dello scoppio di una vena che avrebbe prodotto nell'uomo un devastante aneurisma cerebrale; l'unica persona in parte ritenuta responsabile di quanto accaduto sarebbe stata individuata in un agente di polizia penitenziaria accusato di omissione di soccorso, falso e omissione di atti d'ufficio e per questo condannato lo Scorso marzo ad un anno e mezzo con pena sospesa;
sul mensile Terra - numero 2, mese di aprile 2012, pag. 26 - è apparso un articolo a firma Emanuele Giordana intitolato: «Aldo Bianzino, il caso non è chiuso»;
dalla lettura del citato articolo si apprende che nel corso del processo celebrato a carico dell'agente di polizia penitenziaria poi condannato, sarebbero emersi tre elementi nuovi i quali gettano più di qualche ombra sulla decisione con la quale il giudice per le indagini preliminari ha archiviato il procedimento a carico di ignoti aderendo così alla tesi della Procura della Repubblica secondo la quale la morte del detenuto sarebbe avvenuta a causa di un aneurisma cerebrale;
in particolare, nel suo articolo il giornalista Emanuele Giordana scrive quanto segue: «(...) L'aneurisma che non c'è. Tutta l'ipotesi dell'archiviazione si basa sull'esistenza di un aneurisma che viene ampiamente documentato dai consulenti del pm Anna Aprile e Luca Lalli in una minuta documentazione del 2008, nella quale si vedono (figura 1) le parti smembrate del cervello di Bianzino. A pagina 20 del loro dossier mostrano un'altra immagine (figura 2) dove viene fotografata una sezione del cervello con, cerchiata in rosso, "la malformazione vascolare aneurismatica origine del sanguinamento", come riportato nella didascalia. Ovvio che le due figure vengano messe in relazione. Ma non è così. Il fotogramma 2, con tanto di cerchio rosso, non è del cervello di Bianzino. È materiale d'archivio! Tanto che, interrogata dal giudice, la professoressa Aprile spiega che: "Noi non abbiamo riscontrato l'aneurisma, ma abbiamo riscontrato dei vasi con delle caratteristiche alterate, che ben si correlano con l'ipotesi di una rottura, diciamo, spontanea". Insomma, quella immagine era nulla più che letteratura medica per, diciamo, mettere in relazione vasi con delle caratteristiche alterate, che ben si correlano con l'ipotesi di una rottura, diciamo, spontanea... Insomma l'aneurisma per cui Bianzino morì, nel suo cervello non ci sarebbe o almeno non è così visibile da

poterne fare un fotogramma che non lasci ombra di dubbio. 2. Il fegato che sanguina. I medici rilevano che attorno al fegato di Aldo ci sono 280 centilitri di sangue, in una parola un terzo di litro. Quella fuoriuscita di sangue sarebbe dovuta alla pressione esercitata durante la rianimazione. Ma allora Bianzino era già morto. Oltre ai dubbi, già sollevati, anche le spiegazioni tecniche lasciano aperte molte porte. Ancora Aprile davanti al giudice: "Arresto cardiaco o non arresto cardiaco, lesione in vita o lesione in morte, l'immagine che si deve avere rispetto a questa azione di compressione a livello locale è quella di una spugna. Il fegato è pieno di sangue...". Anche il magistrato ha un momento di apparente perplessità: "...si, ecco, riguardo a questo punto, però, la manovra rianimatoria ha come punto di riferimento il cuore, ecco, più che il fegato...", commenta in aula. La perplessità rimane tutta. Possibile che due esperti rianimatori, pur eccitati dal desiderio di salvare un uomo (già morto), gli facciano a pezzi il fegato tanto da far uscire poco meno di mezzo litro di sangue? La rianimazione (sul cuore) durò almeno venti minuti. E qui sta l'altro punto debole. Non ve ne è traccia. 3. Il video che non c'è. Il carcere ha ovviamente un sistema di telesorveglianza. Non riprende in maniera continuativa; lo fa a spezzoni. Ma sicuramente non a intervalli di venti minuti, altrimenti il carcere di Capanne sarebbe un colabrodo di evasioni o atti illegali consumati al riparo di occhi indiscreti. Eppure, tra tutte le immagini acquisite di quella maledetta notte, non vi è un solo fotogramma in cui appaia Branzino nel corridoio dove si cercò di rianimarlo (...)» -:
se alla luce di quanto esposto in premessa il Ministro interrogato non intenda attivare i poteri ispettivi conferitigli dalla normativa vigente, al fine di esercitare tutti i poteri di competenza;
se non si ritenga oramai indifferibile riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
quanti siano stati i decessi avvenuti per «cause naturali» che si sono registrati negli ultimi cinque anni all'interno degli istituti penitenziari e quanti di questi - in percentuale - si siano verificati a poche ore dall'ingresso in carcere del detenuto;
quali provvedimenti intenda adottare, al fine di garantire, anche per il futuro, un attento monitoraggio delle condizioni in cui versano i detenuti negli istanti immediatamente successivi al loro ingresso in carcere, assicurando, per quanto possibile, l'eliminazione di ogni fattore di rischio per la loro vita e incolumità fisio-psichica.
(4-15691)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per la sua posizione geografica, Parma è punto di snodo di importanti raccordi autostradali e ferroviari, si trova in un'area densamente popolata e con un'alta concentrazione di piccole e medie imprese industriali, artigianali e del terziario, ed è sede, dal 2007, dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA);
l'aeroporto «Giuseppe Verdi» di Parma ha avviato la propria attività nel 1991 con l'affidamento della gestione alla società realizzatrice SO.GE.A.P. spa appositamente costituita nel 1983 dagli enti locali e da alcuni soggetti privati;
nel 2008, acquisita l'autorizzazione da parte di ENAC e del Ministero dell'economia e delle finanze, è stato avviato e concluso con successo un processo di privatizzazione della società di gestione

che ha portato un fondo austriaco, a cui fa capo la Meinl Bank, a controllarne il 67,95 per cento del capitale;
l'aeroporto di Parma è oggi proiettato a rispondere alle esigenze di collegamento e trasporto di un territorio la cui vocazione industriale internazionale necessità del supporto di un'efficiente infrastruttura aeroportuale che possa integrarsi al sistema aeroportuale milanese anche sopperendo alle progressive crescenti restrizioni di cui risentirà l'aeroporto di Linate;
le infrastrutture aeroportuali di Parma comprendono una pista di 2.200 metri ed un terminal recentemente ristrutturato che può garantire una capacità fino a 500.000 passeggeri. Nel 2008 SO.GE.A.P. spa si è fatta interamente carico in autofinanziamento della costruzione del distaccamento della caserma dei vigili del fuoco per il presidio aeroportuale (per 2,1 milioni di euro) e dell'ampliamento dell'aerostazione (3,5 milioni di euro). Recentemente sono inoltre stati investiti da ENAV spa circa 15 milioni di euro per la costruzione della nuova torre di controllo (in fase di ultimazione);
nel 2010 SO.GE.A.P completato l'iter procedurale per l'ottenimento della concessione totale ventennale per la gestione dell'aeroporto «Giuseppe Verdi» di Parma. La convenzione di concessione già approvata da ENAC nel 2009, manca tuttavia ancora della controfirma del Ministro dell'economia e delle finanze;
al momento dell'insediamento a Parma dell'autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), il Governo italiano si era impegnato a mantenere operativo nella città un aeroporto internazionale con attivo un collegamento con Bruxelles;
dall'aeroporto di Parma opera fin dal 1969 la società Blom CGR spa (Compagnia generale riprese aeree), azienda leader in Italia nel settore della fotogrammetria, del telerilevamento e riferimento sia per il settore pubblico sia per quello privato nel campo delle acquisizioni e il trattamento delle informazioni territoriali;
dallo studio «Sistema aeroportuale italiani: scenari e strategie di sviluppo» commissionato da ENAC e prodotto da KPMG-Nomisma e OneWorks, l'aeroporto di Parma figurerebbe tra i 24 scali a rischio chiusura. Nello studio tuttavia non vengono adeguatamente prese in considerazione le caratteristiche societarie dell'aeroporto di Parma e il contesto geografico e socio-economico in cui opera che, al contrario, richiederebbero un'attenta valutazione separata -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato circa il riordino del sistema aeroportuale italiano e in particolare circa il futuro dell'aeroporto «Giuseppe Verdi» di Parma, considerando che lo stesso è in gestione ad una società a prevalente capitale privato.
(5-06580)

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 13 dicembre il sottoscritto interrogante, nella sua qualità di deputato della Repubblica, rivolgeva alla Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo richiesta di copia integrale degli atti relativi alla conferenza dei servizi sulla continuità territoriale aerea formalmente trasmessi dalla regione Sardegna al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
in data 21 dicembre la Direzione generale, dopo non poche e a parere dell'interrogante pretestuose difficoltà, con verbale di accesso agli atti della Direzione generale per gli aeroporti ed il trasporto aereo, relativi al procedimento amministrativo di imposizione di oneri di servizio pubblico sulla regione Sardegna veniva consegnata all'interrogante copia della seguente documentazione:
verbale della conferenza di servizi in data 7 settembre 2011;
verbale della conferenza di servizi in data riunione n. 2 del 5 ottobre 2011;
verbale della conferenza di servizi in data riunione n. 3 del 26 ottobre 2011;

allegato tecnico della conferenza dei servizi;
schema di imposizione di OSP;
l'accesso veniva consentito previa apposizione delle marche relative al costo delle copie, pari a euro 4,94;
dagli atti consegnati emergeva sin dal primo esame un'approssimazione disarmante sia per quanto riguarda l'impostazione delle conferenze di servizio sia per le stesse analisi accompagnatorie;
il primo riscontro riguardava l'approssimazione relativa all'impostazione della procedura di calcolo delle tariffe che appariva confusa e contraddittoria;
il regolamento comunitario, infatti, prevede la definizione della tariffa da sottoporre all'accettazione dell'onere del servizio pubblico senza oneri attraverso la definizione del costo effettivo del servizio (costo ora/volo) con l'aggiunta di un ragionevole utile d'impresa;
tale calcolo, dunque, avrebbe dovuto definire sia un costo che un ragionevole guadagno;
la procedura seguita, invece, definisce prima una tariffa risultante dalla somma dei costi e dell'utile al 4 per cento e poi, argomentando in modo secondo l'interrogante confuso e contraddittorio, una compensazione da affidare in seconda fase alle compagnie aeree, qualora nessuno avesse accettato l'imposizione dell'onere del servizio pubblico;
di per sé, il solo aver sovrapposto in fase di elaborazione queste due ipotesi, denota a parere dell'interrogante, se non una confusione delle procedure, una chiara ed evidente volontà di elargire in tutti i modi contributi alle compagnie aeree;
tale evidente volontà appare manifesta nei verbali delle conferenze dai quali si evince, anche per via di una verbalizzazione di per sé eloquente del modo di operare, che un consulente della Presidenza della regione ripetutamente richiama l'indizione delle gare, con esplicito e chiaro riferimento all'utilizzo delle compensazioni ignorando la fase dell'imposizione degli oneri del servizio pubblico e la loro accettazione;
nella riunione n. 2 della conferenza dei servizi è addirittura riportata la seguente affermazione: «il professor Deiana ribadisce la volontà della RAS, già espressa dal Presidente Cappellacci, di voler concludere celermente i lavori della conferenza per poter espletare l'iter delle gare entro febbraio 2012»;
tra gli atti della conferenza dei servizi risulta un documento denominato «Allegato tecnico» con le firme in calce dei funzionari presenti;
in tale documento si riporta una tabella di calcolo con la quale si sarebbe definito il costo dell'ora/volo attraverso la quale definire il costo dei biglietti;
da subito si evince che sono state prese in considerazione tre tipologie di aeromobili tra loro diverse sia per anno di fabbricazione che per consumi e in particolare aeromobili che gran parte delle compagnie stanno dismettendo, come gli MD83 proprio per la loro vetustà;
tali elementi di riferimento costituiscono di fatto il primo evidente elemento riconducibile a compagnie aeree ben individuate e individuabili sulle quali sembra essere stato predisposto l'allegato tecnico;
nell'analisi compaiono, dunque, le cifre relative al «costo medio di acquisizione» degli aeromobili lasciando intravvedere come base di calcolo una potenziale flotta di una determinata compagnia aerea;
il costo di acquisizione medio degli aeromobili che si riporta, pur essendo decisivo nella determinazione del costo finale dell'ora/volo, non viene in alcun modo circoscritto all'anno di acquisizione, elemento non di secondo piano considerato

che si sta definendo un valore di ammortamento da far ricadere nel costo finale del biglietto;
nell'allegato tecnico, senza indicare a quale anno di acquisizione si riferiscono i dati, si indica una valutazione di 50.000.000 di euro per un Airbus A320, 12.000.000 per un Boeing 737-400 e 6.500.000 per un MD83;
nell'analisi successiva relativa ai «costi indiretti annuali» viene riportata una rata annua per i tre tipi di aeromobili pari a 5.000.000 euro per l'A320, 1.200.000 per il Boeing 737-400 e 650.000 euro per l'MD83;
da tale previsione di rata si desume che per quella tipologia di aeromobili sia stata prevista una rateizzazione decennale;
tale rateizzazione comporta un costo indiretto per ora/volo pari 1.786 euro/ora/volo per l'Airbus A320, 429 euro/ora/volo per il Boeing 737-400 e 232 euro/ora/volo;
nell'analisi sull'ammortamento non vengono riportati gli elementi essenziali necessari alla definizione della rata di ammortamento (annualità e valore di partenza) si rende necessario fare alcune valutazioni di natura economica finanziaria;
la prima valutazione da compiersi è sul valore degli aeromobili;
la discrepanza di valore di acquisizione lascia intendere che si tratti di aeromobili di annualità diverse oltre che di diversa tipologia;
l'analisi appare evidente su tutte e tre le casistiche, a partire dall'Airbus 320 dove la previsione di acquisizione viene fissata in 50.000.000 di euro;
gli airbus 320 che operano nelle rotte sarde risultano immatricolati tra il 1995 e il 2000, quindi con un'anzianità tra i 17 e i 12 anni;
se il calcolo della rata di ammortamento è corretto significherebbe che nel primo caso (17 anni) sarebbero stati già pagati per l'ammortamento (17 x 5.000.000) 85.000.000 di euro e ne resterebbero da pagare altri 50.000.000 (10 x 5.000.000) per un complessivo valore di 135.000.000 di euro;
il mercato fa oscillare il valore di un Airbus 320 nuovo tra i 45/55 milioni di euro e che l'ammortamento degli stessi viene pianificato tra gli 8/10 anni a seconda delle componenti dell'aeromobile;
analogo ragionamento va proposto per la valutazione dell'MD83 valutato in acquisizione 6.500.000 euro, senza indicare data di immatricolazione e tempi di ammortamento;
un'analisi a ritroso può essere compiuta con un dato oggettivo: tale aeromobile non risulta in produzione e che quelli utilizzati nelle rotte sarde da Meridiana hanno per esempio date di immatricolazione che oscillano tra il 1984 e il 1999 e risultano gli unici ancora in esercizio su quelle rotte;
ipotizzando come anno intermedio il 1991, tali aerei avrebbero una vetustà di 21 anni;
moltiplicando 21 anni per 650.000 euro, quanto viene indicata la rata annua, avremo un dato di 13.650.000 ai quali andrebbero aggiunti ulteriori dieci anni per un ammontare complessivo di 20.150.000 euro;
emerge da questa analisi un dato emblematico facilmente rilevabile sull'A320: con la previsione di ammortamento si arriva a pagare l'aeromobile quasi 3 volte il suo valore nuovo;
questo costo si ripercuote ovviamente sul costo dei biglietti e sulla congruità del costo dell'ora/volo arrivando a ipotizzare compensazioni che risultano prive di qualsiasi fondatezza a partire dall'inverosimile onere di ammortamento;
in relazione al dato di partenza di acquisizione discende non solo l'errato calcolo dell'ammortamento ma anche quello degli oneri assicurativi che passano dai 300.000 euro per l'A320 ai 113.000 per l'MD83. È evidente che anche in questo

caso risulta sconosciuto il parametro di calcolo, considerato che il valore iniziale di 50.000.000 di euro per un AA320 appare inverosimile proprio perché sulle rotte sarde operano aeromobili del 1995/2000;
altra voce di costo dell'allegato tecnico è quella dell'handling con una previsione di costo per volo di 957 euro e 689 di tasse e diritti per un costo di tratta pari a 1.646 euro;
da dati acquisito tra le società di gestione risulta un costo inferiore alla metà sui costi dell'handling e la genericità delle tasse riportate in quell'entità risulta priva di qualsiasi fondamento;
il dato del catering risulta eloquente del sovradimensionamento dei costi funzionale alla compensazione finale. Nel caso del servizio a bordo viene ipotizzato un costo di 2,5 euro a passeggero per una stima complessiva di 250 euro per ora/volo. Tale previsione viene maggiorata di quasi il 100 per cento rispetto ai reali costi della bevanda fornita nel servizio in volo;
a questi dati si aggiunge un'arbitraria indicazione di un 9 per cento di spese generali che risultano infondate sotto ogni punto di vista considerato che vengono applicate sull'ammortamento, sul costo del carburante, sulle assicurazioni, sulla manutenzione e sullo stesso costo del personale;
il dato del 9 per cento risulta del tutto inammissibile sia nelle dimensioni che nella ratio e diventa di fatto secondo l'interrogante un'ulteriore manipolazione finanziaria per generare un costo ora/volo tale da giustificare una compensazione milionaria alle compagnie aeree;
il costo ora/volo già di per sé abbondantemente «gonfiato», secondo l'interrogante, nei fattori di costo precedentemente richiamati, viene poi applicato ad ogni singola tratta senza tener conto di alcun tipo di dato oggettivo;
la tratta Alghero-Fiumicino, per esempio, viene equiparata in termini di tempo (1 ora) di percorrenza all'Alghero-Linate, a fronte di una differenza in linea d'aria di 190 chilometri;
per gli altri aeroporti, sia Cagliari che Olbia, la differenza tra Linate e Fiumicino risulta calcolata seppur con proporzionalità sui percorsi e sui costi tutt'altro che chiare;
appare ulteriormente grave il dato relativo al calcolo del load factor che non tiene in alcun conto le dinamiche del mercato relativamente all'introduzione della tariffa unica che prevede costi di 45 e 55 euro dagli aeroporti sardi rispettivamente verso Roma e Milano;
è fin troppo evidente che l'introduzione di una tariffa certa e contenuta avrà una ricaduta positiva in termini di copertura dei posti e che tale valutazione non può prescindere dal fatto che il load factor debba prevedere un incremento considerevole proprio per questo motivo;
la stessa regione nel recepire la tariffa unica votata dalla Camera dei deputati ha dichiarato in un comunicato ufficiale: «La filosofia è quella di un ponte aereo permanente che colleghi la Sardegna con il Continente e che garantisca sia il diritto alla mobilità dei Sardi sia la possibilità di raggiungere la Sardegna ai non residenti. Questo secondo aspetto sarà foriero di effetti positivi per la nostra economia, con ricadute importanti anche per quanto riguarda l'occupazione. Infatti prevediamo un aumento dei flussi per circa due milioni di persone»;
la previsione dei due milioni non risulta calcolata in nessun load factor considerato che il calcolo dei passeggeri a base della definizione delle cosiddette compensazioni risulta essere di 2.150.000 passeggeri, quindi con le previsioni dichiarati della tariffa unica si sarebbe dovuto calcolare un incremento del 100 per cento;
è evidente che la cifra di 2.000.000 di nuovi passeggeri appare sovradimensionata ma è altrettanto vero che appare

davvero inverosimile una previsione inesistente di incremento fatta nella base di gara -:
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia contribuito alla redazione dell'allegato tecnico alla conferenza di servizi;
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in sede di conferenza dei servizi abbia votato, approvandolo, l'allegato tecnico con tali previsioni di costi riportate in premessa;
se non ritenga di dover urgentemente intervenire su tale situazione al fine di correggere quelle che l'interrogante giudica macroscopiche distorsioni delle previsioni di costo e rendere corretta la gara senza prevedere alcun tipo di compensazione che sempre ad avviso dell'interrogante risulterebbe palesemente illegittima e configurerebbe aiuto di Stato;
se non ritenga di dover invitare, proprio in virtù della delega ministeriale, la regione Sardegna a riconvocare urgentemente la conferenza dei servizi prima della scadenza dei termini della gara d'appalto al fine di evitare che la continuità territoriale sia manifestamente inficiata da tali gravi errori di analisi;
se non ritenga di dover intervenire al fine di individuare un percorso che consenta di chiarire i termini della delega alla regione Sardegna fissando i criteri di individuazione e di calcolo dei costi, sia per quanto riguarda i costi indiretti annuali che per ora volo, i costi diretti per volo e costi aeroportuali;
se non ritenga opportuno alla luce del codice degli appalti intervenire sull'indebito calcolo del 9 per cento sui costi generali che appare all'interrogante irragionevole e illogico oltre che di dubbia legittimità, considerato che fanno parte del calcolo il carburante, l'ammortamento, il costo del personale, il catering e i servizi aeroportuali;
se non ritenga di dover individuare un corretto standard di previsione dei costi aeroportuali, definendo in modo univoco i costi aeroportuali e i relativi oneri di tasse e diritti, applicando per le tratte in regime di continuità territoriale tariffe minime e codificate;
se non ritenga di dover prevedere obbligatoriamente il divieto di calcolare l'iva negli oneri tariffari della continuità territoriale che all'interrogante appare un'evidente macroscopico costo aggiuntivo ingiustificato;
se non ritenga di dover promuovere accertamenti per verificare chi eventualmente nelle strutture del Ministero abbia avallato tali procedure e tali previsioni di costo e le relative compensazioni.
(5-06596)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 2 marzo 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per garantire rotte marittime sicure nelle acque interne del Paese. Questo atto normativo è stato emanato in seguito al tragico incidente di nave Concordia, facente parte della flotta Costa Crociere, incagliatasi, fuori rotta, sugli scogli di Punta la Gabbianata presso l'isola del Giglio lo scorso 13 gennaio 2012. Tale decreto è conosciuto come decreto «anti-inchini e per le rotte sicure»;
con detta norma si prevede per le grandi navi, senza alcuna deroga, il divieto di navigazione nelle aree protette e a due miglia dai loro confini. Viene poi fissato l'interdizione al passaggio nel Bacino di San Marco a Venezia di navi con stazza superiore alle 40 tonnellate e che nel delicatissimo per il suo ecosistema «Santuario dei Cetacei» i mercantili e le navi cargo adottino procedure speciali volte a

garantire la non dispersione dei carichi con l'intento di evitare incidenti simili a quello verificatasi nell'acque dell'isola della Gorgona. Per cui l'interrogante ha presentato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'atto 4-14436, il cui iter è ancora in corso;
si apprende da notizie di stampa nazionale e da importanti associazioni ambientaliste e, in primis Legambiente, che nei giorni scorsi si siano succedute una serie di riunioni fra enti locali e rappresentanti di categorie professionali interessate presso il comando del compartimento marittimo della Liguria. Quest'ultimo avrebbe predisposto un'ordinanza per consentire l'ancoraggio delle grandi navi da crociera ad appena 500 metri dal confine delle aree marine protette di competenza;
la sopraccitata ordinanza perciò vorrebbe consentire l'ancoraggio e i passaggi delle grandi navi da crociera a 500 metri dalla costa nel Golfo del Tigullio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e se questa corrisponda al vero; se detta ordinanza, ove fosse stata emanata, sia legittima rispetto al decreto «anti-inchini» varato lo scorso 1° marzo;
quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati affinché venga rispettata tale disposizione e non si mettano più a rischio, con rotte azzardate e carichi merci pericolosi, le aree più belle e delicate delle nostre coste, considerando il fatto che oltre l'ambiente e la salvaguardia dell'ecosistema marino il nuovo quadro normativo interessa tutta la sicurezza della navigazione marittima.
(4-15687)

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la procedura di gara relativa all'affidamento dei servizi di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna è risultata infruttuosa per la mancata partecipazione di soggetti concorrenti;
la mancata partecipazione di concorrenti è legata fondamentalmente all'azione ad avviso dell'interrogante ricattatoria e palesemente speculativa messa in campo dalle principali compagnie aeree operanti in Sardegna che hanno sin dall'inizio osteggiato un vero processo di continuità territoriale da e per la Sardegna;
le argomentazioni ad avviso dell'interrogante pretestuose e destituite di alcun fondamento delle stesse compagnie aeree relativamente alla mancata remunerazione appaiono ulteriormente gravi in considerazione del fatto che le stesse compensazioni previste nel bando di gara erano palesemente ingiustificate proprio per l'analisi dei costi che le supportava;
la decisione di non partecipare comunicata nell'ultimo giorno utile proprio per evitare l'affacciarsi di qualsiasi altro concorrente in modo tale da garantirsi una futura azione speculativa sui cieli della Sardegna;
tale infruttuosa gara, oltre che per la singolare gestione della preventiva procedura dell'imposizione dell'onere del servizio pubblico, è conseguenza anche delle caratteristiche ben individuate poste nel capitolato d'appalto della gara che escludevano gran parte delle compagnie operanti in Europa, a partire da quelle low cost;
la competenza primaria in materia di trasporti tra regioni e all'intero del territorio nazionale è dello Stato che ha il compito e il dovere di garantire il pieno e totale collegamento e la connessione territoriale;
il rischio che la Sardegna venga sottoposta ad un attacco speculativo senza precedenti sia sui collegamenti aerei che via mare impone soluzioni straordinarie e urgenti che non possono essere in alcun modo essere ulteriormente ritardate;

occorre affrontare con immediatezza la cessazione degli oneri del servizio pubblico sulle tratte da e per la Sardegna dei collegamenti aerei e attivare procedure straordinarie rispetto a quelle già delegate alla regione Sardegna;
in tal senso l'unica soluzione percorribile in termini immediati appare quella disciplinata dal regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità;
l'articolo 12 del regolamento (CE) n. 1008/2008 dispone: «In caso di improvvisa interruzione del servizio da parte del vettore aereo comunitario selezionato a norma dell'articolo 17, lo Stato membro interessato può, in caso di emergenza, selezionare di comune accordo un vettore aereo comunitario differente che si assuma l'onere di servizio pubblico per un periodo massimo di sette mesi, non rinnovabile, alle seguenti condizioni:
a) ogni eventuale compenso versato dallo Stato membro deve essere conforme all'articolo 17, paragrafo 8;
b) la selezione deve avvenire tra i vettori aerei comunitari in base ai principi di trasparenza e non discriminazione;
c) si deve pubblicare un nuovo bando di gara d'appalto;
la Commissione e lo Stato membro o gli Stati membri interessati sono informati senza indugio della procedura di emergenza e delle sue motivazioni. Su richiesta di uno Stato membro, o di propria iniziativa, la Commissione ha la facoltà, secondo la procedura di cui all'articolo 25, paragrafo 2, di sospendere la procedura qualora ritenga, a seguito della sua valutazione, che questa non rispetti le prescrizioni di cui al presente paragrafo o che sia comunque in contrasto con il diritto comunitario»;
è evidente che deve essere immediatamente comunicata, senza indugio, la procedura di emergenza con ampie e convincenti motivazioni rispetto alla speculazione in atto sui cieli della Sardegna;
a tal fine deve essere predisposta una procedura ristretta, allargata a tutte le compagnie anche low cost operanti in Sardegna, che riconsideri l'imposizione dell'onere del servizio pubblico di partenza;
appare evidente che risulta inviolabile il principio sancito della tariffa unica, anche con voto unanime della Camera dei deputati, in considerazione della valenza della continuità che si definisce territoriale proprio per l'obbiettivo di connettere a pari condizioni due territori dello stesso Stato senza discriminazioni tra cittadini europei;
essendo di fatto cessata la delega relativi alle procedure di cui alla conferenza dei servizi è in capo al Ministro dei trasporti e delle infrastrutture la competenza di avviare le procedure straordinarie per i prossimi mesi, semmai negoziando un estensione temporale dei sette mesi al fine di garantire l'individuazione di percorsi ordinari sulla continuità territoriale;
in via ordinaria appare indispensabile prevedere l'estensione dei criteri di partecipazione a tutte le compagnie aeree operanti in Europa, senza limitazioni al fine di garantire la massima adesione all'imposizione degli oneri di servizio pubblico;
occorre attivare procedure di tutela dell'operatività delle compagnie low cost al fine di introdurre nel mercato italiano effettive condizioni di liberalizzazione che sino ad oggi sono venute meno per un atteggiamento che ne ha limitato l'efficacia -:
se non ritenga di dover fare urgente richiesta all'Unione europea dell'attivazione della procedura di emergenza;
se non ritenga di dover avviare una procedura ristretta rivolta anche alle compagnie low cost operanti in Europa per garantire l'applicazione dell'imposizione

dell'onere del servizio pubblico per la continuità territoriale da e per la Sardegna;
se non ritenga di dover individuare procedure trasparenti e effettivamente aperte per la predisposizione di una continuità territoriale con tariffa unica;
se non ritenga di dover valutare la necessità di convocare un'apposita conferenza dei servizi relativamente alla continuità territoriale aerea e marittima da e per la Sardegna al fine di evitare il totale collasso dei collegamenti con la regione insulare.
(4-15692)

TESTO AGGIORNATO AL 17 APRILE 2012

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte di Pasqua sono state date alle fiamme due auto in pieno centro nel comune di Bernalda, grosso centro del Metapontino in provincia di Matera;
l'episodio su cui stanno indagando le forze dell'ordine ha destato non poche preoccupazioni nella popolazione;
è da qualche tempo che nel comprensorio si registra un clima diverso e preoccupante;
non bisogna sottovalutare episodi di questo genere -:
se e quali iniziative il Governo intenda attivare per assicurare un maggior controllo del territorio e una più incisiva azione di prevenzione e contrasto di fenomeni criminali nel comprensorio materano.
(3-02204)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alcuni episodi criminosi nelle scorse settimane hanno interessato il comune di San Giorgio Jonico e in particolar modo le abitazioni private o i luoghi professionali di amministratori ed ex amministratori della cittadina alle porte di Taranto;
i fenomeni nello specifico hanno riguardato due attentati incendiari portati a segno rispettivamente nella notte tra il 4 e 5 febbraio 2012 alla porta d'ingresso dell'appartamento dell'attuale sindaco della cittadina ionica, Giorgio Grimaldi, e nella notte tra il 31 marzo e il 1o di aprile 2012 di fronte alla porta dello studio medico dell'ex sindaco Stefano Fabbiano;
incendi domati per tempo che hanno impedito conseguenze tragiche, ma che lanciano un segnale d'allarme rispetto alla recrudescenza di fenomeni criminali, anche alla luce di altri piccoli episodi generalizzati o l'incendio appiccato alla porta dello studio di un avvocato penalista del territorio;
l'intervento tempestivo delle forze dell'ordine, la solidarietà espressa da più parti alle vittime degli attentati e l'operato degli inquirenti che stanno procedendo agli accertamenti opportuni ci fanno sperare in un repentino abbassamento dei livelli di guardia rispetto all'ordine pubblico in questo territorio -:
se non ritenga opportuno porre in essere interventi mirati per venire incontro ad un territorio che dopo aver subito tre attentati nel giro di un solo mese ha bisogno di segnali di distensione capaci di riportare nei ranghi l'espressione di piccola criminalità organizzata che tenta di intimidire o creare un clima di inquietudine e turbamento nell'opinione pubblica colpendo istituzioni o personalità di riferimento.
(5-06591)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCANDROGLIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
recenti studi certificano la crescente diffusione, in Italia, del gioco d'azzardo e delle sale ad esso dedicate;
questo fenomeno costituisce un motivo di allarme sociale, tanto più se si considera il contesto di pesante crisi economica nel quale esso si sviluppa;
il gioco d'azzardo compulsivo è assimilabile, per la dipendenza che crea e per gli effetti che genera, ad una nuova droga;
la dipendenza patologica da gioco d'azzardo, secondo recenti stime, colpisce 800 mila italiani, tra cui molti giovani, persone sole, disoccupati;
il gioco d'azzardo compulsivo favorisce il deleterio ricorso all'indebitamento e al prestito usurario;
sono numerosi i tentativi di infiltrazioni criminali e malavitose nei circuiti del gioco d'azzardo;
sul territorio ligure si è assistito, in questi ultimi anni, alla crescita esponenziale delle sale da gioco e alla proliferazione di dispositivi quali slot machine e videopoker;
nel solo territorio del comune di Genova, negli ultimi cinque anni vi è stato un aumento del 63 per cento dei locali di scommesse, contro una media nazionale del 34 per cento;
l'aumento del numero di sale da gioco e di sale per le scommesse ha avuto luogo anche nel territorio del Tigullio -:
quale risulti essere il numero delle sale da gioco attualmente operanti sul territorio ligure;
quali siano le operazioni di polizia e se risultino avviate indagini che abbiano finora interessato titolari delle licenze di sale da gioco operanti sul territorio ligure;
in particolare, per i comuni del Tigullio:
a) quale risulti essere la dislocazione logistica delle sale da gioco rispetto ai centri abitati e rispetto a luoghi particolarmente sensibili, come istituti scolastici, chiese, impianti sportivi o aggregativi, strutture ricettive per categorie protette o socio-assistenziali, sportelli bancari anche automatici;
b) se risulti la titolarità delle singole licenze, autorizzazioni o concessioni, facenti capo sia a persone fisiche che a società personali o di capitali;
c) se risulti la regolarità amministrativa dei procedimenti autorizzativi, con l'indicazione dettagliata dei tempi istruttori, dalla data della domanda presentata a quella della concessione;
d) quale risulti essere il numero delle domande non ancora evase, già presentate, con la data di presentazione e la titolarità delle richieste per l'apertura di nuove sale da gioco;
e) quali siano i dispositivi di sicurezza, finora adottati, per il controllo delle attività nelle sale da gioco, con particolare riferimento alla tutela dei minori.
(4-15673)

NEGRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in conseguenza della grave crisi economica finanziaria internazionale e della urgente ed impellente necessità di dover ridurre le spese pubbliche, il decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto delle riduzioni nei trasferimenti erariali per gli enti locali i quali, congiuntamente anche alla successiva legge di stabilità per l'anno 2012, devono oggi rimodulare, all'interno dei rispettivi bilanci, sia le voci di spesa di parte capitale e legate al rispetto del patto di stabilità interno, sia le voci di spesa di parte corrente, tra le quali anche quelle relative alle spese di personale;
i commi 102 e 103 dell'articolo 4 della legge n. 183 del 2011, legge di stabilità 2012, dispongono, a partire dal 1o gennaio 2012, l'applicazione agli enti locali

dello stesso tetto previsto per le assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e con contratti di collaborazione coordinata e continuativa da parte delle amministrazioni dello Stato e delle regioni dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, fissando tale tetto nel 50 per cento della spesa sostenuta allo stesso titolo nell'anno 2009, precisando altresì come tale tetto debba essere esteso anche alle altre tipologie di assunzioni flessibili, quali i contratti di somministrazione, il lavoro accessorio e i contratti di formazione e lavoro, e comprendendo in tale limite anche le assunzioni ex articoli 110 e 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
la legge n. 14 del 2012 di conversione del decreto cosiddetto mille proroghe prevede l'esclusione di tali disposizioni per le assunzioni a tempo determinato dei vigili urbani e del personale educativo e docente degli enti locali;
gli enti locali, in virtù del carattere di principio della disposizione, possono derogare al tetto di spesa fissato dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, da una parte per le assunzioni a tempo determinato, con convenzioni e gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa e dall'altra per i contratti di somministrazione, il lavoro accessorio, i contratti di formazione e lavoro e gli altri rapporti formativi;
tale deroga non può tuttavia operare né per aumentare la soglia massima della spesa consentita, né per introdurre eccezioni, ma per prevedere che il tetto del 50 per cento di quanto speso nel 2009 sia calcolato in modo unitario sul totale di queste voci e non in modo segmentato per singole voci e/o per i due blocchi previsti dalla disposizione legislativa;
il comune di Arcole (Verona), ravvisando un'attuale incidenza delle spese di personale pari al 28,5 per cento del totale delle spese correnti e con un rapporto di un dipendente pubblico ogni trecento abitanti, nel mese di gennaio 2012 ha interpellato il Ministero dell'interno per chiedere di conoscere se era possibile procedere, in deroga ai limiti sulle assunzioni stabiliti dalla normativa vigente, alla stabilizzazione di due contratti di formazione lavoro per l'assunzione a tempo indeterminato di due dipendenti e alla contestuale proroga di alcuni contratti a tempo determinato per assicurare il funzionamento dell'ufficio di segreteria e dell'ufficio di edilizia privata;
con Protocollo n. 15700/5b2, il Ministero dell'interno ha fatto sapere che sia la conversione dei contratti di formazione lavoro in essere che la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato, sono possibili nel rispetto del limite del 50 per cento della spesa sostenuta allo stesso titolo nell'anno 2009, ai sensi dell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 -:
se il Ministro, in ragione delle difficoltà dei comuni nell'assicurare il pieno e corretto svolgimento dei servizi ai cittadini, non ritenga opportuno assumere iniziative dirette a rivedere l'attuale normativa in materia di limitazione alle spese di personale, considerando il rapporto tra il numero dei dipendenti pubblici e i cittadini e consentendo a quelle amministrazioni che evidenziassero un rapporto efficiente, e pur nel rispetto, nell'esercizio in essere, di una incidenza di spesa del personale inferiore al 50 per cento del totale delle spese correnti, a procedere ad una sostituzione per anzianità di servizio.
(4-15674)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la risposta all'interrogazione numero 4-14184 con cui gli interroganti esprimevano preoccupazione in merito a minacce di ricorso all'uso della forza per sgombrare la cooperativa Silvestro Fiore che avrebbe annunciato il prefetto di Foggia Antonio Nunziante il 22 novembre 2011, affermando: «Vi faccio sgomberare con la

forza da cento uomini delle forze dell'ordine, senza riguardo per malati, donne, anziani e bambini», ha smentito la pronuncia di tali parole e rassicurato sul non uso della forza;
notizie stampa riferiscono che il 30 marzo 2012 forze dell'ordine (in divisa e non) hanno occupato i terreni coltivati dalla cooperativa agricola «La terra Silvestro Fiore» senza un mandato della procura della Repubblica;
i soci della cooperativa «La Terra Silvestro Fiore» hanno successivamente sporto denuncia penale nei confronti del Sindaco Mongelli e dei suoi collaboratori istituzionali, poiché» ...alle ore 9:00 circa, precisamente in contrada Piano Palude dell'agro di Foggia (località Incoronata), circa un centinaio di agenti delle Forze dell'ordine (Carabinieri e Poliziotti in tenuta antisommossa), con al seguito due trattori di proprietà del signor Luigi Pedone (...) nonché un carro attrezzi del signor Ciccone Pietro (AGI Foggia), ed inoltre tre furgoni ed un paio di escavatori di una ditta «ignota», guidati dall'avvocato Massimo Carella, senza prima identificarsi, penetravano all'interno di un campo coltivato a grano, provocando contestualmente evidenti ed irreversibili danni alle colture (...) il signor Luigi Pedone, a cui era stato impartito l'ordine di distruggere i campi di grano ed i carciofeti, si è prontamente rifiutato di eseguire tale assurdo compito, abbandonando contestualmente i luoghi (...) in due occasioni, prima verso mezzogiorno e dopo verso le 14.00 circa, una trentina dei suindicati agenti si recavano presso l'abitazione del signor Sabato Di Stefano, al fine di sgomberarla con la forza. Tale specifica azione ha provocato un collasso in Daniel Baka, un ragazzo di appena 20 anni. Una poliziotta e un vigile urbano hanno filmato all'interno della medesima abitazione, senza alcuna autorizzazione, ma soprattutto senza esibire alcun documento di riconoscimento, anzi pretendendo ed ottenendo i documenti di identificazione dei tre residenti: Barbara Baka, Daniel Baka e Sabato Di Stefano. Tali agenti muniti di videocamere hanno preteso senza addurre ai dimoranti alcuna motivazione legale o quanto meno razionale, l'apertura di armadi e cassetti di questa casa, filmando ossessivamente il contenuto. Cosa ancora più grave, i due ignoti agenti delle forze dell'ordine hanno addirittura filmato il malore del ragazzo. All'episodio erano presenti anche quattro vigili urbani (...) al signor Sabato Di Stefano, prima è stato prepotentemente intimato di abbandonare istantaneamente la dimora, poi è stata concessa da un non meglio identificato «ufficiale giudiziario» una proroga al 6 luglio del corrente per finire in mezzo alla strada (...) pattuglie di vigili urbani, mai identificatisi, impediscono attualmente di fatto ai soci l'accesso ai terreni bonificati e coltivati da due generazioni»;
se quanto riferito in premessa sia vero e soprattutto se le forze dell'ordine agissero su mandato dell'autorità giudiziaria;
se i fatti denunciati il 30 marzo siano coerenti con gli indirizzi del Governo in tema di tutela dell'ordine pubblico e, in caso contrario, quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato.
(4-15684)

LUCÀ, BOCCUZZI, ESPOSITO, LOVELLI, GIORGIO MERLO, ROSSOMANDO e ROSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il personale impegnato nei 41 distaccamenti dei Vigili del fuoco volontari della sezione provinciale di Torino si trova da tempo ad operare in una situazione di grave difficoltà e di pesante disagio;
attraverso comunicazioni ufficiali indirizzate al prefetto di Torino, al presidente della regione Piemonte, al presidente della provincia di Torino, e ai sindaci dei comuni del territorio, il presidente provinciale della Associazione nazionale dei vigili del fuoco volontari ha, nei mesi scorsi, segnalato le problematiche relative all'operato del Corpo, che rischiano, se

non affrontate con tempestività, di pregiudicare l'importante azione di questo personale;
nello specifico le problematiche evidenziate sono:
ritardi e mancanze di allertamento dei distaccamenti in caso di interventi nei territori loro assegnati per competenza e mancanza di coordinamento generale anche in situazioni di grande complessità;
la mancanza di forniture e di vestiario, nonché di dispositivi di protezione individuale al personale volontario in servizio;
farraginose procedure di immatricolazione degli automezzi e delle attrezzature nuove acquistate o donate ai distaccamenti, al termine delle quali tali mezzi potranno essere destinati dal comandante provinciale anche ad altra struttura estranea, con possibile depauperazione delle strutture periferiche;
blocco delle iscrizioni per il reclutamento, con l'obbligo, per gli aspiranti volontari, di pagare individualmente le visite mediche generali effettuate presso le ferrovie o le aziende sanitarie specialistiche, con spese personali fino a 400 euro;
la previsione di un nuovo regolamento teso ad eliminare le qualifiche acquisite, portando tutti al grado di vigile, ed a togliere i pagamenti orari, che sono fondamentali per il mantenimento delle caserme, la loro pulizia e per l'acquisto di attrezzature alle quali il Dipartimento non provvede;
mancanza di equiparazione, in caso di infortunio, tra il personale permanente e quello volontario;
i vigili del fuoco volontari, attualmente, garantiscono il 30 per cento dei 25.000 interventi sul territorio della provincia di Torino, percentuale che sale all'85 per cento per eventi calamitosi che si presentano ciclicamente sul territorio (neve, piogge abbondanti, vento o altro), fornendo un servizio importante e qualificato -:
se non ritenga necessario prevedere iniziative volte ad affrontare e risolvere le problematiche evidenziate in premessa, al fine di ottimizzare l'attività svolta dal personale dei distaccamenti dei vigili del fuoco volontari della provincia di Torino, valorizzando una professionalità di fondamentale supporto per il territorio e le realtà locali.
(4-15689)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO e BARANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il professor Luigi Frati ricopre contemporaneamente i ruoli di rettore della Sapienza e primario del reparto di oncologia del Policlinico Umberto I;
nella medesima università sono occupati anche la moglie e i due figli;
recentemente, ai microfoni della trasmissione televisiva Report, la dottoressa di oncologia Maria Luisa Basile, ha denunciato le ripetute e prolungate assenze del primario;
la dottoressa sostiene che Frati non avrebbe mai condiviso le scelte di reparto, causando notevoli disfunzioni all'interno del reparto, in quanto egli dev'essere continuamente sostituito da medici diversi che possono anche non concordare sulla terapia prescritta al medesimo paziente;
la disfunzione viene confermata anche da alcuni pazienti;
i dirigenti medici assicurano che il professore «svolge le funzioni di direzione

e organizzazione della struttura dando le opportune direttive e rimanendo comunque reperibile» -:
se il Governo valuti di inviare un'ispezione ministeriale anche al fine di adottare provvedimenti disciplinari;
quali provvedimenti intenda adottare il Governo per evitare la presenza di familiari, appartenenti allo stesso nucleo familiare, nella stessa università.
(5-06584)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come riportato dal quotidiano la Repubblica del 4 aprile 2012, per il quarto anno consecutivo l'organico degli insegnanti della Sicilia verrà ridotto;
in base alle tabelle del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si prevedono per la Sicilia 349 unita in meno per il 2012-2013, una riduzione che riguarderà tutti gli ordini di scuola;
per quel che concerne la scuola materna, dove si dispone una riduzione dell'organico di 59 unità, non si comprende quale sia la motivazione di una tale scelta se si considera che vi sono centinaia di bambini in lista d'attesa: circa 2700 in tutta la Sicilia;
questa riduzione di organico si va a sommare a quelle degli anni passati: 12.784 posti in meno a fronte di un decremento di 15 mila alunni in tre anni;
nel 2011 i supplenti iscritti nelle liste provinciali della Sicilia, secondo il monitoraggio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ammontavano a 29 mila e 500 unità;
le loro legittime aspettative di diventare docenti di ruolo, dopo anni di servizio, rischiano di essere ipotecate per sempre;
nella distribuzione degli organici sul territorio nazionale si dovrebbe tenere conto del contesto territoriale -:
per quale motivo si sia deciso di ridurre l'organico della scuola materna siciliana pur essendoci migliaia di bambini in lista d'attesa e se non intenda rivedere le decisioni sull'organico della scuola d'infanzia alla luce del reale fabbisogno;
se non ritenga il Ministro di applicare in Sicilia il disposto dell'articolo 50, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, attribuendo alle scuole siciliane un organico funzionale adeguato alla necessità della lotta all'abbandono e dell'impegno per il successo formativo, evitando ulteriori tagli che depauperino ancora drammaticamente il sistema scolastico siciliano.
(5-06589)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMALDI, FALLICA, IAPICCA, MICCICHÈ, MISITI, PITTELLI, PUGLIESE, SOGLIA, STAGNO D'ALCONTRES e TERRANOVA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nelle linee guida destinate ai docenti e volte a definire i fondamentali degli insegnamenti che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ritiene strategici per gli studenti delle scuole superiori è stata attuata una grave e silenziosa riforma che ha eliminato dai programmi scolastici diversi fra i più importanti poeti e scrittori meridionali del Novecento;
Quasimodo, Gatto, Scotellaro, Sciascia, Sinisgalli, Vittorini, Ginzburg e Silone sono solo alcune delle illustri vittime della riforma, dimenticate dalla commissione di esperti nominata dal precedente Governo;
nel documento delle indicazioni nazionali (decreto ministeriale n. 211 del 2010, che accompagna il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 15

marzo 2010, recante la «Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei») redatto dalla commissione nel 2010 si legge: «il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un'adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, ...). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello...)», tralasciando molti fra i più importanti protagonisti della letteratura e poetica meridionali e parte integrante della cultura italiana;
in tal modo viene proposta agli studenti una visione nordista e incompleta, orfana dei grandi intellettuali meridionali; come affermato dallo scrittore Pino Aprile «C'è stato un netto rifiuto della cultura del Sud. Gli autori meridionali saranno confinati a realtà regionali, mentre la letteratura vera, quella che conta, sarà quella dell'Italia del Nord, vincente ed europea», l'autore fa notare che, a parte Verga e Pirandello, su 17 poeti e scrittori consigliati non c'è un solo nome a sud di Roma;
tuttavia, non è stata tralasciata solo la letteratura del Sud ma anche la letteratura dialettale, come non citare Mussa, Di Giacomo, Giotti, Marin e Tessa, e fra i fondamenti «non eludibili» del XX secolo indicati dalla commissione è presente una sola donna, ignorando gravemente l'importante segno lasciato dalla presenza femminile nella letteratura novecentesca;
si è detto che non si tratta di indicazioni prescrittive, ma questo non deve tranquillizzarci, tali decisioni avranno gravi ripercussioni sia sul piano culturale che a livello editoriale, infatti come denunciato da Paolo Saggese, professore e fondatore con Peppino Iuliano dell'associazione Irpina, «Tra le nostre preoccupazioni c'è anche quella che le case editrici, nei libri di testo, si atterranno principalmente alle indicazioni del ministero, magari classificando tutti gli esclusi come "minori". In tal modo si creerebbe un canone falsato del Novecento, ancora in via di storicizzazione»;
è necessario recuperare il sentimento nazionale dell'unità d'Italia ponendo rimedio al netto rifiuto dimostrato nei confronti della cultura del Sud -:
se intenda intervenire per far rivedere le scelte operate in precedenza e restituire così dignità all'insegnamento della letteratura italiana e integrare le indicazioni didattiche suggerite con i nomi degli importanti intellettuali delle regioni del Sud e del Centro Italia.
(4-15677)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i modelli viventi che lavorano con contratto d'opera presso le accademie e presso i licei artistici d'Italia vivono da anni una condizione di difficoltà e precarietà;
a coloro i quali hanno svolto attività lavorativa di modello vivente nei licei artistici statali al fine di conseguire punteggio nelle graduatorie di incarichi e supplenze di terza fascia del personale ATA scolastico non è stato riconosciuto alcun punteggio nelle graduatorie di circolo e di istituto, pubblicate in virtù delle domande di cui al decreto ministeriale 104 del 2011, in quanto il servizio di modello vivente è prestato con contratto di prestazione d'opera;
infatti, le disposizioni contenute nella nota 9319 del 14 novembre 2011 richiamano l'attenzione sulla circostanza che, per i requisiti di accesso e la valutazione dei titoli culturali e di servizio, si confermano, per quanto compatibili, le istruzioni operative impartite con nota 1603 del 24 febbraio 2011 ove, al punto 5 si stabilisce che «Il servizio da valutare è solo quello

prestato alle dirette dipendenze delle Amministrazioni Statali o EE.LL, cioè il servizio che determina un rapporto di lavoro mediante la stipula di contratti sottoscritti ai sensi di specifiche norme contrattuali del CCNL dei richiamati comparti» e, alla lettera H della stessa nota si stabilisce la non valutabilità dei servizi prestati con contratto di prestazione d'opera;
l'interrogante fa osservare che tale disposizione sembrerebbe contraddire quanto invece specificatamente previsto dallo stesso Ministero nel decreto ministeriale 13 giugno 2007 applicato e facente parte del decreto ministeriale n. 62 del 13 luglio 2011 relativo alle disposizioni in merito alla costituzione delle graduatorie del personale docente ed educativo di terza fascia;
questo provvedimento prevede e consente infatti di valutare «I servizi prestati con contratti di lavoro atipici per gli insegnamenti non curricolari, riconducibili all'area dell'ampliamento dell'offerta formativa» (vedi punto 19 - note al punto D della tabella 1 annessa quale Allegato A). Inoltre, nel caso in questione (graduatorie di terza fascia personale ATA), sembrerebbe essere stato disatteso e inapplicato quanto stabilito dal comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» che obbliga le pubbliche amministrazioni a garantire parità e pari opportunità ai lavoratori, l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa all'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro e nelle promozioni;
nel caso delle graduatorie di terza fascia del personale docente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha osservato i princìpi di cui sopra con ciò venendosi a creare una situazione di disparità tra soggetti operanti nel medesimo settore scolastico;
infatti, a norma dello stesso articolo 7, comma 6, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali con contratti di lavoro di natura coordinata e continuativa ad esperti esterni anche, nel caso scolastico, a supporto dell'attività didattica;
quanto sopra indica la possibilità, per l'amministrazione scolastica statale, di stipulare, oltre alle tipologie di contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato, la stipula di contratti atipici per l'ampliamento dell'offerta formativa;
proseguendo in tale linea logica e segnatamente nell'ambito delle norme dell'autonomia scolastica (parte integrante del CCNL comparto scuola che riguarda docenti e ATA) finalizzata a migliorare gli esiti del processo di insegnamento-apprendimento, le istituzioni scolastiche sono autorizzate a sperimentare modalità di flessibilità didattica e organizzativa nell'ambito di un organico piano dell'offerta formativa che espliciti la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa di ciascuna di esse mediante stipula di contratti atipici con soggetti esterni;
a parere dell'interrogante il servizio di modello vivente prestato con contratto di prestazione d'opera fa parte di un organico necessario ed imprescindibile, dell'offerta formativa scolastica nei licei artistici statali così come avvalorato dalle norme dell'autonomia scolastica;
si fa altresì osservare che, a seguito della legge n. 124 del 3 maggio 1999 e della successiva ordinanza ministeriale n. 14 del 17 gennaio 2000, relativa al reclutamento dei modelli viventi, per coloro i quali in quel momento hanno deciso di non passare di ruolo nei ruoli della III e IV qualifica del personale ATA, il rapporto di lavoro individuale con le accademie e con i licei artistici si costituisce: a) mediante contratto individuale di lavoro a tempo determinato di durata annuale per chi ha più di 5 anni di anzianità di servizio come modello vivente alla data di entrata in vigore della legge; b) mediante contratto di prestazione d'opera per coloro che non raggiungono 5 anni di anzianità di servizio (inseriti in apposito elenco);

l'ulteriore fabbisogno nei licei artistici viene soddisfatto sempre con contratto di prestazione d'opera (con gli interessati inseriti in elenco a parte);
anche per questi ultimi i contratti sono ineludibilmente subordinati alla didattica, con vincoli di orari e di assegnazione ai corsi allo stesso modo dei modelli viventi con contratto annuale a tempo determinato in quanto l'esigenza della prestazione viene richiesta dal consiglio di classe su proposta del docente di disciplina e quindi sottoposti alla coordinazione del dirigente scolastico che non può incidere sulla determinazione ma sulla estrinsecazione della funzione;
gli stessi POF, all'atto della deliberazione, li prevedono espressamente;
nella circolare n. 5 del 18 aprile 2008 della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica - Ufficio per il personale della pubblica amministrazione - si legge che: «La soluzione prospettata dal citato comma 106, pienamente coerente con il principio enunciato nel citato articolo 3, comma 90, della stessa legge, è senz'altro quella da privilegiare da parte delle amministrazioni, in quanto contempera la volontà del Governo di valorizzare l'esperienza professionale maturata con rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. con i princìpi costituzionali in materia di reclutamento». La medesima circolare precisa che «(...) e per le co.co.co., per valorizzare detta esperienza, il riconoscimento del servizio prestato in termini di punteggio in sede di valutazione di titoli»;
la circolare di cui sopra evidenzia, a parere dell'interrogante, la volontà del legislatore di porre rimedio all'uso improprio del lavoro flessibile nella pubblica amministrazione, ovvero alle collaborazioni coordinate e continuative, prevedendo per i lavoratori interessati una forma di valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita e cioè la possibilità di riconoscere, nei bandi concorsuali, una valutazione per titoli, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
se alla luce di quanto illustrato in premessa non ritenga opportuno assumere iniziative volte a consentire la valutazione del servizio prestato da questi lavoratori nelle graduatorie del personale ATA di terza fascia.
(4-15678)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, MATTESINI e GATTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra di finanza pubblica, il decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul nostro sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 consentono a lavoratori che si trovano situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, fermo restando l'applicazione delle finestre, introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, per l'accesso al trattamento pensionistico;
il successivo comma 15 dell'articolo 24 precisa: resta fermo che, in ogni caso, ai soggetti di cui precedente comma (14), che maturano i requisiti dal 1o gennaio 2012, trovano comunque applicazione le

disposizioni di cui al comma 12 del presente articolo (adeguamento requisiti per l'aspettativa di vita);
l'aumento di ulteriori 3 mesi (aspettativa di vita) per l'accesso al requisito pensionistico per i derogati di cui al comma 14 dell'articolo 24, incide pesantemente sulla fattispecie individuata nella lettera a) del comma 14 («ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7 commi 1 e 2 della legge 23 luglio 1991 n. 223») e comporterà in molti casi l'esclusione dalle deroghe in quanto, i tre mesi aggiuntivi sposteranno la maturazione del requisito pensionistico oltre il periodo di fruizione di mobilità;
già esiste la problematica, segnalata con altro atto di sindacato ispettivo, che riguarda lavoratori di cui alla lettera a) del comma 14 dell'articolo 24, che maturano il requisito pensionistico, qualche mese o addirittura qualche settimana dopo, il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità e che vengono considerati esclusi dalle deroghe -:
se non ritenga il Ministro interrogato intervenire per sanare una palese contraddizione fra la deroga prevista dalla lettera a) comma 14 dell'articolo 24 e quanto prescritto dall'ultimo periodo del comma 15 dello stesso articolo, sull'aspettativa di vita, che penalizza pesantemente i lavoratori interessati alla succitata deroga.
(5-06581)

BOCCUZZI, MIGLIOLI, BERRETTA, ESPOSITO, RAMPI, SCHIRRU, CODURELLI e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come noto, a seguito della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee - quinta sezione, 15 novembre 2001 [«Inadempimento di uno Stato - Incompleta trasposizione della direttiva 89/391/CEE - Sicurezza e salute dei lavoratori»] nella causa C-49/00, in Italia è stato approvato il decreto legislativo n. 195 del 23 giugno 2003, entrato in vigore il 13 agosto 2003, che ha modificato il decreto legislativo 626 del 19 settembre 1994, relativo alla salute e sicurezza sul lavoro, integrando l'articolo 2 («definizioni») e introducendo, in specifico, l'articolo 8-bis, che ha definito le capacità e i requisiti professionali dei responsabili (RSPP) e addetti (ASPP) ai servizi di prevenzione e protezione aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 626 del 1994;
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ha individuato gli indirizzi ed i requisiti minimi dei suddetti «corsi» con:
a) Accordo tra il Governo e le regioni e le province autonome attuativo dell'articolo 2, commi 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 195, che integra il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 2006, n. 37;
b) Accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 «Linee guida interpretative dell'Accordo sancito in Conferenza Stato-regioni il 26 gennaio 2006, in attuazione dell'articolo 8-bis, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, introdotto dall'articolo 2 del decreto legislativo del 23 giugno 2003, n. 195 in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro (Repertorio atti n. 2635), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 7 dicembre 2006, n. 285»;
l'accordo del 26 gennaio 2006, «indirizzi e requisiti dei corsi», prescrive al punto 2.1. «Organizzazione»:
a) individuazione del responsabile del progetto formativo;

b) impiego di docenti con esperienza almeno biennale in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 30 unità;
d) tenuta del registro dei «formandi» da parte del soggetto che realizza il corso;
e) assenze ammesse: massimo 10 per cento del monte ore complessivo;
lo stesso accordo del 26 gennaio 2006, al punto 2.2 «Metodologia di insegnamento» e apprendimento prescrive che è necessario:
«a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni in aula e relative discussioni, nonché lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo;
b) favorire metodologie di apprendimento basate sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione»;
l'accordo del 26 gennaio 2006, al punto 3 «Corsi di aggiornamento di cui all'articolo 8-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 626 del 1994», prescrive la frequenza a «corsi» di aggiornamento, da effettuarsi con periodicità quinquennale, definite dallo stesso punto 3 in 40, 60 oppure 100 ore nel quinquennio per i RSPP (in funzione dei Macrosettori Ateco in cui operano) ovvero in 28 ore nel quinquennio per gli ASPP (numero uguale per tutti indipendentemente dal Macrosettore Ateco). Detto punto 3 prevede la possibilità di effettuare l'aggiornamento anche tramite modalità di formazione a distanza, ma nulla innovando rispetto agli «indirizzi e requisiti dei corsi» di cui al punto 2.1 e alla «Metodologia di insegnamento» di cui al punto al punto 2.2;
il «Testo Unico», decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 «Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008, supplemento ordinario n. 108/L, ha riconfermato le prescrizioni già vigenti ai sensi dei sopra riportati (articolo 8-bis del decreto legislativo n. 626 del 1994 come modificato e integrato dal decreto legislativo n. 195 del 2003), in particolare all'articolo 32, comma 2;
tutte le suddette normative (decreto legislativo n. 195 del 2003, accordi in sede di Conferenza Stato-regioni, decreto legislativo n. 81 del 2008) prevedono l'obbligo di frequenza a «corsi» di formazione e di aggiornamento, come sopra individuati (individuazione del responsabile del progetto formativo; impiego di docenti con esperienza almeno biennale in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro; numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 30 unità; tenuta del registro dei «formandi» da parte del soggetto che realizza il corso; assenze ammesse: massimo 10 per cento del monte ore complessivo;) e in presenza di «un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni in aula e relative discussioni, nonché lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo; favorire metodologie di apprendimento basate sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione»;
tutte le suddette normative mai indicano la possibilità che i «corsi» siano sostituibili da «seminari» ovvero «convegni» ovvero «forum» ovvero altre «riunioni», comunque definite, che evidentemente nulla corrispondono a veri «corsi» di formazione e di aggiornamento, così come non contemplano possibilità che la partecipazione ai «corsi» possa superare il numero massimo di 30 partecipanti;
altre più recenti normative, in specifico gli «accordi» in sede di Conferenza Stato-regioni del 21 dicembre 2011, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio 2012, e relativi alla formazione di dirigenti, preposti e lavoratori prescrivono

obblighi e metodologie del tutto simili, in particolare il numero massimo dei partecipanti, le metodologie interattive, le verifiche degli apprendimenti e il registro delle presenze con la frequenza minima del 90 per cento del monte ore didattico e il controllo delle presenze;
la terza «Relazione» della Commissione parlamentare di inchiesta (Senato) sul «fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette "MORTI BIANCHE"», approvata nella seduta del 17 gennaio 2012 del Senato (Doc. XXII-bis, n. 5), al punto 3.3, ha indicato l'importanza della formazione e della «qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro» e ha ripreso proposte analoghe presentate nell'audizione del 15 giugno 2011 dalla CIIP (Consulta interassociativa italiana per la prevenzione), costituita da 14 tra le più rappresentative Associazioni italiane, che si occupano di prevenzione; tali proposte sono state riprese anche nelle risoluzioni approvate dal Senato in data 17 gennaio 2012;
in contrasto con il quadro normativo richiamato, risulta che vengano attivati e promossi, anche con pubblicizzazione sui siti internet iniziative tipo «seminari» ovvero «convegni» ovvero «forum» ovvero altre «riunioni», comunque definite, che evidentemente nulla corrispondono a veri «corsi» di formazione e di aggiornamento, come prescritti dalla vigente normativa, in particolare per la non corrispondenza, alle prescrizioni dei punti 2.1. e 2.2 del citato Accordo Stato-regioni del 26 gennaio 2006;
la situazione attuale si caratterizza per presenza di offerte formative anche non conformi alle prescrizioni sopra richiamare, che penalizzano, in particolare, le piccole e medie imprese e crea una distorsione di mercato a favore di attività formative di dubbia validità -:
quali interventi abbia assunto o intenda assumere urgentemente, anche d'intesa con le regioni, per riconfermare e controllare che i «corsi» previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, all'articolo 32, relativi alla formazione e aggiornamento dei responsabili (RSPP) e degli addetti (ASPP) ai servizi di prevenzione e protezione aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro siano svolti e abbiano validità esclusivamente in presenza di quanto prescritto ai punti 2.1 e 2.2 dell'accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 2006, n. 37, verificandone l'integrale conformità alle relative prescrizioni;
quali interventi abbia assunto o intenda assumere urgentemente, anche d'intesa con le Regioni, per confermare e ribadire che ciascun «corso» in oggetto non possa essere ritenuto conforme alle normative vigenti, ove manchi uno o più dei seguenti requisiti e condizioni:
a) individuazione del responsabile del progetto formativo;
b) impiego di docenti con esperienza almeno biennale in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro;
c) numero dei partecipanti per ogni corso: massimo 30 unità;
d) tenuta del registro dei «formandi» da parte del soggetto che realizza il corso;
e) assenze ammesse: massimo 10 per cento del monte ore complessivo;
f) un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni in aula e relative discussioni, nonché lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo;
g) metodologie di apprendimento basate sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione legati alla prevenzione;
h) verifiche degli apprendimenti;
i) attivazione da parte di un soggetto abilitato;

l) invio della relativa documentazione alla regione competente per territorio a cura del soggetto abilitato.
(5-06587)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Stock spa è una storica azienda produttrice dal 1884 di liquori e distillati fondata a Trieste che impegna oggi circa 30 lavoratori di cui 28 in linea di produzione;
lo stabilimento, ora di proprietà della società britannica Stock Spirits Group facente riferimento al fondo americano Oaktree Capital Management, aveva avviato nel 2008 una operazione di ristrutturazione che aveva reso il sito più competitivo grazie alla disponibilità dei lavoratori a modificare l'orario di lavoro, ad attivare nuove turnazioni, flessibilità e plurimansioni;
la ristrutturazione aveva comportato anche un taglio del personale a fronte dell'accordo con l'azienda per un investimento di un milione e 700 mila euro finalizzato al rinnovamento della linea di produzione e per la formazione del personale rimanente;
nonostante gli impegni assunti dai vertici societari nel 2008 e la disponibilità dei lavoratori, l'azienda ha annunciato improvvisamente oggi la cessazione delle attività produttive e la chiusura dello stabilimento di Trieste;
la scelta dell'azienda infatti è quella di trasferire la produzione, a partire da giugno, nello stabilimento in Repubblica Ceca motivando tale circostanza con la necessità di ridurre i costi di produzione aumentandone l'efficienza;
dalla motivazione addotta nella nota resa pubblica l'azienda fa riferimento ad un «contesto commerciale che risente della contrazione dei consumi», richiama la necessità di «restare competitivi e consolidare la produzione» e sottolinea l'intenzione di mantenere «la presenza sul mercato italiano dei propri prodotti»;
la decisione è stata assunta senza un previo consulto con le rappresentanze sindacali e senza un tentativo di accordo, sulla buona esperienza di quello del 2008, che rendesse ancor più competitivo lo stabilimento;
la chiusura improvvisa e unilaterale dello stabilimento Stock di Trieste oltre che aggiungere 30 lavoratori in esubero ad un contesto economico di ristrutturazioni di aziende che mettono a serio pericolo lo sviluppo economico, industriale e occupazionale dell'area triestina, decreta anche la chiusura di una delle fabbriche storiche della città -:
se il Governo non ritenga di verificare con azienda e parti sociali se i problemi citati siano effettivamente tali e, nel caso, quali iniziative si intendano porre in essere per rimuoverli;
quale azione il Governo intende intraprendere per scongiurare la chiusura della Stock, valutando eventualmente l'ipotesi di collaborare alla ricerca di un nuovo imprenditore interessato a rilevare lo stabilimento.
(4-15683)

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'intesa tra il Governo e le organizzazioni sindacali, sulla mobilità intercompartimentale del 10 dicembre 1997, allo scopo di ridurre le situazioni di esubero di docenti nella scuola pubblica e al contempo di valorizzarne il loro ruolo all'interno della società, l'ordinanza ministeriale n. 217 del 6 maggio 1998 provvedeva a disciplinare le procedure di trasferimento del personale della scuola in possesso di specifici requisiti, alle dipendenze dell'INPS;
l'articolo 6 comma 2 dell'ordinanza ministeriale n. 217 del 1998, prevedeva espressamente che il docente collocato alla

VII qualifica funzionale nei ruoli dell'INPS, aveva diritto a conservare «l'anzianità maturata e il trattamento economico in godimento, all'atto del trasferimento, se più favorevole oltre ai trattamenti accessori previsti per il personale dello stesso INPS»;
all'atto del trasferimento all'INPS, ai 799 docenti veniva riconosciuto un assegno ad personam che doveva garantire il trattamento economico fondamentale già goduto presso il comparto scuola oltre al valore economico dell'anzianità di servizio (RIA) sino a quel momento maturata;
nel corso dei successivi anni, l'INPS provvedeva a operare il riassorbimento dell'assegno ad personam di tali docenti nei successivi aumenti contrattuali, adducendo l'illegittimità del differenziamento retributivo fra tale personale e quello proprio dell'INPS;
tale riassorbimento dell'assegno ad personam interessava anche la quota relativa alla RIA, cioè all'anzianità che i docenti avevano maturato nel corso della loro carriera lavorando all'interno delle scuole. Ciò determinava l'applicazione di considerevoli trattenute sugli stipendi di tale personale che si vedevano perciò costretti a restituire somme di denaro oscillanti fra i 20 e i 30 mila euro, pari a tutta l'anzianità di servizio che avevano maturato lavorando nelle scuole pubbliche;
nel corso degli anni tale personale si rivolgeva alla magistratura al fine di salvare la propria anzianità di servizio che l'INPS stava inesorabilmente azzerando. Le sentenze emanate dai vari tribunali aditi erano oscillanti, poiché in parte favorevoli e in parte sfavorevoli ai ricorrenti. La stessa Corte di cassazione, applicando il principio maggioritario secondo cui l'assegno ad personam è riassorbibile salvo esplicito divieto, dichiarava legittimo il comportamento dell'INPS, poiché nel caso dei docenti transitati all'INPS il riassorbimento dell'assegno ad personam non era stato espressamente escluso;
tutta la vicenda si basa su un gigantesco equivoco. Per anni si è discusso soltanto sul se l'assegno ad personam potesse essere riassorbito dall'INPS in mancanza di un espresso divieto di riassorbimento. Anche le sentenze di merito e di legittimità si sono interrogate soltanto su questo aspetto. Il vero punto fondamentale della questione è invece un altro, e cioè che la RIA ossia l'anzianità di servizio dei docenti transitati all'INPS non doveva assolutamente entrare a far parte dell'assegno ad personam, poiché si tratta di elementi aventi diversa natura;
in caso di mobilità presso altra amministrazione, l'assegno ad personam è pari alla differenza fra il trattamento retributivo tabellare più favorevole (di privilegio) di cui godeva il lavoratore prima del trasferimento rispetto alla retribuzione tabellare prevista dal nuovo contratto collettivo di riferimento. Quando i docenti transitarono all'INPS, al fine di equiparare le retribuzioni al nuovo contratto collettivo, l'INPS doveva riconoscere loro un assegno ad personam pari alla differenza fra la retribuzione tabellare dei docenti e la retribuzione tabellare del personale INPS di pari livello, ma in questo assegno ad personam non doveva assolutamente entrare l'anzianità di servizio poiché questa non è un trattamento più favorevole o di privilegio goduto dal lavoratore prima del trasferimento, ma è una componente essenziale della retribuzione che il lavoratore ha maturato nel corso della sua carriera;
l'INPS, pertanto, poteva azzerare, cioè riassorbire nei successivi incrementi retributivi, soltanto quella parte della retribuzione base più favorevole, cosiddetta di privilegio, rispetto alla retribuzione base del personale INPS, ma non anche l'anzianità di servizio che è elemento fondamentale della retribuzione;
l'INPS, invece, ha fatto confluire nell'assegno ad personam non soltanto quel trattamento economico più favorevole, cosiddetto di privilegio, rispetto al nuovo inquadramento, ma anche la parte della retribuzione relativa all'anzianità di servizio maturata nel corso degli anni, perciò il

riassorbimento non ha azzerato soltanto la differenza retributiva più favorevole goduta dai docenti, ma ha azzerato anche tutta l'anzianità di servizio che tale personale aveva maturato nel corso della carriera;
recentemente la Corte di Giustizia europea, grande sezione il 6 settembre 2011, in un caso riguardante «la mobilità del personale ATA presso enti locali, ha sancito il principio secondo cui la riassunzione da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un'altra pubblica autorità, costituisce trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE [...] Quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187 porta all'applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente all'anzianità lavorativa, l'articolo 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente»;
questa sentenza sta già avendo importanti ripercussioni sulle decisioni dei giudici nazionali, i quali, in applicazione di tale principio, sempre più frequentemente condannano l'INPS, per il futuro, a scorporare dall'assegno ad personam la quota relativa all'anzianità di servizio precedentemente maturata dagli ex docenti transitati all'INPS e per il passato, a restituire tutto quanto illegittimamente trattenuto a tali dipendenti -:
se non ritenga di volersi attivare per avviare un tavolo di confronto fra Governo e parti interessate al fine di ricercare soluzioni che consentano di porre fine a questa situazione oramai divenuta insostenibile per centinaia di famiglie costrette a vivere con stipendi o pensioni dimezzate o notevolmente ridotte ad avviso dell'interrogante in contrasto con la vigente normativa e al contempo cessi il contenzioso giudiziario che inevitabilmente ha determinato e determinerà ancora un grave danno all'erario e un aggravamento dell'attività dei tribunali.
(4-15686)

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la regione Veneto negli anni Settanta e Ottanta ha fondato il suo boom economico sul dinamismo dei padri, oggi un'indagine condotta dal centro studi Datagiovani dimostra che si rischia il declino per lo scarso dinamismo (obbligato più che voluto) dei figli;
per giunta cresce la fuga di cervelli all'estero. Secondo l'AIRE nel 2011 sono andati oltreconfine 2.568 cittadini veneti dai 20 ai 40 anni, in sostanza sta emigrando la «meglio gioventù» della regione;
secondo l'Istat, a livello nazionale, dal 2008 al 2011 sono andati persi un milione e 54 mila posti nella fascia giovanile: di questi, 104 mila hanno riguardato il Veneto, meno dei 211 mila della Lombardia ma assai di più degli 84 mila andati in fumo in Emilia Romagna e dei 71 mila bruciati in Piemonte;
la disoccupazione giovanile ha toccato la quota record del 31,9 per cento (contro il 9,3 del tasso complessivo, nemmeno la Grecia e la Spagna hanno un divario tanto ampio);
nella regione Veneto alla provincia di Treviso spetta il triste primato di disoccupazione giovanile. I sindacati stimano che siano almeno 150 mila i giovani veneti di fatto precari, che si ritrovano con uno dei 46 contratti atipici;
il centro studi Datagiovani, ha considerato una serie di parametri che vanno dall'istruzione alle dinamiche del mercato del lavoro, alla nascita di nuove imprese e ha stilato una classifica delle regioni youth friendly, amiche degli under 30. Il Veneto è risultata essere una regione non youth friendly figurandosi al 14esimo posto nella

classifica con un indice ben al di sotto della media nazionale. Pessime risultano le previsioni di prossime assunzioni e insufficiente la partecipazione dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni al sistema di istruzione. Alto è il numero di coloro che risultano scoraggiati e che né studiano né lavorano. Non per ultima bassissima è la percentuale di aziende condotte da venti-trentenni (poco più del 4 per cento del totale);
per il momento il Governo ha annunciato che la riforma del lavoro è stata elaborata per i giovani e per offrire loro una buona occupazione ma, nell'attesa che ciò si realizzi il vero problema pare essere la mancanza di capacità di creare il lavoro. La politica locale dovrebbe avere la capacità di creare delle opportunità lavorative per i giovani per permettergli di uscire dal guado della disoccupazione e depressione nella quale versano senza attendere necessariamente gli interventi dal Governo centrale o addirittura dai piani della Commissione europea;
gli esperti di economia e lavoro suggeriscono che a livello regionale, andrebbero messe in atto tutte le strategie per superare questa drammatica situazione, denunciano di fatto l'attuale amministrazione regionale veneta che dovrebbe operare sul piano della formazione, snellire le procedure per il collocamento e favorire l'incontro tra domanda e offerta (...) ispirandosi a regioni come il Trentino che hanno ottenuto i migliori risultati nazionali riguardo l'occupazione giovanile;
certo è che il problema del lavoro nell'età compresa tra i 15 e i 34 anni rappresenta un nodo centrale per lo sviluppo del Paese ma nel Nordest ha ormai raggiunto proporzioni talmente preoccupanti da richiedere con immediatezza interventi risolutivi -:
in che modo il Ministro interrogato intenda favorire una celere risoluzione del problema dell'occupazione giovanile a livello nazionale e in particolar modo nella regione Veneto, problema che, come è noto a tutti, non può essere posticipato ulteriormente per il bene della popolazione locale e per la crescita generale del Paese.
(4-15688)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE CAMILLIS. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le aziende faunistico venatorie si distinguono da quelle agro-faunistico-venatorie, secondo quanto stabilito dall'articolo 16, comma 1, lettera a), della legge n. 157 del 1992 per il fatto che devono essere istituite senza fini di lucro, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche e svolgere attività rispondenti a programmi di conservazione e di ripristino ambientale appositamente autorizzati dall'amministrazione territoriale competente;
l'attuale condizione di mancato riconoscimento dell'attività faunistico-venatoria come attività connessa a quella agricola, è causa di una situazione oramai divenuta insostenibile per molti titolari di tali aziende, presenti sul territorio in forma singola o associata sotto forma di consorzi, che svolgono la duplice funzione di imprenditori agricoli e concessionari di aziende faunistico venatorie o che pur non essendo imprenditori agricoli, svolgono comunque attività che non possono essere definite senza fini di lucro, come stabilisce l'articolo 16, comma 1, lettera a) della legge n. 157 del 1992;
l'allevamento di selvaggina, alimentata con mangimi ottenuti dai terreni di cui dispone l'azienda, la vendita della stessa e la concessione dell'esercizio dell'attività venatoria, a terzi, dietro pagamento di un corrispettivo, l'impiego di mezzi e attrezzature prevalentemente agricole, gli interventi agro-forestali volti a mantenere e ricostituire gli habitat, fanno

sì che tali aziende possano essere reinquadrate sul piano giuridico come imprese agricole secondo quanto stabilito dall'articolo 2135 codice civile;
le stesse regioni nei loro regolamenti spesso riconoscono priorità nel rilascio delle concessioni per la gestione di aziende faunistico venatorie proprio a quelle gestite da imprenditori agricoli;
l'attuale formulazione dell'articolo 16, comma 1, lettera a), nonché il mancato chiarimento circa la qualifica dell'attività svolta, stanno creando, pertanto, problemi a tale tipologia di aziende, sia sul piano dell'attuazione della normativa civilistica che su quello della normativa fiscale;
la tutela ambientale e l'attività faunistico venatoria sono oggi strettamente correlate all'attività agricola in virtù del ruolo multifunzionale ad essa attribuita dalla politica agricola comunitaria per cui è opportuno valorizzare il ruolo che tali imprenditori possono svolgere in termini di servizi ambientali a favore dello sviluppo delle aree rurali;
le aziende faunistico venatorie finora finalizzate a svolgere un'attività di tutela ambientale senza scopo di lucro, nell'interesse pubblico, pur trattandosi di riserve private, hanno sviluppato attività e servizi che sono riconducibili, in quanto attività connesse, alla definizione di impresa agricola di cui all'articolo 2135 codice civile;
l'articolo 16 della legge n. 152 del 1992 di disciplina delle aziende faunistico venatorie, a distanza di tempo dalla sua attuazione, appare inadeguato a disciplinare le attività ed il ruolo che le aziende faunistico venatorie qualificabili come imprese agricole svolgono, attualmente, sul territorio;
il riconoscimento dell'attività faunistico venatoria come connessa all'attività agricola consentirebbe agli imprenditori agricoli interessati di poter accedere ai piani di sviluppo rurale con conseguente aumento degli investimenti a fini ambientali, di risolvere l'annoso problema dell'inquadramento fiscale-amministrativo delle attività svolte da tale tipologie di aziende nonché di poter contribuire attivamente allo sviluppo economico ed occupazionale nelle aree rurali -:
se intendano assumere iniziative normative per modificare l'inquadramento giuridico delle aziende faunistico venatorie di cui all'articolo 16 della legge n. 157 del 1992 stabilendo che rientrano tra le attività connesse di cui all'articolo 2135 codice civile, terzo comma, le attività di fornitura di beni e servizi faunistico venatori, svolte da imprese agricole, effettuate mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda prevedendo altresì che le Regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'ISPRA, possano autorizzare regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico venatorie di cui all'articolo 16 della legge n. 157 del 1992, anche aventi scopo di lucro.
(5-06586)

TESTO AGGIORNATO AL 17 APRILE 2012

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il rapporto pubblicato dall'Healthcare-associated infections surveillance network dell'EDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) considera i dati del 2008-2009 (riferiti a 13 Paesi europei) su 655.637 operazioni in 1.785 ospedali;
per l'Italia le statistiche sono state raccolte dal Sistema nazionale di sorveglianza, che fa capo all'area rischio infettivo dell'Agenzia sanitaria dell'Emilia Romagna, su incarico del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm);

dal rapporto emerge che, ogni anno, in Europa, oltre 4 milioni di persone contraggono un'infezione in ospedale e 37mila muoiono per questo motivo;
le infezioni più recenti riguardano le ferite chirurgiche;
non tutte le regioni italiane collaborano alla stesura del rapporto;
nel 2009, anno di uscita della fase di sperimentazione del sistema (iniziata poi nel 2007), hanno aderito al progetto solo 6 regioni, per un totale di 17mila interventi «sorvegliati»;
nel 2010 si è aggiunta una settima regione, che ha permesso di portare a 19.816 gli interventi analizzati;
da questi ultimi dati, risulta che il rischio di infezione sul totale degli interventi è pari, in media, al 2,9 per cento e che il 61,3 per cento delle infezioni viene diagnosticato durante la sorveglianza dopo le dimissioni del paziente;
per alcuni tipi di intervento chirurgico tale percentuale supera però l'80 per cento;
nel 21,5 per cento dei casi le infezioni sono profonde e il 12,5 per cento coinvolge organi e spazi fra gli organi -:
se il Governo intenda promuovere il lavoro dell'ECD presso le regioni, invitandole a fornire per quanto di competenza i dati per un rapporto completo ed esauriente.
(5-06578)

MANCUSO, BARANI e CICCIOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della salute, nel 2008, ha avviato un programma per la ricerca sanitaria sulle malattie rare e, sempre nel 2008, ha lanciato un bando nazionale finanziando 30 progetti di ricerca presentati da enti pubblici che si concluderanno entro il 2014;
in base ad un accordo fra Italia (Istituto superiore di sanità) e Stati Uniti (National institutes of health, NIH), nel 2004 e nel 2006 il Centro malattie rare dell'Istituto superiore di sanità ha lanciato due bandi nazionali per le malattie rare: sono stati finanziati 136 progetti e i risultati sono oggetto di più di 300 pubblicazioni;
nel 2011 la Commissione europea e il NIH hanno istituito il Consorzio di ricerca internazionale sulle malattie rare per condividere ricerche, campioni biologici, registri, informazioni, esperienze;
il Consorzio coordina il lavoro di tutti i ricercatori con l'obiettivo di sviluppare nuovi strumenti diagnostici e 200 nuovi farmaci entro i 2020;
i registri e le bio-banche sono due strumenti fondamentali per lo sviluppo della ricerca sulle malattie rare;
l'Italia è stato il primo Paese europeo, nel 2001, a dotarsi di un registro dedicato e complesso che, oltre a promuovere la ricerca, monitora l'assistenza registrando non solo l'incidenza delle varie patologie sul territorio, ma valutando le «migrazioni» dei pazienti in cerca di cure e stima i ritardi diagnostici;
la collaborazione con il registro europeo non è obbligatoria, quindi funziona nei limiti in cui i dati arrivano in modo completo e regolare dai vari registri nazionali, che a loro volta raccolgono i dati dei centri di cura -:
se il Governo intenda adoperarsi per l'inserimento nello statuto del consorzio di ricerca internazionale sulle malattie rare dell'obbligatorietà di piena collaborazione con il registro europeo;
se il Governo intenda assumere iniziative per stanziare dei fondi dedicati alla ricerca sulle malattie rare;
se il Governo intenda adoperarsi per stringere ulteriori protocolli tra i Paesi europei per una congiunta lotta alle malattie rare e un pieno coordinamento delle politiche di ricerca e dei suoi risultati.
(5-06585)

MANCUSO, BARANI e CICCIOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
uno sbalzo brutale di temperatura, da -196 a +20 gradi, ha provocato la perdita di 94 embrioni conservati all'ospedale San Filippo Neri di Roma, il 1o aprile 2012;
in realtà le coppie di mancati genitori sono 40: in 34 avevano congelato embrioni, 20 avevano congelato 130 ovociti. Alcune coppie, però, avevano fatto entrambe le cose e si arriva, così, a un totale di 40 coppie;
la perdita, quindi, è stata di 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale;
il dolore delle coppie di mancati genitori è, naturalmente immane, soprattutto in considerazione che le donne donanti sono al limite dell'età per quanto riguarda la possibilità di procreazione;
Francesco Impano, direttore tecnico del centro Pma del San Filippo Neri, ha dichiarato: «Presumo che l'allarme abbia funzionato, dato che un ingegnere della società Air Liquide era già sul posto al mio arrivo»;
Alberto Revelli, responsabile del centro della procreazione assistita del sant'Anna di Torino, ha dichiarato che quello accaduto al san Filippo Neri «è un incidente davvero raro, che non dovrebbe accadere se non dopo parecchie ore dal momento delle prime avvisaglie» e che «i biologi hanno, tra le altre responsabilità, di controllare le temperature della stanza fredda e dei bidoni di azoto liquido almeno una volta al giorno»;
il direttore generale dell'azienda ospedaliera San Filippo Neri, Domenico Alessio, sull'incidente ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma e ha contestato quanto accaduto alla ditta responsabile della conduzione e manutenzione dell'impianto di crioconservazione -:
quali siano gli esiti dell'ispezione ordinata dal Ministro presso il san Filippo Neri;
se il Governo intenda assumere iniziative per disciplinare le misure di sicurezza necessarie per i centri di procreazione assistita, perché incidenti del genere non accadano mai più.
(5-06590)

MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2012 viene data notizia di un fatto avvenuto alcuni giorni prima presso il centro procreazione medicalmente assistita (PMA) del San Filippo Neri di Roma: un guasto all'impianto di crioconservazione ha comportato la perdita di tutto il materiale biologico contenuto e cioè 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale;
l'ispezione del Centro nazionale trapianti (CNT) al centro procreazione medicalmente assistita ha prodotto un rapporto che sinteticamente è presente nel sito del Centro nazionale trapianti e fa sorgere una serie di problematiche quali:
la società AirLiquide che gestisce l'impianto, verifica «da remoto» che il livello di azoto alle 14.15 di domenica 25 marzo era di 590 litri ed alle 00.20 di lunedì 26 marzo era di 280 litri: se in 10 ore il livello è diminuito di 300 litri non si poteva immaginare di arrivare al rifornimento previsto per il 27 marzo mattina mantenendo l'impianto funzionante;
va chiarito quali servizi od uffici doveva allertare il sistema di allarme che risulterebbe funzionante;
la sorveglianza dei tank sarebbe affidata al personale del Centro trasfusionale dell'ospedale San Filippo Neri ma occorre chiarire quali verifiche erano previste dai programmi di sorveglianza;

le lacune organizzative del Centro appaiono gravissime e tali da giustificare la valutazione sul mantenimento della autorizzazione al funzionamento -:
quali iniziative urgenti il Ministro, stante le proprie competenze, abbia assunto singolarmente nonché con la regione Lazio e con il Centro nazionale trapianti al fine di individuare le responsabilità e superare le disfunzioni che si sono verificate nei giorni di fine marzo 2012.
(5-06592)

BOSSA e MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 450 del 1998 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 1999, ha finanziato un programma pluriennale per la costruzione di hospice sull'intero territorio nazionale ed a distanza di 12 anni si rende necessario accertare a che punto di attuazione si trova il programma finanziato, in particolare è necessario conoscere quante strutture siano state progettate in ciascuna regione, quanti finanziamenti siano stati attivati, quante risorse siano state effettivamente liquidate e quanti hospice finanziati con la citata disposizione siano stati attivati ed infine quanti siano gestiti direttamente dalle aziende sanitarie e quanti siano affidati in gestione a soggetti privati;
in particolare nella regione Campania e nella provincia di Caserta, i ritardi nella attuazione del programma di interventi priva i cittadini di servizi essenziali per l'assistenza in una condizione di sofferenza che non può essere tollerata e, pertanto, si rende necessario una ricognizione puntuale di quanto avvenuto con i fondi della legge n. 39 del 1999 allo scopo di far conoscere le ragioni puntuali dei ritardi alle associazioni che inutilmente da tempo reclamano la nomina di un commissario ad acta, come di recente ha chiesto l'associazione «Gli Amici di Eleonora»;
peraltro, sul tema, sono state presentate numerose interrogazioni nei vari livelli istituzionali allo scopo di sollecitare l'applicazione delle norme vigenti e delle risorse assegnate alla regione Campania per detta finalità, nella consapevolezza che la mancanza di servizi e strutture appropriate rischia di produrre ricoveri impropri o di lasciare i cittadini privi di adeguata assistenza e soli di fronte al dolore in fase terminale della vita -:
quale sia la situazione dei finanziamenti assegnati per ciascuna regione per le finalità della legge n. 39 del 1999, il numero degli hospice programmati e la rispettiva capienza in posti letto, i finanziamenti erogati, le strutture/posti letto costruiti e le strutture/posti letto attivati in gestione diretta della ASL o in gestione affidata in appalto a soggetti privati;
in particolare per la regione Campania quali siano le ragioni dei ritardi nella attuazione del programma per ciascuna struttura inserita nella programmazione e la stima di prevedibile attivazione degli hospice già previsti -:
se intenda accertare, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario, quale sia l'elenco delle strutture hospice private accreditate e non con il servizio sanitario regionale operanti nella regione Campania completo della data di autorizzazione al funzionamento di ciascuna struttura.
(5-06594)

MANCUSO, BARANI e CICCIOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
lo scorso febbraio il professor Claudio De Vincenti si è dimesso dalla carica di consigliere d'amministrazione all'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per assumere la carica di sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico;
in sua sostituzione è stato nominato, il 16 febbraio 2012, consigliere di amministrazione dell'AIFA il professor Silvio Garattini;

il professor Silvio Garattini è direttore dell'istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri», presidente del consiglio di amministrazione del consorzio «Mario Negri Sud», direttore e vicepresidente del Mario Negri Institute Foundation;
gli istituti «Mario Negri» e «Mario Negri Sud» sarebbero esposti finanziariamente con una posizione debitoria particolarmente consistente;
nel 2006 gli istituti «Mario Negri» e «Mario Negri Sud» avrebbero ricevuto da AIFA un finanziamento per oltre 15 milioni di euro, a fronte del quale, a oggi, non risulta completato alcuno studio finanziato;
la maggioranza dei finanziamenti provenienti dall'AIFA sono stati ottenuti dagli istituti «Mario Negri» e «Mario Negri Sud» quando il professor Garattini era presidente della commissione ricerca e sviluppo dell'AIFA stessa -:
se il Governo intenda valutare se la nomina del professor Garattini a consigliere di amministrazione di AIFA, che comporta la deliberazione delle autorizzazioni all'immissione in commercio dei farmaci e la valutazione dei progetti di ricerca, sia compatibile con lo status di chi deve, altresì, giudicare la prosecuzione dei finanziamenti dei progetti di cui si avvale il proprio istituto e le autorizzazioni all'immissione in commercio di possibili propri sponsor.
(5-06595)

Interrogazioni a risposta scritta:

TIDEI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella ASL RMF di Civitavecchia è stato istituito nel 1999 un ambulatorio di analisi Bioenergetica, poi trasformato, per gli ottimi risultati ottenuti, in unità operativa sperimentale di analisi fisica;
questa unità operativa ottiene risultati entusiasmanti nella risoluzione definitiva del dolore nella patologia muscolo-scheletrica, che, per la sua diffusione, sappiamo è la prima causa di spesa del SSN, ed anche per l'INPS, perché è la causa più frequente di assenza dal lavoro per malattia;
i risultati sono di tale rilevanza che tale reparto ha una mobilità attiva che supera il 70 per cento, ed addirittura una mobilità interregionale del 20 per cento;
con questa terapia, unicamente fisica, senza ricorrere a farmaci né ad interventi operatori, quindi praticamente senza costi per il SSN, si ottiene la risoluzione completa, e quindi definitiva, del dolore da ernia e protrusione del disco intervertebrale; ed infatti la maggior parte dei pazienti che accedono al servizio sono plurioperati, che non avendo ottenuto risultati, neanche con più di un intervento operatorio, guariscono invece con tale tecnica -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno accertare se tali circostanze corrispondono al vero, e, se tale tecnica di cura può essere vantaggiosa per i pazienti e per le finanze dello Stato, se intenda promuovere una sperimentazione clinica sotto il controllo ministeriale.
(4-15675)

BARANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferito da agenzie di stampa, siti internet e giornali locali e nazionali dopo i decessi sospetti dei pazienti, Bruno Marcello Manfredi e Maria Maida Signorini, operati presso l'ospedale Versilia, avvenuti

in conseguenza del cedimento dei punti di sutura, che sono stati attribuiti dai responsabili dell'assessorato alla sanità della regione Toscana alla suturatrice meccanica utilizzata durante l'intervento effettuato in laparoscopia;
nessun cenno nei comunicati ufficiali viene fatto sull'esperienza professionale dell'equipe chirurgica che ha effettuato l'intervento scegliendo la ben più impegnativa via dell'approccio in laparoscopia piuttosto che la via tradizionale «a cielo aperto»;
la correttezza e l'onestà intellettuale avrebbero voluto secondo l'interrogante che, prima di attribuire responsabilità ad uno strumento meccanico, si escludessero responsabilità professionali;
l'interrogante vorrebbe pertanto essere sicuro che i chirurghi coinvolti abbiano superato un congruo periodo di tutoraggio guidati da colleghi esperti nelle tecniche laparoscopiche;
si deve verificare se a livello regionale venga adottato un regolamento che precisi quando un chirurgo può ritenersi autonomo nelle procedure molto complesse ed impegnative, come quella di cui si parla;
le due suturatrici meccaniche della Johnson & Johnson presenti al Versilia sono state sequestrate dalla magistratura, in seguito alla morte del paziente avvenuta il 26 marzo 2012, le altre sei macchine suturatrici della stessa marca, presenti a Siena, 2 a Careggi, 4 sono state ritirate cautelativamente dalla stessa ditta produttrice;
appena ricevuta la notizia del decesso della paziente il Centro gestione rischio clinico della regione Toscana si è attivato immediatamente, effettuando una verifica in tutte le strutture sanitarie pubbliche: dalla quale è risultato che questi dispositivi (ad eccezione degli otto sequestrati o ritirati) non sono più in uso;
come denunciato sul quotidiano la Nazione del 10 aprile 2012, dal consigliere comunale di Massa, Stefano Benedetti, secondo una fonte autorevole i decessi a seguito di complicanze post operatorie, nel 2011 potrebbero essere state addirittura 45 senza un'apparente spiegazione;
come si è letto sulla stampa locale del 4, 5 e 6 aprile 2012, alcuni primari di reparti chirurgici e diversi dirigenti medici di quei reparti degli ospedali di Massa e Carrara hanno fatto una dura denuncia sostenendo, a ragione, che lasciando i doppioni di reparti nei 2 nosocomi, per la scarsità di personale, attrezzature suddivise tra Massa e Carrara e per le ristrettezze economiche successive alla scoperta del «buco» di quasi 300 milioni nella Asl 1 della Toscana, non riescono più a garantire sicurezza, assistenza e appropriatezza di cure per gli ammalati e regolarità di turni e numero sufficiente di personale sanitario;
tale situazione denunciata pubblicamente dai medici dei due ospedali, almeno sulla stampa e ai due sindaci di Massa e Carrara e forse comunicato al direttore generale dell'Asl 1, risultano dannose è contro gli interessi del malato e si sanerebbe con una corretta assistenza accorpando subito i reparti doppi o a Massa o a Carrara;
tali gravi situazioni riportate e i casi di interventi non ben riusciti e di complicanze pre-durante e post-operatorie hanno generato forse molti morti come denunciato sui quotidiani;
uno studio del Sant'Anna di Pisa asserisce che gli abitanti dell'Asl 1 hanno una aspettativa di vita inferiore al resto della Toscana e molti mesi di vita in meno e una delle cause sia quanto letto dai giornali -:
di quali elementi il Ministro disponga in relazione a quanto sopra rappresentato e se intenda accertare, alla luce di quanto riportato in premessa, con puntualità se siano rispettati tutti i livelli essenziali di assistenza LEA nell'area ricordata in premessa. (4-15690)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:

AGOSTINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi a seguito di un accertamento effettuato da funzionari

della asur area vasta n. 5 di Ascoli Piceno presso l'ufficio postale sito nel comune di Spinetoli (Ascoli Piceno),il direttore delle poste di Ascoli Piceno ha disposto la chiusura in via temporanea dell'ufficio postale di Spinetoli;
da tale verbale risulterebbero delle lievi irregolarità di carattere igienico sanitarie;
dalla lettera del direttore delle poste con cui si dispone la chiusura in via temporanea, non risultano né le disposizioni per effettuare i lavori di manutenzione che ripristinerebbero il corretto funzionamento dell'ufficio né la data di riapertura dell'ufficio stesso, che sempre secondo tale disposizione dovrebbe chiudere il giorno 21 aprile 2012;
sia il comune di Spinetoli, che il proprietario dell'immobile su cui insiste l'ufficio postale hanno dichiarato la propria disponibilità ad effettuare a spese proprie i lavori occorrenti per il ripristino del corretto funzionamento;
il comune di Spinetoli conta circa 7500 abitanti, e che ha avuto un incremento demografico molto consistente negli ultimi dieci anni (raddoppiando il numero di abitanti), ed è uno dei pochi comuni della provincia di che continuano ad aumentare il numero di abitanti;
nel comune di Spinetoli insistono le sedi dei servizi sociali dei comuni associati della vallata del Tronto, e la sede universitaria distaccata di scienze politiche dell'università di Macerata, e quindi una chiusura dell'ufficio postale arrecherebbe grave danno non solo della popolazione anziana ma anche ai servizi sopra citati;
molti cittadini hanno scelto di aprire conti correnti postali perché le sedi di istituti bancari sono lontani dal capoluogo del comune;
martedì 10 aprile 2012 si e tenuta un'assemblea popolare che ha protestato in maniera decisa contro l'eventuale chiusura dell'ufficio postale, chiedendo al sindaco di mettere in atto tutte le iniziative possibili affinché venga scongiurata tale chiusura, e se ciò non avvenisse i cittadini si assumerebbero la responsabilità di iniziative eclatanti di protesta che creerebbero senz'altro preoccupazione per l'ordine pubblico -:
se il ministero possa intervenire presso la direzione generale delle poste italiane per capire quali siano le esatte ragioni della decisione assunta;
se l'amministrazione postale autorizzi rapidamente i lavori per il ripristino dei locali adibiti ad ufficio postale, o in via subordinata autorizzi il comune, o il proprietario dell'immobile ad effettuarli a proprie spese;
se oltre alla data di chiusura temporanea prevista per il 21 aprile 2012 possa essere indicata in maniera perentoria la data di riapertura dell'ufficio.
(4-15672)

...

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

La mozione Vernetti e Brugger n. 1-00996, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dagli onorevoli: Tempestini, Pianetta, Volontè, Menia, Adornato, Barani, Biancofiore, Binetti, Bobba, Boccuzzi, Calgaro, Carella, Castagnetti, Codurelli, Colombo, Concia, Di Virgilio, Esposito, Farinone, Giulietti, Gnecchi, Losacco, Lusetti, Marini, Mosella, Nucara, Oliverio, Santori, Servodio, Strizzolo, Touadi. Conseguentemente l'ordine delle firme deve intendersi così modificato «Vernetti, Tempestini, Pianetta, Volontè, Menia, Brugger, Adornato, Barani, Biancofiore, Binetti, Bobba, Boccuzzi, Calgaro, Carella, Castagnetti, Codurelli, Colombo, Concia, Di Virgilio, Esposito, Farinone, Giulietti, Gnecchi, Losacco, Lusetti, Marini, Mosella, Nucara, Oliverio, Santori, Servodio, Strizzolo, Touadi».

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli e altri n. 5-06486, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bergamini n. 5-06092 del 2 febbraio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-15545 del 29 marzo 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06588.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

DE CAMILLIS. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la città sannitica romana Saepinum-Altilia, situata nella Valle del Tammaro, in Molise, è un monumento archeologico che ha 2.500 anni di storia, una pietra preziosa del panorama italiano, un luogo incredibilmente conservato e totalmente visibile; un sito non meno importante di quello di Pompei, anche se meno conosciuto, che il nostro Paese ha il dovere di tutelare al massimo;
nel 2006 l'area venne dichiarata di «rilevante interesse archeologico»; un anno più tardi, però, la Essebiesse Power srl ottenne l'autorizzazione per la costruzione di un impianto eolico con 16 pale, che sarebbero dovute sorgere a due passi dalle mura della città sannitica;
il Tar Molise, il 24 marzo 2011, ha emesso le sentenze di merito n. 132/2011, n. 133/2011 e n. 134/2011, con cui ha respinto i ricorsi della Essebiesse Power srl e dei comuni di Cercepiccola, S. Giuliano del Sannio e Cercemaggiore, che sanciscono la primazia del diritto pubblico del valore di Saepinum-Altilia. Grazie all'approvazione e all'entrata in vigore della legge regionale n. 23 del 23 dicembre 2010 che ha salvaguardato la Valle del Tammaro per le sue elevate valenze storiche, paesaggistiche e archeologiche, i ricorsi della ditta e dei comuni furono dichiarati improcedibili per difetto di interesse. Nelle sentenze il TAR riconobbe al Molise di aver già ampiamente superato le percentuali di produzioni di energia da fonti rinnovabili richieste dall'Unione europea e di aver già sopportato un impatto ambientale notevole. Ritenne inoltre manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata sulla legge regionale n. 23 del 2010, menzionando a supporto giuridico della propria tesi l'articolo 9 della Costituzione, il diritto delle regioni ad approvare leggi di tutela paesaggistica e il disposto del codice nazionale dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Il TAR Molise aggiunse, inoltre, che potevano essere revocate concessioni già rilasciate in aree sottoposte a vincolo ambientale e che in dette zone tutelate non potevano essere rilasciate autorizzazioni;
a supporto della sentenza del TAR va precisato, infatti, che il Molise conta già 500 impianti eolici in attività che producono il 70 per cento del fabbisogno energetico annuale con una percentuale di gran lunga superiore al limite del 20 per cento dall'Unione europea per il 2020 sulle fonti rinnovabili;
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 07761/2010, discussa l'8 ottobre 2010 e pubblicata il 7 luglio 2011 ha di fatto stravolto quanto deciso dal Tar Molise, autorizzando la realizzazione del parco eolico. Si tratta una sentenza clamorosa che permette all'azienda di riprendere l'iter per l'installazione delle 16 torri nei comuni di Cercepiccola, San Giuliano e

Sepino, per dotare il Molise di ulteriori 32 megawatt di energia eolica;
per la difesa del sito archeologico di Altilia si sono mobilitate organizzazioni nazionali e internazionali, una rete di 95 associazioni ambientaliste e culturali, comitati, organizzazioni professionali e sindacali. Da diversi giorni è stato allestito anche un presidio permanente proprio sul sito archeologico a difesa della sua integrità; tra l'altro, è notizia di questi giorni il fatto che i lavori per l'avvio delle installazioni delle 16 pale eoliche siano stati interrotti dalla mobilitazione delle associazioni, dei movimenti, della Rete contro l'eolico selvaggio che raggruppa decine e decine di sigle che corrispondono a centinaia e centinaia di persone che hanno a cuore le sorti della terra molisana. Da fonti di stampa si apprende, infatti, che nella mattinata del 22 luglio 2011 diversi cittadini hanno fermato le ruspe e diffidato l'impresa che avrebbe dovuto eseguire i lavori per aver attivato un cantiere non autorizzato e per aver effettuato interventi non consentiti a danno del territorio;
sempre da fonti di stampa locale Il Tempo del 22 luglio 2011, si evidenzia che durante gli scavi appena avviati è stata rinvenuto, di fronte ad una platea di testimoni, un frammento di tegola ellenica-romanica, che ha costretto la Soprintendenza, di fronte alle forze dell'ordine, a fermare il cantiere e a interdirlo per i giorni successivi;
l'allora Ministro per i beni e le attività culturali Bondi si era già speso a favore della salvaguardia del parco archeologico di Saepinum-Altilia: nello scorso novembre aveva infatti dichiarato, in una nota ufficiale, forte preoccupazione nonostante «il diverso avviso del Consiglio di Stato» ed aveva aggiunto di condividere «l'allarme di esponenti di associazioni e di innumerevoli cittadini che non vogliono credere che non il caso o calamità naturali, ma volontà politiche, scelte legislative e sentenze di tribunali condannino a morte e deturpino in modo irrimediabile un sito archeologico non meno importante di Pompei, anche se meno conosciuto». Il Ministro aveva altresì annunciato l'intenzione di convocare un tavolo istituzionale sulla questione presso il Ministero -:
se intenda verificare con urgenza la possibilità di adottare iniziative straordinarie per bloccare l'installazione delle 16 torri eoliche nella Valle del Tammaro, a tutela del sito archeologico di Saepinum-Altilia, nell'ambito della tutela del paesaggio di cui all'articolo 9 della Costituzione.
(4-12806)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente la realizzazione, da parte della società Essebiesse Power s.r.l., di un impianto eolico da 32 MW, costituito da sedici torri dell'altezza di circa 130 metri, nell'alta valle del fiume Tammaro, su un crinale prospiciente la città romana di Saepinum e a ridosso di un antico tratturo.
Al riguardo, sulla base delle documentate indicazioni fornite dai competenti uffici, si rappresenta quanto segue.
La vicenda oggetto dell'atto di sindacato ispettivo trae origine dalla nota inviata in data 11 maggio 2005 dalla società Essebiesse Power a r.l. alla soprintendenza per i beni archeologici del Molise, con la quale si trasmetteva il progetto di un impianto eolico da realizzarsi nei territori dei comuni di Cercepiccola e S. Giuliano del Sannio. L'area prescelta per la localizzazione dell'impianto, sia in territorio di San Giuliano del Sannio (ove interessava le località «Castagna» e «Serre») sia in territorio di Cercepiccola (ove interessava le località «Cardete» e «Rovere»), è costituita dai crinali di una serie di colline che chiudono, verso Nord-Est, la valle del fiume Tammaro, entro la quale è adagiata l'antica città romana di
Saepinum.
Su tale progetto, il soprintendente per i beni archeologici
pro tempore si espresse favorevolmente con nota n. 3789 del 18 maggio 2005, sull'assunto che l'area interessata dall'impianto non presentasse evidenze di interesse archeologico.


Di diverso avviso si mostrò viceversa il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, il quale comunicò alla presidenza della regione Molise, con nota n. 3233 dell'11 agosto 2005, l'annullamento, in autotutela, della nota di autorizzazione all'impianto, emessa il 18 maggio 2005 dal soprintendente per i beni archeologici.
In data 22 agosto 2005, a seguito di segnalazioni effettuate da privati circa la presenza di reperti archeologici, il soprintendente per i beni archeologici del Molise, assistito da alcuni funzionari, effettuò un sopralluogo nell'area prescelta per la localizzazione dell'impianto eolico, individuandovi un antico percorso tratturale, ancora connotato dal toponimo «strada comunale tratturo», nonché, lungo il suo tracciato, aree di giacenza di frammenti di tegole e cocci, probabile segno di un qualche insediamento lungo il percorso, forse costituito da una
villa rustica o da una mansio.
Frattanto il direttore regionale, con nota n. 2921 del 21 luglio 2005, aveva segnalato all'Assessore regionale ai beni ambientali l'intendimento di avviare il procedimento per l'imposizione del vincolo paesaggistico proprio sui comuni di San Giuliano del Sannio, Cercepiccola e Cercemaggiore, anche al fine di salvaguardare l'incontaminato contesto paesaggistico «che incornicia il gioiello archeologico, monumentale e paesaggistico di Sepino-Altilia».
Con successiva nota n. 3963 del 29 settembre 2005, indirizzata al capo del dipartimento per i beni culturali e paesaggistici del Ministero, la medesima direzione regionale, dopo aver tracciato una breve cronistoria in merito alle vicende concernenti la tutela paesaggistica dei territori di Cercemaggiore, Cercepiccola e San Giuliano del Sannio (risalenti al 1996 e già approdate ad un primo vincolo nel 1998, poi annullato dal tribunale amministrativo regionale Molise), ripropose, pertanto, l'emanazione, per i detti comuni, di un vincolo paesaggistico riguardante il loro intero territorio.
A seguito di ulteriori ricognizioni territoriali ed indagini archeologiche effettuate fra la fine del 2005 ed i primi mesi del 2006, la soprintendenza per i beni archeologici accertò che il
tratturello ancora ben visibile individuato nel corso del sopralluogo dell'agosto 2005 era la testimonianza di un percorso viario antico che si sviluppava sul crinale della collina, individuata con il toponimo «la Castagna», su cui si sarebbero dovute collocare le pale eoliche dell'impianto della Essebiesse s.r.l.
Pertanto, al fine di salvaguardare l'antica testimonianza - uno dei pochi ed antichi assi riconosciuti della viabilità minore - sul tratturo in questione venne proposto il vincolo archeologico per l'intero suo tracciato ancora completamente leggibile (pari a circa 4.7 chilometri) e, ai due lati dello stesso, venne proposta la creazione di una fascia di tutela indiretta e diretta della profondità di 20 metri su ciascun lato.
La proposta, formalizzata con nota dell'8 marzo 2006, venne approvata dal comitato regionale di coordinamento nella riunione del 9 marzo 2008, e il relativo procedimento venne formalmente avviato mediante comunicazione ai comuni interessati con note del 20 marzo 2006, n. 2224 e n. 2225.
In data 26 giugno 2006, con decreto n. 10 del Direttore regionale, in esito al suddetto procedimento, venne quindi dichiarato l'interesse archeologico particolarmente importante della «Strada comunale Tratturo» e venne altresì decretata la costituzione di una fascia di rispetto, della profondità di 20 metri, su ciascuno dei lati del percorso tratturale, nella quale era inibito ogni «intervento che ne alteri la fisionomia».
Successivamente, in data 6 dicembre 2006, il direttore regionale inviò alla Essebiesse Power s.r.l. la nota n. 4889, con la quale si ribadiva che «malgrado in precedenza sia stato rilasciato un parere favorevole dalla Soprintendenza (...) all'attuazione del progetto (...) poiché successivamente a tale assenso sono emersi elementi di interesse archeologico, storico e culturale sul percorso del crinale sulla base dei quali è stato apposto il vincolo (Decreto n. 10 del 26 giugno 2006) (...) che si allega in copia (...) si diffida codesta ditta dall'esecuzione del progetto medesimo che a quanto risulta

in atti, utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti».
La Essebiesse S.r.l. inviò quindi alla soprintendenza per i beni archeologici in data 11 dicembre 2006 una variante progettuale con la quale veniva prevista una diversa collocazione dei singoli aerogeneratori, che rimanevano comunque distribuiti lungo la «Strada comunale Tratturo» (di cui si prospettava l'utilizzo come strada di cantiere e come tracciato per la posa in opera del cavidotto di vettoriamento dell'energia prodotta dall'impianto), ma al di fuori della fascia di rispetto imposta dal vincolo, misurata dal ciglio della strada.
A questo punto, nonostante il chiaro tenore della citata nota del Direttore regionale del 6 dicembre 2006, il soprintendente per i beni archeologici, con lettera n. 9537 dello stesso 11 dicembre 2006, confermò alla Essebiesse power s.r.l. «il parere favorevole già espresso (scil.: alla realizzazione dell'impianto eolico) salvo che qualsiasi lavoro dovrà essere seguito da personale della Sopraintendenza (...) Il fratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei lavori.
Anche questo secondo parere favorevole venne peraltro annullato in autotutela dal direttore regionale, con nota n. 6108 del 15 dicembre 2006.
Successivamente, il Tribunale amministrativo regionale Molise, adito con ricorso dalla società interessata, nominò con sentenza n. 202 del 4 aprile 2007 un commissario
ad acta, con il compito di procedere all'esame degli atti e provvedere, se del caso, al rilascio dell'autorizzazione unica, prevista dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 387 del 2003, per la costruzione e l'esercizio dell'impianto eolico di che trattasi.
Il Commissario nominato rilasciò la detta autorizzazione con atto n. 1000/CAA del 28 giugno 2007, ritenendo acquisiti, per quel che riguardava i profili di compatibilità dell'impianto con i conclamati interessi archeologici presenti nell'area, i pareri favorevoli resi dal soprintendente per i beni archeologici del Molise con le note n. 3789 del 18 maggio 2005 e n. 9537 dell'11 dicembre 2006 (e ciò nonostante i detti pareri fossero stati annullati in autotutela, come detto, dal direttore regionale).
Inoltre - in contrasto con le prescrizioni del vincolo archeologico disposto con decreto n. 10 del 2006, che vietava ogni intervento nella fascia di rispetto di 20 metri delimitata ai due lati della «Strada comunale Tratturo» - il provvedimento del commissario
ad acta giudicava assentibile la variante progettuale in base alla quale «il cavidotto da 20 KV viene spostato dal tratturo, ivi previsto originariamente, a distanze che vanno da 3.00 m a 10,00 m dal ciglio dello stesso ed a profondità di 1.50 m con le dovute schermature».
Infine, in merito alla compatibilità del detto impianto con i valori paesaggistici del contesto, in corso di tutela su iniziativa della direzione regionale, il medesimo provvedimento autorizzatorio si esprimeva affermando che «non vi è dubbio che gli attuali impianti eolici possono costituire anche un ornamento al paesaggio naturale».
Intanto, la direzione regionale aveva continuato a coltivare l'
iter per il riconoscimento del rilevante interesse paesaggistico dell'area, pervenendo il 12 luglio 2007, con lettera n. 2790, a formalizzare la richiesta alla commissione per il paesaggio della regione Molise di procedere all'esame della proposta di tutela paesaggistica relativa agli interi territori, di incontaminata bellezza, dei comuni di Cercepiccola, Cercemaggiore e S. Giuliano del Sannio.
Successivamente, il 31 ottobre 2007, preso atto della circostanza che la regione Molise non aveva ritenuto di procedere alla convocazione della detta Commissione per l'esame della proposta di vincolo, la direzione regionale diede avvio direttamente, con lettera n. 4170, all'
iter procedimentale per l'imposizione del vincolo paesaggistico sui territori dei comuni sopramenzionati.
Dal canto suo, la Essebiesse s.r.l, conseguita mediante il commissario
ad acta l'autorizzazione unica, comunicò alla soprintendenza per i beni archeologici, con lettera n. 2210/10.13 del 22 ottobre 2007,

che i lavori per la realizzazione del parco eolico sarebbero iniziati il giorno 10 dicembre 2007.
In data 28 novembre 2007 la medesima società ottenne inoltre dalla Soprintendenza per i beni archeologici l'autorizzazione, resa con nota n. 9501, a sistemare con misto di cava l'esistente tratturo che attraversa il parco eolico, alla sola condizione di mantenerne le caratteristiche dimensionali esistenti. Tale autorizzazione veniva rilasciata in considerazione della circostanza «che la sistemazione del tratturo con misto di cava è indispensabile per la sicurezza del passaggio degli automezzi necessari, che non sussistono tracce dell'antica sistemazione del tratturo stessa e che tale sistemazione non modifica la conservazione delle caratteristiche specifiche tutelate dal vincolo di interesse storico-archeologico».
Peraltro, avverso l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario
ad acta e gli atti ad essa presupposti erano stati presentati ricorsi in sede giurisdizionale dall'associazione Italia Nostra, dalla Provincia di Campobasso, dall'associazione Coldiretti.
A seguito di tali iniziative, il tribunale amministrativo regionale del Molise, con ordinanza n. 425 del 5 dicembre 2007, dispose la sospensione dei lavori per la realizzazione del parco eolico. Successivamente, con sentenza n. 115 del 2009, il medesimo tribunale amministrativo accolse i ricorsi e annullò l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario
ad acta, riconoscendo la legittimità dell'operato del direttore regionale che aveva annullato i due atti di assenso all'impianto espressi dal soprintendente per i beni archeologici con le richiamate note n. 3789 del 2005 e n. 9537 del 2006.
Nel frattempo, con nota n. 10520 del 3 dicembre 2008, la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise aveva trasmesso al Ministero la formale proposta di vincolo paesaggistico per i territori di San Giuliano del Sannio, Cercepiccola e Cercemaggiore; proposta che sarebbe stata poi seguita dal formale provvedimento di vincolo del 23 luglio 2009.
La decisione del tribunale amministrativo regionale del Molise che aveva annullato l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario
ad acta venne tuttavia ribaltata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1020 del 2010, sulla base di una rappresentazione dei dati di fatto che appare però non del tutto completa. E invero, nella pronuncia si afferma che «sull'area oggetto di intervento non esiste vincolo archeologico», senza considerare quanto disposto dal citato decreto n. 10/2006, che aveva sottoposto a tutela oltre che il percorso tratturale, anche una fascia di terreno della profondità di 20 metri, «su entrambi i lati (scil.: del tratturo) per conservare e garantire la sua leggibilità nel territorio», ossia nella fascia sulla quale il commissario ad acta aveva assentito che venisse collocato il cavidotto di vettoriamento dell'energia prodotta dall'impianto. Tale conclusione appare essere basata non già sul contenuto del provvedimento di vincolo archeologico n. 10 del 2006, ma sulle note del soprintendente archeologo n. 9501 del 2007 e n. 1577 del 2008, ancorché difformi rispetto alle prescrizioni imposte con il vincolo.
A questo punto, la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, con nota n. 1013 dell'8 marzo 2010, dispose l'inibizione della ripresa dei lavori di realizzazione dell'impianto eolico, sulla base degli articoli 28 e 150 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, che consentono di vietare l'inizio dei lavori, ovvero di disporne la sospensione, anche se già iniziati, qualora essi siano di danno per le caratteristiche di pregio culturale o paesaggistico di una determinata località.
Con nota n. 1086 del 12 marzo 2010, il medesimo Ufficio segnalò inoltre alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Campobasso la vicenda concernente le autorizzazioni rilasciate dal soprintendente per i beni archeologici, con le quali di fatto si era consentito di arrecare danno a un bene vincolato quale era la «Strada comunale Tratturo».
L'impresa presentò peraltro ricorso al Consiglio di Stato avverso il provvedimento di inibizione della ripresa dei lavori, ritenendo che l'atto fosse emesso in violazione del giudicato costituito dalla sentenza n. 1020/2010.


Il ricorso venne accolto con la sentenza n. 3851/2010, ove si afferma l'illegittimità della sospensione dei lavori disposta dal direttore regionale in quanto lesiva dell'affidamento dell'impresa che, avendo già ricevuto un'autorizzazione alla trasformazione dei luoghi, non poteva «vedere rimessa in discussione la validità ed eseguibilità del titolo edilizio per effetto del sopravvenuto vincolo paesaggistico».
La soprintendenza per i beni archeologici aveva intanto avviato con note del 9 aprile 2010, n. 2370, e del 28 aprile 2010, n. 2861 nuovi procedimenti di vincolo volti ad ampliare l'area tutelata intorno al tratturo.
A tali note fecero seguito, al termine dei relativi procedimenti, i vincoli imposti dal direttore regionale con decreti n. 23 del 18 agosto 2010 e n. 25 del 23 agosto 2010.
Anche avverso tali atti la Essebiesse s.r.l. propose ricorso al Consiglio di Stato per violazione del precedente giudicato.
Con la sentenza n. 7761 del 3 novembre 2010, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, stabilì che le prescrizioni di tutela dettate con i provvedimenti impugnati per salvaguardare il contesto agrario attraversato dal tracciato dell'antico tratturo, nella misura in cui rendevano impossibile la realizzazione dell'impianto eolico assentito con l'autorizzazione unica del commissario
ad acta n. 1000/CAA del 2007, dovevano ritenersi inapplicabili alla Essebiesse Power s.r.l., legittimata ad essere salvaguardata nel suo affidamento circa la realizzabilità dell'intervento.
Il direttore regionale intervenne quindi di nuovo, rispettivamente con provvedimento n. 4952 del 15 novembre 2010 e con provvedimento n. 5216 del 1o dicembre 2010, ad inibire, dapprima in via provvisoria, e poi in via definitiva, l'inizio dei lavori, avendo verificato che la palificazione dell'impianto eolico era stata dislocata ad una distanza dall'antico tratturo inferiore a quella minima prescritta dalle linee-guida, dettate dalla regione Molise con delibera di giunta regionale n. 1074 del 16 novembre 2009 (entrata in vigore dopo che l'impianto eolico in discussione era stato autorizzato con il più volte citato provvedimento n. 1000/CAA del 2007, ma prima del febbraio 2010, data di emanazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1020, e quindi prima del formarsi del relativo giudicato e dell'insorgere dell'affidamento nell'impresa nella eseguibilità dei lavori autorizzati).
Il ricorso avverso tali provvedimenti proposto dalla Essebiesse s.r.l., sempre per violazione del precedente giudicato, venne ancora una volta accolto dal Consiglio di Stato con sentenza n. 4037 del 5 luglio 2011.
Nel frattempo, il consiglio regionale del Molise aveva approvato la legge 23 dicembre 2010, n. 23, con la quale non solo si sanciva l'inidoneità della vallata del Tammaro, e dei rilievi che la delimitano, alla localizzazione di impianti eolici (articolo 1, comma 1, lettera
a)), ma si disponeva altresì che la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili fosse esclusa in tutte le aree della regione sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico o storico-artistico (articolo 1, comma 1, lettera b)).
La richiamata legge regionale venne, tuttavia, impugnata in via d'azione dallo Stato innanzi alla Corte costituzionale, per violazione del principio, sancito dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, emanato il 10 settembre 2010, con il quale è stato stabilito che le regioni possano individuare siti del loro territorio inidonei alla localizzazione di impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, ma che tale individuazione debba avvenire con provvedimenti puntuali e motivati specificamente.
Il ricorso in argomento è stato recentemente accolto dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 308 dell'11 novembre 2011, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'impugnato articolo 1, comma 1, lettere
a) e b), della legge in parola.
Intanto il pubblico ministero operante presso il tribunale di Campobasso, cui la direzione regionale aveva trasmesso, come detto, fin dal marzo del 2010, tutte le informazioni in suo possesso sulla vicenda in argomento, aveva richiesto ed ottenuto, dall'ufficio del giudice per le indagini preliminari, la sottoposizione a sequestro penale

dell'area già sottoposta a vincolo archeologico con decreto n. 10 del 2006. Il decreto di sequestro del 30 marzo 2011, depositato il 5 aprile 2011, evidenziava la sussistenza sia del fumus di reato sia del «pericolo che - se lasciato nella disponibilità degli autori dei lavori - il tratto di strada interessato possa essere definitivamente cancellato dal punto di vista delle sue peculiarità storiche ed archeologiche: continuando i lavori, il tratturo sarà sicuramente compromesso e il vincolo apposto completamente svuotato.
Nonostante il provvedimento del giudice penale, la Essebiesse Power S.r.l., con nota n. 1907/10.00 del 19 luglio 2011, comunicò che, a seguito delle quattro sentenze del Consiglio di Stato a sé favorevoli (n. 1020/2010, n. 3851/2010, n. 7761/2010 e n. 4037/2011), aveva iniziato, già dal 18 luglio 2011, i lavori di realizzazione del parco eolico e che il giorno 21 luglio 2011 avrebbe dato avvio all'esecuzione dei lavori di scavo relativi alla realizzazione dei pali n. 10 e 11, richiedendo, per lo scavo, l'assistenza di un archeologo.
A tale lettera il direttore regionale rispose con la nota n. 3391 del 20 luglio 2011, con la quale dispose la sospensione dei lavori, chiedendo chiarimenti sulla viabilità di cantiere che sarebbe stata utilizzata. Ciò in considerazione dell'inutilizzabilità quale strada di cantiere del tratturo e di tutta l'area sottoposta a vincolo archeologico con atto n. 10/2006, stante il sopravvenuto decreto di sequestro penale disposto dal giudice per le indagini preliminari. Con la stessa nota si richiedeva l'esibizione di un progetto alternativo di viabilità, poiché l'area dove l'impianto si sarebbe dovuto realizzare era ormai sottoposta a vincolo paesaggistico con decreto del luglio 2009, e
in loco, se si escludeva il tratturo, non esistevano altri collegamenti viari che consentissero all'impresa di raggiungere i punti ove era stata approvata, dal commissario ad acta, la localizzazione dei pali eolici.
In data 21 luglio 2011 venne quindi effettuato il sopralluogo richiesto dall'impresa in località «Castagna» dove sono localizzati i pali 10 e 11 come da progetto e dove erano iniziati già i lavori per la realizzazione del parco eolico. Il sopralluogo consentì di verificare sia l'affioramento,
in situ, di materiale di interesse archeologico, sia la manomissione, in carenza di preventiva autorizzazione paesaggistica, di una preesistente stradina di campagna, che risultò essere stata sbancata, allargata e ricoperta con ghiaia per consentire il passaggio dei mezzi di cantiere.
A seguito dei rinvenimenti archeologici, la soprintendenza per i beni archeologici dispose pertanto la sospensione dei lavori di scavo e di movimento terra ai sensi del già citato articolo 28 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
La direzione regionale, valutato il verbale del suddetto sopralluogo, nonché gli esiti di ulteriori verifiche
in situ disposte negli stessi giorni allo scopo di verificare la eventuale esistenza di strade altemative al tratturo, idonee a consentire l'agevole raggiungimento dei punti di scavo per realizzare la palificata eolica così come approvata, dispose, con atto n. 3518 del 27 luglio 2011, la definitiva sospensione dei lavori, in attesa di un progetto di rilocalizzazione del cavidotto e di individuazione di una nuova viabilità di cantiere, ovvero, in alternativa, di un provvedimento di dissequestro dell'area eventualmente disposto dal giudice penale.
La società interessata propose ancora una volta ricorso al Consiglio di Stato, il quale, con sentenza n. 210 del 19 gennaio 2012, ha recentemente dichiarato la nullità degli ultimi atti di tutela adottati dal Ministero e, in particolare, dell'ordinanza n. 4699 del 21 luglio 2011, nonché dell'ordinanza n. 3518 del 27 luglio 2011, giudicando ininfluente il vincolo paesaggistico introdotto con decreto del 23 luglio 2009, trattandosi di lavori iniziati prima della sopravvenienza del provvedimento di vincolo ed impediti nell'esecuzione per
factum principis.
In conclusione, a questo punto, a fronte di una pluralità di sentenze del Consiglio di Stato passate in giudicato che hanno consentito, nonostante la contrarietà del Ministero, la realizzazione di un grosso parco eolico a ridosso di quella pregevolissima

area archeologica, l'unico vero paesaggio archeologico non compromesso che l'Italia possa vantare, che rischia di essere pregiudicato dalla realizzazione degli impianti, non paiono residuare soluzioni praticabili in via amministrativa. Soltanto il Parlamento, ove ritenuto opportuno, potrebbe forse ancora intervenire con una legge provvedimento di tutela di quell'area, pur non potendosi sottacere i dubbi sulla legittimità costituzionale di un siffatto intervento normativo, destinato a porsi in contrasto con un precedente giudicato.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
L'Anso (Afghanistan Ngo safety office), organizzazione internazionale che si occupa della sicurezza delle Ong in Afghanistan creata dall'Ufficio umanitario della Commissione europea (Echo), dalla Cooperazione svizzera (Sdc) e dal Ministero degli affari esteri norvegese, ha recentemente pubblicato un rapporto che dipinge una situazione di continua escalation della guerra in Afghanistan;
emerge che «il numero degli attacchi sferrati dai gruppi armati d'opposizione (Aog) sono cresciuti del 24 per cento rispetto allo scorso anno, in linea con il trend di crescita degli ultimi cinque anni»;
un grafico nel rapporto dice che 12 mila attacchi nei primi nove mesi del 2011, contro i 9 mila dello stesso periodo dello scorso anno, i 5.800 del 2009, i 3.800 del 2008 e 2.500 del 2007;
un altro grafico mostra chiaramente come le regioni dove si registrano più attacchi continuino a essere quelle dove maggiore è la presenza e l'attività militare delle forze Nato: in Helmand, Kandahar, Ghazni, Paktika, Khost e Kunar si registrano oltre tre attacchi quotidiani (con punte di otto in Helmand) e in Uruzgan, Zabul, Paktia, Wardak, Nangarhar e Badghis almeno uno al giorno;
«lo schema tattico rimane costante rispetto al passato - prosegue il rapporto Anso - con il 56 per cento di assalti ravvicinati (armi leggere e lanciarazzi) condotti soprattutto in imboscate, il 43 per cento di attacchi con ordigni improvvisati (Ied), razzi e mortai e l'un per cento di attacchi complessi con uso combinato di kamikaze, uomini armati e granate»;
«La pianificazione operativa delle forze armate d'opposizione mostra un marcato miglioramento: le contromisure delle forze militari governative e internazionali, quando predisposte, vengono spesso bypassate rendendo possibili assassinii di alto profilo o azioni di elevato impatto mediatico»;
in sintesi, pertanto, il rapporto dell'Anso mostra come il prolungarsi della guerra non porti un miglioramento della sicurezza ma solo una progressiva intensificazione del conflitto -:
se il Governo sia a conoscenza dei contenuti del Rapporto citato in premessa e se, a dieci anni dall'inizio della missione in Afghanistan, tenendo conto anche dei risultati ottenuti, della condizione attuale del Paese e della popolazione, non ritenga di dover fare un'analisi puntuale e concreta della partecipazione italiana in tale contesto.
(4-13732)

Risposta. - In merito all'analisi della nostra partecipazione alla missione International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, rammento che, il 18 gennaio scorso, insieme al mio collega il Ministro degli affari esteri Terzi di Sant'Agata sono stato audito nell'ambito delle Commissioni Esteri e Difesa riunite e congiunte del Senato, sugli sviluppi relativi alle missioni internazionali, tra cui quella in teatro afghano. Di tale audizione richiamerò gli aspetti relativi ai risultati più significativi conseguiti, nell'arco di questi dieci anni, in quel Paese, nonché alle prospettive del nostro impegno.


Non dobbiamo dimenticare che è anche grazie al contributo dell'Italia, come degli altri partner, se sono stati raggiunti traguardi che fino a dieci anni fa sembravano impensabili.
L'Afghanistan ha oggi istituzioni democraticamente elette e le province, prima fra tutte quella della nostra area di competenza (Herat), stanno progressivamente tornando al pieno controllo delle autorità locali.
È stata approvata una Costituzione che riconosce la parità tra uomo e donna e nel Parlamento siedono 69 donne.
È aumentato in modo significativo il livello di scolarizzazione: sette milioni di bambini, di cui 35 per cento bambine, vanno oggi a scuola, rispetto ai novecento mila, solo maschi, all'epoca dei talebani; la presenza femminile nelle università, prima inesistente, è passata al 19,3 per cento.
Sulla base degli ingenti interventi realizzati nel settore sanitario, universitario ed infrastrutturale, ed economico, la nostra attività di cooperazione si focalizzerà su: consolidamento delle amministrazioni afghane, formazione, sviluppo economico, promozione dei diritti delle donne e dei bambini.
In tale ambito, particolare rilevanza assume l'accordo tra l'Italia e l'Afghanistan di partenariato di lungo periodo, firmato il 26 gennaio 2012 in occasione della visita del Presidente Karzai a Roma. Un accordo che mira ad accrescere la cooperazione in campo politico, economico e culturale, la collaborazione nei settori chiave della sicurezza, della lotta al narcotraffico ed il rafforzamento delle istituzioni e dello stato di diritto nel Paese.
Ciò premesso, in Afghanistan, dopo aver raggiunto il livello di 4.200 militari nel corso del 2011, prevediamo di avviare una prima fase di moderata riduzione verso la fine del 2012, in coerenza con l'evoluzione della situazione e con l'orientamento della comunità internazionale.
Questo processo, che proseguirà fino al 2014 con l'obiettivo del pieno passaggio sotto responsabilità afghana di tutto il territorio, rappresenta, evidentemente, lo sviluppo conclusivo della missione ISAF e, per molti versi, il paradigma dell'impegno internazionale in supporto alla stabilità, contro il terrorismo, sotto il mandato dell'ONU.
Dopo oltre 10 anni di impegno, con un tributo considerevole di vite umane ed un notevole dispendio di risorse materiali e non, questa fase operativa - quella della transizione - non può e non dovrà fallire.
Dopo la fine della transizione nel 2014, come ha deciso la comunità internazionale a Bonn nel dicembre scorso, comincerà la fase della trasformazione con una netta prevalenza degli sforzi rivolta al consolidamento delle istituzioni, della
governance e dello sviluppo.
A Chicago nel vertice NATO di maggio si discuterà il «post-ISAF», cioè dei modi e delle forme che dovrà assumere la presenza internazionale anche nel settore della sicurezza per avviare la trasformazione.
La criticità della fase di transizione è ben nota a tutti coloro che stanno prodigandosi in teatro perché ciò avvenga, ma lo sanno anche le forze che si oppongono, attraverso azioni violente e terroristiche, alla positiva realizzazione del processo in atto.
La missione di ISAF ha quindi un obiettivo temporale ben preciso per il suo completamento. Il quadro evolutivo è positivo, e abbiamo davanti a noi una prospettiva di un futuro migliore per il popolo afghano e per la stabilità dell'area.
Registriamo una tendenza positiva in termini di crescita quantitativa e qualitativa delle forze di sicurezza afghane, militari e di polizia, fattore questo determinante per il successo della transizione.
Questa crescita, da un lato, consentirà la progressiva riduzione della presenza militare alleata sul territorio e, dall'altro, richiederà una intensificazione dell'impegno rivolto all'addestramento e all'affiancamento delle forze afghane, fino a una loro sostanziale autosufficienza nel garantire la sicurezza in Afghanistan.
E, tuttavia, quella della transizione è la fase più delicata dal punto di vista della sicurezza e della protezione del nostro personale militare e civile, e di quella dei nostri partner afghani e di ISAF; una fase in cui i rischi sono potenzialmente maggiori

se considerati nella prospettiva di una progressiva riduzione delle forze internazionali.
La minaccia, pur complessivamente in diminuzione, potrà, tuttavia, manifestarsi e si manifesterà ancora in forma intensamente violenta, i ben noti colpi di coda, come sempre accade nelle situazioni transitorie.
È per questo che l'attenzione alla protezione del nostro personale deve essere ancora maggiore.
Questo è infatti il nostro dovere nei confronti del nostro personale impegnato in un teatro così difficile, anche a rischio della vita, e nei confronti dei nostri amici afghani e dei nostri alleati di ISAF.
È in questa ottica che intendo far sì che i nostri militari e tutti i loro mezzi schierati in teatro siano forniti delle dotazioni e capacità necessarie a garantire la massima sicurezza possibile del nostro personale e di quello degli amici afghani e di ISAF.
Le regole di ingaggio continueranno ad essere rigorosamente commisurate all'esigenza di garantire la sicurezza del personale sotto minaccia del nemico e a prevenire ed evitare al contempo la possibilità di danni collaterali.
Quella di proteggere le nostre donne e i nostri uomini, in uniforme e non, è una esigenza che sento ancora più forte in questa delicata fase di transizione e che, sono certo, è avvertita con la stessa mia intensità dalle istituzioni e dal Parlamento.
In Afghanistan, dopo tanto impegno, vediamo la luce in fondo al tunnel. Percorriamo dunque la strada che manca in maniera condivisa e nelle condizioni di massima sicurezza e protezione per il personale.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in base a quanto stabiliva la legge n. 308 del 1981 (ora abrogata) i risarcimenti connessi a causa di servizio spettavano anche qualora esisteva la condizione della «permanenza in servizio», aspetto che non compete al comitato di verifica per le cause di servizio di valutare;
le cause ambientali ed operative e i rischi che ne derivano non rientrano nel campo delle conoscenze dei membri del comitato di verifica. Quest'ultimo non può essere in grado, ad esempio, di escludere «rischi ambientali» nelle operazioni in Somalia, o in Bosnia o in altre zone operative e nei poligoni, in quanto queste valutazioni sono di competenza di organismi operativi che, si suppone, debbano conoscere la situazione sul campo;
risulta all'interrogante che il comitato di verifica abbia negato ad una signora residente nell'area di un poligono (vi aveva abitato per 9 anni) e quindi soggetta, in base a quanto stabilito dalla legge finanziaria per il 2008, ai rischi inerenti a poligoni, la «causa di servizio» (e di conseguenza i risarcimenti) senza che la signora avesse mai neppure prestato servizio. È stata dunque espressa una valutazione sulla causa di servizio quando il servizio non è neppure esistito;
si ricorda che per i militari la condizione di servizio è valida 24 ore su 24 e per questo motivo la legge n. 308 del 1981 menzionava la condizione della «permanenza in servizio», quale condizione qualificante per ottenere i risarcimenti;
il fatto che le previsioni della legge n. 308 del 1981 non siano confluite nel nuovo codice militare viene ad abolire un aspetto specifico della condizione militare e, a giudizio dell'interrogante, lede un diritto fondamentale -:
se il Governo intenda chiarire perché le decisioni del comitato di verifica, specie quelle relative al diniego della «causa di servizio» vengono ritenute come vincolanti da Previmil, quando non possono che essere dei pareri limitati agli infortuni per i quali si suppone possa sussistere l'esistenza della «causa di servizio»;
se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative normative volte a reintrodurre le previsioni della legge n. 308 del 1981 nel nuovo codice militare;

se il Governo intenda verificare a che titolo il comitato di verifica può esprimersi circa la questione delle «cause ambientali ed operative» e dei rischi che ne derivano.
(4-14261)

Risposta. - Vorrei, innanzitutto, precisare che le disposizioni contenute nella legge 3 giugno 1981, n. 308 sono state riassettate dal Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in piena fedeltà, senza alcuna modifica della disciplina o soppressione, né d'altra parte sarebbe stato possibile farlo trattandosi, per l'appunto, di riassetto.
Ciò stante, ritengo opportuno sottolineare che anche nell'ipotesi in cui fosse stata disposta l'abrogazione lamentata dall'interrogante, la stessa non avrebbe comunque avuto alcuna conseguenza sui diritti spettanti ai beneficiari in virtù della clausola di salvaguardia generale recata dall'articolo 2186, comma 1.
In particolare, per quanto concerne la corresponsione della speciale elargizione ai familiari del personale non in servizio permanente deceduto durante il periodo di servizio, l'articolo 1 e il comma 3 dell'articolo 6 della citata legge n. 308 del 1981 sono stati riassettati nell'articolo 1895 per quanto riguarda le forze armate e nell'articolo 2181 per le forze di polizia a ordinamento civile.
Fatta questa premessa, con specifico riferimento alle decisioni del comitato di verifica per le cause di servizio, nel sottolineare la correttezza dell'azione amministrativa posta in essere dalla richiamata Direzione generale delle pensioni militari, del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva, osservo che:
nulla ha a che vedere la citata legge n. 308 del 1981 con gli indennizzi delle cosiddette vittime dell'uranio impoverito, la cui disciplina era espressamente recata dall'articolo 2, commi 78 e 79 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008, ora fedelmente riassettati nell'articolo 603 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e successive modificazioni;
l'articolo 603 del Codice dell'ordinamento militare prevede che venga attribuito un indennizzo, a seguito del riconoscimento della causa di servizio, a diverse categorie di beneficiari, tra i quali anche il personale militare e civile italiano impiegato nei poligoni di tiro, per infermità o patologie tumorali contratte a seguito di particolari condizioni ambientali od operative;
il relativo regolamento di attuazione di cui agli articoli da 1078 a 1084 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 recante «Testo unico norme regolamentari in materia di ordinamento militare», nei quali è stato riassettato il decreto del Presidente della repubblica 3 marzo 2009, n. 37, all'articolo 1081, comma 1, coerentemente alla norma primaria stabilisce che l'accertamento della dipendenza da causa di servizio delle infermità, ivi comprese quelle letali, è effettuato secondo le procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, recante regolamento dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio dei pubblici dipendenti. Inoltre, al fine di consentire al comitato una valutazione delle particolari condizioni ambientali e operative in cui l'istante ha operato attraverso il parere di esperti qualificati, il 6° comma dello stesso articolo 1081 prescrive che per l'esame delle pratiche finalizzate alla concessione dell'indennizzo, il comitato è integrato, di volta in volta, da un ufficiale superiore o da un funzionario scelti tra esperti della materia delle forze armate o del Ministero dell'interno.

Ai sensi del combinato disposto ex articoli 11 e 14 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001, il parere del comitato - istituito ed operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze - è vincolante per l'Amministrazione che ha soltanto la facoltà di richiedere un riesame, qualora ne ravvisi le ragioni; preciso che, nel caso in cui il comitato, anche in sede di riesame, dovesse esprimersi negativamente, l'Amministrazione non può che conformarsi a tale parere.

L'Amministrazione, quindi, in ossequio alle disposizioni vigenti, non solo ha l'obbligo di chiedere al comitato - la cui attività, ribadisco, è posta al di fuori delle attribuzioni istituzionali della Difesa - il parere sulla dipendenza e sulla riconducibilità alle particolari condizioni ambientali od operative dell'infermità da cui è affetto il soggetto, ma anche di attenersi al parere stesso.
Quanto, in ultimo, al caso della cittadina - cui fa riferimento l'interrogante - residente nell'area di un poligono, ritengo sia opportuno segnalare che il parere espresso dal comitato, dal quale non si può prescindere anche per coloro che non sono dipendenti pubblici stante la formulazione del citato articolo 630 del codice dell'ordinamento militare, atteneva unicamente alla non riconducibilità della patologia alle particolari condizioni ambientali e non, ovviamente, a fatti di servizio.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
recenti fonti di stampa hanno messo in seria discussione la credibilità etica, morale ed istituzionale del Sottosegretario alla difesa, Filippo Milone;
è emerso che negli anni novanta era amministratore della Grassetto Costruzioni spa, la principale società di costruzioni del gruppo Ligresti, finito in più di un'inchiesta;
nel 1992 fu arrestato a Torino per turbativa d'asta e abuso d'ufficio, è stato condannato in via definitiva nel 1997. Condanna poi cancellata con la riabilitazione. Ottiene un posto nel consiglio di amministrazione delle Poste, poi diventa consigliere per la politica industriale dell'ex Ministro della difesa La Russa contemporaneamente era nel consiglio di amministrazione dell'Ansaldo Sts, società di Finmeccanica, che della difesa è uno dei principali fornitori;
il nuovo sottosegretario alla difesa, Filippo Milone, compare, altresì, nelle recenti intercettazioni dell'inchiesta su Finmeccanica. Intercettazioni di telefonate in cui due manager di Finmeccanica parlano della sua richiesta di un finanziamento per la festa del PdL di Milano -:
se il Governo non ritenga inopportuno l'incarico assegnato al Sottosegretario di Stato alla difesa coinvolto in tali vicende e se non ritenga necessario dal punto di vista etico, morale ed istituzionale promuovere la revoca dell'incarico.
(4-14568)

Risposta. - Risponde al vero che il dottor Filippo Milone ha iniziato la sua carriera nel gruppo Graci di Catania ed è altrettanto vero che ha lasciato lo stesso gruppo nel 1985 e quindi ben prima degli anni Novanta.
Il dottor Milone ha altresì dato le dimissioni da membro del collegio sindacale della società denominata Quadrifoglio Real Estate Srl non appena ha assunto la carica di sottosegretario di Stato alla Difesa. Lo stesso dicasi per l'incarico di consigliere di amministrazione della Alfiere SpA e di ogni altro incarico societario.

La documentazione probatoria afferente le dimissioni presentate dal Milone da ogni incarico incompatibile con il mandato di Sottosegretario di Stato, è stata inviata ed è già in possesso, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGM), secondo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 215 del 2004.
Alla luce di quanto sopra rappresentato non sussistono situazioni di conflitto di interessi.
In relazione, infine, agli atti giudiziari cui gli interroganti hanno fatto riferimento si precisa che questo Ministero non è assolutamente a conoscenza di alcuna azione giudiziaria posta in essere nei confronti del Sottosegretario dottor Filippo Milone.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 9 gennaio 2011 l'agenzia «ANSA» ha riferito della morte, in seguito a un gravissimo incidente sul lavoro, di un ingegnere di 49 anni, il signor Paolo Traci, che all'interporto di Rovigo stava controllando il tetto in costruzione di un capannone, quando è caduto da un'altezza di circa otto metri -:
di quali elementi disponga in ordine alle esatte dinamiche dell'incidente di cui è rimasto vittima il signor Traci.
(4-10321)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso, il giorno 9 gennaio 2011, al signor Paolo Traci, residente a Battipaglia (SA), iscritto all'Albo degli ingegneri della Provincia di Salerno.
Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare le informazioni acquisite presso la Direzione territoriale del lavoro di Rovigo nonché quelle fornite dall'INAIL.
Da tali elementi è emerso che, nell'aprile 2010, l'ingegner Paolo Traci aveva assunto, per conto della società Ter Engineering & Building srl, l'incarico per la progettazione integrata e la direzione dei lavori per la realizzazione di 4 capannoni industriali presso la zona industriale - interporto di Borsea (RO).
Per l'espletamento di tale incarico, il giorno 9 gennaio 2011, il professionista si recava nel cantiere, di proprietà della Metalco e Mazzanti spa di Resana (TV), per controllare lo stato di realizzazione dei lavori di uno dei capannoni, sul cui tetto doveva essere installato un impianto fotovoltaico. Nel corso di tale sopralluogo, intorno alle ore 11:00, l'ingegner Traci, accompagnato da un dipendente della ditta incaricata dell'installazione degli impianti, saliva sul tetto del capannone, servendosi di un montacarichi, per controllare le postazioni ove alcuni lavoratori della ditta erano intenti a montare i pannelli fotovoltaici.
Sulla base delle informazioni rilasciate dai presenti, risulta che mentre ancora si trovava sul tetto del capannone, l'ingegnere Traci veniva visto allontanarsi mentre parlava al telefono cellulare; poco dopo, intorno alle ore 12:20 circa, il suo corpo veniva trovato sul suolo, caduto da un'altezza di circa 8 metri.
L'immediato soccorso prestato dai presenti, la chiamata al Servizio urgenze ed emergenze mediche ed i tentativi di rianimazione non portavano ad altro, purtroppo, che alla constatazione del decesso dell'ingegner Paolo Traci.
Sul luogo dell'incidente è intervenuto il personale dell'Ufficio territoriale del lavoro di Rovigo, il comando dei Carabinieri e, in qualità di organo di polizia giudiziaria, il personale dello SPISAL dell'Azienda sanitaria locale di Rovigo, che ha provveduto ad effettuare tutti i rilievi del caso riferendone gli esiti alla competente Autorità giudiziaria.
Nel corso degli accertamenti, in particolare, è emerso che l'ingegnere (accompagnato dal personale della Metalco e Mazzanti spa), si è ripetutamente recato, privo dei necessari sistemi di protezione individuale, sul tetto del capannone per il controllo dei lavori; gli accertamenti hanno inoltre rilevato l'assenza di sistemi di protezione collettivi.
La sede INAIL territorialmente competente, all'esito delle necessarie verifiche, ha reso noto di aver definito negativamente, in data 4 febbraio 2011, l'incidente mortale occorso all'ingegnere Traci. Ciò in quanto lo stesso svolgeva la propria attività in qualità di «libero professionista», categoria non tutelata ai sensi dell'articolo 4 del Testo Unico delle disposizioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come ha informato l'agenzia di informazioni «ANSA» il 26 gennaio 2011 il signor Michele Capitani di 62 anni, originario di Pinerolo, è deceduto;
il signor Capitani, è caduto nella tromba del montacarichi del teatro sociale della sua città, dove stava trasportando dei fiori per l'allestimento del palco per la presentazione della tappa del tour de France di ciclismo -:
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente, e in particolare quali siano le ragioni per le quali la porta del montacarichi era aperta, considerato che l'area dovrebbe essere accessibile solo per il personale addetto ai lavori;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10621)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio occorso al signor Michele Capitani il pomeriggio del 26 gennaio 2011, presso il Teatro sociale di Pinerolo.
Nei rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la Direzione territoriale del lavoro di Torino nonché quelli forniti dall'INAIL.
Da tali elementi è emerso che, il giorno 26 gennaio 2011, mentre erano in atto i lavori preparatori di una manifestazione serale di presentazione di una tappa del Tour de France di ciclismo, il signor Capitani, «che si trovava a prestare la propria attività collaborativa in favore di una ditta individuale incaricata di curare la fornitura di fiori per l'evento serale», è precipitato nel vano del montacarichi al piano terra, non presente al piano.
A seguito della caduta, avvenuta da un'altezza di circa 3,70 metri, il signor Capitani ha riportato gravi lesioni che ne hanno determinato il decesso.
Nel corso delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Pinerolo è emersa la violazione delle misure di sicurezza previste dalla normativa vigente: l'apertura della porta si è infatti resa possibile dalla presenza, in sito, della «chiave di sicurezza» che invece avrebbe dovuto essere custodita separatamente per le sole operazioni di manutenzione.
La causa principale dell'evento, pertanto, è da ascriversi alla mancanza di chiare indicazioni, segnalazioni e informazioni sull'utilizzo dell'impianto e sulle regole precauzionali da seguire relative all'effettuazione delle operazioni in condizioni di sicurezza.
Le indagini condotte dalla competente autorità giudiziaria hanno determinato il rinvio a giudizio per cooperazione in omicidio colposo aggravato nei confronti di:
un dirigente del comune di Pinerolo, proprietario del teatro sede dell'infortunio;
due responsabili della società titolare del contratto di appalto di gestione tecnica e di responsabile del palcoscenico;
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione del Comune di Pinerolo.

L'incidente non è stato denunciato all'INAIL, in quanto il signor Capitani, pensionato di Pinerolo che prestava servizio come volontario presso la Croce Verde, era «persona non tutelata» ai sensi della normativa prevista dal Testo unico n. 1124 del 1965, concernente disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del

Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'INAIL, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato-Regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro). Tali somme sono state regolarmente impegnate e sono a disposizione per le relative attività.
Con il decreto n. 106 del 2009 (cd. «correttivo al Testo unico») si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
Occorre, tuttavia, precisare al riguardo che è attualmente pendente una procedura (n. 2010/4227) per la presunta difformità di alcune previsioni del decreto legislativo n. 106 del 2009 rispetto alle disposizioni della direttiva CE n. 89/391.
L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da

parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).
Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le Regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate all'attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri di prossima emanazione.

A titolo di esempio si citano: 1) le indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis del «testo unico»), divulgate tramite lettera circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre, sul sito istituzionale di questo Ministero e, infine, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 304 dello scorso 30 dicembre 2010; 2) il modello per la presentazione delle «buone prassi» alla Commissione consultiva per la loro validazione (ai sensi degli articoli 2 e 6 del «testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro), approvato dalla Commissione consultiva nella riunione del 20 ottobre 2010 e subito messo a disposizione dell'utenza presso il sito del Ministero del lavoro, sezione «sicurezza nel lavoro»; 5) l'approvazione di un documento sulla presentazione delle «buone prassi» a tutela delle «differenze di genere» in materia di salute e sicurezza alla riunione del 21 settembre 2011, ai fini della loro validazione.
In particolare, un comitato è stato chiamato a dare attuazione al cosiddetto «sistema di qualificazione» delle imprese, il quale ha lo scopo di individuare, in determinati settori, quali imprese possano operare e a quali condizioni, con riferimento a elementi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro.
Tale sistema, che si realizzerà per mezzo del decreto del Presidente della Repubblica

di cui agli articoli 6 e 27 del «Testo Unico», verrà attuato nel settore edile per mezzo della attivazione della cosiddetta «patente a punti», mentre altri settori debbono essere individuati dalla citata Commissione consultiva, la quale sta procedendo in tal senso. A tale scopo la Commissione consultiva ha ampiamente discusso sul tema, oltre che in un comitato ad hoc, direttamente in plenaria in due riunioni straordinarie (non tenutesi, tuttavia, per difetto del numero legale) in data 2 e 9 novembre e nella riunione del 23 novembre 2011. Nel corso dell'ultima riunione, tenutasi in data 17 gennaio 2012, del «comitato qualificazione» si è convenuto di procedere, in tempi limitati alla approvazione e inoltro alla Commissione consultiva di un documento sui settori e criteri della qualificazione delle imprese, il cui contenuto, una volta approvato dalla Commissione consultiva, venga recepito nel decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 27 e 6 del «testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro. Sempre nella medesima riunione si è, altresì, convenuto che subito dopo tale approvazione si procederà allo stesso modo - con separato documento - per la individuazione delle procedure di funzionamento della «patente a punti» in edilizia.
Tra i provvedimenti frutto delle attività della Commissione consultiva va segnalata la piena condivisione, in tale contesto, dei contenuti del decreto del Presidente della Repubblica n. 177/2011, il quale ha inserito tra le attività per le quali dovrà operare il sistema di qualificazione delle imprese quelle lavorazioni che si svolgano in ambienti «confinati», quali silos, cisterne e simili, nei quali negli ultimi anni sono accadute vere e proprie stragi sul lavoro.
Il provvedimento in parola, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 260, dell'8 novembre 2011, e in vigore dal 23 novembre 2011, prevede un notevole innalzamento del livello dei requisiti organizzativi e professionali degli operatori in tali contesti impedendo che lavorazioni così complesse e pericolose possano essere svolte da soggetti non adeguatamente formati, addestrati e informativi in ordine ai rischi delle lavorazioni negli «ambienti confinati».
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato o sta altresì completando talune ulteriori attività, previste dal decreto legislativo n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni, al di fuori dei compiti della Commissione Consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, tra le quali occorre ricordare:
l'approvazione, in data 21 dicembre 2011, degli accordi in conferenza Stato - Regione sui contenuti e le modalità della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere «in proprio» i compiti del Servizio di prevenzione e protezione (articolo 34 del «Testo Unico») e dei contenuti e delle modalità della formazione dei dirigenti preposti e lavoratori (articolo 37 Testo unico). Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 8 dell'11 gennaio 2012;
la predisposizione del decreto, ai sensi dall'articolo 3, co. 3-bis, del «Testo Unico», che individua la normativa di salute e sicurezza che consideri le «peculiari esigenze» per le società cooperative e per alcune categorie di volontari (Protezione Civile, Croce Rossa, ecc.). Tale decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011;
la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011) del decreto, ai sensi dell'articolo 71 comma 13, del «Testo Unico», per l'individuazione delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e dei criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati legittimati a realizzare tali verifiche;
la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale, n. 83 dell'11 aprile 2011), all'esito di una serie di riunioni tenutesi, nel corso dell'anno 2010, tra i rappresentanti dei Ministeri del lavoro, della salute e dello sviluppo economico e dei rappresentanti delle Regioni e dell'ex ISPESL, del decreto, ai sensi dell'articolo 82 comma 2, del «Testo unico», relativo alle autorizzazioni per i lavori sottotensione;

la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2011) del Regolamento sulle modalità di applicazione, in ambito ferroviario, del decreto n. 388/2003, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2008 (cd. primo soccorso in ambito ferroviario);
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul «bollettino ufficiale» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) del Comitato per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici (previsto dall'articolo 232, comma 1, decreto legislativo n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni;
la prosecuzione dei confronti con i rappresentati del Ministero delle infrastrutture e le parti sociali interessate, relativi all'attuazione dell'articolo 161, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 81/2008, e successive modificazioni e integrazioni; tale disposizione, in particolare, prevede la adozione di un decreto interministeriale dedicato alla segnaletica stradale per i cantieri in presenza di traffico veicolare. All'esito di un ampio ed approfondito confronto con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, le Regioni e le parti sociali, si è provveduto all'elaborazione del relativo schema di decreto, che verrà quanto prima inoltrato alla conferenza Stato-regioni per il prescritto parere;
l'approvazione, in data 15 settembre 2011, sotto la supervisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un «Avviso comune» tra le parti sociali interessate relativo alle semplificazioni nei riguardi dei lavoratori «stagionali» del settore agricolo, ove essi non vengano impiegati per oltre 50 giornate lavorative nell'anno di riferimento (articolo 3, comma 13, decreto legislativo n. 81/2008). È stato, quindi, elaborato lo schema di decreto ministeriale chiamato a recepire i contenuti del citato «avviso comune», il quale sta per essere inoltrato ai Ministeri concertanti (salute e politiche agricole);
la predisposizione, in fase molto avanzata, della bozza di accordo Stato-Regioni che individuerà le modalità della formazione richiesta per determinate attrezzature di lavoro (macchine agricole, gru ect.), che è stato già oggetto di discussione «in sede tecnica» presso alla Conferenza Stato-Regioni in data 11 gennaio 2012. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto tenendo conto degli ultimi elementi di discussione condivisi, in data 11 gennaio, nella citata riunione, lo schema «consolidato» degli accordi inviando i medesimi alla segreteria della Conferenza Stato-regioni.
Da rilevare, poi, l'approvazione, in data 21 dicembre 2011, dalla Conferenza Stato-regioni del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del
Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (INAIL) e con quello delle regioni.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferito da agenzie di stampa e siti internet - un operaio è ricoverato in fin di vita all'ospedale Brutzu di Cagliari, in seguito a un infortunio avvenuto intorno a mezzogiorno del 27 gennaio 2011 mentre lavorava in un'azienda agricola a Villa D'Orri -:
quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;

se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10640)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio occorso, la mattina del 27 gennaio 2011, al signore Gianluca Vidini presso l'azienda agricola «Villa D'Orri», con sede legale in Sarroch (CA), dedita alla produzione agroindustriale di ortaggi precotti e di olio d'oliva, ove lo stesso era occupato in qualità di bracciante agricolo.
Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la Direzione territoriale del lavoro di Cagliari nonché quelli fomiti dall'Inail.
Da tali elementi, è emerso che il signor Vidini, il giorno 27 gennaio 2011, alle ore 11:00 circa, si trovava nell'azienda agricola innanzi specificata per effettuare operazioni di assistenza all'accensione di una caldaia a biomasse per il funzionamento di un macchinario per là macina delle olive.
Nell'eseguire tali operazioni, il signor Vidini, al fine di facilitare l'ingresso del combustibile all'interno dell'imboccatura della «coclea» di alimentazione della caldaia, ha introdotto le gambe nell'imbuto di riempimento. Nel compiere tale manovra, la gamba destra del lavoratore rimaneva incastrata nel macchinario e tranciata all'altezza del ginocchio.
Sul luogo dell'incidente sono intervenuti i vigili del fuoco, i carabinieri di Sarroch e, in qualità di organo di polizia giudiziaria, il Servizio di Prevenzione e Sicurezza della competente azienda sanità locale di Cagliari. Il signor Vidini è stato trasportato presso l'Azienda Ospedaliera «G. Brotzu» di Cagliari, dove è stato ricoverato, con prognosi riservata, e successivamente dimesso con la seguente diagnosi: «Amputazione coscia sinistra/perdita di sostanze ossee - cutanee ginocchio DX Amputazione I raggio piede DX con perdita di sostanze cutanee».
Con riferimento alle cause che possono aver determinato l'infortunio nonché all'osservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, si precisa che sono tutt'ora in corso le indagini da parte dei funzionari della competente azienda sanitaria locale.
Gli accertamenti finora compiuti, hanno comunque evidenziato la mancata conformità ai prescritti requisiti di sicurezza della «coclea» di riempimento della caldaia nonché la mancata produzione, da parte del datore di lavoro, della documentazione attestante l'adeguata informazione sui rischi cui sono esposti i lavoratori, in relazione alla specifica attività espletata, della documentazione attestante l'informazione, la formazione e l'addestramento dei lavoratori in ordine alla attrezzature ed alle procedure di lavoro nonché di quella attestante la avvenuta consegna al personale dei «dispositivi di protezione individuali».
Per quanto concerne l'erogazione delle prestazioni di legge, la sede Inail territorialmente competente, all'esito delle risultanze dell'istruttoria, ha riconosciuto al lavoratore l'inabilità temporanea assoluta al lavoro fino al 20 ottobre 2011, con conseguente erogazione della relativa indennità; al termine di tale periodo, l'Istituto ha provveduto a valutare i postumi permanenti residuati dall'infortunio (grado di menomazione pari all'80 per cento) ed a costituire la relativa rendita, con decorrenza 21 ottobre 2011.
Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di

salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione - informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato - regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
Con il decreto correttivo n. 106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).
Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente, di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà

completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo in maniera di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in maniera di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «Testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre;
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, delle Organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei i Vigili del fuoco;
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011 - Supplemento ordinario n. 111 - del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del

Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni e integrazioni.

Da rilevare, poi, l'approvazione nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 21 dicembre 2011 del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (Inail) e con quello delle regioni.
Nella medesima Conferenza si sono, inoltre, perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio 2012.
Occorre, da ultimo, segnalare la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 260 dell'8 novembre 2011, del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8 lettera g) del decreto legislativo n. 81 del 2008» proposto dal ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha ottenuto il parere favorevole della conferenza Stato - Regioni (nella seduta del 20 aprile 2011) e della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato (nella seduta del 23 luglio 2011).
Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere:
quale sia la dinamica del grave incidente sul lavoro avvenuto intorno alle 9.30 del 31 gennaio 2011 a Cagliari, nel corso del quale un operaio impegnato nei lavori di ristrutturazione di un hotel in località

Calamosca, è caduto dal ponteggio al terzo piano dell'edificio;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10659)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'incidente sul lavoro occorso la mattina del 31 gennaio 2011 in un cantiere edile di Cagliari-viale Calamosca 50, in cui si è infortunato il signor Atzori Giovanni, lavoratore autonomo regolarmente iscritto alla Camera di commercio, industrie, artigianato e agricolture come «pianellista».
Nel rispondere al primo quesito, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi risultanti dall'istruttoria esperita dalla competente struttura territoriale dell'Inail, dalla direzione territoriale del lavoro di Cagliari nonché le informazioni acquisite presso la direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero che rappresento.
Da tali elementi, è emerso che il 31 gennaio 2011 il signore Atzori Giovanni (nato a Mandas (CA) l'11 maggio 1972) si trovava nell'edificio dell'albergo Calamosca ove erano stati realizzati due distinti cantieri edili per la sua ristrutturazione. In particolare, tali cantieri, ubicati in luoghi fra di loro non adiacenti, riguardavano uno la manutenzione delle camere e dei servizi posizionati al piano terra, l'altro la messa in sicurezza della terrazza prospiciente il mare. In entrambi le opere di edilizia generale erano state commissionate alla ditta individuale Lecca Federico che aveva a sua volta affidato la realizzazione dei massetti e la posa dei rivestimenti al lavoratore autonomo Atzori Giovanni.
Quest'ultimo, il giorno dell'incidente, secondo quanto da lui stesso riferito, era intento a lavorare nel cantiere riguardante le camere quando, per fare una pausa, si è spostato sulla terrazza panoramica. Una volta lì, ha oltrepassato il nastro di delimitazione del terrazzo e si è avvicinato allo spigolo destro - anche questo delimitato - dove, di propria iniziativa, ha cominciato a tagliare con lo smeriglio, che era nelle vicinanze, un pezzo di ferro dell'armatura del solaio corroso; improvvisamente, tuttavia, è precipitato sulla spiaggia sottostante da un'altezza di circa cinque metri. Il lavoratore è stato, perciò, accompagnato in autoambulanza presso l'ospedale Marino di Cagliari dal quale è stato dimesso il 2 febbraio 2011 con una prognosi di 30 giorni.
Si precisa che sulla concreta dinamica dell'incidente non ci sono altre testimonianze oltre a quanto riferito dal signor Atzori che in quel momento si trovava da solo sul terrazzo.
Per quanto riguarda gli illeciti in materia di igiene e sicurezza sul lavoro si riferisce che la Direzione territoriale del lavoro di Cagliari ha impartito al signor Lecca Federico, titolare dell'impresa affidataria, la prescrizioni, ex articolo 20 del decreto legislativo 758 1994, per la violazione dell'articolo 146, comma 1, del decreto legislativo 81 del 2008 in materia di aperture nei solai non protette. Al signor Porcu Antonio Maria, presidente del consiglio d'amministrazione della ditta committente FORM Sardegna s.r.l., sono state impartite le prescrizioni per la violazione dell'articolo 90, comma 4, del decreto legislativo 81 del 2008 per non aver nominato il coordinatore per l'esecuzione dei lavori. È stata, inoltre, contestata al signor Porcu la sanzione amministrativa per la violazione dell'articolo 90, comma 9 lettera c), del decreto legislativo 81 del 2008 per non aver trasmesso la documentazione inerente la verifica dell'idoneità tecnica dell'impresa affidataria all'amministrazione comunale.
In relazione alla certificazione sanitaria rilasciata dalla struttura ospedaliera summenzionata, l'Inail ha riconosciuto al lavoratore l'inabilità temporanea assoluta al lavoro per 30 giorni ed ha erogato la relativa indennità per il periodo dal 4 febbraio al marzo 2011.

Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'INAIL, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia li salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione - informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato - Regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro). Tali somme sono state regolarmente impegnate e sono a disposizione per le relative attività.
Con il decreto n. 106 del 2009 (cd. «correttivo al Testo unico») si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
Occorre, tuttavia, precisare al riguardo che è attualmente pendente una procedura (n.2010/4227) per la presunta difformità di alcune previsioni del decreto legislativo 106 del 2009 rispetto alle disposizioni della direttiva CE n. 89/391.
L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.

A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).
Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le Regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate all'attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
A titolo di esempio si citano: 1) le indicazioni per la valutazione lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del Testo unico), divulgate tramite lettera circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre, sul sito istituzionale di questo Ministero e, infine, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 304 dello scorso 30 dicembre 2010; 2) il modello per la presentazione delle «buone prassi» alla Commissione consultiva per la loro validazione (ai sensi degli articoli 2 e 6 del «Testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro), approvato dalla Commissione consultiva nella riunione del 20 ottobre 2010 e subito messo a disposizione dell'utenza presso il sito del Ministero del lavoro, sezione «sicurezza nel lavoro»; 5) l'approvazione di un documento sulla presentazione delle "buone prassi" a tutela delle «differenze di genere» in materia di salute e sicurezza alla riunione del 21 settembre 2011, ai fini della loro validazione.
In particolare, un comitato è stato chiamato a dare attuazione al c.d. «sistema di qualificazione» delle imprese, il quale ha

lo scopo di individuare, in determinati settori, quali imprese possano operare e a quali condizioni, con riferimento a elementi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro.
Tale sistema, che si realizzerà per mezzo del decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 6 e 27 del «Testo unico», verrà attuato nel settore edile per mezzo della attivazione della c.d. «patente a punti», mentre altri settori debbono essere individuati dalla citata commissione consultiva, la quale sta procedendo in tal senso, A tale scopo la commissione consultiva ha ampiamente discusso sul tema, oltre che in un comitato ad hoc, direttamente in plenaria in due riunioni straordinarie (non tenutesi, tuttavia, per difetto del numero legale) in data 2 e 9 novembre e nella riunione del 23 novembre 2011. Nel corso dell'ultima riunione, tenutasi in data 17 gennaio 2012, del «comitato qualificazione» si è convenuto di procedere, in tempi limitati alla approvazione e inoltro alla Commissione consultiva di un documento sui settori e criteri della qualificazione delle imprese, il cui contenuto, una volta approvato dalla Commissione consultiva, venga recepito nel Decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 27 e 6 del «Testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro. Sempre nella medesima riunione si è, altresì, convenuto che subito dopo tale approvazione si procederà allo stesso modo - con separato documento - per la individuazione delle procedure di funzionamento della «patente a punti» in edilizia.
Tra i provvedimenti frutto delle attività della commissione consultiva va segnalata la piena condivisione, in tale contesto, dei contenuti del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2011, il quale ha inserito tra le attività per le quali dovrà operare il sistema di qualificazione delle imprese quelle lavorazioni che si svolgano in ambienti «confinati», quali silos, cisterne e simili, nei quali negli ultimi anni sono accadute vere e proprie stragi sul lavoro.
Il provvedimento in parola, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 260, dell'8 novembre 2011, e in vigore dal 23 novembre 2011, prevede un notevole innalzamento del livello dei requisiti organizzativi e professionali degli operatori in tali contesti impedendo che lavorazioni così complesse e pericolose possano essere svolte da soggetti non adeguatamente formati, addestrati e informativi in ordine ai rischi delle lavorazioni negli «ambienti confinati».
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato o sta altresì completando talune ulteriori attività, previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, al di fuori dei compiti della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, tra le quali occorre ricordare:
l'approvazione, in data 21 dicembre 2011, degli accordi in conferenza Stato - Regione sui contenuti e le modalità della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere «in proprio» i compiti del Servizio di prevenzione e protezione (articolo 34 del Testo unico) e dei contenuti e delle modalità della formazione dei dirigenti preposti e lavoratori (articolo 37 del Testo unico). Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 8 dell'11 gennaio 2012;
la predisposizione del decreto, ai sensi dall'articolo 3, comma 3-bis del Testo unico, che individua la normativa di salute e sicurezza che consideri le «peculiari esigenze» per le società cooperative e per alcune categorie di volontari (Protezione civile, Croce rossa, ecc.). Tale decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011;
la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011) del decreto, ai sensi dell'articolo 71, comma 13, del Testo unico per l'individuazione delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e dei criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati legittimati a realizzare tali verifiche;
la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'11 aprile 2011), all'esito di una serie di riunioni tenutesi, nel corso dell'anno 2010, tra i rappresentanti dei Ministeri del lavoro, della salute e dello sviluppo

economico e dei rappresentanti delle Regioni e dell'ex Ispesl, del decreto, ai sensi dell'articolo 82, comma 2, del Testo unico, relativo alle autorizzazioni per i lavori sottotensione;
la pubblicazione (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2011) del Regolamento sulle modalità di applicazione, in ambito ferroviario, del decreto n. 388 del 2003, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto primo soccorso in ambito ferroviario);
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici (previsto dall'articolo 232, comma 1, decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni);
la prosecuzione dei confronti con i rappresentati del Ministero delle infrastrutture e le parti sociali interessate, relativi all'attuazione dell'articolo 161, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni e integrazioni; tale disposizione, in particolare, prevede la adozione di un decreto interministeriale dedicato alla segnaletica stradale per i cantieri in presenza di traffico veicolare. All'esito di un ampio ed approfondito confronto con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, le Regioni e le parti sociali, si è provveduto all'elaborazione del relativo schema di decreto, che verrà quanto prima inoltrato alla conferenza Stato-Regioni per il prescritto parere;
l'approvazione, in data 15 settembre 2011, sotto la supervisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un «avviso comune» tra le parti sociali interessate relativo alle semplificazioni nei riguardi dei lavoratori «stagionali» del settore agricolo, ove essi non vengano impiegati per oltre 50 giornate lavorative nell'anno di riferimento (articolo 3, comma 13, decreto legislativo n. 81 del 2008). È stato, quindi, elaborato lo schema di decreto ministeriale chiamato a recepire i contenuti del citato «avviso comune», il quale sta per essere inoltrato ai Ministeri concertanti (salute e politiche agricole);
la predisposizione, in fase molto avanzata, della bozza di accordo Stato-regioni che individuerà le modalità della formazione richiesta per determinate attrezzature di lavoro (macchine agricole, gru ect.), che è stato già oggetto di discussione «in sede tecnica» presso alla Conferenza Stato-Regioni in data 11 gennaio 2012. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto tenendo conto degli ultimi elementi di discussione condivisi, in data 11 gennaio, nella citata riunione, lo schema «consolidato» degli accordi inviando i medesimi alla segreteria della conferenza Stato-Regioni.

Da rilevare, poi, l'approvazione il 21 dicembre 2011 in seno alla conferenza Stato-Regioni del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (Inail) e delle regioni.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Catanzaro un operaio, il signor Stefano Guarascio, di 24 anni, dipendente

della ditta «Piano Lago Calcestruzzi», che stava lavorando assieme ad alcuni colleghi, per motivi che ancora non sono stati accertati è precipitato nel vuoto e dopo un volo di circa 18 metri è deceduto in seguito al violentissimo impatto con il suolo -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11079)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio mortale occorso la mattina del 25 febbraio 2011 in un cantiere edile di Catanzaro - località Germaneto, in cui ha perso la vita il signor Stefano Guarascio, lavoratore regolarmente assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la qualifica di gruista, presso la ditta «Piano Lago Calcestruzzi srl» avente sede in contrada Felicetti di Figline Vegliaturo (CS).
Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi risultanti dall'istruttoria esperita dalle sedi Inail di Cosenza e di Catanzaro, dalla direzione territoriale del lavoro di Catanzaro nonché le informazioni acquisite presso la direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero che rappresento.
Da tali elementi, è emerso che il 25 febbraio 2011 il Guarascio si trovava nel predetto cantiere edile ove la società Piano Lago Calcestruzzi effettuava lavori di ampliamento e ammodernamento dei viadotti della strada statale 280.
In particolare, nell'attesa di effettuare il previsto getto di calcestruzzo su uno dei viadotti in costruzione, il signor Guarascio insieme ad altri colleghi doveva prima smontare i parapetti provvisori posti all'estremità del ponte e poi montare le cosiddette «velette» (elementi prefabbricati per solai usati nel completamento delle costruzioni); tuttavia, durante tale fase di smontaggio il signor Guarascio è precipitato al suolo da un'altezza di circa 20 metri perdendo la vita sul colpo.
Sul luogo dell'incidente sono intervenuti i Carabinieri di Catanzaro Lido, gli ispettori del
Nuclear and meduatory Safety agency (NISA) e dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro mentre la procura della Repubblica di Catanzaro ha aperto un procedimento penale iscritto al n. 1244/2011 del registro generale notizie di reato. Sono tuttora in corso le relative indagini ed al momento risultano indagate 4 persone - responsabili delle ditte Rivoli Spa (ditta affidataria) e Piano Lago Calcestruzzi srl - per le violazioni delle norme antinfortunistiche.
Dagli accertamenti sinora effettuati dagli organi competenti, sembra ipotizzabile una responsabilità del datore di lavoro e del preposto di cantiere per l'inosservanza delle misure di sicurezza, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008. La tipologia di lavorazioni che stava eseguendo il signor Guarascio, richiede che i lavoratori siano muniti di imbracatura su più parti del corpo (torace, gambe, cavallo, spalle, ecc.), mentre invece risulterebbe che l'imbracatura del lavoratore defunto non fosse a ciò adatta e che non fosse ancorato con la cintura, trovata accanto al corpo non allacciata.
In base a tali elementi la sede Inail competente ha attivato le procedure per l'esperimento dell'azione di rivalsa. Inoltre, l'Istituto ha fatto sapere che, verificata l'esistenza dei presupposti di legge, ha provveduto sia alla costituzione della rendita ai superstiti (in particolare in favore della madre) sia alla corresponsione dell'assegno funerario; risulta, invece, in fase di istruttoria l'erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli

infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione - informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato - Regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
Con il decreto correttivo n. 106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).


Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello
stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello
stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del testo unico) da parte della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011 - Supplemento ordinario n. 111 - del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico che disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori

sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni e integrazioni.

Da rilevare, poi, l'approvazione nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 21 dicembre 2011 del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (INAIL) e con quello delle regioni.
Nella medesima Conferenza si sono, inoltre, perfezionati gli accordi Concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio 2012.
In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati, si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n. 260 dell'8 novembre scorso è stato pubblicato il decreto del presidente della Repubblica n. 177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n. 81 del 2008.
Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, Regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 30 agosto 2011 un operaio edile appena assunto, sprovvisto della cintura

anticadute, il signor Salvatore Pellino, è precipitato nel vuoto, dopo essere scivolato da una scala del cantiere di Frattamaggiore, dove stava lavorando, riportando gravi ferite;
da quanto è dato sapere, nel cantiere dove il signor Pellino non c'erano le norme di sicurezza previste dalla legge -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
se sia vero che non sono state rispettate le normative previste sulla sicurezza del lavoro;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a vicende come quella sopra segnalata, che per dimensioni - dall'inizio dell'anno risultano decedute sul lavoro 352; 596.330 gli infortuni; 1.408 gli invalidi - assumono i connotati di quella che non è esagerato definire una strage.
(4-13092)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio sul lavoro occorso, il giorno 30 agosto 2011, al signor Salvatore Pellino, dipendente, con la qualifica di operaio comune, della impresa edile Foggia Costruzioni srl, avente sede legale in località Frattamaggiore (NA).
Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la Direzione territoriale del lavoro di Napoli nonché quelli forniti dall'INAIL.
In data 30 agosto 2011, il signor Pelino si trovava presso un cantiere, sito nel settore
Napoli 2 Nord, per eseguire, per conto della Foggia Costruzioni srl, lavori di manutenzione straordinaria presso una privata abitazione. Intorno alle ore 10:00, il lavoratore si trovava su una scala a pioli, intento ad eseguire la messa in sicurezza della volta di un balcone del fabbricato. Nel corso di tale operazione, lo stesso perdeva improvvisamente l'equilibrio, cadendo dal primo piano dell'edificio e riportando gravi ferite.
Con riferimento all'osservanza della normativa in materia di sicurezza del lavoro, si fa presente che, nel corso degli accertamenti compiuti dal Servizio di prevenzione e sicurezza della competente azienda sanitaria locale, in qualità di organo di polizia giudiziaria, sono state riscontrate sia a carico del committente che dell'impresa esecutrice dei lavori le seguenti violazioni al Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro:
1) Mancata valutazione, da parte dell'impresa esecutrice dei lavori, di tutti i rischi aziendali (
ex articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni);
2) Mancata verifica, da parte del committente, dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici dei lavori (
ex articolo 90, comma 9, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni);
3) Mancata assicurazione, da parte dell'impresa esecutrice, che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati, sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d'arte ed in conformità al Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio del ponteggio (
ex articolo 136, comma 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
4) Mancata formazione specifica, da parte dell'impresa, nei confronti dei lavoratori addetti al montaggio, uso e smontaggio del ponteggio (
ex articolo 136, comma 7, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
5) Mancata esecuzione delle opere necessarie a puntellare ed a rafforzare le strutture da demolire al fine di evitare crolli intempestivi (articolo 150, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.

Per quanto concerne le prestazioni dovute dall'Inail, l'Istituto ha reso noto che al lavoratore in questione è stata riconosciuta, fino al 23 novembre 2011, l'inabilità temporanea assoluta al lavoro ed è stata corrisposta l'indennità economica di cui all'articolo 66 del Testo unico n. 1124 del 1965.
Al termine di tale periodo, la competente sede dell'Istituto ha provveduto all'accertamento dei postumi derivanti dall'infortunio, valutati nella misura del 3 per cento. Tale

grado di menomazione, non comporta tuttavia alcun indennizzo, essendo inferiore alla soglia minima (pari al 6 per cento prevista dalla legge.
Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione - informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato Regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
Con il decreto correttivo n. 106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più patti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da

parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).
Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo del decreto legislativo 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello
stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello
stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del testo unico) da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011 - Supplemento

ordinario n. 111 - del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico che disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allagato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul
Bollettino Ufficiale del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali n. 6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni e integrazioni.

Da rilevare, poi, l'approvazione nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 21 dicembre 2011 del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (STNP), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (Inail) e con quello delle regioni.
Nella medesima conferenza si sono, inoltre, perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del
Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti.
Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n. 8 dell'11 gennaio 2012.
Occorre, da ultimo, segnalare la pubblicazione, nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 260 dell'8 novembre 2011, del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8 lettera g) del decreto legislativo n. 81 del 2008», proposto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, Regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 1o settembre 2011 un operaio 38enne residente a Monteroni di Lecce, il signor Claudio De Pascalis, è deceduto, dopo essere stato folgorato mentre stava effettuando una riparazione, in una villetta a due piani di viale Grassi a Lecce;
da quanto è dato sapere, l'uomo stava sistemando un pluviale, che aveva raggiunto con una scala e posto a circa quattro metri di altezza dal suolo; quasi certamente deve aver toccato un filo scoperto, e la scossa ricevuta lo ha ucciso -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
se siano state rispettate le normative previste sulla sicurezza del lavoro;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a vicende come quella sopra segnalata, che per dimensioni - dall'inizio dell'anno risultano decedute sul lavoro 352; 596.330 gli infortuni; 1.408 gli invalidi - assumono i connotati di quella che non è esagerato definire una strage.
(4-13093)

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso, il giorno 10 settembre 2011, al signor Claudio De Pascalis, operaio disoccupato dal maggio 2008, che svolgeva occasionalmente lavori di diversa natura.
Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Lecce nonché quelli forniti dall'INAIL, tenuto anche conto che sono tutt'ora in corso le indagini da parte dell'autorità giudiziaria, al cui esito sarà possibile conoscere le esatte responsabilità in ordine all'accaduto.
Da tali elementi è emerso che il giorno dell'infortunio, il signor De Pascalis era impegnato nell'installazione di un tubo di scarico delle acque piovane presso un'abitazione privata sita in Lecce.
Nell'eseguire tale lavoro, intorno alle 21:30, il signore De Pascalis si trovava su una scala a pioli (ad un'altezza di circa 4 metri dal suolo) intento a scardinare, con un tubo di ferro, un gancio fissato sul muro dell'abitazione. Nel corso di tale operazione, il signor De Pascalis urtava inavvertitamente alcuni fili elettrici incassati nel muro, rimanendo folgorato.
Sul luogo dell'infortunio sono accorsi la Sezione volanti della Questura di Lecce ed, in qualità di organo di polizia giudiziaria, i funzionari del servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro
(Spesal) della ASL Nord di Lecce; quest'ultimi, all'esito degli accertamenti di competenza, hanno provveduto a redigere apposito verbale, successivamente trasmesso alla competente autorità giudiziaria.
In tale documento, in particolare, viene ribadito quanto accertato dalla competente sede Inail in ordine alla non indennizzabilità dell'evento infortunistico per mancanza dei presupposti di tutela previsti dalla normativa vigente in materia.
Nel corso degli accertamenti è emerso infatti che, il giorno dell'infortunio, il signor De Pascalis stava lavorando in via occasionale, gratuitamente e a mero titolo di amicizia.
In siffatta ipotesi, tuttavia, la normativa vigente in materia fa salva la possibilità per i familiari della vittima di accedere, sussistendone i requisiti di legge, al Fondo di sostegno per le famiglie vittime di gravi infortuni sul lavoro.
Tale Fondo, infatti, è stato istituito, ai sensi dell'articolo 1, comma 1187, della legge n. 296 del 2006, allo scopo di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi infortuni sul lavoro anche nelle ipotesi in cui queste ultime risultino prive della relativa copertura assicurativa obbligatoria.
Con particolare riferimento all'osservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, si precisa che nella sezione «violazioni riscontrate» del verbale è espressamente indicato che «laddove si fosse dimostrata la sussistenza di un rapporto

di lavoro tra il signor De Pascalis e il proprietario dell'immobile, si sarebbe dovuto contestare a quest'ultimo, in quanto committente, la violazione dell'articolo 90, comma 9, a) del decreto legislativo n. 81 del 2008 e s.m.i. per non aver verificato l'idoneità tecnico professionale della persona a cui ha di fatto affidato i lavori».
Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e s.m.i., sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione - informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro). Tali somme sono state regolarmente impegnate e sono a disposizione per le relative attività.
Con il decreto n. 106 del 2009 (cd. «correttivo al testo unico») si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
Occorre, tuttavia, precisare al riguardo che è attualmente pendente una procedura (n. 2010/4227) per la presunta difformità di alcune previsioni del decreto legislativo n. 106 del 2009 rispetto alle disposizioni della direttiva CE n. 89/391.


L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, ecc.).
Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio, l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello
stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate all'attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuite. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione.
A titolo di esempio si citano, si citano: 1) le indicazioni per la valutazione dello
stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «testo unico»), divulgate tramite lettera circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre, sul sito istituzionale di questo Ministero e, infine, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 304 dello scorso 30 dicembre 2010; 2) il modello per la presentazione delle «buone prassi» alla commissione consultiva per la loro validazione (ai sensi degli articoli 2 e 6 del testo unico di salute e sicurezza sul lavoro), approvato dalla commissione consultiva nella riunione del 20 ottobre 2010 e subito messo a disposizione dell'utenza presso il sito del Ministero del lavoro, sezione «sicurezza nel lavoro»; 5) l'approvazione di un documento sulla presentazione delle «buone prassi» a

tutela delle «differenze di genere» in materia di salute e sicurezza alla riunione del 21 settembre 2011, ai fini della loro validazione.
In particolare, un comitato è stato chiamato a dare attuazione al c.d. «
sistema di qualificazione» delle imprese, il quale ha lo scopo di individuare, in determinati settori, quali imprese possano operare e a quali condizioni, con riferimento a elementi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro.
Tale sistema, che si realizzerà per mezzo del decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 6 e 27 del Testo unico, verrà attuato nel settore edile per mezzo della attivazione della c.d. «patente a punti», mentre altri settori debbono essere individuati dalla citata commissione consultiva, la quale sta procedendo in tal senso. A tale scopo la commissione consultiva ha ampiamente discusso sul tema, oltre che in un comitato
ad hoc, direttamente in plenaria in due riunioni straordinarie (non tenutesi, tuttavia, per difetto del numero legale) in data 2 e 9 novembre e nella riunione del 23 novembre 2011. Nel corso dell'ultima riunione, tenutasi in data 17 gennaio 2012, del «comitato qualificazione» si è convenuto di procedere, in tempi limitati alla approvazione e inoltro alla commissione consultiva di un documento sui settori e criteri della qualificazione delle imprese, il cui contenuto, una volta approvato dalla commissione consultiva, venga recepito nel decreto del Presidente della repubblica di cui agli articoli 27 e 6 del «testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro. Sempre nella medesima riunione si è, altresì, convenuto che subito dopo tale approvazione si procederà allo stesso modo - con separato documento - per la individuazione delle procedure di funzionamento della «patente a punti» in edilizia.
Tra i provvedimenti frutto delle attività della commissione consultiva va segnalata la piena condivisione, in tale contesto, dei contenuti del decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2011, il quale ha inserito tra le attività per le quali dovrà operare il sistema di qualificazione delle imprese quelle lavorazioni che si svolgano in ambienti «confinati», quali silos, cisterne e simili, nei quali negli ultimi anni sono accadute vere e proprie stragi sul lavoro.
Il provvedimento in parola, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 260, dell'8 novembre 2011, e in vigore dal 23 novembre 2011, prevede un notevole innalzamento del livello dei requisiti organizzativi e professionali degli operatori in tali contesti impedendo che lavorazioni così complesse e pericolose possano essere svolte da soggetti non adeguatamente formati, addestrati e informativi in ordine ai rischi delle lavorazioni negli «ambienti confinati».
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato o sta altresì completando talune ulteriori attività, previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e s.m.i., al di fuori dei compiti della Commissione Consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, tra le quali occorre ricordare:
l'approvazione, in data 21 dicembre 2011, degli accordi in conferenza Stato-Regione sui contenuti e le modalità della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere «in proprio» i compiti del Servizio di prevenzione e protezione (articolo 34 del «Testo unico») e dei contenuti e delle modalità della formazione dei dirigenti preposti e lavoratori (articolo 37 del testo unico).
Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 8 dell'11 gennaio 2012;
la predisposizione del decreto, ai sensi dall'articolo 3, comma 3-
bis, del testo unico, che individua la normativa di salute e sicurezza che consideri le «peculiari esigenze» per le società cooperative e per alcune categorie di volontari (Protezione civile, Croce rossa, ecc.). Tale decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 dell'11 luglio 2011;
la pubblicazione (
Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2011) del decreto, ai sensi dell'articolo 71, comma 13, del Testo unico, per l'individuazione delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e dei criteri per

l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati legittimati a realizzare tali verifiche;
la pubblicazione (
Gazzetta Ufficiale n. 83 dell'11 aprile 2011), all'esito di una serie di riunioni tenutesi, nel corso dell'anno 2010, tra i rappresentanti dei Ministeri del lavoro, della salute e dello sviluppo economico e dei rappresentanti delle Regioni e dell'ex Ispesl, del decreto, ai sensi dell'articolo 82, comma 2, del testo unico, relativo alle autorizzazioni per i lavori sottotensione;
la pubblicazione (
Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2011) del Regolamento sulle modalità di applicazione, in ambito ferroviario, del decreto n. 388 del 2003, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2008 (cd. primo soccorso in ambito ferroviario);
l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul «Bollettino ufficiale» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici (previsto dall'articolo 232, comma 1, decreto legislativo n. 81 del 2008 e s.m.i.);
la prosecuzione dei confronti con i rappresentati del Ministero delle infrastrutture e le parti sociali interessate, relativi all'attuazione dell'articolo 161, comma 2-
bis, del decreto legislativo n. 81 del 2008, e s.m.i.; tale disposizione, in particolare, prevede la adozione di un decreto interministeriale dedicato alla segnaletica stradale per i cantieri in presenza di traffico veicolare. All'esito di un ampio ed approfondito confronto con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, le Regioni e parti sociali, si è provveduto all'elaborazione del relativo schema di decreto, che verrà quanto prima inoltrato alla conferenza Stato-Regioni per il prescritto parere;
l'approvazione, in data 15 settembre 2011, sotto la supervisione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un «avviso comune» tra le parti sociali interessate relativo alle semplificazioni nei riguardi dei lavoratori «stagionali» del settore agricolo, ove essi non vengano impiegati per oltre 50 giornate lavorative nell'anno di riferimento (articolo 3, comma 13, decreto legislativo n. 81 del 2008). È stato, quindi, elaborato lo schema di decreto ministeriale chiamato a recepire i contenuti del citato «avviso comune», il quale sta per essere inoltrato ai Ministeri concertanti (salute e politiche agricole);
la predisposizione, in fase molto avanzata, della bozza di accordo Stato-Regioni che individuerà le modalità della formazione richiesta per determinate attrezzature di lavoro (macchine agricole, gru ect.), che è stato già oggetto di discussione «in sede tecnica» presso alla conferenza Stato-Regioni in data 11 gennaio 2012. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha predisposto tenendo conto degli ultimi elementi di discussione condivisi, in data 11 gennaio, nella citata riunione, lo schema «consolidato» degli accordi inviando i medesimi alla segreteria della conferenza Stato-Regioni.

Da rilevare poi l'approvazione, il 21 dicembre 2011, in seno alla conferenza Stato-regioni, del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (Inail) e delle Regioni.
Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Sole 24 Ore, nella sua edizione del 10 ottobre 2011 ha pubblicato un articolo del giornalista Giampiero Falasca, nel quale in sintesi si sostiene che «neolaureati, disoccupati, categorie disagiate e studenti» si vengono a trovare «con quattro diversi insiemi di norme» per quel che riguarda gli stage, un «groviglio di regole» in virtù del quale ogni regione italiana disciplina in modo autonomo gli istituti di formazione;
in particolare l'articolo evidenzia come con la manovra estiva (decreto-legge n. 138 del 2001 convertito dalla legge n. 48 del 2011) si sia evidenziata una nuova cornice di regole per l'utilizzo di questi contratti, con la finalità di prevenire abusi e utilizzi scorretti degli stessi;
per attuare questa finalità, l'articolarsi è stabilito che i tirocini «non curriculari» (quelli cioè svincolati da percorsi formali di istruzione) non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese; è stato inoltre introdotto un limite invalicabile circa il momento di stipula del contratto: i tirocini non curriculari possono essere sottoscritti con neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento dei relativo titolo di studio; cosicché dopo l'approvazione di questa normativa, le imprese che fanno un uso corretto del tirocinio hanno lamentato l'eccessiva rigidità dei nuovi vincoli;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provato a rispondere a queste osservazioni, con una circolare che opera una ricostruzione, per certi versi sorprendente, delle condizioni di utilizzo dei tirocini, che sono stati così ricondotti a ben quattro possibili categorie;
la prima tipologia esclusa, secondo la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sarebbe quella dei «tirocini formativi e di orientamento»; secondo il Ministero rientrano nella nozione solo quei tirocini finalizzati ad agevolare le scelte professionali mediante una formazione in ambiente produttivo e una conoscenza diretta del mondo del lavoro. Solo questa forma di tirocinio sarebbe soggetta ai nuovi limiti: sarebbero invece escluse dalla riforma altre tipologie di tirocinio, come quella dei «tirocini di reinserimento o inserimento al lavoro»;
la definizione introdotta dal Ministero con la sua circolare costituisce una novità assoluta, perché prima dell'emanazione della circolare non esisteva una disciplina autonoma degli stage di inserimento, che erano ricondotti alla normativa generale. Possono essere utilizzati con questi rapporti, i disoccupati (quindi, tutte quelle persone che avevano un lavoro e lo hanno perso, compresi i lavoratori in mobilità), e i soggetti riconducibili alla nozione di inoccupati (quindi, di tutte quelle persone che non hanno mai avuto un impiego). Per questi rapporti, non trova applicazione il limite temporale introdotto dalla manovra estiva (divieto di stipula del periodo successivo ai 12 mesi dal conseguimento del diploma o della laurea), mentre la durata massima è sempre di sei mesi, in quanto si applica l'articolo 7, comma 1, lettera b) del decreto ministeriale n. 142 del 1998, che prevede proprio questo limite. La disciplina cambia ancora nel caso in cui i tirocini siano promossi in favore di categorie «disagiate». Rientrano in questa nozione diverse categorie di soggetti, inclusi disabili, invalidi fisici, psichici e sensoriali, tossicodipendenti, alcolisti, detenuti, immigrati, soggetti svantaggiati; tirocini disciplinati dalla norme speciali (ad esempio la legge n. 68 del 1999) e regionali;
infine, si applicano regole diverse anche per i cosiddetti «tirocini curriculari»: rapporti che possono essere promossi nei confronti di studenti che partecipano a percorsi di istruzione secondaria o universitaria. I tirocini devono essere inclusi nei piani di studio delle università e degli istituti scolastici, e devono realizzare

momenti di alternanza tra studio e lavoro. La circolare ricorda che tali tirocini devono soddisfare specifiche condizioni: essere promossi dall'istituzione formativa, essere destinati agli studenti, e svolgersi nel periodo di frequenza del corso di studi. La disciplina di questi stage si trova nei regolamenti degli istituti che li promuovono;
da quanto sopra esposto si deduce che per una vicenda tutto sommato semplice, si possono avere ben quattro diversi insiemi di norme, dentro i quali si possono trovare regole che cambiano da regione a regione -:
in che modo tutto ciò si armonizzi i ripetuti propositi di semplificazione e razionalizzazione più volte ribaditi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Governo.
(4-13627)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente l'utilizzo dei tirocini formativi e di orientamento ex articolo 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 38 della legge 24 giugno 1997, n. 196 e il conseguente decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 25 marzo 1998, n. 142, contenente il regolamento d'attuazione, hanno istituito i tirocini formativi e di orientamento per agevolare la conoscenza del mondo del lavoro.
I tirocini formativi e di orientamento sono promossi in favore di coloro che hanno già assolto il diritto-dovere di istruzione e formazione, e mirano ad agevolare le scelte professionali e la occupabilità dei giovani nella fase di transizione dalla scuola al lavoro mediante una formazione in ambiente produttivo e una conoscenza diretta del mondo del lavoro.
Il tirocinio è uno strumento vantaggioso anche per l'azienda che può utilizzarlo per la selezione del personale in vista di eventuali assunzioni. Esso, infatti, non si configura come un rapporto di lavoro, non prevede una retribuzione, né l'obbligo di assunzione finale del tirocinante.
Al termine del tirocinio, l'azienda è tenuta solo a certificare l'esperienza svolta dal tirocinante, che può avere valore di credito formativo.
La durata massima del tirocinio varia a seconda del beneficiario ed è così stabilita:
4 mesi - per studenti di scuola secondaria;
6 mesi - per inoccupati o disoccupati ivi compresi i lavoratori in mobilità, gli allievi di istituti professionali di Stato, di corsi di formazione professionale, gli studenti frequentanti attività formative post-diploma o post-laurea (anche nei 18 mesi successivi al conseguimento del titolo corrispondente alla formazione seguita);
12 mesi - per studenti universitari (inclusi studenti di corsi di diploma universitario, dottorati di ricerca, scuole o corsi di perfezionamento e specializzazione, nonché scuole o corsi di perfezionamento e specializzazione post-secondari anche non universitari, anche nei 18 mesi successivi al conseguimento del titolo corrispondente alla formazione seguita);
12 mesi - per persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381 del 1991;
24 mesi - per disabili.

Il tirocinio si realizza sulla base di un'apposita convenzione tra l'azienda che ospiterà il tirocinante e l'ente promotore, da individuarsi fra quelli autorizzati dalla normativa (centri per l'impiego, università, istituzioni scolastiche statali e non, cooperative sociali, eccetera). Alla convenzione deve essere allegato il progetto formativo e di orientamento che indica gli obiettivi, i tempi e le modalità di svolgimento del tirocinio.
Su tale impianto normativo si è inserito il decreto-legge n. 138 del 2011, convertito in legge dalla legge 148 del 2011, il cui articolo 11 prevede che i tirocini formativi e di orientamento non possano avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese,

e possano essere attivati unicamente nei confronti di neo-diplomati e neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio.
In considerazione delle diverse finalità cui rispondono i diversi tipi di tirocinio, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 24 del 2011 ha precisato che dall'ambito di applicazione dei tirocini di cui all'articolo 11 sono esclusi i tirocini svolti a favore di soggetti svantaggiati (disoccupati, inoccupati, disabili, tossicodipendenti, soggetti in trattamento psichiatrico, eccetera), definiti di cosiddetti reinserimento/inserimento, poiché finalizzati principalmente all'inserimento o il reinserimento al lavoro di soggetti che hanno maggiori difficoltà.
Dall'applicazione del citato articolo 11 sono altresì esclusi i tirocini curriculari cioè quelli contemplati in uno specifico piano di studi ed attivati da Università (nell'ambito di lauree, master, dottorati) o istituzioni universitarie che rilascino titoli accademici; da istituzioni scolastiche che rilascino titoli di studio con valore legale; da centri di formazione professionale in convenzione con regione o provincia, in quanto finalizzati alla realizzazione di momenti di alternanza tra studio e lavoro.
Infine, sono esclusi i periodi di prati cantato richiesti dagli Ordini professionali e disciplinati da specifiche norme di settore.
I tirocini esclusi dal campo di applicazione dell'articolo 11, sono disciplinati dalla legge n. 196 del 1997, dal decreto ministeriale n. 142 del 1998 e dalle leggi regionali, ove emanate.
Da ultimo, si rappresenta che le competenti Direzioni generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno attivato un servizio di risposta ai quesiti più frequenti (FAQ) pubblicati sul sito istituzionale ed implementati periodicamente.
Conclusivamente, si può affermare che la disciplina dell'istituto in questione offre una articolata risposta alle esigenze formative dei destinatari, in tal modo rispondendo alle esigenze di adeguatezza e razionalizzazione richiamate dall'interrogante.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si apprende dall'articolo della giornalista Mariagrazia Gerina, «Vattani, il console "fascio-rock" richiamato a Roma, pubblicato su "L'Unità" del 23 gennaio 2012, il signor Mario Andrea Vattani è tornato a Roma, a disposizione della commissione di disciplina che dovrà decidere le sorti della sua carriera diplomatica in seguito alla sua discussa e discutibile esibizione sul palco di Casapound vestendo i panni di "Katanga", leader dei "Sottofasciasemplice«»;
come riferisce sempre la giornalista Mariagrazia Gerina, cui va il merito di aver per prima sollevato l'imbarazzante questione che getta un indubbio discredito sull'intero corpo diplomatico italiano e sull'immagine del nostro Paese nel mondo, dal momento che il signor Mario Andrea Vattani si sarebbe abbandonato a espliciti omaggi alla Repubblica di Salò e altre simili imbarazzanti espressioni e manifestazioni;
come informa sempre la giornalista Mariagrazia Gerina, quella che viene definita una «doppia identità», diplomatico di giorno, leader dei «Sottofasciasemplice» di notte, sarebbe stata «a lungo coltivata» -:
se risultino altre occasioni simili oltre all'ormai noto concerto a Casapound che ha visto la discussa e discutibile esibizione del signor Mario Andrea Vattani;
se non si ritenga utile e necessario disporre di un'inchiesta di carattere amministrativo per accertare se quanto pubblicato dalla giornalista Gerina corrisponde a verità.
(4-14605)

Risposta. - Non si dispone di evidenze che il Ministro plen Mario Vattani si sia reso protagonista di esibizioni analoghe a quelle contestategli in sede disciplinare.

Ai sensi della vigente normativa, l'inchiesta amministrativa che il Ministero può e deve attivare nei confronti di dipendenti che siano coinvolti in situazioni come quella relativa al Ministro Plen. Vattani è il procedimento disciplinare, il quale, come noto, è attualmente in corso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
alla luce delle oggettive difficoltà da parte di numerosi operatori del settore ad adeguarsi a quanto disposto dalla direttiva 2010/48/UE, con la quale s'impone l'uso di ponti sollevatori o fosse di ispezione nelle operazioni di revisione effettuate in forza della legge n. 870 del 1986, se non si ritenga possibile in alternativa l'utilizzo di sistemi di visione indiretta, o in subordine se non si intenda prorogare al 31 dicembre 2013 il termine di decorrenza per l'utilizzo dei detti ponti sollevatori e/o delle fosse d'ispezione.
(4-13354)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea è stata pubblicata la direttiva 2010/48/UE del 5 luglio 2010 della Commissione che adegua al progresso tecnico la direttiva 2009/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente il controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Tale direttiva è stata recepita dal decreto ministeriale 13 ottobre 2011 ed è entrata in vigore il 1o gennaio 2012.
Un aspetto saliente del nuovo testo è contenuto nell'articolo 1, nel quale si dispone l'integrale modifica e sostituzione dell'allegato II alla direttiva 2009/40/CE, «Elementi da Controllare Obbligatoriamente».
Nel nuovo allegato, al punto 4, «Requisiti Minimi di ispezione», si rileva un diverso approccio della direttiva rispetto alla precedente, essendo introdotta tra «Elementi da controllare» e «Causa del difetto», la voce «Metodo» (di ispezione).
«Il Metodo» introdotto è uno degli aspetti innovativi della direttiva.
In particolare, nell'ambito della ispezione degli elementi di cui al punto 5 «Assi;
ruote pneumatici e sospensioni», sotto la dicitura «Metodo», ai punti 5.1.1.(Assi), 5.1.2 (Fuselli), 5.1.3 (Cuscinetti delle ruote), 5.2.2 (Ruote), 5.2.3 (Pneumatici), 5.3.1 (Molle e stabilizzatori), 5.3.2 (Ammortizzatori), 5.3.3 (Tubi di torsione), 5.3.4 (Attacchi sospensioni), è scritto: Esame visivo con il veicolo sopra una fossa di ispezione o su un ponte sollevatore.
Medesima indicazione si rileva inoltre al punto 6 «Telaio ed elementi fissati al telaio».
Si segnala, altresì, che, considerata la valenza della direttiva in oggetto, questo Dicastero ha provveduto tempestivamente all'emanazione di una circolare applicativa, protocollo R.U. 67492 del 10 agosto 2010, per sottolineare taluni aspetti meritevoli di attenzione e dar modo agli operatori del settore di provvedere ad adeguare opportunamente le proprie dotazioni di impianti alle nuove e disposizioni.
Considerato l'ampio margine temporale concesso alle imprese interessate per l'adeguamento di cui sopra e considerato, inoltre, che anche la Commissione europea in data 8 dicembre 2010, in risposta all'interrogazione E-9573/2010 di Roberta Angelini ha evidenziato che: «L'utilizzo di telecamere non consente, nella pratica, di visualizzare gli elementi costitutivi delle sospensioni e dello sterzo e dunque non permette di effettuare gli esami visivi necessari....» questo Ministero si è trovato nell'impossibilità di accogliere le richieste degli operatori del settore.
Per completezza d'informazione, si comunica che questo Ministero ha provveduto ad emanare altre due circolari, rispettivamente in data il 10 novembre 2011, protocollo 31750 e 29 dicembre 2011, protocollo 36120, al fine di chiarire ulteriormente

le modalità e i tempi di applicazione della direttiva comunitaria in questione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

FUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ancora una volta Trenitalia e il suo management penalizzano fortemente tutta la Puglia con la decisione di sopprimere, dal 4 ottobre 2011, due corse Eurostar tra Roma e Bari, cosa peraltro avvenuta senza avvertire in modo adeguato l'utenza, a partire da quanti nei giorni precedenti avevano regolarmente acquistato il biglietto per i convogli in partenza da Bari alle ore 10 e in partenza da Roma alle ore 18.45;
ancor più nello specifico, va a penalizzare ulteriormente la provincia di Barletta-Andria-Trani. Appena quattro mesi fa, infatti, l'azienda ferroviaria aveva deciso di ripristinare, sulla medesima tratta, due fermate a Barletta. Salvo poi fare marcia indietro, creando enormi problemi all'utenza della sesta provincia, nel momento in cui la fermata di Barletta veniva spostata all'improvviso a Trani;
come già ribadito dall'interrogante sul medesimo tema nell'interrogazione n. 4-05397, è davvero paradossale che, proprio nel periodo in cui l'alta velocità ferroviaria sta compiendo passi da gigante, vi siano interi territori del nostro Paese (peraltro quasi tutti nel Mezzogiorno) assolutamente penalizzati -:
quali iniziative, per quanto di sua competenza, ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa e in relazione alla necessità di garantire anche agli utenti della Puglia, e in generale di tutto il Mezzogiorno, servizi ferroviari adeguati e all'altezza.
(4-13502)

Risposta. - I collegamenti ferroviari di media e lunga percorrenza tra la Puglia e Roma richiamati dall'interrogante non sono inclusi nel perimetro dei «servizi universali», contribuiti e regolati con contratto di servizio pubblico.
Essi rientrano tra i «servizi a mercato»; pertanto Trenitalia Spa, nell'ambito delle sue scelte aziendali, può declinare autonomamente le caratteristiche qualitative e quantitative dell'offerta, nonché i livelli di prezzo.
La suddetta società, interessata al riguardo, ha fatto presente che sta eseguendo interventi indifferibili di manutenzione e implementazione delle tecnologie di bordo sui convogli della flotta «Frecciargento» (ETR 600, 610 e 485).
Ciò ha determinato una minore disponibilità di materiale rotabile di tali tipologie e, conseguentemente, la necessità di sospendere una coppia di collegamenti del prodotto «Frecciargento».
Pertanto, dal 3 ottobre 2011 è stata soppressa la coppia di treni 9352/9359, che presentava, in assoluto, il più basso indice di frequentazione della categoria «Frecciargento», con una percentuale media di occupazione dei posti disponibili inferiore al 40 per cento e, successivamente, con l'orario dell'11 dicembre 2011, proprio in considerazione della bassa frequentazione e di un rapporto costi/ricavi negativo, Trenitalia non ha potuto confermare, questi due collegamenti.
Ad oggi, per quanto concerne i servizi diretti diurni, la Puglia è collegata giornalmente con Roma da 3 coppie di Eurostar/Alta velocità «Frecciargento» e da 1 coppia di Intercity (otto treni).
Peraltro, con il nuovo orario attualmente in vigore, è stato previsto il posticipo di un'ora, dalle 16,45 alle 17,45, della partenza dell'ES/AV «Frecciargento» 9357 (l'ultimo del pomeriggio da Roma per Lecce), per consentire una più efficace distribuzione dei collegamenti sulla relazione Roma - Puglia nell'arco della giornata.
In ogni caso si conferma la piena disponibilità del Governo per l'individuazione di una soluzione condivisa anche con le istituzioni locali sulle problematiche del trasporto ferroviario di lunga percorrenza; a tale proposito si segnala che in data 17

gennaio il Presidente del Consiglio ha incontrato i Presidenti delle regioni meridionali, tra cui il Governatore Vendola, assicurando loro che il tema della mobilità nel Sud rappresenta una priorità dell'azione di Governo, e ha garantito la propria disponibilità ad individuare una soluzione condivisa sul tema del trasporto ferroviario di lunga percorrenza.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

GIRLANDA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il settore ortofrutticolo sta vivendo una crisi di dimensioni preoccupanti, facendo registrare un calo delle vendite mediamente vicino al 30 per cento rispetto allo scorso anno, con danno stimati di milioni di euro;
tale stato di cose è dovuto sia al calo dei consumi conseguente alla crisi economica, alla psicosi derivata da fenomeni come il batterio killer, dal maltempo e dall'anomalo andamento climatico che ha accorciato i tempi di maturazione provocando una sovrapposizione non prevedibile della produzione di diverse aree dei Paesi del bacino mediterraneo, che si sta ripercuotendo con maggior incisività su prodotti come le pesche nettarine o le angurie;
il perdurare di questa situazione pone a rischio la sopravvivenza di 980 mila aziende italiane, poiché la crisi economica sui consumi delle famiglie vede pesanti effetti negativi sui bilanci degli imprenditori agricoli, che vedono i prezzi dei loro prodotti diminuire del 20 per cento della frutta, del 22 per cento per ortaggi e legumi, secondo i dati dell'indagine Censis-Confcommercio;
a questa situazione si aggiunge anche il problema della volatilità dei prezzi delle commodity, come i cereali di cui il nostro Paese è deficitario, che si riflette sulle tasche dei consumatori ma anche degli agricoltori, tanto che Confagricoltura sottolinea come il settore zootecnico sia in difficoltà dal momento che i lievi aumenti dei prezzi alla produzione non coprono i costi per gli alimenti per il bestiame che sono più che raddoppiati;
il calo delle esportazioni agricole ha acuito gli effetti della crisi, come evidenziato dai dati Istat, che rilevano la crescita delle importazioni di prodotti agricoli di quattro volte rispetto alle esportazioni nel mese di maggio, queste ultime calate del 26 per cento rispetto al mese di aprile -:
quali iniziative il Ministro intende attivare per cercare di porre rimedio a questo andamento negativo della produzione e del mercato ed in che modo il Ministro intenda implementare la promozione dei prodotti agricoli italiani sui mercati esteri, soprattutto quelli più colpiti dagli effetti della crisi.
(4-12832)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la crisi che sta interessando i settori ortofrutticolo e zootecnico, nonché la conseguente opportunità di implementare la promozione dei prodotti agricoli italiani sui mercati esteri, evidenzio quanto segue.
Il settore ortofrutticolo è disciplinato dalla c.d. «Organizzazione comune di mercato orto frutta» e, pertanto, il relativo sostegno pubblico deve rispettare le regole contenute nei pertinenti regolamenti regionali CE n. 1234/07 del Consiglio e regionali UE n. 543/2011 della Commissione) che consentono l'erogazione di un aiuto comunitario alle organizzazioni di produttori riconosciute che realizzino programmi operativi previa costituzione di uno specifico fondo di esercizio.
Le misure finanziate riguardano, oltre la produzione e il miglioramento della qualità, anche la promozione sui mercati nazionali e internazionali. Esse risultano tanto più efficaci, quanto più i produttori sono associati in organizzazioni di produttori.
Peraltro, per le Regioni ove meno del 20 per cento della produzione ortofrutticola è commercializzata tramite le organizzazioni

di produttori, l'Organizzazione comune di mercato consente allo Stato, previa autorizzazione della Commissione europea, di erogare un aiuto di Stato aggiuntivo, pari al 48 per cento dell'aiuto comunitario.
Il nostro Paese si è avvalso di tale facoltà fin dal 2008 e si appresta a richiedere l'autorizzazione anche per il 2012.
Per quanto riguarda la crisi che ha colpito, in particolare, le pesche e le nettarine ricordo che la Commissione europea, grazie anche all'impegno del Governo italiano, ha adottato un recente regolamento che, con effetto retroattivo dal 19 luglio 2011, ha aumentato sostanzialmente il prezzo di ritiro di tali prodotti.
Ritengo, tuttavia, che le misure messe a disposizione dall'Organizzazione comune di mercato non siano sufficienti e, pertanto, di concerto con i Ministeri di Francia e Spagna, stiamo portando avanti un'azione di sensibilizzazione nei confronti dei competenti organi dell'Unione europea al fine di ottenerne il potenziamento.
Peraltro, tra le iniziative poste in essere dalla mia Amministrazione a favore dei prodotti agricoli nazionali sui mercati esteri, vorrei evidenziare quella realizzata, nell'ambito dei negoziati per la definizione degli accordi con i Paesi terzi, per ottenere il miglioramento delle concessioni daziarie da parte dei Paesi terzi, in particolare, per le produzioni di maggiore interesse per export quali, ad esempio, gli ortofrutticoli.
In ambito nazionale, inoltre, abbiamo istituito un tavolo di confronto tra grande distribuzione e i produttori al fine di individuare percorsi condivisi utili al miglioramento dei rapporti all'interno della filiera produttiva.
Per quanto attiene il settore delle produzioni animali, nel far presente la recente elaborazione di un piano di settore suinicolo che punta a migliorare la competitività della filiera, il rincaro delle materie prime alla base delle produzioni zootecniche ha colpito, seppur in maniera diversa, tutti i maggiori produttori mondiali. Ci troviamo, quindi, di fronte a una crisi di settore globale anche se, per taluni tipi di produzioni a denominazione di origine protetta tipiche italiane, è stata particolarmente onerosa.
Ritengo, pertanto, difficile contrastare l'andamento negativo del settore solo con misure nazionali. Occorrerà, invece, partecipare attivamente, all'interno degli organismi internazionali competenti, in primo luogo dell'Unione europea, affinché siano riviste determinate scelte di politica economica internazionale che hanno contribuito al verificarsi dei fenomeni del rincaro repentino delle materie prime.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

GRIMOLDI e RIVOLTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il precedente Governo aveva aperto degli uffici decentrati del Ministero delle riforme per il federalismo, del Ministero del turismo e del Ministero della semplificazione normativa;
tali uffici sono situati a Monza, presso la Villa Reale, in locali messi a disposizione gratuitamente dai comune di Monza;
l'apertura delle sedi decentrate di tali Ministeri non ha comportato alcun costo all'amministrazione pubblica -:
se il nuovo Governo abbia intenzione di mantenere le sedi decentrate di alcuni Ministeri a Monza.
(4-14059)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede se il nuovo Governo abbia intenzione di mantenere attive le sedi decentrate del Ministero delle riforme per il federalismo, del Ministero del turismo e del Ministero per la semplificazione normativa istituite in provincia di Monza, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, è d'uopo ricordare che il Ministro per le riforme istituzionali ed Ministro per la semplificazione normativa hanno istituito, con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 giugno 2011, delle sedi periferiche di rappresentanza

dei propri Dicasteri al fine di favorire il progressivo avvicinamento del Governo ai cittadini e al territorio e amministrazione.
In particolare, è stata individuata l'ubicazione della prima sede nel territorio dei Comune di Monza, che con successiva convenzione tra i Ministri ed il sindaco è stata ubicata presso la villa Reale.
Avverso tale provvedimento le organizzazioni sindacali Sna Precom e Sipre hanno presentato, in data 29 settembre 2011, il ricorso ex articolo della legge 20 Maggio 1970, n. 300 in materia di «Norme sulla tutela della libertà a dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento» presso il tribunale di Roma-Sezione lavoro.
In data 14 ottobre 2011 il giudice del lavoro ha emesso un decreto con cui ha parzialmente accolto il ricorso delle organizzazioni sindacali, dichiarando l'anti sindacabilità della condotta tenuta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri consistente nell'istituzione di sedi periferiche della struttura di missione di supporto al Ministro della semplificazione normativa e del Dipartimento delle riforme istituzionali, omettendo l'informativa preventiva e, conseguentemente, impedendo la concertazione con le organizzazioni sindacali.
Con il medesimo decreto il giudice del lavoro ha ordinato all'amministrazione esistente di desistere dal comportamento antisindacale e da rimuovere gli effetti. Il giudice, inoltre, ha declinato la propria giurisdizione in merito all'annullamento dei decreti, ritenendoli atti di alta amministrazione.
Premesso ciò, le sedi di rappresentanza inaugurate nel luglio 2011, presso la reggia di Monza, non sono più operative dal giorno del giuramento del nuovo Governo. Gli uffici competenti della Presidenza del Consiglio hanno provveduto tempestivamente a far cessare l'operatività delle sedi oggetto di contestazione attraverso la dismissione di tutte le utenze e il ritiro di quanto vi era stato destinato, come i beni mobili. L'immobile e stato messo a disposizione a titolo gratuito dall'ente proprietario, che ora ne ha riacquistato la piena disponibilità. Nessuna unità di personale di ruolo o in comando ha mai preso servizio in quelle sedi, né tantomeno nessuna procedura di mobilità del personale è mai stata attuata e neppure programmata.
La Presidenza del Consiglio dei ministri - nonostante il dispositivo fosse meramente dichiarativo della condotta antisindacale dell'amministrazione - ha, comunque, dato esecuzione al decreto del tribunale di Roma, non appena notificato, sentendo in proposito le organizzazioni sindacali.
A tal riguardo, con nota del Segretario generale del 9 febbraio 2012, è stata chiesta all'Avvocatura dello Stato (che aveva proposto opposizione al decreto emesso dal tribunale di Roma, relativamente alla dichiarazione del comportamento antisindacale dell'amministrazione e non in ordine alla chiusura delle sedi stesse, materia rispetto alla quale il giudice di primo grado aveva declinato la giurisdizione) la rinuncia al ricorso in opposizione, ritenendo cessata la materia del contendere, cioè la presunta condotta antisindacale.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.

MAGGIONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sugli organi di stampa locali, si legge con troppa frequenza di atti vandalici commessi nelle stazioni ferroviarie del territorio pavese che ormai versano in condizioni di degrado e di abbandono con tabelloni mal funzionanti, obliteratrici guaste, servizi igienici impraticabili e vetrate rotte o riparate artigianalmente con materiali provvisori e facilmente rimovibili;
il bar interno alla stazione di Vigevano ha subito 16 rapine e nel corso degli ultimi soli 7 giorni, sono stati commessi due furti all'interno della medesima stazione, l'ultimo dei quali, all'edicola interna,

ha raggiunto quasi i 6.000 euro fra titoli di viaggio, schede telefoniche e computer portatile;
i fatti dimostrano che le misure di sicurezza presso le stazioni pavesi, e in particolare presso quella di Vigevano, sono insufficienti e inappropriate e tutti gli utenti della stazione, in primis i lavoratori direttamente coinvolti, pretendono di veder garantita la propria sicurezza;
i pendolari che ogni giorno frequentano le stazioni pavesi e che hanno subito, nel corso degli anni, i vari rincari dei titoli di viaggio, pretendono un incremento e un miglioramento del servizio e della qualità, anche sotto il profilo della manutenzione e della sicurezza delle stazioni ferroviarie -:
se il Ministro non reputi opportuno intervenire, con tutte le iniziative necessarie, per favorire una concertazione tra le amministrazioni locali e Rfi al fine di delineare un piano di intervento per la gestione e la manutenzione delle stazioni ferroviarie del territorio pavese, che garantisca la sicurezza degli utenti e dei lavoratori che frequentano regolarmente le medesime stazioni.
(4-12505)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che nel quadro di un ampio processo di innovazione tecnologica che ha interessato tutta la rete ferroviaria italiana il Gruppo Ferrovie dello Stato ha avviato un programma di riqualificazione di tutte le stazioni/fermate della rete. In tale ambito. Rete ferroviaria italiana S.p.A. sta orientando il proprio impegno verso quelle realtà con le caratteristiche e le problematiche della stazione di Vigevano, assumendo iniziative dirette a fronteggiare il diffuso fenomeno del vandalismo che danneggia sia le strutture che l'immagine stessa dell'Azienda.
In particolare, per quanto riguarda la stazione ferroviaria di Vigevano la Società rete ferroviaria italiana ha comunicato che mese di giugno 2011 ha effettuato un sopralluogo, unitamente al Sindaco, per concordare le soluzioni da adottare, al fine di fronteggiare efficacemente il fenomeno del vandalismo e nel contempo per assicurare un miglioramento della qualità dei servizi, del decoro e della sicurezza di tutti gli spazi aperti al pubblico.
Sul versante della sicurezza, ha incaricato una ditta specializzata per l'istallazione dell'impianto di sorveglianza, mentre per quanto riguarda il decoro e la pulizia della Stazione ha provveduto ad incrementare gli interventi di pulizia giornaliera e contestualmente ad effettuare i seguenti interventi:
rimozione dei graffiti dalle pareti e dai pilastri dei marciapiedi;
tinteggiatura di tutti gli infissi e sostituzione dei vetri rotti e dei pannelli in ferro danneggiati;
riparazione del pluviale;
manutenzione del verde di tutto lo scalo e pulizia dei binari;
rifacimento di parte del soffitto della sala d'attesa;
manutenzione e ripristino dell'efficienza dei servizi igienici completamente vandalizzati;
riparazione delle bacheche danneggiate.

Infine, si informa che la suddetta società ha proposto di concedere, in comodato d'uso gratuito al comune, alcuni locali dell'ex magazzino merci, attualmente inutilizzati, da adibire ad attività sociali e di pubblica utilità. Tale soluzione, adottata in numerose altre realtà della stessa tipologia della stazione di Vigevano, laddove i processi di automazione tecnologica hanno superato il presenziamento da parte del personale ferroviario, si è rivelata particolarmente efficace nel disincentivare eventuali atti vandalici.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

MANCUSO e NASTRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
quella abitativa è una gravissima emergenza dei nostri giorni;
nel 2006 l'Atc (azienda territoriale per la casa) di Novara ha ultimato la costruzione di una palazzina in via san Bernardino da Siena;
secondo una convenzione siglata nel 1994 tra il comune di Novara e il Ministro per la difesa, la palazzina avrebbe dovuto ospitare gli ufficiali di carriera dell'esercito, mentre il Ministero avrebbe ceduto al comune l'edificio della cittadina caserma Perrone;
successivamente il demanio cedeva la caserma Perrone all'università che vi ha ubicato i nuovi locali dell'ateneo;
da qui un più che decennale contenzioso tra le due istituzioni che ha bloccato l'assegnazione della palazzina, rimasta disabitata, tranne che per alcuni giorni del 2006, in cui è stata abusivamente occupata;
il comune novarese aveva trovato in queste ultime settimane un accordo con il Ministero per la destinazione di 9 unità abitative della palazzina di via san Bernardino alla copertura dell'emergenza abitativa ed era in questi giorni in procinto di assegnarle ai cittadini in stato di necessità;
nella notte tra il 12 e il 13 luglio 2011 ignoti sono penetrati nella palazzina devastandola e procurando danni per 110.000 euro -:
quali azioni intenda mettere in atto il Governo per chiudere la triste vicenda e permettere, finalmente, l'assegnazione dei nove appartamenti ai cittadini novaresi.
(4-12829)

Risposta. - L'originaria convenzione siglata dall'Amministrazione militare con il comune di Novara aveva ad oggetto la cessione al comune della caserma Perrone, da adibire a nuova sede universitaria, in cambio, a carico di quest'ultimo, di interventi di adeguamento di alcune infrastrutture militari esistenti nonché della realizzazione di una palazzina di 8 alloggi su un'aliquota di sedime in uso alla Difesa (ex caserma Ghezzi), da adibire ad esigenze abitative del personale militare.
All'atto della dismissione della caserma Terrone l'Amministrazione finanziaria ha, diversamente, consegnato il bene all'università, anziché al comune che non ha più, conseguentemente consegnato la palazzina della difesa.
Nell'ambito delle trattative volte a risolvere il contenzioso, l'Amministrazione militare ha manifestato la propria disponibilità a cedere in permuta al comune altre aree demaniali limitrofe a quella di interesse; su una di queste il Comune di Novara aveva, nel mese di maggio 2011, manifestato il proprio interesse.
Nel mese di settembre 2011, la nuova giunta comunale ha, però, revocato la proposta di permuta con altra area avanzata dalla precedente Giunta e, in occasione di un incontro tecnico tenutosi nello stesso mese, ha prospettato ai rappresentanti della Difesa le seguenti ipotesi alternative:
cessione della proprietà del complesso residenziale alla Difesa verso corresponsione del costo di costruzione aggiornato;
acquisto dell'area di sedime da parte del comune;
suddivisione al 50 per cento della proprietà degli alloggi tra Difesa e comune, previo conguaglio dei costi a seguito di valutazione peritale.

A fronte di tali proposte, in data 3 ottobre 2011, la regione militare Nord di Torino ha ribadito la necessità di acquisire il complesso di 8 alloggi per destinarlo alle esigenze del personale in servizio a Novara, Milano e Solbiate Olona.
Allo stato, sono in corso una serie di incontri tra i rappresentanti dell'amministrazione comunale ed esponenti della Difesa, volti a trovare una soddisfacente soluzione mediante l'utilizzo dei recenti strumenti normativi in materia di valorizzazione/alienazione degli immobili della Difesa.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MINARDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Ragusa attende oramai da circa un ventennio il raddoppio della strada statale che collega le città di Ragusa e Catania;
la realizzazione dell'intervento soddisferebbe il sempre più impellente fabbisogno di mobilità della parte sud orientale della Sicilia e quindi di centinaia di migliaia di cittadini;
la strada statale 514 che collega allo stato attuale Ragusa e Catania risulta essere oltremodo pericolosa e troppo spesso scenario di gravi incidenti;
il progetto risulta provvisto di tutti i necessari pareri e/o autorizzazioni di legge via via acquisiti presso i soggetti territorialmente preposti (Genio civile, Soprintendenza, e altri); in particolare risulta già favorevolmente esitato in sede di valutazione di impatto ambientale, come da D.R.S. n.563 del 1° luglio 2005, ed inoltre con D.D.G. n. 384 del 30 aprile 2008, è stato approvato dall'assessorato regionale territorio e ambiente - dipartimento urbanistica sotto il profilo urbanistico;
l'intervento risulta inserito nella programmazione pluriennale di ANAS s.p.a.;
l'ANAS s.p.a. ha promosso la realizzazione dell'opera in regime di partecipazione pubblico-privata;
il CIPE con delibera n. 3 del 22 gennaio 2010 pubblicata in GURI n. 185 del 6 agosto 2010 ha approvato il progetto ed individuato la copertura finanziaria per quanto riguarda la parte pubblica dell'investimento;
il CIPE con deliberazione del 22 luglio 2010 ha espresso parere, con prescrizioni, sullo schema di convenzione da porre a base della gara relativa all'itinerario Ragusa-Catania;
dal mese di novembre 2010 l'interrogante ha continuamente contattato gli uffici preposti ricevendo sempre rassicurazioni sul corretto iter e su una pronta risoluzione del problema -:
se le rassicurazioni più volte accordate per le vie brevi siano ancora in essere ed, in caso affermativo, quando sarà firmata la convenzione, firma che permetterebbe il sollecito avvio dell'iter di realizzazione dell'autostrada cosiddetta «Ragusana».
(4-10778)

Risposta. - Il 31 marzo 2010 è stato pubblicato il bando di gara, ai sensi dell'articolo 155, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006, per l'affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento viario compreso tra lo svincolo della strada statale 514 «di Chiaramonte» con la strada statale 115 e lo svincolo della «Ragusana» con la strada statale 114.
Successivamente alla deliberazione del mese di luglio 2010, n. 71, con la quale il Comitato interministeriale per la programmazione economica aveva espresso parere favorevole con prescrizioni sullo schema di convenzione da porre a base della gara di affidamento dell'opera in projet financing, lo stesso Comitato, nella seduta del 3 agosto 2011, ha approvato l'integrazione delle prescrizioni apposte alla convenzione dalla precedente delibera, al fine di escludere potenziali effetti negativi per la finanza pubblica.
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2011 della delibera Comitato interministeriale per la programmazione economica dell'agosto 2011 ha consentito ad Anas S.p.A., in qualità di soggetto aggiudicatore, di attivare le relative procedure di gara per la realizzazione dell'opera, attraverso la trasmissione delle lettere di invito ai soggetti pre-qualificati, avvenuta il 4 gennaio 2012.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

MORASSUT. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
importanti organi di stampa nazionali hanno fatto rilevare nella giornata di oggi, le partecipazioni del Sottosegretario alla Difesa, Filippo Milone, in società immobiliari presenti su importanti quadranti edificabili di Roma e del vigente Piano regolatore della città;
al Sottosegretario Milone sono state attribuite deleghe significative tra cui quelle relative alla «razionalizzazione, dismissione, valorizzazione e gestione immobiliare del patrimonio della Difesa», ivi inclusa quella relativa «agli alloggi per il personale militare»;
la crisi economica in atto impone che ogni operazione di dismissione, valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico e di trasformazione edilizia e urbanistica ad essa collegata avvenga nella piena trasparenza e nella certezza di un ruolo di assoluta garanzia degli organi pubblici preposti alle stesse operazioni -:
se intenda fornire elementi sulla veridicità delle notizie pubblicate oggi;
se intenda accertare se esistano o meno situazioni di «conflitto di interesse» o quantomeno di inopportuna sovrapposizione tra l'incarico e le deleghe del Sottosegretario Milone e le sue attività di promotore immobiliare.
(4-14569)

Risposta. - Risponde al vero che il Filippo Milone ha iniziato la sua carriera nel Gruppo Graci di Catania ed è altrettanto vero che ha lasciato lo stesso Gruppo nel 1985 e quindi ben prima degli anni '90.
Milone ha altresì dato le dimissioni da membro del collegio sindacale della società denominata Quadrifoglio Real Estate Srl non appena ha assunto la carica di Sottosegretario di Stato alla difesa. Lo stesso dicasi per l'incarico di consigliere di amministrazione della Alfiere Spa e di ogni altro incarico societario.
La documentazione probatoria afferente le dimissioni presentate dal dottore Milone da ogni incarico incompatibile con il mandato di Sottosegretario di Stato, è stata inviata ed è già in possesso, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGM) secondo quanto previsto dall'articolo 5 della legge 215 del 2004.
Alla luce di quanto sopra rappresentato non sussistono situazioni di conflitto di interessi.
In relazione, infine, agli atti giudiziari cui gli interroganti hanno fatto riferimento si precisa che questo Ministero non è assolutamente a conoscenza di alcuna azione giudiziaria posta in essere nei confronti del Sottosegretario dottore Filippo Milone.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre del 2009 la sentenza della Corte di giustizia europea ha sancito l'obbligatorietà per l'Italia di adeguarsi al divieto di uso di reti da posta derivanti nel Mediterraneo da parte dei pescherecci italiani;
secondo la Corte, infatti, il nostro Paese non ha adeguatamente adempiuto ai propri obblighi in materia di controllo e di applicazione del divieto imposto dall'Unione europea, concernente l'uso delle reti da posta derivanti, il cui attrezzo altamente professionale è costituito da una rete disposta verticalmente e spesso molto lunga che viene lasciata in mare facendo sì che siano le prede a raggiungerla ed a rimanervi impigliate;
la salvaguardia degli stock ittici e l'eradicazione delle pratiche da pesca costituiscono delle priorità fondamentali per l'Unione europea e conseguentemente, a giudizio della Commissione europea, occorre che l'Italia sospenda le continue violazioni relative alle reti da posta, il cui divieto è vigente dal 1992;

l'uso di attrezzi illegali, quali le reti da posta derivanti, ha un impatto devastante sull'ambiente, in quanto danneggia gli habitat e la fauna marina, mettendo a repentaglio la sostenibilità delle attività alieutiche;
le pratiche di pesca illegali, com'è peraltro noto, costituiscono a giudizio dell'interrogante, una minaccia per il reddito dei pescatori onesti e delle comunità costiere, nonché per il futuro della pesca in generale;
recenti ispezioni in loco da parte della Commissione europea non hanno rivelato segni di miglioramento significativi rispetto alla situazione esistente prima della sentenza della Corte, nonostante i ripetuti richiami rivolti all'Italia circa la necessità di adempiere correttamente all'obbligo dei controlli e di garantire l'applicazione delle norme;
le verifiche effettuate dalla suddetta Commissione, infatti, hanno indicato che l'uso delle reti da posta derivanti è assai diffuso in Italia e che i provvedimenti adottati dalle autorità nazionali non sono sufficienti né efficaci per scoraggiare il ricorso a questo metodo di pesca -:
quali siano gli orientamenti del Governo con riferimento a quanto esposto in premessa;
se effettivamente il livello di inadempienza dell'Italia sull'uso illegale di reti da posta derivanti, sia così critico e pericoloso, così come sostiene la Commissione europea e, in caso affermativo, quali iniziative nell'ambito delle sue competenze, il Governo intenda intraprendere al fine di consentire al nostro Paese di adempiere correttamente agli obblighi previsti dall'Unione europea che dal 2002 ha completamente vietato l'uso di reti da posta derivanti, destinate alla cattura di stock ittici, quali il tonno bianco, il tonno rosso e il pesce spada, a prescindere dalla loro lunghezza.
(4-13458)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame vorrei anzitutto precisare che il nostro Paese, ancor prima di ricevere la comunicazione della Commissione europea che ci richiamava al rispetto della normativa comunitaria inerente l'uso delle reti da posta derivanti, aveva già avviato la revisione della normativa.
Peraltro, in attuazione dei regolamenti comunitari, sono state fissate le modalità tecniche (concordate con l'Unione europea) riguardanti le reti da posta derivanti nel Mediterraneo. In particolare, segnalo il decreto ministeriale 21 settembre 2011, relativo alle nuove modalità tecniche per l'attrezzo «ferrettara» e il decreto direttoriale n. 33780 del 3 ottobre 2011 sul periodo di fermo per la pesca del pesce spada, inerente l'implementazione dei divieti della raccomandazione dell'International Commission for the conservation of atlantic tunes n. 09-04.
Ciò premesso segnalo che, fine adeguare la normativa nazionale alla sentenza della Corte di giustizia del 29 ottobre 2009 e rendere maggiormente dissuasivo il sistema sanzionatorio previsto per le fattispecie in questione, l'articolo 13 della cosiddetta «Legge comunitaria 2010» (di recente approvazione) ha disposto, in caso di violazione delle norme relative alla detenzione a bordo ovvero delle modalità tecniche di utilizzo di rete da posta derivante, la sospensione della licenza di pesca (per un periodo da tre a sei mesi) e, in caso di recidiva, il ritiro della medesima, nei confronti del titolare dell'impresa di pesca quale obbligato in solido, anche ove non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.

NUCARA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto militare di Grosseto «Baccarini» rappresenta il più importante insediamento militare aeronautico dell'Italia centrale, interessato da compiti militari di straordinaria rilevanza oltre ad essere sede di uno scalo civile, il cui ampliamento

e sviluppo è da anni oggetto di dibattito presso le istituzioni cittadine ed aeronautiche;
il vigente Piano strutturale del comune di Grosseto prevede la realizzazione di una circonvallazione stradale ad ampio scorrimento (4 corsie) a nord della città di Grosseto tra la strada provinciale 152 Aurelia e le strade provinciali 3 Padule, E 80 Pollino ricadente in zona soggetta alle limitazioni aeronautiche imposte a salvaguardia dell'attività di volo dell'aeroporto di Grosseto;
con delibera n. 140/08 del 23 dicembre 2008 il consiglio comunale ha adottato una variante al piano regolatore generale il cui tracciato avrebbe investito in pieno l'azienda agricola di Rolando Guerri, dividendola sostanzialmente in più parti, intercluse l'una rispetto all'altra;
la localizzazione del tracciato nella proprietà di Rolando Guerri si pone in evidentissima violazione di quanto previsto dalla legge n. 58 del 4 febbraio 1963 e da quanto disposto dal decreto ministeriale 20 aprile 2006 (applicazione della parte aeronautica del Codice della navigazione) all'articolo 2, comma 2, «Nelle direzioni di decollo ed atterraggio degli aeroporti militari non possono essere costituiti ostacoli di qualunque altezza a distanza inferiore ai trecento metri dal perimetro dell'aeroporto stesso...»;
in data 30 settembre 2011 è stata pubblicata su alcuni quotidiani la notizia che la provincia di Grosseto avrebbe depositato il progetto relativo all'opera in oggetto e che «la partenza dei lavori sarebbe prevista entro la metà dell'anno prossimo»; identica informazione è reperibile sul sito internet della provincia di Grosseto -:
per quali motivi il Ministero della difesa abbia concesso la deroga per portare a compimento la realizzazione della circonvallazione stradale ad ampio scorrimento nel nuovo tracciato che creerebbe seri problemi al traffico aereo con grave pericolo nelle fasi di atterraggio e di decollo dei velivoli militari e se non si ritenga invece opportuno richiedere un ripristino del tracciato previsto dal piano regolatore generale anche in considerazione del considerevole aumento della spesa che il nuovo tracciato richiede.
(4-14208)

Risposta. - Il decreto ministeriale 20 aprile 2006, che disciplina le attività di competenza del Ministero della difesa in materia di sicurezza del volo e di imposizione di limitazioni alla proprietà privata nelle zone limitrofe agli aeroporti ed alle installazioni adibite ad attività di volo, all'articolo 2 comma 6 consente l'applicazione di «limitazioni meno restrittive alla proprietà privata rispetto a quelle derivanti dall'applicazione dei commi da 2 a 5, se l'Aeronautica militare ritiene autonomamente che sussistono le condizioni atte a garantire comunque la sicurezza del volo e l'incolumità pubblica. Le limitazioni, in ogni caso, non possono essere inferiori a quelle previste dalla normativa tecnica internazionale».
Sulla base di tale disposizione, effettuate le valutazioni di carattere tecnico-operativo ed acquisito anche il nulla osta dell'Ente nazionale per l'aviazione Civile (Enac) in quanto l'aeroporto di Grosseto è interessato anche al traffico aereo civile è stato espresso da parte dello Stato maggiore dell'Aeronautica il previsto nulla osta subordinato a determinate condizioni.
Detto nulla osta, peraltro corredato da alcune prescrizioni di carattere tecnico-costruttivo, è stato rilasciato applicando, nella fattispecie, i piani di rispetto previsti dall'Annesso 14 ICAO (cioè il documento che definisce i requisiti caratterizzanti gli aeroporti), assunto a riferimento nell'imposizione dei vincoli aeronautici internazionali dallo STANAG 7174 (NATO Standardization Agreements for procedures and systems and equipment components, nello specifico relative a airfield clearance planes), recentemente implementato anche dall'Italia.
In considerazione di quanto sopra, la competente Direzione generale dei lavori e del genio ha emanato, in data 15 settembre

2011, il decreto direttoriale n. 37 con cui è stata autorizzata, in deroga ai vincoli aeronautici posti a salvaguardia dell'attività di volo presso l'aeroporto di Grosseto, di cui all'articolo 2 del citato decreto ministeriale 20 aprile 2006, la realizzazione da parte della Provincia di Grosseto della nuova viabilità della circonvallazione di Grosseto strada provinciale 152.
Si assicura, ad ogni buon conto, che le valutazioni tecniche che hanno consentito di derogare ai limiti di carattere generale stabiliti dal citato decreto ministeriale sono state svolte nel rispetto e nei limiti della normativa tecnica internazionale che garantisce la sussistenza delle necessarie condizioni di sicurezza del volo e della incolumità pubblica.
Si sottolinea, infine, che esula dalle competenze del dicastero ogni valutazione sui costi derivanti dal nuovo tracciato della circonvallazione di Grosseto ovvero sull'opportunità di una sua modifica.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a numerose famiglie di utenti militari degli alloggi della Difesa è pervenuto avviso di sfratto, nonostante gli impegni assunti dal Governo a seguito dell'approvazione della mozione n. 1-00559 dell'8 febbraio 2011;
la mozione 1-00559 impegnava praticamente il Governo e con esso i vertici militari a criteri di socialità e ragionevolezza: «in ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili», così recitava la mozione;
la notizia è, come riportato dall'Associazione utenti militari alloggi difesa Casadiritto nel sito www.casadiritto.it, che i vertici militari hanno invece riavviato le iniziative di sfratto, pur essendo trascorso soltanto qualche mese da quel costruttivo 8 febbraio, ma, evidentemente, gli stessi vertici militari hanno ritenuto che fosse giunto il momento per riavviare le operazioni per il recupero di alloggi concessi in locazione, in contrasto con quanto previsto dalla citata mozione;
in considerazione della mozione n. 1-00559 non si sarebbero dovute portare avanti azioni esecutive intraprese, che verosimilmente si moltiplicheranno di qui a qualche tempo -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative finalizzate a tutelare il diritto alla casa degli utenti militari degli alloggi della Difesa.
(4-12006)

Risposta. - Preliminarmente, evidenzio che il Governo pro tempore ha espresso parere favorevole sulla mozione n. 1-00559, approvata pressoché all'unanimità l'8 febbraio 2011 alla Camera dei deputati, nella cui premessa veniva sottolineata «l'importanza del rilascio dell'alloggio da parte degli stessi conduttori con titolo scaduto, ad esclusione delle categorie protette che devono essere tutelate attraverso il decreto ministeriale di gestione del patrimonio della Difesa, al fine di rispondere anche alle legittime richieste alle quali la Difesa deve far fronte. Infatti, lo stesso Ministero abbisogna di 51.000 unità abitative per coloro che, pur avendone la titolarità, non possono usufruirne e sono costretti a pagare canoni allineati alla quotazione reale di mercato esterna, di gran lunga superiori, in certe aree e città, a quelli che si appresta ad applicare la Difesa. In ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili».
In tale quadro, la Difesa sta procedendo al fine di soddisfare al meglio le esigenze alloggiative del personale in servizio, anche con il recupero di alloggi occupati da conduttori con titolo scaduto, pur nell'attenta salvaguardia delle situazioni oggettivamente critiche, in termini reddituali e familiari.
Tali attività si stanno svolgendo con il diretto coinvolgimento dei soggetti interessati, chiamati a fornire ogni utile indicazione,

d'ufficio non rilevabile, in grado di evidenziare, situazioni di anomalie meritevoli di attenzione.
Quale diretto riscontro al quesito relativo al recupero forzoso, rendo noto che le azioni di recupero saranno, ad ogni buon conto, effettuate, in relazione alle necessità funzionali ed operative dell'amministrazione ed in base alle reali capacità di ripristino/riassegnazione dell'utenza degli aventi titolo.
Assicuro che il Governo intende procedere coerentemente con la normativa in vigore e con gli impegni assunti in Parlamento, mantenendo la dovuta e necessaria attenzione e sensibilità per la trattazione di ogni specifico caso.
Infine, non posso non sottolineare il comportamento dei sine titulo - con esclusione di quelli appartenenti alle categorie protette - che, occupando un alloggio per la cui conduzione non hanno più un valido titolo concessorio, ledono i legittimi diritti degli aventi titolo che si vedono costretti a soddisfare le loro esigenze abitative a prezzi di mercato ed in condizioni di disagio con evidente iniquità di trattamento.
Di fatto e paradossalmente i sine titulo finiscono con l'essere privilegiati rispetto agli aventi titolo.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in esecuzione di alcune sentenze del TAR Lazio, è stato adottato un decreto che individuerebbe nell'Arma dei carabinieri gli incarichi di personale non dirigente cui attribuire l'indennità prevista dall'articolo 52, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164;
a causa delle esigue risorse finanziarie disponibili, circa 490.000 euro/annui, al netto degli oneri riflessi, l'indennità in titolo sarebbe attribuita ai soli comandanti di «tenenza» e «stazione» dell'organizzazione territoriale;
il provvedimento riguarderebbe soltanto 53 ufficiali di grado compreso tra sottotenente e tenente, nonché 439 marescialli di grado compreso tra maresciallo ordinario e luogotenente, ricoprenti incarico di comandante di tenenza o stazione con forza organica pari o superiore a 17 unità;
la corresponsione dell'indennità ad una sola, ben distinta quanto circoscritta fascia di comandanti appare incomprensibile e non riconosce la gravità dell'impegno e delle incombenze che scaturiscono dall'azione di coordinamento e direzione dei molteplici reparti dell'Arma;
appare, in particolare, davvero discriminante per i comandanti di stazioni distaccate, con un solo Carabiniere alle dipendenze, ubicate in zone assolutamente disagiate, in un contesto territoriale difficile, a disposizione del servizio 24 ore su 24, che devono affrontare in solitudine serie difficoltà assumendosi tutte le responsabilità che ne derivano;
il provvedimento creerà insoddisfazione tra il personale penalizzato in ragione di una parametrazione, che non considera affatto quella che è la peculiare quanto atipica strutturazione ordinativa dell'Arma -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario prendere in esame altri criteri per l'attribuzione dell'indennità di comando prevista dall'articolo 52, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164;
se, non ritenga, di allargare l'indennità di comando anche ai comandanti di stazioni e tenenze più piccole, ubicate spesso in zone disagiate, quale giusto riconoscimento di un'attività aggravata anche da altri fattori oltre a quelli propri del comando.
(4-14268)

Risposta. - Il decreto ministeriale 13 settembre 2011 ha individuato gli incarichi cui attribuire l'indennità di comando per il

personale non dirigente dell'Arma dei Carabinieri, prevista dall'articolo 52, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164.
Il provvedimento è stato emanato a conclusione di un lungo contenzioso, a seguito del quale il giudice amministrativo, dopo aver annullato un primo provvedimento - adottato dal commissario ad acta pro tempore - che individuava i destinatari di tale indennità e dopo aver revocato l'incarico commissariale ad un secondo organo ausiliario successivamente nominato ha disposto che le amministrazioni interessate (Ministero della difesa e Ministero dell'economia e delle finanze) provvedessero all'emanazione del decreto ministeriale.
L'attribuzione dell'indennità in questione ad un numero limitato di mandanti è stata determinata dalla necessità di individuare i destinatari tenendo conto dei limite rappresentato sia dalle risorse assegnate (490.000 euro) sia dal vincolo dell'importo del particolare emolumento parametrato al 30 per cento dell'indennità di impiego operativo (stabilita in relazione al grado e all'anzianità di servizio militare, ai sensi dell'10 della legge 23 marzo 1983, n.78).
Il criterio adottato per l'individuazione degli incarichi cui corrispondere il compenso, tiene conto, come indicato dallo stesso giudice amministrativo, del numero delle unità organiche subordinate ai singoli comandanti territoriali secondo le vigenti tabelle ordinative.
Conseguentemente, la possibilità di estendere l'indennità in oggetto ad altri comandanti territoriali, non può prescindere dal rifinanziamento delle risorse allo scopo destinate, anche alla luce della norma di interpretazione autentica (riferita al richiamato articolo 52, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002) sancita dall'articolo 9, comma 35, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

PALOMBA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Sardegna è la regione italiana maggiormente interessata dalle servitù militari ospitando il 60 per cento delle basi presenti in territorio italiano; in questa regione si spara l'80 per cento delle bombe sparate in Italia in tempo di pace;
per questi motivi, al fine di ottenere una compensazione economica a favore dei comuni sardi interessati dalle installazioni e dalle esercitazioni militari, il 9 agosto del 1999 la regione Sardegna siglava con l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema, un protocollo d'intesa sulla regolamentazione degli indennizzi riconosciuti ai comuni stessi;
i comuni sardi che hanno ottenuto il diritto agli indennizzi sono dieci: La Maddalena, Arbus, Villasor, Decimomannu, Villaputzu, Perdasdefogu, Villagrande Strisaili, Ulassai, Teulada e Sant'Anna Arresi;
nel 2007 sono stati erogati gli indennizzi relativi al quinquennio 2000/2004, ma lo Stato non ha ancora pagato quelli relativi al periodo 2005/2009;
si tratta di circa 14 milioni di euro che il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto mettere a disposizione di quello della difesa per essere accreditati alla regione Sardegna e assegnati pro quota ai comuni interessati dai vincoli militari per la realizzazione di opere pubbliche;
il mancato versamento dei dovuti 14 milioni di euro, che pare non siano più disponibili per decisione del Governo, ha suscitato l'indignazione dei sindaci dei comuni interessati, che ora chiedono alla regione Sardegna di sollecitare il Governo al mantenimento degli impegni presi nel 1999 -:
se il Ministro della difesa sia consapevole del gravissimo danno che l'incomprensibile ritardo nell'erogazione degli indennizzi produce ai comuni interessati e alle loro popolazioni, considerato

che tali risorse, essendo un diritto acquisito per i comuni sardi interessati dalle servitù militari, rappresentano un'entrata fondamentale per la realizzazione di essenziali servizi pubblici e di importanti opere pubbliche;
se i Ministri interrogati siano consapevoli che gli enti locali sardi, già messi in ginocchio dai tagli del Governo, ora si vedono privati anche di queste risorse;
quali strumenti si intendano porre in essere, a cominciare dalla verifica della disponibilità delle risorse occorrenti per detti indennizzi;
se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda procedere all'immediato versamento delle somme dovute ai comuni sardi, in modo che il Governo adempia finalmente agli impegni presi con la regione Sardegna.
(4-13625)

Risposta. - Si risponde anche per conto del Dicastero dell'economia e delle finanze.
Ritengo opportuno precisare, a carattere generale, che l'articolo 330, comma 2 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 prevede che:
lo Stato corrisponda alle regioni maggiormente oberate dai vincoli e dalle attività militari un contributo annuo per la realizzazione di opere pubbliche e di servizi sociali nei comuni dove le esigenze militari incidono maggiormente sull'uso del territorio;
le Regioni vengano individuate ogni quinquennio con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della difesa, che stabilisce le percentuali di ripartizione tra le regioni interessate, proporzionalmente all'incidenza dei vincoli.

Per il quinquennio 2005-2009, il relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato adottato il 6 agosto 2010, ovvero alla fine del quinquennio, per cui negli anni 2005 e seguenti non è stato possibile erogare gli indennizzi alle regioni destinatarie e, di conseguenza, ai comuni.
La mancata formalizzazione della procedura ha comportato che le somme stanziate in bilancio e a suo tempo impegnate, siano andate in perenzione.
Per essi è stato, dunque, necessario avviare, in data 7 settembre 2011, la procedura di reiscrizione a bilancio, previa acquisizione delle necessarie richieste da parte degli enti locali interessati, tra cui la Regione Sardegna.
Nello specifico, con decreto n. 107744, inoltrato alla firma del Ministro dell'economia e delle finanze in data 14 novembre 2011, è stata assegnata al capitolo n. 1350 dello stato di previsione del Ministero della difesa la somma di 17.323.079,00 per il quadriennio 2005-2008, a valere sul «Fondo occorrente per la riassegnazione dei residui passivi della spesa di parte corrente, eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa», da destinare al pagamento dei contributi alla Sardegna e ad altra regione oberata dai vincoli.
La procedura è stata, ad oggi, perfezionata, ma poiché la registrazione del decreto da parte della Corte dei conti è avvenuta lo scorso 13 dicembre (ovvero, oltre il termine di chiusura delle operazioni di pagamento), si è provveduto, nelle more, ad impegnare la somma che sarà corrisposta nel corrente esercizio finanziario, non appena il competente Ministero dell'economia e delle finanze avrà posto in essere gli adempimenti necessari per poter effettuare il pagamento.
Per quanto concerne, in particolare, la Sardegna, l'importo perento (relativamente agli anni 2005-2008) è pari a 12.793.718,37 euro.
Con riferimento, invece, all'anno 2009, è risultata, altresì, una insufficiente disponibilità finanziaria sul richiamato capitolo 1350, che ha consentito solo in parte di soddisfare l'esigenza per le regioni a statuto speciale.
Ciò, in considerazione del fatto - vorrei sottolineare - che lo stesso capitolo 1350 viene utilizzato anche per erogare i contributi ai comuni, nel cui territorio sono presenti aree demaniali destinate ai poligoni, ai sensi del comma 1 del richiamato articolo 330 del decreto legislativo n. 66 del 2010.

Ne consegue che per la regione Sardegna è stato possibile emettere un ordine di pagare su impegno per un importo di 1.444.926,60 euro (a fronte di 2.342.050,38 euro dell'intera annualità prevista per il 2009), richiedendo, in data 12 settembre 2011, una integrazione di cassa pari a 1.307.750 euro.
Posso assicurare, concludendo, che la Difesa pone e continuerà a porre costante attenzione in ordine alla tutela delle aspettative del territorio, della comunità e del popolo sardo, rispetto ai riscontri che devono compensare le servitù militari gravanti sull'isola, a conferma della sensibilità da sempre mostrata dall'Amministrazione.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

PISICCHIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1999 nella Cava Pontrelli di Altamura (Bari), vennero scoperte circa 20.000 impronte di dinosauri, disposte su una superficie di 12.000 metri quadrati;
la comunità scientifica salutò il ritrovamento come una scoperta di importanza mondiale;
dopo dodici anni le irrisolte controversie tra proprietà e pubblica amministrazione hanno condannato il sito paleontologico ad uno stato di totale abbandono con il rischio di subire gravi e irreparabili danneggiamenti;
la cittadinanza attiva altamurana, attraverso l'impegno di un'associazione culturale locale e di artisti ed intellettuali pugliesi, ha lanciato una petizione pubblica volta ad ottenere l'accreditamento della procedura espropriativa da parte della sopraintendenza per i beni archeologici della Puglia. Tale petizione ha già raggiunto oltre 1.700 firme;
il sopraintendente, a seguito della sollecitazione del comitato dei sottoscrittori, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in cui ha manifestato la sua intenzione di voler procedere nella direzione dell'esproprio del sito -:
quali urgenti interventi il Ministro intenda predisporre al fine di garantire il tempestivo recupero del giacimento paleontologico, valutato dal mondo scientifico di straordinario interesse e tratto dall'iniziativa della petizione popolare dal rischio di un oblio ancora più profondo di quello dei millenni che hanno seppellito i dinosauri.
(4-13259)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, volta a conoscere quali provvedimenti il Ministero per i beni e le attività culturali intenda assumere al fine di garantire il tempestivo recupero del giacimento paleontologico e la pubblica funzione della Cava dei dinosauri, sita nei pressi di Altamura in provincia di Bari, si rappresenta quanto segue.
Il 3 giugno 1999 il professor Umberto Nicosia, icnologo dell'università La Sapienza di Roma, comunicava alla competente Soprintendenza archeologica della Puglia di aver individuato le orme di cinque icnogeneri di dinosauri ornitischi e saurischi in una cava dismessa in località Pontrelli, nel Comune di Altamura, segnalatagli dai geologi Massimo Sarti e Michele Claps dell'università di Ancona, che stavano conducendo una ricerca sugli idrocarburi.
Con decreto ministeriale in data 24 novembre 2000 il Ministero per i beni e le attività culturali dichiarava il sito di eccezionale valore paleontologico e vincolava con vincolo diretto la paleosuperficie e con vincolo indiretto tutta l'area circostante.
Con successivo decreto ministeriale in data 7 dicembre 2000 il Ministero formulava la declaratoria per l'immissione della paleosuperficie tra i beni del demanio.
All'indomani della scoperta, la soprintendenza per i beni archeologici della Puglia avviava le trattative con la società Ecospi srl, con sede legale in Altamura, società proprietaria del sito, al fine di individuare forme di gestione volte alla realizzazione di progetti di valorizzazione.
Pur in presenza di un cospicuo finanziamento, reperibile nell'ambito dell'accordo

di programma quadro in materia di beni culturali per il territorio della Regione Puglia, la società proprietaria non solo non ha concesso la servitù di passaggio, ma ha proposto solo ed esclusivamente una forma di perequazione urbanistica.
Dal 2004 la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia ha promosso incontri con il comune di Altamura, interessato all'acquisizione del sito, e la società proprietaria per giungere alla definizione della questione, senza concreti risultati.
Considerato ormai inutile qualsiasi tentativo di continuare la trattativa, la soprintendenza per i beni archeologici della Puglia sta ora valutando la possibilità di avviare la procedura di esproprio della cava in oggetto.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.

ROSATO e MOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per condurre i veicoli delle Forze armate e della Croce rossa italiana è necessario essere in possesso della patente rilasciata ai sensi dell'articolo 138 del codice della strada;
l'articolo 49 del Testo unico delle norme per la circolazione dei veicoli della Croce rossa italiana, in linea con il codice, subordina la guida dei veicoli immatricolati CRI al rilascio della patente di servizio della stessa Croce rossa italiana;
il successivo articolo 51 specifica che «ai soggetti appartenenti al personale dipendente o ad una delle componenti volontaristiche della Croce rossa italiana, e riconosciuti idonei alla conduzione dei veicoli, è rilasciata una patente di servizio [...] valida esclusivamente per la guida dei veicoli nella disponibilità dell'Associazione»;
questa particolare patente è sottoposta ad una normativa ad essa dedicata; infatti le istruzioni sulla concessione, sul rinnovo, sulla sospensione e sulla revoca delle patenti di guida nell'ambito della Croce rossa italiana è determinano che «il rinnovo, la sospensione e la revoca delle patenti di guida della Croce Rossa Italiana è esercitata dal Comitato Centrale»;
la patente di guida rilasciata dalla Croce rossa italiana ha esclusiva validità per la condotta dei mezzi targati CRI;
la sospensione della stessa è disposta nel caso il titolare sia incorso in un incidente stradale derivante da infrazione grave;
gli autisti del mezzo di soccorso del servizio 118 non hanno bisogno di alcuna particolare qualifica di guida; l'articolo 117 codice della strada pone i soli vincoli del possesso della patente di tipo B, o superiore, ed un'età minima di anni 21;
l'ANPAS, Associazione nazionale pubbliche assistenze, opera nell'ambito dell'emergenza sanitaria 118, del trasporto sanitario e sociale, della donazione del sangue, della protezione civile e antincendio e della promozione della solidarietà;
questa associazione dispone di veicoli adibiti al soccorso, svolgendo un servizio volontario;
i conducenti di questi mezzi non posseggono la patente di servizio, ed utilizzano quella personale anche nell'espletamento delle operazioni di soccorso;
i conducenti che utilizzano la patente personale sono sottoposti alle norme del codice della strada per quanto riguarda il rinnovo, la sospensione e la revoca diversamente da quanto avviene per la patente di servizio della Croce rossa italiana;
per incidente stradale derivante da infrazione grave, quindi, non viene sospesa la seconda patente, di servizio, in possesso del conducente, ma quella personale -:
se il Ministro non ritenga di assumere iniziative volte a tutelare chi svolge questi particolari servizi di soccorso sanitario e di emergenza, valutandone requisiti e la professionalità ma garantendo, come

avviene per i conducenti della Croce rossa italiana, l'ottenimento di una patente professionale.
(4-13665)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, occorre premettere che il Testo unico per la circolazione dei veicoli della Croce rossa italiana trae il proprio fondamento giuridico dalla speciale disposizione contenuta nell'articolo 138 del codice della girada (c.d.s.) il quale attribuisce a detto organismo, al pari delle Forze armate e di altre pubbliche istituzioni, il potere di provvedere direttamente alla immatricolazione dei propri veicoli ed alla abilitazione alla guida del personale adibito alla conduzione degli stessi.
Data la specialità delle disposizioni contenute nel richiamato articolo 138 del codice della strada, l'ambito soggettivo di applicabilità dello stesso deve ritenersi tassativamente limitato ai soggetti ivi espressamente elencati.
Al di fuori delle ipotesi contemplate dal citato articolo 138 c.d.s. l'istituto della patente di servizio è disciplinato dall'articolo 139 del codice della strada il quale prevede il rilascio di detta patente esclusivamente in favore del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 12 c.d.s. ed abilitati allo svolgimento dei compiti di polizia stradale.
Pertanto, dato il carattere di assoluta specialità delle predette disposizioni del codice della strada, non si ritiene, allo stato, coerente con l'attuale quadro normativo la previsione di ulteriori situazioni derogatorie, oltre quelle indicate nei citati articoli.
Per completezza, si ricorda che fino al 31 dicembre 1997, i conducenti di autoambulanze dovevano essere obbligatoriamente in possesso del certificato di abilitazione professionale KE, che il legislatore ha però inteso abolire con l'articolo 17, comma 26, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, aderendo in tal modo alle pressanti istanze di categoria, motivate dalla sostenuta eccessiva onerosità derivante dall'obbligo del possesso del suddetto certificato KE.
Viceversa, alla luce delle sopraggiunte disposizioni in materia di patente a punti (articolo 126-bis c.d.s.), il certificato di abilitazione professionale KE avrebbe potuto costituire un utile istituto al fine della tutela professionale dei conducenti delle autoambulanze.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.

SISTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
tutti gli uffici giudiziari del circondario di Bari (piazza de Nicola, via Nazariantz, tribunale per i minorenni, uffici del giudice di pace) versano in una situazione ormai conclamata e grave per quanto attiene ai profili di manutenzione, strutturali (cadute calcinacci dalla facciata di edifici, allagamenti per intasamenti della fogna, fessure nelle pareti, infiltrazioni di umidità) nonché di funzionamento e sicurezza degli impianti, quali quelli elettrici e di climatizzazione e, ancora, di elevazione;
nell'anno 2002, il palazzo di via Nazariantz è stato dichiarato abusivo e sottoposto a sequestro dalla procura di Bari con facoltà d'uso (abuso edilizio in quanto sorto in area destinata a servizi per la residenza all'interno di un progetto di edificazione che non fu, come invece avrebbe voluto la legge, in un piano di lottizzazione), posizione successivamente sanata da una delibera di giunta su ritipizzazione delle aree interessate;
nei suddetti uffici sono in atto violazioni al decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (si pensi alla mancanza del certificato di prevenzione incendi e al non funzionamento delle luci di emergenza e dell'illuminazione di sicurezza per lo stabile di piazza de Nicola);
a quanto consta all'interrogante numerose sono state le richieste di intervento formulate dai capi degli uffici giudiziari al sindaco di Bari, dottor Michele Emiliano, responsabile ex lege n. 392 del 1941 delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari,

tra cui quelle di riscaldamento, di manutenzione, di illuminazione e di riparazione degli impianti; né tanto meno risulta sollecitato alcun intervento nei confronti degli enti proprietari degli immobili per la effettuazione delle opere strutturali di manutenzione straordinaria di loro competenza;
nelle prime due settimane del mese di febbraio 2012, gli uffici del circondario di Bari, nonostante le rigide temperature atmosferiche abbiano portato ad emanare ordinanze sindacali di chiusura degli uffici pubblici, hanno continuato con responsabilità e dovere a prestare - per quanto umanamente possibile - il proprio lavoro a vantaggio del sistema giustizia;
ciò nonostante il mancato funzionamento dell'impianto di riscaldamento e l'inaccettabile situazione in cui versano i suddetti uffici ha costretto il personale amministrativo e i magistrati, nonché gli avvocati, a rinviare numerose udienze in materie delicate (come ad esempio cause di separazione e divorzio) con conseguenti difficoltà e/o impossibilità nello svolgimento delle funzioni giudiziarie e turbativa al pubblico servizio;
alcuni capi ufficio hanno doverosamente autorizzato, con il primario fine di garantirne la salute, il personale amministrativo a evitare, dopo la prestazione amministrativa mattutina, il programmato rientro pomeridiano -:
quali iniziative ed in quali tempi il Ministro intenda adottare per evitare che questa grave situazione perduri e per accertare le cause che l'hanno determinata, affinché possa essere salvaguardata la salute, la dignità e la sicurezza dei dipendenti e degli operatori di giustizia, avvocati e utenti, nonché della funzione giudiziaria.
(4-15015)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunicano le informazioni che seguono, assunte dal competente dipartimento dell'organizzazione giudiziaria.
Gli uffici giudiziari di Bari sono collocati in diversi edifici, alcuni dei quali presentano problemi di idoneità sotto i profili della sicurezza e della conformità alle norme urbanistiche. Al riguardo si precisa che il comune di Bari è stato più volte invitato, quale ente tenuto a fornire i locali per gli uffici giudiziari ai sensi della legge n. 392 del 1941, a dare soluzione ai problemi evidenziati, che affliggono specialmente gli uffici adibiti al settore penale.
Da tempo è stata segnalata l'esigenza di realizzare nella città di Bari, attraverso l'accesso al finanziamento statale di cui all'articolo 19 della legge n. 119 del 1981, un unico complesso immobiliare capace di ospitare tutti gli uffici giudiziari, ivi compresa un'aula bunker.
Sin dal dicembre del 1997 si sono susseguite varie iniziative progettuali tese alla costruzione della struttura, e per ognuna di esse il Ministero della giustizia ha puntualmente posto a disposizione del comune le rilevanti somme di denaro (per importi di decine di milioni di euro) occorrenti per il finanziamento dell'opera.
Tuttavia, in conseguenza delle diverse posizioni assunte nel tempo dall'amministrazione comunale circa la soluzione progettuale e logistica da privilegiare per risolvere gli annosi problemi segnalati dall'interrogante, nell'approssimarsi delle scadenze del termine per l'impiego dei fondi, il Ministero della giustizia è stato più volte costretto a revocare la disponibilità degli stessi e ad assegnarli ad altri comuni in possesso di progettazioni approvabili.
Nel corso dell'anno 2003, in particolare, l'amministrazione comunale commissionò un'indagine di mercato pubblica al fine di individuare soluzioni e progetti per la realizzazione di una cittadella della giustizia. Vagliate le proposte pervenute a livello di progetto preliminare, formulate dalle società per azioni Pizzarotti e Bari 2 (non vincolanti per il comune in base precisa disposizione del bando), la commissione di manutenzione degli uffici giudiziari ritenne preferibile la proposta presentata dalla prima delle due imprese.
In data 29 dicembre 2003 la corte di appello di Bari trasmise dunque al Ministero,

per valutazioni, il progetto preliminare della nuova cittadella della giustizia avanzato dalla Spa Pizzarotti. Tale progetto prevedeva la costruzione - in un'area semiperiferica di proprietà di quest'ultima società, destinata nel piano regolatore generale a zona agricola - di una serie di edifici da destinare a sede degli uffici giudiziari. Quanto al finanziamento, si ipotizzava che il comune utilizzasse i fondi di cui era stata concessa la disponibilità da parte del Ministero per la costruzione dell'aula bunker, e che la restante parte della cittadella fosse concessa in locazione dalla società proponente all'amministrazione comunale per l'importo di euro 3.000.000 annuali, pari alla somma erogata per le locazioni dei palazzi in cui si trovavano gli uffici giudiziari cittadini.
Il comune di Bari, tuttavia, non assunse alcuna formale delibera di accettazione della proposta della Spa Pizzarotti, né evidenziò quale fosse la soluzione prescelta per risolvere i problemi logistici della giustizia barese.
Nonostante i solleciti e gli incontri tenutisi nella sede ministeriale, il comune di Bari non trasmise il progetto definitivo munito delle necessarie autorizzazioni (sul quale progetto il ministero avrebbe potuto esprimere il suo parere ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 119 del 1981), sicché anche in quell'occasione si rese necessario procedere alla revoca della disponibilità di euro 18.500.000,00, già concessa all'amministrazione cittadina, destinando dunque tali fondi a favore di altri comuni in possesso di progetti immediatamente finanziabili.
Per quel che attiene alle carenze in tema di sicurezza degli ambienti di lavoro, ugualmente segnalate dall'interrogante, si osserva che ai sensi della legge n. 392 del 1941 spetta al comune l'obbligo di fornire i locali da destinare a sede degli uffici giudiziari e di affrontare le relative spese.
La legge citata, infatti, riconosce in capo a quell'ente ogni potere ed obbligo relativo al reperimento di immobili da destinare ad uffici giudiziari, con ciò attribuendo allo stesso, peraltro già titolare del potere di scelta in ordine alla destinazione urbanistica del proprio territorio, la facoltà di individuare di concerto con la commissione di manutenzione i locali (di sua proprietà o da acquistare o da locare) nei quali deve svolgersi l'attività giudiziaria.
Le commissioni di manutenzione presso le sedi delle corti d'appello e dei tribunali, invece, hanno il compito di esprimere i loro pareri in ordine all'idoneità degli spazi destinati dal comune ad uffici giudiziari. Trattasi dunque di un parere di idoneità non riguardante l'aspetto tecnico dell'immobile (inteso nel senso della regolarità urbanistica), ma che attiene all'«idoneità funzionale» dello stesso all'espletamento dell'attività propria degli uffici giudiziari.
Pertanto, la discrezionalità tecnica della scelta dell'immobile resta in capo all'amministrazione comunale, che è tenuta a verificare che l'immobile offerto all'amministrazione della giustizia sia conforme a tutte le norme edilizie, generali e particolareggiate, nonché a tutte le normative in materia di sicurezza.
Deve da ultimo rappresentarsi che a seguito della ricerca di mercato sopra indicata, indetta dal comune di Bari per la realizzazione della «Nuova Sede Unica» degli uffici giudiziari, è sorto un contenzioso tra lo stesso ente locale e l'impresa Pizzarotti & C. Spa (avente ad oggetto la mancata conclusione del procedimento concorsuale), che ha portato alla nomina di diversi commissari ad acta da parte del Giudice amministrativo e persino alla presentazione di un esposto alla Commissione europea; il che, inevitabilmente, ha comportato ulteriori rallentamenti verso la soluzione delle difficoltà oggetto dell'interrogazione.
Si deve ancora una volta evidenziare la persistenza, malgrado l'impegno di questo ministero, delle difficoltà logistiche in cui versano gli uffici giudiziari baresi. In particolare, rispetto all'edificio di via Nazariantz, attualmente condotto in locazione dal comune, non è stata trovata per la Procura della Repubblica una diversa sistemazione, ed anche i lavori di straordinaria manutenzione e di adeguamento degli impianti tecnologici dell'immobile di via De Nicola (che ospitano il settore civile), pure già finanziati dal provveditorato per le

opere pubbliche di Bari, non hanno incontrato miglior sorte.
Pur essendosi regolarmente svolta la gara di appalto, infatti, l'affidamento dei lavori ha incontrato ostacoli dapprima di carattere tecnico e poi organizzativi, per via dell'impatto negativo che i lavori medesimi avrebbero avuto sul normale espletamento dell'attività giudiziaria (circostanze evidenziate dalla commissione di manutenzione della Corte di appello di Bari).
Alla luce della situazione di stallo determinatasi, questo ministero - pur dovendo rimettersi alle decisioni della commissione di manutenzione - ha chiesto di verificare, in accordo con gli uffici giudiziari, la possibilità di utilizzare l'intero finanziamento già impegnato per rispondere alle esigenze di adeguamento normativo dell'intero Palazzo di giustizia, sia al fine di scongiurare il rischio della perdita dei fondi che per evidenti ragioni di risparmio sui tempi di realizzazione degli interventi prospettati.
Anche in questo caso, in seguito al mancato affidamento dei lavori, l'impresa che era risultata prima in graduatoria ha proposto ricorso al giudice amministrativo, avviando un contenzioso tuttora pendente. Nelle more dell'iter giudiziario e della revisione progettuale, però, i fondi stanziati per il progetto in esame (pari ad oltre 5 milioni di euro) sono caduti in perenzione. In definitiva, dunque, non è stato possibile avviare i lavori di adeguamento necessari per lo svolgimento dell'attività giudiziaria.
Per quel che concerne le iniziative avviate per risolvere i problemi degli uffici in questione, la commissione di manutenzione si è pronunciata in senso favorevole alla realizzazione della «cittadella della giustizia» secondo il progetto a suo tempo presentato dalla società Pizzarotti. Tuttavia su tale iniziativa gravano le incognite del reperimento dei fondi necessari e dell'esito della procedura di esecuzione del giudicato amministrativo condotta dal commissario ad acta.
Di recente, ancora, il comune di Bari ha invece proposto di utilizzare come nuova sede degli uffici giudiziari l'ex ospedale militare «Lorenzo Bonomo», che dovrà essere dismesso dall'amministrazione della difesa.
È stata pertanto avviata una serie di incontri tra i rappresentanti delle istituzioni coinvolte, ivi compresa l'Agenzia del demanio, a seguito dei quali si è ritenuto di approfondire prioritariamente l'aspetto dei costi occorrenti per la ristrutturazione e l'adeguamento della struttura.
All'esito dei suddetti accertamenti sarà dunque possibile verificare il possibile utilizzo del suddetto comprensorio immobiliare come sede dei nuovi uffici giudiziari di Bari.
Il Ministro della giustizia: Paola Severino Di Benedetto.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 1 e seguenti della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e gli articoli 1 e seguenti della legge 26 luglio 1978, n. 417, e successive modificazioni, riconoscono un trattamento economico, a compensazione degli oneri e dei disagi, ai militari comandati a prestare servizio fuori dalla ordinaria sede di servizio temporaneamente, tale posizione assume il nome giuridico di «missione»;
gli articoli 17 e seguenti della legge 18 dicembre 1973, n. 836, gli articoli 11 e seguenti della legge 26 luglio 1978, n. 417 e l'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, e successive modificazioni, riconoscono un trattamento economico, a compensazione degli oneri e dei disagi, ai militari trasferiti da una ad altra sede di servizio permanente, tale posizione assume il nome giuridico di «trasferimento»;
nei confronti del personale della marina militare, con specifici messaggi telegrafici sono disposti d'autorità provvedimenti di imbarco temporaneo su unità navali, anche per periodi di lunga durata;

detti messaggi non recano alcuna dicitura di «missione» o di «trasferimento», ma quella del tutto neutra ed atecnica di «temporaneo imbarco», A fronte di tali disposizioni di servizio non viene corrisposta al personale destinatario alcun tipo di emolumento per il disagio dovuto al mutamento della sede di servizio;
con il decreto del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare del 1o febbraio 2005, è stato affermato che «il temporaneo imbarco si configura quale trasferimento temporaneo»;
il TAR per la Lombardia, sezione II, I nella sentenza 18 febbraio 2004, n. 986 e il Consiglio di Stato, sezione IV, nella sentenza 18 maggio 2004, n. 7627 hanno precisato che il trasferimento provvisorio/temporaneo è una posizione giuridica inesistente e che il mutamento dalla sede di servizio deve essere inquadrato nelle richiamate posizioni giuridiche -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa;
se non ritenga necessario assumere le necessarie iniziative presso lo Stato maggiore della Marina militare affinché qualifichi il «temporaneo imbarco» come una «missione fuori sede», ovvero come un «trasferimento ad altra sede di servizio»;
quale sia il numero degli ufficiali, dei sottufficiali, dei graduati e militari di truppa della marina militare che siano stati interessati nel biennio 2009-2010 da provvedimenti amministrativi di imbarco temporaneo su unità navali.
(4-10538)

Risposta. - La legge 18 dicembre 1973, n. 836, disciplina il trattamento economico di missione «isolata fuori della ordinaria sede di servizio» e quello di trasferimento da una ad altra «sede permanente di servizio» dei dipendenti civili dello Stato, compreso il personale delle Forze armate.
L'ordine di temporaneo imbarco a bordo di un'unità navale della Marina militare si configura astrattamente, quale missione isolata fuori dall'ordinaria sede di servizio, con l'unica differenza che i militari interessati percepiscono il trattamento economico previsto per il personale militare imbarcato su unità nel quadro del naviglio militare di cui all'articolo 4, legge 23 marzo 1983, n. 78 (indennità d'imbarco) e non invece quello di cui al titolo I della citata legge n. 836 del 1973 (trattamento economico di missione).
Tanto premesso, con specifico riferimento alle necessarie iniziative da assumere «presso lo Stato maggiore della Marina militare affinché qualifichi il temporaneo imbarco come una missione fuori sede, ovvero come un trasferimento ad altra sede di servizio» si osserva che:
il trattamento economico di missione risulta incompatibile con l'indennità operativa di imbarco di cui alla legge n. 78 del 1983 che, tra l'altro, risulta nettamente più favorevole per il personale;
il trattamento economico di trasferimento non può essere corrisposto, in quanto la norma pertinente postula un cambio permanente della sede di servizio; nel caso che qui ne occupa, invece, il personale destinatario di un provvedimento di temporaneo imbarco viene impiegato su un'unità navale per soddisfare esigenze estemporanee ed eccezionali della Forza armata.

Per quanto riguarda, poi, il numero dei militari interessati da provvedimenti amministrativi di imbarco temporaneo nel biennio 2009-2010, si fornisce, ai fini di una più agevole consultazione, una scheda contenente i dati richiesti.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della difesa, con decreto ministeriale del 5 ottobre 2010, ha emanato la disciplina ed i criteri per il conferimento, il mutamento e la revoca degli incarichi di funzione dirigenziale generale;
tale disciplina si segnala per il suo palese contrasto con la normativa recata dall'articolo 19, comma 1-bis introdotto dal decreto legislativo n.150 del 2009, al quale pretende di adeguarsi. Infatti, la normativa generale recata dal suddetto decreto legislativo impone, come necessaria, la fissazione di «criteri di scelta» in relazione ai singoli posti di funzione dirigenziale o, quantomeno, a ciascuna «tipologia» di essi, da «rendere conoscibili» unitamente ai «posti disponibili». Detti «criteri di scelta», muovendosi necessariamente nell'ambito dei criteri generali posti dal comma 1 dell'articolo 19 citato, devono essere di essi specificativi, così da orientare i dirigenti nella decisione di porre le loro candidature e di fornire all'Amministrazione idonei criteri di valutazione;
l'articolo 4 del citato decreto ministeriale del 5 ottobre 2011, invece, secondo gli interroganti viola palesemente il suddetto articolo 19 sotto più profili:
a) si risolve in gran parte in una mera riproduzione dei criteri generali di cui all'articolo 19, comma 1, in violazione del comma 1-bis del medesimo articolo;
b) impone un primo «criterio» estraneo all'articolo 19, comma 1 in violazione, pertanto, di questo primo comma, ovvero la necessità di tenere «conto delle circostanze che gli incarichi dirigenziali di livello generale garantiscono la diretta attuazione dell'indirizzo politico». Il criterio mira a connotare in modo fiduciario gli incarichi di dirigenza generale, che vengono espressamente equiparati a quelli di cui all'articolo 19, comma 3 e contrasta, pertanto, assai gravemente con la retta interpretazione della normativa sulla dirigenza, ormai consolidata alla stregua della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;
c) impone un secondo «criterio» anch'esso estraneo all'articolo 19, comma 1, in evidente violazione di tale comma. Secondo questo «criterio» «potranno anche essere valutate le prospettive di ritorno per l'Amministrazione in termini di investimento professionale». Questo «pseudo» criterio, manifestamente incongruo, si segnala per il suo carattere sconcertante: che c'entra l'investimento professionale con l'assegnazione degli incarichi di dirigenza generale? Evidentemente, a parere degli interroganti, attraverso questo meccanismo illegittimo ed arbitrario si vogliono negare meriti e attitudini ai quali la valutazione professionale è vincolata ex articolo 19, comma 1;
la disciplina del decreto ministeriale in parola, già oggetto di molteplici e motivate critiche sia da parte delle organizzazioni sindacali dei dirigenti statali che da parte di numerosi parlamentari, ha provocato anche l'interrogazione n.4-10928 presentata nella seduta della Camera dei Deputati del 16 febbraio 2011, ancora in attesa di risposta;
la medesima disciplina ha comportato, di conseguenza, che le nomine dirigenziali di 1° fascia attribuite dal Ministero nell'ultimo anno, non rispondono ad avviso degli interroganti a criteri oggettivi, selettivi e meritocratici, perché basate sulle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale che, a sua volta, risulta non rispondente alla norma di rango primario da cui promana -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per correggere il citato decreto ministeriale del 5 ottobre 2010 al fine di garantire il rigoroso e completo rispetto della legge in materia di affidamento, mutamento e revoca degli incarichi dirigenziali di prima fascia presso il Ministero della difesa.
(4-12210)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, prendendo in considerazione le nomine dirigenziali di 1a fascia del Ministero della difesa, facendo riferimento al decreto ministeriale 5 ottobre 2010, asserisce che le stesse non risponderebbero «a criteri oggettivi, selettivi e meritocratici perché basate sulle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale che, a sua volta, risulta non rispondente alla norma di rango primario da cui promana».
Al riguardo, rendo noto che sulla specifica questione il Dicastero ha già fornito ampio e dettagliato riscontro - in risposta all'interrogazione n. 4-10928 a firma dello stesso interrogante - proprio con particolare riferimento alla legittimità delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale 5 ottobre 2010, recante i criteri per il conferimento, il mutamento e la revoca degli incarichi di funzione dirigenziale generale in ambito Ministero della difesa, che, giova sottolinearlo, è stato regolarmente registrato alla Corte dei conti senza incorrere in alcun rilievo di legittimità.
Rimando, pertanto, ai contenuti della citata interrogazione sottolineando che sulla questione non si hanno novità da segnalare.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 della legge 8 agosto 1990, n. 231, il decreto ministeriale del 25 settembre 1990 e il decreto interministeriale n. 192436 del 10 dicembre 1990 hanno introdotto nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica l'articolazione dell'orario delle attività giornaliere e dei connessi istituti dello straordinario e del recupero compensativo;
i successivi provvedimenti di concertazione continuano a disciplinare gli istituti dello straordinario e del recupero compensativo, da ultimo con l'articolo 14, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52: «Le ore eccedenti l'orario di lavoro settimanale vanno retribuite con il compenso per lavoro straordinario entro i limiti massimi previsti dalle disposizioni vigenti. Le eventuali ore che non possono essere retribuite, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, devono essere recuperate mediante riposo compensativo entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui sono state effettuate, tenuto conto della richiesta del personale, da formularsi entro il termine che sarà stabilito da ciascuna amministrazione con apposita circolare, e fatte salve le improrogabili esigenze di servizio. Decorso il predetto termine del 31 dicembre le ore non recuperate sono comunque retribuite nell'ambito delle risorse disponibili, limitatamente alla quota spettante a ciascuna amministrazione, a condizione che la pertinente richiesta di riposo compensativo non sia stata accolta per esigenze di servizio»;
il provvedimento concertato non ammette nessuna forma di forfettizzazione a differenza delle «Disposizioni applicative sull'orario di servizio e sul compenso per il lavoro straordinario», edizione 2006, e successive varianti, ove al punto 3, lettera C, lo Stato maggiore della Marina - 1° reparto personale - ufficio 2° - sezione 3° ha disposto che «nell'arco di una giornata (00.00-23.59) le ore di navigazione eccedenti l'orario lavorativo in vigore (36 ore settimanali) danno luogo alle eccedenze massime di 4,5 ore lavorative per i giorni feriali e 12,00 festivi e che le ore di navigazione di durata inferiore all'arco di una giornata (00.00-23.59) svolte in eccedenza all'orario di lavoro, sono compensate proporzionalmente alle suddette eccedenze massime»;
l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, a seguito delle procedure di concertazione, rende legale l'unica forma di forfetizzazione ove dispone che «al personale impiegato in esercitazioni o in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e

continuativo oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore con l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area di esercitazione, continua a essere corrisposto il compenso forfettario di impiego, istituito con l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, nelle misure giornaliere attualmente in vigore e riportate nell'allegata tabella 2, da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro, per un periodo non superiore a 120 giorni all'anno»;
i contenuti delle risposte fornite dal Ministro interrogato alle interrogazioni a risposta scritta 4-12121 e 4-11251 mettono ad avviso degli interroganti in luce la difformità di applicazione degli istituti rispetto alla concertazione richiamata -:
se non ritenga necessario e urgente assumere le opportune iniziative affinché in tutte le attività di navigazione sia corrisposto all'equipaggio delle unità navali interessate lo straordinario in misura corrispondente alla durata del servizio di navigazione o in alternativa al medesimo personale sia corrisposto il compenso forfettario di impiego.
(4-13086)

Risposta. - Si fa osservare, in primo luogo, che gli istituti del compenso forfettaria d'impiego (CFI) e del compenso per lavoro straordinario risultano applicati in maniera conforme alla concertazione, sulla base delle disposizioni emanate dallo Stato maggiore della difesa e recepite dalle direttive della Marina militare.
Pertanto, si conferma integralmente il contenuto delle risposte alle interrogazioni n. 4-11251 e n. 4-12121, a firma dello stesso interrogante, citate nel presente atto.
Ad integrazione ed ulteriore chiarimento di quanto già rappresentato in quelle risposte, si fa rilevare che le «Disposizioni applicative sull'orario di servizio ...» dello Stato maggiore della Marina non sono in contrasto con l'articolo 14, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 52 del 2009 (provvedimento di concertazione integrativo di quello oggetto del decreto del Presidente della Repubblica 171 del 2007), in quanto il calcolo delle eccedenze lavorative in navigazione sulla base del cosiddetto «complemento a 12 ore», costituisce diretta applicazione di quanto disposto dall'articolo 3, comma 4, della legge n. 86 del 2001, secondo il quale: «il personale può essere impiegato, [...], per non più di dodici ore giornaliere, [...] Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e, comunque, la fruizione di adeguati turni di riposo».
Le suddette «disposizioni applicative» non risultano neppure in contrasto con l'articolo 9, comma 3, del citato decreto del Presidente della Repubblica 171 del 2007, peraltro meramente confermativo delle particolari condizioni richieste per la corresponsione del compenso forfettario di impiego, istituito dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 163 del 2002 - quest'ultimo emanato in attuazione dell'articolo 3 della legge n. 86 del 2001 - «in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro».
In relazione a quanto sopra, pertanto, nelle more di un eventuale definizione in sede di concertazione, l'applicazione alternativa dell'istituto dello straordinario (indipendentemente dal fatto che le eccedenze lavorative siano computate o meno come «complemento a 12 ore») o del compenso forfettario d'impiego, richiederebbe una modifica normativa (innanzitutto dell'articolo 3 della citata legge n. 86 del 2001 e dei provvedimenti di concertazione), poiché i due istituti risultano fondati su differenti presupposti:
lo straordinario infatti, sia nella forma remunerativa che in quella compensativa, concerne le normali eccedenze lavorative;
il compenso forfettario d'impiego, invece, è diretto a remunerare esclusivamente le attività caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo che si protraggono per almeno 48 ore.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 20 settembre 2011, con il foglio prot. M-DE24244-0019783, è stato avviato l'ennesimo procedimento disciplinare nei confronti del caporal maggiore capo Antonio Mandarino in servizio presso il 1° reggimento bersaglieri;
gli interroganti già con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-13147 hanno chiesto chiarimenti su un procedimento disciplinare avviato nei confronti del medesimo militare per motivi che secondo gli interroganti appaiono essere il frutto di una volontà sanzionatoria assolutamente ingiustificata;
nel caso odierno le motivazioni addotte per cercare di sanzionare il militare appaiono ancora più discutibili rispetto al contesto entro il quale l'osservanza della disciplina militare trova le sue ragioni;
nell'atto a firma del capitano Gianfilippo Cambera si legge che «[...] lo scrivente si accorgeva che il C.le Magg. Ca. Antonio Mandarino indossava, al si sopra della maglietta verde oliva d'ordinanza, una catenina probabilmente in oro e portava delle basette eccessivamente lunghe. [...]»;
apprendere dell'esistenza di simili comportamenti discutibili sul piano della legalità e della funzione di comando che dovrebbe caratterizzare ogni ufficiale delle Forze armate, ancor più se investito dell'onere della funzione di «comando», lascia profondamente sconcertati gli interroganti -:
quale sia la lunghezza stabilita per le «basette» dei militari di truppa, del ruolo sottufficiali, degli ufficiali e dei generali;
se vi siano particolari prescrizioni che impediscano di indossare simboli religiosi (catenine del battesimo) e in tale caso quali siano le condizioni e in quali contesti operativi, quali siano i motivi di tale restrizione della libertà individuale;
quali immediati provvedimenti intenda adottare in relazione a quanto descritto in premessa.
(4-13295)

Risposta. - L'articolo 721 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 (ex articolo 18 del Regolamento di disciplina militare) recante il «Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare» sancisce l'obbligo, per ciascun militare di ogni ordine e grado, di mantenere un aspetto esteriore decoroso.
In applicazione di tale principio generale, lo Stato maggiore dell'esercito, con la pubblicazione n. 6566 edita nel 2009, ha impartito le conseguenti prescrizioni sul decoro e sulla cura della persona che prevedono, per il personale di sesso maschile, che:
le basette non devono superare in lunghezza l'allineamento con il limite superiore del trago e devono essere conformi in lunghezza e spessore al tipo di acconciatura utilizzata. Le stesse devono avere forma regolare, non a punta;
l'uso dei monili, sempre vietato con l'uniforme di servizio e combattimento e derivate, è consentito con le altre tipologie di uniforme con le seguenti limitazioni:
un solo anello, non particolarmente appariscente, oltre alla fede nuziale (o di fidanzamento);
un braccialetto di foggia tradizionale, anch'esso non particolarmente appariscente, intorno al polso sinistro, della larghezza massima di 1 centimetro;
nessuna catenina può essere portata in maniera visibile.

Per quanto riguarda, infine, «i chiarimenti su un procedimento disciplinare avviato nei confronti» del Caporal Maggiore Mandarino Antonio, non sussistono nuovi elementi rispetto a quanto affermato nella risposta relativa all'interrogazione n. 4-13147, a firma dello stesso interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 22, 29 e 30 novembre 2011, da fonti di stampa si è potuto apprendere che il nome del dottor Filippo Milone risulta essere citato nell'indagine Enav-Finmeccanica con riferimento a un contributo sollecitato dallo stesso Milone in occasione della convention del Pdl a Milano e che il medesimo sarebbe stato anche arrestato per le tangenti all'ospedale di Asti, poi condannato in via definitiva a un anno e 7 mesi per concorso in abuso di ufficio (cui è seguita la riabilitazione); il giorno 28 novembre 2011, il dottor Filippo Milone è stato nominato Sottosegretario di Stato alla difesa; il Ministro della difesa ha la facoltà di delegare ai Sottosegretari la trattazione di alcune della materia di propria competenza -:
se quanto riportato nelle fonti di stampa di cui in premessa corrisponda al vero, se siano stati già a conoscenza delle vicende giudiziarie in cui è stato coinvolto il dottor Milone e quali immediate iniziative intendano promuovere in merito;
se non si ritenga opportuno che al dottor Filippo Milone non sia data la delega alla trattazione delle materie per l'area del procurement e della ricerca, concernenti il settore degli armamenti terrestri, navali aeronautici e dei sistemi di telecomunicazione, con particolare riferimento alla trattazione, secondo gli indirizzi del Ministro, delle problematiche connesse ai programmi di ammordernamento e rinnovamento di cui alla legge 4 ottobre 1988, n. 436, e ai rapporti con l'Organismo congiunto per la cooperazione degli armamenti (OCCAR), alla lettera di intenti (LOI), all'Agenzia di difesa europea (EAD), nonché con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in relazione alle tematiche difesa-industria e difesa-ricerca.
(4-14132)

Risposta. - Risponde ai vero che il dottor Filippo Milone ha iniziato la sua carriera nel gruppo Graci di Catania ed è altrettanto vero che ha lasciato lo stesso gruppo nel 1985 e quindi ben prima degli anni '90.
Il dottor Milone ha altresì dato le dimissioni da membro del collegio sindacale della società denominata Quadrifoglio Real Estate Srl non appena ha assunto la carica di Sottosegretario di Stato alla difesa. Lo stesso dicasi per l'incarico di consigliere di amministrazione della Alfiere spa e di ogni altro incarico societario.
La documentazione probatoria afferente le dimissioni presentate dal dottor Milone da ogni incarico incompatibile con il mandato di Sottosegretario di Stato, è stata inviata ed è già in possesso, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGM), secondo quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 215 del 2004.
Alla luce di quanto sopra rappresentato non sussistono situazioni di conflitto di interessi.
In relazione, infine, agli atti giudiziari cui gli interroganti hanno fatto riferimento si precisa che questo Ministero non è assolutamente a conoscenza di alcuna azione giudiziaria posta in essere nei confronti del Sottosegretario dottor Filippo Milone.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il titolo III del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 disciplina lo stato giuridico e l'avanzamento del personale religioso in servizio permanente nelle Forze armate. In particolare l'articolo 1625 stabilisce che: «1. Per le pensioni normali, privilegiate, ordinarie e di guerra all'Ordinario, al Vicario generale, agli ispettori e ai cappellani militari in servizio permanente,

si applicano le disposizioni in vigore per gli ufficiali dell'Esercito italiano, secondo il grado di assimilazione. 2. Per le pensioni normali ai cappellani militari di complemento e della riserva, si applicano le disposizioni in vigore per gli ufficiali dell'Esercito italiano, secondo il grado di assimilazione.» -:
quanti siano gli ordinari militari, i vicari, gli ispettori, i cappellani militari che attualmente cessati dal servizio permanente percepiscono il trattamento di pensione ordinaria o privilegiata a carico del bilancio dello Stato, quale sia l'ente previdenziale erogatore dei trattamenti pensionistici e quali siano gli importi corrisposti annualmente suddivisi per grado gerarchico;
quale sia il costo complessivo del personale religioso di cui al titolo III del Codice dell'ordinamento militare a carico del bilancio della difesa.
(4-14274)

Risposta. - In premessa alla questione affrontata con l'atto in esame, mi preme evidenziare che l'ente erogatore del trattamento al personale in parola, è la Direzione centrale previdenza dell'Inpdap, la quale in proposito ha fatto sapere di non essere in grado di estrapolare, tra gli ufficiali dell'Esercito, quelli addetti all'assistenza spirituale non essendo questi contraddistinti da uno specifico codice.
Conseguentemente, il competente organo tecnico-amministrativo militare ha provveduto ad acquisire i dati riferiti all'entità e suddivisione del personale in questione tramite l'Ordinariato militare.
Al riguardo, secondo le indicazioni fornite dal predetto organo, il personale cessato dal servizio permanente negli ultimi 20 anni ammonta a n. 4 ordinari militari, n. 4 vicari generali, n. 8 ispettori e circa n. 140 cappellani militari.
Per quanto concerne il costo previdenziale complessivo, non potendo acquisire dati attendibili da parte del predetto ente erogatore, a mero titolo collaborativo, il citato organo tecnico amministrativo ha eseguito una stima approssimativa, tenuto conto che la misura del trattamento pensionistico è strettamente correlata al trattamento economico percepito all'atto della cessazione. Ciò sta a significare, per esempio, che un ordinario militare potrebbe percepire un trattamento pensionistico diverso da un suo pari grado, essendo diversi i momenti di rispettiva cessazione dal servizio attivo o anche per tipologia (ordinario/privilegiato).
Tuttavia, in relazione alla stima effettuata, l'importo annuo lordo del trattamento pensionistico ordinario e/o privilegiato del personale in parola dovrebbe ammontare a circa 43.000 euro lordi procapite.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si legge sul blog «sulatestagiannilannes.blogspot.com» il prefetto di Foggia, Antonio Nunziante, il 22 novembre 2011, nel corso di un incontro con rappresentanti della cooperativa agricola «Silvestro Fiore» avrebbe dichiarato. «Vi faccio sgomberare con la forza da cento uomini delle forze dell'ordine, senza riguardo per malati, donne, anziani e bambini»;
la cooperativa agricola «Silvestro Fiore» chiede il rispetto di sentenze che le riconoscono diritti sui 240 ettari di terreni nei confronti del comune di Foggia che secondo l'articolo pubblicato sul blog ha interesse a sgombrare la zone per motivi speculativi legati alla realizzazione di parchi fotovoltaici e di un inceneritore;
il comune di Foggia, secondo quanto stabilito dalla Corte dei conti, versa in una situazione di dissesto finanziario;
il giorno 2 dicembre verso le 9,30 le forze dell'ordine in assetto anti sommossa hanno tentato di entrare nei terreni per prenderne il possesso, mentre le persone appartenenti alle 30 famiglie che vivono in

quel territorio hanno reagito pacificamente sdraiandosi o sedendosi a terra -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
se le parole pronunciate dal prefetto Nunziante il 22 novembre 2011 e i fatti accaduti il 2 dicembre 2011 siano coerenti con gli indirizzi del Governo in tema di tutela dell'ordine pubblico e, in caso contrario, quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato.
(4-14184)

Risposta. - I terreni ai quali fa riferimento l'interrogante vennero concessi, dietro pagamento di canone, alla cooperativa Fiore. Alla scadenza del contratto agrario (avvenuta nell'anno 2000) il comune non ha ritenuto di rinnovarlo, avendo chiesto in sede giudiziale la restituzione del bene.
L'autorità giudiziaria ha disposto il rilascio dei beni, fissando l'esecuzione della procedura di sfratto con l'intervento della forza pubblica.
I tentativi di rientrare in possesso dei terreni, tuttavia, sono stati vanificati dalle varie forme di protesta messe in atto dai soci della cooperativa.
La prefettura di Foggia, su richiesta del sindaco e nell'esercizio dei propri compiti istituzionali di mediazione dei conflitti sociali, il 22 novembre 2011 ha istituito un tavolo tecnico al quale hanno partecipato i rappresentanti del comune e della cooperativa. Nel corso dell'incontro, il sindaco si è dichiarato disponibile alla vendita dei beni, ma i rappresentanti della cooperativa hanno rifiutato l'offerta, ribadendo l'intendimento di avvalersi del diritto di ritenzione.
Con lettera del 28 novembre 2011, la cooperativa ha fornito una valutazione delle migliorie apportate, stimandole nell'ordine di 7 milioni di euro; cifra ritenuta inaccettabile dal comune.
In merito a tale controversia, il prefetto di Foggia ha assicurato di non essersi pronunciato in ordine ad un asserito, possibile ricorso ad azioni di forza. Peraltro, il 2 dicembre 2011, giorno fissato per l'esecuzione dello sgombero, sia il prefetto che il questore, non hanno ritenuto di dover concedere l'assistenza della forza pubblica per sgomberare i terreni. L'ufficiale giudiziario, pertanto, ha rinviato l'esecuzione forzosa al 30 marzo 2012.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.