Allegato B
Seduta n. 615 del 2/4/2012

TESTO AGGIORNATO AL 18 GIUGNO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
in numerosi Paesi della riva sud del Mediterraneo con la caduta di regimi non democratici si sono avviati percorsi di costruzione istituzionale verso assetti democratici, ed in alcuni casi si sono svolte elezioni valutate non negativamente dagli osservatori internazionali;
per la prima volta, partiti islamici si sono affermati in modo estremamente significativo con la conseguente formazione, in alcuni casi, di maggioranze in cui partiti islamici e partiti di ispirazione laica tradizionale operano insieme;
in alcuni casi, come in Egitto, la maggioranza di partiti islamici ed il Governo laico militare non hanno potuto finora definire l'assetto stabile per il medio e lungo periodo, anche in vista delle elezioni presidenziali;
in altri casi come la Libia, la fragilità dell'equilibrio di governo transitorio e l'incertezza della prospettiva elettorale concorrono a rendere la situazione sul terreno incerta ed insicura;
nel caso della Siria, si assiste a sterili esercizi di consultazione e veti che impediscono al consiglio di sicurezza dell'ONU ed alla comunità internazionale di far cessare la strage di civili innocenti a Damasco, nella città martire di Horus ed altrove;
sinora l'azione dell'Unione Europea è stata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, debole ed incapace di indurre i grandi attori non europei, dalla Cina alla Russia, ad atteggiamenti responsabili volti anzitutto alla uscita di scena del regime siriano ed alla fine della violenza, ma anche, più in generale, alla definizione di politiche globali con cui seguire i complessi fenomeni sociali e politici che si manifestano nel mondo arabo;
invece, l'azione e la capacità di visionare della Lega araba si sono dimostrate efficaci ed in grado quantomeno di ricercare un consenso più ampio in sostegno ai popoli della regione, durante e dopo le fasi conclusive dei regimi e nella attuale drammatica e non risolta crisi siriana;
l'Italia, anche a seguito della constatazione della scarsa efficacia delle più recenti iniziative euro-mediterranee, può e deve rivendicare la propria responsabilità di promuovere, con l'Europa, un nuovo patto mediterraneo per affrontare, con i Paesi arabi le sfide antiche e recenti della sicurezza, prosperità, arricchimento culturale ed evoluzione democratica nelle istituzioni e nelle società;
così come accadde durante la guerra fredda, per superare distanze ed incomprensioni è utile pensare ad un patto globale euro-arabo, che veda protagonisti la Lega araba e l'Unione europea, per ricercare un dialogo ampio e paritario come nel caso della Conferenza per la sicurezza e cooperazione in Europa (C.S.C.E.);
una intesa globale euro-araba avrebbe, anzitutto, il potenziale per l'ulteriore coinvolgimento di attori essenziali, dalla Turchia alla Russia agli Stati Uniti, per parlare finalmente con una sola voce di stop alle violenze in Siria, di sicurezza, democrazia e diritti nel rispetto delle storie e tradizioni nazionali, di prosperità e ruolo dei giovani nella regione mediterranea allargata;
il Governo anche alla luce delle esperienze che diplomazia italiana ha avviato e sviluppato negli ultimi dieci anni, può e deve, abbandonando le regole ed i riti sinora privi di risultato, affrontare la strada, tutta politica, della interlocuzione aperta, a partire da un vertice fondativo Unione europea-Lega araba, per definire un patto ricco di azioni concrete con l'assunzione reciproca e paritaria

di responsabilità, affinché i primi attori regionali nel Mediterraneo «allargato» - appunto Unione europea e Lega araba - possano guidare, e non subire, iniziative strategiche cui altri attori internazionali si possano associare,


impegna il Governo


a promuovere una iniziativa politica con cui Unione europea e Lega araba insieme promuovano un patto globale ed un confronto sui temi concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria, della sicurezza, della democrazia e della prosperità, assumendo insieme le conseguenti iniziative di coinvolgimento degli Stati mediterranei e degli altri attori internazionali il cui contributo possa aiutare lo sviluppo di tali politiche.
(1-00986)
«Cicchitto, Frattini, Pianetta, Renato Farina, Angeli, Biancofiore, Boniver, Malgieri, Migliori, Osvaldo Napoli, Picchi».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
in numerosi Paesi della riva sud del Mediterraneo con la caduta di regimi non democratici si sono avviati percorsi di costruzione istituzionale verso assetti democratici ed in alcuni casi si sono svolte elezioni valutate non negativamente dagli osservatori internazionali;
per la prima volta, partiti islamici si sono affermati in modo estremamente significativo, con la conseguente formazione, in alcuni casi, di maggioranze in cui partiti islamici e partiti di ispirazione laica tradizionale operano insieme;
in alcuni casi, come in Egitto, la maggioranza di partiti islamici ed il Governo laico militare non hanno potuto finora definire l'assetto stabile per il medio e lungo periodo, anche in vista delle elezioni presidenziali;
in altri casi, come la Libia, la fragilità dell'equilibrio di governo transitorio e l'incertezza della prospettiva elettorale concorrono a rendere la situazione sul terreno incerta ed insicura;
nel caso della Siria, si assiste a sterili esercizi di consultazione e veti che impediscono al Consiglio di sicurezza dell'Onu ed alla comunità internazionale di far cessare la strage di civili innocenti a Damasco, nella città martire di Homs ed altrove;
sinora l'azione dell'Unione europea è stata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, debole ed incapace di indurre i grandi attori non europei, dalla Cina alla Russia, ad atteggiamenti responsabili, volti, anzitutto, all'uscita di scena del regime siriano ed alla fine della violenza, ma anche, più in generale, alla definizione di politiche globali con cui seguire i complessi fenomeni sociali e politici che si manifestano nel mondo arabo;
invece, l'azione e la capacità di visionare della Lega araba si sono dimostrate efficaci ed in grado quantomeno di ricercare un consenso più ampio in sostegno ai popoli della regione, durante e dopo le fasi conclusive dei regimi e nell'attuale drammatica e non risolta crisi siriana;
l'Italia, anche a seguito della constatazione della scarsa efficacia delle più recenti iniziative euromediterranee, può e deve rivendicare la propria responsabilità di promuovere, con l'Europa, un nuovo patto mediterraneo per affrontare con i Paesi arabi le sfide antiche e recenti della sicurezza, prosperità, arricchimento culturale ed evoluzione democratica nelle istituzioni e nelle società;
così come accadde durante la guerra fredda, per superare distanze ed incomprensioni è utile pensare ad un patto globale euro-arabo, che veda protagonisti la Lega araba e l'Unione europea, per ricercare un dialogo ampio e paritario come nel caso della Conferenza per la sicurezza e cooperazione in Europa (Csce);
un'intesa globale euro-araba avrebbe, anzitutto, il potenziale per l'ulteriore coinvolgimento di attori essenziali, dalla Turchia alla Russia agli Stati Uniti, per parlare finalmente con una sola voce di stop alle violenze in Siria, di sicurezza, democrazia e diritti nel rispetto delle storie e tradizioni nazionali, di prosperità e ruolo dei giovani nella regione mediterranea allargata;
il Governo, anche alla luce delle esperienze che la diplomazia italiana ha avviato e sviluppato negli ultimi dieci anni, può e deve, abbandonando le regole ed i riti sinora privi di risultato, affrontare la strada, tutta politica, dell'interlocuzione aperta, a partire da un vertice fondativo Unione europea-Lega araba, per definire un patto ricco di azioni concrete con l'assunzione reciproca e paritaria di responsabilità, affinché i primi attori regionali nel Mediterraneo «allargato» - appunto Unione europea e Lega araba - possano guidare, e non subire, iniziative strategiche cui altri attori internazionali si possano associare,

impegna il Governo

a promuovere un'iniziativa politica con cui Unione europea e Lega araba insieme rafforzino il dialogo e la cooperazione sui temi concreti della cessazione immediata delle violenze in Siria, della sicurezza, della democrazia e della prosperità, assumendo insieme le conseguenti iniziative di coinvolgimento degli Stati mediterranei e degli altri attori internazionali, il cui contributo possa aiutare lo sviluppo di tali politiche.
(1-00986) (Nuova formulazione) «Cicchitto, Frattini, Pianetta, Renato Farina, Angeli, Biancofiore, Boniver, Malgieri, Migliori, Osvaldo Napoli, Picchi».

La Camera,
premesso che:
nel corso del 2011 è entrato in vigore il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (New Strategic Arms Reductm-Treaty - New Start), firmato nell'aprile 2010 dai Presidenti Barack Obama e Dimitri Medvedev, che preannunciava «un mondo più sicuro» e una «nuova era» nelle relazioni tra le due superpotenze ex-nemiche durante la guerra fredda e proclamava il superamento di tensioni e diffidenze ancora recenti;
già il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia avevano inviato una lettera al Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un dibattito proprio nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica tenutasi poi il 22 aprile 2010 a Tallin, in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque Paesi europei sembrava collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata dal Presidente Obama;
il 28 maggio 2010, infatti, dopo quasi un mese di lavori, si concludeva a New York, sotto l'egida dell'Onu, la conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Npt - non-proliferation Treaty) che ha ormai quarant'anni di vita. In quell'occasione i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di 28 pagine nel quale sono stati precisati i passi successivi nella strada verso il disarmo globale. In sostanza, le cinque potenze nucleari riconosciute (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) si sono impegnate ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire l'importanza strategica delle armi nucleari e a presentare un rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014;
in quella sede, inoltre, è stata indetta per il 2012 una Conferenza internazionale «per la denuclearizzazione del Medio Oriente» e l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa;
uno dei principi fondamentali del Trattato di non proliferazione nucleare stabilisce che i Paesi non nucleari aderenti al Trattato rinuncino all'acquisizione di armi atomiche a fronte di un progressivo disarmo nucleare da parte di quelli a cui il Trattato di non proliferazione nucleare inizialmente riconosce il diritto di possedere tali armi; va detto, però, in generale, che nessuna delle cinque potenze nucleari che aderiscono al Trattato (gli Stati Uniti, tra l'altro, risultano ancora in possesso di 5.113 testate nucleari funzionanti) si è conformata all'articolo VI dello stesso, che prevede lo smantellamento dei propri arsenali atomici;
anche a causa di ciò, le richieste dei Paesi occidentali di adottare misure più restrittive per impedire la proliferazione (l'adozione di un «protocollo aggiuntivo» che renda più severe le ispezioni,

ovvero l'applicazione di misure punitive per chi volesse avvalersi dell'articolo X del Trattato di non proliferazione nucleare che prevede di poter ritirare l'adesione al trattato) sono state percepite da quei Paesi non nucleari come misure ingiustamente penalizzanti nei loro confronti, visto che i primi ancora non ottemperano, appunto, ai loro obblighi;
non mancano contraddizioni ancora irrisolte: tre potenze nucleari non hanno mai aderito al Trattato di non proliferazione nucleare (Israele, India e Pakistan) e per ciascuno di questi Paesi si è da più parti sottolineata la presenza di un trattamento di favore da parte di Washington; squilibri e disparità di trattamento che hanno ovviamente suscitato risentimenti e irritazione di diversi Paesi a livello mondiale, soprattutto di quelli come Turchia e Egitto che insistono fortemente affinché si arrivi a un Medio Oriente privo di armi di distruzione di massa;
l'Italia, per conciliare gli obblighi derivanti dal Trattato di non proliferazione nucleare con la presenza di armi atomiche, ricorre al sistema della «doppia chiave». Le armi nucleari restano in possesso degli Stati Uniti e sotto il suo stretto controllo e solo gli Usa potranno decidere se ricorrere all'arma nucleare. Tuttavia, l'uso è consentito solo dopo l'autorizzazione dello Stato territoriale, cioè dell'Italia. In questo modo, solo formalmente l'Italia non esercita alcun controllo sulle testate nucleari degli Usa e, quindi, la loro presenza non è incompatibile con il Trattato di non proliferazione nucleare. Tuttavia, non sono pubblici i dettagli del sistema connesso alla «doppia chiave»;
la risoluzione n. 1887, adottata nel mese di settembre 2009 dal Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), già prefigurava un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare. Il documento «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Trattato di non proliferazione nucleare di entrare nel Trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima»;
il Trattato di non proliferazione nucleare è stato senza dubbio il principale argine alla diffusione dell'arma nucleare anche se ha perso «peso specifico» con l'entrata in scena di nuovi protagonisti e non appare più così scontato che l'effetto deterrente, che aveva una sua ratio e anche una qualche efficacia in un mondo bipolare, possa contribuire a evitare futuri conflitti di fronte a un aumentato numero di Paesi possessori di armi nucleari;
in questo scenario, il Governo di coalizione tedesca ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania, mentre ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i Paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario;
l'Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo (ad Aviano), armi nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. Il parere della Corte internazionale di giustizia, inoltre, ha confermato che il possesso delle armi nucleari e la stessa deterrenza nucleare non sono contrari al diritto internazionale. Il parere in questione, però, ha stabilito che l'uso dell'arma nucleare è sottoposto alle regole del diritto internazionale umanitario. L'Italia dovrebbe, pertanto, ritirare la riserva interpretativa al I protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I protocollo non si applica alle armi nucleari. Inoltre, c'è l'obbligo di uno Stato non nucleare, aderente al Trattato di non proliferazione

nucleare, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate, rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto del Trattato di non proliferazione nucleare;
durante il vertice di Lisbona tenutosi nel mese di novembre 2010, è stato concepito un nuovo «Concetto strategico per la difesa e la sicurezza dei membri della Nato» che vedrà la conclusione nel previsto summit di maggio 2012 a Chicago, con la previsione che i Paesi Occidentali aggiornino la propria posizione nel campo della difesa e della deterrenza; in quella sede è stata da più parti riaffermata la necessità di procedere a un più stretto controllo degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione intesi come base fondamentale per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali; tuttavia, malgrado l'esplicito impegno di «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo concetto strategico della Nato ha, comunque, ribadito che «fintantoché ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà un'Alleanza nucleare»;
va ricordato che, sebbene non vi siano dati ufficiali, alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, ancora ospitano armi nucleari tattiche (ant): Belgio (10-20), Germania (10-20), Olanda (10-20) e Turchia (circa 50), mentre da un rapporto dell'associazione ambientalista americana natural resources defense Council emerge che gli Stati Uniti mantengono in Italia 90 bombe nucleari: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Tre di questi Paesi che ospitano - Belgio, Germania e Olanda - si sono espressamente dichiarati a favore della rimozione dai loro territori delle armi nucleari tattiche, mentre il nostro Paese mantiene una posizione ambivalente sostenendo, da un lato, una posizione a favore del disarmo nucleare globale e, dall'altra, ampia fedeltà alla Nato;
altresì, un recente rapporto dell'Ican (la Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari) dimostra che la proliferazione nucleare si basa sul contributo fondamentale di gruppi assicurativi e bancari, compresi quelli italiani;
il rapporto in questione sui finanziamenti globali ai produttori di armi nucleari mostra che molti dei principali gruppi bancari e assicurativi internazionali finanziano e favoriscono la proliferazione nucleare. La metà di questi grandi gruppi d'investimento, che comprendono banche, fondi pensione e compagnie assicurative, ha sede negli Stati Uniti e un terzo, invece, in Europa. Sono molti sono gli istituti bancari italiani che sono in prima linea: spiccano Intesa Sanpaolo e Unicredit, affiancate da Banca Leonardo, dalla Monte dei paschi di Siena, da Banca popolare di Milano, Banca popolare di Sondrio, Banca popolare dell'Emilia Romagna, Banca popolare di Vicenza, Credito emiliano, Banco Popolare, Gruppo Carige, Mediobanca e Ubi Banca. Sono tutte in diversa misura coinvolte nei finanziamenti ai colossi della produzione mondiale di armamenti. Emerge anche Finmeccanica, il cui capitale è detenuto per il 30,2 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il principale gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali nel settore dell'aerospazio, della difesa e della sicurezza, detiene, infatti, il 25 per cento delle azioni di Mbda, una joint venture (impresa in partecipazione) che vanta un fatturato annuale di 2,7 miliardi di euro e un portafoglio commesse di 11,9 miliardi di euro, un'impresa leader nella costruzione di missili e sistemi missilistici, impegnata anche nella costruzione di missili nucleari per l'aeronautica francese. In generale, i grandi gruppi della finanza mondiale sopra citati investono ingenti somme di denaro nelle società che producono armamenti nucleari, fornendo prestiti ma anche attraverso l'acquisto di azioni e obbligazioni. Giocano, quindi, un ruolo chiave nella proliferazione dell'industria militare nucleare e nello sviluppo di alcune delle

più pericolose e distruttive armi che l'uomo abbia mai inventato;
il presidente Obama ha più volte comunicato che intendeva fare del disarmo nucleare globale uno dei pilastri della politica estera degli Stati Uniti; la nuclear posture Review, pubblicata nel 2011, ha, infatti, riaffermato la necessità di diminuire il ruolo delle armi nucleari, alla luce anche delle crescenti capacità delle armi convenzionali. Lo stesso documento ribadiva che le armi nucleari tattiche ancora presenti in Europa continuano a svolgere l'importante funzione politica di contribuire alla coesione dell'alleanza e di rassicurare gli alleati che si sentono esposti a minacce regionali;
nel frattempo, il 26 marzo 2012 si è tenuto a Seul il secondo vertice sulla sicurezza nucleare che ha visto riuniti 53 leader mondiali e che ha confermato l'impegno comune per il disarmo, la non proliferazione e l'utilizzo pacifico dell'energia nucleare, ma anche una forte riaffermazione dei rischi alla sicurezza legati al terrorismo nucleare; il summit è stato concepito come il seguito di quello sopra citato, organizzato nel 2010, con lo scopo più generale di favorire la denuclearizzazione internazionale; intervenendo al summit, il Presidente americano Obama ha, tra l'altro, significativamente affermato che con oltre 1.500 armi nucleari e 5.000 testate nucleari gli Stati Uniti hanno «più armi di quelle necessarie»;
la questione più delicata rimane la convocazione di una conferenza sulla creazione di una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente (che dovrebbe tenersi a Helsinki sotto l'egida del Segretario generale delle Nazioni Unite), una regione per la quale tale progetto risulta ancor più ambizioso, visto che la proibizione non riguarderebbe solo le armi nucleari, ma anche quelle chimiche e biologiche, tenendo in debito conto la cronica tensione politico-militare ivi esistente e che nessuno dei principali Paesi coinvolti - Iran, Israele, Siria ed Egitto - ha tutte le carte in regola in fatto di armi di distruzione di massa;
a Bruxelles si discute in questi giorni su come dare attuazione concreta al nuovo concetto strategico della Nato del 2010 e, soprattutto, su quali proposte convergere affinché emergano elementi evolutivi per una nuova dottrina sull'uso dell'arma nucleare,


impegna il Governo:


a sostenere con determinazione, nelle opportune sedi internazionali, in particolare proprio in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012, un'intesa sul disarmo nucleare che sia giuridicamente vincolante come lo sono i trattati che già proibiscono le armi chimiche e biologiche;
a sostenere gli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite nel delicato compito di portare allo stesso tavolo negoziale, attraverso la convocazione della citata conferenza, tutti i Paesi di un'area ad alta tensione, come quella mediorientale, per affrontare un tema altamente controverso come quello delle armi nucleari, chimiche e biologiche;
a valutare se l'attuale regime delle basi e delle istallazioni americane sopra citate sia ancora compatibile con il mutato assetto dei rapporti internazionali, soprattutto dopo le dichiarazioni del Presidente Obama al recente vertice di Seul;
a rendere noto il sistema della «doppia chiave» e a ritirare la riserva interpretativa al I protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I protocollo non si applica alle armi nucleari;
a farsi portavoce e promotore durante il summit a Chicago della necessità, riaffermata da più parti, di procedere a un più stretto controllo degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione intesi come base fondamentale per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali, valutando la possibilità di avviare maggiori e mirati controlli sulle banche, sulle società

di intermediazione mobiliare (sim), sulle società di gestione del risparmio, sulle società di investimento a capitale variabile (sicav), nonché sugli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, sulle fondazioni bancarie e sui fondi pensione che finanziano la produzione e il commercio di armi nucleari.
(1-00987)
«Di Stanislao, Di Pietro, Donadi».

La Camera,
premesso che:
la diffusione di armi nucleari rappresenta oggi una delle più grandi minacce alla pace e alla sicurezza internazionale;
la presenza e il ruolo di tali armi negli ultimi anni sono stati oggetto di un vivace dibattito sull'opportunità o meno di una loro ulteriore riduzione o completa distruzione;
il disarmo nucleare è previsto dall'articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) che prevede: «ognuna delle Parti si impegna a perseguire quanto prima negoziati in buona fede sulle misure effettive sulla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e il disarmo nucleare, e per un Trattato sul disarmo generale e completo sotto controllo internazionale rigoroso ed effettivo»;
il 26 febbraio 2010 Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno richiesto alla Nato di discutere la riduzione e il ritiro di tutte le armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo;
l'8 aprile 2010 a Praga il Presidente Obama e il Presidente Medvedev hanno stipulato il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (New Strategic Arms Reductm-Treaty - New Start), considerato il più importante accordo degli ultimi 20 anni, in quanto riguarda la riduzione del limite massimo del numero di testate nucleari e di vettori di lancio operativi che ciascun Paese può possedere;
le conferenze di revisione del Trattato si sono svolte ogni cinque anni, a partire dall'anno in cui il Trattato è entrato in vigore nel 1970, nel tentativo di trovare un accordo per raggiungere una dichiarazione finale per l'attuazione delle disposizioni del Trattato, emanando raccomandazioni sulle misure da intraprendere per rafforzarlo;
la conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare del 28 maggio 2010 ha approvato un piano di azione di 64 punti, tra cui: l'universalità del Trattato, il disarmo nucleare; la non proliferazione nucleare, inclusi la promozione ed il rafforzamento dei controlli di sicurezza; misure per promuovere l'uso pacifico e sicuro dell'energia nucleare; il disarmo e la non proliferazione a livello regionale; l'attuazione della risoluzione del 1995 sul Medio Oriente; le misure per scongiurare il ritiro dal Trattato; le misure volte a rafforzare ulteriormente il processo di revisione; le modalità promuovere l'impegno con la società civile nel rafforzamento delle norme del Trattato di non proliferazione nucleare, promuovendo anche l'educazione al disarmo;
l'Unione europea si è attivamente impegnata a contribuire all'attuazione del piano d'azione adottato alla conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare nel 2010, comprese le intese raggiunte per quanto riguarda il Medio Oriente;
il 27 maggio 2011 è stata approvata la «Dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo» al vertice G8 di Deauville, in Francia, in cui è stato riaffermato il sostegno incondizionato al Trattato di non proliferazione come pietra miliare del regime internazionale di non proliferazione;
il 26 marzo 2012 i 53 Capi di Stato e di Governo si sono riuniti a Seul per il secondo summit sulla sicurezza nucleare,

impegnandosi al disarmo, alla non proliferazione e all'utilizzo pacifico dell'energia nucleare,


impegna il Governo:


a sostenere, nel prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago, l'opportunità dell'adozione di misure da parte della Nato che portino a una concreta riduzione del numero di armi nucleari tattiche presenti in Europa, valutando anche la prospettiva di una loro eliminazione;
a contribuire affinché l'Unione europea diventi punto di riferimento internazionale per il disarmo e la riduzione dell'armamento nucleare, sostenendo con determinazione la strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa.
(1-00988) «Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».

La Camera,
premesso che:
la complessa tematica del disarmo e della non proliferazione nucleare, contrariamente a quanto si ritiene comunemente, è ben chiara ai Paesi ed alle organizzazioni internazionali fin dai primi anni dell'era nucleare, tanto che una risoluzione per l'utilizzo del nucleare esclusivamente a scopi pacifici e per lo stop ad ulteriori acquisizioni di armamenti venne votata dall'Onu già nel gennaio del 1946;
le armi nucleari, per la loro stessa natura, sono in grado di determinare distruzioni gravissime, ma non è possibile preventivarne la dismissione unilaterale senza considerare le conseguenze che una loro riduzione non bilanciata può provocare sugli equilibri internazionali;
un vero disarmo nucleare è conseguentemente possibile solo in un contesto davvero mondiale, che veda una pari assunzione di impegno da parte di tutti i Paesi già dotati di armi atomiche o che aspirino ad acquisirne. Qualunque iniziativa asimmetrica vanificherebbe ogni effetto deterrente con la conseguenza perversa di rafforzare proprio la posizione di chi non accetta le regole condivise;
dopo la corsa agli armamenti del periodo della Guerra fredda, si è da tempo avviata una stagione internazionale di dialogo positivo sul tema, a partire proprio dalle due principali potenze che hanno contributo fattivamente alla conclusione del Trattato di non proliferazione nucleare del 1968 e, oggi, stanno conducendo una revisione ciascuna delle proprie prospettive strategiche, firmando tra loro il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (New Strategic Arms Reductm-Treaty - New Start) l'8 aprile 2010 a Praga;
anche l'Alleanza atlantica sta rivedendo la propria politica riguardo alle armi nucleari, con un processo di revisione iniziato nel 2010 a Lisbona, che si concluderà al vertice del prossimo maggio 2012 a Chicago;
se Occidente e Federazione russa hanno assunto impegni forti e coerenti in direzione del disarmo, si rischia, invece, che altri Stati mantengano o sviluppino armi nucleari al di fuori del Trattato di non proliferazione nucleare e di qualunque dialogo internazionale. Si ricorda che non aderiscono al Trattato di non proliferazione nucleare Israele, India, Pakistan e Corea del Nord, Paesi destinati ad avere peso ed ambizioni crescenti nello scenario internazionale, nei quali forti sono le infiltrazioni di matrice terroristica, basso il controllo democratico e l'influenza della moral suasion internazionale;
un problema aggiuntivo è rappresentato dalla circostanza che le conoscenze tecnologiche richieste per produrre ordigni nucleari sono le stesse indispensabili alla produzione di energia elettronucleare, cosa che rende difficile determinare chi possa allestire programmi nucleari a destinazione civile e a chi, invece, tale facoltà vada negata; proprio per questo

è importante il regime di penetranti controlli che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica garantisce a nome e per conto delle Nazioni Unite, in ottemperanza alle previsioni del Trattato di non proliferazione nucleare;
appare conseguentemente necessario attribuire maggiori poteri di accesso e di intervento all'organismo deputato dalle Nazioni Unite a verificare l'impiego di materiale nucleare a scopo militare, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, attribuendo un vero potere di ingresso e di ispezione anche non concordata con gli Stati interessati, seppure questa fattispecie abbia dimostrato difficoltà di attuazione, prefigurando, altresì, un'estensione dei suoi poteri anche ai Paesi non firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare,


impegna il Governo:


a farsi promotore di una strategia di disarmo nucleare che includa negoziati e politiche di disarmo da parte di tutti i Paesi, a livello mondiale, che sono dotati od in procinto di dotarsi di armi nucleari, in un'azione veramente globale, altrimenti non efficace;
a sostenere in sede Onu la necessità di rafforzare ed espandere il numero di soggetti membri del Trattato di non proliferazione nucleare e di incrementare concretamente le possibilità di intervento dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica;
ad indirizzare in ambito Nato la politica di disarmo in maniera concertata con gli altri membri e nel quadro negoziale con la Federazione russa sul controllo degli armamenti.
(1-00989) «Dozzo, Stefani, Allasia, Gidoni, Chiappori, Molgora, Fugatti, Fedriga, Fogliato, Lussana, Montagnoli, Bitonci».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la complessa tematica del disarmo e della non proliferazione nucleare, contrariamente a quanto si ritiene comunemente, è ben chiara ai Paesi ed alle organizzazioni internazionali fin dai primi anni dell'era nucleare, tanto che una risoluzione per l'utilizzo del nucleare esclusivamente a scopi pacifici e per lo stop ad ulteriori acquisizioni di armamenti venne votata dall'Onu già nel gennaio del 1946;
le armi nucleari, per la loro stessa natura, sono in grado di determinare distruzioni gravissime, ma non è possibile preventivarne la dismissione unilaterale senza considerare le conseguenze che una loro riduzione non bilanciata può provocare sugli equilibri internazionali;
un vero disarmo nucleare è conseguentemente possibile solo in un contesto davvero mondiale, che veda una pari assunzione di impegno da parte di tutti i Paesi già dotati di armi atomiche o che aspirino ad acquisirne. Qualunque iniziativa asimmetrica vanificherebbe ogni effetto deterrente con la conseguenza perversa di rafforzare proprio la posizione di chi non accetta le regole condivise;
dopo la corsa agli armamenti del periodo della Guerra fredda, si è da tempo avviata una stagione internazionale di dialogo positivo sul tema, a partire proprio dalle due principali potenze che hanno contributo fattivamente alla conclusione del Trattato di non proliferazione nucleare del 1968 e, oggi, stanno conducendo una revisione ciascuna delle proprie prospettive strategiche, firmando tra loro il nuovo Trattato sulla riduzione degli arsenali nucleari (New Strategie Arms Reduction-Treaty - New Start) l'8 aprile 2010 a Praga;
anche l'Alleanza atlantica sta rivedendo la propria politica riguardo alle armi nucleari, con un processo di revisione iniziato nel 2010 a Lisbona, che si concluderà al vertice del prossimo maggio 2012 a Chicago;
se Occidente e Federazione russa hanno assunto impegni forti e coerenti in direzione del disarmo, si rischia, invece, che altri Stati mantengano o sviluppino armi nucleari al di fuori del Trattato di non proliferazione nucleare e di qualunque dialogo internazionale. Si ricorda che non aderiscono al Trattato di non proliferazione nucleare Paesi, che potrebbero avere peso ed ambizioni crescenti nello scenario internazionale, in alcuni dei quali esistono possibilità di infiltrazioni di matrice terroristica, in altri governano regimi sui quali è dubbio il peso della sola moral suasion internazionale;
un problema aggiuntivo è rappresentato dalla circostanza che le conoscenze tecnologiche richieste per produrre ordigni nucleari sono le stesse indispensabili alla produzione di energia elettronucleare; proprio per questo è importante il regime di penetranti controlli che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica garantisce, in ottemperanza alle previsioni del Trattato di non proliferazione nucleare e dei rispettivi accordi bilaterali sulle salvaguardie tra l'Agenzia e i singoli Stati;
appare conseguentemente necessario attribuire maggiori poteri di accesso e di intervento all'organismo deputato a verificare l'impiego di materiale nucleare a scopo militare, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, attribuendo un vero potere di ingresso e di ispezione anche non concordata con gli Stati interessati sulla base dell'universalizzazione del protocollo aggiuntivo quale nuovo standard internazionale per la sicurezza nucleare, seppure questa fattispecie abbia dimostrato difficoltà di attuazione, prefigurando, altresì, un'estensione dei suoi poteri anche ai Paesi non firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare,


impegna il Governo:


a farsi promotore di una strategia diretta al rafforzamento del regime globale di non proliferazione e di disarmo basato sul Trattato di non proliferazione nucleare che miri ad includere nello stesso il maggior numero di Paesi a livello mondiale, nel quadro di un'azione veramente globale, altrimenti non efficace;
a sostenere in sede Onu la necessità di rafforzare ed espandere il numero di soggetti membri del Trattato di non proliferazione nucleare e di incrementare concretamente le possibilità di intervento dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica;
ad indirizzare in ambito Nato la politica di disarmo in maniera concertata con gli altri membri e nel quadro negoziale con la Federazione russa sul controllo degli armamenti.
(1-00989) (Nuova formulazione) «Dozzo, Stefani, Allasia, Gidoni, Chiappori, Molgora, Fugatti, Fedriga, Fogliato, Lussana, Montagnoli, Bitonci».

La Camera,
premesso che:
l'emittenza televisiva e radiofonica locale si trova in una situazione di crisi dovuta a un insieme di fattori: la nuova difficile situazione economica del Paese, il mantenimento del duopolio Rai-Mediaset nella televisione in chiaro e nel mercato pubblicitario ed il passaggio al digitale terrestre;
numerose emittenti televisive e radiofoniche locali saranno ben presto costrette alla chiusura, con effetti negativi per i lavoratori attualmente occupati nel settore;
non sono stati rispettati i termini della legge n. 249 del 1997 e della delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS, che prevedono la riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 300/10/CONS relativa al piano nazionale di assegnazione delle frequenze, assegnando le frequenza per la realizzazione di 25 reti nazionali, non consente di garantire il rispetto della riserva di almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
la delibera n. 366/10/CONS, che stabilisce il piano di numerazione dei programmi televisivi, rischia di generare un caos digitale con conseguenti innumerevoli ricorsi; inoltre essa, che si occupa degli effetti dei segnali per la telefonia mobile di quarta generazione, comporterà un incremento dei costi che ricadranno in larga parte sui bilanci delle famiglie e delle imprese,


impegna il Governo:


ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché le problematiche descritte in premessa non mettano a rischio la sopravvivenza delle emittenti locali, con effetti negativi sull'esercizio della loro attività economica;

a ridurre il numero dei multiplex (e quindi delle frequenze) attualmente assegnati - in via provvisoria e in attesa del completamento della fase di transizione al digitale - all'emittenza nazionale, dando attuazione a quanto previsto sia dalla legge n. 249 del 1997, sia dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS, che prevedono espressamente che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze (pnaf) riservi almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale;
a fornire chiarimenti sugli effetti dei segnali per la telefonia mobile di quarta generazione e sugli attuali impianti d'antenna televisivi, con particolare riguardo ai rischi connessi ai costi che le tecniche di mitigazione potrebbero comportare nei confronti delle famiglie e delle imprese.
(1-00990)
«Terranova, Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres».

La Camera,
premesso che:
in Italia l'emittenza locale, con circa mille e cinquecento aziende tra televisioni e radio, ha raggiunto uno sviluppo che non ha eguali in altri Paesi;
l'emittenza locale garantisce il pluralismo e un'informazione indipendente e legata al territorio, consente alle piccole e medie imprese di promuovere le proprie attività e favorisce lo sviluppo dell'occupazione nel settore;
recentemente sono stati stipulati due contratti di lavoro con altrettante associazioni di categoria (Aeranti-Corallo e Frt tv locali) per la valorizzazione sia delle professionalità tecniche che di quelle giornalistiche, che in questi anni di grave crisi hanno trovato proprio nell'emittenza locale l'occasione di formarsi e lavorare;
negli ultimi anni l'emittenza locale è stata colpita da una significativa riduzione delle misure di sostegno - le provvidenze all'editoria e i contributi diretti - operata, peraltro, con il sistema dei tagli lineari, che colpiscono indiscriminatamente tutti i destinatari;
i tagli lineari hanno creato un pregiudizio maggiore proprio alle aziende televisive e radiofoniche locali che esercitano realmente l'attività di impresa, garantendo occupazione e realizzando prodotti di qualità legati al territorio;
la riduzione delle misure di sostegno è arrivata in un momento di grande difficoltà soprattutto per le televisioni locali, che per adeguare gli impianti alla tecnologia digitale terrestre sono state costrette a realizzare cospicui investimenti, nonostante la crisi economica abbia fatto crollare gli introiti derivanti dal mercato pubblicitario;
nelle regioni in cui si è già passati alla tecnologia digitale terrestre, gli ascolti delle televisioni locali hanno fatto registrare rilevanti contrazioni, con ulteriori conseguenze negative sulla raccolta pubblicitaria;
numerose emittenti, dunque, rischiano di chiudere i battenti e migliaia di lavoratori rischiano di trovarsi disoccupati;
diverse emittenti televisive locali, poi, sono state private delle frequenze, assegnate con un'asta alle compagnie telefoniche;
tali emittenti saranno risarcite con un indennizzo che, nel tempo, ha subito adeguamenti al ribasso e che oggi non sarà neppure sufficiente a coprire gli investimenti sostenuti per l'adeguamento degli impianti alla tecnologia digitale terrestre;
la sottrazione all'emittenza locale delle frequenze 61-69 mette a rischio il rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 249 del 1997 e dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS, che prevedono espressamente che il piano nazionale di assegnazione

delle frequenze riservi almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza locale;
il precedente Governo aveva stabilito di assegnare sei nuovi multiplex all'emittenza nazionale attraverso il cosiddetto beauty contest, ma il Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, ha stabilito di bloccare tale procedura;
dopo l'emanazione di una delibera dell'Autorità per la garanzie nelle comunicazioni nell'agosto del 2010 per determinare la posizione delle reti televisive digitali terrestri sul telecomando, si sono susseguiti diversi ricorsi all'autorità giudiziaria e sentenze del tribunale amministrativo regionale del Lazio e del Consiglio di Stato;
da qualche anno le emittenti locali lamentano una scarsa attenzione nei loro confronti da parte del Governo e auspicano un maggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria nei processi decisionali,


impegna il Governo:


a valutare la possibilità di assumere iniziative volte a ripristinare i contributi e le provvidenze nella misura precedente ai tagli operati nel corso dell'ultimo triennio esclusivamente per le emittenti che possiedano determinati requisiti, da fissarsi con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico e in una misura non inferiore al doppio di quanto precedentemente stabilito in merito alle ore di programmazione di interesse locale prodotta e al personale occupato;
a verificare che alle televisioni locali sia effettivamente riservato un terzo delle frequenze e, in caso contrario, a ripristinare quanto prima il rapporto stabilito dalla legge n. 249 del 1997 e dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS;
qualora dovesse rendersi nuovamente necessaria l'assegnazione di ulteriori frequenze al mercato della telefonia mobile, a reperirle senza far scendere la quota delle emittenti locali al di sotto della quota di un terzo;
a valutare la possibilità di attribuire all'emittenza locale parte delle frequenze che il precedente Governo aveva stabilito di assegnare per mezzo del cosiddetto beauty contest;
a farsi promotore di un accordo con le regioni per prevedere l'erogazione di contributi per l'adeguamento degli impianti alla tecnologia digitale terrestre che sia, al contempo, omogenea su tutto il territorio nazionale e rispondente alle esigenze dei diversi territori;
ad intervenire nella questione della posizione delle reti televisive digitali terrestri sul telecomando per fare definitiva chiarezza, confermando quanto stabilito dalla delibera del 2010 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che è stata peraltro accettata dalla maggioranza delle emittenti e delle associazioni di categoria;
a convocare le associazioni di categoria delle emittenti locali per discutere delle difficoltà del settore e delle iniziative necessarie ad evitare la possibile chiusura di tante aziende e il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori.
(1-00991)
«Rao, Briguglio, Galletti, Della Vedova, Compagnon, Mereu, Bonciani, Carlucci, Enzo Carra, Adornato, Capitanio Santolini, Ciccanti, Naro, Volontè, Raisi, Scanderebech, Perina, Di Biagio».

La Camera,
premesso che:
in Italia l'emittenza locale, con circa mille e cinquecento aziende tra televisioni e radio, ha raggiunto uno sviluppo che non ha eguali in altri Paesi;
l'emittenza locale garantisce il pluralismo e un'informazione indipendente e legata al territorio, consente alle piccole e medie imprese di promuovere le proprie attività e favorisce lo sviluppo dell'occupazione nel settore;
recentemente sono stati stipulati due contratti di lavoro con altrettante associazioni di categoria (Aeranti-Corallo e Frt tv locali) per la valorizzazione sia delle professionalità tecniche che di quelle giornalistiche, che in questi anni di grave crisi hanno trovato proprio nell'emittenza locale l'occasione di formarsi e lavorare;
negli ultimi anni l'emittenza locale è stata colpita da una significativa riduzione delle misure di sostegno - le provvidenze all'editoria e i contributi diretti è operata, peraltro, con il sistema dei tagli lineari, che colpiscono indiscriminatamente tutti i destinatari;
i tagli lineari hanno creato un pregiudizio maggiore proprio alle aziende televisive e radiofoniche locali che esercitano realmente l'attività di impresa, garantendo occupazione e realizzando prodotti di qualità legati al territorio;
la riduzione delle misure di sostegno è arrivata in un momento di grande difficoltà soprattutto per le televisioni locali, che per adeguare gli impianti alla tecnologia digitale terrestre sono state costrette a realizzare cospicui investimenti, nonostante la crisi economica abbia fatto crollare gli introiti derivanti dal mercato pubblicitario;
nelle regioni in cui si è già passati alla tecnologia digitale terrestre, gli ascolti delle televisioni locali hanno fatto registrare rilevanti contrazioni, con ulteriori conseguenze negative sulla raccolta pubblicitaria;
numerose emittenti, dunque, rischiano di chiudere i battenti e migliaia di lavoratori rischiano di trovarsi disoccupati;
diverse emittenti televisive locali, poi, sono state private delle frequenze, assegnate con un'asta alle compagnie telefoniche;
tali emittenti saranno risarcite con un indennizzo che, nel tempo, ha subito adeguamenti al ribasso e che oggi non sarà neppure sufficiente a coprire gli investimenti sostenuti per l'adeguamento degli impianti alla tecnologia digitale terrestre;
la sottrazione all'emittenza locale delle frequenze 61-69 mette a rischio il rispetto di quanto stabilito dalla legge n. 249 del 1997 e dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS, che prevedono espressamente che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze riservi almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza locale;
il precedente Governo aveva stabilito di assegnare sei nuovi multiplex all'emittenza nazionale attraverso il cosiddetto beauty contest, ma il Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, ha stabilito di bloccare tale procedura;
dopo l'emanazione di una delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'agosto del 2010 per determinare la posizione delle reti televisive digitali terrestri sul telecomando, si sono susseguiti diversi ricorsi all'autorità giudiziaria e sentenze del tribunale amministrativo regionale del Lazio e del Consiglio di Stato;
da qualche anno le emittenti locali lamentano una scarsa attenzione nei loro confronti da parte del Governo e auspicano un maggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria nei processi decisionali,


impegna il Governo:


a valutare la possibilità di assumere iniziative volte a ripristinare i contributi e le provvidenze nella misura precedente ai tagli operati nel corso dell'ultimo triennio esclusivamente per le emittenti che possiedano determinati requisiti, da fissarsi con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico e in una misura non inferiore al doppio di quanto precedentemente stabilito in merito alle ore di programmazione di interesse locale prodotta e al personale occupato;
a verificare che alle televisioni locali sia effettivamente riservato un terzo delle frequenze e, in caso contrario, a ripristinare quanto prima il rapporto stabilito dalla legge n. 249 del 1997 e dalla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS;
qualora dovesse rendersi nuovamente necessaria l'assegnazione di ulteriori frequenze al mercato della telefonia mobile, a reperirle senza far scendere la quota delle emittenti locali al di sotto della quota di un terzo;
a farsi promotore di un accordo con le regioni per prevedere l'erogazione di contributi per l'adeguamento degli impianti alla tecnologia digitale terrestre che sia, al contempo, omogenea su tutto il territorio nazionale e rispondente alle esigenze dei diversi territori;
ad intervenire nella questione della posizione delle reti televisive digitali terrestri sul telecomando per fare definitiva chiarezza, confermando quanto stabilito dalla delibera del 2010 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che è stata peraltro accettata dalla maggioranza delle emittenti e delle associazioni di categoria;
a convocare le associazioni di categoria delle emittenti locali per discutere delle difficoltà del settore e delle iniziative necessarie ad evitare la possibile chiusura di tante aziende e il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori.
(1-00991)
(Nuova formulazione) «Rao, Briguglio, Galletti, Della Vedova, Compagnon, Mereu, Bonciani, Carlucci, Enzo Carra, Adornato, Capitanio Santolini, Ciccanti, Naro, Volontè, Raisi, Scanderebech, Perina, Di Biagio».

La Camera,
premesso che:
la situazione di difficoltà in cui versa l'emittenza locale è un tema serio, da affrontare con intelligenza costruttiva, senza cedere alla facile demagogia e senza indulgere ai particolarismi interessati di un settore molto variegato, in cui operano realtà profondamente diverse tra di loro;

nel panorama e nella storia della televisione italiana, le emittenti locali hanno avuto e hanno ancora un ruolo importante, per non dire fondamentale. Lo stretto legame con il territorio, l'informazione di servizio a diretto contatto con i cittadini e l'offerta pluralistica rappresentano una risorsa fondamentale per la democrazia e per il sistema delle comunicazioni del nostro Paese;
il Parlamento e l'azione dei diversi Governi del passato, con particolare riferimento a quello precedente, hanno sempre ritenuto prioritaria la tutela di questo settore. Il rispetto della norma che prevede l'assegnazione di un terzo della capacità trasmissiva (programmi irradiabili) ha consentito negli ultimi tre anni di portare avanti un processo di digitalizzazione e di assegnazione delle frequenze il più possibile condiviso e, comunque, attuato in modo garantistico anche nelle gare post assegnazione dei canali da 61 a 69; la tutela delle televisioni italiane nella fase di coordinamento internazionale con gli Stati confinanti, il mantenimento di risorse per i contributi ex legge n. 448 del 1998 (ammontanti a oltre 1,2 miliardi di euro in 12 anni) su livelli significativi e un'importante collocazione sul telecomando del digitale terrestre sono state le altre iniziative che hanno caratterizzato l'azione del Governo negli ultimi 3 anni, portata avanti, in tutti i passaggi della transizione, attraverso un confronto continuo con le associazioni dell'emittenza locale. Il digitale terrestre, con la sua moltiplicazione dei canali, se, da un lato, ha in alcuni casi aperto nuove prospettive al settore, dall'altro, non ha, però, consentito quel cambio di mentalità nella cultura televisiva, che con il must carry (l'obbligo di trasporto dei fornitori di contenuti privi di frequenza, peraltro disciplinato anche nei costi dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e la condivisione di uno stesso multiplex fra più soggetti, avrebbe favorito una razionalizzazione del radiospettro e un notevole contenimento di costi per gli stessi operatori anche attraverso la creazione di sinergie, evitando quell'uso inefficiente della capacità trasmissiva che rischia di riflettersi negativamente sull'intero settore;
la logica della conversione delle frequenze 1 a 1, ostinatamente perseguita dalla totalità delle tv locali nel passaggio al digitale, ha mostrato tutti i suoi limiti di un approccio frutto di una mentalità ancora analogica; ma se con l'analogico 600 frequenze equivalevano a 600 programmi, con il digitale le stesse frequenze hanno portato a 3600 gli spazi per la diffusione dei contenuti. Scorrendo i telecomandi, gli spazi vuoti, le duplicazioni, le triplicazioni e così via degli stessi programmi diffusi, insieme agli spostamenti continui di posizione e il mancato rispetto delle regole, danneggiano soprattutto un'utenza disaffezionata e disorientata, con ricadute negative sull'acquisizione delle risorse pubblicitarie, già peraltro complicata dal momento di crisi economica generale;
difendere questo inefficiente e dispersivo uso delle frequenze sta diventando peraltro impossibile, nel momento in cui la tendenza europea è quella della valorizzazione della risorsa spettrale e la spinta verso un suo uso più neutrale e più flessibile. Pretendere poi che il già rispettato vincolo di garantire un terzo della capacità trasmissiva in favore dell'emittenza locale, ampiamente considerato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in ogni sua delibera di pianificazione (a fronte di 21 reti nazionali sono 18 le reti locali in ogni regione), riducendo gli spazi degli altri operatori televisivi, significherebbe andare, oltre che contro la logica e gli interessi degli utenti, in contrasto con la legislazione nazionale ed europea;
in questo contesto si inserisce il tema dell'ordinamento automatico dei canali (lcn), una funzione fondamentale per la sintonia sul telecomando, in alternativa a quella manuale autonoma, sempre possibile;
per le tv locali, avere una numerazione adeguata e comunque certa nelle lcn (logical channel number) è ancora più importante rispetto alle televisioni nazionali,

rappresentando forse il vero valore di avviamento d'impresa, molto più della risorsa frequenziale;
nella fase di recepimento della direttiva comunitaria, detta tv senza frontiere, poi realizzato attraverso il decreto legislativo n. 44 del 2010, il Parlamento chiese al Governo pro tempore di introdurre una norma di sistema per rendere vincolante l'ordinamento automatico; il Governo pro tempore fu ben lieto di accogliere tale condizione, che demandava la regolamentazione puntuale all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale è intervenuta con tempestività ed efficacia attraverso la sua delibera n. 366/10/CONS che ha garantito all'emittenza locale un posizionamento importante - 10 numeri successivi ai primi 9 riservati alle tv nazionali ed analogiche e antecedenti ai 50 numeri riservati ai nuovi canali nazionali per poi proseguire con le numerazioni dal 70 in poi, e così in ogni seguente blocco di 100 - coerente con le posizioni consolidatesi negli anni. Oggi in tutte le regioni italiane 200 tv locali hanno o avranno un numero tra il 10 e il 19 sui telecomandi tale da garantire loro una pre-sintonia di notevole valore commerciale, mentre le altre hanno comunque un numero certo a partire dal 71 in poi;
la decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha individuato criteri oggettivi già disponibili per l'attribuzione ai diversi soggetti (le graduatorie Corecom basate su fatturati e occupazione) sono state giudizialmente contestate da alcuni soggetti, ma ad oggi il sistema sembra ancora tenere e anzi andrebbe forse consolidato, dando forza di legge alla delibera n. 366/10/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
in ogni caso si auspica che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il Ministero competente siano in grado di tutelare adeguatamente in giudizio, attraverso l'Avvocatura dello Stato, l'attuale ordinamento dei canali che, se sconvolto, rischia di gettare nel panico e nel caos soprattutto la sintonia delle emittenti locali rispetto a quella di una diffusione nazionale più consolidata e che, in ogni caso, verrebbe autonomamente risintonizzata dall'utenza; la riprova di ciò è la preoccupazione delle associazioni veramente rappresentative delle emittenti locali rispetto alle decisioni assunte in primo grado dal Tar del Lazio (oggi sospese), contro le quali si sono prontamente costituite in giudizio;
da ultimo, il percorso di generale razionalizzazione del comparto delle comunicazioni, tale da portare a una contiguità tra le bande in cui viene diffuso il segnale televisivo con quello dei servizi di comunicazione mobile conseguenti al rilascio dei canali da 61 a 69 oggetto della gara di ottobre 2011, comporta una serie di processi tecnico-operativi piuttosto complicati. Il Ministero dello sviluppo economico, con il passato Governo, stava iniziando ad affrontare il problema con studi e approfondimenti ed è auspicabile che tale problematica sia oggetto della dovuta attenzione anche da parte dell'attuale Esecutivo per individuare e far introdurre tutti gli accorgimenti tecnici necessari,


impegna il Governo:


ad affrontare con urgenza le problematiche dell'emittenza locale, coinvolgendo le associazioni rappresentative degli operatori del settore;
a mantenere il rispetto della normativa vigente sulla base di quanto previsto dal piano nazionale di ripartizione delle frequenze per un'adeguata riserva dei programmi irradiabili in favore dell'emittenza televisiva locale;
ad adottare gli opportuni interventi al fine di garantire un uso efficiente della risorsa radioelettrica;
a porre in essere ogni atto di competenza, anche in sede giudiziale, finalizzato a evitare conflitti di numerazione sul telecomando della tv digitale terrestre,

anche attraverso una legificazione della delibera n. 366/10/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di evitare l'interferenza dei segnali della telefonia mobile sugli attuali impianti di diffusione televisiva.
(1-00992) «Romani, Saglia, Baldelli».

TESTO RIFORMULATO

La Camera,
premesso che:
il 14 aprile 2011 si è tenuto a Berlino il vertice dei Ministri degli esteri; in quell'occasione è stato sottoscritto da parte di Polonia, Norvegia, Germania e Paesi Bassi un «non-paper sul rafforzamento della trasparenza e della fiducia in relazione alle armi nucleari tattiche in Europa» indirizzato al Segretario generale della Nato. Il documento ha ricevuto il sostegno di Belgio, Repubblica Ceca, Ungheria, Islanda, Lussemburgo e Slovenia. L'iniziativa era finalizzata evidentemente a stimolare un sistematico dialogo tra Nato e Federazione russa, con l'adozione di una serie di misure di trasparenza reciproca, in particolare tra Usa e Russia, che possano favorire una progressiva riduzione e una successiva definitiva eliminazione delle armi nucleari tattiche dal territorio europeo;
il 27 maggio 2011 al vertice del G8 di Deauville, in Francia è stata approvata la «Dichiarazione sulla non proliferazione e sul disarmo» con la quale si è riaffermato il sostegno incondizionato al Trattato di non proliferazione (Tnp) ed è stato rivolto un appello «a tutti gli Stati non ancora parti del trattato di non proliferazione (Tnp), della Convenzione sulle armi chimiche (Cwc) e della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche (Btwc) ad aderire senza indugio». Sempre allo stesso vertice si è poi focalizzata l'attenzione alla «costituzione in Medio Oriente di una zona libera dalle armi nucleari e dalle altre armi di distruzione di massa». Inoltre, al vertice si erano focalizzati i passaggi necessari alla preparazione della conferenza che si terrà nel 2012. È stato ribadito l'impegno per la «cessazione definitiva di tutti i test sulle armi nucleari, attraverso una rapida entrata in vigore del "Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty" (Ctbt) e una sua universalizzazione» e confermato il «sostegno per il lavoro svolto dal "Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization" (Ctbto)». Infine, è stato rivolto un invito a tutti gli Stati partecipanti alla Conferenza sul disarmo affinché avviino immediatamente negoziati internazionali per giungere alla conclusione di un trattato sulla messa al bando della produzione di materiale fissile;
nel dicembre 2011, la «Nuclear Threat initiative» ha pubblicato il rapporto «Reducing Nuclear Risks in Europe: A Framework for Action»; il rapporto è stato correlato da 10 obiettivi concreti (10 per il 2012) indicati dall'ex senatore americano Sam Nunn in vista del vertice Nato di maggio 2012 a Chicago;
pochi giorni fa, però, il Segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha reso noto che non si terrà il summit fra la Federazione russa e la Nato previsto per maggio 2012 a Chicago;

appare evidente che la decisione americana di proseguire il programma missilistico di difesa europeo ed anche le divergenze emerse tra Stati uniti e Russia durante la crisi mediorientale stiano influendo i rapporti tra le due superpotenze;
Rasmussen a riguardo ha dichiarato: «Ho personalmente discusso la questione con il neoeletto Presidente Putin, con il quale abbiamo convenuto che la data prevista per il summit di Chicago Nato-Russia risulta attualmente problematica, in quanto al momento il calendario politico russo è già fitto di impegni riguardanti la politica nazionale. Confermo, invece, che ci sarà il prossimo mese un incontro con il Ministro degli affari esteri russo, a dimostrazione che continuiamo a credere nel dialogo e in un'effettiva collaborazione. Cosa che proseguirà tanto prima quanto dopo il summit di Chicago, poiché il dialogo con la Russia continuerà anche nel futuro»;
da parte sua, il segretario stampa di Putin ha affermato che «al momento non sono in atto preparativi per il summit di Chicago». In effetti già nel 2011 Dmitrij Rogozin, l'allora ambasciatore russo presso la Nato, aveva rimarcato il problema relativo alla presenza di Putin al suddetto summit, facendo intendere che la partecipazione del Presidente al vertice era stata messa in dubbio dalla situazione d'impasse creatasi per via delle discussioni fra Russia e America sul sistema missilistico che va formandosi in Europa. La medesima posizione è stata, poi, ribadita da diversi altri diplomatici russi;
come detto, la crisi sulla questione del sistema missilistico va di pari passo con l'attiva opposizione di Mosca circa la politica della Nato in Medio Oriente, che riguarda sia le operazioni in Libia, sia il blocco sugli interventi nella questione siriana, che la differenza di principi per quanto riguarda l'approccio sul problema iraniano;
appare evidente che la strada del disarmo nucleare non può prescindere dai rapporti tra USA e Federazione russa e, quindi, tra la Nato e quest'ultima; solo perseguendo la strada del miglioramento di tali rapporti si può realisticamente pensare ad un progressivo quanto necessario disarmo nucleare su scala mondiale;
in questo quadro assume particolare importanza l'incontro di Pratica di Mare del 2002, che aprì la strada alla nascita del Consiglio Nato-Russia, che nel 2010 al vertice di Lisbona è stato celebrato da tutti i leader europei;
al summit Nato si incontreranno, quindi, delegazioni provenienti da diversi Paesi, ognuno dei quali con differenti posizioni per quanto riguarda i rapporti con la Russia e la questione della sicurezza internazionale. Prima di questo summit a Camp David si terrà un incontro con otto potenze internazionali;
al momento Washington e i suoi alleati, a quanto pare, hanno bisogno di tempo per valutare il corso del nuovo Governo russo, mentre Mosca è interessata a capire come reagirà l'Occidente alla sua nuova impostazione in politica estera,


impegna il Governo:


a svolgere un ruolo attivo a sostegno delle misure di disarmo e di non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali proprie e, in particolare, in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago;
a rilanciare lo spirito di Pratica di Mare, facilitando la collaborazione ed il dialogo tra Nato e Federazione russa, nell'ottica di un progressivo ed efficace programma di disarmo nucleare, a partire dal rilancio delle attività del Consiglio Nato-Russia (NRC);
a sostenere, nell'ambito della «Defence & Deterrence Posture Review» e in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago, l'opportunità di misure di trasparenza da parte della Nato in un quadro di reciprocità con la Federazione russa;

a sostenere, sempre nell'ambito della «Defence & Deterrence Posture Review» e in vista del prossimo vertice Nato di maggio 2012 a Chicago, l'assunzione di una «declaratory policy» della Nato che indichi come scopo fondamentale delle sue armi nucleari la deterrenza dell'uso di armi nucleari da parte di altri, in linea con le «declaratory policy» di Usa e Gran Bretagna, incoraggiando contestualmente la riduzione del ruolo degli arsenali tattici per la deterrenza nucleare;
a sostenere l'opportunità di ridurre ulteriormente il numero di armi nucleari tattiche in Europa, nella prospettiva della loro progressiva eliminazione, definendo i passaggi intermedi e la tempistica definitiva dell'implementazione di questo obiettivo in base agli sviluppi del più ampio contesto politico e di sicurezza nelle relazioni tra Nato e Federazione russa;
a contribuire nelle sedi internazionali proprie, in coerenza con gli obiettivi già indicati dal vertice G8 dell'Aquila, alla piena realizzazione degli impegni assunti a conclusione della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione del maggio 2010.
(1-00993) «Pianetta, Baldelli, Frattini».

La Camera,
premesso che:
l'emittenza televisiva locale è di fondamentale importanza in un sistema radiotelevisivo ispirato ai principi della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo informativo, sociale e culturale;
la capacità delle televisioni locali di operare come aziende di comunicazione, oltre che editoriali, ha portato all'ottimizzazione dello spettro radioelettrico dedicato alle trasmissioni televisive consentendo lo sviluppo di una rete di aziende produttrici di apparati di trasmissione che costituiscono, ancora oggi, un comparto fra i primi cinque al mondo;
il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha congelato l'attribuzione delle misure compensative finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro funzionali alla liberazione delle frequenze nella banda 790-862 megahertz e con tre differenti provvedimenti cautelari i giudici amministrativi hanno sospeso il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 23 gennaio 2012, che dava il via libera all'assegnazione dei canali 61-69 uhf acquistati dalle telco nell'asta lte (long term evolution) pubblica del settembre 2011;
le compensazioni di natura economica previste dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (175 milioni di euro per lasciare volontariamente i multiplex digitali occupati) sono insufficienti se commisurate al reale valore delle frequenze e ai relativi investimenti, non proporzionate agli incassi della gara (che ha fruttato allo Stato 3,9 miliardi di euro) e non prevedono alcuna defiscalizzazione degli indennizzi;
a tal proposito il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno Caparini n. 9/4612/154 contenente l'impegno a «definire un congruo compenso per la cessione delle risorse frequenziali»;
il ritardo nella pubblicazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei decreti di fissazione delle date relative agli switch-off 2012, oltre che nell'emanazione da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del piano di assegnazione delle frequenze per le regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia con conseguente differimento nell'emanazione dei bandi per l'assegnazione dei diritti di uso delle frequenze e per l'attribuzione delle numerazioni lcn (logical channel number) da parte del Ministero dello sviluppo economico, impedisce la transizione nelle sopra citate regioni nei tempi calendarizzati;
250 milioni di euro previsti dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993, da prelevare dalle risorse derivanti dal canone Rai, destinati alle emittenti locali nel 2008 sono stati ridotti a 152 milioni di euro, nel 2009 a 95 milioni di euro e nel 2010 a 66 milioni di euro. Sono riduzioni sistematiche e con effetto retroattivo che nel 2011 ammonteranno ai due terzi del dovuto;
la Camera dei deputati ha approvato l'ordine del giorno Caparini n. 9/5025/127 che ha impegnato il Governo a valutare l'opportunità di varare nei prossimi mesi norme a tutela delle tv locali quali: norme in favore del fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportando, così, la sua capienza a 150 milioni l'anno a partire già dal 2011 e ad

attuare una capienza di 270 milioni dal 2014 secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 422 del 1993; norme per consentire alle tv locali, già autorizzate nell'analogico, a continuare a diversificare parzialmente la programmazione per zone; norme per riequilibrare le percentuali di pubblicità degli enti pubblici da destinare ai vari mezzi di comunicazione (l'attuale normativa prevede che alle tv e radio locali vada solo il 15 per cento contro il 50 per cento della carta stampata) ed, infine, ad assegnare le numerazioni lcn nazionali e di genere (informazione, sport eccetera) a quelle tv locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali, in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti, abolendo il privilegio sinora assicurato alle sole tv nazionali di ottenere numeri favoriti sul telecomando;
il rigetto dell'istanza di riesame, presentata alla direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico da Aeranti-Corallo e dalla associazione tv locali Frt, relative alle risposte rese ai quesiti n. 35 e 113 (contraddittorie rispetto alle risposte rese con riferimento ai quesiti 36 e 111) ha contribuito alla già notevole incertezza regolamentare dell'attuale quadro giuridico, in quanto, secondo il Ministero dello sviluppo economico, in base alle risposte ai quesiti 35 e 113, chi rilascia volontariamente una frequenza ponendo contemporaneamente in essere un accordo di carattere societario con altro soggetto al fine di condividere lo stesso multiplex, conserva la qualificazione giuridica di operatore di rete, mentre, al contrario, nelle risposte ai quesiti 35 e 113, il medesimo Ministero ha affermato che il soggetto partecipante al volontario rilascio che diffonde il proprio marchio/palinsesto ex analogico attraverso un operatore di rete di una società controllante, controllata o collegata, perde la qualificazione giuridica di operatore di rete (in base alla quale è, peraltro, possibile accedere ai contributi di cui alla legge n. 448 del 1998);
l'articolo 32 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come modificato dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, al comma 2, prevede che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, al fine di assicurare condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, adotti un apposito piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, in chiaro e a pagamento, e stabilisca con proprio regolamento le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre, anche nel rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti, con particolare riferimento ai canali generalisti nazionali e alle emittenti locali;
sulla base del decreto del Ministro delle comunicazioni, assunto di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 5 novembre 2004, n. 292, «Regolamento recante nuove norme per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modifiche e integrazioni», i contributi erogati alle emittenti televisive locali sono annualmente assegnati nella misura di un quinto in parti uguali a tutti i richiedenti che ne abbiano titolo e per i restanti quattro quinti sulla base delle graduatorie regionali, al primo 37 per cento dei collocati in graduatoria, arrotondato all'unità superiore;
la sopra citata graduatoria viene, allo stato, stilata sulla base di una particolare formula di calcolo che considera due elementi di valutazione meramente quantitativi: la media dei fatturati realizzati nel triennio precedente e il personale dipendente applicato all'attività televisiva. Criteri che escludono ogni forma di analisi qualitativa del servizio effettivamente erogato;
sembra opportuno modificare il meccanismo di calcolo con cui oggi vengono distribuiti i finanziamenti pubblici alle televisioni locali introducendo una maggiore progressività di erogazione e una

maggiore attenzione all'aspetto qualitativo, considerando la natura e le finalità dei contenuti;
l'articolo 490 del codice di procedura civile prevede, per la pubblicità delle aste giudiziarie, solo la carta stampata e internet: tale previsione sembra incompleta, tralasciando il mezzo televisivo, che ha invece un livello di diffusione molto più elevato. L'inclusione del mezzo televisivo potrebbe far crescere e aumentare le offerte per le aste giudiziarie, dando loro maggiore trasparenza, oltre ad assicurare entrate per le tv locali e, indirettamente, benefici a tutto il sistema delle pubbliche e medie imprese;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 8, del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, può irrogare sanzioni per violazioni dei regolamenti di attuazione delle norme in materia di diritto di cronaca, da un minimo edittale di circa 10.300 euro ad un massimo di circa 258.000 euro senza che sia fatta alcuna distinzione tra l'ambito locale o nazionale di esercizio dell'attività radiotelevisiva da parte del soggetto che ha commesso la violazione accertata. Si tratta di un'equiparazione che evidentemente non tiene conto del ridotto bacino di utenza delle tv locali, che comporta nei fatti una minore incisività della violazione, oltre che delle minori capacità economiche delle stesse;
la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'emissione dei provvedimenti sanzionatori nei confronti delle televisioni locali, applica il principio del cumulo materiale delle violazioni riscontrate, anziché quello del cumulo giuridico, con l'effetto di determinare, all'esito di un controllo periodico, le sanzioni stesse attraverso la moltiplicazione dell'importo edittalmente previsto per le singole violazioni per il numero delle stesse, anche in caso di un unico controllo e di un'unica contestazione;
il Governo ha accolto l'ordine del giorno Comaroli n. 9/4940-A/60, che ha impegnato il Governo a valutare l'opportunità di ridurre il trattamento sanzionatorio nei confronti dell'emittenza locale, al fine di ripristinare la condizione di parità di trattamento tra le sanzioni applicabili nei confronti delle emittenti radiotelevisive operanti in ambito locale e quelle nazionali;
l'attuale normativa impone limiti e restrizioni alla crescita del settore quali: la limitazione a due canali per ogni multiplex affittabili ai fornitori di contenuti nazionali, il contenimento in 12 ore la durata delle trasmissioni in contemporanea tra emittenti e i requisiti minimi di capitale sociale (6,2 milioni di euro) e dipendenti (20) per il rilascio dell'autorizzazione di fornitore di servizi di media audiovisivi nazionali;
partendo da una migliore utilizzazione delle frequenze televisive assegnate e da un quadro normativo stabile, gli operatori di rete potrebbero costituire un'importante risorsa per le centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che, per la loro competitività, sono bisognose di accesso alla banda larga;
l'ordine del giorno Caparini 9/4086/15 che impegnava il Governo pro tempore a «valutare l'opportunità di intervenire tempestivamente, con gli appositi strumenti normativi, affinché il Ministero dello sviluppo economico nella definizione delle prescrizioni per i titolari dei diritti d'uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi l'operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale in ambito locale possa concedere capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media, ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, ai fornitori di contenuti audiovisivi e di dati ed ai fornitori di servizi media radiofonici autorizzati in ambito nazionale» è stato accolto dal Governo pro tempore;
una nuova asta di assegnazione di ulteriori frequenze, da realizzarsi nel prossimo triennio, dovrà essere orientata

alla neutralità tecnologica, così come previsto dalla direttiva europea, in modo da riscuotere interessi anche di nuovi soggetti oltre a quelli già scontati degli operatori di telecomunicazioni mobili,


impegna il Governo:


ad intervenire per sostenere l'emittenza locale, reintegrando di almeno 150 milioni di euro le risorse previste per l'anno appena concluso e per quello in corso, creando le condizioni affinché, a partire dall'anno 2014, le risorse a disposizione del comparto raggiungano i 270 milioni di euro previsti dall'articolo 10 del decreto legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993 (poi reso operativo dalla legge n. 488 del 1998);
ad assumere iniziative normative per innalzare a 400 milioni di euro il capitolo di spesa per delle compensazioni di natura economica previste dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, per le emittenti televisive locali che hanno ceduto le proprie frequenze a favore degli operatori dei servizi mobili in banda larga che hanno partecipato all'asta lte;
a prevedere misure di defiscalizzazione delle compensazioni di natura economica previste dal comma 9 dell'articolo della legge 13 dicembre 2010, n. 220, affinché la plusvalenza derivante dall'incasso della misura economica non concorra alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette in quanto esente;
ad adottare le iniziative di competenza affinché si assegnino le numerazioni lcn nazionali e di genere alle emittenti locali che rispondono agli stessi requisiti delle reti nazionali in termini di copertura, patrimonio netto e numero di dipendenti;
a chiarire che un operatore di rete che rilascia volontariamente una frequenza, ponendo contemporaneamente in essere un accordo di carattere societario con altro soggetto al fine di condividere lo stesso multiplex, conserva la qualificazione giuridica;
ad assumere le iniziative di competenza per aumentare da 2 a 4 i canali per ogni multiplex per cui è possibile la cessione della banda a fornitori di contenuti nazionali;
ad assumere le iniziative normative per innalzare da 12 a 18 ore il limite di interconnessione tra emittenti locali;
ad assumere le iniziative di competenza, anche normative, affinché possano essere modificati i requisiti per accedere alla licenza di fornitore di servizi media audiovisivi nazionale, riducendo da 6,2 a 2 milioni di euro il capitale sociale minimo e da 20 a 10 i dipendenti richiesti;
a rispettare quanto previsto dall'articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2008, come modificato dal decreto dello stesso Ministro in data 19 novembre 2010 e dall'articolo 10, comma 4, della deliberazione n. 366/10/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che prevede l'attribuzione della numerazione lcn almeno 15 giorni prima dello switch-off di ogni area tecnica;
a riservare un adeguato ruolo agli operatori di rete in ambito locale quali aziende di telecomunicazione in ambito televisivo per i nuovi servizi in banda larga, nell'ambito delle frequenze a loro assegnate, improntati sulla neutralità tecnologica, al fine di ottimizzare l'utilizzo dello spettro elettromagnetico;
ad intervenire con le apposite iniziative normative affinché le sanzioni irrogate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi dell'articolo 5, comma 8, del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, siano ridotte di un decimo per le emittenti locali, in ragione del minore bacino di utenza e della minore capacità economica;
ad intervenire con le apposite iniziative normative affinché le sanzioni irrogate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in caso di un unico controllo e di un'unica contestazione alle tv locali

vengano determinate con l'applicazione del principio del cumulo giuridico e non del cumulo materiale;
ad assumere le iniziative di competenza dirette a riequilibrare l'accesso alla pubblicità degli enti pubblici tra i diversi media e le emittenti locali;
ad assumere le iniziative di competenza per modificare il meccanismo di calcolo per la ripartizione dei finanziamenti pubblici alle televisioni locali introducendo una migliore progressività di erogazione con particolare attenzione all'aspetto qualitativo del segnale televisivo quanto alla natura e finalità dei contenuti;
a prevedere la possibilità per l'emittenza locale di pubblicizzare le vendite e le aste giudiziarie, come previsto dall'articolo 490 del codice di procedura civile.
(1-00994)
«Caparini, Fava, Crosio, Comaroli, Negro, Munerato, Rainieri, Lanzarin, Fugatti, Fedriga, Stucchi, Volpi, Pini, Consiglio, Bitonci».

La Camera,
premesso che:
la legge 6 agosto 1990, n. 223, «Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato», comunemente conosciuta come «legge Mammì», che ha disciplinato in modo definitivo il sistema radiotelevisivo pubblico e privato, nel prevedere due distinte discipline specifiche, la prima dedicata alla radiodiffusione privata e la seconda relativa alla società concessionaria del servizio pubblico, detta principi fondamentali secondo i quali la diffusione di programmi radiotelevisivi ha carattere di preminente interesse generale ed il pluralismo, l'obbiettività, la completezza, l'imparzialità dell'informazione e l'apertura alle diverse opinioni socioculturali, politiche e religiose, nel pieno rispetto dei principi costituzionali, devono rappresentare gli scopi principali e fondamentali del sistema radiotelevisivo;
con la sentenza n. 102 del 1990, la Corte costituzionale ha stabilito che per l'esercizio di impianti radiotelevisivi, che comporta l'utilizzazione di un bene comune, l'etere, naturalmente limitato, si rende necessario un provvedimento di assegnazione della banda di frequenza;
il piano nazionale delle frequenze proposto dal Ministro dello sviluppo economico regola la ripartizione delle frequenze utilizzabili dai vari servizi di telecomunicazione e, dopo aver suddiviso il territorio nazionale in «bacini di utenza», tenendo conto dell'entità numerica della popolazione servita, delle condizioni geografiche, urbanistiche, socioeconomiche e culturali, determina le zone di servizio in modo da consentire la ricezione dei programmi delle varie emittenti senza disturbi;
a partire dal 2004, con la cosiddetta legge Gasparri, che ha, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, sostanzialmente legalizzato e rafforzato il duopolio Rai-Mediaset, rendendo impossibile l'ingresso di altri operatori sul mercato dell'emittenza televisiva e nel mercato pubblicitario, la legislazione ha, di fatto, marginalizzato il ruolo e la funzione delle emittenti televisive locali, realtà diffusa su tutto il territorio nazionale e presidio del pluralismo informativo;
l'articolo 8, comma 2, del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, riserva comunque all'emittenza locale un terzo della capacità trasmissiva stabilita dal piano di assegnazione delle frequenze;
il 28 giugno 2011 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera n. 300/10/CONS, al fine di consentire la progressiva digitalizzazione del territorio nazionale, secondo il calendario nazionale di switch-off, ha dettato i criteri generali per la definizione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale, prevedendo 25 reti nazionali e non tenendo conto della riserva di un terzo delle frequenze per le emittenti locali;

in data 28 luglio 2011, le commissioni tecniche regionali sull'emittenza radiotelevisiva hanno approvato un documento nel quale si evidenzia che nella suddetta delibera n. 300/10/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, relativa al piano di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale, nel prevedere la realizzazione di 25 reti nazionali, non è stato rispettato il vincolo della riserva di un terzo dei canali irradiabili previsto dalla legge n. 249 del 1997, lasciando le emittenti locali in una situazione di assoluta incertezza riguardo alle possibili interferenze ed all'effettivo utilizzo delle frequenze stesse. Nello stesso documento si sollecitano il Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a rivedere l'assegnazione delle frequenze;
il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, ha poi inferto un ulteriore colpo al pluralismo informativo, sottraendo numerose frequenze attualmente a disposizione delle emittenti locali per destinarle alle compagnie telefoniche e lasciando invariato il numero di frequenze occupate da Rai e Mediaset;
infatti, a seguito dell'applicazione dell'articolo 4 del suddetto decreto-legge, che ha disposto la riduzione delle risorse frequenziali ad esclusivo discapito delle emittenze locali e, per converso, a vantaggio delle multinazionali telefoniche, dislocando le frequenze da 790 a 862 MHz (canali UHF 61-69) a favore della telefonia mobile di quarta generazione (LTE), la cosidetta banda larga mobile, si assisterà alla prevedibile conseguenza di generare forti interferenze nelle centraline di ricezione dell'utenza e un sensibile aumento dei campi elettromagnetici nei centri abitati;
la potenza di trasmissione diffusa dalle stazioni di telecomunicazioni di Tim, Vodafone, 3 Italia e della stessa Wind potrebbe avere un effetto di saturazione dei filtri delle antenne televisive riceventi situate nelle vicinanze e potrebbe provocare l'oscuramento o il disturbo dei canali tv e migliaia di famiglie potrebbero essere costrette a fare interventi per riposizionare l'impianto di ricezione e per applicare filtri che evitino le interferenze del potentissimo segnale LTE. Il costo peserà, dunque, sull'utente finale;
inoltre, il suddetto «esproprio» delle frequenze ai danni esclusivamente delle emittenze locali verrà compensato mediante la corresponsione di indennizzi, peraltro inadeguati rispetto agli investimenti da queste affrontati, a carico dello Stato;
in molte regioni, poi, la pessima gestione della numerazione automatica dei canali ha provocato altri gravi danni alle tv locali, a causa dell'assegnazione tardiva delle posizioni sul telecomando avvenuta a distanza di oltre un anno dal passaggio alla tecnologia digitale e del mancato rispetto delle preferenze degli utenti. Ciò ha causato un crollo degli indici d'ascolto delle stesse emittenti, non più facilmente visibili come lo erano con il sistema analogico, con conseguente perdita del loro valore di avviamento;
i suddetti provvedimenti, riducendo l'offerta televisiva, rappresentano una violazione del pluralismo dell'informazione e penalizzano quelle imprese della comunicazione che fanno del proprio radicamento sul territorio un elemento qualificante;
i problemi dell'emittenza locale non possono essere affrontati come una semplice crisi di settore che investe alcune aziende. La sopravvivenza delle emittenti locali nel passaggio dal sistema analogico al sistema digitale terrestre rappresenta, oltre che un'esigenza fondamentale nei confronti degli utenti, anche un'espressione del valore costituzionale del diritto al pluralismo informativo (articolo 21 della Costituzione);
in data 8 luglio 2011, il Ministero dello sviluppo economico ha indetto una procedura selettiva in modalità beauty contest per l'assegnazione di diritti d'uso

di sei frequenze in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione in digitale terrestre, procedura ancora in corso;
le procedure di aggiudicazione in modalità beauty contest si caratterizzano per essere aperte solo a quegli operatori interessati che rispettino le caratteristiche individuate dall'ente aggiudicatore, con conseguente restrizione sotto il profilo concorrenziale e senza che sia garantita l'effettiva competitività;
l'assegnazione delle dette frequenze avverrebbe sostanzialmente a titolo gratuito ed esclusivamente a favore di operatori nazionali,


impegna il Governo:


a promuovere azioni per favorire il pluralismo informativo tutelando le emittenti locali;
ad impegnarsi affinché venga garantito il rispetto della riserva all'emittenza locale di un terzo della capacità trasmissiva stabilita dal piano di assegnazione delle frequenze;
a tutelare, nel processo di digitalizzazione, le emittenti locali dal rischio di perdere le proprie frequenze televisive e comunque ad assumere iniziative normative per defiscalizzare gli indennizzi per il rilascio dei canali da parte delle stesse;
a garantire che la numerazione dei canali digitali sul territorio regionale avvenga in ossequio alle vigenti disposizioni di legge, ovvero secondo le preferenze degli utenti;
a revocare o rivedere la procedura di assegnazione delle frequenze attraverso il beauty contest e di procedere verso la «procedura aperta», stabilendo le condizioni economiche di assegnazione delle suddette frequenze tramite asta pubblica, nel rispetto del principio del libero mercato.
(1-00995)
«Oliveri, Lo Monte, Lombardo, Commercio, Brugger».

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi nella Repubblica di Ucraina sono state intentate diverse azioni penali a carico di esponenti del precedente Governo, ai sensi degli articoli 364 (abuso d'ufficio) e 365 (abuso di pubblici poteri) del codice penale ucraino;
tali azioni giudiziarie sono state rivolte in particolare contro diversi esponenti governativi, tra i quali l'ex Ministro dell'interno, onorevole Juriy Lutsenko, l'ex Ministro della difesa ad interim, onorevole Valeriy Ivashchenko, l'ex primo viceministro della giustizia Yevhen Komiychuk e l'ex Primo Ministro, onorevole Yulia Tymoshenko, oggi tutti incarcerati;
il campo di applicazione degli articoli 364 e 365 del codice penale ucraino è oggettivamente troppo vasto e permette una penalizzazione retroattiva del normale processo di decisione politica come successo nel caso dell'ex Primo Ministro dell'Ucraina onorevole Yulia Tymoshenko colpevole, a giudizio del tribunale che l'ha giudicata, di avere concluso un accordo sulle forniture di gas ucraino economicamente svantaggiose per il proprio Paese;
i procedimenti penali di cui sopra sono stati criticati da diversi organismi internazionali a partire dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa che ha adottato il 26 gennaio 2012 la risoluzione n. 1862 del 2012 sul «Funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina», con la quale ha criticato le manchevolezze del procedimento frutto di lacune sistemiche del sistema giudiziario ucraino;
la medesima risoluzione ha poi criticato la «mancanza d'indipendenza della magistratura, l'eccessivo ricorso alla custodia cautelare e la durata della medesima, la disparità tra gli strumenti a disposizione dell'accusa e della difesa e gli argomenti giuridici non pertinenti addotti dai magistrati inquirenti e giudicanti nei documenti e nelle decisioni ufficiali»;

le condizioni di salute dell'ex Ministro dell'interno, onorevole Jurij Lutsenko, dell'ex Ministro della difesa ad interim, Valeriy Ivashchenko e dell'ex Primo Ministro onorevole Yulia Tymoshenko, tutti attualmente in stato di custodia cautelare, sono peggiorate notevolmente nelle ultime settimane e sono tutti bisognosi di cure mediche al di fuori del carcere;
le prossime elezioni politiche parlamentari in Ucraina, previste nel mese di ottobre del 2012, costituiranno un decisivo banco di prova per verificare l'adesione dell'Ucraina agli standard internazionali di rispetto dei diritti umani e la realizzazione di un processo elettorale trasparente, accessibile ed equo;
l'Unione europea continua a ritenere una propria priorità la prospettiva di una sempre maggiore integrazione dell'economia ucraina nello spazio economico europeo, come confermato dalle conclusioni del 15o vertice Ucraina-Unione europea, tenutosi a Kiev il 19 dicembre 2011;
tale integrazione sarà pero possibile solo di fronte ad una serie di riforme radicali nel settore giudiziario, dello stato di diritto, della difesa dei diritti umani fondamentali, degli standard democratici senza le quali non sarà possibile giungere all'accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea;
in occasione delle prossime elezioni parlamentari in Ucraina dell'ottobre 2012 vi sarà una significativa missione internazionale di monitoraggio elettorale alla quale il Parlamento italiano non farà venire meno il proprio sostegno,


impegna il Governo:


a compiere un passo formale nei confronti della Repubblica di Ucraina per richiedere l'immediato rilascio per ragioni umanitarie, alla luce del progressivo peggioramento delle loro condizioni di salute, dell'ex Primo Ministro onorevole Yulia Tymoshenko, dell'ex Ministro dell'interno Juriy Lutsenko e dell'ex Ministro della difesa ad interim onorevole Valeriy Ivashchenko;
a sollecitare le autorità ucraine affinché vengano consentite, senza precondizioni, visite in carcere agli esponenti del precedente Governo da parte di equipe mediche indipendenti, nonché delle delegazioni del Consiglio d'Europa, dell'Unione europea, dell'OSCE e dei Parlamenti nazionali che ne faranno richiesta;
a subordinare il parere favorevole del Governo italiano all'Accordo di associazione fra Ucraina e Unione europea alla realizzazione di sostanziali ed incisive riforme nel settore giudiziario, dello stato di diritto, della difesa dei diritti umani fondamentali, e del miglioramento degli standard democratici;
a sostenere la candidatura di Yulia Timoshenko a premio Nobel per la pace per il suo impegno profuso come leader della cosiddetta «rivoluzione arancione» per la transizione democratica dell'Ucraina e per la promozione del dialogo e della tolleranza fra le diverse componenti della società ucraina.
(1-00996) «Vernetti, Tempestini, Volontè, Menia, Brugger, Santori, Nucara, Adornato, Binetti, Bobba, Boccuzzi, Calgaro, Carella, Castagnetti, Codurelli, Colombo, Concia, Esposito, Farinone, Giulietti, Gnecchi, Losacco, Lusetti, Marini, Mosella, Oliverio, Pistelli, Servodio, Strizzolo, Touadi, Mantini, Razzi».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi nella Repubblica di Ucraina sono state intentate diverse azioni penali a carico di esponenti del precedente Governo, ai sensi degli articoli 364 (abuso d'ufficio) e 365 (abuso di pubblici poteri) del codice penale ucraino;
il 5 agosto 2011 il tribunale di Kiev, nel corso del processo che vedeva imputata Yulia Tymoshenko per aver stipulato un contratto per la fornitura di gas russo all'Ucraina senza aver avuto il preventivo consenso del Governo, ha ordinato l'arresto dell'ex Primo ministro ucraino;
l'arresto di Yulia Tymoshenko ha fatto seguito a quello del suo ex Ministro dell'interno Yuriy Lutsenko, detenuto in carcere da tre anni con la medesima accusa;
l'11 ottobre 2011 Yulia Tymoshenko è stata condannata a 7 anni di carcere;
attualmente, oltre all'ex Primo ministro e al suo Ministro dell'interno, in carcere si trovano anche: l'ex Ministro della difesa Ivashchenko e l'ex Primo Viceministro Korniychuk;
il campo di applicazione degli articoli 364 e 365 del codice penale ucraino è oggettivamente troppo vasto e permette una penalizzazione retroattiva del normale processo di decisione politica come successo nel caso dell'ex Primo Ministro dell'Ucraina onorevole Yulia Tymoshenko colpevole, a giudizio del tribunale che l'ha giudicata, di avere concluso un accordo sulle forniture di gas ucraino economicamente svantaggiose per il proprio Paese;
i procedimenti penali di cui sopra sono stati criticati da diversi organismi internazionali a partire dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa che ha adottato il 26 gennaio 2012 la risoluzione n. 1862 del 2012 sul «Funzionamento delle istituzioni democratiche in Ucraina», con la quale ha criticato le manchevolezze del procedimento frutto di lacune sistemiche del sistema giudiziario ucraino;
la medesima risoluzione ha poi criticato la «mancanza d'indipendenza della magistratura, l'eccessivo ricorso alla custodia cautelare e la durata della medesima, la disparità tra gli strumenti a disposizione dell'accusa e della difesa e gli argomenti giuridici non pertinenti addotti dai magistrati inquirenti e giudicanti nei documenti e nelle decisioni ufficiali»;
nelle ultime settimane le condizioni di salute dell'ex Ministro dell'interno, dell'ex Ministro della difesa e della stessa Yulia Tymoshenko sono particolarmente peggiorate, tanto che il 16 marzo 2012 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha intimato le autorità ucraine di fornirle le necessarie cure mediche. Una settimana dopo, però, Il Parlamento ucraino ha votato contro il ricovero della Tymoshenko in una clinica specializzata, ignorando così la richiesta avanzata dalla Corte di Strasburgo;
al momento da quanto si apprende sarebbero in corso trattative tra Ucraina e Germania per un possibile ricovero della Tymoshenko in una clinica tedesca;
l'onorevole Yulia Timoshenko è candidata a premio Nobel per la pace per il suo impegno profuso come leader della cosiddetta «rivoluzione arancione» per la transizione democratica dell'Ucraina e per la promozione del dialogo e della tolleranza fra le diverse componenti della società ucraina;
le prossime elezioni politiche parlamentari in Ucraina, previste nel mese di ottobre del 2012, costituiranno un decisivo banco di prova per verificare l'adesione dell'Ucraina agli standard internazionali di rispetto dei diritti umani e la realizzazione di un processo elettorale trasparente, accessibile ed equo;
in occasione di tali elezioni vi sarà una significativa missione internazionale di monitoraggio elettorale alla quale il Parlamento italiano non farà venire meno il proprio sostegno;
l'azione dell'Unione europea, e dei suoi leader politici, nei confronti dell'attuale Governo ucraino si inquadra nel percorso di una sempre maggiore integrazione dell'economia ucraina nello spazio economico europeo; scelta strategica questa confermata dal vertice Ucraina-Unione europea tenutosi a Kiev il 19 dicembre 2011;
tale integrazione sarà però possibile solo di fronte ad una serie di riforme radicali nel settore giudiziario, dello Stato di diritto, della difesa dei diritti umani fondamentali, degli standard democratici senza le quali non sarà possibile giungere all'accordo di associazione tra Ucraina e Unione europea;
il Governo italiano, in contatto coi principali partner europei, ha costantemente seguito la preoccupante situazione dello stato di diritto in Ucraina,


impegna il Governo:


a continuare a coordinarsi con i partner europei in vista di ulteriori passi formali nei confronti della Repubblica di Ucraina per richiedere il pieno rispetto dei diritti dell'ex Primo Ministro onorevole Yulia Tymoshenko, dell'ex Ministro dell'interno Juriy Lutsenko e dell'ex Ministro della difesa ad interim onorevole Valeriy Ivashchenko ad una adeguata assistenza medica e a tutte le garanzie di difesa legale, nonché la soluzione di tali casi anche attraverso il loro rilascio per ragioni umanitarie;
a sollecitare le autorità ucraine affinché vengano consentite, senza precondizioni, visite in carcere agli esponenti del precedente Governo da parte di equipe mediche indipendenti, nonché delle delegazioni del Consiglio d'Europa, dell'Unione europea, dell'OSCE e dei Parlamenti nazionali che ne faranno richiesta;
a subordinare il parere favorevole del Governo italiano alla firma dell'Accordo di associazione fra Ucraina e Unione europea alla realizzazione di sostanziali ed incisive riforme nel settore giudiziario, dello stato di diritto, della difesa dei diritti umani fondamentali, e del miglioramento degli standard democratici;
a non escludere a priori alcuna opzione che possa rivelarsi utile per conseguire l'obiettivo di ottenere un trattamento equo ed umano dell'ex Premier Timoshenko e degli altri esponenti in carcere, mantenendo una stretta consultazione con i partner europei, inclusa la eventualità di declinare inviti ufficiali a partecipare alle cerimonie celebrative dei prossimi europei di calcio che si svolgeranno in Ucraina.
(1-00996) (Nuova formulazione) «Vernetti, Tempestini, Calabria, Volontè, Evangelisti, Misiti, Menia, Brugger, Santori, Nucara, Moffa, Adornato, Binetti, Bobba, Boccuzzi, Calgaro, Carella, Castagnetti, Codurelli, Colombo, Concia, Esposito, Farinone, Giulietti, Gnecchi, Losacco, Lusetti, Mantini, Cesare Marini, Mosella, Oliverio, Pistelli, Razzi, Servodio, Strizzolo, Touadi, Mantini, Baldelli, Frattini, Pianetta, Biancofiore, Boniver, Formichella, Di Virgilio, Saltamartini, Barani, Donadi, Di Pietro, Borghesi, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova, Guzzanti, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
il gioco d'azzardo online - compresi i giochi d'azzardo e le scommesse su internet - è aumentato significativamente negli ultimi anni, sia in funzione delle opportunità offerte sia per quanto riguarda il tasso di utilizzo;
a causa del facile accesso, l'attrattiva dell'offerta e il marketing proattivo, il gioco d'azzardo online comporta un rischio di dipendenza di gran lunga maggiore rispetto a quanto avviene con i giochi d'azzardo convenzionali;
la dipendenza da gioco d'azzardo è spesso diffusa tra i gruppi vulnerabili (minori, persone a basso reddito, persone emarginate, e altro) o è associata ad altri problemi (abuso di sostanze psicoattive, debiti, abbandono dei figli, e altro);

in mancanza di un'azione multilivello, esiste il rischio che la dipendenza da gioco d'azzardo online cresca in proporzione all'aumento dell'utilizzo di internet;
l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato una risoluzione n. 1777 nel 2010;
l'Assemblea parlamentare si è detta estremamente preoccupata per le considerevoli conseguenze economiche e sociali della dipendenza da gioco d'azzardo, o gioco d'azzardo patologico;
infatti, le leggi nazionali ed europee sulla liberalizzazione dei mercati e sul sistema delle licenze contengono evidenti contraddizioni e lacune, lasciando troppo spazio ai siti di gioco d'azzardo illegale per operare e rendersi più attraenti ai giocatori;
tale problema è aggravato dal fatto che i giochi illegali aumentano i fattori di rischio per lo sviluppo di una dipendenza patologica da gioco d'azzardo;
l'Assemblea, dunque, spinge gli Stati membri del Consiglio d'Europa, a dare attuazione alle misure approvate nella risoluzione n. 1777 del 2010 che riguardano in particolare:
a)la creazione di un quadro di riferimento, a livello nazionale, per la liberalizzazione dei mercati del gioco d'azzardo online mediante rigorose leggi nazionali e l'istituzione di autorità di regolazione per monitorare l'attuazione di tali norme;
b) chiedere agli Stati membri facenti parte anche dell'Unione europea che la regolamentazione del gioco d'azzardo online sia chiarita e comunicata in modo chiaro e che le rispettive politiche nazionali siano accompagnate da una politica europea pertinente, anche allo scopo di proteggere i giocatori dai rischi della dipendenza e dalle pratiche criminali;
c)valutare la possibilità di destinare almeno una quota delle entrate fiscali provenienti dalla tassazione dei giochi online alle attività di interesse pubblico e in particolare alla lotta contro la dipendenza da gioco d'azzardo;
d) studiare in modo più approfondito il problema del gioco d'azzardo patologico e le sue conseguenze sociali, in particolare tra le persone più vulnerabili, e il suo rapporto con dipendenze associate, riconoscere il gioco d'azzardo online come un grave problema sociale e di salute pubblica e delineare politiche adeguate per affrontare il gioco d'azzardo patologico, comprese misure volte alla prevenzione, come la supervisione di pubblicità e di stimoli al gioco, programmi di educazione ai media per i giovani e misure a sostegno del giocatore d'azzardo;
e) sviluppare servizi per offrire cure e sostegno ai dipendenti da gioco d'azzardo, paragonabili a quelle già in vigore per il trattamento delle dipendenze da sostanze psicoattive;
f) promuovere un'offerta legale di gioco d'azzardo online che possa costituire una interessante alternativa alle offerte illegali, che comportano un maggior rischio di dipendenza;
g) invitare gli operatori del gioco d'azzardo a sviluppare siti di «gioco d'azzardo responsabile»;
h) attivare campagne nazionali di informazione sui pericoli del gioco d'azzardo online, cooperare a livello europeo e internazionale al fine di armonizzare gli approcci nei confronti degli operatori illegali di gioco d'azzardo ed imparare dalle migliori pratiche in questo campo;
i) come dichiarato dallo stesso Ministro dell'interno in risposta all'interrogazione n. 4-06541 del senatore Raffaele Lauro, la crescita esponenziale del fatturato economico, riconducibile al settore dei giochi e delle scommesse, ha amplificato gli interessi della criminalità organizzata per la gestione del circuito legale dei giochi e delle scommesse;
l) la crisi economica ha determinato la ricerca sempre più insistente di facili guadagni proprio attraverso il gioco, causando in tal modo il passaggio progressivo di fasce della popolazione dal benessere all'emarginazione sociale;
m) al riguardo, si segnala una massiccia campagna pubblicitaria delle società concessionarie dei giochi per attirare ed indurre al gioco i cittadini attraverso la promessa di vincite in grado di cambiare il tenore di vita e risolvere i problemi dei cittadini,


impegna il Governo:


a dare attuazione, attraverso le opportune iniziative normative, a quanto stabilito in sede di Consiglio d'Europa, al fine di contrastare una piaga sociale che sta diventando un fenomeno preoccupante e dilagante;

a valutare l'opportunità di prevedere l'introduzione del divieto di ogni forma di spot e pubblicità di tutti i giochi, le scommesse e le lotterie autorizzati dall'autorità pubblica.
(1-00997)
«Volontè, Galletti, Binetti, Calgaro, De Poli, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, Compagnon, Ciccanti, Naro, Delfino, Occhiuto, Tassone».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
il 14 luglio 2003 veniva siglato nella sede della Presidenza del Consiglio dei ministri, a palazzo Chigi, l'accordo di programma tra la regione Sardegna, il Governo e numerosi altri soggetti istituzionali, datoriali, sociali e privati per la qualificazione dei poli chimici della Sardegna;
l'accordo veniva sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero delle attività produttive, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla regione autonoma della Sardegna, Sviluppo Italia spa, Osservatorio nazionale per la chimica, Osservatorio regionale per chimica, provincia di Cagliari, provincia di Nuoro, provincia di Sassari, comune di Assemini, comune di Ottana, comune di Porto Torres, comune di Sarroch, comune di Uta, organizzazioni sindacali regionali CGIL, CISL, UIL, organizzazioni sindacali territoriali, CGIL, CISL, UIL, FULC Nazionale, FULC Regionale, FULC Territoriale, Confindustria regionale, Confindustria Cagliari, Confindustria Nuoro, Confindustria Sassari, Api Sarda, Federchimica, Unionchimica, Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Cagliari, Consorzio per lo sviluppo industriale della Sardegna centrale, Area di sviluppo industriale di Sassari-Porto Torres, Syndial, Polimeri Europa, EVC (European Vinyls Corporation), Montefibre, AES, DOW, SASOL (Italy), Fluorsid, Lorica, Mini Tow, Territorio e Impresa, Endesa;
nell'ambito dell'accordo, relativamente ai principali siti chimici di Assemini, Ottana e Porto Torres, si prendeva atto della presenza di vaste aree dismesse o sottoutilizzate, nonché dell'obsolescenza o assenza di molte infrastrutture primarie e di fenomeni di inquinamento che presupponevano l'avvio immediato di interventi di bonifica e riqualificazione in funzione delle previste politiche di reindustrializzazione e rinnovata promozione dei sistemi economici locali;
in data 22 gennaio 2002 veniva sottoscritto il protocollo per gli interventi di risanamento ambientale dei siti EniChem spa e Polimeri Europa srl sottoscritto dagli enti interessati, inerente alle procedure da adottare nel rispetto del decreto legislativo n. 22 del 1997 e del decreto ministeriale n. 471 del 1999 ed in conformità alla delibera di giunta regionale n. 34/22 del 10 ottobre 2001;
nell'ambito di tali accordi e protocolli si prevedeva di risanare e tutelare l'ambiente attraverso azioni di disinquinamento, bonifica e messa in sicurezza dei siti, di riduzione delle emissioni in atmosfera e di prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, non solo con riferimento a quelli previsti dai piani di caratterizzazione ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 di competenza delle imprese, ma anche a quelli esterni interessati da fenomeni di inquinamento specifico;
all'articolo 5 (Tutela dell'ambiente) dell'accordo del 14 luglio 2003 si prevedeva: «Le azioni a tutela dell'ambiente, funzionali alla attuazione degli interventi previsti dal presente Accordo, nel rispetto della vigente normativa regionale e nazionale, prevedono: lo smantellamento degli impianti dismessi e la messa in sicurezza e/o bonifica dei siti; l'individuazione dei piani di miglioramento sui temi dell'ambiente e della sicurezza»;

all'articolo 10 (impegni delle imprese) era previsto: «Le Imprese firmatarie dell'Accordo si impegnano a creare le condizioni per rafforzare le proprie attività industriali nel quadro dei rispettivi piani strategici. Su tali basi, il contributo per il consolidamento possibile e la riqualificazione dei siti, finalizzata a favorire i processi di valorizzazione delle filiere esistenti e reindustrializzazione, anche nell'ottica della valorizzazione dell'imprenditoria locale, si articola in misure e tipologie diverse in rapporto alla specifica situazione industriale propria di ciascuna azienda, con riferimento a: investimenti per il miglioramento della sicurezza, anche in funzione delle recenti normative in materia e/o di riduzione dell'impatto ambientale; investimenti per la bonifica e messa in sicurezza dei siti produttivi anche in funzione dei previsti piani di reindustrializzazione delle aree di crisi»;
l'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179, concernente disposizioni in materia ambientale, su indicazione della regione Sardegna, aveva precedentemente individuato il sito di interesse nazionale «Aree industriali di Porto Torres»;
il 7 febbraio 2003 (Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2003) è stato emanato il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con il quale è stato perimetrato il sito di interesse nazionale di «aree industriali di Porto Torres»;
il 22 settembre 2009 è stato stipulato a Roma l'accordo di programma tra la regione autonoma della Sardegna, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la provincia di Sassari, i comuni di Porto Torres e di Sassari per la definizione degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza e bonifica nel sito di interesse nazionale di «Porto Torres»;
la firma dell'accordo di programma segue il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 febbraio 2003 che ha perimetrato il sito di interesse nazionale di «Porto Torres»;
il sito di interesse nazionale (S.I.N.) «Aree industriali di Porto Torres» è situato nel comprensorio nord-occidentale della Sardegna, si sviluppa a ridosso del golfo dell'Asinara (area protetta), a ponente della città di Porto Torres e si estende sul territorio dei comuni di Porto Torres e Sassari, per una superficie complessiva di oltre 4.500 ettari;
l'area perimetrata si estende su oltre 1.800 ettari e comprende il Polo Petrolchimico (stabilimenti Syndial e discariche controllate e non interne agli stabilimenti medesimi quali l'area Minciaredda, la discarica «Cava Gessi», discariche industriali ed altre aree interessate dallo smaltimento di rifiuti, stabilimenti Ineos Vinyls-ex EVC, Sasol ed altri), il Polo Elettrico (centrale E.ON.-ex Endesa e impianti Terna), le aree del Consorzio ASI di Porto Torres;
l'area marina antistante il nucleo industriale, già definita dalla perimetrazione di cui al citato decreto ministeriale 7 febbraio 2003, comprende il porto industriale di Porto Torres e si estende tra la foce del Rio Mannu (confine orientale) e lo Stagno di Pilo (confine occidentale) per una superficie complessiva di circa 2.700 ettari;
nell'ambito della complessa situazione ambientale dell'area di Porto Torres risultano emblematici i dati relativi all'inquinamento riscontrato nella darsena del porto industriale di Porto Torres: il rapporto predisposto dalla direzione per la tutela del territorio e dall'Ispra allegato al verbale della conferenza di servizi rileva livelli di benzene 417 mila volte oltre i parametri consentiti dalla normativa, toluene 3.300 volte, etilbenzene 226 volte, e altre decine di sostanze cancerogene - tutte riconducibili comunque alle lavorazioni dello stabilimento chimico e dell'area industriale - ben al di sopra dei limiti consentiti;
il 5 settembre 2011 la provincia di Sassari attraverso un'ordinanza del settore ambiente intima alla Syndial di provvedere immediatamente alla messa in sicurezza di

emergenza, alla predisposizione del piano di caratterizzazione e alle conseguenti attività di bonifica dello specchio d'acqua nella darsena servizi del porto industriale di Porto Torres;
l'ordinanza della provincia di Sassari rileva una particolare recrudescenza del già grave fenomeno di inquinamento per la quale la capitaneria aveva chiesto all'Arpas di procedere alle verifiche del caso;
le indagini dell'Arpas avevano rilevato le anomalie di funzionamento del sistema di emungimento e barrieramento idraulico a causa delle quali le acque di falda contaminate, che circolano sotto l'area industriale, sono in diretta correlazione con lo stato di contaminazione dello specchio d'acqua antistante la darsena, constatando così un chiaro rapporto di causa-effetto fra lo stato di contaminazione a monte del sistema di barrieramento e quello della darsena;
il 10 novembre 2011 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare firma il decreto che autorizza l'avvio dei lavori previsti dal progetto operativo di bonifica e trattamento delle acque di falda. L'importo dell'intervento è stimato in circa 125 milioni di euro;
i lavori di bonifica e trattamento delle acque di falda, come previsto dal decreto, dovranno iniziare entro quattro mesi;
il cronoprogramma delle bonifiche che Syndial dovrà effettuare nei prossimi anni prevede, ad oggi, una spesa totale di circa 530 milioni di euro;
in data 15 novembre 2011 (cinque giorni dopo la firma del decreto del Ministro) la Syndial presenta ricorso avverso le ordinanze della provincia di Sassari relativamente alle bonifiche e all'urgente intervento di messa in sicurezza della darsena;
il comportamento della Syndial, società del gruppo ENI, risulta essere ad avviso dei firmatari del presente atto non solo dilatorio ma inaccettabile sia sul piano amministrativo politico e istituzionale considerato che la società del gruppo Eni non solo è responsabile del più imponente inquinamento della Sardegna ma con questo ulteriore ricorso reitera la strada perversa dei ricorsi per bloccare il ripristino di aree a terra e a mare dall'inquinamento che provocato negli anni;
nel ricorso presentato dalla Syndial per bloccare la bonifica della darsena di Porto Torres appare ai firmatari del presenta atto sussistere il rischio di sviare le responsabilità che appaiono evidenti rispetto all'inquinamento di benzene registrato nell'area;
il tentativo a giudizio dei firmatari del presente atto pretestuoso che l'Eni persegue attraverso il nuovo ricorso risulta essere inaccettabile in considerazione della gravissima crisi ambientale dell'intera area e del fatto che l'inquinamento registra ancora livelli insostenibili e inimmaginabili;
la richiesta di annullamento delle ordinanze emesse dalla provincia di Sassari rivolta dalla Syndial al TAR Sardegna appare ai firmatari del presente atto l'ennesima dimostrazione di un atteggiamento secondo l'interrogante dilatorio dell'ente che attraverso la Syndial continua a sfuggire alle responsabilità di una devastazione ambientale gravissima;
le misure di messa in sicurezza richieste per la darsena di Porto Torres sono una priorità assoluta e il ricorso dell'Eni che si oppone a tale intervento rappresenta un grave elemento che rischia di pregiudicare gli interventi di bonifica che ancora non sono stati avviati;
l'atteggiamento dilatorio dell'ENI relativo alle bonifiche, oltre a provocare ulteriori ritardi nelle procedure autorizzative per nuovi progetti industriali come la cosiddetta «chimica verde», potrebbe avere come fine ultimo quello di perseguire il progetto mai dismesso di realizzare sulla costa nord occidentale della Sardegna, nel sito industriale di Porto

Torres un «parco serbatoi» con una capacità di un milione e 650 mila metri cubi di combustibile;
nel golfo dell'Asinara a seguito di questo imponente parco serbatoi potrebbero transitare seicento petroliere all'anno, quadruplicando il traffico navale rispetto a quello legato al polo chimico;
l'impatto occupazione sarebbe di non più di quarantacinque posti di lavoro diretti;
l'intervento del quale non si conoscono le procedure autorizzative eventualmente avviate ricade in un'area di bonifica e ripristino ambientale dell'area industriale e dell'area marina antistante lo stabilimento industriale di Porto Torres;
l'area marina antistante il sito di Porto Torres presenta diversi gradi di compromissione in relazione alla vicinanza al porto industriale, alla città di Porto Torres ed alla foce del Rio Mannu;
il progetto per il colossale deposito, già presentato alle organizzazioni sindacali, costituirebbe di fatto una potenziale bomba ecologica essendo risaputi i pericoli legati alle sostanze depositabili e allo stesso transito di navi petroliere nello specchio acqueo già gravemente pregiudicato da sversamenti e inquinamenti connessi;
i codici di sicurezza adottati per analoghi serbatoi descrivono tali materiali come infiammabili, estremamente infiammabili, nocivi per inalazione, nocivi per ingestione, irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle, con pericolo di effetti irreversibili; essi possono provocare il cancro, sono altamente tossici per gli organismi acquatici, possono provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente, possono ridurre la fertilità e l'inalazione dei vapori può provocare sonnolenza e vertigini;
le organizzazioni sindacali esplicitano un «palese disimpegno produttivo dell'Eni sulla chimica» e dichiarano: «il deposito è un'operazione commerciale e non produttiva»,


impegna il Governo:


all'immediata convocazione di un vertice presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per richiamare la Syndial al rispetto degli impegni e degli obblighi in relazione alla bonifica dell'intera area e, in particolare, della darsena;
a disporre ogni iniziativa urgente di competenza per richiamare l'Eni alle proprie responsabilità alla luce del ricorso, ad avviso dei firmatari del presente atto gravissimo, che Syndial ha presentato al TAR Sardegna il 15 novembre 2011 contro i provvedimenti messi in atto da varie amministrazioni sull'inquinamento, in particolar modo della darsena di Porto Torres;
ad attivare un'apposita cabina di regia istituzionale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di monitorare le fasi di avvio e di messa in opera della bonifica dell'area industriale di Porto Torres;
a mettere in essere tutti gli atti necessari per promuovere la massima tutela ambientale e naturalistica dell'area marina relativa al parco dell'Asinara impedendo che la stessa diventi un crocevia insostenibile di navi petroliere o simili;
ad impedire qualsiasi ipotesi di realizzazione del progetto di un parco serbatoi di un milione e seicentomila metri cubi nell'area industriale di Porto Torres davanti all'area marina protetta;
a dichiarare la propria decisa contrarietà ad un'ipotesi che pregiudicherebbe in maniera ulteriore e irrimediabile lo sviluppo turistico del nord della Sardegna;
ad assumere, nell'ambito delle proprie competenze tutte le iniziative necessarie al fine di evitare che si possa perpetrare ai danni di quel territorio un ulteriore grave danno ambientale.
(7-00827)
«Pili, Porcu, Murgia, Vella, Iannarilli».