Allegato B
Seduta n. 615 del 2/4/2012
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GIUSTIZIA
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la scorsa settimana la Camera dei deputati ha ospitato Eugenia Timoshenko figlia dell'ex Primo Ministro dell'Ucraina Yulia Timoshenko, per sostenere la campagna per la sua liberazione e in quella occasione tutte le forze politiche hanno denunciato gli arresti arbitrari di esponenti del precedente Governo;
pochi giorni fa è stato arrestato a Frosinone, su richiesta della autorità giudiziaria ucraina e su mandato dell'Interpol, Arsen Avakov, già governatore di Kharkiv e personalità di spicco del partito «Patria», lo stesso dell'ex Primo Ministro Yulia Timoshenko;
appare evidente che la richiesta di arresto avanzata dalle autorità ucraine si iscrive, purtroppo, in un elenco che si fa via via più lungo, di arresti evidentemente di carattere politico, a cominciare da quello della stessa Yulia Timoshenko;
questi arresti, tutti di esponenti dei passati governi regionali e nazionali, sono basati sull'accusa di «abuso di potere» (articolo 365 del codice penale ucraino), e appaiono tutti ispirati dalla volontà del Governo dell'Ucraina di perseguire e condannare gli esponenti dei passati Governi;
le forze di polizia e le autorità italiane devono cooperare alla repressione dei fenomeni criminali, ma non certo alla persecuzione politica, realizzata in patria ed all'estero, perpetrata dalle attuali autorità ucraine, per mezzo di una magistratura tutt'altro che indipendente -:
se i Ministri interpellati non ritengano, per quanto sopra esposto, di negare l'estradizione di Arsen Avakov, valutando, la concessione dell'asilo politico, qualora Avakov ne facesse richiesta.
(2-01437)«Vernetti, Della Vedova».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha convertito il decreto-legge 138 del 2011, prevede la riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento di tribunali limitrofi;
l'articolo 1 delle predetta legge conferisce al Governo la delega per l'adozione
di decreti legislativi volti a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza;
il suesposto articolo indica i principi e criteri direttivi da seguire nella riorganizzazione degli uffici. Fra questi, alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 1, è previsto di ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero di abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane. La norma prevede la soppressione ovvero la riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b), sopra riportata;
l'esecuzione di questo provvedimento prevede la chiusura, fra l'altro, del tribunale di Bagheria. Bagheria è il comune più popoloso della provincia di Palermo, con i suoi quasi 56 mila abitanti è il dodicesimo centro più popoloso della Sicilia;
il tribunale di Bagheria opera come sezione distaccata del tribunale di Palermo, con una competenza territoriale sul comprensorio costituito dalla città di Bagheria e dal comune di Ficarazzi;
la presenza di questo uffici giudiziario sul territorio costituisce un fattore stabilizzante della comunità e degli interessi economici, sociali e politici che si contrappongono a quelli della criminalità organizzata, come noto molto presenti nella zona;
la presenza del tribunale, in questo contesto, non risponde solo alla funzione di amministrazione della giustizia ma rappresenta un segno tangibile della presenza dello Stato, efficace rassicurazione alla domanda di legalità e tutela della società civile, destinata a operare in un ambito certamente complesso e sensibile alle attività illecite e pertanto maggiormente meritevole di salvaguardia;
l'importanza dell'istituzione che maggiormente richiama al concetto di legalità non può dunque esser ignorata a causa del, pur necessario, riordino dei conti pubblici;
come sopra ricordato, la legge 148 del 2011, nell'indicare i criteri che dovranno presiedere alla formulazione dei decreti legislativi di riordino dei tribunali, con la norma posta dall'articolo 1, comma 2, lettera b), richiama «la specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata»;
la necessità di mantenere attivo questo presidio non può dunque essere valutata solo in relazione al mero dato numerico, ovvero al ridotto carico di lavoro - derivante peraltro dalla particolare efficienza della struttura - ma deve tenere conto della persistente attuazione del vincolo sociale e della conseguente presenza dello Stato;
l'eventuale soppressione del tribunale di Bagheria ed il conseguente spostamento del carico di lavoro sul tribunale di Palermo allungherebbe, peraltro, i tempi della giustizia, in zone in cui l'esigenza di certezza del diritto è più sentita e invocata. A ciò si aggiunga il carico derivante al tribunale di Palermo dalla contemporanea attribuzione dei territori di altre sezioni distaccate, delle quali è pure prevista la soppressione;
la comunità di Bagheria, tutte le realtà commerciali, professionali e politiche, sono interpreti della necessità di lasciare il presidio del tribunale nella città di Bagheria, il cui mantenimento costituirebbe anche un segnale di protezione dello Stato;
la profilata soppressione del tribunale di Bagheria trova anche il suo antecedente nella redistribuzione del territorio che è stata operata anni fa, allorquando si è frazionato il precedente comprensorio della pretura di Bagheria con l'accorpamento dei territori, a partire dal comune di Sante Flavia, al tribunale di Termini Imerese. Con questo provvedimento si è determinata la riduzione del comprensorio facente capo al tribunale di Bagheria, come detto ora limitato ai due comuni di Bagheria e Ficarazzi. In questo pregresso mutamento della circoscrizione si è, fra l'altro, prodotta anche un'incongruenza di sistema, dato che il territorio di Santa Flavia, posto in continuità con quello del comune di Bagheria, è stato attratto nell'ambito del tribunale di Termini Imerese;
la possibilità di procedere all'attribuzione di porzioni di territorio in sede di ridefinizione delle circoscrizioni è prevista nel medesimo articolo 1, comma 2, lettera b), della più volte citata legge 148 del 2011, ove si prevede di ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei -:
quale sia l'orientamento del Governo sulla riorganizzazione degli uffici giudiziari in zone ad alta concentrazione criminale come quella citata;
se non ritenga, al fine di mantenere aperto il presidio di giustizia, di poter mutare la circoscrizione accorpando al tribunale di Bagheria i comuni limitrofi nella fascia compresa tra Termini Imerese e Bagheria, trasformando così il Tribunale di Bagheria in sezione distaccata di Termini Imerese, con la competenza sui territori dei comuni di Santa Flavia, Misilmeri, Casteldaccia, Altavilla e Baucina;
se possa considerare, in subordine alla soluzione prospettata sopra, la possibilità di attribuire gli affari relativi al territorio del comune di Bagheria al tribunale di Termini Imerese, che potrebbe rispondere con maggiore celerità, rispetto al Tribunale di Palermo, alle esigenze di giustizia dei cittadini.
(2-01438)
«Giammanco, Germanà, Antonino Foti, Torrisi, Formichella, Bellotti, Frassinetti, Mariarosaria Rossi, De Nichilo Rizzoli, Garagnani, Lunardi, Catanoso, Girlanda, De Luca, De Camillis, Repetti, Biancofiore, Bergamini, Vella, Nizzi, Biasotti, Minardo, Murgia, Ghiglia, Tommaso Foti, Di Cagno Abbrescia, Tortoli, Barani, Vignali, Gottardo, Marinello, Cannella, Ravetto, Gioacchino Alfano, Vincenzo Antonio Fontana, Pelino».
Interrogazioni a risposta scritta:
ALESSANDRI e D'AMICO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa risalenti al 23 marzo 2012 hanno riportato la vicenda di due fratelli nati a Sassuolo (Modena), ma di origine bosniaca e privi della cittadinanza italiana, senza permesso di soggiorno, con diversi precedenti penali, che essendo stati reclusi al Centro di identificazione ed espulsione in quanto sottoposti ad un procedimento di espulsione da parte del prefetto di Modena, sono poi stati liberati tramite la pronuncia del giudice di pace che ha annullato i provvedimenti restrittivi in ragione del fatto che i due fratelli erano nati in Italia;
in effetti, con tale decisione, il giudice avrebbe surrettiziamente aperto la strada all'applicazione in Italia del principio dello ius soli, ossia del diritto di cittadinanza che si acquisisce per il solo fatto di essere nati sul suolo nazionale, a prescindere dalla nazionalità dei genitori e del loro stato giuridico;
contestualmente a questo caso, se ne è verificato uno analogo a Milano, ma dagli esiti totalmente opposti. In tali circostanze il giudice di pace di Milano si è pronunciato su un caso analogo a quello
accaduto a Modena e riguardante un giovane rom, nato in Italia, ma senza cittadinanza italiana, stabilendo che l'interessato dovesse essere trattenuto nel Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli;
dal caso accaduto a Modena è scaturito un acceso, e a parere dell'interrogante strumentale, dibattito sul tema dell'introduzione nel nostro ordinamento del diritto del suolo e della riforma della legge in materia di concessione della cittadinanza agli stranieri anticipando esiti su cui il Parlamento non ha ancora deciso nel merito e dando per scontato che la cittadinanza italiana si acquisisca per il fatto di essere nati sul territorio dello Stato -:
se alla luce dei fatti riportati in premessa non ritenga necessario attivarsi per fare chiarezza sulla corretta interpretazione e la conseguente applicazione della legge «Bossi-Fini»;
se non intenda assumere iniziative in relazione alla vicenda accaduta a Modena al fine di impedire che la sentenza del giudice di pace di Modena possa rappresentare un pericoloso precedente giurisprudenziale in grado di rendere scontata la vigenza in Italia dello ius soli, allo scopo anche impugnando la predetta sentenza.
(4-15557)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo scorso le segreterie territoriali di Messina del Sappe, UIL, CISL e CGIL, hanno diffuso un comunicato stampa nel quale annunciano «lo stato di agitazione per l'esasperante situazione che vive ormai da anni il personale della casa circondariale di Messina a causa della notevole carenza di personale che secondo le stime, in funzione della pianta organica fissata con decreto nel 2001, è di 77 unità. Unità mai integrate e che, comunque, non sarebbero più sufficienti a causa dell'evoluzioni del sistema penitenziario messinese negli ultimi dieci anni!»;
secondo le organizzazioni sindacali sopra menzionate, il disagio si sarebbe ulteriormente aggravato a causa dell'aumento della popolazione penitenziaria e dell'apertura del «repartino per detenuti» recentemente messo a disposizione dall'ospedale Papardo, senza che fosse adeguato di almeno 20 unità il personale penitenziario che deve gestirlo dal punto di vista della sorveglianza dei detenuti ricoverati;
tra i disagi sopportati dalla Polizia penitenziaria le organizzazioni sindacali annoverano inoltre:
a) la mancanza di personale femminile nella sezione delle donne, che comporta la presenza di agenti maschi persino per il piantonamento delle detenute;
b) l'aumento esponenziale dei piantonamenti di detenuti a rischio suicidio;
c) posti di servizio sguarniti o sotto la responsabilità di una sola unità;
d) continui provvedimenti disciplinari nei confronti di agenti «rei di non aver adempiuto in modo puntuale ai propri compiti»;
la prima firmataria del presente atto aveva già denunciato la forte carenza dell'organico di polizia penitenziaria nel carcere Gazzi di Messina in due interrogazioni presentate a seguito di visite ispettive (4/08158 e 5/04582) -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se si intenda aumentare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Messina Gazzi;
se non siano riscontrabili comportamenti perlomeno discutibili dell'amministrazione penitenziaria che costringe di
fatto il personale a violare le norme dell'ordinamento laddove prescrive che a contatto con le detenute debbano esservi solo agenti donne, in special modo per i piantonamenti.
(4-15572)