Allegato B
Seduta n. 612 del 27/3/2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

CERA e CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, finalizzato al riordino della organizzazione delle amministrazioni centrali dello Stato, attuativo della delega di cui dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59, sono state istituite le agenzie fiscali, tra cui l'Agenzia delle entrate;
l'articolo 66 decreto legislativo n. 300 del 1999 ha previsto che le agenzie fiscali sono regolate dal predetto decreto legislativo e dai rispettivi statuti e che l'articolazione degli uffici è stabilita con disposizioni interne che si conformano a criteri di economia ed efficienza;
ai sensi dell'articolo 97, comma 3, della Costituzione «Agli impieghi nelle Pubbliche si accede per pubblico concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge» e ai sensi dell'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 «L'accesso alla qualifica di dirigente nelle Amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole Amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola Superiore della pubblica Amministrazione»;
l'Agenzia delle entrate, in data 30 novembre 2000, ha emanato il proprio Regolamento di amministrazione, in forza del quale, all'articolo 12 rubricato: «Accesso alla dirigenza» è così stabilito: «L'accesso al ruolo di dirigente dell'Agenzia avviene, per i posti vacanti e disponibili, con procedure selettive pubbliche sia dall'esterno che dall'interno nel rispetto dei principi di cui all'articolo 36 del decreto legislativo n. 29/93»; a tale previsione fa da contraltare l'articolo 24, rubricato «Copertura provvisoria di posizioni dirigenziali»; ai sensi del quale, «Fatta salva l'applicazione dell'articolo 12, per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti all'atto del proprio avvio, l'Agenzia può stipulare, previa specifica valutazione dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, con l'obbligo di avviare nei sei mesi successivi la procedura selettiva. Per inderogabili esigenze di funzionamento

dell'agenzia, le eventuali vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l'urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1, fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31 dicembre 2010»;
in virtù di tali norme, per particolari esigenze di servizio l'Agenzia può quindi stipulare, previa specifica valutazione comparativa dell'idoneità a ricoprire provvisoriamente l'incarico, contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'obbligo di avviare rapidamente le procedure selettive;
le deroghe al principio secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso devono pertanto essere delimitate e sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie» esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle;
la Dirstat, il sindacato dei direttivi e dei dirigenti pubblici, ha diffidato il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate, in quanto ritiene che quest'ultima, dal momento della sua costituzione, proceda al conferimento di incarichi dirigenziali disattendendo i principi costituzionali e normativi di uguaglianza davanti alla legge, di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, nonché le disposizioni che prevedono l'accesso nelle pubbliche amministrazioni mediante regolari procedure concorsuali;
secondo il sindacato, il conferimento dell'incarico dirigenziale, previsto in casi eccezionali, e in via del tutto provvisoria, sarebbe diventato prassi prevalente, alterando le nome regolamentari che statuiscono, entro sei mesi dal conferimento dell'incarico temporaneo, l'indizione dei regolare concorso;
quanto rilevato si evince in modo inequivocabile dalla delibera n. 55 del 2009, di modifica all'articolo 24 del Regolamento di amministrazione, con la quale l'Agenzia delle entrate ha ottenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze la proroga del termine di affidamento di incarichi dirigenziali della terza area di un ulteriore anno (dicembre 2010), senza tuttavia supportare tale decisione con congrue e valide motivazioni;
la Corte costituzionale, con le sentenze n. 103 e 104 del 2007, n. 161 del 2008 e n. 69 del 2011, ha negato la costituzionalità di «una dirigenza di fiducia» e ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri selettivi imparziali e trasparenti;
attualmente presso l'Agenzia delle entrate le posizioni dirigenziali conferite (reggenze), senza aver posto in essere le regolari procedure concorsuali previste da leggi e regolamenti, sarebbero circa 700, selezionate secondo criteri discrezionali e a volte privi dei requisiti richiesti e addirittura del prescritto diploma di laurea, disattendendo le statuizioni della Corte di Cassazione relative al rispetto delle disposizioni normative sulla trasparenza e l'imparzialità delle procedure, dando per scontato il diploma di laurea;
è stato indetto da parte del direttore dell'Agenzia delle entrate, su autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze quale organo controllore ad essa sovraordinato, in data 29 ottobre 2010, un nuovo concorso per 175 posti di dirigente di seconda fascia, con criteri ad avviso degli interpellanti poco chiari, in modo particolare per quanto attiene la valutazione dei titoli di servizio, ed in evidente contrasto con i principi di economicità, efficienza, efficacia e, in definitiva, con il principio di buon andamento dell'azione amministrativa;
il concorso bandito, oggetto di diffida da parte della Dirstat, ha infatti disatteso lo scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi per dirigenti, nonostante la legislazione vigente ne avesse prorogata la validità al 31 dicembre 2010 e la recente sentenza del TAR del Lazio (sentenza n. 1686 del 15 settembre 2009) avesse dichiarato l'obbligatorietà per le amministrazioni pubbliche di far ricorso ad esse, ribadendo ulteriormente la consolidata

giurisprudenza (TAR Lazio sentenza n. 536 del 30 gennaio 2003), che recita espressamente; «lo scorrimento di una graduatoria di concorso ancora valida, costituisce atto d'obbligo e non meramente discrezionale della Pubblica Amministrazione» e poi ancora della sentenza n. 3055 del 9 febbraio 2009 - Sezioni unite della Corte di cassazione, che in modo inequivocabile riafferma, quale atto dovuto, lo scorrimento delle graduatorie ancora valide con atti normative;
la procedura risponde, sempre ad avviso degli interpellanti, a logiche non trasparenti e discrezionali, in quanto nel bando di concorso è prevista l'attribuzione di un punteggio aggiuntivo (da quantificarsi in separata sede) per quanti abbiano beneficiato di funzioni dirigenziali e perché tra la pletora dei beneficiari (nessuno afferente alla graduatoria degli idonei) la maggior parte risulterebbe priva dei requisiti minimali necessari per potervi legalmente ambire;
appare evidente come la regolarità delle procedure di selezione ed avanzamento del personale costituisca un elemento cruciale per assicurare l'efficienza delle agenzie fiscale nello svolgimento delle fondamentali funzioni pubbliche ad esse assegnate -:
se non ritenga che il reclutamento dei dirigenti dell'Agenzia delle entrate senza indire regolari procedure concorsuali sia in contrasto dei principi costituzionali e normativi vigenti e quali iniziative intende adottare, nei confronti della stessa Agenzia, che ha ritenuto di non procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide di concorsi già effettuati e di bandire un nuovo concorso per dirigenti, ad avviso degli interroganti in situazione di contrasto con la legislazione vigente e con la giurisprudenza consolidata, nonché con i principi di economicità ed efficienza, al fine fondamentale di garantire la piena trasparenza ed efficacia nell'operatività dell'Agenzia, la quale è chiamata a perseguire il rispetto della legalità in un settore fondamentale come quello tributario.
(5-06500)

CAUSI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, disciplina la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani» (comunemente indicata come «tariffa integrata ambientale» o TIA2), prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani; contemporaneamente all'istituzione della TIA2, il citato articolo 238 ha disposto l'abrogazione della precedente «tariffa Ronchi» istituita dall'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e comunemente indicata come «tariffa d'igiene ambientale» o TIA1;
l'attuazione concreta della TIA2 è stata tuttavia differita dal comma 11 del citato articolo 238 fino all'emanazione di un apposito decreto e, nelle more dell'emanazione di tale decreto, è stata disposta l'applicazione delle norme regolamentari vigenti facendo salva l'applicazione della citata «tariffa Ronchi» che ha soppresso la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507);
la questione sulla natura tributaria piuttosto che di «corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani» della TIA1 è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonché differenti interpretazioni dottrinali;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 238 del 2009, ha riconosciuto la natura tributaria della TIA, non rilevando «né la formale denominazione di "tariffa", né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo», determinando, di fatto, l'esclusione

dalla imponibilità ai fini IVA delle somme dovute e la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell'IVA pagata;
successivamente, l'articolo 14, comma 33, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha sancito, in via interpretativa, la natura non tributaria della TIA2, con lo scopo di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale, ma non con la finalità di dirimere le possibili controversie, originate dalla giurisprudenza, che investono la TIA1;
sul punto è successivamente intervenuta la circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) ha fornito chiarimenti in materia di applicabilità dei prelievi concernenti la gestione dei rifiuti solidi urbani (TARSU, TIA1 e TIA2), dando indicazioni circa la natura non tributaria della tariffa e chiarendo che le disposizioni contenute nel citato articolo 14, comma 33, del decreto-legge n. 78 del 2010 - secondo il quale la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria - si applicano sia alla TIA1 che alla TIA2; in tal modo stabilendo, anche per la TIA1, l'assoggettabilità all'IVA con applicazione dell'aliquota agevolata del 10 per cento, prevista dal n. 127-sexiesdecies della tabella A, Parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
da ultimo, la sentenza n. 3756, depositata il 9 marzo 2012 dalla Corte di cassazione ha rimesso in discussione la natura della tariffa d'igiene ambientale, stabilendone la non assoggettabilità all'IVA e decretando il diritto al rimborso delle somme pagate a titolo d'imposta da parte dei cittadini residenti nei comuni che negli ultimi anni l'hanno applicata in sostituzione della vecchia Tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU);
le difformi interpretazioni che si sono susseguite negli anni e i contrapposti provvedimenti della magistratura e dell'Agenzia delle entrate hanno ingenerato una gran mole di contenzioso e non pochi problemi organizzativi e d'immagine alle imprese che gestiscono il servizio d'igiene ambientale;
le imprese che hanno incassato l'imposta per conto dell'ente impositore - che, secondo stime attendibili, assomma complessivamente a oltre un miliardo di euro - sono oggetto di una comprensibile pressione sociale;
le imprese, che operano in regime di tariffa, non sono in grado di sostenere l'onere di rimborsare ai cittadini le somme pagate, agendo esse come sostituti d'imposta, e non avendo pertanto a disposizione quelle somme già versate nelle casse dello Stato, né, tantomeno, sono nella condizione di poter anticipare le somme per conto dell'ente impositore, poiché si rischierebbe di riversare il costo imprevisto sui contribuenti, con prevedibili aumenti tariffari;
per le imprese, la sola gestione del contenzioso avviato da milioni di utenti si sta traducendo in un costo spropositato e ingiustificato che dovrà necessariamente essere considerato e ricondotto al recupero sulle fatture inviate ai contribuenti -:
quali iniziative intenda mettere in atto al fine di chiarire definitivamente la natura della vigente tariffa per la gestione dei rifiuti urbani ed evitare che le imprese d'igiene ambientale debbano continuare a sostenere gli ingenti costi delle azioni legali innescate dai milioni di utenti aventi diritto.
(5-06501)

SOGLIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il regime IVA delle forniture destinate alle navi utilizzate per collegamenti marittimi ha subito recentemente alcune modifiche, che potrebbero incidere in modo significativo soprattutto sugli operatori

dei servizi di trasporto marittimo di collegamento con le isole ed a corto raggio;
in particolare, l'articolo 8 comma 2, lettera e), numero 1, della legge n. 217 del 2011 (legge Comunitaria 2010), modificando l'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ha precisato che sono assimilate all'esportazione, e quindi non imponibili ai fini IVA, le forniture destinate al rifornimento di «navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca»;
rispetto alla precedente formulazione del predetto articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, è stato specificato il predetto regime si applica alle navi adibite alla navigazione in alto mare, al fine di adeguare la formulazione della norma nazionale al dettato dell'articolo 148, primo comma, lettera a), della direttiva 2006/112/CE, ai sensi della quale gli Stati membri esentano dall'IVA «le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca»;
all'indomani della modifica appena richiamata, gli operatori del settore hanno espresso il timore che il nuovo dettato della disciplina IVA potesse comportare gravi conseguenze in loro danno: in particolare l'Associazione cabotaggio armatori partenopei (ACAP) ha lamentato come, qualora la norma citata dovesse interpretarsi nel senso di escludere dall'esenzione le navi utilizzate per la navigazione costiera, le cessioni di carburante utilizzato per il rifornimento di tali navi risulterebbe assoggettate ad IVA, con conseguente notevole aggravio dei costi per gli stessi operatori e per gli utenti;
a questo riguardo occorre evidenziare come non risulti chiara quale sia la nozione a fini tributari di «navigazione in alto mare», né se, ai fini della non imponibilità, il requisito dell'adibizione a tale tipo di navigazione debba o meno sussistere congiuntamente con la destinazione delle navi ad attività commerciali;
del resto, il dettato del citato articolo 148 della direttiva 2006/112/CE sembra lasciare spazio agli Stati membri di esentare le cessioni di beni per il rifornimento anche delle navi utilizzate in collegamenti a corto raggio, nella misura in cui fa riferimento alle navi adibite al trasporto a pagamento di passeggeri: sarebbe infatti paradossale se tale esenzione dovesse ritenersi applicabile solo al trasporto di passeggeri in alto mare (cioè, in sostanza, alle crociere) e non a forme di trasporto marittimo che rivestono un ben maggiore interesse pubblico, quali, appunto, i collegamenti con le isole ed a corto raggio;
un'interpretazione della norma che rendesse imponibili tali cessioni di carburante risulterebbe inoltre paradossale anche sotto il profilo della disciplina nazionale, laddove si consideri che ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, le prestazioni di trasporto effettuate mediante mezzi di trasporto abilitate ad eseguire servizi di trasporto marittimo, sono esenti dall'IVA, con la conseguenza che gli operatori non potrebbero nemmeno compensare l'IVA che dovessero essere chiamati ad assolvere sugli acquisti di carburante con l'IVA versata sulle prestazioni di trasporto da loro fornite;
in tale contesto è evidente l'impatto economico negativo che discenderebbe dalla citata interpretazione restrittiva, soprattutto in una fase in cui il costo dei carburanti ha subìto un'impennata, sia a causa dell'andamento delle quotazioni di mercato, sia in ragione dell'aumento dell'accisa disposta dal Governo nell'ambito delle recenti manovre economiche;
in tale contesto appare evidente la necessità di intervenire al più presto per chiarire definitivamente il regime IVA delle cessioni di carburante per il rifornimento delle navi che effettuano collegamenti marittimi con le isole ed a corto

raggio, al fine di evitare ulteriori aggravi di costi per il settore e per i consumatori -:
quali iniziative intenda assumere al fine di fugare ogni dubbio in merito alla corretta interpretazione delle modifiche intervenute sul dettato dell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, auspicabilmente nel senso di chiarire che permangono esenti dall'IVA le cessioni di carburanti effettuate per il rifornimento delle navi utilizzate per il trasporto passeggeri in collegamenti marittimi con le isole ed a corto raggio.
(5-06502)

SAVINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la disciplina relativa alla determinazione del canone per la concessione di specchi acquei demaniali utilizzati per attività di pesca ed acquacoltura ha subìto, nel corso degli ultimi 10 anni, alcune modificazioni;
in particolare, l'articolo 21 della legge n. 165 del 1992, ha introdotto nella legge n. 41 del 1982, l'articolo 27-ter, il quale prevedeva l'applicazione di un canone meramente ricognitorio per le concessioni di aree demaniali marittime e loro pertinenze, richieste da cooperative di pescatori ed acquacoltori e loro consorzi;
l'articolo 1 della legge n. 164 dei 1998 ha modificato il comma 3 del predetto articolo 27-ter, della legge n. 41, stabilendo che il medesimo canone ricognitorio si applicasse anche a tutte le concessioni di aree demaniali marittime, «ancorché richieste da imprese singole non cooperative ed aventi ad oggetto iniziative di piscicoltura, molluschicoltura, crostaceicoltura, alghicoltura»;
l'articolo 23 dei decreto legislativo n. 154 del 2004 ha successivamente abrogato la legge n. 41 del 1982;
il Ministero dei trasporti, con la circolare n. 15 del 9 agosto 2007, ha stabilito, che, a seguito della predetta abrogazione della legge n. 41 del 1982, il canone relativo alle concessioni demaniali marittime per attività di pesca ed acquacoltura debba essere determinato in misura differente a seconda che si tratti di imprese cooperative ovvero di imprese non cooperative;
in particolare, per le cooperative e per i consorzi di cooperative di pescatori si applica il canone previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale 15 novembre 1995, che, per gli impianti ubicati nel mare territoriale, è fissato in lire 5 per metro quadrato (euro 0,003 per metro quadrato);
invece per le imprese non cooperative, si applica il canone previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale 19 luglio 1989, fissato in lire 1.600 per metro quadrato (euro 0,083 per metro quadrato);
appare evidente come tale assetto normativo determini una grave e non giustificata discriminazione in danno delle imprese operanti nel settore non aventi natura cooperativa, consentendo alle imprese cooperative di abbattere in modo consistente una voce rilevante per i costi di produzione, rendendole in tal modo più competitive sul mercato;
la questione è stata oggetto di controversie giurisdizionali, nel corso delle quali è stata sollevata questione di legittimità costituzionale, anche con riferimento alla violazione dei princìpi comunitari in materia di concorrenza, segnatamente dell'articolo 40, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il quale stabilisce che la politica comune dell'agricoltura e della pesca deve escludere ogni discriminazione tra produttori, nonché dell'articolo 107 del medesimo Trattato, il quale dichiara incompatibili con il mercato interno gli aiuti concessi dagli Stati che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza;
appare dunque evidente la necessità di intervenire in materia, al fine di eliminare

tale discriminazione, ripristinando parità di trattamento tra soggetti che svolgono la medesima attività ed evitando di aggravare ulteriormente la situazione di un comparto, quello della pesca, che sta attraversando una fase molto delicata, sia a causa della concorrenza internazionale, sia per il forte incremento dei costi, determinato soprattutto dall'aumento del costo del carburante registratosi negli ultimi anni -:
quali iniziative intende assumere in materia al fine di ripristinare uniformità di trattamento tra cooperative di pescatori ed altre imprese operanti nel settore in merito al canone demaniale applicabile alle concessioni di specchi acquei demaniali, nonché per evitare il rischio che la Commissione europea avvii una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la violazione dei principi comunitari in materia di concorrenza.
(5-06503)

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, commi 36-terdecies e seguenti, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha introdotto una nuova disciplina riguardante i beni in godimento ai soci; in particolare, viene stabilito che costituisce reddito diverso in capo al socio o al familiare dell'imprenditore la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a tali soggetti e che i costi relativi ai beni dell'impresa concessi in godimento a soci o familiari dell'imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso deducibili; viene quindi introdotto l'obbligo di comunicare all'Agenzia delle entrate, da parte dell'impresa concedente ovvero del socio o del familiare, i dati relativi ai beni concessi in godimento; il termine per la presentazione di tale comunicazione è il prossimo 2 aprile e, ad oggi mancano la modulistica, il software e, soprattutto, chiare indicazioni su alcuni dubbi interpretativi che riguardano, ad esempio, le comunicazioni dei beni della società concessi in godimento a soci che rivestono anche la qualifica di amministratori o di dipendenti;
il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ha modificato le disposizioni relative alla comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA; in particolare viene eliminata la soglia di 3.000 euro, IVA esclusa, quale importo minimo di riferimento per l'inclusione delle operazioni nella comunicazione, limitatamente a quelle per le quali sussiste l'obbligo di emissione della fattura, richiedendo la trasmissione, per ciascun cliente e fornitore, dell'importo di tutte le operazioni attive e passive effettuate; viene confermato il mantenimento della soglia minima di 3.600 euro, IVA compresa, per le operazioni per le quali non sussiste l'obbligo di emissione della fattura; rimane incerta la decorrenza di tali modifiche, due infatti sono le possibilità: la prima, secondo la quale la decorrenza deve riferirsi all'invio della comunicazione, con la conseguenza che anche la comunicazione riferita all'anno 2011, da presentarsi entro il prossimo 30 aprile 2012, finirebbe delle novità normative; la seconda, secondo la quale si rinvia la decorrenza delle novità alle operazioni effettuate a partire dal 1o gennaio 2012, con conseguente impatto sulla comunicazione riferita a tale anno, da presentarsi entro il 30 aprile 2013; l'eventuale decorrenza con effetto dalle comunicazioni presentate a partire dal 1o gennaio 2012 comporterebbe l'applicazione delle nuove regole anche con riferimento allo spesometro dell'anno 2010, il cui termine di comunicazione era lo scorso 31 gennaio 2012;
anche con il Governo Monti si ripropone la «cattiva abitudine» di arrivare a ridosso di importanti scadenze, senza aver dato ai professionisti gli strumenti per adempiere agli obblighi previsti, ma soprattutto

senza aver dato i chiarimenti necessari per adempiere nella maniera corretta a tali obblighi -:
se il Governo intenda assumere iniziative per prorogare il termine per la presentazione della comunicazione relativa ai beni in godimento ai soci, attualmente fissato per il prossimo 2 aprile e quale sia l'esatta decorrenza delle modifiche normative apportate con il recente decreto-legge n. 16 del 2012 in tema di comunicazioni rilevanti ai fini IVA.
(5-06504)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il settore bancario italiano sta attraversando, nel corso degli ultimi anni, una fase di grande turbolenza, legata, in larga parte, ai gravi errori commessi dagli azionisti di controllo e dal management dei principali gruppi, nonché agli effetti dirompenti della crisi economico-finanziaria in atto, la quale, è bene ricordarlo, affonda le sue radici nei comportamenti opachi, spesso irresponsabili, dei protagonisti dello stesso settore finanziario;
in particolare anche alla luce dell'esercizio svolto dall'European banking authority (EBA) circa i requisiti di capitali delle banche europee, i principali gruppi creditizi nazionali sono chiamati ad una impegnativa operazione di ricapitalizzazione, che avrà certamente ricadute negative sull'erogazione di credito al tessuto produttivo italiano;
in tale ambito il gruppo Monte dei Paschi di Siena appare in una situazione di grande criticità, e risulta essere quello maggiormente coinvolto da tali esigenze di rafforzamento dei requisiti patrimoniali, principalmente a causa delle errate scelte di gestione compiute negli ultimi anni, che hanno portato, ad esempio, il gruppo stesso ad esborsi sproporzionati per acquisire altre banche, quali la Banca del Salento e la Banca Antonveneta, nonché in ragione della pervicace volontà, anch'essa dimostratasi errata, della fondazione Montepaschi, di mantenere il controllo sul gruppo anche in una fase nella quale il dividendo riconosciuto dalle banche agli azionisti risulta sempre più ridotto, se non addirittura assente;
in tale ambito si sono registrate recentemente una serie di modifiche nell'assetto dirigenziale del gruppo Monte dei Paschi di Siena, che hanno portato alle dimissioni del presidente Giuseppe Mussari;
recentemente le indiscrezioni emerse sugli organi di stampa indicano quale prossimo Presidente del gruppo il dottor Alessandro Profumo, già amministratore delegato del gruppo Unicredit;
al riguardo appare grave come, secondo la ricostruzione dei fatti fornita dalla stampa, la decisione circa la nomina di Profumo in un gruppo che riveste un ruolo molto importante nel panorama dell'economia italiana, non risponda a logiche aziendali, meritocratiche o professionali, ma sembri riconducibile ad una lotta, di natura tutta politica, tra le diverse anime del Partito democratico;
tale ipotesi suscita, inoltre, gravi perplessità, sia sotto il profilo dei conflitti di interesse, in considerazione dell'incarico di vertice rivestito dallo stesso Profumo, fino a poco tempo fa, in un gruppo bancario concorrente di MPS, sia sotto il profilo della sussistenza dei requisiti di onorabilità previsti dalla disciplina in materia per gli esponenti aziendali e gli amministratori delle banche;
a tale ultimo proposito occorre infatti ricordare che il dottor Profumo, sempre nella sua precedente veste di amministratore delegato di Unicredit, è risultato coinvolto in un'indagine per evasione fiscale condotta dalla Guardia di finanza (cosiddetta operazione «Brontos») nei confronti dei principali gruppi bancari italiani, che ha fatto emergere utili non dichiarati per diversi miliardi di euro, inducendo le stesse banche ad aderire alle richieste del fisco;

la vicenda appena richiamata costituisce l'ennesimo esempio delle pratiche oscure, e spesso illegali, che caratterizzano l'operato di primari dirigenti dell'industria finanziaria nazionale ed internazionale, i quali sono disposti a compiere, ad esclusivo vantaggio del proprio interesse personale operazioni disinvolte, senza badare ai diritti dei risparmiatori, creando spesso nocumento alle stesse società da loro dirette, nonché delle connessioni contorte ed improprie che legano pezzi importanti del settore economico - finanziario nazionale a settori della politica;
in tale contesto si conferma con sempre maggior forza l'esigenza di intervenire radicalmente sulla disciplina degli incarichi dirigenziali presso le società bancarie e finanziarie, rafforzando le norme in materia di conflitti di interesse e introducendo modifiche alle regole in materia di onorabilità che escludano la possibilità, per soggetti condannati o coinvolti in inchieste giudiziarie, di essere designati o di mantenere tali cariche;
l'assunzione di decisioni incisive e chiare in questo campo costituirebbe infatti un segnale essenziale per dimostrare all'opinione pubblica che la politica ha riguadagnato la capacità di assumere decisioni volte alla tutela dei cittadini onesti, superando quella situazione di subalternità nei confronti dei poteri forti che ha sempre caratterizzato la posizione dei Governi succedutisi nel corso della presente legislatura -:
quali iniziative, anche normative, intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di rafforzare la disciplina sui conflitti di interesse nel settore finanziario, di modificare in termini incisivi le norme concernenti i requisiti di onorabilità degli esponenti e degli amministratori bancari, escludendo la possibilità, per soggetti condannati o coinvolti in inchieste giudiziarie, di rivestire o di mantenere tali cariche, nonché di prevedere che la selezione di tali soggetti, ferma restando l'autonomia delle scelte imprenditoriali, sia esclusivamente improntata a logiche di merito e non a criteri di appartenenza clientelare o partitica.
(5-06505)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GALLETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le eccezionali precipitazioni nevose che hanno colpito la città di Bologna dal 31 gennaio al 13 febbraio 2012, con un picco nella giornata del 1° febbraio di 45 centimetri di neve caduta e le successive precipitazioni, hanno comportato un accumulo complessivo di circa 100 centimetri in pianura e le temperature minime, in questo periodo, sono state costantemente sotto lo zero termico con la punta minima del 6 febbraio di -11 gradi in città;
il fenomeno, imprevedibile per durata e continuità, è stato affrontato attraverso il contratto di «servizio neve» che prevedeva l'utilizzo di mezzi, attrezzature e operatori dimensionati rispetto alla media degli ultimi 20 anni e trova confronti con eventi analoghi del 1985, 1956 e 1929, anche se la nevicata del 2012 ha portato ad un accumulo di neve maggiore rispetto a tutti anni citati e verrà ricordato come episodio secolare;
sin dal secondo giorno dell'evento l'amministrazione è stata costretta a richiedere all'affidatario del «servizio neve» il potenziamento dei mezzi e degli operatori sia per garantire la mobilità sulla viabilità principale dei mezzi pubblici e privati, sia per consentire lo svolgersi delle attività cittadine (accessibilità ai luoghi pubblici, alle scuole, agli ospedali, fruibilità dei mezzi pubblici, svolgimento dei mercati e delle attività commerciali e dei servizi in genere) in condizioni di sicurezza;
la gravità della situazione ha consigliato il sindaco ad emettere tre successive ordinanze di sospensione dei servizi educativi

e scolastici per le date, dal 2 febbraio al 4 febbraio con una proroga per il 6 febbraio quindi con altra ordinanza la sospensione è stata ordinata per sabato 11 febbraio e lunedì 13 febbraio;
oltre a questi provvedimenti sindacali, il prefetto ha invitato gli istituti scolastici a terminare l'attività alle ore 11,30 di venerdì 10 febbraio per le temuta situazione meteo;
la regione Emilia Romagna, vista l'eccezionalità dell'evento che ha interessato gran parte del territorio, ha organizzato, attraverso le province, una ricognizione in merito agli oneri straordinari sostenute dai comuni e dagli enti territoriali colpiti dall'evento meteorologico;
il comune di Bologna ha quantificato la spesa straordinaria per il servizio neve in euro 8.629.029,00 (ottomilioniseicentoventinovemila) comprensivi di IVA (21 per cento) e complessivamente, a livello regionale, le spese straordinarie relative alla salvaguardia della pubblica incolumità ammontano a 65 milioni di euro che però non ricomprendono gli ingenti danni provocati dall'evento alle strutture e infrastrutture pubbliche che ammontano per il solo comune di Bologna ad oltre 22,4 milioni di euro;
la regione Emilia Romagna ha presentato al Presidente del Consiglio dei ministri formale richiesta, con lettera del 5 marzo 2012, dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 al fine di attivazione del fondo di solidarietà europeo di cui al Regolamento comunitario 2012/2002;
sarebbe necessario adottare iniziative volte a prevedere risorse e mezzi straordinari per effettuare con urgenza gli interventi necessari per ripristinare le normali condizioni di vita per l'intero territorio regionale -:
quali iniziative e con quali risorse ed in quali tempi il Governo intenda assumere per rispondere con la dovuta urgenza a situazioni di tali gravità.
(5-06497)

Interrogazione a risposta scritta:

PROIETTI COSIMI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un leasing il contratto di finanziamento e il contratto di vendita, sia pure strutturalmente separati, sono in realtà inscindibilmente legati tra loro. Ed invero, il loro collegamento è di tipo funzionale essendo stati sottoscritti per la realizzazione dell'unico scopo rappresentato dall'ottenimento e uso del bene;
le vicende dell'uno si ripercuotono necessariamente sull'altro trattandosi di una operazione negoziale unitaria, come, anche, si evince dalla effettiva volontà delle parti e dalla reale funzione economica sociale che esse hanno inteso dare ai contratti nell'economia dell'affare.
la Unicredit Leasing spa opera ed agisce come se la stessa non fosse contraente in entrambi i contratti con evidenti ricadute di ordine pratico e amministrativo -:
quali iniziative anche normative intenda adottare il Governo al fine di chiarire inequivocabilmente a tutti gli effetti, ivi compreso quello della prassi operativa e dei bilanci delle società di leasing, l'inscindibilità dei due contratti di finanziamento e di vendita nell'ambito della predetta operazione negoziale.
(4-15505)