XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 20 marzo 2012

TESTO AGGIORNATO AL 29 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
le banche italiane hanno preso in prestito dalla Banca centrale europea, al tasso dell'1 per cento, 116 miliardi di euro, oltre un quarto dei 489,19 erogati dalla Banca centrale europea nell'asta straordinaria del 21 dicembre 2011;
si tratta di un'iniezione di liquidità che dovrebbe mettere al riparo dalle prossime tempeste monetarie i 523 istituti europei che ne hanno beneficiato;
la seconda asta, tenutasi il 29 febbraio 2012, ha assegnato 529,53 miliardi di euro e gli istituti che ne hanno fatto richiesta, a livello europeo, sono ottocento;
la speranza che una tale iniezione di liquidità servisse, a sua volta, ad allargare la forte stretta creditizia in atto da più di un anno, dando così un po' di ossigeno, soprattutto alle piccole e medie imprese italiane, è stata subito smentita;
lo stesso Ignazio Visco, direttore della Banca d'Italia, in una intervista alla Cnn ha ammesso, seppure con il linguaggio diplomatico proprio del ruolo che ricopre, che «il rischio di una sostanziale difficoltà del credito potrebbe esserci nel finanziare l'economia reale» (la Repubblica del 28 gennaio 2012);
le notizie che si ricavano dalla stampa e dagli addetti al settore dicono che la maggior parte dei fondi delle banche sono riversati nell'acquisto di obbligazioni del debito pubblico, soprattutto italiano, che come è noto possono rendere fino al 7 per cento;
in questo modo gli istituti di credito, di fatto, hanno avuto garantito l'accesso alla liquidità, ma tale operazione non contribuisce certo a rilanciare lo sviluppo e l'occupazione e molte delle aziende italiane si trovano costrette a chiudere la propria attività;
a questo impiego del denaro per la raccolta di titoli pubblici le banche sono state del resto «invitate» dallo stesso presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando ha detto che le banche devono sostenere le obbligazioni statali con i nuovi fondi, anche perché la Banca centrale europea non può sostenerli all'infinito;
a tutto ciò si aggiunge un elemento preoccupante, e cioè che di tali prestiti hanno usufruito alcuni dei più grandi gruppi industriali europei (Volkswagen, Bmw, Siemens, Renault), dotati di divisioni bancarie per il credito al consumo;
tale partecipazione non è dovuta alla mancanza di liquidità, ma alla scelta di usufruire dei tassi vantaggiosi di queste operazioni;
tali operazioni sono ovviamente legali, in quanto si tratta di operatori finanziari che hanno i requisiti richiesti per la partecipazione a tali operazioni di finanziamento, ma appaiono inopportune in una situazione di grave crisi economica, come è l'attuale;
infatti, nel nostro Paese, come in tutta Europa, le imprese, soprattutto le piccole e medie aziende, sono in grave difficoltà e non riescono più ad ottenere credito dalle banche e devono pagare anche crediti modestissimi, con sempre più pesanti fideiussioni ed ipoteche;
nella stessa situazione si vengono a trovare moltissime famiglie italiane, che, stante il perdurare della crisi economica, non riescono più ad affrontare le spese familiari e non possono ricorrere a prestiti, se non a condizioni estremamente penalizzanti;
gran parte delle piccole e medie imprese, che, come è noto, costituiscono oltre il 90 per cento dell'economia reale del Paese, non riesce più ad ottenere liquidità nemmeno per pagare i fornitori,

l'iva, i contributi e gli stessi dipendenti ed è quindi sulla strada che porta in breve termine alla chiusura;
anche laddove l'economia rimane più dinamica o meno comatosa, come nel Nord-Est, due terzi delle imprese si rivolgono ormai alle banche per ragioni di cassa;
nonostante ciò, il 52 per cento delle aziende vorrebbe ancora che fossero dati fondi per investimenti e per l'innovazione e per affrontare meglio i vecchi e, soprattutto, i nuovi mercati (I Group del 29 gennaio 2012);
in questa situazione, in cui permane una profonda crisi economica, appare indispensabile operare scelte, in sede nazionale ed europea, tese a favorire l'economia reale e a bloccare eventuali operazioni speculative,


impegna il Governo:


ad intervenire presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché non sia consentita, nelle aste a tasso agevolato della Banca centrale europea, la partecipazione dei più grandi gruppi industriali europei dotati di divisioni bancarie per il credito al consumo, riservando tali aste esclusivamente agli istituti di credito;
ad assumere le opportune iniziative nelle sedi comunitarie, d'intesa con gli altri partner europei, affinché nelle future aste a tasso agevolato si determinino le condizioni per vincolare la concessione di tali prestiti agli istituti di credito che si impegnino a destinare una quota maggioritaria degli stessi alla concessione di mutui a tassi agevolati a imprese, famiglie e imprenditoria giovanile, contribuendo in tal modo ad un rilancio effettivo dell'economia reale e dello sviluppo.
(1-00945)
«Gianni, Moffa, Calearo Ciman, Catone, D'Anna, Grassano, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
il prossimo 2 aprile ricorre la Giornata mondiale dell'autismo. La ricorrenza, istituita nel 2008 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica per promuovere lo studio e la ricerca scientifica di una patologia complessa, in cui spesso assistiamo alla negazione di diritti specifici, dei pazienti e delle loro famiglie, con conseguenze molto pesanti anche sul piano sociale;
sono ormai trascorsi quasi 70 anni, da quando Leo Kanner usò per la prima volta il termine «autismo precoce infantile» per indicare una sindrome osservata in 11 suoi pazienti. Purtroppo, a distanza di tanti anni di questa patologia non si conoscono ancora bene le cause; per cui non sono disponibili trattamenti specifici. Sono state formulate diverse ipotesi ezio-patogenetiche, che mettono l'accento su fattori di natura genetica, infettiva, vaccinica; si ipotizzano cause legate all'inquinamento ambientale o ad un deficit di funzionamento dei neuroni a specchio; e ci sono anche teorie che fanno riferimento a cause di natura relazionale e psicodinamica. Tante ipotesi, ma nessuna certezza che arrivi a chiarire, se non a risolvere uno dei grandi rebus della medicina in genere e della neuropsichiatria infantile in particolare. Si tratta di una malattia che colpisce lo 0,6 per cento della popolazione mondiale e si manifesta nella prima infanzia a partire dai 2 anni. In genere sono le mamme che colgono alcuni aspetti «strani» del loro bambino; aspetti che possono sfuggire anche al pediatra di base, se non ascolta e non si fa carico di quanto riferisce la madre. Se tra madre e pediatra si creasse una maggiore sinergia e il medico non tendesse a minimizzare quanto riferisce la madre, pensando ad una eccessiva ansia materna o ad un semplice ritardo, l'autismo potrebbe essere diagnosticato precocemente con il vantaggio di permettere un intervento adeguato che limiti i rischi dell'alterato sviluppo complessivo

del bambino. Il quadro patologico si presenta soprattutto come un grave deficit della comunicazione verbale e non verbale, con la tendenza del bambino ad un isolamento, in cui sembra trovare l'opportunità migliore per esprimere capacità immaginative a volte insospettate; sono frequenti le stereotipie e i rituali che accompagnano la sua quotidianità. Con il passare del tempo il ritardo nell'apprendimento, legato alle specifiche difficoltà di inserimento nel contesto scolastico, accentua la sua distanza e la sua differenza con i coetanei;
sulla base di statistiche del 2003 elaborate dall'U.S. Department of Education, l'autismo sta crescendo del 10-17 per cento all'anno. Il Center for Disease Control, nel novembre 2004, riportava che l'incidenza variava da 2-6 casi ogni 1.000. Si stima inoltre che il numero di bambini che mostra uno spettro autistico con comportamenti autistico-simili oscilli tra il 15 e il 20 per 10.000 soggetti. Sono valori di circa 10 anni fa, ma oggi le maggiori conoscenze sulla sintomatologia autistica inducono in molti casi a parlare di spettro autistico polimorfo, e in mancanza di dati certi sui criteri paritari di inclusione e di esclusione di questa patologia nel dipartimento di salute mentale e nell'international classification of disease i numeri complessivi oscillano in una forbice, molto, troppo ampia, per non indurre a pensare che anche per fare la diagnosi di autismo serve un approfondimento più rigoroso;
la malattia non comporta solo un disagio personale, ma coinvolge il sistema familiare a cui il soggetto appartiene, colpendo in modo più intenso proprio la relazione madre-figlio, per cui il disagio psicologico si estende con facilità a tutto il nucleo familiare. Ed è auspicabile che l'intera sfera familiare partecipi ad un coinvolgimento terapeutico su misura. È inoltre necessaria un'adeguata sensibilizzazione sul piano sociale, a cominciare dal contesto prescolastico e scolastico, per evitare che i soggetti affetti da autismo subiscano un'emarginazione sociale. Occorre però tener presente che trattandosi di un disturbo di carattere evolutivo, le famiglie incontrano le loro maggiori difficoltà proprio quando il ragazzo esce dal circuito scolastico e trova ben poche strutture in cui inserirsi, per cui finisce con l'essere accomunato con tutte le altre patologie psichiatriche dell'adulto;
in alcune regioni italiane sono stati attivati dei centri di riabilitazione, che tra i loro obiettivi specifici prevedono una specifica attenzione a questi ragazzi e ai loro genitori, nella cui formazione investono attraverso corsi appositamente studiati per loro, spesso gratuiti; i genitori sono accompagnati fin dalla prima diagnosi nel mondo autistico, fatto ancora più di domande che di risposte; sono centri che in maniera più o meno esplicita nelle loro scelte riflettono un preciso modello antropologico: come va considerato il bambino in genere e il bambino autistico in particolare. Non si può infatti perdere mai di vista la visione globale dello sviluppo psico-fisico del bambino. La maggiore perplessità che accompagna le diverse visioni che si affacciano sul panorama terapeutico è quella della loro unilateralità, che non tiene sufficientemente conto del bambino come soggetto in cui lo sviluppo cognitivo è sempre fortemente correlato con la sua vita emotiva e condizionato da eventuali forme di disabilità fisica. Un soggetto il cui sviluppo richiede una forte integrazione sul piano sociale a cominciare dalla famiglia e poi dalla scuola;
sono tante le associazioni nate in questi ultimi anni, proprio per iniziativa di famiglie, che prestano aiuto ad altre famiglie di bambini autistici, mettendo a disposizione la loro esperienza e la loro solidarietà, promuovendo leggi apposite in materia di handicap, sollecitando scuole ed i insegnanti di sostegno ad offrire ai loro figli la migliore assistenza possibile sul piano della didattica e della integrazione; spesso sono loro a proporre modelli di sperimentazione, che nascono dall'esperienza che sottopongono al vaglio degli esperti; tante associazioni in gran parte in rete tra di loro, con molti punti di somiglianza

e con alcune caratteristiche peculiari: è proprio questa differenza nell'unità o questa unità nella differenze che ne descrive in modo efficace la ricchezza culturale, la reciproca autonomia e la libertà responsabile con cui operano;
data la complessità dei problemi posti da questi bambini e dalle loro famiglie oggi si cerca di creare un circuito di assistenza multidimensionale integrata, per garantire una presa in carico «complessiva» del bambino. La ASL, la scuola e la famiglia poste in rete tra di loro sono chiamate a collaborare attivamente per valorizzare tutti i margini di sviluppo possibili nel bambino e impedirgli di regredire. Ma se il circuito ASL-scuola-famiglia deve mantenere al centro del suo impegno il bambino autistico concreto, serve un più ampio circuito, una rete più vasta che colleghi, le ASL, le reti associative delle famiglie, il mondo della scuola e della formazione, la ricerca e una forte ed impegnata sensibilità politica. È ovvio che in una rete di queste dimensioni si riverseranno contemporaneamente domande di natura scientifica che ancora non hanno risposta, nuovi bisogni emergenti sul piano socio-assistenziale, sperimentazioni iniziali con la loro creatività coraggiosa ed esperienze già consolidate nel tempo. È di questo mix di cose note e non note che si nutre la ricerca in senso proprio; una miscellanea di proposte e di iniziative che cercano con sensibilità umana e con rigore scientifico di sciogliere uno dei misteri più difficili che la medicina pone alla nostra società;
l'istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato ad ottobre 2011 le nuove linee guida sull'autismo, elaborate da un gruppo di esperti, prevalentemente appartenenti ad uno specifico orientamento culturale - quello di tipo comportamentale -, che ha guardato le altre esperienze in modo fortemente critico, creando un forte disagio sia a livello delle famiglie e delle reti di famiglia che in questi anno avevano fatte scelte diverse, sia a livello delle istituzioni che seguono i bambini autistici con un diverso orientamento e che hanno alle spalle una pluridecennale dedizione alla loro assistenza e a quella delle loro famiglie. Famiglie e istituzioni che chiedono una tempestiva revisione di queste linee guida, che riequilibri il quadro complessivo;
il documento dell'Istituto superiore di sanità si schiera decisamente a favore dell'ABA (Applied Behaviour Intervention), che propone programmi comportamentali intensivi, da 20 a 40 ore la settimana rivolti all'età prescolare, affidati a personale specializzato. Attualmente questo personale non è però disponibile e occorrerebbe investire importanti risorse per la sua qualificazione, senza ignorare che mancano evidenze specifiche per sapere cosa accada in soggetti autistici sottoposti per lunghi anni a processi di condizionamento intensivo. L'ABA infatti punta a modificare il comportamento del bambino attraverso forme di specifico condizionamento, efficaci soprattutto in bambini ad alto funzionamento;
il documento dell'Istituto superiore di sanità esclude l'efficacia di altri metodi che potrebbero avere un ruolo terapeutico di tipo prevalentemente supportivo, come ad esempio una sorta di dietoterapia mirata, e la stessa musicoterapia, molto apprezzata da molti bambini. Le linee guida dell'Istituto superiore di sanità fanno anche una serie di riflessioni di natura farmacologica, sottolineando come in assenza di farmaci specifici, anche le prescrizioni mediche non possano che avere un carattere sintomatico e quindi vadano lasciate alla valutazione che il neuropsichiatra infantile potrà e vorrà farne. Fin troppo scarso è il consenso dato a modelli di intervento terapeutico-riabilitativo che fanno riferimento soprattutto agli aspetti relazionali del bambino, in una chiave psicodinamica che tiene conto del suo potenziale sviluppo progressivo anche sotto il profilo affettivo ed emozionale;
il modello proposto contraddice quanto evidenziato nel documento Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria infantile) del 2005, «Linee guida per l'autismo.

Raccomandazioni tecniche-operative per i servizi di Npi», in cui è chiaramente consigliato di mantenere «le due grandi categorie di approccio al trattamento, comportamentale ed evolutivo, sottolineando che non esiste un intervento che possa andar bene per tutti i bambini autistici e per tutte le età». La Sinpia nel 2005 aveva ben presente come la patologia dell'autismo rappresenti ancora oggi una delle grandi sfide per la ricerca scientifica e almeno sotto il profilo terapeutico-riabilitativo intendeva lasciare ai genitori e agli operatori del settore la possibilità di scegliere la soluzione ritenuta più efficace anche a livello soggettivo. Sappiamo troppo poco su questo disturbo di lunga durata e proprio per questi motivi, tutte le energie dovrebbero essere canalizzate nell'ambito della ricerca e dell'assistenza, senza mai violare il diretto alla libera scelta da parte del soggetto e dei suoi familiari, diritto per altro di rilevanza costituzionale (cfr articolo 32 della Costituzione);
al fine di rispettare la libertà delle famiglie a scegliere per i propri figli il miglior trattamento possibile, per valorizzare inoltre tutte le potenzialità dei bambini colpiti dal disturbo autistico, è pronta una petizione per chiedere la revisione delle linee guida sull'autismo; si tratta di una iniziativa promossa da un gruppo di parlamentari bipartisan e sostenuta da 66 società scientifiche e scuole di formazione e specializzazione per operatori, 50 associazioni e 58 centri di riabilitazione accreditati e da tantissimi esperti del settore;
alla Commissione XII, Affari Sociali è stata assegnata la proposta di legge (AC 3677) presentata il 29 luglio 2010 recante «Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell'autismo e disposizioni per l'assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia», di cui ancora non è iniziato l'iter e che sintetizza la necessità di un approccio multidisciplinare alla patologia,


impegna il Governo:


ad accelerare il processo di revisione delle linee guida che non può attendere la prevista scadenza del 2015, senza recare danni concreti alle famiglie e alle istituzioni che da decenni seguono metodologie diverse dall'ABA, con risultati di indubbio interesse sul piano socio-assistenziale e scientifico;
ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la cura e l'assistenza alle famiglie dei soggetti autistici, che necessitano di un sostegno multidimensionale, protratto nel tempo non solo attraverso aiuti economici, ma anche attraverso la possibilità di creare una rete di integrazione nel tessuto sociale che vada oltre i tempi della scuola, considerato che troppo spesso questi ragazzi al termine della scuola dell'obbligo o dopo i 18 anni diventano i cosiddetti «malati invisibili», assimilati in tutto o in gran parte ad una generica diagnosi di grave patologia psichiatrica;
ad assicurare un'attenzione concreta al rispetto della dignità e dei diritti umani delle persone con autismo, permettendo alle loro famiglie di scegliere il tipo di cura che considerano più efficace per i propri figli, come raccomanda non solo l'articolo 32 della Costituzione, ma anche un recente documento del Comitato nazionale di Bioetica;
a individuare risorse da destinare alla ricerca, sia sul piano di discipline di base come la genetica, ad esempio, che sul piano della ricerca clinica e dei modelli socio-assistenziali per una patologia che, almeno attualmente, accompagna la grande maggioranza dei soggetti per tutta la vita.
(1-00946)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Delfino, De Poli, Calgaro, Anna Teresa Formisano, Capitanio Santolini, Compagnon, Tassone, Bosi, Cera, Ciccanti, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Di Virgilio, Barani, Bocciardo, Volontè».

La Camera,
premesso che:
le rigide condizioni climatiche degli ultimi mesi e il rischio di una riduzione delle forniture del gas provenienti dalla Russia ripropongono con forza il tema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici e della dipendenza dell'Italia e, in generale, dell'Unione europea da forniture provenienti da Paesi terzi;
in tale contesto appare prioritario che le attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi svolte in ambito nazionale vengano mantenute e anzi maggiormente sviluppate, coerentemente con quanto avviene negli altri Paesi europei che dispongono di analoghe risorse;
la ricerca ed estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi sono del resto, da tempo, un settore rilevante dell'economia nazionale e contribuiscono significativamente alle entrate dello Stato (sotto forma di canoni, royalties ed imposte), alla riduzione della bolletta energetica e al mantenimento e alla crescita dei livelli occupazionali in svariate regioni italiane;
tali attività sono sottoposte in Europa e in Italia a regole e controlli penetranti, che ne assicurano la sicurezza e la sostenibilità ambientale;
il noto incidente verificatosi nell'aprile del 2010 su una piattaforma petrolifera installata nel golfo del Messico ha suscitato logiche preoccupazioni anche in Europa e in Italia e ha indotto la Commissione europea ad avviare un'attenta verifica delle normative e dei sistemi di controlli in essere nei vari Paesi europei;
nella sua comunicazione COM(2010) 560 del 12 ottobre 2010, la Commissione ha quindi individuato con precisione gli ambiti nei quali intervenire per garantire elevati ed uniformi standard di sicurezza delle attività offshore di ricerca e coltivazione di idrocarburi e ha preannunciato la presentazione di proposte ad hoc relative a misure di carattere legislativo e non legislativo;
coerentemente con quanto preannunciato nella citata comunicazione, la Commissione, senza prevedere alcun divieto generalizzato, sta attualmente predisponendo un'apposita proposta di regolamento sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, esplorazione e produzione di idrocarburi liquidi e gassosi;
nelle more di tale auspicabile rafforzamento del quadro regolamentare europeo, il Governo italiano, esercitando la delega ad esso conferita per modificare ed integrare il codice dell'ambiente, con il decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, ha invece introdotto un divieto generalizzato e non transitorio delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare in tutte le aree «a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale», «nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette» e, per i soli idrocarburi liquidi, «nella fascia marina compresa entro cinque miglia marine dalle linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale»;
il divieto posto dal decreto legislativo n. 128 del 2010 si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova normativa, mentre le attività offshore già autorizzate ne sono esonerate ma solo nei limiti dei «titoli abilitativi già rilasciati»;
la disciplina dettata dal citato decreto legislativo ha di fatto determinato il blocco indiscriminato delle procedure per il rilascio di nuovi permessi e concessioni in una parte amplissima delle acque territoriali italiane e forti limitazioni anche nello sfruttamento e nello sviluppo dei giacimenti già oggetto di provvedimenti di concessione, con ovvie ed inevitabili conseguenze in termini di riduzione degli investimenti nel settore;
i rischi a cui la scelta politica compiuta con il decreto legislativo n. 128 del 2010 espone il nostro Paese appaiono evidenti: la rilevante diminuzione della produzione nazionale di idrocarburi che

tale provvedimento legislativo comporterà negli anni a venire determinerà un incremento della già elevata dipendenza dagli approvvigionamenti energetici da Paesi terzi, un significativo aggravio dei costi dell'energia, minori introiti per lo Stato, una corrispondente riduzione del prodotto interno lordo e dei livelli occupazionali;
tali effetti appaiono tanto più inaccettabili se si considera che gli stessi si ricollegano innanzitutto ad una formulazione del tutto inappropriata della normativa introdotta con il decreto legislativo n. 128 del 2010, che non specifica che cosa esattamente debba intendersi con l'espressione «titoli abilitativi già rilasciati» e non fornisce indicazioni chiare in ordine ai criteri identificativi delle aree nelle quali il divieto da essa posto deve trovare applicazione;
appare dunque necessario e urgente che, in attesa dell'emanazione del previsto regolamento europeo in tema di sicurezza delle attività offshore, la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 128 del 2010 venga quanto meno corretta per eliminarne le più gravi ed evidenti incongruenze,


impegna il Governo


ad adottare tutte le opportune iniziative normative, anche d'urgenza, necessarie per pervenire in tempi ragionevolmente brevi ad una modifica della normativa contenuta nel decreto legislativo n. 128 del 2010, in particolare con riferimento ai procedimenti in corso e ai permessi e alle concessioni già rilasciati, al fine di promuovere, in accordo con le politiche europee, lo sviluppo delle risorse nazionali indispensabili per la copertura dei fabbisogni del sistema energetico italiano.
(1-00947)
«Saglia, Vignali, Garagnani, Ghiglia, Lazzari, Gelmini, Urso, Dell'Elce, Romani, Abrignani».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

PIFFARI e DI PIETRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 17 marzo 2012, il Corriere della Sera di Bergamo, ha pubblicato un articolo, a firma di Aristea Canini, dal titolo: «Energia da pneumatici, il ribaltone del governo Monti. Tavernola: l'esecutivo autorizza dopo il no dei cittadini e delle amministrazioni comunali del Sebino. Parere positivo all'utilizzo nella cementeria del "Cdr", il combustibile derivato da rifiuti»;
in buona sostanza, secondo quanto si apprende dal suddetto articolo, il Governo avrebbe dato parere positivo all'utilizzo nella cementeria di Tavernola Bergamasca, a titolo di sperimentazione, del «Cdr», ovvero un combustibile derivato da rifiuti e pneumatici triturati, dando seguito a ciò che il Gruppo Sacci, attuale proprietario degli impianti, aveva chiesto da molto tempo, come del resto evidenziato nell'ambito di una interrogazione presentata lo scorso 8 novembre, e segnatamente la n. 4-13840, cui peraltro, il precedente Esecutivo non ha mai dato alcuna risposta;
ad avviso degli interroganti le notizie riportate dal citato articolo di stampa appaiono di eccezionale gravità, anche alla luce del fatto che, proprio sulla vicenda del cementificio di Tavernola, nel 2007, attraverso una consultazione popolare, l'81 per cento dei cittadini residenti di Tavernola si erano espressi con un netto «no» all'ipotesi di bruciare i rifiuti per garantire il funzionamento dell'impianto in questione;

il 20 dicembre 2012, il Consiglio provinciale di Bergamo ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che, con riferimento al cementificio di Tavernola, impegna il presidente della regione Lombardia e l'assessore competente a vigilare affinché durante il procedimento autorizzatorio, ovvero la fase di autorizzazione integrata ambientale (AIA), siano rispettate e valutate le posizioni espresse dagli enti coinvolti che, come noto, hanno sempre evidenziato rilevanti criticità sia sotto il profilo ambientale, sia sotto il profilo squisitamente sanitario;
per quanto risulta agli interroganti, da uno studio dell'ASL di Bergamo, emergerebbe addirittura già una elevata incidenza tumorale della zona in questione rispetto al resto delle province e della stessa regione Lombardia -:
se corrisponda al vero quanto riportato dal citato articolo del Corriere della Sera di Bergamo, di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto rappresentato dalla presente interrogazione e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini di fronte ad attività di incenerimento dei rifiuti ad opera di cementifici, come nel caso di cui in premessa, anche promuovendo un piano di monitoraggio degli effetti conseguenti a tali attività.
(5-06463)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i fatti di sangue e di intolleranza sono ormai in Afghanistan all'ordine del giorno;
le proteste per il rogo dei volumi del Corano hanno rivelato ancora una volta quale clima vi sia per i soldati stranieri in Afghanistan;
il Parlamento afghano ha chiesto al presidente Hamid Karzai di revocare l'accordo che garantisce l'immunità nel Paese ai militari stranieri;
se fosse approvata questa richiesta, ogni soldato presente sul territorio afghano sarebbe a rischio di essere accusato e condannato arbitrariamente;
in Iraq questa clausola non è stata mai approvata e gli Usa sono stati costretti, per questo e altri motivi, a lasciare il Paese;
l'Italia mantiene ancora in terra di Afghanistan contingenti militari costantemente esposti a rischio;
proprio i contingenti italiani verrebbero presi di mira per ogni azione anche di tutela della pace sul territorio -:
se il Governo non ritenga di valutare con attenzione, nel caso tale richiesta venga approvata, il permanere delle condizioni per la presenza in Afghanistan dei militari italiani esposti a rischi che non vengono contemplati nelle regole d'ingaggio delle missioni militari all'estero.
(4-15377)

GRIMOLDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Nuovo Corriere versa in una situazione finanziaria molto difficile; la testata, ormai radicata nella città di Firenze, dove esiste dal 1999, dal 2008 si è affermata con successo anche ad Arezzo;
la società editrice ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede il taglio della metà del personale a partire dal mese di aprile 2012 e la prospettiva immediata è la perdita di 8 giornalisti sui 18 attualmente impegnati nelle varie redazioni, e di 3 dei 5 poligrafici;
tale situazione mette in pericolo la realizzazione di un prodotto competitivo e la stessa possibilità del giornale di andare in edicola;

il Nuovo Corriere ha peraltro già chiuso le edizioni di Lucca, della Versilia e di Prato;
la chiusura del Nuovo Corriere Aretino rischia di far rimanere senza voce un pezzo importante della città e della provincia di Arezzo;
è quindi fondamentale per la vita del giornale il pagamento dei contributi all'editoria maturati nel 2010 e che lo Stato ancora non ha liquidato;
nel rispetto delle verifiche disposte dal Governo sull'uso dei fondi pubblici, per il Nuovo Corriere, come per tanti altri giornali di tutta Italia, poter accedere ai contributi già maturati è un requisito indispensabile per la stessa sopravvivenza -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non intenda intervenire affinché i contributi all'editoria vengano liquidati celermente in modo tale da poter continuare ad assicurare la pluralità dell'informazione, tra cui quella fornita dal Nuovo Corriere Aretino.
(4-15378)

FAENZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
a distanza di oltre due mesi dalla tragedia della nave da crociera Costa Concordia, affondata in prossimità delle coste dell'isola del Giglio, i timori e le difficoltà che si manifestano da parte della comunità isolana e delle stesse autorità locali, per un ripristino delle condizioni di normalità, sono evidenti e di diversa natura;
i quotidiani locali segnalano in particolare, gravi disagi da parte dei pescatori dell'isola, i quali da diverse settimane, non possono mettere in acqua le proprie imbarcazioni a causa dell'occupazione di oltre la metà disponibile del pontile, ove abitualmente si effettuano le operazioni di messa a mare delle barche, in quanto lo spazio a disposizione non consente la manovra di sicurezza dei mezzi adibiti al servizio, in considerazione dello stanziamento di numerose imprese impegnate per le diverse attività e differenti lavori sulla nave Concordia;
i pescatori dell'isola del Giglio reclamano, che al ritorno alla normalità, sia considerata la loro situazione particolare, che allo stato attuale, non consente neanche l'inizio della stagione della pesca e conseguentemente avvertono con maggiore preoccupazione il futuro professionale ed occupazionale;
il comparto ittico, com'è noto, si trova tra l'altro, in una situazione generale di profonda crisi strutturale a causa sia del progressivo aumento del gasolio sta aggravando in misura significativa il settore interessato in Italia ed in Europa, che di alcune direttive comunitarie in materia fiscale e tributaria, che spesso si caratterizzano per decisioni restrittive e penalizzanti per i pescatori -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto delle prerogative dell'ente locale, intendano intraprendere, al fine di prevedere un ripristino delle condizioni generali di normalità precedenti alla tragedia navale avvenuta in prossimità dell'isola del Giglio, affinché possano determinarsi i requisiti necessari per lo svolgimento dell'attività nei confronti dei pescatori isolani.
(4-15379)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GOZI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, soprattutto da quando è possibile farvi ricorso diretto, ha costituito un formidabile strumento di tutela dei

diritti umani fondamentali nel sistema di protezione multilivello, acquisito anche nella Costituzione italiana;
a seguito di alcune indiscrezioni filtrate attraverso la stampa francese si apprende che il Governo inglese avrebbe intenzione di presentare un progetto di modifica del sistema Cedu in occasione della Conferenza intergovernativa di Brighton che si terrà dal 18 al 22 aprile 2012;
la bozza di riforma, pubblicata on line dalla stampa inglese, mirerebbe a rafforzare la libertà di apprezzamento degli Stati membri nell'applicazione e nell'attuazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e a limitare la competenza della Corte alle questioni più rilevanti in fatto di violazione delle libertà fondamentali (quindi violazioni strutturali e gravi);
sempre secondo quanto previsto dalla bozza di riforma, sarebbero notevolmente ristrette le vie d'accesso alla Corte di Strasburgo, mediante una espansione dell'area della irricevibilità dei ricorsi ai casi già esaminati dalle giurisdizioni nazionali, salvo errori nell'interpretazione o applicazione della Convenzione, e alle questioni sulle quali la Corte abbia emesso una opinione non vincolante, recepita da una giurisdizione interna;
le motivazioni presentate dal Regno Unito sarebbero quelle di voler snellire i lavori sulla Corte che si trova sovraccarica di cause da seguire;
non sono ancora state attuate completamente le riforme introdotte due anni fa, che già miravano a ridurre il carico di lavoro della Corte;
sempre secondo fonti di stampa si è appreso che i negoziati sulle proposte di modifica in questione sarebbero iniziati già il 5 marzo 2012;
il sistema Cedu che ne risulterebbe sarebbe depotenziato del più importante sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali, che rischia di trovare condivisione nel negoziato europeo -:
il Ministro abbia avuto contatti con il Governo inglese a tale proposito e quale sia la posizione del Governo italiano sulla riforma del sistema Cedu proposto.
(4-15374)

TESTO AGGIORNATO AL 21 MARZO 2012

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

DUSSIN, LANZARIN, TOGNI e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
numerose province italiane stanno bloccando le attività di recupero ambientale di vuoti di cave o di miniere già approvate secondo le previste procedure di valutazione di impatto ambientale ed in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, attuate a norma del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 relativo all'individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero;
il blocco di tali interventi di recupero ambientale sta provocando seri danni agli operatori minerari interessati oltre che serie ripercussioni sulla gestione razionale e compatibile dei rifiuti che possono essere recuperati come materiali e non smaltiti in discarica;
la vicenda trae origine dalla dubbia interpretazione cui si presta il comma 3 dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, relativo all'«Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa

alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE»;
tale disposizione prevede che il riempimento dei vuoti e delle volumetrie prodotti dall'attività estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione disciplinati dal decreto stesso, sia sottoposto alle disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti;
le province, nel dubbio della corretta interpretazione delle norme di cui trattasi, hanno da tempo inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, specifiche richieste di parere circa l'applicabilità del decreto legislativo n. 117 del 2008 in relazione alle norme sui rifiuti inerti in attività estrattiva, piuttosto che delle procedure semplificate, ai sensi dell'articolo 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006 nel testo vigente, per il recupero ambientale R10;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha ancora risposto a tali quesiti e pertanto la province limitano il recupero dei vuoti di cava alle sole terre e rocce da scavo, bloccando l'utilizzo degli altri materiali;
in realtà, la norma principale che preordina il predetto comma 3 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 117 del 2008, ossia l'articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2006/21/CE, dispone che «la direttiva 1999/31/CE continua ad applicarsi ai rifiuti non derivanti da attività di estrazione utilizzati per riempire i vuoti di miniera»;
per comprendere con maggiore cognizione di causa il significato di tale paragrafo, ci si dovrebbe rifare al considerando 20) della stessa direttiva 2006/21, che nel merito specifica che «Anche i rifiuti utilizzati per la ripiena dei vuoti di miniera a fini di ripristino o costruzione connessi al processo di estrazione dei minerali, quali la costruzione o la manutenzione nei vuoti di mezzi di accesso per le macchine, rampe di trasporto, sbarramenti stagni, terrapieni o berme di sicurezza devono essere soggetti ad alcuni obblighi per la protezione delle acque di superficie e/o sotterranee e per garantire la stabilità dei rifiuti e un adeguato monitoraggio alla cessazione di tali attività. Tali rifiuti non dovrebbero pertanto essere soggetti ai requisiti della presente direttiva che si riferisce esclusivamente alle "strutture" di deposito dei rifiuti, a meno che non siano indicati nelle disposizioni specifiche sui vuoti di miniera»;
è evidente che il campo di applicazione delle norme in questione riguarda esclusivamente la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive ed in tale ambito, in via incidentale, crea un collegamento con l'eventuale più ampia disciplina sulle discariche dei rifiuti in genere, allorquando i rifiuti diversi da quelli di estrazione mineraria potrebbero essere destinati allo smaltimento in siti derivanti da vuoti di miniere o di cave;
non appare pertanto consequenziale mettere in relazione le attività di recupero ambientale dei siti minerari esauriti, disciplinate da norme di principio di rango analogo, se non superiore, rispetto a quelle sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, con gli interventi di riempimento dei vuoti di miniera, quando in essi si decida di smaltire rifiuti;
gli interventi di recupero ambientale di cui trattasi, infatti, devono essere sottoposti a procedura di valutazione di impatto ambientale ai fini della loro corrispondenza ai principi di protezione delle falde, dei suoli, del paesaggio e della salute e solo nell'ambito di tali prescrizioni possono essere utilizzati anche i materiali classificati come rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero di cui agli articoli 214 e 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
la disciplina in questione si riferisce al più ampio obiettivo europeo volto a proteggere l'ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, limitando gli impatti complessivi

dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia. Si tratta, in particolare, dei criteri recati dalla direttiva 2008/98/CE, che mirano a promuovere il riutilizzo dei prodotti e le misure di preparazione per le attività di riutilizzo, in particolare favorendo la costituzione e il sostegno di reti di riutilizzo;
le disposizioni nazionali che corrispondono a tali obiettivi, oltre ad essere quelle di cui agli articoli 214 e 216 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono, attualmente, quelle specificamente previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998 sulla individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero. Tale decreto individua una serie molto vasta e puntuale di materiali che possono essere classificati non rifiuti e perciò utilizzati anche come prodotti per recuperi ambientali di cave esaurite;
in linea con i predetti criteri di recupero ambientale tramite l'utilizzo di materiali da rifiuto, si pongono, da ultimo, le previsioni recate dalla decisione della Commissione europea 2011/753/Ue. In essa viene definita anche l'attività di recupero relativa al «riempimento», descrivendola come l'operazione di recupero in cui i rifiuti idonei sono utilizzati a fini di bonifica in aree escavate o per interventi paesaggistici e in cui i rifiuti sostituiscono materiali che non sono rifiuti -:
se non intenda con urgenza chiarire alle province interessate la conforme applicazione delle norme relative alle attività di recupero ambientale dei vuoti minerari tramite l'applicazione delle procedure semplificate di recupero dei rifiuti che possono essere qualificati non più come rifiuti, nel senso di considerarle comunque ammissibili in caso di riempimento ambientalmente sicuro di tali vuoti e, nello specifico, se non intenda intraprendere iniziative normative che prevedano che il comma 3 dell'articolo 10 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, non si applichi alle attività o agli interventi finalizzati al recupero ambientale di vuoti di cave o miniere autorizzati nel rispetto della disciplina sulla valutazione di impatto ambientale, anche in caso di utilizzo di rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 214 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, o che corrispondano alle previsioni di cui alla decisione della Commissione europea 2011/753/Ue.
(5-06462)

MARIANI, GHIZZONI, BRATTI, MIGLIOLI e MOTTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel luglio 2002, la società Indipendent Gas Management srl (IGM), ha presentato all'allora Ministero delle attività produttive istanza per concessione di stoccaggio sotterraneo di gas naturale nell'area di «Rivara», provincia di Modena, che comprende porzioni territoriali dei comuni di San Felice Sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola, e Crevalcore in provincia di Bologna; il progetto prevede uno stoccaggio di 3,2 miliardi di metri cubi di gas in un'area di 120 chilometri quadrati e sarebbe, in Italia, il primo impianto di questo tipo;
ripetutamente a partire dal 2005, i comuni interessati e la provincia di Modena, hanno espresso, sulla scorta delle indicazioni fornite da numerosi esperti, la contrarietà all'intervento, in quanto l'impianto non fornisce sufficienti garanzie in termini di sicurezza e tutela ambientale; oltre alle istituzioni e agli enti locali, anche comitati di cittadini e le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, hanno più volte manifestato analoga contrarietà al progetto, evidenziandone l'insufficiente sicurezza;
nel settembre del 2006 la società IGM srl ha presentato richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale e nell'agosto del 2009 la società Erg Rivara Storage, costituita dalla precedente richiedente e dalla società Erg Power e Gas, ha presentato la

documentazione integrativa richiesta dalla commissione di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, allo scopo di proseguire la procedura di compatibilità ambientale;
la regione Emilia Romagna, che già nell'ottobre 2009, con la risoluzione del consiglio regionale n. 4903/2009, aveva invitato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore a valutare soluzioni alternative, ha espresso parere contrario al progetto con delibera in data 8 febbraio 2011 e ancora con nota inviata dall'assessore regionale competente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare data 29 novembre 2011, fornendo «oggettivi, ineludibili e incontestabili elementi di pericolosità presenti nell'area di Rivara» che renderebbero il sito incompatibile con «operazioni di immissione ed estrazione del gas», ed esporrebbero la popolazione e l'ambiente ad un «rischio difficilmente quantificabile anche a seguito di ulteriori studi e pertanto non valutabile con il margine di certezza necessario in applicazione del principio di precauzione sancito dal diritto comunitario»;
il 25 maggio 2011 la Commissione ambiente e lavori pubblici ha approvato una soluzione con la quale impegna il Governo «ad assumere una posizione politica precisa sull'inopportunità della scelta della realizzazione del deposito di gas Rivara, allo scopo di evitare di sottoporre il territorio e i cittadini a rischi imprevedibili conseguenti alla mancanza di sicurezza sismica e geologica del sito che dovrebbe ospitare il deposito, oltre che per ragioni di criticità ambientale»;
tralasciando le numerose e controverse fasi della lunga procedura, che sono oggetto di una precedente interrogazione alla quale si rimanda, vale la pena, in questa sede, concentrarsi sull'esito della valutazione relativa alla compatibilità ambientale del progetto di cui trattasi. Risulta, infatti, agli interroganti che, nonostante la commissione ministeriale VIA-VAS abbia per ben due volte segnalato l'impossibilità di pronunciarsi a causa della mancata acquisizione di elementi conoscitivi essenziali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, abbia con provvedimento del mese di febbraio 2012 decretato la compatibilità ambientale delle operazioni previste nella fase di accertamento del progetto, seppur con numerose prescrizioni ai fini del rilascio, da parte del Ministro dello sviluppo economico dell'autorizzazione di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto ministeriale 21 gennaio 2011, avvisando che la successiva concessione resta subordinata alla riattivazione della procedura di VIA, aggiornata sulla base degli esiti dell'accertamento medesimo;
sembra, tuttavia, all'interrogante che la citata pronuncia sia viziata da alcune evidenti anomalie, in particolare, risulta che non siano state tenute in debito conto le forti perplessità avanzate dall'ISPRA in relazione alla adeguatezza della fase di accertamento, rispetto alla quale così si esprime: «si ritiene...che i risultati ottenuti da essa non possano in alcun modo essere presi a sostegno di una decisione tecnico-scientifica motivata circa la prosecuzione del progetto»;
risulta, inoltre, che la pronuncia di compatibilità sia riferita alla fase di accertamento della fattibilità dello stoccaggio e non all'accertamento della fattibilità del programma di stoccaggio a cui fa riferimento l'articolo 3, comma 7, del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico, pertanto, erroneamente citato nella pronuncia medesima e che, infatti, riguarda limitate attività di ricerca dirette a verificare solamente la fattibilità tecnico-economica del programma, con esclusione, evidentemente, delle più invasive verifiche richieste dalla necessità di accertare la fattibilità di un progetto di stoccaggio -:
se non reputi il Ministro interrogato - alla luce delle suesposte considerazioni, della contrarietà manifestata dagli enti locali coinvolti e dalla regione Emilia Romagna, la cui intesa è indispensabile per il

rilascio dell'autorizzazione ministeriale, nonché dei numerosi studi che sconsigliano di proseguire anche solo gli accertamenti preliminari, tanto sono evidenti i rischi di dover rivedere la propria decisione mettendo così fine ad una vicenda che da ormai un decennio genera preoccupazione nella popolazione interessata e con ogni probabilità non porterà alla realizzazione dello stoccaggio, considerata, giova ribadirlo, la nota e più volte affermata, ostilità della regione Emilia Romagna.
(5-06464)

DIONISI e MONDELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 74 comma 1 lettera h) del decreto legislativo n. 152 del 2006 uno scarico proveniente da attività di frantoio oleario è inquadrato come «industriale» a prescindere dalla quantità e qualità dello stesso poiché proveniente da edifici in cui si svolgono attività diverse da quelle domestiche o di servizio;
secondo la citata lettera infatti sono «acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue proveniente da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento»;
diversamente, è classificato come «non industriale» un refluo immesso in fognatura proveniente da insediamenti quali le imprese agricole ed i frantoi inseriti in latifondi, benché producano e/o commercializzino un bene proprio;
i frantoi oleari liguri, per fare un esempio, sono del tutto analoghi ai frantoi inseriti in latifondi e caratterizzati da finalità di servizio in quanto predisposti per servire una miriade di piccoli coltivatori che considerano il frantoio come ineliminabile propaggine del loro fondo;
inoltre, i frantoi oleari liguri per smaltire i residui di lavorazione delle olive, in particolare le sanse e le acque reflue, devono sostenere numerosi disagi connaturati nella specificità della lavorazione, dell'acclività del versante ligure e della conurbazione di valle;
l'allaccio e lo scarico in fognatura dei reflui industriali devono essere preventivamente autorizzati da parte dell'autorità competente, mentre i limiti di riferimento per lo scarico dei reflui industriali deputanti in fognatura sono quelli riportati nella tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
alcuni frantoi oleari soprattutto liguri precedentemente autorizzati hanno potuto scaricare i reflui in fognatura sfruttando le deroghe concesse dalla normativa, ma recentemente gli stessi frantoi hanno ricevuto dagli ATO il diniego all'istanza di rinnovo allo scarico in fognatura generando una disparità di trattamento fra categorie di operatori, rischiando di mettere in ginocchio un comparto che rappresenta un vanto dell'offerta agro alimentare non solo ligure ma anche italiana;
recentemente il Ministro del Governo pro tempore competente per materia, rispondendo ad una sollecitazione sulla questione da parte dell'interrogante ha rassicurato che in una successiva ma breve fase temporale avrebbe provveduto a rimuovere gli ostacoli legislativi presenti in materia operando la modifica alla parte 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che però allo stato attuale risulta ancora non essere stata apportata;
è necessario un intervento chiaro e tempestivo per risolvere definitivamente la questione e permettere così di dare respiro ad un settore che rappresenta il vanto del comparto agroalimentare del Paese -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere affinché venga chiarita definitivamente la questione dello smaltimento/lavorazione dei residui lavorativi e dei sottoprodotti di lavorazione.
(5-06465)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. Per sapere - premesso che:
è stata avanzata dall'ENI istanza di permesso di ricerca «San Fele» finalizzato alla ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi avente ad oggetto un'area di 143,24 chilometri quadrati che si estende nella provincia di Potenza in Basilicata e interessa i comuni di Atella, Bella, Filiano, Muro Lucano, Ruoti, San Fele e Rapone;
nella porzione ricompresa nel dominio di pertinenza dell'autorità di bacino della Puglia, il permesso di ricerca San Fele insiste su un territorio con aree a rischio frana R4 (rischio molto elevato) e aree a pericolosità geomorfologica PG3 (molto elevata);
nella porzione ricompresa nel dominio di pertinenza dell'autorità di bacino del fiume Sele, il permesso di ricerca San Fele insiste su aree di versante a pericolosità reale da frana Pf1 (moderata), Pf2 (media) e Pf3 (elevata). Il territorio include aree a pericolosità potenziale da frana P-UTR1 (moderata), P-UTR2 (media), P-UTR3 (elevata) e P-UTR4 (molto elevata). Il rischio reale da frana è assegnato alle classi Rf1 (rischio moderato), Rf2 (rischio medio) e Rf3 (rischio elevato);
quanto alla classificazione sismica, tutti i comuni ricompresi nel dominio di pertinenza del permesso di ricerca San Fele sono classificati come sismici di zona 1, ad eccezione del comune di Filiano, sismico di zona 2 ed insistono su fasce di rischio sismico identificate da valori di accelerazione massima del suolo ricompresi tra 0,125 g e 0,275 g -:
se l'autorizzazione richiesta sia compatibile con tutte le normative nazionali e comunitarie in materia di sicurezza del territorio e quali iniziative di vigilanza e controllo si intendano assumere.
(4-15375)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MAZZOCCHI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sulla vetta di Monte Cavo, località sita nel comune di Rocca di Papa in provincia di Roma, da oltre trent'anni sono installati numerosi tralicci di emittenti radio e televisive a carattere locale e nazionale nonché tralicci di gran parte del sistema dei ponti radio dell'Italia centrale nonostante su tale area, riconosciuta di notevole interesse pubblico, insista il vincolo dettato dal decreto ministeriale del 24 aprile 1954 e successivamente ribadito dall'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio;
tra i mesi di agosto e settembre 2011 una serie di rilevazioni dell'Arpa Lazio avrebbe messo in evidenza il superamento dei limiti di emissione da parte di alcune frequenze radiofoniche che emettono il loro segnale da Rocca di Papa;
tali valori sembrerebbero superare i limiti fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, articolo 3, comma 2 a tutela della popolazione esposta;
su tale situazione la procura della Repubblica di Velletri risulterebbe aver

aperto un fascicolo d'indagine teso a verificare la violazione o meno dei suddetti limiti;
lo stesso consiglio regionale del Lazio il 18 settembre 2008 approvò la delibera n. 51 con la quale stabiliva la delocalizzazione dei ripetitori tv di Rocca di Papa;
ad oggi tale delocalizzazione risulterebbe ancora essere inapplicata;
numerosi casi di tumori, leucemie ed altre patologie minori stanno provocando a Rocca di Papa decessi e malati cronici;
la popolazione di Rocca di Papa si ritrova costretta a dover subire in silenzio questa eccessiva concentrazione di apparati di trasmissione che fanno di Rocca di Papa il maggiore sito europeo di trasmissione radio, televisiva e del sistema dei ponti radio;
l'alta esposizione alle onde elettromagnetiche potrebbe rappresentare, ad avviso dell'interrogante, il fattore determinante o quantomeno la concausa generante di tali malattie -:
se i fatti descritti in premessa corrispondano al vero; quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire a tutti i cittadini di Rocca di Papa il diritto alla salute così come sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione;
se non si ritenga opportuno valutare la possibilità di promuovere una ricerca epidemiologica tesa a verificare l'influenza di tale alta concentrazione di impianti radio e teletrasmissione sulla salute dei cittadini di Rocca di Papa;
se sia noto quali siano i motivi che hanno finora reso irrealizzabile la delocalizzazione degli impianti televisivi dalla Vetta di Monte Cavo a tutela dell'area vincolata ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
(4-15385)

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la Consulta per l'Islam italiano ha lavorato per nove anni sotto l'egida di tre Ministri dell'interno per un Islam integrato, moderno e tendente alle seconde generazioni;
ha svolto un lavoro di altissimo livello in tema di censimento delle moschee, creazione dell'albo degli imam, regole di trasparenza nel finanziamento delle strutture di culto;
la Consulta è stata, dal presente Esecutivo, totalmente accantonata, messa da parte e di fatto sostituita, per far posto ad una non meglio definita Conferenza permanente delle religioni e della cultura;
allorquando si firmò la Carta dei valori, che soggiaceva alla Consulta, l'UCOII (Unione comunità islamiche in Italia) non la firmò perché in essa era presente la definizione di uguaglianza fra uomo e donna;
l'UCOII, per sua affermazione stessa, non è organizzazione rappresentativa dell'Islam italiano bensì solo dei suoi iscritti;
oggi l'UCOII, pur non avendo firmato tale Carta, è presente come soggetto predominante nella detta Conferenza;
i moderati, che quella Carta firmarono e sottoscrissero, oggi non vengono nemmeno convocati nella Conferenza, se non dietro comunicato stampa;
la convocazione, tardiva, sarebbe arrivata non con invito ufficiale ma solo con una telefonata;

non si intravede alcuna funzione di tale Conferenza, se non quella di mero organo consultivo e non operativo, né di indirizzo normativo -:
se il Governo non ritenga di assumere adeguate iniziative, al fine di motivare concretamente il perché dell'inclusione dell'UCOII, organizzazione non rappresentativa dell'Islam italiano e non firmataria della Carta dei valori, nella detta Conferenza e dell'esclusione dei moderati dalla detta Conferenza, visto che nella Consulta per l'Islam italiano avevano svolto un lavoro egregio i cui risultati erano ormai in via di definizione definitiva.
(2-01416)
«Sbai, Mancuso, Lupi, Petrenga, Rampelli, Marsilio, Ronchi, Holzmann, Cosenza, Porfidia, Vincenzo Antonio Fontana, Savino, De Camillis, Renato Farina, Bergamini, Massimo Parisi, Pianetta, Saglia, Lazzari, Vignali, Gottardo, Rosso, Garagnani, Bocciardo, Valentini, Berardi, Scandroglio, Cassinelli, Carlucci, Lehner, Aracri, Ciccioli, D'Alessandro, Minasso, Fucci, Nastri, Buonanno, Simeoni, Saltamartini, Cazzola, Calabria, De Nichilo Rizzoli, Angeli, Gianfranco Conte, Volpi, Fedriga, Munerato, Lanzarin, Negro, Rainieri, Gidoni, Meroni, Grimoldi, Consiglio, D'Amico, Paolini, D'Anna, Togni, Isidori, Crosio, Vanalli, Rivolta, Ceccacci Rubino, Giammanco, Romele, Gelmini, Fitto, Razzi, Sisto, Maroni, Stracquadanio, Biancofiore, Cossiga, Raisi, De Corato, Minardo, Tommaso Foti, Lorenzin, Palumbo, Comaroli, Fallica, Pelino, Marmo, Bertolini, Centemero, Alberto Giorgetti, Fugatti».

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 18 marzo 2012 una nota di agenzia ha diffuso la notizia «AFGHANISTAN: INCENDIO SU UN "LINCE", FERITI 4 MILITARI ITALIANI (AGI) - Herat (Afghanistan), 18 marzo - Quattro militari italiani sono rimasti feriti in Afghanistan a causa di un incendio su un mezzo blindato Lince avvenuto alle 15:40 locali (le 12:10 in Italia, ndr). I feriti sono stati soccorsi e trasferiti all'ospedale militare all'interno della base di Farah, sono coscienti ed hanno avvisato personalmente le famiglie, come riferisce il portavoce del contingente italiano in Afghanistan, colonnello Vincenzo Lauro. I quattro erano a bordo di un mezzo blindato (VTLM) Lince all'interno della FOB (Forward Operative Base) "Tobruk" a Bala Boluk, nel settore sud dell'area di responsabilità italiana in cui opera la Task Force South, su base 152o Reggimento "Sassari". I militari appartengono tutti al 19o Reggimento Cavalleggeri "Guide" di Salerno, in affiancamento per il prossimo avvicendamento con il 152o Reggimento»; secondo la nota «Le cause dell'incendio sono in fase di definizione. C'è un'indagine che deve fare chiarezza su questo evento. Intanto i quattro militari sono coscienti e stanno reagendo bene. Da parte dei sanitari non ci sono preoccupazioni e personalmente hanno informato i familiari dell'accaduto». Lo ha detto il portavoce del contingente italiano in Afghanistan colonnello Vincenzo Lauro intervistato da Sky TG24 riferendosi all'incendio divampato oggi e che ha coinvolto un Lince italiano in Afghanistan. «Posso confermare - ha aggiunto - che il mezzo era all'interno del settore sud e non c'era nessun attacco in corso all'avamposto. Il personale probabilmente si stava occupando dell'allestimento del mezzo per poter

essere occupato in un'attività operativa. Le indagini faranno sicuramente chiarezza sull'accaduto»;
con altri atti di sindacato ispettivo gli interroganti hanno chiesto immediati interventi a seguito dei numerosi incidenti in cui sono rimasti coinvolti i citati mezzi «Lince», e delle testimonianze di militari che ne hanno rilevato le criticità e i limiti d'impiego in zone di operazioni -:
quali siano state le cause dell'incidente di cui in premessa e quali siano i danni fisici riportati dai militari coinvolti;
se siano avvenuti altri eventi simili a quello di cui in premessa, se vi siano rimasti coinvolti altri militari e quali ne siano state le cause;
quali immediate azioni intenda intraprendere in merito al fine di garantire una maggiore sicurezza del personale militare e se sia intenzionato a disporre immediate indagini per verificarne l'effettiva sicurezza del mezzo VTML in premessa in ogni contesto d'impiego, e quindi a sospenderne l'utilizzo fino al termine delle verifiche.
(4-15382)

TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla legge n. 126 del 2008, oltre a prescrivere l'esenzione dell'ICI sulle abitazioni principali, all'articolo 1 comma 3, aveva espressamente riconosciuto tale esenzione anche alla fattispecie contemplata dall'articolo 8, comma 4, decreto legislativo n. 504 del 1992, relativo agli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa e degli istituti autonomi per le case popolari - IACP;
l'agevolazione fiscale appena rappresentata, ha consentito agli enti gestori dell'edilizia pubblica di proseguire l'attività di gestione degli alloggi pur in assenza di qualsivoglia finanziamento ed in costanza di canoni locativi al di sotto della soglia dei costi per la costruzione e di quelli fissi e variabili di gestione;
il decreto-legge «Salva Italia» (decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011), all'articolo 13, ha anticipato al 2012 l'ingresso dell'imposta municipale unica e contemporaneamente ha ripristinato la tassazione sull'abitazione principali. L'applicazione dell'imposta municipale unica è prevista in via sperimentale per tre anni, e prevede di entrare a regime dal 2015;
gli alloggi popolari, precedentemente esentati dal pagamento dell'Ici, per effetto del decreto, potrebbero vedere applicata l'aliquota imposta municipale unica prevista per le seconde case, vale a dire lo 0,76 per cento;
tale imposta che sostituisce sia l'Irpef sui redditi fondiari delle seconde case, sia l'Ici per le prime case, varierà a seconda delle aliquote fissate da ogni comune che, in ordine al settore delle case popolari, potrà modificare in aumento o in diminuzione questa aliquota fino a 0,3 punti percentuali;
un simile intervento fiscale peserà sui già precari bilanci degli enti gestori per oltre 150 milioni di euro, cifra quest'ultima, calcolata sui circa 750 mila alloggi popolari che gli ex IACP gestiscono in tutta Italia;
in tal modo si riduce sostanzialmente la capacità di gestione e manutenzione; tutto questo in un momento in cui il settore dell'edilizia residenziale pubblica ha già ridotto la capacità produttiva del 37 per cento; inoltre, sia la tassazione imposta municipale unica che quella IRES e IRAP, vengono applicate in maniera differente,

sulla medesima tipologia di alloggi sociali, a seconda se gli stessi siano in proprietà dei comuni, ovvero, degli ex IACP o enti comunque denominati, configurando una evidente diversità di tassazione;
il parere della VIII commissione reso al decreto-legge n. 201 del 2011 e l'ordine del giorno a firma Gibiino, accolto dal Governo, impegnava l'Esecutivo ad eliminare l'incoerenza tributaria appena descritta e a prevedere per gli ex IACP l'esenzione dell'imposta municipale unica oltre che l'estensione a tali enti delle detrazioni fiscali del 36 e del 55 per cento per la ristrutturazione e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio;
tali enti che gestiscono immobili destinate alle fasce più deboli, disponendo allo stato attuale di risorse esigue, con l'introduzione dell'imposta municipale unica si troverebbero in grave difficoltà economica; inoltre, il prelievo imposta municipale unica si tradurrebbe nella impossibilità di eseguire la pur minima manutenzione straordinaria sugli immobili in parola rendendo le abitazioni non più sicure e decorose;
la situazione attuale prevede solo due prospettive: o il dissesto totale di tali enti o un aumento consistente dei canoni. Aumento che i meno abbienti non possono assolutamente onorare. 150 milioni di tasse che il Governo non può addossare alle fasce più deboli della popolazione italiana -:
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di eliminare la diseguale tassazione IRES, IRAP e imposta municipale unica che colpisce gli alloggi popolari di proprietà degli ex IACP o enti comunque denominati;
se non intenda assumere iniziative normative per ripristinare, a vantaggio degli ex istituti autonomi case popolari (comunque denominati o per gli enti gestori) il beneficio dell'esenzione dall'imposta municipale unica nello specifico prevedendo che, l'estensione della detrazione di 200,00 euro per abitazione e dell'aliquota dello 0,4 per cento con possibilità di ulteriore riduzione, prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, si applichi anche agli immobili di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, vale a dire alle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari così come evidenziato nella relazione illustrativa all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011;
quali ulteriori interventi il Governo intenda disporre a tutela del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, anche al fine di proteggere le fasce più deboli della popolazione.
(2-01415)
«Gibiino, Torrisi, Armosino, Stradella, Ceroni, Luciano Rossi, Minardo, Di Cagno Abbrescia, Scalera, Palumbo, Meloni, Scandroglio, Catanoso, Cazzola, Bernardo, Laffranco, Lisi, Santelli, Carlucci, Scapagnini, Biancofiore, Landolfi, Pianetta, Fucci, Carfagna, Nastri, Simeoni, Nizzi, Ghiglia, Lunardi, Nola, Cicu, Testoni, Pagano, Lazzari, Ascierto, Marsilio, Aracu, Berruti, Abrignani, Vessa».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere - premesso che:
in questi ultimi mesi, gli organi di stampa nazionale e locale hanno focalizzato la loro attenzione, pubblicando inchieste di grande interesse per l'opinione pubblica, sulla questione relativa alla retribuzione dei manager pubblici;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 («legge finanziaria 2008») all'articolo 3,

comma 44, ha disposto, ai fini del contenimento della spesa pubblica, un limite al «trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali ...agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate»;
le norme di cui al citato comma 44 e seguenti hanno trovato applicazione nel regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 195, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre successivo;
obblighi di pubblicità e di controllo sulle modalità applicative della disciplina sono stati previsti, e sono tuttora vigenti, precisando il predetto comma 44 che «Nessun atto comportante spesa ...può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, ...In caso di violazione, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita»;
esclusioni e deroghe al limite di spesa sono state ammesse ma in assenza della preventiva richiesta e dei relativi provvedimenti autorizzativi il comma 47 dello stesso articolo 3 ha disposto che da parte dell'amministrazione conferente l'incarico «si procede alla decurtazione annuale del trattamento economico complessivo di una cifra pari al 25 per cento della parte eccedente il limite...»;
le Commissioni riunite I e XI della Camera dei deputati - nell'esprimere mercoledì 29 febbraio 2012 il parere allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la ridefinizione del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti, ai sensi dell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 - hanno evidenziato come nello stesso «risulta inclusa solo una parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001; tale circostanza potrebbe dare luogo ad una disparità di trattamento tra soggetti chiamati a svolgere prestazioni simili...» ed «è da ritenersi, pertanto, necessario un intervento correttivo della disciplina recata dall'articolo 2-ter. ..disponendo, altresì, che la disciplina medesima costituisca un indirizzo al quale le Regioni devono conformare il proprio ordinamento...»;
la Commissione 11a del Senato della Repubblica, esprimendosi nello stesso giorno sullo schema di decreto, ha rilevato come «Con riferimento all'articolo 2, appare indispensabile individuare con la massima precisione la platea dei soggetti destinatari del provvedimento. Infatti, l'articolo estende la fattispecie a tutti coloro che, con posizione apicale, ricevono retribuzioni ed emolumenti a carico delle finanze pubbliche... In tale platea andrebbero ricompresi anche tutti coloro che ricoprono tale posizione presso le agenzie fiscali, le società controllate direttamente o indirettamente dagli enti pubblici locali, e tutti gli enti, società ed imprese in genere in cui vi sia una partecipazione di controllo»;
la trasparenza è sancita dal legislatore come principio e livello essenziale dell'azione amministrativa; in particolare l'articolo 11, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha imposto l'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale di una serie di dati, relativi agli incarichi dirigenziali, di consulenza e di coloro che rivestono incarichi di indirizzo politico amministrativo, prevedendo al comma 9, in caso di inosservanza, il «divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti»;
in un'intervista al quotidiano Il Messaggero, del 5 marzo 2012, il Ministro Patroni Griffi ha dichiarato che c'è ancora, anche in parte della dirigenza dello Stato

italiano, troppo poca cultura della trasparenza -:
quali iniziative intendano assumere i Ministri interpellati, sia in osservanza del regolamento vigente ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 2010 che nelle more dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sul cui schema sono stati espressi i citati pareri, per vigilare sul rispetto del dettato normativo, anche in ordine al principio di trasparenza dell'azione amministrativa, per sanzionare le eventuali violazioni e denunciare, nel caso di responsabilità erariale, della competente procura della Corte dei conti;
se il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione non ritenga di dover chiarire l'omessa presentazione della relazione al Parlamento sugli esiti del monitoraggio che l'articolo 6 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 2010 ha attribuito sia al Ministero dell'economia e delle finanze che al dipartimento della funzione pubblica.
(2-01418)«Brunetta, Cicchitto».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
da notizie assunte presso l'Enac, in merito alle gestioni aeroportuali, risulterebbe che per 17 aeroporti nazionali non è stato ancora perfezionato il procedimento di affidamento della gestione totale;
da tempo per gli aeroporti di Cuneo, Perugia, Ancona, Parma, Rimini, Brescia e Treviso, le convenzioni di affidamento della gestione totale sono state sottoscritte e trasmesse al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe adottato i relativi decreti e già da mesi li avrebbe inviati al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione della controfirma;
ad oggi, le procedure per la formalizzazione delle concessioni risultano ancora bloccate presso il Ministero dell'economia e delle finanze, costituendo tale situazione un reale ostacolo per la stabilizzazione delle realtà gestionali nonché per il pieno e costante sviluppo degli scali, fortemente condizionato da questo elemento di precarietà;
la riscontrata complessità dell'iter decisionale dell'affidamento della gestione aeroportuale e le relative lungaggini stanno incidendo negativamente sulle potenzialità di privatizzazione, in quanto direttamente connessa alla durata della concessione, alle tariffe praticabili e all'invarianza nel medio periodo del quadro regolamentare;
il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe richiesto la predisposizione di linee guida interministeriali che chiariscano il perimetro operativo del ricorso alla deroga dal divieto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010 all'articolo 6, comma 19, al fine di specificare in che modo la stipula di convenzione, contratti di servizio e di programma tra le società di gestione aeroportuali e gli enti locali possa essere assentita solo a determinate condizioni;
al riguardo risulterebbe che il 29 luglio 2011 sarebbe stata trasmessa una bozza di linee guida, inviata poi al Gabinetto e all'ufficio legislativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale viene sottolineata l'opportunità del riferimento effettuato dall'Enac alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
ad oggi, però, non risulterebbe ancora definita sull'argomento alcuna proposta;
un ulteriore elemento per il completamento dei procedimenti di affidamento delle «gestioni totali» è costituito dalla nuova scadenza stabilita dal decreto-legge del 29 dicembre 2011 n. 216 al 30 giugno 2012, scadenza che è stata di anno in anno prorogata a decorrere dal 2005 sempre fino al 31 dicembre 2012;

nell'ambito del provvedimento di revisione del codice della navigazione era stato fissato un termine entro il quale avrebbero dovuto essere concluse le istruttorie di affidamento della gestione totale, decorso il quale le società interessate avrebbero potuto chiedere la nomina di un commissario ad acta per il relativo rilascio;
tale scadenza conferma, dunque, che il settore è interessato da previsioni normative, comprese quelle di finanza pubblica direttamente applicabili ai soci pubblici, che non ne facilitano il ruolo e la relativa funzione, e che alimentano invece lo stato di incertezza in cui versano le società di gestione;
alla luce di quanto premesso, risulta prioritario intervenire sulla complessità dell'iter decisionale che riguarda l'affidamento della gestione aeroportuale e sul conseguente regime di incameramento e aggiornamento del diritti aeroportuali, che incidono in modo significativo sia sulla stabilizzazione delle realtà gestionali sia sulle potenzialità di privatizzazione -:
quali iniziative, di competenza i Ministri interpellati, intendano intraprendere per la definitiva approvazione dei decreti di affidamento della gestione totale, ancora sospesi, eliminando così questo grave elemento di precarietà che di fatto impedisce sia la stabilizzazione delle realtà gestionali sia il pieno sviluppo degli scali.
(2-01419)
«Delfino, Libè, Ciccanti, Galletti».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
numerosissime sono le segnalazioni di piccoli investitori che, confortati dal parere di sedicenti esperti o professionisti del settore, fidandosi dell'appartenenza della Grecia all'Eurozona e delle rassicurazioni delle istituzioni europee, hanno deciso di investire in titoli di Stato della Repubblica greca nella piena convinzione di non mettere a repentaglio il proprio capitale;
oggi si rileva che l'accordo europeo sul salvataggio della Grecia prevede uno scambio dei titoli di Stato greci in portafoglio agli investitori privati con obbligazioni a più lunga scadenza e interessi minori, tale da ridurre il debito greco di 107 miliardi di euro;
il successo dell'operazione è legato al tasso di partecipazione volontaria dei privati: oltre il 90 per cento (95 per cento circa) di consensi dovrebbe bastare per dimezzare la quota del debito pubblico oggetto dello swap, riducendola da 206 miliardi di euro a poco più di 100 (64,9 miliardi di nuovi titoli greci e oltre 35 miliardi di Efsf-bond con tre durate). Sotto il 75 per cento di consensi, lo swap rischia di essere cancellato;
nel caso di adesioni al di sopra del 75 per cento ma al di sotto del 90 per cento, la Grecia si riserva la possibilità di introdurre e attivare le clausole di azione collettiva (CAC) in base alle quali basterebbe il 50 per cento dei sottoscrittori partecipanti allo swap e una maggioranza pari a 2/3 di questo quorum favorevole alla modifica tramite clausole di azione collettiva per imporre i termini su tutti i detentori privati;
gli investitori privati in possesso di 200 miliardi di euro di obbligazioni greche subiranno una perdita del 53,5 per cento del valore nominale e una perdita reale del 73/74 per cento;
il 9 marzo il Ministro delle finanze greco ha reso noto che ammontano all'85,8 per cento le adesioni volontarie dei creditori privati sotto legislazione greca (pari a 152 miliardi di euro su 177) allo swap obbligazionario sul debito greco, mentre quelli sottoposti a legislazione internazionale hanno consegnato 20 miliardi su 29 pari al 69 per cento del totale: nel primo caso la soglia del 75 per cento è stata superata e ciò significa che su questa quota il Governo greco potrebbe usare le

clausole di azione collettiva in modo da far arrivare le adesioni sul fronte dei bond sotto legislazione greca al 95,7 per cento del totale; nel caso, invece, dei bond greci sotto legislazione internazionale, il Ministro Venizelos ha prolungato la possibilità per i risparmiatori di aderire alla proposta di scambio fino al 23 marzo 2012, pena il mancato pagamento senza applicazione delle clausole di azione collettiva;
i piccoli risparmiatori italiani coinvolti sono decine di migliaia per un investimento complessivo in bond greci di un miliardo di euro: la maggior parte dei titoli erano denominati col codice isin GR è sono di diritto greco e sono stati tutti «swappati» anche forzosamente; altri sono isin XS e di diritto inglese: per questi sono previste le clausole di azione collettiva raggiungimento del 75 per cento di adesioni; infine, ci sono le It;
si rileva che i piccoli risparmiatori italiani sono stati invogliati e assicurati da nostri operatori finanziari a comprare i titoli di Stato greci proprio per la garanzia di sicurezza dell'investimento;
nei risparmiatori sta crescendo l'idea di essere stati traditi dall'Unione europea. Lo swap, infatti, è stato iniziato, condotto e concluso (almeno per i bond di diritto ellenico) con una contrattazione che ha visto partecipi i soli investitori istituzionali riservando ai piccoli investitori la sorpresa di trovarsi forzatamente coinvolti e vincolati ad una determinazione che ha un effetto retroattivo sulla misura dei capitali da loro sottoscritti;
gli investitori istituzionali, in primo luogo le banche, possono già usufruire di appositi vantaggi, quali il prestito dalla Banca centrale europea di circa 1.000 miliardi di euro al tasso agevolato all'1 per cento al fine di mantenere la stabilità del sistema e la possibilità di dedurre fiscalmente le perdite, vantaggi questi che non sono riconosciuti al piccolo risparmiatore;
è necessario vigilare affinché i prestiti che gli istituti bancari hanno ricevuto dalla Banca centrale europea a tasso agevolato vadano effettivamente al sostegno dell'economia reale;
la legge italiana non prevede l'applicazione delle clausole di azione collettiva; per le controversie relative alle IT, che sono pienamente di diritto italiano e quotate alla borsa di Milano, come da regolamento depositato, è competente solo ed esclusivamente l'autorità giudiziaria di Milano;
non è ammissibile che un Paese membro della UEM, decida unilateralmente di non adempiere a obblighi contrattuali garantiti da uno Stato e da una legge come quella italiana;
in gioco non sono solo i risparmi di migliaia di risparmiatori, il che già sarebbe un sufficiente motivo per agire, ma la stessa credibilità delle istituzioni italiane e la sovranità legislativa;
i risparmiatori italiani devono poter scegliere liberamente in merito alla proposta di swap ed è, pertanto, indispensabile garantire il rispetto delle normative italiane che nessun Paese che ha contratto un'obbligazione può mettere in discussione; si tratta di un problema, oltre che economico, anche di sovranità nazionale -:
se esistano obbligazioni emesse dalla Repubblica ellenica ma sottoposte alla legislazione italiana e, in caso di risposta affermativa, come il Governo intenda tutelare i risparmiatori italiani;
di quali elementi disponga in merito al rispetto dell'obbligo, da parte degli intermediari finanziari coinvolti nell'operazione di vendita dei titoli greci, di informare in modo corretto e trasparente gli investitori;
se intenda assumere iniziative normative per promuovere la costituzione di un apposito fondo di garanzia a favore dei piccoli risparmiatori italiani che hanno acquistato i titoli di Stato greci finalizzato ad assicurare l'integrale rimborso in caso

di perdita di valore dell'investimento dovuto alla successiva ridefinizione del valore nominale dei crediti.
(2-01420)
«Boccia, Corsaro, Ventura, Pizzolante, Codurelli, Sanga».

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il territorio del comune di Margherita di Savoia (B.A.T), delimitato dal mare e dalla Salina, ha una estensione di circa 3.650 ettari a fronte dei 3.900 circa occupati dalla Salina;
la presenza della salina ha rappresentato per il comune di Margherita di Savoia, dunque, un ostacolo naturale sia allo sviluppo industriale ed occupazionale che a quello dell'urbanizzazione generale del territorio, generando condizioni di salubrità ambientale e di circolazione che hanno impedito o scarsamente incentivato l'insediamento di attività industriali;
nel corso degli anni il comune ha emanato numerosi decreti di occupazione d'urgenza riferiti al territorio della ex salina di Stato, ritenuti «indifferibili, urgenti e necessari» in quanto destinati ad uso di pubblica utilità;
una parte di detti suoli fu destinata alla «edilizia economica e popolare», per la realizzazione di alloggi necessari per una popolazione in aumento ed un'altra parte alla realizzazione di opere di urbanizzazione (strade, fogne, acqua, opere sanitarie e altro);
le aree occupate, insistenti a ridosso del centro abitato, riguardavano bacini ritenuti non più idonei alla produzione del sale e dichiarati, pertanto, fuori produzione, in stato di abbandono e suscettibili di arrecare grave pregiudizio alla salute pubblica per la carenza di controlli igienici e per il fatto che molti erano divenuti depositi abusivi di rifiuti;
i citati decreti non sono stati definitivamente perfezionati ai fini amministrativi e fiscali e di notorietà immobiliare presso i competenti uffici territoriali;
l'articolo 2-quinquies del decreto-legge n. 392 del 2000 convertito dalla legge 28 febbraio 2001, n. 26 prevede che : «I beni immobili compresi nelle saline già in uso all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e all'Ente tabacchi italiani, non più necessari, in tutto o in parte, alla produzione del sale, costituiscono aree prioritarie di reperimento di riserve naturali ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante la disciplina delle aree protette. I provvedimenti istitutivi delle aree protette e gli atti di concessione concernenti beni compresi nei predetti territori sono emanati di concerto con il Ministro delle finanze. Tali concessioni possono essere rilasciate, anche a titolo gratuito a favore delle regioni o degli enti locali nel cui territorio ricadono i predetti beni. I beni immobili di cui al presente comma, in quanto non destinabili a riserva naturale, sono trasferiti, a titolo gratuito, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente, ai comuni sul cui territorio i medesimi insistono»;
il comune di Margherita di Savoia con nota del 2 aprile 2001 richiedeva al Ministero delle finanze, amministrazione autonoma dei monopoli di Stato l'acquisizione dei beni immobili compresi nelle saline in esecuzione del suddetto decreto-legge;
il Ministero delle finanze amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con nota del 15 giugno 2001 prot.n. 5/71107/PA comunicava al comune che la suddetta richiesta era oggetto di valutazione da parte della stessa amministrazione;
l'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 recante Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico, dispone che: «1. Valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene

immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano risarciti i danni» ....(Omissis); 6. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, nei casi previsti nei precedenti commi il risarcimento del danno ....(Omissis);
la sentenza 4-8 ottobre 2010 n. 293 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del suddetto articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001;
l'Agenzia del demanio con decreto direttiva n. 46181 del 1° dicembre 2003 procedeva all'individuazione dei beni immobili ritenuti dall'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non strumentali alla propria attività tra cui le aree sopra richiamate oggetto dei decreti di occupazione d'urgenza;
a seguito dell'istituzione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il Demanio cedeva in piena proprietà al direttore della regia salina di Margherita di Savoia, in qualità di rappresentante dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, una lunga serie di immobili tra i quali erano ricompresi anche quelli espropriati dal comune per la realizzazione di opere pubbliche e di costruzioni di alloggi economici e popolari;
successivamente all'istituzione dell'Ente nazionale tabacchi, parte delle aree vennero trasferite al nuovo ente mentre quelle non trasferite all'ETI rimanevano nella disponibilità giuridica dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
il Ministero dell'economia e delle finanze Amministrazione autonoma di monopoli di Stato tramite l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari nel 2005 presentava al Tar Puglia n. 8 ricorsi per l'accertamento della responsabilità civile del comune per i suddetti decreti di occupazione ed urgenza. Però ad oggi non è stata fissata alcuna udienza;
il comune di Margherita di Savoia con delibera di consiglio comunale n. 66 del 12 dicembre 2006 acquisiva gratuitamente al patrimonio comunale gli appezzamenti di terreno già di proprietà dell'Amministrazione di monopoli di Stato, ossia quelli oggetto dei decreti di occupazione d'urgenza sopra richiamati e in data 1° febbraio 2007 notificava agli enti interessati la deliberazione avente ad oggetto l'acquisizione delle aree di proprietà ex salina di Stato e destinati al patrimonio comunale;
con determinazione n. 359 del 19 maggio 2009 lo stesso comune provvedeva, in esecuzione della delibera di consiglio comunale n. 66/2006, ad acquisire definitivamente al patrimonio di questo Comune le aree di cui sopra ed a trascrivere la stessa determina alla conservatoria previa registrazione presso la competente Agenzia delle entrate;
gli immobili di un ente pubblico, anche se destinati ad un pubblico servizio e quindi sottoposti al regime proprio del patrimonio indisponibile, possono formare oggetto di atti espropriativi per il conseguimento di un fine, di un interesse generale e, una volta venuta meno la destinazione del bene allo svolgimento del pubblico servizio, esso perde la sua «indisponibilità»;
dal combinato disposto delle norme di cui sopra deriva secondo l'interrogante la conferma della titolarità del comune di Margherita di Savoia ad acquisire a titolo gratuito le aree citate già di proprietà dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
l'Avvocatura dello Stato con note prot.nn. 64120 e 64121 del 27 dicembre 2010, acquisite al prot.n. 172 e 175 del 5 gennaio 2011 richiedeva al comune per conto dei Monopoli di Stato la somma di 1.150.000,00 euro ed 20.000,00 euro a titolo di risarcimento danni derivante dall'occupazione illegittima in relazione ai decreti di occupazione d'urgenza di cui sopra;

da qualche anno si va nella direzione del federalismo (demaniale e fiscale) che prevede anche il trasferimento agli enti territoriali dei beni statali secondo criteri di sussidiarietà, adeguatezza, territorialità, semplificazione e correlazione con competenze al fine di procedere ad una valorizzazione funzionale del bene nell'interesse della collettività rappresentata;
a seguito dell'acquisto da parte del comune della proprietà delle predette aree per la realizzazione di pubblica utilità e non esiste più l'obbligo di provvedere al risarcimento del danno arrecato all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, a seguito dell'illegittimità dichiarata dalla Corte costituzionale dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001 -:
se non ritenga di procedere al trasferimento al patrimonio del comune di Margherita di Savoia a titolo gratuito e di diritto tutte le aree ex Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato oggetto dei decreti di occupazione d'urgenza, senza alcun onere aggiuntivo diretto ed indiretto a carico dello stesso comune, così superando tutto il contenzioso insorto tra il suddetto comune e l'Amministrazione dei monopoli di Stato.
(2-01413) «Carlucci».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per conoscere - premesso che:
con la «manovra di ferragosto 2011» si è innalzata la tassazione sulle rendite finanziarie per tutti i titoli, eccezion fatta per quelli di Stato;
conseguentemente, si è provveduto a ridurre, in proporzione, l'operatività fiscale delle minusvalenze;
da parte di alcuni si è evidenziata la illogicità dell'iniziativa, dal momento che la riduzione della percentuale che riguarda queste ultime avrebbe coinvolto anche quelle relative ai titoli di Stato che, com'è noto, non sono stati interessati da modifiche al sistema di tassazione, la cui aliquota è rimasta invariata;
ulteriore elemento difficilmente comprensibile riguarderebbe l'efficacia delle nuove regole in materia di minusvalenze, dal momento che la norma di minor favore si applicherebbe anche in relazione al periodo precedente a quello in cui la stessa è entrata in vigore e, cioè, dopo che dette minusvalenza si sono già verificate -:
quale sia la corretta disciplina applicabile alle minusvalenze sulle rendite dei titoli - con particolare riferimento anche a quelli di Stato - conseguente alle modifiche recentemente introdotte e a quali ragioni risulti ispirata sul piano logico, giuridico e fiscale.
(5-06453)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il signor Oscar Stefani da anni sta cercando di sdemanializzare (comprare dal demanio) un tratto di fossa che attraversa ufficialmente una campagna di proprietà che si trova in località la Zizona di Santa Maria di Zevoio, aree catastalmente distinte in comune di Zevio (Verona) foglio n. 3, mappali n. 59, 64, 65, 73, 79, 146, 147, 148, 149, 150;
nel tratto di cui sta parlando la fossa esiste sulle mappe catastali ma non sul terreno. L'interessato da più di venti anni si occupa della campagna e la fossa non l'ha mai vista;
lo stesso è venuto a sapere dall'allora direttore del Consorzio grandi valli cui faceva capo la fossa, che la stessa era nata per portare l'acqua attorno al «castello di Zevio», attuale sede comunale, e che l'ultima volta che avevano immesso acqua si sono allagate alcune zone. Lo consigliava quindi di sdemanializzarla;

il signor Stefani avviò numerose pratiche e nel frattempo iniziò anche a pagare un affitto annuo sulla fossa o meglio sui terreni laterali della stessa;
in data 11 dicembre 2003 il Consorzio grandi valli dichiarava l'inattività della fossa da oltre trent'anni;
in data 5 febbraio 2007 veniva richiesta la sdemanializzazione all'ufficio S.O.T. di Vicenza (Agenzia del demanio - filiale del Veneto);
in data 29 aprile 2008 il comune di Zevio deliberava la rinuncia alla prelazione;
in data 6 febbraio 2009 il genio civile di Verona dava il «nulla osta» alla sdemanializzazione;
in data 3 settembre 2009 veniva richiesto il frazionamento della fossa;
in data 16 settembre 2009 il frazionamento veniva approvato n. VR 0325365;
in data 4 marzo 2010 veniva sollecitata l'urgenza della sdemanializzazione all'Agenzia del demanio di Vicenza;
nella primavera 2010 l'Agenzia del demanio di Vicenza ha chiesto tutta la documentazione prodotta e ha posto il blocco della pratica, con riferimento al decreto sul federalismo demaniale approvato a fine maggio 2010 dal Consiglio dei ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 11 giugno 2010 l'agenzia aveva chiesto all'Avvocatura dello Stato se era corretto procedere anche dopo il decreto;
nel momento dell'avvio della pratica il terreno era dello Stato e quindi si doveva inoltrare il fascicolo a Roma per le firme dei Ministeri mancanti, ambiente e tutela del territorio e del mare, dell'economia e delle finanze;
l'avvocatura avrebbe risposto che le pratiche già a Roma dovessero essere mandate avanti -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti;
se non ritengano di intervenire al fine di chiarire che le pratiche già avviate e sulle quali l'Agenzia del demanio si è già espressa, devono comunque essere portate a compimento.
(5-06459)

Interrogazione a risposta scritta:

TOMMASO FOTI e GHIGLIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in ragione della nota allo stesso inviata in data 16 luglio 2009 (prot. 2009/11949/BO) dall'Agenzia del demanio, Filiale Emilia-Romagna, unità operativa beni demaniali, il comune di Fiorenzuola d'Arda, in provincia di Piacenza, con nota protocollo n. 9717 del 31 marzo 2010, ne riscontrava ogni richiesta ivi contenuta;
detta corrispondenza, riguardava la sdemanializzazione dell'area ex alveo del torrente Arda con sovrastanti fabbricati, identificata al CT Fg. 38 mapp. 1542 e Fg. 39 mapp. 1610-1613-1614;
risulta altresì all'interrogante che in merito, al fine di una positiva conclusione della pratica in questione l'Agenzia del demanio, filiale di Bologna, abbia, con nota dell'11 maggio 2010, protocollo n. 9349, interessato la direzione generale dell'Agenzia del demanio -:
quale sia attualmente lo stato della pratica e cosa osti alla sua definizione.
(4-15372)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere - premesso che:
è ormai un dato acquisito che il fenomeno della corruzione danneggia non

solo l'etica pubblica e la correttezza dei rapporti tra cittadino e Stato, ma produce un danno economico enorme al Paese sia come danno erariale, quantificato in almeno 60 miliardi di euro all'anno (come ha affermato il procuratore generale aggiunto della Corte dei conti, Maria Teresa Arganelli, nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario), sia come danno alla competitività dei settori della nostra economia anche a causa dell'alterazione del regime della libera concorrenza;
oggi ancora più acutamente che nel passato nell'attuale crisi economica che attraversa il Paese, pesa la sottrazione di risorse alla pubblica amministrazione;
nella passata legislatura era stata presentata una proposta di legge (AC 1358 a firma Spini, Realacci - 13 luglio 2006) che aveva l'obiettivo di ampliare le ipotesi di confisca e quindi di sequestro preventivo già previste dagli articoli 322-ter del codice penale, estendendo anche ai reati più gravi contro la pubblica amministrazione la disciplina contenuta nell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;
tale normativa veniva trasfusa tramite un emendamento nella legge finanziaria per il 2007 (articolo 1 commi 220-221);
in particolare, veniva così disposto che ai beni confiscati per reati contro la pubblica amministrazione si applichi la stessa disciplina di quelli confiscati per reati di mafia, e che i proventi dell'affitto, della vendita e della liquidazione dei beni siano versati nelle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnati in qual misura al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo;
come per l'utilizzo per fini sociali dei beni confiscati alla mafia, anche in questo caso l'attuazione della normativa citata ha un alto valore di sensibilizzazione sul significato civile del recupero e del riutilizzo dei patrimoni accumulati illecitamente -:
quale sia lo stato di attuazione delle norme contenute nell'articolo 1 commi 220-221 della legge finanziaria per il 2007 e, in particolare, quale sia il numero dei processi per corruzione a cui risultano essere state applicate, quale sia l'entità e la tipologia dei beni confiscati e se e in che misura sia stata data attuazione all'impiego delle somme ricavate per interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo o comunque in quale fondo tali somme siano confluite.
(2-01414)
«Rossomando, Ferranti, Pedoto, Realacci».

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per il completamento del progetto di ammodernamento della autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria occorre ancora acquisire i finanziamenti necessari per la realizzazione di 10 interventi;
fra tali interventi rientra anche il nuovo svincolo di Sala Consilina sud (località Trinità) in provincia di Salerno, fondamentale per la rete dei collegamenti e per la mobilità di questa importante area del salernitano;
per la costruzione dello svincolo situato al chilometro 95+244, occorrono 21 milioni di euro, secondo le stime ufficiali dell'ANAS aggiornate a luglio 2009;
attualmente è stata terminata la redazione del progetto preliminare;

occorre l'erogazione in tempi certi e ravvicinati del finanziamento necessario per poi attivare il previsto appalto integrato ed affidare infine i lavori;
occorre, altresì, velocizzare al massimo le attività amministrative per l'approvazione del progetto;
tale progetto è stato trasmesso dall'ANAS al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al CIPE ed è in via di convocazione la relativa conferenza di servizi;
dopo l'esito positivo di tale Conferenza, il progetto potrà essere celermente approvato dal CIPE -:
quando e con quali iniziative il Governo intenda mettere a disposizione le somme occorrenti (21 milioni di euro) per la costruzione del nuovo svincolo;
quando siano previste l'ultimazione e l'approvazione del progetto definitivo, da porre a base della gara per l'appalto integrato progettazione esecutiva e costruzione) dell'opera;
quando siano previsti l'attivazione dell'appalto e l'affidamento in concreto dei lavori;
in quali tempi siano preventivati l'inizio e l'ultimazione dei lavori relativi al nuovo svincolo, da tempo atteso dagli enti locali e dalle comunità del comprensorio del vallo di Diano;
quali siano i tempi previsti per lo svolgimento della conferenza di servizi e per l'approvazione del progetto da parte del CIPE, tenuto conto che tali attività vanno al massimo velocizzate.
(5-06455)

IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per il completamento del progetto di ammodernamento della autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria occorre ancora acquisire i finanziamenti necessari per la realizzazione di 10 interventi;
fra tali interventi rientra anche il nuovo svincolo di Padula-Buonabitacolo, in provincia di Salerno, fondamentale per la rete dei collegamenti e per la mobilità di questa importante area del salernitano;
per la costruzione dello svincolo, situato al chilometro 103+207, con la delocalizzazione di quello esistente ubicato al chilometro 103+300, occorrono 26 milioni di euro, secondo le stime ufficiali dell'ANAS aggiornate a luglio 2009;
attualmente è in corso di redazione il progetto definitivo, che nelle prossime settimane dovrebbe essere inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al CIPE per l'attivazione della relativa conferenza di servizi e per l'approvazione successiva del CIPE;
l'erogazione in tempi certi e ravvicinati di tale finanziamento è indispensabile per accelerare la progettazione dello svincolo, per addivenire alla sua approvazione finale, per poi attivare il previsto appalto integrato ed affidare infine i lavori;
occorre, altresì, velocizzare al massimo le attività di progettazione e di approvazione del progetto -:
quando e con quali iniziative il Governo intenda mettere a disposizione le somme occorrenti (26 milioni di euro) per la costruzione del nuovo svincolo;
quando siano previste l'ultimazione e l'approvazione del progetto definitivo, da porre a base della gara per l'appalto integrato (progettazione esecutiva e costruzione dell'opera), con l'attivazione della relativa conferenza di servizi;
quando siano previsti l'attivazione dell'appalto e l'affidamento in concreto dei lavori;
quando siano preventivati l'inizio e l'ultimazione dei lavori relativi al nuovo svincolo, da tempo atteso dagli enti locali e dalle comunità del comprensorio del Vallo di Diano.
(5-06456)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
in Sicilia ha provocato danni ingenti il maltempo che si è abbattuto tra il 7 e il 12 marzo 2012;
a causa del maltempo una nave cisterna si è incagliata sugli scogli a Santa Panagia (Siracusa), una contrada periferica sita a nord ovest di Siracusa. La nave, «Gelso M», era diretta ad Augusta;
a Siracusa città si sono verificati allagamenti lungo la zona balneare e nel quartiere della Borgata, dove le scuole sono rimaste chiuse come disposto dal sindaco;
nel resto della provincia di Siracusa sono numerosi gli alberi abbattuti dal forte vento;
sempre a causa del maltempo è mancata la corrente elettrica nella provincia di Catania;
la pioggia caduta ha provocato l'esondazione del torrente Dirillo al confine tra le province di Caltanissetta e Ragusa, in quanto gli argini non hanno retto al volume delle acque ingrossate dalla intensa pioggia;
numerosi tratti ferroviari sono stati interrotti e le campagne tra Gela e Ragusa si sono allagate;
al momento è impossibile procedere alla conta dei danni che sembrerebbero ingenti e che potrebbero rappresentare un ulteriore colpo alle economie locali, le quali non possono essere lasciate da sole ad affrontare l'ennesima emergenza maltempo;
ancora una volta la Sicilia è esposta ad una condizione di dissesto idrogeologico e di debolezza infrastrutturale a causa di eventi e calamità -:
se il Ministro interrogato abbia acquisito i dati relativi all'ammontare dei danni provocati in Sicilia dagli eventi avvenuti tra il 7 e il 12 marzo 2012;
quali iniziative di competenza abbia avviato al fine di sostenere i comuni colpiti dal maltempo e di consentire il ripristino di condizioni normali di vivibilità;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere, in maniera strutturale, per affrontare le gravissime condizioni di dissesto idrogeologico, che, ad ogni calamità naturali, provocano danni ingenti in Sicilia, e quali siano le risorse destinate al dissesto idrogeologico.
(4-15373)

LAFFRANCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il progetto infrastrutturale viario, entrato in piena fase realizzativa nel corso del 2007, consiste nel completamento e adeguamento di alcune arterie principali la strada statale 77 Foligno-Civitanova Marche, la strada statale 76 e la strada statale 318 Perugia-Ancona, la pedemontana Fabriano-Muccia/Sfercia, la strada datale 78 Sforzacosta-Sarnano ed altri interventi viari, idonei ad assicurare il raccordo con i poli industriali esibenti e, più in generale, a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate. Il completamento delle opere viarie è previsto per il 2013;
il piano di area vasta (PAV) prevede l'insediamento di nuove attività produttive nelle cosiddette aree leader e aree di implementazione adiacenti e connesse alle infrastrutture viarie. Tale piano è fonte di ulteriore sviluppo economico per il territorio interessato dal potenziamento viario e contribuisce a finanziare la realizzazione delle opere stradali;
al fine di portare a termine tali interventi infrastrutturali il 6 giugno 2003 è stata costituita la società Quadrilatero Marche Umbria spa una società pubblica di progetto, senza scopo di lucro;

la Perugia Ancona, in particolare, è un'arteria fondamentale non solo per il collegamento viario tra Umbria e Marche ma soprattutto per lo sviluppo economico dell'intera Italia centrale;
i lavori per il suo completamento hanno subito diversi ritardi e le scadenze prestabilite sono state evidentemente messe in discussione non solo per le problematiche aziendali di una delle imprese subappaltatrici coinvolte, di recente evidenziatesi, ma anche per gli infiniti problemi che oramai da vent'anni ritardano quest'opera. Eppure, per l'importanza strategica dell'opera, ulteriori ritardi appaiono insostenibili;
la sua realizzazione consentirebbe di ridurre il gap infrastrutturale dell'area che attualmente penalizza non poco la produttività locale e permetterebbe di assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti e di migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate, e questo vale in particolare per le aree umbre interessate dal progetto;
secondo quanto dichiarato dalla stessa società Quadrilatero: «L'occupazione diretta e indiretta negli anni successivi alla realizzazione risulta pari ad oltre 8.000 unità anno. Per quanto riguarda la distribuzione locale dei benefici occupazionali all'interno delle regioni direttamente interessate dalla realizzazione del "Progetto Quadrilatero", le valutazioni dimostrano che le ricadute occupazionali annuali si concentrano nelle Regioni Marche e Umbria»;
sempre con riferimento alla Perugia-Ancona appare certamente importante che sia stato firmato uno specifico crono-programma per la realizzazione delle opere che insistono sul territorio marchigiano e appare altresì necessario che gli stessi impegni vengano presi per quanto riguarda il territorio umbro;
in particolare, appare necessario confermare l'impegni presi con riferimento al tratto Valfabbrica-Casacastalda-Scoperto per il quale è previsto il raddoppio delle corsie, intervento questo programmato dall'Anas per un investimento di circa 100 milioni di euro;
nel pomeriggio di mercoledì 14 marzo 2012, in seguito allo sciopero effettuato dagli operai della ditta «gruppo Papa Srl», azienda sub appaltatrice dei lavori sul cantiere di Pianello della Perugia-Ancona (lotto strada statale 318), il committente unico «Impresa Spa» ha effettuato un bonifico alla gruppo Papa che ha permesso all'azienda di corrispondere a tutti i dipendenti un acconto di mille euro sul totale degli stipendi non pagati negli ultimi mesi. Inoltre, Impresa spa ha comunicato che effettuerà un nuovo pagamento la prossima settimana, che consentirà di saldare completamente il debito verso tutti i lavoratori. Anche in virtù di quanto successo, appare necessario vigilare perché gli impegni presi vengano rispettati, per evitare che una possibile fonte di lavoro e sviluppo si trasformi nella causa di nuove speranze disattese -:
quali iniziative intenda adottare, nel rispetto delle proprie ed altrui competenze, ed in quali tempi, per assicurare che gli impegni presi per il completamento della strada statale Perugia-Ancona e delle opere a questa collegate siano rispettati.
(4-15376)

PICCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il recente incidente avvenuto a Sierre in Svizzera, che ha provocato la morte di ventidue bambini, in cui un pullman si è schiantato contro il muro di una piazzola di sosta all'interno di una galleria autostradale ha evidenziato come i muri delle piazzole di sosta dentro i tunnel autostradali siano evidentemente mortali, perché rivolti verso il senso di marcia degli autoveicoli;
gallerie con piazzole di sosta simili a quelle di Sierre sono estremamente diffuse nella nostra rete autostradale e viaria;

l'eliminazione degli spigoli vivi e l'utilizzo di materiale più morbido dove adesso c'è il nudo cemento sarebbero precauzioni raccomandabili per prevenire gli incidenti e che certamente avrebbero potuto attenuare il bilancio di vittime a Sierre -:
se non ritenga opportuno censire tutte le piazzole di sosta all'interno dei tunnel autostradali e viari italiani che abbiano le caratteristiche di rischio descritte in premessa;
quali iniziative normative e regolamentari intenda adottare per segnalare adeguatamente il pericolo all'interno delle gallerie e far adottare ai gestori delle strade tutti gli accorgimenti tecnici per l'eliminazione degli spigoli e più in generale per la prevenzione di altri incidenti simili.
(4-15380)

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
a Bologna il 5 marzo 2012 sono stati arrestati quattro poliziotti del nucleo radiomobile, accusati da alcuni clandestini magrebini, noti alle Forze dell'ordine per reati di spaccio, di averli derubati di alcune centinaia di euro, frutto dei loro traffici illegali, e di avere usato violenza nei loro confronti;
la procura di Bologna sarebbe in procinto di chiedere alla questura locale di concedere agli spacciatori extracomunitari, parte lesa nel procedimento giudiziario e che risultano risiedere illegalmente nel nostro Paese, il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo;
il questore di Bologna, Vincenzo Stingone, ha dichiarato: «Se la procura, con la quale si lavora in grande sintonia, riterrà opportuno chiedere al questore di rilasciare permessi di soggiorno temporaneo per questioni di giustizia, non ci sarà alcun problema da parte del sottoscritto a rilasciarli» (pagina quattro della cronaca locale de «Il Resto del Carlino» del 13 marzo 2012);
se il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo verrà accordato, si verificherà una situazione paradossale per cui, mentre i quattro poliziotti saranno incarcerati per presunti reati di furto e di violenza personale - che, qualora dimostrati, meriterebbero senza dubbio di essere severamente puniti, trattandosi di rappresentanti dello Stato -, i loro accusatori, accusati di spaccio di droga, resteranno non solo in libertà, ma, pur essendo clandestini, potranno ricevere il premio del permesso di soggiorno;
la media italiana per i processi penali nei tre gradi di giudizio supera normalmente e ampiamente i cinque o sei anni;
in casi analoghi, come ad esempio nel processo dell'omicidio di Erba, Azouz Marzouk, anch'egli immigrato clandestino e accusato del reato di spaccio, fu espulso e solo successivamente gli fa concesso un permesso provvisorio per il periodo del processo;
l'episodio di cui in premessa rende secondo gli interpellanti improcrastinabile una revisione, anche di carattere normativo, dei criteri di rilascio dei permessi di soggiorno temporanei, per evitare interpretazioni strumentali delle norme e delle procedure amministrative vigenti che possano influenzare o indebolire rimpianto delle garanzie riconosciute agli imputati -:
se non intendano assumere iniziative normative per la revisione dei criteri di rilascio dei permessi di soggiorno temporanei alla luce delle considerazioni effettuate in premessa.
(2-01417) «Raisi, Della Vedova».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
si fa riferimento ai numerosi episodi di corruzione che caratterizzano varie regioni d'Italia, traendo spunto dalla vicenda che ha riguardato il presidente della regione Emilia Romagna Errani; senza entrare nel merito di tale caso in attesa delle conclusioni della magistratura, si sottolinea però l'emergere di una questione morale che caratterizza varie realtà territoriali ed in particolare il rapporto tra istituzioni e pubbliche amministrazioni, enti locali, imprenditoria privata e movimento cooperativo, presente in modo predominante in Emilia Romagna,della quale ha ad avviso dell'interpellante condizionato ideologicamente lo sviluppo in «simbiosi» con la sinistra locale, il comune e la regione, determinando quella che all'interpellante appare un'anomala struttura di potere. Pur evitando generalizzazioni si sottolinea l'opportunità di un'attenta verifica al riguardo;
in particolare, l'interpellante, nell'auspicare che il Governo intervenga con apposite iniziative normative per bloccare ogni arbitrio e garantire la libertà economica, sociale e culturale dei cittadini rispetto a sopraffazioni di pubblici poteri, ritiene opportuna un'attenta indagine anche sul sistema cooperativo; al riguardo l'interpellante ha presentato una proposta concernente l'istituzione di una Commissione parlamentare di indagine che non abbia effetti punitivi ma di ricerca della verità sul fenomeno cooperativo quale si è sviluppato negli ultimi anni sul territorio nazionale ed in particolare in Emilia Romagna -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione a quanto esposto in premessa.
(2-01412) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA, BARBATO, DI STANISLAO, MESSINA e PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'imprenditore di Altamura Franceso Dipalo è stato vittima del racket delle estorsioni dal 2001 al 2003;
Dipalo ha avuto il coraggio di denunciare coloro che gli imponevano il pizzo, ma la scelta di reagire alle intimidazioni della criminalità ha stravolto la sua vita e quella della famiglia;
Dipalo è diventato testimone di giustizia, e da allora la sua incolumità dipende solo ed esclusivamente dalla capacità dello Stato di attivare adeguatamente tutte le misure di protezione previste dalla legge;
il regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione per i collaboratori di giustizia e i testimoni, ai sensi dell'articolo 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'articolo 19 della legge 13 febbraio 2001, n. 45, elenca all'articolo 1 le seguenti misure di protezione:
a) piano provvisorio di protezione ai sensi dell'articolo 13, comma 1 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8;
b) speciali misure di protezione, ai sensi dell'articolo 13, comma 4 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8;
c) speciali misure di protezione applicate mediante la definizione di un programma speciale di protezione, ai sensi dell'articolo 13, comma 5 del medesimo decreto;
inizialmente Francesco Dipalo ha benificiato del piano provvisorio di protezione che secondo l'articolo 13 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, può essere deliberato dalla Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, quando risultano

situazioni di particolare gravità e vi è richiesta dell'autorità legittimata a formulare la proposta;
tuttavia, sempre secondo l'articolo 13 della legge di riferimento, il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l'autorità legittimata a formulare la proposta di ammissione non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di protezione, osservando le ordinarie forme e modalità del procedimento. Inoltre, il presidente della commissione può disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione soltanto per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima;
alla luce della normativa richiamata, non si capisce per quali ragioni non siano state ancora deliberate le speciali misure di protezione per tutelare l'incolumità di Francesco Dipalo, il quale da circa tre anni riceve dallo Stato una protezione soltanto provvisoria;
il fatto è ancor più grave visto e considerato che Dipalo è il testimone di giustizia cardine nell'ambito di uno dei processi pugliesi più complessi e delicati di questi ultimi tempi, e relativo alla commistione tra la criminalità, l'imprenditoria e la politica altamurana;
l'inerzia dello Stato può dunque mettere a repentaglio il buon andamento delle indagini condotte dai magistrati antimafia dottoressa Desirèe Digeronimo e dottor Roberto Pennisi, visto che nei prossimi giorni Dipalo sarà chiamato per l'incidente probatorio ed il rischio per la sua incolumità è altissimo;
Dipalo si sente abbandonato dalle istituzioni, chiede aiuto ed ha paura per la sua famiglia. Nel silenzio generale quest'uomo ha recentemente manifestato davanti a Palazzo Montecitorio, iniziando lo sciopero della fame e della sete per protestare contro lo Stato che lui sente assente -:
alla luce del processo descritto in premessa, se il Ministro intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché siano definite ed applicate le speciali misure di protezione a tutela del testimone di giustizia Francesco Dipalo, così come previsto dalla normativa in materia.
(5-06450)

ZUCCHI e FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il fatto gravissimo di cronaca avvenuto il 17 marzo 2012, in cui due cittadini albanesi sono stati uccisi a colpi di fucile, è solo l'ennesimo episodio di una lunga scia di sangue che già da molti mesi sta riguardando Vigevano;
nella notte fra il 7 e 8 gennaio 2012, è avvenuta un'altra sparatoria presso il locale Sayonara, affollato da ragazzi, dove ha perso la vita un cittadino albanese;
il 1o maggio 2011, all'uscita di un bar è stato freddato Pellum Tartaraj, domiciliato a Vigevano, e in seguito la polizia ha arrestato i 2 presunti responsabili e identificato il terzo ancora latitante;
a Casorate Primo, non distante dalla zona di Vigevano, il 15 gennaio 2012 nel centro del paese a pochi metri dal cinema dell'oratorio, ancora frequentato, alle 21.30 un albanese di 40 anni viene ferito con 6 colpi di pistola all'addome; morirà poco dopo in ospedale;
molti di questi delitti sarebbero maturati come regolamento di conti fra bande che si spartiscono il controllo della prostituzione, ed a ciò si aggiungono molteplici rapine a mano armata, in aggiunta agli ormai incontenibili furti presso abitazioni private dei cittadini;
tutto ciò è causa di motivato spavento e grande preoccupazione presso la popolazione locale, di una pericolosa veicolazione dell'immagine di Vigevano presso gli

organi di informazione con ulteriore aumento della paura a livelli esponenziali;
in data 15 settembre 2010 attraverso un'interrogazione il firmatario del presente atto chiedeva un intervento del Ministro dell'interno pro tempore a causa della carenza di organico lamentata dalle forze di polizia di Vigevano, ed ora come allora la situazione non pare ancora migliorata -:
se siano in corso un monitoraggio ed una valutazione delle dinamiche delinquenziali citate in premessa e quale sia la situazione complessiva dell'area vigevanese;
quali iniziative intenda assumere per verificare lo stato attuale dell'organico delle forze dell'ordine e la sua adeguatezza;
quali iniziative intenda assumere anche a seguito degli ultimi accadimenti per garantire risposte efficaci all'aumentare dei fatti delittuosi, e per permettere alle forze di polizia di svolgere al meglio i loro compiti.
(5-06451)

Interrogazioni a risposta scritta:

FADDA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 12 novembre 2011 veniva assegnata alla Commissione affari costituzionali l'interrogazione 5-05695, non ancora svolta, per mezzo della quale il sottoscritto chiedeva al Ministro interrogato quali provvedimenti si intendevano adottare perché la nuova caserma dei carabinieri, realizzata dalla amministrazione comunale di Pula, fosse presa in carico dal Ministero dell'interno secondo il percorso amministrativo tracciato e condiviso fra tutte le amministrazioni pubbliche che in questi anni hanno assunto impegni formali e informali con la stessa amministrazione del comune di Pula;
tale provvedimento di presa in carico avrebbe consentito all'amministrazione comunale di recuperare almeno in parte le somme necessarie per il pagamento del mutuo contratto per la realizzazione dello stabile;
alla data odierna si registrano la forte contrarietà e il disappunto del comune di Pula di fronte alle recente nota del prefetto di Cagliari che comunica la totale indisponibilità del Ministero dell'interno ad assumere un impegno formale per la stipula di un contratto di locazione;
questo fatto potrebbe determinare l'avvio di una incresciosa fase di conflittualità che il comune di Pula, per la tutela dei propri interessi e dei suoi cittadini, si troverebbe costretto a portare avanti nelle sedi più opportune;
vanno segnalati la gravità del momento, la necessità di evitare conflitti interistituzionali che incidono negativamente nel rapporto cittadini-istituzioni e il trattamento sperequativo unico, forse, a livello nazionale -:
quali atti urgenti intende adottare per definire a favore del comune di Pula una questione che sta mettendo in crisi la stessa amministrazione, colpevole del solo fatto che ha agito unicamente per la sicurezza della popolazione del proprio territorio.
(4-15383)

CICCIOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, stante la carenza di organico, si avvale da tempo, costantemente e con quote numeriche sempre crescenti della collaborazione e dell'impiego dei cosiddetti vigili del fuoco volontari e/o discontinui;
i sopramenzionati discontinui/volontari, nonostante l'utilizzazione in forme di precarietà lavorativa, svolgono, durante il periodo di servizio, le stesse mansioni e funzioni dei vigili del fuoco permanenti, avendone ovviamente anche gli stessi requisiti

tecnico operativi e di specializzazione richiesti per l'impiego a cui vengono destinati;
con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 2004, n. 76 veniva emanato il regolamento sul reclutamento, avanzamento ed impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ciononostante rimangono margini di confusione tra volontari e discontinui, e di questi non viene definito il trattamento retributivo, previdenziale ed assistenziale;
nonostante i cosiddetti discontinui vengano impiegati in maniera continuativa, seppure a turnazione, agli stessi non vengono contrattualmente riconosciuti né gli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto né il conteggio di giornate di riposo feriale né permessi e/o licenze per malattia;
con la legge n. 183 del 2010 «Collegato Lavoro», proprio per sopperire la carenza legislativa in ordine alla tutela previdenziale e assistenziale dei volontari e/o discontinui del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al fine di equilibrare a favore dei suddetti che - lo si ribadisce - ad oggi per la maggior parte dei comandi distribuiti sul territorio nazionale rappresentano una risorsa di personale essenziale ed imprescindibile per l'operatività dei servizi assegnati, veniva previsto all'articolo 27 n. 7) che: «Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi allo scopo di armonizzare, con effetto a decorrere dal 10 gennaio 2012, il sistema di tutela previdenziale e assistenziale applicato al personale permanente in servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale volontario presso il medesimo Corpo nazionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) equiparare la pensione ai superstiti riconosciuta ai familiari dei vigili del fuoco volontari deceduti per causa di servizio al trattamento economico spettante ai familiari superstiti dei vigili del fuoco in servizio permanente anche nelle ipotesi in cui i vigili del fuoco volontari siano deceduti espletando attività addestrative od operative diverse da quelle connesse al soccorso; b) equiparare il trattamento economico concesso ai vigili del fuoco volontari a quello riconosciuto ai vigili del fuoco in servizio permanente in caso di infortunio gravemente invalidante o di malattia contratta per causa di servizio, includendo anche il periodo di addestramento iniziale reso dagli aspiranti vigili del fuoco a titolo gratuito» -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno sveltire le azioni di adeguamento e armonizzazione della disciplina previdenziale ed assistenziale sulla base delle deleghe assunte dal Governo con legge n. 183 del 2010 e nello specifico indicate ai punti a) e b) dell'articolo 27, n. 7), essendo trascorsi circa 12 mesi dei diciotto fissati nella stessa normativa;
se non ritengano opportuno giungere ad una definizione normativa unica ed omogenea che regolamenti non solo il reclutamento e l'impiego dei vigili del fuoco volontari e/o discontinui ma anche il trattamento retributivo, previdenziale, assistenziale ossia in sostanza che si provveda a definire l'inquadramento contrattuale del lavoro degli stessi.
(4-15386)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il signor Massimo Di Stefano gode del programma di protezione previsto dal decreto-legge n. 8 del 1991 per i collaboratori di giustizia sin dal dicembre del 1995; tale programma, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del succitato decreto-legge, è stato esteso, oltre che ai componenti del nucleo familiare, anche ad altri soggetti che intrattengono rapporti di parentela con il collaboratore, risultando anche questi esposti a grave e concreto pericolo;
in data 13 maggio 2010, al collaboratore veniva comunicato lo stralcio del verbale di riunione del 27 aprile 2010 con

il quale la Commissione centrale per le speciali misure di protezione ha deliberato di revocare il programma speciale di protezione;
il provvedimento deliberativo è stato adottato in ragione di presupposti di fatto enunciati nel corpo del provvedimento, da cui emergerebbe la sussistenza di condotte asserite come incompatibili con l'assentito programma di protezione e con lo status di collaboratore di giustizia;
a detta del collaboratore di giustizia e dei suoi familiari, invece, la revoca del programma di protezione sarebbe stata adottata senza una attenta valutazione di tutti gli interessi coinvolti omettendo, soprattutto, di valutare adeguatamente la situazione di pericolo concreto ed attuale alle quali il collaboratore sarebbe esposto in assenza delle misure di protezione e di tutela;
per questi motivi il signor Di Stefano e sua moglie hanno deciso di impugnare davanti al tribunale amministrativo regionale del Lazio l'atto con il quale è stato revocato il programma speciale di protezione;
i giudici amministrativi, con sentenza del 31 gennaio 2012, hanno rigettato tutte le istanze presentate dai ricorrenti in quanto: «(...) al ricorrente Di Stefano sono attribuite specifiche e concrete inosservanze (rectius: detenzione illegale di arma, munizionamento e ricettazione della stessa; certificati medici falsi ed altre falsificazioni effettuate mediante computer), atte a rivelare spregio per il rispetto della legge, le quali trovano oggettivo riscontro in una sentenza di condanna emessa dal giudice penale; nel contempo viene rilevato che la collaborazione resa dal collaborante Di Stefano non risponde più ai parametri richiesti dalla legge - ossia l'intrinseca attendibilità, la novità, la completezza e la notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio (parametri, questi, comunque distinti dalla "falsità") - e ciò in quanto le dichiarazioni di quest'ultimo non hanno consentito di procedere penalmente nei confronti di soggetti terzi (bensì hanno condotto a provvedimenti di archiviazione); si tratta dunque di fatti ben individuati (e non generici), espressamente esplicitati nel provvedimento, di indiscussa rilevanza dal punto di vista normativo e, dunque, non trascurabili dalla Commissione ai fini del decidere, ai sensi dell'articolo 13-quater, comma 3, della legge in esame; a fronte di tali fatti, i ricorrenti non sono stati in grado di fornire elementi oggettivi, adeguatamente atti a confutarli: in particolare - per quanto attiene alle violazioni comportamentali, si sono limitati a sindacare la gravità delle condotte sanzionate, introducendo così valutazioni di merito; - in relazione alla collaborazione, hanno richiamato l'attività di collaborazione instaurata con la DDA di Roma e convocazioni della DDA di Catanzaro, ossia circostanze comunque insufficienti al fine di comprovare la resa di una collaborazione connotata dai requisiti prescritti dalla legge (...). In sintesi è da rilevare che i ricorrenti non hanno offerto elementi idonei a comprovare la sussistenza dei requisiti prescritti per il persistere dell'ammissione al programma speciale di protezione e, dunque, a dimostrare l'erroneità del vaglio della Commissione centrale, il quale si rivela adeguatamente supportato mediante l'indicazione di ben precise, oggettive circostanze, oltre che dal parere della DNA (...)»;
per effetto della decisione assunta dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, al collaboratore di giustizia è stato intimato l'immediato rilascio dell'alloggio e sono state revocate tutte le misure di assistenza economica;
attualmente il signor Di Stefano non è in condizione, anche per la mancanza dei necessari mezzi economici, di dare seguito a breve alla intimazione ricevuta relativa al rilascio dell'alloggio, anche in ragione del fatto che la di lui moglie si è sottoposta ad un delicato intervento chirurgico presso una struttura sanitaria della località protetta;
il signor Di Stefano, inoltre, ha in più occasioni (la prima richiesta risale al

2001) chiesto di rinunciare alla misure economiche di supporto, evitando una condizione di passivo assistenzialismo, e ha chiesto adeguate misure di sostegno (la cosiddetta capitalizzazione sociale) per essere posto nelle condizioni di realizzare il proprio percorso di reinserimento sociale e lavorativo in previsione di un ritorno ad una esistenza di normale cittadino. Le istituzioni però non hanno assecondato un percorso di questo tipo, peraltro previsto dalla attuale normativa;
va evidenziato che il collaboratore sta continuando a rendere, in diversi procedimenti penali, un contributo dissociativo e dichiarazioni accusatorie che hanno consentito la ricostruzione e l'accertamento giudiziale di fatti di sangue avvenuti nel territorio lametino e non solo;
il Di Stefano non solo continua a collaborare con la procura della Repubblica di Catanzaro, ma egli ha riferito (sua sponte) alla direzione distrettuale antimafia di Roma, nello specifico al sostituto procuratore della Repubblica di Roma, dottoressa Maria Monteleone, nell'ambito del procedimento n. 3839/09 R.g.n.r., in ordine a fatti di sangue appresi durante la detenzione presso la casa circondariale di Roma Rebibbia, che sono stati ampiamente verificati nel corso del dibattimento, consentendo di ottenere pesanti condanne a carico di soggetti operanti nella zona dall'agro pontino (tra gli altri Pasquale Noviello) appartenenti al cosiddetto «Clan dei Casalesi»;
da ultimo il Di Stefano sta offrendo un ulteriore contributo collaborativo alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per come è noto al servizio centrale di protezione, di tal che è agevole ipotizzare che a causa del rilievo della dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore in vari processi, il medesimo si trovi in una situazione di particolare sovraesposizione;
la situazione di grave ed attuale pericolo per la incolumità del signor Di Stefano e quella dei componenti del suo nucleo familiare diverrebbe ancora più marcata se si considera che il collaboratore, sprovvisto di sufficienti risorse economiche, e non avendo alternative di sistemazione, si trova costretto a fare ritorno a Lamezia Terme, sua terra di origine, trovandosi esposto a vendette e ritorsioni da parte dei sodali delle cosche lametine, il che rende le (eventuali) misure ordinarie di tutela adottabili dalle autorità di pubblica sicurezza del tutto inadeguate;
a giudizio della prima firmataria del presente atto la sicurezza del collaboratore e dei suoi familiari non appare di certo fronteggiabile con le ordinarie misure di tutela, ciò anche alla luce dell'attualità dell'apporto collaborativo tuttora in corso di svolgimento -:
se non si ritenga urgente assumere le iniziative di competenza per revocare la delibera della Commissione centrale per le speciali misure di protezione del Ministero dell'interno ripristinando così il programma speciale di protezione per il signor Di Stefano e, nelle more della revoca, assumere iniziative per disporre immediatamente le indispensabili misure di protezione dai pericoli per la incolumità del collaboratore medesimo e di sua moglie;
quali iniziative intendano adottare al fine di garantire l'incolumità del collaboratore di giustizia e dei suoi familiari, così scongiurando nefaste conseguenze e, nel contempo, assicurando le necessarie misure di reinserimento del medesimo nel contesto sociale e lavorativo;
quanti siano al momento i collaboratori di giustizia che beneficiano di un programma di protezione;
quanti siano stati negli ultimi dieci anni i collaboratori di giustizia e a quanti di loro sia stato revocato il programma di protezione;
a quanto ammonti complessivamente, e specificatamente anno per anno negli ultimi 10 anni, la spesa che lo Stato ha sostenuto per dare corso ai programmi di protezione dei collaboratori di giustizia e dei loro familiari.
(4-15387)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella legislazione universitaria italiana i dottorati di ricerca sono stati istituiti con l'articolo 8 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 e successivamente ridisciplinati dall'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, quale da ultimo modificato dall'articolo 19, primo e secondo comma, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, cosiddetta riforma Gelmini per l'università;
nel caso di dipendenti in servizio presso amministrazioni pubbliche ammessi a corsi di dottorato di ricerca, l'articolo 2, della legge 13 agosto 1984, n. 476, come da ultimo modificato dall'articolo 19, terzo comma, della legge n. 240 del 2010, nonché dall'articolo 5, primo comma, lettera a), del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, prevede che sono collocati «a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso» ed usufruiscono della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste;
nella legislazione universitaria italiana gli assegni di ricerca sono stati istituiti dall'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e da ultimo ridisciplinati in forza dell'articolo 22 della legge n. 240 del 2010;
nel caso di dipendenti in servizio presso amministrazioni pubbliche chiamati a svolgere assegni di ricerca, l'articolo 22, terzo comma, della legge n. 240 del 2010 conferma quanto precedentemente previsto dall'articolo 51, sesto comma, della legge n. 449 del 1997, per cui l'assegno di ricerca «comporta il collocamento in aspettativa senza assegni» del dipendente medesimo;
lo svolgimento di attività di ricerca post-dottorale all'estero nella forma di appositi assegni retribuiti, nel quadro della mobilità internazionale dei ricercatori, costituisce requisito imprescindibile al fine del percorso formativo abilitante alla ricerca scientifica e configura altresì risparmio di spesa per il bilancio universitario italiano;
risultano sempre frequenti i casi di laureati e di dottori di ricerca, dipendenti in servizio presso amministrazioni pubbliche, che sono rispettivamente assegnatari di dottorati di ricerca e di assegni per lo svolgimento di attività di ricerca presso atenei stranieri;
sulla scorta di quanto sopra: l'aspettativa senza assegni per i pubblici dipendenti dottorandi di ricerca all'estero è stata riconosciuta da alcune circolari interpretative del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Direzione generale per il personale scolastico del 22 febbraio 2011, n. 15 e circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Ufficio legislativo del 28 aprile 2009, n. 1623, ambedue in forza di parere dell'Avvocatura Generale dello Stato del 2 marzo 2005, n. 30098) nonché da una serie di atti consultivi adottati dal Consiglio universitario nazionale con pareri del 16 settembre 2004, n. 105 e del 7 gennaio 2004, n. 1525;
al contrario, non risulta intervenuta alcuna specifica interpretazione ministeriale circa il riconoscimento dell'aspettativa senza assegni anche a favore dei pubblici dipendenti assegnisti di ricerca presso università straniere -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire chiarezza in merito al pieno riconoscimento del congedo di cui

possono usufruire i pubblici dipendenti titolari di assegni di ricerca presso università straniere, al pari di quanto avviene presso gli atenei italiani, attraverso l'adozione di apposita circolare esplicativa che assicuri l'interpretazione normativa affinché l'aspettativa per assegno di ricerca sia riconosciuta negli stessi termini di quanto già previsto nel caso dell'omologa aspettativa per dottorato di ricerca, anche con specifico riferimento ad assegni di ricerca conferiti da università estere.
(4-15381)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i recenti dati Svimez delineano uno scenario davvero sconfortante che descrive drammaticamente il mondo del lavoro femminile, in particolar modo nel Meridione d'Italia, dove lavora regolarmente meno di una donna su quattro (età 19-34 anni), sebbene il 19 per cento delle stesse sia in possesso di una laurea (contro il 12 per cento degli uomini meridionali);
se il lavoro stabile è un obiettivo irraggiungibile, l'entrata nel mondo dell'occupazione precaria o a progetto è altrettanto difficoltosa. Soprattutto per le donne, spesso madri e mogli impegnate a conciliare aspirazioni professionali e famiglia;
il tasso di occupazione femminile nel Sud Italia è fermo al 23,3 per cento. Le più «fortunate», sono le donne sarde (lavora il 38 per cento di loro), seguite dalle pugliesi (24 per cento). Le più svantaggiate le campane (17,9 per cento). Ultimi posti della classifica anche per le calabresi (21 per cento) e le siciliane (20,6 per cento);
si tratta di dati preoccupanti che delineano uno scenario di estrema incertezza. Basti ricordare i numeri forniti da Almalaurea: in Italia lavora soltanto un laureato su cinque. Per tutti gli altri, nessuna prospettiva a parte brevi periodi di occupazione per poi ripiombare nel tunnel del precariato e della ricerca di un posto di lavoro;
per le donne under 64 la situazione è ancora più critica: in Italia il tasso di occupazione è del 30,5 per cento, pari a meno di una su tre. Tornando alle giovani, appare chiaro che studiare non basta, sebbene le donne meridionali tra i 15 ed i 34 anni siano le protagoniste di una grande rivoluzione culturale. Nel 2010 le donne meridionali laureate sono state il 18,9 per cento sul totale della popolazione 30-34 anni, superando di 7 punti percentuali i maschi corrispondenti alla medesima fascia d'età;
a questi dati non corrispondono adeguate percentuali per quanto riguarda l'ingresso nel mondo del lavoro delle donne e la possibilità di vedere garantito il lavoro stesso alla nascita del primo figlio;
recenti statistiche dimostrano che, conseguentemente alla nascita del primo figlio, si è registrata una elevatissima perdita di posti di lavoro delle lavoratrici madri (circa 800 mila), soprattutto nel privato, pur in presenza di una adeguata normativa di tutela della maternità;
tale fattore risulta di grave criticità, tenuto conto del contesto generale che registra un fenomeno di disoccupazione superiore alle media dell'Unione europea per tutti, ma in particolar modo per le donne;
garantire una adeguata occupazione femminile, sottratta alla tentazione di una semplice rivendicazione di genere, costituisce una condizione essenziale per la tenuta economica complessiva del sistema Paese;
la riforma del mercato del lavoro più volte annunciata dal Ministro interrogato prevederà «sgravi fiscali e nuovi servizi

anche sostenuti dal fondo sociale Ue», per favorire l'occupazione femminile e affrontare il problema del dualismo Nord-Sud -:
quali urgenti iniziative intenda adottare per impedire il noto fenomeno dell'abbandono del lavoro, soprattutto delle donne del Sud, costrette a dividersi tra il lavoro e l'educazione dei figli, nel rispetto degli impegni più volte pubblicamente presi;
se non ritenga opportuno attuare adeguate politiche familiari che tengano conto della voglia di riscatto delle donne del Sud e dei benefici, in termini di sviluppo sociale ed economico, che un loro impegno nel mondo lavorativo comporterebbe.
(3-02165)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa; le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale;
nello specifico, si rappresenta il caso del lavoratore autonomo, agente di commercio, classe 1951 che ha visto risolvere il suo mandato di lavoro il 31 dicembre del 2010 e da allora non percepisce altro reddito;
con la vecchia normativa avrebbe maturato il diritto alla pensione nel settembre 2012 (61 anni, 36 contributi = 97), percependo l'assegno nell'aprile 2014. Con la nuova normativa potrà percepire l'assegno di pensione nell'aprile 2018;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro -:
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06452)

CODURELLI, SANTAGATA, GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, MADIA, BERRETTA, BOCCUZZI, RAMPI, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, GATTI e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima manovra, decreto-legge n. 201 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa e le deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, non coprono comunque tutte quelle situazioni, che si sono prodotte nel corso di questi anni di crisi occupazionale, come ad esempio la cessata attività di lavoro autonomo;
nello specifico si rappresenta il caso del lavoratore autonomo, agente di commercio, classe 1951 che ha visto risolvere il suo mandato di lavoro il 31 dicembre del 2010 e da allora non percepisce altro reddito. Con la vecchia normativa avrebbe maturato il diritto alla pensione nel settembre 2012 (61 anni, 36 contributi = 97),

percependo l'assegno nell'aprile 2014. Con la nuova normativa potrà percepire l'assegno di pensione nell'aprile 2018;
il caso di cui sopra, che non è l'unico, è l'ennesima dimostrazione che le fattispecie individuate con il comma 14 dell'articolo 24 del succitato decreto-legge non hanno previsto alcune casistiche di uscita dal mercato del lavoro;
se non ritenga il Ministro interrogato di promuovere una specifica modifica normativa che consenta a coloro che hanno perso il lavoro per cessata attività autonoma, che sono senza alcun reddito e che erano prossimi alla maturazione dei requisiti pensionistici, di poter rientrare nelle deroghe previste dal comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011.
(5-06457)

CODURELLI, BRAGA, SANTAGATA, GNECCHI, DAMIANO, BOBBA, MADIA, BERRETTA, BOCCUZZI, RAMPI, BELLANOVA, MIGLIOLI, SCHIRRU, GATTI e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010, in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali e i patronati, su indicazioni degli stessi enti previdenziali, hanno sempre suggerito, come è noto, ai cittadini che si recavano ai loro sportelli, di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tale disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma di fatto retroattiva senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di una dipendente: la signora C.B., che ha iniziato a lavorare nel 1976 come impiegata in una ditta privata fino al 1981 versando contributi all'INPS. Dal 1982 ha iniziato a lavorare presso una RSA di Como - ente locale - fino al gennaio 2007 versando i contributi all'INPDAP (nel 1984 ha ricongiunto i 6 anni di contributi INPS all'INPDAP). In tempi non sospetti, ha dato le dimissioni dall'ente locale e ha iniziato a lavorare nella RSA attuale dal febbraio 2008. È stata una scelta di vita, un desiderio di una nuova esperienza lavorativa in una casa di riposo di dimensioni contenute (80 posti letto in RSA e 20 in Centro Diurno) dove poter esprimere al meglio le mie potenzialità, la signora è molto contenta di questa scelta, in quanto il lavoro è molto interessante e arricchente, soprattutto perché le energie profuse portano miglioramenti alla qualità di vita degli anziani assistiti;
nel 2010 la legge ha previsto la ricongiunzione dei contributi INPDAP verso l'INPS a titolo oneroso. Non aveva ancora richiesto ricongiunzione perché dagli enti preposti e dai patronati contattati aveva avuto il consiglio di aspettare più avanti, prima di andare in pensione perché la ricongiunzione era gratuita e avrebbe potuta richiederla in qualsiasi momento. Oggi la signora denuncia che è una assurdità trovarsi a ricongiungere all'INPS i 6 anni i contributi INPS già ricongiunti a suo tempo all'INPDAP e doverli ripagare; la signora C. ha lavorato fino ad oggi 6 anni (1976-1981) + 26 anni (1982-2007) + 4 (2008-2011), cioè 36 anni di lavoro continuativi, senza interruzioni, ha solo cambiato datore di lavoro ma ha sempre pagato tutti i contributi dovuti per legge;
l'alternativa al caso segnalato è la possibilità di accedere alla totalizzazione, ma ciò comporta il calcolo contributivo della pensione, con evidente penalizzazione, mentre la signora C.B. avrebbe tutto il diritto di accedere alla pensione con il

metodo retributivo, potendo vantare 20 anni di contribuzione maturati al 31 dicembre 1995 -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo, e con la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati, di assumere iniziative normative per correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
(5-06458)

GATTI, DAMIANO, BELLANOVA, BOCCUZZI, BOBBA, BERRETTA, GNECCHI, CODURELLI, SCHIRRU, RAMPI, SANTAGATA, MIGLIOLI, MADIA, MOSCA e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo volto a dare piena attuazione alla direttiva 2008/104/CE, relativa alla tutela dei lavoratori dipendenti da agenzie di lavoro interinale (o agenzie di somministrazione) o da questi inviati in missione presso imprese utilizzatrici, è in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
i profili di novità contenuti nel decreto legislativo in fase di emanazione, rispetto al decreto legislativo n. 276 del 2003, che ne disciplina la materia, sono piuttosto limitati e riguardano: la previsione delle definizioni di «missione» e «condizione di base e d'occupazione» e le relative modifiche formali coerenti con l'introduzione di tali definizioni; le modifiche all'apparato sanzionatorio; l'introduzione della possibilità di assumere lavoratori interinali part-time; la specificazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori del somministratore e dell'utilizzatore; l'introduzione del diritto dei lavoratori dipendenti dal somministratore a essere informati dall'utilizzatore dei posti vacanti presso quest'ultimo;
rispetto al testo sottoposto alle Commissioni parlamentari di Camera e Senato il provvedimento in questione ha apportato alcune rilevanti modifiche all'articolo 20 del decreto legislativo n. 276 del 2003, introducendo i commi 5-ter e 5-quater: il primo fa venir meno, per i soggetti percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno sei mesi e per i lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati», sia l'obbligo di collegare la somministrazione di manodopera a ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo, sia la individuazione, affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato; il secondo dispone che i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei lavoratori e datori di lavoro, possano prevedere ulteriori deroghe all'applicazione delle causali;
a parere degli interroganti, tali significative innovazioni, sulle quali ad avviso dell'interrogante il Parlamento non si è potuto esprimere pienamente, aprono la strada a una deregulation che contrasta con lo spirito e la lettera della direttiva, che, tra le finalità alle quali si richiama, cita esplicitamente il principio della parità di trattamento, il quale rischia di essere gravemente compromesso dalla cancellazione delle causali e dei «tetti» per i lavoratori svantaggiati, poiché allargherà a dismisura la platea di lavoratori sottoposti a trattamenti economici e normativi inferiori a quelli stabiliti dai CCNL; a tal proposito, risulta agli interroganti che le agenzie interinali si siano immediatamente attivate al fine di sottoscrivere la convenzione prevista dall'articolo 13, finora mai utilizzata, proprio nel momento in cui sta per entrare in vigore il decreto legislativo che dovrebbe rafforzare i diritti dei lavoratori interinali e sancirne la parità di trattamento con gli altri dipendenti;
a confermare i timori suddetti, si segnala la denuncia del segretario generale Nidil Cgil, Filomena Trizio, che, pochi giorni fa, ha reso noto il contenuto del testo di una brochure commerciale

Manpower, la quale «in data 27 gennaio 2012 ha sottoscritto con Italia Lavoro s.p.a., Agenzia Tecnica del Ministero del lavoro la convenzione (predisposta in collaborazione con Assolavoro) per l'attuazione delle disposizioni finalizzate all'inserimento lavorativo, tramite contratti di somministrazione, dei lavoratori svantaggiati, ex articolo 13, comma 5-bis, decreto legislativo n. 276 del 2003»;
la brochure, a pagina 3, riporta il titolo «Deroga al principio di parità» e prosegue affermando che «tale convenzione rende possibile a Manpower l'attuazione di forniture di personale in somministrazione secondo quanto previsto dall'articolo 13 in oggetto. Al fine di favorire l'inserimento nel mondo del lavoro di lavoratori svantaggiati, viene per la prima volta introdotta una deroga al principio di parità di trattamento economico e normativo tra i lavoratori somministrati ed i dipendenti del soggetto utilizzatore, il che», continua il testo dell'opuscolo pubblicitario, «si traduce in un possibile: - sotto inquadramento dei lavoratori somministrati fino a 2 livelli rispetto a quanto previsto dal CCNL per la specifica mansione. Oppure, in alternativa: - mantenimento dello stesso livello d'inquadramento previsto dal CCNL per la specifica mansione ma con retribuzione ridotta fino al 20 per cento»;
non possono non essere condivisi i timori della rappresentante sindacale, quando afferma che «questa convenzione così come è stata controfirmata da Italialavoro e Assolavoro porta nell'alveo della flessibilità cattiva anche il lavoro somministrato. Con un impatto potenziale su oltre un milione di lavoratori e una corsa al ribasso dei diritti sindacali»; rischio accentuato dalle disposizioni che eliminano l'obbligo di ricorrere alle causali e ai «tetti» per la vastissima platea di lavoratori svantaggiati (articolo 20) sommate a quelle riguardanti la possibilità di sottoinquadrare e retribuire in maniera ridotta i medesimi lavoratori (articolo 13);
inoltre, va segnalato con preoccupazione il contenuto del novello comma 5-quater dell'articolo 20, che sembra richiamare esplicitamente l'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011, generatore di una serie di polemiche che hanno indotto le parti sociali a sottoscrivere un accordo di non utilizzo di tale articolo; è appena il caso di ricordare che, su leggi e contratti, è stato sottoscritto il 18 giugno 2011 un accordo che fissa metodi e procedure condivise per le deroghe;
a parere degli interroganti, il decreto legislativo in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, invece di rappresentare, in osservanza del principio di trattamento richiamato dalla direttiva 2008/104/CE, lo strumento attraverso il quale sanare alcune storture contenute nel decreto legislativo n. 276 del 2003, rischia di promuovere nuove e più pericolose situazioni di disparità tra lavoratori -:
se non intenda verificare con la massima urgenza se le modifiche apportate dal decreto legislativo di recepimento della direttiva 2008/104/CE violino il principio di parità di trattamento richiamato dalla medesima direttiva, ingenerando pratiche come quelle della richiamata convenzione Manpower-Italialavoro, che rischiano di rappresentare un pregiudizio degli interessi e delle tutele dei lavoratori interessati nonché un'inaccettabile forma di precarizzazione e di accentuazione delle divaricazioni nel mercato del lavoro;
se non ritenga di dover adottare tutte le iniziative a disposizione, anche di carattere normativo, affinché il comma 5-quater dell'articolo 4 del decreto legislativo citato non riapra pericolose fratture, tenuto conto anche del valore dell'accordo sottoscritto il 18 giugno 2011 dalle parti sociali.
(5-06461)

Interrogazione a risposta scritta:

LARATTA e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è ormai nota a tutti la gravissima situazione di crisi della società Casa di

cura Madonna della Catena srl, con sede a Laurignano di Dipignano (Cosenza);
questa situazione sta da tempo riverberando i suoi drammatici effetti sui 180 dipendenti dell'azienda e, ove l'epilogo della crisi dovesse essere quello peggiore, colpirà inevitabilmente anche i cittadini e le famiglie, non solo dell'area cosentina ma dell'intera Calabria, che riconoscono ormai da anni nella Casa di cura una realtà importante nella rete di assistenza ospedaliera presente nel territorio;
la casa di cura, una clinica privata convenzionata con la regione, è nata 16 anni fa e si occupa di riabilitazione intensiva neurologica, motoria, oncologica, uro-ginecologica e di lungodegenza riabilitativa. Assicura un totale di 135 posti letto, più 16 posti di riabilitazione estensiva extraospedaliera, alla quale accedono, anche per trasferimento diretto, pazienti provenienti dai reparti ospedalieri per acuti (neurologie, neurochirurgie, ortopedie, oncologie, reparti di geriatria, reparti di medicina interna nonché rianimazione) di tutta la regione, e anche da fiori. La struttura ha sempre operato in questi armi al massimo della capienza dei reparti e dei budget autorizzati dall'Agenzia di sanità pubblica: ne è dimostrazione la crescente affermazione sul territorio (un dato significativo per tutti: circa 1000 ricoveri l'anno);
nel corso di questi anni si sono alternate tre gestioni amministrative. Da oltre un anno, sia per problemi nei pagamenti da parte della regione, sia per una cattiva gestione aziendale, sono iniziati ritardi nell'erogazione degli stipendi (tra l'altro, in Calabria - a differenza di altre regioni - i dipendenti delle cliniche private non godono della cosiddetta canalizzazione dello stipendio e dunque sono particolarmente svantaggiati): al momento, infatti, i 180 dipendenti (tra personale medico, paramedico, terapisti ed amministrativi) lamentano ben 7 mensilità arretrate, oltre alla tredicesima;
dal mese di agosto 2011 si è venuta inoltre a conoscenza di una grave situazione debitoria dell'azienda con una società finanziaria (la Agrileasing di Roma: si parla di circa 18 milioni di euro di debiti); in un paio di assemblee dei lavoratori con i nuovi amministratori, nominati dalla banca creditrice, sono stati comunicati gli sforzi per salvare la società dalla profonda crisi finanziaria, senza sottacere il rischio della liquidazione della società o addirittura del fallimento;
i lavoratori, da parte loro, consapevoli delle difficoltà e determinati a non rinunciare al loro posto di lavoro, né a disperdere una così importante realtà di assistenza sanitaria della Calabria, hanno cercato, continuando (praticamente gratis) a svolgere le loro mansioni nella clinica, di sensibilizzare con tutti i mezzi a disposizione le autorità locali (il prefetto di Cosenza, il presidente dell'Associazione italiana ospedalità privata, il governatore della regione Calabria, il sindaco di Cosenza), nonché, ovviamente, la stampa;
ma, al momento, nonostante le tante promesse ricevute, gli impegni non si sono tradotti dalle parole in fatti anzi, le ragioni di preoccupazione sono ulteriormente aggravate dalla pubblicazione sui giornali locali, il 21 febbraio 2012, dell'avviso di vendita dei diritti d'opzione per la sottoscrizione dell'aumento cu capitale deliberato dall'assemblea della società (pari a 5.104.371 euro), non avendo gli attuali soci esercitato i relativi diritti d'opzione,;
come detto, nonostante queste condizioni drammatiche e nonostante la mancanza di stipendio, i lavoratori hanno deciso di continuare responsabilmente a svolgere la loro opera nella clinica, anche per evitare di interrompere un servizio che credono davvero importante per la collettività: ma, oltre alle facilmente immaginabili conseguenze del dissesto finanziario della società sulle condizioni di lavoro quotidiano, la sempre più difficile situazione, la crisi di immagine della clinica (con riduzione, negli ultimi mesi, del numero di ricoveri), le prospettive sempre

più negative che sembrano profilarsi all'orizzonte e i conseguenti timori per la sorte di lavoratori e famiglie rendono lo stress e le responsabilità ormai insostenibili, tanto più in una realtà, come quella calabrese, la quale, ancor più che nel resto del Paese, rende particolarmente difficile trovare occasioni di lavoro e di occupazione -:
quali iniziative di competenza si intendano assumere a tutela di quelli occupazionali in una regione, come la Calabria, già gravemente colpita dalla crisi in corso.
(4-15390)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nell'estate del 2010 in provincia di Pordenone veniva reso noto il fatto che in alcuni campi di mais (Vivaro e Fanna) le colture derivavano da semi geneticamente modificate, il cui uso non era e non è consentito nel nostro Paese;
tale vicenda, di cui si parlò in numerosi organi di stampa, fu resa ufficiale dalla regione Friuli Venezia Giulia attraverso una conferenza stampa dell'assessore Claudio Violino, che informò della possibile esistenza di coltivazioni illegali le autorità giudiziarie nel giugno 2010;
il 10 luglio 2010, uno dei terreni dove si sospettava la presenza di mais organismi geneticamente modificati, fu posto posto sotto sequestro per verificare, tramite analisi di laboratorio, l'eventuale presenza di mais organismi geneticamente modificati. Mentre analisi di questo tipo vengono eseguite in tre/quattro giorni lavorativi, la Procura di Pordenone concesse 30 giorni di tempo per l'esecuzione delle analisi e la stesura della relativa perizia;
tale non giustificato protrarsi di tempo avrebbe permesso, in caso di presenza di mais OGM, che le piante transgeniche giungessero a maturazione e il polline cominciasse ad essere disperso nel territorio e coltivazioni adiacenti;
secondo la legge nazionale, in particolare il decreto legislativo n. 212 del 24 aprile 2001 «attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli è vietato mettere a coltura sementi di varietà geneticamente modificate senza aver prima ottenuto una apposita autorizzazione interministeriale (Ministeri della salute, delle politiche agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). Senza tali autorizzazioni l'autore della semina di organismi geneticamente modificati è punibile con l'arresto da 6 mesi a 3 anni o con l'ammenda fino a 50 mila euro;
in conseguenza di questo evento provocatorio, ed evidente illecito, effettuato da un agricoltore di Pordenone, si è mobilitato un vastissimo arco di organizzazioni agricole, ambientaliste, dei consumatori e altri, e sono state presentate formali denunce alla procura della repubblica di Pordenone (Coldiretti 25 giugno 2010);
sull'accaduto sono state presentate numerose interrogazioni parlamentari (Cenni - Interrogazione a risposta in Commissione 5-03291; Cenni - interrogazione a risposta in Commissione 5-03137);
le piante giunte a maturazione rappresentavano forte motivo di preoccupazione per il rischio di contaminazione delle colture circostanti;
visto il protrarsi dell'inazione delle autorità preposte e del rischio di contaminazione, in data 22 luglio 2010 sono stati interessati della vicenda anche i più alti livelli istituzionali;

in attesa di provvedimenti di sequestro ed eventuale distruzione della coltura OGM alcuni militanti delle associazioni ambientaliste hanno prelevato alcuni campioni affinché potessero essere analizzati;
in data 29 luglio 2010, i campioni prelevati dalle associazioni ambientaliste sono risultati positivi in due campi, quello già posto sotto sequestro a Fanna e un secondo a Vivaro (entrambi riconducibili a Giorgio Fidenato);
in data 30 luglio 2010 alcuni attivisti di Greenpeace sono entrati nel campo di Vivaro, in provincia di Pordenone, per isolare e mettere in sicurezza le parti superiori delle piante di mais transgenico che producono il polline transgenico e impedire quindi una sua ulteriore dispersione;
in seguito a questo intervento, anche il campo di Vivaro è stato posto sotto sequestro e la guardia forestale ha iniziato una più vasta campagna di campionamenti in regione Friuli;
in data 20 settembre 2010 il, tribunale di Pordenone ha condannato con decreto Penale l'agricoltore Giorgio Fidenato per aver messo a coltura ben 5 ettari circa di mais geneticamente modificato in violazione della legge e con grave pregiudizio dell'ambiente, a una ammenda di 30.000 euro oltre alla confisca e distruzione del mais geneticamente modificato;
il signor Fidenato aveva denunciato per invasione di proprietà numerose persone, associazioni e personalità pubbliche intervenute sulla vicenda;
nei giorni scorsi lo stesso tribunale di Pordenone ha emesso decreto penale di condanna anche nei confronti di 23 persone per «invasione di terreno agricolo» in località Vivaro, ovvero per aver camminato sul campo di proprietà del signor Fidenato, alla pena di complessivi 86.250 euro;
nel mese di settembre 2011 e stato archiviato un procedimento a carico di uno degli attivisti di Greenpeace, sempre per la vicenda di Vivaro, sulla scorta della correttezza della denuncia della nota associazione ambientalista circa l'utilizzo da parte del Fidenato di mais geneticamente modificato non autorizzato -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e della loro evoluzione, e quale sia l'orientamento del Governo.
(5-06460)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

LARATTA, LO MORO e OLIVERIO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
nel mese di marzo 2009 il dipartimento 9 della regione Calabria ha emanato un bando di concorso in base alla legge regionale n. 36 del 2008, per la realizzazione di alloggi di edilizia sociale da offrire in locazione o in proprietà. La nuova giunta regionale della Calabria insediatasi ad aprile 2010, e per essa l'assessorato ai lavori pubblici, con il decreto dirigenziale n. 17095 del 29 novembre 2010, assunto il 26 novembre 2010 protocollo n. 1631, del dirigente generale del dipartimento 9 della regione Calabria, ha disposto l'annullamento in autotutela del DDG n. 22874 del 31 dicembre 2008 con cui veniva approvato il bando di concorso poi pubblicato a marzo 2009 per la realizzazione dei suddetti alloggi nonché gli atti della procedura selettiva adottati in esecuzione del medesimo decreto, ossia la legittima graduatoria di imprese che hanno partecipato all'avviso pubblico. La revoca - ha fatto sapere l'assessore pro tempore al ramo della regione Calabria, Giuseppe Gentile - si è resa necessaria «dopo un'attenta valutazione giuridica e tecnica»;

ignari di quali siano queste valutazioni, il dato finora certo è che la revoca è stata posta in essere in coincidenza dei primi mesi di attività della giunta Scopelliti, con una serie di passaggi a dir poco dubbi prima della formalizzazione ufficiale datata 29 novembre 2010. Il Corriere della Calabria, settimanale d'inchiesta calabrese, ha dedicato al caso una dettagliata indagine giornalistica a firma del giornalista Pablo Petrasso, il quale scrive: «[...] Anche la revoca, però, ha avuto le sue brave zone d'ombra, svelate da un accesso agli atti chiesto dall'impresa di Giuseppe Gatto Costruzioni (vincitore nella graduatoria riferita al primo bando, non partecipante al secondo). Sappiamo tutti quanto possa essere farraginosa la burocrazia [...]. In alcuni casi, invece, i passaggi riescono a essere velocissimi. Pensiero e azione. Per accorgersene basta chiedere una delibera di giunta. È successo la prima volta che il bando del centrosinistra è stato revocato. Gatto si è presentato negli uffici della giunta per vedere la delibera dell'annullamento (cui aveva partecipato). E si è trovato davanti un atto anomalo, quasi tutto «in bianco», senza neppure l'indicazione degli assessori presenti e assenti (recante la firma dell'assessore Gentile, la data del 20 settembre 2010 e il n. 622);
Gatto ha inviato un esposto alla regione e la risposta, con tanto di documenti allegati, racconta una storia per lo meno dubbia. Ufficialmente - scrive il Corriere della Calabria - è andata così: il 20 settembre 2010 il dirigente generale dei lavori pubblici, Giovanni Laganà, propone all'assessore Gentile l'annullamento del bando; nello stesso giorno l'assessore porta la delibera «in bianco» in giunta e la fa approvare, ma poi, sempre nella stessa seduta, la giunta decide di sospenderne l'efficacia. Insomma, succede tutto in un giorno e alla fine non succede niente. Ma, se non fosse stato per l'accesso agli atti, nessuno l'avrebbe saputo. Misteri della burocrazia. Che, però, va avanti con l'annullamento, motivandolo questa volta in maniera più completa e formalizzandolo il 29 novembre 2010 con un decreto firmato sempre da Giovanni Laganà», direttore generale del dipartimento 9. Cosa sia successo il 20 settembre 2010 non è dato sapere. Ciò che è certo, è l'enorme ritardo accumulato che potrebbe concretamente provocare la perdita di 155 milioni di risorse che, se erogate, produrrebbero sul territorio un indotto stimato in un miliardo di euro e garantirebbero un alloggio di edilizia sociale a circa 4 mila famiglie;
altro dato certo è l'avvio dei lavori da parte delle aziende ammesse a finanziamento con il primo bando: secondo quanto dispone l'articolo 13 dell'avviso, l'avvio dei lavori avrebbe dovuto avere luogo «entro e non oltre il 180o giorno dalla ricezione della comunicazione di ammissione». Le imprese che hanno ricevuto comunicazione hanno rispettato tali direttive. È evidente che la sospensione in autotutela operata dalla nuova giunta regionale ha causato un danno economico importante a quelle aziende che hanno sostenuto spese di personale, materiale di costruzioni e quant'altro. Ebbene, diverse imprese partecipanti e ammesse a finanziamento, preso atto dell'annullamento hanno promosso ricorso al Tar Calabria che successivamente ha accolto il ricorso dei ricorrenti. La regione Calabria, per il tramite dell'assessorato ai lavori pubblici è ricorso in appello al Consiglio di Stato, che in un primo esame nel gennaio 2012 ha rinviato la decisione «di merito» al 23 ottobre 2012;
intanto, l'assessore calabrese ai lavori pubblici, Giuseppe Gentile, con dichiarazioni comunicate alla stampa giorno 1o e 3 marzo 2012 ha reso noto di aver «invitato» le «nuove» imprese vincitrici del secondo bando che «entro 180o giorni dovranno iniziare i lavori». Seguendo il modus operandi della nuova giunta regionale, se il Consiglio di Stato il prossimo mese di ottobre dovesse esprimersi contro la regione Calabria, verrebbero penalizzate economicamente ulteriori nuove imprese partecipanti e ammesse a finanziamento con il secondo bando. Un modo di amministrare del tutto inedito che ci consegna un duplice quanto deprimente risultato: al danno (e la beffa) dei primi si

aggiungerebbe la beffa (e il danno) dei secondi. L'aspetto più curioso, tuttavia, è riportato sempre dal settimanale Il Corriere della Calabria, che riporta alcune indiscrezioni di non poco conto. L'inchiesta svela presunti intrecci tra imprese vincitrici dell'ultimo avviso pubblico e l'assessore Gentile. Aziende che non hanno superato il test per l'accesso al finanziamento nel primo bando si collocano invece ai primi posti del secondo. Questioni di valutazioni. Legittimo, senza dubbio, ma è altrettanto legittimo esprimere qualche perplessità.

Scrive il settimanale: «[...] Chi non potrà lamentarsi di certo è l'azienda Lapietra srl, di Rossano. Era stata esclusa dalla prima informata di fondi (non era in posizione utile per ottenere gli incentivi), mentre adesso si ritrova al primo posto addirittura in due graduatorie. Merito del nuovo bando. Quello a cui la «Gatto costruzioni», di proprietà di Giuseppe Gatto, ex presidente regionale dell'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili), ha deciso di non partecipare: «Tra i criteri previsti per la valutazione ce n'era uno che lasciava troppa discrezionalità alla commissione», ha dichiarato Gatto. «[...] Anche la composizione della commissione - scrive il giornalista Petrasso - rivela una tendenza ben definita. Il presidente era l'architetto Eugenio Madeo, professionista con un passato in politica, transitato negli ultimi anni dal centrosinistra (per il quale è stato presidente della provincia di Cosenza e consigliere regionale) al PdL. I suoi rapporti con Gentile sono ottimi: nel 2008, per l'allora capogruppo dei berluscones in consiglio regionale aveva elaborato un progetto per lo smaltimento dei rifiuti nel Savuto. La collaborazione, dunque, continua. E sempre dal centrodestra cosentino arriva un altro dei commissari: Antonio Bove, uno dei primi professionisti della città ad aver sposato le tesi forziste (di Forza Italia è stato anche coordinatore cittadino). Stessa area di appartenenza di Antonio Artusi. Avvocato e coordinatore del circolo del PdL di San Marco Argentano, pure lui tra coloro che hanno valutato le domande delle aziende. E di Luigi Rinaldo Brusco, sindaco di centrodestra di Fagnano Castello e avvocato pure lui. Un quartetto di tecnici prestati alla politica, tutti di stretta osservanza gentiliana. Chiudono il quadro altri membri della cerchia dell'assessore: il fratello di un ex manager dell'azienda ospedaliera (nominato sempre dietro consiglio dei Gentile) e il congiunto di uno dei più stretti collaboratori dell'assessore. Quando si dice il primato della politica. Che, in questo caso, si confonde con la famiglia». Il costruttore Gatto nel merito della Commissione dichiarò al settimanale: «Magari mi sbaglio, ma ho preferito non prendere parte alla gara, mi sembrava poco trasparente». L'azienda rossanese, dunque, è destinataria di incentivi su due canali: quello per la realizzazione di alloggi di edilizia sociale da offrire in locazione (quattro milioni di finanziamento sui cinque dell'intervento) e quello per gli alloggi da offrire in proprietà (in questo caso l'incentivo è di 4,8 milioni su quasi 17). «Nel secondo caso - scrive Petrasso - l'impresa aggiudicataria è la San Nilo srl, la cui proprietà però è interamente della Lapietra srl. La società è stata costituita nel mese di novembre del 2010, qualche giorno prima che il vecchio bando fosse cancellato (e il nuovo redatto). Non è l'unico incrocio curioso: anche nel bando riservato alle cooperative c'è una strana coincidenza. La «coop Casabella» ha, infatti, un collegio sindacale praticamente sovrapponibile a quello delle altre due aziende del gruppo che si occupa di costruzioni. Strano? Forse. È un po' più strano, invece, il ruolo giocato nel tormentatissimo iter dei bandi da uno dei dirigenti esterni del dipartimento lavori pubblici, Antonio Capristo è un ingegnere rossanese. Ha lavorato per amministrazioni pubbliche e costruttori. Ha esperienza nel campo dei fabbricati civili e delle energie alternative. È arrivato negli uffici del dipartimento lavori pubblici da dirigente esterno di settore, nominato sulla base del rapporto fiduciario con l'assessore Pino Gentile. Proprio al tecnico «di fiducia», il titolare della delega ha assegnato

nel 2010 un compito molto delicato, quello di seguire il procedimento di revoca della prima delibera, che stabiliva la suddivisione dei fondi per l'edilizia sociale». Nel ricorso al Tar della Calabria presentato dalla Gatto Costruzioni, si approfondisce la posizione di Antonio Capristo, dirigente esterno nominato dall'assessore Gentile. «Capristo non è proprio uno sconosciuto nell'ambiente dell'edilizia - si legge nel documento prodotto da Gatto -; infatti il professionista è l'autore di uno dei progetti presentati per la partecipazione al bando. Il riferimento è alla pratica presentata proprio dalla società Lapietra srl, di Rossano: si tratta della costruzione di 135 alloggi». La ditta, però, era stata esclusa dal primo bando annullato dal centrodestra. «Il fatto - si legge - è che i rapporti di Capristo con la Lapietra srl non sono esattamente stati sporadici. La circostanza salta fuori sempre dal curriculum pubblicato sul sito della Regione: la Lapietra srl è committente dell'ingegnere Capristo in diversi interventi edilizi, alcuni in corso, altri ultimati e altri in via di istruttoria. Nella terra del conflitto di interessi, - scrive il Corriere della Calabria - la cosa non ha stupito più di tanto l'assessore Gentile: Capristo è rimasto al suo posto e ha revocato il procedimento al quale aveva partecipato (come progettista)». Altra circostanza curiosa è la presenza tra i vincitori del bando della ditta «Via Rivocati». «Anche in questo caso - scrive la testata - la visura camerale svela intrecci legittimi ma tutti riconducibili a una specifica area politica. L'amministratore unico della società, infatti, è Giovanni Pianini, professionista cosentino e stretto congiunto di Gianfranco Scarpelli, direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza» nominato dai fratelli Antonio e Pino Gentile, senatore il primo e assessore il secondo. Quest'ultimo «concederà i fondi alla ditta (Via Rivocati) riconducibile a uno dei suoi uomini di fiducia. Scarpelli, infatti, ne è stato amministratore in passato -:
di quali elementi disponga il Governo nella vicenda e quali necessarie iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche valutando la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 60, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2009, anche per scongiurare la perdita di corposi finanziamenti per l'edilizia sociale in Calabria.
(4-15389)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le norme contenute nell'articolo 7, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, dispongono che a richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane; nei casi previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall'espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento all'unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto;
la giunta del comune di Firenze ha approvato il nuovo regolamento di polizia mortuaria che tra le altre cose prevede specifici spazi per tumulare quelli che in una nota sono definiti «prodotti abortivi e prodotti del concepimento» da approntare nel cimitero di Trespiano;
a Firenze, nel grande cimitero comunale di Trespiano, già dal 1996 esiste di fatto una piccola area specificamente destinata al seppellimento dei feti;

la stesura di questo nuovo regolamento sembra seguire altre analoghe iniziative che già sono state adottate da altri comuni italiani;
alcune amministrazioni comunali hanno stipulato una convenzione con l'associazione «Difendere la vita con Maria» -:
se siano in grado di riferire quante donne, che hanno interrotto spontaneamente o volontariamente la gravidanza, dopo essere state regolarmente informate, abbiano fatto richiesta di provvedere in proprio al seppellimento del prodotto abortivo/feto, e se siano in grado di confermare che la quasi totalità, come risulta agli interroganti, ha scelto di lasciare il compito alle aziende ospedaliere e ai comuni;
se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché con particolare riguardo alle questioni segnalate in premessa sia assicurata la piena applicazione dei princìpi affermati dalla legge n. 194 del 1978 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990.
(5-06466)

TESTO AGGIORNATO AL 22 MARZO 2012

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

TORAZZI, ALESSANDRI, FORCOLIN, CALLEGARI, MAGGIONI, ALLASIA, REGUZZONI, FAVA e BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo IPC, primario nel settore dei macchinari per la pulizia, è una società italiana che opera da decenni nel mercato europeo, commercializzando prodotti di propria progettazione che produce in diversi siti italiani;
nel novembre 2011 con una interrogazione in Commissione X, è stato segnalato come a causa della concorrenza dei Paesi low-cost gli impianti italiani e la stessa società fossero in grave crisi con il rischio di chiusura totale, riportando lo status dei diversi siti produttivi nel nostro Paese, e chiedendo l'intervento del Ministro affinché valutasse l'apertura di un «tavolo» di crisi, considerando che l'insieme del gruppo arriva a 400 dipendenti nei tre siti italiani e l'impatto, in termini di rischio occupazionale, comprensivo dei fornitori, vale oltre il doppio;
la situazione ora si è aggravata al punto che per la capogruppo IPC INTEGRATED PROFESSIONAL CLEANING la proprietà parla apertamente di chiusura entro il 31 dicembre 2012 ed ha cominciato le procedure in tal senso. Si riporta di seguito per completezza lo status già esposto a novembre 2011:
a) Ipc Integrated Professional Cleaning:
sede a Vaiano Cremasco (Cremona), 180 dipendenti; dopo tre anni di cassa integrazione a singhiozzo, ora si prospetta la decisione della chiusura entro il 31 dicembre 2012;
b) Ipc Portotecnica:
sede a Summaga di Portogruaro (Venezia). Ci sono circa 120-140 dipendenti, compresi gli impiegati dell'amministrazione; anche in questo caso il personale è in cassa integrazione da circa 1 anno e mezzo;
c) Ipc Gansow:
sede a Villa Bagno (Reggio Emilia), circa 100 dipendenti con cassa integrazione a singhiozzo;
va considerata inoltre la grave crisi occupazionale che ha interessato negli ultimi due anni tutto il bacino del cremasco, situazione che rende estremamente difficile il ricollocamento dei lavoratori IPC, e va sottolineata ancora l'importanza dell'azienda che sviluppa in proprio soluzioni

esportate in tutto il mondo, garantendo lavoro anche ad una consistente catena di fornitori -:
se il Ministro sia informato della situazione, quali iniziative intenda intraprendere per coadiuvare il rilancio della società e sostenere i dipendenti coinvolti e se non ritenga ormai inderogabile aprire un «tavolo» di confronto ministeriale, vista la specificità dell'azienda, che progetta ed assembla e quindi funge da collettore di lavoro per i bacini interessati, e considerate le dimensioni del gruppo.
(5-06454)

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 3 febbraio 2012 diversi proprietari e gestori di pompe di carburanti in Sardegna hanno ricevuto una lettera dalla direzione generale della Arcola petrolifera spa (appartenente al gruppo Saras) di Milano, con sede legale in Sarroch in provincia di Cagliari, raffineria che attualmente rifornisce di carburante molti impianti di distribuzione dell'isola;
nella lettera si informavano i clienti che, nel quadro di un non meglio precisato piano di riorganizzazione commerciale, la società avrebbe ridotto la propria presenza nel mercato extrarete della Sardegna (comunemente noto al pubblico come pompe «bianche»), limitando l'attività alla sola vendita di GPL e jet fuel (cherosene). Si comunicava altresì che «la società non sarà più in grado di proseguire nella fornitura di carburanti e combustibili dalla Raffineria e dal Deposito Nazionale di Sarroch a decorrere dal 1o marzo 2012»;
nello scorso mese di gennaio 2012, l'ufficio stampa della regione Siciliana, ha reso nota la denuncia di consumatori e rappresentanti dei distributori secondo la quale le grandi compagnie petrolifere avrebbero costituito un cartello, sfruttando il fatto che i siciliani (consumatori e distributori) difficilmente potrebbero recarsi in altre regioni per l'approvvigionamento di carburanti; l'assessore regionale per l'economia siciliano, Gaetano Armao, ha presentato in seguito a ciò un esposto all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per accertare l'esistenza di eventuali pratiche concordate tra le imprese volte in pratica a svantaggiare la Sicilia, che risulterebbe, a seguito di tali scelte, la regione con i costi del carburante più alti d'Italia;
la raffineria di Sarroch in Sardegna è l'unica fornitrice di carburante di tutta l'isola per gli impianti extrarete, sicché quanto denunciato in Sicilia potrebbe dunque ora verificarsi anche nei confronti degli impianti di distribuzione di carburanti sardi;
tale comportamento da parte della Arcola petrolifera spa, in un'isola senza reali alternative di approvvigionamento di carburanti, determina automaticamente l'impossibilità ad operare per i gestori del mercato extrarete, realtà la cui diffusione è in costante crescita risultando estremamente più concorrenziale delle pompe di carburante che operano sotto contratti con le principali compagnie petrolifere;
tale comportamento, quindi, danneggiando le attività degli imprenditori autonomi della distribuzione di carburanti isolani, determina, ad avviso dell'interrogante, una riduzione della concorrenza nel settore nell'isola, con notevoli svantaggi economici per tutti i consumatori, vanificando, in ultima analisi, qualsiasi tentativo di liberalizzazione del mercato dei carburanti come nelle linee più volte espresse dal Governo -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto accade in Sardegna, e se, in caso contrario, non ritenga di avviare opportune o acquisire elementi sulla procedura messa in opera da Arcola petrolifera Spa (Saras), accertando da quale esigenza commerciale sia determinata la «riduzione» della drastica sua presenza nel mercato extrarete;

se il Governo non intenda assumere iniziative normative per evitare eventuali pratiche di cartello lesive della libera concorrenza con gravi conseguenze sui consumatori.
(4-15384)

MONTAGNOLI e BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento ha approvato in tempi diversi disposizioni volte a dare una risposta concreta al tema della sicurezza sociale e della circolazione;
in applicazione di tali norme il Ministero competente rende di evidenza pubblica quelli che sono i costi incomprimibili della sicurezza;
i costi tengono conto esclusivamente dell'incidenza delle voci che derivano dall'applicazione delle disposizioni sulla sicurezza della circolazione e delle norme sociali;
il Ministero assicura così il principio indispensabile che impone che i costi non derivino da accordi tra le parti bensì da una autonoma valutazione della parte pubblica, onde evitare di incorrere nella fattispecie dei patti di cartello incompatibili con le norme della concorrenza;
recentemente e in diverse occasioni il Ministro interrogato, sia condividendo un ordine del giorno 9/4829-A/19 che per mezzo di dichiarazioni, ha ribadito la volontà dell'Esecutivo di confermare, al fine di garantire la incolumità dei cittadini e degli utenti della strada, la scelta dei costi incomprimibili della sicurezza;
in modo irrituale e grave si è registrata ad avviso dell'interrogante una vera e propria invasione di campo da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che stravolgendo quello che con tanta evidenza, sempre ad avviso dell'interrogante, stabiliscono le norme di legge, ha attribuito ai costi della sicurezza il valore di tariffe obbligatorie;
la stessa Autorità ha sostanzialmente invitato la pubblica amministrazione a non dare seguito a quanto previsto da una legge dello Stato che il Parlamento sovrano ha approvato, attribuendosi competenze che non le appartengono;
a seguito di tale comunicazione la committenza ha invitato le imprese aderenti a non riconoscere i costi incomprimibili della sicurezza, favorendo così l'insorgere di rischi per l'incolumità dei cittadini e degli stessi lavoratori conducenti;
le associazioni responsabili hanno già fatto sapere che non rinunceranno a difendere il valore indisponibile della incolumità della vita, lasciando intendere che sono pronte a proclamare pesanti azioni di autotutela -:
se il Governo intenda garantire la massima sicurezza a coloro che esercitano sulle strada l'attività di trasporto e agli automobilisti nel pieno rispetto delle normative sulla concorrenza dando seguito agli impegni assunti dal medesimo Governo accogliendo l'ordine del giorno citato in premessa.
(4-15388)

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Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Franceschini ed altri n. 1-00880, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

La mozione Cicchitto ed altri n. 1-00932, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Savino.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05222, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05225, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05239, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05240, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05246, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05247, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05248, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05249, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05295, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cazzola n. 5-06169, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ceccacci Rubino.

L'interrogazione a risposta in Commissione Motta n. 5-06310, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariani.

L'interrogazione a risposta in Commissione Velo n. 5-06354, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Froner.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Lanzarin n. 5-06023 del 26 gennaio 2012;
interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-02078 del 7 febbraio 2012;
interrogazione a risposta scritta Piffari n. 4-14873 del 14 febbraio 2012;
interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-02133 del 28 febbraio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-12878 del 28 luglio 2011, in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06459.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-01902 del 19 ottobre 2011, in interrogazione a risposta scritta n. 4-15386.