XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 15 marzo 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'attuale fase di crisi registra nel Mezzogiorno gli effetti peggiori sul piano economico e sociale;
tale situazione nelle regioni del Sud mette in difficoltà l'Italia;
vi è un gap infrastrutturale, in termini di trasporti, logistica, ricerca e innovazione, rispetto al resto del Paese;
un intervento capace di promuovere sviluppo ed occupazione nel Mezzogiorno assume carattere di urgenza, al fine di favorire la ripresa dell'economia meridionale, come base per la crescita e lo sviluppo dell'intero Paese;
gli obiettivi di riequilibrio territoriale, che ispirano la politica europea di coesione economica e sociale, e gli obiettivi di crescita occupazionale stabiliti con la strategia di Lisbona possono essere raggiunti con strumenti di intervento innovativi nel Mezzogiorno;
in questo momento di crisi molte imprese sono costrette alla chiusura, non rientrando nei parametri degli studi di settore;
le rilevazioni dell'Istat dimostrano un tasso altissimo di disoccupazione nel sud d'Italia;
il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 34 anni è sceso di diversi punti percentuali, marcando la differenza con la situazione del nord del Paese;
per l'Istat la povertà è un fenomeno che caratterizza soprattutto le regioni del Sud;
la Commissione europea ha approvato una correzione alle regole dei fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree sottoutilizzate, concedendo all'Italia la possibilità di abbassare la quota di cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento e ha dato il via libera all'utilizzo dei fondi strutturali, con l'obiettivo di sostenere specifiche politiche occupazionali nelle aree a più bassa occupazione giovanile, per la copertura dei crediti d'imposta per l'occupazione nel Mezzogiorno,


impegna il Governo:


ad assegnare al tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno una valenza prioritaria nell'ambito della politica economica nazionale e di quella comunitaria di coesione;
ad assumere politiche in grado di favorire la localizzazione delle attività produttive nelle aree del Sud, rafforzando così il tessuto produttivo e favorendo i processi di agglomerazione produttiva, i cui benefici ricadranno anche sulle imprese del Centro-nord che non riescono a reperire aree industriali e manodopera qualificata;
a portare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno ai livelli del resto del Paese attraverso la piena attuazione della strategia nazionale della «legge-obiettivo» e delle opere individuate, opportunamente inserite nelle intese generali quadro tra Stato e regioni;
ad esaminare la possibilità di utilizzare i fondi nazionali risultanti dall'abbassamento della quota di cofinanziamento per realizzare fiscalità di sviluppo e investimenti produttivi nel Mezzogiorno.
(1-00928)
«Miccichè, Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».

La Camera,
premesso che:
il tessuto imprenditoriale italiano è composto da 4,5 milioni di aziende di cui

il 99,8 per cento sono classificabili come micro, piccole e medie imprese, con una quota degli occupati pari a circa all'81,7 del totale, con un livello del valore aggiunto prodotto che si attesta intorno al 72,5 per cento del valore complessivo;
sul totale delle micro, piccole e medie imprese, le statistiche mostrano che le microimprese (meno di 10 addetti) costituiscono la stragrande maggioranza, con una quota pari al 94,8 per cento;
appare necessario, stante la grave crisi che coinvolge soprattutto le micro, piccole e medie imprese, attuare manovre e applicare norme che consentano alle stesse di usufruire di un po' di ossigeno per non rischiare che entrino nel tunnel della chiusura definitiva della propria attività con le conseguenze facilmente immaginabili per l'occupazione e per l'economia del Paese;
le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale prospettano un rischio recessione per la nostra economia, con un calo del prodotto interno lordo del 2,2 per cento nel 2012;
ciò pone la classe dirigente del Paese, la politica e il Governo davanti all'urgenza di scelte immediate e non più rinviabili, stante l'assunto da tutti riconosciuto che senza una ripresa dello sviluppo siamo condannati al fallimento;
la crisi ha comunque accentuato le difficoltà - invero presenti da numerosi anni - per il cuore del sistema economico italiano, le piccole e medie imprese, di reperire le risorse necessarie per continuare ad operare e crescere in un mercato dominato da una logica di profitto a breve termine, in cui i capitali vengono attirati dalle attività più speculative determinando un preoccupante e dannoso deficit di risorse per il settore, che rappresenta la maggior parte dell'occupazione in Italia e che contraddistingue un tessuto economico basato sull'innovazione, la flessibilità, e la solidarietà;
infatti dagli anni Novanta è iniziata una commistione tra le attività finanziarie ordinarie rappresentate dai depositi, i mutui, i prestiti alle imprese, e le attività speculative che negli ultimi anni in particolare hanno mostrato la loro vera natura minacciando di gettare il mondo in una depressione economica senza paragoni. Di fronte a questa prospettiva Governi e banche centrali hanno attuato numerosi salvataggi, caricando sui contribuenti ulteriori debiti prodotti da chi ha speculato per conto proprio;
è necessario garantire che il sistema finanziario sia al servizio dell'economia reale, a differenza della tendenza degli ultimi anni in cui le attività puramente speculative hanno preso il sopravvento sul resto dell'economia, provocando anche un forte deficit di investimenti nei beni e servizi necessari per mantenere e accrescere il tenore di vita della popolazione;
la Commissione europea, già nel 2008, pubblicò lo small business act che stabiliva i 10 principi che si sarebbero dovuti adottare dai Governi per garantire il sostegno delle piccole e medie imprese, ovvero: dar vita a un contesto in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare e che sia gratificante per lo spirito imprenditoriale; far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l'insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità; formulare regole conformi al principio «pensare anzitutto in piccolo»; rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle piccole e medie imprese; adeguare l'intervento pubblico alle esigenze delle piccole e medie imprese; facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e usare meglio le possibilità degli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese; agevolare l'accesso delle piccole e medie imprese al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali; aiutare le piccole e medie imprese a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico; promuovere l'aggiornamento delle competenze nelle piccole e medie imprese e ogni forma di innovazione; permettere alle piccole

e medie imprese di trasformare le sfide ambientali in opportunità; incoraggiare e sostenere le piccole e medie imprese perché beneficino della crescita dei mercati;
l'Italia ha dato attuazione alla comunicazione della Commissione europea del 2008 con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010 sullo small business act;
dai monitoraggi effettuati nel corso degli anni è risultato che l'Italia è il Paese dell'Unione europea con il maggior numero di imprese di piccole dimensioni. Infatti, più di una piccola e media impresa europea su cinque è italiana e le piccole e medie imprese nel loro insieme rappresentano il 99,8 per cento del totale delle imprese europee. Più di nove su dieci hanno meno di dieci dipendenti e in esse trovano occupazione due terzi dei lavoratori europei. Le aziende artigiane, inoltre, sono 5 milioni, e la microimpresa italiana crea il 31,5 per cento del valore aggiunto del Paese, mentre in altri Paesi come Inghilterra e Germania il dato è circa la metà;
nonostante la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito il nostro Paese, le piccole e medie imprese costituiscono ancora il volano dell'occupazione italiana;
le difficoltà che le micro, piccole e medie imprese, sono chiamate ad affrontare in un periodo di grave crisi economica sono di carattere legislativo, creditizio e finanziario;
la crisi economica e finanziaria ha ridotto drasticamente la possibilità delle piccole e medie imprese di accedere al credito. Ciò le priva, in molti casi, di quell'ossigeno necessario alla sopravvivenza e impedisce alle stesse imprese di programmare nuovi investimenti;
l'origine finanziaria della crisi globale ha evidenziato la necessità di intervenire nell'ottica di patrimonializzare gli istituti di credito e gli eccessivi livelli di rischio che essi assumono;
al fine di scongiurare il verificarsi di una nuova crisi finanziaria si è intervenuti apportando significative modifiche all'accordo noto con il nome di Basilea 2, stilando il testo del Basilea 3. In base agli accordi raggiunti, il requisito minimo per il common equity - la componente di capitale con la maggiore capacità di assorbire le perdite - sarà innalzato dall'attuale livello del 2 per cento al 4,5 per cento;
il nuovo coefficiente sarà introdotto con gradualità entro il 1o gennaio 2015;
il requisito per il patrimonio di base, che, oltre al common equity, comprenderà altri strumenti finanziari computabili sulla base di criteri più stringenti rispetto agli attuali, sarà elevato dal 4 al 6 per cento nell'arco dello stesso periodo;
è stato, altresì, stabilito che il capital conservation buffer (cuscinetto di protezione del patrimonio), aggiuntivo rispetto ai requisiti minimi regolamentari, sia calibrato al 2,5 per cento e costituito da common equity al netto delle deduzioni e sarà applicato a seconda delle specifiche situazioni nazionali;
lo scopo del nuovo buffer di capitale è quello di assicurare che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter impiegare per assorbire le perdite durante i periodi di stress finanziario ed economico. Da un lato, le banche potranno attingere a tale risorsa in situazioni di stress, dall'altro quanto più i loro coefficienti patrimoniali regolamentari si avvicineranno al requisito minimo, tanto maggiori saranno i vincoli posti alla distribuzione degli utili. Tali coefficienti patrimoniali sono integrati da un indice di leva finanziaria non basato sul rischio, che funge da supporto ai coefficienti descritti in precedenza basati sul rischio;
inoltre, è stato deciso di sperimentare un coefficiente minimo di leva finanziaria per il patrimonio di base del 3 per cento durante il corrispondente periodo di sperimentazione;

a seconda dei risultati della fase sperimentale, gli eventuali aggiustamenti definitivi saranno apportati nella prima metà del 2017, con l'obiettivo di trasformarlo a partire dal 1° gennaio 2018 in requisito minimo nell'ambito del primo pilastro del regime di Basilea 2, subordinatamente a un'appropriata revisione delle regole di calcolo e alla fissazione del livello di calibrazione;
sono state previste disposizioni transitorie per l'applicazione dei nuovi standard, fatto che contribuirà ad assicurare che il settore bancario sia in grado di rispettare coefficienti patrimoniali più elevati, attraverso ragionevoli politiche di accantonamento degli utili e di aumenti di capitale, assicurando in pari tempo il credito all'economia;
in aggiunta, dopo un periodo di osservazione che prenderà avvio nel 2011, l'indice di copertura della liquidità a breve sarà introdotto il 1° gennaio 2015. L'indicatore strutturale dell'equilibrio finanziario sarà trasformato in requisito minimo il 1° gennaio 2018;
in sintesi: i principali timori di Basilea 3 sono riconducibili, da un lato, all'utilità e all'efficacia dell'accordo e, dall'altro, alle conseguenze che esso potrebbe avere sulle imprese e, più in generale, sull'economia reale;
ad essere maggiormente penalizzati sono Paesi con modelli di business come l'Italia, fondati, cioè, sul canale del credito bancario per il finanziamento alle imprese;
le lentezze di ordine burocratico e i tempi ormai incredibilmente lunghi della giustizia civile costituiscono degli ulteriori ostacoli per le piccole e medie imprese che ne escono fortemente penalizzate per la difficoltà di veder soddisfatti i propri crediti in tempi ragionevoli,


impegna il Governo:


a verificare e, se necessario, ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia assicurata l'erogazione del credito, al fine di prevenire e scongiurare che le stesse imprese e le famiglie debbano pagare le eventuali conseguenze negative dell'applicazione dei nuovi parametri patrimoniali previsti da Basilea 3;
a migliorare il rapporto tra pubblica amministrazione e aziende, potenziando, se necessario, il fondo di garanzia al fine di rendere meno difficoltoso l'accesso al credito dei piccoli e medi imprenditori;
a promuovere un quadro organico di interventi a favore delle micro, piccole e medie imprese, se portante della nostra economia;
a promuovere le necessarie iniziative normative per ovviare ai ritardi nei pagamenti delle transazioni, in particolar modo quelle che interessano le pubbliche amministrazioni;
ad attivare politiche tese a ridurre la pressione fiscale, in particolare sulle imprese di piccole e medie dimensioni e sulle famiglie;
a sostenere l'internazionalizzazione, l'innovazione e la ricerca, la cooperazione in reti, oltre che la tutela del made in Italy, presupposto indispensabile per mantenere in vita molte imprese artigiane;
a verificare la possibilità di assumere iniziative per una proroga dei pagamenti dovuti all'erario per le imprese colpite, a vario titolo, dagli ultimi eventi atmosferici disastrosi a partire dalla zone dove è stato riconosciuto lo stato di calamità.
(1-00929)
«Polidori, Moffa, Calearo Ciman, Catone, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
in Italia esistono circa 43.000 docenti precari non abilitati con più di 360 giorni di insegnamento;
questi docenti insegnano nelle scuole con gli stessi incarichi e mansioni dei colleghi abilitati attraverso un contratto di lavoro che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riconosce loro;
gli insegnanti non abilitati firmano registri, presiedono commissioni d'esame e formano gli alunni;
fino all'anno accademico 2007-2008 era possibile conseguire l'abilitazione frequentando la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario e prima ancora era possibile frequentare un corso speciale abilitante riservato, però, solo a quanti avessero accumulato 360 giorni di insegnamento;
dal 2008, per questi docenti, con l'abolizione delle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario e dei corsi abilitanti riservati, non è stato più possibile conseguire l'abilitazione per la scuola secondaria;
oggi, per questi precari, l'unica possibilità di conseguire l'abilitazione è legata all'accesso al percorso abilitante, denominato tirocinio formativo attivo (TFA), previsto nel regolamento sulla formazione iniziale dei docenti;
nonostante l'esperienza pluriennale di insegnamento già maturata, il regolamento impone a questi docenti il superamento delle prove selettive a numero chiuso per accedere al tirocinio formativo attivo, senza riconoscere il periodo di servizio svolto;
tale sbarramento è previsto anche per gli insegnanti tecnico-pratici (ITP) e i diplomati magistrali inseriti in III fascia di istituto, che hanno accumulato oltre 360 giorni di servizio;
l'accesso al tirocinio formativo attivo non significa ottenere l'abilitazione, che comunque si conseguirebbe solo dopo il superamento di una prova finale;
con parere n. 01061/2010 avente ad oggetto lo schema di regolamento sulla formazione iniziale dei docenti, il Consiglio di Stato ha osservato che «le argomentazioni svolte dal Ministero circa l'impossibilità di prevedere, in via transitoria, un accesso automatico al tirocinio da parte di chi sia in possesso di una anzianità minima di servizio, non appaiono del tutto persuasive», peraltro l'acquisizione di una solida base teorica può comunque essere verificata in sede di valutazione finale del tirocinio svolto;
ad avviso del Consiglio di Stato inoltre, non sussiste un nesso tra l'ammissione automatica e l'incremento delle cause di formazione del precariato;
già nell'adunanza del 18 gennaio 2010 il Consiglio di Stato aveva considerato «meritevole di approfondimento la questione - sollevata nel parere del Consiglio Nazionale della pubblica istruzione - relativa al riconoscimento del servizio prestato in via precaria presso le istituzioni scolastiche, ai fini dell'accesso al tirocinio formativo attivo, nonché come parte dei crediti formativi previsti nel tirocinio», prospettando «l'opportunità di tener conto, in una fase di passaggio dal vecchio al nuovo regime, dell'esperienza professionale maturata, ferma restando la possibilità di fissare presupposti e limiti di tale rilevanza e di graduarne gli effetti»;
il decreto ministeriale n. 85 del 2005 concedeva a coloro che avessero accumulato almeno 360 giorni di servizio nelle scuole entro il 6 giugno 2004 l'accesso ai corsi abilitanti della durata di un solo anno, anche in sovrannumero, con un esame finale ma senza un test di ammissione;

già la legge n. 1074 del 1971, il decreto-legge n. 140 del 1988, la legge n. 417 del 1989, il decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito dalla legge n. 143 del 2004, prevedevano l'accesso diretto con un esame finale;
il diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 è stato considerato titolo abilitante per l'insegnamento nella scuole paritarie, ma non per quelle statali (articolo 1, comma 4, della legge n. 62 del 2000);
la legge n. 1074 del 6 dicembre 1971 prevede che il titolo abilitante è requisito indispensabile per la stabilità contrattuale dei docenti;
la direttiva 1999/70 che si richiama all'articolo 136 del Trattato di Amsterdam prevede il miglioramento delle forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato;
il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), ritenendo opportuno prevedere strumenti di valorizzazione dell'esperienza maturata, in occasione dell'esame della cosiddetta «Bozza Israel» ha proposto di riconoscere come titolo transitorio di accesso al tirocinio formativo attivo, anche in soprannumero, il servizio prestato per almeno un biennio presso le istituzioni scolastiche e di riconoscere tale servizio come parte dei crediti formativi previsti nel tirocinio con particolare riferimento ai laboratori didattici di cui alla tabella 12;
alla luce del già penalizzante contesto normativo richiamato, qualora non si rendesse ai docenti precari non abilitati con almeno 360 giorni di insegnamento, aperto e senza alcuno sbarramento l'accesso al percorso abilitante, si determinerebbe una grave ed ulteriore discriminazione ai danni di questa categoria;
da recenti note di stampa, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha preannunciato l'avvio delle selezioni per l'accesso ai corsi tirocinio formativo attivo nel prossimo giugno 2012,


impegna il Governo


ad adottare, nella fase transitoria e senza costi aggiuntivi per il Ministero, tutte le opportune iniziative di natura normativa, al fine di garantire l'accesso al tirocinio formativo attivo a tutti quei docenti che abbiano maturato almeno 360 giorni di servizio, anche attraverso l'accesso automatico e in soprannumero, così come richiesto dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione.
(7-00810)
«Zazzera, Barbato, Di Giuseppe, Piffari, Gianni, Barbieri».

La VIII Commissione,
premesso che:
la società autostrada tirrenica spa (Sat), costituita nel 1968 a Grosseto, ha come oggetto sociale esclusivo la promozione, progettazione e costruzione di un'autostrada a pedaggio tra Civitavecchia (Roma) e Rosignano (Livorno);
il completamento del corridoio tirrenico autostradale (denominato «A12») rappresenta un intervento strategico di preminente interesse nazionale e comunitario;
nel 1993 entra in servizio la prima tratta costiera tra Livorno e Rosignano, l'opera fu edificata in assenza di vincoli legislativi di natura ambientale;
successivamente per la realizzazione di «grandi opere infrastrutturali» fu introdotta una particolare procedura cautelare scientifica, la valutazione d'impatto ambientale (Via), una verifica multidisciplinare degli impatti dell'opera sull'ambiente. Questo accertamento viene redatto sullo studio di impatto ambientale (Sia), consegnato dal proponente assieme al progetto;
nel 1990 il progetto della autostrada tra Rosignano e Civitavecchia fu respinta dalla commissione valutazione d'impatto ambientale; fu dichiarata insostenibile

per molteplici ragioni: paesaggistiche, idrogeologiche, economico-finanziarie, progettistiche;
nel dicembre 2008, dopo un lungo, complesso e concertato percorso fra le istituzioni interessate fu approvato un progetto definito e dettagliato della tratta in oggetto; tale progetto fu ratificato, con osservazioni, dai numerosi enti locali interessati e prevedeva 150 prescrizioni da recepire;
il suddetto progetto, frutto di un'elaborazione durata otto anni, teneva conto del delicato equilibrio tra due esigenze imprescindibili, l'agibilità infrastrutturale e la tutela ambientale. In particolare, nel tratto che interessa il comune di Orbetello (Grosseto) prevedeva inoltre la realizzazione di una variante interna, verso l'entroterra, tra le località di Fonteblanda e Ansedonia. Con tale variante venivano esclusi tratti viari per i quali l'infrastruttura risultava d'impossibile allocazione; infatti in prossimità delle località e dei comuni come Osa, Albinia, Quattro strade, Orbetello Scalo, per la conformazione geomorfologica e l'antropizzazione presente, venivano a mancare gli spazi utili per contenere la striscia d'asfalto di 24 metri d'ampiezza autostradale e quindi non potevano essere mantenute nel tracciato le caratteristiche tecniche europee previste per le strade a pedaggio;
tale progetto preliminare (approvato dal Cipe - Comitato interministeriale per la programmazione economica in data 18 dicembre 2008) introduceva quindi le prescrizioni sopracitate che Sat avrebbe dovuto recepire in fase di progettazione definitiva. Per quanto riguarda il territorio di Grosseto tali indicazioni riguardavano gli interventi infrastrutturali accessori legati alle esigenze del territorio (come ad esempio i collegamenti con i porti ed il completamento della tangenziale di Grosseto); il transito gratuito per il traffico locale tra il tratto stradale Follonica nord-Grosseto sud; la trasformazione dell'attuale strada Aurelia, da Grosseto Sud alla località Chiarone, in «Strada Parco», quale infrastruttura gratuita e alternativa all'autostrada a servizio soprattutto del traffico locale (residenti, lavoratori, trasporto pubblico, servizi sociali e sanitari);
il progetto preliminare approvato nel 2008 non è mai stato contestato né da Sat, né dai Ministeri competenti né dalla regione Toscana;
il 13 maggio 2010 il Cipe ha rinnovato la concessione di Anas Spa a Sat per la costruzione e gestione dell'autostrada tirrenica confermando la proroga della scadenza della concessione dal 2028 al 2046;
il Cipe con deliberazione del 22 luglio 2010 numero 78 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale numero 235 del 7 ottobre 2010) ha inoltre chiesto la modifica di un punto essenziale dello schema di convenzione unica tra Anas Spa e società autostrada tirrenica (Sat) Spa, relativo al completamento del tratto autostradale da Rosignano a Civitavecchia, esattamente prescrivendo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 202, della legge 23 dicembre 2009, numero 191, deve essere assicurata l'invarianza di effetti sulla finanza pubblica in modo da riportare un valore di subentro, a fine concessione, pressoché nullo, prima previsto in 3.777,2 milioni di euro, pari al costo degli investimenti effettuati per la realizzazione dell'opera;
in conseguenza di ciò Sat, nell'intento di rendere compatibili gli effetti di tale prescrizione con il piano di project financing ha deciso di presentare un nuovo progetto con l'obiettivo di modificare il tracciato determinato e sottoscritto nel 2008 a causa dei costi eccessivi che questo comportava;
secondo il nuovo progetto della tratta Rosignano-Civitavecchia presentato da Sat al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'autostrada dovrebbe ripercorrere quasi interamente l'attuale tratto della «Statale Aurelia», anche per i 14 chilometri che interessano il territorio comunale di Orbetello e nel quale era stata prevista la variante interna;

il nuovo progetto abbandona infatti tutte le condizioni presenti nell'accordo del 2008 per quanto riguarda in particolare i territori della provincia di Grosseto: nella zona di Orbetello il nuovo tracciato attraverserebbe, nello specifico, senza alcuna infrastruttura logistica alternativa e funzionale alla popolazione residente, i centri abitati presenti sul tragitto. La «Statale Aurelia» (in particolare a sud di Grosseto), oltre a svolgere la sua funzione di via di scorrimento veloce per i collegamenti nazionali, costituisce infatti ad oggi l'unica infrastruttura a servizio della viabilità locale utile per le esigenze dei residenti e delle imprese della zona; un'arteria di ingresso verso l'interno e la costa che presenta peraltro molte centinaia di pericolosi accessi a «raso»;
lo sviluppo sociale, urbano e produttivo di un vasto territorio (ed particolare di tre frazioni del comune di Orbetello quali Fonteblanda, Albinia e Orbetello scalo) sarebbe fortemente penalizzato; senza contare l'impatto ambientale prodotto da un'autostrada che si snoda nelle zone limitrofe al parco della Maremma e lungo il tratto costiero (di rilevante e storico prestigio dal punto di vista naturale e di preminente interesse economico dal punto di vista turistico e ricettivo);
tale tracciato, come già citato precedentemente, non rispetterebbe quindi la normativa europea secondo la quale l'infrastruttura autostradale a pedaggio deve raggiungere i 25 metri d'ampiezza a fronte dei 18 metri proposti da Sat nel tratto che interessa il comune di Orbetello;
nel nuovo tracciato sarebbe inoltre introdotta una netta diminuzione del numero degli accessi, rendendo più difficoltosi gli spostamenti all'interno del territorio provinciale, e mancherebbe un'adeguata rete complanare per garantire ai residenti la variabilità alternativa non sottoposta a pedaggio;
conseguentemente senza una viabilità alternativa la realizzazione di un'autostrada realizzata in prossimità delle abitazioni e degli edifici (con i frequenti e diversificati flussi di traffico inerenti) inciderebbe negativamente, oltre che sul diritto alla mobilità dei residenti, sulla stessa qualità della vita della popolazione e sulla esistenza e crescita delle attività economiche e commerciali locali. Sarebbe infatti impossibile perseguire uno sviluppo equilibrato che porti ad una diversificazione che sappia integrare i limiti di un'economia esclusivamente a vocazione agricolo-turistica-ambientale esistente nel territorio;
inoltre la mancata realizzazione di nuove strade complanari rispetto all'autostrada costringerebbe il traffico locale (destinato ad aumentare esponenzialmente nei prossimi mesi in assenza di una rete viaria alternativa e diversificata) a riversarsi sulle strade esistenti all'interno dei territori, a partire dal «vecchio» tracciato dell'Aurelia, nell'area nord della provincia di Grosseto, con grave danno in termini di velocità di percorrenza, sicurezza e impatto sulle comunità che vivono in prossimità di quella strada; una grave mancanza considerando anche le importanti esigenze che sono sottese a tali vie alternative quali il raggiungimento dei presidi ospedalieri, la viabilità dei mezzi agricoli e leggeri delle attività artigianali oltre allo spostamento dei residenti pendolari nel territorio;
gli enti e le istituzioni locali, che erano favorevoli al tracciato preliminare del 2008, si sono espresse in maniera nettamente contraria a questo tracciato che penalizza tutto il territorio; prese di posizione che hanno prodotto numerose manifestazioni ed azioni di protesta che hanno coinvolto anche la cittadinanza residente;
l'intero tessuto socio-economico della provincia di Grosseto ha espresso forte contrarietà al nuovo progetto presentato da Sat;
il consiglio provinciale di Grosseto in un articolato documento approvato in data 28 luglio 2011, pur ribadendo «la volontà di realizzare il completamento del

corridoio autostradale tirrenico» si è fortemente opposto alle modifiche introdotte da Sat rispetto al progetto del 2008 chiedendo, in sintesi, una valutazione del nuovo tracciato per superare le criticità (esposte precedentemente) che quest'ultimo verrebbe a creare; prevedendo al tempo stesso esenzioni del pedaggio per cittadini ed imprese residenti;
la regione Toscana, con la delibera numero 682 del 1o agosto 2011 e relativa al progetto per l'Autostrada A12 (ritenendo comunque «il completamento dell'Autostrada/tirrenica opera di interesse strategico regionale, oltre che nazionale ed europeo), riportava testualmente le seguenti indicazioni:
a) «in merito al tracciato autostradale occorre approfondire le soluzioni progettuali, con particolare riferimento al tratto a Sud di Grosseto, garantendo adeguati livelli di vivibilità negli insediamenti adiacenti al tracciato ed elevati livelli di sicurezza per gli utenti, valutando ipotesi alternative per il tratto in comune di Orbetello»;
b) «in merito alla viabilità locale è necessario approfondire le soluzioni progettuali, prevedendo idonei collegamenti tra gli svincoli autostradali e la rete della viabilità locale, ciò potrà avvenire individuando, per il tratto a sud di Grosseto, un nuovo asse della viabilità locale e, per il tratto a nord, reinserendo alcuni interventi di ricucitura della viabilità presenti nella delibera Cipe n. 116 del 18 dicembre 2008»;
c) «in merito alle forme di pedaggi è necessario individuare un sistema di esazione compatibile con l'esigenza di evitare lo spostamento del traffico di attraversamento dell'autostrada alla viabilità locale, ciò potrà avvenire attraverso forme di esenzione per i residenti nonché attraverso sistemi per la riduzione progressiva del pedaggio per gli utenti che fanno un uso ricorrente dell'autostrada»;
la stessa regione Toscana, con delibera numero 990 del 16 novembre 2011, ha inviato, in sintesi, richieste di chiarimento rivolte a Sat circa gli aspetti essenziali per la realizzazione della nuova autostrada tra Cecina e Civitavecchia. Tra i punti principali oggetto della delibera la richiesta di chiarimenti sul pedaggiamento: la regione conferma la scelta di gratuità (già sancita dal Cipe) per tutti gli svincoli compresi tra Rosignano Sud e Riotorto e tra Follonica nord e Grosseto sud. La regione chiede anche il progetto definitivo completo della bretella di Piombino e una variante al tracciato autostradale nel comune di Orbetello avviando un nuovo procedimento di valutazione di impatto ambientale;
il nuovo progetto del tracciato presentato da SAT nel tratto che incide sul territorio provinciale di Livorno contiene un forte e penalizzante ridimensionamento di opere infrastrutturali e finanziarie: come l'esclusione del lotto 0 Maroccone-Chioma, tutte le opere compensative e in parte delle opere connesse contenute nel progetto condiviso e recepito nella delibera CIPE del 2008;
alla riduzione delle opere si aggiunge l'annullamento della gratuità del pedaggio tra le barriere di Rosignano e Riotorto;
il nuovo progetto SAT fa ricadere perciò sulla viabilità locale ormai completamente urbanizzata flussi di traffico non sopportabili per la vita delle comunità;
il pedaggio (che rappresenta di fatto una ulteriore tassa su famiglie imprese già duramente colpite dalla recessione) penalizza migliaia di cittadini che ogni giorno devono usufruire di tale tratto stradale per necessità o motivi di lavoro e studio, le attività ed i distretti produttivi della zona senza dimenticare le ricadute negative sull'intero comparto del turismo che per molte realtà locali rappresenta un fondamentale volano di sviluppo sociale, occupazionale, economico e produttivo;
i comuni del territorio e la provincia di Livorno hanno espresso con atti di

Consiglio e di delibere parere negativo sul progetto SAT e chiedono:
a) il ripristino dell'esenzione del pedaggio per i residenti;
b) le opere connesse necessarie per una viabilità in sicurezza e la realizzazione della strada statale n. 398;
l'articolo 18 («Finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione») della Legge numero 183 del 2011 (legge finanziaria per il 2012) prevede misure di agevolazione fiscale per «le società di progetto costituite ai sensi dell'articolo 156 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006», ed in particolare contributi pubblici a fondo perduto emanati con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze,


impegna il Governo:


ad attivarsi celermente per intraprendere tutti gli interventi utili, presso la società Sat, affinché renda più rispondente il progetto definitivo a quello preliminare approvato nel 2008, per garantire soprattutto nei territori della provincia di Grosseto e Livorno citati in premessa, una adeguata viabilità alternativa da realizzare comunque prima dell'inizio dei lavori della stessa Autostrada Tirrenica, una viabilità alternativa capace di limitare i disagi alla popolazione ed alle imprese locali e che non attraversi direttamente i centri abitati presenti;
a perseguire, dal momento che l'autostrada tirrenica rappresenta una infrastruttura strategica e di valenza nazionale e comunitaria, una puntuale e funzionale programmazione economica (anche attraverso una sinergia integrata di capitali statali, regionali, europei e privati) capace di finanziare tutti i lotti e le relative varianti presenti lungo il tracciato, così come definito dal progetto approvato nel 2008;
a richiedere comunque, prima di definire le gare d'appalto per il completamento della Tirrenica, una nuova valutazione d'impatto ambientale che riguardi il nuovo progetto proposto da Sat, in particolare nella zona a Sud di Grosseto, dal momento che tale progetto non prevede più la variante interna nel comune di Orbetello presente invece nel progetto approvato nel 2008;
a prevedere, lungo tutto il tragitto dell'autostrada tirrenica (privilegiando le zone dove non sarà presente una adeguata e efficiente viabilità alternativa), una esclusione del pedaggio per il transito di veicoli di cittadini ed imprese residenti, utilizzando (per finanziare tale diminuzione o esenzione) i proventi di una parte della quota di concessione e percentuale dai pedaggi che deve corrispondere Sat ad Anas Spa;
a prevedere che anche Sat possa usufruire delle agevolazioni economiche e degli stanziamenti a fondo perduto presenti nell'articolo 18 della legge finanziaria 2012 e che tali misure possano finanziare una l'ulteriore riduzione del pedaggio per residenti e pendolari.
(7-00811)
«Mariani, Sani, Velo, Fontanelli, Lulli, Fluvi, Cenni, Gatti, Benamati, Rigoni, Viola».

TESTO AGGIORNATO AL 19 MARZO 2012

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

SBAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la cosiddetta «rivoluzione algerina» ha causato, sin dal 1998, una cifra che si aggira attorno al milione di morti, fra cui 380.000 donne;

queste donne sono state vittime di una violenza indiscriminata, sottoposte a torture, stupri, violenze fisiche e morali, carcerazione e morte per sgozzamento;
si ricorda il massacro di Hassi Messaoud, il 17 luglio 2001, in cui centinaia di donne vennero massacrate, stuprate, seppellite vive e mutilate da fanatici estremisti;
lo stupro di massa, le sevizie, le violenze e le torture durarono per oltre cinque ore prima che la polizia locale intervenisse;
molte delle donne coinvolte sono morte prima di arrivare negli ospedali o prima di essere sottoposte a cure contro le sevizie subite;
la motivazione di queste terrificanti violenze risiede sostanzialmente nel loro rifiuto di piegarsi all'avanzata devastante dell'estremismo di matrice islamica che stava, tramite la vittoria del FIS (Fronte islamico di salvezza), insanguinando il Paese;
l'accordo del Fronte islamico di salvezza con l'attuale presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha permesso di allentare la morsa degli scontri, ma ha nel contempo insabbiato quel periodo di violenze atroci con un'amnistia; le donne uccise in quei massacri, di cui ancora debbono essere aperte le fosse comuni, rappresentano l'inizio di una resistenza femminile di massa all'estremismo islamico che ha devastato l'Algeria;
le famiglie di quelle donne ancora chiedono le salme o quel che ne rimane per poter celebrare i propri defunti;
il Ministro degli affari esteri sarà il 15 marzo 2012 ad Algeri per «costruire un partenariato strategico»;
il rispetto dei diritti umani in ogni forma deve essere parte integrante di qualsivoglia partenariato;
il Ministro degli affari esteri è da sempre impegnato e sensibile sulla vicenda dei diritti umani nel mondo -:
se non ritenga giusto il Governo, assumere le opportune iniziative affinché il 17 luglio di ogni anno sia dedicato alla memoria delle donne algerine, in ricordo di una intera popolazione femminile caduta per la libertà e per i diritti, ad opera dell'estremismo.
(4-15330)

MINARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la Sicilia orientale è stata colpita da un vero e proprio ciclone, caratterizzato da piogge torrenziali e venti fortissimi;
si è assistito ad uno scenario quasi surreale: tegole e lamiere di copertura strappate dai tetti, cartelloni pubblicitari divelti, oggetti di ogni tipo trasportati dal vento che andavano ad infrangersi su qualunque cosa sul loro percorso, strade chiuse perché bloccate da pali della luce ed alberi spesso secolari sradicati dal suolo;
in un tale scenario è facile comprendere che il settore maggiormente danneggiato sia quello agricolo, dove le coperture degli impianti serricoli sono state strappate e trasportate a centinaia di metri di distanza, colture devastate e piante gravemente danneggiate;
non è ancora possibile un bilancio completo dei danni, ma le stime, al momento, sono davvero preoccupanti;
tale situazione va ad aggravare ulteriormente lo stato delle piccole e medie imprese agricole della regione siciliana già profondamente danneggiate dalla crisi. I produttori, già fortemente penalizzati dal punto di vista infrastrutturale e dall'accordo tra Unione europea e Marocco in merito alla liberalizzazione di alcuni prodotti ortofrutticoli ed ittici, colpiti dai

recenti scioperi, manifestazioni e blocchi nei trasporti, devono essere aiutati e tutelati;
l'attuale situazione non potrà che provocare la chiusura di molte aziende ed i conseguenti licenziamenti;
molte imprese sono già sull'orlo del fallimento e non riusciranno a far fronte anche agli adempimenti fiscali e contributivi -:
se non si ritenga necessario dichiarare lo stato di calamità naturale;
se non si intenda intervenire in favore delle imprese agricole assumendo iniziative anche normative per introdurre agevolazioni fiscali, facilitare l'accesso al credito e sospendere gli adempimenti fiscali e contributivi, nonché i procedimenti di riscossione.
(4-15337)

BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
le parlate locali e i dialetti, soprattutto in Italia, rappresentano senza dubbio un enorme patrimonio storico e culturale, non solo perché sono mezzo di comunicazione tra le persone che utilizzano l'idioma, ma anche in quanto sono strumento di promozione e tutela delle tipicità e della cultura locale;
la tutela e la promozione delle lingue minoritarie rappresenta un contributo per una positiva politica di integrazione sociale e culturale tanto che l'Unione europea ha espresso nella Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del Consiglio d'Europa, con relativa bozza di atto di ratifica del 5 novembre del 1992, il suo favorevole parere sul multilinguismo, affermando il diritto per le popolazioni ad esprimere nelle loro lingue regionali e minoritarie, la carta è stata firmata anche dall'Italia, il 27 giugno del 2000;
la legge n. 482 del 1999, «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», in tal senso, si pone la finalità, chiaramente dichiarata all'articolo 2, di promuovere, oltre alla lingua italiana, lingua ufficiale della Repubblica, «...altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge», basandosi sull'articolo 6 della Costituzione e tutelando la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;
idiomi come quello siciliano, veneto o piemontese che, seppur non inseriti all'interno del testo normativo, rappresentano senza dubbio una risorsa culturale per il nostro Paese ed il Veneto in particolar modo, rappresentano indubbiamente massimi esempi di lingue minoritarie parlate oggigiorno nella nostra penisola, sia per l'elevato grado di diffusione che queste parlate hanno, sia per la lunga storia linguistica che le connota;
il Consiglio dei ministri, riunitosi il 9 marzo del 2012, su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro per gli affari regionali, ha approvato il disegno di legge di ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie;
la tutela delle lingue minoritarie, dodici in tutto, l'albanese, il catalano, il germanico, il greco, lo sloveno, il croato, il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo, prevede, tra le altre cose, la possibilità di insegnamento nelle scuole e di utilizzo nelle circoscrizioni giudiziarie, oltre che la diffusione attraverso programmi culturali e i principali mezzi di comunicazione;
l'ampiezza della parlata veneta è confermata non solo dal fatto che, come sostenuto dall'Istat nel 2006, oltre il 60 per cento dei veneti utilizza quotidianamente la parlata locale come principale mezzo di comunicazione, al lavoro come in famiglia, ma anche dal fatto che l'espressione veneta è ampiamente diffusa, pur con ovvie diversità, anche in regioni diverse dal

Veneto, come nel caso della variante della lingua veneta diffusa nei paesi dell'agropontino, o nei paesi della Sardegna, nella zona dell'Arborea, nell'Istria, nel Montenegro oltre che nel Messico, in Argentina o in Brasile;
l'UNESCO, non a caso, riconosce da tempo la lingua veneta inserendola nel suo Red book of endangered languages dell'eminente linguista Tapani Salminen dell'università di Helsinki, mentre il volume pubblicato dal Summer institute of liguistics, «ethnologue, languages of the World», a sua volta, riconosce inconfutabilmente lo status di «lingua» alla parlata veneta, troppo spesso erroneamente definita come «dialetto»;
la regione Veneto, su impegno richiesto del consiglio provinciale di Vicenza, ha provveduto ad emanare una legge regionale, la n. 8 del 13 aprile 2007, definendo «il veneto e le parlate storiche delle terre venete senza ombra di dubbio come lingua e non come dialetto», attivandosi, al contempo, per la loro salvaguardia e tutela -:
se in ragione dell'ampia diffusione della lingua veneta, il Governo non ritenga opportuno adottare le opportune iniziative per inserire nella norma nazionale che tutela le parlate locali italiane anche quelle riconosciute dalle singole regioni.
(4-15340)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TEMPESTINI, MARAN, NARDUCCI, VELTRONI, BARBI e TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo le recenti stime comunicate dal presidente dell'Assemblea generale dell'ONU, sarebbero circa 8.000 le persone uccise in Siria, tra cui un gran numero di donne e bambini, nel giro di un solo anno, ossia da quando è esplosa la rivolta contro il regime di Bashar el Assad;
numerosi sono stati gli appelli e le denunce di organizzazioni internazionali, sempre più preoccupate per la sorte di civili, donne e bambini e la stessa Lega araba ha chiesto un'inchiesta internazionale sui crimini contro i civili, commessi in Siria, in particolare nella città di Homs;
i tentativi fin qui condotti dalle Nazioni Unite per porre fine alla repressione e per garantire un accesso umanitario alle città più colpite, con l'invio da ultimo dell'ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, si sono rivelati fallimentari, nonostante l'opposizione siriana; il portavoce del presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns), avrebbe nel frattempo garantito una «piena cooperazione politica» promettendo di deporre le armi se l'esercito siriano libero farà altrettanto;
a fine febbraio 2012 i Ministri degli esteri dell'Unione europea hanno approvato nuove sanzioni prendendo di mira la Banca centrale siriana per restringere ulteriormente i finanziamenti al regime;
il 14 marzo 2012 l'Italia, anche in considerazione delle gravi condizioni di sicurezza, ha - insieme ai principali partner dell'Unione europea - sospeso l'attività della propria ambasciata a Damasco e rimpatriato lo staff della sede diplomatica, mentre il regime di Bashar Assad appare sempre più chiuso in una posizione di stallo;
a fronte dello stallo sul piano diplomatico e del progressivo irrigidimento del regime siriano, e considerato il crescente massacro di civili, in particolare donne e bambini, si profila il rischio sempre più evidente dello scoppio di una vera e propria guerra civile, dagli esiti incerti e con conseguenze ancora più devastanti per la popolazione già duramente provata -:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare nelle opportune sedi europee e internazionali, da un lato al fine di garantire che si ripristinino

le condizioni minime per alleviare le sofferenze della popolazione, e dall'altro per evitare che un ulteriore degenerazione della situazione conduca all'esplodere di una vera e propria guerra civile;
quali siano gli orientamenti del Governo sui possibili sviluppi della difficile situazione siriana, stante il fallimento sin qui registrato dei tentativi di mediazione e di dialogo portati avanti tanto dall'Onu quanto dalla Lega araba.
(5-06432)

NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tra l'Italia e la Svizzera vi sono sempre stati ottimi rapporti di vicinato e le relazioni diplomatiche e di amicizia tra i due popoli si sono espresse sempre con grande intensità in particolare nella regione di confine dell'Insubria, anche grazie al lavoro transfrontaliero ed alle relazioni umane intessute nell'area alpina;
il lavoro transfrontaliero rappresenta una risorsa strategica di assoluto valore per i comuni italiani della fascia di confine con la Svizzera; in pari tempo i lavoratori frontalieri contribuiscono notevolmente, da decenni, allo sviluppo dei Cantoni Ticino, Grigioni, Vallese;
negli ultimi anni si è tuttavia registrato un raffreddamento delle summenzionate relazioni, causato in primo luogo dalla mancanza di un dialogo istituzionale e dal mutato scenario internazionale sul piano della lotta all'evasione fiscale. Una questione di cui si è discusso più volte nel Parlamento italiano, in particolare il 6 e il 7 giugno del 2011 quando furono discusse le mozioni parlamentari concernenti la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra l'Italia e la Svizzera;
nella predetta circostanza i gruppi parlamentari della Camera dei deputati, dopo un dibattito svoltosi con un'ampia convergenza di vedute, approvarono una mozione unitaria, con consenso bipartisan, in cui si formulava al Governo la richiesta di assumere con urgenza iniziative diplomatiche per riaprire un dialogo proficuo con la controparte elvetica, considerando prioritaria, in tale contesto, la tutela dei lavoratori frontalieri quale elemento portante dell'economia dei comuni di frontiera. Pertanto si impegnava il Governo ad adoperarsi affinché l'entità del ristorno fiscale ai comuni di confine - generato dalle trattenute sulle retribuzioni dei frontalieri - non subisse modifiche rispetto a quanto stabilito nei vigenti trattati tra Svizzera e Italia e ad operare con rapidità una rimozione della Svizzera dalle cosiddette «liste nere» (black list) che sono causa di disagio e difficoltà nei rapporti bilaterali, garantendo nel contempo il dovuto rispetto delle regole sulla trasparenza finanziaria;
per quanto concerne il ristorno all'Italia - che a sua volta lo trasferisce ai 160 comuni di frontiera che ne hanno diritto (province di Como, Varese e Verbania) - di una quota delle imposte trattenute alla fonte sulla massa salariale dei lavoratori frontalieri, occorre richiamare che esso è parte integrante della Convenzione di Roma del 9 marzo 1976 sulle doppie imposizioni fiscali tra la Svizzera e l'Italia, con successivo protocollo di modifica firmato a Roma il 28 aprile 1978, in vigore dal 27 marzo 1979;
il Cantone Ticino, che accoglie quasi 50 mila lavoratori frontalieri italiani, chiede da tempo di rinegoziare una nuova Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con l'Italia, in linea con i parametri fissati dall'OCSE, che contempli anche una diversa regolamentazione dei ristorni fiscali in favore del nostro Paese. Il negoziato in questione era iniziato nel 2001 e successivamente fu interrotto; ripreso nel 2009, ha subito una nuova interruzione lo stesso anno e, salvo incontri sporadici, non è più decollato;
nei lavori della sessione primaverile del Parlamento elvetico (seduta del 12 marzo 2012) è stata approvata una mozione sostenuta dall'intera deputazione del Cantone Ticino con cui si chiede sostanzialmente di modificare la quota di ristorno

fiscale diminuendolo dall'attuale 38,8 per cento al 12,5 per cento. Inoltre i toni utilizzati nei confronti del Governo non lasciano presagire un rasserenamento dei rapporti tra i rispettivi Paesi;
mancando da parte italiana una manifesta volontà di avviare un negoziato sulle varie questioni aperte con la Svizzera, lo scorso anno il Ticino ha bloccato la metà del ristorno fiscale dovuto all'Italia, un importo pari a circa 23 milioni di euro, in aperta violazione del Trattato internazionale esistente tra le due nazioni;
i lavoratori frontalieri residenti nella fascia di confine di 20 chilometri prevista dalla Convenzione rientrano, come hanno sempre fatto, quotidianamente nel loro comune di residenza in Italia; essi finiscono pertanto di tutti i servizi fomiti dalle amministrazioni locali;
il blocco del ristorno fiscale operato unilateralmente dal Governo del Canton Ticino ha messo in grande difficoltà le casse dei comuni interessati, poiché la suddetta entrata costituisce in molti casi un quinto del bilancio comunale. La minacciata diminuzione dal 38,8 al 12,5 per cento della quota di ristorno fiscale crea dunque un comprensibile stato di apprensione nei sindaci dei comuni di confine che, con tale prospettiva, vedrebbero ulteriormente aumentare le difficoltà delle loro amministrazioni;
in base agli accordi bilaterali sottoscritti e ratificati dalla Svizzera con l'Unione europea è consentita l'esportazione temporanea di servizi nelle zone di confine, una possibilità che ha dato un notevole impulso al sistema delle piccole e medie imprese operanti nelle aree confinanti con la Svizzera ma che sta subendo un considerevole rallentamento a causa dei difficili rapporti. Al riguardo, inoltre, occorre dare soluzione alla cosiddetta «reciprocità», ovvero dare soluzione alle difficoltà che incontra il sistema produttivo ticinese ad operare sul versante italiano;
riprendere i negoziati sarà sicuramente di giovamento per le buone relazioni tra i due Paesi, per lo sviluppo dell'economia e servirà anche ad adeguare ai tempi una legislazione datata, in modo da rispondere alle esigenze della comunità svizzera e italiana, in un quadro condiviso di legalità internazionale -:
quali siano le motivazioni che hanno impedito la ripresa del dialogo tra Italia e Svizzera e l'apertura di un tavolo negoziale coerentemente con la mozione approvata all'unanimità il 7 giugno 2011 dalla Camera dei deputati, con il parere favorevole del Governo pro tempore, nonché con successivi ordini del giorno il linea con lo spirito della summenzionata mozione, accolti anche dal Governo in carica;
quali azioni intende porre in essere il Ministro degli affari esteri per avviare un negoziato tra l'Italia e la Svizzera al fine di dare soluzione alle numerose questioni aperte che attendono da tempo risposte e soluzioni;
quali azioni intenda intraprendere il Ministro degli affari esteri per risolvere la spinosa situazione del ristorno fiscale all'Italia, sia in relazione agli importi non ancora erogati sia per preservare le attuali quote di ristorno all'Italia dell'imposizione effettuata sul reddito dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera;
quali procedure intenda attivare il Governo per accelerare il trasferimento dei ristorni fiscali versati dalla Svizzera ai Comuni che ne hanno diritto, già alle prese con le enormi difficoltà finanziarie prodotte dalle ripetute manovre di contenimento della spesa pubblica.
(5-06434)

TEMPESTINI, MARAN, VELTRONI, BARBI e TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la delicata situazione dei rapporti con l'Iran negli ultimi mesi si è ulteriormente aggravata;
gli ambasciatori di Francia, Regno Unito e Germania all'Onu hanno nuovamente accusato Teheran di violare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, arricchendo

l'uranio fino al 20 per cento e, a seguito dell'ulteriore deteriorarsi delle relazioni, il 23 gennaio 2012 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato sanzioni economiche nei confronti di questo Paese, tra le quali un graduale embargo sulle importazioni di petrolio greggio iraniano nell'Unione europea, che per i contratti sottoscritti antecedentemente al 23 gennaio, entrerà in vigore il 1o luglio 2012;
già da tempo il Governo di Teheran aveva minacciato che, nel caso di ulteriori sanzioni nei confronti dell'Iran, avrebbe chiuso lo stretto di Hormuz, snodo vitale per le importazioni di greggio degli Stati del Golfo membri dell'Opec, con tutte le conseguenze economiche e politiche del caso, trattandosi di una linea di trasporto vitale per la stabilità in tutta la regione;
a seguito dell'approvazione delle sanzioni da parte dell'Unione europea, da notizie a mezzo stampa l'Iran avrebbe inoltre minacciato una sorta di contro-embargo petrolifero, e sembrerebbe che sia già stato presentato all'esame del Parlamento iraniano un progetto di legge per bloccare da subito le esportazioni di petrolio verso l'Europa;
la delicatissima situazione delle relazioni con l'Iran va collocata in un contesto geo-politico assai più ampio, nel quale si ripropone il perdurante stallo del processo di pace tra israeliani e palestinesi che segna una radicalizzazione delle rispettive posizioni, mentre non si sta riducendo la forte instabilità di Paesi dell'area, come nel caso della Siria;
poiché l'Iran è certamente una potenza regionale che non può essere ignorata, né isolata completamente, è indispensabile in questo momento che la comunità internazionale lavori per un nuovo assetto regionale che lo includa pienamente, nel quadro di un sistema di sicurezza regionale reciprocamente garantito che implichi una stabile soluzione delle crisi in Medio Oriente, in particolare per quel che riguarda la Siria e il conflitto israelo-palestinese;
è quanto mai necessario in questo quadro e per il raggiungimento di questi obiettivi che l'Europa abbia un ruolo sempre più attivo e incisivo su questi delicati scenari, come del resto sottolineato recentemente anche dal Presidente del Consiglio Mario Monti e dalla cancelliera tedesca Merkel, nell'ambito degli incontri tenutisi a Roma -:
se il Ministro interrogato ritenga efficaci e sufficienti le sanzioni recentemente approvate dall'Unione europea, o se occorrano nuovi strumenti che ne aumentino l'efficacia;
quali effetti le sanzioni stanno producendo sui decisori iraniani e se, a quanto consti al Ministro interrogato, dalla nuova situazione politica, successiva alle elezioni, emergano elementi che indichino una possibile evoluzione della situazione;
in che modo il Governo intenda accompagnare le sanzioni con un'iniziativa politica atta a definire un percorso che porti ad un nuovo sistema di sicurezza in Medio Oriente, nel quale la comunità internazionale possa contribuire a farsi carico tanto delle esigenze di sicurezza di tutti gli attori regionali coinvolti, quanto di una compiuta stabilizzazione dell'area.
(5-06435)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 25 gennaio 2012 n. 2, autorizza la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti

nelle aree di pertinenza dell'impiantistica del trattamento dei rifiuti, o in altre aree confinanti;
tra queste aree, in Campania, nella provincia di Napoli, ricadrebbero la cava dismessa in località «Castagnaro Ovest», nel comune di Pozzuoli, come sito per il conferimento del rifiuto CER 19.05.03, definito compost «fuori specifica», e la cava dismessa in località «Sant'Anastasia», provincia di Napoli;
la scelta delle specifiche cave dismesse sopra menzionate, unitamente ad altre, è stata effettuata sulla base dell'elenco delle cave individuate come chiuse o abbandonate ai sensi del piano regionale delle attività estrattive (PRAE) pubblicato su B.U.R.C. n. 27 del 19 giugno 2006;
da tale elenco si evince che quella del Castagnaro identificata con codice 63060-12 ricade sia in area di crisi [A.C.n. 4) che in area di particolare attenzione ambientale (APA n. 1) per le quali lo stesso PRAE prescrive interventi di ricomposizione ambientale, riqualificazione ambientate e riqualificazione territoriale; tali definizioni sono chiaramente incompatibili con la realizzazione di una discarica fosse anche per il solo composto «fuori specifica»;
l'area del Castagnaro, inoltre, è sottoposta alle norme di tutela di protezione integrale (P.I.) secondo il vigente piano territoriale paesistico. Gli interventi ammissibili, quindi, sono esclusivamente quelli volti alla conservazione e al miglioramento del verde e interventi di risanamento e restauro ambientale. Sono vietate la costruzione di strade rotabili e di qualsiasi tipo; sono vietati gli attraversamenti di elettrodotti o di altre infrastrutture aeree; è vietata l'utilizzazione delle cave esistenti nella zona;
in base al piano regolatore generale (articolo 37 - zone agricole speciali - zona et - agricola a tutela) inoltre, sono ammessi esclusivamente interventi per favorire l'agriturismo in Campania, opere di miglioramento fondiario e opere agrarie per lo sviluppo delle produzioni in funzione delle caratteristiche vocazionali dei terreni; lo stesso piano pone un vincolo idrogeologico su tutta l'area della ex cava;
il piano stralcio per l'assetto idrogeologico dell'autorità di bacino nord occidentale, inoltre, classifica a rischio frana R4 e pericolosità P3 la parte alta dell'area della ex cava e a rischio frana R2 e pericolosità P1 la parte mediana; individua incisioni di possibili crisi per la strada che la serve trattandosi di un ex alveo. L'area insiste sul tracciato del tunnel stradale realizzato per il piano internodale di evacuazione di emergenza per il rischio vulcanico e bradisismico dei Campi Flegrei. Inoltre a valle dell'ex cava, a 200 metri, passa la condotta idrica che alimenta l'acquedotto della zona fino all'isola d'Ischia;
anche l'area della cava di S. Anastasia è sottoposta ad una serie di norme di tutela, ricadendo nel perimetro del parco nazionale del Vesuvio ed essendo, quindi, sottoposta a diversi vincoli per ragioni ambientali e di sicurezza;
la realizzazione di discariche a ridosso di aree di questa natura appare dunque non solo in aperto contrasto con i vincoli previsti dalla legge; ma in forte contraddizione con le esigenze di tutela del territorio da rischi;
il quadro sopra delineato provoca, naturalmente, forte preoccupazione e allarme sociale in tutta l'area; sono sorti comitati di protesta, con rappresentanti autorevoli, che hanno prodotto studi documentati;
su tutta l'area insiste una forte presenza camorristica, che, da inchieste giudiziarie recenti, ha dimostrato grosso interesse verso l'uso delle cave dismesse e una forte presenza nel tema del trattamento dei rifiuti; esiste, quindi, il fondato timore che la criminalità organizzata possa infiltrarsi nella realizzazione di opere e lavori connessi all'apertura di una nuove discariche;

alcuni rappresentanti del comitato di protesta del Castagnaro, per la loro azione, sono stati già oggetto di minacce e danni da parte di soggetti non individuati, su cui stanno indagando gli organi inquirenti;
nella seduta di assemblea presso il Senato della Repubblica, il 23 febbraio 2012, in occasione dell'approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2; recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno che, fatte le premesse di cui sopra, impegnava il Governo a prendere iniziative, per quanto di sua competenza, per fermare la realizzazione di una discarica all'interno della cava dismessa in località «Castagnaro Ovest», nel comune di Pozzuoli, in provincia di Napoli -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se non ritenga di assumere iniziative nel rispetto dell'ambito di competenza previsto per legge, affinché, nell'individuazione dei siti per la costruzione di impianti di discarica nella provincia di Napoli, ci sia un supplemento di riflessione, di valutazione e di approfondimento del complesso dei rischi sopra elencati, per addivenire allo stralcio dal piano della realizzazione delle discariche sopra menzionate anche in linea con gli impegni assunti al Senato della Repubblica.
(4-15341)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, GIRLANDA, GIRO e CARFAGNA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le statue dei bronzi di Riace sono parte inestimabile del patrimonio artistico e culturale italiano;
in questi anni la Regione Calabria ha negato il prestito delle statue a numerosi prestigiosi musei internazionali e addirittura alla Presidenza del Consiglio in occasione del G8 organizzato alla Maddalena, ad avviso dell'interrogante per un frainteso senso di possesso dell'opera;
in tutto il 2008 le statue hanno avuto 130 mila visitatori, di cui solo 50.085 a pagamento: un terzo dello zoo di Pistoia;
tre anni fa, l'allora presidente dell'assemblea regionale Calabrese, Giuseppe Bova, propose di allestire nel grande androne di palazzo Campanella, sede del Consiglio calabrese, una sala dalle pareti di vetro dietro la quale i due bronzi, sdraiati, fossero sottoposti ad un check up in attesa del termine dei lavori di restauro del museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria;
per i lavori furono stanziati 18 milioni di euro;
la durata dei lavori prevista era, al massimo di un anno;
i lavori furono bruscamente interrotti a causa dell'esaurimento dei fondi;
la soprintendente Simonetta Bonomi ha giustificato la cosa spiegando che, su consiglio degli esperti, erano state via via aggiunte opere non previste, come la copertura in vetro del cortile interno, la climatizzazione speciale che offre alle statue la massima garanzia e la stanza in cui i visitatori possono essere sterilizzati prima di visitare il museo;
la riapertura del museo è slittata a maggio 2011 e poi al 2012;
da tre anni i bronzi giacciono al palazzo Campanella;
a inizio marzo 2012 il Presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti ha assicurato che i lavori saranno presto terminati, dato che la Regione «prevede» di stanziare 5 milioni di euro, mentre il Cipe «valuterà» lo stanziamento di ulteriori 6 milioni;

nessuna certezza effettiva è data dell'effettivo stanziamento dei soldi -:
quali iniziative intenda adottare il Governo affinché siano terminati i lavori del museo della Magna Grecia, in modo che i bronzi di Riace, insieme al resto della collezione, possano essere nuovamente esposti al pubblico.
(4-15339)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

HOLZMANN e CICU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli alloggi demaniali, concessi in uso a militari e familiari di militari deceduti, in alcuni casi hanno raggiunto canoni eccessivamente elevati;
pur comprendendo la necessità da parte dello Stato di valorizzare il patrimonio pubblico secondo criteri di libero mercato, non si può non tenere conto delle situazioni di oggettiva difficoltà di moltissime famiglie;
soprattutto la richiesta di pagamento di canoni arretrati ha determinato gravissime preoccupazioni per molte famiglie che si trovano nell'impossibilità di farvi fronte -:
se sia possibile congelare l'aumento dei canoni e successivamente avviare una profonda riflessione per venire incontro alle esigenze di queste famiglie prospettando soluzioni differenziate a seconda delle necessità;
se fra le soluzioni possibili si possa dare l'opportunità di scegliere tra la cessione in proprietà, il rinnovo dei contratti per un periodo di tempo determinato a prezzi accessibili, l'incentivazione economica a rilasciare l'alloggio, qualora le esigenze della difesa in determinate aree, richiedessero lo sgombero per riservarli al personale in servizio.
(5-06422)

VILLECCO CALIPARI, GIACOMELLI e VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la vicenda che ha portato a giudizio presso le autorità indiane Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ha visto le più alte autorità dello Stato giustamente impegnate nell'esprimere solidarietà e attenzione per la situazione in cui sono venuti a trovarsi i due soldati italiani;
altrettanto impegno è stato dedicato da parte della diplomazia italiana per la competenza giurisdizionale del nostro Paese, senza dimenticare il pieno diritto della comunità indiana a ottenere giustizia per i due pescatori uccisi e a fare piena luce sulla dinamica dell'accaduto;
emerge, proprio a partire dalle ricostruzioni offerte in Parlamento dai rappresentanti del Governo, la necessità di ulteriori chiarimenti sui comportamenti tenuti dal comandante della nave, dall'armatore e dai comandi militari eventualmente coinvolti nelle decisioni assunte nelle fasi successive all'incontro con la barca da pesca indiana -:
se eventuali errori o decisioni improprie, possano farsi risalire alle disposizioni contenute nel testo della convenzione stipulata tra il Ministero della difesa e Confitarma;
se intenda rendere noto il testo integrale della Convenzione stessa.
(5-06425)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la recente, tragica strage commessa da un sergente americano in Afghanistan è stata troppo frettolosamente rubricata come un caso isolato di follia;
l'uccisione di 18 innocenti colti nel sonno, tra cui donne e moltissimi bambini, rivela invece quale assurda escalation di

violenza si stia producendo in quella guerra che va condannata senza se e senza ma;
a parere degli interroganti, l'Italia non è presente in Afghanistan per combattere il terrorismo, come quando era presente la minaccia del defunto leader di al Qaeda, Bin Laden, ma per affiancare una fazione contro le altre in quella che appare sempre più una guerra civile;
le finalità e la struttura di questo conflitto sono tremendamente mutate nel corso del tempo e ormai è cambiata anche la natura dell'intervento italiano;
negli ultimi tempi si anche sono succedute dichiarazioni da parte del Ministro interrogato, relative all'eventualità che gli aerei italiani non si limiteranno più solo alla ricognizione ma saranno dotati di bombe che, ad avviso dell'interrogante inevitabilmente, finiranno per colpire anche la popolazione civile;
si assiste ormai a un assurdo e inutile sperpero di vite umane ma anche a uno spreco di soldi che sarebbero oggi necessari per alleviare il peso insopportabile della crisi che si riversa sui cittadini e sui lavoratori;
l'impegno di spesa per il rifinanziamento delle missioni internazionali, militari, per il 2012 è di 1 miliardo e 400 milioni di euro, di cui circa 747.650 milioni solo per la missione in Afghanistan, e pochi spiccioli per la cooperazione allo sviluppo e ricostruzione civile;
appare evidente che la presenza delle truppe occidentali in Afghanistan non solo non aiuta in alcun modo quel Paese ma rende impossibile risolvere la situazione e porre fine alla guerra -:
quali siano gli sviluppi della missione in Afghanistan, se vi sia stato un cambiamento della partecipazione italiana e se non sia necessario valutare l'opportunità di approntare subito una exit strategy, a tutela e nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, in base al quale l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e risoluzione dei conflitti.
(4-15342)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRAGA, MARANTELLI, FLUVI e NARDUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori frontalieri forniscono un grande contributo allo sviluppo dell'economie cantonali e a quelle dei comuni italiani compresi nella «storica» fascia di demarcazione di 20 chilometri dalla linea di confine. Infatti, degli oltre 54 mila cittadini italiani occupati con il permesso di frontaliere nei cantoni di frontiera Ticino, Vallese e Grigioni, più di 48 mila sono impiegati nel cantone Ticino. La maggior parte di essi proviene dalle province di Como, circa 18 mila, e Varese, circa 26 mila;
la presenza di un numero così importante di frontalieri impiegati in Svizzera ha indotto l'Italia e la Confederazione a negoziare numerosi accordi bilaterali per regolare varie questioni afferenti alla previdenza sociale, all'imposizione fiscale, all'indennità di disoccupazione, alle infrastrutture viarie e altro. Di tali convenzioni si richiama in particolare l'accordo del 3 ottobre 1974 relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri e alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine, successivamente recepito nella convenzione italo-svizzera del 9 marzo 1976, entrata in vigore il 27 marzo 1979;
in conformità a tale convenzione, al fine di garantire una copertura economico-finanziaria a fronte del mancato introito di tasse e imposte sul reddito dei lavoratori che, seppur lavorando all'estero, usufruiscono comunque di servizi, di strutture e infrastrutture pubbliche dei comuni italiani di residenza, la Svizzera

provvede al trasferimento di una quota parte, attualmente pari al 38,8 per cento delle imposte fiscali riscosse alla fonte sui redditi dei frontalieri, allo Stato italiano, il quale successivamente procede a ritrasferire tali somme ricevute ai comuni della zona di confine, alle comunità montane e alle province;
la dimensione dei trasferimenti è rilevante: mentre la quota pro-capite per ogni lavoratore frontaliero, determinata dal Ministero dell'economia e delle finanze è attualmente pari a 817,6844 euro, il valore complessivo del ristorno annuo a favore dei territori confinanti italiani è di oltre 36 milioni di euro. Si tratta dunque di una somma ingente e importante che costituisce una risorsa fondamentale per i 160 comuni della provincia di Como, i 120 della provincia di Varese e i 55 della provincia di Verbania, che ricevono i ristorni direttamente o indirettamente;
i fondi derivanti dai ristorni dei frontalieri rappresentano una consistente ed indispensabile fonte di finanziamento per far fronte alla gravosa crisi che attanaglia gli enti locali e vanno altresì a compensare i maggiori disagi sopportati dai comuni a ridosso del confine italo-svizzero;
i destinatari finali di tali somme, comuni di confine, province e comunità montane utilizzano tali fondi derivanti dai ristorni per erogare servizi, e realizzare investimenti in infrastrutture ed opere pubbliche a beneficio dell'intera collettività e già oggi subiscono il disagio dovuto al ritardo con cui lo Stato centrale provvede al trasferimento delle somme dovute agli enti locali beneficiari;
il 30 giugno 2011 il Consiglio di Stato ticinese, in palese violazione degli accordi stipulati tra il nostro Paese e la Confederazione elvetica, ha deciso di dimezzare del 50 per cento l'importo dei ristorni destinati ai comuni di frontiera, congelando la cifra di 23 milioni di euro, depositati da allora in un conto vincolato della Banca di Stato ticinese, che quindi vengono di fatto usati come strumento di pressione nei confronti dell'Italia per indurre il nostro Governo ad aprire un tavolo di trattativa ampia al fine di rinegoziare le regole della doppia imposizione, facendo presagire in particolare una revisione al ribasso della quota di ristorno attualmente riconosciuta in base all'accordo del 1974;
al Parlamento nazionale svizzero dal marzo 2011 è altresì pendente una mozione volta a chiedere la sospensione dei ristorni all'Italia fino alla conclusione di una nuova convenzione di doppia imposizione e lo stralcio dello Stato svizzero dalla black list italiane;
è di questi giorni la notizia che il Consiglio nazionale ha approvato la proposta avanzata dal Canton Ticino di ridurre la quota dei ristorni delle imposte prelevate sugli stipendi dei circa 54 mila lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, dal 38,8 per cento al 12,5 per cento, una riduzione di oltre un terzo. Tale proposta dovrà ritornare al Consiglio degli Stati che in settembre aveva deciso di non dare seguito a questo testo, preferendogli una mozione volta a chiedere all'Italia di rimediare all'assenza di reciprocità nella tassazione degli Svizzeri che lavorano nella fascia di frontiera, di «valutare i recenti cambiamenti della realtà socioeconomica delle regioni di frontiera direttamente interessate dall'Accordo del 1974 e ridefinire la natura del versamento compensativo adattandolo alle circostanze attuali», nell'ambito delle trattative su un nuovo accordo di doppia imposizione con l'Italia;
una tale riduzione dei ristorni, se confermata, produrrebbe conseguenze gravi e pesanti per le risorse dei comuni di frontiera, già alle prese con i consistenti tagli e fortemente in difficoltà nel garantire servizi e investimenti adeguati a cittadini ed imprese, anche per gli effetti delle regole di finanza pubblica -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per tutelare e garantire il pieno riconoscimento dei ristorni ai comuni di confine, sia in riferimento al congelamento del 50 per cento dei ristorni del 2010, che

all'eventuale decisione unilaterale, intrapresa dalla Confederazione elvetica in palese violazione degli accordi del 1974, di ridurre al 12,5 per cento la quota dei ristorni da trasferire allo Stato italiano;
quali siano le ragioni che impediscono la necessaria ripresa di un dialogo tra l'Italia e la Confederazione elvetica al fine di tutelare gli interessi dei lavoratori frontalieri e in particolare per garantire la piena applicazione della convenzione del 9 marzo 1976 stipulata con la Confederazione elvetica in merito ai ristorni delle trattenute fiscali ai comuni italiani compresi nella linea di demarcazione di 20 chilometri dal confine italo-svizzero;
se il Governo abbia già dato corso all'impegno di convocare un tavolo di confronto con il Governo elvetico e quali risultati abbia fin qui prodotto;
se il Governo non ritenga comunque di garantire, con l'anticipazione di risorse proprie, il pieno riconoscimento dei ristorni ai comuni di confine, affinché le questioni delicate aperte, a partire da quelle relative agli aspetti fiscali, possano essere risolte senza soggiacere a forme di pressione non rispettose degli accordi bilaterali in essere e senza far ricadere le conseguenze negative sui comuni di confine e i lavoratori frontalieri.
(5-06433)

Interrogazione a risposta scritta:

RAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da mesi si parla della possibilità che la Rai ceda gli impianti di trasmissione e diffusione del segnale, oggi di proprietà della consociata Raiway, e consistenti in 2.314 stazioni, di cui 1.630 costruite su terreni di proprietà e 684 su terreni in affitto o in uso con diritto di superficie;
la proprietà degli impianti riveste evidentemente un fondamentale ruolo strategico, anche contro possibili interventi di natura dolosa, consentendo alla Rai di disporre degli strumenti necessari alla trasmissione del suo segnale;
diverse volte, e in ultimo pochi mesi fa, un problema agli impianti causato dall'intervento di tecnici esterni e che ha determinato l'interruzione e l'oscuramento del segnale Rai in diverse regioni d'Italia è stato risolto in pochissimo tempo dai tecnici dell'azienda;
l'azienda avrebbe valutato tali impianti in 300 milioni di euro, cifra che peraltro non sarebbe incassata dalla Rai ma dall'azionista di riferimento, cioè il Ministero dell'economia e delle finanze: viale Mazzini, dunque, a fronte di una cessione significativa non avrebbe nessun vantaggio di natura economica;
per il solo passaggio al digitale terrestre, sugli impianti sono stati realizzati investimenti da circa 300 milioni di euro, sostenuti in parte dallo Stato e in parte dalla Rai, che ha fatto ampio ricorso all'indebitamento bancario;
l'affitto degli impianti costerebbe alla Rai 165 milioni di euro l'anno, cifra alla quale si devono sommare gli oltre 22 milioni di euro di utile registrati nel 2010 da Raiway, che ha incassato 39 milioni di euro, cioè il 19 per cento del fatturato, da soggetti terzi;
Sky ed Europa 7 sarebbero interessate a utilizzare gli impianti di Raiway, corrispondendo un canone di affitto rispettivamente di 20 milioni e di 7 milioni di euro l'anno, che ovviamente andrebbero a incidere positivamente sull'utile dei prossimi anni;
sul mercato non esiste un'altra realtà efficiente come Raiway;
nel 2001 era già stata avanzata l'ipotesi di vendere il 49 per cento della società, costituita essenzialmente dagli impianti, ad un importo di gran lunga superiore rispetto a quello oggi ipotizzato, ma Ministro pro tempore si oppose;

contro la vendita degli impianti si sono mobilitati i lavoratori e la quasi totalità delle sigle sindacali;
con la vendita degli impianti, la Rai si muoverebbe nella direzione opposta a quella seguita in questi stessi giorni dal suo più diretto competitore, Mediaset;
sarebbe opportuno che la Rai mettesse definitivamente da parte ogni ipotesi di cessione, impegnandosi piuttosto per la valorizzazione commerciale degli impianti, attraverso l'affitto a tutti i possibili soggetti interessati;
con la cessione degli impianti la Rai, ad avviso dell'interrogante, sarebbe meno autonoma e indipendente -:
quale sia l'orientamento del Ministro dell'economia e delle finanze, azionista di maggioranza dell'azienda, sulla possibile cessione degli impianti di Raiway;
quali garanzie si potrebbero avere, in caso di vendita, sull'impossibilità per soggetti esterni di manomettere gli impianti di trasmissione o di privare la Rai, con qualunque mezzo e a qualsiasi titolo, della possibilità di utilizzarli;
cosa accadrebbe, in caso di vendita, se la Rai non avesse le risorse per far fronte, anche solo in parte, al canone di locazione degli impianti;
se ritenga che la vendita degli impianti risponda ai criteri di buona amministrazione cui si devono uniformare tutte le amministrazioni pubbliche, anche in considerazione del fatto che in due anni di affitto sarebbe spesa una cifra superiore a quella realizzata dalla vendita e che la Rai dovrebbe rinunciare agli utili realizzati da Raiway;
quale sarebbe, in caso di vendita degli impianti, la sorte dei 690 di dipendenti di Raiway, la maggior parte dei quali sono tecnici altamente specializzati.
(4-15352)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le cancellerie civili e penali dei tribunali umbri versano in gravi difficoltà a causa della carenza di personale amministrativo;
secondo gli ultimi dati disponibili al 1o gennaio 2012, a Perugia, ad esempio, sono presenti 71 unità sulle 91 necessarie, a Foligno 4 su 10 e situazioni analoghe presentano anche le altre sedi;
tale conclamata carenza rappresenta un problema sempre più pressante e rischia di portare al collasso l'amministrazione della giustizia, a causa del crescente carico di lavoro e della difficoltà a farvi fronte: non è più possibile far conto solo sulla buona volontà e sullo spirito di abnegazione degli addetti -:
quali interventi il Ministro intenda porre in atto per assicurare alle cancellerie dei tribunali umbri un congruo numero di addetti.
(5-06421)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 275 del codice di procedura penale prevede che si possa applicare la custodia cautelare in carcere solamente quando ogni altra misura risulti inadeguata, prevedendo tale misura esclusivamente nei casi di pericolo di fuga e conseguente sottrazione al processo ed alla eventuale pena, pericolo di reiterazione del reato e pericolo di turbamento delle indagini;
molti imputati che si trovano sottoposti a questo regime di custodia cautelare subiscono in molti casi effetti fortemente

negativi ed impattanti in maniera duratura, e spesso irreversibile, dal punto di vista personale, familiare, affettivo e professionale, soprattutto nei casi in cui il processo si concluda con un'assoluzione, la prescrizione dei termini a causa dell'intasamento del sistema giudiziario o con la scarcerazione a conclusione delle indagini preliminari;
casi di questo genere provocano danni di natura economica e sociale allo Stato, e quindi alla collettività, e alla singola persona, che spesso avanza una richiesta di risarcimento danni per il periodo di carcerazione subito;
è necessario agire con cautela da parte della magistratura inquirente nella richiesta di disposizioni di custodia cautelare, limitandola ai casi strettamente necessari, valutando con attenzione le varie tipologie cautelari previste nel nostro codice penale, anche a fronte del problema del sovraffollamento e della carenza di personale da tempo lamentata dalla polizia penitenziaria -:
se il Ministro intenda assumere iniziative normative volte a ridurre il ricorso alla carcerazione preventiva, anche a fronte dei problemi di natura economica e sociale sopra evidenziati;
se il Ministro intenda appurare la percentuale di casi in cui ad una prima disposizione della custodia cautelare in carcere segue una scarcerazione immediata dell'imputato o una successiva assoluzione quale sia il costo per il sistema della giustizia italiana dei processi avviati per risarcimento danni per ingiusta detenzione.
(4-15345)

LEHNER. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Fatto nella edizione di sabato 10 marzo 2012 a pagina 4 pubblicava un articolo a firma di Sandra Amurri con il seguente titolo «Stato-mafia. Hanno capito tutto questa volta c'incastrano» fuorionda di Mannino in un bar di Roma; la Amurri racconta con dettaglio letterario la sua sosta in un bar di Roma al quale pervengono il deputato Calogero Mannino ed il deputato al parlamento europeo onorevole Giuseppe Gargani, che la stessa provvederà attraverso una fotografia scattata con il proprio telefonino a far riconoscere dal direttore e dal vice direttore del predetto quotidiano;
i due che camminano per la strada si fermano davanti al tavolino al quale siede la Amurri e provvedono ad un endorsement;
premesso il fatto, si intendono sottolineare alcuni aspetti che ad avviso dell'interrogante realizzano un'ipotesi di violazione delle leggi fondamentali della privacy e di turbativa. La Amurri fotografa l'onorevole Gargani. Ma c'è un secondo aspetto. Profittando della sprovvedutezza dei due, ascolta ed annota sul suo taccuino i termini della conversazione;
ora è chiaro che intanto la Amurri ad avviso dell'interrogante, avrà travisato i termini della conversazione perché non è immaginabile che i due deputati dovendo fare confessioni ed autoaccuse procedessero così come raccontato dalla predetta;
altro aspetto delicato sul quale si richiama l'attenzione del Ministro è costituito dal fatto che, la Amurri ricostruisce e perfeziona con il riconoscimento fotografico la sua versione con i due colleghi (direttore e vice direttore) de Il Fatto Quotidiano;
si dà il caso che da tempo proprio il quotidiano Il Fatto è spesso in condizione di anticipare le notizie che riguardano la procura di Palermo; anche in questi giorni per esempio Ingroia è stato oggetto di articoli de Il Fatto Quotidiano per le sue polemiche anche contro la Cassazione;
Il Fatto Quotidiano aveva anticipato che l'onorevole Mannino sarebbe stato sentito dai due predetti sostituti nel quadro delle indagini che stanno svolgendo ai margini del processo contro il generale Mori sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia;

anzi più precisamente altri quotidiani avevano riportato la notizia con il dettaglio che l'onorevole Mannino non sarebbe stato sentito come persona informata dei fatti, com'è avvenuto per altri politici che, al tempo del 1992, erano Ministri del Governo Andreotti;
il giorno 27 febbraio il deputato al Parlamento italiano onorevole Calogero Massimo si è presentato davanti ai predetti pubblici ministeri, essendo stato avvisato il giorno 22 della convocazione come persona indagata, con la relativa notizia sulle agenzie di stampa e su due quotidiani nella loro edizione del 23 con una tempistica che suscita molti dubbi;
il deputato onorevole Calogero Mannino si è avvalso della facoltà di non rispondere e con gesto rispettoso del Parlamento ne ha voluto dare personale comunicazione nella seduta del 28 febbraio 2012 (resoconto n. 594 del 28 febbraio 2012);
la Amurri scrive testualmente (quando si apprende della notizia dell'indagine a carico di Mannino) «ne parlo con qualche mia fonte di ambiente investigativo.... vengo convocata da Ingroia Di Matteo ed altri»;
intanto il giorno precedente cioè il 9 marzo 2012 i predetti Ingroia e Di Matteo avevano invitato l'onorevole Giuseppe Gargani - deputato al Parlamento europeo ad un interrogatorio come persona informata dei fatti;
le cronache giornalistiche - si fa sempre riferimento al quotidiano Il Fatto dicono che il pubblico ministero Di Matteo, avendo rilevato delle divergenze nella ricostruzione del colloquio da parte dell'onorevole Gargani Giuseppe, ha interrotto l'audizione; «i pubblici ministeri si riservano di valutare la sua posizione che, nelle prossime ore, potrebbe anche passare da testimone a indagato per falsa testimonianza»;
l'episodio è di una gravità assoluta e assolutamente inammissibile -:
se risulti che l'ordine dei giornalisti abbia promosso iniziative disciplinari in relazione alla grave scorrettezza professionale e deontologica della Amurri che, con un comportamento che appare di dubbia legittimità, ascolta e annota in un suo taccuino una conversazione tra due persone a loro insaputa;
se non intenda adottare iniziative normative idonee ad evitare che abbiano a ripetersi situazioni analoghe, che rivelano gravi scorrettezze professionali;
se non ritenga di dover assumere iniziative ispettive presso gli uffici della procura interessata ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza, in relazione alle condotte, che appaiono all'interrogante disinvolte, dei due pubblici ministeri, al centro quotidianamente di polemiche non utili né all'immagine né alla realtà delle funzioni loro assegnate.
(4-15351)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il ponte che si trova in località Molino Cattani a Rioveggio (Bologna) è molto importante in quanto mette in comunicazione i comuni di Monzuno (Bologna) e Grizzana Morandi (Bologna), permettendo a chi lo percorre di evitare la strada provinciale 325, riducendo di molto quindi distanze e tempi di percorrenza. In realtà il ponte ha una larghezza di circa 2 metri ed è quindi solamente ad una corsia e peraltro, in occasione di piena del fiume Setta, in parecchi casi è stato chiuso per il pericolo di eventuali crolli. A ciò si aggiunge il fatto che il ponte è attualmente chiuso al traffico veicolare - e lo sarà fino al 3 giugno 2012, con possibilità di proroga - per i lavori di spostamento di condotte

acqua, gas e fognature interferenti con i lavori della variante di valico, e il fatto che dalla parte di Grizzana Morandi è stata allargata la strada Piana Cinelli-Puzzola che ora è larga circa 8 metri, e questo significa che - una volta riaperto - si arriverà al ponte con una strettoia ad imbuto (da 8 a 2 metri);
in una valutazione fatta gli scorsi anni la spesa stimata in euro, per la realizzazione di quest'opera strategica, è stata di 4 milioni di euro -:
in quale modo oggi il Governo intenda rispondere alle richieste territorio della montagna bolognese che è in oggettiva difficoltà e si aspetta delle risposte dopo decenni dato che il ponte e la sua struttura sono un problema reale del territorio.
(2-01410) «Raisi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito delle eccezionali precipitazioni metereologiche delle giornate del 21 e del 22 febbraio 2012, che hanno interessato l'intero territorio della provincia di Crotone, si sono determinati danni di notevole entità alle infrastrutture viarie, tali da aggravare notevolmente la già precaria situazione che si era determinata a seguito delle alluvioni del mese di febbraio 2010 e di settembre 2009;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3862 del 31 marzo 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 dell'8 aprile 2010, «Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare i danni conseguenti ai gravi dissesti idrogeologici che hanno interessato il territorio della regione Calabria nei giorni dall'11 al 17 febbraio 2010» il presidente della regione Calabria è stato nominato commissario delegato per fronteggiare l'emergenza;
l'articolo 11 della medesima ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri ha autorizzato il commissario delegato a utilizzare i poteri attribuitigli al fine di far fronte anche agli eventi metereologici che hanno colpito la regione nei giorni dal 24 al 27 settembre 2009;
l'ordinanza commissariale n. 1/3862/2010 del 9 luglio 2010 ha individuato i comuni cui si applicano le disposizioni previste dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3862/2010 e successive modifiche e integrazioni e sono state dettate disposizioni per la quantificazione dei fabbisogni di cui all'articolo 1, comma 3 dell'OPCM 3862/2010;
con le ordinanze commissariali n. 7/3862/2010 del 23 agosto 2010 e n. 18/3862/2010 del 30 novembre 2010 sono stati integrati sia l'elenco dei comuni della regione Calabria, il cui territorio sia stato danneggiato da eventi alluvionali dal 24-27 settembre 2009 che l'elenco dei comuni danneggiati dai dissesti idrogeologici nei giorni dall'11 al 17 febbraio 2010;
in ottemperanza all'articolo 1, comma 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3862 del 31 marzo 2010 la struttura di supporto al commissario delegato ha proceduto ad una ricognizione e quantificazione dei fabbisogni, conseguenti ai dissesti idrogeologici, nell'ambito del territorio provinciale di riferimento;
dal testo dell'ordine del giorno approvato dal consiglio provinciale di Crotone e pubblicato sul sito istituzionale http://www.provincia.crotone.it/informazione/news.php?Cod=3158 si apprende che «la giunta provinciale di Crotone, con proprie deliberazioni, ha preso atto degli interventi di somma urgenza disposti dai tecnici provinciali per fronteggiare tale situazione d'emergenza: la spesa complessiva sostenuta, come accertata con deliberazione n. 192 del 4 ottobre 2011, ammonta

a euro 7,290.817,66, di cui euro 3.549.603,28 per l'anno 2009 ed euro 3.741.214,38 per l'anno 2010; il settore lavori pubblici ha provveduto alla rendicontazione degli interventi realizzati in somma urgenza dal mese di settembre del 2009»;
con ordinanza commissariale n. 19/3862/2010 il commissario delegato ha approvato le istruttorie effettuate dalla struttura di supporto inerenti agli interventi eseguiti secondo le procedure di somma urgenza, nella fase di prima emergenza e comunque prima della pubblicazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3862/2010, dagli enti riportati nell'Allegato n. 3 dell'ordinanza commissariale n. 7/3862/2010, come modificato dall'ordinanza commissariale n. 18/3862/2010;
ai sensi della suddetta ordinanza commissariale, in relazione alle risorse finanziarie disponibili, è stato possibile liquidare un contributo pari al 30 per cento degli importi ritenuti ammissibili, per gli interventi eseguiti secondo le procedure della somma urgenza;
in particolare, alla provincia di Crotone è stato riconosciuto, secondo quanto si legge nell'ordine del giorno sopra menzionato, un importo complessivo ammissibile pari ad euro 3.392.134,26 e liquidato contestualmente un importo di euro 1.017.640,28 a titolo di contributo;
dopo numerosi tentativi di reperire fondi per coprire il debito residuo con finanziamenti provinciali e regionali, la provincia di Crotone è giunta a determinare l'esistenza di debiti fuori bilancio, da riconoscere per complessivi euro 5.861.024,66 e a provvedere al finanziamento di detta spesa mediante contrazione di un apposito mutuo con la Cassa depositi e prestiti spa, ai sensi dell'articolo 194 del TUEL;
la provincia di Crotone era stata destinataria di fondi per interventi di ammodernamento e potenziamento della viabilità secondaria esistente nella regione Calabria, non compresa nelle strade gestite dalla società ANAS spa, ai sensi dell'articolo 1, comma 1152 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) e successive modificazioni, con un finanziamento complessivo di euro 16.50 milioni per ciascuna delle annualità 2007, 2008 e 2009;
l'articolo 2, comma 538, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), ha modificato la precedente disposizione, revocando i fondi per le annualità 2008 e 2009 e, secondo quanto si legge nell'ordine del giorno approvato dal consiglio provinciale di Crotone, un successivo provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe impedito all'amministrazione provinciale di utilizzare anche i fondi residui della prima annualità (2007), pari ad un importo di euro 6.930.000,00;
la provincia di Crotone, a causa della riduzione della capacità di indebitamento prevista dalla normativa vigente, non è nelle condizioni di poter contrarre mutui per fare fronte alla grave situazione della viabilità provinciale e non esistono, al momento, fonti di finanziamento alternative;
sarebbe auspicabile proporre agli ordini professionali (geologi, ingegneri e geometri) un protocollo d'intesa, al fine di definire con urgenza la programmazione degli interventi e la ricostruzione delle opere viarie seriamente danneggiate -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali urgenti e inderogabili iniziative intendano assumere per consentire il finanziamento degli interventi di ripristino delle infrastrutture viarie nel territorio della provincia di Crotone e in particolare, se intendano rimettere nell'immediata disponibilità della provincia di Crotone i fondi revocati con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pari ad un importo di euro 6.930.000,00;
se, nella logica del superamento della gestione emergenziale e della pianificazione

ordinaria delle infrastrutture viarie, considerata anche la drammatica condizione in cui versano le infrastrutture viarie della provincia di Crotone e le conseguenti ripercussioni in termini di mancato sviluppo, non ritengano di assumere iniziative per provvedere immediatamente al ripristino dei fondi per le annualità 2008 e 2009, originariamente previsti dall'articolo 1, comma 1152, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007).
(5-06417)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Ferrovie dello Stato, con l'entrata in vigore dell'orario invernale, ha riorganizzato il sistema del servizio universale del trasporto ferroviario a media e lunga percorrenza da e per il sud Italia ed in particolar modo per la Sicilia e la Calabria provocando, però, enormi disservizi ed evidenti disagi ai tanti viaggiatori di queste due regioni che non hanno più la possibilità di scegliere il servizio più confacente ai propri bisogni tanto che da più parti si parla di evidente violazione del diritto alla mobilità del cittadino;
il nuovo sistema di trasporto ferroviario ha determinato un evidente ridimensionamento dell'offerta ed una compressione, al di là di ogni ragionevole motivazione, del servizio universale che invece dovrebbe assolvere ad una funzione di carattere sociale e quindi di supporto ai bisogni ed alle esigenze delle aree più svantaggiate del Paese mentre in realtà ha generato una gravissima violazione alla continuità territoriale di aree collocate nel Mezzogiorno con il territorio nazionale;
a seguito della nuova rimodulazione degli orari e della soppressione di diverse coppie di treni a lunga percorrenza, Ferrovie dello Stato ha immaginato un nuovo modello di trasporto che non risponde affatto alle esigenze dei viaggiatori sia per quanto riguarda l'aspetto logistico vero e proprio sia per quanto riguarda quello dei prezzi che sono evidentemente lievitati;
Ferrovie dello Stato ha in atto una politica aziendale sempre più caratterizzata da disimpegno sul fronte degli investimenti per l'ammodernamento delle reti nel Meridione nonché da assenza di progettazione sul versante dello sviluppo della mobilità;
la Camera dei deputati, con l'approvazione, a larga maggioranza, della mozione n. 1-00704 del 17 gennaio 2012, ha chiesto ed ottenuto precisi impegni da parte del Governo ad intervenire in modo risolutivo e tempestivo al fine di assicurare servizi di mobilità uniformi su tutto il territorio nazionale e per ripristinare il servizio del trasporto universale in Sicilia e Calabria agendo sui ripristino di alcune tratte inizialmente soppresse;
il Governo nelle scorse settimane ha, ufficialmente comunicato di avere ottenuto, a seguito di contatti con l'operatore ferroviario, il ripristino di un treno a lunga percorrenza notturno con destinazione Milano e/o Torino ma che a seguito di questo annuncio non è stato formalizzato alcun piano operativo da parte di Ferrovie dello Stato che anzi ha ribadito la propria intenzione di ripristinare un treno notturno a seguito, però, del taglio di uno diurno -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per sollecitare Ferrovie dello Stato ad assicurare una corretta gestione del servizio universale passeggeri, a mantenere fede agli impegni assunti a seguito delle determinazioni della Camera dei deputati ed a garantire il rispetto dei diritto alla mobilità da parte dei cittadini calabresi e siciliani.
(4-15332)

MARMO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha recentemente proceduto ad una complessiva riorganizzazione dei

collegamenti ferroviari, potenziando le linee ad alta velocità e penalizzando i collegamenti locali, quelli notturni e a lunga percorrenza che mettono in comunicazione il Nord con il Sud del Paese;
il piano predisposto ha puntato unicamente sul taglio delle tratte poco redditizie, senza coniugare tale esigenza con il dovere di garantire un adeguato servizio di trasporto alle persone che usano i treni per recarsi al lavoro e a coloro che versano in condizioni di difficoltà economica, tale da non potersi permettere i più onerosi collegamenti ad alta velocità;
Trenitalia ha disposto la soppressione di numerose fermate sia per i treni ad alta velocità, come gli Eurostar, sia per gli Intercity, senza considerare le conseguenze sui collegamenti regionali ad essi integrati;
questi provvedimenti hanno di fatto scaricato ulteriori problemi sulle regioni, già in seria difficoltà per i tagli al trasporto pubblico locale;
la soppressione dei treni notturni e di altri treni a lunga percorrenza ha avuto serie conseguenze sul traffico che collega il Nord al Sud del Paese;
nel 2005 i treni circolanti da Nord a Sud e viceversa erano 56 ed in seguito ai tagli decisi da Trenitalia sono stati ridotti a 10 nonostante la domanda si sia mantenuta sostanzialmente alta;
tale riduzione ha penalizzato in maniera pesantissima chi, non potendo accedere ai treni ad alta velocità, usufruiva del servizio di collegamento notturno;
il taglio dei treni notturni ha prodotto una crisi occupazionale per decine di lavoratori che, a seguito dei provvedimenti adottati dall'azienda, rischiano di perdere il proprio posto di lavoro;
l'unico treno notturno che collega Torino alla Capitale è quasi sempre sovraffollato, i convogli non sono adeguatamente mantenuti e il livello di pulizia è bassissimo;
il trasporto pubblico locale su rotaia è in grande crisi in quasi ogni parte del Paese. Sono trecentocinquantamila i pendolari che ogni giorno, in condizioni disagevoli, raggiungono la capitale sui treni che viaggiano su otto linee regionali delle Ferrovie dello Stato italiane;
sono ormai tantissime le proteste delle organizzazioni che tutelano i diritti dei viaggiatori che lamentano quotidianamente la carenza di convogli, la scarsa manutenzione e la carente pulizia degli stessi;
tale situazione è comune a tutti i grandi centri urbani dove si concentra il pendolarismo e interessa anche i pochissimi collegamenti notturni tra le regioni settentrionali e il resto del Paese e viceversa -:
quali iniziative ritenga opportuno assumere affinché Trenitalia riveda le scelte recentemente adottate, ripristinando un numero adeguato alla domanda di corse notturne e garantendo adeguati standard di manutenzione e di pulizia dei convogli e quali iniziative il Ministro intenda adottare per far sì che Trenitalia moduli l'organizzazione dei collegamenti ferroviari in base alle esigenze dell'utenza del trasporto locale e garantisca una maggiore disponibilità di corse e di convogli per il trasporto dei pendolari.
(4-15343)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151 recante «Regolamento di semplificazione della disciplina dei provvedimenti relativi alla prevenzione degli incendi a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge

31 maggio 2010 n. 78 convertito con modificazione dalla legge 30 luglio 2010 n. 122» fissa le modalità di adeguamento alla normativa antincendio da parte delle strutture turistiche e ricettive attraverso l'individuazione di un preciso protocollo di attuazione;
la normativa in materia prevede come termine ultimo per l'adeguamento delle suddette attività il prossimo mese di ottobre 2012 e ciò ha determinato la preoccupazione, per la scadenza ormai imminente, di molte associazioni di settore tra cui l'Assocamping che è l'Associazione nazionale imprenditori di strutture turistico-ricettive all'aria aperta aderente a Confesercenti che, attraverso interventi sulla stampa nazionale ed interlocuzioni istituzionali, ha chiesto l'adozione di una proroga in materia di applicazione di questa nuova normativa anche e soprattutto perché non esistono norme di prevenzione incendi o linee guida di sicurezza specifiche per i campeggi e gli interventi da attuare ai fini dell'adeguamento antincendio possono variare a seconda dei pareri dei funzionari incaricati;
i timori rappresentati dagli addetti a questo importante comparto produttivo sono sostanzialmente legati alla difficoltà di provvedere all'adeguamento delle proprie strutture nei termini previsti che, vista l'ormai prossima scadenza, non consentono una programmazione anche economica degli interventi, obbligando di fatto gli stessi imprenditori ad operare investimenti concentrati in un brevissimo lasso di tempo, tra l'altro con l'aggravante rappresentata dalla difficoltà di accedere al credito offerto attualmente dal sistema bancario;
gli stessi titolari delle strutture ricettive, che sono soprattutto di medie e piccole dimensioni e svolgono la propria attività all'aria aperta ed in forma stagionale, sarebbero costretti ad attuare questi interventi durante il periodo di apertura con conseguente forte limitazione all'esercizio dell'attività e con notevoli problematiche, anche di sicurezza, per gli ospiti dei campeggi;
la mancata presentazione della SCIA, che è la segnalazione certificata di inizio attività, entro il termine del 6 ottobre 2012, comporta sanzioni di carattere penale indipendentemente dal fatto che le misure di sicurezza siano state rispettate con la conseguenza che le nuove strutture dovranno acquisire il parere favorevole sui progetto e, prima dell'avvio dello stesso, presentare la SCIA mentre quelle esistenti dovranno completare le procedure che portano alla regolarizzazione dell'attività entro la scadenza prevista dalla legge;
la crisi economica e finanziaria in atto sta determinando una contrazione degli investimenti ed un calo di domanda nel settore turistico e ricettivo nonché un'evidente difficoltà nell'accedere al credito al fine di operare gli opportuni investimenti per ampliare le attività di impresa -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere per quanto di competenza per accogliere le richieste degli operatori del settore e la relativa programmazione degli interventi da compiere in esecuzione del dispositivo di legge.
(4-15333)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'attività dei docenti non abilitati, che da anni prestano servizio senza alcuna stabilizzazione, è preziosa per il buon andamento del sistema scolastico, soprattutto nell'ambito di alcune classi di concorso dove le graduatorie sono esaurite ormai dal 2009;
l'esaurimento delle graduatorie determina la necessità di ricoprire dei posti, ed in alcuni casi le istituzioni scolastiche sono

costrette ad assumere studenti universitari in corso di studi qualora manchino anche gli insegnanti precari in graduatoria di istituto;
tale fenomeno avviene soprattutto in alcuni settori, come quello tecnico, dove ingegneri o architetti sono insufficienti;
alla luce di tali considerazioni, ad avviso dell'interrogante sarebbe opportuno procedere alla stabilizzazione dei docenti precari disponibili sul territorio, che da anni prestano la loro attività lavorativa senza ricevere alcun riconoscimento;
a tal fine, sarebbe necessario effettuare una mappatura del fabbisogno di docenti a livello territoriale, per poi stabilizzare i docenti non abilitati nelle realtà in cui esistono posti disponibili ma manca il personale abilitato -:
se il Ministro sia al corrente di quanto riportato e se ritenga opportuno assumere le opportune iniziative per procedere alla stabilizzazione dei docenti non abilitati secondo il criterio indicato in premessa, anche al fine di risolvere il problema del precariato nel settore.
(5-06418)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo il nostro ordinamento, gli alunni con disabilità hanno il diritto all'integrazione scolastica, che si realizza attraverso l'obbligo dello Stato di attivare tutte le opportune misure di sostegno, alle quali concorrono secondo le proprie competenze, anche gli enti locali ed il servizio sanitario nazionale;
la legge n. 104 del 1992 in particolare, riconosce e tutela la partecipazione delle persone diversamente abili alla vita sociale e nei luoghi per essa fondamentali, primo fra tutti, la scuola;
secondo quanto riportato sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, «La certificazione di disabilità è il presupposto per l'attribuzione all'alunno con disabilità delle misure di sostegno e di integrazione. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri - 23 febbraio 2006, n. 185 "Regolamento recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289", all'articolo 1 individua per la certificazione dell'alunno con disabilità un "organismo collegiale" appartenente al Servizio Sanitario Nazionale. Da segnalare inoltre l'articolo 2 del DPCM in questione, ove si prescrive che le diagnosi funzionali siano realizzate secondo le classificazioni internazionali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, tra l'altro, devono indicare l'eventuale particolare gravità della patologia»;
dalla stampa risulta che il Ministero abbia introdotto una nuova modalità per certificare la disabilità degli alunni finalizzata all'ottenimento dell'insegnante di sostegno;
prima dell'introduzione di questa nuova modalità per certificare la disabilità degli alunni, era sufficiente la certificazione dell'ASL, mentre ora i bambini dovranno ricevere il certificato di «invalidi civili» dell'INPS, attraverso un sistema piuttosto macchinoso;
il medico di base riconosce la necessità dei bambini, per poi inviare una richiesta telematica di visita. Per questa procedura alcuni medici chiedono circa 60 euro alle famiglie;
una volta superata questa prima fase, i genitori dovranno confermare l'iter inviando un'altra richiesta. Considerato che non tutti sono in grado di svolgere autonomamente tale onere, spesso è necessaria l'assistenza del patronato, con un ulteriore esborso economico;
quando l'INPS riceve la seconda richiesta, allora finalmente sarà possibile fissare la visita medica del bambino, solo che per questa possono passare anche diversi mesi visto che tali appuntamenti

non vengono riuniti in un'apposita «sessione» ma finiscono per mescolarsi a quelli degli anziani;
in sostanza accade che i tempi per l'espletamento di tutta la procedura non coincidono con quelli della programmazione scolastica, ed i bambini rimangono privi di assistenza;
inoltre, le famiglie di disabili con difficoltà più leggere, con molta probabilità rinunceranno alla certificazione non solo per evitare le lungaggini burocratiche ma anche per non segnare i figli come «invalidi civili»;
ciò provocherebbe seri danni ai bambini, perché con l'insegnante di sostegno i disturbi lievi o i piccoli ritardi di apprendimento possono essere efficacemente recuperati -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e come intenda evitare che le lungaggini burocratiche ledano il diritto degli alunni disabili ad ottenere l'insegnante di sostegno;
se non ritenga opportuno assumere iniziative anche normative e escludere dalla categoria degli invalidi civili i bambini diversamente abili con disagi più lievi.
(5-06419)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comma 3 dell'articolo 5 della legge 11 gennaio 1996, n. 23 recante norme per l'edilizia scolastica, dispone che fino all'approvazione di norme tecniche regionali, possano essere assunti quali indici di riferimento quelli contenuti del decreto ministeriale del 18 dicembre 1995;
il succitato decreto prevede che le aule scolastiche siano di altezza non minore a tre metri e che il rapporto alunni superficie sia di 1.80 metri quadri/alunno nelle scuole materne, elementari e medie, e di 1.96 metri quadri/alunno nelle scuole superiori;
il decreto ministeriale del 26 agosto 1992 recante norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica, da applicare negli edifici e nei locali adibiti a scuole, di qualsiasi tipo, ordine e grado, allo scopo di tutelare l'incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro il rischio di incendio, prevede che il massimo affollamento ipotizzabile sia di 26 persone/aula e che «qualora le persone effettivamente presenti siano numericamente diverse dal valore desunto dal calcolo effettuato sulla base della densità di affollamento, l'indicazione del numero di persone deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell'attività» (allegato punto 5 relativo alle misure per l'evacuazione in caso di emergenza);
il decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009, n. 81 recante norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, prevede che «le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola» (articolo 5 comma 2);
all'interrogante risulta tuttavia che in alcune scuole italiane vi siano aule in condizione di grave sovraffollamento (cosiddetto «classi pollaio») comprese quelle con alunni disabili, e che diversi istituti non siano conformi a quanto previsto dalla normativa sulla sicurezza degli edifici

scolastici, nonché a quella relativa alle esigenze formative degli studenti -:
se al Ministro risulti che gli edifici scolastici italiani rispettino le normative in materia di sicurezza citate in premessa, ed in caso negativo, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di tutelare l'incolumità degli studenti e degli insegnanti, nonché le esigenze formative degli alunni.
considerato che le scuole stanno attivandosi presso i competenti uffici scolastici per chiedere la disponibilità delle classi per il prossimo anno, quali provvedimenti il Ministro intenda adottare al fine di risolvere il sovraffollamento delle aule, in modo particolare laddove vi è la presenza di alunni diversamente abili.
(4-15335)

D'INCECCO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i metodi con cui sono determinati gli aventi diritto all'accesso alle facoltà a numero chiuso non hanno trovato spazio nella recente approvazione della legge di riforma universitaria, benché questi temi, negli ultimi anni, siano stati al centro del dibattito politico per una serie di ragioni e di problemi;
in modo particolare, sono stati oggetto di discussione e critica, ripetutamente, nel procedimento di selezione, la natura stessa dei test, sia quelli denominati «di cultura generale», sia altri;
il contenuto di questi test ha dato adito spesso a discussioni, sia per clamorosi errori nelle domande stesse sia per i sospetti legati alla regolarità della procedura sia per la loro difficoltà, a volte davvero eccessiva per il grado di conoscenza che è lecito attendersi da ragazzi diplomati che si candidano ad un percorso universitario;
in relazione alla formulazione dei questionari, desta perplessità la natura di domande ritenute di «cultura generale», ad avviso dell'interrogante, vaghe, complesse, che fanno somigliare i test a quiz televisivi e che hanno sollevato perplessità anche nel mondo accademico, perché, secondo molti professori, non sono in grado di valutare adeguatamente gli studenti;
infine, spesso, nel mirino, è stata anche l'estrema eterogeneità dei test di ingresso, a volte troppo facili, a volte troppo difficili, senza un disegno coerente, un percorso di studi possibile per affrontarli al meglio;
si sono susseguiti negli anni ricorsi alla giustizia amministrativa, meccanismi di sanatorie a posteriori quasi imposte dai fatti;
in questo contesto, sembra venir meno la ratio stessa della procedura, che è certamente quella di sfoltire il numero di partecipanti ai corsi universitari che sarebbero altrimenti troppo affollati, ma di farlo, però, selezionando sulla base del merito e della qualità, e non attraverso quella che appare ormai come una selezione più casuale, più basata su fortuna e circostanze accidentali che non su un rigoroso criterio di misura della conoscenza;
risulta, a parere dell'interrogante, necessario attrezzare un percorso totalmente innovativo, dando modo a tutti gli studenti di confrontarsi con la materia che intendono studiare, consentendo a ciascuno di sviluppare le proprie capacità e di essere misurati e valutati, con coerenza e precisione, su temi specifici, sul proprio merito, sulla propria conoscenza effettiva -:
se non ritenga necessario, a partire dalle considerazioni sopra esposte, adottare le iniziative di competenza per rivedere le norme che consentono l'accesso ai corsi universitari, al fine di consentire agli studenti effettivamente meritevoli di seguire il corso di studi da loro ambito.
(4-15338)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'andamento delle certificazioni di esistenza in vita, che l'istituto di emissione convenzionato con l'INPS (Citibank) sta richiedendo ai 400.000 pensionati che risiedono fuori dai confini nazionali, conferma e aggrava i disagi denunciati fin dall'avvio della campagna di verifica;
tali, inconvenienti sono stati costantemente e ripetutamente denunciati dal Consiglio generale degli italiani all'estero, dai patronati e, in sede parlamentare, soprattutto dagli eletti all'estero, che hanno constatato direttamente quanto gravi e diffusi siano le ripercussioni sui pensionati italiani nel mondo;
gli interpellanti, fin dal novembre del 2011, hanno sollecitato il Governo, e in particolare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, a rappresentare all'INPS l'urgenza di richiedere a Citibank un sistema di certificazione semplificato e di più facile riconoscimento da parte degli operatori amministrativi e finanziari responsabilizzati nelle operazioni di attestazione;
nell'atto di sindacato ispettivo 4-14042, presentato nella seduta n. 554 del 29 novembre 2011, che finora non ha avuto risposta da parte del Governo, si precisava quanto segue:
nel 2011, l'Istituto centrale delle banche popolari italiane (ICBPI), cui era affidato il pagamento delle prestazioni pensionistiche all'estero, ha imposto una verifica dell'esistenza in vita dei beneficiari attraverso la localizzazione del pagamento di una rata delle pensioni presso gli sportelli della Western Union, per la riscossione diretta da parte dei pensionati;
tale soluzione ha generato intuibili e diffusi disagi, peraltro anche questi denunciati dai sottoscritti in un precedente atto di sindacato ispettivo (n. 4-11875), in particolare a coloro che soffrono di problemi di mobilità;
l'erogazione delle pensioni INPS ai residenti all'estero è stata affidata, a partire dal 1° febbraio 2012, a Citibank che, a distanza di pochi mesi, ha attivato una nuova campagna di certificazione di esistenza in vita;
da tutti i 126 Paesi ove risiedono i beneficiari delle pensioni INPS giunge notizia delle gravi difficoltà incontrate dai nostri connazionali nel tentativo di adempiere alle formalità necessarie a certificare la propria esistenza in vita;
la Citibank ha provveduto all'invio di una modulistica da compilare e da rispedire dopo avere fatto attestare l'esistenza in vita da un testimone, ossia da un funzionario di un consolato ambasciata italiana o, in alternativa, da un pubblico ufficiale riconosciuto dalla legislazione del Paese di residenza dell'interessato;
la stessa Citibank ha stilato una lista tassativa e molto ristretta dei pubblici ufficiali abilitati ad autenticare, non sempre a titolo gratuito, il certificato di esistenza in vita, tra i quali spiccano, in ordine di accessibilità, i funzionari del Comune e della regione di residenza;
tuttavia, non tutti gli enti locali stranieri accettano il modulo inviato ai connazionali, prima di tutto poiché in alcuni casi la documentazione recapitata è stata erroneamente redatta in una lingua non riconosciuta nel Paese interessato e, in secondo luogo, poiché prodotta da un ente privato di uno Stato diverso da quello per cui prestano servizio;
in molti casi, i comuni rifiutano conseguentemente di compilare e validare il modulo della Citibank e si rendono

disponibili esclusivamente a rilasciare le attestazioni formali di esistenza in vita con la loro modulistica ordinaria;
ancora una volta sono state registrate criticità per quel che riguarda i nominativi delle beneficiarie delle pensioni INPS; i dati precompilati da Citibank, infatti, riportano il cognome del coniuge della beneficiaria che spesso non coincide con quello del documento d'identità; tale incongruenza, in alcuni casi ha reso impossibile l'attestazione da parte dei funzionari abilitati;
la Citibank richiede inoltre che il testimone conservi in archivio una copia del modulo, mentre l'originale deve essere rispedito entro il 2 aprile 2012, unitamente alla copia di un documento d'identità con fotografia, o di un recente estratto conto bancario, o di una recente bolletta di gas, elettricità o telefono;
qualora la pensione dovesse essere versata su un conto bancario cointestato ad altre persone, la Citibank richiede altresì di compilare un ulteriore modulistica, sottoscritta anche dal cointestatario e da restituire entro il 15 dicembre del 2011;
la possibilità per i connazionali di raggiungere i consolati e le ambasciate per fruire della loro assistenza, negli ultimi anni si è ulteriormente ridotta a seguito della chiusura di decine di sportelli consolari;
anche i funzionari dei consolati esprimono qualche riserva nel dare seguito alle richieste di Citibank, in particolare per quel che concerne l'indicazione dei dati personali del pubblico ufficiale chiamato a testimoniare;
ulteriori disagi riguardano la mancata o ritardata ricezione dei plichi dovuta perlopiù al fatto che l'indirizzario dei titolari di pensioni residenti all'estero non è stato aggiornato dall'INPS in tempo utile, o al fatto che la trasmissione di tali indirizzi all'istituto bancario incaricato dell'invio sia avvenuta in modo inesatto;
si rileva che i recenti beneficiari di pensione non hanno ricevuto nessuna informazione da parte di Citibank e, conseguentemente non conoscono ancora la procedura da seguire affinché sia loro assicurata la regolare erogazione delle rate;
dal momento in cui le situazioni indicate in precedenza si verificavano, il rapporto della Citibank con i pensionati all'estero non è sostanzialmente migliorato e ha subito, al contrario, un'ulteriore involuzione;
il coordinamento CePA dei patronati, come già fatto per il passato, riferisce dello stato di grande difficoltà in cui versano i pensionati residenti all'estero e del lavoro straordinario che devono offrire nel tentativo di mediare tra i beneficiari delle pensioni, i consolati, gli enti locali, la Citibank e l'Istituto nazionale di previdenza sociale;
lo stesso coordinamento CePA aggiunge che, in molti casi, Citibank ha emesso assegni a favore di soggetti delegati con delega non più in essere, che i pagamenti con assegno in moneta locale non riportano né l'importo della pensione in euro, né il tasso di cambio utilizzato e, inoltre, che spesso viene cambiato il sistema di pagamento, senza che il pensionato ne abbia fatta richiesta;
si sottolinea che i pensionati che pur hanno soddisfatto le richieste di Citibank, ricevono in questi giorni lettere di richiamo che creano ulteriore confusione, senza che siano chiari i criteri adottati per l'individuazione dei pensionati soggetti a richiamo;
da numerosi parti del mondo, come il Nord e il Sud America, il Sud Africa, il Madagascar, l'Australia e i Paesi europei che vantano la presenza più consistente di connazionali, si moltiplicano voci di disagio e di denunce di mancata riscossione dei ratei più recenti;
in ragione di queste ed altre disfunzioni, nella sua ultima assemblea plenaria, il Consiglio degli italiani all'estero

ha chiesto la proroga fino al 2 maggio del termine di consegna delle certificazioni -:
se non ritenga d'intervenire con estrema urgenza presso l'Istituto nazionale di previdenza sociale, affinché richieda a Citibank una radicale e immediata semplificazione della procedura di certificazione dell'esistenza in vita, aumentando il numero dei soggetti abilitati ad autenticare il certificato di esistenza in vita e considerando accoglibili i certificati già emessi e normalmente riconosciuti a livello internazionale.
(2-01411)
«Garavini, Agostini, Bressa, Burtone, D'Alema, D'Antoni, Ferrari, Fiorio, Fluvi, Fogliardi, Marrocu, Mastromauro, Rubinato, Sereni, Ventura, Giulietti, Cilluffo, Cambursano, Versace, Angela Napoli, Fugatti, Nicola Molteni, Simonetti, Fucci, Lunardi, Tabacci, Nicco, Ossorio, Di Biagio, Monai, Minniti, Calgaro, Mondello».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 come convertito dalla legge n. 122 del 2010, in particolare articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
a seguito dell'entrata in vigore di tali disposizioni normative i lavoratori interessati si sono trovati, una norma retroattiva senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di una lavoratrice donna:
«Sono di Milano e da oltre 39 anni lavoro presso l'Automobil Club d'Italia - Ufficio Pra di Milano ed ho mio malgrado due posizioni contributive aperte. Per 24 anni e 9 mesi ho versato all'INPS e tutti i successivi circa 15 anni all'INDPAP. Avendo optato per l'INPDAP non potei più rientrare in INPS e non accettai la ricongiunzione da INPS a INPDAP perché onerosa; mi venne detto che in base all'allora legge 322/1958 ai momento del raggiungimento della mia anzianità contributiva avrei potuto ricongiungere i miei contributi da INPDAP a INPS senza alcun problema ed onere economico, avrei goduto di una pensione inferiore, ma l'avrei avuta per la somma totale dei miei anni di lavoro. Venendo ai giorni nostri la legge 122/2010 ha stravolto tutto e mi ha gettato, come molti altri lavoratori, in uno stato d'ansia incredibile (ne sto facendo una malattia) e di forte preoccupazione. Vuoi vedere mi continuo a dire che oltre al danno anche la beffa? C'è da impazzire, credetemi! È un'ingiustizia! Nel 2012 raggiungerò i 40 anni di versamenti e quali certezze mi attendono? Sembra mi siano stati tolti tutti i diritti. Perché?»;
come risulta evidente dal caso di cui sopra, anche lavorando per quasi 40 anni con lo stesso datore di lavoro, la dipendente è costretta a ricongiungere i contributi, pagando il relativo onere -:
se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo e la mozione n. 1-00690 approvata dalla Camera dei deputati assumere iniziative volte a correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
(5-06428)

CODURELLI, DAMIANO, SANTAGATA, GATTI, MIGLIOLI, BELLANOVA, SCHIRRU, RAMPI, MATTESINI, GNECCHI, BOCCUZZI e BARETTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010, ha disposto la soppressione dell'ente Ipost, mentre il successivo comma 3 ha previsto il trasferimento all'INPS di tutte le sue funzioni; il comma 4 del medesimo articolo stabilisce che «con decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché, per quanto concerne la soppressione dell'ISPELS, con il Ministro della salute, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono trasferite le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi, sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura delle relative gestioni alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge»;
l'INPS, con la circolare dell'11 febbraio 2011, n. 35, ha disciplinato gli aspetti contributivi legati al trasferimento del soppresso IPOST, dettando le istruzioni operative e contabili relative al versamento dei contributi dovuti per i lavoratori iscritti al fondo di quiescenza ed alle gestioni previdenziali ed assistenziali dell'Istituto Postelegrafonici;
in particolar modo, gli oneri relativi alle contribuzioni sopracitate confluiranno nel saldo UniEmens, insieme con le contribuzioni minori; pertanto, il relativo versamento dovrà essere effettuato, utilizzando il modello F24, con causale DM10 entro il 16° giorno del mese successivo a quello di riferimento;
risulta all'interrogante che, ad oggi, marzo 2012, nelle sedi territoriali dell'INPS non sia stato svolto nessun servizio per gli ex-dipendenti postali, e venga risposto, a chi chiede informazioni, che gli sportelli non sono ancora autorizzati ad espletare alcuna pratica; tale posizione contrasta con le indicazioni normative sopra citate, posto che detta unificazione dovrebbe essere diventata formalmente operativa a ottobre 2011;
gli ex-dipendenti postali non possono, quindi, beneficiare della capillare presenza delle sedi INPS sul territorio, poiché fino al momento dell'erogazione della pensione le procedure di loro interesse sono espletate a Roma; per verificare la propria posizione i lavoratori sono, infatti, costretti a recarsi presso l'unico sportello ex Ipost attivo, quello di Via Beethoven 11, operante in orari molto limitati (il lunedì, 9-12, ed il giovedì 9-12 e 15-17); inoltre, il numero verde a loro disposizione è inefficace, poiché non è possibile interloquire con l'operatore, il quale si limita a leggere la risposta ricevuta;
in data 9 febbraio 2012 alcuni ex-dipendenti postali si sono recati da Brescia a Roma (polo specialistico c/o Agenzia INPS di Roma Eur, viale Beethoven n. 11), al fine di verificare le proprie situazioni contributive, posizioni piuttosto delicate alla luce dei numerosi esodi postali avvenuti negli anni scorsi e in particolare per la riforma delle pensioni approvata nel dicembre 2011;
si è appurato che la situazione del personale che lavora nell'unico sportello ancora funzionante è preoccupante: dei circa 130 dipendenti IPOST, oggi, solo 24 sono stati applicati al polo specialistico presso l'INPS di via Beethoven 11; di questi, 2 sono allo sportello (che non è aperto tutti i giorni), e solo 5 sono impegnati nelle pratiche relative alla liquidazione delle pensioni;
per più di 2 mesi i lavoratori sono stati completamente inattivi (trasferimento da via Asia, inserimento dati nel nuovo sistema dell'INPS), e non hanno ricevuto che blandi corsi di formazione sul nuovo programma INPS; ad oggi risulta esserci un arretrato di lavoro di un anno e mezzo e una mancanza assoluta di coordinamento;
nel corso dell'incontro svoltosi il 15 febbraio 2012 con SPI-CGIL, FNP-CISL e

UILPensionati, l'INPS ha quantificato in 1.800 le richieste arretrate di autorizzazione ai versamenti volontari giacenti presso i propri uffici, alle quali devono essere sommate le altre pratiche di computo e pensione;
dopo l'approvazione della nuova riforma questa situazione si è aggravata: alcuni ex dipendenti postali si trovano ancora oggi ad attendere una risposta alle richieste di autorizzazione, inoltrate addirittura nel 2010, al versamento volontario dei contributi; all'interrogante risulta assurda anche la chiusura del conto corrente Ipost senza che sia stata fornita un'indicazione di conto corrente alternativa che, a detta dell'interrogante, dovrebbe essere quello dell'INPS;
tale situazione appare assolutamente inaccettabile, poiché affida alla buona volontà dei dipendenti, e non all'INPS, come prescritto dal decreto suddetto, la gestione di servizi fondamentali -:
se non ritenga di intervenire con la massima sollecitudine per eliminare il disservizio citato in premessa e per fare in modo che le suddette problematiche siano sanate.
(5-06430)

BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la dichiarazione sostitutiva unica (DSU) è il modello di autocertificazione finalizzato ad ottenere il calcolo dell'indicatore della situazione economica (ISE) e di quella economica equivalente (ISEE), in base alle quali i cittadini richiedono le prestazioni agevolate;
da molti anni, l'INPS ha rinunciato alla gestione diretta di questo servizio, convenzionandosi con il sistema dei Centri di assistenza fiscale (CAF) che oggi assistono il 95 per cento delle pratiche, per un totale, nel 2010, di oltre 7.400.000, compilate da 83 Centri di assistenza fiscale;
la convenzione è stata prorogata dal 2006 al 2011, senza alcuna modifica di costo unitario per l'INPS, in attesa - fino a tutto il 2010 - del completamento del quadro normativo di riferimento e - nel corso del 2011 - del rinnovo della convenzione stessa;
nei primi mesi del 2011 è stata negoziata tra l'INPS e i CAF una bozza di rinnovo della convenzione, a valere triennalmente, dal 2011 al 2013, senza aumenti di costo unitario della pratica, fino al 2012;
nell'estate del 2011, la direzione generale insieme alla direzione centrale ispettorato, audit e sicurezza ha convocato la consulta dei Centri di assistenza fiscale per segnalare un'indagine conclusa sul triennio precedente, nelle tre regioni, Calabria, Campania e Sicilia, dove si erano rilevate anomalie mediamente del 2-3 per cento, riconducibili solo in parte a presunti illeciti;
nonostante l'audit e la consulta abbiano individuato gli interventi opportuni che sono stati inseriti nella bozza della convenzione, volti a contrastare comportamenti anomali e illeciti, ad oggi il rinnovo non è stato ancora confermato;
la presidenza dell'INPS, dopo l'approvazione di un'ulteriore convenzione per l'affidamento del servizio di raccolta e di trasmissione delle dichiarazioni di responsabilità al fine dell'erogazione di prestazioni assistenziali e la conseguente firma della stessa da parte dei Centri di assistenza fiscale, ad oggi non ha ancora provveduto alla sottoscrizione delle singole convenzioni;
la consulta dei Centri di assistenza fiscale, a inizio 2012, ha sollecitato più volte incontri per chiarire l'impasse in cui le convenzioni si trovano;
nel medesimo stallo versa la convenzione RED, intanto scaduta e non rinnovata -:
se non si ritenga doveroso e urgente convocare la consulta dei Centri di assistenza

fiscale, al fine di valutare il rinnovo delle convenzioni di cui in premessa, onde evitare di recare danno all'INPS e ai cittadini-utenti.
(5-06431)

Interrogazioni a risposta scritta:

FEDI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, GARAVINI, NARDUCCI e PORTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la verifica di esistenza in vita è una necessaria operazione di controllo che gli istituti previdenziali, tra cui l'INPS, debbono portare avanti con assoluta precisione e tempestività;
la verifica dovrebbe avvenire automaticamente attraverso lo scambio di informazioni con gli enti previdenziali e fiscali, nonché gli istituti di credito preposti al pagamento delle pensioni medesime e ogni altra banca dati collegata agli istituti previdenziali o alla quale i medesimi possono accedere;
la verifica dell'esistenza in vita per i residenti all'estero avviene esclusivamente attraverso l'invio cartaceo di una dichiarazione che deve essere compilata, firmata, autenticata e rispedita all'istituto di credito;
l'istituto centrale delle banche popolari italiane ha svolto a novembre 2011, prima della conclusione del contratto per il pagamento delle pensioni INPS all'estero, una verifica di esistenza in vita;
dal 1o febbraio 2012, il servizio del pagamento delle pensioni INPS per beneficiari residenti all'estero è svolto da Citibank NA, con sede legale a New York e con sede secondaria a Milano, via mercanti 12;
in vista dell'avvio del servizio, è stata spedita una comunicazione personalizzata di presentazione ai pensionati contenente una lettera di introduzione, un opuscolo con le domande frequenti, la richiesta di certificazione di esistenza in vita ed il modulo di dichiarazione di intestazione congiunta del conto corrente;
particolare spazio è stato dedicato all'attestazione dell'esistenza in vita, alle modalità da seguire per contattare Citibank ed al servizio di assistenza che sarà assicurato nel periodo precedente l'avvio del servizio;
l'accertamento dell'esistenza in vita, avviato con l'invio del pacchetto introduttivo ai pensionati, è basato sulla richiesta di compilare e restituire a Citibank un'attestazione di esistenza in vita avallata da un «testimone accettabile», e che per «testimone accettabile» si intende un rappresentante di un'ambasciata o consolato italiano o un'autorità locale abilitata ad avallare la sottoscrizione dell'attestazione di esistenza in vita;
in alcune realtà geografiche, a partire dalla mensilità di dicembre 2011, sono stati riscontrati problemi gravissimi ed ingiustificati ritardi nel pagamento delle pensioni INPS, con un numero abnorme di pensioni per le quali la sospensione di fatto delle mensilità arriva fino a tre mesi e coinvolge quindi entrambi gli istituti di credito, ICBPI e Citibank;
tale situazione pone a serio rischio molti connazionali che fanno unico affidamento sul reddito derivante da pensione italiana e segnalazioni in tal senso sono pervenute da pensionati, patronati e Comitati degli italiani all'estero;
il servizio di pagamento delle pensioni è carente sotto il profilo della trasparenza delle informazioni poiché non viene riportato, sui singoli pagamenti, l'importo della mensilità in euro, il corrispettivo in valuta locale o il valore di cambio -:
se non si ritenga opportuno prevedere sempre, nella stipula di convenzioni bilaterali, un'apposita clausola sullo scambio di informazioni limitatamente alla verifica di esistenza in vita;

se non si ritenga comunque opportuno procedere alla stipula di accordi sullo scambio di informazioni e sulla verifica dell'esistenza in vita con i Paesi con i quali sono in vigore convenzioni bilaterali di sicurezza sociale e/o fiscali;
se non si ritenga analogamente indispensabile adottare moderni ed efficienti meccanismi di verifica dell'esistenza in vita che tengano conto delle esigenze degli utenti, prevedendo la possibilità di trasmettere elettronicamente l'esistenza in vita all'istituto previdenziale - attraverso terminale consolare oppure a mezzo posta elettronica certificata - per evitare o ridurre i casi di impropria sospensione della pensione o di pagamento differenziato dal normale accredito bancario;
quali urgenti iniziative si intendano intraprendere per assicurare che l'istituto nazionale della previdenza sociale ottemperi ai pagamenti di pensione e garantisca quindi l'unica fonte di reddito di molti pensionati italiani nel mondo;
quali immediate iniziative si intendano assumere per chiarire in relazione a ciascuna delle aree geografiche, e per ciascun Paese, i soggetti abilitati ed autorizzati alla certificazione dell'esistenza in vita, tenendo anche conto delle chiusure di consolati e della sostanziale assenza dello Stato italiano in alcune realtà;
quali altre immediate iniziative si intendano adottare per garantire che nel passaggio di consegne da un istituto di credito all'altro, e nelle more contrattuali, non si determinino situazioni analoghe a quella odierna, con due verifiche di esistenza in vita a distanza di pochi mesi, un notevole carteggio inviato ai pensionati, una grande confusione sulle responsabilità dei vari enti, con potenziale perdita di dati, lungaggini burocratiche aggiuntive e penalizzazioni a carico dei pensionati;
quali immediate iniziative si intendano adottare per garantire la trasparenza delle informazioni sui pagamenti in relazione al valore del cambio ed agli importi in euro e valuta locale, oltre che alle eventuali commissioni bancarie a carico dei pensionati;
se non si ritenga indispensabile, infine, al fine di evitare situazioni di grave disagio e rischio ai connazionali nel mondo, svolgere direttamente come Istituto previdenziale la verifica di esistenza in vita separando tale iniziativa dall'effettivo pagamento delle pensioni.
(4-15334)

PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
ogni anno circa 1.200 persone muoiono sui luoghi di lavoro e circa 1 milione restano ferite; i dati risultano in incremento nonostante il permanere di una situazione occupazionale drammatica;
un tecnico a Reggio Calabria è rimasto schiacciato dall'impalcatura in allestimento di un palco per il concerto della cantante Laura Pausini dopo che, solo tre mesi fa un altro cedimento del palco che avrebbe dovuto ospitare il concerto di Jovanotti ha ucciso un altro giovane;
l'universo lavoro è talora sconosciuto e si espleta spesso su appalti e subappalti con costi bassi, livelli di responsabilità sfumate, assenza delle norme sulla sicurezza;
una delle cause delle morti sul lavoro è la mancanza incondizionata di trasparenza e di diligente controllo sulle condizioni dei lavoratori;
si debbano utilizzare gli strumenti giuridici e le risorse a disposizione per contrastare un sistema del lavoro che colpisce le persone più fragili, attraverso la logica crudele della riduzione dei costi e dei diritti -:
se, il Ministro interrogato per quanto di competenza, non ritenga urgente intervenire con apposite iniziative e provvedimenti sul mondo del lavoro sommerso e in particolare sui settori critici degli appalti e dei subappalti per riportare al centro

dell'agenda politica le norme sulla sicurezza e sulle condizioni dei lavoratori che vi operano;
se non ritenga opportuno intraprendere tale battaglia di civiltà, prevenendo rischi e situazioni di irregolarità nel mercato del lavoro.
(4-15336)

FORCOLIN. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'attuale difficile situazione economica, congiuntamente alle recenti disposizioni promosse dal Governo, specificatamente l'introduzione dell'IMU anche sulle prime abitazioni e il taglio al fondo sperimentale di riequilibro, costringono oggi giorno comuni italiani a grandi sacrifici per riuscire ad elaborare il bilancio di previsione per l'esercizio 2012;
l'applicazione del regime di tesoreria unica, così come disposto dal decreto legislativo n. 1 del 2012, costringe gli enti locali a versare le proprie risorse presso le casse della tesoreria unica statale imponendo così gli enti locali di rinunciare ai benefici connessi al precedente regime di tesoreria mista, laddove i comuni avranno una minore entrata derivante dalla riduzione degli interessi applicata dalla Banca d'Italia rispetto ai diversi istituti di credito presso i quali gli enti detenevano le proprie risorse;
la sentenza del TAR del Veneto del 3 febbraio 2012, n. 132, ha annullato il regolamento approvato con deliberazione del consiglio comunale di Verona n. 8 del 10 marzo 2005, e modificato con deliberazione del consiglio n. 18 del 22 febbraio 2007, limitatamente alla parte in cui, relativamente ai soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, non tiene conto della situazione economica del solo assistito, come invece previsto dalla norma, di cui all'articolo 3, comma 2-ter, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130;
il regolamento stesso, impugnato dai figli di una signora, dopo che la stessa era stata ricoverata presso una casa di riposo (IPAB) data la sua comprovata invalidità e il bisogno di assistenza continuativa e dopo che, contestualmente al ricovero, i figli stessi hanno sottoscritto un impegno al pagamento delle rette per la differenza tra la pensione di reversibilità del marito di cui è titolare la signora e la retta mensile stessa, stabilisce come al pagamento delle rette è tenuta la persona inserita nella struttura con tutto il proprio patrimonio, ed eventualmente, in caso di insufficienza delle risorse personali disponibili, i parenti tenuti agli alimenti ai sensi dell'articolo 433 del codice civile e che solo laddove si ravvisino condizioni di impossibilità a provvedere da parte del contesto familiare, può ammettersi l'intervento suppletivo del comune;
l'articolo 2 della Costituzione esprime il principio della solidarietà sociale che prevede il dovere inderogabile di solidarietà ed i diritti inviolabili di ogni singolo individuo considerandoli lati inscindibili del carattere di reciprocità insito in ogni legame solidaristico, allorché quest'ultimo implica «il concorso di tutti per assicurare i diritti di ciascuno», in base al quale viene previsto come ogni cittadino debba concorrere ad assicurare i diritti di ciascuno, compatibilmente alle proprie possibilità, anche economiche, e a maggior ragione qualora si tratti di familiari;
con la sentenza del tribunale verrebbe di fatto rivisto il principio costituzionale di solidarietà, obbligando i comuni a sostenere le spese delle rette di degenza di un paziente curato presso una struttura IPAB indipendentemente dalla propria capacità contributiva e costringendo gli stessi, in fattispecie simili a quelle descritte nelle premesse, a dover intervenire con proprie risorse aggiuntive al pagamento delle rette di persone assistite presso IPAB, generando pertanto un ulteriore

costo a carico degli enti locali e costringendo gli enti stessi a sopportare un grave peso economico, a danno dello svolgimento di altri servizi essenziali svolti nell'interesse della collettività -:
se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per contribuire a risolvere le criticità lamentate dagli enti locali in materia di politiche sociali che si sono acuite a causa dei sacrifici economici imposti dalla recenti manovre, anche alla luce delle conseguenze che possono scaturire da sentenze come quella del TAR del Veneto di cui in premessa.
(4-15347)

SCHIRRU, PES, MELIS, CALVISI, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, MARROCU e FADDA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la società Shardna è nata nel 2001 con l'obiettivo di intraprendere in Sardegna un'attività di ricerca mirata all'individuazione dell'eziopatogenesi di molte delle patologie genetiche multifattoriali più comuni;
grazie al lavoro di un team multidisciplinare altamente qualificato può vantare una ultradecennale attività condotta in Sardegna nel campo della genetica molecolare ed è titolare, ad oggi, di un patrimonio inestimabile di 15 mila campioni biologici (DNA, perfettamente conservati) raccolti grazie alla grande disponibilità, fiducia e sensibilità dimostrate nel corso degli anni dalle popolazioni della Sardegna, cui tale prezioso bene «immateriale» di fatto appartiene;
a questi campioni biologici si aggiungono decine di migliaia di dati genetici, clinici, epidemiologici e genealogici delle comunità che hanno aderito volontariamente ed entusiasticamente al progetto di ricerca. Tali dati, custoditi con cura in un unico database, sono fondamentali per lo studio dei meccanismi molecolari alla base della vita e, di conseguenza, per l'individuazione delle cause genetiche delle patologie multifattoriali sia comuni che rare, individuabili nella nostra regione;
il 6 marzo 2012 è stata consegnata dal liquidatore della società ai dieci dipendenti di Shardna la lettera di licenziamento senza preavviso, coincisa peraltro con l'ingiunzione di sfratto ricevuto dalla società stessa da Sardegna Ricerche (che ospitava Shardna in un edificio del parco scientifico e tecnologico di Pula) a causa del mancato pagamento relativo all'affitto e a spese logistiche di molti mesi, così come da oltre cinque mesi Shardna non pagava gli stipendi;
non avendo diritto ad alcuna forma di ammortizzatore sociale, per i professionisti di Shardna (tre amministrativi, i tre informatici, i tre biologi molecolari e il genealogista) - che per oltre undici anni hanno lavorato alla creazione di un «modello di ricerca» innovativo oggetto di imitazione in diverse parti del mondo - si aprirebbe ora l'unica prospettiva di accodarsi alla lunga fila di disoccupati del territorio sardo;
si rischia di disperdere dunque, oltre il patrimonio di dati e archivi perfettamente conservati e disponibili alla consultazione scientifica, anche la professionalità e il know-how degli specialisti ai quali va riconosciuto il merito di un lavoro che ha prodotto ricerca proficua, e un «modello di studio» utile non solo per la medicina di base ma anche a livello mondiale per tutti coloro che facciano ricerca innovativa, la stessa che procede sul percorso attuale della medicina personalizzata;
per la regione Sardegna dovrebbe esserci infine tutto l'interesse e l'orgoglio per continuare ad avvalersi della professionalità della società Shardna - che tanto prestigio internazionale ha apportato grazie al lavoro svolto - valorizzando e sviluppando ulteriormente il progetto che, tra gli altri, ha portato a ricostruire la mappa genetica e l'albero genealogico di

ogni cittadino a partire dal XVI secolo, delle popolazioni dell'Ogliastra -:
se il Governo sia a conoscenza della vicenda di cui in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, in accordo con la regione Sardegna, per risolvere la questione occupazionale della società Shardna, verificando la possibilità di acquisizione della stessa da parte di Sardegna Ricerche, anche al fine di evitare che il patrimonio inestimabile descritto vada perso e di garantire che il progetto di ricerca veda una altrettanto proficua e preziosa continuazione, a sicuro vantaggio della prevenzione e della salute pubblica.
(4-15348)

PISICCHIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il comparto delle professioni, costituito da oltre 2 milioni di professionisti e 1,5 milioni di lavoratori e collaboratori, rappresenta un rilevante sbocco occupazionale di tutta evidenza non solo per il personale dipendente, ma anche per i giovani neolaureati che, tra mille difficoltà, vedono ancora nella carriera professionale un'alternativa al posto fisso. La rilevante presenza di giovani (70,20 per cento di età inferiore ai 44 anni) e, in particolare, di donne (oltre nella forza lavoro degli studi professionali), di per sé, dovrebbe essere motivo di particolare attenzione da parte del Governo, che dovrebbe creare le condizioni per un impiego stabile e duraturo, soprattutto per i più giovani;
gli ultimi provvedimenti normativi del Governo, riferiti anche alle libere professioni, scontano l'assenza di un preventivo confronto con le associazioni e confederazioni di rappresentanza delle categorie, fino a delineare in alcune disposizioni una sorta di indifferenza nei confronti dei liberi professionisti e dell'intero mondo professionale;
sul tema del lavoro, le parti sociali maggiormente rappresentative del comparto professionale rappresentate dalla Confprofessioni, firmataria dell'unico CCNL studi professionali (sottoscritto il 29 novembre 2011), non sono state convocate da parte del Governo, al tavolo sul lavoro a giudizio dell'interrogante in modo del tutto arbitrario ed ingiustificato;
il riordino degli ammortizzatori sociali e della cassa integrazione, le misure per il rilancio dell'occupazione (a cominciare dall'apprendistato) sono materie che investono a pieno titolo anche l'organizzazione e la gestione degli studi professionali -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno convocare per il seguito dei lavori del tavolo tecnico sul lavoro anche le parti sociali rappresentative del comparto produttivo delle libere professioni e se non ritengano altresì opportuno costruire un confronto e un dialogo strutturato con le suddette parti sociali, al fine di acquisire il contributo tecnico e di rappresentanza delle libere professioni per garantire la partecipazione ai processi di sburocratizzazione, ammodernamento e sviluppo del nostro Paese.
(4-15349)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CALLEGARI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
al fine di ottimizzare l'efficacia degli interventi strutturali comunitari in termini di conseguimento degli obiettivi e di efficienza nella allocazione della spesa, la Commissione europea ha recentemente presentato una proposta di riforma degli strumenti della politica di coesione e di sviluppo rurale, ricomprendendo, in un

quadro strategico comune (QSC) tutti i relativi fondi tra cui il Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR);
la riforma è volta a definire una strategia di promozione del territorio unionale e di riduzione delle disparità regionali attraverso una governance multilivello che coinvolga, nella predisposizione dei documenti strategici, le autorità territoriali e gli attori economico-sociali interessati, e una programmazione maggiormente orientata al risultato e alla valutazione, anche al fine di migliorare la qualità della spesa e di assicurare maggior corrispondenza tra obiettivi e risultati;
la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2011) 627 recante sostegno allo sviluppo rurale rinvia pertanto alle disposizioni comuni a tutti fondi del quadro strategico comune, di cui alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2011) 615, per quanto riguarda il sistema di condizionalità al quale è legata l'erogazione dei contributi a valere sul Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale;
sebbene sia indispensabile, per la corretta attuazione delle politiche di coesione, definire condizionalità ex ante, al fine di garantire che in ciascuno Stato membro sussistano le condizioni quadro necessarie all'uso efficace del sostegno dell'Unione, e condizionalità ex post volte ad esaminare l'efficacia e l'efficienza dei fondi e il loro impatto rispetto agli obiettivi generali, il sistema delle prescrizioni definito dalla proposta di regolamento sui fondi del quadro strategico comune appare estremamente rigido e privo di un meccanismo premiante per le realtà più virtuose;
in particolare, la condizionalità macroeconomica sfavorisce oltremodo le regioni nella misura in cui le penalizza per una responsabilità imputabile esclusivamente al Governo centrale che non abbia rispettato le regole in materia di deficit, mentre la riserva di efficienza ed efficacia, obbligando gli Stati membri ad accantonare il 5 per cento della dotazione del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale in una riserva da ripartire una volta conseguiti determinati obiettivi, potrebbe indurre le regioni a definire traguardi piuttosto mediocri e quindi facilmente raggiungibili, così da poter certamente beneficiare del finanziamento supplementare;
la riserva di rendimento potrebbe meglio configurarsi come accantonamento delle risorse derivanti dal disimpegno automatico da ripartire, secondo una logica premiante, tra quelle regioni virtuose che meglio hanno eseguito i programmi di sviluppo rurale in rapporto agli obiettivi della strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
con riferimento alla governance multilivello, la proposta di regolamento assimila le regioni, che sono cogestori e cofinanziatori del Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale, agli attori economico-sociali e assegna di fatto alle stesse, nella predisposizione dei documenti strategici, un ruolo non adeguato a garantire loro la titolarità degli interventi programmati -:
di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritenga opportuno intervenire con urgenza nelle competenti sedi comunitarie al fine di rivedere il sistema delle condizionalità previste per i fondi del quadro strategico comune, in particolare la condizionalità macroeconomica che, legando l'attuazione della politica di coesione al rispetto del patto di stabilità e crescita, di fatto penalizza in modo generalizzato tutte le realtà di governo intermedie, anche quelle che conseguono i migliori risultati in termini di efficiente distribuzione della spesa tra aziende e territori.
(5-06424)

TRAPPOLINO, OLIVERIO, ZUCCHI, BRANDOLINI, SERVODIO, CENNI, MARCO CARRA, AGOSTINI e GOZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
l'approvvigionamento di materie prime, l'agricoltura sostenibile e l'invecchiamento

sano e attivo sono tre delle principali sfide affrontate negli ultimi anni dall'Unione europea. Tali obiettivi sono riconducibili sia all'ottica di salvaguardia della qualità della vita sia alla promozione della crescita e dell'occupazione;
con queste finalità la Commissione europea ha annunciato nei giorni scorsi due partenariati europei per l'innovazione (Pei): uno sulle materie prime e uno sulla sostenibilità e la produttività dell'agricoltura. Congiuntamente è stato approvato un piano d'azione quadriennale per il partenariato europeo per l'innovazione sull'invecchiamento attivo e in buona salute (il progetto pilota risale al mese di febbraio 2011);
i partenariati europei per l'innovazione rappresentano progetti strategici che affrontano l'intera filiera ricerca-sviluppo-innovazione, riunendo partner pubblici e privati transfrontalieri e fra più settori. L'orizzonte temporale per gli obiettivi preposti è il 2020 (relativo al progetto Europa 2020), e anche se sono attesi risultati concreti fin dai prossimi anni;
nello specifico il partenariato europeo per l'innovazione per l'agricoltura si occuperà delle crescenti difficoltà rappresentate dalla sicurezza alimentare in Europa. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), si prevede che la domanda globale di cibo raggiungerà il 70 per cento entro il 2050 e che ci sarà un sensibile aumento nella domanda di mangimi, fibra, biomassa e biomateriali. Sfortunatamente questa domanda arriverà in concomitanza con un rallentamento della produzione, dovuto ai tagli nel campo della ricerca agraria e agli effetti che le nostre attività hanno avuto sull'ambiente e sulle risorse naturali;
l'innovazione rappresenta quindi un volano ed una pratica fondamentale per declinare lo sviluppo dell'agricoltura in una prospettiva che accomuni qualità, quantità e sostenibilità della produzione. Per raggiungere tali risultati occorre quindi promuovere l'utilizzo di nuove tecnologie direttamente nei metodi di produzione agricola, in una ottica complessiva di avvicinamento ed interazione proficua fra mondo scientifico, ricercatori ed imprenditori. Il partenariato, promosso dalla Commissione europea, si pone l'obiettivo di fornire un'interfaccia di lavoro tra agricoltura, bioeconomia, scienze e altre discipline a livello comunitario, nazionale e regionale -:
quali siano nel dettaglio le azioni e gli strumenti amministrativi, politici e finanziari concreti previsti dal partenariato europeo per l'innovazione per ciò che concerne l'agricoltura e con quale tempistica verranno attivati;
se non si ritenga opportuno, nell'ottica di una maggiore e sinergica collaborazione fra le politiche comunitarie e nazionali, prevedere una puntuale e continua informazione circa gli obiettivi, le azioni, i progetti ed i risultati del partenariato europeo per l'innovazione, nei confronti dei competenti organi parlamentari, definendo al tempo stesso strumenti di comunicazione e discussione e scadenza temporale.
(5-06426)

Interrogazione a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le numerose rimostranze da parte degli operatori del settore agricolo e delle associazioni di categoria, confermano come, l'introduzione dell'imposta municipale unica (IMU) prevista dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», cosiddetto decreto salva-Italia, stia diffondendo timori e preoccupazioni per l'applicazione particolarmente onerosa di tale tributo, la cui applicazione che prevede la rideterminazione delle aliquote contributive per i coltivatori

diretti, mezzadri e coloni determinerà conseguenze estremamente negative sulla competitività della filiera agricola;
anche il Ministro interrogato, confermando in diverse occasioni, anche attraverso gli organi di stampa, che la tassazione dell'imposta municipale unica per le imprese agricole avrà un impatto pesantissimo, con rischi di cessazione di attività agricola per numerose imprese, si è impegnato a rivedere nel breve termine, l'intera fiscalità per il settore interessato, già afflitto da una crisi economica e finanziaria di livello internazionale;
le trattative attualmente in corso, sulla riforma del mercato lavoro, non sembrano coinvolgere anche il comparto agricolo, che oltre ad essere penalizzato dall'eccessiva tassazione, evidenzia ulteriori criticità quali: l'elevato costo delle retribuzioni anche contributive che gravano sul lavoro, oltre che l'inarrestabile aumento della falsificazione dei prodotti agroalimentari del made in Italy;
l'ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati che impegna il Governo: rivedere l'IMU per il settore agricolo, prevedendo una tassazione diversa per i fabbricati rurali che costituiscono strumenti di lavoro per gli agricoltori, sebbene rappresenti un'azione positiva, non costituisce tuttavia un vincolo giuridico, che possa determinare in effetti, una modifica della norma introdotta dal decreto-legge cosiddetto salva-Italia -:
quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
se non convengano che l'introduzione dell'imposta municipale unica nei riguardi delle imprese agricole e in particolare quelle di piccola e media dimensione, possa aggravare ulteriormente la situazione economica dell'intero comparto, con l'evidente rischio di cessazione di attività per numerose imprese del settore a perdita di posti di lavoro per migliaia di addetti e operatori agricoli e quali iniziative intendano assumere in proposito;
se non convengano altresì che occorre nel più breve tempo, rivedere la disposizione esposta in premessa relativamente all'introduzione dell'imposta municipale unica per le imprese agricole il cui impatto negativo, secondo la Coldiretti, potrebbe essere quantificato in 1 miliardo e mezzo di euro;
se non convengano che occorre includere anche le associazioni di categoria agricola, all'interno delle trattative attualmente in corso, al fine di addivenire ad una profonda riforma del mercato del lavoro che riguardi i meccanismi contributivi, retributivi e fiscali.
(4-15331)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

STRACQUADANIO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
la banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture dall'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, introdotto dall'articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, ha il compito di favorire la riduzione dei costi di partecipazione alle gare, monitorare la spesa pubblica del settore e prevenire fenomeni di corruzione, acquisendo i dati del preesistente Osservatorio dei contratti pubblici di lavori servizi forniture, di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. L'articolo 20 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, in corso di conversione, introduce nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l'articolo 6-bis, che aggiunge l'ulteriore compito, per la banca dati nazionale dei contratti pubblici,

di acquisire tutta la documentazione comprovante i requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle gare di appalto, prescrivendo altresì che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori, dal 1° gennaio 2013, debbano verificarne il possesso esclusivamente tramite tale banca dati;
peraltro, la spesa affrontata dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, per gestire la banca dati ed i servizi connessi, ha avuto, nel periodo di riferimento 2007-2011, un andamento del tutto anomalo, che non appare in sintonia con l'evolversi dei compiti che il legislatore le ha affidato nel periodo medesimo;
dai dati evidenziati nei suoi bilanci emerge infatti che la spesa di natura informatica dell'Autorità (gestione, manutenzione ed assistenza di servizi telematici, acquisto di materiale informatico e sviluppo applicazioni), rispetto a quella dell'anno 2007 (pari a 1.385.000 euro), è aumentata nel 2008 del 330 per cento (a 4.300.000 euro), nel 2009 del 600 per cento (a 6.514.000 euro) e nel 2011 del 750 per cento (a 9.855.000 euro);
la congruità di tale spesa non risulta tuttavia evidenziata in alcun atto reso pubblico dall'Autorità;
la disciplina vigente nei periodi considerati avrebbe, viceversa, imposto i pareri obbligatori prima del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), secondo l'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, che gli affidava il «parere obbligatorio sugli schemi dei contratti concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per quanto concerne la congruità tecnico-economica», e poi di DigitPA, che secondo l'articolo 3, comma 3, del vigente decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, «esprime pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli schemi di contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni centrali concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per quanto concerne la congruità tecnico-economica, qualora il valore lordo di detti contratti sia superiore a euro 1.000.000,00 nel caso di procedura negoziata e a euro 2.000.000,00 nel caso di procedura ristretta o di procedura aperta»;
è evidente, a parere dell'interrogante, che tale fase dei pareri tecnici obbligatori non dovrebbe essere elusa da alcuna pubblica amministrazione, anche se Autorità indipendente, che deve ritenersi viceversa, a tale fine ed entro tali limiti, pienamente equiparata a qualsiasi altra amministrazione centrale dello Stato;
ed è appena il caso di rilevare che il parere tecnico obbligatorio allora di CNIPA ed, oggi, di DigitPA, non appare in alcun modo idoneo a ledere le prerogative di indipendenza dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, essendo rivolto appunto non al merito delle scelte discrezionali e negoziali effettuate da quest'ultima, bensì soltanto alla relativa «congruità tecnico-economica»;
si tratta, in definitiva, di un indispensabile ed utile apporto, da ritenersi obbligatorio per legge, per assicurare uniformità e trasparenza nelle scelte tecnico-economiche di soggetti pubblici, nel delicato settore dei contratti ad oggetto informatico, la cui congruità è più che altrove oggetto di dubbi e perplessità;
ad avvalorare i rilievi sopra esposti, sono recentemente pervenute agli organi di amministrazione dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, circostanziate istanze, da parte di tutte le organizzazioni sindacali dei suoi dipendenti, intese ad acquisire dettagliate notizie circa i contratti per «informatica» conclusi dall'Autorità ed in essere fino a quel momento;
la risposta pervenuta ai sindacati non ha tuttavia consentito loro di conoscere quale sia l'importo complessivo di tali contratti e quali possano essere i risultati conseguiti in termini di miglioramento di

architettura di sistema e di gestione delle banche dati detenute dall'Autorità medesima -:
quali iniziative, anche normative, fatta salva l'autonomia dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, intenda adottare il Governo, anche in considerazione del fatto che la crisi economica, e la conseguente maggiore pressione fiscale, inducono a ritenere preminenti le soluzioni che vedono rafforzate le misure di verifica e controllo della spesa pubblica, soprattutto nei settori che sinora, per qualsiasi ragione, non importa se legittima o meno, ne sono rimasti esclusi.
(4-15346)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MATTESINI, LIVIA TURCO, MIOTTO, CENNI, ALBINI, GATTI, MURER, MOTTA, LENZI, SCHIRRU, RAMPI, CODURELLI, CONCIA, POLLASTRINI, BELLANOVA, SERENI, DE BIASI, AMICI e ZAMPA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dalla ultima relazione in data 4 agosto 2011, del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) si evince che l'incidenza del fenomeno della interruzione volontaria di gravidanza, dalla introduzione della legge n. 194 ad oggi, è in progressiva e costante diminuzione;
nel 2010 è stato rilevato un decremento del 2,1 per cento rispetto al 2009, ed un decremento del 50,5 per cento rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza;
dal 1983 i tassi di abortività sono diminuiti in tutti i gruppi di età, più marcatamente in quelli centrali;
nel corso degli anni è cresciuto il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza da parte delle donne con cittadinanza estera, raggiungendo nel 2009 il 33,4 per cento del totale delle interruzioni volontarie di gravidanza, e tale fenomeno, dovuto anche al costante incremento della loro presenza nel Paese, rappresenta una criticità importante, anche se vanno sottolineati comportamenti differenti per nazionalità e cultura di provenienza, anche a causa di diversi approcci ed accessi alla procreazione responsabile ed all'interruzione volontaria di gravidanza nei Paesi di origine. Su tale questione nel 2010 il Ministero della salute ha promosso e finanziato un progetto sulla prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza tra le donne straniere; tale progetto coordinato dalla regione Toscana, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e l'università La Sapienza di Roma, a cui hanno aderito 12 regioni, aveva come finalità la formazione degli operatori socio-sanitari finalizzata ad approcci interculturali per la tutela della salute sessuale e riproduttiva, nonché l'organizzazione dei servizi per favorire l'accesso ed il coinvolgimento nella prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza e la promozione di una diffusa e capillare informazione per la popolazione immigrata anche attraverso il coinvolgimento delle comunità di donne immigrate;
il ricorso dall'interruzione volontaria di gravidanza da parte delle minorenni è in lieve aumento, passando dal 2,7 per cento sul totale dell'interruzione volontaria di gravidanza del 2009, al 3,2 per cento del 2009;
in relazione ai tempi di attesa per il rilascio della certificazione (indicatore di efficienza dei servizi) la percentuale di interruzione volontaria di gravidanza effettuate entro i 14 giorni dal rilascio del documento è lievemente aumentata rispetto a quella riscontrata nel 2008 (59,3 per cento nel 2009, rispetto al 58,9 per cento); è invece lievemente diminuita la percentuale di interruzione volontaria di gravidanza effettuate oltre 3 settimane

(15,8 per cento nel 2009, rispetto al 16,4 per cento nel 2008), persistendo comunque una non trascurabile variabilità tra regioni;
il ricorso al consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (39,4 per cento), anche se in aumento, gran parte per il maggior ricorso ad esso da parte delle cittadine straniere (52,7 per cento rispetto al 32,7 per cento delle italiane);
i consultori familiari pubblici, come notificato dalle regioni, sono in diminuzione, risultando 0,7 consultori ogni 20.000 abitanti, come nel 2006, 2007 e 2008, valore inferiore a quanto previsto dalla legge 34 del 1996;
nel corso degli ultimi anni è enormemente aumentata l'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti. A livello nazionale si è passati, per i ginecologi, dal 58,7 per cento del 2005, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 ed al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009;
come denunciato da LAIGA (Libera associazione italiana ginecologici per l'applicazione della legge n. 194) il rischio è che nei prossimi 5 anni, stante l'alta percentuale di obiettori e, considerati i pensionamenti dei medici obiettori, in tutta Italia rimangano poco più di 150 non obiettori;
già oggi in interi territori l'interruzione volontaria di gravidanza non è un servizio garantito, costringendo le donne ad emigrare altrove;
i pochi medici ginecologi non obiettori oggi vivono una specie di segregazione professionale, in quanto costretti a fare solo aborti, con turni massacranti, non potendo di fatto occuparsi di parti o di altri interventi, e penalizzati nella carriera, con la conseguenza che aumentano le obiezioni, svuotando di fatto i servizi e favorendo l'emigrazione delle donne che rischiano di nuovo di approdare a cliniche clandestine;
nel 2008 è stata effettuata una stima aggiornata degli aborti clandestini, dalla quale si evince che nel 2005 gli aborti clandestini erano circa 15.000, rispetto ai 100.000 del 1983, ma la preoccupazione è che siano di nuovo in aumento, soprattutto in quelle zone di Italia dove l'obiezione di coscienza rende difficile anche l'attivazione del percorso di certificazione e di interruzione volontaria di gravidanza;
sembra risultare, come denunciato da LAIGA, che nelle scuole di specializzazione non si insegna più come fare una interruzione di gravidanza, quasi non se ne dovesse parlare, così che i ginecologi imparano l'uno dall'altro, in modo empirico, creando di conseguenza seri pericoli per le donne -:
quale sia l'intendimento del Governo, per quanto di competenza, in merito alla necessità di potenziare la rete dei consultori pubblici, che sono in primo luogo lo strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole, nonché servizio essenziale per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
quali siano i risultati del progetto sulla prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza tra le donne straniere attivato nel 2010 e se siano stati individuati specifici percorsi;
se il Governo intenda assumere iniziative affinché nelle scuole di specializzazione sia implementata la formazione proprio sul tema dell'interruzione volontaria di gravidanza;
cosa intenda fare per garantire contemporaneamente il diritto dell'obiezione di coscienza ed il diritto delle donne all'interruzione volontaria di gravidanza, nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge n. 194.
(5-06423)

MANCUSO, CICCIOLI, GIRLANDA, DE LUCA, GIRO e CARFAGNA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il fabbisogno di sangue si stima in 40 unità per mille abitanti;
secondo un recente studio che il Censis ha realizzato per la FIDAS, nei prossimi anni il fabbisogno di sangue aumenterà oltre i limiti dell'autosufficienza;
secondo lo studio, entro il 2020 la riduzione dei giovani donatori è stimabile nel 4,5 per cento con -2,9 per cento complessivo di donatori e unità di sangue raccolte;
nel 2010, in Italia, i dati relativi alle donazioni erano in linea con le medie europee dei Paesi di pari livello socio economico: 3,1 milioni di donazioni, un indice di oltre 51 donazioni ogni mille abitanti;
l'84 per cento delle donazioni provengono da donatori anonimi, volontari e non remunerati;
l'aumento dell'età media della popolazione sarà una delle cause della crisi ematica: il grosso dei donatori, infatti, è rappresentato da persone comprese nella fascia d'età tra i 30 e i 55 anni;
nel 2009 le persone in questa fascia erano oltre 23 milioni, il 48,8 per cento della popolazione;
nel 2020 esse saranno quasi un milione in meno, passando al 43,8 per cento;
nel 2030 scenderanno sotto i 20 milioni (37,7 per cento);
anche la crisi economica attuale e il crescere dell'incertezza nella società possono minare i fondamenti della donazione di sangue, in quanto l'attitudine alla donazione è più bassa in quelle fasce di popolazione che si percepiscono più deboli;
la distribuzione dei donatori è di molto sbilanciata verso il Nord del Paese: i donatori per mille abitanti sono 33,8 al Nord est, 27,7 al Nord ovest, 30,0 al Centro, 25,0 al Sud e 26,0 nelle Isole -:
quali iniziative intenda mettere in atto il Governo per scongiurare la crisi di fabbisogno ematico prevista per i prossimi anni nel nostro Paese;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per incentivare la donazione di sangue presso la popolazione italiana;
se il Governo intenda assumere iniziative al fine di stanziare dei fondi per la promozione di una massiccia campagna massmediatica di promozione delle donazioni di sangue.
(5-06427)

MARCO CARRA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'assessore regionale lombardo alla sanità Luciano Bresciani, durante una visita istituzionale nel territorio mantovano, ha sostenuto che il progetto del costruendo reparto di neurochirurgia presso l'azienda ospedaliera «C. Poma» di Mantova è bloccato presso il Ministero della salute;
in particolare, l'assessore regionale scarica tale presunta responsabilità sull'attuale Esecutivo -:
se, le affermazioni di tale assessore regionale siano fondate o meno e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti si intendano assumere per velocizzare l'iter della pratica descritta in premessa.
(5-06429)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si apprende da alcuni articoli apparsi sulla stampa nazionale ed europea, la ballerina solista del teatro alla Scala di Milano, Mariafrancesca Garritano, ha pubblicamente denunciato,

prima in un libro biografico e successivamente attraverso interviste giornalistiche, il fatto che, nelle scuole e nei corpi di ballo dove ha avuto modo di esibirsi nel corso della sua attività professionale, esistono forme estese ed evidenti di anoressia e bulimia;
a seguito di questa presa di posizione, in data 19 gennaio 2012, il sovrintendente del teatro alla Scala ha adottato un provvedimento di licenziamento con la motivazione che la risoluzione del rapporto di lavoro sarebbe stata causata da tutta una serie dichiarazioni rese a mezzo stampa che avrebbero leso l'immagine del teatro e della sua scuola di ballo nonché violato quel rapporto di fiducia che deve esistere tra datore di lavoro e dipendente;
l'esperienza professionale ed umana della signora Garritano è condensata in un libro in cui ha raccontato la propria esperienza, le proprie sofferenze dovute ai disturbi del comportamento alimentare, fenomeno che causa l'anoressia trascinandosi in età adulta e che colpisce molte allieve delle Scuole di ballo e ballerine che lavorano nel Corpi di ballo e quindi facendo emergere, con tutta la forza e la drammaticità del casi denunciati, resistenza di un problema che era stato tenuto fino ad allora nascosto;
questa denuncia è stata successivamente ribadita anche in una intervista rilasciata al settimanale inglese The Observer, e ripresa dai più importanti quotidiani italiani, in cui ha confermato, in base alla sua esperienza professionale, i dati di una statistica su scala mondiale pubblicata dalla testata britannica secondo cui «una ballerina su cinque è anoressica». Una testimonianza basata sul fatto che la stessa ballerina ha «sofferto di anoressia» e come tante altre colleghe «sofferto di amenorrea e di depressione», tanto da ricorrere a consulenze mediche per curare queste gravi patologie. Disturbi che interessano anche il mondo della moda;
le reazioni del mondo artistico nazionale, di fronte a questa forte presa di posizione, sono state molte e molte di queste naturalmente negative, nel senso che si è preferito criticare la denunciante adducendo la solita motivazione del desiderio di farsi pubblicità piuttosto che porsi seriamente e realmente il problema di come individuare le giuste contromisure ad una questione che non deve essere affatto sottovalutata;
in due distinte puntate andate in onda su «Le iene Show», giorno 9 febbraio e 1o marzo 2012, il giornalista Calabresi ha raccolto diverse testimonianze di ballerine e di genitori di alcune allieve che confermano le denunce della signora Garritano;
le affermazioni della signora Garritano sono state raccolte dal sindaco di Milano che ha promesso di porre il problema del licenziamento dell'artista in una delle riunioni del consiglio di amministrazione del teatro alla Scala, evidenziando al tempo stesso che il tema dell'anoressia deve necessariamente riguardare anche questa prestigiosa istituzione culturale cittadina e nazionale così come quello, altrettanto importante, della giusta informazione che dovrebbe essere data ai corpi di ballo sui rischi che si corrono se si segue un regime alimentare poco appropriato;
le iniziative di solidarietà per la ballerina licenziata si stanno moltiplicando in molte parti di Italia e sono promosse anche da istituzioni locali ed associazioni culturali e ciò a significare l'attenzione che viene risposta nei confronti di un problema che dovrebbe essere affrontato con maggiore chiarezza e trasparenza -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere per far si che nei corpi di ballo dei teatri italiani si seguano regole deontologiche ed etiche che privilegino e salvaguardino la salute della persona;
quali iniziative si intendano assumere a tutela dell'artista Mariafrancesca Garritano anche al fine di manifestare solidarietà ad una donna che ha raccontato le sue sofferenze sull'anoressia, e per questo

licenziata, mettendo in guardia quante frequentano le accademie di danza e i corpi di ballo dai rischi dei disturbi alimentari.
(4-15344)

MUSSOLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dall'associazione ONA-ARMI e riportato dalla stampa, si sarebbe, verificato un caso di malasanità che avrebbe coinvolto centinaia di cittadini operati dal professor Sergio Acampora, nella clinica «Villa Erbosa» di Bologna e nella clinica «Villa Azzura» di Terracina, per fissazione elastica di protesi interspinose alla colonna vertebrale. Tali protesi sono realizzate dal laboratorio «NITILLIUM» a Napoli, di proprietà della figlia del professor Acampora;
le protesi si sarebbero rivelate difettose e i malati sottoposti all'impianto accuserebbero danni irreversibili, alla colonna vertebrale;
la procura di Bologna ha disposto un'indagine dei N.A.S., secondo i quali le protesi sono dannose alla salute e provocano altre patologie ai pazienti operati (dolori continui alla schiena, alle gambe e forte irritabilità dovuta allo stato in cui si trovano);
in seguito alla richiesta fatta da alcuni cittadini della provincia di Latina, sottoposti a tale operazione, di essere operati per effettuare la rimozione delle protesi a carico del servizio sanitario nazionale, nessuno degli ospedali della ASL della Provincia di Latina ha acconsentito ad intervenire chirurgicamente, essendo stati interpellati i primari di ortopedia di Latina, Formia e Terracina;
a dicembre 2011, otto cittadini di Sezze (Latina), hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Latina con il quale chiedono di valutare la possibilità di sottoporre a procedimento penale i vertici dell'ASL provinciale che, dal 2004 al 2010, avrebbe continuato a pagare le prestazioni convenzionate per gli interventi di «fissazione elastica» della colonna vertebrale, ritenuti dai periti della procura di Bologna inidonei ai casi trattati;
se ciò fosse confermato si configurerebbe il reato di truffa ai danni dello Stato, che finanzia gli interventi chirurgici del professor Acampora e delle cliniche coinvolte e che ricadrebbe direttamente sulla testa dei cittadini operati -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati, quali iniziative di competenza intenda intraprendere per permettere ai cittadini coinvolti di avere le cure necessarie e garantire che le vittime possano vedersi espiantare le suddette protesi e riconoscere un adeguato indennizzo per il danno subito;
se il Ministro intenda fare luce su quali siano stati i controlli dal punto di vista della sicurezza effettuati sulla qualità delle protesi difettose e sull'opportunità di un loro impianto nei casi indicati come inidonei all'intervento in questione.
(4-15350)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
era previsto per la giornata del 15 marzo 2012 un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per l'accordo di programma riguardante il mobile imbottito che interessa Basilicata e Puglia;
si tratta di un settore strategico per sistema delle imprese e occupati e che sta attraversando da anni una lunga crisi;
il Ministero ha comunicato che l'incontro non si sarebbe più svolto «in previsione del riordino degli strumenti e delle risorse destinati al sistema degli incentivi»;

si tratta di un rinvio che crea non pochi problemi al settore in quanto l'accordo di programma diviene necessario per avviare un nuovo percorso di rilancio ma soprattutto per tutelare il mondo del lavoro del settore a partire dalla erogazione degli ammortizzatori sociali;
di fronte a queste criticità si ritiene grave il rinvio ministeriale -:
se e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere con la massima urgenza per riconvocare in tempi strettissimi l'incontro ministeriale per l'accordo di programma per il settore del mobile imbottito.
(5-06420)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Pezzotta e altri n. 1-00408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giulietti.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Boccia e altri n. 2-01407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Andrea Orlando.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05094, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05151, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05152, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05165, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05203, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05207, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05208, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-05209, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Montagnoli.

L'interrogazione a risposta scritta Antonino Russo n. 4-14891, pubblicata nel

l'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Siragusa.

L'interrogazione a risposta in Commissione Murgia n. 5-06215, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.

L'interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi e altri n. 5-06311, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gatti.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta scritta Garavini n. 4-14042 del 29 novembre 2011.