Allegato B
Seduta n. 594 del 28/2/2012
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SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti i Paesi, ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
il Governo attuale, attraverso l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede la liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turn-over del personale;
alcune regioni italiane, come il Veneto, hanno impugnato il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011 e quasi contemporaneamente
alla emanazione del decreto-legge 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che, all'articolo 3, comma 4, stabilisce come «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;
numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti, che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, ha raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero a quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, esercizi che rappresentano invece una ricchezza, avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro interpellato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione in materia di liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi così come oggi prevista dalla legislazione statale.
(2-01379)
«Bitonci, Torazzi, Fava, D'Amico, Polledri, Simonetti, Vanalli, Meroni, Pastore, Volpi, Bragantini, Nicola Molteni, Isidori, Paolini, Lussana, Follegot, Gidoni, Chiappori, Molgora, Fugatti, Forcolin, Comaroli, Montagnoli, Dussin, Alessandri, Rivolta, Togni, Desiderati, Crosio, Di Vizia».
Interrogazione a risposta orale:
COMPAGNON. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto nel nostro ordinamento alcune disposizioni finalizzate alla promozione di un assetto maggiormente concorrenziale dell'attività di produzione di pane, assicurando una più ampia accessibilità dei consumatori ai relativi prodotti;
di fatto, con l'abrogazione del sistema autorizzatorio previgente che disciplinava l'apertura di nuovi forni mediante rilascio di licenze contingentate, i panificatori sono stati in assoluto la prima categoria ad essere «liberalizzata», chiedendo in cambio strumenti normativi che consentissero ai consumatori una miglior trasparenza sul prodotto che acquistavano ed alle imprese di confrontarsi efficacemente con il nuovo mercato;
a tal riguardo, la norma disponeva, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (quindi entro l'11 agosto 2007),
l'emanazione, da parte del Ministro dello sviluppo economico, di un decreto volto a disciplinare, conformemente al diritto comunitario, le denominazioni di:
a) «panificio» - da riservare unicamente alle imprese che provvedono alla produzione del pane in tutto il suo ciclo di produzione, dalle materie prime alla cottura finale distinguendole in tal modo da chi si limita a completarne la cottura;
b) «pane fresco» - da riservare esclusivamente al pane commercializzato entro 76 ore dall'inizio della produzione e non sottoposto a conservazioni intermedie o finali (quali, ad esempio, il precotto surgelato);
c) «pane conservato» - da riservare al pane conservato, a qualunque titolo e in qualunque modo, prima della vendita;
nonostante la Commissione europea abbia espresso in merito due pareri circostanziati, con le indicazioni recepite sin dal 2008 in una bozza del Ministero dello sviluppo economico, ad oggi tale regolamento non è ancora stato emanato, determinando confusione ed incertezza sul mercato tra «pane fresco» e «pane», spesso proveniente da altri Paesi e solamente completato nella sua cottura in Italia;
tale ritardo appare ingiustificato ed inammissibile anche rispetto all'azione del Governo che ha posto il tema delle liberalizzazioni al centro della suo programma -:
se non ritenga urgente ed improcrastinabile l'adozione del citato regolamento attuativo dell'articolo 4 del decreto-legge, n. 223 del 2006, per completare la liberalizzazione di un settore che interessa 26mila imprese di panificazione italiane, con oltre 250 mila addetti, che direttamente e nell'indotto operano nel comparto.
(3-02131)
Interrogazione a risposta scritta:
BRAGANTINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo farmaceutico Sigma Tau è composto da diverse aziende e impiega circa 2.500 dipendenti;
nel 2010 il gruppo ha acquisito da Enzon Pharmaceuticals, colosso farmaceutico statunitense quotato al Nasdaq, il ramo di azienda specializzato in farmaci per malattie rare, per un valore definito in 300 milioni di dollari; l'operazione è stata finanziata al 70 per cento con un prestito concesso da Intesa San Paolo, già azionisti al 5 per cento di Sigma Tau;
il Ministro interrogato in qualità di amministratore delegato di Intesa San Paolo, aveva dichiarato che quella su Enzon fu «un'operazione coraggiosa ma che va nella giusta direzione per Sigma Tau: innanzi tutto perché non sono tante le aziende che hanno il coraggio di andare negli Stati Uniti, poi perché è alla portata del gruppo farmaceutico, che comunque mantiene in Italia ricerca e mente»; il direttore generale di Intesa San Paolo, Gaetano Miccichè, aveva così commentato l'operazione: «È una delle operazioni che più ci riempie di orgoglio. Nel 2006 abbiamo deciso di seguire i progetti della famiglia Gavazza. Sigma Tau è una grande brand, ha una struttura per crescere in un settore dove la ricerca è fondamentale»;
a fronte di importanti prospettive di sviluppo verso la fine del 2011 l'azienda ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per 569 dipendenti dello stabilimento di Pomezia, su un totale di circa 1.500 addetti; secondo le rappresentanze sindacali, il piano di ristrutturazione aziendale prevedrebbe la messa in liquidazione di due centri di ricerca e sviluppo, uno a Milano e l'altro a Caserta, che impiegano complessivamente 110 lavoratori; tale disimpegno appare particolarmente preoccupante
vista la fondamentale importanza che gli investimenti in ricerca e sviluppo rivestono per un'azienda che opera in un settore come quello farmaceutico;
nelle ultime ore sembra si sia raggiunto un accordo tra le parti, secondo il quale l'azienda si è impegnata a discutere un piano industriale entro ottobre, oltre a garantire, in caso di necessità, l'assunzione dei lavoratori in cassa integrazione presso altre aziende del gruppo;
rimane il dubbio di una crisi manifestatasi a tutti improvvisamente, a poco tempo di distanza dall'operazione con Enzon che doveva garantire ampi e floridi orizzonti industriali; rimane anche il dubbio sollevato da alcuni organi di stampa, che accuserebbero Sigma Tau di aver condotto pratiche scorrette in tema di trasferimento di reddito dall'Italia ad altre aziende europee, con conseguente peggioramento dei risultati aziendali nelle aziende italiane;
quali siano le principali azioni del piano industriale che Sigma Tau sta predisponendo, con particolare riferimento allo sviluppo degli stabilimenti e dei centri di ricerca italiani.
(4-15120)