Allegato B
Seduta n. 594 del 28/2/2012

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INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

TASSONE e D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, un colpo di pistola è stato sparato la notte del 26 febbraio 2012 a Lamezia Terme contro una finestra della casa famiglia «Dopo di noi» (l'immobile è uno dei beni confiscati alla cosca Torcasio), che si occupa di assistenza ai disabili, una delle realtà di Progetto Sud di don Giacomo Panizza;
l'episodio malavitoso è avvenuto a pochi giorni dalla manifestazione «Il giorno che non c'è», contro la 'ndrangheta, indetta per il 29 febbraio 2012 dalla suddetta comunità;
si tratta di un classico gesto intimidatorio rivolto al sacerdote, per invitarlo a desistere dall'impegno sociale esistente su questo fronte;
già nella notte di Natale due bombe erano state piazzate nello stesso edificio e qualche anno fa furono manomessi i freni dell'auto di una donna disabile che lavora alla Fish Calabria, altra associazione di promozione sociale, ubicata al piano terra della medesima palazzina di Progetto Sud;
sempre nei giorni scorsi, nella medesima strada, un raid vandalico aveva devastato la scuola «Don Saverio Gatti», da cui dovrebbe partire la manifestazione del 29; sebbene non si abbiano certezze sull'eventuale collegamento tra i due fatti delittuosi, sui quali stanno tuttora indagando le forze dell'ordine, l'attenzione merita di essere rivolta a ogni attacco intimidatorio nei confronti di tutte le iniziative nate per combattere la criminalità organizzata -:
quali urgenti ed efficaci iniziative di competenza intenda adottare al riguardo, al fine di evitare il ripetersi di simili accadimenti, anche attraverso un'azione forte di prevenzione.
(5-06283)

ZACCARIA, TOUADI, BRESSA, VILLECCO CALIPARI, CUPERLO, BOSSA, MURER, ZAMPA, MELIS e GOZI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 6 maggio del 2009 le autorità italiane intercettarono, 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, una

nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza;
durante le operazioni di respingimento, i migranti furono trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione, e senza che fosse loro concessa alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia, come peraltro già denunciato in una dettagliata mozione che fu presentata dal Pd su questa specifica vicenda nell'ottobre del 2009;
successivamente, 24 dei 200 migranti allora respinti (11 somali e 13 eritrei) sono stati rintracciati e assistiti in Libia dal Consiglio italiano per i rifugiati, e hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro il comportamento delle autorità italiane;
giovedì 23 febbraio 2012 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, nella pronuncia relativa al caso Hirsi ed altri n. 27765/09, ha condannato l'Italia per i respingimenti effettuati verso la Libia il 6 maggio del 2009, accogliendo 22 dei 24 ricorsi presentati, per violazione da parte dell'Italia innanzitutto dell'articolo 3 della Convenzione, secondo il quale nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene né a trattamenti inumani o degradanti; la violazione dell'articolo 3 della Convenzione è stata peraltro riconosciuta sotto un duplice profilo, sia con riferimento al rischio che vi fu per i ricorrenti di essere sottoposti a trattamenti disumani in Libia, sia con riferimento al rischio di essere rimpatriati in Somalia ed Eritrea;
la Corte ha altresì stabilito l'avvenuta violazione da parte dell'Italia dell'articolo 4 del protocollo n. 4 allegato alla convenzione, che stabilisce il divieto delle espulsioni collettive di stranieri, nonché dell'articolo 13 della medesima convenzione, laddove prevede che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà, riconosciuti nella presente Convenzione sono violati ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale...»;
a seguito della grave sentenza di condanna emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia, numerose sono state le prese di posizione all'interno del Governo: il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti ha subito parlato di sentenza che peserà sulle scelte future del nostro Paese nei rapporti con la Libia; il Ministro interrogato ha affermato che «sono in corso serrati contatti con la nuova dirigenza libica al fine di riavviare la collaborazione operativa fra i due Paesi e che ogni iniziativa intrapresa sarà improntata all'assoluto rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della vita degli uomini in mare»; il Ministero degli affari esteri ha, invece, voluto precisare che «il trattamento riservato a migranti e profughi messi in salvo è stato sempre conforme agli obblighi internazionali ed informato ai fondamentali principi di salvaguardia dei diritti umani», mentre da agenzie di stampa si apprende che fonti interne al Ministero degli affari esteri avrebbero commentato la sentenza di Strasburgo dicendo che l'Italia «rispetta» e «analizzerà» il verdetto -:
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché, all'indomani della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, e tenuto conto dell'avvenuta caduta del regime di Gheddafi, nei rapporti con la Libia in materia di immigrazione sia assicurata la piena attuazione dei diritti fondamentali dell'uomo quali riconosciuti dal diritto internazionale generale e pattizio e, in particolare, dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo.
(5-06284)

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la cittadinanza di Padova che vive nei pressi di via Longhin, poco fuori il centro

di Padova stessa, da molto tempo vive in una situazione di allarmante insicurezza, a causa dei vari campi nomadi Rom venutesi a creare nell'area, non da ultimo quello sito in via Vigonovese;
organi di stampa locale (Corriere del Veneto di domenica 26 Febbraio 2012) riportano la notizia secondo la quale per il campo nomadi di via Longhin, situato nei pressi dell'inceneritore Acegas-Aps e che esiste da circa vent'anni, sono stati erogati, per la sua sistemazione, circa 840 mila euro tra fondi statali e fondi comunali;
il Governo Prodi aveva, infatti, iniziato a mettere a disposizione alcuni anni addietro dei finanziamenti per attivare un piano di inserimento sociale dei nomadi dal titolo «dal campo nomadi alla città» e che avrebbe dovuto inserire i giovani Rom nel mondo lavorativo ma che, a distanza di anni, non ha portato ad alcun risultato concreto, tanto che l'assessore ai servizi sociali di Padova, Fabio Verlato, parlando dei Rom coinvolti nel progetto, avrebbe affermato come «la maggior parte di loro non collabora», evidenziando anche, con estremo sconforto, «qualche giorno fa, ad esempio, un ragazzino di 15 anni è stato beccato dai vigili urbani mentre era alla guida, ovviamente senza patente, di una macchina priva di bollo e assicurazione»;
nei giorni scorsi, come riportato sempre dal quotidiano, gli stessi Rom avrebbero smontato delle caldaie installate da una ditta nel campo Rom per rivenderle poi al mercato nero -:
se, considerata l'inerzia dell'amministrazione locale, avallata anche dalle dichiarazioni dell'assessore comunale, e in ragione degli stanziamenti erogati, sia dal Governo che dal comune stesso e che si sono rivelati inefficaci ed inutili, non ritenga opportuno assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze allo scopo di verificare la modalità con la quale vengono erogati i finanziamenti, sia governativi che da parte degli enti locali, per progetti di recupero sociale come quello sopra descritto.
(4-15117)