Allegato B
Seduta n. 594 del 28/2/2012
AFFARI ESTERI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
il grave episodio verificatosi al largo delle coste indiane a circa 30 miglia a ovest dalla costa meridionale indiana, nell'Oceano indiano che ha portato al fermo di due fucilieri del battaglione San Marco con l'accusa di aver ucciso due pescatori del posto scambiati per pirati, è purtroppo l'ultimo e il più grave degli episodi occorsi nell'attività di difesa delle imbarcazioni commerciali da parte di nostri contingenti militari;
ancor prima dei sanguinosi episodi verificatisi al largo delle coste del Kerala, già sabato 11 febbraio 2012, un altro nucleo del battaglione San Marco aveva sventato, senza esplosione di colpi, due tentativi di arrembaggio nel mar Arabico, prima al danni della Jolly Arancione, una portacontainer da quarantamila tonnellate e una lunghezza di 240 metri - in navigazione nel tratto di mare davanti alla Somalia su cui viaggiava un contingente militare italiano e poi, a distanza, impartendo direttive via radio al comandante di un mercantile maltese su cui i pirati si erano diretti successivamente;
nel caso dei militari a bordo del mercantile Enrica Lexie, sebbene gli interpellanti concordino con il Governo nel rivendicare la giurisdizione dello Stato italiano, in quanto il fatto, secondo le informazioni disponibili, si è verificato in acque internazionali e dunque la nave in quella situazione va considerata come un'estensione del territorio italiano e, in ogni caso, i fucilieri avendo agito per conto dello Stato italiano avrebbero dovuto godere di una immunità funzionale tale da non renderli passibili di arresto da parte di autorità straniere, il punto che preme sottolineare è rappresentato dai rapporti tra il comandante della nave e i nuclei militari di protezione (NMP) a bordo delle navi;
come noto, infatti, grazie all'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 2011, gli armatori possono imbarcare, dietro richiesta degli armatori stessi e con oneri a carico di essi, nuclei militari di protezione (NMP) della Marina, per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito in quegli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria che sono stati individuati con decreto del Ministro della difesa del 1o settembre 2011;
si è dunque, trattato di un intervento legislativo forte, dettato dal preciso scopo di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale, in rotte altrimenti difficilmente percorribili in sicurezza dalla flotta mercantile italiana;
successivamente, l'11 ottobre 2011, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011, è stato siglato il protocollo di intesa tra il Ministero della difesa e la Confederazione italiana armatori (Confitarma), al fine di facilitare l'individuazione delle modalità più opportune per l'esercizio delle attività di protezione da parte del nucleo di protezione militare imbarcato sulle navi;
gli interpellanti, partendo dal presupposto che l'obiettivo di tale atto di sindacato ispettivo non risiede, evidentemente, nell'accertamento delle responsabilità sull'episodio verificatosi il 15 febbraio 2012 su cui sono in corso, ad oggi, una inchiesta giudiziaria italiana e una indiana e su cui vi è da parte delle più alte autorità politiche e diplomatiche italiane la massima attenzione, intendono mettere in evidenza la difficoltà di raccordo tra la nuova disposizione rappresentata dall'articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011 e le necessità di tutela giuridica delle forze armate italiane a bordo delle navi mercantili
anche in ossequio al puntuale rispetto delle norme di diritto internazionale;
negli episodi richiamati relativi alla nave Enrica Lexie, si è infatti affacciata una legittima riflessione su chi, a prescindere da quanto sia avvenuto nella realtà dei fatti e dalle motivazioni che hanno condotto l'imbarcazione a dirigersi verso le acque territoriali indiane, avesse la potestà di decidere i movimenti della nave nel caso in cui quest'ultima fosse stata vittima di un attacco di pirateria. La norma richiamata all'articolo 5 del decreto-legge n. 107 del 2011 infatti, pur chiarendo la finalità di protezione del naviglio mercantile da atti di pirateria armata, non offre risposte chiare e puntuali nel caso in cui insorga un contrasto tra ordini e comandi impartiti dal comandante della nave (e dall'armatore) da una parte e dal comandante del nucleo militare di protezione (NMP) dall'altra;
occorre, dunque, fare chiarezza su tale ipotesi di contrasto tra ordini impartiti da diversi soggetti a bordo delle imbarcazioni sottoposte a possibili attacchi di pirateria per dare certezza ed efficienza rispetto alle finalità perseguite e, non ultimo, a garanzia allo stesso nucleo di protezione militare a bordo delle navi -:
se i Ministri interpellati non ritengano di assumere iniziative normative, in ambito nazionale ed eventualmente anche in sede Onu, in ragione dell'estensione e della globalità del fenomeno della pirateria, iniziative che siano il più possibile chiare, tese a precisare se, in caso di attacchi di pirateria o depredazione armata sia il comandante della nave (e/o l'armatore) a decidere oppure il comandante del nucleo militare di protezione imbarcato, in tale direzione, valutando l'opportunità di introdurre il principio che gli ordini assunti dal comandante della nave che possano ripercuotersi sullo status giuridico e dunque sulle sorti dei militari italiani all'estero impegnati nel contrasto alla pirateria internazionale siano sempre preceduti da un parere obbligatorio e vincolante del comandante del nucleo di protezione militare imbarcato sulle navi.
(2-01381) «Melchiorre, Tanoni, Brugger».
Interrogazione a risposta in Commissione:
MENIA e DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il Ministero degli affari esteri ha applicato il portato dell'articolo 9 della stessa a tutti i dipendenti della citata amministrazione il cui profilo contrattuale è quello sottoposto alla legge locale di cui all'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
la fattispecie professionale e contrattuale entro cui ricadono i dipendenti cosiddetti a contratto è diversa da quella entro cui sono compresi i dipendenti pubblici sui quali ricadono gli effetti dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, sussistendo una diversa regolamentazione giuridica del rapporto;
l'articolo 9 prevede che: «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, (...) non può superare in ogni caso il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010 al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva (...)»;
per i dipendenti a contratto, stante la peculiarità della posizione giuridica e fattuale, l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 prevede che «la retribuzione annua sia fissata dal contratto individuale tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali
di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali»;
inoltre, stando allo stesso articolo, «la retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei termini di riferimento di cui al precedente comma e all'andamento del costo della vita»;
la suindicata questione è stata oggetto di un atto di sindacato ispettivo in Commissione esteri in data 29 settembre 2010 che ha visto l'accoglimento da parte del Ministero degli affari esteri, degli impegni ad assumere iniziative normative al fine di escludere l'applicazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al personale a contratto del Ministero degli affari esteri, e a disporre gli adeguamenti retributivi per il personale a contratto in servizio in tutte le sedi a far data dall'ultimo adeguamento effettuato, e comunque a valere per il 2010, previa disposizione alle ambasciate a trasmettere i dati di competenza;
in data 12 ottobre 2011 il Consiglio di Stato si è espresso in merito alla non applicabilità del portato dell'articolo 9 alla categoria degli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri, nei confronti dei quali - ribadisce la sentenza - non è possibile indirizzare alcun blocco retributivo;
in capo alla medesima categoria di lavoratori sussiste anche la criticità relativa alla confusione esistente in materia di tassi di cambio da applicare agli stipendi degli impiegati a contratto locale assunti dopo il 2003: malgrado il portato del decreto legislativo n. 103 del 2000 che prevede l'applicazione del tasso di cambio derivante dalla moneta locale in ambito di pagamento degli stipendi del personale a contratto, dal 2003 il Ministero degli affari esteri continua ad applicare erroneamente una norma contenuta in un decreto interministeriale disciplinante la situazione degli impiegati di ruolo non recependo di fatto la normativa regolante il rapporto di lavoro del personale in questione e le sue specificità;
risulta all'interrogante che nel mese di gennaio 2012 il Ministero degli affari esteri abbia predisposto una nuova bozza di decreto interministeriale trasmessa all'IGOP (Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico) del Ministero degli affari esteri per ottenere un parere e una conferma alla volontà del Ministero degli affari esteri di sottoscrizione del decreto;
malgrado svariati solleciti al citato ispettorato non risultano al momento riscontri;
le suindicate criticità stanno mettendo in seria difficoltà la categoria e la stessa amministrazione degli affari esteri segnatamente in quei Paesi in cui il costo della vita è tra i più alti e dove il tasso di cambio è particolarmente svantaggioso;
particolari problemi al momento sono sorti tra gli impiegati a contratto delle strutture diplomatico-consolari in Svizzera, Giappone, Canada e Brasile;
in particolare, solo a Berna al momento risultano essersi licenziati 4 impiegati a contratto. I motivi sono da addurre sia ad aspetti economici sia alla mancanza di personale presso la sede. Tre degli impiegati tuttora in servizio presso la cancelleria consolare di Berna vengono ancor oggi remunerati in euro, nonostante il parere del Consiglio di Stato; questi dipendenti non riescono a far fronte alle difficoltà economiche che ne derivano. Essi hanno subito la decurtazione di un terzo delle loro retribuzioni;
la derivante mancanza di personale a contratto presso l'ambasciata a Berna produce maggiori carichi di lavoro sui restanti impiegati, situazione che crea gravi disagi tra il personale ancora operativo, il quale non è più in grado di garantire il normale funzionamento della cancelleria consolare
stessa rispetto alle richieste dei 40.000 cittadini italiani residenti nella circoscrizione;
malgrado le pronunce del consiglio di Stato e dell'Avvocatura dello Stato in merito alla normativa da applicare agli impiegati a contratto e al riconoscimento salariale degli stessi, al momento non è stato varato il decreto interministeriale finalizzato al riadeguamento salariale degli impiegati, lasciando di fatto permanere la citata situazione di precarietà amministrativa e di palese malessere tra il personale della struttura diplomatica sottoposto a carichi e ritmi lavorativi deleteri per la loro integrità psico-fisica -:
quali iniziative di competenza intenda predisporre al fine di colmare la gravosa lacuna normativa in materia salariale in capo al personale a contratto, anche attraverso la stesura del citato decreto interministeriale, e come intenda intervenire al fine di risolvere le criticità sorte negli ultimi mesi presso la cancelleria consolare dell'ambasciata italiana a Berna.
(5-06281)
Interrogazione a risposta scritta:
PALOMBA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da oltre 3 mesi Rossella Urru, cooperante sarda del CISP (Comitato interno per lo sviluppo dei popoli), è stata rapita dal campo profughi per rifugiati Saharawi a Tindouf in Algeria dove svolgeva il ruolo di coordinatrice di un progetto finanziato dall'Unione europea. Il 23 ottobre 2011 una decina di uomini vestiti da militari hanno fatto irruzione nel centro amministrativo del CISP e dopo una sparatoria hanno portato via Rossella insieme a due suoi colleghi spagnoli;
il rapimento della ragazza deve essere collocato all'interno di un conflitto politico tra il Marocco, che ha annesso il Sahara occidentale, e l'Algeria che ha dato rifugio agli saharawi che continuano a rivendicare la loro indipendenza; in tutte le sue comunicazioni prima del rapimento la ragazza aveva manifestato il suo amore per il popolo Saharawi e quanto le stesse a cuore il destino di quella terra lacerata e abbandonata nell'indifferenza generale;
il tre novembre 2011, il segretario generale dell'Onu, Ban ki-Moon, ha chiesto da New York l'«immediata liberazione» della cooperante italiana Rossella Urru e dei suoi due colleghi spagnoli rapiti nel sud dell'Algeria il 23 ottobre 2011. Lo stesso segretario ha inoltre chiesto a tutte le parti coinvolte di astenersi da qualsiasi azione che possa mettere in pericolo la vita dei tre europei;
il 28 novembre 2011, con delibera n. 32, il comune di Samugheo ha invitato tutti i comuni sardi ad aderire all'iniziativa «Rossella Libera» e a mobilitarsi per la liberazione sua e dei suoi due colleghi spagnoli chiedendo un impegno maggiore da parte del Governo italiano, in particolare del Ministro interrogato;
all'inizio di dicembre 2011 la famiglia Urru ha avuto rassicurazioni dalla Farnesina sullo stato di salute di Rossella ma senza mai avere notizie certe. Questa incertezza ha suscitato sconcerto e apprensione in Italia ed in tutte le comunità sarde, soprattutto a Samugheo, paese natale della ragazza sequestrata, dove si sono già svolte molte manifestazioni per la sua liberazione;
le uniche notizie ufficiose sono trapelate prima della visita dell'onorevole Margherita Boniver (inviato speciale per le emergenze sanitarie) da fonti maliane e seguite successivamente dalle immagini trasmesse il 12 dicembre 2011 dall'emittente francese France Press, dalle quali sembrerebbe emergere che la giovane, insieme ai due colleghi spagnoli, sarebbe nelle mani di aderenti, o presunti tali, al gruppo scissionista appartenente ad Al Qaeda per il Maghreb islamico;
nel mese di gennaio 2012 il parlamentare europeo Giommaria Uggias ha chiesto l'intervento di Catherine Ashton, l'Alto Rappresentante per gli affari esteri
e la politica di sicurezza dell'Unione Europea, che in seguito a tale richiesta ha incontrato a Bruxelles i Ministri degli esteri di quattro Paesi del Sahel, tra i quali anche quello dell'Algeria, il Paese dove ha avuto luogo il sequestro della cooperante. All'inizio di febbraio l'europarlamentare Uggias ha rinnovato la richiesta di un intervento urgente dell'Alto rappresentante e pochi giorni fa ha nuovamente effettuato un intervento di sollecito alla signora Ashton;
il 15 febbraio 2012 in adesione all'appello dell'amministrazione comunale di Samugheo, il consiglio comunale di Cagliari ha aderito all'iniziativa «Rossella Libera» approvando un ordine del giorno, primo firmatario il consigliere Ferdinando Secchi, in cui si invita il Governo italiano a intensificare gli sforzi diplomatici del Ministero degli affari esteri e dell'ambasciata italiana di Algeri affinché si giunga al più presto alla liberazione di Rossella e degli altri ostaggi. Il sindaco di Cagliari Massimo Zedda si è inoltre impegnato a invitare tutti i comuni della Sardegna all'approvazione di un analogo ordine del giorno per la liberazione di Rossella e dei suoi due colleghi spagnoli e, similmente a quanto avvenuto al comune di Milano, ha esposto sulla facciata del municipio cagliaritano uno striscione riportante l'appello «Rossella Libera»;
in data 20 febbraio 2012, in occasione della sua visita in Sardegna, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha incontrato a Samugheo la famiglia di Rossella Urru manifestando la sua solidarietà ai familiari della cooperante -:
se sia a conoscenza della drammatica vicenda di Rossella Urru e quali notizie possa fornire sulla vicenda;
quali sforzi stia profondendo per difendere una ragazza che ha deciso di spendere la propria vita in azioni di solidarietà e cooperazione internazionale portando in Algeria il meglio del bagaglio culturale del suo Paese, l'Italia, e della sua terra, la Sardegna;
quali azioni diplomatiche il Ministro stia ponendo in essere insieme all'ambasciata italiana di Algeri, affinché si giunga al più presto alla liberazione di Rossella Urru e degli altri ostaggi.
(4-15123)