XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 20 febbraio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
l'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, nello stabilire che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle «con disciplina ed onore», impone non solo il rispetto della «legalità formale», ma anche l'osservanza di ineludibili principi etico-morali, di cui sente urgente bisogno il popolo italiano;
dalla citata norma costituzionale discende, tra l'altro, l'obbligo per coloro che ricoprono incarichi istituzionali di servire la Nazione, di adempiere le proprie funzioni con imparzialità, indipendenza e nel rispetto della legge, di perseguire l'interesse pubblico, di collaborare lealmente con i diversi poteri dello Stato, di ispirare i propri comportamenti alla sobrietà, alla serietà ed alla morigeratezza che si conviene a quanti sono chiamati a rappresentare il Paese e le sue istituzioni democratiche;
stanno crescendo nell'opinione pubblica, ormai già da alcuni anni, sentimenti di profondo disagio e di diffusa insofferenza per la condotta di uomini politici, appartenenti a diversi schieramenti, che - venendo meno alle responsabilità connesse agli incarichi istituzionali ad essi affidati ed in aperta violazione di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 54 della Costituzione - tengono comportamenti per più versi riprovevoli, diretti ad assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi dall'esercizio delle funzioni pubbliche o ad abusare dei propri poteri e delle risorse loro affidate in ragione dell'ufficio che ricoprono;
al discredito e alla delegittimazione delle istituzioni democratiche del Paese indubbiamente concorrono anche informazioni relative alla condotta pubblica e privata di uomini politici. La grande risonanza che trovano sulla stampa questi atteggiamenti insinua nella opinione pubblica che non si tratti di casi isolati, ma di uno stile e di un modo di procedere di tutta la politica. Non è certamente così, ma la condotta di chi ricopre incarichi pubblici non dovrebbe mai perdere di vista un sua specifica esemplarità. Si nota l'emergere di stili di vita difficilmente compatibili con la dignità di chi governa e con il decoro delle istituzioni e della vita pubblica. Si assiste a comportamenti in stridente contrasto con il tradizionale patrimonio morale del popolo italiano, che dai suoi legislatori e dai suoi governanti si attende l'esercizio delle cosiddette virtù repubblicane, a cominciare dall'onestà e dalla sobrietà, dalla giustizia e dalla competenza, dalla mancanza di conflitti d'interessi e dalla solidarietà, soprattutto quando è in atto una drammatica crisi economica che penalizza pesantemente le famiglie;
l'allarmante «crisi morale» della politica italiana si ripercuote negativamente anche sul piano istituzionale ed economico: non vi è dubbio, infatti, che lo smarrimento di saldi valori etici accresca il distacco tra cittadini e istituzioni, renda queste ultime meno credibili ed affidabili ed alimenti la sfiducia degli operatori economici nella capacità del Paese e dei suoi governanti di reagire efficacemente alla crisi in atto. L'Italia non si è mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione, che le impone di correggere abitudini e stili di vita. Cosa facile da dire, ma estremamente difficile da applicare;
negli Stati Uniti - dove già da tempo sono attivi presso il Congresso organi deontologici autorevoli e severi, quali il Committee on standards of official conduct della Camera dei rappresentati ed il Select committee on ethics del Senato federale - nel 2008 è stato istituito l'OCE - Office of congressional on ethics, organismo indipendente, composto in egual misura da democratici e repubblicani, con il compito di indagare su casi di violazione del codice

etico da parte di uomini politici componenti del loro staff, pubblici funzionari;
l'esigenza di innalzare il livello di moralità della politica è stata ritenuta prioritaria anche in Francia, dove il 6 aprile è stato approvato il Code de deontologie della Assemblée nationale e, il successivo 15 giugno, è stato nominato il primo deontologue de l'Assemblée nationale, un organo volto a garantire l'indipendenza, l'imparzialità e la probità dei deputati francesi;
appare dunque necessario dotare con urgenza anche l'ordinamento italiano di credibili e trasparenti sistemi di valutazione e garanzia dell'etica pubblica e dell'integrità della classe dirigente politica, introducendo un complesso di regole deontologiche e di meccanismi di controllo e sanzione in grado di garantire la correttezza e la moralità dei comportamenti di coloro che ricoprono, a tutti i livelli, cariche elettive o di nomina politica;
i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono che un simile compito non possa essere lasciato solo all'iniziativa spontanea, - pur necessaria -, perché il solo ricorso all'autodisciplina delle forze politiche si è dimostrata non sufficiente per prevenire e sanzionare l'illegalità ed il malcostume; né un simile compito può essere affidato all'iniziativa spontanea delle singole istituzioni, ma deve rientrare in un quadro chiaro e coerente di regole comuni - tenuto conto dell'esigenza di assicurare a tutti i livelli di governo - nazionale e locale - standard uniformi di correttezza e moralità nella condotta specialmente di chi è chiamato a ricoprire cariche elettive o di nomina politica;
assume l'impegno di adottare, nell'ambito della propria autonomia, un codice etico e deontologico per i suoi membri e per i profili di sua competenza,


impegna il Governo:


ad assumere - nel rispetto delle prerogative e dell'autonomia costituzionalmente riconosciute a ciascuna Camera, nonché alle regioni ed enti locali ed in coordinamento con l'autonomia di ciascuno di tali enti - iniziative anche di carattere normativo volte ad assicurare la compiuta attuazione dell'articolo 54, comma secondo, della Costituzione, prevedendo in particolare l'adozione di una pluralità di norme che costituiscano un «codice etico» per coloro che ricoprono cariche pubbliche;
i predetti «codici etici», dovranno prevedere in particolare, che:
a) le funzioni pubbliche siano adempiute con disciplina ed onore, nell'esclusivo interesse della Nazione e nel puntuale rispetto della legge;
b) la condotta di membri del Governo, e dei titolari di cariche elettive o di nomina politica sia costantemente ispirata a criteri di sobrietà e moralità;
c) le risorse affidate in ragione dell'incarico ricoperto siano impiegate in modo trasparente, con adeguati controlli, secondo criteri di economicità ed efficienza, nell'esclusivo interesse pubblico;
d) i membri del Governo ed i titolari di cariche elettive o di nomina politica non chiedano né accettino, favoritismi da cui possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti al loro incarico;
e) l'utilizzo di autovetture, velivoli o alloggi di servizio sia limitato ai soli casi in cui esso sia giustificato da esigenze obiettive e documentabili;
f) la situazione patrimoniale e le fonti di reddito di membri del Governo e dei titolari di cariche elettive o di nomina politica siano rese pubbliche secondo criteri di trasparenza e completezza;
g) nessun comportamento sleale o denigratorio sia posto in essere da membri del Governo e dai titolari di cariche elettive o di nomina politica nei confronti di altre istituzioni repubblicane;
h) tenendo conto che la qualità del lavoro politico, soprattutto a livello parlamentare,

esige una dedizione tale da non consentire accumuli di cariche e non permette ambiguità di ruoli, siano adottate tutte le misure idonee ad evitare che si sovrappongano le prerogative dei controllori a quelle dei controllati;
i) tutti gli organi di vigilanza, a qualsiasi titolo siano stati istituiti, vigilino concretamente su quanto è di loro competenza, per evitare che si creino situazioni in contrasto con i valori e gli obiettivi specifici e, se questo avviene, per denunciare tempestivamente eventuali errori e deviazioni, mettendo i mezzi necessari per un intervento correttivo tempestivo ed efficace;
l) l'introduzione di un adeguato apparato sanzionatorio e di controllo, che renda effettivo il Aspetto delle norme e dei principi contenuti nel complesso di disposizioni costituenti i suddetti «codici etici».
(1-00871)
«Binetti, Adornato, Barani, Berretta, Bobba, Bocciardo, Bosi, Buttiglione, Calgaro, Carlucci, Catone, Ciccanti, D'Anna, D'Antona, De Pasquale, De Poli, D'Incecco, D'Ippolito Vitale, De Torre, Delfino, Di Biagio, Di Centa, Di Virgilio, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Gianni, Graziano, Libè, Lusetti, Madia, Mantini, Marcazzan, Marmo, Mazzocchi, Ricardo Antonio Merlo, Mereu, Moffa, Mondello, Mosella, Muro, Occhiuto, Nicolais, Paglia, Patarino, Pelino, Poli, Rao, Ria, Rubinato, Ruggeri, Ruvolo, Capitanio Santolini, Scanderebech, Scandroglio, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Touadi, Vaccaro, Zinzi».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
il miglioramento dell'efficienza energetica negli usi finali è stato definito, unitamente al comparto delle fonti rinnovabili, il settore di intervento più qualificante ed importante per ridurre le emissioni in atmosfera in quanto incide - in termini di riduzione - sui consumi finali principalmente di combustibili fossili;
il fabbisogno finale assorbito - in termini di consumi di energia - dal settore residenziale e del terziario (privato e pubblico) per uso riscaldamento è di circa il 38 per cento sul totale del fabbisogno energetico del Paese;
il decreto legislativo n. 115 del 2008 - di recepimento della direttiva sulla efficienza energetica 2006/32/CE - prevede il «servizio energia» quale fondamentale strumento per gli interventi di progettazione, realizzazione con prefinanziamento delle opere, gestione degli impianti attraverso le E.S.Co (energy service company) con contratti a garanzia di risultato in termini di miglioramento dell'efficienza e quindi minori consumi e minori costi di gestione;
le istituzioni hanno costantemente sostenuto queste linee di intervento che, fra l'altro, la nuova direttiva sulla efficienza energetica - in fase di definizione da parte della commissione europea (atto 14980/1711) e che dovrebbe sostituire le direttive 2004/8/EC e 2006/32/CE - rafforzerà in particolare con obiettivi «stringenti» anche per il settore pubblico nel quale i prefinanziamenti delle E.S.co. potrebbero dare una «spinta» non indifferente;
lo stesso Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha evidenziato - in pubblici confronti e, recentemente, anche nella audizione del 26 gennaio 2012 sulle fonti rinnovabili - che obiettivo primario del nostro Paese deve essere quello di produrre uno sforzo importante per il miglioramento dell'efficienza energetica e quindi per la riduzione dei consumi di energia primaria da fonte fossile che comporta la riduzione delle emissioni climalteranti;

l'articolo 1, comma 384, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha integralmente sostituito il numero 122) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, riguardante beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento; in esso si prevede che l'aliquota agevolata si applica:
a) alle prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature e materiali relativi alla fornitura di energia termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento;
b) alle prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature nell'ambito del contratto servizio energia (precedentemente denominati «contratti calore-energia»), come definito nel decreto interministeriale di cui all'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni;
c) alle forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento;
con la risoluzione dell'Agenzia delle entrate numero 94/2007 si dà invece una interpretazione diversa e più restrittiva della norma, prevedendo che per la fornitura di energia e per la fornitura di apparecchiature e materiali attraverso il «servizio energia» è applicabile il regime IVA al 10 per cento solo se l'energia termica è prodotta attraverso cogenerazione ad alto rendimento o da fonti rinnovabili;
la lettura dell'Agenzia delle entrate, che appare errata, è stata da tempo segnalata dalle associazioni di settore oltre che dalle associazioni dei consumatori e genera peraltro anche alcuni paradossi consistenti nel fatto che alcune delle prestazioni/attività che fanno parte anche delle prestazioni del contratto di «servizio energia» - fornite con contratti separati (ad esempio, fornitura apparecchiature, materiali, contratti di conduzione e manutenzione su base annuale) sono assoggettate ad un regime IVA del 10 per cento;
peraltro la citata risoluzione conclude affermando che: «...nelle more dell'emanazione del menzionato decreto si ritiene che possano comunque usufruire dell'aliquota Iva agevolata i contratti servizio energia che presentano i criteri minimali elencati nella circolare n. 273/E del 23 novembre 1998, con la conseguenza che il beneficio di cui trattasi potrà applicarsi alle prestazioni di servizi rese, nell'ambito del contratto servizio energia, per la fornitura di energia termica derivante da fonte rinnovabile o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento...»;
si osserva che il citato decreto è stato emanato; si tratta del decreto legislativo n. 115 del 2008, che ha recepito la direttiva europea 2006/32/CE, ed è in piena sintonia con il citato numero 122) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
nonostante la norma introdotta con la legge finanziaria per il 2007 sia assolutamente chiara, l'Agenzia delle entrate appare sostenere che deve ritenersi applicabile ad una nuova norma una circolare antecedente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in contrasto sia con le regole della gerarchia delle fonti, nel rapporto tra circolare e decreto del Presidente della Repubblica, modificato peraltro tramite legge, sia con quelle relative alla validità temporale delle norme, rendendo applicabile per una nuova norma una vecchia circolare;
dove è stato applicato il contratto servizio energia le famiglie hanno potuto risparmiare attorno al 20-30 per cento della spesa per il riscaldamento, dopo aver effettuato gli interventi di miglioramento dell'efficienza dei sistemi edificio/impianto dei condomini, insieme ad un uso razionale dell'energia prodotta,


impegna il Governo


ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche ricorrendo a disposizioni interpretative,

al fine di stabilire che, per i contratti stipulati rispettando le prescrizioni indicate nel decreto legislativo n. 115 del 2008, titolo III «disposizioni finali» - allegato II (previsto dall'articolo 16, comma 4) «contratto servizio energia», l'aliquota IVA agevolata del 10 per cento si applichi anche alle prestazioni di servizi e forniture di apparecchiature nell'ambito del contratto servizio energia, come previsto dal precitato decreto legislativo e quindi «anche nel caso in cui l'energia non sia prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento».
(7-00788)
«Bernardo, Margiotta, Ventucci».

La IX Commissione,
premesso che:
infrastrutture e logistica possono essere per il nostro Paese un nuovo importante motore di sviluppo per ottenere una maggiore crescita economica indispensabile sia per ridurre il peso del debito pubblico, sia per la creazione di nuovi posti di lavoro per le giovani generazioni e per coloro che sono ai margini del processo produttivo;
infrastrutture e logistica, come si dice nel nuovo piano nazionale della logistica, hanno una valenza territoriale che travalica le regioni e che, come previsto negli allegati infrastrutture dei documenti di programmazione economica e finanziaria degli ultimi dieci anni, possono essere meglio compresi e gestiti a livello di piattaforme logistiche interregionali;
il Nord-ovest, da questo punto di vista, è emblematico a livello nazionale per quanto riguarda il suo peso economico. Produce un terzo del prodotto interno lordo del nostro Paese, quasi la metà dell'import e dell'export, movimenta il 70 per cento dei container, presenta la logistica urbana più diffusa e il sistema cargo ferroviario e aereo più sviluppato. È il sistema in cui è più urgente intervenire anche perché si possono ottenere risultati importanti a breve;
il Nord-ovest, con l'incrocio tra due corridoi strategici, come il Corridoio 5 e la Genova-Rotterdam, ha un futuro logistico come perno della grande area logistica del sud Europa, ma presenta notevoli inefficienze logistiche e una carenza di infrastrutture;
la capacità produttiva del Nord-ovest esprime un valore strategico non solo per Piemonte, Lombardia e Liguria, ma per l'intero Paese. E questo sia per il suo peso economico sia per l'effetto trascinamento che può provocare. Le tre regioni mantengono un elevato potenziale di sviluppo frenato, però, nella loro capacità di competere, da un manifesto handicap infrastrutturale: occorre un recupero di competitività centrato sull'efficienza del sistema infrastrutturale, per manifestare appieno la capacità di generare sviluppo da parte del Nord-ovest;
la scala con cui si sono sviluppate le infrastrutture nodali è sempre stata regionale/locale: la progettazione e realizzazione del sistema portuale ed interportuale esistente è tutta pre-euro e pre-TEN-T;
oggi una adeguata programmazione infrastrutturale impone un approccio quantomeno macroregionale a scala europea;
il sistema Nord-ovest ha un proprio forte baricentro portuale, dimensionale e di indirizzo a Genova, dove si incentrano il 31 per cento dei traffici di import-export dei flussi cointainerizzati che hanno origine e destinazione in Italia, ma importanti prospettive per il Nord-ovest vengono anche dalle nuove iniziative del porto di Savona;
la Liguria dispone di tre porti importanti, il Piemonte ne è il retro porto naturale con i suoi interporti di Novara, Orbassano, Rivalta Scrivia, il cuneese e il vercellese;

la Lombardia è il grande mercato di sbocco dei container in arrivo ai porti liguri;
da sole, le tre regioni, possono fare passi in avanti per l'efficienza logistica e l'aumento dei traffici troppo al di sotto delle potenzialità;
insieme il risultato potrà essere superiore a ogni previsione;
oggi la perdita di traffici dovuta alle inefficienze logistiche dei porti e degli interporti e riconducibili alla carenza di infrastrutture è stimata in oltre 3 miliardi di euro solo per il Nord-ovest;
tre miliardi potrebbero determinare circa 50.000 nuovi posti di lavoro;
il Nord-ovest è l'ambito nel quale gestire organicamente e affrontare insieme politica infrastrutturale e crescita del sistema logistico e ottenere, al contempo, un forte aumento dei traffici ai porti liguri con conseguente aumento delle entrate portuali, fiscali e trasportistiche;
i ritardi e le inefficienze logistiche che penalizzano il nostro sistema economico e ne hanno rallentato la crescita sino ad ora, come è stato efficacemente detto al recente convegno delle tre Fondazioni che hanno lavorato al tema delle infrastrutture, dipendono anche dalla assenza di un luogo in cui enti locali e istituzioni della logistica possano decidere le scelte e le politiche da intraprendere;
la riforma degli interporti, azione fondamentale del piano della logistica, è l'occasione per una norma a costo zero che consenta il salto di qualità della iniziativa pubblica su infrastrutture e logistica;
in questo ambito, e con riferimento al Nord-ovest, occorre identificare un baricentro inland in grado di massimizzare il valore e l'efficienza dei nodi già esistenti in una piattaforma di sistema a vocazione europeo-mediterranea,


impegna il Governo


ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la connessione con le reti ferroviarie europee (progetti TEN-T 3 e 6) che rappresenta la più grande opportunità strategica per il Nord-ovest.
(7-00787)
«Giorgio Merlo, Lovelli, Biasotti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una grave e persistente perturbazione atmosferica, prevalentemente di carattere nevoso, ha colpito da fine gennaio ad inizio febbraio 2012 molte regioni italiane;
le conseguenze di tale perturbazione hanno provocato, anche in provincia di Grosseto, gravi e diversificati disagi a molti cittadini ed aziende soprattutto per quanto riguarda alcuni danni agli edifici ed alle infrastrutture, la corretta erogazione dell'energia elettrica e gli spostamenti;
si è trattato di una emergenza, durata alcuni giorni, che ha interessato moltissimi cittadini residenti sia nei centri abitati che nei nuclei residenziali periferici, mettendo letteralmente in ginocchio intere comunità;
la mancanza di energia elettrica e la difficoltà negli spostamenti ha inoltre creato interruzioni alla produzione e gravi perdite dal punto di vista economico in molte aziende ed imprese del territorio. Numerose strutture ricettive della zona interessata dal blackout hanno dovuto buttar via quantità consistenti di alimenti;

queste criticità vanno a colpire ulteriormente le finanze dei cittadini ed il tessuto produttivo già gravati dal difficile contesto economico nazionale ed internazionale: come rilevato dall'Istat nei giorni scorsi, l'Italia, avendo registrato un calo percentuale del prodotto interno lordo per due trimestri consecutivi, è infatti oggi in «recessione tecnica»;
i comuni della provincia di Grosseto colpiti dalla perturbazione atmosferica ed in cui è stato attivato l'intervento del dipartimento nazionale di protezione civile sono i seguenti: Seggiano, Semproniano, Arcidosso, Santa Fiora, Roccalbegna, Castell'Azzara, Sorano, Pitigliano;
l'8 febbraio 2012 l'Agenzia delle entrate ha comunicato a mezzo stampa «che, per i contribuenti domiciliati nelle zone interessate dalle recenti eccezionali precipitazioni nevose, sarà valutata la disapplicazione per causa di forza maggiore delle sanzioni previste per ritardi nell'effettuazione degli adempimenti tributari, anche in relazione ad eventuali provvedimenti che potranno individuare le aree interessate da tali eventi» -:
da quale soggetto istituzionale, con quali strumenti, con quali criteri e con quale tempistica verranno individuate nel dettaglio «le zone interessate dalle recenti eccezionali precipitazioni nevose» citate nel comunicato stampa dell'Agenzia delle entrate e se le zone della provincia di Grosseto citate in premessa saranno quindi comprese in tale «ricognizione»;
se non si ritenga opportuno, soprattutto alla luce della gravità del sistema economico nazionale, far sì che l'Agenzia delle entrate come evidenziato dal comunicato stampa, non si limiti a valutare «la disapplicazione delle sanzioni», ma disponga una efficace, tempestiva e reale disapplicazione delle sanzioni nelle zone interessate dalle recenti eccezionali precipitazioni nevose.
(5-06198)

BOFFA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza maltempo che nel mese di febbraio 2012 ha interessato quasi l'intero territorio italiano si è fatta sentire con particolare intensità nelle zone interne della regione Campania;
buona parte del Sannio, infatti, dal giorno 3 al giorno 12 del mese di febbraio, è stata colpita da costanti, cospicue e ininterrotte, precipitazioni di carattere nevoso che hanno letteralmente paralizzato tutte le attività nell'intera provincia;
la provincia di Benevento ha già rappresentato, alla regione Campania, le pesanti conseguenze patite da molta parte della popolazione sannita per la mancanza di energia elettrica (oltre 14.000 sono le utenze saltate), per la difficoltà di approvvigionamenti alimentari e di assistenza sanitaria domiciliare agli ammalati e altro;
sono inoltre state colpite diverse infrastrutture viarie e beni immobili e notevoli sono i danni patiti dall'agricoltura e dalle strutture ricettive e dagli impianti produttivi;
il già alto livello di preoccupazione è inoltre aggravato dalla constatazione che le abbondanti nevicate si sono abbattute su un territorio ad alto rischio idrogeologico come testimoniano i diversi fenomeni franosi che si sono registrati durante il periodo del maltempo;
la provincia di Benevento ha speso, soltanto per la gestione della prima fase dell'emergenza, oltre 1 milione e 200 mila euro;
la regione Campania, tuttavia, nel riconoscere per la provincia di Benevento lo stato di calamità regionale di tipo b, ha previsto un primo stanziamento (500 mila euro) per le emergenze immediate che appare assolutamente inadeguato rispetto agli enormi danni provocati dal maltempo su tutto il territorio sannita;
per far fronte alle tante emergenze verificatesi in ogni singolo comune colpito

dalle avverse condizioni atmosferiche, le amministrazioni municipali hanno sostenuto ingenti spese e interventi urgenti e straordinari per assicurare la funzionalità dei servizi e la percorrenza delle strade di propria competenza;
si è trattato di uno sforzo straordinario, sia economico che organizzativo, il cui costo non è possibile accollare sulle casse degli enti locali, già ridotte al lumicino;
particolarmente colpite, inoltre, sono state le aziende agricole costrette a confrontarsi con danni alle strutture, alle stalle e alle serre, con cedimenti strutturali di depositi e capannoni, con l'impossibilità di trasportare prodotti deperibili quali latte, ortaggi e altro, con evidenti difficoltà di approvvigionamento per l'alimentazione degli animali, con conseguente rischio di deperimento degli stessi, con caduta e rottura di alberi;
appare improbabile pensare che gli operatori del settore agricolo, date anche le permanenti difficoltà ad effettuare spostamenti tra i territori, con la conseguente impossibilità a conferire i prodotti alle industrie di trasformazione, siano in grado di rispettare i termini dei pagamenti fiscali e previdenziali;
l'assessorato alla protezione civile della regione Campania ha annunciato che, avendo ricevuto ampie rassicurazioni in proposito da dipartimento nazionale di protezione civile e dal Governo, «saranno rimborsate tutte le spese, purché documentate e congrue, sostenute dai comuni e dalle province per fronteggiare l'emergenza nazionale neve» -:
se non ritengano opportuno, anche alla luce di quanto già annunciato dall'assessorato alla protezione civile della regione Campania, assumere iniziative affinché siano effettivamente rimborsate, attraverso fondi nazionali, e in tempi brevi, ai comuni sanniti, e alla provincia di Benevento, le spese sostenute per far fronte alle emergenze;
se non ritengano, in ogni caso, di assumere iniziative affinché queste spese siano da scomputare dal saldo finanziario del patto di stabilità onde evitare che ai danni prodotti dal maltempo molti comuni debbano sommare la beffa di vedere andare in dissesto i propri bilanci;
se non ritengano i Ministri interrogati opportuno, in considerazione delle pesanti conseguenze economiche e organizzative con cui gli operatori agricoli sono e saranno costretti a confrontarsi, assumere iniziative normative volte a prevedere una sospensione dei pagamenti fiscali e previdenziali delle imprese operanti nel comparto agricolo.
(5-06199)

GERMANÀ e GAROFALO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si sta svolgendo a Sanremo la 62a edizione del festival della canzone italiana, una manifestazione che appartiene al retaggio culturale dell'intero Paese e trasmessa dalla RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. ovvero la società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo ed una delle più grandi aziende di comunicazione d'Europa, il quinto gruppo televisivo del continente;
senza entrare nel merito della gestione e dell'organizzazione del festival, e senza esprimere giudizio di valore su uno spettacolo per il quale andrebbero comunque avanzate a parere degli interroganti delle perplessità circa i contenuti, appare necessario portare alla pubblica attenzione l'iniziativa sponsorizzata ed attivata dalla Croce rossa italiana in accordo con la regione Liguria, le amministrazioni comunali di Genova e La Spezia direttamente interessate, con il supporto del segretariato sociale della Rai, di raccolta fondi a favore dei cittadini, ai quali va ovviamente tutto il sostegno e la vicinanza dovuta, colpiti dagli eventi alluvionali dello scorso autunno nelle province di Genova e La

Spezia, tramite il meccanismo di sms solidali per il progetto «note di solidarietà per la Liguria»;
si ribadisce con insistenza l'attributo «italiano» riferito al festival poiché appare discutibile la scelta di intraprendere una raccolta di fondi i cui unici destinatari siano i cittadini liguri, quando l'intera penisola è stata sconvolta da fenomeni atmosferici avversi che hanno cagionato gravi danni economici e soprattutto mietuto vittime;
il 2010 ed il 2011 sono stati anni particolarmente funesti, ed innumerevoli sono le regioni che hanno dovuto affrontare eventi calamitosi e nel dettaglio occorre evidenziare che alluvioni ed inondazioni hanno travolto in primis la Sicilia, in cui si registra il maggior numero di danni e morti nella provincia di Messina, in particolare nei comuni di Barcellona Pozzo di Gotto e Saponara, la provincia di Salerno, la provincia di Prato, la Puglia, il Veneto, le Marche e la Romagna, regioni tristemente e duramente colpite. Pur manifestando e tributando la massima solidarietà e vicinanza ai cittadini liguri, emerge con preponderanza la circostanza che la raccolta fondi lanciata sia ad avviso degli interroganti non solo semplicemente inopportuna ma anche e soprattutto fortemente lesiva della dignità di tutti i cittadini delle altre regioni che a rigore, possono percepirsi abbandonati e dimenticati;
la Rai è il servizio pubblico italiano, Sanremo è il festival della canzone italiana, le catastrofi ambientali sono state un fenomeno italiano, la CRI è la Croce rossa italiana; in uno Stato di diritto è impensabile che, senza alcun criterio stabilito, si possano limitare e selezionare i destinatari di una raccolta di fondi a carico dei cittadini italiani -:
quale sia la ratio di un'ingiustificata esclusione delle altre regioni italiane dalla raccolta fondi che si configura a giudizio degli interroganti quindi come un'assoluta discriminazione ed una sorta di «selezione»;
quale meccanismo concertato o quale eventuale autorizzazione abbia consentito di indire il progetto «note di solidarietà per la Liguria»;
se si intenda approntare una soluzione che possa ripristinare la correttezza nella raccolta, nell'elargizione e nella destinazione dei fondi e dunque assicurare pari dignità alle regioni colpite.
(5-06211)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la commissione per le adozioni internazionali, in data 25 nel giugno 2010, comunicava agli enti autorizzati ad operare nell'ambito dell'adozione internazionale in Nepal, la propria decisione di sospendere il deposito di nuovi dossier delle coppie adottive nel Paese, al fine di «esercitare una forte sensibilizzazione sul governo nepalese affinché collaborasse con la Comunità internazionale per l'adeguamento della propria organizzazione interna alla Convenzione de L'Aja» (1993);
tale decisione era fondata sulla considerazione che il Nepal non aveva raggiunto standard normativi e operativi conformi alla predetta convenzione;
l'Italia collabora ormai da 15 anni con il Nepal, investendo risorse umane e finanziarie in questo Paese dove l'emergenza dell'abbandono minorile ha proporzioni gravissime;
il Nepal ha nel frattempo conseguito importanti risultati, come da dichiarazioni del Ministero nepalese delle donne, dei bambini e del benessere sociale sull'attuazione di alcune importanti riforme tra cui: la classificazione dei minori con bisogni speciali sulla base di categorie riferite alla gravità o alla tipologia della patologia sofferta; l'approvazione di procedure che garantiscano le ricerche necessarie prima

della dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori non accompagnati; la previsione di standard minimi per gli istituti di accoglienza dei minori e la limitazione della autorizzazione a quelli conformi alla legge; l'individuazione di 29 istituti per gli anni 2011 e 2012 che potranno lavorare per l'adozione internazionale; il riconoscimento di nuovi requisiti per le agenzie che si dovranno accreditare sul Paese, al fine di garantire competenza e trasparenza delle procedure;
il Governo nepalese con comunicazione del 17 novembre 2011, ha previsto la riapertura delle adozioni internazionali - nel frattempo sospese anche da parte sua - stabilendo procedure definite;
il 31 gennaio 2012, sul sito del Ministero nepalese, è stata pubblicata la lista dei minori adottabili classificati secondo le loro caratteristiche di salute ed età: si tratta di 263 minori, di cui 149 di età superiore ai 6 anni, 25 minori con problemi di salute, oltre a 89 bambini nel canale «normale», quindi di età minore ai 6 anni e in buono stato di salute; veniva in particolare, dato avviso della possibilità di depositare nuovi dossier entro 90 giorni nel caso di abbinamento con minori in buono stato di salute e di età inferiore ai 6 anni, e anche successivamente per gli altri casi;
sulla base di questi aggiornamenti, e della chiara volontà del Governo nepalese di rendere trasparenti le proprie procedure di adozione, gli enti italiani autorizzati ad operare in Nepal hanno inviato alla commissione per le adozioni internazionali numerose comunicazioni, anche congiunte, con la richiesta specifica di convocare i tavoli di confronto fra commissione adozioni internazionali ed enti autorizzati per riattivare le procedure adottive verso il Nepal;
ad oggi gli enti autorizzati non hanno avuto alcuna risposta ufficiale;
la ratifica della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (New York 1989) e della convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale (L'Aja 1993), anche alla luce del richiamo contenuto nell'articolo 10 della Costituzione e del principio del superiore interesse del minore, rende opportuno l'intervento attivo dell'Italia rispetto al problema dell'infanzia abbandonata -:
quali siano i motivi che ostano alla mancia convocazione del tavolo di confronto fra commissione per le adozioni internazionali e gli enti autorizzati ad operare in Nepal;
se persistano - e quali siano - le motivazioni per il mantenimento della chiusura delle procedura adottive in Nepal e, infine, quali siano le iniziative in programma per l'adempimento del dovere di solidarietà e cooperazione fra Paesi rispetto al problema dell'infanzia abbandonata, alla luce dei princìpi tutti sopra richiamati
(4-14986)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sul portale tematico di «LiberoReporter» il 19 febbraio 2012 è stata pubblicata un'intervista al dottor Mario Scaramella, esperto di intelligence e di diritto internazionale, sull'incidente accaduto nell'Oceano Indiano, al largo delle coste indiane, che ha determinato la morte di due pescatori indiani scambiati per pirati somali e si ipotizza uccisi dai fanti del Reggimento San Marco imbarcati a bordo della nave italiana, Enrica Lexi, come nucleo di protezione militare antipirateria. Nell'articolo si legge che «in seguito a questo episodio l'India trattiene ora la nave italiana e 11 cittadini italiani, 5 membri dell'equipaggio e i 6 membri del nucleo di protezione militare. Su tutti loro grava l'incriminazione per omicidio. Due marò, il capo del team di sicurezza e il suo

vice sono attualmente in custodia giudiziaria della polizia di Kerala. In merito tra Italia e India è in corso una disputa sulla competenza giudiziaria dell'episodio. Dalle dichiarazioni rese dalle parti coinvolte, gli italiani e i pescatori indiani emergono contraddizioni che portano a credere addirittura che l'arrembaggio alla «Enrica Lexie» e la morte dei 2 pescatori siano due episodi distinti. Oltre al fatto che gli orari differiscono di oltre 4 ore, e che chi era a bordo della nave italiana asserisce che l'imbarcazione fatta oggetto dell'azione dissuasiva era, per forma e colore, diversa dal peschereccio su cui sono morti i 2 indiani. Quello che più divide i due Paesi nel trovare un accordo sono le posizioni indicate dalle due parti al momento del «contatto». I due punti si differiscono di almeno di diverse miglia marine. Gli italiani dicono che si trovavano a 32 miglia marine dalla costa, mentre gli indiani a 16 miglia. Sulla vicenda l'Italia rivendica la competenza della sua magistratura essendo i fatti avvenuti in acque internazionali, e su una nave battente bandiera italiana. Inoltre, in una nota la Farnesina sottolinea che la presenza dei militari a bordo delle navi mercantili italiane è regolata da una specifica legge italiana che risponde anche alle esigenze delle risoluzioni delle Nazioni Unite in materia di lotta alla pirateria. In virtù di questo ricorda che i militari sono organi dello Stato italiano e pertanto godono dell'immunità dalla giurisdizione rispetto agli Stati stranieri. Pertanto per la Farnesina sono atti unilaterali quelli in corso da parte delle autorità di polizia indiana. Dottor Scaramella, nel braccio di ferro fra Italia ed India per quanto è successo il 15 febbraio alla Motonave Enrica Lexie di chi è la competenza a giudicare i militari italiani, poteva la marina indiana «accompagnare» la nave e l'equipaggio nel porto di Koci? Possono interrogare i nostri connazionali? Ogni paese costiero può, ai sensi del diritto internazionale, estendere la propria giurisdizione ad un area che va ben oltre le 20 miglia del mare territoriale e precisamente fino a 200 miglia nautiche ovvero 370 Km dalla costa, calcolati dalla linea di base del mare territoriale, in questa area denominata Exclusive Economic Zone, il paese costiero ha diritti come la pesca e lo sfruttamento minerario e doveri fra cui il «SAR» ovvero Search and Rescue, assistenza al naviglio in difficoltà e la responsabilità/giurisdizione militare funzionale allo sfruttamento economico, non tutti i paesi hanno una EEZ, ad esempio l'Italia pur assumendosi responsabilità di SAR ben oltre le proprie acque territoriali non ha una zona esclusiva. L'India con il «Maritime Zones of India Act», del 25 Agosto 1976 definisce il proprio limite della Zona di Interesse Economico Esclusivo, EEZ, ed assoggetta alla esclusiva competenza della marina indiana un area di poco più di due milioni di chilometri quadrati intorno al proprio perimetro. Quanto accaduto alla MV italiana Enrica Lexie, che si trovava certamente in zona EEZ indiana, è assai complesso sotto il profilo internazionalistico perché la Marina indiana ha il potere di esercitare sulle navi altrui tutti i poteri connessi alla regolamentazione dello sfruttamento delle risorse. Innanzi a due cittadini indiani uccisi in zona di esclusiva competenza e ad un peschereccio di fatto attaccato da una nave italiana che ai sensi della Convenzione di Montego Bay non aveva il «diritto di passaggio inoffensivo» (il principio è sancito anche negli articoli 14-17 della Convenzione di Ginevra che recita: il passaggio è inoffensivo finché non reca pregiudizio alla pace, al buon ordine o alla sicurezza dello Stato costiero) e che certamente ha giurisdizione penale sulla Nave italiana, indiscutibile perché connessa alla tutela del proprio interesse alla pesca nella zona esclusiva (la giurisdizione teoricamente è limitata a fatti non puramente interni alla nave straniera ma la formulazione dell'articolo 19 della Convenzione di Ginevra anche su questo è ambigua e recita: «Lo stato costiero non dovrebbe esercitare la giurisdizione su fatti interni della nave») lo Stato indiano ha quindi il diritto di visitare e catturare la nave italiana e comminare attraverso la giurisdizione ordinaria sanzioni penali a carico dell'equipaggio. Il fatto che a bordo

della Enrica Lexie vi fosse un nucleo di militari non fa della Motonave una unità militare, alla quale si applicherebbe una diversa normativa (la nave da guerra è sempre territorio della Stato di bandiera) ma non è detto che una tale eventuale posticcia qualificazione da parte dell'Italia risolverebbe i problemi, ci si troverebbe innanzi ad un atto di aggressione o comunque di legittima difesa o meglio «autotutela» italiana su territorio indiano laddove il diritto internazionale vieta categoricamente l'uso della forza in via preventiva (in altri termini neanche in autotutela è possibile ricorrere a violenza di tipo bellico ossia atti pure isolati e limitati in intensità che implichino operazioni militari contro navi). Pertanto quanto accaduto costituisce una violazione italiana alle norme di diritto internazionale in ogni caso, l'India ha la giurisdizione sull'evento e l'Italia potrebbe solo negoziare un accordo giudiziario affinché gli italiani siano giudicati in patria [...]»;
l'autopsia del Coroner indiano non ha ancora accertato se sono stati i proiettili dei militari della marina italiana ad aver ucciso i pescatori;
la professionalità dei militari del Reggimento San Marco è fuor di dubbio e con ogni probabilità avranno eseguito direttive e si saranno attenuti a regole di ingaggio e procedure standard, purtroppo a giudizio degli interroganti viziate a monte da strategie errate giocando sulla ambiguità della nave mercantile in transito pacifico però armata con militari a bordo;
le direttive, le regole di ingaggio e le misure di contrasto sono state emanate dal Ministero della difesa ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130 -:
quali immediate iniziative intenda avviare in merito a quanto riportato in premessa e se non si ritenga opportuno promuovere modifiche all'impianto normativo che disciplina l'uso di militari a bordo del naviglio mercantile e come.
(4-14991)

FRANCESCHINI, GENTILONI SILVERI, LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO, LO MORO, MARINI, MINNITI, OLIVERIO e VILLECCO CALIPARI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dello sviluppo economico ha firmato in data 21 dicembre 2011, i decreti ministeriali che fissano le date per il passaggio alla tv digitale nel 2012. In attuazione del calendario nazionale, che prevede la conclusione dello «switch off» in tutto il Paese entro i primi sei mesi di quest'anno, è stato prevista lo scaglionamento per le regioni ancora da digitalizzare. Per la Calabria la tempistica prevede due fasi: per la provincia di Cosenza e di Crotone il termine fissato è dal 24 maggio all'8 giugno 2012, mentre per le restanti province dall'11 al 30 giugno 2012. Entro questa data le emittenti televisive della Calabria devono attenersi alle disposizioni ministeriali abbandonando definitivamente l'analogico;
l'otto febbraio 2012 il Corecom Calabria, fresco di nomina da parte del consiglio regionale della Calabria, nel recepire gli indirizzi ministeriali ha diffuso una nota apparsa sulle agenzie di stampa con cui comunica «la consapevolezza che il passaggio dall'analogico al digitale terrestre costituisca un processo molto delicato, sia perché coinvolge molte imprese tv private sia perché riguarda l'informazione, settore molto importante per la crescita della vita politica, culturale e sociale della nostra regione. Per questo - proseguono - il Corecom Calabria ha rappresentato al Presidente della Giunta, onorevole Giuseppe Scopelliti, e al Presidente del Consiglio, onorevole Francesco Talarico, l'esigenza di prevedere idonei interventi di sostegno finanziario alle emittenti locali registrate presso il Corecom. «Interventi già previsti» - evidenziano il Presidente del Corecom Sandro Manganaro ed i Commissari Gregorio Corigliano e Paolo Posteraro - «dalle Regioni Piemonte, Marche, Molise, Abruzzo, Lombardia, Emilia-Romagna, Campania, Toscana e Puglia che hanno già stanziato sia fondi comunitari

che regionali per il sostegno delle televisioni locali». I vertici Corecom concludono dicendo che «In Calabria, affinché il passaggio al digitale terrestre avvenga senza disagi per gli utenti, l'emittenza locale - come e più che altrove - deve essere sostenuta negli impegni e nei costi necessari per gli interventi tecnologici indispensabili per l'adeguamento alla nuova piattaforma di trasmissione»;
le numerose imprese radiotelevisive presenti in Calabria da tempo attendevano questa svolta epocale determinata dall'evoluzione dei sistemi tecnologici e digitali. Si tratta di imprese che hanno dovuto fare i conti con una crisi senza precedenti e di conseguenza hanno sofferto e soffrono una contrazione di finanziamenti, tanto da costringere alcuni imprenditori a dimezzare o addirittura azzerare le proprie strutture col licenziamento di molti giornalisti e tecnici per assenza di risorse e in presenza di un mercato commerciale ormai saturo. Un panorama, quindi, che presenta molte criticità;
detto questo, balza agli occhi dell'interrogante la strana coincidenza dell'avvicendamento al comitato regionale per le comunicazioni. Insediatosi a settembre 2010, venne sciolto per poi essere ricostituito a gennaio 2012 dal presidente del consiglio regionale, Francesco Talarico. Appena un anno e mezzo di vita, dunque. La presidente del disciolto Comitato, avvocato Silvia Gulisano - da quanto si è appreso sulla stampa - ha denunciato circostanze molto gravi tra cui «violazioni costituzionali, della legislazione nazionale, eccesso di potere, violazioni delle leggi regionali, illegittimità, omissioni, abusi e persino il sospetto di documenti falsi o manomessi». Finora tutto presunto, ma rimane sospetta, sul piano politico, la nomina di due vertici nell'arco di un anno in seno alla stessa maggioranza cui spettano, secondo la «ripartizione partitica», due componenti su tre. Quali siano i contorni di questa vicenda potrà meglio chiarirlo l'ex presidente Gulisano, la quale ha anche reso noti gli elenchi dei partecipanti alla selezione da cui, si legge dalla stampa, non apparirebbero alcuni nominativi che costituiscono l'attuale Comitato;
a fine dicembre 2011, contestualmente all'emanazione della norma che regola la transizione dall'analogico al digitale terrestre, viene annunciata a Crotone il debutto sul digitale terrestre di una nuova televisione denominata «Esperia Tv», un canale pronto per il digitale terrestre di proprietà del gruppo imprenditoriale guidato da Massimo Marrelli. Iniziativa senza dubbio plausibile, la quale può contribuire ad un maggiore pluralismo dell'informazione nonché alla creazione di nuovi posti di lavoro. Non ci sarebbe nulla da eccepire (anche perché delle proprie iniziative gli imprenditori si assumono i propri rischi) se non fosse per un piccolo ma non irrilevante dettaglio: Massimo Marrelli, oltre ad essere il fondatore di un polo odontoiatrico di grande importanza, la «Calabroadental», risulta anche essere il consorte della vicepresidente della giunta regionale della Calabria, dottoressa Antonella Stasi, di quella stessa regione Calabria sollecitata da un rinnovato e solerte Corecom «a prevedere idonei interventi di sostegno finanziario alle emittenti locali registrate presso il Corecom». Da quelle che sono le informazioni dell'interrogante, la neonata Esperia Tv (canale digitale terrestre, 87), risulta essere registrata presso il Corecom Calabria. Quindi, si deduce che l'imprenditore Massimo Marrelli è in grado di percepire i finanziamenti assegnati dalla regione Calabria di cui la moglie è vicepresidente. È del tutto evidente che si è davanti ad un conflitto di interessi di grandi proporzioni che richiama alla mente altri ben noti conflitti nel pianeta radiotelevisivo italiano che hanno provocato scontri politici durissimi nel Paese. Conflitti che, oltre a produrre concorrenza sleale mortificando non solo il ruolo, la dignità e la professionalità di tante imprese sane che si sono distinte per capacità nel comparto radiotelevisivo calabrese, danneggia l'immagine e la credibilità del sistema complessivo nei confronti dei cittadini utenti che sono destinatari ultimi di una informazione trasparente e plurale che tutti gli imprenditori

del settore sono chiamati a garantire. Oltretutto, trattandosi di una nuova iniziativa editoriale. Esperia Tv non deve preoccuparsi della transizione dall'analogico al digitale terrestre prevista dal Ministero dello sviluppo economico per le imprese esistenti ma si ritrova in una posizione di vantaggio nella conquista del mercato radio televisivo e nella raccolta pubblicitaria. Un fatto che fa nutrire forti perplessità e disagi per il futuro delle imprese esistenti -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nei limiti delle proprie competenze, non ritenga di adottare iniziative normative volte a prevedere una disciplina rigorosa in materia di conflitti d'interesse, anche con riferimento alla composizione ed all'attività di organismi quindi i Corecom.
(4-14999)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Fatto Quotidiano con due distinti articoli del giornalista Marco Lillo ha posto una questione di interpretazione giuridica relativa alle nuove norme della Santa sede relative alla lotta al riciclaggio e alla trasparenza finanziaria in relazione al fatto se le autorità antiriciclaggio vaticane e italiane abbiano o meno il diritto di indagare fatti accaduti prima dell'aprile 2011;
sul primo articolo - pubblicato il 31 gennaio - è stata presentata dai sottoscritti l'interrogazione 4-14853 relativa, in particolare, al documento riservato («Memo Ior-AIF») pubblicato integralmente sul sito de Il Fatto, dal quale si comprendeva che stava vincendo la linea «non collaborativa» e che il presidente dello IOR e dell'AIF avevano tentato di coinvolgere il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il segretario del Papa, George Gaenswein, per convincere il Governo Vaticano a collaborare con l'autorità giudiziaria italiana. Quando dopo 8 giorni il documento fu oggetto di un intervento del giornalista Gianluigi Nuzzi sul canale televisivo La7, la Santa Sede - il 9 febbraio - aveva emanato un comunicato per affermare che «Non emerge la resistenza dello IOR a collaborare in caso di indagini o procedimenti penali su fatti precedenti al primo aprile 2011». Comunicato stampa sul quale i sottoscritti hanno presentato l'interrogazione 4-14897;
il secondo articolo, del 15 febbraio dà notizia di due documenti;
il primo è firmato dal presidente del tribunale vaticano Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, professore di diritto e magnifico rettore della Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta) oltre che membro del consiglio direttivo dell'AIF. Si tratta di un parere legale richiesto dalla Segreteria di Stato alla massima autorità consultiva in materia giuridica nel Vaticano. In pratica il cardinale Tarcisio Bertone chiedeva a Dalla Torre di stabilire quale fosse la giusta interpretazione da dare alla nuova normativa antiriciclaggio introdotta da Papa Benedetto XVI nel dicembre del 2010 ed entrata in vigore nell'aprile scorso. Il parere di Dalla Torre spiega perché i magistrati della procura di Roma non stanno ricevendo le informazioni né per via di rogatoria, come raccontato in tv dal pm Luca Tescaroli, né tramite l'AIF, come è successo nel caso dei pm Nello Rossi e Stefano Fava che indagano il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Cipriani per violazione delle norme in materia di antiriciclaggio. Il parere di Dalla Torre dimostra che si tratta di una scelta voluta. Alla domanda di Bertone, se lo IOR debba rispondere all'AIF anche per le operazioni avvenute prima dell'aprile del 2011, la risposta del presidente del tribunale è infatti un no tondo: la legge «non permette all'AIF l'accesso alle operazioni e ai rapporti intercorsi prima dell'entrata in vigore della legge». Esattamente l'opposto di quanto affermato nel comunicato della sala

stampa della Santa Sede del 9 febbraio. Il parere di Dalla Torre risale al 15 ottobre del 2011 e delinea la linea che poi sarà attuata nel decreto del Presidente del Governatorato Vaticano del 25 gennaio 2012. Il decreto dell'arcivescovo Bertello, priva l'AIF dei poteri di ispezione, rimessi a successivi regolamenti da emanare. Con la conseguenza che le indagini bancarie e giudiziarie dello Stato italiano in materia si fermeranno;
il secondo documento è del cardinale Nicora, capo dell'AIF, autorità di informazione finanziaria della Santa Sede e già presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio della sede apostolica che spiega il senso della scelta effettuata con il decreto del presidente del governatorato vaticano del 25 gennaio 2012;
il cardinale Nicora, in quanto presidente dell'autorità di informazione finanziaria scrive una lettera il 12 gennaio 2012, trasmessa il giorno dopo dall'avvocato De Pasquale dell'autorità di informazione finanziaria per mail al presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e precedentemente inviata al segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il documento è la dimostrazione che lo Stato Vaticano ha arretrato, dopo l'approvazione della legge del dicembre del 2011 che ha rappresentato certamente un primo importante passo verso l'apertura alla trasparenza bancaria. Anche se l'intero impianto soffre del fatto che nello Stato Città del Vaticano «La forma di governo è la monarchia assoluta. Capo dello Stato è il Sommo Pontefice, che ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario». Ed è quindi improprio parlare di indipendenza e autonomia, per esempio, dell'autorità di informazione finanziaria. Peccato che come segnala Nicora in neretto: «Non va trascurato l'aspetto attinente ai profili di opportunità verso l'esterno e al rischio reputazionale a cui può andare incontro la Santa Sede». Insomma, l'AIF ad avviso degli interroganti è oggi poco più che uno specchietto per le allodole, privata dei poteri. Un'autorità depotenziata che ha perso la sua guerra con la linea di chiusura sposata dal segretario di Stato Bertone, perché evidentemente si era mostrata troppo collaborativa con le autorità italiane. Questo è segnalato proprio dal cardinale Attilio Nicora quando si vede sottoporre la prima bozza del decreto (poi pubblicato il 25 gennaio) il 9 gennaio e che è divenuta un decreto - da convertire entro 90 giorni - che prevede la drastica riduzione dei poteri dell'AIF di ispezione nei conti dello IOR;
sempre il 15 febbraio l'agenzia Ansa, in merito ai documenti di cui sopra, ha interpellato il professor Ranieri Razzante, presidente dell'Aira, l'Associazione italiana responsabili antiriciclaggio e docente di legislazione antiriciclaggio all'università di Bologna, il quale afferma: «Per i poteri che gli conferisce la legge, l'Aif, l'Autorità di controllo vaticana, può richiedere e avere accesso alle informazioni finanziarie. E se, per fare un esempio, volesse chiedere informazioni in merito ai movimenti di denaro oggetto dell'inchiesta che coinvolge lo Ior, aperta nel settembre 2010 e di cui tuttora si sta occupando la Procura di Roma, potrebbe assolutamente farlo. La retroattività a mio avviso qui non c'entra»;
l'Ansa scrive anche che «Fonti vicine all'Aif confermano che lo scenario descritto dal quotidiano è nella sostanza "abbastanza realistico", al di là di "qualche imprecisione"». E ricorda che «Al centro della vicenda c'è anche l'inchiesta della Procura di Roma per due operazioni disposte dallo Ior con la movimentazione di 20 milioni destinati alla JP Morgan e di 3 milioni alla Banca del Fucino». Fatto rispetto al quale il professor Razzante chiosa «Benché avviata nel settembre 2010, prima dell'entrata in vigore della legge quell'inchiesta è aperta. Quindi, anche la questione della retroattività o meno della legge vaticana mi sembra del tutto relativa: l'Aif, a mio avviso, può chiedere informazioni su quelle operazioni. Più in generale ritengo che l'Aif sia ancora un soggetto monco sotto il profilo procedurale, perché a quasi un anno dall'emanazione della legge mancano i regolamenti

attuativi che indicano come si fa la segnalazione di operazioni sospette o come si trasmettono i dati: questo rende la norma stessa non applicabile in alcune sue parti e depotenzia l'Aif. Ci sono poi altri aspetti da modificare, come quello che i pagamenti in contanti non vengono censiti sotto la soglia dei 15 mila euro. Ritengo, quindi, che il Vaticano sia ancora lontano dalla white list dell'Ocse che riunisce i paesi virtuosi dal punto di vista delle regole antiriciclaggio e che il percorso da fare sia ancora lungo» -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se e quali iniziative possa o intenda assumere e in particolare se non intenda adottare ogni iniziativa sul piano diplomatico perché lo Stato vaticano offra la più ampia collaborazione all'autorità giudiziaria italiana.
(4-15002)

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto sta accadendo ai cristiani in Siria, alla loro paura e all'appello lanciato dalle Chiese di Siria, riportato anche dal quotidiano «Avvenire»: «la situazione è insostenibile, pregate e agite per la pace. La popolazione è presa tra due fuochi: la repressione brutale del regime e dei suoi servizi di informazione, i moukhabarat e una violenza mascherata, in alcuni casi associata all'islamismo takfirista radicale e combattente.
Si riportano alcune testimonianze: «Dietro questa lotta armata tra le due fazioni - l'esercito regolare e la Free syrian army - c'è l'ombra di interessi geopolitici contrari al governo di Bashar al-Assad e una propaganda mediatica senza controllo. In mezzo, migliaia di civili atterrati dalle sanzioni e dalla paura di doversi schierare con o contro le parti in lotta. Soprattutto a Homs, cuore dei combattimenti. Il nunzio apostolico, monsignor Mario Zenari, in visita a Damasco, l'ha detto chiaro: "È una cosa impressionante: a Homs si spara su qualunque cosa si muova". Anche a bambini inermi "che hanno in mano soltanto la spesa". E invita la Comunità internazionale ad impegnarsi per "una soluzione urgente e pacifica", specie dopo gli attentati kamikaze ad Aleppo. Qui i numeri di telefono delle chiese cattoliche sono tutti staccati: non è possibile parlare con i frati francescani, la paura dei cristiani è quella di essere vittime della polarizzazione, come chiarisce Madre Agnès-Mariam de la Croix, igumena del convento ecumenico di San Giacomo il Mutilato a Qara. La superiora è una delle voci più autorevoli della comunità cristiana d'Oriente: critica contro il regime di Assad, si è esposta anche contro l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, diretto da un uomo vicino ai Fratelli Musulmani, lo storico oppositore del partito baathista, Rami Abdel Ramane. "L'opposizione non può più nascondersi dietro bilanci di vittime anonimi. Purtroppo esistono gruppi armati, responsabili di attacchi ai diritti dell'uomo tanto quanto il regime". La religiosa carmelitana denuncia ad Homs minacce contro i cristiani: "La vigilia di Natale i 'takfiristi' hanno proibito ai cristiani di esibire i simboli della festa. Le persone che rifiutano di prendere posizione si fanno passare per traditori e appaiono nelle liste nere dei comitati rivoluzionari su Facebook". La comunità greco-ortodossa ha già una vittima tra i religiosi: padre Basilios Nassar, un sacerdote del villaggio di Kafarbohom. La paura dei cristiani cresce anche a Damasco. L'arcivescovo maronita della capitale Samir Nassar rivela ad Avvenire: "Dopo le autobombe esplose il 23 dicembre e il 6 gennaio ho avuto solo una dozzina di persone per la messa di Natale e non più di 20 bambini al catechismo: siamo pessimisti". In più, "la mancanza di gasolio, gas, elettricità, e l'inflazione ci

stanno atterrando: il confessionale è diventato il muro del pianto per chi non sa a chi raccontare episodi gravi". Per l'arcivescovo si va verso la diaspora, come è stato per i cristiani iracheni: "Molti giovani hanno già pensato di andare via: ma le vie verso il Libano, dove c'è il polmone della nostra Chiesa, sono diventate molto più pericolose: neve, ghiaccio, controlli militari. Sono già molti i cristiani rifugiati ai confini, in zone dove si combatte". Di ritorno proprio dal Libano, il patriarca Gregorio III Laham sottolinea che la Siria ha sempre avuto la più bassa percentuale di emigrazione nel mondo arabo. "È dovuto al fatto che il regime è stato veramente laico. Per questo dico ai cristiani: pregate, non abbiate paura, non credete alle falsificazioni. Per parte nostra, dobbiamo parlare soprattutto come cittadini siriani. Siamo stati in pace finora: sarebbe meglio aiutare il regime a cambiare". Anche l'arcivescovo Nassar confessa che la crisi è arrivata a un punto di non ritorno: "Entrambe le parti in lotta ci tirano per la giacca. Ci viene chiesto di non rimanere neutrali. Come possiamo mantenere il nostro ruolo di mediatori tra due islam antagonisti senza rimanerne vittime? Per di più nell'indifferenza generale"?» -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per aiutare la popolazione cristiana in grave difficoltà, eventualmente attraverso i canali diplomatici, alla luce della grave situazione dei cristiani in tutto il medio oriente, oggetto di intolleranza religiosa da parte dei settori più intransigenti della parte musulmana, e del fatto che le chiese cristiane, tra le più antiche, risalgono infatti all'epoca apostolica, rischiano di estinguersi, con grave danno non solo religioso ma anche culturale per le comunità di quei Paesi e per l'intera umanità, che non può permettersi di vedere disperso un patrimonio culturale e religioso così significativo che si è tramandato ininterrottamente per duemila anni.
(2-01366)
«Garagnani, Romele».

Interrogazioni a risposta scritta:

MARSILIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel corso del XIX secolo si assistette ad una migrazione di diverse famiglie italiane verso la Crimea, terra nella quale si stabilirono e si consolidarono, dando vita ad una nutrita comunità dedita in particolare ad attività agricole e mercantili;
tale comunità, perfettamente integrata nella realtà locale, mantenne per lungo tempo vive le tradizioni della terra natia, tanto da arrivare ad avere una scuola elementare, una biblioteca, una chiesa addirittura con parroco italiano;
nei primi anni del XX secolo gli italiani, stabilitisi per lo più nella città di Kerch, furono stimati in non meno di tremila unità nella medesima provincia, mentre in oltre cinquemila unità nell'intera Crimea, a testimonianza della floridità della comunità stessa;
con l'avvento del comunismo iniziarono le purtroppo famigerate «purghe» staliniste che coinvolsero, tra gli altri, molti degli italiani di Crimea, scomparsi nel nulla o confinati per lunghissimi anni;
nel corso della seconda guerra mondiale Stalin portò a termine il progetto di annientamento delle minoranze e, con tedeschi, greci, tartari, armeni e ceceni, anche la comunità italiana fu sottoposta a deportazione;
la deportazione degli italiani di Crimea, accusati di essere «fascisti», prese il via il 29 gennaio 1942, e in questi giorni ricorre proprio il settantesimo anniversario di questa tragica pagina della storia d'Italia;
le truppe dell'Armata Rossa e la polizia sovietica, agli ordini di Stalin, radunarono la comunità italiana e, nel giro di poche ore, concedendo alle persone solo il tempo per raccogliere lo stretto necessario, si diede inizio all'esodo, un lungo e disumano viaggio attraverso l'inverno russo in direzione dell'Asia centrale, viaggio che si concluse solo a marzo;

a tutti gli italiani, allora stimati in 3-4 mila persone, furono sottratti i documenti e confiscate le proprietà;
nel corso della deportazione, per gli stenti e le violenze subite, morirono quasi tutti i bambini e un gran numero di adulti, e molti altri trovarono la morte nelle terre di destinazione, a causa delle inumane condizioni in cui furono abbandonati e delle perduranti persecuzioni cui furono sottoposti, trattati come nemici e con estrema crudeltà;
tale tragedia, alla quale, secondo gli storici, non sopravvisse più del 20 per cento della popolazione italiana, cominciò ad intravedere la fine solo sotto la presidenza Kruscev, quando agli italiani furono concesse la riabilitazione e la libertà di spostamento;
alcuni si dispersero nelle province russe, molti tornarono in Crimea e, seppur privati della propria identità e delle proprietà di tutti i beni, continuarono (e continuano tutt'oggi) a mantenere vivo il sentimento di italianità, nonostante non siano riconosciuti dal nostro Stato;
allo stato, dopo il crollo del comunismo e la fine dell'Unione Sovietica, la Crimea è parte dell'Ucraina come repubblica autonoma e i nuovi assetti politici hanno spinto gli italiani ivi residenti a rivendicare i propri diritti, quali il riconoscimento, finora negato, da parte delle autorità ucraine e della Crimea della deportazione subita, e il riottenimento della cittadinanza italiana, finora negato anche dalle nostre istituzioni;
il Governo ucraino ha già concesso ad altre minoranze, ad esempio quelle tedesca, greca o armena lo status di deportati, grazie all'interessamento dei rispettivi stati d'origine, mentre si è sempre rifiutato di riconoscere le deportazioni subite dagli italiani, giustificando il tutto con l'assenza di una documentazione comprovante i fatti;
il riconoscimento dello status di deportati comporterebbe, per gli italiani di Crimea, piccole agevolazioni amministrative e aiuti economici poco più che simbolici, ma segnerebbe la fine della loro esistenza da invisibili e rappresenterebbe un risarcimento morale a testimonianza della loro storia -:
quali iniziative intenda adottare presso le autorità della Repubblica Ucraina e della Repubblica autonoma di Crimea, affinché venga riconosciuta la deportazione subita dagli italiani e, di conseguenza, venga foro concesso lo status di deportati;
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, sia intenzionato a intraprendere per favorire il riacquisto della cittadinanza italiana per i deportati di Crimea e i loro discendenti che ne facciano richiesta;
quali ulteriori iniziative ritenga di assumere in favore della minoranza italiana in Crimea, sotto il profilo sia economico che strettamente culturale, al fine di rivitalizzare un legame mai sopito nei nostri connazionali e di riannodare i fili della nostra storia.
(4-14984)

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le autorità di New Delhi hanno denunciato che il 15 febbraio 2012 i Marò italiani del reggimento San Marco, di scorta al mercantile Enrica Lexie, avrebbero ucciso per errore due pescatori indiani scambiati per pirati; da prime notizie, si tratterebbe di un uomo di 25 anni (tale Pinku) e un altro di 45 (Jalastin), entrambi originari del sud dell'India. Il Governo del Kerala ha deciso di indennizzare i familiari dei due pescatori con 300 mila rupie (pari a oltre 4.600 euro);
lo Stato maggiore della Marina italiano aveva comunicato che gli uomini della sicurezza della petroliera avevano respinto un attacco di pirati, mentre il Governo indiano confermava che erano stati uccisi due pescatori innocenti;
per tali motivi, la petroliera è stata intercettata da due motovedette e da un

aereo da ricognizione e fatta attraccare nel porto di Kochi per procedere all'interrogatorio del capitano e dell'equipaggio della Enrica Lexie, appartenente alla compagnia di navigazione fratelli D'Amato, mentre il Governo indiano ha inoltrato una protesta formale all'Italia;
le versioni fornite sono ancora discordanti; infatti, il proprietario del peschereccio, Freddy Louis, ha dichiarato che la sparatoria non era giustificata e che quando sono partiti gli spari l'equipaggio stava dormendo ad eccezione dei due marinai uccisi; mentre, secondo la Marina italiana, «la versione è tutta ancora da verificare»;
l'ambasciatore italiano a Nuova Delhi, Giacomo Sanfelice di Monteforte, prontamente convocato dalle autorità indiane per far luce sulla sparatoria, ha dichiarato: «la Marina italiana ha rispettato il diritto internazionale: quando la nave è stata avvicinata da una imbarcazione che non si era fermata ai segnali luminosi»;
è dall'estate scorsa che militari o contractor privati sono ammessi a bordo delle navi italiane per fronteggiare il pericolo pirateria. Le disposizioni del decreto-legge sul rifinanziamento delle missioni militari all'estero prevedono l'imbarco di personale armato, a spese degli stessi armatori;
come più volte paventato e denunciato dall'interrogante e dal gruppo parlamentare Italia dei valori (in occasione dell'approvazione del provvedimento di rifinanziamento delle missioni internazionali) andava evitata questa opzione proprio in quanto i militari non sono addestrati per questo lavoro -:
di quali informazioni disponga circa l'esatta dinamica dei fatti;
se non ritenga di promuovere una revisione della disciplina in materia di missioni internazionali proprio con riguardo all'l'utilizzo di guardie private e contractor in funzione antipirateria.
(4-15000)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

TIDEI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con la sentenza del tribunale di Torino che ha condannato i principali imputati nel processo «Eternit» è affiorato alla luce il problema dell'amianto, affrontato molte volte anche nel comprensorio dell'interrogante;
già nel 2006-2007, i dati emersi dal registro regionale dei mesoteliomi maligni, che ha svolto una indagine sul tasso di neoplasie riconducibili ad esposizioni a fonti di amianto nel Lazio non erano certamente confortanti poiché Civitavecchia con gli 8 casi accertati su una base di popolazione di circa 60.000 abitanti vantava un notevole primato confermando drasticamente l'elevato tasso di inquinamento che grava sul tale territorio, sotto molteplici forme;
già da allora le istituzioni locali hanno chiesto più volte alla regione Lazio e alla ASL un maggiore monitoraggio, poiché molti lavoratori specialmente quelli impiegati nel settore della navigazione, dei trasporti e dell'energia erano fortemente esposti a rischi di questo tipo;
negli ultimi anni sono stati davvero numerosi i decessi avvenuti a causa di tumore ai polmoni, causa che molti medici attribuiscono non solo all'esposizione di materiale cancerogeno ma anche ad un elevato tasso di inquinamento;
anche se in ritardo, questa sentenza deve essere un esempio a maggior tutela dei lavoratori ma soprattutto deve essere un monito per tutte le aziende che, pur conoscendo le grandi potenzialità cancerogene

e mortali dell'amianto, hanno comunque continuato ad utilizzarlo per un fattore economico di risparmio -:
se il Ministro, sulla base della recente sentenza di Torino, non ritenga opportuno accertare, anche tramite il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, quali aziende nel comprensorio di Civitavecchia hanno continuato ad utilizzare amianto pur sapendo che avrebbe messo a repentaglio la salute dei lavoratori;
se il Ministro non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche con il coinvolgimento delle regioni, per l'attivazione di registri regionali dei tumori al fine di consentire una corretta e dettagliata raccolta dati sulle patologie;
se non ritenga opportuno altresì attivarsi per promuovere una adeguata campagna di prevenzione, con particolare riguardo alla regione Lazio e al comprensorio di Civitavecchia.
(4-15001)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

VANNUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la figura di Giacomo Leopardi, poeta e letterato italiano, rappresenta un vanto del nostro Paese;
la valorizzazione della grande personalità, della sua opera, della conoscenza del grande poeta rappresenta un obbligo «nazionale» davanti al mondo;
il Centro Razionale di Studi leopardiani (CNSL) è l'Associazione con sede in Recanati città natale che ha lo scopo primario di svolgere questa funzione;
il CNSL è partecipato e finanziato in gran parte da enti pubblici;
il Ministeroper i beni e le attività culturali secondo lo statuto, nomina i membri del consiglio di amministrazione, ed un membro del collegio dei revisori;
l'articolo 1 dello statuto affida al medesimo Ministero la vigilanza sul centro;
il sindaco di Recanati con nota protocollo 41034 del 14 dicembre 2009 e protocollo 25811 del 6 luglio 2011 ha lamentato e documentato gravi irregolarità nella gestione di tipo procedurale e di ordine finanziario e di gestione delle risorse;
le note inviate dal sindaco sono suffragate da relazione di due membri del collegio sindacale che denunciano gravi carenze contabili;
vi è un rischio che la cattiva gestione del centro, se venisse confermata, inciderebbe negativamente sulla immagine dell'Italia considerato il valore planetario della figura di Giacomo Leopardi -:
se il Ministro intenda far valere le proprie prerogative e a seguito delle richiamate note del sindaco abbia disposto una ispezione o se intenda farlo e se fossero state eseguite le verifiche quale esito abbiano avuto.
(3-02111)

Interrogazione a risposta scritta:

PALAGIANO, DI PIETRO e ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni, media nazionali e locali, riportano la notizia dell'alienazione di «Villa a Tritone» a Sorrento, l'immobile più prestigioso della città, che sorge a picco sul Golfo di Napoli;
la villa comprende 12.000 metri quadrati di proprietà, inclusi i resti di una villa romana e una collezione di materiali archeologici con 145 reperti «dettagliatamente descritti nell'elenco allegato al decreto

emesso dal Ministero per i beni e le attività culturali che li ha dichiarati di eccezionale interesse storico e archeologico»;
questa meravigliosa villa costituisce un caposaldo della storia della penisola sorrentina e della Repubblica italiana; incarnazione del mito delle sirene e leggendaria destinazione del poeta Ovidio, poi, più recentemente meta di pellegrinaggio di Torquato Tasso, nonché sede e dimora, negli anni, di politici, letterati, storici e filosofi tra i quali meritano essere segnalati Palmiro Togliatti e Benedetto Croce, che vi abitò dal 1943 al 1945;
dagli anni 70 la villa, detta anche «villa Astor», è residenza di una famiglia di ricchi armatori sorrentini, che l'hanno gestita e ne hanno curato la manutenzione per tutti questi anni, ma che oggi hanno deciso di alienare questo importante pezzo del patrimonio culturale di Sorrento, vendendolo ad una famiglia russa;
in particolare, con atto pubblico di compravendita ricevuto, in data 19 gennaio 2012, lo storico complesso immobiliare è stato venduto per il prezzo complessivo di euro 35.320.000,00 ad una famiglia russa. Una cifra molto elevata, sulla cui provenienza è necessaria la massima trasparenza, anche in base al decreto legislativo n. 231 del 2007 e successive modificazioni o integrazioni;
in ragione dell'apposizione del vincolo storico-archeologico su dette risorse mobiliari ed immobiliari (tra gli altri con decreto ministeriale 19 marzo 1993), la vendita è stata subordinata, ai sensi degli articoli 60 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, alla condizione sospensiva costituita dal mancato esercizio da parte del Ministero competente o dell'ente locale, provinciale o regionale interessato, del diritto di prelazione, comunicato con denuncia di trasferimento, ricevuta dallo stesso in data 25 gennaio 2012, con scadenza nei 60 giorni successivi, in questo caso il 25 marzo 2012;
in questi stessi giorni, un'altra perla della penisola sorrentina, immortalata in tutte le stampe ottocentesche e nei dipinti dei più grandi artisti italiani - il complesso denominato «vallone dei Mulini» - è stato oggetto di contratto preliminare di compravendita;
questo sito è l'unico Vallone (i valloni erano utilizzati per indicare i confini tra un paese e l'altro della penisola sorrentina) rimasto ancora in buone condizioni, con la possibilità di osservare i resti dell'antico mulino - da cui il nome -, qualche originaria abitazione e una splendida vegetazione, proprio nel pieno centro storico di Sorrento;
dall'esame dei pubblici registri ipotecari e catastali, risulta essere stato stipulato, in data 23 dicembre 2011 (e trascritto il 20 gennaio 2012 ai numeri 3.114/2.609), un contratto preliminare di compravendita, ricevuto dal notaio Giancarlo Iaccarino, di Massa Lubrense (Napoli), con il quale Mariano Pontecorvo, già assessore ai lavori pubblici del Comune di Sorrento, si è obbligato ad acquistare, entro il termine massimo del 30 ottobre 2012, dagli attuali 8 comproprietari, eredi ed aventi causa della famiglia Mathieu, il complesso immobiliare sito in Sorrento, località alla Rupe-Vallone dei Mulini, composto da 8 particelle, tutte riportate nel catasto terreni, per un'area complessiva di 4.550 metri quadri, oltre il fabbricato già adibito a mulino;
nella menzionata nota di trascrizione si specifica, inoltre, che l'intero complesso immobiliare è stato dichiarato di interesse culturale particolarmente rilevante dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi della legge 11 giugno 1922, n. 778, e successivi modificazioni e integrazioni, con decreto emesso in data 8 novembre 1927, e pertanto viene specificato che l'atto definitivo di vendita verrà denunciato al Ministero e sarà presentato al Soprintendente del luogo ove si trova il bene, al fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione da parte dello stesso, ovvero degli enti territoriali interessati, vale a dire regione Campania, provincia di Napoli e comune di Sorrento;

la salvaguardia dei menzionati complessi immobiliari, storici e naturali, «villa Tritone» e «vallone dei Mulini», riguarda non solo la pubblica fruizione di questi splendidi siti culturali, da parte dei cittadini sorrentini, campani ed italiani, ma anche la produttività dell'intero comparto turistico-ricettivo della penisola sorrentina, che potrebbe annoverare detta bellezza tra le «aree di rilevante interesse culturale» -:
se sia il Governo a conoscenza della situazione sopra descritta e se intenda esercitare, relativamente all'intero o a parte del complesso immobiliare «Villa Tritone», ed entro il termine massimo del 25 marzo 2012, il diritto di prelazione ai sensi degli articoli 60 e successivi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42;
se sia possibile accertare, in base a quanto previsto dalla normativa italiana sull'antiriciclaggio (decreto legislativo n. 231 del 2007 e successive modificazioni o integrazioni), la provenienza del denaro relativo all'ingente transazione economica concernente la vendita del prestigioso bene immobiliare, al fine di evitare un danno ulteriore al patrimonio della penisola;
se e quali iniziative si intendano adottare al fine di esercitare, per l'intero o per parte del complesso immobiliare «vallone dei Mulini», tenendo conto della futura ricezione della relativa denuncia di trasferimento, il diritto di prelazione previsto dal già menzionato decreto legislativo n. 42 del 2004;
quali iniziative si intendano, comunque, adottare al fine di evitare che i succitati patrimoni immobiliari, storici ed archeologici di Sorrento, vengano abbandonati o totalmente privatizzati, invece di costituire siti di rilevante interesse per i cittadini i turisti, di provenienza nazionale ed internazionale, e quali iniziative si intendano avviare per consentire la valorizzazione e la pubblica fruizione degli stessi siti, anche sotto il profilo culturale e turistico.
(4-14996)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOGHERINI REBESANI e PISTELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'istituto geografico militare (I.G.M.) è un ente pubblico che svolge funzioni di ente cartografico dello Stato italiano ai sensi della legge 2 febbraio 1960, n. 68. L'I.G.M. ha il compito di fornire supporto geotopocartografico alle unità e ai comandi dell'Esercito italiano;
alla luce delle evoluzioni e delle innovazioni tecnologiche che si sono registrate negli ultimi anni nel settore dell'informazione geografica, è all'ordine del giorno del comando logistico dell'Esercito la riorganizzazione dell'istituto sia dal punto di vista degli obiettivi di produzione, sia delle piante organiche;
la progressiva riduzione delle risorse pubbliche disponibili negli ultimi anni ha fortemente penalizzato lo sviluppo produttivo e l'aggiornamento del personale tecnico dell'I.G.M., con particolare riguardo al personale civile;
anche in relazione alle ridotte risorse presenti in bilancio, l'I.G.M., pur essendo organo ufficiale di cartografia di Stato, è stato costretto negli ultimi anni a concentrare la prevalenza delle sue attività sui progetti di supporto alle Forze armate, a discapito delle lavorazioni per la produzione di cartografia civile, spostando gran parte del personale civile tecnico più qualificato verso i progetti militari. In questo senso, si è dovuta registrare la sospensione di diversi rapporti di collaborazione tra l'istituto e altri enti pubblici e di ricerca di rilievo nazionale, con un inevitabile crescente isolamento dell'I.G.M. nello svolgimento delle sue attività;
l'I.G.M. negli ultimi anni ha visto transitare in quiescenza i 2 dirigenti civili

in forza presso il suo organico, con l'assunzione dei relativi incarichi da parte di personale militare;
negli ultimi anni le rappresentanze sindacali unitarie dell'Istituto geografico militare hanno avanzato agli organi competenti proposte di riorganizzazione dell'ente, dando testimonianza della disponibilità del personale civile, composto da circa 500 lavoratori, a valutare nuove prospettive più efficienti e meno onerose sulla base delle quali riorganizzare la produzione di cartografia in ambito civile;
le stesse rappresentanze sindacali unitarie hanno avanzato all'attenzione del comandante logistico dell'Esercito e del direttore generale per il personale civile - che in diverse occasioni hanno avuto modo di visitare l'Istituto - proposte di rivisitazione delle tabelle organiche e richiesta di assunzione di personale cartografico tecnico, nel quadro di una richiesta più generale di programmazione a lungo termine delle attività, che possa rilanciare funzioni e obiettivi dell'ente, per valorizzare al meglio le sue competenze, la sua alta specializzazione e le sue potenzialità, e per consentire allo stesso di avere una produzione più efficiente, tecnologicamente avanzata, per volumi crescenti ed economicamente sostenibili, che si concentri non solo sul settore militare, ma anche su quello civile, da considerarsi non come residuale, ma come uno straordinario ambito nel quale poter attivare collaborazioni e nuove attività con altri enti pubblici -:
se trovino conferma i fatti esposti e le condizioni critiche in cui versa il personale - in particolare quello civile - dell'Istituto geografico militare e quali interventi di riorganizzazione intenda adottare il comando logistico dell'Esercito con riferimento agli obiettivi di produzione e alla pianta organica dell'ente, in un'ottica di salvaguardia e piena valorizzazione delle alte specializzazioni di cui si dispone, di crescita delle risorse finanziarie ed umane, di riconoscimento e di rinnovamento delle competenze e delle professionalità presenti;
quali orientamenti abbia assunto sino ad ora e quali iniziative intenda adottare per la salvaguardia e la promozione delle attività dell'Istituto geografico militare in ambito civile, in qualità di organo ufficiale di cartografia di Stato, attività che deve accompagnare, in piena complementarità e con opportunità di pieno sviluppo, quelle di natura strettamente militare, di supporto cartografico alle unità e ai comandi dell'Esercito italiano.
(5-06206)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul settimanale il Venerdì di Repubblica del 17 febbraio 2012, è pubblicato un articolo dal titolo «Il caffè che piace a La Russa divide l'Arma - Ha vinto molte gare nelle caserme per l'appalto delle macchinette dell'espresso: l'associazione Podgora è nata sotto una buona stella (quella dell'ex Ministro), ma qualcuno vuole vederci chiaro», in cui si legge «Dal banco degli imputati, i delegati Cocer e fondatori dell'associazione si difendono: "Comellini ce l'ha con noi per motivi personali, se la Legione ha scelto di annullare la gara, noi che c'entriamo?" risponde il brigadiere Antonio Tarallo che replica anche all'accusa di conflitto di interessi: "Possiamo partecipare ad attività a favore dei carabinieri e i proventi li rinvestiamo per dare servizi ai militari soci". E nel Lazio? "Li c'è stata una ricerca di mercato e ci hanno scelto. Quest'anno il Comando regionale ha dato libertà di scelta a ciascuna caserma e ci hanno confermato nel 90 per cento dei casi". Bisogna anche dire che nel 2010 alcuni carabinieri si lamentarono del servizio. I rappresentanti locali però votarono per confermare la Podgora, anche se uno di loro chiese di mettere a verbale che molti votanti erano iscritti proprio a quell'associazione»;
con numerosi atti di sindacato ispettivo gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in merito alle attività svolte dai

militari soci fondatori dell'Associazione carabinieri in servizio Podgora, o da quelli che alla medesima siano legati da rapporto associativo in seno agli organi statutari e che risultino essere anche membri dei consigli della rappresentanza militare;
in particolare, con l'interrogazione 4-06775 gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in merito all'affidamento all'Associazione carabinieri in servizio Podgora, da parte del comando legione carabinieri Lazio, del servizio di «somministrazione di alimenti e bevande calde e fredde a mezzo di distributori automatici da installare presso le caserme sede di reparti amministrativamente dipendenti. Esercizio Finanziario 2010», e sulle modalità dello svolgimento del medesimo servizio e sul possesso dei requisiti di legge da parte dell'affidataria -:
se il Ministro interrogato non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, ogni accertamento in ordine alla regolarità della procedura di affidamento del servizio di cui in premessa e se si intenda verificare il possesso da parte dell'associazione affidataria di tutti i requisiti di legge per la gestione del servizio medesimo;
quali ulteriori iniziative il Ministro intenda avviare per impedire che il prestigio dell'Arma dei carabinieri sia ulteriormente messo in discussione e se non ritenga di dover revocare l'assenso ministeriale all'associazione in premessa al fine di evitare l'insorgere di altri evidenti conflitti di interessi.
(4-14998)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo spot del Superenalotto che racconta i sogni degli italiani in caso di vittoria è poco in sintonia con quanto messo in atto dal nuovo Governo, improntato ad una politica di sacrifici e tagli;
il messaggio lanciato non è quello che si può definire educativo e arriva direttamente dalla società concessionaria dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la Sisal, che pur essendo privata opera in rapporto strettissimo con il Ministero dell'economia e delle finanze;
la responsabilità sociale non può passare in secondo piano, anche considerando il fatto che il 53,6 per cento dell'introito delle giocate finisce nelle casse dello Stato; inoltre, nell'ultimo pacchetto di riforme varato è stata inserita una tassazione extra del 6 per cento sulle vincite superiori ai 500 euro per tutte le tipologie di gioco;
lo spot grida «Lasciatemi sognare!», un remake dell'italiano di Cutugno, anche se il testo originario lascia il posto a un brano completamente diverso, che incita a sognare per sperare in un futuro migliore, un messaggio che a giudizio dell'interrogante stride con le sollecitazioni fatte dai membri del Governo;
la Sisal, non rivela «per policy aziendale» il costo della campagna mediatica, decisamente imponente, e in una nota Matteo Sala, responsabile marketing di Sisal, descrive lo spot come «Far cantare agli italiani i propri desideri è un modo per celebrarli: SuperEnalotto riesce sempre a far sognare in grande»;
è lecito che un'azienda pensi al profitto, ma se l'azienda è concessionaria dello Stato servirebbe maggiore responsabilità, più di quanto si chieda a un qualsiasi privato;
a parere dell'interrogante l'invito al gioco come soluzione ai problemi sembra una presa in giro piuttosto che una presa d'atto positiva nei confronti della vita -:
quali siano gli intendimenti del Governo rispetto ad una vicenda che, ad

avviso dell'interrogante, risulta offensiva nei confronti dei «veri italiani» che ogni giorno affrontano sacrifici per sé stessi e per poter costruire e non solo sognare un futuro migliore per i propri figli.
(3-02113)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO, SANI, META, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, GINEFRA, LARATTA, LOVELLI, ANTONIO MARTINO, GIORGIO MERLO, TULLO e ZAMPA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ad un mese dal drammatico naufragio della nave «Costa-Concordia» nelle acque antistanti l'isola del Giglio, a poche decine di metri dal porto, sono finalmente cominciate le operazioni di svuotamento dei serbatoi contenenti oltre 2000 tonnellate di gasolio. Tale intervento, che durerà diverse settimane, diminuirà notevolmente il rischio ambientale connesso alla permanenza della nave in prossimità delle coste gigliesi;
sebbene il carburante ancora contenuto nei serbatoi della nave sia l'elemento di maggior rischio ambientale, non è certamente l'unico. Diverse tonnellate di liquidi e altre sostanze inquinanti sono state rilasciate in mare e altre lo saranno nei prossimi mesi. Il danno già verificatosi, stando ai risultati dei monitoraggi effettuati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente della Toscana, sebbene rilevante sembra non abbia prodotto conseguenze irreparabili sul delicatissimo ecosistema del Giglio e dell'arcipelago toscano. La presenza del relitto della Concordia a poche decine di metri dalla costa, tuttavia, oltre al rischio ambientale, che può attualmente considerarsi sotto controllo, determina con certezza un grave pregiudizio alla principale attività economica dell'isola: il turismo balneare;
i tecnici impegnati nelle operazioni di messa in sicurezza della nave non sembra abbiano ancora un'idea precisa del tempo che occorrerà per concludere l'intervento, ne risulta sia ancora stata presa una decisione sulle modalità e sui tempi occorrenti per rimuovere l'imponente relitto: si parla comunque di 10-12 mesi. Tale previsione approssimativa mette certamente a repentaglio la stagione turistica, tanto che comitati di cittadini e la stessa amministrazione locale hanno ipotizzato il ricorso alla magistratura contro la società armatrice per il risarcimento del danno economico conseguente al prevedibile calo di turisti che si verificherebbe nell'anno in corso;
al Giglio giungono ogni anno circa 250-300 mila visitatori (con punte di oltre 50 mila sbarchi in agosto) e le attività turistiche producono un fatturato stimato certamente per difetto in circa 100 milioni di euro. L'imprecisione deriva dalla struttura dell'offerta: le presenze giornaliere in alta stagione arrivano a 5-6 mila unità, ma mentre gli affittacamere hanno a disposizione solo 7-800 posti, il grosso della ricettività è legato agli appartamenti dei privati. Se, come si prevede, una quota variabile tra il 30 e il 50 per cento dei turisti dovesse scegliere altre località per le prossime ferie estive, scoraggiato, in particolare, dall'impossibilità di praticare le immersioni subacquee, prevalente attrattiva del luogo, il danno potrebbe, evidentemente, ammontare a 30 o 50 milioni di euro. Neppure la diversificazione dell'offerta messa in atto dagli operatori turistici dell'isola riuscirà ad arginare le perdite. Nonostante gli arrivi di primavera per il trekking e le passeggiate naturalistiche, i cicloamatori e persino il turismo «minerario» alla ricerca della tormalina di cui l'isola è ricca, la stagione estiva e il mare sono di gran lunga l'attrazione di maggior richiamo. Il record delle presenze si concentra, infatti, tra l'inizio di giugno e la fine di settembre;
inoltre i limiti alla navigazione imposti dalle autorità marittime allo specchio di mare antistante il porto e l'impossibilità

di utilizzare le strutture portuali, ovviamente dedicate alle operazioni di messa in sicurezza e di recupero della nave e l'altissima concentrazione di mezzi e uomini impegnati nelle operazioni anzidette, costituiscono un disincentivo per chi volesse recarsi in visita sull'isola; si prevede, infatti, che sarà difficoltoso raggiungere l'isola sia con i propri mezzi che utilizzando i servizi collettivi di trasporto marittimo -:
se i Ministri interrogati intendano valutare l'opportunità di assumere iniziative normative volte ad adottare le misure, conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, previste dall'articolo 5, comma 5-ter della legge 24 febbraio 1992, n. 225, relative alla sospensione o al differimento dei termini per gli adempimenti e per i versamenti tributari e contributivi, a favore dei cittadini dell'Isola del Giglio e, in particolare, delle attività economiche legate al turismo balneare; se non ritengano, comunque, di dovere valutare l'opportunità di assumere ogni altra iniziativa diretta a limitare gli effetti negativi del disastroso naufragio della nave «Concordia» sulla vita e le attività economiche degli abitanti dell'Isola del Giglio.
(5-06201)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la cosiddetta «manovra di Ferragosto», contenuta nel decreto-legge n. 138 del 2011 ha stabilito che una perdita per tre anni consecutivi fa presumere, salvo prova contraria, che la società sia di comodo. La prima applicazione di tale criterio si avrà con il pagamento della prima rata dell'acconto delle imposte sui redditi relative al 2012 da indicare sul cosiddetto UNICO 2013;
l'amministrazione finanziarla, però, non ha ancora indicato i casi in cui le perdite verranno considerate effettive, cioè reali, genuine e non frutto della volontà truffaldina di sottrarre introiti al fisco -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare affinché l'Agenzia delle entrate adotti il provvedimento di cui in premessa, anche al fine di ridurre il più possibile il numero di interpelli sul punto.
(4-14988)

DE ANGELIS. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 3 febbraio 2012 è apparso sulla versione on line del settimanale L'Espresso un articolo a firma Orazio Carabini dal titolo «Super regalo a Morgan Stanley» nel quale si afferma che in data 3 gennaio 2012 il Governo avrebbe chiuso una posizione di non meglio definiti «derivati» con la nota banca d'investimento per una somma di due miliardi e 567 milioni di euro;
l'episodio solleva la questione della trasparenza delle operazioni in derivati che sono gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze nella più totale opacità: nessuno sa a quanto ammontano e una volta all'anno viene comunicato, agli uffici di statistica, il guadagno o la perdita complessivamente registrata su quel tipo di operazioni. L'autore dell'articolo specifica che «né il Tesoro né Morgan Stanley hanno voluto spiegare all'Espresso il senso dell'operazione» -:
se la notizia, nella sua dettagliata esposizione, risponda al vero;
di che tipo di «derivati» trattasse l'operazione e a copertura di quale rischio eventuale siano stati sottoscritti;
a quanto ammontasse l'esposizione totale nei confronti della banca citata a riguardo della posizione in questione;
quali fossero i termini del contratto con la banca e se in esso fossero contenute specifiche riguardo ad eventuali «termination event»;

se sia altresì vero che per estinguere la posizione sia stato contratto un debito con banca Imi per il corrispondente ammontare dell'operazione;
per quali motivi il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia inteso fornire alla stampa spiegazioni su una operazione condotta con soldi pubblici.
(4-14990)

LAFFRANCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 21 ottobre del 2011 l'ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato ha trasmesso una relazione contente gli esiti di una verifica amministrativo-contabile eseguita nei confronti della comunità montana della Valnerina nel periodo compreso tra il 26 aprile 2011 e l'11 maggio 2011;
dalla suddetta relazione risultano diverse situazioni di irregolarità e/o criticità che l'ispettorato generale di finanza della ragioneria generale dello Stato invita a rimuovere;
le irregolarità contestate riguarderebbero tra le altre, per quanto consta all'interrogante, carenze nella nomina e nella conseguente attività sia del nucleo di valutazione che del nuovo organismo di controllo (OIV), la mancata adozione di atti obbligatori di programmazione triennale, la violazione della normativa sugli affidamenti degli incarichi e sulla stabilizzazione del personale, irregolarità in merito alla costituzione ed utilizzo del fondo accessorio e del fondo per la produttività;
secondo le notizie in possesso dell'interrogante, gli ispettori della ragioneria generale dello Stato hanno, nella loro relazione, in più parti evidenziato che le irregolarità denunciate sarebbero state poste in essere quando l'ente era già nella fase di dismissione, comportando quindi alla nuova comunità montana della Valnerina aggravi economici di non poco conto determinati da condizioni di privilegio prematurati alla sua stessa costituzione;
appare chiaro come il corretto funzionamento di un ente come la comunità montana sia una garanzia fondamentale per il mantenimento di un livello adeguato di servizi alla popolazione, specie in un'area come la Valnerina in particolare alla luce dell'emergenza climatica che il nostro Paese sta affrontando in queste settimane;
risulta altresì evidente come sia necessario intervenire per garantire una gestione coerente ed efficace della suddetta comunità montana -:
se allo stato risulta che le situazioni di irregolarità evidenziate dall'ispettorato generale di finanza della ragioneria generale dello Stato siano state affrontate e risolte e, in caso negativo, quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere, nel pieno rispetto delle proprie ed altrui competenze, affinché la gestione della comunità montana della Valnerina risponda ai necessari requisiti di trasparenza e piena efficienza.
(4-14993)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno riportato la notizia in base alla quale la Rai sta inviando una serie di avvisi a diversi operatori economici, commercianti e professionisti tramite i quali ipotizza l'esistenza di un televisore nei locali dello studio, ufficio o negozio. Di conseguenza richiede il pagamento del cosiddetto «canone speciale», previsto per gli apparecchi televisivi disponibili in pubblici esercizi ma

anche in qualsiasi altro ambito «non familiare», per un importo pari ad euro 200,00;
l'obbligo è stato istituito di fatto con l'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, con la seguente disposizione: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto. La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radiotelegrafici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radio-ricevente»; il canone «speciale» di abbonamento alle radiodiffusioni è stato di fatto introdotto dall'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 21 dicembre 1944, n. 458, sostituendo il secondo comma dell'articolo 10 del regio decreto-legge 23 ottobre 1925, n. 1917 con questa disposizione: «Qualora le radioaudizioni siano effettuate in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dell'ambito familiare, o gli apparecchi radioriceventi siano impiegati a scopo di lucro diretto o indiretto, l'utente dovrà stipulare uno speciale contratto di abbonamento con la società concessionaria». Tale norma introduce in modo più chiaro ed esteso il criterio di distinzione per l'applicazione del canone speciale e del canone ordinario;
se è vero che esiste l'obbligo di pagamento se si detiene in ufficio, studio o negozio un apparecchio televisivo (adatto alla ricezione delle trasmissioni), tuttavia è importante evidenziare che il tutto non si può applicare nei caso di monitor non dotati di sintetizzatore di frequenza, come quelli dei computer, ad esempio, perché si tratta di apparecchi atti alla ricezione. In questi casi, ad avviso degli interroganti, il pagamento chiesto dall'azienda radiotelevisiva a chi possiede apparecchi in studio, ufficio o negozio è di dubbia legittimità;
non esiste quindi obbligo per i monitor «puri» che non sono in grado di decodificare il segnale trasmesso via etere, e per i lettori di cassette o CD (non videoregistratori) che si limitano a leggere il segnale del nastro;
nonostante ciò la Rai cerca di percepire il canone anche nei casi non dovuti, quale quello descritto perché se non c'è apparecchio televisivo, ovviamente non si deve pagare, e non si può essere obbligati a compiere alcuna azione in merito. Vale a dire non opererebbe il principio della presuntività; tuttavia potrebbe esserci una verifica di ispettori della Rai, che comunque per legge non possono procedere ad ispezioni personali, né reali né sulle persone né sui luoghi di lavoro, in quanto la legge non prevede in capo ai medesimi un siffatto potere di agire che, secondo gli interroganti, andrebbe, se posto in essere, denunciato immediatamente all'autorità giudiziaria perché integranti fattispecie di reati ben precisi -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere per evitare che i casi frequenti di abuso da parte della pubblica amministrazione ai danni di cittadini incolpevoli si ripetano sul territorio nazionale.
(4-14994)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2012

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

MONTAGNOLI e REGUZZONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n.148, ha previsto una delega al Governo tesa alla riorganizzazione e distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incrementare l'efficienza;

poiché la delega sopra richiamata prevede la possibilità di procedere alla soppressione o alla riduzione delle attuali 220 sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento, si avrebbero pesanti ricadute sul territorio, con disagi ed aumento dei costi per i cittadini e le realtà economiche di tutto il territorio;
nel contesto di tale riordino, anche la città di Legnago e il vasto territorio della pianura veronese che ad essa tradizionalmente fa capo potrebbero vedere cancellata l'amministrazione della giustizia di prossimità;
la sezione distaccata di Legnago, anche con organico fortemente ridotto, svolge egregiamente la sua attività, tanto che nell'anno 2010 sono state emanate 217 sentenze, esauriti 784 procedimenti, emessi 844 decreti ingiuntivi e posti in essere 1.336 pignoramenti, per cui sarebbe incongruo e dannoso chiudere detta sezione;
pur non disconoscendo le difficili condizioni economiche, si ritiene che tale emergenza non possa tradursi in inefficienze o disagi a scapito della collettività, aumentando la mole dei procedimenti pendenti presso il tribunale di Verona, atteso il buon servizio giustizia che viene fornito dal presidio giudiziario di Legnago;
il conseguente trasferimento nel capoluogo veronese non determinerebbe alcun risparmio di spesa, dal momento che eliminerebbe la spesa di un ufficio giudiziario per trasferirla su un altro;
il tessuto economica e la produttività locale del territorio della sezione distaccata di Legnago sono superiori a quelli circondariali -:
se il Ministro intenda indicare chiaramente quali siano i possibili interventi con riferimento alla sezione distaccata di Legnago e quali iniziative sia disposto a mettere in atto al fine di scongiurare la eventuale soppressione di un presidio giudiziario di eccellenza, tra i pochi in grado di garantire il buon funzionamento del sistema giustizia nell'interesse dei cittadini.
(4-14987)

GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul Corriere della Sera del 17 febbraio 2012 è stata pubblicata la notizia, ripresa dal quotidiano spagnolo El Mundo, di un incontro avvenuto nel giugno 2011 tra il magistrato di collegamento italiano in Spagna, un riciclatore di denaro per conto della camorra, Giuseppe Felaco, ed un avvocato di alcuni camorristi, Domenico di Giorgio, successivamente arrestato il 18 ottobre 2011 dalla polizia spagnola in un'operazione contro la criminalità organizzata a Tenerife -:
se il Ministero sia stato informato all'epoca dell'incontro da parte del magistrato italiano;
se, non essendo stato informato all'epoca dei fatti, abbia ora attivato opportune procedure ispettive, anche perché dall'operazione è riuscito a sfuggire proprio il figlio di Giuseppe Felaco;
se tali incontri siano previsti dalla normativa e dalle procedure.
(4-14995)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo sistema tariffario lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, fondato

su pedaggi differenziati e legati al chilometraggio effettivamente percorso;
il nuovo meccanismo si fonda sul principio dell'isocosto, in base al quale gli introiti della SAM (Autostrade meridionali), società concessionaria di tale autostrada, dovranno, con l'introduzione della tariffa differenziata, risultare eguali a quelli dell'anno 2010, quando erano in vigore i precedenti pedaggi unici ed indifferenziati lungo l'intera tratta ed a prescindere dal percorso in concreto effettuato;
infatti, i nuovi pedaggi non debbono risolversi in un indebito ed illegittimo incremento di introiti per la SAM, a danno delle comunità interessate;
del resto, nell'attivare il nuovo modello tariffario, sono stati applicati, ad avviso dell'interrogante, senza la neppur minima giustificazione, pedaggi più elevati e «salati» per i cittadini rispetto a quelli pure preannunciati dal Governo nella seduta della Commissione trasporti della Camera del 21 luglio 2010;
infatti, in particolare, la tariffa minima è stata fissata a 0,80 euro e non già a 0,60 euro come invece indicato a luglio 2010, ed è stato poi introdotto quello che all'interrogante appare un assurdo e immotivato aumento della tariffa unica, rimasta ancora in vigore per gli utenti non muniti di telepass, che è stata elevata da 1,60 euro a ben 2 euro, con un aumento pesantissimo ed abnorme del 25 per cento, un aumento che non ha alcun riscontro in tutti gli aumenti tariffari divenuti operativi dal 1° gennaio 2011 sulle diverse tratte autostradali in ogni parte d'Italia, nelle quali il suddetto incremento non supera mai qualche punto percentuale;
per queste ragioni è necessario conoscere ed acquisire le cifre precise relative agli introiti ricavati dalle SAM dal 1o gennaio in poi, per l'esercizio dei fondamentali e doverosi compiti di controllo e vigilanza che spettano all'ANAS ed al Governo nei confronti della SAM, nonché per l'indispensabile informazione che deve essere assicurata puntualmente e tempestivamente al Parlamento;
ove fossero registrati introiti superiori e più alti, la tariffa dei pedaggi differenziati e quella del pedaggio unico per gli automobilisti senza telepass dovrebbero essere immediatamente ridotte, nell'interesse generale dei cittadini, dei territori e delle comunità coinvolte, delle tantissime persone che ogni giorno utilizzano l'autostrada per esigenze di studio e di lavoro;
in risposta all'interrogazione del firmatario del presente atto n. 5-04607 del 13 aprile 2011, il Sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Bartolomeo Giachino, nella seduta della VIII Commissione del 20 settembre 2011, ha fornito i dati ufficiali relativi al volume di traffico e degli introiti realizzati dalla SAM, nel periodo dal 1o gennaio 2011 al 31 luglio 2011 lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno;
in base a questi dati, è risultato che nei primi sette mesi del 2011 «il nuovo sistema tariffario ha determinato» «un maggior introito da pedaggio alla società concessionaria» «per un totale di 1.839.221,93 euro», con un incremento di circa il 6 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2010;
di conseguenza occorre ora acquisire con massima urgenza i dati relativi agli ultimi cinque mesi, da agosto a dicembre 2011, per poter così recuperare i maggiori introiti realizzati dalla SAM, con la giusta e congrua riduzione dei livelli tariffari praticati dal 1° gennaio 2011;
del resto proprio in Commissione VIII, in quella sede, il Ministero aveva precisato che «i livelli tariffari verranno, come previsto in convenzione, rideterminati, al fine di assicurare, a partire già dal 2012, la parità di gettito ed il recupero dell'eventuale scostamento registrato nel corso del 2011» -:
quali siano le cifre precise relative agli introiti conseguiti dalla Società Autostrade

meridionali nell'anno 2011, per verificare il livello delle entrate derivanti dai pedaggi differenziati lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno rispetto a quello delle entrate provenienti dal pedaggio unico ed indifferenziato in vigore fino al 31 dicembre 2010, e per determinare, - nell'ipotesi a questo punto assolutamente probabile, visti i dati già registrati nei primi sette mesi del 2011, di maggior e consistenti incassi per la Società Autostrade meridionali - la tempestiva e congrua riduzione per il 2012 dei livelli tariffari dei pedaggi.
(5-06202)

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INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

LO MORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è di pochi giorni fa la notizia che l'associazione Riferimenti rinuncia ad un immobile confiscato alla cosca Mancuso assegnatole nel comune di Limbadi. Si tratta di una villa che sorge in località Petti di Razza assegnata in delibera e mai consegnata;
nella notte tra il 12 ed il 13 febbraio 2012 ignoti hanno forzato e distrutto i portoni di accesso dell'immobile;
un referente dell'associazione Riferimenti che si è recato sul luogo per accertare i danni racconta che non è potuto materialmente neanche entrare nell'immobile perché lo stesso risultava recintato e presidiato da un mastino napoletano. «La villa confiscata - affermano ancora dal movimento antimafia - non ha una via d'accesso. È circondata, infatti, da un terreno di proprietà delle suore di San Francesco che lo hanno subaffittato ad una famiglia del posto, che risultano essere gli stessi Mancuso che, proprietari anche di un casolare vicino, avrebbero apposto la rete metallica»;
l'associazione Riferimenti precisa che «non ha mai avuto le chiavi di quell'immobile né è mai potuta entrare». «Stanti così le cose, il coordinamento Riferimenti - conclude - rinuncia all'immobile, denunciando la mancanza dello Stato in quel territorio dove la cosca Mancuso continua a fare da padrona, indisturbata»;
tale denuncia non può essere trascurata e richiede risposte immediate dello Stato che ridiano fiducia a chi opera sul territorio e confermino con i fatti che le cosche non possono mantenere il controllo e la disponibilità dei beni confiscati -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se e come si intenda intervenire per acquisire la concreta disponibilità della villa di località «Petti di Razza» di Limbadi;
se e come si intenda garantire che non si ripetano eventi simili a quelli della villa confiscata e assegnata all'associazione Riferimenti e, più in generale, che i beni confiscati siano sottratti al controllo e alla disponibilità delle cosche.
(4-14989)

TESTO AGGIORNATO AL 26 APRILE 2012

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 482 del 1999 «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, articolo 4, comma 4, in fine, prevede l'utilizzo nelle scuole elementari e medie di «docenti qualificati» al fine di «assicurare l'apprendimento della lingua di minoranza», in riferimento ai quali le istituzioni scolastiche verranno nella loro autonomia a stabilire le modalità di impiego, e, su di un piano più generale, le «metodologie» didattiche;

nell'anno accademico 2004/2005 è, stato organizzato dal Consorzio universitario del Friuli, di concerto con l'università degli studi di Udine, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia e il Ministero un master in lingua friulana;
il corso di aggiornamento in questione in moduli formativi di 400 ore per ciascuna lingua minoritaria (friulana, slovena e tedesca) e attribuente 35 crediti formativi universitari, era stato attivato - si sottolinea - con fondi della legge n. 482 del 1999 (anno 2002) finalisticamente accordati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri/dipartimento per gli affari regionali, previa valutazione del Comitato nazionale per le lingue minoritarie, a seguito di precise intese tra il Miur-Ufficio scolastico per il Friuli Venezia Giulia, la regione Friuli Venezia Giulia, l'università degli studi di Udine e il Consorzio universitario del Friuli, nella considerazione della imprescindibile necessità per il territorio di poter venire a disporre, nella scuola, di «docenti qualificati»;
nella «Seconda opinione sull'Italia adottata in Strasburgo il 25 febbraio 2005 dal Comitato Consultivo del Consiglio d'Europa sulla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali», nelle raccomandazioni, al punto 111, è stato rappresentato che: «sono necessari ulteriori provvedimenti per garantire un adeguato livello di formazione degli insegnanti e la pubblicazione di testi scolastici nelle lingue minoritarie. Nel fare ciò è auspicabile che l'Italia rivolga una particolare attenzione alle minoranze che non possono fruire di un sostegno di un paese d'origine»;
sempre in riferimento al corso in questione, con nota 1o dicembre 2005, n. 1128 (diretta al Consorzio universitario del Friuli organizzatore generale del corso) il MIUR/dipartimento per l'istruzione/direzione generale ordinamenti scolastici/area autonomia, in esito a specifico quesito formulato con allegazione del manifesto degli studi, concludeva nel senso che: «...(in base) alle valutazioni positive espresse dalla Commissione Tecnica Nazionale costituita con decreto ministeriale n. 75 del 27 giugno 2002 per l'attuazione della legge n. 482 del 1999 nel settore scolastico nella seduta del 9 e 10 novembre 2005, si conviene sull'opportunità del riconoscimento del corso di aggiornamento in lingue minoritarie (friulana, slovena, tedesca) attivato nell'anno accademico 2004/05 presso l'Università di Udine con effetto immediato a valere per i partecipanti che abbiano superato la prova finale»;
i partecipanti al corso (tutti docenti in servizio di ruolo o in servizio temporaneo presso istituzioni scolastiche del Friuli Venezia Giulia e per le lingue di rispettiva rilevanza) con richiesta collettiva 21 settembre 2006 indirizzata al MIUR-ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, alla regione Friuli Venezia Giulia, all'università di Udine e al Consorzio universitario del Friuli, chiedevano formalmente il riconoscimento della qualificazione conseguita;
in sede di riunione del 28 settembre 2006 de il «Gruppo tecnico di coordinamento per le lingue minoritarie nel Friuli Venezia Giulia», funzionante presso il Miur-ufficio scolastico per il Friuli Venezia Giulia (in appresso USR FVG), veniva «dato atto che - pur ritenendo che il corso rappresenta un primo valido esempio di intervento nel campo della formazione - il riconoscimento del titolo non rientra nelle competenze dell'USR Friuli Venezia Giulia ma del Ministero della Pubblica istruzione a livello centrale»;
gli interessamenti al proposito, inoltrati al Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca da parte del Consorzio universitario del Friuli (a nome e per conto anche degli altri pubblici soggetti coorganizzatori del corso e nell'interesse delle collettività dei territori di riferimento, delle famiglie che hanno esercitato opzione in favore della singola lingua minoritaria e, da ultimo, dei diplomati al corso) con note 6 novembre 2006 e 17 maggio 2007, ove specificamente rappresentavasi

quanto immediatamente precede, sono rimasti senza esito e comunque senza riscontro;
stante quanto circostanziato il titolo conseguito è tutt'ora oggettivamente sprovvisto di concreta efficacia e spendibilità, venendo considerato, in assenza di formale riconoscimento, dall'Ufficio scolastico regionale Friuli Venezia Giulia e (nei fatti concludenti) dalle istituzioni scolastiche, non titolo di «qualificazione» ma, e riduttivamente, quale semplice e generico «titolo di cultura»;
ciò costituisce pregiudizio per un diffuso ed elettivamente privilegiato utilizzo di chi scrive nel settore della scuola, ambito lingua minoritaria friulana, così venendo sostanzialmente vanificati da un lato l'impegno formativo dedicato su un ampio arco temporale e le spese sostenute, e, dall'altro, lo stesso esborso di fondi pubblici utilizzati per la gestione del «corso»;
vanno considerati i contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 159/2009, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di parte della Legge regionale Friuli Venezia Giulia n. 29/2007, «Norme in materia di tutela della lingua friulana» (con riferimento alla legge n. 482 del 1999 e al decreto legislativo n. 223 del 2002, norme di attuazione dello Statuto regionale, trasferente alla Regione unicamente «funzioni di coordinamento dei compiti attribuiti alle istituzioni scolastiche autonome in attuazione della disciplina prevista dall'articolo 4 della legge, in materia di uso della lingua della minoranza nella scuola materna e in materia di insegnamento della lingua della minoranza nelle scuole elementari e secondarie di primo grado, nonché l'esercizio di tutte le funzioni amministrative connesse all'attuazione delle disposizioni previste dagli articoli 9 e 15 della legge e di ogni altra disposizione concernente la disciplina dello svolgimento di compiti delle amministrazioni pubbliche locali»);
nella sentenza esplicitamente - e risolutivamente - si ribadisce il principio della competenza statuale piena in tutti gli ambiti (della legge n. 482 del 1999) non attribuiti alla regione Friuli Venezia Giulia dallo statuto speciale dalla stessa e dalle norme di attuazione del medesimo, e pertanto, e per quanto qui rileva, al riconoscimento della qualificazione all'insegnamento delle e nelle lingue minoritarie nel sistema statale della scuola;
i partecipanti ai corsi sopra descritti ritengono di essere pertanto portatori di un proprio interesse concreto ed attuale a vedere riconosciuto da parte dell'autorità statale dell'istruzione - unico soggetto giuridicamente competente in materia per l'effetto di quanto sopra esposto - il titolo conseguito ai fini del (qualificato) insegnamento della lingua minoritaria friulana nell'ambito del sistema statale della scuola, contesto regione autonoma Friuli Venezia Giulia, istituzioni scolastiche elementari e medie aventi sede nell'ambito delle delimitazioni territoriali individuate dalle province del Friuli a norma della legge n. 482 del 1999;
il detto interesse, volto negli effetti a vederne dichiarata (la non ancora sussistente) efficacia sia nei confronti dell'Usr Friuli Venezia Giulia, sia nei confronti delle singole istituzioni scolastiche, viene a raccordarsi con l'interesse diffuso del quale sono collettivamente portatori in primis le famiglie del Friuli (per doverosa, ancorché certamente già nota, informazione consta esercitata opzione, in piena ottemperanza della legge n. 482 del 1999, in favore dell'insegnamento della lingua friulana, da parte del 64 per cento dei genitori degli alunni frequentanti corsi elementari e medi presso le istituzioni scolastiche dei territori come sopra delimitati, secondo dati recentemente diffusi dall'USR Friuli Venezia Giulia) e (ne sono inoltre portatrici) la Regione Friuli Venezia Giulia [unitariamente per le tre lingue minoritarie considerate - e per la lingua slovena al di fuori dei territori contemplati nell'Accordo di Londra] ed altresì gli Enti locali dei territori delimitati (alcuni dei quali bilingui e altro trilingue), interesse volto a vedere assicurato, in totale trasparenza

e inoppugnabilità nelle scelte, l'apprendimento delle lingue minoritarie (e nel caso di specie quella friulana) a cura di «docenti (certificatamente) qualificati»;
è sicuramente in piena evidenza al livello nazionale la sussistenza di un generale pubblico interesse, del quale l'amministrazione dell'istruzione è ration e officii portatrice e custode, a che l'insegnamento delle e nelle lingue minoritarie - nel quadro generale e nelle condizioni specifiche della già citata sentenza della Corte costituzionale 159 del 2009 in riferimento alla legge n. 482 del 1999 - venga assolto da «docenti qualificati» cioè «idoneamente qualificati presso strutture universitarie»;
rimane ferma la circostanza che il «corso» di che trattasi (anno accademico 2004/05) è riconosciuto temporalmente, quale prima iniziativa in Italia volta alla rigorosa «qualificazione», da parte del sistema universitario, di docenti della scuola (del territorio) nelle e delle lingue minoritarie, e, in assoluto, unica iniziativa congiuntamente promossa dall'insieme dei pubblici soggetti locali portatori, ciascuno e per propria parte ed in riferimento ai rispettivi territori di un preciso interesse pubblico a ciò;
è ulteriore corollario la circostanza che i «bandi regionali per il finanziamento per le attività didattiche d'insegnamento delle lingue e delle culture delle minoranze linguistiche storiche», emanati in forza della legge regionale del Friuli Venezia Giulia 3/2002 (e che finanziariamente si affiancano agli interventi statali diretti in favore delle scuole ex legge n. 482 del 1999, prevedono in capo alle scuole proponenti ed in capo ai docenti coordinatori titoli di studio e di qualificazione adeguati con competenze specifiche in lingue minoritarie, circostanza questa che avvalora ulteriormente l'esigenza di vedere asseverata da parte dell'Amministrazione dell'istruzione - ogni altro soggetto escluso - la sussistenza di idonea qualificazione in proposito -:
se il Ministro sia a conoscenza del problema sopra illustrato;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per riconoscere e tutelare i diritti maturati e le legittime richieste più volte formulate dai docenti frequentanti i corsi richiamati in premessa.
(3-02112)

MENIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in occasione del giorno del ricordo, che viene celebrato il 10 febbraio per onorare le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata (legge n. 92 del 2004), il comune di Milano, tramite una convenzione stipulata tra Palazzo Marino e Anpi, iscrive nel bilancio del settore zona 3 la stampa di 150 opuscoli a colori firmati da Enrico Wieser, già presidente dell'Anpi-sezione Ortica, nei quali si definisce il dramma delle foibe prima come «Un episodio marginale della guerra», poi come «La risposta (sbagliata e irrazionale) alla persecuzione fascista» e, senza nemmeno provare a celare l'intento pedagogico fazioso e antistorico, come un argomento «Politicamente usato per la battaglia anticomunista, per addossare al comunismo colpe che non ha avuto»;
l'opuscolo in questione ha ricevuto, oltre al patrocinio del comune di Milano e al logo del consiglio di zona 3, persino i finanziamenti pubblici per la stampa delle copie e su di esse spicca la firma del primo cittadino di Milano, che dunque sottoscrive esplicitamente frasi come la seguente: «Il rancore e l'odio accumulati da sloveni e croati per la criminale oppressione fascista può spiegare i comportamenti degli jugoslavi nei confronti della popolazione italiana che veniva identificata in blocco come nemico storico del nazionalismo sloveno e croato»;
il sindaco Pisapia, che non ha mai menzionata i crimini del comunismo durante il suo contestato discorso del 10 febbraio del 2012, e che nel 2004 aveva votato in Parlamento contro la legge che istituiva il «Giorno del Ricordo», ha ritenuto

legittimo affidare, nel suo primo anno di giunta, esclusivamente all'associazione dei partigiani la testimonianza dell'orrore delle foibe e del dramma dell'esodo, noncurante delle vibranti proteste degli esuli dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che avevano inviato una lettera al primo cittadino per esprimere lo sdegno riguardo alle iniziative del comune, decidendo così di annullare la mostra prevista a Palazzo Marino per celebrare il «giorno del ricordo»;
a parere dell'interrogante è evidente che l'iniziativa del sindaco di Milano appare in palese e voluta contraddizione con i principi e il senso della ricorrenza del 10 febbraio, che mira a creare una memoria condivisa senza piegare l'orrore all'ideologia, e risulta offensiva nei confronti delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati, se e come intenda intervenire in questa e in altre simili circostanze, al fine di conciliare con lo spirito di unione e riconciliazione nazionale sotteso alla legge le iniziative che - come recita la norma - sono «previste per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado» e favorire «da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende».
(3-02114)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, TOCCI, MAZZARELLA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha istituito e regolamentato la figura dei ricercatori universitari a tempo determinato, incaricati di «svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti» mediante contratti di lavoro subordinato a tempo determinato stipulati dalle università, configurando quindi, nei compiti, una vera e propria docenza universitaria;
in particolare, il comma 2, lettera a), dell'articolo 24 prevede che le procedure pubbliche di selezione dei ricercatori a tempo determinato, disciplinate dalle singole università con apposito regolamento, debbano specificare nel bando il settore concorsuale e «un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari»; sembrerebbe quindi che i bandi non possano essere correlati a specifici progetti di ricerca e nemmeno ad ambiti o temi di ricerca che non siano quelli individuabili mediante i settori scientifico-disciplinari, probabilmente perché, mediante l'indicazione di tematiche molto specifiche, si potrebbe configurare un'eccessiva restrizione del numero e della tipologia dei possibili candidati, in contrasto con la carta europea dei ricercatori di cui allo stesso comma 2;
nel sito web del Ministero è stata molto opportunamente creata una sezione con una scheda per ciascun bando a posti di ricercatore a tempo determinato, in modo da rendere facile l'accesso a tutti gli interessati italiani o stranieri; tale scheda prevede una voce «titolo» che parrebbe far riferimento ad un tema di ricerca collegato con ciascun posto di ricercatore a tempo determinato;
da un esame di tutti i bandi reperibili in questa sezione il 9 febbraio 2012 risulta che le università si sono comportate in modi opposti nell'interpretazione della voce «titolo»; per l'esattezza, ventotto università hanno indicato nei loro bandi specifiche tematiche di ricerca per ogni posto di ricercatore a tempo determinato, mentre tredici hanno indicato solo il settore concorsuale ed eventualmente i settori scientifico-disciplinari di riferimento per ciascun posto;
nella medesima sezione del sito del Ministero, risultano presenti anche bandi per posti di ricercatore a tempo determinato emessi da istituti del CNR presentati

con l'identica maschera informatica, il che può indurre in confusione essendo questi ultimi regolati da norme diverse da quelli banditi dalle università;
mentre l'articolo 24, comma 2, lettera c), della legge n. 240 del 2010, stabilisce che nella procedura di selezione per posti di ricercatore a tempo determinato «sono esclusi esami scritti e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l'adeguata conoscenza di una lingua straniera», in alcuni regolamenti di ateneo e in alcuni bandi risultano previste varie tipologie di prove orali (colloquio, seminario e altro), talora addirittura con l'indicazione di specifici voci di un programma di esame sulle quali saranno accertate conoscenze e competenze del candidato -:
se il Ministro non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative volte a fornire un'interpretazione autentica delle vigenti norme di legge in modo da permetterne un uniforme, rigoroso e puntuale rispetto da parte delle università, per giunta su un tema così importante e delicato come il reclutamento della docenza universitaria, considerati anche i possibili risvolti nei confronti dell'opinione pubblica nazionale e internazionale; ovvero se non ritenga più opportuno avviare un'iniziativa normativa di modifica delle disposizioni vigenti al fine di semplificare, unificare e rendere più rispondente alla Carta europea dei ricercatori e ai modelli più diffusi a livello internazionale il percorso di lavoro di ricerca post-dottorato per chi aspira a dedicarsi alla docenza universitaria, anche per migliorare la capacità competitiva della ricerca italiana nel contesto europeo e internazionale;
se il Ministro non ritenga opportuno dare disposizioni affinché la sezione del sito ufficiale del Ministero che contiene i bandi per posti di ricercatore a tempo determinato sia organizzata, viste le differenti norme di legge, in modo differenziato per università ed enti di ricerca e il formato delle informazioni richieste rispecchi fedelmente le relative norme di legge al fine di evitare ogni possibile equivoco.
(5-06200)

GRIMOLDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 la formazione iniziale degli insegnanti è radicalmente cambiata;
l'obiettivo dei nuovi percorsi è garantire una più equilibrata preparazione disciplinare, didattica e pedagogica nel corso delle lauree magistrali e lo svolgimento di un anno di percorso, il tirocinio formativo attivo, direttamente a contatto con le scuole;
il regolamento in questione dà seguito a quanto previsto dall'articolo 2, comma 416, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), in coerenza con il cosiddetto «piano programmatico» di interventi adottato sulla base dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
il testo del citato «regolamento» prevede, all'articolo 2, che la formazione iniziale degli insegnanti è «finalizzata a valorizzare e qualificare la funzione docente attraverso il rafforzamento delle conoscenze disciplinari, promuovendo, nel contempo, la riflessione pedagogica e sviluppando le capacità didattiche, organizzative, relazionali e comunicative»;
l'articolo 3 del medesimo regolamento delinea poi i percorsi formativi per gli insegnanti che, differenziati per i diversi ordini di scuola, «sono attivati dalle università e sono finalizzati all'acquisizione delle competenze disciplinari, pedagogiche, didattiche, organizzative, relazionali e comunicative che caratterizzano il profilo formativo e professionale del docente». Tali percorsi sono articolati, per la scuola dell'infanzia e la scuola primaria, in un corso di laurea magistrale quinquennale che comprende il tirocinio a partire dal secondo anno, per la scuola secondaria di primo e secondo grado, in un corso biennale di laurea magistrale o diploma accademico di II livello seguito da un tirocinio annuale;

tuttavia, dopo le puntuali e opportune dichiarazioni iniziali, nell'articolazione successiva del dispositivo regolamentare si rileva che:
viene demandata totalmente alle università la formazione professionale del docente, mentre non è tenuta in adeguata considerazione la fondamentale funzione della scuola: il sistema scolastico è decisamente in posizione subalterna rispetto all'università;
il tirocinio annuale, così com'è strutturato nel regolamento, appare insufficiente per crediti formativi riconosciuti, separato dai saperi accademici e manchevole di quel necessario collegamento con i saperi da insegnare, che ha costituito un punto di forza delle esperienze virtuose realizzate all'interno delle scuole di specializzazione per l'insegnamento (SSIS) non viene in alcun modo tenuta in considerazione, l'esperienza realizzata negli ultimi dieci anni nel campo della formazione iniziale degli insegnanti, che ha visto emergere i due rilevanti elementi che si evidenziano:
a) la consapevolezza che insieme all'approfondita conoscenza disciplinare sia necessario imparare ad insegnare;
b) la compartecipazione tra mondo universitario e mondo della scuola che ha consentito di avviare protocolli di formazione nei quali si andava progressivamente realizzando un'equilibrata integrazione tra le istanze della teoria e quelle della pratica;
la sperimentazione decennale delle SSIS a fianco di innegabili elementi di criticità ha infatti prodotto innovazioni che andrebbero valorizzate: una prima occasione di incontro tra università e scuola si è concretizzata nella sinergia creatasi tra formazione accademica e formazione sul campo (tirocinio). In particolare il modello di tirocinio è risultato riflessivo, elaborato nell'accidentato percorso delle scuole di specializzazione per l'insegnamento, disceso dalle istanze del «quadro comunitario di sostegno» e dal modello europeo. A tale modello si sono uniformate tutte le esperienze con le quali i supervisori di tirocinio si sono confrontati per anni lavorando a fianco degli omologhi europei in convegni, seminari di studio, stage, progetti;
si tratta di un modello formativo che, non solo integra le competenze pedagogiche con quelle disciplinari e la progettazione in laboratorio con la sperimentazione in classe, ma prevede la contemporaneità di queste quattro componenti;
una nuova figura professionale, comparabile con quelle presenti nel contesto europeo, quale quella del supervisore del tirocinio, operando sia a scuola sia all'università, ha agito da trait d'union tra i due mondi della formazione, assicurando il raccordo tra percorso formativo universitario e tirocinio professionalizzante;
criticità manifeste sono derivate invece: dalla lunghezza del percorso formativo, dalla riproposizione al suo interno di contenuti disciplinari già acquisiti nei corsi di laurea, dall'autonomia troppo spinta delle SSIS che, in assenza di un serio sistema di rilevazione e monitoraggio delle esperienze in atto, ha creato disomogeneità e differenze qualitative tra SSIS e SSIS, tra tirocinio e tirocinio, e tra i soggetti operanti nelle diverse strutture;
il decreto attuativo del tirocinio formativo attivo, come evidenziato dal gruppo aggregatosi su facebook sotto il nome di «Docenti abilitati con almeno 360 giorni di servizio», appare in contrasto con alcune norme vigenti in materia, quali: la direttiva europea 2005/36/CE, l'articolo 2 della legge 143 del 2004, il decreto ministeriale n. 85 del 2005 recante l'attivazione dei corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione al personale docente che abbia maturato almeno «360 giorni» di servizio;
il sopracitato «gruppo di docenti» raccoglie circa 1500 persone che hanno svolto regolare servizio (attraverso il reclutamento di III fascia) nella scuola pubblica o nella scuola paritaria, raggiungendo

e spesso superando la quota di 360 giorni lavorativi. Accanto a loro si trovano insegnanti della scuola primaria diplomati prima del 2001 (diploma con valore abilitante a suo tempo) e docenti formati negli ITP, con un'anzianità pari o superiore a 360 giorni;
l'articolo 15 del regolamento in questione contempla una serie di situazioni per le quali si rende necessario prevedere una disciplina transitoria, in alcuni casi fino all'anno accademico 2012-2013, in altri fino all'anno accademico 2011-2012. La relazione illustrativa precisa che si tratta delle diverse categorie di soggetti che, sulla base dei titoli già acquisiti, godono della legittima aspettativa di entrare nel nuovo sistema di abilitazione all'insegnamento, senza dover ricominciare il percorso formativo;
relativamente al punteggio riservato al servizio prestato nelle istituzioni del sistema nazionale dell'istruzione nella specifica classe di concorso o in altra classe di concorso che comprenda gli insegnamenti previsti nella classe di concorso per cui si concorre entro la data in cui è bandita la selezione, il precitato articolo 15 attribuisce:
«a) 360 giorni: 4 punti;
b) da 361 a 540 giorni: 6 punti;
c) da 541 a 720 giorni: 8 punti;
d) da 721 giorni, 2 punti ogni ulteriori 180 giorni. Il servizio prestato per almeno 360 giorni vale a coprire 10 dei crediti formativi relativi all'articolo 10, comma 3, lettera b) e 9 dei crediti formativi relativi all'articolo 10, comma 3, lettere c) e d)»;
quattro anni di vuoto legislativo in materia di abilitazione e reclutamento hanno indubbiamente creato un certo numero di aspiranti abilitati, dotati di esperienza sul campo e quindi con una professionalità che non può essere paragonabile a quella di neolaureati (che verrebbero indiscriminatamente equiparati a questi ultimi, a fronte della prova nazionale di accesso al tirocinio normativo attivo, di cui al decreto ministeriale n. 249 del 2010, né può ottenere un peso graduato molto basso e poco significativo del servizio svolto -:
quali iniziative intenda intraprendere per rivedere le modalità di ammissione al tirocinio formativo attivo, operando un trattamento diversificato nei confronti di coloro che hanno maturato una notevole esperienza, svolgendo per anni servizio di docenza presso scuole statali e paritarie, anche al fine di rispettare le sopra citate norme ancora vigenti in materia di «formazione iniziale degli insegnanti»;
se non ritenga altresì importante assumere iniziative volte ad assicurare un riconoscimento di crediti maggiore, eventualmente elevando il punteggio assegnato sulla base del conteggio dei giorni di servizio scolastico prestato ai sensi del sopra citato articolo 15 del decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010.
(5-06204)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a quanto consta agli interroganti nell'istituto comprensivo «Aldo Capitini» di Gualdo Cattaneo, nella classe prima C, del plesso di San Terenziano, composta da 33 allieve/i, è presente un'alunna portatrice di handicap, che usufruisce del sostegno;
ai sensi del decreto ministeriale 18 dicembre 1975 per ogni persona presente in un'aula di scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, deve essere garantita un'area netta (compreso gli arredi) di 1,80 metri quadri;
i laboratori scolastici, assimilati a luoghi produttivi (e gli allievi a lavoratori), devono rispondere i requisiti indicati dal decreto legislativo m. 81 del 2008: altezza non inferiore ai 3,00 ml, cubatura non

inferiore a 10 metri cubi per lavoratore/allievo e deve disporre di una superficie di almeno 2,00 metri quadri;
il decreto ministeriale 26 agosto 1992 prevede:
«5. Misure per l'evacuazione in caso di emergenza.
5.0. Il massimo affollamento ipotizzabile è fissato in:
aule: 26 persone/aula. Qualora le persone effettivamente presenti siano numericamente diverse dal valore desunto dal calcolo effettuato sulla base della densità di affollamento, l'indicazione del numero di persone deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell'attività (Dirigente Scolastico). (....);
5.6. Numero delle uscite.
Le aule didattiche devono essere servite da una porta ogni 50 persone presenti (...);
14. Deroghe. Nei casi in cui per particolari motivi tecnici o per speciali esigenze funzionali, non fosse possibile adottare qualcuna delle prescrizioni contenute nella presente normativa, il titolare della gestione della scuola può avanzare motivata richiesta di deroga. (...);
le istanze devono essere corredate di grafici e di relazione tecnica che illustri, sotto l'aspetto antincendio, le caratteristiche dell'edificio e le misure alternative proposte al fine di garantire un grado di sicurezza equivalente a quello previsto dalle norme a cui si intende derogare»;
il decreto ministeriale 4 maggio 1998 stabilisce:
«Art. 5. Domanda di deroga (...)
La domanda di deroga (all'osservanza della vigente normativa antincendi), deve contenere:
c) disposizioni normative alle quali si chiede di derogare;
d) specificazione delle caratteristiche dell'attività o dei vincoli esistenti che comportano l'impossibilità di ottemperare alle disposizioni di cui alla lettera c);
Alla domanda sono allegati:
a) documentazione tecnica, in triplice copia, a firma di tecnico abilitato, contenente quanto previsto dall'allegato 1 al presente decreto ed integrata da una valutazione sul rischio aggiuntivo conseguente alla mancata osservanza delle disposizioni di cui si intende derogare e dalle misure tecniche che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo»;
il Decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 recita:
«Art. 4. Disposizioni per assicurare stabilità alla previsione delle classi e costituzione delle classi in organico di fatto.
1. Al fine di dare stabilità alla previsione delle classi, riducendo al massimo gli scostamenti tra il numero delle classi previsto ai fini della determinazione dell'organico di diritto e quello delle classi effettivamente costituite all'inizio di ciascun anno scolastico, è consentito derogare, in misura non superiore al 10 per cento, al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola, dal presente regolamento. (...);
Art. 5. Classi con alunni in situazione di disabilità.
(...) 2. Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi compresa le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola. L'istituzione delle predette classi

deve in ogni caso far conseguire le economie previste nei tempi e nelle misure di cui all'articolo 64, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
quanto al superamento del tetto di venti alunni per classe in presenza di alunni con disabilità non grave, si ritiene che esso possa raggiungere i ventidue alunni (secondo quanto stabilito dall'articolo 4 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 in presenza al massimo di due alunni certificati come «lievi», e non più di venticinque alunni in presenza di un alunno certificato come «lieve»;
la sentenza n. 80 del 2010 della Corte Costituzionale ha sostanzialmente ribadito il principio che i tagli alle spese non possono comprimere il nucleo essenziale dei diritti costituzionalmente garantiti come quello allo studio degli alunni con disabilità -:
con riferimento alla classe prima c se non si renda necessaria la costituzione di due classi in conformità alla normativa vigente e se sia stata ottenuta l'autorizzazione dal parte dell'ufficio scolastico regionale per realizzare la suddetta classe come ora composta;
quali iniziative si intendono assumere per garantire il rispetto delle norme vigenti a garanzia della sicurezza degli studenti e del personale docente e non docente.
(5-06210)

PES e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione n. 5-03803 era stato già trattato il tema della normativa riguardante i dottorati di ricerca;
l'interrogante infatti, aveva rilevato che la circolare ministeriale n. 15 del 22 febbraio 2011 emanata in seguito all'interrogazione n. 5-03803 con lo scopo di fare chiarezza in merito ai congedi di cui possono usufruire i titolari di assegni di ricerca e sul diritto ad un'aspettativa senza assegni utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza, si esprimeva solo sul dottorato di ricerca, non fornendo quindi ai titolari di assegni di ricerca alcuna risposta;
la nota del 12 maggio 2011 prot. n. AOODGPER 4058 della direzione generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, esprimendosi sulle caratteristiche dell'aspettativa per assegno di ricerca, di cui possono usufruire i docenti della scuola, con riferimento alla questione della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza, stabilisce che «i periodi di servizio prestati in qualità di titolare di assegno universitario devono ritenersi equiparabili a tutti gli effetti a quelli discendenti dalla frequenza di corsi di dottorato di ricerca»;
risulta che diverse ragionerie territoriali dello Stato (Verona, Bari, Campobasso), in assenza di una norma esplicita, continuino a negare il riconoscimento del periodo di aspettativa per assegno di ricerca ai fini del servizio, della progressione di carriera, del trattamento di previdenza e quiescenza, non riconoscendo quindi la nota del 12 maggio 2011 della direzione generale per il personale scolastico di cui sopra;
risulta altresì che altre ragionerie provinciali (Mantova, Milano, Cuneo, Perugia) riconoscono la nota in questione -:
se non ritenga improcrastinabile emanare una circolare al fine di garantire chiarezza in merito alla validità del periodo di aspettativa per assegno di ricerca ai fini del servizio, della progressione di carriera, del trattamento di previdenza e quiescenza ed evitare quindi che tale materia si presti a interpretazioni da parte delle ragionerie territoriali dello Stato.
(5-06212)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 9 febbraio 2012 l'assessorato regionale all'istruzione della Sicilia annuncia con una nota stampa, l'invio al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca del piano di dimensionamento della rete scolastica siciliana;
nella nota di cui sopra si legge che «Il piano di dimensionamento collega l'autonomia scolastica dei singoli istituti al rispetto di determinati parametri numerici e comporterà, già a decorrere dall'inizio del prossimo anno scolastico, la soppressione di 143 autonomie scolastiche. Per la predisposizione del documento, l'assessorato regionale all'istruzione e la formazione professionale ha coinvolto, con un tavolo tecnico, tutti i soggetti istituzionali interessati alla procedura: enti locali, Upi, Anci, sindacati della scuola regionali e territoriali, consigli scolastici provinciali, Uffici scolastici territoriali e Ufficio scolastico regionale. I parametri numerici tenuti in considerazione, così come previsto dalla direttiva del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, sono stati quelli fissati dalla legge regionale n. 6/2000. I limiti quantitativi entro i quali sono stati computati anche gli alunni delle scuole materne regionali e comunali autorizzate, affidate alla responsabilità organizzativa e funzionale dei dirigenti scolastici, sono stati utilizzati soprattutto per mantenere in vita quelle autonomie scolastiche ritenute essenziali nei singoli territori per assicurare un servizio scolastico efficace, in particolare in quelle realtà periferiche o con presenza di evidenti forme di disagio sociale. Per coniugare le esigenze di garantire un servizio scolastico ottimale e al contempo ridurre la spesa, si è proceduto agli accorpamenti di istituzioni scolastiche in tutti i casi in cui non pregiudicheranno l'efficienza del servizio scolastico anche al di sopra dei limiti minimi fissati della legge n. 6. Solo per circoscritte situazioni l'assessorato si è discostato dalle indicazioni formulate in sede di tavolo tecnico, a seguito di una valutazione positiva di una serie di osservazioni pervenute da soggetti istituzionali, culturali, occupazionali, espressioni di specificità territoriali in data successiva alla concertazione del tavolo tecnico. Viene evidenziata inoltre una precisa scelta relativa ad una gran parte degli attuali Licei artistici che promanano dai preesistenti Istituti d'arte: per questa tipologia di istituzioni scolastiche si è ritenuto di non procedere ad interventi di dimensionamento, poiché si procederà in tempi brevissimi alla verifica della possibilità di attivare provvedimenti di accorpamento con gli Istituti d'arte regionali, insistenti nei medesimi territori, per i quali è già stata avanzata al Ministero, una richiesta di statizzazione, e al tempo stesso, assicurare la possibilità di mantenere invariata la tradizionale offerta formativa con l'attivazione di corsi di istruzione e formazione professionale, in coerenza con le consolidate vocazioni artistiche e produttive dei singoli territori»;
nei giorni successivi l'assessore regionale all'istruzione dirama una nuova nota nella quale si afferma che sono state disposte «limitate variazioni» in entrambi i settori formativi, a seguito di «osservazioni e proposte pervenute da soggetti istituzionali, culturali, del mondo della produzione, formativi ed occupazionali, espressioni di specificità territoriali e delle loro affinità culturali e delle tradizioni locali»;
si tratterebbe invece, a ben vedere, di accorpamenti, riorganizzazioni, aggregazioni, fusioni che coinvolgerebbero due province - quella di Palermo e quella di Messina - nove comuni ed undici scuole;
queste variazioni, in taluni casi, hanno stravolto quanto definito in sede di tavolo tecnico regionale, già talora divergente rispetto ai criteri stabiliti in precedenza dalla stessa Regione siciliana: sono state fatte aggregazioni tra succursali diverse molto distanti fra loro senza tenere conto dell'affermato principio della territorialità e sono state fatte aggregazioni tra comuni diversi e si sono ottenuti istituti

comprensivi sommando alunni provenienti da plessi diversi, pur di raggiungere gli obiettivi prefissati;
sfugge pertanto la ratio di tali modifiche che all'interrogante appaiono frettolose e non adottate in sede di una trasparente discussione del tavolo regionale;
intanto, il piano complessivo della rete scolastica siciliana, così come è stato inviato a Roma, non è ancora stato reso pubblico dall'assessorato;
in questi giorni molti istituti coinvolti da accorpamenti e divisioni fanno sentire la loro netta contrarietà a tali misure e denunciano di non essere stati avvisati e di non aver potuto partecipare al tavolo tecnico: è il caso di alcune scuole primarie e medie, del liceo psicopedagogico Regina Margherita, del liceo «Galileo Galilei» e del liceo scientifico Mario Rutelli;
a tal proposito, nei giorni scorsi, gli studenti del liceo socio-psico pedagogico hanno fatto un sit-in davanti alla sede dell'assessorato regionale all'istruzione: il liceo Regina Margherita, secondo il recente provvedimento, dovrebbe infatti cedere 24 classi del plesso di via Bari all'istituto tecnico commerciale Ferrara, che su 106 classi, rappresenta quasi un quarto dell'intero istituto -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa, se non intenda acquisire spiegazioni sui criteri adottati e sulle modifiche al piano apportate al di fuori del tavolo istituzionale e se, prima della definitiva entrata in vigore del piano, non intenda verificare quanto sopra esposto.
(5-06213)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con nota n. 6016 del 28 luglio 2011 la direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Ministero dell'istituzione, dell'università e della ricerca ha confermato la propria volontà di proseguire nell'anno 2011/2012 la sperimentazione di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria, giunta alla seconda delle tre annualità previste;
per l'anno in corso il Ministero suddetto ha destinato la somma di due milioni e mezzo di euro volti ad estendere ulteriormente il progetto sul territorio;
in virtù di un protocollo di intesa tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e CONI, stipulato il 15 dicembre 2011 la somma stanziata sarà trasferita al CONI e si unirà a 5 milioni di euro stanziati a questo scopo dal CONI stesso;
il comitato paritetico e la commissione esecutiva, previsti a livello nazionale dal sopra citato protocollo di intesa, hanno definito le linee progettuali per l'anno scolastico in corso e i correlati adempimenti attuativi, con l'apporto del Comitato italiano paralimpico;
la nota già citata del 28 luglio 2011 ha confermato inoltre la continuità progettuale nelle istituzioni scolastiche interessate dall'alfabetizzazione motoria nell'anno scolastico precedente;
una nota della suddetta direzione n. 9544 del 30 dicembre 2011 specifica gli adempimenti attuativi relativi al progetto, prevedendo l'estensione del progetto a nuovi plessi e indicando il termine per l'acquisizione delle istanze degli esperti interessati nel 16 gennaio 2012 e l'individuazione dei destinatari delle nomine non oltre il 20 gennaio 2012;
la nota 9544 del 30 dicembre 2011 specifica inoltre che i plessi già coinvolti nel progetto pilota e quelli attivati nell'anno scolastico. 2010/2011 possono iniziare le attività dal 16 gennaio 2012;

con nota del 3 febbraio 2012 (prot. 1059/2/U/C32c), il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - ufficio scolastico regionale per il Piemonte comunica testualmente che «...nonostante le ripetute sollecitazioni e richieste di intervento rivolte al livello organizzativo nazionale del Progetto, finalizzate ad ottenere una deroga temporanea al contratto di 300 ore, per i plessi finanziati dal MIUR con affidamento dei fondi al CONI, in data 30 gennaio 2012, il Comitato Direttivo ha deliberato di non accettare la proposta della Commissione Paritetica Regionale piemontese»;
si attua in questo modo l'esclusione di 33 plessi su 44 dopo le assicurazioni sulla disponibilità finanziaria da parte del Ministero, l'avvio della macchina organizzativa, il reperimento degli esperti e dei supervisori e l'inizio dei lavori dei professionisti nelle classi;
tale vicenda comporta, da un giorno all'altro, la fine del lavoro e della prospettiva di guadagno per decine di lavoratori, senza alcun preavviso o spiegazione, in virtù evidentemente di intoppi burocratici tra il livello regionale e locale e il livello nazionale;
l'annullamento del progetto comporta per i plessi colpiti un danno nei confronti degli alunni e dei loro programmi formativi rispetto alle attività motorie -:
se i dati esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda porre in essere per dare soluzione ad una situazione gravissima, che colpisce professionisti che perdono l'incarico seduta stante, dopo aver cominciato il lavoro previsto dal progetto, a causa di disguidi derivanti da rapporti tra alcuni enti e il Ministero stesso, frutto di una esclusione, successiva alla partenza delle attività, di molte strutture scolastiche dal progetto nazionale Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Presidenza del Consiglio dei ministri. «Alfabetizzazione motoria scuola primaria a.s. 2011/2012»;
quali iniziative specifiche di competenza intenda attuare per riattivare tali progettualità e porre rimedio in tempi strettissimi ad una situazione evidentemente inammissibile, posto che la procedura seguita ha prodotto, ad avviso degli interroganti, una violazione dei diritti dei lavoratori coinvolti nel progetto e degli alunni che non potranno svolgere le attività previste e approvate.
(4-14992)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la riorganizzazione delle scuole e il loro relativo dimensionamento, previsto dall'articolo 19, comma 4 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 che stabilisce, tra le disposizioni per la stabilizzazione della finanza pubblica, interventi di razionalizzazione e dimensionamento delle istituzioni scolastiche, è già in atto;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con circolare n. 8220 del 7 ottobre 2011, nel ribadire la competenza esclusiva delle regioni in materia di programmazione ed organizzazione della rete scolastica previa concertazione con gli enti locali, e nel sollecitare i competenti dirigenti degli uffici scolastici regionali all'applicazione del decreto-legge n. 98 del 2011, con specifico allegato, individua il numero ottimale di istituti comprensivi che, per la provincia di Messina, ruota attorno al numero ottimale di 66;
detto provvedimento coinvolge istituti comprensivi già in funzione, per i quali è necessario valutare la persistenza dei parametri ottimali tenendo conto del numero degli alunni attualmente frequentanti le scuole della provincia siti nelle piccole isole, nelle zone di montagna, nei territori caratterizzati da specificità linguistiche, e altro;
i comuni interessati, di concerto con l'assessorato regionale competente, gli organismi

della scuola e le parti sociali stanno ponendo in essere gli interventi di razionalizzazione e di dimensionamento richiesti;
il comune di Montalbano Elicona, interessato, come tutti gli altri comuni, agli interventi di razionalizzazione e di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, è un comune montano con 5 frazioni distanti tra loro e dal centro e sul cui territorio insistono anche raggruppamenti rurali a depressione socio-economica; nel suo territorio è presente un istituto comprensivo nel quale confluisce il comune di Basicò e che comprende la scuola dell'infanzia e la scuola primaria, che gli alunni frequentano godendo dell'apposito servizio di trasporto;
un eventuale provvedimento di accorpamento dell'istituto comprensivo declasserebbe l'istituzione scolastica a scuola periferica di «campagna» e potrebbe recare non pochi disagi formativi alla popolazione scolastica del comune di Montalbano Elicona e del limitrofo comune di Basicò;
ogni dimensionamento scolastico dovrebbe avvenire in funzione di un miglioramento dell'offerta formativa che aiuti a rilanciare l'istituzione scolastica garantendo buoni livelli qualitativi e a preservarne, contemporaneamente, l'identità;
Montalbano Elicona è annoverato tra i borghi più belli d'Italia ed una perdita di immagine, come l'accorpamento con altro ente, potrebbe compromettere anche l'aspetto socio-economico di questo bellissimo paese -:
se e quali idonee iniziative urgenti il Ministro intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di impedire la perdita dell'autonomia per gli istituti comprensivi dei comuni di montagna, sia in provincia di Messina, che nel resto d'Italia, interessati da medesimi problemi, quali per esempio gli insufficienti o inidonei collegamenti con i centri vicini.
(4-14997)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CECCACCI RUBINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della Corte di cassazione n. 12355 del 20 maggio 2010 ha escluso il personale artistico, teatrale e cinematografico dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, poiché prevista al punto 5) dell'articolo 40 del vecchio regio decreto-legge n. 1827 del 1935;
questa esclusione aveva maturato una sua ratio nel 1935 dato che, 77 anni fa, l'organizzazione della produzione dello spettacolo non era ancora di tipo industriale e si dava per scontato la non inquadrabilità di tali figure in quelle dei lavoratori subordinati che il regio decreto-legge n. 1827 del 1935, istitutivo dell'INPS, intendeva tutelare;
negli anni l'evoluzione della realtà produttiva del settore dello spettacolo e dell'intrattenimenti è stata tale da dare impulso ad una trasformazione delle dinamiche di lavoro, con l'assunzione di forme di inquadramento giuridico sempre più corrispondenti alle reali esigenze delle imprese dello spettacolo, tali da contemplare forme contrattuali anche di tipo subordinato. Questo però ha generato lo storico contenzioso tra i lavoratori artistici, teatrali e cinematografici e l'INPS, in merito alla legittimità dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;
tali contenziosi sono stati risolti con la suddetta sentenza della Corte di cassazione, adeguandosi alla quale l'INPS, diramando la circolare n. 105 del 5 agosto 2011, ha escluso definitivamente il personale artistico, teatrale e cinematografico dall'indennità di disoccupazione, sia ordinaria che a requisiti ridotti, ed esonerato le imprese dello spettacolo dall'assicurare tali lavoratori;

questo esito, come era prevedibile, ha messo in forte agitazione l'intero mondo dello spettacolo, anche delle sue categorie imprenditoriali, perché di fatto si è venuto a creare un grave volnus giuridico lesivo di diritti costituzionali, quali quelli di uguaglianza e ragionevolezza della norma (articolo 3 della Costituzione) e di tutela e assicurazione sociale (articolo 38 della Costituzione), poiché il discrimine, per l'accesso a questo diritto, l'indennità di disoccupazione, non è più, come dovrebbe essere, la natura giuridica del rapporto di lavoro bensì l'attività professionale svolta. Viene quindi di fatto discriminato un intero settore produttivo, tra l'altro non trascurabile, del nostro Paese;
secondo dati dell'Enpals, infatti, sono oltre 250.000 i lavoratori che risultano versare in modo discontinuo contributi previdenziali, utilizzando una molteplicità di tipologie contrattuali, il più delle volte di breve durata. Ciò che accomuna questi lavoratori è la natura strutturalmente atipica e intermittente della loro professione, caratterizzata da una molteplicità di impieghi e di datori di lavoro, dall'esercizio di differenti e poliedriche attività e da compensi, per la stragrande maggioranza dei casi, di scarsa regolarità ed aleatori. Il quadro che emerge dalle stime ufficiali è devastante. In un settore dove l'ingresso nel mondo del lavoro si attesta su una media di 24 anni e il livello di scolarizzazione è quello dell'alta formazione artistica ed universitaria, dopo 10 anni di professione la retribuzione media si attesta su appena 7.000 euro netti all'anno, mentre su 120 giornate lavorative, necessarie a maturare l'anno contributivo, la media risulta essere di 36 giornate contributive, quindi molto al di sotto del minimo necessario per ottenere una pensione. In base ai dati dell'Enpals più del 75 per cento degli assicurati del settore spettacolo risulta al di sotto dei parametri di sussistenza e ben lontani dal maturare il diritto previdenziale, mentre inesistenti sono le assicurazioni sociali;
questo drammatico quadro non riguarda, come erroneamente si crede, il mondo dilettantistico e giovanile, o comunque tutto quel mondo ai margini o con velleità di ingresso nel mondo dello spettacolo, ma quello più importante dei professionisti, giovani e non, che fanno produzione d'alto livello, di notevole sperimentazione creativa e che utilizza e padroneggia le più moderne e innovative tecnologie. Un mondo di professionisti, molti dei quali noti tanto a livello nazionale che internazionale, che rappresentano un orgoglio per l'immagine che danno all'estero del nostro Paese, di terra della cultura e della creatività;
questi lavoratori dello spettacolo, pur pagando, ai fini dell'assicurazione generale obbligatoria, un'aliquota contributiva tra le più alte, equiparata a quelle dei lavoratori dipendenti, non godono, viceversa, delle indennità sociali e assistenziali previste per tali lavoratori, ed inoltre sono ingiustamente sfavoriti dal meccanismo di calcolo del montante pensionistico, per il persistere della mancata equiparazione tra massimale retributivo imponibile e massimale retributivo pensionabile, benché due disposizioni di legge (il comma 6 dell'articolo 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e per interpretazione autentica, l'articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 70) ne prescrivessero da tempo l'adeguamento;
il Parlamento europeo, il 7 luglio 2007, ha approvato lo statuto sociale europeo dell'arista invitando gli Stati dell'Unione europea a sviluppare e applicare un quadro giuridico e istituzionale finalizzato al sostegno della creazione artistica, mediante l'adozione e l'attuazione di una serie di misure riguardanti la situazione contrattuale, la sicurezza sociale, l'assicurazione malattia, la tassazione diretta e indiretta e la conformità alle norme europee, di questi lavoratori;
è in corso un confronto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali al fine di addivenire in

tempi brevi ad una indifferibile riforma del mercato del lavoro -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere per intervenire, in primis, con urgenza sull'annosa questione dell'indennità di disoccupazione, assumendo iniziative per l'abrogazione della vetusta norma del regio decreto-legge n. 1821 del 1935 che di fatto esclude questi lavoratori dall'assicurarsi questo diritto, e per avviare, in secundis, un confronto con le parti sociali per addivenire ad una riforma del mercato del lavoro, della previdenza e degli ammortizzatori sociali anche dei lavoratori dello spettacolo.
(5-06205)

AMICI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sulla persistente condizione di pericolo del complesso immobiliare di proprietà ex INPDAP, di via Montecassino 78, in Roma, l'interrogante ha presentato ben quattro interrogazioni parlamentari (5-00184; 5-01356; 5-02175; 5-03516);
il precedente Governo ha risposto a tre delle interrogazioni sopracitate (XI commissione seduta del 1° luglio del 2009; XI Commissione seduta del 10 marzo del 2010), senza però ad avviso dell'interrogante fornire alcuna soluzione al problema e paradossalmente finendo per scaricare tutte le responsabilità sugli attuali proprietari;
si tratta di cinque palazzine in cui risiedono 120 famiglie, che nel 2002, usufruendo della normativa sulle dismissioni immobiliari, decisero di acquistare le case di proprietà dell'ente;
quando gli inquilini sono stati chiamati ad esprimere la loro opzione, sulla proposta di acquisto, erano a conoscenza che, negli appartamenti del complesso, erano presenti alcuni difetti limitati ai balconi e ai lastrici solari, che, era stato assicurato, erano causati dall'assestamento degli immobili e per i quali lo stesso ente si impegnava, nell'atto di compravendita, al loro ripristino;
nessuno però aveva messo a conoscenza gli inquilini che, qualche mese prima della vendita, il consiglio d'amministrazione dell'INPDAP, aveva commissionato a professionisti esterni una verifica statica degli immobili (perizia La Penna/Giardina) il cui esito aveva evidenziato come la struttura della palazzina C1, non risultasse conforme alla vigente normativa e non garantisse i livelli di sicurezza compatibili con le funzioni da svolgere;
i lavori di ripristino che l'istituto si impegnava a realizzare, non sono mai stati eseguiti: da un lato per l'opposizione dei proprietari al progetto INPDAP (progetto Biggi) - che avrebbe deprezzato notevolmente il valore degli immobili ma, soprattutto, perché non sufficiente e pericoloso a risolvere i problema di staticità degli edifici, così come fatto rilevare dal tecnico di parte dei condomini (ingegner Viscomi); dall'altro per la presenza di vizi nella documentazione amministrativa necessaria allo svolgimento dei lavori medesimi (DIA) tanto che lo stesso ufficio tecnico del comune di Roma è intervenuto per sospendere i lavori che l'ente aveva affidato in appalto;
l'INPDAP ha pertanto citato in giudizio la maggior parte dei condomini di via Montecassiano 78 chiedendo danni per 1.180.000 euro compresi i 500.000 euro di danni d'immagine per essersi rivolti alla stampa;
a seguito di diversi esposti da parte di alcuni proprietari degli stabili, della vicenda è stato nuovamente investito il comune di Roma, che con ordinanza n. 102 del 14 aprile 2010 e con ordinanza n. 137 del 10 giugno 2010 ha provveduto a realizzare una approfondita verifica statica e le necessarie opere provvisionali degli stabili di via Montecassiano, 78, con diritto di rivalsa della spesa sostenuta «nei confronti dell'INPDAP, in via solidale con i proprietari e con chi risulti obbligato per legge o per contratto»;

dalle prime verifiche effettuate dai tecnici comunali, si è accertato il grave pericolo di crolli a causa della totale sfaldatura dei superattici e dei balconi pericolanti, tanto che il comune di Roma ha provveduto a realizzare i primi interventi di messa in sicurezza consistenti nell'abbattimento di tali strutture;
inoltre i cinque fabbricati di via Montecassiano 78, sono stati posti sotto indagine strutturale (in presenza o assenza di sisma) evidenziando carenze statiche in vari elementi strutturali (sbalzi, pilastri, travi e solai) per cui risulta prioritario eseguire interventi riparatori sui pilastri con staffatura mancante: tale deficienza è grave e non trascurabile;
nelle conclusione dei tecnici comunali si legge che rimane comunque accertato che tutti gli edifici indagati versano in condizioni statiche precarie per cui è altresì necessario programmare interventi generalizzati, tali da garantire la completa idoneità statica intesa nella globalità strutturale. La riparazione dei soli pilastri con assenza di staffe è doverosa, prioritaria, ma non esaustiva in merito alla completa sicurezza statica dei fabbricati di via Montecassiano;
i costi per i lavori di consolidamento delle cinque palazzine analizzate sono stati stimati in 7.299.500,00 euro nel caso di intervento senza sisma e in 16.042.212,00 euro in caso di intervento in presenza di sisma;
con sentenza n. 2507 del 31 gennaio 2012 il tribunale di Roma ha condannato l'INPDAP a dare esecuzione ai lavori di conservazione e rifacimento della statica degli edifici costituenti il complesso di via Montecassiano 78 secondo la soluzione progettuale dell'ingegner Viscomi, riveduta per i profili di rispetto dell'attuale normativa antisismica di settore, previo sviluppo dei calcoli di struttura, secondo previsioni dell'ingegner Esposito (incaricato dal comune di Roma) -:
se il Ministro sia a conoscenza del modo in cui l'INPDAP intenda risolvere definitivamente le questioni relative al consolidamento degli stabili di via Montecassiano 78 e se non intenda attivarsi, considerata la gravità delle condizioni statiche degli immobili, affinché l'ente dia immediata esecuzione ai lavori da svolgere, così come individuati dalla sentenza n. 2507 del 31 gennaio 2012;
quali iniziative intenda assumere nei confronti dei responsabili della condotta e delle scelte tecniche fino ad oggi sostenute dall'INPDAP e se ci si intenda rivalere nei confronti del costruttore o dei responsabili per le carenze di natura statica e strutturale che evidenziano le palazzine di via Montecassiano 78.
(5-06207)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

CASTAGNETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4, comma 7, della legge 3 febbraio 2011, n. 4, che ha modificato l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, relativamente alla composizione delle sezioni di polizia giudiziaria, ha previsto l'aggiunta del Corpo forestale dello Stato alle forze di polizia presenti nelle sezioni di polizia giudiziaria;
l'inserimento di personale appartenente al Corpo forestale dello Stato ha lo scopo di rafforzare la prevenzione e la repressione degli illeciti in materia agro ambientale nonché di favorire il contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari protetti e le azioni previste dall'articolo 18, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99;

si è pertanto resa necessaria un'integrazione al decreto di determinazione dell'organico delle sezioni di polizia giudiziaria;
il decreto interministeriale 27 luglio 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 19 del 15 ottobre 2011, ha determinato l'organico delle sezioni di polizia giudiziaria delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari e ha decretato che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, destinato a fornire il personale del Corpo forestale dello Stato, indicherà i livelli di comando, le qualifiche e i gradi degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria previsti nell'organico di ciascuna sezione;
l'Ispettorato generale del Corpo forestale ha avviato nel mese di dicembre 2011 la procedura dell'appello per l'individuazione del personale da assegnare alle sezioni di polizia giudiziaria;
tale procedura è stata fortemente criticata dai sindacati, in particolare per quanto riguarda i trasferimenti d'autorità del personale che il capo del Corpo ha disposto laddove risulteranno, una volta terminato l'appello, vacanze nei ruoli;
le rappresentanze sindacali ritengono, infatti, che tale comunicazione d'ufficio, si debba riferire ad una fase «a regime» di ripianamento degli organici che, tra l'altro, dovrebbe avvenire solo su richiesta degli stessi procuratori e non già in fase di prima applicazione della norma, situazione in cui si trova oggi il Corpo forestale dello Stato;
tale procedura, se così applicata, porterà un pesante taglio alle migliori professionalità che il Corpo forestale dello Stato ha sul territorio, smantellando di fatto molti nuclei investigativi provinciali che si reggono su due o tre unità (la norma prevede che un terzo del personale venga «prelevato» da tali strutture) e togliendo in molte realtà i pochi ispettori che comandano i comandi stazione sul territorio;
nella sola regione Emilia Romagna il ruolo degli ispettori presenta una vacanza dell'80 per cento;
vi è quindi il rischio concreto che per coprire le vacanze presso le sezioni di polizia giudiziaria delle procure della Repubblica si lascino ancora più scoperte le strutture del Corpo forestale dello Stato sul territorio, soprattutto tra quelle a più alta professionalità -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se non ritengano necessario assumere iniziative volte a prevedere una fase transitoria durante la quale si possa assegnare da subito alle sezioni di polizia giudiziaria il personale che ha partecipato all'appello, evitando provvedimenti d'imperio che, se attuati, incideranno pesantemente sull'assetto istituzionale, sulla vita professionale, personale e familiare dei dipendenti del Corpo forestale dello Stato;
se non ritengano inoltre che, vista la situazione di crisi delle finanze pubbliche e i conseguenti tagli di spesa, la procedura seguita non comporti un eccessivo aggravio per le finanze pubbliche, vista l'entità degli indennizzi che dovrebbero corrispondere al personale in caso di trasferimento d'autorità.
(4-14982)

TESTO AGGIORNATO AL 21 FEBBRAIO 2012

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della salute è garante del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione ed è competente, a norma della legge n. 317 del 2001, relativamente alle «funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana e di coordinamento del Sistema Sanitario Nazionale»;

sono obiettivi riconosciuti dal Ministero, in coerenza con l'Unione europea: «garantire a tutti l'equità del sistema, la qualità, l'efficienza e la trasparenza anche con la comunicazione corretta ed adeguata; evidenziare le disuguaglianze e le iniquità e promuovere le azioni correttive e migliorative; collaborare con le Regioni e valutare la realtà sanitarie e migliorarle; tracciare le linee dell'innovazione e del cambiamento e fronteggiare i grandi pericoli che minacciano la salute pubblica»;
risultano all'interrogante delle disfunzioni nell'erogazione del servizi conseguenti a tali compiti nella regione Calabria, segnatamente riguardo alla trasparenza e all'adeguata comunicazione agli utenti del Sistema Sanitario Nazionale, con particolare riferimento all'acquisizione delle cartelle cliniche;
la normativa nazionale in materia, con particolare riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1969, articolo 7 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 giugno 1986, nonché alle linee guida ministeriali, prevede che responsabili della gestione delle cartelle cliniche siano il responsabile dell'unità operativa che ha in carico il paziente e il medico curante per quanto riguarda le case di cura private. La redazione della cartella, su appositi fogli messi a disposizione e riconosciuti validi dalla zona territoriale, deve rispettare la sequenza cronologica degli eventi segnalati e delle cure somministrate e deve essere conclusa con la diagnosi di dimissioni;
il decreto ministeriale 28 dicembre 1991 istituisce le linee guida della cartella clinica per la compilazione, la codifica e la gestione della scheda. Esse prevedono che le cartelle dei pazienti siano da completare «entro un periodo di tempo che in nessun caso deve essere superiore a giorni dopo la dimissione»;
in data 25 luglio 2011 la signora Giuseppina Grande, residente nel comune di Maida (Catanzaro), è stata ricoverata presso l'unità operativa di chirurgia generale dell'ospedale civile di Lamezia Terme per un improvviso malore caratterizzato da un acuto dolore addominale (verbale del pronto soccorso n. PS11129256/Acc/25/07/11). La signora è stata trattenuta in degenza presso la struttura fino al 30 luglio, per gli opportuni accertamenti e l'individuazione delle idonee cure;
al momento delle dimissioni la signora Grande ha richiesto agli addetti della segreteria dell'unità operativa, nonché al personale medico in servizio, di ricevere la propria cartella clinica, ricevendo la risposta che la cartella sarebbe stata pronta non prima di dieci giorni presso l'ufficio delle cartelle cliniche;
in data 10 agosto 2011 la cartella clinica non era ancora arrivata all'archivio clinico dall'unità operativa della chirurgia generale, che doveva ancora prepararla;
è opportuno ricordare che la normativa vigente dispone che la copia della cartella clinica non possa essere rilasciata prima del giorno di dimissioni, ma vada comunque rilasciata entro il più breve tempo possibile e il termine massimo di trenta giorni;
non avendo ricevuto riscontri, la signora Grande ha provveduto ad inoltrare al responsabile pro tempore dell'unità operativa della chirurgia generale del presidio ospedaliero di Lamezia Terme la richiesta ufficiale, ai sensi dell'articolo 22 e seguenti della legge 241 del 1990 per l'accesso agli atti della propria cartella clinica. La raccomandata, inviata il 13 agosto 2011, è stata restituita al mittente con la motivazione: «la segreteria non è autorizzata al ritiro delle raccomandate presso l'unità operativa»;
una seconda raccomandata con la medesima richiesta è stata poi inviata in data 20 agosto al direttore generale della azienda sanitaria provinciale di Catanzaro e notificata per conoscenza, il 22 agosto, alla direzione aziendale di Lamezia Terme;
in mancanza di riscontri, il 20 agosto 2011 e il 25 settembre 2011 i familiari della paziente hanno provveduto a comunicare

ufficialmente i fatti, a mezzo posta elettronica certificata, al direttore generale dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, al dipartimento della tutela della salute e politiche sanitarie presso l'assessorato della regione Calabria e al presidente della giunta regionale della Calabria. Anche queste comunicazioni non hanno ricevuto risposta;
essendo trascorsi inutilmente 30 giorni dalle notifiche e due mesi dalle dimissioni dal ricovero ospedaliero senza ricevere notizie ufficiali, la signora Grande ha deciso di dare mandato al proprio legale per procedere con ricorso presso il TAR della Calabria - sez. di Catanzaro, per l'ottemperanza della richiesta di ricevere in copia conforme autenticata tutta la documentazione della propria cartella clinica, completa dei dati relativi all'esame clinico, alle ricerche diagnostiche espletate, alla diagnosi formulata, alle cure istituite ed all'evoluzione della malattia durante il periodo di degenza;
quanto evidenziato fa emergere uno stato di evidente disservizio in merito alla gestione delle documentazione clinica e della tutela dei pazienti;
è da notare che la normativa in materia di gestione delle cartelle cliniche è ampia e completa. Il decreto ministeriale 27 ottobre 2000 n. 380 ha inserito un ulteriore regolamento recante norme concernenti l'aggiornamento della disciplina del flusso informatico sui dimessi dagli istituti di ricovero, pubblici e privati. Il decreto 10 dicembre 2009 del Ministero della salute (Gazzetta Ufficiale serie generale n. 122 del 27 maggio 2010) ha inoltre previsto la vigilanza sulle cartelle cliniche medesime;
è opportuno ricordare infine che, nell'ambito del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) si sono conclusi in data 11 luglio 2007 i lavori del gruppo istituzionale promosso dal Ministero della salute e guidato dalla regione Toscana, che ha coinvolto l'approfondimento sulle funzioni e prospettive di sviluppo del Patient
File
, per la gestione informatica dei fascicoli sanitari -:
quali iniziative correttive e migliorative intenda avviare, nell'ambito delle proprie competenze in materia e anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, perché gli evidenti disservizi in atto presso le strutture sanitarie ospedaliere della Calabria siano sanati, evitando che si debba ricorrere al tribunale amministrativo regionale per avere la propria cartella clinica;
se non ritenga opportuno avviare, d'intesa con gli enti preposti, un piano di monitoraggio sull'effettiva e corretta compilazione delle cartelle cliniche dei pazienti, mirato sulle disfunzioni già segnalate ed evidenti, affinché la redazione dei documenti diventi effettivamente una prassi scrupolosa e contestuale alla somministrazione delle cure;
quale sia l'attuale stato di diffusione del Patient File, promosso dal Ministero della salute.
(5-06203)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia «ANSA» il 17 febbraio 2012 ha diffuso una notizia da Palermo che per la sua gravità si ritiene di dover riprodurre integralmente: «Era diretto in una clinica proveniente dal Pronto Soccorso dell'Ospedale Civico di Palermo, per mancanza di posti letto, su un'autoambulanza con i sintomi di un ictus ma la barella dove era disteso si è sganciata facendolo cadere e causandogli una frattura al naso. E così Giorgio di Giorgio, 65 anni, morto dopo quattro giorni di ricovero per la patologia per la quale erano scattati i soccorsi, è stato trasportato di nuovo nel nosocomio da dove era partito. Un ritardo che, secondo i familiari del paziente che

hanno presentato un esposto, avrebbe ostacolato le cure per salvargli la vita» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda promuovere per contribuire a fare piena luce sulla vicenda.
(5-06208)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza di Catania ha accertato la presenza di oltre 500 tonnellate di eternit e di rifiuti speciali abbandonate su un'area di oltre 40 ettari, sottoposta a sequestro, all'interno dell'ex cartiera «Keyes»;
si tratta di un'autentica «bomba ecologica» a due passi dal mare in territorio di Fiumedreddo;
nel 1998, sempre nella stessa zona un'altra cartiera, la «Siace», fu sequestrata perché vi erano circa 1.500 tonnellate di amianto e rifiuti tossici. L'immobile successivamente venne acquistato dalla provincia di Catania che avviò l'opera di bonifica, non del tutto completata -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario delegato in materia di bonifiche e di risanamento ambientale nella regione Sicilia, intendano promuovere in particolare per la tutela della salute delle popolazioni locali, sottoposte a un così grave rischio;
se il Governo non ritenga di promuovere iniziative, per quanto di competenza, per accertare come sia potuto accadere quanto sopra esposto, e in particolare
quali siano le cause della clamorosa mancata tutela dei territori inquinati.
(5-06209)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARIO PEPE (Misto-R-A). - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli operatori del settore sanitario che utilizzano aghi di siringhe e altri dispositivi taglienti corrono il rischio di ferite che possono condurre ad infezioni gravi o fatali, trasmissibili per via ematica. Tra queste, l'epatite B, l'epatite C ed il virus della sindrome da immunodeficienza acquisita (HIV);
lo studio SIROH (studio italiano sul rischio di infezione occupazionale da HIV e da altri agenti patogeni a trasmissione ematica) - attivato nel 1986 con finanziamento del Ministero della sanità e dell'Istituto superiore di sanità in Italia - documenta fra l'altro che i dispositivi più pericolosi per la salute sono quelli con aghi cavi contenenti, dopo l'utilizzo, sangue potenzialmente veicolo di infezioni da agenti biologici;
dai dati pubblici si rileva che annualmente in Italia, in un ospedale medio, gli operatori incorrono per anno in 13 lesioni provocate da aghi o altri dispositivi taglienti ogni 100 letti. Estrapolando, si può affermare che nel nostro Paese si hanno più di 600 incidenti ogni 10.000 operatori nel settore sanitario. Se si considera anche che almeno il 30 per cento degli eventi non è denunciato, si può affermare che il problema è sottostimato ed è di maggiore gravità rispetto a quanto risulta dai dati ufficiali;
il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che ha sostituito il precedente decreto legislativo n. 626 del 1994 in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, impone che, qualora i rischi non possano essere completamente eliminati, debbano essere contrastati alla fonte e che i datori di lavoro hanno anche la responsabilità di adeguare le attività al progresso

tecnico e di mettere a disposizione degli operatori attrezzature idonee a non esporli agli agenti biologici;
nelle condizioni attuali di lavoro in ambiente ospedaliero, ambulatoriale e di laboratorio permangono rischi residui che possono derivare da eventi e condizioni impreviste e da un uso scorretto; è pertanto necessario che nelle strutture sanitarie ed assistenziali, oltre che nei laboratori di analisi chimico-fisiche, si utilizzino nuove generazioni di dispositivi medici, con caratteristiche di sicurezza aggiuntive;
una raccomandazione per una rapida adozione ed attuazione delle misure sopra scritte è riportata nella risoluzione B7-0063/2010 del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio che recepisce l'accordo quadro, concluso dall'Associazione datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario (HOSPEEM) e dalla Federazione sindacale europea da servizi pubblici (FSESP), in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario;
ulteriori disposizioni da adottare in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario entro tempi definiti sono rappresentate nella direttiva 2010/32/UE del Consiglio del 10 maggio 2010 che attua l'accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP. Questa direttiva, all'articolo 3, stabilisce che: «Gli stati membri pongono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro l'11 maggio 2013» -:
se il Ministero interrogato abbia avviato le iniziative di competenza atte a dotare le strutture sanitarie pubbliche e private di presidi in grado di ridurre drasticamente gli incidenti da ferite e lesioni percutanee a danno degli operatori del settore ospedaliero e sanitario, in ottemperanza alle prescrizioni dell'Unione europea esposte in premessa.
(4-14981)

MARCAZZAN e COMPAGNON. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il termine acufene identifica un disturbo uditivo consistente in rumori percepiti da uno o entrambi gli orecchi sotto forma di ronzii, fruscii, fischi, crepitii, soffi e simili;
questo tipo di disturbo, che secondo le ultime stime interessa oltre tre milioni di italiani, può determinare un vero e proprio stato invalidante, in quanto coinvolge l'assetto psicologico ed emozionale del malato, la sua vita di relazione, il ritmo sonno-veglia, le attitudini lavorative ed il livello di attenzione e concentrazione inducendo e potenziando anche stati ansioso-depressivi;
secondo gli studi più recenti le cause dell'insorgenza di questo disturbo potrebbero derivare da traumi acustici o cranici, da processi patologici che colpiscono l'orecchio interno o dall'assunzione di farmaci ototossici, ma nel 60 per cento dei casi non è possibile individuarne uno specifico fattore scatenante;
purtroppo oggi, la patologia dell'acufene, non è riconosciuta nella sua gravità né risulta oggetto di studi e di ricerche finalizzati a individuarne origini, cause ed eventuali cure -:
se non ritenga di adottare iniziative finalizzate al riconoscimento dell'acufene quale patologia grave e alla programmazione di tutti gli interventi utili ad alleviare le sofferenze dei soggetti portatori di acufene.
(4-14985)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN, BRESSA, PATARINO e GNECCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento MEMC di Sinigo (Bolzano), che è stato oggetto di una recentissima ristrutturazione da 40 milioni di

euro, produce silicio per componenti elettronici di elevatissima purezza; l'impresa intendeva avviare un'attività parallela per la produzione di policristallino per pannelli fotovoltaici;
l'azienda aveva anche assunto nuova manodopera per soddisfare i numerosi ordini anche per la produzione di pannelli fotovoltaici, ma si è imbattuta negli elevati costi di approvvigionamento energetico, costi che hanno determinato la messa in cassa integrazione di 350 lavoratori;
la situazione locale sta destando comprensibile preoccupazione sia per le famiglie dei lavoratori coinvolti che per il notevole indotto generato dall'azienda che rischia di essere irrimediabilmente compromesso -:
se il Governo sia stato messo a conoscenza delle problematiche che riguardano lo stabilimento e quali iniziative di competenza intenda assumere per risolverle;
se sia stata valutata la possibilità di assumere iniziative volte a prevedere uno sconto energetico analogamente a quanto fu fatto per lo stabilimento ALCOA in Sardegna e se sia stata valutata e se sia percorribile la realizzazione entro tempi brevissimi di un elettrodotto, di poche centinaia di metri, per consentire l'importazione di energia elettrica dall'Austria ad un costo decisamente inferiore che risolverebbe immediatamente l'intera situazione.
(4-14983)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il rigassificatore offshore di Porto Viro, entrato in regime di esercizio provvisorio da settembre 2009, ha registrato le prime due ricadute ambientali: le prime nella primavera del 2010, quando venne segnalata una imponente presenza di schiuma giallognola in mare attorno al terminal gasiero che arrivava anche a lambire la costa, e la seconda, segnalata nel gennaio 2012, in cui sulla spiaggia di Boccassette di Porto Tolle (RO) si poteva osservare uno spesso strato di piccoli cristalli di ghiaccio per una profondità verso mare di 10, 20 metri che accompagnava tutta la lunghezza della battigia; tra la notte di venerdì 17 e sabato 18 febbraio, dopo la spiaggia di Boccasette, la schiuma è arrivata anche a Isola Verde, completamente ghiacciata dalle rigide temperature della notte;
a seguito del primo episodio la procura della Repubblica di Rovigo ha indagato per danneggiamento aggravato due dirigenti di Adriatic Lng, la società che gestisce il rigassificatore. Una perizia della Procura dimostra che a produrre queste schiume sono le lavorazioni sul rigassificatore per trasformare il metano da liquido a gas, che poi viene immesso nelle condotte e convogliato nella rete nazionale di distributore. Le conseguenze sull'ecosistema sono di alterazione della clorofilla e del fitoplancton marino;
il fenomeno della «schiuma» è stato analizzato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il quale ha concluso che: «È una matrice di origine naturale (...) in quanto miscela polifasica principalmente caratterizzata da un elevato contenuto organico (...). La formazione di schiume pertanto non sembra dovuta ad immissione nell'impianto di sostanze esogene all'ambiente marino quanto piuttosto all'azione meccanica dello stesso [...] la presenza di composti cloro-organici è, con molta probabilità, dovuta all'impiego di cloro attivo, utilizzato come biocida nelle acque di scambio termico dell'impianto [...] La particolare composizione di tutti i componenti costituenti la miscela (fino ad ora individuati) è tale da indurre effetti biologici avversi riscontrabili anche ad elevate diluizioni riproducibili in laboratorio»;

il rigassificatore di Porto Viro si configura «a ciclo aperto»: si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il gas naturale liquefatto (arrivato via nave, sotto forma liquida, a -162 gradicentigradi) restituendola poi al mare più fredda è clorata. Questo comporta una sterilizzazione quasi totale della massa d'acqua adoperata a causa degli shock meccanico e termico (a questi sono da imputare il fenomeno delle schiume), a causa dell'impiego di cloro che implica il rilascio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici) ed infine per la perdita dei servizi ecosistemici forniti dall'habitat marino (autodepurazione, assorbimento di anidride carbonica, habitat di specie ittiche);
secondo quanto riferito da Carlo Franzosini, biologo dell'area marina protetta di Miramare a seguito della reazione della sostanza organica disciolta in acqua di mare (DOM) con il cloro attivo immesso nel circuito si formano dei composti: i cloroderivati organici che sono tossici, persistenti e mutageni (trialometani, cloramminei eccetera). Una prima quantificazione di questi prodotti parte dal tenore di DOM in acque costiere non eutrofiche, che in Adriatico è indicativamente di 2 mg/litro. Il funzionamento di un rigassificatore comporterebbe l'immissione di quantità dell'ordine di 32,8 chili per ora di cloro-derivati, qualcosa più di 280 tonnellate all'anno. Gli effetti del cloro e dei cloro-derivati (ad esempio: a seguito di disinfezione) sono studiati da oltre 40 anni, tanto che già nel 1972 negli Stati Uniti era obbligatorio l'abbattimento del tenore di cloro nelle acque di scarico e la riduzione chimica dei sottoprodotti alogenati (US Federal Water Pollution Control Act). Questi composti, stabili e non facilmente degradabili, si accumulano nelle acque, da qui entrano nella catena alimentare, si depositano nei tessuti grassi degli organismi marini e possono finire sulle nostre tavole. Nell'uomo, alcuni effetti tossici noti sono la possibile azione mutagenica o cancerogenica. L'esposizione cronica comporta una possibile relazione con cancro del retto e del colon e della prostata (International agency for research on cancer);
nei documenti di valutazione di impatto ambientale questo aspetto non e considerato perché ci si limita a valutare i soli effetti del cloro attivo in uscita dall'impianto: questo viene limitato a non più di 0,2 mg/litro, paragonabile a quello dell'acqua di acquedotto conforme a norma di legge. Quindi questo procedimento è apparentemente innocuo «come bere un bicchier d'acqua». Ma il cloro, utilizzato in quantità massiccia (all'interno dell'impianto si hanno tenori di 2 mg/litro), viene abbattuto prima di restituire l'acqua al mare, neutralizzandolo con bisolfito (reazione: si forma solfato), al fine di rientrare nei parametri di legge (max 0,2 mg/litro);
poiché è il proponente dell'opera a redigere gli studi di impatto ambientale, non sempre vi è l'interesse ad illustrare alternative di progetto in fase di valutazione di impatto ambientale migliori dal punto di vista ambientale anche se meno convenienti economicamente e non sempre i funzionari che devono valutare questi studi sono adeguatamente attrezzati e tecnicamente supportati dagli enti preposti;
l'acqua di mare è ricca di sostanza organica da neutralizzare, contrariamente all'acqua di acquedotto che possiamo bere a volontà ed in cui il cloro è aggiunto solo per un'azione preventiva antibatterica. La differenza tra le due acque - pur con lo stesso tenore di cloro attivo - è che l'acqua in uscita dall'impianto è carica di sostanza organica degradata combinata chimicamente al cloro;
questo vale in particolare per quanto riguarda l'acqua di mare di Porto Viro in considerazione della produttività primaria dell'Adriatico (parametro collegato alla concentrazione di cellule fitoplanctoniche per unità di volume dell'acqua di mare) e della posizione collocata di fronte alla foce di uno dei maggiori fiumi del Mediterraneo;
Adriatic Lng prima che iniziassero i lavori di realizzazione del terminal, aveva

valutato il tenore del disturbo ambientale che l'impianto andava a causare al territorio circostante, arrivando nel febbraio 2008 ad un accordo con gli enti locali «per la compensazione territoriale destinata al Polesine e legata all'insediamento del terminal». Si tratta in tutto di 12,1 milioni di euro di cui 2,45 per il comparto della pesca professionale, che si è visto imporre una nuova zona di interdizione dell'attività;
già alcuni mesi dopo l'avvio dell'attività del rigassificatore di Porto Viro le associazioni dei pescatori avevano osservato con preoccupazione la presenza di schiume attorno all'impianto e la morìa di fasolari e vongole di mare nelle acque veneziane e polesane. Fenomeni insoliti e inspiegabili alla luce della loro esperienza;
l'area dell'alto Adriatico è attualmente interessata da tre progetti di rigassificatori: uno in Slovenia, uno off-shore (Zaule), uno off-shore (al largo di Grado). Per il rigassificatore proposto da Gas Natural, l'intero volume d'acqua della Baia di Muggia (circa 100 milioni di metri cubi) verrebbe fatto fluire attraverso l'impianto per oltre due volte all'anno. In un anno circa il 4-5 per cento dell'acqua dell'intero bacino del golfo di Trieste (8.800 milioni di metri cubi) verrebbe a circolare attraverso l'impianto, una quantità di gran lunga superiore a quella utilizzata da tutti gli stabilimenti industriali attualmente in esercizio sulle sponde del golfo. E stiamo parlando di uno dei tre rigassificatori proposti;
il rigassificatore di Capodistria è l'unico, della decina di progetti che interessano tutto l'Adriatico, che funzionerebbe «a ciclo chiuso»: i progettisti, consci dei problemi ambientali di questo litorale, non ricorrerebbero all'impiego di acqua di mare, ma ricaverebbero il calore utile alla rigassificazione da altre fonti. Ad esempio la combustione di un'aliquota marginale del gas conferito in impianto (ne basta l'1,3 per cento) è sufficiente per riportare il metano dalla fase liquida a quella gassosa. L'aliquota che andrebbe bruciata corrisponde a quanto viene spontaneamente perso durante il trasporto (per via del cosiddetto «boil-off») ed immesso in atmosfera (il metano è tra i più potenti gas-serra, 25 volte più della anidride carbonica). Gli impianti sono inoltre dotati di «torce» che, per questioni di sicurezza, bruciano o immettono direttamente in atmosfera il gas in sovrapressione che si sviluppa nel processo di rigassificazione;
dal 2000, con decreto del Ministero dell'ambiente, la regione Veneto ha ottenuto il divieto dell'utilizzo del cloro come «agente antifouling» nei circuiti industriali che scaricano nella laguna di Venezia, in considerazione dei problemi che questa sostanza causa alle biocenosi di un habitat tanto delicato;
l'Adriatico è un mare semi-chiuso, considerato sotto più aspetti quale «zona ecologicamente sensibile», e gli impianti proposti, che in questi tempi procedono nel loro iter autorizzativo, consumano notevoli quantità d'acqua di mare, senza che, a giudizio degli interroganti, siano adeguatamente valutate le alternative tecnologiche percorribili (il cosiddetto «ciclo chiuso»), anche se si dimostrano economicamente meno convenienti per il gestore dell'impianto;
al Veneto e al Polesine non sono state riconosciute quelle royalties sui ricavi previste dalla legge nel caso della presenza di impianti come il rigassificatore, circostanza per cui è pendente un ricorso della regione nei confronti del Governo;
se per eccesso di offerta i rigassificatori rimanessero fermi, ai gestori è comunque sempre assicurato l'introito del 71 per cento delle royalties calcolate sulla capacità nominale di rigassificazione, per tutta la durata di vita dell'impianto. Sono gli effetti delle delibere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 178 del 2005 e n. 92 del 2008, che andranno a prelevare

gli importi da girare ai gestori dalle bollette del gas -:
quali iniziative urgenti si intenda assumere per chiarire la natura della schiuma di cui in premessa;
quali analisi abbia condotto finora l'istituto per la protezione e la ricerca ambientale e se non si ritenga che debbano essere approfondite per documentare con maggior precisione eventuali danni ambientali prodotti, in particolare per quanto riguarda i cloroderivati organici e gli alo-derivati in genere;
se non si ritenga di valutare l'estensione della limitazione in vigore nella laguna di Venezia a tutti gli impianti di dimensioni analoghe a quelli citati in premessa presenti nell'Adriatico, attivandosi anche per creare una governance comune con gli altri Paesi che si affacciano su questo mare;
se si intenda assumere iniziative, anche normative, al fine di rafforzare nelle procedure, anche con un maggior coinvolgimento dell'Ispra, la presa in considerazione delle alternative tecnologiche percorribili rispetto a quanto proposto dal gestore (nel caso in questione, il cosiddetto «ciclo chiuso») anche se si dimostrano economicamente meno convenienti per il gestore dell'impianto;
se in vista della predisposizione di un piano energetico nazionale, si intenda assumere iniziative volte a garantire che la remuneratività sia legata all'adozione da parte dei gestori di tecnologie che tutelino maggiormente l'ambiente.
(4-15003)

...

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Donadi n. 2-01360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Borghesi.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Vanalli n. 7-00773, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 581 del 2 febbraio 2012.

La I Commissione,
premesso che:
si fa riferimento al blocco dell'avvio al servizio dei giovani volontari da impiegare in progetti di servizio civile all'Italia e all'estero, determinato dalla sentenza con la quale il tribunale del lavoro di Milano il 9 gennaio 2012 ha accolto il ricorso inoltrato dal cittadino pachistano Syed Shahzad Tanwir contro il bando di selezione;
i firmatari del presente atto d'indirizzo esprimono il proprio apprezzamento per la circostanza che sia stato comunque possibile ovviare al blocco, grazie alla concessione della sospensiva della sentenza da parte del tribunale di Milano, formalizzata il 26 gennaio 2012;
nonostante ciò, il 1o febbraio 2012 hanno preso servizio solo 2.000 giovani sui 18.000 pronti alla partenza per il loro anno di servizio civile. I restanti 16.000 vedranno «scaglionate» le loro partenze da marzo a ottobre 2012, con un ritmo di 2.000-2.500 avvii mensili;
tale deprecabile situazione deriva dalla diminuzione di circa il 40 per cento delle risorse assegnate al Fondo nazionale per servizio civile, le cui dotazioni sono passate per il 2012 dai previsti 112.995.000 euro a 68.812.000 euro;
tale «scaglionamento» delle partenze rischia di avere effetti deleteri sull'effettivo avvio al servizio dei giovani. È infatti ragionevole presupporre che molti di loro nell'attesa cercheranno altre fonti di impegno e reddito, vanificando gli investimenti

di migliaia di enti, pubblici e non profit, per ingaggiarli e selezionarli;
un altro effetto deleterio della mancanza di risorse sarà il mancato avvio, od il forte ritardo, nelle attività di presentazione dei progetti di servizio civile da parte degli enti accreditati. Si ricorda a tale proposito che la presentazione degli stessi nell'ultimo biennio è avvenuta nel primo bimestre dell'anno, dietro avviso pubblicato come di consueto nel mese di novembre dell'anno precedente, mentre a tutt'oggi ancora nulla si sa al riguardo,


impegna il Governo:


ad intraprendere immediate iniziative volte ad assicurare l'entrata in servizio civile di tutti i giovani selezionati nel bando citato in premessa entro il mese di aprile 2012;
ad assumere tempestivamente iniziative volte ad assicurare la possibilità di finanziamento di progetti di servizio civile, da svolgersi nell'anno 2013, che impegnino almeno 20.000 giovani.
(7-00773)
«Vanalli, Rivolta, Nicola Molteni, Grimoldi, Pastore, Volpi, Consiglio, Meroni».

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Siragusa n. 5-05568, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 539 del 20 ottobre 2011.

SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per alcuni dirigenti scolastici residenti a Palermo, al momento di essere collocati a riposo a domanda e/o per raggiunti limiti di età, l'ufficio di ambito territoriale di Palermo, allora ufficio scolastico provinciale di Palermo, ha predisposto - per il competente ufficio Inpdap sede provinciale di Palermo - una base pensionabile senza la computazione della maggiorazione del 18 per cento;
tale maggiorazione è prevista dall'articolo 15 della legge n. 177 del 1976;
la cosiddetta quota A della pensione è stata di fatto calcolata senza la maggiorazione della quota relativa alla IIS nonostante questa risultasse conglobata nello stipendio tabellare annuo lordo a decorrere dal 31 dicembre 2001 (articolo 40, comma 3, del contratto collettivo nazionale del lavoro 1o marzo 2002, Area V dirigenza scolastica) e senza tenere conto della retribuzione di posizione dirigenziale espressamente prevista dalla lettera d) dell'articolo 37 del CCNL area V del 1o marzo 2002 e dalla lettera c) dell'articolo 52 del CCNL area V dell'11 aprile 2006;
la suddetta IIS è stata conglobata nello stipendio dei dirigenti scolastici ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 agosto 1981, n. 432;
con il CCNL area V del 2002 viene stabilito che la struttura della retribuzione dei dirigenti scolastici si compone delle seguenti voci: a) stipendio tabellare; b) indennità integrativa speciale; c) retribuzione individuale di anzianità (ove acquisita e spettante); d) retribuzione di posizione, parte fissa e parte variabile; e) retribuzione di risultato;
il successivo articolo 40, comma 3 testualmente recita: «Per effetto dell'incremento di cui al comma 1, del conglobamento nella voce stipendio, dell'importo di cui al comma 2 e dell'intero importo dell'indennità integrativa speciale, il nuovo stipendio tabellare annuo lordo è determinato, come indicato nella Tabella B) in euro 36.151,98 (lire. 70.000.000) inclusa la tredicesima mensilità, a decorrere dal 31 dicembre 2011»;
il successivo CCNL area V dei dirigenti scolastici, sottoscritto in data 11 aprile 2006, l'articolo 52 concernente la struttura della loro retribuzione, non distingue in modo separato ed autonomo la voce dell'indennità integrativa speciale da quello dello stipendio tabellare, in considerazione del fatto che essa con decorrenza dal 1o gennaio 2002 ha cessato di

esistere come voce retributiva autonoma, poiché era stata conglobata nell'intero stipendio tabellare, andandone a costituire un'unica voce, a differenza delle restanti voci, già indicate nell'articolo 37 del precedente CCNL area V e che continuavano ad esistere come voce retributiva autonoma;
al riguardo si richiama la sentenza n. 380 del 3 novembre 2008 della Corte dei conti per le Marche, che in sede giurisdizionale, in tema di maggiorazione del 18 per cento dell'ex voce retributiva dell'IIS, ha accolto il ricorso prodotto da alcuni dirigenti scolastici cessati dal servizio dal 1o settembre 2002 al 1o settembre 2007, riconoscendo loro testualmente «il diritto alla riliquidazione dei rispettivi trattamenti pensionistici previa valorizzazione nel calcolo della quota A delle pensioni, della maggiorazione del 18 per cento su tutto l'importo dello stipendio tabellare»;
nello specifico la suddetta sentenza ha affermato che in termini di applicazione del beneficio pensionistico nei confronti della specifica categoria di personale si osserva che, ai sensi dell'articolo 40, comma 3 del CCNL biennio normativo ed economico 2000-2001, il conglobamento dell'IIS nello stipendio tabellare è stato dalle parti contraenti concordato con decorrenza 31 dicembre; ne consegue che, ai fini pensionistici, risulta aver maturato il diritto alla maggiorazione del 18 per cento il personale dirigenziale in servizio alla predetta data, non giustificandosi per l'effetto quella diversa (di stipula del secondo CCNL), dall'Amministrazione scolastica presa in considerazione;
inoltre nel richiamare le sentenze della Corte di Cassazione Civile sezione lavoro n. 10296 del 22 novembre 1996, n. 4057 dell'8 luglio 1982, n. 1567 dell'8 marzo 1986, n. 3748 dell'11 aprile 1998, n. 4885 del 14 maggio 1998, va anche aggiunto che ogni emolumento corrisposto dal datore di lavoro, comunque denominato, ha natura retributiva e, se caratterizzato da continuità, obbligatorietà, determinabilità, va considerato parte della retribuzione valutabile ai sensi dell'articolo 2121 del codice civile, atteso anche l'ampio concetto di retribuzione desumibile dall'articolo 36 della Costituzione Italiana che espressamente fa riferimento alle esigenze familiari del lavoratore;
da quanto sopra illustrato ne consegue che la maggiorazione del 18 per cento della retribuzione di posizione compresa nella base pensionabile e riconosciuta dagli articoli 37, lettera d), del CCNL 2002 e 52, lettera c), del CCNL del 2006 è legittima -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e del trattamento diverso riservato a soggetti nelle medesime condizioni e se non intenda riconoscere a tutti i dirigenti scolastici in quiescenza il riconoscimento del medesimo trattamento pensionistico, comprensivo della maggiorazione del 18 per cento - prevista dall'articolo 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, all'intera voce «stipendio tabellare».
(5-05568)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-14973 del 16 febbraio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-13969 del 22 novembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06203.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Vannucci n. 5-05296 dell'8 settembre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02111;
interrogazione a risposta scritta Strizzolo n. 4-13605 del 14 ottobre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02112;
interrogazione a risposta scritta Iannuzzi n. 4-14223 del 14 dicembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06202.