XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 15 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 12 MARZO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
i Giochi olimpici rappresentano la più importante manifestazione sportiva mondiale, in cui i valori della competizione si fondono con la tolleranza e la pace tra i popoli;
le olimpiadi sono un importante veicolo di diffusione di valori sani e dell'etica dello sport; esse contribuiscono all'affermazione di un'etica della responsabilità, dell'onesta e della comunità;
la candidatura di Roma del 2020 rappresenterebbe un evento importante, che contribuirebbe al percorso di ripresa economica, sociale e culturale del Paese;
i contenuti della relazione mostrata al Governo dal comitato promotore della candidatura di Roma, al fine di valutare la compatibilità economica dell'organizzazione della manifestazione, non sono stati presentati al Parlamento, né al consiglio nazionale del Coni, organo competente per la deliberazione della candidatura;
secondo i promotori, le olimpiadi del 2020 costituirebbero un vantaggio economico per il Paese con la creazione di 170 mila posti di lavoro;
i costi della gestione e manutenzione delle strutture da realizzare devono essere attentamente valutati sotto il profilo della fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria per evitare l'eventuale abbandono o degrado degli stessi al termine dei giochi olimpici;
dato l'impegno gravoso dell'organizzazione di un evento così importante sarebbe auspicabile il coinvolgimento di altri territori e in particolare quelli del Sud, che hanno mostrato in passato notevoli capacità organizzative;
è fondamentale e imprescindibile dalla realizzazione del progetto che siano previsti strumenti normativi e amministrativi volti ad eliminare i rischi di infiltrazione mafiosa, nonché episodi di corruzione e malagestione, sia nella fase di progettazione sia al momento della realizzazione delle opere sopracitate,


impegna il Governo:


a sostenere la candidatura di Roma all'organizzazione dei giochi olimpici del 2020;
ad elaborare, anche attraverso un proprio provvedimento, le linee guida cui il comitato promotore dovrà attenersi nella fase di redazione del piano di candidatura, in particolare definendo i criteri di sostenibilità economica, ambientale e sociale del progetto e prevedendo il concorso con la città di Roma, titolare delle olimpiadi, di territori come la Campania e la Sicilia che possono ospitare discipline olimpiche, come il nuoto e la vela, senza consistenti investimenti impiantistici.
(1-00867)
«Miccichè, Misiti, Terranova, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Mario Pepe (Misto-R-A)».

La Camera,
premesso che:
in data 15 aprile 2011 si è concluso il processo di primo grado svolto in corte d'assise, per il rogo accaduto il 6 dicembre 2007, presso gli stabilimenti torinesi della società TyssenKrupp, nel quale persero la vita sette lavoratori, mentre è di questi giorni la conclusione del processo di primo grado sul dramma per le morti da amianto con la condanna dei dirigenti e proprietari della società Eternit;
i processi in questione hanno avuto tempi contenuti rispetto alla complessità delle vicende, nonostante l'intero corso dei procedimenti sia stato caratterizzato dall'intreccio

delle elevate competenze della magistratura, di corpi specializzati e di ricercatori universitari;
l'importante lavoro svolto dalla procura di Torino sui temi della sicurezza sul lavoro è universalmente riconosciuto come un solido e fondamentale punto di riferimento per chi opera nel settore della prevenzione e del contrasto agli infortuni e alle morti sul lavoro;
la crisi che ha colpito il Paese ha influito sulla riduzione degli infortuni che si è verificata, in ragione dell'elevato numero di lavoratori posti in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro, ma ora si sta verificando una preoccupante inversione di tendenza, con un sensibile incremento del numero sia delle morti che degli infortuni;
intervenendo sul tema degli infortuni, il procuratore Guariniello ha più volte sottolineato l'importanza dei risultati raggiunti, subordinando la stessa ad un'attività meticolosa e puntuale che si può svolgere solo con un gruppo di lavoro preparato, a tal fine proponendo l'istituzione di una «procura nazionale sugli infortuni», la creazione di nuclei specializzati di magistrati ed investigatori che sanno come lavorare ed intervenire appena accade un infortunio e di task force organizzate che abbiano rapporti con tecnici universitari competenti;
l'articolo 19 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificato dal comma 5 dell'articolo 12, della legge 30 luglio 2007, n. 111, impone la rotazione decennale ai magistrati che esercitano funzioni giudicanti e requirenti di primo e secondo grado;
in pratica con l'applicazione di questa normativa, nella sola procura di Torino, dovrebbero essere trasferiti ben 13 magistrati specializzati in materia di lavoro, e gli stessi dovrebbero essere sostituiti da colleghi provenienti da altri incarichi, che non hanno mai avuto esperienza specifica nel settore di indagine del pool;
smembrare il gruppo di lavoro significherebbe nei fatti indebolire l'azione di indagine e colpire l'organizzazione del lavoro che ha permesso di celebrare processi in tempi celeri, indagini accurate e in definitiva di assicurare giustizia alle vittime di omicidi plurimi sul lavoro;
il tema è stato anche oggetto di un pronunciamento del Consiglio superiore della magistratura che, nella seduta del 14 dicembre 2011, ha affrontato la questione riconoscendo l'importanza dell'obiettivo di garantire la continuità dell'esperienza investigativa e dell'apporto di conoscenza all'interno dei singoli gruppi di lavoro;
l'appello del procuratore di Torino era stato fatto proprio anche dall'Anmil nel secondo rapporto sulla tutela delle vittime del lavoro, presentato nell'anno 2008;
anche in procure di grandi dimensioni la materia della sicurezza sul lavoro viene posta in secondo ordine rispetto ad altri temi, con il rischio che le pene previste dall'ordinamento non vengano applicate anche in caso di soggetti (imprenditori e dirigenti aziendali preposti alla sicurezza) che abitualmente non osservano gli obblighi di legge;
in altri Paesi, quali la Francia, si è prevista l'istituzione di un pool di pubblici ministeri che hanno una competenza su quasi tutto il territorio nazionale sui reati di maggiore rilevanza che attengono alla salute dei lavoratori,


impegna il Governo:


a promuovere, nei limiti delle proprie competenze, la modifica della citata norma sulla rotazione decennale, prevedendo specifiche deroghe per i magistrati (giudicanti e requirenti) addetti alle sezioni e ai gruppi di lavoro specializzati nella trattazione dei procedimenti aventi ad oggetto reati connessi con la violazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

a promuovere l'istituzione di una procura nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro, o quanto meno la realizzazione di forme di forte coordinamento specialistico a livello distrettuale sui temi relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
(1-00868)
«Boccuzzi, Giulietti, Damiano, Miglioli, Causi, Vico, Marchioni, Concia, Naccarato, Strizzolo, Trappolino, Cardinale, Gatti, Rampi, Melandri, Touadi, Mazzuca, Cazzola, Malgieri, Angela Napoli, Zazzera, Enzo Carra, Grassi, Iannuzzi, Mosca, Lucà, Motta, De Pasquale, Bellanova, Benamati, Picierno, Losacco, Verini, Bocci, Arturo Mario Luigi Parisi, Cambursano, Mattesini, Gnecchi, Nicco, Versace, Scanderebech, Barbato, Berretta, D'Incecco, Marco Carra, Froner, Codurelli, Lovelli, Schirru».

La Camera,
premesso che:
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto, con il successivo Pacchetto Clima-Energia, per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del Piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili (PAN), il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti; in sostanza per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18.8 terawattore di energia elettrica e 5,7 megawatt termici di energia; questi valori indicano che il 45 per cento del PAN sarà realizzato grazie alle biomasse;
il 13 febbraio 2012 la Commissione europea ha adottato una strategia per la bioeconomia in Europa che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
con le agroenergie è possibile contribuire a valorizzare le filiere agro-alimentari presenti sul territorio, integrando il reddito dei produttori primari e in molti casi anche contribuendo a risolvere problemi di natura ambientale legati alla valorizzazione di sottoprodotti e di biomasse agricole e al miglioramento della sostenibilità delle pratiche agricole (rotazioni, effluenti zootecnici e direttiva nitrati, difesa dei suoli dall'erosione e altro);
la direttiva comunitaria n. 28 del 2009, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell'energia termica, ottenuta con la combustione (ovvero pirolisi o gassificazione) della biomassa o con la combustione del biogas derivante dalla digestione anaerobica della biomassa stessa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
si ricorda che le biomasse sono l'unica fonte rinnovabile, programmabile, a base carbonica utilizzabile non solo come energia di riserva a supporto della generazione elettrica da fonti non programmabili, ma in futuro in grado di fornire carbonio non di origine fossile per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali;
gli impianti possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cip

pato, pellet ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi); in totale, attualmente ci sono oltre 400 impianti, per una potenza installata superiore a 500 megawatt per circa 2 gigawattora di energia prodotta;
il biogas - costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica - nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate; i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in bioliquidi, combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa, e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa;
negli ultimi anni si è assistito ad un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, dando vita ad alcune preoccupazioni per le possibili conseguenze negative legate alla crescita dell'utilizzo delle biomasse;
il citato decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», prevede che l'incentivo per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili debba essere finalizzato, tra l'altro, a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agro-alimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e di biogas da filiere corte;
appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell'energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas climalteranti, acidificanti e potenzialmente tossici, ma senza dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni; in particolare risulta essenziale favorire le filiere più efficienti nell'uso del suolo agricolo, nella riduzione delle emissioni di carbonio e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita (life cycle assesment, LCA) normati dalla serie ISO 14040;
il biogas è un vettore energetico polivalente e particolarmente idoneo al contesto italiano con una elevata densità di popolazione e una estesa e capillare rete del gas; la filiera biogas-biometano si caratterizza quindi per le sue qualità plurifunzionali: elevata efficienza negli usi finali, costi di produzione competitivi rispetto le altre fonti energetiche rinnovabili, con limitati costi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in quanto consente il massimo utilizzo delle superfici agricole in termini di energia prodotta, è una fonte programmabile e conservabile mediante l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale ed è una filiera con un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale;
tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra, quindi, rappresentare una apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera: l'elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre; l'utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane; la nascente filiera tecnologica italiana di produzione di impianti a biogas con tutte le importanti potenziali ricadute sull'indotto e gli effetti positivi derivanti dal reinvestimento dei profitti (garantiti dagli incentivi) nello sviluppo tecnologico di questo settore all'interno

del sistema Paese; la valorizzazione di parametri come l'efficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica; l'agevole localizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici ed ambientali) del trasporto delle biomasse stesse, il possibile utilizzo in ambito cogenerativo;
tra le criticità emerse nella diffusione delle bioenergie si sottolineano le seguenti: la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta, inevitabilmente, un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale; in alcune province dell'Italia si sta verificando una eccessiva concentrazione di impianti che in assenza di una programmazione territoriale determina effetti in contrasto con gli obiettivi che in tutti questi anni hanno determinato il sostegno allo sviluppo degli impianti agroenergetici di piccole dimensioni nell'ottica esclusiva della multifunzionalità dell'agricoltura; occorre quindi che la governance delle regioni o, quando delegate, delle province, sui territori sia ben organizzata e studiata nell'intera sua complessità senza permettere la concessione di autorizzazioni quando non sono presenti tutte le corrette rassicurazioni per la sostenibilità delle filiere tradizionali;
una delle principali preoccupazioni, che andrebbe comunque confrontata con i dati Istat relativi all'ultimo censimento agricolo in merito alla cessazione delle attività agricole, riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana (food) e alla zootecnia (feed) in colture finalizzate alla produzione di energia (fuel), con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici e rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie - di attività integrativa del reddito in agricoltura - in attività sostitutiva dell'agricoltura;
a riguardo si rammenta come siano stati emanati due provvedimenti cogenti: un decreto contenente le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed il decreto burden sharing ovvero la ripartizione tra le regioni e le province autonome dello sforzo per raggiungere il target europeo di energia verde fissato per l'Italia al 2020; tali provvedimenti se applicati correttamente e tempestivamente permetterebbero una corretta programmazione in ambito locale degli interventi;
è auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, specie quelle orientate alla qualità del prodotto (ad esempio le colture biologiche o da serricoltura), stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per l'importazione di materiale dall'estero e, in maniera diversa, l'impiego di colture dedicate quando non da filiera corta; bisogna altresì favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, del verde urbano e forestali, premiando l'efficienza energetica del ciclo, ponendo attenzione alle dinamiche di mercato che potrebbero determinare effetti distorsivi connessi al costo delle matrici organiche di scarto;
è necessario apportare dei correttivi all'attuale sistema, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile delle filiere agroenergetiche; in particolare è importante una razionalizzazione delle tariffe; un miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli incentivi che determinino lo sviluppo di filiere industriali e l'incremento del reddito e dell'occupazione, con biomasse provenienti da filiere corte e comunque circoscritte al territorio locale; tutela del paesaggio; un controllo del consumo dei terreni agricoli; un monitoraggio dei prezzi delle derrate alimentari e degli affitti dei terreni agricoli; un corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale in rapporto alle caratteristiche tecniche e di produzione energetica,

tenendo in adeguata considerazione l'impatto sul traffico stradale, sia per quanto riguarda le emissioni inquinanti e i problemi di congestione, sia per quanto riguarda l'inquinamento acustico della zona,


impegna il Governo:


a verificare l'applicazione sul territorio nazionale delle Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del Burden sharing ad adottare ogni iniziativa di competenza per una regolamentazione ottimale in merito alla localizzazione degli impianti di piccole dimensioni con l'obiettivo di incentivare il settore delle agroenergie e le connesse potenzialità in termini di green economy e, contemporaneamente, di salvaguardare la funzione primaria dell'agricoltura, il paesaggio agrario e l'equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato, come descritte in premessa, che potrebbero minarne le reali possibilità di sviluppo essendo noto che gli scarti della filiera agroindustriale raramente sono nella disponibilità degli agricoltori;
a differenziare il sistema degli incentivi sulla base dei principi espressi nell'ultimo capoverso della premessa e sulla base dell'efficienza energetica dell'impianto con l'obiettivo di sfruttare innanzitutto le risorse locali nel rispetto della vocazione agricola del territorio, premiando la virtuosità della filiera e dell'efficienza energetica di tutto il ciclo utilizzando, oltre a quelli già esistenti, come possibile ulteriore strumento adatto a questo tipo di monitoraggio la già citata analisi del ciclo di vita;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato;
a provvedere ad uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti al fine di consentire l'utilizzo del materiale organico presente nel rifiuto o quale effluente di processi industriali o substrato ideale per la produzione di energia sia attraverso combustione diretta che attraverso la produzione di biogas, risolvendo le attuali problematiche e controversie circa l'identificazione di sottoprodotti da utilizzare in ambiente agricolo.
(1-00869)
«Servodio, Bratti, Mariani, Oliverio, Lulli, Boccia, Margiotta, Zucchi, Froner, Agostini, Benamati, Bocci, Braga, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Colaninno, Cuomo, Dal Moro, Esposito, Fadda, Fiorio, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Marchioni, Marrocu, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pizzetti, Portas, Quartiani, Realacci, Sanga, Sani, Scarpetti, Federico Testa, Trappolino, Vico, Viola, Zunino».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
le biomasse costituiscono un'importante fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi fissati con il Protocollo di Kyoto, con il successivo «pacchetto clima-energia», per il rispetto dei molteplici impegni assunti dal nostro Paese, a partire dall'attuazione del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili, il quale prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17 per cento di produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10 per cento sul consumo totale di carburanti; in sostanza, per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18,8 terawattore di energia elettrica e 5,7 megawatt di energia termica; questi valori indicano che il 45 per cento del piano nazionale d'azione per le energie rinnovabili sarà realizzato grazie alle biomasse;
il 13 febbraio 2012 la Commissione europea ha adottato una strategia per la bioeconomia in Europa che considera le biomasse quale elemento centrale per definire un'economia post-petrolio in Europa;
con le agroenergie è possibile contribuire a valorizzare le filiere agroalimentari presenti sul territorio, integrando il reddito dei produttori primari e in molti casi anche contribuendo a risolvere problemi di natura ambientale legati alla valorizzazione di sottoprodotti e di biomasse agricole e al miglioramento della sostenibilità delle pratiche agricole (rotazioni, effluenti zootecnici e direttiva nitrati, difesa dei suoli dall'erosione ed altro);
la direttiva comunitaria n. 28 del 2009, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura, dalla silvicultura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell'energia termica, ottenuta con la combustione (ovvero pirolisi o gassificazione) della biomassa o con la combustione del biogas, derivante dalla digestione anaerobica della biomassa stessa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica;
si ricorda che le biomasse sono l'unica fonte rinnovabile, programmabile, a base carbonica utilizzabile non solo come energia di riserva a supporto della generazione elettrica da fonti non programmabili, ma in futuro in grado di fornire carbonio non di origine fossile per lo sviluppo di una chimica capace di produrre biomateriali;
gli impianti possono essere alimentati da biomasse solide come legna, cippato, pellet, ma anche con rifiuti solidi urbani, biogas (derivanti dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, da fanghi, deiezioni animali, ma anche da attività agricole) e bioliquidi (oli vegetali grezzi o altri bioliquidi); in totale, attualmente ci sono oltre 400 impianti, per una potenza installata superiore a 500 megawatt per circa 2 gigawattora di energia prodotta;
il biogas - costituito prevalentemente da metano e da anidride carbonica - nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica ovvero frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche dedicate; i combustibili di origine biologica allo stato liquido sono distinti, in base al decreto legislativo n. 28 del 2011, in bioliquidi, combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l'elettricità, il riscaldamento ed il raffreddamento, prodotti dalla biomassa e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti ricavati dalla biomassa;
negli ultimi anni si è assistito ad un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, dando vita ad alcune preoccupazioni per le possibili conseguenze negative legate alla crescita dell'utilizzo delle biomasse;
il citato decreto legislativo n. 28 del 2011, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», prevede che l'incentivo per biogas, biomasse e bioliquidi sostenibili debba essere finalizzato, tra l'altro, a promuovere l'uso efficiente di rifiuti e sottoprodotti, di biogas da reflui zootecnici o da sottoprodotti delle attività agricole, agroalimentari, agroindustriali, di allevamento e forestali, di prodotti ottenuti da coltivazioni dedicate non alimentari, nonché di biomasse e bioliquidi sostenibili e di biogas da filiere corte;
appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell'energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l'emissione di gas climalteranti, acidificanti e potenzialmente tossici, ma senza dare vita ad effetti distorsivi per l'economia agricola o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni; in particolare, risulta essenziale favorire le filiere più efficienti nell'uso del suolo agricolo, nella riduzione delle emissioni di carbonio e capaci di generare la massima ricaduta occupazionale in ambito locale; questi aspetti possono essere verificati tramite studi dedicati di analisi del ciclo di vita (life cycle assesment) normati dalla serie ISO 14040;
il biogas è un vettore energetico polivalente e particolarmente idoneo al contesto italiano, con un'elevata densità di popolazione e un'estesa e capillare rete del gas; la filiera biogas-biometano si caratterizza, quindi, per le sue qualità plurifunzionali: elevata efficienza negli usi finali, costi di produzione competitivi rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili, con limitati costi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, in quanto consente il massimo utilizzo delle superfici agricole in termini di energia prodotta; è una fonte programmabile e conservabile mediante l'utilizzo della rete e degli stoccaggi del gas naturale ed è una filiera con un rilevante impatto sull'economia agricola e industriale;
tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra, quindi, rappresentare un'apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera: l'elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre; utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle aziende agricole italiane; la nascente filiera tecnologica italiana di produzione di impianti a biogas, con tutte le importanti potenziali ricadute sull'indotto e gli effetti positivi derivanti dal reinvestimento dei profitti (garantiti dagli incentivi) nello sviluppo tecnologico di questo settore all'interno del sistema Paese; la valorizzazione di parametri come inefficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica; l'agevole localizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici ed ambientali) del trasporto delle biomasse stesse; il possibile utilizzo in ambito cogenerativo;
tra le criticità emerse nella diffusione delle bioenergie si sottolineano le seguenti: la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta, inevitabilmente, un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale; in alcune province dell'Italia si sta verificando un'eccessiva concentrazione di impianti che, in assenza di una programmazione territoriale, determina effetti in contrasto con gli obiettivi che in tutti questi anni hanno determinato il sostegno allo sviluppo degli impianti agroenergetici di piccole dimensioni nell'ottica esclusiva della multifunzionalità dell'agricoltura; occorre, quindi, che la governance delle regioni o, quando delegate, delle province sui territori sia ben organizzata e studiata nell'intera sua complessità, senza permettere la concessione di autorizzazioni quando non sono presenti tutte le corrette rassicurazioni per la sostenibilità delle filiere tradizionali;
una delle principali preoccupazioni, che andrebbe comunque confrontata con i dati Istat relativi all'ultimo censimento agricolo in merito alla cessazione delle attività agricole, riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all'alimentazione umana (food) e alla zootecnia (feed) in colture finalizzate alla produzione di energia (fuel), con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie - di attività integrativa del reddito in agricoltura - in attività sostitutiva dell'agricoltura;
a riguardo si rammenta come siano stati emanati due provvedimenti cogenti: un decreto contenente le linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ed il decreto burden sharing, ovvero la ripartizione tra le regioni e le province autonome dello sforzo per raggiungere il target europeo di energia verde fissato per l'Italia al 2020; tali provvedimenti, se applicati correttamente e tempestivamente, permetterebbero una corretta programmazione in ambito locale degli interventi;
è auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, specie quelle orientate alla qualità del prodotto (ad esempio, le colture biologiche o da serricoltura), stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare, sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per importazione di materiale dall'estero e, in maniera diversa, l'impiego di colture dedicate quando non da filiera corta; bisogna, altresì, favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, del verde urbano e forestali, premiando l'efficienza energetica del ciclo, ponendo attenzione alle dinamiche di mercato che potrebbero determinare effetti distorsivi connessi al costo delle matrici organiche di scarto;
è necessario apportare dei correttivi all'attuale sistema, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile delle filiere agroenergetiche; in particolare, è importante: una razionalizzazione delle tariffe; un miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli incentivi che determinino lo sviluppo di filiere industriali e l'incremento del reddito e dell'occupazione, con biomasse provenienti da filiere corte e comunque circoscritte al territorio locale; la tutela del paesaggio; un controllo del consumo dei terreni agricoli; un monitoraggio dei prezzi delle derrate alimentari e degli affitti dei terreni agricoli; un corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale in rapporto alle caratteristiche tecniche e di produzione energetica, tenendo in adeguata considerazione l'impatto sul traffico stradale, sia per quanto riguarda le emissioni inquinanti e i problemi di congestione, sia per quanto riguarda l'inquinamento acustico della zona;
sarebbe opportuno, tra l'altro, che si procedesse ad emanare tempestivamente le direttive sulle caratteristiche chimiche e fisiche del biometano di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 28 del 2011,


impegna il Governo:


ad adottare nel più breve tempo possibile i decreti attuativi previsti dagli articoli 21, 24 e 28 del decreto legislativo n. 28 del 2011, diretti a favorire l'utilizzo del biometano e la produzione di energia elettrica e termica da impianti alimentati da fonti rinnovabili;
a verificare l'applicazione sul territorio nazionale delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del burden sharing e ad adottare ogni iniziativa di competenza per una regolamentazione ottimale in merito alla localizzazione degli impianti di piccole dimensioni, con l'obiettivo di incentivare il settore delle agroenergie e le connesse potenzialità in termini di green economy e, contemporaneamente, di salvaguardare la funzione primaria dell'agricoltura, il paesaggio agrario e l'equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato, come descritto in premessa, che potrebbero minarne le reali possibilità di sviluppo, essendo noto che gli scarti della filiera agroindustriale raramente sono nella disponibilità degli agricoltori;
a differenziare il sistema degli incentivi sulla base dei principi espressi nel penultimo capoverso della premessa e sulla base dell'efficienza energetica dell'impianto, con l'obiettivo di sfruttare innanzitutto le risorse locali nel rispetto della vocazione agricola del territorio, premiando la virtuosità della filiera e dell'efficienza energetica di tutto il ciclo, utilizzando, oltre a quelli già esistenti, come possibile ulteriore strumento adatto a questo tipo di monitoraggio la già citata analisi del ciclo di vita;
a favorire un protagonismo dell'imprenditoria agricola italiana, al fine di incentivare l'opzione agroenergetica come fonte integrativa di reddito capace di irrobustire la capacità reddituale dell'azienda agricola nel suo complesso, rafforzando in tal modo anche la sua capacità di produrre in modo competitivo alimenti e foraggi, differenziando le varietà colturali e mitigando il rischio associato alla stagionalità ed alle fluttuazioni dei prezzi di mercato;
a provvedere ad uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti, al fine di consentire l'utilizzo del materiale organico presente nel rifiuto o quale effluente di processi industriali o substrato ideale per la produzione di energia sia attraverso combustione diretta che attraverso la produzione di biogas, risolvendo le attuali problematiche e controversie circa l'identificazione di sottoprodotti da utilizzare in ambiente agricolo.
(1-00869) (Nuova formulazione) «Servodio, Bratti, Mariani, Oliverio, Lulli, Boccia, Margiotta, Zucchi, Froner, Agostini, Benamati, Bocci, Braga, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Colaninno, Cuomo, Dal Moro, Esposito, Fadda, Fiorio, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Marchioni, Marrocu, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pizzetti, Portas, Quartiani, Realacci, Sanga, Sani, Scarpetti, Federico Testa, Trappolino, Vico, Viola, Zunino».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
la procedura dei rimborsi IVA che le società maturano trimestralmente nei confronti dell'erario attualmente risulta troppo articolata e molto onerosa per le aziende;
si prenda, ad esempio, uno schema tipo del credito IVA trimestrale di una ipotetica azienda del comparto lattiero caseario, in virtù del meccanismo delle

aliquote IVA degli acquisti più alte rispetto a quelle di vendita:
acquisti (IVA pagata ai fornitori che lo Stato deve restituire alle aziende):
materia prima (latte) con Iva al 10 per cento;
materie sussidiarie (confezioni, imballaggi eccetera) con Iva al 21 per cento;
altre materie (carburanti, riparazioni, manutenzioni, servizi eccetera) con Iva al 4 per cento;
vendite (IVA che l'azienda incassa dai clienti e deve versare allo Stato):
prodotto finito (latticini e formaggi) con Iva al 4 per cento;
appare pertanto evidente, in relazione ai volumi degli acquisti e delle vendite, che la differenza di aliquota tra fatture di acquisto e fatture di vendita genera un credito IVA trimestrale che le aziende normalmente chiedono a rimborso con l'effettuazione delle liquidazioni periodiche trimestrali, ad eccezione dell'importo di euro 516.456,90 che è possibile, in virtù dell'articolo 8, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 542 del 1999, utilizzare in compensazione con le altre imposte come meglio di seguito specificato;
la vigente legislazione in materia di crediti IVA prevede, dall'anno 1999, la possibilità di compensare il proprio credito IVA con le altre imposte dovute con utilizzo di modo F24, il limite di compensazione ammesso, già dall'anno 2001 e tuttora vigente, ha un plafond di euro 516.456,90 fissato dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000;
inoltre, a seguito di recenti novità legislative entrate in vigore dal 1° gennaio 2010, detta procedura è stata resa ancora più onerosa, sia in termini di costi che in termini di tempi rendendoli ancora più diluiti, obbligando le aziende con crediti IVA superiori a 15mila euro alla certificazione del credito da parte di professionisti abilitati i quali, al fine di rilasciare detta certificazione, debbono acquisire in azienda un grande volume di documenti fiscali da controllare. Una volta ottenuta la certificazione del credito IVA da utilizzare in compensazione è finalmente possibile iniziare a compensare, a differenza della precedente normativa che consentiva la compensazione a partire dal primo giorno utile dopo la scadenza del trimestre in cui si generava il credito;
in sintesi, per i crediti IVA maturati nel corso dell'anno, l'attuale normativa consente di utilizzare in compensazione solo euro 516.456,90, mentre la differenza viene chiesta a rimborso, la cui liquidazione, una volta completata la presentazione della documentazione prevista, corredata di apposita ed onerosa polizza fideiussoria atta a garantire il credito chiesto a rimborso, genera tempi di attesa enormi che attualmente si aggirano intorno ai 18-24 mesi, tempi che penalizzano fortemente le aziende costringendole ad anticipare le proprie risorse finanziarie, o a dover ricorrere al credito bancario per far fronte agli impegni gestionali;
l'attuale meccanismo genera danni ingenti alle aziende trasformatrici che, nel tentativo di compensare i ritardi di rimborso e i relativi costi che comporta, sono spinte ad acquistare materie di prime di provenienza straniera, non assoggettabili a IVA poiché dette operazioni rientrano negli scambi intracomunitari o importazioni di merce al di fuori dell'Unione europea con conseguente penalizzazione però nei confronti delle produzioni italiane. Questo problema è particolarmente sentito tra le aziende del settore lattiero-caseario, in quanto risulterebbero estremamente penalizzate le aziende che lavorano latte nazionale e favorite invece quelle che lavorano solo o per la maggior parte latte estero,


impegna il Governo:


a promuovere una riforma strutturale di tutta la procedura dei rimborsi, disciplinata dall'articolo 38-bis del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972

e successive modificazioni, prendendo in considerazione l'ipotesi di aumentare considerevolmente l'attuale limite della compensazione portandolo a euro 4.000.000,00 almeno per quelle imprese che abitualmente, proprio in virtù del meccanismo suddetto, si trovano sistematicamente con un credito IVA infrannuale da chiedere a rimborso o in compensazione, oppure in alternativa consentendo alle aziende di compensare, per tutto l'anno, il credito IVA vantato nei confronti dell'erario con tutto ciò che gli adempimenti fiscali impongono di pagare mensilmente, in particolar modo tutte le imposte erariali ed i contributi, concorrendo in tal modo ad operare anche una, semplificazione fiscale, in quanto si eviterebbe il sovrapporsi di domande di rimborso da erogare e si richiederebbe la presentazione di una sola polizza fideiussoria alla fine dell'anno ove si evidenzierebbe il residuo credito IVA al netto delle compensazioni effettuate nell'anno (anziché quattro l'anno, cioè una per ogni periodo come attualmente accade);
ad assumere iniziative volte a ripristinare, per i titolari di partita IVA, l'obbligo di comunicare, per via telematica, all'Agenzia delle entrate l'importo e la tipologia dei crediti che saranno oggetto della successiva compensazione in caso di importi superiori a 10.000 euro, l'obbligo, già previsto ai commi 30-32 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006 e abrogato dal comma 3 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 158 del 2008 che prevedeva l'invio della suddetta comunicazione da parte da parte del contribuente entro il quinto giorno precedente quello in cui intendeva effettuare l'operazione di compensazione.
(7-00784) «Messina, Barbato».

La IX Commissione,
premesso che:
il ciclismo è uno sport che vanta in Italia una lunga e gloriosa tradizione ed oggi è ancora fortemente praticato e seguito, soprattutto da tanti giovani che si cimentano con passione e sacrificio nella disciplina;
nonostante il continuo sviluppo del fenomeno, come conferma la scelta della Toscana per lo svolgimento dei mondiali di disciplina nel 2013, risulta non adeguato il sistema di tutela che permetta lo svolgimento sano e sicuro dello sport ai tanti appassionati;
ogni anno, purtroppo, nelle nostre strade sono in aumento il numero degli incidenti, in molti casi anche mortali, che colpiscono i ciclisti; si calcola che negli ultimi 10 anni i ciclisti rimasti uccisi sono più di 2500, cifra che rappresenta una vera e propria mattanza;
recentemente in Gran Bretagna, dove il numero delle vittime è sostanzialmente inferiore, è stata lanciata una campagna a sostegno del settore con specifiche richieste di interventi normativi finalizzati all'introduzione nel codice della strada di norme in funzione della sicurezza dei ciclisti e ciclo-amatori che praticano lo sport nelle strade nel Regno Unito;
nello specifico i punti che sono stati posti in evidenza nella campagna si incentrano sulla valorizzazione del ruolo dello sportivo e sulla massima attenzione in termini di sicurezza delle strade e dei luoghi fruibili per la pratica del ciclismo, che comprendono limitazioni al traffico nelle aree sprovviste di piste ciclabili, l'incremento delle stesse ove sia possibile compatibilmente con lo sviluppo dei piani di traffico, la dotazione di strumenti aggiuntivi per la segnalazione delle aree ciclabili e dei luoghi di maggiore congestione di traffico diffusi nel territorio, l'impegno di risorse e il coinvolgimento dei privati per lo sviluppo di progetti che prevedano al creazione di nuove piste ciclabili;
in Italia, nonostante le recenti innovazioni nel codice della strada in materia, risulta carente una regolamentazione chiara e sicura a tutela delle migliaia di ciclisti che ogni giorno per passione o

per disciplina percorrono le strade cittadine con notevoli rischi per la propria integrità fisica,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative volte a favorire la tutela e la sicurezza dei ciclisti, che comprendano anche modifiche e integrazioni al codice della strada vigente, tenendo anche conto delle recenti indicazioni proposte dalla campagna in atto nel Regno Unito, che sta riscontrando numerose adesioni anche nel mondo politico;
ad assumere iniziative, anche normative, dirette a destinare risorse finanziarie compatibilmente con gli impegni di bilancio a favore degli enti locali per promuovere progetti territoriali finalizzati alla sicurezza dei ciclisti e ciclo-amatori.
(7-00782)«Mereu, Volontè».

La XII Commissione,
premesso che:
la medicina di genere rappresenta una nuova prospettiva per il futuro della salute. Si tratta di un'area di ricerca che indaga sulle relazioni tra l'appartenenza al genere sessuale e l'efficacia delle terapie nel trattamento di determinate patologie che si propone come obiettivo quello di giungere a garantire a ogni individuo, maschio o femmina, la terapia più adeguata;
per troppo tempo, la differenza tra uomini e donne è stata considerata un fattore secondario, in molti casi addirittura ignorata nello sviluppo di nuove soluzioni farmacologiche e nell'individuazione di trattamenti e forme di prevenzione dalle patologie;
non si è sentita l'esigenza di una sperimentazione riservata e dedicata alle donne fino al 2002 quando, presso la Columbia University di New York, è nato un settore specializzato nella medicina di genere. In Italia una recente indagine ISTAT ha rilevato come le donne nell'8,3 per cento dei casi denuncino un cattivo stato di salute contro il 5,3 per cento degli uomini. Purtroppo, solo di recente, ci si è resi conto della necessità di studiare le malattie, ma soprattutto i nuovi farmaci in base al genere (maschile o femminile), in quanto esistono delle diversità profonde nello sviluppo delle patologie oltre che nella reazione ai medicinali;
alcune patologie, inoltre hanno una rilevanza maggiore nel genere femminile (la sclerosi multipla, le malattie autoimmuni e quelle reumatiche, la depressione, e simili) o si sviluppano in maniera diversa in base ai cicli vitali (l'osteoporosi e le malattie cardiovascolari). Per tutti questi motivi, le donne assumono anche una grande quantità di farmaci in un rispetto agli uomini e ne subiscono in modo rilevante anche la maggior parte degli effetti collaterali. Da lungo tempo ancora oggi i farmaci vengono testati esclusivamente sugli uomini, nella maggior parte dei casi;
in Italia, in particolare modo, vi è una lunga tradizione di studi registrativi effettuati prevalentemente su pazienti maschi, dovuti soprattutto al fatto che, specie nelle prime fasi della ricerca clinica, sono necessarie cautele legate a ragioni di tutela della salute della donna e del suo sistema riproduttivo. L'effetto di questa pur giustificata minor presenza di donne nei trial è quello di farmaci e formulazioni che non sempre e non pienamente sono adeguate alle esigenze terapeutiche femminili;
purtroppo e per necessità dovute, dunque, alla differente struttura della donna che ne rende più complesso lo studio nelle sperimentazioni di medicinali, tutti gli studi sperimentali sui farmaci sono stati condotti prendendo come riferimento i maschi, perché fisiologicamente più stabili. È evidente, dunque, che nelle sperimentazioni cliniche e nelle ricerche farmacologiche le conseguenze che ne vengono tratte risentono di una componente maschile che non prende adeguatamente in considerazione le peculiarità femminili;
si sta tuttavia generando un'attenzione crescente verso la differenza di genere

in medicina, testimoniata dalle indicazioni che provengono dall'Organizzazione mondiale della sanità (e, in Italia, dall'Istituto superiore di sanità e dall'Agenzia italiana del farmaco);
le differenze di genere e la necessità di tenerne conto nel definire cure e approcci terapeutici sono aspetti sempre più ritenuti prioritari nell'ambito della sanità e della farmacologia. Infatti, concentrarsi ed investire sulla medicina di genere è un modo per dare concretezza al concetto di «centralità del paziente» nella ricerca e messa a punto di trattamenti efficaci e innovativi per la tutela della salute;
la cura personalizzata è uno degli obiettivi della medicina del terzo millennio che necessariamente deve considerare le categorie di pazienti prima di arrivare alla singola persona. L'importanza di strategie nazionali che includano il genere nei programmi e nella ricerca è stato segnalato nel 2007 dall'Organizzazione mondiale sanità (OMS) nello studio sugli effetti delle diseguaglianze di genere sulla salute. L'OMS invita a sostenere e promuovere la ricerca e la formazione di genere, a includere l'analisi di genere nella ricerca per lo sviluppo di farmaci e di nuovi approcci terapeutici ad esso mirati;
dal 2009 l'Istituto superiore di sanità porta avanti un progetto strategico, finanziato dal ministero della salute, proprio finalizzato alle cure di genere. La priorità per il terzo millennio di medicina e scienza è, dunque, un maggior impegno nel curare le malattie delle donne e nell'organizzare la sanità con un approccio più «femminile»,


impegna il Governo:


ad incentivare un nuovo approccio scientifico al genere che si traduca in una ricerca biomedica sempre più capace di indagare la complessità biologica della differenza di sesso;
a garantire per quanto di competenza la necessaria attenzione alla differenza con cui i due generi sono interpretati nell'organizzazione sanitaria, per evitare diseguaglianze che ricadono sulla sofferenza dell'individuo e sui costi della sanità;
ad avviare campagne di sensibilizzazione organizzate a livello nazionale in collaborazione con tutte le regioni e atte a diffondere i benefici della medicina di genere in grado di rendere possibile la diffusione di terapie che rispondano, nel modo più adatto, alle diverse esigenze di uomini e donne;
a promuovere l'inserimento, all'interno dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione, della «medicina di genere»;
a promuovere nell'ambito del servizio sanitario nazionale, l'istituzione di adeguate strutture medico-scientifiche atte a garantire le peculiarità, nelle condizioni di salute e nel relativo trattamento, delle donne e degli uomini, nel rispetto delle specifiche esigenze e necessità, abbattendo le barriere che impediscono la riduzione degli ostacoli all'uguaglianza di genere nell'erogazione dei servizi.
(7-00785)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli».

La XIII Commissione,
premesso che:
la legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, all'articolo 5, autorizzava l'amministrazione regionale a concedere incentivi alle aziende agricole, che avessero subito, a causa di avverse circostanze o eventi, la compromissione dei bilanci economici; con delibera della giunta regionale del 26 giugno 1992 la regione Sardegna dava il via all'erogazione del contributo in favore delle aziende agricole indebitate;
successivamente, il 1° agosto 1994, la Commissione europea comunicava alla regione Sardegna la decisione di avviare la procedura di infrazione prevista dall'allora

articolo 93 (oggi articolo 87), paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea, in quanto né l'articolo 5 della citata legge n. 44 del 1988, né le delibere attuative erano state mai notificate alla stessa Commissione per l'esame della loro compatibilità alla normativa comunitaria;
ignorando tale comunicazione, l'amministrazione regionale continuava l'erogazione delle provvidenze fino alla data del 2 ottobre 1996, data in cui l'allora assessore regionale dell'agricoltura ha disposto la sospensione del contributo;
con decisione n. 97/612/CE, del 16 aprile 1997, la Commissione europea dichiarava gli aiuti erogati ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, in quanto concessi senza la preventiva notifica. Con la medesima decisione essa disponeva l'obbligo di recuperare, entro sei mesi, gli aiuti già concessi;
i successivi interventi della regione presso le istituzioni comunitarie si sono rivelati infruttuosi, come pure le rassicurazioni da essa offerte agli agricoltori coinvolti nel recupero degli aiuti; negli anni successivi il debito da essi contratto con le banche si è ulteriormente e fortemente aggravato;
occorre tenere ben presente che nessuna colpa può essere attribuita agli agricoltori che hanno usufruito di un diritto disposto dall'amministrazione regionale, in base ad una legge regolarmente approvata e pubblicata e ai conseguenti decreti attuativi regolarmente registrati dalla Corte dei conti;
in soccorso è intervenuta la legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 126, (legge finanziaria 2008), con la quale si istituiva una commissione avente lo scopo di presentare al Presidente del Consiglio dei ministri adeguate proposte per la ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli coinvolti;
la commissione aveva un termine di lavoro al 31 luglio 2008, ulteriormente spostato al 31 luglio 2009 dal decreto-legge n. 207 del 2008, articolo 23-ter e 23-quater («Milleproroghe 2009»);
tuttavia la commissione, formata da tre esperti, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna, oltre ad essere stata nominata tardivamente dagli enti preposti, è stata sostanzialmente impossibilitata a lavorare,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative per lo spostamento a fine 2012 del termine di lavoro per la commissione di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 126 (legge finanziaria 2008);
ad assumere iniziative normative volte a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose a danno degli imprenditori agricoli che abbiano contratto mutui con la legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, della regione autonoma della Sardegna sino al completamento del lavoro della citata commissione.
(7-00783)«De Camillis, Cicu, Beccalossi, Paolo Russo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE e CUOMO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le ultime recenti abbondanti precipitazioni anche nevose stanno determinando un ulteriore aggravamento della situazione

relativa allo storico abitato di Craco vecchia, paese della provincia di Matera, abbandonato da tempo a seguito dei movimenti franosi;
il sindaco ha lanciato l'allarme alle istituzioni competenti in merito al contenimento della frana che sta interessando una vasta area del cimitero del vecchio nucleo abitato in quanto il muro di sostegno del terrapieno potrebbe essere prossimo al crollo con gravi conseguenze sia per la dimensione del movimento franoso, sia per il valore dell'area interessata con diverse cappelle gentilizie;
si tratta di una situazione di emergenza considerata la assoluta impossibilità da parte dell'ente locale di poter fronteggiare una siffatta condizione;
occorre un piano di investimenti per tutelare un patrimonio di indiscutibile valore poiché il cosiddetto paese fantasma è uno dei più preziosi patrimoni storici e artistici della Lucania nonché location di numerose produzioni cinematografiche -:
se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda attivare per affrontare con urgenza il tema della messa in sicurezza, a partire dall'area del cimitero, dello storico abitato di Craco vecchia al fine di preservarne l'unicità di uno dei siti più belli del paese.
(3-02106)

Interrogazioni a risposta scritta:

IANNACCONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di maltempo che ha investito l'Italia nei giorni scorsi ha causato in Irpinia enormi disagi alle popolazioni locali;
nelle province di Avellino e Benevento, a seguito delle abbondanti precipitazioni nevose, c'è stata una situazione di assoluto allarme e di pericolo per tantissime famiglie che, soprattutto nelle contrade rurali, sono rimaste completamente isolate;
si è assistito, nei giorni scorsi, a quello che all'interrogante appare un assurdo tentativo di scaricare reciprocamente le responsabilità con l'assoluta inerzia da parte di quei Corpi dello Stato, che avrebbero dovuto, invece, portare sollievo alla popolazione;
non si capisce la ragione per la quale l'Esercito non sia intervenuto, così come in altre analoghe circostanze del passato, quando si sono registrate precipitazioni nevose non altrettanto abbondanti e come è successo in altre parti del Paese;
nonostante una sollecitazione urgente dell'interrogante al Ministro della difesa nulla si è mosso per dare assistenza a tantissime famiglie che sono state lasciate al completo abbandono in un momento di reale emergenza -:
quali siano le iniziative che si intendono porre in essere per evitare che queste gravi inefficienze possano ripetersi di nuovo e quali siano le cause di questi aberranti ritardi e carenze che si sono verificate proprio quando la cittadinanza si trovava in una condizione di massima difficoltà;
quali iniziative normative intendano assumere per ridare operatività piena alla protezione civile la cui azione è tanto più necessaria in un Paese, come l'Italia, soggetto con notevole frequenza ad eventi calamitosi.
(4-14903)

GRIMOLDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento in Italia della corte centrale unificata del brevetto europeo come Corte di primo grado costituirebbe un importante strumento di protezione degli investimenti delle imprese nell'innovazione tecnologica ed un incentivo allo sviluppo economico del Paese;

la creazione di un brevetto unificato e di una giurisdizione unificata per tutti gli Stati membri rappresenta il mezzo più idoneo a garantire la tutela transazionale della proprietà intellettuale;
la mancata partecipazione dell'Italia al progetto per il brevetto unificato e la conseguente esclusione dall'accordo sulla giurisdizione unificata escluderebbero le imprese italiane da tali strumenti di tutela, diminuendone il potenziale di competitività sul mercato unificato;
tra le dodici sezioni della proprietà industriale ed intellettuale esistenti nel Paese, la sezione di Milano risulta essere la più accreditata ad essere la sede della corte unificata del brevetto europeo, avuto riguardo alla sua operatività e alla capacità di smaltimenti dei procedimenti pendenti;
si ritiene di grande importanza che il Governo sostenga la candidatura di Milano; prima di avanzare la candidatura milanese, il Governo italiano dovrebbe aderire al progetto europeo di brevetto unificato;
si calcola che ospitare la sede della corte unificata del brevetto europeo di primo grado avrebbe ricadute economiche stimate in circa 3 miliardi di euro, a cui andrebbero aggiunti i vantaggi legati alla creazione di nuove istituzioni universitarie, centri di ricerca, uffici di sperimentazione e altro;
l'assegnazione al nostro Paese contribuirebbe concretamente allo sviluppo scientifico e tecnologico del sistema produttivo italiano e doterebbe il Paese di un prestigioso riconoscimento a livello comunitario, unico a non essere sede di una importante istituzione europea -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda porre in essere in merito a quanto segnalato in premessa.
(4-14907)

TOCCAFONDI, BOSI e VELO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la delega conferita al Governo dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, prevede di procedere alla riduzione del numero dei presidi giudiziari di primo grado ed alla razionalizzazione dei relativi assetti territoriali;
il Governo, nel proporre la soppressione e l'accorpamento di tali uffici, ha stabilito di voler applicare soltanto due dei criteri indicati nella legge n. 148 e precisamente il carico di lavoro e il numero degli abitanti;
nella relazione di accompagnamento allo schema di decreto governativo, il valore soglia del carico di lavoro è stato determinato il 568 provvedimenti e il bacino demografico minimo di utenza in 100.000 abitanti;
la sola applicazione dei criteri sopraindicati comporta inevitabilmente, per l'isola d'Elba, la soppressione in primis dell'ufficio del giudice di pace e successivamente anche la chiusura distaccata del tribunale di Livorno;
in questo modo si rischia di non considerare la condizione di insularità dei comuni facenti parte della circoscrizione del giudice di pace e della sezione distaccata del tribunale;
proprio per la particolare condizione di insularità, l'accorpamento degli uffici giudiziari comporterebbe per i residenti dell'Isola notevoli disagi;
la delega conferita al Governo dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, impone all'esecutivo di tener conto anche di altri criteri come, l'estensione territoriale, il tasso d'impatto della criminalità organizzata e, in particolare, la «specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale»;
un criterio, quest'ultimo, che dovrebbe spingere a tener conto della particolare

condizione di insularità dell'Isola d'Elba, che rende particolarmente difficoltoso l'accesso ad un servizio pubblico di primaria importanza, come quello giudiziario, se collocato nelle sedi circondariali del continente;
ad avviso degli interroganti, il riferimento, indicato dal Governo per la soppressione degli uffici giudiziari, ridotto ai soli criteri del carico di lavoro e del bacino demografico di utenza, appare in contraddizione con la legge delega che invece indica altri principi non secondari -:
se il Governo sia a conoscenza della particolare situazione sopradescritta riguardante gli uffici giudiziari che si trovano sul territorio dell'Isola d'Elba;
se trovi conferma quanto descritto in premessa, e cioè l'intenzione del Governo di considerare solo i due criteri sovra citati, per la soppressione o meno degli uffici giudiziari;
se, visto anche quanto descritto in premessa, il Governo intenda rivedere, quanto previsto nello schema di decreto legislativo recante revisione delle circoscrizioni giudiziarie - uffici del giudice di Pace, in modo da considerare nella maniera adeguata la particolarità territoriale dell'isola d'Elba.
(4-14917)

BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con la soppressione dell'INPDAP e il suo assorbimento da parte dell'INPS il presidente Antonio Mastrapasqua viene a presiedere un ente da 230 miliardi di euro;
Mastrapasqua risulta essere titolare di numerosi incarichi, tra i quali: quattro incarichi nel gruppo Equitalia, di cui l'Inps è azionista insieme all'Agenzia delle entrate: vicepresidente di Equitalia, Equitalia Centro ed Equitalia Nord, nonché presidente di Equitalia Sud. Sei incarichi nel gruppo Telecom Italia: presidente del collegio sindacale di Telecontactcenter (società di call center), Emsa servizi in liquidazione e Telenergia; sindaco effettivo di Loquendo; sindaco supplente di Telecom Italia Audit e Telecom Italia Media (società a cui fa capo la rete televisiva La7). Cinque incarichi nel gruppo Eur spa, controllato dal Tesoro e partecipato dal comune di Roma: presidente del collegio sindacale di Eur spa, Aquadrome (società di cui è azionista anche Condotte), Eur Tel (della quale è partner della società pubblica Uriele Silvestri), Eur power ed Euro congressi;
ancora, è amministratore delegato di Italia previdenza e presidente del collegio sindacale di Groma srl, società che appartiene alla Cassa previdenziale dei geometri. Al riguardo appare tra l'altro assai discutibile che il presidente dell'Inps sia a capo dei controllori della cassa geometri. E se da un lato ricopre incarichi apicali dal punto di vista decisionale, dall'altro assume quelle del controllore di chi decide. Così egli finisce per essere di fatto controllore di se stesso;
è, inoltre, presidente del collegio sindacale di Adr engineering del gruppo aeroporti di Roma, di Quadrifoglio srl, Fintecna immobiliare e Rete autostrade mediterranee, nonché sindaco della casa cinematografica Fandango, del Consorzio Elis «per la formazione professionale superiore» (di cui fanno parte aziende come Eni, Telecom, Finmeccanica, Anas, Nokia, Acea, Trenitalia, Poste e altre), di Coni Servizi e di Autostrade per l'Italia;
e, infine (l'incarico è di gennaio ed è effetto diretto della soppressione di INPDAP e ENPALS, che la partecipavano), è presidente di Idea Fimit, società di gestione del risparmio immobiliare;
secondo il giornalista Sergio Rizzo del Corriere della sera, sarebbero 54 gli incarichi ricoperti;
è del tutto evidente la impossibilità pratica con tutti gli incarichi di svolgerne uno tanto oneroso e importante -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra riportato;

quale motivazione abbia determinato tale ulteriore nomina a «super commissario», posto, tra l'altro, che, ad avviso dell'interrogante, chi si occupa di una realtà aziendale come INPS/INPDAP dovrebbe farlo a tempo pieno.
(4-14928)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOUADI e SARUBBI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
l'otto novembre 2011 a Copenaghen si è tenuta la Conferenza di rifinanziamento della Partnership Globale per l'istruzione, con l'obiettivo di ottenere impegni finanziari per circa 8 miliardi di dollari su tre anni dai Paesi donatori e organizzazioni multilaterali di cooperazione allo sviluppo per contribuire a colmare l'ammanco di risorse finanziarie esterne per il raggiungimento dell'obiettivo internazionale relativo all'istruzione universale, che l'UNESCO stima tra i 10 e gli 11 miliardi di dollari all'anno;
nel mondo ci sono ancora circa 67 milioni di bambini in età scolare che non possono andare scuola per mancanza di risorse, molti Paesi a basso reddito hanno raddoppiato la percentuale degli iscritti alla scuola elementare ma adesso a causa della crisi economica molti donatori bilaterali stanno ritirando gli impegni finanziari, con conseguenze evidenti. Ad esempio, il bilancio all'istruzione del Burkina Faso, che è tra i Paesi che ha raddoppiato la partecipazione scolastica, registra un ammanco improvviso di 150 milioni di dollari per il ritiro delle promesse dei donatori;
gli 8 miliardi di dollari auspicati a Copenaghen dovevano essere suddivisi per un terzo sul Fondo per l'istruzione universale, l'istituzione multilaterale di finanziamento che è stata modellata sul successo delle Fast Track Initiative, e i restanti due terzi garantiti dagli impegni bilaterali. La conferenza di rifinanziamento si è invece conclusa con impegni assunti per 1,5 miliardi di dollari, ma con la realistica previsione che 2,5 miliardi in più verranno garantiti nei prossimi mesi;
tra i Paesi OCSE che maggiormente hanno dimostrato il loro impegno si segnalano l'Australia e il Regno Unito che da soli si sono impegnati a corrispondere il 40 per cento dei 1,5 miliardi di dollari promessi. Per la prima volta anche gli Stati Uniti hanno deciso di sostenere finanziariamente il nuovo Fondo per l'istruzione universale, un segnale politico importante anche se l'ammontare promesso è di appena 20 milioni di dollari, non adeguato al peso economico degli Stati Uniti. La Danimarca che ospitava la conferenza ha assunto un impegno sul triennio per 210 milioni di dollari, aumentando la quota multilaterale a dimostrazione della fiducia riposta e delle garanzie offerte dal nuovo meccanismo multilaterale. La Germania ha aumentato il suo contributo in termini assoluti toccando però appena gli 8 milioni di dollari. L'Olanda ha ridotto il suo contributo che resta comunque significativo, attorno ai 160 milioni di dollari, una riduzione determinata dalla deprioritizzazione dell'istruzione come settore nella nuova strategia di cooperazione allo sviluppo olandese;
l'assenza della partecipazione ministeriale italiana dovuta all'avvicendamento di esecutivo ha impedito che l'Italia ufficializzasse il suo impegno. La Campagna italiana per l'educazione globale sostiene che fino ad oggi non si conosce se l'Italia abbia fatto delle promesse d'impegno finanziario multilaterale o bilaterali per il finanziamento dell'istruzione. Durante la sua audizione presso le Commissioni esteri riunite il Ministro per la cooperazione internazionale, riferendosi alla lista dei debiti multilaterali contratti dall'Italia in termini di aiuto pubblico allo sviluppo, non ha fatto esplicito riferimento al tema dell'istruzione globale;

per quanto riguarda il contributo italiano al principale meccanismo finanziario internazionale per l'istruzione, la Education for all/fast track initiative da cui è nato il Fondo per l'istituzione universale, secondo le stime della Campagna italiana per l'educazione globale che vede impegnate sul tema oltre 16 organizzazioni di cooperazione internazionale, come Save the Children, Action Aid, Oxfam e Manitese e di categoria, e i tre sindacati degli insegnanti, la quota italiana è scesa drasticamente dai 10 milioni di euro nel 2010 ai 2,7 milioni di euro nel 2011. Le previsioni della Campagna italiana per l'educazione relative al contributo italiano per gli anni futuri sono difficili -:
tenendo conto degli attuali limiti di bilancio, quale sia il contributo finanziario che l'Italia intende garantire all'educazione globale nel triennio, in particolare verso il fondo per l'istruzione universale nell'anno in corso e nel 2013 e 2014.
(5-06168)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si prospetta il licenziamento di dipendenti e collaboratori, quando non addirittura la sua chiusura, per l'Istituto agronomico per l'oltremare (IAO) di Firenze, organo di assistenza tecnica e consulenza nell'ambito delle scienze agrarie e della cooperazione internazionale del Ministero degli affari esteri;
l'IAO, fondato nel 1904 a Firenze da un gruppo di agronomi e tropicalisti italiani, con il nome di «Istituto Agricolo Coloniale Italiano» (IACI), per promuovere lo studio dell'ambiente e dell'agricoltura tropicale e per realizzare opera di formazione in campo agricolo, vanta una storia e un patrimonio di competenze altamente qualificate;
oggi, risulta essere fortemente a rischio chiusura a causa di tagli alle risorse: nel 2012 infatti sono previsti tagli del 44 per cento ai contributi che arrivano dal Ministero. In totale 540 mila euro in meno per stipendi, Irap e contributi e 300 mila euro in meno per le spese del funzionamento dell'Istituto stesso; si parla già dell'impossibilità di pagare gli stipendi dei 25 tra dirigenti e dipendenti e dei 20 collaboratori a progetto per l'anno 2012;
l'IAO ha diversi progetti in attuazione, in Centro America, dove si sta realizzando una rete regionale per l'appoggio alle associazioni dei piccoli produttori di caffè; in Etiopia, dove gli esperti stanno formando la popolazione locale per il potenziamento delle filiere agricole; nei territori autonomi palestinesi, con il progetto pilota per la produzione di olio di oliva di qualità in Cisgiordania;
inoltre, l'ente ha rapporti con l'università di Firenze, organizza due master di primo livello rivolto agli studenti dei paesi in via di sviluppo e per dieci anni, fino alla fine del 2010 ha proficuamente collaborato con il settore attività internazionali della regione Toscana. Nel 2009 è stato inserito nel decreto cosiddetto salva-enti dal Ministro degli affari esteri pro-tempore Franco Frattini; nel febbraio 2011 è stato riorganizzato e i dipendenti sono passati dai 45 del 2008 ai 25 di oggi; forte è la preoccupazione per la posizione dei dipendenti che rischiano di essere mandati in mobilità e per i collaboratori a progetto per i quali non si prospetta altro che il licenziamento -:
come siano state definite le modalità del concorso in particolare nell'area amministrativa e per quale motivo in tale situazione l'Istituto abbia portato avanti un concorso pubblico per l'assunzione di altre 5 persone senza avere finanziamenti adeguati per onorare il pagamento corrente degli stipendi;
se risulti vero che siano presenti due dirigenti a fronte di un così basso numero di dipendenti, tra cui un direttore generale.
(4-14911)

RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
anche per il mese di febbraio 2012, molti nostri connazionali anziani residenti in Sudafrica non hanno ricevuto la pensione;
l'ente responsabile dei pagamenti, a novembre 2011, ossia a tre mesi dalla fine del contratto, ha richiesto un certificato di esistenza in vita ai pensionati residenti in Sudafrica, indicando il solo consolato come garante dei certificati stessi;
il certificato di esistenza in vita era stato già richiesto ai suddetti pensionati a maggio 2011; questa ulteriore richiesta, di novembre 2011, crea enormi disagi sia agli anziani, che vivono a centinaia di chilometri di distanza dal consolato, sia al consolato stesso, che si ritrova con un aggravio di lavoro difficile da smaltire, considerato il personale già insufficiente a svolgere la normale routine; sia l'ente che eroga le pensioni che l'INPS erano a conoscenza che Citibank di Londra, la banca che si è aggiudicata la gara d'appalto per l'erogazione delle pensioni dal 1° febbraio 2012, avrebbe richiesto il certificato in vita ai nostri pensionati per il mese di aprile 2012;
i pensionati italiani residenti in Sudafrica, che non sono in grado - per le suesposte difficoltà - di produrre il certificato richiesto a novembre 2011, subiscono gravi disagi economici, che vanno dalla impossibilità di autosostentamento, alla perdita dell'assistenza sanitaria per il mancato pagamento delle mensilità dovute; con la conseguenza che una volta interrotto il contratto di assistenza, un anziano difficilmente potrà permettersi di riacquistarla, se non pagando cifre esorbitanti;
la richiesta, da parte dell'ente erogante le pensioni, di un secondo certificato di esistenza in vita risulta incomprensibile e i consiglieri del CGIE, il Comites, il consolato, i patronati, non sanno più come far fronte alle domande di aiuto dei connazionali che non hanno ricevuto la pensione negli ultimi due mesi -:
se, e quali iniziative urgenti, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire ai nostri connazionali il pagamento delle pensioni sospese e il superamento di questo enorme disagio sociale;
se non intenda assumere iniziative presso l'ente responsabile dei pagamenti affinché la seconda richiesta (quella di novembre 2011) di produrre un ulteriore certificato di esistenza in vita, considerato che tale documento è stato già richiesto a maggio 2011 e verrà nuovamente richiesto dalla Citibank di Londra, possa essere ritirata.
(4-14916)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

SBAI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la discarica di Malagrotta è ormai vicina alla chiusura perché ha completato il suo ciclo;
sono al vaglio altri siti dove realizzare impianti di smaltimento di rifiuti, sostitutivi a Malagrotta;
a seguito del decreto del Commissario Delegato n. 208625/2011 la Cava di Quadro Alto nel territorio di Riano è stata identificata come idonea all'uso;
la scelta di tale sito è andata di pari passo con quella di un altro sito, ovvero Corcolle San Vittorino (Villa Adriana);
numerose segnalazioni dei cittadini di Riano che temono l'arrivo di tale struttura nel loro territorio;

codesti cittadini sono fortemente preoccupati per l'impatto ambientale che la struttura potrebbe avere, quanto a rischio idrogeologico;
a Riano nelle vicinanze dirette del sito indicato sussistono numerose abitazioni;
anche a Villa Adriana sussistono le stesse criticità, in questo caso per via della vicinanza con Villa Adriana;
Villa Adriana è dal 1999 patrimonio dell'umanità;
la commissione parlamentare Ecomafie ha il 23 novembre 2011 espresso parere negativo sull'idoneità di tali luoghi -:
come intenda il Governo agire per verificare la effettiva idoneità di tali siti e se non sia opportuno verificare la eventuale presenza di altri siti atti ad accogliere la strutture in oggetto.
(3-02107)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con un risparmio di 47.711 GWh/anno l'Italia ha centrato e superato di oltre 10.000 GWh/anno gli obiettivi fissati al 2010 dal Piano d'azione italiano per l'efficienza energetica. A fare il bilancio dei risultati di un decennio di politiche e interventi per ridurre i consumi e energetici del Paese è il Rapporto annuale sull'efficienza energetica presentato a Roma dall'Unità tecnica efficienza energetica dell'ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile. Numeri che parlano di un successo che non soddisfa appieno, per almeno tre motivi. Il primo consiste nel fatto che il potenziale di miglioramento dell'efficienza italiana era stato probabilmente sottostimato (come accaduto del resto con lo sviluppo delle rinnovabili) e i risultati sono stati decisamente inferiori a quelli del resto d'Europa. Il secondo è rappresentato dalla disomogeneità nei diversi settori. Se il residenziale e l'industria hanno chiuso il 2010 in attivo (forte nel primo caso, piuttosto ridotto nel secondo), i trasporti non sono invece riusciti a centrare il loro obiettivo (2972 GWh risparmiati anziché 3490). Infine, un'altra macchia è il fatto che se gli obiettivi alla fine sono stati centrati, il merito è solo in parte di azioni mirate, mentre un grosso aiuto nella contrazione dei consumi è arrivato dalla crisi del 2008-2009. Un aspetto quest'ultimo che dal rapporto annuale sull'efficienza energetica emerge in maniera evidente;
il commissario dell'ENEA Giovanni Lelli cerca di sottolineare gli aspetti positivi. «Questo rapporto - dice - evidenzia come il nostro Paese abbia saputo impegnarsi in questi ultimi anni per migliorare la propria efficienza energetica, attuando una riconversione del sistema produttivo e dei servizi energetici attraverso l'adozione di tecnologie più innovative. Ha contribuito a questo miglioramento anche una maggiore consapevolezza dei cittadini che hanno saputo cogliere le opportunità offerte dallo Stato con gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare migliorando il proprio benessere abitativo. L'efficienza energetica è ormai diventata uno dei capisaldi su cui si basa la nostra strategia energetica per ridurre sia la domanda che la dipendenza negli approvvigionamenti ed ha permesso all'Italia di raggiungere ottimi risultati». «L'andamento del consumo nei settori di uso finale - spiega l'ENEA - mostra un aumento del consumo totale pari al 6,6 per cento nel periodo 2001-2005 e una diminuzione del 6.2 per cento quinquennio 2006-2010, con un tasso di riduzione medio annuo pari a circa l'1,25 per cento. Tale riduzione, collegata alla forte contrazione dei consumi del settore industriale, oltre che ad una leggera diminuzione nel settore trasporti, che complessivamente hanno più che compensato l'aumento dei consumi verificatosi nel settore civile (residenziale e terziario), è da imputarsi alla crisi economica e agli effetti delle misure

di promozione e incentivazione dell'efficienza energetica»;
«L'Italia - ricorda ancora il Rapporto annuale sull'efficienza energetica - è tradizionalmente uno dei Paesi a più elevata efficienza energetica tra quelli industrializzati: il consumo finale di energia per abitante pari a 2,4 tonnellate equivalenti petrolio/capita è, infatti, uno dei più bassi tra quelli dei Paesi a simile sviluppo industriale (2,7 tonnellate equivalenti di petrolio/capita: media Unione europea). Questo indicatore, tra il 1990 e il 2005, pur con un andamento altalenante, ha registrato una variazione trascurabile, mentre nel periodo 2006-2009 ha mostrato un continuo trend decrescente che ha fatto segnare una marcata riduzione (6 per cento) a seguito della forte diminuzione della domanda di energia primaria (-8,8 per cento), superiore alla contrazione del prodotto interno lordo (-3,0 per cento). I dati del 2010 fanno registrare un'inversione di tendenza, con un aumento dell'energia primaria maggiore di quello del prodotto interno lordo e conseguente aumento dell'intensità primaria (+1,4 per cento)». Il duro colpo inflitto all'industria dalla crisi, come attesta il rapporto ha ostacolato i progressi: «Nel 2009, il consumo energetico dell'industria è stato pari a 30,0 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, con una riduzione del 19,9 per cento rispetto al 2008. L'andamento nel corso degli anni evidenzia un incremento tra il 1990-2005 del 12,6 per cento, e una riduzione del 27,0 per cento nel periodo 2005-2009. La drammatica diminuzione dei consumi dopo il 2007 è da ascriversi alla recente crisi economica e finanziaria internazionale, che continua a far sentire i suoi effetti, dopo la ripresa dei consumi avvenuta nel 2010». Entrando nei dettagli sui risultati del settore industriale, il rapporto precisa che «il tasso medio annuo di riduzione del consumo per unità di valore aggiunto nel periodo 1990-2009 è stato alquanto ridotto (0,7 per cento) e i miglioramenti di efficienza più rilevanti si sono registrati nei due sottosettori Energy intensive della chimica e metallurgia»;
quanto al residenziale, «il consumo di energia per abitazione mostra una riduzione del 2.6 per cento del valore 2009 rispetto al 2000; questo valore è notevolmente al di sotto della corrispondente variazione per la UE27 (-11,7 per cento) e delle riduzioni ottenute da Germania, Francia e Regno Unito. In Italia, il consumo elettrico per abitazione nel periodo considerato, ha registrato una modesta riduzione (-1,8 per cento), collegata all'acquisto e all'utilizzo da parte dei consumatori di apparecchi elettrici più efficienti, mentre il consumo termico per abitazione è leggermente aumentato, al contrario di quanto verificatosi per la maggior parte dei paesi europei». Ma ancora più modeste sono state le performance dei trasporti. «Nel 2009 - certifica l'ENEA - la domanda finale d'energia nel settore dei trasporti è stata di 42,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, con una riduzione del 4,7 per cento rispetto al 2008. I consumi dei trasporti sono aumentati progressivamente fino al 2007, e hanno segnato solo nel 2008 e nel 2009 un'inversione di tendenza a causa della crisi economica, che ha prodotto una riduzione dei consumi sia del trasporto passeggeri sia del trasporto merci. Dei consumi complessivi, circa i due terzi sono dovuti al trasporto passeggeri, la restante parte al trasporto merci, e sono entrambi dominati dalla modalità stradale: 89 per cento dei consumi del trasporto passeggeri, addirittura il 93 per cento di quello merci. Rispetto ad una media europea pari al 73 per cento, in Italia l'86 per cento delle merci è trasportato su gomma, da una flotta di veicoli con un'età media superiore a quella dei principali paesi europei e utilizzata con livelli di carico inferiori -:
quali iniziative si intenda adottare, al fine di incrementare il trend relativo all'utilizzo di energie rinnovabili, sia nel settore residenziale, la cui percentuale è già elevata, sia nel comparto industriale e dei trasporti.
(4-14906)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge sui bio shopper ha compiuto un anno. Ma in realtà solo un negoziante su 10 supera l'esame «compost», cioè utilizza buste biodegradabili in tempi brevi. Tre su 10 usano i prodotti sbagliati. E 6 su 10 materiali su cui non hanno certezze. La notizia viene da una ricerca dell'Istituto per gli studi sulla pubblica opinione che fotografa il comportamento dei commercianti. Il primo dato confortante è che i commercianti sapevano: il 97 per cento era a conoscenza della norma entrata in vigore il primo gennaio 2011. Il secondo dato positivo è che 9 su 10 considerano la nuova legge «un passo avanti nel rispetto dell'ambiente». Ma qui si fermano le buone notizie e si entra nell'area critica: un commerciante su tre aggira la legge e continua ad utilizzare i vecchi sacchetti di plastica e solo 1 su 10 ha sul banco gli shopper che effettivamente non causano problemi ambientali;
«Noi chiediamo una cosa molto semplice: attenerci alla normativa europea», ha dichiarato Marco Versari, presidente di Assobioplastiche. «Le bioplastiche devono sostanzialmente avere gli standard della cellulosa che si dissolve nell'ambiente, in determinate condizioni, in 180 giorni. Non è un obiettivo impossibile. Lo provano le aziende, da Novamont a Mossi & Ghisolfi, che offrono prodotti certificati e che nei prossimi 5 anni investiranno in Italia 700 milioni di euro per sviluppare la chimica verde». Il punto è che il concetto di degradabilità, privo di parametri, non ha significato: tutto prima o poi si degrada. Ma il nodo centrale della questione consiste nel tempo di attesa del compimento del processo, che può durare qualche settimana, o, nel peggiore dei casi, qualche secolo. Inoltre, bisogna anche cercare di capire se si sta utilizzando, realmente, del materiale che si può degradare nell'ambiente oppure della plastica che frammentandosi diventa meno visibile ma resta insidiosa;
sarebbe necessario proporre un cambio di prospettiva, affidandosi soprattutto alla chimica verde, che tra l'altro vede un ruolo importante all'interno delle industrie italiane, passando dalla filiera dei combustibili fossili a quella dei prodotti organici. Quello che è stato suggerito anche dall'Unione Europea, è di utilizzare il mais per la fabbricazione degli shopper, piuttosto che il petrolio, difendendo così il paesaggio dall'invasione dei frammenti di plastiche dando un contributo alla riduzione dell'uso dei fossili che, quando vengono bruciati, rappresentano la principale minaccia per la stabilità del clima -:
quali iniziative intenda adottare al fine di rendere più stringente, la normativa relativa allo shopper biodegradabile, in modo da garantire una sua corretta applicazione in particolare nel comparto commerciale.
(4-14923)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MANCUSO, DE LUCA e BARANI. - Al Ministro per beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il sottosuolo di via Vitorchiano, nel XX municipio di Roma, continua a restituire importantissimi resti archeologici, databili, all'incirca, nel I o II secolo d.C.;
sono di recente stati rinvenuti le lapidi di alcuni pretoriani, i fregi di almeno due ricchi mausolei, la prosecuzione dell'antica Flaminia;
i resti si trovano a soli 7 metri di profondità, preservati dal tempo grazie al fango depositato dalle piene del Tevere;
i fondi stanziati per gli scavi, però, finiranno tra un mese circa e i lavori dovranno fermarsi;
il costruttore proprietario dell'area, non ancora tutelata, ha manifestato l'intenzione di costruire tre palazzine di lusso

a pochi metri dal mausoleo di Marco Nonio Macrino, proconsole d'Asia per Marco Aurelio;
per gli studiosi il sito è secondo solo all'Appia antica per importanza dei ritrovamenti;
l'associazione Assocommercio Roma Nord ha chiesto al soprintendente Broccoli di inserire il loco nei piani di interesse turistico per realizzare un museo a cielo aperto lungo il Tevere, lungo la pista ciclabile e l'antico tracciato della Flaminia;
Marco Perina, assessore alla cultura del XX municipio, ha definito il sito «un'area da salvaguardare, un tesoro da proteggere anche in vista del progetto di Roma 2020, perché può diventare un'importante attrazione turistica» -:
se il Governo intenda assumere iniziative per stanziare dei fondi adeguati per permettere di portare a termine i lavori in via Vitorchiano e allestire un museo a cielo aperto;
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per espropriare l'area, in ragione dell'interesse nazionale, al fine di tutelarla adeguatamente.
(4-14905)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GATTI, FONTANELLI e RUGGHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comando europeo dell'US Army, durante un incontro tenutosi a Roma il 12 gennaio 2012, ha annunciato la ridefinizione dell'organico delle basi dell'esercito dislocate in Italia, con riferimento alla caserma Ederle a Vicenza e alla base di Camp Darby a Pisa; quest'ultima subirà un declassamento, divenendo non più un comando autonomo ma una guarnigione «satellite» della base vicentina;
l'annunciata modifica delle strutture e dell'organico militare comporterà consistenti tagli del personale, quantificati in 80 statunitensi, 9 militari e 71 civili, e 140 italiani, dei quali 73 operanti a Vicenza e 67 a Pisa;
la situazione del personale operante a Vicenza dovrebbe essere salvaguardata dalla prossima apertura della base di Dal Molin e dall'arrivo della 173th Brigade aviotrasportata, che comporterà l'incremento della popolazione statunitense dalle 4.300 unità attuali a 6.600, e l'autorizzazione di 275 nuove posizioni lavorative, di cui circa 200 italiane;
diversa e più difficile si prospetta la situazione dei 67 italiani finora impiegati presso Camp Darby (dove già nel 2006 furono tagliati 86 posti di lavoro), dato che si prevede il trasferimento a Vicenza, entro il 30 settembre 2012 (termine dell'anno fiscale americano) di alcune funzioni sinora svolte a Pisa;
il comandante della base di Camp Darby, colonnello David Buckingham, ha affermato che il personale pisano sarà dichiarato in esubero ma potrà essere ricollocato nella nuova base di Dal Molin a Vicenza, misura, questa, che comporterebbe uno sconvolgimento inaccettabile della vita di 67 famiglie;
al fine di scongiurare tale eventualità le organizzazioni sindacali hanno richiesto misure preventive, quali il blocco delle assunzioni, immediatamente effettuato dai comandi, il superamento per i licenziamenti del limite previsto del 30 settembre, per arrivare a ricollocazioni in posti attualmente non disponibili e la richiesta di incentivi per l'uscita volontaria del personale vicino al pensionamento;
nel recente passato casi simili sono stati gestiti estendendo o prorogando le disposizioni di cui alla legge n. 98 del 1971, la quale prevedeva la ricollocazione nei ruoli della pubblica amministrazione del personale italiano, in possesso di determinati requisiti, licenziato dai comandi

USA e NATO in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi -:
se non intenda adoperarsi con la massima sollecitudine, come già accaduto per casi simili nel recente passato, attivando tutte le iniziative di competenza, allo scopo di tutelare il posto di lavoro dei 67 dipendenti italiani della base militare di Camp Darby, consentendo loro di poter continuare a operare e vivere senza trasferimenti tanto onerosi dal punto di vista lavorativo e familiare.
(5-06165)

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA e PICCOLO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 31 gennaio 2012, sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno, inserto meridionale del Corriere della sera, è comparsa una inchiesta firmata dalla giornalista Nora Puntillo, con cui si denuncia il caso di migliaia di italiani dati per dispersi durante la Seconda guerra mondiale, e in realtà sepolti, con tanto di lapide e nome, in alcuni cimiteri tedeschi;
secondo l'inchiesta, che riferisce i dati dell'indagine dovuta allo studioso Roberto Zamboni, furono circa 16 mila gli italiani che furono seppelliti in Germania ad opera del commissariato generale caduti in guerra, che li identificò, ne scrisse nomi, date e luoghi di origine e collocò le lapidi sulle tombe, senza però mai avvertire le famiglie in Italia, che non hanno mai ricevuto né una lettera né una comunicazione e hanno continuato a considerare i loro congiunti dispersi, alimentando così l'atroce dolore dell'attesa di un ritorno impossibile, e sottratti perfino della possibilità di piangere i propri cari su una tomba;
di recente, alcuni elenchi di italiani caduti, considerati dispersi mentre erano stati seppelliti nei cimiteri tedeschi, sono stati pubblicati sul sito internet di Roberto Zamboni, uno studioso che da alcuni anni indaga negli archivi, raccoglie, trascrive e pubblica notizie sui dispersi italiani incrociando varie banche dati e facendo indagini sul posto;
dalla lettura di questi elenchi, che sono comunque informali ed ufficiosi, ma molto precisi, con circa 16 mila nominativi di cui sono indicati nomi, cognomi, data di nascita e di morte, e luogo di sepoltura, molti familiari, spesso di seconda generazione, hanno appreso del tragico destino dei loro congiunti e del luogo della loro sepoltura;
nonostante le pubblicazioni rimane, però, il silenzio ufficiale delle istituzioni, che non hanno mai fornito un elenco ufficiale, una catalogazione dei dati, e una comunicazione precisa alle famiglie;
questa sorta di oblio di Stato sul destino di caduti italiani considerati perennemente dispersi e sostanzialmente uccisi due volte, una nel corpo e una nella memoria, appare davvero incomprensibile;
i dati ufficiali forniti dal Ministero della difesa attestano che i deportati italiani durante la Seconda guerra mondiale furono in tutto 800 mila, di questi 80 mila morirono di stenti o furono trucidati nei lager, 44 mila erano civili internati per motivi razziali o politici, gli altri erano militari che in varie zone di guerra avevano tentato di resistere ai tedeschi;
le loro salme si trovano nei cimiteri militari italiani di Amburgo, Berlino, Zehlendorf, Francoforte, Monaco di Baviera, Mauthausen in Austria e Bielany in Polonia; fra le vittime sepolte si conterebbero anche 77 ragazzi e bambini -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se e come il Governo intenda intervenire rapidamente per porre fine all'atroce ingiustizia della mancanza di dati e notizie precise sui dispersi di cui sopra, in realtà deceduti e sepolti senza che mai alcuna comunicazione fosse data ai familiari.
(4-14913)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:

VANNUCCI, VENTURA e BARETTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è almeno la terza volta nel recente periodo che a seguito di una giornata positiva dei mercati sui titoli di Stato europei per la collocazione dei titoli del debito sovrano si assiste ad una conseguente azione delle agenzie di rating che intervengono con operazioni di declassamento;
prima del 13 gennaio 2012, era infatti avvenuto nel 2011 il 17 febbraio, il 17 giugno e il 19 settembre sempre a seguito di rialzi;
tali azioni (pur dubbie nella maggioranza dei casi), considerate le tensioni sui mercati e le difficoltà dell'economia europea, hanno effetti devastanti favorendo giochi speculativi;
in particolare, quanto avvenuto il giorno 13 gennaio 2012 con anticipazioni di Standard & Poor's a mercati aperti è risultato gravissimo;
a conferma di quanto sopra il declassamento di vati Paesi europei è avvenuto dopo che il 12 gennaio vi era stata una netta controtendenza sul mercato dei titoli di tutta Europa, in particolare con un dimezzamento dei tassi per le emissioni italiane del 12 gennaio e per le emissioni di titoli triennali della mattinata del 13 gennaio che confermavano la riduzione di circa un punto di interesse;
al di là dei giudizi positivi espressi sull'azione del Governo e sulle potenzialità del nostro Paese il declassamento dell'Italia anche nell'allineamento internazionale prodotto appare incomprensibile;
le tre principali agenzie di rating angloamericane: Standard & Poor's, Moodys e Fitch hanno scarsa indipendenza per evidenti conflitti di interesse nella composizione del loro capitale di controllo e hanno perso molta della loro credibilità, in particolare dopo il caso ENRON e non solo;
è auspicabile l'organizzazione di agenzie di rating realmente indipendenti, estranee a conflitti di interesse e con una più ampia rappresentanza di Paesi di riferimento;
la materia è degna di essere discussa e risolta nelle sedi internazionali più appropriate a partire dall'Europa che dovrebbe concordare una propria e unitaria iniziativa in proposito che pretenda dalle istituzioni, a cui è affidata la vigilanza istituzionale, l'apertura di una inchiesta e la promozione da parte delle istituzioni europee di una indagine conoscitiva, affinché venga fatta luce sugli accadimenti recenti richiamati e vengano poste le basi per nuove «regole» riferite al tema del «rating» dei debiti sovrani;
in particolare è importante, di fronte ad agenzie che, in quanto «private», rispondono a tutti gli effetti ai mercati, che non vi sia alcun riconoscimento pubblico ed alcuna legittimazione diretta o indiretta a considerarle in alcun modo nei criteri di valutazione dei mercati finanziari riferiti agli Stati -:
quali iniziative intenda assumere il Governo italiano al riguardo, anche in sede europea e in sede internazionale.
(5-06175)

BITONCI e FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Ragioneria generale dello Stato ha già in passato chiarito che il consorzio del parco nazionale dello Stelvio, nell'ambito delle attività svolte sull'intero territorio del parco, in particolare rispetto agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio, che hanno un duplice importante fine, ossia prevenire e

mitigare i fenomeni di rischio idrogeologico e consentire la fruizione del territorio a fini turistici, didattici e di ricerca, può vedersi riconosciuta una condizione di particolarità rispetto all'applicazione del patto di stabilità tenuto conto della sua organizzazione in tre comitati: uno per ogni provincia autonoma di Trento e di Bolzano (province a statuto speciale) ed uno per la regione Lombardia;
in effetti, le due province autonome di Trento e di Bolzano e la regione Lombardia concorrono in maniera sostanziale al finanziamento dell'attività dei rispettivi comitati di gestione con spese a carico dei loro bilanci per i quali le amministrazioni provinciali e regionali hanno definito a monte gli impegni rispetto al patto di stabilità; con il chiarimento di cui sopra, veniva di fatto confermata la procedura per la quale i costi volti a sostenere l'attività dei comitati di gestione facenti parte del consorzio del parco nazionale dello Stelvio, se finanziati con i fondi delle rispettive province autonome e regione, sono correttamente esentati dai provvedimenti restrittivi del patto di stabilità;
entro breve termine il consorzio del parco nazionale dello Stelvio e i rispettivi comitati di gestione saranno chiamati a programmare la loro attività, in particolare quella di carattere stagionale mediante la quale vengono attivati importantissimi progetti di interventi di prevenzione e manutenzione del territorio da rischi di tipo idrogeologico nonché per garantire la piena fruizione del parco e consentire a questo di svolgere l'importante funzione di volano economico in campo turistico per le aree interessate;
i posti di lavoro stagionali di cui trattasi completano percorsi lavorativi legati ad altre attività stagionali di tipo invernale che costituiscono le sole possibilità lavorative per quella parte di popolazione che risiede nei comuni del parco e un elemento di compensazione rispetto alle necessarie limitazioni imposte per la salvaguardia del parco nazionale dello Stelvio;
appare pertanto inderogabile consentire l'agevole fruibilità, in tempi brevi, di tutte le opportunità lavorative che possono dare risposta alle molte difficoltà presenti in questo momento nel settore del lavoro e quindi garantire alle famiglie ogni possibile forma di reddito -:
se per l'anno 2012 siano validi i predetti chiarimenti della Ragioneria generale dello Stato volti ad esplicitare che le spese occorrenti a sostenere le prestazioni dei lavoratori stagionali del parco nazionale dello Stelvio, finanziate mediante le assegnazioni economiche ai rispettivi comitati da parte delle province autonome di Trento e Bolzano e della regione Lombardia, non sono soggette all'applicazione delle norme del patto di stabilità nazionale, in quanto le rispettive amministrazioni hanno già assoggettato i bilanci ai vincoli del patto di stabilità.
(5-06176)

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 22 febbraio 2011 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato ai provveditori regionali e ai direttori degli istituti «l'avvenuto superamento dei limiti di budget» previsti dal decreto interministeriale n. 87 del 25 febbraio 2002, attuativo della legge n. 493 del 2000 (Smuraglia), relativo agli sgravi fiscali alle imprese che assumono lavoratori detenuti (credito d'imposta di euro 516,46 che le aziende e le cooperative interessate scomputano dal versamento IRPEF all'Agenzia delle entrate fatto su modello F24);
in altre parole, la legge Smuraglia ha esaurito la copertura economica per il 2011 evidenziando un supposto superamento dei limiti di budget;
dopo alcuni mesi e in date diverse sono pervenute alle varie aziende e cooperative di tutta Italia che operano con lavoratori detenuti, delle comunicazioni da parte dei provveditorati regionali, con con

tenuto differente da regione a regione, che in sostanza avvertivano che, a causa del predetto superamento, le risorse a disposizione sarebbero state da lì in avanti limitate o addirittura, in alcune regioni, esaurite. Nel primo caso veniva perciò comunicata la somma ancora disponibile; nel secondo caso il mese a partire dal quale i fondi per il credito d'imposta erano da ritenersi esauriti (in entrambi i casi con effetto retroattivo). Da una stima rilevata a livello nazionale l'importo in questione ammonterebbe a circa 500.000,00 euro complessivi per il 2011;
le conseguenze di ciò, saranno pesantissime per le aziende e le cooperative interessate e per tutto il settore del lavoro carcerario. Senza credito d'imposta infatti le ditte rischiano di dover licenziare circa 1000 detenuti e oltre 200 operatori;
grazie ai benefici della cosiddetta legge Smuraglia i detenuti riescono ad imparare un'attività lavorativa che li aiuta a trovare un'attività lavorativa una volta terminata la detenzione e di fatto questo abbatte di molto la cosiddetta recidiva;
da un punto di vista amministrativo le comunicazioni ricevute in questi mesi sembrano fuori luogo, perché in questi anni le aziende e le cooperative non hanno mai ricevuto indicazioni su limiti di budget da non superare, e d'altra parte non risulta che la legge li preveda. Le aziende e le cooperative si sono limitate ad applicare quanto previsto da due leggi dello Stato, vale a dire la legge sull'ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 e la legge sulle cooperative sociali n. 381 del 1991, come modificate dalla legge Smuraglia n. 193 del 2000 e secondo quanto previsto dai decreti ministeriali attuativi (tra cui il decreto ministeriale n. 87 del 2002 che prevede il credito d'imposta);
peraltro il budget stabilito per il primo anno di applicazione della legge (circa 2 milioni di euro) risulta essere per gli anni successivi meramente indicativo, perciò si può supporre ragionevolmente che sia stato pensato passibile di variazioni in base alle opportunità lavorative che la legge stessa promuove;
occorre rilevare che la legge e i provvedimenti attuativi non sono chiari in termini di controlli e che anche la stessa procedura esecutiva sembra alquanto farraginosa perché non prevede come interlocutore il Ministero o il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ma l'Agenzia delle entrate -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa, quale sia la situazione, ad oggi in merito ai finanziamenti per il 2011, quale sia la situazione per i fondi per il 2012 e quali iniziative intenda intraprendere il Governo per garantire per l'anno 2012 la copertura economica della legge «Smuraglia» almeno della stessa misura degli anni precedenti.
(5-06177)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta all'interrogante, lo stabilimento di Poste Italiane denominato Novara CMP, sito in Novara alla via Monterosa dove vengono smistati grandi quantitativi di corrispondenza, a partire da gennaio del 2011, ha ridimensionato il volume dei servizi offerti alla clientela a causa dello spostamento dei volumi lavorati, verso Torino, senza alcuna giustificazione di carattere tecnico o produttivo;
il suddetto stabilimento postale, inaugurato nel gennaio del 2009, è stato classificato al primo posto a livello nazionale per la qualità delle lavorazioni di posta non massiva ed eccellente per la lavorazione della corrispondenza registrata;
a giudizio dell'interrogante, è importante evidenziare che la dimensione e la rilevanza in termini di quantità di attività svolta dal medesimo stabilimento è riscontrabile anche dalla decisione di installare nell'anno 2010, un nuovo macchinario detto «SIMON» dalle caratteristiche pregevoli

e innovative, a conferma della necessità del potenziamento cui necessitava la sede interessata;
nel dicembre del 2011, anche le lavorazioni effettuate dalla suddetta macchina, sono state soppresse senza alcuna motivazione, ufficiale;
il 30 gennaio 2012 anche la lavorazione della tipologia cosiddetta: «Posta Time», che rappresenta un servizio a valore aggiunto per la consegna di invii di corrispondenza tracciata, è stata soppressa e spostata verso lo stabilimento di Torino;
nel corso delle ultime settimane, parte del personale che, nell'anno 2009 era stato già trasferito dall'ufficio postale di Vercelli CPO a quello di Novara, è stato nuovamente trasferito alla sede originaria;
a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto esposto, appaiono fondati i dubbi sul comportamento, che appare ambiguo da parte della dirigenza di Poste Italiane, nei riguardi del suesposto stabilimento di Novara, che senza alcune motivazioni ufficiali anche da parte del sindacato di categoria, sta attuando uno smantellamento costante della struttura interessata, senza peraltro preannunciare alcuna comunicazione per gli oltre 190 dipendenti -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e conseguentemente quale siano gli intendimenti del Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, riguardo al proseguimento dell'attività dell'ufficio postale di Novara, la cui ipotetica chiusura, determinerebbe un ulteriore tonfo per l'economia novarese già particolarmente colpita dalla crisi economica nazionale.
(5-06178)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la crisi accelera i fallimenti. Lo scorso anno sono aumentati del 7,4 per cento a quota 12.094, cifra record dalla riforma della normativa fallimentare. Sono i dati elaborati dall'ufficio studi del Cerved Group, dai quali emerge che negli ultimi tre anni i crack sono costati oltre 300 mila posti di lavoro. Nel corso del 2011, i fallimenti in Italia sono aumentati in tutte le forme giuridiche, con una crescita più sostenuta tra le società di capitali (+8,6 per cento sul 2010) rispetto alle altre strutture societarie (+4,7 per cento). Secondo il Cerved gli insolvency ratio (Ir) che misurano la frequenza dei default (cioè il numero di fallimenti ogni 10.000 imprese operative), indicano le aziende più colpite sono state le piccole e medie imprese (precisamente quelle con un attivo compreso tra i 2 e i 10 milioni di euro, con un Ir di 132 punti) seguite da quelle con un attivo tra i 10 e i 50 milioni, con un insolvency ratio a quota 127. Nel 2011 è, inoltre, proseguito l'aumento dei fallimenti nei servizi (+10 per cento rispetto al 2010) e nelle costruzioni (+7,8 per cento). In controtendenza l'industria che, pur rimanendo il macrosettore con la maggiore frequenza di fallimenti (Ir a 39 punti), ha registrato un'inversione di tendenza rispetto al 2010 (-6,3 per cento). Il risultato, secondo il Cerved, è da attribuire soprattutto ai miglioramenti dei settori che negli anni precedenti hanno pagato un conto più salato alla crisi. Alla meccanica, per esempio, con un Ir che passa dai 70 punti del 2010 a 60 del 2011, alla chimica (da 59 a 46), al sistema moda (da 54 a 46), alla siderurgia (da 51 a 40). In peggioramento invece il sistema casa, da 54 a 59 punti di insolvency ratio, e la filiera auto, da 45 a 53 punti;
nel 2011, quasi un fallimento su tre, stima la Confederazione generale imprese artigiane (CGIA) di Mestre, è stato causato dai ritardi nei pagamenti. A fronte di 11.615 imprenditori italiani che hanno portato i libri contabili in Tribunale, circa 3.600 (pari al 31 per cento del totale) lo hanno fatto a causa dell'impossibilità di incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze. Una situazione, purtroppo, che non ha eguali in Europa. Secondo i dati Intrum Justitia, la percentuale di aziende

che in Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti è pari al 25 per cento del totale. Se teniamo conto che nel nostro Paese i ritardi superano la media europea di 26 giorni, la CGIA stima che la nostra media nazionale oltrepassa il 30 per cento del totale. Indubbiamente anche la crisi economica ha contribuito ad aggravare questa situazione. Infatti, il trend dei ritardi avvenuto in Italia in questi ultimi 4 anni è quasi raddoppiato (+97,5 per cento). Se, infatti, nel 2008 la media era di 27 giorni, l'anno scorso gli imprenditori italiani sono stati pagati mediamente con 53 giorni di ritardo. Se poi teniamo conto che i tempi medi effettivi di pagamento che si registrano in Italia sono i più elevati d'Europa (180 giorni se il committente è la pubblica amministrazione, 103 giorni se il committente è un'azienda privata), la situazione che si è sviluppata in questi ultimi anni è drammatica: tra il 2008 ed il 2011 sono fallite oltre 39.500 aziende;
«Pur riconoscendo che questo Governo ha iniziato con il piede giusto - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - è necessario che recepisca quanto prima la direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti. La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli «sfiduciati», ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all'aiuto di una banca. È un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito, con il pericolo che ciò dia luogo a un aumento dell'usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico». Infine, sottolineano dalla CGIA, a livello territoriale è la Lombardia la regione che ha subito il numero più elevato di fallimenti, sia in termini assoluti, sia quando si prende in considerazione l'incidenza ogni 10 mila imprese attive. L'anno scorso 2.613 imprenditori lombardi hanno portato i libri in Tribunale: ci sono stati 31,5 fallimenti ogni 10 mila aziende attive -:
quali iniziative di competenza si intendano adottare, al fine di creare condizioni effettive e reali di sviluppo e di stabilizzazione creditizia per le aziende, evitando che le stesse ricorrano a procedure concorsuali.
(4-14918)

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
per artigiani, piccole e medie imprese del nostro Paese riuscire ad ottenere un prestito è sempre più difficoltoso: le banche non sembrano pronte a sostenere l'universo imprenditoriale alle prese con una crisi devastante, e, quel che è peggio, le aziende ritengono che il prossimo futuro possa solo riservare «sorprese» negative. Ad assicurarlo, è una recente ricerca svolta dall'istituto Swg, in collaborazione con la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), presso un campione significativo delle imprese nazionali con meno di 50 dipendenti, l'ossatura produttiva e occupazionale dell'azienda Italia, quattro milioni e 100 mila imprenditori con quasi il 74 per cento degli addetti complessivi del comparto produttivo. Rispetto alla pesante stretta creditizia del 2008 e 2009, il 78 per cento delle imprese ritiene che oggi la situazione sia peggiorata, con punte nel settore delle costruzioni, all'82 per cento e tra le aziende meridionali all'83 per cento. Le difficoltà sembrano essere più alte della media anche tra le microimprese fino a nove dipendenti. Negli ultimi tre mesi, il 56 per cento delle imprese ha riscontrato un irrigidimento nei rapporti con le banche, aggravato, anche su questo fronte, relativamente alle imprese che lavorano nel Mezzogiorno, dove la stretta è sentita più forte dal 66 per cento del campione, e alle aziende attive nel settore delle costruzioni, dove la situazione è peggiorata per sette imprenditori su dieci;

in complesso, oltre un milione e mezzo di imprenditori, che rappresentano il 35 per cento delle aziende sotto i 50 dipendenti, dichiara di avere subito le conseguenze della stretta creditizia. E la situazione è particolarmente complessa per quanti lavorano nelle costruzioni o con la pubblica amministrazione, qualora si ritrovino con fatture a scadenza superiore ai 60 giorni. Eppure non si può dire che le imprese abbiano battuto costantemente le stesse strade. Nel corso dell'ultimo anno, la mappa delle richieste delle piccole imprese alle banche è risultata molto variegata: dalla concessione o l'estensione di un fido, il 17 per cento complessivo delle richieste, all'accensione di un mutuo avanzata dal 16 per cento delle aziende, la stessa quota di quanti hanno puntato all'anticipo delle fatture. La stretta creditizia non aiuta a rendere amichevole il rapporto delle piccole e medie imprese con le banche. Agli istituti di credito gli imprenditori, non a caso, assegnano una valutazione poco più che sufficiente, con le banche territoriali un po' sopra la media, mentre banche online e istituti esteri finiscono sonoramente bocciati. Tra le aziende, le più soddisfatte sono quelle medie tra i 20 e i 49 dipendenti, mentre le imprese che lavorano con la pubblica amministrazione, a livello settoriale, sono quelle che ritengono di doversi lamentare di più. La maggiore insoddisfazione deriva dai costi del servizio, ritenuti troppo elevati dal 45 per cento delle imprese (vale a dire oltre un milione e 900 mila aziende): un dato che sale fino al 50 per cento tra le imprese meridionali, al 52 per cento tra le imprese di costruzione e al 61 per cento tra le imprese con minore fatturato. All'apice opposto è la valutazione della competenza e della disponibilità del personale, che soddisfa il 94 per cento degli imprenditori;
dalla disponibilità di concedere un credito alla varietà nell'offerta di servizi, dalla trasparenza rispetto al costo dei servizi stessi alla disponibilità a contrattare e personalizzare l'offerta, invece, l'indice di insoddisfazione rimane superiore al 20 per cento, una quota significativa e che dovrebbe inquietare i vertici degli istituti di credito. Si tratta di oltre un milione di aziende che lamentano la scarsa disponibilità alla contrattazione delle condizioni del conto e della personalizzazione dell'offerta, circa 950 mila imprese che segnalano la scarsa varietà dell'offerta di servizi e anche la mancanza di trasparenza rispetto al costo dei servizi stessi, una quantità di poco inferiore che lamenta la ritrosia a concedere credito e intorno alle 700 mila aziende che rilevano l'incapacità degli istituti di comprendere i loro bisogni. Nei prossimi tre mesi, per il 58 per cento delle aziende, l'irrigidimento delle banche nell'approvazione dei prestiti e nell'apertura di linee di credito a favore delle piccole e medie imprese è addirittura destinato ad aumentare. Per il 39 per cento questi criteri rimarranno sostanzialmente invariati e solo per tre su cento inguaribili ottimisti la morsa si allenterà. Da un punto di vista delle dimensioni aziendali, il futuro sembra particolarmente critico per le aziende medie e le micro-imprese: dalla disaggregazione settoriale, i più pessimisti appaiono gli imprenditori attivi nel settore delle costruzioni. Sul fronte bancario, infine, ad attendersi il peggio sono i clienti delle banche popolari e del credito cooperativo. Per Sergio Silvestrini, segretario generale della CNA il problema del credit crunch non è una novità: «Le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie, soffrono da tre anni abbondanti le restrizioni al credito. Solo che per lungo tempo questa emergenza è stata negata. Ora le stesse banche ammettono che una parte della domanda di credito rimane insoddisfatta». «Il problema, continua il segretario, è prima di tutto per le imprese che subiscono gli effetti e che stanno pagando una crisi non generata dall'economia reale nella quale non hanno avuto nessun ruolo. Nel 2008 è scaturita dalla diffusione di alcuni prodotti finanziari ad alto rischio; ricerca di pericolosi impieghi alternativi delle banche a caccia di una costante redditività che prescinda dal ciclo economico. Nel 2011 dalla crisi dei debiti sovrani. In entrambi i casi proprio le imprese, le Pmi in particolare,

hanno dovuto pagare e stanno pagando lo scotto dell'imprudenza altrui» -:
quali iniziative si intenda adottare, al fine di agevolare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese italiane.
(4-14924)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha disposto all'articolo 26 la prescrizione con decorrenza immediata a favore dell'erario delle banconote, dei biglietti e delle monete in lire ancora in circolazione. Pertanto, dalla giornata del 7 dicembre 2011, la Banca d'Italia non effettua più le operazioni di conversione lira-euro;
tale intervento ha di fatto abrogato il termine di prescrizione del 28 febbraio 2012 previsto per la conversione in euro delle lire in circolazione, ex articolo 3, comma 1-bis, della legge n. 96 del 1997 e articolo 52-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998;
senza alcun preavviso, si è stabilita la prescrizione immediata delle lire ancora in circolazione a beneficio dell'erario. Il relativo controvalore verrà versato in entrata al bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo ammortamento dei titoli di Stato; il totale delle lire ancora in circolazione, secondo i dati della Banca d'Italia di maggio 2010, ammonta a 1,3 miliardi di euro;
secondo la Federcontribuenti, risulta siano oltre un migliaio i cittadini coinvolti nello stop alla conversione che, come ha lasciato intendere il Governo sarebbe servito essenzialmente contro la criminalità organizzata mentre pare penalizzare onesti contribuenti;
a parere dell'interrogante, è opportuno permettere a questi cittadini, che per un motivo o per un altro hanno atteso per la conversione, di poter rientrare in possesso dei propri soldi; forte è il sospetto, invece, che dietro questa manovra ci sia stato il tentativo di far cassa a danno di persone tenute all'oscuro anche perché la Banca d'Italia possiede tutti gli strumenti utili per smascherare eventuali manovre riconducibili ad attività legate alla criminalità organizzata;
va altresì sottolineata la grave mancanza di informazione ai danni di cittadini ignari;
considerata la precedente scadenza di fine febbraio 2012 per la conversione delle lire in euro, a giudizio dell'interrogante sarebbe stato necessario e doveroso porre un termine di tempo tale che le persone si potessero adeguare -:
quali urgenti iniziative normative intenda adottare al fine di concedere una proroga delle operazioni di conversione in euro delle lire ancora in circolazione, considerato l'ingente gettito di 1 miliardo e 300 milioni valutato dalla Banca d'Italia.
(4-14930)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fermo restando il principio dell'espiazione della pena da parte del soggetto che ha deviato non rispettando le norme, sottolineano l'importanza del recupero e della reintegrazione nel contesto sociale del reo;
l'articolo 27 della Costituzione Italiana sancisce che le pene «devono tendere alla rieducazione del condannato»;

le persone, seppur in regime di reclusione, continuano ad essere membri della società; lo stato di reclusione non sospende né lo status di cittadino né quello di individuo. Mantenere queste persone all'interno della dinamiche che sono proprie della società, quali ad esempio l'educazione scolastica e l'interazione con soggetti che non siano membri esclusivi del sistema carcerario, potrebbe facilitare il reinserimento sociale completo, dell'individuo stesso;
i docenti che operano presso il carcere di Borgo San Nicola a Lecce con una missiva protocollata il 7 febbraio 2012 hanno scritto alla dirigente responsabile dell'ufficio X ambito territoriale del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, professoressa Marcella Rucco, per informarla della situazione didattica all'interno della struttura carceraria, non più sostenibile;
nella fattispecie, presso la struttura carceraria sopra citata, nell'ambito dell'attività didattica in favore dei detenuti sono presenti n. 5 classi di alfabetizzazione primaria, n. 6 classi di scuola media, che fanno capo al CTP, presso la S.S.S. di I Grado «D. Alighieri» di Lecce e n. 12 classi di scuola superiore, che fanno riferimento all'I.T.C. «Olivetti» di Lecce;
circa 300 studenti/detenuti partecipano alle lezioni, esercitando il loro diritto alla rieducazione, ciò in ambienti insalubri, per il persistente freddo e umido che minaccia la loro salute e quella degli insegnanti;
nei periodi di freddo intenso, il rischio di bronchiti e di polmoniti è molto alto. Nelle giornate più rigide, come quelle che si sta attraversando, molti detenuti preferiscono rimanere in cella e non partecipare alle attività didattiche con prevedibili ripercussioni sui risultati di apprendimento;
gli insegnanti dovendo comunque svolgere la propria attività si alternano nelle classi semivuote, continuando ad insegnare ai pochi detenuti che nonostante le avverse condizioni climatiche presenziano pur di acquisire ciò che non hanno potuto o avuto la possibilità di ottenere da uomini liberi e, cioè, un po' di cultura che avrebbe, forse, indirizzato meglio le loro scelte di vita;
le aule scolastiche a disposizione della struttura penitenziaria non permettono un sereno e salubre svolgimento delle attività didattiche, poiché sono prive di un adeguato sistema di riscaldamento;
i locali messi a disposizione dalla direzione del carcere di Borgo San Nicola di Lecce di fatto non presentano i requisiti di salubrità per i luoghi di lavoro previsti dall'articolo 63, comma 1, e articolo 64, comma 1, lettera a) e dall'allegato IV, del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, relativamente ai punti: a) 1.9.2.1. «La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori»; b) 1.9.2.2. «Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti»; c) 1.9.2.5. «Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione»;
l'interrogante ha più volte posto, attraverso precedenti atti di sindacato ispettivo, il più vasto problema dell'inadeguatezza della struttura carceraria leccese a contenere un numero di detenuti spropositato; si parla di circa 1304 reclusi presenti rispetto ad una capienza di 659 posti. Come pure si è ampiamente sottolineato che i detenuti vivono non solo in una condizione di sovraffollamento, ma in spazi angusti, in molti casi privi di norme igieniche adeguate ed inospitali -:
quali iniziative i Ministri interrogati, visto quanto sopra esposto, intendano assumere

per ripristinare, in questo contesto, i dettami sanciti nella Costituzione italiana e consentire, dunque, ai detenuti di poter esercitare il loro diritto all'istruzione ed alla rieducazione ed agli insegnati di svolgere il proprio compito con un regolare adempimento dell'attività didattica in ambienti igienicamente idonei e salubri.
(5-06166)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA dello scorso 13 febbraio, la scorsa settimana un detenuto, Luigi Monaco, 40enne, è deceduto all'ospedale Cardarelli di Napoli. L'uomo era stato trasferito nell'ospedale partenopeo dal carcere di Campobasso all'interno del quale era ristretto, ma è morto mentre stava per entrare in sala operatoria;
già in passato il detenuto era stato trasferito all'ospedale Cardarelli, atteso che lo stesso soffriva da tempo di problemi di salute;
sulla vicenda la procura di Campobasso ha aperto una inchiesta iscrivendo nel registro degli indagati sei persone, tutto ciò mentre si attende di conoscere l'esito dell'autopsia disposta subito dopo il decesso dell'uomo;
Luigi Monaco, che stava scontando una pena per associazione a delinquere e per rapina, lavorava nella lavanderia dell'istituto di pena dove era recluso e più volte in passato aveva lamentato dolori diffusi ed era stato trasportato in ospedale per accertamenti. La procura ora dovrà appurare se le condizioni di salute del detenuto fossero compatibili con il carcere e/o se ci sia stata qualche negligenza nell'affrontare il caso da parte delle autorità competenti -:
al di là dell'inchiesta aperta dalla magistratura per accertare eventuali responsabilità penali nel trattamento riservato al signor Luigi Monaco, se non ritengano - in via cautelativa nei confronti degli altri detenuti ristretti nel carcere di Campobasso - di dover verificare, attraverso un'approfondita indagine interna, se il trattamento sanitario previsto nell'istituto abbia corrispondenza con le leggi dello Stato e, soprattutto, con quanto previsto dagli articoli 3, 13 (comma 4), 27 (comma 3), 32 della Costituzione;
quanti siano, negli ultimi cinque anni, i detenuti i morti in carcere per malattia e quanti coloro che, usciti dal carcere in sospensione della pena per malattia, siano successivamente morti in ospedale o nelle proprie abitazioni.
(4-14915)

LO PRESTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Giornale di Sicilia dell'11 febbraio 2012, edizione di Trapani, e La Sicilia del 10 febbraio 2012, edizione di Trapani, hanno riportato la notizia che una imprenditrice siciliana temeva per la sua sicurezza e che poteva essere vittima di «poteri forti» che avevano di fatto saccheggiato le sue aziende. In particolare così riferiva La Sicilia:
«sono vittima di poteri forti». È questa l'amara denuncia di Liliana D'Angelo, imprenditrice di Trapani, che in una lettera indirizzata al presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello racconta di essere stata vittima di una truffa e di non riuscire ad ottenere giustizia;
l'imprenditrice asserisce che nel 2009 ha stipulato un accordo di integrazione industriale - con un gruppo facente capo all'ing. Marcello Pacifico, imprenditore del settore dell'information technology, Gianluca Piredda, commercialista e socio della società di consulenza internazionale

TMF consulting, e l'avv. Grazia Volo - avviato con la cessione del capitale della società GFTEL srl;
l'accordo, spiega D'Angelo, prevedeva l'impegno di Future Space di assumersi le passività dell'azienda;
«il 26 ottobre 2010 a mia insaputa - scrive D'Angelo - Pacifico, con la regia di Piredda, ha venduto le quote di GFTEL a due pregiudicati al prezzo di mille euro a fronte di un investimento per 800 mila euro. La manovra fraudolenta mi ha impedito di recuperare l'azienda ceduta poiché la società è stata nel frattempo svuotata di ogni attività in favore di Future Space. La vendita ha prodotto una fittizia perdita del capitale della Future Space, consentendo a Pacifico e Piredda di azzerare il capitale e di estromettermi dalla società»;
l'imprenditrice, che ha presentato due esposti a Trapani e a Roma, aggiunge di avere anche subito pesanti minacce e avanza dure critiche sulla gestione delle indagini;
«mi ero rivolta alla Procura di Trapani - scrive - pensando che avrei trovato un canale privilegiato ed invece mi sono trovata di fronte il muro del silenzio»;
le persone coinvolte nella presunta azione delittuosa perpetrata ai danni della sig.ra D'Angelo e in particolare il sig. Marcello Pacifico, sembrerebbero essere le stesse nei confronti delle quali indagavano i magistrati nell'ambito della inchiesta Why Not. Più specificatamente, il dott. De Magistris attuale sindaco di Napoli, estromesso poi dalle indagini e sottoposto addirittura a procedimento disciplinare da parte del CSM, sosteneva di avere individuato una nuova P2, con il potere di penetrazione nello Stato dall'interno e che ha il volto di diverse società alle quali stava risalendo, dipanando il bandolo della matassa affaristico-massonica che coinvolge anche la politica e la criminalità organizzata (si veda Il sole 24ore del 10 dicembre 2008);
«una rete di soggetti» - dichiarava De Magistris testualmente il 3 gennaio del 2008 ai colleghi di Salerno - «che all'interno delle istituzioni erano in grado di influire ad ogni livello con collusioni di non secondaria rilevanza proprio all'interno della magistratura»;
l'imprenditrice afferma, nel corpus della lunga lettera inviata al Presidente di Confindustria Sicilia e per ampi stralci riportata dagli articoli di stampa, di avere subito minacce e pesanti pressioni per mantenere il silenzio sulla intera vicenda e di avere avuto, addirittura, notizia anticipata del trasferimento della inchiesta, aperta dalla procura della Repubblica di Trapani, alla procura della Repubblica di Roma;
la fuga di notizie (relative al trasferimento della inchiesta a Roma) ha ulteriormente aggravato lo stato d'animo della imprenditrice che con la lettera inviata a Confindustria ha chiesto l'intervento della associazione a sua tutela e protezione -:
se e quali iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, si intenda adottare rispetto alla vicenda esposta in premessa;
di quali elementi disponga il Governo in ordine alla situazione di esposizione dell'imprenditoria siciliana alle pressioni ed ai condizionamenti dei «poteri forti» e della criminalità organizzata, e quali conseguenti iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-14932)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO, DISTASO e GINEFRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 172 (cosiddetta «dei Trulli») è una importante via di comunicazione che unisce Taranto a Casamassima,

ove si raccorda alla strada statale 100 che da Taranto conduce a Bari. Tale strada, nel suo primo tratto (Taranto-Orimini) è già stata oggetto, ormai molti anni fa, di lavori di adeguamento ed allargamento della sede e, attualmente, si presenta a quattro corsie; il restante percorso, invece, nonostante l'intenso traffico che l'attraversa, soprattutto durante i mesi estivi, è tuttora a due sole corsie ed è appunto oggetto dei lavori di allargamento e messa in sicurezza finanziati con la convenzione sopra citata, lavori attualmente in fase di avanzata progettazione;
in data 21 novembre 2003 veniva sottoscritta fra la regione Puglia e l'ANAS una convenzione che prevedeva tra l'altro due importanti interventi sulla strada statale 172, ovvero l'«Adeguamento e ammodernamento in sede ed in variante - IV corsia Orimini superiore», dell'importo di 15,494 milioni di euro, nonché i «lavori di costruzione della variante di Martina Franca e del tronco Casamassima-Putignano» dell'importo di 35,537 milioni di euro, entrambi con finanziamento ad intero carico dell'ANAS;
l'ANAS ha previsto per la strada statale 172 i seguenti interventi:
adeguamento ed ammodernamento in sede e in variante - costruzione della quarta corsia sull'Orimini Superiore e variante all'abitato di Martina Franca;
tronco Casamassima-Putignano lavori di ammodernamento ed adeguamento;
adeguamento della strada statale 172-dir da Fasano a Laureto, in particolare nel tratto compreso dal chilometro 6 al chilometro 9,5;
l'adeguamento ed ammodernamento in sede e in variante, costruzione della quarta corsia sull'Orimini Superiore e la variante all'abitato di Martina Franca hanno livello di progettazione definitivo ed è in corso la conferenza di servizi;
l'adeguamento della strada statale 172-dir da Fasano a Laureto, in particolare nel tratto compreso dal chilometro 6 al chilometro 9,5 ha un livello di progettazione preliminare;
l'intervento relativo al tronco Casamassima-Putignano lavori di ammodernamento ed adeguamento della sede stradale alla sezione C1 del decreto ministeriale 5 novembre 2001, esclusa la variante di Turi, ha un livello di progettazione preliminare, secondo le informazioni acquisite, da ultimo nel mese di ottobre 2011, dalla struttura di missione del Ministero della infrastrutture e dei trasporti;
l'adeguamento ed ammodernamento in sede e in variante - costruzione della quarta corsia sull'Orimini Superiore e la variante all'abitato di Martina Franca hanno un costo stimato in 70 milioni di euro e che la delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011 ha assegnato complessivamente un finanziamento di 51 milioni di euro così articolato:
36 milioni di euro per l'adeguamento e ammodernamento in sede ed in variante, costruzione della quarta corsia tra i chilometri 56 e 60,5 ed asse di penetrazione a Martina Franca;
15 milioni di euro per il superamento del Centro di Martina Franca;
l'adeguamento della strada statale 172-dir da Fasano a Laureto, in particolare nel tratto compreso dal chilometro 6 al chilometro 9,5 ha un costo di 15 milioni di euro ed è integralmente finanziato con fondi messi a disposizione dalla regione Puglia;
i lavori di ammodernamento ed adeguamento della sede stradale alla sezione C1 del decreto ministeriale 5 novembre 2001, relativa al tronco Casamassima-Putignano hanno un costo di 50,50 milioni di euro, e con una copertura finanziaria, indicata nel 9o allegato infrastrutture alla decisione di economia e finanza 2011 in 35 milioni di euro;
i dati statistici elaborati dall'ACI e dall'ANAS per il periodo 2006-2010 evidenziano che sul tratto Putignano-Turi-Casamassima

si rileva un tasso di incidentalità e di mortalità particolarmente elevato, peraltro in aumento nel corso degli ultimi anni;
la regione Puglia ha destinato 15 milioni di euro per il finanziamento della strada statale 172 DIR, 51 milioni di euro di fondi FAS di competenza regionale per la costruzione e adeguamento della quarta corsia sull'Orimini Superiore e la variante all'abitato di Martina Franca;
l'ammodernamento del tratto Casamassima-Putignano consente di migliorare le condizioni di sicurezza della circolazione, l'adeguamento degli svincoli e la regolarizzazione degli accessi ai fondi anche con l'introduzione di viabilità di servizio. Sull'infrastruttura in progetto è stimato un traffico giornaliero medio pari a circa 21.570 veicoli/giorno;
il CIPE nella seduta del 6 dicembre 2011 ha assegnato le risorse finanziarie a valere sulle disponibilità di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 per i seguenti interventi:
«6. 919 milioni di euro per il 2o lotto costruttivo dell'AV/AC Treviglio-Brescia;
7. 1.100 milioni di euro per il 2o lotto costruttivo della tratta ferroviaria AV/AC Genova-Milano;
8.598 milioni di euro per il contratto di programma ANAS lato manutenzione straordinaria;
9.600 milioni di euro per continuità del sistema MO.SE.;
10. 123 milioni di euro per le piccole e medie opere»;
le risorse di cui al citato articolo 32 ammontano complessivamente a 4.930 milioni di euro;
il medesimo articolo 32 stanzia le suddette risorse da finalizzare prioritariamente ai lotti costruttivi dell'AV/AC ed ai contratti di programma ANAS ed RFI;
l'opera è già stata inserita nel contratto di programma ANAS 2007-2011 approvato dal CIPE nella seduta del 20 luglio 2011;
il consiglio regionale della Puglia nella seduta del 24 gennaio 2011 ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che impegna il presidente della giunta regionale e l'assessore ai lavori pubblici a farsi parte attiva presso il Governo nazionale affinché sia garantito il finanziamento del tronco Putignano-Turi-Casamassima e si proceda all'approvazione nel corso nella prossima riunione utile del progetto preliminare da parte del CIPE -:
se il Governo intenda assegnare risorse pari a 50 milioni di euro per il finanziamento della strada statale 172 nel tratto Putignano-Turi-Casamassima, a valere sulle disponibilità residue di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazione, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
se proporrà alla prossima riunione del CIPE l'approvazione del progetto preliminare della strada statale 172 relativo al tronco Casamassima-Putignano.
(5-06167)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Aero Club d'Italia è un ente pubblico non economico finanziato con contributi del CONI e dei Ministeri vigilanti e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'ente;
nello stesso ente l'attività di segreteria-reception risulta affidata ad una società a responsabilità limitata; questa attività, ad avviso dell'interrogante, non si può configurare come una prestazione di servizi, ma come una vera e propria somministrazione di lavoro; andrebbe pertanto

verificato, secondo l'interrogante, se la predetta società possieda le autorizzazioni richieste per le attività di cui all'articolo 4 (agenzie per il lavoro) del decreto legislativo n. 276 del 2003; oltretutto, sembrerebbe che la stessa società svolga anche compiti nel settore del protocollo, che, ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo n. 445 del 2000, sono riservati a dipendenti dell'ente; la situazione determinatasi appare, altresì, in contrasto con l'articolo 36, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede per esigenze di lavoro ordinarie, come per il servizio del protocollo, che le amministrazioni si avvalgano di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, riservando le tipologie di lavoro flessibile ad esigenze temporanee ed eccezionali;
si sono concluse celebrazioni centenario, per le quali è già stata presentata interrogazione parlamentare n. 4-13901 del 12 novembre 2011;
con riferimento a tali celebrazioni non sono risultati in regola i documenti presentati al dipartimento pubblici spettacoli del comune di Roma, tanto che l'autorizzazione a suo tempo emessa e subordinata ad alcuni adempimenti, tra cui collaudi statici del palco e altre strutture, conformità impianti elettrici e servizio antincendio, sarebbe stata revocata;
con delibera commissariale del 17 giugno 2004, l'Aero Club d'Italia ha dato incarico di redazione del regolamento di contabilità e bilancio, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003 stabilendo un compenso di euro 50.000,00 per il professionista incaricato della stessa, e il compenso già elevato in sé, all'interrogante non appare giustificato, non solo perché fra i dipendenti dell'ente erano presenti le professionalità necessarie per la stesura del regolamento, trattandosi di competenze amministrative, e quindi sarebbe violato l'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma anche perché lo stesso sembra pressoché identico al decreto del Presidente della Repubblica citato, e non tale da giustificare tale spesa esorbitante -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se si intendano assumere iniziative ispettive in ordine alle eventuali violazioni della disciplina sulla somministrazione di lavoro, svolta da una società che sarebbe priva dei requisiti a partire dall'aprile 2011, in contrasto con le norme sull'utilizzo di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni ex articolo 36 decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato con il decreto legislativo n. 150 del 2009, e sulla tenuta del protocollo informatico da parte delle amministrazioni pubbliche ex articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;
quali iniziative si intendano intraprendere in relazione ad eventuali violazioni alla normativa sul contenimento dei costi pubblici di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 e sull'organizzazione dei pubblici spettacoli, per quanto riguarda l'organizzazione delle celebrazioni del centenario dell'Aero Club d'Italia;
per quali ragioni l'Aero Club d'Italia vigilato, tra gli altri, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, abbia deciso di conferire incarico a professionista esterno per la redazione del regolamento di contabilità e bilancio, in presenza di professionalità adeguate all'interno, trattandosi di competenze amministrative, in contrasto, a giudizio dell'interrogante, con l'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e se sia stata operata selezione per la scelta dell'incaricato, e quali siano stati i criteri per la definizione del compenso, se esso sia commisurato all'impegno e al tempo che si è reso necessario per la definizione del regolamento, e quali siano le ragioni per cui tale regolamento sarebbe pressoché identico al decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003, che costituisce la normativa di riferimento.
(4-14909)

FAVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 9 aprile 2001 veniva sottoscritto tra le regioni Lombardia ed Emilia Romagna un protocollo di intesa contenente rispettivi impegni sul mantenimento degli impianti siti in Lombardia e ceduti in uso alla regione Emilia Romagna (ex Ferrovia Suzzara Ferrara e Suzzara Parma);
nel protocollo di intesa è previsto che qualora la regione Emilia Romagna non ritenga più utili all'attività del trasporto i beni in uso, su di questi decade l'affidamento;
i progetti, non ancora attuati, presentati dalla società FER, inerente al potenziamento delle officine site nel comune di Sermide, hanno portato ad una esposizione finanziaria notevole del comune e della provincia di Mantova, che si sono impegnate in una importante variante alla viabilità per garantire il massimo sviluppo dell'area;
l'eventuale chiusura proposta dalla direzione FER del deposito personale viaggiante e postazione per la dirigenza del traffico (DCO) situate presso la nuova stazione ferroviaria di Sermide avrebbe certamente un impatto devastante sul livello occupazionale attuale e futuro;
dai dati risulta che la maggior parte dei 60 dipendenti utilizzati risiedono nel comune e nei piani di riorganizzazione si vedrebbero trasferiti nel migliore dei casi a Ferrara -:
se il Ministro intenda aprire un tavolo di confronto con FER affinché, nel rispetto degli accordi tra Lombardia ed Emilia-Romagna, mantenga l'attuale assetto logistico e occupazionale a Sermide;
se gli impegni previsti da FER di sviluppo dell'insediamento siano confermati;
se FER abbia previsto un piano industriale alternativo sostenibile che comprenda una riconversione degli impianti e delle maestranze impiegate negli impianti di Sermide al fine di evitare il trasferimento in altre sedi.
(4-14922)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2012

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

VANALLI e RONDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 13 maggio 2011, a Lacchiarella (Milano), vi è stata una diffusione a mezzo stampa di uno scritto prodotto dal consigliere di maggioranza dell'amministrazione comunale di Lacchiarella, signor Fausto Franceschi, eletto regolarmente nella lista civica «Vivere Lacchiarella», il quale denuncia pubblicamente il grave fenomeno di evasione fiscale da parte della locale pro-loco, dell'abituale prassi di ricevere denaro da terzi senza emettere alcun tipo di fattura o ricevuta che attesti l'avvenuto incameramento di denaro, provento di affitti e usufrutti di strutture pubbliche di proprietà del comune di Lacchiarella, denunciando l'esistenza di un non chiaro e quantificabile «giro di nero» ovvero di denaro non tracciabile del quale non è chiara la sua destinazione e il suo utilizzo;
viene altresì evidenziato dal signor Fausto Franceschi, che il sindaco pro-tempore signor Luigi Acerbi era stato avvisato da tempo, tramite lettere scritte dallo stesso Franceschi (la prima risalirebbe all'agosto del 2010) di quanto accadeva nella pro-loco, stigmatizzando che lo stesso Acerbi non ha mai presentato alcun atto formale o azioni d'indagine o di controllo a seguito della denuncia del consigliere comunale appartenente alla sua coalizione il quale evidenziava che il sindaco da tempo sapesse di quanto accadeva, che nulla era stato fatto e che esso fosse connivente;

vengono nominati altri due consiglieri di maggioranza, dei quali non vengono esplicitati i nomi, che sono testimoni e vittime di questo tipo di gestione scorretta;
il signor Fausto Franceschi, essendo anche consigliere della pro-loco di Lacchiarella, in quanto una rappresentanza di consiglieri comunali che di diritto occupano tre posti nel consiglio di amministrazione della pro-loco (2 di maggioranza e 1 di minoranza) a seguito del rilevante contributo elargito dalla giunta comunale pari a 30.350,00 euro/anno, denuncia che all'atto della richiesta di visionare i bilanci della pro-loco ha ricevuto un categorico rifiuto da parte del presidente della pro-loco signor Campagnoli;
il signor Fausto Franceschi denuncia che i consiglieri di maggioranza abbiano cercato di minimizzare e che mal sopportino la sua iniziativa facendo così supporre un ulteriore numero di soggetti, appartenenti alla maggioranza del gruppo consigliare «Vivere Lacchiarella», parimenti conniventi;
gli organi di stampa hanno ripreso quanto accaduto su denuncia dei cittadini di Lacchiarella; l'8 giugno 2011 è comparso un articolo su «La Padania» - pagine 8 e 9 - e il 10 giugno 2011 la notizia è stata diffusa al TG di Primarete Lombardia e Telecolor -:
se, a seguito della grave denuncia e alla comprovata mancanza di trasparenza e di un comportamento integerrimo da parte dei consiglieri comunali di maggioranza, non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(5-06170)

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da quanto risulta dalle notizie di cronaca, persiste negli ultimi anni un vero e proprio attacco da parte dei clan locali nei confronti di amministratori, funzionari e politici che combattono la mafia e l'illegalità;
«Avviso Pubblico», un network di enti locali impegnati sul fronte della legalità e dell'antimafia, ha presentato il «Rapporto annuale sulle minacce e intimidazioni mafiose ed amministratori locali e a dipendenti pubblici»: allarmante risulta il numero degli atti malavitosi, preoccupante sia sul piano della gravità, che su quello della diffusione, soprattutto in regioni che fino a qualche tempo fa ne apparivano immuni;
secondo il rapporto, solo nel 2010 si sono registrati 212 casi di minacce e di intimidazioni contro amministratori e funzionari locali: 87 in Calabria, 49 in Sicilia e 29 in Campania; per quanto riguarda il 2011, si conferma il primato della Calabria con 26 fatti di cronaca che hanno visto come protagonisti anche i sindaci dei comuni di Isola Capo Rizzuto, Monasterace e Rosario;
lo scorso dicembre, il sindaco di San Giovanni in Fiore ha subito, dopo ripetute minacce contro la propria persona e la stessa giunta comunale, un attentato diretto a bloccare il funzionamento del proprio veicolo privato; solo pochi giorni prima, ignoti incendiavano la casa delle vacanze del sindaco di Mesoraca, già vittima di altri attentati avvenuti nelle settimane precedenti: azioni continuate d'intimidazione che tentano, subdolamente, di far vacillare una regolare attività amministrativa;
negli ultimi giorni del 2011, un ordigno di medio potenziale è stato fatto esplodere a Lamezia Terme contro il centro di accoglienza per minori stranieri de La Luna Rossa, realizzato dalla comunità Progetto Sud di Don Giacomo Panizza in un bene confiscato alla cosca Torcasio;
successivamente, nella notte di Capodanno, un pericolosissimo attentato ha preso di mira una struttura presa in affitto dal consorzio Goel che a Caulonia (Reggio Calabria), e non solo, gestisce i progetti

destinati ad accogliere gli immigrati che approdano sulle spiagge locali: un'azione che conferma le diaboliche strategie della 'ndrangheta che, nel reclutamento della manovalanza del crimine, punta alla disgregazione sociale e disoccupazione giovanile;
da ultimo, nella serata del 7 gennaio scorso, persone non identificate hanno incendiato il portone del Municipio di Isola Capo Rizzuto, dove forte risulta essere l'azione di contrasto alla 'ndrangheta: qui il Comune da due anni lavora in sinergia con la prefettura, le istituzioni locali, con «Libera» ed altre quattordici associazioni nate per mettere a disposizione della comunità terreni ed edifici confiscati alle cosche locali -:
quali urgenti ed efficaci provvedimenti intenda adottare al riguardo.
(5-06171)

GIORGIO CONTE e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tre anni il Governo ha predisposto dei tagli lineari nel comparto sicurezza che ammontano a ben tre miliardi di euro, pari al 10 per cento del bilancio complessivo del Ministero dell'interno ed in particolare le risorse della divisione investigativa antimafia sono state ridotte di 13 milioni di euro;
nella fattispecie, la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto importanti riduzioni di stanziamenti economici alle forze di polizia. Il taglio dei fondi destinati alla direzione investigativa antimafia rischia di compromettere l'operatività di molte sezioni operative, presidi della lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso;
tra le misure previste dalla citata normativa, figura la decurtazione stipendiale per gli appartenenti alla divisione investigativa antimafia, relativamente al T.E.A. - trattamento economico aggiuntivo - previsto normativamente sin dal 1992 quando è stata istituita la DIA, che ha subito consistenti riduzioni, pari al 64 per cento per l'anno 2012, e 57 per cento a decorrere dal 2013;
nello specifico, la misura segue una previsione di risparmio per 13,1 milioni dal 2012. La decurtazione stipendiale, anche oltre il 20 per cento della retribuzione mensile - uno stipendio di un ispettore con 32 anni di servizio è di circa 2000 euro - non è stata attuata nei confronti di alcuna categoria. Essa sarebbe percepita come un chiaro accanimento nei confronti di poliziotti, carabinieri e finanzieri della DIA;
va ricordato che gli stessi operatori DIA sono già stati colpiti dalle disposizioni previste dall'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito in legge n. 122 del 2010, che prevede gli stipendi bloccati fino al 31 dicembre 2014, nessun riconoscimento stipendiale relativo al compimento dell'anzianità di servizio (cosiddetto assegno di funzione), nessun riconoscimento stipendiale per avanzamento di grado, riduzione del premio produttività e contempla ulteriori tagli sugli straordinari e sulla tredicesima;
si tratta di tagli che non tengono nella debita considerazione - anzi vanno in direzione di un assoluto dispregio - la peculiarità e l'importanza dell'attività svolta da questi servitori dello Stato;
a detta dell'interrogante, ci troviamo dinanzi ad una scelta irragionevole: alla divisione investigativa antimafia, creata nel 1991 con la legge n. 410 e fortemente voluta da Giovanni Falcone al fine di allineare il sistema di contrasto italiano a modelli organizzativi già efficacemente collaudati in altri Paesi, si tagliano i fondi in modo radicale, mentre sono profondamente carenti le misure di potenziamento richieste dal contesto temporale che evidenzia uno stato di piena emergenza mafiosa, come testimonia il fatturato delle organizzazioni criminali, che ammonta a 200 miliardi di euro;
illuminanti sul tema sono le parole che il magistrato Antonino Caponnetto

scrisse nel libro «I miei giorni a Palermo»: «Non vorrei che a qualcuno fosse venuto in mente di comprimere o limitare i poteri di un organismo che già lavora in condizioni difficili... il mio auspicio è che si pensi a potenziarla, piuttosto che a inventare nuove figure...»;
inaugurando a Palermo la sede dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nel novembre 2011, il Ministro interrogato ha affermato «La nostra maggiore priorità riguarda la lotta alla mafia e lavoreremo in tal senso affrontando tutte le componenti per attuarla» -:
se le attuali linee programmatiche del Dicastero prevedano interventi volti a rettificare le criticità economiche ed operative - testé indicate in premessa - che coinvolgono tutto il personale in servizio presso le sedi della direzione investigativa antimafia, che quotidianamente ottiene ottimi risultati nella lotta alla criminalità.
(5-06172)

BRESSA, MORASSUT e AMICI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come scrive una lettera del sindaco di Grottaferrata (RM), Gabriele Mori, indirizzata ai presidenti dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati e al Ministro dell'interno, l'organizzazione politica Casa Pound, tramite un consigliere comunale del Pdl, ha recentemente presentato la domanda per organizzare una iniziativa nel Teatro Comunale di Grottaferrata nella data del 18 febbraio 2012;
si tratta di un'iniziativa precedentemente annullata da parte dell'amministrazione comunale perché a ridosso dei tragici e dolorosi fatti di Firenze dove, come è noto, un membro di Casa Pound ha barbaramente ucciso due extracomunitari senegalesi;
già in occasione della prima richiesta numerose associazioni di cittadini, tra cui la locale sezione dell'Anpi, hanno protestato invitando l'amministrazione a non concedere l'autorizzazione e programmato contromanifestazioni da tenersi nelle stesse ore e negli stessi luoghi;
anche l'iniziativa prevista per il 18 febbraio sta provocando un forte allarme sociale nella popolazione e, da quanto scrive il Sindaco;
a tal riguardo il Sindaco di Grottaferrata chiede al Ministro dell'interno quale debba essere l'atteggiamento dell'istituzione comune e se non si ritenga opportuno e corretto prendere ai massimi livelli istituzionali una assunzione di responsabilità in relazione alle iniziative ripetute in varie città italiane da parte di Casa Pound -:
come il Ministro interrogato intenda comportarsi in relazione alle manifestazioni di Casa Pound che stanno provocando forte allarme sociale nel territorio comunale e, in particolare, se intenda rispondere alla richiesta del sindaco di Grottaferrata rispetto alla possibilità di pericoli per l'ordine pubblico e la sicurezza connessi alla manifestazione di Casa Pound nel territorio comunale.
(5-06173)

BERTOLINI e CALDERISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 16 marzo 2011 l'interrogante ha inoltrato, in base alla normativa vigente in materia, richiesta di accesso agli atti amministrativi al Ministero dell'interno presso la direzione generale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale del dipartimento di pubblica sicurezza;
gli atti richiesti erano relativi ai contratti di locazione dell'edificio sede della questura di Modena, sita in via Divisione Aqui, e dell'edificio sede del CIE (Centro di identificazione ed espulsione) di Modena sito in via Lamarmora;
a distanza di un mese dall'inoltro l'interrogante è venuta a sapere attraverso

una comunicazione telefonica dagli uffici competenti del Ministero che la richiesta era stata sottoposta al parere dell'Avvocatura di Stato e che quest'ultima comunicava il parere negativo, in quanto non si riteneva ci fosse un interesse tale da giustificarla;
da allora nessuna comunicazione ufficiale è pervenuta né dal Ministero, né dall'Avvocatura e, a parere dell'interrogante, ciò è una omissione inaccettabile;
non si comprendono i motivi della mancanza di una risposta ufficiale e scritta, né si giustifica il parere dell'Avvocatura di Stato che nega ad un rappresentante del popolo di accedere ad atti che riguardano l'utilizzo di soldi pubblici -:
quali siano le cifre corrisposte dal Ministero dell'interno per i contratti di locazione della questura e del Cie di Modena e chi siano i proprietari di questi immobili.
(5-06174)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con concessione edilizia n. 26, rilasciata in data 14 settembre 2001, il comune di Podenzano, in provincia di Piacenza, autorizzava un intervento edificatorio attuativo di un «progetto generale unitario» redatto ai sensi dell'articolo 39 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale di quel comune;
detto progetto generale unitario, così come autorizzato, giusta la nota del comune di Podenzano n. 988 del 2 febbraio 2012, prevedeva:
la realizzazione di una strada «ad anello» di congiungimento tra via Vescovi e via Araldi, in seguito via Puccini;
la realizzazione di parcheggi pubblici lungo via Vescovi e via Puccini;
la realizzazione dei sotto servizi a rete al di sotto della nuova strada di progetto (rete fognaria, rete illuminazione pubblica, rete elettrica per le utenze private, rete telefonica, rete idrica, rete gas metano);

il progetto generale unitario di cui sopra prevedeva, inoltre, che le opere di urbanizzazione venissero completate con il concorso di altro soggetto autorizzato ad eseguire un intervento edilizio in area limitrofa, giuste le concessioni edilizie n. 17/2000 e n. 35/2001;
il 10 giugno 2005 le opere di cui sopra venivano collaudate dal comune di Podenzano «fatta salva ogni responsabilità per eventuali vizi occulti dei materiali e delle opere...»;
con nota inviata in data 11 giugno 2011 al comune di Podenzano, alcuni cittadini residenti nelle vie Vescovi, Puccini e Bosi di quel comune, rappresentavano la non più tollerabile situazione venutasi a creare in ragione del reiterarsi degli eventi di esondazione del canale posto a lato della citata via Bosi (tratto sterrato), con conseguenti allagamenti degli immobili ubicati nelle predette vie;
in particolare, nella sopra detta nota, si evidenziava che:
a) non era stato realizzato alcun innalzamento dell'argine (lato strada) del canale di via Bosi (tratto sterrato) lungo tutto il percorso dello stesso, opera fondamentale per evitare il ripetersi di esondazioni;
b) non era stato realizzato alcun canale di deflusso delle acque lungo via Bosi (lato strada asfalta), così da convogliare le acque verso canalizzazioni poste a nord del campo di proprietà Zermani;
c) non era stata data adeguata variazione di pendenza verso ovest al canale posto tra i campi di proprietà Libè e Zermani, mentre per contro era stato

aperto un ulteriore canale di scolo nel campo di proprietà Libè, con conseguente scarico delle acque captate nel canale di via Bosi;

con riferimento a detto ultimo punto, appare opportuno evidenziare che il 4 giugno 2011 detto nuovo canale, essendo le acque di quello ricevente già oltre il livello dell'argine, riversava le proprie direttamente sul tratto sterrato di via Bosi, trasformandola in un vero e proprio torrente con conseguente riversamento dell'acqua nei tombini posti in via Vescovi, determinando l'allagamento di diverse proprietà private. Non solo, ma parte dell'acqua finiva per riversarsi lungo il tratto asfaltato di via Bosi, provocando ulteriori allagamenti; pur essendo di tutta evidenza che le acque di raccolta del canale di via Bosi non hanno alcuna possibilità di confluire verso nord e che la permanenza dell'attuale situazione continuerà a determinare l'allagamento degli immobili ubicati nelle vie sopra indicate, non risulta adottato allo stato alcun provvedimento risolutivo dal comune di Podenzano, nonostante il contenuto della nota di ENIA del 14 settembre 2007 (prot. n. 24571) inviata al detto ente, nella quale testualmente si legge «...si rileva infine che per recuperare l'originaria funzionalità della rete fognaria di Via Vescovi bisogna eliminare l'anomala commistione tra la pubblica fognatura e i citati canali di scolo; a tal fine è indispensabile che il comune di Podenzano, che legge in copia, ponga in essere i provvedimenti necessari affinché i proprietari dei campi, o i titolari dei suddetti canali, individuino e realizzino rapidamente un nuovo recapito per le acque di scolo; in mancanza di ciò un intervento unilaterale da parte di Enia potrebbe solamente aggravare l'attuale precaria situazione»;
appare per contro sconcertante il fatto che il comune di Podenzano abbia assunto irrilevanti iniziative al riguardo, così come appaiono quelle dallo stesso evidenziate nella nota del 2 febbraio 2012, più sopra citata, nella quale testualmente si legge «...si segnala che l'amministrazione comunale ha provveduto ad eseguire, tramite il Consorzio di bonifica di Piacenza che ha operato direttamente, la risagomatura del canale irriguo esistente, con modifica della pendenza del medesimo e con rialzo delle sponde. Inoltre sono state posizionate due ulteriori griglie per smaltire le acque meteoriche nel caso si verifichino nuovi eventi critici. Al riguardo si segnala inoltre che lo stesso Consorzio di bonifica, di concerto con l'amministrazione comunale, ha ipotizzato una soluzione alternativa per la raccolta e lo scolo delle acque piovane senza per altro riuscire ad ottenere la disponibilità dei terreni da parte dei soggetti privati terzi. Si evidenzia, infine, che il comune di Podenzano, nell'ambito della redigenda pianificazione (P.S.C.) ha conferito un incarico professionale ai fini di potere individuare soluzioni fattibili per la regimazione delle acque meteoriche provenienti dalla rete dei canali esistenti. Tale studio è attualmente in fase di definizione con gli Enti terzi, tra cui si segnala lo stesso Consorzio di bonifica di Piacenza»;
non sfugge all'interrogante che, al di là delle parole, pur di fronte ad un problema annoso, la cui gravità è nei fatti e nelle vicende che si sono succedute, il comune di Podenzano si è ben guardato dal porre in essere interventi risolutivi al riguardo e neppure ha preteso che i terzi privati e/o il consorzio di bonifica di Piacenza facessero la loro parte;
non sfugge ad alcuno infatti che quanto sostenuto dal comune di Podenzano nella nota del 2 febbraio 2012 rispetto al fatto di non essere riuscito «ad ottenere la disponibilità dei terreni da parte dei soggetti terzi privati» è di enorme gravità, essendo evidente che ben avrebbe potuto lo stesso, avendo il caso qui rappresentato i requisiti previsti dalla legge, procedere con l'occupazione d'urgenza dei terreni in questione e, successivamente, disporre per l'esproprio, stante il carattere di pubblica utilità che l'opera da realizzare assumeva;

prima dell'intervento edificatorio attuativo del «progetto generale unitario» sarebbe inoltre stato demolito, ma non sostituito da altra analoga opera idraulica, un ulteriore canale - probabilmente a cielo aperto - di sfogo delle acque piovane -:
se e quali iniziative di competenza, a tutela dell'incolumità pubblica e delle norme igienico-sanitarie, si intendano assumere al fine di evitare il reiterarsi di situazioni di grave pericolo per la popolazione della zona ogni qual volta si verifica una precipitazione particolarmente intensa;
se dei fatti in premessa citati risultino informate le autorità statali competenti e, in particolare, se e quali interventi per l'accertamento degli stessi siano stati compiuti dai carabinieri di Podenzano e a quali delle stesse autorità siano state eventualmente trasmesse le relative risultanze;
se in merito ai detti fatti risultino avviate indagini.
(5-06180)

Interrogazioni a risposta scritta:

BARANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in occasione della giornata del ricordo delle vittime delle foibe commemorata a Massa anche da Casa Pound Italia con un sit in-fiaccolata, in piazza Garibaldi, autorizzato dalla questura in ricordo dei martiri delle foibe, circa 100 persone appartenenti ai centri sociali e dei Carc, hanno aggredito i manifestanti creando una sorta di guerriglia nella zona autorizzata alla fiaccolata;
le forze dell'ordine hanno svolto la gestione dell'ordine pubblico in modo che è apparso irresponsabile e totalmente sbilanciato, perché nonostante Casa Pound Italia avesse l'autorizzazione al presidio, le forze di polizia, hanno lasciato l'estrema sinistra manifestare senza alcuna autorizzazione e lasciando spazio a momenti di reale tensione e guerriglia;
mentre il corteo si dirigeva verso piazza Garibaldi, gli autonomi hanno tentato di attaccare i manifestanti e la polizia, invece di intervenire, li ha lasciati fare, consentendo che entrassero in contatto, salvo poi caricare tutti;
una volta raggiunta la piazza, le forze dell'ordine hanno lasciato i militanti dell'estrema sinistra, indisturbati e nella totale impunità, continuando a lanciare bottiglie, sassi e oggetti di ogni genere verso i rappresentati di Casa Pound Italia;
il bilancio della giornata, per fortuna è stato lieve, e conta un giovane di sinistra ed uno di Casa Pound leggermente feriti e di un poliziotto raggiunto da una bottiglia alla testa;
non è possibile che gli appartenenti ai centri sociali possano, con atti violenti nei confronti dei cittadini e delle istituzioni, impedire ogni libera e democratica espressione di pensiero;
tali atti, non possono essere tollerati in alcun modo;
non vi è dubbio che dalla parte del torto vi siano coloro che hanno voluto impedire una legittima manifestazione autorizzata e fra tutti spiccano i personaggi «istituzionali» come il consigliere comunale Marchi (segretario di R.C.), per aver organizzato e partecipato ad una manifestazione non autorizzata e per istigazione alla violenza e all'odio politico;
questi ultimi episodi fanno pensare ad una recrudescenza di azioni da parte della Sinistra estrema e dei centri sociali dovute probabilmente alla presunta convinzione che nei loro confronti prevalga l'impunità;
se a tali azioni non vi è una risposta ferma delle istituzioni, nella provincia di Massa Carrara si potranno verificare fatti di grave entità, come nel passato, visto che tale territorio ha già visto il nascere di cellule terroristiche poi stroncate dall'autorità giudiziaria e dalle forze dell'ordine;

la cosa che dispiace è che in tutto questo si perda di vista il vero motivo per cui oggi sia in piazza, cioè ricordare i martiri delle foibe -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti ricordati nella premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per porre fine ad atti di inciviltà che, tra l'altro, a giudizio dell'interrogante ledono fortemente l'immagine delle istituzioni;
se, rispetto agli episodi ricordati in premessa, siano state avviate indagini.
(4-14927)

LABOCCETTA, D'ANNA, DE GIROLAMO, DI CATERINA, FORMICHELLA, CASTIELLO, CESARIO e PAOLO RUSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la società «T.E.S.S. - Costa del Vesuvio società per Azioni», con sede in Napoli, ai sensi dell'articolo 3 del suo statuto, ha per oggetto «lo sviluppo e la promozione delle attività economiche nel territorio dell'area vesuviana costiera»;
con nota prot. n. 516/06 del 5 maggio 2006 la predetta società comunicava al comune di Gragnano di aver sottoscritto con la regione Campania una convenzione finalizzata alla elaborazione di studi e progetti per lo sviluppo del territorio dell'area vesuviana costiera ed interna e, conseguentemente, lo invitava a segnalare una proposta di progetto avente particolare rilevanza strategica;
i comuni di Casola di Napoli, Gragnano e Pimonte sottoscrivevano un documento di programmazione congiunta, comprensiva dell'intervento di recupero dell'ex monastero di S. Nicola dei Miri, ed al contempo delegavano la società T.E.S.S. - che di tanto veniva notiziata con nota prot. n. 14969 del 17 luglio 2006 - a redigere un apposito studio di dettaglio;
in data 7 novembre 2006 veniva sottoscritta la convenzione, il cui schema era stato preventivamente approvato dalla giunta municipale con deliberazione n. 302 del 25 ottobre 2006, tra il comune di Gragnano e la T.E.S.S. affinché quest'ultima predisponesse il progetto preliminare di recupero, poi affidato all'architetto Francesco Bocchino;
con nota prot. n. 7661 del 2 aprile 2007 il comune di Gragnano riconosceva la società T.E.S.S. soggetto attuatore dell'intervento ed in tale qualità la medesima società otteneva i titoli abilitativi, ivi compresa l'autorizzazione della Soprintendenza ai beni ambientali ed architettonici di Napoli resa con nota prot. n. 25999 del 26 ottobre 2007, e l'ammissione al finanziamento - per una previsione di spesa pari ad euro 14.040.418 - da parte della regione Campania giusta decreto dirigenziale n. 196 del 31 marzo 2009;
sempre in forza della riferita qualità la società T.E.S.S. ha, in seguito, provveduto a definire ed approvare il bando ed il disciplinare di gara per l'affidamento dei relativi lavori, nominare la commissione di gara e approvare le risultanze della gara stessa;
proprio in considerazione della rilevanza economica dell'intervento e della presenza sul territorio di interessi ricollegabili alla criminalità organizzata, il nuovo sindaco di Gragnano, avvocato Annarita Patriarca, con nota del 28 aprile 2010 rappresentava al prefetto di Napoli l'opportunità di demandare la gestione di una gara così delicata alla stazione unica Appaltante e segnalava al contempo che la società pubblica T.E.S.S. appare avere avviato le procedure di gara in piena autonomia;
i paventati timori venivano ulteriormente prospettati al prefetto di Napoli con nota prot. n. 363 del 6 maggio 2010, senza tuttavia che il sindaco ricevesse alcun riscontro;
con nota acquisita al protocollo del comune di Gragnano in data 8 settembre 2010 con il numero 20193, il RUP (responsabile unico del procedimento) comunicava che con decisione del consiglio di amministrazione di T.E.S.S. del 1o settem

bre 2010, i lavori di restauro e rifunzionalizzazione dell'ex convento di S. Nicola dei Miri erano stati affidati alla ditta Mastrominico per un importo di 7.699,221,79 euro oltre IVA;
di tanto notiziata, il sindaco Patriarca con nota prot. n. 20970 del 16 settembre 2010 chiedeva al prefetto di designare il rappresentante della prefettura di Napoli nell'ambito della commissione di vigilanza ed alta sorveglianza, prevista dall'articolo 2 dell'accordo di programma stipulato tra T.E.S.S. e comune di Gragnano nel testo integrato con delibera della giunta comunale n. 31 dell'8 settembre 2009, richiesta che restava priva di riscontro;
con successiva nota prot. n. 21074 del 17 settembre 2010 indirizzata al prefetto di Napoli ed alla T.E.S.S., il sindaco Patriarca diffidava la società a dare inizio ai lavori dell'appalto in parola senza preventivamente aver ricevuto la certificazione antimafia per la ditta aggiudicataria e ciò al fine di «prevenire ogni possibile tentativo di infiltrazione della malavita organizzata»;
a distanza di circa un mese dalla trasmissione dell'atto di diffida, la prefettura di Napoli, con nota prot. n. I/2889/Area 1/Ter/O.S.P. del 7 ottobre 2010, informava il sindaco di Gragnano che la società T.E.S.S. era sottoposta a monitoraggio e che per la stessa sussisteva una interdittiva atipica, in considerazione dei diffusi precedenti che avevano interessato il presidente della società, avvocato Leopoldo Spedaliere ed in ragione del fatto che T.E.S.S, aveva assorbito - con atto notarile del 31 dicembre 2007 - la società Miglio d'Oro tra i cui consiglieri figuravano due amministratori di non specchiata condotta e con frequentazioni con esponenti del clan Villaro, vale a dire del pericoloso sodalizio criminale particolarmente attivo su quel territorio;
stranamente nella citata nota prefettizia nulla veniva detto in ordine alla ditta Mastrominico, per la quale il sindaco di Gragnano aveva espressamente chiesto alla prefettura di vigilare, ed altrettanto stranamente si comunicava al comune - che nulla aveva chiesto al riguardo - una interdittiva atipica della T.E.S.S., vale a dire proprio della stazione appaltante;
le anomalie non finivano qui perché con nota prot. n. 1568/2010 del 2 dicembre 2010, il presidente di T.E.S.S. informava il sindaco ed il prefetto di Napoli di aver ricevuto per la ditta Mastrominico regolare certificazione antimafia e che, dunque, si sarebbe provveduto alla sottoscrizione del contratto e all'avvio dei lavori, mentre il prefetto di Napoli, con nota prot. n. I/6303/Areal/Ter/OSP/PL del 13 gennaio 2011, scriveva al sindaco di Gragnano (e non alla T.E.S.S. cioè alla stazione appaltante) che Mastrominico Pasquale era «imparentato» con Iovine Antonio esponente di spicco della criminalità organizzata e ribadiva, sempre al sindaco di Gragnano, che la T.E.S.S. era destinataria di un provvedimento atipico ai sensi dell'articolo 1-septies del decreto-legge n. 629 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 486 del 1998;
il sindaco Patriarca, allarmata perché i rischi di infiltrazione da lei segnalati ripetutamente avevano trovato riscontro e preoccupata per il mancato intervento della prefettura su T.E.S.S. e soprattutto sull'andamento della gara, con esposto del 26 gennaio 2011 denunciava l'accaduto al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata, fornendo una dettagliata ricostruzione dei fatti;
peraltro, i medesimi fatti, con nota prot. n. 29 S.U. del 10 gennaio 2011 firmata dal capo settore urbanistica del comune di Gragnano, venivano motivati al commissariato di polizia di Castellammare di Stabia;
inoltre, con nota del 7 febbraio 2011 pervenuta il giorno 8, il sindaco Patriarca notiziava T.E.S.S. dell'informativa atipica concernente la ditta Mastrominico nei termini rappresentati dalla prefettura di Napoli con la richiamata nota del 13 gennaio 2011;
anche in ragione di tale iniziativa, il sindaco Patriarca, con riservata amministrativa

del 15 luglio 2011 diretta al prefetto di Napoli, riepilogava gli accadimenti, precisando non solo la estraneità sua e dell'amministrazione comunale al procedimento di affidamento dei lavori di restauro del monastero di S. Nicola dei Miri, ma anche la funzione di vigilanza attiva da lei svolta e che aveva fatto emergere la controversa posizione della ditta Mastrominico che senza il suo intervento non sarebbe mai venuta in evidenza;
in data 23 maggio 2011, vale a dire a 4 mesi dalla segnalazione del sindaco Patriarca, la T.E.S.S. revocava l'affidamento alla ditta Mastrominico ed affidava i lavori al Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna società che aveva impugnato gli atti di gara ma che risulterebbe soccombente nei relativi giudizi -:
quali azioni a quanto risulta al Ministro abbia intrapreso la prefettura di Napoli negli anni nei confronti della TESS spa alla luce dei rilievi riportati nella informativa del 7 ottobre 2010, prot. n. I/2889/Area 1/Ter/O.S.P., sul conto della TESS e del suo presidente Spedaliere, che sottolineava sospetti di infiltrazione camorristica, formalmente emessi solo dopo le sollecitazioni del sindaco di Gragnano;
se risulti rispondente al vero la circostanza rappresentata con nota del 29 settembre 2010, prot. 1306/2010, dal presidente della TESS, avvocato Leopoldo Spedaliere, secondo la quale egli, quale rappresentante della TESS avrebbe sottoscritto nel luglio del 2009 il protocollo di legalità in materia di appalti presso la prefettura di Napoli e, nel caso in cui tale circostanza risponda al vero, come sia possibile che la prefettura abbia siglato detto protocollo considerate le notizie riportate nella citata informativa atipica del 7 ottobre;
se risulti per quali ragioni le informazioni sul possibile rischio di infiltrazioni dei clan sul conto della Mastrominico srl contenute nella nota dell'ufficio territoriale del Governo (UTG) di Napoli, del 13 gennaio 2011, venivano comunicate solo al comune di Gragnano e non anche alla TESS che è l'ente appaltante.
(4-14933)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2012

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOISIS, GIDONI, CAVALLOTTO, RIVOLTA e GRIMOLDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è un Paese fortemente esposto ai rischi naturali (terremoti, frane, alluvioni e altro);
l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) è un ente fondamentale di riferimento per lo studio, il monitoraggio e la prevenzione dei rischi geologici, monitorato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
il personale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sta vivendo un momento di particolare difficoltà, con una sua parte consistente a tempo determinato e con stipendi assai limitati;
a seguito della conclusione del mandato del professor Enzo Boschi, l'8 agosto 2011 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore ha nominato presidente dell'INGV il professor Domenico Giardini;
il 22 dicembre 2011 il professor Giardini ha rassegnato le dimissioni da presidente dell'INGV, con la motivazione che riteneva insufficienti i suoi emolumenti;
il 31 gennaio 2012 il Ministro interrogato ha accettato le dimissioni del professor Giardini dalla presidenza dell'ente;
dagli organi di stampa (Repubblica, 9 febbraio 2012) si apprende che, nonostante ciò, il Ministro intenderebbe riconfermare il professor Giardini quale presidente dell'ente, risolvendo il problema economico grazie a una cattedra di professore

ordinario che gli dovrebbe essere assegnata dall'università di Roma «La Sapienza»;
il professor Giardini è peraltro titolare di una cattedra anche al politecnico di Zurigo, dove è a tempo definito e continua, quindi, a percepire uno stipendio anche in Svizzera;
l'incarico in Svizzera impedisce la presenza permanente in Italia del professor Giardini, che è ritenuta da gran parte degli studiosi del settore essenziale per ricoprire un ruolo così delicato come la presidenza dell'INGV;
a maggior ragione, in considerazione dei due suoi attuali incarichi summenzionati, appare assi arduo che il professor Giardini sia in grado di ottemperare anche ai doveri didattici presso l'università La Sapienza;
sommando gli emolumenti derivanti dai tre incarichi, il professor Giardini triplicherebbe il suo stipendio di presidente dell'INGV;
attualmente a tutti gli italiani sono richiesti rilevanti sacrifici economici;
in Italia, oltre al professor Giardini (che, peraltro, passa buona parte del suo tempo in Svizzera), vi sono studiosi di elevatissime competenze nel settore dei rischi naturali altrettanto (se non maggiormente) in grado di assumere la presidenza dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, con maggior beneficio scientifico ed economico per la nazione, anche perché essi potrebbero dedicarsi in toto alla presidenza dell'ente;
un comitato di selezione nominato dal Ministro pro tempore Gelmini aveva già individuato un elenco di scienziati idonei a ricoprire l'incarico;
perseguire la suddetta scelta di reincarico del professor Giardini va, secondo gli interroganti, contro ogni logica culturale, organizzativa, economica e sociale -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se non intenda, come previsto dalla procedura, individuare come presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, un profilo scelto tra gli studiosi selezionati dal comitato a suo tempo nominato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore, eventualmente integrandone l'elenco;
se il caso in questione non presenti elementi di analogia con il denunciato conflitto di interessi che secondo gli interroganti investe il Ministro interrogato, già presidente del CNR, da cui solo da pochi giorni si è dimesso.
(5-06179)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella legislazione universitaria italiana i dottorati di ricerca sono stati istituiti con l'articolo 8 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, e successivamente ridisciplinati dall'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, quale da ultimo modificato dall'articolo 19, primo e secondo comma, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, cosiddetta riforma Gelmini per l'università;
nel caso di dipendenti in servizio presso amministrazioni pubbliche ammessi a corsi di dottorato di ricerca, l'articolo 2, della legge 13 agosto 1984, n. 476, come da ultimo modificato dall'articolo 19, terzo comma, della legge n. 240 del 2010, nonché dall'articolo 5, primo comma, lettera a), del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, prevede che sono collocati «a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso» ed usufruiscono della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste, fermo restando che «il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza»;

nella legislazione universitaria italiana gli assegni di ricerca sono stati istituiti dall'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e da ultimo ridisciplinati in forza dell'articolo 22 della legge n. 240 del 2010;
nel caso di dipendenti in servizio presso amministrazioni pubbliche chiamati a svolgere assegni di ricerca, l'articolo 22, terzo comma, della legge n. 240 del 2010 conferma quanto precedentemente previsto dall'articolo 51, sesto comma, della legge n. 449 del 1997, per cui l'assegno di ricerca «comporta il collocamento in aspettativa senza assegni» del dipendente medesimo;
a fronte dell'aspettativa per dottorato di ricerca, la cui concessione è peraltro divenuta discrezionale da parte dell'amministrazione di appartenenza in forza della novella della legge n. 240 del 2010, ma per la quale è chiaramente sancito che costituisce periodo «utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza», nel caso dell'aspettativa per assegno di ricerca, la cui concessione è invece obbligatoria per l'ente di appartenenza, manca invece un'espressa disposizione normativa in tal senso all'interno dell'articolo 22, terzo comma, della legge n. 240 del 2010;
sulla scorta di quanto sopra ne deriva un'evidente incongruenza fra le disposizioni della legge n. 476 del 1984 e quelle della legge n. 240 del 2010, rispettivamente in tema di aspettativa per dottorato di ricerca e di aspettativa per assegno di ricerca, circa la valenza di tali periodi ai fini della progressione di carriera e il trattamento di quiescenza e di previdenza del pubblico dipendente, posto che non pare in alcun modo possibile che tale titolarità resti esclusa per i pubblici dipendenti collocati in aspettativa per assegno di ricerca che configura un vero e proprio contratto di lavoro, a differenza del dottorato -:
se il Ministro intenda assumere iniziative normative o adottare, ove ne ricorrano i presupposti, una circolare esplicativa al fine di eliminare la citata ambiguità della disciplina, in particolare onde evitare contenziosi fra le pubbliche amministrazioni e i rispettivi dipendenti titolari di assegni di ricerca, confermando l'interpretazione per cui anche per i dipendenti pubblici assegnisti di ricerca l'aspettativa sia utile ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e di previdenza, così come risulta espressamente stabilito per i titolari di dottorato di ricerca.
(4-14929)

TESTO AGGIORNATO AL 20 MARZO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAZZOLA e CECCACCI RUBINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori non vedenti, sia pubblici che privati, in procinto di andare in pensione, possono avvalersi dell'applicazione dei benefici di legge sia con il sistema contributivo che con il sistema misto;
l'articolo 9, comma 2, della legge 29 marzo 1985, n. 113, e l'articolo 2, della legge 28 marzo 1991, n. 120, riconoscono ai lavoratori minorati della vista un beneficio di quattro mesi di anzianità figurativa per ogni anno di effettivo lavoro svolto, utile ai fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva;
i principali istituti previdenziali, a differenza di quanto avveniva nel recente passato, riconoscono il suddetto beneficio unicamente per il conseguimento dei requisiti di accesso al trattamento di quiescenza, ma non per il calcolo del trattamento economico conseguente; risulta evidente che tale orientamento è foriero di un grave nocumento economico per i lavoratori ciechi e ipovedenti;
sia l'INPS che l'INPDAP, pur confermando la piena applicazione del predetto beneficio all'intero periodo dell'attività lavorativa dei non vedenti, hanno in varie

occasioni specificato espressamente che, circa la misura della pensione, il beneficio in esame può essere attribuito solo nei casi di liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema retributivo o, in caso di sistema misto, soltanto per la quota retributiva, non essendo soggetto a maggiorazioni il sistema contributivo;
va considerato che in effetti le recenti riforme del sistema previdenziale - a partire dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, per terminare nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) - hanno apportato un cambiamento sostanziale per quanto riguarda i nuovi criteri di calcolo delle pensioni. Pertanto, se non si dovesse applicare a tale sistema di calcolo il beneficio previsto dalle leggi citate, il danno economico per i lavoratori non vedenti sarebbe particolarmente grave, in quanto essi, potendo andare in pensione prima degli altri lavoratori, versano in effetti meno contributi, realizzando un montante contributivo inferiore e vedendo così ridursi drasticamente l'ammontare del trattamento pensionistico finale;
ne consegue che il beneficio in favore dei lavoratori non vedenti consiste nella concessione di un'anzianità figurativa e contributiva nella misura di quattro mesi per ogni anno di servizio svolto; quindi il lavoratore non vedente non solo può andare in pensione prima degli altri lavoratori, in quanto l'acquisizione dei requisiti di accesso al diritto a pensione risulta anticipata, ma l'anzianità figurativa cui si ha diritto costituisce elemento di maggiorazione della pensione stessa; a conferma di ciò, si può citare la circolare del dipartimento della funzione pubblica 18 settembre 1985 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 235 del 5 ottobre 1985, che al punto 6.2 precisa che, per quanto riguarda il rimborso degli oneri da parte dello Stato; in applicazione del citato articolo 9 della legge 113 del 1985, esso va determinato computando la differenza fra l'importo della pensione totale, calcolato con l'attribuzione del beneficio della maggiorazione della contribuzione figurativa, e l'importo della pensione spettante per il solo servizio effettivamente reso, capitalizzando, di conseguenza, la quota differenziale;
ad ulteriore riprova soccorre la circolare del Ministero del tesoro 27 maggio 1992, n. 12/LP. in Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1o gennaio 1992, che conferma l'esistenza di un maggiore onere pensionistico derivante dal beneficio concesso ai non vedenti, posto a carico dello Stato e recuperato dalle casse pensioni amministrate direttamente dalla direzione generale degli istituti di previdenza (confronta decreto ministeriale del tesoro 4 aprile 1991 in Gazzetta Ufficiale n. 204 del 31 agosto 1991 e circolare ministeriale del tesoro n. 67 del 28 ottobre 1991 in Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre 1991);
da ciò consegue direttamente che tale maggiorazione trova una completa copertura finanziaria beneficiando del vigente stanziamento della legge n. 133 del 1985, come confermato dalle disposizioni applicative prima richiamate;
a tale proposito va inoltre ricordato che l'INPS, con circolare n. 113 del 2005, confermata con successive circolari n. 94 e n. 122 del 2007, ha già individuato per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, un apposito sistema che, in analogia con quanto già previsto per altre fattispecie di maggiorazioni contributive contemplate dall'ordinamento, consente di raccordare il nuovo sistema di calcolo contributivo con i benefici dell'anzianità figurativa concessi dalla legge a tale categoria di soggetti;
in futuro, tutti i lavoratori non vedenti vedranno calcolata la loro pensione con il sistema contributivo dovendo sottostare anche al regime di penalizzazione sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1o gennaio 2012, previsto dal comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in base al quale è applicata una riduzione

pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni, elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni;
non risultano essere state abrogate espressamente norme ormai risalenti nel tempo, quali ad esempio la legge 4 aprile 1952, n. 218, che tuttora prevedono limiti di età particolarmente bassi per i lavoratori non vedenti per accedere al pensionamento (per gli iscritti all'INPS: 50 anni di età per le donne e 55 anni per gli uomini) che accrescono i problemi di computo del trattamento di quiescenza;
le varie riforme previdenziali succedutesi a partire dalla legge n. 335 del 1995 non hanno abrogato, né in modo esplicito, né in modo implicito, i benefici dei lavoratori non vedenti di cui alla legge n. 113 del 1985 e alla legge n. 120 del 1991 e, inoltre, il metodo di calcolo della maggiorazione di servizio utile anche ai fini della misura del trattamento di pensione - già in vigore nel sistema precedente - può agevolmente essere applicato anche al nuovo sistema contributivo o misto, utilizzando il sistema di calcolo già utilizzato dall'INPS -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda formulare, attraverso propri atti di indirizzo, ove non si ritengano necessarie nuove iniziative normative, opportune direttive volte ad assicurare piena validità al previgente beneficio dell'anzianità figurativa.
(5-06169)

CODURELLI, MATTESINI, MIGLIOLI, SCHIRRU, BOCCUZZI, RAMPI, GATTI, CENNI e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo dati Istat nei primi nove mesi del 2011 ci sono state 45mila giovani occupate in meno mentre nel 2012 le donne occupate sono state la metà, cioè il 46,1 per cento dato che conferma l'Italia tra gli ultimi Paesi in Europa per l'occupazione femminile;
le donne nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni hanno un tasso di occupazione più basso di quello degli uomini, sono più precarie, nonostante siano più scolarizzate e sono più sottoutilizzate, svolgono cioè un lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio inferiore e guadagnano meno;
secondo uno studio della Banca d'Italia i salari le donne sono nettamente più bassi che per gli uomini pur a parità di mansioni ed esperienza professionale;
secondo uno studio Isfol il 40,8 per cento di donne fuoriuscite dal lavoro dichiara di aver interrotto l'attività lavorativa per prendersi cura dei figli e di queste un 5,6 per cento per dedicarsi totalmente alla famiglia o per accudire persone non auto sufficienti;
il sistema italiano non fornisce servizi adeguati alla famiglia e alla conciliazione; di conseguenza le donne non entrano nel mercato del lavoro o ne escono dopo il primo figlio o per assistere parenti anziani;
a prova delle tante discriminazioni da gennaio 2012 in varie aziende del gruppo Fiat e Fiat Industriali viene applicato il nuovo contratto collettivo specifico di lavoro di I livello del 29 dicembre 2010", con il quale si intende sostituire ogni precedente accordo e contratto previgente nelle aziende Fiat, ivi compreso il contratto collettivo nazionale lavoratori industria metalmeccanica privata;
nel testo dell'accordo è previsto che «Il premio straordinario 2012 pari a 600 euro lordi verrà erogato esclusivamente a chi avrà effettuato nel periodo gennaio-giugno 2012 un numero di ore di effettiva prestazione lavorativa non inferiore ad 870»;
nel testo dell'accordo è evidente come sia esclusa dal computo delle ore di effettiva prestazione lavorativa qualunque assenza e/o mancata prestazione lavorativa

retribuita e non retribuita a qualsiasi titolo ivi comprese «le assenze la cui copertura è, per legge/o contratto, parificata alla prestazione lavorativa»;
ciò significa che nelle aziende del gruppo Fiat le assenze dovute a maternità (ivi compreso il periodo di congedo obbligatorio, le 2 ore di riposo per allattamento, i congedi parentali, le assenze per malattia del figlio, i permessi ex legge n. 104 del 1992), concorreranno tutte a far perdere il diritto a percepire il suddetto premio 2012;
il decreto legislativo n. 5 del 2010 di recepimento della direttiva 2006/54/CE, relativa al principio delle pari opportunità tra uomo e donna, prevede che è considerato discriminazione diretta ogni trattamento meno favorevole della donna in ragione della gravidanza e della maternità ed è considerato discriminatorio ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità anche adottive ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti;
la consigliera nazionale di parità è una figura istituita per la promozione ed il controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per uomini e donne nel mondo del lavoro e, nell'esercizio di tale funzione, la consigliera riveste anche la qualifica di pubblico ufficiale, ha l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria di reati di cui viene a conoscenza e si occupa della trattazione dei casi di discriminazione di rilevanza nazionale e della promozione di pari opportunità, anche mediante la partecipazione a diversi organismi di rilevanza nazionale che si interessano di politiche attive del lavoro, di formazione e di conciliazione;
a giudizio degli interroganti è chiaramente discriminatorio un accordo che nega l'erogazione di un premio di produzione a lavoratrici e lavoratori in ragioni di gravidanza, maternità, paternità e/o esercizio di diritti di conciliazione -:
se non ritenga opportuno immediatamente ogni iniziativa di competenza per ripristinare le pari opportunità e la pari dignità nel lavoro;
se sia a conoscenza di denunce di discriminazioni sul lavoro inoltrate presso il suo dicastero dalla consigliera nazionale di parità.
(5-06182)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
disoccupazione all'8,9 per cento, in media, e al 31 per cento per i giovani: gli ultimi dati che arrivano dal rapporto di dicembre 2011 dell'Istat non sono rassicuranti. Il numero dei disoccupati a dicembre raggiunge quota 2.243 milioni, in aumento dello 0,9 per cento rispetto a novembre. Il valore maggiore di gennaio 2004 e, se si fa riferimento alle serie trimestrali, in linea con i livelli record di dieci anni fa. Ma non c'è solo l'Italia: secondo Eurostat, la disoccupazione nella zona dell'euro ha raggiunto a dicembre il livello più alto dall'introduzione della moneta unica: 10,4 per cento livello tanto alto da spingere il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, a scrivere ai primi ministri di otto paesi con tassi di disoccupazione giovanile sopra la media, Italia compresa, per spingerli ad agire per usare presto e bene i fondi europei. Tra novembre e dicembre il livello degli occupati in Italia è rimasto sostanzialmente invariato. Ma rispetto allo scorso anno, diminuisce dello 0,1 per cento, concretamente di 221 mila unità. Diminuisce l'occupazione maschile, che tocca i valori minimi dal 1999, perdendo lo 0,4 per cento su base annua. A parziale consolazione, c'è il lieve aumento dell'occupazione femminile, dello 0,3 per cento;
a preoccupare è anche, e soprattutto, il dato che riguarda i giovani tra i 15 e i 25 anni: il tasso di disoccupazione è in calo di 0,2 punti rispetto a novembre, ma in aumento di tre punti rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 31. Per fare un raffronto e intuire la gravità del fenomeno, nel 2007, il tasso oscillava tra il 19 e il 21 per cento. Per valutare le dimensioni del

fenomeno su base territoriale ci sono i dati della Cgia di Mestre, che individuano nella Campania la regione con il tasso di disoccupazione più alto tra i giovani: 44,2 per cento. Ma correggendo il dato in considerazione dell'incremento degli inattivi (cioè di chi ha rinunciato a cercare lavoro), il tasso reale di marginalità arriva al 51,10 per cento. Seguono, tra le regioni con disoccupazione giovanile «reale» più alta, Basilicata, Lazio, Sicilia, Lombardia e Sardegna. Agli ultimi posti la Liguria e l'Umbria;
se il Governo annuncia che nei primi posti dell'agenda ci saranno provvedimenti proprio sull'occupazione, i sindacati e le forze politiche si stanno interrogando su come fronteggiare l'emergenza. Tra i sindacati, il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, sottolinea i dati sulle grandi imprese, che vedono un aumento dei licenziamenti del 35 per cento in sei anni: «Prima della crisi gli occupati erano 700 mila in più, se non ci fosse stata la cassa integrazione e in particolare la cassa integrazione guadagni straordinaria e in deroga, i disoccupati oggi sarebbero più di tre milioni». D'accordo Luigi Angeletti, della Uil: «Se siamo ancora sotto la media europea è solo per la cassa integrazione»;
il mercato del lavoro italiano appare stanco ed immobile. L'Italia è un Paese incapace di sfruttare adeguatamente il nostro potenziale lavorativo, soprattutto quello femminile. Si stanno clamorosamente sprecando i talenti ed il dinamismo dei giovani al di sotto del 24 anni la disoccupazione supera il 30 per cento. È il dramma è che questi giovani hanno livelli di istruzione in media più bassi dei coetanei europei: un fatto che indebolisce non solo le loro prospettive di vita ma anche quelle di sviluppo dell'intero Paese. Occorre uscire da questo stallo e la priorità più urgente è la riforma delle politiche e più in generale del mercato del lavoro. L'esperienza tedesca dell'ultimo decennio dimostra che solo cambiando le regole si può riattivare il circolo virtuoso della crescita inclusiva;
la prima nuova regola si chiama «attivazione». L'obiettivo cardine della politica del lavoro non deve essere quello di compensare la disoccupazione ma di mettere ciascun adulto nelle condizioni di lavorare, tramite un mix di servizi, incentivi fiscali e monetari, percorsi guidati. A partire dai Governi Schröder, la Germania è riuscita a mettere in piedi un sistema robusto ed efficiente di servizi per l'impiego pubblici e privati che si prende cura di ciascun disoccupato, soprattutto se «debole»: ultracinquantenni, giovani e donne con basse qualifiche. Questo sistema si è rivelato preziosissimo quando è scoppiata la crisi. Anche in Germania le imprese hanno fatto ricorso a qualcosa di simile alle integrazioni salariali temporanee, ma solo quelle imprese che avevano (hanno) prospettive rapide di recupero. Le altre hanno chiuso e i loro dipendenti sono entrati nel circuito dell'attivazione. La seconda regola è «protezione efficace e condizionata». Chi transita da un lavoro ad un altro deve poter contare su congrui trasferimenti proporzionali alla retribuzione, che durino il tempo necessario anche per eventuali ri-qualificazioni professionali concordate coi servizi per l'impiego. Vanno però evitati i sussidi «a perdere» senza contropartite da parte dei beneficiari. Di nuovo, con le riforme progettate dalla Commissione Hartz nei primi anni 2000, il Governo tedesco ha quasi rivoluzionato il suo sistema di ammortizzatori sociali. La percentuale di disoccupati che percepisce l'indennità è oggi in Germania tre volte superiore a quella italiana: ma i soldi si ricevono solo a patto di rispettare i requisiti di attivazione, anche se questo comporta spostamenti geografici o nuovi tipi di lavoro;
la terza regola si chiama infine «prevenzione», soprattutto nei confronti dei più giovani. Come i Paesi scandinavi, anche la Germania ha avviato numerose iniziative per potenziare il raccordo scuola-lavoro e contrastare i rischi di «deragliamento» che possono manifestarsi nel passaggio da un ciclo formativo all'altro. Una vasta gamma di programmi locali ha affrontato in particolare la sfida dei cosiddetti

«neet» (persone «not in education, employment or training», che in Italia ormai costituiscono una vera e propria piaga sociale): i giovani che «non fanno niente», non vanno a scuola né cercano occupazione. Il tradizionale sistema dell'apprendistato ha inoltre contrastato in Germania (anche se non del tutto) la proliferazione del cosiddetto precariato -:
quali iniziative intenda adottare, al fine di realizzare una riforma del lavoro che preveda un incremento di occupazione nel nostro Paese ed una conseguente re-integrazione al lavoro di quelle fasce di popolazione che sono state colpite dalla crisi economica.
(4-14904)

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
organi di stampa locale (Gazzettino di Padova del 14 febbraio 2012) riportano la notizia secondo la quale l'azienda «Beton Brenta», impresa specializzata nella produzione di calcestruzzo per uso industriale nel settore delle costruzioni edili con sede a Grantorto (Padova) e che impiega oltre quaranta persone, avrebbe emesso quattro provvedimenti di licenziamento nei confronti di altrettanti dipendenti;
l'azienda padovana, tra i leader nel settore e che ha sedi operative in tutto il territorio provinciale, risente da tempo della crisi del settore edile, tanto da vedersi ridurre il proprio fatturato passato in pochi anni da oltre 30 milioni di euro agli attuali 11;
al termine del periodo di cassa integrazione adottata dall'azienda, prima ordinaria e poi straordinaria, oggi il futuro per i dipendenti operanti all'interno dell'impresa appare estremamente incerto, sia in ragione della complessa situazione della «Beton Brenta», sia in virtù della difficile situazione occupazionale in tutta l'area, coinvolta anch'essa nella recessione economica internazionale e che sta evidenziando un grave impoverimento del sistema produttivo ed occupazionale del territorio dell'alta padovana -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato sulla vicenda sopra descritta e se non ritenga opportuno assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per salvaguardare i livelli occupazionali delle famiglie interessate dalle decisioni aziendali.
(4-14914)

MIOTTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede all'articolo 24, comma 24, che in considerazione dell'esigenza di assicurare l'equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 giugno 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere. Decorso il termine del 30 giugno 2012 senza l'adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1o gennaio 2012:
a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull'applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni;
b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell'1 per cento;

a fronte di questa nuova situazione la Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG) aveva indetto, poi revocato, uno sciopero per le giornate 9, 10, 11 e 12 febbraio dei medici di medicina generale ed in una lettera aperta ai parlamentari e al Governo datata 3 febbraio 2011, il presidente della FIMMG espone le ragioni di tale decisione osservando che la «la FIMMG [...] ha da sempre contribuito alla difesa ed all'evoluzione della sanità pubblica nel nostro Paese. Consapevole della responsabilità derivantegli dall'essere la più numerosa organizzazione sindacale medica si e sempre rapportata con le Istituzioni con spirito costruttivo e propositivo, spesso contribuendo, con la propria specifica competenza, a migliorare la fruibilità e la fattibilità delle scelte di politica e di programmazione sanitaria, a tutto vantaggio dell'assistenza erogata ai cittadini. Negli oltre sessanta anni della sua storia le direttrici di questo modo di relazionarsi sono state l'ideazione, la logica, l'impegno assistenziale, la capacita di analisi di problemi complessi e la proposizione di soluzioni praticabili, raramente il ricorso all'azione sindacale e ancora più raramente allo sciopero, sempre vissuto come un venir meno alla propria scelta di privilegiare il confronto [...] ma il rifiuto di qualsiasi confronto risolutivo su disposizioni legislative (legge 22 dicembre 2011, n. 214, articolo 24, commi 2 e 24), che sovvertono il diritto della categoria a costruirsi un futuro previdenziale, in maniera autonoma, unicamente con i propri contributi, senza per nulla incidere sul bilancio dello Stato in quanto mai su esso ha gravato, porta inevitabilmente a tale decisione»;
in particolare, la FIMMG rileva che «l'ente di previdenza dei medici, ENPAM, ente privatizzato, viene messo nell'impossibilità di affrontare quella evenienza demografica, consistente nell'elevato aumento del numero di soggetti che per ragioni anagrafiche andranno in pensione, ampiamente attesa tra il 2015 e 2025 e per la quale l'Ente si è da tempo preparato, accantonando un solido patrimonio e predisponendo una modifica dei regolamenti, che era stata definita a livello tecnico con i Ministeri competenti, attraverso la quale, al prezzo di ulteriori sacrifici unicamente a carico dei contribuenti medici, si sarebbero create le condizioni, con la sola forza dei risparmi e accantonamenti indotti, per garantire a tutte le generazioni di professionisti una serenità pensionistica. Un percorso virtuoso che ci saremmo aspettati fosse rispettato, in quanto anticipatore della linea di dichiarato rigore indicata al sistema-paese; invece il divieto al ricorso, anche non strutturale, ma saltuario, al patrimonio, costituito con i risparmi della categoria, per garantire l'equilibrio dei bilanci tecnici, passato da trenta a cinquant'anni, e la previsione di sanzioni, non si sa come applicabili, di fatto apre scenari oscuri, che si spingono fino alla necessità di dover ridefinire gli impegni previdenziali assunti con i medici, con un danno pensionistico per i singoli quantizzabile fino ad una riduzione del 30 per cento delle pensioni»;
in seguito ad un incontro svoltosi in data 7 febbraio 2012 tra la FIMMG, la Federazione italiana medici pediatri e il Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per discutere le norme sull'Ente di previdenza dei medici contenute nel decreto-legge n. 201 del 2011, i sindacati hanno revocato gli scioperi indetti per i prossimi giorni pur permanendo lo stato di agitazione -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione e se ritenga di dover assumere iniziative urgenti, anche normative, per venire incontro alle richieste dei medici e porre così fine a questo stato di agitazione.
(4-14921)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI e D'INCECCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1995 è stato introdotto il titolo di formazione specifico necessario

per poter esercitare come medico di famiglia, guardia medica o medico del 118 in convenzione con il Servizio sanitario nazionale;
tale titolo, requisito unico per poter accedere alla graduatoria regionale di settore, viene rilasciato dalle regioni dopo un corso di tre anni a cui si accede per concorso (25 posti/anno) oppure a domanda in sovrannumero (3 posti/anno). Tale formazione è regolamentata a livello nazionale da alcuni decreti (decreto legislativo 256 del 1991 e decreto legislativo 368 del 1999 e poi in ultimo nel decreto legislativo 206 del 2007) recepimento di varie norme europee (tra cui l'ultima direttiva 2005/36/CE);
i medici di medicina generale «titolati» non sono attualmente sufficienti per coprire il fabbisogno del territorio, tant'è che le ASL (ma anche privatamente i medici di base) da anni si «servono» in maniera continuativa e strutturata di medici senza il corso di formazione, addirittura «specializzandi» o neolaureati;
questi medici quindi lavorano da anni nel sistema ma non possono accedere alle graduatorie perché sono senza titolo e perciò destinati al precariato perenne;
di contro il numero di medici «formati» è basso rispetto al fabbisogno, a causa sia dell'alto costo richiesto alla regione per la formazione sia per la bassa disponibilità di tutoring presso le strutture sanitarie. A questo si aggiunge il fatto che molti abbandonano il corso in favore dell'ingresso nelle scuole di specializzazione che garantisce loro un periodo più lungo di occupazione (4 anni invece che 3) e uno stipendio più alto (2000 euro a fronte di 800). Non va dimenticato inoltre il fatto che, al massimo fra cinque anni, ci sarà il pensionamento in massa di buona parte dei medici attualmente occupati -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa drammatica situazione e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia data la possibilità anche a questi medici di poter accedere alla graduatoria regionale di settore, visto che già di fatto svolgono tali funzioni.
(4-14908)

CATONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'acufene è una sensazione uditiva, un suono costante, ad esempio ronzii, fischi e altro, percepito da un orecchio o da entrambi gli orecchi ovvero nella testa;
questa patologia non è semplicemente un «disturbo fastidioso», come spesso a torto viene definito, ma una vera e propria malattia invalidante, ed in alcuni casi devastante, che affligge in Italia circa il 10 per cento della popolazione, ovvero circa 5 milioni di persone;
l'acufene è un vero e proprio stillicidio, in quanto vuol dire vivere per mesi, anni o decenni sentendo nelle orecchie o nella testa rumori fastidiosi; esso provoca uno stato invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione e concentrazione;
l'acufene porta spesso ad uno stato di forte depressione, a volte con risvolti drammatici, che arrivano alla morte per suicidio -:
quali iniziative intenda intraprendere ovvero siano state avviate dal Ministero della salute per sostenere concretamente la ricerca e gli studi sull'acufene, una patologia devastante e invalidante che colpisce circa 5 milioni di persone in Italia.
(4-14919)

BARANI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'isola di Montecristo è riserva naturale dello Stato dal 1971, è inserita nella rete ecologica europea «Natura 2000» (direttiva «uccelli» e direttiva «habitat»)

ed infine è inclusa nel perimetro dell'area protetta come «Zona A di riserva integrale»;
l'ente parco avrebbe approvato un progetto di eradicazione di componenti floro-faunistiche aliene invasive e tutela di specie e habitat nell'arcipelago toscano;
il progetto in questione prevede, tra l'altro, anche l'eradicazione del ratto nero secondo le azioni previste nel progetto «Piano di eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano)», reperibile sul sito internet www.montecristo2010.it;
dalla lettura del progetto risulta che il trattamento di derattizzazione dell'isola di Montecristo viene effettuato tramite distribuzione con elicottero di ben 26 tonnellate di esche velenose, utilizzando pellet contenente il principio attivo brodifacoum;
la scheda di sicurezza del brodifacoum indica i pericoli connessi all'utilizzo del medesimo: rischi per la salute in quanto il principio attivo è un potente anticoagulante e rischi per l'ambiente in quanto lo stesso prodotto è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico; inoltre, nelle informazioni ecologiche della scheda, il prodotto viene classificato come «persistente»;
la legge regionale della Toscana n. 39 del 2001 «Norme sul divieto di utilizzo e detenzione di esche avvelenate», al comma 3 dell'articolo 2, stabilisce che al di fuori dei luoghi di cui al comma 2 (locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici o cantieri di lavoro) il comune può autorizzare eventuali interventi di derattizzazione indicando nell'atto di autorizzazione la durata del trattamento e le sostanze da utilizzare;
il comune di Portoferraio, nel cui territorio ricade l'isola di Montecristo, ha disposto in data 24 gennaio 2012 con nota prot. 2235 la sospensione del nulla osta rilasciato a gennaio 2011 in attesa di ricevere dall'ente parco la documentazione progettuale che è stata approvata dal direttore dell'ente parco con provvedimento n. 822 del 28 dicembre 2011: «Approvazione del documento interventi per l'eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano) nell'ambito del progetto LIFE+Montecristo 2010»;
il metodo scelto, quello dell'avvelenamento aereo, sta provocando serie polemiche e tra i contrari non ci sono solo animalisti e comitati, ma anche un ex campione del mondo di pesca sub, l'elbano Carlo Gasparri;
Gasparri ha scritto alla procura denunciando quello che lui ritiene un insulto all'ambiente e ipotizzando l'impiego di un veleno per topi a base del principio attivo brodifacoum visto che «il prodotto che dovrà essere usato è altamente tossico per gli organismi acquatici e può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente, inoltre si tratta di un prodotto persistente nel tempo»;
l'ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010, con cui vengono prorogate e modificate le precedenti ordinanze del 18 dicembre 2008 e del 19 marzo 2009, e nella quale viene regolamentato l'uso di bocconi ed esche contenenti veleni o sostanze nocive, in deroga al divieto di abbandono di esche e bocconi avvelenati o contenenti sostanze nocive, consente nelle aree protette, per motivi di salvaguardia di specie selvatiche oggetto di misure di protezione a carattere internazionale e previa comunicazione al Ministero della salute, operazioni di derattizzazione mediante rodenticidi senza l'utilizzo degli appositi contenitori di esche, a condizione che:
a) il principio attivo utilizzato come rodenticida sia a bassa persistenza ambientale al fine di evitare la contaminazione della catena alimentare e dell'ambiente (il brodifacoum come rilevato dalla scheda di sicurezza è al contrario un prodotto classificato come «persistente»);

b) sia stabilita la durata massima di permanenza nell'ambiente delle esche in relazione agli obiettivi da raggiungere sulla base della letteratura scientifica più aggiornata;
c) al termine delle operazioni le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e venga redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione, da inviare al Ministero della salute, nel quale sia indicato il numero di esche immesse nell'ambiente, l'area interessata dall'operazione e il numero di esche non utilizzate e rimosse al termine dell'operazione;
dalla lettura dell'ordinanza suddetta si deduce che il trattamento di derattizzazione è consentito solo da terra e che le operazioni di derattizzazione e disinfestazione devono essere effettuate con modalità tali da non nuocere in alcun modo alle persone e alle specie animali non bersaglio e, soprattutto, che al termine del trattamento le esche non utilizzate siano rimosse dall'ambiente e sia redatto un apposito verbale di chiusura dell'operazione;
sebbene sia condivisibile l'intenzione di eradicare il ratto nero dall'isola di Montecristo la suddetta modalità, lungi dall'essere mirata e selettiva, rappresenta un serio pericolo, oltre che per gli altri animali presenti sull'isola, anche per l'ambiente particolarmente protetto, andando ad inquinare le falde acquifere, il mare e a contaminare tutta la catena alimentare;
l'intervento di derattizzazione è stato eseguito nelle date del 10, 11 e 12 gennaio 2012, senza che l'ente parco abbia ancora effettuato alcuna comunicazione agli organi competenti circa l'avvenuta realizzazione, né abbia intrapreso le azioni previste dall'ordinanza sopra richiamata;
i cittadini dell'arcipelago risultano particolarmente preoccupati per le conseguenze che avrà sull'ambiente un intervento così ingente e drastico -:
se il Governo sia a conoscenza del progetto denominato «Piano di eradicazione del ratto nero Rattus rattus nell'isola di Montecristo (arcipelago toscano)» e se lo stesso sia stato sottoposto alla sua attenzione e siano state espletate a norma di legge, tutte le opportune procedure in tutte le sedi preposte;
se il Governo sia stato adeguatamente informato circa le modalità dell'intervento di derattizzazione mediante lancio di 26 tonnellate di esche velenose da elicottero sull'isola di Montecristo;
se e come ritengano possibile la rimozione delle 26 tonnellate di esche velenose distribuite con la modalità aerea su un territorio particolarmente impervio come quello di Montecristo e se e come sia possibile rimuovere le carcasse;
se il Governo intenda verificare, inoltre, visto che l'intervento risulta già effettuato, il rispetto della condizione di cui alla lettera c) dell'articolo 1 della citata ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2010.
(4-14926)

VERSACE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'obesità e i disturbi dell'alimentazione (DA) si possono annoverare tra le patologie croniche che più caratterizzano la popolazione del mondo occidentale;
le analisi epidemiologiche registrano un'elevata prevalenza dei soggetti affetti da queste patologie in rapporto alla popolazione totale;
in Italia, nel 2009, l'obesità ha interessato l'11,1 per cento dei maschi e il 9,2 per cento delle femmine. La percentuale di soggetti obesi è più elevata nel Sud e nelle Isole (11,1 per cento). Nel Nord e nel Centro Italia le percentuali si equivalgono (rispettivamente, 9,7 per cento e 9,6 per cento). La prevalenza negli adulti cresce con l'età fino alla fascia di età 65-74 anni, in cui si hanno i valori più elevati (15,6 per cento). Di tutti gli obesi almeno il 10 per cento circa - vale a dire 500-600.000 individui - presenta un'obesità estremamente grave (indice di massa corporea maggiore di 40);

sovrappeso e obesità affliggono principalmente le categorie sociali svantaggiate che hanno minore reddito e istruzione, oltre che maggiori difficoltà di accesso alle cure. L'obesità riflette e si accompagna, dunque, alle disuguaglianze, favorendo un vero e proprio circolo vizioso;
i soggetti affetti da anoressia nervosa rappresentano lo 0,6 per cento delle giovani donne e lo 0,03 per cento dei giovani uomini, mentre i soggetti affetti da bulimia nervosa sono l'1 per cento delle giovani donne e lo 0,1 per cento dei giovani uomini, questo utilizzando strettamente i criteri diagnostici in uso secondo il manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali (DSM IVTR 2004), ma se si dovessero considerare anche i disturbi atipici e sottosoglia (circa la metà dei pazienti che richiede un trattamento per i disturbi dell'alimentazione è affetto da disturbi che non rientrano tra i criteri diagnostici dell'anoressia nervosa e della bulimia nervosa, ma non meno gravi dal punto di vista clinico) o i criteri proposti per la futura edizione DSM V, la prevalenza raggiunge 1,5 per cento dei giovani. Per quanto riguarda l'incidenza della anoressia nervosa risulta essere di 4-8 nuovi casi annui per 100.000 abitanti, mentre quella della bulimia nervosa è valutata in 9-12 nuovi casi annui per 100.000 abitanti. La prevalenza del disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) è dell'1 per cento se si usano criteri molto stretti, ma se la diagnosi è più allargata allora si arriva sino al 2,5 per cento della popolazione;
i decessi annui attribuibili all'obesità in Italia sono ben 52 mila;
i disturbi dell'alimentazione fanno registrare il livello più alto di mortalità giovanile dopo le poli-tossicodipendenze tra i disturbi mentali (sino all'8 per cento dei soggetti seguiti con follow-up pluriennali, ovvero 0,5 per cento per anno). Il tasso di mortalità standardizzato (osservato/atteso) è di 9,6 nei primi 12 anni dall'esordio e di 3,7 dopo 20-40 anni dall'esordio: quindi queste pazienti hanno una probabilità di morire da 4 a 10 volte superiore rispetto all'attesa per fascia di età. Il 55 per cento delle morti è dovuta a complicanze mediche, il 30 per cento a suicidio e il 15 per cento a cause sconosciute. Inoltre, soggetti affetti da questi disturbi hanno una compromissione socio-lavorativa e della qualità della vita evidente soprattutto nelle fasi di maggior acuzie, ed in ogni caso è dimostrato che molti soggetti in remissione mantengono comunque stili cognitivi disturbati e indice di massa corporeo basso;
minore è invece il tasso di mortalità standardizzato per la bulimia nervosa (osservato/atteso per popolazione di riferimento) essendo di 1,6. Il numero dei casi è però decisamente superiore e la comorbilità psichiatrica è alta. Per questo anche la bulimia nervosa compromette molto il benessere psicofisico e la qualità della vita. Inoltre, molti di questi soggetti possono anche sviluppare successivamente quadri di sovrappeso ed obesità con conseguenze mediche e psicologiche ulteriormente invalidanti;
la prevalenza e la mortalità dell'obesità e dei disturbi alimentari determinano un aumento rilevante della morbosità in relazione alla presenza di tali patologie, con gravi ripercussioni sulla aspettativa di vita e sulla qualità di vita fisica e psicosociale di chi ne soffre, poiché tali patologie sono spesso legate a varie forme di disabilità;
negli ultimi decenni si è assistito a un aumento progressivo di tali patologie che scaturiscono dalla combinazione di cause predisponenti (di natura biologica, sociale e psicologica), fattori scatenanti e fattori perpetuanti. La patogenesi dell'obesità e dei disturbi alimentari è, infatti, multifattoriale. È legata all'interazione di vari fattori che possono intervenire nel corso della vita di un paziente, come fattori genetici predisponenti, fattori ambientali (familiari, lavorativi, micro e macro-sociali), lo stile di vita (abitudini alimentari scorrette combinate con un ridotto dispendio energetico), alterazioni metaboliche, patologie cardiovascolari

e osteoarticolari, disturbi dell'umore, d'ansia e di personalità;
in Italia i costi sanitari diretti dell'obesità sono stimati in circa l'8 per cento del costo sanitario nazionale totale, ad esempio tra il 2003-2005 la spesa sanitaria è stata di circa 23 miliardi di euro l'anno, per la maggior parte attribuibili alle complicanze di questa malattia. Così come l'obesità, anche i disturbi dell'alimentazione presentano sia costi diretti (ospedalizzazione, terapia farmacologica, eccetera) sia indiretti (inabilità al lavoro, mortalità precoce, eccetera);
in Germania sono stimati costi sanitari dovuti ai disturbi alimentari per 195 milioni di euro annui (73 per i costi diretti e 122 per i costi indiretti). Stime analoghe sono state fatte in Gran Bretagna e Australia;
tali costi, seppur molto elevati, sono verosimilmente sottostimati, perché si devono considerare anche i costi sociali legati alla ridotta produttività lavorativa dei pazienti affetti da obesità e da disturbi dell'alimentazione (giorni di lavoro persi, inabilità ad alcune mansioni, incremento degli incidenti sul lavoro e del pensionamento anticipato) e i costi non direttamente quantificabili in termini economici, ma che rappresentano un vulnus in termini di uguaglianza e di pari opportunità, che colpiscono questi pazienti (minor rendimento scolastico, discriminazione lavorativa, difficoltà psicosociali, scarsa qualità della vita);
obesità e disturbi dell'alimentazione presentano, inoltre, importanti ed evidenti aree di sovrapposizione: in effetti, i «disturbi da alimentazione non-omeostatica» sono una categoria che si estende dall'emaciazione anoressica alla grande obesità e che comprende tutto lo spettro dei pesi corporei. Tali disturbi hanno forti somiglianze tra di loro e spesso si rilevano «frequenti migrazioni trans-diagnostiche» in tempi diversi della vita, ovvero passaggi da una categoria diagnostica all'altra dei disturbi dell'alimentazione (ad esempio, da anoressia nervosa a bulimia nervosa e a disturbi dell'alimentazione non altrimenti specificati), ma anche dall'obesità ai disturbi dell'alimentazione e viceversa; uno stesso paziente dunque può essere affetto in tempi diversi da tutte le patologie che rientrano nei disturbi dell'alimentazione non omeostatici e della regolazione del peso corporeo;
tali dati allarmanti indicano l'urgenza e l'indispensabilità di prevedere, oltre ad interventi di rilevazione epidemiologica ed attività di prevenzione, percorsi terapeutici interdisciplinari e multidimensionali, spesso lunghi e articolati, in grado di far fronte in modo adeguato ai sintomi, alle cause e alle complicanze di queste malattie nel setting di cura di volta in volta più adeguato e che prevedano, in alcuni casi, anche il coinvolgimento dei nuclei familiari. Tali setting di cura dovrebbero integrarsi in una rete assistenziale di diversi livelli: dalla medicina territoriale (medici di medicina generale e Servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione - SIAN), ai servizi specialistici ambulatoriali semiresidenziali (day hospital diagnostici e terapeutico-riabilitativi), per arrivare alla riabilitazione intensiva residenziale e infine ai ricoveri ospedalieri «H24»;
l'assistenza al paziente e alla famiglia, laddove necessario, così articolata e complessa richiederebbe la creazione di un'efficiente rete di servizi socio-sanitari con finalità di prevenzione, cura e riabilitazione, presenti in tutto il territorio nazionale, e una struttura di coordinamento degli interventi regionali;
la letteratura scientifica evidenzia l'importanza degli interventi preventivi e terapeutico-riabilitativi intensivi e dimostra come questi siano in grado di modificare la «storia naturale» dell'obesità e dei disturbi dell'alimentazione e di ridurre l'incidenza di complicanze o di procrastinarne la comparsa, con vantaggi evidenti per la salute e la qualità di vita del soggetto e per i costi sanitari diretti e indiretti;
con l'intervento terapeutico-riabilitativo si raggiungerebbe, infatti, non solo il

recupero funzionale biologico, ma soprattutto il ripristino delle abilità, inteso anche come recupero occupazionale e lavorativo e più in generale come miglioramento della qualità di vita;
il Ministero della salute nel documento del luglio-agosto 2011 intitolato «Appropriatezza clinica, strutturale, tecnologica e operativa per la prevenzione, diagnosi e terapia dell'obesità e del diabete mellito» sottolinea con chiarezza il concetto di «assistenza dedicata» al paziente con obesità presso centri specializzati e organizzati in rete. Viene promosso - così come per altre patologie ad andamento cronico di particolare impegno sanitario ed economico - il modello Hub & Spoke, che prevede la concentrazione dell'assistenza in relazione alla diversa criticità del paziente in centri di eccellenza (Hub) e l'invio dei pazienti ai centri periferici (Spoke) in relazione alla prosecuzione/integrazione del percorso terapeutico/riabilitativo. La rete che viene a crearsi in tal modo ha l'obiettivo di assicurare una coordinata azione d'intervento, garantendo al paziente un'assistenza ottimale nella struttura più adeguata in termini di appropriatezza clinica e organizzativa. L'accesso a uno qualsiasi dei nodi della rete dovrebbe poter avvenire attraverso i medici di medicina generale (MMG) o i centri specialistici pubblici o privati accreditati (ambulatori, day-hospital, day-service, ricoveri ordinari) che si trovino ad assistere pazienti con obesità e disturbi della alimentazione;
trattandosi di una patologia ad andamento cronico, tale rete assistenziale dovrebbe prendere in carico il paziente e seguirlo nel tempo, inserendolo, sempre nell'ambito di un programma di follow-up condiviso, in percorsi a vario grado di intensità diagnostico-terapeutico-riabilitativa;
per gli interventi di cura e riabilitazione sarebbero necessarie misure atte a migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da obesità attraverso l'abbattimento delle barriere architettoniche che a tutt'oggi costituiscono un incivile ostacolo alla mobilità e alla stessa assistenza di questa categoria di persone;
per quanto riguarda la cura e prevenzione dei disturbi alimentari, il Ministero della salute ha avviato, nel 2007, il progetto «Le buone pratiche di cura e la prevenzione sociale dei disturbi del comportamento alimentare» con lo scopo di elaborare una mappa dei servizi di assistenza in Italia, monitorare gli indici di assistenza sul territorio, aggiornare le linee guida sanitarie sulla materia ed effettuare una sorveglianza epidemiologica sulla diffusione dei DCA, i cui risultati definitivi saranno presentati in una Consensus Conference, organizzata dall'Istituto Superiore di Sanità, che si terrà a Roma il prossimo mese di maggio;
nell'ottobre del 2009 è stato elaborato un Documento di Consensus sottoscritto da 13 Società Scientifiche e da due associazioni di pazienti denominato «Obesità e disturbi dell'alimentazione indicazioni per i diversi livelli di trattamento». In questo documento, utilizzando i criteri della evidence-based medicine, viene proposto un modello di trattamento - sia dell'obesità che dei disturbi dal comportamento alimentare - basato sull'approccio multidisciplinare e su diversi setting di trattamento - dal territorio al semiresidenziale all'H24, di intensità appropriata alle necessità di cura;
le raccomandazioni della Consensus sono state successivamente recepite dal documento del Ministero della salute del marzo-aprile 2011 denominato «La centralità della persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali», dove viene ufficialmente riconosciuto il ruolo della riabilitazione metabolico-psicologico-nutrizionale nella terapia dei disturbi del comportamento alimentari e dell'obesità in modo paritetico rispetto ad altre tipologie «storiche» di riabilitazione;
in tale documento vengono altresì fissati i criteri di appropriatezza per l'accesso alle cure semiresidenziali e residenziali;

i documenti ministeriali sopra citati rappresentano il riconoscimento di anni di battaglie condotte da operatori sanitari, società scientifiche ed associazioni dei pazienti affinché venisse attribuita pari dignità ed efficacia di cura ai pazienti affetti da obesità e disturbi del comportamento alimentare;
la terapia della obesità secondo le principali linee guida internazionali prevede alla base una modifica dello stile di vita (abitudini alimentari, motorie e ricreative), integrata da terapie comportamentali e farmacologiche, che se falliscono possono candidare alle procedure chirurgiche (costose, non prive di pericoli, e quasi mai definitive);
paradossalmente, mentre negli Stati Uniti d'America la terapia farmacologica viene associata all'intervento sullo stile di vita, nell'80 per cento dei pazienti che chiedono una cura, in Europa e in particolare in Italia si è assistito progressivamente ad un atteggiamento proibizionistico da parte delle Agenzie del farmaco, che ha portato alla emanazione di provvedimenti restrittivi che hanno reso attualmente l'obesità orfana delle stesse medicine così largamente impiegate oltre oceano;
la disciplina in materia di livelli essenziali di assistenza per i pazienti affetti da obesità e disturbi dell'alimentazione è di competenza dello Stato, come prescrive l'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione. Infatti, pur rientrando la materia della salute in una potestà legislativa concorrente, alla luce del dettato costituzionale è stato attribuito al legislatore statale «un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di un'adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (Corte costituzionale, sentenza n. 134 del 31 marzo 2006). Pertanto, sarebbe del tutto legittimo che lo Stato approdasse a una disciplina generale per attribuire a tutti i destinatari, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (Corte Costituzionale, ex plurimis, sentenze numeri 10 del 2010, 322 del 2009 e 282 del 2002);
è pertanto conforme alla Costituzione, in questo specifico ambito, che i livelli essenziali di assistenza siano anche idonei a limitare alcuni aspetti dell'autonomia legislativa delle regioni al fine di assicurare un livello uniforme di godimento di diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione;
sarebbe altrettanto legittima la previsione di un fondo statale specifico per i pazienti affetti da obesità e disturbi dell'alimentazione. La stessa Corte costituzionale ha ritenuto conforme a Costituzione la previsione di fondi statali vincolati che prescrivono alle regioni il rispetto del vincolo quando si tratta di provvedimenti che abbiano carattere di generalità e che riguardino senza distinzioni tutti gli aventi diritto (Corte costituzionale, sentenza n. 10 del 15 gennaio 2010). Tale fondo rispetterebbe in pieno la ripartizione delle potestà legislative in materia concorrente se ha lo scopo di garantire un'adeguata uniformità di trattamento sul piano nazionale (Corte costituzionale, sentenze numeri 134 del 2006, 322 del 2009 e 282 del 2002), e risponde a una esigenza unitaria (Corte costituzionale, ex plurimis, sentenze numeri 10 del 2010 e 322 del 2009), condizioni tutte rispettate in questo caso, poiché il fondo avrebbe lo scopo di ripristinare l'uniformità di trattamento di tali pazienti, favorendo una parità di accesso alle cure e un'eguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini, compresi quelli affetti da obesità e disturbi dell'alimentazione;
in termini di costi nell'eventuale creazione di tale fondo va ricordato che, per l'obesità e i disturbi dell'alimentazione, molte delle attività di ricerca, di diagnosi precoce e di cura di questi disturbi non richiedono spese aggiuntive perché non è necessario prevedere l'accreditamento

di nuovi posti letto. La creazione di strutture multidisciplinari per la diagnosi e cura può, almeno in parte, avvenire attraverso la riconversione di strutture già esistenti: quelle di lungodegenza possono trasformarsi in comunità terapeutiche e i posti letto già accreditati nelle strutture pubbliche o private accreditate possono essere utilizzate per la riabilitazione intensiva residenziale. D'altro canto, dovranno essere promossi programmi di gestione integrata delle cure primarie (secondo le diverse modalità organizzative) e potenziate le unità operative dedicate alla cura di obesità e disturbi del comportamento alimentare oltre che i Servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione per far fronte a una sempre maggiore incidenza dell'obesità e dei disturbi dell'alimentazione nella popolazione -:
quali programmi di prevenzione dell'obesità, in particolare infantile e dei disturbi della alimentazione, siano attualmente adottati e quanto risultino concretamente efficaci;
come s'intenda affrontare il forte pregiudizio diffuso nella società e purtroppo anche in molti operatori sanitari nei confronti di queste malattie, che anziché essere considerate come tali, affrontando i molteplici fattori che le causano, sono considerate come frutto di una presunta colpevolezza del soggetto che ne è afflitto;
se si sia a conoscenza della mancanza di strumenti diagnostici, terapeutici e riabilitativi, adatti alle grandi obesità e alle denutrizioni gravi, nella maggior parte delle strutture sanitarie del territorio nazionale e come s'intenda intervenire, per quanto di competenza, per rimediare a tale gravi mancanze;
in base a quali criteri scientifici o concrete evidenze di pericolosità per la salute pubblica, il Ministero della salute abbia deciso di eliminare la prescrivibilità di molecole ad azione anoressizzante centrale con meccanismo noradrenergico (dietilpropione, fentermina, eccetera), tutt'ora in uso in alcuni Stati della comunità europea e diffusamente prescritti negli Stati Uniti d'America;
se corrisponda al vero che si intende autorizzare l'applicazione del così detto «Palloncino endogastrico» (BIB) anche in soggetti sovrappeso con indice di massa maggiore di 27 (a totale carico del Servizio sanitario nazionale) e se, nel caso, in base a quali criteri si intenda adottare tale applicazione visto che l'efficacia di tale procedura risulta limitata nel tempo (massimo 6 mesi) e che la sua rimozione è seguita dal rapido recupero del peso;
per quale ragione ai fini delle iniziative normative del Governo che riguardano la terapia farmacologica dell'obesità, la riabilitazione delle patologie nutrizionali e le autorizzazioni di eventuali dispositivi chirurgici e parachirurgici, non vengano sentite le principali Società scientifiche della area nutrizionale (Società italiana dell'obesità, Associazione italiana di dietetica e nutrizione chimica, Associazione nazionale specialisti in scienza dell'alimentazione) per raggiungere, congiuntamente, i migliori risultati su questioni così complesse che riguardano la salute di milioni di persone;
se si sia a conoscenza della mancata realizzazione su gran parte del territorio nazionale di reti assistenziali secondo il modello assistenziale «Hub and Spoke» per l'obesità e i disturbi della alimentazione e del fatto che dove questo modello è stato recepito, anziché creare una rete assistenziale efficace ci si è limitati ad inquadrare i servizi esistenti (con una particolare enfasi sulla costosa chirurgia dell'obesità), senza prevedere la riabilitazione semiresidenziale e residenziale come livello di cure indispensabile nella rete che va dal territorio all'ospedale di alta specializzazione;
se si sia a conoscenza della disparità di assistenza per l'obesità e i disturbi dell'alimentazione tra le varie regioni con la solita discriminazione dei cittadini del Centro e del Sud in particolar modo e della disparità di accesso alle cure soprattutto

per quelle residenziali, essendo favorite in alcune regioni e completamente osteggiate in altre, e se si intenda, promuovere il raggiungimento dello stesso livello nell'assistenza a livello nazionale su tali malattie;
se non si ritenga opportuno promuovere, con il coinvolgimento delle regioni, un sistema di sorveglianza dell'obesità e dei disturbi dell'alimentazione e di percorsi assistenziali mediante l'istituzione di una rete per la prevenzione, cura e riabilitazione dei pazienti affetti da obesità e da disturbi dell'alimentazione, costituita da strutture multidisciplinari integrate di vario livello collegate tra loro attraverso un centro di coordinamento regionale e interregionale.
(4-14931)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, ha introdotto specifiche tutele a favore del consumatore in caso di recesso per coloro che stipulano contratti per adesione con operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche;
in particolare, gli operatori che effettuano servizi di comunicazioni elettroniche (ai sensi dell'articolo 1 lettera g), del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 sono obbligati ad inserire nei contratti per adesione la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell'operatore nonché senza un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni;
la citata norma vieterebbe quindi l'imposizione di penali per l'esercizio del diritto di recesso da tali contratti, consentendo di addebitare all'utente le sole spese giustificate dai costi di disattivazione;
nella prassi, la stipula dei contratti conclusi con operatori telefonici, di reti televisive e di servizi internet avviene per adesione, ossia mediante la sottoscrizione da parte dell'utente di moduli o formulari prestampati, il cui contenuto è predisposto unilateralmente dall'operatore medesimo;
secondo le testimonianze di alcuni utenti, riprese e verificate dalla Tv YouDem, la compagnia telefonica TeleTu ha applicato, a coloro che hanno esercitato il diritto di recesso, in anticipo rispetto alla scadenza del contratto, il costo di disattivazione di euro 40, informando gli utenti interessati che il costo è imputabile alla norma di cui al citato decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, piuttosto che ad una autonoma decisione dalla medesima società;
secondo quanto denunciano le associazioni di consumatori si potrebbe ritenere che i costi di disattivazione, nella prassi, si traducano in vere e proprie «penali mascherate», che, in quanto tali, sarebbero vietate a norma del citato articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 7 del 2007;
alcune associazioni di consumatori denunciano inoltre altre pratiche scorrette da parte degli operatori di telefonia come la prassi dell'«acquisto coatto» che obbliga il cliente, in caso di recesso anticipato, ad acquistare l'apparecchio noleggiato, piuttosto che restituirlo, a cifre stabilite dall'operatore;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) - direzione tutela dei consumatori, nelle linee guida esplicative per l'attività di vigilanza da effettuare ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 7 del 2007, ha ribadito che, in ogni caso, l'utente non deve versare alcuna «penale», comunque denominata, a fronte dell'esercizio della

facoltà di recesso o di trasferimento delle utenze, poiché gli unici importi ammessi in caso di recesso sono quelli «giustificati» da «costi» degli operatori;
a tal fine, nello svolgimento della propria attività, la direzione tutela dei consumatori dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve verificare che gli operatori pongano a carico degli utenti (ove necessario) esclusivamente le spese per cui sia dimostrabile un pertinente e correlato costo dai primi sopportato per procedere alla disattivazione o al trasferimento; il concetto di pertinenza del costo deve essere interpretato in senso oggettivo ed imparziale, valido per tutti gli operatori e secondo criteri di causalità/strumentalità dei costi/ricavi;
l'attività della direzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve consistere anche nel richiedere agli operatori dettagliate informazioni con riguardo ad eventuali «costi» (ossia solo ove la previsione di essi sia ritenuta indispensabile dall'operatore in vista delle attività da compiersi e ferma restando la necessità di fornirne comunque la prova) e nell'entrare nel merito dei singoli importi richiesti ai fini della valutazione della loro «giustificazione» ai sensi della legge n. 40 del 2007;
nel caso di recesso per il passaggio dell'utenza da un operatore ad un altro, prevalente sul piano statistico secondo l'Autorità, generalmente le attività di disattivazione della configurazione preesistente coincidono con le attività tecniche da effettuarsi in fase di attivazione dall'operatore che acquisisce il cliente ed esse sarebbero dunque già remunerate da quest'ultimo; in tali casi, pertanto, eventuali costi di disattivazione posti a carico dell'utente non sarebbero in linea di massima giustificati;
per i fatti sopra citati sembrerebbe opportuno un intervento dell'Autorità garante delle comunicazioni - AGCOM - affinché sia garantito il corretto comportamento degli operatori delle imprese telefoniche nel fornire ai clienti informazioni trasparenti circa le tariffe e i costi dei servizi evitando che possano continuare a diffondere infondate motivazioni sull'applicazione di costi, autonomamente deliberati, interferendo in modo non corretto la legge come nel caso segnalato -:
se non ritenga necessario assumere iniziative anche normative volte a tutelare il diritto di recesso del consumatore nei contratti per adesione, nello specifico nel settore della telefonia e delle comunicazioni elettroniche -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per garantire la correttezza delle informazioni che gli operatori delle imprese telefoniche forniscono agli utenti al fine di evitare che a giustificazione dell'applicazione di costi, autonomamente deliberati, vengano fomite informazioni che addebitano impropriamente la responsabilità al legislatore.
(5-06181)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno riportato la notizia in base alla quale se, nel settore dell'agricoltura, fosse reso obbligatorio il contratto in forma scritta per le cessioni di prodotti agricoli e agroalimentari su cui indicare a pena di nullità la durata del contratto, la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento, si provocherebbe una vera e propria disgrazia per le imprese della grande distribuzione, poiché, se da una parte si garantirebbero le fasce più deboli del settore agroindustriale, dall'altra si di metterebbero in difficoltà proprio le aziende della grande distribuzione che giungono a pagare per prassi, consuetudine o uso, i generi alimentari,

nonostante la normativa imponga tempi di pagamento di sessanta giorni, anche a sei mesi;
secondo le fonti da cui si desumono tali informazioni, la grande distribuzione nel settore agroalimentare è in procinto di utilizzare tutti i mezzi di cui dispone per evitare che tale evenienza accada poiché ciò significherebbe dover rispettare fedelmente le regole dettate per il mercato, regole che appaiono agli interroganti ampiamente, reiteratamente e manifestamente violate. Se, in ogni economia sana e ben funzionante, si ha necessità di liquidità, questa si reperisce ricorrendo ad imprese bancarie e finanziarie che professionalmente forniscono tale servizio. In Italia, invece, storicamente la grande impresa preferisce ricorrere alla pratica di dubbia legittimità dei pagamenti ritardati, particolarmente odiosa perché rende la parte contraente più debole, i micro, piccoli e medi imprenditori, una sorta di banca a buon mercato per le grandi imprese che in violazione delle norme non versano il dovuto nei tempi stabiliti in cambio di beni e servizi acquistati. Scaricando le difficoltà finanziarie sulle piccole e medie imprese che a causa delle grandi imprese possono subire una vera crisi economica che può condurre al fallimento e, purtroppo sempre più sovente, anche al suicidio dell'imprenditore il quale ha l'unica «colpa» di aver fatto affari con disonesti i quali, non pagando i crediti vantati, contribuiscono oggettivamente a tali situazioni drammatiche;
se la grande distribuzione si lamenta, i micro, piccoli e medi imprenditori del settore agroalimentare sono invece esasperati, perché, si ripete, è ben noto il fatto che i contratti stipulati tra gli operatori della filiera agroalimentare sono spesso soggetti a violazioni di legge dimostrate dalle numerose segnalazioni di pratiche commerciali sleali proprio nella filiera agroalimentare, tutte criticità che rischiano di ampliarsi nei prossimi mesi in relazione alle condizioni di persistente crisi economica ed ai loro riflessi in termini di calo dei consumi;
chiaramente sarebbe auspicabile, perché di fondamentale importanza, riuscire a salvaguardare i rapporti tra le parti da fattispecie dannose e da condizioni aleatorie che minano il buon andamento del sistema, sempre a danno del contraente debole;
utile, ad avviso degli interroganti, potrebbe essere l'adozione di un sistema sanzionatorio adeguato, che introduca garanzie affinché nei rapporti negoziali vi siano condizioni di contrattazione prive di distorsione;
in particolare i contratti aventi ad oggetto la cessione di beni agricoli ed alimentari dovrebbero essere conclusi, in coerenza con quanto previsto dal codice civile, in forma scritta e si dovrebbero anche identificare le fattispecie di comportamenti considerati sleali e che pertanto, dovrebbero essere vietate nelle relazioni commerciali tra operatori economici della filiera agroalimentare;
si rammenta che, relativamente ai ritardi di pagamento per i prodotti alimentari deteriorabili, il corrispettivo, in base alla normativa, dovrebbe essere versato prima dei sei mesi dalla consegna o dal ritiro dei prodotti, e gli interessi dovrebbero decorrere automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine;
utile sarebbe la riduzione da sessanta a trenta giorni del termine di pagamento per le cessioni aventi ad oggetto i prodotti alimentari deteriorabili, di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 231 del 2002, assicurando pari tutela nelle transazioni commerciali tra privati che riguardano prodotti alimentari non deteriorabili e introducendo per queste transazioni un termine di pagamento di sessanta giorni;
l'estensione della disciplina di cui al decreto legislativo 231 del 2002 si giustificherebbe per esigenze di omogeneità nel settore, al fine di evitare che vi sia una discriminazione tra gli stessi operatori alimentari, che sono tra le categorie di imprenditori maggiormente colpiti dai reiterati

ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra privati, con particolare riguardo ai rapporti tra le piccole e medie industrie e la grande distribuzione organizzata -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto sopra esposto e quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare, anche al fine di rendere sterile l'attività di lobbyng operata dalla grande impresa che sta rendendo ancor più critiche le condizioni nelle quali gli imprenditori del settore agroalimentare versano, sia a causa della crisi economica globale, sia a causa del cosiddetto credit crunch che attanaglia soprattutto micro, piccoli e medi imprenditori, sia a causa delle condizioni climatiche pessime e anomale che tanti danni hanno arrecato al settore e che, stando alle previsioni metereologiche, altri ne provocheranno sino alla fine del mese.
(4-14910)

EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con il trattato di amicizia con la Libia, sottoscritto con il precedente Governo Berlusconi nel 2008, si è inteso normalizzare i rapporti tra i due Paesi ma anche avviare accordi di natura economica imprenditoriale; relativamente al contrasto all'immigrazione clandestina, uno degli obiettivi previsti dal citato accordo, va sottolineato che, nell'attuazione di una politica di respingimento indiscriminato, non controllando lo stato dei centri di detenzione libici, si è dovuto constatare il venir meno della tutela dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo, come si è avuto modo di rilevare tragicamente in questi anni;
dopo la sospensione di tale Trattato, a seguito gli avvenimenti ben noti che hanno sancito la fine della lunga dittatura culminata con la morte del rais Gheddafi, il Presidente del consiglio dei ministri, Mario Monti, si è recato in Libia per riattivare i rapporti di amicizia e partenariato e rafforzare l'amicizia e la cooperazione nella cornice di una nuova visione dei rapporti bilaterali attraverso il coinvolgimento di tutte le competenze rilevanti: interno, esteri, difesa, sviluppo economico, cooperazione, università, sanità;
le parti hanno preso atto, nel corso di tale incontro, dei cambiamenti avvenuti e degli esiti della rivoluzione del 17 febbraio 2011 che hanno interessato anche altri Paesi della sponda sud del Mediterraneo, ma anche del permanere di un vuoto di potere e di organizzazione nel Paese, che rende oggettivamente fragile e debole la struttura governativa della Libia;
con la Libia il nostro Paese ha mantenuto interessi economici fortissimi (nel settore petrolifero, in quello dei trasporti, delle costruzioni e degli armamenti) che hanno retto negli anni scorsi, pur con fasi alterne, anche in presenza di tensioni e di sanzioni internazionali;
nel corso di questo mese è stata annunciata una missione tecnica del Ministro interpellato in Libia con la presenza di una nutrita delegazione di imprenditori italiani interessati alle opportunità di investimento e alle future collaborazioni che ne possano eventualmente nascere -:
se la citata missione tecnica del Ministro interrogato, con la presenza di una delegazione di imprenditori italiani, risulti confermata;
nel caso, da chi sarà composta, con quali criteri e quali siano gli obiettivi e le strategie economiche;
se non ritenga, in caso di stipula di importanti accordi, di valutare la possibilità di legare tale eventualità alla garanzia del rispetto dei diritti umani.
(4-14912)

ROSATO e CODURELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Alcatel Lucent ha in Italia diversi centri di ricerca, produzione ed amministrazione e segnatamente a Vimercate (Milano), Rieti, Battipaglia (Salerno), Trieste,

Genova, Bari, Napoli, Roma e Sesto Fiorentino (Firenze) per un totale di 3.000 lavoratori;
il 18 gennaio 2012 l'azienda nella riunione del comitato aziendale europeo ha fornito un quadro negativo e annunciato, contestualmente, un significativo piano di riorganizzazione della multinazionale che prevede una riduzione dei costi ammontante a 500 milioni di euro;
l'Italia risulta essere, insieme al Belgio, la nazione più colpita dai tagli del personale con un esubero di 500 dipendenti di cui 360 nel settore dell'attività di ricerca & sviluppo 65 nelle aree pre-sales, sales, funzioni centrali della region, 25 nella global custom delivery, 25 in supply chain, delivery operations e ingegneria industriale, 15 nelle altre funzioni centrali (HR, finance, marketing e comunicazione);
ai tagli del personale dipendente si devono aggiungere il taglio di 200 contratti di lavoro somministrato per quanto riguarda il solo stabilimento di Trieste nel corso del 2012, personale che ha acquisito negli anni una grande professionalità e per il quale erano attese procedure di graduale stabilizzazione e non la rescissione del contratto;
lo stabilimento di Trieste è impegnato in produzioni manifatturiere di alta qualità e rappresenta uno dei presidi tecnologicamente più avanzati ancora presenti nel nostro Paese;
lo stabilimento di Vimercate (Milano), che da solo impegna 1.240 lavoratori, sarà interessato da quasi 400 dei 500 esuberi rappresentando il caso più grave, e paga anche il mancato collegamento della zona con Milano attraverso adeguate infrastrutture;
il 24 gennaio 2012 l'azienda ha confermato la volontà di procedere con tale piano di ridimensionamento e con i licenziamenti al Ministero dello sviluppo economico;
il rischio maggiore è che questo primo passo intrapreso dalla multinazionale rappresenti un vero e proprio disimpegno dal nostro Paese che, se attuato, avrebbe gravissime ricadute occupazionali -:
se al Ministro consti, anche a seguito dell'incontro con i vertici aziendali del 24 gennaio 2012, quanto presentato in premessa;
quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo a fronte di questo piano di riorganizzazione di Alcatel Lucent che prevede l'esubero di 500 dipendenti e il taglio di 200 contratti di lavoro somministrato.
(4-14920)

PALOMBA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con il referendum regionale del 15 e 16 maggio 2011 e, successivamente con quello nazionale del 12 e 16 giugno 2011, la Sardegna ha dato il suo definitivo e inconfutabile parere negativo alle centrali nucleari e allo stoccaggio di qualsivoglia tipo di scorie nucleari nel suo territorio;
secondo quanto riporta il quotidiano locale Sardegna Quotidiano del 6 febbraio 2012 in un articolo dal titolo «L'allarme. Il deposito unico di scorie nucleari L'Isola a rischio», la Sogin spa, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca, deve realizzare un grande deposito di stoccaggio per la raccolta nazionale, ma non smentisce la possibilità che tale deposito venga realizzato in Sardegna;
attualmente i siti ritenuti idonei per la costruzione di tale deposito di stoccaggio nazionale sono 53 ma non è un mistero che la Sardegna, per le sue caratteristiche naturali di terra priva di rischi sismici e circondata dall'acqua, sia stata per lungo in tempo tra le regioni accreditate maggiormente ad ospitarlo nonostante la netta opposizione dei residenti.

Nel 2011 infatti sembrava essere più di un'ipotesi la costruzione di una centrale in provincia di Oristano, nella piana del Cirras tra Santa Giusta e Arborea;
l'articolo 25 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012 sulle cosiddette «liberalizzazioni» - sotto il titolo apparentemente rassicurante «Accelerazione delle attività di disattivazione e smantellamento dei siti nucleari» - prevede che le scorie nucleari possano essere stoccate ovunque nel territorio italiano senza il parere preliminare delle amministrazioni locali, parere che invece era stato necessario fino ad ora;
in particolare, il comma 4 di tale articolo semplifica oltremodo l'autorizzazione di nuovi depositi nucleari, in deroga alle procedure ordinarie. L'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico oltrepassa infatti qualsiasi norma urbanistica, ambientale e amministrativa: secondo la norma in questione, infatti i nullaosta rilasciati «valgono anche quale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza, costituiscono varianti agli strumenti urbanistici e sostituiscono ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati, previsti dalle norme vigenti costituendo titolo alla esecuzione delle opere»;
come ha recentemente spiegato il suo amministratore delegato Giuseppe Nucci, la Sogin Spa deve realizzare un grande deposito di stoccaggio per la raccolta nazionale;
il deposito di stoccaggio delle scorie nucleari viene definito nell'articolo 24 «Parco Tecnologico» con all'interno il «Deposito nazionale». Secondo il sito della Sogin Spa «il deposito sarà una struttura di superficie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali, che consentirà la sistemazione definitiva di circa 80 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e la custodia temporanea per circa 12.500 metri cubi di rifiuti di alta attività». Inoltre: «Degli oltre 90 mila metri cubi di rifiuti il 70 per cento proverrà dalle operazioni di bonifica ambientale degli impianti nucleari mentre il restante 30 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e della ricerca. Il trasferimento dei rifiuti in un'unica struttura garantirà la massima sicurezza per i cittadini e la salvaguardia dell'ambiente»;
in base alla nuova normativa, come sottolineato dal quotidiano locale summenzionato, se il Governo deciderà di installare un deposito di scorie nucleari in Sardegna la Sogin Spa avrà completamente carta bianca e a nulla servirà la decisione popolare contraria espressa sulla materia attraverso i referendum; nello stesso modo saranno poste nel nulla le scelte in merito della regione e dei comuni che hanno espressamente deliberato contro il nucleare: in base al decreto-legge sulle cosiddette «liberalizzazioni» gli enti locali possono infatti esprimere solo un parere non vincolante. La norma recita inoltre: «la regione competente può promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi, per individuare misure di compensazione e riequilibrio ambientale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». In pratica sarebbero permessi accordi con la Sogin Spa per ripagare il danno ambientale, ma a patto che non siano previsti nuovi esborsi da parte dello Stato -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del parere negativo espresso dalla popolazione della Sardegna attraverso i referendum della scorsa primavera contro il nucleare e se, nonostante la Sogin spa abbia astrattamente il potere di stoccare ovunque le scorie radioattive con il solo parere del Ministero e senza il parere preliminare delle amministrazioni locali, intenda fugare ogni preoccupazione della popolazione sarda ed escludendo categoricamente la realizzazione di qualsivoglia deposito di stoccaggio di scorie nucleari in terra sarda.
(4-14925)

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Meta e altri n. 1-00844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Peluffo.

La mozione Concia e altri n. 1-00864, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gozi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Graziano n. 5-05982, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zinzi.

L'interrogazione a risposta scritta Rondini e Montagnoli n. 4-14859, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in commissione Rondini n. 5-06144, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in commissione Codurelli n. 5-06145, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Boccuzzi, Schirru, Miglioli, Gatti, Rampi.

L'interrogazione a risposta in commissione Negro e Fedriga n. 5-06146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in commissione Montagnoli e altri n. 5-06159, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-13163 del 12 settembre 2011;
interrogazione a risposta in commissione Toccafondi n. 5-05767 del 30 novembre 2011;
interrogazione a risposta in commissione Fugatti n. 5-05979 del 23 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Nastri n. 4-14738 del 2 febbraio 2012;
interrogazione a risposta orale Rondini n. 3-02079 del 7 febbraio 2012;
interrogazione a risposta immediata in commissione Fogliardi n. 5-06158 del 14 febbraio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta orale Borghesi n. 3-02093 dell'8 febbraio 2012 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14909.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Trappolino e altri n. 5-06134 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 584 del 9 febbraio 2012. Alla pagina 27759, seconda colonna, alla riga quarantesima, deve leggersi: «SERVODIO e PAOLO RUSSO. - Al» e non «SERVODIO e ANTONINO RUSSO. - Al», come stampato.