XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 8 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 14 FEBBRAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il decreto ministeriale 6 marzo 2006, n. 172, che regola le modalità per l'ammissione dei medici alle scuole di specializzazione in medicina, prevede ai fini dell'iscrizione al concorso per i laureati in medicina e chirurgia l'obbligo di superare l'esame di Stato prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande;
il calendario delle prove è predisposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e in modo da poter adeguatamente pubblicizzare, con congruo anticipo, la data, nonché il numero dei posti di specializzazione assegnati a ciascun ateneo, e in modo che le università possano pubblicare i relativi bandi almeno 60 giorni prima;
ogni anno migliaia di neo-laureati in medicina attendono con trepidazione di sapere quali saranno i tempi per poter continuare il proprio percorso formativo, tempi che si allungano di anno in anno sempre più, determinando così un'ulteriore ritardo in un progetto di vita che già di per sé risulta essere molto lungo e gli effetti di tale situazione sono gravi e molteplici: tanti neo-laureati perderanno almeno un anno;
dal concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione dell'area medica vengono esclusi tutti i laureati da novembre in poi, iscritti al tirocinio ai fini dell'esame di Stato;
il Ministero ha più volte precisato che non è possibile armonizzare le sessioni di laurea, che normalmente sono tre in ogni anno accademico, con le sessioni degli esami di Stato, che si svolgono due volte l'anno e con il concorso di ammissione alle scuole di specializzazione, che viene bandito per ciascun anno accademico;
tale problema si è accavallato nel corso degli anni, tanto che nei precedenti anni accademici il Ministro pro tempore Moratti, aveva previsto una deroga, una disposizione transitoria per la quale si permetteva di concorrere comunque alla prova per l'accesso alla specializzazione con riserva di abilitarsi entro la prima sessione utile. Si permetteva comunque agli studenti di sostenere l'esame di ingresso alle scuole di specializzazione, in attesa di avere superato l'esame di abilitazione,


impegna il Governo


ad individuare in tempi brevi una soluzione adeguata che permetta di sanare l'attuale situazione, in previsione di una calendarizzazione capace di ovviare alle disfunzioni sopra richiamate, relative ai concorsi per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina, per consentire ai giovani di programmare la propria vita ed i tempi della propria formazione individuale.
(1-00855)
«Vincenzo Antonio Fontana, Palumbo, Di Virgilio, Barani, Mussolini, Giammanco, De Nichilo Rizzoli, Mancuso, Scandroglio, Ciccioli, Germanà, Garofalo, Vignali, Pelino, Marinello, Gioacchino Alfano».

La Camera,
premesso che:
i Giochi Olimpici rappresentano la più importante e rinomata manifestazione sportiva globale, in cui i valori della competizione e del senso di comunità nazionale si fondono con il rispetto dell'altro, la tolleranza, l'integrazione e la pace tra i popoli, spesso superando reciproche diffidenze e ostacoli diplomatici e, più in

generale, consentendo a nazioni piccole o povere di confrontarsi ad armi pari con le potenze del mondo;
le olimpiadi sono un importante veicolo di diffusione di valori sani e dell'etica dello sport; gli atleti che vi partecipano - offrendo un esempio di impegno, passione e sacrificio, allenandosi duramente per anni per poter mostrare il proprio talento individuale o la loro capacità di collaborazione - contribuiscono all'affermazione di un'etica della responsabilità, dell'onesta e della comunità;
la scelta di candidare la città di Roma alle olimpiadi del 2020 rappresenterebbe per l'Italia una sfida importante: l'organizzazione del grande evento contribuirebbe al percorso di ripresa economica, sociale e culturale in cui il Paese è impegnato, consentendo l'ammodernamento delle maggiori infrastrutture logistiche, degli impianti sportivi, delle strutture ricettive, favorendo altresì il rilancio dell'affidabilità e dell'immagine dell'Italia nel mondo;
il Comitato promotore della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 ha presentato al Governo la relazione elaborata dalla commissione guidata da Marco Fortis, per valutare la compatibilità economica dell'organizzazione della manifestazione; non risulta peraltro che dei contenuti di tale relazione sia stato in alcun modo informato il Parlamento, né che la relazione sia stata presentata al Consiglio nazionale del Coni, organo competente per la deliberazione della candidatura;
secondo le notizie fornite dai promotori alla stampa, le olimpiadi del 2020 consentirebbero un aumento del prodotto interno lordo di circa 17,7 miliardi di euro nel periodo 2012-2025 e la creazione di 170 mila posti di lavoro; il gettito fiscale risultante dalla maggiore attività economica, stimato in 4,6 miliardi di euro, insieme agli introiti dell'evento per circa 3,5 miliardi (tra proventi del Comitato Olimpico Internazionale, sponsorizzazioni e diritti tv, biglietti, lotterie e ricavi da valorizzazione immobiliare), compenserebbe la spesa di 8,2 miliardi a carico dello Stato;
è opportuno, nella valutazione attenta della fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria del citato progetto sportivo, che si tenga adeguatamente e complessivamente conto dei costi della successiva gestione e manutenzione delle strutture da realizzare, al fine di evitare che, alla conclusione dei Giochi Olimpici, gli stessi si trovino ad essere sottoutilizzati o, peggio, finiscano per versare in uno stato di degrado o di abbandono;
a tal uopo, è auspicabile che si individuino nei grandi eventi sportivi organizzati dall'Italia negli ultimi anni, in primis le olimpiadi invernali di Torino 2006, le buone pratiche e gli errori compiuti;
è indispensabile prevedere, nel disegno più complessivo del piano organizzativo, strumenti normativi e amministrativi che eliminino i rischi di infiltrazione mafiosa, nonché gli episodi di corruzione e malagestione, nella fase di progettazione e di realizzazione delle opere sopracitate,


impegna il Governo:


a sostenere la candidatura della città di Roma all'organizzazione dei Giochi Olimpici del 2020;
a riferire le proprie considerazioni e determinazioni sull'argomento, illustrando in particolare la valutazione di compatibilità economica prodotta dalla Commissione a tal scopo incaricata dal Comitato promotore della candidatura di Roma 2020;
ad elaborare, anche attraverso un proprio provvedimento, le linee guida cui il comitato promotore dovrà attenersi nella fase di redazione del piano di candidatura, in particolare definendo i criteri di sostenibilità economica, ambientale e sociale del progetto e i principi di trasparenza

cui dovrebbero conformarsi, in caso di assegnazione dei Giochi, tutti i soggetti membri del Comitato organizzatore;
ad individuare i necessari momenti di consultazione pubblica e partecipazione di tutti i portatori di interessi, nonché delle istituzioni nazionali e locali, al fine di assicurare la massima condivisione possibile.
(1-00856) «Della Vedova, Galletti, Pisicchio, Melchiorre, Barbaro, Adornato, Bocchino, Bongiorno, Briguglio, Capitanio Santolini, Carlucci, Enzo Carra, Cesa, Consolo, Giorgio Conte, Di Biagio, Dionisi, Divella, Granata, Lamorte, Lo Presti, Lusetti, Menia, Moroni, Muro, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Rao, Ruben, Scanderebech, Toto».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
il numero di cittadini italiani residenti nel Regno Unito è in costante e significativo aumento;
l'attuale rete consolare consta di due consolati a Londra ed Edimburgo e due uffici consolari a Manchester e Bedford;
i lavori per l'apertura della nuova sede del consolato di Londra procedono più lentamente del previsto,


impegna il Governo:


a mantenere inalterata l'attuale rappresentanza consolare e, in particolare, i due uffici di Bedford e Manchester almeno fino alla fine del 2014;
a dotare in particolare l'ufficio di Manchester di maggiore spazio per gli archivi consolari e a concedergli maggiore autonomia per i «fogli di viaggio»;
a risolvere il problema della direzione scolastica dei corsi di italiano dell'ex consolato di Manchester.
(7-00776) «Picchi, D'Amico, Torrisi, Formichella, Dell'Elce, Garagnani, Nicolucci, Sisto, Del Tenno, Pugliese, Barbieri, Di Caterina, Rosso».

La VIII Commissione,
premesso che:
con la legge n. 225 del 1992, anche in considerazione delle inefficienze e delle difficoltà incontrate in occasione di alcune gravissime emergenze nazionali, prima tra tutte il terremoto in Campania e Basilicata del 1980, viene profondamente riformata la struttura della protezione civile. La nascita del Servizio nazionale della protezione civile, a cui viene affidato il compito di «tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e altri eventi calamitosi», costituisce il cardine di un sistema coordinato di competenze, basato sul principio di sussidiarietà, al quale concorrono le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali, gli enti pubblici, la comunità scientifica, il volontariato, gli ordini e i collegi professionali e ogni altra istituzione anche privata;
sono attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri, che si avvale del dipartimento della protezione civile, le funzioni di impulso e coordinamento di questo complesso sistema di competenze, che affida al sindaco, quale primo responsabile della protezione civile, il compito di assumere la direzione e il coordinamento dei soccorsi e di assistere la popolazione, con le risorse e sulla base di piani comunali di emergenza idonei a fronteggiare i rischi specifici del territorio;
la citata legge 225 del 1992 considera anche la previsione e la prevenzione dei rischi quali attività di protezione civile: vengono, pertanto, istituiti la commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi e il comitato operativo, con il compito di definire le cause delle calamità naturali, individuare i rischi e mettere in campo tutte le azioni necessarie a evitare o ridurre al minimo la possibilità che le calamità naturali provochino

danni. Anche le iniziative di volontariato, oltre a quelle istituzionali individuate dalle normative regionali di settore, sono inserite nel sistema nazionale, quali componenti operative del servizio, consentendo la più ampia partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni private nelle attività di protezione civile;
l'impianto della riforma del '92 è sostanzialmente confermato dal decreto legislativo n. 112 del 1998 (emanato in attuazione della cosiddetta legge Bassanini) che disciplina il «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali» e dalla successiva riforma del Titolo V della Costituzione: il nuovo assetto della protezione civile, individuata come materia di legislazione concorrente, vede, pertanto, un coinvolgimento ancora maggiore del sistema delle autonomie locali. Tutte le funzioni vengono affidate alle regioni e agli enti locali, ad esclusione dei compiti di «rilievo nazionale del Sistema di Protezione Civile», tra i quali rientra il potere d'ordinanza che resta in capo al Presidente del Consiglio;
sostanziali modifiche a partire dal 2001 hanno determinato un forte appesantimento delle competenze e delle responsabilità del dipartimento, cui hanno fatto seguito l'utilizzo diffuso di procedure in deroga, spese eccessive e fuori dal controllo preventivo, sovrapposizione di competenze con altri ministeri. Infatti con la legge n. 401 del 2001, che introduce nell'ambito della protezione civile la gestione dei «grandi eventi», si è esteso il potere di ordinanza a campi non strettamente pertinenti alla gestione delle emergenze prodotte da calamità e da catastrofi, ampliando impropriamente, attraverso la definizione di grandi eventi da parte della Presidenza del Consiglio, le fattispecie beneficiarie di procedure semplificate ed in deroga;
la recente modifica della legge n. 225 del 1992 operata con il decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «decreto Milleproroghe convertito con la legge n. 10 del 2011) per fronteggiare gli eventi straordinari per i quali il Governo dichiari lo stato di emergenza, ha introdotto a carico delle regioni l'obbligo di attingere a risorse già presenti nei bilanci regionali; nel caso in cui queste non siano sufficienti le regioni sono tenute ad aumentare i propri tributi, compresa l'accisa sulla benzina, e solo nel caso in cui tali misure si rivelassero ancora insufficienti può essere disposto l'utilizzo del fondo nazionale della protezione civile. Gli enti locali di converso rimangono da soli a fronteggiare eventi calamitosi rallentati dalle aggravate condizioni economico-finanziarie e dai vincoli del patto di stabilità. È utile ricordare, inoltre, che è stato abolito il fondo regionale di protezione civile, utile negli anni passati a garantire il funzionamento del sistema regionale così come previsto dalla finanziaria del 2001 e la copertura dei danni causati da eventi di pertinenza regionale;
la compartecipazione economica a carico delle regioni, determinata dalla necessità di individuare i fondi per fronteggiare le emergenze in un quadro di grave carenza di risorse pubbliche, ha prodotto un ulteriore danno ai cittadini e alle istituzioni già colpiti da eventi calamitosi, un notevole appesantimento delle procedure che influisce negativamente sulle capacità operative, al punto che numerose regioni hanno presentato ricorso alla Corte costituzionali contro il citato decreto n. 225 del 2010 lamentando la violazione dell'autonomia statutaria regionale e degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, con particolare riferimento alla norma da ultimo citata che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni;
un ulteriore elemento problematico, che incide direttamente sull'efficienza e la prontezza d'intervento della struttura ha a che fare con le misure introdotte dalla recente normativa per quanto riguarda le procedure ed i controlli, anche preventivi, necessari per attivare i soccorsi; se da una parte, è pienamente condivisibile che allorché sia prevista una spesa, tali procedure devono garantire l'effettiva destinazione

delle risorse agli interventi, con procedure molto rigorose, dall'altra non posso certamente ritardarne l'avvio e vanificarne l'efficacia. È infatti palese che le opportune verifiche circa la capacità di spesa e la copertura da individuare presso il ministero dell'economia e delle finanze non possono in casi di emergenze riconosciute dalla Presidenza del Consiglio su richiesta delle regioni, ritardare ed ostacolare l'avvio dei fondamentali interventi di primo soccorso. Ciò richiede la certezza dell'acquisizione del concerto del Ministero dell'economia e delle finanze in tempi utili a rendere operative strutture d'emergenza o misure di garanzia su anticipazioni ed autorizzazioni ad operare, che siano verificate in tempi ridotti e successivi, senza diminuire il rigore e la responsabilità della spesa pubblica;
il fondo per la protezione civile, unica fonte di finanziamento delle attività istituzionali e per il funzionamento della struttura, ha subito dal 2006 al 2011 una riduzione di oltre il 50 per cento delle ricorse concentrata in particolare negli anni 2009-2011 con un ulteriore aggravio della manovra di luglio 2011; inoltre, le modalità di ritardata erogazione dal Ministero dell'economia e delle finanze al dipartimento di protezione civile incidono negativamente sulla programmazione,


impegna il Governo:


a promuovere le opportune modifiche normative che garantiscano la possibilità del sistema di operare con efficacia mediante il superamento delle evidenti difficoltà e ad assumere iniziative per individuare risorse adeguate e certe per l'attività di protezione civile che non gravino ingiustamente sulle vittime degli eventi calamitosi;
ad assumere iniziative per prevedere meccanismi di controllo e procedure che garantiscano l'effettiva destinazione delle risorse alle iniziative di protezione civile, escludendo da queste ogni altra attività che non ne abbia i requisiti, come l'organizzazione dei «grandi eventi», assicurandone la doverosa trasparenza e congruità, senza indebolire la capacità d'intervento;
a salvaguardare l'assetto della protezione civile, basato sui principi di «sussidiarietà» e «integrazione», come delineato dall'incisiva opera di riforma contenuta nella legge n. 225 del 1992.
(7-00777)
«Mariani, Braga, Margiotta, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola, Agostini».

La VIII Commissione,
premesso che:
le attività di protezione civile appartengono ad un settore cruciale per il Paese: quello della sicurezza dei suoi abitanti, degli insediamenti, delle infrastrutture. Come emerge in modo chiarissimo anche a seguito degli eventi di questi giorni, l'Italia è e rimane un Paese particolarmente esposto a rischi di origine naturale (terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni e frane, eventi atmosferici estremi) e derivanti dalle attività umane (rischio di incidenti in impianti industriali, nel trasporto di sostanze pericolose, rischi ambientali);
alcuni di questi fenomeni consentono un adeguato preannuncio, altri, anche per ragioni connesse alla loro stessa natura, no. Ma tutti, indistintamente, possono essere prevenuti adottando politiche volte a mitigarne le conseguenze: un'edilizia attenta e rispettosa dei vincoli ambientali, nelle aree a rischio idrogeologico o vulcanico, così come delle regole tecniche nelle aree sismiche; un'impresa ligia alle regola di sicurezza che disciplinano determinati processi produttivi ad alto rischio; una popolazione informata sui rischi che incombono nei territori in cui risiede e preparata a fronteggiarli adottando comportamenti auto-protettivi adeguati. E, su tutto, un sistema di protezione civile che sappia aprire lo sguardo e curarsi

anche di previsione e prevenzione dei rischi e non solo di soccorso ed emergenza;
queste intuizioni erano ben presenti nel legislatore quando, nel 1992, varò la legge n. 225, che raccoglieva oltre 10 anni di dibattito e vivace confronto. Di quella legge si celebra tra pochi giorni il ventesimo anniversario (entrò in vigore il 24 febbraio 1992). Sulla scorta di esperienza drammatiche del passato (una tra tutte: il sisma che sconvolse l'Irpinia nel 1980), si ebbe l'accortezza di fissare i tre punti essenziali per costruire una protezione civile efficace, adatta ad un Paese come l'Italia:
a) specificare che «protezione civile» significa non solo intervento e soccorso in emergenza, ma significa, prima di tutto, conoscenza dei fenomeni e dei territori, capacità previsionali e politiche attive di prevenzione e mitigazione dei rischi;
b) chiarire che la protezione civile è «affare di tutti», coinvolgendo nel Servizio nazionale che costituisce il sistema italiano tutti i livelli di governo, dai comuni allo Stato, tutte le strutture ed i corpi operativi, a partire dai vigili del fuoco e dalle Forze Armate, la società civile con la fondamentale risorsa del volontariato specializzato di protezione civile, che affonda le sue radici in secoli di storia, la comunità tecnica e scientifica nazionale, il sistema delle imprese che gestiscono le reti ed i servizi essenziali e gli ordini professionali;
c) incardinare il coordinamento di questa molteplicità necessaria di soggetti nei vertici dei rispettivi livelli di governo: i sindaci, i presidenti delle regioni, il presidente del Consiglio dei ministri;
le attività di protezione civile, di una protezione civile «intelligente» sono dunque disseminate in una molteplicità di soggetti di natura, missione, struttura organizzativa e capacità profondamente diverse. Nessuna delle componenti può sintetizzare in sé stessa tutte le altre e nessuna amministrazione può disporre - al suo interno - di professionalità energie e risorse tanto diverse tra loro;
anzitutto perché deve essere preservato il processo in fasi successive: previsione, prevenzione, soccorso e ricostruzione. E inoltre perché anche solo le dimensioni delle conseguenze dei fenomeni calamitosi che possono verificarsi sul territorio italiano sono tali da non poter essere rimesse ad un solo «risolutore»: la stessa attività di «soccorso» non può essere assolta con efficacia da un'unica struttura, quando sono in gioco le vite, le attività, gli interessi molteplici e diversificati di ogni comunità organizzata;
l'emergenza di questi giorni ce lo conferma: il ripristino della viabilità, da quella autostradale a quella secondaria e locale, la riattivazione dei trasporti pubblici, la rialimentazione dei servizi essenziali, il supporto alle strutture deputate all'assistenza sanitaria, d'urgenza e non, l'assistenza alle popolazioni isolate e il soccorso urgente a chi si è venuto a trovare in imminente e concreto pericolo. Tutto questo non può che essere affrontato e gestito con uno sforzo corale;
sforzo nel quale, ai vari livelli, si inseriscono virtuosamente i volontari della protezione civile, che organizzati in associazioni di tradizione storica: dall'Associazione nazionale alpini alla Croce rossa italiana, dalle Misericordie d'Italia alle Anpas, dal Soccorso alpino e speleologico alla Società di salvamento alle tante altre organizzazioni che hanno saputo orientare la propria missione tramandata negli anni verso obiettivi nuovi, importanti ed attuali. Così come le tante organizzazioni nate in questi 20 anni, in particolare i gruppi comunali di protezione civile disseminati sull'intero territorio nazionale e che possono costituire il primo supporto tecnico ed operativo all'operatività dei sindaci;
questo sforzo corale si chiama coordinamento e - come tale - non può che essere incardinato nella struttura di massimo vertice della pubblica amministrazione.

Quella struttura, la Presidenza del Consiglio dei ministri, che può indirizzare e guidare l'azione di tutti, senza che ciò comporti compressioni di autonomia, scavalco di responsabilità, spreco di risorse e uomini. Non è pensabile, infatti, attribuire ad una delle tante strutture in campo, caratterizzate da mission di settore e specifiche, il ruolo di coordinamento ed indirizzo che è proprio solo della Presidenza del Consiglio, che al suo interno ha costituito e consolidato negli anni il dipartimento della protezione civile, struttura trasversale «pensata» per il coordinamento di ambiti diversi e per questo funzionale allo scopo;
la protezione civile italiana nasce, se così si può dire, da un profondo bisogno di comunità e, allo stesso tempo, dalla profonda consapevolezza di quella stessa comunità: i rischi riguardano tutti, secondo il territorio, e la risposta efficace non può che essere di tutti;
questo modello è stato in grado di fronteggiare eventi calamitosi gravi e luttuosi, offrendo, spesso, al mondo la testimonianza concreta di un Italia efficiente, reattiva, preparata, efficace;
non a caso l'OCSE, nella sua opera di attento studio del nostro sistema, avviata in concomitanza con il terremoto dell'Aquila, così autorevolmente si esprime nel suo rapporto 2010 proprio dedicato alla protezione civile italiana: «La collocazione del Dipartimento della Protezione Civile nella Presidenza del Consiglio dei Ministri assicura che le risorse di tutti i ministeri, i governi locali e il settore privato possano intervenire rapidamente in modo coordinato per minimizzare le conseguenze di gravi disastri». E con chiarezza estrema afferma che «il sistema di protezione civile italiano di coordinare le risorse è particolarmente valido e lodevole alla luce della sua consolidata capacità d'azione»;
la riforma del Titolo V della costituzione e, ancor prima la cosiddetta «riforma amministrativa» avviata con la legge n. 57 del 1996 e il decreto legislativo n. 112 del 1998, dopo attenta riflessione, hanno confermato questo assetto, evidenziando, in particolare, il ruolo dei poteri locali: sindaci e regioni;
questo virtuoso processo di ampliamento della platea dei soggetti interessati e coinvolti si era concretizzato, all'inizio degli anni 2000, anche in utili strumenti operativi, come il «Fondo Regionale di Protezione Civile», istituito con la legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) e che ha consentito in questi anni alle regioni di gestire le calamità di rilievo locale (eventi di tipologia «b», secondo l'articolo 2 della legge 225 del 1992) e di potenziare i sistemi locali. Sistemi locali che oggi e in queste ore si vedono pienamente operativi, dalle Marche al Molise, dall'Emilia-Romagna al Lazio e all'Abruzzo;
purtroppo quella legge non è più stata finanziata dopo il 2008 e su questo è urgente e necessario avviare subito una riflessione. Meno di 150 milioni di euro all'anno hanno garantito, nell'ultimo decennio, un incremento significativo della sicurezza dei territori. È necessario riprendere il cammino;
questa efficacia e capacità di intervento ha esercitato, negli anni, un forte potere «attrattivo». Azioni che nell'ordinarietà sembravano impossibili trovavano risposta sul campo della protezione civile. Ciò che il sistema Paese sembrava non in grado di realizzare nella sua ordinaria parcellizzazione, era invece a portata di mano quando cambiava il passo dell'azione, quando si avvertiva, grazie all'intervento di coordinamento, il senso dell'obiettivo comune. Quel senso che lo stesso Presidente del Consiglio, professor Monti, ebbe modo di esaltare in un suo articolo sul Corriere della Sera all'indomani dell'intervento nello Sri Lanka dopo lo tsunami, ripreso e citato molte volte, in questi giorni;
gli ambiti di intervento della protezione civile si sono quindi estesi, inglobando sempre più settori delle politiche pubbliche. Si badi bene: non era la Protezione

civile a sostituirsi ai poteri ordinari cambiava il modo in cui quei poteri vedevano e interpretavano loro stessi nell'ambito della nostra Nazione. Si passava, e si passa ancor oggi, dalla logica delle competenze a quella della responsabilità. Della responsabilità comune;
questa estensione si è forse spinta oltre misura, giungendo a spingersi in settori in cui si sono corsi rischi di altro tipo e si sono registrate deviazioni dall'originaria direttrice di legalità, al momento in corso di accertamento da parte dell'ordinamento giudiziario;
e allora lo sforzo comune deve essere uno sforzo prima di tutto di intelligenza: capire cosa non ha funzionato e cambiarlo, ma, al tempo stesso, capire cosa ha funzionato e funziona e valorizzarlo, magari restituendo smalto ed incisività che sono stati appannati e ostacolati sull'onda emotiva dei fatti di cronaca;
la legge 26 febbraio 2011, n. 10 ha segnato un gravissimo punto di svolta. Il secondo, dopo l'abbandono del «fondo regionale di protezione civile». Con quella legge, infatti, si è proceduto alla demolizione delle fondamenta «buone» del sistema, anziché intervenire - come sarebbe stato opportuno e necessario - sull'eccessivo allargamento del raggio d'azione delle strutture di vertice del sistema;
non si è intervenuti, ad esempio, riducendo o sopprimendo del tutto quell'attività in occasione dei cosiddetti «grandi eventi» che è al centro dei maggiori processi in atto, ma si è, al contrario, caricato sulle spalle dei poteri locali l'onere dell'attivazione di emergenza, imponendo un assurdo ricorso alla tassazione regionale che smentisce frontalmente il carattere solidaristico e unitario che pervade tutto il nostro ordinamento giuridico, a partire dalla Costituzione;
non si è intervenuti per circoscrivere la durata degli stati di emergenza, spesso protrattasi per anni e anni, ma si è invece bloccata completamente l'attività operativa, proprio nelle prime fasi degli eventi, imponendo controlli e passaggi burocratici che risultano superiori addirittura a quelli ordinari;
è necessaria una discussione sul potenziamento del «sistema» di protezione civile che veda al centro il ruolo di coordinamento che è proprio e caratterizzante della funzione della Presidenza del Consiglio dei ministri, che veda al centro i poteri locali e i governi regionali, che veda al centro l'operatività dei corpi e delle strutture operative dello Stato deputati alla nostra sicurezza che, come i vigili del fuoco soffrono da anni una grave disattenzione in termini di risorse economiche. Così come occorre supportare il volontariato di protezione civile;
è necessario riflettere sull'opportunità di dedicare risorse economiche al sistema di protezione civile, cioè alla sicurezza di tutti;
fino al gennaio 2011 il dipartimento poteva autorizzare, in caso di emergenza, la massima operatività di tutti i livelli di governo e di intervento, assicurando ai sindaci ed alle strutture operative copertura giuridica ed economica. Oggi, dopo la legge n. 10 del 2011, non è più così e il coordinamento si vede indebolito nelle sue primarie prerogative. È urgente ripristinare quanto prima il sistema italiano di protezione civile,


impegna il Governo


ad assumere iniziative per potenziare l'attuale sistema della protezione civile, mantenendo la struttura sotto la diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(7-00778)
«Dionisi, Lusetti, Libè, Bonciani, Mondello».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIULIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il fondo per l'editoria non risulta sufficiente a coprire il fabbisogno del settore;
alla Camera dei deputati, in più occasioni, anche con atti di sindacato ispettivo e ordini del giorno, il Governo è stato invitato a garantirne la copertura e ad impedire una crisi del settore che si annuncia devastante e che potrebbe determinare migliaia di licenziamenti nell'editoria;
da tempo si attende una riforma del settore capace di espellere le situazioni di parassitismo e di eventuali illeciti -:
come e quando il Governo intenda presentare sia la proposta di riforma, sia le iniziative urgenti per impedire che, nel frattempo, possano essere chiuse decine e decine di emittenti e di esperienze editoriali, creando così un danno irreparabile ai diritti tutelati dall'articolo 21 della Costituzione.
(5-06130)

Interrogazioni a risposta scritta:

NUCARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da diversi giorni si era a conoscenza delle gravi condizioni climatiche che avrebbero interessato tutto il Paese;
al riguardo, malgrado le previsioni fossero in tal senso univoche, e sia pertanto scattato l'allarme, poco o nulla è stato fatto per prevenire l'attuale gravissima situazione di disagio che in queste ore riguarda in particolare l'intera rete dei trasporti nazionali;
non è concepibile che, in uno Stato moderno, eventi atmosferici ancorché eccezionali ma tempestivamente previsti e per i quali ben si potevano approntare misure utili a limitare gli inevitabili disagi, determinino la sostanziale paralisi del sistema trasporti ed in particolare della rete ferroviaria che, anche storicamente, rappresenta la rete di collegamento vitale tra le diverse parti della penisola;
in particolare, a soffrire maggiormente le avverse condizioni climatiche è proprio la rete ferroviaria, che da anni, come ripetutamente denunciato, versa in grave stato di mala gestione;
il blocco di fatto di quasi tutti i convogli ha determinato enormi disagi sia a quei cittadini che non hanno potuto spostarsi sia per coloro che erano già in viaggio e che sono rimasti bloccati per ore lungo il tracciato ferroviario;
tale situazione, seppur non sorprenda l'interrogante, manifesta quanto da tempo si sta denunciando: la cattiva gestione della rete ferroviaria e una politica aziendale condotta, a giudizio dell'interrogante, con scarsa, o pressoché nulla, considerazione verso le esigenze dell'utenza e dei passeggeri delle ferrovie;
le polemiche che hanno coinvolto il sindaco del comune di Roma e la protezione civile hanno generato maggiore confusione nella gestione dell'emergenza, senza riuscire a definire le chiare responsabilità -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per porre fine a questo inaccettabile stato di cose;
se sia nelle intenzioni del Governo assumere delle improcrastinabili decisioni in merito alla gestione delle Ferrovie dello Stato e alle responsabilità della protezione civile;

se non si intenda al più presto adottare ogni iniziativa di competenza per la sostituzione dell'amministratore delegato delle Ferrovie, qualora questi non intenda rassegnare le dimissioni dall'incarico, posto che, secondo l'interrogante, come già sostenuto in pubblico ed in privato, una tale decisione va quanto prima adottata, per salvare le Ferrovie dal grave stato in cui versano.
(4-14808)

GENOVESE, MARIANI, GRANATA, REALACCI, MARGIOTTA, BRATTI, BRAGA, MORASSUT, ANTONINO RUSSO, SIRAGUSA, SCHIRRU, TEMPESTINI, PES, SCARPETTI, BOSSA, SAMPERI, ROSATO, GOZI, SANI, FADDA, MATTESINI, BOCCIA, CARDINALE, PICCOLO, PIZZETTI, SANGA, BENAMATI, LOSACCO, PIERDOMENICO MARTINO, LOLLI, GINEFRA, CUOMO, BURTONE, OLIVERIO, GIULIETTI, GINOBLE, BELLANOVA, GASBARRA, D'ANTONI, LAGANÀ FORTUGNO, GRASSI, MARCHI, CAUSI, BERRETTA, VERINI, MARANTELLI, MURER, DI BIAGIO e PERINA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da autorevoli fonti di stampa si è appreso che a breve «si terrà una nuova riunione del Cipe che potrebbe sbloccare una serie di opere immediatamente cantierabili e che (...) è possibile che all'ordine del giorno venga inserita anche la valutazione finale sul progetto del ponte sullo Stretto»;
un attento esame dei documenti di progetto evidenzia gravi lacune ed apparenti inosservanze rispetto alle prescrizioni e raccomandazioni con cui il Cipe aveva a suo tempo approvato la progettazione preliminare;
in particolare, il progetto cosiddetto «definitivo» manca di elementi affidati alla progettazione di enti terzi (progettazione dello scalo ferroviario sul lato-Sicilia, raccordo con la rete ferroviaria sul lato-Calabria, raddoppio della carreggiata per il collegamento tra la rete autostradale siciliana); evidenzia carenze di indagine sismica, apertamente dichiarate dalla stessa «Relazione Geologica Generale» nella quale si legge che: «per descrivere le strutture tettoniche presenti nello Stretto» ci si è basati «sui dati del progetto preliminare, in quanto non sono disponibili elementi nuovi», concludendo che: «in sede di Progetto Esecutivo sarebbe auspicabile che si aggiornassero i profili sismici del progetto preliminare ed acquisire dati aggiornati delle aree marine» (Doc. PB0004_FO, pag. 63);
lo stesso progetto mostra, sempre in relazione al profilo sismico, «lacune a livello di ricerche sul campo e/o interpretazione dei dati» e risulta non cartografata «una faglia che, se attiva, va ad incidere direttamente sulle fondamenta dei piloni o nelle sue immediate prossimità» (Osservazioni delle Associazioni ambientaliste al Progetto Definitivo, 27 novembre 2011, pag. 168);
non risulta prodotta nuova via in relazione alle importanti variazioni del manufatto principale, del quale sono stati modificati posizionamento, altezza, peso;
il progetto sopra citato non risponde in maniera soddisfacente alla raccomandazione n. 1 del CIPE ed ai rilievi della Corte dei conti in materia di aggiornamento dei flussi di traffico; il modello trasportistico utilizzato nella apposita «relazione» (Doc. G0322_F0), infatti, appare di dubbia affidabilità ed è molto probabile che mantenga elevati livelli di sovrastima dei passaggi, dato che: considera per un periodo di tempo molto lungo (oltre 30 anni) una sola variabile (la crescita del Pil) come determinante del volume di traffico, trascurando del tutto altre variabili strutturali (ad esempio, la dinamica demografica della popolazione, la dinamica del «parco-automezzi») la cui tendenza stazionaria riduce l'impatto del Pil sulla domanda di trasporto; non tiene conto nell'analisi di previsione del costante calo di passeggeri

in attraversamento sullo Stretto di Messina negli ultimi 15 anni, pur debitamente descritto nell'apposito paragrafo; sussistono notevoli incertezze in relazione sia alla natura statistica che al valore dei parametri utilizzati per convertire la crescita del Pil in variazione dei passaggi sul ponte (parametri che lo studio applica al loro livello massimo);
dopo aver proceduto a stime di breve e di lungo periodo del Pil per la Sicilia e l'Italia, lo studio sostanzialmente raddoppia i tassi di crescita di Sicilia e Calabria per un periodo di 12 anni (6 precedenti e 6 seguenti l'avvio dell'esercizio del ponte), senza esporre le ragioni e gli sviluppi analitici di tali effetti e menzionando solo un oscuro effetto «trascinamento»;
in relazione all'evoluzione attesa della domanda di passaggi da/per la Sicilia, il progetto definitivo prevede già dall'anno 2011 una brusca impennata, lontana sia dal trend storico che dalla realtà attuale;
lo stesso studio ipotizza che l'esistenza del ponte modificherà le preferenze modali dei passeggeri da/per la Sicilia, riducendo in maniera significativa la percentuale di domanda rivolta al mezzo aereo ed incrementando fortemente la domanda di uso dei mezzi gommati, basando tali previsioni su indagini prevalentemente telefoniche, poco adatte a rilevare preferenze relative a scenari ipotetici complessi, quale quello determinato dall'eventuale esistenza del ponte;
le previsioni non tengono conto del rischio di chiusura dell'opera per alcuni giorni l'anno a causa dei venti;
ad esito di tali «forzature», vengono offerte previsioni di utilizzo del ponte in linea con gli scenari intermedi del progetto preliminare le quali, non finalizzate ad analisi costi-benefici, non offrono alcun elemento di valutazione per la sostenibilità economica e finanziaria dell'opera;
nell'analisi costi-benefici del progetto preliminare, gli scenari fondati sugli stessi livelli di attraversamento generavano valori attuali negativi quando si simulava un incremento del costo dell'opera del 15 per cento. Poiché tale costo è passato da 4,4 ad 8,5 miliardi di euro, crescendo del 93 per cento (ovvero del 39 per cento, se si considera l'importo messo a base della gara al lordo degli oneri di interessi), non risulta credibile che l'opera sia economicamente e finanziariamente sostenibile;
risulta non conclusa la procedura di via del Ministero dell'ambiente in relazione allo stesso progetto;
nel settembre 2009 è intervenuto tra Stretto di Messina spa contraente generale un accordo che ha alterato ex-post in maniera sostanziale alcuni requisiti e condizioni posti a base della gara e dichiarati a suo tempo non negoziabili dallo stesso amministratore delegato della società concessionaria (risposta del dottor Pietro Ciucci alla Senatrice Anna Donato del 21 dicembre 2005, prot. n. 1899); in particolare, nella citata risposta il dottor Ciucci aveva affermato che: «La disciplina dei rapporti tra la Concessionaria ed il Contraente Generale dell'opera non è stata né dovrà costituire oggetto di una puntuale negoziazione tra le parti» perché l'articolato del contratto «è stato inviato ai tre raggruppamenti ammessi a concorrere per l'affidamento con gli altri documenti di gara». In risposta a ciò, i concorrenti hanno dovuto fornire «a pena di esclusione, la formale attestazione "di aver verificato e di accettare senza condizioni in riserva alcuna tutte le norme, disposizioni, clausole e condizioni di cui... allo schema di contratto e suoi allegati,... avendo di ciò tenuto conto nel formulare la propria offerta"». Ancora nello stesso documento Ciucci chiariva che: «il contratto consisterà nello schema anzidetto con il solo inserimento dei contenuti economici dell'offerta accolta»; inoltre, in merito alle penali, richiamando lo schema di contratto, veniva chiarito che dopo l'approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, qualora la società Stretto di Messina non avesse approvato il progetto esecutivo o non avesse avviato i cantieri, il contratto avrebbe potuto essere unilateralmente

risolto riconoscendo al contraente generale «le prestazioni regolarmente effettuate, il rimborso delle spese sostenute se documentate e ritenute congrue, nonché una ulteriore somma pari al 10 per cento dell'importo predetto» (Articolo 44 del contratto);
in contrasto con tali affermazioni l'accordo intervenuto nel settembre 2009, all'articolo 3 ed all'articolo 5: ha ridotto dal 15 per cento (percentuale contenuta nell'offerta accolta) al 10 per cento l'importo di «prefinanziamento a carico del contraente generale, prevedendo la possibilità di una ulteriore riduzione fino al limite minimo del 5 per cento (il limite minimo previsto nel bando era fissato alla percentuale doppia del 10 per cento) (articolo 3); ha previsto che, a seguito dell'approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, la mancata approvazione del progetto esecutivo da parte di società Stretto di Messina o il mancato avvio dei cantieri obblighino a riconoscere «ad Eurolink il pagamento delle prestazioni rese e delle spese sino a quel momento sostenute come previste all'articolo 44.4 del Contratto senza alcuna maggiorazione ed incluse quelle precedenti alla stipula del presente atto, nonché di quelle da sostenere per la smobilitazione delle attività, oltre a un indennizzo per la perdita del contratto nella misura del 5 per cento dell'importo risultante dal progetto definitivo diminuito di un quinto» (articolo 5);
tale accordo stravolge le clausole del contratto, favorendo il Contraente generale e danneggiando la parte pubblica, determinando fin dall'approvazione del progetto definitivo un ipotetico diritto a penali di importo elevatissimo, in aperta contraddizione a quanto ufficialmente dichiarato dall'amministratore delegato della società concessionaria;
il Presidente del Consiglio ha correttamente sostenuto la necessità di «procedere ad una verifica puntuale delle opere» (Sole 24 ore, 27 dicembre 2011) da valutare, ma occorre altresì considerare i fondati dubbi sulle reali caratteristiche di «definitività» del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, le carenze documentali, le inadeguatezze analitiche, la reiterata inaffidabilità delle stime di traffico, la conseguente probabile insostenibilità finanziaria dell'opera, il non completamento della procedura di via, l'assenza della valutazione di incidenza richiesta dalla Comunità europea, la non corretta considerazione dei vincoli paesaggistici e di quelli idrogeologici, l'esclusione del progetto dal core network dei dieci corridoi delle Reti transeuropee di trasporto (TEN-T) dell'Unione europea, nonché l'intervenuta alterazione a posteriori di condizioni e clausole che costituivano parte integrante del bando di gara per l'individuazione del contraente generale -:
se non ritenga opportuno:
a) adoperarsi affinché il CIPE consideri - secondo quanto previsto dal Contratto - il progetto definitivo del ponte, a proprio insindacabile giudizio, meritevole di approvazione senza che il Contraente Generale possa avanzare richieste per il riconoscimento di maggiori compensi;
b) valutare in maniera approfondita la legittimità dell'accordo sottoscritto nel settembre 2009 tra la società concessionaria ed il contraente generale;
c) considerare in maniera meditata l'adeguatezza degli attuali organi di amministrazione della società Stretto di Messina spa, titolare di una concessione dello Stato, ai fini della tutela dell'interesse pubblico, promuovendone eventualmente la rimozione;
valutare altresì l'utilità (ove venisse rescisso il contratto con il contraente generale) della esistenza stessa della società Stretto di Messina spa, promuovendone eventualmente lo scioglimento.
(4-14821)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RIGONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
l'ENIT - Agenzia nazionale del turismo - promuove l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e ne favorisce la commercializzazione all'estero, sostiene e valorizza l'immagine del brand Italia che si posiziona a livello mondiale fra le mete turistiche più visitate dai turisti di tutto il mondo;
il nostro Paese possiede uno straordinario patrimonio culturale, archeologico, artistico, architettonico, turistico ed ambientale di inestimabile valore che non è paragonabile a quello degli altri Paesi europei ed extraeuropei;
tale patrimonio necessita di essere conosciuto, valorizzato e promosso nei mercati turistici di tutto il mondo;
il turismo rappresenta un asset strategico del nostro Paese ed all'ENIT è delegato il compito di costruire le condizioni per un forte e costante incremento delle presenze turistiche in Italia;
i dati per l'anno 2010 vedono l'Italia al 5° posto della graduatoria relativa agli arrivi internazionali con più di 43,6 milioni di arrivi corrispondenti a quasi 39 miliardi di dollari di introiti;
la legge 273 del 12 dicembre 2002 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza) consente, al fine di accelerare le procedure di rilascio di visti turistici da parte delle sedi diplomatiche italiane all'estero, lo stanzionamento di risorse all'uopo preposte a favore dell'ENIT;
il protocollo d'intesa Ministero degli affari esteri - Ministero dello sviluppo economico - ENIT del 7 luglio 2004 che dispone tra l'altro, l'obiettivo di incrementare i flussi turistici verso l'Italia e il flusso di investimenti diretti esteri da e verso l'Italia nel settore turistico;
il protocollo d'intesa tra il Dipartimento del turismo e della Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero degli affari esteri del 14 gennaio 2009, mira a facilitare la più ampia collaborazione tra le due parti;
il protocollo d'intesa tra il Ministero degli affari esteri e ENIT del 22 febbraio 2011 in materia di collaborazione affida a ENIT i servizi connessi al disbrigo di pratiche relative ai visti turistici presso alcune rappresentanze diplomatico consolari individuate d'intesa con il Ministero degli affari esteri; tali servizi riguardano ad esempio informazione telefonica privata, agenzie ed operatori turistici, fissazione di appuntamenti, traduzioni ed interpretariato, raccolta di documentazione, riconsegna passaporti, assistenza ai controlli sui rientri;
tale collaborazione ha applicazione presso i consolati generali d'Italia in Mosca, San Pietroburgo, Kiev, Canton, Shanghai e Mumbai, nonché presso le Ambasciate d'Italia in Mosca, Kiev, Pechino e New Delhi;
la suddetta collaborazione Ministero degli affari esteri-ENIT a fare data dal 2003 ha assicurato l'obiettivo di incrementare il numero e di accelerare le procedure per il rilascio dei visti; il valore dei servizi forniti da ENIT è attestato dal continuo incremento negli anni del numero dei visti rilasciati - a titolo di esempio ricordiamo gli incrementi registrati nel 2010 rispetto all'anno precedente per la Cina 99,8 per cento, per la Russia 40,7 per cento, per l'India 36,5 per cento e per il 2011 per il solo consolato generale d'Italia in Mosca quasi 600.000 visti d'ingresso cioè più di un terzo del totale dei visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatico consolari italiane;
diversi consolati italiani affidano a soggetti privati esterni (cosiddetti centri di

visto) una parte della procedura, relativa alla raccolta e alla gestione di richieste di visto, con costi aggiuntivi per i richiedenti; in particolare, in riferimento ai paesi in cui ENIT è operativa, questo servizio è stato esternalizzato a Mosca a favore della società VMS, in India a favore della società VFS global service, a Pechino a favore della società IVAC, a Kiev a favore della società VMS. A titolo di esempio il costo a carico del richiedente per ogni singolo visto, richiesto dai «centri visti privati», ammontano per la sede di Mosca a 32,00 euro, per la sede di Kiev 31,00 euro, e questo si somma alla quota ordinaria che viene corrisposta alle singole rappresentanze consolari di 35,00 euro -:
se il Ministero degli affari esteri abbia provveduto a liquidare all'ENIT le somme riguardanti i servizi effettuati per le procedure di accelerazione del rilascio del visto relative all'anno 2011 come da convenzione Ministero degli affari esteri-ENIT;
se il Ministero degli affari esteri abbia provveduto a predisporre il finanziamento per l'anno 2012 per le riconferme del personale messo a disposizione da ENIT nelle sedi consolari di Mosca (10 unità), San Pietroburgo (4 unità), Mumbai (3 unità), Delhi (3 unità), Pechino (17 unità), Shanghai (8 unità), Canton (7 unità);
se il Ministero degli affari esteri non ritenga, alla luce dei crescenti dati riferiti alle richieste di visti turistici dall'Ucraina, di inserire all'interno della suddetta convenzione anche la sede consolare di Kiev;
se il Ministero degli affari esteri non ritenga altresì opportuno affidare ad ENIT, anche a titolo sperimentale, le competenze per la gestione in concessione di servizi di supporto ai consolati generali d'Italia per le procedure di rilascio dei visti d'ingresso in Italia, superando in questo modo l'esternalizzazione del servizio;
se il Ministero degli affari esteri non ritenga troppo elevata la somma richiesta per l'espletamento del servizio affidato a soggetti privati esterni (centri di visto), applicando di fatto una maggioranza di quasi il 100 per cento a totale carico del turista straniero interessato ad ottenere il visto turistico allo scopo di visitare il nostro Paese e se tale costo non possa costituire un elemento negativo dell'immagine complessiva dell'Italia.
(5-06118)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la polizia cinese ha arrestato lunedì 30 gennaio 2012, cinque sacerdoti della chiesa «sotterranea» della diocesi di Suiyuan (o Hohhot), nella regione autonoma della Mongolia interna. Nonostante si ignori ancora il motivo del blitz (la pubblica sicurezza non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione), gli arresti si sono verificati in una diocesi nella quale la comunità «clandestina» conduce da anni una vita «tanto discreta quanto attiva», come ha sottolineato il sito Églises d'Asie;
secondo fonti ecclesiastiche citate da UCA News (31 gennaio) gli arresti sono stati effettuati nella città di Erenhot, vicina al confine con la Mongolia. Secondo l'agenzia, si tratta dell'amministratore diocesano, padre Joseph Zhang, del rettore del seminario «clandestino» locale, padre Joseph Ban, e di tre parroci, i padri Ding, Wang e Zhao. Una trentina di poliziotti e funzionari ha fatto irruzione nella casa di un fedele, nella quale i presbiteri si erano riuniti;
mentre le autorità non hanno fornito alcuna spiegazione, i responsabili laici della comunità «clandestina» hanno invitato i fedeli a pregare per ottenere un rapido rilascio dei sacerdoti arrestati. Come osservano le fonti, l'azione della polizia a Erenhot viene ritenuta «molto insolita». Infatti, per anni la comunità «clandestina» di Suiyuan (non riconosciuta da Pechino e fedele a Roma e al Santo Padre) ha condotto un'esistenza tranquilla. Ospitati presso varie famiglie, i circa 30 sacerdoti hanno potuto comunque

lavorare nella massima discrezione, svolgendo il loro ministero in modo nascosto;
ufficialmente, la diocesi, è stata abolita ed integrata in quella della capitale della provincia, Hohhot, che ha un vescovo «ufficiale» dall'aprile 2010 nella persona di monsignor Paul Meng Qinglu, 47 anni, la cui ordinazione episcopale è avvenuta con l'approvazione della Santa Sede e con l'avallo delle autorità cinesi. Aiutato da un sacerdote più anziano, padre Meng aveva assunto la guida della diocesi di Hohhot dopo la morte del vescovo «ufficiale», mons. Johannes Wang Xixian, avvenuta nel maggio 2005;
sembra all'interrogante che questo sia un ennesimo episodio di violazione della libertà religiosa in Cina e si confida che in sede di attuazione dell'impegno assunto dal Governo per la difesa della libertà religiosa nel mondo, con l'approvazione alla Camera della risoluzione unitaria Mazzocchi e altri del 12 gennaio 2011, non si usino standard diversi tra piccoli e grandi Paesi in relazione agli scambi commerciali -:
se il Governo abbia fatto presente questo tipo di violazioni alle autorità cinesi;
se il Governo si sia attivato, o intenda farlo, presso la Repubblica popolare cinese o le istituzioni internazionali al fine di tutelare le minoranze religiose in Cina.
(5-06121)

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il processo di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, attuato tra il 2009 e il 2011, ha determinato la chiusura di un elevato numero di rappresentanze, colpendo gli interessi strategici degli italiani nel mondo e del nostro sistema economico ed imprenditoriale;
in data 30 giugno 2011 il consolato generale di Amburgo è stato soppresso e la competenza territoriale per i Länder «Hamburg», «Schleswig Holstein», «Brema» e «Mecklenburg Vorpommern» è passata al consolato generale di Hannover;
la decisione di concentrare la rappresentanza ad Hannover è avvenuta in controtendenza rispetto a quelle compiute da altri Paesi, come la Spagna e la Grecia, che pur in un quadro di complessiva riduzione delle loro rappresentanze, hanno conservato ad Amburgo le loro strutture, insieme agli oltre cento Paesi accreditati nella regione metropolitana amburghese;
per scongiurare la chiusura del consolato di Amburgo, i cittadini residenti nella circoscrizione avevano costituito il comitato «Salviamo il Consolato di Amburgo»; tale comitato, insieme a referenti politici ed istituzionali dei Länder coinvolti e della Repubblica federale, hanno ripetutamente evidenziato le criticità che il ritiro istituzionale del nostro Paese da quell'area avrebbe comportato;
la chiusura del consolato d'Amburgo rappresenta un fatto dannoso per l'Italia, non solo per la consistenza della comunità italiana che risiede in quella circoscrizione e che vede oggi compromesso l'accesso ai servizi essenziali, ma anche per il rilievo delle attività commerciali che ruotano intorno a uno dei principali porti nel mondo e a una delle principali sedi dell'industria aerospaziale civile, attività sulle quali grava oggi un vuoto di rappresentanza del nostro Paese;
la soluzione preannunciata, riportata sul sito del consolato generale di Hannover, di una saltuaria presenza di un addetto consolare presso la Missione cattolica di Amburgo, non ha trovato riscontro nella realtà, e lo stesso parroco che cura la Missione cattolica, non risulta esserne a conoscenza; peraltro viene da chiedersi se non sia più opportuno predisporre il servizio permanente di consulenza consolare nei locali dell'Istituto italiano di cultura,

collocato in uno stabile demaniale e non nella Missione cattolica, ospite in locali della curia tedesca;
i 18.000 cittadini italiani residenti nella ex circoscrizione consolare sono tuttora costretti a recarsi presso la sede ricevente, che dista mediamente 150 chilometri dal luogo di residenza, con un costo medio per il trasporto di 120 euro;
a tale situazione di disagio, si aggiunge la soppressione dei corsi di lingua e cultura italiana e dei corsi di sostegno, con negative conseguenze sulla promozione della lingua e cultura italiana in un'area altamente strategica, incidendo sul processo d'integrazione dei nostri giovani connazionali e rischiando così di annullare gli apprezzabili risultati raggiunti dagli enti gestori con l'impegno e il lavoro assicurato per molti anni -:
se non intenda garantire livelli adeguati di assistenza ai connazionali residenti nella ex circoscrizione consolare di Amburgo, attraverso l'apertura di uno sportello consolare e l'istituzione di un ufficio consolare onorario che assicuri un'effettiva rappresentanza delle imprese italiane operanti nella regione anseatica;
quali iniziative intenda adottare per superare gli ostacoli che si frappongono al ripristino, da parte degli enti gestori, dei corsi di lingua e cultura italiana e dei corsi di sostegno.
(4-14811)

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
nel corso del 2012 l'Istituto agronomico per l'oltremare di Firenze subirà una decurtazione pari al 44 per cento dei contributi che arrivano dal Ministero degli affari esteri, ovvero un totale di 540 mila euro in meno per stipendi, Irap e contributi e 300 mila euro in meno per le spese del funzionamento dell'Istituto stesso;
i tagli in questione sarebbero tali da mettere l'Istituto nell'impossibilità di pagare gli stipendi di 25 unità di personale tra dirigenti e dipendenti e dei 20 collaboratori a progetto per l'anno 2012;
la riorganizzazione dell'Istituto agronomico per l'oltremare di Firenze completata nel febbraio 2011 ha fatto sì che i dipendenti dai 45 del 2008 siano scesi ai 25 di oggi;
nel corso del 2011 è stato indetto un concorso per l'assunzione di nuovo personale nell'aerea amministrativa -:
per quali ragioni sia stato autorizzato un concorso per l'assunzione di 5 unità di nuovo personale alla luce di quanto esposto in premessa;
quali iniziative saranno intraprese per garantire la sopravvivenza dell'Istituto e per bloccare l'assunzione di nuovo personale in assenza dei fondi necessari agli stipendi del personale già in organico.
(4-14822)

...

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:

BARBARO. - Al Ministro per gli affari europei, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da recenti inchieste giornalistiche si è appreso che arrivano ingenti quantità di pane prodotto in Romania sul mercato italiano, immesso soprattutto nel circuito della grande distribuzione;
in Romania a fianco di aziende tecnologicamente all'avanguardia per la produzione di pane, ne esistono altre semi-artigianali capaci di offrire garanzie di qualità - a cominciare dai procedimenti di cottura -, e di sicurezza igienica così dubbie da alimentare il fondato sospetto che utilizzino nei forni elementi impropri come pneumatici, scarti di bare e materiali provenienti da demolizioni di impianti industriali;

il costo del pane prodotto in Romania (60-80 centesimi) è largamente inferiore rispetto a quello prodotto in Italia (circa 3 euro e 50) e ciò rappresenta una delle principali ragioni alla base dei 4 milioni di chili di pane surgelato rumeno prodotti ogni anno, che rischiano di arrivare tramite camion frigorifero nella grande distribuzione italiana;
troppo generica e per niente chiara è l'indicazione presente sul packaging «prodotto sfornato e confezionato in questo punto vendita»;
il consumatore ha diritto di sapere cosa sta acquistando, soprattutto in un regime di libera concorrenza;
l'articolo 32 della Costituzione italiana, nel sancire la tutela della salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività», di fatto obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute -:
cosa il Governo intenda fare, nell'ambito delle sue competenze, per far sì che l'Unione europea si impegni affinché sia resa obbligatoria un'etichettatura dei prodotti di panificazione tale da consentire un'effettiva tracciabilità del prodotto e da tutelare la sicurezza alimentare dei cittadini.
(4-14809)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in prossimità della riserva speciale del geosito dei Calanchi, sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale, in territorio di Montalbano Ionico (Matera) si sta assistendo ad un implementazione degli impianti eolici di tipo industriale che in qualche modo mettono a rischio uno dei paesaggi più belli del nostro Paese;
dei due impianti uno consterà di 9 turbine e l'altro di 12 turbine da 2,5 megawatt;
al comune di Montalbano Ionico per la ubicazione dei citati impianti saranno attribuite delle compensazioni come previsto per legge;
il prossimo 31 marzo 2012 scadono i termini per la presentazione in regione Basilicata rispetto all'ubicazione delle pale eoliche;
si è in presenza di investimenti che per quanto green, hanno un loro impatto su uno degli angoli più belli della Basilicata e dell'intero Paese;
se e quali iniziative il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, intenda attivare per la tutela del sito dei Calanchi in Basilicata, evitando uno sfruttamento eccessivo del territorio e prevenendo forme di speculazione.
(3-02094)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società consortile Castalia, costituita nel 1985 e aggregante le principali compagnie di navigazione italiana che operano nel soccorso e antinquinamento in mare, opera dal 1987 per l'ispettorato centrale difesa del mare dell'ex Ministero della marina mercantile e poi per conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per espletare servizi di scoperta e intervento per la riduzione, il contenimento e il recupero di idrocarburi mediante l'utilizzazione di 40 mezzi navali di pronto intervento, adeguatamente attrezzati e dislocati in altrettanti porti italiani;

la convenzione di Castalia con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha una scadenza prevista per il 2013 con possibilità di rinnovo per i successivi due anni;
la manovre finanziarie che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi hanno previsto pesanti tagli ai fondi destinati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per circa 3 milioni di euro con ricadute su tutti i comparti da esso dipendenti;
la società ha un rilievo essenziale per il mar Mediterraneo non solo in caso di grandi tragedie, ma per far fronte ai problemi di inquinamento che si presentano quotidianamente. È intervenuta anche all'estero, in Galizia per la nave cisterna Prestige, e in Libano a Jieh per la bonifica del fondale antistante la centrale elettrica bombardata. Oggi sta assicurando la cintura antinquinamento attorno alla nave Costa Concordia, e, con imbarcazione specializzata, sta eseguendo le indagini sottomarine per l'individuazione e il recupero fusti contenenti prodotti tossici persi a dicembre dalla nave Eurocargo Venezia nelle acque dell'isola Gorgona nel Santuario dei cetacei;
la breve durata delle convenzioni, che prevedono un rinnovo biennale, non permette ai soggetti aggiudicatari la possibilità di programmare investimenti di lungo periodo, che altrimenti potrebbero assicurare un miglior servizio e una maggiore sicurezza per i nostri mari anche per le attività delle piattaforme petrolifere off-shore, poiché non vi è alcuna garanzia di ammortizzamento della spesa -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario e urgente assumere iniziative al fine di assicurare, nonostante i tagli di spesa, i fondi necessari per sostenere un servizio così importante per il nostro Paese;
se non si ritenga necessario prevedere che le future convenzioni per l'erogazione del servizio antinquinamento, con Castalia o altri soggetti che si dovessero aggiudicare la convenzione, abbiano una durata pluriennale (di almeno cinque anni) al fine di permettere agli aggiudicatari la possibilità di programmare investimenti di lungo periodo e il conseguente ammodernamento del naviglio che potrà consentire un servizio sempre più efficace ed efficiente.
(4-14819)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Fondazione Prometeo di Parma è promotrice di una rassegna internazionale di musica moderna e contemporanea, denominata «Traiettorie» giunta nel 2011 alla sua ventunesima edizione;
la rassegna «Traiettorie» è una delle principali iniziative italiane nell'ambito della musica contemporanea tanto che, nel 2011, è stata insignita del XXX premio della critica musicale «Franco Abbiati» come migliore iniziativa per i meriti acquisiti nella diffusione del linguaggio musicale del nostro tempo «con un'immagine progressivamente rafforzata grazie all'impegno mostrato nel seguire la produzione dei nuovi compositori, con esecuzioni sempre contrassegnate da un segno stilistico di indubbio rilievo»;
nelle scorse settimane la Fondazione Prometeo ha pubblicamente contestato la decisione della Commissione consultiva musica, costituita presso il Ministero per i beni e le attività culturali, di escludere la rassegna «Traiettorie» dalla corresponsione dei contributi di cui al decreto ministeriale 9 novembre 2007 poiché «esaminato il progetto nel suo insieme, non lo ha ritenuto (...) rispondente ai criteri di qualità di cui all'articolo 5» del sopraccitato decreto ministeriale;

sulla base delle istanze accolte dalla Commissione emerge che meno dell'1,5 per cento dell'importo complessivo ripartito è stato destinato alla musica contemporanea -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della determinazione della Commissione consultiva musica circa l'assegnazione dei contributi di cui al decreto ministeriale 9 novembre 2007 e se ne condivida l'esito;
se non si ritenga di intervenire al fine di riconsiderare i criteri di corresponsione dei contributi al fine di valorizzare maggiormente la musica contemporanea e in particolare le rassegne già affermate e di riconosciuto valore quale «Traiettorie» organizzata dalla Fondazione Prometeo di Parma.
(5-06120)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

PAOLINI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si sono verificati e sono ancora in corso, in particolar modo nel centro Italia, eventi atmosferici nevosi di particolare entità;
tra le altre località, particolarmente colpito risulta l'alto Montefeltro ed il comune di Urbino;
da notizie stampa, si apprende che il sindaco della città feltresca, che ha richiesto l'intervento di personale dell'esercito per concorrere nelle operazioni di soccorso alla popolazione, si sarebbe visto chiedere il pagamento di tali prestazioni nella misura - a titolo esemplificativo - di euro 3.000 a settimana per una squadra di 10 spalatori, di 800 al giorno per una ruspa, oltre vitto e alloggio -:
se la notizia corrisponde al vero;
in base a quali norme, regolamenti, o disposizioni siano legittimate tali richieste;
quanti siano stati, negli ultimi 3 anni, gli interventi di soccorso dell'esercito per i quali siano state richieste e corrisposte, da chi, e per quali entità complessive, somme di denaro per prestazioni di soccorso;
se tale prassi sia diffusa in tutte le zone d'Italia;
se ritengano i Ministri interrogati di assumere iniziative affinché quella che appare all'interrogante una vera e propria «tassa sulle disgrazie» venga abolita, anche alla luce del fatto che le spese di Difesa sono già coperte dalla fiscalità generale e che, quindi esborsi a carico di comunità locali, non sarebbero altro che una duplicazione di pagamenti già effettuati pro-quota, specie laddove colpiscano comunità, come quella marchigiana, notoriamente produttiva e per la stragrande maggioranza fiscalmente fedele.
(4-14812)

PORFIDIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
era il 1952 quando fu installato nel pontino il centro difesa aerea territoriale proveniente dall'aeroporto di Latina Scalo. Nel corso degli anni si è trasformata in centro traffico aereo e difesa aerea, quindi brigata tecnica addestrativa per la difesa aerea. L'attività del reparto consiste nell'accentrare in un unico comando, la capacità operativa e manutentiva delle forze armate quindi ottimizzare l'impiego delle risorse umane e finanziarie nei settori della difesa aerea, dell'assistenza di volo e delle telecomunicazioni;
attualmente è sede della Nato communications and information system school, in pratica l'unico centro di addestramento formale della Nato per tutti i sistemi di comunicazione ed informatici per entrambi i comandi strategici della Nato (Aco e Act, ndr);
la scuola è considerata centro di eccellenza nella fornitura di addestramento avanzato sul funzionamento, la gestione

e la manutenzione dei sistemi di comunicazione ed informatici in uso nella Nato;
la scuola Nato di Latina - NCISS (Nato communications and information system school) - è specializzata in tecnologie per il settore delle comunicazioni;
la scuola affonda le sue radici nel 1959 con i primi training sulle comunicazioni via radio condotti a Borgo Piave per un ristretto numero di operatori NATO; da allora la scuola si è sviluppata di pari passo con la tecnologia delle comunicazioni; nel 1989, in occasione del suo trentesimo anniversario, la scuola ha preso l'attuale nome, NCISS e nel 2003 contava 2750 studenti;
oggi è una poliedrica realtà formativa che si propone come obiettivo primario il training del personale militare e civile in forza ai Paesi aderenti e non aderenti alla Nato, per quanto concerne la gestione e la manutenzione dei sistemi di comunicazione e degli strumenti informatici adottati;
a dicembre 2008 la Nato communications and information system school è divenuta local academy di Europa Networking, regional academy del Networking Academy Program; la scuola potrà così integrare la propria offerta formativa nel settore tecnologico erogando i corsi Cisco, finalizzati alla specializzazione dei tecnici di reti informatiche;
la local academy di Latina si è subito attivata iniziando il training obbligatorio per i futuri instructor del networking academy program, assistita dalla propria regional academy Europa networking;
nel mese di febbraio sono infatti incominciati i corsi CCAI (Cisco certified academy instructor), curati da Europa Networking. I corsi sono specificamente studiati per preparare i futuri instructor dell'academy di Latina alla docenza nei corsi CCNA (Cisco certified network associate), che rappresentano il primo livello nel sistema delle certificazioni Cisco;
la base in questione dovrebbe essere trasferita in Portogallo;
l'annunciata rilocazione della scuola in Portogallo avrebbe un impatto negativo sul territorio sia da un punto di vista economico che socio-culturale. Dal punto di vista economico la presenza del personale di staff e degli studenti è stimabile intorno ai 5,5 milioni di euro l'anno, ai quali andrebbero associati ulteriori 6 milioni di euro una tantum derivanti dalla mancata realizzazione del progetto della IV ala, già approvato e finanziata;
meno valutabile di quello economico, ma comunque considerevole l'impatto di tipo sociale derivante dal trasferimento; infatti, come accennato, l'insediamento militare di via Chiesuola affonda le radici nella storia stessa della città -:
quali iniziative intenda assumere al fine di evitare lo spostamento della NATO CIS School (NCISS) di Latina.
(4-14820)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, GIRLANDA, DE LUCA, BOCCIARDO e BARANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i vertici di Morgan Stanley, nelle loro periodiche comunicazioni alla SEC (Security Exchange Commission), hanno segnalato che l'esposizione verso l'Italia a cavallo di fine anno è scesa, al lordo delle coperture, da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari, con una differenza di 3,381 miliardi di dollari, pari a 2,567 miliardi di euro;
la cifra corrisponde a circa decimo della manovra «Salva Italia»;
in effetti il 3 gennaio 2012 scorso il Governo italiano ha estinto un'operazione di derivati finanziari, presso la Morgan Stanley;

alcuna informazione, preventiva o successiva, è stata fornita in merito all'operazione, né dal Governo italiano, né dalla Morgan Stanley;
secondo fonti di mercato, nell'operazione Banca IMI (Gruppo Intesa San Paolo) si sarebbe sostituita a Morgan Stanley, triangolando con il Governo;
molte piccole e medie imprese italiane si trovano in serie difficoltà a causa dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione;
il momento di contingente crisi economico finanziaria suggerisce una seria razionalizzazione dei criteri di gestione del debito della pubblica amministrazione, locale o governativa;
la gestione delle operazioni in derivati del Governo italiano a giudizio degli interroganti pecca di trasparenza: non si conosce l'ammontare esatto dell'esposizione e una volta l'anno viene comunicato agli uffici di statistica il guadagno o la perdita complessivamente registrata su questo tipo di operazioni -:
se il Governo intenda chiarire le motivazioni per cui si è deciso di pagare parte del proprio debito con la banca d'affari newyorkese;
se il Governo intenda istituire una nuova strategia comunicativa delle proprie operazioni in derivati, all'insegna della chiarezza e della trasparenza.
(5-06124)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale 10 novembre 2011 è stata disposta l'«allocazione delle sedi notarili recate in aumento del decreto ministeriale 23 dicembre 2009»;
la decisione assunta per i distretti notarili riuniti di Pesaro e Urbino appare all'interrogante non sufficientemente meditata e non rispondente alle necessità del territorio;
la provincia di Pesaro e Urbino comprende 60 comuni piuttosto distanti fra di loro ed ubicati in area interna;
la decisione di concentrare nella città capoluogo Pesaro due ulteriori sedi e altrettante nella seconda città della provincia Fano su un totale di cinque nuove sedi non risponde ai requisiti di esigenza territoriale;
il criterio del limite dei 7.000 abitanti non sarebbe esistito prevedendo una sede notarile nel comune di Sant'Angelo in Lizzola che conta circa 9.000 abitanti e che già era stato indicato quale possibile sede notarile nel decreto ministeriale aprile 2008;
è evidente l'errore commesso, Sant'Angelo in Lizzola è infatti il comune più grande e centrale della unione comunale «Pian del Bruscolo» che unisce cinque comuni per oltre 30.000 abitanti (dei quali fa parte Tavullia) nella più vasta e importante zona industriale della provincia;
è opinione dell'interrogante che l'indicazione del consiglio notarile del comune di Tavullia guardasse esattamente alla medesima zona e che il comune sia stato indicato per errore pensando all'area di Sant'Angelo in Lizzola, prescindendo dal numero degli abitanti e riferendosi all'area di competenza essendo gli stessi confinanti;
per altro verso, l'indicazione di Mercatino Conca a prescindere dal numero di abitanti è stata indicata per dare un servizio all'intera vallata del Conca che risulta completamente sguarnita del servizio notarile;
l'importante considerazione per la candidatura di Mercatino Conca va fatta in ordine agli esodi che da tutta la Vallata del Conca si registrano verso la Repubblica

di San Marino anche per il servizio di cui trattasi non essendovi in loco un servizio «nazionale»;
la concentrazione su Pesaro e Fano è da considerarsi impropria e non funzionale ed appare pertanto opportuno prevederne la revisione prevedendo l'istituzione di una sola sede a Pesaro ed una sola a Fano, diffondendo meglio il servizio nel territorio con la sede di Sant'Angelo in Lizzola a parere dell'interrogante non valutata per palese errore e la sede di Mercatino Conca, per la particolare situazione della vicinanza con la Repubblica di San Marino -:
se il Ministro intenda sottoporre a verifica il caso richiamato per i distretti notarili di Pesaro e Urbino, in particolare per il palese errore commesso nel non indicare la sede di Sant'Angelo in Lizzola, già prevista in precedenza, e nel non aver adeguatamente valutato il fenomeno degli «esodi» verso la Repubblica di San Marino per la sede di Mercatino Conca;
se intenda assumere iniziative per modificare di conseguenza il decreto di cui trattasi.
(5-06113)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINONE e MOSCA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la casa circondariale di Monza (Monza e Brianza) è sovraffollata, come già dagli interroganti evidenziato in una precedente interrogazione al Ministro, e presenta problemi manutentivi ormai di una certa rilevanza;
con il freddo intenso di questi giorni si è venuto a determinare un nuovo grave problema che rende molto difficile la condizione dei carcerati e degli agenti di custodia: la centrale termica si è infatti guastata, così come l'impianto idraulico;
la condizione di massima emergenza non è certo alleviata dall'utilizzo di alcune stufette elettriche acquistate dall'amministrazione per arginare il problema -:
se il Ministro sia a conoscenza della difficilissima situazione del carcere monzese e quali provvedimenti urgenti intenda adottare per avviare il miglioramento, almeno parziale, delle condizioni di vita delle persone che in quella struttura sono recluse o lavorano.
(4-14804)

SCHIRRU. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo schema di decreto legislativo recante «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie - Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» prevede la soppressione e l'accorpamento o dislocamento di diversi uffici sul territorio nazionale;
per quanto riguarda la Sardegna, prevede il taglio di 42 sedi dei giudici di pace;
tra i tanti, anche l'ufficio del giudice di pace di Senorbi (provincia di Cagliari), verrà soppresso definitivamente, salvo che i comuni della Trexenta e Gerrei - che fanno parte della stessa circoscrizione - decidano di attribuirsi tutte le spese sia del personale che di funzionamento dell'ufficio giudiziario suddetto;
l'ufficio del giudice di pace era stato istituito in relazione alla soppressione delle sezioni distaccate delle preture circondariali, consentendo il mantenimento nel territorio dei servizi giudiziari di primaria importanza;
con l'applicazione del provvedimento citato verranno a mancare del tutto i servizi giudiziari di questa zona interna tra le più povere della Sardegna;
considerate le condizioni di grave arretratezza e di difficoltà della prevalente economia agropastorale del territorio, le distanze da Cagliari che per la maggior parte dei comuni superano i 60 chilometri e la nota gravissima inadeguatezza dei

trasporti, basti pensare alle ferrovie, si produrranno conseguenze ancora più gravi e penalizzanti, anche in termini di costi, a carico delle popolazioni, per ottenere un servizio essenziale della giustizia, garantito dalla Costituzione (articolo 24);
la situazione del territorio di Senorbi è comune ad altre province sarde, quali quelle del Sulcis e del Medio Campidano, che perderebbero il presidio del giudice di pace, così come si rischia di lasciare la competenza di aree lontane e mal collegate - come ad esempio il Goceano o il Logudoro - a giudici con base a Cagliari o a Sassari;
la Sardegna ha di fatto peculiarità territoriali purtroppo differenti e svantaggiate rispetto ad altre regioni e i tagli penalizzerebbero, considerati i trasporti, soprattutto i soggetti più deboli, anziani o disabili o invalidi;
si aumenta ulteriormente il peso dei servizi nei centri a già alta densità demografica, con maggiori costi per gli enti locali, lasciando per converso scoperti territori più svantaggiati o quelli con maggior numero di reati, mentre il processo gravissimo, in atto da decenni, di progressivo spopolamento delle zone insulari, verrà accentuato ulteriormente;
un rischio latente infine, è quello di allontanare i cittadini dalla giustizia, scoraggiando il ricorso a tale importante servizio -:
se sia a conoscenza della situazione di cui in premessa; quali iniziative si intendano assumere perché vengano tutelati anche: cittadini residenti nei territori più svantaggiati come quelli citati, insieme salvaguardando e rafforzando uno dei servizi essenziali della giustizia, considerando come gli stessi siano parte vitale di un'economia territoriale già debole.
(4-14807)

REPETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tribunale di Novi Ligure (Alessandria) non è un tribunale vero è proprio, ma solo una sezione distaccata a cui manca completamente, come in tutte le sezioni distaccate, la procura (ad Alessandria ci sono in ruolo 8 pubblici ministeri con relativo personale di cancelleria);
nel tribunale di Novi operano soltanto cinque dipendenti tra cui due per il penale, due per il civile ed una commessa, nonostante l'amplissimo territorio su cui il tribunale di Novi ha giurisdizione;
in particolare, la sezione penale a Novi ha sempre funzionato ottimamente;
il tribunale di Novi, pur essendo una sezione distaccata, ha un carico di lavoro assimilabile a quello di altri tribunali veri e propri del circondario, quali quelli di Acqui e Tortona, che hanno ben altro organico e competenza per materia e costi probabilmente ben superiori;
presso il tribunale di Novi vengono trattate cause di notevole rilevanza sia per quanto riguarda le questioni giuridiche sia per quanto riguarda il valore economico delle stesse, in considerazione di un'intensa attività economica anche per la presenza di rilevanti insediamenti commerciali e industriali;
la conseguente assenza del GIP rende il tribunale di Novi immune da tutti quei problemi, in materia penale, di incompatibilità e di composizione del collegio che perennemente affliggono i tribunali minori;
infine, l'eventuale eliminazione di una sezione distaccata come quella di Novi produrrebbe ben pochi risparmi, poiché il personale impiegatizio dovrebbe comunque essere trasferito in altro loco, a cui probabilmente non conseguirebbe un miglioramento in termini di efficienza complessiva del sistema ed anzi un suo probabile peggioramento considerando la grande mole di fascicoli che dovrebbero essere trasferiti ad Alessandria, ove il tribunale già di per sé oberato da notevole contenzioso -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al riguardo, tenendo

conto delle osservazioni di cui in premessa.
(4-14810)

MANCUSO, BARANI, BOCCIARDO, DE LUCA e GIRLANDA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la notte del 19 settembre 2009, un detenuto marocchino, Khalid Nedi, trattenuto nel carcere Marassi di Aosta, subì un infortunio al polso;
nel referto medico di quella notte, il signor Nedi venne giudicato guaribile in sette giorni;
i due agenti che accompagnavano il detenuto specificarono che il suo polso «è stato schiacciato da un altro detenuto»;
la dottoressa Maria Grazie Bonifaci, la commissaria della polizia penitenziaria a capo delle guardie del Marassi, non credette a questa versione, soprattutto in considerazione che Khalid Nedi era detenuto in condizione di isolamento;
il dubbio della Bonifaci era che il detenuto abbia subito un pestaggio e che si voglia nascondere la cosa;
il fatto ha dato il via ad una sordida battaglia tra poliziotti che sostenevano la tesi del pestaggio e che appoggiavano la tesi dell'incidente;
le versioni di questi furono appoggiate anche dal direttore del carcere, Salvatore Mazzeo;
il detenuto chiese due volte di avere un colloquio con il magistrato di sorveglianza, ma le due domande vengono smarrite e Nedi parla solo con la Bonifaci;
nel frattempo la Bonifaci subì un'impressionante quantità di contestazioni disciplinari dal Mazzeo e si rivolge alla magistratura di Aosta;
in una conversazione registrata Mazzeo, rivolgendosi alla Bonifaci, affermò: «Il tuo esposto finirà nel cestino, ho già parlato con il magistrato»;
il 17 ottobre il procuratore della Repubblica Marilinda Mineccia ha chiesto l'archiviazione del caso, sostenendo che non sono state raccolte prove sufficienti;
nel frattempo la Bonifaci ha chiesto e ottenuto il trasferimento a Volterra;
due colleghi della Bonifaci, Marcello Passafiume e Massimiliano Assacesi, che appoggiavano la sua tesi, hanno impugnato l'archiviazione, contestando tramite i loro avvocati che «non è mai stata fatta alcuna indagine: zero acquisizioni, zero interrogatori»;
il 23 dicembre 2011 il giudice per le indagini preliminari Maurizio D'Abrusco ha respinto la richiesta di archiviazione e ha ordinato al pubblico ministero la prosecuzione delle indagini, indicando gli atti da compiere e i punti da chiarire -:
se il Governo per quanto di competenza, intenda acquisire elementi sulla vicenda dal provveditore regionale del Piemonte e dal Capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche, al fine del distaccamento ad altra sede degli indagati nel carcere di Aosta, attesa la gravità delle accuse e la possibilità di alterare le indagini stesse, anche considerando che alcuni testimoni a carico degli indagati, tra l'altro, sono gerarchicamente subordinati.
(4-14818)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e BOCCIARDO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 2 aprile 2009 il procuratore di Perugia Manuela Comodi e il sostituto Giuliano Mignini conferiscono a Luigi Guadagno l'incarico di realizzare una «ricostruzione con immagini virtuali delle fasi salienti del delitto di Meredith Kercher, che accompagnino la requisitoria del pubblico ministero»;
Luigi Guadagno è amministratore unico della società Nventa;

il compenso viene fissato a euro 152.320, cui si aggiungono 30.464 di IVA, per un totale 182.784;
un film di successo costa, in media, un decimo di questa cifra;
il filmato dura venti minuti, è stato proiettato una sola volta durante un'udienza a porte chiuse e non è stato nemmeno inserito nel fascicolo del processo;
il costo doveva essere sostenuto dai due imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito;
essendo stati i due assolti per non aver commesso il fatto, il costo è ricaduto sull'erario e, quindi, su tutti i cittadini -:
se non intenda adottare iniziative ispettive in relazione a quanto segnalato in premessa.
(4-14828)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi a causa dell'abbondante nevicata e del ghiaccio che si è formato sui binari, cui si sono aggiunti crolli di alberi e rami, numerosi convogli ferroviari hanno subito ritardi e blocchi creando molti disagi ai viaggiatori, alcuni dei quali hanno raccontato sui social network le loro interminabili ore di viaggio, spesso trascorse al gelo a causa del malfunzionamento del riscaldamento;
in particolare, un convoglio Cassino-Roma è rimasto fermo per molte ore, alla stazione di Valmontone con circa 200 pendolari a bordo, mentre il Roma-Cassino con centinaia di passeggeri, tra cui molti bambini, è rimasto bloccato a Zagarolo a causa degli alberi caduti sulla rete ferroviaria e solo grazie ai soccorsi dalla protezione civile i passeggeri hanno ricevuto bevande calde e coperte;
i viaggiatori hanno denunciato la scarsa assistenza fornita da Trenitalia, che non è stata in grado di liberare i tratti di ferrovia ghiacciati, e sono già numerosi gli utenti che voglio organizzare una class action nei confronti di Trenitalia -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato al riguardo e quali iniziative, di propria competenza, intenda adottare in merito per evitare in futuro analoghi episodi.
(3-02092)

BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Aero Club d'Italia è un ente pubblico non economico finanziato con contributi del CONI e dei Ministeri vigilanti e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'ente;
nello stesso ente l'attività di segreteria-reception risulta affidata ad una società a responsabilità limitata; questa attività, ad avviso dell'interrogante, non si può configurare come una prestazione di servizi, ma come una vera e propria somministrazione di lavoro; andrebbe pertanto verificato, secondo l'interrogante, se la predetta società possieda le autorizzazioni richieste per le attività di cui all'articolo 4 (agenzie per il lavoro) del decreto legislativo n. 276 del 2003; oltretutto, sembrerebbe che la stessa società svolga anche compiti nel settore del protocollo, che, ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo n. 445 del 2000, sono riservati a dipendenti dell'ente; la situazione determinatasi appare, altresì, in contrasto con l'articolo 36, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede per esigenze di lavoro ordinarie, come per il servizio del protocollo, che le amministrazioni si avvalgano di rapporti di lavoro a tempo

indeterminato, riservando le tipologie di lavoro flessibile ad esigenze temporanee ed eccezionali;
si sono concluse celebrazioni centenario, per le quali è già stata presentata interrogazione parlamentare n. 4-13901 del 12 novembre 2011;
con riferimento a tali celebrazioni non sono risultati in regola i documenti presentati al dipartimento pubblici spettacoli del comune di Roma, tanto che l'autorizzazione a suo tempo emessa e subordinata ad alcuni adempimenti, tra cui collaudi statici del palco e altre strutture, conformità impianti elettrici e servizio antincendio, sarebbe stata revocata;
con delibera commissariale del 17 giugno 2004, l'Aero Club d'Italia ha dato incarico di redazione del regolamento di contabilità e bilancio, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003 stabilendo un compenso di euro 50.000,00 per il professionista incaricato della stessa, e il compenso già elevato in sé, all'interrogante non appare giustificato, non solo perché fra i dipendenti dell'ente erano presenti le professionalità necessarie per la stesura del regolamento, trattandosi di competenze amministrative, e quindi sarebbe violato l'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma anche perché lo stesso sembra pressoché identico al decreto del Presidente della Repubblica citato, e non tale da giustificare tale spesa esorbitante -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se si intendano assumere iniziative ispettive in ordine alle eventuali violazioni della disciplina sulla somministrazione di lavoro, svolta da una società che sarebbe priva dei requisiti a partire dall'aprile 2011, in contrasto con le norme sull'utilizzo di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni ex articolo 36 decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato con il decreto legislativo n. 150 del 2009, e sulla tenuta del protocollo informatico da parte delle amministrazioni pubbliche ex articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;
quali iniziative si intendano intraprendere in relazione ad eventuali violazioni alla normativa sul contenimento dei costi pubblici di cui al decreto-legge n. 78 del 2010 e sull'organizzazione dei pubblici spettacoli, per quanto riguarda l'organizzazione delle celebrazioni del centenario dell'Aero Club d'Italia;
per quali ragioni l'Aero Club d'Italia vigilato, tra gli altri, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, abbia deciso di conferire incarico a professionista esterno per la redazione del regolamento di contabilità e bilancio, in presenza di professionalità adeguate all'interno, trattandosi di competenze amministrative, in contrasto, a giudizio dell'interrogante, con l'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e se sia stata operata selezione per la scelta dell'incaricato, e quali siano stati i criteri per la definizione del compenso, se esso sia commisurato all'impegno e al tempo che si è reso necessario per la definizione del regolamento, e quali siano le ragioni per cui tale regolamento sarebbe pressoché identico al decreto del Presidente della Repubblica n. 97 del 2003, che costituisce la normativa di riferimento.
(3-02093)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LARATTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
com'è noto, i collegamenti ferroviari lungo la tratta Reggio Calabria/Taranto e viceversa, risultano fortemente ridimensionati, soprattutto dopo una serie di tagli e soppressione di convogli a media e lunga percorrenza. Tutto ciò ha provocato tantissimi disagi. Forti sono state negli ultimi mesi le proteste dei passeggeri e dei pendolari della fascia jonica calabrese. All'interno di ciò, vi è da segnalare che sulla tratta Sibari/Metaponto/Taranto e viceversa,

si registrano tantissime anomalie e incongruenze che provocano gravi disservizi ai pendolari che utilizzano i treni per recarsi al lavoro;
con l'orario in vigore dal 12 dicembre 2011, vengono infatti segnalati problemi che rendono molto difficoltoso il viaggio. Non ci si spiega il perché i treni regionali in partenza da Sibari (Cosenza) anziché terminare la corsa a Taranto, si fermino a Metaponto, per poi essere sostituiti da autobus. Ugualmente accade per il rientro a Sibari (fino a Metaponto in autobus, poi in treno fino a Sibari). Ma oltre a questo, c'è da segnalare che i passeggeri sono quotidianamente costretti a lunghe attese prima di riprendere il viaggio in autobus. Un dato che provoca un fortissimo disagio e che porta conseguenti ritardi nel recarsi ai singoli posti di lavoro dei pendolari. La cosa che ancora di più irrita i passeggeri è che non è garantita la coincidenza tra i treni e gli autobus, per come confermato dal personale delle ferrovie, sia in partenza che in arrivo, tanto da aumentare i disagi dei pendolari e l'incertezza nel lavoro e nel rientro a casa;
sempre per evitare i notevoli disagi dei passeggeri della linea jonica calabrese, si ritiene di particolare importanza l'effettuazione di un treno diretto Sibari/Paola (Cosenza) e viceversa, per consentire a decine di pendolari di utilizzare la Frecciargento che ogni mattino alle 8,26 parte da Paola per poi rientrare al pomeriggio da Roma a Paola (e poi proseguire fino a Reggio Calabria) -:
se il Governo sia a conoscenza dei gravi disagi che si ripetono quotidianamente sulla tratta jonica tra Taranto e Reggio Calabria;
quali iniziative intenda assumere affinché Trenitalia ripristini i collegamenti diretti Taranto/Reggio Calabria - e viceversa - e in particolare quelli Sibari/Metaponto/Taranto e viceversa per consentire a decine di pendolari di giungere in tempo, e con orari certi, al proprio posto di lavoro;
quali iniziative di competenza intenda adottare perché Trenitalia avvii un collegamento diretto Sibari/Paola e viceversa (direttrice jonico-tirrenica) al fine di realizzare un collegamento sicuro con la Frecciargento delle 8,26 da Paola per Roma con rientro alle 21 a Paola per quello proveniente da Roma, posto che il collegamento renderebbe concreta la possibilità per l'intera fascia jonica calabrese di raggiungere in tempi certi e anche sopportabili (senza raggiungere prima Cosenza e da qui poi Paola) la linea tirrenica e quindi utilizzare i treni veloci da e per Roma.
(5-06115)

LARATTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Eurostar 9375, partito da Roma alle ore 13,45 di giovedì 2 febbraio 2012, è stato costretto alla stazione di Napoli Centrale ad una partenza in ritardo di 34 minuti per attendere la Freccia Rossa proveniente da Torino che viaggiava con notevole ritardo a causa delle cattive condizione climatiche;
per tale ragione, l'Eurostar 9375 entrava nella stazione di Paola alle 18,29. Il capotreno dell'Eurostar, sollecitato da circa 40 passeggeri, aveva con ampio anticipo avvisato la sala operativa dell'arrivo dello stesso Eurostar in tempo per la coincidenza diretta a Cosenza prevista alle 18,30. La successiva sarebbe stata effettuata alle 19,30. Ma a quanto consta all'interrogante i dirigenti movimento della stazione di Paola hanno comunque dato il via libera al regionale 23859 alle 18,30, proprio mentre l'Eurostar entrava in stazione. Una puntualità che è costata a circa 40 passeggeri il dover rimanere fermi per un'ora, in condizioni climatiche pessime. E con la beffa che la successiva coincidenza per Cosenza sarebbe poi rimasta a lungo bloccata alla stazione di Castiglione per problemi ai binari;
appare appena il caso di evidenziare che la tratta Cosenza-Paola e viceversa, è

stata oggetto di diverse interrogazioni parlamentari a causa di continui disservizi, soppressione di treni, improvvise cancellazioni di convogli. Una tratta che versa da anni in profondo degrado e che provoca continue proteste dei passeggeri che sono costretti a continui ritardi e a lunghe attese;
il fatto accaduto la sera di giovedì 2 febbraio 2012, alla stazione di Paola ha provocato durissime contestazioni dei passeggeri nei confronti dei dirigenti della stessa stazione, anche perché a tutti è apparso davvero incomprensibile l'accaduto e davvero inaccettabile la beffa ai danni dei passeggeri che pure erano stati molto accorti nel fare avvisare dell'arrivo in stazione dell'Eurostar 9375 -:
se il ministro sia di conoscenza dei fatti esposti;
se non intenda verificare le ragioni dei tanti disservizi sulla tratta Cosenza-Paola;
quali iniziative si possano mettere in atto, per quanto di competenza, per ottenere un servizio efficiente e puntuale alla stazione di Paola in coincidenza con i treni Frecciargento ed Eurostar, anche in considerazione dei collegamenti da e per Cosenza troppo spesso imprecisi, imprevedibili e in ritardo.
(5-06116)

ZAZZERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a causa delle precipitazioni nevose, il 7 febbraio 2012 il gruppo ferrovie dello Stato ha comunicato la sospensione della circolazione ferroviaria sulle linee che collegano la Puglia con la Campania e con la Basilicata, ed il blocco dei treni sulle tratte Foggia-Benevento, Foggia-Potenza e Barletta-Spinazzola;
il traffico di Ferrovie dello Stato nella stessa giornata ha subito inoltre notevoli rallentamenti sulle principali linee regionali: Bari-Foggia, Lecce-Bari, Bari-Taranto e Brindisi-Taranto;
sulla linea Caserta-Foggia, tra Benevento e Cervaro, si è interrotta la circolazione, come pure sulle linee secondarie Foggia-Potenza e Termoli Campobasso;
le linee secondarie Roccasecca-Avezzano, Attigliano-Viterbo, Avellino-Mercato San Severino e Benevento-Boscoredole sono state chiuse;
la forte nevicata del 7 febbraio 2012, peraltro già annunciata, non ha interessato tutte le zone della Puglia, eppure è stata causa di un incredibile disservizio ferroviario che ha isolato i cittadini dal resto d'Italia;
le sospensioni delle linee, infatti, si sono verificate anche in parti della regione dove la neve non è arrivata copiosa o non è arrivata affatto;
di fronte ad un evento meteorologico prevedibile, il servizio fondamentale per i collegamenti non è stato in grado di funzionare, determinando gravissimi disagi alla popolazione del Mezzogiorno -:
di fronte ad une evento meteorologico annunciato, quali ragioni abbiano determinato la sospensione delle linee ferroviarie di cui in premessa e i notevoli disservizi anche nelle zone della Puglia non interessate dalle precipitazioni nevose;
quali iniziative di competenze si intendano assumere nei confronti di Trenitalia e Ferrovie dello Stato.
(5-06122)

PILI, NIZZI, VELLA, MURGIA, CENTEMERO, GHIGLIA e PORCU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea il 20 gennaio 2012 ha avviato un'indagine approfondita sulla proposta di concentrazione tra CIN e Tirrenia;
nella comunicazione ufficiale è scritto che la Commissione europea ha aperto, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni, un'indagine approfondita sulla prevista acquisizione del controllo congiunto di un ramo del gruppo Tirrenia, di

proprietà statale, da parte di Compagnia italiana di navigazione («CIN»). La Commissione ha dubbi sulla conformità dell'operazione alle norme in materia di concorrenza: infatti, le parti in causa detengono congiuntamente quote di mercato molto elevate - se non una vera e propria posizione di monopolio - su numerose rotte marittime italiane, soprattutto da e verso la Sardegna. La decisione di procedere a un esame approfondito non pregiudica l'esito finale dell'indagine. Da questo momento, la Commissione dispone di 90 giorni lavorativi, fino al 4 giugno 2012, per decidere in via definitiva se la concentrazione proposta è tale da ostacolare in modo significativo la concorrenza effettiva all'interno dello Spazio economico europeo (SEE);
sino alla data del 4 giugno 2012 resta dunque sospesa e indefinita la procedura di privatizzazione della Tirrenia;
appare evidente che nessuna pianificazione gestionale potrà essere svolta per l'anno 2012 se non dalla gestione commissariale pubblica della Tirrenia che dispone di imponenti risorse pubbliche al fine di garantire la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna;
la fallimentare gestione commissariale della Tirrenia, che per responsabilità dirette ha provocato lo scorso anno un disastro economico senza precedenti per la Sardegna, si è resa responsabile non solo di non aver svolto la funzione di calmiere del mercato ma ha contribuito con l'eliminazione di rotte strategiche convenzionate come la rotta Olbia-Genova all'incremento, se non alla generazione, di un processo speculativo di una gravità inaudita;
in tale contesto appare fin troppo evidente che la Tirrenia ha proposto tariffe analoghe a quelle dei privati, utilizzando, però, nel contempo oltre 72 milioni di euro all'anno per quelle stesse tratte;
risulta totalmente incomprensibile che una compagnia pubblica applichi tariffe di fatto private pur percependo ingenti risorse pubbliche per la sovvenzione di tratte iscritte nelle convenzioni come soggette al regime di servizio pubblico;
è il caso di richiamare il caso della rotta Olbia-Genova che risulta iscritta tra quelle in regime di continuità territoriale come si evince dal seguente articolo: «Art. 3. (Servizi da eseguire). - 1. La Società si impegna ad esercitare per tutta la durata della presente Convenzione i seguenti servizi di collegamento marittimo: a prevalente trasporto passeggeri: Napoli-Palermo (stagionale invernale); Genova-Porto Torres (stagionale invernale); Genova-Olbia-Arbatax; Napoli-Cagliari; Cagliari-Palermo; Cagliari-Trapani; Civitavecchia-Cagliari-Arbatax; Civitavecchia-Olbia (stagionale invernale); Termoli-Tremiti»;
nella stessa convenzione è disciplinata la tipologia di servizio a partire dalle frequenze del servizio e così come si rileva nel dispositivo della convenzione di seguito riportati si prevede un servizio annuale della rotta Genova-Olbia: «ALLEGATO A - Assetto dei servizi per singola linea; 2) PERIODICITÀ DEL SERVIZIO E FREQUENZE MINIME: a) Periodicità annuale: i. verso la Sardegna: almeno tre partenze settimanali, in giorni diversi, da Genova verso Olbia, con almeno due prolungamenti settimanali ad Arbatax, distanziati di almeno due giorni; ii. verso Genova: almeno due partenze settimanali da Arbatax con approdo intermedio ad Olbia, più un'ulteriore partenza da Olbia; b) Frequenze nel periodo di alta stagione (periodo che va dalla terza settimana di luglio alla prima settimana di settembre): i. verso la Sardegna: almeno cinque partenze settimanali, in giorni diversi, da Genova verso Olbia, con almeno due prolungamenti settimanali ad Arbatax, distanziati di almeno due giorni; ii. verso Genova: almeno due partenze settimanali da Arbatax con approdo intermedio ad Olbia, più ulteriori tre partenze da Olbia; c) Gli orari per i collegamenti notturni devono prevedere una partenza a partire dalle 18,00 ed arrivo il giorno seguente.»;
dal sito internet della società Tirrenia si evince, invece, che la rotta Olbia-Genova

e viceversa è stata interrotta senza alcuna giustificabile e credibile motivazione se non quella di favorire i soggetti privati che operano su quelle stesse rotte, oltre che per il periodo invernale anche per quello estivo con un disorientamento dei possibili clienti della stessa stagione estiva;
tra le rotte che sta esercitando la Tirrenia risulta la Civitavecchia-Olbia e viceversa;
nella simulazione dei costi, in data analoga con altra compagnia e con analoghe caratteristiche del servizio richiesto appare sin troppo evidente che la compagnia Tirrenia stia lucrando sul servizio di continuità territoriale per il quale fruisce di ben 72 milioni di euro all'anno;
per una sola andata Civitavecchia-Olbia, con la Tirrenia un passeggero non residente, con un'auto sotto i 4 metri in cabina esterna paga 122 euro, comprendendo oltre 55 euro di oneri vari, diritti portuali e prevendita;
la compagnia Saremar, di proprietà regionale, svolge lo stesso analogo servizio con una partenza nello stesso giorno, ma 15 minuti dopo con un costo di 104 euro, ovvero con 17 euro in meno;
la stessa compagnia Saremar calcola tasse complessive per 13,70 euro a fronte di 55 euro di Tirrenia;
un maggior costo che non solo appare ingiustificato ma che risulta gravissimo se si considera che la Tirrenia per quello stesso servizio invernale riceve una compensazione di oltre 72 milioni di euro;
sulle principali rotte da e per la Sardegna da ormai oltre un anno è in atto, ad avviso degli interroganti, una vera e propria speculazione sui costi dei trasporti marittimi da e per la Sardegna con incrementi dal 60 a oltre il 100 per cento sulle tariffe rispetto alla precedente stagione;
sono state censite dalle associazioni degli emigrati sardi che operano nel Nord Italia situazioni di aggravio che in alcuni casi registrano incrementi superiori al 100 per cento;
un indebito aumento dei costi dei biglietti di navigazione che non solo non trova riscontro in oggettive motivazioni, considerato che nessun fattore di costo risulta incrementato in un anno di tale entità, ma proprio per la Sardegna tale aumento risulta essere illogico, irragionevole e discriminatorio;
tutti gli indicatori sulle prenotazioni per la stagione estiva 2012 fanno registrare una grave contrazione delle potenziali presenze facendo registrare considerevoli cali sia nelle strutture ricettive che in quelle residenziali che si aggiungono alla già disastrosa stagione 2011;
tale ormai insostenibile situazione provoca, come sta provocando, un danno insostenibile al già precario sistema economico della Sardegna con particolare riferimento a quello turistico sardo;
alla luce del perdurare di questa palese distorsione del mercato appare indispensabile a giudizio degli interroganti valutare se le compagnie di navigazione non stiano perseguendo una condotta ai limiti dell'abuso di posizione dominante e della costituzione di un cartello speculativo ai danni della Sardegna;
la mancata corretta predisposizione e gestione dei piani tariffari solleva il legittimo sospetto di una grave alterazione del mercato dei trasporti marittimi da e per la Sardegna;
la grave situazione perpetrata ai danni della Sardegna risulta del tutto intollerabile in considerazione del fatto che un'intera regione risulta essere in una situazione di vero e proprio isolamento dal punto di vista dei trasporti sia nei mari che nei cieli, rendendo proibitiva la mobilità tra regioni e minando alla radice il diritto costituzionale alla mobilità, alla coesione e ad un equo trattamento tra regioni e cittadini europei;

il danno che stanno subendo la Sardegna e i sardi rischia di essere irrimediabile sia per le ripercussioni sul sistema integrato del turismo che per le gravi ricadute sul piano occupazionale;
il profilo che s'intende sollevare relativamente all'ipotizzato abuso di posizione dominante si configura in maniera ancora più evidente considerato che tale incremento indiscriminato delle tariffe di viaggio ha coinciso con l'assenza sul mercato della società Tirrenia che, con la reiterata decisione immotivata e ingiustificabile, confermata nella stagione 2012, di non attivare alcune tratte tra la Sardegna e i porti italiani, ha di fatto favorito secondo gli interroganti fenomeni e pratiche speculative;
la Tirrenia, infatti, non attuando il contratto di servizio e l'obbligo alla continuità territoriale da e per la Sardegna, non ha svolto la consueta e obbligatoria funzione calmieratrice del mercato, consentendo di fatto, di fatto in concorso con le compagnie di navigazione private di svolgere una vera e propria azione speculativa ai danni della Sardegna e dei sardi;
le norme in materia di concorrenza vietano le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, come sta accadendo sui trasporti da e per la Sardegna;
in base alla normativa vigente è vietato fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali e di fatto realizzare un cartello anti-Sardegna;
la norma risulta essere esplicita anche per quanto riguarda l'abuso di posizione dominante di una o più compagnie di navigazione all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante;
risulta, secondo la normativa vigente, vietato imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. È vietato impedire o limitare la mobilità a danno dei consumatori;
il diritto alla mobilità è diritto fondamentale ed inalienabile e la sua limitazione costituisce un'esplicita limitazione di un servizio pubblico fondamentale;
uno dei temi centrali è chiaramente quello della posizione dominante. In particolare nel caso in questione si può configurare secondo gli interroganti «una posizione dominante collettiva, nel senso previsto dalla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia»;
l'evoluzione del concetto di posizione dominante collettiva si può sinteticamente così riassumere: «la Corte di Giustizia ha più volte ribadito che la posizione dominante collettiva di più imprese è costituita dalla sussistenza in comune, a causa dei fattori di correlazione tra esse esistenti, del potere di adottare nel mercato una medesima linea di azione e di agire prevalentemente in maniera indipendente dagli altri contraenti, dalla loro clientela e dagli stessi consumatori». I fattori di correlazione tra le due imprese, in particolare, sono stati individuati nella partecipazione azionaria in una delle imprese, nella rappresentanza sussistente nel consiglio di amministrazione, nei legami economici diretti per lo scambio tra acquisti e finanziamenti, per le attività di promozione e di pratica degli sconti (tutto ciò nell'ambito di una relazione commerciale verticale, con società madre e società figlia);
la considerazione della posizione dominante collettiva è stata determinata con chiarezza inizialmente dalla sentenza Vetro Piano (tribunale I grado 10 marzo 1992, cause riunite T-68, 77 e 78/89), che ha considerato come partecipanti alla posizione collettiva dominante due o più imprese, anche se reciprocamente indipendenti, ma unite da vincoli economici tali da condizionare il mercato in virtù di tale posizione congiuntamente detenuta (nel periodo precedente si era sostenuto da alcuni che una posizione dominante collettiva

ai sensi dell'articolo 82 del Trattato CE era possibile solo tra imprese appartenenti allo stesso gruppo e cioè prive di autonomia economica, anche se indipendenti sotto il profilo giuridico, con una interpretazione restrittiva contrastante con la stessa nozione di impresa elaborata dal giudice comunitario con riferimento all'articolo 81 del Trattato, come soggetto autonomo; la Commissione ha invece nella specie sostenuto la tesi di più imprese in posizione dominante anche se autonome sia sotto il profilo giuridico che economico; ha inoltre inteso estendere l'istituto della posizione dominante collettiva anche in materia di disciplina delle concentrazioni, onde poter controllare i mercati a struttura oligopolistica);
la successiva evoluzione del concetto di posizione dominante collettiva comprende anche il campo del duopolio (pronuncia della Commissione sul caso di concentrazione Nestlé/Perrier del 22 luglio 1992), con l'estensione della tutela del regolamento sulle concentrazioni al caso di posizione dominante di oligopolio da parte di più imprese, di cui una esterna all'accordo di concentrazione (non diverso ai fini concreti da quello in cui è una sola l'impresa dominante nel mercato);
una ulteriore evoluzione nella considerazione della tutela ai sensi dell'articolo 82 del Trattato CE è costituita da altre decisioni della Corte di giustizia e del tribunale del I grado in materia di posizione dominante collettiva;
quest'ultimo, con sentenza del 25 marzo 1999 (causa T-102/96; Gencor Ltd c. Commissione europea, pubblicata in Foro it., 2000, IV, 328, con nota di M. GIORDANO) ha condiviso la tesi sostenuta dalla Commissione, ritenendo applicabile il regolamento (CE) n. 4064/1989 anche al caso di posizione dominante di imprese, che agiscono su un mercato in condizione di oligopolio, senza necessità di vincoli strutturali tra le imprese, ma con una situazione di mercato in cui si determina una forte tendenza conseguenziale ad allineare i comportamenti nel senso dell'aumento dei prezzi, con la ricerca del massimo profitto (in tal senso è anche la decisione della Corte di giustizia del 31 marzo 1998 - Kali und salz Gmbh, pubblicata in Foro it., 1999, IV, 183, con nota di TESAURO);
una soluzione diversa, si osserva nella decisione, avrebbe comportato una vanificazione dell'applicabilità delle prescrizioni del regolamento (CE) n. 4064/89 sulla concorrenza, che sarebbe stato non estensibile al caso di partecipazione di imprese esterne al rafforzamento della posizione dominante; viene così confermato il superamento della tesi iniziale della giurisprudenza che limitava la tutela della posizione dominante collettiva all'applicazione dell'articolo 82 del Trattato CE, caratterizzata dall'esistenza di vincoli strutturali tra le imprese, e viene estesa la tutela al caso dell'esistenza tra le imprese interessate di una situazione di oligopolio ristretto»;
l'articolo 16 della Costituzione recita: ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche;
l'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e - rettifiche - GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34), così dispone: «La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell'articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo»;

è evidente che il costo del servizio può essere un grave impedimento alla mobilità e che pertanto per il pieno esercizio del predetto diritto risulta indispensabile anche un costo dello stesso accessibile;
in questo senso si richiama la proposta del Presidente di Assoutenti Mario Finzi di definizione del servizio pubblico in generale: costituisce «servizio universale» il servizio pubblico ovvero di pubblico utilità, anche regionale e locale, ovvero di preminente interesse nazionale, svolto da soggetti pubblici a privati, che deve essere reso obbligatoriamente dai concessionari a tutti gli utenti, sull'intero territorio nazionale, indipendentemente dalla ubicazione geografica degli stessi, e a prezzi accessibili;
il sistema delle infrastrutture influenza in maniera considerevole i flussi verso le località turistiche (in particolare verso le Isole) specialmente alla luce delle attuali tendenze nell'uso del prodotto che vedono l'abbreviarsi della durata delle vacanze e una loro ripetizione nell'arco dell'anno. La facilità e la velocità di accesso (oltre ai costi) diventano, dunque, variabili essenziali nelle potenzialità di sviluppo. In merito al traffico marittimo di passeggeri la Sardegna si trova a competere sul mercato italiano con la Campania, la Sicilia, la Toscana, la Calabria, mentre sul piano internazionale con la Grecia, la Francia, la Croazia e la Spagna che segnala una crescita costante. È immaginabile il danno che deriverà alla Sardegna e in particolare alle province della Gallura, di Sassari e Cagliari; è infatti innegabile la rilevanza economica del comparto nell'isola. È sufficiente ricordare che per comprendere l'apporto economico del turismo in Sardegna occorre considerarlo non solo come economia allargata dei viaggi e del turismo, secondo quanto definito dal WTTC (World Travel and Tourism Council), ma è necessario ed indispensabile considerare altre attività come quelle per investimenti (ad esempio la costruzione di un albergo che viene, appunto, solitamente classificata all'interno del settore delle costruzioni), o ancora «quelle che le pubbliche amministrazioni svolgono direttamente per fornire informazioni ai turisti», o per promuovere la destinazione, o quelle relative alle infrastrutture ed ai servizi aggiuntivi indotti dalla domanda turistica;
nel caso di specie rilevano, dunque, due aspetti: il primo relativo all'esigenza di una forte tutela del consumatore e degli operatori economici; dall'altro, l'alto tasso di rilevanza del turismo nell'economia regionale;
è evidente che la descritta situazione rischia, infatti, di vanificare ciò che è stato costruito negli anni per sostenere e rilanciare la competitività strategica del turismo sardo, sia da parte della regione autonoma della Sardegna sia da parte degli operatori del settore che si sono adoperati per migliorare la capacità di accoglienza e proporre a prezzi concorrenziali le risorse culturali e ambientali disponibili;
non solo, è opportuno ricordare che «il turismo può essere definito come l'insieme dei fenomeni che sono causati dal movimento volontario e temporaneo di singoli individui o di gruppi verso luoghi che non siano la loro abituale residenza a fini di ricreazione e o di arricchimento culturale. Il turismo rientra pertanto in quel diritto di mobilità che è riconosciuto ad ogni persona dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Foro amm. TAR 2006, 03, 1170)»;
la dottrina ha definito il turismo «un fenomeno collettivo che assurge a comportamento tipico, consistente nelle relazioni originate dal viaggio o dal soggiorno temporaneo in luoghi diversi dalla normale residenza, la cui rilevanza sociale, culturale, economica, ambientale, impone una specifica azione politica ed una regolamentazione giuridica a tutela della libertà e degli interessi del singoli e della collettività»;
anche il danno di immagine appare incalcolabile;

occorre valutare se siano stati compiuti atti illeciti e lesivi dei diritti dei consumatori e degli operatori economici del settore della ricezione, della ristorazione e dell'iniziativa turistica e culturale e, conseguentemente, adottare, in via urgente, i provvedimenti ritenuti idonei all'eliminazione delle conseguenze dannose a partire dall'immediata ridefinizione delle convenzioni della società Tirrenia -:
se non ritenga il Governo di dover intervenire con urgenza nel settore del trasporto marittimo merci e passeggeri al fine di scongiurare una nuova disastrosa annata per la Sardegna;
se il Governo non ritenga, alla luce dell'apertura di una procedura d'infrazione europea sulla vendita della compagnia Tirrenia, ridefinire con somma urgenza le convenzioni relative agli oneri di servizio pubblico con la verifica della congruità del contributo statale e dello svolgimento del servizio di continuità territoriale marittima merci e passeggeri tra la Sardegna e il continente;
se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per la modifica delle convenzioni al fine di evitare il ripetersi dei gravi danni alla Sardegna derivanti dal comportamento irresponsabile della compagnia Tirrenia e degli armatori privati che hanno duramente penalizzato la passata stagione estiva;
se non ritenga che il riesame delle convenzioni debba avvenire tenendo conto dei reali costi di produzione e di un margine limitato di utile d'impresa e della compensazione assegnata per quel tipo di servizio;
se il Ministro interrogato non intenda attivarsi al fine di definire, nelle more della definizione del contenzioso europeo sulla vendita di Tirrenia, una revisione sostanziale delle convenzioni per la continuità territoriale marittima al fine di garantire per il 2012 un servizio di trasporto marittimo commisurato alle sovvenzioni già garantite alla Tirrenia per oltre 72 milioni di euro all'anno;
se non ritenga il Ministro di dover assumere iniziative per l'immediato ripristino integrale di tutte le rotte previste nelle convenzioni della continuità territoriale senza esclusione alcuna;
se non ritenga di dover rinegoziare con la regione Sardegna tutte le nuove esigenze della continuità territoriale marittima merci e passeggeri;
se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa per ridefinire immediatamente le convenzioni al fine di abbattere i costi di trasporto, imponendo e verificando l'obbligo di far utilizzare i 72 milioni di euro per una reale compensazione della continuità territoriale da e per la Sardegna;
se non ritenga di dover promuovere un'intesa con il coinvolgimento della regione sarda e della Tirrenia per evitare una concorrenza destituita di ogni ragionevolezza tra due soggetti pubblici, tra cui uno che stanzia risorse a tal fine destinate e l'altro no, come nel caso richiamato della Olbia-Civitavecchia;
se non ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, l'avvio di una verifica attenta sugli incidenti dichiarati e accaduti che hanno sostanzialmente sempre messo fuori uso navi traghetto destinate alla Sardegna;
se non ritenga di dover formare elementi dettagliati su tutti gli incidenti occorsi alle navi Tirrenia nell'ultimo triennio;
se non ritenga di dover revocare l'incarico al commissario straordinario della Tirrenia in considerazione della fallimentare gestione della compagnia e per il grave danno recato al principale servizio di continuità territoriale da e per la Sardegna;
se non ritenga di dover immediatamente definire una road map per la gestione della continuità territoriale, anche alla luce della procedura di infrazione comunitaria, compreso un bando pubblico per l'assegnazione delle compensazioni al

fine di garantire una reale concorrenza nella continuità territoriale da e per la Sardegna.
(5-06132)

Interrogazioni a risposta scritta:

VALDUCCI, LUPI e BERGAMINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le previsioni meteorologiche diffuse tempestivamente in questi giorni avevano annunciato che si sarebbero verificate gelate e copiose nevicate in tutto il Paese;
ciò nonostante, come ormai accade sovente, la rete ferroviaria italiana si è bloccata, lasciando in balia di se stessi migliaia di cittadini, come evidenziato da tutta la stampa;
in particolare, il Corriere della Sera del 3 febbraio 2012 ha sottolineato una situazione di caos nelle ferrovie, con circa 330 treni soppressi in Piemonte, un fermo di sette ore dell'intercity Bologna-Taranto, un ritardo di oltre dieci ore per due convogli temporaneamente «scomparsi» nella campagna di Forlì e molti rallentamenti e cancellazioni in Emilia Romagna e Marche;
sempre Il Corriere della Sera, il 6 febbraio 2012, a pagina 3, evidenziava: «Alle 8.45 le Ferrovie annunciano le misure anti-neve: ridotto il numero delle corse e ridotta, per sicurezza la velocità di percorrenza. Alle 17.15 la stazione Termini è in tilt, cancellati alcuni convogli, si allungano i ritardi per i treni in circolazione. Attivo un solo sportello di informazioni per migliaia di passeggeri. Alle 22 la situazione precipita: numerosi treni bloccati nella rete intorno a Roma: migliaia di persone sono costrette a passare la notte all'addiaccio senza assistenza o ospitate in strutture di fortuna. Alle 23 centinaia di persone bloccate a Termini si preparano a passare la notte al gelo. Per Trenitalia "non si registrano particolari criticità", ma il sito la smentisce. Poi arriva la beffa. Partono centinaia di richieste di rimborso, ma la casella postale apposita è piena e tornano al mittente»;
si sono altresì verificate improvvise cancellazioni, per intere giornate, di collegamenti su alcune linee interne, quali, ad esempio, la Civitanova-Fabriano nelle giornate del 4, 5 e 6 febbraio 2012 -:
se intenda adottare le iniziative di competenza per individuare le responsabilità dei gravi disagi evidenziati in premessa e per separare la rete ferroviaria da chi gestisce il servizio di trasporto, in modo da giungere ad una reale concorrenza che, nell'ottica delle liberalizzazioni, porti ad un effettivo miglioramento del trasporto ferroviario.
(4-14806)

FORCOLIN e BITONCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i pendolari che utilizzano quotidianamente il treno come mezzo di trasporto sulle linea Trieste-Venezia, subiscono con troppa frequenza e da troppo tempo disagi a causa della soppressione dei treni, dei ritardi, delle pessime condizioni di pulizia, del congelamento degli scambi nei mesi invernali e dei guasti agli impianti di riscaldamento delle carrozze vecchie e usurate;
i pendolari dei comuni di Portogruaro, Meolo, Fossalta di San Donà, San Piave, Stino di Livenzo, Quarto d'Altino e Marcon, a fronte del pagamento regolare dei biglietti e degli aumenti delle tariffe di Trenitalia, pretendono che venga garantito un servizio di qualità;
nel gennaio 2009 si è svolto, a Mestre, un incontro con i vertici di Trenitalia in cui, preso atto delle gravi criticità del servizio, la compagnia si è impegnata a migliorare la situazione, ma, nei fatti, non si è registrato alcun miglioramento per tutti quei pendolari che ogni giorno utilizzano il treno per recarsi nel luogo di lavoro o di studio;

l'effetto prodotto da questa situazione di esasperazione è che gli utenti sono costretti a servirsi del proprio mezzo, con le inevitabili ricadute sulla percorrenza delle strade e sull'inquinamento ambientale -:
se il Governo, per quanto di competenza, non reputi opportuno assumere iniziative, anche normative, a beneficio dei cittadini utenti del sistema ferroviario, soprattutto nei confronti dei pendolari delle linea Trieste-Venezia, i quali sono costretti a servirsi del treno per necessità lavorative e di studio.
(4-14816)

RAINIERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il giorno 1o febbraio 2012 il Nord del Paese è stato interessato da una forte perturbazione che ha causato la paralisi dell'intero sistema dei trasporti;
un gran numero di treni regionali è stato soppresso a causa del maltempo, molti treni hanno avuto dei guasti, in altri il sistema di riscaldamento era bloccato e le condizioni di viaggio impossibili;
un intercity è rimasto bloccato per ore tra Forlì e Cesena con 600 passeggeri a bordo per cause imputabili all'impossibilità di captare energia elettrica per uno spesso strato di ghiaccio intorno al cavo di alimentazione aerea;
i disagi maggiori si sono verificati sulle linee Bologna-Porretta, Bologna-Prato e Bologna-Rimini, ma anche il resto del sistema ferroviario non ha risposto bene all'emergenza freddo e ha creato dei pesantissimi disagi alla popolazione;
le scuse che Trenitalia ha fatto pervenire ai passeggeri non eliminano il problema di fondo: il sistema infrastrutturale ferroviario italiano e la qualità dei convogli utilizzati non sono in grado di sostenere una giornata di maltempo, se non dopo 8 ore di attesa -:
se il Ministro non reputi opportuno effettuare una verifica del piano messo in atto da Trenitalia per fronteggiare l'emergenza neve, al fine di valutare le criticità emerse nelle misure intraprese e le cause dell'inefficacia del piano stesso, così da poter scongiurare il verificarsi di situazioni analoghe nel futuro e da fornire ai cittadini un servizio di qualità.
(4-14823)

CATONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la tangenziale di Napoli nell'attraversare il tratto Vomero-Fuorigrotta, incide fortemente per circa 1,2 chilometri nel tratto abitato con immissioni rumorose superiori ai 75 decibel, come risulta dalle verifiche effettuate dall'ARPAC, causando l'invivibilità della medesima fascia di abitazioni che abbraccia oltre 3000 persone, con tutti i problemi legati oltre che dal mancato riposo, alle conseguenze che questo comporta, stress, difficoltà di concentrazione allo studio, al lavoro, diffusione di malattie respiratorie come asma, tumori;
le normative vigenti in tema di inquinamento acustico prevedono un limite di emissioni per le zone residenziali pari a 65 decibel;
la tangenziale costruita negli anni '70, ovvero successivamente alla edificazione delle zone interessate risalente agli anni '50 e '60, attraversa in quel tratto aree prettamente residenziali, non essendoci insediamenti industriali o produttivi, ma addirittura scuole, case di cura, limitate attività commerciali ed aree a verde (via Piave p.co Parvadomus, p.co delle Magnolie, via Po, via San Domenico tratto basso e tratto alto, Fuorigrotta e strade limitrofe) dove è obbligatorio rispettare per legge (si fa riferimento a tutta la normativa di settore oltre al dettato costituzionale) tutte le disposizioni normative per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento

acustico ed ambientale del traffico veicolare, nonché il piano di zonizzazione acustica esistente;
la Tangenziale di Napoli spa, concessionaria dell'Anas, a giudizio dell'interrogante, non rispetta in modo più assoluto i limiti di immissione imposti dalla legge n. 447 del 1995 e successive, non solo, mancando di opere recenti di adeguamento alle mutate normative, ma non adottando nemmeno le più elementari cautele dovute al sempre crescente aumento dei passaggi che sfiora le 500mila unità giornaliere; non vengono previsti, almeno nelle more di provvedimenti definitivi, quantomeno il rispetto dei limiti di velocità propri dei tratti urbani, al fine di evitare, con tutti i dispositivi necessari, che le auto vadano ad oltre 80 chilometri all'ora, di giorno e di notte -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare, anche intervenendo nei confronti della società tangenziale di Napoli, concessionaria dell'Anas, perché siano rispettate le norme vigenti in materia di inquinamento acustico e sia tutelato il diritto alla salute dei cittadini residenti in prossimità della tangenziale.
(4-14827)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

NICOLA MOLTENI, RIVOLTA e BITONCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella città di Capiago Intimiano (Como), dagli anni '50 e fino al 2006, è stata attiva la caserma della Guardia di finanza Dino Piras, dove, in una settecentesca villa, la stessa Guardia di Finanza ha dapprima creato un centro elicotteri, con lo scopo di effettuare il controllo aereo delle frontiere per combattere il contrabbando, e poi un centro cinofilo, sempre allo scopo di coadiuvare gli uomini nell'azione contro il contrabbando e contro il traffico di droga;
oggi l'edificio, che risulta essere iscritto nell'elenco dei beni di proprietà statale in uso governativo, è chiuso, abbandonato e in evidente stato di degrado, evidenziando pertanto la necessità di effettuare dei miglioramenti con opere di manutenzione, motivati sia dall'elevato valore storico, artistico e culturale dell'edificio, al quale la popolazione è da sempre molto legata, sia dalla importanza strategica che lo stesso edificio ha avuto, negli anni, per la collettività;
nel decreto sul federalismo demaniale, il primo provvedimento del processo di revisione federalista, la villa in questione (codice scheda COB0247) era stata inserita nell'elenco del patrimonio dello Stato trasferibile al comune di Capiago Intimiano il quale, proprio in attuazione del decreto legislativo n. 85 del 2010, articolo 5, comma 1, avrebbe quindi provveduto a definirne l'utilizzo;
all'elenco così disposto, il Governo non ha successivamente dato seguito con gli opportuni provvedimenti, tanto che, come riportato anche a mezzo stampa, non è oggi assolutamente chiaro quale sia lo stato dell'arte, né quale siano gli intendimenti dell'Esecutivo a riguardo della vertenza;
la preoccupazione per i sindaci coinvolti dal provvedimento è evidente, tanto che anche l'ANCI, nel corso di una audizione davanti alla Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, ha richiesto chiarimenti non solo per i ritardi ma soprattutto per la «complessa interlocuzione con le amministrazioni centrali competenti», ossia con l'Agenzia del demanio -:
se il Governo non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze e in considerazione della attuale difficile situazione economica e finanziaria dei comuni, adottare le necessarie iniziative allo scopo di dare seguito al decreto sul federalismo

demaniale, così che anche il comune di Capiago Intimiano definisca quanto prima la destinazione che si intende dare alla ex caserma della Guardia di finanza.
(3-02091)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da anni si sta discutendo sulla ipotesi di delocalizzazione o di ricostruzione della sede centrale dei vigili del fuoco di Ancona senza che ad oggi si sia giunti ad una definizione;
qualsiasi soluzione deve assolutamente rispondere alle esigenze operative del soccorso proprie dei vigili del fuoco;
l'ultima ipotesi di ricostruzione in loco, avanzata dall'Amministrazione dei vigili del fuoco nel mese di agosto 2011 e finanziata con fondi messi a disposizione dall'Agenzia del demanio sembra essere inadeguata; proprio per questo incontra notevoli difficoltà tecniche che influiranno negativamente sulle economicità delle risorse disponibili e condizioneranno pesantemente in negativo il progetto della nuova sede;
è possibile perseguire soluzioni alternative atte a delocalizzare l'attuale struttura operativa dei vigili del fuoco in un'area più idonea con spazi più adeguati, area tra l'altro, già messa a disposizione dall'amministrazione comunale con atto di giunta n. 126 del 30 marzo 2010, nonché osservata la rinnovata disponibilità della stessa amministrazione, ribadita al dipartimento vigili del fuoco con nota prot. 88911 del6 ottobre 2010, ad attivarsi al fine di istituire tutte le necessarie procedure urbanistiche per agevolare tale soluzione;
una simile soluzione oltre a cogliere l'obiettivo di dare ai vigili del fuoco una struttura più idonea all'espletamento delle proprie funzioni, consentirebbe all'amministrazione comunale di ipotizzare e realizzare un piano di recupero di tutta l'area di Vallerniano, alleggerendo la stessa da una congestione oggi assai considerevole, viste le vie di grande comunicazione presenti in loco; inoltre una tale ipotesi permetterebbe comunque l'utilizzo delle fondamentali risorse economiche messe a disposizione dall'Agenzia del demanio per la ristrutturazione, circa 9.7 milioni di euro, che verrebbero utilizzate viceversa per costruire una nuova sede in zona Passo Varano nell'area di 26.000 metri quadrati individuata dal comune;
la scelta di ricostruire la nuova sede in un'area diversa dall'attuale (Passo Varano) eviterebbe di gestire una complicatissima fase «transitoria» dettata dalla necessità di continuare a garantire il servizio di soccorso sulla città, seppur i vigili saranno obbligati a convivere con un cantiere di grandi dimensioni, nella fase di demolizione e ricostruzione dell'attuale sede, creando situazioni d'intralcio all'attività di soccorso con il rischio di abbassarne lo standard qualitativo;
tutti gli enti locali, comune, provincia e regione si sono espressi nel senso sopra indicato; da ultimo il consiglio regionale delle Marche ha approvato una mozione al riguardo -:
se il Ministro sia informato della pratica e se intenda avviare una verifica sulla materia, anche attivando un tavolo congiunto con tutti i soggetti interessati (dipartimento dei vigili del fuoco, Agenzia del demanio, provveditorato opere pubbliche, amministrazione comunale) al fine di valutare tutte le soluzioni progettuali più idonee finalizzate ad una risposta ottimale nell'interesse del buon funzionamento del comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona e delle esigenze stesse della città, nonché di utilizzare al meglio le risorse economiche disponibili.
(5-06117)

LO MORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante attraverso l'atto di sindacato ispettivo n. 4-07909 del 6 luglio

2010 aveva già sottoposto all'attenzione del Ministro interrogato la particolare situazione di pericolo costante in cui si trova ad operare l'amministrazione comunale di Isola Capo Rizzuto ed il sindaco Carolina Girasole, oggetto di continue minacce e atti intimidatori;
nel testo del precedente atto di sindacato ispettivo venivano richiamati in maniera dettagliata non solo gli atti intimidatori rilevati fino al 5 luglio 2010, ma anche le pratiche che il comune aveva messo in atto per riportare la legalità nell'amministrazione e le iniziative svolte in collaborazione con l'associazione Libera per l'utilizzo dei beni confiscati a fini sociali;
dal 6 luglio 2010 fino a pochi giorni fa, si sono consumati a danno dell'amministrazione di Isola Capo Rizzuto numerosi ulteriori episodi che dimostrano una crescente escalation di violenza;
il 13 febbraio 2011 è stata incendiata l'auto del dirigente ai lavori pubblici del comune;
il 7 novembre 2011 si è verificata una misteriosa incursione notturna nel municipio. Ignoti si sono introdotti nella sede distaccata che ospita l'ufficio tributi e i servizi demografici; hanno forzato alcune porte e aperto gli armadietti e si sono poi allontanati senza portare via nulla;
a fine dicembre 2011, è stato incendiato l'albero di Natale allestito dal comune. Negli stessi giorni, sono stati esplosi alcuni colpi di pistola contro l'autovelox posto sulla statale 106 jonica e sono state incendiate diverse auto, a testimonianza del fatto che le cosche locali rivendicano il controllo del territorio;
il 7 gennaio 2012 ignoti hanno incendiato il portone del comune e solo la solerzia dei vigili del fuoco ha evitato che i danni si espandessero anche all'interno degli uffici;
il 12 gennaio 2012 è stata incendiata la Wolkswagen golf di un consigliere di maggioranza;
il 16 gennaio 2012, il vicesindaco di Isola Capo Rizzuto è stato aggredito e malmenato in comune da un uomo il quale nei giorni precedenti aveva chiamato il politico per chiedere un impiego per la moglie. Nei controlli effettuati dopo quest'episodio, sono stati trovati recisi i fili elettrici della videocamera posta a controllo dell'accesso alla stanza del sindaco;
il 3 febbraio 2012 è stato scritto il messaggio «Sindaco muori presto» su un muro dell'ufficio anagrafe del comune oggetto di un raid vandalico e del furto di alcuni computer;
il quadro descritto dà solo un'idea della situazione di pericolo ed incertezza nella quale si trovano a lavorare gli amministratori dei comune di Isola Capo Rizzuto;
l'interrogante, nel corso di una visita al comune di Isola Capo Rizzuto, in data 5 febbraio 2012, ha potuto constatare la preoccupazione della giunta comunale di fronte ai ripetuti e costanti attacchi ricevuti, ma la totale compattezza della stessa nel continuare il lavoro intrapreso;
gli atti intimidatori a danno dell'amministrazione di Isola Capo Rizzuto vanno collocati e letti nell'ambito di un grave fenomeno che coinvolge l'intero territorio nazionale ma che registra numeri di particolare rilevanza e gravità in Calabria (103 episodi nel 2011 e quasi 1.000 dal 2000, secondo i dati elaborati da Legautonomie Calabria);
in relazione a tale fenomeno l'interrogante ha proposto, insieme ad altri colleghi, l'istituzione, presso la Camera dei deputati, di una commissione di inchiesta parlamentare (doc. XXII n. 30 del 25 gennaio 2012);
resta il fatto che Isola Capo Rizzuto, il cui consiglio comunale è stato sciolto negli anni scorsi per infiltrazioni mafiose, è tra comuni più bersagliati, tanto che nel rapporto «Amministratori sotto tiro» realizzato dall'associazione Avviso Pubblico, viene indicato come quello in cui si rischia di più;

la gravità della situazione richiede azioni concrete dello Stato che accompagnino l'atteggiamento coraggioso e positivo della Giunta e del sindaco e diano il senso di una forte ed efficace presenza delle istituzioni in un territorio che registra una forte presenza di cosche di 'ndrangheta -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e in particolare, del fatto che nel mese di gennaio 2012 nel corso di controlli effettuati a seguito dell'aggressione subita dal vicesindaco, sono stati trovati recisi i fili elettrici della videocamera posta a controllo dell'accesso alla stanza del sindaco;
se e come intenda intervenire per garantire la sicurezza personale degli amministratori di Isola Capo Rizzuto e consentire al sindaco Girasole e alla sua amministrazione di proseguire con serenità la propria azione di governo.
(5-06129)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 30 ed il 31 gennaio 2012 si è verificato un grave incendio presso l'azienda Eco Energy a Noventa di Piave (Venezia);
la Eco Energy si occupa della gestione e dello smaltimento di rifiuti provenienti da aziende del settore industriale, commerciale, artigianale e pubblico e dal 1998 è attiva a Noventa di Piave con un impianto che occupa una superficie di circa 16 mila metri quadrati, di cui 5 mila coperti per una capacità ad accogliere fino a 1.400 tonnellate di rifiuti speciali e dove incendi si sono verificati nel 2006 e nel 2008;
lo scoppio dell'incendio è avvenuto alle 3.30 quando, in un edificio in cui erano stoccati in fusti materiali vari, dalle plastiche ai fitofarmaci, sono divampate le fiamme domate verso le 5 di mattina grazie ad un tempestivo intervento dei vigili del fuoco, carabinieri, tecnici Arpav, polizie locali e protezione civile di Noventa e San Donà di Piave;
i primi campionamenti dell'Arpav di San Donà, verso le 4.30, hanno confermato la presenza di sostanze inquinanti nell'aria (forte odore acre), probabilmente anche diossina, nella zona della Eco Energy e di tutta l'area industriale. Ma il forte vento che soffiava a Nord-Nordest ha scongiurato il pericolo, con la paura che la nube si fosse spostata nel centro di Noventa. I successivi campioni di aria nel centro cittadino e quelli nella prima mattinata in zona industriale avrebbero confermato che non vi erano più sostanze inquinanti e questo ha portato l'azienda a dare rassicurazioni tanto per le condizioni dell'aria. Anche per quanto riguarda le acque usate nello spegnimento dell'incendio, vi sono state rassicurazioni da parte dell'azienda che non sussiste rischio di percolazione nel terreno, né di contaminazione nella rete idrica;
secondo la Eco Energy «i rifiuti interessati dall'evento sono scarti di prodotti utilizzati per le colture agricole, regolarmente contenuti in fusti di cartone e stoccati in uno dei reparti operativi della ditta»;
le ragioni dell'incendio rimangono per ora sconosciute;
nella mezzanotte tra il 31 gennaio ed il primo febbraio 2012 ha poi preso fuoco anche l'azienda Idealservice di Ballò di Mira che lavora i rifiuti per poi avviarli al riciclaggio con un tetto che aveva alcune parti in eternit;
le autorità coinvolte (comune, provincia, Asl, Arpav, vigili del fuoco) hanno deciso l'evacuazione della popolazione da alcune aziende e da alcune abitazioni di un'area di 600 metri intorno all'incendio. Le analisi in prossimità di alcuni edifici

scolastici, nelle frazioni più interessate di Mirano, Dolo, Pianiga, Fiesso d'Artico e Stra, non ha evidenziato criticità;
sulle cause dell'incidente, per far luce sulle quali si sta muovendo la magistratura, si parla di una bomboletta spray pressata in un imballaggio che avrebbe portato alla scintilla fatale. Riguardo l'impatto ambientale Arpav e comune di Dolo, nel cui territorio i fumi hanno insistito parecchio, rassicurano la popolazione;
è sospetto, a giudizio degli interroganti, la simultaneità degli incendi in due aziende della stessa zona operanti nella gestione dei rifiuti speciali;
il piano strategico 2012-2014 dell'Arpav, l'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto prevede la drastica riduzione con la vendita delle sedi provinciali di Vicenza, Belluno, Rovigo, Verona, Treviso e del relativo personale; il ridimensionamento dei laboratori di analisi chimiche, da sette a soli due laboratori che in prospettiva si ridurranno ad uno solo, a Mestre;
il «Principio di precauzione» sancito dal trattato di Maastricht è stato tradotto nella normativa italiana con l'approvazione del «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006) e precisamente attraverso l'articolo 301 che recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...» -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa ed, in particolare, sulle cause dei due incendi;
se vi siano elementi tali da prevedere un rafforzamento delle iniziative di competenza volte a contrastare la presenza della criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti speciali in Veneto.
(4-14805)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
in una lunga e approfondita intervista rilasciata il 4 febbraio 2012 a La Repubblica da Sergio Benedetto, coordinatore dell'esercizio VQR (valutazione qualità e ricerca) dell'ANVUR (agenzia nazionale valutazione università e ricerca) e responsabile di vertice della stessa, si dichiara che l'obiettivo dell'agenzia sarebbe quello di applicare la valutazione di atenei ed enti di ricerca in modo da redigere una «classifica» o «mappatura» delle università e degli enti di ricerca di «serie A, B o Z», che possa determinare la ripartizione dei fondi a partire dal 2013, che possa «far ripartire da zero le università» istituendo una distinzione netta tra researching university e teaching university e che possa tracciare una distinzione tra università adibite al conferimento della laurea triennale e università dove si possa conseguire i titoli più alti, determinando anche la chiusura di «qualche sede»;
in merito alla competenze dell'ANVUR, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 1 febbraio 2010, n. 76, articolo 2, comma 2, si fa presente che l'ANVUR è istituita come agenzia che sulla base di un programma almeno annuale approvato dal Ministro, cura la valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici;

ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), del suddetto decreto, inoltre, le valutazioni dell'ANVUR si concludono entro un periodo di 5 anni; alla lettera b) si specifica, che la definizione dei criteri di valutazione deve essere finalizzata all'accreditamento periodico da parte del Ministro, coinvolgendo i nuclei interni di valutazione e, per le questioni didattiche, le commissioni paritetiche e gli organi di rappresentanza degli studenti, mentre alla lettera f), infine, si precisa che l'agenzia elabora, su richiesta del Ministro, i parametri di riferimento per l'allocazione dei finanziamenti statali;
in merito all'istituzione di una «mappatura delle università» da «far ripartire da zero», si fa presente che secondo il parere approvato dalla VII commissione della Camera (cultura scienza ed istruzione) circa lo schema di decreto legislativo n. 396, recante disposizioni per la valorizzazione dell'efficienza e della qualità della didattica e della ricerca (giunto all'ultimo passaggio dell'iter parlamentare prima della entrata in vigore) dev'essere operata una distinzione chiara tra «accreditamento iniziale, fondato su indicatori ex ante definiti dall'ANVUR e che consente al Ministero di autorizzare le Università all'attivazione dei corsi, e accreditamento periodico che dev'essere fondato principalmente sugli esiti della valutazione e su indicatori ex post»;
tale distinzione, che è chiaramente presente nella ratio del decreto 1o febbraio 2010, n. 76, prima menzionato, sancisce l'importanza strategica, e la peculiarità rispetto alla valutazione periodica, che rivestono l'avviamento e la definizione dello status giuridico di corsi di studio, atenei, ed enti di ricerca, e presuppone, altresì, la responsabilità da parte del Ministero di ogni scelta sulla policy universitaria e della ricerca, come anche delle considerazioni e delle conclusioni a seguito degli elementi di valutazione e accreditamento periodici;
nel merito delle affermazioni di Benedetto, nonostante si ritenga importante la valutazione in sé quale strumento di riferimento in ausilio delle scelte politiche nell'interesse di chi fruisce dell'università e nell'interesse della collettività, la direzione intrapresa presuppone un'idea punitiva della valutazione che penalizza il sistema di eccellenza territoriale diffusa su tutto il territorio nazionale;
l'idea di affidare le scelte politiche ad un rating delle università sancisce una palese ammissione di fallimento da parte dello Stato nell'assicurare un servizio di formazione pubblica omogeneo sull'intero territorio nazionale;
i recenti tagli del precedente Governo hanno inoltre condotto l'Italia agli ultimi posti della media OCSE in termini di investimenti nel settore dell'università e della ricerca, per cui diversi atenei si trovano nei fatti impossibilitati a rientrare in determinati parametri infrastrutturali e di bilancio;
nella lettera aperta al Ministro Profumo resa pubblica nei giorni scorsi, importanti rettori di università del mezzogiorno hanno denunciato le sperequazioni esistenti nella distribuzione delle risorse tra le università per cui gli atenei non sarebbero sovrafinanziati perché virtuosi, ma virtuosi perché preliminarmente sovrafinanziati e hanno altresì affermato che tale disparità, aggravata dalle discutibili modalità con le quali sono stati definiti i criteri di riparto, sta diventando insopportabile per importantissimi atenei;
le scelte da operare nei confronti di tali situazioni come dell'intero sistema, non devono presupporre l'obiettivo di ridurre le dimensioni del servizio pubblico di formazione e ricerca, ma devono rispondere all'obbiettivo di assicurare risorse crescenti ed un generale miglioramento, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale un servizio pubblico di qualità e di ottimizzare eventualmente risorse e infrastrutture sulla base delle necessità, della conformazione e delle esigenze delle singole realtà territoriali;
in moltissimi casi, la cattiva situazione di atenei ed enti di ricerca testimonia

l'assenza di scelte politiche di ampio respiro negli ultimi anni, e rende necessario non un «declassamento» o una «chiusura», ma una generale riforma del sistema di gestione del potere all'interno degli atenei, che distribuisca uguali diritti a chi svolge le medesime mansioni di ricerca e didattica, ovvero l'istituzione del ruolo unico delle docenze;
secondo gli interpellanti la valutazione va intesa in qualità di strumento, il cui utilizzo dipende poi da scelte politiche di indirizzo intitolate al Ministero, evitando che nella valutazione stessa siano intrinsecamente configurabili scelte politiche;
appare agli interpellanti assolutamente non opportuno per il Paese un sistema universitario disomogeneo in termini di qualità e valutazione in cui l'impegno/disimpegno dello Stato è in funzione della valutazione piuttosto che di un vero e proprio progetto del percorso formativo superiore -:
se il Ministro intenda la valutazione come un vaglio che tende a raggiungere e mantenere un elevato livello diffuso sul territorio nazionale, oppure intenda seguire la linea politica espressa da Benedetto, per cui la valutazione è finalizzata ad istituire una graduatoria tra atenei volta a distinguerne ufficialmente le differenti mansioni tra ricerca e insegnamento, e come il Ministro intenda agire nei confronti degli atenei cosiddetti di «serie B», tutelando le pari opportunità e il diritto allo studio sull'intero territorio nazionale;
come il Ministro intenda chiarire l'intollerabile confusione e sovrapposizione di ruoli tra il Ministero e l'ANVUR e se non ritenga opportuna una richiesta di spiegazioni da parte del presidente dell'ANVUR affinché chiarisca se le posizioni di Benedetto sono state espresse a titolo personale o se siano state discusse e concordate con il consiglio direttivo dell'agenzia.
(2-01354)
«Di Pietro, Zazzera, Di Giuseppe».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con le modifiche introdotte dagli ultimi provvedimenti promossi dal Ministro pro tempore Gelmini relativi alla modifica degli ordinamenti dell'istruzione di II grado, gli insegnanti tecnico-pratici sono stati pesantemente colpiti a causa dei tagli del monte ore di insegnamento e dell'eliminazione di numerose ore di laboratorio;
negli istituti professionali e tecnici la drastica riduzione delle ore degli insegnamenti tecnico-pratici, il taglio delle ore di laboratorio, l'incremento delle materie di studio teorico, la frammentazione dei saperi, il numero elevato di docenti che intervengono sulla medesima classe (in prima e seconda un consiglio di classe è formato da moltissimi docenti curricolari più i docenti di sostegno) non favoriscono certo la lotta alla dispersione scolastica;
in definitiva, il risparmio ottenuto con i tagli al monte ore di lezione ed ai laboratori, non risulta nemmeno così sostanzioso, visto che, per esempio, le materie chimica e fisica prevedono la compresenza del docente laureato e dell'insegnanti tecnico-pratico;
si fa presente che, nello specifico del settore moda, ma anche in tutti gli altri settori, i docenti di laboratori tecnologici ed esercitazioni, pur essendo insegnanti tecnico-pratici, hanno sempre gestito le classi da soli, senza quindi la compresenza con l'insegnante laureato, esami di Stato compresi;
inoltre negli ultimi provvedimenti governativi, mentre compaiono le modifiche relative alle diverse classi di concorso unitamente alla eventuale classe di riconversione, non si comprende quale sarà la sorte della classe di concorso degli insegnanti tecnico-pratici, che risultano ancora operanti nelle scuole, anche se spesso

quali docenti soprannumerari, insegnanti che peraltro sono presenti anche nelle graduatorie ad esaurimento -:
quale sarà la sorte degli insegnati tecnico-pratici della scuola e se non pare urgente riconoscere agli stessi la dignità dell'opera dagli stessi prestata, aumentando il monte ore del loro insegnamento ed incrementando, di conseguenza, l'attività laboratoriale negli istituti di istruzione di II grado;
quali siano gli intendimenti del Ministro nei confronti della classe di concorso degli insegnati tecnico-pratici che, fra l'altro, ad oggi è l'unica classe per la quale non è stata ancora prevista una tabella di riconversione.
(5-06119)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'approvazione del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative a 23 mila insegnanti abilitati e abilitandi è stata finalmente restituita l'opportunità di iscriversi nelle graduatorie ad esaurimento di cui all'articolo 1, commi 605, lettera c), e 607, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni;
si tratta di docenti che hanno conseguito l'abilitazione dopo aver frequentato i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), il secondo e il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 31/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A, il corso di laurea in scienze della formazione primaria, attivati negli anni accademici 2008/09, 2009/10 e 2010/11;
potranno inoltre chiedere l'iscrizione con riserva nelle succitate graduatorie anche coloro che si sono iscritti negli stessi anni al corso di laurea in scienze della formazione primaria;
un ordine del giorno approvato nell'ambito dell'esame del medesimo provvedimento, ha impegnato il Governo a far iscrivere in graduatoria anche gli insegnanti abilitati con i corsi ex decreto ministeriale 85 del 2005, rimasti esclusi nonostante avessero partecipato a corsi regionali riconosciuti dal Ministero;
tali iniziative normative certamente restituiscono giustizia a quanti sono stati penalizzati dalle ultime riforme del sistema scolastico, e che avevano perso ogni speranza di stabilizzazione lavorativa;
tuttavia il percorso di risanamento del sistema di reclutamento insegnanti non è affatto concluso;
rimane insoluto il problema che colpisce la categoria di docenti risultati idonei al concorso bandito nel 1999 (da allora non sono stati più banditi concorsi ordinari) i quali per il solo fatto di non aver provveduto a rinnovare l'iscrizione con riserva alle graduatorie del 2007, ne sono stati definitivamente esclusi -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di risolvere la questione che interessa i docenti di cui in premessa.
(5-06128)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 29, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, riserva una quota del fondo di finanziamento ordinario delle università, a partire dall'anno 2011, alla chiamata di professori associati secondo le procedure degli articoli 18 e 24, comma 6, della medesima legge;
la procedura prevista dal sopracitato articolo 18 è quella della chiamata dei professori associati sulla base di un regolamento emanato da ciascun ateneo nel rispetto del codice etico, dei principi della

Carta europea dei ricercatori e dei criteri indicati nelle lettere a)-e) del comma 1 del medesimo articolo; in particolare, la chiamata è riservata a persone in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale ad associato per lo specifico settore concorsuale (o anche ad ordinario purché non già in servizio come professori ordinari), ovvero a professori associati in servizio (cioè una chiamata per trasferimento), ovvero ancora a studiosi stabilmente impegnati all'estero in posizioni di livello pari a quella di professore associato; la chiamata viene deliberata, a seguito di una valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell'attività didattica dei candidati, mediante una proposta di chiamata da parte del dipartimento interessato e una successiva approvazione della chiamata da parte del consiglio di amministrazione;
il medesimo articolo 18, al comma 4, vincola inoltre ciascuna università a destinare almeno un quinto delle risorse disponibili in ogni triennio per l'assunzione di professori di ruolo alla chiamata di «esterni», cioè di persone che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio né sono stati assegnisti di ricerca o studenti presso lo stesso ateneo;
la procedura prevista dal sopracitato articolo 24, comma 6, è invece quella di chiamata «diretta» (cioè con valutazione scientifico-didattica non comparativa del candidato interessato), su un posto di professore associato, di un ricercatore a tempo indeterminato in servizio presso la medesima università in possesso di abilitazione scientifica nazionale, ovvero di un ricercatore a tempo determinato, titolare di un contratto («tenure track») del tipo di cui al comma 3, lettera b), del medesimo articolo, che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale e che si trovi nel terzo anno di contratto; tale procedura di chiamata «diretta» è consentita sino al 31 dicembre 2016 e non può utilizzare risorse economiche superiori alla metà di quelle complessivamente disponibili ogni anno per il reclutamento di professori di ruolo;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha fissato col decreto interministeriale 15 dicembre 2011 i criteri per la ripartizione tra le università del fondo introdotto dall'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010, indicandolo come «Piano straordinario» per la chiamata di professori associati;
nel medesimo decreto, con i commi 2 e 3 dell'articolo 1, sono stati inoltre stabiliti tre importanti principi: a) il piano straordinario si applica esclusivamente alle procedure di chiamata ex articolo 18 e articolo 24, comma 6, sopra descritte; b) nelle more dell'approvazione dei nuovi statuti delle università le chiamate sono di competenza delle strutture didattiche e scientifiche previste dallo statuto vigente; e) l'idoneità in concorsi a posti di professore associato banditi ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210, è equiparata all'abilitazione scientifica nazionale ai fini delle chiamate del Piano straordinario;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota del 28 dicembre 2011 indirizzata ai rettori e ai direttori amministrativi delle università, ha ulteriormente chiarito le condizioni di utilizzazione del piano straordinario e, in particolare, ha ricordato che: a) il piano straordinario dovrebbe consentire il riconoscimento dei meriti scientifici dei ricercatori in servizio e, al contempo, incentivare la mobilità nazionale e internazionale; b) le risorse del 2011 devono essere impegnate in tempi strettissimi, entro il 31 dicembre 2011, salvo ratifica degli organi collegiali di governo dell'ateneo entro il mese di gennaio 2012; c) le chiamate sono subordinate all'adozione del regolamento di cui all'articolo 18 della legge 240/2010;
con la stessa nota il Ministro ha invitato le università: a) a valutare l'opportunità di accantonare una parte delle risorse 2011 dell'anno straordinario al fine di consentire l'emanazione di un secondo bando nel corso del 2012 non appena saranno disponibili i risultati delle procedure

di abilitazione scientifica nazionale; b) a indire selezioni (per le chiamate ex articolo 18 della legge n. 240 del 2010 basate su ampi raggruppamenti di settori concorsuali, ove possibile coincidenti con una o più delle aree CUN, individuando però in tali raggruppamenti i settori concorsuali di interesse strategico per l'ateneo; inoltre il Ministro ha chiesto di riservare sin dall'inizio una parte delle risorse disponibili alle chiamate di «esterni» in quantità sufficiente a garantire il rispetto della norma stabilita dall'articolo 18, comma 4, della legge n. 240 del 2010;
l'università di Roma Sapienza ha emanato il regolamento di cui all'articolo 18 della legge n. 240 del 2010 con decreto rettorale n. 3487 del 17 ottobre 2011;
il senato accademico e il consiglio di amministrazione dell'università di Roma La Sapienza hanno deliberato in merito all'utilizzazione delle risorse disponibili per l'assunzione di personale, in particolare quelle attese dal piano straordinario, rispettivamente nelle sedute dell'8 novembre e del 22 novembre 2011;
il decreto interministeriale 15 dicembre 2011 ha assegnato all'università di Roma La Sapienza risorse del piano straordinario pari a 51,9 punti organico, corrispondenti a 74 posizioni (a stipendio intero) di professore associato;
l'università di Roma La Sapienza ha emanato con decreto rettorale n. 4776 del 30 dicembre 2011 il bando di una procedura selettiva per la copertura di 74 posti di professori associati mediante chiamata ai sensi dell'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010;
tale bando non prevede nessuna riserva per la chiamata «diretta» ex articolo 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010 di ricercatori a tempo indeterminato in servizio presso l'ateneo e in possesso di idoneità conseguita in concorsi a professore associato ex legge n. 210 del 1998, nonostante: a) il disposto dell'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010; b) l'invito esplicito in tal senso rivolto dal Ministro agli atenei nella nota del 28 dicembre 2011; c) la delibera sopracitata del senato accademico che «dà mandato all'Amministrazione affinché predisponga un bando, a riserva di partecipazione, per ogni area CUN ove sia presente almeno un ricercatore strutturato in Sapienza con idoneità a professore associato» e siano all'uopo impegnate risorse del piano straordinario «per posti pari al numero di idonei, impegnando pertanto complessivamente, secondo la ricognizione fin qui effettuata, 20,8 punti organico (0,2 punti organico per i 104 idonei La Sapienza»;
la richiesta di utilizzazione da parte del senato accademico di una quota dei fondi del piano straordinario per la chiamata diretta di ricercatori idonei, pari a 20,8 ponti organico, non raggiungeva comunque la metà dei fondi assegnati all'università di Roma La Sapienza pari a 51,9 punti organico e avrebbe quindi rispettato il limite stabilito dall'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010;
l'impegno di spesa per il piano straordinario presso l'università di Roma La Sapienza è stato deliberato con decreto rettorale n. 4774 del 30 dicembre 2011, in pari data del bando sopracitato, senza che gli organi collegiali di governo dell'ateneo abbiano potuto ratificare l'impegno di spesa (come previsto dalla nota ministeriale del 28 dicembre 2011) prima dell'emanazione del bando;
il bando emanato dall'università di Roma La Sapienza prevede inoltre che alle procedure selettive del piano straordinario possano partecipare, oltre alle categorie già indicate ed espressamente previste dalla legge, anche i «vincitori dei programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall'Unione Europea o dal MIUR di cui all'articolo 29, comma 7, della legge n. 240 del 2010, ai sensi del decreto ministeriale 1o luglio 2011, n. 276, che abbiano perfezionato l'iter di riconoscimento del titolo, il cui inquadramento nel ruolo di professore associato potrà avvenire comunque in subordine alla sussistenza di

risorse che dovranno essere specificamente individuate dall'Ateneo», introducendo quindi un ulteriore elemento di incertezza in un bando a valere sul piano straordinario di cui all'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010, che così risulta aperto a persone che di questo piano straordinario non hanno diritto ad usufruire;
pur non risultando ancora emanato il nuovo statuto dell'università di Roma La Sapienza, il bando affida le procedure di chiamata al senato accademico, disattendendo le competenze dei dipartimenti previste dallo statuto vigente e dunque a giudizio dell'interrogante in contrasto con quanto indicato dalla nota ministeriale del 28 dicembre 2011;
inoltre il bando, pur seguendo l'indicazione della nota ministeriale di indire selezioni basate su ampi raggruppamenti di settori concorsuali eventualmente coincidenti con le aree CUN, non individua i settori concorsuali come previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera a), della legge n. 240 del 2010, nemmeno sotto la forma di quelli di interesse strategico per l'ateneo come previsto dalla nota ministeriale, col rischio che le assunzioni potrebbero non corrispondere alle reali esigenze didattiche e scientifiche dell'ateneo;
il bando risulta secondo l'interrogante anche difforme in più punti dal regolamento delle chiamate di cui all'articolo 18 della legge n. 240 del 2010 approvato dalla medesima università;
l'utilizzazione da parte dell'università di Roma La Sapienza dell'intero finanziamento 2011 del piano straordinario per un unico bando di selezioni ex articolo 18 della legge n. 240 del 2010 impedirà l'emanazione di altri bandi nel 2012 cui possano partecipare coloro che conseguiranno l'abilitazione scientifica nazionale nella prima tornata, in contrasto con quanto previsto dalla nota ministeriale del 28 dicembre 2011;
sulla base di quanto sopra esposto e di altro ancora, i rappresentanti dei ricercatori nel senato accademico e nel consiglio di amministrazione dell'università di Roma La Sapienza e alcune organizzazioni del personale universitario (FLC CGIL, Coordinamento dei ricercatori della Sapienza, Coordinamento degli idonei della Sapienza) hanno chiesto la revoca del bando;
l'università di Roma La Sapienza risulterebbe essere stata la prima e finora l'unica ad aver emanato il bando per il piano straordinario e quindi potrebbe giocare il ruolo di battistrada per tutte le altre università italiane;
il consiglio universitario nazionale, nella seduta del 25 gennaio 2012, ha approvato una mozione sul piano straordinario in cui rileva che tale piano era nato come intervento nella direzione di favorire la progressione a professore associato dei ricercatori scientificamente maturi - o abilitati con la nuova procedura nazionale o idonei nei precedenti concorsi - e quindi appare improprio utilizzarlo per i trasferimenti di sede di un professore associato, tenuto anche conto che la mobilità orizzontale è incentivata da altri specifici finanziamenti a valere sul fondo di finanziamento ordinario -:
se il Ministro, pur nel doveroso rispetto dell'autonomia delle università, ritenga che il bando dell'università di Roma La Sapienza per il piano straordinario per la chiamata di associati ai sensi dell'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010, finanziato quindi a valere su risorse del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sia conforme alla lettera e allo spirito della legge, e se il Ministro intenda assumere iniziative per contribuire a dirimere i dubbi e le perplessità sorti all'interno della comunità accademica;
se e con quali iniziative di modifica o di interpretazione autentica di norme obiettivamente complesse e di non facile applicazione il Ministro intenda dare un indirizzo unitario e sicuro a tutti gli atenei, ivi compresa l'università di Roma La Sapienza, in merito all'utilizzazione delle

risorse finanziarie del piano straordinario previste dall'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010, nel rispetto sia della volontà del legislatore, come la si può evincere anche dai lavori parlamentari per l'approvazione della legge, sia delle attese legittime delle categorie interessate, in primo luogo dei ricercatori universitari a tempo indeterminato del ruolo ad esaurimento idonei o (in futuro) abilitati e, a tempo debito, dei ricercatori a tempo determinato in «tenure track», sia infine dell'autonomia delle università nelle scelte e nelle procedure di reclutamento, secondo quanto stabilito dalla legge n. 240 del 2010, con l'obiettivo di mettere a regime il nuovo sistema concorsuale adeguandosi agli standard internazionali per premiare meglio il merito personale dei candidati e favorire la mobilità nazionale e internazionale dei docenti e ricercatori.
(5-06131)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 3 gennaio 2012, è stata inviata al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca una lettera aperta dei rettori della federazione del sistema universitario Lucano-Molisano-Pugliese;
nella lettera si sottolinea che il 14 dicembre il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha diffuso i dati sulla dotazione di Fondo di finanziamento ordinario (F.F.O.) assegnata ai singoli atenei pubblici nazionali, elaborati in base al decreto ministeriale adottato dal precedente Ministro;
la cosiddetta «quota premiale» del Fondo, quest'anno portata al 12 per cento del totale, comporta, come da normativa, premialità e penalizzazioni finanziarie per gli atenei, cosiddetti, «virtuosi» e «non virtuosi»;
la distribuzione geografica delle due categorie di università è tutt'altro che casuale: se si suddividono i 54 atenei valutati in due gruppi di pari numerosità, ubicati rispettivamente a nord e a sud del parallelo passante per Foligno, si ottiene la seguente situazione: dei 27 atenei centro-meridionali solo 2 appaiono, peraltro piuttosto marginalmente, "virtuosi", mentre delle 27 università del centro-nord ben 23 rientrano in questa «fortunata» categoria. Questo dato potrebbe prestarsi ad interpretazioni fantasiosamente «antropologiche», ma può essere - invece - molto più correttamente interpretato guardando a come è riparto il totale del Fondo, portando in conto, cioè, il restante 88 per cento (85,5 per cento al netto della quota di cui all'articolo 11, comma 1, della legge n. 240 del 2010);
il Fondo «storicamente» assegnato dal Ministero ai singoli atenei, infatti, presenta differenze e sperequazioni assolutamente ingiustificabili, se è vero che l'università meglio finanziata riceve (dati 2010) quasi 6.500 euro a studente, mentre la meno supportata deve accontentarsi di poco più di 2.200 euro, circa un terzo, cioè. Tali differenze hanno origini, appunto, «storiche», di molto precedenti alla recente introduzione di criteri meritocratici di premialità, configurandosi quindi come vere e proprie, ingiustificabili, sperequazioni;
è evidente che, a fronte di premesse così differenziate, i risultati delle valutazioni di merito sui risultati conseguiti non possono che risentire delle differenti condizioni di partenza. Ed infatti, il confronto tra le due classifiche, di «virtuosità» da una parte e di finanziamento storico dall'altra, risulta particolarmente illuminante: dei 27 atenei sovrafinanziati rispetto alla mediana nazionale (dati 2010) solo 8 hanno sede al Centro-sud, e, naturalmente, dei 27 atenei sotto finanziati solo 8 sono del Centro-nord;
da questi dati si può quindi razionalmente, ed inconfutabilmente, dedurre che, in media, gli atenei che ricevono la maggiorazione di Fondo di Finanziamento Ordinario non sono sovrafinanziati perché

«virtuosi», ma risultano (a questo punto, solo apparentemente) «virtuosi» (cioè con performance superiori alla media) proprio in quanto già preliminarmente sovra finanziati;
tale oggettiva e incontestabile sperequazione, che si ripropone, in termini sempre peggiori (via via che la cosiddetta quota premiale viene aumentata) da tre anni, ha ormai raggiunto livelli di assoluta insopportabilità, in quanto sta mettendo in discussione la stessa sopravvivenza di un sistema universitario nazionale, a servizio dell'intero Paese, e non solo delle regioni centro-settentrionali;
la situazione, già grave, è ulteriormente peggiorata dalle discutibili modalità con le quali sono stati finora definiti i criteri ed i pesi dell'algoritmo di premialità: nel merito, in quanto (ad esempio) nella didattica si premia la facilità di superamento degli esami e non la qualità della formazione ricevuta, e nella ricerca si portano in conto solo alcuni capitoli di finanziamento nazionale ed europeo, e non altri, e si ignorano gli indicatori bibliometrici internazionali di produttività scientifica. E nel metodo, poiché criteri e pesi vengono rivisitati ogni anno, e sempre a posteriori, il che vanifica ogni seria volontà di management by objective da parte degli atenei;
è appena il caso di ricordare, inoltre, che alle sperequazioni nella distribuzione del finanziamento ordinario si sommano le enormi differenze tra i livelli di tassazione sopportabili dalle rispettive popolazioni studentesche e tra i contributi offerti, alle università locali, dai rispettivi territori: in primis da parte degli enti locali e delle fondazioni bancarie, notoriamente molto più ricchi nelle regioni centro-settentrionali di quanto accada nel meridione d'Italia. Di tali differenze dovrà tener conto anche il nuovo criterio di valutazione della sostenibilità economico-finanziaria, destinato a sostituire l'attuale «regola del 90 per cento», se si vogliono evitare ulteriori discriminazioni a danno degli atenei ubicati nelle regioni più povere, premiando (paradossalmente) chi ha potuto e voluto applicare tasse studentesche più elevate, anche oltre il limite di legge del 20 per cento del Fondo di Finanziamento Ordinario;
tutte le succitate anomalie hanno creato una situazione che rischia di trasformare la premialità meritocratica in arbitraria discriminazione -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire per porre rimedio a questa situazione in particolare, se non ritenga opportuno assumere iniziative per:
a) introdurre un contributo standard per studente, a valere su tutto il territorio nazionale al fine di uniformare in termini equitativi la distribuzione della cosiddetta «quota storica» del Fondo di Finanziamento Ordinario);
b) stabilire criteri di valutazione della premialità equi, condivisi con la comunità accademica, e - soprattutto - preventivamente noti e stabili su orizzonti temporali pluriennali;
c) sospendere, nelle more dell'introduzione del contributo standard per studente e della definizione del «nuovo sistema» di valutazione, l'applicazione della quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario 2012, che se fosse effettuata «sulla base di criteri e dei parametri utilizzati nell'anno 2011», così come preannunciato nella nota del 30 dicembre, porterebbe ad ulteriori insopportabili esasperazioni delle sperequazioni innanzi denunciate.
(4-14813)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale 10 ottobre 2008 n. 193 è stato regolamentato l'adeguamento

organizzativo degli istituti di patronato ai sensi della legge 152 del 2001;
tale regolamento interviene per le sedi provinciali situate fuori capoluogo di provincia vietandone l'istituzione, fatti salvi casi di deroga anche in base a valutazioni di merito del Ministero;
il caso che sulla base del citato regolamento si prospetta per la provincia di Pesaro e Urbino è del tutto particolare;
ha sede a Fano il patronato CLAAI che in base alla applicazione «letterale» del regolamento dovrebbe trasferirsi nel capoluogo Pesaro;
tale eventualità apparirebbe paradossale avendo il patronato di cui trattasi utenti esclusivamente nell'area di Fano e circondario;
Fano è la terza città delle Marche con 65.000 abitanti pur non essendo capoluogo di provincia ed ha una gravitazione di grossi centri dalla Valle del Metauro che può considerarsi analoga a quella dello stesso capoluogo Pesaro;
proprio per questo, Fano è sede dell'INPS ed ha le uniche sedi operative della provincia per INAIL, Agenzia delle entrate e altre istituzioni;
per il patronato CLAAI di Fano l'apertura di una sede staccata dal suo centro operativo apparirebbe come inutile duplicazione, solo formale, con aggravio di costi e appesantimento del servizio;
sarebbe consigliabile, per i criteri di deroga prevedere che questi siano concessi per le città non capoluogo di provincia in cui insistono sedi INPS e INAIL, come nel caso di Fano -:
se il Ministro intenda approfondire l'argomento e verificare la particolarità del caso del patronato CLAAI di Fano, prevedendo una possibile deroga derivante dai criteri oggettivi indicati in premessa che potrebbero essere adottati per l'intero Paese.
(5-06112)

GATTI, BERRETTA, MOSCA, MADIA, CODURELLI, MATTESINI, BELLANOVA, GNECCHI e BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 2 febbraio 2012, si sono tenuti a Roma gli «Stati generali sul lavoro delle donne in Italia», indetti dalla II commissione del CNEL allo scopo di contribuire a restituire centralità, nel dibattito economico, sociale e politico, sia alla annosa questione della scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro, sia alle principali problematiche che spesso ostacolano una adeguata valorizzazione e qualificazione del lavoro delle donne;
i tanti dati forniti nel corso dell'incontro hanno delineato, una volta di più, un quadro desolante, soprattutto per quel che riguarda le donne madri, il 30 per cento delle quali, secondo l'ISTAT, è costretta a interrompere il lavoro per motivi familiari, contro il 3 per cento dei padri;
una ricerca ISFOL condotta su un campione rappresentativo delle donne italiane compreso tra i 25 e i 45 anni, ha ribadito che una delle cause principali della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro è la famiglia; il 40,8 per cento delle ex lavoratrici dichiara di aver interrotto l'attività lavorativa per prendersi cura dei figli e circa il 5,6 per cento per dedicarsi totalmente alla famiglia o all'accudimento di persone non autosufficienti;
una buona parte delle donne interpellate, inoltre, ha dichiarato di aver dovuto terminare l'attività lavorativa per cause non volontarie; dall'indagine risulta, infatti, che oltre il 17 per cento ha interrotto il lavoro alla scadenza di un contratto a termine o stagionale mentre il 15 per cento a seguito di licenziamento o di chiusura dell'azienda;
se le condizioni delle donne italiane nel mondo del lavoro sono da definirsi drammatiche, recenti articoli di stampa (vedi La Repubblica, cronaca di Palermo,

del 27 gennaio 2012) evidenziano come ancor più disperate siano da considerarsi quelle delle donne siciliane;
secondo l'ISTAT, il tasso di attività femminile in Sicilia (consistente nella percentuale di coloro che dichiarano di lavorare o cercare occupazione) è attestato sulla scoraggiante cifra del 35 per cento, ciò significa che quasi 2/3 delle donne siciliane è fuori dal mercato del lavoro;
le donne che rientrano nella, purtroppo minoritaria, categoria di lavoratrici, sono, inoltre, costrette a subire vessazioni e umiliazioni pur di poter ottenere il posto di lavoro, tanto da essere spesso costrette a mentire riguardo alla propria condizione familiare, all'esistenza di vincoli affettivi e alle aspettative relative a una possibile maternità;
per molte di loro, infatti, il momento della maternità rischia di equivalere a quello del licenziamento, poiché i datori di lavoro non intendono sopportare i costi a essa legati;
i rappresentanti sindacali siciliani hanno denunciato la sempre maggiore diffusione di fenomeni «barbari», quali le dimissioni in bianco o i cosiddetti licenziamenti verbali; il primo consiste nell'obbligare la donna a firmare, contemporaneamente al contratto di assunzione, un foglio di dimissioni, in bianco e senza data, che sarà poi utilizzato dal datore di lavoro nel caso in cui la lavoratrice diventi «scomoda»; il secondo si manifesta intimando alla lavoratrice di non presentarsi più, così da poterla licenziare per abbandono del posto di lavoro;
da quanto riportato nel suddetto organo di stampa, tali selvagge pratiche non sono confinate nel mondo del lavoro manuale privato, ma sconfinerebbero addirittura in settori lavorativi inimmaginabili, ad esempio quello educativo; a tal proposito si cita il caso di una donna che, dopo aver prestato servizio presso una scuola per l'infanzia paritaria per 12 anni, al momento dell'annuncio della maternità è stata licenziata mediante la lettera di dimissioni in bianco che era stata costretta a firmare all'atto dell'assunzione;
tali metodi non possono più essere tollerati; al riguardo, è necessario attivare un'opera di minuzioso monitoraggio in tutta l'area siciliana, allo scopo di ottenere dati precisi sui fenomeni suddetti, al fine di consentire una incisiva opera di contrasto dei reati perpetrati a danno delle donne lavoratrici -:
quali siano i dati a disposizione del Governo relativamente alle violazioni della tutela economica e fisica delle donne lavoratrici in Sicilia;
quali siano i dati relativi al numero di donne lavoratrici operanti in Sicilia, che abbiano abbandonato il lavoro a causa della maternità, sia nel settore privato che nel settore pubblico, con particolare riferimento a quello della scuola di ogni grado, comprese quelle paritarie per l'infanzia;
quali siano le informazioni in possesso del Governo, relativamente ai cosiddetti «licenziamenti verbali», ed eventualmente quali iniziative intenda assumere per contrastare una simile pratica, con particolare riferimento all'area siciliana.
(5-06125)

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è notizia pubblicata sulla stampa locale nei giorni scorsi quella riguardante un signore ottantenne di Cittadella (Padova) che ha ricevuto dall'Inps la somma di 4.530 euro a causa di errori di conteggio della pensione relativamente agli anni 2002, 2003 e 2004;
stando all'articolo di stampa, l'interessato ha ottenuto la rateizzazione della somma dovuta, per un importo pari a 94,52 euro al mese, contro gli iniziali 200

euro mensili richiesti dall'Istituto, cifra quest'ultima esorbitante per un pensionato a poco più di 700 euro mensili -:
come sia possibile che siano trascorsi dieci anni - otto se si considera l'ultimo dei tre anni in cui l'errore è rilevato - prima che l'Istituto si accorgesse dell'errore;
se sia siano registrati altri casi similari di pensionati ultrasettantenni a basso reddito che si ritrovano a dover restituire somme non dovute all'Inps per errori di calcolo dell'Istituto e, in caso di risposta affermativa, quanti siano;
se non ritenga comunque doveroso prevedere una qualche forme di tutela dei pensionati bisognosi in caso di percezione indebita di somme non dovute per errore dell'Istituto pensionistico e non già del pensionato medesimo.
(4-14814)

FEDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'istituto centrale delle banche popolari italiane ha svolto a novembre 2011, prima della conclusione del contratto per il pagamento delle pensioni INPS all'estero, una verifica di esistenza in vita;
dal 1° febbraio 2012, il servizio del pagamento delle pensioni INPS per beneficiari residenti all'estero sarà svolto da Citibank NA, con sede legale a New York e con sede secondaria a Milano, via Mercanti 12;
in vista dell'avvio del servizio, è stata spedita una comunicazione personalizzata di presentazione ai pensionati contenente una lettera di introduzione, un opuscolo con le domande frequenti, la richiesta di certificazione di esistenza in vita ed il modulo di dichiarazione di intestazione congiunta del conto corrente;
particolare spazio è stato dedicato all'attestazione dell'esistenza in vita, alle modalità da seguire per contattare Citibank ed al servizio di assistenza che sarà assicurato nel periodo precedente l'avvio del servizio;
l'accertamento dell'esistenza in vita che è stato avviato con l'invio del pacchetto introduttivo ai pensionati è basato sulla richiesta di compilare e restituire a Citibank un'attestazione di esistenza in vita avallata da un «testimone accettabile», e che per «testimone accettabile» si intende un rappresentante di un'ambasciata o consolato italiano o un'autorità locale abilitata ad avallare la sottoscrizione dell'attestazione di esistenza in vita;
in alcune realtà geografiche, a partire dalla mensilità di dicembre 2011, sono stati riscontrati problemi gravissimi ed ingiustificati ritardi nel pagamento delle pensioni INPS;
la situazione risulta particolarmente grave in Sudafrica, con un numero abnorme di pensioni per le quali la sospensione di fatto delle mensilità arriva fino a tre mesi e coinvolge quindi entrambi gli istituti di credito, ICBPI e Citibank;
tale situazione pone a serio rischio molti connazionali che fanno unico affidamento sul reddito derivante da pensione italiana -:
quali urgentissime iniziative si intendano intraprendere per assicurare che l'Istituto nazionale della previdenza sociale ottemperi ai pagamenti di pensione e garantisca quindi l'unica fonte di reddito di molti pensionati italiani nel mondo e particolarmente in Sudafrica;
quali immediate iniziative si intendano assumere per chiarire in relazione a ciascuna delle aree geografiche, e per ciascun Paese, i soggetti abilitati ed autorizzati alla certificazione dell'esistenza in vita, tenendo anche conto delle chiusure di consolati e della sostanziale assenza dello Stato italiano in alcune realtà;
quali altre immediate iniziative si intendano adottare per garantire che nel passaggio di consegne da un istituto di credito all'altro, e nelle more contrattuali,

non si determinino situazioni analoghe con potenziale perdita di dati, lungaggini burocratiche aggiuntive e penalizzazioni a carico dei pensionati;
se non si ritenga indispensabile, infine, al fine di evitare situazioni di grave rischio ai connazionali in Sudafrica, procedere al pagamento della mensilità di febbraio 2012 e, dopo verifica dell'esistenza in vita, automaticamente riaccreditare le mensilità di dicembre 2011 e gennaio 2012.
(4-14817)

PALAGIANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 407 del 1990, è stata introdotta dal legislatore italiano con lo scopo di ridurre il tasso di disoccupazione nel Paese, incentivando le aziende, attraverso particolari agevolazioni fiscali, in caso di assunzione di soggetti in possesso di specifici requisiti previsti dalla legge stessa;
l'articolo 8 della legge succitata introduce, infatti, una serie di disposizioni relative ai cosiddetti contratti a tempo indeterminato e di formazione e lavoro. In particolare, al comma 9, si prevede la possibilità per i datori di lavoro, di beneficiare di uno sconto contributivo pari al 50 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per un periodo di 36 mesi (beneficio elevato al 100 per cento per le imprese operanti nel Mezzogiorno), in caso di assunzione, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi, in possesso di una regolare attestazione di tale status di inoccupato, o sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per un periodo equivalente e beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale;
i benefici contributivi previsti dalla legge n. 407 del 1990, spettano anche nel caso di assunzione, sempre con contratto a tempo indeterminato, di lavoratori part-time, purché lo stato di disoccupazione risulti sempre essere di almeno 24 mesi, oppure di lavoratori occupati presso altro datore di lavoro con un reddito lordo inferiore ad 8.000 euro;
sempre secondo quanto stabilito dalla legge, le agevolazioni previste non spettano all'azienda qualora le assunzioni aventi i requisiti previsti «siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi», ciò al fine di evitare licenziamenti «mirati» da parte dell'azienda interessata al solo scopo di usufruire delle agevolazioni di legge;
è evidente che lo scopo della norma citata è quello di creare occupazione nel nostro Paese, favorendo l'assunzione di nuovi soggetti grazie agli sgravi contributivi e previdenziali, e non certo quello di procurare unicamente un vantaggio all'impresa a danno della concorrenza o, peggio, degli stessi lavoratori; -:
quante siano state, dall'istituzione della legge n. 407 del 1990, ad oggi e per ogni singolo anno, le aziende beneficiarie delle agevolazioni, i lavoratori interessati ed il costo per la collettività in termini di minori contributi previdenziali incassati;
quanti dei dipendenti assunti grazie all'applicazione di questa norma abbiano effettivamente mantenuto il posto di lavoro dopo 1, 3 e 5 anni dopo la fine delle agevolazioni previste dalla legge;
quanti soggetti siano stati assunti più volte grazie all'uso, evidentemente improprio, della legge n. 407 del 1990;
in riferimento ai soggetti assunti più volte beneficiando della legge n. 407 del 1990;
a) quanti, durante l'intervallo fra le due assunzioni ex legge n. 407 del 1990, abbiano usufruito di specifici ammortizzatori sociali e con quali costi;
b) quanti, essendo occupati con un reddito lordo inferiore ad 8.000 euro, siano stati assunti praticamente con soluzione

di continuità più volte con i benefici della legge n. 407 del 1990.
(4-14824)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2002 l'INPS ha ereditato il patrimonio immobiliare ex INPDAI, fino a qualche anno fa amministrato dall'ex responsabile della direzione del patrimonio Francesco Varì, ora presidente dell'organismo di validazione dell'integrità e trasparenza dell'INPS (OIV);
a marzo 2010 il consiglio di amministrazione dell'Ente ha disposto un'indagine sull'asset ad una commissione interna che ha appena consegnato la sua relazione finale;
nel 2002 INPDAI sottoscrisse un contratto, ereditato dall'INPS, con Rti Pirelli&C, Romeo spa e SOVIGEST, per la gestione degli immobili, la manutenzione dei palazzi sparsi in tutta Italia e la riscossione degli affitti;
il contratto prevedeva una scadenza biennale (al 2004) e la possibilità di rinnovi annuali per un massimo di tre anni, verificatesi puntualmente;
nel 2006 il contratto viene rinnovato per un quadriennio;
la Commissione ha rilevato che i rinnovi del contratto sono avvenuti in violazione alla normativa che vietava i rinnovi dei contratti delle pubbliche amministrazioni in maniera tacita, come è avvenuto, e non motivati da ragioni di convenienza;
inoltre, la nuova normativa del 10 agosto 2005, per i contratti già scaduti o che venivano a scadenza nei 6 mesi successivi all'entrata in vigore della nuova legge, stabiliva che potevano essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi, e comunque per un massimo di 6 mesi;
rinnovo doveva avvenire con gare ad evidenza pubblica;
nessuna gara è stata in questo caso convocata dall'INPS e i contratti sono stati prorogati ben oltre i limiti prefissati;
secondo il contratto, le società Pirelli, Romeo e Previgest hanno corrisposto all'INPS solo un minimo garantito, complessivamente 7 milioni e 308 mila euro l'anno, a fronte di incassi ben più ricchi;
nel periodo 2003-2010 le tre società di riscossione hanno guadagnato quasi 81 milioni di euro;
a partire dal 2003 vengono trasferiti a carico dell'INPS anche i costi per contratto, fino ad allora sostenuti dalle società affidatarie;
il magistrato Ferrara ha formalmente chiesto al direttore generale INPS Mauro Nori quali provvedimenti intenda prendere di fronte alle anomalie denunciate e lo ha invitato a informare la procura regionale della Corte dei conti del Lazio;
tutto quanto sopra esposto appare particolarmente scandaloso, in un momento in cui ai pensionati italiani vengono richiesti pesanti sacrifici che hanno portato addirittura il Ministro interrogato a commuoversi in pubblico -:
quali iniziative intenda porre in atto il Governo per chiarire l'incresciosa situazione descritta;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda prendere il Governo nel caso vengano accertate effettive responsabilità.
(4-14825)

TESTO AGGIORNATO AL 9 MAGGIO 2012

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA e SERVODIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di maltempo che si è abbattuta sull'intera penisola e sulla regione Puglia sta mettendo in ginocchio il comparto

agroalimentare e zootecnico pugliese. Il freddo, la pioggia e la neve caduta in questi giorni hanno provocato danni ingenti;
le associazioni di categoria hanno lanciato un vero e proprio allarme. Secondo i dati forniti dalla Coldiretti in Puglia non solo è andato distrutto il 50 per cento degli ortaggi di stagione, ma i collegamenti stradali interrotti vanificano la possibilità di anticipare il raccolto per tentare di salvare il salvabile e questa difficile situazione sopraggiunge a ridosso del cosiddetto «blocco dei tir» di qualche giorno addietro che ha arrestato e reso inutilizzabili tonnellate di prodotti ortofrutticoli e latte diretti al Nord Italia;
i danni determinati da questa gravosa condizione hanno un riverbero su aziende che purtroppo sono già messe in seria difficoltà dalla crisi economica e che nei fatti rischiano, con questa situazione, di vedere vanificato il lavoro degli ultimi mesi;
anche la Confederazione italiana agricoltori Puglia denuncia che, seppur vi fossero aziende risparmiate dalle piogge e dalla neve, le stesse si ritroveranno a pagare un dazio elevato con l'arrivo di bollette salatissime, poiché comunque a causa delle rigide temperature luoghi come stalle e serre hanno avuto bisogno di essere riscaldati costantemente anche per evitare che le tubature si gelassero;
in questi ultimi due anni, inoltre, il prezzo del gasolio agricolo è lievitato del 130 per cento e le associazioni di categoria, in questa situazione, stimano un aggravio sui costi produttivi di ciascuna azienda pari a oltre cinquemila euro;
in questa condizione risulta a rischio la distribuzione nei mercati e supermercati delle merci ed, in particolare, dei prodotti altamente deperibili -:
in che modo il Ministro intenda intervenire per evitare il collasso del comparto agroalimentare e zootecnico pugliese e quali iniziative intenda adottare per evitare che in questa situazione di emergenza vi possa essere il rischio di una speculazione sui prezzi dei prodotti agricoli.
(5-06123)

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SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
nel nostro Paese, sempre più persone rivolgono la loro attenzione alla medicina cosiddetta «non convenzionale o integrativa» per la cura dei propri malesseri, integrando così la medicina allopatica e modulando, a volte senza un criterio corretto, l'uso dell'una o dell'altra medicina;
per medicine «non convenzionali o integrative» si intendono tutte quelle discipline o prassi mediche che sottintendono concetti teorici, filosofici e scientifici prevalentemente di derivazione orientale, in base ai quali la malattia è considerata il risultato di una disarmonia o di uno squilibrio energetico dell'organismo;
tra le discipline di medicina non convenzionali o integrative rientrano l'agopuntura di tradizione cinese e l'agopuntura di tradizione giapponese «ryodoraku», anch'essa operante in Italia, e precisamente a Roma, da più di trenta anni, e conosciuta in Umbria, in Sicilia e in Sardegna;
l'agopuntura è una forma di terapia medica cinese dalle antichissime origini, il primo testo che ne parla risale al quinto millennio avanti Cristo. In sostanza, l'agopuntura si basa sulla tradizione taoista secondo la quale la vita è un'alternanza di concetti opposti, quali massa ed energia, maschio e femmina, caldo e freddo, Yin e Yang;
l'agopuntura consiste nella stimolazione di determinate zone o, più precisamente,

punti. Ne esistono più di 1.500 su tutta la superficie corporea, ma comunemente se ne usano qualche centinaio. Lo scopo è quello di ripristinare l'equilibrio «energetico» delle due manifestazioni, lo Yin e lo Yang, alterato da qualsiasi causa, tramite l'infissione di sottili aghi dei quali si conosce preventivamente l'azione;
si sa che l'agopuntura provoca la stimolazione di neuro recettori, agendo per via diretta su terminazioni libere di fibre nervose, come è stato ben dimostrato con un approccio oggettivo e scientifico nella terapia agopuntoria perfezionata, denominata «ryodoraku»: tramite tale stimolazione del sistema nervoso autonomo si ha la possibilità di agire, per via diretta, umorale o vascolare, su un organo o apparato che frequentemente non è in relazione topografica o metamerica con il punto cutaneo stimolato;
l'azione degli aghi produce un'insorgenza delle onde del presonno e la riduzione del potenziale di azione degli stimoli dolorosi, nonché, a livello cerebrale, la produzione di sostanze antiserotoniniche con conseguente aumento della soglia del dolore;
esistono inoltre prove scientifiche di efficacia dell'agopuntura nel trattamento:
a) della nausea e del vomito che accompagnano un'operazione o la chemioterapia;
b)dei dolori conseguenti a interventi sui denti;
c)di dolori cronici quali artrosi, mal di schiena o mal di testa;
d)dell'insufficienza renale, con il conseguente recupero parziale della funzionalità d'organo;
e)di periartriti scapolo-omerali, sciatalgie e lombo-sciatalgie che non sono state risolte con le terapie classiche;
proprio la periartrite scapolo-omerale, così dolorosa, limitante e debilitante e che incide gravemente sulla capacità lavorativa dei soggetti che ne sono colpiti, con conseguente costo per lo Stato quando è riconosciuta causa di invalidità civile, è quella che trae maggiore beneficio dalla terapia con l'agopuntura. Alcuni casi di periartrite scapolo-omerale sono così gravi da richiedere l'intervento chirurgico, ma utilizzando l'agopuntura in tempo utile si risparmiano risorse e si lascia all'individuo la sua autonomia, non costringendolo ad allontanarsi dal mondo produttivo;
anche se l'agopuntura è una disciplina praticata nel mondo in più di 140 Paesi, il suo sviluppo a livello internazionale si dipana tuttora in modo irregolare e disomogeneo;
in alcune aree del mondo essa si è solidamente affermata ed è stata legalizzata;
in altre aree del mondo, che comprendono la maggior parte dei Paesi occidentali essa è invece presente solo grazie al favore che gode tra l'opinione pubblica;
in Italia l'assenza di una legislazione in materia concorre a un esercizio irregolare della pratica dell'agopuntura;
la Corte di cassazione nel 1982 (sentenza n. 7176 del 19 luglio) ha stabilito che l'esercizio della stessa è riservato ai medici chirurghi e odontoiatri in possesso dell'abilitazione alla professione, concetto ribadito nel 2002 dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri;
tale situazione di ambiguità nell'esercizio dell'agopuntura non è più accettabile e sarebbe opportuno che su una disciplina ormai enormemente diffusa e di cui usufruiscono milioni di italiani ci fosse finalmente una presa d'atto da parte del Governo, in maniera tale da portare ad una disciplina della pratica della stessa;
con due ordini del giorno (9/00624-B/004 del 9 marzo 2010 e 9/03687-A/025 del 30 novembre 2011) presentati dal primo firmatario del presente atto ed accolti, il Governo si impegnava ad utilizzare l'agopuntura nel campo della terapia del dolore e a valutare l'opportunità di

adottare nelle sedi appropriate e con le opportune iniziative normative, l'inserimento, durante gli ultimi anni del corso di laurea in medicina e chirurgia, di un sistema informativo sui meccanismi d'azione dell'agopuntura e sulle sue indicazioni terapeutiche;
con l'accoglimento di tali ordini del giorno si prendeva atto che l'agopuntura è sempre più utilizzata in Italia come metodo di cura (sarebbero, secondo stime ufficiali, più di due milioni gli italiani che ne fanno ricorso);
a questa situazione oggettiva non corrisponde un'adeguata informazione da parte del medico di medicina generale (MMG) che non solo si trova spesso impreparato a dare delle risposte corrette alle domande dei propri pazienti sulle effetti o sugli eventuali limiti dell'agopuntura, ma che non ha la preparazione adeguata per indirizzare i pazienti a questa terapia qualora la stessa potesse risultare di beneficio per il proprio assistito;
negli stessi corsi di formazione universitaria, salvo rari casi isolati, non esistono momenti informativi strutturati -:
se si intendano assumere iniziative per utilizzare l'agopuntura nel campo della terapia del dolore;
se si intenda prevedere, nelle sedi appropriate e con le opportune iniziative normative, l'inserimento, durante gli ultimi anni del corso di laurea in medicina e chirurgia, di un sistema informativo sui meccanismi di azione dell'agopuntura e sulle sue indicazioni terapeutiche, dando la possibilità ai futuri medici che hanno completato l'apposito percorso formativo di potere dichiarare pubblicamente la corrispondente qualifica;
se non si ritenga opportuno, stante le premesse di cui sopra, assumere iniziative volte ad affermare la possibilità di scelta terapeutica del medico e del paziente, all'interno di un libero rapporto consensuale informato;
se non si ritenga necessario assumere iniziative normative per l'istituzione di appositi registri dei medici di medicina tradizionale (competenti in fitoterapia e in agopuntura) e dei medici agopuntori secondo la metodica «ryodoraku», stabilendo che si possono iscrivere a tali registri i professionisti abilitati all'esercizio della professione medica, in possesso di diploma in agopuntura secondo la metodica «ryodoraku» e la medicina tradizionale cinese (competenti in fitoterapia e in agopuntura), e il personale non medico munito del diploma per assistente sanitario rilasciato dalle università (nelle rispettive specialità) o da istituti equiparati.
(2-01353) «Scilipoti, Moffa».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

MANCUSO e NASTRI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 26 gennaio 2012 la conferenza di servizi convocata presso l'Assessorato regionale competente ha approvato il progetto preliminare della Città della salute e della scienza di Novara e contestualmente la relativa variante urbanistica;
nel quadro economico dell'opera, la quota di finanziamento di parte statale, fondi ex articolo 20 legge n. 67 del 1988, ammonta a 150 milioni di euro;
tra gli accordi di programma ancora da sottoscrivere tra il Ministero e la regione Piemonte, risulterebbero ancora disponibili risorse per 377.645.413,69 euro, di cui euro 351.861.597,24 assegnate con delibere CIPE n. 97 e 98 del 18 dicembre 2008;
la regione Piemonte intende destinare la quota di euro 377.645.413,69 per la costruzione della Città della Salute e della scienza di Novara e di Torino;
l'iter procedurale relativo alla città della salute e della scienza di Novara,

prevede, entro i prossimi 6 mesi, l'effettuazione degli espropri dei terreni su cui insisterà l'opera, la bonifica dei terreni e la redazione del progetto definitivo;
essendo diverso lo stato di avanzamento delle procedure relative alle opere sopracitate, si rappresenta la necessità di poter attingere, in tempi brevi, a quella parte del fondi destinati alla città della salute e della scienza di Novara -:
se le risorse ammontanti a euro 377.645.413,69 siano ancora disponibili per la sottoscrizione degli accordi di programma con la regione Piemonte e se il Governo intenda sottoscrivere detti accordi di programma in fasi cronologicamente diverse, in relazione al diverso stato di attuazione delle procedure relative alla costruzione della città della salute e della scienza di Novara e di Torino e, quindi, procedendo prima con quella di Novara.
(5-06126)

MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fendimetrazina è una sostanza anoressizzante, preparata dal farmacista come prodotto galenico magistrale ed è usata per trattare l'obesità, ma è da tempo sottoposta a limitazioni rilevantissime perché considerata pericolosa per la salute pubblica;
con decreto del Ministro della sanità del 18 settembre 1997 è stato fatto divieto ai farmacisti di eseguire preparazioni magistrali contenenti fendimetrazina e contestualmente sono stati inibite ai medici le prescrizioni di tali farmaci;
con successivo decreto in data 24 gennaio 2000 il Ministro della sanità imponeva limitazioni più stringenti nell'utilizzo della fendimetrazina, in quanto ne era stata ravvisata la pericolosità per la salute pubblica;
anche l'Enea aveva dichiarato «fuorilegge» alcune sostanze anerossizzanti come la fendimetrazina;
è invece continuata la prescrizione, da parte di medici specialisti, della sostanza anoressizzante fendimetrazina, già segnalata per gli effetti pericolosi che provoca e che in qualche circostanza ha condotto alla morte di alcuni pazienti;
fra le numerose persone trattate con fendimetrazina viene segnalato il caso del signor M., deceduto all'età di 38 anni, per il quale è stata accertata la correlazione fra l'assunzione del farmaco ed il decesso: nonostante l'attivo interessamento dei familiari allo scopo di evitare la reiterazione di comportamenti prescrittivi pericolosi per altri giovani pazienti, nulla è stato fatto per rispettare il divieto dell'utilizzo della sostanza killer;
il medico responsabile delle ripetute prescrizioni, pur indagato e rinviato a giudizio dal Gup del tribunale penale di Roma per «omicidio colposo», non sarebbe stato raggiunto da alcun provvedimento dell'ordine dei medici di Roma;
in varie circostanze i carabinieri del Nas hanno effettuato sequestri di ingenti quantitativi di compresse, facendo emergere una rete di complicità che coprono comportamenti illeciti che meriterebbero adeguate sanzioni -:
quali iniziative abbia posto in essere per impedire che si continui a prescrivere la fendimetrazina;
se sia a conoscenza di quanti medici in Italia abbiano continuato a prescrivere la fendimetrazina dal 1997 ad oggi, e quali quantità di farmaco siano state prescritte e se sia noto quali iniziative o provvedimenti in via precauzionale siano stati posti in essere a carico dei farmacisti e dei medici indagati a seguito dei controlli dei Nas.
(5-06127)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che
i sigilli apposti all'ospedale romano Umberto I risulterebbero già violati e non sarebbe rispettato il sequestro delle gallerie ipogee del policlinico universitario più grande d'Europa voluto dalla procura di Roma per «inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni e dell'igiene del lavoro»;
le strisce di plastica rossa e bianca, secondo quanto riferiscono Marino Bisso e Carlo Piccozza, su La Repubblica del 4 febbraio 2012, «non sono bastate a fermare l'andirivieni nei punti dei sotterranei dove le porte tagliafuoco sono rimaste aperte per garantire la continuità delle cure negli ambulatori»;
sempre secondo quanto si apprende, nessuno nell'azienda Policlinico sembra osservare e rispettare i sigilli;
è in corso, e si sta avviando a conclusione, un'inchiesta sul maxi-appalto (venti milioni di euro) per la ristrutturazione del tunnel; per quei lavori, appena eseguiti e già da rifare, sono indagati a vario titolo i componenti della commissione giudicatrice, i titolari delle imprese che hanno realizzato il rifacimento e i dirigenti tecnici di regione e policlinico che avrebbero dovuto controllare l'andamento della bonifica e la sua congruità con il progetto esecutivo;
i magistrati hanno messo sotto osservazione le insidie per l'incolumità pubblica di quei lavori milionari che avrebbero invece dovuto eliminare rischi e pericoli;
a far scattare l'indagine, dopo numerosi esposti e diffide del ricercatore Antonio Sili Scavalli della Fials Medici, è stata un'inchiesta giornalistica di Repubblica, che segnalava la presenza di una «bomba» sotto i letti dei malati, segnalandone i possibili inneschi: la contiguità della rete elettrica con quella dei gas medicali e del vapore, le numerose infiltrazioni d'acqua sopra i fili e le vecchie tubature, l'inadeguatezza dell'impianto antincendio -:
di quali elementi dispongano e quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano di assumere, o adottare in ordine a quanto sopra esposto.
(5-06114)

Interrogazione a risposta scritta:

GIANNI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge Basaglia è stata una importantissima conquista di civiltà che ha consentito un approccio umano e non escludente per soggetti interessati;
in data 25 gennaio 2011 in sede di conversione in legge del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione abitativa determinata dal sovraffollamento delle carceri è stato approvato l'emendamento 3.0.4 riguardante le disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.);
gli ospedali psichiatrici giudiziari che insistono sui territori di Napoli, Aversa, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Barcellona vivono una fase particolarmente difficile e connotata da assoluta precarietà radicalmente diversa e non comparabile con i summenzionati istituti, è la situazione dell'ospedali psichiatrici giudiziari di Castiglione delle Stiviere (Mantova), che può contare su di una organizzazione totalmente ospedaliera e un limite numerico - sulla base di apposita convenzione tra l'ASP locale e l'amministrazione penitenziaria - ai ricoveri, risorse economiche e professionali nettamente superiori a quelle degli altri istituti;
in questo quadro particolarmente complessa appare la situazione dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona

Pozzo di Gotto; situazione si è concretizzata essenzialmente per le ragioni di seguito elencate:
a) l'aumento, drammatico ed inarrestabile, del numero dei ricoverati (sia dei prosciolti per incapacità di intendere e volere sia dei detenuti trasferiti dal carcere in ospedale psichiatrico giudiziario per disturbi psichiatrici sopravvenuti) che ha raggiunto cifre elevate, percentualmente più rilevanti rispetto agli anni precedenti (va, qui, rimarcato il fatto che gli istituti penitenziari non possono rifiutare, nonostante il sovraffollamento, le persone loro assegnate a seguito di intervenuta sentenza della magistratura;
b) la sincronica, rilevantissima, riduzione del personale, segnatamente di polizia penitenziaria, che ha compromesso, in particolare, lo svolgimento delle attività intramoenia creando ulteriori problemi nella gestione quotidiana dei pazienti;
c) la davvero frustrante difficoltà a dimettere i soggetti internati per le formidabili resistenze ancora oggi opposte da diversi servizi psichiatrici appartenenti ai territori di provenienza dei pazienti. Questo aspetto genera il disperante, e frequentissimo, fenomeno della «proroga della misura di sicurezza»: avviene, di fatto, che a misura di sicurezza ultimata manchi, per molti dei pazienti, la ricettività da parte, appunto, dei presidi sanitari territoriali competenti, situazione che induce la magistratura di sorveglianza a prorogare la durata della permanenza in ospedale psichiatrico giudiziario anche per diversi anni.
d) il fenomeno - dipendente, anche qui, da inadeguata organizzazione territoriale - per il quale una percentuale prossima al 50 per cento dei soggetti che, nonostante tutto, si è riusciti a dimettere tornano inesorabilmente in ospedali psichiatrici giudiziari nel giro di pochi mesi;
e) l'inesorabile afflusso di nuovi ricoverati che rapidamente sostituiscono quelli che si riesce faticosamente a dimettere vanificando ogni sforzo prodotto, da parte dell'équipe intramoeniale, per rendere più vivibili gli ambienti interni ai reparti con effetti francamente frustranti demotivanti;
f) la scarsità di risorse economiche su tutti i capitoli di bilancio (fino al 60 per cento in meno delle disponibilità a fronte del menzionato massivo aumento dei ricoverati) che impedisce l'espletamento di pulizie adeguate da parte dei detenuti/internati lavoranti - non v'è possibilità, negli istituti penitenziari, di fare ricorso a ditte esterne - là manutenzione degli ambienti di degenza, l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione che sarebbero necessari, l'adeguamento delle risorse (professionali, farmacologiche, strumentali) di novero sanitario che dovrebbero essere rese congrue con la mission istituzionale la quale dovrebbe, a sua volta, tendere alla realizzazione di standard prossimi a quelli ospedalieri;
g) la peculiarità dei bisogni assistenziali/sanitari: trattasi di popolazione ristretta costituita da ammalati portatori di patologie psichiatriche di media-grave entità in comorbilità con patologie internistiche anche severe: diabete, ipertensione arteriosa, cardiopatie, malattie dell'apparato gastrointestinale, dermatologiche, ematologiche, neoplastiche, infettivologiche (HIV), nefrologiche (dializzati) e altro. Quindi si tratta di persone gravate da importanti, multiple patologie necessitanti di complesse e costose terapie che richiedono frequenti controlli medici, presenza continuativa di sorveglianza infermieristica, vigilanza stretta e costante sull'igiene personale e dell'ambiente, ricorso frequente a consulti specialistici ed esami strumentali eseguibili esclusivamente in esterno;
tutto ciò mentre, nei fatti, da alcuni anni si constata:
a) una drammatica riduzione di attività dei detenuti internati lavoranti - conseguente al già accennato severo taglio operato sul capitolo di bilancio cosiddetto delle «mercedi» - che influisce sull'adeguato

mantenimento dell'igiene degli ambienti e sulla cura dei singoli più provati dalla malattia;
b) una mortificazione delle attività diagnostico-specialistiche intramoeniali con conseguente necessità di esternalizzazione di tutte le attività di approfondimento e diagnosi che, associata alla riduzione di disponibilità di personale dei nuclei per le traduzioni ed i piantonamenti della polizia penitenziaria, ha allungato smisuratamente la definizione dei molti casi complessi;
c) una ripresa del ricorso, per estrema necessità, all'uso dell'unico letto di contenzione per le terapie psichiatriche intensive, praticate allorquando gravemente a rischio risulti l'incolumità del paziente o di quanti convivono con lui, presidio che in condizione di presenze ridotte di ricoverati e di equilibrato rapporto assistenti/assistiti, con conseguente possibilità di strategie di trattamento calibrate sulle necessità dei singoli soggetti, era stato di fatto, alcuni anni addietro, abbandonato;
quanto sopra esposto ha trovato scarsissimo spazio nel fin qui unidirezionale discorso sugli ospedali psichiatrici giudiziari dei quali a lungo si è ignorata la storia, l'organizzazioni il loro essere parte integrante del sistema penale di questo Paese e, quindi, istituzioni penitenziarie tout-court, con organizzazione, rapporti di lavoro, ordinamenti, regolamenti tipici del carcere e non degli ospedali;
sono tanti i progetti che, nati dalla collaborazione fra amministrazione penitenziaria, le organizzazioni della società civile e del volontariato, le istituzioni locali ambiscono a superare nel concreto, attraverso prassi virtuose, questi obsoleti «contenitori», per approdare ad una modalità di soluzione della questione psichiatrico-giudiziaria davvero alternativa laddove si tarda da anni, e non certo per responsabilità di chi opera a vario titolo all'interno di queste realtà, a concepirsi un condiviso iter di radicale riforma che appare quanto mai urgente e necessario;
vanno individuate vie da percorrere per risolvere la questione dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona PG o per tentare di porvi adeguato rimedio; senza dubbio sentendo il parere di chi vi lavora, le soluzioni potrebbero andare in due direzioni convergenti;
da una parte appare urgente alimentare i progetti già pensati e in parte avviati dagli stessi operatori; dall'altra ripensare al futuro della struttura in termini propositivi e utilitaristici tanto per l'istituzione che per i ristretti, senza dimenticare gli operatori;
pertanto devono essere riversate risorse per evitare la sospensione del reparto esterno e quindi per la prosecuzione del progetto di «custodia attenuata» da svilupparsi presso l'edifico esterno all'ospedale psichiatrico giudiziario denominato comunità Carmen Salpietro ove internati con residuo fine pena breve e discreto compenso psicopatologico possono essere gestiti in un ambiente protetto, esclusivamente affidati a personale sanitario, concentrati su attività di reinserimento attraverso un processo di sviluppo-riattivazione delle abilità sociali;
così come appare necessario attivare il progetto di sanitarizzazione di una intera ala dell'istituto decentrata (VIII reparto); secondo questo schema progettuale circa 100 internati definitivi possono essere affidati ad una équipe sanitaria-trattamentale (con medici, infermieri, oss, psichiatri dedicati) senza l'intervento diretto e costante della polizia penitenziaria che è presente in istituto all'interno delle mura di cinta e pronta ad intervenire;
tale modello organizzativo, supportato anche dalla presenza di figure dell'area educativo - pedagogica, garantirebbe adeguate risposte in termini di trattamento come di nursing efficaci e rispondenti ai bisogni dei degenti (è già stato presentato un progetto con la definizione del modello organizzativo e quantificata la spesa);
questa strategia può poi incontrarsi ed integrarsi con una ulteriore possibilità;

la peculiarità e l'unicità dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona PG rende possibile una riconversione della struttura istituto penitenziario ordinario, dopo i dovuti adeguamenti strutturali, anche con regime detentivo diversificato in custodia attenuata o per detenuti portatori di patologie neuropsichiatriche e/o internistiche, possibilmente con funzione di alleggerimento per il vicino istituto di Messina, con relativo CDT, e per la regione, in generale;
la struttura si presta ad un possibile utilizzo multifunzionale per l'esistenza, come detto, di una parte eccentrica rispetto al «blocco centrale» (sempre lo stesso VIII reparto) nella quale potrebbero trovare posto quei ristretti «più problematici» da affidare globalmente alla gestione del dipartimento di sanità mentale territorialmente competente, realizzandosi parallelamente la presa in carico da parte dei dipartimento di sanità mentale internati dimissibili;
tale possibilità garantirebbe sicurezza nella gestione, idonea riconversione della struttura, nessun abbassamento dei livelli occupazionali locali, oculata gestione delle risorse, messa a profitto delle professionalità acquisite;
parallelamente deve essere sempre considerata la necessità di potenziare le attività - già avviate - di ristrutturazione ed adeguamento degli edifici che compongono il complesso;
c'è bisogno di assumersi l'onere di percorsi per i soggetti per i quali risulta impossibile la completa libertà, in quanto potrebbero essere pericolosi per se stessi e per gli altri -:
come il Governo intenda procedere ad affrontare la questione psichiatrico-giudiziaria con modalità davvero alternative laddove si tarda da anni, e non certo per responsabilità di chi opera a vario titolo all'interno di queste realtà, a concepirsi un condiviso iter di radicale riforma che appare quanto mai urgente e necessario;
se il Governo non intenda individuare vie da percorrere per risolvere la questione dell'ospedale psichiatrico giuridico di Barcellona PG o per tentare di porvi adeguato rimedio, anche sentendo il parere di chi vi lavora;
quali risorse possano essere attivate per evitare la sospensione del reparto esterno e quindi la prosecuzione del progetto di «custodia attenuata» da svilupparsi presso l'edifico esterno all'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona PG, denominato comunità Carmen Salpietro, ove internati con residuo fine pena breve e discreto compenso psicopatologico possono essere gestiti in un ambiente protetto, esclusivamente affidati a personale sanitario, concentrati su attività di reinserimento attraverso un processo di sviluppo-riattivazione delle abilità sociali;
se non si intenda promuovere l'attivazione del progetto di sanitarizzazione di una intera ala dell'istituto decentrata (VIII Reparto), dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona PG, progetto con il quale circa 100 internati definitivi possono essere affidati ad una équipe sanitaria trattamentale (con medici, infermieri, oss, psichiatri dedicati) senza l'intervento diretto e costante della polizia penitenziaria che è presente in istituto all'interno delle mura di cinta;
quali iniziative si intendano intraprendere affinché per l'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona PG si renda possibile una riconversione della struttura in istituto penitenziario ordinario, dopo i dovuti adeguamenti strutturali, anche con regime detentivo diversificato in custodia attenuata o per detenuti portatori di patologie neuropsichiatriche e/o internistiche, possibilmente con funzione di alleggerimento per il vicino istituto di Messina, con relativo CDT, e per la regione, in generale.
(4-14826)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CARELLA, GASBARRA, MORASSUT e META. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'eccezionale ondata di maltempo che ha investito il Paese venerdì 3 febbraio 2012, per quanto ampliamente prevista, ha causato insopportabili disagi alla popolazione, ancora più gravosi in alcune aree del Lazio, come ad esempio in alcuni comuni del sud della provincia di Roma e della provincia di Frosinone, quali Carpineto Romano, Montelanico, Gorga, Olevano, Valmontone, Ferentino, Ceccano e altri comuni;
in tali località, le maggiori difficoltà per migliaia di persone sono derivate dalla prolungata interruzione dell'erogazione del servizio elettrico che si è protratto, nel migliore dei casi, per ben 55 ore e, nei peggiori, fino a tre, quattro o sei giorni;
nella gran parte dei casi, tale interruzione del servizio elettrico è stata conseguenza della caduta di alberi sulle linee di media e bassa tensione;
oltre alle oggettive difficoltà conseguenti alle abbondanti precipitazioni nevose, si è dovuta registrare la vistosa assenza di squadre di pronto intervento locali, quindi con conoscenza del territorio e con efficacia di ispezione e immediata operatività, per la riparazione delle linee elettriche e il ripristino del servizio, mentre le prime squadre che sono intervenute dopo ben 48 ore dall'inizio del disservizio, sono state inviate da aziende private dell'Emilia Romagna e della Lombardia;
rientra tra gli obblighi della società di produzione e distribuzione dell'energia elettrica anche il compito di manutenzione della rete e di verifica ed eventuale taglio degli alberi, a tutela del patrimonio infrastrutturale della regolarità del servizio -:
quali siano stati nel corso degli ultimi due anni gli interventi da parte della società Enel per la manutenzione della rete e per il taglio delle piante nelle aree dei comuni indicati in premessa;
stante la rilevanza sociale della regolarità del servizio di erogazione della corrente elettrica, nonché in qualità di azionista, se non si ritenga opportuno avviare una verifica, in termini di efficacia e congruità, delle attività eventualmente poste in essere dalla società Enel per la manutenzione delle linee nelle richiamate aree;
quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di assicurare che la società Enel si faccia carico dei risarcimenti per i danni subiti dai cittadini e dalle imprese, in conseguenza della prolungata interruzione del servizio elettrico;
quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano di dover adottare al fine di garantire che nei diversi compartimenti Enel di Roma, delle province del Lazio, siano assicurati i servizi di pronto intervento in grado di gestire tempestivamente le situazioni di emergenza.
(5-06111)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO e RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza freddo degli ultimi sette giorni ha sollecitato una vera e propria emergenza energetica in Italia riportando alla ribalta le criticità connesse all'erogazione di gas da parte dei fornitori stranieri e le difficoltà nella gestione delle importazioni da parte degli enti deputati nonché la debolezza delle infrastrutture;
nella fattispecie è stata registrata una riduzione delle importazioni di metano, calate di un terzo rispetto ai flussi normali. Soltanto dalla Gazprom è stata registrata una diminuzione del 30 per cento delle forniture;

a tale criticità si aggiunge l'impossibilità di poter usufruire del rigassificatore di Rovigo, che è la porta di accesso all'Italia del gas russo, dal quale passa circa il 10 per cento di tutto il gas importato transitante per l'Italia;
nella sola giornata del 6 febbraio 2012 si è arrivati a 452 milioni di metri cubi di gas consumato sfiorando il record di consumi toccato il 17 dicembre 2010;
il 90 per cento del gas consumato in Italia è di provenienza estera;
inoltre è importante sottolineare che il 90 per cento della quantità di gas consumata in Italia ogni anno viene veicolata attraverso i gasdotti, sebbene esistano soltanto due rigassificatori, che limitano di fatto le possibilità energetiche del Paese;
a seguito di tale difficoltà, il comitato strategico per il monitoraggio e l'emergenza gas che si riunisce presso il Ministero dello sviluppo economico ha previsto il taglio delle forniture di gas alle aziende che hanno stipulato con l'Eni i cosiddetti contratti «interrompibili»;
a tale decisione si aggiunge quella di riconvertire - in via straordinaria - le centrali elettriche di Enel e Sorgenia al funzionamento con olio combustibile al fine di far fronte all'emergenza;
malgrado sia previsto dalle formule contrattuali di Snam Rete Gas s.p.a. con le imprese, l'interruzione dell'afflusso energetico a queste rischia di comportare delle non trascurabili conseguenze economiche produttive nel Paese, in una situazione già vessata da una congiuntura economica infausta;
sono circa 2000 le piccole e medie imprese italiane che hanno aderito alla procedura operativa di «interrompibilità» a fronte di una remunerazione finanziata paradossalmente dalle bollette degli utenti;
l'Eni gestisce quasi il 50 per cento dell'approvvigionamento energetico del Paese, adoperandosi, a giudizio dell'interrogante, in dinamiche similmonopolistiche e limitando - di fatto - le ulteriori possibilità approvvigionamento dell'Italia;
a ciò si aggiunge il fatto che il Governo intende procedere con la definizione di nuovi rigassificatori, anche in assenza di un chiaro e delineato piano energetico nazionale all'interno del quale collocare il ruolo rinnovato dell'Italia sul versante energetico europeo;
di contro, il Governo non ha ancora provveduto a varare i decreti attuativi per l'incentivazione dell'immissione in rete del biometano che potrebbe consentire il superamento dell'attuale impasse energetica, ridurre i costi e contenere l'inquinamento, lasciando di fatto disattesa una importante potenzialità energetica per il Paese -:
alla luce dell'attuale impasse energetica italiana, dopo quella verificatasi nel 2006 e nel 2009 quale sia la strategia energetica che il Governo intende definire al fine di consentire una maggiore autonomia dalle importazioni, ridimensionare i costi e valorizzare la produzione energetica nazionale, anche attraverso il miglioramento della normativa in materia di incentivazione di combustibili alternativi.
(4-14815)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Meta e altri n. 1-00844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti e Ghiglia n. 5-05848, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vignali.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n. 4-14731, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vanalli.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-14783, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-14785, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-14786, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Gidoni n. 5-06102, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Fugatti ed altri n. 5-06106, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Miotto n. 5-05660 del 3 novembre 2011;
interpellanza urgente Genovese n. 2-01313 del 12 gennaio 2012;
interrogazione a risposta in Commissione Rondini n. 5-06049 del 31 gennaio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Rigoni n. 4-14740 del 2 febbraio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06118.