XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 7 febbraio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il progressivo diffondersi di un'economia eccessivamente finanziarizzata è degenerato in gravissime distorsioni nei mercati finanziari a partire dall'insostenibile entità dei prodotti derivati, oltre 7 volte il prodotto interno lordo mondiale;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario. Inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
la recente crisi economica e finanziaria mondiale ha avuto un impatto considerevole sulle economie e sulle finanze pubbliche. Il settore finanziario è stato uno dei principali responsabili della crisi economica, mentre i Governi e i cittadini europei ne hanno sostenuto i costi. In Europa e a livello internazionale è diffusa l'opinione che il settore finanziario debba contribuire in modo più giusto, dati i costi legati alla gestione della crisi e l'attuale tassazione insufficiente del settore. Diversi Stati membri dell'Unione europea hanno già intrapreso iniziative divergenti nell'ambito della tassazione del settore finanziario;
è dunque sempre più sentita l'esigenza di conferire alla politica nuove leve, nazionali e internazionali, di controllo e di governo dei mercati. Un primo passo nella direzione del cambiamento è stato allora individuato in una proposta, avanzata dagli stessi economisti e su cui esiste il consenso da parte, tra gli altri, di Francia, Belgio, Spagna, Portogallo Slovacchia, Grecia e Germania, ossia l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (itf), comunemente nota come financial transaction tax;
la manovra attuata dal Governo italiano impone importanti sacrifici: per questo è ancora più cruciale fermare gli attacchi speculativi che grandi attori finanziari europei e internazionali operano ai danni dei titoli di Stato italiani, della sostenibilità del debito italiano e, in generale, dei mercati. L'azione di questi soggetti impatta negativamente sulle risorse da destinare alle politiche sociali e del lavoro, alle tutele ambientali, climatiche e dei beni comuni, alla cooperazione: limitarne il potere è un atto di equità e giustizia sempre più necessario ed urgente;
l'Europa deve agire in fretta per introdurre questa tassa, fattibile anche se implementata nella sola eurozona, come dimostrano numerosi studi. Se ciò non è possibile con l'Europa dei 27, l'eurogruppo deve fare da capofila. Si è sostenuto che una tassa sulle transazioni finanziarie applicata solo in alcuni Paesi europei frenerebbe l'accesso di capitali, mentre è invece questo uno dei benefici della tassa sulle transazioni finanziarie, perché essa rappresenta una rete che lascia passare gli investimenti «bona fide» e frena quelli meramente speculativi. È noto che i mercati finanziari funzionano principalmente tramite due gigantesche piattaforme telematiche. Anche agendo solamente sulle piazze e gli scambi nell'area euro, sia in entrata che in uscita da questa, si potrebbero intercettare molte operazioni dirette sulla City e Wall Street;
le tre principali obiezioni all'istituzione della tassa (non si può imporre se non a livello globale, in quanto altrimenti non ci sarebbe gettito per la fuga dei capitali, la tassa aumenta significativamente il costo del capitale, la tassa riduce la liquidità dei mercati) sono false o infondate

o per l'evidenza dei fatti (la prima) o per mancanza di prove (le seconde due):
a) sino a poco tempo fa si è ritenuto che essa non fosse applicabile se non a livello globale, pena la fuga di capitali dal Paese che decidesse di porla in vigore. Questo pregiudizio è falso perché esistono ad oggi, come documenta un lavoro di ricerca del Fondo monetario internazionale, ben 23 Paesi che applicano unilateralmente la tassa (nient'altro che un fissato bollato) senza che si sia verificata alcuna fuga di capitali (Matheson T., Taxing financial transactions. issues and evidence, IMF working paper n. 11/54, marzo 2011, 8). Il Paese con la tassa più alta è il Regno Unito che applica la stamp duty reserve tax su un solo tipo di attività finanziaria (tassa del 5 per mille sui possessori di azioni quotate alla borsa di Londra). La tassa consente di raccogliere circa 5 miliardi di sterline all'anno. Ancora sul piano scientifico, esistono numerosi lavori che misurano l'elasticità dei volumi di transazioni all'introduzione di tasse simili, evidenziando coefficienti piuttosto contenuti e non tali da avvalorare l'ipotesi di fuga dei capitali. Un altro motivo per i quali la fuga non può avvenire è che proprio le operazioni ad altissima frequenza usufruiscono di un vantaggio di prossimità alla sede fisica della borsa da cui partono le informazioni in via telematica. Spostare le operazioni lontano dai mercati principali comporterebbe la perdita di questo vantaggio;
b) un'altra obiezione che appare infondata è quella dell'impatto della tassa sul costo del capitale. Per l'aliquota fissata, dalla proposta della Commissione europea i calcoli fondati sui modelli di capitalizzazione dei valori futuri attesi degli asset dimostrano che questo costo è pressoché nullo;
c) la terza obiezione che la tassa diminuisca la liquidità dei mercati è anch'essa del tutto opinabile. È dimostrato che la tassa riporterebbe ai costi di transazione e alla liquidità di dieci anni fa, ovvero ad un periodo più florido di quello che si sta vivendo. La verità è che non esiste nessun evidenza certa sugli effetti della tassa sulla liquidità ma solo una serie di diversi modelli che trovano risultati opposti a seconda del tipo di microstruttura dei mercati finanziari e del modello di competizione ipotizzato tra gli intermediari;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento disponibile e necessario anche quale freno alla degenerazione della finanza che ha obbligato gli Stati a finanziare con oltre 6.000 miliardi di dollari gli istituti bancari occidentali per salvarli dal fallimento. L'imposta sulle transazioni finanziarie è una piccola tassa che rende non conveniente e onerosa la mera speculazione. L'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento che interviene in maniera equa e che salvaguarda il risparmio;
a differenza della Tobin tax e delle successive varianti che si riferiscono agli scambi di valuta, l'imposta sulle transazioni finanziarie prende in considerazione tutte le transazioni su strumenti finanziari, allargando così sostanzialmente la base imponibile rispetto alla Tobin tax;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è un'imposta con un tasso molto ridotto (tra lo 0,01 per cento e lo 0,1 per cento) da applicare su ogni compravendita di titoli e strumenti finanziari. Un'imposta sufficientemente piccola da non scoraggiare le «normali» operazioni di investimento realizzate sui mercati finanziari. Tale tassa non avrebbe effetti apprezzabili per chi opera sui mercati con un'ottica di lungo periodo. Il tasso ipotizzato è nettamente inferiore alle commissioni annuali richieste dai gestori di fondi di investimento o fondi pensione;
è ben diversa la situazione per chi intende speculare. È, oggi, possibile comprare e vendere strumenti finanziari centinaia, anche migliaia di volte in un giorno, 24 ore su 24, nella speranza di guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi degli stessi strumenti. Tali operazioni non hanno alcun legame con l'economia reale,

ma aumentano l'instabilità e la volatilità dei mercati, con impatti potenzialmente devastanti per l'economia globale. Oggi, infatti, una gran parte delle transazioni finanziarie sono operate da mega-computer che, in automatico, speculano in millesimi di secondo sull'arbitraggio tra i valori marginalmente diversi degli stessi titoli o monete presenti nello stesso istante su piazze diverse. Si ottengono guadagni minimi, ma corposi per una miriade di operazioni e muovendo grandi cifre ogni giorno;
se è vero che i mercati finanziari hanno bisogno di un intervento regolatorio stringente e complesso, è altrettanto vero che la decisione sull'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie ha, finalmente, immediate possibilità applicative, vista il largo consenso del Parlamento europeo (si veda la risoluzione del Parlamento europeo, P7-TA(2010)0056 del 10 marzo 2010) e la recente proposta della Commissione europea attualmente oggetto di consultazione. Si tratta di una proposta in grado di dare un segnale forte della volontà politica di riportare sotto controllo la «finanza-casinò»;
la proposta della Commissione europea di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] del 28 settembre 2011, concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante la modifica della direttiva 2008/7/CE, si propone quattro obiettivi (ai quali andrebbero aggiunte altre finalità come specificato più avanti):
a) evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati attualmente al varo;
b) assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della recente crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale;
c) creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
d) creare un nuovo flusso di gettito con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi nazionali al bilancio dell'Unione europea, riducendo l'onere per i bilanci nazionali;
la Commissione europea ha svolto anche una valutazione dell'impatto derivante dall'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie da parte dell'Unione europea raccomandando alcune linee guida onde evitare fenomeni elusivi ed i rischi di delocalizzazione:
a) un ampio campo di applicazione per quanto riguarda prodotti, transazioni, tipi di operazioni e attori finanziari nonché transazioni effettuate all'interno di un gruppo finanziario;
b) l'utilizzo del principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) la definizione delle aliquote d'imposta a un livello adeguato per minimizzare gli eventuali impatti sul costo del capitale a fini diversi da quelli degli investimenti finanziari;
d) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle operazioni dei mercati primari sia per i titoli (azioni, obbligazioni) - per non ostacolare la raccolta di capitali da parte dei Governi e delle imprese - sia per le valute;
e) la separazione delle attività di concessione e assunzione di prestiti dei nuclei domestici, delle imprese o degli enti finanziari e di altre attività finanziarie quotidiane, come i prestiti ipotecari o le transazioni di pagamento;
f) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle transazioni finanziarie con, ad esempio, la Banca centrale europea (Bce) e le banche centrali nazionali,

per evitare ripercussioni sulle possibilità di rifinanziamento degli enti finanziari o sugli strumenti di politica monetaria;
anche al G20 del 3-4 novembre 2011 tenutosi a Cannes, per la prima volta in un comunicato finale di un vertice del genere la proposta viene menzionata esplicitamente: «Abbiamo anche concordato - si legge nel comunicato al punto 28 - sul fatto che, nel tempo, nuove fonti di finanziamento devono essere trovate per soddisfare le esigenze di sviluppo e il cambiamento climatico. Abbiamo discusso una serie di opzioni di finanziamento innovativa evidenziata dal signor Bill Gates (si tratta del rapporto della Gates Foundation). Alcuni di noi hanno attuato o sono disposti a esplorare alcune di queste opzioni. Riconosciamo le iniziative in alcuni dei nostri Paesi di tassare il settore finanziario per vari scopi, tra cui una tassa sulle transazioni finanziarie, tra l'altro per sostenere lo sviluppo». Si tratta di una formulazione che, tra le altre cose, lascia intendere come la tassa sia perfettamente realizzabile anche in un gruppo di Paesi e non solo a livello internazionale;
durante il G20, ai Paesi europei favorevoli all'introduzione di tale imposta, si sono aggiunte diverse potenze emergenti, dal Sud Africa, al Brasile e all'Argentina. Persino dagli Usa, storicamente contrari a qualunque tassazione della finanza, è arrivata una «disponibilità» ad affrontare l'argomento;
l'imposta sulle transazioni finanziarie, così come disegnata dalla Commissione europea, offrirebbe un gettito annuo di circa 57 miliardi di euro, che potrebbero avvicinarsi ai 200 miliardi di euro se si allargasse la base imponibile, si aumentasse l'aliquota in esame sui derivati e se venisse meglio chiarito l'intervento sulle transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
è evidente che un tale gettito consentirebbe agli Stati dell'Unione europea di affrontare meglio i costi della crisi, così da sostenere adeguatamente la coesione sociale, il welfare state, il lavoro e difendendo, inoltre, i singoli Paesi dall'attacco speculativo al finanziamento del debito pubblico;
non bisogna, altresì, dimenticare gli scopi originari di tale tassa, quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
anche in Italia è particolarmente attivo un vasto movimento a sostegno della tassa sulle transazioni finanziarie, con la presenza, tra gli altri, delle principali sigle sindacali, delle associazioni del terzo settore e di svariate organizzazioni non governative che si occupano di cooperazione allo sviluppo;
il nostro Paese potrebbe essere, con ogni probabilità, uno dei Paesi che più avrebbe da guadagnare dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, come hanno sempre affermato i promotori della campagna Zerozerocinque: «Pensiamo ai prezzi delle materie prime, a partire dal petrolio, che il nostro Paese importa e che sono oggi in balia di mercati finanziari. Pensiamo ai vantaggi di valute più stabili per le imprese che esportano. Pensiamo soprattutto agli attacchi speculativi portati nelle ultime settimane contro i nostri titoli di Stato, e che verrebbero enormemente frenati dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e da altre misure per regolamentare la finanza»;
anche la Camera dei deputati del nostro Paese si è pronunciata a favore dell'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie con l'approvazione il 16 giugno 2010 delle risoluzioni n. 7-00328 Zacchera, n. 7-00333 Barbi e n. 7-00346 Evangelisti, nonché della mozione n. 1-00800 approvata il 25 gennaio 2012. Inoltre, sono state presentate alcune proposte di legge in tal senso tra le quali si segnalano: l'atto Senato n. 2189 Amati, l'atto Senato n. 2964 Barbolini, l'atto Senato

n. 2444 Lannutti, l'atto Camera n. 3585 Borghesi, l'atto Camera n. 3740 Sarubbi e l'atto Camera n. 4389 Bersani;
alcuni di questi disegni di legge propongono, riferendosi all'esempio di quanto fatto dalla Francia e dal Belgio, che inizialmente, in attesa della sua adozione almeno da parte di un certo numero di Paesi dell'Unione europea, l'imposta sia con un'aliquota zero per poi diventare operativa con un'aliquota massima dello 0,05 per cento;
si devono, pertanto, valutare positivamente le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti che ha affermato che l'Italia sta riconsiderando «in sede europea una posizione in senso più favorevole alla proposta di tassazioni finanziarie come già Francia e Germania ritengono necessario fare»;
risulterebbe incomprensibile e debole da parte del nostro Paese una posizione di mero rinvio a una discussione globale. Una pratica attendista che di fatto frenerebbe lo sviluppo di una governance politica ed economica unitaria nell'Unione europea,


impegna il Governo:


a sostenere con forza, in tutte le sedi europee, le proposte di introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello dell'Unione europea oppure a livello dell'eurozona;
a prendere le necessarie iniziative per estendere, anche gradualmente, tale imposta a livello internazionale, cominciando a coinvolgere le potenze emergenti che hanno già manifestato il loro consenso all'imposta sulle transazioni finanziarie;
a sostenere l'adozione della proposta di direttiva del Consiglio avanzata il 28 settembre 2011 dalla Commissione europea [COM(2011)594] proponendo le seguenti modifiche:
a) definire la destinazione del gettito dell'imposta sulle transazioni finanziarie a favore delle politiche sociali, dei programmi infrastrutturali europei, dei programmi, a partire da quelli previsti al «Pacchetto energia-clima» e dal Protocollo di Kyoto, per il contrasto ai cambiamenti climatici, senza dimenticare gli scopi originari di tale tassa quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
b) rafforzare il principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) prevedere un'ampia base imponibile - onde tra l'altro evitare manovre elusive - che includa anche le transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
a monitorare e verificare che una significativa percentuale di tale tassazione venga effettivamente impiegata per il raggiungimento degli «obiettivi del millennio», che vedono proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, ovvero dello 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e dello 0,7 per cento entro il 2015;
a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di introdurre l'imposta sulle transazioni finanziarie nella legislazione del nostro Paese, in attesa della sua adozione a livello europeo, definendo per il calcolo dell'imposta un'aliquota zero, imposta che diverrebbe operativa in un secondo tempo con l'aliquota definita in ambito europeo.
(1-00848)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi, Porcino, Di Stanislao, Barbato, Messina».

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha adottato, rispettivamente il 10 e 25 marzo 2010 e l'8 marzo 2011, ben tre risoluzioni con le quali ha invitato la Commissione europea a svolgere una valutazione dell'impatto potenziale di un'imposta sulle transazioni finanziarie, analizzandone vantaggi e svantaggi, anche ai fini del contributo al bilancio dell'Unione europea e/o del finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo;
i Capi di Stato e di Governo della zona euro, nella riunione dell'11 marzo 2011, e il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011 hanno convenuto sull'esigenza di esplorare e sviluppare l'opportunità di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello di zona euro, di Unione europea e internazionale;
la Commissione europea ha elaborato una proposta di direttiva sulla tassazione delle transazioni finanziarie, intendendo, con tale termine, quelle relative a obbligazioni, azioni, derivati (in questo caso la tassa riguarderebbe il valore nozionale) e su alcuni contratti riguardanti le valute;
l'obbiettivo delle autorità comunitarie è quello di «assicurare che le istituzioni finanziarie contribuiscano in modo giusto ai costi della perdurante crisi», «di creare disincentivi appropriati contro le transazioni eccessivamente rischiose o che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari» e, infine, di «evitare una frammentazione del mercato interno», tenuto conto del numero crescente di tasse nazionali;
secondo la Commissione europea l'imposta potrebbe essere pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di obbligazioni e azioni, mentre i contratti relativi a derivati potrebbero essere soggetti ad un'ulteriore imposta dello 0,01 per cento e detta imposta potrebbe essere uno strumento di autofinanziamento del bilancio comunitario 2014-2020;
sarebbero escluse, invece, sia le operazioni del mercato primario, sia le transazioni con l'Unione europea, la Banca europea per gli investimenti e gli istituti dell'Unione europea, nonché con organizzazioni internazionali, e le transazioni con la Banca centrale europea e con le Banche centrali nazionali;
secondo la Commissione europea, la maggior parte delle attività finanziarie quotidiane che coinvolgono cittadini e imprese non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie e che sarebbero esenti la stipula di contratti assicurativi, i prestiti ipotecari, i crediti al consumo, i servizi di pagamento (fatta salva la loro successiva negoziazione all'interno di prodotti strutturati);
molti diplomatici sono scettici sul successo di un'iniziativa controversa, ritenendo che una tassa di questo tipo dovrebbe essere globale per essere efficace e che sia gli Stati Uniti che il Regno Unito, l'Olanda e la Svezia sono contrari a tale ipotesi;
il Ministro delle finanze tedesco e quello francese hanno proposto di introdurre la tassa nella zona euro, considerandola una sorta di cooperazione rafforzata;
un approccio condiviso a livello di Unione europea aiuterebbe a creare un mercato interno dei servizi finanziari stabile, nonché a prevenire il fenomeno dell'evasione, a evitare la doppia tassazione e a ridurre al minimo le distorsioni della concorrenza all'interno del mercato unico europeo;
il Governo italiano non ha sinora formulato un'esplicita valutazione della proposta di direttiva della Commissione europea, anzi il Governo pro tempore nel documento di posizione sul nuovo quadro finanziario pluriennale, presentato il 2 maggio 2011, ha precisato che «si riserva di valutare in modo più approfondito le opzioni avanzate dalla Commissione, anche alla luce della base imponibile che

verrà proposta, ritenendo fondamentale in ogni caso il rispetto dei principi della sovranità fiscale degli Stati e della neutralità fiscale»;
ancora in occasione della Conferenza sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020, svoltasi a Bruxelles il 20-21 ottobre 2011, il Governo italiano pro tempore ha ribadito che l'Italia ha una posizione «aperta», che potrà essere «definita compiutamente solo a seguito di ulteriori approfondimenti e chiarimenti sulla natura delle nuove risorse fiscali che consentono di valutare, tra l'altro, il loro impatto amministrativo e strutturale»;
sono state presentate numerose proposte di legge in materia sia in questo ramo del Parlamento che al Senato della Repubblica,


impegna il Governo:


ad assumere un'iniziativa diretta ad addivenire in tempi brevi ad una posizione unitaria con gli altri Paesi dell'Unione europea e, soprattutto, dell'eurozona;
ad esprimersi in via definitiva sulla proposta di direttiva COM (2011)594 e a volerla sostenere in tutti i consessi internazionali ed europei;
a sostenere la finalizzazione dei proventi derivanti dall'applicazione di questa imposta all'incremento delle risorse proprie dell'Unione europea al bilancio comunitario e al finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
(1-00849)
«Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre, La Forgia, Zampa, Giorgio Merlo, Esposito, Marmo, Portas, Mario Pepe (Misto-R-A), Gaglione, Tanoni, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Giulietti».

La Camera,
premesso che:
la pesante crisi finanziaria ed economica in atto ha dimostrato come i mercati finanziari, epicentro della crisi economica, si siano rivelati scarsamente regolamentati, sottoposti ad un'insufficiente e inadeguata vigilanza pubblica e soggetti a un'eccessiva instabilità, dovuta anche a fenomeni speculativi di portata incontrollata;
gli stessi bilanci pubblici di tutta l'Unione europea sono stati sottoposti in questi anni ad una forte pressione, che ha contribuito a favorire il consistente incremento dei debiti sovrani, mentre è sempre più evidente che l'unica risposta non può consistere nelle sole politiche di tagli e riduzione della spesa, con gli inevitabili effetti depressivi sull'economia, ma occorre piuttosto rilanciare la crescita con una politica economica attiva che sostenga la domanda e promuova gli investimenti;
l'obiettivo di coniugare crescita sostenibile, risanamento dei bilanci pubblici e regolazione dei mercati finanziari è diventato, dunque, sempre più necessario, e l'esigenza di reperire nuove risorse con cui risanare le finanze pubbliche, ridurre il peso dei debiti sovrani e, nel contempo, avviare gli investimenti necessari per uscire dalla stagnazione e dalla situazione di bassissima crescita in cui versano molte economie nazionali è diventata improcrastinabile;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, se realizzata in modo appropriato, può contribuire in questo momento storico a coprire in parte i costi generati dalla crisi, rappresentando al tempo stesso un'efficace misura per frenare le attività speculative, senza colpire l'economia reale, e un utile strumento per reperire risorse da destinare allo sviluppo;
del resto già nel marzo del 2011 il Parlamento europeo aveva approvato un'importante risoluzione - P7-TA-PROV(2011)008 - nella quale aveva dichiarato di essere favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie che migliorerebbe il funzionamento

del mercato, riducendo la speculazione, e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali nonché a ridurre i deficit pubblici, affermando altresì che «in mancanza di una sua introduzione a livello globale, l'Unione europea dovrebbe come primo passo attuare una TTF a livello europeo»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
il Governo italiano attualmente in carica, pur avendo già notificato alla Commissione europea un cambio di posizione sull'introduzione di questa imposta, sarà chiamato ad esprimersi sul merito della proposta di direttiva;
in una mozione sull'Europa (n. 1-00800) approvata il 25 gennaio 2012 a larghissima maggioranza dall'assemblea della Camera dei deputati, il Governo è stato impegnato ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie non ha certo l'obiettivo di risolvere tutti i problemi determinati dalla crisi, né ha la pretesa di essere il solo strumento atto a combattere la speculazione; tuttavia, può rivelarsi uno strumento efficace sia per arginare l'attività speculativa nei mercati, che ha poco a che vedere con l'economia reale, sia perché costituisce comunque un modo per spostare parte del peso della crisi anche sugli operatori finanziari, in particolare su quelli che svolgono attività speculativa che, pur avendo avuto responsabilità determinanti nell'esplodere della crisi finanziaria, non hanno ancora contribuito in alcun modo a sostenerne i costi,


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea perché si giunga alla graduale applicazione della tassa a livello europeo;
a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], anche prevedendone alcuni miglioramenti nella cosiddetta fase ascendente, in particolare assicurando che il pagamento dell'imposta venga collegato al criterio della nazionalità dello strumento finanziario, al fine di ridurre ulteriormente le possibili manovre elusive dell'imposta, nonché assicurando che la destinazione del gettito sia impegnata in parte per progetti di sviluppo e di contrasto dei cambiamenti climatici, in parte per la lotta alla povertà del mondo e per il sostegno dei progetti a questo fine realizzati, in parte per le politiche sociali degli Stati membri e in parte per la riduzione dei debiti sovrani.
(1-00850)
«Tempestini, Ventura, Boccia, Barbi, Maran, Baretta, Fluvi, Gozi, Corsini, Fedi, Narducci, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Albini, Carella, Causi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».

La Camera,
premesso che:
il dibattito sull'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie e sui suoi effetti sui mercati risale ormai a

quarant'anni fa, quando James Tobin propose un'imposta di modico valore sulle transazioni valutarie al fine di stabilizzare il mercato delle valute stesse; da allora gli economisti hanno discusso vivacemente sia sull'aliquota della tassa, sia sugli effetti distorsivi causati da un'eventuale applicazione solo su alcuni mercati, sia sulla quantificazione dell'eventuale gettito e, naturalmente, sulla destinazione del gettito stesso, senza che, però, si arrivasse mai ad una diffusa applicazione per lunghi periodi;
il tema è tornato drammaticamente di attualità negli ultimi quattro anni, da quando, cioè, sono emersi gli effetti disastrosi di un sistema finanziario mondiale non opportunamente regolamentato, soggetto ad improvvisi e non controllati fenomeni speculativi ed è aumentata la pressione sui bilanci di molti degli Stati europei;
l'azione del Governo italiano si è, quindi, sviluppata, fin dal 2008, nel senso di un forte contenimento del deficit pubblico, che ora dovrebbe accompagnarsi ad un forte rilancio degli investimenti e dello sviluppo del Paese;
l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe essere una significativa risposta ad un drammatico bisogno di risorse finanziarie da dedicare alla ripresa delle economie reali, al risanamento dei deficit e dei debiti nazionali;
in questa fase economica il peso della pressione fiscale non può gravare ulteriormente né sulle famiglie, né sulle imprese, già colpite dagli aumenti delle imposte dirette ed indirette, dall'aumento dei costi delle materie prime, anche quelle di prima necessità e dall'incremento dei costi dei servizi pubblici; il sistema finanziario, al contrario, sarebbe in grado di assorbire un'imposta sulle transazioni con un'aliquota bassa, tale da risultare assolutamente sopportabile a livello di singola transazione, ma in grado di generare a livello complessivo un gettito rilevante;
alcune stime della Commissione europea calcolano un potenziale gettito a livello europeo pari a 55 miliardi di euro, immaginando un'aliquota pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di titoli azionari ed obbligazionari ed un'aliquota pari allo 0,01 per cento sulle transazioni di strumenti derivati; altre stime, addirittura, calcolano un gettito a livello mondiale pari a circa 650 miliardi di dollari, con un'aliquota pari allo 0,5 per cento; si tratta di cifre importanti, capaci di contribuire in modo decisivo alla stabilizzazione dei bilanci pubblici e al contenimento della pressione fiscale;
l'introduzione dell'imposta sta trovando via via sempre più sostenitori, soprattutto dopo la presa di coscienza del ruolo che il mondo della finanza, di un certo modo di fare finanza, ha avuto nel generare la spaventosa crisi che si sta vivendo; in Europa, Francia e Germania da tempo ne chiedono a gran voce l'introduzione; il Presidente francese Sarkozy ha più volte annunciato la volontà di procedere anche a livello nazionale, con un gettito stimato di circa 12 miliardi di euro; Spagna, Finlandia, Lussemburgo, Belgio, Austria, Ungheria, Grecia e Portogallo hanno espresso il loro sostegno all'imposta; al contrario, la Gran Bretagna, dove pure è già in vigore un'imposta simile, la stamp duty reserve tax, si è dimostrata fermamente contraria;
anche le istituzioni comunitarie, supportate da studi autorevoli, stanno convergendo su alcune proposte concrete di imposta: la Commissione europea ha ipotizzato l'introduzione di una forma di tassazione sul settore finanziario in una comunicazione del 7 ottobre 2010 [COM(2010)549], con lo scopo di:
a) migliorare l'efficienza e la stabilità del settore finanziario, così da scoraggiare le attività speculative e generare una nuova fonte di entrate;
b) risanare i conti pubblici, a contropartita del sostegno ricevuto da alcuni Governi a seguito della recente crisi;

c) assoggettare a tassazione attività in gran parte esenti dall'imposta sul valore aggiunto (articolo 135, paragrafo 1, direttiva 2006/112/CE);
la Commissione europea ha, inoltre, ipotizzato che l'imposta possa costituire, in tutto o in parte, una nuova risorsa propria, da introdurre nel bilancio dell'Unione europea, andando progressivamente a sostituire i contributi nazionali, alleviando il relativo onere per i bilanci statali;
la proposta è stata oggetto di una consultazione pubblica svoltasi tra il 22 febbraio ed il 19 aprile 2011 con la partecipazione di un gran numero di soggetti, anche istituzionali, ad esito della quale è stata adottata la proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], a decorrere dal 1o gennaio 2014;
fondamentale indicazione della Commissione europea è quella del rispetto del principio di sussidiarietà, rilevando che il funzionamento del mercato interno sarebbe pregiudicato ove gli Stati membri agissero unilateralmente nell'introduzione dell'imposta; la mancanza di coordinamento tra i sistemi di tassazione comporterebbe distorsioni della concorrenza tali da accrescere i rischi di delocalizzazione delle attività finanziarie, all'interno o all'esterno dell'Unione europea, oltre al rischio che il settore finanziario sia soggetto a doppia tassazione;
anche al di fuori delle istituzioni sono sempre più numerose le forze sociali, i movimenti di cittadini e le associazioni che sostengono l'introduzione di una simile imposizione,


impegna il Governo:


a sostenere l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, non solo negli Stati che adottano l'euro, ma in tutti i Paesi dell'Unione europea;
a sostenere le iniziative dell'Unione Europea affinché l'imposta venga estesa anche nel resto del mondo;
a differenziare le modalità di imposizione, in modo da gravare maggiormente le transazioni tipicamente speculative di breve/brevissimo periodo;
a destinare il gettito derivante dall'introduzione dell'imposta prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese, in particolar modo le medio-piccole imprese.
(1-00851)
«Dozzo, Montagnoli, Fugatti, Lussana, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Comaroli, Bitonci, Giancarlo Giorgetti, D'Amico, Polledri, Simonetti, Alessandri, Allasia, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'ultimo decennio si sono verificati notevoli cambiamenti negli scenari dell'economia mondiale e la crisi dei mercati finanziari di tutti i Paesi ne è la drammatica testimonianza;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario;
inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione

internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
in questo quadro di crisi economica sistemica è necessario tornare alla riaffermazione dell'identità e del metodo comunitari, accompagnando la perdita della sovranità nazionale con un acquisto di «sovranità politica» da parte delle istituzioni europee: in un quadro realmente comunitario e non puramente intergovernativo;
quindi, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di un medesimo accordo onnicomprensivo;
è evidente che l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax) ha il suo valore e la sua efficacia solo se adottata da tutti i Paesi dell'Unione europea;
a tal proposito, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], volta ad introdurre, appunto,un'imposta sulle transazioni finanziarie medesime in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea;
tale imposta si applicherebbe a tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
lo scambio di azioni e obbligazioni sarebbe tassato con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. Secondo i calcoli della Commissione europea, che propone l'entrata in vigore dell'imposta dal 1o gennaio 2014, il gettito potrebbe aggirarsi intorno ai 57 miliardi di euro ogni anno;
nell'ambito dell'esame in seno al Consiglio, è emerso il parere nettamente contrario del Regno Unito e della Svezia;
infatti, il Premier britannico David Cameron ha affermato che tale imposta, se non adottata a livello globale, potrebbe solo danneggiare l'Europa, che sarebbe abbandonata da moltissime aziende finanziarie;
è un'osservazione da considerare attentamente al fine di evitare che un'imposta sulle transazioni finanziarie, anziché stabilizzare le borse, rischi di danneggiare seriamente l'economia reale;
intanto il Parlamento europeo si dovrebbe esprimere sulla proposta nella sessione del 12 giugno 2012, ma già in una risoluzione non legislativa dell'8 marzo 2011 ha auspicato l'introduzione di una tale imposta;
si ricorda che già la mozione n. 1-00800 (approvata il 25 gennaio 2012 alla Camera dei deputati) impegna sostanzialmente il Governo a esprimere il proprio consenso all'applicazione di una tassazione sulle transazioni finanziarie a livello di Unione europea o di eurozona e a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli,


impegna il Governo


a rappresentare, nel quadro delle riflessioni sull'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax), la necessità inderogabile che il meccanismo di tassazione, ove stabilito, si applichi a tutti i Paesi membri dell'Unione europea e non soltanto ad alcuni e ad attivarsi per la prosecuzione di una più ampia intesa complessiva al fine di creare una piattaforma omogenea globale nelle sedi multilaterali internazionali.
(1-00852)
«Corsaro, Bernardo, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci».

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni il volume delle operazioni effettuate sui mercati finanziari è cresciuto in maniera esponenziale, creando un terreno fertile per la speculazione internazionale divenuta monopolista globale nell'uso di strumenti finanziari tanto volatili quanto illusori;
nell'attuale contesto economico e finanziario, caratterizzato fortemente dalla crisi dei debiti sovrani e dalla continua esigenza di denaro da parte dei Governi europei più colpiti dalle speculazioni, si è affacciata nuovamente l'idea di tassare le transazioni finanziarie, proprio allo scopo di garantire maggiore stabilità sui mercati, disincentivando le speculazioni, nella considerazione che la catena dei salvataggi, in primis quelli bancari, si traduce inevitabilmente in aumenti di debito pubblico nazionale e «globale»;
per effetto della crisi, il debito pubblico nell'area dell'euro è balzato dal 60 per cento del prodotto interno lordo nel 2007 e all'80 per cento negli anni successivi, nell'incombere di una finanziarizzazione stimata pari a 600 mila miliardi di dollari, contro un valore di economia reale di 75 mila miliardi di dollari;
i Governi hanno messo a disposizione dell'intero settore finanziario un importante sistema di sostegno economico: gli Stati membri dell'Unione europea hanno stanziato 4600 miliardi di euro per le diverse misure di salvataggio in favore del settore finanziario, il cui peso si è scaricato interamente sulle amministrazioni pubbliche e, conseguentemente, sui cittadini europei;
il settore finanziario beneficia di una tassazione particolarmente favorevole, che si traduce in un vantaggio fiscale di circa 18 miliardi di euro all'anno in ragione dell'esenzione dei servizi finanziari dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto;
il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta finalizzata ad introdurre, nei Paesi membri dell'Unione europea, un'imposta sulle transazioni finanziarie che andrebbe ad incidere su tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti finanziari per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
pertanto, a partire dal 2014 gli scambi di azioni e obbligazioni verrebbero tassati con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. In tal modo, la Commissione europea ha calcolato di poter arrivare a riscuotere un gettito pari a 57 miliardi di euro ogni anno;
secondo la Commissione europea con questa imposta il settore finanziario avrebbe la possibilità di contribuire ai costi della crisi economica, di cui è, tra le altre cose, concausa, nel più ampio contesto di risanamento dei bilanci degli Stati membri, disincentivando il trading ad alto rischio e a bassa produttività;
nel corso del vertice dei leader del G20, tenutosi a Cannes nel mese di novembre 2011, è stato rinnovato l'impegno per una tassa sulle transazioni finanziarie, fortemente voluta dal Presidente francese Sarkozy e sostenuta dalla Germania, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea, a cui si sono aggiunte le posizioni favorevoli delle potenze emergenti quali Sud Africa, Brasile e Argentina. Gli stessi Usa, da sempre contrari a questo tipo di imposizione, hanno mostrato una certa apertura e una disponibilità nel valutare la misura, mentre resta intatta l'opposizione inglese;
lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, nel corso di un suo intervento al nel mese di dicembre 2011, ha manifestato la sua posizione favorevole ad un'eventuale imposizione sulle transazioni finanziarie, allo scopo di alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie e le imprese, in tal modo modificando la linea seguita dal precedente Governo,

contrario ad ogni misura in tal senso; infatti, appena alla fine di ottobre 2011, in una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, lo stesso professor Monti aveva identificato nei debiti sovrani l'obiettivo della speculazione esortando a lavorare nella prospettiva del controllo del debito pubblico e della crescita dell'economia reale;
recentemente la Camera dei deputati ha approvato un'importante mozione inerente alla politica europea che, tra le altre cose, ha impegnato il Governo a sostenere, in sede europea, l'adozione di una Tobin tax, garantendo sul punto il più ampio confronto con i Paesi ancora contrari all'adozione di tale imposizione;
in particolare, la Gran Bretagna ha più volte ribadito la propria contrarietà ad una tassazione sistematica delle transazioni finanziarie, per il rischio di una fuga di capitali verso altre piazze finanziarie meno regolamentate;
anche Svezia, Olanda e Malta mostrano una posizione fortemente critica nei confronti di un'ipotetica Tobin tax. A Malta, in particolare, secondo un sondaggio, appena il 30 per cento dei maltesi vedrebbe di buon occhio una nuova tassa sulle transazioni finanziarie, a fronte del 65 per cento degli europei favorevoli a questa imposta secondo l'eurobarometro,


impegna il Governo:


ad operare sul terreno delle regolazioni normative di indirizzo economico e sociale cui siano subordinate quelle finanziarie;
ad assumere iniziative normative volte a distinguere le banche commerciali dalle banche d'affari;
ad assumere, nella prospettiva del rinnovato prestigio dell'iniziativa italiana nelle sedi europee, una forte posizione politica per garantire la rapida adozione di un'imposizione sulle transazioni finanziarie, nella prospettiva del coinvolgimento di tutti i Paesi interessati, compresi quelli attualmente contrari, in modo da realizzare una forma di fiscalità non isolata, ma estesa all'Europa a 27, in modo tale che una coesione provata nei fatti, anziché dichiarata nei vertici, ne rafforzi il ruolo mondiale;
a consolidare, insieme agli altri Paesi europei, una spinta regolativa propizia alla crescita delle economie reali, che segni una discontinuità marcata e misurabile rispetto alla deregolamentazione che ha prodotto l'odierna crisi finanziaria globale.
(1-00853)
«Pisicchio, Mosella, Tabacci, Brugger, Lanzillotta».

La Camera,
premesso che:
con la risoluzione A7-0036/2011 dell'8 marzo 2011 il Parlamento europeo si è dichiarato «favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che migliorerebbe il funzionamento del mercato riducendo la speculazione e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali e a ridurre i deficit pubblici», sottolineando come la tassa (in seguito TTF) «dovrebbe essere fissata sulla base più ampia possibile e che l'Unione europea dovrebbe promuovere l'introduzione di una TTF a livello mondiale, ma che, se questo non fosse possibile, dovrebbe applicare come primo passo una TTF a livello europeo»;
con la risoluzione sopra richiamata, il Parlamento europeo invitava la Commissione europea «ad elaborare rapidamente uno studio di fattibilità, tenendo conto della necessità di una parità di condizioni a livello globale, e ad avanzare proposte legislative concrete»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di una tassa sulle transazioni finanziarie, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta

sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
in una mozione concernente l'azione del Governo italiano in sede comunitaria, approvata a larghissima maggioranza il 25 gennaio 2012, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo «ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea»;
pur non rappresentando uno strumento atto a risolvere la grave crisi economica e finanziaria che attraversa l'Europa, una tassa sulle transazioni finanziarie - ad aliquota bassa e basata sulla nazionalità dello strumento per evitare l'elusione e applicata senza discriminazione a tutte le attività finanziarie, per non distorcere un'allocazione efficiente della ricchezza - disincentiverebbe gli scambi finanziari ad alta frequenza e il drenaggio di liquidità dal mercato nelle fasi recessive, contribuendo al miglioramento della «resilienza» sistemica e alla stabilizzazione dei prezzi di titoli detenuti da investitori istituzionali e piccoli risparmiatori;
l'adozione a livello globale, o comunque comunitario, ridurrebbe sensibilmente il rischio di un deflusso di ricchezza verso piazze finanziarie situate in Paesi che non aderiscano alla tassa sulle transazioni finanziarie, di fatto depotenziando la portata e i possibili vantaggi derivanti dall'introduzione del nuovo schema fiscale,


impegna il Governo:


a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], in particolare adottando ogni iniziativa utile nelle sedi opportune tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea nella costruzione ed istituzione sull'intero territorio comunitario di un sistema di tassazione delle transazioni finanziarie, ad aliquota bassa, applicato a tutte le attività finanziarie e basato sulla nazionalità dello strumento;
a proporre in quella sede che il gettito della tassa sulle transazioni finanziarie sia finalizzato a progetti di sviluppo economico - anche relativi al rafforzamento delle politiche di welfare degli Stati membri, di ricerca pubblica e di incentivo all'imprenditoria - e all'abbattimento del debito sovrano;
a favorire nelle sedi opportune il dialogo tra l'Unione europea e i Governi dei maggiori Paesi del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti, la Cina, i Paesi arabi, Singapore e le altre realtà emergenti, affinché si possa aprire un negoziato finalizzato all'istituzione su base globale di una tassa sulle transazioni finanziarie.
(1-00854)«Della Vedova, Consolo, Raisi».

Risoluzioni in Commissione:

Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
la normativa italiana definisce rifiuto radioattivo un qualsiasi materiale in forma solida, liquida o gassosa, per il quale non è previsto alcun ulteriore utilizzo e che contiene radioattività a valori superiori ai livelli di esenzione. Per la maggior parte dei materiali, il livello di esenzione è posto a 1 Bq/g, ma nel caso di materiali con emissione di radiazioni alfa, maggiormente pericolose per l'uomo e l'ambiente, tale livello può essere sensibilmente ridotto (0,1 Bg/g o inferiore;
i rifiuti radioattivi, per il loro successivo trattamento e smaltimento sono classificati in funzione del contenuto di radioattività, da cui discende il necessario grado di isolamento dalla biosfera, quindi la tipologia e il numero di barriere di contenimento da interporre tra rifiuto ed ambiente e il tempo di decadimento, che determina il periodo di isolamento del

rifiuto dalla biosfera, affinché, attraverso il decadimento, perda il suo carico radioattivo;
nella classificazione italiana (Guida Tecnica n. 26) sono di:
a) I categoria i rifiuti che decadono in mesi o al massimo qualche anno. Per questi è sufficiente la conservazione in sicurezza, affinché dopo il decadimento, possano essere smaltiti come rifiuti speciali. La loro origine è riferibile alla produzione di energia nucleare, ma soprattutto al settore della ricerca e medico-sanitario, dove si usa la radioattività nella diagnostica e terapia medica (cura del cancro);
b) II categoria i rifiuti che hanno un contenuto di radioattività che raggiungerà valori dell'ordine delle centinaia di Bq/g entro qualche centinaio di anni, oppure contengono radionuclidi a vita molto lunga ma in concentrazione di tale ordine. Per questa categoria sono previsti interventi di trattamento e condizionamento, ovvero una serie di processi atti a convertire il rifiuto in una forma solida, stabile e duratura, tipicamente monoliti di cemento con determinate e qualificate caratteristiche, che ne permetta la manipolazione, lo stoccaggio, il trasporto e lo smaltimento, con garanzia di confinamento della radioattività in qualunque condizione. La loro provenienza è riferibile alle centrali nucleari, agli impianti del ciclo del combustibile, ma anche ad installazioni industriali, di ricerca e mediche ed alle sorgenti radioattive dismesse, usate in questi settori;
c) III categoria i rifiuti che richiedono migliaia di anni (e più) per raggiungere concentrazioni di radioattività dell'ordine delle centinaia di Bq/g. Rientrano in questa categoria i rifiuti che contengono prodotti di fissione ed elementi transuranici (emettitori di radiazioni alfa e di neutroni) prodotti nei reattori di potenza. Anche il settore industriale, medico e della ricerca apporta un lievissimo contributo con le grandi sorgenti dismesse. I rifiuti di III categoria, per l'isolamento dalla biosfera richiedono processi di condizionamento (trasformazione in monoliti di vetro o cemento) o, nel caso del combustibile esausto, d'incapsulamento in contenitori ad alta integrità;
la generazione di energia elettrica da un reattore nucleare di media taglia (1.000 megawatt elettrici) produce all'anno circa 300 metri cubi di rifiuti di I e II categoria e circa 30 tonnellate di combustibili esausto. In Italia sono presenti quindi, i rifiuti radioattivi proventi sia dall'esercizio delle centrali nucleari operative fra gli anni sessanta ed ottanta sia dalle attività di smantellamento (decommissioning) di quegli stessi impianti. Inoltre i comparti nazionali dell'industria, della ricerca e medico-ospedaliero contribuiscono con quantità significative, alcune centinaia di metri cubi l'anno, a questo inventario;
i rifiuti radioattivi prodotti in Italia e stoccati sugli impianti o nei depositi temporanei in attesa di essere smaltiti (in una ventina di siti in circa 10 regioni, di cui buona parte gestiti da soggetti pubblici), secondo l'inventario dell'autorità nazionale di controllo ammontano a circa 30 mila metri cubi, ai quali andranno a sommarsi nei prossimi 20 anni un quantitativo analogo o lievemente superiore, proveniente prevalentemente dal programma di smantellamento delle vecchie centrali e impianti del ciclo del combustibile;
tali rifiuti sono per la maggior parte di II categoria e si pone con urgenza il problema del loro smaltimento definitivo anche per completare il programma di decommissioning centrali chiuse a seguito del referendum del 1987;
i rifiuti di III categoria ammontano, tra quelli già prodotti e quelli di cui è previsto il rientro dall'estero, a circa 10.000 metri cubi. Per tali rifiuti c'è l'urgenza di immagazzinarli in un deposito centralizzato a lungo termine mentre si pone il tema delle decisioni sulle disposizioni finali da adottare;

per i rifiuti di II categoria, che per decadere necessitano di alcuni secoli, normalmente si adotta lo smaltimento in depositi superficiali, composto da sole barriere ingegneristiche sovrapposte. Al contrario, per i rifiuti di III categoria è fondamentale affidarsi non solo alle barriere ingegneristiche, la cui funzionalità non può essere garantita per periodi molto lunghi, ma a barriere geologiche di provata stabilità. In questo caso lo smaltimento avviene in formazioni geologiche, argillose, saline o granitiche, che sono quelle più adatte al contenimento della radioattività;
per i rifiuti originati dall'industria, dalle attività sanitarie e dalla ricerca industriale l'ENEA ha messo a disposizione del Paese un «Servizio integrato», prendendo in carico i rifiuti raccolti a livello nazionale da operatori qualificati da ENEA stesso, trattati, condizionati ed immagazzinati presso la società partecipata NUCLECO, in attesa di essere smaltiti. Tali rifiuti ammontano ad oggi a circa 4.500 metri cubi;
la SoGIN SpA è, invece, incaricata, oltre di portare a termine il piano di smantellamento degli impianti nucleari obsoleti e fuori servizio, di progettare e realizzare un deporto centrale superficiale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di II categoria e realizzare un deposito temporaneo a lungo termine per quelli di terza categoria;
il deposito, secondo le indicazioni previste nella legge n. 99 del 2009; e nel decreto legislativo n. 31 del 2010, dovrà essere corredato da un parco tecnologico;
sempre il decreto legislativo n. 31 del 2010, prevede che il parco tecnologico sia dotato di strutture comuni per i servizi e per le funzioni necessarie alla gestione di un sistema integrato di attività operative, di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico, di infrastrutture tecnologiche per lo svolgimento di attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato, tra cui la caratterizzazione, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio nonché lo svolgimento di tutte le attività di ricerca, di formazione e di sviluppo tecnologico connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi. Come già, indicato SoGIN è incaricata di realizzare il parco tecnologico, ed in particolare anche il deposito nazionale, e le strutture tecnologiche di supporto;
nell'ambito della legge n. 99 del 2009, è stata istituita l'Agenzia per la sicurezza nucleare la quale ai sensi di quanto previsto del decreto legislativo n. 31 del 2010, come modificato dal decreto legislativo n. 41 del 2011, fungeva da soggetto attuatore e di controllo sia per la realizzazione di nuovi impianti (incluso il parco tecnologico) sia per le attività di decommissioning;
in termini di gestione di rifiuti, a seguito del referendum popolare di giugno 2011, i compiti dell'Agenzia sono risultati circoscritti alle attività di sistemazione «definitiva» di quanto già esistente. Un'ancora più chiara definizione dei compiti dell'Agenzia, in questo senso, era avvenuta con il decreto legislativo n. 185 del 2011, di recepimento della Direttiva 2009/71/EURATOM costituendo per la prima volta, dopo molti anni, un riferimento unitario e certo per questo settore;
l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, dispone la soppressione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare assegnando alcune funzioni autorizzative ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di fatto provocando la necessità di un riordino funzionale del settore;
per quanto attiene alle metodologie alternative di trattamento delle scorie nucleari ad alta attività ed a lunga vita, tipiche della filiera nucleare, una maggiore riduzione di queste potrebbe essere perseguita mediante trattamenti con i sistemi nucleari sottocritici guidati da acceleratori (ADS - accelerator driven system) che sono attualmente in fase di sviluppo a livello europeo e mondiale;

gli accelerator driven system, essendo reattori sottocritici con sorgente di neutroni esterna, possono essere sfruttati più efficacemente per la trasmutazione degli attinidi, che sono gli elementi maggiormente responsabili per la lunghissima durata della radiotossicità di questi materiali. Con tali sistemi, quindi, il combustibile nucleare esausto può essere trasmutato con la quasi esclusiva produzione di prodotti di fissione a breve vita, smaltibili in depositi superficiali;
l'Italia possiede un consistente patrimonio di conoscenze, infrastrutture e laboratori di prova all'avanguardia, che sono utilizzati sia per lo sviluppo del reattore veloce di quarta generazione raffreddato al piombo, sia per lo sviluppo dei sistemi (accelerator driven system, anch'essi raffreddati con piombo liquido. L'insieme di tali progetti, oltre a quelli maggiormente mirati all'aumento della sicurezza operativa nella gestione dei materiali e dei rifiuti radioattivi, potrebbe proficuamente essere sviluppato, sotto la direzione nel parco tecnologico;
il Paese è quindi impegnato, da diversi anni e mediante diversi attori, ad operare su una consistente quantità di rifiuti radioattivi provenienti sia da varie attività economiche e sociali quanto dai vecchi reattori nucleari che hanno operato nel territorio nazionale;
la modifica delle normative di riferimento operata nel corso della presente legislatura a partire dalla cosiddetta «legge sviluppo», n. 99 del 2009 e proseguita con diversi decreti legislativi ed in ultimo con il decreto-legge n. 201 del 2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, ha creato un quadro nuovo, e per certi aspetti complesso, nel settore;
esistono diversi luoghi e situazioni nel Paese in cui stoccaggi temporanei di rifiuti radioattivi (in specie ove caratterizzati da elevata radiotossicità) potrebbero destare preoccupazioni relativamente agli effetti sulla pubblica salute di eventuali danni conseguenti ad eventi calamitosi in condizioni particolarmente avversi,


impegna il Governo:


a porre in atto tutte le azioni di propria competenza, con particolare riferimento all'ottimizzazione del quadro di riferimento relativo agli aspetti procedurali, agli iter autorizzativi, alle azioni necessarie ed ai soggetti responsabili, per garantire il completamento della messa in sicurezza, per il presente ed il futuro, dei rifiuti radioattivi nel nostro Paese, prevedendo anche la promozione di attività di ricerca su forme avanzate di trattamento delle scorie ad alta radiotossicità;
a porre in atto ogni azione di propria competenza per il completamento, in tempi certi, del processo di smantellamento degli impianti nucleari che hanno operato nel Paese.
(7-00774)
«Benamati, Mariani, Bratti, Federico Testa, Ginoble, Braga, Zamparutti, Iannuzzi, Esposito, Margiotta, Viola, Bocci, Motta, Lulli, Bobba».

La X Commissione,
premesso che:
la società Alcoa con un comunicato ufficiale ha annunciato il 9 gennaio 2012 che intende fermare le proprie produzioni in tre stabilimenti di alluminio primario in Europa nel quadro di una ristrutturazione già annunciata nella globale attività primaria;
la ristrutturazione ridurrà - secondo il comunicato ufficiale - la capacità globale di fusione della Società del 12 per cento pari a 531.000 tonnellate;
gli stabilimenti interessati da questa fermata sono quello di Portovesme in Italia, La Coruña e Avilés, in Spagna;
la fermata - secondo quanto riporta il comunicato ufficiale - dovrebbe essere completata nella prima metà del 2012;

nel comunicato ufficiale si legge: le strutture hanno tra i più alti costi dei produttori nel sistema Alcoa;
a Portovesme, Alcoa avvierà - è scritto nel comunicato - il processo di consultazione per chiudere definitivamente l'impianto. Per gli stabilimenti di La Coruña e Avilés sono previste riduzioni parziali e temporanee;
nel comunicato ufficiale si sostiene: un costo energetico non competitivo, combinato con l'aumento dei costi delle materie prime e la caduta dei di alluminio; ha portato alla fermata delle strutture;
Alcoa ha chiuso il quarto trimestre del 2011 con ricavi pari a 6 miliardi di dollari, in calo del 7 per cento rispetto ai 6,4 miliardi del trimestre precedente ma in rialzo del 6 per cento rispetto ad un anno fa quando si erano attestati a 5,7 miliardi;
la perdita netta è stata di 193 milioni di dollari, ossia 0,18 dollari per azione, rispetto ai 172 milioni, ossia 0,15 dollari per azione, del terzo trimestre e i 258 milioni (0,24 dollari per azione) dello stesso periodo dell'anno scorso. L'Ebitda rettificato trimestrale si è attestato a 445 milioni di dollari;
per quanto riguarda l'intero 2011, la società ha riportato ricavi pari a 25 miliardi di dollari contro i 21 miliardi del 2010, mentre l'utile netto è stato di 611 milioni di dollari (0,55 dollari per azione) rispetto ai 254 milioni (0,24 dollari per azione) di un anno fa;
l'alluminio è un materiale cruciale per qualsiasi sistema economico che si prefigga una crescita compatibile con il rispetto dell'ambiente;
il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo, oltre che del prodotto interno lordo delle diverse economie mondiali;
l'alluminio è una «commodity»: il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London Metal Exchange e le variazioni locali dei costi di produzione della materia prima non sono trasferibili sul prezzo finale del metallo;
l'andamento di detto prezzo è caratterizzato da una discreta volatilità e, in termini reali, risulta decrescente, con un tasso di riduzione annuo prossimo al 2 per cento, conseguenza anche del miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi;
un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e alla capacità di innovazione e sviluppo delle applicazioni fa dell'Europa il secondo mercato mondiale dell'alluminio, con ulteriori e significativi margini di crescita;
la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda, ed il tasso di copertura sul mercato attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003;
l'import di alluminio primario dai Paesi extra - Unione europea è costantemente cresciuto oltre il 36,5 per cento del fabbisogno totale di alluminio ed il 56 per cento del fabbisogno di alluminio primario;
il mercato interno europeo è fortemente deficitario di alluminio e il tasso di import, è a livelli mai prima raggiunti;
l'industria europea non è in grado di coprire il deficit di metallo con una crescita delle produzioni primarie da lungo tempo a livelli stazionari;
le produzioni secondarie sono state sviluppate sino al limite massimo della disponibilità di rottame, utilizzando pienamente la generazione interna e trovando difficoltà crescenti al reperimento di rottame dall'esterno;
l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica;
l'industria dell'alluminio primario è, per sua natura, un'industria energy

intensive; l'energia elettrica è la vera materia prima del processo produttivo incidendo per oltre il 30 per cento sui costi operativi;
la disponibilità energetica a prezzi sostenibili è, quindi, il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti esistenti, ed è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelters);
negli ultimi anni alla posizione competitiva degli impianti italiani, e di quello sardo in particolar modo, anche per le condizioni insulari della Sardegna, si è aggiunto l'aumento del costo dell'energia elettrica, indotto non solo da fattori congiunturali attinenti alle oscillazioni dei costi delle materie prime energetiche (olio e carbone), ma anche dall'attuazione delle politiche dell'Unione europea in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia;
il processo di liberalizzazione del mercato dell'energia in Europa è lontano dall'avere realizzato gli obiettivi di ampliamento della base produttiva, di competitività e di riduzione di prezzo attesi;
il mercato al momento non è equilibrato, funziona ancora in un regime di oligopolio, non è affatto trasparente e, conseguentemente, non è competitivo per i clienti energy intensive, quali i produttori di alluminio;
la carenza di riserva di generazione elettrica ed i vincoli di varia natura alla trasmissione dell'energia pongono un evidente limite strutturale ad uno sviluppo equilibrato dello stesso;
le attuali regole di funzionamento del mercato, che opera ancora in difetto di reale concorrenza, soprattutto in Sardegna, e di negoziazione dei prezzi, e che vedono una posizione di forza preponderante dei fornitori, non sono adeguate per negoziare acquisti di energia a lungo termine;
la formulazione del prezzo di borsa è svincolata dai fondamentali elementi di costo, o è volta a remunerare il costo marginale del produttore meno competitivo;
l'industria dell'alluminio primario, data l'intensità del consumo energetico, è di gran lunga la più esposta all'imperfetto funzionamento del mercato energetico ed ai conseguenti aumenti dei costi;
nelle condizioni attuali del mercato dell'energia, senza adeguati interventi strategici e contingenti, si prefigura il seguente scenario:
a) sarà impossibile la rinegoziazione dei contratti a condizioni e prezzi internazionalmente competitivi;
b) l'incremento del prezzo dell'energia risulterà incompatibile con la sopravvivenza economica degli impianti che conseguentemente non saranno più in condizioni di operare;
c) la produzione verrà delocalizzata in Paesi che adottano politiche energetiche compatibili con le loro ambizioni di sviluppo industriale;
d) per la natura di «capital intensive» dell'industria del primario la delocalizzazione sarà per lungo tempo irreversibile;
e) il metallo prodotto in tali aree, spesso a condizioni agevolate ed incentivate da risorse pubbliche, sarà importato nei Paesi della Comunità;
f) l'Europa pagherà i costi sociali ed economici connessi con la delocalizzazione;
g) l'Europa perderà la corrispondente occupazione diretta ed indotta;
la competitività europea sarà penalizzata in quanto:
a) l'industria di trasformazione perderà il supporto che deriva dalla disponibilità in loco di metallo primario;

b) l'industria manufatturiera perderà le ricadute tecnologiche apportate dalle attività primarie;
c) il sistema europeo si troverà a dipendere completamente da importazioni extra Unione europea con ricadute negative, nel lungo periodo, anche sui consumatori;
è indispensabile che le attuali distorsioni del mercato dell'energia vengano corrette al fine di ristabilire un bilanciamento tra fornitori e consumatori energy intensive creando un mercato competitivo che renda attraente per i produttori negoziare contratti competitivi a lungo termine con utenti «baseload»;
l'Italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate/annue è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa, e dispone di una industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e relativamente competitiva; la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate/annue, e copre quindi solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati;
la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate/annue, pari al 43 per cento dell'intera domanda;
l'import assomma a circa 764.000 tonnellate/annue, pari al 47 per cento del fabbisogno;
la produzione di alluminio primario in Italia è effettuata in due stabilimenti, entrambi appartenenti alla multinazionale Alcoa, che li ha acquistati in seguito alla privatizzazione dell'industria nazionale dell'alluminio:
a) Portovesme, nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) con capacità di 150.000 tonnellate/annue;
b) Fusina, nel Veneto, con capacità di 45.000 tonnellate/annue;
nel caso italiano, la produzione di alluminio primario risulta particolarmente strategica per le motivazioni seguenti:
a) è integrata all'industria di trasformazione a monte e a valle della filiera produttiva, e ne costituisce una importante salvaguardia;
b) costituisce un indiretto sostegno dell'industria del secondario, la più evoluta in Europa, che incontra difficoltà crescenti nell'approvvigionamento dall'estero del rottame;
in Sardegna la produzione del primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della regione;
il comparto dell'alluminio primario italiano è stato privatizzato nel 1996 con l'acquisizione degli stabilimenti da parte della multinazionale Alcoa, leader mondiale del settore;
condizione essenziale per il perfezionamento di tale privatizzazione fu la fornitura ai suddetti stabilimenti di energia elettrica ad un prezzo allineato a quello medio applicato nel resto dell'Europa per un periodo di almeno dieci anni, ossia sino al 31 dicembre 2005;
alle intese sottoscritte all'atto della privatizzazione si diede attuazione tramite il decreto del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato del 19 dicembre 1995, in forza del quale i due smelter italiani usufruirono di un regime tariffario speciale restato in vigore sino a tutto il 2005;
l'accordo sul prezzo dell'elettricità fu approvato dalla Unione europea, riconoscendo i termini dell'intesa finalizzata a garantire il prezzo medio dell'energia a livello europeo senza configurare un ricorso ad «aiuti di Stato»; nel definire una durata decennale del provvedimento si era ipotizzato che il mercato dell'elettricità si sarebbe evoluto in maniera da poter offrire,

trascorso tale periodo, prezzi sostenibili da uno smelter in competizione sul mercato mondiale;
oggi si deve, invece, prendere atto del fatto che il lento e difficile processo di liberalizzazione del mercato dell'energia, (liberalizzazione ad oggi solo parziale e in Sardegna assolutamente inesistente) è ancora ben lontano dal realizzare gli effetti di riduzione dei prezzi e aumento dell'offerta giustamente auspicati;
non si intravede alcuna ragionevole possibilità di negoziare in Italia (e, più in genere, all'interno del mercato europeo) una fornitura di energia, sul cosiddetto «libero mercato», in quantitativi ed a prezzi che consentano l'esercizio economicamente sostenibile di uno smelter di alluminio;
le distorsioni al funzionamento del mercato, la sua natura essenzialmente oligopolistica, (e, spesso, di fatto ancora monopolistica, specie per quantitativi di energia particolarmente significativi) i vincoli tecnici alla produzione e distribuzione dell'energia e le inefficienze del sistema determinano una effettiva carenza di offerta, e un conseguente aumento dei costi, non giustificabile in base a quelle che sarebbero le logiche di un mercato effettivamente sviluppato;
in tutti i Paesi dell'Unione europea la produzione di alluminio, sia primario che secondario, come detto, risulta fortemente deficitaria rispetto al fabbisogno interno generando un deficit strutturale, sia in relazione sia allo sviluppo della domanda, sia per la struttura del costo dei fattori produttivi in Europa, con particolare riferimento alla disponibilità ed al costo dell'energia, fattori a loro volta negativamente influenzati dall'imperfetto e distorto funzionamento del «libero mercato» dell'energia;
il mantenimento in produzione della ridotta capacità di primario in Italia (12 per cento della domanda nel Paese) non può quindi togliere quote di mercato a nessun concorrente europeo, né può ostacolare l'ingresso di nuovi operatori sul mercato;
il mantenimento per la produzione italiana di alluminio di un prezzo dell'energia equiparato alla media della concorrenza non può influenzare in alcun modo il corso del prezzo del metallo;
il mantenimento di tale prezzo dell'energia non può danneggiare alcun concorrente europeo sotto il profilo del prezzo praticabile negli scambi intracomunitari;
il mantenimento di condizioni di fornitura dell'energia elettrica a condizioni competitive, apporta dei concreti benefici al mercato ed al sistema socio economico non solo della Sardegna ma dell'intera nazione;
il mantenimento della produzione dell'alluminio primario in Italia riduce il rischio di delocalizzazione delle produzioni (gli annunci della Hydro in Germania evidenziano quanto questa eventualità sia reale) a vantaggio di produzioni effettuate in Paesi dove l'energia è fornita sottocosto, e dove le tutele legali sociali ed ambientali sono a livelli infinitamente più bassi rispetto agli standard comunitari, e tali da consentire spesso l'importazione in dumping all'interno del mercato comunitario di metallo prodotto al di fuori dell'Unione;
il mantenimento della produzione evita la conseguente distruzione e/o depauperamento sia di risorse private (per sostenere i costi di chiusura degli impianti e la loro delocalizzazione) che pubbliche (per la riconversione del personale, gli ammortizzatori sociale ed il sostegno alle economie dei territori interessati alle chiusure), a danno del mercato europeo ed a vantaggio di produzioni extra-Unione europea;
il mantenimento delle produzioni evita la perdita di competitività del sistema industriale nel suo complesso sul mercato globale, perdita che conseguirebbe inevitabilmente alle ricadute di varia natura connesse con la rinuncia ad una forma di

approvvigionamento interna di metallo, con la conseguente totale dipendenza economica da importazioni extra-Unione europea, e con la crescente carenza di materia prima, sempre più destinata ai consumi interni, che scaturisce dallo sviluppo dei Paesi tradizionalmente esportatori (tra cui la Cina, la Russia, ed il Sud-est asiatico);
la Commissione europea in data 19 novembre 2009 ha adottato la decisione relativa agli aiuti di Stato n. C 38/A/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006) cui l'Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni;
all'inizio degli anni novanta, nel quadro della liquidazione del conglomerato statale EFIM, il produttore italiano di alluminio Alumix era stato ristrutturato, privatizzato e venduto ad Alcoa. Alumix operava due smelter di alluminio primario, uno a Portovesme (Sardegna) e uno a Fusina (Veneto);
l'acquisizione di Alumix da parte di Alcoa era stata subordinata alla concessione da parte di ENEL, ente statale fornitore dell'energia elettrica, di una tariffa agevolata per le forniture di energia elettrica ai due smelter;
la tariffa agevolata a favore di Alcoa era stata istituita con decreto ministeriale del 19 dicembre 1995 (in prosieguo: «il decreto del 1995»). Tale decreto stabiliva che Alcoa avrebbe beneficiato del trattamento agevolato di cui alla delibera CIP 13/1992 fino alla fine del 2005. Successivamente a tale data, il trattamento applicato ad Alcoa sarebbe stato allineato a quello applicato agli altri utenti di energia elettrica;
la tariffa ridotta era stata valutata in base alle norme sugli aiuti di Stato nel contesto del caso C 38/1992;
nella decisione adottata il 4 dicembre 1996 (in prosieguo: «la decisione Alumix»), la Commissione aveva concluso che non costituiva aiuto di Stato sulla base delle considerazioni riassunte di seguito:
nel quadro del regime in oggetto, lo Stato fissava la tariffa da applicare ad Alcoa, ed ENEL, l'unico fornitore di energia elettrica esistente all'epoca in Italia, forniva ad Alcoa l'energia elettrica alla tariffa stabilita. I prezzi per entrambi gli smelter erano stati fissati per dieci anni. Per la Sardegna, era stata fissata a 36,3 ITL/kWh nel 1996 e sarebbe stata gradualmente aumentata fino a raggiungere 39,6 ITL/kWh nel 2005. Per il Veneto la tariffa doveva raggiungere 39,90 ITL/kWh nel 2005. Convertiti in euro, questi prezzi oscillano tra 18 e 20 euro/MWh;
all'epoca ENEL era un ente pubblico che erogava energia elettrica in regime di monopolio. Pertanto la Commissione aveva valutato se ENEL agisse come un operatore di mercato razionale nell'applicare ad Alcoa il prezzo stabilito;
la Commissione aveva valutato la situazione dell'offerta di energia elettrica nelle due regioni interessate nell'arco dei dieci anni di applicazione della tariffa agevolata. Aveva osservato che in Sardegna e Veneto il mercato dell'energia elettrica era caratterizzato da una sovraccapacità di produzione di energia che non era verosimile sparisse nei successivi dieci anni. Aveva inoltre osservato che era impossibile per i produttori esportare energia elettrica da queste regioni, a causa dell'insufficiente interconnessione con l'Italia continentale nel caso della Sardegna e per mancanza di domanda da parte di regioni limitrofe nel caso del Veneto;
in tale situazione, la Commissione aveva ritenuto che un grande cliente industriale come Alcoa avesse un notevole potere di negoziazione rispetto ad ENEL dal momento che la chiusura dei due smelter, che erano tra i migliori clienti di ENEL in Italia, avrebbe comportato una sovraccapacità ancora più elevata ed avrebbe peggiorato la struttura dei costi dell'ENEL. Pertanto, era nell'interesse economico di ENEL fornire energia elettrica ad un prezzo particolarmente contenuto agli smelter di Portovesme e Fusina;
la Commissione aveva ritenuto che un fornitore razionale di energia elettrica

sarebbe stato disposto a vendere ad un prezzo che copriva i suoi costi marginali medi di produzione, calcolati sulla base dell'effettivo mix di combustibili utilizzato dalle centrali elettriche nelle regioni interessate, più un modesto contributo verso i costi fissi. Risultava che il prezzo stabilito per Alcoa (18/20 euro MW/h) rispondeva a tali criteri. Per quanto riguarda i modesti incrementi annui del prezzo di Alcoa previsti per i dieci anni successivi, la Commissione li aveva considerati giustificati in base alla previsione che il costo di produzione marginale di ENEL sarebbe diminuito nel corso degli anni grazie a miglioramenti nel mix di combustibili e nelle tecnologie di produzione;
la Commissione aveva pertanto concluso che nel concedere la tariffa (18/20 euro MW/h) ENEL si comportava come un operatore di mercato razionale e aveva quindi dichiarato che la misura non costituiva aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE;
nel 1999, quando l'Italia ha recepito la prima direttiva di liberalizzazione UE, l'ENEL ha cessato di essere il fornitore di energia elettrica monopolista in Italia ed è stata divisa in vari soggetti;
nel 2000 l'Italia ha deciso di includere la tariffa Alumix tra gli «oneri generali del sistema elettrico». Questo nuovo status ha portato al primo significativo cambiamento nel meccanismo di finanziamento della tariffa Alumix. Mentre ENEL in precedenza aveva venduto l'energia elettrica direttamente al prezzo agevolato ad Alcoa, in base al nuovo meccanismo, ENEL, riceveva il prezzo pieno ordinario applicato a grandi clienti industriali, e gli altri consumatori di energia elettrica fornivano i fondi necessari a garantire che Alcoa continuasse a pagare il prezzo Alumix (18/20 euro MW/h). In pratica, ad Alcoa veniva nominalmente applicato il prezzo pieno, ma l'impresa fruiva di uno sconto diretto in bolletta. ENEL finanziava tale sconto grazie ai ricavi di un nuovo onere parafiscale prelevato mediante la componente A4 della tariffa elettrica e pagato dalla generalità dell'utenza. Nel 2002 Alcoa ha stipulato un contratto bilaterale con ENEL ad un prezzo nominale corrispondente all'incirca alla tariffa standard applicata da ENEL per le forniture in alta tensione;
per quanto riguarda il caso specifico di Alcoa, la Commissione ha sottolineato che la nuova tariffa sembrava diversa dalla tariffa Alumix in quanto quest'ultima era stata concessa da ENEL, l'operatore italiano di energia elettrica in regime di monopolio, mentre la nuova tariffa comportava l'intervento selettivo dello Stato per compensare
la differenza tra il prezzo di mercato concordato con un produttore di elettricità e il prezzo agevolato fissato nel 1996;
i Governi di vari Stati membri incoraggiano la conclusione di contratti di fornitura a lungo termine orientati ai costi tra i consumatori industriali elettro-intensivi e i produttori di energia elettrica, tenuto conto del fatto che i mercati elettrici non funzionano adeguatamente. Tali soluzioni sono considerate necessarie quali misure provvisorie per garantire prezzi equi e per impedire chiusure di industrie;
in gran parte dei Paesi europei i contratti bilaterali costituiscono la soluzione adottata per affrontare il problema ed in particolare le misure adottate nei vari paesi sono così sinteticamente individuate: Finlandia (consorzi che investono in un nuovo reattore nucleare, con diritti di prelievo ad un prezzo basato sui costi di produzione), Germania (sconto del 35-50 per cento sui costi di trasmissione, più una riduzione degli oneri connessi alle energie rinnovabili per i grandi utenti industriali), Spagna (tariffe regolamentate), Francia (consorzi di grandi utenti che investono in nuove centrali nucleari, tariffe regolamentate «di ritorno»), Svezia (consorzi per investimenti in nuove centrali), Belgio (consorzio di acquisto);
nel rispondere alle osservazioni della Commissione europea lo Stato italiano

ha reiteratamente richiamato «la sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna» e sottolinea che in siffatta situazione Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi, - secondo le dichiarazioni riportate dalla Commissione europea - al comportamento dell'operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio (ENEL e ENDESA-oggi E.ON) entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare «un cattivo precedente» nel resto d'Italia. Considerato il notevole potere di mercato conservato dall'ex monopolista ENEL, l'Italia conclude che non vi è alcuna differenza sostanziale fra il prezzo (18/20 euro MW/h) accordato ad Alcoa in una situazione di monopolio (approvato dalla Commissione nella decisione Alumix) e la tariffa applicabile nelle attuali, alquanto imperfette, condizioni di mercato;
la Commissione, nella decisione ultima fa presente che il metodo utilizzato nel caso Alumix riguardava una situazione molto specifica. In Alumix, la tariffa era accordata da ENEL, che all'epoca era l'ente pubblico che erogava elettricità in regime di monopolio, in un mercato dell'elettricità che non era ancora stato liberalizzato. Data la situazione, la Commissione aveva dovuto appurare se ENEL praticasse un prezzo artificiosamente basso, oppure se si comportasse come un operatore di mercato razionale. Considerato il monopolio detenuto da ENEL per la generazione e la distribuzione di elettricità, non vi era alcun prezzo di mercato cui la Commissione potesse fare riferimento per valutare la presenza di un vantaggio. Pertanto, la Commissione aveva messo a punto un metodo per individuare il prezzo di mercato teorico più basso al quale un fornitore razionale sarebbe stato disposto a vendere al suo «miglior cliente» (il maggiore consumatore con un profilo di consumo piatto) nelle circostanze specifiche del mercato sardo e veneto. In effetti, un fornitore razionale avrebbe cercato di coprire quanto meno i suoi costi marginali di produzione, più una frazione dei costi fissi;
un esame dei fatti dimostra che il meccanismo tariffario che la Commissione aveva autorizzato nel caso Alumix ha subito un fondamentale cambiamento, ossia il passaggio da una tariffa praticata da un fornitore di elettricità a condizioni di mercato ad una tariffa che di tale ha solo il nome e che è il risultato di una sovvenzione statale;
nel caso Alumix la valutazione verteva sul comportamento del fornitore di elettricità ENEL. Il prezzo agevolato non recava un vantaggio ad Alcoa in quanto, sulla base del test dell'operatore in economia di mercato la Commissione riteneva che fosse razionale per ENEL vendere elettricità al prezzo in questione (18/20 euro MW/h). Tuttavia, il test dell'operatore in economia di mercato perde di significato in una situazione in cui la tariffa non è più offerta volontariamente da ENEL (che percepisce il prezzo ordinario), ma è il risultato di un pagamento compensativo da parte dello Stato. Nel nuovo sistema il comportamento del fornitore di energia elettrica non ha più alcuna rilevanza;
il mercato italiano dell'energia elettrica è generalmente altamente concentrato, anche se meno nella zona nord. L'operatore dominante in tutte le zone è l'ex monopolista ENEL, eccetto in Sardegna dove detiene un duopolio con E.ON. ENEL detiene un notevole potere di mercato di cui l'autorità italiana garante della concorrenza ha constatato che ha abusato nel 2004-2005. I prezzi dell'energia elettrica in Italia sono generalmente elevati, per effetto di un mix produttivo in gran parte basato sui combustibili fossili (essenzialmente gas), l'assenza di capacità

nucleare e la congestione nei collegamenti verso il resto d'Europa;
in Sardegna, che rappresenta il 4,1 per cento della potenza installata in Italia l'elettricità è prodotta prevalentemente in centrali termoelettriche utilizzando combustibili fossili (carbone, olio combustibile, tar di raffineria). L'isola non ha un'infrastruttura di distribuzione del gas naturale;
la Sardegna risente di una situazione di sovraccapacità di produzione, soprattutto nel segmento ad alto costo (centrali alimentate a olio combustibile) imputabile ai piani del governo, mai realizzatisi, di concentrare nell'isola l'industria pesante italiana. Ciò aveva portato a sovrainvestimenti da parte di ENEL nelle centrali di produzione elettrica. Oltre ad essere strutturalmente più costose, siffatte centrali stanno rapidamente diventando obsolete sotto il profilo tecnico. Le esportazioni di energia elettrica sarda verso la penisola sono anche limitate dalla modesta capacità dell'interconnettore, che è soggetto a congestione;
due società elettriche, ENEL e E.ON, detengono congiuntamente una quota di mercato pari al 95 per cento delle forniture di energia elettrica in Sardegna (circa il 58 per cento per E.ON e il 42 per cento per ENEL). Secondo l'indagine sullo stato di concorrenza nel settore elettrico, in termini concorrenziali la Sardegna può essere classificata come un duopolio a dominanza collettiva;
la concentrazione di mercato è elevata, benché non sia la più elevata in Italia. Dato il loro controllo su praticamente tutti gli impianti mid-merit e di punta, E.ON e ENEL determinano il prezzo praticamente per tutte le ore;
secondo i dati riportati dalla Commissione europea emerge il seguente quadro: «i prezzi all'ingrosso dell'elettricità in Italia sono fra i più elevati in Europa, e i prezzi in Sardegna sono fra i più elevati in Italia. Nel 2007 il prezzo medio nazionale (PUN) è stato di 70,99 euro al MW/h mentre il prezzo zonale sardo medio è stato di 75 euro al MW/h, rispetto agli 80 euro al MW/h del 2006. Nel 2008 e 2009 è continuata la tendenza al rialzo del prezzo medio zonale sardo. Nella prima metà del 2009 la Sardegna si è attestata costantemente al di sopra della media nazionale (con un prezzo medio di 106,60 euro al MW/h rispetto a un PUN di 60,50 al MW/h). Non sono disponibili i prezzi relativi ai contratti bilaterali in Sardegna, in quanto tali dati non sono di pubblico dominio e l'Italia non ha inteso fornirli»;
secondo la Commissione europea «il mercato dell'energia elettrica in Sardegna presenta una serie di problemi (alcuni dei quali, tuttavia, sono comuni al resto d'Italia) che possono essere riassunti come segue: prezzi elevati, forte grado di concentrazione del mercato, potere di mercato degli operatori dominanti, capacità di produzione eccedentaria nel segmento ad alto costo, relativa inefficienza delle centrali di produzione che stanno diventando obsolete, assenza di accesso all'infrastruttura del gas naturale, carenza di interconnessione»;
la Commissione europea per quanto riguarda la natura del problema di concorrenza in Sardegna rileva quanto segue: «I prezzi elevati in Sardegna sono il frutto di una combinazione di fattori: l'insufficiente interconnessione, la struttura dei costi dei portafoglio di generazione e il potere di mercato dei due principali generatori»;
la relazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sullo stato del mercato dell'energia elettrica e del gas naturale e sullo stato di utilizzo ed integrazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili del 29 gennaio 2010 riscontra un livello di competizione piuttosto scarso, dovuto principalmente ad insufficienze di tipo infrastrutturale. Le situazioni più critiche si registrano nelle zone Sicilia e Sardegna (isole), dovute principalmente alla inadeguatezza delle interconnessioni tra il sistema elettrico delle Isole e quello dell'Italia peninsulare (continente);
l'andamento dei prezzi zonali di vendita nel mercato del giorno prima

(MGP) dal 2005 al 2009 testimonia tali differenze strutturali. Il 2009 registra un brusco calo dei prezzi ma in misura nettamente inferiore in Sardegna rispetto alle altre zone (-11 per cento Sardegna rispetto ad una diminuzione compresa fra il 26 per cento e il 32 per cento nelle altre zone). L'andamento degli ultimi anni sembra così consolidare il divario fra i prezzi nelle isole e nel continente. Assumendo a riferimento i livelli dei prezzi del 2005, nel 2009 i prezzi nel continente sono aumentati - a seconda della zona - fra lo zero e il 5 per cento mentre i prezzi in Sardegna sono aumentati del 36 per cento;
le situazioni di Sicilia e Sardegna - secondo l'autorità - destano particolare preoccupazione in quanto caratterizzate dalla compresenza di due operatori (o raggruppamenti di operatori nel caso della Sicilia) entrambi dotati di un notevole potere di mercato unilaterale. Esso è misurato dalla indispensabilità della capacità produttiva riferibile ad un medesimo operatore (o raggruppamento di operatori) ai fini del soddisfacimento del fabbisogno di energia e di riserva di potenza (necessaria a Terna per garantire la sicurezza del sistema);
le isole, del resto, come già evidenziato, ribadisce la relazione, sono strutturalmente caratterizzate da livelli di prezzo sensibilmente superiori a quelli delle altre aree del Paese. Dette differenze nei livelli dei prezzi - secondo l'autorità - non sono riconducibili interamente a differenze nella struttura di costo del rispettivo parco produttivo quanto, piuttosto, al potere di mercato unilaterale di cui godono i produttori in Sardegna,


impegna il Governo:


a superare, con tutte le iniziative persuasive o istituzionali che riterrà opportune, la situazione che lo Stato Italiano rileva nelle dichiarazioni riportate nella decisione della Commissione Europea del 29 novembre 2009, dove si sostiene che: «con la sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi, al comportamento dell'operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio (ENEL e ENDESA-oggi E.ON) entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare "un cattivo precedente" nel resto d'Italia»;
a porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie a scongiurare la decisione annunciata dalla società Alcoa;
ad attivare urgentemente un tavolo di confronto con la multinazionale e con la stessa amministrazione americana per affrontare senza riserve e con urgenza la vertenza Alcoa Italia;
al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria dell'alluminio primario in Italia, a proporre alla Commissione europea un vertice dei Ministri competenti per definire con sollecitudine una strategia che scongiuri la delocalizzazione dall'Europa dell'industria primaria di alluminio, non solo attivando quelle azioni indispensabili per favorire il mantenimento degli asset produttivi in Europa;
a promuovere attraverso le opportune e persuasive iniziative la definizione di accordi bilaterali decennali con le società di produzione elettrica al fine di riequilibrare il mercato che risulta distorto da posizioni dominanti e monopoliste;
a promuovere un apposito contratto di programma per la filiera dell'alluminio primario con una dotazione minima di 300 milioni di euro che consenta la razionalizzazione del processo produttivo sia

per quanto riguarda la produzione elettrica che la ripresa produttiva dello stabilimento Eurallumina.
(7-00775)
«Garagnani, Pili, Gibiino, Nizzi, Mazzocchi, De Corato».

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
l'industria del gioco d'azzardo, negli ultimi anni, ha registrato profitti enormi e ha assunto dimensioni tali da consentirle di collocarsi al quinto posto dopo la Fiat, la Telecom e l'Enel; la spesa pro-capite in Italia ha il primato mondiale con oltre 500 euro a persona;
nessun'altra attività economica è in così intenso e costante aumento: 35 miliardi di euro spesi nel gioco d'azzardo legale nel 2007, 42 miliardi nel 2008 e oltre 50 nel biennio 2010-2011;
l'aumento complessivo è imputabile soprattutto al raddoppio del fatturato del «Gratta e Vinci», all'aumento del 22 per cento delle «macchinette» e alla massiccia pubblicizzazione dei casinò on line cui ha fatto seguito un ulteriore incremento della spesa privata in tal senso;
in regioni quali la Sicilia, la Campania, la Sardegna e l'Abruzzo soprattutto le famiglie a basso reddito investono in gioco d'azzardo il 6,5 per cento della propria ricchezza e, di conseguenza, la maggior causa di ricorso a debiti e usura è da attribuire a questa dipendenza;
da quanto appena rappresentato emerge che il gioco, in Italia, coinvolge maggiormente le fasce più deboli; lo confermano i dati dell'Eurispes, infatti, investe i propri soldi in siffatta direzione chi ha un reddito inferiore, giocano il 47 per cento degli indigenti, il 56 per cento degli appartenenti al ceto medio-basso e il 66 per cento dei disoccupati;
l'1,5-3 per cento sul totale dei giocatori, presenta problemi di gioco d'azzardo patologico che consiste in un serio disturbo del comportamento assimilabile alle dipendenze e, quindi, necessita di un intervento specialistico multidisciplinare con il coinvolgimento di diverse istituzioni;
l'incremento di un simile trend è imputabile quasi esclusivamente alle scelte dei Governi, non c'è stato anno, infatti, in cui non siano state introdotte nuove offerte di gioco d'azzardo pubblico, per di più, lo Stato ha conferito, nel tempo, piena autonomia all'Amministrazione autonoma monopoli di Stato (Aams) che mediante una massiccia campagna pubblicitaria ed ottime strategie di marketing, ha aumentato regolarmente le entrate da gioco d'azzardo;
è stata, invece, rinviata e pertanto mai realizzata, la costruzione di una politica seria sul gioco pubblico che non solo si occupasse della tutela del profitto economico ed erariale ma che valutasse gli impatti negativi dell'incremento della spesa privata in gioco;
al fatturato legale stimato in 76,1 miliardi di euro si devono aggiungere i 10 miliardi di quello illegale perché le mafie, di fatto, si accreditano ad essere l'undicesimo concessionario «occulto» del monopolio;
alle indagini delle direzioni distrettuali antimafia delle rispettive procure della Repubblica di Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Potenza, Reggio Calabria e Caltanissetta hanno fatto seguito numerosi arresti nell'ambito del gioco d'azzardo, tutti riferibili ad esponenti della criminalità organizzata;

sono state rilevate infiltrazioni criminali nelle società di gestione dei punti scommesse che si prestano ad essere le migliori «lavanderie legali» come qualcuno le ha acutamente definite, nel grande mondo del calcio scommesse, un mercato che vale 3 miliardi di euro, nel circuito delle sale giochi utilizzate per adescare persone bisognose di soldi che diventano vittime dell'usura -:
se il Governo intenda assumere un'iniziativa normativa generale per la regolamentazione del settore del gioco d'azzardo che:
a) limiti sensibilmente i messaggi pubblicitari e di marketing rivolti al gioco e promuova al contempo iniziative di sensibilizzazione ai rischi collegati alla fattispecie in esame per mezzo di massicce campagne informative rivolte all'intera cittadinanza e da attivarsi in modo capillare nelle scuole;
b) assicuri la piena trasparenza delle società di gioco sia in ordine alla loro titolarità che alle operazioni poste in essere, prevedendo l'applicazione, con riferimento alle suddette società, della legislazione antimafia;
c) ai fini della prevenzione e del contrasto dei fenomeni dell'illegalità nel mercato dei giochi, preveda anche il delitto di gioco d'azzardo;
d) recepisca le indicazioni dell'organizzazione mondiale della sanità che ravvisa nel gioco d'azzardo compulsivo una forma morbosa chiaramente identificata come patologia clinica e che può rappresentare, a causa della sua diffusione, un'autentica malattia sociale a tal uopo prevedendo la responsabilità civile dei gestori nei riguardi della famiglie dei ludopatici.
(2-01346)
«Gibiino, Vincenzo Antonio Fontana, Scandroglio, Barani, De Luca, Girlanda, Bocciardo, Carfagna, Ciccioli, Giammanco, Mannucci, Murgia, Minardo, Ravetto, Lo Presti, Berruti, Stradella, Armosino, Castellani, Faenzi, Lunardi, Catanoso, Bellotti, Del Tenno, Garagnani, Pelino, Sammarco, Abrignani, Simeoni, Germanà, Ghiglia, Luciano Rossi, Ceroni, Tommaso Foti, Tortoli, Saglia, Garofalo, Palmieri, Torrisi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il fenomeno del gioco d'azzardo sta assumendo dimensioni di vero e proprio allarme sociale;
tale fenomeno risulta aggravato dalla pesante crisi economica che favorisce la diffusione di comportamenti compulsivi e autolesionistici in soggetti deboli e particolarmente vulnerabili che sperano di risolvere in siffatto modo l'incertezza del proprio futuro;
tra i fattori sociali di rischio che predispongono l'insorgenza della ludomania, particolare rilievo assume la presenza di difficoltà economiche legate in particolare allo stato di disoccupazione;
la dipendenza da gioco è assimilabile alla dipendenza da alcool o da sostanze stupefacenti e, oltre a ledere la salute psicofisica del soggetto interessato, coinvolge spesso interi nuclei familiari che si vedono sottratte ingenti somme di denaro con un impoverimento della propria situazione finanziaria e affettiva;
la correlazione tra gioco, indebitamento e usura dimostra come in questo settore sia particolarmente labile il confine tra legalità e comportamenti criminali;
numerosi studi ribadiscono la pericolosità che il nuovo gioco d'azzardo on-line può rivestire all'interno delle fasce adolescenziali e recenti dati confermano come i giovani ingoiati dal gioco compulsivo siano una frontiera del business illegale legato allo strozzinaggio;

il dilagare della pubblicità, in particolare quella televisiva dei cosiddetti «casinò virtuali», desta particolare preoccupazione negli interpellanti per gli effetti devastanti che un potente mezzo di comunicazione di massa quale la TV può avere su un pubblico suggestionabile -:
se il Governo non ritenga utile e doveroso intervenire a tutela dei cittadini, dei bambini e degli adolescenti, assumendo iniziative per regolamentare severamente la pubblicità dei giochi d'azzardo così come già avviene per altri settori, come ad esempio con i prodotti del tabacco.
(2-01347)
«Rampi, Bossa, Lulli, Albini, Gatti, Schirru, Boccuzzi, Picierno, Mattesini, Bellanova, Damiano, Bobba, Gnecchi, Rossa, Siragusa, Sbrollini, Colaninno, Losacco, Miglioli, Sanga, Murer, Madia, Pizzetti, Piccolo, Fadda, Benamati, Melis, Beltrandi, Strizzolo, Farinone, Scarpetti, Federico Testa, Servodio, Zunino, Nannicini, Pes, Oliverio, Nicolais, Capano, Calvisi, Marrocu, Pedoto, Marco Carra».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
gravissimi disagi si sono verificati in molte zone dell'Italia a causa delle abbondanti nevicate e all'ondata di gelo che ha colpito in particolare il centro-sud;
si sono verificate falle nel sistema che non è stato in grado di rispondere efficacemente e preventivamente alle emergenze, nonostante che le abbondanti nevicate e l'ondata di gelo fossero state ampiamente comunicati in anticipo;
in particolare gravissimi disservizi si sono verificati in due comparti fondamentali nel nostro Paese, quello dell'erogazione di energia elettrica, da parte di Enel Spa, e della mobilità ferroviaria da parte di Trenitalia spa;
i disagi maggiori della fornitura elettrica si sono verificati solo al centro-sud lasciando oltre 80 mila persone senza energia elettrica, in questo caso ancora una volta si è evidenziato come i disservizi siano legati alla mancanza di investimenti nell'ammodernamento della rete italiana e in particolare nel centro-sud che sconta una rete inefficace e inefficiente;
forti disagi sono stati vissuti anche da pendolari rimasti intrappolati nei convogli dei treni locali ovvero, nel migliore dei casi, hanno dovuto subire ritardi di ore per poter usufruire del trasporto ferroviario per tornare alle proprie case;
pendolari e utenti di Trenitalia non hanno avuto alcuna assistenza da parte del gestore della rete ferroviario nonostante fosse noto da giorni l'arrivo di temperature gelide e abbondanti nevicate;
il servizio da parte delle ferrovie è stato nullo in quanto ci si è limitati a comunicare che il piano di emergenza si sostanziava nell'annullamento della gran parte delle partenze dei treni, proprio di quelle che interessavano i pendolari;
anche nel caso di Trenitalia spa è stato il Centro sud a subire quasi esclusivamente i disagi derivanti dall'ondata di gelo e dalle nevicate dei giorni scorsi -:
quali iniziative concrete e immediate intenda intraprendere nei confronti dell'Enel e delle Ferrovie dello Stato spa, affinché disagi così pesanti come quelli vissuti dagli utenti dell'Enel e dai pendolari che utilizzano il trasporto ferroviario di Trenitalia spa, non abbiano più ad accadere;
se non ritenga necessario assumere le iniziative di competenze affinché da parte dell'Enel spa e di Trenitalia spa siano effettuati investimenti nelle reti di energia elettrica e nelle tratte ferroviarie, in particolare del Centro sud, per giungere ad

una offerta di servizi efficace ed efficiente, che eviti in futuro i pesantissimi disagi arrecati ai cittadini del Centro-sud.
(2-01348)
«Gianni, Moffa, Ruvolo, Scilipoti».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
i fenomeni di grave perturbazione atmosferica, i danni ed i disagi causati dal maltempo e dalle persistenti nevicate hanno interessato vaste aree dell'Italia centro-settentrionale, mentre il giorno 3 febbraio 2012 la città di Roma è stata investita da una precipitazione nevosa di portata tale da non avere paragoni negli ultimi trent'anni;
in molti comuni l'erogazione dell'energia elettrica è risultata interrotta per più giorni e numerose famiglie, persone sole, anziani, sono rimasti bloccati nelle proprie abitazioni, privi di ogni forma di assistenza anche sanitaria;
in molte località del Lazio e dell'Abruzzo si sono verificati guasti lungo le vie ferroviarie con l'arresto di molti convogli in piena campagna anche per una durata superiore alle 24 ore consecutive, senza alcuna forma di ristoro e assistenza ai passeggeri a bordo;
nel porto di Ancona diversi traghetti sono rimasti fermi in banchina per decine di ore con passeggeri, auto e camion a bordo, essendo impraticabili le vie stradali di deflusso dal porto per le abbondanti nevicate;
in tutta Italia molti sono stati i casi (strade statali, provinciali, consolari, urbane e suburbane, assi autostradali, raccordi, viadotti e gallerie) di incolonnamento delle auto e blocco della viabilità;
nei centri urbani di grandi e piccoli comuni si sono verificati gravi disagi alle persone e alle loro famiglie, fino a provocare la morte di numerose persone, alcune delle quali bloccate negli abitacoli delle loro autovetture e camion;
nella lunga intervista resa il 5 febbraio 2012 alla giornalista della RAI Lucia Annunziata nel corso della trasmissione televisiva In mezz'ora, il capo del dipartimento della protezione civile nazionale, il prefetto Franco Gabrielli, ha espresso il suo disagio e la sua perplessità sulla «agibilità della protezione civile» dopo l'approvazione in Parlamento della legge n. 10 del 2011, di riforma dell'intero settore, una denuncia già ampiamente illustrata dallo stesso prefetto Gabrielli in una intervista rilasciata a Il Giornale all'indomani della drammatica vicenda della nave Costa Concordia;
nella stessa intervista alla giornalista Lucia Annunziata il prefetto Gabrielli ha accennato genericamente alle iniziative promosse dalla protezione civile nazionale in seguito alle copiose nevicate;
il sistema di allertamento nazionale e previsionale non può essere il solo strumento a disposizione della protezione civile nazionale per svolgere a pieno le sue funzioni di coordinamento e i suoi interventi sul campo a supporto dei comuni, province e regioni coinvolti dallo stato di emergenza che ne facessero richiesta;
appare necessario sapere:
a) se il comitato operativo della protezione civile nazionale, convocato il 2 febbraio 2012 per fare (si cita testualmente dal sito ufficiale internet della protezione civile nazionale www.protezionecivile.gov.it) «un punto sulla perturbazione che, dopo aver interessato il centro-nord, si sta spostando sulle regioni centro-meridionali» abbia esplicitato o meno al convenuti la possibilità di una emergenza nazionale (tipo C);
b) nel caso non sia stata comunicata tale eventualità, perché mai - data la catastrofica condizione in cui tuttora versano intere regioni d'Italia - essa non sia stata mai dichiarata né allora, né in seguito;

c) se dopo la convocazione del comitato operativo del 2 febbraio 2012 sia stata attivata una procedura di coordinamento fra le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso per stabilire le strategie e gli interventi necessari sulla base dell'evoluzione dello scenario e degli aggiornamenti che dal territorio arrivano al dipartimento nazionale di protezione civile;
d) se, qualora siano state definite queste strategie in seno al comitato operativo, data la possibilità di una emergenza di grande portata, sia stato effettivamente e concretamente garantito l'impiego coordinato delle risorse e in quali termini;
e) se, in relazione alle previsioni riportate nel «bollettino di previsioni metereologiche per il comune di Roma» trasmesso nella giornata del 2 febbraio all'ufficio di protezione civile di Roma Capitale, sia stata indicata la serata di venerdì 3 quale momento più favorevole ad accumuli di neve al suolo mentre le precipitazioni nevose si sono manifestate, copiose, sin dalle prime ore della mattina del venerdì 3 febbraio, con oltre 12 ore di anticipo sulle previsioni, non mettendo il sistema di protezione civile di Roma Capitale nelle condizioni necessarie per fronteggiare un'emergenza neve di portata tale da non avere paragoni negli ultimi trent'anni;
f) se il prefetto Gabrielli, proprio in ragione dell'emergenza incombente, abbia ricevuto, con quale tempistica e in quali forme scritte e formali, le informazioni da lui stesso sollecitate nel corso del comitato operativo del 2 febbraio 2012, in particolare ai gestori della viabilità, dei trasporti e dei servizi essenziali (strade, autostrade, ferrovie, gestori elettrici e di telefonia), per consentire al sistema di protezione civile nazionale nel suo complesso di intervenire in tempo utile, se questo sistema sia stato reso operativo, e quali siano state le cause, qualora sia stato attivato, del suo obiettivo fallimento negli interventi, visti gli innumerevoli disagi alle persone elencati in premessa;
g) se sia stata promossa l'attivazione del volontariato nazionale e se abbia prodotto reali e concreti effetti (data l'assenza in molte aree colpite degli addetti di protezione civile) per alleviare il disagio delle persone e delle loro famiglie;
h) quali siano le cause della assoluta inadeguatezza del «piano neve» delle Ferrovie dello Stato, come dimostrano i guasti alle linee ferroviarie, l'arresto dei convogli e il disagio di centinaia di passeggeri in molte regioni d'Italia, nonostante il piano stesso sia stato attivato come si legge nelle stesse news pubblicate dal sito ufficiale internet della protezione civile nazionale (www.protezionecivile.gov.it) e riferite alle conclusioni del Comitato operativo del 2 febbraio 2012;
i) quale sia il motivo dei disagi sui molti assi stradali e autostradali italiani nonostante sia stata garantita dal centro viabilità Italia, in stretto raccordo con comitati operativi per la viabilità (C.O.V), «la percorribilità su tutte le autostrade» fino al giovedì 2 febbraio 2012 così, come si legge nel sito ufficiale internet della protezione civile (www.protezionecivile.gov.it) sempre in relazione alle conclusioni del Comitato operativo del 2 febbraio 2012, senza che si prevedessero imminenti criticità che invece si sono tutte drammaticamente verificate nelle ore immediatamente successive;
j) perché le strutture della protezione civile nazionale non abbiano intrapreso i necessari interventi presso l'azienda elettrica, anche in senso preventivo e precauzionale, se già alla data del comitato operativo del 2 febbraio 2012 erano stati segnalati 3.000 guasti fra Siena e Pisa e 2.000 guasti nelle Marche, come si legge sempre dalle news, del sito ufficiale internet della protezione civile nazionale, un disagio che nelle ore successive si è moltiplicato in maniera abnorme ma prevedibile;
l) quale sia il modello organizzativo di protezione civile nazionale sul quale il Governo intende investire dopo i clamorosi insuccessi dei suoi interventi in occasione

dell'alluvione in Liguria di novembre 2011 e del maltempo al Centro-nord d'Italia a febbraio 2012 -:
quali siano le indicazioni e gli intendimenti del Governo in relazione alle questioni sollevate nel presente atto e a quali eventuali determinazioni ritenga di pervenire a seguito dei fatti indicati.
(2-01351)
«Sammarco, Piso, Cicchitto, Corsaro, Saltamartini, Leo, Giro, Baldelli, Landolfi, Frassinetti, Biava, Scelli, Castellani, Scandroglio, Gibiino, Saglia, Bellotti, Catanoso, Faenzi, Di Virgilio, Beccalossi, Dima, Lorenzin, Brunetta, Pescante, Pianetta, Testoni, Mariarosaria Rossi, De Nichilo Rizzoli, Simeoni, Stracquadanio, Lainati, La Loggia, Cannella, Abrignani, Murgia, De Angelis, De Girolamo, Mantovano».

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO, DONADI e CIMADORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lunga, complessa e, ad avviso degli interroganti, oscura, è la vicenda giudiziaria che ha interessato e continua ad interessare il candidato della lista «Noi Sud Libertà e Autonomia», Francesco Barbato, con riferimento alle controverse operazioni elettorali svoltesi per il rinnovo del consiglio regionale della Campania nel marzo 2010;
si apprende che, a seguito della constatazione di presunte omissioni e manomissioni degli atti elettorali in diversi seggi ed uffici elettorali di comuni della circoscrizione di Napoli, nonché nell'ufficio centrale elettorale presso corte d'appello di Napoli, il candidato Barbato, già prima della conclusione delle operazioni di verifica, durate molto più a lungo del tempo necessario previsto, e della conseguente proclamazione degli eletti, avesse presentato, non senza difficoltà ed ostruzionismi, reclami ai competenti uffici, dichiarati tutti inammissibili, e successivamente istanze a consiglio regionale ed all'ufficio centrale elettorale;
le suddette istanze, stante la constatazione della mancata corrispondenza tra le cifre ottenute mediante la somma algebrica delle preferenze annotate nei verbali di seggio e le cifre di proclamazione che vedevano attribuito il seggio a Raffaele Sentiero, erano finalizzate ad ottenere copia conforme del verbale di proclamazione degli eletti al consiglio regionale, contenente i dati delle cifre individuali riportate dai candidati della lista n. 13 «Noi Sud Libertà e Autonomia» di ogni sezione dei comuni di Napoli e della provincia; esse, però, venivano ignorate, impedendo il tempestivo accesso al fondamentale verbale di riepilogo (denominato modello 271-AR);
Barbato, dunque, presentava ricorso al T.A.R. Campania, lamentando che la determinazione delle cifre elettorali individuali attribuite allo stesso e a Sentiero fosse viziata da inquietanti errori di trascrizione dei voti sezionali, di omessa assegnazione di numerosi voti al ricorrente nonché di alterazione dei verbali di scrutinio in favore di Sentiero;
il T.A.R. disponeva un'istruttoria per la verifica molto parziale, in quanto limitata al confronto tra i verbali sezionali e le tabelle di scrutinio, mentre disponeva la verifica, autorizzando il controllo delle schede, solo per quei pochi seggi in cui si erano registrate le denunce dirette degli elettori, non considerando, ad esempio, che in ben 16 sezioni, si presentava la palese violazione dell'articolo 4, comma 3 della legge regionale n. 4 del 2009, essendo la somma delle preferenze sui candidati di uguale sesso superiore al totale dei voti di lista per seggio; la verifica che veniva, ad avviso degli interroganti, poco opportunamente affidata al viceprefetto Stefania Rodà (cognata dell'ex magistrato e parlamentare del Popolo della Libertà, Alfonso Papa);

dalla citata istruttoria emergono una molteplicità di voti in favore di Barbato occultati, mai trascritti nei verbali di sezione e, dunque, non assegnati, mentre con riferimento a Sentiero mancava la corrispondenza tra schede votate e voti assegnati; ed ancora ulteriori anomalie, come cancellature nelle preferenze o ingannevoli sbarramenti;
contestualmente allo svolgimento dell'istruttoria erano state attivate indagini parallele della procura della Repubblica, presso il tribunale di Torre Annunziata e della procura della Repubblica di Napoli, presso il tribunale di Napoli, dirette ad accertare l'eventuale commissione di reati elettorali, in danno di Barbato ed in favore di Sentiero;
dalle indagini della procura presso il tribunale di Torre Annunziata è seguito il sequestro dei verbali e del materiale elettorale di numerose sezioni dei comuni della provincia di Napoli (Torre Annunziata, Boscoreale, Sant'Antonio Abate, Pompei, Castellammare di Stabia e altri) e l'autorità penale ha dichiarato la disponibilità a trasmettere, al T.A.R., gli esiti delle verifiche effettuate che comprendevano anche il riconteggio complessivo dei voti per i due candidati in tutta la circoscrizione elettorale;
a quel punto Barbato richiedeva un supplemento di istruttoria al T.A.R. consistente nell'acquisizione dei suddetti accertamenti del giudice penale nonché la doverosa verifica delle schede votate in tutte le Sezioni in cui era denunciata la violazione del citato articolo 4 della legge regionale n. 4 del 2009;
il T.A.R. Campania, a seguitò dell'intervenuta conoscenza del «Modello 271-AR», ossia quel tabulato circoscrizionale che, richiesto dal ricorrente, sin dall'inizio, e reso disponibile solo in quel momento, consentiva di individuare precisamente le sezioni in cui sussistevano i denunciati errori materiali di trascrizione e dal quale si evinceva in maniera inconfutabile la mancata attribuzione a Barbato di 58 voti e la strana trasposizione di 25 voti in favore di Sentiero; secondo gli interroganti non definiva adeguatamente l'istruttoria, condotta dalla dottoressa Rodà, in particolare suscita perplessità il fatto che veniva sospeso a due giorni dalla discussione della causa, il giudizio su quattro sezioni in cui sarebbe stata accertata la violazione legge regionale n. 4 del 2009 (sezione 104 di Napoli, sezione 50 di Portici e sezioni 35 e 49 di Torre Annunziata);
il T.A.R. Campania con la sentenza n. 792 del 2011 respingeva, incredibilmente il ricorso, con una decisione ad avviso degli interroganti sommaria e lacunosa, poggiata su quelli che appaiono cavillosi espedienti, negando, di fatto, il diritto di Barbato di avere assegnate le preferenze spettanti attraverso la correzione degli erronei risultanti dal conteggio complessivo effettuato in corte d'appello, che vedeva la mancata attribuzione a Barbato di ben 58 preferente realmente ottenute, voti contenuti nei verbali sezionali e nelle tabelle di scrutinio, ma non riportati nel tabulato circoscrizionale di cui al modello 271-AR, mentre permetteva a Sentiero di godere dell'attribuzione di 25 preferenze mai ottenute e frutto della trascrizione, nel tabulato circoscrizionale di cui al modello 271-AR, di voti mai espressi in suo favore, non contenuti nei verbali né nelle tabelle di scrutinio;
tale orientato pronunciamento veniva, quindi, impugnato dinanzi al Consiglio di Stato;
il giorno antecedente all'udienza di discussione della causa, l'ufficio del giudice delle indagini preliminari presso il tribunale di Torre Annunziata, emetteva ordinanza di custodia cautelare nei confronti di alcuni soggetti, avendo accertato brogli a danno di Barbato in 18 sezioni delle 20 oggetto del sequestro, ma soprattutto avendo rinvenuto, nel corso delle operazioni di perquisizione, nell'abitazione del presidente della sezione n. 49 del comune di Torre Annunziata della provincia di Napoli, nove schede di votazione vidimate;
tale anomalia, già da sola, ad avviso degli interroganti è evidentemente idonea

ad inficiare gli esiti delle votazioni e, dunque, ad annullare l'elezione del candidato Sentiero, in linea con quanto affermato costantemente dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che sostiene che anche con una sola scheda fuoriuscita, sia possibile falsare i risultati dell'intera votazione in un seggio, attraverso il meccanismo della cosiddetta «scheda ballerina»;
in presenza di tale rilevante fatto nuovo, i difensori di Barbato chiedevano un rinvio, al fine di proporre motivi aggiunti, avere, dunque, il diritto di esercitare la propria potestà di formulazione del motivo, potestà che gli deriva direttamente dalla fonte costituzionale e che gli è riconosciuta nel processo amministrativo dall'articolo 104, co. 3 C.p.a., ma il collegio, la cui composizione veniva modificata appena pochi giorni prima dell'udienza, negava il differimento dell'udienza dichiarando l'ordinanza di custodia cautelare irrilevante ai fini della decisione;
nella specifica vicenda, dall'ordinanza di custodia cautelare emergevano plurimi elementi di obiettiva rilevanza ai fini della legittimità delle operazioni elettorali e segnatamente circostanze relative alle votazioni nella sezione 49 di Torre Annunziata, nella quale il candidato Sentiero aveva ottenuto praticamente tutte le preferenze espresse per la sua lista (83 su 86 - mentre risultano solo 77 voti totali di lista nel seggio), e per la quale Barbato aveva denunciato la violazione dell'articolo n. 4 della legge regionale n. 4 del 2009;
con sentenza n. 05890/2011 del 4-8 novembre 2011 il Consiglio di Stato ha definito l'appello proposto da Barbato, rigettando il ricorso e ritenendo valido il giudizio del T.A.R. Campania anche rispetto alle osservazioni fatte in merito alle sezioni in cui si presentava la palese violazione dell'articolo 4, comma 3 della legge regionale n. 4 del 2009;
ad avviso degli interroganti, emettendo sentenza il giudice amministrativo ha di fatto negato al ricorrente di esercitare il proprio diritto di proporre un motivo aggiunto, ma per poterlo fare a giudizio degli interroganti ha dovuto mettere a nudo l'erroneità e l'abnormità del suo ragionamento;
ad avviso degli interroganti, infatti, per stabilire che la parte non potesse proporre un motivo aggiunto, il Consiglio ha dovuto, per così dire, scendere dallo scranno del giudice e collocarsi dietro i banchi riservati ai difensori, formulare quindi il motivo e, risalito al proprio posto, stabilirne l'inammissibilità; ma questo andirivieni secondo gli interroganti è certamente precluso al giudice, che è tenuto a rimanere ben saldo al suo posto di terzo neutrale e non assumere mai le vesti della parte;
si legge testualmente nella motivazione, che il rinvio non avrebbe potuto né dovuto concedersi attesa l'impossibilità di far leva su tali dati (dati contenuti nell'ordinanza custodiale) per ampliare l'oggetto del presente giudizio estendendolo ad un rifacimento generalizzato delle operazioni di scrutinio;
per valutare, infatti, anticipatamente, l'inammissibilità della richiesta il giudice ha dovuto creare un motivo di ricorso «feticcio» non avendo, il ricorrente, formulato alcunché, per poi poterlo abbattere;
risulta agli interroganti incomprensibile tale decisione dinanzi ad una semplice e fondata richiesta di rinvio dell'udienza; inoltre è da considerare che con tale contorto e prima d'ora mai conosciuto argomentare, si è impedito alla verità di giungere a processo e si è consentita la permanenza in carica di chi non avrebbe dovuto mai accedervi;
ad avviso degli interroganti, l'esposizione delle vicende sopra descritte consente di denunciare il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo, che si deduce sotto la forma della violazione dell'articolo 360 n. 1 c.p.c. e 110 c.p.a. nonché della violazione dell'articolo 105 c.p.a. e degli articoli 24 e 111 dalla Costituzione;

risulta, altresì, che il dottor Marzio Branca, presidente della sezione del Consiglio di Stato che ha partecipato al collegio che ha emesso la suddetta sentenza, sia indagato per ipotesi di reato connesse all'esercizio delle sue funzioni di componente del Consiglio di presidenza del citato organo;
ad avviso degli interroganti, per tutte le ragioni sopra esposte, appare lecito interrogarsi sulla genuinità degli atti giudiziari dei giudici amministrativi, nei quali non è sostanzialmente tenuto conto degli anomali accadimenti registrati a discapito di Francesco Barbato e contestati sin dall'inizio nei seggi e negli uffici elettorali di comuni della circoscrizione di Napoli nonché nell'ufficio centrale elettorale presso la corte d'appello di Napoli, giudici che scelgono deliberatamente di ignorare il pronunciamento grave del giudice penale sui brogli elettorali, facendo insorgere il sospetto di predeterminazione delle sentenze amministrative in questione -:
quali iniziative si intendano adottare, anche nell'esercizio dell'azione disciplinare che compete al Presidente del Consiglio dei ministri, anche al fine di preservare la credibilità del massimo giudice amministrativo.
(4-14764)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
si apprende con disappunto della decisione del Governo di destinare i 145 milioni dell'otto per mille a gestione statale interamente all'edilizia carceraria e al mantenimento della flotta della protezione civile e altre spese non chiare, nel complesso finalità non previste per legge;
si sono cancellati anche i 4,5 milioni di euro, inizialmente previsti, da destinare alla lotta alla fame generando una mobilitazione da parte della società civile con la sottoscrizione di una petizione condivisa da tutte le Ong la cui richiesta non punta a chiedere al Governo di tornare sui propri passi, quanto piuttosto a chiarire entro il 15 marzo quante risorse sono disponibili per la lotta alla fame;
il problema di quest'anno, e di tutte le volte che c'è stato azzeramento come è accaduto nel 2000, è che le Ong (e non solo) pur presentando progetti per l'8 per mille da destinare alla lotta alla fame, selezionati da un comitato interministeriale, se li sono visti annullare da una decisione ministeriale, dopo il lavoro d'istruttoria;
le relazioni complessive di ripartizione dell'otto per mille a gestione statale non rendono evidenti gli ammontari destinati alla lotta alla fame dal 2000 a oggi -:
quanto sia stato ripartito dell'otto per mille a gestione statale per la lotta alla fame dal 2000 a oggi sia in termini assoluti (milioni di euro) sia in percentuale sul totale della quota a ripartizione statale, con dati presentati anno per anno.
(4-14787)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conferma all'Agenzia del territorio della dottoressa Gabriella Alemanno il giornalista de il fatto quotidiano, Marco Lillo, lamenta che non si sia dato seguito alle denunce pubblicate dallo stesso quotidiano. In particolare con la direttrice Alemanno i costi di rappresentanza e comunicazione dell'Agenzia sono aumentati da 100 mila euro a oltre un milione l'anno. Costi dovuti a «pranzi per migliaia di euro nei migliori ristoranti d'Italia» e «decine di migliaia di euro per sponsorizzare mostre, convegni ed eventi come il Meeting di Rimini (50 mila euro) dove saliva sul palco come oratrice e si faceva notare a spese nostre. Per non parlare dei gioielli e delle celeberrime uova di struzzo donate a non meglio precisate autorità straniere. A Cortina,

dopo aver speso 42 mila euro per sponsorizzare la manifestazione alla quale era invitata con il fratello, ha pagato la cena per entrambi. Con i soldi pubblici»;
Marco Lillo sostiene inoltre che «Il premier aveva promesso di approfondire il dossier nella conferenza di fine anno tra una risatina e l'altra. Invece non ha fatto nulla e ha confermato al suo posto un simile campione dello spreco. È stata aperta solo un'inchiesta dal servizio Audit dell'Agenzia del Territorio. Per scoprire chi ha passato le carte al Fatto, però. Non certo per capire chi andava a cena a Venezia con Gabriella Alemanno e altri commensali illustri al ristorante Fiore pagando 850 euro. A quella cena c'era anche il capo del servizio Audit» -:
se risponda al vero che con la direttrice Alemanno i costi di rappresentanza e comunicazione dell'Agenzia del territorio siano aumentati da 100 mila euro a oltre un milione l'anno e che siano stati utilizzati per effettuare le spese in premessa;
se risponda al vero che è stata aperta un'inchiesta dal servizio audit dell'Agenzia del territorio per capire se e chi abbia fornito la documentazione al quotidiano e se detta documentazione fosse o meno pubblica;
se prima di confermare la direttrice Alemanno il Governo fosse a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in caso negativo, se li ritenga o meno sufficienti per mettere in discussione la nomina.
(4-14788)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che nell'ambito delle indagini sui subappalti di Enav e Selex Sistemi integrati all'ex generale della Finanza Bruno Nieddu, già presidente di Enav, sono stati sequestrati conti correnti per 200 mila euro, la stessa cifra presente su un conto a San Marino a lui riconducibile e a Raffaele Rizzo, responsabile delle opere civili dell'Ente, al quale è stato bloccato un deposito da 300 mila euro; a Ilario Floresta, componente del consiglio di amministrazione Enav ed ex parlamentare di Forza Italia che, secondo Di Lernia e Iannilli avrebbe ricevuto 250 mila euro per comprare un immobile in Egitto, sono stati sequestrati alcuni conti correnti e un immobile in Sicilia -:
quali iniziative di competenza siano state prese per evitare che, nell'ambito delle attività innanzitutto di Fimneccanica, nonché di tutte le società in cui lo Stato ha la golden share, sia possibile creare fondi neri.
(4-14789)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Fabio Amendolara è il corrispondente de La Gazzetta del Mezzogiorno impegnato in una spasmodica indagine alla ricerca della verità sull'omicidio di Elisa Claps, uccisa il 12 settembre del 1993, e dei coniugi Gianfredi, uccisi a Potenza il 29 aprile del 1997, in un agguato che gli investigatori definiscono «di stampo mafioso»;
Fabio Amendolara fu sottoposto a perquisizioni e sequestri di materiale sul caso Claps l'8 gennaio 2011, su disposizione della procura di Salerno e interrogato come «persona informata dei fatti». Il 23 gennaio 2012 è stato trattenuto in questura per sei ore per essere interrogato su una presunta violazione del segreto di Stato mentre perquisizioni sono state effettuate in redazione e nella sua abitazione privata;
nell'articolo con il quale si dava conto del fermo - omicidio Claps Giornalista Gazzetta 6 ore in questura per violazione segreto - la Gazzetta del Mezzogiorno

ripubblicava un articolo di Fabio Amendolara uscito il 19 gennaio 2012 - «Un'intercettazione fa "riemergere" il verbale dimenticato» - Che così si concludeva «Ecco cosa ricostruiscono gli investigatori della Squadra mobile: "Marranghino, all'epoca giornalista della Rai di Potenza, nel corso della conversazione, comunica a Cervone che sarebbe stata trasmessa una sua intervista che riguardava proprio la vicenda della scomparsa di Elisa Claps e del processo che vedeva imputati Eris Gega e Restivo per il reato di falsa testimonianza. Rappresentava, inoltre, che nel corso del primo processo, durante una pausa, aveva avuto modo di notare un incontro avvenuto tra Eris Gega e Restivo. Marranghino - si legge nell'informativa della polizia - avrebbe verbalizzato la circostanza davanti agli ufficiali di polizia giudiziaria della polizia di Stato ma il pubblico ministero non avrebbe ammesso la testimonianza al processo. Quanto riferito da Marranghino nel corso delle conversazioni telefoniche in argomento - secondo gli investigatori - trova ampiamente riscontro negli atti di cui questo ufficio è in possesso, acquisiti nell'ambito delle indagini riguardanti la scomparsa della giovane Elisa Claps». Toccherà agli investigatori di Salerno accertare in quale ingranaggio della macchina giudiziaria si è inceppata anche quella testimonianza;
il 4 febbraio 2012, Fabio Amendolara ha intervistato don Marcello Cozzi, leader dell'associazione antimafia «Libera», «Coperture di Stato per gli omicidi Claps e Gianfredi». Don Marcello rispondendo si chiede «Ad esempio: perché è stata bruciata l'informativa del Sisde del 1997 sul caso Claps? E chi ha fatto, in quello stesso anno, la telefonata in Questura per dire che l'omicidio Gianfredi era stato uno sbaglio (una persona dall'accento calabrese chiamò al centralino della Questura e disse che l'intento era quello di uccidere un pentito siciliano che si pensava fosse nascosto a Potenza, ndr)? Erano entrambi depistaggi?». Per poi aggiungere «(...) abbiamo notato che ogni qual volta i due casi vengono accostati c'è più di una persona che perde le staffe. C'è chi si arrabbia, tanto da avere manifestazioni strane e scomposte. E questo insospettirebbe chiunque. Ritengo, inoltre, che i due casi vadano inseriti in un contesto più ampio». E don Marcello continua «È da tempo che in Basilicata pezzi dello Stato finiscono in inchieste su sospetti tentativi di condizionare l'attività giudiziaria. Cosa è accaduto in quegli anni nei palazzi di giustizia?»; Fabio Amendolara quindi gli chiede «A proposito di queste inchieste. È di qualche giorno fa la notizia di una strana indagine condotta dalla Procura di Potenza di cui si è occupato il procuratore aggiunto di Catanzaro Giuseppe Borrelli nell'inchiesta bis sulle toghe lucane. Lei è parte offesa». E Don Marcello risponde «Mi pare di capire, dagli articoli di giornale, che ci sia stato un tentativo di fermare me e la fondazione antiusura con metodi per nulla ordinari. Mi chiedo perché il pubblico ministero Claudia De Luca s'incontrasse con un ex agente del Sisde e con carabinieri e agenti della Guardia di finanza a San Nicola di Pietragalla. C'era un ufficio distaccato della Procura? O una Procura parallela?». Fabio Amendolara prova a incalzarlo, «Ora ci diranno che era solo un incontro casuale». E don Marcello non si sottrae «Con tanto di relazione di servizio? E con la successiva convocazione di una vittima di usura che da noi è stata aiutata, ma che ha ottenuto il finanziamento solo dal ministero. Cosa avrebbero voluto che dicesse?».
sempre il 4 febbraio 2012, Fabio Amendolara firma un altro pezzo - Le attività degli agenti del Sisde nel caso dell'omicidio di Elisa - nel quale da notizia di una affermazione di Gildo Claps, fratello di Elisa, «C'era un agente segreto che mi pedinava». Quell'agente segreto, Nicheo Cervone, ha sostenuto in un'intervista pubblicata dalla Gazzetta qualche mese fa di essersi avvicinato a Gildo «solo per amicizia». L'articolo prosegue dando atto che «Una fonte interna al vecchio servizio segreto civile ha confermato che non era lui l'agente autorizzato a raccogliere informazioni sul caso Claps». E poi Amendolara scrive «Nel

1997 dall'ufficio di Potenza del Sisde partì un'informativa che ricostruiva con precisione quello che era accaduto nell'omicidio e faceva riferimento al coinvolgimento - non diretto - di un sacerdote, (...) Ma quella nota investigativa si inceppò da qualche parte nella macchina burocratica del Sisde e non arrivò mai agli investigatori. La Procura di Salerno sta ora - grazie anche al contributo informativo offerto dall'inchiesta giornalistica della Gazzetta - cercando di ricostruire con precisione cosa accadde nel 1997. L'ipotesi è che ci fu un coinvolgimento ufficiale di alcuni agenti del Sisde, che erano autorizzati a indagare dal capocentro dell'epoca, e un coinvolgimento di altri agenti che, non si sa a che titolo, si sono interessati a questioni legate al caso Claps. La stessa cosa potrebbe essere accaduta con le loro fonti. Alcune parlavano anche con un capitano dei carabinieri, senza alcuna delega della Procura. È avvenuto tutto in modo trasparente? È quello che stanno cercando di chiarire gli investigatori» -:
se il Presidente del Consiglio intenda effettuare una indagine atta a verificare le attività del Sisde negli anni novanta, in Basilicata e a trasferire all'autorità giudiziaria che segue i casi Claps e Gianfredi tutta la documentazione utile;
se il Ministro della giustizia intenda avviare attività ispettive negli uffici giudiziari di Potenza.
(4-14800)

RAMPELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato sul quotidiano la Repubblica in data 29 gennaio 2011, a firma Francesco Bei, dal titolo «Non mollare sui costi della politica. Le lettere dei cittadini a Monti», si cita una sezione del sito internet della Presidenza del Consiglio dei ministri, appositamente creata, in cui vengono pubblicati ampli stralci di mail e lettere inviate al Presidente del Consiglio stesso dai cittadini;
nell'articolo in questione, a differenza di quanto appare sul sito della Presidenza del Consiglio, in cui alle missive pubblicate si abbina solamente la dicitura «lettera firmata», vengono citati i nomi dei cittadini autori delle stesse, dalla qual cosa si desume che l'autore dell'articolo ha avuto la possibilità di accedere alla corrispondenza tra privati cittadini e il Presidente del Consiglio, visionando probabilmente (o avendone comunque la possibilità), nomi, cognomi, professione, residenza dei mittenti;
lo stesso articolo, riprendendo dati del sito della Presidenza del Consiglio, parla di oltre 2.000 mail ricevute, ma nel sito ne è pubblicata solo una parte, tra cui spicca, per inverosimiglianza, una lettera a firma di una coordinatrice pedagogica di una cooperativa sociale che, parlando con una bambina di due anni e mezzo interrogata sui programmi visti in TV, avrebbe risposto: «Ho visto il nonno Mario, quello che dice le cose giuste per il futuro...»;
dalla stessa fonte si apprende inoltre che una funzionaria di Palazzo Chigi, interloquendo con l'intervistatore, avrebbe dichiarato: «l'ultimo anno del precedente governo è stato terribile. Arrivavano migliaia di lettere e mail piene soltanto di insulti... il resto le cestinavamo»;
la tutela delle comunicazioni è un diritto costituzionalmente tutelato, come espressamente citato nell'articolo 15 della nostra Costituzione, che recita: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili;
analoga tutela è riservata alla privacy dei cittadini, la cui trattazione normativa è ricompresa nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, da cui è scaturito «Codice in materia di protezione dei dati personali»;
l'articolo 97 della Costituzione dispone che «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;

i pubblici funzionari sono altresì vincolati a obblighi di riservatezza circa il proprio ruolo e sono tenuti a non esprimere giudizi o opinioni quando depositari di banche dati relative al «patrimonio epistolare» tra privati cittadini e Pubblica Amministrazione -:
se sia a conoscenza di quanto citato in premessa e quali iniziative intenda assumere per modificare la modalità di gestione del sito internet di Palazzo Chigi, improntandola a criteri rispettosi della comunicazione istituzionale e scevri di qualsiasi tipo di propaganda politica;
se non ritenga opportuno svolgere un'indagine interna per accertare le responsabilità in merito alla cessione a terzi del patrimonio epistolare di cui sopra e alla strumentalizzazione a fini politico-propagandistici dello stesso.
(4-14802)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2012

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il fiume Olona, il cui corso si sviluppa interamente in Lombardia, è stato in passato uno dei fiumi più inquinati di Europa;
negli scorsi anni la provincia di Varese, attraverso una serie di interventi strutturali (realizzazione dei depuratori di Gornate Olona e di Olgiate Olona e della rete di collettazione), ha sensibilmente ridotto l'inquinamento;
da un anno e mezzo a questa parte sono tuttavia numerose le segnalazioni da parte dei cittadini di preoccupanti sversamenti e di presenza di schiuma nel corso d'acqua;
la situazione è stata più volte affrontata anche a livello istituzionale, con il coinvolgimento di autorità locali, provinciali e regionali, Arpa, protezione civile e consorzio di tutela, per valutare le contromisure da attuare;
il procuratore della Repubblica di Busto Arsizio ha inoltre annunciato, nel corso di una recente conferenza stampa, che in merito alla vicenda è in corso un'inchiesta volta a individuare le responsabilità del disastro ambientale;
a fronte del lavoro sinergico di tutti gli enti del territorio coinvolti (sia per risolvere la precedente situazione di grave inquinamento, sia per le attuali problematiche), lo Stato non ha mai agito in sostegno delle varie iniziative, volte a tutelare il fiume Olona e la sua valle -:
se il Ministro disponga di ulteriori elementi in relazione a detta vicenda, con particolare riferimento alla salute dei cittadini e ai danni ambientali;
se non si ravvisi la necessità di intervento diretto, nell'ambito delle proprie competenze, per limitare il danno causato e ripristinare la situazione ambientale;
se e come il Ministro intenda agire - anche attraverso iniziative normative - ai fini di prevenire altre situazioni analoghe.
(4-14771)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) costituiscono una delle principali criticità della qualità dell'aria di una città in quanto sono in buona parte cancerogeni e si depositano sulle polveri sottili caratterizzandone la tossicità;
a metà dicembre la prima firmataria del presente atto ha ricevuto un'e-mail da Alessandro Marescotti, tra i fondatori dell'associazione Peacelink, che informava che in occasione di un suo viaggio a Roma,

si era portato uno strumento di monitoraggio dell'aria (l'analizzatore portatile Ipa Ecochem Pas 2000 CE);
tale analizzatore di IPA è in dotazione di diverse Agenzie regionali di protezione dell'ambiente e, benché non sostituisca le analisi di laboratorio, è un utile strumento dal valore «esplorativo» e in quanto tale, benché le misurazioni con esso effettuato non abbiano validità ai fini di legge, è utilizzato da anni per effettuare misurazioni mobili di IPA che vengono utilizzate come dati significativi in diverse pubblicazioni scientifiche;
benché la normativa nazionale non preveda un limite agli IPA, la loro rilevazione costituisce comunque un utile parametro di valutazione della qualità dell'aria;
l'analizzatore Ecochem Pas 2000 CE misura la concentrazione degli IPA sulle polveri sottili offrendo un indice di qualità dell'aria più significativo rispetto alle analisi del solo PM10, in quanto quest'ultimo - benché valido ai fini di legge - non distingue fra polveri cancerogene e polveri non contaminate da cancerogeni;
Marescotti ha usato tale strumentazione nella Capitale campionando l'aria in 22 punti, effettuando per ogni punto campionamenti ogni 10 secondi e calcolando le medie delle rilevazioni sito per sito; tali medie non sono valori indicativi del lungo periodo ma solo dei flash istantanei dell'aria che si respira in quei momenti in cui avvengono le misurazioni;
il settimanale Il Salvagente ha pubblicato il 22 dicembre 2011 la «mappa» di queste misurazioni degli IPA nella Capitale;
questa è la situazione registrata:
Sabato 10 dicembre 2011:
a) ore 6,52 stazione tiburtina, fermata corriere: 141ng/m3;
b) Metro Tiburtina, nel tunnel; vicino al binario: 86 ng/m3;
c) sulla metro, dentro il vagone: 159 ng/m3;
d) fermata Garbatella, alla fermata bus di via Pullino: 212 ng/m3;
e) abitazione quartiere Garbatella, rilevazione indoor: 202 ng/m3;
f) abitazione quartiere Garbatella outdoor balcone lato cortile: 184 ng/m3;
g) abitazione quartiere Garbatella outdoor finestra lato strada: 267 ng/m3;
h) abitazione quartiere Garbatella rilevazione indoor alle ore 12: gli Ipa scendono a 81 ng/m3;
i) abitazione quartiere Garbatella outdoor balcone lato cortile 32 ng/m3;
l) abitazione quartiere Garbatella outdoor finestra lato strada 57 ng/m3;
m) interno del Palazzo Congressi: 14 ng/m3;
n) fuori dal Palazzo Congressi, andando verso la strada il valore degli Ipa sale a 64 ng/m3;
o) Colosseo: 85 ng/m3;
p) via Vittorio Emanuele: 87 ng/m3;
q) lungotevere a mezzanotte: 445 ng/m3 (sul marciapiede).

Domenica 11 dicembre 2012:
a) villa Pamphili (entrata, punto gioco dei bambini in via Vittoria Nenni): 22 ng/m3;
b) villa Pamphili prato interno, distante circa 800 metri dalla strada: 6 ng/m3;
c) nello stesso punto di villa Pamphili mentre arriva una volata di vento dalla strada: 19 ng/m3;
d) Campidoglio: 66 ng/m3 alle 13.30;
e) viale Cristoforo Colombo 220 ng/m3 (è una media di valori molto diversi a seconda del traffico - a volte intenso e a volte no, ma sempre ad alta velocità -

e del tipo di mezzi che transitano, si arriva anche a 415 quando transitano mezzi pesanti con diesel «sporchi»);
f) abitazione Garbatella, outdoor cortile lontano dalla strada 16 ng/m3;
g) abitazione Garbatella, outdoor vicino alla strada 30 ng/m3;
per avere un termine di paragone fra fonti emissive di IPA misurate con l'analizzatore portatile in questione, dal tubo di scappamento di un'auto a gas gpl escono dai 30 ai 35 ng/m3, dal tubo di scappamento di un'auto a benzina euro 2 utilitaria circa 80 ng/m3, mentre da una sigaretta 3.000 ng/m3;
alla luce di questi dati un minuto di sosta sul Lungotevere in momenti di intenso traffico è come stare per 14 minuti vicino al tubo di scappamento dell'auto;
sul sito di Arpa Lazio (www.arpalazio.net) non vengono forniti i dati giornalieri degli IPA, ma si riescono a rintracciare i valori minimi, medi e massimi nei rapporti annuali di qualità dell'aria;
sul sito www.arpalazio.net vi riescono a rintracciare i dati del benzo(a)pirene (il componente più pericoloso degli IPA) solo del 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e non anche quelli degli altri anni;
su tale sito gli IPA rilevati a dicembre nel 2006 raggiungevano il valore massimo di 21,8 ng/m3, di 16,1 ng/m3 nel dicembre 2007 e di 12,9 ng/m3 nel dicembre 2008, stando ai dati riportati nei rapporti annuali di qualità dell'aria;
benché il sistema di misurazione degli IPA sia differente, appare evidente una discrepanza fra i valori massimi rilevati dalle centraline di Roma e quelli rilevabili con un analizzatore portatile;
sulla base delle rilevazioni Arpa Puglia effettuate da Arpa Puglia nel quartiere Tamburi di Taranto con l'analizzatore IPA Ecochem Pas 2000 ad un valore oscillante fra 13 e 15 ng/m3 corrisponde un valore di 1 ng/m3 di benzo(a)pirene;
appare del tutto evidente che a Roma vi siano punti in cui tale valore si supera abbondantemente se lo strumento di misurazione viene posto non lontano dalle fonti di emissione degli IPA;
gli IPA hanno caratteristica puntiforme per cui a Roma si trovano in forte concentrazione solo se si cercano nei punti critici, come ad esempio gli incroci semaforici o le arterie dove si incolonnano le auto;
il «principio di precauzione» sancito dal trattato di Maastricht è stato tradotto nella normativa italiana con l'approvazione del «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006) e precisamente attraverso l'articolo 301 che recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...» -:
se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri ritengano prendere a tutela della popolazione più vulnerabile, in particolare per l'informazione relativa alle donne in gravidanza e ai bambini che non dovrebbero essere esposti assolutamento a sostanze cancerogene come gli IPA.
(4-14779)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in un articolo del 31 gennaio 2012, dal titolo «Una scogliera per l'America's Cup. I lavori (contestati) di Napoli» a

firma Gian Antonio Stella pubblicato su Il Corriere della Sera è riferito che per lo svolgimento della «America's Cup 2012» è prevista la realizzazione di due barriere frangiflutti, per un totale di circa 170 metri, il carico di almeno 3.200 camion, proprio di fronte alla villa Comunale e a via Caracciolo;
si tratta della realizzazione di due scogliere, una di 95 metri e una di 75, in modo da ricavare un maggiore spazio d'acqua in sicurezza, cioè al riparo della barriera, in caso di mare grosso, più una decina di capannoni di tela per il ricovero delle barche più le altre strutture d'appoggio;
secondo quanto scritto nell'articolo, il luogo sarebbe stato scelto all'ultimo istante, dopo il fallimento del progetto originale, che prevedeva di cogliere l'occasione dell'America's Cup per risanare almeno un pezzo dell'ex area industriale di Bagnoli, dopo che sono trascorsi 16 da quando il Governo Dini presentò un progetto di bonifica della zona che prevedeva una spesa di 267 miliardi di lire dell'epoca e si intitolava «Bagnoli 2000» perché avrebbe dovuto «essere completato entro il 1999» e dopo che si ipotizzò il progetto di portare nell'area un tempo occupata dall'ex Italsider le finali dell'America's Cup del 2003, poi assegnate ad altra città;
solo pochi mesi fa, il 6 agosto, una nota del Presidente della regione Campania Stefano Caldoro, del sindaco Luigi de Magistris e del presidente partenopeo dell'Unione degli industriali Paolo Graziano affermava «Siamo ormai vicinissimi a un grande traguardo che rappresenta una occasione di crescita e sviluppo per l'intero territorio»; mancava solo il via libera del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, non arrivando, avrebbe indotto gli amministratori ad optare, il 15 dicembre 2011, per «un piano B», il cosiddetto «lido Mappatella», una spiaggia definita dagli stessi organizzatori «una vergogna cittadina» da sostituire con «un'attrezzatura balneare e di svago degna di una città civile»;
l'area in fine prescelta risulta sottoposta a tutela, poiché sono vietati ormeggi stagionali, passerelle, pontili, boe fisse e simili in acqua, finalizzati all'ormeggio dei natanti, nonché tavolati, passerelle e attrezzature da spiaggia al di sopra delle scogliere, piattaforme in cemento armato o in muratura, baracche e/o prefabbricati, limitazioni che verrebbero raggirate con il concetto di provvisorietà delle opere -:
quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano promuovere ai fini della tutela dell'ambiente e del paesaggio di uno dei luoghi più prestigiosi al mondo.
(4-14792)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'associazione «Amici della Musica» di Monopoli (Bari) nasce nel 1980, quando ancora nella città pugliese non vi erano iniziative musicali;
l'associazione vanta una direzione artistica di alto livello e sin dalla sua istituzione offre una programmazione concertistica dinamica e di indiscussa qualità;
l'amministrazione virtuosa dell'associazione è confermata dalla regolarità dei bilanci, dalla stabilità e continuità del nucleo artistico, e dal fatto non trascurabile che in tutti questi anni «Amici della Musica» non è mai stata coinvolta in vertenze con enti, fornitori o artisti;
l'associazione è iscritta nell'albo regionale e gode dell'attenzione degli enti pubblici grazie all'importante promozione e diffusione della cultura musicale che offre al territorio;
per l'anno 2011, l'associazione «Amici della Musica» ha presentato regolare

istanza di contributo per le attività concertistiche e corali, ai sensi del decreto ministeriale 9 novembre 2007;
l'articolo 11 del decreto succitato prevede che il contributo può essere concesso in costanza delle seguenti condizioni:
a) realizzazione di un minimo di tredici concerti l'anno;
b) impiego di un direttore artistico di riconosciuta capacità ed esperienza professionale nel settore musicale;
c) realizzazione dell'attività in Italia con facoltà di svolgere non più del 10 per cento concerti all'estero, non sovvenzionati ad altro titolo dall'amministrazione e la cui effettuazione sia attestata dalla competente autorità diplomatica;
pur possedendo l'associazione tutti i requisiti richiesti dalla normativa sull'accesso ai fondi Fus, la commissione consultiva per la musica non ha ritenuto il progetto rispondente ai criteri di qualità di cui all'articolo 5 del decreto ministeriale 9 novembre 2007, relativi alla qualità artistica dei progetti e al parere espresso dalle regioni sul ruolo, la coerenza e l'efficacia dei progetti medesimi con riferimento alle linee di programmazione regionale in materia;
in particolare, nella valutazione del progetto presentato da «Amici della Musica», la commissione avrebbe tenuto conto anche delle risorse disponibili e delle altre istanze pervenute;
«Amici della Musica» è un'associazione storica della Puglia, che si è sempre distinta per l'alta qualità del servizio offerto e per il significativo numero di spettatori (addirittura raddoppiati durante l'ultimo triennio) -:
se il Ministro intenda chiarire quali ragioni impediscano all'associazione «Amici della Musica» l'accesso al contributo di cui all'articolo 11 del decreto ministeriale 9 novembre 2007.
(5-06096)

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COESIONE TERRITORIALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la coesione territoriale, per sapere - premesso che:
nell'ambito del Piano per il sud e del Piano di azione coesione, le regioni hanno condiviso nei corso del 2011 iniziative di accelerazione della spesa comunitaria, i cui orientamenti generali e finalità sono stati espressi nella delibera CIPE n. 1/2011;
tali iniziative sono state incentrate nella individuazione di obiettivi annuali intermedi, in termini di obbligazioni giuridicamente vincolanti e di spesa, che le regioni sono state chiamate a conseguire, pena il definanziamento delle risorse;
questo sistema ha prodotto effetti positivi, al di là del fatto che alcune Regioni non hanno aggiunto pienamente tutti i target proposti, atteso che la spesa al 31 dicembre 2011 delle regioni meridionali ha superato i risultati auspicati, evitata la perdita di risorse europee e registrato un sensibile recupero dei ritardi degli anni precedenti;
nei giorni scorsi il Ministro Barca ha illustrato una nuova proposta, (senza presentarla precedentemente né ai presidenti né alle strutture tecniche) in cui si prospetta la definizione di nuovi target calcolati in rapporto alle soglie annuali di obiettivo di spesa delle risorse comunitarie, che devono essere raggiunte da ciascun programma alla data del 31 dicembre degli anni 2012, 2013 e 2014;
il mancato raggiungimento dei target, singolarmente considerati, comporterà l'applicazione di una riduzione delle risorse assegnate al programma, il cui ammontare sarà definito sulla quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei singoli programmi (pari in ogni regione

meridionale a più di 2 miliardi di euro tra fondo FESR e fondo FSE), graduato in ragione della distanza dal target;
le eventuali riduzioni derivanti dal mancato raggiungimento dei target saranno immediatamente sottratte ai programmi per la scadenza del 31 maggio di ciascun anno, mentre per la scadenza del 31 ottobre, saranno attivate solo per quei programmi che dovessero incorrere nel disimpegno automatico alla fine dell'anno di riferimento;
gli importi delle risorse derivanti dalle eventuali riduzioni delle quote del cofinanziamento nazionale saranno destinati: alle finalità del piano di azione coesione per le regioni che vi hanno aderito; ad interventi coerenti con le finalità del piano d'azione coesione per le regioni dell'obiettivo competitività attualmente non rientrati nel piano stesso;
così come è stata formulata la proposta non tiene conto del fatto che le regioni hanno già condiviso meccanismi di accelerazione applicati al 2011 e che hanno tra l'altro già portato ad una consistente riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale nel corso del 2011;
si segnala che la proposta introduce:
nuovi target di spesa mai condivisi prima con i presidenti delle regioni, ma comunicati attraverso una semplice e-mail alle strutture tecniche;
meccanismi che portano con certezza a debiti fuori bilancio da parte di tutte le amministrazioni pubbliche che gestiscono fondi, dal momento che i target partono dal 2012 al 2014 ed il relativo eventuale definanziamento dovrebbe essere fatto anche a progetti che hanno già aggiudicato i lavori, con conseguente revoca e mancata copertura finanziaria dei costi e degli impegni già legalmente assunti;
sanzioni fortemente penalizzanti (basta non raggiungere il target di un solo milione di euro per perderne parecchie decine di milioni);
un meccanismo che tende solo a punire le regioni del Sud sottraendo loro una parte cospicua delle risorse e non ad accelerare i livelli di spesa, con la consequenziale sottrazione di ingenti risorse per investimenti che risultano invece cruciali in questa fase per ridurre i divari interni di crescita e controbilanciare gli effetti negativi della crisi;
l'effetto reale - al fine di evitare debiti fuori bilancio da parte delle amministrazioni pubbliche - rischia di essere unicamente quello di sospendere nuovi impegni e livelli di spesa, questa volta sì con il conseguente default della spesa comunitaria delle regioni meridionali;
è opportuno infine rilevare che non è mai stata attivata quella cabina di regia sottoscritta con i presidenti a dicembre 2011, costituita dal Ministro Barca e dai presidenti di regione, finalizzata proprio a discutere della prosecuzione delle iniziative di accelerazione nel 2012 -:
se non ritenga di valutare attentamente le segnalazioni avanzate da alcune regioni meridionali rispetto alla nuova proposta summenzionata e quali iniziative intenda adottare conseguentemente.
(2-01345)
«Carlucci, Cera, Ruggeri, Occhiuto, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Naro, Galletti, D'Ippolito Vitale, Mereu».

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
recentemente, il Tribunale di Milano ha sospeso il concorso aperto a tutti per entrare a far parte del servizio civile, perché la selezione dei partecipanti escludeva

le donne e gli uomini senza cittadinanza italiana; lo stesso, infatti, ha reputato discriminatorio il bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero, bando pubblicato il 20 settembre 2011 dall'Ufficio nazionale per il servizio civile;
la mancanza del requisito della cittadinanza italiana aveva impedito di potervi partecipare a Syed S., ventiseienne milanese di origine pakistana, in Italia da quando aveva undici anni;
nel nostro Paese, purtroppo, le persone immigrate risultano essere molto adatte per lavorare, spesso, senza copertura assicurativa, come «badanti» o come operai edili privi dei più elementari servizi di sicurezza personale, (molti sono morti cadendo da piani alti di edifici su cui stavano lavorando privi di casco protettivo e di allacciature), salvo poi essere rimandati indietro quando si presentano per aderire a un concorso per il servizio civile, perché si sentono italiani;
gli immigrati che hanno il permesso di soggiorno fanno da tempo parte in maniera stabile e regolare delle nostre comunità e quindi è doveroso che venga loro riconosciuto il diritto di svolgere il servizio civile, come un dovere di solidarietà a più livelli nei confronti della patria in cui vivono e che sentono come tale;
il tribunale di Milano ha dunque riconosciuto un diritto civile, che negli altri Paesi ormai è prassi comune, annullando appunto la «selezione discriminatoria»;
allo stesso tempo, 18.000 ragazzi del servizio civile nazionale dovevano partire il primo febbraio 2012 con progetti di volontariato in Italia e nel mondo e invece rimarranno a casa per effetto di questa sentenza del tribunale del lavoro di Milano che ha imposto di allargare, giustamente, la partecipazione anche ai cittadini stranieri -:
quali iniziative urgenti intenda assumere affinché, per quanto di competenza, da una parte, sia rispettata la decisione del tribunale di Milano e anche gli stranieri legalmente soggiornati in Italia possano svolgere il servizio civile e, dall'altra, siano rispettate le partenze già previste per l'anno 2012.
(4-14784)

TESTO AGGIORNATO AL 14 FEBBRAIO 2012

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DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

GIDONI e BITONCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 2 febbraio 2012, il Segretario alla difesa americana, Leon Panetta, ha comunicato la decisione degli Stati Uniti di modificare sin dal 2013 la natura della missione del contingente americano in Afghanistan, che cesserà le operazioni di combattimento già dalla metà del prossimo anno;
conseguentemente, a partire dal giugno 2013 i soldati americani in Afghanistan resteranno chiusi nelle loro basi, dove effettueranno esclusivamente attività addestrative destinate ai militari afghani;
la circostanza coincide con l'avvio di colloqui informali in Qatar tra l'amministrazione degli Stati Uniti ed emissari del movimento talebano;
è già in corso una significativa riduzione dei militari americani rischierati in Afghanistan, che contempla tra le altre cose il ritiro entro il prossimo settembre di oltre ventimila uomini, mentre più di diecimila sono rientrati a casa nello scorso autunno;
decisioni del medesimo tenore sono state annunciate negli scorsi giorni anche dal Presidente francese Nicolas Sarkozy -:
se il Governo italiano intenda adeguarsi o meno ed in che tempi alle

decisioni dei suoi maggiori alleati, modificando entità e caratteristiche della missione del nostro contingente in Afghanistan.
(5-06102)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si è svolto mercoledì 8 febbraio un delicato Consiglio supremo di difesa;
tra i punti all'ordine del giorno figuravano l'esame degli scenari internazionali, loro prevedibili linee evolutive - con riferimento, in particolare, agli sviluppi post-conflitto della crisi libica e al processo di transizione in Afghanistan - e punto della situazione sulla partecipazione delle Forze Armate alle operazioni, sulla riqualificazione dell'impegno italiano e sulle potenziali nuove missioni;
il capitolo «riqualificazione dell'impegno italico» dovrebbe comprendere la discussione sulla proposta del Ministro interrogato di rimuovere i caveat decisi dal Parlamento che finora hanno impedito l'impiego dei nostri aerei in Afghanistan in missioni di bombardamento;
il segretario alla difesa Usa, Leon Panetta, ha dichiarato nei giorni scorsi che «le operazioni di combattimento in Afghanistan delle forze militari statunitensi termineranno entro la metà del 2013. Entro la metà di quell'anno saremo in grado di fare una transizione dal ruolo di combattimento»;
il Ministro interrogato invece, ha successivamente ribadito che la transizione in Afghanistan «non ha una data, perché non è un momento ma un processo: la sicurezza non è qualcosa che si acquisisce subito dopo che si chiude la porta, ma deve essere continuamente sostenuta», tenendo anche presente che la comunità internazionale ha ribadito che alla fine del 2014 gli afgani avranno il controllo del territorio e quindi ci sarà una presenza internazionale in forme diverse -:
se risulti corrispondente al vero, e con quali motivazioni, che il Governo abbia proposto di eliminare i caveat decisi dal Parlamento che hanno finora impedito ai nostri aerei in Afghanistan di bombardare.
(5-06103)

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI e VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - permesso che:
il 18 gennaio 2012, il Comando scuole della 3a regione aerea ha intimato a 10 famiglie che utilizzano in concessione altrettante unità abitative situate nel villaggio azzurro «Gino Lisa» in via Ascoli, Foggia, l'immediato rilascio dell'alloggio «(...) rendendolo libero da persone e cose per la salvaguardia della relativa sicurezza ed incolumità»;
per giustificare tale richiesta si fa riferimento, da parte dello stesso Comando, ad «(...) opportuni accertamenti tecnici nel merito attuati» in base ai quali «l'alloggio in oggetto risulta inagibile in quanto il fabbricato di ubicazione, oltre che ad essere interessato da importanti problematiche - criticità igienico sanitarie ed impiantistiche, presenta condizioni di rilevanti deterioramenti e criticità stati strutturali, non sanabili con i normali interventi manutentivi»;
in sostanza, le condizioni igienico abitative per alcuni utenti e il rischio crolli per gli altri dovrebbero porre termine alla concessione che, proprio in relazione della condizione «sine titulo» dei suddetti utenti, era stata mantenuta in essere lo scorso ottobre con l'applicazione del canone di mercato, giustificato dallo stesso Comando dalla piena agibilità degli alloggi stessi -:
se il Ministro intenda sospendere l'esecutività degli atti indicati in premessa al fine di procedere, in maniera puntuale e circostanziata, ad opportune verifiche

sulla natura, la validità e il soggetto che ha eseguito gli accertamenti tecnici cui fa riferimento il Comando territoriale, riferendo in merito agli stessi.
(5-06104)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il capo di 1a classe Antonio De Muro, in data 8 agosto 2011, ha chiesto alla direzione generale per il personale militare di accedere ad alcuni atti delle procedure di avanzamento al grado superiore che lo avevano riguardato;
nel foglio n. M_D GMIL0 V 13 SC 0317544 del 14 luglio 2011 con cui l'amministrazione militare ha accolto l'istanza di De Muro si legge: «[...] l'istanza è accolta limitatamente ai documenti amministrativi materialmente esistenti e detenuti dalla scrivente al momento della richiesta, ex articolo 2, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile n. 184, come già specificato nella nota di cui al seguito. Pertanto, il Capo di 1a classe De Muro potrà esercitare il diritto di accesso alla documentazione richiesta, ai sensi degli articoli 22 e ss. della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche, presentandosi personalmente, o per il tramite del difensore munito di specifica delega, presso questa Divisione (...)»;
il citato militare presta servizio presso il quarto gruppo elicotteri della Marina militare;
ad avviso degli interrogati le modalità di accesso concesse dall'amministrazione militare appaiono oltremodo onerose e di difficile realizzazione -:
quali immediate iniziative si intendono assumere per rendere effettivo l'accesso agli atti oggetto della domanda avanzata dal militare di cui in premessa, evitando che il medesimo sia gravato di oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge.
(4-14768)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 17 luglio 2008 nel corso dell'audizione presso la IV Commissione difesa della Camera il generale Camporini, all'epoca Capo di Stato Maggiore della Difesa, ebbe modo di affermare «[...] il Joint Strike Fighter per l'Aeronautica e la Marina e sono impegni per cui si sottoscrive un memorandum, che definisce l'impegno del Paese. Rimodulare a posteriori questi programmi generalmente comporta penali superiori ai risparmi ottenuti Si introduce quindi un ulteriore elemento di rigidità nel bilancio. [...].»;
in un articolo pubblicato dal mensile «Altraeconomia» (gennaio) a firma di Francesco Vignarca, si legge «La documentazione ufficiale dell'operazione si trova sul sito www.jsf.mil. Da questa si evince qualcosa di ben diverso: l'uscita del nostro Paese dal programma non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione. Lo prevede il «Memorandum of Understanding» del Joint Strike Fighter (in pratica, l'accordo fra i Paesi compartecipanti) sottoscritto anche dall'Italia con la firma apposta il 7 febbraio del 2007 dall'allora sottosegretario Giovanni Lorenzo Forcieri (Governo Prodi). La sezione XIX del documento (l'ultimo aggiornamento ufficiale di fine 2009) stabilisce che qualsiasi Stato partecipante possa «ritirarsi dall'accordo con un preavviso scritto di 90 giorni da notificarsi agli altri compartecipanti» (par. 19.4). In tale evenienza il comitato esecutivo del Jsf deciderà i passi successivi e il Paese che ha deciso di lasciare il consorzio continuerà a fornire il proprio contributo, finanziario o di natura operativa, fino alla data effettiva di ritiro;
nel corso dell'audizione del segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti,generale squadra aerea Claudio Debertolis, sull'attuazione del programma d'armamento Joint Strike Fighter

e del generale Domenico Esposito, direttore generale degli armamenti aeronautici svoltasi presso la IV Commissione permanente della Camera il 1o febbraio 2012, il generale Esposito ha avuto modo di confermare l'inesistenza di penali in merito al programma pluriennale di armamento per l'acquisizione del velivolo Joint Strike Fighter;
il 10 marzo 2009 il Governo trasmetteva alla Presidenza della Camera l'atto n. 65 relativo al Programma pluriennale di A/R n. SMD febbraio 2009 sul quale la Commissione Difesa esprimeva parere favorevole in data 8 aprile 2009;
il generale Vincenzo Camporini ha percorso tutti i gradi della carriera militare fino a ricoprire la massima carica di Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica (2006-08) e di Capo di Stato Maggiore della Difesa (2008-11) e quindi, agli interroganti, appare impossibile che il generale Camporini non sapesse, al momento della citata audizione, dell'inesistenza di qualsivoglia penale in merito al programma relativo all'acquisizione del velivolo JSF -:
quali siano state le ragioni di una simile dichiarazione da parte del generale Camporini e quali azioni intenderà intraprendere in merito;
se non ritenga di dover istituire una apposita Commissione, composta da esperti comunque estranei all'amministrazione militare e alle industrie della difesa, a cui affidare il compito di verificare la sostenibilità economica dei programmi di armamento pluriennali e la loro effettiva utilità nell'ambito della ineludibile riduzione del vigente modello di Difesa.
(4-14790)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota di agenzia ha diffuso la notizia «Afghanistan: perizia genitori militare foggiano morto, "investito da blindato" Foggia, 2 feb. (Adnkronos) - Sarebbe stato investito da uno dei blindati del convoglio sul quale viaggiava, il caporal maggiore capo dell'Esercito Francesco Saverio Positano, di San Severo, morto il 23 giugno 2010 durante una missione di perlustrazione nella zona di Herat in Afghanistan: è la conclusione cui è giunta la perizia redatta dall'ingegnere biomedico Gionata Fragomeni e allegata in una denuncia-querela depositata dai parenti dell'alpino alla procura di Roma. Lo hanno reso noto Luigi e Rosa Positano durante una conferenza stampa convocata oggi a Foggia. Secondo la versione ufficiale fornita nella immediatezza del tragico evento, il militare avrebbe avuto un malore e sarebbe caduto dal "Buffalo" durante una manovra. In realtà, già le perizie medico-legali della procura e di parte hanno escluso questa ipotesi, anche in considerazione delle gravi ferite riportate dal militare al cranio e in altre parti del corpo. Scrivono il professor Pietrantonio Ricci, ordinario di medicina legale dell'università della Calabria, e il medico legale Domenico Natale che "l'unica ipotesi che si può escludere con assoluta certezza è appunto la caduta dal mezzo fermo", così come peraltro conviene anche il perito del pubblico ministero. Ora, lo studio cinematico commissionato dai genitori esclude definitivamente l'ipotesi della "caduta accidentale dal mezzo militare fermo" e propende per "una dinamica più complessa quale l'investimento da parte di un veicolo a bassa velocità in fase di manovra. È ragionevole ipotizzare - scrive l'ingegnere biomedico - che l'investimento sia avvenuto durante la fase di manovra di uno dei veicoli del convoglio mentre la vittima era scesa probabilmente per verificare le distanze o la situazione del mezzo". La denuncia e la perizia sono state incluse nel nuovo fascicolo di inchiesta che la procura della Capitale ha aperto con l'ipotesi di omicidio colposo proprio a seguito delle numerose istanze e sollecitazioni rivolte dalla famiglia del militare. Una prima indagine era stata infatti avviata nelle ore immediatamente successive alla morte del caporale ed era stata archiviata.

"Quello che ci muove - hanno spiegato i genitori del militare - non è il desiderio di vedere punito qualcuno a tutti i costi, né tanto meno un sentimento di vendetta contro il responsabile o i responsabili della morte di Francesco: vogliamo soltanto sapere la verità sulla morte di nostro figlio, quella verità che finora ci è stata negata e a cui invece riteniamo di avere diritto". "Non ha avuto un malore, nostro figlio - hanno aggiunto - godeva di ottima salute e stava servendo il suo Paese all'estero: qualcuno ha sbagliato e Francesco oggi non c'è più. Agli atti della procura - hanno rilevato gli avvocati Annarita Antonetti e Lucia Frazzano - mancano molti tasselli che sono invece indispensabili per far luce su quanto accaduto: manca un'accurata planimetria del luogo dell'incidente, mancano gli abiti indossati da Positano, manca l'elmetto, per arrivare alle testimonianze, lacunose e per lo più inattendibili". I legali hanno sottolineato che "in quella missione erano impegnati in venti, compreso Francesco. Di questi soltanto sei sono stati ascoltati sommariamente, come testimoni, subito dopo l'incidente. Le loro dichiarazioni sono così inattendibili che neppure il pubblico ministero che ha archiviato la prima inchiesta le ha ritenute utili. Perfino i rilievi fotografici effettuati dai militari che hanno soccorso invano Francesco - hanno sostenuto gli avvocati - sono stati nella materiale disponibilità della procura soltanto otto mesi dopo il fatto, tanto che l'esperto nominato dal pubblico ministero non ha potuto neppure visionarli prima di consegnare la sua perizia". "Elmetto, divisa e equipaggiamento - hanno proseguito - dovevano essere conservati con scrupolo e attenzione proprio perché utili ai fini dell'indagine, e invece a oggi non si sa se, da chi e dove sono stati conservati. Se Francesco Positano è stato investito, ci sono profili di responsabilità colposa che vanno accertati - hanno concluso - così come potrebbero esserci profili di inadempimento alle disposizioni regolamentari dell'ordinamento militare: è questo che abbiamo chiesto alla procura di Roma di accertare" (Pas/Zn/Adnkronos) 02-FEB-12 20:15 NNNN»;
nell'interrogazione n. 4-07795 presentata dagli interroganti il Ministro pro tempore ha affermato «Per quanto riguarda, invece, il decesso del militare i primi elementi d'informazione dei competenti organi tecnico-operativi ipotizzano che lo stesso possa essersi verificato a seguitò dei traumi riportati per effetto della caduta accidentale dal mezzo. Le cause potranno essere meglio chiarite dall'inchiesta sommaria disposta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare)» -:
quali siano stati gli esiti dell'inchiesta disposta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90;
quali immediate iniziative di competenza intenda intraprendere affinché alle autorità giudiziarie e ai genitori del militare deceduto sia garantita la piena e incondizionata collaborazione ai fini dell'accertamento della verità e quindi anche l'accesso agli atti e ai materiali facenti parte della dotazione personale o di reparto effettivamente utilizzati dal militare di cui in premessa il giorno del suo decesso e certamente custoditi dall'amministrazione militare.
(4-14798)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2012

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie assunte presso l'Enac, in merito alle gestioni aeroportuali, risulterebbe che per 17 aeroporti nazionali non è stato ancora perfezionato il procedimento di affidamento della gestione totale;

da tempo per gli aeroporti di Cuneo, Perugia, Ancona, Parma, Rimini, Brescia e Treviso, le convenzioni di affidamento della gestione totale sono state sottoscritte e trasmesse al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che avrebbe adottato i relativi decreti e già da mesi li avrebbe inviati al Ministero dell'economia e delle finanze per l'acquisizione della controfirma;
ad oggi, le procedure per la formalizzazione delle concessioni risultano ancora bloccate presso il Ministero dell'economia e delle finanze, costituendo tale situazione un reale ostacolo per la stabilizzazione delle realtà gestionali nonché per il pieno e costante sviluppo degli scali, fortemente condizionato da questo elemento di precarietà;
la riscontrata complessità dell'iter decisionale dell'affidamento della gestione aeroportuale e le relative lungaggini stanno incidendo negativamente sulle potenzialità di privatizzazione, in quanto direttamente connessa alla durata della concessione, alle tariffe praticabili e all'invarianza nel medio periodo del quadro regolamentare;
il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe richiesto la predisposizione di linee guida interministeriali che chiariscano il perimetro operativo del ricorso alla deroga dal divieto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010 e articolo 6, comma 19 al fine di specificare in che modo la stipula di convenzione, contratti di servizio e di programma tra le società di gestione aeroportuali e gli enti locali possa essere assentita solo a determinate condizioni;
al riguardo risulterebbe che il 29 luglio 2011 sarebbe stata trasmessa una bozza di linee guida, inviata poi al gabinetto e all'ufficio legislativo del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, nella quale viene sottolineata l'opportunità del riferimento effettuato dall'Enac alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
ad oggi, però, non risulterebbe ancora definito sull'argomento alcuna proposta;
un ulteriore elemento per il completamento dei procedimenti di affidamento delle «gestioni totali» è costituito dalla nuova scadenza stabilita dal decreto-legge del 29 dicembre 2011 n. 216 al 30 giugno 2012, scadenza che è stata di anno in anno prorogata a decorrere dal 2005 sempre fino al 31 dicembre 2011;
nell'ambito del provvedimento di revisione del codice della navigazione era stato fissato un termine entro il quale avrebbero dovuto essere concluse le istruttorie di affidamento della gestione totale, decorso il quale le società interessate avrebbero potuto chiedere la nomina di un commissario ad acta per il relativo rilascio;
tale scadenza conferma, dunque, che il settore è interessato da previsioni normative, comprese quelle di finanza pubblica direttamente applicabili ai soci pubblici, che non ne facilitano il ruolo e la relativa funzione, e che alimentano invece lo stato di incertezza in cui versano le società di gestione;
alla luce di quanto premesso, risulta prioritario intervenire sulla complessità dell'iter decisionale che riguarda l'affidamento della gestione aeroportuale e sul conseguente regime di incameramento e aggiornamento dei diritti aeroportuali, che incidono in modo significativo sia sulla stabilizzazione delle realtà gestionali sia sulle potenzialità di privatizzazioni -:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per la definitiva approvazione dei decreti di affidamento della gestione totale ancora sospesi eliminando così questo grave elemento di precarietà che di fatto impedisce sia la stabilizzazione delle realtà gestionali sia il pieno sviluppo degli scali.
(3-02078)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati forniti dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), il 2011 si è chiuso con un nuovo record nella raccolta per il settore dei giochi legali pubblici;
nei primi undici mesi dell'anno 2011 la raccolta si è attestata a 69,5 miliardi di euro (+26,36 per cento rispetto al medesimo periodo 2010) per un totale di vincite di 53,2 miliardi di euro (il payout 76,5 per cento della raccolta) e una spesa effettiva (destinata a finanziare il settore dei giochi - concessionarie e rivenditori - nonché l'erario) di 16,3 miliardi di euro;
il maggior contributo alla raccolta è dovuto agli apparecchi elettronici: 38 miliardi di euro (circa il 55 per cento del totale della raccolta) di cui quasi un terzo (11,2 miliardi) dalle cosiddette videolottery;
il comparto dei giochi a distanza, ovvero di quelli online come il poker, è in piena espansione, e, secondo l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, è più che raddoppiato rispetto l'anno precedente, facendo registrare una raccolta record di 9,8 miliardi di euro nel 2011 contro i 4,8 dell'anno precedente;
dalle stime degli analisti, la raccolta nel 2012 potrebbe attestarsi a 90 miliardi di euro, proprio in virtù della continua crescita del comparto dei giochi a distanza;
l'organizzazione mondiale della sanità ha reso noto che l'Italia assorbe un quarto della spesa mondiale in giochi in denaro (76 miliardi di dollari su 386 miliardi);
gli apparecchi da gioco con vincita in denaro regolarmente funzionanti nelle sale e nei pubblici esercizi in tutta Italia sono quasi 400,000;
secondo studi del Consiglio nazionale delle ricerche, in Italia 17 milioni di persone, pari al 40 per cento della popolazione, giocano d'azzardo;
il libro verde sul gioco d'azzardo on-line nel mercato interno, COM(2011)128, evidenzia la necessità di prestare particolare attenzione alla tutela dei minori impedendo loro l'accesso ai servizi di gioco d'azzardo online mediante controlli sui limiti di età definiti per legge o nelle condizioni di rilascio della licenza, nonché sui sistemi di pagamento;
l'articolo 24, commi da 19 a 23, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, novella le misure di contrasto alla ludopatia ed al gioco minorile ribadendo in particolare (al comma 20) il divieto generale di gioco ai minori, riguardante tutti giochi con vincita in denaro;
ai sensi del comma 23 del citato articolo 24, il Ministero dell'economia e delle finanze è tenuto ad avviare, in via sperimentale, procedure di analisi e verifica dei comportamenti di gioco volti ad introdurre misure di prevenzione dei fenomeni ludopatici;
l'articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), prevede che con decreto interdirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute, siano adottate, d'intesa con la Conferenza unificata, entro il decorso termine del 2 marzo 2011, linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo;
il citato decreto potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nella cura e nel riconoscimento della dipendenza da gioco, in quanto diverrebbe una competenza dei servizi sanitari e socio sanitari pubblici e privati, non più lasciata alla sensibilità e alle disponibilità finanziarie delle regioni;

a fine novembre 2011 l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha avviato una campagna di sensibilizzazione sul gioco, per un approccio equilibrato e consapevole, rivolta ai docenti e agli studenti delle scuole italiane denominato «giovani e gioco», che secondo gli intenti dichiarati, raggiungerà nei prossimi mesi oltre 70 mila contatti;
alcune associazioni di settore particolarmente impegnate al contrasto delle ludopatie denunciano la campagna messa in atto dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, in quanto ritengono che la stessa promuova l'aspetto meno educativo e socializzante dei giochi online e contenga chiari messaggi che indurrebbero al gioco d'azzardo;
al momento il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora emanato il decreto previsto dal citato articolo 1, comma 70 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 -:
quali siano i tempi per l'adozione del decreto interdirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza unificata, che detta le linee d'azione per il recupero delle malattie legate alla dipendenza da gioco di cui al citato articolo 1, comma 70, della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
(5-06105)

FUGATTI, FORCOLIN, COMAROLI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi diversi organi di informazione hanno diffuso la notizia che la CONSOB avrebbe aperto una verifica sul Monte dei Paschi di Siena; oggetto dell'indagine sarebbe una presunta violazione della direttiva MIFID in tema di inducement, cioè «qualsiasi forma di denaro, incentivi, beni e servizi, diversi dalle commissioni e competenze normalmente fatturate per il servizio che un'impresa di investimento o i suoi dipendenti ricevono da un terzo in relazione al servizio prestato al cliente»; secondo la direttiva Mifid, tali incentivi devono essere sempre comunicati in maniera chiara al cliente e devono essere comunque finalizzati ad offrire uno specifico valore aggiunto nell'interesse del cliente; il tema è particolarmente rilevante per i fondi comuni di investimento e per la gestione di portafogli, dove elevato può essere il valore aggiunto consulenziale; spesso, infatti, le banche offrono ai clienti prodotti finanziari costruiti, in virtù di precisi accordi, da altre società; in questo caso ogni corrispettivo che la banca riceve in relazione al prodotto sottoscritto dal cliente deve essere chiaramente riportato nel contratto, con specifico riferimento all'importo o al metodo di calcolo;
il Monte dei Paschi di Siena attraversa per altri versi, una fase delicata, a seguito della necessità di ricapitalizzare l'istituto per 3,2 miliardi di euro, derivante dai nuovi requisiti patrimoniali richiesti dall'EBA; la volontà dell'istituto sembra quella di non procedere attraverso un aumento di capitale, ma di procedere attraverso un'azione «di sistema» che prevederebbe la cessione di pacchetti azionari ad uno o più soggetti finanziari; gli andamenti del titolo sul mercato azionario dei giorni scorsi farebbe presupporre che alcuni soggetti stiano rastrellando azioni e, non a caso, sono entrati recentemente nel capitale della banca i fondi Fidelity, Vanguard e Rothschild, che hanno acquistato quote complessivamente superiori all'1 per cento -:
di quali elementi disponga in ordine alla notizia dell'avvio di una verifica presso il Monte dei Paschi di Siena da parte della CONSOB sul rispetto della direttiva MIFID in tema di inducement, se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia avviato una medesima verifica e se il Ministro, tramite CONSOB, abbia conoscenza di acquisizioni significative di titoli Monte dei Paschi di Siena sul mercato azionario.
(5-06106)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il giornale Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una serie di notizie quantomeno inquietanti sulla gestione dell'Agenzia del territorio e del suo direttore, Gabriella Alemanno;
in particolare, secondo Il Fatto Quotidiano sarebbero poco meno di un milione e mezzo di euro le spese per comunicazione istituzionale e rappresentanza dell'Agenzia del territorio, che avrebbe speso in rinfreschi, pranzi, convegni e mostre il doppio del costo delle bollette telefoniche delle sue cento sedi: nonostante guadagni circa 300.000 euro lordi all'anno, il direttore dell'agenzia, Gabriella Alemanno, sorella del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, nominata a capo dell'Agenzia dal Governo Berlusconi nel 2008, avrebbe speso con la sua carta di credito aziendale migliaia di euro in pranzi e cene di rappresentanza, tra i quali figurerebbe persino una cena a Cortina con suo fratello, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, a margine di un evento sponsorizzato dall'Agenzia e dall'Acea, controllata dallo stesso sindaco, il quale si è pure distinto per una serie di nomine clientelari nell'amministrazione comunale e nelle società partecipate dal comune di Roma;
inoltre, nell'agosto 2010 l'Agenzia del territorio avrebbe pagato 42.000 euro per sponsorizzare la manifestazione Cortinaincontra ed il 22 agosto 2011 avrebbe pagato 780 euro per ospitare a cena al Villa Oretta di Cortina ben undici persone, tra i quali, oltre a dirigenti di Ance, Confedilizia e Scenari Immobiliari, c'era anche «il sindaco di Roma Gianni Alemanno»;
sempre secondo Il Fatto Quotidiano, la contabilità evidenzierebbe che le spese per rappresentanza e comunicazione istituzionale (voce quest'ultima assente in passato dai bilanci) sono «schizzate» da 80.000 euro a un milione di euro nel 2010, per sfiorare il milione e mezzo secondo le previsioni per il 2011: di questi 22.800 euro sarebbero stati pagati alla Adn Kronos per «supporto informativo multimediale»; 20.000 euro per i servizi della Mp group; 48.000 alla società Comunicare Organizzando in relazione a mostre per la celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia;
in tale contesto appare sconvolgente, se confermato, che l'Agenzia abbia comprato 30 uova di struzzo decorate per 3.240 euro dalla gioielleria Peroso, uno dei quali sarebbe stato donato a un comandante regionale della Guardia di finanza, 12 bicchieri in vetro soffiato dalla signora Maria Bonaldo di Mestre, per 1.296 euro, ed abbia speso 800 euro per promuovere persino una commedia di Nigel Cole, intitolata «We want sex», sulla battaglia delle operaie della Ford contro la discriminazione maschile, per l'affitto del cinema Odeon per una proiezione riservata del film il 17 gennaio 2011 ed 895 euro per la vendita di pop corn e bibite per 179 consumazioni;
parimenti sconcertanti sono i dati relativi alle note spese per ristorazione del direttore Alemanno, che si sarebbe recata anche in ristoranti molto costosi: presso il ristorante «La Bottega di Montecitorio» il 17 marzo 2011 avrebbe speso 107 euro pubblici, il 31 marzo 90 euro, il 7 aprile 70 euro e il 29 settembre 60 euro; il 24 marzo, per un pranzo con 28 commensali, avrebbe speso ben 616 euro, per un «incontro con giornalisti stampa locale e referenti comunicazione»; il 14 febbraio avrebbe speso 185 euro, acquistando anche un vino di pregio; il 12 ottobre 110 euro; il 1o aprile 105 euro; il 14 aprile 115 euro; il 12 maggio ed il 26 settembre 100 euro; il 13 aprile 2011 129 euro, in compagnia di due giornalisti di un'agenzia di stampa; il 29 gennaio la dottoressa Alemanno avrebbe speso 443 euro per un pranzo alla Taverna San Teodoro con quattro commensali;
altrettanto onerosi sarebbero i costi in occasione degli spostamenti istituzionali del direttore Alemanno: ad esempio il 14 agosto del 2011, in occasione di un pranzo a Cagliari con il prefetto, due avvocati

dello Stato e dirigenti delle agenzie del territorio e del demanio, la spesa per 13 pasti a base di pesce presso il ristorante dal Corsaro Deidda sarebbe stata di 890 euro; il 10 maggio 2011, per un pranzo all'osteria da Fiore a Venezia, al quale avrebbero partecipato il presidente dell'Ordine dei notai, il direttore regionale dell'Agenzia per il Veneto, il responsabile audit dell'Agenzia, il comandante regionale della Guardia di finanza, Walter Cretella Lombardo, e il procuratore regionale della Corte dei Conti, il costo sarebbe stato di 810 euro;
sempre secondo le notizie fornite dal Fatto Quotidiano, di tali disinvolti comportamenti si starebbe occupando la Corte dei Conti, per eventuali profili di responsabilità erariale;
nell'attuale, difficilissimo contesto della finanza pubblica, è evidente che, se confermati, tali fatti risulterebbero assolutamente inaccettabili, facendo emergere comportamenti ispirati ad un atteggiamento di «casta» i quali, oltre che eticamente riprovevoli, appaiono incompatibili con i principi di sobrietà e buona amministrazione che devono guidare l'azione delle amministrazioni pubbliche, in particolare delle amministrazioni finanziarie;
è dunque urgente che il Governo fornisca al più presto al Parlamento elementi informativi circa le predette vicende, facendo chiarezza sulla gestione dell'Agenzia del territorio, la quale è stata recentemente oggetto di atti di sindacato ispettivo per quanto riguarda le procedure per la nomina dei dirigenti -:
quali iniziative intenda assumere, nell'esercizio dei suoi poteri di indirizzo e vigilanza sull'attività e la gestione delle agenzie fiscali, per fare chiarezza in merito alle circostanze, estremamente inquietanti, richiamate in premessa, nonché per verificare la correttezza della gestione dell'Agenzia del territorio e del suo direttore, al fine di assicurare che essa sia ricondotta al più rigoroso rispetto della legalità, e che la sua azione sia esclusivamente orientata alla tutela degli interessi erariali ed al contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione tributaria.
(5-06107)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOSCA e FARINONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane spa è una società per azioni il cui capitale è interamente pubblico, con il 65 per cento in mano al Ministero dell'economia e delle finanze e il restante 35 per cento alla Cassa depositi e prestiti;
la stessa società è posto sotto il controllo e la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico; nel luglio 2009 Poste italiane ha chiuso l'ufficio postale di Briosco, nella provincia di Monza e Brianza, che serviva anche i cittadini della frazione di Fornaci, in seguito a una perizia dell'Asl di Monza nella quale si accertava che il fabbricato era stato realizzato con caratteristiche strutturali non appropriate e non tali da garantire la stabilità del corpo di fabbrica in caso di evento tellurico;
Poste italiane ipotizzava in un primo momento la collocazione dell'ufficio di Briosco all'interno dell'ufficio della frazione di Capriano, ubicato nel medesimo comune e distante circa 3 chilometri. Successivamente, al fine di limitare i numerosi disagi che sarebbero potuti derivare alla clientela, veniva data la preferenza all'attivazione di un ufficio postale mobile, collocato in prossimità della sede. L'ufficio postale di Capriano era infatti del tutto inadeguato a sostenere l'incrementato carico di lavoro sia per le ridotte dimensioni dell'ufficio stesso, sia perché ubicato in una strada a senso unico e senza sufficienti posteggi;
l'ufficio postale di Brioso veniva riaperto nell'ottobre 2009, a seguito di alcuni lavori di ristrutturazione effettuati al fine di garantire la sicurezza e la stabilità dell'immobile e ripristinarne l'idoneità allo svolgimento delle attività;

nel gennaio 2012, in seguito alle recenti scosse sismiche che hanno interessato anche la Brianza, Poste italiane ha nuovamente chiuso l'ufficio postale di Briosco in quanto - sostiene l'ente poste - non può essere garantita la sicurezza né di chi lavora, né dei clienti. Inoltre, rileva l'ente poste, i lavori di sistemazione del 2009 non sono stati portati a termine nella loro totalità;
l'ufficio verrà quindi chiuso fino a data da destinarsi quando i lavori verranno eseguiti nella loro totalità, e rimarrà aperto solo lo sportello di Capriano, che verrà potenziato;
tale decisione provoca un grave disservizio per migliaia di persone, costrette a rivolgersi a uffici postali distanti diversi chilometri, quindi, non facilmente raggiungibili da chi è privo di un mezzo privato, oltre ai motivi logistici penalizzanti che nel 2009 impedirono ufficio postale di Capriano di sostenere l'incrementato carico di lavoro -:
quali iniziative intenda adottare per scongiurare, come nel 2009, la chiusura dell'ufficio citato in premessa alla luce del fatto che la chiusura di una sede senza aver provveduto ad una sostituzione provvisoria con una sede mobile ubicata in idonei container o camper comporterà, necessariamente, la perdita di numerosi clienti, pensionati specialmente, che sposteranno presumibilmente presso le banche locali i loro risparmi e conti ove accreditare la pensione, con il conseguente grave danno per poste italiane;
quali azioni il Ministro intenda avviare al fine di promuovere una valida alternativa agli utenti di Poste italiane di Briosco (6.000 cittadini) che dovranno recarsi presso l'inadeguato e disagevole sportello di Capriano;
quali azioni il Ministero intenda avviare al fine di promuovere una soluzione risolutiva e definitiva al problema della sede dell'Ufficio postale di Briosco.
(5-06100)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, aveva disposto che, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 212 del 2000, venisse emanato un decreto dal Ministro dell'economia e delle finanze avente l'effetto di concedere la sospensione degli adempimenti e versamenti tributari e contributivi per i soggetti che «...erano residenti, avevano sede operativa, o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni...» colpiti da calamita;
il conseguente decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 novembre 2002 - aveva previsto, all'articolo 1, comma 1, che l'agevolazione riguardasse le persone fisiche che alla data del 29 ottobre 2002 avevano la residenza nei territori colpiti: escludendo, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, i soggetti «persone fisiche» che, seppur non avevano la residenza in quei comuni, vi esercitavano però la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione;
quanto previsto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 novembre 2002, fu integrato dal legislatore con il comma 117, articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che ha previsto l'applicabilità dell'agevolazione alle persone fisiche aventi la sede operativa nei comuni colpiti intendendo per sede operativa il luogo dove esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione; di conseguenza, questi soggetti non avevano potuto godere dell'agevolazione perché inseriti successivamente tra quelli agevolati;
l'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, al comma 1011, consentiva «la definizione della propria posizione entro il 30 giugno 2007, relativamente ad adempimenti

e versamenti, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale ed interessi, diminuito del 50 per cento», termine ulteriormente prorogato al 30 giugno 2008 dall'articolo 36-bis, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 248 del 2007 convertito dalla legge n. 31 del 2008;
con la sentenza n. 20641 del 1o ottobre 2007, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha ritenuto applicabile la norma di favore di cui all'articolo 9, comma 17, legge n. 289 del 2002 per i contribuenti colpiti dal sisma del 1990 anche a chi aveva comunque pagato i propri debiti tributari, disponendo la restituzione di quanto già pagato in più;
a giudizio dell'interrogante è evidente che il principio costituzionale indicato nell'articolo 3 della Costituzione è applicabile alla fattispecie in questione, in quanto diversamente opinando, ha giustamente osservato la Corte, «si realizzerebbe una ingiustificata disparità di trattamento assolutamente iniqua, a tutto danno del contribuente più diligentemente osservante della legge tra soggetti passivi della medesima fattispecie tributaria» ed in modo specifico, tra chi non ha pagato e chi, invece, ha regolarmente versato le imposte;
l'Agenzia delle entrate continua a non dar corso alle richieste di restituzione delle somme versate in eccesso rispetto all'importo rideterminato con l'agevolazione del 50 per cento: sia per i casi in cui la richiesta è stata esperita - nei termini previsti - dai soggetti persone fisiche aventi sede operativa (prima esclusi), sia per i casi in cui la richiesta è stata esperita - nei termini previsti - in relazione al diritto di parità di trattamento richiamato dalla Corte di Cassazione -:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-14767)

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 12 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha ulteriormente abbassato il limite all'uso del denaro contante, portandolo a mille euro; lo stesso limite è stato fissato per i pagamenti, per l'erogazione di stipendi, compensi e pensioni da parte delle pubbliche amministrazioni;
tale misura sta comportando seri disagi alle categorie sociali più deboli, meno avvezze all'uso della moneta elettronica e magari, fino ad oggi senza un conto corrente bancario o postale;
tale misura genererà un notevole aumento degli oneri finanziari e delle commissioni sulle singole transazioni a carico dei cittadini e a favore del sistema finanziario;
non saranno solo i cittadini ad essere penalizzati dall'abbassamento della soglia, ma anche interi settori dell'economia reale: di questi giorni sono le dichiarazioni del presidente degli albergatori alto atesini che denuncia un calo dell'affluenza turistica dell'ordine del 5-8 per cento da attribuire all'impossibilità di pagare in contanti il soggiorno presso le strutture italiane; i turisti italiani preferiscono trascorrere le vacanze nella vicina Austria dove possono pagare comodamente con denaro contante, piuttosto che restare in Italia e pagare con carta di credito o assegno bancario;
l'abbassamento della soglia di tracciabilità dei pagamenti non produrrà benefici in termini di lotta all'evasione fiscale, ma produrrà sicuramente seri danni ad interi comparti della nostra economia -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative per modificare al rialzo la soglia di tracciabilità dei pagamenti, valutati i disagi che la misura introdotta con l'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011 porterà a vaste categorie sociali

e i danni che sta già portando ad importanti comparti della nostra economia, come quello turistico.
(4-14783)

MONTAGNOLI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha, tra l'altro, introdotto una tassa di stazionamento a cui saranno soggette, dal 1o maggio 2012 le unità da diporto che stazionano in porti marittimi nazionali, navigano o sono ancorate in acque pubbliche, anche se in concessione a privati;
la misura dell'imposta va dai 5 euro al giorno per le imbarcazioni fino a 12 metri, fino ad arrivare ai 703 euro al giorno per quelle superiori ai 64 metri di lunghezza;
la misura introdotta dal cosiddetto decreto-legge «salva Italia» metterà in ginocchio il settore turistico, già in difficoltà a causa della crisi economica; non solo non assicurerà all'erario il maggior gettito previsto di 200 milioni di euro all'anno, ma, anzi provocherà il tracollo del settore, con perdita di fatturato e di posti di lavoro: da un lato, infatti, penalizza la flotta stanziale, cioè gli italiani che tengono la barca nei porti e, dall'altro, penalizza anche il transito delle imbarcazioni straniere, con il serio pericolo che sia gli italiani, sia gli stranieri preferiscano «approdare» a lidi stranieri; si stima siano 20 mila le imbarcazioni pronte a lasciare le coste tirreniche ed adriatiche del centro-nord per attraccare nelle vicine Slovenia, Croazia e Corsica;
l'effetto recessivo della tassa colpirà anche gli investimenti del settore: già alcuni importanti porti turistici del centro-nord stanno programmando importanti ridimensionamenti dei piani di investimento per i prossimi anni, con ricadute negative su tutta l'economia delle località turistiche italiane; la Marina di Rimini ha annunciato che le perdite sono già nell'ordine dei 300-400 mila euro (e la tassa non si applica ancora), mentre la Marina Dorica di Ancona ha annunciato che sta ripensando sull'opportunità di procedere all'ampliamento del porto turistico;
gli organi di stampa riportano la notizia che le associazioni di categoria del settore hanno ottenuto l'attenzione del Ministro Passera sul tema; l'auspicio è che l'attenzione si trasformi in modifica normativa per rivedere la misura in questione, trasformandola da tassa di stazionamento a tassa sul bene -:
se il Governo, valutate le conseguenze drammatiche per il turismo che l'entrata in vigore della tassa di stazionamento così come introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011 produrrà, intenda assumere iniziative normative per trasformare la medesima in una tassa patrimoniale sulle imbarcazioni.
(4-14785)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un articolo del settimanale L'Espresso del 26 gennaio 2012, concernente il patrimonio dell'avvocato Armao, assessore al bilancio della regione Sicilia e componente del comitato dei garanti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, fa riferimento a presunte triangolazioni di denaro fra l'Italia e alcune società estere cui, secondo il giornalista Lirio Abbate, autore del pezzo in questione, risulterebbero intestati immobili nelle città di Roma e Palermo;
il citato articolo riporta dettagli afferenti affidamenti bancari e debiti nonché dati e fonti di reddito, elencando altresì le sigle societarie «Rometown Itd», «Pimlico Properties and intestiments Itd», «Bsur Ilc» e «Benelux Trust», quali società di diritto estero destinatarie di finanziamenti bancari o intestatarie di immobili in Italia asseritamente nella disponibilità dell'assessore medesimo, che ricoprirebbe un incarico

professionale in qualità di trustee di un trust riconducibile all'imprenditore Stefano Ricucci -:
quali iniziative i Ministri interrogati abbiano assunto o intendano assumere, per quanto di propria competenza, al fine di potenziare i meccanismi di controllo incrociato su situazioni analoghe a quelle esposte in premessa, onde prevenire e trattare adeguatamente eventuali fenomeni di evasione o elusione fiscale connessi all'utilizzo di sofisticati servizi societari e finanziari;
se non si ritenga necessario, nello specifico, adottare le opportune iniziative di carattere normativo per rendere più stringente, anche a livello sovranazionale, la disciplina concernente l'utilizzo di strumenti quali il trust e le società domiciliate nei cosiddetti «paradisi fiscali», onde evitare che questi possano essere impiegati per schermare i beneficiari effettivi di somme di denaro o di patrimoni di oscura provenienza;
se non si ritenga opportuno valutare, nell'ambito della introduzione di sistemi volti a rendere pienamente conoscibile e valutabile dai cittadini l'attività degli eletti e degli amministratori a tutti i livelli istituzionali, la predisposizione di strumenti che rendano trasparenti anche gli interessi dei titolari di cariche elettive e direttive nella pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla pubblicità dei rispettivi redditi, patrimoni e partecipazioni societarie.
(4-14803)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2012

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI, RAO, D'IPPOLITO VITALE, RIA, ANNA TERESA FORMISANO, CALGARO e MONDELLO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una sentenza della Corte di cassazione ha annullato la decisione del tribunale del riesame di Roma che aveva stabilito la detenzione in carcere per due ragazzi ciociari accusati di aver stuprato, in gruppo, una sedicenne di Sora e ha stabilito che la custodia cautelare in carcere, per i reati a sfondo sessuale, non è più obbligatoria da parte del giudice che può anche riservare all'imputato, una misura cautelare alternativa;
nel 2009 il Parlamento, sull'onda di un diffuso allarme sociale per l'aumento di stupri e aggressioni ai danni delle donne (secondo recenti dati Istat, un milione di donne hanno subito o sono state oggetto di un tentato stupro) aveva approvato una legge di contrasto alla violenza sessuale: la norma non prevedeva misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere, nel caso in cui a carico dell'indagato ci fossero gravi indizi di colpevolezza e sussistessero le esigenze cautelari, nonché a seguito di abusi su minorenni;
un anno dopo, la Consulta ha bocciato il provvedimento per violazione degli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione rieducativa della pena) della Costituzione, stabilendo che le misure alternative alla custodia cautelare in carcere debbano essere valutate «nell'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure»;
la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito, il 2 febbraio 2012, che i principi interpretativi fissati dalla Corte costituzionale per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minorenni siano in toto applicabili anche alla violenza sessuale di gruppo, dal momento che quest'ultimo reato «presenta caratteristiche essenziali non difformi» da quelle che la Consulta ha individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio. «Unica interpretazione compatibile» con i principi fissati dalla sentenza della Corte costituzionale - ha concluso la Cassazione - «è quella che estende la possibilità per

il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare» per il reato di violenza sessuale di gruppo;
la sentenza della Corte costituzionale cui fa riferimento la Cassazione non riguarda gli stupri di gruppo, ma la violenza del singolo. L'interpretazione estensiva che equipara la gravità dei due reati è pericolosa, in quanto crea una sproporzione che avrà conseguenze molto gravi: sebbene la pronuncia riguardi solo le misure di custodia cautelare, non è difficile ipotizzare che gli avvocati difensori degli stupratori la utilizzeranno in sede di giudizio, al fine di alleggerire la posizione dei loro clienti; lo stupro di gruppo aggiunge alla violenza di gruppo una dimensione particolarmente umiliante per la donna che la subisce e lascia sempre tracce molto profonde nella sua anima e nel suo corpo;
lo stupro di gruppo è un atto particolarmente odioso che accresce la violenza subita dalla donna, vittima della ferocia atroce, inaudita ed inaccettabile del cosiddetto «branco» (moltiplicandola materialmente ed aggravando il danno fisico, psicologico ed emotivo che infligge), viola l'intimità della stessa, il suo senso di integrità e di controllo sulla propria persona: quando è più di uno a compierlo l'esperienza di perdita di sé diventa estrema;
non è la prima volta, purtroppo, che la terza sezione della Corte di cassazione sottovaluta la violenza sulle donne: rimane infatti indimenticabile la sentenza del 1999 che dichiarò l'insussistenza dello stupro, perché incompatibile con il fatto che la vittima indossava i jeans;
si profilano, inoltre, due rischi, entrambi molto gravi: che gli stupratori si sentano legittimati a compiere il reato e che le donne abbiano paura a denunciarli, temendo le loro ritorsioni; infatti è proprio nel periodo che intercorre fra la denuncia e il processo che le donne subiscono maggiori pressioni e minacce e spesso sono costrette a nascondersi. Proprio per questi motivi, l'interpretazione stabilita dalla Corte appare inopportuna e sembra tenere in scarsa considerazione la realtà delle donne vittime di violenza -:
se non intendano adottare in tempi rapidi opportune iniziative normative tese a vanificare gli effetti disastrosi di questa sentenza, che gli interroganti giudicano aberrante, che rischia di vanificare lo sforzo di quante, riponendo piena fiducia nella giustizia italiana, hanno avuto il coraggio di denunciare e di ripercorrere un doloroso percorso della propria vita.
(3-02089)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di candidati notai al concorso notarile bandito il 1° settembre 2004 con termine correzione elaborati 16 marzo 2007 non furono ammessi a sostenere le prove orali poiché conseguirono la sufficienza (punteggi dal 90 al 104) e non l'eccellenza (105) nelle tre prove scritte (c.d. novantini);
l'articolo 11 del decreto legislativo n. 166 del 2006 ha modificato la vigente disciplina valutativa delle prove scritte del concorso notarile ed ha «equiparato, ai fini dell'ammissione all'orale, il voto di sufficienza a quello di idoneità»;
il comma 2 dell'articolo 16 decreto legislativo n. 166 del 2006 ha previsto che «le disposizioni di cui agli articoli (...) 11 (...) si applicano con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio»;
la legge n. 233 del 2010, approvata su input del Consiglio nazionale del notariato, ha consentito l'accesso alla professione, pur non avendone alcun diritto secondo le nuove regole, anche agli «idonei-non vincitori» del concorso 2007 (candidati che seppur idonei risultano in graduatoria oltre la soglia del numero delle sedi messe a concorso) giustificando in questo caso il

superamento delle regole in corso, ciò che, invece, non è avvenuto, per i candidati che hanno superato la prova di preselezione e le tre prove scritte secondo la novella del 2006 (cosiddetti novantini);
la legge n. 69 del 2009 ha abolito la prova di preselezione informatica che era il requisito fondamentale per accedere al concorso notarile. Tale prova poteva essere superata solo rispondendo in modo corretto alla totalità dei quiz cosicché coloro che hanno superato le prove scritte nel periodo precedente l'entrata in vigore della suindicata legge hanno superato difficoltà ben superiori rispetto ai successivi concorrenti;
nelle tabelle che determinano il numero dei notai per ciascuna sede notarile, attualmente, sono libere oltre 1.000 sedi;
il notariato nel decennio 1999-2009 è l'unica categoria professionale che è regredita di 200 unità considerati i tempi medi dell'iter di un concorso notarile;
il decreto liberalizzazioni prevede 500 nuove nomine per i notai e che uno dei punti fondamentali e imprescindibili per il rilancio della nostra economia - come dichiarato dal Presidente del Consiglio dei ministri, professor Monti e dal Ministro dello sviluppo economico dottor Passera - è l'incremento dei livelli occupazionali;
i cosiddetti novantini hanno dimostrato di essere soggetti preparati che potrebbero, una volta superato l'esame orale, coprire le sedi notarili attualmente vacanti;
per alcuni candidati al concorso del 2004 questa era l'ultima possibilità per poter partecipare visto il raggiunto limite di età -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al fine, eventualmente, di consentire ai candidati che, nel concorso del 2004 avevano ottenuto un punteggio da 90 a 104, di sostenere la prova orale.
(4-14769)

MONTAGNOLI, BITONCI e REGUZZONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la pianta organica dell'ufficio Unep presso il tribunale di Soave, Sezione distaccata del tribunale di Verona, si compone di tre figure professionali, costituite da un ufficiale giudiziario C1, un aiutante ufficiale giudiziario B3 ed un operatore B2;
nei mesi scorsi, tuttavia, presso i suddetti uffici erano effettivamente in servizio solo l'ufficiale giudiziario C1 e l'operatore B2;
a decorrere dal mese di novembre 2011, tuttavia l'operatore ha ripreso servizio presso l'amministrazione di appartenenza, essendo state escluse la proroga e la richiesta di trasferimento presso l'amministrazione della giustizia, mentre l'ufficiale giudiziario è assente per ragioni di salute fino al giugno 2012, con la conseguenza che l'ufficio rimarrà sprovvisto di personale;
la situazione di difficoltà in cui versa da anni l'UNEP della sezione distaccata di Soave, fonte già di ripetuti e gravi disservizi nonostante l'impegno di chi vi è addetto, è tale da determinare la paralisi del servizio;
in merito, devono essere considerati i dati relativi alle richieste di esecuzione e di notifica, pervenute all'ufficio nei primi cinque mesi dello scorso anno, con 652 esecuzioni, 1.654 notifiche civili e 1.069 notifiche penali, per avere dimostrazione del carico di lavoro gravante sull'ufficio e la insostenibilità della situazione che si è verificata nel contesto indicato;
a tutt'oggi la situazione segnalata rimane immutata;
sarebbe necessario che la corte d'appello adottasse provvedimenti temporanei di applicazione per sostituire quanto meno l'ufficiale giudiziario mancante;
in secondo luogo, è necessario provvedere alla copertura integrale della

pianta organica dell'UNEP al fine di assicurare il normale funzionamento dell'ufficio;
considerata la competenza acquisita dall'operatore, sarebbe auspicabile che lo stesso possa ottenere, previa revoca del provvedimento del direttore generale del personale, il trasferimento definitivo presso l'UNEP di Soave;
considerata la situazione dell'ufficio, sembra comunque opportuno, se non necessario che il Ministero provveda alla revisione della pianta organica degli uffici UNEP del distretto, in relazione alle effettive esigenze dei medesimi -:
se il Ministro non ritenga di evitare che in attesa della prospettata revisione della geografia giudiziaria e degli eventuali interventi sulle sezioni distaccate, il precario funzionamento dell'ufficio UNEP possa risolversi in inefficienze e disagi a scapito della collettività;
come il Ministro intenda provvedere in merito ai disagi prospettati e per il superamento dei disservizi determinati dalla carenza del personale amministrativo presso la sezione distaccata di Soave.
(4-14786)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la legge per Roma Capitale n. 396 del 15 dicembre 1990 ha dichiarato di preminente interesse nazionale gli «Interventi funzionali all'assolvimento da parte della città di Roma del ruolo di Capitale della Repubblica: tra questi la realizzazione del sistema direzionale direzionale orientale e delle connesse infrastrutture del tessuto urbano e sociale del quadrante est della città nonché la definizione di un piano organico di localizzazione delle sedi del Parlamento, del Governo, delle amministrazioni e degli uffici pubblici, anche attraverso il conseguente programma di riutilizzazione dei beni pubblici;
il comune di Roma attraverso complesse procedure è giunto a definire un programma dettagliato di trasferimento di sedi pubbliche e universitarie presso il comprensorio SDO di Pietralata;
tali intese hanno attivamente coinvolto lo Stato ed in particolare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ha sottoscritto vari protocolli d'intesa con il comune al fine di accelerare le operazioni di trasferimento di varie sedi pubbliche presso il comprensorio direzionale di Pietralata;
l'ultimo Protocollo risale al 2003;
le aree sono state acquisite dal comune tramite esproprio che grazie alla rigorosa applicazione della legge per Roma Capitale e di quanto stabilito dal piano particolareggiato del comprensorio ha resistito a numerosi ricorsi di proprietari mantenendo ferma la proprietà pubblica delle aree stesse;
in presenza di un rallentamento del programma a partire dal 2008 l'VIII Commissione della Camera dei deputati su proposta del primo firmatario del presente atto ha approvato il 20 luglio 2011 una risoluzione che impegna il Governo pro tempore ad assumere ogni iniziativa tesa a verificare - in forza delle competenze nazionali sul programma sistema direzionale orientale e degli atti nel tempo sottoscritti - il rispetto di quanto previsto nei citati accordi e protocolli;
tuttavia, ad avviso degli interpellanti, sorprendentemente, il decreto-legge cosiddetto «Salva Italia» n. 201 del 2011 al comma 7 dell'articolo 27 del Titolo III, Capo V sopprime la seguente parte dell'articolo 1 della legge 396 del 1990 per Roma Capitale: «... nonché definire organicamente il piano di localizzazione del Parlamento, del Governo, delle amministrazioni

e degli uffici pubblici anche attraverso il conseguente programma di riutilizzazione dei beni pubblici (...)»;
la soppressione della suddetta parte della legge 396 del 1990 contraddice l'indirizzo espresso con atti ripetuti e mai contraddetti del Governo e dello stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che sono stati precedentemente ricordati;
tale decisione contrasta nettamente con l'indirizzo rivolto al Governo pro tempore da un organo parlamentare competente in materia come l'VIII Commissione della Camera dei deputati ed in particolare poi contenuti precedentemente ricordati della Risoluzione n. 8-00136 del 23 luglio 2011 a firma Morassut e approvata dalla Commissione con il parere favorevole del Governo riscontrabile nei resoconti della seduta della Commissione;
tale soppressione è inserita all'articolo 27 del Titolo III che tratta delle dismissioni immobiliari lasciando quindi presumere con chiarezza la volontà di favorire la vendita delle aree pubbliche di Pietralata -:
quale sia lo stato delle intese tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il comune di Roma sull'utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico delle aree di Pietralata destinate ancora oggi alla localizzazione di sedi moderne della PA dell'università «la Sapienza» di Roma;
se intenda chiarire reali orientamenti del Ministro interrogato sull'attuazione delle intese sottoscritte con il comune e ribadite ancora nel 2003.
(2-01352)
«Morassut, Coscia, Melandri, Touadi, Meta, Pompili, Carella, Tidei, Causi, Tocci, Lolli, Concia, D'Antona, Martella, Argentin, Sposetti, Esposito, Grassi, Verini, Velo, Madia, Realacci, Margiotta, Bratti, Amici, Villecco Calipari, Gasbarra, Tullo, Motta, Marantelli, Ginefra, Recchia, Nicolais, Corsini, Bachelet, Gozi, Mattesini».

Interrogazione a risposta immediata:

TASSONE, GALLETTI, MEREU, COMPAGNON, BONCIANI, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'entrata in vigore, dal 1o gennaio 2012, degli adeguamenti tariffari previsti dallo schema dalla convenzione unica, si registra un significativo incremento dei pedaggi autostradali delle società concessionarie;
nel dettaglio gli aumenti interesseranno la quasi totalità delle tratte a pedaggiamento presenti nel territorio nazionale e saranno pari a: Ativa + 6,66 per cento; Autostrade per l'Italia + 3,51 per cento; Autostrada del Brennero + 1,22 per cento; Autovie Venete + 12,93 per cento; Brescia-Padova + 7,45 per cento; Centro Padane + 5,62 per cento; Autocamionale della Cisa + 8,17 per cento; Autostrada dei Fiori + 5,22 per cento; Milano Serravalle Milano Tangenziali + 1,85 per cento; Tangenziale di Napoli + 3,49 per cento; Rav + 14,17 per cento; Salt + 5,68 per cento; Sat + 4,82 per cento; Autostrade Meridionali (Sam) + 0,31 per cento; Satap tronco A4 (Novara Est-Milano + 6,80 per cento; Torino-Novara Est + 6,32 per cento); Satap tronco A21 + 9,70 Satap tronco; Sav + 11,75 Satap tronco; Sitaf (Barriera di Bruere + 4,15 per cento; Barriera di Avigliana + 5,62 per cento; Barriera di Salbertrand + 5,12 per cento); Torino-Savona + 1,47 per cento; Strada dei Parchi + 8,06 per cento;
l'Anas ha fatto presente che l'istruttoria che ha portato agli aumenti ha tenuto conto, oltre che dell'incidenza

dell'inflazione, per ciascuna società concessionaria anche della relativa situazione giuridica, con particolare riferimento al rispetto degli impegni assunti, nonché agli investimenti realizzati ed alle attività di manutenzione effettuate sulla rete, precisando che nel 2010 le società concessionarie hanno realizzato investimenti per oltre 2 miliardi di euro, con un incremento di quasi l'11 per cento in un anno;
al di là degli aspetti puramente tecnici, appare quantomeno poco chiaro un aumento così diffuso ed elevato dei coefficienti di calcolo, in particolare sulle tratte tangenziali e sulle bretelle di raccordo alle grandi città;
a seconda dei tratti e delle varie società che gestiscono le autostrade, infatti, si assiste ad un aumento al di fuori di ogni criterio logico che si ripercuote sui bilanci dei cittadini, soprattutto dei numerosissimi, già vessati dall'incremento del costo del carburante e delle assicurazioni, che giornalmente utilizzano le autostrade e le bretelle autostradali per raggiungere i luoghi di lavoro, di studio o di interesse generale presenti nelle città;
in considerazione di quanto sopra esposto, appare opportuno un intervento volto a definire un controllo più chiaro sulle modalità da adottare per il calcolo degli incrementi delle tariffe di pedaggio, che, pur tenendo conto dei motivati adeguamenti o dalla necessità di fronteggiare la crisi, non possono non seguire una logica anche in funzione di un reale calmieramento che vada incontro ai bisogni dei cittadini, che vedono sempre più come un lusso l'utilizzo dell'auto per svolgere le proprie attività quotidiane -:
se il Ministro interrogato non ritenga, stante il rilevato incremento delle tariffe di pedaggio sulle tratte autostradali delle società concessionarie, di adottare iniziative volte a rivedere il meccanismo di adeguamento tariffario tale da consentire un calmieramento delle tariffe.
(3-02086)

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
gli avversi avvenimenti metereologici accaduti diffusamente su quasi tutto il territorio nazionale, in particolare al Centro-nord, oltre a provocare grossissimi disagi alle popolazioni colpite, che hanno vissuto e in alcune aree continuano a vivere una vera e propria emergenza, hanno messo alla luce ancor di più l'inadeguatezza del sistema infrastrutturale e organizzativo della rete ferroviaria italiana, che ha dimostrato di non riuscire a supportare e gestire le difficoltà sviluppatesi a causa del maltempo, arrecando così ancora più disagi ai cittadini già colpiti dall'eccezionale ondata nevosa;
fin dalle prime ore di nevicate infatti si sono registrati e sono stati segnalati ritardi negli orari di partenza e arrivo dei convogli, cancellazioni, congestioni al traffico dovuti alla mancata gestione della neve presente in molte parti dei binari, e progressivamente si è arrivati ad una situazione di estrema difficoltà con il sistema andato completamente in tilt in alcune direttrici di traffico in particolare nelle zone interne dell'Abruzzo e del basso Lazio e sulla dorsale adriatica, fino a interessare l'intera rete ferroviaria marchigiana, emiliano-romagnola e ligure, dove numerosi convogli sono rimasti bloccati per moltissime ore in mezzo ai binari al ghiaccio senza assistenza tecnica ne tantomeno sanitaria-umanitaria nei confronti dei passeggeri;
si segnalano tra i tanti i casi dell'itercity rimasto fermo nelle campagne tra Forlì e Cesena, l'odissea di molti convogli regionali laziali che hanno impiegato più di 10 ore per raggiungere la destinazione finale, a cui si aggiungono i gravissimi ritardi accumulati su quasi tutte le tratte nelle direttrici verso il Nord con ritardi quasi sempre superiori alle 4 ore di media, anche sulla rete ad alta velocità;

la causa dei disagi non è da addebitare esclusivamente alla portata eccezionale del fenomeno meteorologico bensì alla mancata organizzazione nella gestione dell'emergenza da parte di Trenitalia e soprattutto all'assoluta inadeguatezza e arretratezza di buona parte delle reti infrastrutturali ferroviarie del Paese, non dotate dei sistemi di scongelamento degli scambi e delle linee di alimentazione elettrica e, inoltre, alla vetustà delle carrozze non dotate di sistemi di riscaldamento e di comfort che hanno costretto numerosi passeggeri a soffrire e patire fortemente il freddo durante le fasi emergenziali;
la regione Liguria si è spinta addirittura ad un esposto denuncia all'autorità giudiziaria contro Trenitalia e RFI per le molteplici responsabilità e negligenze gestionali che non hanno permesso di affrontare il maltempo che hanno causato gravissimi disagi e disservizi a numerosissimi passeggeri;
al di là degli aspetti legati a questa vicenda sono comunque ormai quotidiane le difficoltà e le criticità che ancora una volta portano alla luce la totale inefficienza complessiva di buona parte del servizio di trasporto ferroviario nazionale, che raggiunge standard di efficienza qualitativa nemmeno paragonabile a quella della media dei restanti Stati europei, arrecando gravissime difficoltà, anche nell'ordinarietà, ai cittadini costretti a pagare le conseguenze di tali disservizi -:
quali opportune iniziative di competenza intenda adottare per accertare eventuali responsabilità del gruppo Trenitalia spa e di RFI nella gestione dell'emergenza legata agli ultimi accadimenti calamitosi dei giorni scorsi, che hanno generato la paralisi del trasporto ferroviario su quasi tutta la rete nazionale;
se non intenda attivarsi per promuovere, di concerto con gli organi preposti per competenza, un piano di intervento straordinario finalizzato alla destinazione di risorse adeguate per realizzare gli investimenti necessari al recupero e all'ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie al fine di garantire ai cittadini un'adeguata offerta del servizio e il mantenimento di elevati standard di qualità ed efficienza che scongiurino il ripetersi delle drammatiche situazioni avvenute durante i recenti fenomeni meteorologici.
(3-02080)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GERMANÀ - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese il dissesto idrogeologico è un fenomeno sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree fortemente urbanizzate e vulnerabili le cui cause sono, fra l'altro, da imputare alla inadeguatezza del reticolo idraulico urbano e secondario nonché ad uno sviluppo urbanistico impetuoso che, unitamente alla contrazione complessiva del presidio agricolo, aumentano consistentemente il rischio idraulico;
le aree a criticità idrogeologica sono pari al 9,8 per cento del territorio italiano, la superficie nazionale, classificata a potenziale rischio idrogeologico più alto, è pari a 21.551,3 chilometri quadrati (7,1 per cento del totale nazionale) suddivisa in 13.760 chilometri quadrati di aree franabili e 7.791 chilometri quadrati di aree alluvionabili, le aree a potenziale rischio di valanga ammontano a 1.544 chilometri

quadrati, accorpate a quelle di frana, ed almeno il 60 per cento dei comuni italiani è a rischio idrogeologico molto elevato;
le dimensioni del fenomeno del dissesto idrogeologico vengono rese chiaramente da una panoramica di alcuni degli eventi che hanno interessato l'area italiana: 5.400 alluvioni e 11.000 frane negli ultimi 80 anni, 70.000 persone coinvolte e 30.000 miliardi di danni negli ultimi 20 anni;
il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi di sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale ammonta a 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
si ritiene doveroso questo incipit al fine di fornire i dettagli inerenti ad una situazione generale che si profila sempre più difficile da affrontare e ostaggio delle condizioni atmosferiche avverse che producono danni irreparabili che si ripercuotono non solo sul tessuto economico delle realtà coinvolte, ma anche e soprattutto sulla popolazione che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare situazioni di emergenza, innumerevoli disagi e spesso anche la morte;
dopo aver illustrato il quadro generale che riguarda l'intero Paese, va sottolineato che la Sicilia ha pagato le conseguenza maggiori derivanti dalla specificità territoriali del tutto sui generis e da anni di incuria e cattiva gestione di un territorio che necessita di costante monitoraggio e di interventi continui per garantire la sicurezza e l'incolumità degli abitanti;
si susseguono a cadenza quasi mensile, le notizie di calamità naturali che sconvolgono zone già fortemente provate e proprio in questo contesto di pericoli e asprezza, si deve collocare l'ennesima frana che ha interessato la strada statale 113, Settentrionale Sicula, sulla quale si sono abbattuti ripetuti smottamenti, e precisamente in località Capo Calavà del comune di Gioiosa Marea, a meno di 2 chilometri di distanza da quella celebre di Capo Skyno colpito nel novembre 2007 e nel dicembre 2008 da due frane che hanno causato la chiusura, quasi ininterrotta, della strada per due anni;
vanno poi analizzate due diverse fattispecie tra loro correlate, in primis il fatto che, in caso di frana di entrambi i versanti, il comune di Gioiosa Marea si troverebbe del tutto isolato, e proprio in considerazione di ciò, la strada statale 113 rappresenta un fondamentale, se non indispensabile, via di collegamento verso il comune di Patti, ove sono allocati moltissimi servizi essenziali di cui usufruiscono i cittadini della zona e segnatamente, le scuole superiori, il tribunale, l'ospedale, e numerosi uffici pubblici territoriali;
in tale contesto è stato pianificato un intervento di variante in galleria alla strada statale 113 ricadente nel comune di Gioiosa Marea, investimento stimato 15 milioni di euro circa, la cui realizzazione è resa urgente ed improrogabile proprio al fine di escludere un possibile e probabile isolamento della popolazione;
emerge quindi chiaramente che i cittadini interessati sono esasperati invocando la lesione del diritto alla libera circolazione e contestualmente si vedono negata la possibilità di essere destinatari di un'effettiva tutela della pubblica incolumità e della sicurezza urbana;
va altresì rilevato che l'Anas, nel corso degli anni, ha effettuato numerosi interventi che, essendo indirizzati soprattutto alla risoluzione delle emergenze, non sono riusciti a ripristinare del tutto le condizioni di normalità non potendosi registrare una duratura e definitiva messa in sicurezza;
inoltre, la situazione è stata ulteriormente acuita dalle pessime condizioni atmosferiche che hanno provocato l'erosione del costone e il crollo di un tratto della condotta fognaria, e l'Anas, dopo aver effettuato i sopralluoghi e predisposto il progetto, ha provveduto ad effettuare l'ennesimo intervento di rimozione della parte

di massi ancora pericolanti sulla sommità della collina mentre successivamente si procederà al consolidamento del costone mediante nuove imbracature e, quindi, allo sgombero della sede stradale per la sua riapertura al transito;
i continui soccorsi e la frequente assistenza da parte dell'Anas è foriera di una notevole dilatazione dei costi da destinare agli interventi ed in un momento di crisi globale particolarmente difficile e pervicace che impone significativi sacrifici, è indispensabile procedere al contenimento ed all'ottimizzazione delle spese che si potrebbe compiere mediante l'implementazione di una soluzione alternativa idonea a risolvere il problema in maniera definitiva ovvero la realizzazione di uno svincolo in direzione Messina, l'espediente migliore al fine di conseguire il duplice obiettivo di un'effettiva tutela della sicurezza dei cittadini e dell'azzeramento delle spese che oggi vengono continuamente sostenute per fronteggiare le emergenze e non per modificare lo status quo -:
se si intenda accogliere la proposta descritta in premessa e conseguentemente quali analisi di sostenibilità e studi di fattibilità si intendano condurre sul territorio in oggetto, oltre alla ineludibile realizzazione della soluzione anzidetta della variante in galleria alla strada statale 113 nel comune di Gioiosa Marea;
quali iniziative si intendano assumere al fine di approvare celermente la costruzione dello svincolo direzione Messina, unico rimedio concreto e permanente.
(5-06098)

TULLO, ROSSA e ANDREA ORLANDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di martedì 31 gennaio 2012 la Liguria, come molte altre regioni del nord Italia è stata interessata da precipitazioni nevose ed abbassamenti di temperature, per altro ampiamente annunciati da tutti i rilevatori meteo, tanto da permettere alle amministrazioni locali a tutti i livelli una adeguata gestione delle emergenze;
nonostante nei fatti le precipitazioni nevose non abbiano assunto carattere di eccessiva straordinarietà in relazione alla quantità di precipitazioni, si è verificato, sulla tratta ferroviaria La Spezia-Genova una sostanziale paralisi del trasporto ferroviario con gravissimi disagi per i cittadini;
molti convogli viaggiavano, oltre che con elevatissimi ritardi, tra i 43 ed i 147 minuti, con numerose vetture chiuse perché inagibili e comunque senza riscaldamento;
le informazioni diramate da Ferrovie dello Stato italiane nel perdurare di questa emergenza sono state confuse e contraddittorie, mancando l'aggiornamento in tempo reale della situazione sia sul sito Ferrovie dello Stato italiane che, cosa ben più grave, nelle varie stazioni attraverso gli appositi tabelloni;
in particolare nelle piccole stazioni lungo la tratta, molte sale di aspetto erano chiuse rendendo impossibile un riparo alle migliaia di pendolari che si sono trovati a dover attendere i convogli;
risulta mancante un sistema ed una apposita strategia per fronteggiare questi fenomeni sulla rete ligure; al fine di evitare, come accaduto, il blocco degli scambi ferroviari a causa del ghiaccio, servirebbe un potenziamento delle cosiddette «scandiglie» presenti solo nelle stazioni di Genova Brignole e Piazza Principe;
nonostante fosse stata chiesta, stante la previsione del fenomeno nevoso, l'attivazione di squadre supplementari di «snevatori» non è stata programmata da Rfi con la inevitabile conseguenza della presenza di una sola squadra attivata a fronteggiare la situazione e solo dalle ore 14 -:
quali iniziative intenda assumere per verificare quanto accaduto e quali iniziative

intenda apprestare al fine di evitare che situazioni del genere abbiano a riverificarsi con gravi e pesanti ripercussioni sulla vita dei cittadini.
(5-06099)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il traffico marittimo è sempre più caotico; nei porti del mondo circolano migliaia di navi, sempre più colossali: petroliere lunghe anche 400 metri, mercantili con 15mila container transatlantici con cinquemila passeggeri, come la recente tragedia della Costa Concordia ha ricordato;
un traffico di queste proporzioni necessita di sistemi di controllo capillari, ad avanzata tecnologia; a questo proposito, qualche anno fa, è stato creato il Vtmis, una sigla che sta per Vassel traffic management information system;
si tratta, per l'appunto, di un sofisticato sistema di controllo della navigazione che in Italia doveva essere in funzione dal 2009, mentre ad oggi non è completamente attivo;
a sviluppare il Vtmis è stata la Selex-Finmeccanica, che aveva come ambizione quella di superare il sistema attuale di controllo della navigazione, denominato Pac, che risale agli anni Novanta, che ha un raggio d'azione decisamente inferiore a quello del Vtmis, e non è integrato a livello nazionale dal momento che ogni radar agisce per conto proprio;
il nuovo sistema della Selex applicherebbe alla navigazione marittima tecnologie all'avanguardia simili a quelle usate per il trasporto aereo; con il sistema Vtmis le centrali di terra, distribuite su tutto il territorio nazionale, avrebbero avuto in tempo reale il controllo di ogni singola nave. Finora il controllo avviene in forma passiva (cioè basandosi sulle richieste degli equipaggi in mare), mentre con il Vtmis gli operatori potrebbero intervenire nella navigazione;
il sistema Vtmis prevedeva due fasi. La prima (siglata nel 1999, con un contratto tra la Selex e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per circa 120 milioni di euro), riguardava zone delicate come lo Stretto di Messina, e le Bocche di Bonifacio. Poi le coste siciliane, pugliesi, e anche il porto di Genova. In queste zone il sistema è già attivo;
il 7 dicembre 2005 è stata siglata la seconda fase del contratto, per circa 200 milioni di euro, relativa a tutto il resto del territorio nazionale; l'accordo prevedeva che il progetto esecutivo fosse pronto entro sei mesi dalla firma e che i siti fossero completati entro l'inizio del 2009; ad oggi nessuno di questi siti è stato consegnato;
c'è ragione di credere che se fosse stato attivo il sistema Vtmis nella zona del disastro della Costa Crociere, quella tragedia non sarebbe avvenuta dal momento che si sarebbe appurata, per tempo, la direzione anomala della rotta e si sarebbe potuto intervenire da terra per impedire il cambio di rotta e la direzione azzardata -:
quali siano le ragioni di un ritardo di queste proporzioni rispetto ai tempi stabiliti nel contratto che fissava al 2009 la data per l'attivazione del nuovo sistema di controllo del traffico marittimo; se e come il Governo intenda intervenire per fare luce sulla vicenda e per rendere disponibile, nel più breve tempo possibile, questo importante meccanismo di controllo.
(4-14765)

STRIZZOLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la realizzazione della tangenziale sud di Udine - 2o lotto - rappresenta una priorità per il sistema relazionale, merci e passeggeri, del Friuli centrale e poiché migliora i collegamenti tra l'area isontina e quella pordenonese;

va ribadita, nella progettazione e nella realizzazione di opere infrastrutturali che impattano significativamente sul territorio, la necessità che tutte le istituzioni interessate e coinvolte mettano in atto azioni e percorsi idonei a ricercare soluzioni che tengano conto della duplice esigenza di promozione dello sviluppo e della crescita economico-sociale dei territori e, al tempo stesso, il rispetto dell'ambiente e la tutela dei diritti dei cittadini e delle singole comunità locali;
le incertezze e i ritardi emersi circa la definizione del tracciato della tangenziale sud di Udine, specie in alcune sue parti, sta determinando una situazione preoccupante che rischia di minare la effettiva possibilità di realizzare tale importante infrastruttura in tempi ragionevoli;
i comuni più direttamente coinvolti, in particolare quello di Pozzuolo del Friuli, si sono sempre giustamente spesi per la salvaguardia del territorio e del beni ambientali e paesaggistici, e parallelamente si sono battuti per la tutela dei cittadini e dei loro diritti;
da notizie raccolte informalmente risulterebbe che, per rendere possibile l'attraversamento dell'infrastruttura lungo il territorio del comune di Pozzuolo del Friuli, le autorità regionali abbiano da ultimo ipotizzato la discutibile scelta di realizzare il progetto prevedendo l'abbattimento di alcune abitazioni e il contestuale condizionamento di altri edifici;
si è avuta notizia di incontri tra la regione e il Sottosegretario ai beni e alle attività culturali, dottor Roberto Cecchi, al fine di una valutazione relativa all'esteso compendio di Villa Job, soggetto da circa 13 anni a vincolo posto dalla soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, per la parte dell'edificio, del giardino e dello spazio agricolo localizzato nelle immediate vicinanze del tracciato della tangenziale sud di Udine;
nel corso di tali incontri sarebbero emerse discordanze interpretative su una parte del vincolo relativamente ad una porzione minore del compendio;
l'esito di tali incontri pare non abbia permesso di sciogliere le riserve circa il migliore tracciato dell'infrastruttura rendendola compatibile sia con la sostanziale permanenza del vincolo relativo a larghissima parte del compendio di Villa Job, sia con la permanenza degli edifici residenziali localizzati nelle immediate vicinanze dell'opera;
la realizzazione della tangenziale Sud di Udine è un'opera che interessa larga parte del Friuli e coinvolge, oltre che le istituzioni locali più direttamente interessate, la provincia di Udine, la regione Friuli Venezia Giulia e lo Stato, in particolare con i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e per i beni e le attività culturali -:
se questa opera strategica, già infrastruttura inserita in legge obiettivo e riconosciuta dal Cipe, sia coerente con il più generale programma di miglioramento dell'accessibilità al luoghi urbani e della produzione;
se il vincolo individuato 13 anni fa relativamente al compendio di villa Job presenti difficoltà interpretative circa la sua applicazione in una porzione residuale del compendio;
se i Ministri interrogati non ritengano di esaminare congiuntamente, dal punto vista formale e tecnico, l'intera problematica approfondendo, in particolare, la natura e le caratteristiche del vincolo apposto sull'intero compendio, anche al fine di individuare soluzioni rapide, non onerose per la collettività, rispettose del diritti dei cittadini e delle comunità locali, per consentire una quanto più possibile rapida realizzazione e messa in esercizio dell'arteria.
(4-14774)

DIONISI e DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dagli organi di stampa si è appresa la notizia di un nuovo progetto infrastrutturale per la realizzazione di un'autostrada

da Cuneo a Tallard e Sisteron (Francia), con un traforo di circa 16 chilometri che collegherebbe Bersezio e Barcellonette;
tale proposta sarebbe il frutto di un vertice tenutosi tra il presidente della provincia di Cuneo e il presidente francese Jean-Louis Bianco (Conseil Général des Alpes de Haute Provence);
secondo la provincia di Cuneo questo progetto, seppur con tempi di realizzazione estremamente incerti, costituirebbe una buona soluzione per ridurre il traffico pesante e offrire un'alternativa al traforo del Frejus;
il progetto sarebbe già stato inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la valutazione nella conferenza intergovernativa, con la richiesta di inserirlo nella rete autostradale transeuropea, per facilitarne il finanziamento;
da subito, la notizia di tale progetto autostradale ha suscitato enormi perplessità soprattutto in relazione ai numerosi progetti infrastruttura li che da anni risultano incompiuti, come quelli relativi alle varianti previste nel protocollo d'intesa del 2005, indispensabili per la sostenibilità della viabilità locale;
i rappresentanti del Comitato «Si Dav», degli enti locali interessati e i cittadini sono rimasti sconcertati dalla notizia apparsa sui giornali relativa a questo progetto faraonico, presentato da chi ha la presunzione di voler risolvere gli annosi problemi di viabilità con quello che all'interrogante appare l'ennesimo spot che non ha alcun elemento di certezza se non quello di tempi di realizzazione molto lunghi;
basterebbe dar seguito ai numerosi progetti infrastrutturali, molto più modesti e realizzabili, che da anni riempiono le pagine dei giornali con i relativi rinvii per ipotesi progettuali alternative;
mentre il territorio chiede infrastrutture indispensabili in tempi ragionevoli come la realizzazione delle varianti presenti nel protocollo d'intesa, si assiste al continuo tentativo di ignorare soluzioni percorribili in termini di costi e di fattibilità -:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di sollecitare l'istituzione di un tavolo di confronto richiesto dai rappresentati degli enti locali interessati, dalla consulta della comunità montana Valle Stura e dal comitato «Si Dav», in merito al progetto citato in premessa e quale sia l'entità delle risorse necessarie per l'eventuale realizzazione di tale progetto, nonché la tempistica prevista.
(4-14793)

DI BIAGIO e PROIETTI COSIMI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di maltempo che ha investito il Paese nei primi giorni del mese di febbraio ha creato una drammatica impasse organizzativa e logistica in Italia, che ha creato evidenti criticità in capo ai cittadini, segnatamente sul fronte dei trasporti e della viabilità;
eclatante è stata l'emergenza dei convogli ferroviari bloccati per ore nella neve, senza riscaldamento, servizi igienici e vivande;
le cause del blocco dei convogli sono state addebitate da Trenitalia agli «alberi e neve sui binari», tanto da legittimare una sospensione del tragitto che è arrivata anche a 30 ore per due convogli in particolare bloccati per più di un giorno l'uno in prossimità de l'Aquila e l'altro in prossimità di Tivoli;
alle succitate criticità si aggiungono quelle relative alla viabilità lungo le strade cittadine e le autostrade che è stata pesantemente compromessa dalla difficoltà di intervento oltre che dalla scarsità dei mezzi spargisale e di quelli spazzaneve che in alcune realtà - segnatamente nella Capitale - si sono limitati a pochi interventi lasciando di fatto la sicurezza del transito stradale alla perizia dei singoli automobilisti;

in data 3 febbraio 2012 centinaia di automobilisti sono stati bloccati con le proprie vetture lungo il grande raccordo anulare di Roma per diverse ore in virtù dell'impossibilità di proseguire lungo le strade compromesse da una significativa quantità di neve e ghiaccio;
la medesima criticità è stata riscontrata lungo molte strade dove - malgrado gli annunci delle autorità competenti - le aziende di riferimento non hanno provveduto ad organizzare adeguate formule di intervento e di monitoraggio della qualità del transito e della condizione del manto stradale;
malgrado i buoni propositi, che si avvicendano attraverso ricchi e ambiziosi comunicati stampa, le succitate società sembrano continuare a tralasciare investimenti in servizi e in miglioramento della qualità di quanto erogato, dando priorità a iniziative e aspetti di organizzazione interna e dirigenziale che poco vantaggio recano al servizio erogato;
la scarsità di mezzi, l'assenza di manutenzione e gli investimenti quasi nulli da parte delle suindicate Società condizionano cattiva qualità del servizio offerto creando in capo agli utenti disagi impressionanti che ma conciliano con il costo che tali servizi mantengono;
il comportamento - a detta dell'interrogante - discutibile e superficiale adottato dalle società autostrade per l'Italia e ferrovie dello Stato italiane lascia emergere le difficoltà nelle quali inevitabilmente incappano aziende a gestione monopolistica che operano in una regime di assenza di liberalizzazione;
le misure di liberalizzazione fin qui adottate dal Governo nulla di fatto introducono in materia di gestione dei trasporti e della viabilità, lasciando a parere degli interroganti pressoché invariata l'attuale organizzazione compromettendo la concorrenza e legittimando la connotazione monopolistica delle citate società;
secondo gli interroganti l'introduzione di una reale liberalizzazione nei settori testé citati potrebbe consentire una maggiore funzionalità dei medesimi, poiché una sana competizione consentirebbe agli utenti la possibilità di scegliere il tipo di servizio e, segnatamente, comporterebbe una maggiore attenzione della società medesima all'implementazione e al miglioramento delle infrastrutture attraverso cui erogare i servizi -:
se si intendano assumere iniziative normative per rivedere le attuali disposizioni disciplinanti la regolamentazione delle suindicate società al fine di riconoscere anche nel settore dei trasporti ferroviari e della viabilità autostradale specifiche norme in materia di liberalizzazione.
(4-14799)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:

RONDINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il giorno 13 maggio 2011, a Lacchiarella (Milano), vi è stata una diffusione a mezzo stampa di uno scritto prodotto dal consigliere di maggioranza dell'amministrazione comunale di Lacchiarella, signor Fausto Franceschi, eletto regolarmente nella lista civica «Vivere Lacchiarella», il quale denuncia pubblicamente il grave fenomeno di evasione fiscale da parte della locale pro-loco, dell'abituale prassi di ricevere denaro da terzi senza emettere alcun tipo di fattura o ricevuta che attesti l'avvenuto incameramento di denaro, provento di affitti e usufrutti di strutture pubbliche di proprietà del comune di Lacchiarella, denunciando l'esistenza di un non chiaro e quantificabile «giro di nero» ovvero di denaro non tracciabile del quale non è chiara la sua destinazione e il suo utilizzo;
viene altresì evidenziato dal signor Fausto Franceschi, che il sindaco pro-tempore

signor Luigi Acerbi era stato avvisato da tempo, tramite lettere scritte dallo stesso Franceschi (la prima risalirebbe all'agosto del 2010) di quanto accadeva nella pro-loco, stigmatizzando che lo stesso Acerbi non ha mai presentato alcun atto formale o azioni d'indagine o di controllo a seguito della denuncia del consigliere comunale appartenente alla sua coalizione il quale evidenziava che il sindaco da tempo sapesse di quanto accadeva, che nulla era stato fatto e che esso fosse connivente;
vengono nominati altri due consiglieri di maggioranza, dei quali non vengono esplicitati i nomi, che sono testimoni e vittime di questo tipo di gestione scorretta;
il signor Fausto Franceschi, essendo anche Consigliere della pro-loco di Lacchiarella, in quanto vi è una rappresentanza di consiglieri comunali che di diritto occupano tre posti nel consiglio di amministrazione della pro-loco (2 di maggioranza e 1 di minoranza) a seguito del rilevante contributo elargito dalla giunta comunale pari a 30.350,00 euro/anno, denuncia che all'atto della richiesta di visionare i bilanci della pro-loco ha ricevuto un categorico rifiuto da parte del Presidente della pro-loco signor Campagnoli;
il signor Fausto Franceschi denuncia che i consiglieri di maggioranza abbiano cercato di minimizzare e che mal sopportino la sua iniziativa facendo così supporre un ulteriore numero di soggetti, appartenenti alla maggioranza del gruppo consigliare «Vivere Lacchiarella», parimenti conniventi;
gli organi di stampa hanno ripreso quanto accaduto su denuncia dei cittadini di Lacchiarella; l'8 giugno 2011 è comparso un articolo su «La Padania» - pagine 8 e 9 - e il 10 giugno 2011 la notizia è stata diffusa al TG di Primarete Lombardia e Telecolor -:
se si intendano inviare ispettori della Guardia di finanza per effettuare gli accertamenti del caso affinché venga fatta chiarezza;
se, a seguito della grave denuncia e alla comprovata mancanza di trasparenza e di un comportamento integerrimo da parte dei consiglieri comunali di maggioranza, non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
(3-02079)

DI PIETRO, PALOMBA e FAVIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che sabato 28 gennaio 2012 il sindaco di Portoscuso Adriano Puddu è stato arrestato con l'accusa di aver ricevuto tangenti per la realizzazione del parco eolico della società Portovesme. I reati contestati dalla procura di Cagliari, come emerge dalle intercettazioni, sono quelli di concussione, corruzione e abuso d'ufficio, legati anche alla volontà del sindaco di consentire l'alienazione di terreni ad una società privata previamente sgravandoli della qualità di terre destinate ad uso civico (in merito alla relativa delibera i consiglieri di opposizione dapprima espressero voto contrario, poi ne chiesero la revoca), ad una attività di scambi politico-elettorali e ad uno scandalo legato alla concessione di sussidi sociali del comune a donne in difficoltà in cambio di favori sessuali, per sé e per altri;
estremamente preoccupante è altresì quanto emerge dall'Unione Sarda del 4 febbraio 2012 in un articolo dal titolo «LE INDAGINI. Il pescatore Giovanni Desogus non accettò la proposta presentata dall'ex primo cittadino "Fai a pezzi Alessandro Puddu" La ricompensa per commettere l'omicidio: 500 euro e un posto di lavoro»;
nel testo si dice «Giovanni Desogus è uno dei due giovani al quale il sindaco di Portoscuso avrebbe chiesto di uccidere Alessandro Puddu. Il 25 luglio 2011 Desogus ha riferito tutto ai Forestali: "Lavoravo come pescatore e un giorno col comandante Salvatore Sabiu c'era il sindaco

Adriano Puddu. Il quale mi aveva chiesto se fossi disponibile per sistemare una certa situazione che lui aveva con un certo Alessandro Puddu. Per questo era pronto a darmi 500 euro di ricompensa. Gli avevo risposto che non ero disponibile a sistemare le sue situazioni con gli altri e, piuttosto, di trovarmi un posto di lavoro che i 500 euro me li sarei lavorati ogni mese per me. Dopo poco tempo ho perso quel posto di lavoro e non escludo proprio che sia stato il sindaco a dire al mio comandante di mandarmi via per il mio no alla sua richiesta". Davanti ai Forestali, dunque, Desogus non ha specificato quel che aveva confidato alla zia di quel ragazzo, Fabiola Orrù. Che, invece, ha messo tutto a verbale: Il 10 gennaio 2008 una mia cliente mi aveva detto di riferire a mio nipote Alessandro Puddu di non tornare a Portoscuso perché il sindaco voleva fargliela pagare. Mi aveva detto di mettermi in contatto con un certo Giovanni Desogus di Portoscuso e non avevo perso tempo. L'avevo fatto venire nel mio centro estetico e lì mi aveva raccontato che un giorno Puddu si era presentato al porto e gli aveva proposto una certa cosa: doveva uccidere mio nipote Alessandro Puddu. Sarebbe stato ricompensato con 500 euro e un posto di lavoro fisso. Desogus aveva rifiutato dicendogli che voleva, sì, un posto di lavoro migliore ma non era disponibile a uccidere nessuno per questo motivo. Desogus mi aveva detto anche di voler riferire questa cosa a mio nipote e infatti l'avevo accompagnato a casa, a Carbonia, dove aveva confermato tutto. Dopo pochi giorni avevo chiesto a Desogus se fosse disponibile a mettere per iscritto quanto mi aveva riferito: aveva accettato. Così aveva scritto la sua verità sul foglio che ora vi mostro. Il sindaco gli aveva chiesto di "fare a pezzi Puddu Alessandro". Successivamente avevo tentato di chiedere ad alcuni legali di avviare azioni penali, non c'ero riuscita perché nessuno intendeva accettare in quanto vi era il sindaco di mezzo»;
l'inchiesta della procura di Cagliari ha scoperchiato una gravissima situazione di malaffare e illegalità che da anni affligge il centro del Sulcis Iglesiente, territorio già in ginocchio per una crisi economica senza precedenti (come quella che attanaglia il comparto dell'alluminio che coinvolge Alcoa, Eurallumina e il relativo indotto), ove il sindaco imperversava;
dalle intercettazioni in possesso della magistratura, secondo quanto riportato dalla stampa il 3 febbraio 2012, è anche emerso che il sindaco Puddu aveva l'abitudine di controllare gli esponenti dell'opposizione più scomodi per il suo operato, inclusa quella di farli pedinare. In particolare, è stata pubblicata una intercettazione che attesta come il sindaco, dopo una segnalazione del consigliere provinciale Rossano Loddo sui movimenti del consigliere Cremone, abbia chiesto ad un esponente politico a lui vicino (l'assessore comunale Maurizio Cuccu) di seguire e controllare in particolare il consigliere comunale e provinciale Angelo Cremone, che insieme ad altri colleghi aveva spesso invocato per Portoscuso il ritorno alla legalità ed aveva votato contro la delibera sulle terre civiche, chiedendone poi la revoca. È da notare che il consigliere Cremone, conosciuto per le sue battaglie di contrasto al malaffare e di difesa dell'ambiente, aveva in passato subìto danneggiamenti della sua autovettura (come pubblicato anche dalla stampa locale), dal carattere intimidatorio, di origine oscura e preoccupante;
dalle suddette intercettazioni emerge anche che questo sistema aveva certamente come caposaldo il sindaco Puddu, ma si basava anche sul concorso della giunta e dei consiglieri di maggioranza. Ora, se il sindaco dopo il suo arresto è stato immediatamente sospeso dalle funzioni dal prefetto di Cagliari, Giovanni Balsamo, che ha meritoriamente operato, il resto della Giunta continua a rimanere in carica, prevedibilmente in continuità con la politica precedente e per portarne a compimento il disegno. A tale proposito il quotidiano L'Unione Sarda del 5 febbraio 2012 titola «Dalla Giunta delibere pro-sindaco?» Sequestrati gli atti adottati 36 ore dopo l'arresto di Adriano Puddu,

con riferimento a quattro delibere adottate dopo il suddetto arresto. Per questo motivo il consigliere Angelo Cremone - che insieme ad altri colleghi ha presentato una mozione di sfiducia verso l'intero esecutivo - ha annunciato clamorose azioni di protesta, comprese una denuncia alla procura della Repubblica e mozioni di censura, affinché sia ristabilita al più presto una situazione di legalità e i due esponenti politici intercettati dagli inquirenti siano severamente censurati ed estromessi dalla vita pubblica;
il quotidiano L'Unione Sarda del 31 gennaio 2012 ha altresì dato notizia che il giorno prima lo stesso consigliere Cremone ed altri consiglieri comunali erano stati impediti dal vicesindaco rimasto in carica di svolgere le loro funzioni nei locali comunali, chiedendo anche l'intervento dei carabinieri. Dallo svolgersi degli eventi appare evidente la volontà di estromettere dal comune i consiglieri comunali di opposizione e di impedire loro l'esercizio delle libertà politiche, fatto per il quale i predetti consiglieri stanno valutando la possibilità di proporre denuncia-querela;
i fatti sopra descritti fanno emergere un pesante intreccio tra interessi privati e funzioni pubbliche, unito alla volontà di impedire o rendere estremamente difficoltoso l'esercizio delle funzioni politiche dei consiglieri di opposizione legittimamente eletti anche attraverso forme di pedinamento. Si tratta, quindi, di attività di controllo del territorio e delle persone, di intimidazione degli oppositori e di impedimento allo svolgimento delle libertà politiche (tutelate anche dall'articolo 294 del codice penale), di volontà di eliminazione fisica di persone sgradite attraverso proposte di «killeraggio» a sicari prezzolati (fortunatamente la persona interpellata per questo «servizio» non accettò: ma nessun legale aveva accettato di «iniziare azioni legali in quanto c'era il sindaco di mezzo»), di costruzione di scambi politico-elettorali e di intreccio tra affari ed amministrazione, che sono atteggiamenti propri di altri contesti criminali a penetrazione di tipo mafioso. Ma, se non vi sono le prove di «elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata» di cui all'articolo 143 del testo unico sugli enti locali n. 267/2000 come primo requisito per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, potrebbero ravvisarsi invece quelle «forme di condizionamento degli amministratori (stessi), che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica», elementi che lo stesso articolo 143 disgiuntamente («o») indica come ugualmente idonei a determinare lo scioglimento del consiglio comunale. Peraltro, se rispetto ai comportamenti del sindaco è dato scorgere un pieno sostegno della giunta e del consiglio comunale nella componente di maggioranza, l'episodio della volontà di impedire ai consiglieri di minoranza di esercitare le loro funzioni all'interno dei locali comunali o quella volta all'adozione di delibere immediatamente dopo l'arresto del sindaco sono da ascrivere unicamente all'amministrazione residua: segno della assoluta continuità di essa nei metodi di gestione della cosa pubblica. Pertanto si può dire che l'organismo elettivo (per lo meno nella parte che sostiene il sindaco) e la giunta sopravvivono al sindaco arrestato, essendo politicamente ed amministrativamente omogenei alla sua linea politica: ditalchè si pone seriamente il problema della loro sopravvivenza o della loro rimozione -:
se il Ministro sia a conoscenza della pericolosa situazione venutasi a verificare a Portoscuso, quali iniziative di competenza intenda porre in essere per ristabilire la legalità e garantire la sicurezza degli esponenti politici di opposizione nonché per assicurare la correttezza politico-amministrativa nel centro del Sulcis Iglesiente, che sta in un territorio già fortemente debilitato dalla crisi economica e che avrebbe necessità di interventi in favore della popolazione martoriata e non

nell'interesse personale; in particolare, se ravvisi elementi per rimuovere la giunta e sciogliere il consiglio comunale che la sostiene, per evitare che possa consolidarsi il giro di malaffare e di intimidazione venuto alla luce con l'inchiesta che ha portato all'arresto del sindaco Adriano Puddu.
(3-02090)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Nuova federazione autonoma A.D.P. da alcuni mesi sta denunciando la grave situazione in cui versa la squadra di frontiera della polizia di Stato all'aeroporto internazionale «V. Bellini» di Catania-Fontanarossa;
a fronte di un organico complessivo di 145 unità i poliziotti in forza alla squadra di frontiera sono soltanto 10 più 2 coordinatori;
a giudizio dell'interrogante e della Nuova federazione autonoma A.D.P., con le attuali risorse umane è impossibile assicurare un controllo costante e vigile dei passeggeri a rischio, cioè di quelli in possesso di documenti falsi, o riuscire a compiere un attento ed efficace servizio rivolto a quegli individui che possono mettere in pericolo la sicurezza interna degli Stati membri dell'Unione europea;
la segreteria provinciale della Nuova federazione autonoma A.D.P. ha sollecitato il 7 ottobre il locale dirigente di polizia ad una soluzione condivisa, ma, a tutt'oggi, non ha ottenuto alcuna risposta;
nella nota di ottobre erano state richieste, altresì, migliorie per l'attività di controllo passaporti, per la sala arrivi ed ulteriori modifiche ai box controlli documentali di frontiera con l'unico scopo di agevolare e migliorare l'attività di verifica dei passeggeri;
il 14 novembre 2011, una delegazione sindacale della Nuova federazione composta da dirigenti regionali e provinciali si è recata a Palermo per incontrare il direttore della VII zona «Sicilia» per renderlo partecipe della problematica esposta e richiedendo un intervento risolutivo che, ad oggi, tarda ad arrivare;
la Nuova federazione autonoma A.D.P. ha, pertanto, dichiarato il 19 dicembre 2011, lo stato di agitazione del personale fino a quando non si addiverrà ad una soluzione -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-14766)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
gli ausiliari della viabilità sono specialisti formati e addestrati al controllo e al mantenimento delle condizioni di sicurezza dell'autostrada nonché perfettamente in grado di gestire situazioni di emergenza intervenendo secondo specifiche procedure operative a tutela dell'incolumità dei viaggiatori;
il servizio di viabilità è garantito dai sopracitati ausiliari attraverso il costante pattugliamento della rete, il pronto intervento in caso di anomalie, il ripristino delle condizioni di sicurezza e fluidità del traffico, la rilevazione degli estremi degli incidenti senza feriti;
il protocollo d'intesa sottoscritto il 20 marzo 1999 dall'AISCAT con il Ministero dell'interno regola l'attività degli ausiliari della viabilità stabilendone la sussidiarietà dei compiti degli stessi rispetto a quelli della polizia stradale;
la Polizia, così come gli altri corpi dello Stato, è gravata da una continua riduzione degli organici, taglio del turn over e delle risorse finanziarie;
è una priorità nazionale nonché un obiettivo imprescindibile del Programma

di azione europeo per la sicurezza stradale intervenire per ridurre l'incidentalità sulle strade;
il settore del soccorso e della sicurezza stradale rientra nel campo di applicazione della legge n. 146 del 1990, come modificata dalla legge n. 83 del 2000, in relazione ai diritti costituzionalmente tutelati alla vita, alla salute, alla sicurezza e alla libertà di circolazione;
la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha deliberato nella seduta del 4 ottobre 2001 che tra le prestazioni indispensabili, da garantire 24 ore su 24 per tutte le giornate dell'anno in caso di sciopero, sono individuati i servizi di viabilità autostradale, in modo da garantire le condizioni di sicurezza del traffico, assicurando altresì gli opportuni interventi in caso di incidente o di altro evento -:
se non intendano, per quanto di propria competenza, valutare la possibilità di assumere iniziative anche normative per un riconoscimento, anche giuridico, della figura professionale degli ausiliari della viabilità in autostrada, in modo da agevolare il lavoro della polizia stradale da tempo sotto organico e, al contempo, valorizzare una categoria professionale.
(4-14773)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella città di Roma si registra un proliferare di sale scommesse e sale giochi;
che nel 2005 dette sale scommesse erano sette, e attualmente risultano essere oltre 3.400, e come riferisce la giornalista Federica Angeli su Repubblica del 12 gennaio 2012, continuano ad aprire con rapidità sconcertante, sorgendo sulle ceneri di cinema, grandi magazzini, piccoli teatri;
attorno a queste attività, come dimostrato anche da numerose inchieste giudiziarie, si intrecciano gli appetiti sulla criminalità organizzata;
la proliferazione di questo fenomeno è anche alimentato dal fatto che non esiste una normativa comunale che governi la materia;
non risulta esistere neppure una mappatura del fenomeno nella città di Roma;
secondo quanto denuncia il segretario provinciale del sindacato di polizia Silp-Cgil Gianni Ciotti, una novità che in questi ultimi mesi sta emergendo è che molte sale giochi romane si stanno attrezzando per poker on line su circuiti illegali, e che la stessa pubblicità indica che alcuni circuiti non sono legali per la normativa italiana: tutti quelli che non finiscono per .it ma per .com sono illegali e non riconosciuti dal monopolio Italiano -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
se esista una mappatura delle sale scommesse e sale giochi per quel che riguarda le città di Torino, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Palermo, e quale sia la «fotografia» che ne emerge;
in caso negativo perché tale mappatura non sia ancora stata effettuata;
se siano in grado di quantificare il giro di interessi nella città di Roma e complessivamente nelle città sopra indicate;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza intendano promuovere o adottare per fronteggiare la situazione sopra esposta.
(4-14780)

ARACRI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società Camene S.p.A. ha stipulato in data 15 dicembre 2010, regolare contratto

di locazione commerciale con la controparte locatore Area Domus S.r.l., per l'affitto dell'ex cinema Palazzo sito in Roma in piazza dei Sanniti 9/a (zona San Lorenzo). Su tale immobile dal gennaio del 2011 sono iniziati regolari i lavori di ristrutturazione per la realizzazione di una sala polifunzionale in virtù di apposita convenzione di concessione governativa sottoscritta con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'attività di raccolta delle giocate tramite gli apparecchi ex articolo 100, comma 6, lettera b) del testo unico leggi pubblica sicurezza;
in data 15 aprile 2011 circa una ventina di persone facenti capo all'organizzazione Action, insieme ad altre persone appartenenti ai centri sociali di San Lorenzo, si sono introdotte all'interno del predetto immobile in cui vi è un cantiere aperto per occuparlo abusivamente; a seguito di tale illecita azione la società Camene ha formalizzato denuncia presso l'autorità giudiziaria, anche per le minacce subite nei confronti di tutti gli operai presenti nel cantiere, che sarebbero stati minacciati e allontanati con violenza dal suddetto immobile in cui stavano lavorando;
in data 15 maggio 2011 il pubblico ministero Anna Maria Cordova procedeva ad emanare decreto di archiviazione della denuncia di cui sopra ritenendo l'occupazione «un'introduzione momentanea (...) tendente a esprimere un dissenso»;
il 6 ottobre 2011 viene presentata una nuova denuncia per occupazione abusiva in virtù del fatto che all'interno del locale sono state costruite, abusivamente, delle tribune;
il 12 dicembre 2011 il giudice per le indagini preliminari Adele Rando ha disposto il sequestro del locale e inviato la polizia giudiziaria ad apporre i sigilli al cinema Palazzo ma l'attrice Sabina Guzzanti, insieme a Marco Miccoli, segretario del PD romano, ed altri attivisti dei centri sociali, hanno impedito di fatto alla polizia giudiziaria di apporre i suddetti sigilli;
dal momento dell'occupazione sono più di otto mesi che nel cinema Palazzo si tengono abitualmente attività ricreative, assemblee, incontri politici con rappresentanti delle istituzioni, tutto in contrasto con le leggi, in condizione di annullamento di fatto dei diritti del proprietario e del conduttore;
quanto sopra descritto, oltre a limitare l'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, ha già comportato la perdita di investimenti per la società Camene S.p.A., già stimati per circa un milione di euro, per l'avvenuta ristrutturazione del cinema, oltre al danno del mancato guadagno, a fronte della stipula di un regolare negozio giuridico tra le parti;
l'attuale impossibilità di svolgere la suddetta attività commerciale, in palese contrasto con le norme giuridiche del nostro ordinamento, impedisce altresì lo svolgimento dell'attività lavorativa per cinquanta persone addette -:
quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare i Ministri interrogati, al fine di risolvere la suddetta incresciosa vicenda, in osservanza delle leggi vigenti, garantendo così in tempi brevi il ripristino della legalità e se non ritenga di convocare i vertici locali delle forze dell'ordine per chiarire i motivi per cui non è stato consentito alla società conduttrice e al proprietario di esercitare i propri diritti costituzionalmente tutelati.
(4-14797)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) ha pubblicato il bando PRIN che stanzia diversi

milioni di euro destinati alla ricerca di base (175 milioni); rispetto al passato il nuovo bando introduce novità di rilievo;
fino al 2011 il meccanismo era abbastanza «semplice»: un ricercatore o docente universitario poteva costituire in veste di responsabile scientifico un gruppo di ricerca presentando domanda di finanziamento. Ogni gruppo doveva essere costituito da una o più unità, ognuna delle quali coordinata da un responsabile scientifico. Nella fase preliminare ogni gruppo doveva richiedere all'ateneo di afferenza la disponibilità al cofinanziamento. Nel caso in cui l'ateneo avesse avallato tale richiesta, il gruppo di ricerca poteva procedere alla presentazione della domanda. A memoria degli interpellanti il cofinanziamento non è mai stato negato ad alcun gruppo di ricerca;
i progetti erano di durata biennale ed il sistema di valutazione si basava sulla peer review. La selezione dei valutatori avveniva in larga parte sulla base di un processo di autocandidatura. Ovvero, il revisore doveva volontariamente iscriversi all'albo dei revisori specificando i propri ambiti di ricerca. Dopo aver adempiuto a questa formalità il suo nominativo era presente nella banca dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e quindi poteva essere selezionato come referee. Tale impianto, seppur snello, ha spesso favorito esiti non competitivi della procedura di valutazione. I revisori assegnavano una valutazione al progetto e alla fine del processo di valutazione i progetti con le valutazioni più alte venivano finanziati;
è indubbio che la selezione dei valutatori sulla base di autocandidature e di parole chiave ha prodotto effetti distorsivi nel processo di selezione, infatti la valutazione expost dei progetti era una prassi formale e non sostanziale; infatti, il tipo di controllo non entrava adeguatamente nel merito delle attività svolte; tuttavia, nel corso degli anni sono stati così assegnati centinaia e centinaia di milioni di euro a sostegno della ricerca di base e comunque i PRIN hanno consentito il finanziamento di assegni di ricerca a giovani meritevoli e lo svolgimento di missioni all'estero altrimenti impossibili; infatti si poteva essere finanziati pur essendo giovani sconosciuti, ma di qualità;
l'attuale bando (articolo 2, comma 1) stabilisce il numero minimo di cinque unità, poi successivamente ridotto a due solo per alcuni settori disciplinari, per la presentazione di un progetto. Nel caso in cui un gruppo di ricerca, molto competitivo a livello internazionale, formato da due università stia lavorando ad un progetto promettente non può fare domanda. Deve necessariamente aggregare altre tre università o rinunciare;
la novità più rilevante riguarda le procedure di selezione (articolo 5). Quest'anno per la prima volta le singole università vengono per così dire «corresponsabilizzate»; la prevalutazione dei progetti interna agli atenei, inoltre, così come l'introduzione di un tetto al numero di progetti presentabili per ateneo, prescinde evidentemente da una valutazione comparativa nazionale dei progetti;
il bando per i finanziamenti dei progetti di ricerca di interesse nazionale, PRIN, emanato attraverso il decreto ministeriale n. 1152 del 2011 e modificato poi attraverso il decreto ministeriale n. 2 del 2012, prevede pertanto un processo di prevalutazione in sede alle singole università, un processo che si configura gestito in maniera totalmente interna, senza alcuna garanzia sufficiente, procedurale e di trasparenza, che esso avvenga in base al merito dei progetti e dei ricercatori e non ad altre «considerazioni»;
questo appare un ulteriore rafforzamento di influenze accademiche su base locale ed è un evidente svantaggio per le forze più giovani quanto per la loro autonomia di ricerca, andando infine a totale discapito di una migliore qualità dei progetti;
il bando, come suaccennato, prevede una seconda fase in cui commissioni di

soli tre membri procedono alla revisione dei singoli progetti di ricerca e, data l'ampiezza dei temi che essi finiranno per ricomprendere e pertanto la difficoltà di entrare nel loro merito, diventa assai probabile che considerazioni diverse dalla qualità della ricerca, come università di provenienza dei progetti o SSD di riferimento, finiscano per guidare le scelte delle commissioni;
il bando prevede inoltre, il medesimo processo di valutazione ed assegnazione di risorse per tutte le aree scientifiche e SSD, senza tutelare e prestare le dovute attenzioni alle peculiarità con cui è effettuata la ricerca in ciascuna di esse;
le modifiche introdotte attraverso il decreto ministeriale n. 2 del 2012 non variano la natura del procedimento come sopra illustrata;
il bando, che prevede la possibilità di finanziare ricerche che coinvolgono almeno 5 gruppi, azzera tutta la ricerca curiosity driven e condotta in piccoli gruppi, che aveva nel PRIN l'unica fonte accessibile di finanziamento, una forma che rappresenta tra l'altro la condizione normale di conduzione delle ricerche nell'ambito delle scienze sociali e umane;
a conferma di ciò, i premi Nobel per la biologia del 2006 e per la fisica 2010, solo per citare alcuni esempi, sono stati assegnati a gruppi di ricercatori rispettivamente di 2 e 6 individui, che paradossalmente non potrebbero accedere a questo bando;
il rischio della procedura così concepita è la formazione di abnormi aggregazioni tra università e ricercatori che non hanno nulla in comune e il cui unico scopo è quello di conquistare il finanziamento, a costo di proporre programmi «arlecchino» senza nessuna coesione interna e alcuna omogeneità tematica;
la dichiarazione del Ministro del 17 gennaio 2012 a Radio3, per cui la intera organizzazione del bando sarebbe più mirata a produrre un processo «educativo» dei ricercatori italiani alla preparazione di bandi europei che non alla più precisa individuazione di ricerca di interesse e valore, è una dichiarazione che non si può in alcun modo accettare per la funzione ovviamente distinta di processi di formazione e finanziamenti di base, per la cogente necessità di coprire con un solo bando PRIN tre cicli andati persi per i ritardi del Ministero sotto il mandato del precedente Governo e per la situazione di crisi generalizzata della ricerca italiana in generale, che prima ancora di formazione necessita di sopravvivere -:
come il Ministro intenda provvedere, per quanto di competenza, per porre rimedio alla situazione descritta in premessa e tutelare la qualità e il merito della ricerca italiana nelle sue pecualiarità, al di là delle valutazioni interne dei singoli atenei e di parametri puramente quantitativi che si traducono inevitabilmente in rapporti di forza ed influenza.
(2-01350)
«Di Pietro, Zazzera, Donadi, Borghesi, Di Giuseppe».

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e CENTEMERO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'anno scolastico 2010-2011 sono stati avviati due progetti sperimentali «Vsq» («Valutazione per lo sviluppo delle scuole») e «Valorizza» per la valorizzazione e la valutazione del personale docente;
questi due progetti sperimentali hanno rappresentato la prima esperienza sul campo, coinvolgendo complessivamente 110 istituzioni scolastiche e circa 1000 insegnanti;
si tratta di esperienze attuate con un sistema di condivisione dalla base del sistema di istruzione e formazione;
l'Unione europea ha rivolto alcune raccomandazioni al Governo italiano con una serie di richieste, due delle quali riferite, in particolare, alle azioni da intraprendere «per valorizzare il ruolo degli insegnanti in

ogni scuola» e per ovviare alla eventuale insufficienza dei risultati raggiunti da parte delle istituzioni scolastiche -:
se e come il Governo intenda proseguire le suddette sperimentazioni, al fine di pervenire alla costruzione di un sistema italiano moderno ed efficiente per la valutazione delle istituzioni scolastiche e degli insegnanti, nell'ottica di un continuo miglioramento della qualità del sistema di istruzione e formazione.
(3-02081)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 23 novembre 2011 il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF» ha deciso di bandire, tramite concorso nazionale per titoli ed esami, 4 posti di tecnologo di III livello a tempo indeterminato, tra cui 1 presso l'ASI Science Data Center (ASDC);
l'ASI Science Data Center (ASDC) è una struttura ASI istituita nel 2000, con sede presso ESA-ESRIN, con il compito di gestire gli archivi scientifici dei satelliti relativi all'osservazione dell'universo, di distribuire i dati alla comunità scientifica nazionale e di supportarla nell'analisi scientifica degli stessi. L'ASDC ha responsabilità primarie negli archivi dei satelliti BeppoSAX, Swift, AGILE, Fermi ed inoltre supporta gli archivi di numerose altre missioni sia ESA che di altre organizzazioni internazionali come NASA e JAXA;
l'ASDC in particolare agisce da centro dati di AGILE, l'unico satellite scientifico tutto italiano dell'Agenzia spaziale, in orbita dal 2007, dedicato all'astronomia gamma a energie sopra i 100 MeV;
il 12 gennaio 2012, l'American Astronomical Society ha assegnato ad AGILE e al suo team il più prestigioso e ambito riconoscimento internazionale nel campo dell'astrofisica delle alte energie, il premio Bruno Rossi, per la scoperta della variabilità dell'emissione gamma della nebulosa del granchio. Un contributo fondamentale per questa scoperta si deve alla gestione dei dati di AGILE da parte di ASDC, i cui ricercatori avevano già notato un aumento del flusso gamma nel 2007, durante la fase di calibrazione del satellite, a pochi mesi dal lancio (C. Pittori et al., A&A 506, 2009). Questa è la quarta volta che una missione spaziale supportata dall'ASDC riceve un prestigioso riconoscimento internazionale;
l'intero team INAF di ASDC, 24 persone in tutto, cui il Paese deve scoperte di indubbio e riconosciuto prestigio internazionale, ha un rapporto di lavoro precario, basato cioè o su contratti di lavoro dipendente a tempo determinato, o su contratti di collaborazione a progetto, o su assegni di ricerca, in alcuni casi da più di 10 anni;
la peculiarità della situazione del personale INAF in ASDC è ben descritta nelle parole dei membri dell'ASDC Users Committee nel Report n. 1 di luglio 2011:
«(...) nell'ottica di dare priorità in ASDC alle attività dedicate ai dati (rispetto all'attività scientifica), risulta fondamentale poter garantire una maggiore stabilità lavorativa (ad esempio mediante contratti pluriennali) per lo staff che privilegia l'attività di servizio. Si invitano inoltre ASI e INAF a studiare meccanismi congiunti per permettere un'adeguata opportunità di carriera (esempio stabilizzazione) per questo personale.»;
bandire tramite concorso nazionale un posto permanente per tecnologo di III livello significa per prima cosa condannare altri «archive scientists» di comprovata esperienza ed elevata professionalità al precariato - o anche tutti i ricercatori attuali, nell'ipotesi che il posto dovesse andare a un ricercatore non facente parte dell'attuale team.
agli interroganti ciò appare un evidente spreco di risorse pubbliche alla luce del fatto che attualmente 6 dei ricercatori

di ASDC - inclusa la responsabile del centro dati AGILE di ASDC, Carlotta Pittori - hanno già superato un concorso nazionale, indetto nel 2008, i cui termini (tenure track) danno facoltà all'amministrazione, l'INAF, di assunzione a tempo indeterminato dei vincitori, ai sensi dell'articolo 5 comma 2, del CCNL 2002-2005;
il fatto che il consiglio di amministrazione dell'INAF ritenga di dover impiegare risorse per sottoporre a ulteriori prove ed esami del personale scientifico che ha avuto tali riconoscimenti internazionali, allo scopo di dare - forse - stabilità solo a uno di loro è secondo gli interroganti davvero assurdo e paradossale. O meglio è prodromico alla deprecata ma comprensibile fuga dei cervelli -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati;
quali iniziative intenda assumere per prevenire oltre ad un evidente spreco di risorse, una ad avviso degli interrogati evidente ed incomprensibile probabile messa in discussione del prestigioso team esistente.
(4-14794)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la società Newrest Wagons-lits Servirail Italia rappresenta l'erede legittimo della storica Compagnia internazionale delle carrozze letti e del turismo e dei grandi treni espressi, con oltre 135 anni di servizio;
la suddetta società insieme alla «Wasteels International Italia» avrà in affidamento, almeno fino agli inizi del mese di dicembre 2011, dalla committente Trenitalia, l'accompagnamento a bordo delle carrozze cuccette e dei vagoni letto, facenti parte del cosiddetto «servizio universale» finanziato, in buona parte dallo Stato. Detto servizio viene svolto, di notte, da 830 lavoratori;
a gennaio 2011 Trenitalia aveva ufficializzato, tramite comunicati stampa e tv, la costituzione di una società partecipata al 50 per cento, con Veolià Transport dedita allo svolgimento di servizi ferroviari (tra cui i vagoni letto). Tant'è che alla nuova società ferroviaria saranno affidati già da dicembre di quest'anno i treni notturni Roma-Parigi e Venezia-Parigi. Inoltre, ad aprile del 2011 Trenitalia ha bloccato le prenotazioni per i treni notte, ha decurtato nel tempo ben 1.800 corse, ha rescisso il contratto in essere anticipandolo al 10 dicembre 2011, ha indetto un bando di gara per dare lo stesso servizio, ma con un capitolato di appalto abbattuto del 50 per cento e infine non ha riconosciuto la cosiddetta clausola sociale;
Trenitalia ha quindi deciso di ridurre drasticamente il personale impiegato per il servizio notturno. Sono circa 1.000 i posti di lavoro in tutto il Paese a rischio. Il volume degli affari in calo, soprattutto quello dei vagoni letto, è stata la motivazione alla base delle decisioni suddette assunte da Trenitalia;
nonostante il calo del volume di affari, Trenitalia non solo ha costituito la società con i partner francesi, ma ha anche bloccato le prenotazioni quando nel solo 2010 vi è stato un aumento del 12,2 per cento dei viaggiatori (da 1.335.202 a 1.498.998 passeggeri - dati Trenitalia) e nell'anno in corso vi sono delle stime che già parlano di un aumento dello 1,81 per cento. Inoltre, giungono voci da oltralpe che stiano già effettuando delle assunzioni;
infine, in base ad un comunicato del 17 novembre 2010 sottoscritto da Rfi e Trenitalia ed inviato a tutti i sindacati, pare che siano necessarie 1.000 assunzioni

per pianificare gli organici di Rfi e Trenitalia. Ma tali assunzioni non riguarderebbero i lavoratori Newrest Wagons-lits Servirail Italia -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione suesposta e cosa intenda fare per tutelare i posti di lavoro a rischio, nonostante l'esistenza di un appalto pubblico concesso a Trenitalia.
(2-01349)
«Codurelli, Ventura, Schirru, Gnecchi, Mattesini, Damiano, Miglioli, Rampi, Bellanova, Vico».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GARAVINI, MADIA e MOSCA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in particolare, in questo momento in cui la disoccupazione giovanile si manifesta in maniera drammatica, i tirocini rappresentano uno strumento efficace per avvicinare i giovani al mercato del lavoro;
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari disciplina all'articolo 11 i livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini;
la normativa, accompagnata dalla circolare n. 24 del 12 settembre 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, individua i tirocini formativi e di orientamento, che non possono avere una durata superiore ai sei mesi, proroghe comprese, e sono promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti, in favore esclusivamente di neo-diplomati o neo-laureati entro dodici mesi dal conseguimento del titolo;
il limite dei dodici mesi dal conseguimento della laurea o del diploma esclude la possibilità di attivare un tirocinio ai soggetti più meritevoli che abbiano virtuosamente conseguito ulteriori titoli di studio post lauream, quali master di II livello o dottorati di ricerca;
l'articolo 11 dispone, altresì, che, in assenza di specifiche regolamentazioni regionali, trovano applicazione, l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e il relativo regolamento di attuazione; tale normativa dispone che, prima dell'attivazione del tirocinio, debba essere stipulata una convenzione preliminare tra i datori di lavoro e gli enti promotori dei tirocini, tra i quali le università e i centri provinciali per l'impiego;
sono sempre di più i casi di neolaureati che hanno compiuto il proprio percorso di studio in un'università estera, soprattutto degli Stati membri dell'Unione europea; è stato segnalato agli interroganti che in questi casi, i cittadini non riescono ad accedere ai tirocini di cui all'articolo 11 della legge 14 settembre 2011, n. 148, giacché, da una parte, le evidenti difficoltà linguistiche, organizzative e normative non consentono la stipula, da parte delle università straniere, delle convenzioni necessarie per l'attivazione dei tirocini, dall'altra, anche i Centri provinciali per l'impiego non sarebbero autorizzati ad assumere il ruolo di enti promotori e a stipulare le convenzioni preliminari con le imprese che si propongono di ospitare il tirocinante che ha conseguito un titolo di studio all'estero;
la normativa in vigore e la circolare n. 24 del 12 settembre 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non disciplina la procedura da seguire per attivare i tirocini in favore di coloro che hanno conseguito titoli di studio in un altro Stato dell'Unione europea; la mancanza di una regolamentazione ha determinato l'oggettiva discriminazione di coloro che, avendo completato il ciclo di studi all'estero, non riescono ad accedere ai tirocini formativi; tale discriminazione contrasta con l'orientamento della sesta sezione della invenzione di Lisbona dell'11 aprile 1997, che pone l'obbligo di riconoscere i titoli d'istruzione superiore conseguiti

all'estero, e contravviene al principio europeo della libera circolazione -:
se non ritenga di assumere iniziative per estendere la possibilità di attivare tirocini anche a coloro che abbiano conseguito titoli di studio post lauream, assicurando che anche i soggetti che abbiano conseguito titoli di studio in università degli Stati membri dell'Unione europea possano, al pari dei colleghi laureati in università italiane, accedere ai tirocini formativi, eventualmente attraverso un diretto coinvolgimento delle direzioni provinciali del lavoro.
(5-06101)

BOFFA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 12 del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 26 del 2010 aveva previsto che i presidenti delle provincie campane provvedessero alla nomina di un soggetto liquidatore «per l'accertamento delle situazioni creditorie e debitorie pregresse, facenti capo ai consorzi e per la successiva definizione di un apposito piano di liquidazione», conferendo altresì al soggetto liquidatore compiti di gestione in via ordinaria dei consorzi e di amministrazione dei relativi beni «da svolgere in termini funzionali al subentro da parte delle province, anche per il tramite delle società provinciali, nelle attribuzioni di legge, con conseguente cessazione degli organi di indirizzo amministrativo e gestionale dei consorzi stessi»;
alla data, marzo 2010, del decreto di nomina dei liquidatori dei consorzi BN1, BN2, BN3: era già venuto meno il contributo mensile, di 2.000 euro per ogni lavoratore, erogato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - commissario di Governo;
i servizi a favore dei comuni del bacino consortile o non erano richiesti o venivano assicurati con corrispettivi inadeguati rispetto ai costi sopportati dai consorzi;
i comuni non aderivano alla richiesta formulata dai liquidatori di prevedere nei bandi di gara, per l'individuazione dell'impresa di gestione del servizio per la raccolta dei rifiuti urbani indifferenziati, l'applicazione dell'articolo 6 del Contratto collettivo nazionale dei lavoratori Federambiente relativo al passaggio presso l'impresa aggiudicataria del personale dei consorzi;
in data 7 agosto 2010, veniva stipulato un protocollo d'intesa tra il prefetto, la provincia di Benevento, il comune di Benevento, i consorzi BN1, BN2 e BN3 e le organizzazioni sindacali più rappresentative e sottoscritto un verbale di accordo sindacale tra i consorzi e le organizzazioni sindacali in cui si concordava di richiedere la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga per il periodo dal 26 luglio 2010 al 31 dicembre 2010;
la regione Campania, con decreto n. 201 del 10 dicembre 2010, pubblicato sul BURC n. 82 del 20 dicembre 2010, concedeva la cassa integrazione guadagni straordinaria autorizzando la direzione dell'Inps territorialmente competente ad erogare il relativo trattamento economico;
in tale contesto, in esito ad un primo ricorso dei lavoratori dei disciolti consorzi, il tribunale di Benevento-sezione lavoro, con ordinanza del 28 gennaio 2011, affermava che «rispetto al quadro normativo e alla condotta del Commissario liquidatore prima e della regione Campania poi nessuna censura di illegittimità può essere mossa» sulla procedura di concessione in deroga della cassa integrazione;
successivamente, tuttavia, su ricorso presentato da altri tre lavoratori, volto ad ottenere l'annullamento del decreto di concessione del beneficio della cassa integrazione guadagni straordinaria e la reintegrazione nel posto di lavoro, con ordinanza n. 26 del 23 marzo 2011, un altro giudice del lavoro dello stesso tribunale accoglieva la domanda cautelare e, per l'effetto, disapplicava il decreto dirigenziale n. 201 del 10 dicembre 2010 e disponeva il ripristino del rapporto di lavoro dei ricorrenti;

tale decisione (sempre emessa dal medesimo tribunale del lavoro di Benevento) ha determinato la revoca del decreto dell'ORMEL che disponeva l'accesso al beneficio della cassa integrazione guadagni straordinaria;
è intervenuta, altresì, in materia, la sentenza n. 69 del 2011 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 69 dell'articolo 1, legge regionale n. 2 del 2010 in quanto in contrasto con la disciplina statale dettata dall'articolo 11 del citato decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26;
la richiamata dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 69 dell'articolo 1 della legge regionale della Campania n. 2 del 2010 incide, ovviamente, anche sulle modifiche, apportate dal medesimo disposto, all'articolo 32-bis della legge regionale Campania n. 4 del 2007;
il 25 ottobre scorso, poi, il Consiglio di Stato in via definitiva ha sancito con propria sentenza che non trova applicazione la cassa integrazione per i lavoratori dipendenti dei consorzi di bacino della regione Campania che non abbiano proceduto ad attuare la dotazione organica prevista dall'articolo 13 della legge n. 26 del 2010;
la regione Campania, con la delibera di giunta n. 614 del 29 ottobre 2011, ha approvato il progetto dell'amministrazione provinciale di Benevento denominato «Interventi finalizzati al ciclo integrato dei rifiuti urbani ed alla implementazione della Raccolta Differenziata nei Comuni della Provincia di Benevento anche tramite il riutilizzo del personale dipendente dei Consorzi di Bacino ex L.R. 10/93 per un periodo di quattro mesi»;
ad oggi, la delibera della giunta regionale citata non ha trovato attuazione in mancanza della disponibilità delle risorse di cassa necessarie all'avvio del progetto approvato;
il decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative» al comma 5 dell'articolo 13, proroga, al 31 dicembre 2012, la durata della fase transitoria prevista dall'articolo 11, comma 2-ter, del decreto-legge n. 195 del 2009, durante la quale le sole attività di raccolta, di spezzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni della regione Campania, in luogo del subentro in tali funzioni delle province, come previsto dal comma 2 del medesimo articolo 11;
il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», prevede che «spettano alla provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze» e che «lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza»;
alla luce di queste ultime novità appare ancora più imprescindibile chiarire ed interpretare, in modo univoco, sulla base delle disposizioni vigenti, l'assetto delle competenze e delle funzioni di tutte le parti coinvolte nel processo;
tale iniziativa è resa ancor più indifferibile ed urgente per la necessità di garantire i lavoratori interessati che da ben 18 mesi sono assolutamente privi di ogni certezza rispetto al loro futuro lavorativo e di qualsiasi forma di sostegno al reddito -:
se il Ministro interrogato, non ritenga opportuno promuovere con urgenza un tavolo

di coordinamento con la regione Campania per definire le possibili iniziative utili per risolvere definitivamente una controversia che sta determinando conseguenze gravi sul piano occupazionale per le famiglie dei 124 lavoratori interessati.
(5-06110)

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Helios Technology, società per azioni con sede legale in via Postumia 9/b a Carmignano di Brenta (Padova) - soggetta alla direzione e al coordinamento della società Kerself Spa con sede in Prato di Correggio (Reggio Emilia), ed una delle più importanti realtà a livello nazionale nella produzione di celle e moduli fotovoltaici presente sul mercato mondiale da alcuni decenni, tra la fine del 2010 e i primi mesi del 2011 ha adottato, per parte degli oltre duecento dipendenti alle proprie dipendenze, la stato di cassa integrazione;
l'azienda, nonostante negli ultimi anni abbia usufruito di numerose commesse, ha dovuto altresì sospendere per determinati periodi la produzione di parte delle proprie linee, con negative conseguenze sia per i dipendenti che in essa operano che per le famiglie delle stesse, già provate dalle conseguenze della grave crisi economica e dalla cassa integrazione adottata nelle settimane precedenti;
organi di stampa locali (Mattino di Padova di giovedì 2 febbraio 2012) riportano la notizia secondo la quale, a fronte delle recenti decisioni del Governo in materia di «conto energia», parte delle agevolazioni previste a favore di aziende operanti nel fotovoltaico e di progetti già avviati, potrebbero venire meno, spingendo la Kerself ad investire risorse economiche e di investimento in altri Paesi -:
quali concrete iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per evitare che la crisi della Helios Technology si riversi sui dipendenti dell'azienda, e quali iniziative, all'interno delle rispettive competenze, si intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali delle famiglie interessate.
(4-14772)

PISICCHIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Federazione dei pensionati della Cisl di Bari ha denunciato da tempo la questione degli «indebiti INPS», notificati a migliaia di beneficiari di trattamenti pensionistici, a seguito di controlli e di incrocio dei dati reddituali, questione che è stata anche causa di drammatici episodi sfociati, purtroppo, in suicidi di pensionati;
la situazione dei cosiddetti «indebiti» da recuperare, spalmati sull'intero territorio nazionale, assume una rilevanza sociale: si tratta di oltre 2 milioni e 700 posizioni debitorie, di cui circa 60 mila solo a Bari e provincia;
siamo pertanto, di fronte ad una ingente massa di crediti (3 miliardi e 700 mila euro) che vengono pretesi dai pensionati, in larghissima misura (due terzi circa) in condizioni di trattamento minimo e quindi esclusi da ogni possibilità di provvedere alla restituzione delle somme godute;
la dirigenza sindacale della Cisl, dopo aver raccolto documenti probatori in ordine al fenomeno, che ogni anno, sempre più, colpisce l'ampia platea degli anziani, ha sollecitato urgenti provvedimenti legislativi di sanatoria dei trattamenti pregressi riscossi senza alcun dolo, come è avvenuto in passato, insieme a procedure capaci di giungere a liquidare le prestazioni in maniera definitiva e certa, senza provocare indebiti;
si tratta, in tutta evidenza, di un problema è sociale, perché le somme riscosse in buona fede dai pensionati sono

servite ad assicurare il minimo vitale a migliaia di famiglie, ed oggi sono di difficile recupero -:
quali urgenti interventi o iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere per rimuovere la condizione di drammatico disagio in cui versano i pensionati, disagio che ha generato il compimento di gesti estremi.
(4-14775)

BOSSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Ligra è una società del settore postale privato che occupa attualmente in Campania oltre 260 dipendenti;
da oltre 11 anni, detta società, in seguito alla revoca delle concessioni ministeriali previste dal decreto legislativo n. 261 del 1999, svolge la sua attività prevalentemente per Poste italiane, per conto della quale effettua il servizio di distribuzione della corrispondenza pregiata e le attività di logistica e collegamenti tra gli uffici postali;
la società Ligra ha sempre dimostrato una totale flessibilità, rendendosi disponibile a supportare Poste nelle diverse esigenze manifestate nel corso del lungo rapporto;
in particolare la Ligra ha dovuto fronteggiare la continua riduzione dei volumi affidati da Poste, che si sono sommati alla crisi finanziaria internazionale che si è ribaltata anche sul settore; per queste condizioni è stato necessario effettuare una riduzione dell'orario di lavoro per circa il 70 per cento dei dipendenti con un accordo di solidarietà siglato dalle organizzazioni sindacali e approvato dal Ministero del lavoro, al fine di mantenere inalterati i posti di lavoro;
la società Ligra ha di recente comunicato il licenziamento di 20 dipendenti a seguito della decisione di Poste italiane, di internalizzare, in anticipo rispetto alla scadenza contrattuale fissata al prossimo giugno, il servizio postale affidato sui territori di Aversa (Ce) e Casoria (Na), lotti sui quali sono occupati i 20 dipendenti licenziati;
si tratta, com'è evidente, di un danno serio sia perché i licenziamenti cadono in una fase di acuta crisi economica e occupazionale rendendo difficile la ricollocazione dei lavoratori licenziati, sia perché i settori improvvisamente internalizzati, prima della scadenza del contratto, saranno coperti per pochi mesi, da lavoratori precari, che perderanno comunque a giugno il loro posto di lavoro dal momento che le Poste italiane hanno già comunicato di voler mettere a gara i settori, a giugno, per una nuova esternalizzazione;
la cessazione anticipata della commessa ha reso impossibile anche l'eventuale passaggio di cantiere che poteva riguardare, eventualmente, il soggetto che si aggiudicherà l'appalto a giugno, salvaguardando così l'occupazione dei venti addetti -:
se siano a conoscenza di quanto sopra esposto;
se, e come, ritengano di intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per dirimere una vertenza che potrebbe essere gestita agevolmente da Poste italiane senza determinare la drammatica perdita di venti posti di lavoro.
(4-14777)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la rilevante filiera del comparto ippico, da sempre radicato nella cultura e nella tradizione del nostro Paese rischia di scomparire in seguito a provvedimenti legislativi

e non solo che hanno gravemente condizionato l'attività e il suo sviluppo;
la trasformazione dell'UNIRE in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, struttura tecnico-operativa di interesse nazionale posta sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, non consente una gestione finanziaria ed economica a seguito anche della mancata attuazione delle previsioni finanziarie necessarie al comparto;
secondo i dati aggiornati diffusi dall'UNIRE, risultano censiti in Italia 463.961 capi con 48.500 operatori diretti del comparto ippico;
risultano essere 610.000 gli ettari dedicati all'allevamento e alla produzione alimentare per cavalli;
l'indotto del comparto ippico è rilevantissimo dalle produzioni di fieno e mangimi al trasporto di cavalli, sellerie e finimenti;
i dati finanziari del settore sono evidenti: novantasei milioni all'Erario, 11 milioni per Amministrazione autonoma di monopoli di Stato, 58 milioni Iva, Irpeg e Irpef (dati 2009, fonte Unire);
le scommesse ippiche hanno perso circa il 70 per cento del movimento in appena 5 anni: i giochi hanno avuto incrementi rilevantissimi tanto che quest'anno il loro movimento raggiungerà circa 75 miliardi ma l'ippica ne rappresenterà, appena 1,5 per cento;
il finanziamento statale ridotto da 150 milioni a 129 nel 2011;
la gravità della situazione del settore ippico si registra particolarmente rilevante in alcune regioni quali la Sardegna, regione da sempre tradizionalmente legata al settore anche per la presenza della rinomata specie anglo-arabo-sarda;
il coordinatore provinciale di Unidos e capogruppo del Popolo della Libertà nel consiglio provinciale della provincia del Medio Campidano Dario Piras con i consiglieri Daiana Cara, Gianni Lampis e Fernando Scanu hanno rappresentato, oltre alle difficoltà degli ippodromi storici della Sardegna, l'incomprensibile situazione dell'ippodromo di Villacidro, nella provincia del Medio Campidano, dove l'ippodromo ormai da anni concluso in ogni suo dettaglio e costato milioni di euro di denaro pubblico rischia di non poter essere aperto per le lungaggini burocratiche e per i ritardi con i quali si esaminano le autorizzazioni necessarie;
le vicende legate all'ippodromo di Villacidro hanno inizio nel 2001 quando il comune di Villacidro, incontra il commissario straordinario dell'Unire Riccardo Andriani per verificare la fattibilità di realizzazione di un ippodromo a Villacidro, per il quale la regione Sardegna avrebbe destinato dieci miliardi di lire (euro 5 milioni centosessantacinquemila) come primo stanziamento;
il commissario dell'Unire manifesta entusiasmo per l'iniziativa totalmente finanziata da fondi della regione Sardegna, esprime certezza sulle possibilità di avere le corse che dice essere l'ultimo dei problemi;
il 3 maggio 2004, dopo aver realizzato il progetto, per il quale è intervenuto il costante confronto con i tecnici UNIRE per discutere i dettagli tecnici e realizzare un impianto all'avanguardia, viene posata la prima pietra ed inizia la costruzione dell'impianto;
nel 2005 viene terminata la realizzazione della struttura utilizzando tutti i fondi previsti in tale fase euro 5.165.000;
nel 2006 vengono effettuati e superati i collaudi di legge;
nel 2007 il comune in seguito a gara pubblica assegna la gestione dell'impianto al Consorzio Corse Cavalli Villacidro scarl (società consortile alla quale partecipa la società che gestisce l'ippodromo di Grosseto, una società esperta in telematica, impiantistica e manutenzioni);
nel marzo 2008 l'ippodromo viene inaugurato e inizia l'attività come centro d'allenamento;

nel giugno 2008 - 1a giornata di corse - ippofestival - la regione Sardegna finanzia euro 25.000,00 e la provincia euro 3.850,00. Nonostante i premi al traguardo ripartiti tra le sei corse previste siano bassi, i partenti sono sufficienti e soprattutto l'affluenza di pubblico è elevatissima; si superano le 5.000 persone e, nonostante gli sportelli per le scommesse siano pochissimi e non ancora efficienti si realizzano oltre 10.000 euro di scommesse sul campo;
nel dicembre 2008 - con determina della regione Sardegna n. 58912/3866/SOC del 22 dicembre 2008, la regione ha previsto lo stanziamento di euro 2.300.000,00 da destinare ad un ulteriore qualificazione funzionale dell'impianto;
nell'aprile 2009 il tecnico inviato dall'UNIRE effettua il sopralluogo per abilitare l'impianto, dichiara che l'ippodromo presenta qualità superiori alla media per i requisiti tecnici delle strutture, ben curate, con elementi che le rendono peculiari rispetto a quelle di altri complessi. In particolare, ad esempio, la torretta multipiano nella relazione sull'impianto è stata commentata dallo stesso tecnico nel seguente modo: «per la propria tipologia e funzionalità essa si presenta senz'altro innovativa ed all'avanguardia nel panorama degli impianti ippici tradizionali». Al fine di garantire la piena rispondenza alla normativa UNIRE ed il raggiungimento di un'elevata classificazione, visto che l'impianto si presenta già qualitativamente valido, durante tale visita vengono prescritti alcuni adeguamenti sulle strutture presenti;
nell'ottobre 2010 sono stati conclusi i lavori richiesti;
nel dicembre 2010 gli ippodromi sardi, su proposta dell'ippodromo di Villacidro, proseguono nella strada, già avviata da tempo, della creazione di un consorzio sardo per le corse dei cavalli. Il motivo che spinge gli ippodromi a cercare una forma di gestione aggregata è un coordinamento ottimale delle attività, realizzando economie di scala con lo svolgimento di servizi comuni sotto forma di out sourcing;
i punti nevralgici di cui il consorzio si vorrà occupare saranno primariamente:
a) creazione di un efficiente e moderno sistema di sorveglianza centralizzato che garantisca un elevato grado di sicurezza e controllo degli impianti consorziati;
b) centralizzazione della redazione per una più efficace promozione radiofonica, televisiva, giornalistica e pubblicitaria in generale;
c) investire in marketing e comunicazione, promuovendo i valori caratteristici dell'ippica, di natura sportiva, sociale, culturale, ambientale e naturalistica;
d) snellimento delle pratiche organizzative, grazie alla costituzione di una segreteria tecnica centralizzata che coordini la programmazione delle corse nelle tre strutture e che provveda alla contabilità scuderie, ai passaggi di proprietà e alla documentazione necessaria;
e) investire nella spettacolarità delle corse: gli ippodromi sardi, per caratteristiche tecniche, presentano peculiarità che li rendono complementari (corse su sabbia ed erba su tutte le distanze e in pista dritta sui 1.000 metri) e una programmazione del calendario unitaria e concertata permetterà di avere corse con numerosi partenti, quindi molto spettacolari, rapporti con gli enti preposti al settore;
f) mediante una stretta collaborazione degli ippodromi con la F.I.S.E., in risposta alle oltre 90 associazioni ippiche distribuite sul territorio regionale, promuovere iniziative che interessano diverse discipline agonistiche e non, proponendo gli ippodromi come «Centri universali del cavallo». Infatti, grazie alla natura e alla polifunzionalità delle strutture tali impianti assumerebbero il ruolo di centri di riferimento per il territorio;

l'obiettivo, che la creazione di un'unica forte ed innovativa gestione si vuol porre, è il pieno sviluppo del potenziale ippico sardo, perseguendo il raggiungimento di alti livelli qualitativi, nel rispetto delle proprie tradizioni;
il 26 gennaio 2011 nel corso dell'incontro tenuto da tutti i responsabili degli ippodromi sardi di Sassari Chilivani e Villacidro con il segretario generale dell'Unire, in base a valutazioni legate in particolare alla valorizzazione del cavallo anglo-arabo-sardo, si prevedeva un correttivo per l'isola, in relazione alle giornate assegnate in prima istanza per il 2011;
dopo aver previsto rispetto al 2010, un taglio di otto giornate di corse complessive per la Sardegna, il segretario generale stabiliva di «riassegnare» 6 giornate all'isola, nel seguente modo: 1 giornata di corse al «Don Meloni» di Chilivani ed 1 al «Pinna» di Sassari, portandole rispettivamente a 15 e 9 e assegnandone 4 all'ippodromo di Villacidro;
la Sardegna sarebbe passata da 30 giornate di corse nel 2010 alle 28 del 2011 limitando così i danni causati sul comparto del cavallo da corsa in Sardegna dal nuovo sistema di assegnazione delle giornate di corsa;
le giornate previste per Villacidro, si sarebbero dovute svolgere nel 2011 una volta chiuso l'iter abilitativo;
il sopralluogo tecnico per l'abilitazione era stato già richiesto sin dal mese di ottobre 2010;
dall'agosto 2011 l'ippodromo di Villacidro si trova, quindi, in attesa del sopralluogo finale abilitativo, in attesa di vedere inserite le quattro giornate formalmente nel palinsesto UNIRE, e, soprattutto, in attesa di rispondere ad un investimento di denaro pubblico di oltre 7 milioni di euro -:
se non ritenga il Governo di assumere con sollecitudine ogni iniziativa di competenza affinché venga definito l'iter abilitativo dell'ippodromo di Villacidro al fine di poter avviare l'attività anche in considerazione delle ingenti somme stanziate per la realizzazione dell'opera;
se non ritenga, in considerazione della condizione insulare della Sardegna, di dover promuovere un incremento del numero di corse assegnate al fine di rendere economicamente sostenibile l'attività già gravata dai maggiori costi legati ai trasporti e dalla grave crisi economica;
se non ritenga di dover valutare positivamente l'attività di coordinamento degli ippodromi sardi e di assumere iniziative per attivare un meccanismo premiale che consenta di incentivare sia sul piano della ripartizione delle corse che sul piano economico tale tipo di coordinamento;
se non ritenga di dover predisporre un piano di rilancio del comparto ippico valorizzando una tradizione e un valore economico che da sempre ruota attorno al comparto ippico in Italia e in Sardegna.
(5-06109)

Interrogazioni a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dal rapporto sull'etichettatura di ortofrutta e prodotti ittici nei mercati rionali del 2011, redatto dal dipartimento sicurezza alimentare del Movimento a difesa del cittadino, i mercati rionali che non rispettano la normativa in materia di etichettatura, sono a tutt'oggi troppi;
la predetta associazione, che ha visitato i mercati rionali, nelle principali città di numerose regioni italiane, ha riscontrato che su un totale di 547 banchi suddivisi rispettivamente in 373 per l'ortofrutta e 174 per i prodotti ittici, sono emerse evidenti carenze nell'ambito della diffusione della conoscenza per il consumatore della provenienza dei prodotti alimentari;

per il comparto ortofrutta in particolare le regioni Calabria, Campania e Sicilia conquistano il primato negativo nazionale in materia di etichettatura dell'ortofrutta nei mercati rionali, mentre per il settore ittico la Calabria e la Sicilia, sono le regioni a cui spetta a livello nazionale il primato negativo;
per il consumatore l'etichetta costituisce un elemento fondamentale ai fini del riconoscimento qualitativo del prodotto e rappresenta per il consumatore la conoscenza della provenienza dei prodotti alimentari, essendo fondamentale per informare lo stesso, in caso di emergenze alimentari, per contrastare l'omologazione degli alimenti, la delocalizzazione delle attività e per mettere al corrente al consumatore la massima informazione chiara e trasparente;
i provvedimenti applicativi previsti dall'articolo 4, comma 1, della legge n. 4 del 2011 che contengono le norme sull'obbligatorietà dell'etichettatura di origine e sulla presentazione di tutti i prodotti alimentari, introdotti dal Governo Berlusconi, nel corso della presente legislatura, hanno rappresentato, a giudizio dell'interrogante, una svolta positiva ed importante a sostegno dell'intero settore agroalimentare italiano, le cui disposizioni erano attese dalle associazioni di categoria agricole da diversi anni;
ciononostante secondo quanto risulta dal rapporto precedentemente esposto dal parte del Movimento a difesa del cittadino, l'osservanza delle suddette disposizioni di identificazione dei prodotti alimentari relativi all'etichettatura, nei banchi dei mercati rionali nazionali, evidenzia lacune in tal senso;
se il mancato rispetto delle norme sull'etichettatura dei prodotti alimentari secondo quanto esposto in premessa corrisponda al vero, e in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di provvedere affinché all'interno dei mercati rionali a livello nazionale e in particolare per le regioni esposte in premessa, in cui sono emerse significative carenze nell'osservanza dell'obbligatorietà in materia di etichettatura, siano esposte sui banchi le informazioni necessarie al fine di rendere la massima trasparenza per il consumatore, dei prodotti alimentari che intende acquistare;
se non intenda infine prevede adeguate iniziative volte a potenziare l'attività di controllo all'interno dei mercati rionali, da parte dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), organo tecnico di controllo, che ha il compito di prevenire e reprimere gli illeciti nei vari settori del comparto agroalimentare, anche al fine di tutelare i consumatori ed i produttori nazionali.
(4-14776)

MAZZUCA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
col decreto interministeriale del 27 luglio 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 19 del 15 ottobre 2011, sono state istituite le sezioni di polizia giudiziaria del Corpo forestale dello Stato presso le procure ed i tribunali della Repubblica;
l'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato ha avviato nel mese di dicembre 2011 la procedura dell'appello per l'individuazione del personale da assegnare a tali articolazioni, procedura che è stata criticata dalle parti sindacali, in particolare per quanto riguarda i trasferimenti d'autorità del personale che il capo del Corpo forestale dello Stato ha digesto laddove risulteranno, una volta terminato l'appello, vacanze nei ruoli;
le associazioni sindacali hanno ritenuto di dover evidenziare che tale comunicazione d'ufficio dal personale, nell'interpretazione della norma, si debba riferire ad una fase ordinaria di ripianamento degli organici che, tra l'altro, dovrebbe avvenire solo su richiesta degli stessi procuratori

e non già a quella di prima applicazione, situazione in cui si trova oggi il Corpo forestale dello Stato;
è stato inoltre fatto rilevare che le norme di attuazione del codice di procedura penale, cui si rifà la direttiva del capo del Corpo forestale dello Stato, a detta degli stessi procuratori, sono sì cogenti ma non prescrittive, tanto è vero che anche gli altri Corpi di polizia presenti nelle sezioni non attuano certo quanto oggi disposto per il Corpo forestale dello Stato;
l'interrogante esprime preoccupazione circa tale procedura che, se così applicata, porterà a un pesante taglio delle migliori professionalità che il Corpo forestale dello Stato ha sul territorio, smantellando di fatto molti nuclei investigativi provinciali che si reggono su due, tre elementi (la disposizione prevede che un terzo del personale venga «prelevato» da tali strutture) e togliendo in molte realtà i pochi ispettori che comandano i comandi stazione sul territorio, con particolare riferimento alla regione Emilia Romagna dove tale ruolo è vacante per oltre l'80 per cento;
a giudizio dell'interrogante la procedura avviata per l'individuazione del personale, necessita di una fase transitoria con cui si assegni da subito alle predette sezioni solo il personale che ha partecipato all'appello, evitando il più possibile l'adozione di provvedimenti d'imperio che, se attuati, incideranno pesantemente sull'assetto istituzionale e sulla vita professionale, personale e familiare dei dipendenti;
infine, ma non per ultimo, si richiama l'attenzione sul costo economico che l'amministrazione dovrebbe sopportare, non solo in Emilia Romagna, ma in tutta Italia, per le decine e decine di possibili indennizzi da dover corrispondere al personale interessato ai trasferimenti d'autorità, calcolati in oltre 12.000 euro a dipendente -:
se i Ministri interrogati, ognuno nell'ambito delle proprie competenze intendano adottare idonee iniziative volte a rivedere, ove possibile con la previsioni di un periodo transitorio come citato in premessa, le disposizioni adottate con decreto interministeriale del 27 luglio 2011, pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 19 del 15 ottobre 2011.
(4-14781)

TESTO AGGIORNATO AL 14 FEBBRAIO 2012

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazioni a risposta immediata:

MURO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 35 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, cosiddetto salva Italia, attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la facoltà di esprimere un parere sugli «atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato»; se a fronte delle violazioni riscontrate «la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite L'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni»;
che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato debba avvalersi dell'Avvocatura dello Stato porta a situazioni di incompatibilità, tenuto conto che la stessa Avvocatura dello Stato potrebbe essere chiamata a patrocinare in giudizio la pubblica amministrazione contro cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia presentato ricorso;
tale previsione normativa contrasta col principio costituzionale di razionalità e ragionevolezza, anche perché la norma non è limitata alla problematica dei cosiddetti affidamenti in house degli enti locali, ma, come testualmente riportato, si riferisce agli atti amministrativi generali, ai regolamenti ed ai provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica;

peraltro, proprio il riferimento agli affidamenti in house rende evidente la grave sovrapposizione con l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: è, infatti, questa l'autorità indipendente che ha competenza in tale settore, al fine di verificare il rispetto della normativa in materia di appalti, in primo luogo di derivazione comunitaria, e il cui obiettivo è proprio quello di assicurare la concorrenza nel settore dei lavori pubblici;
se veramente si vuole incidere sulla cattiva prassi degli enti locali in materia di affidamento in house, sarebbe molto più logico restringere le norme a tali enti e riconoscere il potere di impugnazione all'autorità competente in materia;
infine, la norma è amplissima, tanto da diventare generica, in quanto, stando al tenore letterale della norma, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato potrà contestare i provvedimenti anche dei ministeri, delle altre autorità indipendenti, persino di enti di rilevanza costituzionale, creando in tal modo e de facto un vincolo di dipendenza quasi gerarchica, anche rispetto ad enti di pari importanza istituzionale o addirittura di rilevanza costituzionale;
altro profilo che evidenzia la genericità del potere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, così come indicato nella citata norma, è la circostanza che tale autorità diventerebbe, ancorché indirettamente, organo consultivo del Governo nell'esercizio della sua attività normativa, potendo dare pareri anche sui regolamenti, cioè su atti normativi a tutti gli effetti;
in tal modo l'attività dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato si porrebbe al di fuori dalla logica dei confini costituzionali relativamente ai rapporti tra autorità amministrative, di cui è parte l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, autorità giurisdizionali e, soprattutto, autorità politiche, così come denunciato, tra l'altro, da autorevoli organi di stampa, con articoli e commenti pubblicati a più riprese -:
se il Governo, preso atto di quanto innanzi, voglia adottare provvedimenti correttivi al fine di evitare interventi in evidente contrasto con le dichiarate finalità degli stessi e con il complesso del quadro normativo vigente.
(3-02083)

MARIANI, MARAN, LENZI, META, LULLI, QUARTIANI, GIACHETTI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI e VIOLA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
un forte, quanto previsto peggioramento delle condizioni climatiche, accompagnato da consistenti precipitazioni nevose, ha messo in ginocchio molta parte del nostro Paese, evidenziando gravi carenze organizzative a tutti i livelli, quelle di molte amministrazioni pubbliche locali e nazionali, ma soprattutto quelle di gran parte delle società che gestiscono servizi essenziali e le relative infrastrutture: quali l'Enel, con l'interruzione della distribuzione dell'energia elettrica per diversi giorni, le Ferrovie dello Stato, con ritardi, sospensioni e annullamenti di tratte nazionali e locali, le concessionarie autostradali, con inefficienze, ritardi nella rimozione della neve, caos informativo e chiusure di intere tratte (si veda il caso dell'A24 e dell'A25), l'Anas, con una gestione inefficiente di molte tratte stradali di primaria importanza, le società Eni e Snam, con la sospensione dell'erogazione del servizio, ed altre ancora;
in queste drammatiche condizioni si deve, purtroppo, registrare un numero consistente di vittime;
anche queste condizioni rappresentano uno spread sociale ed economico inaccettabile e insostenibile per una nazione

che vuole competere con le principali economie mondiali e che vuole tornare ad essere attrattiva per gli investimenti stranieri;
l'emergenza neve di questi giorni è solo l'ultimo evento che ha determinato una calamità per il nostro territorio. Solo tre mesi fa un capoluogo importante come Genova è stato travolto da un nubifragio e da una massa di acqua, fango e detriti, che ha provocato 7 morti e danni ingentissimi. Poche settimane prima era toccato alla Lunigiana e alle Cinque Terre di essere stravolte da inondazioni e nubifragi;
certamente si tratta di fenomeni atmosferici fuori della norma, ma che diventano devastanti per colpa dell'uomo, per la corsa sfrenata alla cementificazione, per l'abbandono delle terre e di ogni forma di politica di cura e prevenzione del territorio, per la superficialità di organizzazione in casi straordinari, per l'inefficienza di piani di emergenza. Per di più nel corso degli ultimi due anni, si è registrato il quasi totale azzeramento degli stanziamenti per le politiche di gestione del territorio;
come è evidente, si tratta di errori strategici che risalgono a lungo negli anni passati, ma che appaiono ineludibili e ci si augura possano essere seriamente affrontati e corretti, pur nella consapevolezza della difficile congiuntura economica;
anche sul piano della ripartizioni delle responsabilità e delle competenze per la gestione delle situazioni di emergenza appare necessaria una verifica e un ripensamento funzionale e normativo. In tali circostanze di emergenza, le regioni colpite devono anche gravare i cittadini di un'ulteriore tassa per far fronte agli eventuali oneri finanziari conseguenti -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per ripristinare le condizioni minime di vivibilità per le popolazioni delle tante aree ancora in estrema difficoltà per il gelo, per la mancanza di elettricità, di acqua e di generi alimentari, in vista di più significativi interventi volti ad invertire le fallimentari politiche di gestione del territorio sin qui seguite.
(3-02084)

TESTO AGGIORNATO AL 14 FEBBRAIO 2012

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

PIONATI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, relativo alle liberalizzazioni avrà un effetto devastante sulle imprese farmaceutiche del Paese, che deriverà dalla norma inserita nel «decreto liberalizzazioni», che di fatto - deviando la quasi totalità delle prescrizioni mediche sui soli generici - cancella ex lege uno dei settori più hi-tech della nostra economia;
la misura, di fatto, costringerebbe il medico a prescrivere e il farmacista a dispensare solo farmaci generici, innescando, in questo modo, un'inaccettabile distorsione della concorrenza a danno del prodotto con marchio;
una decisione che potrebbe causare il trasferimento delle produzioni, oggi realizzate in un sistema che conta 165 stabilimenti produttivi in Italia, in altri Paesi, con la conseguente chiusura di questi impianti, proprio ora che le imprese industriali farmaceutiche potrebbero rappresentare parte della soluzione ai problemi del Paese, in quanto motore effettivo di crescita;
le conseguenze potrebbero essere gravissime:
a) per l'occupazione di 65.000 dipendenti diretti, per il 90 per cento laureati o diplomati,
b) per i 64.000 che lavorano in un indotto di eccellenza;

c) per l'export, pari al 60 per cento della produzione e per gli investimenti annui pari a 2,4 miliardi di euro in produzione e ricerca;
le liberalizzazioni si fondano sulla trasparenza e puntano giustamente ad accrescere la competizione per migliorare l'efficienza del sistema a vantaggio dei cittadini, un obiettivo assolutamente condivisibile, che va correttamente perseguito attraverso una maggiore informazione del paziente;
quanto previsto dal decreto-legge sulle liberalizzazioni realizza ed impone, invece, trasferimenti di quote di mercato a danno di imprese che da anni investono sul territorio in innovazione, ricerca e produzione;
una conseguenza della misura, prevista dal decreto-legge sulle liberalizzazioni in materia di farmaci potrebbe essere la delocalizzazione di milioni di confezioni prodotte nei nostri stabilimenti a stabilimenti di altri Paesi, soprattutto l'India e la Cina, dove i costi di produzione sono più bassi; con un colpo di penna si rischia di trasferire le nostre produzioni alle fabbriche indiane;
negli ultimi anni si è assistito nel settore farmaceutico alla riduzione di 8.000 posti di lavoro, che il mercato del generico non è riuscito ad assorbire. In questo quadro economico si dovrebbe fare di tutto per difendere le fabbriche italiane dalle industrie che producono in Cina e India;
viene così leso il diritto del paziente di curarsi con il prodotto che già usa, a cui è abituato e di cui si fida, rendendo marginale il suo potere decisionale e di scelta;
con quanto previsto dal decreto-legge sulle liberalizzazioni si lede il diritto del medico di prescrivere in scienza e coscienza quello che ritiene utile e ciò che è il meglio per i suoi pazienti;
a causa di quanto previsto dal decreto-legge sulle liberalizzazioni in materia di farmaci non avrà più senso mandare gli informatori farmaceutici dal medico a promuovere prodotti scaduti di brevetto, perché si finirebbe per promuovere la vendita della molecola generica; il senso si limiterebbe a promuovere i prodotti ancora sotto brevetto;
non si tratta di salvare i profitti delle aziende, in quanto, ai prezzi a cui si vendono i prodotti off-patent, i margini sono quasi inesistenti. Si tratta di salvare occupazione, di mantenere in Italia una produzione di alta qualità che occupa lavoratori qualificati e crea valore aggiunto con quote di esportazione in crescita;
non bisogna dimenticare che i gruppi farmaceutici, oltre alla ricerca, hanno in Italia sia gli stabilimenti produttivi che quelli chimici per la produzione di intermedi e materie prime farmaceutiche. Mentre i genericisti producono, in buona parte, fuori dall'Italia o dall'Europa, senza fare sostanziale informazione al medico. Appare evidente che sarà ben difficile competere con loro se il prezzo sarà per legge l'unico parametro di valutazione per il medico. L'unica arma di competizione per le aziende farmaceutiche italiane sarà seguire le orme delle aziende straniere e, quindi, spostare la produzione all'estero;
la norma in materia di farmaci prevista dal decreto-legge sulle liberalizzazioni ha portato la Fimmg e lo snami a prendere posizione contro la norma, minacciando di apporre sulla ricetta la dicitura «non sostituibile» -:
se il Ministero della salute abbia svolto uno studio sulle ricadute in termini di costi-benefici derivanti dall'introduzione della norma relativa all'obbligo di prescrizione e vendita di farmaci generici di cui al decreto-legge 24 gennaio 2012, n 1, anche in relazione alle possibili ricadute occupazionali di tale norma sulle produzioni in Italia che interessano 165 stabilimenti produttivi.
(3-02082)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) in Italia è fortemente legata alla destinazione dei fondi che lo Stato eroga alle regioni, in base a quanto stabilito dall'articolo 18 della legge n. 40 del 2004, al fine di garantire l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle pazienti residenti nella regione stessa;
tuttavia, non tutte le regioni d'Italia hanno destinato al suddetto scopo queste risorse, altre ancora non hanno utilizzato in maniera efficiente i fondi statali, creando così un disagio per la popolazione;
ad esempio la regione Campania ha utilizzato - come da delibera n. 2042 del 28 dicembre 2005 - solamente i finanziamenti relativi al 2004-2005 destinati all'attivazione e al potenziamento dei centri di procreazione medicalmente assistita in tutte le province campane;
considerando che la regione Campania percepisce circa 700.000 euro l'anno - avendo un alto tasso di coppie in età fertile - per il potenziamento della rete di procreazione medicalmente assistita, allo stato attuale, quasi tre milioni di euro risulterebbero ancora nelle casse regionali;
ciò implica la continua ed inarrestabile crescita del fenomeno della migrazione delle coppie infertili campane verso il Nord: nel 2009 oltre il 40 per cento dei cicli effettuati in strutture del Nord Italia, pubbliche o private convenzionate, hanno interessato donne del sud Italia, provenienti prevalentemente dalla Campania;
questo esodo fa sì che i fondi della regione Campania vengano in qualche modo convogliati verso centri di procreazione medicalmente assistita di altre regioni e che, per mancanza di adeguate politiche regionali, i centri campani non riusciranno mai a soddisfare le esigenze del territorio e a garantire strutture e prestazioni alle pazienti della regione;
dall'ultima relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 28 giugno 2011, n. 40, si apprende che la Campania «destinerà la somma erogata nell'anno 2010 per potenziare le attività dei centri di procreazione medicalmente assistita», senza alcuna particolare specifica -:
se tutte le regioni, anche quelle che hanno comunicato la destinazione o l'intensione di destinare le risorse ai centri di procreazione medicalmente assistita regionali, abbiano formulato un rendiconto dettagliato delle spese eseguite con i fondi previsti dalla legge n. 40 del 2004, e che garantirebbero, anche se parzialmente, la realizzazione delle tecniche nei centri pubblici;
se detti fondi siano stati regolarmente erogati dallo Stato a tutte le regioni italiane;
se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze e alla luce del caso della regione Campania - che potrebbe non essere l'unico in Italia - valutare l'ipotesi di un monitoraggio dell'effettiva attività in materia di procreazione medicalmente assistita, al fine di tutelare e garantire il diritto alla salute e soprattutto l'omogeneità dell'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita su tutto il territorio nazionale.
(5-06097)

Interrogazioni a risposta scritta:

MENIA, PERINA, BRIGUGLIO, GRANATA, PROIETTI COSIMI e TOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, l'Associazione italiana difesa animali & ambiente (Aidaa) ha denunciato una situazione estremamente sconvolgente e allarmante;
ogni anno in Italia almeno 6-7 mila gatti sarebbero allevati, cacciati o semplicemente uccisi a scopo alimentare: si tratterebbe, in sostanza, di circa il 10 per

cento di tutti i gatti scomparsi ed abbandonati che verrebbero «cucinati prevalentemente in umido con la polenta o arrosto»;
tale dato impressionante - elaborato sulla base delle numerose segnalazioni raccolte, nel 2011, dall'Aidaa - non si discosterebbe molto da quello degli anni precedenti e confermerebbe, purtroppo, resistenza di una vera e propria abitudine culinaria che, sebbene vietata, sembra, invece, fortemente radicata in alcune zone specifiche del centro-nord (in particolare, in Veneto con epicentro nelle zone di Vicenza e Verona);
ai sensi della normativa vigente, il nostro Paese promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti, il loro abbandono, nonché il loro impiego in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente;
l'articolo 544-bis del codice penale punisce addirittura con la reclusione chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale;
la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 e ratificata in Italia con la legge 4 novembre 2010, n. 201 stabilisce: - «Nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da compagnia» (articolo 3); - «Solo un veterinario o altra persona competente deve procedere all'uccisione di un animale da compagnia». (articolo 11); - «Le eccezioni ai principi stabiliti nella presente Convenzione relative alla cattura, al mantenimento ed all'uccisione degli animali randagi saranno accolte solo se sono inevitabili nell'ambito dei programmi governativi di controllo delle malattie». (articolo 13);
in attuazione di tali principi, le disposizioni nazionali (anche regolamentari) hanno precisato che i cani e i gatti randagi, di proprietà o ricoverati nelle apposite strutture possono essere soppressi solo se gravemente malati, non più curabili o di comprovata pericolosità e comunque, esclusivamente da parte delle autorità sanitarie competenti;
in particolare, va tenuto presente che, nel nostro Paese, la macellazione è regolata da tutta una serie di norme sanitarie e legislative stringenti ed è soggetta a rigorosi controlli sanitari soprattutto al fine di garantire la sicurezza e l'idoneità della carne all'alimentazione umana -:
se sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa e se non ritenga doveroso, per quanto di competenza, acquisire ogni elemento utile a verificare e chiarire la situazione nonché intensificare le attività di ispezione, vigilanza e controllo;
quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere al fine di prevenire e contrastare una pratica che sembra essere ampiamente diffusa in alcune zone del Paese e se, a tale scopo, non ritenga, altresì, opportuno promuovere - eventualmente in collaborazione con i servizi veterinari delle aziende sanitarie competenti per territorio, le istituzioni scolastiche e le associazioni di volontariato animalista - lo sviluppo di programmi d'informazione e di sensibilizzazione sui temi dell'allevamento, dell'addestramento, del commercio e della custodia di animali da compagnia.
(4-14778)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si assiste ormai da anni al proliferare di grandi impianti eolici grazie ad incentivi alla produzione di energia eolica che sono stati tra i più alti d'Europa, al punto che si inizia a parlare di «sindrome da turbina eolica»;
esiste ormai una letteratura sulla materia in base alla quale vi sarebbero determinati

disturbi da rumore come disturbi del sonno, cefalee, calo della concentrazione e generale sensazione di malessere;
l'Istituto nazionale per la salute statunitense e l'Accademia nazionale di medicina di Francia, hanno fatto presente come sia necessaria una maggiore conoscenza degli effetti del rumore prodotto da tali impianti sulla salute e hanno quindi prudenzialmente raccomandato l'adozione di distanze minime dalle abitazioni per la realizzazione degli impianti;
in Italia però non esistono studi sugli effetti che tali impianti hanno rispetto alla popolazione che risiede nelle vicinanze nonostante siano necessari proprio in ragione della crescita esponenziale degli stessi a cui si sta assistendo -:
se non ritenga il Ministro di approfondire, per quanto di competenza, la problematica evidenziata in premessa.
(4-14791)

DI PIETRO e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 1974 il signor Federico Pioli fu sottoposto a vaccinazione antivaiolosa, allora obbligatoria, dalla quale sono scaturite gravissime conseguenze neurologiche (ritardo neuromotorio e deficit intellettivo);
nel 1999 la famiglia del signor Pioli viene a conoscenza dell'esistenza della legge 210 del 1992 che prevede un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati;
nello stesso anno la famiglia decide di avviare la procedura per richiedere l'indennizzo che spetta al signor Pioli, essendo confermato da numerosi esami medici il legame tra i gravi problemi neurologici del paziente e la vaccinazione antivaiolosa del 1974;
inizialmente la ASL competente rigetta la domanda del signor Pioli, in quanto risultano decaduti i termini previsti dalla legge per la richiesta di indennizzo;
in particolare, la legge 210 del 1992 prevede, all'articolo 3, che la richiesta di indennizzo debba essere effettuata entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post-trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV, termine che decorre dal momento in cui l'avente diritto risulti essere a conoscenza del danno;
nello stesso articolo 3, al comma 7, è stabilito che per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già subito la menomazione prevista dall'articolo 1, il termine di cui al comma 1 del presente articolo decorre dalla data di entrata in vigore della legge stessa;
in ogni caso il signor Pioli risulta aver presentato la richiesta di indennizzo fuori dai termini previsti dalla legge e per questo la sua domanda viene rigettata anche dal giudice del lavoro nel 2005;
nel 2006, però, la corte d'appello di Milano accoglie la richiesta del signor Pioli e impone al Ministero della Salute di corrispondere la cifra relativa all'indennizzo da vaccinazione errata, integrata dall'ulteriore indennizzo previsto dalla legge 229 del 2005;
il Ministero inizia a corrispondere quanto dovuto, ma, nel frattempo, presenta un ricorso alla corte di cassazione che, nel novembre 2009, ribalta il giudizio dei giudici d'appello e accoglie il ricorso ministeriale, condannando il signor Pioli a restituire la somma finora percepita;
secondo la cassazione, sentenza n. 24549/09, non sarebbero stati rispettati i termini per la presentazione di richiesta di indennizzo ai sensi della legge 210 del 1992;
allo stato attuale il Ministero attende dal signor Pioli, danneggiato dallo Stato nel 1974, la restituzione di circa 220 mila euro;

i danneggiati da sangue infetto (vaccinazioni, trasfusioni, emoderivati...) in Italia sono oltre 70 mila e quasi 3000 i morti;
ad oggi sono state censite 7.356 persone emodanneggiate, che attendono, da anni il giusto indennizzo da parte dello Stato;
le diverse associazioni interessate al problema, ed in particolare dal CONDAV - Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino - hanno peraltro con forza posto la necessità che venga data soluzione positiva ai cosiddetti «fuori termine», ossia alle molte persone che, pur avendo subito un danno da vaccinazione o emotrasfusione, non hanno presentato nei tempi previsti la domanda in sede amministrativa. Si tratta spesso dei soggetti più deboli, che non si sono attivati per non conoscenza dei propri diritti, o per l'oggettiva difficoltà di ricondurre la patologia contratta alla pregressa vaccinazione, magari a distanza di decenni;
per avviare tale procedura manca solamente il varo di un decreto-legge specifico da parte del Consiglio dei ministri. La bozza di tale provvedimento - «Misure urgenti in favore di soggetti emotrasfusi» - era stata presentata per l'approvazione al Consiglio dei ministri del 5 maggio 2011 e bloccata a causa di «tecnicismi» da superare, pur avendo in realtà tutta la copertura finanziaria. Da allora il provvedimento sembra essere caduto nel dimenticatoio;
è sorprendente, agli occhi degli interroganti, constatare con quanta solerzia venga chiesto il rimborso ad un uomo che, come esposto in premessa, pur avendo presentato in ritardo la richiesta di indennizzo, ha, comunque, subito un grave danno alla salute il cui unico responsabile non può essere che lo Stato, e di quanto invece il Governo sia attendista e riluttante nel predisporre un decreto che risarcirebbe almeno una parte delle persone che hanno subito danni irreversibili alla propria salute a causa di vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni infette;
i lunghi tempi e i reiterati rinvii, motivati sempre da ragioni «tecniche», per l'emanazione del decreto-legge ormai non trovano più, secondo gli interroganti, alcuna scusante di fronte a migliaia di cittadini vittime del sangue infetto che da anni attendono il giusto indennizzo da parte dello Stato e che continuano ad ammalarsi e morire senza che venga loro riconosciuto un dirigo già sancito per legge -:
se non intenda, sulla base di quanto esposto e considerando che la vicenda suddetta è purtroppo simile a moltissimi altri casi, avviare una iniziativa normativa urgente per rivedere i termini previsti dalla legge relativa agli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, in particolare a tutela di chi, essendo venuto a conoscenza troppo tardi della possibilità di indennizzo, ha presentato la domanda oltre i termini previsti dalla legge;
in quali tempi intenda assumere le iniziative normative urgenti volte a garantire la doverosa transazione nei confronti dei cittadini contagiati a seguito di somministrazione di emoderivati o plasma infetti e delle loro famiglie.
(4-14795)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 15 gennaio 2012, il detenuto Domenico Papalia, classe 1977, attualmente detenuto presso il carcere di Spoleto, ha rivolto un pubblico appello;
si tratta di un detenuto di 35 anni (8 marzo 1977), portatore delle seguenti patologie: ipertensione arteriosa, diabete, tumore prostatico, diverticolite e altre patologie. In data 4 gennaio 2012 è stato tradotto dal carcere di Livorno (per sfollamento per inagibilità), a quello di Spoleto. Giunto in questo istituto, nonostante

sia prescritta in diario clinico la terapia d'assumere, e il controllo pressorio e stick tre volte a settimana, il detenuto riferisce di aver visto il medico dopo otto giorni a seguito di ripetute richieste. Gli infermieri solo dopo qualche giorno controllano la pressione e lo stick, sempre a seguito di numerose richieste. Mentre gli è somministrata la terapia per altre patologie, non è la stessa cosa per la patologia del tumore alla prostata con «Avodart e Pradif», perché non sarebbe disponibile. Ha fatto richiesta di acquistarla a spese sue in data 6 gennaio 2012 e ancora non si provvede in tal senso e quindi sono 12 giorni che non assume terapia per la patologia prostatica con le sofferenze fisiche che si possono immaginare. Quindi, in questo istituto, l'assistenza sanitaria appare proprio assente e il detenuto chiede di intervenire alle istituzioni dell'Istituto -:
di quali elementi disponga in merito a quanto riportato nell'appello dal detenuto Domenico Papalia;
se risulti per quali motivi al detenuto in questione sia stato effettuato il controllo «pressorio e stick» solo dopo otto giorni dal suo ingresso nel carcere di Spoleto e ciò sebbene il suo diario clinico prevedesse controlli periodici da ripetersi almeno tre volte alla settimana;
più in generale, quali iniziative intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché al detenuto, sebbene ristretto in carcere, venga garantito e assicurato il fondamentale diritto alla salute;
quanti detenuti siano attualmente ristretti all'interno del carcere di Spoleto e quanti di essi risultino affetti da patologie mediche che necessitano di interventi, cure e terapie periodiche;
quanti medici siano attualmente previsti nella pianta organica dell'istituto spoletino e quanti prestino effettivamente servizio al suo interno.
(4-14801)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

DI PIETRO, PALOMBA, CIMADORO e PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Alcoa è una multinazionale americana ed è il maggiore produttore mondiale di alluminio primario e semilavorato. In Italia è presente dal 1967 e nel corso degli anni ha sempre ricevuto ingenti fondi pubblici dallo Stato. Anche nell'ultima legislatura, Alcoa ha beneficiato di diversi provvedimenti che prevedevano misure di sostegno a favore di tutte le aziende energetiche italiane, facendo impennare i costi a carico del bilancio dello Stato;
solo grazie a questi provvedimenti, l'Alcoa ritirò la minaccia di chiudere i suoi stabilimenti in Sardegna, avviando, nel maggio 2010, un piano di investimenti triennale, per gli anni 2010-2012, recepito negli accordi allora sottoscritti con Governo e sindacato, finalizzato al miglioramento della posizione competitiva attraverso il pieno recupero della capacità produttiva ed il miglioramento di efficienza;
oggi l'azienda ritiene inevitabile la cessazione della produzione, come unica possibilità di limitare le perdite economiche che nelle loro previsioni sul 2012 appaiono esagerate; infatti, la società nel 2011 a bilancio ha dichiarato una perdita per 6 milioni di euro, mentre per il 2012 ha previsto una perdita pari a 46 milioni;
il 10 gennaio 2012 è stato comunicato alle organizzazioni sindacali la chiusura di Alcoa trasformazioni srl di Portovesme. Con una nota, infatti, la società ha annunciato l'avvio di un progetto di riorganizzazione delle proprie attività produttive di alluminio primario, al fine di migliorarne

la posizione competitiva e la struttura dei costi. Tale progetto include l'intenzione di cessare la produzione di alluminio a Portovesme;
da un comunicato aziendale sembrerebbe che l'Alcoa, da sempre finanziata con soldi pubblici, abbia deciso di chiudere, eludendo il fatto che all'Alta Corte di giustizia dell'Unione europea di Lussemburgo pende un provvedimento che potrebbe costare all'Alcoa circa 300 milioni di euro, come risarcimento per aver ottenuto sussidi negli anni precedenti. Ad avviso degli interroganti, sembra sorprendente la coincidenza per cui Alcoa abbandona la Sardegna proprio nel 2012, quando finisce il regime di sussidi deciso nel 2010, violando gli accordi sottoscritti;
in un incontro successivo al 10 gennaio 2012, l'azienda ha comunicato ai rappresentanti sindacali e a Confindustria della Sardegna meridionale di dover procedere alla dismissione dell'impianto, alla risoluzione del rapporto di lavoro e alla collocazione in mobilità nei confronti di tutti i lavoratori occupati presso lo stabilimento di Portovesme in numero di 502 dipendenti, di cui 3 dirigenti;
alla data odierna, l'organico complessivo dei dipendenti in Italia della Alcoa trasformazioni srl comprende 803 dipendenti, di cui 8 dirigenti, dislocati presso i due stabilimenti di Portovesme in Sardegna, attivo nella produzione di alluminio primario tramite processo elettrolitico, e di Fusina in Veneto, attivo nella produzione di laminati di alluminio;
lo stabilimento di Portovesme ha una capacità produttiva di circa 145.000 tonnellate annue di alluminio primario. La tipologia dei prodotti è costituita da: billette (destinate all'industria dell'estrusione), placche (destinate all'industria della laminazione), pani in lega (destinati all'industria dei getti) e tbars (destinati alla rifusione). Si tratta dell'unico impianto di produzione di alluminio primario attualmente in esercizio in Italia e copre il 13 per cento della domanda di mercato italiana;
l'Alcoa definisce la propria decisione irreversibile e definitiva e non consente l'adozione di misure alternative idonee a porre rimedio alla predetta situazione di eccedenza occupazionale, escludendo la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione guadagni sia nella forma ordinaria che straordinaria, sia di ricorrere a qualsiasi altro tipo di ammortizzatore sociale, in quanto, non trattandosi di un evento temporaneo, non vi sarà ripresa dell'attività produttiva. Al termine delle fasi di consultazione e di trattativa con le organizzazioni sindacali, si procederà alla fermata dell'impianto in condizioni di sicurezza;
la chiusura dell'Alcoa, a parere degli interroganti, metterà un intero territorio in ginocchio: grandissimi problemi di tipo sociale. Anche altre realtà come Eurallumina spa, Ila, Sms e persino Enel subiranno pesanti contraccolpi; le prime perché vedranno dissolversi le residue speranze di riavvio dei loro impianti ed Enel perché perderà un importantissimo cliente quale Alcoa;
già il 19 gennaio 2012 il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori aveva denunciato l'annosa situazione in cui versa attualmente l'Alcoa attraverso la presentazione di un'interrogazione a risposta scritta, e segnatamente la n. 4-14548 -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di confermare la rilevanza strategica della produzione di alluminio in Italia e di affrontare con fermezza i problemi che ostacolano la continuazione della produzione dello stabilimento Alcoa di Portovesme, anche per salvaguardare i posti di lavoro nell'area, chiedendo ad Alcoa la sospensione immediata della procedura di mobilità del personale annunciata il 10 gennaio 2012 e comunque esplorando qualsiasi possibilità tesa a favorire la continuazione dell'attività dello stabilimento di Portovesme.
(3-02085)

DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi, ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo, quindi, anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
il Governo attuale, attraverso l'approvazione dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevede la liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione, in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione famigliare, di usufruire del turn-over del personale;
alcune regioni italiane, come il Veneto, hanno impugnato il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011, quasi contemporaneamente all'emanazione del decreto-legge n. 201 del 2011, la legge regionale n. 30 del 2011, che all'articolo 3, comma 4, stabilisce come: «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;
numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Il Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria, come Ascom e Confesercenti, che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, ha raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia, pertanto, di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, principio che intenderebbe invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi

commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, che rappresentano, invece, una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per rivedere la disposizione della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, così come oggi prevista dalla legge statale.
(3-02087)

MELCHIORRE e TANONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come noto, dal 1o gennaio 2012 Rai international ha sospeso tutte le produzioni radio-tv;
tale decisione è stata assunta nella seduta del consiglio di amministrazione della Rai del 29 novembre 2011, a seguito della dichiarata progressiva riduzione degli stanziamenti all'editoria operati dal Governo ed in relazione alla grave crisi economica attraversata dal Paese;
ad oggi, pertanto, la programmazione di Rai international è, di fatto, rappresentata solo da sintesi e registrazioni dei programmi e delle trasmissioni andati in onda sulle varie reti Rai e non più da una programmazione che potremmo definire «viva», nel senso di trasmissioni realizzate specificamente per le esigenze degli italiani all'estero;
va detto che Rai international ha fornito, fino a pochi mesi or sono, un servizio dedicato agli italiani residenti all'estero di grande valore, attraverso la programmazione di trasmissioni quali «Italia chiama Italia», che dà voce alle comunità italiane residenti all'estero, «Sportello Italia», che informa sui servizi offerti ai connazionali iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, e «Cristianità», che commenta l'Angelus del Papa e offre contenuti religiosi dedicati specificamente alle comunità italiane che vivono nei cinque continenti;
si tratta, dunque, di una programmazione articolata fatta di comunicazioni sociali, di partecipazione religiosa, di approfondimenti e di promozione turistica e commerciale del nostro Paese, che ha il preciso compito di mantenere intatto il vincolo tra madrepatria e suoi cittadini residenti in ogni parte del globo;
è fondamentale garantire a tutti i cittadini la capacità di essere aggiornati sui più i portanti fenomeni sociali, economici, religiosi del Paese, così come del resto espressamente previsto dal contratto di servizio in essere tra il Ministro dello sviluppo economico e la Rai -:
se e quali interventi il Ministro interrogato, nel caso in cui Rai international non dovesse riprendere la propria produzione autonoma, intenderà assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per garantire il diritto ad un'informazione approfondita e di qualità del nostro sistema Paese, contestualmente ad un veicolo privilegiato di promozione del made in Italy e dell'intera imprenditoria italiana nel Mondo.
(3-02088)

Interrogazione a risposta in Commissione:

META. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'eccezionale ondata di maltempo che ha investito il Paese venerdì 3 febbraio 2012 ha causato insopportabili disagi alla popolazione, in particolare del Lazio, con disservizi dovuti all'interruzione della fornitura di energia elettrica in molti comuni;
la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, ha reso noto che alle ore 7 del 7 febbraio, ovvero a quattro giorni di distanza dalle prime nevicate, risultavano

ancora 22.660 utenze senza elettricità di cui 15.000 nella provincia di Frosinone e 7.000 nella provincia di Roma;
la mancanza di fornitura elettrica comporta disagi per il riscaldamento delle abitazioni, per le attività imprenditoriali e per la fornitura di acqua costituendo un insopportabile disagio per i cittadini -:
se il Governo sia a conoscenza dei motivi per i quali l'Enel, a 4 giorni dalle prime nevicate, non riesca a garantire la fornitura di energia elettrica alle oltre 22.000 famiglie residenti nel Lazio;
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza presso l'Enel per garantire che i disservizi registrati in questi giorni, inspiegabili per un Paese tra i più industrializzati al mondo, non debbano più verificarsi.
(5-06108)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOCCUZZI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Sigma TAU ha aperto la procedura di cassa integrazione straordinaria a zero per 569 dipendenti del sito di Pomezia;
l'azienda fino a poco tempo fa era considerata sana e dinamica;
in seguito a vicende interne ha deciso di ridimensionare la sua presenza in Italia, chiudendo ogni approccio al dialogo;
come in molte altre situazioni che stanno accadendo nel nostro Paese a farne le spese sono stati i dipendenti che si sono visti imporre in maniera perentoria la dichiarazione dello stato di crisi accompagnata dall'annuncio di Cigs, senza neppure tenere in considerazione la possibilità della rotazione, proposta peraltro dal Ministero al primo tavolo;
le aree più colpite dalla riduzione del personale sono quella produttiva, quella dell'informazione scientifica e soprattutto quella della ricerca;
tagliare il settore della ricerca in un'azienda farmaceutica è evidentemente una scelta strategica perdente;
nel nostro Paese è assolutamente necessaria una politica industriale per tutto il settore della farmaceutica italiana, considerata un comparto strategico che ha bisogno di scelte politiche adeguate -:
quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla situazione illustrata e quali iniziative intenda adottare.
(4-14770)

GENTILONI SILVERI, META e PELUFFO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto del 20 gennaio 2012 il Ministro dello sviluppo economico (Dipartimento comunicazioni - direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione) ha sospeso per 90 giorni lo svolgimento delle procedure di gara di cui al bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana numero 80 dell'8 luglio 2011 (cosiddetto beauty contest del dividendo digitale interno). Nello stesso decreto è specificato che «Le frequenze indicate nel bando e nel disciplinare di gara summenzionato devono intendersi nel frattempo indisponibili»;
contrariamente a questa prescrizione tutte le frequenze oggetto del bando e del disciplinare di gara, sono attualmente utilizzate da emittenti locali in uno o più dei principali bacini d'utenza italiani. Per citare alcuni casi più eclatanti: i canali 25, 54 e 55 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti Telemilano e Più Blu e Più Blu2 nel principale sito servente della Lombardia (Valcava - 10 milioni di utenti potenziali); il canale 28 è utilizzato dall'emittente Solregina Po nel principale sito che serve Milano e la Lombardia occidentale (Monte Calenzone - 7 milioni di utenti potenziali); i canali 25, 55 e 59 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti CanaleZero, IdeaTV e IESTv nel principale sito che serve la provincia di Roma (Monte

Cavo - 4 milioni di utenti potenziali) mentre i canali 54 e 59 sono utilizzati, rispettivamente, dalle emittenti TeleCapri HD e TV Capital nel sito che serve la città di Napoli (Monte Faito - 6 milioni di utenti potenziali). Infine il canale 24 è utilizzato dalla Concessionaria del servizio pubblico (RAI) in tutto il Friuli e nel principale sito che serve la città di Bologna;
la sola eccezione è costituita dal canale 58, che il Ministero aveva assegnato sperimentalmente a Mediaset, che dallo scorso autunno - sospeso l'utilizzo Mediaset - non è stato utilizzato da nessuno -:
se e in quali date il Ministero abbia autorizzato l'uso di frequenze destinate al dividendo digitale interno e dichiarate «indisponibili» dal decreto 20 gennaio 2012;
quando tali frequenze saranno liberate e se i costi di liberazione saranno a carico dell'amministrazione pubblica.
(4-14782)

CICCANTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il recapito della corrispondenza nelle province di Ascoli e Fermo, da parte di Poste italiane, presenta gravi difficoltà di smaltimento;
l'accordo del 15 settembre 2006 tra Poste italiane e le organizzazioni sindacali prevedeva una copertura organica del 100 per cento, al fine di garantire la fruizione delle ferie estive degli operatori del settore;
tale impegno non è stato mantenuto, nonostante siano stati trasferiti con funzioni di sportellista molti addetti ai CPD (centri primari di distribuzione) senza essere rimpiazzati, ovvero le sostituzioni sono state pari ad un decimo dei trasferimenti;
i settori in difficoltà sono quelli relativi al recapito ed alla video-codifica, ai cui carichi di lavoro si rimedia con mesi e mesi di prestazioni straordinarie aggiuntive;
dopo la riduzione degli addetti ai turni notturni, si prevede addirittura la eliminazione del turno antimeridiano;
si lamentano forti disservizi alla clientela, con evidenti arretrati di corrispondenza da recapitare -:
quali siano le iniziative più opportune e congrue che Poste Italiane intenda assumere per porre rimedio ai disservizi lamentati, anche in vista dell'approssimarsi della liberalizzazione del servizio postale;
per quanto tempo ancora dovrà durare questa situazione di carenza di personale, nei settori del recapito e della video-codifica, nell'area corrispondente alle province di Fermo ed Ascoli Piceno.
(4-14796)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Cambursano e altri n. 1-00831, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nucara.

La mozione Meta e altri n. 1-00844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giulietti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Rigoni n. 5-05292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Grassi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cavallotto n. 5-05775, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rivolta.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-14731, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Stucchi e Fava.

L'interrogazione a risposta scritta Piccolo e altri n. 4-14752, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Picierno.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fedriga e altri n. 5-06090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Montagnoli n. 5-06095, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Codurelli n. 5-05693 del 12 novembre 2011;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Dionisi n. 5-06012 del 25 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Bitonci n. 4-14658 del 30 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-14700 del 31 gennaio 2012.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Ciccanti n. 5-03247 del 15 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14796.
interrogazione a risposta in Commissione Rondini n. 5-05760 del 29 novembre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02079.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Piccolo e altri n. 4-14752 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 581 del 2 febbraio 2012. Alla pagina 27510, seconda colonna, dalla riga ventesima alla riga ventunesima, deve leggersi: «l'attribuzione di due incarichi dirigenziali (cat. D3) al comandante della polizia» e non «retribuzione di due incarichi dirigenziali (cat. D3) al comandante della polizia», come stampato. Alla pagina 27511, prima colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quarantaseiesima, deve leggersi: «permessi di costruzione illegittimi, correttamente e doverosamente avviati dal suo» e non «Rimessi di costruzione illegittimi, correttamente e doverosamente avviati dal suo», come stampato.