XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 1 febbraio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
l'Anavafaf, l'Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, da molti anni ormai si occupa del tema relativo alla tutela dei diritti delle forze armate e in questo ambito ha dedicato estrema attenzione alla problematica relativa ai gravi danni alla salute subìti dal personale militare che in diversi contesti operativi, in Italia e all'estero, è venuta a contatto con uranio impoverito. Secondo dati forniti dalla citata associazione i malati sono oltre duemila, più di 200 quelli deceduti negli ultimi anni. La medesima Associazione ha altresì segnalato l'estrema difficoltà con la quale viene concessa una tutela risarcitoria al personale militare che ha contratto gravi patologie in conseguenze dell'esposizione all'uranio impoverito, sebbene apposite commissioni di verifica abbiano accertato con congrua probabilità il nesso di causalità tra la malattia contratta e l'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi;
il fenomeno non riguarda solamente l'Italia, che si è occupata del fenomeno successivamente al primo caso verificatosi in Bosnia nel 1999, ma anche gli Stati Uniti e altri Paesi, soprattutto anglosassoni;
alcuni militari italiani impegnati nella missione Ibis in Somalia hanno fatto presente di aver visto militari Usa che adottavano tute e maschere ed altri ancora hanno riferito in merito alla presenza di carri armati Abrams dotati di armamento e armature all'uranio impoverito. Tale circostanza è riscontrabile anche nella sentenza del tribunale civile di Firenze del 17 dicembre 2008 dove si legge che «al di là delle raccomandazioni che erano e dovevano essere note al Ministero della difesa, il fatto che ai militari americani fosse imposta l'adozione di particolari protezioni, anche in mancanza di ulteriori conoscenze, doveva allertare le autorità italiane. Deve concludersi che, nel caso in discorso, vi sia stato un atteggiamento non commendevole e non ispirato ai princìpi di cautela e di responsabilità da parte del Ministero della difesa, consistito nell'aver ignorato le informazioni in suo possesso, già da lungo tempo, circa la presenza di uranio impoverito nelle aree interessate dalla missione e i pericoli per la salute dei soldati collegati all'utilizzo di tale metallo, nel non aver impiegato tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei propri militari e nell'aver ignorato le cautele adottate da altri paesi impegnati nella stessa missione, nonostante l'adozione di tali misure di prevenzione fosse stata più volte segnalata dai militari italiani»;
da un punto di vista normativo sulla materia in esame l'Italia è intervenuta tardi ed in maniera poco efficace ed efficiente. Le prime norme di protezione giunte ai nostre reparti furono quelle emanate dalla Kfor (la forza multilaterale nei Balcani) il 22 novembre 1999 in Bosnia. Per quanto riguarda, poi, il tema dei risarcimenti da riconoscere al personale militare colpito da gravi patologie conseguenti all'esposizione ad uranio impoverito, suscita perplessità il fatto che in sede di recepimento della legge n. 308 del 1981 nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 non si sia provveduto ad includere il personale militare in servizio permanente tra i beneficiari della speciale indennità di cui all'articolo 6 della richiamata legge n. 308 del 1981;
a livello scientifico, nel 2000, è stata istituita la commissione Mandelli con il compito di condurre un'analisi osservazionale retrospettiva di tipo caso-controllo sui reduci del teatro operativo balcanico. Lo stesso Professor Mandelli, in un articolo pubblicato a firma congiunta con il Professor Mele sulla rivista «Epidemiologia» dell'ottobre 2001, ha scritto che non si può escludere che l'uranio impoverito

sia stato la causa dei linfomi di Hodgkin e il Professor Grandolfo della Commissione stessa in un'intervista resa ad un quotidiano ha affermato che non si può escludere che l'uranio sia letale;
sempre a livello scientifico è stato, inoltre, evidenziato come i vaccini somministrati ai soldati italiani non possono essere considerati l'unica causa delle malattie e che le nanoparticelle di metalli pesanti sebbene nocive per la salute non sarebbero letali. Ulteriori informazioni sui possibili danni provocati dall'uranio impoverito sono contenuti in uno studio di due scienziati americani, di fama internazionale, Marion Fulk e Leuren Moret, i quali precisano che il rischio dell'uranio impoverito riguarda tre diverse componenti così tipizzate: a) agente chimico; b) agente radiologico; c) agente di particolato (cioè di particelle);
non si conoscono ancora ed andrebbero, invece, quanto prima resi noti, i risultati del progetto SIGNUM, recentemente trasmessi dal relativo Comitato scientifico al Ministero della difesa. Il progetto SIGNUM si è proposto di svolgere una valutazione prospettica circa l'effettiva esposizione a uranio e ad altri genotossici ambientali noti e la stima del rischio di tumore in base alla variazione della frequenza di marcatori di esposizione e di effetto biologico precoce;
a livello parlamentare la tematica in esame ha formato oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo. Inoltre, al Senato, è stata costituita anche nella corrente legislatura una apposita Commissione d'inchiesta che, tra l'altro, deve indagare sull'adeguatezza degli istituti di indennizzo, attualmente previsti dall'ordinamento in favore dei soggetti colpiti da patologie correlate a talune situazioni di rischio. Si tratta di un profilo di indagine estremamente importante anche in considerazione del fatto che a fronte di talune sentenze di condanne al risarcimento dei danni pronunciate nei confronti del Ministero della difesa, ci sono, altresì, decine di casi in cui tali risarcimenti sono stati negati, anche a causa d una errata interpretazione del nesso di causalità;
una ulteriore problematica che deve essere approfondita è quella relativa ai possibili effetti dannosi derivanti dalle attività militari che si svolgono nei poligoni militari siti in zone carsiche, con particolare riferimento al poligono di Quirra dove i contaminanti potrebbero essersi annidati nel vasto sistema di grotte sottostanti l'area militare. Il semplice prelevamento di campioni di acque dalle sorgenti potrebbe fornire valori falsamente confortanti se non si procederà all'analisi dei sedimenti depositatisi all'interno delle grotte. Anche il poligono di Teulada insiste, in parte, su una zona carsica;
analoghe problematiche riguardano il poligono di Capo Frasca utilizzato per esercitazioni militari, sia italiane che straniere. Alcune ricerche dimostrerebbero che nelle comunità limitrofe all'area del poligono sarebbero in crescita i tumori e linfomi della tiroide, a Capo Frasca risulta esserci un pozzo artesiano e pare che anche i militari segnalino da anni tale problematica;
sempre con riferimento a Capo Frasca la stampa locale ha dato risalto al caso di Giovanni Madeddu, maresciallo, che tra il 1968 al 1987 ha lavorato presso quel poligono con l'incarico di armiere nelle guerre simulate che in quegli anni venivano ospitate nel poligono. Madeddu ha un linfoma diffuso a grandi cellule. Altre persone che hanno operato nell'area di Quirra sono state colpite da un simile tumore;
secondo quanto denunciato da Anavafaf e riportato dalla stampa, alcuni capi di bestiame, che si trovavano nella zona dei mitragliamenti nel poligono di Capo Frasca, sarebbero stati colpiti dai proiettili realizzati con metalli pesanti e quindi dalle nanoparticelle degli stessi. Il bestiame sarebbe stato poi macellato e cucinato. La medesima associazione ha, poi, denunciato la presenza di residui delle esercitazioni militari svolte nei poligoni e l'impiego di personale non specializzato nei compiti di «sgombra-bossoli»;

di recente anche il comune di Arbus ha chiesto all'assessorato regionale della sanità un nuovo impegno per accelerare al massimo l'avvio delle indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna,


impegna il Governo:


ad assumere ogni iniziativa di propria competenza affinché venga colmato il vuoto normativo creatosi a seguito della mancata previsione nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 della speciale elargizione di cui già all'articolo 1 della legge n. 308 del 1981 in favore del personale militare che a causa di servizio o durante il periodo di servizio avesse subito un evento dannoso che ne avesse determinato una menomazione dell'integrità fisica;
a verificare il motivo per il quale, come accertato dal tribunale civile di Firenze nella sentenza del gennaio del 2009, non sono state adottate le necessarie misure per tutelare la salute dei militari italiani impegnati nella missione Ibis in Somalia e sono state ignorate le cautele adottate da altri Paesi impegnati nella stessa missione, nonostante l'adozione di tali misure di prevenzione fosse stata più volte segnalata dai militari italiani;
a fornire elementi in merito alle precauzioni messe in atto dai competenti organi della difesa per tutelare il personale civile e militare che si trova impiegato o risiede in zone a rischio contaminazione, anche con riferimento ai possibili effetti dannosi derivanti dalle attività militari che si svolgono nei poligoni militari;
a rendere note, le conclusioni dello studio Signum, recentemente consegnate al Ministero della difesa dal comitato scientifico del progetto;
a fornire i dati relativi al numero di pareri espressi negli ultimi dieci anni dal comitato di verifica per le cause di servizio della direzione generale della previdenza militare, del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva (PREVMIL) e riguardanti la dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità o della morte del personale militare, specificando il numero dei pareri contrari ed i criteri adottati;
ad avviare nel più breve tempo possibile ogni possibile ricerca ed indagine di competenza atta verificare lo stato di inquinamento nel territorio dei poligoni di Quirra. Capo Frasca e di Teulada, nonché i possibili danni già arrecati all'ambiente, ai cittadini e al personale militare e civile coinvolti, tenendo in particolare considerazione le vicende del bestiame mitragliato e cucinato a Capo Frasca e dell'acqua contaminata a Quirra.
(7-00769) «Di Stanislao».

La IV Commissione,
premesso che:
da molto tempo si avverte la necessità di porre particolare attenzione all'elaborazione di un nuovo modello per la difesa nazionale e si attende l'avvio di un esame analitico e trasparente della questione;
le prime risultanze del lavoro compiuto dallo Stato maggiore della Difesa al riguardo sembra saranno esaminate già nel Consiglio supremo di Difesa del prossimo 8 febbraio;
l'elaborazione di un nuovo modello di Difesa, compatibile con le risorse economiche del nostro Paese ma anche funzionale alle sue esigenze, è divenuto argomento cruciale in ordine al quale il Parlamento non può e non deve svolgere un ruolo subordinato agli orientamenti assunti dall'Esecutivo, tenendo conto soprattutto della drammaticità della crisi economica e delle sue conseguenze sui bilanci di tutti i Paesi ormai, non solo dell'Italia;
anzi, è opportuno che il Parlamento si esprima anche con un voto sulla

questione e che affronti l'argomento con una discussione trasparente, aperta e approfondita;
il Ministro della difesa ha recentemente affermato in un intervista concessa a Rai3: «Stiamo conducendo la revisione di tutti i programmi incluso l'F-35, ma non solo l'F-35. Fra due, tre settimane avrò degli elementi più pertinenti che mi vengono anche dalla parte tecnica che mi permetteranno di proporre innanzitutto prima agli organi competenti, quindi al Governo e alla Presidenza della Repubblica quando ci sarà il Consiglio supremo di difesa, che sono gli organi competenti ad ascoltare prima da me quelle che sono le mie valutazioni e proposte. Ci sono delle istituzioni che vanno rispettate e io in questo quadro mi muovo»,


impegna il Governo


a presentare in Parlamento, rispettando il ruolo consultivo del Consiglio supremo di difesa, le linee guida di un'eventuale riforma dello strumento militare che rappresentino il punto di vista dell'Esecutivo al fine di consentire un'ampia discussione parlamentare e assumere in quella sede le decisioni necessarie.
(7-00771) «Di Stanislao».

La VI Commissione,
premesso che:
il regime doganale cosiddetto 45, similare al regime cosiddetto 42 per alcune formalità essenziali circa l'aspetto tributario, consente agli importatori europei di ottenere la sospensione del pagamento dell'IVA per le merci dichiarate in immissione in libera pratica, quindi provenienti da Paesi extracomunitari, e destinate ad essere introdotte in un deposito fiscale a fini IVA a norma dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, oggetto di interpretazione autentica ad opera dell'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008;
le norme regolamentari emanate dall'Agenzia delle dogane in attuazione delle suddette disposizioni legislative, ribadiscono, in termini sostanzialmente pleonastici, l'inapplicabilità del suddetto articolo 50-bis in caso di inesistenza giuridica o simulazione del contratto di deposito;
l'introduzione nel deposito IVA, pertanto, si intende realizzata qualora si verifichi, alternativamente, una delle seguenti condizioni:
a) l'ingresso fisico della merce all'interno del deposito doganale IVA;
b) l'ingresso fisico nel deposito doganale IVA del mezzo che trasporta le merci, senza che le merci vengano necessariamente scaricate dallo stesso mezzo;
c) che la merce raggiunga gli spazi limitrofi al deposito IVA, senza la preventiva introduzione fisica in quest'ultimo, ove possono essere materialmente effettuate le prestazioni di servizi esenti da IVA, previste dal comma 4, lettera h), del predetto articolo 50-bis del decreto-legge n. 331;
ai fini della validità del contratto di deposito, secondo quanto indicato nella nota dell'Agenzia delle dogane prot. n. 7521 del 28 dicembre 2006, la quale, a sua volta, richiama la nota dell'Agenzia delle entrate prot. n. 127886 del 30 agosto 2006, non è richiesto che sia determinato un tempo minimo di giacenza delle merci nel deposito, poiché trattasi di negozio giuridico di attuazione, in cui la manifestazione di volontà è tacita, in quanto viene ad esistenza per mezzo di fatti dimostrativi;
la normativa in materia, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 7, comma 2, lettera cc-ter), del decreto-legge n. 70 del 2011, impone, fra l'altro, anche al fine di evitare ogni possibile simulazione relativamente al contratto di deposito, una responsabilità fra le parti, per cui il depositario deve:

a) annotare la ricezione della merce sul registro previsto dall'articolo 53, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblican. 633 del 1972, in cui sono evidenziate tutte le movimentazione dei beni (compresi quelli giunti in luoghi limitrofi);
b) inviare alla dogana competente il documento concernente l'estrazione dal deposito della merce, indicando il soggetto che ha liquidato l'IVA;
inoltre il soggetto dichiarante, per estrarre dalla dogana la merce da introdurre nel deposito fiscale IVA, senza il pagamento di quest'ultima imposta, deve presentare una garanzia a copertura dell'importo in sospensiva d'imposta, salvi i casi in cui è previsto l'esonero dalla prestazione della predetta garanzia, ai sensi dell'articolo 90 del testo unico delle disposizioni in materia doganale di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973;
l'attività di controllo della dogana italiana e degli organi vigilanti preposti è caratterizzata da un atteggiamento molto attento, mentre, alla luce dei dati riportati nella relazione speciale n. 13/2011 della Corte dei conti europea, sorge il sospetto che alcuni Stati dell'Unione europea, per quanto riguarda le operazioni dichiarate nel regime doganale 42 e, di conseguenza, in quelle dichiarate nel regime 45, esercitino solo controlli superficiali, al fine di dirottare sul proprio territorio operazioni doganali che altrimenti sarebbero svolte in altri Paesi europei destinatari finali delle merci;
emblematico è il caso dell'Olanda, che ha istituito, su iniziativa del Ministero degli affari economici, dell'agricoltura e dell'innovazione, insieme ai Ministeri delle infrastrutture e dell'ambiente, il Dutch Institute for Advanced Logistics (Dinalog), al fine di coordinare un Programma di ricerca delle catene di approvvigionamento;
la missione dichiarata del DINALOG è quella di rendere l'Olanda, entro il 2020, «Il mercato leader in Europa per il controllo dei flussi di merci che passano attraverso uno o più Paesi europei», progetto che, secondo il Governo olandese, determinerà una crescita del PIL nazionale di 7 miliardi di euro;
per potersi proporre come gateway europeo per le operazioni doganali di immissione in libera pratica anche nei confronti di operatori di altri Stati membri, l'Olanda intende offrire la possibilità di svolgere le operazioni doganali in modo più snello, in modo da consentire di abbattere tempi e costi delle operazioni di sdoganamento e compensare in tal modo i maggiori costi di trasporto necessari per il trasferimento delle merci fino allo Stato membro di immissione in consumo, anche attraverso i depositi fiscali IVA (regime 45);
di contro, si riscontra in Italia un atteggiamento fortemente restrittivo sulle procedure relative ai depositi fiscali IVA, al punto che, in contrasto con la lettera e lo spirito delle norme in materia di deposito, di cui all'articolo 1766 del codice civile, gli organi di controllo contestano in molti casi la fattispecie di deposito simulato solo perché le operazioni mercantili effettuate nei depositi fiscali avvengono con estrema rapidità, con conseguente richiesta di applicare sanzioni esorbitanti, che mettono a rischio l'esistenza stessa delle imprese oneste,


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa, nelle competenti sedi europee, per garantire un'applicazione omogenea della normativa doganale, nonché per definire una disciplina comune sulle garanzie afferenti le merci extracomunitarie immesse in libera pratica e destinate all'immissione in consumo in un Paese diverso da quello di introduzione, al fine di evitare le attuali, evidenti distorsioni nel traffico doganale a livello europeo;
ad assumere tutte le opportune iniziative per rafforzare gli strumenti di

controllo sul territorio, al fine di giungere ad una corretta gestione dei meccanismi sull'informativa dell'ultimo soggetto che immette in consumo sul territorio nazionale le merci soggette ad IVA;
a verificare, con riferimento alle problematiche di carattere tributario, che i controlli sulla gestione dell'applicazione della disciplina concernente la sospensione del pagamento dell'IVA sulle merci introdotte in libera pratica destinate ad un deposito fiscale IVA siano svolti con modalità non vessatorie, e che non siano adottate in materia interpretazioni restrittive relativamente a fattispecie non previste dalle norme comunitarie di cui agli articoli 156 e 157 della direttiva 2006/112/CE;
ad adottare tutte le misure necessarie per fare in modo, relativamente ai verbali di accertamento già emessi dagli organi di controllo, che sia applicata la sospensiva del pagamento del 30 per cento delle sanzioni previste, fino ad accertamento giudiziario avvenuto, onde evitare il collasso delle imprese incorse, senza alcun atteggiamento doloso da parte loro, in tale situazione.
(7-00768)
«Ventucci, Fluvi, Antonio Pepe, Fugatti, Comaroli, Forcolin, Montagnoli, Fucci».

La VI Commissione,
premesso che:
la crisi economica nata dalla crisi finanziaria ha causato il crollo della disponibilità del credito, crollo che si è dimostrato particolarmente pesante per le piccole e medie imprese e le micro aziende;
all'esplosione della bolla del 2008 una delle misure più efficaci del Governo in sostegno alle imprese si è rivelata essere il finanziamento dei Confidi;
dal primo gennaio 2012 è entrata in vigore la nuova regola di Basilea 3, che prevede la segnalazione alla centrale rischi di Bankitalia dopo soli 90 giorni, in luogo dei 180 concessi in precedenza, per le imprese che sconfinino dagli affidamenti concessi, con ulteriori conseguenze negative per le micro e le piccole e medie imprese;
le misure della Banca Centrale europea a sostegno della liquidità non sembrano aver portato benefici nell'economia reale, quella cioè delle imprese e del lavoro;
Fedart ha lanciato ad inizio anno l'allarme sulla sostenibilità del proprio ruolo in mancanza di un nuovo sollecito sostegno pubblico,


impegna il Governo:


ad attivarsi in sede europea per chiedere la sospensione delle regole di «Basilea 3» fino al termine della crisi;
ad assumere, nella prima iniziativa normativa disponibile, un intervento finanziario a favore dei Confidi.
(7-00770)
«Fugatti, Torazzi, Fava, Allasia, Paolini, Gidoni, Desiderati, Reguzzoni, Maggioni, Forcolin, Comaroli».

La XII Commissione,
premesso che:
sarebbe opportuno promuovere sempre un'attiva e visibile politica di implementazione della prospettiva di genere in tutte le politiche e i programmi;
la salute delle donne e degli uomini deriva da fattori fisiologici, psicologici, sociali, culturali, ambientali che hanno uno specifico impatto sulle persone e che sono essenziali ai fini di raggiungere miglioramenti nella salute e nel benessere nella comunità;
con l'espressione «medicina di genere» si intende la distinzione in campo medico delle ricerche e delle cure in base

al genere di appartenenza sia dal punto di vista anatomico che biologico, psicologico, culturale;
il tema affonda la sua radice nella considerazione che gli studi sui farmaci e sulle terapie e sull'andamento e sulla prognosi delle malattie sono stati quasi sempre condotti avendo a base i maschi o l'età pediatrica, che possono risentire di sottovalutazioni o di non attenta considerazione delle peculiarità femminili;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito la medicina di genere nell'Equity Act e che dal 2002 ha istituito il dipartimento per il genere e la salute della donna (Department of gender and women's health - GWH);
anche la Commissione europea ribadisce la necessità di promuovere una politica della salute che tenga conto della diversità di genere;
con il disegno di legge in itinere sulle sperimentazioni cliniche (atto Camera 4274) la Camera dei deputati ha approvato un emendamento all'articolo 1 contenente indicazioni sugli studi clinici «sia su pazienti che su volontari sani equamente ripartiti tra i due generi», primo segnale per affrontare disuguaglianze di genere nella salute e garantire parità di trattamento e di accesso alle cure,


impegna il Governo:


a riconoscere nell'ambito delle politiche sanitarie che donne e uomini, in relazione alle differenze biologiche e di ruoli di genere, hanno differenti bisogni, ostacoli, opportunità;
a promuovere nelle organizzazioni sanitarie condizioni cliniche ed organizzative idonee perché i professionisti possano riconoscere e valorizzare a tutti i livelli le differenze che determinano uno specifico impatto sulla salute delle donne e degli uomini, allo scopo di migliorare la qualità della presa in carico e garantendo a tutti i cittadini una piena tutela della salute, scientificamente e socialmente sostenibile;
a considerare nella ricerca e nella clinica farmacologica la conoscenza delle differenze di genere al fine di tutelare la salute di entrambi i generi in modo appropriato;
a mettere in atto misure idonee a sviluppare competenze specifiche e promuovere percorsi formativi multidimensionali e multidisciplinari sul tema.
(7-00767)
«Pedoto, Froner, Grassi, Sbrollini, Lenzi, Sarubbi, Rosato, Cardinale, Rubinato, Braga, Mariani, Mosca».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
in seguito alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», si rileva che i commi da 8 a 13 dell'articolo 35, contengono delle disposizioni in materia di tesoreria unica;
in particolare, le norme dispongono la sospensione fino al 31 dicembre 2014 del regime di tesoreria mista introdotto con il decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 e l'applicazione del regime precedente di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e relative norme amministrative di attuazione;
si specifica che, inizialmente, il superamento della tesoreria unica, di cui il citato decreto legislativo n. 279, era prevista per regioni e gli enti locali; successivamente, con il decreto-legge n. 112

del 2008, è stata estesa anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, a tutti gli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, alle aziende sanitarie locali, alle aziende ospedaliere, e ai policlinici universitari a gestione diretta, agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, agli istituti zooprofilattici e alle agenzie sanitarie regionali;
il regime della «tesoreria unica», di cui alla legge n. 720 del 1984, imponeva agli enti destinatari di versare tutte le entrate su due conti specifici, accesi presso la Banca d'Italia, uno infruttifero, su cui dovevano essere versate tutte le entrate provenienti direttamente o indirettamente dallo Stato, mentre sul conto fruttifero venivano depositate tutte le entrate proprie degli enti;
nel rispetto di un percorso di riconoscimento di una maggiore autonomia delle amministrazioni territoriali e locali, il regime di tesoreria mista, introdotta con il citato decreto legislativo n. 249 del 1997, ha rappresentato una importante conquista. Di fatto è stato consentito agli enti interessati di poter versare almeno le proprie entrate non più nei conti fruttiferi intestati all'ente presso la tesoreria provinciale dello Stato, ma presso i tesorieri dei singoli enti;
si consideri che dal 1997 ad oggi è modificato sostanzialmente in aumento il rapporto fra risorse proprie e risorse correlate a trasferimenti erariali;
il regime di tesoreria mista, oltre a rendere più autonomi gli enti, ha consentito agli enti di realizzare sulle disponibilità presso il proprio tesoriere interessi più elevati di quelli riconosciuti dalla Banca d'Italia sulle giacenze depositate presso i conti fruttiferi;
dall'insediamento del Governo attualmente in carica, è stato di fatto congelato il percorso della realizzazione del federalismo fiscale, previsto alla legge n. 42 del 2009;
la riforma federalista, non solo costituisce una parte importante del programma elettorale della maggioranza uscente vincente dalle elezioni del 2008, ma la sua attuazione consente di rendere effettiva l'autonomia gestionale, organizzativa, nonché finanziaria delle regioni, province, comuni e città metropolitane contemplata dagli articoli 114 e 119 della Costituzione;
nell'ultimo triennio, a causa della grave crisi economica trasformatasi in recessione, sono state adottate manovre rigorosissime finalizzate alla messa in sicurezza della finanza pubblica;
durissimi sono stati i contributi di risanamento richiesti agli enti locali e territoriali con le manovre estive, che hanno messo in seria difficoltà lo svolgimento delle ordinarie funzioni degli enti stessi;
è legittimo affermare che i tagli imposti alle amministrazioni suddette sono superiori al contributo di risanamento imposto alle amministrazioni centrali;
per il bene del Paese e per mancanza di immediate soluzioni alternative gli enti territoriali e locali hanno già dato un contributo straordinario per la riduzione dell'indebitamento;
il sacrificio è stato infine sopportato probabilmente nella speranza di conseguire dal 2012 in poi i benefici delle nuove norme in materia di entrata e autonomia contenute dai decreti delegati previsti dalla citata legge n. 42 del 2009;
ad esempio, l'entrata in vigore dell'IMU, come concepita dall'originario decreto legislativo, rappresentava per gli enti l'inizio di un serio processo di autonomia finanziaria;
invece, con la manovra Monti, cosiddetta «salva-Italia», approvata nel mese di dicembre 2011, si è assistito alla «espropriazione» di una gran parte delle risorse conseguenti all'IMU a favore dello Stato centralista;

non solo, ma si sospetta anche la volontà del Governo in carica di voler «congelare» la riforma federale, considerato che non è stato ripristinato l'apposito Ministero, sostituito, invece, dal Ministero per la coesione territoriale;
ora, con il decreto-legge sulle liberalizzazioni, la decisione di privare gli enti locali e territoriali, della loro autonomia di gestire e controllare almeno le entrate proprie, mediante il ripristino forzato della «tesoreria unica» è davvero inaccettabile sia politicamente che giuridicamente, un vero «passo indietro» nel percorso di modernizzazione del Paese, una norma che appare in contrasto anche con le finalità di «liberalizzazioni» oggetto del decreto-legge in questione -:
quali iniziative intenda assumere per assicurare il completamento della riforma del federalismo fiscale avviata con la legge delega n. 42 del 2009 e con i successivi decreti legislativi, evitando qualsiasi ulteriore proroga o differimento;
se non ritenga necessario, nell'ottica dell'attuazione della riforma federalista, ed in osservanza di quanto disposto dall'articolo 119 della Costituzione, promuovere l'adozione di meccanismi di riscossione e di gestione delle risorse provenienti dalle entrate proprie degli enti locali che assicurino agli stessi la piena disponibilità di cassa delle entrate medesime.
(2-01340)
«Dozzo, Montagnoli, Forcolin, Bragantini, Vanalli, Comaroli, Bitonci, Desiderati, Buonanno, Chiappori, Lanzarin».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
negli ultimi anni il fenomeno dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione ha raggiunto dimensioni significative, alimentando un dibattito serrato a livello nazionale e internazionale sui possibili effetti prodotti sul sistema economico, e in particolare alla luce della recente crisi economica che, aggravando la situazione delle imprese coinvolte, ha accentuato le criticità;
tra l'altro il peggioramento dei tempi medi di pagamento avvenuto negli ultimi tre anni ha coinciso con il peggioramento la crisi economico-finanziaria, che ne ha acuito gli effetti. Una situazione alla quale di certo non può porre rimedio la normativa attuale, che prevede interessi di mora che, è facilmente ipotizzabile, non verranno mai corrisposti ai fornitori;
le criticità legate ai pagamenti riguardano in particolare due aspetti: le tempistiche previste dai contratti, eccessivamente lunghe, e il non rispetto delle scadenze previste contrattualmente;
secondo gli ultimi dati rilevati, la puntualità dei pagamenti continua a peggiorare, e purtroppo nessuna certezza è stata data dal Governo sull'introduzione della direttiva comunitaria che obbligherebbe tutti (Stato e imprese) a pagamenti puntuali e questa è una decisione grave e incomprensibile, temendosi addirittura un ulteriore rinvio;
il tessuto economico italiano è tradizionalmente composto da piccolissime, piccole e medie imprese, ed inevitabilmente, è limitata la capacità per queste ultime di prevenire il ritardo dei pagamenti in sede di contrattazione con le pubbliche amministrazioni, è ridotta la possibilità di ricorrere alla tutela giurisdizionale, in ragione dei costi economici e sociali che comporta, e conseguentemente le aziende si trovano prive di liquidità perché soffocate dal mancato rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) che è richiesto obbligatoriamente per il pagamento dei crediti da parte degli enti pubblici ma, secondo una previsione che appare paradossale, viene rilasciato solo in presenza di una «regolarità» dell'azienda nel pagamento dei contributi previdenziali, difficilmente realizzabile in assenza del puntuale incasso dei crediti;

si evince quindi che il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, oltre a costituire un problema per le imprese fornitrici, genera infatti costi per l'intera collettività, in via diretta, ma anche in via indiretta attraverso un aumento dei prezzi dei beni e servizi venduti sul mercato o direttamente alla pubblica amministrazione negli esercizi successivi;
il fenomeno del ritardo dei pagamenti coinvolge oggi soprattutto i fornitori della pubblica amministrazione, imprese sia italiane che europee. Gran parte dell'exploit negativo dell'Italia rispetto agli altri partner europei è difatti spiegabile dal comportamento tutt'altro che virtuoso del settore pubblico. La complessità dell'organizzazione delle procedure amministrative e dei criteri per il trasferimento dei fondi tra le varie strutture nonché l'ampio potere di mercato della pubblica amministrazione sono, infatti, fattori determinanti che contribuiscono all'allungamento delle tempistiche di pagamento. Per non parlare del patto di stabilità che, nell'ambito del più generale processo di risanamento della finanza pubblica, impedisce agli enti locali di utilizzare la liquidità disponibile per far fronte a vecchi e nuovi impegni di spesa;
in ottica comparativa, si osserva che già nel 2010 in Italia il ritardo dei pagamenti del settore pubblico era di 86 giorni, oltre il doppio di quello del settore privato, pari a 30 giorni. A fronte degli 86 giorni di ritardo registrati in Italia corrispondono 19 giorni nel Regno Unito, 65 giorni in Spagna, 21 giorni in Francia e 11 giorni in Germania, con una media dell'Unione europea di 27 giorni;
non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove i pagamenti sono più veloci e regolari. La Francia, per esempio, non appena la crisi è partita, ha introdotto stringenti regole anche per i pagamenti tra privati. Diversi Paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10 giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria;
anche la Spagna, che è considerata - unitamente all'Italia - un Paese assai lento in punto di pagamenti, ha già emanato un provvedimento volto ad accelerare il pagamento dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione (il provvedimento, che entrerà a regime dal 2013, anticipando i contenuti della nuova direttiva, stabilisce che la pubblica amministrazione avrà trenta giorni per pagare le fatture delle imprese creditrici, senza possibilità di ammettere alcuna deroga);
continuando nell'analisi comparatistica, è indispensabile riferirsi ad uno studio condotto dall'Unione europea, dal quale è emerso che, soprattutto in Italia, i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese si verificano con una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle piccole imprese. Inoltre, la durata delle dilazioni è doppia nel caso dei pagamenti effettuati dalle grandi imprese alle piccole e medie imprese, rispetto a quelli effettuati da queste ultime alle grandi imprese. Se infatti in Italia i tempi di pagamento hanno raggiunto i 103 giorni (+15 dal 2009), in Francia si attestano sui 59 giorni (-4 giorni), in Regno Unito sui 46 (-6 giorni) e in Germania sui 37 (-12 giorni);
analizzando nel dettaglio il peculiare e specifico caso italiano, l'esposizione della pubblica amministrazione verso le imprese per forniture o servizi erogati in esecuzione di appalti pubblici ammonta a circa 90 miliardi di euro;
solo nei confronti della sanità italiana - le imprese vantano crediti per circa 33 miliardi di euro, ed i ritardi hanno dello sconcertante poiché possono anche essere superiori ad un anno;
secondo l'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) i tempi medi di pagamento dei lavori pubblici da parte della pubblica amministrazione, in qualità di committente, hanno raggiunto, nel secondo semestre 2011, la soglia degli otto mesi. Il ritardo medio è pari a 159 giorni;

complessivamente, nei confronti della pubblica amministrazione, le aziende private devono ancora riscuotere una somma che si aggira tra i 60 e i 70 miliardi di euro, è di conseguenza lampante che, pur in presenza di una crisi globale senza precedenti, sbloccare il pagamento di oltre 33 miliardi darebbe un aiuto non indifferente all'economia di migliaia di imprese;
le dimensioni del problema sono emerse chiaramente nel corso della Relazione annuale del Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici per l'anno 2009, attraverso la quale sono stati divulgati dati numerici che appaiono eufemisticamente preoccupanti, affermando che i tempi di pagamento oscillano in un range compreso tra un minimo di 92 giorni ed un massimo di 664 giorni, ed il ritardo è imputabile ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3 per cento e dei mandati di pagamento (29,6 per cento) da parte delle stazioni appaltanti e, ancor più in generale, a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 per cento);
a ciò si aggiunga che la medesima autorità ha sottolineato, come la problematica sia particolarmente avvertita dalle piccole e medie imprese che, soprattutto nell'attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito bancario, risentono in maniera grave della mancanza di liquidità, e per le quali paradossalmente, il recupero dei crediti insoluti è divenuto il vero core business delle aziende soggiogate dalla tenaglia tra la «flessibilità» del debitore, da un lato, e l'«inflessibilità» di fisco e banche, dall'altro;
se, d'altronde, è un problema di liquidità del sistema, occorre intervenire su tutti i fronti, anche quello legislativo. Poiché i casi di crisi da pagamenti sono attualmente decine di migliaia e occorre distinguere tra quelli in cui le responsabilità non sono imputabile all'imprenditore, da altri in cui, invece, ha la responsabilità piena dei debiti e dell'insolvenza;
del resto, anche lo Small Business Act COM (2008) 394 e lo European Economic Recovery Plan COM (2008) 800 ribadiscono, rispettivamente, l'importanza delle piccole e medie imprese per la competitività in Europa, insistendo sia sull'opportunità di creare le condizioni necessarie per agevolare l'accesso alla liquidità dei piccoli imprenditori, e sia sull'importanza delle agevolazioni all'accesso alla liquidità quale condizione essenziale per favorire gli investimenti, la crescita e la creazione di posti di lavoro, e dunque il contrasto alla crisi economica e finanziaria;
con più specifico riguardo al tema dei ritardati pagamenti, occorre prendere in considerazione tre distinti documenti riferendosi alla risoluzione legislativa del Parlamento del 20 ottobre 2010, della comunicazione della Commissione europea COM 2010 (712) Reaping the benefits of electronic invoicing far Europe che richiama l'opportunità di introdurre entro il 2020 un sistema uniforme di fatturazione elettronica, considerandola benefica per la riduzione dei tempi delle transazioni, e dulcis in fundo alla direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011 che modifica la previgente direttiva 2000/35/CE, modifica sostanziale ritenuta opportuna per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, per il perseguimento del duplice obiettivo di diminuire i tempi di pagamento per le pubbliche amministrazioni nell'Unione europea e contestualmente inasprire le misure nei casi in cui i termini non vengano rispettati;
la nuova direttiva 2011/7/UE, rappresentando il baluardo e la forma più compiuta di disciplina in materia, abrogherà e sostituirà la direttiva 2000/35/CE, le cui disposizioni, per mezzo del decreto legislativo 231 del 9 ottobre 2002, risultano di fatto già recepite nell'ordinamento italiano, almeno per quanto attiene ai settori dei servizi e delle forniture;
relativamente alle disposizioni dotate di carattere innovativo si impone al legislatore italiano di compiere il relativo recepimento, anche se la nuova direttiva reca norme attributive di posizioni di vantaggio sufficientemente puntuali e dettagliate

da potersi ritenere auto-applicative in linea con tre profili di rilevante novità e specificamente: la previsione di un limite massimo alla facoltà di estensione del termine di pagamento, l'aumento del tasso degli interessi moratori e l'applicabilità della nuova direttiva anche al settore dei lavori pubblici;
per ciò che concerne la previsione di un limite massimo alla facoltà di estensione del termine di pagamento, occorre rilevare che questo è fissato in trenta giorni naturali e consecutivi, consentendo una deroga solo se «oggettivamente giustificata dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche, non superando comunque sessanta giorni di calendario»;
ad ulteriore rafforzamento della tutela del creditore, la nuova direttiva aumenterà di un punto percentuale (dal precedente 7 all'8 per cento) il saggio degli interessi moratori da riconoscere in suo favore in caso di ritardato pagamento, definendo gli «interessi legali di mora» come «interessi semplici di mora ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali»;
è urgente adottare misure strutturali al fine di sostenere la crescita, incrementare la capacità di attrarre nuovi investimenti e arginare i fallimenti in un momento particolarmente delicato per i destini delle PMI in asfissia di cassa -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative per attuare la soluzione trasparente e generale di compensare i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese con i debiti che le stesse hanno nei confronti del fisco e della previdenza poiché, attualmente, la compensazione dei crediti vantati verso la pubblica amministrazione è prevista solo con somme dovute all'erario a seguito di iscrizione a ruolo, ed a fronte del ritardo con cui le amministrazioni pagano, i ritardi dell'imprenditore contribuente non sono ammessi e sono sanzionati con severità;
se intenda assumere iniziative normative per rendere possibile l'utilizzo dei crediti scaduti quale garanzia verso le pubbliche amministrazioni, non solo per la fornitura di beni e servizi, ma anche per la concessione di agevolazioni, evitando la stipula da parte degli imprenditori di costosi contratti bancari o assicurativi che certificano la loro solvibilità piena e tempestiva;
se intenda valutare l'opportunità di affidare ad un organismo ad hoc super-partes già esistente, onde evitare ulteriori aggravi a spese della finanza pubblica, le funzioni di tutela delle imprese e degli imprenditori vittime dei pagamenti ritardati.
(2-01343)
«Germanà, Frattini, Stanca, Cossiga, Gelmini, Baccini, Garofalo, Vessa, Berruti, Rosso, Cazzola, Scalia, Savino, Picchi, Castiello, Vincenzo Antonio Fontana, Iannarilli, Vella, Gottardo, Milanese, Gioacchino Alfano, Girlanda, Catanoso, Ghiglia, Gibiino, Pili, Ceccacci Rubino, Murgia, Ciccioli, Ceroni, Pizzolante, Mazzuca, Mancuso, Castellani, Bocciardo, Abelli, Centemero, De Nichilo Rizzoli, Terranova, Pagano».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
durante l'anno 2009 sono state approvate delle riforme con l'obiettivo di attuare la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni. La disposizione cardine in materia si rinviene nell'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009 (Trasparenza);
nell'ambito del citato articolo al comma 1 è espresso un principio fondamentale, che ispira la normativa di dettaglio, e che riprende quanto già espresso nella legge delega, all'articolo 4 della legge n. 15 del 2009. Infatti, il comma 1 dell'articolo

11 stabilisce che «La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione»;
con la norma, la cui approvazione segna il momento conclusivo di un lungo cammino iniziato con l'approvazione delle leggi n. 142 del 1990 e n. 241 del 1990, è stata stravolta l'ottica nell'approccio alla conoscenza dell'organizzazione e dell'attività dell'amministrazione, che oggi consiste nell'accessibilità totale delle informazioni;
tale accessibilità riguarda - tra gli altri aspetti - anche l'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, e, quindi, il modo in cui la pubblica amministrazione spende i soldi pubblici per realizzare attività (in buona sostanza, pago cosa, chi e quanto per fare cosa);
il principio è poi dettagliato nel seguito della disposizione. In particolare, il comma 8 del citato articolo 11 stabilisce che: «Ogni amministrazione ha l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale in apposita sezione di facile accesso e consultazione, e denominata: «Trasparenza, valutazione e merito»:
(omissis)
g) le retribuzioni dei dirigenti, con specifica evidenza sulle componenti variabili della retribuzione e delle componenti legate alla valutazione di risultato»;
nel sito del Governo non sono pubblicate, o quantomeno non sono rinvenibili, le retribuzioni dei dirigenti (di ruolo e non) della Presidenza del Consiglio dei ministri -:
quali provvedimenti intenda adottare il Presidente del Consiglio affinché venga rispettata la norma di legge;
nell'ambito di detti provvedimenti, se il Presidente del Consiglio intenda chiarire che per ogni singolo dirigente (dirigenti di seconda fascia, direttori generali e capi dipartimenti), anche proveniente da altre carriere, si debba pubblicare l'intero trattamento economico e non solo quello a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di rispettare il principio di trasparenza previsto dalla legge.
(2-01344)«Brunetta, Baldelli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GERMANÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni stiamo assistendo ad un continuo flusso di informazioni discrepanti, se non antitetiche, circa la sorte del progetto infrastrutturale strategico del ponte sullo Stretto di Messina, in balia di vicende alterne e costanti stop & go che disseminano preoccupazioni e confondono circa le reali intenzioni e le contestuali decisioni che si intendono assumere;
l'opera è una delle priorità del riscatto del sud poiché servirà ad attrarre notevoli flussi turistici, a continuare l'alta velocità da Salerno fino alla Sicilia, ed anche per la logica dell'intermodalità dei trasporti che la realizzazione dell'opera comporterà. Una rete moderna ed efficiente di infrastrutture, di linee ferroviarie ad alta velocità, di più vie del mare, di porti adeguatamente ristrutturati, di aeroporti più dinamici, ed altro per abbassare gli attuali costi di trasporto dando maggiore

competitività al Sud che diventerebbe la vera «cerniera» tra l'Europa e le altre economie emergenti, un collante tra due realtà che avranno nei prossimi decenni un ruolo strategico nell'economia mondiale. Infatti, sotto il profilo prettamente economico, il progetto di costruzione del ponte sullo Stretto deve essere qualificato quale investimento produttivo, con ricadute positive, e con un costo complessivo che sarà solo in parte a carico del settore pubblico italiano poiché è stata già prevista l'opportunità di ricorrere al project financing per la gran parte dell'opera, esercitando una profonda capacità di attrattiva sui privati dotati di lungimiranza e visione strategica;
adducendo una valutazione circa le innegabili ricadute positive, occorre sottolineare che non solo si stima una crescita enorme dei flussi turistici da qui al 2020 favorendo altresì la mobilità all'interno del Mezzogiorno e, in prospettiva, con il resto del mondo, ma che ne beneficerà anche il mercato del lavoro prevedendo l'impegno di circa quarantamila unità lavorative per la realizzazione dell'opera, e contestualmente attivando un circolo virtuoso per tutto l'indotto legato alla costruzione la riduzione dello scarto infrastrutturale in considerazione della circostanza che l'Italia soffre un gap di questa natura con il resto del continente europeo;
è necessario considerare l'opera strategica, assumendo una prospettiva multisettoriale e multifunzionale, poiché il ponte non è solo il ponte automobilistico, non è solo il ponte dell'alta velocità ferroviaria per le merci e maggiori flussi turistici, ma l'utilità economica è legata alle grandi opportunità che si aprirebbero per l'intera area dello Stretto, un volano di crescita economica e sociale;
inoltre va rilevato che il progetto definitivo della società stretto di Messina, comprende le nuove importanti opere deliberate dai comuni interessati dalla costruzione del ponte, come ad esempio il progetto di fermate ferroviarie intermedie tra Reggio e Messina che consentirà la concreta attuazione di una moderna rete di trasporti metropolitani dello Stretto, rappresentando un ulteriore valore aggiunto per il territorio, mentre per ciò che concerne gli aspetti correlati alla sicurezza antismica delle opere a terra, nel progetto definitivo sono state recepite ed implementate tutte le previsioni recate dal nuovo testo unico delle costruzioni, infatti l'expert panel, organo scientifico a supporto della società Stretto di Messina, formato da esperti del settore, ha già rilasciato pareri ampiamente favorevoli relativi alle tematiche aeroelastiche, geotecniche, sismiche e ambientali;
al fine di offrire un quadro più chiaro ed esaustivo circa l'evoluzione e lo stato di avanzamento del progetto, è opportuno riferirsi ad una sorta di excursus cronologico delle vicende e delle fasi alterne che hanno procrastinato l'opera occorre considerare che già dal 2001 vi è stato un sostegno politico bipartisan alla proposta di costruzione del ponte sullo Stretto di Messina;
nel 2003 venne ulteriormente modificato il progetto preliminare, rappresentante l'esito finale di oltre vent'anni di studi e di ricerche specifiche portate avanti dalla concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del ponte ovvero la società Stretto di Messina S.p.A., una società per azioni il cui capitale sociale è detenuto dall'Anas quale azionista di maggioranza con quota pari all'81,8 per cento, e di cui anche la Regione Siciliana è socia per una quota del 2,5 per cento;
nell'ottobre 2005, durante il Governo Berlusconi, l'associazione temporanea di imprese Eurolink S.C.p.A., capeggiata da Impregilo spa vinse la gara d'appalto come contraente generale per la costruzione del ponte con un'offerta di 3,88 miliardi di euro ed il 27 marzo 2006, Impregilo spa firmò ufficialmente il contratto per la progettazione finale e la realizzazione dell'opera. Seguirono le firme delle altre ditte ma con l'insediamento del nuovo Governo Prodi, il 10 aprile successivo tutto l'iter si

bloccò nuovamente e nel 2007 era in procinto di ritirare l'appalto e annullare il contratto con la Impregilo, pur esponendosi al pagamento di una penale di oltre 500 milioni di euro, ma l'allora Ministro dei trasporti Antonio Di Pietro, insieme all'opposizione di centrodestra, si oppose al proposito procedendo poi ad accorpare la società Stretto di Messina all'ANAS, riducendo il numero dei suoi dipendenti, ed evitando sia il pagamento delle penali alle società appaltanti per la mancata esecuzione dei lavori, sia la perdita di decenni di studi e progetti e la risoluzione dei contratti d'appalto rimasti invece tuttora validi;
il nuovo Governo Berlusconi, succedutosi nel maggio del 2008, nel gennaio 2009 riconfermava il suo impegno a realizzare l'opera, ed il 2 ottobre dello stesso anno, la società Stretto di Messina s.p.a. impartiva al contraente generale l'ordine di inizio dell'attività di progettazione definitiva ed esecutiva;
i primi cantieri, relativi ai lavori propedeutici, sono stati avviati il 23 dicembre 2009 e consistono nella deviazione dell'esistente tratta ferroviaria tirrenica in corrispondenza di Cannitello, poco a nord di Villa San Giovanni, onde evitare le interferenze con il futuro cantiere della torre del ponte con analoghi lavori propedeutici sulla costa siciliana intrapresi nei mesi successivi;
è essenziale ricordare che, sempre nel 2009, sono intervenute due deliberazioni del Comitato Interministeriale per la programmazione economica (CIPE), e nello specifico la prima in data 6 novembre, la n. 102 del 2009, recante il «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001) - Ponte sullo Stretto di Messina - (CUP C11H03000080003) - Presa d'atto della relazione del commissario straordinario e contributo ex articolo 4, comma 4-quater, legge n. 102 del 2009, successivamente interviene la seconda deliberazione, la n. 121 del 2009, del 17 dicembre 2009 sulle «Assegnazioni di fondi in vista della realizzazione del ponte sullo stretto di Messina (CUP C11H03000080003), con la quale sono stati assegnati, a valere sulle disponibilità del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, [...] e che con la legge finanziaria 2010 sono stati stanziati ulteriori - 470 milioni a favore di Anas da destinare alla sottoscrizione degli aumenti di capitale previsti per Stretto di Messina S.p.A., successivamente ridotti a - 423 milioni dal decreto-legge n. 78 del 2010»;
il 1o aprile 2010 è stata avviata la progettazione definitiva della parte sospesa dell'opera, ed il 20 dicembre 2010 la società Stretto di Messina ha ricevuto dal contraente generale Eurolink il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina e degli oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari. Si tratta di oltre ottomila elaborati progettuali che confermano tutte le impostazioni tecniche ed i costi di costruzione del progetto preliminare redatto dalla Società Stretto di Messina ed approvato nel 2003 dal CIPE;
il 29 luglio 2011, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli ha comunicato l'avvenuta approvazione del progetto definitivo da parte del consiglio di amministrazione della società Stretto di Messina;
secondo una logica coerente con quanto esposto, le tappe conseguenti, scandite dalla legge obiettivo, avrebbero dovuto prevedere l'apertura della Conferenza dei servizi, con l'approvazione, entro febbraio 2012, del progetto definitivo da parte del CIPE e il contestuale avvio della gara per il reperimento dei finanziamenti, la stesura del progetto esecutivo e l'apertura dei cantieri principali, prevista a partire dalla metà del 2012, non è quindi chiara la ratio che soggiace alla discutibile decisione di rinunciare definitivamente all'opera, ed appare ancor più grave che solo attraverso i mezzi di comunicazione si possano reperire informazioni più o meno dettagliate, rispondenti alla realtà e alle eventuali decisioni assunte;

è indubbia la situazione di generale confusione, derivante dalla recente notizia che il 20 gennaio 2012 durante la seduta del Cipe, è stato definito l'elenco dei precedenti finanziamenti Fas infrastrutture da revocare ovvero 6,3 miliardi su 11 totali, in attuazione dei tagli disposti dalle manovre di luglio e agosto, dirottando contestualmente verso interventi minori 1.624 milioni di euro assegnati nel 2009 alla società ponte di Messina, a ciò si aggiunga che il disorientamento è acuito non solo dal comunicato termine della riunione con il quale non si accenna a eventuali definanziamenti, stilando solo l'elenco dei nuovi interventi, ma anche dalle dichiarazioni contrastanti del viceministro delle infrastrutture Mario Ciaccia, il quale ha testualmente affermato che il ponte sullo stretto è allo studio. Stiamo riflettendo su quale possa essere la sua collocazione nell'insieme delle risorse strategiche che dispone il Paese»;
pur apprezzando le decisioni adottate in quattro settori-chiave per lo sviluppo del Paese, tra cui le azioni di contrasto al rischio idrogeologico, per le quali è stato stanziato il finanziamento di 679,7 milioni di euro (di cui 352 milioni messi a disposizione dalle Regioni sui Programmi attuativi regionali e 262 milioni attraverso i Programmi attuativi interregionali), sul ponte si rincorrono notizie e smentite, mentre l'Esecutivo continua a tacere -:
quale sia, in maniera definitiva ed inequivocabile, la posizione che il Governo intende assumere in merito alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina;
se si intenda rivedere la decisione di escludere il ponte sullo Stretto di Messina dalle grandi opere da finanziare e realizzare;
se e quali azioni si intendano intraprendere al fine di portare a compimento il progetto, in mancanza del quale sarebbe inutile il corridoio 1 Berlino-Palermo che si troverebbe sospeso una volta giunto in Calabria, rendendo la Sicilia una realtà sempre più marginalizzata nello scacchiere del trasporto europeo;
se intenda predisporre la valutazione di impatto ambientale al fine di reperire le risorse.
(5-06065)

MURER. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie riportate dalla stampa, il Ministro interrogato avrebbe auspicato la soppressione dell'Agenzia nazionale per il terzo settore, annunciando la volontà del Governo di procedere rapidamente in questo senso;
l'Agenzia nazionale per il terzo settore è un ente di emanazione governativa di diritto pubblico preposta ad esercitare poteri di indirizzo, promozione e vigilanza nel contesto in cui agiscono le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, i soggetti del terzo settore e gli enti non commerciali;
l'agenzia ha sede a Milano, attualmente è presieduta dal professor Stefano Zamagni, ha un bilancio annuale di poco più di un milione di euro;
già nella prima manovra del Governo Monti, a dicembre, fu annunciata, e poi annullata, la soppressione dell'Agenzia nazionale del terzo settore, considerata alla stregua di un «ente inutile»;
l'annuncio di un possibile ritorno del progetto di soppressione ha suscitato contrarietà e proteste nell'associazionismo italiano sia per il metodo seguito sia per il merito della decisione; l'annuncio della possibile soppressione, infatti, è stato dato a margine di un convegno tenutosi a Milano, senza alcun preavviso né consultazione e confronto con le rappresentanze delle associazioni, ed in particolare con il Forum nazionale del terzo settore;
la decisione unilaterale di abolire l'Agenzia colpisce perché sembra inserirsi esclusivamente nella logica del taglio della spesa pubblica, senza alcuna riflessione sul ruolo e sulle funzioni degli enti da tagliare;

il Forum nazionale del terzo settore ha chiesto al Governo che si apra immediatamente un tavolo di confronto con il quale procedere ad una riflessione partecipata, con «la disponibilità delle associazioni ad individuare proposte concrete per il reperimento delle risorse necessarie a sostenere questo spazio di partecipazione democratica e di soggettività economica, sociale e politica così necessarie all'Italia di oggi»;
quella dell'Agenzia nazionale del terzo settore non appare certo come la soppressione di un ente inutile, dal momento che il settore del non profit necessita, per unanime riconoscimento, di un organismo in grado di garantire uno sforzo di chiarezza, di indagine, di progettazione, di conoscenza sul volontariato in Italia; tutte funzioni svolte, in questi anni, egregiamente dall'Agenzia, senza la quale verrebbe a mancare un soggetto fondamentale per strutturare politiche efficaci di welfare -:
quali siano le intenzioni del Governo in ordine all'Agenzia nazionale del terzo settore;
se sia vero e per quali ragioni il Governo intenda sopprimere tale organismo;
quando il Governo intenda convocare il Forum nazionale del terzo settore per avviare una valutazione condivisa delle esigenze e delle opportunità legate al coordinamento delle politiche per il non profit e il volontariato in Italia.
(5-06074)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per i beni e le attività culturali. -Per sapere - premesso che:
l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, dispone che «I gestori di rete, per la realizzazione di opere di sviluppo funzionali all'immissione e al ritiro dell'energia prodotta da una pluralità di impianti non inserite nei preventivi di connessione, richiedono l'autorizzazione con il procedimento di cui all'articolo 16, salvaguardando l'obiettivo di coordinare anche i tempi di sviluppo delle reti e di sviluppo degli impianti di produzione»;
inoltre, l'articolo 17, comma 1, in materia di interventi per lo sviluppo delle reti elettriche di trasmissione prevede che, «Terna S.p.A. individua in un'apposita sezione del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale gli interventi di cui all'articolo 4, comma 4, tenendo conto dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti in corso»;
si tratta di disposizioni che come ebbe a dire il Ministro pro tempore Paolo Romani servivano ad «evitare truffe, speculazioni e soprattutto per evitare che ci fosse chi utilizzasse leggi emanate per finalità giuste, ma per raggiungere fini che invece non lo sono»;
il suddetto piano di sviluppo (PdS) della rete di trasmissione nazionale (RTN) è un documento che deve essere predisposto annualmente ed essere approvato dal Ministero dello sviluppo economico prima che le opere elettriche (nella fattispecie stazioni elettriche trasformazione) siano autorizzate. Inoltre, tale piano di sviluppo deve essere sottoposto annualmente a valutazione ambientale strategica (VAS) ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, prima del decreto liberalizzazioni (articolo 23 del citato decreto) e in ogni caso ad una verifica, annuale, di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica;
tuttavia si evidenziano irregolarità da parte della società Terna S.p.A., negli anni 2010-2011, relativamente a stazioni in Basilicata, Puglia e Campania:

autorizzazione da parte della regione Puglia (determinazione dirigenziale del servizio energia, reti e infrastrutture materiale per lo sviluppo - n. 219 del 30 settembre 2010) di un impianto fotovoltaico di circa 10 mega watt dell'Agrienergy di Bari s.r.l. e dell'opera connessa stazione elettrica di Terna 150/380 kV a Spinazzola nella provincia di Barletta-Andria-Trani, da collegare sulla linea 380 kV denominata «Matera-Bisaccia», ex «Matera -S. Sofia». Stazione elettrica autorizzata con irregolarità paesaggistiche ed ambientali, irregolarità nella procedura espropriativa, varianti progettuali mai autorizzate, false dichiarazioni da parte di funzionari di Terna negli elaborati progettuali della stazione, parere contrario da parte della Soprintendenza (settembre 2011). Vi sono indagini in corso da parte del Corpo forestale dello Stato. L'autorizzazione è stata inizialmente annullata in autotutela. Successivamente è ritornata efficace e oggi, è nuovamente in fase di riesame da parte della regione Puglia. Tale stazione elettrica, già autorizzata nell'ambito del progetto dell'Agrienergy, è assente nel piano di sviluppo vigente all'epoca dell'autorizzazione (PdS 2009) e comunque non presente in tutti i piani di sviluppo successivamente approvati, ma presente solamente nella proposta al piano di sviluppo 2011 della RTN; in tale proposte la società Terna, a pagina 124, afferma che «in data 30 settembre 2010 è stato emesso dal Ministero dello sviluppo economico il decreto autorizzativo alla costruzione ed all'esercizio della futura SE 380 kV di Spinazzola». Il Ministero dello sviluppo economico tuttavia non avrebbe potuto mai emettere il decreto autorizzativo della stazione elettrica di Spinazzola assente in un piano di sviluppo approvato dallo stesso Ministero;
autorizzazione da parte della regione Campania (decreto dirigenziale dell'A.G.C. 12 - sviluppo economico - settore 4 - n. 377 del 14 luglio 2010) di un impianto eolico di 40 mega watt della Essebiesse Powe s.r.l. e dell'opera connessa stazione elettrica Terna 150/220 kVa Montesano S.M. (Salerno) da collegare sulla linea 220 kV denominata «Rotonda-Tusciano». Risulterebbero irregolarità paesaggistiche ed ambientali. Vi sarebbero il parere contrario da parte della Soprintendenza (luglio 2011), la violazione dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 essendo la Società Essebiesse Power s.r.l. ad avere chiesto ed ottenuto l'autorizzazione della stazione per conto di Terna. Relativamente a questa stazione si segnala la sospensione dei lavori e il sequestro del cantiere da parte del Corpo forestale dello Stato attivato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Sala Consilina (novembre 2011) ed in questi giorni, l'ordinanza di demolizione della stazione elettrica che rappresenta il caso più eclatante di abusivismo da parte di Terna. Tale stazione elettrica, già autorizzata, è assente nel piano di sviluppo vigente all'epoca dell'autorizzazione (PdS 2009) e comunque non presente in tutti i piani di sviluppo successivamente approvati, ma presente solamente nella proposta al piano di sviluppo 2011 del RTN. In tale proposta la società Terna, a pagina 124, afferma che «in data 14 luglio 2010 è stato emesso dal Ministero dello sviluppo economico il decreto autorizzativo alla costruzione ed all'esercizio della futura SE 380 kV di Montesano sulla Marcellana». Il Ministero dello sviluppo economico non avrebbe potuto mai emettere, il decreto autorizzativo della stazione elettrica di Montesano assente in un piano di sviluppo approvato dallo stesso Ministero;
autorizzazione presso la regione Campania della stazione Terna 150/380 kV ad Ariano Irpino (Avellino) da collegare sulla linea 380 kV denominata «Benevento 2 - Foggia. Risulterebbero irregolarità paesaggistiche ed ambientali, e il parere contrario da parte della Soprintendenza (maggio 2011) e il parere contrario del consiglio comunale che aveva espresso il proprio parere favorevole esclusivamente all'impianto eolico, pensando di non doversi esprimere anche sulla stazione elettrica. Tale stazione elettrica è assente da

ogni piano di sviluppo e non figura neppure nella proposta al piano di sviluppo 2011 della RTN;
autorizzazione presso la regione Basilicata, la stazione Terna 150/380 kV a Montemilone (Potenza) da collegare sulla linea 380 kV denominata «Matera-S. Sofia». Risulterebbero il parere contrario da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Basilicata (agosto 2011) il parere contrario riguardante l'impianto eolico della Novawind Sud srl e dell'opera connessa stazione elettrica Terna inclusa nel medesimo progetto. Tale stazione elettrica è assente nei piani di sviluppo e non figura neppure nella proposta al piano di sviluppo 2011 della RTN;
si fa presente inoltre che la regione Campania ha inviato all'amministrazione del comune di Polla (Salerno) una nota per la partecipazione ad una conferenza di servizi in merito alla realizzazione di un impianto eolico di 48 mega watt della società Green Energy S.r.l. con sede a Napoli, da realizzare a Caggiano e Polla. In realtà, già nel 2008, le amministrazioni di Polla e Caggiano avevano già espresso parere favorevole all'impianto eolico. Nella nota di invito alla conferenza di servizi, la regione Campania fa cenno ad una novità, non annunciata dall'azienda due anni prima: la realizzazione di una mega-stazione elettrica di Terna S.p.A. per la trasformazione a 380 Kw su una superficie di 60.000 metri quadrati nell'ambito del progetto della Green Energy S.r.l. Nel maggio 2011, il comune di Polla, respinge la realizzazione della centrale Terna affermando che: «non era prevista ed è troppo grande» e accennando ad un sospetto: «le società che hanno presentato progetti di parchi eolici nei Comuni vicini a quello di Polla... fanno presupporre che le stesse siano tra loro collegate, in particolare evidenziandosi che due di esse risultano avere la sede legale al medesimo indirizzo, e ciò fa sorgere dubbi sulla trasparenza degli atti proposti»;
la struttura viene considerata necessaria, in un precedente verbale regionale, da Terna spa, Green Energy srl e Eolica Campana srl, società quest'ultima che ha presentato un progetto da 50 mega watt eolici ad Atena Lucana. Anche in questo caso la stazione elettrica è assente dai piani di sviluppo e non figura neppure nella proposta al piano di sviluppo 2011 della RTN;
Polla sembra essere meta ambita per allacciare e trasportare l'elettricità, da altri impianti poiché in Basilicata ci sono almeno quatto parchi eolici collegati a Polla: il 25 marzo 2011, la società Compagnia Generali Investimenti srl con sede legale a Milano ed amministrativa a Napoli, presenta alla regione Basilicata un progetto per un impianto eolico situato nei comuni di Vietri di Potenza e Savoia di Lucania, composto da 20 aerogeneratori della potenza di 3 mega watt cadauno con relative opere di allacciamento alla rete elettrica nei comuni di Polla (Salerno) e Sant'Angelo Le Fratte; il 3 marzo 2011, la società Genertech srl con sede legale a Potenza presenta alla Regione Basilicata un progetto per un impianto eolico di 8 aerogeneratori situato nel comune di Sant'Angelo le Fratte con realizzazione di impianti di rete e di utenza a Polla;
l'8 marzo 2011, la società Burgentia Energia srl con sede legale a Tito Scalo presenta alla regione Basilicata un progetto per un impianto eolico di 8 aerogeneratori situato nel comune di Brienza con realizzazione di impianti di rete e di utenza a Polla; nel luglio 2011, la società Agrienergia Lucania Società Agricola srl con sede a Postiglione (Salerno) presenta alla regione Basilicata ai sensi della legge regionale n. 47 del 1998, l'istanza per il parere VIA relativa ad un progetto di impianto eolico nel comune di Savoia di Lucania, composto da 15 aerogeneratori della potenza di 2 mega watt cadauno, con realizzazione di impianti di rete e di utenza a Polla e Sant'Angelo le Fratte. Non è chiaro se per tutti questi parchi servisse la mega-centrale, ma è certo che tutti i progetti riguardano Polla;
in particolare per quanto riguarda la stazione elettrica di Spinazzola, si fa presente

che sono oggetto di espropriazione (signori Donato ed Alessandro Cancellara) terreni agricoli ad alta produttività in agro di Spinazzola (BT) per la realizzazione di una mega-stazione elettrica (oltre 76.000 metri quadrati di superficie) di cui la società Terna S.p.A. è proprietaria/committente, che viene rappresentata dalla Agrienergy di Bari S.r.l. nella promozione dell'espropriazione e che figura anche come la società che ha chiesto e ottenuto l'autorizzazione della stazione per conto di Terna, in contrasto con quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 per il quale deve essere Terna a chiedere l'autorizzazione;
la stazione elettrica di Spinazzola, dovrebbe servire l'impianto fotovoltaico della stessa società Agrienergy di circa 10 mega watt di potenza rispetto alla quale viene definita «opera connessa» all'impianto ma che nella realtà presenta una capacità di 1000 mega watt (100 volte maggiore);
la suddetta stazione inoltre è assente nel piano di sviluppo vigente all'epoca dell'autorizzazione (PdS 2009) e comunque non presente in tutti piani di sviluppo successivamente approvati, ma presente solamente nella proposta al piano di sviluppo 2011 della RTN; dove viene presentata da Terna come un'opera che consentirà la connessione degli impianti fotovoltaici locali. Ad oggi nessun impianto fotovoltaico, con connessione alla stazione Terna, è stato realizzato. Inoltre, in base alla chiusura del registro per i megaimpianti fotovoltaici da parte del GSE, è realistico pensare che nessuno di questi mega-impianti fotovoltaici verrà mai realizzato, per impossibilità di accedere agli incentivi statali;
da ciò deriva inutilità della stessa stazione elettrica di Spinazzola nel modo in cui è stata presentata da Terna nella proposta del PdS 2011; in realtà, grazie all'accesso agli atti (da parte dell'ingegner Donato Cancellara) presso alcuni comuni, si apprende che la stazione elettrica servirà per svariati impianti eolici ricadenti sia nella regione Puglia che nella regione Basilicata. Per tutti questi impianti, fortunatamente nessuno di essi risulta finora autorizzato, viene riportato a giudizio degli interroganti illogicamente ed irrazionalmente, nei vari elaborati progettuali, la stazione elettrica di Terna in agro di Spinazzola, come punto di connessione;
trattasi dei seguenti impianti:
impianto eolico denominato «La Tufara» di 90 mega watt della società Guastamacchia S.p.A.;
impianto eolico denominato «Macchia» di 39.6 mega watt della società Guastamacchia S.p.A.;
impianto eolico di 33 mega watt della società TRE Tozzi-Renewable S.p.A.;
impianto eolico di 63 mega watt della società TRE Tozzi-Renewable S.p.A.;
impianto eolico denominato «Casalini» di 37.5 mega watt della società Alisei Wind S.r.l.;
impianto eolico denominato «Piano di Cammera» di 37.5 mega watt della Castel del Vento S.r.l.;
impianto eolico denominato «Ariaccia» di 37.5 mega watt della società Andromeda Energy S.r.l.;
impianto eolico denominato «Santissima» di 63 mega watt della società Eolica Spinazzola S.r.l.;
impianto eolico denominato «Santa Lucia» di 81 mega watt della società Eolica Spinazzola S.r.l.;
impianto eolico di 20 mega watt della società Quattordici S.p.A.;
impianto eolico di 81 mega watt della società Eolica Pugliese s.r.l.;
impianto eolico di 114 mega watt della società Sviluppo Energia S.r.l.;
impianto eolico di 84 mega watt della società Valore Energia S.r.l.;

impianto eolico di 57.8 mega watt della società Meltemi Energia S.r.l.;
Impianto eolico di 37.5 mega watt della EDP Renevables Italia S.r.l.;
impianto eolico di 270 mega watt della società FRI-EL S.p.A.;
poiché dunque la stazione elettrica di Spinazzola è stata comunque autorizzata con la determinazione direttoriale n. 219/2010 come opera connessa all'impianto fotovoltaico della Agrienergy di Bari s.r.l. (della potenza di circa 10 mega watt) quando nella realtà ha una capacità di gran lunga superiore (1000 mega watt) e dunque rappresenta un'opera elettrica necessaria per svariati altri impianti, avrebbe dovuto essere sottoposta ad un'apposita istruttoria che non è mai stata attivata, quella relativa al decreto ministeriale 10 settembre 2010 del Ministero dello sviluppo economico «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» all'Allegato Parte I articolo 3.2 - Opere connesse e infrastrutture di rete - che recita:
«......il gestore di rete tiene conto in modo coordinato delle eventuali altre richieste di connessione di impianti riferite ad una medesima area e può, a seguito di apposita istruttoria, inserire nel preventivo per la connessione una stazione di raccolta potenzialmente asservibile a più impianti purché ricadenti nel campo di applicazione del presente decreto»;
infatti, dalla visione di tutti i preventivi per la connessione, definiti tecnicamente STMG (soluzione tecnica minima generale), pur venendo citata la stazione Terna come punto di connessione, tale stazione elettrica non rientra nel preventivo così come prescrive il decreto ministeriale 10 settembre 2010 in aggiunta alla richiesta di attivazione di un'apposita istruttoria;
in tutti i preventivi è riportato unicamente il costo di 450 kV dell'impianto di rete della connessione rappresentato dal singolo stallo di arrivo produttore a 150 kV nella stazione elettrica di Terna rispetto alla quale si fa notare che la stazione elettrica di Terna prevede ben 12 stalli di cui alcuni condivisi con diversi produttori;
la stazione elettrica di Spinazzola comporta un notevole aggravio delle condizioni ambientali e paesaggistiche oltre che un alto impatto visivo dato che la medesima costituisce un forte elemento intrusivo in un ambiente puramente agricolo creando notevoli conflitti ambientali e paesaggistici, come già evidenziato dall'associazione Italia Nostra - sezione Bari - BAT, nella nota inviata dalla professoressa Spagnolo all'autorità ambientale competente quale la provincia BAT - servizio ambiente. Infatti, l'opera in questione non si va ad inserire in un nucleo omogeneo di architettura industriale, bensì trattasi di una mega opera elettrica (oltre 76.000 metri quadrati di superficie, più le opere accessoria) isolata ed in un contesto strettamente naturalistico, in disaccordo, a giudizio degli interroganti, con le direttive della Commissione europea che più volte hanno ribadito necessità e l'urgenza di innalzare il livello di attenzione per le ricadute ambientali e paesaggistiche in merito alla costruzione delle infrastrutture energetiche;
eppure non risulta che sia stata fatta un'analisi delle ipotesi localizzative alternative, né che, qualora non vi fossero alternative, sia documentato e dimostrato che, come spesso accade, la scelta sia dettata dalla convenienza progettuale piuttosto che dall'assenza di alternative offerte dal territorio;
nonostante l'irrazionalità nella scelta dei siti, con evidenti problemi paesaggistici, le stazioni elettriche di Spinazzola e di Montesano, pur non essendo presenti in nessuno di piani di sviluppo approvati dal Ministero dello sviluppo economico (ma solo nella proposta al piano di Sviluppo 2011) sono comunque autorizzate dalle amministrazioni regionali. Tra l'altro, la regione Puglia e la regione Campania, autorizzano le stazioni elettriche di Terna s.p.a., non perché ne abbia fatto richiesta

la stessa Terna, essendo proprietaria/committente, ma per richiesta della singola società proponente un impianto da fonte rinnovabile e proprietaria esclusivamente del virtuale impianto;
le possibili irregolarità dunque, a giudizio degli interroganti, sono suscettibili di arrecare ingiusti vantaggi a poche società e un altrettanto ingiusto danno alla collettività nonché a coloro i quali dovrebbero vedersi espropriati ingiustamente i propri terreni per realizzare, sempre ad avviso degli interroganti, illogicamente, opere ad alto impatto per l'ambiente ed il paesaggio;
il recente decreto sulle liberalizzazioni, all'articolo 23 (semplificazione delle procedure per l'approvazione del piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale) prevede che:
«1. Fermi restando l'obbligo di predisposizione annuale di un Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale e le procedure di valutazione, consultazione pubblica ed approvazione previste dall'articolo 36, comma 12, del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, il medesimo Piano è sottoposto annualmente alla verifica di assoggettabilità a procedura VAS di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed è comunque sottoposto a procedura VAS ogni tre anni.
2. Ai fini della verifica di assoggettabilità a procedura VAS di cui al comma precedente, il piano di sviluppo della rete e il collegato rapporto ambientale dovranno evidenziare, con sufficiente livello di dettaglio, l'impatto ambientale complessivo delle nuove opere»;
per quanto riguarda la regione Puglia, si evidenzia una proliferazione anomala, fuori da ogni logica, soprattutto se confrontata con il ridotto numero di stazioni elettriche previste in qualunque altra regione, poiché le mega-stazioni elettriche di Terna (capacità dai 700 ai 1000 mega watt a servizio di centinaia di mega watt prodotti da decine di impianti eolici, molti dei quali non ancora realizzate comportanti l'occupazioni decine di migliaia di metri quadrati di superficie di terreno agricolo ad alta produttività previste in questa regione sono almeno 23:
1. stazione Terna a Deliceto (Foggia) già realizzata;
2. stazione Terna a Troia (Foggia) già realizzata;
3. stazione Terna a Gastellaneta (Taranto) in costruzione;
4. stazione Terna a Galatina (Lecce) in costruzione;
5. stazione Terna a Brindisi Sud (Brindisi) in costruzione;
6. stazione Terna a Gravina di Puglia (Bari) già autorizzata;
7. stazione Terna a Spinazzola (Barletta-Andria-Trani) già autorizzata;
8. stazione Terna a Erchie (Brindisi) già autorizzata;
9.stazione Terna a Cerignola (Foggia) in autorizzazione;
10. stazione Terna a Manfredonia (Foggia) in autorizzazione;
11. stazione Terna a Torre Maggiore (Foggia) in autorizzazione;
12. stazione Terna a Lucera (Foggia) in autorizzazione;
13. stazione Terna a San Paolo Civitate (Foggia) in autorizzazione;
14. stazione Terna a Latiano (Brindisi) in progettazione;
15. stazione Terna a Palo del Colle (Bari) in progettazione;
16. stazione Terna a Leveranno (Lecce) in progettazione;
17. stazione Terna a Crispiano (Taranto) in progettazione;
18. stazione Terna a Cellino San Marco (Brindisi) in progettazione;
19. stazione Terna a Francavilla (Brindisi) in progettazione;

20. stazione Terna a Castel Nuovo di Daunia (Foggia) in progettazione;
21. stazione Terna a Casamassima (Bari) in progettazione;
22. stazioneTerna a Ruvo di Puglia (Bari) in progettazione;
23. stazione Terna a Andria (Barletta-Andria-Trani) in progettazione;
uno studio di valutazione ambientale strategico che considerasse, nella sola regione Puglia, tutte le stazione elettriche elencate oltre a quelle già presenti sul territorio, nonché le stazioni elettriche di utenza necessarie per ciascun impianto eolico (alcune migliaia di metri quadrati di superficie per ciascuna di esse), dovrebbe necessariamente avere esito negativo per una notevole ed ingiustificata invasività sull'ambiente e sul paesaggio. Per tale motivo, tali stazioni elettriche vengono autorizzate, possibilmente realizzate in tempi rapidi (10-12 mesi) e solo successivamente inserite, un po' per volta, nei piani di sviluppo. Ciò evita di fornire, a chi dovrebbe eseguire la valutazione ambientale strategica, il quadro complessivo di tutte le opere elettriche che si vorrebbero inserire sul territorio -:
se non ritenga il Governo di inviare con la massima urgenza un'ispezione al comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di accertare quanto rappresentato in premessa circa l'operato di Terna in Basilicata, Puglia e Campania, segnalando le eventuali violazioni di legge all'autorità giudiziaria per i seguiti di competenza;
come intenda il Governo rafforzare la tutela dell'ambiente e del paesaggio conformemente a quanto richiesto dalle direttive della Commissione europea che più volte hanno ribadito la necessità e l'urgenza di innalzare il livello di attenzione per le ricadute ambientali e paesaggistiche in merito alla costruzione delle infrastrutture energetiche nonché dal Protocollo sull'efficienza energetica e sugli aspetti ambientali correlati (entrato in vigore il 16 aprile 1998);
come intenda il Governo affrontare l'anomalo ed inquietante proliferare di mega-stazioni elettriche di Terna Spa nella regione Puglia, ciascuna delle quali ricopre, puntualmente, decine di migliaia di metri quadrati di superficie di terreno agricolo ad alta produttività, in contesti estranei a qualunque tipo di attività economica industriale come quella che si vuole realizzare.
(5-06081)

Interrogazione a risposta scritta:

LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della salute nello scorso dicembre ha proposto una bozza di patto della salute alle Regioni;
nella giornata di mercoledì 25 gennaio la prima bozza di documento delle regioni ha iniziato a circolare, riportando all'interno del paragrafo sul riordino delle cure primarie un comma preoccupante, frutto di una visione in accettabile;
si scrive infatti: «L'assistenza della Pediatria di libera scelta non è garantita in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Numerose aree del territorio nazionale soffrono di una carenza di pediatri e le regioni sono costrette ad incrementare significativamente il numero dei minori in carico ai PLS. Vanno quindi modificate le norme convenzionali che regolano i parametri relativi agli assistiti in carico, prevedendo di assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai MMG»;
la proposta di limitare l'assistenza del pediatra di famiglia a primi sei anni di vita e di affidare la cura del bambino dai sette anni in poi al medico di medicina generale, pone problemi giuridici legati

all'imposizione per legge dell'assistenza sanitaria ai soggetti in età pediatrica a medici non specialisti in pediatria;
senza entrare nel merito alla professionalità dei medici di medicina generale, è indubbio che l'assistenza prestata da un medico non specialista non può essere uguale a quella del medico specializzato in quel ramo. Certamente un medico generalista si troverebbe in difficoltà ad affrontare le patologie proprie del bambino, così come un pediatra si trova in difficoltà a curare un anziano con tutte le sue specificità assistenziali;
la motivazione principale che emerge dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni sarebbe di tipo economico in quanto i pediatri «costerebbero troppo». Non bisogna essere degli esperti in economia sanitaria per capire che questa motivazione è frutto di valutazioni completamente sbagliate e superficiali e che, anzi, la suddetta scelta sarebbe prima di tutto un errore di tipo economico;
secondo Antonio Gurnari - Vicepresidente Nazionale FIMP (Federazione italiana medici pediatri) il pediatra di famiglia costa alla comunità circa 24 euro in più per ogni assistito rispetto a quanto viene pagato il medico di medicina generale. Tale spesa è ampiamente recuperata evitando la prescrizione inappropriata di due confezioni di antibiotico durante l'anno. Tanto costa l'assistenza del pediatra di famiglia in Italia; senza contare l'inevitabile aumento dei ricoveri dei bambini in ospedale e l'aumento della prescrizione di esami per ogni dubbio diagnostico;
un'altra motivazione è che la carenza di pediatri, il cui numero si sta progressivamente riducendo dagli attuali 15.000 circa, fino a dimezzarsi nel 2025. Tale approccio a questa problematica appare a dir poco paradossale, ritenendo di dover far pagare lo scotto delle carenza di pediatri ai bambini ed alla loro salute e crescita, non affrontando, invece, seriamente, il problema del bassissimo numero di posti di specializzazione in pediatria in tutte le università italiane. In Calabria, ad esempio si specializzano solo cinque pediatri all'anno;
il coordinatore della conferenza dei presidenti, Vasco Errani, ha espresso una nota nella quale ha sostanzialmente preso le distanze dal documento «incriminato», affermando che «le ipotesi tecniche già circolate non sono state discusse né vagliate dalla conferenza delle regioni e non rappresentano quindi la base della discussione» -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se sia nelle intenzioni dell'Esecutivo di «assegnare ai PLS unicamente i bambini da 0 a 6 anni, prevedendo incrementi di massimale solo in questa fascia di età, e trasferire gli assistiti al compimento del settimo anno, ai MMG»;
se non sia il caso di valutare approfonditamente una eventuale scelta del genere, alla luce della gravi conseguenze che questa arrecherebbe esclusivamente ai bambini e alla loro salute in una delicata fase di crescita;
se non si intenda affrontare decisamente ed immediatamente il problema della grave carenza di specializzazione in pediatria che caratterizza le università italiane, con punte molto alte in quelle meridionali.
(4-14723)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è del 5 gennaio 2012 la comunicazione dell'agenzia consolare di Concepcion del Uruguay in cui si avverte che la signora Laura Canessa ha rinunciato al suo incarico di agente consolare onoraria;

secondo la stessa comunicazione, i connazionali, fintanto che non avverrà la riapertura dell'agenzia, dovranno rivolgersi direttamente al consolato generale di Rosario;
la questione è che l'agenzia di Concepcion del Uruguay non è l'unica ad essere vacante in territorio argentino;
esistono sette consolati generali in Argentina: Bahia Bianca, Buenos Aires, Cordoba, La Plata, Mar del Plata, Mendoza e Rosario;
di seguito, secondo i dati del Ministero degli affari esteri sono riportate le circoscrizioni che al momento si trovano non rappresentate:
a) Consolato Generale d'Italia a Bahia Blanca:
S. C. de Bariloche (C.C.O.) - esiste una nomina provvisoria della signora Nerina Martiello Elflein;
b) Consolato Generale d'Italia a Rosario:
1) Santa Fe: (AC) Agenzia Consolare Onoraria a Casilda;
2) Buenos Aires: (AC) Agenzia Consolare Onoraria a Pergamino;
3) Entre Rìos: (VC) Vice Consolato a Paraná, (AC) Agenzia Consolare a Concepcion del Uruguay;
4) Chaco: (VC) Vice Consolato a Resistencia;
è lampante la gravità della situazione vissuta in particolare dal consolato generale d'Italia a Rosario che deve ricoprire un territorio troppo vasto, vista la grande quantità di agenzie per le quali non è stato nominato alcun corrispondente;
com'è noto, in Argentina risiede una comunità italiana numerosissima e il Paese è vastissimo. Quello di cui c'è estremo bisogno è di una rete più capillare di agenzie o uffici che siano un vero e proprio punto di riferimento per la comunità;
certamente è un provvedimento che potrebbe avere un costo e siamo tutti consapevoli del momento di forte crisi economica che il nostro Paese, come tanti, sta attraversando. Una crisi che stiamo affrontando con misure importanti e, naturalmente con tagli ai costi su molti fronti;
la Convenzione delle Nazioni Unite sulle relazioni consolari (ratificata dall'Italia con legge 9 agosto 1967, n. 804) prevede nel capitolo III, relativo alle norme del «Regime applicabile agli uffici ed ai funzionari dei consolati onorari», il Console onorario non è remunerato. Assicurano, quindi, senza alcuna spesa, l'assolvimento delle stesse mansioni svolte da quelli di carriera, costituendo così organi altrettanto efficienti nell'espletare servizi di natura rappresentativa nonché amministrativa -:
se intenda urgentemente effettuare le nomine per coprire i posti vacanti e creare una rete più efficiente per l'intero territorio argentino che, si ricorda, accoglie una delle più numerose comunità italiane.
(4-14705)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
sulla stampa quotidiana del 5 dicembre 2011 sono stati pubblicati dalla società petrolifera inglese Northern Petroleum Ltd ai sensi dell'articolo 24 del codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), gli avvisi necessari a consentire il deposito delle osservazioni in merito a due richieste di autorizzazione per prospezioni di idrocarburi nel canale di Sicilia;

l'istanza di ricerca per idrocarburi «d30 G.R-. NP è ubicata nel Canale di Sicilia, a sud-ovest di Porto Empedocle ed Agrigento,». La distanza dalla costa siciliana varia da un minimo di 19,7 chilometri (circa 10.6 miglia marine) fino ad un massimo di 40, 3 chilometri (circa 21.8 miglia marine). L'area ha una superficie di 334.5 chilometri quadrati. La profondità del mare, è sostanzialmente compresa tra circa 70 metri e circa 500 metri, con un minimo di 58 metri nell'angolo nord-orientale;
l'istanza di ricerca per idrocarburi «d29 G.R-. NP» è ubicata nel Canale di Sicilia, a sud di Sciacca e ad ovest di Porto Empedocle, nella Zona «G». La distanza dalla costa siciliana varia da un minimo di 19 chilometri (circa 10.3 miglia marine) fino ad un massimo di 32 chilometri (circa 17.3 miglia marine). L'area ha una superficie di 153, 5 chilometri quadrati; la profondità del mare non è specificata nella sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale;
le due richieste presentano notevoli criticità, sollevate peraltro anche delle amministrazioni locali rivierasche della provincia di Agrigento, in particolare Sciacca e Porto Empedocle, prima fra tutte la presenza di una forte attività sismica e vulcanica nella zona marittima interessata. A circa 26 miglia nautiche dalla costa di Sciacca e a 39 da Pantelleria, sorge un grosso isolotto di roccia lavica che sfiora la superficie a circa 6 metri di profondità. Si trovano le bocche vulcaniche dell'Empedocle, l'Etna marino, il gigante sommerso che sovente fa tremare i fondali; nell'agosto del 2009 si è verificata l'esplosione di una sacca di metano nell'area oggetto di ricerca;
dei rischi sismici e vulcanici, negli studi presentati della Northern Petroleum Ltd., non c'è traccia;
ulteriori problemi derivano dalla presenza di una corrente di risalita che porterebbe gli eventuali fanghi ed oli sversati direttamente sulle coste di Sciacca, danneggiando l'economia turistica locale e le aree protette della riserva naturale orientata Foce del Fiume Platani e della riserva naturale orientata di Torre Salsa;
nell'estate del 2010, a seguito del disastro ambientale, prodotto da uno sversamento petrolifero di profondità nel Golfo del Messico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha vietato le prospezioni petrolifere nelle aree costiere del Mediterraneo e in tutte le aree che presentino particolare pericolosità geologica;
la situazione in materia di autorizzazioni alle prospezioni petrolifere nel Mediterraneo ed in particolare nella piattaforma continentale italiana è ancora controversa; nel testo originale del decreto liberalizzazioni era presenta una disposizione di parziale apertura a nuove prospezioni nel Mar Mediterraneo; tale disposizione è stata soppressa nel testo finale;
conclusivamente il 15 giugno 2011 è stata approvata in commissione Ambiente del Senato la risoluzione 7-00157 del Senatore d'Alì che sostanzialmente chiede la proroga dei divieti di prospezione e l'individuazione di nuove norme di tutela -:
se non ritenga opportuno sospendere le istanze di ricerca d30 G.R-. NP e d29 G.R-. NP della società Northern Petroleum Ltd., nel canale di Sicilia, sino alla definizione di una nuova normativa nazionale.
(2-01342) «Marinello».

Interrogazione a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale 21 luglio 1989 si è provveduto alla perimetrazione provvisoria e alle misure provvisorie di salvaguardia del parco nazionale dell'arcipelago toscano;
in particolare, l'articolo 1, comma 1, di tale decreto ha stabilito che la perimetrazione provvisoria dell'area del parco

nazionale dell'arcipelago toscano, come individuata nella cartografia allegata sotto la lettera A, numeri 1, 2, 3 e 4, al decreto stesso, comprende il territorio delle isole di Montecristo, Capraia, Gorgona e Giannutri nonché il rispettivo mare territoriale ad esse circostante delimitato in via di massima seguendo l'isobata dei cento metri;
comma 2 ha previsto che con successivi decreti si sarebbe provveduto alla perimetrazione provvisoria delle aree terrestri e marine, che pure sarebbero state parte del territorio del parco, nelle isole di Pianosa, Giglio ed Elba, ed alla definizione puntuale della poligonale di delimitazione a mare per le isole di cui al comma 1;
numerosi cittadini del territorio provinciale di Livorno, in particolare quelli che risiedono nella più ampia area dell'arcipelago toscano, lamentano la mancanza di segnalazione atta ad informare quale sia l'esatta perimetrazione dei luoghi che appartengono al parco nazionale dell'arcipelago toscano, trovandosi spesso nelle critiche circostanze di essere sanzionati involontariamente per il commettere attività non previste dalle regole dell'area protetta ma ciò per il fatto specifico che non si è certi se ci si trovi o meno all'interno di una superficie appartenente al parco -:
se corrisponda al vero che manchi la segnalazione al pubblico atta ad indicare i confini dei luoghi rientranti nelle aree del parco nazionale dell'arcipelago toscano ed, in tali circostanze, ove mancassero tali indicazioni, se non intenda intervenire affinché gli stessi confini siano resi pubblici con apposita segnaletica.
(4-14710)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e Ostia antica è senza soprintendente da due settimane;
i seicento dipendenti della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma e Ostia antica hanno scritto una lettera al Ministro per la cultura Lorenzo Ornaghi e al segretario generale Antonia Pasqua Recchia chiedendo di accelerare la nomina di un soprintendente e per dotare tempestivamente l'Ufficio di un adeguato numero di funzionari amministrativi competenti e capaci;
la lettera è stata condivisa da tutte le sedi della Soprintendenza archeologica di Stato;
l'istituto vede bloccata di fatto l'autonomia finanziaria e la gestione dei circa 32 milioni di euro annuali con i quali è chiamato ad affrontare la tutela di milioni di metri quadri di strutture antiche e offrire servizi per milioni di visitatori -:
se il Governo intenda sopperire celermente a tale vacanza.
(4-14712)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Corpo della guardia di finanza, nella prevista manovra d'impiego degli ufficiali relativa all'anno 2011, disciplinata dalla circolare del comando generale 0382635/10 del 20 dicembre 2010, ha provveduto al trasferimento «d'autorità» di circa 300 ufficiali, in misura tre volte superiore a quelli disposti «a domanda» degli interessati, con conseguenti rilevanti oneri a carico dell'amministrazione per il pagamento: delle spese di viaggio e di trasporto delle masserizie; dell'indennità di trasferimento dell'emolumento per trasferimento d'autorità ex articolo 47 decreto

del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002; dell'indennità di prima sistemazione;
i movimenti d'autorità da e per la Sicilia corrispondono a quasi un sesto quelli effettuati in ambito nazionale;
tali movimenti, considerati «ordini riguardanti la modalità di esplicazione del servizio» dall'orientamento attualmente prevalente nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, sono motivati semplicemente da «esigenze di servizio», formula generica che non consente di individuare di fatto il concreto interesse pubblico che deve essere necessariamente perseguito tra attribuzione degli incarichi, da un lato, e profili professionali ed esigenze personali/familiari degli ufficiali, dall'altro, nell'ottica dei principi costituzionali, nonché di derivazione comunitaria, di buon andamento, imparzialità, trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa;
nell'ambito di tale manovra è emblematica la vicenda del Magg. Massimo Giardina, il quale, padre di un infante e figlio unico di genitori affetti da patologie invalidanti aveva chiesto di permanere alla sede di Caltanissetta, che, data la relativa distanza e la disponibilità di collegamenti autostradali assicurati anche da mezzi pubblici, gli avrebbe consentito di curare gli interessi della propria famiglia residente a Catania, quindi fuori dalla circoscrizione di servizio;
nonostante avesse rappresentato formalmente i propri disagi, che la circolare sopra citata nella premessa si pone come obiettivo di contenere, veniva trasferito con decorrenza 1° agosto alla sede di Bologna;
presentava istanza di revoca e/o di modifica del trasferimento a domanda (comprendendovi anche una sede fuori regione (Reggio Calabria), accompagnata dal parere favorevole del comandante provinciale pro tempore e del comandante della regione siciliana, poi rigettata con generica motivazione consistente nell'inconciliabilità con le preminenti esigenze di servizio;
proponeva ricorso al TAR Sicilia ottenendo dal presidente inaudita altera parte e poi dal collegio la sospensione del movimento con incisiva motivazione consistente nella presenza, oltre dell'interesse privato, dell'interesse pubblico rappresentato dalla richiesta di permanenza alla sede della locale A.G. per il contributo alla lotta alla criminalità organizzata;
non beneficiava della stessa sospensione in seguito all'ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano che faceva riferimento, a differenza della precisa motivazione del TAR, ad una normale rotazione di ufficiali;
nel mese di ottobre veniva richiesto ufficialmente dalla DIA per la sua assegnazione al centro di Reggio Calabria, dove si sarebbe recato a domanda, quindi senza alcun onere a carico dell'amministrazione:
trasmetteva al comando generale, nelle more della decisione in ordine al suo impiego, certificazione medica rilasciata da competenti organi pubblici ed accompagnata dal parere favorevole del Comandante Provinciale pro tempore e dal comandante regionale, attestante la necessità di continua assistenza per entrambi i genitori, precisando che era in corso la procedura per la concessione dei benefici di cui alla legge n. 104 del 1992;
veniva privato, da parte del secondo revisore, dell'aggettivo «vivissimo» attribuito al suo rendimento in servizio per il periodo novembre 2010-luglio 2011, durante il quale era stato anche destinatario di una ricompensa morale nella misura dell'elogio;
veniva trasferito, ciononostante, con decorrenza 1° dicembre, 2011, alla sede di Bologna, per sostituire un collega collocato in congedo per raggiunti limiti di età -:
quali siano, i motivi per cui il Corpo della guardia di finanza abbia deciso di

procedere a centinaia di movimenti d'autorità degli ufficiali, con prevalenza per la regione Sicilia, limitando il ricorso all'istituto del trasferimento a domanda che consentirebbe agli stessi ufficiali di ricoprire incarichi in sedi tali da assicurare eccezionale motivazione al lavoro e, al contempo, di risparmiare oneri a carico dell'amministrazione da destinare più proficuamente al rinnovamento degli strumenti di investigazione ed alla manutenzione ordinaria delle caserme, notoriamente carente;
quali siano, i motivi preminenti di interesse pubblico, che non possono limitarsi alla lunga permanenza in Sicilia, criterio irrazionale in assenza di incompatibilità e non applicato, peraltro, in maniera uniforme a tutti gli ufficiali attualmente in servizio presso quella regione, che hanno comportato una spesa pubblica ed impedito di accogliere le istanze, accompagnate dal parere favorevole del comandante provinciale di Caltanissetta pro tempore e del comandante regionale, del Magg. Massimo Giardina.
(3-02075)

BURTONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ATO-CT 3 Simeto Ambiente s.p.a. con sede legale a Catania, corso delle province 111, con verbale del 7 agosto 2009 della commissione di gara, ha aggiudicato all'ATI, la capogruppo Engineering Tributi s.p.a. e Studi e Servizi alle Imprese srl, l'affidamento delle attività di accertamento della T.I.A. - tariffa di igiene ambientale - in dieci comuni della provincia di Catania;
tale affidamento appare illegittimo in quanto a quel che risulta all'interrogante l'impresa Studi e Servizi alle imprese srl non sarebbe iscritta all'albo dei gestori delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 e del decreto ministeriale n. 289 dell'11 settembre 2000 e, pertanto, non è abilitata ad emettere atti di accertamento tributario;
tale mancanza di requisito soggettivo non può essere superata dalla costituzione dell'associazione temporanea di impresa con la ditta Engineering Tributi spa, regolarmente iscritta all'albo dei gestori delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi. Infatti, tale requisito deve essere posseduto singolarmente da ciascuna associata, essendo un requisito soggettivo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 435 del 14 febbraio 2005 - stesso orientamento seguito dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e fornitura con parere n. 76 del 6 marzo 2008;
da ciò deriva che le attività di liquidazione, accertamento e riscossione non possono essere affidate ad un soggetto non iscritto nell'apposito albo la cui funzione è quella di verificare a monte l'affidabilità dei soggetti sotto i profili, fra gli altri, della trasparenza, della tutela, della riservatezza e della imparzialità nell'esercizio delle funzioni (Tar Campania, Sez. I n. 2638 dell'11 aprile 2001 e n. 4605 del 18 ottobre 2001 - Ministero delle finanze nota V/183070/2000 del 20 settembre 2000 e nota 15395 dell'11 giugno 2001 Ministero delle finanze) -:
se possa confermare che la società Studi e servizi alle imprese srl non sarebbe iscritta all'albo dei gestori delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi.
(3-02076)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:

BARETTA e CAUSI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa si apprende che il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, avrebbe dichiarato di avere «salvato

la città dal rischio default e ridotto di 3 miliardi i debiti accumulati dal Campidoglio prima del 2008»;
una seria e oggettiva ricostruzione di quanto avvenuto a Roma sulla gestione del debito, a partire dalla scelta della separazione tra gestione ordinaria e straordinaria di Roma Capitale stabilita dall'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dimostra, ad avviso degli interroganti, l'estrema superficialità e approssimazione di tale giudizio. A distanza di anni è possibile affermare che tale separazione era infondata nei suoi presupposti, poiché una crisi di liquidità del comune, indotta dalla crisi finanziaria della regione Lazio, è stata scambiata per una crisi di tipo strutturale; ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale; ha prodotto un'allocazione inefficace e distorta delle risorse aggiuntive create per finanziare il piano di rientro, a carico sia della finanza statale sia dei contribuenti romani;
in merito ai presupposti che determinarono la separazione delle gestioni, come già sostenuto nell'interpellanza n. 2/00192 e nell'ordine del giorno n. 9/01891/086, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista contabile non sussisteva alcuna necessità di procedere al commissariamento del comune di Roma poiché l'esposizione finanziaria denunciata derivava da talune anticipazioni di cassa resesi necessarie per il mancato trasferimento da parte della regione Lazio di risorse dovute al comune di Roma per un ammontare superiore ad un miliardo di euro, di cui 738 milioni per i servizi minimi del trasporto pubblico locale e 268 milioni per interventi in vari settori (casa, scuola, assistenza);
analizzando il debito primario del comune di Roma, circa 7 miliardi di euro (di cui 1.499 milioni di emissioni obbligazionarie, 2.363 milioni di mutui con la Cassa depositi e prestiti, 2.777 milioni di mutui bancari e 644 milioni di aperture di credito correlate a gare aggiudicate, oltre a qualche posta minore) esso appariva del tutto compatibile con una gestione ordinaria e, se valutato in termini pro capite, debito denunciato come «insostenibile» risultava inferiore a quello dei comuni di Milano e di Torino, oltre che di molti altri comuni italiani;
in attuazione del citato articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, che stabiliva la separazione delle gestioni, la nuova giunta predispose un piano di rientro approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 5 dicembre 2008 che si configurava essenzialmente come una lunga lista di spese che necessitavano di copertura e in cui si evidenziava un debito totale di 9 miliardi e 422 milioni di euro che, nella seconda versione del piano, datata 15 giugno 2010, diventavano miracolosamente 13.410 milioni di euro, una cifra ottenuta attraverso il discutibile inserimento di una serie di voci di spesa;
si tratta, in primo luogo, di quelle i cui impegni giuridici non si erano concretizzati alla data del 28 aprile 2008 ma sarebbero potuti emergere in futuro, con un rilevante grado d'incertezza sull'an, sul quantum e sul profilo temporale di tah obblighi (ad esempio, i presunti oneri per sentenze avverse connesse all'attuale contenzioso giudiziario, relativo soprattutto ad espropri oppure i debiti fuori bilancio);
in secondo luogo, sempre nelle passività, venivano conteggiate le spese di parte corrente maturate dall'ordinaria attività dell'amministrazione nel periodo intercorrente fra il primo gennaio e il 28 aprile del 2008 ma non le analoghe voci di entrata, regolarmente incassate dal bilancio comunale, per una somma di circa un miliardo che nulla ha a che vedere con il concetto di «debito pregresso» ma è un mero artificio contabile per ottenere il riconoscimento da parte dello Stato di risorse aggiuntive;
in questo modo, accollando alla gestione commissariale anche spese ordinarie dei primi quattro mesi dell'anno 2008

senza poter utilizzare, in quella gestione, la corrispondente quota parte di entrate, si creava, a giudizio degli interroganti, artificialmente uno sbilancio tra le due gestioni che consentiva al consiglio comunale di approvare il rendiconto 2008 con un avanzo, senza consistenza reale, di 699,5 milioni di euro; e si creavano anche le basi per l'accumulazione di un ingente debito commerciale dell'amministrazione nei confronti dei suoi fornitori;
al di là della insussistenza dei presupposti formali di questa scelta e della opinabile definizione dell'entità del debito, la gestione straordinaria ha comportato una perdita di efficienza, di trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria della Capitale. Essa non solo non ha prodotto alcun valore aggiunto nello smaltimento del debito ma ha creato problemi tali da richiedere l'intervento del giudice, poiché la frattura artificiale tra creditori ante e post 28 aprile 2008 ha determinato il moltiplicarsi di azioni giudiziarie di natura amministrativa, attivate dai creditori del comune. Pronunciandosi sullo sdoppiamento della contabilità, il Consiglio di Stato e il TAR del Lazio hanno sostenuto, infatti, che la separazione delle gestioni «non rende in alcun modo dubbia l'individuabilità della parte debitrice dell'ente locale» richiamato a dare esecuzione alle sentenze oggetto del giudizio di ottemperanza entro il termine di 60 giorni;
da fonti di stampa si apprende che Campidoglio e commissario straordinario stanno iniziando a pagare i creditori. Si tratta senza dubbio di una buona notizia per le imprese fornitrici, e cioè che si è avviato il superamento di un problema creato dalla stessa amministrazione comunale con la scelta della separazione; ancora più soddisfatti potrebbero essere i creditori se la scelta sui criteri con cui essi vengono selezionati fosse informata a parametri oggettivi e conoscibili;
il problema della trasparenza si pone anche con riferimento alle modalità di finanziamento del piano di rientro, atteso che non è stata seguita la strada inizialmente ipotizzata, e cioè il ribaltamento in un mutuo di lungo periodo della massa debitoria, utilizzando i previsti 500 milioni di euro annui per il pagamento di ratei e interessi; questa circostanza avvalora la tesi, qui sostenuta, secondo cui la massa debitoria del piano di rientro era di fatto gonfiata ed eccessiva al confronto con lo sviluppo temporale effettivo degli obblighi giuridici di pagamento;
poiché il finanziamento del piano di rientro dipende in parte da risorse statali - a fronte delle quali è stata prosciugata ogni ulteriore fonte finanziaria aggiuntiva per Roma Capitale, a partire dalla legge 15 dicembre 1990 n. 396 - e in parte da un rilevante sforzo fiscale della comunità amministrata, è necessario a questo punto domandarsi se una gestione finanziaria che riunifichi l'ordinario con lo straordinario non sarebbe in grado di fornire maggiore stabilità e certezza alle risorse per la città rispetto all'attuale regime consolidatosi dopo le scelte del 2008;
la scelta della gestione straordinaria, infatti, si è rilevata molto costosa. Per le spese di funzionamento sono a disposizione 2,5 milioni di euro, 250 mila euro sono destinati al compenso del commissario e risulta che dal 1o dicembre 2011 ci si avvalga di una consulenza per il supporto legale e giuridico da parte della società «21 aprile srl», del gruppo Fintecna, di cui lo stesso commissario, professor Varazzani, è amministratore delegato. Peraltro, fonti di stampa riportano che ancora oggi la nomina dell'attuale commissario è soggetta a incertezza per via dei ricorsi avanzati nelle sedi competenti dal commissario precedentemente nominato e poi rimosso -:
se il Governo intenda rendere pubblica la rendicontazione delle attività svolte dal commissario inviata periodicamente, secondo quanto si apprende da fonti di stampa, tramite comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze e se intenda chiedere al commissario l'esplicitazione dei criteri che hanno informato le procedure per la selezione dei creditori da

soddisfare, al fine di rendere pubblica tale documentazione e trasparenti i criteri di scelta sottostanti.
(5-06069)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
tra le misure introdotte dalla manovra finanziaria di cui al decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111 era stata confermata anche per il 2012 l'agevolazione fiscale contributiva sui premi di produttività per lavoratori dipendenti di imprese private, già prevista nei due anni precedenti;
tale agevolazione viene garantita a lavoratori il cui reddito lordo, riferito al periodo d'imposta precedente, rimane al di sotto di un tetto prestabilito e possono essere detassati solo ammontari prestabiliti;
i premi aziendali vengono di norma erogati nei primi mesi dell'anno;
il periodo di crisi contingente accentua l'importanza di tale agevolazione fiscale a favore di lavoratori dipendenti dal reddito sotto determinata soglia;
alla manovra finanziaria avrebbe dovuto far seguito, entro il 31 dicembre 2011, il decreto per indicare il tetto massimo della detassazione, l'imposta applicabile e la riduzione contributiva;
tale decreto non è stato emanato e, di conseguenza, ai premi aziendali verrà applicata la normale tassazione IRPEF -:
se il Governo intenda adottare il decreto attuativo richiesto, per permettere la detassazione dei premi aziendali di risultato 2012;
se il Governo intenda prevedere la retroattività di tale decreto al 31 dicembre 2011, in modo da detassare anche i premi erogati prima dell'emanazione.
(5-06068)

Interrogazioni a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2010, in base a quanto introdotto del decreto-legge n. 78 del 2009, l'Agenzia delle Entrate trasmette all'INPS le informazioni reddituali in proprio possesso relative ai contribuenti titolari di prestazioni previdenziali collegate al reddito. Qualora il contribuente avesse già presentato dichiarazione dei redditi completa al fisco (Agenzia delle entrate), non dovrà compilare il Modello RED, salvo i soggetti esonerati dalla dichiarazione dei redditi o che abbiano conseguito redditi esenti da Irpef, ma rilevanti per le prestazioni Inps;
in data 20 dicembre 2011, l'Istituto nazionale previdenza sociale - direzione provinciale di Bergamo, ha provveduto a inoltrare a numerosi soggetti aventi diritto alle prestazioni previdenziali economiche, una comunicazione con la quale veniva intimato al destinatario di presentare una domanda di ricostituzione della propria situazione reddituale per gli anni 2009 e 2010, pena la rievoca definitiva entro sessanta giorni delle prestazioni stesse;
come dimostrato da diversi articoli di stampa locale e pubblicazioni internet su portali di settore (come, ad esempio, «Economiaefinanza.it» e «investireoggi.it» del 5 gennaio 2012), la ragione, per cui decine di migliaia di pensionati INPS si sono visti recapitare tale comunicazione, è dipesa dalla mancata presentazione del cosiddetto modello RED;
l'articolo 13, comma 6, lettera C, del decreto-legge n. 78 del 2010 della legge 122/2010, dispone che, qualora i titolari di prestazioni collegate al reddito non facciano pervenire i dati relativi alla propria situazione reddituale nei tempi e nei modi stabiliti dagli enti previdenziali che le erogano, si procede alla sospensione di suddette prestazioni a partire dall'anno successivo;

risulterebbe all'interrogante che precedentemente alla data di comunicazione della «domanda di ricostituzione» di cui sopra, l'Istituto nazionale previdenza sociale ha più volte reso noto, in forma scritta, che «per semplificare le operazioni di verifica reddituale e ridurre gli adempimenti burocratici a carico dei pensionati, quando possibile, avrebbe prelevato direttamente le informazioni necessarie dagli archivi delle amministrazioni finanziarie o dal casellario centrale dei pensionati» sottolineando «l'esonero dall'obbligo d'integrazione della situazione reddituale (RED) per i pensionati la cui situazione è stata già integralmente comunicata al Fisco» -:
se i Ministri interrogati siano al corrente della tematica sin qui evidenziata, e, in caso affermativo, come e quando intendano intervenire per risolvere questa che, a parere degli interroganti, risulta essere una disfunzione di carattere esclusivamente burocratico, che rischia solo di danneggiare i contribuenti italiani particolarmente meritevoli di sostegno e tutela da parte delle istituzioni.
(4-14714)

RAZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le Ferrovie dello Stato nelle gare di appalto metterebbero delle clausole che avrebbero come conseguenza ripercussioni sullo Stato;
le Ferrovie dello Stato nel formulario con cui chiedono le fideiussioni citano «tale nostra fideiussione (...) soggiacerà a tutti i vincoli (...) anche quando le inadempienze in genere dell'affidatario (...) questo istituto sarà tenuto a semplice richiesta (...) a versare l'importo (...) della costituita fideiussione, costituendo il presente atto un contratto autonomo di garanzia (...)»;
in particolare nei bandi di gara sono previste condizioni che trasformano le fideiussioni contratti autonomi di garanzia ovvero in garanzia scollegata dall'obbligazione principale escutibile indipendentemente dalla validità della predetta obbligazione e nell'impossibilità di opporre eccezioni nascenti dal rapporto principale;
le condizioni indicate obbligatoriamente sia sotto il profilo soggettivo che quello oggettivo, risulterebbero essere del tutto inaccettabili. Pertanto, compagnie di assicurazioni non rilascerebbero fideiussioni primarie in ordine a richieste di garanzia aventi quale beneficiario qualsiasi società riconducibile al gruppo Ferrovie dello Stato;
le Ferrovie dello Stato chiedono al garante di essere classificato di un certo grado di categoria dopo che le società di rating hanno downgradato le stesse Ferrovie dello Stato in categoria inferiore;
chiedono ad altre persone giuridiche ciò che esse stesse Ferrovie dello Stato non hanno;
si verificano situazioni di difficoltà operative per le imprese;
i rapporti comunque instaurati tra il garante, l'obbligato e Ferrovie dello Stato presentano criticità sia nella escussione della fideiussione, sia nell'operatività, sia nei costi a carico delle imprese, sia a carico dello Stato -:
quali interventi urgenti intenda intraprendere il Governo «proprietario» al 100 per cento delle Ferrovie dello Stato affinché le Ferrovie dello Stato definiscano un contratto di fideiussione secondo i princìpi generali dell'ordinamento giuridico italiano, secondo le norme dell'Unione europea per impedire che continuino gravi conseguenze sia per l'economia italiana in generale sia per lo Stato direttamente e arrestare quelle già verificate.
(4-14726)

MARSILIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Albano Laziale partecipa per intero al capitale di due società che gestiscono servizi pubblici: l'Albalonga e l'Albafor. La prima gestisce servizi sociali, farmacie comunali e parcheggi; la seconda, invece, opera nel campo della formazione;
tali società in particolare, e le casse del comune in generale, sono ormai da tempo oggetto di una cattiva gestione costellata da gravi e persistenti violazioni di legge, con grave danno per l'erario;
la mala gestio si è concretizzata in particolare nell'ingiustificato ed esponenziale aumento della spesa per il personale delle due società;
la minoranza consiliare ha reiteratamente richiesto la documentazione relativa alla spesa sostenuta dalle due società per le risorse umane, ai sensi dell'articolo 43, comma 2, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento enti locali, nella parte in cui prevede che i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del comune, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato;
come chiaramente sancito dalla giurisprudenza amministrativa, la natura privatistica delle società partecipate dagli enti locali non vale ad escludere la speciale figura di diritto d'accesso riconosciuta dall'ordinamento ai consiglieri comunali;
sul punto, infatti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che dalla partecipazione totalitaria o maggioritaria del comune al capitale di una società per azioni deriva che l'attività esercitata dalla società stessa rientra certamente nella più generale attività del comune, e che tale circostanza giustifica e legittima la richiesta di accesso del consigliere comunale (cfr. ex plurimis Consiglio Stato, sez. V, 05 settembre 2002, n. 4472);
nonostante la chiara presa di posizione giurisprudenziale a riguardo e le reiterate diffide, sfociate anche nell'intervento dell'ispettorato generale della funzione pubblica, il comune di Albano ha ottemperato con ingiustificato ritardo ed in maniera peraltro parziale alla legittima richiesta di accesso avanzata dalla minoranza consiliare;
inoltre, già dal marzo 2011 il Consiglio di amministrazione dell'Albalonga ha informato il sindaco di Albano del grave stato di crisi finanziaria in cui versa la società;
il 30 maggio 2011 è stato approvato dal Consiglio di amministrazione e trasmesso comune di Albano (detentore del capitale sociale) il bilancio dell'Albalonga con bene 417 mila euro di perdite, tali da azzerare il capitale sociale;
tale delibera è stata successivamente revocata dal Consiglio di amministrazione che, in data 26 settembre 2011, ha nuovamente approvato il bilancio, con addirittura oltre 2,6 milioni di euro di perdite, ben oltre, quindi, il capitale sociale;
il 29 luglio 2011 è stato approvato dal Consiglio di amministrazione e trasmesso al comune, unico detentore anche in questo caso del capitale sociale, il bilancio dell'Albafor con oltre 300 mila euro di perdite, che hanno azzerato, anche in questo caso, il capitale sociale;
nonostante la grave situazione in cui versavano le due società nessuna iniziativa urgente è stata adottata nell'immediatezza dall'amministrazione comunale, con conseguente aggravamento del già difficile quadro appena delineato;
solo in data 31 ottobre 2011, la maggioranza consiliare, senza aver approvato, a causa di continui rinvii richiesti dal sindaco, il bilancio dell'Albalonga, ha votato un atto di indirizzo per la messa in liquidazione della società;
nella stessa seduta del 31 ottobre 2011, inoltre, la maggioranza ha approvato, con parere secondo l'interrogante

contrario da parte del collegio dei revisori dei conti, la ricapitalizzazione della società Albafor, con fondi incerti e dilazionati nel triennio 2011/2013 e sulla base di un bilancio che alla luce delle citate considerazioni appare assolutamente inattendibile, datato 29 luglio 2011;
pertanto, i ritardi e le omissioni del comune nella gestione delle citate società non ne hanno consentito la tempestiva ricapitalizzazione o l'eventuale messa in liquidazione, nonostante la contabilità di tali organismi certificasse perdite superiori al capitale sociale;
inoltre, su un piano più generale, l'intera gestione finanziaria del comune di Albano Laziale ed in particolare l'attività di predisposizione e gestione del bilancio dell'ente secondo l'interrogante non risponde ai principi ed ai criteri previsti dalla legge ai fini di una sana gestione delle casse comunali;
il 20 giugno 2011 è stata approvata dalla maggioranza la delibera avente ad oggetto il bilancio di previsione del comune (con riserve e raccomandazioni espresse dal collegio dei revisori proprio in relazione alle società partecipate). La delibera, infatti, è stata approvata senza tener conto dei bilanci delle società partecipate e senza nessuna azione volta a salvaguardarne i lavoratori e garantire la continuità dei servizi erogati dalle stesse;
il 23 settembre 2011 in sede di approvazione della delibera per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, è emerso che il 15 giugno 2011 era stata notificata al comune di Albano una sentenza immediatamente esecutiva con la quale il comune era stato condannato al pagamento di ben 2,8 milioni di euro;
il 4 ottobre, senza parere dei revisori dei conti e con riserve (mai sciolte) relative ai bilanci delle società comunali e alla copertura della citata sentenza esecutiva, è stata comunque approvata dal consiglio comunale la delibera sugli equilibri di bilancio;
tutto ciò ha reso ancora più problematica la gestione finanziaria e di bilancio del comune di Albano, rendendo necessario un intervento urgente degli organi competenti, sia al fine di valutare l'opportunità di dichiarare il dissesto del comune, sia al fine di adottare i provvedimenti necessari a ripristinare una sana gestione amministrativa, evitando ulteriori conseguenze pregiudizievoli per l'erario -:
se non intenda acquisire elementi con riferimento a quanto rappresentato in premessa anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica considerata la grave situazione di bilancio del comune di Albano laziale.
(4-14729)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI e NICOLA MOLTENI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nessun sistema politico democratico può dirsi compiuto se il suo sistema giudiziario funziona male; si tratta di mali ormai quasi connaturati al sistema giustizia in Italia: l'elevato numero di processi da smaltire, tempi troppo ampi per arrivare a conclusione dei processi stessi, oltre sette anni nel civile e quasi cinque nel penale;
all'interno della riforma proposta dal Ministro interrogato è stata inserita la revisione delle circoscrizioni giudiziarie dei giudici di pace, che prevede un complessivo riordino degli uffici e l'accorpamento degli stessi;
al fine di realizzare il recupero di risorse organiche, economiche e strumentali necessarie a garantire una maggiore efficienza e funzionalità dell'intero sistema si prevede un processo di soppressione e conseguente accorpamento degli uffici del giudice di pace dislocati in sedi diverse da quelle circondariali;

anche la sede di Desio (Monza e Brianza) rischia di essere soppressa ed accorpata a quella di Monza, essendo inserita nell'elenco pubblicato sul sito internet del Ministero che annuncia i tagli;
trasferire il giudice di pace da Desio non sarà un risparmio, ma andrà a pesare ulteriormente sui bilanci familiari dei cittadini brianzoli, che dovranno obbligatoriamente rivolgersi alla sede di Monza, con tutte le perdite di tempo e denaro che ne conseguono;
inoltre, il rischio concreto per la città di Desio è quello di avere un ulteriore edificio abbandonato in pieno centrò e di perdere un servizio alla cittadinanza, che richiama anche molte utenze da fuori città;
tra i criteri che tengono conto dell'abolizione delle sedi, uno riguarda il «tasso d'impatto della criminalità organizzata»;
alla luce dei recenti arresti e della situazione desiana, che presenta un alto tasso di criminalità organizzata, eliminare un'istituzione come questa è un atto del tutto inaccettabile che va in contrasto con la richiesta di una maggiore presenza di sicurezza e legalità a Desio;
l'azione di accorpamento sarebbe pertanto fatta seguendo solo il criterio di razionalizzazione, senza però considerare le esigenze del territorio, dell'utenza, dei lavoratori;
l'accorpamento di tutte le questioni di competenza del giudice di pace in sedi uniche, senza tener conto delle specificità dei vari territori, delle distanze notevoli di molti uffici periferici dal capoluogo, della insufficienza di una struttura adeguata a ricevere altri carichi di lavoro che riguardano territori più vasti, potrebbe comportare una giustizia negata per migliaia di cittadini, andando ad aggravare e non a risollevare una situazione non felice -:
se il Ministro non ritenga opportuno, alla luce delle motivazioni suddette, rivedere la proposta di eliminazione della sede di Desio (Monza e Brianza) dei giudici di pace, analizzando più approfonditamente le ricadute che tale provvedimento potrebbe avere sul territorio desiano e brianzolo.
(4-14708)

NUCARA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulla base dei dati forniti dalle autorità giudiziarie della corte d'appello di Reggio Calabria nel corso dell'inaugurazione del nuovo anno giudiziario, si rileva la forza militare, sociale ed economica della criminalità organizzata che insiste su quella provincia;
lo sforzo del Governo per sviluppare quelle zone è assolutamente vanificato dall'operatività della criminalità che allontana di fatto qualunque imprenditore volesse investire nelle proprie attività in quella provincia;
considerata la carenza di infrastrutture materiali (strade, ferrovie, aeroporti) che già di per sé frena lo sviluppo, si aggiunge ad essa l'assoluta insufficienza di quella infrastruttura immateriale ma essenziale che risulta essere il governo della giustizia;
va considerata altresì l'assoluta carenza di organico giudiziario e delle forze dell'ordine;
mancano le strutture basilari per un minimo di funzionalità (computer, fotocopiatrici, benzina, e altro);
ad un organico incompleto si accompagna un deficit di personale amministrativo -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per sanare i deficit suesposti e per migliorare qualitativamente e quantitativamente lo stato di quasi abbandono in cui versano gli uffici giudiziari della corte d'appello di Reggio Calabria;
quali direttive intenda impartire il Governo al fine di sostenere pienamente la realizzazione di quell'infrastruttura immateriale che è la giustizia, nella considerazione

che se la giustizia non viene esercitata sarà inutile pensare dello sviluppo economico.
(4-14721)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

MARTELLA, BARETTA, MURER e VIOLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società Trenitalia, lunedì 9 gennaio 2012, ha comunicato l'intenzione di concentrare l'attività di distribuzione a Roma, chiudendo la sede di Venezia, per ottimizzare recuperi economici;
la distribuzione di Venezia oggi consta di quattro quadri con mansioni di gestione organizzativa ed operativa del personale addetto alle Frecce Argento (orari, attività dirette e complementari, organizzazione del lavoro, logistica, riposi e ferie condotta Mestre-Venezia, eccetera) cui aggiungere la gestione di 5 patentati C per attività di manovre e riserve;
le organizzazioni sindacali hanno respinto la richiesta di Trenitalia Spa di concentrare l'attività di distribuzione a Roma perché non consegue risultati né sulla economicità né sulla efficacia, anzi ne peggiora notevolmente l'efficienza;
la gestione veneziana interessa 31 macchinisti e 40 capitreno, in quanto metà della flotta Trenitalia opera su questa tratta (nord est capitale) che è, indubbiamente, il principale bacino di traffico e di valore economico della società. Il mantenimento si pone quindi come una necessità corredata dai risultati e dal mantenimento della attuale condizione qualitativa offerta alla clientela;
la gestione unica accentrata a Roma renderebbe problematiche le comunicazioni, la tempestività di risposta ai problemi, la gestione delle situazioni emergenziali, la conoscenza del territorio;
gli attuali quadri spostati alle attività Freccia Bianca rendono insostenibile la tenuta dei costi di questo servizio, oltre a depauperare professionalità e non consentire reali risparmi per il Gruppo FS Spa;
la competizione con la società Nuovi Trasporti Viaggiatori NTV Spa, che ha preventivato una base operativa a Venezia per il lancio di «Italo» in primavera 2012, in contemporanea con la recessione della distribuzione Frecce Argento, verrebbe compromessa -:
se i Ministri interrogati non ritengano di dovere intervenire sulla decisione di Trenitalia su esposta al fine di assumere ogni iniziativa di competenza per:
a) definire, attraverso il confronto con le organizzazioni sindacali, in quanto si tratta di questione nazionale, le sedi e l'attività Frecce Argento;
b) mantenere una presenza operativa qualificata a Venezia a garanzia della massima capacità funzionale al servizio, visto che Venezia non può considerarsi marginale in merito al servizio ferroviario nazionale, e, quindi essere soggetta continuamente a tagli e soppressioni soprattutto per quanto attiene le competenze professionali più elevate.
(3-02074)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VIOLA, BARETTA, MARTELLA, MURER e RUBINATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come è noto il territorio del Nord Italia è attraversato dal Corridoio 5 da Barcellona a Kiev;
sono in corso di realizzazione e in parte realizzati i sistemi di infrastrutturazione della linea Ferroviaria alta velocità/alta capacità;

la definizione del tracciato compete alle regioni interessate dall'attraversamento di tale opera;
nella tratta tra Venezia e Trieste solo a seguito di un'interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 23 settembre 2010 da parte dei Parlamentari del Partito Democratico si è potuto conoscere il percorso su cui stava lavorando Italferr;
tale percorso in Friuli Venezia Giulia prevedeva il parallelismo con il sistema autostradale dell'A4, mentre il progetto nel tratto della provincia di Venezia da Venezia a Portogruaro lo spostamento dell'opera più a sud per poi riaffiancarsi all'A4 da Portogruaro in poi (cosiddetto percorso litoraneo);
le amministrazioni comunali del territorio e la provincia di Venezia hanno espresso la loro posizione, prevalentemente contraria al tracciato presentato, con ordini del giorno e con le osservazioni formulate alla Commissione nazionale valutazione impatto ambientale stava esaminando il progetto per il parere di competenza;
la commissione nazionale ha comunque espresso un parere interlocutorio chiedendo di verificare il progetto sull'intera tratta Venezia Trieste in modo unitario e non per singoli tratti come è stato presentato;
i motivi di contrarietà vanno ricondotti al gravissimo impatto ambientale che l'opera (di solo attraversamento va ricordato) avrebbe su un sistema ambientale e idrogeologico molto delicato essendo l'area interessata territorio di bonifica a rischio ricorrente di esondazioni e con gravi problemi di subsidenza;
per tutte queste ragioni e per motivazioni di ordine formale è stato depositato un ricorso contro il progetto da parte di comitati di cittadini presso l'Unione europea;
più opportunamente si potrebbe immaginare un tracciato che, affiancandosi al sistema autostradale dell'A4 o all'esistente linea ferroviaria, eviterebbe gli impatti ambientali summenzionati, magari utilizzando sistema di realizzazione in tunnel, cosa che eviterebbe anche l'impatto della cantieristica in un territorio complesso ipotesi peraltro da sempre privilegiata da Italferr;
nel mese di ottobre il commissario delegato alla tratta alta velocità Bortolo Mainardi e l'assessore regionale Chisso annunciavano la revisione del progetto e chiedevano a Italferr di studiare soluzioni alternative con particolare riferimento a quelle in affiancamento alla linea storica;
in questi giorni i comuni del territorio sui quali insiste il progetto originario cosiddetto «litoraneo» sono stati informati dell'avvio di operazioni di indagini geologiche lungo il tracciato originario;
grande preoccupazione è stata manifestata dalle stesse amministrazioni comunali e dalle associazioni del territorio per un'attività che contrasta con le annunciate scelte di revisione del tracciato -:
quale sia il progetto alternativo al tracciato della TAV in provincia di Venezia sul tratto, Venezia Trieste al quale, su incarico della regione Veneto, Italferr sta lavorando e quali siano i tempi di presentazione di tale progetto e se si ritenga opportuno continuare a svolgere onerose attività legate al progetto originario in presenza di possibili soluzioni alternative.
(5-06075)

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, a seguito della sua nomina, nel corso dell'esposizione delle linee programmatiche illustrate al Parlamento nel mese di dicembre 2011 in materia di aeroporti ha affermato, come riportato anche dagli organi di informazione che «non si può più andare avanti con la filosofia di un aeroporto in ogni provincia senza avere collegata in maniera

adeguata tutta la logistica con porti e aeroporti e ferrovie collegate insieme e non in parallelo come accade ora con i risultati negativi che oggi vediamo. Dobbiamo fare in modo di avere aeroporti, anche pochi, ma grandi centri che possano tenere collegata l'Italia al resto del mondo»;
alla luce di queste dichiarazioni si intende sottoporre all'attenzione del Governo la realizzazione dell'aeroporto di terzo livello di Pisticci;
l'Aviosuperficie in questione denominata Enrico Mattei è stata realizzata negli anni Sessanta, durante l'industrializzazione della val Basento ed era funzionale ai voli del fondatore dell'Eni;
è lunga 1.400 metri e sono in corso lavori per l'ampliamento a 1.800 metri; nei mesi scorsi si è verificato un sequestro da parte della magistratura per questioni attinenti agli espropri dei terreni e alla bonifica dell'area ricadente in uno dei siti di interesse nazionale previsti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
fino ad ora sono stati investiti diversi milioni di euro di soldi pubblici a partire dalla regione;
vanno considerati il momento di crisi economica e la rilevanza del completamento delle opere infrastrutturali come leva di rilancio dello sviluppo -:
come debbano essere interpretate le parole del Ministro interrogato in riferimento alla realizzazione dell'aeroporto di Pisticci e se e quali iniziative il Governo intenda attivare in relazione all'eventuale completamento dell'opera.
(5-06077)

RIGONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 18 gennaio 2012, alle ore 14 circa in località Mulino di Riccò, nel comune di Tresana, in provincia di Massa Carrara, si è sviluppato un violento incendio preceduto da un forte boato per una fuoriuscita di gas metano da una condotta di 1o specie (pressione di esercizio 60 bar) della linea Cortemaggiore-La Spezia, dove stavano operando 3 operai (2 cittadini bulgari - padre e figlio - e 1 operaio italiano) della ditta «Oreste Manna» di Eboli (Salerno), per conto della SNAM Rete Gas s.p.a.;
a seguito dell'incendio si sono registrati 11 feriti, i 3 operai e 8 civili, di cui al momento 3 sono ancora gravi, 3 case distrutte e 3 fortemente lesionate, più gravi danni a un fienile, una stalla, un deposito di materiale edile, diversi mezzi agricoli e 2 autovetture distrutte, nonché la distruzione di 2 ettari di bosco e danni alla strada comunale limitrofa al cantiere in questione;
l'area è stata immediatamente sottoposta a sequestro per consentire alla Procura di Massa di svolgere le indagini, attualmente in corso, mentre il comune di Tresana ha assunto la deliberazione formale per costituirsi parte offesa; analogamente al comune, sia l'unione dei comuni della Lunigiana e la regione Toscana, hanno annunciato la medesima volontà; la regione Toscana ha inoltre manifestato l'intenzione di richiedere lo stato di emergenza;
i lavori consistevano nell'opera di rifacimento di un P.I.D.I. (Punto di intercettazione di derivazione importante) della condotta con diametro di 30 pollici del vecchio impianto esistente (il metanodotto in questione è stato infatti realizzato tra il 1970-1971);
il comune di Tresana aveva rilasciato regolare autorizzazione tramite «permesso a costruire» rilasciato in data 5 febbraio 2011;
la popolazione residente nelle vicinanze del luogo della violenta ed impressionante esplosione è ancora sotto shock e vive nell'incertezza e nella paura, in quanto da SNAM non pervengono in forma ufficiale rassicurazioni sulla sicurezza di quel metanodotto, mentre già si

registra il rimpallo delle responsabilità dell'accaduto tra l'impresa appaltatrice («Oreste Manna» di Salerno) e la società proprietaria del metanodotto (SNAM Rete Gas s.p.a.) -:
pur nel rispetto delle indagini in corso, di quali informazioni disponga il Governo in merito agli accadimenti sommariamente illustrati in premessa e quali iniziative intenda assumere in proposito;
se risponda al vero che durante i lavori la ditta appaltatrice (Oreste Manna) aveva evidenziato la necessità di sostituire il «giunto» e, se sì, se sia noto per quale ragione non si è provveduto alla sostituzione;
quali siano stati i criteri con i quali si è proceduto all'affidamento dei lavori in questione e se l'impresa selezionata avesse già svolto lavori per Snam, quali fossero gli importi per la base d'asta e l'eventuale ribasso nonché i tempi previsti per la realizzazione dei lavori;
se il Governo intenda mettere a disposizione i primi mezzi finanziari per alleviare i disagi e a dare sollievo alla popolazione colpita.
(5-06080)

Interrogazione a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo alcune notizie riportate dalla stampa regionale, Ferrovie dello Stato, in attuazione di alcuni provvedimenti di riorganizzazione e ristrutturazione dei propri servizi, avrebbe intenzione di sopprimere l'ufficio movimento e la biglietteria della stazione di Sibari, decretandone in questo modo la chiusura definitiva ed aggiungendo un ulteriore tassello, sicuramente il più importante, al piano di smantellamento dei servizi ferroviari che questa azienda sta attuando ai danni della Sibaritide e della Calabria;
il taglio dei treni a lunga percorrenza, che sta penalizzando non poco i viaggiatori calabresi che si vedono costretti ad utilizzare anche più di una coincidenza ferroviaria per poter raggiungere il Nord Italia, la disorganizzazione esistente nel servizio fornito ai viaggiatori pendolari, che in alcuni casi, purtroppo sempre più diffusi, sono obbligati a ricorrere anche a servizi sostitutivi come l'autobus per raggiungere il proprio luogo di lavoro o di studio, il progressivo abbandono di qualsiasi forma di investimento sulla rete ferroviaria regionale che ha determinato un rallentamento nella definizione, e forse anche un annullamento, di qualsiasi ipotesi progettuale di prolungamento dell'alta velocità/alta capacità ferroviaria da Napoli fino a Reggio Calabria, unito allo stato critico in cui versa la linea ferroviaria ionica che non è elettrificata ed è ancora a binario unico e sulla quale si svolgono solo ordinarissimi interventi di manutenzione, sono la dimostrazione più evidente del disinteresse di Ferrovie dello Stato verso la Calabria ed i suoi problemi in materia di trasporto ferroviario;
la ventilata chiusura della stazione di Sibari provocherebbe un vero e proprio danno ai cittadini di quel territorio sia per la funzione storica che ha svolto questa stazione nel corso dei decenni sia perché rappresenta uno snodo fondamentale del traffico ferroviario, dalla linea ionica verso quella tirrenica e la Puglia;
l'atteggiamento di Ferrovie dello Stato nei confronti della Calabria e dei calabresi non può essere affatto condiviso perché, trattandosi di azienda pubblica, non è possibile che ponga in essere piani di ristrutturazione e di riorganizzazione basati esclusivamente su criteri di carattere economico senza privilegiare minimamente l'ottica del servizio pubblico -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per far sì che Ferrovie dello Stato in Calabria ed, in particolar modo, nella Sibaritide eviti di smantellare tutta una serie di servizi utili per i viaggiatori ed i cittadini.
(4-14717)

INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
in data 28 aprile 2011 la polizia municipale di Cerignola verificava che «dalla facciata, dalle solette dei balconi e dai cornicioni dell'immobile a più piani (ex Albergo Moderno) sito in Largo Costantino Imperatore si è verificata la caduta di pezzi di cemento e di intonaco, a causa della vetustà e per la mancanza di interventi manutentivi, oltre ad evidenziare una presunta precarietà strutturale dello stesso immobile»;
in data 5 maggio 2011 il sindaco di Cerignola emetteva un'ordinanza con cui si ordinava «alla società Cadinvest - proprietaria dell'immobile in oggetto - di eseguire immediatamente lavori ed opere di transennamento a tutela della pubblica incolumità, di effettuare una verifica tecnica alle strutture portanti, di eseguire entro trenta giorni dalla notifica del presente provvedimento, i lavori di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, onde eliminare il pericolo sopra lamentato, con diffida che non ottemperando sarà provveduto d'ufficio e sarà promossa l'azione penale»;
l'ingegner Donato Calice, socio della Cadinvest srl, in una intervista del 15 gennaio 2012, a firma di Gianvito Casarella, dichiarava che la società non avrebbe ottemperato all'ordinanza perché il recupero non era solo antieconomico, ma impossibile;
successivamente la Cadinvest ha presentato delle relazioni dicendosi impossibilitata a restaurare, fino a quando il giudice con apposita sentenza ha disposto che l'albergo fosse demolito per ragioni di sicurezza;
si è proceduto alla demolizione ma non sono state applicate le più elementari norme sulla sicurezza nel lavoro; si possono visionare al riguardo i numerosi video e le tante foto reperibili su internet e precisamente sulle testate giornalistiche www.lanotiziaweb.com e www.marchiodoc.it;
la struttura è stata demolita senza aver fatto sgombrare gli abitanti residenti nelle vicinanze, il cantiere è stato recintato con una piccolissima rete metallica (senza posizionare i dovuti teli per polvere), non sono stati usati potenti idranti per non alzare la polvere in tutto il rione;
la demolizione degli edifici in linea può avere rilevanti effetti sulla stabilità degli altri aderenti o appoggiati ai fabbricati con cui formavano un «unicum» strutturale di mutua stabilità, con pesanti ricadute sulla incolumità pubblica;
è stato presentato un esposto alla procura della Repubblica, anche per valutare la sussistenza o meno di fattispecie di reato in relazione alle procedure seguite anche dall'amministrazione comunale, a seguito del quale è stato disposto il sequestro dell'area -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela della pubblica incolumità che del patrimonio culturale e artistico.
(2-01341) «Granata, Della Vedova».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE MICHELI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, al comune di Travo (Piacenza) sono state riconosciute assegnazioni sostitutive per l'anno 2011 pari a 340.471,46 euro, di cui 136.302,31 euro come compartecipazione

al gettito dell'imposta sul valore aggiunto e 204.169,15 euro dal fondo sperimentale di riequilibrio;
nell'ambito della fase transitoria, la compartecipazione IVA è assegnata ai comuni in relazione alla base imponibile regionale pro capite, secondo le modalità definite attraverso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2011, adottato previa intesa con la Conferenza unificata;
il fondo sperimentale di riequilibrio, istituito transitoriamente per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni dei tributi immobiliari fino all'entrata in vigore del fondo perequativo, è ripartito sulla base della popolazione di ciascun comune, e in modo da garantire lo stesso livello di trasferimenti statali oggetto di fiscalizzazione, secondo le modalità stabilite con i due decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 21 giugno 2011, adottati previa intesa con la conferenza Stato-città ed autonomie locali;

ad altri comuni della medesima provincia, aventi analoghe caratteristiche - dimensioni e numero di abitanti uguali, o addirittura inferiori -, sono stati assegnati trasferimenti di importo ben superiore, finanche di oltre 100.000 euro -:
se i Ministri interrogati ritengano esatta l'entità delle assegnazioni al comune di Travo e se ritengano opportuno porre in essere attività di accertamento circa la correttezza delle imputazioni a bilancio;
quali siano i tempi e le modalità, nel caso in cui vengano rilevati errori nell'assegnazione in questione, per avviare modalità di recupero e conguaglio delle spettanze al comune di Travo.
(5-06066)

MURER. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a partire dal trenta gennaio 2012, per effetto dell'attuazione del decreto ministeriale del 6 ottobre 2011, noto come decreto Maroni-Tremonti, il rinnovo del permesso di soggiorno, o il rilascio di un nuovo permesso, costerà ai cittadini stranieri presenti sul nostro territorio una tassa che va dagli ottanta euro per il permesso di una durata compresa tra tre mesi ed un anno, ai duecento euro per i permessi di lungo periodo; a questa cifra vanno poi aggiunti 27 euro e cinquanta per i costi del documento elettronico;
sulla norma è stato annunciato un ricorso dall'organizzazione sindacale Cgil e da varie associazioni, che considerano la ulteriore tassazione illegittima, oltreché ingiusta;
la norma appare chiaramente vessatoria verso una categoria che vive, spesso, situazioni di estremo disagio e che, con il documento di soggiorno, tenta di uscire dalla marginalità e di strutturare la sua presenza sul territorio italiano in termini di integrazione e legalità, venendo, però, paradossalmente colpita;
con la nuova tassa, quando essa fu varata, si disse che si intendevano coprire i costi derivanti dalle espulsioni che lo Stato attua nei confronti dei migranti non regolari; in questo senso, appare singolare che si facciano sostenere i costi delle politiche di espulsioni degli irregolari, del cosiddetto «fondo rimpatri», a chi, invece, è in regola e chiede un titolo per soggiornare legalmente sul territorio italiano;
il Governo in carica si è impegnato, all'inizio dell'anno in corso, ad avviare un ripensamento sul contributo previsto per gli immigrati in modo da arrivare ad esenzioni e riduzioni per le categorie più povere ed i nuclei familiari più numerosi;
tale volontà è stata annunciata il 4 gennaio 2012 con una nota congiunta da parte del Ministro dell'interno e del Ministro della cooperazione internazionale e l'integrazione, che hanno annunciato «un'approfondita riflessione e attenta valutazione» sull'imposta per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno degli immigrati regolarmente presenti in Italia;

«In un momento di crisi che colpisce non solo gli italiani ma anche i lavoratori stranieri presenti nel nostro Paese - hanno scritto i Ministri nella nota - c'è da verificare se la sua applicazione possa essere modulata rispetto al reddito del lavoratore straniero e alla composizione del suo nucleo familiare»;
ad oggi, però, nulla risulta ancora prodotto dal Governo in carica per la revisione di una tassa sbagliata, che denota, a giudizio dell'interrogante, un atteggiamento persecutorio nei confronti degli immigrati, verso la quale l'unica soluzione veramente equa sarebbe l'abolizione, ma rispetto alla quale non si è proceduto nemmeno alla annunciata revisione -:
perché il Governo non abbia ancora assunto iniziative in relazione alla tassa per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno al fine di una sua cancellazione o rimodulazione, così come annunciato; se intenda ancora farlo, come, e in che tempi.
(5-06073)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la recente scomparsa del vigile urbano N. S., travolto e ucciso da un veicolo dopo una discussione con il conducente, ha riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni una grave lacuna normativa che interessa la categoria dei vigili urbani su tutto il territorio nazionale;
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha infatti disposto all'articolo 6, comma 1, l'abrogazione degli istituti «dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata»;
il decreto, al medesimo comma, prevede giustamente il mantenimento in deroga di detti istituti per alcune categorie particolarmente esposte a rischio, individuate nella normativa con la dicitura «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico»;
la dicitura adottata di fatto esclude tutto il personale di polizia locale - cosiddetti vigili urbani - il quale appartiene piuttosto al comparto vigilanza degli enti locali, che sono «titolari delle funzioni e dei compiti di polizia amministrativa nelle materie ad essi rispettivamente trasferite o attribuite» ai sensi dell'articolo 158, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
si tratta di circa 65.000 unità di personale di polizia locale, distribuite su tutto il territorio nazionale, le quali operano quotidianamente in situazioni di potenziale esposizione a rischio, analogamente ai loro colleghi afferenti i corpi di polizia di Stato, vigili del fuoco, croce rossa, Arma dei carabinieri, già tutelati dalla deroga;
la mancata inclusione nelle deroghe del sopracitato articolo 6 espone i vigili urbani a gravi criticità sul piano della tutela dei propri diritti e rappresenta una grave ed ingiusta disparità di trattamento, che misconosce la difficile realtà socio-ambientale nella quale si trovano ad operare, che contempla l'esposizione a un'ampia varietà di situazioni potenzialmente rischiose quali rapine, incidenti od operazioni di polizia giudiziaria e di ordine pubblico;
allo stato attuale della normativa, in un'operazione su strada che determinasse l'infortunio o il decesso di unità di intervento afferenti i vigili urbani e, ad esempio, la polizia di Stato e i carabinieri, gli istituti di cui sopra tutelerebbero solo due delle tre categorie chiamate ad intervenire, pur con i medesimi obblighi e le medesime funzioni: a parità di oneri, ai vigili urbani non sarebbero infatti garantiti i medesimi diritti di tutela;

le criticità evidenziate si aggiungono ad una serie di lacune normative, più volte evidenziate dalle associazioni di categoria, relativamente ad un inquadramento della categoria che corrisponda, per definizione contrattuale, mezzi assegnati, tutela e condizioni lavorative, alle funzioni di polizia che l'ordinamento impone;
oltre alle attività di vigilanza e controllo di ogni genere, nonché alle funzioni in materia di viabilità, infortunistica stradale, interventi in campo sanitario nell'ambito dei trattamenti sanitari obbligatori, l'articolo 5 della legge 7 marzo 1986, n.65 - legge quadro sull'ordinamento della polizia municipale - assegna al personale di polizia municipale anche le funzioni di: polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 221, terzo comma, del codice di procedura penale; polizia stradale, ai sensi dell'articolo 137 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, numero 393; nonché «funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza»;
ai fini di quanto sopra esposto, il medesimo dell'articolo 5 della legge quadro n. 65 del 1986 prevede, al comma 5, che gli addetti del servizio di polizia municipale possano «portare, senza licenza, le armi, di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalità previsti dai rispettivi regolamenti, anche fuori dal servizio, purché nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei casi di cui all'articolo 4»;
in talune sedi locali come Roma si è provveduto altresì all'armamento - e al necessario addestramento - del personale di polizia locale, per garantire l'autodifesa e la difesa dei cittadini, riconoscendo di fatto i compiti di sicurezza e le difficoltà operative della categoria, che pure continua ad essere inquadrata alla stregua di impiegati comunali quanto ai rischi;
infine, nell'ottica di una garanzia e tutela sempre più efficace del diritto alla sicurezza e alla qualità della vita urbana, il Ministero dell'interno, a partire dal 20 marzo 2007, ha avviato un programma di accordi di collaborazione tra lo Stato e gli enti locali, noti come «Patti per la sicurezza», che prevedono un'azione congiunta sulle materie legate alla pubblica sicurezza: ciò determina un progressivo e potenziale aumento delle condizioni operativamente rischiose per la polizia locale che, su disposizione dei sindaci, può essere impiegata in via sussidiaria in operazioni disposte da questori e prefetti -:
se si intendaassumere iniziative normative nell'ambito delle proprie competenze, dirette ad un'opportuna rettifica della suindicata normativa al fine di includere la categoria della polizia locale tra le deroghe dell'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
se si intenda predisporre opportune iniziative finalizzate a riconoscere una rinnovata configurazione, sotto il profilo normativo, della categoria dei vigili urbani che tenga presente le criticità e le problematiche che la condizionano, citate in premessa, le funzioni assegnate e gli inderogabili diritti di tutela.
(4-14703)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Gianni Lannes, direttore del giornale online Terra nostra e giornalista freelance investigativo specializzato in traffico di esseri umani, armi e rifiuti pericolosi, è stato recapitato venerdì scorso - sotto forma di bigliettino lasciato nell'auto della moglie, sul seggiolino di sicurezza del figlio - l'ennesimo messaggio di minaccia;
Lannes è vittima, ormai da anni, di minacce, come dettagliatamente si denuncia nell'articolo apparso sul Corriere della Sera di ieri (http://www.corriere.it/cronache/12 gennaio 30/giornalista-denuncia-ecomafìa-e-riceve-minacce 350f33c2-4b42-11e1-8fad-efe86d39926f.shtmi) «non è la prima volta che il reporter riceve minacce o subisce attentati - nel 2009 prima l'auto della moglie poi la sua furono date alle

fiamme, poi qualcuno entrò nel suo appartamento e rubò un personal computer; e, ancora, una lunga serie di minacce telefoniche anonime -, tanto che dal 22 dicembre 2009 al 22 agosto 2011 lui e la sua famiglia hanno vissuto sotto protezione: il cronista costantemente scortato da due agenti di polizia, moglie e figli sotto la vigilanza dei carabinieri. Ma l'estate scorsa la tutela è stata revocata, malgrado non siano venute meno le ragioni che l'avevano giustificata. Come dimostra l'ultimo episodio. O, forse, il penultimo: nella notte di domenica il suo videocitofono, solo il suo in tutto il palazzo, è infatti finito fuori uso e dall'interno dell'abitazione non è più possibile vedere chi c'è alla porta. Anche questa vicenda è andata ad aggiungersi alla quindicina di denunce in Procura presentate dal giornalista per le intimidazioni subite negli ultimi due anni»;
sempre da quanto risulterebbe dall'articolo, la cancellazione della protezione di Lannes - «una revoca annunciata telefonicamente, mai motivata e mai formalizzata con un atto ufficiale, a cui il suo avvocato si sarebbe potuto eventualmente appellare», come lo stesso Lannes dichiara - sarebbe avvenuta curiosamente subito dopo la presentazione di un esposto formale sulle attività di bonifica del sito della centrale nucleare di Caorso, la cui attività non è mai ripresa dopo il referendum del 1987 con cui gli italiani avevano pronunciato il proprio no all'energia atomica;
Lannes ha denunciato per anni reati ambientali e infiltrazioni della criminalità nel business degli smaltimenti, ha raccontato delle navi dei veleni, ha denunciato la presenza di almeno un migliaio di container con rifiuti affondati nei mari italiani e il rischio derivante da questa scelta di vita coinvolge, ora più che mai, non solo il giornalista ma, anche e soprattutto, la sua famiglia;
informare ed essere informati è diritto stabilito dalla nostra Carta costituzionale: è un principio che va difeso per garantire un giornalismo trasparente e fatto di professionalità indipendenti;
in data 8 luglio 2009, l'interrogante aveva già presentato un atto di sindacato ispettivo (4-03531), purtroppo ad oggi ancora senza risposta, per sollecitare l'intervento del Governo al fine di garantire a tutti i cittadini ed alla stampa, in particolare, sicurezza e massima protezione personale, inclusa quella per le loro famiglie, significativamente esposti a rappresaglie criminali;
è innegabile sia arrivato il momento di garantire la sicurezza a Gianni Lannes, la cui unica colpa è stata, ed è, quella di voler fare fino in fondo il suo dovere di cronista: raccontare i fatti e informare, denunciando attraverso inchieste scomode la piaga delle ecomafie -:
se il Ministro non ritenga di porre in essere ogni iniziativa a tal fine necessaria, e ciò adottando appropriate misure di sicurezza nei confronti di Gianni Lannes e della sua famiglia, anche alla luce dei continui e sempre più gravi episodi di minacce.
(4-14704)

LARATTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, a Cetraro, cittadina in provincia di Cosenza che si affaccia sul Tirreno, don Ennio Stamile, parroco della parrocchia di San Benedetto a Cetraro, nonché presidente dell'osservatorio sulla legalità e delegato regionale della Caritas diocesana, è stato nell'arco di pochi giorni, destinatario di alcune gravi intimidazioni;
nel tardo pomeriggio di domenica 22 gennaio 2012, l'automobile del sacerdote, parcheggiata, come informano alcuni organi di informazione, in piazza del Popolo, a Cetraro, veniva presa di mira da ignoti e sfregiata con oggetti appuntiti;
nella notte tra venerdì e sabato (27 e 28 gennaio), ignoti si sono introdotti nella casa canonica in cui abita don Stamile, a Cetraro, lasciando sul cancello del cortile, una testa di maiale mozzata con un lembo di stoffa in bocca a simboleggiare un bavaglio; una intimidazione, questa, di

chiaro stampo mafioso il cui messaggio risulta inequivocabile: «Tieni la bocca chiusa»;
un duplice e inquietante avvertimento al parroco che ha fatto piombare il centro tirrenico nel buio degli anni Settanta/Ottanta quando il territorio era dominato dalle cosche mafiose della zona, organizzazioni spietate che imponevano, in modo incontrastato, la legge della sopraffazione mafiosa. Nel giugno del 1980, la criminalità organizzata uccise Giannino Losardo, assessore di Cetraro e segretario capo della procura della Repubblica di Paola, molto noto per il suo impegno antimafia e nemico dichiarato delle organizzazioni criminali;
don Stamile è un sacerdote impegnato a sostenere e dare sostegno e sollievo spirituale ai poveri, si prodiga a favore della legalità e alla crescita civile di una comunità molto segnata da quel periodo. La sua intensa attività pubblicistica e la sua scrupolosa opera pastorale sono indirizzate alla ricerca della verità, alla riaffermazione della democrazia e del bene comune secondo gli insegnamenti cristiani. Nelle omelie di don Ennio, le denunce contro il «male» e «l'omertà» sono coraggiose e dissacranti;
lo stesso don Stamile, spiega, a mezzo stampa, che «Queste minacce sono state una reazione alla mia predicazione di sacerdote che, in certi casi, come insegna il Magistero sociale della Chiesa, deve assumere i toni della denuncia. È chiaro che quando vediamo il male, soprattutto quando raggiunge livelli preoccupanti e colpisce chi è povero e solo, come gli anziani e i disabili, noi preti non possiamo tacere»;
denunce che lo hanno evidentemente posto in una sovraesposizione rischiosa e lo rendono vulnerabile, tanto da procurarsi due gravi intimidazioni nel giro di pochissimi giorni -:
se il Governo sia conoscenza di quali iniziative siano state poste in essere per individuare i responsabili delle gravissime intimidazioni i danni del parroco di Cetraro, don Ennio Stamile;
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire al sacerdote la sicurezza necessaria a condurre serenamente l'opera pastorale;
se non ritenga necessarie forme di tutela del parroco e della casa canonica presso cui risiede.
(4-14707)

QUARTIANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte del 30 gennaio 2012 la sede del circolo PD dello storico quartiere Dergano-Bovisa di Milano è stato fatto oggetto di atti vandalici da parte di ignoti, alla matrice politica dei quali è però possibile risalire se si analizzano le scritte che i vandali hanno lasciato in eredità alla città, imbrattando pareti e saracinesca del circolo stesso;
le scritte «no guerra-no tav, la Val di Susa non si tocca, infami e PD uguale fascisti democratici» esprimono chiaramente le convinzioni politiche e gli intendimenti degli autori dell'incursione notturna contro il circolo del partito democratico;
si tratta di uno dei tanti atti del genere che da tempo si susseguono a Milano e nel Nord Italia -:
quali siano le iniziative che il Governo, anche attraverso le prefetture e le questure interessate dal fenomeno descritto in premessa, intende intraprendere al fine di reprimere alla radice ogni atto che incita all'odio sociale e politico e quali iniziative abbia già adottato al fine di prevenire ogni forma di vandalismo ispirato dal sovversivismo di gruppi organizzati che minacciano il normale svolgimento del confronto politico e l'azione delle istituzioni democratiche nazionali e locali.
(4-14724)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola primaria di Pomarico (Matera) realizzata nel 1959 è ubicata in una parte del paese a forte rischio idrogeologico;
l'intero comune di Pomarico, come avuto modo di esporre in altri documenti di sindacato ispettivo, è interessati da pericolosissimi movimenti franosi che necessitano interventi urgenti;
oltre al monitoraggio agli interventi di consolidamento strutturali, l'istituto che ospita i bambini di Pomarico ha bisogno di interventi, basta guardarlo dall'esterno, di manutenzione straordinaria a partire dall'impermeabilizzazione di alcuni ambienti;
i genitori degli alunni sono fortemente preoccupati e hanno chiesto di agire presto;
diventa improcrastinabile un intervento da parte del Ministero in materia di edilizia scolastica ad implementare quanto già previsto in sede di conferenza Stato-regioni -:
se e quali iniziative il Ministro intenda attivare, nell'ambito delle sue competenze, in merito alla manutenzione e messa in sicurezza dell'istituto di scuola primaria di Pomarico.
(3-02072)

Interrogazioni a risposta scritta:

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il liceo linguistico provinciale Paritario «A. Lincoln» di Enna, gestito dalla provincia regionale, da ben trentaquattro anni rappresenta un'importante realtà nel territorio con una popolazione scolastica di circa 500 studenti;
il liceo sta vivendo un momento estremamente delicato poiché l'amministrazione sta accelerando il processo di statizzazione per la difficile situazione finanziaria in cui versa;
la convenzione tra Stato e provincia prevede il mantenimento in servizio del personale di ruolo (docenti e personale ATA) alle dipendenze della provincia regionale mentre indica l'amministrazione centrale come responsabile dell'individuazione del personale precario (docenti a tempo determinato) e del dirigente;
tuttavia, la convenzione - così come immaginata - comporterebbe il distacco dell'attuale dirigente scolastico che è in servizio presso la scuola da trentaquattro anni avendo anche contribuito a fondarla;
si verrebbe a determinare lo sconvolgimento di un'organizzazione che ha funzionato tanto da condurre il liceo al raggiungimento di risultati lusinghieri e da tutti apprezzati;
l'attuale dirigente possiede tutti i requisiti necessari avendo frequentato nel 2004 un apposito corso organizzato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'attribuzione della dirigenza scolastica ai presidi di scuole paritarie gestite da enti locali;
ad oggi esistono una serie di realtà scolastiche che hanno subito lo stesso processo ma non sono rari i casi in cui il dirigente, dipendente dell'ente locale, ha mantenuto il suo ruolo nell'istituzione fino alla quiescenza;
in una convenzione concepita dall'ispettore scolastico Cataldo Salerno, oggi presidente dell'università Kore di Enna ed ex presidente della provincia, in concerto con l'assessore alla pubblica istruzione della regione Sicilia e l'ex Ministro Fioroni, era stato previsto che tutto il personale, compreso il dirigente, fosse accomunato dallo stesso destino passando nei ruoli

indicati dall'amministrazione centrale ma non si fece in tempo a completarne l'iter -:
se intenda valutare l'opportunità di stabilire che nella convenzione l'attuale dirigente scolastico possa mantenere il ruolo fino alla quiescenza.
(4-14706)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, «per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi (...)»;
nei fatti le dinamiche di aggregazione suindicate in talune circostanze sollevano criticità organizzative segnatamente per quanto attiene alle esigenze reali dell'utenza spesso in contrasto con quanto auspicato dall'amministrazione;
nella fattispecie, nella città di Roma e segnatamente nel XVII municipio la scuola secondaria di I grado G.G. Belli, riconosciuta dai cittadini come un riferimento scolastico di eccellenza, è in procinto di essere suddivisa in due comparti, organizzati per sezioni, aggregati a due istituti differenti, in virtù di una delibera regionale;
secondo l'interrogante non sussiste un reale piano organizzativo, funzionale o meramente didattico alla base della suindicata scelta, animata esclusivamente da un'esigenza di ridistribuzione «aritmetica» degli alunni tra i due istituti;
è opportuno evidenziare che il municipio XVII e la provincia di Roma hanno avuto già modo di opporsi alle citate dinamiche di aggregazione;
i genitori degli alunni frequentanti il citato istituto hanno in più occasioni protestato contro tale decisione e hanno presentato una petizione di quasi 1400 firme; annunciando che nel caso in cui non venisse riformulata la decisione di riorganizzare l'istituto scolastico, avrebbero fatto ricorso al TAR per chiederne l'annullamento o la sospensiva;
la citata riorganizzazione dell'istituto Belli comporterà inevitabilmente delle criticità in capo agli utenti, segnatamente sul fronte dell'accesso ai servizi (quali mense, palestre e biblioteche che si troverebbero ad essere spostate di diversi chilometri rispetto alla loro attuale collocazione) e su quello didattico in virtù della ricollocazione del personale docente e l'esigenza di riformulare le graduatorie in un momento delicato caratterizzato dal ciclo scolastico già avviato -:
se sia a conoscenza di tutte le criticità evidenziate in premessa;
se - ferme restando le competenze ministeriali in materia - ritenga possano esistere i presupposti e siano state espletate tutte le procedure previste per avviare le dinamiche di riorganizzazione sancite dal comma 4 dell'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
(4-14711)

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 11 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 2011, sull'accesso ai tirocini formativi attivi per l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado ha posto fine all'interpretazione restrittiva del decreto ministeriale n. 249 del 2010, che aveva posto all'anno accademico 2010/11 il termine ultimo per acquisire i crediti mancanti per l'accesso alle singole classi di concorso;

il decreto ministeriale n. 249 del 2010 indicava, infatti, che avrebbero conseguito l'abilitazione coloro che erano in possesso dei requisiti richiesti o «coloro che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero per l'anno accademico 2010-2011, sono iscritti a uno dei percorsi finalizzati al conseguimento dei titoli di cui alla lettera a)»;
dati i tempi lunghi trascorsi per rendere fattibile il percorso di accesso ai corsi, il decreto ministeriale 11 novembre 2011 estende tale limite alla data di scadenza delle iscrizioni alle prove di accesso;
il comma 1 dell'articolo 4 prevede infatti: «4. I soggetti di cui al comma 3, lettere a) e b) devono altresì essere in possesso alla data di scadenza delle iscrizioni fissata dal decreto di cui al successivo comma 7, degli esami o dei crediti formativi universitari che danno titolo all'insegnamento nelle rispettive classi di concorso»;
tuttavia, si segnala come alcune università, tra cui l'università degli studi di Milano e l'università degli studi di Bergamo, dichiarino di non volere assumere la responsabilità di una interpretazione del decreto ministeriale 11 novembre 2011, data la sua ambiguità, e quindi, di fatto, non riconoscano la validità dei crediti acquisiti tramite corsi singoli post anno accademico 2010/2011 -:
se non ritenga opportuno diramare una circolare esplicativa volta a chiarire e dissipare ogni dubbio che, potenzialmente, potrebbe dar adito a contenziosi.
(4-14715)

DI PIETRO, ZAZZERA e MURA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa che il Governo sta discutendo circa la possibilità di abolire il valore legale dei titoli di studio universitari;
l'espressione «valorre legale» è una formula sintetica che sta per una complessità di pratiche sociali e normative che non si possono sciogliere con un unico provvedimento e che sono volte a garantire, al meglio, a terzi (studenti, famiglie, datori di lavoro, clienti futuri) che un dato titolo di studio, per esempio in medicina, attribuito dalla tale università, certifica che chi lo ha ricevuto ha acquisito determinate conoscenze;
non esiste nessuna norma che sancisce sinteticamente il valore legale e, se si dichiarasse la sua abolizione, con la difficoltà di individuare le leggi su cui intervenire, alla fine tutto si ridurrebbe a qualche cambiamento nella normativa dei concorsi pubblici, peraltro già in atto a seguito delle leggi «Bassanini» n. 59 del 1997, n. 127 del 1997, n. 191 del 1998, n. 50 del 1999, con scarsi risultati concreti;
in tutto il mondo, comprese Inghilterra e Usa, sono previste forme di riconoscimento delle università che possono rilasciare titoli per le professioni e tutti gli ordini professionali se ne servono;
le direttive europee in materia di libera circolazione dei professionisti e di riconoscimento negli Stati membri chiedono percorsi formativi e titoli riconosciuti, in quanto la sanzione legale del percorso formativo è essenziale per l'accesso alle professioni e per la garanzia dei cittadini che si rivolgono ai professionisti;
l'abolizione del valore legale del titolo di studio eliminerebbe qualunque riconoscimento pubblico o comunque esterno alla valutazione degli ordini professionali, rafforzando quest'ultimi e ponendosi in direzione contraria rispetto ad un vero processo di liberalizzazione delle professioni, che il Governo sembra voler intraprendere;
le questioni relative alla valutazione della qualità degli atenei, una delle motivazioni essenziali a sostegno della tesi dell'abolizione del valore legale del titolo di studio, sono già state ampiamente regolamentate

dal decreto n. 396 della legge n. 240 del 2010, in cui si prevede una complessa procedura che coinvolge l'ANVUR, il CUN, le commissioni interne e i processi di peer review, in misure non ancora del tutto chiare;
l'abolizione del valore legale del titolo di studio non favorisce la competizione tra atenei, ma si limita a penalizzare le università e gli studenti più deboli, provocando una corsa al ribasso a discapito dell'offerta formativa e dei servizi, e non può non condannare un gran numero di sedi universitarie ad una lenta agonia per inedia o, nella migliore delle ipotesi, alla assoluta mediocrità;
questo è il risultato che produrrà inevitabilmente qualunque politica di valutazione e valorizzazione dell'eccellenza che non abbia eliminato la politica di distruzione dell'università pubblica messa in atto dal Governo Berlusconi e non sia passata per un piano straordinario di investimento, un piano straordinario di reclutamento e una riforma di gestione interna delle dinamiche di ateneo attraverso il ruolo unico della docenza -:
quali siano gli orientamenti effettivi del Governo e quali misure di sviluppo si intendano adottare per evitare che le difficoltà finanziarie si traducano nella svalutazione di gran parte delle università;
come intendano i Ministri far fronte alle gravi problematiche illustrate nell'ottica di porre le reali condizioni per salvaguardare le pari opportunità, il merito e l'eccellenza italiani, peculiarmente distribuiti in maniera diffusa su tutto il territorio nazionale.
(4-14720)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LENZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le previsioni sull'andamento della nostra economia delineano un dato significativamente recessivo del nostro sistema economico nell'ordine del -2,2 per cento, secondo le stime del Fondo monetario internazionale;
tali dati, laddove confermati, non potranno non comportare forti tensioni sul piano occupazionale, e in tale prospettiva riveste un ruolo cruciale il sistema degli ammortizzatori sociali e la loro reale efficacia;
secondo l'ultimo numero del Bollettino economico della Banca d'Italia, «il recupero dell'occupazione, iniziato nel quarto trimestre del 2010, si è arrestato negli ultimi mesi dello scorso anno: i dati provvisori relativi ai mesi di ottobre e novembre segnalano un calo degli occupati rispetto al mese precedente e una ripresa del tasso di disoccupazione, che tra i più giovani ha raggiunto valori molto elevati. Anche se continua a ridursi il ricorso alla Cassa integrazione, peggiorano le aspettative occupazionali delle imprese (...) a fronte della dinamica lievemente positiva del terzo trimestre, i dati provvisori segnalano un peggioramento negli ultimi mesi del 2011: sia in ottobre sia in novembre si sarebbe verificata una flessione percentuale degli occupati di un decimo di punto rispetto al mese precedente. Sempre in novembre il tasso di disoccupazione si sarebbe attestato all'8,6 per cento, il valore più elevato dal maggio del 2010. Tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, il tasso avrebbe raggiunto il 30,1 per cento, il valore massimo dall'inizio della rilevazione mensile (gennaio 2004)»;
l'importante e, ci si augura, proficuo confronto con le parti sociali per la riforma dei diversi istituti del sistema degli ammortizzatori sociali non può prescindere dalla presa d'atto degli andamenti negativi della prolungata congiuntura in atto, ma allo stesso tempo non può tralasciare il dato che solo una parte del sistema delle imprese partecipa al finanziamento degli ammortizzatori sociali e che da questi sono esclusi i lavoratori più

deboli, anche in ragione della miriade di contratti precari cui si è fatto impropriamente ricorso per l'abbattimento dei costi aziendali;
per il superamento di tale inaccettabile differenziazione di trattamento tra lavoratori, imprese e settori produttivi, nel corso della presente legislatura è stato prorogato il termine per l'esercizio dell'apposita delega contenuta nel così detto protocollo Welfare 2007;
per favorire la definizione di un percorso condiviso di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali è indispensabile avere un quadro chiaro e aggiornato del ricorso ai diversi istituti attualmente disponibili, nonché delle risorse disponibili e delle relative diverse fonti di finanziamento -:
quali siano i dati aggiornati relativi all'utilizzo degli ammortizzatori sociali nel corso del 2011, ripartiti nei diversi istituti, evidenziandone i costi e le corrispondenti fonti di finanziamento.
(5-06067)

MANCUSO e ANTONINO FOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le Casse di previdenza dei professionisti, pur nella palese evidenza della loro autonomia, sancita dai decreti n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 che ne hanno stabilita la personalità giuridica privata, hanno sempre accettato ed anzi auspicato un dialogo collaborativo con le istituzioni pubbliche, in quanto coscienti della rilevanza pubblica del loro ruolo;
la natura privata delle Casse è stata, d'altro canto, di recente confermata dalla sentenza del TAR del Lazio, depositata l'11 gennaio 2012, che le ha escluse dall'elenco ISTAT degli «organismi pubblici non economici», allegato annuale alla finanziaria;
in una logica collaborativa le Casse hanno risposto a quanto previsto dal decreto interministeriale del 29 novembre 2007, di estendere l'orizzonte temporale del proprio bilancio tecnico, il rendiconto triennale prospettico che ogni Cassa deve comporre, ad almeno 30 anni e comunque fino a 50, al fine di assicurare la propria stabilità e la sostenibilità delle proprie prestazioni anche alle generazioni future;
per rispettare i termini ministeriali tutte le Casse hanno dovuto affrontare serie e profonde riforme del proprio sistema pensionistico e richiedere anche sacrifici ai propri iscritti, nel rispetto delle linee guida stilate o dagli stessi Ministeri. Tale processo di riforma è durato tre anni;
ora, il recente decreto-legge «salva Italia» chiede agli enti privati, mentre nulla si richiede agli enti previdenziali pubblici, un'ulteriore dimostrazione della propria solidità: l'assicurazione di un saldo previdenziale, ovvero il rapporto tra entrate contributive e uscite previdenziali, a 50 anni. E per farlo venivano concessi alle Casse solo 3 mesi, aumentati a 6, con scadenza al 30 giugno 2012, solo grazie ad un emendamento;
le Casse dei professionisti non si sottraggono a questa ennesima richiesta, pur considerandola iniqua, ma, almeno, chiedono di conoscere con precisione i criteri con cui dover rispondere. Inizialmente, infatti, è stato imposto di non considerare nelle proiezioni i patrimoni, pur essendo stati essi accantonati proprio ad ulteriore garanzia delle prestazioni previdenziali, né tantomeno i rendimenti;
durante l'audizione alla Commissione bicamerale di controllo del 25 gennaio 2012, invece, il Ministro Fornero ha dichiarato che potrebbe essere rilevante il «flusso di rendimento che origina dallo stock» patrimoniale. Questa sua affermazione, naturalmente, se confermata, modificherebbe totalmente le modalità di calcolo da approntare -:
se il Governo intenda consentire agli enti previdenziali privati dei professionisti di considerare il rendimento generato dal patrimonio nell'ambito dei calcoli dei saldi;
se il Governo, alla luce dei tempi assai ristretti, intenda tempestivamente comunicare

agli enti interessati secondo quali precisi criteri si debbano impostare i calcoli richiesti.
(5-06076)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da oltre 20 anni l'Inps è proprietaria di uno stabile in stato di totale abbandono sito nel comune di Seregno (provincia di Monza e Brianza);

tale stabile, posto in via Settembrini, a pochi passi dal centro della città, noto ai brianzoli come ex clinica Santa Maria, ha una superficie di 16.000 metri cubi (3.000 metri quadrati);
ciò, come già evidenziato in altre interrogazioni parlamentari, rappresenta a giudizio dell'interrogante uno scandaloso caso di mala gestione di cosa pubblica e di sperpero di risorse, in una situazione, come quella attuale, di profonda crisi economica;
in data 11 gennaio 2012, presso la sede regionale dell'INPS, si è tenuto un incontro per discutere di questa problematica, con l'obiettivo di ricercare una soluzione che consentisse un utilizzo proficuo della struttura oggi abbandonata;
il direttore generale dell'INPS Lombardia, ha reso noto che, sulle basi delle normative vigenti, l'INPS è nell'impossibilità di cedere, anche ad altri enti pubblici, l'area interessata e di non poter intervenire direttamente per ristrutturare e riutilizzare lo stabile;
la cessione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici risulta essere una priorità di questo Governo;
l'alienazione di questo stabile permetterebbe di mettere a disposizione della comunità di Seregno un immobile per opere di carattere sociale -:
se il Governo non intenda intervenire perché sia risolta definitivamente questa situazione di degrado e di inefficienza, assumendo iniziative anche per modificare le normative vigenti affinché sia resa possibile la cessione dello stabile ed il suo recupero.
(4-14709)

LARATTA, MARINI e OLIVERIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca di Cosenza - CREDITO COOPERATIVO, nata nel 2006 dalla fusione tra la BCC PreSila - Scigliano (già ex BCC Pietrafitta ed ex BCC Scigliano) e BCC di Dipignano (anno di costituzione della Banca credito cooperativo di Dipignano 1906; Banca credito cooperativo di Pietrafitta 1907), è sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, con il decreto ministeriale n. 353 del 6 maggio 2010 sottoscritto dal Ministro dell'economia e delle finanze, per gravi irregolarità dell'organo amministrativo e di controllo;
il personale dipendente delle banche è di 63 unità con un'età media del personale di 40 anni;
il Fondo di Garanzia, costituito e alimentato con risorse provenienti dal conto economico di fondi provenienti da tutte le Banche di credito cooperativo italiane, il 6 settembre 2011 ha deliberato la non concessione dell'intervento a Banca di Cosenza;
la Calabria - fino a circa 10 anni addietro - contava ben 35 Banche credito cooperativo autonome operanti sul territorio; ciascuna di queste, per statuto e per regolamento organizzativo del credito cooperativo nazionale, ha contribuito per lunghissimi anni ad alimentare il fondo di cui sopra, senza mai beneficiarne;
il fondo finora non ha inteso intervenire in sostegno della Banca di Cosenza;
lo stesso Fondo, sembra assistere passivamente all'acquisizione di Banca di

Cosenza da parte di: Banca Sviluppo - banca di espressione del credito cooperativo con sede centrale a Roma e filiali sparse per tutto il territorio nazionale; Banca credito cooperativo centro Calabria - banca operante nel lametino, con sede legale in Cropani e Lamezia; trattasi di Banca credito cooperativo con analoghe dimensioni della Banca credito cooperativo di Cosenza, sia in termini di volumi, sia in termini di dipendenti in organico;
la questione più grave, dal punto di vista dell'impatto occupazionale, è che la proposta di acquisizione da parte dei due citati istituti di credito prevederà licenziamenti per non meno di 17 unità (salvo ulteriori inasprimenti nella trattativa negoziale) che potrebbero determinare il licenziamento di tutti i dipendenti operanti nel centro direzionale (ossia, 31 unità), atteso che l'acquisizione sarà concretizzata sotto forma di acquisto di rami di azienda (soltanto le 8 filiali e i 32 dipendenti che in esse operano) -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
cosa si intenda fare affinché possano essere scongiurati i licenziamenti del personale dipendente, anche soltanto di poche unità, posto che appare superfluo, precisare che trattasi di giovani risorse, validissime ed estremamente dedite al proprio dovere, che si troverebbero praticamente impossibilitate a ricollocarsi nel mondo del lavoro così non snaturando il legame ultracentenario della banca con il territorio.
(4-14725)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 431 del 1998, articolo 3, lettera g), il legislatore ha disciplinato la questione vertente sul relativo diritto di prelazione in favore del conduttore di immobile adibito ad uso abitativo, garantendo l'equità e la trasparenza del processo di assegnazione degli immobili su tutto il territorio nazionale;
il decreto-legge n. 351 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410 del 2001, ha avviato il processo di privatizzazione e di valorizzazione degli immobili di proprietà delle pubbliche amministrazioni, modificando le disposizioni precedenti in materia di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (decreto legislativo n. 104 del 1996 e circolari attuative, legge n. 140 del 1997 e relativi decreti interministeriali). La legge citata ha introdotto la cartolarizzazione dei proventi delle vendite degli immobili individuati dall'Agenzia del demanio con appositi decreti, attraverso il trasferimento degli stessi alla S.C.I.P. S.r.l. - Società Cartolarizzazione immobili pubblici;
con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009 (proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti), il Governo procedeva alla liquidazione della suddetta società SCIP riportando il controllo della cartolarizzazione immobiliare direttamente nell'autorità dell'Istituto nazionale previdenza sociale, poiché l'obiettivo iniziale prefissato dal Governo dell'epoca, ossia una migliore efficacia nella gestione dell'entrata monetaria con la costituzione di una società ad hoc, non era stato raggiunto, stando anche alle motivazioni fornite al «Sole24ore.com» dal Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore Giulio Tremonti, in merito alla chiusura della sopracitata società pubblica;
da quanto appreso dal comunicato stampa dell'Unione inquilini del 16 gennaio 2012, nella periferia della sola città di Roma, migliaia di famiglie inquiline dei sopracitati enti previdenziali attendono ancor oggi il rispetto del proprio diritto di prelazione, insieme ad un ulteriore migliaio di famiglie che, versando in una situazione di grave degenza economica, si troverebbero a rischio di sgombero;

come riportato dal quotidiano «Il Messaggero» di venerdì 13 gennaio 2012 e dal sito web «Corriere.it» del 14 gennaio 2012, è stato aperto un procedimento da parte della procura della Repubblica di Roma rubricato come «atti relativi», che coinvolgerebbe l'attuale Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi, in merito all'acquisto, nell'anno 2008, di un appartamento di proprietà dell'INPS, nel quale era affittuario lo stesso Patroni Griffi. I magistrati intendono ricostruire la vicenda verificando la liceità dell'operazione in merito ai parametri del valore dell'immobile, acquistato dal Ministro dell'Istituto nazionale previdenza sociale per la cifra di 170 mila euro. Valutazione confermata in seguito alla sentenza espressa dal Consiglio di Stato, che riclassificò l'immobile come «non di pregio» -:
se e quando i Ministri interrogati, ritengano opportuno verificare l'effettivo rispetto della legalità procedurale, nel merito della valutazione dei criteri di classificazione patrimoniale dell'immobile acquistato dal Ministro Filippo Patroni Griffi;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire, per quanto di competenza, verificando l'effettivo rispetto dell'eguaglianza contrattuale da parte di tutti gli inquilini soggetti al piano di dismissione del patrimonio degli enti previdenziali, a fronte di una situazione che rischia di creare un ulteriore divario sociale verso le persone che necessitano inderogabilmente del bene primario della casa.
(4-14730)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore della pesca è colpito da diversi anni da una grave crisi strutturale che ha determinato una consistente riduzione della flotta peschereccia;
le organizzazioni di settore indicano, tra le principali cause che hanno determinato tale stato di crisi, l'incremento esponenziale del prezzo del gasolio;
il Ministero dello sviluppo economico ha istituito, nel febbraio 2011, la commissione per la valutazione delle dinamiche dei prezzi dei carburanti con l'obiettivo di verificare eventuali incongruenze tra il prezzo del greggio e quello praticato dalle compagnie petrolifere agli utenti finali;
analoghi organismi di controllo sono previsti dalla normativa europea di settore;
il maggior costo del carburante, più che raddoppiato negli ultimi 12 mesi, è un problema condiviso da tutte le marinerie d'Europa -:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per:
attivare i controlli, in sede europea e nazionale, necessari a scongiurare speculazioni sul prezzo del gasolio ai danni delle imprese del settore e dei consumatori;
semplificare le procedure burocratiche attualmente previste per il rilascio delle autorizzazioni amministrative necessarie alla costituzione di gruppi d'acquisto collettivo per l'approvvigionamento del gasolio.
(5-06070)

Interrogazione a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. - Per sapere - premesso che:
la superficie forestale della regione Piemonte, rappresenta un'importante risorsa economica e dell'intero ecosistema,

le cui caratteristiche costituiscono, per l'intera macro-area, una ricchezza a livello nazionale;
l'estensione della predetta superficie, secondo quanto risulta dalla carta forestale del Piemonte è in costante aumento e coinvolge un articolato sistema di imprese forestali piemontesi, con l'obiettivo di promuovere la crescita e qualificare il complesso ecosistema del territorio interessato e garantendo un livello occupazionale per migliaia di operai forestali;
l'articolo 4, comma 60, della legge 12 novembre 2011 n. 183 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2012), ha previsto la riduzione di spesa per le assunzioni di personale operaio presso il Corpo forestale dello Stato per un importo pari a euro 1.570.659 per il 2012 come stabilito dall'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, che ha destinato 3 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012;
il suddetto taglio dei fondi regionali destinati ai forestali, a giudizio dell'interrogante, penalizza fortemente una regione come il Piemonte che, come peraltro suesposto, ha la gran parte del suo territorio dedito a foresta, con un numero tra l'altro, modesto di operai forestali, pari attualmente a poco più di 500 -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di prevedere in tempi rapidi, il ripristino dei fondi necessari per i forestali, in particolare quelli della regione Piemonte, indicati in premessa, le cui competenze e professionalità costituiscono degli elementi fondamentali per tutelare l'intero sistema forestale e ambientale della medesima regione;
se non intendano attivarsi, a livello comunitario, al fine di verificare la disponibilità dei programmi cofinanziati dei fondi strutturali a sostegno degli operai forestali del nostro Paese, le cui radici storiche e professionali risalgono al 1822 e sono caratterizzate da una molteplicità di compiti per la tutela del patrimonio naturale e paesaggistico.
(4-14718)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
sul Fatto Quotidiano in data 17 gennaio 2012 è stato pubblicato l'articolo dal titolo «Schettino, il capro espiatorio non libera tutti» in cui si legge «Davvero c'è un solo responsabile della catastrofe? E che bisogna fare per evitare che si possa ripetere? Mai come ora bisogna avere il coraggio di dirlo: se la tragedia della Costa Concordia deve insegnare qualcosa a questo paese (e a tutti noi) non può essere solo la favola feroce e consolatoria del capro espiatorio, il pericolo pubblico, il matto solitario che libera con la catarsi della sua colpa le coscienze e le responsabilità di ognuno. Nessuno può essere solo, e messo in condizione di far danno, soprattutto se regge sulle sue spalle 4.000 vite. Nessuno può più agire in modo così arbitrario, anche se è del tutto fuori controllo. Il capitano Schettino, ovviamente, ha fatto del suo meglio per disonorare il suo grado. Ha avuto una condotta colposamente criminale e omicida. L'Italia, grazie a lui, ripiomba improvvisamente nello stereotipo del latinismo cialtrone, con la macchietta del gradasso che innesca una catastrofe per una bravata. Il capitano Schettino ha messo a rischio vite umane per un azzardo goliardico, ha tradito il suo mandato nel momento del bisogno, abbandonando la nave e negando la propria negligenza fino all'inverosimile, proprio nella migliore tradizione dei ministri

recalcitranti alle dimissioni e dei politici "a-propria-insaputa". Ovvero negare la realtà fino all'indifendibile (e anche oltre). Il capitano Schettino, insomma, è un colpevole ideale, un uomo che si consegna all'opinione pubblica armato solo della propria indifendibilità (...) Non può essere, accettabile la favoletta dell'uomo solo al comando, del pazzo kamikaze che perde il controllo senza che nessun meccanismo di controllo sia attivato. Non possiamo accettarlo. Di fronte all'ordine di evacuazione della Capitaneria di Livorno, il comandante raccontava la balla dell'avaria e continuava imperterrito nel suo piano di occultazione della verità. Ma l'alibi della catena di comando insindacabile e il delirio di "Guarda la tua isola", non ci sollevano dal problema della responsabilità ultima. Dobbiamo davvero accettare l'idea che nel tempo della "geolocalizzazione", nessuna centrale di controllo, alla Costa Crociere, avesse idea di cosa stesse capitando? Nel tempo dei telefonini possiamo davvero pensare che nessuno a terra sapesse davvero cosa stava accadendo? Che per una lunga ora in cui non è stato dato l'allarme a nessuno sia venuto un solo dubbio? E la traiettoria finale della Concordia che finisce sugli scogli invece di essere evacuata si spiega solo con la logica dell'emergenza? (...) Persino se siamo dispersi nell'Atlantico con in tasca un iPhone siamo sempre tracciabili in tempo reale. (...) Forse, fra qualche anno, scopriremo che Schettino in queste ore ha difeso qualcosa di più che se stesso (...) e che un meccanismo di controllo deve impedire che la responsabilità possa sfociare nell'arbitrio»;
nei giorni successivi alla pubblicazione dell'articolo citato sono emersi, per quanto consta agli interroganti, elementi tali dal lasciar ipotizzare che Bertolaso non avrebbe avuto tutti i torti quando accennava a rivalità e protagonismi tra i vari attori: vigili del fuoco, carabinieri, polizia, guardia di finanza, guardia costiera/capitanerie di porto; suscita inoltre perplessità il fatto che parrebbe che le autorità marittime fossero a conoscenza del frequente utilizzo di rotte «malsane» dalle navi e sul fatto che gli incursori della Marina militare sarebbero arrivati dopo quattro giorni sul luogo delle operazioni; il dottor Enrico Scerni si è dimesso subito dopo la disgrazia e aveva affermato che era assai difficile che la società Costa ignorasse che i comandanti facessero l'inchino alle isole. D'altronde sono stati avanzati forti dubbi sul fatto che la «scatola nera» fosse funzionante, sussistendo invece elementi che lasciavano intendere che sia stato comunque rilevato un suo malfunzionamento anche prima della tragedia; sarebbe stato altresì opportuno che la Costa operasse con maggiore attenzione la selezione dei capitani ma anche la capitaneria di porto avrebbe dovuto più efficaci controlli a carattere preventivo;
è chiaro che un organo di efficace controllo e coordinamento dei soccorsi è meglio che ci sia, ma non con una sola bandiera (esempio Protez.Civile) ma con un pool di esperti dei vari Enti e Corpi (Marina Militare, Guardia Costiera, Carabinieri, Gdf, Polizia, VV.FF. eccetera);
le coste italiane hanno uno sviluppo di circa diecimila chilometri e le nostre isole sono geograficamente localizzate fino in prossimità delle coste nord-africane; i rifornimenti energetici di materie prime ed i traffici commerciali globali del nostro Paese dipendono allo stesso modo dal mare. In aggiunta a tutto questo, l'enorme sviluppo delle attività di pesca, di pesca sportiva, di diporto nautico, di balneazione, di inquinamento costiero, di scempio e di abusivismo edilizio, hanno aumentato enormemente gli interventi di polizia marittima con sovrapposizioni dovute alla frammentazione delle forze operanti sul mare (Marina militare, Guardia costiera, carabinieri, Guardia di finanza, polizia di Stato, vigili del fuoco), che risultano spesso dannose all'immagine di uno Stato efficiente -:
se il Ministro interrogato non ritenga doveroso assumere iniziative normative volte a razionalizzare l'impegno dello Stato sul mare attraverso l'istituzione di un unico organismo amministrativo, di

polizia, di soccorso e di protezione civile, in grado di operare con maggiore efficienza ed a costi più bassi per la collettività in un contesto finora caratterizzato da sprechi, sovrapposizioni e duplicazioni dagli esiti a volte, come indicato in premessa, paradossali.
(4-14728)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in occasione del convegno «criteri di appropriatezza clinica, strutturale e tecnologica di radiologia interventistica», tenutasi a Roma il 27 gennaio 2012, il sottosegretario di Stato al ministero della salute ha dichiarato che si batterà per l'eliminazione delle aziende sanitarie chiedendone la trasformazione in istituti ed giustificato tale progetto con il fatto che le stesse aziende sanitarie sono tenute al vincolo del pareggio di bilancio, vincolo che non permetterebbe l'erogazione di una buona sanità;
secondo l'interrogante, si tratta di affermazioni di una certa gravità soprattutto per un «Governo tecnico» che si è posto l'obiettivo di rafforzare il risanamento del bilancio dello stato ed a fronte della difficile situazione registrata dal fondo sanitario nazionale e, in particolare, dai bilanci sanitari di alcune regioni italiane che continuano a registrare considerevoli situazioni debitorie;
inutile dire che tali affezioni risultano dalla videoregistrazione del convegno -:
se le dichiarazioni rese nella sede ricordata dal sottosegretario alla salute intervenuto nel corso del convegno rispondano effettivamente agli intendimenti del Governo e, comunque, se risponda al vero l'esistenza di un progetto di riforma volto a sopprimere le aziende sanitarie trasformandole in istituti premettendo, in tal modo di sottrarle al vincolo di bilancio.
(5-06082)

Interrogazione a risposta scritta:

PALAGIANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) considera l'infertilità una patologia ed in particolare la definisce come la perdita di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, caratterizzata dall'assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di regolari rapporti non protetti;
secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, questa patologia colpisce il 15-20 per cento delle coppie nel mondo, che equivale a dire, che su scala mondiale sono infertili 50-80 milioni di soggetti;
in Italia, secondo alcune rilevazioni ISTAT, ci sono circa 15 milioni di coppie ed è, quindi, ipotizzabile che l'infertilità ne colpisca dai due ai tre milioni;
negli ultimi anni è aumentata fortemente la richiesta di accesso, da parte delle coppie sub-fertili, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA);
circa il 2 per cento dei bambini nati in Italia è venuto alla luce grazie al ricorso a tali metodiche;
dalla relazione del Ministro della salute al Parlamento del 28 giugno 2011, sull'attuazione della legge 40 del 2004, è emersa una forte disomogeneità nelle modalità di erogazione dei servizi di procreazione medicalmente assistita nelle varie regioni del nostro Paese;
è venuto alla luce, con inoppugnabile evidenza, che la disomogeneità di trattamento, determina il fenomeno della migrazione interregionale di coppie che hanno deciso di ricorrere a tecniche di

procreazione medicalmente assistita, le quali si rivolgono a centri geograficamente lontani pur di sopperire alle carenze della propria regione ovvero alla presenza sul territorio di appartenenza di centri esclusivamente privati;
in particolare, dalla relazione suddetta, è emerso che per quanto riguarda l'accesso alle tecniche di primo livello (inseminazione intrauterina), il fenomeno della migrazione ha riguardato 2.335 coppie, che corrispondono all'11,5 per cento del totale. Le regioni che si sono distinte per aver trattato pazienti provenienti da altre aree geografiche d'Italia sono l'Emilia Romagna con il 18,7 per cento e la Toscana con il 17,9 per cento;
per quanto concerne, invece, le tecniche di II e III livello (FIVET e ICSI - Fecondazione In Vitro ed Embryo Transfer e Inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo), la migrazione interregionale delle coppie è più elevata e corrisponde a circa il 23 per cento del totale delle pazienti trattate. Le regioni che attraggono maggiormente pazienti da altri territori risultano essere la Lombardia, la Toscana, l'Emilia Romagna e il Lazio;
questi dati costituiscono un elemento utile per valutare la qualità dell'offerta, in base alla diversa accessibilità ai servizi pubblici, alla differente rimborsabilità che esiste tra regione e regione e ai limiti posti all'applicazione delle tecniche, in base all'età della paziente o al numero dei cicli offerti a carico del Servizio sanitario nazionale, presenti solo in alcune regioni;
proprio a proposito di rimborsabilità, bisogna considerare che il corrispettivo delle prestazioni, riferite alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ancora una volta, risulta molto differente nelle diverse regioni d'Italia;
in particolare solo alcune regioni prevedono il rimborso attraverso un DRG (Diagnosis Related Group) ad hoc, altre hanno riadattato i Diagnosis Related Group regionali esistenti, altre prevedono che le prestazioni siano retribuite «a pacchetto», altre ancora identificano due diversi Diagnosis Related Group a seconda che la paziente pernotti o meno nella struttura pubblica interessata. In altri termini il regime in cui viene svolto il trattamento è squisitamente discrezionale, e quindi variabile, così come lo sono, di conseguenza, i rimborsi;
ad esempio la Puglia, secondo quanto riportato dall'ultima relazione al Parlamento sulla legge 40, registra un rimborso di 1056 euro in regime di day-hospital e 2741,19 euro in regime di ricovero ordinario;
la Lombardia, ha, invece, identificato un Diagnosis Related Group (n. 359) per il prelievo ovocitario pari a 2623 euro e un Diagnosis Related Group (n. 365) per il trasferimento dell'embrione in utero (embryo transfer) di 2592 euro, per un totale di 5215 euro in regime di ricovero e di 3909 euro se effettuato in day-hospital;
la Toscana (delibera 1285 del 4 dicembre 2000) ha modificato i Diagnosis Related Group inserendo le prestazioni procreazione medicalmente assistita e segnalandole con la lettera «R» (erogabili in strutture con particolari requisiti) e ne ha individuato le tariffe corrispondenti: per la IUI (Inseminazione intrauterina) 475,14 euro; per la FIVET/ICSI 1825,68 euro, mentre per un trattamento ICSI con prelievo chirurgico degli spermatozoi 2.548,71 euro;
è necessario sottolineare, infine, che, a parere dell'interrogante, il Diagnosis Related Group n. 359 viene utilizzato impropriamente dalle regioni per il rimborso delle prestazioni di procreazione medicalmente assistita, poiché non solo non è specifico per la tecnica di procreazione medicalmente assistita, per quanto è, in assoluto, troppo generico riguardando «interventi su utero e annessi non per neoplasie maligne» -:
come sia possibile una così evidente diversità nei rimborsi di una stessa prestazione sanitaria da regione a regione;

come sia possibile garantire nelle regioni a rimborso più basso prestazioni efficaci con adeguati tassi di gravidanza, che ricalchino gli standard internazionali, considerando che i risultati del trattamento dipendono sì dall'età della paziente, ma anche dalla qualità della prestazione e, quindi, dalle dotazioni tecnologiche di cui la struttura dispone e dai materiali di consumo impiegati in laboratorio;
se non intenda valutare sulla base di quanto emerso, in base alle proprie competenze, l'opportunità di rendere uniformi le modalità erogative e le tipologie di rimborso applicate alle tecniche di procreazione medicalmente assistita al fine di evitare disparità di trattamento e mettere così un freno alle migrazioni interregionali;
se non si intenda valutare, sulla base di quanto sostenuto a ragione dall'Organizzazione mondiale della sanità e al fine di tutelare effettivamente la salute e le giuste esigenze di procreazione come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza 151 del 2009, l'opportunità di inserire nei livelli essenziali di assistenza - LEA le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
(4-14722)

TESTO AGGIORNATO AL 29 FEBBRAIO 2012

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

GALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Terna s.p.a. è, la società responsabile in Italia della trasmissione dell'energia elettrica sulla rete ad alta ed altissima tensione su tutto il territorio nazionale, e di fatto riveste il ruolo di erogatore primario di un servizio pubblico;
Terna s.p.a. è, come noto, una società soggetta agli indirizzi del Ministero attraverso il GSE;
su segnalazione di Assoconsum, associazione per la difesa del consumatore riconosciuta dal Ministero dello sviluppo economico, si apprende che il gestore della rete elettrica nazionale, Terna s.p.a. ha proposto alla stessa associazione un protocollo di intesa su tematiche di comune interesse, e richiesto la nomina di un componente nel comitato di consultazione utenti istituito da Terna, nell'ambito dell'obbligata adozione del codice di rete, prevista dalla legge, da scegliersi da parte del Consiglio nazionale consumatori ed utenti a rappresentanza dei «clienti vincolati», categoria di clienti che non esistono più dal 2007;
Terna s.p.a. ha deciso di non intrattenere nessuna relazione contrattuale con il consumatore finale, il quale, ancorché usufruisca e paghi i servizi di Terna, è obbligato ad interagire con un produttore o un grossista, senza la possibilità di interlocuzione diretta: ad esempio in caso di black out o di disservizi che danno origine a rimborsi, il consumatore finale deve farne richiesta al grossista o produttore, il quale potrebbe anche agire autonomamente senza dare riscontro al cliente finale del suo operato nei confronti di Terna;
è chiaro che non possono esistere tematiche di comune interesse se non si chiariscono i rapporti fra Terna e il consumatore, in quanto appunto il consumatore finale non ha rapporti con questo ente, rapporti che possono essere ben intrattenuti dalle associazioni di consumatori;
temi di comune interesse sarebbero quelli del ritorno di un rapporto diretto con il consumatore finale per esempio nei rimborsi nel caso di black out, nel caso di disservizi o nell'ipotesi di eccessivi oneri fatturati dai grossisti per conto di Terna ai clienti finali: il consumatore finale ha l'esigenza di capire chi controlla l'operato di Terna, come è monitorata, quali sono i costi e se tali costi sono adeguati;
il consumatore, nell'ottica della trasparenza, trattandosi di società a pubblica

partecipazione, con le proprie associazioni dovrebbe essere posto nelle condizioni della costante verifica circa il valore di acquisizione a livello internazionale dell'energia elettrica, la sua fonte di produzione e il prezzo a cui questa viene fornita a grossisti e produttori nazionali, affinché il costo energetico nazionale non sia viziato da eccesso di ricarico oltre le naturali spese di gestione e di investimento necessarie al buon andamento societario, in quanto anomali surplus di ricavo rappresentano un pesante aggravio che incide sulla competitività del prodotto nazionale;
il protocollo proposto da Terna alle associazioni di consumatori prende in esame argomenti di natura tecnica e gestionale che esorbitano dagli interessi diretti dei consumatori finali, ancorché si tratti di temi stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004, articolo 4, e che appaiono del tutto estranei alle finalità delle associazioni di consumatori;
inoltre, l'articolo 4 del regolamento europeo 1228 del 2003 imporrebbe a Terna s.p.a. di far pagare tariffe di accesso alla rete per tutti i clienti - compresi quelli finali - in linea con gli altri Paesi europei e di dimostrare ogni anno che ciò accada: il regolamento 1228, infatti, impone a Terna di ridurre le proprie tariffe se non in linea con quelle europe;
l'articolo 101 del codice del consumo stabilisce che: «1. Lo Stato e le Regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, garantiscono i diritti degli utenti dei servizi pubblici attraverso la concreta e corretta attuazione dei princìpi e dei criteri previsti dalla normativa vigente. 2. Il rapporto di utenza deve svolgersi nel rispetto di standard di qualità predeterminati e adeguatamente resi pubblici. 3. Agli utenti è garantita, attraverso forme rappresentative, la partecipazione alle procedure di definizione e di valutazione degli standard di qualità previsti dalle leggi. 4. La legge stabilisce per determinati enti erogatori di servizi pubblici l'obbligo di adottare, attraverso specifici meccanismi di attuazione diversificati in relazione ai settori, apposite carte dei servizi» -:
se non si ritenga di assumere iniziative per adeguare i contenuti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004, articolo 1, comma 4, rispetto alle materie trattate dal Comitato consultazione, di cui devono far parte le associazioni di consumatori, a quanto disposto dal codice del consumo, titolo V, capo I, articolo 101 rendendo vincolanti il parere delle associazioni di consumatori per quanto riguarda le modifiche ed integrazioni al codice di rete;
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far sì che nella bolletta del consumatore finale sia riportato con chiarezza e trasparenza il costo di acquisto dell'energia da Paesi terzi in modo che sia possibile confrontarlo agevolmente con il costo finale derivato dall'intera filiera;
se intenda intervenire per assicurare il rispetto del regolamento europeo n. 1228/2003 e nel contempo attivarsi perché tale trasparenza di tariffe divenga direttamente e facilmente percettibile al consumatore finale, prendendo una apposita voce in bolletta.
(3-02073)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Lecce è interessata da due progetti di costruzione di condutture (pipeline) destinate a importare gas in Italia dall'estero, Poseidon e TAP, nell'ambito dell'apertura del cosiddetto «corridoio Sud», destinato a implementare e diversificare le forniture energetiche dei mercati europei;
un primo progetto di metanodotto, presentato da Edison a partire dal 2005,

prevede di importare gas dai giacimenti del Mar Caspio e dal Medio Oriente attraverso una connessione che, collegando Grecia e Italia, renda disponibili circa 8 miliardi di metri cubi anno di gas naturale (circa 10 per cento dei consumi nazionali);
questo progetto di pipeline Grecia-Italia ha preso il nome di «Poseidon» e prevede un collegamento onshore-offshore-onshore tra le città di Stavrolimenase (in Grecia) e Otranto (in provincia di Lecce);
per ciò che concerne il territorio nazionale, Poseidon prevede un tratto sottomarino di 33 chilometri (dal limite delle acque territoriali al punto di spiaggiamento, localizzato a sud dell'area portuale del comune di Otranto) e di 3 chilometri su terra (dal punto di spiaggiamento alla cabina di misura del gas, quest'ultima dell'estensione di 100 x 65 metri e da situare in località San Nicola);
il progetto di Edison ha beneficiato della firma dell'accordo intergovernativo tra Italia e Grecia, nel novembre 2005, e di un ulteriore accordo intergovernativo tra Italia, Grecia e Turchia nel luglio 2007;
il progetto è stato presentato alla popolazione locale nel maggio 2006, in un incontro pubblico tenutosi ad Otranto alla presenza delle amministrazioni locali e di Legambiente;
in data 11 giugno 2008 Edison e Depa (società greca per la distribuzione del gas naturale) hanno dato origine alla società IGI Poseidon. Il progetto «Interconnessione Italia-Grecia» è stato inserito nell'ambito del più ampio progetto d'interesse europeo «Interconnessione Turchia-Grecia-Italia» rientrante nell'asse prioritario NG3 del programma «Trans-European energy network»;
per ciò che concerne il territorio nazionale, il tracciato offshore del metanodotto IGI-Poseidon attraversa il «SIC IT9150011 - Alimini» per circa 640 metri mentre il tracciato onshore procede parallelamente al confine occidentale del «SIC IT9150002 - Costa Otranto e Santa Maria di Leuca» e del Parco naturale regionale «Costa di Otranto, Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase». Tuttavia, la valutazione di incidenza ha evidenziato solo limitate interferenze, tali da poter essere eliminate e/o mitigate attraverso l'adozione delle misure previste nel progetto IGI Poseidon. Altrettanto limitate sono state definite le interferenze sull'ISA 147 «Costa tra Capo d'Otranto e Capo Santa Maria di Leuca»;
anche la regione Puglia ha espresso parere favorevole con prescrizioni con DGR n. 1085 del 26 aprile 2010 ed in data 2 agosto 2010, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare decretava giudizio favorevole con riferimento alla compatibilità ambientale del progetto IGI Poseidon. Infine, in data 2 maggio 2011, il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato la costruzione del gasdotto IGI Poseidon;
si prevede l'operatività del metanodotto IGI Poseidon per il 2013;
un secondo progetto di metanodotto è stato avviato dalla società trans adriatic pipeline (TAP), volto alla costruzione di una nuova condotta in grado di connettere Italia e Grecia, attraverso l'Albania, permettendo l'afflusso di gas naturale proveniente dal giacimento di Shah Deniz II e, più in generale, dalla zona del Caucaso, del Mar Caspio e, potenzialmente, del Medio Oriente;
il progetto è stato concepito affinché la quantità di gas trasportato possa passare da 10 a 20 miliardi di metri cubi all'anno a seconda della capacità di produzione;
il progetto TAP è sviluppato congiuntamente dalla società svizzera EGL (società di trading energia) per il 42,5 per cento, dalla società norvegese Statoil (secondo fornitore di gas naturale in Europa e proprietaria del 25 per cento del giacimento di Shah Deniz II, in Azerbaijan) per il 42,5 per cento e, infine, dalla società E.ON Ruhrgas per il 15 per cento;
nel periodo dal 2009 al 2011, TAP ha effettuato uno studio delle alternative individuate

con lo scopo di identificare il percorso ottimale. Le ipotesi iniziali di approdo nelle aree costiere a nord e a sud di Brindisi (a nord del villaggio di Lindinuso; presso la centrale elettrica di Cerano; presso l'impianto petrolchimico; a nord dell'aeroporto di Papola-Casale) sono state successivamente abbandonate a favore del tratto compreso tra S. Foca e Torre Specchia Ruggeri, nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce;
nella primavera del 2011, l'associazione radicale Save Salento ha segnalato la sua contrarietà all'ipotesi di variante verso San Foca, insistendo affinché TAP mantenesse la soluzione di approdo a sud di Brindisi, nei pressi di Cerano, area già interessata da infrastrutture energetiche;
per quanto concerne il territorio italiano, l'attuale progetto TAP prevede un tratto offshore di circa 45 chilometri e un tratto onshore di 21 chilometri, nonché l'installazione di un terminale di riduzione della pressione nel comune di Melendugno. Il tratto onshore si estenderà da San Foca fino al comune di S. Donato di Lecce, interessando altresì i comuni di Vernole, Castri di Lecce, Lizzanello e Cavallino. A seguito dell'ottimizzazione del tracciato, dopo i primi 5 chilometri, Snam rete gas subentrerà a TAP per la costruzione delle condutture;
il tracciato offshore non attraversa direttamente alcuna area protetta: l'area protetta più vicina è il SIC IT9150032 «Le Cesine», distante circa 1,8 chilometri dalla condotta. Il tracciato onshore non attraversa alcuna area protetta ma incontra diversi vincoli paesaggistici e costieri (ai sensi degli articoli 136 e articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 «Codice dei beni culturali e del paesaggio»; PUTT regione Puglia; vincolo paesaggistico derivante dall'ex decreto Galasso n. 431 del 1985;
in data 8 settembre 2011, TAP ha presentato, presso il Ministero dello sviluppo economico, domanda di autorizzazione unica, mentre la stessa società si riserva di presentare istanza di VIA al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel febbraio 2012;
nella nota del 6 luglio 2011 intitolata «Rafforzare collaborazione su progetto Itgi, idrocarburi e infrastrutture», il Ministero dello sviluppo economico già rappresentava l'IGI Poseidon come «l'opzione più avanzata ed economicamente efficiente nel medio periodo per l'export del gas azero verso l'Europa»;
l'Italia ha assunto in ambito europeo gli impegni del 20-20-20 ma non ha mai stabilito una ripartizione su base regionale, degli obiettivi di riduzione del 20 per cento delle emissioni climalteranti rispetto alle emissioni del 1990;
negli obiettivi del PEAR Puglia 2007 si trova, tra le linee d'azione, questa dicitura: «Favorire ipotesi di gasdotto che realizzino collegamenti tra le sponde del bacino dell'Adriatico se inserite nel quadro di riequilibrio delle fonti fossili (pag. 343)»;
secondo dati ARPA 2009 la produzione energetica della regione Puglia già supera l'87 per cento del fabbisogno regionale -:
se i due progetti sono alternativi e concorrenti e, in caso affermativo, quali siano i criteri sottesi alla scelta tra TAP e IGI Poseidon;
quali siano i tempi, le procedure e le scadenze attraverso cui si addiverrà alla scelta dei metanodotti da costruire;
se non si ritenga che l'attraversamento onshore di 21 chilometri determinato dall'opzione San Foca, individuata dalla TAP, sia eccessivamente impattante sugli equilibri ambientali e territoriali del Salente e se quindi il Governo non ritenga di stabilire che l'approdo del gasdotto vada riportato, come da ipotesti iniziali, nel brindisino ed in particolare presso la centrale elettrica di Cerano; se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga, in merito al progetto IGI Poseidon, di rivedere il giudizio favorevole con riferimento alla compatibilità

ambientale, espresso in data 2 agosto 2010, in considerazione delle interferenze, seppur limitate, del progetto rispetto ad aree protette;
se il Governo intenda, ed in che tempi, definire la ripartizione su base regionale, degli obiettivi di riduzione del 20 per cento delle emissioni climalteranti rispetto alle emissioni del 1990 e se e come il Governo intenda operare affinché il gas che arriverà nel Salento contribuisca ad abbassare la quota di fonti fossili utilizzate nella produzione energetica regionale.
(5-06064)

MOSCA, FARINONE e CODURELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Alcatel-Lucent è una compagnia globale, con sede a Parigi in Francia, che produce hardware e software per le telecomunicazioni; in Italia, Alcatel-Lucent conta circa 2.200 dipendenti, di cui 1.200 impiegati presso la sua sede principale, a Vimercate (Monza Brianza); prevede per il 2012 ma riduzione dei costi complessiva di 500 milioni di euro, e un riposizionamento strategico delle attività di ricerca e sviluppo. Le ricadute occupazionali previste saranno di oltre 700 posti di lavoro, di cui circa 500 nel territorio di Vimercate;
IBM Italia, multinazionale americana, insediatasi a Vimercate dal 1965, ha comunicato nel giugno 2011 di spostare quasi 900 persone dalla sede di Vimercate a quella centrale di Segrate e che rimarranno 500 lavoratori, tra reparti come il supporto tecnico di IBM e personale delle consociate della società;
MICRON multinazionale americana, (1.100 dipendenti ad Agrate), ex ramo di azienda di STMicroelectronics ceduto alla Micron nel 2010, opera nella ricerca e sviluppo delle memorie da 12 pollici, ha comunicato di voler lasciare a casa i circa 181 lavoratori interinali che attualmente lavorano nel sito;
BAMES/SEM, 500 dipendenti a Vimercate (370 Bames e 180 Sem) di cui 400 dipendenti (330 Bames e 70 Sem) in cassa integrazione guadagni in deroga che scade nel febbraio 2012, nel novembre 2011 ha annunciato l'avvio delle procedure di messa in mobilità per 330 dipendenti;
nella provincia di Monza-Brianza e, in particolare, del vimercatese esiste un distretto tecnologico con numerose aziende nelle quali lavorano oltre 12.000 persone ed è un'area considerata strategica per il settore hi-tech a livello regionale e nazionale;
tutto quanto sopra descritto configura uno stato di crisi generalizzato delle aziende dell'hi-tech del Vimercatese derivante da generali delocalizzazioni prima delle attività produttive ed ora anche della ricerca e dell'innovazione;
tale stato di crisi coinvolge circa 10.000 dipendenti delle aziende in questione (IBM, Bames/Sem, Alcatel-Lucent e Micron) e delle aziende dell'indotto; in tale contesto, associazioni di lavoratori delle aziende del vimercatese hanno avviato uno stato di agitazione e azioni di mobilitazione per protestare -:
quali iniziative si intendano avviare con le aziende già presenti nel vimercatese al fine di scongiurare un ridimensionamento strategico dell'area e quali politiche intenda promuovere per reindustrializzare il sito;
quali iniziative si intendano promuovere a tutela dei lavoratori in mobilità delle aziende presenti nel vimercatese che taglieranno forza lavorativa;
se si intenda confermare la fusione della banda larga come chiave di sviluppo tecnologico e occupazionale e quali politiche si intendano promuovere per rilanciare il settore dell'innovazione tecnologica e investire sull'esistente tessuto industriale e tecnico della zona del vimercatese.
(5-06071)

MARCHI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 2 dicembre 2011, il comitato agevolazioni istituito dal Ministero dello sviluppo economico presso Simest per la gestione dei finanziamenti a valere sul fondo di cui al decreto-legge n. 251 del 1981 (che ha una dotazione di 300 milioni di euro) ha deliberato la sospensione immediata del finanziamento agevolato denominato «Patrimonializzazione delle PMI esportatrici» ex decreto-legge n. 112 del 2008 articolo 6, comma 2, lettera c);
pertanto, tutte le domande di finanziamento pervenute a Simest spa dal giorno successivo, il 13 dicembre 2011, sono state rispedite al mittente;
in tale data, il comitato agevolazioni ha comunicato che il finanziamento in questione sarebbe stato sottoposto al CIPE affinché approvasse delle modifiche nei termini e nelle condizioni di intervento di patrimonializzazione e che il finanziamento sarebbe tornato ad essere operativo solo dopo tali modifiche e solo dopo aver appurato la disponibilità di risorse a valere sul fondo di cui al decreto-legge n. 251 del 1981;
inoltre il Comitato sottolinea che gli altri due finanziamenti che attingono al citato fondo rimangono operativi ovvero i programmi relativi all'inserimento sui mercati esteri (articolo 6, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 112 del 2008, e gli studi di fattibilità, articolo 6, comma 2, lettera b) del decreto-legge n. 112 del 2008);
il finanziamento denominato «Patrimonializzazione delle PMI esportatrici» da quando è operativo (un anno e mezzo) ha avuto un enorme successo tanto che sono pervenute a Simest quasi un migliaio di domande da parte di piccole e medie imprese; si tratta pertanto dello strumento agevolativo più utilizzato dalle piccole e medie imprese per finanziare i propri programmi di internazionalizzazione. Si tratta di uno strumento assolutamente di primo piano in questo momento di grande difficoltà da parte delle piccole e medie imprese per trovare credito presso il sistema bancario;
si tratta di uno strumento importante per lo sviluppo e della competitività delle piccole e medie imprese sui mercati internazionali; si auspica che l'intervento del CIPE non risulti penalizzante ovvero che le nuove condizioni d'uso, vista la scarsità dei fondi a disposizione, riducano ulteriormente il numero delle piccole e medie imprese in grado di poter presentare domanda di finanziamento -:
se il Ministro sia a conoscenza dello stato dell'arte per quanto riguarda le pratiche finanziate a valere sul fondo di cui al decreto-legge n. 251 del 1981 e dell'attuale disponibilità finanziaria del fondo stesso;
se si intendano assumere iniziative per finanziare e/o ampliare il fondo prima della delibera del CIPE in modo che questa legge torni immediatamente operativa;
quando sia presumibile che il CIPE deliberi nuove condizioni di intervento;
quali proposte siano «in fieri» presso il CIPE per la revisione dei termini e delle condizioni di intervento come da delibera del comitato agevolazioni del 12 dicembre 2011;
se corrisponda al vero che sono allo studio misure per migliorare l'utilizzo dei programmi relativi all'inserimento sui mercati esteri e agli studi di fattibilità attualmente poco utilizzati, in particolare a causa della richiesta di garanzia a fronte del finanziamento da parte di Simest;
quali altre iniziative siano allo studio del Ministero per favorire l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese.
(5-06072)

CODURELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa locale della Lombardia, ma anche di altre regioni, che poste italiane in data 29 gennaio 2012 ha introdotto un nuovo orario di apertura e chiusura degli sportelli al pubblico, alla luce di un piano di riorganizzazione e razionalizzazione degli uffici postali e del personale. Detto provvedimento è stato assunto, inoltre, in maniera repentina ed unilaterale, senza alcuna trattativa né concertazione con le amministrazioni dei comuni interessati; le relazioni sindacali sono state interrotte per questo ed è in atto la mobilitazione dei lavoratori per mancanza di organico;
nello specifico sono previste riduzioni d'orario per il servizio ai cittadini, che in concreto, comporteranno il funzionamento su due, massimo tre giorni alla settimana, per diversi uffici, soprattutto in quelli periferici delle province di Sondrio e Lecco;
infatti, soprattutto nelle zone collinari e pedemontane della Lombardia, l'attuazione del suddetto piano di riorganizzazione, con relativo cambio di orario, significa incidere pesantemente sull'erogazione del servizio postale, già carente in molti settori: in moltissimi comuni delle province di Lecco, Sondrio e altre, viene continuamente segnalata la mancata consegna della corrispondenza e le lunghe file agli sportelli. Nonostante le numerose denunce e i molteplici atti di sindacato ispettivo, la situazione è in continuo peggioramento;
va ricordato inoltre che poste italiane ha «esodato» più di 5000 lavoratori (oggi, moltissimi di loro sono senza lavoro e senza pensione in virtù delle nuove norme in materia di pensione) che però non sono stati sostituiti da nuove assunzione, pertanto molti sportelli rimangono chiusi, le file negli uffici aumentano così come i disagi per i cittadini ma anche per i dipendenti -:
quali opportune iniziative intenda assumere il Ministro al fine di garantire l'efficienza dell'essenziale servizio pubblico e in particolare nelle aree disagiate, colpite dagli imminenti provvedimenti di chiusura o di riduzione delle aperture dei citati sportelli postali;
se il Ministro non ravvisi una grossa contraddizione tra il varo del decreto liberalizzazioni che amplia gli orari di apertura dei negozi e la riduzione invece di un servizio universale, come quello erogato da Poste italiane, azienda il cui maggior azionista è il Governo.
(5-06078)

PELUFFO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel bando di gara, emesso nel 2011, per l'assegnazione delle frequenze in Liguria, Umbria, Toscana, Marche e provincia di Viterbo è stato assegnato un punteggio in base a quattro criteri: copertura, capitale sociale, numero di dipendenti e storicità della presenza sul territorio. Requisiti che, in base alla delibera 353 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, saranno eliminati solo quando lo switch off sarà completato su tutto il territorio nazionale;
da notizie apparse nei giorni scorsi, si apprende che il Governo pare sia intenzionato di assegnare le frequenze, tra il canale 61 e il 69 Uhf e la banda 790-862 Mhz del digitale terrestre, agli operatori di telefonia mobile;
nella bozza circolata e resa pubblica da alcuni organi di informazione si legge che agli operatori che lasciano le sopracitate frequenze viene corrisposto un indennizzo economico, nello specifico all'articolo 2 si legge: «Le emittenti locali [...] cui sia stato attribuito in qualità di operatore di rete il diritto d'uso di frequenze in tecnica digitale [...] e già digitalizzate alla data di entrata in vigore della legge 13 dicembre 2010, n. 220 [...], a seguito del volontario rilascio delle frequenze oggetto del diritto d'uso possono partecipare alla procedura di attribuzione di una misura

economica di natura compensativa [...] se: a) operatori di rete in possesso di diritto d'uso in ambito regionale o la cui frequenza assegnata in via provvisoria possa essere utilizzata dal medesimo operatore sull'arco di copertura dell'intera regione; b) operatori di rete in possesso di diritto d'uso in ambito pluriprovinciale, provinciale o limitati all'area di servizio di singoli impianti che, tramite costituzione di un'intesa, chiedano il volontario rilascio di una medesima frequenza in modo che la sommatoria della loro coperture sia equivalente a quanto previsto nel precedente punto a)»;
se tali provvedimenti fossero eseguiti, gli effetti sarebbero di un provvedimento ingiusto e iniquo nei confronti di emittenti che hanno, per storia, patrimonio e lavoro, una consistenza tale che è ingiusto considerare emittenti con tre dipendenti e poche migliaia di telespettatori ed emittenti con centinaia di dipendenti e centinaia di migliaia di telespettatori applicando lo stesso rimborso -:
quali iniziative intenda intraprendere affinché si arrivi ad una soluzione che rispetti i princìpi di rappresentanza, di dimensione, di forza economica e presenza nella rete e i criteri esposti nella delibera 353 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, precedentemente citata.
(5-06079)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORCU. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella regione Sardegna, negli ultimi anni, il servizio assicurato da Poste italiane, è diventato assai lacunoso, specie a seguito delle drastiche riduzione operate in ogni settore dagli uffici, al personale ai mezzi, eccetera;
da tempo si verificano ritardi nella consegna della corrispondenza - persino delle bollette di luce e gas le quali ovviamente producono oggettivi disagi a larghe fasce dell'utenza (problemi molto probabilmente legati alla lavorazione effettuata fuori regione tra Roma Fiumicino e Bologna);
la riorganizzazione del recapito in regione Sardegna, a fronte dell'impegno aziendale di equilibrare il settore, ha subito invece una battuta di arresto. Anzi, l'azienda Poste italiane, avrebbe programmato la soppressione dei centri secondari di distribuzione Ales, Bono, Bosa Seui, Giba, Villaputzu. Nel contempo e stata comunicata la volontà di accorpare i punti di distribuzione PDD (portalettere) nord dell'Isola, da Pattada a Buddusò, da Villanova Monteleone ad Alghero, con un aumento dei costi e un notevole disagio per i lavoratori che dovranno persino raggiungere a proprie spese le nuove sedi di lavoro -:
cosa il Ministro intenda fare per garantire alla regione Sardegna un più adeguato livello del servizio postale;
quali iniziative intenda adottare per la verifica dell'attuazione del piano di organizzazione del recapito nella regione Sardegna.
(4-14713)

REGUZZONI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la manovra «salva Italia» tocca molto da vicino e in modo negativo tutta l'agricoltura italiana;
in particolare, l'agricoltura varesina è già stata pesantemente penalizzata nel corso degli anni, con la costante sottrazione di terreni agricoli ridotti (secondo dati Istat) da 18.914 ettari di superficie agricola del 1990 a 13.207 ettari del 2011, e quindi con un calo del 30 per cento;
la manovra peggiora ulteriormente la situazione e, secondo le stime di Confagricoltura Varese, porterà a un aumento della tassazione sino al 400 per cento rispetto alla situazione attuale;

l'imposizione fiscale su terreni e fabbricati comporta, inoltre, una «duplicazione» dell'imposta, con una tassazione complessiva che metterà seriamente a rischio la sopravvivenza economica di molte imprese;
il settore primario, inoltre, non beneficia degli incentivi o degli aiuti per la crescita: nel decreto-legge «salva Italia» non figurano infatti le imprese agricole nelle misure destinate alla crescita delle piccole e medie imprese;
Confagricoltura Varese, coinvolgendo anche tutti i sindaci del territorio, ha iniziato una significativa campagna di sensibilizzazione sull'argomento -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, considerata la difficile situazione evidenziata dai dati riportati, per dare respiro e rilanciare il settore agricolo, valutando anche l'assunzione di iniziative normative in materia di imposizione fiscale sugli immobili rurali.
(4-14716)

RAMPI, SCHIRRU e BOSSA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la multinazionale tedesca HB Fuller, leader mondiale nella produzione di collanti adesivi, è presente da oltre trent'anni in Italia con uno stabilimento ubicato nel territorio comunale di Borgolavezzaro in provincia di Novara;
attualmente risultano impiegate una quarantina di persone spesso chiamate a svolgere prestazioni lavorative straordinarie in quanto l'azienda non ha subito, nonostante la crisi, alcuna flessione sul mercato produttivo, ma al contrario risulta florida e in piena attività;
ciò nonostante nel mese di ottobre 2011 è stata preannunciata ai dipendenti la prossima chiusura dello stabilimento a causa di un piano di ridimensionamento che prevede la dismissione della rete di produzione italiana da attuarsi con il trasferimento della parte commerciale a Milano e la probabile delocalizzazione della parte produttiva in Portogallo;
in data 28 ottobre 2011 il sindaco del comune di Borgolavezzaro, preoccupato per la ricaduta occupazionale sul territorio, in uno specifico incontro tenutosi con la direzione aziendale locale in presenza della prima firmataria del presente atto ha chiesto di poter interloquire con il responsabile europeo di HB Fuller , ma ad oggi tale richiesta non ha avuto seguito;
i tempi per la realizzazione del progetto richiederebbero un paio d'anni, come si apprende da fonti aziendali, e gli interroganti ritengono che potrebbero esserci margini di trattativa utili al fine della ricerca di soluzioni alternative;
va tenuto conto della professionalità acquisita dal personale amministrativo e dalle maestranze nonché della disponibilità sempre dimostrata dall'amministrazione comunale nei confronti dell'azienda -:
se il Governo intenda intervenire per aprire un confronto con i vertici aziendali, le istituzioni locali e le parti sociali al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento, garantire i livelli occupazionali e la tutela dei lavoratori.
(4-14719)

LO PRESTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 18 ottobre 2011 il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Paolo Romani, ha sottoscritto il decreto di nomina dei commissari atti a gestire la procedura di amministrazione straordinaria della Valtur spa, a seguito della richiesta di accesso presentata dall'azienda stessa;
la Valtur spa è stata un'importante società italiana nel settore turistico, con numerosi insediamenti nel Mezzogiorno d'Italia, già oggetto di numerose polemiche negli anni passati, sia con riferimento ad interventi di sostegno pubblico, sia per

presunti legami con organizzazioni malavitose, come risulta da organi di stampa;
in base a quali criteri siano stati individuati i commissari, nelle persone dell'avvocato Andrea Gemma, dell'avvocato Stefano Coen e dell'avvocato Daniele Discepolo;
quali competenze i suddetti abbiano dimostrato di possedere al fine di essere in condizioni di gestire una procedura di tale complessità, nonché se e come siano stati accertati i loro requisiti di indipendenza;
quale sia l'elenco dei consulenti della procedura, nominati dai commissari, e quali siano gli onorari previsti;
quale sia l'attuale stato dell'arte della procedura, quali siano le azioni che i commissari hanno posto in essere e i contenuti del programma che essi hanno predisposto a tale fine -:
se il Ministro possa sin da ora escludere ulteriori interventi di sostegno pubblico alla eventuale soluzione della crisi aziendale, come ripetutamente è avvenuto sino al 2005 e come l'interrogante auspica si debba assolutamente evitare.
(4-14727)

GRIMOLDI, STUCCHI, FAVA e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione mediopiccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
l'attuale Governo, attraverso l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, che prevede la liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione che sono in grado, al contrario dei piccoli negozi a conduzione famigliare, di usufruire del turn-over del personale;
alcune regioni italiane come la Toscana hanno impugnato il provvedimento governativo sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
numerosi comuni della Toscana, come anche riportato dai quotidiani locali, hanno recepito la normativa regionale, emanando così appositi provvedimenti per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
l'ANCI toscano (Associazione nazionale comuni italiani), in attesa che si pronunci il giudice costituzionale sul conflitto di competenze, ha ritenuto doveroso fornire alle amministrazioni toscane l'indicazione di seguire la fonte normativa gerarchicamente superiore, ovvero la legge dello Stato, soprattutto per non incorrere in eventuali ingenti richieste di risarcimenti danni da parte delle attività commerciali;
il comune di Bibbiena (Arezzo) ha preso atto di questa indicazione e pertanto, per quanto attiene al tema degli orari nella distribuzione commerciale e nella somministrazione di alimenti e bevande, ha deciso di applicare la legge statale;
l'assessore competente del comune di Bibbiena, Fabrizio Piantini, commenta così la scelta: «L'amministrazione ha ritenuto

opportuno propendere per l'applicazione della normativa statale, ritenendo così di non compromettere la libertà di concorrenza e di non incorrere in responsabilità contabili e amministrative. Ritengo che quando si affrontano certi argomenti bisogna sempre vedere le cose da tutti i punti di vista; tuttavia è certamente importante dare maggiore libertà in un settore di fondamentale importanza come quello commerciale»;
organi di stampa locali riportano anche la notizia secondo cui piccoli commercianti della vallata del Casentino, abbiano raccolto oltre duecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando invece i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio, esercizi che rappresentano una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze per verificare, in modo puntuale, gli effetti sul tessuto economico e produttivo della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi così, come oggi prevista e eventualmente assumere iniziative in proposito.
(4-14731)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Meta e altri n. 1-00844, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Vernetti n. 7-00763, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tempestini, Boniver, Adornato, Pianetta, Nirenstein.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-05848, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghiglia.

L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Duilio altri n. 3-02065, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

L'interrogazione a risposta in Commissione Rondini n. 5-06049, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Bernardo e Cicu n. 5-06059, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vitali.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Forcolin e altri n. 5-06061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n. 1-00826, già pubblicata

nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 576 del 25 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione

finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa - meno evasione - meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,


impegna il Governo:


a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) predisporre annualmente una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) o in una norma equipollente avente valenza di norma speciale - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) attuare normativamente - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011,

convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere a controlli sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;
c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità di giustificare anche rispetto al nucleo familiare i saldi di cui al punto b);
d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, tenendo conto anche del possesso di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, e fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
h) prevedere un maggior coordinamento della Guardia di finanza e di tutti gli enti che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie con l'Agenzia delle entrate;
i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao, Palomba».

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Vernetti 7-00763 già pubblicato nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 579 del 31 gennaio 2012.

La III Commissione,
premesso che:
mentre in tutta la Repubblica Popolare Cinese avvenivano le celebrazioni per il capodanno, i giorni 23 e 24 gennaio le forze dell'ordine hanno aperto il fuoco in modo indiscriminato nei confronti di centinaia di tibetani che protestavano in modo pacifico nei centri di Drakgo, Serthat, Ngaba, Gyarong, con un bilancio di

sei tibetani uccisi e secondo notizie di stampa oltre sessanta feriti, alcuni in modo grave;
a questi episodi si aggiungono le molte e tragiche auto-immolazioni che si sono succedute in questi mesi di monaci tibetani per protestare nei confronti del regime della Repubblica Popolare Cinese che persiste nel negare alla minoranza tibetana i suoi diritti fondamentali;
sono sedici i monaci e le monache che si sono dati fuoco a partire dal marzo del 2011, di cui quattro nel solo mese di gennaio del 2012;
tali episodi testimoniano la disperazione estrema in cui vivono i religiosi tibetani ai quali viene sistematicamente negato il diritto di professare liberamente il proprio credo;
dopo più di sessant'anni dall'occupazione militare del Tibet nel 1959, il Governo della Repubblica Popolare Cinese ha praticato una politica di assimilazione forzata e di marginalizzazione del Tibet;
i diritti umani fondamentali sono sistematicamente negati per i tibetani: non è concessa alcuna libertà politica, la lingua e la cultura tibetana sono progressivamente assimilate, non vi è libertà religiosa e il solo possedere un'immagine del Dalai Lama è considerato un reato, i tibetani sono sistematicamente marginalizzati nelle attività economiche e nell'accesso all'istruzione;
il Tibet è dal 2008, l'anno dell'ultima e diffusa rivolta popolare tibetana, praticamente inaccessibile al turismo straniero e nell'intera regione è applicata una non dichiarata legge marziale,


impegna il Governo:


a compiere un passo formale nei confronti della Repubblica Popolare Cinese affinché vengano immediatamente interrotte le violenze nei confronti della popolazione e dei religiosi tibetani e che si crei nelle aree popolate dalla minoranza tibetana un clima di dialogo e tolleranza;
a invitare il Governo della Repubblica Popolare Cinese a riprendere il dialogo con il Dalai Lama ed il Governo Tibetano in esilio, finalizzato all'individuazione di una soluzione condivisa, in grado di permettere alla comunità tibetana in Cina di poter godere di una genuina autonomia, e a riaprire il Tibet al mondo esterno permettendo un accesso libero e senza condizioni ai media internazionali;
a farsi promotore di un'iniziativa in sede di Unione europea affinché in occasione del prossimo summit UE/Cina venga sollevato con decisione il tema del rispetto dei diritti umani fondamentali in Tibet e in tutta la Repubblica Popolare Cinese;
a farsi promotore presso le sedi competenti delle Nazioni Unite di una iniziativa di indagine sul rispetto dei diritti umani in Tibet.
(7-00763) «Vernetti».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Baretta n. 5-05958 del 18 gennaio 2012;
interpellanza urgente Granata n. 2-01339 del 31 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Nastri n. 4-14680 del 31 gennaio 2012.

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta orale Compagnon n. 3-02062 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 579 del 31 gennaio 2012. Alla pagina 27387, prima colonna, alla riga sesta deve leggersi: «quattro milioni di chili di pane surgelato prodotto» e non «quattro milioni di pane surgelato prodotto», come stampato.