XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 30 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale costituisce un fenomeno estremamente grave e diffuso, che ostacola la ripresa economica del Paese, altera la concorrenza, compromette lo sviluppo ordinato della società e pregiudica il futuro delle famiglie e dei giovani. Secondo le stime più accreditate essa comporta la sottrazione di almeno 120 miliardi di euro di imposte ogni anno;
i dati reddituali del 2009 recentemente diffusi dall'amministrazione finanziaria, pur nella loro insufficiente analiticità, hanno ancora una volta confermato la gravità e l'ampiezza del fenomeno, particolarmente accentuato nel settore delle imposte sui redditi e dell'iva;
nelle sue dichiarazioni programmatiche il Governo ha posto al centro del suo impegno l'azione di contrasto dell'evasione fiscale;
coerentemente con gli intenti dichiarati, le prime misure adottate con il decreto-legge n. 201 del 2011 - che hanno, tra l'altro, ridotto la soglia legale di utilizzo del contante per i pagamenti e hanno previsto l'obbligo di comunicazione da parte delle banche e degli altri operatori finanziari delle movimentazioni risultanti dai conti intrattenuti con i clienti, anche ai fini della migliore programmazione dei controlli - appaiono correttamente finalizzate a favorire l'emersione delle basi imponibili e ad accrescere l'efficacia dell'azione di contrasto. Tali misure, pur importanti e significative, non sono tuttavia sufficienti, da sole, ad assicurare una forte riduzione dell'evasione nei prossimi anni, riduzione di cui il Paese ha estremo bisogno;
la stessa azione degli organi amministrativi, che sembrano ora voler rilanciare metodologie di controllo più incisive e diffuse rispetto a quelle adottate negli ultimi anni, non può che essere uno degli elementi della complessiva strategia messa in campo per accrescere la tax compliance e la legalità dei comportamenti fiscali. Tale strategia deve, tuttavia, fondarsi non tanto sugli strumenti repressivi, che pure devono essere energici e tempestivi quando effettivamente colpiscono comportamenti intenzionalmente scorretti, ma soprattutto sugli strumenti organizzativi, tecnologici e procedurali che da soli possono favorire la naturale emersione delle basi imponibili, rendendo non possibile o, comunque, non conveniente l'evasione, come già da molti anni avviene per gran parte delle attività di lavoro dipendente, monitorate attraverso le informazioni che pervengono dai sostituti d'imposta,


impegna il Governo:


ad assumere le iniziative, anche normative, dirette:
a) ad introdurre l'obbligo di comunicazione telematica annuale dei rapporti con i clienti e i fornitori, allo scopo di indurre la maggiore veridicità dei dati economici dichiarati e di facilitare i controlli dell'amministrazione fiscale, contrastando le frodi e l'occultamento sistematico dei costi e dei ricavi, così da consentire il superamento dell'obbligo di comunicazione delle operazioni superiori a tremila euro;
b) a stabilire, indipendentemente dai limiti d'importo, l'obbligo di pagamento con modalità diverse dal contante quale condizione generale per il riconoscimento di costi e spese rilevanti a fini fiscali, sia nell'ambito delle attività d'impresa e professionali, sia ai fini della deduzione dal reddito complessivo o dall'imposta di oneri (fatta eccezione, in quest'ultimo caso, per le spese risultanti da scontrini che recano il codice fiscale dell'acquirente, i cosiddetti scontrini parlanti, di contenuta entità);

c) a prevedere la riduzione progressiva della soglia per l'utilizzo del contante;
d) ad istituire un momento di confronto collaborativo con il contribuente ad iniziativa dell'amministrazione finanziaria prima della presentazione della dichiarazione annuale, allo scopo di evidenziare allo stesso contribuente l'eventuale possibile incoerenza degli elementi risultanti dalle diverse banche dati dell'amministrazione con gli imponibili che lo stesso contribuente intende dichiarare, correggendo, al contempo, eventuali errori presenti negli archivi;
e) ad aumentare a un terzo del minimo la sanzione amministrativa tributaria in caso di acquiescenza, adesione all'accertamento o al verbale di constatazione e a ripristinare la responsabilità degli amministratori di società, esclusa per effetto dell'articolo 7 del decreto-legge n. 269 del 2003;
f) a prevedere che, salvo prova contraria, il maggior reddito accertato sinteticamente ai fini irpef (articolo 38, commi 4 e seguenti, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) assuma rilevanza anche ai fini degli obblighi contributivi, nonché dell'iva e dell'irap, in quanto dovute per effetto della natura dell'attività svolta, ciò al fine di evitare che l'utilizzo dell'accertamento sintetico determini un ingiusto vantaggio per i contribuenti che vengono accertati con tale procedimento rispetto a quelli sottoposti ad accertamento analitico o analitico-induttivo;
g) a prevedere la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all'amministrazione finanziaria da parte degli esercenti attività di vendita al minuto, come già era stato stabilito dal decreto-legge n. 223 del 2006, abrogato dal decreto-legge n. 185 del 2008, al fine di semplificare gli adempimenti a carico del commerciante, riconoscendo, altresì, al contribuente un credito d'imposta per l'acquisto degli appositi apparecchi misuratori;
h) a prevedere strumenti di controllo per le vendite effettuate tramite distributori automatici, ripristinando la previsione già contenuta nella legge n. 244 del 2007, inspiegabilmente abrogata poco prima che il sistema di controllo entrasse in operatività, dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008;
i) a sviluppare e a qualificare l'attività dell'Agenzia delle entrate dal lato dell'assistenza del contribuente agli adempimenti fiscali, quali predisposizione delle dichiarazioni, dei versamenti ed altro, utilizzando le tecnologie telematiche e organizzandosi per gestire la posizione dei contribuenti che richiedono il servizio, allo scopo di ridurre i costi di adempimento e rasserenare il rapporto fiscale;
l) a rafforzare il ruolo della Guardia di finanza quale polizia economico-finanziaria, concentrandone l'azione nella repressione delle frodi fiscali e dei fenomeni di criminalità connessi;
m) a elevare la misura edittale delle sanzioni penali previste nei casi di condotte fraudolente, allo scopo di consentire, in presenza di gravi indizi, l'utilizzazione dei più efficaci mezzi di indagine giudiziaria.
(1-00830)
«Fluvi, Causi, Albini, Carella, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».

La Camera,
premesso che:
il risanamento delle finanze pubbliche è un problema non solo di numeri, di saldi tra entrate e uscite, ma anche di credibilità e uno Stato è credibile se si dimostra capace di far rispettare le proprie regole;
oltre che per questioni di equità, indispensabili nel momento in cui si chiedono sacrifici al Paese, oggi abbattere l'evasione fiscale è una priorità assoluta.

L'elevato tasso di evasione è l'indice di quanto in basso sia caduto il livello di legalità in Italia;
è ancora più preoccupante che l'evasione fiscale venga quasi percepita, soprattutto all'estero, come un tratto endemico della nostra società, con un senso di indignata rassegnazione per uno Stato incapace di far rispettare le leggi che sforna a getto continuo;
abbattere l'evasione è, quindi, la strada per elevare il senso di legalità, perché è anche il modo più efficace di combattere criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari, affarismo, abusi;
con l'ultima manovra finanziaria, definita «salva Italia», lo Stato si è dotato di quasi tutti gli strumenti necessari a combattere efficacemente l'evasione: infatti, può controllare ogni pagamento, transazione finanziaria o investimento dei cittadini, ha limitato l'uso del contante per avere una traccia di come si utilizzano i soldi e può analizzare le abitudini di spesa con il nuovo redditometro;
il cosiddetto semaforo del fisco consentirà di mettere sotto controllo i conti correnti bancari e funzionerà come un incrocio pericoloso, per decidere chi passa e chi invece si deve fermare per i controlli. Lo Stato può verificare l'attendibilità dei redditi dei professionisti e delle piccole realtà imprenditoriali con studi di settore sempre più analitici; può sapere dove si investe all'estero grazie ai trattati sullo scambio di informazioni e, se lo si fa in un Paese della black list del fisco, scatta l'inversione dell'onere della prova; si è dotato di norme contro l'uso elusivo del debito, contro l'«abuso di diritto», contro l'evasione dell'iva intracomunitaria, facendola pagare a chi compra un servizio da un altro Paese, contro le transazioni di comodo con l'estero;
lo Stato ha a disposizione un apparato imponente, formato, caso unico al mondo, da ben tre istituzioni: l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed Equitalia, oltre ai comuni che conoscono il territorio. Gli strumenti e i mezzi per incidere significativamente sull'evasione ci sono: adesso ci vogliono i risultati. Altrimenti la perdita di credibilità dello Stato sarà irreversibile. Ma un Paese molto indebitato e poco credibile prima o poi è destinato al default e, poiché la posta in gioco è talmente alta, è giusto concedere allo Stato un potere così intrusivo nel privato dei cittadini; tuttavia se, a fronte di tanto potere i cittadini non potranno presto godere dei benefici concreti di una minore evasione e di una maggiore legalità, l'unico risultato sarà la percezione di uno Stato ancora più iniquo e meno credibile;
l'identikit dell'evasione ha profili diversi: al Sud prevale il lavoro nero, soprattutto in agricoltura e nell'edilizia; al Nord si registrano plotoni di piccole imprese, che «condiscono» i ricavi con fatture false; nelle grandi città gli immobili sono una sorgente infinita di contanti senza contratti e per le grandi aziende lo strumento prevalente è l'elusione, accompagnata da società «ombrello» e conti all'estero. L'Istat e la Banca d'Italia assegnano a questo fiume di danaro non dichiarato una valore abnorme: tra 255 e 275 miliardi di euro all'anno, che corrispondono al 17,5 per cento del prodotto interno lordo, e questo senza includere nel conto i guadagni della criminalità organizzata (traffico di droga, racket ed altro), stimati in oltre 100 miliardi di euro e quelli della corruzione, calcolati in oltre 60 miliardi di euro;
la politica non deve essere solo constatazione fredda di quello che le opinioni pubbliche pensano in un dato momento; in momenti come questo, di crisi finanziaria ed economico-sociale, occorrono donne e uomini che abbiano il coraggio di guardare lontano. In questi anni di liberismo sfrenato, di mercati senza regole, c'è stata un'evoluzione dei valori con l'esplosione dell'individualismo contemporaneo, che porta le persone a ripiegarsi su se stesse. È una tendenza da combattere: poiché non si può rinunciare all'idea che non si è soltanto se stessi, ma

si è anche attraverso gli altri e si appartiene a collettività e comunità, per volontà e per interdipendenza dei fatti e che l'avventura collettiva ha ancora un senso;
se c'è una crisi storica, ci vuole un profondo cambio di mentalità. Va trovato l'equilibrio fra azione collettiva e sforzo individuale. Nessuno salva il Paese se non ci si dà da fare, ma nessuno si salva da solo. Si è tutti su una stessa barca, nel mare in tempesta, di una crisi storica;
in Italia nel 2011, il 10 per cento delle famiglie più ricche deteneva il 45 per cento della ricchezza complessiva. Negli ultimi dieci anni, mentre il reddito pro capite italiano scendeva dal 117 per cento del reddito medio europeo al 100 per cento, l'indice di diseguaglianza è salito dal 4,8 al 5,5 per cento: cioè il 20 per cento di italiani più ricchi dispone di un reddito 5,5 volte più elevato di quello del 20 per cento di italiani più poveri;
sono cifre queste che non possono lasciare indifferenti. C'è davvero qualcosa che si è rotto nelle nostre società. Si pone drammaticamente, innanzitutto, una questione di giustizia sociale. La politica non può più essere indifferente, deve preoccuparsi e quindi occuparsene. È in gioco, in quelle cifre, il futuro stesso delle società occidentali. Comunità dove va aumentando il differenziale tra i tanti che hanno poco e i pochi che hanno molto sono realtà in declino, economicamente e socialmente malate;
«In Inghilterra - come scriveva Einaudi - quasi tutti i risparmiatori hanno fiducia nella parola dello Stato, sanno che la promessa di concedere, appena possibile, sgravi di imposte, e di concederli preferibilmente a cominciare dai redditi più bassi, sarà mantenuta; bisogna ricreare anche in Italia questa atmosfera di fiducia, questo senso dell'avvenire, bisogna promuovere la ricostruzione che nasce dalla speranza. Questo è il miracolo che è chiamata a compiere nel nostro Paese la politica italiana»;
avendo l'Italia deciso finalmente di mettere ordine, anche per gli impegni presi con l'Europa, nei suoi conti pubblici ed essendo questo sforzo molto ingente, è intollerabile che una parte del Paese possa sottrarsi a fare in pieno la propria parte;
l'articolo 53 della Costituzione recita testualmente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Cioè: più guadagni, più paghi. Ma non sempre è così, anzi l'evasione fiscale è diventata una forma di «arte» dove nessuna opera è uguale all'altra: una Ferrari Testarossa iscritta tra i beni strumentali di un'impresa di demolizioni e una motoslitta da neve tra le macchine da lavoro di un agrumeto siciliano. Tante trame, un finale: meno tasse da pagare;
secondo la Dbgeo, una banca dati dell'Agenzia delle entrate, a livello nazionale ci sarebbe una differenza del 38,41 per cento fra il reddito dichiarato e il reddito presunto degli italiani che non sono lavoratori dipendenti o pensionati;
uno degli strumenti maggiormente utilizzati, soprattutto per i detentori di beni di grande valore o patrimoni di centinaia di migliaia di euro, per eludere e/o evadere le imposte è quello della costituzione di «società di comodo» e del ricorso ai trust;
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo ed invece si è limitato ad intervenire su quelle che hanno denunciato perdite persistenti. In realtà, norme per colpire le società di comodo esistono già. Per esempio, chi intesta la propria barca a una società controllata da se stesso o dai propri familiari potrà recuperare l'iva versata ai fornitori solo se paga un noleggio superiore a soglie prefissate;
ancora più difficile appare la caccia al trust, una formula giuridica anglosassone, che consente di schermare il reale proprietario di un bene designando un intestatario giuridico e un beneficiario economico;

al «supermarket» dell'elusione il trust va alla grande. Ne fa uso chi vuole proteggere i propri beni dalle pretese dei creditori o, in caso di separazione, dalle richieste dell'ex coniuge. Ma il trust, a quanto pare, funziona benissimo anche per mettersi al riparo dal fisco. Non si contano i beni di lusso (ville, barche, auto) intestati, per esempio, a strutture fiduciarie con sede nei «paradisi fiscali»,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative, anche normative, volte a:
a) garantire una maggiore trasparenza nella comunicazione ai cittadini, facendo sì che agli italiani sia fornito un dato ufficiale, verificabile, analitico e indipendente sull'ammontare dell'evasione e che in ottobre, in concomitanza con la pubblicazione definitiva della contabilità nazionale e contestualmente alla discussione sulla legge di stabilità, l'Istat (di concerto con la Banca d'Italia, l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio ed Equitalia) comunichi quello che in altri Stati si chiama tax-gap;
b) aggiungere un obiettivo ufficiale oltre a quelli per deficit, debito e saldo primario: il livello di pressione fiscale, indicando esplicitamente che quanto ricavato dalla lotta all'evasione fiscale va ridistribuito a favore di chi lavora, investe e produce;
c) fare confluire i poteri «fiscali», che ora sono sparsi tra più soggetti, in una «super agenzia», che risponda direttamente al Governo e al Parlamento;
d) ridurre il contenzioso portando da tre ad uno solo i gradi di giudizio;
e) obbligare tutte le società a rilevare l'identità dei dominus, delle persone fisiche che le controllano, in modo da segnare una svolta nella lotta all'evasione fiscale e anche nella repressione della criminalità organizzata;
f) semplificare le norme fiscali e ridurre il numero delle deduzioni;
g) eliminare la possibilità di far pagare le imposte singolarmente a ogni società appartenente a un gruppo, rendendo obbligatorio il «consolidato fiscale»;
h) far sì che chi ha il passaporto italiano paghi le tasse anche in Italia, a prescindere dalla residenza, dedotte le imposte già pagate all'estero, in modo che qualsiasi trust, holding, fondo, società, il cui beneficiary owner ha un passaporto italiano, paghi, pro quota, le imposte in Italia;
i) reintrodurre severe disposizioni penali nel caso di imposte evase superiori ad una quota prestabilita.
(1-00831)
«Cambursano, La Malfa, Giulietti, Mannino, Commercio, Marmo, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Tanoni, Melchiorre, Gaglione, Mario Pepe (Misto-R-A), Portas, Nucara».

La Camera,
premesso che:
il precedente Governo aveva rafforzato, con risultati visibili, l'azione di contrasto all'evasione fiscale, con una serie di provvedimenti che hanno avuto un effetto benefico per il Paese attraverso maggiori entrate;
l'attuale Governo ha inserito, nel cosiddetto provvedimento «salva Italia», nuove misure tese all'emersione della base imponibile per consentire al fisco di effettuare controlli più serrati e stanare gli evasori parziali o totali;
tutto ciò non è solo giusto moralmente; nell'attuale situazione di crisi economica con manovre economiche che stanno duramente colpendo tutti i cittadini, diventa, infatti, inaccettabile sopportare ulteriori oneri a causa di una diffusa evasione fiscale, che, secondo quanto stima l'Istat, avrebbe raggiunto la cifra di 150 miliardi di euro l'anno;

cifra questa che, secondo altri istituti di ricerca, avrebbe raggiunto ormai i 180 miliardi di euro di evasione annuale;
da questo punto di vista, è indubbio che qualsiasi attività tesa a colpire i grandi evasori fiscali non può che essere accolta con soddisfazione dai cittadini e dal Parlamento, ma in questo senso va operata una distinzione tra chi, soffocato dall'alto livello della tassazione e dalla crisi economica, rischia di chiudere la propria attività (con particolare riferimento ai piccoli e medi imprenditori) e chi, invece, ha fatto dell'evasione fiscale una scelta di vita a tutto danno dell'intera comunità;
in questo senso non si può non criticare una scelta, che vede in Equitalia l'esecutore materiale, che ha portato a situazioni limite in cui piccoli imprenditori o singoli cittadini si sono ritrovati con le proprie case pignorate per non essere stati in grado di estinguere le proprie pendenze debitorie, spesso irrisorie all'inizio del procedimento;
la lotta all'evasione fiscale va portata avanti colpendo i veri grandi evasori, in primo luogo l'economia criminale, che rappresenta, da sola, 78,2 miliardi di euro, a dimostrazione di come non si può scindere la lotta all'evasione dalla lotta alla criminalità; in secondo luogo va fermata l'evasione delle cosiddette big company, che non solo, in un caso su tre, chiudono in perdita, evitando di pagare le tasse, ma fanno un uso spregiudicato del trasfer pricing, spostando costi e ricavi tra le varie società del gruppo, usufruendo così dei paradisi fiscali;
da uno studio fatto, per conto dell'Associazione contribuenti italiani, risulta che il danno per l'erario, a causa della pratica delle big company, sia di circa 38 miliardi di euro l'anno;
a seguire vi è il danno provocato dal lavoro nero, con coinvolge quasi tre milioni di lavoratori, poi vi sono le società di capitali italiane, che dichiarano redditi negativi o sotto i 10 mila euro l'anno, e solo alla fine vi è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese (mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali);
questo non significa, ovviamente, che l'evasione non vada combattuta in tutte le sue forme e ovunque essa si manifesti, ma solo che bisogna avere chiaro che è necessario, non solo moralmente ma anche economicamente, colpire prioritariamente e senza tregua i poteri forti ed occulti che stanno dietro alla grande evasione ed elusione fiscale, fornendosi di tutti gli strumenti, legislativi, di personale e tecnologici atti allo scopo;
in questo senso, come da più parti viene auspicato, una seria lotta all'evasione deve essere accompagnata da una ricerca di equità, facendo in modo che tali maggiori introiti diventino uno strumento reale per rilanciare lo sviluppo e applicare minori aliquote, restituendo ai cittadini onesti una quota di reddito che è stata loro ingiustamente sottratta in tutti questi anni in cui gli evasori sono riusciti a farla franca;
da questo quadro appare evidente che la lotta all'evasione è un terreno sul quale bisogna, da parte dello Stato, investire con serietà, lasciando alle azioni spettacolari, che pochi risultati hanno praticamente, il tempo di una giornata,


impegna il Governo:


a promuovere un processo di riforma complessivo del sistema tributario con la finalità di perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in modo particolare sulle piccole e medie imprese, sulle famiglie e sul lavoro dipendente;
ad ammodernare il sistema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale, rafforzando il ruolo dell'Agenzie delle entrate, che dovrebbe svolgere una maggiore funzione di coordinamento tra i vari soggetti oggi preposti a questo compito di controllo e repressione;

ad indirizzare la battaglia contro l'evasione e l'elusione fiscale nei confronti dei principali responsabili di tale fenomeno, tenendo conto dei risultati degli studi sopra riportati che individuano con chiarezza dove dirigere con maggiore attenzione le proprie ricerche;
a stabilire con certezza l'autorità preposta a predisporre un rapporto ufficiale ed unico, a cadenza annuale, che illustri il cosiddetto tax gap (la differenza tra entrate effettive e presunte da parte del fisco), assicurando che tale rapporto sia illustrato dal Governo al Parlamento, con la stessa cadenza temporale, al fine di studiare strategie sempre più articolate e puntuali nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale;
ad assumere iniziative volte a prevedere che i fondi derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale siano destinati prioritariamente allo sviluppo e ad un recupero del reddito, tramite minori aliquote, per tutti quei cittadini onesti, che sono la netta maggioranza, che le tasse le hanno sempre pagate.
(1-00832)
«Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
la strategia adottata dal Governo Berlusconi e l'attività dell'Agenzia delle entrate ha consentito all'erario di recuperare a tassazione, negli anni dal 2008 al 2011, somme come mai erano state recuperate; la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale è sempre stata, infatti, tra i primi obiettivi del precedente Governo;
il raggiungimento di questo obiettivo è diventato ancor più arduo in questa fase economica, nella quali l'attività di recupero si scontra con gli effetti della più pesante crisi economica che il nostro Paese, insieme a tutte le economie occidentali, sta attraversando; la situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante: le aziende che chiudono, o, peggio ancora, che falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazione dei consumi privati; le conseguenze sono l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai castelletti (sconti fatture e ricevuta bancaria), il rallentamento dei pagamenti di dipendenti e fornitori, l'irrigidimento degli istituti bancari con ampliamento delle richieste di garanzie, al fine del mantenimento delle linee di credito in essere, fino all'inevitabile sospensione (dapprima temporanea e poi cronica) dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto;
le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale dell'intero sistema produttivo, protagoniste assolute nel Nord del Paese; queste subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, enti locali e sistema sanitario, che, ingessati dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità;
nelle ultime settimane, complice anche il periodo festivo, si è assistito ad una sorta di «spettacolarizzazione» della lotta all'evasione; i mass media hanno diffuso notizie di operazioni straordinarie della Guardia di finanza, che ha scatenato in alcune grandi città e in località turistiche una vera e propria caccia all'evasore, con metodi che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono intimidatori, per ottenere risultati che si sarebbero potuti ottenere da un semplice controllo incrociato di dati già in possesso dell'Agenzia delle entrate; in alcune località turistiche piccoli commercianti sono stati costretti a mettere a disposizione degli

agenti un'unità di personale a tempo pieno per un'intera giornata, proprio nel periodo di più intensa attività; il tutto per mettere in atto un'operazione esclusivamente mediatica, i cui risultati potevano essere ottenuti con i metodi ordinari e senza particolare clamore;
qualche giorno più tardi, però, le dichiarazioni del direttore dell'Agenzia delle entrate hanno dato un senso alle operazioni condotte: Attilio Befera ha, infatti, dichiarato che per combattere l'evasione «un sano timore è necessario»; il direttore ha proseguito considerando «normali» i controlli effettuati a Cortina d'Ampezzo e ha definito «eccessive» le proteste che ne sono scaturite;
tali metodi sono assolutamente da censurare: obiettivo della Lega Nord è quello di avvicinare il contribuente al fisco, diffondendo la presenza degli uffici capillarmente sul territorio, soprattutto dove oggi la presenza è bassa, e di trasformare l'immagine del sistema fiscale italiano, in modo che i cittadini possano vedere nell'amministrazione finanziaria anche una sorta di consulente e non solo di «poliziotto fiscale»; se la repressione dei fenomeni di evasione è doverosa, la spettacolarizzazione è da evitare: aumenta la distanza tra operatore economico e Agenzia delle entrate, incrinando il rapporto contribuente/fisco; l'amministrazione finanziaria deve coinvolgere in maniera organica gli enti locali, in particolare i comuni, non solo attribuendo loro nuove e gravose attribuzioni in materia di verifiche e controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
altro obiettivo è diffondere i controlli su tutto il territorio nazionale, colpendo non solo le zone più ricche, ma anche le zone dove l'attitudine a pagare le imposte è inferiore; da un'analisi condotta dall'Agenzia delle entrate qualche mese fa risulta che i dati sull'evasione non sono affatto omogenei sul territorio nazionale: se, infatti, la media nazionale dell'evasione ponderata con il reddito prodotto è pari al 38,41 per cento, l'analisi a livello provinciale fa emergere che tale rapporto è minimo (10,93 per cento) nel gruppo di province composto da Milano, Torino, Genova, Roma, Lecco, Cremona e Brescia e massimo (65,67 per cento) nel gruppo composto dalle province di Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina, mentre l'area che comprende tutte le altre province del Sud, con esclusione di Bari, Napoli, Catania e Palermo, si attesta su una percentuale del 64,47 per cento; sintetizzando i dati, quindi, emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
le «campagne» portate avanti dall'Agenzia delle entrate durante le ultime festività vanno in senso contrario alle indicazioni date nell'estate 2011 dal direttore Befera ai responsabili degli uffici regionali e locali, con le quali chiedeva di predisporre, rispetto agli obiettivi prefissati, «la riduzione nella misura del 20 per cento del target relativo all'indicatore "accertamenti" nei confronti di imprese di piccole dimensioni e professionisti, mantenendo invariato l'obiettivo monetario assegnato»; lo stesso direttore così riassumeva la mission dell'agenzia: «Coniugare efficienza e correttezza; recuperare evasione, favorendo lo sviluppo della fiducia reciproca e della collaborazione tra fisco e cittadini; promuovere in questo modo la crescita della coscienza civica. È questo l'obiettivo ultimo della nostra missione»;
a parere della Lega Nord è necessario cambiare strategia e arrivare finalmente ad un modello di «fisco amico», coinvolgendo i comuni e attribuendo loro non solo responsabilità in tema di controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
le strategie di contrasto all'evasione fiscale non possono, infine, trascurare la necessità di una riforma del sistema tributario diretta alla riduzione della pressione fiscale, che in Italia si attesta su livelli difficilmente riscontrabili in altri Paesi: secondo il rapporto Paying taxes 2012,

realizzato dalla Banca mondiale, in collaborazione con PwC (PricewoterhouseCooper), in cui vengono analizzati i sistemi di tassazione di 183 economie al mondo, l'Italia si colloca al 133o posto e, considerando il total tax rate (carico fiscale complessivo), si posiziona ultima in Europa con una percentuale del 68,5 per cento, contro una media del 43,4 per cento,


impegna il Governo:


a cambiare radicalmente la strategia fin qui adottata in tema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale e, in particolare:
a) ad abbandonare ogni forma di quella che appare, ai firmatari del presente atto di indirizzo, la «spettacolarizzazione» dei controlli, tornando ad operare con discrezione e nel pieno rispetto dei contribuenti e dello Statuto dei contribuenti;
b) a migliorare il rapporto con i cittadini/contribuenti, tenendo conto che un rapporto meno conflittuale può aumentare anche la propensione a versare le imposte;
c) a rivedere il programma dei controlli sul territorio nazionale, procedendo non solo nelle zone più ricche del Paese, ma anche dove la «compliance fiscale» è minore e l'evasione fiscale è maggiore;
d) ad assumere iniziative per semplificare gli adempimenti fiscali, in modo da diminuire significativamente gli errori formali da parte dei contribuenti, dovuti in gran parte alla complessità della normativa;
e) a promuovere una complessiva riforma del sistema fiscale in direzione di una riduzione della pressione fiscale attestata ormai su livelli insostenibili per imprese e famiglie, come certificato da tutti gli studi degli organismi più accreditati, a partire dalla Banca mondiale.
(1-00833)
«Dozzo, Fugatti, Montagnoli, Fedriga, Fogliato, Lussana, Forcolin, Comaroli, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti».

La Camera,
premesso che:
sia le istituzioni sovranazionali che i Governi nazionali riconoscono all'evoluzione delle infrastrutture di nuova generazione e al conseguente sviluppo dei servizi in rete un ruolo fondamentale per garantire una crescita inclusiva, sostenibile e duratura dei singoli Paesi;
sotto tale profilo, l'anno 2011 ha rappresentato uno snodo importante ed è stato caratterizzato dalla definizione degli ambiziosi obiettivi comunitari dell'agenda digitale europea (COM(2010)245) per il prossimo decennio, ma anche dagli indirizzi regolamentari per la realizzazione delle reti di accesso di nuova generazione e dal lancio delle prime offerte a 100 megabit al secondo anche in Italia;
in data 20 settembre 2010 la Commissione Europea ha, infatti, presentato un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell'obiettivo, nel quadro dell'agenda digitale europea, di fornire ai cittadini europei l'accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020);
del sopra citato pacchetto sulla banda larga fa parte anche la raccomandazione relativa all'accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (next generation networks-nga), C(2010)6223) che ha lo scopo di favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga, in particolare nella transizione alle reti di accesso di nuova generazione (nga);
le reti di accesso di nuova generazione sono reti di accesso cablate costituite, in tutto o in parte, da elementi ottici

e in grado di fornire servizi d'accesso a banda larga con caratteristiche più avanzate (quale una maggiore capacità di trasmissione) rispetto a quelli forniti tramite le reti in rame esistenti;
dette reti, definite anche come delle vere e proprie «autostrade informatiche» per veicolare il traffico dati a grande velocità, in sicurezza e senza strozzature, secondo quanto emerge dal secondo rapporto dell'Osservatorio I-com sulle reti di nuova generazione, potrebbero rappresentare non solo uno strumento di sviluppo e crescita dell'economia, ma anche e sopratutto una modalità di investimento per evitare il cosiddetto «sotto-sviluppo» dei Paesi;
non a caso, proprio sulle reti di nuova generazione, si sono indirizzati importanti investimenti sia di carattere pubblico, che privato nei principali Paesi del mondo e, in particolare, negli Stati Uniti, in Cina, in Corea, in India e in Australia;
anche i Paesi europei a più elevato tasso di digitalizzazione quali il Regno Unito, l'Olanda e le economie scandinave hanno recentemente investito sulle reti di accesso di nuova generazione, anche se in modo più limitato di altre realtà internazionali per via di una regolamentazione sugli aiuti di Stato che limita maggiormente l'investimento pubblico in tal senso;
ciononostante, numerosi studi di caratura nazionale e internazionale dimostrano come le reti di nuova generazione (fisse e mobili) possono promuovere la crescita almeno di un 1 punto di prodotto interno lordo ogni 10 per cento aggiuntivo di diffusione della banda larga e, al contempo, generare importanti risparmi che, a regime, per l'Italia corrisponderebbero a quasi 40 miliardi all'anno. Sul punto, si segnala come la Banca Mondiale stimi, infatti, in 1,21 per cento l'impatto per i Paesi ad alto reddito di prodotto interno lordo aggiuntivo per ogni 10 per cento di diffusione della banda larga (Qiang e Rosotto, «Economic impacts of broadband», in Information and Communication for Development 2009: Extending Reach and Increasing Impact, Word Bank). Con riferimento specifico all'Italia, inoltre, il Progetto Italia digitale 2010 di Confindustria quantifica i risparmi grazie al telelavoro (in 2 miliardi di euro), e-learning (in 1,4 miliardi di euro), e-government e impresa digitale (in 16 miliardi di euro), e-health (in 8,6 miliardi di euro), giustizia e sicurezza digitale (in 0,5 miliardi di euro), gestione energetica intelligente (in 9,5 miliardi di euro). Analoghe considerazioni sono contenute nel rapporto Oecd (2009) «Network developments in suppurt of innovation and user needs» - Directorate for science, technology and industry;
in data 12 gennaio 2012 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha inviato una segnalazione al Governo («Un'agenda digitale per l'Italia»), nella quale si delinea un quadro di iniziative per lo sviluppo delle reti e dei servizi di nuova generazione;
nell'ambito della predetta segnalazione l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha, inoltre, rilevato che l'Europa si è dotata di un'agenda digitale che traguarda ambiziosi risultati entro il 2020 e spetta, quindi, agli Stati membri, mediante l'adozione di un'agenda digitale nazionale, di individuare e realizzare concretamente le tappe che permettano il raggiungimento degli obiettivi;
istituire un'agenda nazionale digitale in Italia appare quanto mai urgente anche per il fatto che nel nostro Paese i dati di alfabetizzazione informatica, di copertura di rete fissa e di sviluppo dei servizi on line, sia sotto il profilo di utilizzo da parte dei consumatori che delle imprese, sono nettamente al di sotto della media europea. Inoltre, ad avviso dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel 2015, nel nord Europa il peso sul prodotto interno lordo dell'economia internet raddoppierà, mentre per l'Italia il peso dell'economia digitale rischia di rimanere modesto, qualora non si proceda rapidamente ad interventi che garantiscano una netta inversione di tendenza;
secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, il 17 gennaio 2012 il

Presidente del Consiglio dei ministri, professor Mario Monti, ed una rappresentanza dal Governo hanno incontrato i governatori delle regioni meridionali e, fra i vari impegni assunti, è stato ribadito quello di colmare il divario digitale (digital divide) al Sud, estendendo la copertura della banda larga a tutto il territorio nazionale entro il 2013, visto che in Italia esistono ancora zone completamente prive di banda larga, dove internet viaggia alla velocità del telefono e la banda ultra larga in fibra ottica (ngn) rappresenta di fatto una chimera;
il giorno successivo a tale riunione, il 18 gennaio 2012, il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, durante il corso di un'audizione presso la Camera dei deputati sulle prospettive in Italia delle reti di prossima generazione, ha evidenziato come nel nostro Paese la copertura territoriale risulta essere del solo 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici passati in fibra e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione. E, ancora, che gli attuali 300 utenti in fibra ottica rappresentano un dato che da circa quattro anni non varia;
durante tale audizione, il presidente Calabrò ha, inoltre, messo in luce come la recente esperienza di successo dell'asta per le frequenze di quarta generazione con più di quattro miliardi di euro di incasso «non sia altro che la cartina di tornasole del valore atteso dall'investimento nel radiospettro, mentre i progetti per la realizzazione della rete di accesso in fibra ottica languono». E, ancora, che il crescente sviluppo del mobile in Italia non riduce l'importanza della realizzazione di una rete in fibra, perché anche la rete mobile ha bisogno di collegamenti di rilegamento in fibra (backhauling) fra stazioni radio-base e centrali e sarà proprio la rete in fibra l'infrastruttura che permetterà di realizzare davvero la velocità di connessione che la trasmissione mobile di quarta generazione promette;
con la delibera n. 1/12/CONS, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha provveduto all'individuazione degli obblighi regolamentari per i servizi di accesso alle reti di nuova generazione con l'obiettivo, in linea con quanto espresso nella raccomandazione sulle reti di accesso di nuova generazione della Commissione europea del 20 settembre 2010: di incentivare gli operatori di ogni dimensione ad arricchire progressivamente le proprie dotazioni infrastrutturali; di riconoscere le differenze nelle condizioni concorrenziali esistenti tra le diverse aree geografiche del nostro Paese; di remunerare il rischio di investimento (risk premium); di promuovere le iniziative di coinvestimento e ripartizione del rischio imprenditoriale fra gli operatori; di valutare la possibilità di imporre obblighi di accesso simmetrici, cui eventualmente assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture che possano costituire strozzature concorrenziali;
in base a tale delibera Telecom Italia dovrà pubblicare, entro i prossimi due mesi, la prima offerta di riferimento per tutti i servizi - attivi e passivi - di accesso all'ingrosso sulla rete di accesso di nuova generazione;
pur tuttavia, nonostante tale delibera, come per altro sottolineato in Commissione trasporti della camera dei deputati dallo stesso Presidente Calabrò, abbia costituito il frutto di un intenso lavoro teso a collocare l'Italia nel novero dei Paesi che hanno disciplinato concretamente la fornitura dei servizi all'ingrosso per le reti in fibra, alcuni organi di stampa nazionale hanno definito tale delibera come «ambigua» e, conseguentemente, non idonea a garantire il risultato atteso: ovvero quello di permettere a tutti gli operatori di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalle reti a banda ultra larga nel pieno rispetto dei principi sanciti a livello nazionale ed europeo sulla concorrenza;
si legge, infatti, in un articolo apparso sul Corriere delle Sera del 20 gennaio 2012 dal titolo «Impegno di Monti per la banda larga ma il regolamento Agcom non aiuta»: «il dossier digitale si

presenta molto aggrovigliato. Basti pensare che la stessa Agcom, giorni fa, aveva varato un regolamento ambiguo sui servizi di accesso alle stesse Ngn: mentre infatti chiedeva a Telecom di garantire ai concorrenti il distacco (unbudling), a loro favore, del doppino telefonico dell'ultimo miglio, usava la formula "ove tecnicamente possibile", che può essere la fine dello stesso unbundling, e quindi della concorrenza. Si lascia a Telecom la scelta delle tecnologie, che guarda caso potrebbero essere proprio quelle che non garantiscono l'unbudling. Se ne occuperà l'Antitrust»;
alla luce di quanto precede, si ritiene auspicabile che le competenti autorità ivi richiamate chiariscano in modo definitivo la portata delle criticità sollevate dalla stampa nazionale sul punto;
in data 19 ottobre 2011, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte destinate a favorire il completamento delle reti transeuropee di trasporto, energia e telecomunicazioni che si collocano nell'ambito delle azioni previste nel prossimo quadro finanziario 2014-2020, attraverso il nuovo «Meccanismo per collegare l'Europa» (Connecting Europe facility) con cui l'Unione europea intende promuovere il finanziamento di determinate infrastrutture prioritarie che rispettino i criteri di sviluppo sostenibile definiti dalla strategia Europa 2020;
a tale meccanismo è strettamente collegata una proposta di regolamento sugli orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni (COM(2011)657) che prevede 9,2 miliardi di euro per sostenere gli investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci e in servizi digitali paneuropei. Tale proposta è finalizzata, in particolare, a raggiungere entro il 2020 gli obiettivi dell'agenda digitale europea (COM(2010)245) che prevedono la copertura universale a 30 megabit o il collegamento di almeno il 50 per cento dei nuclei familiari europei a velocità di connessione superiori a 100 megabit. E, infatti, all'articolo 2 prevede come obiettivi: a) la crescita economica e lo sviluppo del mercato unico; b) il miglioramento della vita quotidiana dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni mediante l'interconnessione e l'interoperabilità delle reti nazionali di telecomunicazioni e l'accesso a queste ultime; c) la diffusione di reti a banda larga veloci e superveloci; d) lo sviluppo sostenibile delle infrastrutture di servizi digitali transeuropei, la loro interoperabilità e coordinamento, nonché il funzionamento, la manutenzione e l'ammodernamento; e) la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e la protezione dell'ambiente;
a livello nazionale, in materia di realizzazione degli obiettivi indicati dalla citata agenda digitale europea, il Parlamento è intervenuto recentemente attraverso l'approvazione dell'articolo 30 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, con il quale si prevede che, al fine del raggiungimento degli obiettivi concernenti il diritto di accesso a internet per tutti i cittadini «ad una velocità di connessione superiore a 30 Mb/s» (e almeno per il 50 per cento «al di sopra di 100 Mb/s»), il Ministero dello sviluppo economico predispone un apposito progetto strategico, nel quale vengono individuati interventi per la realizzazione di infrastrutture di telecomunicazione a banda larga e ultralarga, anche mediante la valorizzazione di infrastrutture già esistenti;
dopo l'approvazione del citato articolo 30 del decreto-legge n. 98 del 2011, ha fatto seguito la pubblicazione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, tramite Infratel Italia, del quarto bando di gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione di infrastrutture costituite da impianti in fibra ottica per una rete a banda larga (Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2011). La gara riguarda le regioni Sicilia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna e Veneto. L'importo complessivo dei lavori supera i 69 milioni di euro e si inserisce nel quarto intervento attuativo, che prevede un investimento di oltre 95 milioni di euro per l'abilitazione all'offerta dei servizi a larga

banda, mediante la costruzione di circa 2000 chilometri di rete in fibra ottica in oltre 400 aree comunali e subcomunali, in prevalenza in zone ad alta intensità rurale e distretti produttivi, per un totale di oltre 358.000 cittadini;
come si evince della lettura del secondo rapporto dell'Osservatorio I-com sulle reti di nuova generazione, molti Governi hanno implementato strategie volte alla diminuzione degli ingenti costi di costruzione delle infrastrutture e a fornire, conseguentemente, incentivi sufficienti ad attrarre l'investimento privato in zone di mercato altrimenti escluse. Solitamente tali interventi sono successivi a un preliminare processo di stima della domanda potenziale e possono avere scala nazionale o, più frequentemente, essere associati a politiche regionali settoriali, indirizzate a specifiche aree geografiche, in cui il costo di fornitura privata del servizio richiesto è troppo elevato per il livello di domanda identificata;
in Europa, la predisposizione di interventi finalizzati al finanziamento delle infrastrutture deve essere effettuata nel rispetto del vincolo della disciplina degli aiuti di Stato. In particolare, è necessario che l'intervento pubblico sia conforme agli orientamenti espressi dalla Commissione europea in materia di aiuti di Stato a sostegno dell'investimento in reti a banda larga nella comunicazione del 30 settembre 2009, che precisa, con riguardo alle reti di accesso di nuova generazione, la distinzione fra «aree bianche», «aree grigie» ed «aree nere». Per «aree nere nga» si intendono quelle aree ove nessun aiuto di Stato diretto a soggetti economici è ammissibile perché potrebbe produrre una distorsione del mercato, in quanto si tratterebbe di aree in cui sono già presenti reti di accesso di nuova generazione, o verranno sviluppate nei prossimi cinque anni. Sono ritenute invece «aree bianche nga» le aree temporaneamente sprovviste di reti di questo tipo e nelle quali è improbabile che, in un futuro prossimo (5 anni), investitori privati provvederanno a svilupparle e renderle pienamente operative. In analogia a quanto previsto in generale, si ha anche il caso intermedio di aree grigie di reti di accesso di nuova generazione;
tra i meccanismi di investimento implementati a livello europeo e internazionale, uno dei metodi per canalizzare l'intervento pubblico in modo efficiente consiste:
a) nel progettare forme di partenariato, dal momento che esse permettono di controllare più facilmente i flussi di investimento pubblico e, al contempo, di valersi dell'esperienza e della professionalità del settore privato. Un famoso modello di partenariato pubblico-privato è quello adottato per il progetto Amsterdam Citynet, anche se il modello si è recentemente evoluto discostandosi dall'assetto iniziale, con la drastica riduzione della componente pubblica, in seguito al trasferimento di parte della proprietà alle società private KPN e Reggefiber;
b) nell'avviare prestiti di lungo periodo per gli operatori e programmi nazionali di finanziamento. I programmi di finanziamento vengono adottati per sostenere gli investimenti degli operatori e per agevolare la diffusione della banda larga attraverso incentivi all'entrata sul mercato. Nella maggior parte dei casi, i finanziamenti sono diretti a sovvenzionare soggetti privati, come nel caso dei programmi di finanziamento statunitensi «Rural Broadband Access Loan» e «Guarantees Program», nei quali il Governo si impegnava a concedere garanzie e prestiti agli operatori a tassi agevolati;
c) nel riconoscimento di incentivi fiscali. Tale tipologia di intervento serve a promuovere gli investimenti in ricerca e sviluppo, in modo tale che gli operatori che investono sia in nuove reti che, in alcuni casi, in nuovi contenuti abbiano incentivi sufficienti a creare ulteriore innovazione. In tale tipologia di intervento rientrano diverse agevolazioni fiscali, che variano a seconda della legislazione del Paese prescelto, e che comprendono il credito di imposta (Usa) e i sussidi elargiti

agli operatori di business (Canada). Gli incentivi fiscali sono particolarmente diffusi in Danimarca e negli Stati Uniti, dove sono stati introdotti per agevolare gli investimenti dei nuovi operatori (Usa), e per sussidiare indirettamente i dipendenti di quelle imprese che adottano sistemi di gestione dei dati supportati dalle reti di prossima generazione (Danimarca);
d) nell'adottare strategie di abbattimento dei costi amministrativi legati ai processi di creazione dell'infrastruttura e ad agevolare gli investimenti in nuovi rami di business;
e) nell'adottare politiche di condivisione delle infrastrutture. La ratio di tali politiche è legata al fatto che i costi delle opere civili costituiscono di gran lunga la componente dominante dei costi di realizzazione delle reti di prossima generazione in fibra ottica. In particolare, il Giappone ha recentemente utilizzato le reti elettriche esistenti per lo sviluppo della fibra ottica, arrivando a risparmiare il 23 per cento dei costi di implementazione. La Francia, invece, ha deciso di condividere la fibra nelle aree urbane, a Parigi in particolare, aprendo il suo sistema di fognatura ai concorrenti, evitando in tal modo gran parte dei costi di ingegneria civile. Nel mese di agosto del 2008, il legislatore francese ha poi approvato una legge che impone ai costruttori dei nuovi edifici di distribuire la fibra di tutto l'edificio e di renderla disponibile a tutti gli operatori concorrenti su base non discriminatoria;
f) nell'adottare iniziative per assicurare un utilizzo efficiente dello spettro-radio. Lo sviluppo del mercato della banda larga dipenderà in misura consistente dallo sviluppo di reti di tipo wireless, come ha recentemente ribadito la Commissione europea nella comunicazione sul futuro della banda larga in Europa del 20 settembre 2010;
g) nell'implementare il cosiddetto mapping territoriale. Un altro tipo di intervento che, ad oggi, è relativamente poco diffuso è la mappatura delle zone scoperte, ossia quel procedimento di identificazione delle aree territoriali effettivamente escluse dall'accesso a servizi a banda larga mediante un catasto delle infrastrutture;
al riguardo, le analisi condotte dall'Osservatorio I-com sulle reti di nuova generazione hanno evidenziato come non tutte le tipologie di politiche pubbliche a sostegno della diffusione della banda larga e delle reti di nuova generazione sembrano esercitare un effetto positivo sulla diffusione delle linee a banda larga;
infatti, mentre l'implementazione di forme di partenariato pubblico-privato (sia con proprietà pubblica che privata della rete) risulta avere un effetto positivo e statisticamente significativo sul grado di penetrazione della banda larga sul territorio nazionale, così come la realizzazione di programmi di finanziamento e prestiti di lungo periodo per gli operatori, altre politiche quali la mappatura del territorio o il riconoscimento di incentivi fiscali sembrano esercitare un effetto debole, statisticamente non significativo;
in ogni caso, si ritiene che la questione del finanziamento e degli investimenti in banda larga e reti di nuova generazione appaia troppo importante dal punto di vista economico e sociale per essere lasciata solo nelle mani degli investitori privati, la cui disponibilità all'investimento in tempi rapidi potrebbe essere limitata dagli elevati costi di realizzazione delle nuove reti e, soprattutto, dall'incertezza circa la capacità di ottenere adeguati ritorni dall'investimento;
sotto tale profilo, si rileva inoltre, come già segnalato nelle premesse precedenti, che dal punto di vista squisitamente sociale l'Italia presenta un numero di «analfabeti digitali» (definito come numero di cittadini che non hanno mai utilizzato internet) fra i più alti d'Europa. La media europea è pari al 20 per cento. In Italia, secondo Eurostat, la percentuale è del 40 per cento. L'analfabetismo digitale è un fenomeno preoccupante che frena la crescita economica e la diffusione della

cultura delle informazioni, pregiudicando in modo irreversibile il futuro delle prossime generazioni;
secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, nell'ambito del decreto-legge di prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale sulle semplificazioni e sullo sviluppo varato dal Consiglio dei ministri il 27 gennaio 2012 (cosiddetto decreto semplifica Italia), sarebbero contenute disposizioni volte, da un lato, ad istituire un'agenda digitale italiana tesa a perseguire gli obiettivi dell'agenda digitale europea e, dall'altro, ad avviare un'apposita cabina di regia di coordinamento,


impegna il Governo:


a porre in essere ogni atto di competenza volto a garantire che l'istituenda «agenzia digitale per l'Italia» diventi al più presto uno strumento concretamente capace di perseguire con efficienza ed efficacia gli ambiziosi obiettivi sanciti a livello comunitario dall'agenda digitale europea;
a perseguire con tenacia l'obiettivo annunciato con il cosiddetto decreto semplifica Italia di promuovere la diffusione delle reti di banda larga ed ultra larga e di semplificare le procedure amministrative e gli adempimenti burocratici, con il fine di agevolare il percorso di aziende e cittadini nella produzione e nella fruizione dei contenuti digitali;
a porre in essere ogni iniziativa di competenza tesa a rafforzare la normativa di settore in tema di accesso alle infrastrutture civili in corso di realizzazione ai fini della posa di tubazioni utili alla realizzazione di reti in fibra ottica, per diminuire i costi di scavo e realizzare un'opportuna forma di condivisione dei lavori da parte dei differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas, acqua);
ad adottare iniziative volte ad incentivare misure di cooperazione per reti wireless mediante promozione di accordi di roaming nazionale per aumentare la copertura del territorio;
ad adottare iniziative volte ad aumentare l'utilizzo e la diffusione delle aree wi-fi nei luoghi pubblici;
a porre in esser ogni atto di competenza volto ad assicurare un utilizzo efficiente dello spettro-radio in ossequio a quando disposto dai principi comunitari sul punto, al fine di garantire la massima valorizzazione delle risorse frequenziali attraverso la liberazione di nuove risorse per lo sviluppo delle reti wireless di ultima generazione;
ad incentivare la circolazione dei contenuti digitali, implementando nuove forme di uso sociale della tecnologia nel mercato del lavoro, affinché la pubblica amministrazione investa in progetti per sviluppare adeguate forme di telelavoro da accompagnare all'innalzamento dell'età pensionabile;
a porre in essere ogni atto di competenza, anche presso le competenti sedi europee, al fine di garantire la più efficace implementazione nell'utilizzo delle risorse europee già stanziate o in fase di programmazione per favorire gli investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci;
ad adottare le più opportune iniziative, avendo riguardo alle richiamate esperienze maturate nel contesto europeo e internazionale, tese a favorire gli investimenti pubblici e privati nelle reti di nuova generazione;
a valutare con particolare attenzione l'analisi di impatto che la Commissione europea ha formulato per il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda digitale e della strategia Europa 2020 nel campo delle telecomunicazione, dove l'opzione più indicata è quella del «finanziamento combinato» che prevede il ricorso sia a sovvenzioni sia a strumenti finanziari (come la partecipazione al capitale di fondi di investimento, il contributo finanziario alla fornitura e all'allocazione di capitali destinati al finanziamento di prestiti e/o garanzie e altri strumenti di condivisione dei rischi - comprese le obbligazioni,

ma non limitati ad esse - prestiti, garanzie, controgaranzie, capitale di rischio e altri);
ad adottare, nel quadro dello sviluppo delle reti a banda larga e alla luce delle segnalazioni del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ogni iniziativa volta a promuovere l'utilizzo della rete, specificatamente da parte delle giovani generazioni ma anche degli anziani, e a promuovere l'utilizzo della moneta elettronica e dell'e-commerce, nell'ottica di una complessiva modernizzazione del Paese.
(1-00834)
«Monai, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cimadoro, Di Pietro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
la possibilità di accesso ad internet è uno tra i servizi di natura «universale» da erogarsi all'intera collettività nazionale, alla stregua di tutti gli altri servizi considerati indispensabili, come, ad esempio, la distribuzione dell'acqua e il sistema fognario depurativo, nonché l'erogazione dell'energia elettrica e del gas. La crescita economica e sociale del Paese dipende anche dallo sviluppo della banda larga, basata su nuove infrastrutture, come le reti di nuova generazione in fibra ottica;
nel nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno d'Italia, ci sono intere comunità prive della possibilità di connettersi ad internet, strumento indispensabile per poter fruire dei servizi forniti dalla pubblica amministrazione e di quelli a carattere commerciale;
l'Italia è 48esima nella classifica del World economic forum, che misura la capacità di incrementare la competitività tramite l'Ict (Information communication technology). La penetrazione della banda larga su rete fissa nelle famiglie è attualmente al 49 per cento, rispetto al 67 per cento della Francia e al 75 per cento della Germania. La rete in fibra ottica italiana è la più estesa d'Europa, con 2 milioni di case raggiunte, ma lo sviluppo si è praticamente arrestato;
secondo i dati Ocse, il tasso di alfabetizzazione informatica è fermo al 18 per cento, contro il 27 per cento del Regno Unito e il 32 per cento della Germania, mentre la penetrazione dei personal computer nelle famiglie è del 56 per cento, contro una media europea del 68 per cento. Solo il 17 per cento degli italiani usa il web per interagire con la pubblica amministrazione contro il 32 per cento della media dell'Unione europea;
la sola sanità digitale consentirebbe risparmi per quasi 2 miliardi di euro;
si calcola che se le imprese aumentassero solo dell'1 per cento il loro fatturato, attraverso le vendite on line, le esportazioni italiane aumenterebbero dell'8 per cento;
per le infrastrutture fisse si attendono le scelte dei singoli operatori e l'evoluzione di vari progetti. Il mobile broadband ha fatto segnare, invece, i tassi di sviluppo più vistosi, tanto è vero che in due anni gli utilizzatori sono cresciuti del 90 per cento, con un incremento del traffico per utente superiore al 30 per cento;
sia per il fisso che per il mobile, vi sono delle proposte, da parte di associazioni di categoria, che suggeriscono iniziative per favorire la realizzazione delle infrastrutture, che vanno dalle semplificazioni a una revisione della normativa sui limiti di emissione dei campi elettromagnetici, giudicata da osservatori imparziali troppo restrittiva rispetto al resto di Europa. Il broadband for all è ostacolato dal carattere frammentario dei piani regionali del 2004, che non prevedono i collegamenti tra le dorsali Nord-Sud e le penetrazioni nelle zone poco abitate,


impegna il Governo:


a prendere in considerazione la possibilità di esentare le imprese impegnate nel settore dello sviluppo delle reti fisse e mobili a banda larga dalla tassazione irap ed ires;
a proseguire quanto fatto dal precedente Governo per l'armonizzazione e la semplificazione normativa e amministrativa nel settore dello sviluppo delle reti a banda larga;
a sviluppare le reti fisse e mobili di nuova generazione in tutto il territorio nazionale, affinché il servizio di accesso alla banda larga si estenda nei territori che attualmente ne sono privi, situati in particolare nel Mezzogiorno d'Italia;
ad assumere iniziative per assicurare la funzionalità, il buono stato e il potenziamento delle reti esistenti, in vista anche di una futura possibile separazione tra rete e gestione.
(1-00835)
«Misiti, Terranova, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Mario Pepe (Misto-R-A)».

La Camera,
premesso che:
la strategia Europa 2020 ha definito ambiziosi obiettivi di diffusione della banda larga e ultralarga, quali vettori per il rilancio dell'innovazione e dell'economia, tramite la cooperazione di tutti gli attori di mercato. In questo senso, occorre incentivare gli investimenti in reti in fibra ottica e non premiare la rendita delle vecchie reti in rame;
è innegabile che realizzare un'infrastruttura strategica come la banda larga e ultralarga sia una risorsa che si intreccia con lo sviluppo del territorio e che diventa improrogabile in una fase recessiva, come quella vissuta dall'Italia a causa della gravissima crisi economica;
nel corso della XVI legislatura la IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati ha svolto un'accurata e approfondita indagine conoscitiva sull'assetto e le prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni e il documento conclusivo approvato il 2 dicembre 2008 ha chiesto con forza di concentrare le risorse per lo sviluppo della banda larga, che deve essere individuata come infrastruttura di base al fine di sostenere la competitività, l'innovazione e la crescita;
in tale contesto lo sviluppo della banda larga e ultralarga omogeneo su tutto il territorio nazionale è basilare anche per azzerare il gap tra le diverse aree del Paese e, in particolare, nelle aree svantaggiate, contribuendo in questo modo a sostenere le piccole e medie imprese, favorendo, altresì, sviluppi occupazionali e il miglioramento dei servizi;
i distretti industriali in una fase di crisi economica sono esposti all'aumento dei costi e ad una competitività internazionale molto aggressiva; grazie allo sviluppo della banda larga e ultralarga avrebbero la possibilità di innovarsi e accettare la sfida della competitività, anche attraverso processi di innovazione;
ancora oggi si stima che a un numero tra i 7 e i 10 milioni di italiani sia negato l'accesso alla banda larga e in questo modo ad intere aree del tessuto produttivo del nostro Paese è preclusa la possibilità di accedere alla banda larga; ciò impedisce la possibilità per quelle aree di essere competitive e limita ogni possibilità di iniziativa finalizzata alla crescita e allo sviluppo dell'Italia;
la banda larga è uno strumento essenziale che consente la possibilità di accedere oggi ai processi di indispensabili ambiti di conoscenza basilari nella nostra epoca per lo sviluppo produttivo e commerciale e per l'accesso ai mercati e all'internazionalizzazione delle nostre imprese, con particolare riguardo a quelle ubicate nel Mezzogiorno e nelle Isole;

lo sviluppo delle reti di nuova generazione non può che diventare una delle principali priorità del Governo, fornendo alle imprese e ai cittadini la possibilità di usufruire di un'adeguata ed efficiente struttura di rete in banda larga;
per il Governo è improrogabile impegnare adeguate risorse economiche che devono vedere una continuità di erogazione per non compromettere il perseguimento dell'obiettivo di garantire un accesso equo alla banda larga a tutti i cittadini e alle imprese entro il 2013,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative affinché il finanziamento, a partire dalla velocizzazione dell'utilizzo degli 800 milioni di euro derivanti dal decreto-legge n. 78 del 2009, per la realizzazione delle infrastrutture strategiche relative alla banda larga e ultralarga sia efficace, continuativo e pluriennale;
a garantire che entro il 2013, in coerenza con l'agenda digitale europea, la banda larga copra l'intero territorio nazionale, dando la possibilità a cittadini e imprese di accedere ad un'infrastruttura strategica basilare per il sostegno alla competitività;
ad accelerare la realizzazione in tempi certi di reti di banda larga e ultralarga nelle regioni meridionali e insulari, essendo queste le aree svantaggiate che scontano un evidente e maggiore deficit, rispetto ad altre aree del Paese, di infrastrutture di telecomunicazioni efficienti ed efficaci;
ad assumere le iniziative di competenza per assicurare il pieno rispetto delle indicazioni fornite dalla Commissione europea, al fine di favorire un equo accesso, in termini di costi, alla banda larga e ultralarga, rafforzando la concorrenza nei servizi e fornendo agli attori di mercato impegnati nella costruzione delle reti in fibra ottica una corretta linea di investimento.
(1-00836)
«Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
l'agenda digitale europea è parte essenziale della strategia Europa 2020 che la Commissione europea ha definito e messo in campo per rilanciare una crescita economica inclusiva e promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale;
l'obiettivo dell'agenda digitale è quello di promuovere un'economia digitale basata sullo sviluppo e sull'utilizzo dei servizi in rete come leva per aumentare la produttività delle nostre economie, ridurre i costi delle amministrazioni pubbliche e, allo stesso tempo, aumentare la qualità della vita per i cittadini e per le imprese, migliorare il funzionamento delle istituzioni, renderle più trasparenti e avvicinarle ai cittadini; tali obiettivi rivestono una particolare importanza per l'Italia, dove i tassi di crescita sono più bassi che altrove e il malfunzionamento dei servizi pubblici e gli alti tassi di corruzione scoraggiano gli investimenti esteri; di conseguenza, il perseguimento degli obiettivi dell'agenda digitale richiede la massima determinazione e sinergia tra i diversi livelli istituzionali, oltre che tra settore pubblico e privato;
peraltro, la condizione indispensabile per lo sviluppo dell'economia digitale è l'accessibilità delle reti di nuova generazione da parte di cittadini ed imprese e tale problema si presenta con particolare gravità in Italia dove - come dimostrano tutte le rilevazioni di organismi nazionali

e internazionali - esiste già con riferimento alla diffusione della banda larga (connessione a 2 megabit al secondo) e si sta progressivamente allargando un divario digitale che allontana il nostro Paese dagli altri Paesi europei, minando gravemente la competitività e, al tempo stesso, accentuando il dualismo tra le diverse aree del Paese;
al fine di porre le condizioni per lo sviluppo dell'economia digitale l'Unione europea, con riferimento allo sviluppo della rete di nuova generazione e alla diffusione della connettività, ha posto obiettivi precisi e, almeno per l'Italia, molto ambiziosi e cioè che, entro il 2020, non meno del 50 per cento delle famiglie abbiano un collegamento ad internet superveloce (oltre 100 megabit al secondo) e tutti i cittadini abbiano una connessione a internet veloce a 30 megabit al secondo;
il conseguimento di tali obiettivi richiede, secondo stime attendibili, investimenti per importi tra i 10 e il 14 miliardi di euro;
la scarsità delle risorse pubbliche sarà per l'Italia un dato strutturale per l'intero decennio e, tuttavia, questo elemento non può implicare per il nostro Paese la rinuncia a perseguire gli obiettivi dell'agenda digitale poiché l'Italia sarebbe, in tal caso, condannata al declino della sua economia;
tuttavia, come emerso anche dalla consultazione pubblica promossa dal Ministero dello sviluppo economico sulla strategia dell'agenda digitale, il mercato non sarà in grado da solo di conseguire i predetti obiettivi di connessione a internet veloce e ultraveloce nei tempi previsti dall'agenda stessa;
da tutto ciò discende che è indispensabile definire e attivare con la massima urgenza una strategia capace di ottimizzare l'utilizzo delle risorse pubbliche disponibili, in particolare quelle derivanti dai fondi strutturali europei e nazionali, concentrandole nelle aree nelle quali gli investimenti privati non potrebbero avere, senza il concorso di un contributo finanziario pubblico, il necessario ritorno economico-finanziario e realizzare, attraverso un'attenta regia, ogni possibile sinergia tra investimenti pubblici e privati da orientare in funzione degli obiettivi strategici del Paese,


impegna il Governo:


a definire la mappa degli obiettivi di connettività secondo le indicazioni dell'agenda digitale;
a promuovere il coordinamento e l'interoperabilità di tutti gli interventi realizzati o in corso di realizzazione da parte di regioni ed enti locali per lo sviluppo di reti internet veloci;
ad identificare, di conseguenza, le aree nelle quali gli investimenti pubblici finanziati da risorse europee e nazionali dovranno concorrere con capitali finanziari privati ad assicurare la realizzazione della rete, a quantificare le risorse a tal fine disponibili e a definire un piano di interventi con un preciso timing operativo coerente con gli obiettivi dell'agenda digitale;
ad assumere iniziative per prevedere che i contributi pubblici a fondo perduto previsti nel predetto piano siano assegnati con procedure di evidenza pubblica ad imprese che offrano le maggiori garanzie di realizzazione della rete di nuova generazione;
a promuovere le iniziative opportune volte a realizzare la partnership tra i diversi operatori di telecomunicazioni con lo scopo di ottimizzare gli investimenti privati, dotando il territorio nazionale di un backbone per le reti di nuova generazione che assicuri accessibilità, concorrenza tra operatori e valorizzazione delle reti esistenti;
ad assumere iniziative normative per la semplificazione delle procedure autorizzative relative alla realizzazione delle reti di nuova generazione, prevedendo anche, ove necessario, l'attivazione di poteri

sostitutivi dello Stato in considerazione del carattere strategico e di impegno europeo di tali interventi.
(1-00837)
«Lanzillotta, Fabbri, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il processo di digitalizzazione del nostro Paese è ancora troppo lento: dai servizi postali all'educazione, dalla sanità al fisco ed altro, esiste un netto divario con i Paesi più avanzati d'Europa. I dati di alfabetizzazione informatica, di copertura di rete fissa e di sviluppo dei servizi on line, sia sotto il profilo di utilizzo da parte dei consumatori che delle imprese, sono nettamente al di sotto della media europea. Potrebbe fare eccezione solo la diffusione della banda larga mobile, che dovrebbe svilupparsi in seguito alla recente assegnazione alle compagnie telefoniche delle frequenze per la tecnologia sviluppo della LTE;
anche il commercio elettronico nel nostro Paese è poco sviluppato. L'Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell'e-banking, le piccole e medie imprese italiane non utilizzano internet per l'e-commerce o per la fatturazione elettronica. Pochissimi cittadini completano transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione. Il peso di internet nel prodotto interno lordo italiano è ancora attorno al 2,5 per cento in confronto, ad esempio, al 7 per cento dell'economia inglese;
in tale contesto il 2 gennaio 2012 è stata avviata la quarta fase del piano nazionale per la banda larga. Il Ministero dello sviluppo economico, per il proseguimento della realizzazione e dell'attuazione del piano nazionale per la banda larga, ha bandito, tramite la propria società in house Infratel Italia, il quarto bando di gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione di infrastrutture costituite da impianti in fibra ottica per una rete a banda larga. Il bando, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2011, riguarda le regioni Sicilia, Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna e Veneto e il piano sarà realizzato entro il 2015;
l'importo complessivo dei lavori supera i 69 milioni di euro e si inserisce nel quarto intervento attuativo che prevede un investimento di oltre 95 milioni di euro (iva inclusa) per l'abilitazione all'offerta dei servizi a larga banda, mediante la costruzione di circa 2000 chilometri di rete in fibra ottica in oltre 400 aree comunali e subcomunali, in prevalenza in zone ad alta intensità rurale e distretti produttivi, per un totale di oltre 358.000 cittadini;
in occasione del varo del decreto-legge sulle liberalizzazioni, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in una lettera indirizzata all'Esecutivo, ha auspicato l'istituzione dell'agenda digitale per l'Italia definendola documento programmatico e operativo che, attraverso precise politiche e adeguati strumenti, deve indicare una road map per raggiungere gli obiettivi dell'agenda digitale comunitaria;
l'Autorità per le garanzia nelle comunicazioni ha sottolineato che «nessun altro settore è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo del Paese». Anche perché l'Italia è molto indietro rispetto agli obiettivi dell'agenda digitale europea. Inoltre, investendo in banda larga, il prodotto interno lordo pro capite potrebbe crescere di 3-4 punti percentuali;
il 27 gennaio 2012 il Governo ha previsto, nel decreto-legge «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo», l'istituzione dell'agenda digitale per l'Italia, definendo una road map per raggiungere gli obiettivi posti dall'agenda digitale comunitaria dell'agosto 2010 (COM(2010)245 final/2). A tal fine è prevista l'istituzione di una cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale, con il

compito di coordinare l'azione dei vari attori istituzionali coinvolti (Governo, regioni, enti locali, authority);
quasi 5,6 milioni di italiani si trovano in condizione di «divario digitale» e più di 3000 centri abitati soffrono un «deficit infrastrutturale» che rende più complessa la vita dei cittadini. Con la realizzazione della banda larga e ultra larga si intendono abbattere tali limiti ed allineare il Paese agli standard europei,


impegna il Governo:


ad attuare, nell'ambito della nuova politica di diffusione della banda larga e di digitalizzazione del Paese:
a) la circolazione dei contenuti digitali e un ambiente più concorrenziale per i media nell'accesso alle risorse;
b) la realizzazione delle reti fisse di nuova generazione (fibra ottica), con norme che regolino il mercato e ne agevolino l'introduzione nelle pubbliche amministrazioni;
c) una politica per lo spettro radio e per la liberazione di nuove risorse frequenziali e per lo sviluppo delle reti wireless a banda larga;
a promuovere, sempre nell'ambito del processo di digitalizzazione e modernizzazione del Paese, ogni iniziativa volta a favorire l'utilizzo delle reti da parte delle giovani generazioni e da parte della pubblica amministrazione - anche nei rapporti tra questa e i cittadini - nonché lo sviluppo dell'e-commerce, anche attraverso la diffusione della moneta elettronica.
(1-00838)
«Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'evoluzione tecnologica determina gli sviluppi economici e sociali: il XIX secolo è stato caratterizzato dalle macchine a vapore, il XX secolo dall'elettricità, il XXI secolo è il secolo digitale. L'affermarsi della digital & networks economics rende improcrastinabili le trasformazioni radicali dei modelli di sviluppo dove cultura, conoscenza e spirito innovativo sono i volani che proiettano nel futuro: a livello globale la «internet economy» supera i 10.000 miliardi di dollari (presentazione National strategy for trusted identities in cyberspace - Nstic);
nel predisporre il piano delle liberalizzazioni il Governo deve tener conto che, in questi anni, il principale settore che ha generato valore nelle economie avanzate è l'economia di internet. Per la prima volta nella storia economica mondiale la prima azienda per capitalizzazione è un'azienda che ha, come principale fattore di produzione, la conoscenza. I campi d'azione sono molteplici: dai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione ai lavori pubblici, dalla sanità al fisco;
porre il Paese nelle condizioni di sviluppare appieno le potenzialità di internet e delle nuove tecnologie vuol dire: a) creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, ad alto valore aggiunto; consentire allo straordinario patrimonio rappresentato dalle piccole e medie imprese italiane di essere più competitive e generare nuova ricchezza; b) migliorare la trasparenza, semplificare e rendere efficiente la pubblica amministrazione con nuovi servizi ai cittadini; c) recuperare per il nostro Paese il ruolo storico come esempio di imprenditorialità e leadership nella produzione di ricerca, sapere e innovazione; d) generare un tessuto economico e sociale capace di valorizzare il talento, il merito, la competenza e il coraggio con maggiore equità nelle opportunità e nei diritti; e) non solo garantire a tutti i cittadini l'accesso alla rete, ma anche porre «realmente» gli individui nelle condizioni di sfruttare appieno il potenziale espressivo, formativo, creativo e lavorativo fornito dalle nuove tecnologie, individuando anche forme efficaci di tutela della persona;
in Italia, le conseguenze del mancato intervento si riflettono, sia per i

cittadini che per le aziende, sugli indici di digitalizzazione, che si attestano su posizioni di retrovia: i dati di alfabetizzazione informatica, di copertura di rete fissa e di sviluppo dei servizi on line, sia sotto il profilo di utilizzo da parte dei consumatori che delle imprese, sono nettamente al di sotto della media europea. Non a caso il peso di internet nel prodotto interno lordo italiano è ancora al 2,5 per cento contro, ad esempio, il 7 per cento dell'economia inglese. Questo dato da solo spiega forse meglio di tutti il differenziale di crescita fra l'economia italiana e le economie occidentali che mantengono una prospettiva di sviluppo;
i principali Paesi europei si sono da tempo dotati di piani strategici di sviluppo delle reti di nuova generazione (ngn) in linea con gli obiettivi dell'agenda digitale europea che Neelie Kroes, il Commissario per la società dell'informazione e i media della Commissione europea, considera elemento base della sostenibilità socioeconomica. Tali piani mirano a creare condizioni favorevoli allo sviluppo degli investimenti privati, favorendo la collaborazione tra i vari operatori e tra questi e le amministrazioni pubbliche;
il Governo britannico ha sviluppato il «Digital Britain» per un settore che già oggi vale il 7,2 per cento del prodotto interno lordo, più della quota riservata alla spesa sanitaria;
il Governo tedesco ha un redatto il progetto «Digital Deutschland 2015», nel quale, tra le altre cose, si stima che la banda ultra larga genererà 1 milione di nuovi posti di lavoro in Europa;
il Governo francese ha assegnato allo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ict) 4,5 miliardi di euro, 500 milioni di euro in più di quanto raccomandato dal rapporto strategico «Investir pour l'avenir»;
il Governo spagnolo si è dato come obiettivo di investire in innovazione il 4 per cento del prodotto interno lordo entro il 2015 ed arrivare a 150 brevetti annui per milione di abitanti;
nel nostro Paese le risorse pubbliche destinate al superamento del digital divide sono esigue e certamente insufficienti a fronte di un fabbisogno stimato pari a 20 miliardi di euro per passare dall'attuale penetrazione della banda larga dall'attuale 17 per cento al 23 per cento della media europea;
l'assenza di un obbligo di fornitura del servizio universale, da parte delle compagnie di telecomunicazione, ha creato un ulteriore discrimine tra i cittadini e imprese che hanno accesso alla banda larga di prima generazione e coloro che ne sono esclusi ha aumentato il già ampio divario con l'Europa, dove sono già disponibili reti a 50 megabit al secondo presto ampliate da quelle di nuova generazione fino a 100 megabit al secondo;
i finanziamenti pubblici devono essere destinati, nell'ambito delle aree sottoutilizzate, ai bacini territoriali caratterizzati da importanti insediamenti demografici ed industriali, come le aree nelle quali si collocano distretti industriali, in quanto maggiormente sollecitati nell'agone competitivo globale. In tali aree, l'assenza di un'adeguata capacità di banda costituisce un grave svantaggio competitivo che potrebbe essere colmato sviluppando una domanda di servizi innovativi che poggiano le basi sulle reti di nuova generazione a banda «ultra larga», anche per contrastare l'erosione della propria competitività attraverso innovazioni di processo;
su un universo di circa un milione di piccole e medie imprese, circa 300 mila sono dislocate in aree che necessitano di banda ultra larga, di queste, 100 mila si trovano in aree con la più elevata priorità, in quanto corrispondenti a zone ad alta densità di aziende. Sviluppare moderne infrastrutture di nuova generazione, con un'alta capacità di trasmissione nelle suddette aree, è tale da consentire l'interconnessione di tutte le 100 mila aziende in aree con una maggiore priorità mediante un'infrastruttura di rete di nuova generazione a banda ultra larga;

i distretti sono dislocati su tutto il territorio nazionale e concentrati principalmente nei centri e nelle province di media e piccola dimensione e nelle aree poste in prossimità dei grandi centri urbani. In particolare, le aree sono Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Campania, Puglia e Sicilia;
l'attuale situazione del mercato italiano vede la presenza di Telecom Italia come operatore incumbent, dominante in tutti i segmenti della catena del valore, proprietario dell'unica infrastruttura di accesso in rame necessaria a tutti gli operatori alternativi per offrire i propri servizi. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, non esistono infrastrutture alternative, come, ad esempio, le reti via cavo, ad eccezione di Fastweb, che potrebbero consentire una competizione più efficace nella fornitura dei servizi ai clienti;
la delibera n. 731/09/CONS, in cui l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva formulato alcune previsioni rivolte alle reti di nuova generazione ed alle infrastrutture atte ad ospitarle, riprende quanto previsto dagli impegni di Telecom Italia quali l'obbligo di fornire accesso alle infrastrutture civili ed alla fibra spenta (delibera 718/08/CONS) che sono stati ampiamente disattesi;
in tema di liberalizzazioni, quella sancita dalla Corte costituzionale trentacinque anni fa nel settore televisivo, ha reso possibile l'avvio dello sviluppo dell'emittenza privata consentendo alle piccole e medie imprese del Paese di accedere ai media per la promozione delle loro attività. La capacità delle televisioni locali di operare anche come aziende di telecomunicazione, oltre che editoriali, ha portato alla migliore ottimizzazione possibile nell'utilizzazione dello spettro radioelettrico dedicato alle trasmissioni televisive, consentendo lo sviluppo di una rete di aziende produttrici di apparati di trasmissione che, pur partendo da approcci spesso artigianali, costituiscono ancora oggi un comparto fra i primi cinque al mondo;
oggi come allora gli operatori di rete in ambito locale, partendo dalla migliore utilizzazione delle frequenze televisive a loro assegnate, potrebbero costituire un'importante risorsa per le centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che, per la loro competitività, sono bisognose di accesso alla banda larga;
la recente gara per i servizi mobili di quarta generazione (4G) ha generato un introito di circa 4 miliardi di euro per le casse dello Stato. Tale incasso, principalmente dovuto alla messa a disposizione di frequenze pregiate (la cosiddetta banda Uhf) precedentemente destinate ad uso televisivo, sarà inevitabilmente destinato a salire nel caso di nuove aste, considerata la crescita esponenziale del mercato radiomobile trainato dall'introduzione degli smartphone e dai tablet, e visto il costante trend di crescita a livello mondiale del valore delle frequenze nell'ultimo decennio. Data l'imprescindibile necessità di broadband, il wireless broadband costituisce un'opportunità irrinunciabile per il Paese che, se negli anni Novanta poteva vantare una penetrazione dei servizi mobili di seconda generazione assai maggiore rispetto agli Stati Uniti, con l'avvento dei servizi mobili di terza generazione è stata ampiamente superata sia come penetrazione del servizio che come tasso di crescita. Il wireless broadband è, inoltre, di fondamentale importanza in quanto consente di fornire l'accesso ai servizi broadband, sia alle aziende che agli utenti consumer, in tempi molto più brevi rispetto alle rete fissa;
il Parlamento ha impegnato il Governo ad annullare il bando di gara per l'assegnazione dei diritto d'uso di frequenze in banda televisiva ed il conseguente disciplinare di gara, il cosiddetto beauty contest, che avrebbe aumentato, a titolo gratuito, la già rilevante dotazione di frequenze dei soggetti già operanti nel mercato televisivo. L'impetuosa crescita del wireless broadband impone la liberazione di un ulteriore spettro elettromagnetico

insieme a quello del beauty contest da destinarsi ai servizi mobili di quarta generazione;
proprio in questi giorni si sta svolgendo a Ginevra il World radiocommunication conference 2012 che fisserà l'agenda per la liberazione di ulteriori canali in banda Uhf (dal canale 50 al canale 60), oltre a quelli già messi a disposizione (dal canale 61 al canale 69), e di altre bande di frequenza da destinarsi al wireless broadband entro il 2015. Tali risorse dovranno essere oggetto di una nuova asta, da realizzarsi nel prossimo triennio, che dovrà essere orientata alla neutralità tecnologica, così come previsto dalla direttiva europea, in modo da riscuotere interessi anche di nuovi soggetti oltre a quelli già scontati degli operatori di telecomunicazioni mobili;
vista l'impossibilità del mercato italiano di remunerare gli investimenti necessari per la realizzazione di più reti a banda ultra larga, la via sostenibile per la realizzazione di una rete a banda larga ultra veloce, dunque, è l'identificazione di una Netco, come indicato nel memorandum of understanding firmato dagli operatori con il Ministero dello sviluppo economico nel novembre 2010, per la realizzazione di un'infrastruttura passiva, neutrale, aperta ed economica, che porti la rete in fibra al 50 per cento della popolazione italiana;
a seguito della comunicazione adottata il 20 settembre 2010 dalla Commissione europea, che presenta 16 azioni concrete intese a raddoppiare entro il 2015 la quota del commercio elettronico nelle vendite al dettaglio e quella dell'economia di internet nel prodotto interno lordo europeo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha proposto una serie di interventi legislativi illustrati al Parlamento il 18 gennaio 2012. l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni chiede misure di semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi nonché iniziative diverse dagli investimenti pubblici per facilitare la creazione di un ecosistema digitale e fluidificare il percorso di aziende e cittadini nella produzione e fruizione dei contenuti digitali. Tra i principali interventi puntuali da adottare: a) promozione delle reti di telecomunicazione di nuova generazione attraverso la semplificazione delle procedure amministrative con abolizione delle autorizzazioni, concessioni e di tutti gli altri atti amministrativi non indispensabili; b) condivisione dei lavori di scavo da parte di differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas, acqua e altro); c) incentivi alla circolazione dei contenuti digitali per favorire un ambiente più concorrenziale nell'accesso alle risorse per i media; d) promozione delle transazioni on line attraverso norme pro digitalizzazione improntate alla riduzione dei costi e degli adempimenti, oltre che alla facilità di accesso ai contenuti digitali, che sono un diritto per il cittadino; e) lo sviluppo della moneta elettronica e dell'e-commerce attraverso la diffusione delle tecnologie near field communication per i pagamenti in mobilità; f) la possibilità di notifica degli atti giudiziari e delle infrazioni al codice della strada a mezzo di posta elettronica certificata; g) la nullità delle clausole contrattuali in accordi di distribuzione che vietino la vendita diretta su canale on line; h) l'alfabetizzazione digitale, utilizzando il canale scolastico e quello dei media; i) l'uso sociale della tecnologia nel mercato del lavoro e per una sanità digitale. Interventi che dovrebbero essere completati dall'adozione di una politica dello spettro radio coerente con i principi comunitari in cui siano valorizzate le risorse frequenziali, liberando più risorse per la larga banda;
è urgente e necessario prevedere un piano di migrazione completa dall'attuale rete in rame al fine di garantire una sostenibilità del progetto ed evitare l'aumento dei prezzi ai clienti finali;
le regole sui servizi di accesso delle reti di nuova generazione, che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni doveva definire, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo sono state un'occasione persa per creare le condizioni di

sviluppo del mercato italiano della fibra ottica;
è necessario realizzare una rete aperta, senza sovrapposizioni, che preveda una suddivisione dei costi tra gli operatori. La presenza di un altro operatore in alcune aree non renderebbe il mercato concorrenziale, ma porterebbe ad uno sviluppo a diverse velocità della rete di nuova generazione con un aggravio di prezzi per i consumatori;
la rete è un patrimonio che va mantenuto ed implementato e l'organizzazione dei lavori non può prescindere dal coinvolgimento sistematico e strutturato degli stakeholder per garantire l'apporto delle intelligenze operative multidisciplinari necessarie e garantire il volume degli investimenti necessari a migliorare il servizio e la qualità dei contenuti;
le tecnologie digitali non sono solo un importante mezzo di comunicazione interpersonale sul quale focalizzarsi per evidenziare gli usi distorti che ne possono conseguire, ma sono anche una grande occasione, estesa ad ogni settore dell'economia e della società, per favorire profonde trasformazioni mediante la digitalizzazione;
è compito precipuo dei media, in particolare del servizio pubblico, impegnarsi in una equilibrata opera divulgativa nei confronti delle tecnologie digitali, orientando aziende e cittadini verso un loro corretto utilizzo. Solo attraverso una corretta informazione si potrà beneficiare al massimo delle grandi possibilità offerte dal mutare del contesto tecnologico,


impegna il Governo:


ad attuare un piano di infrastrutturazione tecnologica in fibra ottica per massimizzare la penetrazione dei servizi broadband per restare allineati alle principali economie, assicurando la competitività delle aziende, la continuità operativa dei servizi essenziali e l'offerta di servizi sempre più evoluti;
a perseguire l'obiettivo della creazione di un'infrastruttura di telecomunicazione capace di fronteggiare le sfide dell'innovazione idonea a permettere sempre più elevate prestazioni, vale a dire far fronte alle crescenti esigenze di nuovi e più evoluti servizi nel settore dell'informatica e delle telecomunicazioni;
a sviluppare una strategia che si dimostri adeguata a permettere ai cittadini ed alle imprese collocate in tali aree (circa 300 mila, di cui 100 mila in aree a più elevata priorità) di sviluppare rapidamente una domanda di accesso a servizi innovativi, per contrastare l'erosione della propria competitività attraverso innovazioni di processo;
a prevedere interventi per opere di modernizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione strategiche per la crescita economica, civile e culturale con la realizzazione di una rete in fibra ottica che possa essere efficacemente strutturata negli anni, in funzione anche di significativi cambiamenti della pianificazione, delle esigenze e dell'effettiva disponibilità delle risorse;
a riservare un adeguato ruolo agli operatori di rete in ambito locale valorizzando la cospicua esperienza acquisita quali aziende di telecomunicazione in ambito televisivo e consentendo di estendere la loro capacità di impresa sul territorio, a beneficio di centinaia di migliaia di piccole e medie imprese, alla fornitura - in neutralità tecnologica - dei nuovi servizi in banda larga nell'ambito delle frequenze a loro assegnate;
ad incentivare la ricerca e le applicazioni alternative come, ad esempio, la power line communication (plc) per le aree rurali o le nuove tecnologie fotoniche studiate, tra gli altri, dal Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa per quanto riguarda le reti di trasmissione dati ultra veloci via cavo e via etere;
a ritenere prioritaria, in relazione al complesso di interventi volti a sostenere il rilancio dell'economia del Paese, la finalità

di assicurare, attraverso il piano di sviluppo delle nuove reti, un'alta capacità di trasmissione alle principali città ed ai distretti industriali che ancora scontano un forte divario di connettività;
a promuovere la realizzazione di one network, un'unica infrastruttura di rete a banda larga, aperta, efficiente, neutrale, economica e già pronta per evoluzioni future, garantendo il rispetto delle regole di libero mercato e concorrenza nella fornitura di accesso e servizi agli utenti finali privati ed imprese con un'unica rete all'ingrosso e concorrenza al dettaglio;
a promuovere ed incentivare una tempestiva migrazione dalla rete in rame a quella in fibra ottica alla cui realizzazione dovranno partecipare e contribuire tutti gli operatori;
a dotare con urgenza l'Italia di un'organica agenda digitale che preveda interventi nell'ambito delle infrastrutture tecnologiche, dei servizi finali e infrastrutturali, includendo i necessari standard per l'e-business e per i beni digitali (o «neobeni puri», secondo la definizione del Cnel) e di una più organica regolamentazione;
a promuovere ogni iniziativa volta alla massima diffusione dell'utilizzo delle tecnologie digitali e alla sperimentazione dei relativi vantaggi, anche con riferimento alla disciplina dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini;
a prevedere la neutralità tecnologica per tutti gli operatori di rete, anche quelli televisivi, al fine di ottimizzare l'utilizzo dello spettro elettromagnetico oltre che renderlo remunerativo per lo Stato.
(1-00839)
«Dozzo, Caparini, Crosio, Pini, Montagnoli, Fedriga, Fogliato, Lussana, Desiderati, Buonanno, Di Vizia, Torazzi, Allasia, Maggioni, Dal Lago».

La Camera,
premesso che:
lo sviluppo e la diffusione delle reti a banda larga costituiscono una priorità strategica per lo sviluppo e la crescita economica e l'eliminazione del divario digitale, indispensabile, tra l'altro, per ridurre il divario delle aree sottoutilizzate;
in Europa l'agenda digitale è una delle sette iniziative portanti della strategia Europa 2020 e mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, fissando precisi obiettivi in materia di disponibilità di infrastrutture di comunicazione ad alta velocità sul territorio;
l'Italia appare in ritardo dal punto di vista infrastrutturale rispetto agli obiettivi fissati dall'agenda digitale europea. Le connessioni in adsl coprono solo il 61 per cento del territorio, come risulta dal rapporto Censis, mentre le connessioni in fibra ottica ad altissima velocità coprono solo parzialmente le grandi città;
nella relazione annuale al Parlamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dell'estate 2011 si rileva, infatti, che «la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga (fisso e mobile) è inferiore al 50 per cento, a fronte di una media europea del 61 "la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga (fisso e mobile) è inferiore al 50 per cento", inoltre "esiste ancora un 4 per cento di digital divide da colmare, cui si aggiunge circa il 18 per cento della popolazione servita da adsl sotto i 2 mbit al secondo". Tutto questo, secondo il presidente Calabrò, "potrebbe anche precludere all'Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga"»;
la relazione evidenzia che, a fronte della grande diffusione della telefonia mobile, con oltre una sim e mezza per abitante e con 12 milioni di italiani che navigano dal telefonino nel 2011, «nella rete fissa, invece, la situazione è più stagnante, sebbene oltre 5 milioni di linee siano attive in unbundling e nonostante il miglioramento della qualità della rete. La penetrazione del 22 per cento della banda larga fissa migliora il dato del 20,6 per

cento dello scorso anno ma rimane indietro rispetto alla media europea del 26,6 per cento». Insomma, «il modello della connessione dal computer fisso ancora non si afferma: non ci si abbona alla banda larga anche quando è disponibile e spesso anche con tariffe promozionali convenienti», anche perché «il fondamentale gap digitale dell'Italia è innanzitutto culturale e di alfabetizzazione informatica»;
secondo i dati della Commissione europea, a fronte di una percentuale di servizi pubblici di base interamente disponibili on line, che in Italia raggiunge il 100 per cento - saldamente davanti alla Germania (90,9 per cento), Francia (83,3 per cento) e Unione europea a 27 (80,9 per cento) - le abitazioni in Italia con un accesso a internet sono solo il 62 per cento, contro l'83 per cento della Germania, il 76 per cento della Francia, l'85 per cento della Gran Bretagna, l'84 per cento della Finlandia e il 91 per cento della Svezia. In pratica, quattro famiglie su dieci in Italia non hanno fisicamente la possibilità di collegarsi al web tramite rete fissa ed il 39 per cento della popolazione tra i 16 e i 74 anni non si è mai collegata alla rete né fissa né mobile, mentre solo un inglese su dieci non ha mai sperimentato una pagina web in qualunque sua forma;
il problema dello sviluppo della rete in un mercato liberalizzato richiede un quadro regolatorio chiaro e semplice che assicuri gli investimenti per lo sviluppo del servizio universale con un coinvolgimento degli operatori, a seconda delle diverse posizioni nel mercato, e con investimenti pubblici che possano assicurare lo sviluppo della rete nel mercato concorrenziale;
in particolare, con riferimento allo sviluppo delle reti in fibra ottica o new generation network (ngn) a banda ultra larga si stima congruo un investimento tra i 10 e i 15 miliardi di euro e, secondo recenti studi riportati in un articolo del Sole 24 Ore, ogni miliardo di investimenti in banda larga potrebbe generare un incremento in termini di prodotto interno lordo fino a 1,5 miliardi di euro;
come riconosciuto recentemente dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e da numerosi studi scientifici, gli investimenti in banda larga hanno effetti considerevoli sulla crescita del reddito nazionale delle società avanzate, sia direttamente per l'attività di progettazione e impianto delle reti, che indirettamente, in virtù dell'aumento complessivo di produttività, del livello di innovazione e di base occupazionale delle attività economiche che utilizzano e beneficiano delle reti di nuova generazione per i loro processi produttivi;
una ricerca della Banca mondiale del 2009, confermata, peraltro, da altre analisi indipendenti, valuta come una variazione di 10 punti percentuali della penetrazione della banda larga possa generare un aumento di 1,21 punti percentuali di crescita del prodotto interno lordo pro capite nelle economie dei Paesi sviluppati;
secondo uno studio della Oxford Economics, un livello di investimenti in banda larga a livelli statunitensi consentirebbe all'Europa una crescita del prodotto interno lordo di circa il 5 per cento e del 7 per cento per l'Italia; sulla base delle stime del Progetto Italia digitale 2010 di Confindustria, l'attivazione delle reti di nuova generazione fisse e mobili può generare a regime risparmi di 40 miliardi di euro annui, grazie, soprattutto, alla possibile crescita dimensionale del telelavoro e della digitalizzazione degli adempimenti fiscali e amministrativi,


impegna il Governo:


a rendere disponibili le risorse già stanziate per la banda larga nelle regioni sottoutilizzate del Paese, al fine di assicurarne la copertura anche nelle aree meno remunerative;
a rivedere il quadro programmatico strategico degli investimenti nel settore delle reti di comunicazione a larga banda, al fine di assicurare il conseguimento da

parte dell'Italia degli obiettivi fissati nell'agenda digitale europea.
(1-00840)
«Galletti, Rao, Mereu, Compagnon, Bonciani, Ciccanti, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
l'implementazione del settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso lo sviluppo delle reti di nuova generazione (ngn), rappresenta un volano di crescita economica da considerarsi ormai prioritario anche per il nostro Paese;
come ha affermato il presidente della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel corso della sua audizione presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati, il 18 gennaio 2012, le reti di nuova generazione, fisse e mobili, possono promuovere la crescita almeno di un punto di prodotto interno lordo per ogni incremento di dieci punti percentuali di diffusione della banda larga e, al contempo, generare importanti risparmi, valutati in quasi 40 miliardi di euro all'anno a regime per l'Italia;
la realizzazione delle nuove reti comporta, tuttavia, investimenti di notevole entità, che solo in parte possono essere sostenuti dalle imprese, e necessitano di un forte impegno di risorse pubbliche;
mentre in Europa i vincoli imposti dalle normative comunitarie limitano le possibilità di ricorso ad investimenti pubblici, in molti Paesi extraeuropei sono stati già avviati, o sono comunque in corso di realizzazione, vasti programmi di investimenti, sia pubblici che privati: 19 miliardi di dollari negli Stati Uniti, 100 miliardi di dollari in Cina, 50 miliardi di dollari in Giappone, 40 miliardi di dollari in Corea, 30 miliardi di dollari in Australia;
l'Italia sconta ancora forti ritardi nel percorso verso la più ampia e diffusa fruizione della rete internet, con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, pari a circa il 22 per cento della popolazione, contro una media europea del 26 per cento, e con una copertura territoriale di reti in fibra ottica pari al 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici passati in fibra e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione;
in questa prospettiva, si è proceduto nel 2011 alla gara per le frequenze destinate agli operatori di telefonia per lo sviluppo della sviluppo della long term evolution (lte), gara che si è conclusa nel settembre 2011 con un incasso per l'erario di oltre 3,9 miliardi di euro;
il citato ritardo, tuttavia, non può essere compensato dall'ampio sviluppo degli accessi ad internet attraverso gli strumenti - quali smartphone e chiavette usb - che utilizzano linee di telefonia mobile, in quanto le prestazioni garantite da questi collegamenti non sono comparabili a quelle assicurate dalla reti fisse;
infatti, la stessa rete mobile necessita di un adeguato supporto da parte della infrastruttura in fibra ottica, il cui sviluppo appare quindi un passaggio ineludibile per consentire al nostro Paese di accedere alla rete di trasmissione mobile di quarta generazione (lte);
gli obiettivi verso i quali occorre attivarsi in direzione dello sviluppo delle reti di nuova generazione, peraltro, sono indicate nell'agenda digitale europea, che prevede il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013, il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità superiore a 30 megabit al secondo al 2020, almeno il 50 per cento degli abbonamenti a velocità superiore a 100 megabit al secondo al 2020;
in questo quadro, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la recente segnalazione inviata il 12 gennaio 2012 al Parlamento e al Governo, ha proposto l'istituzione di un'agenda digitale per l'Italia, documento programmatico e operativo che, attraverso adeguate politiche

e strumenti, deve consentire il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda digitale europea;
fra le misure concretamente indicate dall'Autorità figurano, tra l'altro: la semplificazione ed armonizzazione delle procedure amministrative per la diffusione delle reti; il rafforzamento della normativa di settore per l'accesso alle infrastrutture civili ai fini della realizzazione di reti in fibra ottica; l'aumento dell'utilizzo e della diffusione delle aree wi-fi nei luoghi pubblici;
la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la delibera n. 1 del 2012, ha provveduto all'individuazione degli obblighi regolamentari per i servizi di accesso alle reti di nuova generazione, predisponendo in tal modo, la cornice regolatoria necessaria al processo di realizzazione delle nuove infrastrutture,


impegna il Governo:


in coerenza con gli obiettivi indicati dall'agenda digitale europea, ad adottare le necessarie iniziative, anche di carattere normativo:
a) per assicurare lo sviluppo e la diffusione delle reti fisse e mobili di nuova generazione su tutto il territorio nazionale, anche mediante l'implementazione di un'adeguata infrastruttura in fibra ottica, favorendo in tal modo l'eliminazione del digital divide;
b) per incentivare gli investimenti nel settore delle reti di nuova generazione, anche attraverso la destinazione di adeguate risorse pubbliche;
c) per favorire la concorrenza fra operatori di rete fissa e mobile;
d) per sostenere lo sviluppo dei servizi collegati alla rete, anche con riferimento a quelli resi dalla pubblica amministrazione, in modo da sollecitare sinergicamente la diffusione della rete stessa.
(1-00841)
«Valducci, Romani, Baldelli, Biasotti, Bergamini, Cesaro, Colucci, D'Alessandro, Galati, Garofalo, Landolfi, Lupi, Nizzi, Papa, Piso, Simeoni, Testoni, Palmieri».

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresenta una piaga sociale prima ancora che economica, coinvolge una percentuale non trascurabile di cittadini e operatori economici e compromette l'equilibrio dei conti pubblici e l'equità del sistema fiscale;
secondo i dati forniti dalla Guardia di finanza nel 2011, 12.000 italiani sono stati denunciati per evasione fiscale e 7.500 di loro sono risultati evasori totali, cioè sconosciuti al fisco, cui hanno occultato 21 miliardi di euro di redditi;
secondo quanto evidenziato di recente dal presidente dell'Istat in Italia è praticamente impossibile definire un ammontare preciso dell'evasione fiscale, che si aggirerebbe tra i 120 e i 150 miliardi di euro. Tale dato dall'oggettiva e dichiarata imprecisione non consente, di fatto, di cogliere l'evoluzione del fenomeno negli anni;
stando ai dati Istat, di contro l'economia sommersa è al 17 per cento del prodotto interno lordo; se si esclude la pubblica amministrazione, dove non c'è economia sommersa, la media è del 20 per cento;
il fenomeno ha suscitato di recente una grande attenzione mediatica, a seguito delle iniziative delle autorità competenti volte all'individuazione dei potenziali evasori in luoghi particolarmente simbolici. L'attenzione mediatica ha accresciuto l'indignazione dei cittadini italiani costretti a importanti sacrifici da una politica di rigore e austerità;

il fenomeno dell'evasione fiscale è strettamente correlato a quello della corruzione, poiché in talune circostanze il mancato pagamento dei tributi rappresenta lo strumento attraverso cui raccogliere risorse destinate a finanziare pratiche corruttive;
in una recente audizione alla Camera dei deputati dei rappresentanti della Banca d'Italia è stato evidenziato che: «la corruzione non solo danneggia la P.A., ledendone l'integrità, il prestigio e il buon andamento, ma - ove particolarmente diffusa - può inquinare gli stessi meccanismi di produzione della ricchezza. Elevati livelli di corruzione, infatti, distorcono l'allocazione efficiente delle risorse, sottraendole alle attività produttive»;
in ragione di tali aspetti appare del tutto auspicabile un percorso di lotta all'evasione che contempli meccanismi attivi di controllo delle dinamiche di corruzione, essendo questi fenomeni strettamente legati;
malgrado esista dal 1970 l'anagrafe tributaria, quale banca dati utilizzata per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fiscalità dei contribuenti italiani, che elabora circa 200 milioni di documenti ogni anno, non sembrano esserci sensibili miglioramenti nei meccanismi di controllo dell'evasione, che rappresenta un fenomeno sociale consolidato;
dal 1o luglio 2011 è entrato in vigore lo strumento del cosiddetto «spesometro», che consentirebbe di monitorare le entrate dei contribuenti per ogni acquisto superiore a un tetto che varia dai 3.000 a 3.600 euro. Si tratta di un meccanismo che prevede l'interazione con l'Agenzia delle entrate da parte dei prestatori di servizi. Ma anche su questo fronte vi sono non poche criticità, in virtù della macchinosità del sistema software e dei criteri da seguire, a cui si aggiungono i ritardi nell'applicazione di tali meccanismi;
al momento non vi è obbligo in capo all'amministrazione di procedere all'accertamento tributario mediante l'incrocio delle informazioni e dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, ai flussi finanziari del singolo contribuente e allo «spesometro», «redditometro» e «riccometro»;
l'ipotesi di riconoscere a ciascun contribuente la possibilità di dedurre o detrarre in una qualche misura le spese relative ai consumi istituirebbe, grazie al meccanismo del cosiddetto «contrasto di interesse», un incentivo economico nella lotta all'evasione;
ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione italiana, «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
l'elusione fiscale si configura come il meccanismo attraverso il quale il contribuente mira a eludere l'imposizione attraverso condotte che non hanno altra giustificazione economica, se non quella di sfruttare strumentalmente le lacune dell'ordinamento, in modo tale da non far sorgere in tutto o in parte un obbligo tributario;
la normativa italiana non riconosce una disciplina antielusiva generale, sussistendo, invece, norme anti-elusione relative solo ad alcune tipologie di tributi. La teoria dell'abuso nel diritto tributario ha ottenuto un definitivo riconoscimento attraverso le sentenze della Corte di cassazione, Sezioni unite civili, nn. 30055 e 30057 del 2008, che legano il divieto di abuso all'articolo 53 della Costituzione,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche normative, volte a:
a) prevedere la verifica incrociata delle dichiarazioni dei redditi di ciascun contribuente con i dati registrati dallo «spesometro» ed il valore dei flussi finanziari, al fine di rendere più efficienti le dinamiche di controllo messe a punto

dagli organi deputati e dare corretta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
b) rafforzare le sanzioni per i reati di evasione e frode fiscale e rivedere la normativa in materia di falso in bilancio;
c) prevedere la deducibilità e detraibilità parziale delle spese relative ai consumi, per incentivare l'emersione a fini fiscali delle transazioni;
d) promuovere, anche attraverso la stipula di accordi con i maggiori istituti bancari, il controllo dei capitali italiani all'estero, in particolare di quelli locati presso i cosiddetti «paradisi fiscali», e la verifica delle attività svolte da consulenti e mediatori finanziari;
e) rafforzare il contrasto alla corruzione, anche attraverso l'introduzione del reato di corruzione privata e la revisione della normativa vigente in materia di liberalità e donazioni, per impedirne l'uso fraudolento a fini fiscali;
f) intervenire sulla normativa fiscale al fine di introdurre una disciplina antielusiva generale, che garantisca la piena applicazione del principio di cui all'articolo 53 della Costituzione italiana.
(1-00842)
«Di Biagio, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Consolo, Lo Presti, Moroni».

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale costituisce un elemento di grave impatto sul sistema nazionale, sulla leale concorrenza tra gli operatori e sulla tenuta del patto sociale tra gli italiani;
per combattere l'evasione sono da tempo in atto programmi operativi e di collaborazione tra l'amministrazione dello Stato, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed il sistema di esazione;
l'efficace professionalizzazione dei sistemi di controllo ha consentito, dal 2006 ad oggi, la positiva progressiva crescita di recupero dell'evasione, tanto che la stessa Ocse - in occasione del quarto forum mondiale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali - ha recentemente riconosciuto che l'Italia è la nazione che si è maggiormente distinta nella lotta all'evasione ed ai paradisi fiscali;
il Governo Berlusconi ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione;
tra i provvedimenti principali in materia di attività di accertamento e riscossione, si ricordano:
a) il potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, attraverso misure di incentivazione che hanno attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l'intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell'attività di accertamento;
b) la revisione e il potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva, al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato;
c) l'impegno per la realizzazione del piano di accertamenti nei confronti delle imprese di medie dimensioni sulla base di specifiche analisi del rischio;
d) l'introduzione di significative novità ai fini della riscossione, per le quali gli accertamenti per imposte sui redditi, iva e irap, dovranno contenere anche l'intimazione al pagamento degli importi in

essi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso (accertamento esecutivo). Tali atti diverranno, dunque, prontamente esecutivi; tuttavia, il «decreto sviluppo» del mese di luglio 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011) ha attenuato il principio del «solve et repete», disponendo la sospensione dell'esecuzione forzata, eventualmente conseguente ai predetti atti, per centottanta giorni decorrenti dall'affidamento in carico agli agenti della riscossione;
e) l'ulteriore rafforzamento del controllo sulle compensazioni. In tema di indebito uso di crediti in compensazione sono stati previsti un'intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di imposte sui redditi e iva, con l'intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali;
si ricordano le disposizioni antielusive volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società: viene considerata reddito diverso ai fini irpef la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Inoltre, è prevista l'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato;
si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione, attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa in specifici settori e la collaborazione con altri enti; l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia possono intervenire coattivamente per il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria per il 2003;
sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagini finanziarie, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria;
sono state introdotte disposizioni in materia di studi di settore, dirette in estrema sintesi:
a) a differirne i termini di pubblicazione;
b) ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi;
c) a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;
d) a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;
e) ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti;
alcune delle disposizioni sopra richiamate sono state introdotte a seguito delle legittime richieste da parte di associazioni rappresentative del mondo produttivo, che avevano sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative sia stato quello di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, tenendo conto anche della situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale, che ha comportato una crisi economico-occupazionale in molti comparti del settore economico

primario e secondario, determinando una significativa contrazione dei consumi e delle commesse; situazione, tra l'altro, aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità, e dal crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
nella convinzione che la battaglia contro l'evasione fiscale debba essere proseguita e rafforzata, occorre, inoltre, distinguere tra l'evasione «di massa» e l'evasione «interpretativa»;
per evasione «di massa» si intende la sistematica sottodichiarazione dei redditi, attraverso, ad esempio, la sottofatturazione dei corrispettivi realizzati;
l'evasione «interpretativa» (che coincide solo in parte con la cosiddetta elusione) è, invece, un comportamento più articolato e complesso, che consiste, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione;
nella generalità dei casi, cambiano i soggetti che mettono in campo i predetti comportamenti illeciti:
a) le piccole strutture, scarsamente organizzate e che operano direttamente nei confronti dei consumatori finali, generalmente occultano completamente il presupposto di applicazione dei tributi, realizzando di regola fenomeni di «evasione di massa»;
b) le strutture di dimensione più rilevanti - e come tali più «rigide» dal punto di vista amministrativo - generalmente non pongono in essere fenomeni di evasione di massa (occultamento sistematico, totale o parziale, del presupposto imponibile), ma fenomeni di «evasione interpretativa»; essi, infatti, variamente manipolano (con interpretazioni «capziose») la normativa tributaria, allo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti;
è evidente che le strategie che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, deve mettere in campo saranno profondamente diverse a seconda che si intenda contrastare la cosiddetta evasione di massa ovvero la cosiddetta evasione interpretativa;
più in particolare, è evidente che un «intervento umano» (cioè dall'amministrazione finanziaria sia civile che militare) appare preferibile o, per meglio dire, obbligato, laddove si intenda contrastare la cosiddetta evasione interpretativa in quanto, in questi casi:
a) l'anagrafe tributaria può rappresentare «solo» un utile supporto per l'innesco di più approfonditi controlli;
b) per l'effettuazione di controlli efficaci non potrà prescindersi dal lavoro svolto dal personale civile e militare dell'amministrazione finanziaria, che dovrà individuare il comportamento illecito (eventualmente) tenuto dal contribuente e ricostruire il corretto carico tributario che lo stesso avrebbe dovuto scontare;
invece, per contrastare l'evasione di massa, appare opportuno affidarsi ad un massiccio utilizzo dell'anagrafe tributaria, in modo combinato con strumenti di accertamento sintetici (cosiddetto redditometro);
il potenziamento degli strumenti di indagine finanziaria messi a disposizione con il recente decreto-legge n. 102 del 2011 ha ampliato i poteri di indagine dell'amministrazione finanziaria, ma pone necessariamente problemi di tutela della privacy dei contribuenti;
alcuni recenti interventi giurisprudenziali hanno contribuito a rendere ancor più complicato applicare correttamente le disposizioni tributarie, determinando una non chiara distinzione tra legittimo risparmio d'imposta ed elusione/abuso del diritto,


impegna il Governo:


ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a:
a) rafforzare il coordinamento tra le banche dati a disposizione dell'anagrafe tributaria e le altre banche dati, in particolare quelle degli enti locali, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
b) coinvolgere gli enti locali nella segnalazione qualificata all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine;
c) utilizzare le informazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti nel pieno e rigoroso rispetto della privacy dei contribuenti;
d) delimitare la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto, distinguendo i comportamenti dei contribuenti volti ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio d'imposta;
e) evitare quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono forme di spettacolarizzazione inutili e, al contrario, concentrare le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario;
f) introdurre ulteriori elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa;
g) adottare misure di semplificazione del sistema fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
(1-00843)
«Leo, Bernardo, Saltamartini, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, Biava».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale costituisce un elemento di grave impatto sul sistema nazionale, sulla leale concorrenza tra gli operatori e sulla tenuta del patto sociale tra gli italiani;
per combattere evasione sono da tempo in atto programmi operativi e di collaborazione tra l'amministrazione dello Stato, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed il sistema di esazione;
l'efficace professionalizzazione dei sistemi di controllo ha consentito, dal 2006 ad oggi, la positiva progressiva crescita di recupero dell'evasione, tanto che la stessa Ocse in occasione del quarto forum mondiale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali - ha recentemente riconosciuto che l'Italia è la nazione che si è maggiormente distinta nella lotta all'evasione ed ai paradisi fiscali;
il Governo Berlusconi ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione;
tra i provvedimenti principali in materia di attività di accertamento e riscossione, si ricordano:
a) il potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, attraverso misure di incentivazione che hanno attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l'intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell'attività di accertamento;
b) la revisione e il potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva, al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato;
c) l'impegno per la realizzazione del piano di accertamenti nei confronti delle imprese di medie dimensioni sulla base di specifiche analisi del rischio;
d) l'introduzione di significative novità ai fini della riscossione, per le quali gli accertamenti per imposte sui redditi, iva e irap, dovranno contenere anche l'intimazione al pagamento degli importi in essi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso (accertamento esecutivo). Tali atti diverranno, dunque, prontamente esecutivi; tuttavia, il decreto sviluppo, del mese di luglio 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011) ha attenuato il principio del «solve et repete», disponendo la sospensione dell'esecuzione forzata, eventualmente conseguente ai predetti atti, per centottanta giorni decorrenti dall'affidamento in carico agli agenti della riscossione;
e) l'ulteriore rafforzamento del controllo sulle compensazioni. In tema di indebito uso di crediti in compensazione sono stati previsti un'intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di imposte sui redditi e iva, con l'intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali;
si ricordano le disposizioni antielusive volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società: viene considerata reddito diverso ai fini irpef la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Inoltre, è prevista l'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato;
si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione, attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa in specifici settori e la collaborazione con altri enti; l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia possono intervenire coattivamente per il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria per il 2003;
sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagini finanziarie, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria;
sono state introdotte disposizioni in materia di studi di settore, dirette in estrema sintesi:
a) a differirne i termini di pubblicazione;
b) ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi;
c) a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;
d) a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;
e) ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti;
alcune delle disposizioni sopra richiamate sono state introdotte a seguito delle legittime richieste da parte di associazioni rappresentative del mondo produttivo, che avevano sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative sia stato quello di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, tenendo conto anche della situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale, che ha comportato una crisi economico-occupazionale in molti comparti del settore economico primario e secondario, determinando una significativa contrazione dei consumi e delle commesse; situazione, tra l'altro, aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità, e dal crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
nella convinzione che la battaglia contro evasione fiscale debba essere proseguita e rafforzata, occorre, inoltre, distinguere tra l'evasione «di massa», e l'evasione «interpretativa»;
per evasione «di massa», si intende la sistematica sottodichiarazione dei redditi, attraverso, ad esempio, la sottofatturazione dei corrispettivi realizzati;
l'evasione «interpretativa» (che coincide solo in parte con la cosiddetta elusione) è, invece, un comportamento più articolato e complesso, che consiste, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione;
nella generalità dei casi, cambiano i soggetti che mettono in campo i predetti comportamenti illeciti:
a) le piccole strutture, scarsamente organizzate e che operano direttamente nei confronti dei consumatori finali, generalmente occultano completamente il presupposto di applicazione dei tributi, realizzando di regola fenomeni di evasione «di massa»;
b) le strutture di dimensioni più rilevanti - e come tali più «rigide», dal punto di vista amministrativo - generalmente non pongono in essere fenomeni di evasione di massa (occultamento sistematico, totale o parziale, del presupposto imponibile), ma fenomeni di «evasione interpretativa»; essi, infatti, variamente manipolano (con interpretazioni capziose) la normativa tributaria, allo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti;
è evidente che le strategie che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, deve mettere in campo saranno profondamente diverse a seconda che si intenda contrastare la cosiddetta evasione di massa ovvero la cosiddetta evasione interpretativa;
più in particolare, è evidente che un «intervento umano» (cioè dall'amministrazione finanziaria sia civile che militare) appare preferibile o, per meglio dire, obbligato, laddove si intenda contrastare la cosiddetta evasione interpretativa in quanto, in questi casi:
a) l'anagrafe tributaria può rappresentare «solo» un utile supporto per l'innesco di più approfonditi controlli;
b) per l'effettuazione di controlli efficaci non potrà prescindersi dal lavoro svolto dal personale civile e militare dell'amministrazione finanziaria, che dovrà individuare il comportamento illecito (eventualmente) tenuto dal contribuente e ricostruire il corretto carico tributario che lo stesso avrebbe dovuto scontare;
invece, per contrastare l'evasione di massa, appare opportuno affidarsi ad un massiccio utilizzo dell'anagrafe tributaria, in modo combinato con strumenti di accertamento sintetici (cosiddetto redditometro);
il potenziamento degli strumenti di indagine finanziaria messi a disposizione con il recente decreto-legge n. 201 del 2011 ha ampliato i poteri di indagine dell'amministrazione finanziaria, ma pone necessariamente problemi di tutela della privacy dei contribuenti;
alcuni recenti interventi giurisprudenziali hanno contribuito a rendere ancor più complicato applicare correttamente le disposizioni tributarie, determinando una non chiara distinzione tra legittimo risparmio d'imposta ed elusione/abuso del diritto,


impegna il Governo:


ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a:
a) rafforzare il coordinamento tra le banche dati a disposizione dell'anagrafe tributaria e le altre banche dati, in particolare quelle degli enti locali, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
b) coinvolgere gli enti locali nella segnalazione qualificata all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine;
c) utilizzare le informazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti nel pieno e rigoroso rispetto della privacy dei contribuenti;
d) delimitare la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto, distinguendo i comportamenti dei contribuenti volti ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio d'imposta;
e) evitare quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono forme di spettacolarizzazione inutili e, al contrario, concentrare le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario;
f) in tale contesto, a rafforzare, nel pieno rispetto dei rispettivi ambiti di autonomia, le modalità di collaborazione tra le diverse articolazioni dell'amministrazione finanziaria, sia civile sia militare, al fine di migliorare ulteriormente l'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale e di assicurare il più efficiente utilizzo delle risorse amministrative pubbliche, nell'ottica dell'integrazione operativa prevista dall'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011;
g) introdurre ulteriori elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, rafforzando ed ampliando ulteriormente gli strumenti di dilazione dei versamenti dei tributi in favore di tali soggetti previsti dall'articolo 10, commi 13-bis e 13-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011;
h) adottare misure di semplificazione del sistema fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
(1-00843)
(Nuova formulazione) «Leo, Bernardo, Saltamartini, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, Biava».

La Camera,
premesso che:
le reti di accesso di nuova generazione cablate costituite in tutto o in parte in fibra ottica sono in grado di fornire servizi d'accesso a banda larga molto più avanzati - grazie ad una maggiore capacità di trasmissione - rispetto alle reti in rame esistenti;
sono, quindi, vere e proprie autostrade informatiche, in grado di veicolare traffico dati a grande velocità, in sicurezza e senza strozzature;
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il settore che più di ogni altro dà impulso e sostiene la crescita e lo sviluppo di un Paese: le reti intelligenti di nuova generazione - fisse e mobili - possono promuovere la crescita, secondo la Banca mondiale - per 1,3 punti di prodotto interno lordo ogni 10 per cento in più di diffusione della banda larga; secondo il Commissario alla concorrenza Kroes un mercato unico digitale incardinato su reti di nuova generazione può portare in 10 anni ad una crescita del 4 per cento del prodotto interno lordo europeo; le sole transazioni on line tra Paesi dell'Unione europea rappresentano non meno di 2,5 miliardi di euro;
rilevanti sono i risparmi realizzabili in termini di spesa pubblica, per le imprese e per le famiglie mediante sviluppo delle reti e dei servizi digitali - quasi 40 miliardi di euro all'anno, a regime, per l'Italia, secondo le stime di Confindustria: i risparmi potrebbero essere conseguiti grazie al telelavoro (2 miliardi di euro), e-learning (1,4 miliardi di euro), e-government e impresa digitale (16 miliardi di euro), e-health (8,6 miliardi di

euro), giustizia e sicurezza digitale (0,5 miliardi di euro), gestione energetica intelligente (9,5 miliardi di euro);
nell'ambito delle prestazioni mediche, il solo teleconsulto (soprattutto per i medici di base) e il monitoraggio a distanza dei pazienti cronici possono determinare una diminuzione della spesa sanitaria di circa il 7 per cento (dati Confindustria);
l'infrastruttura di nuova generazione è, dunque, una priorità di investimento: contribuisce, infatti, a sviluppare quello che è stato correttamente definito l'«ecosistema digitale» per recuperare produttività in tempi di crisi ed è una condizione essenziale per la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata; l'economia digitale, infatti, non solo non distrugge posti di lavoro, ma ne crea di nuovi e aggiuntivi: secondo il documento su internet presentato al G8, ogni due posti di lavoro resi obsoleti dal digitale, internet ne crea 5 nuovi; inoltre, è dimostrato che il prodotto interno lordo pro capite cresce di circa 3-4 punti percentuali con investimenti nelle nuove reti a banda larga;
l'Europa nell'agenda digitale europea ha fissato ambiziosi obiettivi in termini di reti e di servizi da conseguire entro il 2020:
a) in termini di reti, il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013; il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità superiore a 30 megabit al secondo al 2020; almeno il 50 per cento degli abbonamenti a velocità superiore a 100 megabit al secondo entro il 2020;
b) in termini di servizi, ha disposto che entro il 2020 il 50 per cento della popolazione europea dovrà avere rapporti con la pubblica amministrazione mediante il canale digitale; il 50 per cento di cittadini dovrà abitualmente utilizzare l'e-commerce e il 75 per cento dovrà «regolarmente» ricorrere a internet; almeno il 33 per cento delle piccole e medie imprese dovrà vendere i propri prodotti o servizi mediante internet;
l'Italia ha un'insufficiente dotazione di questa fondamentale infrastruttura e occorre attivare tutte le iniziative necessarie per accelerarne lo sviluppo;
l'Italia parimenti sconta un grave ritardo nella realizzazione degli obiettivi dell'agenda digitale europea;
i dati forniti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'ultima audizione presso la Camera dei deputati delineano questo ritardo infrastrutturale e di servizi con molta chiarezza:
a) con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, circa il 22 per cento della popolazione, l'Italia è in grande ritardo rispetto alla media europea del 26 per cento; il ritardo dell'Italia è anche maggiore rispetto all'Europa a 15; anche per il numero di imprese dotate di una connessione a banda larga è molto sotto la media;
b) le connessioni in fibra sono, parimenti, in grande ritardo: in Italia, dove pure la fibra ottica aveva cominciato ad essere posata con largo anticipo negli anni '90, la copertura territoriale è al 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici in fibra ottica e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione;
secondo Eurostat, l'Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell'e-banking; le piccole e medie imprese italiane non utilizzano internet, né per l'e-commerce, né per la fatturazione elettronica; pochissimi cittadini operano mediante transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione;
nel nostro Paese si riscontra, altresì, una grave asimmetria tra reti mobili - in dinamico sviluppo - e reti fisse, sostanzialmente bloccate; gli italiani si stanno dotando di smartphone e chiavette usb per navigare molto più che in altri Paesi europei (48 per cento contro una media del 39 per cento): ma la rete mobile non ha le stesse performance della rete fissa; inoltre, la rete mobile, per svilupparsi, ha bisogno della rete fissa; la rete

mobile, infatti, ha bisogno di collegamenti in fibra fra stazioni radio-base e centrali, ma solo la rete in fibra permetterà di realizzare la velocità di connessione attesa dalla trasmissione mobile di quarta generazione;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha introdotto in Italia nel 2000 aste competitive per l'assegnazione delle frequenze che hanno portato nelle casse dello Stato oltre 15 miliardi di euro negli ultimi dieci anni;
la promozione e il sostegno alla realizzazione di nuove reti deve essere coordinata con una triplice azione mirata di politica industriale, volta ad intervenire sullo sviluppo dei servizi da veicolare su tali reti, contribuendo, altresì, a sollecitare lo sviluppo del binomio offerta-domanda (reti-servizi) mediante: incentivi alla realizzazione delle reti; diffusione dei servizi digitali evoluti; formazione digitale degli insegnanti, degli studenti, delle imprese e dei consumatori;
è molto importante la regolamentazione - proposta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - per accesso alle nuove reti in fibra, che incide sui profitti attesi e, quindi, sull'incentivo ad investire, nonché sulle regole in materia di concorrenza;
la regolamentazione sugli aiuti di Stato vigente nell'Unione europea limita oltremodo l'investimento pubblico in questo settore e occorre, pertanto, attrarre i capitali privati sugli investimenti in questo settore, adottando tutte le iniziative legislative ed amministrative necessarie per sviluppare la finanza di progetto;
la realizzazione delle infrastrutture ad alta tecnologia richiede tempo, in particolare in determinati ambiti geografici, e, come ha ricordato l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'audizione alla Camera dei deputati, è tanto più efficace quanto più è inserita in un contesto in cui offerta e domanda si alimentino reciprocamente: domanda e offerta di infrastrutture sono, infatti, legate da una forte interdipendenza; da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inaccessibilità delle infrastrutture sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda di infrastrutturazione; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di infrastrutturazione;
l'Italia è un Paese con molti distretti industriali già «in rete» formati da piccole e medie imprese che producono prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, ma poche imprese vendono prodotti e servizi su internet e solo il 30 per cento delle imprese utilizza internet;
gli italiani utilizzano internet prevalentemente per ricerca, scambio di informazioni e di comunicazioni attraverso i social network, ma molto poco per acquistare merci e servizi e per dialogare con la pubblica amministrazione;
molte delle iniziative realizzabili e delle riforme da adottare sono a costo zero, ma hanno importanti ricadute in termini di benessere socioeconomico;
è possibile adottare strategie di immediata applicazione,


impegna il Governo:


a dotarsi in tempi rapidi di un'agenda digitale nazionale che individui e realizzi concretamente tutti gli interventi necessari - sulle infrastrutture e sui servizi - che consentano il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda europea, anche mediante una cabina di regia che coordini e renda trasparente l'azione dei soggetti cointeressati (Governo, regioni, enti locali, autorità regolatorie);
a favorire e sostenere gli investimenti degli investitori istituzionali, delle utilities e delle imprese di telecomunicazioni in infrastrutture di base, attraverso il riconoscimento del rischio di investimento (risk premium);
ad agevolare la condivisione dei lavori di scavo realizzati da differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas,

acqua ed altro), in modo da ridurre e razionalizzare i costi di scavo; a prevedere, altresì, la regola di comunicare gli interventi di scavo - da parte del soggetto pubblico o concessionario degli interventi di scavo - per favorire la migliore pianificazione degli interventi agli operatori che intendono posare la fibra ottica;
per favorire la posa di reti di comunicazione elettronica, a prevedere che il registro operatori censisca anche le infrastrutture atte alla posa di reti di comunicazione elettronica, siano esse in titolarità di operatori di comunicazione elettronica o di organismi pubblici e di concessionari pubblici;
a disciplinare la realizzazione dei segmenti terminali (cablaggio interno al palazzo e segmento orizzontale di adduzione), incentivando gli operatori che realizzino tali segmenti terminali;
ad assumere iniziative volte a semplificare le disposizioni amministrative per la realizzazione di infrastrutture digitali;
a dare pieno sostegno alla diffusione della banda ultra larga nel Mezzogiorno, che non riesce ad attrarre iniziative di mercato, mediante una compiuta attuazione al «Progetto strategico» e al «Piano azione-coesione» per il Sud e con tutti i necessari interventi di politica industriale delle infrastrutture a sostegno dello sviluppo delle aree svantaggiate;
in linea con quanto espresso nella raccomandazione NGA della Commissione europea, a riconoscere le differenze nelle condizioni concorrenziali esistenti tra le diverse aree del Paese, compensando tali disparità con opportuni incentivi;
a coinvolgere tutti gli operatori interessati ad accelerare il grado di copertura del territorio nazionale, anche mediante l'adozione di soluzioni tecnologiche «miste» radio-rame-fibra;
per quanto riguarda le azioni di politica industriale sui servizi:
a) ad assumere iniziative per imporre obblighi di accesso simmetrici, cui assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture e che possano frapporre ostacoli alla libera concorrenza;
b) a vigilare, per quanto di competenza, ai fini della piena applicazione della disciplina dettata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in merito alla fornitura di servizi all'ingrosso per le reti in fibra e a garantire il livello più alto possibile di apertura della rete, in modo da permettere a tutti gli operatori - a prescindere dal loro grado di infrastrutturazione - di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalle reti a banda ultra larga;
c) a favorire lo sviluppo della domanda di servizi digitali, agevolando il ricorso a servizi on line in tutti i campi, dalla formazione ai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione ai lavori pubblici, dalla sanità alla giustizia al fisco, promuovendo, in particolare, l'incremento dell'e-commerce e l'uso della modalità elettronica in tutte le transazioni, l'alfabetizzazione elettronica dei cittadini (foriera di opportunità di lavoro per i giovani), nonché la massima apertura all'uso delle applicazioni informatiche da parte delle pubbliche amministrazioni, soprattutto per quanto attiene ai servizi per i cittadini (certificazioni, mercato del lavoro, sanità);
d) ad adottare tutte le iniziative necessarie per dare impulso alle 101 azioni specifiche dell'agenda digitale in tutti i settori dell'economia e, in particolare, alle azioni concrete intese a raddoppiare entro il 2015 la quota del commercio elettronico nelle vendite al dettaglio e quella dell'economia di internet nel prodotto interno lordo nazionale, nel pieno rispetto delle raccomandazioni e delle comunicazioni assunte in sede europea;
e) a garantire il finanziamento di progetti per sviluppare il telelavoro - da accompagnare all'innalzamento dell'età pensionabile - per migliorare la tutela delle donne lavoratrici durante la gravidanza e le opportunità di inserimento sociale e nel lavoro dei portatori di handicap;

f) a sostenere l'informatizzazione della piccola e media impresa;
g) ad adottare le opportune iniziative normative per un programma di gestione dello spettro-radio sulla base della politica del radio-spettro adottata dall'Unione europea basata sulla valorizzazione delle risorse, la neutralità tecnologica e la promozione della concorrenza.
(1-00844)
«Meta, Gentiloni Silveri, Zampa, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Velo».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
le reti di accesso di nuova generazione cablate costituite in tutto o in parte in fibra ottica sono in grado di fornire servizi di accesso a banda larga molto più avanzati - grazie ad una maggiore capacità di trasmissione - rispetto alle reti in rame esistenti;
sono, quindi, vere e proprie autostrade informatiche, in grado di veicolare traffico dati a grande velocità, in sicurezza e senza strozzature;
le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il settore che più di ogni altro dà impulso e sostiene la crescita e lo sviluppo di un Paese: le reti intelligenti di nuova generazione - fisse e mobili - possono promuovere la crescita, secondo la Banca mondiale - per 1,3 punti di prodotto interno lordo ogni 10 per cento in più di diffusione della banda larga; secondo il Commissario alla concorrenza Kroes un mercato unico digitale incardinato su reti di nuova generazione può portare in 10 anni ad una crescita del 4 per cento del prodotto interno lordo europeo; le sole transazioni on line tra Paesi dell'Unione europea rappresentano non meno di 2,5 miliardi di euro;
rilevanti sono i risparmi realizzabili in termini di spesa pubblica, per le imprese e per le famiglie mediante sviluppo delle reti e dei servizi digitali - quasi 40 miliardi di euro all'anno, a regime, per l'Italia, secondo le stime di Confindustria: i risparmi potrebbero essere conseguiti grazie al telelavoro (2 miliardi di euro), e-learning (1,4 miliardi di euro), e-government e impresa digitale (16 miliardi di euro), e-health (8,6 miliardi di euro), giustizia e sicurezza digitale (0,5 miliardi di euro), gestione energetica intelligente (9,5 miliardi di euro);
nell'ambito delle prestazioni mediche, il solo teleconsulto (soprattutto per i medici di base) e il monitoraggio a distanza dei pazienti cronici possono determinare una diminuzione della spesa sanitaria di circa il 7 per cento (dati Confindustria);
l'infrastruttura di nuova generazione è, dunque, una priorità di investimento: contribuisce, infatti, a sviluppare quello che è stato correttamente definito l'«ecosistema digitale», per recuperare produttività in tempi di crisi ed è una condizione essenziale per la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata; l'economia digitale, infatti, non solo non distrugge posti di lavoro, ma ne crea di nuovi e aggiuntivi: secondo il documento su internet presentato al G8, ogni due posti di lavoro resi obsoleti dal digitale, internet ne crea 5 nuovi; inoltre, è dimostrato che il prodotto interno lordo pro capite cresce di circa 3-4 punti percentuali con investimenti nelle nuove reti a banda larga;
l'Europa nell'agenda digitale europea ha fissato ambiziosi obiettivi in termini di reti e di servizi da conseguire entro il 2020:
a) in termini di reti, il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013; il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità superiore a 30 megabit al secondo al 2020; almeno il 50 per cento degli abbonamenti a velocità superiore a 100 megabit al secondo entro il 2020;
b) in termini di servizi, ha disposto che entro il 2020 il 50 per cento della popolazione europea dovrà avere rapporti con la pubblica amministrazione mediante il canale digitale; il 50 per cento di cittadini dovrà abitualmente utilizzare l'e-commerce e il 75 per cento dovrà, «regolarmente», ricorrere a internet; almeno il 33 per cento delle piccole e medie imprese dovrà vendere i propri prodotti o servizi mediante internet;
l'Italia ha un'insufficiente dotazione di questa fondamentale infrastruttura e occorre attivare tutte le iniziative necessarie per accelerarne lo sviluppo;
l'Italia parimenti sconta un grave ritardo nella realizzazione degli obiettivi dell'agenda digitale europea;
i dati forniti dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'ultima audizione presso la Camera dei deputati delineano questo ritardo infrastrutturale e di servizi con molta chiarezza:
a) con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, circa il 22 per cento della popolazione, l'Italia è in grande ritardo rispetto alla media europea del 26 per cento; il ritardo dell'Italia è anche maggiore rispetto all'Europa a 15; anche per il numero di imprese dotate di una connessione a banda larga è molto sotto la media;
b) le connessioni in fibra sono, parimenti, in grande ritardo: in Italia, dove pure la fibra ottica aveva cominciato ad essere posata con largo anticipo negli anni '90, la copertura territoriale è al 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici in fibra ottica e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione;
secondo Eurostat, l'Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell'e-banking; le piccole e medie imprese italiane non utilizzano internet, né per l'e-commerce, né per la fatturazione elettronica; pochissimi cittadini operano mediante transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione;
nel nostro Paese si riscontra, altresì, una grave asimmetria tra reti mobili - in dinamico sviluppo - e reti fisse, sostanzialmente bloccate; gli italiani si stanno dotando di smartphone e chiavette usb per navigare molto più che in altri Paesi europei (48 per cento contro una media del 39 per cento): ma la rete mobile non ha le stesse performance della rete fissa; inoltre, la rete mobile, per svilupparsi, ha bisogno della rete fissa; la rete mobile, infatti, ha bisogno di collegamenti in fibra fra stazioni radio-base e centrali, ma solo la rete in fibra permetterà di realizzare la velocità di connessione attesa dalla trasmissione mobile di quarta generazione;
dal 2000 aste competitive per l'assegnazione delle frequenze hanno portato nelle casse dello Stato oltre 15 miliardi di euro;
la promozione e il sostegno alla realizzazione di nuove reti deve essere coordinata con una triplice azione mirata di politica industriale, volta ad intervenire sullo sviluppo dei servizi da veicolare su tali reti, contribuendo, altresì, a sollecitare lo sviluppo del binomio offerta-domanda (reti-servizi) mediante: incentivi alla realizzazione delle reti fisse e mobili; diffusione dei servizi digitali evoluti; formazione digitale degli insegnanti, degli studenti, delle imprese e dei consumatori;
è molto importante la regolamentazione - proposta dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - per accesso alle nuove reti in fibra, che incide sui profitti attesi e, quindi, sull'incentivo ad investire, nonché sulle regole in materia di concorrenza;
la regolamentazione sugli aiuti di Stato vigente nell'Unione europea limita oltremodo l'investimento pubblico in questo settore e occorre, pertanto, attrarre i capitali privati sugli investimenti in questo settore, adottando tutte le iniziative legislative ed amministrative necessarie per sviluppare la finanza di progetto;
la realizzazione delle infrastrutture ad alta tecnologia richiede tempo, in particolare in determinati ambiti geografici, e, come ha ricordato l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nell'audizione alla Camera dei deputati, è tanto più efficace quanto più è inserita in un contesto in cui offerta e domanda si alimentino reciprocamente: domanda e offerta di infrastrutture sono, infatti, legate da una forte interdipendenza; da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inaccessibilità delle infrastrutture sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda di infrastrutturazione; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di infrastrutturazione;
l'Italia è un Paese con molti distretti industriali già, «in rete», formati da piccole e medie imprese che producono prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, ma poche imprese vendono prodotti e servizi su internet e solo il 30 per cento delle imprese utilizza internet;
gli italiani utilizzano internet prevalentemente per ricerca, scambio di informazioni e di comunicazioni attraverso i social network, ma molto poco per acquistare merci e servizi e per dialogare con la pubblica amministrazione;
molte delle iniziative realizzabili e delle riforme da adottare sono a costo zero, ma hanno importanti ricadute in termini di benessere socioeconomico;
è possibile adottare strategie di immediata applicazione,


impegna il Governo:


a dotarsi in tempi rapidi di un'agenda digitale nazionale che individui e realizzi concretamente tutti gli interventi necessari - sulle infrastrutture e sui servizi - che consentano il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda europea;
a favorire e sostenere gli investimenti degli investitori istituzionali, delle Utilities e delle imprese di telecomunicazioni in infrastrutture di base per le reti fisse e mobili;
ad agevolare la condivisione dei lavori di scavo realizzati da differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas, acqua ed altro), in modo da ridurre e razionalizzare i costi di scavo; a prevedere, altresì, la regola di comunicare gli interventi di scavo - da parte del soggetto pubblico o concessionario degli interventi di scavo - per favorire la migliore pianificazione degli interventi agli operatori che intendono posare la fibra ottica;
per favorire la posa di reti di comunicazione elettronica, a prevedere che il registro operatori censisca anche le infrastrutture atte alla posa di reti di comunicazione elettronica, siano esse in titolarità di operatori di comunicazione elettronica o di organismi pubblici e di concessionari pubblici;
ad assumere iniziative volte a semplificare le disposizioni amministrative per la realizzazione di infrastrutture digitali fisse e mobili;
a dare pieno sostegno alla diffusione della banda ultra larga nel Mezzogiorno, che non riesce ad attrarre iniziative di mercato, mediante una compiuta attuazione al «Progetto strategico» e al «Piano azione-coesione» per il Sud e con tutti i necessari interventi di politica industriale delle infrastrutture a sostegno dello sviluppo delle aree svantaggiate;
per quanto riguarda le azioni di politica industriale sui servizi:
a) ad assumere iniziative per imporre obblighi di accesso simmetrici, cui assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture e che possano frapporre ostacoli alla libera concorrenza;
b) a garantire il livello più alto possibile di apertura della rete, in modo da permettere a tutti gli operatori - a prescindere dal loro grado di infrastrutturazione - di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalle reti a banda ultra larga;
c) a favorire lo sviluppo della domanda di servizi digitali, agevolando il ricorso a servizi on line in tutti i campi, dalla formazione ai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione ai lavori pubblici, dalla sanità alla giustizia al fisco, promuovendo, in particolare, l'incremento dell'e-commerce e l'uso della modalità elettronica in tutte le transazioni, l'alfabetizzazione elettronica dei cittadini (foriera di opportunità di lavoro per i giovani), nonché la massima apertura all'uso delle applicazioni informatiche da parte delle pubbliche amministrazioni, soprattutto per quanto attiene ai servizi per i cittadini (certificazioni, mercato del lavoro, sanità);
d) ad adottare tutte le iniziative necessarie per dare impulso alle 101 azioni specifiche dell'agenda digitale in tutti i settori dell'economia e, in particolare, alle azioni concrete intese a raddoppiare entro il 2015 la quota del commercio elettronico nelle vendite al dettaglio e quella dell'economia di internet nel prodotto interno lordo nazionale, nel pieno rispetto delle raccomandazioni e delle comunicazioni assunte in sede europea;
e) a garantire il finanziamento di progetti per sviluppare il telelavoro - da accompagnare all'innalzamento dell'età pensionabile - per migliorare la tutela delle donne lavoratrici durante la gravidanza e le opportunità di inserimento sociale e nel lavoro dei portatori di handicap;
f) a sostenere l'informatizzazione della piccola e media impresa;
g) ad adottare le opportune iniziative normative per un programma di gestione dello spettro-radio sulla base della politica del radio-spettro adottata dall'Unione europea basata sulla valorizzazione delle risorse, la neutralità tecnologica e la promozione della concorrenza.
(1-00844) (Nuova formulazione) «Meta, Gentiloni Silveri, Zampa, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, Velo, Vico, Giulietti, Marco Carra, Peluffo».

Risoluzioni in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
è in atto in questi giorni una forte protesta dei pescatori, che chiedono interventi urgenti per affrontare la situazione di emergenza in cui da molto tempo versa il settore della pesca e creare le condizioni per la stessa sostenibilità economica di tale attività;
la situazione di crisi denunciata dai pescatori è determinata dalla riduzione progressiva dei rendimenti in termini di pesca e dal contemporaneo aumento dei costi di gestione, relativi soprattutto ai carburanti e agli onerosi e numerosi adempimenti previsti dalla legge, aggravati dalla progressiva entrata in vigore di nuovi obblighi previsti dalla normativa europea;
per quanto riguarda la tassazione dei carburanti, a seguito delle precisazioni fornite dal Governo in risposta ad un'interrogazione presso la Commissione finanze nella seduta del 25 gennaio 2012, è stato chiarito che le modifiche apportate dalla legge comunitaria 2010 (articolo 8, comma 2, lettera e), della legge n. 217 del 2011) non incidono sul regime delle forniture di carburante e lubrificante delle navi adibite alla pesca costiera, che continuano a essere non imponibili ai fini IVA;
con tale chiarimento viene rimossa una delle immediate preoccupazioni dei pescatori, ma non viene superato il problema del costo del carburante, che incide notevolmente sui complessivi costi di gestione delle imprese di pesca, erodendo progressivamente i già ridotti ricavi;
per quanto riguarda le difficoltà derivanti dalla normativa europea sulla pesca, le preoccupazioni dei pescatori si riferiscono a diverse questioni, connesse all'applicazione del regolamento (CE) n. 1224 del 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, e del relativo regolamento di esecuzione n. 404 del 2011;
in primo luogo, dal 1° gennaio 2012 è entrato in vigore un nuovo sistema sanzionatorio per le infrazioni gravi alle norme della politica comune della pesca, in particolare quelle sul contrasto alla pesca illegale, che prevede l'assegnazione di punti al titolare della licenza di pesca. Tale sistema prevede che per ogni infrazione venga assegnato un determinato numero di punti: l'accumulo di un determinato numero di punti comporta la sospensione automatica della licenza di pesca, per soglie crescenti, mentre al raggiungimento di 90 punti la licenza viene definitivamente revocata. Se il titolare di una licenza di pesca non commette una nuova infrazione grave nei tre anni successivi all'ultima, tutti i punti figuranti sulla licenza di pesca sono annullati; i punti vengono altresì cancellati in presenza di alcuni comportamenti considerati «virtuosi»;
si tratta di regole stringenti, che peraltro hanno la caratteristica di colpire la licenza relativa al peschereccio e non chi ha effettivamente commesso l'infrazione e che si aggiungono ad un generale inasprimento del regime sanzionatorio;

inoltre, dal 1o gennaio 2012 si applica progressivamente un nuovo sistema di certificazione e controllo della potenza del motore dei pescherecci, nell'ambito delle misure per il controllo della capacità di pesca. Al riguardo, si ricorda che la normativa europea prevede livelli di riferimento - espressi in stazza (GT) e in potenza del motore (kw) - per la capacità di pesca dei pescherecci di ciascuno Stato membro e un regime rigido di «entrata/uscita», in virtù del quale l'entrata nella flotta di nuove navi deve essere compensata dal ritiro precedente di navi esistenti di stazza e potenza equivalenti;
al riguardo, le rappresentanze dei pescatori segnalano che il fenomeno delle irregolarità dovute alla mancata corrispondenza tra valori di potenza reali e valori dichiarati è diffuso, non solo in Italia, ma anche in molti altri Stati membri dell'Unione; in ogni caso, i livelli di riferimento concernenti alla potenza del motore assegnati all'Italia sembrerebbero consentire adeguati margini per la regolarizzazione del fenomeno;
nel preoccupante scenario dell'attuale congiuntura negativa, la necessità di affrontare l'aumento dei costi e le difficoltà e gli oneri conseguenti al nuovo regime di regole, adempimenti, sanzioni e controlli, rischia di costituire un peso organizzativo ed economico eccessivo per il sistema italiano della pesca, che deve essere attentamente valutato per scongiurare il rischio di compromettere la sopravvivenza del settore e per alleviare le tensioni in atto,


impegna il Governo


ad approfondire, con le rappresentanze delle categorie interessate le istanze dalle stesse formulate, allo scopo di definire le misure da adottare a livello nazionale e le iniziative da perseguire in sede europea per la soluzione dei problemi in premessa illustrati.
(7-00761) «Paolo Russo».

La XIII Commissione,
premesso che:
negli ultimi anni il settore ittico è stato interessato da profondi cambiamenti, soprattutto a causa della riforma della politica comunitaria della pesca, con il rischio di ricadute negative sulle prospettive di sviluppo delle imprese ittiche italiane, per le loro peculiari caratteristiche;
la filiera ittica è infatti caratterizzata da forti limiti strutturali, come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta e l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, aspetti che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;
il settore ittico fronteggia una crisi settoriale di portata emergenziale, con gravi ripercussioni socioeconomiche ed occupazionali, a fronte di un inesorabile peggioramento di tutti gli indici macroeconomici, che nell'ultimo decennio hanno registrato il crollo verticale delle catture (- 48,84 per cento), della forza lavoro del personale imbarcato (- 38,26 per cento), della flotta da pesca (- 28,1 per cento), dei ricavi di impresa, (- 31 per cento), con una crisi di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie, come il parallelo deficit della bilancia commerciale ittica nazionale;
in termini generali, la normativa europea, condiziona e restringe i margini di intervento della normativa nazionale. In tale contesto, oggettivamente complesso, si corre il rischio di riformare la legislazione nazionale in senso prevalentemente repressivo, depotenziando invece gli strumenti programmatori che, a partire dalla legge n. 41 del 1982, hanno costituito l'autentico volano per lo sviluppo del settore della pesca;
in un delicato e cruciale momento di profondo mutamento e trasformazione degli scenari europei, il settore ittico ha subito anche una drastica e inesorabile riduzione degli stanziamenti nazionali, passati da una dotazione annuale di circa 26 milioni di euro nel 2000 a circa 6 milioni di euro per il 2011, con una contrazione pari al 77 per cento. È in difficoltà anche per il taglio del 36 per cento dei fondi per l'attuazione del piano nazionale per la pesca marittima decisi con il decreto-legge n. 78 del 2010 per la stabilizzazione dei conti e recepiti dal disegno di legge di stabilità;
la legge finanziaria n. 203 del 2008 con le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, ha disposto sgravi fiscali e contributivi nel settore della pesca estendendo, a decorrere dal 2009, e nel limite dell'80 per cento, i benefici di cui agli articoli 4 (sgravi fiscali) e 6 (sgravi contributivi) del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con modificazioni con legge 27 febbraio 1998, n. 30, alle imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari;
in seguito, la legge di stabilità n. 138 del 2011, all'articolo 4, comma 55, è intervenuta in materia, stabilendo che «i benefici di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 457 del 1997, convertito con legge n. 30 del 1998 sono corrisposti nel limite del 60 per cento per il 2012 e del 70 per cento a decorrere dal 2013»;

ulteriori disposizioni riguardano l'introduzione dell'Iva per il gasolio dei pescherecci. Con l'entrata in vigore della legge n. 217 del 2011, «legge comunitaria 2010», è scattato anche per la pesca costiera il regime Iva del 10 per cento applicato al carburante. La legge citata, prevede infatti all'articolo 8, che tutta la pesca costiera debba aggiungere l'Iva al prezzo industriale del carburante (Iva poi ovviamente recuperabile su quella riscossa dalla vendita del prodotto ittico);
l'applicazione dell'Iva sul carburante discende da una norma che toglie, per le imbarcazioni adibite alla pesca costiera, le provviste di bordo (compreso appunto il carburante) dalla non imponibilità di questa imposta (restano invece non imponibili le cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio della pesca o di attività commerciali, e le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o a operazioni di salvataggio, di assistenza in mare e di demolizione, escluse le unità da diporto);
tale questione assume grande rilevanza per l'intero settore della pesca costiera, anche in considerazione del fatto, che il prezzo industriale di tale carburante ha subito, negli ultimi due anni, un incremento di circa il 30 per cento, con un incremento medio dei costi per imbarcazione pari, mediamente, a circa novemila euro l'anno;
il Governo il 25 gennaio 2012, in risposta ad una interrogazione in Commissione finanze, ha fornito chiarimenti in merito alle modifiche apportate dalla legge comunitaria 2010, specificando che tali modifiche non incidono sul regime delle forniture di carburante e lubrificante delle navi adibite alla pesca costiera, che continuano ad essere non imponibili ai fini dell'IVA;
rimane non risolto, comunque il problema del costo del carburante che continua a incidere sui costi di gestione delle imprese di pesca riducendo notevolmente i ricavi;
diventa pertanto ancora più importante un impegno straordinario per riposizionare e rilanciare il settore, che riveste un ruolo vitale per la tenuta delle economie costiere, mettendo in campo interventi idonei a fronteggiare la crisi e a governare il processo di adeguamento ai nuovi scenari,


impegna il Governo:


ai fini di un rilancio del settore in termini di competitività e sviluppo, ad adottare gli opportuni interventi nel settore ittico, tenendo conto delle seguenti priorità:
a) la tracciabilità del pesce d'importazione al fine di valorizzare il pescato dei mari italiani rispetto a quello importato;
b) il ripristino dell'80 per cento dell'aliquota di sgravio contributivo a favore dell'occupazione della gente di mare;
c) il recupero dei fondi già stanziati sull'emergenza «caro gasolio»;
d) l'utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali necessari per governare la crisi che sta interessando le imprese del settore della pesca particolarmente esposte alla congiuntura sfavorevole.
(7-00762) «Di Giuseppe, Messina, Rota».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO e SERENI. - Al Presidente del consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dello sviluppo economico, attraverso il Sottosegretario De Vincenti, rispondendo il 12 gennaio 2012 all'interpellanza urgente n. 2-01281 presentata dall'onorevole Vico e altri, in relazione allo scorporo del settore stainless global di ThyssenKrupp, che riguarda direttamente l'AST di Terni, annunciava la convocazione del tavolo nazionale di confronto a cui avrebbero partecipato le parti datoriali, sindacali e le istituzioni;
in data 20 gennaio 2012 la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, sollecitando alla riconvocazione del tavolo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, riunitosi il 27 luglio 2011;
nella lettera la presidente Marini segnala la condivisibile esigenza di un'opportuna «iniziativa di diplomazia economica, congiunta ad un monitoraggio costante dell'evoluzione delle trattative, che collochi la questione in una coerente dimensione di politica industriale e di sviluppo del sistema produttivo nazionale»;
a seguito dell'annuncio dello spin-off del ramo stainless global, ThyssenKrupp ha costituito uno specifico veicolo societario - Inoxum - in cui sono confluite tutte le società del gruppo attive nel settore «stainless» ivi compresa AST di Terni;
recentemente l'agenzia Reuters ha diffusa la notizia dell'imminente vendita di Inoxum, rivelando l'interesse di un fondo di investimento statunitense denominato «Apollo». Secondo altre fonti, sarebbero invece in corso dei contatti tra ThyssenKrupp e la finlandese Outokumpu per la cessione di Inoxum;
è opinione condivisa da tutte le parti sociali della città e della regione Umbria che le diverse soluzioni in campo non devono in ogni caso prevedere la fine del ciclo integrato delle lavorazioni e quindi l'eventualità di «spezzatino» che pregiudicherebbe la continuità industriale di un sito che, per quantità e qualità delle produzioni, quote di mercato e eccellenza della manodopera, resta strategico per l'industria italiana ed europea -:
se il Governo sia a conoscenza dello stato delle trattative in corso tra ThyssenKrupp AG e i vari soggetti interessati all'acquisto di Inoxum, in particolare del sito industriale di Terni (ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni spa);
se il Governo, considerata la rilevanza e la specificità della situazione del sito industriale ternano, non ritenga opportuno convocare il tavolo di confronto istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con ThyssenKrupp-AG, parti sociali e istituzioni.
(5-06034)

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (New York 1989) nel preambolo afferma chiaramente la centralità della famiglia unico ambiente in grado di garantire al minore uno sviluppo psico-fisico equilibrato;

gli istituti di protezione dell'infanzia sono regolati in Italia dalla legge n. 183 del 1984 e successive modifiche: affidamento, adozione nazionale e adozione internazionale si collocano in una posizione fra loro gerarchica che vede il primo come soluzione temporanea volta al rientro nella famiglia d'origine e, nell'adozione, una soluzione alternativa ma stabile, rispondendo tale stabilità al superiore interesse del minore;
l'adozione internazionale, in particolare, è stata regolamentata dalla legge n. 476 del 1998 di «ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja, il 29 maggio 1993»;
tra i principi che reggono questa Convenzione, vi è quello cosiddetto di sussidiarietà, secondo cui l'adozione internazionale deve essere di regola applicata solo laddove non esista nessun altra possibilità per il minore senza famiglia di essere accolto nel proprio Paese;
con la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1993 l'impegno degli Stati, d'altra parte, è sia quello di «adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine» sia quello di considerare che «l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine» (Preambolo);
i Paesi che hanno ratificato le citate convenzioni sarebbero dunque tenuti ad agire, da un lato, per la prevenzione dell'abbandono minorile e, dall'altro, per il suo superamento, mettendo in piedi dei sistemi che, nel caso in cui il rientro nella famiglia d'origine non sia realizzabile oppure sia contrario all'interesse del minore, consentano l'accoglienza dei minori in un ambiente familiare definitivo;
per questa accoglienza alternativa, in assenza di famiglie adottive nel Paese di origine, deve essere attivata la procedura di adozione all'estero: come spiegato nelle linee guida sull'applicazione della Convenzione del 1993 pubblicate dalla Conferenza de L'Aja di diritto internazionale privato nel 2008, infatti, «le soluzioni nazionali come il mantenimento permanente del minore in un istituto o in numerose famiglie affidatarie temporanee non possono, nella maggioranza dei casi, essere considerate come delle soluzioni preferibili all'adozione internazionale. In questo contesto, l'istituzionalizzazione è considerata come l'ultima delle soluzioni (confronta guida citata cap. 2, paragrafo 2.1.1 «Sussidiarietà», comma 53);
il principio di sussidiarietà, dunque, unitamente al principio del superiore interesse del minore di cui all'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, comporta l'obbligo degli Stati di compiere ogni sforzo affinché i minori dichiarati adottabili vengano accolti in una famiglia;
pertanto, un Paese membro della Convenzione e rispettoso dei diritti dell'infanzia dovrebbe consentire l'adozione dei minori presenti sul proprio territorio da parte di chi è residente all'estero, quando risulta accertato che ogni altra strada per trovare una famiglia in Italia è stata percorsa senza successo;
in Italia, stando alla relazione, trasmessa alla Camera dei deputati il 1° settembre 2010, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro della giustizia, sullo stato di attuazione della legge 28 marzo 2001, n. 149, che concerne modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184, in materia di affidamento e adozione, sono oltre 32 mila i minori che vivono in Italia fuori dalla propria famiglia d'origine, e tra questi circa 16 mila vivono in comunità anche per tempi prolungati;
infatti, stando al rapporto citato - che prende spunto dai dati diffusi dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza con riferimento al 31 dicembre 2007 - circa il 57 per cento dei minori accolti nelle diverse strutture affidatarie vi soggiorna per un periodo superiore a due

anni e addirittura il 37 per cento vi «sosta» per più di quattro anni, con la conseguenza che l'affido, da misura temporanea, viene di fatto applicato in molti casi in Italia in via definitiva;
pur mancando allo stato la banca dati per i minori adottabili, secondo una ricognizione sommaria effettuata dal Ministero della giustizia, dipartimento per la giustizia minorile, e riportata su un documento del 17 marzo 2008, erano almeno 191 i minori dichiarati adottabili da almeno sei mesi per cui nessuna famiglia adottiva è stata trovata in Italia; questo dato è stato successivamente confermato dallo stesso capo dipartimento della giustizia minorile nel corso di una audizione presso la Commissione bicamerale infanzia in data 4 maggio 2010;
i minori che non riescono a trovare una famiglia adottiva in Italia nella maggioranza dei casi appartengono alla categoria dei cosiddetti bisogni speciali, trattandosi di gruppi di fratelli, di adolescenti o di minori con disabilità o problemi di salute;
per tale «categoria» di minori la Conferenza permanente di diritto internazionale privato de L'Aja, che ha pubblicato le citate linee guida del 2008 sull'applicazione della Convenzione de L'Aja del 1993 in materia di adozione internazionale, ha invitato gli Stati membri ad aumentare gli sforzi tesi a garantire il diritto di vivere in una famiglia e a «promuovere il collocamento nazionale e internazionale»;
in Italia non è mai stata attivata la procedura di cui al Capo II della legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge n. 476 del 1998, articolo 40 e seguenti «Dell'espatrio di minori a scopo di adozione»;
secondo tale disciplina nel caso di adozione di un minore stabilmente residente in Italia da parte di cittadini italiani o stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno ratificato la Convenzione è previsto l'intervento dell'autorità centrale straniera e degli enti autorizzati, mentre nel caso di adozione verso Paesi che non hanno ratificato, le medesime funzioni sono attribuite ai consolati ed eventualmente svolte da enti da questi delegati;
nel caso di richiedenti stranieri (e potrebbe trattarsi anche di una coppia plurinazionale: uno dei coniugi italiano e l'altro straniero) in applicazione della legge n. 218 del 1995 «...sussiste la giurisdizione italiana quando l'adottando è un minore in abbandono in Italia» (articolo 40, comma 5) e si applica la legge italiana quando è richiesta l'adozione di un minore «...idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo» (articolo 38), dal che discende la giurisdizione e competenza dei tribunali nazionali per questo tipo di procedura;
tale procedura necessita dunque di un coordinamento da parte della Commissione per le adozioni internazionali che regolamenta e controlla l'operato degli enti italiani;
l'attivazione della procedura indicata non comporta alcun onere per lo Stato italiano, mentre al contrario, secondo la relazione 2010 dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della giustizia sopra citata (che richiama i dati ISTAT), la spesa sociale sostenuta dai comuni nell'anno 2006 per l'affidamento familiare e i collocamenti in comunità ammonta a circa 470 milioni di euro e - citando la relazione - «nessuna iniziativa sistematica è stata mai messa in campo a livello nazionale e in forma concordata con le Regioni e gli enti locali per avere un riscontro dei processi di esito di questi investimenti e dei lavori di cura che hanno sostenuto» -:
quali siano le ragioni della mancata attivazione della procedura finalizzata a consentire che i minori dichiarati adottabili dai tribunali italiani e non adottati in Italia siano adottati da parte di coppie residenti all'estero e quali siano le ragioni che ostano all'attivazione di tale procedura, considerato che l'accoglienza prolungata presso strutture temporanee - che in certi casi si protrae per l'intera infanzia e adolescenza di molti minori - è innanzitutto contraria al superiore interesse

dei minori stessi e al loro diritto di vivere in famiglia ed è inoltre, paradossalmente, un peso per il bilancio degli enti locali.
(5-06041)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal nuovo rapporto «Armi leggere, guerre pesanti 2011» dell'Archivio disarmo è emerso che l'export di armi italiane di armi leggere ad uso civile ha registrato un ulteriore incremento nelle vendite nel biennio 2009-2010: oltre un miliardo di euro con un rilevante aumento di circa il 10 per cento rispetto al biennio precedente. In particolare tra il 2009 e il 2010 la crescita si attesta a circa il 17 per cento. Le esportazioni sono per la maggior parte dirette verso gli Stati Uniti e la Comunità Europea, ma l'Asia passa da 28 milioni di euro nel biennio 2007-2008 ad oltre 142 milioni nel biennio successivo;
emerge altresì, l'esportazione verso Paesi sottoposti a embarghi internazionali sulle forniture di armi (Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Armenia e Azerbaijan) e verso Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si riscontrano gravi violazioni dei diritti umani (la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l'India, l'Afghanistan, la Colombia, Israele, Congo, Kenia, Filippine, e altri);
in particolare dalla ricerca emergono alcuni casi di esportazioni a Paesi in conflitto e dove avvengono gravi violazioni dei diritti umani;
l'Italia ha esportato armi da fuoco in tutti i Paesi nordafricani interessati quest'anno dalla «primavera araba»: l'Egitto, la Tunisia e in particolare la Libia che ha ricevuto oltre 8,4 milioni di euro, totalmente rappresentate da pistole e carabine Beretta e fucili e Benelli finite nelle mani del settore di pubblica sicurezza del comitato popolare generale (l'istituzione di Governo Libica), col grave rischio che possano essere state utilizzate per la repressione in atto negli ultimi mesi. Sono state fornite armi, proiettili ed equipaggiamento militare e di polizia usati per uccidere, ferire e imprigionare arbitrariamente migliaia di manifestanti pacifici in Paesi come la Libia, la Tunisia e l'Egitto e tuttora utilizzati dalle forze di sicurezza in Yemen;
lo Yemen ha importato dall'Italia una cifra pari a 487.119 euro di armi e oggi versa in una situazione di conflitto che ha provocato centinaia di morti; la dura repressione del Governo, nei confronti delle manifestazioni popolari verificatesi a sud del Paese, ha causato molte vittime tra manifestanti e civili. Destano gravi dubbi, per la possibilità che siano usate per compiere violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, le esportazioni di armi nell'Africa Sub-Sahariana in: Congo (Brazaville), Kenya e verso la Repubblica Democratica del Congo verso cui sono state esportate munizioni per un valore di 81.152 euro malgrado l'embargo dell'Unione Europea e dell'Onu in vigore dal 1993; nel conflitto tra le vittime si annoverano numerosi civili e gli attacchi indiscriminati da parte di tutte le forze in campo, anche verso la popolazione civile, stanno creando un popolo di sfollati e rifugiati;
la Cina, tra il 2009 e il 2010 ha acquistato dall'Italia armi civili, munizioni ed esplosivi per un valore di oltre 3 milioni, in violazione dell'embargo, imposto dal Consiglio europeo nel 1989 in seguito ai fatti di Piazza Tienanmen, che mira proprio a tutelare i diritti umani;
l'Honduras è stato teatro di un conflitto interno durante il 2009 e nella regione dell'Agùan è stato imposto uno schieramento militare permanente a causa delle manifestazioni dei contadini contro aziende agricole private che spesso sono sfociate in episodi di violenza. L'Italia ha esportato verso il Paese più di 600 mila euro di materiali totalmente rappresentati da pistole, fucili e loro parti ed accessori;

il problema della tracciabilità, inoltre, impedisce agli istituti di ricerca e al Parlamento di sapere chi siano i destinatari finali, di conseguenza queste armi possono facilmente finire nelle mani di gruppi armati e di terroristi semplicemente attraverso l'intermediazione di società di comodo. Sono armi che possono finire sul mercato nero, in mano a terroristi, gruppi armati, reti criminali o, peggio, triangolate verso destinazioni non consentite;
è evidente, pertanto, che le società esportatrici dovrebbero comunicare i dati al parlamento, aumentare la quantità di informazioni così da consentire di ricostruire la catena dal produttore all'utilizzatore finale, inviare le informazioni al registro dell'Unione europea;
il prossimo luglio sarà discusso presso le Nazioni Unite trattato internazionale sul commercio delle armi -:
se, e come, il Governo stia affrontando il problema dei controlli sulle esportazioni, considerando le armi comuni da sparo alla stregua delle armi leggere ad uso militare alla luce dell'ormai accertata pericolosità della loro presenza soprattutto nei numerosi scenari di conflitto;
quale sia la posizione dell'Italia all'interno dell'Onu nell'ambito della discussione prossima sul trattato internazionale sul commercio delle armi.
(4-14659)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana, oltre al personale a tempo indeterminato, si avvale di 1464 dipendenti a tempo determinato e di 346 dipendenti in servizio temporaneo presso il corpo militare con contratti che si sono rinnovati più volte nel corso del tempo;
è giunto all'esame delle Commissioni competenti lo schema di decreto legislativo recante riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce rossa (atto n. 424);
uno degli obiettivi principali di tale decreto è quello di riorganizzare la Croce rossa italiana anche allo scopo di porre fine alla gestione commissariale che ha contraddistinto 24 degli ultimi 30 anni di attività, atteso che solo per 6 anni la Croce rossa è stata diretta dai propri organi statutari (1999-2001, presidente Garavaglia, 2006-2008, presidente Barra);
lo schema di decreto sopra citato, in particolare all'articolo 5 demanda al commissario straordinario il compito di redigere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, lo stato di consistenza patrimoniale e l'inventario dei beni immobili di proprietà o comunque in uso della CRI e di elaborare un piano di valorizzazione degli immobili stessi, sulla base di criteri definiti, per recuperare risorse economiche destinate al ripiano dei debiti pregressi. Inoltre l'articolo 7 del medesimo schema di decreto, definisce una ulteriore serie di adempimenti cui deve provvedere il Commissario straordinario, fra cui l'approvazione dei bilanci relativi agli esercizi finanziari degli anni 2010 e 2011, la riduzione del numero delle componenti volontaristiche della CRI, nonché l'approvazione dello Statuto provvisorio dell'Associazione;
in questi anni di commissariamento non vi sono stati significativi miglioramenti nella gestione dell'ente -:
se non ritenga di avviare nel più breve tempo possibile le necessarie iniziative normative al fine di una efficace ed efficiente riorganizzazione dell'ente della Croce rossa italiana evitando ulteriori proroghe all'incarico di commissario straordinario.
(4-14660)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
al riordino della normativa sull'ordinamento militare il legislatore ha proceduto

ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 246 del 2005 che ha previsto una complessa procedura di semplificazione e riordino della normativa previgente;
il comma 14 del citato articolo 14 ha previsto l'adozione, entro il 16 dicembre 2009, di decreti legislativi volti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1o gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, con la conseguente abrogazione generalizzata della restante legislazione a decorrere dal 16 dicembre 2010;
il preambolo del decreto legislativo n. 66 richiama l'articolo 14, commi 14, 15 e 22. Il comma 22 prevede un meccanismo di scorrimento della delega, qualora il termine di trenta giorni previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal medesimo articolo 14, cioè nei trenta giorni precedenti il 16 dicembre 2009. Nel caso di specie, il termine per l'espressione del parere scadeva il 14 gennaio 2010 in quanto lo schema è stato assegnato alla Commissione parlamentare per la semplificazione il 15 dicembre;
l'articolo 76 della Costituzione afferma che «l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»;
occorre osservare che la legge 23 agosto 1988, n. 400, articolo 14 recita che:
a) i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione;
b) l'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza;
la legge 28 novembre 2005, n. 246, articolo 14, comma 22, ultimo periodo, stabilisce che «Se il termine previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza di uno dei termini previsti dai commi 14, 14-quater, 15, 18 e 18-bis, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni»;
il Governo, quindi, investito della funzione legislativa, dovrà sempre rispettare il dettato dell'articolo 76 della Costituzione e le indicazioni contenute nella legge delega;
nel caso specifico della legge n. 246 del 2005, il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti legislativi di cui alla delega nel termine di ventiquattro mesi, a far data dal 16 dicembre 2007;
nel testo di legge, come detto, è però fatta salva la possibilità di una proroga, laddove «il termine previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza di uno dei termini previsti dai commi 14, 14-quater, 15, 18 e 18-bis, [...]». Termine coincidente - per quanto sopra - con il giorno 16 dicembre 2009;
a norma di legge, per aversi la proroga, lo schema di decreto avrebbe dovuto essere trasmesso alla Commissione, per il richiesto parere, entro la data ultima del 17 novembre 2009. In tal modo il termine di trenta giorni a disposizione della Commissione per l'espressione del richiesto parere sarebbe venuto a scadere il 16 dicembre 2009, data ultima per l'adozione del decreto legislativo. In tale caso il Governo avrebbe avuto diritto alla proroga di ulteriori tre mesi (legge n. 246 del 2005, articolo 14, comma 22, ultimo periodo);
in tema di limiti temporali concessi al Governo per l'emanazione dei decreti

legislativi, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 184 del 10 dicembre 1981, ha avuto modo di osservare che «tale esercizio deve ritenersi completato con la emanazione del provvedimento legislativo, rispetto alla quale la successiva pubblicazione rappresenta condizione di efficacia e non di requisito di validità» con ciò affermando senza possibilità di equivoci che, in ogni caso, affinché il termine previsto nella legge delega sia rispettato, il decreto legislativo deve, in ogni caso, essere emanato nel medesimo termine;
la questione è stata affrontata, dal giudice delle leggi, in altra risalente pronuncia (sentenza 6 dicembre 1963, n. 163, cui si rimanda per l'integrale lettura) laddove il supremo consesso, nel ritenere non necessaria l'indicazione, nella legge delega, di una data specifica per l'emanazione dei decreti legislativi, al fine del rispetto dell'articolo 76 della Costituzione, ha comunque ritenuto che «valida prefissione vi sia quando, come nella specie, il dies a quo sia fatto coincidere con la data di entrata in vigore della legge di delegazione». Ugualmente certo è però che, allorquando si adotti un tale criterio di determinazione, debba esigersi un rigoroso adempimento dell'obbligo, imposto al potere esecutivo dall'articolo 73 della Costituzione, di procedere alle operazioni necessarie a rendere efficace la legge medesima subito dopo che sia intervenuta la promulgazione, senza altro indugio oltre quello richiesto dall'espletamento delle attività materiali necessarie per la pubblicazione. Se altrimenti si ritenesse l'esercizio della funzione delegata non risulterebbe più limitata al tempo stabilito dal legislatore, come prescrive il citato articolo 76, ma prolungabile ad arbitrio dell'organo cui è affidato l'esercizio stesso.»;
in particolare, circa le sanzioni conseguenti all'inosservanza dei termini stabiliti con legge delega, seppure circa un caso diverso, si legge il seguente principio di diritto, ad avviso di chi scrive valido per la presente fattispecie: «l'arbitrario ritardo interposto per la pubblicazione della legge delegante, quando abbia per effetto l'emanazione del decreto legislativo al di là dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante con riferimento alla data della propria entrata in vigore, non può non importare l'invalidità del decreto medesimo»;
in conclusione il Governo ha inviato lo schema di decreto legislativo ben oltre la data ultima del 17 novembre 2009, il cui rispetto avrebbe consentito di godere della proroga di ulteriori 90 giorni per l'adozione del provvedimento finale. In tal caso, infatti (si torna a ripetere) il termine di giorni trenta sarebbe scaduto nei trenta giorni precedenti la scadenza del termine per l'adozione del decreto legislativo in argomento. Ma così non è stato e, peraltro, per quanto noto agli interroganti, il legislatore, perito il termine originario, non ha concesso al Governo ulteriori proroghe;
il ritardo, pertanto, ha comportato lo spirare del termine originario di ventiquattro mesi, per l'emanazione del decreto legislativo, decorrente dallo spirare del termine di pari durata stabilito dal comma 12 del medesimo articolo 14 della legge n. 246 del 2005, entrata in vigore il 16 dicembre 2005;
conseguentemente, ad avviso degli interroganti, il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sarebbe affetto da vizio di incostituzionalità perché adottato oltre il termine per l'esercizio della delega disposta con il cosiddetto taglia leggi (legge n. 246 del 2005);
consta agli interroganti che nei giorni scorsi, presso un ente del Ministero della difesa sia stato presentato un ricorso avverso una sanzione disciplinare comminata ai sensi del citato codice. Nell'ipotesi di una eventuale prosecuzione del contenzioso amministrativo nella sede giurisdizionale non potrebbe - per quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale - escludersi dichiarazione di illegittimità costituzionale del codice dell'ordinamento militare, con l'effetto che la cessazione dell'efficacia della norma opererebbe ex tunc, travolgendo quindi tutti gli effetti giuridici sorti nel vigore della norma dichiarata

incostituzionale, con la sola esclusione di quelli stabilizzati in via definitiva -:
quali orientamenti il Governo intenda esprimere in relazione a quanto riportato in premessa e se e quali immediate iniziative intenderà adottare in merito.
(4-14670)

TOCCAFONDI, MASSIMO PARISI e MIGLIORI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 30 marzo 2004, n. 92, istituisce il «giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe;
con questa legge, la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale;
si tratta di una legge che prevede ed invita ad organizzare manifestazioni e dibattiti per diffondere la conoscenza dei tragici eventi e conservare la memoria di quelle vicende;
per molti, troppi anni la tragedia delle foibe è stata dimenticata e addirittura ancora oggi sono molti i siti internet che fanno riferimento ad associazioni di estrema sinistra, che continuano a negarne l'esistenza e sono troppe le istituzioni che proseguono un intollerabile silenzio nel «giorno del ricordo»;
a Firenze, alcuni studenti universitari, appartenenti alla «Giovane Italia», movimento giovanile del Popolo della libertà, hanno organizzato per il 3 febbraio 2012, un incontro dal titolo «Il massacro delle foibe - Ricordare oggi per non dimenticare mai», nel quale sarebbero intervenuti, tra gli altri, la professoressa Sodini, docente di scienze politiche all'università di Firenze, e Miryam Andreatini Sfilli, dell'associazione nazionale «Venezia Giulia», per ricordare adeguatamente la tragedia degli infoibati;
per l'incontro, un rappresentante degli studenti di «Studenti per le Libertà» - lista universitaria - ha richiesto la disponibilità dell'utilizzo dell'aula tesi del complesso universitario di Novoli, dove risiedono le facoltà di economia, giurisprudenza e scienze politiche, dell'università di Firenze, ai tre presidi, per lo svolgimento dell'incontro;
i tre presidi hanno negato la disponibilità dell'aula, e non autorizzato l'iniziativa, con la motivazione di: «non generare possibili tensioni all'interno dell'università»;
la decisione presa dai tre presidi, appare in contraddizione con la legge n. 94 del 2004 che recita: «È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende» -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se tutte le autorità competenti, che avrebbero potuto accertare eventuali problemi di ordine pubblico, siano state consultate prima di negare l'autorizzazione.
(4-14673)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Società italiana degli autori ed editori ai sensi della legge 9 gennaio 2008, n. 2, recante «Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori», è ente pubblico economico a base associativa;
l'articolo 1, comma 3, della suddetta legge, prevede che «il Ministro per i beni

e le attività culturali esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri, la vigilanza sulla SIAE. L'attività di vigilanza è svolta sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza»;
il 26 ottobre 2009 il dottor Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema presso il Ministero per i beni e le attività culturali, è stato nominato nuovo direttore generale della SIAE;
il 9 marzo 2011, con decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 81 dell'8 aprile 2011, il dottor Gian Luigi Rondi è stato nominato commissario straordinario della SIAE. Con lo stesso decreto sono stati nominati sub commissari del medesimo ente il professor avvocato Mario Stella Richter e l'avvocato Domenico Luca Scordino;
come emerge dalle considerazioni contenute nello stesso decreto il commissariamento dell'ente si è ritenuto necessario a causa dell'impossibilità di funzionamento degli organi deliberativi dovuto ad una «sofferenza» del modello di governance della Società e alla mancata approvazione del bilancio preventivo 2011, propedeutico all'attuazione del piano strategico 2010-2013, indispensabile per un adeguato risanamento economico-finanziario della società;
il 28 dicembre 2011 risulterebbe firmato un atto notarile che dispone la cessione dei palazzi del fondo pensioni della SIAE al «Fondo Aida»: sei immobili situati a Roma, il cui prezzo viene fissato in ottanta milioni di euro, a fronte del bilancio 2010 in cui era stato valutato un prezzo di 103 milioni di euro;
gli immobili della Siae verrebbero inoltre ceduti al «fondo Norma» ad un prezzo concordato di 180 milioni di euro; tuttavia il valore dei palazzi è stato stimato in 360 milioni di euro;
i palazzi Siae sono stimati complessivamente 463 milioni di euro; gli introiti risulterebbero essere pari a 260 milioni di euro;
la società incaricata per la vendita risulta essere la «Sorgente Group», società di diritto italiano al vertice di un gruppo che opera nel settore della finanza immobiliare con 4 società di gestione del risparmio e con 40 società immobiliari e di servizi immobiliari e finanziari -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
quali misure ritenga necessario adottare per garantire la trasparenza nella gestione economica della SIAE, quale ente pubblico economico;
quali iniziative intenda intraprendere per chiarire i motivi per cui l'incarico di vendita degli immobili sia stato affidato alla «Sorgente Group» ad un prezzo inferiore del suo valore effettivo e quali siano i motivi per cui gli immobili sarebbero confluiti nei fondi «Aida» e «Norma».
(4-14674)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

NUCARA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Repubblica italiana si fonda su valori sanciti nella Carta costituzionale ai quali tutti i cittadini, e a maggior ragione i rappresentanti delle istituzioni, si devono conformare, come richiama l'articolo 54 della Costituzione. Ciò premesso non sono tollerabili comportamenti o affermazioni che ledono la dignità della democrazia repubblicana, nata dalla lotta antifascista grazie al sacrificio di migliaia di vite umane. Non sfugge, quindi, a tale proposito il riprovevole comportamento del dottor Mario Vattani, designato quale console generale ad una sede consolare presso lo Stato del Giappone, nonostante abbia apertamente e con ostentazione partecipato a manifestazioni indette dai nostalgici del passato regime;

non si comprende come sia possibile che il dottor Mario Vattani, che non ha mai fatto mistero del suo credo fascista, avendo anche partecipato pubblicamente a manifestazioni di Casa Pound durante le quali ha avuto modo di esternare la sua esaltazione fascista con canti e parole, abbia potuto accedere alla carriera diplomatica -:
come il dottor Mario Vattani, soprannominato «Katanga», pur avendo più volte dichiarato che la sua missione è quella di trasmettere ai giovani con le sue canzoni i valori fascisti cui ha deciso di ispirare la sua vita, abbia potuto accedere alla diplomazia nella quale è richiesto di esternare ben altri valori e di praticare la riservatezza a tutela delle istituzioni;
per quali ragioni sia stata approvata la nomina a console generale d'Italia in Giappone del dottor Mario Vattani, vicino agli ambienti di Casa Pound, noto circolo culturale i cui contenuti traggono ispirazione dal passato ventennio fascista;
per quali ragioni il Ministero degli affari esteri abbia minimizzato il comportamento del dottor Mario Vattani derubricandolo a semplice «fatto di costume», il che, fa sorgere dubbi sui criteri adottati nella selezione dei diplomatici che rappresentano l'Italia all'estero e quali procedure siano in essere per la selezione del corpo diplomatico;
per quali ragioni, essendo in vigore la legge «Mancino», approvata dal Parlamento nel 1993, che condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista, aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali, non sia stata mai prontamente chiamata al caso de quo, pur essendo noti i comportamenti del dottor Mario Vattani sin dal 1991, anno in cui ebbe accesso alla carriera diplomatica;
quali provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato per sanzionare adeguatamente il dottor Mario Vattani eventualmente anche allontanandolo dagli incarichi diplomatici non potendo, ad avviso dell'interrogante, rappresentare, con dignità, i sentimenti e i valori del popolo italiano presso sedi diplomatiche estere, né presso un'altra struttura istituzionale delegata ai rapporti con i cittadini e il mondo dell'informazione.
(3-02061)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000 recante «Disciplina del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura all'estero, a norma dell'articolo 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266», sancisce che «la retribuzione (degli impiegati a legge locale) è di norma fissata e corrisposta in valuta locale, salva la possibilità di ricorrere ad altra valuta in presenza di particolari motivi»;
l'articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002 prevede che dal 1° gennaio 2003 la retribuzione del personale di cui sopra, viene determinata e corrisposta in euro, ad avviso dell'interrogate in aperta violazione di quanto sancito dall'articolo n. 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000;
attualmente molti impiegati, rientranti nella fattispecie di cui sopra, usufruiscono di una retribuzione in euro. Aspetto di particolare criticità per quanto riguarda i lavoratori impegnati ad esempio, in Svizzera, Brasile, Canada, Australia, Slovacchia;
infatti, nella definizione delle retribuzioni, il Ministero degli affari esteri, in deroga alla legge, applica il cambio in euro invece che in valuta locale, comportando un non trascurabile svantaggio economico, oltre che serie difficoltà al personale dei Paesi sopra menzionati;
sul versante degli impiegati a tempo determinato residenti, in particolare il

personale docente, non rientrante della categoria dei cosiddetti impiegati a contratto, si aggiungono ulteriori criticità in merito alle definizione dei livelli di retribuzione;
sulla base delle direttive degli uffici competenti del Ministero degli affari esteri - peraltro non confermate da apposito provvedimento - la retribuzione del personale docente a tempo determinato residente e operante all'estero dovrebbe essere definita con valuta in euro. Il controvalore in euro della valuta locale dovrebbe essere calcolato sulla base del tasso di cambio stabilito semestralmente da un decreto interministeriale Ministero degli affari esteri-Ministero dell'economia e delle finanze e non sussiste - sulla base dei citati provvedimenti - alcun obbligo di inserimento nel contratto dell'importo in valuta locale;
di contro, sarebbe auspicabile - ai fini della opportuna tutela di adeguati standard di vita degli impiegati -, che laddove gli stipendi locali risultino più alti di quelli italiani e laddove circoli una valuta diversa dall'euro definire la retribuzione con valuta locale, adeguandola opportunamente ai panieri di riferimento locali, e versandola eventualmente poi in euro;
la conversione in euro di uno stipendio che nasce in valuta locale comporta inevitabilmente dei vizi di cambio, poiché spesso non vi è rispondenza tra il tasso di cambio applicato e quello realmente in vigore, con conseguenti difficoltà per gli impiegati che si ritrovano a percepire una retribuzione ben lontana dai valori di riferimento di uno stipendio locale;
sotto il profilo contributivo del suindicato profilo lavorativo, il regolamento (CE) n. 833/2004 prevede, all'articolo 16, che due o più Stati membri o gli organismi designati da tali autorità possano di comune accordo prevedere su richiesta degli interessati, il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nel Paese di residenza, ma tale «ipotesi» normativamente sancita risulta essere ottemperata molto raramente;
malgrado le sollecitazioni e le richieste di chiarimento nei confronti dell'amministrazione da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, non risulta ancora chiaro se i lavoratori suindicati possano o meno usufruire degli interventi di sostegno al reddito, di indennità di disoccupazione e di pensioni nel Paese di residenza, sussistendo l'ipotesi opzionale sancita dal citato articolo 16 del regolamento comunitario;
l'amministrazione non ha fornito chiarimenti in merito al perché il calcolo dei contributi venga definito su uno stipendio convenzionale, mentre le aliquote Irpef vengono calcolate sull'importo dello stipendio lordo. Infatti, se si vuole far rientrare i docenti supplenti residenti all'estero come soggetti all'articolo 51, comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 17, si dovrebbe prevedere anche ai fini fiscali l'utilizzo di tali tabelle come stabilisce lo stesso articolo;
sulla base dei dati in possesso dell'interrogante non esistono tabelle convenzionali riferite alla fattispecie lavorativa dei docenti a contratto a tempo determinato, infatti il decreto nelle tabelle allegate non prevede questo profilo professionale;
grave risulta il danno ai fini pensionistici per i connazionali che risiedono in Paesi in cui esiste un alto costo della vita considerando che i contributi - siano essi versati in Italia o nello stesso Paese di residenza - sono rapportati allo stipendio lordo non essendo quest'ultimo caratterizzato da un assegno di sede;
gli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri, siano essi a tempo determinato o indeterminato, risultano essere i primi contribuenti dello Stato oltre confine, ma - stando ai dati a disposizione dell'interrogante - subiscono un onere fiscale particolarmente gravoso rispetto ai colleghi in Italia -:
se si sia a conoscenza delle criticità di cui in premessa, in cui versa un'intera categoria di lavoratori impiegati dallo Stato italiano oltre confine;

se si intenda valutare l'opportunità di rivedere i termini dell'articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002, al fine di garantire la corretta applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo n. 103, escludendo l'ipotesi di sussistenza di una normativa in chiaro contrasto;
se si intenda applicare al personale docente con contratto a tempo determinato, i medesimi riconoscimenti di cui all'articolo 157 del decreto legislativo n. 103 del 2007, al fine di garantire lo stipendio effettivo in valuta locale evitando i vizi di cambio che stanno causando serie difficoltà economiche ai lavoratori;
se si intenda chiarire il motivo per cui al personale docente con contratto a tempo determinato residente all'estero vengono versati contributi su stipendi definiti da tabelle convenzionali invece che sull'effettiva retribuzione ed il motivo - qualora i livelli contributivi fossero realmente soggetti ai parametri delle tabelle convenzionali - per cui non si applica l'articolo citato del testo unico delle imposte sui redditi.
(5-06039)

Interrogazione a risposta scritta:

FRATTINI, CICCHITTO, BERNARDO, D'ALESSANDRO, DI VIRGILIO, OSVALDO NAPOLI, SALTAMARTINI, ROSSO, ABELLI, DE CAMILLIS, NIZZI, VELLA, DI CAGNO ABBRESCIA, CERONI, GIRLANDA, CENTEMERO, PICCHI, CECCACCI RUBINO, GOTTARDO, NASTRI, REPETTI, GIAMMANCO, BIANCOFIORE e MUSSOLINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
quest'anno in Ucraina si terranno i campionati europei di calcio;
con l'occasione all'evento le città ucraine stanno operando iniziative di restauro e abbellimento;
contestualmente, è in corso una strage di massa di cani e gatti randagi, operata dalle autorità ucraine, cui partecipano anche singoli cittadini;
cani e gatti sono uccisi barbaramente ed anche bruciati vivi per fare più in fretta e alimentare forni da riscaldamento;
la UEFA non ha sinora mostrato alcun segno di intervento per far cessare questa vergognosa pratica;
un evento sportivo non si può in tal modo sporcare del sangue di migliaia di animali, esseri viventi ed innocenti, nel silenzio della comunità internazionale;
l'Italia, autorevole e promettente partecipante agli europei di calcio, ha sempre osservato politiche di rispetto, in linea con le prescrizioni europee, per gli animali, la loro vita e il loro benessere -:
se il Ministro, con le opportune iniziative anche tramite formali istruzioni alle ambasciate responsabili, si impegni con forza, anche raccogliendo il consenso di altri partner europei, affinché l'Ucraina sospenda immediatamente questo massacro e provveda ad un piano di sterilizzazione degli animali randagi promuovendone, proprio in occasione degli Europei di calcio, le adozioni internazionali.
(4-14663)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

MONDELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 74 comma 1 lettera h) del decreto legislativo n. 152 del 2006 uno scarico proveniente da attività di frantoio oleario è inquadrato come «industriale» a prescindere dalla quantità e qualità dello stesso poiché proveniente da edifici in cui si svolgono attività diverse da quelle domestiche o di servizio;
secondo la citata lettera infatti sono «acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue proveniente da edifici od

installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento»
diversamente, è classificato come «non industriale» un refluo immesso in fognatura proveniente da insediamenti quali le imprese agricole ed i frantoi inseriti in latifondi, benché producano e/o commercializzino un bene proprio;
i frantoi oleari liguri sono del tutto analoghi ai frantoi inseriti in latifondi e caratterizzati da finalità di servizio in quanto predisposti per servire una miriade di piccoli coltivatori che considerano il frantoio come ineliminabile propaggine del loro fondo;
inoltre, i frantoi oleari liguri per smaltire i residui di lavorazione delle olive, in particolare le sanse e le acque reflue, devono sostenere numerosi disagi connaturati nella specificità della lavorazione, dell'acclività del versante ligure e della conurbazione di valle;
l'allaccio e lo scarico in fognatura dei reflui industriali devono essere preventivamente autorizzati da parte dell'autorità competente, mentre i limiti di riferimento per lo scarico dei reflui industriali deputanti in fognatura sono quelli riportati nella tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
alcuni frantoi oleari liguri (soprattutto nella zona del Tigullio) hanno potuto scaricare i reflui in fognatura grazie alle autorizzazioni concesse dalle amministrazioni locali dal 2000 al 2008, investendo consistenti somme nel pretrattamento dei reflui e sfruttando le deroghe concesse dalla normativa, ma recentemente gli stessi frantoi hanno ricevuto dagli ATO il diniego all'istanza di rinnovo allo scarico in fognatura;
ciò genera una disparità di trattamento fra categorie di operatori strutturalmente e funzionalmente analoghi e rischia di mettere in ginocchio un comparto che rappresenta un vanto dell'offerta agroalimentare non solo ligure ma anche italiana;
deve inoltre considerarsi la sempre maggiore concorrenza sleale di importatori/imbottigliatori sul mercato locale, nazionale ed internazionale che danneggia economicamente la categoria dei frantoi dediti anche alla promozione/commercializzazione del prodotto molito;
sulla vicenda sono stati già presentati dall'interrogante altri atti parlamentari su cui il Governo precedente ha dato risposte non esaustive riferite alla risoluzione della problematica, mentre sembrerebbe che il nuovo Esecutivo abbia dato segnali di apertura, come si apprende da organi di stampa in riferimento alle richieste di altri interroganti e durante una verifica della vicenda con altri attori interessati che sembrerebbe essere posta in essere presso le sedi competenti del Ministero -:
se non ritenga di assumere iniziative affinché venga chiarita definitivamente la questione dello smaltimento/lavorazione dei residui lavorativi e dei sottoprodotti di lavorazione verificando la possibilità dello scarico, in regime di controllo e di pretrattamento, delle acque reflue dei frantoi (liguri e non) evitando così che i costi riferibili alle singole aziende possano ricadere sull'intera filiera.
(3-02056)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta orale:

RENATO FARINA e CENTEMERO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
la città di Monza, legata profondamente alla storia longobarda e segnata dalla presenza della Regina Teodolinda, è stata esclusa dalla lista dei siti dell'«Italia Langobardorum» ritenuti degni di tutela in quanto patrimonio mondiale dell'Unesco;

questa preminenza di Monza è documentata nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, dove si riferisce che nel luogo dove sorge l'attuale Duomo, Teodolinda costruì una basilica, di cui resta parte di una torre inclusa nel perimetro absidale, e che nel Duomo si conserva nella cappella Teodolinda la corona ferrea e il tesoro del Duomo, documenti unici e sorgivi della civiltà longobarda, qui non solo custoditi ma per così dire partoriti e costituenti un vero e proprio monumento inseparabile dalla terra di Monza;
altre città hanno invece avuto l'onore di essere inserite in questa prestigiosa lista e d'ora in poi saranno divulgate nel mondo come luoghi di un itinerario dove conoscere «I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)», pur presentando residui quasi casuali della presenza longobarda; l'ufficio patrimonio mondiale dell'UNESCO svolge, all'interno del Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC), la funzione di coordinamento delle attività connesse all'attuazione della convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale;
istituito nel 2004, l'ufficio svolge anche compiti di supporto tecnico-scientifico al gruppo di lavoro interministeriale permanente per il patrimonio mondiale dell'UNESCO, attivo dal 1995 e formalmente istituito nel 1997 presso il Ministero per i beni e le attività culturali;
è parte della commissione di coordinamento per l'implementazione delle politiche di salvaguardia e promozione del patrimonio culturale immateriale e delle diversità culturali, istituita con D.D. del 10 aprile 2008 e coordinata dal direttore dell'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione del Ministero per i beni e le attività culturali -:
se risulti al Governo quanto sopra esposto e se e come il Ministero per i beni e le attività culturali abbia interagito con l'Unesco per la definizione dei siti degni di inserimento nella «Italia Langobardorum»;
come funzionino e se si ritengano soddisfacenti i rapporti di collaborazione tra l'Unesco il Ministero per i beni e le attività culturali, se esitano margini per correggere quella che a chiara evidenza appare agli interroganti come una negazione del buon senso e un danno reale alla città di Monza;
se non si intenda promuovere una revisione di questa lista per aprirla a Monza;
qualora ciò fosse impossibile, se non si intenda autonomamente rilanciare una proposta di itinerario longobardo che includa le capitali longobarde Monza e Pavia, ora escluse.
(3-02051)

DE BIASI, GHIZZONI e LEVI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa (Corriere della sera, edizione di Milano, 18 giugno 2011) riferiscono che il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali, dottor Mario Resca, nominato nel 2010 commissario straordinario di Brera, si dichiara «molto preoccupato» per la mancanza di fondi da destinare alla realizzazione del progetto della Grande Brera «in cima alle priorità del Ministero», aggiungendo che il progetto «non può essere affossato»;
per scongiurare tale eventualità, il direttore generale dichiara, inoltre, che «le istituzioni devono passare dalle parole ai fatti», in quanto a servono dai 20 ai 30 milioni di euro entro luglio solo per far partire i cantieri;
il progettista della Grande Brera, l'architetto Mario Bellini, sostiene che «servono risorse entro l'anno»;
in data 13 gennaio 2010 con l'atto Camera 5-02327 le firmatarie di tale interrogazione avevano posto il tema della reale consistenza degli oneri che comportavano l'istituzione del commissario sia con riferimento ai suoi compensi e a quelli di eventuali consulenze sia per quanto

concerneva gli interventi da realizzare in coerenza con il progetto complessivo che si è ritenuto di voler assegnare alla sede milanese ottenendo in data 18 febbraio 2010 la risposta del Ministro in carica che parlava di un compenso per le attività del commissario pari al 20 per cento dello 0,5 per cento dei lavori posti in gara e, per la realizzazione del progetto Grande Brera, calcolava le risorse necessarie pari a 50 milioni di euro;
le interroganti si dichiaravano insoddisfatte e chiedevano che la Commissione cultura, scienza e istruzione svolgesse un'audizione del dottor Resca al fine di fornire ai deputati una relazione dettagliata del progetto Grande Brera, molto delicato in quanto non concerneva solo le celebrazioni per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia ma interessava la Pinacoteca e il trasferimento della stessa Accademia -:
se non intenda alla luce di tali notizie e tenuto conto dell'urgenza di conoscere ufficialmente innanzitutto il progetto Grande Brera, le effettive disponibilità del Ministero, i costi da sostenere, i tempi e l'entità delle risorse che possono essere messe in campo, illustrare con la massima urgenza e completezza il reale stato delle cose, posto che Grande Brera interessa la città di Milano ma per il valore immenso del suo patrimonio è di indubbia rilevanza nazionale.
(3-02052)

VANNUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il consiglio di Stato con sentenza del 23 novembre 2011 ha riaperto il caso dei bronzi dorati da Cartoceto di Pergola che ha visto nel corso degli anni una lunga controversia sulla loro assegnazione per esposizione che si pensava conclusa con l'attribuzione al comune di Pergola;
allo scopo, da anni, il comune di Pergola, in base al decreto ministeriale 30 giugno 1993, ha infatti realizzato, presso l'ex convento di San Giacomo, messo a disposizione dall'amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino, una sede museale configurata quale centro operativo museale alle dipendenze delle Soprintendenze per i beni ambientali e architettonici, per i beni archeologici e per i beni artistici e storici delle Marche, con impegno finanziario notevole;
la sede museale è stata realizzata secondo i più moderni accorgimenti scientifici che hanno determinato alti costi di realizzazione e determinano notevoli costi di gestione;
il comune di Pergola e l'amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino hanno garantito in tutti questi anni la gestione del museo di Pergola con iniziative ed aperture al pubblico e riconosciuto successo di visitatori;
si sono svolti numerosi e qualificati programmi di valorizzazione culturale con oneri a carico esclusivo del comune e dell'amministrazione provinciale;
da notizia di stampa si apprende che la sentenza disporrebbe che entro quattro mesi gli enti interessati: province di Ancona e Pesaro Urbino e comuni di Pergola e Ancona «dovranno lealmente collaborare al fine di individuare una soluzione allocativa», in coerenza con quanto previsto nell'accordo del 27 luglio 2001;
il citato accordo del 2001 prevedeva il pendolarismo dell'importante reperto (6 mesi a Pergola, 6 mesi ad Ancona) e non fu firmato dal Ministro per i beni e le attività pro tempore culturali proprio per l'impraticabilità dovuta all'estremo rischio delle operazioni;
in forza di ciò la precedente sentenza del Consiglio di Stato del 2008 aveva annullato l'accordo stabilendo «di fatto» la permanenza a Pergola. Oggi tale decisione è stata rivista;
più volte il Ministero era intervenuto per evitare la deprecabile soluzione ed evitare rischi per uno dei più importanti reperti archeologici nazionali;

va ricordato, fra gli altri, il decreto Ronchey che riconobbe il museo dei Bronzi di Pergola quale sede staccata del museo archeologico regionale e la circolare del 2002 che vietava lo spostamento da Pergola dove il gruppo bronzeo si trova ininterrottamente dal 1999;
tutti gli accordi fra gli enti possono essere sottoscritti come il Consiglio di Stato determina, la condizione che venga fissato il principio della non trasportabilità periodica del bene e del suo spostamento da Pergola dove sono stati rinvenuti e dove è stata organizzata al meglio la sua fruizione con importanti riscontri -:
se il Ministro sia informato dell'accaduto;
se intenda prontamente ed attivamente intervenire, per quanto di competenza, in coerenza con i precedenti atti, per garantire che qualsiasi intesa che venga assunta non possa in alcun modo, per i rischi connessi, determinare il «pendolarismo» del complesso bronzeo di Cartoceto di Pergola e tantomeno il suo spostamento dalla sede naturale del museo dei bronzi di Pergola.
(3-02053)

MARCO CARRA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sabato 15 ottobre 2011, è stata inaugurata a Palazzo Té, a Mantova, la mostra «Virgilio. Volti e immagini del poeta» dedicata, ovviamente, al noto poeta mantovano;
la mostra rappresenta una parte consistente di una più ampia serie di eventi organizzati quale omaggio che la città di Mantova rende a Virgilio in occasione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
la cerimonia inaugurale e stata segnata da vivaci polemiche tra le forze politiche di maggioranza, che reggono l'amministrazione comunale di Mantova, in relazione alla cena di gala conclusiva che sembra essere costata ai contribuenti mantovani decine e decine di migliaia di euro;
in particolare, la Lega Nord mantovana ha sostenuto che con i soldi pubblici si è tenuta una convention del PDL (dalla Gazzetta di Mantova del 17 ottobre 2011);
attraverso il punto precedente, si rilevano accuse pesantissime che meriterebbero un'accurata verifica da parte della Corte dei conti e della magistratura ordinaria in relazione al paventato utilizzo di soldi pubblici per fini politici di parte, non riconducibili all'interesse pubblico;
la questione assume connotati ancor più gravi ed attendibili se si considera che all'evento inaugurale era presente il Sottosegretario ai trasporti ed alle infrastrutture Mario Mantovani, attuale coordinatore regionale del PDL;
non c'è alcune collegamento tra l'evento culturale e la presenza di un Sottosegretario che nulla ha a che fare con la tutela e la valorizzazione dei beni e delle attività culturali, a maggior ragione alla luce della presenza del Ministro della cultura della Tunisia che avrebbe meritato ben altra rappresentanza del Governo italiano -:
se il Ministero interrogato abbia erogato contributi per la mostra in oggetto, e in quale misura;
perché nessun esponente del Ministero per i beni e le attività culturali fosse presente all'inaugurazione delegando inopportunamente un rappresentate del Governo con una delega totalmente fuori luogo con l'iniziativa mantovana.
(3-02054)

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Cava Pontrelli, meglio nota come «Cava dei Dinosauri», si trova a circa 5 chilometri da Altamura (BA) ed è il paleosito più importante e ricco dell'Europa;

sulla sua superficie di oltre 12.000 metri quadrati nel 1999 sono state scoperte migliaia di orme di dinosauri appartenenti ad almeno cinque gruppi diversi di animali vissuti nel Cretacico, 70 milioni di anni fa;
la scoperta della cava ha apportato un enorme contributo alla ricerca paleontologica perché la sua esistenza testimonia che all'epoca l'area della Puglia non era interamente sommersa dall'acqua, contrariamente a quanto si presumeva prima del ritrovamento;
lo stato di conservazione delle impronte dei dinosauri è stupefacente, si pensi soltanto che in alcune di esse è possibile vedere le pieghe della pelle degli animali. Le dimensioni delle tracce variano dai 5 ai 45 centimetri, da questo si evince che alcuni dinosauri raggiungevano anche 10 metri di altezza;
la cementazione delle tracce è dovuta con molta probabilità al terreno paludoso, alla presenza di alghe e fango che hanno preservato nel tempo i segni del passaggio di questi animali, dalla cui andatura tranquilla si deduce il transito pacifico dei dinosauri in un ambiente incredibilmente ricco di vegetazione e cibo;
le 4 mila orme rilevate su questo territorio hanno un valore scientifico eccezionale. Dalle tracce si distinguono i dinosauri erbivori da quelli carnivori; sono ancora allo studio quelle appartenenti agli anchilosauri, che se confermate rappresenterebbero il primo caso al mondo;
tuttavia il rischio di perdere per sempre questo patrimonio storico è quanto mai attuale;
il sito infatti non rientra nel demanio pubblico ma insiste su una proprietà privata con la quale le istituzioni non hanno ancora concluso un accordo finalizzato alla valorizzazione dell'area;
conseguentemente di fatto la cava, come confermato da molte testimonianze, si trova in un inaccettabile stato di abbandono: il cancello di accesso all'area è divelto e le orme sono esposte ad atti vandalici oltre che agli agenti atmosferici. Molte orme sono ricoperte di acqua e sassi che ne mettono a repentaglio la conservazione;
il profondo degrado in cui versa la cava dei dinosauri desta la preoccupazione non soltanto degli studiosi ma anche di associazioni e cittadini che si sono già attivati per la sottoscrizione di una petizione volta alla salvaguardia del giacimento paleontologico;
il territorio di Altamura peraltro è ricco di testimonianze dell'era paleolitica e neolitica, soprattutto nell'area del Pulo. Del resto il nome stesso della città (altamura) deriva dalla presenza delle mura megalitiche costruite dalle popolazioni peucete. Nel 1993 è stato addirittura ritrovato nella grotta di Lamalunga uno scheletro umano in perfette condizioni risalente a 200.000 anni fa (cosiddetto «uomo di Altamura»);
ne consegue che questo territorio, se responsabilmente valorizzato e tutelato, rappresenterebbe un polo culturale e turistico di indiscutibile rilevanza nazionale ed internazionale -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro ritenga opportuno adottare al fine di preservare e valorizzare la cava di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine garantire la pubblica fruizione del sito in quanto bene paleontologico comune.
(3-02055)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

STRADELLA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni sono stati soppressi nella provincia di Alessandria i presidi: ospedale militare, ufficio leva, genio militare, 21o reggimento Alfonsine, centro rifornimento

in commissariato, 157o reggimento Novi Ligure, terme militari di Acqui;
l'ultimo rimasto in attività risulta il 5o Cerimant;
la struttura è ubicata in una zona rapidamente accessibile da tutte le autostrade che si incrociano ad Alessandria;
l'area non sarebbe suscettibile di valorizzazione rispetto ad altre collocate in centri urbani più importanti;
la zona è stata recentemente affrancata dai pericoli di esondazione del fiume Tanaro;
la vicinanza alla nuova tangenziale rende agevole il raccordo anche alla viabilità ordinaria non autostradale -:
se nei programmi di dismissione dei presidi militari siano comprese iniziative che interessino la caserma Artale.
(5-06032)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno riportato la notizia che il 28 gennaio 2012 un carabiniere è rimasto ferito in un incidente stradale avvenuto nei pressi di Farah in Afghanistan, a circa due chilometri dalla Foward Operational Base (Fob) «Dimonios», nel settore sud dell'area di responsabilità del comando regionale ovest, guidata dalla Brigata «Sassari»;
il militare, Loreto Di Loreto di 32 anni, è impiegato al Police Operational Mentor Liaison Team, assetto impegnato nelle attività di assistenza alla polizia afghana, l'Afghan Uniform Police. Si trova attualmente ricoverato in terapia intensiva all'ospedale da campo americano nella provincia di Helmand;
l'incidente sarebbe avvenuto a seguito del ribaltamento del mezzo Lince su cui viaggiava Loreto con altri 4 commilitoni. Il conducente avrebbe perso il controllo del mezzo nel causato nel tentativo di schivare un'auto di civili afghani. Il carabiniere si trovava in quel momento sulla torretta e ha subito la frattura di alcune costole;
rispondendo all'interrogazione 4-04607 il Ministro interrogato ha dichiarato che «[...] nel 2009 è stato avviato l'approvvigionamento di n. 81 torrette remotizzate, che si differenziano dalle ralle servoassistite in quanto consentono anche al mitragliere di operare in sicurezza dall'interno della cellula di sopravvivenza del "Lince". [...] Al momento si prevede la consegna di queste torrette a partire dal mese di novembre/dicembre 2010, con successiva immissione nel teatro afgano presumibilmente nei primi mesi del 2011. [...]»;
a confermare la necessità di dare seguito a quanto chiesto con l'interrogazione 4-03685 è recentemente andato in onda sul canale televisivo di Rai 3 un servizio realizzato dalla trasmissione televisiva «Agorà» in cui sono riportare le dichiarazioni di un militare che ha giudicato il mezzo «Lince» poco affidabile e con notevoli problemi di stabilità -:
quali siano le reali condizioni di salute del militare rimasto coinvolto nell'incidente in premessa e se intenda soddisfare le richieste finora rimaste inevase formulate dagli interroganti sulla questione della stabilità, della sicurezza e dell'efficienza dei mezzi e delle dotazioni in uso alle Forze armate impiegate nei teatri operativi delle missioni internazionali e comunque accolte dal Governo con diversi ordini del giorno;
se in attuazione dell'ordine del giorno n. 9/3016/11, accolto dal Governo, nella seduta del 17 dicembre 2009, come integrato dall'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/3996-A/5 accolto dal Governo nella seduta del 25 gennaio 2011, sia stata istituita la Commissione ministeriale di indagine finalizzata a fare luce sulle cause della morte del caporal maggiore Alessandro

Di Lisio, del tenente Antonio Fortunato, del primo caporal maggiore Matteo Mureddu, del primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, del primo caporal maggiore Massimiliano Randino, del sergente maggiore Roberto Valente, del primo caporal maggiore Giandomenico Pistonami, nonché sulle cause del ferimento o di decesso di altri militari del contingente italiano impegnato nella missione in Afghanistan negli anni tra il 2006 e il 2011 e quali siano stati i risultati delle indagini svolte.
(4-14664)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica n. 4453/2010, 4635/2010, 4636/2010, 4642/2010, 4790/2010, 5172/2010 e 5791/2010, proposti da numerosi specialisti di elicottero della Marina militare, invocano l'erogazione dell'indennità mensile di volo e dell'indennità supplementare di pronto intervento aereo anche per i mesi formalmente esclusi dagli equipaggi fissi di volo ma sostanzialmente impiegati sempre nelle medesime condizioni nell'arco dell'anno;
un ricorrente ha avanzato all'amministrazione di competenza l'istanza per partecipare al procedimento amministrativo ed ha chiesto esplicitamente «in virtù dei principi del giusto procedimento e contraddittorio, di poter conoscere se la replica alla relazione ministeriale sia stata trasmessa o se intenda farla valutare al Consiglio di Stato» come dispone il combinato disposto dell'articolo 49 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 e l'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
con il foglio F6/01154/6 del 10 gennaio 2012, lo Stato maggiore della Marina, sesto reparto aeromobili, ha comunicato al militare che non ha provveduto all'inoltro della replica al Consiglio di Stato per le seguenti ragioni: «codesto ricorrente aveva avanzato tale replica direttamente e per competenza al Consiglio di Stato, rendendo pertanto inutile ed irrilevante l'inoltro della stessa da parte di questo Reparto ai fini della tutela del diritto di partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo (...) la replica non aveva alcuna considerazione aggiuntiva rispetto a quelle già espresse in merito al ricorso»;
il richiamato articolo 49, comma 2, del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 dispone che «i memoriali o documenti che gli interessati credono di sottoporre al Consiglio di Stato devono essere rassegnati al Ministero, cui spetta di provvedere. Non può tenersi conto di alcun documento non trasmesso dal Ministero» -:
se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative volte a sanare il vulnus inferto non solo ai ricorrenti ma anche alle norme di legge e quali le eventuali azioni che intenderà avviare nei confronti dei responsabili.
(4-14667)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il foglio prot. 272/6-2010 del 21 giugno 2010 il comando legione carabinieri «Toscana» - servizio amministrativo - ha indetto una «gara per l'affidamento in concessione con gestione completa del servizio di somministrazione di vivande calde e fredde, a mezzo di distributori automatici, presso le caserme ubicate nel territorio del comando legione carabinieri «Toscana»;
il 20 ottobre 2011 l'avvocato Enzo Frediani, in nome e per conto del signor Gianluca Brunetti, legale rappresentante della «Joyfull Break S.r.l.» con una lettera indirizzata al comando legione carabinieri «Toscana» - servizio amministrativo - sezione gestione finanziaria - metteva in mora l'amministrazione militare rappresentando che l'offerta avanzata dalla Società del proprio assistito era risultata quella maggiormente conveniente e che in forza del regolamento del bando doveva

essere ritenuta aggiudicataria della gara («l'aggiudicazione avverrà, seduta stante ed in un unico esperimento (...)»);
il successivo 27 ottobre il comando appaltante comunicava al legale della «Joyfull Break S.r.l.» di aver «dovuto necessariamente affidare i lavori di valutazione qualitativa dell'offerta ad una apposita Commissione». Il 7 novembre il Capo servizio amministrativo del comando legione carabinieri «Toscana» comunicava alle ditte partecipanti alla gara che la commissione incaricata per l'attribuzione dei punteggi in merito alle offerte aveva ritenuto di dover richiedere «l'elenco dettagliato di tutti i singoli prodotti, che intendono porre in distribuzione, corredato ciascuno da una descrizione tecnico/qualitativa». A tale richiesta la «Joyfull Break S.r.l.» adempiva in data 11 novembre 2011;
il 13 gennaio 2012 il capo servizio amministrativo del comando legione carabinieri «Toscana» comunicava alle ditte partecipanti che il giorno 23 gennaio 2011 avrebbe avuto luogo l'aggiudicazione della gara per l'affidamento del servizio di somministrazione di vivande calde e fredde a mezzo di distributori automatici. Tuttavia il successivo giorno 20 il medesimo comunicava che «una delle partecipanti alla gara in oggetto ha obiettato sulla genericità della valutazione tecnico-qualitativa delle offerte, invocando la presunta mancanza dei requisiti specifici previsti dall'articolo 83 del decreto legislativo 163 del 12 aprile 2006 [...] Per quanto sopra, la seduta del 23 p.v. è sospesa.»;
consta agli interroganti che tra le ditte partecipanti alla gara vi è anche la «IVS ITALIA S.p.A.» che ha concorso in consorzio con l'associazione carabinieri in servizio «Podgora» la Supermatic Srl e la Joyfull Break Srl che ha praticato uno sconto del 45,3 per cento sull'importo base fissato dall'amministrazione militare;
gli interroganti nel corso della presente legislatura hanno presentato numerose interrogazioni per chiedere chiarimenti sulle molteplici attività dell'Associazione carabinieri in servizio «Podgora» e sui suoi fondatori che risultano essere tutti membri dell'attuale consiglio centrale della rappresentanza militare dell'Arma dei carabinieri, e in mancanza delle dovute risposte hanno ritenuto di dover chiedere alle competenti autorità giudiziarie di accertare se nei fatti in esse esposti si ravvisassero ipotesi di comportamenti penalmente rilevanti, chiedendone la perseguirne i responsabili a norma di legge;
le attività dei delegati del Cocer dei carabinieri, fondatori dell'associazione Podgora hanno inoltre richiamato l'attenzione dei mezzi di informazione che, in particolare, hanno avuto modo di scrivere copiosamente sulla gestione dei distributori automatici installati presso le caserme della legione Lazio che, come hanno rilevato gli interroganti, fu a suo tempo affidata apparentemente senza alcuna gara;
appare singolare il comportamento del capo del servizio amministrativo e la modalità di gestione della procedura per l'affidamento dell'appalto, ma ancor più strano è il fatto che una delle concorrenti abbia potuto obiettare sulla genericità della valutazione tecnico-qualitativa delle offerte ancor prima che questa fosse resa nota agli stessi partecipanti;
il mancato affidamento della gestione del servizio citato, oltre a rappresentare un danno per le partecipanti che in tale modo restano impegnate all'eventuale soddisfacimento dell'appalto e quindi impossibilitate a orientare i propri investimenti verso altri settori, rappresenta un danno per il personale che, in tale modo non può fruire di un servizio sicuramente economicamente più vantaggioso -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quale sia la ditta che ha fatto obiezioni;
se non ritenga di dover intervenire con la massima urgenza consentita, e in quale modo, per definire l'affidamento della gara in premessa nel più breve tempo possibile;

presso quali altre legioni carabinieri siano state effettuate gare simili a quella in premessa e se vi abbia partecipato l'associazione Carabinieri in servizio «Podgora», e in quale forma e con quale altra ditta;
se l'associazione carabinieri in servizio «Podgora» abbia tutti i requisiti previsti dal bando in premessa;
se non ritenga di dover revocare all'associazione carabinieri in servizio «Podgora» l'assenso ministeriale a suo tempo concesso, potendosi ravvisare nelle attività commerciali a scopo di lucro poste in essere dalla medesima associazione una chiara violazione delle finalità dello statuto e una palese incompatibilità dei soci con le attività d'istituto;
se non intenda assumere le iniziative di competenza affinché sia disposta l'immediata sospensione dei soci fondatori dell'associazione «Podgora» dalle funzioni di delegato del Cocer carabinieri potendosi ipotizzare l'incompatibilità degli stessi con le funzioni svolte in seno all'organismo rappresentativo del personale dell'Arma dei carabinieri;
se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per disporre la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica competente per territorio affinché sia accertata nei fatti e negli atti della gara in premessa l'esistenza di eventuali comportamenti penalmente rilevanti.
(4-14672)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

POLI e BOSI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Unione ciclistica internazionale ha assegnato alla Toscana l'organizzazione del mondiale di ciclismo 2013, che si svolgerà su un percorso di 267 chilometri da Lucca a Firenze, passando da Montecatini Terme e Pistoia;
l'evento rappresenta un'occasione importante ed un'opportunità per promuovere l'immagine della Toscana e dei territori interessati dalla manifestazione;
tuttavia per rendere il tracciato idoneo secondo i canoni stabiliti dalle disposizioni internazionali è necessario effettuare lavori sui percorsi stradali, a carico degli enti pubblici coinvolti;
il comitato istituzionale per la preparazione e lo svolgimento della manifestazione, dopo una serie di verifiche di natura tecnica, ha infatti evidenziato che per il corretto svolgimento delle tappe e per una valutazione positiva di idoneità del manto stradale sono necessari interventi di carattere infrastrutturale sul percorso prescelto;
i tratti dell'intero percorso dei mondiali sono di proprietà e ricadono sotto la competenza di più enti, in particolare regione ed enti locali (province di Lucca, Pistoia, Firenze e Prato ed i comuni di Firenze, Lucca, Fiesole, Montecatini Terme e Pistoia);
secondo una stima del gruppo tecnico di supporto al comitato istituzionale, i costi degli interventi necessari ammonterebbero ad oltre 157 milioni di euro, tra interventi fondamentali e di completamento;
tra gli enti interessati è stato firmato un protocollo d'intesa per programmare tali lavori di organizzazione e di realizzazione degli interventi e per reperire le risorse per coprire parte delle spese previste nonché per sollecitare, con iniziative comuni, interventi dello Stato a copertura integrale delle medesime;
alcuni enti, tuttavia, hanno manifestato alcune perplessità circa il rispetto dei vincoli imposti dal patto di stabilità conseguente all'inserimento nei propri bilanci

delle spese per gli interventi programmati -:
se non ritenga di promuovere d'intesa con la Conferenza delle regioni, l'UPI e l'ANCI, una revisione del patto di stabilità che consenta agli enti virtuosi coinvolti, di poter realizzare gli investimenti funzionali allo svolgimento dei mondiali di ciclismo 2013 in Toscana senza incorrere nelle sanzioni previste dalle disposizioni vigenti in materia.
(3-02060)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CALEARO CIMAN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i termini per la presentazione della comunicazione «ordinaria» dello spesometro sono stati, da ultimo, prorogati al 31 gennaio 2012, a pochi giorni dalla scadenza, precedentemente fissata al 31 dicembre 2011, per i dati delle operazioni attive e passive relative al 2010;
l'obiettivo della comunicazione è quello di contrastare comportamenti fraudolenti ai fini Iva e delle imposte sui redditi degli operatori soggetti passivi Iva, nonché di contrastare l'occultamento di redditi, delle persone fisiche, tramite l'evidenziazione di spese e consumi indici di capacità contributiva ai fini dell'accertamento sintetico;
la decisione è stata presa dall'Agenzia delle entrate vista la difficoltà di completare in tempo di adeguamenti tecnici ai software gestionali per adeguarsi all'obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di importo non inferiore, per il 2010, a 25.000 euro;
dal 2011 la soglia di riferimento si abbassa ad 3.000 euro oppure 3.600 euro a seconda che l'operazione sia o meno soggetta ad obbligo di fatturazione;
entro il 30 aprile 2012 è stato invece confermato il termine ultimo per l'invio della comunicazione relativa alle operazioni compiute nel 2011;
la comunicazione ordinaria dello spesometro è disciplinata dal provvedimento n. 184182 del 22 dicembre 2010 del direttore dell'Agenzia delle entrate a cui hanno fatto seguito numerosi provvedimenti modificativi ed integrativi (in totale sono 4) con tre scritture (l'ultima, decisiva, del 16 settembre 2011) dei tracciati record necessari allo sviluppo dei software;
con provvedimento n. 119563 del 5 agosto 2011 è stata, inoltre, introdotta una comunicazione «speciale», sempre ai fini dello spesometro, per le società che esercitano attività di leasing finanziario e operativo. Tale comunicazione è stata estesa, ad opera del successivo provvedimento n. 165979 datato 21 novembre 2011 (rettificativo ed integrativo del primo), anche ad altri «operatori commerciali che svolgono attività di locazione e/o noleggio dei seguenti beni mobili: autovetture, caravan, altri veicoli, unità da diporto e aeromobili». In sede di prima applicazione la prima scadenza è fissata per il 31 dicembre 2012 e, a regime, per il 30 aprile dell'anno successivo;
le imprese interessate dai nuovi adempimenti fanno notare le molteplici contraddizioni che derivano dall'analisi dei numerosi provvedimenti, circolari e note emanate nel corso del 2011 dall'Agenzia delle entrate che, lungi dal fare chiarezza, hanno generato ulteriori situazioni di incertezza. Esse, infatti, lamentano l'eccesso di complicazioni che derivano dall'interpretazione e dall'applicazione operativa dei citati documenti e, in particolare:
a) la complessa individuazione e selezione, con effetto retroattivo, delle fatture, singolarmente «sotto soglia», ma complessivamente sopra, relative ai cosiddetti «contratti collegati», a quelli con «corrispettivi periodici» o anche, più semplicemente, alle fatture di acconto e saldo;
b) la difficoltà degli operatori nel distinguere le tipiche compravendite dai più articolati (e non meglio definiti) contratti di fornitura o somministrazione di beni considerato che, raramente, le pattuizioni

contrattuali permettono di individuare agevolmente, ed in modo preciso, l'istituto contrattuale di riferimento;
c) l'aumento esponenziale delle citate difficoltà che si genera, dal 2011, con la riduzione da euro 25.000 ad euro 3.000/euro 3.600 delle soglie di rilevanza;
d) l'abbinamento delle operazioni alle «modalità di pagamento» (importo non frazionato; importo frazionato; corrispettivi periodici);
e) il «collegamento» delle note di variazione alle fatture (le variazioni dello stesso anno vanno sommate algebricamente all'operazione originaria mentre quelle intervenute successivamente vanno indicate in separati dettagli che richiedono altresì data e numero della fattura da rettificare);
f) la manutenzione delle anagrafiche, anche al fine della corretta selezione del dettaglio record, con particolare difficoltà di reperire, con effetto retroattivo, informazioni su clienti occasionali (in particolare se non residenti e, soprattutto, dei dati del rappresentante persona fisica nel caso di soggetto collettivo non residente);
g) l'ineludibile necessità di intervenire manualmente negli archivi informatici del 2010 e 2011 considerato che le informazioni di cui sopra non erano note al momento della registrazione delle fatture;

l'articolo 6, comma 4, della legge n. 212 del 2010 (statuto del contribuente) prevede che «al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria»;
l'articolo 7, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 70 del 2011 stabilisce che «i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso del fisco e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre amministrazioni»;
la legge n. 180 del 2011 (statuto delle imprese) richiama il principio di «progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle micro, piccole e medie imprese, in conformità con quanto previsto dalla normativa europea»;
l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, nello specifico, delega al direttore dell'agenzia il compito di «individuare modalità e termini, tali da limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila»;
il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate n. 184182 del 22 dicembre 2010, al punto 2.4, precisa che sono escluse dall'obbligo di comunicazione, fra le altre, «le operazioni che hanno costituito oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria, ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605» e le motivazioni del citato provvedimento evidenziano che «al fine di limitare la platea dei soggetti obbligati alla comunicazione in argomento ed in considerazione del divieto fissato dall'articolo 6 dello Statuto del contribuente, sono escluse dall'obbligo comunicativo le operazioni già monitorate dall'Amministrazione finanziaria»;
il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate n. 119563 del 5 agosto 2011 relativo alla comunicazione speciale per le società di leasing:
a) nelle motivazioni, precisa che la comunicazione «rientra fra quelle escluse dall'obbligo di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, trattandosi di operazioni già monitorate dall'Amministrazione finanziaria, anche al fine di limitare la platea dei soggetti obbligati alla comunicazione delle operazioni non inferiori ai 3.000 euro ed in considerazione del divieto fissato dall'articolo 6 dello Statuto del

contribuente. In particolare il provvedimento del 22 dicembre 2010, attuativo della predetta norma, ha stabilito che non devono essere inviate le operazioni che costituiscono oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria, ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 fra le quali è da annoverarsi la presente»;
b) al punto 1.2, dispone che «l'adempimento connesso alla presente comunicazione comporta l'esonero dalla comunicazione di cui all'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122»;
le note datate 22 dicembre 2011 e 13 gennaio 2012 rilasciate dalla direzione centrale accertamento, settore analisi e strategia, dell'Agenzia delle entrate, in risposta a quesiti in materia di comunicazioni all'Anagrafe tributaria, ha precisato che «per i soggetti utilizzatori dei beni in leasing o noleggio permane l'obbligo di comunicazione per lo spesometro»;
nella circolare n. 24/E del 30 maggio 2011 dell'Agenzia delle entrate è stato precisato, a titolo esemplificativo, che fra le operazioni già oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria ai sensi dell'articolo 7 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, per le quali si perfeziona, in capo agli operatori, l'esonero previsto dal retro citato punto 2.4 del Provvedimento 22 dicembre 2010, vi sono i contratti di somministrazione di energia elettrica e nella citata nota del 22 dicembre 2011 è stato altresì precisato che in tale esonero vi rientrano anche le utenze idriche, del gas e quelle telefoniche (tranne, per quest'ultime, relativamente al 2010, quelle intestate a privati);
nella nota datata 22 dicembre 2011 (risposta 5) è stato precisato che la voce h) «altro» del tracciato record è riferibile alle sole società di leasing (sono esclusi quindi gli «altri operatori commerciali») e che (risposta 3) nella voce «altri veicoli» sono compresi «altri beni mobili registrati possibili oggetto di noleggio, con esclusione dei veicoli da lavoro che hanno subito modifiche tali da renderli inadatti alla circolazione o alla navigazione aerea o marittima»;
nel tracciato 1 «dettaglio cliente» della comunicazione speciale è precisato che, in caso di locazione commerciale e noleggio, il campo 17 (bene oggetto del contratto) può assumere solo i valori «(A) Autovettura», «(B) Caravan», «(D) Unità da diporto», «(E) Aeromobile» mentre non vengono accettati valori quali «(C) Altro autoveicolo», «(F) Immobili», «(G) Bene mobiliare», «(H) Altro» portando a ritenere, quindi, che i codici (C), (F), (G) e (H) siano relegati solo ai contratti di leasing finanziario od operativo;
nella circolare n. 24/E del 30 maggio 2011, § 3.1, è stato affermato che «debbono essere, altresì, comunicate le cessioni gratuite di beni che formano oggetto dell'attività d'impresa, la cui base imponibile è definita ai sensi dell'articolo 13 del decreto, nonché la destinazione di beni a finalità estranee alla impresa (articolo 2, comma 2, punto 5), del decreto)», mentre nel provvedimento n. 184182 del 22 dicembre 2010 è stato precisato che «oggetto della comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ... per le quali i corrispettivi dovuti, secondo le condizioni contrattuali, sono di importo pari o superiore ...»;
nella nota datata 11 ottobre 2011 (risposta 11), rilasciata dalla direzione centrale accertamento, settore analisi e strategia, ufficio basi dati e strumenti di analisi, è stato altresì precisato che nel caso di cessioni gratuite oggetto di autofattura, nel campo codice fiscale della controparte, va indicata la partita Iva del cedente stesso;
infine, nella circolare n. 24/E del 30 maggio 2011, § 3.4, è stato precisato che fra le esclusioni richiamate dal punto 2.4 del provvedimento 22 dicembre 2010 (operazioni che hanno costituito oggetto di comunicazione all'anagrafe tributaria) vi sono le operazioni - acquisite ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 18

dicembre 1997, n. 463 - relative agli atti di compravendita di immobili. Nella nota 22 dicembre 2011 viene precisato che «se però le fatture relative agli acconti sono registrate un anno precedente a quello in cui avviene la registrazione della compravendita queste sono da comunicare» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno precisare attraverso una propria nota:
a) se gli operatori utilizzatori di beni in leasing debbano considerarsi esonerati oppure effettivamente obbligati a comunicare comunque le fatture relative ai contratti di leasing che vengono già comunicate all'anagrafe tributaria da parte delle società di leasing sulla base della comunicazione speciale introdotta dal provvedimento del 5 agosto 2011 come modificato dal provvedimento del 21 novembre 2011 e, in caso di conferma dell'obbligo, quale sia il motivo del differente trattamento di questo caso rispetto ad altre operazioni (ad esempio utenze energetiche) già comunicazione all'anagrafe tributaria che rimangono, invece, escluse dalla comunicazione dello spesometro da parte del committente;
b) se gli operatori che noleggiano «altri veicoli» (ad esempio un furgone) debbano effettuare la comunicazione speciale prevista dal provvedimento del 21 novembre 2011 e, in caso di risposta affermativa, con quali modalità, considerato che nel tracciato 1 «dettaglio cliente» è precisato che, in caso di locazione commerciale e noleggio, il campo 17 (bene oggetto del contratto) può assumere solo i valori «(A) Autovettura», «(B) Caravan», «(D) Unità da diporto», «(E) Aeromobile», mentre non vengono accettati valori quali «(C) Altro autoveicolo», «(F) Immobili», «(G) Bene mobiliare», «(H) Altro» che, parrebbero, quindi, relegati solo ai contratti di leasing finanziario od operativo;
c) se non ritenga necessario precisare l'effettiva portata dell'estensione dell'obbligo comunicativo alle «operazioni senza corrispettivo», considerato il contrasto con il provvedimento che parla esclusivamente di «corrispettivi» e di chiarire, altresì, l'effettiva utilità di tali informazioni considerato che non pare possano essere utili né come indice di capacità contributiva ai fini dell'accertamento sintetico sulle persone fisiche (per la mancanza di un corrispettivo pagato dal cliente) né come informazioni per il controllo incrociato fra operatori considerato che, nella nota del 11 ottobre 2011, è stato precisato che il cedente deve indicare come controparte i propri dati;
se, ai fini dell'accertamento sintetico, sia diversa la posizione di chi acquista un immobile pagando un cospicuo acconto in un anno precedente rispetto a quello dell'atto notarile, rispetto a chi paga saldo e acconto nello stesso anno in cui viene rogitato l'atto di compravendita, posto che la comunicazione ordinaria dello spesometro non prevede alcuna distinzione qualitativa del dato (non si capirà cioè se l'importo comunicato riguarda l'acquisto di un'auto piuttosto che di gioielli, piuttosto che un acconto relativo all'immobile) e fermo restando che, per evitare ulteriori complicazioni, è assolutamente improponibile richiedere una distinzione qualitativa del dato trasmesso, si teme ci sia il rischio concreto che l'importo dell'acconto pagato per l'acquisto di un immobile venga considerato due volte nella posizione di un contribuente;
se, al fine di limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti, e superare nel contempo le numerose e contrastanti questioni interpretative, non consideri doveroso precisare che nulla osta affinché gli operatori, laddove lo ritengano più agevole, possano scegliere di comunicare anche le fatture inferiori alle soglie previste dal provvedimento evitando, così, troppo complesse analisi circa l'esegesi contrattuale delle operazioni fatturate che portano all'aumento esponenziale dei tempi delle rilevazioni contabili e, di conseguenza, dei costi per le aziende.
(5-06037)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel mese di gennaio 2011 Equitalia Emilia Nord Spa (codice fiscale 00989820345) con sede legale in Parma, strada dei mercati n. 11/B, comunicava a Micconi Francesco - codice fiscale MCC CFN 65E04 G842L, residente in Ponte dell'Olio (Piacenza), socio della società semplice Micconi Francesco e Ghittoni Giuseppina (quest'ultima subentrata a Micconi Gaetano, deceduto) - di aver provveduto ad iscrivere, in data 28 dicembre 2010, l'ipoteca legale di cui al Rg. 17904 Rp. 3315 sui cespiti immobiliari del predetto in conseguenza del mancato pagamento di alcune cartelle esattoriali dell'importo complessivo di euro 92.782,23;
il Micconi preso atto dell'avvenuta iscrizione dell'ipoteca legale, provvedeva, nel successivo mese di agosto del medesimo anno a saldare il proprio debito nei confronti dell'erario, portando in compensazione un proprio controcredito relativo ad un'imposta avente la medesima natura, così come espressamente reso possibile dall'articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha espressamente istituito per le finalità di cui sopra un codice tributo, denominato «RUOL», da utilizzare nella compilazione del modello F24: l'esame dei modelli di pagamento consente di verificare che il codice tributo utilizzato dal Micconi è proprio quello introdotto per consentire la compensazione con debiti erariali già iscritti a ruolo;
in particolare si evidenzia che dalla dichiarazione IVA inviata il 21 luglio 2011 emerge un credito Iva certificato di euro 190.203,00 e che in data 17 agosto 2011 e 30 agosto 2011 è stato compensato l'intero debito verso Equitalia utilizzando il predetto credito Iva;
ad oggi l'ipoteca legale iscritta ai danni del Micconi non risulta ancora cancellata da Equitalia Emilia Nord spa e a nulla sono valsi i solleciti inviati tramite il difensore del Micconi;
appaiono palesi i pregiudizi patiti dal Micconi che in conseguenza della mancata cancellazione dell'ipoteca legale di cui sopra, riscontra evidenti e gravi difficoltà ad accedere al credito bancario, oltre a vedersi preclusa la possibilità di beneficiare dei contributi erogati dall'Unione europea ai coltivatori diretti, ovviamente riservati a soggetti non morosi -:
se e quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine a vicende quale quella suesposta e quali iniziative intenda assumere affinché Equitalia Emilia Nord spa si uniformi nei comportamenti alle norme di legge vigenti.
(5-06043)

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
uno studio pubblicato su Springer Science dell'istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) ha lanciato l'allarme sulla diffusione del fenomeno del gioco d'azzardo in Italia;
è emersa, la fotografia del giocatore tipo che è quella di un maschio, titolare di licenza media inferiore, bevitore di alcolici e fumatore. I soggetti più a rischio, però, sono i giovani giocatori, che abusano anche di farmaci tra i quali i tranquillanti;
la coordinatrice della ricerca dell'Ifc-Cnr dottoressa Sabrina Molinaro, ha specificato che - quella che possiamo considerare con un aggettivo come spaventosa - la percentuale del 42 per cento della popolazione campionata di età compresa tra i 15 e i 24 anni ed i 25 e 64, risulta aver giocato somme di denaro almeno una volta nel corso degli ultimi 12 mesi;
tale cifra, rapportata al numero di residenti in Italia è sconvolgente se si può considerare che all'incirca 17 milioni di

persone risultano essere coinvolte dal gioco d'azzardo, che a ragione, può essere considerata una vera e propria epidemia sociale che condiziona la vita di troppe famiglie italiane;
le statistiche indicate nella ricerca sono eloquenti delle condizioni sociali in cui si diffonde il fenomeno e sulla particolare incidenza tra i giovani: il 36 per cento dei 15-24enni ha dichiarato di aver giocato almeno una volta negli ultimi dodici mesi e quindi per un totale 2,2 milioni di giovani adulti, di questi ben il 27 per cento sono i cosiddetti giocatori sociali e il 9 per cento di problematici, questi ultimi per un totale di 500 mila persone;
se i ragazzi, quindi, giocano di meno in generale, sono però i più esposti rispetto agli adulti a situazioni di gioco problematico. Tant'è che gli adulti che affermano di aver giocato almeno una volta negli ultimi dodici mesi sono il 45 per cento (per un totale di 15 milioni), tra il 37 per cento che non presenta criticità, mentre l'8 per cento può essere inserito nella categoria dei problematici;
come già sottolineato ad essere più soggetta, secondo un precedente studio del Cnr Ipsad-Italia tra il 2007-2008, è la popolazione maschile, in ciascuna delle fasce di età prese in considerazione: gli uomini giocatori sono il 56 per cento tra i 15-24enni e il 54 per cento tra gli adulti. Il 10 per cento dei giovani maschi giocatori rischia di sviluppare dipendenza da gioco d'azzardo, cioè cinque volte di più rispetto alle coetanee, anche se la popolazione femminile ha probabilità doppia di cadere nel gioco problematico rispetto agli uomini nella fascia 25-64;
secondo la studiosa del CNR tra le ragioni per cui vi sia tale predominanza di genere debbano essere: «ricercata nel marketing, orientato soprattutto verso i maschi, con un'offerta vasta di scommesse sportive, poker on-line, slot-machine. Solo di recente la pubblicità si rivolge alle donne con giochi come il bingo, gratta e vinci, lotto, superenalotto» -:
come il Governo stia affrontando ed arginando il problema del gioco d'azzardo ed in particolare se non ritenga necessario diminuire l'incentivazione del fenomeno del gioco, divenuto oramai una piaga sociale, che con «Gratta & Vinci», «Superenalotto», lotterie istantanee, scommesse varie, incoraggia i cittadini e soprattutto i giovani, con piccole somme per volta, ad indebitarsi e ad affidarsi alla «fortuna» anziché ad avere fiducia e sostegno da parte delle istituzioni.
(4-14662)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 17 maggio 2011 nella seduta n. 473, l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 5/04740) in merito ai provvedimenti di riorganizzazione emessi dal presidente del tribunale ordinario di Milano, dottoressa Livia Pomodoro, che vedono trasferire nel capoluogo la maggior parte delle cause di competenza delle sezioni distaccate di Rho, Cassano D'Adda e Legnano;
con ordinanza n. 116/2012 del 20 gennaio 2012, il tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sospeso i provvedimenti, n. 112/11, 125/11 e 141/11 dell'anno 2011, emessi dal presidente del tribunale ordinario di Milano relativi al trasferimento definitivo dei processi civili dichiarativi e cognizione e dei procedimenti penali con rito ordinario monocratico delle sedi staccate di Rho, Legnano e Cassano dell'Adda alla sede centrale di Milano;
nelle motivazioni dell'ordinanza di sospensione, il TAR, rileva che le determinazioni assunte hanno come conseguenza l'effetto equivalente alla soppressione degli affari penali da trattarsi per legge presso le sezioni distaccate, misura

che l'ordinamento giudiziario non comprende tra le competenze presidenziali, ribadendo la specifica competenza al Ministro della giustizia che ha il potere di disporre l'istituzione, la soppressione e la modifica della circoscrizione delle sezioni distaccate del tribunale ordinario (nel rispetto, peraltro, di prescritti criteri oggettivi ed omogenei, che tengono conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei sistemi di mobilità, dell'indice di contenzioso in materia civile e penale degli ultimi due anni, della complessità e dell'articolazione delle attività economiche e sociali che si svolgono nel territorio); il potere del presidente del Tribunale, invece, è quello di modulare tra la sede principale e le sezioni distaccate quantità e tipologie di contenzioso da trattare; non può, con tutta evidenza, sconfinare nella sfera delle attribuzioni ministeriali;
secondo l'ordinamento giudiziario il potere del presidente del tribunale di disporre, in relazione a particolari esigenze, la trattazione di cause nella sede principale in un luogo delle sezioni distaccate sussiste solo in relazione a gruppi omogenei di procedimenti, vincolando il presidente del Tribunale ad un presupposto di eccezionalità -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, se intenda verificare che venga dato seguito alle disposizioni previste dall'ordinanza sopra citata al fine di riattivare tutte le funzioni delle sezioni distaccate di Rho, Legnano e Cassano dell'Adda, e se non ritenga opportuno acquisire informazioni in merito alle ragioni che hanno spinto il presidente di Milano ad esautorare le funzioni delle sezioni distaccate.
(5-06047)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sulle pagine del quotidiano La Gazzetta, lo scorso 25 gennaio 2012, il segretario regionale della Uil-Pa penitenziari, Giovanni Grippo, ha denunciato la condizioni di illegalità in cui versa la struttura penitenziaria di Matera e, più in generale, la situazione di profondo degrado in cui si troverebbero molte carceri presenti in Basilicata, atteso che in alcune di esse i detenuti dormono all'addiaccio all'interno di celle dove filtra l'acqua;
in particolare, l'esponente sindacale sostiene che attualmente nella casa circondariale di Matera non esisterebbe l'impianto di video-sorveglianza e che le «acque bianche di raccolta» del carcere finirebbero con il mescolarsi con quelle della fogna, «finendo nella canalizzazione che è indirizzata verso il torrente Gravina», con il che vi è il dubbio che queste acque confluiscano nel torrente senza aver subito alcun processo di depurazione;
la denuncia del segretario regionale della Uil-Pa penitenziari è stata ripresa e rilanciata da Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali lucani, il quale - dopo aver ribadito che «l'Italia è uno "Stato canaglia" sul fronte della tutela ambientale e della salute umana, così come sul fronte della questione giustizia e del suo putrido percolato rappresentato dalle condizioni di detenzione vissute nelle patrie galere e dalle condizioni di lavoro nelle patrie galere» - ha espresso tutta la vicinanza e solidarietà, sua e dei radicali, alla intera «comunità penitenziaria»;
dall'inizio della legislatura, la prima firmataria del presente atto ha presentato numerose interrogazioni - rimaste ad oggi senza alcuna risposta - riguardanti le drammatiche condizioni delle carceri lucane visitate più volte -:
se non intenda urgentemente dotare la casa circondariale di Matera dell'impianto di video-sorveglianza;
se corrisponda al vero che le «acque bianche di raccolta» del carcere di Matera si mescolino con quelle della fogna, finendo successivamente nella canalizzazione

che è indirizzata verso il torrente Gravina senza aver subito alcun processo di depurazione e, se del caso, cosa intenda fare per evitare che si riproduca nell'immediato futuro questa situazione di grave inquinamento ambientale;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ricondurre nella legalità costituzionale gli istituti di pena che insistono sul territorio della Basilicata ponendo così termine ai trattamenti secondo gli interroganti disumani e degradanti ai quali sono sottoposti i detenuti ivi reclusi.
(4-14655)

EVANGELISTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 9 gennaio 2012 si è registrata un'evasione di 2 detenuti dal penitenziario Don Bosco di Pisa e secondo le prime ricostruzioni i due sarebbero fuggiti facendo un buco nel muro, calandosi poi dal muro di cinta con un lenzuolo usato come corda (come nella più classica delle fiction); tuttavia, la fuga dei uno dei due evasi è durata ben poco in quanto uno dei due uomini è caduto, si è ferito ed è stato subito fermato e attualmente è ricoverato e piantonato nel reparto di ortopedia dell'ospedale pisano; nel frattempo, proseguono nelle ricerche dell'altro evaso;
analogo episodio era già accaduto nel luglio del 2010 quando, anche in questo caso, due uomini e sempre intorno all'ora di pranzo erano riusciti a evadere scavalcando, grazie a delle lenzuola annodate, il muro dei passeggi e poi quello di cinta, il che evidentemente dimostra che nulla è cambiato in termini di sorveglianza, anche se va detto che comunque questi due uomini furono poi individuati e arrestati a Porto Recanati in provincia di Macerata un paio di mesi dopo;
le due evasioni del luglio 2010 e del gennaio 2012 hanno avuto come elemento comune la possibilità di fuga dei quattro detenuti con un metodo rocambolesco: gli uni calati con le lenzuola dalla cinta muraria della struttura, gli altri operando perfino un buco nella parete;
le condizioni in cui versa il penitenziario Don Bosco sono notoriamente fatiscenti, trattandosi appunto di una struttura sull'orlo del collasso, che ospita tre volte il numero di reclusi per cui era stato concepito;
il carcere Don Bosco dovrebbe ospitare infatti, 225 detenuti e invece ce ne sono 380 (337 uomini e 43 donne);
la pianta organica di polizia penitenziaria per la struttura prevede 254 agenti, ma in servizio ce ne sono appena 188 e, di questi, 26 sono stati distaccati in altri istituti;
i turni spesso prevedono che un agente debba controllare, da solo, contemporaneamente tre piani diversi della struttura, con tutto ciò che questo comporta in termini di stress lavorativo e di garanzie per la sicurezza del penitenziario;
da quanto si apprende, a fine turno agenti, sovrintendenti e ispettori della polizia penitenziaria sono rimasti in «carcere», si sono autoconsegnati e hanno rinunciato ai pasti forniti dalla mensa interna della casa circondariale;
il direttore e il comandante degli agenti penitenziari del carcere di Pisa sono stati rimossi dall'incarico e destinati altrove dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria proprio a seguito della recente evasione del 9 gennaio 2012 -:
come mai il provveditore regionale toscano dell'amministrazione penitenziaria, nonostante fosse a conoscenza delle criticità del carcere Don Bosco di Pisa, abbia atteso la seconda evasione prima di intervenire;
quali siano le motivazioni che hanno determinato la rimozione dall'incarico del direttore e del comandante degli agenti penitenziari del carcere di Pisa;

quali siano le prospettive per il carcere e a quanto ammontino le risorse destinate alla struttura;
se, malgrado lo stato di grave crisi in cui versa il Paese, non intenda dare attuazione a un serio piano carcerario che garantisca, non solo la salubrità per chi vive in carcere come detenuto, ma anche un adeguato standard di sicurezza per chi opera all'interno delle strutture, trattandosi di persone esposte ogni giorno a gravi rischi per la propria sicurezza professionale e mentale.
(4-14668)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Diego Lombardo, 52 anni, attualmente detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per una condanna definitiva per truffa risalente ad oltre quindici fa, è affetto da un carcinoma al polmone, come è stato certificato dalle due strutture sanitarie presso le quali sono stati eseguiti esami approfonditi;
il signor Lombardo ha beneficiato della misura della detenzione domiciliare fino al 25 novembre 2011, quando la stessa gli è stata revocata per un cumulo di pena che superava i tre anni di condanna ed è stato immediatamente accompagnato in carcere per l'espiazione della pena residua;
durante la detenzione domiciliare il signor Lombardo è stato autorizzato a recarsi senza scorta presso la struttura Neuromed di Pozzilli al fine di effettuare esami obbiettivi (PET) strumentali all'accertamento e alla corretta definizione di una massa tumorale, rilevata in un precedente accertamento clinico effettuato presso la clinica Pineta Grande di Castel Volturno;
detti esami, avvenuti in data 24 novembre 2011 e 25 novembre 2011, hanno determinato che Diego Lombardo è affetto da «carcinoma polmonare dx con sospetti secondarismi a livello del lobo superiore bilateralmente», una patologia che per la sua gravità avrebbe richiesto un urgente ricovero presso una struttura oncologica specializzata, al fine di ottimizzare un approccio plurispecialistico, non escluso un intervento chirurgico;
considerata la potenziale aggressività del tumore diagnosticato e la prognosi vitae incerta, lo specialista privato, sempre il 24 novembre 2011, ha rigorosamente ammonito che derogare a un ricovero immediato presso struttura ospedaliera idonea potrebbe compromettere la vita del signor Lombardo;
in data 1o dicembre 2011, la direzione sanitaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere comunicava in una nota che la diagnosi presentata da Diego Lombardo al momento dell'arrivo, dopo ulteriori esami, era confermata, ribadiva che in data 28 novembre era stato richiesto un ricovero presso l'istituto tumori Pascale di Napoli (senza provvedere al ricovero pur richiesto e senza comunicare l'esito della richiesta di ricovero medesima) per la conferma della diagnosi e, infine, che la situazione era compatibile con il regime carcerario;
in data 12 dicembre 2011, la difesa ha proposto formale sollecito alla direzione del carcere, affinché si provvedesse con massima urgenza a ricoverare il detenuto presso un centro oncologico, atteso che il decorso del tempo, senza le cure e gli approfondimenti diagnostici di rito, potrebbero essere causa di morte;
solo di recente il signor Lombardo veniva ricoverato in ospedale (prima al Monaldi e poi al Cardarelli di Napoli) dove di fatto gli venivano effettuate solo una TAC e una radiografia e all'esito degli accertamenti è risultato un ingrandimento (rispetto all'esame effettuato presso la Neuromed di Pozzilli) della massa tumorale di circa 3 centimetri oltre che la manifestazione di una nuova massa tumorale, esiti causati dalla inerzia e dall'assenza

di cure, nonostante i numerosi solleciti, formalizzati nelle dovute sedi dalla difesa;
in data 26 gennaio 2012, per ridimensionare la massa tumorale era stato disposto nuovamente un trasferimento in ospedale per l'inizio di un primo ciclo di chemioterapia, alla fine del quale il signor Lombardo sarebbe stato in giornata - così gli era stato comunicato al detenuto - ritradotto in carcere; comunque, neanche questo ricovero temporaneo è stato possibile, perché il detenuto, arrivato all'ospedale Pascale per la prima chemioterapia, non è stato accettato per mancanza di posti;
la difesa di Diego Lombardo ha reiterato la richiesta di sospensione della esecuzione della pena per gravi motivi di salute con contestuale applicazione della misura provvisoria della detenzione domiciliare o in qualsiasi struttura specializzata oncologica, rilevando che dall'ulteriore ritardo nel disporre l'invocato ricovero o la concessione della detenzione domiciliare potrebbero derivare delle conseguenze mortali e, in ogni caso, irreversibilità dannose, tanto più se si considera che dalla prima istanza datata 28 novembre 2011, il signor Lombardo non è stato ancora ricoverato presso un centro oncologico specializzato, adeguato in termini di permanenza e complessità di interventi alla gravità della patologia;
l'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999 afferma che «I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate»;
l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, al comma 2, recita «Ove siano necessarie cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura (...); al comma 5 «All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati»; al comma 6 «Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche»;
con la recentissima sentenza n. 46479 del 14 dicembre 2011, la quarta sezione penale della Cassazione ha fatto notare che «il diritto alla salute va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture» -:
se disponga di elementi con riferimento a quanto esposto in premessa circa la gravità dell'attuale stato di salute del signor Diego Lombardo;
se corrisponda al vero, in particolare, che il 26 gennaio scorso, arrivato all'ospedale Pascale per il primo ciclo di chemioterapia, il detenuto non è stato accettato per mancanza di posti e che, dopo la chemioterapia, il signor Lombardo sarebbe dovuto comunque ritornare in carcere e affrontare in una cella tutte le conseguenze fisiche e psicologiche di una terapia del genere;
come mai non sia stato disposto, come chiedevano da almeno due mesi i famigliari e i difensori di Diego Lombardo, un ricovero immediato presso una struttura oncologica specializzata per poter intervenire subito a causa dell'estrema aggressività del tumore, che nel frattempo ha continuato a crescere, al punto che si sarebbe poi reso necessario il ciclo di chemio per ridimensionare la massa tumorale in particolare se sussistessero i presupposti di urgenza in base ai quali il ricovero può essere disposto anche dal direttore del carcere;

se non si ritenga di precisare, anche attraverso apposite iniziative normative, in maniera inequivoca che situazioni nosologiche quali quelle descritte in premessa, una volta certificate dalle strutture sanitarie pubbliche, producano effetti giuridici certi ed automatici sancendo, ipso iure, l'incompatibilità delle medesime con il regime di detenzione in carcere.
(4-14675)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

TASSONE e OCCHIUTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da indiscrezioni giornalistiche si è appreso che RFI sarebbe intenzionata a procedere in via unilaterale alla sostanziale dismissione di una serie di stazioni calabresi, e tra queste quella di Sibari, attiva sin dagli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia e snodo fondamentale tra i corridoi ferroviari ionico, adriatico e tirrenico;
tali segnalazioni, peraltro rilanciate da ambienti sindacali, hanno suscitato vibrate proteste anche istituzionali, col sindaco del comune di Cassano allo Ionio, nel cui ambito la stazione di Sibari ricade, che ha paventato il rischio di un ulteriore colpo al già grave isolamento dell'area ionica calabrese, con ricadute occupazionali ed economiche alquanto negative per il tessuto produttivo locale;
già nelle settimane passate, con l'entrata in vigore del nuovo orario invernale, Trenitalia aveva pesantemente penalizzato il sistema infrastrutturale e dei trasporti dell'intero meridione e della Calabria settentrionale in particolare, con la soppressione di ventuno treni a lunga percorrenza da e per la Calabria e la modifica dell'organizzazione dei treni regionali ed interregionali, manifestando ancora una volta un forte disimpegno dal territorio calabrese e provocando ulteriori disagi ai viaggiatori;
la riduzione dei finanziamenti statali, spesso addotta a giustificazione delle scelte adottate, non può tradursi in uno smantellamento del contratto universale di servizio che assolve, proprio nel Mezzogiorno dove è sempre più evidente l'assenza di infrastrutture capaci di garantire ottimali condizioni di trasporto, ad una vera e propria funzione sociale -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno convocare un tavolo di concertazione con RFI e Trenitalia per definire tutte le questioni aperte che riguardano l'assetto ferroviario nell'intero territorio calabrese e quali iniziative egli intenda comunque porre in essere per garantire la funzionalità e l'efficienza della stazione ferroviaria di Sibari ed il diritto alla mobilità dei calabresi.
(4-14656)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:

MARIO PEPE (Misto-R-A). - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel rispondere all'interpellanza urgente 2-01309 il 10 gennaio 2012, sulla preoccupante crescita degli omicidi nella città di Roma, il Sottosegretario incaricato ha riferito che: «(...) le risorse impiegate nei cosiddetti servizi di scorta, nella capitale le forze di polizia assicurano, complessivamente, 248 servizi di scorta, impiegando 815 operatori, dei quali 402 appartenenti alla Polizia di Stato, 239 all'Arma dei carabinieri, 82 alla Guardia di finanza e 92 alla Polizia penitenziaria. Per i medesimi servizi, peraltro, vengono utilizzati 179 veicoli blindati e 64 non blindati (...)»;

nell'anno 2012 si assiste ad una escalation di fenomeni delittuosi, la cui crescente virulenza sta mettendo a rischio anche i quartieri centrali della città;
il 24 gennaio è stato ucciso con diversi colpi di pistola un uomo di 64 anni in pieno giorno nei pressi del garage condominiale della sua abitazione, nel quartiere di Monteverde; il movente sembra essere la rapina, ma l'assassinio ha taluni aspetti che lo fanno sembrare una esecuzione -:
se non ritenga opportuno avviare una revisione di tutti gli elenchi dei referenti istituzionali sotto scorta, al fine di procedere con la verifica delle reali esigenze di protezione e di sicurezza di tali profili in particolare, facendo cessare il servizio di scorta nei confronti di coloro che non ricoprono più cariche pubbliche, al fine di riportare uomini e mezzi alla funzioni proprie di pattugliamento e controllo del territorio della città di Roma.
(3-02057)

CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da circa due settimane è in corso, presso la sede universitaria di via Verdi, 15 a Torino, l'occupazione abusiva di uno stabile di proprietà della regione Piemonte chiuso per lavori di ristrutturazione da destinare a breve agli studenti che ne avranno diritto;
l'occupazione illegale sta assumendo connotati ideologici pericolosi, tali da indurre un giovane occupante ad aggredire fuori dello stabile uno studente rappresentante della consulta provinciale di centrodestra;
consta all'interrogante gli occupanti abusivi della residenza universitaria hanno preso parte al corteo organizzato dall'«assemblea dei richiedenti asilo ai migranti», con la motivazione di esprimere la loro solidarietà alla lotta per il permesso di soggiorno -:
quali iniziative intenda intraprendere per identificare, attraverso la competente gerarchia periferica, gli agitatori che stanno occupando abusivamente lo stabile regionale e che solitamente manifestano la propria ideologia attraverso eclatanti gesti di violenza sulle persone e sulle cose;
se non ritenga opportuno adoperarsi per ristabilire il prima possibile una condizione di legalità;
se non ritenga opportuno verificare, attraverso le gerarchie competenti, come mai le forze dell'ordine non siano finora intervenute di fronte a una chiara e riconosciuta situazione di illegalità.
(3-02058)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MESSINA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i testimoni di giustizia sono persone che, avendo assistito o essendo essi stessi vittime di gravi eventi criminosi, hanno deciso di rendere testimonianza alla magistratura per consentire l'individuazione dei colpevoli;
sono cittadini incensurati e lontani dagli ambienti malavitosi, generalmente commercianti o imprenditori normalmente inseriti nella vita economica e sociale che, con la loro coraggiosa testimonianza, mettono a repentaglio la loro vita e quella dei loro familiari;
la loro collaborazione con la magistratura è un prezioso contributo alla sicurezza dello Stato e un aiuto nella lotta alla criminalità, tanto che l'importanza del loro ruolo è stata riconosciuta espressamente dalla legge 13 febbraio 2011, n. 45, prevedendo misure di protezione fino all'effettiva cessazione del pericolo esistente per il testimone stesso e per i suoi familiari, nonché misure di assistenza ed interagenti volti a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello preesistente l'ingresso nel programma di protezione;
purtroppo però i programmi per i testimoni presentano ancora molte criticità

e problematicità, così come già denunciato nella «Relazione sui testimoni di giustizia» del 2008 approvata dalla Commissione antimafia e trasmessa al parlamento. La maggior parte dei 70 testimoni di giustizia italiani dichiarano infatti di sentirsi abbandonati dallo Stato e di sentirsi calpestati, offesi e annullati dall'arroganza e dall'indifferenza di certe istituzioni;
la parte forse più problematica dell'istituto di protezione per testimoni sembrerebbe infatti essere quella del reinserimento socio-lavorativo. Questa è, ad esempio, l'esperienza del testimone di giustizia Luigi Coppola, commerciante di auto usate, che nel 2001 denuncia le estorsioni e l'usura subite facendo scattare decine e decine di arresti che portano a quasi trenta condanne definitive. In pratica, grazie alle sue testimonianze, viene decapitato il clan di Boscoreale, i Pesacane, e quello dei Cesarano della zona di Pompei e Castellammare di Stabia;
il programma di protezione prevede l'allontanamento dalla città di Pompei, dove Coppola vive e lavora e dove riesce a far ritorno nel 2007, con speciali misure di protezione e una capitalizzazione, pari a dieci anni di misure di assistenza, destinata all'avvio di un'attività. L'attività commerciale, però che prima di entrare nel programma di testimoni era fiorente, comincia ad avere un andamento negativo: ciò è dovuto sia alla crisi internazionale ma soprattutto ad una pratica di isolamento ad opera della camorra che gli ha allontanato la clientela;
il Coppola ha anche denunciato di aver subito un attacco immotivato dai suoi stessi concittadini, con petizioni al sindaco ed esposte alla procura che chiedevano il suo allontanamento;
dall'agosto 2010 il Coppola è costretto a lasciare l'abitazione in affitto e dichiara di non aver trovato più nessuno disposto ad affittargli o vendergli casa e che pertanto è stato costretto ad andare a vivere presso l'unico albergo della zona disposto ad ospitare lui e la sua famiglia con un aggravio di spese che arriva per il solo alloggio a 3000 euro al mese;
il Coppola dichiara inoltre di aver sempre informato la Commissione centrale del Ministero dell'interno della difficoltà della sua attività economica e di quelle riscontrate nella ricerca di alloggio ma di non aver mai ottenuto un concreto sostegno. Al contrario, la Commissione centrale ha più volte deliberato una revoca della scorta, poi puntualmente reintegrata con ricorso al Tar e dal Consiglio di Stato ha altresì lamentato che le sue richieste non abbiano ricevuto adeguata attenzione da parte del sottosegretario pro tempore Mantovano;
attualmente il signor Coppola dichiara che, a causa degli esosi costi per l'alloggio e delle perdite della sua attività, si trova esposto economicamente con sconfini di fidi bancari per parecchie migliaia di euro e con una ingiunzione di sfratto per morosità da parte dell'albergo che lo ospita e per di più la Commissione ha deliberato anche una revoca del contributo elargito per l'attività -:
quali iniziative anche normative si intendano prendere per fare in modo che denunciare un evento gravemente criminoso divenga un atto conveniente e non, come nei fatti risulta ora, un atto solamente a carico del senso del dovere e della coscienza del cittadino e a scapito della serenità della sua vita di quella dei suoi familiari;
se il Ministro interrogato intenda prendere dei provvedimenti per garantire l'adeguato reinserimento socio-lavorativo dei testimoni di giustizia, ed in particolare del signor Coppola, ed eventualmente se si intenda assumere iniziative, anche normative, per prevedere un inserimento lavorativo nella pubblica amministrazione.
(5-06031)

Interrogazione a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
intervenendo nell'ultima puntata di «Chi l'ha visto?», Pietro Orlandi ha rivelato che durante l'iniziativa «Verità e giustizia per Emanuela» svoltasi il 21 gennaio 2012 a Roma, in Sant'Apollinare, è stato notato un misterioso fotografo;
il luogo della manifestazione è stato scelto perché ospita la sepoltura del cosiddetto Renatino, uno dei capi della famigerata banda della Magliana. Egli, tumulato inizialmente al cimitero del Verano, fu poi sepolto in grande riservatezza, il successivo 24 aprile, nella Basilica di Sant'Apollinare, dove si era sposato nel 1988;
soltanto nel luglio del 2005 grazie ad una telefonata anonima alla trasmissione «Chi l'ha visto?» che disse «Riguardo al caso di Emanuela Orlandi per trovare la soluzione del caso andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare e del favore che Renatino (Enrico De Pedis) fece al cardinal Poletti e chiedete alla figlia del barista di via Montebello che anche la figlia stava con lei... con l'altra Emanuela»;
poco tempo dopo andò in onda un servizio di una giovane reporter, inviata speciale sempre per la trasmissione «Chi l'ha visto?», in cui furono resi pubblici i documenti originali e le foto del sarcofago sistemato nel sotterraneo della Basilica di Sant'Apollinare confermando quanto detto dalla telefonata anonima;
la manifestazione si è svolta davanti la basilica perché, per cercare nuovi elementi, in più di un'occasione, è stata chiesta l'apertura della tomba di Renatino. Per capire se il corpo è proprio quello di De Pedis, ma anche per allontanare il dubbio che in quella bara possa nascondersi chissà quale altro segreto. Finora però, l'apertura su disposizione della magistratura non è mai avvenuta;
tornando al misterioso e inquietante fotografo, secondo alcuni manifestanti, che lo hanno fotografato a loro volta, si tratterebbe di un membro della vigilanza vaticana. Durante la trasmissione sono state mostrate due immagini dell'uomo e numerosi spettatori hanno risposto all'appello lanciato per identificarlo, chiamando in diretta e accreditando questa ipotesi; il fratello di Emanuela Orlandi si è rivolto quindi direttamente all'uomo affinché chiarisca le ragioni della sua presenza -:
sia a conoscenza dei fatti e, nell'eventualità positiva quali iniziative gravi ed urgenti intenda adottare per ottenere, anche dalle autorità vaticane, elementi per l'identificazione del misterioso fotografo, anche in considerazione del fatto che, se esso si rivelasse effettivamente un agente dello Stato Città del Vaticano, risulterebbero ad avviso degli interroganti violate numerose norme non solo dell'ordinamento giuridico nazionale, ma anche di quello internazionale, causando un vulnus alla sovranità nazionale ancor più grave che nella prima ipotesi formulata.
(4-14671)

TESTO AGGIORNATO AL 31 GENNAIO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA, BARETTA e FARINONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la cooperativa B&B di Bresso (Mi) dà lavoro a decine di operai all'azienda di logistica e trasporto di surgelati Primafrost ed è situata nell'area industriale Valdaro di Mantova;

da tempo, i dipendenti della B&B lamentano le scarsissime condizioni di sicurezza nelle quali sono costretti a lavorare;
gli stessi lavoratori, attraverso le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, hanno presentato esposti all'ispettorato del lavoro, alla procura e all'ASL in ragione di quanto descritto al punto precedente;
dalle cronache giornalistiche, si apprende che questi lavoratori hanno intrapreso un'ulteriore iniziativa, autodenunciandosi alla Guardia di finanza, evidenziando che attraverso i pagamenti ricevuti «in modo anomalo» non sono stati corrisposti i contributi e, dunque, «non hanno potuto pagare le tasse dovute allo Stato»;
dalle stesse cronache giornalistiche, si evince che alla cooperativa B&B stia subentrando un'altra cooperativa denominata «Azzurra», ma, nel passaggio dei lavoratori da una cooperativa all'altra, verrebbero esclusi quei lavoratori impegnati in attività sindacale;
se quest'ultimo punto trovasse conferma, saremmo di fronte ad un comportamento antisindacale e di violazione dei diritti dei lavoratori molto grave -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda assumere affinché i lavoratori operino nella legalità e in condizioni di sicurezza, rispettose della normativa vigente (si ricorda che i dipendenti sono costretti a lavorare ad una temperatura di -30o, con abbigliamento da lavoro inadeguato e sulle pale dei muletti, senza alcuna protezione, ad un'altezza di 5-6 metri);
se il Ministro intenda intervenire per garantire i diritti, messi in discussione, di quei lavoratori impegnati nelle organizzazioni sindacali.
(5-06035)

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge 8 agosto 1995, n. 335 recante la «Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare», ha sancito un cambiamento dei trattamenti previdenziali con il passaggio dal periodo di calcolo retributivo a quello contributivo;
il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia arruolato dal 1o gennaio 1996, nonché quello che alla data del 31 dicembre 1995 non poteva vantare un'anzianità retributiva pari o superiore a 18 anni, ha subito sensibili conseguenze previdenziali dalla riforma suddetta;
la legge 23 dicembre 1998, n. 448, all'articolo 26, comma 20 - similmente a quanto avvenuto per altri comparti - ha previsto l'istituzione di forme pensionistiche integrative per il personale del comparto sicurezza-difesa, attraverso procedure di negoziazione e di concertazione;
il problema in argomento, a distanza di circa diciassette anni, non è stato ancora risolto con conseguenze difficilmente giustificabili rispetto ad altri comparti;
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 all'articolo 24, comma 18, ha previsto di adottare, «con regolamento da emanare entro il 30 giugno 2012», «le relative misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti» -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente adottare iniziative normative volte a prevedere anche l'istituzione di forme pensionistiche integrative per i lavoratori del comparto sicurezza-difesa.
(4-14669)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2012 è entrato in vigore il nuovo sistema per il contrasto alla pesca illegale che prevede l'istituzione di una licenza a punti per i pescatori;
il nuovo sistema, simile ma non uguale a quello della patente a punti per gli automobilisti, prevede che ogni volta che un soggetto titolare di licenza di pesca commetta un'infrazione riceva dei punti di demerito sulla licenza, fino al raggiungimento di alcune soglie che faranno scattare sanzioni gravi, che si aggiungono a quelle già previste in sede pecuniaria e amministrativa;
le circostanze che determinano assegnazione dei punti di demerito sono dodici; tra le più importanti c'è il divieto di pescare esemplari sottotaglia (5 punti); mancato rispetto della distanza minima dalla costa (6 punti); divieto di utilizzare reti o attrezzi non regolamentari (4 punti);
a quota 18 punti la licenza viene sospesa per 2 mesi, mentre se si raggiunge quota 90 la licenza di pesca verrà ritirata definitivamente e inderogabilmente, con la successiva cancellazione del peschereccio dall'archivio licenze;
il sistema va sicuramente nella direzione di una maggiore serietà dei controlli, a favore degli stessi pescatori onesti, che rispettano le regole, e che così non devono subire la concorrenza di chi commette abusi e illegalità; tuttavia, agire sulla licenza, e non sulla patente, mette a rischio più l'attività economica, il suo valore, i posti di lavoro che non chi commette materialmente l'infrazione; questo dato crea apprensione e preoccupazione nel settore;
gli oltre 13 mila pescherecci della flotta italiana sono chiamati, del resto, già al rispetto di molte norme, spesso onerose, come uno stringente regolamento che per i pescherecci superiori ai quindici metri prevede un doppio sistema di controllo, come il controllo satellitare (blue box) e un sistema di identificazione automatica (A.I.S.); due sistemi che hanno le medesime funzioni e che però determinano un doppio carico di oneri finanziari a carico dei pescatori;
per i pescherecci superiori ai 12 metri, inoltre, è previsto l'obbligo di trasmettere con cadenza giornaliera determinate informazioni (giornale di bordo elettronico), prima dell'ingresso in porto. Operazione particolarmente gravosa per le imbarcazioni sotto i 15 metri che difficilmente possono tenere a bordo computer. Inoltre c'è il problema di notificare preventivamente, quattro ore prima dell'ingresso in porto, il proprio arrivo. Ciò, per le imbarcazioni impegnate in zone poco distanti dalla costa, significherebbe il doversi fermare in prossimità dei porti per attendere che trascorrano le quattro ore di tempo dall'invio dei dati. Inoltre il regolamento moltiplica inutilmente gli adempimenti con l'obbligo di notificare più volte le stesse informazioni ai medesimi soggetti;
a fronte di norme così stringenti manca da tempo una strategia di rilancio dell'intero comparto, con un progetto di conversione, di misure di sostegno, di pulizia del mare, di valorizzazione di nuovi segmenti come il pesca turismo;
mancano da molti anni investimenti e politiche mirate per sostenere un settore che crea lavoro e ricchezza -:
se sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa;
se, e come, intenda intervenire in merito;
se e come il Governo intenda affrontare i nodi strutturali che rallentano la crescita del settore pesca nel nostro Paese,

e mettono a rischio il lavoro e le attività dei 13mila pescherecci della flotta italiana.
(4-14661)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione «Le Iene» andata in onda il 26 gennaio 2012 ha trasmesso un servizio-denuncia che evidenzia e documenta truffe ai danni del servizio sanitario e mancato rispetto della deontologia professionale ad opera di farmacisti;
tale servizio è disponibile sul seguente link: http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/279537/toffa-truffe-in-farmacia.html;
la truffa consiste nel togliere il fustellato dai medicinali e applicarlo su ricette rilasciate da medici compiacenti, infatti, le farmacie ai fini della liquidazione della quota a carico del servizio sanitario sono tenute alla presentazione della ricetta corredata dalla documentazione, bollino o fustellato, comprovante l'avvenuta consegna all'assistito, che in questo caso invece è ignaro dell'uso strumentale di cui è oggetto;
i medicinali privi di fustella vengono o venduti a prezzo pieno come farmaci da banco, determinando un doppio furto, o destinati al macero come qualsiasi farmaco scaduto;
è stato inoltre documentato un caso in cui la farmacia non disponendo del farmaco corrispondente al dosaggio prescritto dal medico si è resa disponibile alla preparazione provvedendo poi alla polverizzazione del farmaco di cui disponeva e alla ricomposizione della capsula che dopo apposita analisi di verifica è risultata essere 2 volte e mezzo il dosaggio prescritto;
dal servizio andato in onda sembrerebbe la truffa di cui alle premesse un costume diffuso;
sul caso di errate preparazioni galeniche si procura un danno alla salute;
sui casi documentati gli autori del servizio televisivo hanno già provveduto ad interessare le forze dell'ordine -:
se sia a conoscenza del verificarsi degli eventi sopra esposti e in caso positivo quali provvedimenti abbia adottato in merito;
quali provvedimenti intenda adottare per verificare la dimensione del fenomeno;
quali iniziative intenda adottare per modificare il sistema di controllo o la procedura di richiesta del rimborso da parte delle farmacie per evitare tali truffe;
quali iniziative intenda adottare per salvaguardare la salute dei pazienti in occasione di preparazioni galeniche, pur nella consapevolezza che su questo pesa in modo rilevante l'onestà e la professionalità del farmacista.
(5-06038)

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli impianti di raffineria e le attività petrolchimiche della società Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari sono da anni oggetto della preoccupata attenzione dei cittadini e recentemente degli organi istituzionali per questioni che riguardano la salute pubblica;
stando alle testimonianze della popolazione locale, nell'area di Sarroch si manifestano con incidenza drammaticamente elevata patologie tumorali particolarmente aggressive;
la procura di Cagliari ha disposto delle indagini sia sull'emissione in atmosfera di sostanze inquinanti, sia allo stato

di salute dei cittadini di Sarroch, con particolare riferimento al manifestarsi di tumori, linfomi e patologie del tratto respiratorio, la cui incidenza in queste zone è particolarmente alta;
nell'abito di tale indagine sono stati acquisiti i dati dell'ARPAS e la documentazione relativa all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla Saras spa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
alcuni dati relativi alla connessione tra attività industriai e patologie in questioni nell'area di Sarroch sono disponibili già dal 2006, quando fu stilato il «rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della regione Sardegna». Tale rapporto mette in evidenza «eccessi tra gli uomini del 10 per cento per i ricoveri per malattie respiratorie e del 13/24 per cento per la mortalità e i ricoveri per tumore polmonare», mentre «gli eccessi tra le donne sono dell'ordine del 10/16 per cento per le malattie respiratorie e intorno al 20 per cento per i ricoveri per tumore polmonare»;
in occasione di convegni pubblici esperti oncologi hanno evidenziato che l'insorgere di malattie neoplastiche, di malattie del tratto respiratorio e di malattie della tiroide è da associare all'inquinamento dell'aria dal benzene, anidride solforosa e polveri Sottili, di origine industriale;
nella stessa sede sono stati presentati studi compiuti sulla popolazione infantile della zona, che rilevano come l'esposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) provenienti dalle polveri sottili (PM10) e dal benzene abbia avuto effetti sulla funzionalità respiratoria dei bambini e provocato un danno reversibile al Dna;
il referente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo a una interrogazione a risposta in commissione presentata dal firmatario del presente atto circa le problematiche ambientali dell'area di Sarroch, ha ricordato il fatto che la verifica di conformità circa le eccedenze giornaliere di emissioni «può essere effettuata solo sulla base di un intero anno di dati». Ha inoltre fatto presente che i dati ufficiali relativi all'anno 2010 non sono ancora stati inviati al Ministero;
tuttavia, stando alle rilevazioni delle centraline dell'Arpas, consultabili mese per mese sul sito della regione Sardegna, nell'anno 2010 i superamenti giornalieri del livello massimo di emissioni consentite per le PM10 sarebbero 61 nella sola centralina CENSA3 (Sarroch-via Rossigni). La vigente normativa in materia prevede che la media giornaliera non debba essere superata per più di 35 volte per anno civile;
i dati dell'Arpas, per l'anno attualmente in corso, mostrano che nel periodo da gennaio a maggio 2011, la sola centralina CENSA3 ha registrato già almeno 19 superamenti;
nella risposta alla citata interrogazione, il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare ha riferito che il Ministero della salute non dispone di uno studio epidemiologico sulla zona. L'area non figura neanche all'interno del progetto Sentieri, non essendo inserita tra i siti di bonifica di interesse nazionale (SIN);
a Sarroch ci si continua ad ammalare e si continua a morire a causa dell'inquinamento ambientale, ma a dispetto delle tragiche evidenze non sembra essere in atto alcun intervento a tutela della salute dei cittadini;
quanto evidenziato in premessa identifica una serie di priorità urgenti per l'adeguata tutela della salute dei cittadini e per la vigilanza sull'impatto ambientale delle attività industriali -:
quali iniziative si intendano predisporre per avviare un serio studio epidemiologico sull'impatto delle attività industriali dell'area sulla salute dei cittadini;

quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per tutelare la salute dei cittadini di Sarroch dall'inquinamento ambientale di natura industriale e per monitorare la gestione degli scarti e la loro tossicità.
(5-06040)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la tutela dei pazienti è compito precipuo e preminente delle politiche per la salute cui devono conformarsi le strategie e le scelte che a tal fine le istituzioni adottano se vogliono qualificarsi per modernità ed efficienza;
in questo quadro, alle procedure terapeutiche è richiesto di caratterizzarsi per qualità, sicurezza, trasparenza e le norme a ciò preordinate non solo devono essere chiare ma vanno implementate senza che trascorra inutilmente del tempo prezioso;
il decreto legislativo n. 191 del 2007, da prendere a riferimento unitamente al decreto legislativo n. 16 del 2010, stabiliva che il Ministero della salute e le regioni, di concerto, erano chiamati ad emanare le linee guida per l'accreditamento delle attività degli istituti dei tessuti e dei centri di procreazione medicalmente assistita (PMA);
lo stesso decreto n. 191 fissava anche la scadenza temporale, 6 mesi dalla sua entrata in vigore, entro cui andavano definiti i requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici degli istituti e le linee guida per l'accreditamento;
nel 2009 il Ministero ha deliberato la creazione di un osservatorio che ha svolto il compito di fissare criteri riguardanti una migliore definizione dell'applicazione delle nuove normative al settore della procreazione medicalmente assistita, stilando un proprio documento, che doveva ottemperare alle prescrizioni inerenti ai soli requisiti tecnici dei centri di procreazione medicalmente assistita che per la normativa citata sono equiparati ad istituti dei tessuti;
l'omessa osservanza degli obblighi di legge, fissati nei decreti legislativi n. 191 del 2007 e n. 16 del 2010, da parte dei soggetti istituzionali chiaramente individuati dalle norme citate sta determinando una situazione di incertezza che non giova a nessuno, mentre, nel contempo, risulta che l'attività di ispezione dei centri abbia già avuto inizio, in mancanza delle linee guida stesse cui i centri si dovrebbero conformare;
è inequivoco che debbano essere le regioni il livello istituzionale competente per l'attuazione del decreto legislativo n. 191 del 2007, salvo il fatto che esse stesse possano ricercare nell'ambito della propria attività ispettiva la collaborazione di soggetti ricadenti nell'ambito del Ministero quali il Centro nazionale trapianti (CNT) e l'Istituto superiore di sanità (ISS);
infine, appare in tutta evidenza come un inutile e ripetitivo appesantimento burocratico la richiesta di trasmissione al Ministero ed al Centro nazionale trapianti dei dati sui cicli di riproduzione assistita quando gli stessi sono in possesso del registro nazionale della procreazione medicalmente assistita dell'Istituto superiore di sanità che, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 40 del 2004, ha competenza esclusiva su tali dati;
ad avviso degli interroganti l'inosservanza di norme riguardanti la salute produce disorganizzazione, incertezze, parzialità, discrezionalità, cioè situazioni che non agevolano il corretto funzionamento di strutture sanitarie essenziali e possono suscitare attenzioni e appetiti da parte di competenze mediche inappropriate per compiti dirigenziali nei centri che si occupano della cura dell'infertilità;
a giudizio degli interroganti lo stato di sofferenza conseguente alla mancata applicazione di disposizioni vigenti non è casuale ma frutto di pressioni e sollecitazioni

estranee ai criteri di efficienza e qualità largamente invocati -:
per quali ragioni le linee guida per la definizione dei requisiti necessari per gli istituti dei tessuti e i centri di procreazione medicalmente assistita interessati all'accreditamento, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 191 del 2007, non vengano tuttora emanate benché richiamate disposizioni aventi forza di legge;
se il Ministro non ritenga ormai necessario presentare il documento, redatto più di un anno fa dall'Osservatorio sulla procreazione assistita insediato nel 2009, alla Conferenza Stato-regioni giungendo, così, alla pubblicazione delle linee guida nonché promuovendo, in parallelo, una moratoria che dia ai centri interessati la possibilità di adeguarsi alle norme;
se non ritenga che debba essere superata ogni ambiguità nel chiarire che sono le regioni ad avere la competenza per ciò che riguarda sia l'accreditamento delle strutture per la procreazione assistita, sia l'attività ispettiva per quanto di competenza stabilito dal decreto legislativo n. 191 del 2007 e dal decreto legislativo n. 16 del 2010;
se non ritenga che debba essere chiarito che la trasmissione dei dati sui cicli di riproduzione assistita non deve essere effettuata in modo ridondante dai centri di procreazione medicalmente assistita, e che è sufficiente l'attivazione ministeriale perché l'Istituto superiore di sanità trasmetta i dati in suo possesso al Centro nazionale trapianti;
se non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per ovviare a talune incresciose situazioni nelle quali risulta che abbiano assunto ruoli di direzione di unità operative di medicina della riproduzione figure professionali sprovviste di specializzazione ostetrico-ginecologica con idonea esperienza nella medicina della riproduzione, requisito essenziale per esercitare una responsabilità direttiva in strutture che non trattano singoli aspetti della riproduzione umana ma richiedono competenze alte a proposito di infertilità, endocrinologia riproduttiva, ginecologia dell'adolescenza, diagnostica ecografica, terapia dell'abortività ricorrente nonché genetica riproduttiva.
(5-06042)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, cosiddetto anticrisi, è stato convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, con modifiche, modifiche che non riguardano l'argomento oggetto della presente interrogazione;
nel testo del decreto-legge come modificato dalla legge di conversione, è contenuto un articolo (articolo 20) che, già allora nelle intenzioni del Governo dichiarate in conferenza stampa, avrebbe dovuto consentire tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità, attribuendo all'INPS nuove competenze;
l'articolo 20, riguardante la domanda di accertamento degli stati invalidanti, reca la rubrica: «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» e rivede profondamente le modalità di presentazione delle domande di accertamento, della valutazione, della concessione, e del ricorso giurisprudenziale. L'articolo non fa cenno ad una diversa fissazione dei tempi massimi di accertamento e di concessione, anche se - nelle dichiarazioni governative veniva ventilata una riduzione dei tempi medi - fra la domanda e la definitiva concessione - da 11 mesi a 4 mesi;
l'articolo riguarda sia le domande di accertamento delle minorazioni civili (invalidità, cecità, sordomutismo) che le domande di accertamento dell'handicap (legge n. 104 del 1992) che quelle per la disabilità (legge n. 68 del 1999);
dal 1o gennaio 2010 le domande vengono presentate esclusivamente all'INPS che deve provvedere all'invio, per via telematica,

all'azienda sanitaria locale (ASL) di competenza che provvede, a sua volta, alla convocazione;
tale disposizione presuppone che esista una rete e una modalità di comunicazione uniforme, su tutto il territorio nazionale, che consenta il passaggio dei dati in tempo reale;
per quanto riguarda l'accertamento e la verifica, la procedura è stata cambiata con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009. Infatti l'accertamento degli stati invalidanti prima veniva effettuato da una specifica commissione presente in ogni ASL, che, una volta redatto il verbale, lo trasmetteva alla commissione di verifica dell'INPS, la quale aveva tempo 60 giorni per confermare l'esito, o infine per sospendere il procedimento richiedendo chiarimenti alla commissione ASL, oppure per convocare a visita l'interessato per approfondimenti;
con la nuova legge, la commissione dell'ASL è integrata con un medico dell'INPS. Questo lascia supporre che il passaggio di verifica - che ora comporta almeno 60 giorni - dovrebbe essere soppresso. L'articolo, tuttavia, sembra contraddittorio quando precisa: «In ogni caso, l'accertamento definitivo è effettuato dall'Inps». Tuttavia, è verosimile che questa sottolineatura stia ad indicare la «facoltà di veto» del medico Inps all'interno della Commissione dell'ASL cui è chiamato a partecipare;
in tal caso, deve essere ridefinito il ruolo dei presidenti delle commissioni e della collegialità delle decisioni assunte dalle stesse;
la successiva permanenza dei requisiti sanitari è affidata all'INPS. Non è chiaro se questa indicazione riguarderà solo le verifiche a campione oppure ogni procedimento di revisione o di rivedibilità anche se stabilito dalla commissione ASL;
altra problematica riguarda la valutazione delle minorazioni civili, in quanto prima della legge le commissioni di accertamento e le commissioni di verifica Inps, per valutare le minorazioni civili, applicavano le modalità e le tabelle riportate nel decreto del Ministero della sanità del 5 febbraio 1992. La legge n. 328 del 2000 (legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) aveva delegato il Governo alla revisione dei criteri di accertamento dell'invalidità «tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, nonché dalla classificazione internazionale dei disturbi, disabilità ed handicap - International classification of impairments, disabilities and handicaps (ICIDH), adottata dall'Organizzazione mondiale della sanità.» Nel frattempo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha approvato l'ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) che l'Italia ha già recepito. Con l'introduzione del decreto-legge n. 78 del 2009 si stabiliva che entro 30 giorni dall'entrata in vigore del nuovo decreto, il Ministero della salute avrebbe dovuto nominare una Commissione con il compito di «aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell'invalidità civile, già approvate con decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992 (...)», con la precisazione che tali aggiornamenti non devono comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica;
per quanto concerne la concessione delle provvidenze economiche, ante legem, se il verbale di invalidità civili, cecità civile e sordomutismo conteneva i presupposti sanitari per l'erogazione di provvidenze economiche (pensioni, indennità, assegni), iniziava l'iter per la concessione che prevedeva un'istruttoria sugli altri requisiti (reddito personale, ricovero). Una volta concluso, il decreto di concessione veniva trasmesso all'Inps per l'erogazione delle provvidenze stesse. La concessione delle provvidenze economiche era espressamente attribuita alle regioni dall'articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

con la nuova legge è previsto che, con un accordo quadro fra Ministero della salute e conferenza Stato-Regioni, le competenze concessorie sono trasferite all'INPS. L'accordo avrebbe dovuto essere sottoscritto entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge;
riguardo all'eventuale ricorso contro i verbali e contro la mancata concessione delle provvidenze, esso era possibile solo davanti al giudice ordinario (e con l'assistenza di un legale), non era possibile il ricorso amministrativo né prevista l'istanza di riesame per autotutela;
con la nuova legge l'INPS è unica «controparte». Inoltre nel caso in cui un giudice nomini un consulente tecnico (cioè un medico che valuti per conto del tribunale l'effettiva condizione sanitaria di chi ricorre), questi dovrà obbligatoriamente essere affiancato nelle indagini da un medico INPS. Il decreto non prevede l'introduzione del ricorso amministrativo o altre formule di contenimento del contenzioso giudiziario;
la ratio della legge è di portare ordine ad una procedura che, farraginosa e complessa, non offriva garanzia di tempi certi e soprattutto di snellezza burocratica; non valutava inoltre la necessità di verifiche e controlli non solo sulla concessione delle invalidità, ma anche sulla permanenza di essa nel tempo in capo ad un soggetto;
le cronache degli ultimi tempi anche eclatanti sulla scoperta di false invalidità, ed addirittura di sistemi ben collaudati per consentire di ottenere lo stato di invalido in modo fraudolento, inducono a prestare particolare attenzione all'argomento;
tuttora ci troviamo in una situazione in cui coloro che hanno diritto, e semmai che presentano un quadro sanitario obiettivamente invalidante, con gravi ripercussioni per la qualità di vita di se stessi e dei propri familiari, non riescono ad ottenere, nei tempi giusti che un Paese civile richiede, il riconoscimento non di un privilegio ma di un diritto;
sottolineato che al disabile deve essere riconosciuta una dignità di vita come e più degli altri, e lo Stato (come anche la società) devono riconoscere e garantire strumenti e diritti per superare la differenza; in poche parole deve essere garantita la normalità rispetto a qualsiasi altro cittadino -:
se ai Ministri interrogati risulti quanto in premessa, ed in particolare quale sia lo stato di attuazione dell'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
se risulti effettuata la nomina della commissione con il compito di «aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell'invalidità civile già approvate con decreto del Ministro della sanità del 5 febbraio 1992»;
se, riguardo alla presentazione delle domande all'INPS, la quale deve provvedere all'invio, per via telematica, all'ASL di competenza, che provvede, a sua volta, alla convocazione, esista una rete e una modalità di comunicazione uniforme, su tutto il territorio nazionale, che consenta il passaggio dei dati in tempo reale;
se risulti che effettivamente i tempi di concessione si siano ridotti ed in ogni caso se vengano rispettati i termini di cui alla legge, ed in particolare quali siano i provvedimenti adottati in caso di inottemperanza;
se, come previsto, sia stato sottoscritto, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, l'accordo quadro fra Ministero della salute e la Conferenza Stato-regioni, per cui le competenze concessorie sono trasferite all'INPS;
se, per quanto evidenziato in premessa, sia stato definito il ruolo delle Asl e dell'Inps in sede di commissione, considerato che giungono da più parti informative di contrasti ed incomprensioni in tal senso.
(5-06044)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il paziente affetto da diabete mellito, che presenta un buon compenso glicemico e conduce uno stile di vita adeguato, può condurre una vita normale ed evitare la comparsa di complicanze;
in modo particolare, il diabetico fornito di microinfusore oppure soggetto a terapie insuliniche attuali è nelle condizioni di affrontare la quotidianità al pari di un soggetto sano, ed ha la consapevolezza della gestione della propria malattia, senza incorrere in complicanze invalidanti;
l'associazione Diabete infantile giovanile e adulto (AGDIA) con sede ad Orosei (Nuoro) ha denunciato una situazione fortemente penalizzante e discriminante nei confronti dei giovani affetti da diabete, poiché l'azienda sanitaria locale 3 di Nuoro per l'erogazione del microinfusore richiede il previo rilascio del certificato di invalidità civile;
l'associazione ha, inoltre, denunciato che tale prassi è riscontrabile anche presso la ASL 7 di Iglesias-Carbonia e la ASL 8 di Cagliari, nei confronti dei pazienti di età superiore agli anni 18;
tale prassi registrata in Sardegna si basa sul decreto dell'assessorato all'igiene e sanità e dell'assistenza sociale 28 gennaio 1997, n. 26/III Serv., che all'articolo 1 prevede quanto segue: «Le protesi, i presidi, gli ausili erogabili quali prestazioni straordinarie delle aziende USL ai sensi della legge regionale 1o agosto 1996 n. 34, esclusivamente a favore degli aventi diritto individuati dall'articolo 4 del decreto ministeriale 28 dicembre 1992, sono: (...) 4) apparecchi microinfusori per trattamenti farmacologici di patologie croniche irreversibili e presidi necessari per il funzionamento di tali apparecchi»;
l'articolo 4 del decreto ministeriale 28 dicembre 1992 si riferisce testualmente agli invalidi civili, del lavoro, di guerra, per servizio, ai soggetti privi della vista, ai sordomuti e ai minori di anni 18 che necessitano di intervento di prevenzione, cura e riabilitazione di un'invalidità permanente;
la normativa regionale sarda, quindi, richiede l'invalidità civile ai fini del rilascio del microinfusore, ma tale requisito non trova riscontro nella legislazione nazionale e negli altri territori regionali;
il diabete privo di gravi complicanze è una patologia cronica non invalidante;
a conferma di ciò si cita una vicenda svoltasi proprio in Sardegna in cui la commissione medica per l'accertamento dell'invalidità civile dell'Inps di Cagliari non ha riconosciuto l'invalidità ad un soggetto affetto da diabete, sebbene l'accertamento medico-legale effettuato dall'azienda U.S.L. 8 di Cagliari avesse riconosciuto a tale paziente un'invalidità del 51 per cento;
subordinare l'erogazione del microinfusore al previo rilascio della certificazione di invalidità è una prassi priva di fondamento normativo e di validità medico-scientifica e, di fatto, impedisce al paziente l'accesso alle cure;
sottoporre il rilascio del microinfusore al requisito dell'invalidità civile, a giudizio degli interroganti, costituisce un ostacolo che impedisce al paziente di accedere alle cure ed è contrario ai principi costituzionali, non è conforme alle leggi nazionali, risulta in contrasto con i dettami della scienza, è lesivo dei diritti fondamentali della persona affetta da una patologia cronica come il diabete -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che la ASL 3 di Nuoro, la ASL 7 di Iglesias-Carbonia e la ASL 8 di Cagliari richiedano il rilascio della certificazione di invalidità civile ai fini dell'erogazione del microinfusore ai giovani e ai pazienti affetti da diabete;
quali iniziative di monitoraggio e di acquisizione di dati abbia svolto o intenda svolgere al riguardo;

quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per porre rimedio alla discriminazione in atto nei confronti delle persone con diabete in parti del territorio nazionale come in Sardegna, dove si subordina l'erogazione del microinfusore al rilascio del certificato di invalidità;
se non ritenga doveroso procedere in tempi brevi alla pubblicazione del piano nazionale per il diabete;
se non ritenga necessario ed urgente assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per garantire che su tutto il territorio nazionale l'erogazione del microinfusore non sia subordinata al previo rilascio del certificato di invalidità e, più in generale, per evitare continue discrepanze in tal senso nell'ambito dei territori regionali.
(5-06045)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il diabete mellito di tipo 2 è la forma più comunemente diffusa, anche a causa della diffusione dell'obesità e dell'invecchiamento della popolazione, e rappresenta circa il 90 per cento dei casi di questa malattia;
studi accreditati stimano che entro il 2030, nei Paesi industrializzati, il diabete di tipo 2 possa diventare la quarta causa di morte: tra le persone affette da diabete, infatti, le patologie cardiovascolari sono da due a quattro volte più frequenti rispetto ai soggetti non diabetici di pari sesso ed età;
secondo i dati riportati nell'annuario Istat del 2010, in Italia è diabetico il 4,8 per cento della popolazione (5 per cento delle donne e 4,6 per cento degli uomini), pari a circa 2.900.000 persone;
alla base del diabete di tipo 2 vi sono, principalmente, una ridotta ed alterata produzione di insulina e la resistenza agli effetti biologici della stessa: è stato dimostrato che un controllo glicemico ottimale riduce le complicanze croniche di tale patologia;
fino a poco tempo fa, la terapia farmacologica del diabete tipo 2 era basata in via quasi esclusiva sulla metformina, sui secretagoghi (sulfoniluree e glinidi), sui glitazoni (oggi solo pioglitazone) e sull'insulina;
di recente, si è diffusa una nuova classe di farmaci, le cosiddette incretine, che comprendono gli agonisti del recettore del gastrointestinal like peptide (GLP-1), ARGLP-1, exenatide e liraglutide, e le glipitne (inibitori della dipeptil-peptidasi 4-DPP4);
come sostenuto dalla comunità scientifica, queste molecole esercitano un effetto favorevole sul peso corporeo (riduzione con gli ARGLP-1; effetto neutro con le gliptine) e hanno un rischio praticamente assente di ipoglicemia, un effetto positivo sul profilo di rischio cardiovascolare (per gli ARGLP-1), ed un'incidenza di effetti collaterali decisamente poco frequente (per le gliptine) o costituita da temporanei disturbi gastrointestinali (per i soli ARGLP-1);
le favorevoli ripercussioni sulla qualità della vita del paziente, sul compenso metabolico e sulla sua progressione nel tempo, hanno indotto le società scientifiche endocrino-diabetologiche internazionali ad inserire tali farmaci negli algoritmi terapeutici;
la maggior parte delle raccomandazioni e delle linee guida diffuse a livello internazionale introducono questi prodotti come terapia di seconda o di terza linea, prima dell'avvio della terapia insulinica, mentre l'associazione americana degli endocrinologi clinici raccomanda il loro uso in monoterapia ed in prima linea in pazienti selezionati in cui sia importante limitare l'aumento del peso e il rischio di ipoglicemie;
con avviso del 27 dicembre 2011, l'Aifa ha pubblicato l'elenco aggiornato dei medicinali aventi il requisito dell'innovatività

terapeutica, indicando questi prodotti come innovativi potenziali, in aperta contraddizione con la precedente comunicazione del 18 febbraio 2011, in cui si rende nota la perdita dello status di innovazione, rendendo questi farmaci soggetti ai ribassi come tutti i farmaci in commercio non ritenuti innovativi;
nonostante le comprovate e consolidate evidenze scientifiche, il comitato prezzi e rimborsi dell'Aifa, in una nota del 10 ottobre 2011, ha reso nota la spesa per i farmaci incretinici, prospettando un unico tetto di spesa per i DDP-4 e i GPLI-1 pari a 57 milioni di euro, a fronte dei 69 milioni di euro di consumo registrati negli ultimi 12 mesi (dato del mese di ottobre 2011), assoggettando indistintamente a tale limitazione due classi di farmaci con diverso codice anatomico, terapeutico e chimico (ATC) e con diverse caratteristiche;
alla luce di tale misura, l'Associazione dei medici diabetologi (AMD) e la Società italiana di diabetologia (SID), con nota del 12 dicembre 2011, hanno inviato al direttore generale dell'Aifa un position statement sulla terapia incretinica, evidenziando i benefici connessi a tale approccio terapeutico e manifestando altresì la disponibilità a collaborare per l'elaborazione di linee guida condivise sull'uso di questi farmaci, nonché per costituire un osservatorio sull'appropriatezza prescrittiva;
i farmaci incretinici sono da alcuni anni inseriti nel prontuario farmaceutico e, sebbene la comunità scientifica abbia dimostrato la validità terapeutica degli stessi, tale ventilata misura, che agirebbe sulla riduzione del tetto di spesa da parte dell'Aifa, rischia di non garantire per tutti i pazienti che già ne traggono beneficio il mantenimento della terapia, e di ostacolarne o negarne l'utilizzo per altri potenziali pazienti che a giudizio del diabetologo dovrebbero farne uso;
il perseguimento di obiettivi di contenimento della spesa sanitaria non può andare a discapito dell'innovazione farmaceutica e non può ledere il diritto fondamentale alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della Costituzione;
le società scientifiche di diabetologia nel documento, peraltro, hanno dimostrato che l'utilizzo dei farmaci incretinici può dar luogo, nel tempo, a significativi risparmi di spesa per il Servizio sanitario nazionale;
al riguardo, è stato evidenziato che il 50 per cento dei costi connessi al diabete è legato alla gestione delle complicanze (solo il 10 per cento è legato alla spesa farmaceutica): gli agonisti del ricettore GLP-1 e le gliptine possono ridurre in maniera decisiva i costi associati alle ipoglicemie da sulfaniluree o da insulina, che rappresentano una frequente causa di ricovero per effetti collaterali da farmaci nelle persone con età superiore a 65 anni;
una recente valutazione di health technology, richiesta dal Sistema sanitario nazionale britannico in previsione dell'aggiornamento delle linee guida per la gestione del diabete di tipo 2 del National institute for health and clinical excellence, ha dimostrato che la terapia con gli ARGLP-1 e quella con gliptine offrono un buon rapporto costo-efficacia, soprattutto se raffrontate con le alternative terapeutiche più comunemente utilizzate nella terapia di seconda o terza linea del diabete di tipo 2 (rispettivamente: analoghi basali dell'insulina e pioglitazone) ed ha dimostrato, altresì, come l'aumento di un punto percentuale del peso comporti un aumento dei costi sanitari del 2-4 per cento -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti segnalati;
quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire a tutti i pazienti diabetici di tipo 2 che ne hanno bisogno una corretta gestione della terapia, la piena disponibilità dei farmaci incretinici e l'accesso ai farmaci innovativi, anche alla luce della nota dell'AMD e della SID trasmessa all'Aifa in data 12 dicembre 2011, nonché alla luce delle raccomandazioni e delle linee guida diffuse a livello internazionale;
quale sia l'attuale status dei farmaci incretinici.
(5-06046)

Interrogazioni a risposta scritta:

MANCUSO, DE LUCA, GIRLANDA e BOCCIARDO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea in vista dell'applicazione della direttiva (CE) 1999/74, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 267 del 2003, aveva richiesto a tutti gli Stati membri di fornire dati ufficiali relativamente alle consistenze di galline destinate alla produzione di uova e allevate in gabbie di batteria convenzionali alla data del 1° aprile e la stima del numero di galline ovaiole che alla data del 1° gennaio 2012 sarebbero state detenute in gabbie di batteria convenzionali, che da quella data sono illegali secondo il disposto della direttiva (CE) 1999/74, come è illegale la vendita delle uova prodotte in tali allevamenti;
secondo i dati forniti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, relativi alla consistenza degli animali detenuti in gabbie di batteria convenzionali al 1° aprile 2011, il nostro Paese non rispetta il divieto di allevamento delle galline in gabbie di batteria convenzionali dal 1° gennaio 2011. Inoltre il nostro Paese non ha fornito alla Commissione europea nessun dato sulla stima di non conformità dei sistemi di allevamento alla data del 1° gennaio 2012 come espressamente richiesto da Bruxelles;
gran parte del mondo degli allevatori, nonostante tredici anni di tempo per adeguarsi, non ha rispettato quanto previsto dalla norma ed oggi afferma che preferiranno pagare le sanzioni irrisorie previste dal decreto legislativo n. 267 del 2003, piuttosto che adeguare i propri impianti -:
quali iniziative siano state intraprese per:
a) ottenere dai produttori gli adeguamenti degli impianti alle previsioni normative, eliminando quindi le gabbie di batteria convenzionali dal il 1° gennaio 2012;
b) assicurare che tutte le uova prodotte negli allevamenti illegali dal 1° gennaio 2012, cioè in gabbie convenzionali, non vengono immesse sul mercato italiano ed estero;
c) evitare che negli allevamenti registrati con entrambi i sistemi di gabbie presenti, convenzionali e arricchite, le uova derivanti da sistemi illegali non siano immesse sul mercato mescolando queste uova con quelle derivanti dai sistemi di gabbie arricchite o da sistemi alternativi.
(4-14665)

BRAMBILLA. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2012, in forza della direttiva CE 1999/74, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 267 del 2003, è illegale detenere in gabbie di batteria convenzionali le galline ovaiole;
la ferma volontà di applicare il bando delle batterie convenzionali è stata ribadita a Bruxelles il 19 gennaio 2011 durante il «multi-stakeholder meeting» organizzato dalla Commissione europea, al quale hanno partecipato rappresentanti degli Stati membri e dei vari portatori d'interesse;
la Commissione europea ha già chiesto al nostro Paese di stimare il numero degli allevamenti che alla data del 1o gennaio 2012 non risultavano conformi alla direttiva;
ad agosto, secondo notizie di stampa, sarebbero state ancora 28 milioni, in Italia, le galline ovaiole allevate fuori norma;
i media, da ultimo la trasmissione Striscia la notizia e il quotidiano Il Corriere della sera, denunciano frequentemente casi di allevamenti-lager -:
con quale frequenza e con quale esito vengano effettuati controlli sugli allevamenti

di polli e galline sotto il profilo del «welfare» animale;
quanti allevamenti in Italia, alla data del 1o gennaio, risultassero ancora fuori norma e quanti polli e galline vi siano allevate;
quali provvedimenti, anche sanzionatori, si intendano adottare per favorire l'adeguamento agli standard europei degli allevamenti che ancora non abbiano provveduto ad adeguarsi;
quali iniziative si intendano assumere per garantire che sul mercato italiano siano immediatamente riconoscibili le uova prodotte in allevamenti conformi alle disposizioni di cui alla citata direttiva.
(4-14666)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

POLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi i cittadini umbri che, dopo il passaggio al sistema digitale, non riescono ancora a vedere in modo soddisfacente le trasmissioni dei canali nazionali RAI;
nonostante le ripetute sollecitazioni agli uffici competenti della RAI, nulla ancora è stato risolto e questo disservizio sta causando gravi disagi soprattutto tra la popolazione più anziana;
l'incresciosa vicenda ed il grave disservizio appaiono dimenticati dalle varie istituzioni e tuttavia è ormai doverosa ed improcrastinabile una chiara ed esaustiva risposta da parte della RAI -:
se non ritenga di assumere iniziative per la sollecita soluzione della vicenda di cui in premessa al fine di consentire alla popolazione umbra, soprattutto quella più anziana, il diritto di usufruire della visione delle trasmissioni RAI a fronte del pagamento del canone effettuato in questi giorni.
(3-02059)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e MONAI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo il programma di sviluppo delle ICT e dell'economia digitale impartito dall'Unione europea, entro il 2013 il nostro Paese dovrà garantire alla popolazione italiana il 100 per cento di copertura di banda larga, ed entro il 2020 il 50 per cento di banda ultralarga;
da un articolo del Sole24Ore del 3 dicembre 2011 tuttavia si apprende che l'Italia è in forte ritardo rispetto all'agenda di sviluppo digitale, tanto da supporre che non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi europei;
solo il 62,9 per cento delle famiglie che hanno un accesso a internet vi si collegano con l'ADSL. A utilizzare la connessione veloce in misura maggiore sono i residenti del Centro Italia (64,7 per cento) e nei comuni di grandi dimensioni (68 per cento) mentre per collegarsi a Internet il 15,18 per cento delle famiglie meridionali utilizza ancora la linea telefonica tradizionale. Nel Rapporto annuale, il Censis ricorda che l'Italia è in ritardo soprattutto per quanto riguarda la copertura: l'ADSL copre appena il 61 per cento del territorio nazionale. Le regioni che si trovano al di sopra di questa soglia sono solo il Lazio (con una copertura del 75,9 per cento) la Campania (72 per cento), la Liguria (69,5 per cento), la Puglia (62,6 per cento) e la Sicilia (61,9 per cento). Le altre 15 regioni hanno una copertura inferiore al 60 per cento a causa di carenze strutturali dovute ad apparati obsoleti o a utenze che Navigano

a meno di 2 mega per mancanza di fibra ottica nelle centrali (Solo24Ore del 3 dicembre 2011) -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, e quali provvedimenti intenda assumere al fine di rispettare l'agenda europea relativa allo sviluppo delle ICT e dell'economia digitale, portando entro il 2013 al 100 per cento della popolazione italiana la banda larga ed entro il 2020 al 50 per cento la banda ultralarga.
(5-06033)

ESPOSITO, PORTAS e BOCCUZZI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Alenia aeronautica ha annunciato da anni di voler trasferire le attività che attualmente svolge negli stabilimenti di corso Marche a Caselle Torinese; questa decisione è stata apprezzata sia dalle istituzioni che dalle forze politiche e sociali della provincia torinese;
a tal proposito sono state avviate le procedure che hanno portato a decisioni importanti da parte del comune di Torino e di Caselle Torinese;
il consiglio comunale di Torino, nella primavera scorsa, ha approvato una variante delle destinazioni d'uso dell'area di corso Marche che porterà ad una consistente valorizzazione del sito con grandi vantaggi che determineranno le risorse per il nuovo investimento industriale;
il comune di Caselle, sempre nella primavera scorsa, ha concesso le autorizzazioni per la costruzione del nuovo stabilimento vicino all'aeroporto;
sono trascorsi diversi mesi e non si hanno notizie dei tempi, dei modi e dell'avvio della delocalizzazione;
nell'accordo sindacale dell'8 novembre 2011, Alenia aeronautica ha confermato il polo aeronautico militare per Torino -:
se corrisponda al vero che si stiano riprogettando le dimensioni e le caratteristiche del nuovo stabilimento di Caselle e, nel qual caso, se tale decisione possa comportare la necessità di un nuovo iter e di una nuova autorizzazione amministrativa, di cui non sono prevedibili i tempi e la sua eventuale definitività;
quali siano gli elementi del piano industriale e se da questi si evinca l'effettiva volontà di rilanciare il polo aeronautico torinese, i contenuti, i prodotti e le scelte di mercato, nonché i livelli occupazionali, la loro qualità e quantità;
quali procedure si adotteranno per la progettazione e la costruzione del nuovo stabilimento, affinché ciò avvenga nella massima trasparenza e nella massima economicità ed efficienza;
se Alenia aeronautica valorizzerà e svilupperà direttamente le aree di corso Marche o se invece venderà ad un soggetto terzo, con quale criterio e procedure si procederà alla sua eventuale scelta;
se corrisponda al vero la notizia per cui era stata data un'opzione sia per la costruzione del nuovo stabilimento sia per l'acquisto delle aree di corso Marche ad un consorzio di Verona e ad alcune imprese di costruzione, opzione che sarebbe scaduta il 31 dicembre 2011, e nel qual caso quali saranno ora le procedure che garantiranno la correttezza e la trasparenza della scelta dei nuovi interlocutori.
(5-06036)

Interrogazioni a risposta scritta:

MORASSUT. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile del 2004 il consorzio cooperativo «Casa Lazio» fu messo in liquidazione al termine di una lunga vicenda giudiziaria che mise in luce malversazioni e truffe della dirigenza del consorzio;
le cooperative facenti parte del consorzio vennero di conseguenza coinvolte nel fallimento e nella indagine giudiziaria;

la sede della cooperativa Capannelle 2000 venne sequestrata - con tutto la relativa documentazione - dalla Guardia di Finanza interrompendo quindi le attività e lasciando le famiglie ed i soci in una difficile situazione di incertezza;
nel novembre del 2008 la società cooperativa Capannelle 2000 veniva posta in gestione commissariale con la nomina del commissario governativo Raffaele Mazzei di Lamezia Terme;
con varie proroghe l'attività del commissario è proseguita fino al settembre del 2008 consentendo alle famiglie di rientrare in possesso di ingenti somme di danaro pari a circa 2 milioni e 800 mila euro;
conseguentemente nel giugno del 2008 i soci della cooperativa riuniti in assemblea generale votavano la liquidazione della cooperativa ed il ristorno delle somme ai singoli soci;
tale operazione di liquidazione e ristorno non poteva però attuarsi senza una formale liquidazione della cooperativa da parte del Ministero sotto il quale essa era stata posta attraverso il commissariamento nel frattempo scaduto;
il Ministero non ha mai provveduto alla messa in liquidazione della cooperativa che ha dovuto quindi necessariamente sostenere spese di gestione assottigliando le liquidità disponibili e destinate invece al ristorno ai soci;
i soci hanno ripetutamente sollecitato al Ministero - presso la direzione degli enti cooperativi - la formulazione di un atto formale dimessa in liquidazione ma non hanno mai avuto alcuna risposta e si sono visti costretti, nel marzo 2011, ad inviare attraverso i legali una diffida al Ministero;
per tale assurda situazione, che sembra configurarsi come l'effetto di un mostruoso muro di gomma burocratico, le famiglie dei soci hanno perso circa un terzo delle risorse spettanti ad ognuna come riparto delle liquidità recuperate nel 2008 -:
se intenda assumere con rapidità e estrema urgenza un provvedimento per la messa in liquidazione di Capannelle 2000 prima che il fondo in attivo sia totalmente compromesso.
(4-14657)

BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali rappresentano uno dei punti di forza dell'economia italiana, sia per il flusso economico che ogni anno generano, sia perché, nei piccoli centri storici sono parte integrante, da sempre, del tessuto urbano ed economico delle città italiane;
la grave crisi internazionale che negli ultimi anni si è manifestata in tutti Paesi ma, soprattutto, in Europa, ha avuto ripercussioni sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione mediopiccola, che da molti mesi manifesta ormai segnali evidenti di diminuzione del volume di fatturato;
il Governo attuale, attraverso l'approvazione dell'articolo 31 del decreto-legge 201 del 2011 che prevede liberalizzazione degli orari per gli esercizi commerciali, mette a repentaglio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio, che rischiano di scomparire perché schiacciati dagli operatori della grande distribuzione in grado, a differenza dei piccoli negozi a conduzione familiare, di usufruire del turn-over del personale;
alcune regioni italiane, come il Veneto, sono pronte ad impugnare il provvedimento governativo, sulla base del fatto che la Costituzione italiana, all'articolo 117, delega alle regioni stesse il commercio interno come materia di competenza esclusiva delle regioni medesime;
la regione Veneto, dopo aver preventivamente consultato le associazioni di categoria, ha approvato nel mese di dicembre 2011 e quasi contemporaneamente alla emanazione del decreto-legge 201 del

2011, la legge regionale n. 30 del 2011 che all'articolo 3, comma 4, stabilisce come «Le attività di commercio al dettaglio derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell'anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell'anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano»;
numerosi comuni del Veneto, come anche riportato dai quotidiani locali di Padova (Mattino e Gazzettino), hanno recepito la normativa regionale, emanando così apposite ordinanze sindacali per regolamentare il commercio fisso nel proprio territorio comunale ed andando incontro alle istanze delle associazioni di categoria come Ascom e Confesercenti che, da tempo, sostengono la necessità di rivedere la normativa;
organi di stampa locali (Gazzettino di Padova del 17 gennaio 2012) riportano anche la notizia secondo cui l'associazione Comres, associazione di commercianti del centro storico di Padova, abbia raccolto oltre trecento firme di operatori commerciali per chiedere al Governo di rivedere l'attuale disposizione governativa in materia di liberalizzazioni;
la norma, così come concepita, rischia pertanto di creare un grave danno proprio al principio della libera concorrenza, ovvero quel principio che intende invece sostenere, danneggiando i piccoli esercizi commerciali e la loro pluralità di offerta di servizio che rappresentano invece una ricchezza, ed avvantaggiando così la sola grande distribuzione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi internazionale e del quadro normativo venutosi a creare, assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze per rivedere la disposizione della liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi così come oggi prevista dalla legge statale.
(4-14658)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Donadi e altri n. 1-00826, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Stanislao.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Callegari e altri n. 7-00760, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paolini.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-06028, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n. 1-00826, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 576 del 25 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si

trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'Irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato e i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità», tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione

potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi e i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa-meno evasione-meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,


impegna il Governo:


a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) inserire nel documento di economia e finanza una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) rendere obbligatoria - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere alla determinazione degli imponibili evasi sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;

c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità - in tempi molto ristretti - di giustificare e allocare tra i familiari i saldi di cui al punto b) mediante questionari e adeguate evidenze documentali oggettive, da validare in sede di accertamento delle imposte evase;
d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, determinando l'imponibile dell'imposta sul reddito delle società (ires), anche sulla base del possesso da parte di una società di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio e alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
h) prevedere la smilitarizzazione della Guardia di finanza, la sua riorganizzazione in settori funzionali e prevedere, in quest'ambito, maggior coordinamento dei settori della Guardia di finanza che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie con L'Agenzia delle entrate;
i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826) (Nuova formulazione).«Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao».
(25 gennaio 2012)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del regolamento).

I seguenti documenti sono così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-08744 del 28 settembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06039.
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-12463 del 28 giugno 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06040.
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-12845 del 27 luglio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06041.
interrogazione a risposta scritta Messina n. 4-14245 del 15 dicembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06031.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione De Biasi e altri n. 5-05007 del 28 giugno 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02052.
interrogazione a risposta in Commissione Renato Farina e Centemero n. 5-05043 del 5 luglio 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02051.
interrogazione a risposta in Commissione Zazzera e Di Stanislao n. 5-05340 del 19 settembre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02055.
interrogazione a risposta in Commissione Marco Carra n. 5-05574 del 20 ottobre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02054.
interrogazione a risposta in Commissione Vannucci n. 5-05759 del 29 novembre 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-02053.