XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 25 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 1° FEBBRAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, iniziata nel 2007 negli Stati Uniti e rapidamente diffusasi nel resto del mondo e tra i diversi settori economici, ha avuto le principali ripercussioni in Europa dove, anche a causa delle intrinseche debolezze della moneta unica, la recessione ha manifestato i sintomi più significativi;
le misure adottate dai diversi Governi nazionali europei per far fronte alla crisi, che dopo un periodo di lenta ripresa nei primi mesi del 2011 si sta nuovamente aggravando, si sono ad oggi rivelate assolutamente insufficienti ed inadeguate tanto più che se confrontate con quelle di altri Paesi, come gli Usa o il Giappone, dove il debito pubblico è cresciuto in misura maggiore rispetto ai Paesi dell'eurozona e i principali indici macro economici sono più negativi di quelli evidenziati da altri Stati dell'Europa;
l'evidente difficoltà dell'Europa è direttamente collegata alla crisi della sua moneta unica manifestatasi in tutta la sua gravità negli ultimi mesi soprattutto in Grecia dove le misure adottate dal Governo nazionale si sono palesate carenti tanto da indurre l'Unione europea ad adottare provvedimenti straordinari di supporto economico e finanziario in favore del Governo di Atene e finalizzate ad evitare un crollo non solo dell'economia ellenica, ma anche e soprattutto dell'intera eurozona messa sotto attacco dalla speculazione finanziaria;
la fragilità della moneta unica e la gravità della attuale recessione rilevano come la fase di costruzione dell'euro sia stata assolutamente non conforme con le attese dei suoi fautori e non abbia assolutamente considerato le attuali problematicità, denotando in tal modo come la realizzazione della moneta unica non si sia assolutamente accompagnata alla costruzione di una politica europea univoca ed in grado di garantire quella omogeneità politica capace di superare le diversità sociali ed economiche tra i diversi Paesi europei e tale da assicurare così una crescita ed uno sviluppo coerenti con le economie dei Paesi più avanzati;
la strategia adottata fino ad ora dalla BCE e finalizzata esclusivamente ad un controllo del livello della inflazione dei Paesi dell'euro zona si è dimostrata assolutamente inefficace a contrastare gli effetti della crisi proprio in ragione della difformità della strategia della Banca europea con le necessità evidenziate dalla crisi economica e che dovrebbe invece concentrarsi sul finanziamento diretto agli Stati europei, anche attraverso l'emissione di eurobond;
la genesi della crisi ha altresì aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono; il crac di Lehman Brothers di tre anni fa ha fatto drammaticamente emergere l'abuso della leva finanziaria da parte degli istituti di credito e il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse; già più di un anno fa il Comitato dei governatori delle banche centrali europee ha riscritto l'accordo cosiddetto «Basilea 2» per arrivare al «Basilea 3», che mira a rafforzare il patrimonio delle banche, al fine di scongiurare nuove catastrofi finanziarie; a seguito del Consiglio europeo del 26 ottobre 2012 il tema dei requisiti patrimoniali delle banche degli Stati europei è tornato di attualità; i Governi dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di elevare l'indice di Core Tier 1 e hanno introdotto nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto; il

rispetto dei nuovi requisiti fissati dalla European Banking Authority, comporta per gli istituti di credito italiani una ricapitalizzazione pari a circa 14,7 miliardi di euro, penalizzati dalla notevole quantità di Bot e Btp che detengono in portafoglio, in un momento in cui il nostro debito sovrano è sottoposto ad evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei; la prospettiva per le banche italiane potrebbe essere quindi quella di restringere l'erogazione del credito verso le imprese con conseguenze disastrose per l'economia, in un momento in cui le necessità del sistema industriale sono proprio opposte; l'alternativa sarebbe quella di nazionalizzare il nostro sistema bancario o consentire l'ingresso nel capitale delle nostre banche ai grandi gruppi stranieri, favorito anche dal forte deprezzamento del prezzi azionari;
la possibilità per l'Europa di poter riuscire a superare l'attuale momento di ristrettezza passa inesorabilmente da un miglioramento del livello di governance tra i diversi Paesi membri, finalizzata ad un migliore coordinamento e ad una integrazione più efficace, dall'adozione di politiche governative di intervento finalizzate alla riduzione del debito pubblico e dalla assunzione di politiche fiscali finalizzate alla crescita e allo sviluppo economico, in grado così di evitare tanto recessioni economiche quanto gli atti speculativi che nel corso di questi mesi hanno messo sotto attacco i mercati finanziari;
gli sforzi fatti dall'Italia negli ultimi mesi per evitare di essere coinvolta, così come altri Paesi europei, nel vortice della crisi economica, sospinta peraltro anche dai continui declassamenti del debito sovrano impartito dalle principali agenzie di rating internazionali, se da un lato stanno comportando un rigoroso miglioramento dell'avanzo primario, dall'altro stanno evidentemente bloccando la ripresa della crescita, del Paese, anche a causa dell'ultima manovra economica approvata dal Governo nazionale e fortemente depressiva;
la difficoltà dell'Italia nel riuscire ad uscire dalla crisi economica è data infatti non solo dalla contingente problematicità legata alla moneta unica, ma anche e soprattutto dagli effetti derivanti dalla ultima manovra economica che, basandosi finanziariamente più su maggiori entrate che su una riduzione della spesa pubblica, comporterà sicuramente, così come peraltro già evidenziato da numerosi studi, una recessione dell'economia nazionale la quale, proprio in un momento di rallentamento come quella attuale, avrebbe invece bisogno di un sostegno basato su politiche di tipo espansivo;
la recente adozione da parte dal Governo italiano di un provvedimento finalizzato alle liberalizzazioni di alcune professioni non appare, in tal senso, un'azione in grado di sopperire alle carenze derivanti dalla mancanza di una politica economica nazionale di tipo espansivo, anche e soprattutto in ragione del fatto che tale provvedimento più che supportare la classe media imprenditoriale e che costituisce il punto di forza del tessuto economico del Paese, pare chiaramente destinata a favorire i grandi operatori economici i quali, a dispetto dei soggetti economici di dimensioni inferiori e proprio in ragione del loro maggiore dimensionamento aziendale, possono usufruire di vantaggi competitivi in grado di aumentare il divario oggi esistente,


impegna il Governo:


ad intervenire a livello europeo, chiedendo la revisione del metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche e, in particolare, la revisione della valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico detenuti dalle banche stesse, con lo scopo di tutelare e rafforzare il sistema creditizio italiano e chiedendo, al contempo, una revisione della politica monetaria europea della BCE, finalizzata non solo alla regolamentazione dell'inflazione, così come avviene oggi, ma anche e soprattutto ad una modifica della strategia della BCE allo scopo di fare della Banca

centrale europea un prestatore di ultima istanza, così come avviene per la FED;
a rivedere completamente, a livello nazionale, le decisioni fino ad oggi assunte dal Governo in materia fiscale, imperniando il controllo del debito pubblico sui tagli della spesa pubblica, soprattutto nei livelli della pubblica amministrazione più inefficiente e nelle aree del Paese che denotano sprechi di risorse pubbliche, e sviluppando politiche di crescita espansive rimodulando, in tal senso, anche le regole del patto di stabilità interno allo scopo di favorire gli investimenti negli enti locali oggi bloccati dai severi parametri del patto stesso e che impediscono e rallentano il pagamento delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle aziende.
(1-00824)
«Reguzzoni, Bossi, Lussana, Fogliato, Montagnoli, Fedriga, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
obiettivo principale dei padri fondatori dell'Europa unita era quello di conseguire gradualmente non solo l'unità economica ma essenzialmente una unità politica basata su fondamentali valori identitari comuni;
il mancato conseguimento dell'unità politica mette in discussione, nell'eurozona, l'unione monetaria e la stabilità finanziaria, sicché senza una politica non si può porre argine alla crisi economica finanziaria che minaccia pesantemente di travolgere l'euro;
il percorso, non facile, sembrerebbe oggi subire un rallentamento oltre che presentare elementi di criticità, a causa della profonda lunga crisi che, partita dagli USA, ha investito l'Europa;
gli sforzi di coesione per la costruzione sostanziale dell'unità europea non possono essere vanificati e, dunque, occorre intervenire con azioni comunitarie a rafforzare l'Europa in tutte le sue istituzioni e nella Banca centrale europea (BCE), nonché nella pratica rafforzata dal metodo comunitario, soprattutto in materia di disciplina di bilancio;
nonostante l'atteggiamento negativo della Gran Bretagna, è necessario insistere sull'approvazione del patto di bilancio (il cosiddetto fiscal compact) a 27;
l'aver adottato nei due rami del Parlamento, in prima lettura, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, rende l'Italia più credibile e quindi più autorevole nel sostenere le sue proposte per uscire dalla crisi;
il Parlamento italiano deve avere costantemente un ruolo di indirizzo delle scelte che il Governo italiano porta in Europa a norma dell'articolo 10 del Trattato sull'Unione europea e dell'articolo 4-bis della legge n. 11 del 2005, introdotto dalla legge n. 96 del 2010 (legge comunitaria per il 2009);
occorre comprendere quali siano le interrelazioni fra gli strumenti di controllo delle finanze pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea (con riferimento al cosiddetto six-pack, alle proposte dalla Commissione europea del 23 novembre 2011, al nuovo «trattato» intergovernativo) per dirimere problemi di coesistenza fra la disciplina già vigente nell'Unione europea e quella in corso di negoziato;

l'Italia dovrà insistere per l'accordo (e non per il trattato intergovernativo) in considerazione del fatto che l'accordo non richiede un nuovo strumento internazionale;
al di là della natura squisitamente politica dell'accordo, occorre affrontare i temi dello sviluppo, della crescita, dell'equilibrio socio-economico fra territori dell'eurozona ed all'interno degli Stati aderenti all'Unione europea in considerazione del fatto che la crisi ha acquisito le differenze accentuando la povertà;
in particolare il Mezzogiorno d'Italia sta attraversando un lungo periodo di difficoltà che vede crescere la disoccupazione giovanile e femminile e registra il fallimento quotidiano di piccole e medie imprese (PMI) che rappresentano il tessuto vitale dell'economia meridionale insieme con l'agricoltura, anch'essa in crisi per le misure sempre più penalizzanti della politica agricola comune (PAC),


impegna il Governo:


a partecipare in termini attivi e propositivi al negoziato per giungere alla redazione di un accordo politico che, oltre alla costituzionalizzazione del bilancio, all'accordo six-pack, alla riduzione complessiva del debito, ai contenuti del patto Europlus, tenga in primaria considerazione l'adozione di politiche fiscali funzionali alla crescita, anche negoziando con le istituzioni europee in merito alla concessione di fiscalità di vantaggio quinquennale per le aree sottoutilizzate;
ad insistere perché siano inseriti nell'accordo gli impegni per una più profonda integrazione nell'ambito del mercato interno e per il conseguimento di una reale coesione sociale;
ad affrontare le politiche della crescita e contestualmente quelle di riduzione del debito e del deficit attraverso una serie di interventi che riguardano l'emissione di eurobond, l'aumento delle risorse del Fondo monetario internazionale (FMI), un ruolo più attivo e flessibile della BCE che preveda una disposizione positiva in tema di ampliamento del credito per le imprese, per i cittadini, per le famiglie, per i giovani;
ad adoperarsi perché si avvii finalmente il percorso di una unione fiscale propedeutico ed essenziale per l'unità politica d'Europa.
(1-00825)
«Misiti, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Miccichè, Mario Pepe (Misto-R-A), Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano di fatto a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, si stima che ogni euro investito in accertamenti ne produca quattro di entrate recuperate. Negli Usa il tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno) è stabile al 15 per cento; in Gran Bretagna è all'8 per cento. Se si prende per buona la stima di 120 miliardi di evasione in Italia, con un gettito complessivo di circa 700 miliardi, per ottenere lo stesso indice tax gap degli Usa dovremmo puntare a recuperare imposte evase per circa 20 miliardi; e circa 75 per raggiungere la Gran Bretagna;
una misura del tax gap permetterebbe inoltre di sapere quanta parte delle

aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori, e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la ridistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo Patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro» si è introdotto nel nostro ordinamento una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un'ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
decisivo nel contrasto all'evasione, risulta adesso l'utilizzo ottimale dei numerosi strumenti induttivi a disposizione (redditometro, studi di settore, tracciabilità del contante, accesso a tutte le transazioni finanziarie, dati su attività mobiliari e immobiliari, utenze) a scopo statistico, per individuare i potenziali soggetti evasori;
il lavoro dell'amministrazione deve compiere al riguardo un salto di qualità trasformando la possibilità dell'accertamento in un obbligo di verifica annuale, con le tecnologie informatiche, per tutti i codici fiscali in relazione alle dichiarazioni dei redditi e dell'IVA individuali, da confrontare con i dati dello «spesometro» e dei flussi finanziari;
l'amministrazione finanziaria deve desumere dai conti bancari la capacità complessiva di spesa, e quindi il reddito presumibile, di ogni codice fiscale (somma di tutte le uscite, meno dividendi e interessi incassati, meno/più gli investimenti/disinvestimenti nel periodo), una singola cifra (con una maggiore tutela della privacy del cittadino), facile da calcolare una volta l'anno, anche dal contribuente, e che per questo agirebbe da efficace deterrente all'evasione;
l'amministrazione dovrebbe far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia ha dato, in particolare negli Usa dove viene applicata fin dai primi anni del Novecento, ottimi risultati in termini di contrasto all'evasione ed alla stessa criminalità organizzata;
l'esperienza dice che le disposizioni comunitarie relative all'abuso di diritto in materia tributaria rappresentano uno strumento molto efficace, perché sono le strutture finanziarie complesse che possono più facilmente facilitare l'elusione su vasta scala. Costituiscono «abuso del diritto» le operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale. Grazie all'applicazione di tale concetto l'amministrazione finanziaria ha recuperato circa un miliardo dalle banche italiane (limitandosi ai casi di pubblico dominio) che avevano abusato di «strumenti fiscali»;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la

teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati, ha portato la Corte di cassazione (sentenze n. 30055 n. 30056 e n. 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,


impegna il Governo:


a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) inserire nel Documento di economia e finanza una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo altresì gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto e prevedere che tali maggiori entrate, dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) rendere obbligatoria - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 201 del 2011 (convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011) - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione alle dichiarazioni dei redditi e dell'IVA individuali, da confrontare con i dati dello «spesometro» e dei flussi finanziari facendo sì che tale verifica comporti da un lato la semplificazione dei dati da esaminare (una singola cifra, il reddito presumibile, di ogni codice fiscale: somma di tutte le uscite, meno dividendi e interessi incassati, meno/più gli investimenti/disinvestimenti nel periodo), dall'altro un rafforzamento delle strutture addette ai controlli;
c) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
d) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, determinando l'imponibile dell'imposta sul reddito delle società (IRES) anche sulla base del possesso da parte di una società di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
e) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione più equilibrata e restrittiva della sospensione condizionale della pena;
f) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico valorizzando le specificità professionali degli operatori;
g) prevedere la smilitarizzazione della Guardia di finanza, la sua riorganizzazione in settori funzionali, e prevedere, in quest'ambito, un più stretto coordinamento in capo all'Agenzia delle entrate, di tutti gli organismi che operano ai fini dell'accertamento delle posizioni tributarie;
h) prevedere una disciplina antielusiva generale in riferimento all'articolo 53

della Costituzione in forza della quale in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
«Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina».

ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE

Risoluzione in Commissione:

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa - meno evasione - meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,


impegna il Governo:


a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) predisporre annualmente una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) o in una norma equipollente avente valenza di norma speciale - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) attuare normativamente - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere a controlli sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;
c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità di giustificare anche rispetto al nucleo familiare i saldi di cui al punto b);
d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, tenendo conto anche del possesso di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, e fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
h) prevedere un maggior coordinamento della Guardia di finanza e di tutti gli enti che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie con l'Agenzia delle entrate;
i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao, Palomba».

La X Commissione,
considerato che:
il 9 gennaio 2012 la società Alcoa (multinazionale americana operante nel settore della lavorazione dell'alluminio) ha comunicato l'intenzione di aprire la procedura di mobilità per i lavoratori dello stabilimento di Portovesme in Sardegna, nella prospettiva di chiudere l'insediamento produttivo; la società Alcoa costituisce in Italia una realtà importante nel campo della metallurgia non ferrosa rappresentando un fornitore strategico per larga parte dell'industria di trasformazione dell'alluminio. Essa opera direttamente in cinque regioni italiane (Sardegna, Veneto, Lazio, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna) con sei stabilimenti dedicati alla produzione di alluminio primario, trasformazione ed realizzazione di prodotti finiti in alluminio ad alto contenuto tecnologico;
Alcoa aveva acquistato lo stabilimento di Portovesme nel 1996 dalle partecipazioni statali (Alumix partecipata EFIM); l'acquisizione di Alumix da parte di Alcoa era stata subordinata alla concessione da parte di ENEL (ente allora statale), di una tariffa elettrica agevolata per le forniture di energia elettrica a Portovesme (Sardegna) ed all'altro impianto similare a Fusina (Veneto), considerata la natura energivora della lavorazione industriale dell'alluminio primario (smelter);
la tariffa agevolata a favore di Alcoa veniva quindi istituita con decreto ministeriale del 19 dicembre 1995. Tale decreto stabiliva che Alcoa avrebbe beneficiato del trattamento agevolato di cui alla delibera CIP 13/1992 fino alla fine del 2005. Successivamente a tale data, il trattamento applicato ad Alcoa sarebbe stato allineata a quello applicato agli altri utenti di energia elettrica;
la tariffa agevolata era stata oggetto di verifica della Commissione europea in base alle norme sugli aiuti di Stato (caso C 38/1992); in quell'occasione la Commissione aveva concluso che la tariffa agevolata non configurava questa ipotesi, ritenendo invece che un grande cliente industriale come Alcoa avesse un notevole potere di negoziazione rispetto ad ENEL dal momento che la chiusura dei due smelter, che erano tra i migliori clienti di ENEL in Italia, avrebbe comportato una sovracapacità ancora più elevata ed avrebbe peggiorato la struttura dei costi dell'ENEL, operatore unico in Italia; poiché in Sardegna e Veneto il mercato dell'energia elettrica era caratterizzato da una sovraccapacità di produzione di energia, la Commissione aveva pertanto concluso che nel concedere la tariffa (18/20 euro megawattora) ENEL si comportava come un operatore di mercato razionale e aveva quindi dichiarato che la misura non costituiva aiuto di Stato, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE;
nel 2000 l'Italia decideva di includere la tariffa Alumix tra gli «oneri generali del sistema elettrico», modificando il meccanismo di finanziamento della tariffa. Mentre ENEL in precedenza aveva venduto l'energia elettrica direttamente al prezzo agevolato ad Alcoa, in base al nuovo meccanismo, ad Alcoa veniva nominalmente applicato il prezzo pieno, ma l'impresa fruiva di uno sconto diretto in bolletta, mentre ENEL finanziava tale sconto grazie ai ricavi di un nuovo onere

parafiscale prelevato mediante la componente A4 della tariffa elettrica e pagato dalla generalità dell'utenza; la nuova tariffa comportava quindi l'intervento selettivo dello Stato per compensare la differenza tra prezzo di mercato e prezzo agevolato; correttamente i Governi succedutisi dal 1996 hanno sempre sostenuto l'attività delle imprese energivore, soprattutto in territori, come quello della Sardegna, caratterizzati da una limitata capacità di interconnessione elettrica;
tuttavia a seguito di un'indagine condotta dalla Commissione europea, diretta a verificare, tra l'altro, la conformità della proroga dei regimi tariffari agevolati concessi ad Alcoa con la normativa in materia di aiuti di Stato, è emersa l'incompatibilità dei citati regimi. Con la decisione C(2006)3225 del 19 luglio 2006 (caso C36/2006) la Commissione europea ha contestato la rispondenza alle regole comunitarie della legge n. 80 del 2005, nella parte in cui proroga i regimi tariffari speciali dell'energia elettrica, tra cui quello relativo alla produzione di alluminio primario; la legge 80, finalizzata al mantenimento della competitività del sistema industriale nazionale, definisce un sistema a regime tariffario speciale applicabile alle forniture di energia elettrica destinata alle produzioni e lavorazioni di alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo cloro-soda, nei limiti degli impianti esistenti, situati nel territorio della regione Sardegna e caratterizzati da alimentazione in alta tensione;
il procedimento ha portato alla decisione della Commissione europea del 29 novembre 2011 (C 38/A/2004 e C36/B/2006), con la quale si è stabilito che gli aiuti erogati ad Alcoa per i suoi stabilimenti in Veneto e in Sardegna sotto forma di tariffe elettriche agevolate, rappresentavano una violazione della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato; di conseguenza lo Stato italiano deve recuperare le somme indebitamente impegnate, valutate, ad oggi, in circa 300 milioni di euro; contro questa decisione è ricorsa Alcoa, ma nel luglio 2011 fa la Corte di giustizia europea si è pronunciata in merito alla vicenda, respingendo il ricorso della società contro la legittimità dell'indagine della Commissione europea e la conseguente procedura d'infrazione;
nel gennaio 2007, la Commissione europea ha formalmente suggerito al Governo italiano, di adottare un programma biennale di phase out dal regime sostituendolo con uno strumento di mercato (il virtual power plant o VPP); tale strumento è contenuto nell'articolo 30, comma 9, della legge n. 99 del 2009 nella parte in cui si prevede l'imposizione ai produttori principali di elettricità di cedere virtualmente capacità di generazione elettrica immettendola nel mercato mediante aste ad evidenza pubblica per elevare il livello di concorrenza nel sistema elettrico della Sardegna; l'utilizzabilità di questo meccanismo è stata però impedita dall'isolamento e dalla struttura oligopolistica del mercato elettrico in Sardegna;
con il decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, sono state adottate misure che hanno consentito la riduzione del prezzo dell'energia per i clienti energivori delle isole maggiori, penalizzate dalla mancanza di collegamenti elettrici adeguati con il resto della penisola; grazie in particolare ai contratti di interrompibilità delle forniture di energia, si è realizzato uno sconto significativo sulla bolletta energetica per ALCOA con un prezzo a megawatt/ora intorno ai 35 euro; di conseguenza il 18 maggio 2010, dopo una intensa attività del tavolo tecnico istituito alla Presidenza del Consiglio, si è chiuso positivamente un accordo tra azienda, Governo, istituzioni locali, regioni e provincia con il quale Alcoa si impegnava a rimanere fino al 31 dicembre 2012, in attesa di individuare soluzioni ulteriori; l'accordo prevede garanzie aziendali sul fronte occupazionale, l'impegno ad effettuare investimenti per 94,6 milioni di euro nel triennio, incontri annuali tra le parti per la verifica delle questioni nazionali e semestrali per quelle locali, mentre il Ministero dello sviluppo economico si è

impegnato a monitorare l'attuazione del piano industriale e ad operare, in accordo con gli interessati, per favorire il consolidamento in Italia delle attività produttive dell'ALCOA;
dopo l'annuncio del 9 gennaio 2012 si è rapidamente riunito il tavolo presso Ministero dello sviluppo economico (13 gennaio). Il Governo ha chiesto alla società Alcoa il rispetto dell'accordo cui l'azienda si impegnava a rimanere fino al 31 dicembre 2012;
secondo quanto riportato dal Governo italiano nella informativa alla Camera del 19 gennaio 2012, la fermata dello stabilimento di Portovesme è causata del taglio della produzione mondiale di alluminio decisa dalla case madre Alcoa del 12,00 per cento; i motivi del fermo dello stabilimento sardo consistono in una struttura dei costi che è la più alta d'Europa (2870 dollari a tonnellata, che ha comportato una perdita di 56 milioni negli ultimi anni), e nel costo dell'energia, superiore del 22 per cento al resto del mondo. Tale costo è pari ad euro 36 megawattora, contro euro 30 megawattora della media europea; scaduto il periodo transitorio concordato con l'Unione europea (31 dicembre 2012), il prezzo al megawattora risalirà, praticamente raddoppiando rispetto ai 36 euro al megawattora di oggi;
l'alluminio è una commodity (cioè un bene essenziale per i processi produttivi di base) cruciale per qualsiasi sistema economico: il suo il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London Metal Exchange; il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo e la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda; di conseguenza il tasso di copertura sul mercato europeo attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003; l'Italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate all'anno è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa, e dispone di una industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e competitiva; la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate all'anno, tutti provenienti dagli stabilimenti Alcoa, e copre quindi solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati; la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate all'anno, pari al 43 per cento dell'intera domanda;
l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica; per sua natura, è un'industria energivora (energy intensive). È il costo l'energia elettrica che incide per oltre il 30 per cento sui costi operativi; la disponibilità energetica a prezzi sostenibili, è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelters) ed il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti esistenti;
la crisi iniziata nel 2008 si è riflessa anche sul prezzo dell'alluminio, che è sceso sotto la soglia dei 1.200 dollari per tonnellata. Oggi, il valore dell'alluminio primario ha superato i 2.200 dollari e nel 2011 si è registrata una crescita della domanda di allumina nel mondo pari al 7 per cento; la situazione del mercato europeo è molto critica con scarse prospettive di recupero; le previsioni Alcoa, basate anche sulla enorme consistenza delle sue giacenze di magazzino, permangono negative;
in merito al complessivo comportamento delle istituzioni comunitarie sulle tariffe elettriche riservate alla società Alcoa, giova rilevare una certa schizofrenia tra le decisioni adottate sul finire degli anni novanta e quella del 2006: nel 1997 le soluzioni tariffarie erano state considerate «necessarie» dalla Commissione UE, quali misure provvisorie per garantire prezzi equi e per impedire chiusure di industrie, in quanto «i prezzi all'ingrosso

dell'elettricità in Italia sono fra i più elevati in Europa, e i prezzi in Sardegna sono fra i più elevati in Italia»; nel 2007, pur permanendo tutte le condizioni di chiusura del mercato elettrico, la decisione è diametralmente ribaltata;
per l'articolo 87 del Trattato che istituisce l'Unione «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza»; non si riscontrano nel caso Alcoa né «l'incidenza sugli scambi tra Stati membri», né l'alterazione della concorrenza a livello comunitario; al contrario, ci si limiterebbe a consentire la sopravvivenza in ambito europeo, di una industria primaria, per la quale la fornitura di energia elettrica a prezzi internazionalmente competitivi è assolutamente essenziale, affinché essa non sia destinata ad un irreversibile declino per la concorrenza attuata da aree del mondo le cui regolamentazioni normative del mercato non sono neppure comparabili con quelle comunitarie;
in gran parte dei Paesi europei i contratti bilaterali costituiscono la soluzione adottata per affrontare degli elevati costi energetici a carico del settore industriale il problema: in Svezia Francia e Finlandia i consorzi che investono in nuove centrali (anche nucleari), hanno diritti di prelievo ad un prezzo basato sui costi di produzione; in Germania si applica uno sconto del 35-50 per cento sui costi di trasmissione, più una riduzione degli oneri connessi alle energie rinnovabili per i grandi utenti industriali; in Spagna sussistono tariffe regolamentate; in Belgio sono incentivati i consorzi di acquisto;
in Sardegna la produzione dell'alluminio primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della regione; in occasione del dibattito sul cosiddetto decreto «salva Alcoa» è stato ribadito il pericolo che è insito nella tendenza dei grandi gruppi industriali a delocalizzare i propri impianti là dove i vincoli ambientali sono inesistenti, l'energia è a buon prezzo e i diritti dei lavoratori sono meno tutelati,


impegna il Governo:


a confermare la valenza strategica nazionale del settore dell'alluminio e, conseguentemente, dello stabilimento di Portovesme e ad avviare le opportune azioni, a livello nazionale per individuare le soluzioni strutturali necessarie per la continuità produttiva dell'impianto di Portovesme;
a richiedere alla società ALCOA l'immediata sospensione delle procedure di mobilità e il mantenimento in attività degli impianti;
ad intervenire al fine di provvedere ad una generale riduzione delle tariffe elettriche in favore delle attività produttive, utilizzando i modelli europei evidenziati in premessa, in particolare per le imprese cosiddette «energivore»;
in tale ambito ad adoperarsi, con il concorso dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas e Terna, per la piena operatività degli strumenti introdotti dalla legge n. 99 del 2009 i cui meccanismi che possono contribuire a ridurre il costo dell'energia per utenti energivori produttori, anche mediante l'introduzione di norme specifiche che favoriscano o impegnino i produttori di energia elettrica (in particolare quelli operanti in mercati parzialmente isolati) a sottoscrivere contratti bilaterali di fornitura che consentano la competitività internazionale delle imprese operanti in Italia.
(7-00758)
«Saglia, Cicu, Testoni, Porcu, Vella, Murgia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

CICCIOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'enorme massa di combustibile (2.400 metri cubi) presente a bordo della nave crocieristica Costa Concordia spiaggiatasi nei giorni scorsi davanti l'Isola del Giglio costituisce un gravissimo ed immanente pericolo d'ordine ecologico e sanitario che si estende ben oltre l'Isola del Giglio e l'intero tratto di mare toscano;
nel mese di marzo 2010 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (cui, ex legge n. 537 del 24 dicembre 1993, è oggi intestata la tutela dell'ambiente marino) è tornato ad affidare, secondo l'interrogante in maniera assai dubbia, il delicatissimo servizio della difesa del mare contro gli inquinamenti da idrocarburi alla società Castalia-Telespazio (già società consortile Castalia-Ecolmar, prima ancora S.p.A. Castalia);
con deliberazione n. 19/2009/P la Sezione del controllo della Corte dei conti ha ricusato il visto e la conseguente registrazione «del contratto repertorio n. 152, sottoscritto in data 06/08/09 tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'ATI Castalia Telespazio per l'affidamento del servizio per la prevenzione e la lotta all'inquinamento marino da idrocarburi e da sostanze tossico-nocive in genere»;
come risulta dalla sopra citata deliberazione n. 19/2009/P, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per provare «l'inequivoco riscontro che l'ATI (provvisoria concessionaria) era l'unico soggetto imprenditoriale in possesso dei requisiti richiesti sia del progetto originario di gara che da quello rimodulato» (deliberazione n. 19/2009/P, pag. 5, punto 4) «ha fatto presente che le risultanze dell'indagine richiesta al RINA, già utilizzate per il contratto relative al periodo 1o aprile-31 dicembre 2008, hanno consentito di escludere che alcune delle ditte invitate alla gara disponesse, singolarmente ovvero con altri armatori, del numero di unità navali specializzate (classificate REC OIL) previsto dal progetto rimodulato» (ibidem, pag. 8);
in poche parole, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha tentato di ottenere la registrazione del contratto sottoscritto in data 6 agosto 2009 con l'ATI Castalia Telespazio utilizzando la classifica REC OIL in maniera fuorviante, facendo, cioè, intendere alla Corte dei conti che la classifica REC OIL, che semplicemente significa che una nave così classificata può stivare e trasportare idrocarburi, significasse invece che quella nave è capace di recuperare meccanicamente gli idrocarburi galleggianti in mare;
secondo dati comunicati al Parlamento dalla Corte dei conti col referto per il Parlamento n. 1989/2 e successivamente aggiornati con deliberazione n. 26/2008/G, sono stati, per questi servizi, approssimativamente corrisposti alla Società Consortile Castalia-Ecolmar nelle sue varie trasformazioni 700.000.000 euro;
coi fondi di dotazione della legge 31 dicembre 1982, n. 979, «disposizioni per là difesa del mare» sono stati costruiti n. 4 «pattugliatori ecologici» classe Cassiopea per la Marina Militare -:
quali e quanti mezzi spazzamare la società Castalia-Telespazio abbia schierato davanti al relitto della Costa Concordia per recuperare, nell'immediatezza, l'immenso quantitativo di olio combustibile che potrebbe fuoriuscire, ove si rompessero, dai serbatoi della Costa Concordia;
quanti idrocarburi questi mezzi di Castalia-Telespazio possano recuperare per ora nelle diverse condizioni operative possibili specificando con quali tipologie e

spessori dello strato oleoso galleggiante ed in quali condizioni meteomarine questi asseriti quantitativi orari di idrocarburo verrebbero recuperati;
di quali mezzi, o sistemi «succhia olio», sia dotato il pattugliatore ecologico Orione (classe Cassiopea) dislocato, come dicono i giornali, dalla Marina militare sull'Isola del Giglio;
chi abbia certificato la capacità di recupero dei mezzi Cassiopea e Castalia-Telespazio;
se la qualifica REC OIL sia stata anche altre volte utilizzata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai fini descritti in premessa;
quali iniziative si intendano assumere per chiarire in base a quali presupposti, per l'ottenimento della registrazione del contratto repertorio 152 sottoscritto in data 6 agosto 2009 tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'ATI Castalia/Telespazio, sia stata utilizzata la classifica REC OIL in maniera che la stessa Corte dei conti ha ritenuto impropria ed insufficiente, con il rischio di un gravissimo nocumento dell'ambiente marino e alle casse erariali.
(3-02048)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 17 gennaio 2012 il sito internet Repubblica.it ha pubblicato l'intercettazione telefonica tra ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nonché responsabile della protezione civile Guido Bertolaso e l'assessore alla protezione civile della regione Abruzzo Daniela Stati;
nella telefonata Bertolaso spiega che sta organizzando una riunione di tecnici allo scopo di tranquillizzare la popolazione definendola una «operazione mediatica»;
dopo sette giorni si verifica la tragedia che ha colpito l'Aquila il 6 aprile 2009;
compito della protezione civile non è quello di tranquillizzare l'opinione pubblica addirittura ricorrendo a «operazioni mediatiche» al contrario è quello di predisporre tutte le misure di prevenzione possibili tra le quali c'è anche quella di informare correttamente i cittadini e di renderli consapevoli dei rischi e dei comportamenti adeguati necessari;
il periodo di gestione della protezione civile diretta da Guido Bertolaso e il tentativo che in quel periodo si è fatto di trasformarla in uno strumento «politico-mediatico» e addirittura in una società per azioni è certamente una pagina molto negativa e per alcuni versi inquietante della nostra storia recente -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri sia informato di questa vicenda e soprattutto quale sia il modello organizzativo di protezione civile sul quale questo Governo ritiene di investire anche al fine di evitare situazioni quali quella segnalata in premessa.
(5-06016)

Interrogazioni a risposta scritta:

NUCARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come già evidenziato in altri atti di sindacato ispettivo l'interrogante ha posto l'attenzione sui disastri economici e sociali che la evidente carenza di infrastrutture produce nella regione Calabria;
il problema ben si evidenza dalla lettura della serie statistica elaborata da Federalberghi sui dati ISTAT. La recessione turistica si percepisce ancora meglio se si guardano i dati relativi alla provincia di Reggio Calabria, essendo, la stessa,

quella maggiormente carente sul piano dei trasporti (ferroviari, autostradali, aeroportuali);
dall'analisi dei dati si evince chiaramente che l'arrivo dei turisti italiani dal 2007 al 2010 ha subito un decremento del 30 per cento compatibile con la presenza, l'arrivo degli stranieri è diminuito di oltre il 50 per cento, l'arrivo complessivo è passato dal 229.294 del 2005 a 160.415 del 2010;
l'Italia si avvia verso un periodo di recessione forte secondo i dati forniti dal Fondo monetario internazionale, che alcuni economisti ritengono addirittura sottostimati;
oltre a quelle, che all'interrogante appaiono scellerate scelte dell'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, (azienda di Stato), anche l'ANAS (anch'essa azienda dello Stato) ha deciso di contribuire allo sfascio di quella sfortunata provincia, decidendo in esclusiva relazione alle esigenze dell'impresa che opera per l'agibilità dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria, di chiudere per un lungo periodo lo svincolo autostradale di Scilla, che rappresenta la località turistica per eccellenza nella provincia di Reggio Calabria;
è da rilevare che se non si pensasse alla buona fede e ad errori di valutazione si dovrebbe arguire che ci si trova davanti alla pianificazione di un disegno perverso per emarginare la popolazione della provincia in questione -:
se sia stata fatta una stima dei danni a quella popolazione;
come il Governo intenda compensare i danni provocati da una scellerata politica delle infrastrutture, considerato che, se i danni sono tanti e diffusi, ci sarà certamente una eredità del passato, ma lo Stato ha una sua continuità negli impegni presi;
come il Governo intenda sopperire alla palese violazione dell'articolo 16 della Costituzione che garantisce la mobilità dei cittadini, che tra l'altro recita «Nessuna restrizione, può essere determinata da ragioni politiche», considerato che, anche se non si rileva razzismo, si creano le condizioni perché questo si eserciti;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo nei confronti degli amministratori delegati di Ferrovie dello Stato, di ANAS e di ENAC che dovranno garantire parità di trattamento per tutto il territorio italiano. Posto che il profitto è uno degli elementi, ma certamente non il principale nella politica infrastrutturale mentre i benefici sociali possono essere più importanti dei benefici economici quando si tratta di aziende di cui, di fatto, è proprietario il Ministero dell'economia e delle finanze;
quali disposizioni si intendano intraprendere per sostenere le attività economiche della provincia di Reggi Calabria tanto penalizzata dalle politiche inadeguate riguardo alle infrastrutture e non solo.
(4-14626)

STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la città di Treviglio (Bergamo), che conta una popolazione di circa 30 mila abitanti, ospita una sezione distaccata del tribunale di Bergamo e l'ufficio del giudice di pace;
il territorio servito dalla sezione distaccata di Treviglio (Bergamo) comprende 41 comuni;
la città di Treviglio (Bergamo) rappresenta un centro importante di riferimento per tutta la «bassa bergamasca», poiché tra l'altro ospita la compagnia dei Carabinieri, il commissariato di pubblica sicurezza, la polizia ferroviaria, la compagnia della Guardia di finanza, il distaccamento della Polizia stradale, la Polizia ferroviaria, il Corpo forestale dello Stato, i vigili del fuoco, la Protezione civile, la filiale INPS, la filiale INAIL, l'Agenzia delle entrate, gli uffici di Equitalia della

provincia di Bergamo, la sezione della camera di commercio, un'azienda ospedaliera con un ospedale di rilevanza regionale, due stazioni ferroviarie, importanti collegamenti stradali, e altro;
in ottemperanza al comma 2, articolo 1 della legge delega n. 148 del 2011 il Governo «dovrà riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza»;
in base ai criteri stabiliti dalla suddetta legge delega il legislatore dovrebbe ridurre i cosiddetti piccoli tribunali e le sezioni distaccate dei tribunali maggiori, procedendo ad accorpamenti territoriali -:
se intendano conservare, in sede di attuazione della legge delega n. 148 del 2011, la sezione distaccata di Treviglio (Bergamo) del tribunale di Bergamo, prevedendo eventualmente in sede di revisione della geografia giudiziaria il suo ampliamento nell'area omogenea nella pianura bergamasca ovvero secondo i criteri ritenuti più idonei, al fine di consentire la continuità e il miglioramento dei servizi giudiziari nel vasto territorio della «bassa bergamasca».
(4-14629)

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel luglio del 2009 il Governo Berlusconi - in applicazione dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009 - nominava il presidente della regione Molise, Michele Iorio, quale commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari;
a seguito della gestione, ad avviso degli interroganti, fallimentare e del mancato rispetto del piano di rientro, il 9 ottobre 2009, al commissario ad acta Iorio, veniva affiancata, in qualità di sub-commissario, la dottoressa Isabella Mastrobuono (già direttore sanitario del Policlinico «Tor Vergata» di Roma);
nei numerosi tavoli tecnici riunitisi negli ultimi due anni veniva evidenziato come la suddetta struttura commissariale, guidata da Michele Iorio e dalla dottoressa Mastrobuono, non avesse di fatto rispettato le indicazioni e gli indirizzi del Governo e soprattutto non avesse mantenuto gli impegni previsti dal suddetto piano di rientro dal deficit sanitario regionale;
peraltro sulla dottoressa Mastrobuono, pende un rinvio a giudizio da parte del «gup» del tribunale di Roma per abuso d'ufficio per fatti che risalgono al 2008 nella sua qualità di manager del policlinico di Tor Vergata di Roma;
il 31 maggio 2011, la medesima sub-commissaria Isabella Mastrobuono, viene affiancata da un secondo sub-commissario, il dottor Mario Morlacco;°
al dottor Morlacco vengono affidati quasi tutti gli interventi che nel provvedimento di commissariamento del 24 luglio 2009, il Governo aveva assegnato al commissario Iorio e successivamente al sub-commissario Mastrobuono;
infine il 21 gennaio 2012 si arriva alla nomina del dottor Nicola Rosato come ennesimo sub-commissario in sostituzione della dottoressa Isabella Mastrobuono;
attualmente quindi la struttura commissariale per la sanità molisana, torna a essere composta da ben tre persone: il commissario Iorio, presidente della regione, il sub-commissario Mario Morlacco, nominato circa 9 mesi fa, e il dottor Nicola Rosato, ennesimo sub-commissario succedutosi alla dottoressa Mastrobuono;
nel frattempo il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, hanno confermato lo stato di criticità dell'intero servizio sanitario regionale: un disavanzo non coperto per l'anno 2011, stimato in 22,5 milioni di euro, e un disavanzo complessivo incrementato della perdita pregressa rideterminata pari a circa 49,6

milioni di euro. Insomma il trend del disavanzo sanitario regionale continua a essere negativo -:
se non si ritenga necessario procedere a uno snellimento delle procedure commissariali e un ridimensionamento del numero dei commissari e sub-commissari coinvolti, prevedendo una revisione degli incarichi conferiti al presidente-commissario Iorio e ai due attuali sub-commissari, a favore della nomina di un'unica figura di alto profilo di commissario super partes.
(4-14631)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è deceduto a Cuba, dopo ben 50 giorni di sciopero della fame il prigioniero politico Wilmar Villar, dissidente che il regime castrista aveva condannato a 4 anni di carcere dopo un processo farsa;
nonostante il Governo cubano abbia promesso una nuova amnistia nei confronti dei detenuti politici in occasione della prossima visita del Papa, la condizione dei prigionieri politici a Cuba risulta sempre più preoccupante -:
quali iniziative urgenti, anche di intesa con l'Unione europea, si intendano assumere nei confronti della brutale repressione contro il dissenso in atto a Cuba, come già i Governi USA, spagnolo e cileno hanno assunto.
(3-02044)

Interrogazione a risposta scritta:

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il trattamento stipendiale del personale a contratto del Ministero degli affari esteri in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari all'estero e i relativi adeguamenti sono fissati - ai sensi dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 - dal contratto individuale di lavoro sulla base dei parametri previsti nella stessa disposizione di legge: le condizioni del mercato del lavoro locale, il costo della vita nella sede di servizio, le retribuzioni corrisposte dalle rappresentanze diplomatiche e consolari estere all'analogo personale, la congruità e l'uniformità del trattamento retributivo corrisposto per Paese e per mansioni omogenee, le indicazioni fornite dalle organizzazioni sindacali. I dati raccolti vengono esaminati dall'amministrazione del Ministero degli affari esteri per venire successivamente sottoposti al vaglio degli organi di controllo (UCB);
la tipologia dei contratti di assunzione del personale locale all'estero, nonché la peculiarità della relativa disciplina, non consentono l'allineamento alla contrattazione collettiva del pubblico impiego, né quindi per tale via, l'attribuzione degli stessi aumenti concessi ai pubblici dipendenti. Tuttavia, è lasciata all'autonomia negoziale del Ministero degli affari esteri la decisione circa l'opportunità di rivalutare i trattamenti economici, nonché l'entità dei relativi importi, nei limiti delle risorse disponibili a tale scopo;
in numerose realtà estere, a fronte dei consistenti aumenti del costo della vita dovuti alla crisi economica e della repentina svalutazione dell'euro nei confronti di alcune valute, si registrano difficoltà pratiche per il sostentamento quotidiano delle famiglie del personale a contratto impiegato dal Ministero degli affari esteri;
in Giappone, il personale a contratto retribuito in euro rileva come gli attuali livelli di remunerazione registrino una perdita di potere d'acquisto rilevante;
il personale a contratto in Giappone denuncia una perdita diretta calcolata in una sottrazione di contante pari al 25 per cento dell'ammontare dello stipendio mensile. A questa va aggiunta una perdita

indiretta, ugualmente grave, dovuta alla percezione dell'Italia e dell'euro come entità ad alto rischio di default. Quest'ultimo aspetto sta determinando per i contrattisti l'impossibilità di accedere a servizi fiduciari quali, in primo luogo, mutui per la casa o garanzie di solvibilità per spese a lungo termine, come ad esempio le rette scolastiche e universitarie dei figli -:
quali iniziative si intendano adottare per rivalutare i trattamenti economici del personale a contratto basato in Giappone;
se non si ritenga di dover ripristinare, per la totalità degli impiegati a contratto presenti sul territorio giapponese, un sistema di retribuzioni in valuta locale, come del resto previsto dalle norme introdotte dal decreto legislativo n. 103 del 13 maggio 2000, nella misura in cui si stabilisce che «la valuta in cui viene fissata e corrisposta la retribuzione degli impiegati è quella locale».
(4-14628)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE BIASI, FIANO, QUARTIANI, PELUFFO, POLLASTRINI, MARCO CARRA, FERRARI, MISIANI, PIZZETTI, ZUCCHI, GHIZZONI, FIORIO, LEVI, ZACCARIA, BRAGA e MARANTELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nella serata del 24 gennaio, è prevista in anteprima nazionale la messa in scena, al teatro Parenti di Milano, dello spettacolo di Romeo Castellucci «Sul concetto del volto nel figlio di Dio»;
tale rappresentazione è stata preceduta da innumerevoli lettere di protesta inviate alla direttrice del teatro in questione Andrée Ruth Shammah, che chiedevano la sospensione della messa in scena dello spettacolo, considerato blasfemo;
alla direttrice e al regista sono stati inviati messaggi intimidatori e minacciosi della loro integrità fisica, tanto che le autorità preposte hanno dovuto dispiegare un nutrito drappello di forze dell'ordine che tuttora stazionano sotto le abitazioni degli interessati;
le stesse gerarchie ecclesiastiche hanno espresso posizioni differenziate e comunque nessuna a favore della censura dello spettacolo;
lo spettacolo in questione è stato sponsorizzato dalle maggiori istituzioni teatrali europee e internazionali;
il regista e la direttrice del teatro si sono pubblicamente dichiarati rispettosi del sentimento religioso dei cristiani e dei cattolici in particolare -:
quali iniziative intenda assumere per difendere l'autonomia dell'arte, la pluralità delle sue espressioni in nome di un comune vivere civile che possa dispiegarsi nel rispetto delle differenti sensibilità e contro minacce e vocazioni censorie di segno integralista.
(5-06007)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALBINI, DE PASQUALE e CENNI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
molti comuni si sono, sino a pochi mesi fa, avvalsi della facoltà prevista dall'articolo 31, commi da 45 a 49 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998 e precisamente:
a) della possibilità di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie ai sensi dell'articolo 35, quarto comma, della legge n. 865 del 1971 (comma 45, articolo 31, legge n. 448 del 1998);
b) della possibilità di modificare le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 35

della legge n. 865 del 1971, precedentemente alla data di entrata in vigore della legge n. 179 del 1992, per la cessione del diritto di proprietà (comma 46, articolo 31, legge n. 448 del 1998);
il prezzo sia per la trasformazione del diritto di superficie in proprietà che per la modifica della convenzione è determinato in applicazione del criterio stabilito dal comma 48, articolo 31, della legge n. 448 del 1998;
con la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà nonché con la sostituzione delle convenzioni per le aree concesse in diritto di proprietà non vengono eliminati tutti vincoli: resta vigente il vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi e relative pertinenze nonché del canone massimo di locazione degli stessi;
la durata del vincolo del prezzo massimo di cessione dell'alloggio è di trenta anni decorrente dalla data di stipulazione della convenzione originaria diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione (comma 46, articolo 31, legge n. 448 del 1998);
i comuni in assenza di una specifica normativa di riferimento hanno provveduto autonomamente a disciplinare le modalità attraverso le quali eliminare l'ulteriore vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi, non soltanto con la finalità di «fare cassa». In realtà il sistema disegnato dalle previgenti norme ostacolava notevolmente il bisogno di mobilità delle famiglie. Infatti quasi sempre chi intende vendere un alloggio acquistato a suo tempo in regime di edilizia agevolata-convenzionata, ha necessità di procedere all'acquisto di una nuova abitazione, soprattutto per le mutate esigenze familiari (modifica del numero dei componenti il nucleo familiare) o per motivi di lavoro. La vendita dell'alloggio gravato del vincolo del prezzo massimo fa conseguire al venditore un introito ben minore rispetto ai valori di mercato, creando quindi allo stesso notevoli problemi nell'acquisto, a valori di mercato, di un'altra abitazione;
l'articolo 5, comma 3-bis, del decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011 - disposizioni urgenti per l'economia, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, in vigore dal 13 luglio 2011, ha dettato le modalità attraverso le quali i comuni possono rimuovere i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, previsti nelle convenzioni stipulate ex articolo 35 della legge n. 865 del 1971, e successive modificazioni (per la cessione del diritto di proprietà e del diritto di superficie) anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
la normativa sopra citata prevede infatti che: «3-bis. Per agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari, dopo il comma 49 dell'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sono inseriti i seguenti: "49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l'applicazione di eventuali

riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (...)»;
il nuovo comma 49-bis dell'articolo 31, legge n. 448 del 1998, prevede che il corrispettivo per la eliminazione dei vincoli debba essere determinato «in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall'applicazione del comma 48»;
la competenza a «stabilire la misura della percentuale per il corrispettivo» è stata attribuita, al Ministero dell'economia e delle finanze e la norma sopra citata non prevede un termine per l'emanazione del relativo decreto;
si evidenzia che l'emanazione del decreto è essenziale non solo per andare incontro richieste dei cittadini che vogliono rimuovere i vincoli sopra indicati ma anche perché sono fonte di entrata per i comuni;
il ritardo nell'emanazione del decreto sta bloccando, di fatto, non soltanto i comuni che non avevano autonomamente normato la fattispecie, ma anche quei comuni che già avevano deliberato le condizioni per l'eliminazione del vincolo del prezzo massimo, in assenza di normativa statale, ma che oggi sono costretti ad attendere la norma di dettaglio che dovrà essere necessariamente osservata;
all'interrogante, inoltre risulta che numerosi sindaci hanno già sollecitato l'emanazione del decreto tramite lettere inviate direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri e che l'ANCI stesso ha più volte sollevato la questione in sede qualificate -:
se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile che il decreto di natura non regolamentare, in premessa menzionato, venga emanato in tempi brevissimi.
(5-06017)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2011/7/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, da recepire entro e non oltre il 16 marzo 2013, stabilisce termini rigorosi e non derogabili per l'adempimento delle obbligazioni monetarie delle pubbliche amministrazioni; sancisce, cioè, che i pagamenti della pubblica amministrazione verso i suoi fornitori debbano avvenire entro 30 giorni, e solo in casi eccezionali entro 60 giorni;
secondo la direttiva, chi non rispetterà i tempi stabiliti dopo l'entrata in vigore della norma, dovrà pagare interessi aggiuntivi pari all'8 per cento con una maggiorazione rispetto ai tassi di riferimento della Bce;
oggi la situazione dei pagamenti della pubblica amministrazione verso i suoi fornitori è allarmante e drammatica; i tempi medi sono intollerabili rispetto alla sostenibilità stessa delle imprese;
secondo una ricerca di Assosistema, per il comparto sanità, la media nazionale dei ritardi è a oltre 7 mesi, con picchi di 14 mesi in Campania ed Emilia Romagna. I ritardi sono geograficamente distribuiti lungo l'intera penisola;
le dimensioni del problema sono emerse con chiarezza nel corso della relazione annuale del Presidente dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici per l'anno 2009; i dati numerici divulgati dall'autorità di vigilanza dicono che i tempi di pagamento oscillano in un range compreso tra un minimo di 92 giorni ed un massimo di 664 giorni. L'entità dei ritardi mediamente accumulati è circa doppia rispetto a quanto si registra nel resto dell'Unione europea: mediamente 128 giorni contro i 65 che si computano a livello europeo;
il ritardo è per lo più imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare

esecuzione (46,3 per cento) e dei mandati di pagamento (29,6 per cento) da parte delle stazioni appaltanti e, ancor più in generale, a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 per cento);
la presunta esposizione debitoria della pubblica amministrazione, calcolata sulla base della stima effettuata dalle associazioni interpellate dall'autorità di vigilanza, ammonterebbe a circa 37 miliardi di euro (una somma pari al 2,4 per cento del PIL nazionale del tempo);
secondo la stima del Ministro dello sviluppo economico, riportata in un'intervista al Corriere della Sera dell'8 gennaio 2012, lo scaduto dei pagamenti privati e pubblici è ancora più grave e raggiunge ormai la cifra di 60-80 miliardi di euro di debito forzoso;
la medesima autorità ha sottolineato, nella relazione del 2009, come la problematica sia particolarmente avvertita dalle piccole e medie imprese che, soprattutto nell'attuale congiuntura economica di difficile accesso al credito bancario, risentono in maniera grave della mancanza di liquidità;
particolarmente grave appare la circostanza dei mancati pagamenti quando questi riguardano cooperative sociali, che avviano al lavoro soggetti svantaggiati, e vengono colpiti non solo come imprese ma anche come servizi territoriali di inclusione per i più deboli;
i ritardati pagamenti non incidono solo sulle imprese direttamente interessate ma agiscono, in termini negativi, a più livelli: la stessa pubblica amministrazione paga un prezzo dal momento che l'assunzione del rischio connesso alla dilazione dei pagamenti induce i partecipanti ad una gara pubblica a considerare l'onere finanziario che si presume di dover sostenere per il ritardo nei pagamenti nell'ambito del prezzo proposto alla stazione appaltante, con conseguente impoverimento della competitività delle offerte; inoltre, l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora conseguenti al ritardato pagamento implica l'aumento delle risorse economiche necessarie per il conseguimento delle prestazioni oggetto di appalto; ed ancora, il ritardato pagamento ridonda in termini negativi anche sull'indotto a valle dell'appalto, investendo le imprese subappaltatrici e subfornitrici sulle quali i ritardi vengono sovente ulteriormente ribaltati;
le amministrazioni mettono in pratica, dal canto loro, politiche di rigore per gli adempimenti fiscali e del recupero dei tributi non pagati, innescando un tragico paradosso per cui la pubblica amministrazione da una parte non paga i suoi debiti, dall'altra esige con rapidità i suoi crediti;
tutto ciò nel cuore di una durissima crisi economico-finanziaria che sta stritolando il reticolo di piccole e medie imprese, mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza e di riflesso il mantenimento dei livelli occupazionali;
la Spagna, che è considerata - unitamente all'Italia - un Paese assai lento in punto di pagamenti, ha già emanato un provvedimento volto ad accelerare il pagamento dei crediti della pubblica amministrazione (il provvedimento, che entrerà a regime dal 2013, anticipando i contenuti della nuova direttiva 2011/7/UE, stabilisce che la pubblica amministrazione avrà trenta giorni per pagare le fatture delle imprese creditrici, senza possibilità di ammettere alcuna deroga);
la situazione italiana in merito ai ritardati pagamenti ha invece subito - se possibile - persino un peggioramento a seguito del sopravvenire dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno: spesso gli enti locali committenti, pur in presenza di una lecita assunzione di impegni di spesa in precedenti esercizi, si trovano a dover decidere se pagare il debito maturato dall'appaltatore (violando il patto di stabilità) o non effettuare i pagamenti dovuti (violando la normativa in materia di transazioni commerciali) -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra menzionata;

se siano in grado di tracciare una stima dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione e un quadro dei danni che essi comportano sul sistema economico nazionale;
se e quali misure intendano elaborare per risolvere questa situazione di vera emergenza e per impedire l'accumularsi di ulteriori debiti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti di privati;
se non ritengano di anticipare, attraverso un'apposita iniziativa normativa quanto fissato nella direttiva 2011/7/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce termini rigorosi e non derogabili per l'adempimento delle obbligazioni monetarie delle pubbliche amministrazioni.
(4-14624)

PELUFFO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
con delibera giunta comunale n. 155 del 23 dicembre 2010 l'amministrazione comunale di Vittuone ha deliberato di condividere la proposta di A.V. Vittuone Srl affittuaria della R.S.A. «Il Gelso», di esercitare anticipatamente il diritto di opzione per l'acquisizione in diritto di proprietà del terreno, ora in diritto di superficie, condizionato a successivi ed ulteriori atti;
in data 7 gennaio 2011 sono stati riscossi proventi di cessioni di aree a seguito della delibera di giunta n. 155 del 23 dicembre 2010 per un importo di 2.200.000 euro;
la delibera di giunta comunale n. 155 del 23 dicembre 2010, nonostante la sua dicitura, non è un atto di indirizzo; a norma del decreto legislativo n. 267 del 2000, articolo 49, comma 1, è necessario «acquisire il parere in ordine alla regolarità tecnica responsabile del servizio interessato»;
la società A.V. Vittuone Srl non ha mai fatto parte delle società che si sono aggiudicate la procedura ad evidenza pubblica e che in seguito hanno stipulato la convenzione con il comune. Infatti, dall'esame della delibera di giunta 155 del 23 dicembre 2010, la società A.V. Vittuone risulta assegnataria di un diritto di opzione alla stregua delle società che hanno stipulato la convenzione, ma, al contrario di queste ultime, non risulta essere stata individuata ai sensi dell'articolo 6 della stessa Convenzione;
il citato articolo 6 prevede: «l'assegnatario con l'aggiudicazione della presente procedura ad evidenza pubblica è titolare di un diritto di opzione sull'intero compendio immobiliare per l'acquisto da esercitarsi a partire dal 16o anno dalla data di stipulazione della convenzione e, comunque, non oltre il termine di vigenza ed efficacia della convenzione»; è quindi chiaro che il diritto di opzione può essere esercitato da chi si è aggiudicato la procedura ad evidenza pubblica e non da soggetti intervenuti successivamente;
secondo quanto contenuto nella D.G. n. 155 del 23 dicembre 2010 «ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 163 del 2006 in caso di fallimento di uno dei mandanti, il mandatario è tenuto all'esecuzione direttamente o a mezzo degli altri mandanti», non facendo menzione di soggetti terzi;
qualora l'amministrazione avesse ritenuto di far intervenire un terzo soggetto, avrebbe dovuto disporre una gara ad evidenza pubblica per l'individuazione del medesimo soggetto; al contrario la società A.V. Vittuone è stata individuata senza l'indizione di una procedura ad evidenza pubblica;
la delibera della giunta n. 155 del 23 dicembre 2010, al punto f, decide di lasciare al consiglio comunale la sola «formalizzazione degli atti», mentre le modifiche di convenzioni sono di pertinenza del consiglio come è stato fatto in occasione della variante alla convenzione deliberata il 18 luglio 2007;
l'oggetto della delibera riguarda una convenzione non un'alienazione immobiliare,

cosa che avrebbe dovuto essere discussa dal consiglio comunale e non dalla giunta, evidenziando, a giudizio dell'interrogante, una palese violazione delle competenze del consiglio comunale;
nella deliberazione di giunta n. 155 del 23 dicembre 2010, manca l'istruttoria del responsabile del procedimento, ai sensi dell'articolo 6, lettere da a) a e) della legge n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo che attesti la regolarità e la legittimità dei contenuti della delibera;
A.V. Vittuone Srl non si capisce come possa subentrare nella convenzione, in quanto ha un capitale sociale di 10.000 euro, mentre è previsto che debba essere di 2.582.284,50 interamente versato (requisito minimo);
il valore del diritto di opzione anticipato di 2.200.000 euro fa riferimento ad una perizia stragiudiziale di un professionista scelto in comune fra le parti, ma il cui costo è stato sostenuto interamente da A.V. Vittuone Srl, mentre la convenzione originaria prevedeva una perizia asseverata e non stragiudiziale e fatta da un tecnico di fiducia dell'amministrazione;
il valore periziato del terreno è stato ridotto erroneamente di 702.376,22 euro, quota offerta per il diritto di superficie all'atto di sottoscrizione della convenzione il cui valore non era previsto in detrazione;
al punto 3 dell'articolo 6 della convenzione si stabilisce che «le prestazioni e i servizi...dovranno essere garantiti per tutta la durata della stessa (30 anni), anche nel caso in cui l'assegnatario eserciti l'opzione di acquisto...», mentre in realtà la giunta comunale ha già discusso e concordato una nuova convenzione con A.V. Vittuone Srl che terminerà il 31 dicembre 2012 e che cambia radicalmente la convenzione originaria; è evidente che per la modifica della convenzione esistente è necessaria una procedura di gara, cui A.V. Vittuone Srl potrebbe partecipare ma in condizioni di parità con le altre concorrenti;
il risultato d'amministrazione dell'esercizio 2010 del comune di Vittuone dovrebbe presentare un avanzo di euro 2.233.566,72, come meglio precisato di seguito:
il saldo gestione competenza ammonta a 2.200.127,03 euro;
il saldo gestione residui ammonta a -28.962,31 euro;
l'avanzo degli esercizi precedenti non applicato è pari a 62.402,00 euro;
l'avanzo (disavanzo) di amministrazione al 31 dicembre 2010 ammonta a 2.233.566,72 euro;
la relazione presentata dal revisore contabile contiene tuttavia un'importante precisazione, ossia che «al risultato di gestione 2010 hanno contribuito le seguenti entrate correnti e spese correnti di carattere eccezionale e non ripetitivo»:
l'entrata una tantum socio farmacia pari a 300.000,00 euro e l'acconto futura vendita diritto di superficie RSA pari a 2.200.000,00 euro per un totale di 2.500.000,00 euro;
appare del tutto evidente come ai fini della determinazione dell'avanzo (sia di gestione, per euro 2.200.127,03, che di amministrazione, per euro 2.233.566,72) le sopra riportate entrate abbiano apportato un contributo non solo necessario ma addirittura decisivo, in mancanza del quale si sarebbe, al contrario, determinato un rilevante disavanzo;
la prima entrata è dipesa dal versamento di euro 2.200.000,00 da parte della società A.V. Vittuone (in seguito anche «la società»), la quale si è impegnata, per quell'importo, all'acquisizione del diritto di proprietà sull'area comunale su cui sorge la RSA «Il Gelso»;
il comune di Vittuone risulta solo temporaneamente in possesso della predetta somma dal momento che, pur concedendo che la società abbia provveduto a versarla, la medesima società non ha ancora provveduto a sottoscrivere la proposta,

formulata dal comune, di acquisto dell'area comunale su cui sorge la RSA «Il Gelso»;
il termine per la sottoscrizione della proposta, fissato per il 30 aprile 2011, è ampiamente decorso -:
se siano al corrente della situazione descritta del comune di Vittuone e quali iniziative di competenza intendano intraprendere, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, per verificare le condizioni del comune che in realtà vive una situazione di dissesto a scapito dei cittadini e dei servizi che non potranno percepire eventualmente inoltrando le apposite segnalazioni ai competenti organi della magistratura contabile.
(4-14638)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della giustizia, il carcere «San Francesco» di Lamezia Terme, sebbene presenti una struttura alquanto ridotta, mantiene il record negativo del più alto indice di sovraffollamento d'Italia con il 183 per cento;
si tratta per la città calabrese di un altro triste primato, considerando la presenza sul territorio di un altro luogo di reclusione, il centro di identificazione ed espulsione di Pian del Duca, parimenti considerato il peggiore d'Italia della categoria;
una delegazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori e le cause dei disavanzi regionali ha fatto più volte visita ai detenuti del penitenziario di Lamezia Terme, nell'ambito dell'indagine sulla tutela del diritto alla salute fisica e psichica all'interno delle strutture detentive, confermando di volta in volta l'assoluta precarietà della struttura;
i sopralluoghi hanno evidenziato un sovraffollamento allarmante, pari al doppio del numero considerato come tollerabile; è stato inoltre constatato come questo aspetto sia ormai divenuto un dato strutturale, da non considerarsi dunque come diretto risultato di situazioni emergenziali circoscritte temporalmente;
tra le principali problematiche enucleate rilevano la scarsità dei servizi forniti dal sistema sanitario territoriale, la difficoltà nel reperimento dei farmaci, l'assenza del servizio di psichiatria, la discontinuità del servizio Sert (a fronte della presenza di circa venti detenuti tossicodipendenti) e una guardia medica presente solo dalle 14,00 alle 20,00;
più volte i rappresentanti locali hanno auspicato rapidi interventi, proponendo l'adozione di soluzioni alternative alla detenzione, l'assunzione di nuovi direttori e di personale di polizia penitenziaria, un reale ammodernamento delle strutture (in grado di assicurare il graduale reinserimento del detenuto, così come costituzionalmente previsto), nonché l'inserimento di Lamezia tra le aree in cui costruire un nuovo carcere;
lo stesso Ministro interrogato in occasione della recente visita all'istituto di pena di Sollicciano, ha affermato che «la prigione è una tortura più di quanto non sia la detenzione che deve portare invece alla rieducazione...Quello che si deve fare in una proiezione futura è mettere insieme una serie di forme alternative. Che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l'ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere» -:
quali rapide ed efficaci misure intenda adottare nello specifico, anche alla luce di quanto previsto dal decreto «svuota-carceri».
(3-02046)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Fabio Del Toro lamenta quanto segue:
nel corso dell'anno 2005 egli convenne in giudizio la società EMI Music Italy S.p.A. ed altri e la causa venne iscritta al n. 2236/2005 del ruolo generale degli affari contenziosi civili;
nell'ambito del suddetto contenzioso in data 1o aprile 2008 si tenne presso la corte di appello di Firenze l'udienza collegiale che vedeva il collegio così costituito: presidente dottor Antonio Chini, giudici consiglieri dottor Giulio De Simone e dottor Valentino Pezzutti con l'assistenza del Cancelliere Edoardo Monti;
in data 14 maggio 2008 nella medesima causa la corte di appello di Firenze emetteva un'ordinanza di non ammissibilità del giuramento decisorio ed il collegio risultava così costituito: presidente dottor Adriano Cini, Consigliere dottor Giulio De Simone, consigliere estensore dottor Valentino Pezzuti;
da altro documento della Corte emerge che a seguito della cessazione del servizio del consigliere Adriano Cini, si procede con decorrenza 1o gennaio 2008 alla variazione dei collegi ordinari della prima sezione civile ed in particolare la sostituzione del dottor Cini con il dottor Chini;
in effetti come emerge dal documento in data 19 ottobre 2007 si dichiara espressamente che a tale data si era già verificato il pensionamento del dottor Cini;
come risulta dal decreto n. 253 del presidente della corte d'appello di Firenze il consigliere dottor Adriano Cini risulta in pensionamento anticipato a far data dal 1o maggio 2007;
è di piena evidenza, su base documentale, che il dottor Cini non poteva far parte del collegio giudicante che ha emesso l'ordinanza sopra citata in data 14 maggio 2008 trovandosi all'epoca già in pensione da oltre un anno;
emerge pertanto in modo clamoroso un falso contenuto nell'atto testé indicata;
a fronte di esposto circa il provvedimento di archiviazione emesso dal procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione in data 16 luglio 2010, il capo di gabinetto del Ministero della giustizia affermava non essersi ravvisati presupposti per approfondimenti in sede disciplinare -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non intenda procedere ad un'ispezione presso la citata, corte d'appello di Firenze al fine di accertare quanto riportato in premessa al fine dell'esercizio dei poteri di competenza.
(5-06014)

SAMPERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il servizio giustizia è un nodo strategico ed essenziale ai fini della competitività del Paese e della sua capacità di attrarre investimenti internazionali e gravi sono gli effetti negativi che l'inefficienza della giustizia provoca: compromette la crescita, impedisce lo sviluppo dei mercati finanziari, distorce il mercato del credito e quello del prodotto. Il 12 per cento delle imprese italiane ritiene l'inefficienza della giustizia civile il maggior ostacolo alla crescita, percentuale superata solo dal giudizio sui mali della burocrazia, ma non sta meglio la giustizia penale;
molteplici sono le cause e il Ministro della giustizia nella sua relazione al Parlamento del 17 gennaio 2012 le ha tratteggiate impegnandosi ad affrontarle;
tra queste la carenza di organico presso gli uffici giudiziari di magistrati oltre che di personale amministrativo;
nonostante la necessità di utilizzare al meglio i magistrati in servizio, molti di loro

sono distaccati presso i Ministeri, come riportato da vari organi di stampa e in particolare dal quotidiano L'Unità del 21 gennaio 2012;
appare dubbia all'interrogante l'autonomia e la terzietà di giudici amministrativi che devono giudicare della legittimità degli atti della pubblica amministrazione presso la quale svolgono incarichi -:
quanti siano i magistrati ordinari e quelli amministrativi inseriti nella compagine di Governo e nelle strutture ministeriali;
quanti di loro cumulino altri incarichi;
quali orientamenti il Ministro interrogato intenda assumere riguardo ai fatti suesposti e quali iniziative intenda intraprendere al fine di porre rimedio alle disfunzioni in termini di destinazione nelle sedi naturali di risorse umane tanto più preziose quanto più necessarie al funzionamento e all'efficienza degli uffici giudiziari.
(5-06018)

LANZARIN, NICOLA MOLTENI e BITONCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha previsto una delega al Governo tesa alla riorganizzazione e distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza;
poiché la delega sopra richiamata prevede di «ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari dei comuni capoluogo di provincia...», risulta potenzialmente idonea a determinare la soppressione del tribunale di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, con effetti devastanti per il territorio, dovuti agli enormi disagi ed al notevole aumento di costi che verrebbero imposti ai cittadini ed alle realtà economiche di tutto il territorio;
sono ampie e diverse le motivazioni che sostengono e giustificano la permanenza sul territorio del tribunale di Bassano del Grappa, da sempre in grado di garantire una efficiente risposta di giustizia, che verrebbe sostituita dalla ben minore efficienza del tribunale provinciale a cui verrebbe accorpato, dato che a fronte di un tempo medio di risoluzione di una controversia a Bassano di tre anni, il tribunale di Vicenza garantisce lo stesso servizio in non meno di sei anni;
inoltre, va considerato che tale intervento stravolgerebbe una collettività ed un comparto economico di vastissime dimensioni, atteso che l'attuale circondario del tribunale di Bassano del Grappa comprende ben 31 comuni, quasi 190.000 abitanti e che le attività economiche, molte delle quali con interessi ultranazionali, sono oltre 20.000, per un quarto rappresentate da attività manifatturiera;
parte del territorio insiste in zona montana ad alta propensione turistica, quale è appunto l'altopiano di Asiago, dove nei periodi invernali ed estivi la popolazione passa da 20.000 ad oltre 100.000 residenti che soggiornano per lunghi periodi, essendo prevalente il settore abitativo;
è utile ricordare che l'efficienza di un tribunale consente anche allo Stato di percepire un maggior gettito per contributi e tasse di registro relativi a controversie;
il tribunale di Bassano ha permesso nell'anno 2010 di rimettere allo Stato l'importo di 3.374.000 euro per contributo di accesso alla giustizia, per multe e pene convertite e tasse di registro dei provvedimenti;
il tribunale di Bassano del Grappa rappresenta uno dei tribunali «storici» del Veneto, forse risalente addirittura alla Serenissima Repubblica Veneta, dove oltretutto sono in corso di ultimazione i lavori del nuovo palazzo di giustizia, per i quali la collettività ha già speso ben 12 milioni di euro, proprio con l'obiettivo di dotare l'ufficio delle infrastrutture necessarie per operare al meglio;

appare evidente che la paventata soppressione del tribunale di Bassano, lungi dal realizzare l'obiettivo di assicurare la giustizia in tempi ragionevoli, a un territorio di fondamentale importanza nel tessuto imprenditoriale e industriale, avrebbe come una conseguenza quella di comportare una dilatazione dei tempi dei processi, tenuto conto dell'enorme carico di lavoro già gravante sul tribunale di Vicenza e degli attuali tempi di smaltimento dei processi, determinando solo un aumento di disagi e di costi per tutti i cittadini e gli operatori economici;
è noto che in ottemperanza alle finalità predette, è stata costituita una commissione consultiva ministeriale per l'attuazione della delega di cui alla legge n. 148 del 2011, in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, nell'ambito della quale sono oggetto di analisi ed valutazione tutti i criteri indicati dalla legge delega, riferiti all'estensione del territorio, al numero degli abitanti, ai carichi di lavoro, all'indice delle sopravvenienze, alla specificità territoriale del bacino di utenza ed al tasso di impatto della criminalità organizzata;
è necessario che il progetto di geografia giudiziaria avvii una positiva revisione delle sedi, dando tuttavia adeguato spazio a tutte le indicazioni provenienti dalle diverse istituzioni territoriali;
la supposta soppressione, fra l'altro, sarebbe priva, ad avviso della interrogante, dei requisiti richiesti dalla delega citata, giacché, ad una prima analisi, non potrebbe coniugarsi con l'estensione del territorio, il numero degli abitanti, i carichi di lavoro, l'indice delle sopravvenienze e la specificità territoriale del bacino di utenza -:
se il Ministro intenda indicare chiaramente quali siano i possibili interventi con riferimento al tribunale di Bassano del Grappa e quali iniziative sia disposto a mettere in atto al fine di scongiurare la eventuale soppressione di un presidio giudiziario di eccellenza, tra i pochi in grado di garantire il buon funzionamento del sistema giustizia nell'interesse dei cittadini.
(5-06019)

Interrogazione a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in Parlamento sono già presenti determinati atti di sindacato ispettivo (ad esempio l'atto Camera 4-00242 e l'atto Camera 4-01519), volti a sottolineare alcune criticità dell'attuale sistema di funzionamento dell'istituto del CTU (consulente tecnico d'ufficio), ossia la figura professionale, di particolare competenza tecnica, al quale si affida il giudice durante il processo civile, mentre nel processo penale, tale professionista assume il nome perito d'ufficio;
anche la Corte di cassazione è spesso intervenuta su specifiche problematicità rilevate nell'applicazione della disciplina dei consulente tecnico d'ufficio. Al riguardo si cita da ultimo la sentenza n. 12686 del 2011, che in particolare recita: «...ancora una volta, va richiamato il principio, più volte affermato da questa Corte, per il quale se è vero che il giudice di merito si può avvalere delle conclusioni raggiunte dal proprio consulente, mediante un richiamo dei contenuti salienti della relazione, è pure da ribadire che allorché ad una consulenza tecnica d'ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (cfr. Cass 24 aprile 2008 n. 10688; 11 marzo 2002 n. 3492; 20 maggio 2005 n. 10668; 13 dicembre 2006 n. 26694);
vicende del tipo di quella di cui al presente atto di sindacato, ripropongono la gravità delle problematiche sottese all'esito delle consulenze e delle perizie di ufficio (CTU) che spesso possono corrispondere a seri errori giudiziari con danni gravi

alle persone fisiche, giuridiche ed all'erario;
occorre sottolineare che la delicatezza degli errori nelle sentenze di primo grado che possono essere causati dai consulenti tecnici d'ufficio sono spesso irreversibili, ciò anche a causa del fatto che l'attuale ordinamento nel prevedere l'inibitoria dell'esecutività delle sentenze di primo grado, non considera poi il fatto oggettivo della difficoltà dell'accesso all'appello, dei tempi legati a questa ipotesi, delle legittime operazioni attuabili dalla controparte che essendo consapevole che è altamente probabile che in appello la sentenza potrà essere ribaltata, si avvantaggia della circostanza che la sentenza di primo grado si sostanzia per la vittima in una condanna definitiva;
un caso che si desidera porre in evidenza è il procedimento civile R.G. 4593/04 e penale n. R.G.N.R. 4206/11 incardinati presso il tribunale di Velletri, scaturiti, secondo la proprietà allo scopo interessata, dai lavori edili eseguiti da una ditta di Genzano di Roma per il miglioramento sismico dell'edificio (sito in Rieti in via San Francesco n. 62), cofinanziati dallo Stato. Tali lavori, principalmente da parte delle istituzioni locali competenti (genio civile, comune di Rieti e vigili del fuoco), sono stati valutati come male eseguiti e pericolosi per la pubblica incolumità;
nel caso specifico il relativo consulente tecnico d'ufficio sembrerebbe, per quanto consta all'interrogante, aver sconfessato le risultanze del genio civile di Rieti, prodotte in data 8 marzo 2011 e nelle quali si sanciva che per i lavori di realizzazione della copertura dell'edificio in via San Francesco n. 62, in Rieti, tutte le difformità segnalate dai vari enti erano contro legge (ordinanza n. 2741/98) e che «per ricondurre l'intervento al disposto della norma al fine del suo completamento, con necessarie riparazioni delle opere eseguite in difformità, era indispensabile l'approvazione da parte dell'area del progetto di variante dall'interessato allo scopo presentato, allo stato in corso di istruttoria». Su tali espressioni di merito il consulente tecnico d'ufficio non avrebbe posto in essere alcuna disamina tecnica in contraddittorio con i CTP per i vizi occulti denunciai dagli enti terzi riguardanti addirittura la Pubblica incolumità. Gli enti terzi per un edificio da riparare con al 75 per cento con fondi dello Stato non sembrano essere stati per nulla considerati nel processo, né indirettamente dal consulente tecnico d'ufficio tramite una rappresentazione del loro parere, né direttamente come testimonianza;
nel suo elaborato peritale il consulente tecnico d'ufficio non avrebbe espresso alcuna preoccupazione in merito alla potenziale pericolosità paventata dai tecnici di tali enti pubblici, riguardo al tetto dell'edificio realizzato in maniera strutturalmente labile e pericolosamente gravante, con tutte le sue venti tonnellate di peso, su via S. Francesco (aperta a pedoni e auto) in Rieti;
in questa vicenda si giunge al paradosso che il cittadino che chiede giustizia per un'opera mal eseguita, e per questo classificata pericolosa per l'incolumità pubblica, è stato valutato non conforme alla legge dagli enti terzi per i lavori della ditta realizzatrice mentre è stata condannata dal giudice per lavori ritenuti a norma e non pericolosi quindi da pagare -:
se non intenda assumere iniziative normative urgenti volte ad attuare concretamente i richiami da ultimo riproposti dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 12686 del 2011, in ordine all'obbligo del giudice di motivare le ragioni per cui, ove decidesse di farlo, non intendesse tener conto delle eventuali critiche puntuali e dettagliate poste da un consulente di parte alle consulenze tecniche d'ufficio dallo stesso richiese ed in tale circostanza quali soluzioni alternative di maggior efficienza ritenga si possano perseguire in sostituzione dell'attuale istituto dei consulenti tecnici d'ufficio soprattutto in materia di contenziosi riguardanti la sicurezza del

cittadino qualora come soggetto competente nei relativi processi siano preposti obbligatoriamente lo Stato e gli enti istituzionali territoriali allo scopo interessati.
(4-14637)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2012

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Bergamo News del 29 novembre 2011 si è appreso dell'avvio di un'indagine da parte della procura antimafia inerente i lavori di costruzione dell'autostrada denominata Brebemi. Il sospetto dell'autorità giudiziarie riguardava il riciclaggio di rifiuti tossici all'interno dei cantieri autostradali;
dalla stessa fonte, nella stessa data, si è appresa altresì la notizia del sequestro di un cantiere della stessa autostrada in provincia di Bergamo, uno in provincia di Milano e del sequestro di due cave nonché dell'arresto di dieci persone. L'inchiesta, portata avanti dai giudici bresciani, è culminata con l'arresto del vicepresidente della regione Lombardia, Franco Nicoli Cristiani;
la succitata inchiesta ha delineato, stando alle motivazioni dell'autorità giudiziaria, riportate su tutti i principali organi di informazione (ad esempio Repubblica.it del 30 novembre 2011) un sistema che anziché trattare e smaltire a norma di legge gli scarti pericolosi provenienti da diverse acciaierie lombarde, venivano interrati nei cantieri della Brebemi;
nell'inchiesta oltre al vicepresidente della giunta regionale Lombarda, già assessore in precedenti giunte regionali sono stati colpiti da provvedimento di custodia cautelare anche l'imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli e il coordinatore dell'Arpa Giuseppe Rotondaro;
come pubblicato sul sito ufficiale della regione Lombardia, in data 2 gennaio 2012. la società BreBemi ha reso pubblico il dissequestro dei cantieri oggetto d'indagine da parte della procura di Brescia, come da ordinanza del tribunale del riesame di Brescia del 23 dicembre 2011, sottolineando inoltre che malgrado il fermo dei cantieri «non sono previsti slittamenti del crono-programma di Progetto»;
stando a quanto pubblicato il 20 gennaio 2012 dall'Eco di Bergamo, il tribunale del riesame di Milano ha deciso di confermare la misura cautelare in carcere per l'ex vicepresidente Nicoli Cristiani. Secondo quanto riportato da Corrieredellasera.it, le motivazioni che hanno indotto il giudice di Milano a confermare tale scelta vertono nel considerare: «...la vicenda in esame estremamente grave e sintomatica di una elevata propensione criminale di tutti gli indagati sia per la complessiva entità degli importi corrisposti sia per la natura degli interessi in gioco, trattandosi di discarica di materiale altamente pericoloso per la salute» -:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto citato in premessa, ritenga opportuno confermare quanto sostenuto dalla società Brebemi in merito al rispetto dei tempi di completamento dell'opera che, oltre all'evidente importanza infrastrutturale, riveste un ruolo fondamentale per il sistema occupazionale per tutta la regione Lombardia.
(5-06010)

DUSSIN, SIMONETTI, TOGNI, LANZARIN, ALESSANDRI e BITONCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Autostrada pedemontana piemontese rappresenta un'opera strategica per il territorio della regione Piemonte che permette di collegare la rete viaria provinciale a quella autostradale, migliorando la viabilità

interna della provincia di Biella e quella di collegamento con le aree extra-provinciali, e definendo, in questo modo, una più efficiente gestione dei traffici verso ovest (Autostrada A5), verso sud (Autostrada A4) e verso est (Autostrada A26);
l'impatto economico che quest'opera riveste sul territorio regionale e nazionale, come effetti diretti e indiretti degli investimenti, è enorme;
l'opera viaria è attesa da anni dal territorio piemontese ed è inserita nel programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo già dalla delibera CIPE n. 121 del 2001;
il tratto Pedemontana Piemontese-A4 Santhià-Biella-Gattinara-A26 Romagnano-Ghemme è stato inserito nella tabella 2 - Quadro programmatico prioritario 2011-2013 Programma nazionale di riforma, dell'allegato Infrastrutture al documento di economia e finanza 2011 - nota di aggiornamento (Doc LVII, N.4-BIS);
l'opera è finanziata per il 60 per cento in project financing, con 20 per cento a carico della regione Piemonte e 20 per cento a carico dello Stato, dimostrandosi un chiaro esempio anticipatore dei programmi del Governo sull'ingresso dei privati nella realizzazione delle opere pubbliche;
il territorio pertanto partecipa alla realizzazione dell'Autostrada che risolve i problemi della viabilità locale, con evidenti benefici per l'economia locale e per l'indotto;
l'opera ha ottenuto la valutazione d'impatto ambientale positiva da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e risulta al momento in istruttoria presso la struttura tecnica di missione ai fini della presentazione del progetto al CIPE per l'approvazione definitiva del relativo finanziamento;
l'articolo 32 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come ultimamente modificato dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, prevede il finanziamento anche delle opere di interesse strategico attraverso il «Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico»;
le risorse del Fondo sono assegnate dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e provengono anche dal definanziamento di opere della legge obiettivo -:
se il Ministro intende adoperarsi per individuare le risorse occorrenti, o a carico del «Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico» o a carico di fondi diversi dello Stato, allo scopo di permettere l'immediata presentazione al CIPE e l'approvazione definitiva del progetto Pedemontana Piemontese- tratto A4 Santhià-Biella-Gattinara-A26 Romagnano-Ghemme.
(5-06011)

DIONISI e DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dagli organi di stampa si è appresa la notizia di un nuovo progetto infrastrutturale per la realizzazione di un'autostrada da Cuneo a Tallard e Sisteron (Francia), con un traforo di circa 16 chilometri che collegherebbe Bersezio e Barcellonette;
tale proposta sarebbe il frutto di un vertice tenutosi tra il presidente della provincia di Cuneo e il presidente francese Jean-Louis Bianco (Conseil Général des Alpes de Haute Provence);
secondo la provincia di Cuneo questo progetto, seppur con tempi di realizzazione estremamente incerti, costituirebbe una buona soluzione per ridurre il traffico pesante e offrire un'alternativa al traforo del Frejus;

il progetto sarebbe già stato inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la valutazione nella conferenza intergovernativa, con la richiesta di inserirlo nella rete autostradale transeuropea, per facilitarne il finanziamento;
da subito, la notizia di tale progetto autostradale ha suscitato enormi perplessità soprattutto in relazione ai numerosi progetti infrastrutturali che da anni risultano incompiuti, come quelli relativi alle varianti previste nel protocollo d'intesa del 2005, indispensabili per la sostenibilità della viabilità locale;
i rappresentanti del Comitato «Si Dav», degli enti locali interessati e i cittadini sono rimasti sconcertati dalla notizia apparsa sui giornali relativa a questo progetto faraonico, presentato da chi ha la presunzione di voler risolvere gli annosi problemi di viabilità con quello che all'interrogante appare l'ennesimo spot che non ha alcun elemento di certezza se non quello di tempi di realizzazione molto lunghi;
basterebbe dar seguito ai numerosi progetti infrastrutturali, molto più modesti e realizzabili, che da anni riempiono le pagine dei giornali con i relativi rinvii per ipotesi progettuali alternative;
mentre il territorio chiede infrastrutture indispensabili in tempi ragionevoli come la realizzazione delle varianti presenti nel protocollo d'intesa, si assiste al continuo tentativo di ignorare soluzioni percorribili in termini di costi e di fattibilità -:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di sollecitare l'istituzione di un tavolo di confronto richiesto dai rappresentati degli enti locali interessati, dalla consulta della comunità montana Valle Stura e dal comitato «Si Dav», in merito al progetto citato in premessa e quale sia l'entità delle risorse necessarie per l'eventuale realizzazione di tale progetto, nonché la tempistica prevista.
(5-06012)

MARIANI, BENAMATI, LA FORGIA, MARCHI, BRANDOLINI, MOTTA, VASSALLO, CASTAGNETTI, ZAMPA e ALBONETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come chiaramente riportato nel «programma delle infrastrutture strategiche» allegato alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2011 una delle principali emergenze infrastrutturali della regione Emilia Romagna è il nodo autostradale bolognese;
il nodo autostradale bolognese costituisce inoltre una grande criticità nazionale in quanto filtra il 70 per cento del traffico Nord-Sud del Paese;
la realizzazione di un nuovo tracciato autostradale in variante della A 14, innestantesi tra Lavino di Mezzo (Anzola Emilia) e Ponte Rizzoli (Ozzano), denominato passante autostradale nord (Pan) è da tempo oggetto di studio e lavoro congiunto fra Anas, Autostrade per l'Italia, regione Emilia-Romagna ed enti locali;
il percorso della variante nella sua versione originale ha una lunghezza di 40,7 chilometri tre corsie per senso di marcia e quattro nuovi caselli autostradali;
i territori interessati direttamente sono quelli dei comuni di Bologna, San Giovanni in Persiceto, Argelato, Anzola Emilia e Ozzano;
la realizzazione del passante autostradale nord punta a trasferire i traffici di attraversamento, che connettono le direttrici autostradali e che confluiscono nel nodo di Bologna, su un semianello esclusivamente autostradale considerevolmente più ampio dell'attuale;
ad oggi, i costi di intervento complessivi previsti nel programma infrastrutture strategiche aggiornato al giugno 2011 per la sistemazione complessiva del nodo stradale ed autostradale di Bologna, sono di 1.583,25 milioni di euro con una partecipazione a carico di privati di 1.317 milioni di euro per la parte autostradale;
l'istituzione di un sistema di road pricing sul nuovo asse autostradale porterà ad un finanziamento per il trasporto pubblico locale;

come già indicato, ad oggi, il Passante autostradale nord è inserito nel programma infrastrutture strategiche fra le opere da avviare nel 2013;
nel luglio 2011 risulta essere pervenuta la risposta della Commissione europea in merito all'affidamento diretto dell'opera alla Società autostrade per l'Italia;
nel 2011 l'Anas ha ricevuto da Autostrade per l'Italia lo studio di fattibilità per il potenziamento del sistema autostradale di Bologna con un progetto collocato più a sud rispetto al Passante autostradale nord ad una distanza di circa 4,5 chilometri dall'attuale sistema autostrada-tangenziale;
ad oggi l'Anas deve formalmente avviare i lavori del tavolo di progettazione con Società autostrade per l'Italia con la definitiva condivisione da parte dei soggetti interessati della nuova proposta progettuale;
occorre che si avvii al più presto un percorso di valutazione e condivisione della nuova soluzione progettuale con gli enti locali;
da notizie stampa si apprende che il 21 novembre 2011 dovrebbe essere sottoscritto il verbale d'accordo tra Anas e Autostrade per l'Italia -:
se quanto riportato in premessa risponda al vero, quale sia lo stato di avanzamento di tale progetto e quali siano gli intendimenti in merito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(5-06013)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere se e quali iniziative siano state assunte per dare attuazione alla risoluzione n. 8-00110, accolta dal Governo ed approvata dalla VIII Commissione (Ambiente) nella seduta del 9 febbraio 2011, afferente la messa in sicurezza della strada statale 45 Val Trebbia, nel tratto in cui la stessa attraversa la provincia di Piacenza.
(5-06006)

...

INTERNO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
a Fuscaldo si assiste da tempo ad un fenomeno allarmante che desta preoccupazione non soltanto nella realtà amministrativa, condizionandola, ma comporta anche delle ripercussioni nella vita sociale della comunità;
è frequente, infatti, l'elaborazione e la diffusione capillare di lettere anonime denigratorie e diffamatorie che puntano l'indice su alcuni amministratori locali;
le accuse che vengono mosse vanno dal riciclaggio di denaro sporco alla truffa, dall'appartenenza al clan Muto di Cetraro o a logge massoniche alla molestia di donne con denuncia a carico, fino al voto di scambio nelle ultime elezioni amministrative;
fino ad oggi l'amministrazione comunale non ha fatto chiarezza sulle vicende sopra richiamate, anzi si riscontra un immobilismo a dir poco inquietante -:
se non intenda richiedere l'intervento delle forze di polizia al fine di capire meglio la fondatezza delle accuse e restituire serenità ad un paese fortemente scosso.
(2-01333) «Tassone».

Interrogazione a risposta orale:

MENIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lunedì 22 gennaio, come riportato dalla stampa, a margine della manifestazione

nazionale della Lega Nord, un gruppo di cittadini ha esposto una grande bandiera italiana: la stessa è stata fatta rimuovere dai funzionari della Digos per presunti motivi di ordine pubblico;
se è ben vero che spetta alle forze dell'ordine valutare circostanze e azioni quando posso insorgere scontri, violenze o comunque problemi di ordine pubblico, è altresì palese che l'esposizione del tricolore, simbolo che unisce tutti gli italiani e richiama per tutti al senso dell'unità nazionale, non può essere considerata una provocazione;
a parere dell'interrogante anzi, ovunque si collochi un tricolore, spetterebbe agli organi dello Stato garantirne la pacifica esposizione, soprattutto a fronte di manifestazioni in cui si offende la stragrande maggioranza degli italiani inneggiando apertamente alla secessione di una parte del territorio nazionale -:
quali informazioni risultino al ministro in ordine al citato episodio;
se e quali siano state, nel caso specifico, le direttive impartite ai responsabili dell'ordine pubblico e quali direttive si ritengano di impartire in futuro per simili fattispecie posto che: non si può, a parere dell'interrogante, permettere ai black bloc di distruggere le città, come è avvenuto a Roma nello scorso mese di ottobre, per motivi di ordine pubblico e sempre per gli stessi motivi, come avvenuto a Milano, rimuovere il tricolore, simbolo fondante dei valori dell'unità e dell'identità nazionale.
(3-02047)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
continuano a svolgersi concorsi per segretari comunali e corsi di formazione per vincitori che rimangono precari o in eccedenza;
in particolare devono svolgersi le prove orali per 200 segretari comunali e su un corso per 390 segretari già conclusosi circa 200 di loro hanno preso servizio rimanendo precari gli altri 190;
i vincitori per legge vengono assegnati ai comuni sotto i 3.000 abitanti che possono utilizzarli con un notevole risparmio per gestire anche 6 o 7 comuni per ciascun segretario comunale;
aumenta quindi il numero dei vincitori del concorso per segretario comunale senza posto di lavoro -:
in che modo il Governo intenda fermare la produzione di bandi di concorso per tale incarico, vista l'eccedenza di personale vincitore non utilizzato.
(4-14621)

LO MORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 26 dicembre 2011, la notte di Natale, a Lamezia Terme, è esploso un ordigno davanti all'ingresso di un centro per minori stranieri non accompagnati realizzato dalla comunità Progetto Sud avente sede in un bene confiscato alla cosca Torcasio;
il centro è situato in via dei Bizantini ed era stato inaugurato il 31 agosto 2011. Nello stesso stabile sono attivi anche altri servizi di solidarietà ed ha la sua sede la delegazione calabrese della Federazione per il superamento dell'handicap (Fish);
il 1o gennaio 2012, la notte di Capodanno, un altro evento ha interessato i progetti di coesione sociale attivi in Calabria. Stavolta è finito oggetto di un attentato un locale nel comune di Caulonia gestito dal Gruppo Cooperativo Goel. Il locale danneggiato è situato proprio a Caulonia ed era stato affittato da Goel con l'intenzione di avviare un ristorante multietnico dove preparare e inserire al lavoro gli ospiti dei progetti di accoglienza. Proprio in quei giorni si stava predisponendo il locale per un'imminente apertura. L'ordigno è stato fatto esplodere immediatamente

davanti l'ingresso principale, causando notevoli danni -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se siano state avviate indagini dalle forze dell'ordine in merito ai due attentati ai danni delle sedi delle cooperative Goel e Progetto Sud;
se e in che maniera intenda intervenire per mettere, in sicurezza le attività di promozione sociale che operano nella regione Calabria e che, come dimostrato in premessa, subiscono attacchi da parte della criminalità organizzata che mettono in serio pericolo l'incolumità pubblica.
(4-14633)

LARATTA, OLIVERIO e MARINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 5, 6 e 7 giugno 2011 presso l'azienda Fratelli Romano spa di Crotone, nei giorni 27, 28, 29 e 30 luglio presso l'azienda Intersaj srl di Trebisacce e poi nei giorni 24, 25, 26, 27, 28, 29 e 30 novembre 2011 presso l'azienda Antonio Foderaro Autoservizi di Lamezia Terme si sono consumate azioni di protesta selvaggia ad opera di lavoratori in massima parte iscritti all'organizzazione sindacale Faisa-Cisal;
tali azioni sono state condotte in spregio della normativa regolante l'esercizio di sciopero nei servizi pubblici essenziali;
la protesta si sarebbe svolta non solo attraverso una spontanea astensione dai lavoro ma, a quanto è a conoscenza degli interroganti, anche attraverso atti, diretti e indiretti, di minaccia nei confronti dei lavoratori desiderosi di prendere servizio il cui accesso ai depositi aziendali è stato impedito da forme di picchettaggio;
in tali occasioni è intervenuta la forza pubblica che ha identificato gli autori della protesta ma a quanto risulta agli interroganti non sarebbe in alcun modo intervenuta per sospendere la protesta illegittima, causa la mancata (assunzione dell'ordinanza di precettazione;
nell'ambito della protesta sono state commesse violazioni penalmente rilevanti quali:
la notte del 27 luglio, la sottrazione di autobus dal deposito dell'azienda Lirosi srl sito in Gioia Tauro, poi condotti fino all'entrata del deposito dell'azienda Intersaj sito in località Rovitti in Trebisacce (Cosenza), a circa 250 chilometri di distanza, e utilizzati per sbarrare l'uscita dei mezzi aziendali;
il 27 luglio, la sottrazione di autobus dal deposito della Saj srl sito in Rende, Zona industriale, a circa 90 chilometri da Trebisacce, ad opera di soggetti muniti di passamontagna per impedirne il riconoscimento e conduzione degli stessi fino all'entrata del deposito dell'azienda Intersaj al fine di implementare lo sbarramento all'uscita di mezzi aziendali;
il 28 luglio, il sequestro di un mezzo della Intersaj in servizio di linea proveniente da Milano operato da soggetti muniti di calzamaglia e/o passamontagna, previe minacce rivolte al conducente, che si andava poi ad aggiungere agli altri mezzi utilizzati per sbarrare l'accesso in entrata e in uscita al deposito Intersaj;
il 28 luglio, occupazione dei binari ferroviari paralleli alla strada provinciale Trebisacce-Amendolara con interruzione del servizio per molte ore e minacce rivolte ai conducenti del treno;
il 28 luglio, blocco della circolazione sulla strada provinciale Trebisacce-Amendolara attuato ponendo un pullman di traverso alle due carreggiate;
il 30 luglio, interruzione della nuova strada statale 106 e di un servizio di linea esercitato dall'azienda las Scura ad opera di manifestanti nei pressi dello svincolo nord di Trebisacce, e danneggiamento di altri due pullman, in altra località, incisi con un punteruolo;
minacce verbali o rivolte a mezzo sms telefonici nei confronti dei titolari

delle aziende calabresi Fratelli Romano spa, Intersaj srl, las Scura e Foderaro Autoservizi ad opera del rappresentante regionale della Faisa-Cisal nei cui confronti pendono relative querele presso le procure della repubblica competenti per territorio;
la protesta ha determinato il blocco dei servizi pubblici nei giorni 5, 6 e 7 giugno riguardanti i servizi della Romano s.p.a. il 27, 28, 29 e 30 luglio per i servizi pubblici svolti dalla Intersaj s.r.l. e il 24, 25, 26, 27, 28, 29, e 30 novembre 2011 per i servizi pubblici svolti dalla Foderaro Autoservizi con relativi enormi disagi e danni per l'utenza, ingenti danni per le aziende coinvolte e spreco di risorse erariali per la regione che finanzia i servizi minimi di propria competenza;
nei casi citati la protesta si è fermata solo a seguito di verbali siglati in sede prefettizia, conclusi sotto la pressione esercitata dalle azioni selvagge e senza che le aziende potessero far valere le ragioni di diritto;
in nessun caso il prefetto ha ritenuto di ricorrere al potere conferito dall'articolo 8 della legge n. 146 del 1990 in materia di precettazione, sebbene fossero gravi e accertati i fatti posti in essere dai lavoratori e nonostante la stessa Faisa-Cisal non avesse risposto alla convocazione precedentemente formulata dal prefetto in sede di conciliazione della vertenza;
tali violazioni sono state prontamente segnalate a tutti gli organi competenti, ivi compresa la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali senza che alcun provvedimento sia stato intrapreso nei confronti dei partecipanti alla protesta -:
quali iniziative di competenza intendano assumere per contrastare e scoraggiare tali azioni di protesta selvaggia e se non si ritenga per il futuro impedire le condotte non conformi alla legge e tali da compromettere l'ordine pubblico.
(4-14634)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FORCOLIN, REGUZZONI, CALLEGARI, FEDRIGA e BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo aziendale cui fanno capo, tra le altre fabbriche, la Ditec Impianti di Caronno Pertusella (Varese) e di Quarto D'Altino (Venezia), nota a livello internazionale nella produzione di cancelli automatici e scorrevoli, ha annunciato tagli e licenziamenti con la dichiarata intenzione di trasferire il centro di produzione nella Repubblica Ceca;
a fronte di detto piano di delocalizzazione perderanno il posto, in provincia di Venezia, 90 lavoratori su 120, e in futuro la stessa sorte potrebbe coinvolgere anche le altre realtà del gruppo;
il piano di delocalizzazione presentato dall'azienda ha già provocato le giuste proteste dei lavoratori e dei sindacati che chiedono di poter essere ascoltati;
sarebbe utile ed opportuno che il Governo intervenisse tempestivamente per verificare la possibilità di ricomposizione della vertenza sindacale ed eventualmente una riconsiderazione del piano di delocalizzazione -:
se e come il Governo intenda intervenire, anche eventualmente convocando i rappresentanti sindacali dell'azienda.
(5-06004)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sulla spinta di un pesante rincaro dei carburanti ma anche di una crescente sensibilità ai temi dell'ambiente e del progressivo

aumento delle piste ciclabili, il ricorso alla bicicletta, la propria o una di quelle disponibili tramite i servizi di bike-sharing, si sta sviluppando anche quale valido mezzo di trasporto per coprire il «tragitto casa-luogo di lavoro»;
il crescente uso della bicicletta si contrappone poi a strade sempre più caotiche e trafficate con gravi pericoli per i ciclisti;
a questo proposito, anche attraverso un'efficace azione di sensibilizzazione e di tutela per quanti scelgono la bicicletta per recarsi a lavoro promossa dalla FIAB-Federazione italiana amici della bicicletta, l'Inail si è pronunciato nel senso di ritenere che, ai fini dell'«indennizzabilità» dell'infortunio in itinere, l'indagine sul carattere di necessità d'uso della bici sia valida in mancanza di altro mezzo utile e/o solamente nei casi di evento lesivo avvenuto su strade aperte ai traffico di veicoli a motore. Perciò vanno quindi tenuti distinti gli incidenti occorsi su piste ciclabili o zone interdette al traffico o misti;
la bicicletta è come detto un mezzo di trasporto al quale ricorrono un numero sempre crescente di cittadini per i trasporti urbani anche come proposta di mobilità sostenibile nelle città. Inoltre non si dimentichi come il ciclo turismo stia diventando un tipo di vacanza sempre più diffusa tra gli italiani;
una rete di piste ciclabili estesa, percorsi davvero protetti, segnaletica ad hoc, ciclo-parcheggi sono peraltro presupposti indispensabili per favorire la mobilità in bicicletta, insieme ad un'adeguata politica di sensibilizzazione all'uso di questo mezzo di trasporto;
da ultimo anche il consiglio comunale di Bologna, città importante e in cui l'uso della bicicletta è ampiamente diffuso, ha approvato all'unanimità, il 23 gennaio 2012, un ordine del giorno a sostegno della campagna FIAB per una copertura INAIL completa anche in presenza di possibile utilizzo di altro mezzo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e non ritenga utile, tramite un circolare ministeriale, dare seguito alla petizione popolare promossa dalla FIAB in cui viene chiesto che l'infortunio occorso al lavoratore che si reca a lavoro in bicicletta sia sempre riconosciuto a prescindere dal luogo in cui esso accade o dalla necessità della bicicletta come solo mezzo di trasporto per recarsi dalla propria abitazione al luogo di lavoro.
(4-14623)

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società Trenitalia, lunedì 9 gennaio 2012, ha comunicato l'intenzione di concentrare l'attività di distribuzione a Roma, chiudendo la sede di Venezia, per ottimizzare recuperi economici;
la distribuzione di Venezia oggi consta di quattro quadri con mansioni di gestione organizzativa ed operativa del personale addetto alle Frecce Argento (orari, attività dirette e complementari, organizzazione del lavoro, logistica, riposi e ferie, condotta Mestre-Venezia, e altro) cui aggiungere la gestione di 5 patentati C per attività di manovre e riserve;
la gestione veneziana interessa 31 macchinisti e 40 capitreno in quanto metà della flotta Trenitalia opera su questa tratta (nord est capitale) che è indubbiamente il principale bacino di traffico e di valore economico della società;
la gestione unica accentrata a Roma rende problematiche le comunicazioni, la tempestività di risposta ai problemi, la gestione delle situazioni emergenziali, la conoscenza del territorio. Non è accettabile la situazione per cui a Roma si fanno nuove assunzioni e valorizzazioni professionali e a Venezia si chiudono servizi;
gli attuali quadri spostati alle attività Freccia Bianca rendono insostenibile la tenuta dei costi di questo servizio oltre a

depauperare professionalità e non consentire reali risparmi per il gruppo Ferrovie dello Stato Spa;
la società ritiene che la concentrazione sia il viatico del mettere sotto controllo il sistema ferroviario. Da un lato peggiora la condizione generale del servizio e i tempi di risposta alle tante problematiche della gestione, dall'altro si allontana incomprensibilmente la sede di lavoro dalla catena di comando;
compromette la competizione con la nuova società Nuovi trasporti viaggiatori NTV Spa che ha preventivato una base operativa a Venezia per il lancio di «Italo» in primavera 2012 in contemporanea con la recessione della distribuzione Frecce Argento;
non tiene in nessuna considerazione il servizio offerto alla clientela e l'efficacia dell'attività. Attualmente il servizio erogato da Venezia è giudicato di buona qualità. Con tutti i guai della società che si operi riducendo ciò che funziona è francamente inqualificabile e ingiustificato -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda intraprendere per tutelare la qualità servizi e lavoratori impiegati presso la sede di Venezia.
(4-14625)

PALADINI e MESSINA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore dell'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 sono stati abrogati l'articolo 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, che dava la possibilità alle amministrazioni di autorizzare i dipendenti all'uso del mezzo proprio per lo svolgimento di missioni fuori dalla sede di servizio;
la nota circolare del 9 ottobre 2010 della direzione generale attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la nota circolare n. 36/2010 della ragioneria generale dello Stato hanno escluso dall'ambito di applicazione della predetta norma i funzionari addetti all'esercizio delle funzioni ispettive, senza specificare, tuttavia, nulla in merito ai funzionari delegati alla rappresentanza in giudizio delle strutture periferiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'espletamento dell'attività quotidiana dinanzi ai tribunali, situati fuori dal capoluogo di provincia;
il Ministero del lavoro, d'accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze e la funzione pubblica ha ritenuto pertanto, secondo un'interpretazione restrittiva, di escludere i suddetti funzionari dall'uso del mezzo proprio;
tali interpretazioni non tengono in debita considerazione l'imprescindibile connessione funzionale ed istituzionale che lega l'attività di vigilanza ispettiva svolta dai funzionari ispettivi alla difesa in giudizio dell'amministrazione pubblica, ponendo, di fatto, nel nulla la lotta all'evasione contributiva e fiscale e l'effettiva tutela del lavoratore, a causa dell'impossibilità di difendere adeguatamente le contestazioni ispettive in sede giudiziaria e riscuotere le somme legittimamente contestate;
l'ingiustificata esclusione all'uso del mezzo dei funzionari delegati in udienza operanti presso le strutture territoriali periferiche ministeriali, produce, di fatto, effetti paradossali ed antitetici alla ratio di riduzione della spesa pubblica, sottesa al decreto-legge in esame, esponendo ad un maggiore nocumento l'erario. Si rappresenta, infatti, che l'attività di rappresentanza in giudizio è prestabilita dal giudice naturale, cui è assegnata la controversia giudiziaria, con la fissazione delle udienze secondo il calendario e orari predeterminati che non possono essere modificati. L'assoluta impossibilità, in alcuni casi, e la difficoltà in altri, di utilizzare il mezzo pubblico per raggiungere i tribunali agli orari prestabiliti ha prodotto, in questi mesi,

l'effetto distorto di un incremento esponenziale del costo complessivo degli uffici legali all'interno delle strutture periferiche del Ministero (concessione obbligatoria di straordinario e riconoscimento obbligatorio del pasto) determinando, di fatto, un incremento della spesa pubblica;
al di là delle oggettive difficoltà esposte, si evidenzia, inoltre, che l'assenza dell'amministrazione alle udienze ha comportato un inevitabile incremento esponenziale delle condanne alle spese di lite per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre al mancato recupero delle somme ingiunte a titolo di sanzione, con conseguenti ulteriori aggravi e mancati introiti a carico dell'erario;
inoltre, la legge n. 266 del 23 dicembre 2006 (legge finanziaria per l'anno 2006) ha disposto all'articolo 1, commi 213 e seguenti, la soppressione per tutto il personale delle amministrazioni pubbliche dell'indennità di trasferta per missioni, ivi inclusi i funzionari delegati alla rappresentanza in giudizio e con l'eccezione dei funzionari che svolgono attività ispettiva. La disparità di trattamento così determinata contribuisce a svilire ulteriormente l'alta professionalità del personale che rappresenta l'amministrazione in giudizio, in larga parte abilitato all'esercizio della professione forense, che, pur in assenza di alcun riconoscimento giuridico ed economico, è di fatto titolare di competenze specialistiche, processuali e sostanziali nella materia delle sanzioni amministrative e del diritto del lavoro in generale e che costituisce non una spesa ma una risorsa per lo Stato -:
cosa intendano fare i Ministri interrogati per provvedere ad eliminare le gravi inefficienze e disfunzioni segnalate;
se nell'ottica di un risparmio di spesa e di una efficiente ed efficace azione amministrativa possa essere concesso tramite un atto amministrativo ai funzionari delegati alla rappresentanza in giudizio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'uso del mezzo proprio, presso le sedi giudiziarie fuori dal capoluogo di provincia, così come già previsto per i funzionari ispettivi, allo scopo di garantire il diritto di difesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'effettiva alla lotta al lavoro sommerso e all'evasione contributiva e fiscale;
se al pari dei funzionari ispettivi e onde evitare inutili discriminazioni possa essere ripristinata l'indennità di missione per le attività di rappresentanza in giudizio compiute all'esterno della sede di servizio.
(4-14627)

MORASSUT. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la stampa nazionale ha dato particolare rilievo al caso della vendita ad un Ministro del presente Governo di un alloggio INPS con le agevolazioni e gli abbattimenti di prezzo stabiliti dalla normativa e dalle leggi vigenti;
salvo diversi accertamenti dei fatti c'è motivo di credere che le procedure di vendita di suddetta abitazione sia avvenuta senza forzature e nel pieno rispetto delle leggi vigenti, con particolare riguardo al decreto-legge n. 351 del 2001, convertito con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001;
bisogna tuttavia ricordare che ben diecimila famiglie italiane - in particolare romane - di condizione medio bassa attendono che l'INPS concluda il processo di vendita del proprio patrimonio abitativo avviato attraverso la costituzione di SCIP 1 e SCIP 2 e completato per circa il 90 per cento delle abitazioni;
tale residuo dipende dal fatto che dopo lo scioglimento delle SCIP il patrimonio restante è stato riversato nella proprietà dell'INPS che attende dal Governo indirizzi utili per procedere alla vendita;
sulla base di numerose iniziative parlamentari e sindacali è stato costituito un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali

finalizzato a concludere la procedura comunque regolata dalla legge;
l'INPS stessa ha in via informale ed in più occasioni affermato di essere pronta a procedere avendo individuato le modalità più convenienti per le famiglie e per la tutela dell'interesse pubblico attraverso la giusta valorizzazione del proprio patrimonio;
l'operazione di conclusione delle vendite risolverebbe un grande problema sociale consentendo a migliaia di famiglie di divenire proprietarie di casa dopo decenni e alla pubblica amministrazione di recuperare risorse pari all'incirca ad un miliardo di euro;
il dilungarsi dei tempi e la posizione ad avviso dell'interrogante evasiva del Governo appare ai cittadini inspiegabile e genera la sensazione che si voglia favorire un operazione immobiliare di mercato che risulterebbe dannosa per le famiglie e non rispondente ai dettami di legge -:
se intenda fornire elementi in relazione alla vendita di un alloggio di proprietà dell'INPS ad un Ministro del Governo;
quali i motivi che rendono così complessa e faticosa l'operazione di conclusione della vendita del patrimonio abitativo alle ultime 10.000 famiglie che attendono ormai sempre più sfiduciate una risposta dalle autorità competenti.
(4-14636)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CALLEGARI e BITONCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'allevamento del cavallo italiano è considerato il fiore all'occhiello della nostra agricoltura e i cavalli nati negli allevamenti italiani vincono le corse più prestigiose al mondo, con conseguente sempre maggior richiesta di acquisto da parte di operatori stranieri a testimonianza che le linee di sangue italiane hanno raggiunto elevati livelli di qualità;
stando ai dati aggiornati diffusi dall'U.N.I.R.E. trasformata in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - ASSI dal decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il patrimonio dei cavalli censiti in Italia è pari a circa 463.961 capi e il numero degli operatori del comparto ippico in senso stretto ammonta a 48.513 persone con oltre 610.000 ettari di terreno dedicati all'allevamento e alla produzione di alimenti per cavalli;
la gravissima crisi che investe il comparto ippico, settore profondamente radicato nella cultura e nella tradizione di molti territori, a seguito dei provvedimenti di razionalizzazione della spesa pubblica, assesta un colpo durissimo al settore dell'allevamento dei cavalli di razza;
la riduzione degli stanziamenti a favore di ASSI, penalizza fortemente anche l'ammontare delle provvidenze, ovvero gli aiuti all'allevamento, destinati, solitamente con piani triennali, al miglioramento della qualità della razza, nonostante tali risorse vengano prodotte dal settore stesso, in quanto legate all'andamento del gioco sulle corse dei cavalli;
l'allevamento, settore d'eccellenza e fonte di occupazione, salvaguardia e tutela del territorio, rischia una crisi in grado di compromettere per sempre l'intero comparto, nonostante i risultati positivi che annualmente fa registrare, considerato che i requisiti richiesti agli allevatori, quali una determinata estensione di terreno a disposizione per ciascun cavallo, aver prodotto un determinato numero di vincitori in rapporto ai cavalli allevati, aver superato eventuali controlli antidoping e disporre di fattrici di una data età media, comportano notevoli spese ed investimenti che

generano un ritorno solo nel lungo periodo -:
di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa e se intenda intraprendere iniziative mirate a sostenere e promuovere il comparto dell'allevamento dei cavalli di razza, anche attraverso la riconsiderazione del piano provvidenze per gli anni futuri, in quanto strumento tecnico indispensabile alla continuazione e miglioramento delle razze italiane, che permette di vendere ad operatori esteri circa il 20 per cento dei puledri italiani e che vede i nostri cavalli protagonisti nelle corse di tutto il mondo.
(5-06009)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la relazione sulla attuazione della legge n. 194 del 1978 presentata al Parlamento il 6 agosto 2010 relativa ai dati definitivi del 2008 ha registrato un ulteriore generale aumento dell'obiezione di coscienza, già presente negli ultimi anni. A livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007 e al 71,5 per cento del 2008; per gli anestesisti - nello stesso intervallo temporale - dal 45,7 per cento al 52,6 per cento; per il personale non medico, dal 38,6 per cento al 43,3 per cento;
la relazione presentata al Parlamento il 4 agosto 2011 relativa ai dati definitivi dell'obiezione di coscienza del 2009, pur confermando a livello nazionale il trend per il personale medico, ha tuttavia fatto registrare una infinitesimale riduzione dello 0,8 per i ginecologi e dello 0,9 per gli anestesisti; mentre per il personale paramedico si è registrato un ulteriore incremento dell'1,1 rispetto al 2008;
l'ultima relazione sulla legge 194 ha messo in luce che le percentuali del personale medico e non medico obiettore risultano essere molto più marcate al sud rispetto alla media nazionale (i ginecologi sono l'85,2 per cento in Basilicata, l'83,9 per cento in Campania, l'82,8 per cento in Molise e l'81,7 per cento in Sicilia; gli anestesisti sono il 77,8 per cento in Molise, il 77,1 per cento in Campania ed il 75,7 per cento in Sicilia; il personale non medico è l'87 per cento in Sicilia è l'82 per cento in Molise);
in alcune realtà del Mezzogiorno esistono aziende ospedaliere prive dei reparti di interruzione volontaria di gravidanza, dal momento che la totalità di ginecologi, anestesisti, ostetrici ed infermieri ha scelto l'obiezione di coscienza, così creando di fatto le condizioni per forme di emigrazione sanitaria verso l'estero, ovvero verso cliniche private convenzionate e autorizzate o, peggio, verso pratiche clandestine;
le stime prevedono che nei prossimi anni un rilevante numero di personale medico strutturato non obiettore andrà in pensione per raggiunti limiti di età, con la conseguenza che si allungheranno ulteriormente i tempi dell'intervento;
proiezioni statistiche e dati ufficiali sul ricorso all'obiezione di coscienza pongono un problema oggettivo circa il corretto svolgimento dell'interruzione volontaria di gravidanza e, conseguentemente, sull'effettiva applicazione della legge 194 sull'intero territorio nazionale, alla quale è peraltro riconosciuto il merito unanime di aver azzerato mortalità e morbilità legate alle pratiche clandestine, di aver dimezzato il numero degli aborti e reso generalmente più consapevole la maternità -:
come il Ministro intenda intervenire, nell'ambito delle strutture ospedaliere, al fine di evitare che l'istituto dell'obiezione di coscienza riconosciuto dalla legge 194 finisca di fatto per comprimere, più o meno

surrettiziamente, la libera richiesta della donna di interrompere la gravidanza;
se corrisponda al vero che nelle scuole di specializzazione non si insegni più come praticare una interruzione volontaria di gravidanza e, nell'ipotesi affermativa, se non ritenga opportuno di elaborare tempestivamente nuove linee guida che prevedano una specifica formazione che includa l'insegnamento delle tecniche di induzione dell'aborto.
(5-06008)

Interrogazioni a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso sul quotidiano Il fatto quotidiano del 5 ottobre 2010, si apprende che in Italia sono stati «ottantamila i morti o ammalati per trasfusioni di sangue infetto negli ultimi 30 anni. Di questi solo 409 sono le vittime accertate e appena 700 quelli che hanno ottenuto un risarcimento e altre cinquemila persone attendono i soldi dallo Stato;
l'articolo 33 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevedeva uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007 per le transazioni da stipulare con soggetti danneggiati e che hanno instaurato azioni di risarcimento danni, tuttora pendenti;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 2, comma 361, autorizzava una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, per le suddette transazioni da stipulare con soggetti danneggiati da trasfusione di sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti;
la medesima legge, al successivo comma 362, prevedeva l'adozione di un decreto del ministro della salute, in cui fossero fissati, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, i criteri in base ai quali dovevano essere definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 361;
nel gennaio 2008 la sentenza 581 della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, pur stabilendo in cinque anni il termine per cui il reato viene estinto, imputa senza mezzi termini al ministero della salute la responsabilità diretta per «omessa vigilanza della tracciabilità del sangue»;
il reato viene trasformato, prima dal Gup di Trento nel 2002, Giorgio Flaim, e poi nel 2007 dal Gip di Napoli, Maria V. De Simone, da «omessa vigilanza della tracciabilità del sangue» in «epidemia colposa», rimodulata sotto la dicitura «omicidio colposo plurimo aggravato», per il quale reato la prescrizione va da 5 a 15 anni, restituendo di fatto il diritto di risarcimento alle vittime;
in data 28 aprile 2009 è stato emanato, dal ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il decreto ministeriale n. 132, che determina i criteri per la stipula delle transazioni con soggetti danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni che siano ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
a seguito della circolare ministeriale 20 ottobre 2009, n. 28, sono state presentate oltre settemila domande di adesione alla procedura transattiva proposta dal ministero della salute da parte dei cittadini cui sono stati riconosciuti danni da trasfusioni infette o da vaccinazione obbligatoria;
detta circolare prevedeva che la presentazione delle domande dovesse compiersi entro 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 ottobre 2009. Pertanto, il termine è ampiamente trascorso;

vista la complessità dell'operazione, come comunicato dallo stesso ministro interrogato, la data della stipula dei primi atti transattivi prevista a partire dal mese di dicembre 2010;
la Corte Costituzionale, con sentenza n. 293 del 2011, in merito alla rivalutazione indennizzo ex legge 210 del 1992, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, comma 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 122 del 2010, con il quale si negava la rivalutazione degli indennizzi con decorrenza retroattiva, congelando gli importi al 1992;
la succitata decisione consente di procedere per ottenere la rivalutazione integrale dell'indennizzo di cui alla legge 210/1992 -:
per coloro che rischiano l'esclusione per prescrizione del reato, se non ritengano doveroso assumere in tempi brevi iniziative normative che consentano il riconoscimento del giusto risarcimento, rifinanziando l'apposito fondo, nel rispetto del diritto costituzionale alla tutela della salute, senza discriminazione per alcuno e nel pieno adempimento del proprio compito istituzionale;
come, i Ministri interrogati, abbiano intenzione di affrontare la questione relativa alla rivalutazione degli indennizzi e se non ritengano anche definire, in modo certo, tempi e modalità di risarcimento delle migliaia di vittime di una delle più tristi e terribili pagine di mala sanità in Italia.
(4-14630)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è massiccia la presenza di lastre di fibrocemento (eternit) su numerosi edifici pubblici e privati presenti in diversi comuni e in particolare nel comune di Novi di Modena;
in particolare, è da evidenziare la situazione del complesso scolastico, frequentato da bambini e ragazzi in età scolare, certamente a rischio per l'importante presenza di coperture in fibrocemento;
la stessa area artigianale, in cui sono insediati numerosi capannoni, sedi di piccole/medie imprese, presenta coperture esclusivamente in fibrocemento;
nonostante a tutt'oggi non esista una normativa ad hoc, che imponga la rimozione dell'eternit, se non quando ritenuto pericoloso per la salute, ogni amministrazione dovrebbe avere sufficiente sensibilità per preoccuparsi di risanare edifici pubblici come scuole, asili, luoghi di cura, ambienti di lavoro e centri d'aggregazione;
è pur vero che è stato recentemente approvato il progetto esecutivo di rifacimento della palestra della scuola media inferiore di Novi di Modena, ma ciò non tiene conto del fatto che il complesso scolastico vede la presenza di eternit e che il suddetto progetto avrà tempi di realizzazione lunghissimi e comunque non tiene conto delle criticità attuali;
non sarebbe comprensibile, a tale proposito, l'eventuale accanimento del comune di Novi di Modena nei confronti di privati cittadini proprietari di immobili in cui sono rinvenibili coperture parzialmente in eternit, non a rischio, quando la stessa amministrazioni sembrerebbe non preoccuparsi di bonificare luoghi aperti al pubblico (come nel caso dei privati cittadini residenti nel condominio «Andreoli», ubicato nel comune di Novi di Modena, alla via A. Volta n. 26, che in data 20 luglio 2011 ricevevano comunicazione scritta, a mezzo raccomandata A/R, da parte del servizio tecnico manutentivo e patrimonio del comune medesimo, con la quale venivano notiziati dell'avvio di un procedimento amministrativo riguardante la copertura in lastre di fibrocemento del fabbricato);
avviare procedimenti contro privati e non preoccuparsi della presenza del fibrocemento

su quasi tutti gli edifici pubblici, nonché nella rete idrica, parrebbe un paradosso; parte della tubazione della rete idrica, infatti, è tuttora in fibrocemento;
nel territorio comunale sono presenti discariche abusive, della cui esistenza l'amministrazione sembrerebbe essere al corrente e che sarebbe opportuno monitorare attraverso ispezioni frequenti, videosorveglianza ed impiego di guardie ecologiche;
sembrano frequenti i versamenti di materiali tossici/inquinanti nei canali di scolo da parte di privati e ditte, come più volte segnalato ad Arpa, ma parrebbe che non si sia mai proceduto a campionamenti ad hoc (erba piuttosto che terreno) e gli eventuali sopralluoghi potrebbero essere avvenuti a distanza di molto tempo dalle numerose segnalazioni, rendendosi pertanto inefficaci;
a tutt'oggi, sempre nel comune di Novi di Modena, ma probabilmente anche in alcuni comuni limitrofi, vi sono aree in cui gli utenti non sono collegati alla rete di depurazione e fognatura di Aimag, gestore locale;
numerose piante, di proprietà del consorzio di bonifica dell'Emilia Centrale, sono state abbattute e non ripiantate ed il territorio è sempre meno verde;
sono aumentate le patologie a carico del sistema respiratorio e cardio-circolatorio, soprattutto nei bambini e negli anziani, probabilmente anche a causa delle esalazioni tossiche non tamponate da un'adeguata vegetazione;
nel comune di Novi di Modena, capoluogo e frazioni, sono ubicati numerosissimi edifici pubblici (scuole, asili, uffici postali, caserma) ed aperti al pubblico in fibrocemento (tutti i capannoni siti nella zona artigianale) mai censiti e per i quali l'ente locale a quanto risulta all'interrogante non ha mai provveduto alle bonifiche, non comprendendo, al contrario, l'interesse particolare e l'accanimento nei confronti di singoli edifici privati;
a quanto consta all'interrogante sarebbe stata trascurata la presenza nel territorio comunale di siti, come quello di via Bologna n. 7, segnalato da alcuni cittadini ad Arpa e Asl, dove pare che potrebbero essere movimentati, senza debite autorizzazioni, materiali rischiosi per la salute -:
di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa e se non si intendano promuovere iniziative ispettive per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(4-14635)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è tuttora aperta la vertenza che vede impegnati i lavoratori del complesso turistico alberghiero di Fiuggi, nonostante il senso di responsabilità dimostrato dalle maestranze che hanno garantito l'attività in questi mesi;
l'accordo tra istituzioni e sindacati, che aveva portato alla creazione della Fiuggi Terme s.r.l del gruppo Gaia, che avrebbe dovuto ricreare le opportunità per il rilancio dell'azienda stessa, è fallito e questa estate il gruppo Gaia s.r.l ha deciso di mettere in liquidazione la società;
la vicenda delle terme di Fiuggi investe un intero territorio e la questione della liquidazione e quella degli stipendi arretrati va necessariamente risolta insieme e non distintamente;
è necessario quindi aprire un tavolo istituzionale in cui discute una volta per tutte l'annosa questione che vede coinvolti gli operai delle terme, il comune di Fiuggi, quale proprietario dei parchi termali e la società che li gestisce;

in particolare, dovranno essere discusse sia la rimodulazione dell'accordo di programma stipulato tra il commissario straordinario Lolli, la regione Lazio, il comune di Fiuggi e il Ministero dello sviluppo economico sia la rimodulazione dell'accordo sindacale che garantisca tutti i livelli occupazionali -:
se non ritengano di attivarsi urgentemente, per quanto di competenza, per convocare le parti e dare soluzione ad una vicenda che si trascina da anni e che investe centinaia di famiglie del frusinate, anche alla luce dell'interesse manifestato dalla società Vichi Financial Service Limited che vorrebbe subentrare e rilanciare lo storico complesso turistico alberghiero di Fiuggi.
(3-02045)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VERINI e GIULIETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 11 gennaio 2012, i vertici della Faber (multinazionale Franke) - azienda che produce cappe aspiranti per cucine - comunicano in una nota che «dopo le dovute analisi delle due unità produttive, è stato deciso di chiudere il sito di Fossato di Vico e mantenere attivo quello di Sassoferrato che - sostengono i vertici - per le maggiori dimensioni, consentirà di razionalizzare la produzione. Gli stabilimenti italiani hanno risentito in maniera significativa della contrazione dei volumi degli ultimi anni - si legge all'inizio della nota della Faber -, per affrontare la crisi e la competizione dei mercati, si devono rivedere le strategie»;
il 12 gennaio 2012, i sindacati di categoria convocati nella sede di Confindustria di Perugia dalla direzione aziendale, hanno reso noto di avere «appreso pochi minuti prima dell'inizio dell'incontro che la stessa azienda aveva già dato mandato ai capi reparto di comunicare la decisione ai lavoratori»;
un fulmine a ciel sereno, per i 180 lavoratori che rischiano così di perdere il loro posto di lavoro;
la storia della Faber è profondamente legata al territorio umbro: di proprietà di una famiglia di Fossato, nel 2004 è stata venduta ad una multinazionale con sede in Svizzera e con stabilimenti in Francia, in Turchia, ora anche in India. Nel 2010 la direzione del gruppo ha assegnato a questa fabbrica il premio come miglior stabilimento del gruppo. Nel 2011 la stessa direzione ha comunicato che ci sarebbe stata una leggera riduzione della produzione: da 520 mila pezzi a 500 mila. Nulla di preoccupante, tanto che gli impianti erano stati potenziati con ulteriori investimenti;
da giorni prosegue la mobilitazione dei lavoratori della Faber in difesa dello stabilimento produttivo e degli attuali livelli occupazionali;
la chiusura dello stabilimento rischierebbe di impoverire, dal punto di vista industriale e occupazionale, un intero territorio - quello della fascia appenninica umbro-marchigiana - già drammaticamente colpito, ad esempio, dalla crisi di gruppi industriali come la Merloni e settori produttivi come quelli della ceramica -:
in che modo e in quali forme il Ministro stia seguendo o intenda seguire questa vertenza e quali relative iniziative voglia assumere per sostenere gli sforzi delle organizzazioni sindacali, delle forze sociali, delle comunità locali e delle istituzioni locali e regionali, che in questi giorni hanno messo in atto per scongiurare la chiusura del sito.
(5-06005)

LUSSANA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su il Fatto quotidiano del 15 gennaio 2012 è stata riportata la notizia circa una vicenda a dir poco «oscura» verificatasi nei giorni scorsi e che vede protagonista

un amministratore della società di assicurazioni Unipol (ora UGF assicurazioni) e altro soggetto di rilevo nazionale nell'ambito del settore delle costruzioni edili;
come riportato dal quotidiano, il primo è stato condannato a tre anni e sette mesi per aggiotaggio nella vicenda che riguarda la scalata illegale alla Banca nazionale del lavoro (BNL) del 2005, mentre l'imprenditore edile è stato condannato per la stessa vicenda a tre anni e sei mesi;
secondo quanto si apprende, infatti, sarebbe stata «opportunamente modificata» una norma attraverso un nuovo regolamento sui requisiti di onorabilità di amministratori e alti dirigenti delle compagnie di assicurazioni;
il Fatto quotidiano spiega, infatti, che «il via libera definitivo alle nuove norme è però arrivato solo qualche giorno dopo grazie al Governo Monti. Infatti, il decreto ... è stato "vistato" anche da Paola Severino, Guardasigilli in carica dal 16 novembre. Severino, come noto, è avvocato di gran fama e tra i suoi principali clienti, ormai da molti anni c'è» uno dei maggiori imprenditori edili a livello nazionale che forse è il «principale beneficiario delle nuove norme»;
il Fatto Quotidiano come si legge nel prosieguo dell'articolo, ipotizza un conflitto d'interessi, quindi, tra il ruolo di Ministro della giustizia e il ruolo di avvocato, dato che entrambi sarebbero in capo alla medesima persona, sottolineando come il decreto sia stato licenziato giusto in tempo per «togliere d'imbarazzo il vicepresidente delle Generali»;
nell'analizzare il contenuto del decreto, l'articolo fa notare che esso, pur fissando una serie di casi in cui gli amministratori di compagnie di assicurazioni perdono il requisito di onorabilità e vanno quindi sospesi dai loro incarichi, non è retroattivo, così che i manager già in carica non avrebbero nulla da temere, potendo concludere il loro mandato senza incorrere nel rischio di essere sospesi;
l'analisi del Fatto va oltre, non mancando di rilevare come alla norma sulla retroattività sia stato aggiunto un altro comma ritenuto «sospetto», perché di fatto «inchioderebbe» i manager alle loro poltrone e che funzionerebbe in modo tale che, in caso di future condanne, i requisiti di onorabilità verrebbero meno soltanto «in relazione a procedimenti avviati» dopo la data di entrata in vigore del regolamento;
tale circostanza appare una disposizione opportunamente approvata, tanto da configurarsi come una vera e propria norma ad personam, per certo a coloro sopra indicati, i quali, qualora fossero condannati in secondo grado e perfino in via definitiva per l'aggiotaggio nella scalata alla BNL del 2005, non decadrebbero comunque dai «posti» attualmente occupati -:
quali informazioni il Governo possa riferire in merito alla vicenda esposta in premessa.
(5-06015)

Interrogazioni a risposta scritta:

PAGANO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel corso del tempo si è andata diffondendo presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ospedali, le università ed altri luoghi pubblici destinati alla collettività, la consuetudine di prevedere nelle gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici, cospicue somme di denaro a titolo di canone di concessione, sempre accompagnate da prezzi al consumo significativamente bassi. A titolo esemplificativo si possono citare le recenti gare aventi ad oggetto il suddetto servizio, indette dai comuni di Cuneo, Reggio Emilia, Trento, università di Padova, ma anche dell'università La Sapienza di Roma, dove è stato richiesto un canone di concessione

pari a più di ottocentomila euro all'anno a fronte dell'installazione di 179 distributori automatici. Giova rilevare la funzione di interesse sociale svolta dal servizio di ristoro a mezzo distributori automatici anche e soprattutto in relazione ai luoghi e alla tipologia dell'utenza. Inoltre, si rileva che il canone di concessione dovrebbe far riferimento alla copertura dei soli costi per i consumi energetici e idrici limitatamente al funzionamento dei distributori automatici e che le somme a titolo di canone, come quella sopra richiamata, esorbitano oltremodo da ogni ragionevole ipotesi di rimborso per costi reali sostenuti dall'ente appaltante. Infine, la citata consuetudine è tale da alterare la libera concorrenza e inficiare una sana e corretta gestione economica dell'impresa aggiudicatrice, con potenziale pregiudizio sulla qualità del servizio e della sicurezza dei prodotti alimentari somministrati;
su detta questione Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, aderente a Confcommercio, Imprese per l'Italia, nonché associazione di categoria che rappresenta la quasi totalità dell'imprese operanti nel settore, ha predisposto un capitolato standard per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici per le pubbliche amministrazioni, finalizzato alla tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno intervenire al fine di garantire che le gare di appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici vengano aggiudicate garantendo la massima tutela degli aspetti qualitativi e tecnici del servizio, al fine di scongiurare il rischio che la gara di appalto si fondi solo su criteri di offerta economica tali da pregiudicare la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari somministrati;
se i Ministri interrogati non ritengano altresì opportuno che il capitolato summenzionato elaborato da Confida possa essere assunto a riferimento e recepito da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici per la predisposizione delle gare d'appalto per la concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici.
(4-14622)

ZAZZERA, PALADINI e DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda RDB è leader nel settore dell'edilizia. Il gruppo ha un organico di oltre 1.000 dipendenti, è costituito da 18 stabilimenti ramificati su tutto il territorio nazionale e 200 punti vendita;
in questi ultimi mesi a causa della crisi economica che ha investito il Paese la RDB ha registrato una perdita di bilancio pari a 103 milioni di euro, in parte dovuta anche alle svalutazioni connesse al piano industriale;
per far fronte all'emergenza i vertici aziendali hanno deciso di ridimensionare le attività del gruppo e di razionalizzare e semplificare l'intera struttura;
dal consiglio di amministrazione del 29 agosto 2011 è emerso il rischio di chiusura di molti stabilimenti produttivi, ed in particolare quelli situati a Villafranca, Lomello, Lomagna, Montepulciano, Occimiano, Bellona, Osio e Bitetto;
la struttura di Bitetto è un punto di riferimento per il Sud Italia, e la sua soppressione creerebbe non solo seri danni all'economia locale ma toglierebbe ulteriori opportunità lavorative in un'area dove si registra un tasso di disoccupazione del 13,4 per cento, ovvero più del doppio del Centro Nord (rapporto Svimez 2011);
per i 70 dipendenti del gruppo di Bitetto, messi in cassa integrazione guadagni ordinaria a zero ore, la chiusura dello stabilimento sarebbe un vero dramma e nonostante gli scioperi e le manifestazioni che hanno organizzato, non hanno ricevuto ancora nessuna rassicurazione in merito;

l'11 luglio 2011 il consiglio comunale di Bitetto ha approvato un ordine del giorno in cui si esprime solidarietà a questi lavoratori e si chiede alle istituzioni di scongiurare la chiusura dello stabilimento anche stanziando risorse economiche di supporto;
le organizzazioni sindacali si sono fermamente opposte al ridimensionamento aziendale e hanno criticato apertamente il piano di razionalizzazione adottato dal Gruppo -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di evitare la chiusura dello stabilimento della RDB a Bitetto;
se i Ministri ritengano opportuno attivarsi al fine di stanziare risorse economiche a favore dei lavoratori del Gruppo RDB di Bitetto;
quali provvedimenti o iniziative di competenza intendano adottare per consentire al gruppo citato in premessa di superare la crisi economica in atto.
(4-14632)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Pagano n. 5-05931, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ravetto.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fiano e altri n. 5-05987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Di Pietro e altri n. 3-02038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piffari.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Moffa n. 3-02043, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ruvolo, D'Anna.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fedriga e Callegari n. 5-05988, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Lussana n. 5-05995, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Di Giuseppe n. 5-05997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rota.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Callegari n. 5-05998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Fugatti e altri n. 5-06003, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Franceschini n. 1-00800, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 567 del 10 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
l'ideale dei padri fondatori dell'Europa puntava ad una profonda ed integrata identità europea per il rilancio dei valori e delle tradizioni comuni dopo le devastazioni della guerra, prospettiva che continua ad essere ben viva come dimostra il recente referendum per l'adesione della Croazia all'Unione europea;
tale prospettiva non può esaurirsi in un'esclusiva visione economica e finanziaria ma deve svilupparsi nel senso di una reale partecipazione e identificazione politica e culturale a partire dalle comuni radici culturali che affratellano i popoli;
la crisi finanziaria e la crisi dei debiti sovrani, che stanno determinando una pesante crisi produttiva e occupazionale della zona euro, rappresentano una sfida gravissima alla costruzione europea e alla stabilità e prosperità del nostro Paese. Per dare alla crisi una risposta adeguata è necessario fare un passo avanti tutti insieme verso una comune politica economica. Il trattato che viene attualmente negoziato fra 26 Paesi dell'Unione europea vuole essere un passo nella direzione di una politica economica comune, che è il complemento necessario della moneta unica ed è la codificazione delle intese del 2011;
il trattato in discussione presenta però due limiti evidenti. Da una parte, esso unisce solo 26 dei 27 Paesi membri dell'Unione europea, ed è sbilanciato verso un metodo intergovernativo piuttosto che comunitario. Dall'altra, è molto concentrato sul tema della stabilità e poco sul tema della crescita che deve restare al centro dell'iniziativa politica dell'Unione europea in un momento così difficile per l'economia europea, che rischia una drammatica recessione con gravissime conseguenze per il futuro del continente;
lo scostamento dal metodo comunitario, dovuto a una situazione di emergenza eccezionale e derogatoria rispetto al funzionamento ordinario dell'Unione europea, va pertanto strettamente limitato e superato. Non appena la situazione generale lo consentirà, occorrerà tornare alla piena ed unitaria applicazione del metodo comunitario. Bisogna mantenere aperto il dialogo con la Gran Bretagna per recuperare le distanze che si sono create;
il tema della crescita andrà affrontato con grande decisione subito dopo la conclusione del negoziato sul presente trattato nell'ambito delle istituzioni comunitarie a 27 Paesi, secondo le linee indicate dalla Commissione europea: completamento del mercato interno e politiche specifiche per lo sviluppo e l'occupazione;
le perduranti tensioni sui mercati finanziari rischiano di travolgere l'euro e di vanificare gli sforzi di risanamento dell'Italia, innescando sui mercati una crisi di fiducia nel nostro Paese. Per l'Italia il rafforzamento ed il completamento del progetto europeo, il mantenimento dell'euro e il rispetto del metodo comunitario rappresentano interessi nazionali strategici imprescindibili e, in questo contesto, l'Italia si è assunta, a più riprese nel corso del 2011, la responsabilità di manovre economiche impegnative che porteranno al pareggio di bilancio nel 2013 e già oggi determinano una consistente riduzione del fabbisogno dello Stato e un significativo avanzo primario;
ad esse si aggiungono, all'inizio del 2012, provvedimenti che condurranno a regime ad importanti misure di liberalizzazione al fine di rendere più competitivi ed efficienti i nostri mercati, migliorando le prospettive di crescita e quindi la sostenibilità del debito italiano;
per dare un ulteriore segnale della comune e condivisa consapevolezza raggiunta nel Paese circa la necessità di rimanere fedele nel lungo periodo alla politica della stabilità, bisogna ribadire che il principio del rigore deve essere considerato come punto cardine della politica nazionale ed europea;
va sottolineato, al riguardo, che il Parlamento ha già approvato in prima e

seconda lettura e calendarizzato in terza, il progetto di riforma che prevede l'introduzione della regola del pareggio di bilancio in Costituzione. È, tuttavia, bene ricordare che stabilità e crescita sono problemi interconnessi e dalla loro contestuale soluzione dipende la stessa continuità dell'euro, come moneta unica. È, infatti, evidente che se non si ferma la speculazione contro il debito sovrano, il conseguimento dell'equilibrio di bilancio diventerà sempre più difficile a causa della crescita abnorme della spesa per interessi, come avvenne nel corso degli anni Ottanta. Al tempo stesso, solo il rispetto della nuova governance potrà dimostrare la volontà dei singoli Stati di far fronte agli squilibri strutturali che sono alla base della crescita del debito sovrano e rappresentano un elemento catalizzatore della speculazione. Questo doppio passaggio è un argine da porre a difesa della moneta unica, se si vuole evitare il suo possibile tracollo, e quindi delle prospettive di sviluppo della stessa Unione europea;
il modello dell'economia sociale di mercato, che è il modello europeo, rimane la scelta strategica dell'Italia che la presente mozione ribadisce con il consenso convinto di tutte le principali forze politiche e che è sottratta, per il futuro, al variare delle contingenze politiche;
la credibilità e la portata delle misure adottate e degli impegni politici assunti, che in questa mozione vengono reiterati, consente all'Italia di svolgere con piena autorevolezza il suo ruolo all'interno dell'Unione europea come Paese fondatore ed una delle maggiori economie, e autorizza a chiedere alle istituzioni europee ed ai Paesi membri una solidarietà fattiva e convinta, rimarcando anche alcuni limiti ed insufficienze della risposta che fino ad ora l'Unione europea ha dato alla crisi;
è necessario che gli strumenti di intervento sui mercati finanziari vengano potenziati sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello delle modalità di intervento ed è, quindi, urgente mettere lo European stability mechanism in condizione di funzionare con risorse adeguate;
è poi desiderabile, come proposto dalla Commissione europea, che tali azioni siano iscritte nella prospettiva di una più stretta integrazione economica all'interno dell'Unione, in particolare con lo sviluppo progressivo di titoli di debito pubblico comuni dell'area euro e la creazione di una tesoreria europea, parte della Commissione e responsabile di fronte al Parlamento europeo;
manca un sufficiente coordinamento fra l'azione della Banca centrale europea e quella dell'Autorità bancaria europea, con il rischio che proprio per tale motivo l'azione della Banca centrale europea non possa sviluppare per intero i propri effetti positivi. Considerazioni relative alla stabilità dei singoli istituti e considerazioni relative alla stabilità di sistema devono armoniosamente integrarsi fra loro. Il rischio che si sta correndo è quello di una forte riduzione del credito agli Stati, al sistema produttivo, alle imprese ed alle famiglie. Le indicazioni date all'Eba nel Consiglio europeo del 26 ottobre 2011 vanno riconsiderate alla luce di una situazione profondamente mutata. In tale prospettiva, è opportuno adoperarsi affinché la piena attuazione delle previsioni dell'Autorità bancaria europea, (european banking Authority-Eba) dell'8 dicembre 2011, sia differita sino all'effettiva operatività degli strumenti previsti dalla decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, ivi compresa quella relativa all'European financial stability facility (Efsf) e il pieno funzionamento dell'European stability mechanism (Esm);
in prospettiva, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di una medesima visione. La stabilità è uno strumento indispensabile e fondamentale, ma il fine è la crescita economica, il lavoro, il benessere dei cittadini e delle cittadine europee;
le circostanze di emergenza attuali suggeriscono di utilizzare tutti gli importanti elementi di flessibilità offerti dai

trattati in vigore, come i regolamenti ex articolo 151 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Tuttavia, ciò non può implicare la rinuncia, in un orizzonte temporale adeguato e più ampio, alla prospettiva di una complessiva riforma dei trattati per completare la costruzione di un'unione federale dotata di piena legittimazione democratica, anche attraverso una Convenzione;
sono stati avviati, in sede tecnica, i negoziati occorrenti per predisporre l'accordo intergovernativo europeo per il rafforzamento dell'unione economica (il cosiddetto «fiscal compact»); l'accordo dovrà riguardare: a) la regola del pareggio di bilancio ed il suo inserimento nella normativa nazionale di livello costituzionale; b) l'attribuzione alla Corte di giustizia dell'Unione europea di un ruolo in merito alla trasposizione di tale regola del pareggio negli ordinamenti interni, evitando che ad essa siano attribuite funzioni improprie; c) il riferimento alla regola del debito in una normativa di diritto internazionale; d) i programmi di partenariato giuridicamente vincolati per i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo; e) l'applicazione della regola della maggioranza qualificata «invertita» nella procedura per deficit eccessivo;
l'accordo ha una valenza soprattutto politica in quanto ribadisce, conferma e rafforza impegni che in gran parte erano già stati assunti dai Paesi membri e dall'Unione europea in diverse occasioni nel corso del 2011. Nel presente processo negoziale sarebbe desiderabile: a) assicurare la coerenza dell'accordo con obblighi già assunti dai Paesi membri, quali ad esempio i regolamenti del cosiddetto «six pack» ed in particolare i regolamenti (CE) n. 1175/2011 e n. 1177/2011 con i relativi riferimenti alle riforme strutturali, alle soglie consentite per il deficit strutturale annuale ed ai fattori rilevanti per la valutazione della riduzione annuale del debito dei Paesi; b) sottolineare il ruolo centrale delle istituzioni comunitarie, in primo luogo della Commissione europea e della Corte di giustizia dell'Unione europea, evitando o limitando al minimo indispensabile la creazione di entità che siano fonte di duplicazione e di alterazione dell'equilibrio interistituzionale Commissione-Consiglio-Parlamento; c) ribadire il principio dell'unitarietà del diritto comunitario e del primato del metodo comunitario; d) sottolineare, in considerazione del carattere prettamente politico dell'accordo, la necessità che esso tocchi i temi della crescita, dell'occupazione e dei meccanismi di stabilizzazione, ancorché non si tratti dell'oggetto specifico dell'accordo stesso; i soli obiettivi del rigore finanziario e della riduzione del debito pubblico non possono esaurire l'orizzonte della risposta europea alla crisi occorrendo, invece, integrare le misure a favore del consolidamento delle finanze pubbliche con una nuova politica a sostegno della crescita e dell'occupazione a livello europeo; e) considerare una regola appropriata per la decorrenza dell'entrata in vigore dell'accordo, essendo quest'ultimo uno strumento di «cooperazione rafforzata» con caratteristiche peculiari, ed evitando così che esso possa entrare in vigore con la ratifica di un numero inadeguato e politicamente poco significativo di Stati membri;
in questo contesto è indispensabile rafforzare in ciascun Paese il rapporto fra Governi e Parlamenti e, in Italia, non solo assicurare un'informazione sistematica e tempestiva del Parlamento italiano da parte del Governo nell'attuale fase negoziale, ma rafforzare e rendere più efficace e sistematico il raccordo ordinario nelle materie europee anche accelerando la conclusione dell'iter del progetto di riforma della legge n. 11 del 2005 e avviando la revisione dei regolamenti parlamentari,


impegna il Governo:


a continuare a perseguire con determinazione il rafforzamento del tradizionale ruolo dell'Italia quale membro fondatore dell'Unione europea con l'obiettivo di riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione,

riducendo il peso, oggi eccessivo, del metodo intergovernativo e rilanciando la prospettiva di un'unione federale;
ad illustrare ai Paesi membri ed alle autorità istituzionali dell'Unione europea la portata delle misure adottate a più riprese nel corso del 2011 dall'Italia per il risanamento finanziario e recentemente per la competitività e la crescita, evidenziando in modo particolare l'impegno costituzionale in corso di attuazione in materia di pareggio di bilancio e l'impegno del Parlamento e di tutte le maggiori forze politiche per una scelta strategica di lungo periodo a favore di politiche di serietà e di rigore e per l'adozione del modello europeo dell'economia sociale di mercato, scelte che vengono in tal modo sottratte al variare delle contingenze mutevoli della politica, offrendo un impegno strategico e di lungo periodo e chiedendo un sostegno egualmente strategico e di lungo periodo;
a considerare, nel corso del negoziato di cui in premessa, i seguenti aspetti:
a) assicurare la continuità fra le misure adottate in materia di «six pack» ed il nuovo trattato, in particolare per quanto riguarda gli obblighi di riduzione del debito eccessivo che devono tener conto dell'andamento del ciclo economico, e di altri fattori tra cui l'ammontare del debito pensionistico e del livello del risparmio privato;
b) specificare il ruolo della Corte di giustizia dell'Unione europea in relazione al controllo dell'attuazione del principio della golden rule negli ordinamenti nazionali, evitando di dilatarlo in modo improprio;
c) stabilire un giusto equilibrio fra la politica di riduzione del deficit e del debito, le politiche di stabilizzazione dell'euro e la politica per la crescita attraverso molteplici interventi: il rafforzamento da parte del Consiglio europeo di tutti gli strumenti di intervento sui mercati finanziari sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo per stabilizzare le dinamiche dei debiti sovrani; l'aumento delle risorse del Fondo europeo di stabilità finanziaria; la rapida entrata in funzione dell'European stability mechanism (Esm), migliorato quanto a modalità di azione e a quantità di risorse, sincronizzando con l'avvio della sua attività anche l'attuazione delle altre misure adottate dai Consigli europei nell'autunno 2011, tra cui le indicazioni relative all'Autorità bancaria europea; un ruolo centrale della Banca centrale europea, nel rispetto della sua indipendenza, al fine di evitare una crisi di illiquidità;
d) sostenere il pieno coinvolgimento in tutte le sedi decisionali di tutti i rappresentanti delle istituzioni europee a partire dai Presidenti del Parlamento e della Commissione europea;
e) indicare, per l'entrata in vigore dell'accordo, la necessità di ratifica di un numero adeguato e politicamente significativo di Paesi dell'area euro;
f) appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
a considerare, al di là del processo negoziale relativo al trattato in discussione, l'opportunità in sede europea di riesaminare il ruolo delle agenzie di rating, considerando la possibilità di smantellare posizioni di oligopolio nel settore o anche quella di istituire una agenzia di rating europea;
a porre al centro della riflessione politica europea le politiche dello sviluppo e della crescita, il completamento del mercato interno, in particolare di quello dei servizi, l'innovazione e la ricerca scientifica con l'obiettivo di fare dell'Europa l'economia della conoscenza più grande del mondo, considerando in tale ambito anche la possibile adozione di strumenti innovativi di finanziamento allo sviluppo, quali eurobond e project bond;

a informare in modo sistematico e tempestivo le Camere sulle nuove iniziative di politica europea, sulle misure legislative in materia di governance, sull'andamento del negoziato per il nuovo trattato e ad assumere posizioni coerenti con gli indirizzi parlamentari;
a promuovere una dichiarazione a latere del trattato da sottoscrivere con altri Paesi disponibili che affermi l'opportunità di riaprire, in tempi e modi opportuni, il processo costituente verso una unione politica dei popoli europei.
(1-00800)
(Ulteriore nuova formulazione). «Cicchitto, Franceschini, Galletti, Della Vedova, Pisicchio, Adornato, Amici, Baretta, Boccia, Buttiglione, Cambursano, Corsaro, Frattini, Giachetti, Gozi, Lenzi, Maran, Pianetta, Pistelli, Quartiani, Rosato, Tempestini, Ventura, Vernetti, Villecco Calipari».

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Mecacci n. 1-00821, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 573 del 19 gennaio 2012.

La Camera,
premesso che:
l'approfondirsi della crisi ha messo in evidenza con grande chiarezza l'insufficienza delle misure che sono state finora assunte dai Governi dell'area euro;
la disciplina dei bilanci nazionali è necessaria e improcrastinabile nell'eurozona e nell'intera Unione e occorre ridimensionare il peso del settore pubblico nell'economia europea, e in particolare in quella italiana, per ridare spazio, fiato e «gambe» all'iniziativa privata, portando avanti il processo di risanamento della finanza pubblica nei Paesi gravati o da un livello elevato di stock di debito o da un insopportabile disavanzo, poiché l'Europa condivide con tutto il resto del mondo ricco una chiara tendenza a un eccesso di indebitamento pubblico;
la disciplina di bilancio non sarà efficace se essa non sarà sottoposta al vincolo ineludibile della disciplina democratica che implica, nei loro rispettivi livelli di competenza, il coinvolgimento non formale ma sostanziale del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali;
se il trattato internazionale sul rafforzamento dell'Unione economica firmato dai Governi rispetterà il vincolo della disciplina democratica una sessione parlamentare straordinaria sarà convocata per una rapida autorizzazione alla ratifica prima dell'entrata in vigore del meccanismo europeo di stabilità;
senza sviluppo, da un punto di vista economico, non c'è risanamento da un punto di vista politico, con un crollo del consenso che rende difficile l'adozione delle misure necessarie di risanamento finanziario;
è la mancanza di unità politica la principale minaccia all'eurozona, alla sua stabilità finanziaria, alla sua unione monetaria. Confrontata infatti agli Stati Uniti, l'area dell'euro nel suo complesso registra un debito pubblico inferiore, un deficit di bilancio che è la metà, un minore indebitamento privato (famiglie e imprese non finanziarie), un sostanziale equilibrio nei propri conti con l'estero e una distribuzione del reddito assai migliori degli USA;
come ha ricordato pochi mesi fa Jean-Claude Trichet, quando ancora presiedeva la Banca centrale europea, in relazione ad alcuni dati fondamentali - quali il tasso di inflazione, la crescita e la produttività - l'economia della zona euro non soffre di maggiori squilibri interni e non è più eterogenea dell'economia degli Stati Uniti. Ma il dollaro non è in discussione, mentre l'euro sì;
il pericolo principale che l'euro corre risiede proprio nel fatto che politicamente l'area dell'euro non è un'entità

unica: senza unione politica non c'è insomma alcuna soluzione duratura alla crisi economica e finanziaria che attualmente minaccia di travolgere l'euro;
misure parziali che non prevedano l'avvio di un'Unione fiscale come primo passo verso gli Stati Uniti d'Europa e la messa in atto con urgenza di un piano di sviluppo che accompagni la manovra di risanamento dei conti pubblici non avranno il sostegno dell'opinione pubblica,


impegna il Governo


a precisare l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa promuovendo la definizione degli elementi essenziali del progetto, del metodo e dell'agenda in una dichiarazione che accompagni il trattato internazionale ispirandosi al modello della dichiarazione 23 sul futuro dell'Europa annessa al Trattato di Nizza su proposta di Giuliano Amato e Gerard Schroeder e sottoscritta dai Governi dei Paesi fondatori delle Comunità europee e suggerendo di riprendere i principi dell'appello lanciato a Berlino dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nel marzo 2007 in occasione dei cinquanta anni dei trattati di Roma e delle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001.
(1-00821)
«Mecacci, Bernardini, Zamparutti, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Gianni, Moffa, Catone, Stasi, Marmo, Grassano, Guzzanti, Polidori, Mottola, Razzi, D'Anna, Milo, Ruvolo».

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Farina Coscioni n. 5-05978, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 574 del 23 gennaio 2012.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
nella seduta del 27 ottobre 2011, la Conferenza unificata, presieduta dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, ha esaminato e discusso i seguenti punti all'ordine del giorno con gli esiti indicati, tra gli altri al punto 10: Intesa, ai sensi dell'articolo 1, comma 1265, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sullo schema di decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle politiche per la famiglia, concernente il riparto tra le regioni delle risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze per l'anno 2011 per la realizzazione di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati;
come da: «Repertorio atti n. 101/CU del 27 ottobre 2011» risulta che: «La Conferenza unificata. Nella odierna seduta del 27 ottobre 2011:
visto l'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che:
al comma 1264 stabilisce che, al fine di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti, è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale il "Fondo per le non autosufficienze";
al comma 1265 prevede che gli atti e i provvedimenti concernenti l'utilizzazione del Fondo in parola sono adottati dal Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro delle politiche per la famiglia e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con questa Conferenza;
visto l'articolo 1, comma 40, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 il quale

dispone che, per l'anno 2011, una quota della dotazione del fondo ex articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge n. 33 del 2009, sia ripartita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tra le finalità indicate nell'elenco 1 allegato alla medesima legge n. 220 del 2010;
considerato che, tra le finalità di cui al citato elenco 1, risultano esservi anche gli "Interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati, ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296" per un ammontare nel 2011 pari a 100 milioni di euro;
visto l'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 maggio 2011, recante la ripartizione delle risorse finanziarie previste dal menzionato articolo 1, comma 40, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), con il quale si dispone l'utilizzo della somma di 100 milioni di euro per l'anno 2011, già destinata ad interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati, ai sensi del più volte richiamato articolo 1, comma 1264, della legge n. 296 del 2006;
vista la nota del 18 ottobre 2011, con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in attuazione delle citate disposizioni di legge, ha trasmesso, ai fini dell'acquisizione della prescritta intesa, uno schema di decreto, di concerto con le altre Amministrazioni centrali interessate, concernente il riparto tra le Regioni delle risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze per l'anno 2011 con la finalità di realizzare interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per la ricerca e l'assistenza domiciliare ai malati;
vista la lettera in data 20 ottobre 2011, con la quale il predetto schema di decreto è stato portato a conoscenza delle Regioni e Province autonome e delle Autonomie locali;
viste le note del 21 ottobre 2011, con le quali le Regioni e Province autonome e le Autonomie locali hanno trasmesso l'avviso tecnico favorevole sullo schema di decreto in parola;
considerato che, nel corso dell'odierna seduta, il Presidente delle Regioni e delle Province autonome, nell'esprimere parere favorevole al perfezionamento dell'Intesa, ha sottoposto alla valutazione del Governo l'utilizzo delle risorse anche per altre disabilità gravi che hanno in comune con la sclerosi laterale amiotrofica la completa mancanza di autonomia delle persone;
acquisito, nell'odierna seduta di questa Conferenza, l'assenso del Governo, delle Regioni, delle Province autonome di Trento e di Bolzano e delle Autonomie locali; Sancisce Intesa sullo schema di decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle politiche per la famiglia, concernente il riparto tra le Regioni delle risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze per l'anno 2011 per la realizzazione di interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per la ricerca e l'assistenza domiciliare dei malati»;
risulta che secondo quanto stabilito dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 15 novembre 2011, il 60 per cento dei 100 milioni di euro è stato ripartito in base alla prevalenza dei malati di SLA di età pari o superiore a 45 anni residenti nelle varie regioni, mentre il restante 40 per cento è stato suddiviso tra le regioni secondo i criteri utilizzati per il riparto nelle risorse per le politiche sociali;
in particolare il 27 ottobre 2011, in sede di Conferenza Stato regioni si è finalmente trovata l'intesa sul riparto regionale del «Fondo a sostegno dell'assistenza domiciliare, degli assistenti familiari e delle attività svolte dai congiunti che prestano assistenza ai malati di SLA»;

l'obiettivo di questo fondo consiste appunto nel realizzare o potenziare l'assistenza domiciliare, e garantire così la formazione e il supporto di assistenti familiari e riconoscere concretamente l'insostituibile attività assistenziale svolta dal familiare-caregiver;
secondo questa intesa alla regione Lombardia, sarà destinato il 15,49 per cento delle risorse totali seguita dalle regioni come il Lazio e la Campania che si vedranno attribuiti il 9,08 e il 9,97 per cento dei fondi; l'8,36 per cento andrà alla Sicilia, il 7,8 per cento al Veneto, il 7,61 al Piemonte -:
in base a quali criteri si sia raggiunta l'intesa per cui il 60 per cento dei 100 milioni di euro assegnati dal Governo alle politiche di assistenza a favore dei malati di sclerosi laterale amiotrofica è stato ripartito in base alla prevalenza dei malati di SLA di età pari o superiore a 45 anni visto che non si conosce il numero dei malati nel territorio nazionale;
quali enti, strutture e organizzazioni operanti in Lombardia beneficeranno dei fondi in questione e in base a quali criteri siano stati individuati e scelti;
a chi spetti l'individuazione di tali enti, strutture e organizzazioni;
se sia stato effettuato un «censimento» per conoscere, regione per regione il numero dei malati di SLA;
quale sia il risultato di tale «censimento», quando sia stato effettuato l'ultimo censimento;
quali regioni abbiano fornito il dato delle persone affette da SLA. (5-05978)

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Cicchitto n. 1-00802 del 12 gennaio 2012;
mozione Cambursano n. 1-00818 del 17 gennaio 2012.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Zazzera n. 5-05339 del 19 settembre 2011;
interrogazione a risposta orale n. 3-01862 del 3 ottobre 2011.

Ritiro di una firma da un documento di indirizzo.

Mozione Mecacci e altri n. 1-00821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2012: è stata ritirata la firma del deputato Milo.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-11861 del 5 maggio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Forcolin e altri n. 4-14576 del 23 gennaio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06004.