XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 24 gennaio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il 30 gennaio 2012 a Bruxelles saranno prese decisioni fondamentali per il futuro dell'Europa e dell'Italia. Nell'incontro sopra citato la posta in gioco principale sarà costituita dalla determinazione del cosiddetto fiscal compact e le condizioni che dovranno essere fissate per il rientro dello stock del debito pubblico rispetto alla soglia fissata a Maastricht del 60 per cento;
questo obiettivo potrà essere perseguito a condizione che l'Europa ritrovi la strada della crescita e, quindi, della competitività rispetto ad un contesto globale, non solo in grave crisi, ma soprattutto caratterizzato da una configurazione profondamente cambiata. Quindi, le misure relative al rigore sui conti pubblici che devono inevitabilmente essere adottate per evitare il default di alcuni Paesi per ridurre gli squilibri, ormai insopportabili, tra i Paesi in avanzo di bilancio dei pagamenti e quelli in deficit (precondizione per rimettere il processo di integrazione nella direzione della convergenza e non della divergenza) dovranno inevitabilmente essere accompagnate da decisioni che vadano nella direzione della ripresa della crescita europea, pena il rischio, anzi la certezza, come il Presidente del Consiglio dei ministri Monti ha giustamente ammonito, in relazione alla Germania, di reazioni populiste ed antieuropee, che potrebbero minare dalle fondamenta il progetto politico europeo;
in effetti, negli anni dell'euro si è verificato un aumento della divergenza dei costi unitari del lavoro dei Paesi europei che ha determinato un cambiamento della loro competitività operativa. Questo cambiamento delle posizioni competitive, legato a sua volta agli andamenti di produttività e costo del lavoro, ha prodotto una significativa differenza dei risultati dell'esportazione e, di conseguenza, dei conti verso l'estero, che, in presenza di moneta unica, non possono essere raggiunti da modifiche del tasso di cambio;
pur in una fase molto avanzata del negoziato e in prossimità di una prossima scadenza del Consiglio europeo, la Conferenza intergovernativa riveste una centralità decisionale, tecnica e politica che può ancora ben indirizzare il futuro dell'Europa;
in questo contesto storico straordinario il Parlamento non può limitarsi a fornire un generico sostegno parlamentare al Presidente del Consiglio dei ministri Monti; bisogna rafforzare, rispetto ad alcuni temi del negoziato, il Governo stesso con un'ampia maggioranza politica,


impegna il Governo:


a promuovere la riapertura della discussione sul rientro dello stock del debito, da un lato, ritornando con maggiore precisione sulla questione della necessità di tenere in conto, accanto all'entità del debito pubblico, anche l'entità del debito privato, nonché la correlata questione della quantità di debito detenuto da investitori stranieri, dall'altro, ricordando come è avvenuto già al tempo del negoziato che portò a Maastricht il problema di un parametro relativo allo stock, con la formulazione che poi fu adottata nella stesura finale;
a porre la questione delle prospettive per il processo di integrazione, soprattutto nel contesto della nuova configurazione multipolare del mondo, ovviamente sottolineando che l'Europa non potrà avere un futuro, soprattutto economico, ma anche politico, se non saprà fare una scelta coraggiosa nella direzione dell'allargamento delle sue prospettive verso Est naturalmente, ma anche verso Sud, respingendo ogni tentazione di chiudersi a riccio ed in difesa, nella direzione di un vero e proprio «rattrappimento baltico»;
a porre con forza, anche sulla base degli argomenti di cui al punto precedente,

da un lato, la questione del rafforzamento dell'entità del cosiddetto fondo salva Stati, dall'altro la questione del contestuale via libera agli eurobond, non tanto ai fini del sostegno ai debiti degli Stati quanto ai fini dei necessari investimenti infrastrutturali per consentire la realizzazione delle scelte geopolitiche e geoeconomiche in grado di permettere all'Europa di non perdere un ruolo centrale nella nuova configurazione del mondo (i cosiddetti «project bond»), considerato che una emissione di questo tipo potrebbe contribuire, con adeguati progetti di investimento, alla riduzione del gap di produttività dei Paesi con disavanzo con deficit commerciale, tenendo conto dell'interesse dell'Italia per tale decisione ai fini di controbilanciare le conseguenze recessive delle misure di rigore che si devono e si intendono introdurre;
come già accaduto nel negoziato di Maastricht e come giustamente il Governo pare sia orientato a fare, a porre il problema del Regno Unito, contribuendo a creare le condizioni per consentire allo stesso di partecipare alle decisioni finali, a livello europeo, così come avvenne vent'anni fa in un contesto caratterizzato da impressionanti analogie (ottobre 1990: il Regno Unito risultava isolato; dicembre 1991: il Regno Unito, sia pure con l'opting out rispetto all'euro, alla fine approvava il Trattato di Maastricht);
a promuovere un rafforzamento della «governance europea», cioè della sua «mission» e delle sue istituzioni, idea perseguibile solo in presenza di un più integrato e vigile rapporto tra politica, democrazia e mercato.
(1-00823)
«Antonione, Gava, Pittelli, Marmo, Milo, Sardelli, Mistrello Destro, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
un recente rapporto curato dall'associazione ambientalista Greenpeace ribadisce la presenza di sostanze inquinanti nel Santuario dei Cetacei (Santuario Pelagos) e più in generale nel mare della Liguria e della Toscana;
secondo i dati contenuti nel rapporto: «Veleni a galla. Fonti inquinanti nel Santuario dei Cetacei» presentato il 12 ottobre 2011, esiste una contaminazione da sostanze chimiche pericolose lungo le coste liguri e toscane dove oltre il 50 per cento dei campioni esaminati è risultato positivo ai test di laboratorio. Tra le sostanze rinvenute, pericolose per la salute dell'uomo e dell'ambiente: metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e composti organici volatili;
come segnalato da Greenpeace e da molte altre fonti, l'inquinamento è solo una delle minacce che incombe sul Santuario dei Cetacei. Tra queste minacce, quella di un eccessivo e pericoloso traffico navale, merci e passeggeri, è stata purtroppo confermata dai casi recenti della perdita in mare da un traghetto, lo scorso 17 dicembre 2011, di circa 40 tonnellate di sostanze tossiche (probabilmente irrecuperabili) al largo dell'isola di Gorgona e dall'ancor più recente tragedia del naufragio della Costa Concordia;
l'Italia da due anni non mantiene i suoi impegni rispetto alla definizione di una sede giuridica e all'erogazione dei fondi promessi per sostenere quel minimo di struttura gestionale del Santuario (segretariato) attiva in precedenza, peraltro ospitata a Genova in una sede recentemente restaurata;
fino ad ora la partecipazione degli enti locali e della società civile, incluse le principali associazioni ambientaliste che da anni si occupano delle questioni relative al Santuario dei Cetacei, è di fatto preclusa sia per le riunioni «tecniche» che per quelle della Conferenza delle Parti dell'Accordo,


impegna il Governo:


a partecipare attivamente al tavolo tecnico che le regioni convocheranno entro la

fine del mese di febbraio 2012 con l'obiettivo di definire entro giugno 2012 piani di monitoraggio e misure restrittive per mitigare e, laddove possibile, eliminare le principali minacce, incluse le cause dell'inquinamento evidenziate in premessa, che stanno mettendo a rischio le popolazioni locali di cetacei e il complesso dell'ecosistema e gli abitanti, residenti e turisti, dell'area;
a mettere in atto entro marzo 2012 il meccanismo di sostegno al segretariato del santuario dei Cetacei, in linea con quanto concordato tra le parti dell'accordo sul Santuario;
a comunicare quali attività e con quali costi siano stati fino ad ora sostenuti dall'Italia per il Santuario dei Cetacei, quali siano quelli relativi alla ristrutturazione del segretariato e ad altro supporto allo stesso, ad altre attività di gestione (ad esempio partecipazioni a riunioni e altro), alle eventuali attività di monitoraggio e ricerca scientifica, alla partecipazione del pubblico e delle comunità locali alle decisioni relative alla gestione del Santuario, alla comunicazione ed altro.
(7-00757)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco».

La XIII Commissione,
premesso che:
nella relazione finale depositata il 26 gennaio 2010 presso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dalla Commissione nominata con decreto ministeriale n. 6088 del 25 giugno 2009, con il compito di accertare, ai fini della determinazione del contenuto della materia grassa del latte in base alla normativa, la correttezza del metodo di calcolo adottato dall'amministrazione con riferimento in particolare ai dati utilizzati, verificandone la eventuale incidenza sul livello di sforamento della quota di produzione italiana, viene messa in rilievo (in sintesi) l'inattendibilità dei dati relativi alle produzioni auto certificate dagli acquirenti e dai produttori nei modelli L1, e posti da AGEA alla base della quantificazione sia del superamento delle produzioni nazionali con il quantitativo globale garantito assegnato allo Stato italiano, sia dei prelievi supplementari imputati ai singoli allevatori, in particolare perché:
a) i dati relativi al tenore di materia grassa di riferimento, associati alle quote di produzioni, sono stati a suo tempo assegnati, al pari delle quote latte, solo su base documentale, senza alcun riscontro in concreto;
b) i dati relativi al tenore di materia grassa di periodo vengono effettuati su campioni di latte con metodologia di campionamento non normata e che, pertanto, non ha alcun grado di ufficialità;
c) i dati relativi al tenore di materia grassa di periodo dichiarati negli L1 si discostano notevolmente (per circa il 50 per cento) dai dati rilevati con metodologia di campionamento ufficiale all'Associazione italiana allevatori;
d) i controlli regionali sui dati autocertificate negli L1 vengono effettuati solo su base cartacea, senza alcun riscontro in concreto;

nella successiva relazione depositata in data 15 aprile 2010 presso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e forestali, detto comando, dopo aver sottolineato che «... le banche dati BDN - ossia del Ministero della Sanità, n.d.r. - ed AIA provengono da enti ufficiali e sono ricavate con procedure stabilite per legge ed attuate da soggetti che spesso ricoprono la funzione di pubblico ufficiale, nel mentre i dati provenienti dalla banca dati SIAN di AGEA non sono altro che il risultato di auto-dichiarazioni fornite da soggetti privati (primi acquirenti e produttivi) sui quali i controlli sono per lo più di carattere documentale, come già rilevato nella relazione conclusiva dalla Commissione di indagine amministrativa istituita con Decreto ministeriale del 25 giugno 2009 n. 6501 ...», alla luce

dei riscontri effettuati, ha ritenuto doveroso segnalare quanto segue:
«... - non vi è piena coerenza tra le banche dati ufficiali acquisite né possibilità di completo raffronto dei dati di ciascuna di esse;
la mancanza di un dato identificativo coerente ed univoco per tutte le attende in produzione, da adottarsi per tutte le banche dati ufficiali del settore, comportando una ulteriore difficoltà nell'incrocio dei dati, favorisce fenomeni fraudolenti o elusivi ed ostacola la possibilità di investigazioni per prevenire e reprimere eventuali comportamenti illeciti;
sono emerse situazioni di anomalia ed incongruenza nei confronti tra le diverse banche dati, tali che avrebbero meritato, e mentano ancora, adeguati approfondimenti;
pur con le difficoltà segnalate, ne discende un quadro di significativa incoerenza dei dati, in particolare con riferimento alla produzione nazionale, sia consegnata che rettificata (TMGP);
raffrontando il numero capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale AIA pur aumentata del 10 per cento in via prudenziale, risulta una differenzia produttiva media, rispetto alla produzione totale italiana dichiarata in L1, talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995/96 fino al 2008/09.»;

di seguito, il medesimo comando depositava presso una sessantina di procure sparse sull'intero territorio nazionale un informativa, datata 11 giugno 2010 n. 169/75 2009 di prot., nella quale segnalava diversi comportamenti «truffaldini al fine di aggirare il regime comunitario in materia di quote latte ed anche, in ipotesi, il regime fiscale dello Stato», chiedendo di essere delegato ad ulteriori indagini e, a seguito dell'ottenimento della predetta delega, in data 4 novembre 2010 il medesimo Comando depositata una ulteriore informativa, n. 169/75-4-2009 di prot., nella quale venivano refertate le indagini esperite, dalle quali risultano confermate le risultanze della Relazione 15 aprile 2010 iniziale quantomeno sul piano amministrativo, a prescindere da eventuali responsabilità penali dei singoli soggetti;
il prelievo supplementare imputato allo Stato italiano e, quindi, agli allevatori, dal periodo 1995/96 al periodo 2008/09, si basa in primo luogo sui dati di produzione, se questi, come appunto, risulterebbe dalle indagini, sono inattendibili o meglio incompatibili, per eccesso, con il reale patrimonio bovino italiano, è evidente che lo Stato prima e gli allevatori poi sono chiamati a pagare multe non dovute;
poiché il pagamento di dette multe mette a repentaglio la sopravvivenza di migliaia di famiglie e, con esse, quella di un intero settore produttivo del comporto primario, si ritiene doveroso farsi portavoce della richiesta recepire, in sede amministrativa, i dati produttivi secondo quanto già risultante nelle indagini di polizia giudiziaria sopra indicate, al fine di dirimere, una volta per tutte, le incertezze sulla legittimità, o meno del prelievo supplementare imputato allo Stato italiano e, quindi, agli allevatori, dal periodo 1995/96 al periodo 2008/09;
l'articolo 21-quater, secondo comma, della legge 7 agosto 1990 n. 241 che prevede: «L'efficacia ovvero l'esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni o per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigente»,


impegna il Governo


a far sospendere l'efficacia e l'esecutività, per un periodo di 12 mesi, di tutti i

provvedimenti di imputazione di prelievo supplementare effettuati per i periodi dal 1995/96 al 2008/09 compresi, di tutti i conseguenti provvedimenti di intimazione e di iscrizione a ruolo nonché dei provvedimenti di revoca delle quote assegnate ai sensi dell'articolo 10-bis del decreto-legge 28 marzo 2003 n. 49 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003 n. 119, in attesa che vengano recepiti i dati produttivi già emersi nel corso delle indagini di polizia giudiziaria citati in premessa.
(7-00756)
«Rainieri, Negro».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il 21 dicembre 2011, in occasione della prima asta di rifinanziamento organizzata dalla Banca centrale europea, le banche europee hanno ottenuto circa 500 miliardi di euro di nuovi fondi per allontanare il pericolo di una contrazione del credito;
di queste nuove risorse gli istituti italiani hanno chiesto e ottenuto 116 miliardi concessi al tasso agevolato dell'1 per cento;
piuttosto che mettere a disposizione di famiglie e imprese un'accresciuta liquidità ad un costo inferiore, secondo le indicazioni della Banca centrale europea, gli istituti creditizi risultano aver impiegato il capitale ricevuto per acquistare titoli del debito pubblico, in un momento in cui il rendimento di questi è assai elevato;
l'accesso al credito per le imprese è diventato ancora più rigido, come dimostra un'indagine condotta dalla SWG per la CNA (Confederazione nazionale dell'artigianato) in base alla quale l'80 per cento del campione è preoccupato del rapporto con le banche, il 78 per cento ritiene la stretta creditizia forte e le difficoltà maggiori rispetto al periodo negativo del 2008, il 56 per cento degli imprenditori considera più rigidi i criteri applicati per la concessione dei crediti o per l'apertura di linee di crediti;
le crescenti difficoltà di accesso al credito rischiano di alimentare preoccupanti fenomeni come l'usura, che lo Stato deve tenacemente combattere in nome della lotta all'illegalità -:
se il Governo sia a conoscenza di come sono stati impiegati i capitali concessi dalla Banca centrale europea e se ritenga opportuno promuovere un tavolo di confronto fra Governo, Banca d'Italia e istituti di credito, per individuare modi e strumenti per stimolare la liquidità messa a disposizione.
(2-01332) «Barbaro, Della Vedova».

Interrogazione a risposta scritta:

MESSINA, DONADI e PORCINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 5 marzo 2005, in una situazione di gravissimo dissesto idrogeologico, franava il versante sud della frazione Cavallerizzo di Cerzeto, comune calabrese della provincia di Cosenza, mentre la restante parte rimaneva perfettamente integra;

il paese di Cavallerizzo risale all'anno 1470 circa e vede residenti una delle poche minoranze etniche linguistiche ancora presenti in Italia, che parlano tuttora una lingua proveniente dall'albanese che si chiama «Arbereshe», e che si tramandano di generazione in generazione usi, cultura e tradizioni della loro etnia;
a seguito delle frane, Cavallerizzo veniva prima evacuato per motivi di sicurezza, quindi veniva decisa la delocalizzazione dell'intero abitato;
Cavallerizzo è stato quindi recintato e con un'apposita ordinanza comunale è stata vietata qualsiasi attività. Solo per tre giorni la settimana, i residenti possono accedere con orario predeterminato, e solo di giorno. L'accesso è precluso tassativamente se piove;
va sottolineato che la decisione relativa alla delocalizzazione è stata formalmente presentata dal dipartimento della protezione civile, unitamente alle relazioni geologiche, solo nel mese di ottobre 2009;
dette relazioni geologiche non fanno peraltro alcun riferimento a nuove indagini geognostiche di controllo, eseguite post-frana, che comprovino scientificamente e inoppugnabilmente l'esistenza di un fenomeno franoso attivo, su tutto, o parti significative del nucleo urbano di Cavallerizzo. I motivi della delocalizzazione si sono quindi fondati esclusivamente sulla frana ultima del 2005;
va ricordato che il medesimo rischio da frane «sismo-indotte» è analogo a gran parte dei centri abitati montani dell'intera regione Calabria, e nelle stesse suddette relazioni geologiche si riporta la presenza di diffusi fenomeni d'instabilità su tutto il tessuto edilizio della Calabria Nord occidentale, e non solo quindi sull'area urbana di Cavallerizzo;
di fatto quindi si è assistito all'abbandono dell'antico borgo, oggi posto sotto tutela da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, anche se, in conseguenza della frana del 2005, solo l'11 per cento delle case sono andate distrutte, ossia 35 abitazioni su 230 attualmente presenti. Il borgo è rimasto esattamente come sei anni e mezzo fa. Le abitazioni salvate sono rimaste integre, quelle poche distrutte o lesionate non sono state mai recuperate. Per sole 35 case si è deciso di abbandonare un intero paese e di realizzare un nuovo insediamento abitativo. Una new town, peraltro posizionata su una, zona a rischio frana, ancora oggi in via di completamento;
in pratica, l'antico Cavallerizzo, viene bollato come un paese ad altissimo rischio da frana, quando ad oggi, tutto il centro storico rimane sano come da secoli;
da circa un anno ci abita permanentemente una signora con un figlio disabile, nonostante che dal 7 marzo 2005, giorno dell'evento franoso, hanno interrotto l'erogazione di acqua e luce, tanto che la signora, unica residente nel borgo, si è dovuta munire di generatore di corrente;
in questi anni, è nata un'associazione denominata significativamente «Cavallerizzo Vive-Kajverici Rron», con l'intento di recuperare l'antico borgo abbandonato. Dal maggio 2008 detta associazione ha intrapreso una azione legale contro la delocalizzazione del borgo di Cavallerizzo;
per costruire il paese nuovo, sono stati impiegati finora 52 milioni di euro e altri fondi servono per il completamento di quest'opera secondo gli interroganti inutile e comunque sproporzionata. Si è peraltro avuto notizia che mancano le risorse finanziarie per la costruzione di una chiesa e della scuola. Con la scelta di realizzare queste nuove abitazioni, è stato completamente stravolto lo stile di vita, nonché il tessuto culturale, storico, antropologico e soprattutto urbanistico di questo borgo, sostituito con squallidi casermoni di cemento, senza «vita», ed in una zona franosa e a forte rischio sismico;
evidenti sono gli interessi economici e imprenditoriali che stanno dietro la decisione di realizzare il nuovo insediamento residenziale di Cavallerizzo, che sta comportando un vero e proprio spreco di

denaro pubblico, laddove sarebbe probabilmente bastata anche la metà dei fondi finora impiegati per risanare e recuperare questo storico paese. Nei cantieri hanno lavorato imprese della riconducibili a Diego Anemone, l'imprenditore indagato che era riuscito ad accaparrarsi una grossa fetta degli appalti per i «Grandi Eventi» gestiti dalla Presidenza del Consiglio;
va infine ricordato che la frana del 2005 ha coinvolto anche un tratto di circa 400 metri della strada provinciale 94, mai più ripristinato, con un evidente a danno delle attività economiche e sociali di una decina di paesi che da questa strada erano collegati. Questo collegamento stradale, di importanza cruciale in quanto serviva dalle 7.000 alle 10.000 persone, era inoltre l'unico che collegava i paesi montani vicini -:
se non si intendano adottare le opportune iniziative volte a recuperare e «riportare in vita» il borgo storico di Cavallerizzo, consentendo così la rinascita di un tessuto culturale, storico e antropologico che rischia di perdersi definitivamente;
se non si ritenga indispensabile attivarsi al fine di consentire il rientro della gran parte dei residenti che in questi anni hanno chiesto con forza di poter tornare a vivere nelle loro abitazioni del borgo.
(4-14615)

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che il siriano Kharat Mohammed (25 anni) ha sottratto la figlia Houda Emma di soli 21 mesi alla madre Alice Rossini (31 anni), trasferendola in Siria, mostrando altresì di non essere intenzionato a tornare in Italia;
alla base del presunto rapimento sembra esserci una separazione non accettata da Kharat Mohammed; che per ben due volte a distanza di una settimana era stato denunciato dalla compagna, a seguito di minacce di morte e pedinamenti;
il presunto rapimento sembra essere un gesto meditato, come testimoniato dal fatto che poco prima della separazione Kharat Mohammed aveva chiesto ed ottenuto dalla moglie il passaporto di quest'ultima e quello della figlia con la scusa di chiedere a Roma il visto per passare le vacanze in Siria -:
quali azioni stia assumendo il Ministro per sostenere ed aiutare la nostra concittadina Alice Rossini a trovare e a riportare a casa la figlia Houda Emma.
(2-01329)«Barbaro».

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si apprende dall'articolo della giornalista Mariagrazia Gerina, «Vattani, il console "fascio-rock" richiamato a Roma, pubblicato su "L'Unità" del 23 gennaio 2012, il signor Mario Andrea Vattani è tornato a Roma, a disposizione della commissione di disciplina che dovrà decidere le sorti della sua carriera diplomatica in seguito alla sua discussa e discutibile esibizione sul palco di Casapound vestendo i panni di "Katanga", leader dei "Sottofasciasemplice"»;
come riferisce sempre la giornalista Mariagrazia Gerina, cui va il merito di aver per prima sollevato l'imbarazzante questione che getta un indubbio discredito sull'intero corpo diplomatico italiano e sull'immagine del nostro Paese nel mondo,

dal momento che il signor Mario Andrea Vattani si sarebbe abbandonato a espliciti omaggi alla Repubblica di Salò e altre simili imbarazzanti espressioni e manifestazioni;
come informa sempre la giornalista Mariagrazia Gerina, quella che viene definita una «doppia identità», diplomatico di giorno, leader dei «Sottofasciasemplice» di notte, sarebbe stata «a lungo coltivata» -:
se risultino altre occasioni simili oltre all'ormai noto concerto a Casapound che ha visto la discussa e discutibile esibizione del signor Mario Andrea Vattani;
se non si ritenga utile e necessario disporre di un'inchiesta di carattere amministrativo per accertare se quanto pubblicato dalla giornalista Gerina corrisponde a verità.
(4-14605)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Cgil di Matera confederale e del settore chimico, ha denunciato con filmati e fotografie la presenza di sacchi contenenti fibre di amianto sfilacciate a diretto contatto con l'aria e senza alcuna misura di sicurezza per garantire la salute dei lavoratori e la salubrità dell'ambiente;
i suddetti sacchi sono ubicati dinanzi agli impianti dello stabilimento «NYLSTAR 2», in Valbasento in territorio di Pisticci (Matera);
l'impianto, fallito nel 2007, occupava circa 120 lavoratori, attualmente in mobilità in deroga;
in merito all'impianto Nylstar l'interrogante è primo firmatario di una interrogazione presentata il 2 agosto 2011, la n. 3-01789, per la quale non è pervenuta ancora alcuna risposta;
va ricordato che il citato impianto era addetto alla produzione di filo di nylon di altissima qualità utilizzato nella produzione tessile;
l'impianto NYLSTAR 2 fu finanziato con fondi pubblici e realizzato negli anni '93-95, in base all'accordo di programma per la reindustrializzazione della Valbasento a seguito della dismissione Eni, anni nei quali la legge n. 257 del 1992 già vietava l'impiego dell'amianto;
il rinvenimento di questi sacchi oggi desta notevole preoccupazione sia per lo stato di conservazione sia per la situazione complessiva che riguarda i lavoratori che vi hanno operato dagli anni 90 fino alla cessazione dell'attività nonché oggi per tutti i lavoratori dell'area della Valbasento;
si ricorda che altri impianti dismessi e presenti nell'area fanno capo o meglio facevano capo al gruppo Snia e che oggi sono in fase di smantellamento -:
se il Governo intenda attivare immediatamente, anche avvalendosi del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una procedura ispettiva in merito a quanto citato in premessa e promuovere la messa in sicurezza del sito e se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza volta a consentire per i lavoratori del gruppo l'eventuale riconoscimento dei benefici previdenziali per l'esposizione all'amianto.
(3-02032)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PES. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel mese di maggio 2011 è stata resa nota l'intenzione di installare, sulle coste

della Sardegna, dei radar di modello Elm-2226 di fabbricazione israeliana, su progetto della Guardia di finanza con lo scopo di prevenire l'immigrazione clandestina;
questi radar a micro-onde riuscirebbero a monitorare la superficie del mare a una distanza di circa 50 miglia;
i radar della Guardia di finanza vanno ad aggiungersi agli undici radar VTS della Guardia costiera;
fin da subito le popolazioni dei luoghi interessati hanno manifestato la loro contrarietà all'installazione dei radar, costituendosi in comitati («No Radar»);
congiuntamente alle associazioni in difesa del territorio, Italia Nostra ha promosso un ricorso al TAR per evidenziare i pericoli per la salute che l'installazione dei radar avrebbe causato;
a causa delle criticità emerse in fase di installazione, alle contestazioni, al ricorso al TAR e alle interrogazioni anche della sottoscritta, la Guardia di finanza ha rinunciato a installare i radar in Sardegna nei siti di Ischia Ruggia (Tresnuraghes), Capo Sperone (Sant'Antioco), Capo Pecora (Fluminimaggiore) e l'Argentiera (Sassari), individuando in alternativa quattro aree militari: Capo Caccia ad Alghero, Capo San Marco a Cabras, Capo Sandalo nell'isola di San Pietro e Capo Sant'Elia a Cagliari;
con nota 1 luglio 2011 il Comando Generale della Guardia di finanza ha richiesto la concessione di ospitalità presso siti in uso della Marina militare italiana ed alle Capitanerie di porto per la rete radar costiera;
i nuovi siti individuati (Capo S.Elia, Capo Sandalo, Capo S. Marco e Capo Caccia) per l'installazione dei radar presentano le stesse caratteristiche paesaggistiche e ambientali di quelli individuati precedentemente, pertanto presentono le stesse criticità;
in particolare l'area di Capo San Marco (in provincia di Oristano) è interessata da vincoli naturalistici (decreto legislativo n. 42 del 2004 e s.m.i.), dal vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23 del 1993);
l'attività di traffico marittimo nel porto di Oristano e Bosa sarebbero compromessi;
si è formato un comitato di cittadini contrario all'installazione del radar e alcuni giorni fa un gruppo di circa 200 persone ha sfilato per manifestare la propria contrarietà al radar a Capo San Marco;
poco distante da capo San Marco si trova la base militare di Capo Frasca nella quale già sussiste un impianto radar di considerevole importanza;
la Sardegna ospita già il 60 per cento del totale delle basi militari italiane -:
se non ritengano fortemente lesivo della dignità dei luoghi, dei territori e delle popolazioni coinvolte la costruzione di ulteriori radar in un territorio già profondamente sfruttato;
se non ritengano improcrastinabile adoperarsi per tutelare le aree interessate dalle installazioni vincolate ai sensi della normativa europea, statale e regionale, per l'elevato valore ambientale, faunistico e paesaggistico, oltre che per tutelare l'economia dei luoghi interessati.
(5-05989)

Interrogazione a risposta scritta:

SARUBBI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la direttiva europea 2008/98CE, recepita dal decreto legislativo n. 205 del 2010, indica con chiarezza le priorità e la gerarchia nella gestione dei rifiuti: superamento delle discariche, riduzione e riutilizzo dei materiali attraverso un forte potenziamento della raccolta differenziata, impianti per il trattamento industriale, recupero di energia e utilizzo residuale della discarica;

architrave di questo processo è il raggiungimento di percentuali di raccolta differenziata nelle città italiane che la legge indicava nel 65 per cento entro il 2011. Pochi tuttavia sono risultati gli enti locali in grado di raggiungere tale cifra. Particolarmente grave è la situazione della città di Roma dove tale percentuale è ferma al 24 per cento tanto da dover chiedere alla regione Lazio una proroga fino al 2014 e da abbassare al 35 per cento l'obiettivo di differenziata sul totale;
pur avendo ricevuto dalla regione oltre 40 milioni di euro per incrementare la raccolta differenziata, negli ultimi due anni il comune di Roma ha visto di fatto interrompersi il processo verso una gestione europea dei rifiuti. Le risorse sono state spese, ma il trend attuale porta a stimare in circa venti anni il tempo necessario per il conseguimento degli obiettivi posti dalla legge;
una larga parte della raccolta differenziata, inoltre, non riesce ad essere smaltita nelle strutture di via di Rocca Cencia e via Salaria, destinate al recupero materiali; nonostante l'AMA lo neghi, accade che carta, vetro, plastica e materiali ferrosi, vengano sversati nella discarica di Malagrotta, come documentato dalla trasmissione «Presa diretta» andata in onda su Rai 3 il 22 gennaio 2012;
all'interrogante appare grave l'inefficienza degli enti locali interessati (comune di Roma e regione Lazio), e non sembra adeguato rispetto alle direttive europee e alle leggi italiane, il piano rifiuti approvato nel mese di gennaio dalla regione Lazio, che, ad avviso dell'interrogante, presenta il rischio che si incorra in ulteriori infrazioni -:
se il Ministro interrogato non intenda accertare e rendere pubblico l'ammontare esatto del materiale (vetro, carta, plastica, materiali ferrosi, sostanza organica) recuperato dalla raccolta differenziata e quello effettivamente riciclato in tutte le regioni italiane e nei comuni capoluogo nell'anno 2011;
in particolare, se, alla luce della decisione del Consiglio dei ministri di mantenere lo stato di emergenza ambientale e della proroga dell'apertura fino al 30 giugno 2012 della discarica di Malagrotta decisa dal commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, non intenda verificare l'esistenza di precise responsabilità amministrative che abbiano causato la situazione evidenziata in premessa nel comune di Roma.
(4-14620)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Postetributi, società di servizi del gruppo Posteitaliane costituita in forma di società consortile per azioni, partecipata da Poste Italiane Spa (al 70 per cento), da Postecom Spa (al 10 per cento), da Postel Spa (al 10 per cento) e dall'Agenzia italiana per pubbliche amministrazioni Spa - AIPA (al 10 per cento), svolge servizi riguardanti le attività di supporto alla riscossione, liquidazione ed accertamento di tutte le entrate - comprese quelle tributarie - degli enti locali (comuni, province, regioni, consorzi, unioni di comuni ma anche aziende ex municipalizzate o in house dei comuni), ivi inclusa la riscossione coattiva tramite ingiunzione fiscale per gli enti che intendono gestire la riscossione coattiva in forma diretta;
dal 21 dicembre 2010 Poste italiane Spa è tornata ad essere partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
secondo quanto emerge dalla relazione finanziaria semestrale del gruppo, al 30 giugno 2011, Postetributi ScpA evidenzia

ricavi per 1.370.000 euro, altri proventi per 119.000 euro, costi per beni e servizi per 3.000 euro, altri oneri e costi per 458.000 euro e oneri finanziari per 2.000 euro;
la relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria di Poste Italiane Spa per l'esercizio 2009 evidenzia che negli anni 2007-2009 la Postetributi ScpA ha chiuso il proprio bilancio in pareggio per ciascuno degli anni considerati, mentre non vi sono notizie sull'andamento successivo che, secondo notizie di stampa, risulterebbe in perdita;
la relazione della Corte dei conti rileva inoltre che, allo scadere dell'esercizio 2009, la società consortile ha registrato ricavi da mercato, riferiti a prestazioni regolate da contratti di servizio stipulati con alcune amministrazioni comunali, per soli 0,52 milioni di euro, mentre i restanti 1,55 milioni di euro (95 per cento del totale), classificati sotto la voce altri ricavi, sono formati dai contributi ordinari d'esercizio, versati dai consociati, necessari alla gestione del Consorzio;
ai costi della produzione, che ammontano a quasi 2 milioni di euro (1,9 milioni nell'esercizio 2008), contribuiscono prevalentemente spese per servizi, pari a 1,8 milioni di euro, dei quali 1,0 milioni di euro riconducibili al riaddebito dei costi del personale distaccato;
la relazione finanziaria del gruppo Posteitaliane al 31 dicembre 2010 evidenzia debiti di Postetributi ScpA verso la controllante Poste Italiane Spa per circa 1,3 milioni di euro;
al contrario di quanto avviene per le altre società controllate, la relazione non contiene il bilancio di Postetributi ScpA, né una sezione dedicata al rendiconto sull'attività di riscossione svolta dal gruppo;
in tale contesto appare importante che il Ministero dell'economia e delle finanze garantisca la massima trasparenza sui conti e sull'attività di tale società, che fa parte del perimetro delle società controllate dal Ministero;
inoltre, nel quadro delle innovazioni che interesseranno in particolare il settore della riscossione delle entrate locali, alla luce del disimpegno di Equitalia da tale attività, previsto, a seguito delle modifiche alla normativa in materia apportate dal decreto-legge n. 201 del 2011, per il 31 dicembre 2012, appare fondamentale offrire al Parlamento una panoramica più dettagliata circa il ruolo svolto dalla predetta società Postetributi nel comparto della riscossione degli enti locali -:
quali informazioni possa fornire circa l'operatività di Postetributi ScpA nel settore della riscossione degli enti locali, nonché in merito al contributo di tale attività rispetto al conto economico della società stessa.
(5-06002)

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN, BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il fondo sovrano Aabar, facente capo all'emirato di Abu Dhabi, è salito al 6,5 per cento del capitale di Unicredit; tale nuova acquisizione fa seguito all'acquisto, che, nel 2010, ha consentito al fondo di arrivare al 4,99 per cento;
complessivamente sono 12 i soci arabi e 7 i soci cinesi che detengono partecipazioni significative: tra questi, la Central Bank of Libya detiene il 4,613 per cento, mentre la Libyan Investment Authority e la Libyan Foreign Bank detengono il 2,594 per cento del capitale di Unicredit;
Unicredit risente, come tutte le altre banche italiane della crisi dei mutui subprime, esplosa negli Stati Uniti nel 2007 e, soprattutto, della crisi dei debiti sovrani che ha colpito in particolare Spagna ed Italia nel 2011, che hanno fatto perdere gran parte del valore ai nostri istituti di credito; colpa anche dell'EBA che ha elevato

gli indici di patrimonializzazione delle banche, rendendo necessaria una ricapitalizzazione dell'intero sistema italiano pari a circa 14,7 miliardi di euro, di cui circa la metà per la sola Unicredit;
parallelamente all'ascesa dei soci arabi e cinesi si assiste alla discesa delle fondazioni bancarie socie non solo di Unicredit; esse, infatti, sono limitate da una normativa che le «costringe» giustamente a non distribuire gli utili, ma ad investirli sul territorio e la necessità di procedere alla ricapitalizzazione delle banche conferitarie le costringe a diluire la propria partecipazione o, in alternativa, a dismettere il patrimonio;
il rischio è quello di veder venire meno il legame con il territorio e, conseguentemente, il supporto al sistema industriale locale e alle famiglie -:
quali iniziative di competenza intenda assumere per non disperdere il capitale delle fondazioni oggi socie di Unicredit a vantaggio dei ricchi fondi arabi, che, facilitati dalla perdita di valore della banca, stanno scalando la principale banca italiana.
(5-06003)

Interrogazioni a risposta scritta:

MOSELLA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi le reti del servizio pubblico hanno trasmesso uno spot per promuovere il pagamento del canone di abbonamento alla Rai;
lo spot in questione, secondo quanto riportato da organi di informazione, sembra essere stato realizzato da un'agenzia esterna all'azienda Rai, la McCann;
la scelta di far ricorso ad un appalto esterno, anziché alle risorse ed alle molte professionalità interne dell'azienda, ha comportato necessariamente un costo che, in un momento di crisi quale quello attuale, appare del tutto ingiustificato;
ad avviso dell'interrogante nello spot vengono utilizzate in modo improprio e del tutto inopportuno, immagini di Papa Giovanni Paolo II, figura carismatica e personalità amata non soltanto tra i fedeli;
non è dato di cogliere le ragioni per le quali si è preferito autorizzare un appalto esterno anziché ricorrere alle risorse interne dell'azienda Rai -:
se il Ministro, per quanto di sua competenza, intenda fornire informazioni sui costi sostenuti per la realizzazione dello spot in questione, investendo eventualmente la Corte dei conti dei connessi profili contabili.
(4-14617)

MELIS, CALVISI, PORCU, TESTONI e ARTURO MARIO LUIGI PARISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con delibera del CIPE del 3 agosto 1988, relativa all'approvazione del secondo piano annuale di attuazione del programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno 1988/1990, venivano trasferiti alla regione Sardegna le competenze per l'attuazione di interventi riguardanti l'azione organica sulle zone interne;
con propria deliberazione 51/1 dell'8 novembre 1988 di ripartizione degli interventi la regione sarda attribuiva al proprio assessorato ai lavori pubblici l'intervento per realizzare la strada del collegamento Ittiri-Usini-Tissi con la strada statale 131;
il detto assessorato affidava l'opera alla provincia di Sassari, la quale ne approvava il progetto e stipulava apposita convenzione con la regione sarda (rep. 1677 del 20 aprile 1989) ai fini dell'ottenimento del conseguente decreto di approvazione del progetto dei lavori e contestuale impegno di spesa (decreto n. 347 del 27 novembre 1989 del coord. gen. dell'assessorato ai lavori pubblici della regione stessa) dell'importo di lire 38.570.695.474 + IVA;
nel corso dell'esecuzione dei lavori, avvalendosi della formula concessoria ai sensi della legge regionale n. 24 del 22 aprile 1977, la

provincia di Sassari, con deliberazione G.P. 1070 del 25 luglio 1988, attribuiva in concessione alla società Efimpianti spa con sede a Roma l'esecuzione dei lavori «per la costruzione della strada a scorrimento veloce di razionalizzazione del collegamento Ittiri-Usini-Tissi con la strada statale 131, Lotto di completamento dalla stazione di Tissi-Usini a Ittiri», procedendo in data 11 settembre 1989 alla stipula del relativo contratto rep. 7809, del valore di lire 40.000.000.000 + IVA (il corrispettivo della concessione veniva ridotto a lire 38.570.695.474 + IVA). Successivamente, con atto aggiuntivo del 24 settembre 1992, rep. 8338, affidava alla stessa Efimpianti s.p.a, i lavori di costruzione dello svincolo per Uri per il raccordo alla stessa strada per l'importo di lire 4.000.041.623 + IVA, oneri di concessione inclusi, finanziati dall'assessorato ai lavori pubblici della regione Sardegna con decreto del coordinatore gen. dello stesso assessorato n. 1821 del 26 novembre 1991;
Efimpianti si avvaleva, per l'attuazione dei lavori, di due associazioni temporanee di imprese (ATI), Edistra e Cogeme, più tardi poste in liquidazione;
i lavori di cui al contratto rep. 7809/1989 venivano ultimati in data 16 giugno 1993 (e gli atti di collaudo approvati con deliberazione G.P. 848/1996). In sede di emissione di certificato di ultimazione dei lavori (16 giugno 1993) il direttore dei lavori e l'ingegnere capo respingevano le riserve presentate dall'impresa (a fine lavori, va sottolineato, e non in corso d'opera) relativamente alla richiesta di pagamento di lire 7.861.236.771 per la revisione prezzi contrattuali maturata a tutto il 16 giugno 1993, oltre agli interessi di legge, ed alla richiesta inoltre del pagamento di lire 625.498.777 quale revisione prezzi, relativamente ai lavori eseguiti successivamente alla data del termine contrattuale originario, con scorporo dell'alea revisionale del 10 per cento;
i lavori invece di cui al contratto rep. 8338/1992 venivano ultimati in data 9 aprile 1993 (e gli atti di collaudo ugualmente approvati con deliberazione G.P. 848/1996). In sede di sottoscrizione del certificato di collaudo, Efimpianti dichiarava di confermare la riserva iscritta nel certificato di ultimazione dei lavori, avanzando la richiesta di vedersi riconosciuta la somma di lire 983.387.186 quale revisione prezzi contrattuali maturata a tutto il 9 aprile 1993, oltre agli interessi di legge;
successivamente la concessionaria reiterava con la notifica di specifici atti di diffida in data 29 settembre 1997, le summenzionate richieste; ancora successivamente Efimpianti s.p.a. proponeva due ricorsi ex articolo 4 ss. del decreto legislativo CPS 1501/1947, rispettivamente al Ministero dell'interno e alla commissione ministeriale per la revisione dei prezzi, notificandoli alla provincia di Sassari in data 21 novembre 1997;
i due ricorsi erano parzialmente accolti dal Ministero dell'interno, di concerto con quello dei lavori pubblici sulla base del parere della commissione ministeriale per la revisione prezzi (decreto 19 luglio 1999: eccezion fatta della pretesa del ricorrente Efimpianti s.p.a. di ottenere lo scorporo dell'area revisionale per i lavori eseguiti dopo la scadenza del termine contrattuale originario);
avverso il decreto 19 luglio 1999 la provincia ricorreva al tribunale amministrativo regionale Sardegna, chiedendone l'annullamento per motivi attinenti alla violazione del diritto alla difesa, per tardività e ragioni di merito. Il Tar Sardegna, con sentenza n. 170 22 febbraio 2001 annullava i provvedimenti impugnati;
la società Efimpianti s.p.a. presentava allora istanza presso la commissione ministeriale di riesame dei ricorsi, e tali ricorsi erano parzialmente accolti; la successiva impugnativa presso il Tar Sardegna da parte della provincia veniva rigettata con sentenza n. 663/2010; l'appello successivo era poi respinto dal Consiglio di Stato in data 15 marzo 2011;
frattanto, soppresso l'EFIM nel 1992-93, in data 18 luglio 2007, la Ligestra s.r.l., «società interamente controllata da Fintecna s.p.a.» e «costituita ad hoc per la gestione di attività liquidatorie» (così testualmente

nelle premesse del relativo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 luglio 2007, n. 71033), subentrava in tutte le posizioni attive e passive già facenti capo alle liquidazioni coatte amministrative ex Efim, e, conseguentemente, anche di quelle già Efimpianti; acquisiva in questo contesto l'importo che all'atto della loro liquidazione Edistra e Cogeme avevano versato a titolo di fondo legali a Efimpianti in vista di sostenere il contenzioso con la provincia (euro 79.740.00);
alla Ligestra, in data 20 maggio 2008 subentrava però la Cordusio-società fiduciaria per azioni, rendendosi cessionaria pro soluto della complessiva pretesa creditoria vantata, in via litigiosa, dalla Ligestra (pretesa già vantata da Efimpianti);
a titolo di corrispettivo della cessione la Ligestra avrebbe trattenuto, secondo quanto risulta agli atti (in particolare dalla lettera della Ligestra a Cordusio, Roma, 29 luglio 2008, firmata dal consigliere delegato avvocato Riccardo Taddei), soltanto l'importo a suo tempo conferitole dalle liquidazioni giudiziarie di Edistra e Cogeme a titolo di fondo spese legali, importo pari a euro 79.740,00;
la provincia di Sassari, per parte sua, richiedeva più volte (da ultimo con lettera 12 gennaio 2012 a firma della presidente Giudici) al Ministero parere in merito all'individuazione dell'attuale effettivo beneficiario del credito, «onde poter procedere limitando al massimo le ulteriori spese, rappresentate dal pagamento degli interessi sul capitale in liquidazione e poste a carico dell'Amministrazione» provinciale -:
attraverso quali atti e con quali modalità la Cordusio abbia rilevato il credito che la Ligestra avrebbe presumibilmente, sulla base delle sentenze citate, potuto facilmente riscuotere autonomamente; e come si possa spiegare, se la notizia risponde a verità, che la cessione di un credito di oltre 11 milioni di euro sia avvenuta da parte di Ligestra (società controllata interamente da Fintecna e costituita ad hoc per le attività liquidatorie) contro il solo corrispettivo (versato da Cordusio) di 79.740,00 euro;
se Ligestra, data la sua natura di società controllata da Fintecna e la missione affidatale dal decreto ministeriale, potesse disfarsi del proprio credito alle condizioni suddette;
se Cordusio per quanto risulti al Governo sia pienamente legittimata a riscuotere il credito;
se risulti quale sia la composizione del capitale sociale di Cordusio e se esistano legami e quali tra Cordusio e Ligestra;
quali altri crediti abbia eventualmente acquisito Cordusio, in Sardegna e in Italia, e da quali soggetti pubblici e a quali condizioni;
se ritenga il Ministro che, relativamente al caso in questione, possa aver rilievo, e quale, l'articolo 1, comma 493, della legge finanziaria per il 2007, espressamente richiamato nelle premesse del decreto 18 luglio 2007, n. 71033 relativo al trasferimento dei patrimoni e rapporti di EFIM in liquidazione coatta amministrativa e delle società in liquidazione coatta amministrativa controllate dalla società Fintecna s.p.a., in particolare laddove stabilisce che, sull'«eventuale maggiore importo risultante dalla differenza tra l'esito economico consuntivato alla chiusura della liquidazione e il corrispettivo versato», «detratto il costo della valutazione», «il 70 per cento è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze e la residua quota del 30 per cento è di competenza della società trasferitaria in ragione del migliore risultato conseguito nella liquidazione»;
se alla luce di questa norma, per quanto risulti al Governo, saldando il debito verso Cordusio (sia pure contraendo un mutuo che si annuncia particolarmente gravoso), la provincia di Sassari

abbia provveduto ad ottemperare interamente ai propri obblighi originariamente sorti nei confronti dell'Efimpianti (e poi di Ligestra).
(4-14619)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

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GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
durante le passate festività natalizie, il sito di commercio on-line della società Madhitech (http://madhitech.com) ha raccolto circa duemila adesioni per l'acquisto di materiale elettronico ed elettrodomestici, attraverso il pagamento di un bonifico bancario a un tale sig. Pietro Vandalo su un conto corrente della Banca delle Marche a Roma indicato sul portale;
sembra che siano presenti su alcuni Forum, nonostante le numerose recensioni fasulle positive, testimonianze di truffati, tanto che su Facebook è stato creato un gruppo che riunisce i malcapitati (http://www.facebook.com/groups/madhitech);
inoltre, è stato realizzato un video su YouTube (http://www.youtube.com/watch?v=HF5pqwLp5-K), al fine di segnalare le false informazioni inserite nella rete per confondere i consumatori;
pare che gli importi della truffa siano stati stimati da 250 euro fino a 3.000 euro -:
se non ritengano opportuno verificare le informazioni sopraesposte e, qualora risultino corrette, intervenire con urgenza, al fine di evitare che altri ignari sventurati possano essere vittime di tale truffa;
quali strumenti intendano adottare affinché tali episodi, sempre più numerosi, vengano individuati tempestivamente.
(2-01330)
«Stucchi, Consiglio, Vanalli».

Interrogazione a risposta orale:

MANTOVANO e CROSETTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da uffici giudiziari dislocati in vari distretti emerge che, a seguito delle nuove norme sull'arresto in flagranza, introdotte dal decreto-legge n. 211 del 22 dicembre 2011, il cui disegno di legge di conversione è in corso di esame da parte dell'Assemblea del Senato - e in particolare delle disposizioni che reintroducono l'utilizzo delle camere di sicurezza al posto degli istituti di pena -, si è determinata notevole incertezza operativa tra le forze di polizia e fra esse l'autorità giudiziaria;
infatti, come è stato illustrato dal vice capo della polizia prefetto Cirillo, nel corso di un'audizione sul decreto-legge davanti alla Commissione giustizia del Senato, e come è stato spiegato in modo dettagliato nella relazione dallo stesso depositata nella circostanza, ci sono presidi di polizia - quelli costruiti da vent'anni a oggi - che sono privi delle camere di sicurezza; quelli che ne dispongono le avevano da tempo destinate ad altro, sì che vi sono difficoltà per il loro riadattamento; gli appartenenti alle forze di polizia (con esclusione della polizia penitenziaria) non sono stati formati per svolgere compiti di custodia nei loro presidi di soggetti tratti in arresto;
l'esito di tutto ciò, nel primo mese di applicazione delle nuove misure, si sarebbe tradotto in un calo del numero degli arresti in flagranza, preferendo al loro posto la denuncia a piede libero; quindi, in un corrispondente calo del livello di sicurezza, derivante dalla permanenza in libertà di persone che, nel contesto normativo antecedente, sarebbero state tratte in arresto; a ciò si aggiunge il disagio nel dover comunque organizzare ex novo il servizio delle camere di sicurezza, distogliendo risorse umane e finanziarie dai compiti propri delle forze di polizia, in un momento in cui i tagli impongono l'uso più razionale delle risorse medesime;

per porre il Parlamento nelle condizioni di affrontare l'esame della legge di conversione del decreto-legge prima richiamato con piena consapevolezza delle conseguenze della sua prima applicazione, è indispensabile conoscere dettagliatamente gli effetti delle sue norme, in particolare di quelle sulle camere di sicurezza, con particolare riferimento: a) al confronto fra il numero degli arrestati in flagranza nel primo mese di applicazione e il numero degli arrestati nel mese precedente; b) al numero delle camere di sicurezza oggi disponibili e alle condizioni nelle quali si trovano; c) alle spese finora sostenute per tale allestimento e a quelle che si prevede debbano sostenersi per la piena funzionalità del nuovo sistema; d) al numero di unità di polizia di Stato e di carabinieri impegnati quotidianamente per la sorveglianza e per la funzionalità delle camere di sicurezza, dal momento dell'entrata in vigore del decreto, e ai compiti dai quali per tale impiego sono stati sottratti -:
quale sia il numero degli arrestati in flagranza nel primo mese di applicazione del decreto-legge n. 211 del 2011, e quale fosse il numero degli arrestati nel mese precedente;
quante siano le camere di sicurezza oggi disponibili e in quali condizioni si trovino;
quali siano le spese finora sostenute per tale allestimento e quali si preveda debbano sostenersi per la piena funzionalità del nuovo sistema;
quale sia il numero delle unità di polizia di Stato e di carabinieri impegnate quotidianamente per la sorveglianza e per la funzionalità delle camere di sicurezza, dal momento dell'entrata in vigore del decreto-legge, e da quali compiti siano state sottratte per tale impiego.
(3-02035)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

SAMPERI, ANDREA ORLANDO, FERRANTI, GARAVINI, PICIERNO, CAUSI, BURTONE, CAPODICASA, ANTONINO RUSSO, SIRAGUSA, ROSSA, CARDINALE, BERRETTA e PORTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le novità normative introdotte nel nuovo codice antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, presentano elementi di rischio per l'efficacia delle misure di contrasto alla mafia, poiché il codice è diventato il codice delle misure di prevenzione, e, sebbene esso compia un'ampia opera di ricognizione, coordinamento e armonizzazione delle disposizioni presenti in una pluralità di leggi approvate dal 1956 al 2010 permangono numerose criticità che rispondono ad una filosofia volta a far «cassa» con i beni sottratti alla mafia, filosofia che svuota di significato la memoria legislativa della legge Rognoni - La Torre, come denunciato anche dalle associazioni in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, come il Centro Pio LaTorre, Libera, l'associazione «Rocco Chinnici» e che contrasta con i più recenti indirizzi del Parlamento europeo che riconosce come di essenziale importanza il riutilizzo dei capitali illeciti per fini sociali, attraverso un meccanismo di reinserimento nel circuito sociale legale pulito e trasparente, con una valenza di sviluppo economico e sociale oltre che di prevenzione del crimine;
il nuovo codice delle misure di prevenzione lascia trasparire una volontà di eccessiva tutela dei diritti dei terzi sui beni sequestrati o confiscati, e delinea una figura del giudice di prevenzione più simile al giudice fallimentare, in un'ottica tutta tesa fondamentalmente a incrementare la vendita dei beni confiscati;
il principio cardine deve essere, invece, quello per cui durante il procedimento di prevenzione deve permanere un'attività conservativa riguardo al bene e che gli effetti ablatori derivano solo dalla confisca definitiva;

uno degli interventi che appaiono indifferibili riguarda ad esempio i termini perentori di efficacia del sequestro e della confisca, introdotti dagli articoli 24 e 27 del nuovo codice: la fissazione di un termine perentorio, non superiore in nessun caso a due anni e sei mesi, per ciascuno dei gradi del giudizio di merito, si pone in insanabile contrasto con le esigenze di approfondimento e di garanzia sottese al procedimento di prevenzione,
in nessun caso i principi europei fanno discendere dalla eventuale inosservanza dei termini ragionevoli un pregiudizio per gli interessi della collettività o per le vittime dei reati e sempre hanno inteso quei termini in maniera elastica e opportunamente commisurata alla complessità e alla natura degli interessi in gioco;
gli altri due settori da riformare sono strettamente connessi tra di loro ed attengono alla tutela dei terzi e alla vendita dei beni sequestrati: è stato predisposto, con gli articoli 57 e seguenti del nuovo codice, un procedimento di «formazione dello stato passivo» che sovrappone alla logica del processo di prevenzione, volta all'affermazione della legalità mediante il riutilizzo sociale dei beni confiscati, la diversa logica del fallimento, finalizzata esclusivamente alle tutela dei creditori;
l'articolo 60 stabilisce che, una volta conclusa l'udienza di verifica dei crediti, l'amministratore giudiziario deve effettuare la liquidazione dei beni mobili, delle aziende e dei beni immobili «ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo»;
è chiaro che la nuova disciplina rischia di determinare un completo «svuotamento» dei patrimoni in sequestro, con la chiusura delle aziende e pesanti riflessi sul piano occupazionale, danneggiando in modo irrimediabile gli interessi dell'erario e rendendo impossibile, nei fatti, la realizzazione dell'obiettivo della destinazione a fini sociali dei beni confiscati, che rappresenta una delle più innovative caratteristiche del sistema italiano e costituisce una grande ragione di speranza per i giovani, grazie al forte impegno di alcune delle migliori espressioni organizzate della società civile;
è innegabile che i meccanismi di tutela dei terzi rispondono a esigenze e valori di diffusa condivisione anche in riferimento alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell'uomo, ma alcune disposizioni, quelle che prevedono la formazione dello stato passivo e la liquidazione dei beni, appaiono ispirate dall'intento di favorire, piuttosto che la continuità e l'ulteriore sviluppo delle aziende sequestrate e confiscate, la loro futura liquidazione e vendita secondo una visione improntata piuttosto alla procedura di un giudizio fallimentare che al processo di prevenzione;
sembra maturo il tempo di un impegno comune di riforma, con il coinvolgimento di tutte le istituzioni dello Stato, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, delle associazioni antimafia, in linea con il pensiero di Pio La Torre, che vedeva nella lotta alla mafia una straordinaria occasione di riscrivere collettivamente la storia di un Paese nel quale troppo spesso i poteri criminali hanno ristretto in misura intollerabile gli spazi della democrazia, della libertà economica, dell'autonomia individuale -:
se il Ministro condivida le criticità illustrate in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di rafforzare gli strumenti di contrasto alla mafia, promuovendo in particolare il riutilizzo per fini sociali dei patrimoni confiscati.
(5-05992)

PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il consiglio dell'ordine degli avvocati di Nuoro ha deliberato l'astensione dalle udienze civili e penali per i giorni 12 e 13 dicembre 2011 in relazione alla situazione in cui versano gli uffici del tribunale, caratterizzata da una gravissima carenza

di organico nel tribunale penale, che, anche a causa dei recenti trasferimenti di magistrati, potrebbe portare alla pressoché totale paralisi nella celebrazione dei processi, e dalle carenze di organico presenti nelle cancellerie civili, compresa l'assenza, da anni, del dirigente di cancelleria;
in particolare, la sezione penale del tribunale di Nuoro prevede una pianta organica composta dal presidente e da 5 giudici. A seguito del trasferimento della dottoressa De Angelis e del dottor Fenicia risultava presente il solo presidente della sezione dottor Demuro, il quale potrà contare nei prossimi mesi unicamente sull'apporto del dottor Arca, applicato dal tribunale di Cagliari a quello di Nuoro. In sintesi, risultavano scoperti n. 4 posti di giudice del settore penale. Tutto ciò a fronte del seguente carico di lavoro: risultavano pendenti presso il tribunale in composizione monocratica n. 900 processi e presso la cancelleria circa n. 2.000 richieste del pubblico ministero per l'indicazione delle date da inserire nei decreti di citazione a giudizio. Nel primo semestre del 2012 si prevedeva che sarebbero potute pervenire da parte della procura della Repubblica non meno di n. 1.000 richieste di indicazione di date di udienza da inserire nei decreti di citazione a giudizio. Si andava quindi a profilare un arretrato enorme, pari a circa n. 3.000 processi. In tale drammatica situazione il Presidente del tribunale dottor Vito Morra aveva assunto un ruolo monocratico esercitando funzioni di GIP-GUP. Analoga carenza di organico era riscontrabile presso il tribunale collegiale (comprendente anche la corte d'assise) presso il quale erano pendenti processi riguardanti gravi delitti e imputati sottoposti a misure cautelari;
il tribunale di Nuoro copre un vasto territorio delle zone interne delta Sardegna, da sempre le più critiche per quanto attiene il problema della legalità stante il contesto ambientale tradizionalmente difficile;
erano in copertura da parte del Consiglio superiore della magistratura i quattro posti vacanti, cosicché si sperava che almeno da aprile del prossimo anno l'organico sarebbe stato coperto e l'arretrato man mano smaltito. Ed in effetti la competente commissione del CSM aveva proposto l'assegnazione al tribunale di Nuoro dei quattro magistrati mancanti. Invece, a distanza di soli quindici giorni dalla proposta, il plenum ha ridotto ad una sola unità l'assegnazione al predetto tribunale;
tale decisione appare all'interrogante del tutto incoerente sia con le esigenze dello stesso tribunale, ove la giustizia penale sarà sempre più gravemente denegata, sia persino con i criteri di revisione delle circoscrizioni giudiziarie disposta dall'articolo 1 dell'ultima manovra finanziaria, che attribuisce al Governo il compito di realizzare un accorpamento di uffici giudiziari ma fa salvi comunque i tribunali siti nei capoluoghi di provincia (come quello di Nuoro);
la motivazione della decisione assunta (favorire i tribunali maggiori) è, a giudizio dell'interrogante, non comprensibile, perché la carenza di tre magistrati in una sede ove l'organico fosse ad esempio di 100 (con uno scoperto del 3 per cento) risulterebbe assai meno incisiva che in un tribunale - come quello di Nuoro - ove il taglio di tre magistrati determina la scopertura del 60 per cento dei posti, rendendo tra l'altro impossibile la costituzione dei collegi giudicanti, ho è ancor più se si pensa che il compito di rivedere con accorpamenti le circoscrizioni giudiziarie non è ancora stato eseguito e si è ancora in cerca dell'individuazione dei criteri. Questi non possono comunque né contemplare la soppressione né prevedere che non possano funzionare tribunali come quello di Nuoro, ove più forte è l'esigenza di giustizia per le caratteristiche ambientali sopra descritte -:
se sia a conoscenza dell'insostenibile situazione del tribunale di Nuoro e quali osservazioni, anche ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958, intenda far pervenire all'organo di governo autonomo della magistratura affinché siano rispettate le

istanze di giustizia dei tribunali più svantaggiati, ed in particolare di quello di Nuoro.
(5-05993)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a breve la procura della Repubblica di Pordenone rischia di dover affrontare una nuova carenza di personale inquirente;
dopo le svariate denunce relative alla scarsità di sostituti procuratori, la locale sede ha, infatti, lamentato una riduzione del numero di vpo, i viceprocuratori onorari, che da tempo affiancano i colleghi togati in attività di udienza e di indagine;
tra assenze per malattia e posti di organico non coperti, nelle ultime settimane si sarebbero già verificati dei limitati disguidi per l'utenza e per l'avvocatura, come un rinvio a nuova data delle udienze fissate avanti il giudice di pace di Maniago -:
quali iniziative di competenza intenda adottare con estrema urgenza per evitare situazioni di criticità all'interno della procura della Repubblica presso il tribunale di Pordenone, a causa della carenza di personale inquirente, nonché dei viceprocuratori onorari (vpo).
(5-05994)

LUSSANA e BITONCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia riguardante la concessione del regime di semilibertà a favore di Marino Occhipinti, l'ex poliziotto che nel 1988 aveva compiuto l'omicidio della guardia giurata Carlo Beccari durante l'assalto ad un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio, in provincia di Bologna;
l'ex poliziotto era un componente della squadra mobile di Bologna, ma con i tre fratelli Savi faceva parte della cosiddetta banda della «Uno Bianca», organizzazione criminale assurta alle cronache per aver compiuto ben ventiquattro omicidi e provocato il ferimento di oltre cento persone tra Bologna, la Romagna e le Marche negli anni compresi tra il 1987 e il 1994;
la notizia della richiesta della misura di detenzione alternativa, raggiunti i termini per presentarla, era arrivata alla vigilia dell'anniversario dell'eccidio del Pilastro, il 4 gennaio, ed aveva già fatto discutere, ma la concessione della semilibertà da parte del tribunale di sorveglianza di Venezia ha giustamente scatenato la reazione indignata dei familiari delle vittime, tra le quali va annoverata in primo luogo quella di Luigi Beccari, l'anziano padre della giovane guardia giurata uccisa ventiquattro anni fa;
già in passato si erano sollevate polemiche riguardo al regime di detenzione riservato ad Occhipinti, che stava scontando la pena dell'ergastolo, in particolare quando nel 2010 aveva potuto usufruire del permesso per partecipare ad una via crucis, circostanza che ancora una volta non sembrava tenere conto del rispetto dovuto ai familiari della vittima, colpiti duramente nei loro affetti più cari;
la decisione della magistratura di concedere il regime di semilibertà ad uno dei killer della «Uno Bianca», comporterà per costui la possibilità di trascorrere parte della giornata fuori dal carcere, per partecipare ad attività lavorative e sociali, e pur rispondendo ad una applicazione rigorosa della legge, non manca di suscitare sconcerto ed indignazione dato che sarebbe stato preferibile un pronunciamento diverso che tenesse conto delle circostanze e dell'efferatezza di ciò che è stato compiuto dalla banda criminale e fatto subire alle persone coinvolte, ai loro familiari e a tutti i cittadini;
il caso summenzionato, a parere dell'interrogante, appare emblematico di una situazione, generalizzata e molto più diffusa di quanto non appaia, in cui non sembra avere alcuna considerazione la dignità delle persone offese dal reato;

in generale, non appare essere stato garantito un adeguato livello di protezione e sostegno nei confronti delle persone offese dai reati, anche sotto il profilo risarcitorio -:
se e quali strumenti di tutela ritenga necessario introdurre nel nostro ordinamento per garantire una maggior tutela alle vittime di reati, soprattutto se violenti, nonché ai loro familiari.
(5-05995)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI e DISTASO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da qualche anno si discute della situazione del carcere di Spinazzola (BT), una struttura all'avanguardia moderna e perfettamente attrezzata inizialmente destinata ad ospitare detenuti sex offender;
nei mesi scorsi il Ministero della giustizia, nell'ambito di un piano di riordino e razionalizzazione delle strutture carcerarie, decretò la chiusura della struttura alla luce dello scarso numero di detenuti lì presenti;
tale decisione diede il via a molte proteste sia da parte del territorio che delle istituzioni locali e regionali nella consapevolezza che fosse uno sperpero chiudere una delle poche strutture carcerarie d'eccellenza di tutto il Paese e non utilizzarla per contribuire, ad esempio, a decongestionare altri carceri che al contrario registrano situazione di estremo disagio;
a seguito di un attento e scrupoloso lavoro condotto sia alla Camera che al Senato dai parlamentari del territorio sia con contatti diretti con i vertici politici del Ministero sia con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), nel mese di ottobre 2011 il direttore di quest'ultimo comunicò la decisione di mantenere in funzione il carcere di Spinazzola alla luce delle sue caratteristiche di eccellenza e della sua grande utilità nel contesto generale delle strutture carcerarie italiane;
da allora il provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, senz'altro anche per la fase di transizione alla guida del Ministero della giustizia a causa del cambio di Governo, è però rimasto fermo e non avrebbe ricevuto la necessaria controfirma da parte del Ministro competente;
a parere dell'interrogante, che in tal senso si fa interprete del pensiero comune a tutte le parti in causa (istituzioni locali e personale sia dirigente che di guardia del carcere), sarebbe necessario sbloccare questa impasse, tenendo inoltre presente le importanti ricadute economiche e occupazionali che la presenza di questa struttura ha per la città di Spinazzola e per l'intera provincia di Barletta-Andria-Trani;
tale considerazione è rafforzata alla luce delle considerazioni e dei dati sul sovraffollamento della grande maggioranza delle carceri italiane che lo stesso Ministro interrogato ha offerto, nelle sedute di Camera e Senato del 17 gennaio 2012, nelle sue comunicazioni sull'amministrazione della giustizia -:
quali urgenti iniziative si ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa e, nello specifico, quale sia la tempistica dell'esame da parte del Ministro interrogato del provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sulla riapertura del carcere di Spinazzola.
(4-14610)

ANDREA ORLANDO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa (Il Mattino, 18 gennaio 2012) che Michele Zagaria, al suo arrivo al carcere di massima sicurezza di Novara l'8 dicembre 2011, avrebbe esibito agli agenti penitenziari dell'ufficio matricole, tra i propri effetti personali, banconote per il valore di 1200 euro;

tale cifra sarebbe parte del ricavato di una raccolta fondi effettuata tra imprenditori vicini, o vittime, del boss camorrista; ma soprattutto prima di venire confiscata a Novara avrebbe passato indenne tutti i controlli, a cominciare da quelli effettuati nel covo di Casalpesenna dove Michele Zagaria è stato arrestato, sarebbe poi entrata e uscita dalla questura di Caserta col boss della camorra, e sarebbe altresì entrata ed uscita dal carcere di Secondigliano, dove Zagaria è stato tra il 7 e l'8 dicembre del 2011 -:
se tali notizie corrispondano al vero;
quali azioni intendano adottare i Ministri per accertare come abbia potuto Michele Zagaria occultare una tale cifra in banconote a tutti i controlli a cui è stato sottoposto;
quali azioni intendano, nel caso, intraprendere i Ministri per accertare che Michele Zagaria non sia riuscito a occultare altro alla rete dei controlli.
(4-14611)

MANTOVANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 13 gennaio 2012 la giunta nazionale dell'Associazione nazionale magistrati ha diffuso una nota nella quale, a proposito delle indagini coordinate dalla procura della Repubblica di Bari sulla sanità pugliese, si esprimono valutazioni fortemente critiche e censure sulle modalità di gestione delle indagini medesime da parte del procuratore dottor Antonio Laudati, fondandosi sugli atti che appena un mese fa avevano condotto il Consiglio superiore della magistratura ad archiviare il procedimento a carico dello stesso procuratore per incompatibilità ambientale;
l'intervento dell'Associazione nazionale magistrati si colloca in un delicato quadro di rapporti istituzionali, interni ed esterni all'autorità giudiziaria, dal momento che per i fatti dei quali si occupa la nota vi è un procedimento penale in corso di indagine davanti alla procura della Repubblica di Lecce, e risulta all'interrogante contestualmente pendente un accertamento da parte dell'Ufficio ispettivo del Ministero della giustizia;
è vero che l'Associazione nazionale magistrati ha natura di associazione privata, ma è altrettanto vero che a essa con molta probabilità risultano iscritti i pubblici ministeri che conducono le indagini sulla vicenda in questione, i giudici che ne, valuteranno gli esiti, i magistrati che hanno avuto l'incarico degli accertamenti ispettivi per il Ministero;
dunque, è un'associazione privata alla quale aderiscano la gran parte dei magistrati italiani, sì che una presa di posizione di tale natura ad avviso dell'interrogante non può non tradursi in una interferenza e non può non ledere, per lo meno potenzialmente, quell'autonomia e quella indipendenza, che pure sono richiamate dalla stessa nota dell'Associazione nazionale magistrati -:
quale sia la valutazione del Ministro, e in particolare se, qualora ritenga che vi sia stata una interferenza in attività giudiziaria e di accertamento disciplinare in corso, quali iniziative di competenza intenda assumere per tutelare l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati della procura della Repubblica di Bari.
(4-14616)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul sito http://www.informacarcere.it/modulo.php?livello=4&IDT=2145 la prima firmataria del presente atto ha potuto leggere il diario quotidiano del detenuto nel carcere di Spoleto Carmelo Musumeci;
nella pagina del 17 gennaio 2012 è scritto: «Oggi, dopo cinque anni di richieste di colloquio, mi ha chiamato il magistrato di sorveglianza (dottoressa Ilaria Grazia Manganaro) e mi è sembrata una presa in giro. Sono un prigioniero con il cuore libero e ho detto al magistrato di sorveglianza quello che pensavo: "La mia

prima richiesta d'incontrarla risale a cinque anni fa... la legge le impone d'incontrare i detenuti periodicamente, lei non lo fa... alcuni detenuti non la incontrano da dieci anni... per questo motivo non ho alcuna fiducia in questo magistrato di sorveglianza, perché la legalità prima di pretenderla va data". Le ho augurato buon lavoro e me ne sono andato. Se un "buono" pensa che non è cattivo si convince di non esserlo, ma se un cattivo come me ha il coraggio di dirglielo forse si ricrederà. Questa volta il mio cuore è stato d'accordo con me di avere detto al magistrato di sorveglianza quello che pensavo e mi ha fatto i complimenti. Spero che me li faccia anche il mio angelo sic!»;
l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»;
il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...)»;
l'interrogante aveva già evidenziato con le interrogazioni n. 4-12707 e 4-13309 problemi segnalati dai detenuti nei rapporti con l'ufficio di sorveglianza di Spoleto;
l'interrogante ha raccolto numerose lamentele, soprattutto per quanto riguarda la frequenza delle visite della dottoressa Manganaro;
come previsto dal già citato comma 1 dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 «(...) Gli accessi in istituto del magistrato di sorveglianza e del provveditore regionale sono annotati in un registro riservato a ciascuna delle due autorità, nel quale le stesse indicano i rilievi emersi a seguito degli accessi predetti. Anche il direttore annota in apposito registro le udienze effettuate» -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se corrisponda al vero che il magistrato di sorveglianza di Spoleto, dottoressa Manganaro, non abbia ritenuto di visitare, anche per anni, detenuti del carcere di Spoleto che avanzino richiesta secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
se ritenga di appurare, attraverso la visione degli appositi registri, quante siano state le visite effettuate presso il carcere di Spoleto dalla dottoressa Manganaro, anche in rapporto a quelle di altri colleghi;
se, dopo le opportune verifiche, intenda intervenire nella questione rappresentata e in che modo.
(4-14618)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:

PISICCHIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le recenti decisioni assunte dal Cipe in materia di trasporto ferroviario rappresentano un segnale che le comunità meridionali hanno apprezzato in ordine alla volontà del Governo di restituire risorse strutturali sul piano delle reti;
rimane, tuttavia, il nodo irrisolto di Trenitalia, che pesa come un macigno, in particolare, sul futuro della Puglia, non solo in termini di sviluppo economico e di

garanzia dei livelli di civiltà del territorio, ma anche di tutela del diritto fondamentale di ogni cittadino garantito dalla Costituzione: il diritto di circolazione;
almeno cinque sono le situazioni inaccettabili che Trenitalia ha prodotto a danno del territorio pugliese: la riduzione del numero dei treni di collegamento col Nord e la soppressione delle linee notturne, l'utilizzo di materiale ferroviario usurato, l'obbligatorietà degli scambi a Bologna per le destinazioni Milano e Torino, l'aumento dei prezzi dei biglietti e la riduzione dei posti destinati alla seconda classe, situazione che rischia di fare del treno un mezzo di trasporto classista;
ai notevoli disagi per i passeggeri si aggiunge la sospensione del servizio di trasporto merci da Bari al porto di Napoli, che penalizza ulteriormente il traffico merci dalla Puglia verso i mercati più importanti del globo, in quanto costringe le aziende pugliesi a ricorrere nuovamente dopo 10 anni al trasporto su gomma, con aggravi insostenibili in termini economici e sociali per il maggiore inquinamento atmosferico -:
quali urgenti misure il Ministro interrogato intenda assumere per porre fine in tempi brevi al disagio in cui versano i cittadini pugliesi.
(3-02036)

GAROFALO, VALDUCCI e BALDELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le iniziative di protesta degli autotrasportatori, avviate nei giorni scorsi in Sicilia e poi allargatesi a gran parte del territorio nazionale, hanno già determinato pesanti ripercussioni, presumibilmente destinate ad aggravarsi ulteriormente nei prossimi giorni;
la circolazione su molte strade ed autostrade è resa difficoltosa, e in qualche caso impedita, dai blocchi che sono stati organizzati in punti nevralgici del nostro sistema dei trasporti, scelti strategicamente dai manifestanti per aumentare gli effetti della protesta;
il mancato rifornimento di beni di prima necessità, in particolare del carburante, determina, più in generale, un preoccupante effetto di contrazione di tutte le attività economiche e produttive;
ai gravi disagi per la mobilità, infatti, si aggiungono i potenziali danni per l'economia del nostro Paese, che, per il solo settore agroalimentare, potrebbero ammontare, secondo stime di Coldiretti, a circa 50 milioni di euro in prodotti alimentari deperibili;
molto gravi in questo contesto sono anche le ricadute sul comparto produttivo, come denunciato da Confindustria, fra le quali particolare rilievo assume la sospensione delle attività di numerosi stabilimenti Fiat;
la protesta appare, peraltro, non solo inaccettabile quanto alle modalità, ma anche difficilmente comprensibile sotto il profilo del merito, ove si considerino le numerose disposizioni di tutela del settore che il Governo precedente e quello attualmente in carica hanno assunto, tra le quali basti ricordare lo stanziamento di 400 milioni di euro da destinarsi a misure di sostegno per il settore dell'autotrasporto merci, disposto dall'articolo 33 della legge di stabilità 2012, e la norma contenuta nel decreto sulle liberalizzazioni, che prevede il rimborso, trimestrale invece che annuale, degli oneri sostenuti dagli autotrasportatori, a causa del recente incremento delle accise sui carburanti;
la difficile situazione del settore dell'autotrasporto, anche in ragione delle sua peculiarità, segnala comunque l'esigenza dell'individuazione, come avvenuto nel recente passato, di un rappresentante del Governo, incaricato di interloquire con le organizzazioni sindacali, per la gestione della crisi -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda urgentemente adottare al fine di far cessare la protesta in corso, ripristinando

il diritto alla mobilità dei cittadini su strade e autostrade, e per trasferire nelle sedi istituzionali appropriate l'esame delle richieste dei rappresentanti degli autotrasportatori.
(3-02042)

MOFFA, RUVOLO e D'ANNA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, fu previsto l'avvio di un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione ai dipendenti delle Amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio;
con il comma 1 dell'articolo 21-bis del decreto-legge 21 ottobre 2007, n. 159, recante «Interventi urgenti in materia economica-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale», convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 207, n. 222, si è stabilito che, alla scadenza del termine del 31 dicembre 2007, le risorse originariamente destinate ai programmi costruttivi di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non impegnate siano destinate al finanziamento delle proposte già ritenute idonee e non ammesse al precedente finanziamento tra quelle presentate, ai sensi dei decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 dicembre 2001, 30 dicembre 2002 e 21 novembre 2003, concernenti il programma innovativo in ambito urbano denominato «Contratti di quartiere II»;
successivamente, con l'articolo 2, comma 444, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2008), le parole «non impegnate» contenute nel citato comma 1 dell'articolo 21-bis sono state sostituite con «non assegnate a seguito di mancata ratifica di accordi di programma»;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attuazione delle norme di cui sopra, ha accantonato le risorse relative ai programmi costruttivi ex articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in relazione ai quali risulta essere stato ratificato entro il 31 dicembre 2007 il previsto accordo di programma;
a tutt'oggi molti piani approvati non sono mai stati avviati con relativa dispersione di risorse che avrebbero potuto contribuire alla ripresa dello sviluppo in varie aree del Paese;
al contrario, molti piani di edilizia, formulati in base alle normative in oggetto, pur essendo stati approvati, non sono mai stati finanziati -:
se non si ritenga opportuno, stante la situazione di cui sopra, adottare iniziative volte a prevedere la rilocalizzazione degli interventi edilizi di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali sia stato stipulato e ratificato l'accordo di programma entro il 31 dicembre 2007, intervenendo a tal fine sul termine ultimo previsto all'articolo 4, comma 150, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di ratifica degli accordi di programma, così da consentire alle amministrazioni pubbliche, già in graduatoria, di potere finalmente dare il via ai programmi straordinari di edilizia residenziale, che, pur essendo stati approvati, non hanno mai ricevuto i finanziamenti necessari.
(3-02043)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO e MADIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la tragedia della nave da crociera Concordia, protagonista di un drammatico incidente

al largo dell'Isola del Giglio, nell'arcipelago toscano, ha evidenziato l'importanza della professione subacquea nell'espletamento di interventi delicati e complessi come la ricerca ed il recupero dei dispersi, lo scandaglio della struttura incidentata e la messa in sicurezza della stessa e dell'area circostante;
decine di operatori subacquei sono stati coinvolti immediatamente dopo i tragici fatti della nave e il loro complesso lavoro rappresenta uno degli elementi determinanti delle operazioni di intervento delle autorità competenti;
purtroppo, secondo l'interrogante, si tende a considerare questa categoria di lavoratori soltanto in occasioni tragiche, come quella che ha visto protagonista la nave Concordia, sminuendone di fatto la rilevanza e limitando gli interventi di natura regolamentare ed operativa di cui la stessa necessita;
nella fattispecie, al momento sussistono molteplici criticità di natura normativa in capo alla disciplina delle attività subacquee, sia sotto il profilo della sicurezza che quello organizzativo e previdenziale tale da rendere complessa addirittura l'esplicazione delle stesse attività e da limitarne in maniera drastica la competitività e la validità a livello internazionale;
l'Italia rimane l'unico Paese in Europa a non aver predisposto un quadro unitario e onnicomprensivo alla base della disciplina delle attività subacquee finalizzato a identificare, oltre che tutelare, la categoria degli operatori subacquei e iperbarici;
infatti, in Italia molte aziende operanti nel settore, qualora impegnate su aree internazionali, spesso al fine di espletare attività di questo tipo fanno riferimento a società estere più rispettose della normativa europea in materia, anche se meno valide;
la prassi, drammaticamente consolidatasi, mette in evidenza che ciascun comparto dell'attività industriale fa riferimento a operatori subacquei inquadrandoli però sotto il profilo contrattuale in categorie fortuite, del tutto slegate al tipo di attività e responsabilità in capo all'operatore stesso, e dunque in assenza di adeguata tutela legislativa;
dal novembre 2009 è pendente in Parlamento un'ipotesi di testo unificato recante disciplina delle attività subacquee ed iperbariche, punto di approdo normativo di tre proposte di legge e del lavoro di un tavolo tecnico che ha visto partecipi attivi e trasversali deputati, organizzazioni di settore e tecnici specialisti;
dalle informazioni a disposizione dell'interrogante, risulta che l'impasse al momento sussistente in relazione al proseguo dell'iter è causata da un rallentamento delle attività del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che al momento non risulta aver ancora elaborato la necessaria relazione tecnica propedeutica al parere della ragioneria di Stato, della Commissione bilancio e dunque necessaria a garantire il prosieguo dell'iter;
dal 2009 ad oggi l'impasse burocratica che vincola il prosieguo dell'iter parlamentare ha di fatto consentito il permanere nell'ambiente delle attività subacquee di una sorta di anarchia e confusione tale da condurre a molteplici incidenti, talvolta mortali, che potevano essere sicuramente evitati -:
se intenda adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido svolgimento dell'iter parlamentare di cui in premessa.
(4-14607)

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è intenzione della Commissione europea investire sulla realizzazione, attraverso la sperimentazione di nuove forme di partenariato pubblico/privato, di corridoi multimodali che collegano tra loro i nodi più importanti di smistamento e coordinamento delle reti di trasporto;

tra i corridoi multimodali della rete TEN-t è compreso il corridoio «Berlino/Palermo» che la stessa Commissione europea ha definito strategico perché diretto ad implementare l'uso del trasporto di merci e passeggeri su rotaia, aumentandone sicurezza, efficienza e qualità del servizio;
il corridoio «Berlino/Palermo», che collega il Mezzogiorno d'Italia al Nord Europa, rappresenta un'opportunità per il Paese, perché contribuirebbe ad implementare gli investimenti pubblici nel settore, valorizzando alcuni progetti di rilievo attualmente in corso d'opera;
la Commissione europea presentando le nuove reti di collegamento e trasporto europee, inserite nella programmazione di settore per il periodo 2014/2020, ha ribadito l'importanza strategica del corridoio «Berlino/Palermo» che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio «Helsinki/Palermo/La Valletta» in quanto si estende sia a sud-est con la diramazione Napoli/Bari/Taranto, sia a sud, in direzione della Campania e della Calabria, e, nel territorio siciliano, secondo la direttrice Messina/Catania/Enna/Palermo;
anche questo Governo, in sede di risposta ad altri atti di sindacato ispettivo, ha ufficialmente dichiarato che il corridoio «Berlino/Palermo», modificato nella nuova versione, rappresenta un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza per l'intero sistema Paese, in quanto, essendo a servizio della rete dell'intera area del bacino del Mediterraneo, assolve alla funzione di raccordare le aree periferiche del continente europeo;
il Governo in carica non si è ancora ufficialmente espresso sul futuro del ponte sullo stretto di Messina la cui realizzazione però sarebbe una logica conseguenza dell'investimento che lo stesso Governo ha promesso di sostenere in ordine al potenziamento delle reti di collegamento, soprattutto ferroviarie, con la Sicilia;
a fronte dell'espressa volontà di considerare questo corridoio ferroviario rilevante ai fini dello sviluppo del Paese, si deve evidentemente registrare il disimpegno di Ferrovie dello Stato in merito alla realizzazione dell'AV/AC sulla linea Salerno/Reggio Calabria di cui ad oggi non si conosce né lo stato di avanzamento della progettazione, se mai questa fase sia stata avviata, né l'individuazione delle risorse necessarie per la sua realizzazione né tanto meno la volontà di puntare all'ammodernamento della vecchia linea o alla costruzione di una nuova;
contestualmente Ferrovie dello Stato sta attuando, a giudizio dell'interrogante, una politica di cancellazione e di tagli che penalizza il Mezzogiorno ed, in particolar modo, la Calabria non consentendo ai calabresi di poter usufruire di servizi ferroviari degni di questo nome e soprattutto capaci di garantire un efficace collegamento con il Nord Italia -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per accompagnare la realizzazione del corridoio ferroviario e se intenda, altresì, garantire l'impegno del Governo nazionale nel sostenere politiche di rafforzamento dei trasporti ferroviari nel Mezzogiorno, facendo sì che Ferrovie dello Stato possa ritornare finalmente ad investire in regioni che hanno bisogno di un servizio efficiente e che non possono più essere mortificate dalle decisioni dei vertici di Ferrovie.
(4-14614)

...

INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nell'anno 2009, il vice prefetto vicario della prefettura di Foggia dottor Michele Di Bari, ricopriva l'incarico di commissario della Croce rossa italiana, comitato provinciale di Foggia;
nell'anno 2009 il comitato provinciale della Croce rossa italiana, della provincia

di Foggia è soggetto gestore, con convenzione di affidamento diretto, da parte della prefettura della gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo (CDA-CARA) di Borgo Mezzanone sito in provincia di Foggia;
la prefettura di Foggia in data 19 gennaio 2009 procedeva alla pubblicazione dell'evidenza pubblica di affidamento triennale del servizio di gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo (CDA-CARA) di Borgo Mezzanone sito in provincia di Foggia;
il presidente della commissione di aggiudicazione di suddetta gara risulta essere il vice prefetto vicario della prefettura di Foggia dottor Michele Di Bari;
alla gara partecipano oltre al comitato provinciale di Foggia della Croce rossa italiana, il consorzio Connecting People, la cooperativa Albatros 1973, Consorzio cooperative sociali SISIFO, Arciconfraternita del S.S. Sacramento e di S. Trifone, Consorzio cooperative sociali Opus, Cooperativa Auxilum, Eriches 29;
la prefettura di Foggia in data 2 dicembre 2009 procedeva alla redazione dell'apposita graduatoria con aggiudicazione definitiva, ex articolo 11 del decreto legislativo n. 163 del 2006, a favore del consorzio Connecting People, mentre il comitato provinciale della Croce rossa italiana di Foggia risultava secondo in graduatoria;
a seguito dell'aggiudicazione della gara, la prefettura ritardava la stipula del contratto di gestione del centro che avveniva solo in data 28 gennaio 2010;
a seguito della procedura di aggiudicazione, il comitato provinciale della Croce rossa italiana di Foggia, ha presentato ricorso amministrativo al fine di pervenire all'annullamento di detta procedura di aggiudicazione gara;
in data 10 febbraio 2010 il T.A.R. Puglia, sezione di Bari, con ordinanza n. 111, rigettava l'istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati dalla Croce rossa italiana, cosicché il 23 febbraio il Consorzio Connecting people subentrava nella gestione del centro di Borgo Mezzanone;
dal 19 gennaio 2009 al 23 febbraio 2010, le attività di gestione del centro continuavano ad essere svolte dal comitato provinciale della Croce rossa italiana di Foggia secondo i parametri individuati nella convenzione di gestione diretta precedentemente sottoscritta con la stessa prefettura di Foggia;
a seguito dell'insediamento nella gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo, il consorzio Connecting People ha ricevuto numerose ispezioni da parte della prefettura di Foggia dalle quali non è emersa alcuna disfunzione o inadempienze nella gestione del centro;
nel marzo del 2010 il commissario straordinario della Croce rossa italiana, avvocato Francesco Rocca, con ordinanza commissariale n. 99, «considerata la situazione di potenziale conflitto di interessi del dott. Michele Di Bari» procedeva alla sostituzione dello stesso avocando a sé l'incarico;
a seguito di un lungo contenzioso amministrativo, il Consiglio di Stato in data 21 dicembre 2011 con sentenza dichiarava l'inefficacia del contratto stipulato tra la prefettura di Foggia ed il consorzio Connecting People;
la prefettura di Foggia, in ottemperanza alla suddetta sentenza del Consiglio di Stato, deve provvedere alla aggiudicazione definitiva e al subentro nel contratto del Comitato provinciale della Croce rossa italiana di Foggia, previa verifica dell'insussistenza a carico della stessa Croce rossa di Foggia di ogni eventuale impedimento alla stipula;
la prefettura di Foggia, nei giorni scorsi, ha proceduto alla aggiudicazione definitiva ed al subentro nella gestione come specificamente prevista dalla sentenza del Consiglio di Stato;

in data 15 luglio 2010 il TAR del Lazio, con la sentenza n. 32649, ha escluso la possibilità per la Croce rossa italiana di sottostare a procedure di evidenza pubblica con altri soggetti avendo essa la capacità giuridica di assumere la veste di parte in un rapporto instaurato con altro soggetto pubblico, ma solo a mezzo delle convenzioni all'uopo previste dal suo statuto, nelle quali non può ritenersi che possa rientrare anche l'appalto di servizi, potendo il rapporto convenzionale configurarsi in vari modi, ma non come appalto di servizi, postulante una natura imprenditoriale della stessa estranea alla Croce rossa (che non ha scopo di lucro ed ignora il rischio di impresa);
la suddetta decisione del TAR Lazio è stata impugnata dalla Croce rossa italiana, ma è stata pienamente confermata dal Consiglio di Stato, sez. III, il 9 agosto 2011, n. 4720;
nella succitata sentenza, depositata dal Consiglio di Stato in data 9 agosto 2011, il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che: «...lo statuto vigente della C.R.I., approvato con D.P.C.M. 6 maggio 2005, n. 97 (atto normativo di livello regolamentare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della 400/1988) all'articolo 2, comma 1, prevede un istituto diverso dal contratto di appalto quale strumento della collaborazione della C.R.I. con le pubbliche amministrazioni, per l'espletamento dei servizi sociali, assistenziali e sanitari. Ciò che lo statuto preclude, insomma, non è la partecipazione alle gare in sé e per sé, ma la stipulazione di contratti di appalto» -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se non ritenga che rappresenti un palese conflitto di interesse la posizione del vice prefetto vicario dottor Michele Di Bari, che pur ricoprendo l'incarico di commissario del comitato provinciale della Croce rossa italiana, presiedeva la commissione di aggiudicazione per la gestione triennale del centro di accoglienza richiedenti asilo (CDA-CARA) di Borgo Mezzanone;
con quali iniziative e controlli intenda approfondire tali conflitti di interesse e per evitare che in futuro possano essere riproducibili tali situazioni di intrecci tra prestazioni di servizi e organismi di controllo sugli stessi;
se non ritenga che, a seguito della sentenza n. 32649 del TAR del 15 luglio 2010 e del conseguente pronunciamento del Consiglio di Stato, la prefettura di Foggia non avrebbe potuto procedere alla stipula del contratto di appalto in favore della Croce rossa italiana, per la gestione triennale del centro di accoglienza richiedenti asilo (CDA-CARA) di Borgo Mezzanone;
se non ritenga, in considerazione di quanto illustrato in premessa e dell'ulteriore contenzioso che potrebbe scaturire a carico della prefettura di Foggia di promuovere iniziative volte a verificare la correttezza delle procedure di gara e di aggiudicazione;
se non ritenga di promuovere iniziative per giungere ad una nuova procedura di gara per l'affidamento del servizio di gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo (CDA-CARA) di Borgo Mezzanone sito in provincia di Foggia.
(2-01331)
«Berretta, Antonino Russo».

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

RIA, RAO e D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che:
l'usura è tornata ad essere un'emergenza, alimentata da una crisi economica che costringe alla chiusura 50 aziende al giorno e che ha bruciato, nel 2011, 130 mila posti di lavoro: a denunciare le dimensioni del fenomeno è «Le mani della criminalità sulle imprese», un rapporto di Sos

Impresa-Confesercenti, associazione voluta dai commercianti per resistere al pizzo, all'usura, al racket;
le cifre che emergono dallo studio tracciano il profilo di un business in crescita; mentre il resto dell'economia soffre la crisi di liquidità e le piccole imprese non riescono ad ottenere i finanziamenti delle banche, la «Mafia Spa» (come è stata denominata dal Rapporto) può contare su 65 miliardi cash, messi a disposizione dei clan per conquistare nuove fette di mercato;
gli investimenti spaziano dai settori più tradizionali (l'edilizia dove confluisce il 42 per cento delle risorse mafiose, o il commercio che ne assorbe il 14,3) ai più innovativi (il 2 per cento va alla sanità, il 3,9 nelle agenzie di intermediazione);
gli usurai sono circa 40 mila (dodici anni fa erano 25 mila) e 200 mila commercianti, oltre il 19 per cento del totale, hanno avuto a che fare con loro, contribuendo a portare nelle tasche dei clan 40 miliardi di euro l'anno;
la mappa del crimine e dell'illegalità si allarga di giorno in giorno e conquista territori prima considerati «puliti»: la precedenza va sempre alle regioni del Sud, ma il business della mafia è sempre più presente al Nord e al Centro (ne è un esempio l'evoluzione del crimine a Roma nell'ultimo anno) -:
quali urgenti ed incisive misure intenda adottare, al fine di contrastare questo gravissimo fenomeno che produce esclusivamente effetti distorsivi sull'economia.
(5-05991)

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
organi di stampa nazionali riportano la notizia in base alla quale con l'approvazione del decreto legislativo in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie verranno notevolmente ridotti gli uffici di giudice di pace, così come previsto dall'articolo 1 dello stesso decreto che individua, peraltro, in una apposita tabella, le sedi che verranno meno;
l'eliminazione di questi uffici si pone la finalità di razionalizzare in modo più efficace la struttura giudiziaria, anche in una ottica di efficientamento dei costi di gestione oggi sostenuti per garantire il servizio;
l'ufficio del giudice di pace di Cittadella, che esercita la sua giurisdizione su 10 comuni con una popolazione complessiva di circa 81.500 abitanti, nonostante le carenze di personale amministrativo, garantisce l'apertura al pubblico sei giorni alla settimana. Nel corso degli anni l'incremento dell'attività è stato notevolissimo: si è passati dalle 228 cause civili iscritte a ruolo del 1995 alle 760 del 2011, con picchi di oltre 1000 negli anni dal 2005 al 2009. Anche in ambito penale si registra un aumento del numero delle cause, dalle 87 iscritte a ruolo nel 2008 alle attuali 113 dell'anno appena concluso;
l'eventuale eliminazione uffici come questo, operazione che i comuni interessati potrebbero evitare solo accollandosi le spese di funzionamento degli stessi, e l'accorpamento con sedi giudiziarie più grandi, potrebbe tuttavia causare una riduzione del livello dei servizi oggi utilizzato dal cittadino, costretto a impiegare risorse economiche e temporali maggiori per usufruire del servizio che non consiste solamente nella ricezione degli atti e nello svolgimento dell'attività giudiziaria, ma anche nel fornire tutte le istruzioni necessarie ad attivare una procedura giudiziaria, oltre quelle di carattere generale riguardanti la difesa dei propri diritti -:
quali orientamenti intenda esprimere il Governo in merito e se, in ragione di una riduzione che non consideri le sedi territoriali più efficienti, quale la sede di Cittadella, non ritenga opportuno valutare prioritariamente il solo accorpamento delle sedi del giudice di pace che vengono utilizzate parzialmente generando così spreco di denaro pubblico.
(4-14603)

TORRISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il territorio della Sicilia ha visto una serie di manifestazioni di protesta legate allo sciopero organizzato dai cosiddetti movimenti «forza d'urto» e «dei forconi». I manifestanti hanno agito anche attraverso blocchi stradali, non solo lungo le principali arterie viarie statali, ma anche nelle strade secondarie e, in diversi casi, anche in strade urbane. Come nel caso di Paternò, città di cinquantamila abitanti in provincia di Catania, dove i diversi presidi di manifestanti hanno bloccato per giorni, e senza alcuna interruzione, ogni via di accesso da e verso il centro abitato, non consentendo il passaggio veicolare dei cittadini che dovevano spostarsi per recarsi al lavoro o per altri motivi, e chiedendo agli stessi addirittura le motivazioni per cui stavano andando fuori città. In questi casi, si è assistito a forme coercitive da parte dei manifestanti verso la popolazione, la quale ha dovuto subire impotente, e senza alcun aiuto esterno, la volontà dei manifestanti. Gli stessi cittadini di Paternò hanno osservato, tra l'altro, che tra i manifestanti che hanno creato i blocchi, erano presenti persone non appartenenti alle categorie di coloro che hanno aderito allo sciopero, e addirittura soggetti infiltrati con precedenti penali. Oltre alla violenza psicologica con la quale i cittadini si sono visti «ostaggio» all'interno della propria città, a giudizio dell'interrogante «sequestrati» nella loro libertà di movimento e nelle mani di pochi individui, il blocco del transito di tutti i mezzi di trasporto ha generato gravi disagi allo svolgimento delle attività quotidiane;
tutto si è bloccato, la normale vita dei cittadini ha subito una battuta d'arresto come mai si era visto, con danni e ripercussioni anche sull'economia. Oltre al blocco delle attività lavorative, sono mancati gli approvvigionamenti dei carburanti, dei generi alimentari e di altri beni, e in molti casi la chiusura delle attività di esercizi commerciali è stata obbligata; pertanto, la manifestazione è degenerata, ad avviso dell'interrogante, in forme in cui il limite tra il lecito e l'illecito è stato più volte superato, e dove gli altrui diritti alla libertà personale e collettiva sono stati violati. Fermo restando che, le motivazioni generali dello sciopero indetto possano essere state valide, le forme di manifestazioni attuate hanno rischiato di mettere a repentaglio lo stesso ordine pubblico con pericoli per la sicurezza -:
quali siano i motivi per cui in tale situazione di forti disagi e pericoli per la popolazione non sono state adottate tutte le misure necessarie per riportare la situazione alla normalità, e perché i cittadini oggetto di azioni, anche illegali, sono stati lasciati in balia degli eventi dettati dai suddetti manifestanti.
(4-14613)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, il cosiddetto «decreto sviluppo», il fondo statale per le borse di studio previsto per l'anno accademico 2011-2012 è di 101.628.250,00 euro;
in base a tale importo, secondo le agenzie regionali del diritto allo studio, su circa 170.000 studenti idonei sta percependo la borsa di studio solo il 75 per cento circa;
in base all'importo medio di una borsa di studio in Italia (3.192,50 euro) il fondo statale è sufficiente a garantire solo 1 borsa su 4 di quelle effettivamente erogate (circa 127.000) per cui l'attuale copertura è al momento garantita per la maggior

parte dai fondi regionali nella misura di 3 borse su 4 di quelle effettivamente erogate;
per tale motivo si sta stanno creando enormi discrepanze territoriali nell'effettiva garanzia del diritto allo studio, poiché le regioni, che si trovano in ogni caso a non poter garantire la copertura totale, sono costrette a tagliare ulteriormente i servizi e ad aumentare le tasse regionali sul diritto allo studio, facendo ricadere i costi sugli stessi studenti e sulle famiglie che avrebbero bisogno di sostegno;
come si apprende dalla stampa e dagli studenti, a Torino la polizia sta procedendo allo sfratto degli studenti che non hanno la possibilità di integrare il mancato introito della borsa di studio;
a seguito di questa situazione, la tensione tra gli studenti e la regione Piemonte ha portato all'occupazione della sede Edisu di Torino e la residenza studentesca Verdi, in segno di protesta per gli 8.000 idonei non beneficiari nella sola regione del Piemonte e con l'obiettivo di veder rispettata la propria condizione di «capaci meritevoli ma privi di mezzi»;
c'è il rischio che tutti gli idonei non beneficiari si trovino impossibilitati a completare gli studi, con il moltiplicarsi di simili scenari;
dato l'impegno per lo sviluppo e la crescita che si è assunto il Governo, è necessario eliminare simili negazioni del principio di pari opportunità ed è necessario sostenere i giovani meritevoli;
l'attuale calpestamento del diritto allo studio, della cultura e della formazione, dovuto al precedente Governo, preclude totalmente l'unica vera via d'uscita dalla crisi, un'economia fondata sull'innovazione e sulla conoscenza -:
come e con quali strumenti i Ministri interrogati intendano provvedere per garantire la copertura necessaria delle borse di studio per tutti gli idonei durante l'anno accademico 2011-2012 e per gli anni accademici i successivi.
(4-14606)

DI PIETRO e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il bando per i finanziamenti dei progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN), emanato attraverso il decreto ministeriale 1152/2011 e modificato poi attraverso il decreto ministeriale 2/2012, prevede un processo di prevalutazione in sede alle singole università, un processo che si configura gestito in maniera totalmente interna, senza alcuna garanzia sufficiente, procedurale e di trasparenza, che esso avvenga in base al merito dei progetti e dei ricercatori e non ad altre «considerazioni»;
la novità della prevalutazione dei progetti interna agli atenei, inoltre, così come l'introduzione di un tetto al numero di progetti presentabili per ateneo, prescinde evidentemente da una valutazione comparativa nazionale dei progetti;
questo appare un ulteriore rafforzamento di influenze accademiche su base locale ed è un evidente svantaggio per le forze più giovani quanto per la loro autonomia di ricerca, andando infine a totale discapito di una migliore qualità dei progetti;
il bando prevede una seconda fase in cui commissioni di soli tre membri procedono alla revisione dei singoli progetti di ricerca e, data l'ampiezza dei temi che essi finiranno per ricomprendere e pertanto la difficoltà di entrare nel loro merito, diventa assai probabile che considerazioni diverse dalla qualità della ricerca, come università di provenienza dei progetti o settori scientifico disciplinari di riferimento, finiscano per guidare le scelte delle commissioni;
il bando prevede inoltre, il medesimo processo di valutazione ed assegnazione di risorse per tutte le aree scientifiche e settori scientifico disciplinari, senza tutelare e prestare le dovute attenzioni alle peculiarità con cui è effettuata la ricerca in ciascuna di esse;

le modifiche introdotte attraverso il decreto ministeriale 2/2012 non variano la natura del procedimento come sopra illustrata;
il bando, che prevede la possibilità di finanziare ricerche che coinvolgono almeno 5 gruppi, azzera tutta la ricerca curiosity driven e condotta in piccoli gruppi, che aveva nel progetto di ricerca di interesse nazionale l'unica fonte accessibile di finanziamento, una forma che rappresenta tra l'altro la condizione normale di conduzione delle ricerche nell'ambito delle scienze sociali e umane;
a conferma di ciò, i premi Nobel per la biologia del 2006 e per la fisica 2010, solo per citare alcuni esempi, sono stati assegnati a gruppi di ricercatori rispettivamente di 2 e 6 individui, che paradossalmente non potrebbero accedere a questo bando;
il rischio della procedura così concepita è la formazione di abnormi aggregazioni tra università e ricercatori che non hanno nulla in comune e il cui unico scopo è quello di conquistare il finanziamento, a costo di proporre programmi «arlecchino» senza nessuna coesione interna e alcuna omogeneità tematica;
la dichiarazione da parte del Ministro del 17 gennaio 2012 a radio3, per cui la intera organizzazione del bando sarebbe più mirata a produrre un processo «educativo» dei ricercatori italiani alla preparazione di bandi europei che non alla più precisa individuazione di ricerca di interesse e valore, una dichiarazione che non si può in alcun modo accettare per la funzione ovviamente distinta di processi di formazione e finanziamenti di base, per la cogente necessità di coprire con un solo bando PRIN tre cicli andati persi per i ritardi del Ministero sotto il precedente Governo e per la situazione di crisi generalizzata della ricerca italiana in generale, che prima ancora di formazione necessita di sopravvivere -:
come il Ministro intenda provvedere, per quanto di competenza, per porre rimedio alla situazione descritta e tutelare la qualità e il merito della ricerca italiana nelle sue peculiarità, al di là delle valutazioni interne dei singoli atenei e di parametri puramente quantitativi che si traducono inevitabilmente in rapporti di forza ed influenza.
(4-14612)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:

PICCOLO, DAMIANO, ANDREA ORLANDO, BOSSA, NICOLAIS, CIRIELLO, ROSSOMANDO, LOLLI, BELLANOVA, MAZZARELLA, CUOMO, BOFFA e BONAVITACOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è noto che - in forza degli impegni assunti e più volte ribaditi dalla Fiat - nella costituita Fabbrica Italia di Pomigliano d'Arco dovrebbero essere investite risorse finanziarie per 800 milioni di euro per la realizzazione del progetto della nuova Panda e per altri 300 milioni di euro nelle aziende dell'indotto, con una ricaduta occupazionale complessiva, tra azienda automobilistica e indotto, di circa 8.000 unità (3.000 + 5.000 lavoratori);
attualmente, a Pomigliano la Fiat utilizza la cassa integrazione in deroga, per cessazione attività, per circa 3.800 lavoratori;
oltre 5.000 lavoratori del vecchio stabilimento FIAT si prevede l'assorbimento nella Newco per la produzione della nuova Panda, anche se emerge la fondata preoccupazione che l'adozione di nuove tecnologie automatizzate possa comportare una consistente riduzione degli addetti necessari alla lavorazione;
allo stato, non si conoscono i tempi di rientro in produzione, sia per i lavoratori della vecchia Fiat, sia per i lavoratori dell'indotto campano (circa 23.000 persone);

sta di fatto che l'avvio della produzione della Nuova Panda per ora ha permesso il rientro nello stabilimento di Pomigliano (FIP) di una quantità ridotta di addetti;
da notizie acquisite direttamente da lavoratori e dirigenti sindacali della Fiat di Pomigliano d'Arco, peraltro riferite anche dalla stampa locale, risulta che nello stabilimento Fabbrica Italia Pomigliano, in attività per la produzione della nuova Fiat Panda sono stati riassunti poco più di un migliaio di lavoratori «ex Fiat»;
tra questi, per singolare e preoccupante coincidenza, non figurerebbe alcun lavoratore iscritto alla CGIL, nonostante che, all'atto del referendum sull'accordo aziendale di Pomigliano, la FIOM CGIL annoverasse, tra i suoi aderenti, circa 850 lavoratori;
recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato Marchionne circa l'eventualità di nuove alleanze strategiche e la possibilità, a giudizio degli interroganti adombrata ambiguamente, di una dislocazione fuori dall'Italia della sede della futura FIAT Chrysler hanno suscitato profondo allarme, alimentando il timore di futuri ridimensionamenti di investimenti e di occupazione;
si paventa sempre di più il concreto rischio che una quota rilevante di lavoratori non venga riassorbita dalla nuova società, con una prevedibile, conseguente riduzione degli organici che - si teme - possa essere attuata con criteri pesantemente discriminatori nei confronti di quella parte dei lavoratori iscritti e/o vicini a una determinata componente sindacale ed, in particolare, alla Fiom Cgil;
è del tutto evidente che una tale ipotesi determinerebbe una gravissima ed intollerabile lesione della libertà sindacale e delle garanzie poste a tutela dei lavoratori dalla nostra Costituzione, che sancisce il principio di non discriminazione per ragioni politiche, religiose, sindacali, di razza, di lingua e di sesso e, più specificamente, dalla legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori) che, ad esempio, vieta di condizionare l'assunzione di personale all'adesione o meno ad una determinata organizzazione sindacale;
in merito, è qui utile richiamare la sentenza n. 4020 del 16 luglio 2011 con la quale il tribunale di Torino (sezione lavoro, Fiom Cgil Nazionale contro Fiat spa, Fiat Group Automobiles spa, Fabbrica Italia Pomigliano spa) ha dichiarato antisindacale la condotta posta in essere da Fiat spa, Fiat Group Automobiles spa, Fabbrica Italia Pomigliano spa, in quanto determinava, come effetto conseguente, l'estromissione di Fiom-Cgil dal sito produttivo di Pomigliano d'Arco (Napoli);
peraltro, non può essere sottovalutato dal Governo il gravissimo rischio che ulteriori tagli all'occupazione nella precaria situazione economica dell'area napoletana esaspererebbero ancor più la già difficile condizione sociale -:
se i Ministri interessati non ritengano opportuno ed urgente, ciascuno per le rispettive competenze, verificare la fondatezza delle notizie e dei fatti innanzi segnalati;
se, inoltre, non intendano assumere immediate e adeguate iniziative per attivare un confronto approfondito ed ottenere risposte chiare e concrete dalla Fiat, sia in relazione ai livelli occupazionali previsti per la Fip (Fabbrica Italia Pomigliano), sia in relazione alla permanenza in Italia del gruppo ed ai suoi progetti strategici di investimento.
(3-02031)

BURTONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2011 è scaduta la proroga della indennità di mobilità in deroga in favore dei lavoratori Valbasento (Matera);
suddetta platea è formata dai lavoratori ex Eni ed ex aziende ricadenti

nell'area industriale della Valbasento a seguito dei processi di dismissione e chiusura di attività;
in Basilicata per l'anno 2011 ha interessato 1.771 unità con una spesa pari a 14 milioni di euro complessivi;
in queste 1.771 unità vi sono anche i lavoratori della Valbasento;
per gli ammortizzatori in deroga la Basilicata nel riparto ha ricevuto circa 24 milioni di euro e si evince che non tutte le risorse sono state impegnate;
si tratta di lavoratori che si trovano in una situazione critica e per i quali non sono state attivate procedure di formazione finalizzate ad un loro reinserimento;
di certo non può essere una soluzione quella prospettata dall'assessorato regionale della Basilicata di offrire un contributo per mettersi in proprio in un contesto territoriale difficile e senza adeguati supporti;
ad oggi per questi lavoratori non si intravede ancora una soluzione con il rischio di lasciare centinaia di famiglie senza un minimo di sostegno al reddito;
minimo perché si tratta in molti casi di meno di 400 euro mensili e quindi ben al di sotto della soglia di povertà;
un'eventuale mancata proroga della deroga in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali creerebbe una situazione a dir poco drammatica;
nessuno intende proseguire in una logica assistenziale, ma privare dall'oggi al domani queste persone di questo minimo sostegno significa penalizzare persone in una condizione di estrema difficoltà;
è previsto un nuovo incontro tra sindacati e regione Basilicata il 2 febbraio 2012 in merito alla proroga degli ammortizzatori in deroga -:
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare al fine di assicurare per l'anno 2012 la proroga degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori della Valbasento.
(3-02033)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FEDRIGA, CALLEGARI e BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un clima di agitazione e preoccupazione caratterizza oramai da anni la Sirti spa, società italiana leader nell'ingegneria e nella realizzazione di reti e sistemi di telecomunicazioni, che conta a livello nazionale circa 4mila dipendenti, di cui 112 lavoratori impiegati a Genova, nelle sedi di Bolzaneto e Sampierdarena;
la vertenza si trascina dalla primavera 2010 con l'annuncio da parte dei vertici aziendali di un piano industriale con forte ricadute occupazionali;
l'accordo sindacale vigente prevedeva che nell'arco del biennio 2010/2011 potessero uscire in mobilità 343 lavoratori, con un'effettiva uscita nei primi 6 mesi del 2010 di circa 200, in parte sostituiti da lavoratori con contratto di apprendistato;
ciononostante, nella riunione direzione-sindacati del 22 giugno 2010, la direzione aveva chiesto di modificare l'accordo per esodare circa 600 lavoratori: 400 lavoratori in cassa integrazione senza rotazione per 12 mesi e successiva mobilità incentivata oltre ad altri 200 lavoratori considerati «non efficaci», in quanto in parte addetti ad attività in via di conclusione (alta velocità, palazzo della regione Lombardia e altro) o, aventi ridotte capacità lavorative, dovute a problemi fisici, per i quali chiede che si attui la cassa integrazione straordinaria in attesa che si trovi una nuova collocazione. A queste richieste di ammortizzatori sociali, si aggiungeva la richiesta di regolare le flessibilità d'orario del sabato e del periodo estivo. Tale progetto complessivo, a detta della direzione, era l'unico utile ad evitare un possibile fallimento ed avrebbe permesso

l'assunzione graduale di gran parte dei lavoratori con contratto di apprendistato;
nel luglio 2010 la direzione presentava un nuovo piano - il 2° in sei mesi - le cui principali novità consistevano in una riorganizzazione per divisioni delle attività, una maggior propensione verso attività all'estero, una valorizzazione delle potenzialità su attività regionali, la ricerca di sviluppare competenze in settori nuovi per Sirti, con una maggiore diversificazione e la necessità di recuperare sui costi di struttura anche attraverso una riduzione di circa 30 dirigenti (21 già usciti) ed una riduzione significativa di beni (auto, case, telefoni e altro) riconosciuti a una parte dei lavoratori; in quell'occasione la Sirti ribadiva la necessità di ridurre gli organici di circa 600 lavoratori, sia pure confermando la volontà di mantenere gli apprendisti;
nel settembre 2010 le organizzazioni sindacali chiedevano alla direzione aziendale la riapertura del confronto, cui sono seguiti nei mesi successivi altri incontri (anche in Assolombarda), ma nel luglio 2011 la trattativa viene interrotta per mancato accordo sui criteri e sulle modalità di rotazione dei lavoratori definiti «pensionabili» e si apre la stagione degli scioperi;
il 2 agosto 2011 viene siglato presso il Ministero un nuovo verbale d'intesa tra la società Sirti e le organizzazioni sindacali per il ricorso allo strumento della cassa integrazione guadagni straordinaria per 24 mesi per 760 unità ed allo strumento del contratto di solidarietà per 300 esuberi;
negli incontri del 20 e del 26 ottobre 2011 la Sirti ha presentato il piano di formazione da svilupparsi nei successivi 18 mesi per i lavoratori che a rotazione utilizzeranno la cassa integrazione guadagni straordinaria nel novembre 2011 è ripreso lo stato di agitazione per mancato rispetto da parte della Sirti degli impegni assunti riguardo alla conferma e alla stabilizzazione dei lavoratori con contratto di apprendistato -:
quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare, anche in termini di «moral suasion», nei confronti dell'azienda Sirti spa, affinché siano mantenuti gli accordi sottoscritti e gli impegni assunti nei confronti dei lavoratori, apprendisti e non, a salvaguardia dei livelli occupazionali, iniziative tanto più necessarie per il periodo di crisi socio-economica che si sta attraversando e per l'allungamento dell'età pensionabile che questo Governo ha imposto ai lavoratori.
(5-05988)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 23 gennaio 2012 le agenzie di stampa hanno riferito di una tragedia sul lavoro al cantiere dell'autostrada di Brebemi di Calcio, in provincia di Bergamo, e in particolare della morte di un operaio, che secondo una prima ricostruzione sarebbe stato colpito da un pannello cassero, un manufatto di contenimento generalmente utilizzato prima della colata di cemento; per conoscere l'esatta dinamica dell'incidente -:
se la vittima fosse di nazionalità italiana o straniera;
se risulti essere stato assunto secondo la normativa che regola il lavoro;
se le norme relative alla sicurezza del lavoro risultino essere state osservate o meno;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie facoltà e prerogative, si intendano promuovere, sollecitare, adottare in ordine a quanto sopra esposto.
(4-14604)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

DI GIUSEPPE e ROTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la grave situazione in cui versa il settore bieticolo-saccarifero italiano è nota a tutti da tempo, in particolar modo nel mezzogiorno dove l'ultimo zuccherificio ancora in attività, quello di Termoli, è sull'orlo del collasso con una probabile istanza di fallimento in corso;
ancora oggi sussiste la grave questione degli aiuti nazionali autorizzati dall'Unione europea per il periodo 2009-2010, destinati al settore bieticolo-saccarifero italiano ovvero ai bieticoltori ed alle industrie saccarifere italiane e non ancora erogati, per un importo di circa ottantacinque milioni di euro, di cui sessantaquattro milioni di euro deliberati dal CIPE nel novembre 2010 e ventuno milioni di euro affidati in precedenza all'AGEA;
il gruppo dell'Italia dei Valori ha in molte occasioni denunciato tale situazione sia con atti di sindacato ispettivo che con numerosissimi comunicati stampa. Da ultimo, nell'ottobre 2011, è stata presentata un'interrogazione a risposta immediata in Commissione Agricoltura, per conoscere gli intendimenti del Governo in merito all'erogazione degli aiuti nazionali, per non dismettere un intero comparto di produzione assolutamente italiano, composto da aziende italiane e, soprattutto, destinato a divenire un settore fiorente dell'economia europea. Fra le strutture di produzione, la più grande ed unica nel Meridione è situata nel territorio della città di Termoli;
il precedente Governo ha più volte dato rassicurazioni sui pagamenti avanzati dallo zuccherificio di Termoli, ma nulla è stato fatto in tal senso; questo settore, già fortemente penalizzato della riforma dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero, che ha già causato la chiusura di ben 15 zuccherifici su un totale di 19 in Italia, rischia il tracollo definitivo e con esso tutte le aziende agricole, gli stabilimenti nonché tutto l'indotto;
i ritardi nell'erogazione dei fondi hanno contribuito ad aggravare la situazione dei bilanci aziendali, già in difficoltà, provocando un sentimento di disaffezione alla coltura e un forte senso di sfiducia nei bieticoltori, culminato nella pesante riduzione delle semine autunnali di barbabietole da zucchero, così come documentato da autorevoli fonti, che unitamente alle difficoltà economiche sopracitate relative allo zuccherificio del Molise, sta provocando lo stato di agitazione in cui versano bieticoltori e lavoratori;
da un comunicato stampa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 gennaio 2012, risulta che sono stati sbloccati dal CIPE gli aiuti nazionali per la campagna di commercializzazione 2009-2010 del settore bieticolo-saccarifero, con un contributo pari a 35 milioni di euro; si specifica inoltre che per la campagna 2010-2011 «lo stanziamento necessario a coprire l'intero fabbisogno dell'aiuto nazionale verrà definito con successivo provvedimento»;
alla situazione debitoria verso i bieticoltori si aggiunge la situazione dello stesso zuccherificio i cui conti correnti sono stati pignorati dalla Energy Trading a causa del mancato pagamento del gas, per un debito di 3 milioni di euro;
da articoli di stampa si legge dell'indisponibilità di un socio privato a versare la propria quota, che da anni è stato agevolato dalle scelte, secondo l'interrogante, sbagliate della Giunta regionale, come dimostra la ricostruzione dei rapporti anomali dal 2001 con i fallimenti delle industrie tessili;
nell'assemblea dei soci prevista per il 19 gennaio 2012 la regione Molise avrebbe

dovuto ottemperare al disposto contenuto nella sentenza del TAR Molise n. 1559/2010, che aveva dichiarato l'illegittimità degli atti posti in essere dalla giunta, al fine di procedere alla scelta del socio privato mediante una regolare procedura di gara pubblica, trasparente e concorrenziale, che garantisse l'individuazione di soci privati disposti ad investire risorse e capitali propri -:
entro quali tempi ragionevolmente brevi e certi il Governo intenda provvedere alla concreta erogazione dei fondi annunciati dal comunicato del 20 gennaio 2012 e quali elementi di chiarimento intenda fornire al Parlamento in merito all'annosa vicenda descritta dalla presente interrogazione riguardante lo zuccherificio del Molise.
(5-05997)

CALLEGARI e BITONCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la riforma della politica agricola comune delineata nelle proposte legislative all'esame delle istituzioni comunitarie, mira, tra l'altro, al miglioramento delle prestazioni ambientali attraverso la previsione di una componente obbligatoria di inverdimento dei pagamenti diretti, anche detta «greening», a sostegno di pratiche agricole benefiche per il clima e l'ambiente, per finanziare la quale gli Stati membri utilizzano il 30 per cento del loro massimale nazionale;
il pagamento greening, aggiuntivo a quello disaccoppiato di base, è subordinato al rispetto, da parte dell'agricoltore, di pratiche obbligatorie che vadano oltre la condizionalità e siano strettamente collegate all'agricoltura, quali la diversificazione delle colture, il mantenimento di prati permanenti e di aree di interesse ecologico per le quali è previsto che almeno il 7 per cento della superficie aziendale sia riservata a terreni lasciati a riposo, terrazze, fasce tampone e superfici oggetto di imboschimento;
gli obiettivi del pagamento greening, se assolutamente condivisibili in linea di principio, vengono però perseguiti con modalità estremamente criticabili. La componente verde infatti, oltre a complicare il sistema dei pagamenti diretti e gli oneri per gli agricoltori, pone una serie di condizionalità aggiuntive la cui efficacia ambientale è molto dubbia: la diversificazione delle colture è differente dalla rotazione, la cui virtuosità sotto il profilo ambientale è ovvia, e la misura delle superfici a valenza ecologica, ai fini del miglioramento degli ecosistemi agricoli con preziosi benefici per flora e fauna, mal si adegua alla realtà agricola italiana e mediterranea;
lo svantaggio più consistente si produrrebbe a carico delle aree monoculturali e quelle dove il clima rende complicata la diversificazione, per cui da stime ufficiali si calcola che nella sola regione Lombardia almeno un quarto delle aziende è nell'impossibilità di accedere al finanziamento aggiuntivo, come moltissime altre imprese che operano in aree ad agricoltura intensiva della pianura padana;
assicurare il greening esclusivamente a pascoli permanenti e aree di interesse ecologico, senza considerare le specificità ambientali dell'agricoltura italiana, quali l'olivicoltura, la frutticoltura, la viticoltura, l'agrumicoltura e le colture intercalari, è una scelta discutibile sotto il profilo ambientale ed estremamente penalizzante per l'agricoltura mediterranea e sembra invece favorire i sistemi agricoli dei Paesi nord ed est europei;
le condizionalità «greening» potrebbero comportare inoltre un aumento dell'intermediazione regionale e/o statale nella misura in cui dovranno effettuarsi specifici controlli sul rispetto dei requisiti richiesti;
al fine di migliorare gli effetti ambientali della misura ecologica proposta, potrebbe essere utile associare il pagamento greening con l'applicazione, nell'unità oggetto del pagamento, di una rotazione comprendente tre colture diverse

nell'arco di 4-5 anni. Tale modalità di rotazione garantirebbe, a livello di area vasta, la presenza contestuale di più colture semplificando le incombenze per le aziende;
il requisito della riserva obbligatoria del 7 per cento della superficie aziendale si traduce in pesanti oneri per gli agricoltori, posto che imporre una percentuale di destinazione ecologica uguale per tutti significa dover sostenere costi molto differenziati da zona a zona, sia all'interno del territorio unionale che di ciascuno Stato membro;
uno sviluppo sostenibile dell'agricoltura è obiettivo fondamentale tanto degli agricoltori quanto dei cittadini europei, destinatari indiretti della politica agricola nella misura in cui beneficiano della sicurezza alimentare, della salvaguardia degli approvvigionamenti nonché della fruibilità dei suoli e dei paesaggi, ma tuttavia l'ecologismo non può essere antitetico alla produttività -:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritenga opportuno intervenire nelle competenti sedi comunitarie per rivedere le condizionalità richieste per l'accesso al pagamento greening, in particolare il requisito della riserva obbligatoria del 7 per cento della superficie aziendale, e proporre l'applicazione di una rotazione comprendente almeno tre colture diverse nell'arco di 4-5 anni, al fine di considerare le specificità dell'agricoltura italiana ed assicurare che la sostenibilità ambientale non penalizzi quella economica, indispensabile a tutelare un settore già in forte crisi.
(5-05998)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il lungo fermo degli autotrasportatori in Sicilia ha già messo in ginocchio l'intera l'economia agricola regionale, con danni per quasi 60 milioni di euro;
l'espandersi della protesta in tutta Italia può davvero dare un colpo mortale al settore primario, già provato dalle misure della manovra che colpiscono gli agricoltori con una sorta di «patrimoniale in campo»;
le imprese sono, infatti, allo stremo, sempre più oberate da costi produttivi, contributivi e burocratici;
i prezzi record del gasolio agricolo rischiano di mettere in ginocchio migliaia di imprenditori che non riescono più a stare sul mercato;
uno scenario che nei prossimi mesi si aggraverà ulteriormente con le misure contenute nella manovra di fine anno, in particolare per quello che concerne la tassazione dei fabbricati rurali, che per gli agricoltori sono indispensabili strumenti di lavoro, e dei terreni agricoli;
gli agricoltori siciliani sono stati costretti a far marcire sui campi tonnellate di prodotti altamente deperibili, come frutta e verdura, oltre a buttare litri e litri di latte fresco andato a male;
se non si ripristina al più presto la normalità nel comparto dell'autotrasporto, la situazione dei produttori non potrà che peggiorare, non riuscendo più a stoccare i prodotti né a consegnare le merci rispettando tempi e contratti di filiera -:
quali iniziative ritenga opportuno assumere al fine di convocare con tempestività ed urgenza un tavolo di confronto con tutte le rappresentanze delle categorie produttive, in modo da affrontare le gravi questioni che oggi affliggono migliaia di agricoltori.
(5-05999)

DE CAMILLIS e BECCALOSSI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con la riforma dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero del 2006 l'Unione europea dispose l'erogazione, per un quinquennio, di aiuti comunitari e nazionali a favore degli operatori

del settore bieticolo-saccarifero, a fronte dell'impegno da parte dell'Italia di ridurre almeno del 50 per cento la quota di produzione nazionale di zucchero (articolo 36 del regolamento (CE) n. 318/2006);
l'Italia ha mantenuto i suoi impegni, riducendo del 67 per cento la propria quota di produzione, attraverso la chiusura di 15 stabilimenti sui 19 operanti nel nostro Paese;
gli aiuti comunitari sono stati tutti regolarmente erogati, mentre per quanto riguarda gli aiuti nazionali finora sono stati erogati agli operatori solo tre e parte della quarta annualità delle cinque campagne programmate;
in questi ultimi anni su tale questione sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo, riguardanti in particolare la mancata previsione ed erogazione delle risorse mancanti, pari a circa 86 milioni di euro, per la quale i Ministri pro-tempore hanno sempre assunto impegni, nel rispetto dell'accordo del 2006;
dei 4 stabilimenti rimasti attivi, 3 sono dislocati nel nord (Minerbio, Pontelongo, San Quirico) e uno solo, quello di Termoli, nel centro-sud;
lo zuccherificio del Molise è operante per le regioni Molise, Puglia, Abruzzo, Lazio, Basilicata e Marche e ha programmato investimenti per il miglioramento della resa e per l'aumento della capacità produttiva attraverso il contratto di programma con la società Consorzio Molise Agroalimentare Scarl, approvato dal CIPE in data 13 novembre 2003 e aggiornato in data 18 dicembre 2008;
tale contratto di programma prevede al suo interno, tra gli altri, una linea di finanziamento per un progetto di investimento per lo zuccherificio del Molise, per il quale la giunta regionale del Molise, con deliberazione n. 940/2011, ha provveduto a coprire la parte di cofinanziamento di propria competenza;
da inizio dicembre i bieticoltori e gli operatori dello zuccherificio del Molise sono in stato di agitazione;
anche a seguito del pignoramento dei 19 conti correnti dello zuccherificio di Termoli a seguito dell'istanza della ditta Energy Trading, società che fornisce gas all'azienda e che vanta un credito di oltre tre milioni di euro, fino a qualche giorno fa non erano stati pagati gli stipendi di dicembre né le tredicesime;
se il Governo non mantiene gli impegni assunti, lo zuccherificio di Termoli rischia la chiusura, con gravi conseguenze per i dipendenti diretti, stagionali, gli agricoltori e gli operatori dell'indotto, in un momento difficilissimo per il territorio molisano;
lo zucchero costituisce un prodotto strategico per il nostro Paese ed è di interesse nazionale garantire l'attuale quota di produzione, per consentire all'Italia di avere una quota di autoapprovvigionamento -:
quali iniziative intenda assumere al fine di sbloccare ed erogare gli aiuti nazionali destinati al settore bieticolo saccarifero, così come previsto dagli accordi sull'organizzazione comune di mercato dello zucchero, e per attuare il contratto di programma con il Consorzio Molise Agroalimentare Scarl.
(5-06000)

OLIVERIO, BURTONE, CUOMO, SERVODIO, MARIO PEPE (PD). - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da tempo migliaia di produttori agricoli siciliani e calabresi contestano l'assenza di interventi dei Governi nazionale e regionali per fronteggiare la difficile situazione congiunturale nel comparto agrumicolo e per superare le difficoltà economiche causate dalle crisi di mercato;
la situazione si è ulteriormente aggravata in questi giorni, anche in relazione alle proteste di autotrasportatori, agricoltori e pescatori siciliani, che hanno bloccato i trasporti nell'isola, incidendo anche sulla distribuzione dei prodotti agrumicoli;

al riguardo si sottolinea come la produzione agrumicola siciliana in numerose zone si fregi del marchio comunitario di denominazione di origine protetta (DOP) a testimonianza dell'alto valore aggiunto di tale produzione nell'economia del territorio;
lo stato di crisi nel settore agricolo ed agrumicolo della Sicilia e della Calabria permane da molto tempo e il divario tra costi di produzione e ricavi ne ha già causato un forte indebolimento e il rischio di fallimento per numerose imprese agricole;
in particolare, i costi di produzione, tra il 2000 e il 2012, hanno subito l'aumento del 31 per cento, mentre nello stesso arco di tempo i prezzi all'origine non sono cresciuti; su oltre 250 mila imprese attive in Sicilia e in Calabria sono oltre il 20 per cento quelle a rischio chiusura nel 2012, per un totale di circa 3,5 milioni di giornate lavorative in meno e un taglio di 40 mila posti di lavoro;
il lento e costante declino del comparto registrato negli ultimi anni, imputabile soprattutto ai costi di produzione, ha già messo fuori mercato - costringendoli alla chiusura delle imprese - i piccoli ed i piccolissimi produttori che hanno abbandonato la coltivazione dei terreni, appesantendo, tra l'altro, anche il problema delle erosioni e degli smottamenti;
non è più rimandabile un serio ed efficace intervento sul settore che affronti concretamente le questioni connesse alla volatilità dei prezzi alla diminuzione dei redditi agricoli e, in definitiva, al rilancio del settore agrumicolo;
a giudizio degli interroganti, la situazione di crisi del comparto richiederebbe l'adozione urgente di provvedimenti volti a:
a) dichiarare lo stato di crisi per tutto il settore agrumicolo con conseguente esenzione dal pagamento degli oneri fiscali e previdenziali;
b) promuovere l'estensione dei benefici previsti per le avversità atmosferiche anche ai danni economici provocati dalle crisi di mercato;
c) promuovere il finanziamento, in maniera adeguata, del Fondo di solidarietà nazionale e, di concerto con la regione siciliana e la regione Calabria, di un intervento finanziario per favorire il conferimento del prodotto a scopi umanitari;
d) promuovere la sospensione sull'obbligatorietà del Durc;
e) bloccare per le aree agrumetate la rivalutazione degli estimi catastali;
f) promuovere un'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ABI e organizzazioni agricole per riconoscere ai produttori agrumicoli crediti agevolati;
g) modificare i rapporti all'interno della filiera agro-alimentare, per un riequilibrio della catena del valore, al fine di assicurare la giusta remunerazione dei produttori e favorire la ripresa dei consumi alimentari;
h) individuare modalità di ristrutturazione e riconversione della base produttiva per le produzioni ortofrutticole mediterranee, e in particolare per gli agrumi, attraverso un nuovo piano agrumi che consenta, anche alla luce della riforma dell'Organizzazione comune di mercato ortofrutta-agrumi 2008, una ricollocazione di zone produttive non più allineate con la dinamicità dei mercati;
i) attivare una specifica misura a livello nazionale per le zone agrumicole destinate alla riconversione varietale e/o alla diversificazione produttiva di impianti tecnicamente non in linea con le attuali, seppur difficili, condizioni di mercato -:
quali iniziative intenda assumere sul piano normativo e finanziario, per le finalità indicate in premessa.
(5-06001)

Interrogazione a risposta scritta:

CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il personale non direttivo e non dirigente del Corpo forestale dello Stato (forza di polizia dello Stato ad ordinamento civile), ai sensi del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201, come modificato dal decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 87, è composto da:
a) personale che espleta funzioni di polizia, suddiviso nei ruoli degli agenti ed assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori;
b) personale che espleta attività tecnico-scientifica, tecnico-strumentale ed amministrativa, suddiviso nei ruoli degli operatori e collaboratori, dei revisori e dei periti;
tali categorie, ad eccezione delle funzioni, sono equiparate;
la decorrenza giuridica degli agenti e operatori, personale di prima nomina nel Corpo forestale dello Stato, coincide con la data di assunzione nell'amministrazione;
la decorrenza giuridica dei vice sovrintendenti, personale interno al Corpo forestale, è dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, quella dei vice revisori provenienti da concorso esterno, quindi personale di prima nomina nel Corpo forestale dello Stato, coincide con la data di assunzione nell'amministrazione, mentre la decorrenza giuridica dei vice revisori provenienti da concorso interno è dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento;
la decorrenza giuridica dei vice ispettori provenienti da concorso esterno, personale di prima nomina nel Corpo forestale dello Stato, coincide con la data di assunzione nell'amministrazione, mentre la decorrenza giuridica dei vice ispettori provenienti da concorso interno non è specificata da legge;
oltre quindi al «vulnus» legislativo si contrasta in tal modo la ratio della norma, ossia la continuità nella progressione di carriera e nella riqualificazione del personale già in forza all'amministrazione che accede ad un ruolo sovraordinato a quello di appartenenza -:
quali iniziative normative ritenga opportuno prendere al fine di sanare una palese difformità di trattamento che lede sensibilmente gli interessi di questi lavoratori.
(4-14608)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

LIVIA TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ultimo documento a cura del reparto di epidemiologia di malattie infettive del Cnesps-Iss in collaborazione con il gruppo sanità pubblica del coordinamento interregionale della prevenzione fa il punto sulla vaccinazione anti-Hpv in Italia, riportando i dati di copertura vaccinale aggiornati al 30 giugno 2011;
nel rapporto sono presentate le coperture relative al target primario del programma di immunizzazione, cioè le ragazze chiamate a vaccinarsi nel corso del 12o anno (coorti di nascita 1997, 1998, 1999), e al target secondario, per le regioni che hanno esteso l'offerta attiva e gratuita a ragazze più grandi;
la copertura con tre dosi di vaccino della coorte 1997, invitata nel 2008, è pari al 65 per cento. Le coperture delle coorti invitate successivamente (1998 e 1999) sembrano essere in linea con le coperture rilevate per la coorte 1997;
non si è, però, verificato l'incremento che sarebbe stato auspicabile con il protrarsi delle attività vaccinali e rimane, pertanto, lontano l'obiettivo del 95 per cento

fissato dall'intesa Stato-regioni, da raggiungere entro 5 anni dall'avvio della vaccinazione;
dall'analisi dei dati raccolti emerge, inoltre, un'ampia variabilità tra i dati di copertura vaccinale regionali; la disequità geografica evidenziata dai dati di CV contrasta con la necessità di garantire in modo uniforme a tutta la popolazione italiana un uguale diritto di accesso agli interventi di prevenzione vaccinale che rientrano nei livelli essenziali di assistenza -:
quali iniziative sia economiche che normative il Ministro, sulla base degli ultimi dati pubblicati dal Cnesps-Iss, intenda assumere per rendere effettiva e capillare tale vaccinazione, in particolare se non ritenga opportuno promuovere nuove campagne d'informazione nazionali affinché si possa raggiungere una maggiore copertura della vaccinazione in questione;
se non ritenga opportuno predisporre una efficace cabina di regia affinché vi sia un monitoraggio della situazione vaccinale in tutte le regioni, promuovendo anche le opportune iniziative per raggiungere, in tempi brevi, una reale omogeneità dei dati delle persone vaccinate in tutte le regioni.
(4-14609)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

GRANATA, BRIGUGLIO e LO PRESTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni la Sicilia è stata paralizzata dalla protesta degli appartenenti al comparto degli autotrasportatori aderenti all'Aias insieme alle associazioni di artigiani, commercianti ed agricoltori, pur con forme non sempre condivisibili per il grave disagio che ne è derivato per le famiglie e le imprese;
le immagini delle code di auto ai distributori rimasti senza benzina e dei supermercati privi dei beni di prima necessità, come acqua, farina e latte, sono state riprese da tutti gli organi di informazione a carattere nazionale;
gli autori di questa forte protesta lamentano un aumento vertiginoso del costo del carburante, la mancata regolamentazione nei pagamenti da parte dei committenti e l'assenza di infrastrutture adeguate;
alla base vi è certo la disperazione per i costi dei pedaggi autostradali e dei traghetti, per le tariffe dell'energia, per le tasse che mettono fuori mercato i prodotti isolani;
non è condivisibile relegare un movimento popolare spontaneo di lotta, come quello «dei forconi», catalogandolo come un mero ritrovo di presunte infiltrazioni mafiose;
in campo possono anche esserci personaggi poco raccomandabili e metodi che non sono d'aiuto alla crisi siciliana, ma la protesta va capita e, oltre alla politica, anche la grande industria dovrebbe fare autocritica e comprendere le ragioni dei siciliani;
non si può sfruttare un territorio senza concedere neanche ciò che è previsto dallo Statuto e dalle normative, ad iniziare da bonifiche industriali mai fatte e da manutenzione e sicurezza degli impianti inesistenti, per non parlare dell'inquinamento inaccettabile di aria e acque;
in Sicilia si raffina oltre il 40 per cento del greggio per l'Italia senza avere alcun vantaggio fiscale, sopportandone tutte le enormi controindicazioni ambientali e le conseguenti problematiche su salute e qualità della vita, a cominciare dall'insorgenza e diffusione di gravissime patologie nelle aree a rischio ambientale (tumori, leucemie ed altro);
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su segnalazione del Governo regionale, ha aperto un'inchiesta

sull'andamento dei prezzi dei carburanti in Sicilia, con una dettagliata richiesta di informazioni a tutte le compagnie petrolifere;
è assolutamente necessario che il Governo nazionale, di concerto con quello regionale, presti particolare attenzione a questa situazione di disagio, individuandone le ragioni e cercando, per quanto di sua competenza, di trovare le opportune soluzioni;
è opportuno che vengano posti in essere atti finalizzati ad ottenere sgravi sui costi dei carburanti e piena applicazione delle previsioni statutarie sui versamenti dei tributi sul territorio;
l'articolo 37 dello Statuto della Regione siciliana già prevede che per le imprese industriali e commerciali, che, pur avendo la sede centrale fuori del territorio della regione, abbiano gli stabilimenti ed impianti in Sicilia, nell'accertamento dei redditi venga determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi;
l'imposta, relativa a detta quota, compete alla regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima -:
se e quali iniziative intenda adottare in relazione alle richieste rivolte al Governo nazionale da questo rilevante e spontaneo movimento di protesta del popolo siciliano e all'iniziativa del Governo regionale e, in particolare, se intenda dare piena applicazione all'articolo 37 dello Statuto della Regione siciliana, che ha valenza costituzionale.
(3-02037)

DI PIETRO, CIMADORO, PALADINI e PIFFARI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
agli interroganti risulta che l'azienda di telecomunicazioni Wind intenda cedere la gestione della rete e, conseguentemente, i lavoratori, il loro lavoro, la loro competenza e la loro esperienza;
la Wind dichiara di voler investire in nuove frequenze e cedere la gestione della rete, mettendo a rischio l'intera compagnia;
l'azienda Wind è nata nel 1997, con un investimento di Enel. Nel 2005 la società egiziana Orascom compra la quota di maggioranza e da poco tempo nella titolarità è subentrata la VimpelCom, società russa, a sostituzione dell'Orascom. In particolare, Wind telecomunicazioni è controllata al 100 per cento da Wind telecom, ex Weather investment, a sua volta controllata da VimpelCom ltd;
non sembrava che Wind stesse colando a picco, anzi gli utili sono in crescita e i debiti in diminuzione. Nonostante ciò, i vertici ad ora confermano la loro decisione di cedere la gestione della rete e tra i possibili partner figurano la Ericsson e la Huawei, società cinese con alcune sedi in Italia, che ha deciso ed effettuato forti investimenti nel nostro Paese;
la Wind al momento conferma le proprie intenzioni, spinta dai forti investimenti per la recente asta delle frequenze 4G e per le ultime decisioni regolamentari sull'anticipo dei tagli alle tariffe di terminazione mobile;
ad avviso degli interroganti, sarebbe un grave danno per la possibilità di sviluppo del Paese pensare di scorporare oggi gli asset strategici dell'industria italiana per pure ragioni di razionalizzazione e di natura finanziaria senza un serio piano industriale di rilancio, con il rischio di dover pagare domani un conto molto salato;
se sarà fatta la cessione, nessuno sarà in grado di garantire davvero la salvaguardia del posto di lavoro dei dipendenti della Wind;
l'esternalizzazione dei soli dipendenti consiste nell'affidare a terzi i 1.600 dipendenti della rete e far gestire a questa società la rete stessa. Gli interroganti vorrebbero che questa decisione serva solo

alla Wind per scaricarsi dei costi dei dipendenti e delle strutture, per poi procedere ad altre cessioni;
il minimo che un Governo diverso da quello precedente possa fare è pretendere che si sospenda la vendita e che, per l'eventuale cessione, si ponga come condizione ineludibile un piano di investimenti da parte della nuova azienda in Italia, con l'impegno ad assumere personale altamente qualificato all'interno di un piano industriale di sviluppo e non di razionalizzazione concordato con le organizzazioni sindacali. L'Italia può diventare attrattiva per gli operatori del settore, a condizione di chiarire l'indisponibilità del Governo ad operazioni speculative o di pura colonizzazione. Il nostro Paese può diventare anche un hub verso l'Europa, utilizzando il meglio delle nostre professionalità e delle tecnologie che si possiedono;
senza queste condizioni ogni atto dovrebbe essere sospeso perché il rischio di disoccupazione non riguarda solo i 1.600 dipendenti che verranno immediatamente ceduti, ma tutti i 4.000 dipendenti Wind sul territorio nazionale. È difficile, infatti, credere che gli impiegati del settore tecnico e amministrativo possano restare al loro posto dopo che l'azienda avrà ceduto il suo settore portante;
lo strumento giuridico utilizzato per attuare questo tipo di esternalizzazione è, generalmente, il trasferimento di ramo d'azienda, come regolato dall'articolo 2112 del codice civile, in base al quale i lavoratori possono essere trasferiti senza il loro consenso, come una qualunque merce di scambio;
in Italia, le cessioni di ramo d'azienda hanno causato gravi problemi occupazionali, soprattutto nel settore della telefonia, e la stessa Wind, in questo senso, non vanta un precedente lusinghiero. Ad esempio, la cessione del call center di Sesto San Giovanni (Milano), con 275 operatori, in favore della società Omnia service center si è conclusa con l'azienda subentrata travolta dalla crisi;
tutto ciò crea comprensibilmente gravi preoccupazioni ai lavoratori interessati, i quali già sono consapevoli che spesso questi passaggi societari mettono in discussione l'esistenza stessa del rapporto di lavoro; infatti, la società controllante, facendo lavorare la controllata in regime di subappalto, è in grado di far perdere il lavoro ai dipendenti trasferiti anche nell'arco di poco tempo -:
se il Governo intenda attivarsi per chiedere alla Wind l'interruzione delle procedure di cessione nell'ambito dell'incontro previsto per il 27 gennaio 2012 presso il Ministero dello sviluppo economico, nonché per convocare con la massima urgenza i protagonisti industriali del settore e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dello stesso, al fine di avviare un piano di sviluppo industriale credibile, che abbia le caratteristiche dell'espansione, dell'investimento e della maggiore occupazione.
(3-02038)

LUSETTI, GALLETTI, MEREU, COMPAGNON, BONCIANI, ANNA TERESA FORMISANO, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da mesi in diverse parti di Italia i cittadini segnalano disservizi nella consegna della posta da parte di Poste italiane s.p.a.;
i ritardi possono causare ingenti danni economici al cittadino, con la scadenza di bollette della luce e del gas, di fatture, di polizze assicurative e altro e con l'immancabile invio di solleciti e richieste di pagamento, incorrendo in sanzioni con il pagamento della mora;
le conseguenze per i cittadini sono quelle di dover aggiungere al costo il pagamento degli interessi di mora, pur non avendo alcuna colpa nella mancata consegna della corrispondenza;
dalle segnalazioni e dalle valutazioni delle organizzazioni sindacali risulta che i ritardi non sono dovuti a imperizia o a scarsa

produttività dei portalettere, spesso costretti a turni di lavoro molto pesanti, ma da cattiva gestione e mancanza di personale;
tali ritardi violano i principi della Carta della qualità dei prodotti postali, emanata con decreto del Ministro delle comunicazioni del 26 febbraio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2004);
nel novembre 2011 l'Unione nazionale consumatori ha denunciato le numerose segnalazioni ricevute dagli utenti riguardo ai disservizi del servizio postale;
nello stesso mese il Codacons di Chieti ha deciso di lanciare un'azione di classe contro Poste italiane s.p.a., rivendicando il diritto dei cittadini a ricevere con puntualità la corrispondenza loro indirizzata;
risulta dal sito internet della Cisl Veneto che nei primi giorni di gennaio 2012 si sono verificati disagi e ritardi nella consegna della corrispondenza, nonostante i carichi di lavoro elevati dei portalettere, negli uffici postali della Riviera del Brenta, dovuti ad ammassamento di materiale presso il centro di smistamento di Mestre;
da un articolo de Il Corriere del Mezzogiorno del 10 gennaio 2012 risulta che la procura di Palermo ha aperto un'indagine conoscitiva sui ritardi nella consegna postale nella città di Palermo, avviata dopo la segnalazione di Cisl Slp di 12 tonnellate di corrispondenza e 13 mila raccomandate in giacenza nei cinque centri di recapito di Palermo;
da un articolo di stampa del 10 gennaio 2012 de Il Giornale di Ragusa risultano gravi ritardi nella consegna della posta, che creano un profondo disagio ai cittadini di alcuni comuni montani;
risulta da fonti di stampa un grave disservizio creato da Poste italiane s.p.a. ai cittadini di Gaeta, con un servizio recapito completamente assente, con interruzione di venti, venticinque giorni;
da un articolo de Il Centro del 22 gennaio 2012 risultano disservizi legati al mancato recapito postale nei comuni della Val Pescara;
con decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, che ha soppresso l'Agenzia nazionale di regolamentazione del servizio postale, la competenza in materia è passata all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni -:
se intenda verificare la natura e la causa dei problemi che creano disservizi alla cittadinanza e quali iniziative, per quanto di sua competenza, intenda adottare nei confronti Poste italiane s.p.a. per evitare il ripetersi di simili problematiche al fine di garantire un servizio regolare ai cittadini.
(3-02039)

BOCCIA, MARAN, LULLI, BARETTA, FLUVI, MISIANI, DE MICHELI, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in Italia la questione del ritardo nei pagamenti, sia nelle transazioni commerciali tra privati che in quelle tra privati e pubblica amministrazione, ha assunto da tempo dimensioni preoccupanti, in particolare per quanto riguarda i ritardi accumulati da parte degli enti pubblici;
tale problematica assume particolare rilevanza in una fase di crisi economica come quella attuale, in una struttura del mercato in cui il livello di concorrenza è molto basso e in un tessuto produttivo in cui predominano le imprese di piccole e medie dimensioni, poco capitalizzate e, quindi, impossibilitate a fronteggiare i ritardi nei pagamenti delle loro prestazioni;
il decreto-legge in materia di liberalizzazioni sembrerebbe contenere misure finalizzate alla parziale estinzione dei debiti pregressi della pubblica amministrazione; tuttavia, l'esigenza di rilanciare la crescita e, contemporaneamente, gli stringenti vincoli di bilancio rendono prioritarie le riforme a costo zero, tra le quali la

regolamentazione dei pagamenti nelle transazioni commerciali riveste un ruolo centrale;
l'atto Camera n. 4623-A, recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2011», dopo le modifiche apportate dalle Commissioni, reca disposizioni dirette di attuazione dell'articolo 3 della direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento, riguardanti i pagamenti tra imprese, mentre delega il Governo ad adottare, entro il gennaio 2013, i decreti legislativi attuativi dell'articolo 4 della direttiva medesima, relativamente alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni -:
quali siano le linee che il Governo intende seguire e in quali tempi al fine di garantire il superamento della situazione dei ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione.
(3-02040)

REGUZZONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione internazionale, caratterizzata da una crisi economica e monetaria che da diversi mesi coinvolge tutta l'Europa, ha determinato gravi ripercussioni anche sul nostro Paese, nel quale la restrizione economica causa un crescente stato di preoccupazione tra ampie fasce della popolazione italiana;
alla già difficile crisi economica si affianca da mesi, ad avviso degli interroganti, l'inadeguatezza dell'attuale Governo che ha incentrato la propria politica volta al contenimento del deficit solo su misure caratterizzate dall'aumento indiscriminato dell'imposizione fiscale, in luogo della diminuzione della spesa pubblica;
il bilancio dell'attuale Governo in materia di politiche di sviluppo economico può, pertanto, ad avviso degli interroganti, definirsi ad oggi fallimentare, come attestato dal recente declassamento del nostro Paese da parte delle principali agenzie di rating;
la tanto annunciata «fase 2» dell'azione economica del Governo si esaurisce in alcune prospettate misure di liberalizzazione delle professioni e delle attività commerciali, che prefigurano dei vantaggi competitivi a favore solo dei grandi operatori, a discapito, inevitabilmente, delle centinaia di migliaia di piccoli operatori, che da sempre caratterizzano il tessuto commerciale italiano e che già subiscono la difficile congiuntura;
la situazione in atto richiederebbe, proprio in ragione della sua gravità, politiche economiche in grado di tutelare i nostri produttori, di rilanciare la competitività del nostro sistema, di aumentare la produttiva del lavoro, di implementare la dotazione infrastrutturale e tecnologica del Paese, mentre, al contrario, le annunciate proposte, che appaiono agli interroganti di falsa liberalizzazione, produrranno effetti opposti, e cioè la marginalizzazione dei piccoli operatori economici, il consolidamento di una rete commerciale incentrata solo sulla grande distribuzione, la concorrenza al ribasso con gli operatori stranieri, l'ingresso di capitali, anche stranieri, nelle professioni e nella gestione dei servizi pubblici locali, la depressione delle attività economiche svolte dal settore della piccola impresa artigiana e commerciale;

l'assoluta inadeguatezza delle prospettate misure per il rilancio del sistema produttivo rispetto alle sfide poste dalla situazione presente sono certificate dalle unanimi reazioni negative delle associazioni rappresentative del mondo produttivo e delle professioni -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per liberalizzare i settori economici attualmente dominati dai monopoli o oligopoli dei grandi gruppi bancari, delle assicurazioni, dei trasporti, dell'energia, che non vengono in alcun modo intaccati dalle prospettate liberalizzazioni con le quali avrebbe dovuto prendere corpo la tanto annunciata «fase 2» dell'azione del Governo.
(3-02041)

Interrogazione a risposta orale:

BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con delibera del CIPE n. 94 del 2010 e 14 del 2011 è stata attribuita in concessione alla società autostrada Brescia Verona Vicenza Padova la realizzazione tra l'altro del «traforo delle Torricelle» a seguito della deliberazione della giunta comunale di Verona n. 235 del 9 agosto 2011, è stato emanato il bando di gara n. 56/11 (pubblicato sulla GURI il 17 agosto 2011) avente ad oggetto l'affidamento in concessione de «la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell'anello circonvallatorio a nord della città di Verona - traforo delle Torricelle» nonché della gestione di detta opera per 45 anni col sistema del project financing;
secondo lo studio di fattibilità del comune, l'opera (detta spesso semplicemente «Traforo delle Torricelle») avrebbe dovuto limitarsi alla realizzazione di infrastrutture stradali a pedaggio, con carreggiata a quattro corsie, di lunghezza di poco superiore ai 13 chilometri, aventi il fine di chiudere l'anello circonvallatorio attorno alla città con un costo inizialmente stimato di 290 milioni euro. In realtà, a prevalere nel progetto preliminare attualmente in gara sembra essere la funzione di collegamento autostradale tra il casello di Verona Est e quello di Verona Nord. Il progetto di fattibilità iniziale, infatti, è stato sotto vari aspetti stravolto, perché, al fine di garantire i ricavi a sostegno del piano finanziario nella sua offerta, l'ATI promotrice nella sua offerta originaria chiedeva la disponibilità di una ulteriore superficie complessiva di 150.000 metri quadrati come «aree per servizi» da cedere al canone annuo di 1,2 milioni a dei subconcessionari che vi avrebbero potuto realizzare le strutture ed attivare i servizi. Si sono aggiunte inoltre alcune integrazioni al tracciato principale e, data la disponibilità da parte della Società Autostradale Brescia, Verona, Vicenza, Padova di un contributo di 53 milioni di euro, si sono inserite anche opere riguardanti la viabilità ordinaria afferenti all'infrastruttura;
i costi sono saliti vertiginosamente, passando dai 330.177.000,00 euro oltre IVA iniziali agli attuali 445.199.000,00 euro (che, con l'aggiunta dell'IVA, diventano quasi 501 milioni). Un incremento che sembra configurarsi del tutto eccessivo rispetto al potere dell'amministrazione di negoziare e concordare con il promotore modificazioni alla proposta riconosciuta di pubblico interesse e che è circoscritto (come pacificamente affermato in giurisprudenza [*]) alla possibilità di introdurre «lievi correttivi» al progetto; l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici nella determinazione n. 1/2009 afferma peraltro che il progetto in gara «non è modificabile nelle sue linee portanti ma solo migliorabile in relazione ad elementi quantitativi, in virtù della non modificabilità del progetto a base di gara»;
il caso, poi, delle «aree di servizio» riveste aspetti che richiedono necessariamente un approfondimento. Nonostante che, come si è sopra riferito, nell'offerta di gara per la scelta del promotore le relative strutture fossero destinate ad essere realizzate

dal subconcessionario nella realtà, a seguito della richiesta da parte dell'amministrazione di sostituire alcune strutture con altre (delibera di giunta 152 del 2009), il loro costo, pari a ben 45.610.000,00, è stato sorprendentemente inserito tra i costi dell'infrastruttura stradale. I ricavi previsti sono passati da 1,2 milioni di euro annui a 6,0 milioni (doc. 1 pag. 2). Detti ricavi sono rientrati ovviamente sotto l'ombrello del project financing, facendo quindi ricadere in ultima analisi sull'Amministrazione anche i rischi di gestione delle strutture di servizio. Il tutto senza che vi sia traccia né di motivazioni convincenti né di un'istruttoria in merito al rapporto benefici/costi o all'aggiornamento del piano economico e finanziario (a cui peraltro è vietato l'accesso agli atti anche ai consiglieri). Risulta del tutto evidente che le modifiche apportate alla proposta originaria migliorano nettamente per il promotore le condizioni per il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario garantendogli ricavi di cinque volte superiori rispetto alla richiesta di 1,2 milioni di euro presente nella sua stessa offerta e, dunque, incidono su un elemento essenziale della proposta originaria, compromettendo le condizioni di parità tra i concorrenti;
le modifiche relative alle aree di servizio, dunque, già da sole (senza, quindi, considerare le ulteriori integrazioni all'opera principale) risultano tutt'altro che lievi, in quanto alterano caratteristiche essenziali della proposta originaria presentata per le selezione del promotore;
si rileva pertanto un aumento del 35 per cento dei costi complessivi di realizzazione dell'opera rispetto all'offerta originaria; un incremento del 500 per cento dei ricavi garantiti al promotore per la gestione delle aree di servizio; la mancanza di istruttoria per l'inserimento tra i costi dell'infrastruttura principale delle strutture di servizio (la cui realizzazione nell'offerta originaria era posta a carico dei sub concessionari) -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraindicati con specifico riferimento ai contenuti del bando di gara n. 56/11 (pubblicato sulla GURI il 17 agosto 2011) e avente ad oggetto l'affidamento in concessione de «la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell'anello circonvallatorio a nord della città di Verona - traforo delle Torricelle» nonché della gestione di detta opera per 45 anni col sistema del project financing;
quali informazione intenda assumere, tramite la società concessionaria, in relazione alle modifiche progettuali e agli incrementi dei costi dell'opera.
(3-02034)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FRONER, LULLI e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante l'attuazione della direttiva 2009/28/CE, prevedeva all'articolo 28, comma 2, che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa con la Conferenza unificata, si provvedesse all'assegnazione di contributi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni;
il decreto interministeriale doveva essere approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 28 del 2011, e sulla bozza si era raggiunto un accordo con le competenti Commissioni parlamentari e con le associazioni di settore;
l'approvazione del decreto interministeriale è urgente e molto attesa dal settore dei produttori di apparecchi e componenti per impianti termici, ed è assolutamente necessaria per difendere e far crescere un settore industriale di cui l'Italia è leader -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati riguardo alla problematica

esposta in premessa e con quali tempi;
se corrisponda al vero che la nuova bozza di decreto interministeriale limiterebbe gli interventi ai soli edifici pubblici e, per il settore degli impianti privati, solo agli impianti alimentati con biomasse.
(5-05990)

PALOMBA e PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Sanofi, leader diversificato della salute a livello globale, si occupa di ricerca ed ha un nucleo consolidato di competenze nel settore salute con sette piattaforme di crescita: diabete, vaccini, farmaci innovativi, malattie rare, consumer healthcare, mercati emergenti e salute animale. Sanofi è quotata alle borse di Parigi e New York;
Sanofi in Italia è la prima realtà industriale farmaceutica a livello nazionale, con oltre 3.000 collaboratori, di cui 1.400 negli stabilimenti con sede ad Origgio (VA), Garessio (CN), Anagni (FR), Scoppito (AQ) e Brindisi, dove vengono confezionati farmaci destinati ai mercati internazionali, nei 5 continenti, e lo stabilimento produttivo Merial (Divisione Salute Animale del Gruppo Sanofi) situato a Noventa Padovana (PD). La ricerca & sviluppo Sanofi è presente in Italia con un'attività articolata che va dalla ricerca di base preclinica, allo sviluppo clinico della molecola, fino alla ricerca biotecnologica svolta nei laboratori di Brindisi;
con lettera in data 7 novembre 2011 Sanofi ha comunicato di avere in corso la revisione della propria struttura aziendale, per far fronte ai mutati scenari dell'economia e del mercato farmaceutico e soddisfare le nuove richieste di salute. Questa trasformazione sarebbe necessaria innanzitutto per consentire a Sanofi di continuare a svolgere il proprio ruolo sociale di garante della salute di milioni di persone con i propri farmaci, ma anche per consentirle di confermare la leadership nel mercato globale della sanità;
nel corso della riunione tenutasi presso il Ministero dello sviluppo economico in data 24 novembre 2011 l'amministratore delegato della Sanofi ha dichiarato che il percorso mira a consolidare la presenza sostenibile, a rafforzare e specializzare i sei stabilimenti produttivi e confermare l'impegno nella ricerca. Sanofi intende quindi adeguare al nuovo scenario la struttura organizzativa, la dimensione della rete di informazione scientifica e del personale di sede, consolidare e specializzare i siti industriali e riorganizzare le attività ricerca e sviluppo. Per questa ragione non si possono rinviare interventi di riduzione di organico nella rete di informazione scientifica senza mettere a serio rischio il futuro dell'azienda nel Paese. La riduzione del numero degli informatori scientifici attivi sul territorio comporta una conseguente riduzione delle attività a loro supporto nella sede di Milano. Ciò perché, senza interventi strutturali, in poco tempo Sanofi rischierebbe anche di togliere competitività alla propria struttura industriale. Pertanto, il piano prevede il potenziamento dello stabilimento di Origgio e del sito di Scoppito, oltre che la chiusura del centro di ricerca di Milano. Sanofi intenderebbe tuttavia ridurre il più possibile il numero di esuberi, limitando l'impatto occupazionale;
le organizzazioni sindacali hanno però espresso forti preoccupazioni circa il piano presentato dall'azienda, mentre per quanto riguarda la riorganizzazione delle attività di ricerca e sviluppo e la chiusura del sito di Milano hanno espresso la propria netta contrarietà. A loro giudizio gli strumenti cui ricorrere non possono essere di ordinaria amministrazione e necessitano di soluzioni anche innovative. Hanno perciò chiesto la riconvocazione del tavolo di settore attivo presso il Ministero dello sviluppo economico;
lo stesso Ministero ha quindi assunto l'impegno di convocare presto una sessione

del coordinamento settore farmaceutico, che sarebbe stato preceduto da incontri preparatori con ciascuno dei soggetti interessati. Tutte le scelte e gli indirizzi che fossero emersi sarebbero stati posti all'attenzione del Ministro al fine di tradurli in azione di Governo, con l'essenziale concorso attivo del dicastero dell'economia e delle finanze, di quello della salute e di quello dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
con il comunicato del 1o dicembre 2011 l'assemblea delle reti esterne di Sanofi ha respinto l'impostazione data dalla direzione del piano di riorganizzazione 2012, asserendo che un impatto così pesante sul piano sociale non trova corrispondenza né giustificazione nei conti del gruppo ed in particolare della filiale italiana, che negli ultimi 2 anni ha incamerato utili per 300 milioni di euro. La stessa assemblea ha dichiarato di approvare, sostenere ed attuare tutte le iniziative relative allo stato di mobilitazione proclamato dalle organizzazioni sindacali, a partire dalla partecipazione allo sciopero indetto per il giorno 2 dicembre 2011 fino all'attivazione del tavolo di incontro al Ministero dello sviluppo economico sulla gestione della situazione della Sanofi;
con comunicazione di apertura dello stato di mobilità ex articolo 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 in data 5 dicembre 2011 la Sanofi Aventis ha fatto sapere di dover procedere all'attivazione della procedura di mobilità per n. 412 unità strutturalmente in esubero presso la sede di viale Bodio 37 e di n. 57 unità presso il centro ricerche di via G. Sbodio 2, sostenendo che la riduzione dell'organico costituiva un intervento necessario per preservare un corretto equilibrio tra assetto organizzativo, ridimensionamento complessivo della forza occupata (eccedente rispetto alle effettive esigenze lavorative aziendali), cifra d'affari, costi ed efficienza operativa, in funzione del contesto esterno di mercato e dell'evoluzione del portafoglio prodotti della società. Per il centro ricerche la società asseriva di non essere più in condizioni di affrontare gli ingenti investimenti in ricerca di base, cosicché era costretta a cessare con effetto immediato tutte le attività del sito;
con lettera del 13 dicembre 2011 i delegati italiani espressero alla direzione la protesta e la preoccupazione dei dipendenti per le dimensioni e le modalità di gestione del processo. Infatti, la filiale italiana negli ultimi 2 anni (2009 e 2010) aveva incamerato utili per 300 milioni di euro. Peraltro, la motivazione economico-finanziaria e la ricerca del massimo profitto per gli azionisti non possono guidare in maniera esclusiva le politiche di un gruppo che della responsabilità sociale, codice etico e rispetto delle persone ha fatto un punto d'orgoglio. Perciò i delegati Cae Sanofi Italia chiedevano, a nome di tutti i dipendenti, che venisse sviluppata una strategia di vero dialogo sociale che permettesse di attuare politiche di salvaguardia dell'occupazione;
con la «comunicazione a tutti i collaboratori Sanofi» in data 20 dicembre 2011, il «comitato esecutivo» faceva presente quanto segue: «Abbiamo incontrato presso la sede di Assolombarda le parti sociali e ad esse abbiamo presentato il piano di azione che intendiamo applicare per poter costruire condizioni sostenibili. Pur manifestando la loro preoccupazione, le organizzazioni nazionali dei lavoratori e le istituzioni hanno compreso la necessità e l'urgenza delle gravi misure prospettate... abbiamo incontrato i rappresentanti del Ministero... e anche a loro abbiamo presentato con chiarezza il Piano. Abbiamo raccolto apprezzamento per la trasparenza dimostrata...: l'anno fiscale 2011 si avvia a una chiusura molto lontana dagli obiettivi che avevamo concordato con il Gruppo... La distanza dal risultato atteso è di circa 100 milioni di euro...»;
in data 20 dicembre 2011 le rappresentanze sindacali unitarie rispondevano alla comunicazione di cui sopra che «...le organizzazioni nazionali e territoriali dei lavoratori... hanno sempre tenuto a manifestare fortemente il loro dissenso e la forte preoccupazione per il terribile impatto

del piano di ristrutturazione sulla situazione occupazionale dei lavoratori Sanofi... Cogliamo l'ennesima occasione per ribadire la nostra ferma posizione d'inaccettabilità...»;
la «relazione ufficiale incontro in Assolombarda del 21 dicembre 2011» afferma che «...con riferimento alla richiesta delle organizzazioni sindacali di utilizzare lo strumento della CIGS per la gestione degli esuberi l'Azienda manifesta la disponibilità al ricorso a tale strumento per il Centro di Ricerche di Via Sbodio... L'azienda ha dichiarato... di incrementare gli attuali contratti di agenzia in essere per un numero pari a 55... ciò dovrà realizzarsi entro e non oltre il 31 gennaio 2012... L'azienda, preso atto delle ulteriori richieste formulate dalle organizzazioni sindacali si riserva di valutarle e pertanto le Parti convengono sin d'ora di riconvocarsi... in data 9 gennaio 2012...»;
nel «codice etico Sanofi» si legge che: «...Questo Codice è il simbolo materiale della responsabilità di Sanofi nei confronti dei suoi collaboratori e di tutti i suoi partner;
1 - Collaboratori:
garantiamo diversità, uguaglianza di opportunità, salute e sicurezza e rispetto nel luogo di lavoro per tutti i nostri collaboratori...
...rispetto della persona
promuovere un ambiente di lavoro stimolante, creativo e senza discriminazioni per tutti i nostri collaboratori e partner, rispettando la diversità e la dignità personale...
sostiene l'uguaglianza di opportunità per ogni collaboratore o candidato a un incarico in termini di selezione, accesso alla formazione, retribuzione, previdenza sociale, mobilità interna e carriera.
competenza, esperienza e capacità personali sono gli unici fattori considerati»;
come è evidente da quanto sopra esposto, si è assistito a continui cambiamenti di linea. Può sorgere il sospetto che dietro a queste «manovre» si celi una ben precisa strategia aziendale: mettere al sicuro le persone che la società vuole tenersi ed eliminare le altre, probabilmente quelle senza appoggi esterni. Un fatto rivelatore può essere considerato la formazione della linea diabete, per la quale consta agli interroganti che i DM avrebbero scelto, con estrema precisione, gli informatori scientifici del farmaco ad uno ad uno, unità che, nella maggior parte dei casi, se si dovessero applicare nella mobilità i criteri di legge, sarebbero i primi ad essere in esubero -:
se siano a conoscenza della situazione, quale valutazione ne diano, quali passi intendano compiere affinché siano rispettati i diritti sindacali ed il diritto al lavoro da parte di una grande società, operante nel campo della salute, che, visti i profitti, dovrebbe mantenere intatte le strutture e non procedere a demolizioni di interi settori produttivi, quali iniziative persuasive intendano compiere, per quanto di competenza, sulla società per ottenere i risultati predetti, in primis il mantenimento delle linee operative e, quindi, dell'occupazione.
(5-05996)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Di Pietro e altri n. 1-00793, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Recchia.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Pagano e altri n. 7-00754, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Galletti, Antonio Pepe.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Morassut n. 4-14569, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariani.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Zazzera n. 5-05220 del 1o agosto 2011;
interrogazione a risposta orale Capitanio Santolini n. 3-01899 del 19 ottobre 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Palomba n. 5-05811 del 14 dicembre 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-05886 dell'11 gennaio 2012;
interrogazione a risposta in Commissione Lussana n. 5-05918 del 12 gennaio 2012;
interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-14580 del 23 gennaio 2012.

...

ERRATA CORRIGE

Mozione Donadi e altri n. 1-00822 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 574 del 23 gennaio 2012. Si pubblica il testo corretto della mozione Donadi ed altri n. 1-00822.

La Camera,
premesso che:
la crisi sistemica, iniziata il 7 luglio 2007 con la bolla dei mutui subprime, è stata indubbiamente generata anche dall'emissione massiccia di derivati e di prodotti finanziari ad alto rischio. Per il salvataggio degli istituti di credito dal 2008 ad oggi sono stati impegnati a spese degli Stati più di 6.000 miliardi di dollari. Il salvataggio degli istituti finanziari privati, senza che si riuscisse a mettere in funzione un sistema regolatorio più stringente, ha fornito loro un enorme liquidità a spese degli Stati sovrani che sono massicciamente intervenuti con soldi pubblici;
rimpinguati dai flussi di denaro pubblico, stimolati da tassi di interesse quasi nulli, banche e fondi d'investimenti hanno ripreso i loro affari come di consueto. Molti di loro hanno riposizionato i loro capitali trasferendoli dal mercato delle partecipazioni azionarie a quello dei titoli pubblici ritenuti più sicuri. Ma essendo i tassi pagati dagli Stati molto bassi, si è pensato di operare un attacco speculativo sui debiti sovrani dei Paesi dell'Unione europea ritenuti più deboli, obbligando questi ultimi ad alzare i loro tassi di interesse;
la crisi finanziaria del 2007-2008, innescata dal debito privato, ha così indotto una riallocazione dei portafogli delle istituzioni finanziarie in direzione del debito sovrano. L'euro con le sue debolezze intrinseche ne è rapidamente diventata la vittima più appetibile. La scommessa ora riguarda la capacità di tenuta dell'euro come valuta di un'ampia area geopolitica dotata di sufficiente coesione interna;
alla fine del 2011, si stima che nell'arco dell'ultimo quadriennio il debito pubblico dei Paesi dell'area dell'euro è cresciuto di 20 punti percentuali, a fronte di un aumento del debito pubblico in Usa e Giappone rispettivamente di 35 e 45 punti nel medesimo periodo (2007-2010), confermando che le turbolenze dei mercati e le manovre speculative che hanno interessato l'Unione europea non sono dovute ad una fragilità finanziaria più accentuata, ma ad una ormai insostenibile debolezza dei meccanismi di governance politica ed economica, che occorre, pertanto, rafforzare per promuovere la crescita

e lo sviluppo e per poter assicurare una più efficace tutela della moneta unica europea;
la crisi attuale dell'euro dipende innanzitutto dall'inadeguatezza del processo di costruzione dell'Unione europea, che non è riuscito ad affiancare all'euro uno Stato, sia pure in fieri, con un governo unitario delle politiche fiscali ed economiche, nonché dalle divaricazioni tra i vari Paesi europei in termini di produttività e competitività dei relativi sistemi-Paese;
l'entrata in vigore dell'euro non ha indotto i Paesi più deboli dell'eurozona, quelli che maggiormente hanno beneficiato della creazione della moneta unica per quanto riguarda i tassi d'interesse (e i fondi strutturali), a intervenire con determinazione sia per ridurre il debito (il caso dell'Italia e della Grecia) che per avviare riforme al fine di incrementare la produttività dell'insieme dei fattori per migliorare la propria competitività sistemica, dovendo rinunciare alla prassi delle svalutazioni competitive;
nei Paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei, invece di operare per ridurre tale divario, è stata attuata una politica di congelamento dei salari, non ridistribuendo, se non in una misura minima, gli incrementi di produttività ottenuti al fine di aumentare la concorrenzialità verso gli altri Paesi europei e comprimendo così la domanda complessiva interna all'Unione europea;
ma, come ha dichiarato in una sua recente intervista il Presidente del Consiglio dei ministri Monti, «pensare che la causa della crisi sia l'euro è non solo un errore economico, ma un pretesto o, peggio, un tentativo di scaricare sull'Europa problemi anche di altre realtà, che coinvolgono ulteriori responsabilità e ben altri interessi»;
non essendo più possibili le speculazioni sui cambi tra le valute dei vari Paesi dell'Unione europea, assumendo che tali Paesi mantengano un andamento non convergente nel tempo, le tensioni si sono scaricate sulla valutazione di solidità dei titoli del debito pubblico dei vari Paesi, quindi sugli spread;
l'Italia non è un Paese insolvente (a differenza della Grecia), ma solo un Paese con un problema di liquidità, il quale ha accumulato un grande stock di debito ed ha difficoltà a breve nel finanziamento degli oneri connessi con questo debito, ma ha le risorse per poter pagare quel debito. Questo è il punto da cui partire. La situazione, però, è molto difficile perché la nostra economia non cresce da troppi anni;
secondo il Bollettino economico di gennaio 2012 della Banca d'Italia, nel terzo trimestre del 2011 il prodotto interno lordo dell'Italia è diminuito dello 0,2 per cento sul periodo precedente; la dinamica del prodotto interno lordo risente del rialzo dei costi di finanziamento, per l'aggravarsi della crisi del debito sovrano e del rallentamento del commercio mondiale;
la priorità del nostro Paese è ora la creazione di condizioni favorevoli al rilancio dell'economia, stimolando la capacità potenziale di crescita e influenzando positivamente le aspettative dei mercati e le decisioni di spesa di famiglie e imprese. Allo stesso tempo, sono indispensabili anche a livello europeo politiche ambiziose per ripristinare la fiducia e garantire la normalizzazione delle condizioni di mercato;
la situazione italiana già storicamente grave è stata resa ancora più difficile, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, dalla sottovalutazione sistematica da parte del Governo Berlusconi dei rischi nei quali incorreva il nostro Paese;
le manovre finanziarie attuate nel corso del 2011 in Italia - pur ponendosi il giusto obiettivo di ottenere l'indispensabile correzione dei tendenziali dei conti pubblici - dal Governo Berlusconi (con ingiustificato ritardo) e dallo stesso Governo

Monti, per le loro modalità, hanno ulteriormente compresso, rispetto alla sempre più diseguale distribuzione del reddito ai danni di salari e pensioni dell'ultimo trentennio, il potere d'acquisto dei ceti popolari, acuendo le spinte recessive;
l'uscita sia pure debole dalla recessione iniziata nel 2008-2009 è stata soffocata sul nascere sia da un rallentamento dell'economia mondiale, che dalle pesanti manovre recessive imposte ai Paesi della zona euro dai mercati finanziari e dal Governo tedesco;
i rischi di una frammentazione dell'area dell'euro non possono essere considerati trascurabili, come non si possono ignorare sia gli effetti destabilizzanti che essa avrebbe sui bilanci bancari, sia la corsa alle svalutazioni competitive che ne deriverebbe, con le conseguenze negative già sperimentate negli anni Trenta del Novecento;
gli stessi Paesi dell'eurozona in surplus di bilancia dei pagamenti, che rifiutano di accettare politiche fiscali o monetarie espansive, hanno un forte interesse ad una ripresa della crescita nei Paesi «mediterranei»;
la motivazione del declassamento di una serie di Paesi, tra cui la Francia, della zona dell'euro da parte di Standard & Poor's contiene - al di là del merito della notazione - anche un'analisi giusta: «crediamo che un processo di riforma basato unicamente sul pilastro dell'austerità fiscale rischia di sconfiggersi da solo nella misura in cui la domanda interna si adegua alle crescenti preoccupazioni dei consumatori riguardo la sicurezza dell'occupazione e del reddito disponibile, erodendo in tal modo il gettito fiscale del Paese in questione»;
il recente declassamento da parte delle agenzie di rating del Fondo europeo per la stabilità finanziaria (Efsf) riporta l'attenzione sull'evidente strapotere attualmente in capo alle agenzie di rating, sempre più da considerare non come arbitri oggettivi e imparziali, ma come soggetti sottoposti ad evidenti conflitti di interesse, e, come ha ricordato di recente il Commissario europeo agli affari economici, Olli Rehn, le agenzie di rating «hanno i loro propri interessi e agiscono molto secondo i termini del capitalismo finanziario americano»;
l'attuale crisi dell'area dell'euro è da ricondurre non solo ad un'elevata tendenza all'indebitamento degli Stati, ma soprattutto, per gran parte, all'andamento sfavorevole dei mercati finanziari. Situazioni simili di indebitamento, o anche più marcate, si possono riscontrare nel Regno Unito e negli Stati Uniti;
le misure per il consolidamento sono giuste e importanti, tuttavia se la Germania pretende sempre più misure di consolidamento e, in contemporanea, rifiuta categoricamente tutte le misure che potrebbero concorrere a calmierare i mercati finanziari, vengono minate la stabilità dell'unione monetaria europea e dell'intero sistema finanziario europeo;
in assenza dell'euro il marco tedesco, con ogni probabilità, quoterebbe oggi 2-2,5 rispetto al dollaro; con un impatto fortemente negativo sulle esportazioni tedesche. Occorre anche ricordare che la Germania esporta circa il 50 per cento del suo prodotto interno lordo e di questo circa il 60 per cento nell'eurozona;
occorre essere, altresì, consapevoli che nessun Paese europeo, nemmeno il più grande e solido, ha le dimensioni sufficienti per perseguire obiettivi nazionali che fossero incoerenti con l'impostazione dominante nel resto del continente e dell'economia globale. La globalizzazione ha reso indifendibili gli equilibri economici e sociali (e politici) di Paesi relativamente piccoli rispetto all'instabilità congenita dei mercati internazionali e alle sue degenerazioni speculative;
la politica monetaria in Europa è amministrata dalla Banca centrale europea, costituzionalmente preposta solo al contrasto all'inflazione (diversamente dalla banca centrale Usa, la Fed, che deve

preoccuparsi anche della crescita, e di quella cinese che ha anche l'obiettivo dell'occupazione);
la scelta della Banca centrale europea di concedere prestiti triennali illimitati alle banche ad un tasso di interesse molto basso è una delle modalità operative possibili, nel quadro delle regole del Trattato e dello statuto attuale della Banca centrale europea. Così facendo, infatti, la Banca centrale europea ha reso liquidi i crediti inesigibili delle banche, che con questa liquidità dovrebbero sostenere i corsi dei debiti sovrani;
tuttavia, se i prestiti non saranno restituiti dalle banche fra tre anni dovranno intervenire gli Stati che hanno fornito le garanzie. La scelta sopra descritta ha il limite di far fare il prestatore di ultima istanza ad enti privati - e non di sistema - come le banche, le quali, per paura di non poter fare fronte a impegni futuri - tra cui le pressanti richieste di ricapitalizzazione delle medesime - trattengono la liquidità, non sostenendo adeguatamente i debiti sovrani e le richieste delle imprese e delle famiglie;
occorrerebbe, dunque, che la Banca centrale europea si comporti come la Fed statunitense e diventi prestatore di ultima istanza e/o che emetta eurobond, per venire incontro alle esigenze di finanziamento degli Stati europei;
l'allungamento dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni rischia di mettere definitivamente in crisi le aziende, soprattutto le piccole e medie imprese, già in sofferenza per la stretta del credito. L'Unione europea è intervenuta sul problema, approvando la direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011. La direttiva dispone che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è la pubblica amministrazione, il creditore, che non abbia ricevuto l'importo dovuto entro il termine massimo di sessanta giorni, abbia diritto agli interessi legali di mora; inoltre, la direttiva dispone l'aumento di un punto percentuale del saggio degli interessi moratori da riconoscere in caso di ritardato pagamento. Risulta, pertanto, necessario ed urgente dare applicazione agli indirizzi in essa contenuti in termini di effettività della tutela giurisdizionale del creditore, senza la quale i richiami alla tempestività dei pagamenti rischiano di rimanere affermazioni volatili;
il Presidente della Banca centrale europea. Draghi, ha recentemente definito la situazione attuale dell'eurozona «molto grave» invitando, altresì, i Governi a passare dalle decisioni ai fatti, abbinando al rigore della disciplina di bilancio anche il rilancio della crescita e dell'occupazione;
già nel corso del Consiglio europeo dell'8-9 dicembre 2011 si sono svolti i negoziati per mettere a punto il Trattato intergovernativo su una nuova disciplina di bilancio (il cosiddetto fiscal compact), da concludersi entro il prossimo Consiglio europeo, fissato per il 30 gennaio 2012, anche al fine di rassicurare i mercati sulla disciplina di bilancio dell'Unione europea;
il nuovo Trattato, ancora oggetto di negoziati, minimizza il ruolo delle istituzioni europee e riduce il potere di iniziativa della Commissione europea, dimostrando così la sua natura esclusivamente intergovernativa;
il nuovo patto di bilancio si inserisce in un trattato intergovernativo, che per il momento è parallelo a quelli europei. Inquadrare il patto in una dimensione comunitaria agevolerebbe il raggiungimento di una prospettiva di maggiore flessibilità di principio sulla valutazione del «rischio Paese»;
riportando il fiscal compact nel contesto comunitario, lo si farebbe dipendere da un impianto di regole, il cosiddetto six pack, entrato in vigore a dicembre 2011, il quale inserisce criteri di maggiore flessibilità sulle valutazioni. In sostanza, è quanto richiesto dall'Italia con le deroghe agli articoli 3 e 4 del Trattato, relativi al rientro da una condizione di debito eccessivo;

appare altamente probabile l'accoglimento della richiesta italiana di modificare l'articolo 4 del Trattato, in modo da attenuare l'impegno di riduzione del debito pubblico di un ventesimo all'anno, tenendo conto di tutti gli eventuali «fattori nazionali rilevanti» - così come affermato nella recente riforma del patto di stabilità e di crescita - che vanno dalla stabilità finanziaria del Paese, alla dimensione del debito privato, all'impatto di riforme strutturali della spesa;
la bozza di Trattato delinea misure per il rafforzamento della convergenza economica e fiscale nell'eurozona e nell'Unione europea. Si tratta di misure che si limitano, a quanto risulta fino ad ora, a impegnare gli Stati contraenti a lavorare insieme verso una politica economica in grado di promuovere il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e la crescita economica. I firmatari del presente atto di indirizzo ritengono, invece, che si debba dare priorità agli interventi finalizzati a rimuovere quelle circostanze che possono minacciare stabilità, competitività, crescita e creazione di posti di lavoro. Inoltre, si ritiene troppo vago il riferimento alla convergenza delle politiche fiscali;
esiste la necessità che l'Europa offra garanzie ai mercati sulla tenuta dell'euro, in modo da consentire ai capitali di tornare a investire anche in Italia e non solo nei Paesi virtuosi del Nord Europa, così da ridurre lo spread e fornire ossigeno alle imprese. Se da un lato il Governo italiano ha ottenuto qualche risultato sul fronte delle modifiche al Trattato, inserendovi margini di flessibilità nei ritmi imposti alla riduzione del debito pubblico, dal lato delle misure europee per garantire i mercati i progressi sembrerebbero al momento scarsi:
a) appare abbandonata l'idea di trasformare la Banca centrale europea in prestatore di ultima istanza che garantisca i debiti dei Governi;
b) altrettanto impercorribile, almeno nell'immediato futuro, sembra anche la proposta degli eurobond;
resta, altresì, sul tavolo l'ipotesi di un rafforzamento del fondo «salva Stati», che potrebbe vedere coinvolto in un modo più significativo anche il Fondo monetario internazionale;
la nuova governance europea prospettata non appare, dunque, sufficiente ad evitare altre crisi ed a risolvere la crisi dei debiti sovrani;
ma le soluzioni di carattere puramente finanziario (Efsf/Esm), tanto più quando lo sono per importi predeterminati e limitati, non sono sufficienti per affrontare un problema che deriva dalla mancanza di direzione politica e visione sociale a livello continentale;
è importante - al fine di limitare la volatilità dei mercati finanziari - rendere permanente la regolazione delle pratiche dello short selling e, più in generale, occorre regolare in maniera più efficace gli strumenti finanziari,


impegna il Governo:


a proporre, in parallelo al nuovo Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'unione economica e monetaria, un rafforzamento delle politiche di coesione europea con misure e provvedimenti che delineino una vera unione politica del continente, con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria, ponendo su una base comune il finanziamento statale degli Stati membri;
a promuovere insieme agli altri partner continentali azioni concrete per promuovere una crescita più forte e maggiore competitività e coesione sociale, rilanciando gli ideali europei tramite:
a) un sempre maggiore ruolo del Parlamento europeo nelle decisioni dell'Unione europea e nella definizione dei suoi organismi dirigenti;
b) un rafforzamento della collaborazione culturale;

c) una politica comune della difesa europea resa necessaria dalle nuove modalità e sensibilità nella gestione dei conflitti internazionali e dagli inevitabili tagli nei bilanci nazionali di una spesa militare tanto eccessiva quanto inappropriata;
d) il completamento del mercato interno europeo, che non è ancora una realtà pienamente operativa;
e) una politica comune della mobilità delle persone e l'aggiornamento dell'accordo di Schengen;
a indicare in tutte le sedi europee la chiara esigenza di un programma europeo:
a) che abbia chiare priorità di investimenti nelle infrastrutture, nell'economia reale e nel rilancio del mercato interno, in particolare nei Paesi dell'eurozona con bilance commerciali in forte attivo nei confronti degli altri partner europei e tramite una politica di ridistribuzione dei redditi che favorisca la domanda;
b) che avvii in Europa una trasformazione sociale ed ecologica del modello di sviluppo, a partire dal settore energetico e da quello dei trasporti, con l'istituzione di una nuova catena di creazione di valori nei mercati-pilota del futuro;
c) che promuova un'iniziativa europea per combattere la disoccupazione giovanile;
a proporre la creazione di un'Agenzia europea dei beni comuni (European common goods agency), in cui i beni e gli asset indebitati vengano gestiti in modo trasparente, efficiente ed equo, finché gli Stati in crisi non possano riscattarli, o finché non si decida di immetterli sul mercato senza i condizionamenti dello stato di necessità, facendo sì che questi asset possano costituire la garanzia dei prestiti ai Paesi in difficoltà;
a sostenere l'esigenza che siano adottate al più presto politiche e misure per garantire la stabilità dell'euro, evitando l'istituzione di ulteriori strutture economico-finanziarie non sottoposte al controllo degli organi di governo dell'Unione europea e dei singoli Stati, modificando ulteriormente il mandato della Banca centrale europea per concedere prestiti agli Stati nazionali, avendo a garanzia anche gli asset della citata Agenzia europea dei beni comuni;
a sostenere l'emissione di eurobond che potrebbero servire anche a finanziare investimenti pubblici da escludere dal computo dei deficit di bilancio ai fini del rispetto dei «criteri di Maastricht»;
a proporre una riforma europea delle regole della finanza, introducendo trasparenza, limitando i conflitti di interesse e gli accumuli di potere eccessivo, risolvendo il problema degli istituti too-big-to-fail, regolando meglio le banche e gli altri operatori (speculativi e non), valutando l'abolizione di alcuni strumenti finanziari (come alcuni derivati over-the-counter) e ponendo in essere qualsiasi altra azione necessaria a ricondurre l'operato dei mercati nell'alveo del pubblico interesse e del bene comune;
a sostenere, attraverso le necessarie intese, la proposta dell'istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
a proporre la creazione di un'agenzia di rating europea indipendente ed autorevole, nonché ad implementare con più incisività sul piano giuridico il concetto di responsabilità per le conseguenze delle valutazioni errate delle stesse agenzie;
a proporre l'adozione di regole che separino l'attività delle banche di credito ordinario da quella delle banche d'investimento;
ad assumere rapidamente iniziative volte all'attuazione della direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, dando applicazione agli indirizzi in essa contenuti in termini di effettività della tutela giurisdizionale del creditore, in particolare delle piccole e medie imprese, e garantendo procedure di recupero rapide ed efficaci per il creditore;

a farsi promotore di un Trattato su un'Unione economica rafforzata:
a) ottenendo una riformulazione degli articoli 3 e 4 della bozza del Trattato che preveda l'emissione di eurobond e che tenga conto di «fattori nazionali rilevanti», tra i quali l'ammontare del debito nel settore privato ed il risparmio delle famiglie, senza automatismi e tenendo conto dell'andamento congiunturale dell'economia;
b) promuovendo l'esclusione dal computo, ai fini della determinazione dei parametri per il rispetto dei Trattati europei, di alcune fattispecie di investimenti concordate in sede europea;
c) prevedendo di attribuire, nella stesura dell'articolo 8, alla Corte di giustizia dell'Unione europea funzioni di verifica e sanzione nei confronti di Paesi inadempienti, previo il coinvolgimento degli organismi comunitari nelle procedure sanzionatorie;
d) impedendo l'istituzionalizzazione, che sarebbe in contrasto con quanto affermato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2012 sulle conclusioni del Consiglio europeo dell'8 e 9 dicembre 2011, di un vertice intergovernativo dei Capi di Stato e di Governo di cui all'articolo 12 della bozza del Trattato, elemento di ulteriore complicazione dell'architettura istituzionale europea e di opacità crescente dell'Unione stessa, che viceversa necessita di una governance più democratica, a partire da un ruolo maggiore del Parlamento europeo.
(1-00822)
«Donadi, Leoluca Orlando, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Porcino, Favia, Palomba, Di Stanislao, Mura, Barbato, Messina, Piffari, Zazzera, Monai, Cimadoro, Paladini, Aniello Formisano, Palagiano, Di Giuseppe, Rota».