XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 19 gennaio 2012

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
l'approfondirsi della crisi ha messo in evidenza con grande chiarezza l'insufficienza delle misure che sono state finora assunte dai Governi dell'area euro;
la disciplina dei bilanci nazionali è necessaria e improcrastinabile nell'eurozona e nell'intera Unione e occorre ridimensionare il peso del settore pubblico nell'economia europea, e in particolare in quella italiana, per ridare spazio, fiato e «gambe» all'iniziativa privata, portando avanti il processo di risanamento della finanza pubblica nei Paesi gravati o da un livello elevato di stock di debito o da un insopportabile disavanzo, poiché l'Europa condivide con tutto il resto del mondo ricco una chiara tendenza a un eccesso di indebitamento pubblico;
la disciplina di bilancio non sarà efficace se essa non sarà sottoposta al vincolo ineludibile della disciplina democratica che implica, nei loro rispettivi livelli di competenza, il coinvolgimento non formale ma sostanziale del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali;
se il trattato internazionale sul rafforzamento dell'Unione economica firmato dai Governi rispetterà il vincolo della disciplina democratica una sessione parlamentare straordinaria sarà convocata per una rapida autorizzazione alla ratifica prima dell'entrata in vigore del meccanismo europeo di stabilità;
senza sviluppo, da un punto di vista economico, non c'è risanamento da un punto di vista politico, con un crollo del consenso che rende difficile l'adozione delle misure necessarie di risanamento finanziario;
è la mancanza di unità politica la principale minaccia all'eurozona, alla sua stabilità finanziaria, alla sua unione monetaria. Confrontata infatti agli Stati Uniti, l'area dell'euro nel suo complesso registra un debito pubblico inferiore, un deficit di bilancio che è la metà, un minore indebitamento privato (famiglie e imprese non finanziarie), un sostanziale equilibrio nei propri conti con l'estero e una distribuzione del reddito assai migliori degli USA;
come ha ricordato pochi mesi fa Jean-Claude Trichet, quando ancora presiedeva la Banca centrale europea, in relazione ad alcuni dati fondamentali - quali il tasso di inflazione, la crescita e la produttività - l'economia della zona euro non soffre di maggiori squilibri interni e non è più eterogenea dell'economia degli Stati Uniti. Ma il dollaro non è in discussione, mentre l'euro sì;
il pericolo principale che l'euro corre risiede proprio nel fatto che politicamente l'area dell'euro non è un'entità

unica: senza unione politica non c'è insomma alcuna soluzione duratura alla crisi economica e finanziaria che attualmente minaccia di travolgere l'euro;
misure parziali che non prevedano l'avvio di un'Unione fiscale come primo passo verso gli Stati Uniti d'Europa e la messa in atto con urgenza di un piano di sviluppo che accompagni la manovra di risanamento dei conti pubblici non avranno il sostegno dell'opinione pubblica,


impegna il Governo


a precisare l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa promuovendo la definizione degli elementi essenziali del progetto, del metodo e dell'agenda in una dichiarazione che accompagni il trattato internazionale ispirandosi al modello della dichiarazione 23 sul futuro dell'Europa annessa al Trattato di Nizza su proposta di Giuliano Amato e Gerard Schroeder e sottoscritta dai Governi dei Paesi fondatori delle Comunità europee e suggerendo di riprendere i principi dell'appello lanciato a Berlino dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nel marzo 2007 in occasione dei cinquanta anni dei trattati di Roma e delle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001.
(1-00821)
«Mecacci, Bernardini, Zamparutti, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Gianni, Moffa, Catone, Stasi, Marmo, Grassano, Guzzanti, Polidori, Mottola, Razzi, D'Anna, Ruvolo».

Risoluzione in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
nel quadro delle decisioni assunte dal Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, in merito alle misure per consolidare la patrimonializzazione delle banche e fare fronte agli eventuali rischio di insolvenza del debito sovrano di alcuni Paesi membri, l'European Banking Authority (EBA) ha svolto un esercizio sulla situazione patrimoniale delle banche europee, a seguito del quale è emersa la necessità di incrementare il capitale di alcune delle principali banche italiane;
in particolare, l'esercizio svolto dall'EBA richiede alle banche un incremento del loro capitale attraverso la costituzione di un «cuscinetto» (buffer) patrimoniale aggiuntivo, temporaneo ed eccezionale, per fronteggiare le incertezze, emerse a partire dalla seconda metà dello scorso anno sui mercati, relativamente alle esposizioni su debiti sovrani e agli altri rischi creditizi, in connessione con l'attuale, difficile fase della congiuntura economica;
tale esigenza di rafforzamento della patrimonializzazione degli intermediari creditizi deriva anche dal fatto che i titoli pubblici presenti nel portafoglio delle banche sono stati valutati al loro attuale valore di mercato, secondo il metodo del cosiddetto «mark to market» scontando dunque gli effetti, particolarmente negativi per le banche italiane, derivanti dalla caduta delle quotazioni dei titoli pubblici italiani dall'ampliamento del differenziale di rendimento rispetto al benchmark di riferimento, rappresentato dal bund decennale tedesco;
in contrasto con gli stessi obiettivi delle autorità europee, che intendevano introdurre elementi di rassicurazione circa la stabilità degli operatori creditizi europei, i mercati finanziari hanno reagito negativamente all'annuncio dei risultati dell'esercizio dell'EBA;
gli investitori hanno infatti interpretato le posizioni assunte dall'EBA come una preoccupante conferma della possibilità che alcuni Paesi dell'area euro possano fallire: ciò ha comportato l'aumento della volatilità delle quotazioni dei credit default swap (CDS) sui titoli sovrani, l'incremento degli spread dei titoli pubblici di molti Paesi europei nei confronti dei titoli di Stato tedeschi, con conseguente difficoltà, per gli stessi Stati, a collocare i propri titoli sul mercato;
in particolare, la valutazione secondo il principio del mark to market dei titoli di Stato detenuti dalle banche ha avuto l'effetto perverso di disincentivare l'acquisto, se non addirittura di incentivare la vendita, di titoli di Stato italiano da parte delle banche, amplificando in tal modo l'orientamento assunto dagli intermediari esteri ed inducendo un ampliamento dello differenziale tra i titoli italiani e quelli di altri Paesi, non giustificato dai fondamentali economici e di finanza pubblica;
tale impostazione sta, dunque, condizionando negativamente la possibilità delle banche di mantenere o aumentare la quota di titoli di Stato presenti nei loro portafogli, contribuendo conseguentemente a destabilizzare, in particolare, il mercato dei titoli di Stato italiani;
in tale contesto assumono estrema rilevanza le recenti dichiarazioni del presidente della Banca centrale europea, Mario

Draghi, il quale, pur riconoscendo l'esigenza di migliorare il livello e la qualità dei requisiti patrimoniali degli istituti di credito, ha evidenziato come tali decisioni fossero state assunte, in sede di definizione del cosiddetto «pacchetto Basilea 3», in una fase economica e finanziaria del tutto diversa dall'attuale, quando non erano ancora emerse le preoccupazioni sulla stabilità di bilancio di taluni Paesi dell'area euro e, soprattutto, quando non si erano ancora verificate le ondate di vendita dei titoli di Stato di tali Paesi, e le prospettive di crescita per i prossimi anni erano molto più positive;
sempre secondo il presidente della BCE, nell'attuale fase di mercato, le decisioni dell'EBA avrebbero un effetto prociclico, aggravando ulteriormente le difficoltà delle banche e inducendo un nuovo «congelamento» del mercato interbancario, in piena contraddizione con gli obiettivi dichiarati dall'EBA stessa e con l'impostazione del «pacchetto Basilea 3», il quale prevede una serie di misure volte ad introdurre meccanismi anticiclici;
l'accelerazione, indotta dalle recenti decisioni dell'EBA, nell'implementazione dei requisiti patrimoniali previsti dal «pacchetto Basilea 3», che avrebbe dovuto svilupparsi lungo un arco temporale di diversi anni, sta infatti determinando notevoli effetti negativi sulla congiuntura economica, in particolare incrementando il rischio una forte contrazione del credito erogato alle imprese e alle famiglie;
le preoccupazioni espresse dal Presidente della BCE risultano del resto condivise anche dalla Banca d'Italia, in relazione alle incertezze provocate sui mercati dalla risposta delle autorità europee alla crisi ed all'effettiva attuazione delle decisioni del Vertice europeo del 9 dicembre, che prevedono l'anticipo e il rafforzamento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria - European Financial Stability Facility (ESFS) (cosiddetto Fondo «salva Stati»);
a tale ultimo proposito risultano molto significative le raccomandazioni, espresse dalla stessa Banca d'Italia nel Bollettino economico pubblicato il 17 gennaio 2012, affinché le decisioni, assunte nello scorso mese di dicembre, relative alla nuove regole di governo economico europeo, nonché all'azione del Fondo europeo di stabilità finanziaria - European Financial Stability Facility (ESFS), e, successivamente, dall'European Stability Mechanism (ESM), siano rese operative con urgenza, sfruttando tempestivamente tutte le potenzialità di tali strumenti, in modo da ripristinare la fiducia degli investitori e garantire la normalizzazione dei mercati finanziari;
in tale contesto appare evidente l'esigenza che, già nel prossimo Consiglio europeo straordinario del 30 gennaio 2012, i Governi degli Stati membri dell'Unione europea, e segnatamente dell'area dell'euro, forniscano segnali chiari e credibili ai mercati finanziari, agli operatori economici ed all'opinione pubblica, adottando decisioni incisive che consentano di correggere gli effetti distorsivi determinati da alcune decisioni assunte dall'EBA, e che indichino la volontà comune degli Stati di ripristinare condizioni di equilibrio nei mercati finanziari e del credito, di assicurare la stabilità della moneta unica e di favorire in tal modo il superamento dell'attuale negativa congiuntura economica,


impegna il Governo:


ad adottare, anche in vista del prossimo Consiglio europeo del 30 gennaio 2012, iniziative politiche volte a:
a) verificare la possibilità di prevedere un differimento nell'applicazione delle raccomandazioni dell'EBA, nonché di rivedere, entro i prossimi mesi, la dimensione del buffer aggiuntivo di capitale richiesto alle banche a fronte di esposizioni su debiti sovrani;
b) prevedere che le richieste di ricapitalizzazione dell'EBA possano essere valutate caso per caso, con riferimento alle singole banche interessate, dalle autorità di vigilanza dei singoli Paesi;

c) accelerare l'assunzione di decisioni definitive, a livello europeo, volte a rendere rapidamente operativo, nonché a rafforzare, il Fondo europeo di stabilità finanziaria - European Financial Stability Facility (ESFS), la cui costituzione era stata deliberata dagli Stati membri dell'Unione europea fin dal 9 maggio 2010, con lo scopo di preservare la stabilità finanziaria europea fornendo assistenza finanziaria agli Stati dell'area euro in difficoltà economica;
d) sostenere l'esigenza, evidenziata dalla stessa EBA, di introdurre schemi di garanzia europei sulle nuove passività bancarie a medio e a lungo termine, al fine di interrompere il circolo vizioso tra qualità creditizia delle banche e qualità del debito sovrano dei rispettivi Paesi;
e) sostenere con forza l'esigenza che l'attuazione delle misure del pacchetto Basilea 3 siano accompagnate da decisioni politiche, a livello europeo, efficaci e credibili relativamente alle problematiche del debito sovrano, in linea con gli orientamenti, definiti già nel settembre scorso dal Consiglio europeo per il rischio sistemico.
(7-00754)
«Pagano, Causi, Fugatti, Comaroli, Forcolin, Montagnoli, Galletti, Antonio Pepe».

TESTO AGGIORNATO AL 24 GENNAIO 2012

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
eccezionali avversità atmosferiche hanno colpito e devastato il territorio della provincia di Messina nei giorni 22 e 23 novembre 2011 causando l'ennesima tragedia del maltempo, con i tristemente noti eventi luttuosi verificatisi a Saponara, oltre ai movimenti franosi, alle colate detritiche, alle esondazione di fiumi e torrenti, alle colate di fango e agli allagamenti di abitazioni e di insediamenti produttivi;
il fenomeno alluvionale manifestatosi con violenza straordinaria ha ferito nuovamente un territorio che ha rivissuto l'incubo del 2009, quando le forti precipitazioni causarono la morte di 37 persone nel comune di Messina nelle località di Giampilieri, Molino, Altolia, Briga, Pezzolo, Santa Margherita Marina, ed i comuni di Scaletta Zanclea e Itala;
tali accadimenti mostrano in tutta la loro evidenza l'attuale vulnerabilità dei territori siciliani che richiede, nell'immediato, un'efficace e tempestiva gestione dell'emergenza ma anche un ripensamento generale sulla legislazione vigente per la gestione del rischio idrogeologico ed una pianificazione e riordino degli strumenti della prevenzione avendo come obiettivo la sicurezza e la salvaguardia dei cittadini;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 25 novembre 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza nei territori della provincia di Messina in relazione alle richiamate eccezionali avversità atmosferiche, con la finalità di garantire la realizzazione dei primi interventi finalizzati al soccorso della popolazione ed alla rimozione delle situazioni più immediate di pericolo;
a quasi due mesi dal verificarsi dell'alluvione, il territorio attende ancora quegli indifferibili provvedimenti contenenti misure concrete ed utili a rimettere in piedi ciò che l'acqua ed il fango hanno tristemente spazzato via;
non risultano chiare le ragioni dell'indugio nell'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, indispensabile per la messa in sicurezza ed il ripristino delle situazioni di vita ordinata e civile per le popolazioni interessate e per evitare che tali popolazioni non subiscano danni irreversibili anche alle attività produttive già gravemente colpite dalla crisi generale;
sembrerebbe che tale ritardo sia ascrivibile alla difficoltà di reperimento

delle risorse finanziarie utili a coprire gli interventi urgenti da disporre nel suddetto provvedimento di protezione civile in quanto, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, così come modificato dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, deve farsi carico di tali costi la regione interessata dall'evento ed anche lo Stato, attingendo alle risorse del Fondo nazionale di protezione civile, nel caso di insufficienza delle risorse regionali;
con riferimento alle ultime ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri emanate per gli eccezionali eventi atmosferici verificatisi in Liguria e in Toscana si fa presente che le risorse in tutti i casi sono state reperite attingendo a risorse regionali e a risorse statali;
in particolare, nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3973/2011, riferita agli eventi alluvionali verificatisi a La Spezia nel mese di ottobre del 2011, viene stanziata la somma di 54,5 milioni di euro - di cui 40 milioni da porre a carico del Fondo della protezione civile, 1,5 milioni a valere sulla disponibilità del bilancio regionale e 8 milioni derivanti dall'aumento di 2,42 centesimi di euro per litro dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398 - ridotta a 49,5 dall'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3985 del 2 dicembre 2011;
ancora, per l'alluvione di La Spezia e per quella verificatasi dal 4 all'8 novembre 2011 a Genova, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3980/2011 dell'11 novembre 2011 sono stati assegnati ulteriori 10 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi diretti a superare le relative emergenze con oneri a carico del bilancio dello Stato, in particolare a valere prevalentemente sui capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare accantonati per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;
per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel territorio di Massa Carrara con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3974/2011 è stata stanziata la somma di 85 milioni di euro di cui 60 milioni a carico del bilancio regionale e 25 milioni a carico del Fondo della protezione civile;
infine, l'ordinanza n. 3993 del 2 gennaio 2012 per la prosecuzione delle iniziative necessarie volte a fronteggiare i danni verificatisi nei mesi di ottobre e novembre 2011 in Liguria ha autorizzato il commissario delegato ad utilizzare le economie quantificate in circa 7 milioni e mezzo di euro, rinvenienti dalle ordinanze n. 3192/2002, n. 3258/2002, n. 3277/2003, n. 3311/2003, n. 3312/2003 e n. 3338/2004 -:
quali siano le cause del ritardo nell'adozione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri ex articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e successive modificazioni, per fronteggiare i danni conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 22 e 23 novembre 2011 nei territori della provincia di Messina, nei quali, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 novembre 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza e quali siano i tempi previsti per l'adozione della stessa.
(2-01327)
«Garofalo, Minardo, Germanà, Vincenzo Antonio Fontana, Misuraca, Torrisi, Antonio Martino, Luciano Rossi, Tortoli, Scandroglio, Ceroni, Nizzi, Vella, Girlanda, Barani, De Luca, Murgia, Di Cagno Abbrescia, Stradella, Ghiglia, Palmieri, Prestigiacomo, Scalia, Moles, Catanoso, Toccafondi, La Loggia, Di Caterina, Nastri, Gibiino, Marinello, Pagano, Aracri, Armosino, Antonino Foti, Pizzolante».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ROSSA e TULLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011 regolamenta i nuovi criteri di calcolo e le nuove modalità di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), ovvero quello strumento attualmente usato ai fini dell'accesso a prestazioni e servizi sociali e alle tariffe agevolate;
tale articolo attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri la facoltà di rivedere i criteri dell'ISEE entro il 31 maggio 2012, dopo aver sentito le commissioni parlamentari competenti;
il testo fissa la revisione dei criteri di calcolo e l'elencazione delle agevolazioni, benefici, prestazioni a cui applicare il nuovo ISEE dal gennaio 2013;
attualmente l'ISEE è applicato per un numero molto limitato di servizi sociali e benefici, mentre viene escluso per altri. Per l'accesso a prestazioni monetarie (pensioni, assegni indennità) e altri servizi si fa abitualmente riferimento al reddito personale o, per alcune provvidenze o maggiorazioni, anche quello del coniuge. Nessuna agevolazione fiscale è attualmente legata all'ISEE; alcuni benefici fiscali sono esclusi o rimodulati al di sopra di prefissate soglie reddituali (esempio carichi di famiglia) personali;
nel calcolo del futuro ISE (situazione economica) peserà maggiormente la componente del patrimonio di ciascun componente del nucleo senza far alcun riferimento all'eventuale ISE personale;
per «patrimonio» abitualmente si considera quello mobiliare e quello immobiliare e cioè titoli e depositi bancari, abitazioni, terreni e altro: si terrà quindi in maggiore considerazione ciò che una famiglia, nella sua interezza, possiede in termini di ricchezza;
contribuiranno al reddito anche somme che attualmente non entrano nel computo, perché esentate dall'imposizione fiscale: le provvidenze assistenziali agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, alcune borse di studio, l'assegno sociale;
nella formulazione di criteri di calcolo dell'ISEE si dovrà tenere conto dei carichi familiari «in particolare dei figli successivi al secondo»; e della presenza nel nucleo familiare di una persona con disabilità;
l'articolo 5, prevede espressamente l'emanazione di decreto applicativo che elenchi le «situazioni» alle quali verrà applicato il nuovo ISEE, ovvero: le agevolazioni fiscali (esempio carichi di famiglia, spese di assistenza, e altro), le agevolazioni tariffarie (elettricità, gas, asporto rifiuti), le provvidenze di natura assistenziale (esempio pensione e indennità per gli invalidi civili, assegni e pensioni sociali e altro);
si presume che l'ISEE sarà applicato anche a situazioni in cui finora non sono previsti i limiti reddituali: il caso più evidente è quello dell'indennità di accompagnamento a ciechi, invalidi civili, sordi con la conseguenza che una parte di attuali titolari potrebbe perdere il diritto all'indennità di accompagnamento;
dal primo gennaio 2013, le agevolazioni non potranno più essere riconosciute alle persone in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata con il decreto stesso -:
se il Governo non ritenga necessario valutare l'opportunità di rivedere i criteri di calcolo e le modalità di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), rimuovendo dal computo complessivo l'indennità di accompagnamento.
(5-05966)

VIOLA, MARTELLA, MURER e BARETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in comune di Mirano (Venezia) la Società Bio 4 Energy S.r.l. ha presentato istanza per la realizzazione di una centrale per la produzione di biogas tramite la fermentazione di biomasse agricole. Questo biogas verrà a sua volta utilizzato in un sistema di cogenerazione per produrre energia elettrica e termica;
il progetto in questione è all'esame del comune di Mirano per la parte di sua competenza (Compatibilità urbanistica, verifica del rischio idraulico eccetera) e degli altri soggetti della conferenza di servizi (ASL, Sovrintendenza e altro);
il Comune di Mirano è oggi commissariato e in attesa di elezioni;
si tratta di un impianto di tipo industriale a 7 megawatt di potenza che sorgerebbe in una zona in cui si doveva creare un parco (parco di Menegon);
il comune di Mirano ha espresso parere negativo nella prima conferenza di servizi del 30 novembre 2011 e si appresta a riconfermare tale parere nella prossima conferenza del 20 gennaio adducendo che si tratta di un progetto che contravviene alle previsioni urbanistiche in quanto zona sottoposta a vincolo ambientale e che la realizzazione dello stesso porterebbe ad un aumento del traffico di mezzi agricoli in una zona già fortemente trafficata per l'ingresso dell'autostrada;
la realizzazione del progetto della centrale ricade nell'ambito territoriale di cui all'accordo di programma sul Passante (sottoscritto nel 2008 da regione Veneto, provincia di Venezia, comune di Mirano) e sarebbe in contrasto con lo stesso in quanto non rispetterebbe le prescrizioni del CIPE a cui l'accordo di programma si attiene e che «riguardano, fra l'altro, le tipologie e le dimensioni della sistemazione a verde delle aree di protezione esterne alla piattaforma stradale, con particolare riferimento alle barriere di tipo vegetale, con funzione di filtro alla ricaduta di inquinanti e di mitigazione visiva, alle barriere acustiche, lungo il tracciato autostradale in territorio del Comune di Mirano»;
i cittadini lamentano scarsa informazione sul progetto in questione e sono preoccupati su possibili ricadute in termini di sicurezza e di salute;
il territorio di Mirano ha già subito ingenti trasformazioni viabilistiche legate alla realizzazione del Passante di Mestre che ne ha condizionato pesantemente la vivibilità con la realizzazione di importanti opere integrative allo stesso passante;
la regione Veneto peraltro non ha ancora adottato il Piano energetico regionale, per cui si stanno sviluppando interventi di produzione di energia da fonti rinnovabili al di fuori di ogni programmazione sia per la quantità che per la localizzazione;
non sfugge a nessuno l'importanza della realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma allo stesso tempo proprio la mancanza di adeguati e condivisi piani di sviluppo di questo settore mette a rischio la necessaria condivisione da parte dei cittadini -:
se il Governo non ritenga, considerata la mancata deliberazione del piano energetico regionale da parte della regione Veneto, che sussistano i presupposti per avviare la procedura per l'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 5 della legge n. 10 del 1991 e se, in ogni caso, la soprintendenza non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza volta a evitare la compromissione dei valori paesaggistici e culturali dell'area.
(5-05971)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Alcoa è una multinazionale americana ed è il maggiore produttore mondiale di alluminio primario e semilavorato. In Italia è presente dal 1967 e nel corso degli anni ha sempre ricevuto ingenti fondi pubblici dallo Stato. Anche nell'ultima legislatura, Alcoa ha beneficiato di diversi provvedimenti che prevedevano misure di sostegno a favore di tutte le aziende energetiche italiane, facendo impennare i costi a carico del bilancio dello Stato;
solo grazie a questi provvedimenti, l'Alcoa ritirò la minaccia di chiudere i suoi stabilimenti in Sardegna, avviando, nel maggio 2010, un piano di investimenti triennale, per gli anni 2010-2012, recepito negli accordi allora sottoscritti con Governo e sindacato, finalizzato al miglioramento della posizione competitiva attraverso il pieno recupero della capacità produttiva ed il miglioramento di efficienza;
oggi l'azienda ritiene inevitabile la cessazione della produzione come unica possibilità di limitare le perdite economiche che nelle loro previsioni sul 2012 appaiono esagerate, infatti la società nel 2011 a bilancio ha dichiarato una perdita per 6 milioni di euro mentre per il 2012 ha previsto una perdita pari 46 milioni;
il 10 gennaio 2012 è stato comunicato alle organizzazioni sindacali la chiusura di Alcoa trasformazioni srl di Portovesme. Con una nota, infatti, la società ha annunciato l'avvio di un progetto di riorganizzazione delle proprie attività produttive di alluminio primario, al fine di migliorarne la posizione competitiva e la struttura dei costi. Tale progetto include l'intenzione di cessare la produzione di alluminio a Portovesme;
da un comunicato aziendale sembrerebbe che l'Alcoa, da sempre finanziata con soldi pubblici, abbia deciso di chiudere eludendo il fatto che all'Alta Corte di giustizia dell'Unione europea di Lussemburgo pende un provvedimento che potrebbe costare all'Alcoa circa 300 milioni di euro, come risarcimento per aver ottenuto sussidi negli anni precedenti. Ad avviso degli interroganti sembra sorprendente la coincidenza per cui Alcoa abbandona la Sardegna proprio quest'anno, quando finisce il regime di sussidi deciso nel 2010, violando gli accordi sottoscritti;
in un incontro successivo al 10 gennaio 2012, l'azienda ha comunicato ai rappresentanti sindacali e a Confindustria della Sardegna meridionale di dover procedere alla dismissione dell'impianto, alla risoluzione del rapporto di lavoro e alla collocazione in mobilità nei confronti di tutti i lavoratori occupati presso lo stabilimento di Portovesme in numero di 502 dipendenti di cui 3 dirigenti;
alla data odierna, l'organico complessivo dei dipendenti in Italia della Alcoa trasformazioni Srl comprende 803 dipendenti di cui 8 dirigenti, dislocati presso i due stabilimenti di Portovesme in Sardegna, attivo nella produzione di alluminio primario tramite processo elettrolitico, e di Fusina in Veneto, attivo nella produzione di laminati di alluminio;
lo stabilimento di Portovesme ha una capacità produttiva di circa 145.000 tonnellate annue di alluminio primario. La tipologia dei prodotti è costituita da: billette (destinate all'industria dell'estrusione), placche (destinate all'industria della laminazione) pani in lega (destinati all'industria dei getti) e Tbars (destinati alla rifusione). Si tratta dell'unico impianto di produzione di alluminio primario attualmente in esercizio in Italia e copre il 13 per cento della domanda di mercato italiana;
l'Alcoa definisce la propria decisione irreversibile e definitiva e non consente l'adozione di misure alternative idonee a porre rimedio alla predetta situazione di

eccedenza occupazionale, escludendo la possibilità di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni sia nella forma ordinaria che straordinaria, sia di ricorrere a qualsiasi altro tipo di ammortizzatore sociale in quanto, non trattandosi di un evento temporaneo, non vi sarà ripresa dell'attività produttiva. Al termine delle fasi di consultazione e di trattativa con le organizzazioni sindacali, si procederà alla fermata dell'impianto in condizioni di sicurezza;
la chiusura dell'Alcoa, a parere degli interroganti, metterà un intero territorio in ginocchio, e causerà grandissimi problemi di tipo sociale. Anche altre realtà come Eurallumina spa, Ila, Sms e persino Enel subiranno pesanti contraccolpi, le prime perché vedranno dissolversi le residue speranze di riavvio dei loro impianti ed Enel perché perderà un importantissimo cliente quale Alcoa -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri interrogati intendano considerare la produzione dell'alluminio strategica per il nostro Paese visto che l'Italia è tra i più grandi utilizzatori e trasformatori d'Europa;
se il Governo intenda assumere, in ogni sede, iniziative per fare valere con Alcoa il risarcimento per i danni derivati dalle chiusure in tutti i loro aspetti, sociali, ambientali ed economici, vista la violazione degli accordi sottoscritti;
se il Governo intenda ricostruire in Sardegna la filiera della produzione di alluminio utilizzando parte delle sovvenzioni che secondo l'Unione europea l'Alcoa deve restituire all'Italia;
se il Governo intenda convocare le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali unitarie per attivare tutti gli strumenti a loro disposizione per la reindustrializzazione dell'area coinvolgendo sia Enel che Tema;
se intendano assumere ogni iniziativa per fermare la procedura di mobilità avviata il 10 gennaio 2012 e far proseguire di conseguenza gli impianti almeno fino alla data prevista dagli accordi sottoscritti, chiedendo nel frattempo ad Alcoa di essere parte attiva nella ricerca di soluzioni industriali e occupazionali alternative alla dismissione e ai licenziamenti.
(4-14548)

CATANOSO, MARINELLO, ANGELINO ALFANO, PALUMBO, CANNELLA e TORRISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'assemblea regionale siciliana, in data 12 luglio 2011, ha approvato, all'unanimità, la legge regionale n. 11 del 2011 prevede sgravi fiscali per incentivare l'imprenditorialità giovanile e femminile nel territorio regionale;
tale norma prevede l'esenzione dal pagamento dell'imposta regionale sulle attività produttive, limitatamente alla quota di spettanza della regione siciliana, per le imprese giovanili e/o femminili, che si costituiscono o che iniziano la loro attività negli anni 2011 e 2012, aventi sede legale, amministrativa ed operativa nel territorio della regione siciliana, per 5 periodi d'imposta la cui decorrenza è definita con le modalità previste dal comma 2 dell'articolo 40 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010;
l'articolo 40 del suddetto decreto-legge n. 78 del 2010, al comma 1, recita testualmente che «In anticipazione del federalismo fiscale ed in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nonché nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea, le predette Regioni con propria legge possono, in relazione all'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, modificare le aliquote, fino ad azzerarle, e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive»;

il comma 2 invece stabilisce che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con ciascuna delle Regioni che emanano leggi ai sensi e nei limiti di cui al comma 1, è stabilito il periodo d'imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le disposizioni di tali leggi»;
alla luce di quanto sopra, l'entrata in vigore della legge regionale n. 11 del 2011, norma fondamentale per combattere efficacemente la disoccupazione giovanile in Sicilia, è vincolata dall'emanazione dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM);
il Ministero dell'economia e delle finanze, con nota protocollo n. 17779 del 2011 dell'11 ottobre 2011, ha proposto alla regione siciliana, lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri suddetto e la regione siciliana, con nota 14283 del 2011 del 12 ottobre 2011, quindi il giorno successivo, ha formalizzato la propria intesa;
alla data odierna, la legge regionale n. 11 del 2011 non è ancora entrata in vigore, nonostante siano passati ben sei mesi dalla sua approvazione da parte dell'assemblea regionale Siciliana per la mancata emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il cui iter si è positivamente concluso nell'ottobre scorso;
tutto ciò non consente l'attivazione di uno strumento normativo fondamentale per il rilancio dell'imprenditoria regionale siciliana e per il contrasto alla disoccupazione giovanile in un contesto, come quello attuale, di gravissima crisi congiuntura;
questo ritardo appare ancor più ingiustificabile se si considera che la legge regionale de qua ha superato positivamente l'esame di legittimità da parte del commissario dello Stato, l'unico livello che avrebbe potuto censurare ed invalidare le prescrizioni -:
se non ritengano opportuno accelerare l'iter attuativo della norma de qua attraverso l'emanazione del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, considerando anche che questo ritardo ha, di fatto, già vanificato l'applicazione delle specifiche agevolazioni fiscali previste per le imprese giovanili e/o femminili costituitesi nel 2011.
(4-14550)

TOCCAFONDI, FAENZI, MASSIMO PARISI, MARTINELLI, BARANI, MAZZONI, SPECIALE, BIANCONI, MIGLIORI, PICCHI, BERGAMINI e TORTOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la sera di venerdì 13, la nave da Crociera «Costa Concordia», con a bordo 4234 persone, dopo poche ore dall'inizio del tour di 7 giorni, in arrivo da Civitavecchia e in direzione Savona: alle 21.45 passa a poche centinaia di metri dall'Isola del Giglio, colpendo uno scoglio;
l'impatto provoca all'imbarcazione, uno squarcio di almeno 70 metri e tra le lamiere rimane anche un pezzo di scoglio. La nave imbarca acqua ed inizia a piegarsi. La «Costa Concordia» affonda subito a nord di Giglio Porto, a Punta Gabbianara;
a quattro giorni dall'incidente, dalle notizie date da tutti mass media, si apprende di un altissimo rischio ambientale dovuto alla quantità, non stimabile, di materiale altamente inquinante che si trova all'interno della Nave, non rappresentato solamente dal carburante, tanto che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha annunciato lo Stato d'emergenza nazionale per l'Isola del Giglio;
con il peggiorare delle condizioni climatiche, la Nave ha iniziato a scivolare sul fondo del mare, (c'è uno scalino profondo 70 metri, dove la nave rischia di scivolare) e questo potrebbe comportare il definitivo affondamento della Concordia, con l'impossibilità successiva di rimuovere il relitto e il pericolo di un vero e proprio disastro ambientale;

sono 2400, le tonnellate di carburante che si trova nei serbatoi della Costa Concordia, e in più si devono considerare tutti i materiali inquinanti che una nave da crociera trasporta al suo interno per il funzionamento generale della Nave;
si apprende, dalle dichiarazioni dello stesso Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che intorno al relitto, sono stati individuati dei trafilamenti di materiale liquido, la natura del liquido non è stata ancora individuata, ma se fossero chiazze di carburante sarebbe la riprova di un problema ai serbatoi della Nave, che renderebbe ancora più difficile lo smaltimento del gasolio;
la società olandese Smit, è stata incaricata di svuotare i serbatoi della Costa Concordia, ma a quanto si apprende da notizia di stampa, i piani per lo svuotamento delle cisterne contenenti il carburante, si sarebbero complicati;
nei giorni scorsi è stato ordinato il sequestro della Costa Concordia da parte della magistratura, che però, come ha ricordato anche il Ministro, non libera l'armatore dall'obbligo di presentare e adottare le misure necessarie per rimuovere i fattori di rischio;
ad oggi, però, il piano dell'armatore per la messa in sicurezza e lo svuotamento dei serbatoi, non è stato ancora presentato ed è atteso per i prossimi giorni;
i tecnici della Smit Salvage di Rotterdam e i loro soci della società Genovese Cambiaso Risso, hanno già definito il salvataggio un'operazione ciclopica. Per svuotare le 17 cisterne che si trovano a poppa della Nave serviranno, secondo i responsabili delle operazioni, almeno alcune settimane -:
quale sia la reale situazione, al momento, della nave Costa Concordia, e quali siano i materiali altamente inquinanti che rischiano di fuoriuscire dal relitto, oltre, naturalmente al carburante;
quali misure siano state decise dal Governo, dagli enti locali e dalle autorità competenti per cercare di recuperare il materiale inquinante e scongiurare il disastro ambientale;
se sia stata considerata dal Governo la possibilità di istituire, nel più breve tempo possibile, un tavolo tecnico, nel quale coinvolgere tutti i maggiori professionisti esperti e specialisti, italiani e stranieri, del settore, per individuare i principali problemi che potrebbero comportare inquinamento del mare e di tutta la costa dell'Isola del Giglio, e le relative soluzioni.
(4-14551)

MARINELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la disposizione del 29 dicembre 2011, n. 168 che stabilisce i criteri per la verifica della fattibilità e dell'utilità dei progetti di gestione sperimentali ex articolo 3 dell'ordinanza del commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti in Sicilia n. 151 del 14 novembre 2011 pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale della regione siciliana n. 49 del 25 novembre 2011, dispone che il medesimo commissario, come previsto dall'articolo 3 dell'ordinanza n. 151 del 10 novembre 2011, su proposta delle aggregazioni territoriali degli enti locali interessati e/o delle società o consorzi d'ambito esistenti, previa verifica del soggetto attuatore di cui all'articolo 2 ella suddetta ordinanza, approva i progetti gestionali sperimentali, contenenti gli obiettivi da perseguire per assicurare la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza in conformità a parametri determinati con successivo provvedimento e garantendo un confronto tra i diversi modelli gestionali;
la suesposta disposizione contiene inoltre i requisiti di ammissibilità, necessari all'ammissione del progetto di gestione da parte del soggetto attuatore, nonché i criteri di valutazione a cui occorrerà conformarsi per la verifica dei

progetti da parte del soggetto attuatore come previsto dalla suddetta ordinanza, al fine dell'approvazione definitiva del progetto di gestione sperimentale, attraverso la selezione delle proposte presentate ai sensi della medesima ordinanza, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, recante «Norme in materia ambientale» nonché della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, in materia di gestione integrata dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati;
a giudizio dell'interrogante, sembrerebbe che la disposizione del 29 dicembre 2011, n. 168 precedentemente riportata, consenta la prosecuzione per i soggetti attuatori e deputati alla gestione sperimentale, che hanno avuto diretto conferimento, ovvero senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, nonostante quanto disposto dal comma 8 dall'articolo 4 del decreto-legge del 13 agosto 2011 recante «ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo» convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che stabilisce procedure competitive ad evidenza pubblica, nel caso in cui un ente locale intende procedere all'attribuzione di diritti in esclusiva, prevedendo il conferimento della gestione di servizi pubblici locali, in favore di imprenditori o società in qualunque forma costituite e nel rispetto dei princìpi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
appare inoltre importante evidenziare, a giudizio dell'interrogante, che l'articolo 9 della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», legge di stabilità 2012, modificando il suddetto l'articolo 4 che dispone norme per l'adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali, ha stabilito attraverso il comma 32, un regime transitorio per gli affidamenti diretti per i servizi pubblici, il cui valore contrattuale in essere, risulti superiore a 900 mila euro all'anno, nei confronti delle società in in house (ovvero società per azioni degli ATO-rifiuti), la cui peculiarità com'è noto è costituita dalla deroga al principio di carattere generale dell'evidenza pubblica da parte del committente pubblico, affinché cessino improrogabilmente alla data del 31 marzo 2012;
quanto sopra riportato, a giudizio dell'interrogante, ove fosse confermato, introdurrebbe nuovamente la possibilità da parte dei soggetti attuatori per la gestione integrata dei rifiuti, di eludere le disposizioni precedentemente esposte dell'affidamento dei servizi pubblici locali mediante evidenza pubblica, a causa delle disposizioni previste in materia di situazione di emergenza per il settore rifiuti, evitando inoltre il rispetto delle norme previste per gli enti locali sul patto di stabilità interno contenute all'interno del decreto-legge del 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 -:
quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa;
se quanto stabilito dalle disposizioni del 29 dicembre 2011, n. 168, relative ai criteri per la verifica della fattibilità e dell'utilità dei progetti di gestione sperimentali ex articolo 3 dell'ordinanza del commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti in Sicilia n. 151 del 14 novembre 2011, sia in contrasto con quanto previsto dalle disposizioni indicate dal decreto-legge n. 138 del 2011, nonché dalla legge 12 novembre 2011, n. 183, esposte anch'esse in premessa, con conseguente violazione di princìpi della libera concorrenza nel mercato, da parte degli enti locali, nei confronti dei servizi di pubblica utilità locale di rilevanza economica;
in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di garantire maggiore equilibrio e trasparenza nella gestione integrata dei rifiuti nella regione siciliana nei confronti dei soggetti aggiudicatari dei progetti di gestione sperimentale,

evitando conseguentemente l'autorizzazione da parte del commissario delegato per l'emergenza dei rifiuti in Sicilia al ricorso ad interventi attraverso il diretto conferimento di incarichi per i soggetti destinati alla gestione dei rifiuti.
(4-14557)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
recenti fonti di stampa hanno messo in seria discussione la credibilità etica, morale ed istituzionale del Sottosegretario alla difesa, Filippo Milone;
è emerso che negli anni novanta era amministratore della Grassetto Costruzioni spa, la principale società di costruzioni del gruppo Ligresti, finito in più di un'inchiesta;
nel 1992 fu arrestato a Torino per turbativa d'asta e abuso d'ufficio, è stato condannato in via definitiva nel 1997. Condanna poi cancellata con la riabilitazione. Ottiene un posto nel consiglio di amministrazione delle Poste, poi diventa consigliere per la politica industriale dell'ex Ministro della difesa La Russa contemporaneamente era nel consiglio di amministrazione dell'Ansaldo Sts, società di Finmeccanica, che della difesa è uno dei principali fornitori;
il nuovo sottosegretario alla difesa, Filippo Milone, compare, altresì, nelle recenti intercettazioni dell'inchiesta su Finmeccanica. Intercettazioni di telefonate in cui due manager di Finmeccanica parlano della sua richiesta di un finanziamento per la festa del PdL di Milano -:
se il Governo non ritenga inopportuno l'incarico assegnato al Sottosegretario di Stato alla difesa coinvolto in tali vicende e se non ritenga necessario dal punto di vista etico, morale ed istituzionale promuovere la revoca dell'incarico.
(4-14568)

MORASSUT e MARIANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
importanti organi di stampa nazionali hanno fatto rilevare nella giornata di oggi, le partecipazioni del Sottosegretario alla Difesa, Filippo Milone, in società immobiliari presenti su importanti quadranti edificabili di Roma e del vigente Piano regolatore della città;
al Sottosegretario Milone sono state attribuite deleghe significative tra cui quelle relative alla «razionalizzazione, dismissione, valorizzazione e gestione immobiliare del patrimonio della Difesa», ivi inclusa quella relativa «agli alloggi per il personale militare»;
la crisi economica in atto impone che ogni operazione di dismissione, valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico e di trasformazione edilizia e urbanistica ad essa collegata avvenga nella piena trasparenza e nella certezza di un ruolo di assoluta garanzia degli organi pubblici preposti alle stesse operazioni -:
se intenda fornire elementi sulla veridicità delle notizie pubblicate oggi;
se intenda accertare se esistano o meno situazioni di «conflitto di interesse» o quantomeno di inopportuna sovrapposizione tra l'incarico e le deleghe del Sottosegretario Milone e le sue attività di promotore immobiliare.
(4-14569)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

BUTTIGLIONE, VOLONTÈ, BINETTI, CAPITANIO SANTOLINI e DELFINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
non si hanno ancora notizie circa le condizioni di salute di tre vescovi e sei sacerdoti cinesi imprigionati ingiustamente, né tantomeno si sa dove si trovino

attualmente, anche se si teme che siano stati tradotti in uno dei tanti campi di lavori forzati sparsi nella Cina;
si tratta di: monsignor Giacomo Su Zhimin, quasi ottantenne, arrestato dalla polizia cinese nell'ottobre del 1997 senza conoscere l'accusa che ha causato l'arresto; monsignor Cosma Shi Enxiang, di 90 anni arrestato nel 2001; monsignor Wu Qinjing, il più giovane dei vescovi, attualmente agli arresti domiciliari con l'obbligo di non svolgere attività come vescovo; padre Giuseppe Lu Genjun, più volte incarcerato e rilasciato, che risulta scomparso dal febbraio 2006; padre Zhang Jianlin, prelevato dal personale dell'ufficio affari religiosi lo scorso giugno 2011, non si conosce il luogo dove è detenuto; padre Cui Tai, anche lui più volte arrestato, risulta scomparso dal giugno 2001, portato via dal personale dell'ufficio affari religiosi; padre Liu Hongeen, arrestato nel dicembre del 2996 insieme ad altri 8 sacerdoti e attualmente detenuto in una prigione del la provincia di Qingyuan; padre Ma Wuyong arrestato nel 2004 rilasciato nel 2006 e nuovamente arrestato nello stesso anno; padre Wang Chengli condannato «alla rieducazione attraverso il lavoro» nel luglio 2011;
di loro nessuno parla ed il Governo cinese, spesso interpellato da organizzazioni umanitarie e mezzi di comunicazione fornisce sempre la medesima risposta: «non sappiamo»;
i tentativi effettuati del Vaticano per giungere alla liberazione dei religiosi, soprattutto dei due prelati anziani ormai scomparsi da tempo, non sono andati a buon fine -:
quali urgenti iniziative intenda adottare per sollecitare il Governo cinese, firmatario della Carta universale dei diritti umani, a liberare i vescovi e i sacerdoti arrestati e condannati ai lavori forzati, spesso senza una accusa ed un processo, solo per aver professato la fede cattolica e svolto la loro missione evangelica.
(3-02025)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, TOCCAFONDI, POLLEDRI, PIANETTA, PAGANO, PALMIERI e CENTEMERO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
riporta l'agenzia Zenit la notizia che in Pakistan, il Governo del Punjab è stato accusato di «ingiustizia brutale» per aver inviato le ruspe a buttare giù un complesso di proprietà della Chiesa, demolendo case per poveri, anziani e senza tetto, una scuola per ragazze povere e una chiesa;
come riferito da «Aiuto alla Chiesa che Soffre», le famiglie povere che vivono sul lotto di due acri di terreno a Lahore sono state svegliate la mattina di martedì alle ore 6.30 con l'ordine di sgomberare le loro case. Tutti gli edifici situati sul terreno sono stati demoliti: fra questi anche una piccola chiesa e almeno sette case, con tutti gli effetti personali ancora dentro;
senza alcun posto dove andare, un gruppo di famiglie e persone che lavorano nella scuola hanno passato la notte sul sito demolito, situato nella Allama Iqbal Road, nel distretto di Garhi Shahu, a Lahore. La mattina successiva, mercoledì 11 gennaio 2012, hanno organizzato una marcia di protesta;
affermando che il complesso è proprietà della Chiesa dal 1887, il vescovo cattolico di Lahore, monsignor Sebastian Shaw, ha condannato il Governo dello Stato del Punjab, accusandolo di aver «condotto un atto criminale» di land grabbing, ovvero accaparramento della terra. Parlando da Lahore, il presule ha detto in un'intervista con Aiuto alla Chiesa che Soffre di aver convocato una riunione di crisi per fare un ricorso all'Alta corte per recuperare il sito. Condannando la demolizione, monsignor Shaw ha detto: «Ciò che il Governo del Punjab ha fatto è un atto molto, molto brutale di ingiustizia. Siamo tutti preoccupati adesso che il governo regionale e in particolare il partito

al Governo nello Stato del Punjab [la Lega musulmana] stanno prendendo di mira i nostri edifici e i terreni»;
una delle persone che hanno perso le loro case era Zoniba Richard, 62 anni che ha raccontato che i suoi effetti personali sono stati distrutti, di non aver casa e parenti dove andare. La signora Richard ha detto di aver passato la prima notte dopo la demolizione fuori al freddo. La donna è stata intervistata sul posto da Joris van Voorst tot Voorst, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre nei Paesi Bassi, che al momento dei fatti era a Lahore, dove ha incontrato fra l'altro il Ministro delle finanze e delle minoranze del Punjab, ha visitato il sito dopo la demolizione, assieme con Pieter Omtzigt, membro della Camera bassa de L'Aja, il quale ha dichiarato che «i diritti delle minoranze sono stati calpestati»;
anche il vescovo anglicano di Lahore, Alexander John Malilc, ha condannato la demolizione e ha chiesto al governo del Punjab di ricostruire ciò che è stato distrutto. Secondo Malik, bisogna avviare una vertenza in base alla legge sulla blasfemia per l'avvenuta profanazione di Bibbie, croci e una chiesa senza previa autorizzazione ecclesiastica. In un messaggio della Chiesa anglicana del Pakistan, il vescovo ha affermato che la demolizione manifesta un potere inconsiderato e spiega le gravi ingiustizie e la crudeltà nei confronti delle minoranze religiose non-musulmane in Pakistan;
padre Emmanuel Yousaf Mani, ha parlato da Lahore con ACN News affermando che la Chiesa non ha ricevuto alcun preavviso per la demolizione, abbiamo i documenti per dimostrare chi sono i legittimi proprietari del terreno - ha aggiunto il sacerdote -. Il Governo deve aver fatto qualcosa di non corretto per cambiare gli estremi del caso. Padre Yousaf ha affermato che il sito è ancora registrato a nome della Lahore Charitable Association, un trust costituito da membri del clero e laici di diverse confessioni cristiane e presieduto dal vescovo cattolico di Lahore. Ha raccontato che la controversia sulla proprietà è nata qualche anno fa, quando l'edificio principale del complesso è stato usato come ostello per donne povere gestita da suore;
una delle donne, dopo essersi convertita all'Islam, ha cominciato a molestare le suore e ha rivendicato il diritto di proprietà sulle due stanze che aveva occupato. Mentre una vertenza legale è ancora pendente presso l'Alta corte, secondo i giornali locali, i funzionari del governo del Punjab sostengono che il terreno sia stato dichiarato proprietà dello Stato nel 2007. Da allora, il Governo avrebbe notificato già più volte ai proprietari del centro. Si tratta di un terreno di grande valore, che fa gola alle autorità del Punjab;
i critici hanno registrato un drammatico cambiamento nella politica verso le minoranze dopo la morte del governatore del Punjab, Salman Taseer, ucciso il 4 gennaio 2011, dopo aver denunciato apertamente l'oppressione delle minoranze -:
se il Governo conferma la veridicità dei fatti riportati in premessa e se non ritenga di dover assumere iniziative presso il Governo del Pakistan o presso gli organismi internazionali al fine di richiamare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e in particolare del diritto di libertà religiosa, dando attuazione agli impegni assunti a seguito dell'approvazione alla Camera dei deputati della risoluzione Mazzocchi e altri del 12 gennaio 2011.
(5-05968)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

SBROLLINI e NACCARATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo nel territorio vicentino è attivo un grande cantiere stradale

per la realizzazione della cosiddetta «Valdastico Sud», prolungamento dell'attuale ramo autostradale che collega Vicenza con il casello di Piovene Rocchette;
da tempo si rincorrono notizie sui media locali in merito al ritrovamento di materiale nocivo nell'area del cantiere. Materiale che, a detta di testimoni, veniva scaricato da camion durante la notte ed utilizzato come fondo per la preparazione dell'area che ospiterà l'infrastruttura;
la natura del materiale sembra essere quella di pericolosi scarti di fonderia, materiale quindi non inerte e altamente pericoloso per l'ambiente, proprio perché carico di sostanze nocive che hanno fatto scattare la denuncia di associazioni quali medicina ecologica e AIEA (Associazione italiana esposti amianto);
il materiale impiegato sembra presentare livelli elevati di cromo, certamente superiori ai limiti consentiti; e le dimensioni del materiale utilizzato (dei singoli frammenti) sembra superare la dimensione adatta ad evitare in futuro cedimenti o avvallamenti del manto stradale che sarà steso sul «cassonetto» costituito appunto da questo materiale «sospetto»;
l'infrastruttura è attesa da tempo da tutto il territorio vicentino e può rappresentare un elemento positivo per l'economia provinciale;
la direzione investigativa antimafia di Venezia ha conferito l'incarico ad un geologo per poter approfondire e individuare elementi;
se confermati i sospetti, si sarebbe davanti ad un enorme rischio ambientale, oltre che ad accuse penali gravissime -:
di quali elementi disponga il Governo in merito a questa vicenda;
come voglia attivarsi il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per tutelare i cittadini da un possibile rischio ambientale e che mezzi di cooperazione si possano attivare tra le diverse istituzioni coinvolte;
se il Ministero dello sviluppo economico intenda ipotizzare strategie diverse da quelle in vigore per poter garantire la sicurezza nei cantieri escludendo ogni possibile infiltrazione di attività illegali o dannose per le popolazioni.
(4-14546)

MARTELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 2002 su aree dell'Aeronautica militare in territori dei comuni di Treviso e di Quinto di Treviso è in corso un processo di sviluppo di attività aeronautiche con finalità commerciali;
la domanda di pronuncia di compatibilità ambientale per l'aeroporto di Treviso era stata presentata in data 6 dicembre 2002 e la richieste per «incremento fruitivo dell'aeroporto civile di Treviso, piano di controllo e riduzione degli impatti», si concludeva con «parere interlocutorio negativo» della valutazione di impatto ambientale, come espresso dal decreto del Ministero dell'ambiente n. 398 del 14 maggio 2007;
come espresso nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 398 del 2007, era stato decretato l'obbligo di presentare una nuova procedura di valutazione di impatto ambientale, entro tre mesi dalla data di pubblicazione, obbligo a tutt'oggi mai eseguito; sempre nello stesso decreto ministeriale, era stato imposto un limite cautelativo dei voli non superiore ai 16.300 movimenti anno, limite mai osservato visto che, come attestano le statistiche ufficiali, i movimenti dal 2007 ad oggi sono stati sempre superiori con un incremento che in data 31 dicembre 2010 era pari a 21.588 voli/anno;
nonostante le more del procedimento di valutazione di impatto ambientale, comunque la società di gestione SAVE spa/AERTRE spa, ha realizzato una serie di interventi, tra cui la nuova aerostazione passeggeri (per circa 10.000 metri quadrati su due piani), inaugurata nel febbraio

2007 e poi, con ulteriori successivi ampliamenti, nuovamente potenziata con annesse nuove aree di parcheggio;
ENAC, nel 2010, ha autorizzato un nuovo piano di sviluppo aeroportuale per l'aeroporto di Treviso, a quanto consta all'interrogante, senza sottoporlo a previa valutazione di impatto ambientale;
questa autorizzazione ha permesso alla società di gestione dell'aeroporto tra il 5 giugno e il 5 dicembre 2010, di eseguire e concludere ulteriori lavori di potenziamento e di ampliamento delle infrastrutture di volo, come la «riqualifica profonda della pista e del nuovo sistema luminoso di avvicinamento degli aeromobili», strutture che aumenteranno le potenzialità operative dello scalo;
tali opere sono state eseguite attraverso un documento rilasciato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prot. DVA-2011-0010666 del 5 maggio 2011 che ha concesso una «procedura di esclusione alla sottoposizione alla VIA», provvedimento attualmente contestato e portato in giudizio di fronte al tribunale amministrativo regionale di Venezia dal «Comitato per la riduzione dell'impatto ambientale dell'aeroporto di Treviso», associazione di più di 500 cittadini che abitano nei pressi dell'aeroporto, e dall'associazione Italia Nostra, organo riconosciuto a livello nazionale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la pista dello scalo è adiacente al parco naturale del Sile, riconosciuto e finanziato dall'Unione europea;
il sedime aeroportuale è di piccole dimensioni nel cuore di un'area densamente popolata e circondato da ben 13 istituti scolastici (meno di un chilometro in linea d'area);
va tenuto conto delle caratteristiche del terreno, ricco di risorgive e di aree coltivate -:
se il Ministro non intenda prendere in considerazione la ricca e dettagliata documentazione prodotta dall'associazione dei cittadini di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, affinché siano rispettate tutte le procedure di verifica della compatibilità ambientale.
(4-14554)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE BIASI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 237 del 1999 istituisce il museo della fotografia con il compito di raccogliere, conservare, valorizzare ed esporre al pubblico materiale fotografico con funzioni di ricerca nel campo delle attività di conservazione dei materiali e in quello delle tecnologie;
nel 2004 inaugura ed apre il museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo, primo museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia contemporanea e più in generale all'immagine tecnologica; dal maggio 2005 si è costituito in fondazione di diritto privato, ad opera della provincia di Milano e del comune di Cinisello Balsamo con la partecipazione di Epson Italia e L'Unione Sarda;
il patrimonio fotografico del Museo di Fotografia Contemporanea comprende 26 fondi fotografici di proprietà e di pertinenza della provincia di Milano e del comune di Cinisello Balsamo, fondatori del Museo, della regione Lombardia, della fondazione e di privati che hanno depositato al museo la propria collezione o l'archivio, per un totale di un milione e ottocentomila immagini, stampe fotografiche in bianco e nero e a colori di più di seicento autori italiani e stranieri;
l'insieme costituisce uno spaccato significativo della fotografia italiana e straniera dal dopoguerra ad oggi;

il patrimonio librario del Museo comprende oltre quindicimila libri e annate di riviste, provenienti da acquisti e scambi con altre istituzioni;
la legge 12 luglio 1999, n. 237, articolo 4, prevede che sia istituito un museo autonomo, vale a dire organismo del Ministero (come previsto dal decreto legislativo n. 368 del 1998) dotato di autonomia scientifica (fondamentale per poter svolgere non solo attività di ricerca ma anche di coordinamento e di indirizzo) e di autonomia gestionale e finanziaria, in merito all'organizzazione, all'amministrazione e alla facoltà di disporre di un proprio bilancio, di gestire cioè gli stanziamenti assegnati dal Ministero nonché i proventi esterni;
la legge prevede immediatamente l'autorizzazione alla spesa per le attività di progettazione connesse alla realizzazione delle opere del museo, per gli interventi di adeguamento della sede (dal punto di vista edilizio, strutturale e funzionale) nonché a partire dal 2000, per il suo finanziamento;
è previsto che il museo faccia riferimento alla direzione generale per l'architettura e l'arte contemporanea (DARC) del Ministero per i beni e le attività culturali;
gli ultimi passi mossi a livello centrale per dare attuazione al dettato di legge risalgono, per quanto è dato sapere, al 2003, data del documento programmatico di una Commissione ministeriale incaricata dal Ministro pro tempore, di studiare la fattibilità di costituzione di un museo nazionale della fotografia con caratteristica di rete museale, intesa come la «forma giuridico-amministrativa meglio rispondente sia alla diffusione territoriale e al carattere del patrimonio fotografico italiano, sia alla specificità e alle funzioni delle diverse istituzioni già operanti nel settore, sia alle esigenze di coordinamento delle attività per la tutela, la gestione e l'incremento patrimoniale, conoscitivo e divulgativo» -:
se ed eventualmente quali iniziative intenda avviare o abbia avviato per dare continuità al lavoro di attuazione della legge n. 237 del 1999;
se vi siano aggiornamenti rispetto alle notizie in possesso dell'interrogante;
se non si ravvisi nell'unico museo della fotografia contemporanea operante in Italia il centro d'eccellenza a cui eventualmente attribuire e riconoscere la definizione di museo della fotografia;
se non intenda fornire elementi sulle misure che intende adottare in proposito.
(5-05959)

DE BIASI e MARCO CARRA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni, come riportato dagli organi di stampa locali e nazionali, sulla parete occidentale della sala dei Giganti del cinquecentesco Palazzo Te di Mantova, di proprietà del comune, si è aperta una fenditura che taglia la parete in verticale per una lunghezza di svariati metri e una larghezza di qualche millimetro, intercettata e cucita in parte ventitré anni fa;
da allora a oggi la frattura è serpeggiata per altri metri verso l'alto, riaprendo la ferita suturata negli anni Ottanta;
la situazione era stata oggetto di esami commissionati dall'ex direttore del museo di Palazzo Te, Ugo Bazzotti, e continua a essere monitorata dal dipartimento di Milano del Cnr e della facoltà di ingegneria dell'università di Bergamo come ha assicurato l'attuale direttore del Palazzo, Stefano Benetti;
il primo dato emerso dagli studi attesta che non vi sono problemi di staticità per la sala dei Giganti ma che comunque sono percettibili vibrazioni nella sala dei Giganti e nella sala delle Fruttiere;
le prime valutazioni non escludono nessuna causa, comprese le vibrazioni prodotte dal passaggio dei treni a pochi metri dal Palazzo;

la crepa nella sala dei Giganti è argomento che ovviamente preoccupa e fa discutere -:
se alla luce di tali gravi notizie non intenda fornire elementi sullo stato del Palazzo mantovano, gioiello dell'architettura italiana e mondiale, manifesto dell'architettura, della pittura, dell'arte plastica di Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello, che da Mantova irradiò il post-Rinascimento nell'Italia settentrionale e in Europa;
quali iniziative intenda prendere, considerato che il patrimonio da tutelare supera ogni risorsa locale.
(5-05965)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il territorio di Matera vanta un elevato valore paesaggistico per i pregi naturalistici e i segni culturali di cui è ricco il suo territorio che è stato riconosciuto dall'UNESCO tra i siti patrimonio dell'umanità;
la bellezza e la suggestività del luogo è tale da essere stata prescelta da registi famosi, come Francesco Rosi, per l'ambientazione del film «C'era una volta» e questo prezioso patrimonio necessita di una salvaguardia attiva;
di contro un primo parziale censimento riportato dalla stampa locale segnala la presenza sul territorio comunale di 14 pale eoliche, numero destinato a crescere perché quello accertato da associazioni ambientaliste è di almeno 45 aero generatori;
nei giorni scorsi è stata data notizia di una richiesta da parte della Marcopolo Engineering, una società per azioni con sede legale in provincia di Cuneo, per la richiesta d'installazione di un impianto per lo sfruttamento finalizzato alla produzione di energia elettrica per una potenza di 35 mega watt da sviluppare tramite 14 aerogeneratori in località masseria Verzellina, una zona che s'incontra dopo la collina di Picciano, quasi a ridosso del territorio di Gravina. La domanda risale al 1o aprile e gli interessati avrebbero potuto presentare le proprie osservazioni entro 60 giorni dalla pubblicazione dell'avviso, ovvero entro lo scorso primo giugno;
qualche giorno dopo, la Meltemi energia con sede a Ruvo di Puglia, una delle pochissime del sud ha presentato richiesta per l'installazione di un altro impianto della potenza di 34 mega watt con l'ausilio di 10 aerogeneratori, pale eoliche dell'altezza di cento metri, in località Reni. Anche questa zona si trova non lontano dalla collina di Picciano;
dal Piemonte è poi giunta la presentazione di un ulteriore progetto, quello della società Asia ambiente Italia, con sede a Torino, per la realizzazione di un impianto che svilupperà 19,8 mega watt con 6 aerogeneratori in località Ciccolocane, area a ridosso del borgo Venusio;
se poi si tiene conto anche delle domande presentate nello scorso aprile, c'è anche la società Zefiro Energy, sede legale a Milano che vuole realizzare un impianto da 37,5 mega watt con 15 aerogeneratori dà impiantare in località Matina;
quelli elencati sono solo quattro dei progetti noti che interessano il territorio di Matera -:
quali iniziative di competenza si intendano assumere a tutela del territorio di Matera ed, in particolare, affinché siano riconsiderate le decisioni in itinere in materia di localizzazione di impianti energetici, nonché, con specifico riguardo ai casi di cui in premessa, al fine di assicurare il coordinamento di tutte le istituzioni interessate per l'effettivo conseguimento dell'obiettivo di salvaguardia dei valori di cui all'articolo 9 della Costituzione nel territorio interessato;

quali iniziative si intendano adottare per favorire i processi di informazione e partecipazione dei cittadini alle decisioni concernenti l'utilizzo dei rispettivi territori;
se e quali iniziative si intendano adottare per orientare gli incentivi a vantaggio delle fonti rinnovabili di energia nelle forme maggiormente eco-sostenibili privilegiando, a tal fine, gli impianti di piccola taglia.
(5-05973)

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DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

GARAGNANI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
tra gli impegni assunti dinanzi all'Unione europea figura anche la cessione del patrimonio immobiliare di proprietà pubblica ritenuto non più funzionale agli scopi istituzionali per i quali essi erano stati realizzati, categoria nella quale indubbiamente rientrano anche numerosi immobili attualmente nella disponibilità del Ministero della difesa;
ai sensi dell'articolo 6 del regolamento del Ministero della difesa pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 20 luglio 2010, n. 167 si erano definite le procedure per l'alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle forze armate, ai sensi dell'articolo 2, comma 628, legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per l'anno 2008);
a seguito di detto regolamento con decreto del Ministero della difesa del 26 marzo 2011, si è proceduto all'individuazione di numerosi alloggi da sottoporre a procedura di alienazione e di cui è titolare il medesimo Ministero della difesa;
questo processo si è tuttavia interrotto per asserite ragioni procedurali -:
quali siano le ragioni per le quali non si è dato corso alla vendita degli immobili già inseriti nel citato decreto ministeriale e se si intenda procedere alla individuazione di altri immobili da sottoporre ad alienazione;
in caso positivo con quali tempi e con quali modalità;
se si intenda consentire a coloro che attualmente occupano gli immobili eventualmente oggetto di alienazione l'acquisto in prelazione dei medesimi ed in caso positivo, se si intenda estendere detta facoltà anche ai cosiddetti occupanti «sine titulo».
(3-02024)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel poligono di Capo Frasca, capi di bestiame si sono venuti a trovare nella zona dei mitragliamenti e sono stati colpiti dai proiettili realizzati con metalli pesanti e quindi dalle nanoparticelle degli stessi. Il bestiame colpito è stato poi macellato e cucinato;
non si è a conoscenza se l'attività di macelleria era stata autorizzata o meno e se le ASL abbiano effettuato controlli. Ma certamente le nanoparticelle depositate nei corpi degli animali sono nocive per la salute;
la commissione senatoriale è stata informata dal presidente dell'Anavafaf sui fatti e su chi può testimoniare in merito. È emerso, altresì, che per uso di cucina veniva impiegata anche acqua di locali pozzi, ritenuta non potabile. Quest'ultima questione ha suscitato una polemica emersa anche nella stampa locale, L'Unione Sarda del 18 dicembre 2011, in cui si legge in merito: «il Comandante ha negato la presenza dei tre pozzi artesiani denunciati da anni dai militari in servizio a Capo Frasca(...)»;

un testimone dell'attività nei poligoni afferma: «... il bestiame presente nella zona logistica del poligono (cavalli e buoi) spesso sconfinavano dal loro pascolo e si inoltravano nella zona bersagli del mitragliamento, colpiti dai proiettili degli aerei durante le esercitazioni venivano poi caricati sui mezzi e portati nella mensa per essere sezionati, cucinati e distribuiti nei pasti giornalieri al personale in servizio, compreso il sottoscritto» -:
se il Governo non intenda avviare immediati accertamenti al fine di verificare e trovare le eventuali responsabilità circa la denuncia emersa sul bestiame mitragliato con proiettili realizzati con metalli pesanti, macellato e poi cucinato nel poligono di Capo Frasca.
(4-14552)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il poligono di Capo Frasca è utilizzato anche da aeronautiche e dalle marine italiane, e non solo, infatti accordi internazionali prevedono che in quei luoghi si esercitino anche le aeronautiche tedesche e Nato per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra;
il sito della regione Sardegna sottolinea che l'area del poligono occupa una superficie a terra di 14 chilometri quadrati e impegna un'«area di sicurezza a mare» interdetta alla navigazione, è però chiaro che la presenza del poligono abbia delle ricadute sul territorio tra le quali il divieto di esercitare la pesca e la presenza di ordigni inesplosi in mare e in terra;
il poligono militare di Capo Frasca ha una estensione di circa 1416 ettari ovvero 25 chilometri di sviluppo costiero. Alcune ricerche dimostrerebbero che nelle comunità limitrofe all'area del poligono sarebbero in crescita i tumori: linfomi e della tiroide. Si tratterebbe di una zona pericolosa quando quella di Quirra, eppure poco, molto poco si dice sul poligono interforze di Capo Frasca;
prima della conclusione della guerra del Vietnam le esercitazioni statunitensi avvenivano proprio a Capo Frasca, solo nel 1998 sembra in quell'area di terra di Sardegna vengono sperimentati e provati gli aerei A10 Apache, aerei che a quanto sembra montavano armamento all'uranio impoverito;
il colonnello Alfredo Nazzi, comandante dell'aeroporto di Decimomannu e dell'area Arbus e Marceddì, dichiara che a Capo Frasca solo proiettili inerti, che non c'è nessun pozzo artesiano nel poligono;
invece pare proprio che il pozzo artesiano esiste, e che anche i militari segnalino da anni la cosa ai vertici, gli impianti servirebbero a pescare acqua contaminata dal sottosuolo;
qualche mese fa la stampa locale ha dato risalto al caso di Giovarmi Madeddu, maresciallo, che tra il 1968 al 1987 ha lavorato nel poligono di Capo Frasca, con l'incarico di armiere nelle guerre simulate che in quegli anni venivano ospitate nel poligono. Madeddu ha un linfoma diffuso a grandi cellule. Non si tratta di un caso isolato, ma altre persone, forse 18 sono state colpite da un simile tumore al sistema emolinfatico, la sindrome per altro è uguale a quella di alcuni militari all'estero e presente anche in chi ha operato con l'uranio impoverito nell'area di Quirra;
il giornale Nuova Sardegna ha intervistato il maresciallo Madeddu che afferma come a Capo Frasca non sia stata mai effettuata una vera bonifica del territorio, sono stati lasciati per venti-trent'anni i residui delle esercitazioni delle Forze armate di tutto il mondo. Ricorda soprattutto una radura, dove si accumulavano i proiettili. Quando pioveva si creavano dei pantani e l'acqua poi filtrava nel terreno. La stessa acqua che poi - attraverso un sistema di pozzi artesiani - veniva utilizzata per ogni uso nel poligono o nei vicini poderi. E in diversi casi l'Asl ha rilevato anomalie e impedito che venisse utilizzata per scopi alimentari;

di recente anche il comune di Arbus ha chiesto all'assessorato regionale della sanità un nuovo impegno per accelerare al massimo l'avvio delle indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna -:
se il Governo sia a conoscenza delle informazioni citate in premessa e quali siano i dati in suo possesso;
se risultino vere le notizie concernenti le mancate azioni di bonifica del territorio del poligono di Capo Frasca e la presenza di acqua contaminata, se si siano mai effettuate indagini ed analisi sulle morti sospette e se non si ritenga di dover intervenire per avviare indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna.
(4-14562)

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ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il Governo ha diminuito la soglia al di sopra della quale le transazioni commerciali non possono essere regolate in contanti; tale limite, già abbastanza restrittivo, è stato portato a 1.000 euro; con lo stesso decreto-legge il Governo ha stabilito che le operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro enti di importo superiore ai mille euro devono essere effettuate mediante l'utilizzo di strumenti telematici, in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori, ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario; lo stesso limite di mille euro è stato fissato per la corresponsione degli stipendi, delle pensioni, dei compensi corrisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dai loro enti, che devono essere erogati con strumenti di pagamento elettronici bancari o postali;
tali norme, di fatto, costringeranno tutti i cittadini ad avere un conto corrente bancario o postale, sul quale far accreditare gli stipendi e le pensioni, con il quale staccare assegni per i pagamenti sopra i mille euro e sul quale appoggiare la carta di credito per i pagamenti delle transazioni commerciali; l'apertura dei nuovi conti correnti genererà maggiori introiti per lo Stato, grazie all'imposta di bollo sui rapporti, ma soprattutto per le banche, unici e veri beneficiari delle norme introdotte con il decreto «salva Italia», le quali registreranno un'impennata dei ricavi grazie alle commissioni applicate alle transazioni e agli interessi debitori dei correntisti;
in questi giorni gli organi di stampa riportano alcune anticipazioni dei contenuti del cosiddetto «decreto liberalizzazioni», che sarà varato prossimamente dal Governo; tra queste viene previsto l'obbligo per le banche di proporre alla clientela un conto corrente di base, esente dall'imposta di bollo, con una struttura dei costi semplice e trasparente e un pacchetto di operazioni già incluse nell'offerta; tale offerta verrà, però, proposta esclusivamente ai cittadini che versano in condizioni economiche svantaggiate, generando comunque ingenti maggiori costi a tutti gli altri cittadini costretti ad aprire nuovi conti correnti;
oltre al conto corrente di base, il «decreto liberalizzazioni» dovrebbe contenere le misure per favorire la diffusione dei pagamenti mediante moneta elettronica e la riduzione delle transazioni in contante; la Lega Nord auspicava misure che andassero a ridurre i costi delle transazioni

sia per gli acquirenti, sia per i commercianti, in modo da incentivare effettivamente l'uso della moneta elettronica anche tra i cittadini finora restii all'uso delle carte di credito o di debito; invece pare che il Governo si stia indirizzando verso l'addebito delle spese delle transazioni al pagatore;
in particolare, la Banca d'Italia potrà stabilire con proprio regolamento che l'esercente applichi spese al cliente per l'utilizzo del POS e degli strumenti similari; in questo modo i costi delle transazioni, di fatto, andranno ad incrementare il costo finale del prodotto acquistato, generando una forte crescita dei prezzi al consumo;
tale misura, inoltre, non raggiungerà lo scopo che il Governo si è prefisso, anzi: l'addebito al pagatore delle commissioni, causerà necessariamente una restrizione dell'uso delle carte elettroniche, soprattutto in una fase economica di pesante crisi come quella che stiamo vivendo, nella quale i cittadini sono giustamente attenti al minimo incremento dei costi; non si comprende infatti perché un cittadino dovrebbe pagare la spesa al supermercato o il maglione in negozio con la carta di credito, per pagare magari un euro in più, che andrà di nuovo a favore del sistema finanziario -:
se le anticipazioni fatte in questi giorni da alcuni giornali sull'introduzione nel prossimo «decreto liberalizzazioni» della norma che addebiterebbe al soggetto pagatore i costi dell'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici corrispondano al vero e se il Governo ritenga questa misura realmente efficace per realizzare l'obiettivo di diffondere l'utilizzo di questi strumenti di pagamento.
(2-01326)
«Reguzzoni, Montagnoli, Bitonci, Comaroli, Polledri, D'Amico, Simonetti, Fugatti, Forcolin».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SAVINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8, comma 2, lettera e), numero 4, della legge n. 217 del 2011 - Legge comunitaria 2010, ha modificato la lettera d) del comma 1 dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, concernente le operazioni IVA assimilate alle cessioni all'esportazione, quindi non imponibili ai fini di tale imposta, con riferimento alle cessioni relative alle provviste di bordo per le navi adibite alla pesca costiera;
la precedente formulazione della predetta lettera d) faceva riferimento alla diversa dizione di «vettovagliamento»;
in tale contesto si pone il problema di chiarire, al di là di ogni dubbio, la precisa nozione, ai fini IVA, della dizione «provviste di bordo» e gli effetti che tale sostituzione ha avuto sul relativo regime IVA, atteso che, ai sensi dell'articolo 252 del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, nel novero delle provviste di bordo delle navi rientrano i beni di consumo di ogni specie occorrenti per l'alimentazione degli organi di propulsione della nave ed il funzionamento degli altri macchinari ed apparati di bordo;
in forza della richiamata previsione del predetto articolo 252, rientrerebbe quindi nell'ambito delle provviste anche il combustibile utilizzato per l'alimentazione degli organi di propulsione della nave ed il lubrificante;
tale questione assume grande rilevanza per l'intero settore della pesca costiera, anche in considerazione del fatto che il carburante utilizzato dalle navi per la pesca professionale è ormai assoggettato all'aliquota IVA del 10 per cento e che il prezzo industriale di tale carburante ha subito, negli ultimi due anni, un incremento di circa il 30 per cento, con un incremento medio dei costi per imbarcazione

pari, mediamente, a circa novemila euro l'anno;
appare dunque necessario eliminare ogni dubbio circa la disciplina IVA applicabile in materia, al fine di dare certezze ad un settore, quello della pesca costiera, che si trova in una condizione di notevole difficoltà, anche in ragione del forte aumento dei costi di esercizio delle navi -:
quali iniziative intende assumere al fine di chiarire il regime IVA relativo ai carburanti utilizzati come combustibile dalle navi adibite alla pesca costiera ed ai lubrificanti per il funzionamento degli altri macchinari ed apparati di bordo, eliminando in tal modo i dubbi interpretativi in merito.
(5-05972)

Interrogazione a risposta scritta:

RAMPELLI e MARSILIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul noto quotidiano nazionale La Repubblica, datato 1o agosto 2009 e dal titolo «L'oro italiano? A Manhattan. La Fed detiene parte dei lingotti» si apprende che gran parte della riserva aurea italiana sarebbe custodita presso uno stabile sito vicino la Federal Reserve statunitense, a New York;
dallo stesso articolo, si evince inoltre che altri quantitativi della nostra riserva aurea, seppur minori rispetto al succitato, vengono detenuti presso la Banca d'Inghilterra e presso la Banca dei Regolamenti internazionali con sede a Basilea;
la stessa notizia viene riportata dalla trasmissione televisiva «Passaggio a Nord Ovest», noto programma di approfondimento di RAI 1, nella puntata andata in onda in data 11 settembre 2010;
dalle stesse fonti si apprende inoltre che una parte dell'oro custodito presso i forzieri della Banca d'Italia, nella sede di via Nazionale a Roma, non sarebbe sotto la nostra diretta custodia perché affidato alla Banca centrale europea -:
se quanto citato in premessa corrisponda al vero ed, eventualmente, quando e in base a quale accordo o disposizione di legge sia stata assunta una tale decisione e se tale scelta «strategica» sia ancora ritenuta funzionale agli interessi dell'Italia;
a chi appartengano la proprietà della riserva aurea detenuta a Palazzo Koch e la proprietà della riserva aurea detenuta nelle sedi estere;
se l'Italia abbia la completa disponibilità delle succitate riserve auree, sia di quella detenuta presso la Banca d'Italia, sia di quelle eventualmente detenute presso sedi estere.
(4-14567)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati del «Norton Cybercrime Report» 2011 di Symantec, il 69 per cento degli italiani ammette di essere caduto nella «rete dei malintenzionati». Secondo l'indagine, nell'ultimo anno in Italia si sono verificati 22mila 646 cyber-frodi al giorno ai danni degli utenti;
è emerso, altresì, il 78 per cento degli internauti non usa una password per proteggere il proprio dispositivo da accessi non autorizzati alle informazioni personali, e il 30 per cento scarica applicazioni da siti web non ufficiali. Uno dei problema è la mancanza di consapevolezza degli utenti;
gli internauti e gli operatori economici sono i bersagli privilegiati di una emergenza non nuova, quella del cyber terrorismo. Dagli hacker a strutture ben organizzate e aggressive, che originano dalle mafie transnazionali, dalle reti di criminalità finanziaria e anche dalle reti terroristiche. Ma, pare che sia sul terreno

della competizione strategica tra Stati che si gioca la posta più alta, che influirà sui nuovi equilibri internazionali;
la sicurezza delle infrastrutture informatiche che assicurano il funzionamento delle linee critiche è divenuta una priorità nella ridefinizione della sicurezza nazionale: infrastrutture logistiche e di viabilità, reti elettriche e telefoniche, pipeline per il trasporto di idrocarburi, circuiti finanziari sono reti di sensibilità strategica per la vita di un Paese;
in Italia ad ottobre 2008 è entrata in vigore la convenzione sulla criminalità organizzata. E il primo trattato internazionale sulle infrazioni penali commesse via internet e su altre reti informatiche, e tratta in particolare le violazioni dei diritti d'autore, la frode informatica, la pornografia infantile e le violazioni della sicurezza della rete. Contiene inoltre una serie di misure e procedure appropriate, quali la perquisizione dei sistemi di reti informatiche e l'intercettazione dei dati. Il suo obiettivo principale, enunciato nel preambolo, è perseguire una politica penale comune per la protezione della società contro la cibercriminalità, in special modo adottando legislazioni appropriate e promuovendo la cooperazione internazionale;
successivamente l'Unione europea ha deciso di inserire un protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici;
molti Stati hanno già penalizzato certi atti legati al razzismo o a sfondo xenofobo. Tuttavia, la divulgazione di materiali di tal tipo attraverso la rete informatica pone problemi ancora maggiori per l'applicazione della legge. Si è pertanto rivelato necessario adottare un approccio coordinato che consenta di dare una risposta efficace a livello nazionale ed internazionale, in base ad elementi comuni enunciati in un Protocollo addizionale alla Convenzione;
il Protocollo comporta un'estensione della portata della Convenzione sulla cibercriminalità, comprese le sue concrete disposizioni di cooperazione procedurali ed internazionali, per includere ugualmente i reati legati alla propaganda a sfondo razzistico o xenofobo. In tal modo, oltre ad armonizzare gli elementi giuridici reali di tali atti, il Protocollo intende fornire alle parti la possibilità di utilizzare i mezzi e le vie della cooperazione internazionale stabiliti nella Convenzione in questo campo;
l'Italia ha firmato il Protocollo addizionale il 9 novembre 2011, ma non ha ancora provveduto alla ratifica -:
se, e con quale tempistica, il Governo intenda assumere iniziative necessarie alla ratifica ed esecuzione del protocollo addizionale alla convenzione sulla criminalità informatica;
se il Governo non ritenga di avviare iniziative e campagne di informazione atte a sensibilizzare gli utenti della rete circa i rischi connessi alla criminalità informatica.
(4-14553)

NASTRI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la prima relazione sui fenomeni della contraffazione e della pirateria nel settore agroalimentare elaborata dalla Commissione parlamentare di inchiesta, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sullo sviluppo del comparto, illustrata recentemente, conferma a giudizio dell'interrogante, un quadro complessivo del fenomeno obiettivamente preoccupante sia sotto il profilo economico e finanziario di rilevanza assoluta, che sul piano della qualità alimentare conseguentemente danneggiata, che inoltre con particolare riferimento ai reati commessi nel medesimo settore, che possono essere considerati al pari di altri reati associativi di tipo penale;
sulla base dell'elaborazione dei dati contenuti nella suddetta relazione, è

emerso infatti che il volume d'affari delle cosiddette agromafie ammonta attualmente a 12,5 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento dell'intero volume d'affari della criminalità organizzata;
l'effetto negativo e penalizzante, a giudizio dell'interrogante, come sostenuto peraltro anche dalla Coldiretti, è riscontrabile dal crollo dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli che, in molti casi non sono in grado di fronteggiare i costi della produzione o anche un ricarico anomalo dei prezzi al consumo;
la contraffazione nel comparto agroalimentare inoltre è caratterizzata da specifiche peculiarità che non sono riscontrabili in altri comparti dell'industria o del settore manufatturiero in considerazione del fatto che, se in generale il fenomeno contraffattivo consiste nella copia illegale di un marchio industriale, nel caso nell'agroalimentare l'inganno al consumatore riguarda, spesso, l'origine geografica del prodotto o la sua composizione;
a livello europeo i sequestri di prodotti agroalimentari, dal 2006 al 2009, sono cresciuti del 128 per cento, nonostante, secondo, quanto descritto dalla suesposta relazione, nell'ultimo triennio la guardia di finanza, unitamente all'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, abbia sottoposto a sequestro oltre 3.700 tonnellate di merci e quasi 6 milioni e mezzo di litri di prodotti alimentari contraffatti;
il fenomeno di illeciti nel settore agroalimentare, sempre più crescente a giudizio dell'interrogante, richiede urgenti e ulteriori misure anche di carattere penale, per invertire un trend pericoloso che nel corso degli ultimi anni, sta negativamente caratterizzando un importante settore che, giova ricordare, rappresenta un pilastro nell'economia italiana;
a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto precedentemente esposto, occorre estendere nella lotta alla contraffazione alimentare gli stessi metodi di indagine utilizzati nel contrasto ai reati di mafia, attraverso l'inserimento nel codice penale del delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, prevedendo inoltre per coloro che commettono reati di contraffazione nell'agroalimentare, l'interdizione dall'esercizio delle attività d'impresa, in modo da escluderli dallo sviluppo di successive iniziative economiche nell'ambito del settore alimentare;
occorre inoltre dotare, a giudizio dell'interrogante, gli organismi di polizia giudiziaria di poteri investigativi, peraltro già previsti, nella disciplina antimafia, anche per il contrasto dei reati, in materia di tutela della salute, unitamente a misure volte ad aggredire il patrimonio dei soggetti dichiarati responsabili dei reati di contraffazione e adulterazione, attraverso la confisca dei beni utilizzati per la commissione degli stessi reati, come peraltro sostenuto anche dalla Coldiretti -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di fronteggiare il fenomeno della contraffazione alimentare il cui volume d'affari, come esposto in premessa, ha raggiunto livelli inaccettabili;
se non ritengano opportuno assumere iniziative normative volte a introdurre nel codice penale le disposizioni esposte in premessa, utilizzando gli stessi metodi di indagine predisposti per il contrasto dei reati di mafia e interrompendo conseguentemente l'inaccettabile livello di infiltrazioni della criminalità organizzata, nel comparto agroalimentare nazionale;
se non ritengano infine opportuno assumere iniziative volte a dotare gli organismi di polizia giudiziaria di poteri investigativi, già previsti dalla normativa cosiddetta antimafia, quali la conduzione di operazioni sotto copertura, anche per il contrasto dei reati in materia di frodi e di false indicazioni di origine.
(4-14563)

FEDRIGA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
poche ore dopo l'arresto dei tre componenti della pericolosa banda di malviventi ritenuta responsabile di una quindicina di furti in appartamenti e ville nella città di Trieste, ma già arriva notizia che due dei tre malviventi rom sono tornati liberi grazie ad una ordinanza firmata dal giudice Enzo Trancellito, che ha accolto in parte le richieste di custodia cautelare in carcere del pm Giorgio Milillo;
solo Elvis Levacovich resta in carcere per evidente pericolosità sociale, mentre Dylan Levacovich è stato assegnato agli arresti domiciliari per l'assenza di precedenti penali e la giovane età (ha appena compiuto diciotto anni), e Cristopher Carri è stato liberato senza prescrizioni perché, secondo il giudice, il suo ruolo di palo non lo metterebbe in relazione evidente con l'ultima rapina in cui un giovane triestino di diciannove anni è stato ferito dai tre malviventi sorpresi nella sua abitazione;
gli stessi agenti di polizia, che avevano effettuato l'arresto dei tre rom al termine di un pericoloso inseguimento lungo il raccordo della città grazie, a distanza di poche si sono nuovamente imbattuti in Cristopher Carri e Dylan Levacovich durante un sopralluogo nel campo nomadi, dove i due sono tornati in tutta tranquillità grazie al provvedimento del giudice;
in riferimento a Carri, liberato senza prescrizione, il giudice motiva «se, infatti da un lato potrebbe pensarsi ad un suo ruolo di palo, dall'altro i circa 15 minuti trascorsi dal fatto al momento in cui quest'indagato è stato visto dalla polizia far salire in auto, i due Levacovich possono anche far pensare a un suo intervento successivo sulla scena del delitto. In effetti non c'è almeno per il momento la prova di una presenza di Carri nelle vicinanze della casa», mentre in riferimento a Dylan Levacovich, messo ai domiciliari, il giudice deduce che «l'assenza di precedenti penali e la giovanissima età inducono a ritenere sufficiente la misura degli arresti domiciliari, potendosi ragionevolmente pronosticare che rispetterà spontaneamente la prescrizione. Va da sé che, qualora in sede di esecuzione della presente ordinanza, verrà riscontrata l'assenza di una idonea dimora, sia pure di una roulotte posta all'interno del campo nomadi, verrà riportato immediatamente in carcere»;
il provvedimento ha suscitato la reazione del questore Giuseppe Padulano, che ha parlato di «scelta difficile da capire», dicendosi «stupito del fatto che nel pomeriggio gli agenti, durante i controlli al campo nomadi, hanno incontrato le stesse due persone che avevano arrestato poche ora prima», sottolineando al contempo il senso del dovere e di dedizione al servizio con cui agenti e funzionari di polizia stanno impegnandosi nel combattere crimini gravi come furti e rapine nelle abitazioni della città;
nel frattempo negli ambienti investigativi della procura si fa sapere che la valutazione del giudice è stata ritenuta non condivisibile, seppur legittima, mentre lo stesso procuratore Michele Dalla Costa ha dichiarato «rispettiamo il provvedimento ma ci riserviamo di valutare l'eventualità di impugnarlo»;
il giovane di Domio, picchiato selvaggiamente durante la rapina, non nasconde la sua paura e non vuole rilasciare alcuna dichiarazione, temendo che i rom possano tornare da lui per ritorsioni dato che sono stati liberati;
anche il sindaco della città, manifestato il suo apprezzamento nei confronti della polizia impegnata a ripristinare la sicurezza, ha dichiarato che, pur non commentando le decisioni della magistratura, si augura che il lavoro d'indagine non venga vanificato perché costituirebbe una brutta sorpresa per la comunità -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione alla vicenda descritta;
se il primo provvedimento adottato dal Ministro con decreto-legge n. 211 del 2011, che estende da dodici a diciotto

mesi il residuo di pena scontabile presso il domicilio, appare all'interrogante eccessivo e presta il fianco a notevoli perplessità per il carattere emergenziale e non risolutivo delle cause del sovraffollamento, mentre sarebbe stato opportuno percorrere con maggior decisione altre strade, come il ricorso ad accordi bilaterali per far scontare la pena nei Paesi d'origine, considerata la coincidenza tra soprannumero di detenuti e percentuale di detenuti stranieri -:
se il Ministro intenda valutare le ragioni di una applicazione limitata e sostanzialmente fallimentare dello strumento del braccialetto elettronico;
quali iniziative normative il Ministro intenda intraprendere per garantire la sicurezza dei cittadini dopo aver dimostrato indubbia «sensibilità politica» mettendo ai primi punti della sua agenda la situazione delle carceri.
(4-14565)

GIOVANELLI e MARCO CARRA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a quanto si apprende da un articolo pubblicato dall'agenzia Agenparl il 16 gennaio nei garages del DAP sarebbero posteggiate diverse auto Maserati dal valore unitario di circa 100 mila euro;
le auto suddette, in virtù di un politica economica di rigore dettata dal particolare momento storico che ci si trova a vivere, non sarebbero utilizzate -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
quale sia il numero esatto delle autovetture Maserati ferme e il loro costo unitario;
chi abbia autorizzato tale spesa e quale sia il concessionario che ha vinto la gara;
quali iniziative intenda assumere relativamente all'alienazione di dette vetture;
quali disposizioni intenda dare ai suoi uffici affinché fatti così disdicevoli non abbiano a ripetersi;
quali provvedimenti intenda assumere nei confronti di chi abbia assunto la decisione di acquistare tali auto.
(4-14566)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPODICASA, BURTONE e CARDINALE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
rappresentanti del governo regionale della Sicilia, attraverso dichiarazioni alla stampa hanno paventato il rischio che vadano perduti finanziamenti comunitari relativi all'avanzamento dei lotti per la realizzazione dell'autostrada Siracusa-Gela-Castelvetrano;
tale rischio sarebbe dovuto al ritardo con cui l'Unione europea procede alla vidimazione della «Scheda grandi progetti» di cui fanno parte i lotti 6, 7 e 8 da Rosolini a Modica;
sembrerebbe che l'Unione europea abbia eccepito obiezioni ampiamente chiarite dalla regione Siciliana;
sembrerebbe inoltre che peserebbero sulla mancata vidimazione, anche preoccupazioni di natura finanziaria legate alla crisi che in atto sta attraversando l'Europa;
tale opera rientra tra le grandi infrastrutture necessarie all'ammodernamento della rete infrastrutturale della Sicilia che l'isola attende da tempo;
la sua realizzazione favorirebbe lo sviluppo economico delle zone interessate, il turismo e la mobilità di merci e persone -:
se tale situazione risulti a conoscenza del Ministro interrogato e se, ove confermata,

non ritenga di dover tempestivamente intervenire per scongiurare tale eventualità;
se non ritenga di dovere intervenire per accelerare l'iter realizzativo dell'opera per arrivare al più presto alla sua materiale realizzazione con la pubblicazione del bando di gara e l'avvio dei lavori.
(5-05964)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIORGIO MERLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'introduzione dei Freccia Rossa ha indubbiamente accelerato e modernizzato i collegamenti ferroviari nel nostro Paese con indubbie ricadute positive per i cittadini pendolari;
l'aumento delle corse, anche se accompagnate ancora da costanti e permanenti ritardi e scarsa assistenza e pulizia sui vagoni, ha favorito indubbiamente un maggior utilizzo di questi treni;
tuttavia resta inevaso un elemento centrale che deve essere affrontato e risolto. E cioè, nelle lunghe gallerie che i Freccia Rossa percorrono e attraversano nella tratta Torino-Roma, quale sia la sicurezza per i viaggiatori messa in campo dai vertici di Trenitalia. E, soprattutto, il sistema di aerazione previsto e di assistenza medico sanitaria - in caso di guasti o di fermate improvvise dei treni, già puntualmente accaduti - a difesa dei cittadini -:
quali siano, quindi, le iniziative concrete che il Ministero intenda intraprendere per garantire servizi sanitari e di sicurezza essenziali per evitare che si ripetano scene di panico e di forte preoccupazione per tutti i pendolari che utilizzano regolarmente questo mezzo di trasporto nel collegamento tra Torino e Roma e viceversa.
(4-14544)

STUCCHI, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da martedì 10 gennaio 2012 l'Alitalia ha sospeso i collegamenti aerei da Bergamo (Orio al Serio) a Roma (Fiumicino) almeno per due mesi, senza comunicare con certezza la data di ripristino dei voli e la frequenza degli stessi;
la cancellazione dei voli è stata comunicata solo pochi giorni prima della sospensione, senza un adeguato preavviso all'attività dell'aeroporto, ma soprattutto agli utenti;
la sospensione del collegamento sarebbe dovuta alla politica di tagli compiuti dall'azienda Alitalia in diversi scali aeroportuali;
l'aeroporto di Orio al Serio (Bergamo), uno dei tre scali che compongono il sistema aeroportuale milanese, rappresenta il quarto scalo su base nazionale, servendo un vasto bacino di utenza, stimato in circa 2 milioni di cittadini prioritariamente residenti nella provincia di Bergamo e nella provincia di Brescia, che usufruiscono del trasporto aereo da Bergamo a Roma;
l'interruzione della tratta in questione sta causando notevoli disagi all'utenza, anche con riferimento alla congestione del traffico, che costringe i passeggeri a riversarsi sull'aeroporto di Milano (Linate);
da Bergamo è ora possibile raggiungere Roma solo con i voli Ryanair che atterranno all'aeroporto di Campino;
appare incongruente che l'Alitalia abbandoni lo scalo di Orio al Serio (Bergamo) lasciando spazio ai concorrenti stranieri, che già hanno aumentato le frequenze dei voli verso Roma, portandole da 21 a 23 -:
se intendano convocare con urgenza un tavolo istituzionale con l'azienda Alitalia e i rappresentanti del mondo economico e imprenditoriale, al fine di individuare

soluzioni per il ripristino urgente dei collegamenti aerei da Bergamo a Roma Fiumicino, alla luce anche degli introiti cospicui derivanti dalla posizione monopolistica di cui gode la società sulla tratta Milano-Roma.
(4-14545)

REALACCI, MARIANI, MARGIOTTA, VELO, SARUBBI e BRAGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
venerdì 13 gennaio 2012, intorno le ore 21.30, mentre stava effettuando una crociera nel Mediterraneo con partenza da Civitavecchia e successivo scalo previsto a Savona, la nave Costa Concordia, ha urtato gli scogli a 500 metri dal porto dell'Isola del Giglio, provocando gravi danni ed uno squarcio di 70 metri nello scafo incagliandosi, fuori rotta e inclinata di ottanta gradi, presso punta La Gabbianata, proprio di fronte Giglio Porto;
l'evacuazione totale delle circa 4.229 persone tra equipaggio e passeggeri (sul numero esatto dei passeggeri sono paradossalmente ad oggi ancora in corso indagini a bordo della nave) ha causato, anche per il quasi totale inabissamento dello scafo, diversi morti, alcuni feriti e numerosi dispersi;
la nave Concordia si stava dirigendo verso l'Isola del Giglio, percorrendo una rotta atipica e non «economica» per raggiungere il porto di Savona, con l'intento di effettuare quello che nella consuetudine della pratica marinara viene chiamato «inchino», ovvero un passaggio di saluto dell'imbarcazione molto a ridosso della costa;
secondo quanto riportato dagli organi di informazione pare che, particolarmente nel mar Mediterraneo, gli «inchini» crocieristici siano frequenti e soprattutto ben tollerati;
come riportato da alcuni importanti quotidiani italiani, tra cui La Repubblica e il Corriere della Sera, oltreché da alcune trasmissioni di approfondimento televisivo, nei registri delle capitanerie di porto che dovrebbero controllare il traffico marittimo, emerge che la «Costa Concordia», così come tutte le altre navi in zona e in navigazione nel Mediterraneo e nei mari di tutto il mondo, era «seguita» dall'AIS, un sistema internazionale di controllo della navigazione marittima che è stato attivato da alcuni anni e reso obbligatorio da accordi internazionali dopo gli attentati dell'11 settembre in funzione anti-terrorismo e dopo numerosi incendi;
l'Ais è un sistema che viene utilizzato, anche nel caso della Costa Concordia, proprio per evitare collisioni tra navi in navigazione o altri tipi di incidenti. E questi sistemi sono attivi in tutte le capitanerie di porto italiane. Con un comando centrale a Roma - presso il comando generale della guardia costiera - fino ai grandi porti ed i piccoli centri della guardia costiera sparsi in tutte le isole del Mediterraneo. Come provano i tracciati, registrati dal sistema Ais, quindi visibili a tutti, anche la «Costa Concordia» era sotto monitoraggio del sistema Ais. Ma nessuno alle 21.24 circa di venerdì 13 gennaio, allo stato attuale delle ricostruzioni dell'incidente, ovvero quando quella nave della Costa Crociere ha virato improvvisamente di 45 gradi dirigendosi verso l'isola del Giglio, ha ritenuto di intervenire chiamando via radio il comandante Francesco Schettino, per verificare se stesse accadendo qualcosa di anomalo;
che l'Ais fosse in funzione lo dimostrano anche le dichiarazioni, presenti in audio anche su molti siti internet, del sottocapo della capitaneria di Livorno Tosi che quella sera quando ha ricevuto la telefonata dai carabinieri di Orbetello allertati da una telefonata della figlia di un passeggero che era a bordo della Costa Concordia - ha subito risposto: «Un attimo che attivo l'Ais». E quando l'ha attivato ha scoperto che la nave era ormai incagliata dando l'allarme alla capitaneria di porto di Livorno e al comandante De Falco che, come è noto, si è messo in

contatto con il comandante della Costa Concordi, Francesco Schettino;
risulta all'interrogante che per ben 52 volte all'anno quella nave aveva fatto gli «inchini». E che questi fossero stati tollerati: nessuno fino ad allora aveva mai chiesto conto e ragione ai comandanti di quelle navi. Nessuno aveva cercato di capire perché passassero così vicini alla costa dove per legge è anche vietato, insistendo quel braccio di mare all'interno di un'area marina protetta -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto e per tramite degli uffici competenti ritengano opportuno chiarire, anche tramite una commissione interministeriale ad hoc, per quali ragioni tale pericolosa consuetudine sia stata tollerata e per quali motivi palesi infrazioni, sia afferenti alla sicurezza della navigazione e alla tutela dell'ambiente, del codice della navigazione non siano state censurate e punite a norma di legge.
(4-14560)

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO e TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dopo 36 morti e 20 agguati solo nell'ultimo anno la città di Roma si trova di fronte ad una realtà drammatica dove l'omicidio è divenuto la prima opzione naturale della manovalanza criminale che non si ferma neanche di fronte ad una neonata di nove mesi;
di fronte a questa escalation di violenza l'attuale amministrazione - che pure alle scorse elezioni comunali secondo gli interroganti lucrò politicamente senza limiti sulle paure dei romani - in un primo tempo aveva cercato di minimizzare il problema, dovendo poi arrendersi alla realtà straordinaria per numero ed efferatezza di questi reati;
ci si trova di fronte a molte realtà criminali di differente ampiezza e capacità, che spaziano - come ha spiegato l'ex procuratore e attuale sottosegretario Ferrara - dalla grande criminalità organizzata della mafia, camorra e 'ndrangheta, fino alla comune malavita di quartiere sicuramente alimentata anche dalla complessa congiuntura economica che il Paese e la sua Capitale stanno attraversando -:
quale sia la situazione dell'attività criminale nella città di Roma e quali siano le prospettive di tale situazione;
quale siano gli elementi in possesso del Governo circa la presenza di malavita organizzata nella capitale;
quali siano i contenuti del recente rinnovo del patto per la sicurezza e altri provvedimenti ad hoc presi in tal senso dal Ministero e dalle forze dell'ordine.
(5-05963)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSSA e PICCOLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sedici gennaio 2012, a Melito, in provincia di Napoli, un uomo, Fortunato Scognamiglio, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco; il delitto è avvenuto nel primo pomeriggio, in una zona trafficata, con inseguimento e spari tra la gente; la vittima era un pregiudicato, aveva lasciato il carcere due anni fa ed era ritenuta affiliata al clan di camorra denominato «scissionisti» della vicina Secondigliano;
il delitto del sedici gennaio 2012 è solo l'ultimo di cinque omicidi che si sono verificati, in pochi giorni, nella zona compresa tra Melito e Secondigliano;
l'undici gennaio, infatti, a via Umbria, sempre a Melito, è stato ucciso a colpi di pistola Patrizio Serrao, 54 anni, pregiudicato, vicino al clan Lo Russo di Secondigliano e uomo di fiducia di Gennaro Marino, storico appartenente al clan degli scissionisti;

qualche giorno prima, sempre a Melito, sono stati rinvenuti due cadaveri carbonizzati all'interno di un'automobile data alle fiamme nei pressi del cimitero del paese. Non c'è ancora ufficialità sul nome delle vittime, ma la catenina d'oro al collo di uno dei due cadaveri porterebbe sulle tracce di un uomo. Luigi Mondo', di 51 anni, allontanatosi lo scorso 8 gennaio e mai più tornato a casa. Mondo' sarebbe l'autista di Raffaele Stanchi, soprannominato «Lello 'o bastone», elemento di spicco degli scissionisti. Circostanza che avvalora l'ipotesi che l'altro cadavere trovato nell'auto appartenga proprio al boss, ex appartenente al clan dei Di Lauro, il gruppo criminale uscito perdente da una sanguinosa guerra con gli scissionisti che alcuni anni fa provocò decine e decine di morti. Per avere la certezza sull'identità dei due cadaveri carbonizzati e sulle modalità dell'uccisione, comunque, si dovrà attendere l'esito degli esami autoptici e del Dna;
il cinque gennaio 2012, infine, con un'arma che pare sia dello stesso tipo di quella usata per l'omicidio Serrao, è stato ucciso a Giugliano, al confine con Melito, Rosario Tripicchio, 31 anni, elemento noto alle forze dell'ordine. L'uomo è stato inseguito e poi ucciso con una decina di colpi di pistola calibro 9 nei pressi della sua abitazione di via San Vito a Giugliano in Campania; Tripicchio aveva abitato fino a qualche mese fa proprio a Scampia, dove subito si sono concentrate le indagini dei carabinieri di Giugliano;
l'ipotesi investigativa è che all'interno del clan degli scissionisti sia scoppiata una vera e propria faida tra gli Amato e i Pagano, con a capo un giovane latitante 20enne, Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano da lui designato come capo del clan dopo il suo arresto;
complessivamente, quindi, dall'inizio dell'anno, sono cinque gli omicidi commessi nella zona di Melito-Giugliano, e la cosa, ovviamente, semina sconcerto e paura tra gli abitanti di un'area che conta centinaia di migliaia di residenti, e centri urbani ad alta densità -:
se e come il Governo intenda intervenire, nell'ambito delle sue competenze, per rispondere a questa improvvisa e drammatica recrudescenza della presenza criminale a nord di Napoli; se e come intenda garantire sul territorio di Melito-Giugliano, un'azione più incisiva di controllo e vigilanza, al fine, anche, di assicurare maggiore tutela alla popolazione che appare, comprensibilmente, turbata e spaventata da una vera e propria guerra che avviene nelle strade, tra la gente, a tutte le ore.
(4-14549)

LARATTA, OLIVERIO e MARINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Calabria gli amministratori pubblici sono sempre più aggrediti, minacciati e vittime di intimidazioni. Legautonomie Calabria, nel rapporto sulla sicurezza degli amministratori locali, rivela che nel 2011 sono stati rilevati ben 103 atti intimidatori contro i rappresentanti delle istituzioni locali;
le realtà maggiormente a rischio risultano quelle del crotonese e del reggino, rispettivamente con il 21 per cento e con il 31 per cento dei casi registrati nello scorso anno;
dal 2000 ad oggi sono stati registrati quasi mille intimidazioni ai danni di amministratori, ai quali si aggiungono gli episodi non denunciati o non rilevati dalla stampa;
è drammatica l'evoluzione che si registra in provincia di Crotone, dove l'85 per cento dei comuni ha dovuto fare i conti con almeno un episodio;
segue il vibonese (80 per cento), la provincia di Reggio Calabria (64 per cento), il catanzarese (54 per cento) e la provincia di Cosenza (35 per cento);
nell'anno appena trascorso, oltre un episodio su tre ha riguardato direttamente i sindaci, con il 70 per cento delle intimidazioni rivolte ad amministratori comunali,

quindi il 10 per cento ha preso di mira strutture e beni comunali, l'8 per cento gli amministratori regionali;
nel 2011 sono anche aumentati i danneggiamenti, gli incendi di autovetture e proprietà private, le aggressioni;
hanno destato viva preoccupazione gli ultimi attentati e intimidazioni ai danni del sindaco e degli amministratori comunali di Rosarno (Reggio Calabria), di Isola Capo Rizzuto, dove è stato incendiato il portone di ingresso del Municipio di San Giovanni in Fiore (in provinciali Cosenza), dove è stata presa più volte di mira l'automobile del sindaco;
in Calabria, quindi, sono sempre di più presi di mira i sindaci e gli amministratori locali che ormai vivono il loro impegno politico istituzionale con notevole preoccupazione -:
se il governo sia a conoscenza di quanto accade agli amministratori locali calabresi;
se non intenda porre in atto, per quanto di competenza, tutte le iniziative necessarie a sostenere e rafforzare l'attività investigativa e l'impegno delle forze dell'ordine;
se non intenda assumere iniziative per favorire la costituzione di un nucleo investigativo ad hoc che possa operare e agire in questa fascia, sempre più pericolosa e diffusa, delle aggressioni e intimidazioni ai pubblici amministratori.
(4-14555)

PICCOLO, BOSSA, ANDREA ORLANDO, GARAVINI e CIRIELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 7 aprile 2011, a firma dell'interrogante e di altri deputati, veniva presentato l'atto ispettivo, 4-11543 con il quale si interrogava il Ministro dell'interno sulle delicate ed inquietanti vicende del comune di Gragnano, in provincia di Napoli, con riferimento particolare ad un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli in ordine a presunti brogli nelle elezioni amministrative del 2009 ed a possibili infiltrazioni camorristiche nello svolgimento della predetta competizione;
è da rilevare che l'inchiesta per brogli elettorali aveva portato all'arresto ed al processo a carico dei fratelli Ciro e Luigi Coticelli, che avevano patteggiato la condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione;
con la medesima interrogazione venivano riferite altre gravissime vicende e circostanze attinenti l'attività dell'amministrazione comunale in carica, all'esame della procura distrettuale antimafia di Napoli, e - di conseguenza - si richiedeva al Ministro dell'interno di disporre l'accesso, con le modalità previste dalla normativa vigente, presso il comune di Gragnano per accertare se, nell'ambito dell'apparato politico-amministrativo, sussistessero forme di condizionamento, dirette o indirette, che potessero compromettere la libera determinazione degli organi elettivi, nonché il regolare funzionamento dei servizi alla stessa affidati;
con decreto del 3 maggio 2011 il Ministero dell'interno concedeva delega per i poteri di accesso al prefetto di Napoli che provvedeva a nominare un'apposita, commissione, ai sensi dell'articolo 59, comma 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000, che si insediava presso il comune di Gragnano per effettuare gli accertamenti di competenza;
risulta che alcune settimane addietro la commissione abbia completato i suoi lavori ed abbia trasmesso al prefetto di Napoli la relazione finale per le determinazioni e le iniziative conseguenti;
nel frattempo sono interventi altri fatti, assolutamente rilevanti, che meritano di essere attentamente valutati nelle sedi competenti;
con sentenza del 5 gennaio 2012 il tribunale di Torre Annunziata - sezione distaccata di Gragnano - ha condannato il presidente del consiglio comunale, Giuseppe Coticelli, coinvolto nell'inchiesta giudiziaria

per brogli elettorali a carico dei fratelli Coticelli, suoi stretti parenti, alla pena di anni tre e mesi due di reclusione, nonché al pagamento di una multa e delle spese processuali, in quanto ritenuto il mandante dei brogli;
con la stessa sentenza il Coticelli è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
il giudice, peraltro, ha disposto la trasmissione di copia della sentenza al prefetto di Napoli per le valutazioni e gli adempimenti di competenza;
inoltre, nei giorni immediatamente successivi alla pronuncia della predetta sentenza si sono verificati alcuni episodi di grave intimidazione, rispettivamente, ai danni del signor Salvatore Mosca, rappresentante di lista del PD alle elezioni amministrative del 2009 che scoprì i brogli ed è stato un testimone chiave al processo in questione e del dottor Michele Inserra, capogruppo del PD ed esponente di rilievo dell'opposizione;
il primo fatto inquietante ha colpito signor Mosca al quale, durante la notte, «qualcuno» ha incendiato l'autovettura di sua proprietà;
il secondo gravissimo episodio ha interessato il dottor Inserra che ha denunciato, sporgendo formale querela, di essere stato pubblicamente insultato con espressioni volgari, violente e minacciose dal padre del summenzionato presidente del consiglio comunale, Giuseppe Coticelli, il quale ha pesantemente inveito contro di lui, dando la sensazione di volerlo aggredire anche fisicamente;
tali fatti sono stati riferiti con grande risalto anche dalla stampa che ha espresso il fondato sospetto sulla loro matrice dolosa e sul collegamento alle vicende politiche ed amministrative della città;
peraltro, come riferito dal quotidiano Il Mattino di Napoli, nella sua edizione del 9 gennaio 2012, in un articolo dal titolo «denunciò brogli a Gragnano: auto incendiata», pubblicato a pagina 42, nuovi particolari emergono «sulle indagini svolte al Comune di Gragnano per accertare eventuali condizionamenti camorristici». Nel predetto articolo, tra l'altro, si legge, testualmente: «Il lavoro si è focalizzato su vari atti amministrativi, tra delibere di giunta, determine e disposizioni consiliari. A questa inchiesta si aggiungono poi le istruttorie della Dda, composte di vari filoni» -:
se sia a conoscenza degli ulteriori gravissimi fatti sopra descritti, che integrano e aggravano il drammatico ed allarmante quadro, già delineato nella precedente interrogazione n. 4-11543 rispetto alle vicende del Comune di Gragnano;
se non ritenga di attivarsi rapidamente per acquisire il sopra menzionato dispositivo di sentenza, con la condanna del presidente del consiglio comunale e, di seguito, accelerare le scioglimento del consiglio comunale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 143 del decreto legislativo 267 del 2000, essendo, secondo gli interroganti, evidente che ne ricorrono tutti i presupposti e le condizioni di legge.
(4-14558)

FUGATTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, secondo comma, lettera i), lo Stato ha competenza legislativa esclusiva in materia di cittadinanza, stato civile e anagrafi;
in questi giorni, sul territorio della provincia autonoma di Trento si è proceduto alla raccolta di firme per l'indizione di un referendum abrogativo nei confronti di una legge provinciale, con dispiego delle relative procedure e necessari adempimenti per l'autenticazione delle firme raccolte e la certificazione elettorale;
nel corso delle suddette procedure si è riscontrato che i certificati di iscrizione nelle liste elettorali richiesti presso i comuni di competenza e da questi prontamente rilasciati non risultavano, di fatto, aggiornati con le necessarie dichiarazioni

previste dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 2000 n. 299, recante «Regolamento concernente l'istituzione, le modalità di rilascio, l'aggiornamento ed il rinnovo della tessera elettorale personale a carattere permanente, a norma dell'articolo 13 della legge 30 aprile 1999, n. 120;
l'articolo 2, comma 4, di tale decreto dispone infatti che le tessere rilasciate ai cittadini di altri Stati dell'Unione europea residenti in Italia devono riportare in avvertenza anche l'indicazione delle consultazioni in cui il titolare ha facoltà di esercitare il diritto di voto e per quanto riguarda le tessere rilasciate dai comuni delle regioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta l'inserimento di un estratto delle disposizioni che ivi subordinano l'esercizio del diritto di voto per le elezioni regionali ed amministrative al maturare di un ininterrotto periodo di residenza nel relativo territorio; in tutti i casi di mancata maturazione del suddetto prescritto periodo di residenza, il sindaco del comune in cui l'elettore ha diritto di votare per le elezioni regionali o amministrative deve provvedere all'invio di una attestazione di ammissione al voto;
i certificati elettorali dei comuni del territorio provinciale risultavano invece privi di questa apposita prescritta attestazione di ammissione al voto da parte del sindaco;
preso atto della situazione evidenziata, al fine di tutelare in via preventiva l'attività di raccolta firme svolta sull'intero territorio della provincia autonoma di Trento, per la richiesta di consultazione popolare, si è reso necessario un forte supplemento di lavoro e di spesa da parte dei promotori del referendum abrogativo a causa della necessità di doversi recare nuovamente presso tutti i comuni ai quali erano stati richiesti i certificati elettorali per richiedere l'inserimento della dicitura mancante nella formulazione seguente: «ed ha diritto al voto per l'elezione del consiglio provinciale di Trento ai sensi dell'articolo 12 della L.P. 5 marzo 2003, n. 2»;
in relazione a tale evidenza di mancato aggiornamento dei certificati di iscrizione nelle liste elettorali -:
se intenda assumere le iniziative di competenza presso gli uffici preposti affinché sia assicurata l'osservanza delle procedure e modalità di aggiornamento e rilascio dei certificati elettorali, onde evitare il ripetersi delle incresciose condizioni testè descritte di grave disagio, allungamento dei tempi ed aggravio di costi per i cittadini elettori e promotori di consultazioni popolari.
(4-14559)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento a fatti nuovi e particolarmente gravi accaduti nell'odierna giornata presso le scuole Bombicci di Bologna, a seguito anche di quella che l'interrogante ritiene l'ingiustificata ed assurda sospensione dall'insegnamento della religione di un insegnante;
in particolare si fa riferimento al fatto che a distanza di due mesi ed in occasione di un'ispezione predisposta dalla direzione scolastica regionale dell'Emilia Romagna, il dirigente locale abbia proposto un addebito all'insegnante in questione, per la responsabilità di avere duramente un'alunna provocandone l'assenza da scuola, circostanza smentita non solo dalla docente medesima ma dalla quasi totalità dei genitori degli alunni, i quali chiedono da tempo al dirigente scolastico del circolo di essere ricevuti e sono costantemente respinti;
occorre fare chiarezza una volta per tutte su una vicenda che non fa onore alla scuola italiana, sottoposta nel caso di Bologna ad una persistente ideologizzazione che ha visto l'insegnante in questione di

fatto ostacolata nella sua azione didattica in quanto non aderente alle manifestazioni di violenta critica alla politica scolastica dei Governi di centro-destra posta in essere dalla CGIL scuola locale;
si rammenta inoltre a quanto risulta all'interrogante del dirigente del circolo didattico in questione avrebbe rifiutato di concedere il nulla osta per l'esonero dalle lezioni di religione, ai genitori che per solidarietà alla docente hanno attuato questa azione di protesta -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro alla luce di quanto descritto in premessa.
(3-02026)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la relazione tecnica che illustra la legge di stabilità per il 2012, il Ministero dell'istruzione, università e ricerca denuncia che «nell'anno scolastico 2011/2012 sono risultati in esubero a livello nazionale 3.334 insegnanti tecnico pratici» (ITP) per effetto del riordino degli istituti tecnici e professionali attuato dal Ministro pro tempore, onorevole Gelmini;
questo personale potrebbe non trovare immediato ed integrale utilizzo in attività di insegnamento, neppure nel caso in cui entri in vigore lo schema di regolamento sulle classi di concorso in corso di perfezionamento;
nella succitata relazione inoltre è previsto che questi docenti dovranno effettuare corsi di formazione a supporto dal passaggio dalla classe di concorso attualmente ricoperta a quella che ricopriranno a seguito della riforma delle classi medesime;
qualora non dovessero essere adottati opportuni provvedimenti a tutela della condizione lavorativa di questi docenti, al personale in esubero sarà applicato l'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2010, n. 165 in materia di mobilità e collocamento in disponibilità professionale dei dipendenti pubblici, che li sottoporrà ad una sorta di cassa integrazione biennale fino al definitivo licenziamento, in deroga alle tutele sindacali e contrattuali;
tali docenti inoltre, sono già stati fortemente penalizzati dal riordino degli istituti tecnici e professionali, in quanto per effetto dei decreti del Presidente della Repubblica numeri 87 ed 88 del 15 marzo 2010, si è determinata una massiccia riduzione dell'orario annuale di insegnamento nelle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di tutelare la stabilità lavorativa dei 3334 insegnanti tecnico pratici indicati nella relazione tecnica citata in premessa, evitando l'applicazione dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 maggio 2010, n. 165.
(5-05961)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i 112 presidi incaricati italiani sono stati costretti ad esercitare le proprie funzioni per oltre 10 anni con contratti a tempo determinato, senza ricevere alcuna stabilità lavorativa;
questi «precari della dirigenza» (112 in tutta Italia) sono stati recentemente anche al centro di una bufera giudiziaria relativa ad alcune gravissime irregolarità nei concorsi «riservati» per gli incaricati di presidenza, culminata con l'annullamento del concorso bandito in Sicilia da parte del Consiglio della giustizia amministrativa;
all'interrogante risulta che proprio in Sicilia, i docenti «presidi incaricati» in provincia di Palermo non abbiano ancora percepito la retribuzione spettante in base alla funzione svolta, nonostante siano stati nominati con regolare procedura concorsuale;

in particolare, questi docenti non avrebbero ricevuto alcuna retribuzione dal settembre 2011, ed attualmente essi svolgerebbero la loro professione a titolo gratuito -:
se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda vero, ed in caso affermativo, quali provvedimenti urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine chiarire la questione di cui in premessa, anche provvedendo tempestivamente all'erogazione della retribuzione spettante ai docenti siciliani.
(5-05962)

Interrogazione a risposta scritta:

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011, pubblicato per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo e per il trasferimento da una provincia all'altra, all'articolo 1 recita: «A norma dell'articolo 1, comma 1-bis della legge n. 143 del 2004, la permanenza, a pieno titolo o con riserva, nelle graduatorie ad esaurimento avviene su domanda dell'interessato, da presentarsi entro il termine indicato al successivo articolo 9. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria»;
alla data di pubblicazione del suindicato decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011 numerosi docenti precari, per svariati motivi, non hanno potuto presentare la domanda di «permanenza e/o di aggiornamento del punteggio con cui erano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento»;
i predetti docenti precari sono stati, di conseguenza, «cancellati definitivamente dalle relative graduatorie ad esaurimento costituite in ogni provincia» -:
se non ritenga il Ministro interrogato, con un prossimo decreto ministeriale, dare la possibilità a questi docenti precari, molti dei quali con numerosi anni di insegnamento, di poter presentare per l'anno scolastico 2012-2013 domanda di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento con il relativo aggiornamento del punteggio.
(4-14547)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

ASCIERTO, MOFFA, DAMIANO, GAVA, MILANATO, PELINO, CAZZOLA, ANTONINO FOTI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MANNUCCI, CODURELLI, POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 71 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni (di seguito decreto legislativo n. 81 del 2008), anche noto come «testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro, nell'individuare gli obblighi del datore lavoro in relazione all'utilizzo «in sicurezza» di attrezzature di lavoro in azienda, impone (articolo 71, comma 11, del decreto legislativo n. 81 del 2008) al medesimo di sottoporre talune attrezzature di lavoro, evidentemente in ragione della loro particolare pericolosità, a verifiche periodiche, aggiuntive rispetto ai controlli «ordinari» di cui all'articolo 71, comma 8, del «testo unico» di salute e sicurezza sul lavoro;
tale disciplina appare di particolare importanza, in quanto diretta a garantire, in relazione alle attrezzature di cui all'allegato VII del decreto legislativo n. 81 del 2008, verifiche relative all'effettivo stato di conservazione ed efficienza delle attrezzature in parola, tali da determinare un innalzamento dei livelli di sicurezza dei lavoratori. Allo stesso tempo, la medesima disciplina prevede (articolo 71, comma 14) che l'elenco delle attrezzature da sottoporre a verifiche periodiche venga aggiornato tenendo conto della evoluzione della

tecnologia e dei dati relativi alla pericolosità delle singole attrezzature, in modo da evitare che le verifiche in parola, si ripete aggiuntive rispetto ai controlli obbligatori per qualunque attrezzatura di lavoro, vengano imposte anche quando non richieste da reali esigenze di sicurezza determinando un ingiustificato aggravio economico per le imprese;
ad oggi le disposizioni di cui ai commi da 11 a 14 del citato articolo 71 del decreto legislativo n. 81 del 2008 non hanno trovato attuazione. In particolare, l'entrata in vigore del decreto ministeriale 11 aprile 2011, attuativo dell'articolo 71, comma 13, del «testo unico», è stata rinviata con decreto del 22 luglio 2011, al fine di consentire da un lato di procedere alla individuazione delle procedure per mezzo delle quali INAIL, ente incorporante, possa svolgere le funzioni in materia di attrezzature già di competenza del disciolto Ente ISPESL («confluito», appunto in INAIL) e, dall'altro, alla Commissione ministeriale di cui al decreto ministeriale 11 aprile 2012 di completare l'istruttoria relativa alle richieste di accreditamento da parte dei soggetti privati che intendano svolgere le funzioni di verifica loro attribuite dalla normativa pubblicando l'elenco dei soggetti privati abilitati alle verifiche periodiche. Ebbene, ad oggi non risulta che INAIL abbia fornito indicazioni operative alle proprie strutture deputate allo svolgimento delle verifiche di cui all'oggetto né che la Commissione ministeriale abbia completato l'istruttoria neppure in relazione ad un primo gruppo di soggetti privati richiedenti. Ciò pure a fronte della necessità di procedere alla effettuazione di verifiche periodiche nei riguardi di un numero elevatissimo (a quanto risulta allo scrivente ben superiore alle duecentomila unità) di attrezzature di lavoro per le quali la periodicità della verifica appare scaduta e che si trovano, quindi, in una situazione di potenziale pericolosità;
a ciò si aggiunga che non è stato elaborato il decreto di cui all'articolo 71, comma 14, con la conseguenza che l'elenco delle attrezzature da sottoporre a verifica periodica comprende ancora categorie di attrezzature non particolarmente pericolose le quali, ove la normativa entrasse in vigore, sarebbero sottoposte a verifiche che non avrebbero alcuna significativa rilevanza ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori determinando unicamente una spesa per i datori di lavoro che tali attrezzature utilizzino;
non risulta neppure predisposto un tariffario unitario - pure previsto dal decreto ministeriale 11 aprile 2011 - per lo svolgimento delle attività di verifica in parola, per cui, al momento, esistono tariffe notevolmente differenti per lo svolgimento di attività analoghe -:
se il Ministro interrogato intenda perseguire il completamento del quadro normativo relativo alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, se del caso anche attraverso interventi legislativi utili allo scopo, con particolare riguardo:
a) alla autorizzazione dei soggetti privati a svolgere attività loro affidate dalla legge relativamente alle verifiche periodiche;
b) alla rivisitazione dell'elenco delle attrezzature di cui all'allegato VII del decreto legislativo n. 81 del 2008;
c) alla individuazione di tariffe congrue e uniche per il territorio nazionale per le verifiche periodiche.
(3-02023)

Interrogazione a risposta in Commissione:

POLI, MARIANI e GATTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Panem, che occupa 65 dipendenti ed ha un fatturato di circa 20 milioni di euro con sede operativa in Altopascio (Lucca), rappresenta storicamente nel territorio della provincia di Lucca uno dei più importanti siti produttivi del settore industriale del pane fresco e prodotti sostitutivi;

complessivamente il gruppo Panem, prima dell'acquisizione da parte di Novelli, aveva circa 220 dipendenti con circa 50 milioni di euro di fatturato. In particolare il marchio «Buralli», dagli anni '70 al '90, era riuscito a conquistarsi un importante mercato nazionale che ricomprendeva l'area del Nord e Centro Italia;
l'azienda Panem, nonostante le cadute registrate nell'ultimo quadriennio, è il più importante operatore presente nel mercato del pane fresco industriale e dei sostitutivi del pane, con una consistente rete distributiva, formata da oltre 5.000 punti vendita tra dettaglio e grande distribuzione organizzata (GDO), con un organico complessivo di circa 230 dipendenti e un fatturato di 50 milioni di euro;
la Panem è così costituita: stabilimento di Muggiò (di proprietà), con il maggior numero di dipendenti, attualmente circa 150/170; stabilimento di Altopascio (contratto di locazione), circa 65 dipendenti; stabilimento di S. Mauro Torinese (chiuso nel 2009). Da una stima approssimativa, il valore dei beni immobiliari ammonta a 12-15 milioni di euro;
il manifestarsi della crisi finanziaria internazionale alla fine del 2008, tuttora presente che ha coinvolto le strutture produttive e gli assetti occupazionali dei molteplici settori componenti l'intera economia provinciale, ha interessato anche l'azienda Panem di Altopascio comportando progressivamente un acuirsi delle difficoltà finanziarie interne ed una contrazione dei volumi produttivi destinati ai mercati divenuti nel frattempo sempre più competitivi ed internazionali;
la storia del panificio «Buralli» oggi «Panem» è stata interessata da processi di acquisizione di gruppi industriali esterni come il gruppo Barilla e aziende facenti capo a fondi finanziari fino ad arrivare al 2011, quando, nel corso dell'estate, il gruppo Novelli ha rilevato la realtà produttiva Panem con un piano industriale che prevedeva il rilancio produttivo e il mantenimento delle maestranze presenti;
già prima di questa nuova acquisizione si era manifestata una situazione di esubero del personale che aveva indotto la proprietà a chiedere una procedura di Cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione, perfezionatasi con accordo del 28 febbraio 2011 di durata biennale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che ha interessato gli stabilimenti di Altopascio e Muggiò di Monza. Tale procedura di cassa integrazione, alla luce delle nuove difficoltà di inserimento e mantenimento delle commesse di prodotti per la panificazione destinati alla grande distribuzione, è stata ampliata con successivo accordo del 12 luglio 2011 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali portando il numero dei lavoratori a 50 unità di cui 25 Altopascio e 25 Muggiò e mantenendo la scadenza della Cassa integrazione guadagni straordinaria al 1o marzo 2013;
nell'estate del 2011 è poi avvenuta l'acquisizione da parte del gruppo Novelli. Il gruppo Novelli opera in diversi settori, produzione di pane, uova fresche, mangimi, cantine di vino; vanta diversi stabilimenti, ha la sede centrale a Terni, occupa circa 700 addetti ed ha un fatturato complessivo di circa 120 milioni di euro;
dopo l'acquisizione, in ottobre, la proprietà del gruppo Novelli ha annunciato la presentazione di una domanda di concordato preventivo presso il tribunale di Monza, motivandola in rapporto alla situazione di difficoltà finanziaria e di liquidità del gruppo Panem: a fronte di un fatturato di circa 50 milioni di euro vengono dichiarati debiti per circa 47 milioni di euro;
nel corso degli incontri svolti presso la provincia fino agli inizi di questo 2012 si sono evidenziate le rispettive posizioni dei sindacati e delle parti istituzionali e della proprietà dell'azienda confermando quest'ultima la volontà di non proseguire l'attività presso lo stabilimento di Altopascio pur mantenendo la continuità dei pagamenti degli stipendi ai dipendenti. Infatti, è stata costituita una nuova società

«Nuova Panem Srl» che ha preso in affitto lo stabilimento di Muggiò, nel quale continua l'attività produttiva. La cessazione dell'attività presso lo stabilimento di Altopascio è stata motivata da ragioni economiche (non sarebbe più competitivo e accumulerebbe perdite pesanti), a cui si aggiungerebbe lo sfratto gravante sui locali dello stabilimento. Quest'ultimo fatto è stato peraltro decisamente smentito dai titolari della proprietà dello stabilimento anche a mezzo stampa;
dal 13 dicembre 2011, le produzioni (pane fresco e pane morbido in cassetta a lunga conservazione) e tutti i volumi garantiti dallo stabilimento di Altopascio vengono trasferiti, senza peraltro alcuna informativa, presso lo stabilimento INTERPAN, via Amerina, 49 località Fornole di Amelia in provincia di Terni. Naturalmente, insieme al trasferimento delle produzioni, il gruppo Novelli ha continuato ad usare il privilegio del marchio «Buralli», conservando altresì la rete distributiva/clienti formatasi attorno al prodotto e al marchio di Altopascio;
le organizzazioni sindacali si sono sempre dimostrate scettiche sui processi di acquisizione fin qui descritti. Peraltro il gruppo Novelli risulterebbe aver messo in vendita prodotti a marchio Buralli ma aventi un'origine di produzione diversa da Altopascio. I passaggi compiuti da gruppo Novelli, che in tempi rapidissimi hanno portato dall'acquisizione alla domanda di concordato fino alla cessazione della produzione, non possono che destare preoccupazione;
le organizzazioni sindacali, che chiedono un piano di ristrutturazione aziendale valido, hanno indetto numerose manifestazioni di sostegno ai lavoratori della Panem, attivando anche un presidio permanente presso lo stabilimento di Triboli di Altopascio;
la provincia ha promosso l'apertura di un tavolo istituzionale permanente che coinvolge parti sociali, istituzioni, regione Toscana, comune di Altopascio e lavoratori al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento e garantire al massimo livello tutte le tutele previste per la salvaguardia dei diritti degli stessi lavoratori;
ad oggi risulta ammessa la procedura di concordato preventivo presso il tribunale di Monza e sono in corso le trattative con il commissario giudiziale per effettuare la cassa integrazione straordinaria in presenza di procedura concorsuale -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per le parti di competenza, per far fronte ad una situazione che mette a rischio decine di posti di lavori e per salvaguardare una realtà produttiva importante e radicata nel territorio;
se non ritengano opportuno verificare che le operazioni descritte in premessa siano compatibili con le vigenti normative in materia di diritto del lavoro, societario e commerciale.
(5-05970)

Interrogazione a risposta scritta:

GIANNI FARINA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ai pensionati frontalieri residenti in diversi comuni della Liguria e del Piemonte viene richiesto dagli istituti previdenziali del Principato di Monaco e della Francia, che erogano le pensioni loro spettanti, un'attestazione di esistenza in vita, analogamente a quanto sta facendo l'INPS per i pensionati italiani residenti all'estero;
per rispondere a tale adempimento, i pensionati già lavoratori frontalieri si rivolgono agli uffici dei comuni nei quali hanno la residenza per avere l'attestazione di esistenza in vita da consegnare agli istituti bancari che erogano gli assegni per mandato degli istituti previdenziali;
gli uffici dei comuni ai quali i pensionati si rivolgono richiedono agli interessati, oltre alla corresponsione degli ordinari diritti di segreteria, l'apposizione di una marca da bollo di 14 euro, che

rappresenta un peso non insignificante su redditi già ridotti, tanto più che l'accertamento dell'esistenza in vita è ricorrente;
sembra che la richiesta di marca da bollo dipenda dal fatto che gli addetti comunali considerano l'attestazione di esistenza in vita non un atto di stato civile, soggetto ai soli diritti di segreteria, sia se rilasciato in carta semplice che in carta legale, ma un atto anagrafico da accompagnare con marca da bollo di 14 euro;
una tale procedura comporta di fatto una disparità di trattamento nei confronti dei pensionati ex frontalieri, i quali per procedure amministrative stabilite dagli enti erogatori dei loro assegni pensionistici sono privati di una parte del loro reddito, a differenza degli altri pensionati, sia residenti in Italia che all'estero;
una simile procedura è richiesta anche per i pensionati italiani residenti in Europa per i quali non mancano difficoltà di carattere burocratico anche se non è prese vista la marca da bollo di 14 euro -:
se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza con atti e disposizioni adeguati, affinché l'attestazione di esistenza in vita sia assimilata ad un qualsiasi altro atto di stato civile, eliminando una tassazione suppletiva che agli occhi dei pensionati ex frontalieri appare come un balzello ingiustificato e punitivo;
se non ritengano, inoltre, opportuno impegnare la rete dei consolati e delle agenzie consolari in Europa affinché rappresentino alle autorità dei Paesi interessati l'esigenza di semplificare le procedure burocratiche di accertamento dell'esistenza in vita dei pensionati residenti in loco e di acquisire a tale scopo, in modo più diretto e diffuso, la collaborazione dei corrispondenti consolari e dei patronati italiani operanti sul territorio.
(4-14556)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO, CONCIA e LOLLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 19 dicembre 2011 le associazioni di categoria del trotto, del galoppo e degli ippodromi hanno inviato una lettera indirizzata, tra l'altro, al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti per denunciare la situazione di crisi drammatica del mondo dell'ippica che a partire dall'inizio del prossimo anno rischia la chiusura delle attività;
si tratta di una importante tradizione del Paese e di una realtà sportiva che ha contribuito a diffondere una immagine positiva dell'Italia nel mondo;
l'ulteriore drastica riduzione per il 2012 dello stanziamento che l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI, ex Unione nazionale incremento razze equine - UNIRE) destina a corse, allevamento e gestione degli ippodromi mette tutta la filiera ippica italiana dal 1o gennaio 2012 nelle condizioni di non avere un futuro, con migliaia di persone da subito prive di lavoro, 15.000 cavalli da destinare al macello con effetti disastrosi sull'indotto e con l'impossibilità da parte dello Stato di introitare, come è avvenuto nel 2011, circa 180 milioni di euro di imposte;
le condizioni di profonda difficoltà del settore ippico vengono ormai da lontano, almeno da quando lo Stato, con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 1998 in attuazione della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha trasferito dall'UNIRE al Ministero dell'economia e delle finanze la gestione delle scommesse sulle corse dei cavalli senza la tutela e gli investimenti che sarebbero stati necessari per reagire alla riduzione degli spettatori negli ippodromi

e dei volumi di gioco come invece è avvenuto in altri Paesi;
l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) ha costruito sulle reti di raccolta delle scommesse ippiche buona parte del grande sviluppo del gioco pubblico, promuovendo e valorizzando tipologie di giochi che, non avendo alcuna filiera da sostenere, hanno fidelizzato il grande pubblico grazie ad una percentuale di premi enormemente più alta;
la raccolta totale dai giochi per il 2011 è di 80 miliardi di euro, di cui 11 sono destinati all'erario, e risulta pertanto difficile pensare che non si possano reperire le risorse necessarie a salvare il settore dell'ippica italiana ristrutturandolo profondamente;
i princìpi per la ristrutturazione del settore sono l'attenzione prioritaria agli appassionati spettatori e scommettitori, la trasparenza delle corse e l'applicazione tempestiva delle sanzioni previste dalla giustizia sportiva, la qualità e la selezione, gli investimenti finalizzati ad aumentarne l'efficacia, l'autonomia e la competitività contenuti nel documento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali «Linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica italiana» dei 29 luglio 2009, elaborato con il concorso delle associazioni di categoria e rimasto inattuato -:
se non ritenga necessario istituire immediatamente una sede di confronto con il mondo dell'ippica italiana presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dalla quale possa emergere con la massima urgenza un piano di ristrutturazione del settore che comprenda anche il reperimento delle risorse necessarie a scongiurare la chiusura delle attività a partire dall'anno 2012.
(5-05967)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9, primo comma, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, introduce la possibilità dell'utilizzazione degli idonei nei concorsi pubblici da parte di altre amministrazioni, affermando testualmente che: «con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i criteri con i quali le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto di contrattazione»;
la possibilità di procedere all'utilizzazione di idonei in concorsi pubblici indetti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici si configura come una rilevante economia di spesa in tema di assunzione di personale, evitando il ricorso all'indizione di nuove procedure di reclutamento con il relativo aggravio in termini di costi e di tempi per l'entrata in servizio del nuovo personale a copertura dei posti vacanti;
in materia, da ultimo, l'articolo 1, quarto comma, del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216 (cosiddetto mille proroghe) ha previsto l'ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2012 dell'efficacia delle graduatorie concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 31 dicembre 2005, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;

sulla scorta di quanto sopra, a distanza di circa nove anni dall'entrata in vigore della citata previsione della legge 16 gennaio 2003, n. 3, non si è ancora provveduto all'adozione del regolamento disciplinante i termini e le modalità per consentire in concreto alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici di coprire i posti vacanti utilizzando gli idonei delle graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto, impedendo così l'implementazione di una norma che consente un significativo contenimento della spesa per l'assunzione del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, vieppiù nell'attuale congiuntura economica -:
se il Ministro interrogato intenda sollecitamente provvedere all'adozione del citato regolamento previsto dall'articolo 9, primo comma, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, onde consentire la piena operatività della norma di utilizzo delle graduatorie degli idonei per la copertura dei posti disponibili in amministrazioni diverse da quelle che le hanno approvate, nell'ambito dei comparti Ministeri ed enti pubblici non economici;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di estendere anche alle amministrazioni dei restanti comparti di contrattazione, quali da ultimo risultano dal contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione dell'11 giugno 2007, la citata possibilità di utilizzo degli idonei delle graduatorie dei concorsi pubblici in amministrazioni diverse da quelle che le hanno approvate ai fini della copertura dei posti vacanti.
(4-14543)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la compagnia francese Poly Implant Prothese (PIP) è al centro di un gigantesco scandalo per aver messo in commercio protesi per il seno contenenti silicone industriale non autorizzato;
già nel 2000 la Food and Drug Administration (FdA) aveva rilevato nella produzione delle protesi in materiale salino diverse irregolarità rispetto a quanto previsto dal Code Federale Regulation americano, e le aveva comunicate direttamente al fondatore della PIP, Jean Claude Mas. Ciononostante la PIP ha continuato la sua attività, mettendo in circolazioni protesi in tutto il mondo;
recentemente le autorità francesi hanno reso noto che la PIP avrebbe utilizzato materiale potenzialmente cancerogeno contenente silicone ad uso agricolo e una sostanza petrolchimica mai utilizzata sull'essere umano, conseguentemente il 24 dicembre 2011 l'Interpol ha chiesto l'arresto di Jean Claude Mas, emettendo un avviso di ricerca internazionale;
mentre i Governi dei Paesi ove il prodotto è stato commercializzato hanno consigliato l'espianto preventivo delle protesi, ed in Inghilterra in particolare, tale operazione avviene a costi ridotti, il Ministro della salute italiano non ha imposto il divieto di commercializzazione e con la circolare del 4 gennaio 2012 non ha adottato alcun provvedimento in merito, limitandosi a frenare «inutili allarmismi»;
in Italia le donne che hanno utilizzato le protesi della PIP sono circa 4.300, e molte di loro desidererebbero espiantarle per tutelare la propria salute -:
se il Ministro intenda introdurre il divieto di commercializzazione ed il contestuale ritiro delle protesi di cui in premessa nel nostro Paese, e quali iniziative ritenga opportuno assumere al fine tutelare il diritto alla salute delle donne italiane alle quali sono state impiantate le protesi della Poly Implant Prothese, anche riducendo i costi dell'operazione di espianto.
(5-05960)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINI, VILLECCO CALIPARI e LARATTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Calabria ha deciso di chiudere reparti e servizi degli ospedali zonali di Trebisacce, Cariati, Acri, S. Giovanni in Fiore ed altri ancora e probabilmente il ridimensionamento prelude ad ulteriori tagli del servizio sanitario;
la situazione di indebitamento della sanità calabrese comporta, comunque, il rientro dalle esposizioni finanziarie;
i tagli decisi sono secondo gli interroganti indiscriminati e non rispondenti al criterio dell'equità per la mancanza di principi che avrebbero dovuto presiedere al piano di rientro;
i provvedimenti adottati dal commissario ad acta nella persona del presidente della giunta regionale sembrano oltrepassare i limiti della delega decisa dal Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010 in quanto la stessa non conferisce poteri di deroga alle leggi ed agli atti aventi forza di legge della regione e che qualora fossero stati conferiti si sarebbe incorso in un atto illegittimo non potendo il Governo nazionale disporre modifiche alla legislazione regionale con lo strumento commissariale;
non si è utilizzato come principio conduttore delle decisioni di ridimensionamento il criterio oggettivo dei livelli essenziali di assistenza;
se non si possono evitare i tagli sarebbe stato logico affrontare prioritariamente la situazione di quelle aree che hanno una media elevata nel rapporto posti letto abitanti;
le case di cura di cui sopra hanno un numero di posti letto per acuti e per lungodegenza basso rispetto alla media degli altri territori;
il Piano sanitario nazionale prevede un numero di posti letto pari a 4 per acuti per 1.000 abitanti ed 1 posto letto per 1.000 abitanti per la lungodegenza;
il piano di rientro (DGR 585/09) prescrive un minimo di 3 posti letto per acuti e 0,8 per la lungodegenza ogni 1.000 abitanti;
il DPGR 18/10 (in sostituzione del DGR 490/10) in deroga al piano di rientro, ha previsto un numero di posti letto pari a 2,7 posti letto + 0,5 posti letto non acuti su 1.000 abitanti;
il piano aziendale attuato determina di fatto secondo gli interroganti una violazione dei LEA;
non si è tenuto conto alcuno di alcune condizioni oggettive quali: l'invecchiamento della popolazione, l'impossibilità dei nosocomi più vicini di accogliere la nuova e maggiore domanda di ricoveri, il pessimo e tortuoso sistema viario e dei trasporti, l'inesistenza di vie ferrate e per gli ospedali di montagna l'impraticabilità delle infrastrutture viarie nei mesi invernali;
la costruzione dell'ospedale della pianura di Sibari richiederà per essere funzionante diversi decenni;
i sindaci dei territori investiti dal ridimensionamento non sono stati sentiti;
il diritto di cittadinanza comprende il diritto alla salute tutelato dal servizio sanitario universale;
privare migliaia di cittadini del diritto alla salute, pur in presenza di azioni di contenimento della spesa pubblica, nel disprezzo di regole e criteri oggettivi prefigura una evidente lesione dei principi dell'ordinamento dello Stato -:
se ritenga opportuno esercitare i poteri di intervento per correggere le storture contenute nel piano di rientro della Regione Calabria che secondo gli interroganti lede diritti fondamentali dei cittadini rischiando di compromettere i livelli essenziali di assistenza.
(4-14561)

MARINELLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in attuazione della delega di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosiddetto collegato lavoro), è stato predisposto dal precedente Esecutivo lo schema decreto legislativo n. 424 di riorganizzazione dell'associazione italiana della Croce rossa, attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato per l'espressione del prescritto parere al Governo;
il citato schema di decreto - predisposto al fine di conseguire, attraverso un riordino strutturale, economie nell'attività di amministrazione, gestione e controllo, nonché di incrementare e migliorare la qualità dei servizi resi - pur confermando la natura di ente pubblico non economico su base associativa, sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero della difesa - ciascuno per le materie di competenza - dell'Associazione italiana della Croce rossa nonché la sua articolazione territoriale in comitato centrale, comitati regionali, comitati provinciali e comitati locali, attribuisce personalità giuridica di diritto pubblico soltanto al comitato centrale, a quelli regionali e a quelli delle province autonome, qualificando i restanti comitati provinciali e locali come organismi associativi autonomi dotati ciascuno di propria personalità giuridica di diritto privato;
la trasformazione dei comitati locali e provinciali in personalità giuridiche di diritto privato, e come tali disciplinati dalle norme di cui al Titolo II del libro I del codice civile, viene definita ai sensi dell'articolo 2 dello schema di decreto legislativo n. 424, il quale prevede - nell'ambito di una disciplina transitoria - che essi possano anche configurarsi come organizzazioni di volontariato con la conseguente applicazione della relativa disciplina di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato). L'articolo citato specifica - altresì - che a seguito della privatizzazione, i citati comitati non potranno usufruire di finanziamenti statali ad eccezione di quelli derivanti dall'eventuale applicazione delle norme sulle associazioni di volontariato;
il mantenimento della natura giuridica di diritto pubblico dei livelli centrale e regionale e la trasformazione della struttura periferica dei comitati locali e provinciali in associazioni che agiscono iure privatorum, opera una significativa differenziazione relativamente al trattamento del personale civile dell'associazione italiana della Croce rossa;
l'articolo 3 dello schema di decreto legislativo n. 424 prevede, infatti, che per il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato presente presso il comitato centrale e i comitati regionali continuino ad applicarsi le disposizioni di carattere generale del personale delle pubbliche amministrazioni, nonché quelle del contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto, mentre per il personale dei comitati provinciali e locali - conformemente alla natura giuridica associativa di diritto privato - viene demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con altri Ministeri e sentita la CRI, la determinazione delle modalità di equiparazione tra i livelli di inquadramento relativi alle altre pubbliche amministrazioni e quelli applicabili alla CRI. Per il personale dipendente dai comitati provinciali e locali a tempo indeterminato lo schema di decreto legislativo citato prefigura le seguenti ipotesi: la permanenza in servizio presso le componenti pubblicistiche dell'associazione, fino alla copertura dell'effettivo fabbisogno e nel limite della nuova dotazione organica; l'assunzione presso i comitati provinciali e locali con contratto di diritto privato; il passaggio ad altre pubbliche amministrazioni, anche mediante la mobilità obbligatoria. Viene previsto anche un piano di riallocazione del personale in servizio a tempo indeterminato, sulla base degli effettivi fabbisogni presso le strutture di natura pubblicistica dell'associazione. Il citato articolo 3 dispone - altresì - che i contratti di lavoro a tempo determinato in

essere alla data di entrata in vigore del citato schema di decreto legislativo - stipulati al fine di assicurare l'espletamento e la prosecuzione delle attività convenzionali e prorogati fino alla scadenza delle medesime convenzioni - continuano la vigenza fino alla loro scadenza e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2012;
la situazione testé prospettata, vissuta con grande preoccupazione dai circa 1500 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e precari dei comitati locali e provinciali, rischia - a giudizio dell'interrogante - di avere pesanti ripercussioni sul piano occupazionale nonché sull'attuale buon funzionamento della Croce Rossa Italiana -:
se sia a conoscenza della situazione sopradescritta e quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare gli attuali livelli di occupazione e l'elevato grado di eccellenza dell'operato dell'Associazione italiana della Croce rossa.
(4-14564)

GARAGNANI e CASSINELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il sistema trapianti del nostro Paese rappresenta una delle eccellenze sanitarie nazionali. I dati del Centro nazionale trapianti riferiti agli anni 2000-2009 e recentemente pubblicati sul sito del Ministero della salute (http://www.salute.gov.it/dettaglio/dettaglioNews.jsp?id=1816&tipo=new)
confermano questo dato. Che l'interesse per questo settore travalichi i confini amministrativi delle regioni e sia invece nazionale è testimoniato proprio dall'istituzione, all'interno del Ministero, di un Centro nazionale trapianti (CNT);
è comunque stata tendenza consolidata, nelle regioni con numero di donazioni di organo da cadavere sufficiente, di gestire in autonomia regionale i centri chirurgici di trapianto per rispondere alle esigenze della propria popolazione. L'attività di trapianto d'organo rappresenta, infatti, un volano di crescita per numerose attività sanitarie, assistenziali e scientifiche ad essa correlata ed è uno strumento per consolidare le attività scientifiche ed assistenziali delle aziende sanitarie;
la gestione dei centri trapianti rappresenta un elemento strategico non solo per i sistemi sanitari regionali, ma per tutto il Paese;
uno fra i centri di trapianto d'organi solidi con maggiore tradizione in Italia è quello di Genova. Il centro è stato istituito a metà degli anni ottanta nell'allora policlinico San Martino ed è stato fondato dal professor Umberto Valente, professore ordinario di chirurgia generale all'università di Genova;
il centro vanta una consistente attività di trapianto di rene e di trapianto di fegato;
negli ultimi anni il centro ha trascorso però alcune vicissitudini sgradevoli per il nostro sistema sanitario. Il previsto pensionamento per raggiunti limiti di età del professor Valente, che avverrà in effetti a novembre 2012, ha alterato gli equilibri interni del Centro, in particolare nei rapporti fra l'aiuto ospedaliero del professor Valente, il dottor Enzo Andorno, ed il professore stesso. Vi sono stati strascichi legali che hanno portato il direttore generale dell'azienda ospedaliera (oggi diventata azienda ospedaliera universitaria «San Martino» IRCSS - USMI) a sospendere, nella primavera scorsa, l'attività di trapianto di fegato, permanendo invece l'attività di trapianto di rene. Difficile, se non impossibile, stabilire i confini delle diatribe insorte fra i due medici. Resta il fatto che il comportamento di entrambi ha portato all'assunzione di provvedimenti importanti da parte della direzione generale dell'USMI;
in previsione del ritiro del professor Valente le amministrazioni coinvolte hanno comunque iniziato la ricerca del nuovo assetto dell'ospedale;
elemento caratterizzante e fondamentale della scelta sul futuro assetto è l'aspetto economico. L'attuale centro trapianti occupa ora un intero piano del

«Monoblocco» dell'USMI. Il costo stimato per la gestione della struttura è di circa 20 milioni di euro l'anno. Questo a fronte di una produzione chirurgica non trapiantologica modesta. È parere unanime che il costo attuale del reparto chirurgico denominato correntemente «Centro Trapianto» sia diventato oggi insostenibile e sia necessario un provvedimento di contenimento finanziario. In particolare nella difficile situazione economica in cui versa tutto il nostro Paese ma la regione Liguria in specifico;
le soluzioni proposte erano sostanzialmente tre:
a) chiusura definitiva dell'attività di trapianto di fegato e permanenza della sola attività di trapianto di rene all'interno di un reparto di chirurgia generale;
b) creazione di due «strutture semplici» (una per il trapianto di fegato ed una per il trapianto di rene) che potessero proseguire l'attività in forma ridotta e non nell'ambito del centro trapianti né di un reparto di chirurgia generale;
c) riconversione del centro trapianti in unità operativa complessa di chirurgia generale ad indirizzo epato-bilio-pancreatico e di trapianti d'organo;
pur con una popolazione assai contenuta di circa 1 milione e 600 mila abitanti, la Liguria ha una consistente attività di donazione d'organi, con 35,6 donatori segnalati per milione di abitante e 28,1 donatori utilizzati per milione di abitanti. Questi dati fanno proprio della Liguria una fra le regioni a maggiore tasso di donazione di organi in Italia. Per questo motivo la prima soluzione, quella che prevedeva la chiusura del centro, non è mai stata presa in considerazione seriamente;
la seconda soluzione godeva del favore dei chirurghi locali, che avrebbero ricevuto una «promozione» ed avrebbero mantenuto una propria autonomia gestionale;
la terza soluzione si inseriva invece in un programma di ristrutturazione dell'attività chirurgica dell'USMI e godeva del favore dell'università, che progettava di acquisire un docente esterno a Genova per rilanciare un'attività che negli ultimi anni ha oggettivamente vissuto momenti non brillanti;
nel frattempo, nell'agosto 2011, l'azienda ospedaliera San Martino è diventata istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). Rientra quindi nella particolare legislazione di questi enti e l'interesse del Ministero per questi ospedali dovrebbe essere molto particolare ed attenta;
gran parte della vicenda è stata riassunta nelle cronache locali dei quotidiani genovesi;
la prima scelta dell'università, come riportato appunto dalle cronache, andò nella direzione del senatore Ignazio Marino. Il senatore Marino è di Genova ed è un ottimo professionista che ha lavorato nel campo dei trapianti d'organo. In particolare in quelli di fegato. Per diversi motivi l'accordo fra l'ospedale-università ed il senatore Marino non andò in porto;
il dibattito ha quindi portato alla radicalizzazione di due soluzioni: la costituzione di due unità semplici a guida di chirurghi locali ospedalieri in autonomia; la ristrutturazione del centro trapianti in centro di chirurgia del fegato e dei trapianti a guida universitaria;
per la prima scelta venivano identificati il dottor Enzo Andorno per la parte riguardante il trapianto di fegato e la dottoressa Iris Fontana per il trapianto di rene. Per la seconda ipotesi l'università aveva identificato nel professor Gian Luca Grazi la persona più idonea. Il professor Grazi ha una lunga attività nel campo dei trapianti di fegato e nella chirurgia epatica, è risultato idoneo in due concorsi nazionali ad assumere il ruolo di professore ordinario di chirurgia ed è oggi primario di chirurgia epato-bilio-pancreatica all'Istituto nazionale tumori di Roma;

i resoconti giornalistici del 22 novembre 2011 segnalano un accordo fra l'assessore regionale alla sanità, Claudio Montaldo, ed il rettore dell'università di Genova, Giacomo Deferrari, per l'assegnazione al professor Grazi di un'unità operativa complessa di chirurgia generale ad indirizzo epato-bilio-pancreatico e di trapianti d'organo;
tuttavia le stesse cronache giornalistiche riportano che tale decisione non era apprezzata da Walter Ferrando, consigliere regionale PD e responsabile della sanità dello stesso partito, e da Stefano Quaini, consigliere regionale dell'IDV, e quindi dalla maggioranza di centro sinistra che sostiene la presidenza della regione dell'onorevole Claudio Burlando;
i due politici hanno presentato nella seduta del consiglio regionale del 23 dicembre 2012, un ordine del giorno che impegna la giunta regionale a costituire le due «strutture semplici» (una per il trapianto di fegato ed una per il trapianto di rene) che possano proseguire l'attività in forma ridotta e non nell'ambito del centro trapianto né di un reparto di chirurgia generale, da affidare al dottor Enzo Andorno per la parte riguardante il trapianto di fegato e alla dottoressa Iris Fontana per il trapianto di rene. Questo ordine del giorno è stato votato all'unanimità dei consiglieri regionali;
esiste in Liguria un problema di mobilità extraregionale di pazienti che richiedono interventi chirurgici complessi, in particolare sul fegato, sulle vie biliari e sul pancreas che porta molti di loro a farsi operare in Lombardia, in Piemonte se non all'estero in Francia;
esiste la richiesta di attività di chirurgia epato-bilio-pancreatica all'interno dell'USMI;
è indispensabile strutturare anche l'attività di trapianto d'organi nell'ambito del futuro assetto globale della chirurgia generale dell'USMI di Genova, in particolare tenendo in considerazione il pensionamento di diversi chirurghi responsabili di unità operative complesse in questo periodo;
la costituzione di due unità semplici dedicate in esclusiva all'attività di trapianto d'organi all'interno dell'USMI non rappresenta un risparmio, dovendosi configurare di necessità l'identificazione di due responsabili di queste unità e di un terzo responsabile dell'attività chirurgica lasciata dal pensionamento del professor Valente;
la strutturazione di unità semplici dipartimentali mal si rapporta ad un'attività logistica complessa come quella dei trapianti d'organo;
il supposto risparmio economico invocato dal consiglio regionale è del tutto dubbio se non impossibile in assenza di una ristrutturazione completa dell'attività chirurgica all'interno di un ospedale vasto come quello dell'USMI;
peraltro non è mai stato presentato un piano di riorganizzazione dell'attività di trapianti in unità semplici che evidenzi l'effettivo risparmio ottenibile in termini economici ed il suo razionale inquadramento nell'ambito della chirurgia generale;
la ristrutturazione dell'attività di trapianto d'organo in «unità semplici» rappresenta una deminutio dell'importanza di questa attività, che mal si rapporta alla considerazione di eccellenza che l'attività di trapianto d'organi ha nel nostro Paese;
la scelta effettuata sembra più una difesa corporativa dell'esistente all'interno dell'USMI, piuttosto che un piano di rivalutazione di un'attività di eccellenza nazionale;
esistono dati inequivocabili di produzione assistenziale e scientifica che evidenziano come l'attività chirurgica epato-bilio-pancreatica e trapiantologica dell'USMI necessità di un'implementazione e di un rilancio e che tale rilancio inevitabilmente non può essere portato avanti da chi a questa attività ha contribuito negli ultimi due decenni;

il professor Gian Luca Grazi rappresenta un'eccellenza nel campo della ricerca scientifica della chirurgia del fegato e del trapianto di fegato, come ampliamente dimostrato dal suo curriculum e dal suo coinvolgimento in società scientifiche europee che si dedicano a questo tipo di chirurgia;
la chiamata da parte dell'università di Genova del professor Grazi sarebbe stata a costi pressoché nulli, potendo attingere da fondi dedicati del Ministero;
esiste già un piano di ristrutturazione del centro trapianti con sua «trasformazione» in reparto di chirurgia epato-bilio-pancreatica e di trapianto per il consistente rientro economico dell'attività del centro;
la strenua difesa del personale medico locale ha portato ad una scelta «di minima» che ad avviso dell'interrogante danneggia, ad avviso degli interroganti l'attività futura del centro trapianti -:
se il Ministro sia a conoscenza delle dinamiche concernenti il centro trapianti all'interno dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e quali verifiche di competenza intenda effettuare in proposito;
quali siano gli intendimenti del Ministro, nel rispetto delle competenze regionali in tema di sanità, con riferimento alle scelte fatte nelle scorse settimane con riferimento alla futura gestione del centro trapianti di fegato e di rene di Genova, tenuto conto del fatto che nella rete nazionale il centro rappresenta un'eccellenza assoluta;
se il Ministro intenda valutare se la frammentazione di un centro chirurgico in unità semplici sia compatibile con la promozione di un'attività scientifica di eccellenza, considerato che l'azienda ospedaliera universitaria San Martino è un'IRCCS;
come sia stato valutato l'importanza e la centralità della ricerca scientifica nell'assegnazione della responsabilità dei ruoli e nell'assetto dell'attività di trapianti, in particolare nell'IRCCS citato in premessa.
(4-14570)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, LULLI e FLUVI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 19, comma 6, della legge n. 99 del 23 luglio 2009, (resa necessaria per colmare un vuoto normativo verificatosi con il recepimento, nell'ordinamento nazionale, della direttiva comunitaria 98/71/CE relativa al diritto d'autore e tutela brevettuale dell'industrial design) fu confermata, per le aziende, la legittimità di fabbricare e commercializzare opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001;
soltanto alcuni mesi dopo, con l'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 («Modifiche al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il codice della proprietà industriale, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99») veniva invece sancito che il diritto d'autore dovesse essere esteso anche «alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute di pubblico dominio». Tale norme sono entrate in vigore il 2 settembre 2010;
tale disposizione ha stravolto quindi l'intero sistema normativo nazionale relativo al comparto produttivo dell'industrial design, mettendo in crisi le aziende del settore, quasi esclusivamente piccole e medie imprese (peraltro già duramente colpite dagli effetti della crisi economica internazionale), e conseguentemente migliaia di posti di lavoro; con tale normativa

le aziende non potranno infatti più produrre prodotti di design fino ad oggi ritenute di «pubblico dominio»;
le imprese interessate sono infatti circa 700 (dislocate in numerosi distretti produttivi), occupano circa 13.500 addetti, con un fatturato di circa 950 milioni di euro annui;
le associazioni di categoria, alcune regioni tra cui la Toscana, gli enti locali e iniziative parlamentari tematiche (nello specifico interrogazioni a risposta in commissione n. 5-03523 a prima firma dell'onorevole Rolando Nannicini e n. 5-04393 a prima firma dell'onorevole Susanna Cenni) hanno sottolineato, tra l'altro, come il decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, presentasse evidenti profili di incostituzionalità: la norma in oggetto ha infatti un effetto retroattivo in quanto il Governo avrebbe legiferato al di fuori degli ambiti della legge delega conferita dal Parlamento stesso, modificando sostanzialmente i contenuti dell'ordinamento vigente in materia;
va poi segnalato, in questo contesto, che la sentenza della Corte di giustizia CE del 27 gennaio 2011 (nella causa per rinvio pregiudiziale C-168/09) ha definitivamente chiarito che «ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 98/71 solo un disegno o modello che sia stato oggetto di una registrazione in uno Stato membro o con effetto in uno Stato membro, in conformità delle disposizioni di tale direttiva, può beneficiare, ai sensi della medesima, della protezione concessa dalla normativa sul diritto d'autore di tale Stato membro». I disegni e modelli «che erano di pubblico dominio a causa della mancata registrazione non rientrano nell'ambito di applicazione di tale articolo» (confronta punto n. 29 e seguenti della sentenza);
in seguito a tali indicazioni e sollecitazioni il Governo pro tempore (nella risposta alla interrogazione sopracitata numero 5-03523, in data 2 dicembre 2010, nella risposta del sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia) ha ribadito la volontà di «valutare l'opportunità di inserire un'apposita modifica legislativa che possa essere approvata nell'ambito dei provvedimenti legislativi di fine anno»;
posizione che viene sostanzialmente ribadita dallo stesso Governo nella risposta alla interrogazione numero 5-04393 (in data 7 aprile 2011, nella risposta del sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia) in cui si fa anche esplicito riferimento alla citata sentenza della Corte di Giustizia europea: «la sentenza della Corte - cita testualmente la risposta del Governo - è oggetto di attento esame da parte del Ministero dello sviluppo economico, che conosce le problematiche del settore di riferimento e sarà altresì oggetto di ulteriori approfondimenti, in considerazione degli importanti riflessi che può determinare sulle imprese, anche alla luce delle istanze avanzate, da ultimo, dall'assessore alle attività produttive della regione Toscana, finalizzate a sollecitare il Governo a valutare le misure più opportune da adottare»;
il Governo ha poi accolto, in data 21 giugno 2011, un ordine del giorno (atto numero 9/0-4357 - A/011) in sede di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, che lo impegna «a valutare la possibilità di emanare, in tempi brevi, nel prossimo provvedimento utile una norma che possa modificare i contenuti restrittivi e soprattutto gli effetti retroattivi introdotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, (alla luce dei contenuti della sentenza della Corte di Giustizia CE, dei citati profili di incostituzionalità della normativa vigente in materia e per salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali delle imprese del settore), permettendo nuovamente alle aziende di produrre prodotti di design fino ad oggi considerati di pubblico dominio»;
ad oggi gli impegni assunti dal Governo pro tempore non sono stati tradotti in nessun provvedimento utile;
risulta d'altro canto evidente come l'insieme delle imprese interessate operi

da decenni in un ambito di totale e pieno rispetto delle norme in vigore e contribuisca al buon nome del made in Italy con produzioni di qualità, con professionalità, competenze, creatività, caratterizzando interi distretti industriali;
l'attuale incertezza normativa sta provocando numerose cause giudiziarie che coinvolgono aziende in tutto il paese in molteplici settori chiave dell'economia e che riguardano il disegno industriale. Recentemente, come segnalato da associazioni di categoria, numerosi provvedimenti di tribunali italiani, in seguito soprattutto a procedimenti instaurati da multinazionali del comparto, hanno infatti già disposto il sequestro e l'inibitoria dell'attività di alcune aziende e la conseguente chiusura delle stesse e la perdita di posti di lavoro -:
se il Governo sia al corrente del crescente numero di imprese interessate da cause giudiziarie, relative ad una rigida interpretazione della norma in materia di diritti del disegno industriale, che stanno determinando, in distretti già duramente colpiti dalla fase economica, la chiusura di numerose aziende e conseguentemente la perdita di posti di lavoro;
quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere, rispetto a quanto espresso in premessa e soprattutto alla luce della sentenza della Corte di giustizia CE del 27 gennaio 2011, e se e come intenda far fronte agli impegni assunti alla Camera, con l'approvazione dell'ordine del giorno accolto dal Governo pro tempore in data 21 giugno 2011, per permettere nuovamente alle aziende di produrre prodotti di design considerati di «pubblico dominio».
(5-05969)

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Ritiro di firme da una mozione ex articolo 115, comma 3, del Regolamento e conseguente cessazione dei requisiti previsti dal comma 1 del medesimo articolo.

Alla mozione ex articolo 115, comma 3, del regolamento Reguzzoni e altri n.1-00819, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 gennaio 2012, è stata ritirata la firma del deputato Caparini; il deputato Pini ha comunicato alla Presidenza di non aver sottoscritto il predetto documento. Non sussiste pertanto il requisito della sottoscrizione da parte di un decimo dei componenti della Camera prescritto dall'articolo 115, comma 1, del regolamento e, di conseguenza, la mozione deve intendersi ritirata.