XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 16 gennaio 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
sin dai primi giorni del 2011, la quasi totalità dei Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo è stata investita da una crisi politica, sociale ed economica che ha portato anche ad azioni violente; seppur con sostanziali differenze da Paese a Paese, significativi moti popolari, sorti dapprima in Algeria, si sono estesi in Tunisia, Marocco, Egitto, Libia, Bahrain, Yemen e Siria;
in Libia, come è noto, si è giunti drammaticamente a combattere una vera e propria guerra civile culminata con l'uccisione del colonnello Gheddafi, di componenti della sua famiglia e di esponenti politici a lui fedeli;
va sottolineato che, a seguito di tali sconvolgimenti in quell'area, da alcuni profeti di sventura, politicamente sostenitori del precedente Governo, era stato annunciato un approdo sulle coste italiane pari a un esodo biblico di migranti dal Nord Africa, che non c'è stato, almeno nelle dimensioni paventate (poche decine di migliaia di arrivi, laddove se ne annunciavano milioni);
è sempre più evidente come, per affrontare tale problema, occorra una politica europea comune;
d'altra parte, la sola riattivazione del trattato con la Libia del 2008 non appare uno strumento in grado di affrontare efficacemente la questione, tanto più in quanto fatto oggetto di forti critiche da parte delle Nazioni Unite, dell'Unhcr, dell'Unicef, di Amnesty international e di ogni organizzazione umanitaria del mondo su quasi tutto l'impianto normativo del trattato stesso, in particolare per quanto riguarda la politica relativa al controllo dei flussi migratori;
il trattato di Lisbona, in vigore da più di un anno e mezzo, pur confermando l'impegno dell'Unione europea a elaborare una politica comune per l'immigrazione, non ha peraltro assegnato all'Unione europea competenze normative sull'ingresso di migranti per motivi di lavoro, lasciando questa materia cruciale integralmente alla competenza dei singoli Stati membri;
comunque, va sottolineato che il 16 dicembre 2011, Cecilia Malmström (Commissaria europea per gli affari interni) e László Andor (Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'integrazione), attraverso un articolo apparso sul quotidiano Il Messaggero, hanno affermato che: «Se l'Europa vuole mantenersi forte e conservare la posizione che occupa sul mercato globale in mezzo a economie in rapida crescita come Cina e India deve fare in modo che il suo mercato del lavoro risulti più attraente per i futuri immigrati»; e ancora: «Parallelamente, dobbiamo combattere più a fondo l'immigrazione irregolare e migliorare le capacità di controllo su chi entra nel territorio europeo. Ogni Stato membro resterà ovviamente libero di definire il suo fabbisogno di lavoratori immigrati, materia in cui l'Unione europea non può né intende prendere decisioni; ma è importante poter contare su un quadro comune (...). Solo restando aperta al resto del mondo l'Unione europea può evitare di cadere nell'intolleranza, nell'immobilismo o nell'autoesaltazione. Solo un mercato del lavoro europeo aperto e competitivo può tenere testa alle sfide demografiche ed economiche che si preparano.»;
è previsto per il 21 gennaio 2012 a Tripoli un incontro ufficiale tra il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il Presidente del Consiglio nazionale transitorio della Libia, Mustafa Abdel Jalil, sostanzialmente per la riattivazione e ridefinizione degli scambi commerciali tra i due Paesi;
inoltre, l'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, integrato con le

disposizioni previste dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», stabilisce che in nessun caso può disporsi il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione,


impegna il Governo:


ad assumere, con particolare riferimento alla visita del Presidente del Consiglio dei ministri a Tripoli il 21 gennaio 2012, le necessarie iniziative sul piano politico-diplomatico volte ad assicurare la piena applicazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 6 del trattato italo-libico del 2008 e a consentire che le operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina siano pienamente conformi alle norme di diritto internazionale, in particolare per quel che concerne i richiedenti asilo, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e in linea con gli obblighi internazionali dell'Italia;
a definire gli intendimenti in merito a quanti sono dovuti scappare a seguito del conflitto libico e provvisoriamente accolti dalle varie istituzioni regionali italiane in quanto rifugiati;
a migliorare sensibilmente, in ogni caso, le condizioni dei migranti sistemati nei centri di accoglienza, nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo - oggi ridotti a veri e propri luoghi di sofferenza e di mancanza di rispetto dei diritti umani - permettendo il monitoraggio delle situazioni esistenti, non solo ai parlamentari della Repubblica ma anche a tutte le organizzazioni ed enti riconosciuti, a carattere assistenziale e umanitario, che possano portare il loro contributo agli ospiti di detti centri;
ad attivarsi nelle sedi opportune e a livello bilaterale affinché, quanto prima, la nuova dirigenza libica si adoperi per ratificare la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati;
a cooperare con gli altri Paesi dell'Unione europea per un governo europeo dei fenomeni migratori, affiancato da un nuovo modello di governance, che coinvolga tanto i Paesi di origine, quanto quelli di destinazione dei flussi migratori, promuovendo intese e forme comuni di disciplina.
(1-00805)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Di Pietro, Donadi, Borghesi, Di Stanislao».

La Camera,
premesso che:
a partire dai primi mesi del 2011 i principali Paesi africani dell'area mediterranea sono stati coinvolti in uno storico rivolgimento dei propri assetti politici ed istituzionali, l'intera fascia del Maghreb è stata interessata da rivolgimenti profondi che hanno sconvolto gli equilibri interni dei principali Paesi di un'area strategica per il futuro, non solo del Mediterraneo ma dell'Europa e dell'intero pianeta;
inevitabilmente tali avvenimenti hanno posto la comunità internazionale, l'Europa e, in particolare, il nostro Paese di fronte all'esigenza di affrontare un'eccezionale migrazione di cittadini extracomunitari;
di fronte a tale situazione l'azione del Governo italiano è stata efficace e tempestiva. Il 12 febbraio 2011 è stato dichiarato lo stato di emergenza umanitaria; il 5 aprile 2011 è stato adottato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale sono state definite le misure umanitarie di protezione temporanea da assicurare agli immigrati, giunti dal 1o gennaio al 5 aprile 2011, di nazionalità tunisina;
il Governo ha anche raggiunto il 6 aprile 2011 uno specifico accordo con le regioni, seguito dall'ordinanza del Presidente

del Consiglio dei ministri del 13 aprile 2011, con la quale è stato disposto che l'accoglienza dei migranti provenienti dal Nord Africa sarebbe stata affidata a tutte le regioni del Paese, attribuendo al sistema di protezione civile nazionale la pianificazione delle attività necessarie alla dislocazione nelle singole regioni dei cittadini extracomunitari in modo equilibrato, nonché l'utilizzazione del fondo di protezione civile per il reperimento delle risorse occorrenti;
la cronologia degli eventi ed il suo rapido susseguirsi hanno determinato una situazione in quei mesi particolarmente critica; mentre, infatti, cominciavano a diminuire i flussi provenienti dalla Tunisia, hanno cominciato ad aumentare quelli provenienti dalla Libia. Per far fronte a questo ulteriore eccezionale afflusso il precedente Governo, oltre a garantire l'assistenza, ha provveduto, da un lato, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2011 ad incentivare i rimpatri assistiti per chi volesse rientrare nel proprio Paese e, dall'altro, ad accelerare le procedure delle domande di asilo;
l'emergenza migratoria legata agli eventi nordafricani è stata successivamente prorogata a tutto il 2012 con provvedimento del 6 ottobre 2011, in tempo utile anche al fine dell'organizzazione delle attività da parte delle regioni e degli enti coinvolti nell'assistenza;
l'Italia è stato uno tra i primi Paesi ad aver riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione libico, e già durante le fasi del conflitto aveva intrattenuto rapporti positivi con i rappresentanti del Governo transitorio, con una serie di incontri bilaterali tra i rispettivi Ministri degli esteri (17 giugno 2011) e dell'interno (26 luglio 2011 e 21 ottobre 2011), al centro dei quali è stata sempre posta responsabilmente la questione degli immigrati partiti dalle coste libiche;
il 17 giugno 2011, è stato firmato un memorandum di intesa sulla collaborazione in materia di contrasto all'immigrazione clandestina, con cui il Consiglio nazionale di transizione si è impegnato a rispettare i precedenti accordi italo-libici ed a rafforzare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza sulla base dell'accordo italo-libico del 2000 in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata ed all'immigrazione clandestina e dei successivi protocolli in materia migratoria;
il Trattato di amicizia italo-libico del 30 agosto 2008, che costituisce il quadro normativo ed economico per tutti i bilaterali con Tripoli in materia di contrasto, gestione e rimpatrio degli immigrati, sospeso di fatto durante il conflitto, risulta essere stato ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta nel corso di un incontro a palazzo Chigi tra il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, e il Presidente libico Mustafa Abdul Jalil;
sulla base dell'applicazione dei trattati bilaterali l'azione comune per la prevenzione ed il contrasto al traffico di esseri umani è già ripresa, dal momento della definitiva liberazione della Libia, come dimostra l'azzeramento pressoché totale dei flussi di immigrati clandestini verso l'Italia;
occorre ora, con il ripristino del Trattato bilaterale di amicizia, definire con la parte libica le condizioni per il rimpatrio di coloro che sono giunti in Italia e che risulteranno, secondo le procedure italiane, privi del titolo di rifugiato, fermo restando l'obbligo dell'Italia di applicare a coloro che saranno riconosciuti come rifugiati le vigenti disposizioni nazionali e internazionali sul soggiorno e l'accoglienza;
in occasione, quindi, della visita in Libia del Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, programmata per il 21 gennaio 2011, sarà dunque necessario inserire nell'agenda dei colloqui con le autorità libiche il tema del trattamento dei migranti economici giunti in Italia e qui temporaneamente accolti;

nel quadro delle relazioni tra il nuovo regime libico ed i Paesi mediterranei, anche non europei, l'Italia ha un interesse strategico primario a mantenere la relazione privilegiata positiva che il Trattato di amicizia garantisce;
è necessario, di conseguenza, coniugare la richiesta di collaborazione nel settore del contrasto all'immigrazione con atteggiamenti pragmatici volti ad evitare rigide posizioni che si rivolgerebbero a danno dell'interesse nazionale e delle migliaia di imprese che dal Nord al Sud operano ed hanno ulteriore interesse ad operare nel nuovo contesto libico,


impegna il Governo


a definire con le autorità libiche, in riferimento a coloro cui non spetta lo status di rifugiato, modalità operative per un piano di rimpatri nel pieno rispetto dei principi europei, stabiliti nella direttiva «rimpatri», e delle convenzioni internazionali.
(1-00806)
«Cicchitto, Frattini, Biancofiore».

La Camera,
premesso che:
il 29 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione COM(2011)500 sulle prossime prospettive finanziarie dell'Unione europea relative al periodo 2014-2020 nella quale, in vista dell'imminente revisione delle priorità riguardanti le reti transeuropee di trasporto TEN-T, vengono individuate le risorse finanziarie ad esse destinate con l'indicazione dei progetti che potranno beneficiarne;
fra tali progetti figura, tra l'altro, il corridoio Helsinki-La Valletta, che dovrebbe sostituire il progetto prioritario n. 1 riguardante il corridoio Berlino-Palermo, di cui alla decisione n. 884/2004/CE relativa agli orientamenti comunitari per le reti transeuropee di trasporto (TEN-T);
in base al nuovo tracciato:
a) il corridoio verrebbe esteso da Berlino verso il nord Europa fino ad Helsinki;
b) nella parte centrale si sovrapporrebbe sostanzialmente al percorso originario del corridoio 1 e comprenderebbe, pertanto, i collegamenti ferroviari Monaco-Verona attraverso il tunnel di base del Brennero, nonché Verona-Bologna-Roma-Napoli;
c) a questo punto si prevede una soppressione della tratta Napoli-Palermo che verrebbe sostituita da una nuova tratta Napoli-Bari;
d) da Bari il corridoio proseguirebbe, mediante le autostrade del mare, fino a La Valletta;
la proposta della Commissione europea ha suscitato reazioni da parte delle istituzioni italiane e dei rappresentanti italiani presso le istituzioni europee per il timore che le modifiche prospettate possano comportare una marginalizzazione delle regioni del sud Italia;
anche il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, attraverso l'interrogazione a risposta scritta n. 4-13172 a firma dell'onorevole Antonio Di Pietro in data 13 settembre 2011, aveva manifestato le proprie richieste di chiarimento al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Altero Matteoli, in ordine alla decisione sul nuovo percorso del Corridoio 1 per le gravi ripercussioni che si sarebbero potute arrecare allo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno;
a tale interrogazione, l'attuale Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, ha risposto, il 10 gennaio 2012, che il progetto corridoio 1 rappresenta per il Governo e per l'intero sistema Paese un'infrastruttura strategica di assoluta rilevanza, in quanto Palermo rappresenta il

nodo più meridionale della rete core network nell'intera area del bacino mediterraneo e assolve, quindi, il compito di raccordare le aree periferiche del continente europeo;
in particolare, nel testo di tale risposta si legge: «Il 26 giugno 2011 è stata pubblicata la proposta di bilancio dell'Unione europea 2020 nella quale si fa riferimento ad una lista preliminare di 10 corridoi prioritari Ten-T, tra cui il corridoio n. 5 «Helsinki-La Valletta», che modifica, tra l'altro, il tracciato del progetto prioritario 1. Al riguardo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato presso le competenti istituzioni europee la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile. In questo ambito è stata, altresì, rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo di Palermo e di Catania all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta per le seguenti argomentazioni: Palermo soddisfa i requisiti di città «nodo», in quanto la sua area metropolitana supera il milione di abitanti; il collegamento marittimo più diretto con l'isola di Malta avviene attraversi i porti della Sicilia (Pozzallo, Catania, Palermo); per dare realizzazione alla parte meridionale del progetto prioritario europeo 1 (PP 1), con specifico riferimento alla rete ferroviaria sono già stati sostenuti dall'Italia ingenti investimenti. Inoltre, è stato chiesto che alla Sicilia, che conta una popolazione di 5 milioni di abitanti, fosse garantito lo stesso «grado di libertà» di collegamento alla terraferma concesso ad altri Paesi europei (come nel caso di collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia, che ha goduto di contributi TEN-T). Le motivazioni presentate, espressione della forte volontà dell'Italia di mantenere l'attuale conformazione dell'asse, sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione europea. Infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denomi nazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio siciliano secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo.»;
precedentemente al 19 ottobre 2011 - ovvero alla data di presentazione della nuova rete di trasporto europea comprendente il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta - e segnatamente in data 30 settembre 2011, si era svolto a Bruxelles un incontro a livello tecnico tra il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Roberto Castelli, e la Commissione europea nel corso del quale la Commissione stessa avrebbe riconosciuto il valore oggettivo delle motivazioni addotte dall'Italia circa l'importanza del corridoio Berlino-Palermo, in quanto:
a) uno dei presupposti della revisione delle reti TEN è far salvi i corridoi originari; l'Italia ha già investito 32 miliardi di euro per la realizzazione del corridoio Berlino-Palermo, più di quanto abbia investito qualsiasi altro Stato membro su un corridoio transeuropeo;
b) Palermo è un «nodo» alla luce di una legge regionale che lao definisce area metropolitana e, quindi, deve entrare nella rete principale dei trasporti ferroviari europei;
c) Palermo è la porta più razionale per i collegamenti con Malta;
nell'ambito di tale riunione la questione del ponte sullo Stretto non è stata affrontata, in quanto si è parlato del corridoio Berlino-Palermo nel suo complesso e non delle singole opere;
sotto tale ultimo profilo, particolare preoccupazione suscita il riferimento

fatto dal Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, nell'ambito della citata risposta all'interrogazione n. 4-13172, al collegamento fisso di Malmoe, che collega la Danimarca alla Svezia e che ha goduto di contributi TEN-T, al fine di garantire alla Sicilia lo stesso grado di libertà di collegamento alla terraferma concesso ad altri Paesi europei;
il collegamento fisso di Malmoe altro non è che il Ponte di Øresund o di Öresund, ovvero una tratta di 15,9 chilometri che collega la Svezia alla Danimarca, in prossimità rispettivamente delle due città di Malmö e Copenaghen. Esso è il più lungo ponte strallato d'Europa adibito al traffico stradale e ferroviario con una campata centrale di 490 metri;
in buona sostanza, la risposta fornita dal Ministro all'onorevole Antonio Di Pietro appare in qualche modo ambigua circa le determinazioni relative alla realizzazione di un'opera, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, inutile e faraonica come quella del ponte sullo Stretto di Messina;
una cosa è promuovere a livello nazionale e comunitario la realizzazione del corridoio 1 per finanziare l'alta capacità ferroviaria in Campania e in Calabria, l'ammodernamento delle ferrovie tra le aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo e sviluppare l'hub portuale di Palermo, altra cosa è puntare alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina per risolvere il gap infrastrutturale del Mezzogiorno;
il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Castelli, in data 1o ottobre 2011, ha dichiarato alla stampa nazionale, in esito al citato incontro tenutosi a Bruxelles in data 30 settembre 2011, che il progetto del ponte sullo Stretto può essere finanziato dall'Europa anche al di fuori del Corridoio 1 Berlino-Palermo;
in data 27 ottobre 2011 la Camera dei deputati ha approvato, con il parere favorevole del Governo Berlusconi pro tempore, la mozione n. 1-00713 ove si chiedeva espressamente di assumere iniziative volte a reperire le risorse economiche necessarie per finanziare il trasporto pubblico locale, anche eventualmente ricorrendo alla soppressione dei finanziamenti che il Governo ha previsto, sino ad oggi, per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina,


impegna il Governo:


a porre in essere ogni iniziativa di competenza presso le autorità europee volta ad assegnare massima priorità allo sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno nell'ambito dei corridoi paneuropei, scongiurando in ogni caso l'effettivo rischio di marginalizzazione di alcune regioni del Sud che comprendono la Campania meridionale, la Basilicata, la Sicilia e la Calabria, abitate attualmente da ben 10 milioni di persone;
a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta a realizzare in tale quadro l'alta capacità ferroviaria nelle predette regioni del Sud, anche in considerazione dei numerosi interventi infrastrutturali già realizzati a partire dal 2004, tra cui la linea alta velocità Napoli-Battipaglia, o gli interventi per la realizzazione dell'alta velocità sulla linea Salerno-Reggio Calabria, o ancora le opere ferroviarie in fase di realizzazione in Sicilia (raddoppio della linea Messina-Palermo e della linea Messina-Catania-Siracusa);
a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad assicurare lo sviluppo infrastrutturale dei porti e delle piastre logistiche del Mezzogiorno e in particolare della regione Sicilia, funzionali tra l'altro alla realizzazione delle autostrade del mare e al sostegno ai crescenti traffici internazionali verso l'estremo Oriente;
ad escludere in modo chiaro ed inoppugnabile l'intenzione dell'attuale Governo di promuovere la realizzazione del ponte

sullo Stretto di Messina e, comunque, ad assumere una posizione definitiva in merito.
(1-00807)
«Donadi, Borghesi, Evangelisti, Di Pietro, Leoluca Orlando, Messina, Monai, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge;
l'articolo 32 della Costituzione sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti;
l'Organizzazione mondiale della sanità riconosce la salute quale diritto fondamentale dell'uomo e il godimento del miglior stato di salute raggiungibile come uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano;
in data 11 novembre 2008 la Commissione europea ha adottato la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «malattie rare: una sfida per l'Europa» (COM 2008/679), al fine di stabilire una strategia comune per affrontare le malattie rare sulle base delle migliori pratiche esistenti;
il regolamento (CE) n. 141/2000 considera «malattie rare» quelle patologie che colpiscono cinque soggetti su diecimila;
in Europa i soggetti colpiti da malattie rare sono circa 24 milioni e in Italia oltre 2 milioni, soprattutto in età infantile;
trattasi per l'80 per cento di malattie di origine genetica e per il restante 20 per cento di malattie acquisite;
le malattie rare sono anche definite «malattie orfane», in quanto prive di adeguate attività di ricerca e di interesse da parte del mercato e delle politiche di sanità pubblica; di conseguenza, si considerano «orfani», ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000, i farmaci innovativi per contrastare le malattie rare, ancora scarsamente commercializzati a causa dei costi eccessivi;
il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»), contiene, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal servizio sanitario nazionale (per le quali è prevista l'esenzione dai costi delle relative prestazioni sanitarie) e prevede che tale elenco sia aggiornato almeno ogni tre anni;
non è stato ancora approntato alcun aggiornamento dell'elenco sopra menzionato, nonostante l'emersione di nuove patologie (risultano ad oggi individuate circa 109 patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare, di fatto mai incluse negli elenchi ufficiali);
sino ad oggi sono stati depositati in Parlamento 31 disegni e progetti di legge in materia, per nessuno dei quali è stato sino ad oggi concluso l'esame parlamentare;
le malattie rare costituiscono un grave problema sociale ed assistenziale, poiché sono caratterizzate da difficoltà diagnostiche e necessitano della sperimentazione di nuovi farmaci attraverso l'impiego di metodologie avanzate; esse sono, inoltre, malattie per la gran parte genetiche, croniche e invalidanti;
gli alti costi per la ricerca, la sperimentazione e la commercializzazione dei «farmaci orfani», non sono sopportabili

dalle industrie farmaceutiche e la scarsità di investimenti pubblici nella ricerca e nella sperimentazione non favorisce l'azione di contrasto alle suddette patologie, determinando, di conseguenza, alti costi sanitari e socio-assistenziali;
attualmente, in Italia, il servizio sanitario nazionale riconosce l'esenzione per l'acquisto solo di determinati farmaci, vista la difficoltà riscontrata nella classificazione di queste malattie, con conseguente aggravio per le famiglie dei pazienti, che spesso non possiedono le necessarie risorse finanziarie e nemmeno possono usufruire di specifiche strutture sanitarie,


impegna il Governo:


ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido svolgimento dell'esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie rare;
a modificare il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, prevedendo l'aggiornamento annuale dell'allegato n. 1, contenente l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo sanitario, con l'inserimento in esso di tutte le patologie fino ad ora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008;
a tenere conto, nell'aggiornamento del predetto elenco, del fatto che le esenzioni e l'introduzione nei livelli essenziali di assistenza delle patologie emergenti debbano essere valutate anche in relazione alla gravità ed alla permanenza nel tempo delle eventuali invalidità derivanti da tali malattie e non solo in relazione all'attuale raggruppamento in base agli apparati e/o sistemi metabolici colpiti;
ad istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione a livello regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da garantire il monitoraggio dei pazienti che ne sono affetti, consentendo un utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
ad adottare, d'intesa con le regioni, un piano strategico per le malattie rare, finalizzato ad assicurare un equo accesso ai servizi socio-sanitari presenti sul territorio nazionale ed improntato alla prevenzione, diagnosi tempestiva, monitoraggio, trattamento, assistenza, riabilitazione e assistenza protesica a tutti i pazienti affetti da tali patologie, nonché la necessaria assistenza alle famiglie in cui sono presenti uno o più malati rari, migliorando la qualità della vita delle persone affette da tali patologie e delle loro famiglie;
ad assumere iniziative per permettere un più ampio e veloce accesso alle cure innovative, non ancora introdotte in Italia, attraverso una normativa che preveda l'autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l'accesso ai farmaci orfani, sul modello francese;
ad assumere iniziative volte a prevedere, in materia di prescrizioni farmaceutiche relative ad una malattia rara, che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa essere superiore a tre e la distribuzione sia riservata ai centri e/o ospedali individuati in apposito elenco o previo accordo per la distribuzione con le farmacie di supporto;
a favorire lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie, in particolare attraverso la predisposizione di un piano organico per la ricerca clinica attraverso un apposito piano di incentivi alla ricerca;
ad adottare iniziative per recepire le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea in forma tempestiva, partendo dall'istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «C» indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l'inserimento, in modo omogeneo in tutti i prontuari regionali, in

tempi prestabiliti, una volta ottenuta l'autorizzazione alla commercializzazione;
a promuovere una revisione delle disposizioni riguardanti i farmaci previste dall'articolo 17, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», al fine di prevedere, nell'ambito del regolamento ivi richiamato, un regime applicativo particolare per i farmaci orfani;
ad individuare, d'intesa con la Conferenza unificata, per ogni malattia rara almeno un centro di riferimento nazionale a cui indirizzare la maggior parte dei finanziamenti destinati allo studio, alla diagnosi ed alla terapia di tale patologia, al fine di ottimizzare al massimo la possibilità di ottenere risultati sia da un punto di vista terapeutico che della ricerca.
(1-00808)
«Laura Molteni, Martini, Rondini, Fava, Fabi, Fugatti, Torazzi, Fedriga, Desiderati, Maggioni».

La Camera,
premesso che:
nonostante nel corso degli ultimi venti anni la ricerca scientifica abbia compiuto notevoli progressi, vi sono ancora moltissimi stati patologici non adeguatamente conosciuti e non ancora classificati, moltissime malattie per le quali non sono possibili né sussidi diagnostici, né adeguate forme di prevenzione, né terapie, ed altre ancora che colpiscono un numero relativamente basso di persone, le cosiddette malattie rare;
il numero delle malattie rare è stimato dall'Organizzazione mondiale della sanità intorno a 5.000, l'80 per cento delle quali di origine genetica, anche se il manifestarsi delle patologie e la loro concentrazione cambiano a seconda dei Paesi interessati e il Parlamento europeo ha definito un limite di prevalenza non superiore a cinque casi per ogni 10.000 abitanti degli Stati membri dell'Unione europea;
le malattie rare talvolta sono fortemente invalidanti e chi ne è colpito spesso non riesce a sopravvivere; la definizione di «rara» non ha agevolato il processo di ricerca e di attenzione sulle cause delle malattie rare, se non da parte di centri privati, con la conseguenza non solo di non offrire al paziente cure adeguate e una diagnosi tempestiva, ma soprattutto di lasciarlo isolato nell'affrontare la propria malattia insieme alla sua famiglia;
la scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche, che scaturisce proprio dalla rarità, determina spesso lunghi tempi di latenza tra l'esordio della patologia e la diagnosi, cosa che incide negativamente sulla prognosi del paziente, ed inoltre le industrie farmaceutiche, a causa della limitatezza del mercato di riferimento, hanno scarso interesse a sviluppare la ricerca e la produzione dei cosiddetti «farmaci orfani», potenzialmente utili per tali patologie;
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall'esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall'altra parte il ricorso a una casistica multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono essere disomogenei;
infine, la rarità della malattia fa scaturire un'altra conseguenza per la stessa, ovvero l'essere «orfana», in quanto non riceve le attenzioni e il sostegno economico-sociale adeguati;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata avanti dalle associazioni dei pazienti, sono stati raggiunti importanti risultati per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare; con la decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del

Consiglio europeo è stato adottato un programma d'azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999-2003. Sempre a livello europeo, nel 2000 è stato pubblicato il regolamento (CE) n. 141/2000 concernente i medicinali orfani con l'istituzione della procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è stato istituito, nell'ambito dell'European medicines agency (Emea), il Committee for orphan medicinal products (Comp);
diversi Stati membri hanno recepito le indicazioni dell'Unione europea, ponendo in essere una crescente attenzione e sensibilità verso tali patologie: in Francia; in particolare, da tempo è stato adottato un piano nazionale per le malattie rare ed è stato innovata la normativa riguardante l'approvvigionamento dei farmaci; in Spagna, Belgio e Romania sono state assunte iniziative in tal senso;
l'Italia è sempre stata sensibile su questo tema, non solo inserendolo tra i punti fondamentali del piano sanitario nazionale già nel triennio 1998-2000, ma anche predisponendo il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, con cui si stabiliva l'esenzione dai costi sanitari per circa 350 patologie, ed istituendo il registro nazionale delle malattie rare presso l'Istituto superiore di sanità, il quale raccoglie i dati epidemiologici forniti dai vari centri regionali, al fine di avere una visione organica delle malattie rare e di favorire, conseguentemente, la ricerca su di esse;
con il decreto ministeriale n. 279 del 2001, «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 160 del 12 luglio 2001 - supplemento ordinario n.180/L, si prevede l'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra quelle incluse nei livelli essenziali di assistenza secondo criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle condizioni cliniche individuali e, per quanto possibile, sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Ai fini dell'esenzione il regolamento individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare;
il diritto all'esenzione è previsto anche per le prestazioni diagnostiche necessarie a confermare o escludere il sospetto diagnostico di una delle malattie rare incluse, formulato da uno specialista del servizio sanitario nazionale;
a tale proposito è opportuno segnalare che la revisione dei livelli essenziali di assistenza è ferma all'ormai lontano 2001, visto che il nuovo decreto emesso dall'allora Governo Prodi nel 2008 fu invece revocato dal successivo Governo Berlusconi, in considerazione di un rilievo mosso dalla Corte dei conti, la quale ritenne che i nuovi livelli essenziali di assistenza sarebbero costati circa 800 milioni di euro in più su base annua e tale copertura non sarebbe prevista;
la mancata revisione dei livelli essenziali di assistenza e dell'elenco delle malattie rare esentate dal pagamento del ticket, fermo a livello nazionale al 2004, comporta un grave nocumento per tutte quelle persone affette da tali malattie e costrette a pagare il ticket per potersi curare;
a partire dal 2001 le regioni hanno iniziato a individuare i presidi per l'assistenza ai pazienti affetti da malattie rare e attualmente le reti regionali sono indicate su quasi tutto il territorio nazionale;
dal luglio 2002 è stato istituito nell'ambito della Conferenza Stato-regioni un gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, il cui obiettivo è rappresentato dall'ottimizzazione del funzionamento delle reti regionali e dalla salvaguardia del principio di equità dell'assistenza per tutti i cittadini;

dal 10 maggio 2007 è stato siglato il secondo accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento di centri coordinamento regionali e/o interregionali, di presidi assistenziali sovraregionali per le patologie a bassa prevalenza e sull'attivazione dei registri regionali ed interregionali delle malattie rare;
si tratta certamente di primi passi significativi ma non ancora adeguati, però, a dare soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il problema che, sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del servizio sanitario nazionale per tutti gli altri pazienti ed ancora la questione della disparità di trattamento che avviene anche fra le varie regioni e persino all'interno delle medesime regioni e, addirittura, all'interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del servizio sanitario nazionale,


impegna il Governo:


a porre in essere tutte le iniziative necessarie per garantire la presa in carico dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso l'accesso alle cure e all'assistenza materiale, economica e psicologica, in modo da ottemperare alle indicazioni dell'Unione europea;
a prevedere per le persone affette da malattie rare il diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per tutte le prestazioni sanitarie, incluse nei livelli essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per la diagnosi, il trattamento, il monitoraggio dell'evoluzione della malattia rara e la prevenzione degli aggravamenti, comprese le prestazioni riabilitative e di assistenza protesica, nonché l'acquisto dei farmaci di fascia C necessari per il trattamento delle malattie rare e dei trattamenti considerati non farmacologici, quali alimenti, integratori alimentari, dispositivi medici e presidi sanitari;
ad assumere iniziative dirette ad aggiornare l'allegato n. 1 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001, contenente l'elenco delle malattie rare esentate dalla partecipazione al costo, con cadenza annuale e non più triennale, prevedendo l'inserimento nello stesso di altre malattie rare finora escluse e, in particolare, delle 109 malattie rare inserite nel suddetto elenco dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008, approvato dal Governo Prodi e successivamente ritirato per mancanza di copertura finanziaria dal Governo Berlusconi;
ad adottare iniziative che consentano l'accesso universale allo screening neonatale che sarebbe in grado di individuare precocemente nei neonati decine di malattie metaboliche ereditarie, evitando così gravissimi stati di invalidità;
ad adottare le iniziative necessarie affinché le diagnosi di malattia rara siano effettuate dai presidi della rete di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, sulla base di appositi protocolli diagnostici e affinché gli stessi presidi della rete provvedano all'emissione della relativa certificazione di malattia rara con validità illimitata nel tempo e su tutto il territorio nazionale, al fine di assicurare l'erogazione a totale carico del servizio sanitario nazionale di tutte le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza;
ad adottare le iniziative necessarie per assicurare l'immediata disponibilità e gratuità delle prestazioni e l'aggiornamento dei prontuari terapeutici, prevedendo che i farmaci commercializzati in Italia che abbiano ottenuto riconoscimento di farmaco orfano dall'Agenzia europea per la valutazione dei medicinali (Emea) siano forniti gratuitamente ai soggetti portatori delle patologie, a cui la registrazione fa riferimento e che, pertanto, possano

essere inseriti nel prontuario nazionale dei farmaci nelle fasce esenti da compartecipazione alla spesa;
ad adottare un piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell'informazione sulle malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell'assistenza, l'accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l'accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del piano nazionale;
a rafforzare le funzioni del Centro nazionale malattie rare presso l'Istituto superiore di sanità, al fine di perfezionare il monitoraggio delle patologie e del funzionamento dei servizi, affinché sia reso omogeneo su tutto il territorio nazionale l'accesso e l'assistenza ai pazienti affetti da tali patologie;
ad assumere iniziative dirette a prevedere, in deroga alle disposizioni in materia di prescrizioni farmaceutiche per le prescrizioni relative ad una malattia rara, che il numero di pezzi prescrivibili per ricetta possa essere superiore a quelli attualmente previsti;
ad adottare le iniziative necessarie per favorire la ricerca clinica e preclinica finalizzata alla produzione dei farmaci orfani, prevedendo che ai soggetti pubblici e privati che svolgono tali attività di ricerca o che investono in progetti di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani svolti da enti di ricerca pubblici o privati si applichi un sistema di incentivi e di agevolazioni fiscali per le spese sostenute per l'avvio e la realizzazione di progetti di ricerca.
(1-00809)
«Miotto, Lenzi, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Murer, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini».

La Camera,
premesso che:
l'attuazione dell'articolo 19 del Trattato di amicizia italo-libico del maggio 2009 ha comportato il respingimento dalle acque internazionali verso il territorio libico di oltre 800 cittadini stranieri, rifugiati e migranti, tra cui cittadini eritrei, sudanesi, etiopi fuggiti dai loro Paesi per motivi politici;
a seguito di tali respingimenti indiscriminati, in violazione degli obblighi internazionali e comunitari nonché della legge nazionale, queste persone sono state detenute in territorio libico in appositi centri ove venivano praticati sistematicamente tortura, trattamento inumano e stupri, come risulta da numerose testimonianze dirette, nonché da rapporti di organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani;
l'Italia rischia, per questi fatti, la condanna da parte della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo, nella causa Hirsi e altri ancora pendente. Si tratta di un ricorso particolarmente rilevante per la questione del respingimento in altro mare, poiché i clandestini, secondo quanto esposto dai ricorrenti, sono stati salvati da una nave da guerra italiana a 35 miglia a sud di Lampedusa e ricondotti a Tripoli, senza essere informati della loro destinazione;
sempre in attuazione dell'articolo 19 del Trattato di amicizia, mentre durante tutto l'anno 2010 il Governo di Gheddafi ha impedito qualunque partenza

di rifugiati dal proprio territorio verso l'Europa, nel corso del conflitto del 2011 lo stesso ha adottato, come rappresaglia contro l'Italia, la politica opposta, costringendo migliaia di rifugiati e migranti ad imbarcarsi in natanti del tutto inadeguati;
questa politica ha contribuito nel solo 2011 alla perdita di più di 2000 persone durante l'attraversamento del Canale di Sicilia;
la Libia tuttora non ha aderito, come unico Stato africano, alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e non offre alcuna possibilità di ottenere protezione per chi è costretto a fuggire dal proprio Paese;
la Libia tuttora non conta su una legislazione che garantisce i diritti elementari dei lavoratori migranti presenti nel proprio territorio;
il Governo italiano il 15 dicembre 2011 ha ritenuto di confermare la validità del Trattato di amicizia, incluso il suo articolo 19;
nel 2011 sono stati accolti circa 28.000 stranieri provenienti da molti Paesi dell'Africa sub-sahariana, costretti a fuggire dalla Libia durante il conflitto;
la stragrande maggioranza di queste persone ha richiesto asilo in Italia e dette richieste sono attualmente all'esame delle apposite commissioni territoriali e dei tribunali;
molte di queste persone in questo periodo hanno espresso la volontà di ritornare in Libia e di riprendere le proprie attività lavorative, una volta che siano accertate le condizioni per realizzare il rientro,


impegna il Governo:


in occasione dell'incontro italo-libico previsto per il 21 gennaio 2012:
a) ad avviare una cooperazione tra i due Paesi in materia di asilo e immigrazione basata sul rispetto dei diritti umani, sul concetto di protezione internazionale e sulla gestione del fenomeno migratorio conforme agli obblighi internazionali;
b) a sollecitare il Governo libico affinché venga ratificata la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati;
c) a prevedere un programma di ritorno volontario assistito in Libia per i cittadini stranieri accolti in Italia, nonché un sistema di monitoraggio indipendente sul trattamento di queste persone dopo il loro rientro in Libia;
d) a procedere, nelle more della determinazione delle soluzioni più adatte alle circostanze individuali, all'adozione di misure di protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico sull'immigrazione);
a sostenere presso le sedi opportune la necessità di incrementare la cooperazione in materia di gestione dei processi migratori e di assicurare una maggior solidarietà a livello europeo per una miglior ripartizione delle responsabilità in tale ambito.
(1-00810)
«Pezzotta, Adornato, Galletti, Enzo Carra, Tassone, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro».

La Camera,
premesso che:
il 30 agosto del 2008 è stato firmato il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Libia, poi ratificato dal Parlamento italiano con la legge 6 febbraio 2009, n. 7;
tale trattato costituiva la cornice giuridico-normativa complessiva su cui si fondavano i rapporti bilaterali con la Libia, prevedendo non solo norme relative alla chiusura del capitolo del passato coloniale e dei contenziosi, ma anche diverse disposizioni in materia di cooperazione in ambito scientifico, culturale e di collaborazione

economica e industriale, energetica, nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti, all'immigrazione clandestina, nel settore della difesa, in quello della non-proliferazione e del disarmo e in ambito parlamentare e tra enti locali;
nel febbraio del 2011, a seguito del deflagrare dei noti eventi bellici e dell'adozione della prima delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite - la n. 1970, approvata all'unanimità nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2011 - il trattato è rimasto di fatto sospeso per diversi mesi, per essere poi ripristinato nei suoi effetti il 15 dicembre del 2011, a seguito della decisione in tal senso assunta dall'attuale Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente libico Mustafa Abdul Jalil, in un incontro tenutosi a Palazzo Chigi;
non appena la sospensione degli eventi bellici lo ha permesso, l'Italia, infatti, ha immediatamente riavviato un dialogo diretto e intenso con il partner libico, come confermato anche dalla visita prevista a Tripoli per il 21 gennaio 2012 del Presidente del Consiglio dei ministri, durante la quale sarebbero stati previsti incontri con il Presidente ad interim Jalil, con il Primo ministro libico e con il Ministro del petrolio;
proprio tale incontro dovrebbe essere l'occasione per verificare e aggiornare il futuro dei rapporti non solo economici e commerciali, ma anche culturali, scientifici e in materia dei diritti umani, adeguando il quadro normativo del trattato alla nuova situazione politica intervenuta;
come è noto, inoltre, gli eventi che hanno coinvolto i Paesi del Mediterraneo negli ultimi mesi, riconducibili alla cosiddetta «Primavera araba», hanno comportato una crescente attenzione ai problemi che accompagnano i flussi migratori, riproponendo in maniera crescente all'attenzione quest'area che da sempre è considerata prioritaria nella politica estera dell'Italia;
appare, dunque, sempre più importante e centrale il ruolo dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, che si accompagna all'esigenza evidente che il nostro Paese si renda partecipe, in quanto «strategico», nel fornire un contributo alla risoluzione dei problemi connessi ai cambiamenti nella regione, come quello dei flussi migratori, in un ambito europeo, promuovendo e rafforzando il dialogo euromediterraneo;
sulle nostre coste, in seguito ai fatti sopra esposti, si è, infatti, registrato un aumento, che era da considerare ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo del tutto prevedibile, degli sbarchi (molti dei quali, purtroppo, finiti in tragedia con centinaia e centinaia di morti in mare), in particolare a Lampedusa;
il Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, dichiarava in data 12 febbraio 2011 «lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari nel territorio nazionale»; in realtà, l'emergenza annunciata non si è rivelata delle dimensioni paventate dal Governo, cosa evidenziata anche dall'Europa, per bocca del Commissario europeo agli affari interni, in quanto l'afflusso dei cittadini stranieri nel territorio italiano si è rivelato inferiore rispetto alle cifre paventate: si è parlato di meno di 55.000 persone, in luogo del mezzo milione di migranti annunciati dalle autorità italiane;
va, inoltre, considerato che l'Italia ha recepito, con forte ritardo, la direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, la cosiddetta direttiva rimpatri, adottata attraverso la procedura di codecisione da Parlamento e Consiglio, che mira a stabilire delle regole comuni che disciplinino la fattispecie del rimpatrio dei cittadini non comunitari;
la direttiva 2008/115/CE definisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri relativamente alle procedure di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi, il cui soggiorno risulti irregolare: tali

procedure devono essere eseguite nel rispetto dei diritti fondamentali, in quanto considerati principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, e sempre nel rispetto degli obblighi previsti in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo; la direttiva chiarisce come il rimpatrio sia cosa diversa dal respingimento, quest'ultimo, infatti, avviene alle frontiere, al momento dell'accesso illegale dello straniero non comunitario nel «territorio Schengen»;
la situazione attuale, sia in termini di effettivi rimpatri, che di respingimenti e di gestione dei centri di identificazione ed espulsione, è assolutamente critica; in particolare, la situazione si è aggravata a seguito della decisione del precedente Governo di estendere da 6 a 18 mesi il periodo massimo di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione in linea, da un punto di vista meramente formale, con quanto previsto dalla direttiva: tuttavia, da un punto di vista sostanziale, la direttiva prevede che il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione debba avere durata «quanto più breve possibile» e mai oltre il termine strettamente necessario per raggiungere lo scopo dell'allontanamento. Inoltre, il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione può essere disposto solamente se, nel «caso concreto», non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive. Il precedente Governo, nel recepire la direttiva, si è, quindi, ispirato fondamentalmente ad una logica repressiva, in contrasto con la ratio della direttiva che prevede che il trattenimento debba essere una misura residuale;
ad aggravare ulteriormente la situazione ha concorso, inoltre, la decisione, diventata operativa con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della relativa ordinanza promossa dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni, di trasformare in centri di identificazione ed espulsione i centri di accoglienza per richiedenti asilo, che erano stati creati ad hoc per gestire «l'emergenza profughi» successiva agli sconvolgimenti del bacino del Mediterraneo,


impegna il Governo:


ad affrontare, in tutte le sedi utili e con tutti gli strumenti a sua disposizione, a partire dall'imminente incontro del Presidente del Consiglio dei ministri con le autorità libiche, previsto a Tripoli per il 21 gennaio 2012, il tema della gestione dei flussi migratori, con particolare riferimento ai cittadini stranieri giunti nel nostro Paese in seguito ai conflitti e alle rivolte nel bacino del Mediterraneo, nonché ad attivarsi per la definizione di regole comuni per il diritto di asilo;
a prevedere che le procedure di rimpatrio e, più in generale, le politiche di contrasto all'immigrazione irregolare vengano effettuate all'interno di un quadro complessivo di riorganizzazione della gestione del fenomeno migratorio, nel rispetto della legalità internazionale e delle normative comunitarie in materia;
a rivedere radicalmente la politica degli ultimi anni in materia di centri di identificazione ed espulsione e centri di accoglienza per richiedenti asilo, rivelatasi del tutto insufficiente anche nelle recenti circostanze, la quale, oltre a ledere profondamente i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, si sta dimostrando, oltre che decisamente fallimentare sotto il profilo dell'efficacia della gestione di un fenomeno così complesso e centrale come quello dei flussi migratori, anche profondamente lesiva dei diritti umani e sta mettendo seriamente alla prova un comparto, quello della sicurezza, già pesantemente colpito da tagli di mezzi e risorse;
a farsi promotore e ad avviare modelli efficienti di partenariato europeo con i Paesi del bacino del Mediterraneo, come Libia, Tunisia, Egitto e Marocco, volti alla gestione del fenomeno dell'immigrazione e ad una politica di contrasto dell'immigrazione irregolare che passi dalla cooperazione e dall'aiuto allo sviluppo dei Paesi partner, nonché da una regolamentazione

ragionevole dei flussi regolari che tenga in considerazione anche i nuovi scenari legati alla crisi economica internazionale.
(1-00811)
«Amici, Tempestini, Maran, Livia Turco, Bressa, Zaccaria, Porta, Barbi, Bordo, Colombo, Corsini, D'Antona, Fedi, Ferrari, Fiano, Fontanelli, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Narducci, Pollastrini, Touadi, Vassallo».

La Camera,
premesso che:
tra il 2002 e il 2003 il Gruppo di alto livello istituto dalla Commissione europea identifica una lista di progetti importanti per la coesione territoriale, economica e sociale e, tra questi, inserisce il corridoio 1 Berlino-Palermo, che connette importanti nodi europei lungo la direttrice nord-sud ed assume un ruolo fondamentale per le comunicazioni con l'Europa centrale ed orientale, interessando ampiamente il territorio nazionale nella sua completa nord-sud, considerando preminente il collegamento con il Mezzogiorno del Paese lungo la dorsale tirrenica e le isole;
nella fase di predisposizione e presentazione del progetto di bilancio comunitario per il 2020 l'Unione europea ha proposto di ripercorrere l'iter in corso per modificare la rete transeuropea dei trasporti, dirottando il corridoio 1 dal naturale percorso attraverso la Calabria e la Sicilia per raggiungere, invece, Malta dall'Adriatico con il potenziamento delle autostrade del mare che collegano la Puglia e il suo porto principale, Bari, a Malta;
il documento elaborato dalla Commissione europea nel finanziare i TEN-T per gli anni 2014-2020, quindi, propone di cancellare il vecchio cosiddetto «corridoio 1» Berlino-Palermo con il «corridoio 5» Helsinki-La Valletta, rivedendo il tracciato che, al raggiungimento da Napoli, virerebbe, quindi, verso Bari da cui, di conseguenza, dovrebbe partire un servizio di navi traghetto per Malta;
la decisione sul nuovo percorso del corridoio 1 non è solo di rilevanza europea, ma ha un immediato risvolto a livello nazionale con ripercussioni gravi che riguardano il piano nazionale dei trasporti; la rivisitazione del tracciato, infatti, così come prospettata provocherebbe un durissimo colpo allo sviluppo infrastrutturale di tutto il Mezzogiorno, isolandolo di fatto dall'Europa;
il Mezzogiorno del Paese, infatti, oltre a non ricevere più ossigeno per dar luogo ad un necessario ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie sarebbe tagliato fuori completamente dall'asse virtuoso delle merci e dei passeggeri, incrementando ancora di più il divario rispetto al resto del Paese e delle altre aree europee interessate, mettendo definitivamente in ginocchio un sistema economico già gravato da gravissime carenze infrastrutturali oltreché commerciali e occupazionali;
l'Italia, anche se indietro con le previsioni iniziali, ha già investito parecchie centinaia di milioni di euro per mettere in atto un programma di interventi mirati alla realizzazione della parte meridionale del progetto prioritario europeo corridoio 1, con specifico riferimento alla rete ferroviaria;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha più volte manifestato, presso le competenti istituzioni europee, la ferma posizione sul mantenimento del corridoio Berlino-Palermo ritenendolo prioritario e non modificabile. In questo ambito, è stata altresì rappresentata l'assoluta necessità per l'Italia di inserire il nodo siciliano all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta;
le motivazioni presentate sono state recepite con favore e riconosciute come oggettive dai rappresentanti della Commissione; infatti, la nuova rete di trasporto europea, presentata dal vice presidente

della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011, comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta: tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio calabrese e siciliano, per consentire di servire i principali nodi urbani calabresi dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Gioia Tauro, Messina, Catania, Augusta e Palermo;
nel progetto iniziale veniva assegnata, inoltre, anche una certa rilevanza all'allargamento della capacità commerciale nell'intero bacino mediterraneo con il potenziamento delle linee di collegamento marittimo tra l'Italia, la Francia e le coste iberiche, coinvolgendo la Sardegna in modo da non isolarla dalle direttrici dei traffici; ad oggi, però, non si fa più menzione di questo aspetto e nessun passo formale è stato svolto in tal senso, provocando un ritardo non da meno alle potenzialità di sviluppo infrastrutturale dell'area sarda;
a questo quadro molto preoccupante che si configura per il Meridione d'Italia, che già vanta un rilevante gap infrastrutturale con il resto del Paese e dell'Europa, c'è da aggiungere il richiamo al persistente e costante ridimensionamento del servizio di trasporto ferroviario operato da Ferrovie dello Stato che, insieme all'arretratezza dei servizi navali, alla mancanza di miglioramento e potenziamento delle reti, nonché alla non meno importante dismissione di attività ferroviarie e di strutture operanti nel territorio e alla mancanza di investimenti rivolti a politiche di rilancio, sviluppo e modernizzazione delle reti ferroviarie e navali, incide ancor di più sulla competitività e sullo sviluppo del meridione del nostro Paese;
si riscontra, infatti, nel piano industriale di Trenitalia - Ferrovie dello Stato, l'assenza assoluta di risorse da destinare allo sviluppo e all'ammodernamento della rete ferroviaria riferita al meridione d'Italia, Calabria, Sicilia e Sardegna in particolare, a fronte invece di un impegno più cospicuo da indirizzare per il potenziamento dell'alta velocità nella direttrice nord;
sono sempre più numerosi i disagi e i disservizi, non degni di un Paese occidentale, denunciati da milioni di cittadini meridionali, che ogni giorno necessitano dell'utilizzo dei mezzi di trasporto per raggiungere il proprio posto di lavoro, di studio o i luoghi di interesse sociale diffusi nel territorio e l'attuale assenza di risorse finanziarie adeguate per il settore dei trasporti e della circolazione colpisce, in particolar modo, le fasce meno abbienti della popolazione;
l'insufficiente erogazione di fondi al comparto del trasporto su ferro penalizza investimenti in funzione dell'adeguamento tecnologico del materiale rotabile e delle vetture e delle misure volte alla sicurezza e alla manutenzione degli stessi, nonché al rispetto dei parametri ambientali a fronte, invece, delle realtà dei maggiori Paesi europei (Francia e Germania tra tutti) che hanno concluso accordi-quadro con l'industria nazionale per svariati miliardi di euro,


impegna il Governo:


a farsi promotore, presso le competenti sedi dell'Unione europea, affinché la realizzazione del corridoio TEN-T 1 Berlino-Palermo venga garantito nella sua previsione iniziale mantenendo il coinvolgimento della direttrice interessata alle regioni del sud Italia e delle isole maggiori;
a farsi promotore per l'inserimento nel piano TEN-T 1 corridoio Berlino-Palermo della previsione di potenziare le direttrici commerciali navali da e verso il Mediterraneo occidentale, coinvolgendo così anche i porti e le piattaforme logistiche nella regione Sardegna;
a prevedere urgentemente un nuovo piano industriale, concordato con Ferrovie dello Stato, che impegni risorse finanziarie

adeguate per realizzare i necessari investimenti nel settore del trasporto ferroviario, finalizzato al potenziamento della rete ferroviaria e del miglioramento dei servizi nella direttrice nord-sud, al fine di garantire ai cittadini, in particolare nel Mezzogiorno del Paese, un'adeguata offerta del servizio e il mantenimento di elevati standard di qualità ed efficienza pari a quelli del resto del Paese e degli altri Paesi europei;
ad assumere immediate iniziative volte a garantire l'innalzamento degli standard qualitativi e di dignità per il servizio ferroviario nelle regioni del Sud e nelle isole maggiori.
(1-00812)
«Galletti, Mereu, Compagnon, Bonciani, Tassone, Ciccanti, Naro, Volontè».

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea è stata impegnata negli scorsi mesi a definire i «corridoi» della rete di trasporto europea;
la creazione di una rete transeuropea di trasporto capace di essere sistema e di mettere in connessione tutti gli Stati europei, in relazione sia al trasporto merci che alla mobilità delle persone, rappresenta un elemento strategico che va sostenuto e ulteriormente aggiornato;
la garanzia di un sistema integrato a livello europeo di mobilità per i passeggeri e di trasporto merci deve sussistere unitariamente su tutto il territorio europeo e, in particolare, in Italia attraverso la creazione di una rete di trasporto che sia efficiente ed efficace a partire dalle regioni del Meridione; questo può derivare solo dalla contestualità della realizzazione dei corridoi di collegamento con gli altri Paesi europei previsti in Italia e non dalla modifica contingente degli stessi; in tale contesto i corridoi che interessano l'Italia rappresentano l'occasione per l'affermazione di una politica dei trasporti strategica che va colta, sostenuta e migliorata, la sola che può ridurre il gap ed il deficit nel trasporto di persone e merci tra il Nord e il Sud, la sola politica di effettiva continuità territoriale;
il corridoio 5, così come proposto dalla Commissione europea, rappresenta una decisione grave, in quanto di fatto crea una deviazione forzosa rispetto all'ex corridoio 1 Berlino-Palermo; in questo modo l'intero Meridione e la Sicilia sono esclusi dal trasporto integrato di merci e delle persone, con una visione della politica dei trasporti che tende a mantenere il Sud e la Sicilia ai margini o esclusi dalla rete non solo europea ma anche nazionale;
nella comunicazione COM(2011)500 la scelta di marginalizzare il Sud e la Sicilia da parte della Commissione europea si evince dal fatto che le tratte oggetto di finanziamento da qui al 2020 per l'Italia meridionale sarebbero solo quelle derivanti da quanto previsto dal corridoio 5;
l'abolizione, o anche la sola proroga nel tempo, del corridoio 1 Berlino-Palermo è non solo un atto ingiustificato nei confronti del Sud d'Italia, ma avrebbe conseguenze disastrose soprattutto sul piano dei treni veloci, in quanto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, autorizzerebbe implicitamente Ferrovie dello Stato italiane spa a disinteressarsi, cosa che già abbondantemente fanno, dell'alta velocità/capacità da Salerno alla Sicilia, per la quale al momento sussiste solo un progetto di massima e non c'è nessuna risorsa allocata;
si è sostenuto che dei lavori per l'alta velocità/capacità al Sud e fino in Sicilia si sarebbe parlato solo a partire dal 2025 e questo significa che i lavori non sarebbero portati a termine prima della metà del secolo, una scelta di pura miopia;
è, altresì, evidente che, nel contesto di quanto affermato in precedenza, il corridoio Berlino-Palermo e il corridoio Baltico-Adriatico non vanno visti in maniera alternativa ma integrata, rappresentando entrambi un'occasione strategica

nello sviluppo del Mezzogiorno, ma solo se vengono realizzati contestualmente e non diventano uno alternativo dell'altro;
appare, altresì, evidente che se l'Unione europea abbandona il Mezzogiorno del nostro Paese non ci sarà nessuna accelerazione, né per quanto riguarda i progetti, né tantomeno per quanto riguarda lo stanziamento di risorse;
l'eventuale cancellazione del corridoio Berlino-Palermo sicuramente significherebbe anche il «deperimento» dei programmi di trasformazione del porto di Augusta in hub, in quanto, anche ove le navi portacontainer potessero attraccare, non ci sarebbero linee veloci di treni per portare le merci al Nord;
nel porto di Augusta (Siracusa), il più vicino dei porti del Mezzogiorno al Canale di Suez e lungo la rotta per l'Atlantico, sono programmati importanti interventi infrastrutturali attraverso lo sviluppo e l'ampliamento di banchine e piazzali; si tratta di interventi che una volta portati a termine potranno dare al porto di Augusta una nuova dimensione e prospettive di sviluppo interessanti, a maggior ragione se questo si integra con l'avvio e il completamento della rete prevista dal corridoio 1 Berlino-Palermo;
in particolare, l'esclusione dal piano europeo 2014-2020 del corridoio 1 farebbe venire meno i finanziamenti relativi ai lavori per il potenziamento del porto di Augusta;
il superamento del corridoio Berlino-Palermo, se questo non fosse definito una priorità nell'agenda dell'Unione europea, significherebbe per il Sud e, in particolare, per la Sicilia negare semplicemente il futuro,


impegna il Governo:


ad attivarsi immediatamente nei confronti dell'Unione europea affinché la realizzazione del corridoio Berlino-Palermo sia prioritaria e questa opera entri di diritto nelle «Tratte da finanziare fino al 2020»;
a garantire i finanziamenti, e la loro continuità, relativi sia all'ampliamento di banchine e piazzali che alla bonifica del porto di Augusta;
ad assumere un'energica iniziativa nei confronti di Ferrovie dello Stato italiane spa affinché ai cittadini del Mezzogiorno e, in particolare, della Sicilia siano garantiti servizi di trasporto per passeggeri e merci efficaci ed efficienti e affinché sia abbandonata quella che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo una politica di disimpegno da parte di Ferrovie dello Stato italiane spa nei confronti del Sud e, in particolare, della Sicilia, garantendo quella continuità territoriale che è condizione imprescindibile per un reale sviluppo economico e per l'azzeramento del deficit infrastrutturale con il Nord del Paese;
ad attivarsi concretamente affinché, sia con finanziamenti nazionali che con finanziamenti provenienti dall'Unione europea, il ponte sullo Stretto di Messina resti tra le grandi opere strategiche da realizzare, in quanto essenziale anche per il completamento del corridoio Berlino-Palermo.
(1-00813)
«Moffa, Gianni, Pionati, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pisacane, Polidori, Razzi, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
il tema dell'energia e quello dello sviluppo sostenibile, e quindi la qualità stessa dello sviluppo, sono e dovranno essere sempre più al centro delle grandi

scelte strategiche di politica economica e industriale che il nostro Paese, ma non solo, dovrà inevitabilmente adottare nel prossimo futuro;
è indispensabile in questo senso puntare con maggiore convinzione nel settore della «green economy», un comparto che si sta dimostrando capace di creare occupazione e ricchezza, e in grado di dare un contributo fondamentale ad uno sviluppo sostenibile dell'economia;
l'impegno che il nostro Paese ha assunto a livello europeo, per la riduzione entro il 2020 del 20 per cento del consumo energetico e del 20 per cento delle emissioni di gas a effetto serra, impone delle immediate ed efficaci azioni conseguenti, attraverso un serio programma di efficientamento e risparmio energetico, a cominciare dal settore dell'edilizia, e specificatamente dell'edilizia residenziale, per consentire la necessaria riduzione dei consumi finali di energia primaria, e l'abbattimento di milioni di tonnellate di CO2 l'anno;
in tal senso, il vigente credito d'imposta del 55 per cento, si è confermato un successo, e uno degli strumenti più efficaci della green economy nel nostro Paese. Ha consentito sensibili risparmi nelle emissioni di CO2 contribuendo a ridurre il costo della bolletta energetica dei cittadini italiani;
in vigore dal 2007, la suddetta detrazione, costituisce probabilmente il più generoso sistema di incentivi mai messo in campo nel nostro Paese per promuovere l'efficienza energetica e lo sviluppo economico sostenibile nel sistema immobiliare italiano;
ad oggi si contano infatti, in circa un milione gli utenti che si sono avvalsi dell'incentivo, con corrispondenti investimenti in efficienza energetica degli edifici pari a oltre 11 miliardi di euro. Ciò ha permesso di attivare ogni anno oltre 50.000 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili agli infissi, ai materiali avanzati. A dimostrazione evidente di un successo, in parte inatteso;
il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, all'articolo 4, prevede una proroga fino a tutto il 2012 della suddetta detrazione del 55 per cento, prevedendo però che dall'anno 2013 detta detrazione fiscale sia del 36 per cento, equiparandola all'aliquota attualmente vigente per gli interventi di ristrutturazione edilizia, con un consistente ed evidente «annacquamento» e depotenziamento dell'incentivo finalizzato al risparmio e all'efficienza energetica;
inoltre per la detrazione del 36 per cento, detto decreto-legge n. 201 del 2011 prevede la sola ripartizione in dieci quote annuali, escludendo la possibilità finora prevista (articolo 2, comma 5, legge n. 289 del 2002) di una ripartizione in cinque e tre quote annuali costanti in relazione all'età (inferiore a 75 e a 80 anni) del soggetto beneficiario della medesima detrazione;
proprio con riguardo all'ecobonus e alle norme introdotte al riguardo nel suddetto decreto-legge n. 201 del 2011, nel corso dell'audizione del 15 dicembre 2011 in Commissione Ambiente della Camera, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, ha dichiarato: «siamo andati molto vicini a non avere più l'agevolazione fiscale del 55 per cento per niente, poi l'abbiamo salvato per un anno. Quest'anno, se riusciremo a far bene altre cose o se riusciremo a trovare le risorse, si potrà prolungarlo per gli anni successivi. Rimane sicuro il 36 per cento stabilizzato dall'anno successivo, che, ne convengo, certamente è ben diverso dal 55 per cento. A questo strumento credo molto, e quindi mi ci impegnerò. Per ora siamo riusciti a ottenerlo prorogato solo per un anno.». Questa dichiarazione del Ministro, lascia sperare nella possibilità che il Governo si attivi concretamente al fine di confermare il 55 per cento anche per i prossimi anni;

si ricorda che in Italia oltre il 35 per cento dei consumi di energia totale dipende dal settore residenziale e, di questi, almeno il 70 per cento sono relativi al riscaldamento. Ciò corrisponde all'emissione in atmosfera di circa 380 mila tonnellate di gas inquinanti, facendo divenire il riscaldamento il secondo fattore di importanza, dopo il traffico veicolare, nell'inquinamento urbano;
nel nostro Paese, oltre il 70 per cento dell'edilizia residenziale nelle aree urbane risale a periodi in cui la normativa e le modalità costruttive, i materiali utilizzati, non tenevano in considerazione né l'«efficienza energetica», né il «risparmio energetico». Per gran parte di questo patrimonio vi è quindi la necessità di interventi urgenti di manutenzione straordinaria sia sulle strutture che sugli impianti;
gli effetti positivi conseguenti a un diffuso programma di «eco-ristrutturazioni» nell'edilizia residenziale, qualora avviato, sono evidenti, e riguardano lo sviluppo del mercato dell'efficienza energetica; la riduzione dei costi ambientali e sanitari per le minori emissioni inquinanti degli impianti di riscaldamento; l'energia risparmiata e la CO2 non emessa in atmosfera. A questi vanno aggiunti gli effetti positivi sul rilancio dell'economia nazionale, il suo ruolo anticiclico e le ricadute positive in termini di sviluppo e di maggiore occupazione nei settori coinvolti, soprattutto nelle piccole e medie imprese, nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili agli infissi, ai materiali avanzati, e altro;
secondo dati della Confindustria, Ires-Cgil, l'efficienza energetica porterà nel decennio oltre un milione e seicento mila nuovi posti di lavoro,


impegna il Governo:


a rafforzare le politiche ambientali e a favore dell'edilizia di qualità ed energicamente efficiente anche confermando per il 2013 e per i successivi anni, l'attuale detrazione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione e risparmio energetico, e, in ogni caso, la possibilità, come finora prevista, di una ripartizione in cinque e tre quote annuali costanti in relazione all'età (inferiore a 75 e a 80 anni) del soggetto richiedente la medesima detrazione, e non di un'unica ripartizione in 10 rate annuali, come invece disposto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 201 del 2011;
a predisporre e avviare - anche per il suo importante contributo allo sviluppo e alla crescita del Paese - un efficace programma pluriennale di riqualificazione energetica di tutta l'edilizia residenziale pubblica e privata, con l'obiettivo di giungere entro il 2020 con il nostro patrimonio edilizio residenziale ristrutturato secondo livelli di prestazione e di efficienza energetica in grado di garantire significativi livelli di risparmio energetico;
al fine di rendere realmente efficace detto programma di «eco-ristrutturazioni», a prevedere che quest'ultimo debba riguardare l'intero sistema involucro dell'immobile e del condominio, con interventi complessivi di isolamento termico dell'edificio e di adeguamento o sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva, secondo valori elevati di risparmio, rendimento e prestazioni energetiche;
ad assumere iniziative dirette a prevedere, quali ulteriori misure agevolative nei confronti dei proprietari degli immobili oggetto dei suddetti interventi globali di efficientamento energetico, anche la possibilità di una garanzia dello Stato a fronte di prestiti o mutui accesi dai suddetti soggetti per le spese di eco-ristrutturazione sostenute e documentate.
(7-00752) «Piffari, Borghesi, Cimadoro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con decreto-legge 138 del 13 agosto 2011 e successive modifiche della legge del 14 settembre 2011 n. 14 è stata prevista la revisione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari;
tale ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie, prevedendo la chiusura o l'accorpamento dei cosiddetti «tribunali minori» ovvero dei tribunali non aventi sedi nei capoluoghi di provincia, potrebbe determinare la soppressione di svariati tribunali italiani non capoluogo di regione quale quello del tribunale di Avezzano, efficiente presidio giudiziario sin dall'anno 1862, anno della sua istituzione;
sebbene il tribunale di Avezzano possegga tutti i requisiti per continuare a svolgere le proprie funzioni, la paventata ipotesi di chiusura appare gradualmente concretizzarsi come può desumersi dal mancato inserimento dello stesso tribunale tra le sedi messe a concorso per i magistrati onorari di tribunale dell'ultimo concorso, nonostante la carenza di organico; a fronte dei «numeri» del tribunale di Avezzano non solo non si sta provvedendo al ripristino dell'organico mancante, al fine di consentirne il corretto funzionamento a fronte di una notevole mole di lavoro ma, altresì, risulta pressoché evidente il pericolo imminente di una sua prossima abolizione;
l'eventuale soppressione di detto tribunale comporterebbe ripercussioni negative e conseguenze irreparabili su più fronti. I dati del tribunale di Avezzano non lasciano spazio né margini alla possibilità di una chiusura o accorpamento dello stesso, sia presso sedi di tribunale capoluogo di provincia e sia presso similari sedi limitrofe. A tal proposito occorre infatti rilevare che in base al parametro della superficie del relativo circondario, tale presidio giudiziario, con una superficie di 1.795,58 chilometri quadrati risulta essere il secondo tribunale in Abruzzo dopo quello di Teramo nonché primo in assoluto nella provincia di L'Aquila. Tralasciando in tale sede i dati relativi alla conformazione territoriale ed all'assetto infrastrutturale del bacino di utenza del tribunale di Avezzano, appare necessario effettuare prioritariamente brevi cenni relativi alla tipologia di criminalità presente nel territorio del circondario al fine dimostrare come l'eventuale abolizione del presidio andrebbe ad incidere negativamente su un territorio già particolarmente complesso ove, a partire dagli anni novanta si sono registrate pesanti infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nelle sue diverse tipologie e forme. Basti pensare ai numerosi beni sequestrati e confiscati nel territorio marsicano a diversi clan ed esponenti legati alla criminalità organizzata ed ancora al riciclaggio di denaro nei settori produttivi, commerciali e finanziari o ancora il controllo del mercato ortofrutticolo (alveo del Fucino) e del traffico di droga. Ebbene, ci si chiede come si possa combattere contro tali fenomeni senza gli strumenti adeguati. Non si comprende come si potranno affrontare tali ed altri allarmanti problemi senza un procura della Repubblica efficiente quale è quella attuale;
accanto a questioni relative alla salvaguardia della legalità ed alla repressione delle diverse forme di criminalità esistenti sul territorio del circondario del tribunale di Avezzano, tale presidio assume rilevanza fondamentale anche con riferimento al numero ed alla mole dei carichi di lavoro, sia in sede civile che penale e ciò anche in considerazione del numero di abitanti residenti nel circondario che vede il tribunale di Avezzano al quarto posto in Abruzzo, dopo quelli di Pescara, Chieti e Teramo;

alla luce dei parametri indicati dall'articolo 1 della legge 14 settembre 2011 n. 148 per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, il tribunale di Avezzano non può essere ricompreso tra quelli destinati alla chiusura. Facendo riferimento a criteri quali quello della domanda di giustizia, dei carichi di lavoro, delle realtà sociali ed economiche presenti sul territorio marsicano e della criminalità diffusa si può cogliere e comprendere l'importanza e la necessità non solo di mantenere in vita l'organo giudicante ed il relativo organo inquirente avezzanese-marsicano ma, altresì, di potenziarne e rafforzarne l'attuale funzionamento;
gli interessi generali dei cittadini marsicani ed il bisogno di legalità della collettività non possono essere sacrificati in nome di una revisione della geografia giudiziaria volta unicamente alla razionalizzazione della spesa pubblica. Riorganizzare la macchina giudiziaria non significa chiudere i tribunali e privare la collettività di quei presidi di legalità che fino ad oggi hanno tutelato i loro diritti ma significa, piuttosto, avviare un processo di riforma della magistratura, dei processi e degli stessi uffici giudiziari. Una riforma finalizzata all'efficienza ed altresì all'economicità della giustizia ed in particolare dei relativi uffici non può essere effettuata mediante la mera soppressione dei tribunali, ma necessita di esami approfonditi che tengano conto non soltanto di dati numerici ma anche di analisi qualitative in merito ai servizi offerti all'utente. Ebbene, i dati del tribunale di Avezzano, sia quelli ricavati mediante un approccio prettamente quantitativo, sia quelli inerenti al profilo qualitativo, dimostrano come il circondario non possa essere privato di tale presidio e come sia doveroso salvaguardarlo;
l'eventuale soppressione del tribunale avezzanese, oltre che prospettarsi dannosa, potrebbe addirittura rivelarsi inutile e controproducente. Le conseguenze dannose, oltre a ricadere sull'economia generale del circondario, si riverberebbero inevitabilmente anche sulla sicurezza pubblica: la repressione e la lotta contro le diverse forme di criminalità presenti su un territorio vasto e complesso come quello del circondario del tribunale di Avezzano necessitano di un ufficio inquirente che conosca il luogo e che dunque sappia condurre le apposite indagini efficacemente. A ciò occorre aggiungere che la chiusura di questo importante presidio di legalità potrebbe incentivare la commissione di reati ed, ancor più, potrebbe rendere il territorio ulteriormente appetibile per gli affari «sporchi» della criminalità organizzata. Quanto all'inutilità dell'eventuale soppressione del tribunale, la stessa viene in rilievo con riferimento al carico di lavoro e con riferimento alla domanda di giustizia del tribunale stesso. Certamente il numero di procedimenti non subirà una riduzione per il semplice fatto che l'organo giudicante venga trasferito in altro luogo (L'Aquila). Rimanendo pertanto intatto il carico di lavoro, ci si chiede quale altra struttura sia in grado di accollarsi, oltre ai nuovi procedimenti, anche le pendenze del tribunale avezzanese e di assicurare che i procedimenti si concludano entro tempi ragionevoli. La questione, pertanto, attiene anche ad un profilo strettamente pratico: non sussiste, infatti, alcuna struttura, o meglio, nessun Tribunale abruzzese, entro il quale accorpare il lavoro fino ad ora svolto costantemente ed efficacemente, nonostante una lieve carenza di organico, dal tribunale di Avezzano. A tal riguardo, tenendo anche in considerazione lo status in cui versa il tribunale dell'Aquila attualmente in ristrutturazione e posto provvisoriamente presso la sede di «Bazzano», tale trasferimento mal si attanaglierebbe con le esigenze normative sopra richiamate -:
se i Ministri interrogati intendano effettuare un'analisi urgente e completa dei dati del tribunale di Avezzano al fine di prendere coscienza della necessità di mantenere operativo il citato presidio, attraverso misure e iniziative, anche normative, di competenza e, consequenzialmente, di potenziarlo assumendo ogni iniziativa di competenza per favorire l'invio dei cosiddetti magistrati onorari di tribunale colmando

la mancanza del relativo organico, il tutto anche in considerazione della circostanza che in detto presidio giudiziario i liberi professionisti iscritti al relativo albo sono in sciopero dal 16 settembre 2011 e per un breve periodo di tempo il tribunale è risultato anche occupato dagli avvocati del citato foro, con mobilitazione generale sia della popolazione che delle relative categorie professionali.
(4-14487)

GIDONI, FORCOLIN, BITONCI e LANZARIN. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interpellanti che nei giorni delle vacanze di Natale a Cortina d'Ampezzo ci fossero non solo Fiorello e la Santanchè, ma anche il Ministro della giustizia Paola Severino, che ha una casa, e l'ex Sottosegretario alla giustizia, senatrice del Pdl, Maria Elisabetta Alberti Casellati;
entrambe godono della scorta: il neo Ministro per il ruolo che ricopre e per una lettera di minacce con bossoli ricevuta all'inizio di dicembre; la senatrice Casellati perché ha ricevuto minacce, quando era Sottosegretario e conserva la scorta tuttora con la formula che «non sono venute meno le ragioni di sicurezza che l'avevano richiesta» -:
se risponda al vero che per una quindicina di giorni, a Cortina d'Ampezzo, una ventina di agenti della polizia penitenziaria di Padova e Treviso si siano alternati alla scorta delle due personalità politiche, dormendo in alberghi di Cortina a circa 200 euro a notte, per un costo di 100 euro ad agente, tutti a carico dell'amministrazione penitenziaria e dunque dello Stato;
se corrisponda al vero che gli agenti all'inizio erano stati sistemati in una caserma messa a disposizione del Corpo forestale dello Stato e quali siano i motivi che ne avrebbero consigliato lo spostamento in un ben più costoso albergo;
se permangano nei confronti della senatrice Casellati i motivi che hanno permesso la concessione della scorta.
(4-14497)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica nella sua edizione del 12 gennaio 2012 pubblica un articolo di Vincenzo Nigro, intitolato «Niente sanzioni per il console fascio-rock», che riferisce del possibile trasferimento del console italiano ad Osaka Marco Vattani in seguito sua discussa e discutibile partecipazione a un concerto conclusosi con il saluto fascista;
il console Marco Vattani, nella circostanza riferita, avrebbe inneggiato alla Repubblica Sociale di Salò e sostenuto in particolare che «la Repubblica italiana è fondata sui valori degli epuratori»;
nell'articolo citato di La Repubblica si legge che «al ministero hanno paura che Vattani padre, l'Umberto che è stato segretario generale e che ha condiviso la carriera con un fratello e due figli, sia in grado di mobilitare tutti i gradi dei Tribunali amministrativi romani per insabbiare qualsiasi censura» -:
quali siano gli intendimenti del Ministro sulla vicenda che ha sollevato polemiche ed avuto una eco non solo nella stampa e nei mezzi di comunicazione italiani, ma anche su quelli internazionali;
se, in particolare, si ritenga che l'esibizione del console Marco Vattani sia compatibile con l'elementare decoro che dovrebbe costituire la «cifra» del corpo

diplomatico italiano, rappresentante nelle varie sedi diplomatiche dell'intero Paese;
se si intenda adottare qualche tipo di iniziativa sul piano disciplinare nei confronti del console Marco Vattani; in particolare se si stia preparando un trasferimento del console Marco Vattani, e presso quale sede diplomatica.
(4-14494)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

MISITI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ambito territoriale ottimale n. 2 (Lazio Centrale), di seguito ATO2, è stato definito dalla ragione Lazio, in attuazione della legge 5 gennaio 1994 n. 36, con propria legge n. 6 del 22 gennaio 1996 e poi modificato dalla legge regionale n. 31 del 4 novembre 1999. Esso comprende i territori di 108 dei 121 comuni della provincia di Roma, ed i territori dei comuni di Filettino e Trevi nel Lazio in provincia di Frosinone e di Oriolo Romano e Vejano in provincia di Viterbo, con una popolazione residente complessiva, al 1997, pari a 3.696.093 abitanti. Detti comuni, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, hanno deliberato di cooperare ai fini del servizio idrico integrato stipulando un'apposita convenzione e costituendo una autorità d'ambito coordinata dalla provincia di Roma e dotata di una segreteria tecnico-operativa (S.T.O.);
l'autorità ha negoziato l'affidamento della gestione del servizio idrico integrato (S.I.I.), nell'intero territorio dell'ambito, salvo 11 comuni della provincia di Roma, che sono solo esclusi fino alla scadenza delle concessioni preesistenti, con la ACEA S.p.A., società derivante dalla trasformazione della ACEA, azienda speciale del comune di Roma, la quale già svolgeva una rilevante aliquota del sistema idrico integrato nel territorio stesso;
l'ACEA S.p.A. ha a tal fine costituito la «ACEA ATO 2 S.p.A.», cedendo alla stessa il ramo d'azienda interessato; a detta s.p.a. il servizio idrico integrato è stato affidato con delibera n. 1 del 26 novembre 1999 della conferenza dei sindaci;
l'affidamento è regolato da una «convenzione di gestione», la convenzione è soggetta a periodiche revisioni negoziate, che riguarderanno anche la «Carta del servizio idrico integrato». L'autorità d'ambito controlla il rispetto dei contenuti di detta convenzione di gestione da parte del gestore ed in particolare l'aderenza ai principi della presente carta nel rapporto con l'utente-cliente;
nella «ACEA ATO2 S.p.A.» sono confluite le infrastrutture, le conoscenze, l'esperienza accumulatesi nell'azienda del comune di Roma a partire dal 1937, anno nel quale il comune stesso trasferì alla preesistente azienda elettrica municipale la parte del servizio acquedottistico dallo stesso gestita in economia, insieme all'incarico di realizzare l'acquedotto del Peschiera;
dei 112 comuni per una popolazione attuale pari a 3.794.582, 75 comuni risultano già acquisiti con una popolazione servita pari a 3.421.574, la rete idrica e fognaria è pari rispettivamente a 11. 239 chilometri e 5.967 chilometri;
gli investimenti nel piano d'ambito allegato alla convenzione di gestione sono stati individuati come previsione di spesa vincolante per il gestore e non come interventi puntuali da realizzare. I fabbisogni economici complessivi previsti nel piano d'ambito per le opere da realizzare sono pari a 1.165 milioni di euro per nuove opere e pari a 2.645 milioni di euro per il mantenimento a nuovo degli impianti preesistenti. Il piano d'intervento (nuove opere + mantenimento a nuovo) è stato ridotto a 2.066 milioni di euro al fine

di contenere l'incremento tariffario nei limiti imposti dal metodo normalizzato ed ha permesso di salvaguardare la sostenibilità finanziaria del piano degli investimenti e comporta la necessita di reperire finanziamenti pubblici per non aumentare in futuro la tariffa idrica. Al completamento della presa in carico di tutti i servizi dell'Ato è prevista una revisione straordinaria del piano d'ambito, in modo da realizzare negli anni successivi le opere necessarie allo scopo di distribuzione e depurazione delle acque. L'arco temporale per l'aggiornamento dei piani è pari a 6 anni;
in considerazione dell'alto impegno finanziario necessario per la realizzazione di tutte le opere stabilite nella convenzione, è inevitabile un periodo di transitorietà, che comporta, in modo particolare nei comuni che sono sprovvisti o hanno impianti di depurazione sottodimensionati, il mancato rispetto della normativa inerente la qualità dei liquami da riversare nei corpi idrici ricettori -:
se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se non intenda adottare un'iniziativa, ove necessario, anche in sede europea, per far sì che in situazioni quali quella descritta in premessa si possa effettuare una deroga per il periodo transitorio che va dalla presa in consegna delle infrastrutture idriche al termine dei lavori di costruzione e di ristrutturazione degli impianti, con tempi prestabiliti, con riferimento alle norme relative alla qualità dei liquami da riversare nei corpi idrici ricettori.
(5-05928)

Interrogazione a risposta scritta:

DEL TENNO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge finanziaria per il 2007, sanciscono quanto segue;
ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali, è vietata, a decorrere dal primo gennaio 2011, la commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario (articolo 1, comma 1130, della legge n. 296 del 2006);
per perseguire le finalità sopraindicate è avviato, a partire dall'anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione dei sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili (articolo 1, comma 1129, della legge n. 296 del 2006);
il programma sperimentale che avrebbe dovuto essere definito con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, era finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell'ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto della commercializzazione di sacchi non biodegradabili (articolo 1, comma 1130, della legge n. 296 del 2006);
la mancata distinzione tra sacchetti biodegradabili che usano additivi chimici e quelli che non li usano ha permesso che in Italia le tecnologie che si fronteggiano nel mercato del biodegradabile siano sostanzialmente tre, vale a dire:
a) i cosiddetti biopolimeri, ossia i polimeri ottenuti da sorgenti naturali rinnovabili (mais, patate, frumenti e altro), detti anche bioplastiche (si veda Novamont s.p.a. e Cereplast Italia s.p.a.);

b) gli additivi chimici che rendono le plastiche biodegradabili (additivi che in altissima percentuale sono chimici (tra i tanti si veda Italcom s.r.l.);
c) i cosiddetti oxo-degradabili, ossia plastiche additivate che si degradano nel terreno ma non subiscono alcun processo di biodegradazione (vedi EPI, d2W, Symphony);
attualmente solo il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti) ha, all'articolo 9, modificato l'articolo 182-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (norme in materia ambientale), introducendo per i sacchetti destinati alla raccolta dei rifiuti il richiamo alla norma UNI EN 13432-2002 (sulla biodegradabilità) che è una norma armonizzata del Comitato europeo di normazione;
tuttavia le norme EN non sono norme di osservanza obbligatoria e giuridicamente vincolanti (direttiva 98/34/CE, articolo 1);
quali iniziative si intendano assumere per garantire un'applicazione del disposto dei commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 maggiormente rispondente ai fini che la normativa intende perseguire;
quali siano le azioni che i Ministri hanno intenzione di intraprendere affinché ci sia maggior controllo della qualità dei sacchetti di asporto delle merci immessi nel mercato;
quale sia lo stato del programma sperimentale di riduzione della commercializzazione dei sacchi di asporto delle merci, che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili e quali siano, qualora deliberate, le linee guida del Ministro.
(4-14490)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comunicato diffuso il 3 gennaio 2012 dalle sigle sindacali Fials-Cisal denuncia la grave condizione in cui versa l'orchestra della prestigiosa Accademia nazionale Santa Cecilia di Roma;
secondo quanto riportato nella comunicazione sindacale, la direzione del personale della fondazione, con il consenso del suo presidente Bruno Cagli, avrebbe «inaugurato da diversi mesi a questa parte una stagione di aggressione frontale nei confronti dei dipendenti e in particolare dell'orchestra»;
si denunciano in particolare «le continue trasgressioni o tentativi di aggirare l'applicazione contrattuale, strane manovre per posticipare gli adempimenti previdenziali e differire il regolare pagamento degli stipendi per consentire alchimie di bilancio volte, probabilmente, a mascherare il saldo negativo del consuntivo 2011 nonostante la conferma di tutti i finanziamenti in preventivo e il reintegro del Fus avvenuto a marzo» (La Repubblica del 4 gennaio 2012);
all'interno della Fondazione, inoltre, si sarebbero verificate «assunzioni quantitativamente difficili da giustificare in ambito amministrativo, provocando uno squilibrio di bilancio a fronte di una probabile restrizione di finanziamento pubblico e sponsor. Continue irregolarità nella compilazione delle buste paga a danno dei lavoratori, disfunzioni organizzative nella programmazione, la mancata richiesta dell'inserimento dell'Accademia nel decreto su Roma Capitale, continui tentativi di aggirare il confronto corretto al tavolo sindacale contattando individualmente i lavoratori in un clima di intimidazione inaccettabile; una trattenuta illegittima sullo stipendio ai professori che non

hanno partecipato alla tournée in Giappone pur essendo stati indotti a compiere una libera scelta dall'azienda stessa, che poi si è rimangiata la sua disponibilità» (La Repubblica del 4 gennaio 2012);
secondo le sigle sindacali sarebbe in atto da parte del direttore del personale, del direttore operativo e del direttore amministrativo, il tentativo di espropriare l'orchestra e tutti i lavoratori del Santa Cecilia del proprio ruolo; per questo oltre alle dimissioni dei vertici della Fondazioni, Fials-Cisal chiedono il ripristino delle corrette relazioni sindacali e della legalità;
nel comunicato infine i sindacati annunciano lo sciopero in occasione del concerto del 24 gennaio 2012 ed in eventuali ulteriori date;
il 5 gennaio 2012 l'Accademia nazionale di Santa Cecilia ha diffuso un comunicato stampa in cui la Fondazione contesta integralmente tutte le affermazioni contenute nella nota sindacale -:
se il Ministro ritenga opportuno far luce sui fatti denunciati nel comunicato stampa del 3 gennaio 2012 sottoscritto dalle sigle sindacali Fials-Cisal;
se corrisponda al vero la notizia sul saldo negativo del consuntivo 2011 del Santa Cecilia di Roma e sui ritardi nei pagamenti dei dipendenti;
se i vertici della Fondazione citata in premessa rispettino la normativa contrattuale ed applichino correttamente le relazioni sindacali.
(5-05924)

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comunicato stampa diffuso il 17 dicembre 2011 dal Teatro San Carlo di Napoli riporta la notizia dell'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione, che attualmente risulta costituito dai seguenti membri: Luigi de Magistris, presidente; Maurizio Maddaloni, vice presidente; Stefano Caldoro, consigliere; Luigi Cesaro, consigliere; Salvatore Nastasi, consigliere; Andrea Patroni Griffi, consigliere; Riccardo Villari, consigliere;
ad avviso della CGIL SLC, tali nomine «evidenziano, purtroppo, una forte invasività di mere logiche di presidio di posizioni di potere»;
in particolare, le nomine dei presidenti di regione e provincia - Stefano Caldoro e Luigi Cesaro - sarebbero incompatibili con quanto stabilito dalla legge istitutiva delle Fondazioni lirico-sinfoniche (decreto legislativo n. 367 del 1996), la quale prevede l'autonomia degli organi della Fondazione dagli enti che nominano i propri rappresentanti (comunicato CGIL del 15 dicembre 2011);
la nomina che desta maggiori perplessità è quella del dottor Salvatore Nastasi, che come noto ricopre la carica di capo di gabinetto del Ministero per i beni e le attività culturali e di direttore generale per lo spettacolo dal vivo;
conseguentemente in virtù di detta scelta all'interno della Fondazione la figura di controllore e quella di controllato coincidono, perché la carica ministeriale consente al dottor Nastasi di gestire anche le risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS);
secondo l'interrogante inoltre, la nomina del dottor Nastasi come componente del teatro San Carlo, oltre ad essere inopportuna ed incompatibile, favorisce l'infiltrazione di eventuali influenze politiche all'interno delle Fondazioni lirico-sinfoniche, che al contrario dovrebbero essere autonome, indipendenti e libere da conflitti di interesse -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di preservare la Fondazione teatro San Carlo di Napoli da eventuali conflitti di interesse e se ritenga opportuno che il direttore generale per lo

spettacolo dal vivo Salvatore Nastasi continui a ricoprire anche la carica di consigliere dell'ente.
(5-05927)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di Stato ha recentemente dato il via libera, dopo la sospensione del TAR Lecce, alla realizzazione di un parco eolico sulla «Collina dei fanciulli e delle ninfe» che si estende tra i comuni di Giuggianello, Palmariggi e Minervino di Lecce nell'immediato entroterra di Otranto, patrimonio dell'Unesco;
sulla «Collina dei fanciulli e delle ninfe», denominata da studiosi e appassionati la «Stonehenge megalitica d'Italia», per via della presenza di dolmen, menhir ed enormi rocce sacre, sono in procinto di essere costruite 20 torri di 125 metri d'altezza;
la Puglia è la seconda regione in Italia per massima potenza installata (1.291 megawatt a giugno 2011) in un Paese in cui la capacità di produzione di elettricità è circa doppia rispetto al picco della domanda;
la realizzazione del parco eolico sulla «Collina dei fanciulli e delle ninfe» è già stata oggetto di interrogazione parlamentare 4-06744 che si richiama e che è tutt'ora senza risposta -:
quali urgenti iniziative di competenza si intendano promuovere per salvaguardare la «Collina dei fanciulli e delle ninfe» e scongiurare le realizzazione del parco eolico.
(4-14508)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI, MOGHERINI REBESANI, LAGANÀ FORTUGNO e GIANNI FARINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 15 ottobre 2011 a Roma, persone a volto coperto infiltrate in una manifestazione, hanno causato ingenti danni nella zona di via Cavour, via Labicana, viale Manzoni, San Giovanni, via Merulana e piazza Vittorio, dando, tra l'altro, alle fiamme, uno stabile della Difesa in via Labicana;
in quello stabile era situato, sopra alcuni uffici del Ministero della difesa, l'alloggio dato in concessione al Generale Bruno Grazi;
l'anziano ufficiale, settantaseienne, e sua moglie si trovavano nel salotto di casa guardando la televisione quando improvvisamente hanno sentito uno scoppio: era il vetro del portone d'ingresso che gli incappucciati avevano rotto a sprangate. Gli stessi hanno poi buttato dentro una bomba incendiaria che ha appiccato il fuoco ai mobili d'ingresso e propagato le fiamme velocemente all'intero appartamento. Il generale e la moglie si sono salvati perché alcune persone hanno messo una scala nel cortile interno, da cui sono riusciti a scendere. I vigili del fuoco sono arrivati dopo circa un'ora, ma le fiamme ormai avevano distrutto tutto;
da quel momento, l'appartamento nel quale risiedeva il Generale Grazi con la moglie non è più abitabile e i due anziani coniugi sono stati ospitati presso famigliari in una situazione assolutamente precaria;
le massime autorità della Difesa, subito dopo l'evento, a quanto consta all'interrogante si sono pubblicamente impegnate a garantire la concessione di un altro alloggio, in via transitoria, in attesa del ripristino di quello situato in via Labicana, impegno che a distanza di tre mesi dell'accaduto, non è stato ancora onorato;

il Generale Grazi è affetto da una seria patologia respiratoria che lo costringe a recarsi quasi quotidianamente all'ospedale militare «Celio» di Roma, per una terapia, che può considerarsi, salvavita -:
se il Ministro intenda assumere ogni iniziativa di competenza per risolvere quello che è prima di tutto un caso umano, assegnando alla famiglia Grazi una unità abitativa dignitosa che tenga conto delle condizioni di salute e della necessità di poter continuare le pratiche terapeutiche indispensabili all'anziano ufficiale.
(5-05926)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel corso della trasmissione «Agorà» in onda su Rai 3, il giorno 11 gennaio 2012, è stato trasmesso un servizio dal titolo «intervista a un carrista dell'esercito italiano»;
il quotidiano Il Fatto Quotidiano in un articolo del 10 gennaio 2012 a firma di Rosita Rosa, dal titolo «Esercito italiano, sotto accusa i blindati Lince. Un carrista: "Quel mezzo è insicuro"» si legge «[...]Marco, è un nome di fantasia, ed è un carrista dell'esercito italiano da poco ritornato a casa. Guida da anni mezzi d'assalto e ha maturato una lunghissima esperienza sul campo. Nell'intervista rilasciata a Rosita Rosa inviata di Agorà, in onda domani alle 9.10 su Raitre, per la prima volta Marco ha deciso di raccontare quali sono i rischi che ogni giorno un militare come lui corre a guidare quel mezzo. Sospensioni delicatissime che, quando sollecitate o da terreni sconnessi o dalla eccessiva velocità, fanno perdere aderenza alla vettura e rendono possibile il ribaltamento. In zone come Farah, dove si è esposti al continuo rischio di imboscate da parte degli insorti, un episodio come questo può voler dire vita o morte. Ribaltamenti di Lince, però, sarebbero avvenuti anche in Italia durante semplici esercitazioni, a velocità molto limitate. La questione sarebbe stata portata all'attenzione degli alti ufficiali e alcuni soldati si sarebbero rifiutati di guidare quel mezzo, ma sono stati poi puniti con l'esclusione dalle successive missioni. "Se sollevi polemiche nell'esercito - dice Marco - vieni fatto a pezzi e in cambio ricevi solo minacce"»;
gli interroganti hanno avuto modo di affrontare l'argomento «Lince» con numerose interrogazioni alcune delle quali sono tuttavia rimaste senza risposta. In particolare la n. 4-13366 che riguarda un incidente avvenuto il 23 settembre 2011 in Afghanistan in cui hanno perso la vita tre militari italiani proprio a causa del ribaltamento di un mezzo «Lince» -:
quanti siano complessivamente i mezzi «Lince» in dotazione alle Forze armate;
quanti siano i mezzi danneggiati perché coinvolti in incidenti dovuti a ribaltamento, quanti militari siano rimasti conseguentemente feriti e quanti deceduti;
quali immediate azioni intenda intraprendere il ministro interrogato e se non intenda disporre una immediata sospensione dell'utilizzo del mezzo in premessa al fine di evitare ulteriori incidenti.
(4-14493)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 22 giugno 2011, attuativo del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2010, n. 270, riguardante il riordino della struttura del segretariato generale della difesa, dal 31 dicembre 2011 presso il Ministero della difesa è stata resa operativa la soppressione della direzione generale della sanità militare. Conseguentemente,

sono state soppresse tutte le posizioni dirigenziali civili attestate presso la citata direzione generale, ivi compreso quella concernente l'incarico di vice direttore generale ivi attribuita dal 27 aprile 2009 al dottor Cataldo Bongermino, dirigente di spicco del ruolo dei dirigenti civili della difesa;
il decreto ministeriale del 12 aprile 2011 con il quale il Ministro della difesa ha inteso emanare i criteri per il conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale non generale, afferma testualmente al punto 3 dell'articolo 7, che «[...] tenuto conto del diritto dei dirigenti ad un incarico, il Direttore Generale per il Personale Civile, d'intesa con il Segretario Generale, provvede alla designazione dei dirigenti privi di incarico fra i posti di funzione rimasti vacanti, tenendo conto, ove possibile, di eventuali preferenze espresse dal dirigente interessate»;
nonostante la disponibilità a ricoprire un nuovo incarico manifestata dal predetto dirigente con numerose richieste inoltrate già a cominciare dall'aprile 2011, inspiegabilmente la direzione generale per il personale civile, con tutte le relative procedure di interpello (n. 3) esperite nel corso dell'anno passato, ha ritenuto di non assegnare allo stesso nessuno degli ottantotto posti di funzione dirigenziale non generale vacanti, in corso di ricopertura presso il Ministero della difesa, disattendendo la fondamentale disposizione recata dal citato decreto ministeriale 12 aprile 2011;

agli interroganti la vicenda - sotto il profilo dell'interesse pubblico - appare assurda e sconcertante ove si consideri, non solo per i numerosi incarichi dirigenziali vacanti come sopradetto, ma anche per la grave carenza di personale dirigenziale esistente presso l'Amministrazione Difesa che determina, fra l'altro, il temporaneo conferimento di incarichi dirigenziali a personale non dirigente, anche esterno, ai sensi dell'articolo 19 comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
la mancata attribuzione di nuovo incarico al dirigente Bongermino, attualmente privo di posto ed inoperoso, oltre a determinare danni all'erario, potrebbe configurare, secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, anche ipotesi di demansionamento professionale suscettibile di risarcimento di danno patrimoniale, e non, a carico dell'amministrazione;
è indispensabile ripristinare, nell'ambito del Ministero della difesa, le condizioni di assoluta correttezza e legalità che consentano di prevenire sicuri contenziosi con concrete possibilità di soccombenza per l'amministrazione -:
quali siano i criteri in base ai quali sono conferiti gli incarichi dirigenziali non generali vacanti presso il Ministero della difesa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare che si verifichino episodi come quello di cui in premessa.
(4-14510)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) è stato istituito nel 1994 per sostenere le piccole e medie imprese. Il suo azionista di maggioranza è la Banca europea per gli investimenti, con la quale il Fondo forma il «Gruppo Bei». Il Fondo europeo per gli investimenti fornisce capitali di rischio alle piccole e medie imprese, in particolare alle aziende di nuova costituzione e alle attività orientate alla tecnologia. Offre inoltre garanzie a istituzioni finanziarie, tra le quali, ad esempio, le banche, a copertura dei prestiti alle piccole e medie imprese. Il Fondo europeo per gli investimenti non è un istituto di credito e non concede pertanto prestiti o

sovvenzioni alle imprese, né investe direttamente in alcun tipo di società. Opera invece attraverso banche e altri soggetti d'intermediazione finanziaria, avvalendosi dei propri fondi o di quelli affidatigli dalla Banca europea per gli investimenti o dall'Unione europea;
sugli istituti di credito dell'Eurozona è ricaduta la crisi del debito sovrano, provocando un effetto a catena che si è riversato sulle imprese. In questo scenario, la Banca centrale europea (Bce) ha annunciato, ed anche varato, misure straordinarie per stimolare i prestiti tra le banche e far ripartire la ripresa economica. Le opzioni sul tavolo dell'Eurotower prevedono un allentamento sulle garanzie sottostanti che Francoforte chiede per erogare credito e, come già prevedeva un piano messo a punto a fine novembre 2011, l'estensione a due anni dei prestiti (al momento non si va oltre i 13 mesi);
per questo, a Bruxelles, sono stati messi in atto anche i primi interventi di soccorso all'economia reale. E in particolare in favore delle 23 milioni di piccole e medie imprese, a cui le banche non concedono prestiti facilmente. Un problema che è diventato strutturale in Europa: da un'indagine della direzione generale imprese e industria della Commissione su 15mila aziende, emerge che un terzo di esse non è riuscita a ottenere un prestito negli ultimi 6 mesi a causa della difficile situazione economica. Del resto nel vecchio continente anche i fondi di investimento a alto rischio, i cosiddetti venture capital, interessati a finanziare le start up aziendali sono ostacolati dal trovarsi di fronte a 27 normative differenti. Anzi, erano ostacolati. Perché il 7 dicembre la Commissione europea ha lanciato un piano d'azione in due direzioni. Una è l'ampliamento delle garanzie di credito messe a disposizione direttamente all'Unione europea e dalla Banca europea degli investimenti. L'altra, fondamentale, è l'unificazione delle regole per l'accesso dei capitali di rischio al mercato europeo: d'ora in poi per i fund è possibile l'ingresso nell'Unione attraverso un solo passaporto - l'european marketing passport - accessibile, al contrario di prima, anche a fondi che gestiscono somme minori ai 500 milioni di euro;
«Facilitare l'accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese è la priorità numero uno per uscire dalla crisi», ha affermato il vicepresidente della Commissione Antonio Tajani. La nuova strategia deve ancora essere votata da Consiglio e Parlamento europei. Ma rappresenta sicuramente un passo avanti dal punto di vista normativo: sarà più facile per gli investitori di capitali di rischio raccogliere fondi a vantaggio delle start up europee. Inoltre, il nuovo programma dell'Unione europea per la competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese prevede 1,4 miliardi di euro di nuove garanzie finanziarie a cui attingere tra il 2014 e il 2020. Mentre per il 2012 la Banca europea per gli investimenti ha assicurato un livello di prestiti vicino ai 10 miliardi di euro. Secondo i calcoli di Bruxelles, complessivamente il piano dovrebbe generare un effetto leva pari a 25 miliardi di euro a favore delle imprese;
le piccole e medie imprese italiane tuttavia, sono sfiduciate dal comportamento delle banche, le quali, a fronte di nuovi fondi finanziati dalla Banca centrale europea concedono ulteriori mutui o prestiti alle aziende. Sono circa 209 i miliardi di euro che la Banca centrale europea ha concesso alle banche italiane, le quali, però, a loro volta, non lo hanno messo a disposizione delle aziende che ne avevano fatto esplicita richiesta, o delle famiglie. Le banche italiane hanno preso dalla Banca centrale europea grande quantità di denaro a basso costo senza rimetterlo sul mercato, discriminando così le imprese. Solo nel mese di dicembre 2011 stando quanto affermato da Bankitalia, i prestiti della Banca centrale europea agli istituti del nostro Paese sono cresciuti di 56 miliardi di euro rispetto ai 153 di novembre cifra raggiunta grazie ai 116 miliardi della maxi asta triennale all'1 per cento. Questi numeri non fanno che attestare un sospetto ormai più che fondato, cioè che quanta messo a disposizione non arriva a

destinazione, costituendo un vero ostacolo e freno all'economia reale, provocando così il fallimento di numerose aziende, con conseguenze molto gravi, termini di posti di lavoro, che di profitto produttivo. Le banche, insomma, non rischiano. E il frutto della maxi asta della Banca centrale europea non viene spostato sul versante degli impieghi, come/auspicato. Il tutto si traduce in partite di giro con conseguenze molto pericolose: gli imprenditori restano a bocca asciutta e le aziende falliscono;
la tendenza è quella del «credit crunch». Gli ultimi dell'Abi confermano le «restrizioni» delle condizioni nell'offerta di denaro: più garanzie e tassi in salita, e sembra che, purtroppo, questa situazione andrà avanti per molto tempo. Qualche esempio: per le aperture di credito in conto corrente - vale a dire una delle forme più usate dalle imprese alla stregua della cassa per pagare salari e spese ordinarie - il tasso soglia è al 17,75 per cento fino a 5mila euro e «cala» al 15,63 per cento oltre i 5mila. Gli scoperti senza affidamento viaggiano mentre gli anticipi e gli sconti commerciali (fatture) girano sopra il 12 per cento. La soglia per il factoring è all'11,1 per cento e quella per il leasing strumentale al 14,9 per cento. Vale lo stesso per le famiglie: i mutui per la casa arrivano al 9,8 per cento e le carte di credito revolving (acquisti a rate) al 25,1 per cento;
lo stesso direttore di Assobancaria, Giovanni Sabatici, pochi giorni fa, ha affermato che gli effetti dell'operazione messa in atto dalla Banca centrale europea a dicembre si vedranno solo tra qualche mese. Una prospettiva drammatica per le imprese che, senza finanziamenti e liquidità non riescono a far fronte ai propri fornitori, né agli stipendi dei propri lavoratori. Per questo, si vedono costrette a licenziare e a chiedere il fallimento, o ricorrere ad altre procedure concorsuali. Secondo una ricerca della società Elabora per la Confcooperative, un altro annoso problema è costituito dalla crescita dei tassi di interesse dei finanziamenti, seguita da una maggiore chiesta di garanzie e una maggiore onerosità delle cosiddette «altre condizioni» (come il costo dei vari servizi e i giorni di valuta). Per la maggior parte delle imprese, magari in difficoltà, si assiste a «una nuova ondata di richieste di rientro» che ha colpito l'11 per cento, delle cooperative nel secondo quadrimestre dell'anno. Secondo Bankitalia, «in Agosto il costo medio dei nuovi finanziamenti alle imprese è aumentato di mezzo punto percentuale al 3,4 per cento», ma con una differenza: i costi dei prestiti superiori al milione sono saliti del 3 per cento e quelli sotto al milione sono saliti al 4,2. In altre parole, il danaro costa di più per le imprese piccole, quelle che già soffrono per la crisi dei grandi committenti e che hanno più difficoltà a espandersi all'estero, ma che sono pure quelle che sostengono occupazione e prodotto interno lordo. Per di più «per il quarto trimestre gli intermediari hanno dichiarato di attendersi un ulteriore irrigidimento delle condizioni di offerta e un lieve rallentamento della domanda»;
si assiste, quindi, all'innesco di un circolo vizioso: le imprese non chiedono soldi perché costano troppo (e a volte rinunciano perfino a evadere gli ordini che pure avrebbero), le banche non li concedono facendo peggiorare la domanda. Cioè le sfiduciano. Nel terzo trimestre del 2011 «è notevolmente aumentata» la percentuale di imprese che ha difficoltà a farsi concedere soldi in prestito: il 28,6 per cento dal 15,2 precedente. Quasi il doppio. Il tutto aggravato dalla mancata proroga dell'accordo sulla moratoria sui debiti delle imprese, scaduto il 31 luglio, che aveva dato un po' di respiro a quelle più indebitate. Le banche non danno più soldi, secondo Bankitalia, perché «i criteri di offerta sui prestiti alle imprese sono diventati più restrittivi, riflettendo le crescenti difficoltà di approvvigionamento degli intermediari sul mercato». In sostanza, le banche non danno prestiti perché non hanno soldi. Se, infatti, in agosto l'offerta di credito alle imprese è salita del 2,8 per cento la raccolta è salita di appena lo 0,6 per cento nei 12 mesi terminati ad agosto rispetto a una crescita dell'1,8 per cento

nei 12 mesi terminati a maggio. Significa che le banche non riescono più ad avere denaro dai risparmiatori e quindi hanno meno da prestare alle aziende. Così nasce quello che viene chiamato «credit crunch», il blocco del credito. La soluzione è quella di ricorrere alla Banca centrale europea, che infatti ha dato al sistema bancario italiano 89 miliardi di euro alla fine di agosto rispetto ai 34 ottenuti maggio;
per le grandi banche la situazione è peggiore: la raccolta dei primi cinque gruppi bancari è diminuita del 3,4 per cento negli ultimi 12 mesi; e non è un caso se, sempre secondo la Banca d'Italia, gli istituti che concedono più soldi alle imprese, in proporzione, sono quelli piccoli, cioè quelli che hanno un volume di danaro intermediato inferiore ai 3,6 miliardi di euro. Le grandi banche, poi, vivono anche un altro problema: le sofferenze, cioè il denaro che non vedranno più tornare indietro perché le imprese sono andate in crisi: il 5 per cento del totale dell'erogato a luglio, salito al 5,1 per cento in agosto per un importo complessivo di 100 miliardi di euro. Ma c'è di più: le banche hanno in portafoglio un'eccessiva quantità di titoli di Stato italiani, ritenuti «a rischio» perché pagano il 3,8 per cento in più dei titoli di Stato tedeschi ed, essendo considerati a rischio, chi li possiede si deve cautelare aumentando la propria solidità trattenendo in casa la liquidità che in una situazione normale avrebbe potuto tranquillamente concedere alle imprese. In cima alla lista dei detentori di titoli italiani, secondo una classifica proprio dell'Ft, ci sono Unicredit, Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena. Non è un caso che i premi che gli investitori pagano per proteggersi dal rischio di fallimento delle banche italiane sono in pochi mesi addirittura raddoppiati, portandosi a 430 punti base rispetto ai 170 punti delle banche tedesche e francesi;
le banche italiane non raccolgono soldi sul mercato, hanno sofferenze, hanno una gran quantità di titoli di Stato. Quindi hanno bisogno di nuove ricapitalizzazioni. Dopo aver messo a disposizione delle banche europee 1.240 miliardi di euro tra il 2008 e il 2010, la Banca centrale europea pensa che ne servano altri 108 miliardi nel bollettino economico di settembre, avverte che «è essenziale che le banche trattengano gli utili» non pagando i dividendi per tenersi la liquidità. Per il 2010 il Mps ha distribuito 2 centesimi per azione, l'Unicredit e il Banco popolare 3, l'Intesa 8 (1 miliardo in totale), la Bpm 10 e la Banca Generali 55, tuttavia il problema del credito alle imprese rimane, dato che queste ultime non hanno beneficiato, ancora, di quanto erogato dalla Banca centrale europea -:
quali iniziative i ministri intendano adottare al fine di agevolare l'erogazione di mutui e prestiti, già finanziati dalla Banca centrale europea, alle piccole e medie imprese italiane, che costituiscono il punto focale della nostra economia, ed un irrinunciabile punto di avvio del rilancio produttivo italiano.
(4-14495)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che:
Banca Bpm ha definito con l'Agenzia delle entrate il pagamento di 170 milioni di euro, più interessi, a fronte di tutte le controversie pendenti;
Banca Credem ha definito con l'Agenzia delle entrate il pagamento di 53,4 milioni di euro, più interessi, a fronte di tutte le controversie pendenti;
Unicredit sta definendo con l'Agenzia delle entrate il pagamento di 99 milioni di euro, più interessi, a fronte di tutte le controversie pendenti -:
quanto sia per ciascun istituto l'ammontare delle contestazioni, a quale periodo si riferiscano e quali fossero le relative sanzioni prima della transazione;

negli ultimi 10 anni con quali persone fisiche o giuridiche l'Agenzia delle entrate abbia chiuso controversie pendenti; per ciascuna di esse quali fossero le contestazioni e a quale periodo si riferissero; quale fosse l'ammontare della sanzione e quale sia stato quello della transazione.
(4-14505)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come si evince dalla delibera di giunta comunale n. 4 dell'11 gennaio 2012 del comune di Baragiano (Potenza), l'ENI s.p.a. «Divisione Exploration & Production Distretto Meridionale» ha notificato ai sindaci dei comuni di Baragiano, di Potenza, di Picerno, di Ruoti, di Pignola, di Tito, di Savoia di Lucania, un'istanza finalizzata al rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «Monte Li Foi», che interesserebbe una superficie complessiva di 140,88 chilometri;
la stessa relazione di accompagno rileva però numerosi punti di criticità, essendovi nel territorio interessato dal permesso «diffusamente presenti aree con fenomeni di dissesto in atto e/o potenziale», soggette a «scivolamento rotazionale» ed a «scivolamento traslato», nonché a «scivolamento lento»;
in misura più limitata sono altresì presenti movimenti caratterizzati da fenomeni di «creep e crollo» a ridosso delle aree di versante ricadenti nell'area di bacino della Basilicata. Le classi di rischio rilevate sono classificate in un range da R1 (moderato) a R4 (molto elevato);
è noto inoltre come tra le più diffuse conseguenze delle attività estrattive degli idrocarburi e del gas vi sia il rischio del fenomeno della cosiddetta «subsidenza», che modifica lo stesso livello della superficie del terreno e con esso la struttura dei percorsi delle falde acquifere, mentre gli interventi di prospezione e di eventuale sfruttamento dei potenziali giacimenti provocherebbero profondi squilibri nel delicato assetto idrogeologico, a maggior ragione considerando l'elevata profondità della «piattaforma apula» in esame;
punti di criticità rilevati da parte dei richiedenti riguardano inoltre le cosiddette fasce di rispetto fluviale, per la presenza di corsi d'acqua di interesse paesaggistico in un'ampia porzione del comprensorio Li Foi, la presenza di rilievi montani oltre i 1.200 metri sul livello del mare e di territori forestali con particolare estensione nei comuni di Ruoti, Picerno, Baragiano. Le criticità indicate, pur nella loro diversa natura, risiedono nel vincolo normativo (decreto legislativo n. 42 del 2002) che obbliga il richiedente alla richiesta ed al conseguimento del nulla osta della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e, per quanto riguarda le aree boschive, alla regione tramite l'Ufficio foreste e tutela del territorio del dipartimento ambiente;
l'area interessata dal permesso di ricerca, è interamente racchiusa nel sito di interesse comunitario «Monti Foi», ed ha come aree limitrofe all'area di ricerca (sito SIC «Abetina» di Ruoti, ad 1 chilometro ad est del perimetro; sito ZPS «Lago Pantano di Pignola», 150 metri circa a sud del perimetro);
è in atto una politica di valorizzazione integrata dei beni paesaggistici/ambientali delle comunità montane del Marmo/Melandro e del Marmo/Platano che hanno nel corso degli anni individuato un elemento strategico di caratterizzazione e di valorizzazione finalizzato allo sviluppo di sentieri e di percorsi in cui la miriade di punti recettivi, gli agriturismi, la stessa manutenzione delle aree boschive, le sorgenti, le aree di interesse archeologico e culturale, le aziende zootecniche, i produttori a biologico ed organico, fanno

parte di un'idea di sviluppo nell'area da tempo consolidata -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza a tutela dei beni paesaggistici ed ambientali, anche intervenendo nei confronti dell'ENI perché desista dalla ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi di cui al permesso denominato «Monte Li Foi».
(4-14506)

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 34, comma 7, della legge di stabilità per l'anno 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183), prevede, nell'ambito delle disposizioni che introducono una deduzione forfetaria in favore degli esercenti impianti di distribuzione carburanti, che le transazioni regolate con carte di pagamento presso i citati impianti, di importo inferiore ai 100 euro, siano gratuite sia per l'acquirente che per il venditore;
risulta all'interrogante che diversi istituti di credito (tra i quali Banca intesa. Banca Apuana, Monte dei Paschi di Siena) di fatto si rifiutano di emettere nuovi POS intestati a gestori degli impianti di distribuzione di carburanti per le carte di credito ed i bancomat;
sembrerebbe che le direzioni centrali di molti istituti di credito abbiano diramato direttive interne nelle quali si dispone di non procedere alle emissioni di POS per questi gestori in quanto la norma sopra citata ne dispone l'utilizzo gratuito;
tale condotta rischia di penalizzare i gestori richiedenti che ne sono attualmente sprovvisti o che intendano modificare la ragione sociale della loro ditta con perdite stimate in circa il 30 per cento del fatturato -:
quali iniziative anche normative intenda assumere in merito il Governo per ovviare a tale situazione che danneggia un settore già penalizzato dal forte aumento dei prezzi dei carburanti, aumenti certo non dipendenti da scelte dai gestori.
(4-14515)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 2 gennaio 2012 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Gela (CL), accompagnata dai referenti radicali Valentina Marino, Gianmarco Ciccarelli e Giuseppe Nicosia;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal direttore dell'istituto, Angelo Belfiore, dal comandante di polizia penitenziaria, Giuseppe Lo Faro e dal vicecomandante Milana;
il penitenziario, progettato negli anni '50, fu iniziato a costruire nel 1982; dopo varie inaugurazioni, è stato effettivamente aperto il 28 novembre 2011;
l'istituto non funziona ancora a pieno regime; la capienza regolamentare è di 96 posti, i detenuti presenti sono 39: «è aperto per metà, ma stanno per arrivare altri detenuti dal carcere di Augusta», spiega il direttore; gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 32 «da mezzanotte a mezzanotte, compresi quelli che lavorano negli uffici», riferisce il comandante; è presente un educatore; non è assicurata alcuna assistenza psicologica; l'assistenza sanitaria non è assicurata h24;
il penitenziario si articola su due piani; il primo piano è ancora vuoto, tutti i detenuti presenti sono ristretti nelle celle del piano terra;

le celle misurano 9,20 metri quadrati e ospitano generalmente 2 detenuti; ogni cella è dotata di bagno con doccia; l'impianto di riscaldamento è in funzione; le condizioni strutturali sono molto buone; i detenuti trascorrono 20 ore al giorno all'interno della cella: «ancora non è stato avviato alcun tipo di attività», secondo quanto riferito; la sala per la socialità ancora non è operativa; nel penitenziario è presente un ampio spazio esterno ancora non utilizzato; l'area dove i detenuti trascorrono l'ora d'aria (il cosiddetto «passeggio») è dotata di tettoia, lavandino e wc alla turca; l'istituto dispone di un grande teatro arredato con tavoli e sedie nuovi e ancora imballati;
la delegazione visita il piano terra, iniziando dal reparto a sinistra;
alcuni detenuti non sono al corrente della possibilità di presentare la domanda per scontare la pena presso il proprio domicilio ai sensi del decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 dicembre 2011 (decreto-legge n. 211 del 2011): «abbiamo sentito della legge svuotacarceri per chi ha una pena inferiore a 18 mesi, ma credevamo che ancora non era in vigore»;
nella cella n. 12 sono ristretti 2 detenuti stranieri, un rumeno e un ceco;
S. M., nato 59 anni fa nella Repubblica Ceca, riferisce di aver presentato un'istanza per poter scontare la pena nel suo paese: «ho una condanna definitiva, vorrei scontare la pena nel mio paese, non vedo la mia famiglia da 2 anni e 2 settimane, mia moglie è invalida, le sue condizioni di salute non sono buone»;
la cella n. 1 ospita 2 detenuti; «qui si sta bene», afferma un detenuto catanese; «questo carcere è un'altra cosa rispetto a Poggioreale», dice un detenuto napoletano, che aggiunge: «preferisco stare qua anche se non faccio i colloqui»;
nella cella n. 10 sono ristretti 2 detenuti stranieri;
M. S., di nazionalità albanese, è molto preoccupato per la sua famiglia: «non sanno che sono qui, non li sento da 4 settimane, ho 3 bambini tutti minorenni»;
la cella n. 9 ospita 2 detenuti albanesi: «fare una telefonata a un cellulare in Albania è un problema»;
nella cella n. 4 sono ristretti 2 detenuti;
un detenuto algerino riferisce di essere stato trasferito «per sfollamento» dal carcere romano Regina Coeli ad Augusta, e poi a Gela: «ho fatto domanda per tornare a Roma, ma è stata rigettata per sovraffollamento; questo carcere comunque è buono, ma ancora deve avviarsi»;
un detenuto palermitano racconta di essere stato arrestato «per un fatto che risale a 10 anni fa», e aggiunge: «ho una figlia di 9 anni, da quando sono entrato in carcere, 3 anni fa, non l'ho più vista»;
nella cella n. 5 sono ristretti 2 detenuti;
un detenuto albanese riferisce di aver presentato due istanze di avvicinamento alla famiglia, residente in Toscana, senza aver ricevuto alcuna risposta;
nella cella n. 6 sono ristretti 2 detenuti;
un detenuto napoletano riferisce di essere stato «sfollato» dal carcere di Napoli a quello di Augusta, e ora a Gela: «preferirei stare a Napoli per poter fare il colloquio con la famiglia ogni settimana, ho una figlia di 5 anni», e aggiunge: «nel carcere di Augusta c'è la socialità e potevo uscire dalla cella durante il giorno, qui invece siamo chiusi in cella per 20 ore!»;
un detenuto di Giarre (CT) lamenta «prima ero in regime di alta sicurezza, poi mi hanno declassato ma i benefici non si vedono, sulla carta non ho il 41-bis, però mi fanno fare soltanto 4 ore di colloquio al mese anziché 6»;
la cella n. 7 ospita 2 detenuti; entrambi hanno un residuo di pena inferiore

ai 18 mesi e hanno presentato istanza per ottenere la detenzione domiciliare ai sensi del decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 dicembre 2011;
M. A. P., catanese, riferisce di trovarsi in carcere in forza di una condanna definitiva per un reato commesso quando era minorenne: «adesso ho 23 anni, sono dentro per un fatto che risale a 8 anni fa, sono stato a piede libero fino alla Cassazione e poi sono entrato in carcere; fuori lavoravo, ho anche una figlia piccola; mi resta un anno di pena da scontare, ho fatto domanda per andare ai domiciliari»;
la cella n. 8 ospita 2 detenuti bosniaci;

H. M., ventiduenne nativo di Roma, riferisce di essere stato trasferito «per sfollamento» dal carcere romano di Regina Coeli: «stavo meglio lì perché almeno vedevo la famiglia; ho fatto istanza per essere ritrasferito a Roma, ma ancora non mi ha risposto nessuno»;
la delegazione visita il reparto destro, piano terra;
un detenuto marocchino (cella n. 2) riferisce di essere stato «sfollato» dal carcere di Milano San Vittore ad Augusta, e ora a Gela; anche un detenuto albanese (cella n. 3) dice di essere stato «sfollato» dal carcere romano di Rebibbia;
la cella n. 6 ospita due detenuti;
«la struttura è buona, ma non c'è nessuna attività», lamentano; un detenuto racconta: «sono dentro per un reato vecchio, quando mi hanno arrestato la mia vita era tranquilla e avevo un lavoro, chissà se lo ritroverò un lavoro quando uscirò da qui»;
nella cella n. 7 sono ristretti 2 detenuti;
un detenuto lamenta: «mi mancano soltanto 4 mesi per finire la pena, ma il magistrato di sorveglianza mi ha rigettato anche i giorni»;
diversi detenuti lamentano problemi relativi al funzionamento del magistrato di sorveglianza;
nella cella n. 8 è ristretto un detenuto peruviano «sfollato» dal carcere di Milano San Vittore: «mi hanno trasferito da San Vittore ad Opera, ad Augusta e ora a Gela; a Milano facevo i colloqui, la mia famiglia viveva a Milano, ma quando mi hanno trasferito in Sicilia è tornata in Perù; a San Vittore c'era scuola, lavoro, infermeria... qui non c'è niente; ho la tv a schermo piatto ma non ho i soldi per sopravvivere, non ho un sussidio e non mi danno niente, nemmeno lo shampoo e gli stracci»;
la sala colloqui è di dimensioni ridotte; la casa circondariale di Gela, sebbene sia dotata di ampi spazi esterni, non ha un'area verde attrezzata per il colloquio dei detenuti con i familiari minori -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
in quali tempi la casa circondariale di Gela entrerà a pieno regime di funzionamento adeguandosi alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo;
quale sia l'entità degli investimenti pubblici che sono stati necessari per giungere all'apertura della casa circondariale di Gela;
in quali tempi l'istituto verrà dotato del personale necessario;
se non si intenda intervenire immediatamente, per quanto di competenza, per garantire h24 l'assistenza sanitaria necessaria;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche, di formazione e sportive;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi segnalati in premessa;
cosa intenda fare per rispettare il principio della territorializzazione della pena;

se intenda intervenire, in generale, per agevolare le procedure per i detenuti stranieri che intendano scontare la pena nel proprio Paese d'origine;
se e in che modo intenda intervenire nei casi in cui la pena definitiva giunga a grande distanza dalla commissione dei reati provocando grandi difficoltà a persone che nel frattempo si sono socialmente reinserite.
(4-14498)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
su Redattore Sociale del 9 gennaio 2012 stata riportata la seguente incredibile notizia: «Nel carcere di Siracusa, ha l'aiuto di un piantone solo per 3 ore al giorno. Da 3 anni non fa l'ora d'aria, non ha le visite specialistiche e le fisioterapie di cui ha bisogno. La famiglia non può raggiungerlo e "non ho vestiti puliti con cui cambiarmi". È paralizzato, e da tre anni vive in carcere. Sconta le sue ore sdraiato su una branda, con l'assistenza di un "piantone" soltanto per 3 ore al giorno. Il resto della giornata resto solo, sdraiato su questa branda e senza nessun aiuto. Abbandonato a se stesso. È la condizione di Antonio, detenuto nel carcere di Siracusa, raccontata in una lettera scritta alla redazione di Radiocarcere. Una vicenda capace di raccontare, al di là del problema del sovraffollamento, tutta l'inadeguatezza del sistema penitenziario italiano, drammaticamente incapace di stare nel solco del dettato costituzionale che chiede la finalità riabilitativa di ogni pena. "Non mi lasciano a disposizione neanche la sedia a rotelle per tutto il giorno - dice Antonio - con la conseguenza che da tre anni non vado a fare l'ora d'aria, né posso recarmi in chiesa. In poche parole sono murato vivo". Antonio ha chiesto più volte al medico del carcere di poter svolgere la fisioterapia prescritta dai medici, "ma nessuno mi ha mai risposto, come non hanno mai ottemperato all'obbligo di portarmi in ospedale per sottopormi alle visite specialistiche di cui ho bisogno. In pratica sono abbandonato sul letto della mia cella". Inoltre, la famiglia di Antonio vive in Calabria e per ragioni economiche non può raggiungerlo: "Ragion per cui, non solo sono disperato perché non vedo i miei cari, ma sono anche vestito come un barbone, dato che non ricevendo visite, non ho neanche un pacco di vestiti puliti con cui cambiarmi. Sono tre anni che vivo così e ora sono davvero arrivato all'esasperazione. Non chiedo la libertà - prosegue nella sua lettera il detenuto -, ma come persona detenuta paralizzata chiedo cure e la vicinanza della mia famiglia. È forse chiedere troppo?"» -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire il fondamentale diritto soggettivo alla salute al detenuto in questione rendendo la sua detenzione conforme al dettato costituzionale, normativo e regolamentare;
se, alla luce di quanto riportato in premessa, il Ministro competente non ritenga opportuno disporre il trasferimento del detenuto in modo da avvicinarlo ai suoi familiari.
(4-14499)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa DIRE dell'11 gennaio 2012, nel carcere di Piacenza l'organico del corpo di polizia penitenziaria prevede 179 unità, mentre quelle effettivamente presenti sono 163 (distacchi compresi); quanto al personale ministeriale, ci sono 18 unità, a fronte di una dotazione organica che sarebbe di 20. Infine, rispetto ad una capienza prevista di 178 posti, al 2 novembre nella struttura penitenziaria un questione si contavano 342 reclusi;

per il vice-capo del dipartimento della giustizia, Simonetta Matone, quella di Piacenza è «una comprensiva condizione di sofferenza, dovuta al sovraffollamento della popolazione detenuta e alla contestuale carenza di organico. Una situazione difficile che comunque s'inserisce in un quadro di generale difficoltà in cui versa l'attuale sistema penitenziario, costantemente monitorata da questa amministrazione. Per questi motivi il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria sta facendo rilevamenti sulla dotazione organica di Polizia penitenziaria di ogni provveditorato e al termine di questa indagine, procederà alla assegnazione di agenti, dei prossimi corsi di formazione, alle realtà che risultano carenti, tra le quali potrebbe rientrare anche Piacenza» -:
se non ritenga necessario adottare misure urgenti volte a rimuovere il grave sovraffollamento del carcere di Piacenza, in modo da garantire l'esistenza di condizioni minime di vivibilità della struttura, il rispetto pieno degli standard di sicurezza e funzionalità e l'adeguatezza della stessa alle proprie finalità costituzionali;
se non intenda prendere in considerazione un'ipotesi normativa in base alla quale venga prescritto agli istituti di pena di non accettare in nessun caso l'ingresso di altri detenuti una volta raggiunta la propria capienza regolamentare;
se e quanti nuovi agenti di polizia penitenziaria saranno assegnati nei prossimi mesi all'istituto penitenziario in questione.
(4-14500)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato lo scorso 9 gennaio 2012 dal sito online di Radiocarcere, David Di Bonaventura, di soli 31 anni, si è impiccato verso le ore 7.30 nel bagno della sua cella del carcere Sollicciano di Firenze;
David soffriva di una grave forma di depressione, ragion per cui, fino a pochi mesi fa, si trovava agli arresti domiciliari nell'attesa che terminasse il processo a suo carico in ordine al reato di furto. Poi, una volta diventata definitiva la condanna, al giudice non è rimasta altra scelta che rimetterlo in carcere nonostante il suo precario stato psicologico;
il 2012 è iniziato da qualche giorno e già nelle carceri si sono registrati sei tentativi di suicidio e quattro decessi, di cui per suicidio -:
se intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere di Sollicciano siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto penitenziario;
quali iniziative, anche normative, si intendano prendere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora.
(4-14501)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal comunicato stampa del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) dell'11 gennaio 2012, un detenuto straniero della casa circondariale di Porto Azzurro avrebbe tentato di togliersi la vita in cella e sarebbe stato salvato solo grazie al pronto intervento degli agenti della polizia penitenziaria;
secondo stime ufficiali, lo scorso anno tra la popolazione reclusa si sarebbero

registrati 66 suicidi, 1.137 tentativi di suicidio e 5.703 atti di autolesionismo -:
se intenda avviare un'indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti del detenuto che ha tentato il suicidio fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
se e quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate dall'amministrazione penitenziaria nei confronti del detenuto dopo questo episodio;
se non si intenda adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo;
più in particolare quali iniziative, anche normative, si intendano prendere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora.
(4-14502)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS del 12 gennaio 2012, un detenuto albanese recluso presso il carcere di Parma sarebbe risultato affetto da scabbia;
una volta appresa la notizia i sindacati della polizia penitenziaria hanno chiesto che venga effettuata «un'accurata visita medica nei confronti dei detenuti, soprattutto al momento del loro ingresso in carcere, atteso che non è ammissibile che le altre persone recluse e lo stesso personale delle polizia penitenziaria possano correre rischi di ordine sanitario connessi alle eventuali malattie di cui risultano essere portatrici altre persone ristrette nello stesso istituto di pena»;
ciò che è capitato nel carcere di Parma non rappresenta un episodio isolato, è infatti noto che anche altre patologie che in passato si ritenevano ormai debellate, come la tubercolosi, oggi registrano una recrudescenza anche in ragione delle condizioni di pesante sovraffollamento che caratterizzano i nostri istituti di pena;
secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa, nel 66 per cento delle carceri italiane si registrerebbero casi di scabbia e di sifilide;
il dato, se confermato, costituisce una conferma della assoluta inadeguatezza della politica sanitaria all'interno degli istituti di pena del nostro Paese -:
se non ritengano di dover promuovere, negli ambiti di rispettiva competenza, un'accurata visita medica a tutte le persone recluse all'interno del carcere di Parma;
quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di prevenire il rischio della diffusione della scabbia tra gli agenti di polizia penitenziaria e i detenuti del carcere di Parma;
a quando risalga e cosa vi sia scritto nell'ultima relazione che la ASL di competenza deve fare in merito alle condizioni igienico sanitarie del carcere di Parma;
se risponda a verità il fatto che nel 66 per cento delle carceri italiane vi sono tracce di scabbia e di sifilide;
se sia noto quali siano le cause che producono, come effetti, una percentuale così elevata di istituti di pena in cui si registrano scabbia e sifilide;
quali siano, infine, le iniziative in progetto per abbattere una percentuale che certamente non rende onore al nostro sistema carcerario.
(4-14503)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 29 dicembre 2011 l'interrogante ha visitato il carcere di Castrovillari accompagnata da Maurizio Bolognetti, Maria Antonietta Ciminelli e Salvatore Moscato; ad accogliere e guidare la delegazione il comandante Grazia Salerno;
l'istituto è entrato in funzione nel 1995 pur essendo stato ultimato nel 1984, conta 128 posti, ma al momento della visita i detenuti presenti erano 252 mentre 8 si trovavano in permesso premio per le festività di fine anno; i detenuti presenti di sesso maschile erano 220, le detenute 32 di cui una con prole; in totale i detenuti stranieri sono 112 di cui 25 marocchini, 20 rumeni, 15 tunisini, 11 albanesi, 9 nigeriani, 5 egiziani, 4 bulgari, 4 algerini, 3 ucraini, 2 indiani, 2 domenicani e 1 per ciascuna delle seguenti nazioni: Gambia, ex Jugoslavia, Guinea, Senegal, Somalia, Cina, Messico, Liberia, Grecia, Canada, Russia e Venezuela;
gli agenti di polizia penitenziaria assegnati alla casa circondariale di Castrovillari sono 109 di cui 17 distaccati in altre sedi e 9 provenienti da altre sedi; fra le 101 unità presenti, figurano: 1 comandante del reparto, n. 14 unità femminili presenti nel reparto femminile, n. 9 unità impiegate nel nucleo traduzioni; n. 52 unità impiegate nel servizio di vigilanza e osservazione detenuti; n. 25 unità impiegate in mansioni d'ufficio e vigilanza dei detenuti lavoranti; l'impiego minimo giornaliero riguarda 40 unità che coprono le 24 ore esclusivamente per la vigilanza dei detenuti, a livelli minimi di sicurezza e in turni di servizio di 8 ore e oltre; i turni notturni al mese sono almeno 6 per ciascun dipendente; quanto alle ferie ancora da godere, ci sono giacenze dell'anno 2009; in prospettiva, fanno sapere gli agenti, per un miglior andamento di gestione finalizzato a poter garantire le ferie e assicurare un maggior livello di sicurezza dell'istituto, l'organico dovrà essere incrementato di almeno altre 30 unità; inoltre, il parco macchine degli agenti è insufficiente e, per alcune vetture e furgoni, fatiscente;
nell'istituto opera una sola educatrice perché l'altra è in maternità, ma secondo quanto riferito ne occorrerebbero almeno tre; l'educatrice, presente durante la visita, illustrando le attività trattamentali, comunica che sono attivi per circa 60 detenuti corsi di alfabetizzazione, scuola media, istituto alberghiero, istituto tecnico industriale oltre ad un corso di informatica; i detenuti che svolgono mansioni all'interno dell'istituto sono 30, mentre coloro che lavorano all'esterno, in articolo 21, sono 7 impegnati nella raccolta differenziata dei rifiuti;
quanto agli psicologi, ne è previsto uno presente tutta la settimana; l'assistenza psichiatrica è fortemente carente, considerato che nell'istituto ci sono una quarantina di casi psichiatrici e 25 tossicodipendenti;
la poltrona odontoiatrica è utilizzata solo per l'estrazione dei denti perché attende da due anni di essere aggiustata per le altre funzioni come la cura delle carie; a parere del personale infermieristico sarebbe utile poter disporre di un ecografo per evitare frequenti traduzioni all'esterno;
nel reparto femminile, nella cella n. 3 troviamo una detenuta con il figlioletto di 2 anni e mezzo; a quanto ci riferisce la madre il bimbo attende da 5 mesi la visita pediatrica e le vaccinazioni;
sempre nella sezione femminile la delegazione ha notato una cella sotto sequestro dal maggio del 2008 perché lì si suicidò un'agente di polizia penitenziaria, Fabrizia Germanese di 44 anni, arrestata per traffico di stupefacenti; nei sei mesi prima del suicidio l'agente aveva prestato servizio «in missione» proprio nell'istituto di Castrovillari;
negli ultimi dieci anni nel carcere di Castrovillari si sono suicidati 9 detenuti,

due nel 2011 e, in questo nuovo anno, il 5 gennaio un altro detenuto ha tentato il suicidio;
quanto al trattamento dei detenuti, da rilevare che in quasi tutte le celle delle dimensioni di 6 metri quadrati sono presenti tre detenuti in letto a castello a tre piani; le celle non dispongono di acqua calda e le docce sono consentite a giorni alterni in appositi, degradati, locali; i reclusi usufruiscono di 3 ore e mezza d'aria al giorno e di 2 ore di socialità, ma gli spazi ristretti consentono ben poche attività di socializzazione; i «passeggi» dove è possibile usufruire dell'ora d'aria sono così angusti e deprimenti che alcuni detenuti preferiscono rimanere in cella;
si segnalano inoltre i seguenti «casi»:
nella cella n. 5 (Sez. B) - C. L., 67 anni cardiopatico che ha subito un intervento alle coronarie ed è portatore di peacemaker, lamenta di attendere dal luglio 2011 un esame specialistico;
nella cella n. 8 (Sez. B.) - D. A., è in attesa di avere l'autorizzazione di poter dipingere; mostra alla delegazione un catalogo delle sue opere;
nella cella 11 (Sez. B) - il detenuto A.G. riferisce di aver chiesto da agosto di poter incontrare lo psicologo e che solo a dicembre gli sia stata consentita una visita, ma dallo psichiatra;
G.R., fine pena nel 2022, ha presentato domanda al DAP per essere trasferito in Sicilia dove si trovano i suoi 4 figli minori, il più piccolo di 4 anni;
un altro detenuto con fine pena lungo (2024), R.S., ha fatto istanza di trasferimento a Roma/Rebibbia o Velletri per motivi di studio;
A.J. ha fatto da mesi la richiesta di trasferimento negli istituti di Brescia o Mantova o Cremona o Piacenza perché la sua famiglia è a Brescia, in particolare, due figli di due e sei anni nati in Italia;
a V.L. mancano 4 mesi al fine pena ma non ha possibilità di accesso alla legge n. 199 del 2010 perché non ha un'abitazione; da quando è recluso (3 anni e 8 mesi) non ha mai potuto fare né una telefonata né un colloquio con i genitori; sottolinea le difficoltà di contatti con l'ambasciata rumena a Roma;
alcuni detenuti hanno lamentato la mancanza di modelli per presentare «le domandine» e un detenuto russo l'assenza del regolamento d'istituto in lingua russa;
infine, va rammentato il fallimento del progetto «Argo» del quale si inizia a parlare nel 2007, per dare concreta applicazione ad uno studio condotto dal DAP che evidenziava l'utilità di iniziative volte ad affidare ai detenuti la cura dei cani. Il progetto viene inaugurato nel novembre del 2009 e su strilli.it viene annunciato: «I detenuti si dedicheranno da oggi, nella stessa area penitenziaria, alla cura di alcuni cani randagi, appositamente sistemati in un canile, costruito dal Comune. L'iniziativa, denominata "Argo", è stata, infatti, resa possibile da una sinergia tra Comune, Casa Circondariale ed Azienda Sanitaria, e presentata questa mattina, con l'inaugurazione del "canile", in una conferenza stampa, nella sala convegni del penitenziario del capoluogo del Pollino». Da quel che la delegazione ha potuto riscontrare, una quindicina di randagi sono malamente alloggiati nel canile posto all'interno delle mura carcerarie dove, fra sbarre e gabbie metalliche, i cani abbaiano disperati muovendosi fra i loro stessi escrementi senza che nessuno si prenda più cura di loro -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire in modo deciso e tempestivo per fronteggiare il drammatico sovraffollamento della casa circondariale di Castrovillari e, a tal fine, quali urgenti iniziative intenda assumere per far rientrare l'istituto nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali atti intenda assumere affinché sia garantito il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;

se il magistrato di sorveglianza abbia mai dato disposizioni per il rispetto della normativa riguardante le condizioni di detenzione e, in caso affermativo, quali siano le ragioni per le quali le disposizioni stesse non siano state rispettate;
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per colmare il deficit di organico di polizia penitenziaria, posto che la grave carenza di agenti determina seri rischi in termini di sicurezza e notevoli disfunzioni per la vita dei reclusi e per le condizioni di lavoro e di vita degli agenti stessi;
quali atti intenda assumere affinché sia pienamente garantito il diritto alla salute delle persone ristrette;
se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali, in particolare quelle lavorative, scolastiche, di formazione e sportive;
se intenda adoperarsi per quanto di competenza, al fine di potenziare l'assistenza psicologica;
se, in che modo e in quali tempi, intenda intervenire per rimuovere tutte le carenze strutturali ed igienico-sanitarie che contrastano con la normativa vigente;
a quando risalgano e cosa vi sia scritto nelle relazioni semestrali delle Asl sulle condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale Castrovillari;
se, e in che modo, intenda intervenire rispetto ai casi segnalati in premessa;
cosa intenda fare per rispettare il principio della territorializzazione della pena;
quali iniziative intenda intraprendere per dismettere definitivamente e nei modi dovuti il fallimentare «progetto Argo»;
quali siano le ragioni che hanno portato l'Amministrazione a detenere l'agente Fabrizia Germanese nello stesso istituto dove aveva prestato servizio e quali misure fossero stato messe in atto per scongiurare il suo suicidio;
se sia stata fatta un'indagine specifica per comprendere le ragioni dell'alto numero di suicidi nel carcere di Castrovillari;
quali iniziative urgenti intenda adottare, in definitiva, al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Castrovillari alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-14504)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 12 gennaio 2012, un detenuto campano di 46 anni si è tolto la vita nel carcere di Brucoli, ad Augusta (SR), impiccandosi nella sua cella;
il suicidio sarebbe avvenuto nella serata di mercoledì 11, ma il fatto è stato reso noto il giorno seguente con una nota del vicesegretario nazionale dell'Ugl polizia penitenziaria, Sebastiano Dongiovanni;
il detenuto morto suicida era giunto nel carcere di Brucoli da pochi giorni, proveniente da un altro istituto di pena. Al suo arrivo era stato posto in regime di isolamento per effetto di una sanzione accessoria inflittagli dal consiglio di disciplina del carcere nel quale si trovava prima del suo trasferimento;
negli ultimi 12 anni nelle carceri italiane si sono suicidati 700 detenuti. Per la maggior parte si trattava di persone giovani, molte di loro con problemi di salute fisica e psichica, spesso tossicodipendenti;
il fenomeno dei suicidi nelle carceri è dunque in notevole crescita, complice il grado di disperazione e di annientamento della persona umana, al quale neanche i numerosi sforzi compiuti ogni giorno dagli operatori carcerari riescono a porre un freno;

i morti di carcere sarebbero molti meno se negli istituti di pena non fossero rinchiuse decine di migliaia di persone che, ben lontane dall'essere «criminali professionali», provengono piuttosto da realtà di emarginazione sociale, da storie decennali di tossicodipendenza, spesso affette da malattie mentali e fisiche gravi, spesso poverissime;
negli anni '60 i suicidi in carcere erano 3 volte meno frequenti di oggi, i tentativi di suicidio addirittura 15 volte meno frequenti;
ad oggi il 30 per cento dei detenuti reclusi negli istituti di pena è tossicodipendente, il 10 per cento ha una malattia mentale, il 5 per cento è sieropositivo, il 60 per cento ha una qualche forma di epatite;
le misure alternative alla detenzione vengono concesse con il contagocce: prima dell'indulto del 2006 c'erano 60.000 detenuti e 50.000 condannati in misura alternativa; oggi ci sono 66.000 detenuti e soltanto 12.000 persone in misura alternativa;
quasi la metà dei detenuti è in attesa di giudizio, mentre quasi 33 mila detenuti stanno scontando una condanna: di questi quasi 10.000 hanno un residuo di pena inferiore a 1 anno e altri 10.000 compreso tra 1 e 3 anni -:
se si intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere di Brucoli siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto penitenziario;
se non si intendano adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio;
se si intendano assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-14507)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGENPARL dell'11 gennaio 2012, un bambino di due anni di età e una bimba di appena 6 mesi avrebbero trascorso due giorni e due notti in una cella del Buoncammino di Cagliari;
i piccoli sono stati arrestati insieme alla mamma, G. O., di nazionalità nigeriana lunedì 9 gennaio 2012 alle 6.45, nonostante un'apposita normativa stabilisca che solo condizioni eccezionali possono giustificare la permanenza in un carcere di creature di così tenera età;
la vicenda è stata chiarita e risolta dopo che il giudice Alessandro Castello ha effettuato l'interrogatorio di convalida dell'arresto alla donna che si è presentata al cospetto del magistrato accompagnata dall'avvocato Luisella Pani e dai piccoli tra le braccia. Preso atto della situazione, il magistrato ha disposto quindi immediatamente gli arresti domiciliari e la donna ha potuto far rientro nella sua abitazione;
secondo Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», «ancora una volta la mancanza a Cagliari di un Istituto a custodia attenuata ha costretto una donna e i suoi figlioletti a subire la custodia cautelare in carcere, un luogo tutt'altro che idoneo ad ospitare bimbi in tenera età. Lo Stato in Sardegna continua a non rispettare il principio delle pari opportunità negando un diritto alle madri e imponendo ai piccoli un evidente trauma. Nonostante l'umanità delle agenti di polizia penitenziaria, che si sono prodigate per far trascorrere qualche momento di serenità alle creature e la disponibilità totale di Suor

Angela che ha aiutato la donna a distrarre il piccolo, i bambini hanno manifestato un profondo disagio trascorrendo la maggior parte del tempo piangendo. È assurdo che nonostante tanti buoni propositi, non si riesca a trovare una soluzione a un problema che si conosce da tempo e che richiede la disponibilità di uno spazio in una casa protetta. Una donna nelle condizioni di G. O. che parla un italiano stentato con due bambini piccoli che hanno bisogno di costanti cure non può rappresentare un così grave pericolo pubblico da richiedere la carcerazione. È molto più pericoloso per i bambini entrare in un Istituto di Pena sovraffollato con condizioni igienico-sanitarie precarie e creando uno stato di allerta in tutto il personale. Ovviare a questi casi è possibile non affidandosi solo alla sensibilità dei magistrati ma promuovendo un'iniziativa ad hoc. Negare la libertà a un bambino rischia di essere un reato più grave di quello presunto attribuito alla mamma» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non intenda avviare un'ispezione presso la procura e l'ufficio del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Cagliari al fine di verificare se non vi siano responsabilità disciplinari in capo ai magistrati che hanno chiesto e poi disposto la misura cautelare in carcere nei confronti di G. O., madre di una bambina di appena sei mesi;
se vi siano e quanti siano ad oggi i bambini sotto i tre anni reclusi in carcere insieme alle madri;
se non intenda provvedere alla immediata creazione di un istituto a custodia attenuata nella città di Cagliari.
(4-14511)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA e MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalla stampa, a causa dei tagli ai servizi di trasporto, 1.280 dipendenti delle Ferrovie dello Stato rischierebbero il posto di lavoro;
come denunciato dalla Filt-CGIL, «a seguito dell'entrata in vigore del nuovo orario Fs e della modifica o soppressione di treni a media e lunga percorrenza del servizio universale sia diurno sia notturno, in particolare dal Sud (Calabria e Puglia), ci saranno 580 esuberi per le aziende in appalto (350 nell'accompagnamento notte, 80 nella manutenzione notte, 150 addetti alle pulizie treni notte) e 700 per il personale Fs (250 macchinisti, 150 capitreno, 150 addetti alla manutenzione, 150 addetti alla circolazione, capitazione e personale di stazione)» (La Repubblica del 4 dicembre 2011);
come dichiarato da Alessandro Rocchi, segretario nazionale della Filt-CIGIL, «Le decisioni che Fs ha assunto per l'orario in vigore dall'11 dicembre tagliano drasticamente l'offerta dei treni a media-lunga percorrenza soggetti al contratto di servizio con lo Stato (cosiddetto servizio universale) che risulta ridotta di quasi il 40 per cento» (La Repubblica del 4 dicembre 2011);
tale ridimensionamento, inoltre, colpirà in modo particolare il Mezzogiorno, dove i servizi di circolazione e trasporto sono già fortemente carenti rispetto alle altre zone d'Italia;
nonostante l'azienda abbia prontamente smentito la notizia negando gli esuberi e promettendo il ricollocamento del personale, ad avviso del sindacato la situazione sarebbe grave al punto che la

destrutturazione progressiva porterà al completo smantellamento del servizio già a fine 2012 -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero ed, in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare il servizio prestato dall'azienda Ferrovie dello Stato ed il diritto di circolazione dei cittadini.
(4-14488)

NASTRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante è venuto a diretta conoscenza che in diverse occasioni, sono state segnalate sull'autostrada A26 detta anche «autostrada dei trafori» per l'elevato numero di gallerie presenti, che collega Voltri a Sempione e in particolare sulla tratta da Vercelli e Verbania, comportamenti scorretti da parte di numerosi automobilisti, che in alcuni casi addirittura, in senso inverso a quello indicato dalla segnaletica stradale, hanno rischiato di provocare incidenti con ripercussioni pericolose sull'incolumità degli stessi oltre che di altri conducenti;
pochi giorni fa, in prossimità dello svincolo di Brovello-Carpugnigno, all'interno della galleria del vergante all'interno nella suddetta arteria, è accaduto un incidente stradale che ha provocato due decessi, che conferma come il livello di pericolosità dell'autostrada A26, a giudizio dell'interrogante, sia diventato allarmante;
l'interrogante evidenzia inoltre che da più di due anni e quasi sempre nei tratti autostradali precedentemente esposti, avvengono incidenti stradali sia di modeste entità, che di notevole gravità con vittime, spesso di giovane età, causate sia da comportamenti spesso pericolosi e imprudenti, sia da una serie di carenze, a giudizio dell'interrogante, provocate dalla mancanza di sufficiente segnaletica stradale, orizzontale e verticale predisposta sulle rampe di accesso, sulle suddette vie di comunicazione stradale;
ulteriori profili di criticità, a giudizio dell'interrogante, sono riscontrabili, nel medesimo tratto autostradale, successivo al casello-barriera di Arona sulle successive uscite Meina, Carpugnino, Baveno e Gravellona, in cui non sono previsti caselli a pagamento e conseguentemente manca un controllo diretto degli autoveicoli e automezzi che accedono nella stessa autostrada -:
se quanto esposto in premessa, sia a conoscenza da parte del Ministro interrogato e in caso affermativo, quali iniziative urgenti, intenda assumere, al fine di prevedere attraverso il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, sottoposto al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministro interrogato, un potenziamento dei sostegni e dei supporti delle infrastrutture della segnaletica stradale all'interno del tratto autostradale esposto in premessa ed in particolare, quella orizzontale e verticale predisposta sulle rampe di accesso, sulle suddette vie di comunicazione stradale, anche con opportuni strumenti segnaletici quali lampeggianti, videocamere, pannelli luminosi e spire magnetiche.
(4-14491)

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la seguente interrogazione riprende quanto già avuto modo di rappresentare in un precedente atto di sindacato ispettivo e a tutt'oggi senza risposta;
mi riferisco all'atto 3-01880 presentato in data 6 ottobre 2011;
a seguito delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011, in Tricarico è stato eletto sindaco Antonio Melfi, nato ad Amendolara (Cosenza) il 21 gennaio 1948;

in questi mesi i consiglieri comunali di opposizione Francesco Saverio Salierno e Luigi Benevento hanno comunicato più volte alle varie autorità competenti (in primis il prefetto di Matera) denunciando comportamenti illegittimi tenuti dall'eletto sindaco di Tricarico e da altri organi comunali;
in particolare si è fatto riferimento a comportamenti omissivi, consistiti nel non consentire l'accesso alla documentazione amministrativa ai consiglieri comunali di minoranza e altri, riferiti al comportamento del sindaco Melfi durante il periodo di sospensione dalla carica avvenuta con provvedimento prefettizio del 3 giugno 2011, ai sensi dell'articolo 59 decreto legislativo n. 267 del 2000, avendo subito una condanna di 5 anni e 2 mesi dal tribunale di Matera (sentenza n. 179 del 2009 per il reato, tra gli altri, di concussione), che lasciavano ragionevolmente supporre che lo stesso avesse, di fatto, continuato ad esercitare le funzioni dalle quali era stato sospeso;
il 19 ottobre 2011, con sentenza del tribunale civile di Matera n. 475, il Melfi, è stato reintegrato nelle funzioni di sindaco;
la sentenza è stata impugnata sia da alcuni cittadini di Tricarico sia dall'Avvocatura dello Stato per conto del prefetto di Matera e, la discussione innanzi alla corte di appello di Potenza, si terrà il prossimo 24 gennaio 2012;
la questione è stata anche affrontata nel consiglio comunale del 28 novembre 2011 attraverso un'interrogazione fatta dalla minoranza in cui, il sindaco di Tricarico, ammettendo di aver ricevuto l'invito dell'avvocato V. Montagna ad astenersi dall'esercitare le funzioni di sindaco e le ragioni su cui lo stesso era fondato, ha dichiarato di non condividerne il contenuto;
Antonio Melfi reinsediatosi il giorno dopo la sentenza di primo grado del tribunale civile di Matera (20 ottobre 2011), continua ad esercitare le funzioni di sindaco;
nel periodo compreso tra il 20 ottobre 2011 fino ad oggi a Tricarico, continuano a verificarsi evidenti e preoccupanti problemi di agibilità democratica;
il sindaco, nella seduta consiliare del 21 dicembre 2011 ha fatto approvare un nuovo regolamento del consiglio comunale;
nel citato regolamento viene modificato il numero con il conseguente aumento dei consiglieri necessari per richiedere la convocazione di un consiglio comunale o per proporre una mozione di sfiducia;
inoltre non è più prevista l'esposizione sia all'esterno della sede municipale che nell'aula consiliare delle bandiere della Repubblica italiana e dell'Unione europea;
la «novità» ancora più preoccupante riguarda il diritto alla informazione previsto dal nuovo regolamento, in cui viene stabilito che i consiglieri comunali per espletare le loro funzioni devono richiedere al sindaco la visione degli atti amministrativi del comune salvo che lo stesso non opponga il segreto d'ufficio a tutela dell'amministrazione e che le richieste di estrazione di copia degli stessi devono essere inoltrati in forma scritta sempre al sindaco che dovrà o meno ottemperare alla richiesta entro 5 giorni;
i consiglieri di minoranza hanno evidenziato che la materia è regolamentata dall'articolo 43 della legge n. 267 del 2000, testo unico sull'ordinamento degli enti locali («I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge») e dopo aver proposto un emendamento (ovviamente respinto) che andava nella esclusiva direzione del rispetto della norma di riferimento, hanno abbandonato l'aula;

non appena la delibera di approvazione del nuovo regolamento consiliare recante questa aberrante previsione sarà pubblicata all'albo pretorio del comune, i consiglieri di minoranza hanno preannunciato di denunciare il tutto alle autorità competenti -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare con la massima urgenza per verificare quanto sta accadendo a Tricarico, cittadina di straordinaria tradizione democratica, e ristabilire la corretta agibilità democratica.
(3-02011)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO e BRESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da mesi si sono completamente perse le tracce di un numero rilevante di cittadini tunisini, sbarcati a Lampedusa dopo le rivolte popolari del febbraio del 2011;
si parla di oltre 500 persone, partite dalle coste nordafricane: molte di loro, probabilmente, sono morte durante la traversata, forse nel naufragio del 14 marzo, ma sono, però, sicuramente numerose quelle ancora vive;
alcune sono state intraviste dai familiari nei servizi girati in questi mesi a Lampedusa;
ad esempio, Faouzi Hadeji, fruttivendolo a Genova e fratello di Lamjed, partito il 29 marzo 2011, sempre da Sfax, ha riconosciuto suo fratello in un servizio televisivo e ha dichiarato alla stampa: «Sto diventando pazzo perché ho visto mio fratello in video, a Lampedusa, ma sono nove mesi che non lo sento. Prima di imbarcarsi, mi aveva promesso che mi avrebbe raggiunto a Genova, ma non è mai arrivato. Vorrei sapere dove si trova»;
Rebecca Kraiem, rifugiata in Italia da 23 anni e dirigente dell'associazione tunisina «Giuseppe Verdi», è alla ricerca dei suoi connazionali dallo scorso marzo, gira l'Italia in lungo e in largo, dal consolato di Palermo all'ambasciata di Roma fino ad alcuni centri di identificazione e di espulsione, ma purtroppo non ha ottenuto, ad ora, risultati significativi;
mentre in Italia la vicenda non ha ottenuto la giusta risonanza, in Tunisia se ne parla molto: il 29 dicembre 2011, il giornale «Assabah» ha pubblicato un articolo che riporta i nomi di cento cittadini di cui non si ha più notizia, riportando una ricostruzione, a dire il vero assai vaga, della presunta dinamica che avrebbe portato gli scomparsi, dopo aver toccato il suolo italiano, a essere respinti e, infine, «messi a morte» nel tratto di mare tra l'Italia e l'Africa;
tale articolo, pur privo di riscontri oggettivi, ha avuto un effetto devastante sui familiari che continuano ad attendere invano informazioni capaci di smentire una versione così tragica del destino dei loro cari;
il problema centrale di questa vicenda è proprio l'assoluta assenza di informazioni, imputabile sia alle istituzioni italiane che, in misura sicuramente superiore, a quelle tunisine;
in Tunisia, dopo le rivolte dei mesi scorsi, l'assetto politico è mutato e si è insediata l'Assemblea Costituente, ma, all'interno delle ambasciate e dei consolati, non si è realizzato un corrispondente cambiamento ed è rimasta pressoché inalterata a tutti i livelli la composizione del personale, costituito da sostenitori del precedente regime;
in un primo momento il Governo italiano ha concesso una protezione temporanea ai tunisini sbarcati in Italia entro il 5 aprile 2011, rinnovandola dopo sei mesi, ma coloro che sono arrivati dopo quella data sono ora soggetti validi per il rimpatrio, poiché la Tunisia non è più considerata un Paese a rischio per i diritti umani;
questo quadro potrebbe indurre a ritenere valida l'ipotesi che i tunisini «spariti» siano trattenuti in alcuni Cie in Italia ma, dal momento che potrebbero aver

fornito generalità fittizie (per paura di essere identificati come tunisini e quindi rimpatriati), rintracciarli è diventata un'impresa davvero ardua;
in Tunisia i familiari dei migranti scomparsi hanno tenuto varie manifestazioni per sollecitare azioni concrete di ricerca al Governo tunisino e a quello italiano;
al fine di sensibilizzare governi e opinione pubblica, il 14 gennaio 2012 sono in programma due manifestazioni, una sotto l'ambasciata tunisina di Roma, l'altra sotto il consolato di Milano -:
se il Ministro non ritenga opportuno attivare tutti gli strumenti a sua disposizione utili a fare luce su questa vicenda, e se non ritenga, inoltre, necessario prendere in considerazione la possibilità di applicare a questi tunisini quanto prima tutte le misure di protezione temporanea previste nel capo III del decreto legislativo n. 286 del 1998.
(5-05923)

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte del Natale appena trascorso, l'ingresso del «Centro per minori stranieri» della comunità Progetto Sud di Don Giacomo Panizza a Lamezia Terme è stato cinicamente colpito dalla malavita attraverso azione minatoria. Un episodio di abnorme gravità che va a colpire una comunità, come Progetto Sud, da tanto tempo impegnata in una meritoria azione sul territorio che svolge tra l'altro la sua attività in una struttura confiscata a clan locali e che risponde operativamente alle esigenze dei più deboli e dei bisognosi. Si tratta di un preoccupante fenomeno che si aggiunge ad una lista troppo lunga di vili intimidazioni che minano il tessuto socio-economico e la possibilità di sviluppo di tutto il territorio calabrese. Numeri e costi sociali terribilmente alti che sono stati evidenziati, con tutta la loro crudezza, dal «Rapporto sulla sicurezza degli amministratori» redatto da Legautonomie Calabria, che proprio in questi ultimi giorni ha tracciato un consuntivo altamente preoccupante con un elenco elevato di danneggiamenti, lettere anonime, incendi, aggressioni. In totale sono stati 103 gli amministratori pubblici rimasti vittime, nel 2011, di atti intimidatori. La Calabria, terra oltremodo violata, è troppo spesso lasciata sola in balia delle sue debolezze, con condizioni che favoriscono la costituzione di quel terreno fertile in cui si insinuano, senza le giuste opposizioni, le azioni indiscriminate del malaffare;
aumento di mezzi e ricorse per le forze dell'ordine ed un incremento dell'attività di intelligence potrebbero costituire l'antidoto per supportare il prezioso ed efficace lavoro delle procure e dei magistrati;
l'auspicio dell'interrogante rivolto al Ministro interrogato è, nella fattispecie, che vengano prese tutte le possibili contromisure per evitare l'avanzare degli ormai dilaganti atti intimidatori nei confronti di amministratori locali o di tutti quegli apparati sociali che lottano ogni giorno contro la 'ndrangheta e che, con il loro quotidiano impegno, guardano allo sviluppo e al rinnovamento democratico di cui la terra di Calabria ha enormemente bisogno -:
se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire con azioni mirate per contrastare questi continui atti intimidatori rimuovendo questo pericoloso clima di odio e garantendo nel caso specifico, alla città di Lamezia, ma in generale a tutta la Calabria, quelle condizioni di sicurezza ormai non più procrastinabili;
se il Ministro, per quanto di competenza e, vista la gravità delle perduranti situazioni malavitose, intenda attivare una cabina di regia permanente che guidi un piano per la sicurezza e l'ordine democratico straordinario, con l'obiettivo di debellare definitivamente il cancro malavitoso in Calabria.
(4-14489)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Coldiretti, sulla base dei risultati di uno studio condotto con Eurispes, ha reso noto che i prezzi della frutta e verdura triplicano (+300 per cento) dal campo alla tavola per effetto delle infiltrazioni criminali nelle attività di autotrasporto in un Paese dove oltre l'86 per centro dei trasporti avviene su gomma e la logistica incide per quasi un terzo sui costi di frutta e verdura;
il giro d'affari delle attività della criminalità organizzata nel solo settore agroalimentare ammonterebbe a 12,5 miliardi di euro e riguarderebbe una vera colonizzazione delle reti commerciali alimentari, con l'imposizione di manodopera e di servizi di trasporto -:
quali iniziative si intendano adottare rispetto al problema evidenziato in premessa, in particolare per quanto riguarda l'elevata percentuale di prodotti agroalimentari ancora trasportati su gomma.
(4-14509)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa (Corriere di Bologna 11 gennaio 2012) i carabinieri di Bologna, in tre mesi di controlli, con il dispiegamento di 253 uomini, divisi in 72 posti di controllo, hanno realizzato una mappa con un censimento del fenomeno della prostituzione a Bologna identificando 248 ragazze, facendo loro compilare un modulo;
secondo i dati raccolti dai Carabinieri, il 98 per cento delle prostitute sono di nazionalità rumena, l'1,8 per cento russe, l'1,6 per cento moldave e uruguaiane. L'età media si aggira intorno ai 26 anni;
secondo quanto riferito nell'articolo l'Arma dei carabinieri chiederà all'Agenzia delle entrate di fare ulteriori verifiche e, in caso, di sottoporre quei patrimoni a una qualche forma di tassazione, come sarebbe possibile per qualsiasi attività di lavoro autonomo; inoltre, i dati raccolti dai carabinieri in strada sono al vaglio della seconda sezione Misure di prevenzione dell'Arma, un gruppo di specialisti che applica le misure restrittive sui patrimoni di provenienza illecita, ma che si sta occupando anche di spulciare stili di vita e beni di proprietà delle lucciole per segnalare al fisco le incongruenze rispetto al nulla dichiarato;
il comandante provinciale dell'Arma, il colonnello Alfonso Manzo, secondo quanto riportato dalla cronaca del Corriere di Bologna l'11 gennaio 2012, dice che si tratta di un'iniziativa avviata lo scorso settembre e finalizzata soprattutto a tutelare le donne che sono sulla strada e che «tutto è fatto nel rispetto della legge» e che si tratta di «un modulo per capire chi sono le prostitute, in che condizioni vivono, se pagano affitti regolari». A tal proposito il procuratore aggiunto Valter Giovannini ha spiegato che «si tratta di assunzioni di informazioni con le quali i carabinieri possono trarre anche spunti investigativi» e che «se comunque qualche ragazza dovesse sentirsi schedata e pensasse di presentare un esposto, la Procura lo esaminerebbe»;
secondo quanto dichiarato dalla fondatrice del Comitato per i diritti civili delle prostitute, «quello che stanno facendo a Bologna è un abuso, il censimento sulle prostitute portato avanti dai carabinieri in questi mesi è un'aperta violazione delle legge Merlin»; la legge Merlin all'articolo 7 recita: «Le autorità di pubblica sicurezza, sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrati non possono procedere ad alcuna forma diretta o indiretta di registrazione,

neanche mediante rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, né obbligarle a presentarsi periodicamente nei loro uffici» -:
in base a quali criteri di prevenzione e lotta al crimine si sia autorizzato il dispiegamento di un numero così elevato di militari nella città di Bologna per un «censimento» in città del fenomeno della prostituzione motivandolo con il fatto che «i carabinieri possono trarre anche spunti investigativi»;
se non ritengano che la mancanza di diritti legati alla professione della prostituzione, da quelli sanitari a quelli previdenziali, impedisca a coloro che si prostituiscono di poter regolarmente pagare le tasse e che sia quindi in netto contrasto la decisione di trasmettere le informazioni raccolte all'ufficio delle entrate per fare ulteriori verifiche delle prostitute censite/schedate;
se tale azione svolta dall'Arma dei carabinieri a Bologna sia o meno in contrasto con quanto previsto dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo essendo, ad avviso degli interroganti, pregiudicato il diritto al rispetto della vita privata delle prostitute censite/schedate, e dalla legge sulla privacy (n. 675 del 1996, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali);
se in base al modulo dell'Arma dei carabinieri, utilizzato per il censimento/schedatura delle 248 prostitute, sussistano o meno gli estremi di una vera e propria schedatura che riguarderebbe un reato che non esiste nel codice penale e che pertanto sarebbe in aperta violazione dell'articolo 7 della legge Merlin.
(4-14512)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla situazione complessiva della scuola bolognese, sulla base di riscontri precisi effettuati nell'ultimo trimestre del precedente anno e che documentano il persistente livello di politicizzazione della medesima, come le continue contestazioni alla politica scolastica del precedente Governo che sono sconfinate spesso durante l'orario curriculare in aperte denigrazioni del Presidente del Consiglio e del Ministro pro tempore, le occupazioni delle settimane scorse nonché gli scioperi che hanno impedito in molti casi il regolare svolgimento delle lezioni, con aperta violazione di quella che ad avviso dell'interrogante è la legalità scolastica;
si cita inoltre il caso della docente sospesa dall'insegnamento della religione perché non in linea con l'orientamento del dirigente scolastico, nonostante le numerose attestazioni di solidarietà dei genitori alla maestra, unanimemente stimata negli ambienti cittadini;
si fa riferimento altresì alle segnalazioni su situazioni anomale pervenute da studenti dei principali licei cittadini, Minghetti, Galvani, Sabin, Copernico;
esiste una «questione Bolognese» a livello scolastico che il Governo deve affrontare con decisione, per evitare una deriva ideologica nella formazione delle giovani generazioni, garantendo, con opportuni controlli, una effettiva imparzialità della scuola e soprattutto il dovere dei docenti di anteporre il proprio compito di educatori a quello di esponenti politici, ovviamente durante l'orario curriculare;

la legalità scolastica non dovrebbe essere un optional ma un dovere preciso di docenti e dirigenti -:
se si intendano assumere iniziative per verificare la parzialità e faziosità nell'insegnamento della storia contemporanea attraverso testi palesemente in contraddizione con la verità storica e di fatto provocatori.
(5-05925)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 luglio 2011 n. 128 dispone, all'articolo 2 che:
«il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dal venditore o dall'importatore ed è da questo apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, su ciascun esemplare o su apposito allegato»;
«è consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1»;
«la vendita di libri ai consumatori finali è consentita con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1:
a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
b) in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e università»;

anche le biblioteche, che svolgono un fondamentale compito di diffusione assolutamente gratuita della cultura, non possono più godere per l'acquisto di libri di uno sconto superiore al 20 per cento;
precedentemente all'entrata in vigore della suindicata legge le biblioteche godevano di una scontistica certamente superiore, che in alcuni casi arrivava finanche al 35 per cento;
i forti tagli agli enti locali hanno già pesantemente inciso sulle risorse destinate dagli stessi alle biblioteche comunali e provinciali e che i minori sconti - come rilevato dall'Associazione italiana biblioteche (Aib) - determineranno un ulteriore riduzione degli acquisti di libri da parte delle biblioteche, con conseguente danno per i cittadini in termini di quantità e qualità di titoli consultabili -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire in materia adottando le necessarie iniziative normative affinché venga al più presto liberalizzato per le biblioteche lo sconto sui prezzi di copertina, garantendo così alle stesse una più elevata capacità di acquisto.
(4-14492)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella conferenza Stato-regioni del 3 marzo 2011 è stato definito ed approvato lo schema di decreto proposto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dello sviluppo economico, che

detta le condizioni (a partire dal 24 gennaio 2012) per lo svolgimento delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro (gru a torre, gru a ponte, argani, paranchi, ponti sviluppabili e altro), ricomprese nell'allegato VII del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81;
detto decreto, nell'allegato I, senza alcuna motivazione tecnica e giuridica, esclude la figura professionale del geometra dalla possibilità di effettuare tali verifiche periodiche, riservandole solo agli ingegneri ed ai periti industriali;
vengono esclusi anche i geometri che, prima nell'E.N.P.I. (Ente nazionale prevenzione infortuni) e poi, trasferite le competenze, nelle U.S.L., hanno svolto tale compito per 30-40 anni e lo svolgono ancor oggi con ampi riconoscimenti di competenza e rigore da parte delle imprese;
se tale decisione venisse confermata si perderebbe l'apporto di centinaia di tecnici, depositari di professionalità, conoscenze e competenze indispensabili per garantire continuità alla sicurezza negli ambienti di lavoro e per contribuire alla formazione di una nuova generazione di tecnici che dovrà essere pronta nell'arco di cinque anni, come previsto dal decreto attuativo emanato;
va ricordato che il piano di studi del corso per geometri, come quello per periti industriali, comprende le conoscenze tecniche (costruzioni e tecnologie dei materiali) indispensabili per eseguire le suddette verifiche periodiche con competenza e sicurezza tecnica -:
se i Ministri interrogati non ritengano di assumere con urgenza iniziative dirette alla modifica del decreto attuativo, includendo i geometri tra le figure professionali idonee a svolgere le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro di cui all'allegato VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(5-05922)

Interrogazioni a risposta scritta:

FALLICA, GRIMALDI, TERRANOVA, PUGLIESE, IAPICCA, MICCICHÈ, STAGNO D'ALCONTRES, MISITI e SOGLIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la riforma delle pensioni contenuta nella manovra «Salva Italia» del Governo Monti ha creato non pochi scompensi nel sistema pensionistico e lavorativo italiano: in particolare alcune categorie di lavoratori sono state pesantemente discriminate;
non sono stati tutelati, infatti, tra gli altri, i lavoratori delle aziende che, prima della manovra, sono stati avviati verso il cosiddetto «esodo volontario anticipato incentivato» e che con i nuovi requisiti previsti dalla legge si trovano in una posizione ambigua: sono ufficialmente fuori dalle aziende, perché «esodati» o in termini tecnici «soprannumerari», e nello stesso tempo, non ricevono alcuna indennità pensionistica perché non hanno più i requisiti per andare in pensione subito e dovranno aspettare diversi anni prima di poterlo fare; sono in pratica dei disoccupati;
tra questi lavoratori abbandonati al loro destino, in una condizione di particolare disagio si trovano quelli di Poste Italiane. L'azienda ha incentivato, infatti, negli ultimi tempi, un nutrito esodo dei suoi dipendenti più anziani che, adesso, con la nuova normativa, si troveranno senza lavoro e senza pensione; sono più di 5000;
la tutela dei diritti dei lavoratori è un valore inestimabile per la nostra democrazia e non può essere derogato in nessun modo, nemmeno in tempo di crisi economica -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per ristabilire un ordine e un equilibrio in questo settore e se abbia intenzione di proporre una norma transitoria che permetta ai lavoratori soprannumerari delle varie aziende di riacquisire le proprie prerogative.
(4-14496)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il dottor Francesco Bruno, criminologo, psichiatra e docente universitario a Salerno e alla Sapienza di Roma si sarebbe abbandonato a espressioni e concetti inaccettabili e ad aberranti affermazioni nei confronti delle persone omosessuali, definendole «malati» e «non normali»;
secondo quanto riferito dal giornalista Marco Pasqua nell'articolo pubblicato dall'edizione on line di La Repubblica, non sarebbe la prima volta che il professor Bruno ha manifestato simili concetti e per questa ragione due anni fa è stato denunciato all'Ordine dei medici, da parte dell'associazione Arcigay, relativamente ad alcune affermazioni in cui contestava la depatologizzazione dell'omosessualità decisa, nel 1990, dall'Organizzazione mondiale della sanità;
dette discutibili e inaccettabili affermazioni sono contenute nelle pagine virtuali di «Pontifex», blog che ospita spesso dichiarazioni omofobiche nei confronti di gay, lesbiche e transgender;
il professor Bruno, intervistato dal curatore del sito, afferma: «L'organizzazione mondiale della Sanità ha deciso che non si debba parlare di malattia, a proposito dell'omosessualità, e sappiamo con quali criteri ha scelto. Io rimango della mia idea e le denunce dei gay non mi fanno paura»...L'omosessualità è «anormalità...Siamo nel campo, quando la omosessualità non viene scelta volutamente, di anormalità funzionali essendo il sesso volto naturalmente alla procreazione. L'omosessuale nato lo è per un disturbo di personalità legato, probabilmente, ad una errata assimilazione dei ruoli dei genitori, o anche a cause organiche che sarebbe complicatissimo spiegare. Tuttavia, è nella stessa situazione, dal punto di vista concettuale, di chi è handicappato, sordo o cieco. Per queste categorie, con una certa ipocrisia si dice diversamente abili, non vedenti e simili. Il gay è diversamente orientato per la sessualità e quel diversamente la dice lunga sulla normalità...»;
sempre il professor Bruno a proposito dell'Organizzazione mondiale della sanità ha sostenuto che «quando i colleghi americani hanno sdoganato l'omosessualità dalle patologie, hanno fatto un grave danno e io sono contrario a quanto sostiene l'OMS. L'omosessuale, al quale va dato ogni rispetto, è clinicamente un malato, ovvero soffre di un disturbo patologico che lo altera. Inutile che questi signori vogliano convincerci che i normali siano loro. Ma sono sostenuti, parlo fuor di metafora, da lobbies potenti e forti»;
queste affermazioni vanno, ad avviso degli interroganti, ben oltre il diritto di espressione e di opinione per quanto discutibili, e rischiano di fomentare clima e atteggiamenti di intolleranza e violenza nei confronti di gay, lesbiche e transgender -:
quali iniziative intendano promuovere, sollecitare o adottare, nell'ambito delle proprie competenze anche mediante adeguate campagne informative, per ribadire il principio, già affermato dall'Organizzazione mondiale della sanità, che l'omosessualità non costituisce una patologia per evitare il diffondersi di atteggiamenti intolleranti nei confronti di gay, lesbiche e transgender.
(4-14513)

GIOVANELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. - Per sapere - premesso che:
la relazione della Corte dei conti del 2010 attesta già una scopertura dei dipendenti in servizio all'istituto Inps pari al 5,5 per cento e «per effetto di una ulteriore contrazione complessiva, che scende a 27.640 unità (28.250 nel 2009), nonostante il notevole ridimensionamento della dotazione organica da 32.074 a 29.262 posti

operato in attuazione del decreto-legge n. 194 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010»;
la Corte dei conti evidenzia che per ridurre i disservizi e il ritardo dei pagamenti da parte dell'Inps per mancanza di personale: «va conclusivamente osservato che, nel quadro dei vigenti vincoli, si confermano prioritari i consentiti istituti della mobilità e, soprattutto, delle deroghe alle assunzioni, ove siano, come nel caso dell'Inps, corroborate da motivate e documentate richieste di adeguate dotazioni di risorse umane proprie, che consentano - tra l'altro - quanto meno il ricambio delle unità di uscita, per l'assolvimento dei nuovi e crescenti compiti istituzionali»;
dalla manovra economica del precedente Governo risalente ad agosto 2011 (decreto-legge n. 138 del 2011) si stabilisce un taglio lineare degli organici degli istituti previdenziali pari al 10 per cento da effettuare entro marzo 2012;
i vincitori di concorso dal profilo B1 sono pari a 319 persone tra vincitori e idonei e 166 di questi aspettano ancora di essere integrati nonostante l'istituto previdenziale abbia bisogno di loro;
la Corte dei conti è intervenuta più volte sull'abuso del lavoro interinale e sui blocchi del turn over da parte degli enti;
il decreto cosiddetto «salva Italia» stabilisce che gli enti previdenziali Inpdap e Enpals siano accorpati nell'Inps, il che aprirà una fase di profonda riorganizzazione, per cui solo alla fine della stessa sarà possibile definire l'effettivo fabbisogno di risorse umane del nuovo ente -:
se i Ministri interrogati non intendano almeno nel caso di enti in riorganizzazione, assumere iniziative anche normative per derogare al taglio lineare del 10 per cento previsto dal decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011 e perseguire gli stessi obiettivi di risparmio attraverso altri strumenti;
se i Ministri ritengano che sempre nel caso di enti in riorganizzazione si possa assumere un'iniziativa per derogare al limite del 20 per cento del turn over al fine di garantire la necessaria flessibilità gestionale allo scopo di evitare che la riorganizzazione finisca per penalizzare l'efficace produzione dei servizi;
se al fine di non penalizzare coloro i quali hanno sostenuto con profitto prove di concorso per uno degli enti oggetto della riorganizzazione si possa prevedere un prolungamento della vigenza delle graduatorie dei concorsi medesimi;
se non sia da prevedere il divieto tassativo di ricorrere a forme di lavoro interinale o ad altre forme di somministrazione di lavoro diverse dal pieno utilizzo delle forze già disponibili e da quelle acquisibili dalle graduatorie vigenti.
(4-14514)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
i provvedimenti annunciati dal Governo in tema di liberalizzazione sembrerebbero interessare anche il settore dell'autotrasporto;
la sicurezza in questo settore deve essere alla base delle scelte del Governo ed è necessario privilegiare la garanzia dei parametri di sicurezza a qualunque altra scelta di economicità e risparmio;
i costi minimi sono stati introdotti per volontà parlamentare con l'obiettivo di impedire che sulle strade italiane viaggiassero automezzi privi della necessaria manutenzione e guidati da autisti non professionisti sottopagati;
secondo gli esperti del settore, i costi minimi che rappresentano il parametro

minimo della sicurezza incideranno per appena il 5 per cento su un fatturato di 20 miliardi di euro e per il 3 per cento su un fatturato di 15 miliardi di euro;
il settore dell'autotrasporto è caratterizzato, in Italia, da una frammentazione dell'offerta, che vede presente sul mercato un elevato numero di piccole e piccolissime imprese che lavorano in un regime di concorrenza;
ad aggravare la situazione delle imprese operanti nel settore c'è anche la criticità che si verifica in particolare nel Nord del Paese, in riferimento all'attività dei vettori di trasporto e autotrasporto di merci e passeggeri di Paesi stranieri, che dispongono di condizioni più favorevoli rispetto ai costi di esercizio e che hanno la possibilità di operare nel territorio italiano in un regime più vantaggioso rispetto alle imprese italiane;
inoltre, l'aumento costante del prezzo del gasolio e dei costi di produzione che non è possibile scaricare sulle merci trasportate è un ulteriore aggravio per un settore che sta vivendo una situazione drammatica in cui migliaia di imprese italiane hanno cessato la loro attività con gravi conseguenze sul piano economico ed occupazionale;
il grave colpo che potrebbe essere inferto al mondo dell'autotrasporto se fosse confermata la volontà da parte di questo Governo di recuperare i costi sostenuti per il gasolio dopo circa un anno e mezzo, potrebbe essere davvero quello letale -:
se trovi conferma quanto espresso in premessa in riferimento alle prossime iniziative normative in tema di liberalizzazioni del settore dell'autotrasporto e, in caso affermativo, in che modo intenda conciliare tali intendimenti con la garanzia che i requisiti di professionalità, capacità finanziaria e sicurezza siano alla base dell'attività dell'autotrasporto e che le imprese del comparto non subiscano un contraccolpo letale per la loro sopravvivenza.
(2-01315)
«Reguzzoni, Montagnoli, Desiderati».

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Binetti ed altri n. 1-00780, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Commercio.

La mozione Reguzzoni n. 1-00803, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: D'Amico, Montagnoli, Lussana, Fogliato, Fedriga, Vanalli, Fabi, Pastore, Volpi, Bragantini, Maggioni, Pini, Stucchi, Consiglio.

Pubblicazione di un testo riformulato, aggiunte di firma e contestuale ritiro di firme.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Belcastro ed altri n. 1-00697, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 506 del 21 luglio 2011, che deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brugger e contestuale ritiro delle firme dei deputati: Moffa, D'Anna, Grassano, Gianni, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Nola, Orsini, Pionati, Pisacane, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi e Taddei.

La Camera,
premesso che:
nella proposta di bilancio elaborata dalla Commissione europea e inviata al Parlamento europeo il 29 giugno 2011 è contenuta una complessiva ridefinizione dei grandi corridoi europei avviati con i TEN (trans european network);

stando a questa ridefinizione l'ex corridoio 1 Berlino-Palermo, ora diventato corridoio 5 Helsinki-La Valletta, giunto a Napoli vira verso Bari, anziché scendere in Calabria per arrivare a Palermo;
in virtù di questa rivisitazione il ponte sullo Stretto di Messina è stato cancellato dalle grandi opere infrastrutturali che dovranno essere realizzate nei prossimi anni;
questa decisione è, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inspiegabile, non solo perché penalizzerebbe fortemente il Mezzogiorno, ma soprattutto perché prevede che da Napoli e da Bari si debbano organizzare degli improbabili servizi di navi traghetto per i collegamenti successivi con il resto del Mediterraneo;
il documento della Commissione europea chiarisce che per le infrastrutture saranno disponibili complessivamente 50 miliardi di euro, di cui 10 andranno ai fondi di coesione (per il Mezzogiorno in Italia), 9,1 agli impianti energetici, 9,2 alle reti digitali e 21,7 alle infrastrutture di trasporto;
il ponte sullo Stretto, se realizzato, costituirebbe un eccezionale volano di sviluppo che può fungere, nel contempo, da traino per la realizzazione di un sistema infrastrutturale più ampio, per il potenziamento e il definitivo completamento del sistema autostradale della Salerno-Reggio Calabria e per lo sviluppo della rete ferroviaria ad alta velocità, che, al momento, giunge a Salerno;
il ponte sullo Stretto di Messina costituisce, dunque, un'opera fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno;
il precedente Esecutivo ha inserito tale opera nel piano per il Sud,


impegna il Governo


ad assumere con determinazione ogni iniziativa di competenza nelle opportune sedi dell'Unione europea affinché sia rivista la decisione di escludere il ponte sullo Stretto di Messina dalle grandi opere da finanziare e realizzare, dettata da logiche che non favoriscono lo sviluppo del Paese e del Mezzogiorno.
(1-00697)
(Nuova formulazione) «Belcastro, Iannaccone, Porfidia, Brugger».

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Garofalo n. 1-00704, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 512 del 3 agosto 2011.

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, il 28 marzo 2011, ha adottato il nuovo libro bianco dei trasporti Roadmap to a single European transport Area - towards a competitive and resource efficient transport system contenente una complessa strategia di ampio respiro sino al 2050, con la quale perseguire l'obiettivo di creare uno spazio europeo unico dei trasporti che sia caratterizzato da una maggiore concorrenza, che si basi su di una rete di trasporti pienamente integrata che colleghi i diversi modi e permetta un profondo cambiamento nei modi di trasporto per passeggeri e merci;
tra i dieci obiettivi la Commissione europea prevede che la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri debba avvenire mediante ferrovia, per cui va completata la rete ad alta velocità a livello europeo, ed è necessario che venga creato il necessario collegamento tra reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali;
il regolamento (CE) n. 1370/2007, del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, nei «considerando» n. 4 e n. 5 individua l'obiettivo per gli Stati membri

di «garantire servizi di trasporto passeggeri sicuri, efficaci e di qualità grazie a una concorrenza regolamentata, che assicuri anche la trasparenza e l'efficienza dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, tenendo conto, in particolare, dei fattori sociali, ambientali e di sviluppo regionale, o nell'offrire condizioni tariffarie specifiche a talune categorie di viaggiatori», evidenziando che «molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell'interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale. Occorre che le autorità competenti degli Stati membri abbiano la possibilità di intervenire per garantire la prestazione di tali servizi»;
ancora, il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario, nel «considerando» n. 1 prevede che: «Nel quadro della politica comune dei trasporti, è importante tutelare i diritti dei passeggeri in quanto utenti del trasporto ferroviario, nonché migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi di trasporto ferroviario di passeggeri per aiutare il trasporto su rotaia ad aumentare la sua quota di mercato rispetto ad altri modi di trasporto»;
il raggiungimento dei sopra menzionati obiettivi, sanciti a livello europeo, in Italia appare assai remoto, considerando che, al contrario, si assiste all'interno del Paese ad un aumento del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il Nord ed il Sud, con notevole aggravio delle problematiche della mobilità, in particolare nella regione Sicilia;
l'inasprimento delle suddette problematiche in Sicilia, in special modo nell'area dello Stretto di Messina, che ledono gravemente il diritto alla mobilità, quale strumento di coesione sociale, dei cittadini di fronte allo svantaggio dell'insularità, nonché lo sviluppo economico e sociale di un territorio per il quale dovrebbe essere garantita la continuità territoriale per un principio di equità, deriva principalmente dal perpetuarsi di politiche di dismissione messe in atto dal gruppo Ferrovie dello Stato, che di recente, nonostante, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dirigano la propria azione solo verso una parte del Paese, hanno assunto la nuova denominazione di Ferrovie dello Stato italiane;
negli anni si è registrata, infatti, per la Sicilia la costante e graduale riduzione del servizio di trasporto viaggiatori, soprattutto a lunga percorrenza, nonché del trasporto merci, la scarsità di ammodernamento dei servizi e della flotta navale, l'insufficienza di investimenti nella rete, la dismissione di attività ferroviarie ancora produttive, con ricadute negative sui flussi di traffico passeggeri e merci, sulla competitività delle aree, sull'occupazione e sui flussi turistici, in nome di un progetto di complessiva razionalizzazione dei servizi e della rete finalizzato unicamente alla contrazione dei costi;
il descritto quadro trova conferma nel nuovo piano industriale di Ferrovie dello Stato italiane per gli anni 2011-2015, presentato il 22 giugno 2011 dall'amministratore delegato Mauro Moretti, che prevede investimenti di ammontare complessivo pari a 27 miliardi di euro, di cui solo il 2 per cento destinato al trasporto ferroviario regionale siciliano, a fronte di ben 24,5 miliardi finalizzati, nell'arco di 4 anni, al potenziamento dell'alta velocità;
in una delle tabelle illustrative del piano contenente le «principali opere in corso» sono indicati, unicamente, il raddoppio della tratta Palermo-Messina (Fiumetorto-Castelbuono) - in particolare, tra le attivazioni tra il 2011 e il 2015), il raddoppio Fiumetorto-Ogliastrillo ed il raddoppio Messina-Catania (nodo Catania);
le citate opere, insieme all'asse ferroviario Palermo-Punta Raisi-Trapani, il nodo di Palermo, l'asse ferroviario Catania-Siracusa, fanno parte di una serie di interventi progettati, nessuno dei quali, in un arco temporale che va dal 1981, anno

in cui vennero trasferiti alle Ferrovie dello Stato 12.000 miliardi di lire per il rilancio dell'intera rete ferroviaria italiana, ad oggi è stato ultimato;
sono, infatti, rimasti incompiuti in trent'anni i 250 chilometri della rete ferroviaria della regione Sicilia a fronte di 1050 chilometri di nuova rete ad alta velocità, all'interno dei quali ci sono, ad esempio, addirittura 90 chilometri di galleria nella relazione Firenze-Bologna, portati a compimento in 14 anni;
a dimostrazione di questo perdurante ed iniquo ordine di priorità del gruppo, vengono destinate nel piano cifre ingenti per la realizzazione delle nuove stazioni dell'alta velocità come Torino Porta Susa, Firenze, Reggio Emilia, Napoli Afragola e Vesuvio Est, Roma Tiburtina, mentre nulla è previsto per la nuova stazione di Messina, che dovrebbe essere prevista nell'ambito del progetto delle opere ferroviarie connesse alla costruzione del ponte sullo Stretto, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane un anno fa avesse esplicitato la necessità del collegamento delle più importanti città siciliane con linee dotate delle stesse caratteristiche delle principali linee nazionali;
occorre, altresì, rilevare l'assenza nel piano industriale di linee programmatiche riferite all'area dello Stretto di Messina riguardanti il segmento della navigazione, quali, ad esempio, l'implementazione dei volumi di traffico Metromare ed il segmento gommato-pendolare;
in linea con la ben nota logica aziendale di Ferrovie dello Stato italiane tesa al perseguimento di obiettivi economico-finanziari che premia solo i servizi ferroviari maggiormente remunerativi, non si riscontra nel piano alcun riferimento al servizio ferroviario di lunga percorrenza da e verso la Sicilia, in quanto servizio in perdita, nonostante svolga un ruolo fondamentale date le peculiarità geografiche e morfologiche del territorio, per garantire ai cittadini la mobilità tra i diversi territori per fini di lavoro, di studio e turistici, servendo diverse regioni e centri urbani medio-grandi, non interessati dall'alta velocità;
proprio a riguardo del servizio di media e lunga percorrenza, addirittura con l'entrata in vigore della nuova offerta ferroviaria 2011-2012 di Trenitalia, il 12 dicembre 2011 sono stati soppressi tutti i treni notturni da e per la Sicilia e, precisamente, le tre coppie di collegamenti giornalieri notturni che circolavano sulle relazioni Palermo-Torino/Milano/Venezia, con sezioni da/per Siracusa, e che viceversa oggi si attestano a Roma con interscambio con i servizi di alta velocità per le citate destinazioni;
il disastroso intervento, nato allo scopo di riorganizzare l'offerta considerata la mancata redditività del servizio, sta provocando enormi disagi all'utenza sia in termini economici poiché i prezzi dei biglietti per la percorrenza delle suddette tratte sono lievitati sia per l'oggettiva difficoltà e scomodità di effettuare in piena notte trasbordi da un treno all'altro;
tale decisione aziendale ha comportato, altresì, una grave crisi occupazionale essendosi registrati circa 1700 esuberi, 900 tra il personale di Trenitalia e oltre 800 tra i dipendenti delle ditte in appalto o in subappalto, di questi 85, solo a Messina, sono dipendenti della Servirail ex-Wagon Lits;
la suddetta logica della redditività, applicata indiscriminatamente, contrasta in maniera vistosa con il ruolo di concessionario di un servizio pubblico universale rivestito da Ferrovie dello Stato italiane, la cui strategia aziendale dovrebbe essere coerente con un rapporto domanda-offerta legato al contratto di servizio con lo Stato, finalizzato a garantire quei servizi di trasporto ferroviario che, indipendentemente dal loro equilibrio finanziario, sono ritenuti di utilità sociale e i cui obblighi non possono essere puntualmente disattesi a causa di incapacità gestionale;
occorre, inoltre, sottolineare l'assenza di ogni programmazione finalizzata

non solo all'incremento, ma anche alla competitività e produttività del servizio attualmente offerto attraverso investimenti finalizzati alla modernizzazione delle rete, nonché alla messa in circolazione di carrozze nuove, stante il fatto che in Sicilia molte linee ferroviarie sono vetuste e prive di doppi binari e su queste viaggiano treni lenti e con carrozze vecchie e malridotte;
le descritte assenze nella programmazione industriale recentemente illustrata da Ferrovie dello Stato italiane costituiscono, dunque, l'ultimo segnale di un'opera che, lungi dall'essere un progetto chiaro di complessiva razionalizzazione ed efficientamento delle peculiari attività ferroviarie nell'area dello Stretto, dal traghettamento alle realtà manutentive esistenti, si sta traducendo da anni in una serie di disorganiche operazioni di smantellamento;
in particolare, ciò viene mostrato dall'annunciata chiusura dell'officina grandi riparazioni di Gazzi, la più grande realtà manutentiva di vetture ferroviarie della Sicilia, sempre in linea con gli obiettivi aziendali, che dovrebbe avvenire entro i prossimi 30 mesi, in conseguenza del ridisegno del reticolo manutentivo nazionale dal quale verrebbe esclusa proprio la realtà messinese con l'utilizzo esclusivo delle infrastrutture industriali del Nord, ufficialmente motivata dalla necessità di liberare le aree indispensabili per la costruzione del ponte sullo Stretto, sebbene non vi sia chiarezza su quali siano le superfici realmente interessate dai futuri lavori e su quale sia la specifica destinazione d'uso delle aree in questione;
ulteriore segnale della suddetta opera di dismissione delle attività esistenti è la chiusura, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo immotivata, prevista entro il 2011, della sede di Messina della Italferr spa, società che espleta da anni con successo compiti di progettazione ed esecuzione delle linee ad alta velocità/capacità e degli itinerari e nodi ferroviari, che comporterà notevoli disagi nonché danni economici ai qualificati soggetti che vi operano e alle loro famiglie costretti al trasferimento;
nel piano, inoltre, non si riscontra alcun riferimento all'alta velocità/alta capacità per la Sicilia, nonostante il gruppo Ferrovie dello Stato italiane abbia preso precisi impegni per il completamento del corridoio 1 Berlino-Palermo e per il miglioramento della rete ferroviaria siciliana, secondo quanto esplicitamente dichiarato dall'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane in occasione della presentazione del progetto per il ponte sullo Stretto;
con riferimento al citato corridoio 1, si registra la nuova proposta di regolamento elaborata dal Commissario europeo per trasporti Siim Kallas relativa alla rete trans-europea dei trasporti, che prevede, accanto ad una rete globale di base, costituita da tutte le infrastrutture per i trasporti di rilevanza europea, una rete principale costituita dalle parti più importanti della rete trans-europea dei trasporti, cosiddetto core network;
la suddetta proposta di regolamento, che sostituirà la decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sugli orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, è stata presentata dal vice Presidente della Commissione europea nella seduta del 19 ottobre 2011 e comprende il corridoio Berlino-Palermo che, nella nuova programmazione, ha assunto la denominazione di corridoio Helsinki-La Valletta;
tale corridoio, oltre ad estendersi a sud-est con la diramazione Napoli-Bari-Taranto, si sviluppa nel territorio della regione Sicilia secondo la direttrice Messina-Catania-Enna-Palermo, per consentire di servire i principali nodi urbani dell'isola e di migliorare i collegamenti ferroviari con i porti di Catania, Augusta e Palermo;
tale previsione risulta indispensabile per riaffermare l'intero progetto infrastrutturale per il rilancio del Sud, che

comprende l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, l'alta velocità ferroviaria nella medesima tratta, il ponte sullo Stretto di Messina, l'alta velocità Messina-Catania-Palermo ed il rilancio dei porti di Gioia Tauro e di Palermo,


impegna il Governo:


ad intervenire, in qualità di azionista unico del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e di decisore strategico, in modo risolutivo e tempestivo per assicurare servizi di mobilità uniformi in tutto il territorio nazionale e per ripristinare il servizio universale del trasporto ferroviario in Sicilia, anche con riferimento alle recenti scelte che hanno inopinatamente penalizzato il servizio dei treni notturni, con gravi ricadute occupazionali;
a rafforzare il ruolo di indirizzo e di programmazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella politica industriale nel settore dei trasporti ferroviari passeggeri e merci, al fine di impedire lo smantellamento indiscriminato delle attività ferroviarie gestite da Ferrovie dello Stato italiane e dalle società del gruppo in Sicilia e, in particolare, nell'area dello Stretto di Messina;
ad attivare strumenti di interlocuzione col Parlamento in merito alla suddetta politica industriale per il trasporto ferroviario passeggeri e merci, attraverso i quali rendere noti e trasparenti parametri essenziali, in base ai quali si compongono costi e remunerazioni del servizio ferroviario universale, nonché i criteri utilizzati per l'individuazione delle priorità e delle conseguenti dismissioni di servizi;
a definire una precisa e chiara strategia di sostegno e di sviluppo del sistema dei trasporti ferroviari di persone e merci che contemperi le esigenze di risanamento e di razionalizzazione con la necessità di rilancio dell'offerta ferroviaria in Sicilia, con particolare riguardo all'area dello Stretto di Messina, con la salvaguardia delle attività produttive esistenti, in modo da garantire l'efficienza, in termini quantitativi e qualitativi, dei servizi ai cittadini;
ad adottare strumenti di pianificazione per la gestione degli investimenti programmatici tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il gestore dell'infrastruttura ferroviaria dotati di obbligatorietà, anche sotto il profilo dell'impegno di spesa, in modo da consentire che le opere ferroviarie di cui sia avviata la fase della programmazione possano giungere in tempi certi alla progettazione esecutiva ed alla relativa realizzazione;
a svolgere presso le istituzioni europee una costante azione di monitoraggio delle fasi per l'adozione del nuovo regolamento relativo alla rete trans-europea dei trasporti affinché all'interno del corridoio Helsinki-La Valletta sia rimarcata la centralità dello sviluppo dell'estensione da Napoli a Palermo, al fine di scongiurare ogni pericolo d'isolamento della Sicilia dal resto d'Europa, con la previsione per l'isola delle stesse garanzie di collegamento alla terraferma concesse ad altri Paesi europei, e di riaffermare il Meridione quale futuro baricentro della zona di libero scambio euromediterraneo.
(1-00704)
(Nuova formulazione) «Garofalo, Antonio Martino, La Loggia, Valducci, Laffranco, Santelli, Bernardo, Catanoso, Cristaldi, Dima, D'Ippolito Vitale, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Galati, Germanà, Giammanco, Gibiino, Golfo, Marinello, Minardo, Misuraca, Pagano, Palumbo, Scapagnini, Torrisi, Traversa, Versace».

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Di Giuseppe n. 7-00749, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 568 dell'11 gennaio 2012.

La XIII Commissione,
premesso che:
nel 1980, l'Unione europea ha istituito le quote di produzione «quote latte»,

allo scopo di: contenere le eccedenze del settore agricolo ed in particolare del comparto lattiero-caseario; controllare e migliorare l'equilibrio del mercato comunitario;
la normativa comunitaria richiede un complesso sistema organizzativo di ripartire il quantitativo globale garantito, attribuito dalla Unione europea ad ogni Stato membro, in quote individuali da assegnare ai produttori, per poi procedere alla riscossione delle multe (il cosiddetto «prelievo supplementare») da questi ultimi dovute sulla produzione eccedente;
l'applicazione del sistema è stata segnata da continui «splafonamenti» della quota produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie; d'altra parte l'assegnazione effettuata dalla Comunità non è mai stata ritenuta dall'Italia adeguata alle sue necessità né corrispondente al dato reale di produzione. In tale contesto è intervenuto il decreto-legge n. 49 del 2003, tuttora in vigore, che profondamente modificato dal Parlamento con la legge di conversione n. 119 del 2003, ha introdotto una riforma organica delle norme sul prelievo supplementare;
l'assegnazione di nuove quote di produzione lattiera all'Italia ha indotto il Governo a definire con il decreto-legge n. 5 del 2009, convertito dalla legge n. 33 del 2009, i nuovi criteri per il riparto tra i produttori del settore;
con il decreto-legge n. 225 del 2010 è stata introdotta la sospensione fino al 31 giugno 2011 di tutti i pagamenti previsti dai piani di rateizzazione delle multe da parte dei produttori interessati in scadenza entro il 31 dicembre 2010;
l'annosa vicenda delle quote latte non ha premiato la legalità e la trasparenza di coloro che, mettendo anche a rischio la propria attività d'impresa, hanno sempre rispettato le regole sulle quote latte sancite dal decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119;
al fine di definire in maniera esaustiva e definitiva, il quadro completo dell'intera vicenda, il gruppo Italia dei Valori con atti di sindacato ispettivo, ai quali finora non è stata data alcuna risposta, ha inteso far chiarezza anche riguardo alla verifica dei dati produttivi e delle imputazioni dei prelievi supplementari dall'annata 1995 all'annata 2009 che Agea avrebbe dovuto già rendere noti;
il Governo precedente è intervenuto sul settore lattiero caseario ma con modalità che ad avviso dei firmatari del presente atto di certo non hanno premiato il rispetto delle regole; ancora oggi si continua a rimandare l'applicazione di misure già previste, quali quelle per favorire l'accesso al credito dei produttori che darebbe maggiore impulso al comparto;
infatti, il decreto-legge n. 5 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, all'articolo 8-septies, comma 2, prevede risorse per 45 milioni di euro ai fini dell'accesso ai credito per i produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione del decreto-legge, n. 49 del 2003, convertito con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, specificando che possono avvalersi, sino all'emanazione del decreto che disciplinerà il funzionamento del fondo finanza di impresa, del fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, come rifinanziato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 185 del 2008;
il citato articolo 8-septies, prevede per la sua concreta attuazione l'emanazione di un apposito decreto da parte del competente Ministro dell'economia e finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali che non è stato ad oggi predisposto dal Ministro proponente,


impegna il Governo:


ad adottare i provvedimenti attuativi a sostegno dei produttori lattiero caseari previsti dall'articolo 8-septies, comma 2 (disposizioni finanziarie) del decreto-legge

n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, al fine di reperire le risorse pari a 45 milioni di euro a favore di coloro che hanno sempre operato nel rispetto delle regole;
a richiedere in maniera esauriente ed ultimativa all'Agea i dati produttivi e dell'anagrafe zootecnica alla base delle compensazioni e dei super prelievi computati a tutti i produttori dall'annata 1995 all'annata 2009 (così come già richiesto dall'Agecontrol Spa con il progetto start up del 4 novembre 2011);
previo l'acquisizione dei dati di cui sopra, a porre in essere iniziative anche di tipo normativo per procedere alla riscossione delle multe per le quote latte al fine di garantire il recupero delle somme ed evitare che l'Italia sia sottoposta a procedure di infrazione, nonché a tutelare i produttori che si sono messi in regola.
(7-00749) «Di Giuseppe, Messina, Rota».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Di Stanislao n. 1-00577 del 28 febbraio 2011;
mozione Leoluca Orlando n. 1-00721 del 6 ottobre 2011.