XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 22 dicembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La I Commissione,
premesso che:
nell'ambito della governance locale si registra la necessità di una crescente professionalizzazione dei soggetti preposti alla direzione politica; i patti di stabilità imposti dalle esigenze di finanza pubblica, e più in generale gli obblighi di stretto controllo della spesa e dell'allocazione delle risorse umane e finanziarie, adottati in particolare con le manovre dell'estate/autunno 2011, hanno trasformato le figure del sindaco e del presidente della provincia da figure meramente politiche, in più complesse figure tecnico politiche;
la legge 25 marzo 1993, n. 81, confluita poi nel testo unico degli enti locali (TUEL, decreto legislativo n. 267 del 2000), ha introdotto nell'ordinamento l'elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia e, all'articolo 51, comma 2, stabilisce che queste figure non sono immediatamente rieleggibili alla medesima carica dopo due mandati consecutivi;
la ratio della disciplina è solitamente rinvenuta nell'esigenza di bilanciare i maggiori poteri riconosciuti al sindaco e al presidente di provincia dalla legge del 1993 rispetto a quelli delle giunte e dei consigli, attraverso un limite alla permanenza in carica;
in ambito giurisprudenziale la ratio legis è stata individuata nell'esigenza di favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitarne la soggettivizzazione (in questo senso la Corte di cassazione, I sezione civile, nella sentenza 20 maggio 2006 n. 11895, tenuto conto anche dei lavori preparatori della legge n. 81 del 1993);
queste argomentazioni, delle quali non si contesta la validità, contrastano con l'esigenza della professionalizzazione del personale politico e in ogni caso cessano di avere rilievo nel caso in cui il terzo mandato sia svolto presso un ente diverso da quello in cui si sono svolti i primi due;
l'esame dei dibattiti parlamentari che hanno portato all'approvazione delle norme originarie chiarisce, al di là di ogni ragionevole dubbio, che ci si stesse riferendo al terzo mandato nell'ambito del medesimo comune o provincia e non al caso in cui il terzo mandato consecutivo venga svolto presso un comune (o provincia) diversi da quello presso il quale il soggetto politico abbia ricoperto consecutivamente i due mandati precedenti;
ricevuta la richiesta di parere sul punto, l'ANCI ha accolto questa impostazione, ritenendo che «...chi abbia ricoperto per due volte consecutive il mandato di sindaco presso un ente, possa ricandidarsi per la stessa carica presso un ente diverso...»;
si impone la necessità di superare le difficoltà interpretative attualmente esistenti, consentendo una corretta formazione delle liste e delle candidature e l'esercizio delle cariche pubbliche nel rispetto del voto espresso dagli elettori,


impegna il Governo


ad emanare sollecitamente una circolare interpretativa della norma che chiarisca come il divieto del terzo mandato dei sindaci si riferisca esclusivamente al mandato esercitato presso il medesimo comune o provincia e non ad eventuali successivi mandati esercitati, anche continuativamente, presso altri comuni e province.
(7-00747) «Bianconi, Ascierto».

La VI Commissione,
premesso che:
l'efficacia del sistema catastale nel rappresentare fedelmente i caratteri e la consistenza del patrimonio immobiliare nazionale, fondiario ed edilizio, con la

relativa titolarità ed i valori reddituali cui deve fare riferimento l'imposizione tributaria è stata messa progressivamente in crisi, nel corso degli anni, dal 1939 in poi;
a tale negativo esito hanno contribuito vari fattori legati allo sviluppo economico e sociale del Paese che non sempre è stato accompagnato da una rigorosa attenzione degli organi preposti alle conseguenze che esso ha prodotto nelle città e nelle campagne sui valori di rendita fondiaria e urbana;
anche in conseguenza di tale inefficacia dell'azione pubblica non sempre i possessori di rendita hanno regolarmente assicurato l'aggiornamento, previsto dalla legge, del censimento originario sia in sede di nuova edificazione (accatastamento), sia in sede di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente (variazione), accentuando così una divaricazione tra consistenza fisica del patrimonio e la sua rappresentazione in catasto;
solo parzialmente ha potuto porre rimedio a tutto ciò l'iniziativa degli uffici catastali attraverso la ricognizione periodica delle trasformazioni urbanistico-edilizia sia a causa di inadeguati strumenti normativi, sia per l'utilizzo delle risorse disponibili per attività contingenti e periodiche legate all'afflusso devastante degli aggiornamenti legati ai condoni edilizi;
le rilevanti modificazioni del mercato immobiliare e dei valori degli immobili sono venuti modificandosi - in termini assoluti e differenziali tra le diverse aree geografiche - senza che si sia verificato, di fatto, alcun aggiornamento ai fini tributari fino agli anni 90, se si escludono le deliberazioni assunte in occasione della manovra economica e finanziaria del dicembre 2011;
le modalità tecnico estimative sono ancora sostanzialmente ferme all'epoca della legge istitutiva del 1939 ed escludono quindi dalla valutazione complessiva del valore degli immobili la relazione con il contesto urbano, le dotazioni di servizi territoriali, l'inserimento urbanistico;
da lungo tempo si invoca una riforma del catasto che recuperi una piena efficacia e giustizia tributaria del sistema di valutazione e di imposizione fiscale legato al possesso degli immobili;
ancora oggi in tutte le indagini specializzate disponibili appaiono sperequazioni eclatanti tra zone di grande pregio edilizio e urbanistico e zone di più basso pregio, tra centro e periferia delle grandi città che contribuiscono ad alimentare la convinzione di un sistema fiscale inefficace e ingiusto;
già da vari anni alcune categorie «ultrapopolari» come le A/5 sono state abolite da specifiche circolari ministeriali, ma continuano ad essere di fatto alla base dei calcoli di rendita di immobili pregiatissimi e di straordinario valore soprattutto nei centri storico-monumentali delle maggiori città italiane;
tale stato di fatto non appare più sostenibile in linea generale e ancor di più in un momento di grave difficoltà economica e finanziaria che vede il Paese impegnato in un grande sforzo collettivo per superare tale difficoltà che deve necessariamente coniugarsi a criteri di equità sociale;
la riforma del catasto nella direzione di un complessivo aggiornamento delle categorie di valutazione, dei criteri estimativi, delle tecnologie di rilevazione territoriale, di un pieno decentramento delle attività costituisce uno dei temi irrisolti benché ripetutamente dibattuti e rinviati da almeno quindici anni da vari Governi e da varie legislature;
il Governo, in occasione della presente manovra economica-finanziaria, ha ritenuto di estrapolare tale terna dall'insieme della proposta al fine di distinguere le misure di carattere strettamente finanziario da quelle di natura ordinamentale;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha tuttavia ribadito l'impegno ad affrontare con decisione il tema della

riforma del catasto con atti specifici conseguenti ad una elaborazione già per larga parte predisposta,


impegna il Governo:


a promuovere in tempi brevi e comunque non oltre il 30 giugno 2011 una radicale riforma del sistema catastale non limitata ad una revisione dell'attuale sistema sulla base dei criteri vigenti;
ad assicurare, attraverso tale riforma, i requisiti minimi di «oggettività delle stime» in funzione delle caratteristiche maggiormente incidenti sull'apprezzamento delle stesse da parte del mercato e sulla base di criteri e modelli metodologici trasparenti e garanti dell'uniformità applicativa a livello nazionale;
a perseguire per questa via un'azione di riequilibrio del carico fiscale tra i contribuenti e una giusta valutazione dei patrimoni ai fini della più equa partecipazione allo sforzo nazionale di risanamento economico e finanziario dell'Italia;
a fornire ogni elemento utile in merito contenuti e ai tempi della riforma.
(7-00748)«Causi, Morassut».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per il superamento dell'emergenza rifiuti nel territorio della Calabria, il commissario delegato preposto autorizzava la costruzione di una discarica di rifiuti solidi urbani nel comune di Malicuccà in località «La Zingara»;
numerose notizie stampa, cui si affiancano atti formali di denuncia da parte delle associazioni ambientaliste locali, del sindaco di Bagnara Calabra e da ultimo della Cgil, riportano presunte irregolarità sia nella scelta del sito sia nella realizzazione della stessa;
nel dettaglio di quanto scritto dagli organi d'informazione, si evince che nei pressi del sito individuato per lo smaltimento dei rifiuti vi erano pozzi artesiani, poi asciugati ed interrati, riconducibili alla sottostante falda acquifera che alimenta l'acquedotto denominato «Vina». Tale acquedotto rifornisce di acqua destinata a consumo umano i comuni di Palmi, Seminara, Melicuccà S. Anna, Taureana parte di Gioia Tauro e parte di Rosarno. Il rischio concreto di un'eventuale contaminazione delle acque potabili ha altresì indotto il commissario prefettizio di Palmi ad inviare al commissario straordinario una nota nella quale chiedeva rassicurazioni in merito;
sempre da quanto riportato dalla stampa e da video girati dalle associazioni testé citate, si stanno inoltre riscontrando, nei lavori di realizzazione della discarica, delle differenze sostanziali rispetto al progetto iniziale presentato, difformità che riguarderebbero le effettive dimensioni realizzate che vanno ben oltre quelle riportate inizialmente;
altro aspetto che desta preoccupazione è la presenza, proprio nel mezzo della discarica, di tralicci della Terna di tensione nominale 380.000 volt i cui cavi passano proprio sopra le vasche di accumulo da dove, secondo quanto in progetto, dovranno essere estratti biogas facilmente infiammabili -:
se intendano assumere iniziative affinché vi sia la massima trasparenza sia durante la finale fase realizzativa che durante la gestione della discarica in grado di rassicurare le popolazioni locali;

se non ritenga opportuno prevedere verifiche periodiche, da parte dei soggetti proposti a controlli che attestino la regolarità dei lavori e la loro conformità al progetto presentato ed alla normativa vigente;
se non ritenga necessario approfondire le motivazioni che sono state alla base della scelta del sito, visto che proprio in prossimità di esso vi sono già altre discariche esaurite e non ancora bonificate le quali già sottopongono l'intero territorio a stress ambientali di un certo rilievo e visto che per la realizzazione di tale opera sono stati divelti storici uliveti come attestano numerose testimonianze;
se non ritenga infine necessario, data la presenza di numerosi impianti non a norma insistenti nel territorio calabrese e gli episodi di mala gestione pubblica legata ad una forte presenza della criminalità, in fase di collaudo degli impianti, che avverrà presumibilmente nei primi mesi del prossimo anno, predisporre un'equipe di esperti terzi in grado di riscuotere la fiducia dei cittadini.
(4-14338)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la notissima tragedia verificatasi a Barletta in cui cinque donne sono morte per il crollo di una palazzina sul laboratorio tessile in cui lavoravano - in nero -, ha nuovamente riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il fenomeno delle morti bianche dovute all'assenza di norme e strumenti di sicurezza o comunque alla loro elusione atti prevenire incidenti sui luoghi di lavoro;
la scarsa attenzione mediatica in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro è evidenziata dallo spazio marginale ad esso dedicato anche nei notiziari televisivi (dati osservatorio europeo sulla sicurezza, curati dall'osservatorio di Pavia, da Demos e dalla fondazione Unipolis: considerando tutti i Tg nazionali di prima serata - Rai, Mediaset e La 7 - nei primi nove mesi del 2011, le notizie relative a incidenti sul lavoro risultano 32 e pesano per lo 0,1 per cento sul totale, cioè, praticamente nulla). Ciò riporta ad un livello di sensibilità sociale ridotto e certamente non adeguato;
purtroppo i media si concentrano sui fatti più eclatanti e soltanto per il tempo limitato al clamore degli incidenti come, ad esempio, nel caso della multinazionale Thyssen a Torino, dove sette ragazzi hanno trovato la morte per un inaccettabile incidente sul lavoro in relazione al quale la magistratura ha dimostrato la gravissima responsabilità dei dirigenti aziendali che non applicavano le norme sulla sicurezza. Misfatti di tale portata non possono essere tollerati né accettati;
dai dati dell'Osservatorio indipendente di Bologna sulle morti per infortuni sul lavoro (curato da Carlo Soricelli), tale fenomeno appare di proporzioni ampie e drammatiche. Infatti tra il 1o gennaio e il 9 ottobre 2011 si registrano ben 514 morti, che salgono a oltre 830, se si considerano gli incidenti nel percorso fra casa e lavoro con un aumento dei decessi del 13 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
si tratta quindi di un «massacro diffuso» causato dal lavoro svolto in condizioni spesso precarie, irregolari e al di fuori di controlli, garanzie, norme. Tutto ciò in nome del mercato, del risultato e del profitto d'impresa;
dai dati diffusi oggi dall'Anmil in occasione della 61a giornata nazionale per le vittime di incidenti sul lavoro indicano che ogni giorno tre persone muoiono sul lavoro;
il presidente dell'Anmil, Bettoni, ha dichiarato che, pur risultando in calo gli infortuni cosiddetti in itinere, si assiste «ad un aumento preoccupante dei decessi nel settore dei trasporti e nel lavoro femminile, nonché nella fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni»;
in questo quadro s'inserisce ad esempio, il gravissimo incidente in cui sono

incorsi quattro informatori scientifici della multinazionale Astrazeneca mentre si recavano tutti con la stessa autovettura aziendale ad una riunione di lavoro da Roma a Napoli. Tre sono morti ed un quarto risulta in gravi condizioni;
risulterebbe peraltro che in tale azienda i rappresentanti della sicurezza per diversi anni non hanno firmato il verbale allegato al documento di valutazione dei rischi perché in evidente contrasto con la valutazione dei rischi avanzata dall'azienda, presentando addirittura un loro verbale da allegare al documento medesimo;
al riguardo, non solo sussisterebbe uno stress lavoro correlato non adeguatamente valutato per questi lavoratori a cui viene imposto di visitare un cospicuo numero di medici giornaliero, ma spesso le scelte aziendali all'utilizzo dell'auto aziendale, anziché favorire i più sicuri mezzi di trasporto pubblici quali ad esempio i treni;
troppo spesso la logica del profitto mette in secondo piano il rispetto della persona umana prima ancora che i diritti dei lavoratori -:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere iniziative al fine di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro;
quali iniziative intendano assumere nei confronti delle aziende dove si sono verificati incidenti sul lavoro mortali.
(4-14350)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

SBAI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la resistenza siriana è formata da svariate realtà e componenti che non fanno riferimento ad una unica matrice, né etnica né religiosa;
la comunità siriana a Roma, che ha ben presente questa realtà di fatto, manifesta insofferenza per alcune situazioni nelle quali essa non è stata rispettata;
in una e-mail di protesta e in svariate telefonate si fa esplicito riferimento all'incontro del Ministro degli affari esteri con una pseudo-rappresentanza degli insorti siriani, alla cui testa vi era Mohamed Nour Dachan;
a quanto consta all'interrogante, la comunità siriana a Roma fa quindi presente che non si sente rappresentata da questa presunta leadership del suddetto Nour Dachan;
Mohamed Nour Dachan è stato presidente dell'UCOII (Unione delle comunità islamiche in Italia), piccola associazione non rappresentativa, che non ha firmato la Carta d'intenti dell'Islam italiano nel 2009;
la mancata firma veniva dalla motivazione che nella Carta si faceva riferimento «all'uguaglianza fra uomo e donna»;
Mohamed Nour Dachan è stato protagonista di parecchie cause intentate contro giornalisti italiani e stranieri che lo hanno additato di appartenenza ai Fratelli musulmani;
vicino ai fratelli musulmani, oltre a Nour Dachan, è anche Rachid Ghannouchi, in esilio per vent'anni in Inghilterra per il medesimo motivo e ora tornato in Tunisia -:
come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda;
se il Governo intenda porre in essere delle verifiche in ordine alla presenza di Nour Dachan in detta rappresentanza;
come il Governo intenda gestire i rapporti con la vera comunità siriana a Roma che al momento non si ritiene rappresentata.
(3-01993)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BARBI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'Unione europea ha istituito l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e un servizio diplomatico europeo per l'azione esterna (Seae) chiamato ad assistere l'Alto rappresentante, con l'ambizione di rafforzare la definizione delle proprie azioni in una materia strategica come quella della politica estera, della difesa comune e della sicurezza europea;
nel 2012 dovrebbe essere presentata una prima relazione sull'operatività del Seae, mentre un riesame completo del suo funzionamento e dell'organizzazione dovrebbe aver luogo nel 2014;
ad appena un anno di distanza dall'entrata in funziona del Seae, un recente articolo comparso sul quotidiano tedesco Frankfurter Allegemeine Zeitung del 14 dicembre 2011, riferisce di una lettera firmata da dodici Ministri degli affari esteri degli Stati dell'Unione - tra cui compare anche quello italiano, insieme ai Ministri di Germania, Francia e Polonia - dalla quale si trae un primo bilancio negativo circa il funzionamento del nuovo servizio;
le questioni segnalate nella su citata lettera evidenzierebbero un atteggiamento scarsamente collaborativo, quando non apertamente ostile, da parte della Commissione europea verso il nuovo servizio, tra cui rileverebbero: la cessata assegnazione al servizio di candidati provenienti dai paesi-membri, con evidente aggiramento della disposizione che prevedeva che un terzo del personale del servizio dovesse provenire dagli stessi paesi membri - una disposizione disattesa anche a causa del trasferimento del personale di interi dipartimenti della Commissione per essere assegnati al nuovo servizio; sussisterebbe una disparità di trattamento tra candidati esterni alla Commissione (inquadrati al livello più basso) e candidati della Commissione (con il mantenimento del loro inquadramento), insieme alla scarsa dimestichezza con le questioni diplomatiche dei funzionari della Commissione inviati all'estero, spesso tecnici specialisti in materie meramente settoriali; le disposizioni date alle direzioni generali ai loro funzionari distaccati nelle sedi dell'Unione europea all'estero avverrebbero frequentemente senza informare i relativi ambasciatori; l'Alto commissario sarebbe impossibilitato a partecipare alla preparazione degli incontri dei commissari che hanno competenze incidenti sulle relazioni esterne; l'elaborazione di importanti prese di posizione sulla politica di vicinato meridionale dell'Unione europea sarebbe avvenuta senza alcun coinvolgimento dell'Alto commissario; gli euro-ambasciatori sarebbero impegnati in eccessivi carichi burocratici secondo procedure che non consentono la delega di firma;
la suddetta lettera conterrebbe, altresì, dettagliate proposte di riforma, rivolte all'Alto rappresentante Catherine Ashton, concernenti aspetti significativi del servizio, come le procedure interne, il lavoro dei nuovi ambasciatori dell'Unione europea, la collaborazione con la Commissione europea e la collaborazione degli Stati membri -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se corrisponda al vero il contenuto della lettera di cui riferisce il quotidiano tedesco;
quali siano state, ad oggi, le reazioni e le eventuali risposte alla succitata lettera, da parte dei diretti destinatari, della Commissione e del Parlamento europeo.
(5-05865)

Interrogazione a risposta scritta:

BARBATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in base a notizie riportate dal settimanale L'Espresso della settimana 14/19 novembre 2011 (pagina 98), a firma di

Michele Sasso è attivo un traffico di esseri umani e organi al confine tra Egitto ed Israele di cittadini eritrei che scappano dal proprio Paese;
la tratta ed il traffico di esseri umani è un abominio giuridico, umano, spirituale, condannato e messo al bando dall'800 cominciando dalla «Convenzione internazionale sulla schiavitù» di Ginevra per continuare nel 1948 con la «Dichiarazione Universale dei diritti umani dell'ONU»;
all'articolo 4 di detta «Dichiarazione universale» è stabilito: «Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù: la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma» e che la Convenzione ONU per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e la dignità dell'essere umano con riguardo all'applicazione della biologia e della medicina del 1997, stabilisce nel capitolo VII il «Divieto di lucro e uso di una parte del corpo umano» -:
quali azioni intenda il Governo adottare (anche in sede europea) per evitare il protrarsi della tratta e il traffico di uomini tra l'Egitto e Israele;
se ritenga il Ministro interrogato che gli accordi di amicizia tra l'Italia e la Libia abbiano peggiorato la situazione dei migranti con il carcere dei migranti eritrei in Libia;
quali relazioni sussistano tra il nostro Paese e il Governo di Asmara;
quali strumenti abbia adottato il nostro Paese per evitare la repressione interna e l'appoggio dell'Eritrea al terrorismo internazionale che ha portato alla risoluzione dell'Onu del 23 dicembre 2009 la quale prevede l'embargo per i membri del Governo di Asmara;
se il Governo intenda disporre un'indagine conoscitiva atta a verificare la situazione rappresentata nel servizio giornalistico citato ed adottare i provvedimenti opportuni sul piano internazionale affinché sulla vicenda si possa fare luce invitando l'Alto commissariato per i rifugiati ad intervenire prontamente con l'istituzione di un ufficio al confine tra Egitto ed Israele.
(4-14337)

TESTO AGGIORNATO AL 13 MARZO 2012

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, MIGLIOLI e MOTTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 30 luglio 2002, la, società Indipendent gas management S.R.L. (IGM), ha presentato al Ministero delle attività produttive istanza per concessione di stoccaggio sotterraneo di gas naturale nell'area di «Rivara», provincia di Modena, comprendendo porzioni territoriali dei comuni di San Felice Sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola, e Crevalcore in provincia di Bologna;
il progetto prevede uno stoccaggio di 3,2 miliardi di gas in un'area di 120 chilometri quadri e sarebbe, in Italia, il primo impianto di questo tipo;
nel 2005 è stato espresso parere favorevole sull'idoneità tecnica del progetto. Nel novembre 2006 è iniziata l'istruttoria per la valutazione di impatto ambientale conclusasi, nel luglio 2007, con la richiesta al soggetto proponente di fornire ulteriori chiarimenti e integrazioni in mancanza dei quali, la procedente commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non avrebbe potuto esprimere un parere positivo;
nell'agosto del 2009 la società Erg Rivara Storage, costituita dalla precedente richiedente e dalla società Erg Power e Gas, ha presentato un nuovo progetto di

stoccaggio nel medesimo sito allo scopo di esperire la procedura di compatibilità ambientale;
il 25 maggio 2011 la Commissione ambiente e lavori pubblici ha approvato una risoluzione con la quale impegna il Governo «ad assumere una posizione politica precisa sull'inopportunità della scelta della realizzazione del deposito di gas Rivara, allo scopo di evitare di sottoporre il territorio e i cittadini a rischi imprevedibili conseguenti alla mancanza di sicurezza sismica e geologica del sito che dovrebbe ospitare il deposito, oltre che per ragioni di criticità ambientale;
con parere approvato il 17 giugno del 2011 la citata Commissione ministeriale, non essendo in condizione di valutare ipotesi alternative e concludere, comunque, la procedura di compatibilità ambientale, esprime il proprio consenso all'avvio di una campagna di indagini geognostiche secondo il programma e con le finalità indicate dal proponente, vale a dire delle indagini dirette ad accertare in concreto la realizzabilità dell'impianto di stoccaggio, facendo presente che l'autorizzazione definitiva, come previsto dalla normativa vigente, è di competenza del Ministro dello sviluppo economico d'intesa con la regione Emilia Romagna;
risulta all'interrogante che la Commissione ministeriale VIA-VAS si sia nuovamente riunita, il 25 novembre 2011, per esprimere un nuovo parere favorevole, quindi sostanzialmente identico a quello già espresso precedentemente, circa la realizzazione della suddetta «fase di accertamento»;
la regione Emilia Romagna, che già nell'ottobre 2009, con la risoluzione del consiglio regionale n. 4903/2009, aveva invitato il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a valutare soluzioni alternative, ha espresso parere contrario al progetto con delibera in data 8 febbraio 2011 e ancora con nota inviata dall'assessore regionale competente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 29 novembre 2011, fornendo «oggettivi, ineludibili e incontestabili elementi di pericolosità presenti nell'area di Rivara» che renderebbero il sito incompatibile con «operazioni di immissione ed estrazione del gas», ed esporrebbero la popolazione e l'ambiente ad un «rischio difficilmente quantificabile anche a seguito di ulteriori studi e pertanto non valutabile con il margine di certezza necessario in applicazione del principio di precauzione sancito dal diritto comunitario»;
risulta, inoltre, che nella citata riunione del 25 novembre 2011, della commissione ministeriale VIA non sia stato convocato, e perciò sia stato impossibilitato a partecipare, il componente nominato dalla regione Emilia Romagna;
ripetutamente a partire dal 2005, i comuni interessati e la provincia di Modena, hanno espresso, sulla scorta delle indicazioni fornite da numerosi esperti, la contrarietà all'intervento, in quanto l'impianto non fornisce sufficienti garanzie in termini di sicurezza e tutela ambientale;
oltre alle istituzioni e agli enti locali, anche i comitati dei cittadini, appositamente costituiti, e le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione, hanno più volte manifestato analoga contrarietà al progetto, evidenziandone l'insufficiente sicurezza -:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti narrati in premessa;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, anche seguendo l'indirizzo approvato dalla competente Commissione parlamentare, sospendere ogni attività legata alla realizzazione dell'imponente impianto di stoccaggio di gas metano, considerate le caratteristiche del luogo e l'opposizione più volte manifestata dalla regione Emilia Romagna alla realizzazione del medesimo;
se i Ministri interrogati non ritengano di dover chiarire le ragioni per le quali la Commissione ministeriale VIA-VAS si sia dovuta riunire il 25 novembre 2011 per

esprimere un parere sostanzialmente identico a quello già espresso in data 17 giugno 2011 e verificare le ragioni per le quali alla predetta riunione non sia stato convocato il rappresentante della regione interessata.
(5-05862)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Loris Calcina, Presidente di Ondaverde Onlus, segnala che «dalla mattina al pomeriggio inoltrato del 18 Dicembre 2011, la torcia a mare del comprensorio API raffineria di Falconara Marittima è stata caratterizzata da un potente getto di fiamma della altezza di alcune decine di metri - in mattinata di colore chiaro/azzurrognolo e nel pomeriggio di colore rosso intenso - che a seconda della direzione dei venti ha determinato rumore costante simile ad un aereo ad alta quota e diffusione di cattivo odore simile a gomma bruciata» -:
se quanto segnalato corrisponda al vero;
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tali fenomeni;
quali verifiche siano state fatte riguardo a questi fenomeni;
quali siano i dati delle concentrazioni di inquinanti atmosferici ed acustici emessi dall'impianto;
quali siano i dati delle concentrazioni di inquinanti atmosferici ed acustici rilevati dalle centraline ubicate nel territorio di Falconara Marittima;
come intendano operare i Ministri interrogati per porre fine ai fenomeni in premessa.
(4-14340)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i Paesi del centro e del nord Europa sono saldamente in testa nella classifica degli Stati che frenano le emissioni serra. Ai primi posti (dopo il vuoto lasciato simbolicamente per sottolineare la mancanza di performance eccellenti) troviamo Svezia, Gran Bretagna, Germania, Brasile, Francia, Svizzera. Otto dei primi dieci classificati sono europei. L'Italia figura al trentesimo posto, in ripresa rispetto al quarantunesimo posto dell'anno scorso, ma ancora nettamente distanziata dal gruppo di testa. Tra gli ultimi dieci troviamo Arabia Saudita, Iran, Cina, Russia, Canada, Stati Uniti. È la graduatoria preparata dall'organizzazione non governativa Germanwatch in collaborazione con Climate Action Network Europe e Legambiente e presentata poche ore fa a Durban alla conferenza Onu sul clima che fatica a trovare l'accordo sull'alt alle emissioni serra;
il rapporto elabora una classifica riassuntiva e delle graduatorie che tengono conto dei vari aspetti: il livello delle emissioni di gas serra, il trend di crescita, l'efficacia delle politiche di intervento. Se l'Italia ha scalato qualche posizione è dovuto essenzialmente alla spinta - sia pure finora incerta e contraddittoria - in direzione dello sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. «Rimane il sospetto che il miglioramento dell'Italia sia dovuto principalmente alla crisi economica», osserva il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. «Ma abbiamo la possibilità di raggiungere in breve tempo la pattuglia di testa. Basta spingere con decisione sul pedale della green economy evitando quello stop and go che ha caratterizzato gli ultimi due anni producendo un effetto devastante sulla credibilità del Paese e sulla solidità del suo sistema imprenditoriale. Un primo segnale nella direzione giusta può venire proprio da Durban sostenendo l'Europa per rinnovare il protocollo di Kyoto e giungere a un nuovo accordo globale entro il 2015»;

un accordo che diventa sempre più urgente. Lo prova l'ultimo rapporto reso noto alla conferenza di Durban. Secondo lo studio di Climate analytics e ecofys, due società di ricerca specializzate in questo settore, se anche venissero rispettate le promesse che i governi hanno fatto per il dopo 2012 rifiutando di sottoscrivere impegni vincolanti (con l'eccezione dell'Europa che ha stabilito target obbligatori per il 2020), la temperatura aumenterebbe di 3,5 gradi entro il secolo. È una stima estremamente allarmante perché è il doppio della soglia che, secondo i calcoli più accreditati, costituisce il limite oltre il quale le probabilità di un effetto catastrofico su scala globale diventano molto alte. Per questo alla conferenza sul clima cresce la pressione sui grandi inquinatori (Cina e Stati Uniti che assieme totalizzano il 44 per cento del totale dei gas serra) perché rompano lo stallo che tiene bloccata la conferenza accettando di sottoscrivere un impegno vincolante per difendere l'atmosfera allentando la morsa del caos climatico;
il Piq, il prodotto interno di qualità, fotografato dall'ultimo rapporto curato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere cresce, arrivando al 46,9 per cento della ricchezza totale. Allarga i suoi orizzonti, conquistando settori fino a ieri ostili. Ha un andamento dinamico, mentre l'economia si siede. Il Piq, spiega Domenico Sturabotti, direttore di Symbola, rappresenta il tentativo di misurare la qualità della crescita di un Paese perché la crescita in sé non è un indicatore sufficiente; nel Pil cinese, ad esempio, non viene ancora calcolato il peso delle 75 mila persone che, secondo le stime della Banca mondiale, muoiono prematuramente nel Paese a causa dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua;
di qui la costruzione di un sistema di valutazione che faccia da cruscotto di controllo della macchina economica misurando il flusso dei servizi di supporto alla vita (dal ciclo dei nutrienti ai processi di formazione del suolo fertile), di approvvigionamento (cibo, acqua potabile, materiali, combustibile), di regolazione (del clima, delle maree, dell'acqua, dell'impollinazione). In questo modo è possibile misurare, assieme allo stato dell'economia, quello degli ecosistemi naturali da cui l'economia stessa dipende visto che, ad esempio, forniscono oltre la metà dei farmaci e ci permettono di smaltire le nostre scorie, anidride carbonica compresa. «Il Piq è uno strumento più che mai utile in un momento come questo, in cui occorre fare scelte serie ed eque», ricorda il presidente di Symbola. «Puntare sulla qualità e sulla sostenibilità significa infatti aumentare la capacità competitiva del paese e guardare con occhi diversi alle possibilità che la crisi offre»;
sono considerazioni che cominciano a far presa: tra le aziende esaminate una su quattro ha investito negli ultimi tre anni o investirà quest'anno in prodotti e tecnologie green. Si tratta di 370 mila imprese che assumeranno nel 2011 oltre 220mila figure professionali riconducibili alla green economy, quasi il 40 per cento del loro fabbisogno complessivo. Tra i settori più impegnati nel campo della riconversione green troviamo la chimica, la meccanica, l'elettronica, l'agroalimentare. Da un recente studio di Confindustria ceramica risulta che circa la metà degli acquirenti delle piastrelle del distretto di Sassuolo vuole un prodotto con certificazione ambientale. E molte imprese italiane del settore hanno avuto successo in California grazie all'entrata in vigore, dal primo gennaio 2010, di una normativa che vieta la vendita nello Stato americano di valvole o rubinetti con tracce di piombo. I produttori italiani, con i tedeschi, sono infatti gli unici al mondo ad avere le tecnologie adeguate per la fabbricazione di prodotti che rispettano i limiti di questa normativa, mentre i cinesi vendono rubinetti e valvole con il 4-5 per cento di piombo (nonostante l'Unione europea imponga da tempo un tetto del 2,5 per cento) -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di recepire quanto adottato

dall'accordo di Durban, nonché al fine incentivare un'economia ecosostenibile e di qualità.
(4-14352)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
per unire l'agricoltura alla produzione di energia elettrica, creando anche 90 posti di lavoro in una regione, la Sardegna, da anni alle prese con la crisi del mondo industriale, a Su Scioffu, nel comune di Villasor in provincia di Cagliari, il 30 novembre è stata inaugurata una megaserra fotovoltaica: 26 ettari in grado di incrementare le rese delle coltivazioni agricole e di produrre 20 megawatt di energia elettrica, che equivalgono ai consumi elettrici annuali di 10 mila abitazioni e a una mancata emissione di 25 mila tonnellate all'anno di anidride carbonica nell'atmosfera. La serra fotovoltaica, già allacciata alla rete, è stata realizzata grazie all'investimento di circa 70 milioni di euro da parte di due multinazionali: l'indiana Moser Baer Clean Energy Limited (Mbcel) e l'americana General Electric. «Su Scioffu è la dimostrazione pratica della multi funzionalità del fotovoltaico», ha spiegato il dirigente di Mbcel, Lalit Kumar Jain. Per l'amministratore delegato e responsabile per l'Europa di General Electric Energy Financial Services, Andrew Marsden: «Su Scioffu documenta il nostro impegno a investire in Europa nonostante le sfide economiche che interessano quest'area». «È in programma un'estensione della serra che determinerà una potenza complessiva di 40 MW», ha aggiunto Marcello Spano, responsabile Sviluppo Sud Europa di Mbbcel;
tra i primati stabiliti da Su Scioffu, anche quelli - record - di realizzazione: in quattro mesi il sito è stato costruito e allacciato, completo di 134 serre e 84.400 pannelli al silicio policristallino. Si è dato inizio così all'attività agricola di Twelve Energy Società Agricola (titolare del parco serricolo), che ha stipulato accordi con alcune cooperative agricole sarde, cui è stata affidata la coltivazione di varie colture orticole. Inoltre, 115 persone del luogo hanno collaborato alla realizzazione del parco i cui terreni (61 ettari) sono stati acquistati a 1,8 milioni di euro, quasi il triplo del valore indicato dall'Agenzia del territorio della regione Sardegna;
altro esempio di come la sostenibilità energetica può essere unita all'utilità socio-economica è dato, a Venezia, dal progetto di sfruttare il moto ondoso per produrre energia. Lo stesso sta capitando in Scozia o in Irlanda del Nord, dove le città della costa potrebbero essere presto illuminate grazie a turbine marine. Crescono, dunque, in Italia e all'estero, i progetti che trasformano il movimento dell'acqua sulla superficie del mare in una fonte rinnovabile. A Rimini alla fiera Ecomondo, Agire (Agenzia veneziana energia) ha presentato il lavoro portato avanti in quest'ultimo anni. «Siamo partiti da una ricerca sulle installazioni realizzate a livello nazionale e internazionale, che utilizzano le onde per produrre energia elettrica, o idrogeno a basso costo, o acqua desalinizzata senza emissioni di CO2», spiega a Corriere.it l'architetto Alessandra Vivona, direttore di Agire, che ha lavorato al progetto insieme all'ingegnere Luigi Faggian. Secondo passo è stato individuare i brevetti italiani più adatti per i marchingegni da mettere in acqua. Il primo è Giant, generatore che sfrutta il principio di Archimede. «Nel tempo che intercorre tra due picchi dell'onda, il galleggiante si muove dalla massima altezza al livello zero del mare per risalire al punto più alto producendo così energia», sostiene Vivona. Poi, è stato scelto il Wem (Wave Energy Module), sistema modulare composto da una struttura centrale di acciaio contenente all'interno un generatore elettrico, cui sono collegati galleggianti tramite bracci. Questi ultimi, nella fase discendente dell'onda, trasferiscono la loro energia a un dispositivo interi alla struttura centrale che trasmette a sua volta gli impulsi a un generatore rotante tradizionale, producendo così energia elettrica;

«Abbiamo previsto di installare due prototipi in mare aperto e uno in laguna». E se la messa a punto dell'apparecchio in laguna, nel canale della Giudecca, è stata avviata in agosto e quella in mare deve ancora iniziare, «in entrambi i casi, superata la fase di test, ora dobbiamo capire quanta energia producono». Con riferimento alle aspettative ci si aspettano «circa 12 mila kWh all'anno per il Giant e circa 35 mila kWh all'anno per il Wem», assicura Vivona, che aggiunge: «Gli apparecchi non creano alcun problema all'ecosistema e tanto meno sono fonte di campi magnetici. Unico intervento «invasivo» sarà un cavo per portare l'energia a terra, ma per l'illuminazione delle boe e dei moli sfrutteremo i cavi già presenti». Il tutto con la consapevolezza di «utilizzare una fonte rinnovabile e pulita che è presente sul luogo», D'accordo anche l'assessore del comune di Venezia all'ambiente Gianfranco Bettin. «Crediamo molto in questo nuovo sistema, per ora unico al mondo e mai sperimentato prima. Da sempre i veneziani hanno avuto la capacità di adattarsi al mare e adattare il mare alle proprie esigenze. Oggi noi lo facciamo portando avanti politiche per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale»;
dalla laguna veneziana si passa agli oceani: sono molte le big company che si sono impegnate a proposito. Ultimo esempio è Siemens, che ha aumentato al 45 per cento la quota di partecipazione nella società britannica Marine Current Turbines. In questo caso le turbine marine progettate sono fissate su una struttura e azionate dal flusso delle maree, con una tecnologia che potrebbe essere paragonata a quella di una turbina eolica sottomarina. Il vantaggio qui consiste nel fatto che l'energia generata è prevedibile in base al ciclo della marea. «Stiamo concentrando i nostri sforzi per attivare il processo di commercializzazione di questi innovativi impianti», ha dichiarato Micheal Axmann di Siemens. Entro il 2020 gli analisti prevedono per questo mercato un tasso di crescita a doppia cifra con un potenziale mondiale di produzione energetica equivalente a circa 800 terawatt-ora (TWh) annui, pari circa al 25 per cento della domanda di energia complessiva della Germania e al 3-4 per cento del consumo energetico mondiale. Marine Current Turbines ha dunque manifestato l'intenzione di presentare a breve il progetto Kyle Rhea da 8 megawatt in Scozia e il progetto Anglesey Skerries, da 10 megawatt in Galles. Il Governo inglese, inoltre, il 20 ottobre ha dichiarato di sostenere i progetti della compagnia attribuendo cinque «certificati verdi». Infine è già stata ottenuta l'approvazione per un contratto di locazione che consente la costrizione di un parco di turbine marine con una capacità combinata di 100 megawatt al largo di Brough Ness, la punta meridionale delle isole Orcadi -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di incentivare l'espansione e lo sviluppo della tecnologia che sfrutta le correnti marine per produrre energia, nei territori italiani che si affacciano sulla costa.
(4-14356)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
car sharing, bike sharing e tutta la mobilità alternativa non hanno raggiunto, secondo il rapporto 2011 di Euromobility, i risultati sperati in Italia: a Roma le auto condivise (car sharing) sono 105 per 2,7 milioni di abitanti, non costituendo, quindi, una valida alternativa al traffico cittadino. Sempre a Roma le biciclette condivise (bike sharing) sono 120 per 2,7 milioni di abitanti. «Con questi numeri come aspettarsi una soluzione ai problemi?», si chiede Lorenzo Bertuccio, direttore di Euromobility, associazione che ha curato l'edizione 2011 dell'indagine sulla mobilità sostenibile 4 nelle principali 50 città italiane. Una classifica che vede in testa Torino (che tuttavia non riesce a mantenere l'aria abbastanza pulita da rispettare la legge), Venezia, Milano, Brescia e Parma;
il Nord vince la gara, ma è una gara priva di eccellenze, perché nessuno ha

creduto realmente in una sfida che nel centro Europa trova investitori disposti a scommettere: trasporto pubblico decoroso ed efficiente, spazio alle bici, sostegno ad auto a basso impatto ambientale, conti in pareggio grazie al road pricing. Gli organizzatori dello studio fanno notare che a Bruxelles ci sono 2.500 bici collettive con 180 stazioni, a Parigi oltre 20.000 bici con 1.800 stazioni, a Lione 4.000 con 340 stazioni, a Barcellona oltre 6.000 bici con 428 stazioni, a Siviglia 2.500 bici con 250 stazioni, a Londra oltre 6.000 bici con 400 stazioni. In Italia solo Milano dispone di un numero con 4 cifre: 1.400 bici. E non va meglio con il car sharing. A Bruxelles ci sono 227 auto per 140.000 abitanti, a Brema (Germania) 167 auto per 547.000 abitanti, a Monaco 345 auto per 841.000 abitanti. Ecco i numeri del car sharing in Italia nel 2010: 113 a Torino, 105 a Roma, 86 a Milano, 73 a Genova, 47 a Venezia, 36 a Palermo. Sembrano flotte aziendali, più che un parco auto cittadino;
anche i mobility manager non aumentano rispetto all'anno precedente: sono solo 41 le città in cui è presente almeno un mobility manager. Mancano a Campobasso, Cagliari, Catanzaro, L'Aquila, Latina, Pescara, Livorno, Sassari e Taranto. Il rapporto esamina anche la qualità dell'aria delle città italiane per quanto riguarda le polveri sottili. Ancona ha registrato il maggior numero di superamenti (140 rispetto ai 35 consentiti), seguita da Torino (131). La media annuale di PM10 più elevata si è registrata a Torino (50 microgrammi al metro cubo, superiore al limite consentito di 40), seguita da Ancona (48,4) e Napoli (48.0). L'aria più buona si respira invece a Genova, dove si sono registrati solo 5 superamenti, e a Potenza, che ha una media annuale di 22 microgrammi al metro cubo. «I cittadini spesso si dimostrano più maturi dei loro amministratori: l'83 per cento è ad esempio convinto che la diffusione del bike sharing può essere un valido contributo alla riduzione del traffico e dell'inquinamento in città e circa l'80 per cento vorrebbe una flotta di biciclette anche nella propria città», osserva Riccardo Canesi, presidente di Euromobility -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di intensificare la diffusione e lo sviluppo di mezzi di trasporto alternativi, quali bike-sharing o car-sharing, soprattutto nei centri urbani in cui il livello di PM è molto elevato rispetto agli standard europei.
(4-14361)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano di sabato 26 novembre a firma di Gianni Barbacetto, emerge che l'attuale Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini, nel 2007, in qualità di direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si era fatto notare come sostenitore e sponsor di un'azienda che si era candidata a fare in Kenya, a spese del Governo italiano, un lavoro per cui non aveva né gli uomini né le capacità tecniche per poterlo svolgere;
l'articolo entra nel merito della vicenda, e l'autore racconta che nella periferia di Nairobi sorge la discarica di Dandora, la più grande del Kenya, 30 ettari di distesa occupata da rifiuti, immensa e maleodorante, che raccoglie le tonnellate di immondizia prodotta dai 4 milioni e mezzo di abitanti della città. Accanto a Dandora è cresciuto il villaggio di Korogocho, dove abitano migliaia di persone che cercano di sopravvivere rovistando tra i rifiuti della discarica;
il padre comboniano Alex Zanotelli, che ha abitato proprio in una baracca di Korogocho si è impegnato a chiedere alle autorità locali la bonifica dell'area. Successivamente sono stati proposti diversi progetti di bonifica;
uno di questi, firmato dall'azienda italiana Jacorossi, prevede la chiusura della discarica e la nascita di una società

partecipata dal comune di Nairobi per gestire la raccolta dei rifiuti della città, con l'assunzione di almeno una parte degli abitanti di Korogocho. Si tratta di un progetto industriale che prevede ricavi per chi vi s'impegna e non chiede aiuti di Stato. Accanto a questo però, si materializza anche un altro progetto, presentato da una società sconosciuta, «Eurafrica», con soli 10 mila euro di capitale, sede legale a Napoli e operativa a Roma, e con zero dipendenti;
per il solo studio di fattibilità - sempre secondo l'articolo giornalistico suddetto - Eurafrica si appresta ad incassare oltre 700 mila euro, erogati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare italiano nell'ambito degli impegni internazionali legati al protocollo di Kyoto. In seguito sarebbe arrivata la parte economicamente più consistente del valore di oltre 30 milioni di dollari;
a fare concretamente i lavori di bonifica della discarica di Dandora sarebbero state 2 società proposte da Eurafrica, la britannica Atkins e la keniota Howard Hamprey. Dall'articolo de Il Fatto Quotidiano si apprende ancora che il Ministro Corrado Clini è colui che accredita Eurafrica presso i Governi di Roma e Nairobi;
la sede di Napoli di Eurafrica è in realtà l'abitazione dell'amministratore unico Tiziana Perroni. La sede operativa di Roma è intestata al socio di Eurafrica, Bruno Calzia, marito dell'amministratore unico. Altro socio è Vittorio Travaglini, il direttore generale è Renzo Bernardi, mercante di armi, rappresentante di aziende italiane come la Beretta e la Oto Melara e internazionali come la British Aerospace e la francese Sagem. A questo punto i comboniani e Padre Zanotelli non ci stanno e il 12 ottobre del 2007, durante una conferenza stampa a Roma pongono pubblicamente alcune domande. Chiedono da dove spunti Eurafrica, perché debba incassare dallo Stato italiano oltre 700 mila euro per il solo studio di fattibilità, quando la Jacorossi era disposta a impegnarsi senza chiedere un soldo. Non si capisce perché debbano incassare dei soldi facendo soltanto da intermediari per dei lavori che sarebbero stati materialmente realizzati da altri. Chiedono infine perché Clini ha tanto a cuore le sorti di Eurafrica;
sul numero di novembre del 2007 della rivista Nigrizia vengono riproposte le stesse domande, in un articolo firmato da padre Daniele Moschetti, che nel frattempo ha sostituito padre Zanotelli a Korogocho. Ma i padri comboniani non sono i soli a denunciare «il caso dell'affare Dandora», infatti anche Massimo Alberizzi giornalista del Corriere della Sera, scrive un articolo in merito, che viene pubblicato il 4 novembre 2007 sul Corriere.it, e nel quale evidenzia tutti i passaggi della vicenda, dalla visita del Governo italiano a Korogocho con la garanzia dell'impegno italiano per la chiusura della discarica, al «concept paper» (proposta di progetto) redatto dal Governo keniota nel quale si affida all'Eurafrica lo studio di fattibilità. Il piano verrà inviato al Governo italiano che lo approverà il successivo 7 maggio. Nel suo articolo Massimo Alberizzi, racconta le vicende così come sono state riprese da Il Fatto Quotidiano e qui sopra riportare e aggiunge altri passaggi poco chiari della vicenda;
fortunatamente, in seguito alle denunce pubbliche dei padri comboniani e del Corriere della Sera, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che era pronto a concedere i 700 mila euro ad Eurafrica per lo studio di fattibilità, ha bloccato tutto in extremis, dichiarando di aver sospeso tutto dopo che dall'ambasciata di Nairobi nessuno era in grado di fornire informazioni su questa società;
a questo punto, Corrado Clini e i responsabili di Eurafrica, fanno partire una querela per diffamazione contro padre Zanotelli, contro padre Moschetti e contro il giornalista del Corriere Alberizzi. Ad oggi, le accuse a Moschetti e Alberizzi sono state archiviate, al primo poiché le espressioni da lui utilizzate non sono apparse

inutilmente sovrabbondanti o gratuitamente aggressive e offensive, poiché descrivevano esattamente il motivo dei sospetti al tempo ritenuti gravare sulla società Eurafrica, all'epoca sospettata in maniera del tutto evidente di volersi accaparrare il coordinamento del progetto, pur se priva dei necessari requisiti di affidabilità e trasparenza. Al secondo poiché si è limitato a esprimere critiche argomentate e circostanziate e a riportare l'esito dei suoi accertamenti sulla vicenda;
ciò che stupisce l'interrogante è che sia ancora aperto il procedimento contro padre Zanotelli, alle cui legittime domande Corrado Clini non ha mai risposto -:
quale sia stato il suo ruolo nella vicenda della discarica di Dandora, esposta in premessa.
(4-14363)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 24 novembre 2011 (Bur Puglia numero 184), la regione Puglia ha concesso l'autorizzazione unica alla società immobiliare Enterra di Orio al Serio in provincia di Bergamo, per realizzare un inceneritore a Rignano Garganico Scalo, a metà strada tra San Severo, e Foggia;
da quanto riferisce il sito http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2011/12/vendola-autorizza-un-altro-inceneritore.html l'impianto da 15 megawatt elettrici sorgerà ad appena 30 metri dalle case abitate del limitrofo Borgo agricolo senza che i cittadini ne siano stati informati nonostante la Convenzione di Aarhuus recepita dalla normativa italiana, preveda che i cittadini hanno il diritto ad una partecipazione attiva in simili procedimenti;
l'area agricola interessata è quella su cui insiste già la mega centrale termoelettrica di San Severo;
la realizzazione dell'impianto inoltre andrebbe ad incidere su alcuni luoghi storici della transumanza, vincolati e tutelati come il Tratturo n. 49 Motta-Villanova e il Tratturo n. 1 Foggia-L'Aquila e sembra, dalla medesima fonte di stampa, che la soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, con nota del 18 maggio 2011 abbia concesso il lasciapassare per mettere mano al Tratturello n. 49 Motta-Villanova e al Tratturo n. 1 Foggia-L'Aquila;
il «Principio di precauzione» sancito dal trattato di Maastricht è stato tradotto nella normativa italiana con l'approvazione del «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006) e precisamente attraverso l'articolo 301 che recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva...» -:
se quanto riferito in premessa sia vero e in particolare se la soprintendenza per i beni archeologici della Puglia abbia autorizzato interventi in aree vincolate e quali iniziative si intendano promuovere in merito alla vicenda riferita in premessa, con particolare riferimento alla tutela delle aree indicate.
(4-14364)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Gioia del Colle è il quarto comune della provincia di Bari su quarantuno per estensione territoriale (206,5 chilometri quadrati), nono per numero di abitanti (circa 30.000 oltre i militari operanti presso il 36° stormo e le loro famiglie) ed occupa una posizione decisamente strategica, essendo posta esattamente al centro di tre province (Bari-Taranto-Matera) e da loro equidistante; è inoltre dotato di collegamenti con le più importanti arterie di comunicazione Nord-Sud-Est-Ovest. Gioia del Colle possiede anche un casello autostradale proprio (sul tratto Bari-Taranto), e rappresenta anche un importante snodo ferroviario di rete ferroviaria italiana;
Gioia del Colle ospita storicamente il 36° stormo, base dell'Aeronautica militare italiana (dal 1916), rafforzatasi nel luglio 2010 con l'accorpamento del X Gruppo di volo caccia intercettatori (Trapani), ma a breve accoglierà anche il gruppo elitrasportato di avvistamento e recupero (S.A.R.). Inoltre, è da considerare attentamente che il locale ospedale dista appena 600 metri dal primo accesso alla base, rappresentando, in tal senso, un esempio unico in tutta Europa;
ciononostante, in occasione di alcuni sopralluoghi sarebbero emerse delle carenze nell'operatività della struttura e non sarebbero stati effettuati i potenziamenti previsti, come ad esempio l'apparecchio della TAC (La Gazzetta del Mezzogiorno del 29 marzo 2010);
proprio in considerazione della presenza della base aerea operativa della Nato, il precedente direttore generale della Asl/Ba, dottoressa Cosentino, aveva riconosciuto il ruolo importante dell'ospedale di Gioia, preannunciandone, con missiva del 27 gennaio 2009, il suo potenziamento;
l'ospedale «Paradiso» peraltro, secondo quanto contenuto nei reporting direzionali aziendali, ha dimostrato di essere particolarmente virtuoso, sia dal punto di vista degli indici di produttività che sotto quelli del risparmio economico e degli indici di attrazione ospedaliera;
il piano di riordino ospedaliero, con il taglio di 267 posti letto nella sola provincia di Bari sta comportando il depotenziamento dell'ospedale «Paradiso» di Gioia del Colle, unico presidio sanitario pubblico della zona, che passerebbe da 71 a 32 posti letto, cioè alla completa chiusura, come previsto dallo stesso piano. Inoltre si consideri che l'ospedale «Paradiso» è nato quale struttura di rilievo i provinciale, nello stesso periodo in cui gli altri ospedali, attualmente in via di voluto sviluppo, erano semplici ospedali di zona;
da quanto riportato emerge quindi una forte contraddizione, perché se da un lato l'Aeronautica Militare Italiana ha deciso di potenziare la base di Gioia del Colle, scegliendola in virtù della sua posizione geografica altamente strategica, dall'altro il piano di razionalizzazione della regione Puglia disattende di fatto tali naturali caratteristiche comunque legate alla posizione geografica che valgono anche per l'intera città di Gioia del Colle ed il proprio ospedale, che viene progressivamente spogliato di strumentazioni medicali e nel quale si sta avviando la mobilità del personale;
una possibile e naturale evoluzione, se solo voluta, verso una rinnovata stretta integrazione e mutua collaborazione fra l'ospedale di Gioia del Colle ed il 36° stormo rappresenterebbe, in forza della posizione strategica della città e della base, delle infrastrutture militari e di infrastrutture ospedaliere (a questo punto da dover rivalutare interrompendo il depotenziamento ospedaliero in atto), un «polo» ancor meglio collegato in virtù delle peculiarità della stessa Aeronautica militare, a disposizione se necessario di tutta la

Nazione e vanto dell'attuale Governo e dell'Italia, quale primo e unico nel suo genere in tutta Europa. Dunque potrebbe rappresentare un orgoglio e non un «punto di imbarazzo» nazionale, come si è già verificato in passato recente -:
se quanto descritto in premessa corrisponda al vero e come si intenda garantire il diritto alla salute e la sicurezza del personale italiano ed alleato che opera nella base, evitando altresì che i cittadini di Gioia del Colle siano ingiustamente segnati dalla sola obbligata accettazione della servitù militare per la presenza della Base Aerea, cui però non corrisponde alcuna misura riparatoria, anzi verso i quali si assiste al depotenziamento in atto del locale ospedale, struttura sanitaria pubblica anch'essa altamente strategica per tutto il territorio del sud-est barese e non solo.
(5-05863)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2011 l'Anavafaf, l'Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, ha scritto una lettera indirizzata ai Presidenti delle Commissioni difesa Camera e Senato, onorevole Cirielli e senatore Cantoni, al Ministro della difesa, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Presidente e ai componenti della Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito avente come oggetto i risarcimenti erroneamente negati al personale militare infortunatosi;
nella lettera si riportano recenti casi di diniego del risarcimento evidenziando gravissimi errori. Vengono presi in considerazione i casi dei militari Antonio Vargiu (poligono di Salto di Quirra), Cardia (poligono di Quirra), Ariu (civile addetto alla riparazione sagome-bersaglio nel poligono di Capo Frasca), i militari Serra e Faedda (poligono di Capo Frasca) e i soldati Melis e Porru (impiegati in missioni all'estero);
questo personale aveva svolto attività di vigilanza di vario tipo e quindi rientrava nelle categorie delle «vittime del dovere», inoltre, si tratta di personale ammalatosi di tumore rientrando nei casi da risarcire stabiliti. Tutto questo a norma delle leggi n. 308 del 1981, n. 466 del 1980, decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006, tutte in vigore all'epoca dei fatti;
i militari Melis e Porru vennero inizialmente esclusi dai risarcimenti perché volontari e non di leva, anni dopo verme riconosciuto l'errore inviando un bonifico di 200.000 euro ai parenti. Il tribunale civile di Cagliari ha ora riconosciuto per il militare Melis un risarcimento di 500.000 euro. Per un altro caso, quello del maresciallo Diana, si è giunti ad una transazione di 900.000 euro. Per il caso Porru ancora non si è giunti a conclusione e la lista è drammaticamente lunga;
risultano, pertanto, evidenti una serie di errori e di disparità, una gestione poco chiara e valutazioni approssimative circa i risarcimenti spettanti al personale -:
se il Governo intenda rispondere al presidente dell'associazione e se non ritenga di dover fare chiarezza anche con riferimento alle precise responsabilità circa i fatti citati in premessa.
(4-14345)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno dell'uranio impoverito non riguarda comunque solo l'Italia, che vi ha avuto un limitatissimo ruolo e che si è occupata del fenomeno solo dopo il primo caso verificatosi in Bosnia (il caso del militare Salvatore Vacca, in Sardegna, nel 1999), cioè più di mezzo secolo dopo che della problematica si sono occupati ampiamente gli Stati Uniti e altri Paesi, soprattutto anglosassoni;
l'uranio impoverito è stato rintracciato nei morti di Camp Doha (11 luglio

1991), come facilmente verificabile sui vari siti web in cui si possono ritrovare articoli in merito già dal 12 luglio 1991 su The Stars and Stripes; il 18 luglio 1991 sul Wall Street Journal; il 1 agosto 1991 sulla rivista Black Horse; l'11 agosto 1991 su The State (Columbia, S.C.); il 10 novembre 1991 su The Independent e così via per decine di articoli, che si sviluppano negli anni almeno fino al 1998;
ma ancor prima dell'incidente di Camp Doha vi sono le sperimentazioni eseguite in Australia su oltre mille soldati negli anni '50 e '60 a Marilinga e alla Christmas Island, in cui è stata sperimentata la pericolosità dell'uranio impoverito, anch'esse ampiamente rinvenibili sui siti web;
peraltro anche in seguito alla commissione Mandelli, lo stesso professor Mandelli, in un articolo a firma congiunta con il professor Mele sulla rivista Epidemiologia dell'ottobre 2001, ha scritto che non si può escludere che l'uranio impoverito sia stato la causa dei linfomi di Hodgkin e il professor Grandolfo, della Commissione stessa, in un'intervista a Metro ha affermato che non si può escludere che l'uranio sia letale;
i vaccini somministrati ai soldati italiani non possono essere considerati l'unica causa delle malattie e le nanoparticelle di metalli pesanti risultano nocive, ma non letali e addirittura la sanità militare italiana nella conferenza tenutasi al Cern il 2 ottobre 2011 ha escluso, qualsiasi nocività delle nanoparticelle;
l'ultima sentenza in merito all'uranio è del tribunale di Firenze del 15 novembre 2011 e riguarda il militare Stefano Del Vecchio;
il Presidente della Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito ha recentemente reso dichiarazioni circa la non esistenza, al momento, di legami certi tra uranio impoverito e tumori sorti dopo missioni all'estero e attività nei poligoni -:
quale sia la posizione del Governo a tal riguardo;
se il Governo non intenda chiarire perché non sono state adottate le misure di protezione previste per i pericoli dell'uranio (e delle nanoparticelle) e dei vaccini e se non ritenga di dover intervenire al fine di verificare le responsabilità di migliaia di casi di gravi malattie che si sono verificate.
(4-14346)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 29 giugno 2004, in un'audizione presso la Commissione Difesa della Camera, il generale medico Michele Donvito, annuncia una ricerca sensazionale con il coinvolgimento di mille soldati per verificare gli effetti dell'uranio impoverito;
è il progetto Signum, acronimo di «Studio di impatto genotossico nelle unità militari» quello che avrebbe dovuto valutare il grado di tossicità da esposizione all'uranio impoverito. È stato annunciato come qualcosa che, una volta portata a termine, avrebbe rappresentato per l'Italia e per tutto il consesso scientifico internazionale, una pietra miliare -:
se il Governo intenda spiegare perché ancora non sono state rese note dal Ministero della difesa le conclusioni a cui è pervenuto lo studio Signum, uno studio che era stato qualificato come di importanza epocale e ai quali dunque si dovrebbe poter fare riferimento.
(4-14347)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 GENNAIO 2012

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Pisticci consta di una frazione denominata Pisticci Scalo presso la quale abitano circa un migliaio di abitanti;

il cuore della frazione è costituita dalle palazzine realizzate dall'Eni di Enrico Mattei quali alloggi per indipendenti del polo chimico ubicato in Valbasento;
il quartiere residenziale dismesso dall'Eni a partire dal 1995 venne accatastato allora con una categoria superiore a quanto oggettivamente rispondente alla realtà;
con il verde attrezzato e il criterio di residenzialità risultano case di lusso, appartamenti ubicati a poche centinaia di metri da impianti industriali;
i proprietari degli immobili rischiano così, con le nuove norme relative alla tassazione della casa, di dover pagare, anche a seguito della ormai certa rivalutazione degli estimi catastali, imposte altissime in maniera ingiustificata;
i cittadini hanno già chiesto al comune di Pisticci di rivedere l'attuale classificazione;
paradossalmente gli immobili della zona lido in fase di espansione e ubicate in luoghi di straordinaria bellezza naturale risultano classificati come «abitazione economica» -:
quali iniziative il Governo intenda promuovere affinché l'Agenzia del territorio di Matera e la direzione direzione centrale catasto e cartografia di Roma, si attivino, di concerto con il comune e con la massima urgenza, perché si proceda alla revisione della classificazione di tutti gli immobili relativi al quartiere residenziale di Pisticci Scalo.
(5-05861)

Interrogazioni a risposta scritta:

ASCIERTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 211 del 2011 all'esame del Parlamento in questi giorni assicura al sistema creditizio italiano, tramite gli articoli 8, 9 12 ed altre misure sparse, maggiori entrate, minori spese, garanzie sussidiarie di Stato e crediti d'imposta di valore complessivamente superiore ai 10 miliardi di euro; in tal modo si è provveduto ad assicurare alle banche italiane le risorse per far fronte ai requisiti di capitalizzazione richiesti dall'accordo di Basilea 3;
a tanta attenzione verso il sistema creditizio, considerato troppo grande per fallire, non fa riscontro, nel decreto n. 211 del 2011, altrettanta attenzione verso il sistema produttivo italiano, in ottemperanza alla convinzione ampiamente diffusa tra i banchieri, che l'industria altro non è che un fastidioso accessorio della finanza;
si continua a considerare politica di sviluppo quella volta a favorire l'occupazione, peraltro adeguandosi all'idea, ad avviso dell'interrogante, erronea, diffusa nella cultura politica di sinistra, che tale politica debba essere attuata per fasce d'età o per categorie di persone, senza considerare che, se alle imprese non si assicurano certezza di diritto, solide basi economiche, libertà d'azione e una prospettiva di competitività, queste non sanno che farsene di lavoratori offerti anche gratis;
la situazione è aggravata dall'attuale crisi economica: molte aziende sono costrette a cessare la propria attività principalmente a causa del ritardo dei pagamenti tra grandi e piccoli imprenditori e tra la pubblica amministrazione e le imprese fornitrici;
da decenni l'Italia è il fanalino di coda nell'Unione europea per quel che riguarda il pagamento dei debiti di fornitura delle pubbliche amministrazioni, nonostante le diverse direttive comunitarie che impongono il pagamento da 30 a un massimo di 60 giorni e la creazione di un apposito fondo presso la Cassa depositi e prestiti;
l'attuale patto di stabilità impedisce inoltre a quei comuni virtuosi, che hanno quindi soldi in cassa, di poter provvedere a pagamenti nei tempi giusti nei confronti di aziende fornitrici di servizi;

l'aggravarsi della situazione economica e la mancanza di liquidità non permettono a molte aziende di partecipare a bandi di gara oppure le costringono a rivolgersi all'usura o a prestare il fianco alle infiltrazioni mafiose;
il suicidio dell'imprenditore Giovanni Schiavon avvenuto qualche giorno fa a Padova dimostra la gravità dell'attuale situazione: gli imprenditori onesti non riescono a capacitarsi che la propria azienda possa fallire per lo sbilanciamento tra entrate o uscite o più semplicemente non sopportano l'idea che i propri dipendenti rimangano a fine mese senza salario sino al punto di compiere gesti estremi -:
quali iniziative normative intenda adottare il Ministro per:
a) introdurre nella legislazione fiscale il principio generale della compensazione tra crediti con la pubblica amministrazione e oneri fiscali e contributivi;
b) attivare pienamente l'operatività del fondo di copertura dei debiti di fornitura della pubblica amministrazione in essere presso la cassa depositi e prestiti;
c) consentire la deroga al patto di stabilità per i comuni virtuosi in relazione alle spese per i debiti di fornitura.
(4-14342)

MARINELLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono state introdotte disposizioni per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, di importo non inferiore a euro tremila;
l'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano ha chiesto all'Agenzia delle entrate una proroga dal 31 dicembre 2011 al 31 gennaio 2012 per la scadenza delle comunicazioni delle operazioni IVA 2010;
i professionisti hanno così giustificato la propria richiesta: i tracciati record necessari per la predisposizione dei software gestionali sono stati definitivamente resi disponibili solo dallo scorso 16 settembre (salvo le successive integrazioni contenute nelle risposte fornite dall'Agenzia delle entrate l'11 ottobre); di conseguenza, il rilascio dei relativi software applicativi è avvenuto a ridosso della scadenza, senza chiarimenti in merito ad alcune criticità (ad esempio, quella relativa ai «contratti collegati»);
la stessa Agenzia delle entrate ha inoltre reso disponibile il software sul proprio sito solo il 7 novembre 2011;
va inoltre osservato che un adempimento introdotto per la prima volta per l'anno 2010, con chiarimenti ministeriali pervenuti solo nel 2011, comporta necessariamente un lavoro di riesame delle registrazioni contabili effettuate per un periodo d'imposta già «chiuso» con notevoli aggravi amministrativi, per giunta in un periodo - fine dicembre - denso di scadenze fiscali;
viceversa la proroga al 31 gennaio 2011 consentirebbe un maggior grado di tax compliance, senza alcuna dilazione nel gettito erariale poiché questa comunicazione non comporta liquidazione o versamento di alcuna imposta o tributo -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative urgenti per dare seguito alla richiesta dell'ordine dei commercialisti esposta in premessa.
(4-14344)

GIOVANELLI e MARCO CARRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un articolo di Sergio Rizzo pubblicato il 17 ottobre 2008 sul Corriere della sera mette in luce tutti gli incarichi che il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua

- nominato commissario nel 2008 e ancora attualmente in carica - ha mantenuto dopo la nomina alla presidenza dell'ente previdenziale. Il giornalista parla di 54 incarichi, elenco reperibile alla camera di commercio. Tra questi:
4 da presidente: Inps, Equitalia Gerit, Equitalia ET ed Equitalia Esastri, società controllate da Equitalia, gruppo di cui l'Inps possiede il 49 per cento;
due come vicepresidente: nell'Equitalia servizi e Nomos, altre società dello stesso gruppo;
uno da amministratore delegato dell'Italia previdenza, società controllata dall'Inps;
un paio di incarichi da consigliere semplice, tre da liquidatore, una decina da presidente del collegio sindacale. Ventiquattro da revisore effettivo, otto da revisore supplente;
alcuni incarichi, sono stati assegnati a Mastrapasqua dopo che lo stesso è stato nominato alla Presidenza dell'Inps il 4 luglio 2008 come:
la nomina a sindaco di Coni servizi (società pubblica) arrivata l'8 luglio 2008;
l'incarico di revisore di Almaviva arrivato il 14 luglio 2008 e quella di consigliere di gestione del Centro sanità spa conferitagli l'8 ottobre 2008;
da articoli giornalistici apparsi in questi giorni (viene riportato tra gli altri nel famoso sito Dagospia) si viene a sapere che gli incarichi del presidente dell'Inps Mastrapasqua dalla sua elezione nel 2008, sono diminuiti, ma solamente da 54 a 24 in totale;
il decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «salva Italia» contiene una norma che cancella altri enti previdenziali come Inpdap e Enpals per unificarvi nella cosiddetta Super Inps;
l'articolo 21 del suddetto decreto-legge riporta al comma 9 la «Soppressione di enti e organismi per assicurare il conseguimento degli obiettivi di efficienza e di efficacia... di razionalizzazione dell'organizzazione amministrativa... nonché di riduzione dei costi... il Presidente dell'Inps, la cui durata in carica a tal fine è differita al 31 dicembre 2014, promuove le più adeguate iniziative, ne verifica l'attuazione, predispone rapporti con cadenza quadrimestrale in ordine allo stato di avanzamento del processo di riordino e redige alla fine del mandato una relazione conclusiva...»;
l'attuale presidente/commissario dell'Inps dovrà gestire una struttura particolarmente complessa, strategica nelle sue funzioni e con una dotazione di risorse finanziarie di circa 350 miliardi di euro -:
se rispondano al vero le notizie relative al cumulo in capo al dottor Mastrapasqua di un numero così rilevante di incarichi;
se sia opportuno che un dirigente pubblico conservi così tante funzioni considerata la necessità di perseguire il massimo rigore proprio nel momento in cui si richiedono ai cittadini rinunce e sacrifici;
se ritenga che, in considerazione della complessità dell'ente e del suo carattere strategico per la fornitura dei servizi essenziali ai cittadini nonché per garantire trasparenza e rigore nella gestione di una così ingente mole di risorse finanziarie, sia necessario procedere celermente alla definizione di una nuova «governance» dell'ente superando l'attuale stato che vede concentrato tutto il potere nella mani del presidente.
(4-14365)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
ha iniziato il suo lavoro il gruppo di studio di ausilio al Ministro della giustizia

promosso per individuare i criteri di applicazione del compito dato al Governo in materia di riorganizzazione delle sedi dei tribunali;
la riforma del sistema giudiziario e la razionalizzazione delle sedi dei tribunali è, certamente, un intervento indispensabile e utile a migliorare l'efficienza del sistema. Naturalmente nell'applicazione di tale razionalizzazione è necessario tener conto delle specificità dei diversi territori;
la provincia dell'Aquila è grande più del Trentino e della Valle d'Aosta, pari alla Liguria e comunque, per estensione, tra le prime dieci in Italia, ed è stata colpita recentemente da un terremoto disastroso che ha reso molto complessa e disagiata la vita sociale e civile del territorio;
in tale provincia attualmente operano, oltre al tribunale dell'Aquila, altri due tribunali: Avezzano e Sulmona i quali svolgono una attività che difficilmente può essere soppressa;
in particolare il tribunale di Sulmona insiste in un territorio dove è presente il più grande carcere d'Abruzzo e del centro Italia, di cui peraltro è stata deliberato l'aumento di capienza carceraria da 450 a 650 detenuti;
il territorio servito dal tribunale di Sulmona comprende l'Alto Sangro i cui cittadini per arrivare ad Aquila o ad Avezzano avrebbero tempi di percorrenza di due ore per l'andata e due per il ritorno, con mezzi privati, attraverso strade interne e montane interessate da precipitazioni nevose e da ghiaccio per almeno 4-5 mesi l'anno mentre i collegamenti pubblici risultano, di fatto, inesistenti;
il territorio della Valle Peligna e Alto Sangro è stato già dichiarato la più grave area di crisi industriale della regione Abruzzo sia con un protocollo sottoscritto nel 2008 presso la sede del Ministero delle attività produttive che con delibera di giunta regionale nel marzo 2011 -:
se il Ministro, alla luce delle considerazioni di cui in premessa, non ritenga di dover tenere conto della specificità della provincia dell'Aquila e dei suoi tre tribunali e principalmente delle problematiche legate a Sulmona e alla Valle Peligna - Alto Sangro.
(5-05859)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
l'Aeroclub d'Italia è amministrato da un commissario straordinario;
l'Aeroclub d'Italia è un ente pubblico non economico finanziato con contributi del CONI e dei Ministeri vigilanti e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'Ente;
l'Aeroclub d'Italia rappresenta, ai fini sportivi, la nazione italiana presso la Federazione aeronautica internazionale con sede a Losanna (Svizzera);
ai fini dell'adesione alla F.A.I., l'Aeroclub d'Italia sottoscrive una quota annuale di adesione, detta «fee», ai sensi dell'articolo 7.2 dello statuto della Federazione aeronautica internazionale medesima;
la quota annuale di adesione alla Federazione aeronautica internazionale è stabilita, per fasce dette «classi», in proporzione al numero dei praticanti attivi iscritti all'Aeroclub nazionale di ciascun Paese membro;
ciascun Paese membro comunica annualmente alla Federazione aeronautica internazionale il numero dei praticanti

attivi iscritti, al fine dell'appartenenza ad una determinata «classe» e del pagamento della quota annuale di adesione;
la Corte dei conti ha esplicitato, con determinazione n. 43 del 2011 resa nell'adunanza del 20 maggio 2011, che il numero dei soci attivi iscritti all'Aeroclub d'Italia, nel triennio 2007-2009, è risultato variabile dai 10.298 soci dell'esercizio 2007 ai 10.764 soci del 2009. Tale fatto è confermato altresì dai dati ricavabili dal bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2012, adottata con delibera del Commissario straordinario n. 293 del 18 ottobre 2011. Ad avviso dell'interrogante l'Aeroclub d'Italia dovrebbe pertanto appartenere alla classe Federazione aeronautica internazionale 5, ovvero al raggruppamento di nazioni che annoverano un numero variabile compreso tra i 10.000 e i 15.000 soci attivi. Il costo di quota di iscrizione annuale dovuto dall'Aeroclub d'Italia alla Federazione aeronautica internazionale dovrebbe pertanto ammontare a CHF 18.000,00, pari ad euro 14.652,00. Con atto dispositivo n. 48 del 9 febbraio 2011, integrato con ulteriore atto dispositivo n. 445 del 10 agosto 2011, l'Aeroclub d'Italia ha versato alla Federazione aeronautica internazionale la somma di CHF 95.000,00 (pari ad euro 73.515,60), per sottoscrizione della quota annuale di iscrizione per l'anno 2011 nella classe 1 Federazione aeronautica internazionale. La classe 1 Federazione aeronautica internazionale è riferita alle nazioni che annoverano oltre 200.000 membri attivi iscritti e, sino all'anno 2010, contava solamente gli Stati Uniti d'America, mentre l'AeCi conta meno di 11.000 soci attivi -:
per quale ragione l'Aeroclub d'Italia abbia provveduto a versare la quota di euro 73.515,60 alla Federazione aeronautica internazionale, anziché la quota di spettanza di euro 14.652,00, dichiarando di annoverare un numero di praticanti attivi superiore a 200.000 unità, anziché quello di 11.000 unità certificate nella determinazione della Corte dei conti ed evincibili dal bilancio di previsione dell'esercizio finanziario 2012 dello stesso Aeroclub d'Italia.
(4-14349)

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

FIANO, MINNITI, NACCARATO, POLLASTRINI, TOUADI e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 20 dicembre 2011, tutti gli organi di stampa nazionali hanno dato notizia della pubblicazione sul sito stormfront.org di una lista di personalità varie del mondo politico e sociale italiano, «colpevoli» di aver sostenuto iniziative solidali o antirazziste;
tale sito è già noto alle cronache e anche all'attività investigativa degli organi preposti, per la pubblicazione in varie riprese di un'altra lista «nera» di personalità appartenenti alla comunità ebraica italiana;
sul dibattito presente nelle pagine del sito sono presenti numerose espressioni di chiaro sapore razzista e discriminatorio;
tra le personalità segnalate vi sono numerosi sindaci di importanti città italiane come: Graziano Del Rio sindaco di Reggio Emilia e Flavio Zanonato sindaco di Padova; sacerdoti come Don Ezio Segat sacerdote di Vittorio Veneto, giornalista come Gad Lerner e Maurizio Costanzo nonché vari politici e magistrati;
le fattispecie qui descritte e più in generale le attività di questo sito sembrano, secondo l'interrogante, rientrare nelle ipotesi di reato della cosiddetta legge Mancino -:
se siano state avviate indagini rispetto ai fatti descritti in premessa;

se il Ministero sia in grado di individuare per il tramite della polizia postale i proprietari del sito e gli autori delle singole affermazioni;
se non si ritenga che in ragione della gravità e della pericolosità delle affermazioni ivi contenute non si intendano assumere iniziative dirette come già accaduto in altri Paesi europei, alla chiusura di tale sito a sfondo razzista.
(3-01991)

Interrogazioni a risposta scritta:

ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso gli uffici territoriali della polizia di Stato risultano disponibili 706 camere di sicurezza di cui 379 non idonee;
33 questure non dispongono di idonea camera di sicurezza e ulteriori 5 non ne possiedono affatto (Caltanissetta, Chieti, Gorizia, Macerata e Siracusa);
le persone arrestate, in media 150 al giorno, vengono trattenute nelle suddette camere di sicurezza per un periodo di ore che vanno dalle 48 fino a un massimo di 60;
la spesa giornaliera relativa all'attività di vigilanza presso una o più camere di sicurezza varia a seconda dell'attività operativa adottata nelle varie circostanze e può prevedere in un giorno intero l'impiego tra i 10 e 15 dipendenti;
il costo giornaliero, comprensivo di vitto e pulizie, riferito al singolo dipendente è di circa 100 euro per una spesa complessiva, ad esempio, per 15 dipendenti di circa 1500 euro -:
se non ritengano opportuno installare solamente tali camere di sicurezza presso i tribunali competenti affinché si possano ottimizzare le risorse economiche e di personale in quanto tale attività di vigilanza potrebbe essere svolta direttamente da personale della polizia penitenziaria già in servizio presso gli stessi tribunali.
(4-14335)

JANNONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni la provincia di Bergamo ha lamentato una forte carenza di organico, per quanto riguarda gli operatori delle forze dell'ordine, il cui numero si attesta a 14 ogni 10 mila abitanti, a fronte di una media regionale pari a 26. La stessa pianta organica della questura di Bergamo è ferma al 1989: secondo tale tabella, sono previsti 586 operatori dei quali solo 528 oggi sono effettivamente presenti a Bergamo e provincia (con una ingiustificata differenza rispetto alla pianta organica di oltre il 100 per cento);
nella provincia orobica, nel corso degli ultimi anni, l'impegno amministrativo richiesto alle forze dell'ordine ed alla polizia di Stato in particolare, è cresciuto sensibilmente in relazione ai continui mutamenti economico-sociali che hanno investito il territorio, in particolare ad attività connesse alla gestione dei flussi immigratori, al rilascio dei permessi e delle carte di soggiorno, ad un continuo controllo del territorio, e così via. Oggi, più che mai, l'insufficiente dotazione di personale e di risorse in capo alle forze dell'ordine a Bergamo e provincia incide in misura evidente sull'organizzazione e la gestione del controllo del territorio;
con l'inasprirsi della crisi, ed il susseguirsi dei tagli ai finanziamenti relativi alla gestione operativa dei comparti delle forze dell'ordine, sono stati tagliati oltre 1 miliardo di euro al comparto in forza a Bergamo e provincia. Per questo, il comune di Bergamo ha approvato, il 21 novembre 2011, un ordine del giorno in cui, si impegnava il sindaco a farsi portavoce, presso i rappresentanti dei vari schieramenti politici del territorio, della situazione di carenza di organico in cui versano le forze dell'ordine bergamasche. Gli stessi dati pubblicati da quotidiani autorevoli, quali Il Sole 24 Ore sulla base dei dati forniti dall'Associazione nazionale delle forze di polizia con riguardo all'incidenza dei reati, indicano Bergamo come

undicesima città d'Italia per i reati di furto. I dati più recenti, inoltre, indicano un incremento di furti e rapine in città rispettivamente del 7 e del 16 per cento nel primo semestre 2011;
nonostante le reiterate sollecitazioni, anche da parte dei parlamentari bergamaschi, non sono, ad oggi, pervenute risposte circa le richieste di attenzione espresse dal territorio bergamasco su questo tema, che è di assoluta importanza per la sicurezza di tutti i cittadini della zona -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di dotare la provincia di Bergamo di un numero di forze dell'ordine congruo a quello degli abitanti della zona ed alle attività che vengono espletate ogni giorno nella questura.
(4-14360)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
è necessario favorire nelle scuole di ogni ordine e grado un autentico pluralismo nell'insegnamento di ogni disciplina ed in particolare della storia contemporanea che, strettamente collegata alle vicende politiche quotidiane, rischia di tradursi in forme di esasperata politicizzazione che nulla hanno a che fare con la funzione educativa della scuola, ed il dovere del docente di mantenersi al di sopra delle pura polemica politica, privilegiando sì il contatto con le vicende attuali ed il loro riferimento al passato, ma evitando di inculcare negli studenti idee, precostituite bensì favorendo eventualmente un approccio oggettivo ed autonomo alle problematiche della storia contemporanea;
l'interpellante pur riconoscendo l'autonomia degli organi collegiali, sulla base di un riscontro effettuato nei principali licei di Bologna (si riferisce al liceo Minghetti, Galvani, Sabin e Copernico) rileva che i testi di storia in uso nei suddetti istituti, come ad esempio «la conoscenza storica», «le storie e la storia», e «profili storici», non rispettano quei criteri di obiettività più volte richiamati dal Ministero, soprattutto in riferimento ad ideologie quali fascismo, comunismo, periodi come la guerra fredda e la distensione, la Resistenza, e altro, rilevando che in quei libri mancano determinati fatti significativi per il 900, come il ruolo della Chiesa cattolica, o spesso sono volutamente alterati in un'ottica ideologica determinati eventi ed al riguardo si citano in particolare alcuni passi significativi; per esempio viene ridotta l'importanza storica del 18 aprile 1948, non viene affrontato il tema degli eccidi dei partigiani rossi avvenuti in Emilia Romagna in particolare modo verso cittadini inermi, non viene data una visione obiettiva e neutraledel sessantotto;
l'interpellante si rende conto della delicatezza dell'argomento e della necessità di non imporre «una visione storiografica di regime» assurda ed antistorica -:
se il Ministro interpellato, che, nell'ambito dei suoi poteri, intenda farsi carico del problema suesposto nell'ottica di evitare il rischio della «ideologizzazione dell'insegnamento della storia» in presenza peraltro di smentite della storia evidenti e marcate non sufficientemente accolte nei libri di testo, pur facendo pienamente salva la libertà di insegnamento dei docenti.
(2-01304) «Garagnani».

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARIO PEPE (MISTO-R-A). - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in relazione all'attività dell'Accademia nazionale di danza e della collegata

Fondazione accademia, le criticità emerse in materia di gestione economica, finanziaria, didattica e di qualificazione accademica (e persino di igiene pubblica) sono state evidenziate in numerosi atti di sindacato ispettivo, presentati a partire dal 1996;
si tratta degli atti 4-04071 Napoli e 4-33608 Aracu XIII legislatura; 4-01700 Valditara XIV legislatura, ormai di mero valore documentativo, e degli atti Bornacin 2-00218; Pepe 4-07527, 4-08937 2-01150 4-13380; Zamparutti 4-08308; Marinello 4-11457, solo a due di questi è stata data risposta;
in questi anni la situazione dell'Accademia è peggiorata in parallelo alla crescita del debito finanziario, all'assottigliarsi delle risorse, al malcontento degli studenti -:
quali iniziative intenda assumere per verificare la situazione dell'Accademia nazionale di danza, individuando le eventuali responsabilità;
se non ritenga opportuno rimuovere l'attuale gruppo dirigente dell'Accademia, insediata ormai dal 1996.
(5-05866)

Interrogazione a risposta scritta:

PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la regione Sardegna ha promosso nel 2006 il programma master and back al fine di favorire la formazione di alto livello dei giovani laureati sardi e garantire, dopo l'acquisizione del titolo post lauream, l'avvio di un programma di rientro all'interno delle attività produttive e di ricerca in Sardegna;
il programma master and back prevede, nello specifico, l'erogazione di contributi individuali a fondo perduto per borse di studio, con il cofinanziamento del Fondo sociale europeo (FSE), per la partecipazione a corsi di alta formazione e tirocini presso organismi di riconosciuta qualità e reputazione a livello internazionale che operano al di fuori del territorio regionale;
parte integrante del programma è l'attivazione di percorsi di rientro, per offrire la possibilità ai giovani laureati sardi di mettere a frutto nel contesto lavorativo regionale quanto appreso durante gli anni di formazione e specializzazione;
tra le finalità del progetto master and back vi è l'inserimento stabile, non precario e qualificato che mette gli organismi privati, pubblici e di ricerca della Sardegna nelle concrete condizioni di crescere e migliorare grazie alle competenze e alle qualifiche acquisite dai ragazzi attraverso il percorso di specializzazione;
nell'ultimo biennio circa 800 ragazzi sardi hanno intrapreso il percorso della formazione di eccellenza fuori dall'isola attraverso il master and back confidando di poter successivamente usufruire di una concreta opportunità lavorativa in Sardegna;
il 22 giugno 2011 l'Agenzia regionale per il lavoro ha pubblicato il bando «percorsi di rientro 2010-2011» relativo alle due annualità 2010-2011 per percorsi da svolgersi presso organismi ospitanti privati, pubblici e di ricerca per i quali sono stati stanziati in totale 9 milioni di euro;
lo stanziamento previsto dal bando è talmente esiguo da far pensare che rimarranno inoccupati circa 500 laureati e specializzati sugli 800 che hanno presentato domanda;
tale prospettiva non favorisce il rientro delle eccellenze formate a spese della regione e la conseguenza fuga dei cervelli che il master and back intende, al contrario, contrastare;
in data 30 novembre 2011 è stata pubblicata la prima della tre graduatorie riguardante i percorsi di rientro da svolgersi presso organismi privati per i quali sono stati stanziati 6 milioni di euro utili

a finanziare appena 83 percorsi di rientro a fronte delle 330 domande di inserimento lavorativo presentate;
gli organismi privati hanno contribuito finanziariamente all'inserimento con quote di cofinanziamento comprese tra il 35 per cento e il 15 per cento offrendo in gran numero contratti a tempo indeterminato;
un centinaio dei 330 ragazzi che hanno fatto richiesta per il percorso di rientro presso enti privati, sono esclusi, nonostante abbiano concordato con gli organismi privati la stipula di un contratto a tempo indeterminato;
entro il mese di gennaio 2012 saranno pubblicate le graduatorie relative ai percorsi di rientro per gli enti pubblici e di ricerca;
il rientro presso gli enti pubblici è finanziato con appena 1 milione di euro utile a coprire circa 20-25 posti di lavoro (a seconda del cofinanziamento proposto, in media intorno al 20 per cento), a fronte delle circa 170 richieste, nonostante tali gli enti abbiano bandito concorsi e selezioni per colmare le figure mancanti nell'organico e prevedendo con i selezionati destinatari del back contratti a tempo determinato in categoria D1;
i 2 milioni stanziati per la ricerca saranno sufficienti a coprire circa 40 contratti, a fronte delle 140 richieste;
il programma master and back rappresenta una concreta possibilità di occupazione giovanile -:
quali politiche intendano avviare per favorire il rientro in Italia dei giovani altamente specializzati e come intendano contrastare la cosiddetta «fuga di cervelli»;
si intendano incentivare e promuovere progetti quali il master and back in tutto il territorio nazionale per creare concrete possibilità lavorative dei giovani.
(4-14341)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza n. 303 (novembre 2011) sulla legittimità costituzionale dell'articolo 32 commi 5, 6 e 7 della legge 4 novembre 2010 n. 183 (collegato lavoro) riconosce la non fondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate a proposito della indennità onnicomprensiva, compresa tra un numero di 2,5 e un massimo di 12 mensilità di stipendio, nei casi di conversione del contratto a tempo indeterminato, ordinata dal giudice a seguito di violazione della normativa sul contratto a tempo determinato;
tale indennità viene considerata dalla Corte come un legittimo indennizzo nei casi in cui un lavoratore venga illegittimamente estromesso dal datore di lavoro a seguito del termine del contratto di lavoro e si veda poi in sede di giudizio convertito il contratto in un tempo indeterminato con conseguente assunzione da parte del datore di lavoro;
la Corte spiega nella sentenza come sia possibile che alcuni lavoratori ottengano la sentenza in tempi brevi, mentre altri in tempi lunghi. Nel primo caso l'indennità prevista sarebbe congrua degli stipendi che il lavoratore reintegrato non ha percepito dal momento della comunicazione della disponibilità a lavorare, mentre nel secondo caso il lavoratore potrebbe attendere anni e diversi gradi di giudizio prima di vedersi reintegrato;
la Corte rileva che tuttavia tali sperequazioni dipendano non dalla norma in sé ma da «situazioni occasionali e talora patologiche (come l'eccessiva durata dei processi)» che non inficiano il giudizio di costituzionalità. In pratica la Consulta non entra nel merito ma fa comprendere che

una sperequazione sia possibile nei fatti essendo causata da processi di durata difforme con vari gradi di giudizio;
l'indennità del collegato lavoro è in questo caso assolutamente incongrua, sebbene costituzionalmente legittima. Considerati anche i costi della giustizia che un lavoratore singolo soffre sicuramente di più rispetto a una grande azienda;
i commi 5, 6 e 7 dell'articolo 32 del collegato lavoro (definiti dagli organi di informazione come «ammazza precari» o «anti precari») hanno avuto una vicenda complessa. Nella sua formulazione originaria la norma (articolo 21, comma 1-bis, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) fu ritenuta dalla Corte Costituzionale illegittima perché si applicava esclusivamente ai giudizi in corso. In quel caso l'indennità era sostitutiva della reintegra e applicabile solo ai giudizi in corso. Dopo la valutazione di incostituzionalità della Corte (sentenza n. 214 agosto 2009) essa venne reintrodotta erga omnes per tutti i giudizi - in corso e futuri - mentre un ordine del giorno del Senato della Repubblica impegna il Governo a garantire che le disposizioni venissero interpretato nel senso che l'indennità era aggiuntiva e non sostitutiva della reintegra -:
eliminati i dubbi di costituzionalità e vista la sentenza della Corte che comunque identifica, nell'applicazione dell'indennità prevista dal collegato lavoro, delle possibili e oggettive situazioni di disparità soprattutto a causa della difforme durata dei processi, quali siano gli intendimenti del Governo rispetto all'applicazione dell'articolo 32 commi 5, 6 e 7 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e se non ritenga, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e dell'abbattimento dei tempi della giustizia civile, di assumere iniziative normative per congelare o riformulare quanto previsto dalle citate disposizioni.
(5-05864)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 21, comma 2) del decreto-legge n. 201 del 2011, ha previsto, nel processo di riorganizzazione del sistema previdenziale, l'assorbimento di Inpdap ed Enpals in Inps a partire dal 1o gennaio 2012;
ha previsto, inoltre, che la dotazione organica dell'Inps venga incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge tranne per le posizioni sopranumerarie, rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi, ivi incluse quelle di cui all'articolo 43, comma 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
il personale sopranumerario dell'Inpdap si trova in questa condizione per effetto della legge 23 dicembre 2000 n. 388 che all'articolo 43, comma 19, stabiliva che nel processo di vendita degli immobili di proprietà degli enti previdenziali: «I lavoratori, già dipendenti degli enti previdenziali, addetti al servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili che vengono dismessi, di proprietà degli enti previdenziali, restano alle dipendenze dell'ente medesimo»;
nel caso dell'Inpdap sono 700 lavoratori la cui posizione non è mai stata perfezionata poiché non sono mai stati inseriti nella pianta organica dell'ente nonostante ne siano alle dipendenze, con contratti a tempo indeterminato, da oltre un decennio;
si tratta di personale precedentemente addetto al servizio di portierato o di custodia e vigilanza degli immobili dismessi, di proprietà degli enti previdenziali che è stato inserito nei ruoli e nelle relative qualifiche amministrative dell'Inpdap;

nel corso di questo decennio, tale personale - che rappresenta il 10 per cento della forza lavoro Inpdap - si è professionalizzato e si è inserito perfettamente nei processi produttivi dell'Ente, contribuendo attivamente alla puntuale erogazione dei servizi ai cittadini;
si tratta di personale inquadrato nelle più basse qualifiche professionali, con conseguenti basse retribuzioni che incidono minimamente sui risparmi attesi dalla manovra;
per effetto dell'articolo 21, comma 2, tale personale è spostato in altre amministrazioni anche al di fuori del territorio regionale per poi entrare, per 24 mesi, nei meccanismi di sostegno al reddito di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
a giudizio dell'odierno interrogante e del coordinatore nazionale enti pubblici dell'Ugl-Intesa funzione pubblica, Pino Marro, i risparmi derivanti da tale previsione normativa sono certi se li si calcola nei confronti della dirigenza generale ma sono esigui se non, addirittura, inesistenti per il personale impiegatizio delle aree A e B;
a ciò si aggiunge che le carenze di organico dell'Inps, come certificate di recente dal magistrato della Corte dei conti presso lo stesso istituto, sono tali da poter coprire anche detto personale sopranumerario dell'Inpdap -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere le problematiche citate in premessa.
(4-14343)

CATANOSO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della soppressione dell'IPOST e del trasferimento delle sue funzioni all'INPS, disposto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, si è proceduto a predisporre un piano di integrazione funzionale del personale della struttura ex-IPOST;
a tal proposito, nel novembre del 2010, la direzione centrale risorse umane dell'Inps dettava le seguenti assegnazioni: «in considerazione delle preferenze espresse, ha ritenuto opportuno acquisire le preferenze dei dipendenti dell'ente soppresso, al fine di ottimizzare la loro collocazione nell'ambito della struttura dell'INPS e di contemperare le esigenze organizzative e funzionali dello stesso istituto»;
a far data dal 1o marzo 2011 è iniziato l'esodo del personale ex IPOST presso le sedi richieste, scaglionato in vario modo e con tempistica diversa a seconda delle funzioni da svolgere presso l'Inps;
oggetto della presente interrogazione è la gestione del personale ex-IPOST assegnato a «previdenza poste ex IPOST» presso la sede Inps di Roma/EUR. La data sul piano di assegnazione non c'era, ma di fatto è nella sede di Roma/EUR dal 5 ottobre 2011;
si evidenzia che fino alla data del 9 settembre 2011 (data di chiusura del programma NAI sul quale veniva effettuata tutta la lavorazione inerente alla previdenza poste) il personale residuo rimasto nella vecchia struttura IPOST procedeva all'espletamento delle pratiche con grave difficoltà, in quanto operava con evidente carenza di personale addetto, che nel frattempo si era collocato nelle varie strutture dell'INPS, creando quindi un primo disagio per l'utenza;
in data 28 settembre 2011, la direzione centrale risorse umane Inps confermava il piano di assegnazione del fondo specialistico previdenza poste provvedendo al trasferimento dello stesso presso la sede zonale Inps di Roma Eur;
nella stessa comunicazione veniva indicato un nuovo gruppo di lavoro che, pur

avendo una assegnazione già prestabilita e diversa dal polo specialistico, è stato temporaneamente assegnato a supporto del polo specialistico, per lo smaltimento dell'arretrato che nel frattempo si era creato durante il periodo in cui questo personale è rimasto all'IPOST senza poter lavorare correttamente come in passato;
la riattivazione del sistema di lavorazione delle pratiche pensionistiche è stata resa operativa solo 2 mesi più tardi dalla chiusura del vecchio programma NAI;
si deve aggiungere anche il fatto che il personale di supporto al polo specialistico previdenza IPOST sta avendo notevoli difficoltà nel rendersi operativo nei confronti dell'utenza in quanto le procedure informatiche e le strutture di supporto sono carenti da molti punti di vista;
detto personale non ha avuto alcuna formazione informatica sui nuovi programmi e sulle nuove procedure dell'Inps nonostante abbia avuto molti mesi a disposizione presso l'IPOST per poterglisi dedicare;
le procedure informatiche dell'Inps sono molto più complesse di quelle utilizzate dal personale ex-IPOST che, pertanto, non è ancora in grado di dare un fattivo supporto lavorativo, creando un ulteriore disagio all'utenza che, visto il periodo pensionistico attualmente molto nebuloso, sta affluendo agli sportelli in numero molto consistente;
a giudizio dell'interrogante e del coordinamento IPOST dell'Ugl intesa funzione pubblica le responsabilità sono da ricercare nel mancato coordinamento o collaborazione tra la dirigenza dell'IPOST e quella dell'Inps -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere le problematiche citate in premessa.
(4-14359)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI PIETRO, DI GIUSEPPE, CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Ageacontrol Spa, è una società per azioni con personalità di diritto pubblico istituita ai sensi del comma 9 dell'articolo 18 della legge 22 dicembre 1984 n. 877 (legge finanziaria per il 1985);
Ageacontrol Spa, ai sensi dell'articolo 3 dello statuto, provvede allo svolgimento dei controlli e delle azioni previste per le filiere del settore agroalimentare, agricolo, dell'allevamento e forestale dai regolamenti comunitari e da altre disposizioni nazionali in materia; opera sotto il controllo e la vigilanza di Agea a cui spetta anche l'indirizzo generale dell'attività dell'agenzia;
Ageacontrol Spa su incarico di Agea, nella fase di start up del programma di verifica dei dati produttivi e delle imputazioni dei prelievi supplementi dall'annata 1995/96 al 2008/09 ha predisposto un progetto della durata di un anno finalizzato ai predetti controlli e verifiche;
si tratta, in estrema sintesi, della verifica dei dati relativi alla produzione nazionale di latte vaccino al fine di stabilire se il nostro Paese abbia o meno superato il livello produttivo nazionale assegnato a suo tempo dall'Unione europea;
Ageacontrol Spa ha deciso di attivare il detto progetto e, di conseguenza si è resa necessaria l'individuazione di una professionalità con particolari esperienze e/o di conoscenze in materia di gestione e rilevazione delle procedure informatiche attinenti alla verifica di dati produttivi;
il contratto di consulenza, affidato ad un dirigente di comprovata esperienza nello specifico settore d'interesse, è stato

sottoscritto in data 4 novembre 2011, con validità legale a decorrere dal 14 novembre 2011;
tale contratto della durata di 12 mesi, eventualmente prorogabile, si intende onorato nel momento in cui il consulente incaricato consegna la relazione conclusiva dell'attività svolta (verifica dei dati produttivi e delle imputazioni del prelievo supplementare per le annate dal 1995/1996 al 2008/2009);
in data 17 novembre 2011 è stata ufficializzata la richiesta dei dati necessari da elaborare come previsto dal progetto in essere;
i dati richiesti, e relativi alle campagne lattifere dal 1995/1996 al 2008/2009, all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (detentrice del sistema informativo agricolo nazionale), all'Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo (detentore dell'Anagrafe Bovina - Banca Dati Nazionale) e alla società Auselda, controllata dalla stessa Agea, consentirebbero di definire, in maniera esaustiva e definitiva, il quadro completo dell'intero patrimonio zootecnico nazionale (numero di capi bovini da latte e con capacità di lattazione) e dei livelli produttivi di ciascuna azienda (e quindi dell'intero Paese), nonché di individuare le quote produttive non utilizzate che, per legge, dovevano essere riassegnate alle aziende per consentire loro l'incremento dei quantitativi di latte da produrre;
alla data odierna non è stato dato alcun seguito alla menzionata richiesta dei dati -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra citati e, in caso affermativo, quali siano i motivi che inducono l'Agea, l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Teramo e la società Auselda a non fornire i dati richiesti al fine di portare a termine il progetto ed elaborare in maniera esaustiva un quadro completo dell'intero patrimonio zootecnico nazionale e dei livelli produttivi di ciascuna azienda come illustrato in premessa.
(5-05858)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Federippodromi nei giorni scorsi nel quale ha dichiarato che non potrà disegnare e programmare l'attività del 2012 «perché le risorse comunicate dall'Agenzia per lo Sviluppo del Settore Ippico (ASSI), ex-UNIRE, nei recenti incontri non sono assolutamente sufficienti né per il montepremi né per le società di corse. Conseguentemente il 10 gennaio 2012, gli ippodromi del nostro Paese rischiano di chiudere i cancelli ad ogni tipo di attività»;
stante la gravissima crisi che il settore ippico sta attraversando e il calo repentino delle risorse che l'ASSI potrà distribuire l'anno venturo, anche l'ippodromo di San Rossore a Pisa potrebbe essere messo in ginocchio dai preannunciati tagli e non essere più in grado di proseguire la sua attività;
conseguentemente il destino di migliaia di occupati, di aziende strutturate ed attive da decenni, dipende solo ed esclusivamente da un serio, rapido ed incisivo rilancio delle forme di finanziamento del settore, compresa la revisione del sistema delle scommesse ippiche;
è utile poi aggiungere che, per quanto riguarda il caso di Pisa nel 2011, Alfea, società di gestione dell'ippodromo di San Rossore, si è peraltro distinta nel quadro nazionale sia in termini produttivi che di efficienza a confronto con le altre realtà in affanno. A tal proposito si evidenzia che il proprio bilancio in positivo risulta essere una rarità nel contesto italiano. «I dati più significativi sono quelli dei premi vinti dai cavalli residenti a San Rossore sulla pista di casa e sugli altri ippodromi italiani che assommano a 8,7 milioni di euro, mentre l'Alfea distribuisce un montepremi pari a 3,4 milioni, 1,3 dei quali vinti dai cavalli non allenati a Pisa»;

nella seduta del 15 dicembre 2011 il Consiglio comunale di Pisa ha votato all'unanimità dei presenti a favore di un rilancio dell'ippica nazionale e della tutela dell'Ippodromo di San Rossore -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per rivedere la normativa nazionale sull'ippica a tutela delle razze equine e del trattamento degli animali nelle gare e contemporaneamente rilanciare il sistema delle scommesse e finanziamento degli ippodromi a tutela dei lavoratori.
(4-14339)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia, il costo della corruzione è stimato intorno ai 60 miliardi di euro. Il fenomeno, hanno spiegato i giudici contabili, è in costante crescita «e si è insediato e annidato dentro le pubbliche amministrazioni», finendo per costituire la terza causa di danno all'erario. L'ultimo allarme, fatto risuonare nel corso di un'audizione alla Camera dal Presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino, ha trovato pronta eco nelle tabelle di Transparency International, che vedono l'Italia scendere in due anni dal 63o al 69o posto dell'indice di percezione della corruzione: Transparency ha stimato che per ogni peggioramento in classifica si perde il 16 per cento degli investimenti dall'estero. Al contrario, scalando qualche gradino, si attrarrebbero preziose risorse;
l'economia reale, quindi, risente oggi più che mai dell'effetto nefasto del malaffare: il Greco, l'organismo del consiglio d'Europa deputato alla prevenzione e al contrasto della corruzione, in un recente rapporto ha espresso preoccupazione per la mancanza di un programma nazionale coordinato e per l'indipendenza «solo parziale» delle strutture chiamate a fronteggiare il ritorno della corruzione negli uffici pubblici. D'altronde, l'istituzione di un'autorità unica anti-corruzione sganciata dal potere politico è prevista anche da diverse convenzioni internazionali, dell'Ocse come dell'Uncac, un'organizzazione di Stati nata per combattere le infiltrazioni illecite nell'amministrazione. A fronte del costo plurimiliardario del fenomeno, la Corte dei conti nel 2010 è riuscita a recuperare nel complesso «solo» 293 milioni di euro. Di questi 32,19 milioni sono il risultato delle 47 sentenze emesse dalle quattro sezioni d'appello con le quali sono stati condannati per danni patrimoniali da reato contro la pubblica amministrazione 90 funzionari pubblici. E bisogna aggiungere 4,73 milioni per danni all'immagine. Le sezioni regionali della Corte invece hanno emesso 350 sentenze con condanne al pagamento di 252,68 milioni per danni patrimoniali e altri 3,57 per danni all'immagine della pubblica amministrazione. Ma incombono le citazioni in giudizio da parte delle procure regionali della Corte: delle 227 depositate, 95 riguardano reati di truffa e falso, 50 peculato e 40 concussione e corruzione. Nel Lazio il maggior numero di citazioni, poi Calabria, Sicilia e Campania;
la corruzione incide, su ogni contribuente, per circa mille euro a testa, frenando soprattutto gli investimenti esteri. I sessanta miliardi di «buco» stimati dalla Corte dei conti rischiano di essere solo una buona approssimazione, perché, come spiega il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino, i reati di corruzione sono caratterizzati da «una rilevante difficoltà di emersione ed esiste una scarsa propensione alla denuncia, non solo perché si tratta di comportamenti che spesso nascono da un accordo fra corruttore e corrotto ma anche perché, nell'ambiente in cui sorgono, anche le persone estranee al fatto, ma partecipi all'organizzazione, non dimostrano disponibilità a denunciare

fenomeni di tal tipo». In una scala che va da 0 (molto corrotto) a 10 (per niente corrotto), l'Italia ha una valutazione molto negativa: 3,9 punti. La stessa dell'anno scorso, ma con un arretramento nella posizione in classifica poco edificante, dato che ha portato la presidente della sezione italiana di Transparency, Maria Teresa Brassiolo, a lanciare un appello: «Fate il possibile per abbattere il livello di corruzione diminuendo i costi pubblici e quindi il debito»;
anche la magistratura ordinaria registra un aumento dei reati contro la pubblica amministrazione: in particolare i procedimenti per concussione, nei cinque anni fra il 2005 e il 2010, sono stati in costante aumento: da 114 a 144 quelli per cui hanno proceduto otto grandi uffici giudiziari (Milano, Torino, Venezia, Firenze, Roma, Bari, Napoli e Palermo). Il dato, fornito dal Governo italiano, è contenuto in un rapporto del Greco datato 14 giugno 2011. L'organismo del Consiglio d'Europa non ha mancato di far notare che «i procedimenti giudiziari falliti per la scadenza dei termini di prescrizione è ritenuta causa, almeno nella percezione del pubblico, di una parte inquietante della corruzione». Organizzazioni internazionali come l'Ocse e l'Uncac hanno espresso l'esigenza, per i Paesi che lottano il malaffare, di costituire un'autorità anti-corruzione «indipendente, stabile, efficace». Se è vero che, come denuncia il Gafi (gruppo d'azione finanziario internazionale contro il riciclaggio), «è stretto il rapporto fra corruzione e riciclaggio in Europa», è vero anche che quest'ultima voce nel nostro Paese ha una rilevanza non secondaria: 150 miliardi di euro, il 10 per cento del prodotto interno lordo. «È la prima industria italiana», segnala il procuratore antimafia Piero Grasso nel libro «Soldi sporchi» scritto con Enrico Bellavia. E la corruzione, il fatturato delle mafie, il pizzo, l'evasione fiscale fanno crescere ancor di più il peso del malaffare sul debito pubblico. «Un furto da 330 miliardi», secondo Luciano Silvestri della Cgil -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative volte ad istituire un'autorità unica anti-corruzione, come prevista da organismi quali Ocase ed Uncac anche nel nostro Paese;
quali iniziative di competenza, e con quali mezzi, i Ministri intendano adottare al fine di contrastare efficacemente il dilatante fenomeno della corruzione nel nostro Paese.
(4-14362)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel decreto-legge n. 201 del 2011 «salva Italia», approvato, all'articolo 32 è prevista la liberalizzazione dei farmaci di fascia C nei comuni con popolazione superiore ai 12.500 abitanti, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani sanitari regionali;
l'imposizione di tale limite corrisponde di fatto ad una discriminazione nei confronti sia delle parafarmacie che si trovano in comuni di piccoli centri sia dei cittadini stessi penalizzati dal non poter beneficiare delle agevolazioni economiche che tale liberalizzazione comporta;
poiché la liberalizzazione dei farmaci di fascia C apporta dei benefici economici, sarebbe opportuno renderla accessibile a tutti senza alcuna distinzione, in quanto risulta ingiusto prevedere dei benefici sulla base di criteri territoriali, che agevolano solo alcuni a scapito di altri;
numerosi proprietari di parafarmacie, molti dei quali giovani laureati, che hanno investito capitali e affrontato sacrifici per l'avvio delle loro attività, creando un'alternativa vantaggiosa e concorrenziale alle comuni farmacie, ravvisano in questo provvedimento una grave ingiustizia

e una discriminazione con chi ha il vantaggio di operare in centri più grandi -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative dirette a rivedere quanto previsto dai sopracitato articolo, mediante l'eliminazione del vincolo del numero di abitanti, attualmente previsto per la liberalizzazione dei farmaci di fascia C.
(3-01992)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da organi di stampa si apprende la notizia che il Ministro della salute francese avrebbe richiamato 30 mila pazienti su cui sono state impiantate in questi anni protesi al seno prodotte dalla ditta francese Pip, in quanto realizzate con silicone non adatto all'uso sanitario;
l'allarme riguarda anche l'Italia, dove si stima, in assenza di un registro delle protesi mammarie, che coinvolga circa 4000 italiane a cui, in questi anni, sono state impiantate protesi del seno Pip;
l'assenza, a differenza della Francia, di un registro delle protesi utilizzate per il seno dai chirurghi plastici per motivi estetici o sanitari rende difficile risalire al numero preciso delle donne che avevano ricevuto l'impianto della protesi tra il 2001, anno a cui risalgono i primi problemi, e il marzo 2010 anno in cui una nota del Ministero della salute invitava, in attesa di conoscere le valutazioni del Consiglio superiore di sanità, richieste con carattere di urgenza, gli operatori sanitari a non utilizzare i dispositivi in oggetto, dopo che il 30 marzo 2010 l'Autorità francese aveva comunicato il ritiro delle stesse protesi; si stima che le donne coinvolte siano circa 4000;
seppure davanti a queste gravi ed inquietanti notizie, il Ministro della salute ha convocato con urgenza il Consiglio Superiore di sanità per avere un parere sul da farsi;
è in Parlamento da più di un anno la proposta di legge «Istituzione del registro nazionale e dei registri regionali degli impianti protesici mammari, obblighi informativi alle pazienti, nonché divieto di intervento di plastica mammaria alle persone minori», presentata dal Ministro della salute pro tempore, che per la prima volta istituirebbe, anche in Italia, un registro delle protesi -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere per tutelare la salute delle donne che si sono sottoposte ad impianto di protesi mammaria e se non ritenga opportuno predisporre in tempi brevi un registro delle protesi nonché se non ritenga opportuno fornire dettagliati elementi su tali accadimenti al fine di avere un quadro aggiornato della situazione.
(5-05860)

Interrogazioni a risposta scritta:

FRASSINETTI, CECCACCI RUBINO, CATANOSO, FAENZI, REPETTI, BIANCOFIORE, BOCCIARDO, SALTAMARTINI e GIAMMANCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da fonti stampa risulta che negli scorsi mesi la Guardia di finanza ha scoperto a Mirandola (Modena) un casolare adibito a laboratorio clandestino di sperimentazione e ricerca sugli animali in cui, senza alcuna autorizzazione ed in condizioni igieniche pessime, si compivano atroci esperimenti e vivisezioni su animali vivi e test su dispositivi medici;
la Guardia di finanza ha disposto l'immediato sequestro del casolare e delle attrezzature di laboratorio denunciando varie persone tra cui il responsabile del laboratorio;

risulta che da un comunicato stampa della Lega antivivisezione del 22 dicembre 2011 l'università degli studi di Modena, autorizzata ai sensi del decreto legislativo n. 116 del 1992 ad effettuare test su animali, avrebbe richiesto un'autorizzazione in deroga per un progetto di ricerca senza uso di anestesia formulata proprio a nome del responsabile del laboratorio non autorizzato, indagato ed ora condannato per sperimentazione illegale su animali;
è inaccettabile che l'università degli studi di Modena, prestando di fatto il proprio nome, consenta ad una persona indagata per reati tanto gravi di continuare ad effettuare esperimenti simili a quelli effettuati, presumibilmente, in maniera illecita sino a quel momento, con il rischio di prestarsi a un tentativo in extremis di regolarizzare un'attività sino a quel momento pienamente illegale -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa ed, effettuate le idonee verifiche, se considerino opportuno negare all'università degli studi di Modena l'autorizzazione ad intraprendere il progetto di ricerca richiesto, verificando al contempo se gli organi dell'università di Modena, al momento della succitata richiesta di autorizzazione in deroga, fossero a conoscenza dei presunti e gravi illeciti commessi dal responsabile del laboratorio clandestino.
(4-14348)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la pesante situazione emergenziale in cui versa la sanità in Calabria ha portato ad un commissariamento del settore;
il cosiddetto piano di rientro sta procurando notevoli disagi sul territorio regionale e nonostante i vari proclami la regione non produce interventi adeguati per incidere sugli sprechi del settore;
lo stesso «tavolo Massicci», alla fine dello scorso mese di novembre 2011, ha evidenziato diversi rilievi tra i quali assunzioni non autorizzate, mancanza di provvedimenti dovuti contro i dirigenti, necessità di riadeguare gli atti aziendali e ritardi nella riorganizzazione della rete ospedaliera;
il nono rapporto «Ospedali & salute 2011», realizzato dall'Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) e presentato a Roma nei primi giorni del corrente mese di dicembre 2011, vede la Calabria maglia nera per gli sprechi e l'insufficienza delle aziende ospedaliere;
il Tribunale del lavoro di Reggio Calabria, con i provvedimenti del 3 novembre 2010 e 1o agosto 2011, ha disposto l'immediato reintegro nella qualifica e funzione di direttore dell'ASP di Reggio Calabria del dottor Renato Carullo, e ciò nonostante la regione lascia continuare a gestire la stessa ASP dalla dottoressa Rosanna Squillacioti, la quale, tra l'altro, risulterebbe, anche sulla base di fonti sindacali, non aver presentato i bilanci 2010 e 2011, mentre l'Azienda sarebbe in attesa di nomina dei direttori sanitario e amministrativo in netta violazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni;
l'interrogante, ha, altresì, il dovere di far attenzionare il Ministro della salute sulla gravità e sulla pesantezza di alcune scelte per la costruzione del nuovo presidio ospedaliero della Piana di Gioia Tauro nella città di Palmi;
già il 3 ottobre 2007 la conferenza dei sindaci della piana di Gioia Tauro, ad amplissima maggioranza (22 sindaci favorevoli su 26) aveva individuato il sito sul quale far sorgere la nuova struttura ospedaliera della piana in un'area posizionata al centro dell'intera piana (Cannavà di Rizziconi), zona centrale rispetto a tutti i comuni ed anche più facilmente raggiungibile;
la costruzione della nuova struttura ospedaliera nella città di Palmi presuppone l'acquisizione in proprietà da parte della regione Calabria di terreni che sono sottoposti al vincolo di destinazione scolastica,

il che costituisce un ostacolo insormontabile alla cessione degli stessi;
tuttavia l'ASP di Reggio Calabria, in maniera arbitraria e anti-economica, avrebbe, a quanto consta all'interrogante, messo in atto un'attività di progettazione preliminare per un terreno non di sua proprietà ed il tutto con fondi pubblici da decurtare dalla somma destinata alla costruzione dell'ospedale unico della piana di Gioia Tauro;
appare all'interrogante davvero inaccettabile l'inutile spreco di risorse pubbliche di fronte al buco finanziario esistente nel settore della sanità calabrese e alla necessità della costruzione di un unico sito ospedaliero posto al centro della piana di Gioia Tauro, la quale consta di ben 7 piccoli presidi ospedalieri nel raggio di soli 30 chilometri, tra l'altro tutti inefficienti così come purtroppo dimostrano i numerosi casi di malasanità registrati sul territorio;
tra l'altro, nel mentre l'ASP di Reggio Calabria avrebbe deliberato l'incarico di progettazione della costruzione del nuovo ospedale su un terreno non di sua proprietà, la regione Calabria avrebbe a disposizione, quale proprietaria e quindi a costo zero, un terreno di circa 17 ettari a soli 2 chilometri di distanza dallo svincolo autostradale di Gioia Tauro, proprio per la costruzione dell'ospedale unico;
ed ancora, mentre sono in corso i citati contenziosi si assiste ad altro spreco di denaro pubblico per mantenere in affitto a Gioia Tauro locali privati per il poliambulatorio in un edificio, al limite dell'idoneità, circondato da amianto, pur in presenza di un intero edificio di ben due piani inutilizzato interno all'ospedale della città -:
quali urgenti iniziative intenda assumere il commissario per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario per porre fine a questi inutili e vergognosi sprechi di denaro pubblico, ad avviso dell'interrogante, diventa più difficile sull'intero territorio della piana di Gioia Tauro la possibilità di tutelare per davvero il diritto alla salute del cittadino.
(4-14351)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
lo stress si trasmette all'organismo direttamente dall'ambiente circostante, proprio come accade con altre malattie virali. Tecnicamente si parla di «stress passivo» e l'ultimo studio a sostenerne la pericolosità arriva dall'università delle Hawaii, condotto dagli psicologi Elainé Hatfield, John T. Cacioppo e Richard L. Rapson. Secondo la ricerca, intitolata «Emotional contagion», lo stress si comporta come una malattia: c'è un portatore iniziale che infetta gli altri, i quali lo covano fino a farlo esplodere, contagiando a loro volta altre persone. «Ci sono persone in grado di imitare le espressioni facciali, vocali e posturali altrui con una rapidità sorprendente. Sono le stesse che sono in grado di identificarsi emotivamente nelle altre vite», spiega la Hatfield;
il fenomeno colpisce più le donne degli uomini, ragion per cui i giornali ne parlano come di un «contagio emotivo» femminile. Nei maschi l'effetto sembra meno evidente, probabilmente perché la donna è più portata a essere in sintonia con le sofferenze degli altri. Il problema è che queste emozioni negative, se sperimentate più volte, addormentano la capacità di resistervi e costringono la persona «contagiata» ad assumerle quasi fossero proprie. Spingendola persino ad adottare le posture fisiche del collega stressato. Uno dei casi presi in esame racconta ad esempio di una giovane impiegata 26enne di Londra, felicemente sposata, entrata in crisi dopo aver ascoltato per filo e per segno le vicende del matrimonio della collega, finendo col litigare con il marito per problemi importati da un'altra famiglia. Quasi per liberarsene. Pochi mesi fa un'altra ricerca dell'Accademia di Finlandia pubblicata su «European Journal of Developmental Psychology» ha rivelato che a pagare lo scotto dello stress e della

tensione nervosa dei genitori sarebbero i figli, con ricadute negative anche sul rendimento scolastico;
i ricercatori hanno intervistato oltre 500 ragazzi e rispettive famiglie e le risposte hanno dimostrato come i genitori che vivevano un disagio fisico ed emotivo avessero maggiori probabilità di «contagiare» i figli, specie se dello stesso sesso. Gli inglesi, che lavorano in media 48 ore a settimana, prendono molto sul serio il problema dello stress (sono stati loro a definirlo «la peste del 21o secolo», riprendendo la famosa definizione della depressione per quanto riguardava il secolo scorso) ma anche noi faremmo bene a preoccuparci. Secondo un'indagine condotta su un campione di italiani fra i 18 e i 64 anni e promossa dall'Anifa (Associazione nazionale dell'industria farmaceutica dell'automedicazione), nel nostro Paese il fenomeno colpisce infatti 8 persone su 10, per lo più donne. E il 58 per cento degli intervistati ha dichiarato che il proprio livello di stress è aumentato negli ultimi anni, principalmente a causa di lavoro (54 per cento) e problemi economici (46 per cento): «È un fenomeno assolutamente reale e assai diffuso. Ma lo stress non è una malattia. Bensì una reazione complessa dell'organismo, capace di svilupparsi in maniera anomala e provocare disagio e malattia, anche fisica. Fino all'esaurimento (exhaustion)», spiega lo stressologo Carlo Pruneti, responsabile del dipartimento di psicologia clinica dell'università di Parma. «Alcuni soggetti - continua - a causa della loro elevata capacità immaginativa, emozionale ed empatica, reagiscono all'ansia in modo particolare, e per i più sensibili la cosa sfocia nel cosiddetto "disturbo di dipendente di personalità"»;
senza toccare necessariamente la patologia, ci sono persone che cercano e in qualche modo trovano conferme prevalentemente all'esterno di sé: «In particolare - spiega Pruneti - possono venire influenzate più di altre da comportamenti, descrizioni e racconti. Questo tipo di individui, definiti dagli psicologi «esteriorizzanti», sono più sensibili e suggestionabili e si pongono in una situazione di vulnerabilità poiché il «peso» delle parole e dei giudizi altrui è, per loro, particolarmente elevato». In alcuni casi, infatti, la tendenza ad appoggiarsi agli altri può coincidere con una mancata conferma. Non sempre amici e colleghi possono offrire a chi è più fragile l'attenzione o l'aiuto più o meno tacitamente richiesti per un evento o situazione negativa (come nel caso di uno stato di disagio o malattia) e in questi casi la persona bisognosa di conferme va incontro a una «crisi» del proprio sistema di convinzioni, reagendo con ansia o depressione, perché privata dei punti di riferimento necessari;
«Vi sono poi persone - continua l'esperto - che non sono di per sé dipendenti ma che tendono a "esternalizzare" le proprie sensazioni e sentimenti, anche in maniera indiscriminata. Il fenomeno è più presente nel sesso femminile, che spesso interpreta in maniera egocentrica il concetto di amicizia, sentendosi autorizzato a utilizzare l'altro come un vero e proprio contenitore nel quale riversare i propri problemi, descritti quasi sempre con toni catastrofici». L'esperto spiega anche che spesso queste persone hanno uno scarso senso dell'opportunità e del tempismo e che possono tranquillamente telefonare alle due di notte per «sfogarsi» con l'amica, o «aggredire» la collega confidente appena entrata in ufficio iniziando a sfogarsi con lei prima ancora che si sia levata il cappotto e seduta alla scrivania. «Questo persone - precisa - sono delle vere e proprie "bombe" innescate e pronte a esplodere, spesso generando reazioni a catena nell'ambiente che le circonda». Come contraltare vi sono poi dei soggetti dotati di un elevato grado di sensibilità e con più o meno atavici sensi di colpa (fenomeno sociale discretamente diffuso ad esempio in un Paese cattolico come l'Italia), affetti dalle cosiddette sindromi di San Francesco o di Maria Teresa di Calcutta. «Sono persone che, con apparente pazienza e molta rassegnazione - spiega Pruneti - ascoltano, subiscono e raramente reagiscono al sopruso di sentirsi

rovesciare addosso i fatti dell'altro, in un rapporto assolutamente impari del tipo «ascolto il 90 per cento del tempo e parlo o mi confido per il 10 per cento quando va bene». Questi soggetti finiscono così col subire l'altro con una certa passività, pur essendo di solito vivaci e attivi e proprio per queste loro qualità presi di mira -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di approfondire gli studi e le ricerche italiane sullo stress, migliorare la qualità lavorativa e di vita dei cittadini.
(4-14353)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo la segnalazione delle autorità francesi sulla pericolosità delle protesi mammarie Pip difettose, è stato convocato d'urgenza, in Italia, il Consiglio superiore di sanità per avere una valutazione richiesta «con carattere di urgenza». Secondo le autorità sanitarie francesi le protesi mammarie Pip (Poly implants prothése) potrebbero causare il cancro. Trentamila donne francesi che hanno effettuato l'impianto sono ora considerate a rischio e dovranno al più presto tornare dal chirurgo per rimuoverle. Secondo una stima in Italia potrebbero essere «tra le quattromila e le cinquemila le protesi Pip impiantate» sottolinea il chirurgo plastico Giulio Basoccu, dell'Università La Sapienza di Roma. Le protesi fabbricate dal 2001 dall'azienda francese Pip, e fuori dal mercato da circa due anni, sono finite sotto accusa perché fabbricate con silicone diverso da quello dichiarato alle autorità sanitarie e destinato invece a usi industriali. «Secondo una stima generale - spiega Basoccu - le protesi Pip arrivate e utilizzate in Italia sono all'incirca il 10-15 per cento di quelle prodotte e utilizzate in Francia. Dunque, si stima che le Pip impiantate in Italia siano, circa 4-5 mila»;
il 1o aprile 2010, con una circolare, il Ministero della salute invitava gli operatori sanitari a non usare questi dispositivi, dopo che il 30 marzo 2010 l'autorità francese aveva comunicato il ritiro delle stesse protesi. Nella circolare, si invitava a «mettere in quarantena» le protesi Pip e a «segnalare eventuali incidenti». Contemporaneamente era stato chiesto ai Nas di verificare la presenza sul territorio nazionale del prodotto e di operare affinché non potesse essere più distribuito. Tutte le donne con protesi al seno che «non conoscono quale tipo di protesi sia stata loro impiantata o che hanno il sospetto che sia stata utilizzata una protesi di bassa qualità, è bene che si rivolgano al chirurgo che ha eseguito l'impianto chiedendo informazioni o, se ciò non è possibile, che facciano delle indagini di controllo», consiglia il chirurgo Basoccu. «Almeno qualche migliaia di tali protesi è stata utilizzata anche in Italia, ma il problema - avverte l'esperto - è che molte pazienti italiane potrebbero non essere a conoscenza del tipo di protesi che è stata loro impiantata, e dunque potrebbero non sapere di avere un impianto Pip»;
questo accade perché, spiega Basoccu, «le protesi Pip, di costo contenuto, è probabile siano state utilizzate specie in strutture non altamente qualificate o ambulatori chirurgici che non rilasciavano cartelle cliniche. La difficoltà oggi - sottolinea - potrebbe dunque essere quella di riuscire a risalire a tutte le pazienti che hanno avuto questi impianti». La Francia ha deciso di richiamare entro il 24 dicembre le trentamila donne con impianti accertati Pip perché si sottopongano alla loro rimozione, si legge sul quotidiano Libération: «Le protesi, concepite a partire da un gel non conforme, possono strapparsi e provocare, oltre a delle infiammazioni, dei tumori». Lo scorso 15 dicembre il professor Jean-Yves Grall, responsabile del ministero della salute, aveva riferito che otto casi di cancro erano stati segnalati su pazienti che portavano delle protesi Pip difettose. Il Governo ha confermato che entro la fine della settimana annuncerà il suo piano d'azione sulle protesi. «L'urgenza è che tutte le donne che portano delle protesi Pip ritornino dal chirurgo», ha detto la portavoce del governo, Valerie Pecresse. «Se si tratta di un'urgenza sanitaria

e di salute pubblica la nuova operazione sarà a carico dello Stato». La giustizia, che ha ricevuto oltre duemila denunce da parte delle donne che portavano questo tipo di protesi, ha aperto un'inchiesta per «ferite e omicidio colposo» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare, oltre all'urgente convocazione del Consiglio superiore di Sanità, al fine di verificare gli impianti al seno effettuati in Italia con protesi Pip;
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di intensificare i controlli relativi alle protesi artificiali che quotidianamente, anche per gravi malattie, vengono impiantate in numerosi pazienti negli ospedali italiani.
(4-14354)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
per capire quanto è migliorata l'esistenza delle donne con un tumore al seno nel ultimi 30 anni si possono guardare numeri e statistiche: negli anni '80 guarivano 3 donne su 10, ora circa 9 (per guarigione si intende l'assenza di malattia per almeno 10 anni dalla conclusione delle cure). Oppure, si può chiedere a una di loro: oggi vivono oltre 500 mila ex malate in Italia. Prima del 1981 la cura prevista per chi aveva un cancro al seno era la mastectomia, l'asportazione integrale del seno malato. Dopo è iniziata l'era della chirurgia conservativa. «Nel 1981 - racconta Umberto Veronesi - la rivista scientifica New England Journal of Medicine pubblicò i risultati del nostro studio clinico (gli altri autori, tutti italiani, sono medici e ricercatori che lavoravano all'Istituto Tumori di Milano con Veronesi, ndr) che dimostrava come i tumori del seno di piccole dimensioni, inferiori ai due centimetri, possono essere trattati con la stessa efficacia preservando il seno, invece che asportandolo integralmente come era allora prassi in tutto il mondo". "L'idea - prosegue l'oncologo - mi venne dal microscopio: avevo capito che nella fase iniziale le cellule tumorali si riproducevano in forma poco aggressiva e dunque la dimensione del tumore rendeva plausibile operare solo la parte della mammella dove è posizionato»;
fu l'avvio di una rivoluzione nella cura dei tumori: era la fine dei trattamenti che devastavano il corpo (e la mente) e l'inizio dell'era dell'integrità corporea e della qualità di vita come principio guida nelle decisioni terapeutiche. La mastectomia era stata superata dalla nuova quadrantectomia, cioè l'asportazione della sola porzione di mammella colpita dal cancro, associata a radioterapia per ripulire i tessuti circostanti da eventuali focolai di cellule cancerose. Non solo: la diffusione della diagnosi precoce (che porta oggi a scoprire sempre più spesso carcinomi di piccole dimensioni) e la conseguente diminuzione della mortalità partono proprio da lì. «In realtà - aggiunge Veronesi - anche l'impatto sulla guarigione è stato profondo. Fino a trent'anni fa le donne tendevano a farsi vedere dal medico il più tardi possibile, perché sapevano che la cura era l'amputazione. Con la possibilità della conservazione del proprio seno, invece, cominciarono ad andare dal senologo al primo dubbio e a fare la mammografia sistematicamente. E poiché i tumori piccoli sono quelli che guariscono di più, ora si vede il risultato anche sul calo di mortalità. Infine, pensare di salvare il seno ha aperto le porte a una sensibilità "extra medica", un'attenzione alla percezione psicologica della malattia: si è introdotto il concetto di empatia, che ha sviluppato quella "partecipazione" del paziente che oggi la moderna oncologia trova normale";
il passo successivo venne fatto nel 1996 allo Ieo (l'Istituto europeo di oncologia di Milano, di cui Veronesi è direttore scientifico) con la dimostrazione dell'utilità della tecnica del «linfonodo sentinella» che risparmia alle pazienti l'inutile svuotamento ascellare, causa del fastidioso linfedema (braccio gonfio). «Ci siamo accorti - spiega Alberto Costa, oggi direttore del Centro di senologia della Svizzera

Italiana - che, se riuscivamo a intercettare i carcinomi piccoli, le cellule cancerose non facevano in tempo a raggiungere i linfonodi dell'ascella, per cui non era necessario asportarli. Così oggi, mentre la paziente è in sala operatoria, iniettiamo un liquido radioattivo che individua il linfonodo sentinella, quello più vicino tumore. Lo analizziamo e se è sano evitiamo di togliere tutti gli altri, che sono una barriera protettiva naturale del nostro sistema immunitario»;
si arriva così agli inizi del 2000, quando un gruppo di ingegneri e fisici romani riesce ad assemblare un macchinario per la radioterapia così piccolo e mobile da poterlo portare in sala operatoria. «La radioterapia intraoperatoria è il terzo passo avanti e siamo in attesa che gli studi in corso ne confermino definitivamente l'efficacia - dice Alberto Luini, direttore della Senologia Ieo -. Con questa tecnica possiamo evitare alle pazienti di tornare in ospedale ogni giorno per 6 settimane per fare le sedute di radioterapia estrema, e si riduce il campo dell'irradiazione del seno al quadrante che è sede del tumore, limitando al minimo la dose alle zone vicine che potrebbero essere danneggiate senza ricevere benefici». «La diffusione capillare della chirurgia oncoplastica, - risponde Luini, che è anche segretario nazionale della FONCaM, la Forza operativa nazionale sul carcinoma mammario - perché tutte le donne che subiscono una mastectomia o una quadrantectomia ricevano contestualmente la ricostruzione del seno ad opera del chirurgo plastico: se fino a alcuni anni fa era questo era privilegio di una minoranza di casi, oggi molti ospedali si stanno attrezzando. Secondo obiettivo, la day surgery, un intervento chirurgico oncologicamente completo a pazienti che vengono poi dimesse la sera stessa. Perché la percezione della gravità della malattia, e il subbuglio emotivo che porta con sé, dipendono anche dall'impatto del ricovero ospedaliero e dall'entità delle cure» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di incentivare la ricerca relativa al tumore al seno, ed alle sue possibili cure, per un continuo miglioramento della qualità della vita delle donne afflitte da questo male.
(4-14358)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i 100 lavoratori dell'azienda Neograft di Moretta (Cuneo), specializzata nella produzione di carta per l'imballaggio degli alimenti, il prossimo 31 dicembre 2011, saranno definitivamente in mobilità per effetto del fallimento della stessa;
il curatore fallimentare dell'azienda avrebbe ricevuto un'offerta per l'acquisto di parte del capannone e dei macchinari del reparto stampa, soluzione questa che potrebbe salvaguardare l'unità produttiva e parte di quella occupazionale;
con l'intervento delle organizzazioni sindacali e della provincia il capannone, di proprietà della società di Leasing Calit e attualmente posto sotto sequestro, potrebbe essere dissequestrato qualora si raggiunga un accordo di vendita;
ad oggi, però, tale accordo non risulterebbe ancora raggiunto, in quanto l'offerta di acquisto avanzata sarebbe sensibilmente inferiore alla società Calit;
dato l'enorme divario economico tra la domanda e l'offerta, risulta necessario un intervento da parte di tutte le istituzioni, locali e nazionali, affinché sollecitino la società in parola a rivedere la richiesta avanzata, in modo da consentire la cessione dello stabilimento e la relativa salvaguardia dell'unità produttiva e dei posti di lavoro -:
quali urgenti iniziative intenda attivare per salvaguardare l'unità produttiva e così riavviare l'attività.
(5-05867)

Interrogazioni a risposta scritta:

PORFIDIA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
attraverso l'intesa sancita il 3 febbraio 2005 in sede di Conferenza unificata, Stato e regioni hanno dato seguito in Italia alla riforma della politica di coesione comunitaria, unificando la programmazione della politica regionale comunitaria (finanziata dai fondi strutturali) con quella regionale nazionale (finanziata dal Fondo di cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali e dal Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS);
il processo di unificazione si è realizzato anche rispetto alla politica ordinaria (finanziata con le risorse ordinarie del nostro bilancio) che, differentemente da quella regionale, persegue i propri obiettivi di coesione economica-sociale con modalità diverse, ovvero a prescindere dai divari nei livelli di sviluppo regionali;
la programmazione regionale unitaria 2007-2013 è stata impostata pertanto secondo due principi fondamentali: da un lato, assicurando la distinzione a livello finanziario e programmatico dalla politica ordinaria a garanzia della sua aggiuntività; dall'altro, cercando la massima integrazione con la medesima politica ordinaria, al fine di perseguire gli obiettivi di competitività comuni;
per realizzare il coordinamento tra la programmazione della politica regionale nazionale e quella a valere sui Fondi strutturali comunitari, la legge finanziaria 2007, all'articolo 105, ha previsto per il FAS uno stanziamento pluriennale con previsione settennale a carico del bilancio statale, e stabilito che il Quadro di riferimento strategico nazionale (QSN), presentato dall'Italia per la programmazione dei Fondi strutturali comunitari, costituisce «la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive nazionali e comunitarie e rappresenta, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione ordinaria in conto capitale, fatte salve le competenze regionali»;
il Quadro di riferimento strategico nazionale approvato con delibera CIPE 174/2006.doc, e adottato successivamente dalla Commissione europea, afferma il principio dell'unitarietà strategica delle politiche regionali, comunitaria e nazionale, anche attraverso un adeguamento e una progressiva convergenza delle modalità di attuazione delle due programmazioni;
in tal senso, la delibera CIPE 166/2007.doc, - di attuazione del Quadro di riferimento strategico nazionale 2007-2013 e programmazione del FAS, oltre a ripartire le risorse assegnate al FAS per il periodo 2007-2013 tra le due macro aree Centro Nord e Mezzogiorno stabilisce anche i criteri per la programmazione degli interventi della politica nazionale aggiuntiva finanziata con il FAS;
la predetta delibera mutua larga parte dei principi che regolano il processo di programmazione, implementazione, valutazione e monitoraggio dei fondi strutturali della politica regionale di coesione, con particolare riguardo ai seguenti aspetti: il periodo di riferimento programmatico (dai 3 ai 7 anni); la struttura dei programmi attuativi (regionali, interregionali, nazionali); i principi di base; gli ambiti di intervento; i principi di attuazione; le modalità e procedure di approvazione e attuazione dei documenti programmatici; la governance e la sorveglianza dei programmi (organismi di gestione, di certificazione, di controllo, comitati di sorveglianza); gli indirizzi e criteri per l'attuazione; la valutazione; il monitoraggio;
nel 2009 il Cipe ha deliberato quanto segue (delibera n. 103 del 2009 - Assegnazione di un finanziamento per le piccole e medie opere nel Mezzogiorno):
«1. Per il finanziamento di piccole e medie opere nel Mezzogiorno è disposta l'assegnazione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'importo di

413 milioni di euro a carico del Fondo infrastrutture e, in particolare, a carico della voce "Opere minori e interventi finalizzati al supporto dei servizi di trasporto nel Mezzogiorno". Il suddetto finanziamento sarà erogato secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse FAS;
2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, comunicherà - entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale - l'elenco degli interventi da finanziare a valere sulle risorse di cui al punto 1, esplicitando i criteri di priorità per la relativa indicazione e provvedendo a motivare l'eventuale inserimento di interventi concernenti opere di culto e di spese relative a studi, indagini e consulenze;
3. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a monitorare l'attuazione di ognuno degli interventi finanziati e a segnalare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica (DIPE) l'emergere di eventuali criticità, con particolare riferimento ai tempi di realizzazione dei predetti interventi;
4. Al termine dei lavori concernenti gli interventi di competenza di ogni singolo Provveditore interregionale per le opere pubbliche, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri - DIPE una relazione nella quale riporterà i quadri economici a consuntivo degli interventi stessi, evidenziando le eventuali economie realizzate;
5. I Provveditori citati, qualora non abbiano già proceduto al riguardo, provvederanno a richiedere - entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale - i CUP per gli interventi di competenza inclusi nell'elenco di cui al punto 2. Ai sensi della delibera di questo Comitato n. 24 del 2004, i CUP assegnati alle opere oggetto di finanziamento dovranno essere evidenziati in tutta la documentazione amministrativa e contabile riguardante le opere stesse»;

la Corte dei conti ha registrato la delibera il 1° dicembre 2010;
al dicembre 2011 dei 413 milioni di euro a carico del Fondo infrastrutturale solo 89 sono stati erogati e messi a disposizione dei provveditorati regionali -:
se e quando i Ministri interrogati intendano sbloccare i restanti fondi necessari al finanziamento delle piccole e medie opere nel Mezzogiorno.
(4-14336)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dopo il ribasso di settembre, la produzione industriale nell'Eurozona si ferma: il dato di ottobre registra una limatura (-0,1 per cento), mentre per l'Unione europea e a 27 Paesi la flessione è appena più marcata (-0,2 per cento). Nel mese precedente, Eurostat aveva calcolato ribassi rispettivi del 2 per cento e dell'1,5 per cento. La produzione di energia è scesa dello 0,9 per cento, quella di beni intermedi dello 0,8 per cento e i beni di consumo durevole dello 0,4 per cento; in rialzo i beni di consumo non durevole (+0,6 per cento) e quelli di investimento (+1,2 per cento). Per quanto riguarda il confronto sul 2010 il dato resta positivo: la produzione industriale e salita del +1,3 per cento nell'Eurozona e altrettanto nell'Unione europea a 27. Ma le differenze fra Stati sono marcate: si va dal rialzo del 12,2 per cento in Irlanda al ribasso del 12,4 per cento in Grecia; il dato italiano mostra una flessione animale del 4,2 per cento;
l'accordo del summit sull'unione fiscale «non è abbastanza», perché il problema della zona euro «non è solo di conti pubblici, ma anche finanziario, quindi i Paesi membri devono rilanciare la crescita e stimolare l'occupazione»: il giudizio sull'esito del vertice di Bruxelles viene direttamente

dal presidente della Commissione dell'Unione europea, José Manuel Barroso, che lo ha espresso alla plenaria di Strasburgo. Quanto alla «esclusione» della Gran Bretagna dall'accordo, Barroso ha detto che le richieste di Londra sui mercati finanziari «minacciavano» la sopravvivenza del mercato unico. «Il Regno Unito - ha detto Barroso - per dare il suo consenso all'accordo sul patto fiscale chiedeva uno specifico protocollo sui servizi finanziari che, così come era presentato, metteva a rischio l'integrità del mercato unico. Questo ha reso il compromesso impossibile»;
qualsiasi scelta futura, ha sottolineato Barroso, non può passare per ridimensionamenti del ruolo delle istituzioni comunitarie. La Commissione europea, ha detto, «non accetterà mai» formulazioni del trattato intergovernativo del patto di bilancio concordato venerdì scorso che non tengano conto del «metodo comunitario». Barroso ha poi espresso soddisfazione per l'evitata spaccatura fra i Paesi della zona euro e gli altri: «Non c'è stato un accordo a 17 più qualcuno, ma un accordo a 27 meno uno», ha detto Barroso, che legge questo risultato come «la conferma della volontà di una maggiore integrazione, di più Europa». A riferire dell'esito del summit, davanti al Parlamento europeo, è stato anche il presidente del Consiglio d'Europa: Herman van Rompuy ha definito le scelte del summit «un gesto di solidarietà e responsabilità» davanti alla consapevolezza che sono in gioco gli interessi dell'Europa. Per questo, ha detto, si è trattato di una tappa importante, ma pur sempre una tappa: «La fiducia persa non può essere riguadagnata dall'oggi al domani, ci vuole un lungo cammino»;
Van Rompuy ha ricordato che le regole «per andare al di là» del rafforzamento della governance e della sorveglianza già contemplato dal «six pack», che è entrato in vigore nei giorni scorsi, prevedevano tre strade, due delle quali «richiedevano l'unanimità». «Visto che non si poteva raggiungere - ha detto il presidente del Consiglio europeo - siamo stati posti di fronte alla realtà che non c'era altra soluzione che quella del trattato separato». Il presidente ha ribadito, senza fare nomi, l'accusa sui ritardi di alcuni Paesi davanti alla crisi: «Hanno aspettato troppo per agire e abbiamo visto cosa è successo quest'estate; tutto questo crea crisi di fiducia». Van Rompuy ha concluso il suo intervento con una dichiarazione di ottimismo per l'euro e per l'Unione europea: «Quello che oggi sembra un annus horribilis - ha detto - sarà percepito un giorno come un annus mirabilis -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare, anche alla luce di quanto constato dall'ultimo appuntamento della Commissione europea, al fine di incrementare il livello di produzione industriale in Italia e, soprattutto, per rinnovare il nostro regime fiscale, compatibilmente con quanto richiesto dall'Unione europea.
(4-14355)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
premiare con beni reali chi gioca sul cellulare, far guadagnare chi crea app e nel frattempo rivoluzionare il settore della pubblicità on line; sono queste le idee dietro Beintoo, la giovane startup italiana appena premiata alla rassegna parigina LeWeb come la più promettente tra le nuove società della rete. Un riconoscimento prestigioso se si considera l'importanza della manifestazione, una delle principali nel settore in Europa e sponsorizzata anche da Google. Per essere presenti a LeWeb hanno fatto domanda oltre 600 startup e solo 16 sono state selezionate per la finale;
«Abbiamo creato una piattaforma - spiega Antonio Tomarchio, fondatore e ceo di Beintoo - per mettere in contatto gli sviluppatori e gli inserzionisti, in modo da fornire un valore aggiunto a questi soggetti e agli utenti finali che possono ricevere dei premi. È infatti dimostrato che le dinamiche di gioco, come la competizione e la

collaborazione, possono creare la fidelizzazione dei clienti anche verso un brand commerciale». Il funzionamento di Beintoo è quindi questo: un inserzionista che voglia premiare i suoi clienti, può finanziare dei premi al raggiungimento di un certo punteggio in alcuni giochi, mentre uno sviluppatore può utilizzare questo incentivo per aumentare il numero di persone che giocano con la sua app e guadagnare. In mezzo a questi soggetti c'è la società italiana, che sviluppa la piattaforma, trova gli inserzionisti e riceve da questi un pagamento al raggiungimento di un certo obiettivo;
l'avventura di Beintoo nasce da un'idea del fondatore Antonio Tomarchio, già creatore di una startup nel settore della pubblicità online. Il progetto inizia a prendere forma nell'estate del 2010 quando Tomarchio, che nel frattempo aveva venduto la sua precedente società a Dada, decide di lanciarsi in una nuova avventura focalizzandosi sul settore mobile. Dopo qualche mese passato ad elaborare l'idea, l'iniziativa prende definitivamente forma all'inizio del 2011, anche grazie all'aiuto finanziario fornito da alcuni business angel italiani. La squadra dietro Beintoo conta oggi dieci ragazzi tra i 22 e i 26 anni, che lavorano dalla sede di Milano, oltre a tre collaboratori a San Francisco che si occupano dello sviluppo del piano di business. «I più vecchi - scherza Tomarchio - siamo io e il cofondatore, Filippo Privitera, dall'alto dei nostri 29 e 28 anni. Siamo un grande team e lavoriamo anche il sabato e la notte, perché è così che funziona nelle startup»;
Tomarchio e soci hanno già chiari i prossimi obiettivi. «Adesso dobbiamo cercare di espandere la nostra piattaforma ad altri sviluppatori ed inserzionisti, ma nel frattempo dobbiamo anche organizzare un primo round di finanziamento per la società». Un'impresa delicata per ogni startup, che però dovrebbe essere facilitata dalla visibilità ottenuta a LeWeb. Il tempo in questo settore è tiranno, e la competizione nel ramo della «gamefication» non manca, come testimonia l'esempio di Badgeville, società americana impegnata nel settore e già finanziata con 15 milioni di dollari in meno di due anni. Ma è anche sul capitolo del finanziamento che Beintoo fornisce una storia interessante. Partita grazie a investitori italiani, la società è presto volata in California con l'obiettivo di crearsi una rete di contatti validi in prospettiva futura. «In Italia ci sono gli investitori pronti a scommettere su iniziative valide - precisa Tomarchio - e bisogna sfatare il mito dei soldi facili che pioverebbero in Silicon Valley. Se hai un progetto valido e un prototipo funzionante, chi ti finanzia lo trovi. Andare in California è comunque fondamentale per introdursi in quel mercato, ma di sicuro non basta una presentazione in power point per trovare dei venture capital che non investono, né in Italia né nella Valley»;
l'esempio di Beintoo è solo l'ultimo caso di un ecosistema, quello delle web startup, tornato estremamente vivo anche nel nostro paese dopo anni piuttosto bui e nonostante la mancanza di investimenti seri da parte dello Stato in infrastrutture chiave come la banda larga. «In Italia - conclude Tomarchio - ci sono tantissime energie positive e il settore digitale cresce a doppia cifra anche nel nostro paese, mentre tutto il resto è fermo o arretra» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di incentivare la realizzazione di imprese start up in Italia, il cui mercato sta conoscendo un periodo di proficuo sviluppo.
(4-14357)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Boccuzzi e altri n. 4-14126, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Frattini n. 4-14134 del 5 dicembre 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Ghizzoni e Miglioli n. 4-14304 del 20 dicembre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05862.