XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2012
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la realizzazione di unioni dei comuni è un obiettivo che il legislatore italiano si pone oramai da diversi anni, l'unione è infatti un ente territoriale, e più precisamente un ente locale, di secondo grado disciplinato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, ma già nel 1990 il legislatore lo aveva inserito nel nostro ordinamento con la legge n. 142 del 1990;
la storia di Italia, lo sappiamo, è tradizionalmente una storia comunale, si può comprendere, dunque, una sorta di diffidenza se non addirittura resistenza culturale affiorata nel tempo rispetto ad ente territoriale come quello dell'unione dei comuni che può sembrare diretto a scavalcare le competenze comunali. In effetti così non è, perché al contrario l'unione dei comuni è diretta e finalizzata a valorizzare l'ente comunale coordinando, tra loro, le attività e gli obiettivi di ogni comune partecipante;
dall'altra parte la necessità di garantire servizi sempre più competitivi ai cittadini la crescente specializzazione necessaria nell'amministrazione del territorio, i costi crescenti dei servizi, hanno reso e rendono l'unione dei comuni un'opzione sempre più appetibile e per diversi aspetti, in particolare quelli collegati ai possibili risparmi di spesa, ineludibile;
il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali disciplina l'istituto attribuendogli, come è necessario per la sua natura, la massima flessibilità all'interno di un perimetro di regole generali. In particolare si definisce l'unione come costituita da due o più comuni che devono essere contigui con un obiettivo chiaro: esercitare congiuntamente ma pluralità di funzioni di loro competenza. Ciò significa che i singoli comuni si uniscono e trasferiscono alle unioni funzioni e servizi;
sulla disciplina dell'istituto è da ultimo intervenuto l'articolo 16 del decreto-legge n. 138 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, un intervento diretto alla riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali;
per esperienza sappiamo che le attuazioni sono spesso molto diverse fra di loro perché vengono costruite in funzione delle singole esigenze territoriali. In effetti la realizzazione delle unioni di comuni permette di creare delle economie di scala nel dimensionare i servizi e crea le condizioni per la sopravvivenza dei piccoli comuni che, pur mantenendo la loro identità, possono accorpare servizi al fine di ridurre i costi pro-capite e ridurre pro-quota le spese fisse di gestione di alcuni servizi;
nel nostro Paese le unioni sono 313 e vi aderiscono in tutto 1.561 comuni, per un totale di 5.758.607 abitanti. Le 313 unioni di comuni sono distribuite in 17 regioni italiane, sono composte in media da 5 comuni ma ve ne sono alcune che arrivano a comprenderne anche 20. Le unioni con popolazione tra 10.000 e 25.000 abitanti rappresentano la maggioranza della fattispecie;
la necessità di fare fronte alle nuove e sempre più pressanti esigenze nel Governo del territorio impongono di proseguire su questa strada nel tentativo di superare nella gestione della cosa pubblica frammentazioni che risultano oramai non solo controproducenti ma economicamente insostenibili. Appare evidente come in questo senso proprio le unioni dei comuni risultino essere uno strumento estremamente utile in particolare per permettere ai comuni più piccoli di reperire le risorse finanziarie necessarie alla fornitura di servizi per la propria collettività;
sono proprio i comuni più piccoli ad essere particolarmente interessati da tale opportunità. In questo senso si deve tenere presente che il nostro Paese è caratterizzato da una moltitudine di piccoli comuni. Degli 8.000 comuni italiani quelli fino a 1.500 abitanti sono quasi 3000 il 36 per cento del totale, quelli invece tra i 1.500 e i 5.000 abitanti sono il 35 per cento del totale, tra 5.000 e 10.000 poco più del 14 per cento, tra i 10.000 e i 15.000 poco più del 5 per cento mentre tra i 15.000 e i 90.000 sono il 7,53 per cento mentre i comuni con popolazione superiore a 90.000 abitanti sono solo 0,67. Da questa panoramica emerge come proprio l'unione dei comuni possa diventare uno strumento utilissimo per la gestione del territorio e dei servizi in tutto il nostro Paese;
appare altrettanto evidente che in particolare i piccoli ed i medi comuni debbano essere interessati da politiche attive per la promozione e la creazione di unioni di comuni;
la Camera dei deputati ha approvato, a giugno del 2010, un disegno di legge che interviene sulla materia delle funzioni degli enti locali, al fine di adeguarle alla riforma del Titolo V della Costituzione italiana. Tra i punti qualificanti del provvedimento vi è una delega al Governo per l'adozione della «Carta delle autonomie locali» in cui riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali. Attualmente il provvedimento è all'esame del Senato. Il provvedimento potrebbe risultare essere l'occasione ideale per intervenire affinché si promuova con determinazione lo sviluppo delle unioni dei comuni,
impegna il Governo:
al fine di migliore costantemente la gestione e l'erogazione dei servizi ai cittadini, in un contesto di organico e coerente contenimento dei costi nella gestione pubblica, ad intervenire, nel rispetto delle proprie e delle altrui competenze per promuovere ed incentivare la formazione di unioni di comuni in particolare coinvolgendo in questo percorso i comuni di piccole dimensioni;
ad incentivare la creazione di unioni di comuni, con il pieno coinvolgimento delle regioni, garantendo che i risparmi di spesa da queste realizzati siano investiti sui territori che li hanno determinati;
a valutare l'opportunità di eventuali interventi normativi per definire un sistema adeguato ed organico di incentivazione per la creazione di unioni di comuni.
(1-00776)
«Baldelli, Lorenzin, Bianconi».
La Camera,
premesso che:
in Italia vi sono attualmente 8.092 comuni. Molti di questi hanno, per ragioni di popolazione e di territorio, evidenti difficoltà a gestire i servizi pubblici essenziali per i propri cittadini con i necessari criteri di economicità, efficienza ed equilibrio di bilancio, che possono essere assicurati soltanto da adeguate dimensioni demografiche e territoriali;
per ridurre i costi e soprattutto per migliorare la qualità dei servizi alla cittadinanza, negli ultimi due decenni è stata varata una normativa tendente a superare l'individualismo amministrativo dei comuni e ad agevolare lo svolgimento di funzioni e servizi in maniera associata;
la legge n. 142 del 1990 ha introdotto la previsione dell'Unione dei comuni, che incentivava la gestione associata di servizi e funzioni, ma che appariva sostanzialmente rivolta ad indurre i comuni più piccoli a fondersi tra loro per dare vita ad un ente più grande;
la prospettiva della fusione obbligatoria non ha ricevuto però il gradimento degli enti locali, che, hanno mostrato di preferire il mantenimento della propria identità storico-culturale e hanno optato per forme di gestione associata di servizi
e funzioni più flessibili, quali le convenzioni e i consorzi, previsti dalla medesima legge n. 142;
il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», che ha soppresso l'obbligo inizialmente previsto per le unioni di giungere alla fusione entro 10 anni dalla loro costituzione, stabilisce all'articolo 32 che: «Le Unioni di Comuni sono enti locali costituiti da due o più Comuni, di norma confinanti, per l'esercizio congiunto di funzioni» ed al successivo articolo 33 che: «Le Regioni predispongono, in accordo con i Comuni, un programma per individuare gli ambiti della gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi»;
obbiettivo principale dell'unione dei comuni è quindi quello di perseguire i seguenti obbiettivi fondamentali; migliorare l'efficienza nella gestione delle funzioni proprie da parte dei comuni; favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture; permettere agli stessi comuni l'esercizio di funzioni proprie di livello di governo di area vasta diventando più incisivi nei rapporti con gli enti e le istituzioni superiori; ottimizzare le risorse umane ed economiche nelle diverse municipalità, garantendo un risparmio nei costi di gestione del personale;
la legge n. 148 del 2011 ha reso obbligatoria la gestione associata di servizi ai piccoli comuni inferiori ai 1.000 abitanti, prevedendone addirittura la fusione obbligatoria con una oggettiva forzatura delle loro peculiarità storiche, sociali e territoriali;
dalla esperienza concreta delle unioni di comuni sin qui realizzate (poco superiori a 300 che coinvolgono poco più di 1.500 comuni e una popolazione di circa 6 milioni di abitanti) si desume con chiarezza che i comuni italiani non si orientano in modo massiccio verso la costituzione di unioni a causa del fatto che non sussistono adeguati incentivi statali e regionali alla loro realizzazione, soprattutto in termini di contributi erariali;
va considerato inoltre che l'affidamento di funzioni amministrative ad enti di secondo grado rende sicuramente meno efficaci gli strumenti di controllo democratico e che questo spesso costituisce una remora alla costituzione delle unioni, specie in territori di forte tradizione municipale democratica e partecipativa;
la legge delega in materia di federalismo fiscale, n. 42 del 2009, contiene sia talune disposizioni che tengono conto dell'adeguatezza delle caratteristiche demografiche degli enti locali sia previsioni di favore verso le forme di aggregazione; in particolare, l'articolo 12, comma 1, lettera f) tra i princìpi e criteri direttivi concernenti il coordinamento e l'autonomia di entrata e di spesa degli enti locali contempla la «previsione di forme premiali per favorire unioni e fusioni tra commi, anche attraverso incremento dell'autonomia impositiva o maggiori aliquote di compartecipazione ai tributi erariali» ma questo non appare sufficiente trattandosi di previsione normativa in vigore ma non ancora attuabile;
le unioni di comuni appaiono come una soluzione moderna ed efficiente di gestione di funzioni e servizi da parte degli enti locali territoriali, garantiscono economicità e risparmi considerevoli, contrastano le forme di spopolamento dei piccoli comuni dovute alla difficoltà dei cittadini di non potere usufruire di servizi pubblici fondamentali e soprattutto determinano una razionalizzazione del complesso sistema di gestione degli enti locali del nostro Paese, riducendo sensibilmente i centri di decisione e di spesa;
appare però evidente che le unioni di comuni non possono essere realizzate attraverso imposizioni, né tanto meno attraverso obblighi di fusioni, che non tengono conto della complessità storica, economica, politica e sociale delle municipalità nel nostro Paese,
impegna il Governo
a predisporre le opportune iniziative normative per promuovere una maggiore diffusione
delle unioni di comuni e della conseguente gestione comune di funzioni e servizi, attraverso forti incentivazioni sia nei trasferimenti erariali che nella capacità impositiva autonoma per quei comuni che fossero disponibili a realizzarle in tempi rapidi.
(1-00777)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».
La Camera,
premesso che:
un sistema aeroportuale adeguato all'aumento dei flussi di passeggeri rappresenta uno dei fattori essenziali per uscire dalla crisi economica, favorendo lo sviluppo del commercio e del turismo;
l'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, conclusa dalla IX Commissione della Camera dei deputati nel febbraio 2010, ha individuato come centrale per il rilancio del settore aeroportuale la necessità di considerare l'insieme degli aeroporti del nostro Paese come «sistema integrato»;
in Italia, infatti, ancora operano ben 47 aeroporti commerciali con voli di linea, di cui solamente i primi 20 assorbono il 94 per cento della domanda passeggeri;
in particolare, negli scenari a medio termine, le stime indicano una crescita di 100 milioni circa di passeggeri in Italia, a fronte della quale si richiede un sistema di pianificazione e programmazione degli interventi che superi il modello attuale di frammentazione del sistema;
la sfida per il sistema aeroportuale italiano consiste nel non perdere il previsto raddoppio dei volumi di passeggeri e il conseguente indotto in termini di occupazione e di prodotto interno lordo, mediante interventi in alcuni scali strategici che devono essere avviati con carattere di urgenza;
il potenziamento e il rilancio dell'aeroporto di Milano Malpensa è sicuramente tra gli interventi aeroportuali di valore strategico che riveste carattere di urgenza;
in questo quadro, dopo il de-hubbing di Malpensa operato da Alitalia nel marzo 2008, il Governo si era impegnato a garantire, per quanto di sua competenza, ogni atto a supporto della crescita di tale scalo, allo scopo di non privare il Nord del Paese di un'indispensabile funzione di collegamento con il resto del mondo;
nodo principale di tale impegno consisteva nella rinegoziazione degli accordi bilaterali per consentire l'attivazione di nuove rotte;
nel 2011, in merito al rilancio di Malpensa e alla concessione del diritto di «quinta libertà» al vettore Singapore Airlines, il Ministro pro tempore, Matteoli, rispondendo al Senato della Repubblica all'interrogazione n. 4-04009, ha affermato che «sia la rotta Singapore-Milano sia la rotta Milano-New York sono allo stato rotte già operate, per cui la concessione dei diritti di «quinta libertà» richiesti da Singapore per attivare un nuovo servizio Singapore-Milano-New York, lungi dal costituire nuova rotta, si configurerebbe invece come duplicazione di servizi già esistenti a beneficio del vettore di Singapore e a discapito dei servizi operati da vettori comunitari»;
inoltre, il citato Ministro, da un lato ha sottolineato che «per quanto concerne la concessione di diritti di «quinta libertà» è necessario non limitare l'analisi al vantaggio immediato derivante dall'incremento dei servizi commerciali operati, ma spingerla alla valutazione di possibili e più complesse implicazioni economiche di lungo periodo, soprattutto in relazione ad un inevitabile decremento che tale concessione porterebbe al volume di traffico attualmente operato dalle compagnie europee»; dall'altro ha evidenziato come «un atteggiamento di particolare cautela nella concessione di diritti di «quinta libertà» a Singapore è comune tanto alle
istituzioni comunitarie, quanto ai singoli Stati membri dell'Unione europea»,
impegna il Governo:
a definire in tempi brevi un piano nazionale della rete aeroportuale che disincentivi la parcellizzazione degli aeroporti e permetta di individuare gli aeroporti prioritari, su cui concentrare le risorse disponibili, dando tempestiva attuazione agli investimenti per essi previsti;
in rapporto al prevedibile incremento del traffico aereo che si registrerà in un arco di tempo relativamente limitato, ad intervenire con urgenza per porre rimedio alle carenze infrastrutturali del sistema aeroportuale mediante il potenziamento dell'accessibilità e dell'intermodalità, adeguando i collegamenti degli aeroporti italiani con la rete ferroviaria e stradale e garantendo il necessario raccordo tra sviluppo della rete aeroportuale e programmazione in materia di infrastrutture di trasporto.
(1-00778)
«Biasotti, Bergamini, Bonaiuti, Cesaro, Colucci, Galati, Garofalo, Landolfi, Lupi, Nizzi, Piso, Simeoni, Testoni, Verdini».
La Camera,
ferme restando le valutazioni contenute in premessa dalle mozioni nn. 1-00685, 1-00774, 1-00775, 1-00776, 1-00777,
impegna il Governo:
ad adottare le opportune iniziative al fine di realizzare adeguate forme associative per l'esercizio di funzioni e servizi da parte dei comuni ai sensi degli articoli 30 e 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (unioni, convenzioni ovvero altre forme associative anche di tipo federativo);
a predisporre a tal fine anche forme incentivanti;
ad individuare la soglia minima di 15 mila abitanti come dimensione delle forme associative, definendo parametri e criteri geografici, demografici ed economici, riservando alle regioni la definizione di criteri di deroga a tale soglia.
(1-00779)
«Donadi, Valducci, Bressa, Reguzzoni, Ria, Muro, Pisicchio, Commercio».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di alcun tipo sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza dei cittadini per varie ragioni, comprese quelle che riguardano la loro salute, (uguaglianza sostanziale, comma 2);
in tal modo la Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità», intendendo la dignità umana come fondamento costituzionale di tutti, i diritti, collegati allo sviluppo della persona, principio cardine dell'ordinamento democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano;
a tale riguardo è d'obbligo precisare che il bene «Salute» è tutelato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione, non solo come diritto fondamentale dell'individuo, ma anche come interesse della collettività, per questo richiede piena ed esaustiva tutela in quanto diritto primario ed assoluto pienamente operante anche nei rapporti tra privati. Tale tutela è garantita attraverso il servizio sanitario (istituito e disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni). La possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate è uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo;
al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere
i fattori di disparità sociale, territoriale ed economica esistenti. Tale criticità appare maggiormente complessa se applicata al contesto delle malattie rare. Le «malattie rare» sono patologie debilitanti e fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità; in gran parte di origine genetica, circa nell'80 per cento dei casi, per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di origine infettiva o tossica;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e precedenti normative, sono considerate rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei 27 Stati membri dell'Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci sono 246.000 malati. Oggi, nell'Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone;
l'arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie, frenando gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico, per cui se da un lato sono pochi i centri in cui è possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, è complessivamente scarsa anche la ricerca per la produzione di nuove molecole, con conseguenti ritardi nella diagnosi e nelle cure;
il decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») reca, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal servizio sanitario nazionale;
l'articolo 8 del suddetto decreto ministeriale prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, all'allegato 7, un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, integrando e sostituendo l'allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001; l'allegato 7 al decreto rappresenterebbe dunque l'unico documento ufficiale, con i limiti evidenti conseguenti dall'emergere, nel tempo, di nuove patologie, prima sconosciute. Esso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, indicherebbe in 109 le patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare; queste 109 patologie però non sono mai state realmente incluse negli elenchi ufficiali e i pazienti che ne sono affetti non godono di nessuno dei benefici previsti;
contemporaneamente all'azione mirata dell'Unione europea, anche l'Italia, a partire dal 1999, ha identificato nelle malattie rare un'area di priorità in sanità pubblica; ha esplicitato priorità ed obiettivi da raggiungere ed è intervenuta con un provvedimento specifico, il decreto ministeriale n. 279/2001 - «Regolamento d'istituzione della Rete Nazionale delle Malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie. Le regioni italiane, trasferita loro la competenza in tema di programmazione ed organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l'applicazione della normativa nazionale. Nell'attuale negativa congiuntura economica, occorre tener conto anche del cambiamento radicale del sistema sanitario nazionale, provocato dal passaggio di competenze in materia sanitaria dallo Stato alle regioni, dovuto alla modifica del capitolo V
della Costituzione. Di fatto si sono creati 21 sistemi sanitari regionali, molto diversi tra di loro per quanto riguarda sia le politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur rimanendo identica la ratio che li ha generati. La diversa disponibilità e quindi la diversa accessibilità ai fondi regionali, tramuta, inevitabilmente, in difformità nell'accesso alle opportunità di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice appartenenza regionale sul territorio nazionale;
è necessario che il sistema mantenga un corretto equilibrio tra le autonomie locali ed il livello centrale. L'obiettivo uniformità quali-quantitativa dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria necessita della previsione di linee guida e direttive in tale ambito, che siano sufficientemente omogenee e capaci di coniugare il rispetto delle specificità locali, le esigenze di razionalizzazione del sistema sanitario, con il diritto di accesso alle cure;
ad oggi in Italia, nonostante un accordo Stato-Regioni datato 8 luglio 2010, che prevede una quota vincolata di 20.000.000 di euro per progetti relativi alle malattie rare e ripartita in base alla popolazione di riferimento, non esiste una normativa adeguata a sostegno dei malati e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di carattere economico assistenziale, avuto particolare riguardo a ciò che concerne la terapia domiciliare; a ciò va a sommarsi grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie;
tutte le associazioni di pazienti affetti da malattie rare sostengono con energia come il nostro Paese debba allinearsi il più rapidamente possibile alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, un accesso tempestivo alle terapie innovative;
in Francia, in particolare, è stato adottato da tempo un Piano nazionale per le malattie rare, e già dal 1994 è in vigore l'ATU - Autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci, con lo scopo di garantire l'accesso alle cure da parte dei pazienti e l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio, purché il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato (ad esempio prodotti che abbiano profili di sicurezza già accertati od un documento di autorizzazione di immissione sul mercato in fase di stesura od in corso di registrazione);
lo schema dell'ATU applicato ai farmaci destinati alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
in Italia l'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e prontuari terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l'accesso alla terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali non differenziano i farmaci orfani all'interno delle loro delibere attuative e di indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione del medicinale - non solo della prescrizione - ai pochi, talvolta addirittura unici, centri di riferimento regionali;
il Regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare; con determinazione del 20 marzo 2008, l'AIFA - Agenzia italiana del farmaco, ha stabilito le «Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci»;
l'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I Valori. Sviluppo e Tutela dei Diritti», da oltre dieci anni si batte per ottenere una legislazione adeguata, che
dia, a tutti i pazienti, le stesse possibilità di diagnosi, cura, di assistenza e che incentivi la ricerca e la produzione di farmaci. L'Associazione, che esplica la sua attività anche attraverso l'Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che vengano adottate le misure legislative necessarie per incentivare e promuovere, la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali cosiddetti «orfani», ossia di tutti quei medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia considerata, in base ai dettami dell'Unione europea «rara»,
impegna il Governo:
a verificare in che modo e fino a che punto i bisogni di salute di questi pazienti vengano attualmente soddisfatti, tenendo conto che in questo particolare momento di risanamento economico del Paese esiste una categoria di cittadini già gravemente penalizzata, sui quali si chiede di non incidere ulteriormente;
a istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione in ambito regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, consentendo l'utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
a dare una definizione tempestiva delle «malattie rare» da includere nell'elenco delle patologie da sottoporre a screening neonatale obbligatorio posto che la diagnosi neonatale consentirebbe, infatti, di tutelare la vita dei bambini affetti da queste patologie, consentendo di iniziare precocemente la terapia opportuna, prima che i danni diventino irrimediabili;
a istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della salute, tenendo conto nella composizione dei rappresentanti delle regioni, dell'ISS e delle associazioni di tutela dei malati, nonché dei rappresentanti dei ministeri competenti in merito (salute, istruzione, università e ricerca, lavoro e politiche sociali);
a emanare urgentemente un provvedimento di aggiornamento dell'elenco delle malattie rare attraverso l'inserimento nei LEA delle 109 patologie rare indicate nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2008, mai entrato in vigore;
ad assumere iniziative dirette ad ampliare la copertura finanziaria della legge n. 648 del 1996 al fine di permettere un più ampio e veloce accesso a cure innovative, non ancora approvate in Italia;
ad attuare ogni disposizione normativa atta a rendere vincolante la valutazione dell'Ema, European Medicines Agency, in tutti gli Stati europei, in quanto la ratio della norma prevede nello specifico, che il farmaco che ha già ricevuto dall'EMA la qualifica di «medicinale orfano», possa automaticamente beneficiare di una procedura accelerata di autorizzazione sulla base della valutazione dei soli dati a supporto della sicurezza del principio attivo, prescindendo dalle complesse valutazioni dell'efficacia, che non si conciliano con le particolarità delle malattie orfane e nel rispetto della speranza/diritto del paziente a beneficiare di un trattamento senza dover aspettare la conclusione dei normali procedimenti autorizzativi, prescindendo cioè dalla valutazione discrezionale circa l'esistenza di un major public health need;
ad assumere iniziative normative che consentano di assicurare ai farmaci orfani, sul modello vigente negli USA: l'esenzione dei diritti da versare per l'immissione in commercio; una procedura di registrazione accelerata; un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sperimentazione clinica; un periodo di esclusività di mercato di sette anni;
ad istituire un tavolo di lavoro e concertazione permanente con tutti gli stakeholders, che verrà consultato con cadenza bimestrale, al fine di intraprendere le azioni necessarie a colmare le carenze
legislative ancora riscontrabili in tema di malattie rare e monitorare le azioni intraprese in tale ambito.
(1-00780) «Binetti, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Delfino, Adornato, Enzo Carra, Pezzotta, Ria, Mereu, D'Ippolito Vitale, Rao, Mondello, Mosella, Bossa, Zinzi, Poli, Porcu, Iannuzzi, Zazzera, Palomba, Sbrollini, Verini, Di Biagio, De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio, Vella, Barani, Di Caterina, Mario Pepe (Pd), Compagnon, Garofalo, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Palagiano, Bocciardo, Commercio».
NUOVA FORMULAZIONE
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Costituzione afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di alcun tipo, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l'eguaglianza dei cittadini per varie ragioni, comprese quelle che riguardano la loro salute (uguaglianza sostanziale, comma 2);
in tal modo la Costituzione sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità», intendendo la dignità umana o come fondamento costituzionale di tutti i diritti collegati allo sviluppo della persona, principio cardine dell'ordinamento democratico, su cui si fonda il valore di ogni essere umano;
a tale riguardo è d'obbligo precisare che il bene «salute» è tutelato dall'articolo 32, primo comma, della Costituzione, non solo come diritto fondamentale dell'individuo, ma anche come interesse della collettività, per questo richiede piena ed esaustiva tutela in quanto diritto primario ed assoluto pienamente operante anche nei rapporti tra privati. Tale tutela è garantita attraverso il servizio sanitario (istituito e disciplinato dalla legge n. 833 del 1978 e dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni). La possibilità di accedere a cure sanitarie adeguate è uno degli elementi principali che contribuiscono alla realizzazione del diritto alla tutela della salute, riconosciuto a ciascun individuo;
al di là delle mere affermazioni di principio, appare evidente che occorre dare a tutti le stesse opportunità e rimuovere i fattori di disparità sociale, territoriale ed economica esistenti. Tale criticità appare maggiormente complessa se applicata al contesto delle malattie rare. Le «malattie rare» sono patologie debilitanti e fortemente invalidanti, potenzialmente letali, caratterizzate da bassa prevalenza ed elevato grado di complessità, in gran parte di origine genetica, circa nell'80 per cento dei casi, mentre per il restante 20 per cento dei casi sono acquisite e comprendono anche forme tumorali rare, malattie autoimmuni, patologie di origine infettiva o tossica;
ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 e precedenti normative, sono considerate rare quelle patologie «la cui prevalenza non è superiore a 5 su 10.000 abitanti». In Italia si calcola una stima approssimativa di circa 2 milioni di malati, moltissimi dei quali in età pediatrica. Se si raffronta questo dato con quello dei 27 Stati membri dell'Unione europea si nota che per ciascuna popolazione ci sono 246.000 malati. Oggi, nell'Unione europea, le 5.000-8.000 malattie rare esistenti colpiscono complessivamente il 6-8 per cento della popolazione, ossia da 27 a 36 milioni di persone;
l'arbitraria definizione di «rara» non ha favorito il processo di ricerca e di attenzione sulle cause di tali patologie, frenando gli investimenti sia in campo diagnostico che terapeutico, per cui se da un lato sono pochi i centri in cui è possibile ottenere in tempi contenuti una diagnosi esatta, è complessivamente scarsa anche la ricerca per la produzione di nuove molecole, con conseguenti ritardi nella diagnosi e nelle cure;
se la rarità incide anche sulle possibilità della ricerca clinica, in quanto la valutazione di nuove terapie è spesso resa difficoltosa dall'esiguo numero di pazienti arruolabili nei trial clinici, dall'altra parte il ricorso a una casistica multicentrica può diminuire la qualità dello studio, in quanto i criteri di reclutamento e di trattamento dei pazienti da sottoporre a trial clinici possono essere disomogenei;
negli ultimi anni, anche grazie alla continua attività di sensibilizzazione portata avanti dalle associazioni dei pazienti, sono stati raggiunti importanti risultati per sopperire alle esigenze di coloro che sono affetti da patologie rare, con la Decisione n. 1295/1999/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, è stato adottato un Programma d'azione comunitaria sulle malattie rare nel quadro dell'azione della sanità pubblica per il quadriennio 1999- 2003. Sempre a livello europeo, nel 2000 è stato pubblicato il Regolamento n. 141/2000 concernente i medicinali orfani con l'istituzione della procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano. Per svolgere questa attività è stato istituito nell'ambito dell'European Medicines Agency (EMEA) il Committee for Orphan Medicinal Products (COMP);
il decreto del Ministro della sanità del 18 maggio 2001, n. 279 (recante «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie») reca, all'allegato 1, l'elenco delle malattie riconosciute come rare dal Servizio sanitario nazionale;
l'articolo 8 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede testualmente che «i contenuti del presente regolamento sono aggiornati, con cadenza almeno triennale, con riferimento all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, ai dati epidemiologici relativi alle malattie rare e allo sviluppo dei percorsi diagnostici e terapeutici di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni»;
nonostante le previsioni di cui sopra, non si è proceduto ad alcun aggiornamento, sebbene il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008, mai entrato in vigore, recasse, all'allegato 7, un aggiornamento delle malattie riconosciute come rare, integrando e sostituendo l'allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001; l'allegato 7 al decreto rappresenterebbe, dunque, l'unico documento ufficiale, con i limiti evidenti conseguenti dall'emergere, nel tempo, di nuove patologie, prima sconosciute. Esso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, indicherebbe in 109 le patologie da includere ai fini del riconoscimento dello status di malattie rare; queste 109 patologie però non sono mai state realmente incluse negli elenchi ufficiali e i pazienti che ne sono affetti non godono di nessuno dei benefici previsti;
contemporaneamente all'azione mirata dell'Unione europea, anche l'Italia, a partire dal 1999, ha identificato nelle malattie rare un'area di priorità in sanità pubblica, ha esplicitato priorità ed obiettivi da raggiungere ed è intervenuta con un provvedimento specifico, il decreto ministeriale n. 279 del 2001. Le regioni italiane, trasferita loro la competenza in tema di programmazione ed organizzazione sanitaria, hanno preso in carico l'applicazione della normativa nazionale. Nell'attuale negativa congiuntura economica, occorre tener conto anche del cambiamento radicale del Sistema sanitario nazionale, provocato dal passaggio di competenze in materia sanitaria dallo Stato alle regioni, dovuto alla modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione. Di fatto, si sono creati 21 sistemi sanitari regionali, molto diversi tra di loro per quanto riguarda sia le politiche fiscali che la disponibilità di bilancio, pur rimanendo identica la ratio che li ha generati. La diversa disponibilità e, quindi, la diversa accessibilità ai fondi regionali, si tramuta, inevitabilmente, in difformità nell'accesso alle opportunità di cura e in disparità di trattamento per i pazienti, sulla base della semplice appartenenza regionale sul territorio nazionale;
è necessario che il sistema mantenga un corretto equilibrio tra le autonomie locali ed il livello centrale. L'obiettivo dell'uniformità qualitativa e quantitativa dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria necessita della previsione di linee guida e direttive in tale ambito, che siano sufficientemente omogenee e capaci di coniugare il rispetto delle specificità locali e le esigenze di razionalizzazione del sistema sanitario con il diritto di accesso alle cure;
ad oggi in Italia, nonostante un accordo Stato-regioni datato 8 luglio 2010, che prevede una quota vincolata di 20.000.000 di euro per progetti relativi alle malattie rare e ripartita in base alla popolazione di riferimento, non esiste una normativa adeguata a sostegno dei malati e delle loro famiglie, che incontrano enormi difficoltà di carattere economico-assistenziale, avuto particolare riguardo a ciò che concerne la terapia domiciliare; a ciò va a sommarsi la grave carenza di strutture e farmaci adeguati alla cura di tali patologie;
tutte le associazioni di pazienti affetti da malattie rare sostengono con energia come il nostro Paese debba allinearsi il più rapidamente possibile alle procedure che negli altri Paesi garantiscono ai cittadini, affetti da malattie rare, un accesso tempestivo alle terapie innovative;
in Francia, con una interpretazione della normativa europea non condivisa da tutti, è stato adottato fin dal 1994 un piano nazionale per le malattie rare, che consente una autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci (atu), con lo scopo di garantire l'accesso alle cure da parte dei pazienti e l'utilizzo di un farmaco orfano e/o destinato alla cura di malattie rare o gravi, prima ancora che lo stesso abbia ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio. La condizione necessaria è che il farmaco sia in fase di sviluppo avanzato, abbia possibilmente superato la fase sperimentale III, ci siano segni di una accertata efficacia, e non vi sia una valida alternativa terapeutica con un farmaco regolarmente autorizzato (ad esempio, prodotti che abbiano profili di sicurezza già accertati o un documento di autorizzazione di immissione sul mercato in fase di stesura o in corso di registrazione);
lo schema dell'autorizzazione temporanea di utilizzo dei farmaci, applicato alle medicine destinate alla cura di malattie rare o orfane o gravi, consentirebbe ai pazienti di avere a disposizione tali farmaci con largo anticipo rispetto ai tempi necessari alla conclusione degli studi clinici ed all'ottenimento dell'autorizzazione alla commercializzazione;
con il Decreto Ministeriale 279/2001 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 luglio 2001 - Suppl. Ordinario n. 180/L si prevede l'esenzione per le prestazioni sanitarie correlate alla malattia, selezionate dal medico curante tra quelle incluse nei LEA secondo criteri di appropriatezza ed efficacia rispetto alle condizioni cliniche individuali e, per quanto possibile, sulla base di protocolli clinici concordati con il presidio di riferimento competente. Ai fini dell'esenzione il regolamento individua 284 malattie e 47 gruppi di malattie rare;
in Italia, l'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri e nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali spesso ritarda ulteriormente l'accesso alla terapia da parte dei pazienti affetti da malattie rare. Le amministrazioni regionali non differenziano i farmaci orfani all'interno delle loro delibere attuative e di indirizzo, creando così ulteriori difficoltà (quali limitazioni nella dispensazione del medicinale e non solo della prescrizione) ai pochi, talvolta addirittura unici, centri di riferimento regionali;
il regolamento (CE) n. 141/2000 stabilisce i criteri per l'assegnazione della qualifica di medicinali orfani nell'Unione europea e prevede incentivi per stimolare la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci per la profilassi, la diagnosi o la terapia delle malattie rare; con determinazione del 20 marzo 2008, l'Agenzia italiana del farmaco (Alfa) ha stabilito le «Linee guida per la classificazione e conduzione degli studi osservazionali sui farmaci»;
l'associazione culturale «Giuseppe Dossetti: I Valori-Sviluppo e Tutela dei Diritti» da oltre dieci anni si batte per ottenere una legislazione adeguata, che dia, a tutti i pazienti, le stesse possibilità di diagnosi, cura, assistenza e che incentivi la ricerca e la produzione di farmaci. L'associazione, che esplica la sua attività anche attraverso l'Osservatorio di tutela civica dei diritti, chiede da tempo che vengano adottate le misure legislative necessarie per incentivare e promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei medicinali cosiddetti «orfani», ossia di tutti quei medicinali destinati alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia considerata, in base ai dettami dell'Unione europea «rara»;
si tratta certamente di primi passi, significativi ma non ancora adeguati, a dare soluzioni concrete e definitive a problemi così rilevanti, primo fra tutti il problema che sia a livello nazionale sia a livello regionale, i cittadini affetti da malattie rare non usufruiscono dello stesso livello di prestazioni diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali previste da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN) per tutti gli altri pazienti ed ancora, la disparità di trattamento avviene anche fra le varie regioni e persino all'interno delle medesime regioni e, addirittura, all'interno delle stesse città, nonostante sia ovvio e doveroso che tutti i cittadini debbano godere dello stesso livello di prestazioni da parte del SSN,
impegna il Governo:
ad adottare ogni adempimento di competenza al fine di favorire il rapido svolgimento dell'esame parlamentare del testo unificato in materia di malattie rare;
a verificare in che modo e fino a che punto i bisogni di salute di questi pazienti vengano attualmente soddisfatti, tenendo conto che, in questo particolare momento di risanamento economico del Paese, esiste una categoria di cittadini già gravemente penalizzata, sulla quale si chiede di non incidere ulteriormente;
a istituire a livello nazionale e a promuovere l'istituzione in ambito regionale dei registri delle patologie di rilevante interesse sanitario, in modo da fare chiarezza sulle cifre reali dei pazienti che ne sono affetti, consentendo l'utilizzo mirato delle risorse pubbliche;
a promuovere l'adozione in tutte le regioni, gradatamente e progressivamente secondo lo standard delle regioni virtuose, iniziative che consentano a tutti i bambini che nascono di accedere ad adeguati screening neonatali, indispensabili per individuare precocemente molte patologie, anche di tipo metabolico, consentendo di iniziare precocemente la terapia opportuna ed evitando successivi stati di grave invalidità;
a istituire il Comitato nazionale delle malattie rare, presso il Ministero della salute, tenendo conto nella composizione dei rappresentanti delle regioni, dell'Istituto superiore di sanità e delle associazioni di tutela dei malati, nonché dei rappresentanti dei Ministeri competenti in merito (Ministero della salute, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero del lavoro e delle politiche sociali);
ad accelerare la revisione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) per inserirvi un elenco aggiornato delle malattie rare, a cominciare dalle 109 nuove patologie rare, indicate nell'allegato 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2008, mai entrato in vigore;
a valutare iniziative volte ad ampliare la copertura finanziaria della legge n. 648 del 1996 al fine di permettere un più ampio e veloce accesso a cure innovative, non ancora approvate in Italia;
a recepire le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea in forma tempestiva, partendo dall'istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci «orfani», nonché i parafarmaci ed i farmaci di fascia «c» indispensabili per la cura delle patologie rare, siano posti a carico del servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente, tramite l'inserimento, in modo omogeneo in tutti i prontuari regionali, una volta ottenuta l'autorizzazione alla commercializzazione;
a prevedere una adeguata semplificazione delle procedure che autorizzano la messa in commercio di farmaci orfani, nel rispetto dei principi generali del settore e a prevedere il sostegno del governo ad iniziative normative quali ad esempio: l'esenzione dei diritti da versare per l'immissione in commercio; procedure di registrazione accelerata; e un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sperimentazione clinica; un periodo di esclusività di mercato di sette anni;
a valutare l'opportunità di assumere iniziative affinché nel caso delle malattie rare, e in altre patologie croniche, in deroga alle disposizioni attuali in materia di prescrizioni farmaceutiche, siano possibili prescrizioni ripetibili in un arco di tempo determinato, in modo da evitare al paziente di dover tornare con eccessiva frequenza dal medico per ottenere la ricetta, su cui oltretutto dovrebbe pagare anche il ticket;
ad istituire un tavolo di lavoro e concertazione permanente con tutti gli stakeholder, che verrà consultato con cadenza bimestrale, al fine di intraprendere le azioni necessarie a colmare le carenze normative ancora riscontrabili in tema di malattie rare e monitorare le azioni intraprese in tale ambito;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per assicurare l'effettiva trasmissione dei dati e l'aggiornamento dei registri regionali e nazionali;
ad adottare un Piano nazionale per le malattie rare, con durata triennale, finalizzato ad assicurare prevenzione, sorveglianza, diagnosi tempestiva, trattamento e riabilitazione ai pazienti con malattie rare, a garantire equo accesso ai servizi socio-sanitari a tutti i pazienti con malattie rare sul territorio nazionale, a migliorare la qualità della vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari, disciplinando le aree prioritarie di intervento e le azioni necessarie per la sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell'informazione sulle malattie rare diretta alla popolazione generale ed agli operatori socio-sanitari, la formazione di medici e figure professionali coinvolti nell'assistenza, l'accesso al trattamento inclusi i farmaci, la prevenzione e l'accesso ad una diagnosi tempestiva, il supporto alla ricerca di base clinica, sociale e di sanità pubblica sulle malattie rare, le istituzioni responsabili delle specifiche azioni, nonché il sistema di monitoraggio e valutazione annuale del Piano nazionale.
(1-00780) (Nuova formulazione) «Binetti, Miotto, Laura Molteni, Barani, Mosella, Palagiano, Di Biagio, Argentin, Nunzio Francesco Testa, Calgaro, De Poli, Delfino, Adornato, Enzo Carra, Pezzotta, Ria, Mereu, D'Ippolito Vitale, Rao, Mondello, Patarino, Martini, Rondini, Bossa, Zinzi, Poli, Porcu, Iannuzzi, Zazzera, Pedoto, Palomba, Sbrollini, Verini, De Nichilo Rizzoli, Di Virgilio, Vella, Di Caterina, Mario Pepe (PD), Compagnon, Garofalo, Bocciardo, Commercio, Torrisi, Scapagnini, Pelino, Fava, Fabi, Farina Coscioni, Sbai».
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
MARINELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno umanitario delle accoglienze dei bambini provenienti dalla Bielorussia è ormai diffuso capillarmente su tutto il territorio italiano, coinvolgendo numerose famiglie che vengono in contatto, ogni anno, con i bambini ed i «ragazzi di Chernobyl»;
secondo notizie di stampa, dal 1996, anno del disastro della centrale nucleare ucraina, circa 30.000 famiglie italiane hanno ospitato annualmente circa 300.000 bambini provenienti dai territori contaminati, per motivi terapeutici ed umanitari, durante le vacanze estive e natalizie;
in totale, questo movimento di solidarietà ha coinvolto, nell'arco di 20 anni, oltre 300.000 famiglie italiane. Il tempo medio di ospitalità per famiglia è stato stimato in 5/6 anni e fino al 2004 si sono registrate circa 200/250 adozioni l'anno, con un forte rallentamento registrato nel quadriennio 2004-2008 a seguito del blocco imposto dal Governo di Minsk;
sono stati svolti reiterati interventi in sede politica e diplomatica per sollecitare una decisione delle competenti autorità bielorusse circa la possibilità di prendere in considerazione, in attuazione dei protocolli bilaterali firmati nel 2005 e nel 2007, nuove domande di adozione da parte di cittadini italiani, in particolare di quelli che ospitano minori istituzionalizzati anche molto malati;
mediante un comunicato diramato in data 22 marzo 2011 dalla Commissione per le adozioni internazionali, circa l'aggiornamento sulla prosecuzione delle adozioni in Bielorussia, la segreteria tecnica della commissione e il centro adozioni di Minsk hanno dichiarato di essere tra loro in contatto per superare eventuali ostacoli riguardanti le oltre 200 procedure ancora pendenti tra quelle comprese nell'elenco presentato dal Presidente del Consiglio italiano al Presidente bielorusso nel novembre 2009;
ultimamente, la Bielorussia ha dimostrato un'apertura d'intenti in tal senso, riesaminando oltre 500 pratiche adottive in sospeso dal 2010, e permettendo così l'adozione di 99 minori nel 2010 e di altrettanti minori nel primo semestre del corrente anno. Tuttavia, la Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di dover bloccare il deposito delle nuove domande di adozione;
nel corso del Summit INCE del 10 giugno 2011, svoltosi a Trieste, il Ministro degli affari esteri pro tempore, Franco Frattini ha firmato un importante Protocollo d'intesa con la Bielorussia che permetterebbe ai ragazzi che non hanno i requisiti per l'adozione internazionale di venire nel nostro Paese, per svolgere uno o più anni scolastici, purché compiuto il quattordicesimo anno di età. L'accordo,
che segna un traguardo importantissimo per le famiglie ospitanti, attende i relativi decreti attuativi per divenire operativo;
secondo recenti notizie di stampa, il 9 novembre 2011 è avvenuto un primo incontro tra i tecnici italiani del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero degli affari esteri e l'Ambasciatore della Bielorussia a Roma, S.E. Eugeny Shestakov, per definire una mappa delle questioni da condividere tra i due Paesi, per giungere ad un regolamento bilaterale al fine di armonizzare le normative nazionali sugli aspetti culturali, giuridici ed amministrativi per la frequenza scolastica e la tutela dei minori all'estero;
le vicende legate alle adozioni, alle accoglienze ed ai permessi studio nei confronti dei minori bielorussi rispondono ai più alti principi previsti sia dalla nostra Carta costituzionale che dalla normativa internazionale. Segnatamente, si ricorda la tutela privilegiata dell'infanzia, che ha nell'articolo 31 della Costituzione una solida base nel nostro ordinamento, la Convenzione dei diritti dell'infanzia dell'89, che già in premessa esprime il principio secondo cui «l'infanzia ha diritto a un aiuto e a un'assistenza particolari», e la Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale del 1993, che rammenta agli Stati membri la necessità di adottare ogni particolare cura per l'assistenza prestata ai minori;
secondo le raccomandazioni adottate dal rapporto della Commissione speciale sul funzionamento e la pratica della Convenzione dell'Aja del 1993, redatto nel dicembre del 2000 dall'ufficio permanente della Conferenza dell'Aja sul diritto internazionale privato «i Paesi riceventi sono chiamati a supportare le azioni svolte nei Paesi di origine per sviluppare i servizi nazionali di protezione dei minori, inclusi programmi per la prevenzione dell'abbandono» -:
quali urgenti iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda assumere per accelerare l'iter delle domande di adozione giacenti presso la Commissione per le adozioni internazionali;
quali urgenti iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per consentire una rapida definizione dei regolamenti attuativi dell'Accordo attinente i permessi-studio per gli studenti bielorussi, al fine di corrispondere alla piena affermazione del superiore interesse del fanciullo.
(4-14145)
LARATTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi nel comprensorio del Pollino a cavallo tra Calabria e Basilicata si stanno registrando scosse telluriche con una frequenza preoccupante;
scosse con una intensità intorno al 3o grado della scala Richter e spesso avvertite dalla popolazione;
questa frequenza, senza voler scatenare allarmismi, rappresenta qualcosa di anomalo che non può essere ignorata;
secondo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia la zona si sarebbe «risvegliata» circa un anno fa e dal settembre 2010 è stata colpita da oltre 500 terremoti;
la zona interessata si trova lungo la fascia del territorio a rischio sismico dell'intero Paese, quella compresa tra Irpinia, Basilicata e Calabria;
ovviamente, anche a seguito della recente esperienza del terremoto de L'Aquila è opportuno non sottovalutare i rischi legati a questo tipo di fenomenologia;
vanno predisposti piani di emergenza per le popolazioni locali -:
se e quali iniziative il Governo intenda promuovere, attraverso la Protezione
civile, al fine di monitorare quanto sta accadendo nel comprensorio del Pollino;
se siano stati predisposti piani di messa in sicurezza per le popolazioni locali;
se sia stato avviato un tavolo con le regioni e gli enti locali interessati per meglio predisporre opportune iniziative di prevenzione e tutela delle scuole, degli ospedali e delle strutture pubbliche, con particolare attenzione ai sistemi di sicurezza, viabilità e pronto intervento, in particolar modo nei centri storici e nei comuni delle aree interne.
(4-14157)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in merito alla buonuscita riconosciuta al dimissionario presidente di Finmeccanica, dottor Pierfrancesco Guarguaglini, fonti di stampa hanno riportato la notizia che «L'ex presidente di Finmeccanica, indagato nell'inchiesta sugli appalti truccati, si consola con 5,6 milioni di euro, 4 e spiccioli subito il resto fra un anno»;
tra i principali azionisti di Finmeccanica vi è il Ministero dell'economia e delle finanze con una quota del 30,18 per cento;
il 31 gennaio 2011 la quotazione in borsa del titolo Finmeccanica era di 9,865 euro per azione ordinaria;
nel «Comunicato Stampa n. 46 del 4 aprile 2011» divulgato dal Ministero dell'economia e delle finanze si legge «[...] Con riferimento all'assemblea degli azionisti di Finmeccanica S.p.a., convocata per il 29 aprile e il 4 maggio (prima e seconda convocazione), il Ministero, titolare del 30,18 per cento del capitale, depositerà presso la sede della Società la seguente lista per la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione: 1. Pierfrancesco Guarguaglini (Presidente); 2. Giuseppe Orsi; 3. Franco Bonferroni; 4. Giovanni Catanzaro; 5. Dario Galli; 6. Francesco Parlato; 7. Guido Venturoni. Sempre per quanto attiene Finmeccanica, in occasione del rinnovo si provvederà - mediante decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di intesa con il Ministro dello sviluppo economico - alla nomina dell'Amb. Carlo Baldocci quale consigliere di amministrazione senza diritto di voto ai sensi dell'articolo 5.1-ter, lettera d), dello statuto della Società»;
il 4 aprile 2011 la quotazione in borsa del titolo Finmeccanica era di 9,070 euro per azione ordinaria, mentre il successivo 23 novembre 2011 precipitava a quota 2,910 euro;
il 1o dicembre scorso il dottor Giuseppe Orsi ha assunto la carica di presidente del gruppo Finmeccanica;
numerose fonti di stampa hanno riportato la notizia secondo cui, a fronte degli scandali e delle corruzioni che hanno coinvolto esponenti di spicco del Gruppo Finmeccanica, sarebbe prevalente nell'opinione pubblica la necessità della sospensione del pagamento della liquidazione a favore del dottor Guarguaglini, almeno fino a quando non verrà chiarita in modo favorevole al medesimo ogni vertenza giudiziaria che ha coinvolto le Società del citato Gruppo industriale -:
quali siano stati i criteri adottati dal consiglio di amministrazione per deliberare una liquidazione di tale entità a favore del Guarguaglini considerato che lo stesso è riuscito a far precipitare la quotazione di mercato del tritolo oltre ogni più pessimistica previsione;
quali siano stati i pareri in merito a detta liquidazione espressi dai rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze nella loro veste di componenti del consiglio di amministrazione di Finmeccanica;
quali siano i compensi destinati ai singoli componenti del consiglio di amministrazione di Finmeccanica;
se non ritenga opportuno assumere le iniziative necessarie per sospendere il pagamento della liquidazione deliberata dal consiglio di amministrazione di Finmeccanica a favore del dottor Guarguaglini.
(4-14172)
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AFFARI ESTERI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la giornalista e autrice Francesca Marino - che collabora tra l'altro con le testate nazionali Il Messaggero, L'Espresso e Limes e che recentemente ha pubblicato il volume «Apocalisse Pakistan» - è arrivata il 20 novembre 2011, all'aeroporto di Karachi, in Pakistan, proveniente dall'India, Paese dove si trova, in un orfanotrofio di Calcutta, la sua figlia adottiva di due anni;
nonostante fosse in possesso di un visto giornalistico rilasciatole il 25 ottobre 2011 dall'ambasciata del Pakistan a Roma, è stata fermata e trattenuta per tutta la notte negli uffici della polizia aeroportuale, senza la presenza di un avvocato, ma ufficialmente non in stato di arresto. La mattina successiva la giornalista italiana è stata condotta negli uffici della Federal Intelligence Administration, sempre in assenza di un avvocato, dove è stata trattenuta fino al pomeriggio venendo sottoposta ad interrogatori sulla sua attività lavorativa e sulle ragioni delle sue frequenti visite in India;
fino all'ultimo, la giornalista italiana non ha ricevuto motivazioni ufficiali sul perché il suo visto fosse stato inserito il 1° novembre 2011 - in data successiva, quindi, alla sua regolare concessione dall'ambasciata pakistana a Roma - su una «lista nera» di giornalisti e attivisti per i diritti umani sgraditi alle autorità pakistane;
Francesca Marino è stata costretta ad imbarcarsi su un volo per l'India dopo che, su intervento del Ministero dell'interno pakistano, le era stato concesso di rimanere nel Paese per 72 ore;
fonti pakistane attendibili hanno in seguito comunicato alla stessa giornalista italiana che avrebbe rischiato di essere accusata di spionaggio e di attività anti-pakistane (reati per i quali è prevista anche la pena capitale);
la Federazione nazionale della stampa e la commissione pari opportunità della FNSI hanno denunciato la gravità dell'episodio, segnalando come non sia accettabile che, in un paese che ha normali rapporti diplomatici con l'Italia, una giornalista sia sottoposta a un fermo di polizia del tutto immotivato e illegale e sia costretta con l'intimidazione a non poter svolgere la propria attività professionale e a poter esercitare il proprio diritto/dovere all'informazione -:
di quali informazioni disponga il Governo italiano in relazione a tale episodio e se non ritenga di dover intervenire con urgenza presso le autorità pakistane, chiedendo loro una puntuale informativa al riguardo e, più in generale, una verifica sulle effettive garanzie di sicurezza e di agibilità per poter svolgere liberamente l'attività professionale che devono essere assicurate alle decine di giornalisti italiani che, a grave rischio personale, si occupano puntualmente delle vicende di interesse internazionale che si svolgono in Pakistan e nel vicino Afghanistan.
(2-01289)
«Mogherini Rebesani, Castagnetti, Marchignoli, Rossomando, Siragusa, Pistelli, Strizzolo, Peluffo, Mosca, Melandri, Zampa, Garavini, Trappolino, De Pasquale, D'Incecco, Farinone, Coscia, Schirru, Gatti, Lucà, Sbrollini, Concia, Picierno, Tullo, Sarubbi, Rubinato, Marchioni, Martella, Recchia, Colombo, Bossa, Rugghia, Touadi».
Interrogazioni a risposta scritta:
SBAI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la piccola Martina è stata nei fatti sequestrata dal padre, il signor Hassen Abdeljelil, nazionalità tunisina, per farla vivere islamically correct;
il sequestro in Tunisia prosegue ormai da 8 mesi;
alla madre, Marzia Tolomeo, non è stato permesso né di vedere né di sentire la bambina;
è tuttora in corso il procedimento per l'affidamento definitivo della bambina al padre in Tunisia;
in Italia, con sentenza del tribunale dei minori di Milano, il signor Abdejelil ha perso la patria potestà;
in alcune delle udienze precedenti, le rappresentanze consolari non hanno preso parte al procedimento, lasciando la madre, Marzia Tolomeo, in gravi difficoltà;
il 16 dicembre 2011 avrà luogo l'udienza per l'affido definitivo della bambina;
si sono svolte le prime elezioni libere nella Tunisia del dopo Ben Alì;
il Governo che si formerà, nonostante le sue radici di carattere estremista, ha promesso di essere all'insegna della moderazione e della cooperazione internazionale -:
come il Governo intenda procedere in relazione a questa vicenda;
se il Governo intenda sollecitare la presenza delle rappresentanze consolari italiane a Tunisi il giorno dell'udienza per l'affido definitivo al padre il 16 dicembre 2011;
se il Governo intenda esercitare un'azione diplomatica presso il Governo provvisorio tunisino al fine di far tornare la bambina;
come il Governo intenda gestire il rapporto diplomatico con la Tunisia, nel caso in cui questa decidesse, sebbene con un nuovo Governo, di non assumere iniziative per il ritorno della bambina.
(4-14163)
LARATTA e GIULIETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è decisamente forte il silenzio sul rapimento in Darfur del giovane Francesco Azzarà, operatore di Emergency stimato ed apprezzato da tutti;
il 14 agosto 2010 Francesco Azzarà è stato rapito e da quel momento si sono perse le tracce e nessuna notizia si è avuta in merito alla sua sorte;
è stato chiesto più volte al Ministro degli affari esteri pro tempore, di riferire in assemblea, ma questo non si è mai verificato;
una precedente interrogazione sul caso (4-13177), sottoscritta da diversi deputati, ha ricevuto, a giudizio degli interroganti, una burocratica e insoddisfacente risposta;
ora la preoccupazione degli interroganti diventa ancora più forte, perché di Francesco Azzarà non si hanno più notizie dal quel 14 agosto 2010 -:
se il Governo segua con costanza il sequestro di Francesco Azzarà;
se vi sono stati contatti con i rapitori;
se si abbiano notizie sulle condizioni e sullo stato di salute del rapito.
(4-14173)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Parco nazionale del Cilento e del vallo di Diano, istituito nel 1991, rappresenta per la nazione un bacino inesauribile e straordinario di biodiversità e per questi motivi è stato dichiarato dall'UNESCO, patrimonio mondiale dell'umanità, riserva di biosfera, diploma europeo della biodiversità, geosito e recentemente, nel patrimonio immateriale della nazione, quale patria della dieta mediterranea per l'Italia;
l'ente parco, nella sua fase iniziale, grazie ad una intensa e lungimirante azione operativa e progettuale della regione Campania, ha programmato e realizzato una serie di rilevanti strutture per la ricerca, lo studio e il monitoraggio della biodiversità nell'area del Parco (con il progetto integrato territoriale 2000/06) tra cui il centro internazionale della biodiversità del Mediterraneo, struttura unica nel Mezzogiorno d'Italia dedicata allo studio e ricerca sulla biodiversità con oltre 30 laboratori scientifici, biblioteca, museo delle specie, aule per incontri in un immenso territorio per sperimentazioni in situ ed ex situ (173 ettari di proprietà del parco) in attuazione della lettera c) del comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 394 del 1991;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha convintamente promosso, sostenuto e portato all'approvazione la strategia nazionale della biodiversità, tappa storica del Paese, per sostenere ed integrare le esigenze della biodiversità nelle politiche nazionali di settore, riconoscendo la necessità di mantenerne e rafforzarne la conservazione e l'uso sostenibile per il suo valore intrinseco e in quanto elemento essenziale per il benessere umano, rispondendo appieno alla sfida 2011-2020 per la biodiversità;
tra i principali attuatori della strategia nazionale della biodiversità risultano le aree protette nazionali che dovranno tra l'altro:
«1. approfondire la conoscenza e colmare le lacune conoscitive sulla consistenza, le caratteristiche e lo stato di conservazione di habitat e specie e dei servizi eco sistemici da essi offerti, nonché sui fattori di minaccia diretti ed indiretti;
2. approfondire la conoscenza sul valore degli ecosistemi e dei servizi da loro offerti, con l'identificazione dei potenziali beneficiari e degli attori che giocano un ruolo effettivo nella gestione di tali sistemi;
3. favorire la sostenibilità nell'utilizzo delle risorse naturali ed introdurre l'applicazione dell'approccio ecosistemico e del principio di precauzione nella loro gestione;
4. integrare a livello normativo i temi della biodiversità all'interno degli strumenti di pianificazione di scala vasta e di scala locale per garantire il mantenimento del flusso dei servizi ecosistemici e la capacità di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
5. attuare politiche volte a garantire lo stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie autoctone, anche attraverso la realizzazione di azioni pilota di tutela e di ripristino, in situ ed ex-situ;
6. attuare politiche di attenta valutazione degli eventuali rischi connessi con l'utilizzo degli OGM (...)»;
a tal fine, 12 comuni dell'area protetta (Cannalonga, Castelnuovo Cilento, Ceraso (capofila), Gioi, Moio della Civitella, Novi Velia, Orria, Perito, Salento, Vallo della Lucania con i comuni di Ascea e Casalvelino) insistenti nell'area di riferimento della sede del centro studi e ricerche sulla biodiversità, hanno condiviso un lungimirante quanto significativo progetto di messa in rete delle iniziative
attivate dall'ente parco e di cogestione del centro studi e ricerche sulla biodiversità ai fini dell'attuazione della strategia nazionale della biodiversità, denominato «CAMPUS MEDITERRANEO» riconosciuto dal dipartimento per lo sviluppo della Presidenza del Consiglio dei ministri con l'award di qualità 2007/8 e inserito nel circolo delle qualità italiane del Forum della pubblica amministrazione;
il progetto «CAMPUS MEDITERRANEO» è finanziato tra gli studi di fattibilità della regione Campania (DGR 995/06) è riconosciuto dall'attuale governo della regione Campania tra le eccellenze regionali con specifica nota dell'assessore all'ecologia e tutela dell'ambiente;
lo stesso progetto a seguito della sottoscrizione dell'accordo dei suddetti comuni, determina il protagonismo e la condivisione delle innovative azioni di sinergia per l'attuazione della strategia nazionale della biodiversità in stretta cooperazione con l'università degli studi di Salerno che ha ufficialmente aderito alla promozione di Campus Mediterraneo;
analoga adesione hanno dato le università campane e i centri di ricerca del CNR competenti in materia in apposita riunione del gennaio 2010 presso la regione Campania, assessorato ai rapporti con il Mediterraneo rilevabile da apposito verbale sottoscritto dai partecipanti;
altrettanta adesione è pervenuta dal biodistretto del parco del Cilento e vallo di Diano sostenuto dall'Associazione italiana di agricoltura biologica approvato dalla regione Campania (DGR n. 1491 del 25 settembre 2009);
il Centro studi e ricerche sulla biodiversità, realizzato con una spesa di oltre 9 milioni di euro, resta fermo ed inutilizzato con grave rischio di degrado e devastazione di impianti ed arredi, nel mentre nel progetto «CAMPUS MEDITERRANEO» ne fa il nucleo centrale della sua azione con la disponibilità dei comuni di raccordare il centro alle infrastrutture locali (viabilità e centro fieristico di Vallo della Lucania - adiacente -);
allo stato nonostante le tante sollecitazioni e le richieste ufficiali dei comuni suddetti per la cogestione del centro per l'attuazione di specifici progetti già finanziati da enti e Ministeri competenti, l'ente parco non sembra sensibile alle sollecitazioni territoriali e non dà alcuna risposta alle note né riscontro agli specifici incontri pure più volte realizzati;
più opportunità di finanziamento dello start up del progetto sono state perse nonostante proposte all'ente parco, così come dichiarata disponibilità di istituti e centri di ricerca e studio del CNR e delle università campane resta inascoltata e/o ignorata a quanto consta all'interrogante dall'attuale gestione del parco;
la struttura in assenza di una sua gestione e idonea manutenzione, sta subendo rilevanti danni conseguenti alle condizioni di abbandono e degrado;
tale struttura può diventare il fiore all'occhiello del Mezzogiorno per l'attuazione della strategia nazionale della biodiversità e per la messa in campo di azioni ed iniziative già in parte finanziate con fondi nazionali ed europei, inerenti alle rilevanti responsabilità nazionali e internazionali in materia, essendo tra l'altro, il parco del Cilento membro ufficiale dell'IUCN;
si intende attivare un programma di gestione che attraverso l'attuazione di iniziative ed attività formative pubbliche (trasferimento di istituti professionali e polo telematico universitario) e private (AIAB, FIRAP, Centro UNESCO, FormAmbiente, HISPA), possa puntare alla copertura delle spese di gestione ordinaria -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutto quanto sopra riportato e, in caso affermativo, se e in quali modi intenda intervenire affinché l'ente parco assuma, nella sua piena autonomia, una decisione (positiva e/o negativa) in merito alla nota ufficiale dei comuni sulla cogestione del centro studi e ricerche per la biodiversità alla quale ha aderito il biodistretto, oltre che istituti di ricerca e
studio del CNR e le università campane disponibili a cooperare; se non ritenga sia il caso di istituire con la necessaria urgenza un tavolo ministeriale con la regione Campania, i comuni richiedenti, l'AIAB, gli istituti del CNR e le università campane aderenti per pervenire alla cogestione, al fine di superare questo stato di cose ed evitare che si affacci lo spettro della ingovernabilità delle opere, dell'abbandono e del degrado con le inevitabili conseguenti accuse di sperpero di danaro pubblico a danno dell'occupazione giovanile e della crescita culturale e sociale del territorio che ha scelto e condiviso di assumere il progetto «CAMPUS MEDITERRANEO», quale frontiera innovativa per lo sviluppo e l'applicazione dell'approccio ecosistemico nelle politiche di gestione territoriale e concreto contributo scientifico e operativo per il futuro del territorio e della nazione.
(4-14159)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE CAMILLIS. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le sentenze del TAR Molise n. 00734 e n. 00735 del 15 novembre 2011 hanno annullato i provvedimenti assunti dalla direzione regionale dei beni culturali e ambientali del Molise e salvo sospensiva del Consiglio di Stato o altro provvedimento amministrativo adottato dalle preposte autorità, le imprese interessate potranno iniziare l'installazione di 22 pale eoliche in agro dei comuni di San Giuliano di Puglia, Santa Croce di Magliano e Rotello;
l'area in questione è attraversata da uno dei quattro tratturi millenari (Celano-Foggia), che collega la Puglia all'Abruzzo;
in agro del comune di San Giuliano di Puglia in prossimità della chiesa di Sant'Elena, sottoposta a vincolo dal competente Ministero per i beni e le attività culturali;
la zona in questione è al confine con la ZPS-zona di protezione speciale dei Monti della Daunia e al confine con il «Vallone Santa Maria» zona SIC - siti di importanza comunitaria, inseriti all'interno della rete «Natura 2000» creata dall'Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie;
il Molise conta già 500 impianti eolici in attività che producono il 70 per cento del fabbisogno energetico annuale con una percentuale di gran lunga superiore al limite del 20 per cento dall'Unione europea per il 2020 sulle fonti rinnovabili;
numerose associazioni e comitati territoriali, preoccupati sulle possibili conseguenze ambientali, paesaggistiche e archeologiche che potrebbero determinarsi nella zona, nel caso si procedesse all'installazione delle pale eoliche, così come richiesto dalle imprese proponenti, stanno organizzando incontri e assemblee pubbliche in cui rivolgono appelli a tutti i rappresentanti istituzionali, affinché ognuno per le proprie competenze, intervenga sulla questione -:
se siano a conoscenza dei fatti suesposti;
se si intenda verificare con urgenza, la possibilità di adottare iniziative straordinarie al riguardo, anche ricorrendo all'apposizione dei vincoli previsti dalla legge nella zona di San Giuliano di Puglia, Rotello, Santa Croce di Magliano, a tutela del tratturo millenario Celano-Foggia e dell'area della chiesa Sant'Elena di San Giuliano di Puglia, dove ci sono stati rinvenimenti archeologici, e più in generale a tutela dell'area al confine con la zona di protezione speciale dei Monti della Daunia e con il «Vallone Santa Maria» (sito di importanza comunitaria), aree inserite all'interno della rete «Natura 2000» creata dall'Unione europea per la protezione
e la conservazione degli habitat e delle specie, anche al fine di evitare l'eventuale apertura di procedure di infrazione in sede europea.
(5-05798)
Interrogazione a risposta scritta:
TOCCAFONDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa che a Firenze esiste un patrimonio immobiliare di 72 immobili, 26 dei quali dentro il complesso dei giardini di Boboli, immobili di proprietà dello Stato, affidati alla Soprintendenza ai beni architettonici;
come riportato dalla stampa locale sono case in contesti eccezionali affittati a canoni molto bassi, canoni che oscillerebbero tra i 230 e i 280 euro al mese, per appartamenti che vanno dagli 80 ai 106 metri quadri, che sono stati assegnati a soprintendenti e direttori generali dei beni culturali e paesaggistici della Toscana, oggi in pensione o trasferiti ad altri incarichi;
inoltre, si apprende che del patrimonio farebbero parte anche abitazioni sfitte e altre di grandi dimensioni locate a pensionati o ai loro eredi in a base a criteri non di mercato;
nel 2010 fu effettuata dal Ministero per i beni e le attività culturali un'ispezione, per un'indagine su 10 istituti culturali, che ebbe come unico effetto noto, la richiesta di aumentare il canone, ma comunque anche dopo gli adeguamenti gli affitti sarebbero aumentati di poco;
nella relazione compilata al termine dell'indagine, come si apprende da articoli di stampa, si sottolineava che pur reputando «apprezzabile l'intenzione della soprintendenza di agevolare l'assegnazione delle abitazioni a personale dell'amministrazione per evitare la loro immissione sul libero mercato, che comporterebbe l'ingresso di estranei in compendi museali» esisteva «l'oggettiva sperequazione» data dalla gestione degli immobili affidati ad altri enti;
ad oggi, da quanto si apprende da notizie di stampa, alcuni immobili sarebbero abitati da alcuni ex soprintendenti e dirigenti;
l'articolo 4 della legge di stabilità finanziaria del mese di luglio 2011 esclude dall'utilizzo di immobili pubblici i titolari di uffici decaduti dalla carica, mentre il regolamento di gestione del canone di concessione, approvato nel 2005 dalla Soprintendenza, prevede il diritto degli inquilini di restare anche dopo il pensionamento -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali siano i contenuti della relazione degli ispettori del Ministero fatta anche sugli alloggi a Firenze;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per fare chiarezza sulla questione dei canoni di affitto di abitazioni in contesti museali;
se esista una incompatibilità tra quanto sancito dall'articolo 4 della legge di stabilità finanziaria del mese di luglio 2011 e il regolamento della Soprintendenza in merito alla concessione delle abitazioni a persone in pensione, e in caso affermativo come questa incompatibilità si risolva.
(4-14166)
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata:
DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, CAMBURSANO, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
efficaci misure di contrasto all'evasione fiscale sono possibili e praticate da altri Paesi europei;
risale a poche settimane fa l'annuncio di un nuovo accordo bilaterale tra Germania e Svizzera in materia di lotta all'evasione fiscale. In futuro, i redditi di cittadini tedeschi titolari di patrimoni illegalmente esportati in Svizzera saranno assoggettati a un'imposta anonima liberatoria del 26,375 per cento, pari all'aliquota in vigore in Germania (25 per cento), più il contributo di solidarietà tedesco;
per il passato si procederà in via forfetaria con un'aliquota tra il 19 e il 34 del valore dei patrimoni, in funzione del numero degli anni e dal variare dei depositi: la media è stata calcolata nel 25 per cento. Per quest'ultimo motivo le banche svizzere anticiperanno immediatamente alla Germania una somma di circa 2 miliardi di euro. I capitali potranno restare anonimi (ma potranno anche essere autodenunciati dagli interessati al fisco tedesco) e le richieste di informazioni in futuro dovranno essere documentate in modo specifico. A breve un accordo simile sarà siglato con il Regno Unito e poi con la Francia;
una riunione del G20 di qualche anno fa aveva individuato come obiettivo primario dei Paesi più industrializzati la lotta all'evasione fiscale nei confronti dei «paradisi fiscali». Nella cosiddetta «lista nera» vi erano allora, tra gli altri, il Principato di Monaco, il Liechtenstein, il Lussemburgo, Andorra, le Bermuda, Cipro, Malta e San Marino e molti altri. Ma non erano esenti alcuni Paesi dove, con la scusa del segreto bancario, si coprivano da sempre gli evasori, come la Svizzera e l'Austria. Alcuni di questi Paesi decisero, in seguito ai provvedimenti del G20, di mettersi in regola per passare alla «lista bianca» ed entrarono nella cosiddetta «lista grigia», con l'impegno a stipulare 12 accordi bilaterali e internazionali con i Paesi dell'Osce per poter essere a posto. Gli accordi dovevano prevedere la collaborazione contro l'evasione fiscale e obblighi di informazione su tutti coloro che detengono conti bancari;
mentre altri Paesi, come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito iniziarono a stipulare accordi, nulla si muoveva in Italia. E quando in occasione di un'audizione del ministro Tremonti, l'Italia dei Valori gli fece presente questo fatto, la sua risposta fu davvero sorprendente e lapidaria: «nessun Paese serio fa trattati con i paradisi fiscali»;
la Banca d'Italia ha recentemente pubblicato una ricerca dal titolo emblematico «Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani», dalla quale emerge che i capitali italiani illegalmente esportati all'estero ammontano attualmente tra 124 e 194 miliardi di euro;
a seguito del cosiddetto «scudo fiscale» del Governo Berlusconi-Tremonti, due terzi dei rimpatri sono arrivati proprio dalla Svizzera. Si accolga per un momento che tale proporzione valga anche per i capitali stimati ancora all'estero: in Svizzera ve ne sarebbero tra 82 e 130 miliardi di euro. Immaginando solo per un attimo un accordo dell'Italia con la Svizzera come quello fatto dalla Germania, se ne sarebbero ricavati (pur sulla base dell'attuale aliquota del 12,5 per cento) qualche cosa come tra 10,2 e 16,2 miliardi di euro;
ad oggi, l'Italia non ha stipulato alcun accordo bilaterale con alcun paradiso fiscale, neppure con San Marino, con il risultato che, mentre sono obbligati a rispondere in modo adeguato agli altri Paesi, con l'Italia possono essere molto evasivi -:
quali iniziative intenda porre in essere il Governo al fine di sottoscrivere accordi bilaterali sul modello del citato accordo tra Germania e Svizzera, con quest'ultimo Paese e gli altri «paradisi fiscali».
(3-01965)
SCILIPOTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la gravità della crisi economica sta riversandosi pesantemente sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese italiane;
la responsabilità del sistema bancario e dei potentati economici internazionali in questa crisi è indubbia, come è indubbio che la crisi stessa non è stata determinata dal precedente Governo Berlusconi ma da operazioni di carattere finanziario che travalicano le stesse responsabilità dei singoli Stati sovrani;
con numerosi ordini del giorno, presentati e approvati nel corso della XVI legislatura, era stato richiesto, a sostegno delle famiglie e della ripresa economica nel Paese, che si avviasse un tavolo di concertazione tra l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, aventi i requisiti elencati al comma 2 dell'articolo 137 del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 dicembre 2005, n. 206, allo scopo di concordare un intervento normativo atto a:
a) salvaguardare tutti i diritti nascenti nei rapporti instaurati prima del 26 febbraio 2011, data d'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (legge n. 10 del 2011);
b) definire le modalità in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, necessarie per addivenire ad accordi transattivi quadro tra la stessa Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, aperti all'adesione delle banche e degli utenti o loro rappresentanti e volti ad agevolare la risoluzione di criticità riferibili a rapporti posti in essere prima e dopo la data di entrata in vigore della menzionata legge di conversione n. 10 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225;
in questo modo si cercava di determinare un passaggio fondamentale affinché l'onere della ripresa e della riduzione del debito fosse addossata al sistema bancario che ha tratto tutti i benefici delle benevolenze legislative e della vigilanza bancaria, senza essere gravato da sacrifici che invece sono «scaricati» sui tutti i cittadini incolpevoli della crisi che si sta attraversando;
in questa situazione di crisi non è possibile, se veramente si vuole coniugare pareggio di bilancio e rilancio dello sviluppo, non addivenire a provvedimenti che consentano agli italiani di uscire dal buco nero in cui sono piombati, consentendo loro di potersi riprendere economicamente rilanciando al contempo i consumi e la ripresa del sistema produttivo nazionale -:
se si intenda, allo scopo di favorire la ripresa economica e aiutare le piccole e medie imprese e le famiglie italiane, prevedere una norma per le persone giuridiche e per le persone fisiche che, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di riscossione, preveda dilazioni nei pagamenti dovuti a Equitalia, con azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora e la contemporanea sospensione dei provvedimenti di recupero attivo da parte della medesima società, e se si possa prevedere, nel caso fosse reintrodotta l'imposta comunale sugli immobili sulla prima casa, l'esenzione della stessa per gli alloggi acquistati con un mutuo non ancora estinto.
(3-01966)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MANCUSO, BARANI, DE LUCA, FRASSINETTI, CECCACCI RUBINO e MANNUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate ha introdotto nel «redditometro», come indicatore di status di benessere economico e di probabile evasione fiscale, il sostenimento di spese veterinarie;
tale introduzione, ad avviso degli interroganti, esula totalmente dallo scopo dichiarato dello strumento del «redditometro» e anche dal buon senso;
nel «redditometro» già compariva il possesso di un equino, senza considerare che per la maggior parte i cavalli posseduti da privati in Italia vengono accuditi come animali da compagnia e spesso i loro
proprietari sostengono importanti privazioni economiche pur di mantenere il proprio animale;
le autorità svizzere hanno segnalato che nel solo mese di settembre 2011 sono fuoriusciti dall'Italia verso il paradiso fiscale elvetico non meno di 13 tonnellate di lingotti d'oro;
evidentemente, i grandi possessori di patrimoni stanno rapidamente portando fuori dal Paese le proprie ricchezze in modo che non possano essere aggredite dal fisco;
rischiano, così, di essere successivamente colpiti dal fisco i cittadini di ceto medio che sostengano le spese di vaccinazione del proprio cane e non i grandi matrimonialisti che mettano in salvo all'estero le proprie risorse;
nel nostro Paese la piaga del randagismo, che è un serio problema, ancora ben lontano dalla soluzione, potrebbe allargarsi e peggiorare -:
se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per eliminare dagli indicatori del «redditometro» il possesso di equini e il sostentamento delle spese veterinarie;
quali azioni intenda mettere in atto il Governo per fare emergere e frenare la vera evasione fiscale.
(5-05793)
Interrogazione a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che Banca Monte dei Paschi di Siena ha definito con l'Agenzia delle entrate il pagamento di 260 milioni di euro, più interessi, a fronte di tutte le controversie pendenti in seguito alle contestazioni relative ad alcune operazioni effettuate dal 2002 al 2007 -:
quanto fosse l'ammontare delle contestazioni e le relative sanzioni prima della transazione.
(4-14169)
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GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il garante dei detenuti della regione Toscana, dottor Alessandro Margara, al termine della sua visita all'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, ha denunciato una situazione che, a suo giudizio, rischia di vanificare il progetto di superamento della struttura;
in particolare il progetto, ha spiegato il dottor Margara, si articolava su due punti: la creazione di una sezione ristrutturata - la sezione Ambrogiana, ex-seconda sezione del vecchio ospedale psichiatrico giudiziario, che dovrebbe accogliere i soli internati toscani, con una gestione del tutto autonoma ed esclusivamente sanitaria con un controllo solo -; la definizione di una soluzione di accoglienza nelle regioni di appartenenza degli altri internati non toscani, che non dovevano restare a Montelupo e ai quali, pertanto, non servivano ristrutturazioni e miglioramenti nelle parti restanti dell'istituto;
quello che sarebbe accadendo, secondo il dottor Margara, è che i lavori nella terza sezione, che non servivano, sono in buona parte conclusi, mentre dei lavori nella sezione Ambrogiana, che sarebbero serviti a portare avanti l'attuazione del programma, non se ne parla. Nel contempo mancano prospettive effettive per la sistemazione degli internati delle altre regioni. In conclusione, mancano le soluzioni per l'accoglienza degli internati toscani e per quelli delle altre regioni. Una
volta completati i lavori nella ex-terza sezione, la più grande, è molto probabile che ci sarà qualche dimissione e molti nuovi arrivi dagli altri Opg sovraffollati. E tutto resterà come prima -:
se quanto denunciato dal dottor Margara corrisponda verità;
in caso affermativo, perché si sia proceduto nei lavori della terza sezione mentre dei lavori per la sezione «Ambrogiana» si è persa traccia;
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, nell'ambito delle proprie prerogative, a fronte della situazione sopra esposta.
(4-14149)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Agenparl dello scorso 5 dicembre, un detenuto di origine marocchina, Wadih Said, 34enne, arrestato nel luglio 2011, in attesa di essere processato per reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti, è stato rinvenuto cadavere nella sua cella ubicata al terzo piano giudiziario del carcere bolognese della Dozza;
sulla vicenda il segretario generale Uil Penitenziari, Eugenio Sarno, ha diramato la seguente nota: «Le cause del decesso sono in corso di accertamento, anche se pare che il detenuto negli attimi prima della morte avesse sniffato gas dalla bomboletta in dotazione per il fornellino da campo che aveva in cella. Il personale di polizia penitenziaria ed il personale sanitario allertati dal compagno di detenzione, pur essendo intervenuti con immediatezza, non hanno potuto fare nulla per salvare la vita allo sventurato. Purtroppo questa ennesima tragedia non solo allunga la lista delle morti in carcere quanto ripropone quella prepotente urgenza di soluzioni più volte richiamata a gran voce, e con autorevolezza, dal Capo dello Stato. Proprio la Dozza, con i circa 1.100 detenuti presenti in luogo dei 480 che potrebbe ospitare, è uno dei luoghi emblematici del sovraffollamento penitenziario. Così come il penitenziario bolognese rappresenta plasticamente la necessità di prevedere un piano straordinario di manutenzione degli edifici penitenziari attivi. Lo stato di fatiscenza strutturale e il pericolo costante rappresentato da alcuni luoghi di lavoro è stato più volte denunciato dalla Uil Penitenziari, ma dalla stessa Amministrazione Comunale. Tra l'altro l'Emilia Romagna è priva di un Provveditore Regionale effettivo e questo ritarda, se non impedisce, quelle attività di controllo e coordinamento, quanto mai necessarie ed indispensabili per indagare a fondo sui malesseri operativi e gestionali che si appalesano nella struttura di Via del Gomito. Proprio ieri a margine dell'incontro a Palazzo Chigi con il premier Monti, il Ministro Severino ci ha comunicato il suo intento di convocare i sindacati. Auspichiamo che tale incontro avvenga a breve perché le questioni sul tappeto, inerenti la prepotente urgenza, sono davvero tante: dalla necessità di implementare gli organici, alla indifferibile necessità di deflazionare le presenze detentive per finire agli stanziamenti utili alla funzionalità del sistema. Intendiamo porre a disposizione del Ministro Severino la nostra esperienza e competenza in materia, avendo anche qualche soluzione, a costo zero, da proporre. Il degrado strutturale può essere limitato destinando alla manutenzione quota parte dei 650 milioni di euro già stanziati per la costruzione di nuove carceri; una incisiva riforma ci alcune norme quali la 199 (la cosiddetta svuota carceri) e la Cirielli sulla recidiva consentirebbe un deflazionamento delle presenze; un ricorso meno sistematico alla custodia cautelare impedirebbe il fenomeno delle sliding doors (porte girevoli) per cui moltissimi detenuti sono ristretti solo per poche ore prima di essere rimessi in libertà; soprattutto bisogna riscoprire e recuperare l'alto senso della legge Gozzini con le alternative alle pene e alle sanzioni. Ovviamente bisogna rivedere gli organici del personale
della polizia anche in relazione alle nuove esigenze ed alle nuove aperture, penitenziaria. Non si può continuare ad aprire padiglioni ed istituti nuovi senza assumere una sola unità in più» -:
quali siano le informazioni del Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, nel rispetto e indipendentemente dalla eventuale inchiesta che sulla vicenda aprirà la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare le cause che hanno cagionato la morte del detenuto Wadih Said;
se non ritenga urgente fornire elementi sulla reale consistenza delle morti in carcere in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle avvenute per cause sospette;
se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una «detenzione giusta», rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio-suicidi e le altre emergenze legate ai disagi psicologici delle persone recluse negli istituti di pena;
quali provvedimenti ritenga opportuno e urgente adottare per ricondurre il carcere bolognese della Dozza - e, più in generale, le strutture penitenziarie emiliane - in condizioni rispettose della normativa, così da assicurare condizioni di vita dignitose sia ai detenuti che al personale di polizia penitenziaria;
per quale motivo l'Emilia Romagna non disponga di un provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e se non intenda provvedere urgentemente alla sua nomina effettiva;
se, più in generale, intenda ovviare al degrado strutturale che contraddistingue i nostri istituti di pena, destinando alla loro manutenzione una quota parte dei 650 milioni di euro già stanziati per la costruzione di nuove carceri.
(4-14151)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Nazione del primo dicembre scorso, una persona reclusa nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino avrebbe tentato di togliersi la vita impiccandosi;
la notizia è stata resa pubblica da una nota emessa dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe;
l'episodio è avvenuto lunedì 28 novembre, intorno alle 14: protagonista un cinquant'enne italiano rientrato da alcuni giorni in OPG dopo essere stato in una comunità della Romagna dove non era però riuscito a integrarsi;
l'internato è stato trasportato all'ospedale San Giuseppe di Empoli e piantonato sul posto, dopodiché è stato dimesso ed è tornato nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Villa Ambrogiana -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se intenda avviare una indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti dell'uomo che ha tentato il suicidio fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
se e quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate nei confronti dell'internato dopo questo episodio;
se non si intenda adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti e agli internati, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo;
più in particolare quali iniziative, anche normative, si intendano prendere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti ed agli internati malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora.
(4-14152)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Tirreno del 27 novembre 2011 è apparso un articolo intitolato: «Livorno: detenuto cade dal terzo piano del letto a castello e si ferisce alla testa»;
secondo quanto riferito dal garante dei detenuti Marco Solimano un detenuto delle Sughere caduto mentre dormiva dal ripiano più alto di un letto a castello a tre di una cella procurandosi una ferita lacero contusa alla testa e sette punti di sutura;
il detenuto, aggiunge Solimano, stava dormendo in cella sull'ultimo dei tre letti a castello di una cella che dovrebbe ospitare una sola persona, e sarebbe scivolato dalla branda e caduto a terra;
in una nota, il garante sostiene che il carcere di Livorno versa in «un degrado strutturale ed ambientale, fino a toccare situazione di fatiscenza, cui non corrisponde alcun significativo intervento -:
quali dati aggiornati siano a disposizione del Governo in relazione alla situazione riscontrata presso il carcere di Livorno, con particolare riguardo al numero di detenuti effettivamente presenti nella struttura e al tasso di sovraffollamento in essa riscontrato;
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del predetto istituto di pena, in particolare, entro quali tempi preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si intendano attuare per porre rimedio alle carenze del personale civile (educatori, psicologi e assistenti sociali) e della polizia penitenziaria assegnati presso il carcere di Livorno.
(4-14153)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Sicilia del primo dicembre 2011, è stata pubblicata la seguente lettera spedita dal vicesegretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Mimmo Nicotra, al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta, al direttore generale del personale e al provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, nonché al direttore della casa circondariale di Enna, dottoressa Letizia Bellelli: «L'attuale ubicazione del carcere di Enna si scontra con tutti i parametri logici e normativi che ne garantirebbero la piena agibilità. Il paradosso è dettato dal fatto che da circa un anno, ad Enna, è pronto il nuovo padiglione penitenziario ed ancora, purtroppo, non si intravedono spiragli per la sua apertura. Per questo noi riteniamo improrogabile la necessità di dismettere gradualmente la struttura che ospita la vecchia casa circondariale facendo transitare, utenti e personale, all'interno dei nuovi locali che non solo sarebbero più funzionali, ma che anche, con il tempo, potrebbero subire dei problemi strutturali dovuti al mancato utilizzo» -:
per quale motivo ad oggi non si sia ancora proceduto all'apertura del nuovo padiglione dell'istituto penitenziario di Enna;
se non intenda dare immediato avvio alla dismissione della struttura penitenziaria ennese provvedendo, nel contempo, al trasferimento dei detenuti e del personale all'interno dei nuovi locali.
(4-14154)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 30 novembre 2011 il sito internet riviera24.it ha reso noto che un detenuto recluso nel carcere di Sanremo ha ingoiato le punte di due forchette ed è stato ricoverato all'ospedale «Borea» in prognosi riservata dove è stato sottoposto ad un intervento chirurgico allo stomaco;
secondo una prima ricostruzione, l'uomo avrebbe avvolto le punte in metallo nella mollica di pane, formando una pallina che poi ha ingoiato. Una delle punte ha però trapassato l'intestino -:
quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto al grave fatto esposto in premessa;
se sia stata avviata un'inchiesta al fine di accertare eventuali responsabilità rispetto a tale episodio;
se ritenga di adottare misure urgenti, e di quale tipo, a tutela della salute e dell'integrità fisica del detenuto in questione.
(4-14155)
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Radio Radicale ha trasmesso un'intervista al professor Michele Ainis nella quale l'insigne giurista ha sostenuto che: «esistono in Italia circa trentacinquemila fattispecie giuridiche di reato»;
una tale e spropositata mole di fattispecie presenti nel nostro ordinamento giuridico rende a giudizio degli interroganti incerta la condizione giuridica soggettiva di tutti i cittadini a causa del fatto che qualsiasi tra loro potrebbe commettere un reato a sua insaputa, involontariamente, rendendo invalido il principio su cui si basano le società democratiche: il principio basato sulla certezza del diritto, ovvero quello in base al quale la conoscenza dell'ordinamento giuridico consente, relativamente ai propri comportamenti, la possibilità di presumere la liceità o meno degli stessi in base ad una relazione di tipo prognostico tra fatto astrattamente considerato e sue concrete conseguenze giuridiche nel caso in cui si verificasse realmente. Vero è che la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 364 del 1988 ha dichiarato parzialmente illegittimo l'articolo 5 del codice penale, proprio perché esso non prevede l'ignoranza inevitabile della legge penale, ma l'alea preoccupante a cui è soggetto ogni cittadino è grave sino al punto di porre in dubbio, ad avviso degli interroganti, l'effettiva sussistenza del principio dello Stato di diritto nel nostro Paese -:
se sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti, anche normative, intenda assumere.
(4-14158)
ANGELA NAPOLI e LO MORO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
giusta delega conferita al Governo con la legge 25 luglio 2005 n. 150, con decreto legislativo n. 26 del 30 gennaio 2006 è stata istituita nel nostro ordinamento giudiziario la Scuola superiore della magistratura;
l'articolo 1 comma 5 del decreto legislativo n. 26 del 2006 prevedeva la individuazione di tre sedi della Scuola superiore della magistratura per i tre distretti territoriali d'Italia (Nord, Centro e Sud);
il decreto legislativo n. 26 del 2006 ha attribuito la competenza ad individuare le dette tre sedi della Scuola superiore
della magistratura al Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
con decreto del Ministro della giustizia del 27 aprile 2006 è stata correttamente individuata in Catanzaro la sede della scuola superiore della magistratura relativamente al distretto territoriale Sud;
con decreto n. 26 del 30 novembre 2006, il Ministro della giustizia pro tempore ha designato Benevento in luogo di Catanzaro quale sede meridionale della Scuola superiore della magistratura;
avverso il decreto ministeriale n. 26 del 2006 la regione Calabria, la provincia di Catanzaro ed il comune di Catanzaro hanno proposto ricorso al TAR Lazio che, con sentenza n. 3087/2009 del 24 marzo 2009, ha annullato il decreto ministeriale n. 26 del 2006 nella parte in cui illegittimamente ed immotivatamente ha spostato la sede della Scuola superiore della magistratura da Catanzaro a Benevento, facendo riacquistare efficacia ed esecutività al decreto del Ministero della giustizia del 27 aprile 2006 con cui è stata individuata in Catanzaro la sede della Scuola superiore della magistratura per il Meridione;
la sentenza n. 3087/2009, immediatamente esecutiva, obbligava il Ministero della giustizia, a dare esecuzione alle statuizioni contenute nella stessa sentenza n. 3087/2009-TAR Lazio e istituire legittimamente la Scuola superiore della magistratura a Catanzaro;
la provincia di Benevento e il comune di Benevento hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato avverso la sentenza n. 3087/2009-TAR Lazio, senza proporre istanza di sospensione della stessa;
la provincia di Catanzaro si è costituita nel giudizio pendente presso il Consiglio di Stato e che altrettanto hanno fatto la regione Calabria e il comune di Catanzaro con separati ricorsi incidentali;
non risulta che ancora il Consiglio di Stato si sia pronunciato sull'opposizione;
la legge 30 luglio 2007 n. 111, recante modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario, all'articolo 3 ha confermato che compete al Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze individuare l'ubicazione delle tre sedi della Scuola della magistratura nonché quella delle tre in cui si riunisce il comitato direttivo preposto alle attività di direzione e di coordinamento delle sedi;
la città di Catanzaro rispetta i criteri di ordine geografico e di tradizione giuridica valutati per la sua individuazione con il decreto interministeriale del 27 aprile 2006;
la città di Catanzaro è sede di corte d'appello, di Tribunale amministrativo regionale della Calabria, della procura regionale della Corte dei conti, nonché è presente la facoltà di giurisprudenza dell'università degli studi «Magna Grecia» di Catanzaro;
la stessa città di Catanzaro vanta una lunga storia e tradizione forense;
la città di Catanzaro dispone di immobili idonei ed immediatamente disponibili ad ospitare la sede della Scuola della magistratura e gli stessi sono già stati visionati dagli ispettori appositamente inviati dal Ministero della giustizia;
la città di Catanzaro è in posizione baricentrica rispetto al territorio del distretto giudiziario di competenza della sede meridionale della scuola della magistratura e che tale circostanza permette di ottenere economie nelle spese di funzionamento;
la città di Catanzaro è agevolmente raggiungibile con qualsiasi mezzo di trasporto disponendo di rilevanti strutture aeroportuali, ferroviarie e autostradali -:
quali iniziative intendano intraprendere e quali atti e provvedimenti intendano adottare il Ministro della giustizia ed il Ministro dell'economia e delle finanze per dare esecuzione alla sentenza TAR
Lazio n. 3087/2009 ed al decreto del Ministro della giustizia del 27 aprile 2006 che ha istituito l'unica sede della scuola della magistratura a Catanzaro.
(4-14165)
TESTO AGGIORNATO AL 7 DICEMBRE 2011
...
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata:
IANNACCONE, BELCASTRO e PORFIDIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha recentemente deciso di tagliare i collegamenti a lunga percorrenza tra il territorio jonico - salentino e il resto d'Italia;
si tratta di una decisione che rischia di penalizzare in maniera pesantissima una popolazione, in particolare quella tarantina, che, per diversi aspetti, vive già in una condizione di marginalità;
il piano predisposto non solo non tiene conto della specificità della realtà ionico-salentina, ma punta unicamente a tagliare le tratte poco redditizie, senza tenere in debito conto il dovere di garantire un adeguato servizio di trasporto ai tanti che usano i treni per recarsi al lavoro e a coloro che versano in condizioni di difficoltà economica;
le popolazioni locali hanno manifestato in vario modo la necessità di ripristinare i due treni notturni Crotone-Milano e Reggio Calabria-Milano, che finora passavano per Taranto, consentendo ai tanti tarantini emigrati al Nord di usufruire di un servizio non eccessivamente dispendioso, considerata l'esosità delle tariffe dell'alta velocità;
il taglio dei treni notturni determinerà una crisi occupazionale per decine di lavoratori pugliesi che, a seguito dei provvedimenti adottati dall'azienda, perderanno il proprio posto di lavoro;
il Mezzogiorno non ha certamente bisogno né di un ulteriore isolamento sul piano dei collegamenti ferroviari, né di ulteriori elementi di fibrillazione sociale che rischiano di aggravare ulteriormente una situazione già particolarmente complessa -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per affrontare e risolvere le questioni poste dall'adozione del piano di Trenitalia per il territorio ionico-salentino e se non ritenga di dover sollecitare tutto l'Esecutivo a tener in maggior conto le particolari condizioni nelle quali versano i collegamenti ferroviari delle regioni meridionali.
(3-01967)
META, VELO, LOVELLI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BOFFA, BONAVITACOLA, CARDINALE, FIANO, GASBARRA, GENTILONI SILVERI, GINEFRA, LARATTA, PIERDOMENICO MARTINO, GIORGIO MERLO, TULLO, REALACCI, BRATTI, MORASSUT, DE TORRE, ESPOSITO, LULLI, VICO, FLUVI, PIZZETTI, BORDO, MATTESINI, NANNICINI, SERENI, GATTI, MURER, FONTANELLI, SANI, SPOSETTI, MARIANI, GHIZZONI, DE PASQUALE, BELLANOVA, GNECCHI, MOTTA, MARCHIGNOLI, TRAPPOLINO, MARCHI, MARANTELLI e RIGONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa sembrerebbe che, con il nuovo orario ferroviario invernale, in vigore da lunedì 12 dicembre 2011, un'ulteriore mannaia potrebbe investire i servizi sulla media e lunga percorrenza penalizzando pesantemente i pendolari; tali servizi sono regolamentati con il contratto di servizio per il periodo 2009/2014 sottoscritto dai Ministeri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti con la società Trenitalia nel giugno del 2011 ed è specifico compito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verificarne il rispetto;
in particolare, l'intenzione di Trenitalia sembrerebbe quella di sopprimere
diversi treni della media e lunga percorrenza, di sopprimere numerose fermate per i treni Eurostar (ES City), unitamente alla totale incertezza sulla futura programmazione dei treni Intercity (IC), penalizzando interi territori che sarebbero colpiti dalla diminuzione del servizio sia per quanto attiene ai flussi legati al lavoro ma anche per quelli legati al turismo;
nel territorio nazionale i servizi della lunga percorrenza, Intercity ed Eurostar, si integrano e fanno sistema con i servizi di competenza del trasporto regionale; la riclassificazione e la soppressione di molti Intercity ed Eurostar strategici mettono in forte sofferenza i territori regionali e determinano inevitabili pressioni da parte dei cittadini che utilizzano tale servizio e che chiedono servizi ferroviari sostitutivi, di pari livello, alle regioni i cui bilanci sono in fortissima difficoltà per i pesanti tagli al trasporto pubblico locale effettuati negli scorsi anni e di cui ben 1.181 milioni di euro destinati al servizio ferroviario svolto da Trenitalia;
la scelta operata da Trenitalia sembrerebbe dettata prevalentemente da questioni connesse all'equilibrio di bilancio, senza considerare in maniera appropriata le rilevanti esigenze di mobilità che dovrebbero parimenti essere tenute in considerazione nel guidare le scelte della società che è totalmente a capitale pubblico;
sembra inoltre che, dall'11 dicembre 2011, Trenitalia abbia disposto di sopprimere anche il servizio cuccette e vagoni letto nei treni notturni che garantiscono il collegamento tra il Nord e il Sud del Paese, nonostante il servizio sia tuttora attivo e ampiamente fruito da oltre un milione e mezzo di viaggiatori all'anno, con un incremento della domanda del 12 per cento nel 2010; la decisione di Trenitalia, come denunciato dai sindacati, implica la perdita del posto di lavoro per oltre 800 lavoratori, tra addetti al servizio e lavoratori dell'indotto;
il servizio ferroviario di trasporto notturno è tuttora compreso nel perimetro dei servizi di utilità sociale e, come tale, rientra nell'ambito dei servizi «contribuiti»: sono questi i servizi con un livello di capillarità elevato, volti a soddisfare la domanda di mobilità più «debole», dislocata e frammentata sul territorio, con una limitata capacità a pagare;
il decreto legislativo n. 68 del 2011, in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, con l'articolo 40 disciplina specificamente il trasporto pubblico locale, prevedendo, tra le altre cose che, al fine di garantire un'integrazione straordinaria delle risorse finanziarie da destinare al trasporto pubblico locale, il Governo promuova il raggiungimento di un'intesa con le regioni affinché, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 29, ultimo periodo, della legge di stabilità 2011 (legge n. 220 del 2010) sia prorogato sino al 31 dicembre 2012 l'accordo con le regioni che consente di utilizzare per tali spese il Fondo sociale europeo per gli anni 2009-2010 e sia modificata la regola di riparto del concorso finanziario delle regioni alle spese previste dal programma comunitario; a tale provvedimento non è stata data alcuna concreta attuazione;
il 27 ottobre 2011 la Camera dei deputati ha approvato svariate mozioni relative al sistema di mobilità pubblica, con cui ha impegnato il Governo a reperire le risorse necessarie per il finanziamento del trasporto pubblico locale;
le associazioni e i comitati di pendolari di tutta Italia, affiancati da associazioni di consumatori e da organizzazioni sindacali, hanno deciso di rivolgere nuovamente al Governo il loro pressante appello per salvare il trasporto pubblico, sperando in un diverso e positivo accoglimento delle loro istanze che provengono da milioni di cittadini di tutta Italia;
i pendolari sottolineano che togliere risorse al trasporto pubblico (treni, autobus, metropolitane e altro) è un grave errore strategico poiché, se da un lato viene limitato il diritto alla mobilità dei cittadini, dall'altro si aumentano i costi
sociali legati a incidentalità, congestione ed inquinamento, si deprime l'economia e lo sviluppo economico e si causa un generale peggioramento della qualità della vita -:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di disporre l'immediato reintegro delle risorse per finanziare il sistema della mobilità pubblica, sia in riferimento al trasporto pubblico locale, le cui risorse sono state pesantemente decurtate alle regioni, sia in riferimento al servizio universale in relazione al quale si chiede di sapere se il Ministro interrogato non ritenga che la decisione di riclassificare e sopprimere alcuni treni a media e lunga percorrenza, a partire dal nuovo orario invernale, possa compromettere gli obblighi di servizio pubblico cui è tenuta Trenitalia e quali iniziative intenda intraprendere per soddisfare le rilevanti esigenze di mobilità dei cittadini e non penalizzare ulteriormente i pendolari.
(3-01968)
MONDELLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che dal 10 dicembre 2011 entrerà in vigore il nuovo orario ferroviario che prevede una sostanziale diminuzione dei servizi regionali e a lunga percorrenza che penalizzerà fortemente la regione Liguria;
oltre alla riduzione delle corse dei treni sembrerebbe essere prevista una diminuzione delle fermate intermedie che interesserà maggiormente la direttrice Eurostar principale Genova-Roma con la soppressione delle fermate di Chiavari e Rapallo;
questa riduzione, oltre che penalizzare fortemente i numerosi pendolari che si trasferiscono dalle suddette località verso i propri posti di lavoro, rende impossibile raggiungere Roma in mattinata e il ritorno nelle stesse località in serata;
la scelta operata dai vertici di Trenitalia, unitamente all'aumento delle tariffe e alla soppressione di alcune tratte, rappresenta un ulteriore e ormai intollerabile accanimento nei confronti dei cittadini liguri che si vedono sottratto il diritto costituzionalmente garantito alla mobilità;
il numero dei convogli operanti nel territorio ligure è sceso, in percentuale, fortemente negli ultimi anni passando da 260 a 239 in un anno e con una previsione al ribasso di un ulteriore 40 per cento di operatività per il 2012;
il tutto è legato alla delicatissima questione del taglio ai fondi per il trasporto pubblico locale regionale, già fortemente penalizzante sia per il trasporto passeggeri che per quello commerciale;
è necessario un urgente e tempestivo intervento risolutore della problematica che sta recando continui disagi a moltissimi cittadini liguri, rendendone insostenibile la qualità della loro vita e le attività lavorative e familiari -:
quali urgenti iniziative intenda adottare per mantenere perlomeno ai livelli minimi il diritto alla mobilità nell'ambito del sistema del trasporto ferroviario ligure, nel più breve tempo possibile, considerati gli insostenibili disagi subiti dai cittadini che utilizzano l'intera rete di trasporto ferroviario regionale nella regione Liguria, e se non ritenga opportuno valutare l'opportunità di inserire tra le priorità del Governo la predisposizione di un piano di intervento strategico per il settore del trasporto ferroviario ligure che preveda la stima completa degli interventi da effettuare e un impegno di risorse per coprire i relativi costi.
(3-01969)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BENAMATI e LENZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'adeguamento del tratto attraversamento appenninico tra Sasso Marconi (Bologna) e Barberino di Mugello (Firenze)
dell'autostrada Milano-Napoli (A1), denominato «variante di valico», costituisce un grande intervento infrastrutturale di interesse nazionale ed europeo;
la variante di valico ha 58,174 chilometri di sviluppo totale ed attraversa 2 regioni, per 43,181 chilometri in Emilia Romagna e per 14,993 chilometri in Toscana, 2 province, Bologna e Firenze, e 8 comuni: Sasso Marconi, Marzabotto, Monzuno, Grizzana, Castiglione dei Pepoli, S. Benedetto Val di Sambro in Emilia; Barberino di Mugello e Firenzuola in Toscana;
nell'ambito delle attività relative all'adeguamento del tratto di attraversamento appenninico tra Sasso Marconi (Bologna) e Barberino di Mugello (Firenze) è in corso di realizzazione la Galleria Val di Sambro;
tale galleria costituisce uno dei punti ingegneristici più rilevanti dell'opera e fisicamente collega il viadotto «Lagaro» di 1435 metri al viadotto «Sparvo» di 700 metri, di attraversamento fiume Setta, presenta uno sviluppo di 3770 metri ed è caratterizzato da una cura ad ampio raggio;
la galleria attuale risulta traslata più a monte rispetto al progetto iniziale ed attraversa terreni con una conformazione morfologica caratterizzati da arenarie, da marne, da marne argillose e da argille marnose;
la zona attraversata dalla galleria Val Sambro è caratterizzata da sistemi franosi attivi e quiescenti che vengono sottopassate dalla galleria stessa ad eccezione di un sistema in corrispondenza dell'imbocco;
in tale zona, e precisamente nell'area di Santa Maria Maddalena, è presente un insediamento abitativo che fa parte della frazione di Ripoli del comune di San Benedetto Val di Sambro;
l'abitato di Ripoli in area Santa Maria Maddalena conta circa 100 abitazioni per un totale approssimativo di 400 persone residenti;
l'area di Santa Maria Maddalena è caratterizzata da due movimenti franosi interagenti, l'uno più a nord che interessa l'area in prossimità ed a valle della proprietà Scaramuzza e l'altro che interessa più direttamente l'abitato di Ripoli;
le profondità dei movimenti franosi varia a seconda delle sue zone da pochi metri a circa 20 metri nel primo caso e dai circa 20 metri ai circa 70 metri nel secondo caso;
i tratti di autostrada interessati alla Galleria Val Sambro sono il lotto 5b e 6;
il progetto esecutivo del lotto 5b è stato approvato da ANAS il 3 agosto 2004 mentre quello dei lotti 6 e 7 lo è stato 1o febbraio 2006;
il progetto della variante di valico in linea tecnica fu approvato da ANAS il 5 agosto 1992 ed il 17 maggio 1996 dal Consiglio superiore dei lavori pubblici mentre la conferenza dei servizi presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il 24 settembre 2001 ne chiuse l'iter approvativo;
la convenzione fra ANAS, Autostrade per l'Italia e regione Toscana ed Emilia Romagna del 1990 prevede la realizzazione a carico di società Autostrade di interventi, aventi un rapporto di causa-effetto con la struttura, e di difesa del suolo e di sistemazione idrogeologica;
la stessa Convenzione prevedeva l'istituzione di un osservatorio ambientale e socioeconomico, (osservatorio), relativo alla variante di valico e composto da due commissioni una per la regione Toscana e una per la regione Emilia-Romagna per un totale di diciotto membri ed ha fra le altre competenze i rapporti e l'informazione ai cittadini e la formulazione di eventuali proposte di sospensiva dei lavori per ragioni ambientali;
tale osservatorio è stato istituito il 4 febbraio 2002 e fra i suoi compiti rientra l'espressione di pareri in merito all'adempimento di raccomandazioni, prescrizioni ed accordi assunti tra le parti con gli atti
di approvazione dell'opera, l'onere di proporre, se del caso, alle autorità competenti, la sospensione dei lavori in caso di rischio di danno ambientale e le attività di informazione dei cittadini singoli e/o associati e delle amministrazioni pubbliche;
in considerazione degli scavi sulla galleria Val Sambro all'inizio del 2010 il comune di San Benedetto Val di Sambro richiede all'osservatorio, che acconsente, controlli all'abitato di Ripoli;
sempre nello stesso anno e nello stesso periodo da parte del comune si intensificano le richieste di controlli preventivi sugli edifici della zona interessata e di conoscenza dei dati raccolti nei controlli;
all'inizio 2011 durante la fase di avvicinamento dello scavo alla zona abitata proseguono le richieste del comune di controlli a cui si aggiunge la richiesta dell'uso di tecniche di scavo appropriate alla delicatezza della situazione;
si manifestano all'inizio 2011 i segni di alcune lesioni su edifici dell'area più esterna all'abitato, località Sacaramuzza, e della Chiesa, vengono emesse, inoltre, ordinanze di sgombero di alcuni edifici;
nei primi mesi del 2011 vi sono incontri promossi dal comune fra Spea, Autostrade per l'Italia, progettisti, comitati dei cittadini e osservatorio per illustrare i dati di controllo raccolti ed informare sulle tecniche di scavo adottate;
nel mese di maggio 2011 l'osservatorio rende noto uno studio di stabilità del versante che viene presentato agli enti locali ed uno studio idrogeologico sulle acque sotterranee;
i risultati dello studio di stabilità sono considerati errati dal comitato dei cittadini perché sarebbe stato effettuato utilizzando dati e modelli geologici non corretti;
il comune richiede parere a regione e comunità montana e formula domande di chiarimento all'osservatorio e ad Autostrade per l'Italia sia sullo studio sia sui dati di controllo degli edifici e comunica al contempo all'osservatorio la lista complessiva dei nuclei familiari che hanno evidenziato criticità negli edifici;
una nuova revisione dello studio di stabilità del versante è trasmessa dall'osservatorio nel mese di settembre 2011 all'amministrazione comunale di San Benedetto Val di Sambro;
in tale revisione si indica che «il versante di Santa Maria Maddalena è stabile e che, lo scavo delle due canne della Galleria Val Sambro, non altera le condizioni di stabilità» punto però che apparirebbe non verificato sulla base dei primi risultati del monitoraggio inclinometrico;
sempre con riferimento a tale revisione sembra dedursi che non è possibile garantire, con lo scavo in atto, il mantenimento delle esistenti condizioni strutturali degli edifici coinvolti e come evidenziato dai servizi regionali dell'assessorato sicurezza territoriale rispetto alla pubblica incolumità la tutela potrebbe non essere garantita a priori perché i fattori che la influenzano non sono solo quelli fisici del movimento franoso ma anche quelli strutturali legati alle caratteristiche degli edifici stessi;
dovendo quindi assicurare che la realizzazione dell'infrastruttura avvenga con la piena salvaguardia dell'incolumità dei cittadini, dell'integrità del patrimonio e della tutela dell'ambiente è anche necessario che su tutti gli edifici coinvolti siano quindi condotte valutazioni puntali, qualificate e costantemente aggiornate al fine di controllare al meglio al situazione nel suo evolversi;
è in corso un processo valutativo della situazione da parte del prefetto della provincia di Bologna e che occorre fornire al sindaco tutti gli elementi utili alla valutazione dell'effettivo rischio per la pubblica incolumità e per l'integrità del patrimonio -:
se quanto in premessa risponda al vero e se il Ministero ne sia a conoscenza
e quindi quali misure intenda porre in atto per assicurare una adeguata valutazione e prevenzione dei rischi relativi alla pubblica incolumità ed all'integrità dei beni e del patrimonio dei cittadini residenti nella zona di Ripoli S. Maria Maddalena.
(5-05794)
Interrogazioni a risposta scritta:
MANCUSO, NASTRI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da qualche mese, nel paese di Borgolavezzo, in provincia di Novara, la consegna della posta ai cittadini subisce numerosi ritardi e contrattempi;
il sindaco di Borgolavezzo, Gianluigi Lovati, ha contattato il responsabile dei portalettere zonale, chiedendo e non ottenendo alcuna spiegazione, se non che trattasi di anomalia zonale e non solo comunale;
lo stesso primo cittadino e l'amministrazione comunale hanno subito disagi causati dall'anomalia del servizio di consegna posta presso il municipio;
alcuni cittadini hanno ricevuto delle bollette oltre la loro data di scadenza -:
se il Governo intenda assumere iniziative nei confronti della società Poste Italiane per avere chiarimenti sulla situazione e rassicurazioni sulla sua risoluzione entro breve.
(4-14156)
REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo numerose associazioni di cittadini pendolari, associazioni degli utenti ed anche articoli di stampa nazionale lamentano le precarie condizioni del servizio di trasporto ferroviario pendolare regionale e interregionale in termini di qualità, puntualità, pulizia delle carrozze e vetustà del materiale rotabile;
ad associarsi a questo grido di allarme è la giunta regionale Toscana che, per tramite dell'assessore ai trasporti, sottolinea il grande danno per i pendolari e per l'ambiente, proprio in questi giorni in cui si acuisce il problema delle polveri sottili nelle città;
a partire dalle manovre del luglio 2010, rafforzate con le misure prese nella scorsa estate, si è passati dagli oltre 2 miliardi di euro di trasferimenti statali per il trasporto pubblico locale (bus e treni) del 2010, a soli 400 milioni per il 2012. Questa cifra deve essere, tra le altre cose, divisa tra tutte le regioni d'Italia. Un taglio del 75 per cento delle risorse che mette in crisi la circolazione di bus, tram e treni nel Paese. Se si analizza la situazione del solo trasporto su ferro, già dal 2012, verranno a mancare in tutta Italia 430 milioni di euro, di cui 50 milioni alla quota della regione Toscana;
la prima vittima di questa riduzione delle risorse è la fornitura di nuovi treni. Trenitalia di fronte a questi tagli ha sospeso le gare per la produzione di nuovi treni essenziali per i pendolari, così come prevede il contratto di servizio di molte regioni, come quello della regione Toscana, che stabiliva il rinnovo di oltre 140 carrozze entro il 2014;
un ulteriore peggioramento del servizio ferroviario pendolare contrasta con un aumento degli utenti del trasporto su ferro per brevi tratti. Secondo quanto risulta dallo studio «Pendolaria» di Legambiente, tra il 2008 e il 2010, tra il 2008 e il 2010 il numero di persone che ogni giorno prendono il treno per ragioni di lavoro e di studio è aumentato dell'11,5 per cento per 300 mila passeggeri in più. Complessivamente sono 2 milioni e 700 mila le persone che prendono i treni pendolari grazie ad un «servizio» operato da 22 gestori, in primis Trenitalia. E molti di più sono quelli che complessivamente si muovono verso le grandi e piccole città, 14 milioni complessivamente in base ai dati
del Censis e che in larga parte utilizzano l'auto. Ed è importante sottolineare come il 70 per cento di coloro che utilizzano l'auto si dichiarano disponibili a cambiare e a prendere il treno qualora il servizio fosse competitivo -:
quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, al fine di rilanciare e rendere finanziariamente sostenibile il trasporto pubblico locale attraverso adeguati stanziamenti di bilancio.
(4-14162)
NICOLA MOLTENI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i pendolari che utilizzano quotidianamente il treno come mezzo di trasporto sulla tratta Milano-Chiasso, e che prendono il treno alla stazione di Cantù, hanno la possibilità di utilizzare i treni semidiretti (cosiddetti treni di alleggerimento che danno la possibilità ai pendolari che abitano lontano da Milano di avere tempi di spostamento più rapidi) esclusivamente per le corse di andata, il mattino, ma non per le corse di ritorno serali, non essendo previste soste a Cantù;
la stazione ferroviaria di Cantù versa in condizioni di degrado e abbandono: i tabelloni informativi funzionano raramente, le obliteratrici sono spesso guaste, la manutenzione di scale e panche è nulla e le condizioni igieniche della stazione sono pessime, anche perché viene ormai utilizzata come rifugio notturno dei senzatetto e vi sono gravi carenze di posti auto nonostante gli interventi dell'amministrazione locale;
i pendolari che ogni giorno frequentano la stazione di Cantù e che hanno subito, nel corso degli anni, i vari rincari dei titoli di viaggio, pretendono un incremento e un miglioramento del servizio e della qualità, anche sotto il profilo della manutenzione e della sicurezza della stazione ferroviaria;
nonostante il servizio offerto agli utenti non migliori e i disagi si protraggano ormai da anni, dal 1° febbraio 2011 le tariffe ferroviarie in Lombardia hanno subito un aumento straordinario del 10 per cento senza alcun incremento del servizio e della sua qualità, con l'introduzione di nuovi titoli che non portano alcun vantaggio ad una grossa fetta di pendolari che ogni giorno si recano nel capoluogo lombardo a lavorare o studiare;
ad oggi, i viaggiatori lombardi pagano con biglietti e abbonamenti quasi il 40 per cento dei ricavi della società ferroviaria italiana e pretendono che agli aumenti dei biglietti corrispondano un miglioramento delle condizioni di viaggio e nuovi investimenti sul materiale rotabile, per le manutenzioni e la pulizia;
se non vengono messi in atto incentivi all'utilizzo del treno da parte dei pendolari, attraverso un miglioramento del servizio, un aumento delle corse, un'area di parcheggio gratuito nei pressi della stazione, gli utenti della stazione di Cantù saranno presumibilmente sempre più orientati ad utilizzare i mezzi privati per gli spostamenti, con gravi ripercussioni sul traffico di tutta la regione e sull'inquinamento -:
se il Ministro non reputi opportuno mettere in atto tutte le iniziative di propria competenza a beneficio dei cittadini utenti che utilizzano regolarmente la tratta Milano-Chiasso per necessità lavorative e di studio.
(4-14170)
GENOVESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 2 dicembre 2011 la procura della Repubblica di Roma ha chiesto ed ottenuto l'arresto di due deputati dell'Assemblea regionale siciliana, entrambi del PdL, il messinese Roberto Corona ed il catanese Fabio Mancuso, di due immobiliaristi, Fabio Calì e Federico Marcaccini, di un notaio e di una quarta persona, con
l'accusa di esercizio abusivo dell'attività finanziaria attraverso il rilascio di false polizze fidejussorie;
le indagini, affidate al nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, sono scattate a seguito di alcune operazioni sospette riconducibili alla Fingeneral spa, fallita nel marzo del 2010, e alla Ascom Finance, per la quale la procura ha già chiesto il fallimento;
in entrambe le società l'immobiliarista Calì, nelle vesti di amministratore di fatto, attraverso l'abusiva emissione di polizze, raccoglieva ingenti somme di denaro, successivamente destinate ad investimenti economici e immobiliari, oltre che a esigenze personali, compiendo azioni di distrazione fraudolenta;
secondo la ricostruzione degli inquirenti, Fingeneral e poi Ascom Finance non avevano i requisiti idonei per emettere fideiussioni e nonostante ciò si erano messe sul mercato emettendo 4.100 polizze per un capitale garantito pari a 500 milioni di euro e l'incasso di premi per oltre 14 milioni;
tra le società danneggiate vi è la Stretto di Messina spa;
non si comprendono le ragioni di una così vistosa mancanza di cautela ad avviso dell'interrogante da parte degli amministratori della Stretto di Messina nell'individuare una società alla quale chiedere una fideiussione -:
quali iniziative si intendano adottare per chiarire il comportamento dei vertici della società Stretto di Messina nella vicenda sopra esposta;
quali iniziative si intendano adottare per verificare le ragioni per cui la Stretto di Messina, tra tante possibili alternative, abbia scelto di contrarre una polizza fideiussoria con una società che non aveva i requisiti di legge per emetterla.
(4-14174)
RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale dell'aviazione civile (ENAC) con proprie recenti deliberazioni rischia di compromettere la realizzazione del nuovo stadio, a cura e spese del Cagliari Calcio, ubicato nell'area Santa Caterina adiacente all'aeroporto di Cagliari;
l'opposizione inizia con una lettera del 19 agosto 2010 inviata al comune di Elmas e al Cagliari Calcio in cui si esprime parere negativo sul progetto;
per esprimere la propria opposizione l'ENAC dichiarava di rispondere ad una istanza della società Cagliari Calcio datata 7 luglio 2010;
l'affermazione non risponderebbe a verità e la società Cagliari Calcio ha espresso perplessità sul modo di operare del protocollo dell'ENAC;
in merito alle motivazioni addotte per impedire la realizzazione dello stadio, basta precisare che:
a) il rischio di caduta di un velivolo nell'area dello stadio è smentito dallo stesso ente che aveva considerato nel proprio regolamento emanato il 12 gennaio 2010, allora disponibile, l'area stessa esente da rischi;
b) l'ordine pubblico in presenza di intemperanze delle tifoserie è motivo inesistente perché tali eventi si manifestano all'interno degli aeroporti (in particolare nelle aerostazioni) al momento di arrivo e, soprattutto, di partenza delle tifoserie che contestano il risultato espresso dal campo, qualunque sia l'ubicazione dello stadio in cui si è svolta la partita;
c) il rischio per il lancio di materiale pirotecnico nello spazio aereo da parte dei tifosi è, addirittura, decisamente non rilevante perché in occasione di ogni festa patronale i velivoli sorvolano comuni a quote interessate da fuochi di artificio di dimensioni ed altezza ben superiori rispetto ad un «bengala»;
d) non si capisce come si possa pensare a fenomeni di abbagliamento al
pilota se l'illuminazione di uno stadio è rivolta verso il campo e non verso l'alto;
e) le interferenze radioelettriche, qualora dovessero verificarsi, si riferiscono alle frequenze assegnate a stazioni radio e TV qualunque sia il programma trasmesso 24 ore su 24 e, pertanto, attribuirle alle trasmissioni di una partita di calcio che impegna la stazione per circa 3 ore ogni 15 giorni, sembra, a dir poco, assurdo;
l'ENAC ancora oggi continua a citare, per attribuire un senso alla sua azione, una lettera inesistente di richiesta di parere ricevuta dal Cagliari Calcio e le ragioni addotte ad agosto 2010 per impedire la realizzazione dello stadio;
l'ENAC dopo aver oggettivamente condizionato l'iter di approvazione dello stadio con motivazioni secondo l'interrogante contraddette sia dalle sue stesse norme che dall'evidenza è ricorso alla modifica della ubicazione ed estensione delle «aree a rischio» per dimostrare che il nuovo stadio viola la nuova normativa approvata solo il 20 ottobre 2011 quando l'iter del comune di Elmas era già in fase di completamento;
la modifica ha inserito aree, prima esenti dal rischio compresa quella dello stadio, fino ad 1 chilometro dall'asse della pista di volo per tutta la sua lunghezza, per circa 500 ettari per ogni aeroporto e per complessivi circa 30.000 (trentamila) ettari su tutto il territorio nazionale, posti anche al di fuori del demanio aeronautico, che comprendono interi comuni come Elmas;
la motivazione per estendere a superfici tanto vaste servitù gravose, contemplate da regolamenti internazionali sulle sole testate delle piste, ad avviso dell'interrogante non può essere né una migliore prevenzione né il verificarsi di un incidente aereo avvenuto in queste aree;
la prevenzione rimane inalterata perché l'ENAC afferma che tutto ciò che oggi esiste nelle aree a rischio rimane inalterato e dimentica di precisare che uno dei due incidenti aerei citati per giustificare il nuovo «assetto del rischio» ha interessato un velivolo militare in addestramento, evento che non può essere circoscritto ad 1 chilometro dall'asse della pista, ma possibile in qualsiasi altra collocazione;
in ogni caso, la prevenzione per la tutela della vita dei cittadini non dovrebbe ammettere deroghe;
al contrario, l'ENAC con la delibera del proprio Consiglio di amministrazione ha esonerato dal rispetto dei vincoli posti le società di gestione aeroportuale se le aree limitrofi espropriate, entrano a far parte del sedime, consentendo così di realizzare ciò che è stato vietato ai comuni;
la deroga riguarda anche casi particolari con evidente disparità di trattamento, come quello risolto nell'incontro tenutosi a Milano il 13 luglio 2011 con gli assessori della regione Lombardia (infrastrutture e mobilità, territorio ed urbanistica) che ha prodotto «un accordo sulla esclusione delle limitazioni dei piani di rischio per gli interventi già programmati ed una deroga per quelle opere di particolare rilevanza che potranno essere valutate singolarmente in maniera congiunta tra le Amministrazioni comunali ed ENAC» (Lombardia Notizia);
anche lo stadio di Cagliari è «opera già programmata di particolare rilevanza», l'ENAC, però, al sindaco di Elmas non ha concesso deroghe, ha inviato una diffida a sospendere ogni ulteriore iniziativa per realizzare il nuovo stadio -:
quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto alla nuova normativa sulle aree a rischio, con le contestuali deroghe di cui in premessa;
quale posizione abbia assunto il dipartimento dell'aviazione civile su una questione avente rilevante contenuto strategico e politico su tutto il territorio nazionale;
se non ritenga, comunque, di avviare una indagine ministeriale,per chiarire la eventuale esistenza di interessi di ENAC
e Sogaer emersi più volte sulla stampa che avrebbero contribuito alla imposizione di servitù tanto vincolanti in vicinanza di aeroporti, non indicate in regolamenti ICAO, né vigenti in altri Paesi.
(4-14175)
...
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si fa riferimento ai fatti così riferiti: dal giornalista Oscar Giannino sul suo blog Chicago «1° dicembre 2011 - Oggi alle 14,30 mi è stato impedito l'accesso all'Università Statale di Milano in via del Conservatorio, dove ero invitato a un dibattito sull'euro organizzato da Azione Giovani. Numerosi studenti hanno bloccato l'ingresso, apostrofandomi "buffone, padrone, fascista, distruttore dell'Università". Una bella doccia di pomodori pelati, qualche uovo. Nessuna possibilità di interloquire. La polizia, presente, mi ha cortesemente invitato a desistere. Così è stato. Questi i fatti. Nessun danno. Ognuno giudichi se si debba arrivare a episodi del genere. Studentesse e studenti che mi davano del fascista non avevano la minima idea di chi io fossi davvero e di che cosa pensassi. Quando è partito il coro "figlio di papà, noi qui a lavorare e tu a fare la bella vita", non sapevo se ridere di più che non di fronte alla funzionaria di polizia che mi chiedeva di sgombrare»;
dall'agenzia Ansa del 1o dicembre, ore 17,12: «Milano, 1o dicembre - Il giornalista e opinionista Oscar Giannino è stato contestato oggi a Milano, mentre si accingeva a partecipare ad un convegno sull'economia organizzato all'Università Statale di Milano. La polizia è dovuta intervenire per arginare le proteste di un folto gruppo di studenti dei collettivi; alla fine non si sono registrati contusi, ma solo un po' di confusione;
è accaduto tra le 15 e le 16.30 tra via Conservatorio e via Passione, dove ha sede il dipartimento di Scienze Politiche in cui l'associazione universitaria di centrodestra "Azione Universitaria" aveva organizzato un convegno sull'Euro al quale erano invitati come relatori alcuni giornalisti tra cui Giannino;
secondo quanto riferito dalla Questura, quando l'opinionista è giunto in taxi in via Conservatorio, alcuni studenti lo hanno contestato, tanto che la polizia gli ha consigliato di entrare da un ingresso secondario. Giannino è stato imbrattato da qualche uovo e salsa di pomodoro lanciata dai manifestanti e ha deciso di andarsene. Le forze dell'ordine, alla fine dell'incontro, hanno poi prima contenuto e poi spostato i gruppi che protestavano in modo da agevolare l'uscita dei partecipanti senza che tra i primi e i secondi vi fosse possibilità di contatto. Quando l'incontro si è concluso si sono verificati attimi di tensione ma senza tafferugli e contusi»;
dall'articolo di Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, 5 dicembre, pagina 39: «... le forze dell'ordine consigliano a Giannino, cioè la vittima di una prepotenza, di andarsene, di non provocare incidenti...» -:
se, come si può dedurre da queste diverse fonti, soprattutto dalla testimonianza di Giannino, ma implicitamente anche dal comunicato della questura riferito dall'Ansa, nulla sia stato fatto per garantire il libero corso all'espressione del diritto di parola e di opinione;
si siano operati fermi o identificazione dei facinorosi che hanno aggredito il dottor Oscar Giannino;
se sia stata fatta un'azione preventiva e in che modo per evitare un simile vulnus alla democrazia;
come si intenda in futuro comportarsi in casi analoghi.
(2-01290)
«Renato Farina, La Russa, Brunetta, Nicolucci, Gelmini, Romani, De Camillis, Scajola, Scandroglio, Vincenzo Antonio Fontana, Mazzuca, Di Centa, Nirenstein, Corsaro, Calabria, Valducci, Lorenzin, Toccafondi, Pagano, Giammanco, Fitto, Marinello, Lupi, Casero, Golfo, Pelino, Vella, Pianetta, Stracquadanio, Di Caterina, Gioacchino Alfano, Vignali, Mottola, Baccini, Frassinetti».
Interrogazione a risposta immediata:
GRANATA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010, Giovanni Di Giorgi è stato eletto al consiglio regionale del Lazio;
poco più di un anno dopo - il 15 e 16 maggio 2011 - lo stesso Di Giorgi è stato eletto sindaco del comune di Latina e la proclamazione ufficiale è avvenuta il 20 maggio 2011;
il 12 luglio 2011 l'ufficio di presidenza del consiglio regionale del Lazio quale giunta delle elezioni ha confermato la sussistenza della causa di incompatibilità del consigliere regionale Di Giorgi;
il 6 ottobre 2011 il tribunale amministrativo regionale di Latina ha aperto un'indagine sulle presunte irregolarità, denunciate dall'opposizione, durante le ultime elezioni amministrative e l'8 ottobre 2011 Di Giorgi ha dichiarato alla stampa che, proprio a causa del ricorso elettorale pendente, non sussistevano le condizioni per le sue dimissioni da consigliere regionale, infatti - come ha precisato - «l'incompatibilità tra le cariche di sindaco e di consigliere regionale, in sostanza, non si è ancora concretizzata poiché la carica di sindaco non si è "cristallizzata" ma è sottoposta a contenzioso»;
dopo mesi di continui rinvii, solo nei giorni scorsi Di Giorgi ha ufficialmente dichiarato: «Così come richiesto dalla normativa regionale in materia ho esercitato la mia opzione, con una lettera che ho protocollato questa mattina [23 novembre]. La mia scelta, in realtà, era chiara fin dal momento della mia elezione: voglio lavorare per la mia città, nel rispetto del mandato degli elettori. Insieme alla mia maggioranza vogliamo fare cose importanti per la città, soddisfare le istanze dei nostri cittadini. Fino ad oggi non avevo optato poiché sulla mia elezione a sindaco pende un ricorso del Pd. Io, però, la mia scelta l'ho fatta, la giustizia amministrativa farà il suo corso» e ha poi aggiunto: «Ora deciderà il consiglio regionale quando farmi decadere (...)»;
il 23 novembre 2011 - prima della discussione della decadenza di Di Giorgi da consigliere regionale - il capogruppo del Pdl ha proposto la questione sospensiva, ai sensi dell'articolo 29 del regolamento del consiglio regionale del Lazio, che è stata approvata con 38 voti a favore e 20 voti contrari, per cui la discussione sulla decadenza è stata sospesa fino alla sentenza del tribunale amministrativo regionale: Di Giorgi, quindi, continuerà a mantenere il doppio incarico di sindaco e consigliere regionale;
l'articolo 122 della Costituzione stabilisce che: «Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi»;
la legge 2 luglio 2004, n. 165, nel dettare le «Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione», pone, tra gli altri, quale principio fondamentale in materia di incompatibilità,
all'articolo 3, comma 1, lettera a), la «sussistenza di cause di incompatibilità, in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal presidente o dagli altri componenti della giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche, comprese quelle elettive, suscettibile, anche in relazione a peculiari condizioni delle regioni, di compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva», nonché, alla lettera g), la «fissazione di un termine dall'accertamento della causa di incompatibilità, non superiore a trenta giorni, entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilità, ferma restando la tutela del diritto dell'eletto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato»;
l'articolo 65 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, stabilisce che «Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale»: sussiste, quindi, un'incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e la carica di sindaco, per cui il consigliere regionale in carica è legittimamente eleggibile ma al momento dell'elezione a sindaco ha l'obbligo di optare per una delle due cariche;
tale disposizione - espressione di un principio generale e perciò inviolabile dalla legislazione regionale secondo il disposto dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione - mira ad evitare che dalla sovrapposizione tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco o assessore comunale possano derivare ripercussioni negative sulla necessaria distinzione tra ambiti politico-amministrativi e sulla garanzia dei principi di efficienza e imparzialità delle funzioni, contenuti nell'articolo 97 della Costituzione;
l'articolo 10 del regolamento del consiglio regionale del Lazio, poi, nel disciplinare la procedura per la convalida delle elezioni, al comma 6, prevede che: «Qualora l'ufficio di presidenza riscontri che per un consigliere regionale esista o si verifichi una causa di incompatibilità, contesta l'incompatibilità stessa al consigliere il quale ha dieci giorni di tempo per rispondere. Nei cinque giorni successivi l'ufficio di presidenza, ove confermi il suo giudizio sulla sussistenza della causa di incompatibilità propone all'aula di invitare il consigliere ad optare tra il mandato e la carica che ricopre. Entro i successivi cinque giorni l'aula delibera e, ove l'accolga, chiede al consigliere di optare significandogli che, ove non si provveda entro i successivi quindici giorni, sarà considerato automaticamente decaduto»;
è evidente, quindi, a giudizio dell'interrogante, che la normativa in materia, nel prevedere l'incompatibilità assoluta tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco, si preoccupa, altresì, che la stessa sia rimossa secondo una procedura e una cadenza - anche temporale - ben dettagliate che non consente, per così dire, interpretazioni «estensive»;
la condizione di incompatibilità - sancita direttamente dalla proclamazione ufficiale di un eletto che, in un preciso momento, ricopre anche un'altra carica - in sostanza, non si può considerare «sospesa» dalla mera pendenza di un ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale volto a contestare una delle elezioni;
è urgente, anche alla luce dei numerosi casi di «doppi incarichi» ancora persistenti nonostante le pronunzie della Corte costituzionale - anche recenti - in tema di incompatibilità tra cariche elettive, fornire ulteriori elementi di certezza anche al fine di evitare contenziosi giudiziari -:
se - per quanto di sua competenza e alla luce della vicenda esposta in premessa - non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, volte a garantire procedure e tempi certi ed inequivocabili per l'accertamento della sussistenza, in capo agli eletti nelle regioni e negli enti
locali, di una delle cause di incompatibilità previste dall'ordinamento e la conseguente dichiarazione della stessa nonché ad assicurare un esercizio effettivo e tempestivo del diritto di opzione.
(3-01964)
Interrogazione a risposta orale:
MOTTA e SANTAGATA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato dalla stampa locale, nei giorni scorsi, alcuni militanti dell'associazione Casa Pound di Parma hanno distribuito davanti ad alcune scuole superiori cittadine un volantino riportante invettive nei confronti dell'Associazione nazionale partigiani (ANPI);
nel volantino è impressa la foto di un partigiano col foulard dell'ANPI accompagnata dalla didascalia «contro il ghigno di un vecchio bastardo bombardamenti indiscriminati, raffiche di mitra, violenze e stupri, altro che Resistenza», proponendo un parallelismo tra l'assassinio del Rais libico Gheddafi e i fatti di Piazzale Loreto e liquidando la Resistenza come «raffiche di mitra, violenze e stupri»;
accanto alla foto è inoltre riportato un editoriale, ripreso dal sito internet nazionale del movimento, che, sempre affiancando i due episodi, cita «non basta un Rais a fare un Duce, ma basta un'ora di viltà(...) per fare un partigiano»;
l'iniziativa di volantinaggio, per di più effettuata davanti alle scuole, ha suscitato la presa di posizione di condanna, oltre che della sezione locale dell'ANPI, anche di molte associazioni, sindacati e partiti politici che hanno condannato i contenuti del volantino ed espresso la propria solidarietà alle associazioni partigiane;
l'associazione Casa Pound, come si legge sul sito www.casapound.org, «si propone di sviluppare in maniera organica un progetto ed una struttura politica nuova, che proietti nel futuro il patrimonio ideale ed umano, che il Fascismo Italiano ha costruito con immenso sacrificio»;
nel suo programma, al punto 18, si propone di riscrivere la Costituzione: «La Costituzione della Repubblica italiana va riscritta. Essa è opera di uomini che la compilavano all'indomani della guerra civile ed adempivano a quel compito nella scia dei carri armati stranieri»;
i suoi esponenti in numerose interviste e comunicati si definiscono «fascisti del terzo millennio» e si rifanno esplicitamente ai programma di San Sepolcro, elaborato da Mussolini nel marzo del 1919, con il quale furono fondati i Fasci di Combattimento e alla Repubblica di Salò;
il 4 febbraio 2010 è stata presentata, l'interrogazione a risposta orale 3-00897 a cui il Governo non ha mai risposto -:
se esista una mappatura delle sedi e delle iniziative di Casa Pound su tutto il territorio nazionale e se, in caso negativo, il Ministro abbia intenzione di disporla;
se vi sia compatibilità tra lo statuto e i programmi di Casa Pound ed il riconoscimento dalla stessa della qualifica di associazione di promozione sociale che consente di godere di particolari agevolazioni fiscali e della possibilità di accedere ai finanziamenti del 5 per mille;
se le iniziative e i programmi promossi da questa organizzazione, in considerazione della XII disposizione transitoria finale della Carta costituzionale che afferma: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», siano configurabili come una forma di propaganda di chiara ispirazione neofascista e manifestamente contraria ai valori costituzionali, e in tal caso, quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere.
(3-01961)
Interrogazioni a risposta scritta:
ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legge n. 4 del 4 febbraio 2010 è stata istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione
dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata con sede principale a Reggio Calabria;
l'individuazione della sede è stata la risposta del Governo nazionale alla recrudescenza dei fenomeni di criminalità organizzata che avevano visto in quel periodo un attacco, forse senza precedenti, alle istituzioni locali, che sono culminate a gennaio del 2010 nella collocazione di una bomba, per fortuna non esplosa, alla sede della procura generale di quella città;
la norma istitutiva all'articolo 3, punto i., ha previsto la possibilità di aprire sedi secondarie;
in tal senso, il consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, nella seduta di giovedì 25 novembre 2010, ha deliberato l'istituzione delle sedi secondarie dell'agenzia a Palermo, Napoli e Milano;
il quadro generale dei beni confiscati al 1° novembre 2011, secondo i dati estrapolati dal data base dell'Agenzia del demanio, indica che sul totale beni confiscati (beni immobili e aziende) di n. 11.705 ben 5.125 (pari al 43,8 per cento del totale è collocato in Sicilia e di questi 5.125 n. 3.403 (29,1 per cento) del totale si trovano a Palermo;
l'oggettività del dato statistico, la disponibilità di immobili definitivamente confiscati, anche di pregio, i maggiori collegamenti di cui è servita la città di Palermo, la maggiore disponibilità ed operatività della comunità scientifica (l'università di Palermo è leader negli studi e nei progetti per l'utilizzo dei beni confiscati) fanno assolutamente propendere per la modifica della sede principale dell'Agenzia nazionale;
inoltre, la sede di Reggio Calabria è ubicata in una zona periferica a nord della città, in un immobile non idoneo, per dimensioni e prestigio, messo a disposizione, nell'immediatezza dell'apertura, in comodato d'uso gratuito, dal comune di Reggio Calabria e risulta difficile individuare ulteriori immobili maggiormente confacenti all'uso;
in Sicilia - inoltre - hanno avuto vita, si sono sviluppate e sono state sperimentate le forme e le esperienze più avanzate di gestione dei patrimoni confiscati, anche grazie all'impegno dell'associazionismo antimafia ed alla costituzione di consorzi di comuni che hanno visto il coinvolgimento di più istituzioni. Tali esperienze, oltre ad avere un grande significato, devono rappresentare un punto di riferimento nelle politiche contro le mafie e per il riutilizzo e la gestione dei beni confiscati -:
se non ritenga opportuno, alla luce dei dati sopraindicati concernenti l'ammontare dei beni definitivamente confiscati e la loro collocazione territoriale riconsiderare l'ubicazione della sede principale spostandola dal comune di Reggio Calabria a quello di Palermo.
(4-14164)
GIULIETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la recente «Legge di stabilità» ha ridotto da 12 a 2 milioni di euro il «Fondo di rotazione per i familiari delle vittime di mafia e dell'usura (...)»;
il fondo aveva consentito non solo di manifestare la concreta solidarietà alle vittime della criminalità, ma anche di favorire un più efficace contrasto al fenomeno;
decine e decine di associazioni impegnate nella lotta contro la mafia, camorra e usura, hanno rivolto un appello al nuovo Governo affinché il fondo sia ripristinato nella sua interezza -:
se e come il Governo intenda recepire questa richiesta, non solo ripristinando il fondo, ma anche dando un rinnovato sostegno a tutti coloro che non hanno mai smesso di contrastare le mafie e le organizzazioni criminali.
(4-14167)
ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da agenzie di stampa nazionali del 2 dicembre 2011, si apprende che almeno il 13 per cento degli ospiti del piano freddo del comune di Bologna sia irregolare;
come anche evidenziato in precedenti atti di sindacato ispettivo (atto Camera 4-14016), la vicenda è correlata alla decisione dell'assessore al welfare del comune di Bologna tesa ad attivare interventi protettivi dal freddo con la costruzione a carico del comune di «rifugi di legno» per gli immigrati irregolari;
sul tema già al momento delle dichiarazioni effettuate dalla predetta assessore al welfare alla vigilia dell'adozione della disciplina comunale volta all'attuazione del «piano freddo», le forze del centro destra presenti in seno al consiglio comunale di Bologna, tra cui la Lega Nord, avevano sollevato numerose critiche rispetto al potenziale rischio di inserimento illegale di clandestini tra i bisognosi che sarebbero stati ospitati nelle strutture di protezione dal freddo allo scopo realizzate. Inoltre, si sottolineava che i container che la protezione civile avrebbe installato presso il Parco nord, nel caso in cui non fossero bastati i posti letto aggiuntivi messi a disposizione dal comune, avrebbero potuto diventare un epicentro di degrado e di irregolari;
tali critiche ad ogni modo non mettevano assolutamente in discussione, ed anzi ravvaloravano, il rispetto del fondamentale principio di solidarietà di chiunque versi in condizioni di estrema indigenza e necessità;
rispetto alle denunce allora effettuata, in particolare dalla Lega Nord bolognese, stando alle predette note di agenzia, oggi si può affermare che il sistema di accoglienza messo in campo dal comune di Bologna nell'ambito del piano freddo, si presti anche ampiamente a consentire un malcelato strumento di elusione delle norme nazionali volte a contrastare l'immigrazione clandestina, aventi come scopo la tutela della collettività intera, soprattutto in quanto la stessa assessore al welfare avrebbe dichiarato al riguardo che non è un problema dell'iniziativa di cui trattasi se anche accade che un clandestino utilizzi per una sola notte le strutture e poi la mattina seguente faccia perdere le proprie tracce;
tali dichiarazioni sono di per sé gravi ed irresponsabili;
se fosse confermata tale circostanza, a parere dell'interrogante, l'amministrazione comunale di Bologna potrebbe favorire di fatto un fenomeno illegale effettuando un favoreggiamento dell'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato oggi punito penalmente ai sensi dell'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 -:
se l'esecuzione del cosiddetto «piano freddo» sia o meno idonea a consentire improprie circostanze favorevoli all'immigrazione clandestina nel territorio emiliano e più in generale all'ingresso e al soggiorno illegale nel territorio dello Stato ed, in tali circostanze, se non intenda rapidamente assumere le iniziative di competenza in merito.
(4-14171)
...
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
per effetto della legge 3 maggio 1999, n. 124, oltre 70.000 lavoratori ausiliari, tecnici, amministrativi (ATA) e insegnanti tecnico-pratici (ITP) sono transitati, con effetto dal 1o gennaio del 2000, dal comparto enti locali ai ruoli dello Stato;
l'articolo 8 della citata legge n. 124 del 1999 prevede che sia riconosciuta «ai fini giuridici ed economici l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza»;
il decreto interministeriale 5 aprile 2001, con il quale si sono stabilite le procedure per il nuovo inquadramento, ha riconosciuto, invece, al personale citato l'anzianità corrispondente al solo trattamento economico maturato presso l'ente di provenienza (cosiddetto maturato economico), creando, in tal modo, i presupposti per un diffuso contenzioso giudiziario;
nel corso degli anni successivi si sono avute numerose sentenze in primo grado e in appello, nella quasi totalità favorevoli ai lavoratori che avevano proposto i ricorsi. Inoltre, nel corso del 2005 anche la Corte di cassazione si pronunciava con una serie di sentenze, tutte ugualmente favorevoli ai lavoratori;
con la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), il Governo Berlusconi ha ribadito con l'articolo 1, comma 218, secondo quella che è stata definita un'«interpretazione autentica», il metodo del maturato economico come sistema per il computo dell'anzianità dei lavoratori transitati, facendo salvi gli effetti delle sole sentenze definitive e bloccando l'immediata esecutività dei dispositivi giudiziari di primo e secondo grado, mortificando, in questo modo, l'operato della magistratura ed i diritti da questa riconosciuti ai lavoratori;
ciò ha creato una palese disuguaglianza nell'applicazione di un diritto di ciascun dipendente transitato nei ruoli dello Stato dagli enti locali. Per questo attualmente ci sono nella scuola (anche nello stesso istituto) lavoratori che, pur appartenendo allo stesso profilo professionale e pur avendo gli stessi anni di servizio continuativo prestato sempre nella scuola, sono inquadrati in fasce stipendiali diverse;
la Corte costituzionale, con sentenza 18-26 giugno 2007, n. 234, (Gazzetta Ufficiale 4 luglio 2007, n. 26, 1a serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 218, sollevate in riferimento, nel complesso, agli articoli 3, 24, 36, 42, 97, 101, 102, 103, 104 e 113 della Costituzione;
recentemente la Corte di Cassazione ha chiesto nuovamente l'intervento dell'Alta Corte, sollevando eccezione d'incostituzionalità del comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, in riferimento all'articolo 117 della Costituzione nonché all'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cassazione 22260/08), ipotizzando, peraltro, una intromissione indebita nel corretto svolgimento del procedimento giudiziario: «la parità delle parti dinanzi al giudice implica la necessità che il potere legislativo non si intrometta nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla risoluzione della controversia o di una determinata categoria di controversie»;
la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu-sentenza Agrati-Milano) il 7 giugno 2011, ha sentenziato che l'applicazione retroattiva della legge di interpretazione autentica, pur legittima in linea di principio, contrasta con l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che garantisce il diritto a un processo equo (l'articolo 6 della Convenzione non consente allo Stato, di emanare leggi «interpretative-retroattive» per ottenere delle sentenze favorevoli nei processi in cui l'amministrazione statale sia parte in causa; la Corte europea dei diritti dell'uomo ha infatti affermato che questo comportamento degli Stati viola il principio dell'equo processo e della parità delle armi nel processo: proprio come è successo al personale ATA ex enti locali);
tre mesi dopo - il 6 settembre 2011 - è giunta un'altra sentenza (Scattolon Venezia avvocato Zampieri) favorevole per gli ATA (amministrativi, tecnici e ausiliari) e Itp (insegnanti tecnici pratici) ex enti
locali. Stavolta è la Corte di giustizia europea (Lussemburgo) che stigmatizza il peggioramento delle condizioni retributive dei lavoratori trasferiti. La tutela nel caso è assicurata dalla direttiva 77/187/CEE dei 14 febbraio 1977 varata per impedire che i dipendenti coinvolti in un trasferimento d'azienda (così la Corte di giustizia considera il passaggio dagli enti locali allo Stato) «siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento»;
pertanto, la Corte di giustizia invita il giudice italiano a verificare se questo è avvenuto quando la legge finanziaria per il 2006, interpretando la legge n. 124 del 1999, ha considerato applicabile, dalla data del trasferimento, il contratto collettivo nazionale della scuola, senza tuttavia assicurare ai lavoratori un trattamento retributivo corrispondente all'anzianità lavorativa maturata presso il «cedente»; poiché le sentenze sono vincolanti per gli Stati, l'Esecutivo dovrà trovare una soluzione;
la neutralizzazione dei ricorsi attuata con la finanziaria era intervenuta dopo il verdetto favorevole dei tribunali di primo e secondo grado, i quali avevano stabilito il diritto alle differenze retributive che spettavano ai lavoratori transitati nelle scuole, creando così l'aspettativa di ottenere le somme che sarebbero andate a costituire un bene tutelato dalla Convenzione;
gli esiti della cosiddetta interpretazione autentica sono stati disastrosi dal punto di vista della tutela dei diritti dei lavoratori in particolare: (a) si è creata una disparità di trattamento economico tra lavoratori con identica anzianità e profilo professionale; (b) il danno economico si protrae per tutta la vita lavorativa, fino alla riduzione dell'importo pensionistico; (c) molti dei transitati, nel frattempo, sono sotto minaccia di dover restituire le somme percepite, provvedimento che decurterebbe oltre il sopportabile le già basse retribuzioni di questi lavoratori;
ammontano probabilmente a poche migliaia i lavoratori ancora esclusi per effetto di questa legge vessatoria dal godimento del loro diritto ad un corretto inquadramento nel contratto scuola (a tal proposito si ricorda che era stata avviata dal Ministero nel mese di giugno 2011 un'inchiesta per stabilire di quali risorse necessitasse l'inquadramento, ma, ad oggi, non se ne ha notizia);
i fondi necessari al riconoscimento dell'anzianità maturata secondo il dispositivo previsto dalla legge 3 maggio 1999, n. 124, sono stati deviati sul pagamento del salario accessorio dei residui dipendenti degli enti locali;
solo per l'anno 2000 circa 114 milioni di euro sono andati in pagamento del salario accessorio: una cifra che avrebbe agevolato il corretto inquadramento di detto personale e che a suo tempo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca richiese che gli venisse restituita (come confermato dal documento funzione pubblica CGIL, CISL, UIL dell'11 maggio 2006);
un primo, parziale, intervento potrebbe intanto avvenire tramite ricompilazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca delle schede individuali del personale transitato dagli enti locali allo Stato, con l'inserimento del salario di produttività a suo tempo trasmesso proprio dagli enti locali e non tenuto in conto dai singoli uffici provinciali del Ministero stesso; per stilare tale documentazione basterebbe acquisire agli atti un certificato di servizio rilasciato dall'ente di provenienza (provincia o comune) dal quale risulti la vita lavorativa di ciascun dipendente, eventualmente differenziando fra servizio nella scuola (valutato per intero) ed eventuali altri servizi svolti in profili professionali diversi che potrebbero avere una valutazione diversa -:
quali siano gli intendimenti del Governo in riferimento alla problematica di cui in premessa e se non si ritenga necessario promuovere l'abrogazione del
comma 218 dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005, unico vero ostacolo alla corretta ricostruzione di carriera dei lavoratori ATA ex enti locali;
se non ritenga utile assumere iniziative per il blocco della riscossione delle somme dovute dai lavoratori in attesa di una risoluzione della questione.
(2-01291)
«Di Giuseppe, Donadi, Zazzera».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il 14 marzo 2011 è stata emanata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la nota protocollo 272 che stabilisce per l'anno scolastico 2011-2012 la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti dei primi due anni degli istituti superiori riformati dalla Gelmini (decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 15 marzo 2009);
secondo la normativa vigente (decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 - testo coordinato delle classi di concorso), per quando riguarda le materie letterarie, risulta con chiarezza la seguente associazione delle classi di concorso di ambito letterario ai diversi insegnamenti nei vari istituti superiori: A052: lettere, latino, greco al liceo classico; A051: lettere, latino nei licei (ma non nel ginnasio o primo biennio, che dir si voglia, del classico) e negli istituti magistrali; A050: lettere negli istituti di istruzione secondaria di II grado;
secondo la nota n. 272 e le tabelle ad essa allegate, invece, per le discipline letterarie, è state istituita la seguente atipicità: gli insegnanti di lettere e latino al primo e secondo anno del liceo classico sono reclutati non più solo dalla classe di concorso A052, ma anche dalla A051, mentre in tutti gli altri licei per le materie dell'ambito disciplinare di lettere sono reclutati insegnanti esclusivamente dalle graduatorie A050 e A051 e per gli istituti tecnici e professionali esclusivamente dalla classe di concorso più bassa A050;
è pertanto evidente che la suddetta nota ministeriale assegna alla classe di concorso A051 la possibilità di insegnare al ginnasio del liceo classico in contrasto con quanto previsto dalle tabelle allegate al decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 attualmente vigenti e redatte nel rispetto delle specificità professionali dei docenti di lettere e della didattica delle materie letterarie nei licei, secondo le quali i docenti della classe di concorso A051 non possiedono il titolo abilitante per l'insegnamento al ginnasio; allo stesso modo, si assegna alla classe di concorso A050 la possibilità di insegnare nei licei, mentre gli insegnanti in possesso dell'abilitazione A050 non avrebbero il titolo necessario per farlo;
la confluenza delle classi di concorso per le materie letterarie, così elaborata, produce un paradossale capovolgimento del principio meritocratico delle abilitazioni a cascata: consente cioè la possibilità per gli abilitati delle classi di concorso più basse (A051 e A050) di accedere ad un cospicuo numero di istituti (A050 estesa ai licei escluso il classico, A051 estesa al biennio del classico) e la conseguente limitazione delle possibilità lavorative della classe di concorso più alta che, paradossalmente è esclusa dall'assegnazione delle cattedre negli istituti diversi dal classico (fatte salve, limitatamente al personale di ruolo, le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni);
considerando l'illogicità delle scelte operate dal Ministro pro tempore Gelmini, non appare superfluo sottolineare che ogni classe di concorso più alta, all'interno dello stesso ambito disciplinare, possiede i requisiti professionali e i titoli necessari per insegnare in quelle inferiori (si parla a questo proposito infatti di «abilitazioni a cascata» confrontare decreto ministeriale n. 354 del 1998) e quindi la classe di concorso più alta in assoluto tra quelle materie letterarie, cioè l'A052, è abilitata all'insegnamento delle materie letterarie in qualsiasi istituto secondario inferiore o superiore e non è assolutamente concepibile il contrario;
la nota 272, oltre a penalizzare il personale di ruolo della A052 che ha prestato per anni servizio nei licei classici, sta portando alla progressiva e pressoché completa estromissione dall'insegnamento gli insegnanti precari abilitati nella medesima classe che da anni lavorano con contratti a tempo determinato e che, all'interno delle graduatorie ad esaurimento, non hanno la possibilità di far valere il loro pieno punteggio sulle classi di concorso A051 e A050 nonché A043 (ovvero materie letterarie negli istituti secondari di I grado), rispetto alle quali è preclusa qualsiasi possibilità di riconoscimento del punteggio di servizio;
la confluenza delle classi concorso di ambito letterario, anticipata attraverso la nota 272, inoltre si ripercuoterà negativamente sulla qualità della didattica delle lingue classiche. Infatti per la prima volta dall'anno scolastico 2011-2012 ad insegnare lettere e latino al ginnasio del liceo classico diventerà norma utilizzare abilitati nella classe A051, rendendo prassi abituale dividere l'insegnamento ginnasiale del latino e del greco, discipline caratterizzate da un elevatissimo grado di interdisciplinarità e pertanto comprensibili più efficacemente se affidate ad uno stesso docente esperto di entrambe le discipline;
inoltre, considerata la cospicua riduzione delle ore di latino, italiano e storia-geografia nei licei, gli esuberi nella classe di concorso A051 saranno tali da costringere i dirigenti scolastici di istituti con diversi indirizzi, per via della salvaguardia della titolarità, ad assegnare le cattedre di lettere e latino al liceo classico al personale perdente posto nella classe di concorso A051 oppure, come recita la nota in esame, in assenza di titolari da «salvaguardare», l'attribuzione dovrà avvenire prioritariamente, previa intesa con l'Ufficio scolastico territoriale, scegliendo le classi di concorso in esubero a livello provinciale;
giova peraltro ricordare che già nella primavera del 2010, era stata emanata una nota (protocollo 1348 del 21 aprile 2010) avente per oggetto (come la 272 del 2011) la confluenza delle classi di concorso nei nuovi insegnamenti del primo anno degli istituti superiori, e in quell'occasione era stato sottoposto all'attenzione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore il problema riguardante l'estensione, contemplata dalle tabelle allegate alla suddetta nota, dell'atipicità nell'ambito degli insegnamenti di lettere alle superiori;
il Ministro, evidentemente riconoscendo la propria svista, aveva emanato successivamente un'altra nota (protocollo 4968 dell'11 maggio 2010) che era intervenuta a modificare le tabelle di confluenza precedentemente pubblicate, stabilendo l'assegnazione esclusiva degli insegnamenti di lettere al biennio del liceo classico alla sola classe di concorso A052;
dopo l'emanazione della nota 272 che, con un incomprensibile passo indietro, ristabiliva per l'anno scolastico 2011-2012, la stessa confluenza delle classi di concorso letterarie che la nota dell'11 maggio 2010 era intervenuta a modificare, per porre rimedio all'evidente condizione venutasi a creare, il Sottosegretario Pizza, in occasione dell'incontro convocato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 11 ottobre 2011 con i rappresentanti del coordinamento docenti A052, avrebbe delegato il suo segretario particolare, a rendere nota, anticipandone i contenuti, la prossima emanazione di una rettifica della nota 272, recependo come legittima la richiesta, avanzata dai docenti della classe di concorso A052, di destinare le cattedre di lettere al biennio del liceo classico in via esclusiva alla classe di concorso A052; tale dichiarato intento, a causa della caduta del Governo Berlusconi, non si è potuto tradurre in un atto concreto;
è inoltre in atto la revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole secondarie e, come emerge dall'analisi delle bozze delle tabelle, per quanto riguarda le materie letterarie negli istituti secondari superiori, il Ministro, proseguendo
sulla strada inaugurata dalle succitate note ministeriali, si appresta a sacrificare totalmente il principio del merito (abilitazione superiore e servizio specifico) alla logica del riciclaggio degli esuberi determinatisi in seguito all'applicazione della riforma delle scuole superiori;
gli effetti derivanti dai suddetti provvedimenti sugli organici della classe di concorso A052 ad oggi risultano i seguenti: circa 20 immissioni in ruolo, a fronte di un piano di più di 67.000 assunzioni, dato tanto più drammatico se si considera che i contratti a tempo indeterminato per i docenti della classe di concorso A052 sono stati stipulati, a partire dall'emanazione del decreto-legge n. 112 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, con il contagocce; gli incarichi a tempo determinato da qualche anno, in particolare dal corrente anno scolastico, si stanno avvicinando quasi allo zero; mentre diventa contestualmente prassi abituale, da parte degli ambiti territoriali provinciali, attribuire cattedre al biennio del liceo classico ai precari della classe di concorso A051 che hanno meno punti in graduatoria rispetto ai «precari A052», ma che godono dei benefìci della confluenza delle classi di concorso a scapito di chi è in possesso anche della loro stessa abilitazione e ha esercitato per anni la propria professionalità proprio nel biennio del liceo classico; a livello nazionale 149 docenti di ruolo della classe di concorso A052 sono risultati, nell'anno scolastico 2011-2012 in esubero;
tali effetti, di per sé chiaramente devastanti, rischiano di essere irrimediabilmente aggravati, ai danni dei docenti precari, dalla più o meno imminente attivazione dei nuovi percorsi abilitanti (TFA) istituiti per effetto del decreto ministeriale 11 novembre 2011 e dalla conseguente eventuale istituzione di un ulteriore canale di reclutamento. Ricordiamo a tale proposito che i precari della classe di concorso A052 hanno frequentato nella loro quasi totalità le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS) e che l'accesso alle suddette, regolamentato da un selettivo esame a numero chiuso, è stato programmato, di anno in anno, in base al fabbisogno effettivo del sistema di istruzione superiore del nostro Paese e il superamento dell'esame finale per il conseguimento dell'abilitazione SSIS possiede, ai sensi della legge n. 306 del 2000, articolo 6-ter, valore concorsuale -:
se intenda modificare immediatamente, la nota 272 del 14 marzo 2011 e le relative tabelle di confluenza, delle classi di concorso, assegnando alla classe di concorso A051 gli insegnamenti letterari e il latino nei licei escluso il biennio del classico lasciando quindi le materie letterarie del liceo classico appannaggio esclusivo della classe di concorso A052;
se si intenda utilizzare il criterio della specificità professionale degli insegnanti della classe di concorso A052 nella prossima ridefinizione delle classi di concorso per l'insegnamento negli istituti superiori e che quindi la corrispondente nuova classe di concorso A-14 risulti esclusiva destinataria dell'assegnazione delle cattedre di lettere, latino e greco al biennio del liceo classico, salvaguardando, in tal modo, la qualità della didattica delle materie letterarie;
se intenda adoperarsi nell'immediato per salvaguardare i precari della classe di concorso A052, modificando i criteri di attribuzione del punteggio nelle graduatorie ad esaurimento con il riconoscimento del pieno punteggio, sia relativo ai titoli che al servizio, secondo il principio delle abilitazioni a cascata, consentendo in tal modo, a chi ha titoli maggiori e professionalità più elevate, di avere almeno le stesse opportunità lavorative di chi è inserito all'interno dello stesso ambito disciplinare;
se si intenda evitare di istituire, al fine di evitare illogiche discriminazioni nonché ennesime e insostenibili penalizzazioni ai danni di una categoria di professionisti già ampiamente vessata, un nuovo canale di reclutamento per i neo-abilitati attraverso le procedure stabilite dal decreto ministeriale n. 249 del 2010,
ma consentire il loro inserimento nelle graduatorie ad esaurimento attualmente vigenti con un punteggio per titoli equamente ponderato a quello previsto per gli abilitati alle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario considerato che il percorso formativo previsto dal nuovo TFA è strettamente affine a quello delle SSIS.
(2-01292)
«Di Giuseppe, Donadi, Zazzera».
Interrogazione a risposta scritta:
OLIVERIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i regolamenti comunitari prevedono che ogni anno le amministrazioni nazionali devono raggiungere determinati obiettivi di spesa dei fondi comunitari, pena la perdita dei fondi non spesi;
risultano pesanti ritardi su diversi programmi operativi e quindi un elevato rischio che l'Unione europea, non essendo raggiunti i predetti obiettivi, disponga il disimpegno automatico dei fondi non utilizzati già destinati all'Italia;
in particolare, il PON ricerca e competitività 2007/2013 (a regia Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quale programma operativo con la maggior dotazione finanziaria, risulta in gravissimo ritardo di spesa;
il ritardo che si denuncia non può che essere anzitutto il risultato di una carente e deficitaria pianificazione e programmazione delle risorse, specialmente alla luce del fatto che sono trascorsi ben cinque anni (gennaio 2007) dall'avvio del ciclo del PON e ne mancano soltanto due alla chiusura dello stesso (dicembre 2013);
sulla base della pianificazione operata dalla competente direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dalla corrispondente autorità di gestione del PON, non sarebbe infatti stato possibile raggiungere i citati obiettivi di spesa;
ciò è confermato dal fatto che, nel corso di quest'anno, sia (con decreto del 19 maggio 2011) la dotazione finanziaria del bando PON ex articolo 12 per la ricerca industriale che (in extremis, con decreto del 9 novembre 2011, e non senza accese polemiche anche da parte delle rappresentanze regionali) quella del bando PON per le infrastrutture di ricerca sono state incrementate in misura assai significativa e pressoché raddoppiate;
la situazione appare oltremodo pregiudizievole per gli interessi e per le casse del Ministero, avendo questo assunto impegni giuridicamente vincolanti per oltre un miliardo di euro, a fronte del concreto rischio di disimpegno automatico di fondi comunitari fino a circa seicento milioni di euro;
la situazione appare ancora maggiormente pregiudicata da ulteriori fattori di rischio rispetto ai quali la direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la corrispondente autorità di gestione del PON ad avviso dell'interrogante nulla hanno fatto per porre rimedio;
nell'ordine, risulta che il bando PON ex articolo 12 per la ricerca industriale, finalmente chiusosi, non produrrebbe spesa nell'anno in corso se non a favore di soggetti pubblici, a causa della mancata previsione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di un'adeguata modalità di copertura del rischio di insolvenza da parte delle numerose piccole e medie imprese coinvolte, come testimonia la difficoltà per le stesse di reperire la garanzia assicurativa necessaria per ottenere il finanziamento;
la valutazione dei progetti sul bando PON ex articolo 13 per i distretti ad alta tecnologia ed i laboratori pubblico-privati sarebbe ferma da tempo e comunque, come testimonia la mancata decretazione,
non ha ancora prodotto nessun impegno giuridicamente vincolante e non produrrà certamente nessuna spesa per l'anno in corso;
il bando PON per le infrastrutture di ricerca non avrebbe ancora prodotto nessuna spesa, anche alla luce di vivaci polemiche e di perplessità manifestate dalle autorità regionali e comunitarie in ordine alla gestione del bando, in parte testimoniate anche dai mezzi di stampa quale Repubblica del 21 novembre 2011 (a proposito dei così chiamati «Scampoli di fine stagione della Gelmini: fondi a pioggia, spesso agli amici») -:
a quali ragioni sia dovuta tanta carenza nella programmazione e pianificazione delle risorse comunitarie da parte della competente direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della corrispondente autorità di gestione del PON;
quali valutazioni siano state fatte ed in quale sede considerato che si è giunti a giudizio dell'interrogante impreparati ad una scadenza così importante;
quali iniziative s'intendano urgentemente assumere e quali siano state intanto assunte per ridurre il più che concreto rischio di disimpegno automatico dei fondi comunitari destinati alla ricerca scientifica italiana;
quali siano le valutazioni e le motivazioni per cui, in vista della spesa, pare essersi sottovalutato il rischio di insolvenza delle piccole e medie imprese sul bando PON ex articolo 12 e la difficoltà di accesso al credito e alle garanzie sul rischio anzidetto da parte delle stesse;
quali siano le motivazioni per cui il bando PON ex articolo 13 avanza, ad avviso dell'interrogante, con tanta lentezza e senza nessun risultato utile in vista dei previsti obiettivi di impegno e una spesa di fine anno, nonché quali iniziative si intendano prendere per accelerare l'iter della valutazione;
quali siano le motivazioni per cui insistano tante polemiche e perplessità sulla gestione del bando PON infrastrutture, e quali siano le motivazioni per cui si sia disposto un tale incremento della dotazione finanziaria, peraltro senza nessun preavviso nei confronti delle autorità regionali, e si sia utilizzato tale incremento per scorrere una graduatoria formata, invece di integrare il finanziamento ai progetti già selezionati (e a cui era stata decurtata una quota percentuale significativa dello stesso, con il rischio che i progetti non siano così nemmeno sostenibili);
quali provvedimenti ed iniziative intenda perseguire il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per porre rimedio a questa grave situazione di pregiudizio e al rischio di perdita di fondi comunitari a favore della ricerca scientifica italiana, e per correggere una tanto deficitaria e carente pianificazione e programmazione delle relative risorse;
quali altri provvedimenti ed iniziative intendano perseguire i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di propria competenza, per ridurre tutti i sopra indicati rischi e pregiudizi, oltre che prevenirne il ripetersi.
(4-14168)
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è notizia apparsa sul quotidiano Il Piccolo del 4 dicembre 2011 quella di un trentunenne cui è stato revocato l'assegno di invalidità per miglioramento del suo deficit motorio grazie ad una protesi;
trattasi di un signore, appunto, di trentun'anni che a causa di un tumore
maligno dei tessuti molli (sarcoma sinoviale) ha subito l'amputazione della parte inferiore della gamba sinistra;
il 1o febbraio 2011 la commissione dell'asl di Gorizia gli aveva riconosciuto la titolarità alla pensione di invalidità civile, ma, a seguito degli accertamenti espletati dal centro medico-legale dell'Inps di Gorizia in sede di verifica dei requisiti sanitari per godere della pensione a norma dell'articolo 20, comma 2, della legge 102 del 2009, il beneficio gli è stato revocato, con richiesta di restituire, altresì, quanto percepito a novembre;
in sostanza, in sede di verifica i medici dell'istituto hanno espresso un giudizio medico-legale tale da determinare il riconoscimento di uno stato invalidante con riduzione permanente della capacità lavorativa compresa tra il 34 per cento ed il 73 per cento, e ciò perché è stato riconosciuto un miglioramento grazie alla protesi -:
se sia a conoscenza della vicenda e, per quanto di competenza, in che modo intenda attivarsi per ripristinare in favore dell'interessato il diritto a percepire il trattamento di invalidità, stante che è paradossale considerare una protesi come appiglio per la revoca del trattamento medesimo.
(5-05792)
BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, la cosiddetta legge Biagi, ha introdotto, per ciò che concerne il mercato del lavoro, l'istituto di inserimento o di reinserimento. Sono contratti diretti a realizzare l'inserimento nel mercato del lavoro di alcune categorie di persone cosiddette «svantaggiate»;
all'articolo 54 del suddetto decreto legislativo si individuano sei categorie di persone che possono usufruire dei contratti di inserimento e che vengono divise per lettera; nello specifico alla lettera e) si citano «donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile». La circolare n. 31 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 21 luglio 2004 ha fornito importanti chiarimenti anche relativamente ai benefici economici e normativi legati alla stipulazione di tale contratto. Lo stesso Istituto nazionale di previdenza sociale ha emanato numerose circolari con le quali ha confermato le agevolazioni previste dall'articolo 59 del decreto legislativo n. 276 del 2003;
al fine dell'applicazione della citata lettera e) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha individuato con decreto ministeriale del 17 novembre 2005 le aree territoriali di applicazione del contratto di inserimento;
nello stesso decreto ministeriale all'articolo 2 si legge «le aree territoriali di cui all'articolo 2 lettera f) del Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002 sono identificate nelle Regioni Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna»;
la sopraccitata misura è stata confermata per l'anno 2007 con il decreto ministeriale del 31 luglio 2007 e, da ultimo, per l'anno 2008, con decreto Ministeriale del 13 novembre 2008;
dopo il 13 novembre 2008 non vi sono stati più decreti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e questo proprio mentre la disoccupazione, quella femminile in particolare, nel corso degli anni risulta essere incrementata dal perdurare della crisi economico e finanziaria che ha colpito l'Italia ed in misura netta il Mezzogiorno;
dopo l'ultimo decreto del 13 novembre 2008 per gli anni 2009, 2010 e 2011 non sono stati più emessi decreti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonostante il fatto che la disoccupazione, con particolare riferimento quella femminile, non sia sicuramente diminuita rispetto agli anni precedenti. Ed anzi, il perdurare della crisi economica e finanziaria ha semmai peggiorato la situazione del mercato del lavoro del territorio e proprio la continua chiusura delle aziende tessili e calzaturiere ha lasciato senza impiego molti lavoratori e tra questi sicuramente le donne sono quelle che più di tutti hanno subito la perdita del posto del lavoro;
la lettera e) dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, ad oggi, non risulta essere abrogata nonostante la mancanza dei decreti ministeriali. Dal 2008 ad oggi vi è stato un oggettivo vuoto legislativo che si sta ripercuotendo su numerose aziende, le quali hanno ritenuto, anche per gli anni successivi al 2008, di instaurare contratti di inserimento facendo riferimento alla lettera e) poiché l'esperienza degli anni precedenti faceva ritenere che anche per gli anni successivi al 2008 il decreto sarebbe arrivato, seppure in ritardo, ma senza modifiche;
la legge n. 183 del 12 novembre 2011 all'articolo 22 «Apprendistato, contratto di inserimento donne, part-time, telelavoro, incentivi fiscali e contributivi», comma 3, ha assunto, invece, l'articolo 54 comma 1 lettera e) della legge n. 276 del 2003 apportando delle modifiche. Si legge, infatti, «al fine di promuovere l'occupazione femminile, all'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la lettera e) è sostituita dalla seguente: "e) donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno di 20 punti percentuali a quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi di 10 punti percentuali quello maschile. Le aree di cui al precedente periodo nonché quelle con riferimento alle quali trovano applicazione gli incentivi economici di cui all'articolo 59, comma 3, nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 31 dicembre di ogni anno, con riferimento all'anno successivo". Per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, le aree geografiche di cui all'articolo 54, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, come modificata dal presente comma, sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge». Nei fatti è stata aggiunta una «novella» nella quale si parla di donne con anzianità non lavorativa di almeno 6 mesi;
molti imprenditori e molte imprenditrici che nel gap legislativo hanno proceduto ad assumere secondo i dettami stabiliti nella lettera e) della cosiddetta «legge Biagi» paventano, dunque, stante quanto reca la legge di stabilità per il 2012 la possibilità di nuovi ed ulteriori contenziosi da parte degli organi ispettivi;
è da ricordare che l'interrogante aveva già posto questo tipo di problematica nella precedente interrogazione a risposta in commissione atto n. 5/03673 presentata il 27 ottobre 2010 nella quale segnalavano sanzioni riportate ad alcune aziende da parte dell'Inps in virtù dell'applicazione della lettera e) della legge Biagi in assenza di emanazione del decreto ministeriale. Nella risposta fornita dal Sottosegretario Luca Bellotti il 5 luglio 2011 si legge «l'Inps ha reso noto di non aver mai fornito alcuna indicazione di carattere generale finalizzata al recupero delle agevolazioni contributive fruite in relazione a contratti di inserimento stipulati successivamente al 31 dicembre 2008. L'Istituto ha infatti ritenuto che - nelle more dell'emanazione del previsto decreto ministeriale -
la stipula dei contratti e le correlate agevolazioni contributive dovessero ritenersi legittime sulla base di quanto previsto dall'ultimo decreto emanato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 13 novembre 2008. Tale orientamento si fonda sul riconoscimento della natura essenzialmente dichiarativa del decreto Ministeriale da emanarsi in attuazione della predetta disposizione normativa; ciò alla stregua di quanto affermato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in sede di risposta ad una istanza di interpello sulla medesima questione formulata dalla regione Siciliana. In tale atto, in particolare, si afferma che un decreto intervenuto «in ritardo» rispetto al proprio periodo di riferimento vada a «sanare» tutti i contratti di inserimento già stipulati nel corso di tale periodo e conformi a quanto rilevato nel decreto medesimo. È proprio su questo presupposto che l'Istituto ha reso noto di non aver mai modificato le proprie procedure di controllo delle denunce mensili, al fine di consentire che le agevolazioni per contratti di inserimento stipulati con le donne a decorrere dal 1o gennaio 2009 risultassero legittimamente fruite. Pertanto, solo nel momento in cui verranno emanati i decreti ministeriali per gli anni dal 2009 in poi, l'Istituto potrà verificare la conformità dei contratti già stipulati al contenuto dei decreti, prevedendo modalità di conguaglio dei benefici eventualmente fruiti in misura difforme da quanto spettante»;
nonostante la sopra citata risposta, va segnalato che in controtendenza a quanto sopra si legge, alcune aziende del territorio salentino hanno ricevuto nel periodo di assenza legislativa, proprio in merito all'agevolazione postulata nella lettera e) della legge Biagi, sanzioni apportate dagli organi ispettivi e contenziosi sono ancora in corso -:
se il Ministro, stante la situazione sopra esposta, non ritenga di dover intervenire con iniziative normative idonee che specifichino in modo esplicito il prolungamento del criterio di individuazione della condizione di non occupazione delle donne fino alla data del prossimo decreto, che come asserisce l'articolo 22, comma 3, della legge di stabilità 2011 dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2011, onde sanare assunzioni di lavoratrici semplicemente disoccupate alle quali non è stato imputato il criterio dei 6 mesi semplicemente perché non prevedibile, in ragione della formulazione dei precedenti decreti, più volte reiterati;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire sollecitando l'Inps a verificare quanto prima la situazione di accertamento in merito ai contratti di inserimento lavorativi stipulati dopo il 31 dicembre 2008 e le eventuali sanzioni che le direzioni territoriali abbiano provveduto ad apportare alle aziende del territorio salentino che avevano inteso procedere secondo i dettami della lettera e) della legge Biagi, pur in assenza di decreto, ciò al fine di non penalizzare ulteriormente comparti lavorativi che già con fatica resistono al perdurare della crisi economica.
(5-05795)
MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in una recente interpellanza urgente (2-01106) rivolta al precedente esecutivo è stato messo in luce il sostanziale fallimento del cosiddetto bonus precari, l'indennità rivolta ai collaboratori a progetto in disoccupazione introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2009, n. 2;
a fronte di un significativo stanziamento di fondi dedicati, le erogazioni una tantum in favore dei collaboratori a progetto effettivamente versate risultano piuttosto esigue. Le cifre offerte dal Governo in risposta agli atti di sindacato ispettivo dell'opposizione lo confermano: «le domande pervenute nella procedura sono: n. 16.767 per l'anno 2009, n. 17.418 per il biennio 2010-2011; di cui respinte: n. 13.468 (2009) n. 10.904 (2010-2011). Le domande accolte/beneficiari e gli importi erogati sono: n. 3.138 (anno 2009) per un
totale di euro 5.170.902,72 n. 6.107 (2010-2011) per un totale di euro 18.022.799,11. Alla data del 23 maggio 2011 scorso le risorse disponibili ammontano a euro 176.806.298,17» (risposta del Governo all'interpellanza urgente n. 2-01106 in data 9 giugno 2011);
è stata depositata il 3 agosto 2011 la proposta di legge A.C. 4577 che prevede una revisione dei requisiti attualmente richiesti dalla normativa per poter usufruire dell'indennità. I requisiti troppo stretti sono alla base degli scarsi risultati raggiunti dallo strumento dell'indennità, nonostante vi sia un ampio numero di lavoratori precari, soprattutto giovani, colpiti dalla crisi economica che hanno perso il lavoro. La proposta semplificherebbe i requisiti per poter richiedere il bonus. Con il nuovo regime basterebbero tre mesi di contribuzione nell'anno precedente e il regime di monocommittenza per almeno per il 75 per cento dei redditi percepiti. L'indennità verrebbe inoltre erogata anche ai titolari di partita iva e agli associati in partecipazione, finora esclusi dalla legge. La proposta di legge rappresenta uno dei possibili modi, secondo i presentatori, di rendere efficace uno strumento finora rilevatosi fallimentare -:
quale sia la posizione del Governo sulla questione dell'indennità per i precari, stanti anche le ampie risorse finanziarie che risultano non spese, e se non ritenga di adottare iniziative volte alla revisione del meccanismo che garantiscano ai lavoratori precari degli strumenti di sostegno al reddito in caso di perdita del posto di lavoro.
(5-05797)
Interrogazioni a risposta scritta:
MARINELLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si sono verificati diversi casi riguardanti lavoratori che hanno aderito alla proposta dell'azienda di cui erano dipendenti di esodo incentivato legato alla riduzione del personale (consistente in un accordo tra le parti assolutamente volontario) concordando quindi la parte economica fino al raggiungimento dei 40 anni di servizio per l'accesso alla pensione, comprensivo del periodo delle finestre trimestrali;
da notizie di stampa riguardanti la preannunciata riforma in materia previdenziale che, anche su esplicita richiesta dall'Europa, il Governo recentemente insediatosi si prepara ad approntare, si apprende che tra le varie modifiche vi sarebbe il probabile allungamento del periodo per l'accesso alla pensione, che penalizzerebbe gravemente i lavoratori che hanno aderito alla formula dell'esodo incentivato;
questi ultimi, infatti, essendo giunti o prossimi al raggiungimento del requisito anagrafico e contributivo per il pensionamento, si trovano nella paradossale e grave situazione di non percepire alcuna forma di reddito e comunque, con un'età piuttosto avanzata, si ritroverebbero davanti ad enormi difficoltà nella conduzione quotidiana della famiglia o alla ricerca di un nuovo lavoro;
tale situazione, causata dal prolungamento delle finestre previdenziali risulterebbe ancora più difficile con l'allungamento dell'età pensionabile -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative intenda assumere, anche ove possibile, con effetti retroattivi, al fine di salvaguardare i lavoratori che hanno aderito all'esodo incentivato legato alla riduzione del personale da parte della azienda di cui erano dipendenti che, in caso di allungamento dell'età pensionabile, si troverebbero senza stipendio e senza pensione.
(4-14146)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
tre lavoratori sono morti a poche ore di distanza a Bergamo, Roma e Oristano;
si tratta di tre tragedie accadute il 25 novembre 2011;
in particolare, intorno alle 5 del mattino del 25 novembre una violenta esplosione ha distrutto la cartiera Ca-Ma di Lallio, alle porte di Bergamo; l'operaio addetto alla caldaia, il signor Rosario Spampinato, 50 anni, è morto, mentre altri sette colleghi sono riusciti a salvarsi; poco dopo il signor Ioan Tohanean, ha perso la vita in un cantiere di costruzioni in zona Anagnina a Roma; infine a Oristano una commessa di 36 anni, la signora Maria Cristina Allegretti, dipendente di un negozio di detersivi alla spina, è morta dopo essere rimasta schiacciata da un distributore automatico che era stato appena scaricato da un camion nel cortile del negozio -:
l'esatta dinamica degli incidenti sopra citati;
se risulti che le norme relative alla sicurezza sul lavoro siano state rispettate o disattese;
quali iniziative urgenti si intendano promuovere, adottare, sollecitare a fronte di quanto sopra esposto.
(4-14148)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia Ansa del 1° dicembre 2011 un operaio di Taranto che ha contratto il mesotelioma pleurico, chiederà il risarcimento agli Stati Uniti per aver lavorato a lungo su navi Usa contaminate da amianto;
l'istanza sarà presentata, tramite l'associazione «Contramianto», dall'avvocato Mitchell Cohen di Philadelphia e lo studio legale italiano Ceriani;
si tratta del quarantunesimo caso di mesotelioma registrato da «Contramianto» in Marina Militare e Arsenale di Taranto, per il quale l'Inail ha già riconosciuto la malattia professionale;
«anche per questo lavoratore - sottolinea in una nota Luciano Carleo, presidente di «Contramianto» - sarà possibile richiedere da subito il cosiddetto "risarcimento americano" che va ad aggiungersi a tutte le altre possibili azioni che potranno essere intentate in sede giuridica per far valere i propri diritti»;
si tratta dell'ennesimo caso di mesotelioma che colpisce un operaio tarantino, che si aggiunge al lunghissimo elenco di quanti in questi anni hanno manifestato patologie asbesto correlate per aver lavorato in Marina Militare a bordo di navi e sommergibili come marinai o come operai nei lavori di manutenzione e costruzione navale esposti all'amianto che inquinava tutti i locali con le sue micidiali fibre cancerogene -:
quali iniziative si intendano promuovere, adottare, sollecitare, nell'ambito delle proprie prerogative, per sostenere la giusta iniziativa dell'operaio di Taranto e di quanti come lui, hanno contratto mesotelioma pleurico, per aver lavorato a lungo su navi contaminate da amianto e se non ritengano di dover disporre un'indagine per accertare quanti lavoratori si trovano in analoghe condizioni, e se si siano visti corrispondere o meno una qualche forma di risarcimento, e di quale entità.
(4-14150)
SBROLLINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Montecchio Maggiore (Vicenza) esiste una frazione detta Alte Ceccato, località che prende il nome dall'omonima ditta «Ceccato» che da decenni è presente nel territorio comunale;
tale attività produce autolavaggi per auto e camion, e rappresenta un'importante realtà produttiva che offre lavoro a
decine di dipendenti (ad oggi 150 lavoratori), e che si identifica pienamente con il territorio cresciuto e sviluppato attorno a questo sito;
la ditta in questione rappresenta un punto di eccellenza e di qualità produttiva del Vicentino, e coinvolge una realtà diffusa di piccole ditte che creano l'indotto dell'intera zona;
anche questa grande realtà segna il passo e risente della crisi generale;
sulla stampa locale, si apprende che per motivi economici, la dirigenza sta valutando l'ipotesi di trasferire l'attività in altra località della provincia, con un eventuale esubero di decine di dipendenti (circa 50), e con una ovvia ricaduta negativa dell'indotto;
tale decisione, sembra dettata dagli elevati costi d'affitto dell'immobile oggi occupato dalla ditta;
perdere questa storica produzione vorrebbe dire snaturare l'intera zona che è sorta e si è sviluppata attorno a questo sito -:
se il Governo ritenga di assumere iniziative per scongiurare tale ipotesi e se intenda intervenire a salvaguardia dei posti di lavoro scongiurando l'inevitabile crisi a catena che lo spostamento dell'attività produrrebbe nell'intero ovest vicentino.
(4-14161)
...
SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata:
REGUZZONI, BOSSI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la situazione di grave crisi economica mondiale in atto pone, anche nel nostro Paese, il problema della riduzione delle risorse disponibili per il finanziamento delle prestazioni di contenuto economico e sociale a favore dei cittadini, in particolare per quanto riguarda le prestazioni sanitarie;
come evidenziato di recente in occasione del dibattito sulla manovra finanziaria per il 2012, presso la commissione bilancio del consiglio regionale della Lombardia, il ridimensionamento delle risorse statali trasferite alle regioni, anche in relazione ai vincoli derivanti dal patto di stabilità, già comportano una riduzione della capacità di spesa delle singole regioni che, per quanto riguarda la Lombardia, si stima in una riduzione di circa il 25 per cento;
in questo quadro si inserisce la situazione assai differenziata in cui versano le regioni del Nord e quelle del Sud, sia sotto il profilo della gestione di bilancio, che vede le regioni del centro-sud alle prese con significativi disavanzi, sia sotto il profilo delle situazioni debitorie e creditorie derivanti dalla mobilità sanitaria interregionale;
come è noto, da un punto di vista amministrativo si può parlare di due tipi di mobilità interregionale: passiva (quando un'azienda sanitaria locale utilizza parte del proprio budget per riconoscere le prestazioni
sanitarie che i proprio residenti effettuano in un'altra azienda sanitaria locale fuori regione) e attiva (quando l'azienda sanitaria locale riceve il corrispettivo per le prestazioni effettuate a favore di pazienti provenienti da altre regioni);
nel maggio 2011 le regioni hanno raggiunto un accordo che abbatte del 2 per cento le tariffe uniche concordate con cui vengono valutate le prestazioni. Tale scelta risulta a vantaggio delle regioni che registrano una maggiore mobilità passiva e, di contro, sfavorevole per le altre. Nonostante ciò, il divario tra regioni debitrici e creditrici resta ampio. Secondo la tabella sanitaria interregionale approvata dai presidenti delle regioni a maggio 2011, la mobilità passiva complessiva delle regioni debitrici ammonta a oltre 1,3 miliardi di euro;
in base a questi dati le regioni del Nord risultano creditrici di somme significative: la Lombardia per circa 769 milioni di euro, il Veneto per circa 93,7 milioni di euro;
al contrario, le regioni su cui pesa maggiormente la mobilità passiva sono: Campania (331 milioni di euro), Calabria (233 milioni di euro), Sicilia (208 milioni di euro) e Abruzzo (124 milioni di euro);
si stima che sono quasi un milione gli italiani che ogni anno si fanno ricoverare in un'altra regione anche per semplici colecistectomie, interventi all'ernia o per partorire, sulla base perciò di motivazioni varie, tra cui, soprattutto al Sud, primeggia la sfiducia nel servizio sanitario della propria regione e la ricerca di tempi di attesa più brevi -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di monitorare più efficacemente la mobilità sanitaria interregionale, anche sotto il profilo dell'appropriatezza delle prestazioni e soprattutto per garantire che le regioni creditrici possano rapidamente vedere soddisfatti i propri crediti, in modo da poter programmare la propria spesa sanitaria, pur nelle difficoltà imposte dall'attuale crisi economica.
(3-01962)
CICCIOLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi due-tre anni anche in Italia (oltre che in Grecia, Israele, India, Pakistan ed altri Paesi) si è assistito ad un incremento nel rilevamento di microrganismi che presentano antibiotico-resistenza ad un'importantissima classe di antibiotici: i carbapenemi, che attualmente sono i farmaci d'urgenza nei casi di infezioni delle vie urinarie ed ematiche, dovuta alla diffusione di enterobatteri produttori dell'enzima carbapenemasi, con incremento di singoli casi e di epidemie di gravi forme di polmonite batterica;
la diffusione in ambito sanitario, in ospedali, cliniche, case di riposo e residenze sanitarie di questi microrganismi rappresenta un rischio rilevante, potenzialmente responsabile di eventi gravi fino al decesso, e può essere contrastata con interventi adeguati e tempestivi attraverso indicazioni pratiche e protocolli operativi per la prevenzione, la diagnosi, la sorveglianza e il controllo degli enterobatteri produttori di enzimi resistenti nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie e la predisposizione di appositi laboratori macrobiologici predisposti per lo studio e la rilevazione del microrganismo, al fine di individuare sia i soggetti già infetti che i pazienti colonizzati -:
se non ritenga importante e assolutamente necessario intraprendere iniziative a livello nazionale al fine di limitare la diffusione di questi ceppi multiresistenti, valutare l'attivazione di un piano di sorveglianza attiva, adottando tempestivamente misure stringenti di contenimento della diffusione del microrganismo, e fornire ai pazienti infetti o colonizzati e ai loro familiari le informazioni su questi microrganismi.
(3-01963)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MANCUSO, BARANI, DE LUCA, CECCACCI RUBINO, MANNUCCI e FRASSINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Green Hill, di proprietà della multinazionale Marshall, è sita nel paese di Montichiari, in provincia di Brescia;
la Green Hill è l'unica azienda in Italia ad allevare cani di razza beagle destinati alla vivisezione e alla sperimentazione;
ogni anno vengono venduti dalla Green Hill ai laboratori di tutta Europa circa 2.500 cani;
tutte le ispezioni effettuate alla Green Hill dai vigili e dalla ASL, l'ultima delle quali a fine settembre 2011, hanno stabilito che l'allevamento è a norma;
di contro non si può negare, a giudizio degli interroganti, che l'attività della Green Hill sia del tutto contraria alla coscienza culturale del nostro Paese;
in poco tempo i comitati contrari all'attività della Green Hill hanno raccolto 17mila firme, consegnate al sindaco di Montichiari Elena Zanola;
il gruppo dedicato sul sito internet Causes conta ben 208mila adesioni, altri 24mila sono gli iscritti al dedicato gruppo facebook;
Albert Einstein, riferendosi alla vivisezione, ha scritto che «nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni»;
è stato ampiamente dimostrato che la sperimentazione su esseri animali può essere sostituita con altri metodi;
nei giorni scorsi circa 25.000 persone provenienti da tutta Italia hanno protestato pacificamente per le vie di Montichiari -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative finalizzate a vietare attività di allevamento come quelle esercitate dalla Green Hill;
se il Governo intenda lanciare una campagna mediatica di sensibilizzazione contro la pratica della sperimentazione su primati, cani e gatti.
(5-05796)
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Corriere.it ha pubblicato sul suo sito la notizia «La Rai nel giorno dell'AIDS: non dite "profilattico"», a proposito di una presunta mail «interna» che rispecchierebbe la linea del ministero della Salute;
in particolare si riferisce che la parola «profilattico» nell'Italia 2011 sarebbe ancora «un tabù»;
almeno lo è «per la Rai e per il Ministero della salute... Non bisogna pronunciarla nemmeno in occasione della giornata mondiale contro l'Aids... i conduttori e le redazioni dei programmi coinvolti nell'iniziativa hanno ricevuto un'e-mail che lasciava adito a pochi dubbi: "Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test Hiv in caso di potenziale rischio. Se potete, sottolineate questo concetto"»;
l'e-mail in questione, «con priorità alta», sarebbe firmata dalla signora Laura De Pasquale «funzionaria della TV di Stato in rapida ascesa, nonché fidanzata del "cameraman privato" dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi» -:
se quanto riferito dal Corriere.it corrisponda a verità, e in particolare se su impulso e indicazione del Ministero della
salute sia stata diffusa una mail nella quale si invitava non usare la parola «profilattico»;
in caso affermativo, quale sia la ragione di tale iniziativa da parte del Ministero della salute al quale certamente non compete stabilire o invitare cosa devono dire o non devono dire conduttori e redattori della RAI TV;
in caso negativo, quali iniziative intenda assumere per tutelare la credibilità del Ministero a fronte di una tale iniziativa, attribuita al Ministero della salute;
quali iniziative comunque si intendano promuovere, sollecitare e adottare in ordine a quanto sopra esposto.
(4-14147)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia Ansa il 3 dicembre 2011 informava che è mistero sulla morte di una giovane di 24 anni di Manduria, la signora Carmen Giorgino, istruttrice di nuoto in una piscina, affetta da una febbre altissima, che è deceduta a Taranto dopo essere stata visitata e poi trasferita in quattro ospedali;
in particolare risulta che alle 13 del 2 dicembre la ragazza sia stata trasportata con un ambulanza del 118 all'ospedale Giannuzzi di Manduria e sottoposta a una serie di consulenze; i medici, constata la gravità del caso, ne hanno disposto il trasferimento all'ospedale San Marco di Grottaglie, per un altro consulto nel reparto di ginecologia. Da lì la ragazza è stata successivamente trasferita all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Ulteriori accertamenti medici e radiografici avrebbero infine consigliato il trasferimento nel reparto di ematologia dell'ospedale Moscati di Taranto, dove la ragazza è deceduta subito dopo il ricovero -:
di quali elementi disponga in merito all'esatta dinamica dei fatti;
se non si intenda promuovere ogni iniziativa di competenza volta a fare piena luce sull'accaduto.
(4-14160)
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
MARTELLA e CARELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Sigma-Tau opera nell'ambito farmaceutico, è costituito da sei società e impiega un totale di 2500 lavoratori in tutta Italia. Nel 2010 il gruppo ha acquisito per 340 milioni di dollari una società americana specializzata in «orfan drugs» (farmaci orfani), la Enzon;
il gruppo ha comunicato alle rappresentanze sindacali, nel mese di giugno; la volontà di quotarsi in borsa e di voler continuare l'attività industriale, anche a seguito della morte del fondatore Claudio Gavazza;
nel mese di ottobre sono iniziate a circolare voci in azienda riguardo a una pesante riorganizzazione, che hanno trovato conferma ufficiale il 28 novembre 2011, quando l'azienda ha presentato alle rappresentanze sindacali la lettera di richiesta di esame congiunto per ottenere il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per 569 addetti sul sito di Pomezia, nonché la messa in liquidazione dei due centri di ricerca di Milano e Caserta per complessivi altri 110 addetti;
l'azienda ha inoltre comunicato la disdetta di tutti gli accordi aziendali a partire dal 1° gennaio 2012, sostenendo che sarebbe stato proprio il peso economico degli stessi a contribuire in modo determinante alla situazione di crisi in atto;
nonostante le richieste delle organizzazioni sindacali l'azienda si è rifiutata di
presentare e discutere un piano industriale di tutto il gruppo che giustifichi un intervento di tale entità;
la Sigma-Tau è una delle poche aziende del settore a mantenere tutta la filiera produttiva in Italia, in un comparto strategico come quello farmaceutico che necessiterebbe di una politica industriale ad hoc. La chiusura dei due centri di ricerca di Milano e Caserta, unita al pesante ridimensionamento di quello di Pomezia, comporterebbe una perdita gravissima di posti di lavoro e di alte professionalità che nuocerebbe all'intero Paese -:
se il Ministro non ritenga necessario intervenire con la massima urgenza, come richiesto dai sindacati convocando un tavolo nazionale sulla vertenza in questione e sul settore della farmaceutica in generale, per discutere della politica industriale del comparto.
(3-01960)
...
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Berretta e Rubinato n. 4-13998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Laratta.
Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Donadi n. 1-00685, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 497 del 7 luglio 2011.
La Camera,
premesso che:
il sistema di governo locale, pur facendo perno sui comuni e sulle province, si presenta oggi assai più articolato di quanto emerga dalla lettura dell'originario dettato costituzionale non solo perché il legislatore ordinario ha istituito nuovi enti locali territoriali quali la comunità montana e la città metropolitana (quest'ultima ora costituzionalizzata), ma anche perché ha incentivato in vari modi la cooperazione e l'associazione tra gli enti locali;
per lungo tempo l'Italia è rimasta sostanzialmente estranea ad ogni operazione di semplificazione del reticolo del governo locale, pur essendo il problema di tutta evidenza;
il regime fascista, stando ai dati del 1921, ereditò 9.144 comuni. Successivamente, con il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1564, si tentò una politica di accorpamento di comuni che, nel breve volgere di qualche anno, li fece calare a 7.310 (nel 1931). In seguito questa tendenza si invertì evidenziando un aumento delle istituzioni locali di base: 7.681 comuni nel 1946, 8.021 nel 1960, 8.056 nel 1971 e 8.103 nel 1997. Il dato interessante è che, anche dopo l'istituzione delle regioni, il numero dei comuni non accenna a diminuire. Ad oggi, abbiamo 8.101 comuni; l'unione dei comuni è uno strumento amministrativo per la prima volta introdotto con la legge n. 142 del 1990, successivamente corretto con la riforma attuata dalla legge n. 265 del 1999 e poi trasferito, con modifiche, nel testo unico degli enti locali, decreto legislativo n. 267 del 2000. Le modifiche hanno principalmente riguardato i vincoli demografici per i comuni che desiderano partecipare ad un'unione, rimuovendo il tetto dei 5.000 abitanti (inizialmente l'istituto era stato pensato per i piccoli comuni) e l'obbligo di fusione;
nel nostro Paese le unioni di comuni sono 313 e vi aderiscono in tutto 1.561 comuni, per un totale di 5.758.607 abitanti. Le 313 unioni di comuni sono distribuite in 17 regioni italiane (non ne esistono in Valle d'Aosta, Liguria e Basilicata, probabilmente anche a causa della conformazione del territorio delle stesse e della storica presenza di comunità montane).
Le unioni italiane sono composte in media da 5 comuni, con un range di variabilità ampio, andando da un minimo di 2 comuni ad un massimo di 20. I dati nazionali testimoniano comunque una prevalenza di unioni composte da pochi comuni. Questo comporta che, sul piano nazionale, ogni unione è abitata in media da 18.398 abitanti, raggiungendo quindi agglomerati di una certa importanza. In termini relativi, le unioni con popolazione tra 10.000 e 25.000 abitanti rappresentano la maggioranza (35 per cento); l'unione di comuni nasce con lo scopo di gestire e migliorare la qualità dei servizi erogati e delle funzioni svolte, di ottimizzare le risorse economico-finanziarie, umane e strumentali, di esercitare ai sensi dell'articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, in forma unificata per i comuni aderenti, le seguenti funzioni e servizi, nonché le funzioni previste dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica): servizi sociali; protezione civile; canile; musei; servizi ricreativi e culturali; avvocatura; mobilità-sistema trasporti intercomunali; sportello unico informa giovani; ufficio coordinamento dello sviluppo economico, sociale, ambientale, infrastrutturale del comprensorio, utilizzando tutti gli strumenti di concertazione e partenariato sociale opportuno; servizio informatico; servizio affissioni; difensore civico; nucleo di valutazione; servizio di mappatura delle funzioni e dei servizi dell'unione. All'unione possono essere attribuite altre funzioni e/o servizi con deliberazione del consiglio dell'unione, previa delibera in tal senso dei comuni partecipanti all'unione stessa;
la crisi e il processo di globalizzazione impongono la necessità di superare le frammentazioni e presentare i territori come entità coese, organizzate e rappresentative dei bisogni sociali ed economici della collettività. Le unioni di comuni possono rappresentare un utile strumento per superare le difficoltà che i comuni di piccole e medie dimensioni incontrano nel reperire le risorse finanziarie necessarie alla fornitura di servizi per la collettività;
l'unione dei comuni, se opera correttamente, può consentire una maggiore efficacia ed efficienza nella spesa per servizi con effetti favorevoli sulla crescita economica delle aree interessate dall'unione. I fattori che possono rendere conveniente l'istituzione di un'unione di comuni sono i seguenti: un miglioramento qualitativo dei servizi (anche in rapporto al loro costo); una gestione più razionale delle risorse (anche umane) e un taglio dei costi; un miglioramento quantitativo dei servizi; un maggiore potere contrattuale nella richiesta di contributi allo Stato, alla regione o all'Unione europea;
le unioni di comuni trasmettono un senso di attivismo e di sapienza innovativa e, soprattutto, aumentano la percezione positiva, da parte dell'opinione pubblica locale, riguardo all'operato delle amministrazioni. Offrono l'immagine di enti che vogliono fare e che si stanno dando da fare. Danno l'idea di una perizia concreta da parte delle amministrazioni nel loro agire. Un altro punto a vantaggio delle unioni di comuni è quello di incrementare il senso della comunità. Questo è un aspetto importante: le unioni valorizzano il senso del locale, confutano l'idea che vivere nei piccoli centri vuol dire avere meno servizi;
le unioni di comuni sono avvertite come una risposta allo spopolamento, un segnale della volontà di chi amministra e di chi fa politica di occuparsi non solo del territorio, ma anche di invertire il processo di allontanamento dello sviluppo dai piccoli centri;
in altri Paesi europei l'aggregazione dei comuni ha dato ottimi risultati. In Danimarca è stato recentemente stabilito che gli attuali 260 comuni verranno ridotti a circa un centinaio attraverso un vasto processo di fusione, che risulta ampiamente condiviso e promosso dal basso. La
Danimarca può essere considerata un caso di punta nel processo fusionista che però ha interessato in tempi non recentissimi anche altri Paesi del centro e nord Europa, a differenza dei Paesi «Club Méd»: Francia (37.763 comuni), Italia e Spagna. Il Belgio è passato da 2.669 comuni a circa 600; la Germania da 38.814 comuni a poco più di 8 mila; la Gran Bretagna da 1.383 comuni a 400; la Svezia da 2.281 comuni a 286;
nel nostro Paese «come in Spagna e in Francia» sono presenti gamme demografiche molto ampie, da giurisdizioni di poche decine di abitanti a città di milioni di abitanti; nei Paesi scandinavi la taglia minima si aggira attorno ai 5.000 abitanti, con una media tra 10.000 e 30.000 abitanti;
i comuni sono la più antica istituzione italiana, quella più vicina ai cittadini e non è possibile pensare di sopprimerla. Si dovrebbe dunque prevedere che resti il consiglio comunale ed il sindaco, ma che tutti i servizi comunali siano affidati ad un'unione tra comuni (senza alcun costo aggiuntivo a carico dei comuni) in modo da raggiungere una soglia minima di 20-25mila cittadini amministrati. Si avrebbero così circa 450 centri di spesa rispetto ai quasi 6000 di oggi. Oggi anche il più piccolo dei comuni ha un servizio demografico, un servizio tecnico, un servizio di contabilità, un servizio di assistenza sociale, un servizio di polizia comunale, un servizio elettorale e quant'altro. Con l'obbligo di aggregazione tutti questi servizi dovranno essere affidati obbligatoriamente all'unione tra comuni, alla quale sarà trasferito tutto il personale. Ciò permetterà sensibili riduzioni dei costi, almeno del 20 per cento di quelli attuali;
l'approvazione della recente manovra finanziaria - di cui al decreto-legge n. 138 del 2011 - ha comportato mutamenti rilevanti nel comparto degli enti locali, in particolare quelli volti alla riduzione dei costi generati dai piccoli comuni «con la previsione di misure e loro attuazione diverse tra comuni fino a 1.000 abitanti e quelli superiori a 1.000 e fino a 5.000 - ed orientati, attraverso un'implementazione progressiva da attuarsi nel corso del biennio, a garantire, obbligatoriamente, l'esercizio associato» in convenzione o unione - delle funzioni fondamentali indicate dall'articolo 21 della legge delega in materia di federalismo fiscale e dei servizi pubblici,
impegna il Governo:
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di far sì che per i comuni dell'intero territorio nazionale, comprese le autonomie speciali, nel rispetto dei rispettivi statuti, si istituiscano unioni di comuni di cui all'articolo 32 del testo unico degli enti locali con una soglia minima pari a 15.000 abitanti, contestualmente disponendo l'obbligo di esercizio associato di tutte le funzioni fondamentali e dei servizi, con ciò anticipando ed abolendo la progressività delle misure disposte in materia dal decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011;
a prevedere per tutte le regioni e per le province autonome di Trento e Bolzano la facoltà di individuare con propria legge soglie minime maggiori per la definizione di aree geografiche omogenee più vaste o, nel caso eccezionale di situazioni peculiari e definite dalla legge dello Stato, minori.
(1-00685)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».
Ritiro di documenti di indirizzo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Donadi n. 1-00685 del 7 luglio 2011;
mozione Bressa n. 1-00774 del 5 dicembre 2011;
mozione Reguzzoni n. 1-00775 del 5 dicembre 2011;
mozione Baldelli n. 1-00776 del 6 dicembre 2011;
mozione Commercio n. 1-00777 del 6 dicembre 2011.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Rigoni n. 5-05675 dell'8 novembre 2011;
interrogazione a risposta orale n. 3-01946 del 29 novembre 2011;
interpellanza urgente Velo n. 2-01284 del 1o dicembre 2011;
interrogazione a risposta scritta Mondello n. 4-14136 del 5 dicembre 2011.