XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 30 novembre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la compagnia aerea Singapore Airlines ha fatto richiesta di poter operare il collegamento Milano Malpensa-New York, e questo permetterebbe al vettore di Singapore, che arriva in Italia e prosegue verso gli Stati Uniti, di effettuare servizi commerciali e imbarcare passeggeri e merci, non soltanto tra Singapore e Milano e tra Singapore e New York, ma anche da Milano verso New York (il che comporterebbe presumibilmente un interesse su Malpensa dei grandi vettori del Golfo: Emirates, Ethiad, Gulf Airways);
la tratta italo americana in questione è già coperta da altri vettori, ma un nuovo collegamento da parte della Singapore Airlines presenterebbe vantaggi immediati per l'incremento dei servizi commerciali operati e una grande potenzialità in termini di transito passeggeri diretti ad altre destinazioni continentali, aumentando così i collegamenti a lungo raggio;
il collegamento operato dalla Singapore Airlines riveste una particolare importanza per il sistema socio-economico della Lombardia e dell'Italia in generale, e potrebbe dare un ulteriore impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive solide alle nostre imprese, specialmente in questo periodo di crisi economica;
l'Italia ha negato la concessione dei diritti di quinta libertà alla compagnia asiatica. Le motivazioni a sostegno di questa decisione, basate su un ipotetico decremento del volume di traffico attualmente operabile dalle compagnie europee, non sembrano essere così forti da controbilanciare gli effetti della mancata attivazione della tratta Milano-Singapore: perdita in termini economici e occupazionali diretti, indiretti e indotti e perdita di attrattività per investimenti diretti esteri;
nella maggioranza degli accordi bilaterali esistenti tra Singapore e i Paesi dell'Unione europea sono contemplati diritti di quinta libertà, e, dato il rifiuto italiano, la compagnia asiatica si vedrà presumibilmente costretta a destinare aeromobili ed equipaggi previsti per il collegamento da Milano Malpensa in un altro aeroporto europeo;
il processo di de-hubbing che ha interessato l'aeroporto di Malpensa negli ultimi anni ha comportato una diminuzione di passeggeri e di voli tale da causare grosse perdite in termini economici. I passeggeri sono scesi da 23,4 milioni del 2007 a 18,9 milioni oggi; il numero dei voli Alitalia settimanali è diminuito da 1.238 del 2007 a 148. Nel settore turismo, sono stimabili perdite di 770 milioni di euro e il costo dei mancati collegamenti è di 830 milioni di euro;
le maggiori compagnie europee si sono trasferite su altri aeroporti e la recente decisione di Air France di abbandonare l'aeroporto di Malpensa rischia di essere dirompente per l'intero trasporto aereo del Nord Italia, spostando su Parigi il nuovo hub per voli intercontinentali della parte più ricca del Paese;
l'articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», all'articolo 5-bis, prevede che il Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro degli affari esteri, promuova la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali e intercontinentali, al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e dei collegamenti internazionali necessari allo sviluppo del sistema produttivo e sociale delle aree interessate, nonché ad ampliare il numero delle frequenze

e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte, dando priorità ai vettori che si impegnino a mantenere i predetti livelli occupazionali,


impegna il Governo:


a rispettare quanto previsto dall'articolo 19, comma 5-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, promuovendo la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte nazionali, internazionali e intercontinentali, di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali e dei collegamenti internazionali necessari allo sviluppo del sistema produttivo e sociale delle aree interessate, nonché di ampliare il numero delle frequenze e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte, dando priorità ai vettori che si impegnino a mantenere i predetti livelli occupazionali;
ad assumere iniziative volte a concedere senza indugio i diritti di «quinta libertà» sull'aeroporto di Malpensa alla compagnia aerea Singapore Airlines;
a garantire, per quanto di sua competenza, ogni atto a supporto della crescita di Malpensa, anche favorendo l'incremento dei voli intercontinentali allo scopo di dare un nuovo impulso ai rapporti commerciali con l'estero, offrendo prospettive solide alle imprese italiane.
(1-00769)
«Reguzzoni, Desiderati, Montagnoli, Allasia, Bossi, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Luciano Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
la sopravvivenza e lo sviluppo del sistema industriale, soprattutto in questa fase congiunturale, dipende dal supporto del sistema creditizio, in termini di finanziamento sia della gestione corrente, sia degli investimenti;
la genesi della pesante crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati di tutto il mondo ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono; il crac di Lehman Brothers di tre anni fa ha fatto drammaticamente emergere l'abuso della leva finanziaria da parte degli istituti di credito e il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse;
un anno fa il Comitato dei governatori delle banche centrali europee ha riscritto l'accordo cosiddetto «Basilea 2» per arrivare al «Basilea 3», che mira a rafforzare il patrimonio delle banche, al fine di scongiurare nuove catastrofi finanziarie; in particolare il nuovo accordo prevede l'invarianza dell'attuale requisito minimo per il patrimonio complessivo, che resta all'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio e l'innalzamento dal 4 per cento al 6 per cento del «Tier 1 Capital», che è il requisito del patrimonio di base; viene poi stabilito che alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto («buffer») di capitale aggiuntivo sopra i minimi, pari al 2,5 per cento soggetto all'aumento nelle fasi di crisi; i nuovi requisiti saranno pienamente a regime solo nel 2019, prevedendo un innalzamento graduale delle soglie;

la questione dei requisiti patrimoniali delle banche degli Stati europei è tornata di attualità dopo la decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre, nel quale i Governi dell'Unione europea hanno concordato sulla necessità di elevare l'indice di Core Tier 1 dal 7 al 9 per cento e hanno introdotto nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto;
il rispetto dei nuovi requisiti fissati dalla european banking authority, comporterebbe per gli istituti di credito italiani una ricapitalizzazione pari a circa 14,7 miliardi di euro, penalizzati dalla notevole quantità di Bot e Btp che detengono in portafoglio, in un momento in cui il nostro debito sovrano è sottoposto a evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei; la prospettiva per le banche italiane potrebbe essere quindi quella di restringere l'erogazione del credito verso le imprese con conseguenze disastrose per l'economia, in un momento in cui le necessità del sistema industriale sono proprio opposte; l'alternativa sarebbe quella di nazionalizzare il nostro sistema bancario o consentire l'ingresso nel capitale delle nostre banche ai grandi gruppi stranieri;
il rispetto dei nuovi requisiti patrimoniali penalizzerebbe eccessivamente gli istituti di credito italiani, che presentano sicuramente una struttura di bilancio meno rischiosa rispetto ai concorrenti europei: una ricerca di Mediobanca, pubblicata nei giorni scorsi, basata sui dati del primo semestre 2011, confronta l'attività dei 20 principali gruppi bancari europei. Il dato più interessante riguarda la rischiosità degli attivi e in particolare le attività di livello 3, cioè quelle di problematica valutazione e smobilizzo perché prive di mercati liquidi; considerando questo parametro, Intesa Sanpaolo e Unicredit, le uniche banche italiane esaminate nello studio, sono tra gli istituti meno esposti, con incidenze molto contenute, rispettivamente il 6 per cento ed il 17 per cento del patrimonio di vigilanza, ben al di sotto della media europea (31,2 per cento); considerando, invece, la leva, tra le 20 banche esaminate, Ubs e Deutsche Bank sono gli istituti con la leva più elevata (47,1 per cento e 49,9 per cento rispettivamente), mentre le italiane si collocano nettamente sotto la media, con il 20,8 per cento di Unicredit e il 17,9 per cento di Intesa;
la ricerca prosegue, prendendo in considerazione altri parametri: le nostre banche dipendono molto meno dal mercato interbancario, che rappresenta il 14,2 per cento della raccolta al 30 giugno 2011. La media europea si aggira invece attorno al 16,6 per cento, con il 24 per cento delle francesi e il 22 per cento delle svizzere e delle tedesche; per quanto riguarda poi le masse, in Italia la raccolta diretta è destinata per il 93,5 per cento agli impieghi, uno dei livelli maggiori del panel, mentre la media si ferma al 77,8 per cento; all'alta incidenza delle erogazioni si associa una bassa incidenza di derivati, che rappresentano il 6,8 per cento sul totale attivo contro una media europea del 16,9 per cento (Deutsche Bank arriva al 30 per cento); le banche italiane hanno, inoltre, una delle incidenze più elevate dei conti correnti e dei depositi della clientela sul totale attivo (41,1 per cento contro la media del 36,7 per cento e contro il 30 per cento delle francesi o il 32 per cento delle tedesche) e proprio lo studio Mediobanca sottolinea come i depositi siano la componente più stabile e meno onerosa della raccolta bancaria, costituendo un fattore di stabilità;
notizia delle ultime ore è che anche la seconda banca tedesca, la Commerzbank, parzialmente statalizzata dopo la crisi del 2008, necessiterà di molti più capitali rispetto alle previsioni per raggiungere l'obiettivo del Core Tier 1 al 9 per cento; un rapporto degli analisti interni

prevede un fabbisogno di 5 miliardi di euro, cifra che ha fatto immediatamente crollare il titolo alla borsa di Francoforte;
per le attività di livello 3, tra le quali troviamo i titoli cosiddetti tossici (i subprime statunitensi, ad esempio), l'EBA non ha applicato il criterio di contabilizzazione ai valori di mercato, penalizzando di fatto gli istituti di credito tradizionali e privilegiando le attività ad alto rischio, collegate alla detenzione di titoli strutturati legati a cartolarizzazioni e a derivati, tipiche delle banche di investimento,


impegna il Governo:


ad intervenire a livello europeo chiedendo la revisione dei metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche e, in particolare, la revisione della valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico detenuti dalle banche stesse, con lo scopo di tutelare e rafforzare il sistema creditizio italiano, sicuramente meno esposto a rischi rispetto ad altri sistemi europei, in modo da prevenire l'ingresso dei capitali pubblici o dei capitali dei grossi gruppi bancari stranieri nel capitale delle banche stesse;
a prevenire la possibile contrazione del credito verso il sistema industriale derivante dal rispetto dei nuovi requisiti richiesti dall'EBA e dall'accordo «Basilea 3», in modo da garantire adeguate risorse finanziarie al nostro sistema industriale in questa particolare fase di crisi.
(1-00770)
«Reguzzoni, Bossi, Dal Lago, Allasia, Alessandri, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Desiderati, D'Amico, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Luciano Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo, nella seduta del 28 settembre 2011, ha approvato, con 442 voti favorevoli (PPE, SD, ALDE, ECR, GVE e Verdi), 104 contrari e 40 astenuti, la «Risoluzione sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite»;
sia nell'Unione europea sia nei Paesi terzi ogni giorno vengono penetrate numerose violazioni dei diritti umani connesse all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
spetta all'Unione europea e ai suoi Stati membri garantire il rispetto dei diritti umani nelle loro politiche e prassi in modo da rafforzare e rendere credibile la posizione dell'Unione europea in seno al Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite;
molti organismi previsti dal trattato, relatori speciali e agenzie dell'ONU attivi nel settore dei diritti umani, al pari del Segretario generale e dell'Alto commissario per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, hanno espresso gravi preoccupazioni in merito alle violazioni dei diritti umani subite in tutto il mondo da lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT);
nell'Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto all'integrità fisica, alla vita privata e alla famiglia, il diritto alla libertà di opinione, di espressione e di associazione, il diritto alla non discriminazione, il diritto alla libera circolazione anche per le coppie omosessuali e le relative famiglie, il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria

e di ricevere cure mediche, nonché il diritto di asilo, non sono ancora pienamente rispettati;
gli stati membri nell'Unione europea hanno l'obbligo di dare protezione o asilo ai cittadini di Paesi terzi che fuggono da (potenziali) persecuzioni fondate sull'orientamento sessuale nei rispettivi Paesi di origine, così come previsto dalla direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta;
la risoluzione del Parlamento europeo prevede che gli Stati membri si impegnino in modo costruttivo al fine di garantire che i diritti umani, relativi all'orientamento sessuale e all'identità di genere, siano pienamente rispettati e promossi nell'Unione europea e nei Paesi terzi;
nella primavera del 2012 si svolgerà, in occasione della diciannovesima sessione del Consiglio dei diritti dell'uomo (ONU), un dibattito ad alto livello, finalizzato ad un dialogo costruttivo, informato e trasparente sulle questioni concernenti leggi, pratiche discriminatorie e atti di violenza contro i singoli, fondati dell'orientamento sessuale e sull'identità di genere,


impegna il Governo:


a promuovere sistematicamente, nell'ambito delle proprie competenze, impartendo anche istruzioni cogenti a tutte le istituzioni pubbliche, centrali e periferiche, la tutela ed il rispetto dei diritti umani, relativi all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
a perseguire, nell'ambito delle proprie competenze, anche per mezzo di iniziative dirette all'introduzione di norme penali specifiche e sanzioni adeguate, qualunque atto di discriminazione (culturale, sociale, fisico o lavorativo), relativo all'orientamento sessuale e all'identità di genere e a rendere effettiva l'applicazione dell'articolo 2 della Costituzione sul rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni ove si svolge la sua personalità, e dell'articolo 3 della Costituzione, sulla pari dignità sociale dei cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
(1-00771)
«Concia, Nirenstein, Mecacci, Gozi, Codurelli, Ginefra, Murer, Garavini, Melandri, Touadi».

Risoluzione in Commissione:

La I Commissione,
premesso che:
nell'ambito della governance locale si registra la necessità di una crescente professionalizzazione dei soggetti preposti alla direzione politica; i patti di stabilità imposti dalle esigenze di finanza pubblica, e più in generale gli obblighi di stretto controllo della spesa e dell'allocazione delle risorse umane e finanziarie, adottati in particolare con le manovre dell'estate/autunno 2011, hanno trasformato le figure del sindaco e del presidente della provincia da figure meramente politiche, in più complesse figure tecnico politiche;
la legge 25 marzo 1993, n. 81, confluita poi nel Testo unico degli enti locali (TUEL, decreto legislativo n. 267 del 2000), ha introdotto nell'ordinamento l'elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia e, all'articolo 51, comma 2, stabilisce che queste figure non sono immediatamente rieleggibili alla medesima carica dopo due mandati consecutivi;
la ratio della disciplina è solitamente rinvenuta nell'esigenza di bilanciare i maggiori poteri riconosciuti al sindaco e al presidente di provincia dalla legge del

1993 rispetto a quelli delle giunte e dei consigli, attraverso un limite alla permanenza al potere;
in ambito giurisprudenziale la ratio legis è stata individuata nell'esigenza di favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitarne la soggettivizzazione (in questo senso la Corte di cassazione, I Sezione civile, nella sentenza 20 maggio 2006 n. 11895, tenuto conto anche dei lavori preparatori della legge n. 81 del 1993);
queste argomentazioni, delle quali non si contesta la validità, contrastano con l'esigenza della professionalizzazione del personale politico e in ogni caso cessano di avere rilievo nel caso in cui il terzo mandato sia svolto presso un ente diverso da quello in cui si sono svolti i primi due;
l'esame dei dibatti parlamentari che hanno portato all'approvazione delle norme originarie chiarisce, al di là di ogni ragionevole dubbio, che ci si stesse riferendo al terzo mandato nell'ambito del medesimo comune o provincia e non al caso in cui il terzo mandato consecutivo venga svolto presso un comune (o provincia) diversi da quello presso il quale il soggetto politico abbia ricoperto consecutivamente i due mandati precedenti;
richiesto di parere sul punto l'ANCI ha accolto questa impostazione, ritenendo che «...chi abbia ricoperto per due volte consecutive il mandato di sindaco presso un ente, possa ricandidarsi per la stessa carica presso un ente diverso...»;
si impone la necessità di superare le difficoltà interpretative attualmente esistenti, consentendo una corretta formazione delle liste e delle candidature e l'esercizio delle cariche pubbliche nel rispetto del voto espresso dagli elettori,


impegna il Governo


ad emanare sollecitamente una circolare interpretativa della norma che chiarisca come il divieto del terzo mandato dei sindaci si riferisca esclusivamente al mandato esercitato presso il medesimo comune o provincia e non ad eventuali successivi mandati esercitati, anche continuativamente, presso altri comuni e province.
(7-00735) «Santelli, Ascierto».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TOCCAFONDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con la conferenza di servizi del 27 marzo 2008 è stato approvato il progetto per il nuovo Auditorium parco della musica e della cultura sito in Firenze, promosso dalla struttura di missione per le celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
ai sensi e per gli effetti della raggiunta intesa tra struttura di missione e gli enti rappresentati nella conferenza dei servizi, è stato emesso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - struttura di missione per le celebrazioni del 150° anniversario dell'unità nazionale il provvedimento di raggiunta intesa protocollo 2799/SEGR/2011 datato 20 novembre 2008, nel quale si decreta tra l'altro: «all'articolo 1: "...si autorizzano i lavori di realizzazione del nuovo Parco della musica e della cultura di Firenze..."; all'articolo 2: "Il presente decreto sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso, comunque denominato di competenza delle amministrazioni ed Enti partecipanti ovvero invitati a partecipare alla Conferenza, sempre in relazione alla conformità urbanistica delle opere di che trattasi"»;
si è preso atto delle note protocollo 9/CD/FI del 23 dicembre 2008, e protocollo 10/CD/FI del 15 gennaio 2009, con le

quali la struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva comunicato di aver accantonato cautelativamente, nel quadro economico della realizzazione, a valere sui fondi statali, la somma di euro 14 milioni per l'acquisizione dell'area, «nell'ipotesi di mancata conclusione del protocollo d'intesa regolante i rapporti tra Ferrovie dello Stato e Comune di Firenze, con conseguente adeguamento dell'importo dei lavori affidati, fermo restando l'impegno da parte di tutti i soggetti interessati nella realizzazione di verificare lo stato dei finanziamenti ed individuare le fonti che si renderanno necessarie per il completamento dell'opera anche in relazione alle recenti determinazioni del MIBAC che ha manifestato l'intenzione di valutare la messa a disposizione di ulteriori risorse economiche necessarie al buon esito dell'opera»;
il giorno 25 febbraio 2010 è stato sottoscritto protocollo di intesa fra regione e Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al nuovo parco della musica con il quale viene siglato l'impegno della regione a finanziare l'opera per 40 milioni di euro. L'amministrazione comunale di Firenze garantisce invece un impegno di 42 milioni di euro per la realizzazione dell'opera;
il costo preventivato in bando di gara era circa di 80 milioni di euro e nel 2009 era calcolato in 105 milioni, così suddivisi: 42 a carico del comune, 40 della regione e 23 dello Stato;
l'importo complessivo dei lavori ammonterebbe oggi invece a oltre 254 milioni di euro con un progetto diviso in due lotti, il primo di oltre 156 milioni e il secondo di poco inferiore ai 100 milioni e che il finanziamento regionale dovrebbe servire a garantire almeno la consegna del primo lotto prevista per il mese di novembre 2011;
lo Stato con la suddetta intesa si era impegnato a versare 12 milioni nel 2010 e 22 milioni nel 2011, ma tutti gli aumenti del costo della realizzazione sembrano essere richiesti al Governo che pertanto dovrebbe versare oltre 150 milioni di euro;
pochi giorni fa, si è appreso dai quotidiani locali di Firenze che, ad oggi, mancherebbero circa 80 milioni di euro per il completamento dell'opera -:
a quanto ammonterà il costo definitivo dell'opera «Auditorium della musica di Firenze», e per quando sia previsto il completamento definitivo, visto che la data di inaugurazione è fissata per il 21 dicembre 2011;
chi, tra i soggetti coinvolti nella costruzione, dovrebbe recuperare gli 80 milioni che l'amministrazione comunale ha annunciato essere necessari per il completamento dell'opera;
come si giustifichi l'attuale costo di oltre 254 milioni di euro, per un progetto che nel bando di gara prevedeva un costo di circa 80 milioni e a febbraio 2009 aveva una previsione di spesa di 105 milioni di euro;
se esista un nuovo protocollo di intesa relativo al nuovo parco della musica di Firenze.
(5-05766)

OLIVERIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
negli scorsi giorni a causa delle intense precipitazioni atmosferiche abbattutesi in Calabria ed in particolare nelle province di Crotone e Catanzaro, si sono verificate situazioni di forte criticità e pericolo per la popolazione locale, che hanno dimostrato ancora una volta la debolezza dell'intero territorio calabrese;
la Calabria, già nel passato, ha affrontato gravi situazioni legate al dissesto idrogeologico e, in particolare, la provincia di Crotone rappresenta una delle zone del territorio italiano a più elevato rischio idrogeologico come confermato dal progetto Iffi (primo inventario dei fenomeni franosi in Italia), che ha evidenziato la diffusa fragilità del territorio crotonese, individuando ben 409 punti identificativi

del fenomeno franoso, con 78 aree soggette a rischio frana, per un'estensione totale di territorio che supera i 40 chilometri quadrati;
a rendere più preoccupante la situazione si aggiungono le emergenze concrete, che nelle ultime settimane hanno dato luogo a situazioni molto critiche, come le frane che hanno colpito nuovamente diversi comuni del crotonese tra cui Isola Capo Rizzuto, Cirò, Cutro, Crucoli, Mesoraca, Petilia Policastro, Roccabernarda, e Crotonei con comprensibili disagi per i loro abitanti;
in particolare, nel comune di Cotronei, tra i più colpiti dalle ultime piogge, una voragine larga dodici metri e profonda oltre sette metri si è aperta su una delle piazze principali del paese. Un automobilista che stava transitando vi è precitato dentro, uscendone fortunatamente illeso. La zona è stata immediatamente transennata ed il sindaco, Nicola Belcastro, che ha disposto un intervento di massima urgenza, ha constatato insieme ai tecnici comunali, che tutte le tubature sottostanti il manto stradale, compresa la condotta idrica, sono state gravemente danneggiate;
lo stesso primo cittadino si è visto costretto a chiudere l'accesso a diverse vie del centro abitato, e a mettere in preallarme numerose famiglie che abitano nella parte bassa del paese che potrebbe essere interessata dall'eventuale esondazione del canale sotterraneo di raccolta delle acque meteoriche, provenienti sia dalle strade del centro abitato che dal bacino imbrifero montano sovrastante il paese esteso per circa 1 chilometro quadrato a seguito di possibile rischio crollo dello stesso;
la situazione nel comune presilano di Cotronei è molto critica e gli interventi da predisporre nel più breve tempo possibile, non riguarderebbero dunque solo il ripristino della voragine, ma in particolare il rifacimento e la messa in sicurezza dell'intera galleria di scolo delle acque (la cui realizzazione risalirebbe alla fine degli anni cinquanta) che taglia l'abitato da via Firenze a via Vittorio Emanuele che necessita di un intervento importante, con fondi adeguati;
per di più nella zona della Carusa preoccupa la tenuta precaria di un muro di contenimento e in prossimità del cimitero ha ceduto una delle vecchie grotte del Timpone; molte sono infine le strade interpoderali ormai impraticabili per lunghi tratti; il sindaco di Cotronei lamenta la solitudine nella quale l'amministrazione è stata costretta a fronteggiare l'emergenza e le scarse disponibilità economiche a disposizione del comune per poter rapidamente far fronte alle situazioni di criticità venutesi a creare a causa del maltempo;
le intense precipitazioni atmosferiche e lo straripamento del fiume Neto e del torrente Telese, inoltre, hanno causato nella piana gravissimi danni ai terreni agricoli, in particolare alle colture orticole in corso, agli impianti irrigui, ai fossi e ai canali che regolano la regimentazione delle acque; tutto ciò causando la perdita di una parte rilevante delle produzioni -:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per garantire tempestivi interventi per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio della provincia di Crotone e se il Governo intenda adeguare le risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, assicurando che la distribuzione avvenga in modo da privilegiare le aree a più alto rischio franoso, come quella della provincia di Crotone;
quali iniziative intenda assumere il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per venire incontro agli agricoltori danneggiati dal maltempo e se non intenda attivare le procedure per la dichiarazione dello stato di crisi per calamità naturali.
(5-05772)

MARIANI, AMICI, LENZI, FERRANTI, BARETTA, MARGIOTTA, BRAGA, LOSACCO e BRESSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 6 ottobre 2011 è stata presentata l'interrogazione n. 5-05425, relativa al lodo arbitrale per la galleria Pavoncelli-bis, che vede come presidente del collegio arbitrale un componente dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
detto lodo ha tra l'altro liquidato tre milioni di euro tra spese legali e consulenze, tra cui circa due milioni agli arbitri, oltre 400.000 mila ai consulenti e 150.000 euro ai tre segretari del collegio;
tali compensi sono stati considerati del tutto fuori norma dalla Avvocatura dello Stato che ha impugnato il lodo con una memoria di 196 pagine, come riportato dalla stampa;
in data 11 novembre 2011 la corte d'appello ha accolto la richiesta di sospensiva del lodo;
tale vicenda ancora una volta rende evidente che l'utilizzo distorto dell'arbitrato invece di accelerare la realizzazione delle opere rimediando alle lentezze della giustizia civile, danneggia gravemente l'interesse pubblico primario di coniugare il corretto ed efficiente uso delle risorse pubbliche nonché il rigoroso rispetto delle regole dettate dal codice degli appalti con la efficace e tempestiva realizzazione di opere necessarie per il benessere della comunità;
a giudizio degli interroganti, appare ancor di più discutibile che chi ha funzione di alta vigilanza sul settore degli appalti svolga contemporaneamente funzioni arbitrali nelle stesse materie e in ordine agli stessi soggetti sui quali si può esercitare la vigilanza -:
quali iniziative normative, anche urgenti, il Governo intenda assumere per garantire l'imparzialità e l'efficienza delle attività delle autorità indipendenti, in particolare dell'autorità di vigilanza sui contratti pubblici, anche rivedendo il regime delle incompatibilità per i componenti delle suddette autorità.
(5-05776)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI e RIVOLTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il precedente Governo aveva aperto degli uffici decentrati del Ministero delle riforme per il federalismo, del Ministero del turismo e del Ministero della semplificazione normativa;
tali uffici sono situati a Monza, presso la Villa Reale, in locali messi a disposizione gratuitamente dai comune di Monza;
l'apertura delle sedi decentrate di tali Ministeri non ha comportato alcun costo all'amministrazione pubblica -:
se il nuovo Governo abbia intenzione di mantenere le sedi decentrate di alcuni Ministeri a Monza.
(4-14059)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni le famiglie italiane che accolgono i bambini bielorussi hanno scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione;
la Bielorussia ha dimostrato nei fatti, con il riesame a partire dal 2010 di oltre 500 pratiche adottive in sospeso, la sua volontà di riaprire le adozioni, tant'è che già nel 2010 (da statistiche CAI) sono stati adottati 99 minori ed altrettante adozioni sono state completate nei primi sei mesi del 2011;
la Commissione adozioni internazionali, invece (come da comunicato del 22

marzo 2011), ritiene ancora di bloccare il deposito delle nuove domande di adozione;
un passo importante è avvenuto il 10 giugno 2011 con la firma del protocollo d'intesa sui permessi studio che, però, attende i decreti attuativi per permettere a minori bielorussi di almeno 14 anni l'accesso alla scuola italiana;
è nato il coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia (www.adozionibielorussia.org), movimento di famiglie non solo adottanti che ha registrato un'incredibile partecipazione di persone che a vario titolo sono legate alle vicende bielorusse;
si evidenzia, altresì, un problema di fondo della politica internazionale del nostro Paese poco attenta alle adozioni internazionali nonostante «il boom» delle stesse registrato dalla Commissione adozioni internazionali, sostanziandosi di fatto nella negazione all'avviare pratiche di adozione per decine di migliaia di famiglie italiane con decreto di idoneità già ottenuto ed in attesa di aprire la propria famiglia all'affetto di un minore;
il boom delle adozioni dimostra la grande disponibilità delle coppie italiane all'adozione, che in numero ben superiore alla media di 4.000 unità attendono 4-5 anni per giungere all'adozione di un minore. Tra quelle in attesa ci sono quelle delle famiglie adottanti in Bielorussia che hanno un legame ben identificato con un minore che il più delle volte ha espresso la volontà chiara di essere adottato da una famiglia identificata;
l'appello delle famiglie e delle associazioni e organizzazioni rivolto alle istituzioni è di spostare la Commissione delle adozioni internazionali sotto l'egida del Ministero degli affari esteri, piuttosto che in una posizione di ripiego;
sostengono, altresì, una profonda riforma della Commissione delle adozioni internazionali, volta non solo a rappresentare un mero organo di controllo degli enti per le adozioni internazionali ma anche a sostenere il processo di espansione delle adozioni viste le sempre maggiori richieste di adozione da parte di coppie italiane. Tale azione raggiungerebbe il duplice obiettivo di efficacia ed efficienza derivante dal porre sotto la medesima guida del Ministro degli affari esteri sia la CAI sia il braccio operativo delle ambasciate rappresentanti dello Stato italiano nel mondo -:
se ed in che modo il Governo stia affrontando la questione dell'accoglienza, delle adozioni e del diritto allo studio dei bambini bielorussi;
se il Governo intenda ascoltare le richieste del coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia e farsi carico delle problematiche e dell'appello che ha lanciato.
(4-14064)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'emergenza maltempo costa 875 mila euro ogni giorno, con risorse insufficienti per un piano di prevenzione programmato. È questa la denuncia contenuta in un nuovo dossier di Legambiente sui danni che piogge, alluvioni e cattiva gestione del suolo provocano in Italia. La cifra si ottiene sommando solo gli eventi più recenti. Il bilancio delle emergenze della colata di acqua e fango che ha travolto nell'ottobre 2009 Giampilieri e Scaletta Zanclea (Messina), agli ultimi eventi in Lunigiana e nella provincia di La Spezia è infatti di circa 640 milioni di euro, ovvero 875 mila euro spesi ogni giorno. Al momento per l'area di Genova, ricorda l'associazione ambientalista, «si parla di oltre duecento milioni di danni e anche l'isola d'Elba ha chiesto lo stato di calamità. Intanto per il disastro nelle aree della Lunigiana e nella provincia di la Spezia del 28 ottobre scorso, sono stati stanziati 65 milioni di euro»;
«Una somma - prosegue Legambiente - che si aggiunge alle centinaia di

milioni di euro stanziati negli ultimi anni per fronteggiare i disastri causati da frane e alluvioni nel Paese». In contrasto con questo continuo stanziamento di fondi per le emergenze c'è la totale assenza di risorse per mettere in pratica il piano straordinario di prevenzione programmato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare negli ultimi anni. Un piano che prevede lo stanziamento di 2,5 miliardi di euro tra fondi statali e regionali, che ancora oggi tarda a partire. Una scelta in palese contrasto con le esigenze di sicurezza e di prevenzione di cui invece ha sempre più bisogno il nostro Paese;
secondo Legambiente la stessa definizione di «emergenza» è in realtà fuorviante. I 300 millimetri d'acqua caduti in sole 13 ore sulla città di Genova, i 366 millimetri di pioggia in un giorno sul territorio della Lunigiana e i 500 millimetri a Brugnato in provincia di La Spezia sono «eventi estremi, certamente, ma non più eccezionali perché solo negli ultimi due anni si sono succedute ciclicamente piogge di eguale se non superiore intensità su tutto il territorio italiano», sottolinea il presidente nazionale Vittorio Cogliati Dezza. «I cambiamenti climatici in atto - prosegue - ci obbligano infatti, a cambiare approccio e a non considerare più questi eventi come eccezionali ed è per questo che abbiamo deciso di organizzare una grande campagna di Servizio volontario per la prevenzione del rischio idrogeologico. Tre mesi dedicati alle attività utili per prevenire e intervenire utilmente in caso di emergenza, per fare manutenzione leggera del reticolo idrografico, educare la popolazione su come deve comportarsi in questi casi, organizzare esercitazioni»;
«Crediamo sia necessario - conclude Cogliati Dezza - lanciare un piano di prevenzione complessivo, che contempli le operazioni di messa in sicurezza delle zone a rischio, le delocalizzazioni degli edifici nelle aree golenali, la manutenzione del territorio ma anche e soprattutto la formazione dei cittadini. Una gestione sbagliata del territorio e la scarsa considerazione delle aree considerate ad elevato rischio idrogeologico, la mancanza di adeguati sistemi di allertamento e piani di emergenza per mettere in salvo la popolazione, insieme ad un territorio che non è più in grado di ricevere precipitazioni così intense, sono i fattori che hanno trasformato un violento temporale in tragedia» -:
quali interventi il Governo intenda adottare al fine di realizzare il piano di prevenzione relativo ai disastri ambientali ed idrogeologici, necessario per aree particolarmente a rischio, onde evitare quanto accaduto nei mesi scorsi in Lunigiana, a Genova ed in diverse altre aree italiane.
(4-14098)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
uno studio su Lancet ha attestato che il decennio appena scorso è stato un decennio da dimenticare, dal punto di vista dei disastri naturali, il cui protagonista quasi assoluto è stato il terremoto, che dal 2001 al 2011 ha causato 780 mila vittime, responsabile del 60 per cento della mortalità di tutte le catastrofi ambientali occorse in questo periodo. Cifre enormi, paragonabili a quelle di una guerra. Lo studio, oltre a fare un bilancio dei caduti, pone l'accento sui rischi futuri, considerando che diverse megalopoli - Los Angeles e Tokyo, solo per fare due esempi - sorgono in zone sismiche, sotto minaccia costante;
oltre ai 780 mila morti, i terremoti degli ultimi dieci anni hanno avuto un impatto diretto su due miliardi di persone, sottolinea lo studio. Ma l'annus horribilis è stato il 2010, durante il quale il sisma che ha devastato Haiti il 12 gennaio 2010 - di magnitudo 7 - ha provocato, da solo, la morte di 316 mila persone. Il terremoto ha portato l'inferno nell'isola caraibica, lasciando dietro di sé una scia di devastazione. Subito dopo viene il sisma che ha

scatenato lo tsunami nell'oceano indiano nel 2004, di magnitudo 9,1, uccidendo 227 mila persone. Al terzo posto il terremoto che nel maggio 2008 ha colpito la provincia cinese del Sichuan 4, facendo 87.500 vittime;
la dottoressa Susan Bartels, del Beth Israel Deaconnes Medical Center di Boston e il collega Michael J. Van Rooyen, del Brigham and Women's Hospital di Boston, autori dello studio, puntano soprattutto ad allertare gli organismi politici e di soccorso perché la prevenzione e la preparazione in caso di terremoti diventi una priorità in termini di salute pubblica. In totale, i sismi più importanti possono riguardare dall'1 all'8 per cento della popolazione a rischio, con un morto ogni tre feriti, avvertono gli esperti. Numeri importanti, di fronte ai quali essere preparati diventa essenziale. L'emergenza riguarda ondate successive: in un primo momento ci si trova di fronte a persone morte istantaneamente per il crollo di edifici e strutture. Poi, ore più tardi, ci si devono aspettare altri decessi fra i feriti; giorni e settimane dopo, altre vittime a causa delle infezioni;
i feriti riportano principalmente lacerazioni, fratture, contusioni, stiramenti. Ma occorre fare attenzione ad altre patologie, come gli attacchi cardiaci - nel 1994, nella settimana successiva al sisma che ha colpito Northridge, in California, sono cresciuti del 35 per cento, sottolinea lo studio - e alla depressione, che può colpire in seguito: nel 1999, dopo il terremoto in Turchia, il 17 per cento della popolazione ha riferito pensieri suicidi. E la categoria più a rischio è la più debole: i bambini, che rappresentano dal 25 al 53 per cento della popolazione colpita dopo un terremoto. Il pesantissimo tributo pagato ai disastri naturali nell'ultimo decennio è destinato a non rimanere isolato. Con l'aumento della popolazione mondiale e l'espansione urbana in zone a rischio, la minaccia rappresentata dai terremoti non potrà che crescere negli anni a venire, avvertono gli autori dello studio -:
quali iniziative il Governo intenda adottare, alla luce anche dei terremoti occorsi in Italia, soprattutto dopo quello de L'Aquila del 2009, al fine di migliorare la prevenzione, con oculati controlli del territorio, nonché di incrementare tutte le attività volte a fronteggiarne l'eventuale emergenza.
(4-14099)

GIANNI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'attività lavorativa dei tecnici assunti con contratto a tempo determinato, in forza presso la sezione ricostruzione dell'ufficio tecnico del comune di Carlentini (SR), è iniziata in data 6 ottobre 1996, come specificato nell'articolo 13 dell'O.M. 2414/95, nonché ai sensi della legge n. 433 del 1991 che prevedeva un periodo massimo di assunzione di due anni presso gli U.T.C interessati dalle pratiche di ricostruzione, dopo gli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990;
i due anni di durata massima delle assunzioni di tecnici prevista dalla legge 433 del 1991 non furono mai interamente completati a causa dell'insufficienza dei fondi previsti dalla citata legge, innescando di conseguenza il meccanismo del licenziamento;
dopo 14 mesi di licenziamento i tecnici, già assunti a tempo determinato dal comune di Carlentini (SR), sono stati riassunti ai sensi dell'articolo 14, comma 14 del decreto-legge n. 6 del 1998, la quale prevedeva un limite massimo di assunzione d 3 anni presso gli uffici della sezione ricostruzione del comune di Carlentini, per espletare le attività connesse alla ricostruzione del centro abitato in seguito agli eventi sismici del 13 e 16 dicembre 1990, questa attività lavorativa a mezzo di proroghe che si sono succedute è andata avanti fino al 30 marzo 2003 sempre a tempo determinato;
all'assunzione a tempo determinato dei tecnici di cui alla presente avrebbe dovuto far seguito l'assunzione in pianta

stabile a tempo indeterminato dei citati tecnici ai sensi dell'articolo 20 della legge 448 del 28 dicembre 2001;
in forza di tale norma i comuni della Sicilia orientale hanno provveduto, dopo le relative prove selettive, ad assumere i tecnici in forza presso i propri uffici tecnici comunali trasformando l'assunzione da tempo determinato a tempo indeterminato;
il comune di Carlentini (SR) tenuto conto della legge n. 448 del 2001 ha svolto le procedure concorsuali selettive con bando del 21 ottobre 2002 approvato con delibera n. 86 del 15 ottobre 2002 e in data 2 ottobre 2003 ha provveduto all'approvazione in via definitiva della graduatoria per l'ammissione in ruolo del personale tecnico dell'UTC del comune cui avrebbe dovuto far seguito l'assunzione a tempo indeterminato, ma ad oggi ottobre 2011 nessuna assunzione è stata effettuata dal Comune di Carlentini (SR);
sarebbe gravissimo privarsi delle altissime professionalità espresse dai tecnici che furono utilizzati dal Comune di Carlentini (SR) per le pratiche relative alla ricostruzione a seguito di eventi sismici, tenuto conto che l'area è ancora soggetta ad eventi sismici;
i tecnici citati potrebbero tra l'altro tornare utili anche nell'ambito delle competenze e delle attività della protezione civile regionale -:
se non intenda adottare iniziative di competenza per avviare a soluzione la problematica esposta in premessa.
(4-14104)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

AGOSTINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 4 agosto 2010 sono stati consegnati al comune di San Benedetto del Tronto i progetti relativi all'impianto di stoccaggio gas della società GASPLUS;
in data 23 settembre 2010 si è tenuta ad Ancona la prima conferenza di servizi sul tema, a cui hanno partecipato anche rappresentanti degli uffici tecnici comunali;
la scadenza del 4 ottobre 2011 per la presentazione delle osservazioni è stata prorogata, anche su richiesta del comune di San Benedetto del Tronto;
il comune di San Benedetto del Tronto è stato coinvolto soltanto quale soggetto interessato alla procedura di VIA, ma che non spetta al comune alcuna decisione formale in merito;
l'ARPAM ha dato parere favorevole all'installazione dell'impianto, considerando le emissioni che questo comporta come trascurabili;
tuttavia permangono alcuni dubbi concreti sui disagi che l'impianto potrebbe causare alla popolazione, soprattutto in tema di emissioni e di sicurezza idrogeologica in fase di perforazione e di esercizio;
il comune di San Benedetto del Tronto è il quinto comune della regione, che nel periodo estivo raddoppia la propria popolazione e che i siti finora individuati in Italia risulterebbero essere collocati in centri minori e fuori dai centri abitati;
la popolazione interessata e l'amministrazione comunale hanno dimostrato la propria preoccupazione, anche in considerazione delle poche informazioni in loro possesso;
la proposta di realizzazione dell'impianto, formulata dalla società GASPLUS, dovrà ricevere la valutazione del Ministero

dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico -:
se i Ministri interrogati all'atto d'inizio dell'iter autorizzativo si siano dotati di tutte le informazioni di carattere tecnico circa la sicurezza della salute dei cittadini, l'inquinamento acustico e l'inquinamento della falda acquifera;
se sia stata accertata la sicurezza ambientale nella fase di esecuzione dei lavori per la realizzazione dell'impianto;
quali siano stati i criteri che hanno portato all'individuazione del sito di San Benedetto del Tronto;
se non si intendano rendere pubblici tutti gli studi effettuati al fine di rendere più trasparente il percorso autorizzativo, in modo tale da tranquillizzare la cittadinanza interessata informandola correttamente;
se non si intenda incaricare un soggetto tecnico terzo (università o altro centro di ricerca pubblico) per un ulteriore approfondimento sul progetto presentato;
per quali ragioni l'amministrazione comunale sia stata completamente esclusa nell'iter decisionale;
poiché ad oggi permangono numerosi dubbi e incertezze sulle caratteristiche tecniche, sia nella realizzazione dell'impianto che nell'individuazione del sito, tali da costituire motivo di forte preoccupazione nella popolazione e nell'amministrazione comunale, se il Governo non voglia non dar corso all'iter autorizzativo e individuando siti alternativi più idonei allo scopo;
posto che la salute dei cittadini non è in alcun modo risarcibile, né può essere considerata merce di scambio con eventuali risorse da destinare al comune ed accertata l'eventuale assoluta non nocività dell'impianto, se il Governo intenda investire sul territorio interessato eventuali utili derivanti dall'attività dell'impianto e, qualora si determinasse questo intendimento, quale sarebbe l'entità degli investimenti stessi.
(5-05777)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 2 novembre 2010 la discarica di Roncajette a Ponte San Nicolò è stata quasi completamente sommersa a causa dell'inondazione che ha rotto l'argine proprio di fronte all'ingresso della discarica, travolgendo in particolare il lotto A, quello più vecchio, che segna il confine con il comune di Casalserugo. Si tratta di un'area di 25 ettari non impermeabilizzata dove, dal 1978 al 1983, sono stati depositati 535 mila metri cubi di rifiuti indifferenziati. In precedenza, sino alla fine anni '60 era una cava di argilla di una fornace, poi divenuta, una volta cessata l'estrazione, discarica incontrollata;
questo grave fatto aveva portato al congelamento, recentemente riattivato, di un progetto di sistemazione della discarica di Roncajette di Ponte San Nicolò (PD) presentato da Acegas Aps alla regione Veneto per il giudizio di compatibilità ambientale che prevede la completa asportazione dei rifiuti presenti nel lotto A ed il loro ricollocamento, previo trattamento di selezione e riduzione in balle, all'interno di vasche appositamente impermeabilizzate e dotate di rete di raccolta del percolato, creando un nuovo andamento morfologico mediante l'apporto di rifiuti speciali non pericolosi. Terminata questa fase, in discarica verrebbero conferite altre 753 mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, quali ceneri provenienti da inceneritori e terre di bonifica: i rifiuti, stoccati nel corso di ulteriori 12 anni di apertura, raddoppierebbero l'altezza del lotto A sul piano campagna, dagli attuali 7 metri sul livello del mare a 14;
il lotto A era già stato oggetto di un'indagine della procura della Repubblica

conclusasi, dopo un processo in cui anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si era costituito parte civile, con una condanna in primo grado di due dirigenti dell'ex azienda Padova Servizi s.p.a. poi confluita in Acegas Aps S.p.a. La principale contestazione mossa agli imputati attiene al comportamento omissivo/commissivo, di natura colposa, per effetto del quale vi è stata una permanente fuoriuscita incontrollata di percolato dal lotto A della discarica;
il tribunale di Padova, in data 14 febbraio 2007 aveva condannato, oltre che al risarcimento dei danni, al ripristino dello stato dei luoghi e a ulteriori interventi, in particolare la decontaminazione della falda superficiale e il rimboschimento del canale Roncajette. Il processo si è concluso con la prescrizione;
l'ARPAV, agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto ha eseguito un sopralluogo nella discarica in data 14 e 15 febbraio 2011, le cui risultanze acquisiste agli atti della provincia in data 20 giugno 2011 con prot. n. 90632, hanno evidenziato una carenza manutentiva dei fossati di sgrondo della discarica. Tale situazione ha portato all'emissione di diffida da parte della provincia con provvedimento n. 108251 del 21 luglio 2011, affinché iniziative ambientali, provvedesse alla corretta gestione della discarica;
sei giorni dopo l'alluvione di novembre 2010, che ha invaso la discarica di Roncajette di Ponte San Nicolò, Acegas Aps e la Soc. Iniziative Ambientali hanno convenuto di volturare l'autorizzazione rilasciata dalla provincia di Padova alla discarica, già intestata ad Acegas Aps, ad Iniziative Ambientali. Le responsabilità gestionali per la corretta conduzione del discarica ricadono quindi su Iniziative Ambientali, che dovrà realizzare nei tempi e modalità previste gli interventi definiti nel provvedimento autorizzativo vigente;
quali iniziative di competenza intenda avviare per evitare l'aggravamento del dissesto idrogeologico che interessa la regione Veneto, con specifico riferimento a quanto riportato in premessa.
(5-05778)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
mentre una parte del tessuto produttivo si sta riconvertendo a tecnologie a basso impatto ambientale, in Europa l'inquinamento ha una base, purtroppo, troppo solida. Un gruppo di 191 stabilimenti è responsabile, da solo, di danni valutabili tra i 51 e gli 85 miliardi di euro. Estendendo il calcolo a 10 mila siti, il conto sale e si colloca tra i 102 e i 169 miliardi di euro. Ma i tre quarti del carico inquinante sono attribuibili a 622 impianti;
è quanto emerge dall'ultimo studio dell'Agenzia europea per l'ambiente che analizza gli effetti prodotti da sostanze come gli ossidi di azoto, l'anidride solforosa, i metalli pesanti, le polveri sottili e l'anidride carbonica. La ricerca utilizza i dati fomiti dalle stesse aziende, un insieme di industrie che va dalle società che producono elettricità alle raffinerie, dalle imprese chimiche a quelle che trattano i rifiuti (i trasporti e la maggior parte delle attività agricole sono esclusi);
questo tipo di inquinamento costa a ogni cittadino europeo una cifra compresa tra 200 e 330 euro l'anno. E un gruppo di Paesi (Germania, Regno Unito, Polonia, Francia, Italia) guida la classifica dei super inquinatori. Se nella valutazione si inserisce però il rapporto con il prodotto interno lordo l'ordine cambia e in cima all'elenco si trovano Bulgaria, Romania, Estonia, Polonia e Repubblica Ceca. Le centrali elettriche che utilizzano fonti fossili sono al primo posto nella lista dei grandi inquinatori e tra i 20 impianti a maggior impatto ambientale figura la centrale elettrica Federico II di Brindisi Sud. L'analisi dell'Agenzia europea precisa an

che i danni prodotti: aumento dell'ozono di bassa quota (con relativo aggravio dei problemi respiratori e cardiovascolari), acidificazione ed eutrofizzazione degli ambienti, aumento di elementi tossici negli ecosistemi terrestri e acquatici;
«I cittadini europei stanno pagando l'inquinamento prodotto dagli impianti inquinanti con un sacrificio personale, con un danno alla loro salute», commenta Jacqueline McGlade, la biologa che guida l'Agenzia europea per l'ambiente. «Per quanto riguarda l'Italia va fatta una riflessione ulteriore: l'età media avanzata della popolazione comporta un'esposizione maggiore ai rischi prodotti dall'inquinamento. Calcolando inoltre che una parte significativa del problema deriva dalle centrali elettriche che utilizzano combustibili fossili, va sottolineata l'importanza di una spinta verso le fonti rinnovabili: il sole e il vento possono migliorare la qualità dell'aria che respiriamo dando un contributo molto importante all'alleggerimento del rischio sanitario» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di affrontare in sede europea il problema dell'inquinamento dovuto industriali analizzati dall'ultimo studio dell'Agenzia europea per l'ambiente.
(4-14076)

BERRETTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli impianti mobili per il recupero ed il trattamento di rifiuti non pericolosi e pericolosi, ai sensi dell'articolo 208, comma 15, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono autorizzati in via definitiva dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza;
la validità della suddetta autorizzazione è efficace su tutto il territorio nazionale;
come denunciato da numerosi operatori del settore, risultano diverse disuguaglianze nel rilascio delle autorizzazioni fra una regione e l'altra, praticando così palesi disparità di trattamento tra gli operatori del settore;
in particolare, si sarebbero verificate disparità di trattamento connesse alla definizione di «impianti mobili»; emblematico al proposito è quanto avvenuto nella regione Sicilia, con riguardo alla richiesta di autorizzazione di impianti mobili per il recupero e lo smaltimento di rifiuti pericolosi e non, da parte della In.t.ec. Sud s.r.l. (impianti non autorizzati in Sicilia e di contro autorizzati dalla regione Veneto);
in merito è stato prodotto anche un non irrilevante contenzioso tra la pubblica amministrazione e gli addetti del settore, che ha visto gli enti locali soccombenti, registrandosi così una palese contraddizione nell'azione amministrativa ed evidenti disparità: impianti analoghi sono stati autorizzati in alcune regioni e non in altre -:
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza necessarie per favorire l'uniformazione delle procedure autorizzative degli impianti mobili per il recupero ed il trattamento di rifiuti non pericolosi e pericolosi, ai sensi dell'articolo 208, comma 15, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
in particolare, se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, se del caso normativa, al fine di codificare la nozione di «impianto mobile» per il recupero ed il trattamento di rifiuti non pericolosi e pericolosi.
(4-14084)

BERRETTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli impianti mobili di smaltimento e/o recupero di rifiuti sono autorizzati in via definitiva dalla regione ove l'interessato ha

la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza;
la validità della suddetta autorizzazione è efficace su tutto il territorio nazionale;
come denunciato da numerosi operatori del settore, risultano diverse disuguaglianze nel rilascio delle autorizzazioni fra una regione e l'altra, praticando così palesi disparità di trattamento tra gli operatori del settore;
in particolare si sarebbero verificate disparità di trattamento connesse alla definizione di «impianti mobili»; emblematico al proposito è quanto avvenuto nella regione Sicilia con riguardo alla richiesta di autorizzazione di impianti mobili per il recupero e lo smaltimento di rifiuti pericolosi e non, da parte della In.t.ec. Sud s.r.l. (impianti non autorizzati in Sicilia e di contro autorizzati dalla regione Veneto) -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
se non ritenga di assumere iniziative per uniformare tali procedure autorizzative;
se non si ritenga di investire della questione la Conferenza Stato-regioni, affinché non sia demandata ai singoli enti la disciplina delle autorizzazioni riguardanti gli impianti mobili di smaltimento e/o recupero dei rifiuti;
se non si ritenga, nelle more della decisione che assumerà la Conferenza Stato-regioni, di disporre un'apposita direttiva ministeriale con la quale invitare le regioni ad attenersi esclusivamente alle norme di legge di riferimento e segnatamente a quanto previsto dall'articolo 208, comma 15, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
(4-14085)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 28 novembre 2011 nella frazione di San Vito di Spilamberto, in provincia di Modena, per un totale di circa mille utenze e 500 cassonetti, sarà realizzato un modello gestionale unico nel panorama europeo, che garantisce la completa tracciabilità del ciclo dei rifiuti. A inizio 2012 il sistema sarà esteso in modo graduale a tutto il territorio comunale di Spilamberto con l'obiettivo di aumentare la qualità e la quantità dei materiali da avviare a recupero. Grazie a questa innovazione, inoltre, sarà possibile applicare tariffe proporzionate all'effettivo uso del servizio;
tracciare i rifiuti significa essere in grado di verificare dove finiscono dopo essere stati raccolti. A Spilamberto sarà possibile seguirli da quando sono gettati dai cittadini nei cassonetti fino allo scarico negli impianti di destinazione, in linea con i più innovativi e recenti indirizzi della normativa ambientale europea. Il sistema garantirà un processo trasparente facendo inoltre aumentare la consapevolezza dei cittadini che i rifiuti da loro differenziati sono effettivamente avviati a recupero. Su tutti i contenitori stradali per la raccolta di rifiuti indifferenziati, organici, carta, plastica e lattine, Hera installerà dispositivi intelligenti che consentiranno il conferimento ai soli cittadini e attività di Spilamberto. I mezzi per la raccolta saranno dotati a loro volta di apparecchiature per la pesatura dei cassonetti durante lo svuotamento e, infine, è prevista la registrazione dei carichi trasportati negli impianti di recupero o smaltimento. Per conferire i propri rifiuti differenziati nei contenitori stradali, sarà necessario utilizzare una tessera per i servizi ambientali intelligente che tutti i cittadini e le attività di San Vito riceveranno nei prossimi giorni assieme alle informazioni e agli strumenti utili per usare il nuovo servizio;
«Il nuovo sistema», spiega il sindaco di Spilamberto, Francesco Lamandini, «è estremamente semplice da utilizzare, ma siamo consapevoli che per il successo del progetto la collaborazione di tutti i cittadini sarà decisiva. Lo scopo del cambiamento è arrivare al 70 per cento di

raccolta differenziata, senza incidere sui costi del servizio». «La pianificazione provinciale ci impone sempre nuove sfide e nuovi obiettivi», ha commentato Roberto Gasparetto, direttore Hera della struttura operativa di Modena, «e l'azienda è già nella prospettiva di raggiungerli e quando possibile superarli». Non tutti però sono così entusiasti. Secondo il Movimento 5 Stelle di Spilamberto sarebbe meglio l'eliminazione di tutti i cassonetti e l'avvio della raccolta domiciliare perché il sistema di Hera e del comune, tra le altre cose, non riconosce il tipo di rifiuto inserito nel cassonetto -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, al fine di acquisire informazioni relative alla sperimentazione di raccolta di rifiuti del comune di Spilamberto, nonché di promuovere l'estensione di tale sperimentazione ad un'area geografica più vasta, nell'ottica di poter adottare tale sistema di raccolta a livello nazionale.
(4-14092)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito web del quotidiano La Repubblica è pubblicato un articolo a firma di Giovanni Vitale dal titolo «Comune, La Fortuna fa dietrofront. "Doveri verso l'Arma resto nel Pdl". Sul consigliere il pressing di Gasparri. L'ira dell'Idv: neanche Scilipoti. Ventiquattr'ore dopo l'annuncio dell'addio, imputato ai fallimenti di Alemanno sulla sicurezza, il carabiniere prestato alla politica fa marcia indietro»;
nell'articolo si legge «È stato lui stesso a comunicarlo in un drammatico sms notturno: "Sono dispiaciuto ma purtroppo per doveri legati anche alla mia istituzione e ai carabinieri che rappresento non posso passare con voi", ha scritto il leader regionale Idv Vincenzo Maruccio. "Ti chiedo scusa non volermene. Non ho nemmeno il coraggio di chiamarti". "Un comportamento che neanche Scilipoti, semplicemente inaccettabile", tuona Maruccio, "tanto più che non siamo stati noi a cercarlo. Dal suo sms sembrano emergere veti posti dalle istituzioni dello Stato ai quali non crediamo. Però vorremo capire cosa c'è dietro"; ed ancora sempre secondo l'articolo esponenti di primo piano del Pdl tra cui il sindaco Alemanno, avrebbero effettuato forti pressioni sul consigliere La Fortuna; a convincerlo - prosegue l'articolo - sarebbe stata soprattutto la minaccia di revocare l'assegnazione dell'immobile in via Cornelio Magni, confiscato alla mafia e concesso il 18 ottobre dal Campidoglio all'associazione Podgora, ai cui La Fortuna è fondatore: un ente ufficialmente senza scopo di lucro che però da un paio d'anni gestisce - senza gara - i distributori di bibite e snack nelle 500 caserme del Lazio. Due vicende finite al centro di diverse interrogazioni parlamentari»;
gli interroganti hanno più volte denunciato tramite interrogazioni e interventi in Assemblea, con esposti alle autorità giudiziarie e comunicazioni agli organi di informazione, i comportamenti del delegato del Cocer dell'Arma dei carabinieri Giuseppe La Fortuna e di altri membri del medesimo organismo rappresentativo;
agli interroganti appaiono delinearsi sempre più con maggiore chiarezza i motivi per cui i fatti riportati dai mezzi di informazione sui rapporti dell'organismo centrale della rappresentanza militare dell'Arma dei carabinieri con gli esponenti politici del partito del Popolo delle Libertà, e riferiti all'Associazione carabinieri in servizio Podgora, siano rimasti tutti senza riscontro -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti nell'articolo di cui in premessa e quali immediate azioni intenda avviare per impedire che l'immagine dell'Arma dei carabinieri e la sua

estraneità alle competizioni politiche siano ulteriormente compromesse;
se vi siano state indebite pressioni da parte di esponenti dell'arma dei carabinieri direttamente o per interposta persona, a cui sembra fare riferimento lo stesso La Fortuna nell'sms riferito nell'articolo di cui in premessa e quali siano i doveri legati all'istituzione che gli abbiano impedito di lasciare il gruppo consiliare del Pdl nel quale è stato eletto;
quali siano i progetti citati nell'articolo e se essi riguardino l'Associazione carabinieri in servizio Podgora;
se non intenda adottare ogni eventuale iniziativa ispettiva di competenza circa l'attività dell'associazione carabinieri in servizio Podgora, con particolare riferimento alla gestione dei distributori automatici di bibite e snack ubicati nelle caserme dell'Arma, quali siano gli interessi economici della medesima associazione Podgora, i suoi bilanci, quanti carabinieri in servizio vi sono iscritti, adottando eventualmente le determinazioni conseguenti.
(4-14050)

IANNACCONE, BELCASTRO e PORFIDIA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Montefalcione, in provincia di Avellino, con provvedimento prot. 2834, adottato il 17 giugno del 2011 ha nominato Rossella Pagliuca, nata ad Avellino il 10 febbraio 1982, effettiva al comando stazione carabinieri di Rende (CS), quale rappresentante del comune di Montefalcione in seno all'assemblea dell'ente d'ambito, n. 1 della Campania «Calore Irpino» (AATO) di Avellino;
il comma 2 dell'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 - «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» stabilisce testualmente che «per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e comunali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e egli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento»;
l'autorità di ambito n. 1 Calore Irpino (A.A.T.O.) è il consorzio obbligatorio di enti locali istituito in base alla legge della regione Campania n. 14 del 1997 emanata in applicazione della legge n. 36 del 1994;
la normativa che attualmente ne disciplina le funzioni è il decreto legislativo n. 152 del 2006;
pertanto i componenti dell'assemblea dell'autorità di ambito n. 1 Calore Irpino (A.A.T.O.) sono a tutti gli effetti amministratori ai sensi del citato comma 2 dell'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 - «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»;
il comma 6 dell'articolo 78 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, stabilisce che: «Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione»;
il 20 giugno 2011 il carabiniere Rossella Pagliuca, tramite il comando di

Rende, ha trasmesso la richiesta al comando generale dell'Arma dei carabinieri di poter essere temporaneamente trasferita presso il comando dell'Arma disponibile più vicino al comune di Montefalcione, al fine di poter ottemperare alla carica rivestita presso l'assemblea dell'ente di ambito n. 1 della Campania, «Calore Irpino» di Avellino per tutta la durata del mandato;
nonostante ripetute sollecitazioni, il comando generale dell'Arma non ha dato alcuna risposta alla suindicata richiesta, nonostante siano trascorsi ben più di 4 mesi -:
quali siano le ragioni per le quali il comando generale dell'Arma non abbia ancora provveduto, ai sensi delle disposizioni riportate in premessa, a trasferire il carabiniere Rossella Pagliuca presso il comando dell'Arma disponibile più vicino al comune di Montefalcione al fine di poter ottemperare alla carica rivestita e se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire al carabiniere Rossella Pagliuca di espletare il mandato conferitole dal sindaco di Montefalcione, in provincia di Avellino, di rappresentante del comune presso l'assemblea dell'ente d'ambito n. 1 della Campania, «Calore Irpino» di Avellino.
(4-14086)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

NUCARA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16 della Costituzione della Repubblica italiana recita «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e di sicurezza...»;
a tale proposito è da notare che il piano commerciale proposto da Trenitalia lede, secondo l'interrogante, il diritto costituzionale richiamato, limitando la possibilità al cittadino calabrese di potersi spostare nel resto del Paese se non alle condizioni poste dalla concessionaria Trenitalia;
condizioni che sono rese ancor più drammatiche solo se si prende in considerazione che lo stesso piano è stato adottato dalla Compagnia Alitalia, unica che collega la città di Reggio Calabria al resto dell'Italia, tagliando, sempre in ossequio ad un piano commerciale, diversi voli. Peraltro, la compagnia aerea sui voli mantenuti in esercizio applica tariffe talmente elevate che condannano la maggior parte della popolazione calabrese, dotata di un reddito attualmente tra i più bassi, a non potere esercitare quel diritto di circolare liberamente sancito dalla Costituzione;
ma ciò che rende estremamente penalizzante la decisione di Trenitalia è la considerazione che qualora il cittadino decidesse di utilizzare un mezzo proprio per raggiungere il resto del Paese, la viabilità autostradale non garantisce i tempi di percorrenza preventivamente stimabili a causa delle disastrate condizioni in cui versa la Salerno/Reggio Calabria;
la città metropolitana di Reggio Calabria, di recente istituzione, in sostanza, non potendo usufruire dei trasporti necessari per essere trasformata in un'area produttiva e di auspicabili insediamenti economici, è condannata a rimanere un ghetto isolato dal resto del Paese e questo non per decisione politica ma per decisione di aziende che dovrebbero invece adeguare i propri piani aziendali alle scelte che il Parlamento adotta nell'interesse dell'intero sistema Italia;
in sostanza il piano commerciale di Trenitalia SpA relativo al biennio 2011/2012,

in vigore dal prossimo 11 dicembre 2011, penalizza la viabilità su rotaia dell'intera regione Calabria, con conseguenti ripercussioni in Sicilia, con una previsione di riduzione dei convogli notturni del 70 per cento e la diretta ripercussione sull'occupazione. Ancor più grave è la decisione che i tagli riguardino maggiormente i convogli a lunga percorrenza con la conseguente penalizzazione della mobilità verso la capitale e verso le altre città del Nord Italia. La politica commerciale di Trenitalia SpA, eliminando le linee che secondo la società aumentano le perdite e privilegiando i collegamenti con i treni veloci Frecciarossa e Frecciargento, risponde ad una logica privatistica che contrasta anche con la volontà del Governo di rilanciare l'economia meridionale e aumenta il divario, sociale ed economico, tra le popolazione del Sud e il resto della Penisola;
contestualmente l'amministratore delegato delle Ferrovie, ingegner Mauro Moretti pensa a quattro diverse classi di utenza per i treni Frecciarossa, mentre ritiene non necessario intervenire sulla pulizia delle toilettes dei treni che vanno verso l'altra «italia» (quella con la i minuscola);
l'ingegner Moretti, che ha esperienze sindacali di prim'ordine, dovrebbe avere maggiore sensibilità sociale come maggiore sensibilità sociale dovrebbero avere i sindacalisti Angeletti, Bonanni, Epifani che il percorso ferroviario Roma-Reggio Calabria l'hanno praticato di recente insieme all'ex Ministro Tremonti e ne hanno potuto apprezzare la lentezza e la scarsissima pulizia;
in proposito se risponda al vero che un cittadino (Oscar lelacqua) di Reggio Calabria, nel tratto ferroviario Roma-Villa S. Giovanni, ha trovato le toilettes inagibili tanto da richiedere al capotreno di sostare qualche minuto in più alla stazione di Paola, allo scopo di usufruire di una toilette praticabile -:
per quali ragioni il Governo, avendo drasticamente ridimensionato le risorse destinate al trasporto ferroviario, non abbia raccomandato a Trenitalia il mantenimento dei collegamenti con il Mezzogiorno;
per quali motivi Trenitalia, che opera per concessione, agisca come una qualunque società privata, pur mantenendo in sostanza un monopolio che dovrebbe garantire i collegamenti utili allo sviluppo economico, sociale e civile delle aree depresse del paese, la cui morfologia territoriale ne condiziona soluzioni alternative;
perché i convogli impiegati su tratte regionali siano allestiti con vetture dismesse dalle tratte settentrionali, la cui inefficienza, per mancanza di manutenzione, causa disagi ai cittadini, incidendo negativamente sulla già debole economia calabrese;
cosa intenda fare il Governo per riequilibrare la sfavorevole situazione determinatasi con la decisione di Trenitalia SpA e quali provvedimenti immediati intende adottare per favorire lo sviluppo economico della regione per la riuscita del quale l'efficienza della rete ferroviaria diventa il problema prioritario;
visto che le carrozze ferroviarie che fanno rotta verso il sud sono oltremodo obsolete, come intenda il Governo rassicurare i passeggeri che quelle carrozze siano state bonificate dall'amianto e/o da altri prodotti inquinanti e nocivi per la salute.
(3-01955)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 22 febbraio 2011 il dipartimento amministrazione penitenziaria ha comunicato ai provveditori regionali e ai direttori degli istituti «l'avvenuto superamento dei limiti di budget» previsti dal decreto interministeriale n. 87 del 25 febbraio 2002, attuativo della legge n. 493 del 2000 (Smuraglia), relativo agli sgravi fiscali alle imprese

che assumono lavoratori detenuti (credito d'imposta di euro 516,46 che le aziende e le cooperative interessate scomputano dal versamento IRPEF all'Agenzia delle entrate fatto su modello F24);
in altre parole, la legge Smuraglia ha esaurito la copertura economica per il 2011 evidenziando un supposto superamento dei limiti di budget;
dopo alcuni mesi e in date diverse sono pervenute alle varie aziende e cooperative di tutta Italia che operano con lavoratori detenuti, delle comunicazioni da parte dei provveditorati regionali, con contenuto differente da regione a regione, che in sostanza avvertivano che a causa del predetto superamento le risorse a disposizione sarebbero state da lì in avanti limitate o addirittura, in alcune regioni, esaurite. Nel primo caso veniva perciò comunicata la somma ancora disponibile, nel secondo caso il mese a partire dal quale i fondi per il credito d'imposta erano da ritenersi esauriti (in entrambi i casi con effetto retroattivo). Da una stima rilevata a livello nazionale l'importo in questione ammonterebbe a circa 500.000,00 euro complessivi per il 2011;
le conseguenze di ciò, saranno pesantissime per le aziende e le cooperative interessate e per tutto il settore del lavoro carcerario. Senza credito d'imposta infatti le ditte rischiano di dover licenziare circa 1000 detenuti e oltre 200 operatori;
grazie ai benefici della cosiddetta legge Smuraglia i detenuti riescono ad imparare un'attività lavorativa che aiuta i detenuti a trovare un'attività lavorativa una volta terminata la detenzione e di fatto questo abbatte di molto la cosiddetta recidiva;
da un punto di vista amministrativo le comunicazioni ricevute in questi mesi sembrano fuori luogo, perché in questi anni le aziende e le cooperative non hanno mai ricevuto indicazioni su limiti di budget da non superare, e d'altra parte non risulta che la legge li preveda. Le aziende e le cooperative si sono limitate ad applicare quanto previsto da due leggi dello Stato, vale a dire la legge sull'ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 e la legge sulle cooperative sociali n. 381 del 1991, come modificate dalla legge Smuraglia n. 193 del 2000 e dai decreti ministeriali attuativi (tra cui il decreto ministeriale n. 87 del 2002 che prevede il credito d'imposta);
peraltro il budget stabilito per il primo anno di applicazione della legge (circa 2 milioni di euro) risulta essere per gli anni successivi meramente indicativo, perciò si può supporre ragionevolmente che sia stato pensato passibile di variazioni in base alle esigenze delle opportunità lavorative che la legge stessa promuove;
occorre rilevare che la legge e i provvedimenti attuativi non sono chiari in termini di controlli e che anche la stessa procedura esecutiva sembra alquanto farraginosa perché non prevede come interlocutore il Ministero o il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ma l'Agenzia delle entrate -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
quale sia la situazione, ad oggi in merito ai finanziamenti per il 2011, ed in particolare quale sia la situazione per i fondi per il 2012;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per garantire per l'anno 2012 la copertura economica della legge «Smuraglia» almeno della stessa misura degli anni precedenti.
(5-05767)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la necessità di provvedere ad una riduzione della spesa pubblica pone tutti i Ministeri nella condizione di operare scelte ponderate in merito agli acquisti;

come denunciato da vari sindacati tra cui l'UGL polizia di Stato, l'ex Ministro della difesa Ignazio La Russa nei giorni scorsi ha acquistato 19 Maserati blindate destinate ai dirigenti del suo Ministero il cui prezzo di listino è di euro 117.370,00, ipt esclusa, per una spesa complessiva di oltre 2.230.030,00 di euro;
il Ministero della difesa ha subito due miliardi e mezzo di euro di tagli, mentre la polizia di Stato ha in dotazione auto obsolete ed inadeguate alle reali esigenze, che spesso non possono essere usate per mancanza di carburante, peraltro molto più modeste anche nel mantenimento;
centinaia di giovani vincitori di concorso per l'ingresso nella polizia di Stato vengono «parcheggiati» in una condizione di precariato contrattuale quali volontari in ferma prefissata quadriennale in seno all'Esercito, mentre le esigenze di sicurezza ed ordine pubblico richiedono sempre più il rinfoltimento degli organici della polizia di Stato;
innumerevoli ed ulteriori potrebbero essere gli esempi e le necessità di impiego di fondi nell'ambito del comparto sicurezza;
di fronte alla profonda crisi economica che il Paese sta attraversando l'acquisto di auto di lusso con relativa spesa, davvero esosa, ad avviso dell'interrogante non è altro che uno sperpero -:
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano utile assumere iniziative per fermare l'esosa spesa delle Maserati blindate in un momento di profonda crisi economica;
se si possa attuare, una politica mirata ad evitare acquisti lussuosi che mal si conciliano con le necessità impellenti che lamentano tutte le strutture del comparto sicurezza e difesa dello Stato, con particolare riferimento all'utilizzo dei fondi disponibili per finalità legate ad assunzioni ed acquisto di mezzi realmente utili all'esercizio delle funzioni.
(4-14058)

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i fondi che vengono distribuiti agli uffici scolastici regionali per il 2011, destinati alle scuole paritarie, sono ripartiti sulla base del numero delle classi, prendendo come riferimento l'anno scolastico 2009/2010;
negli anni precedenti il metodo utilizzato per la ripartizione di tali fondi, è sempre stato quello del numero degli alunni iscritti all'anagrafe regionale;
il criterio utilizzato quest'anno, cioè legato al numero delle classi, non pare essere un criterio oggettivo, visto che da regione a regione cambia il numero minimo di alunni per istituire le classi. In alcune regioni sono sufficienti soli 15 alunni per formare una classe ed in altre sono obbligatori ben altri numeri;
questo comporta una sproporzione troppo elevata nella distribuzione finale dei fondi;
per l'anno 2009-2010 i fondi totali, destinati all'istruzione paritaria sono passati da 530.230.591, 81 a 525.842.293 con una riduzione di 4.388.298,81;
nonostante la riduzione complessiva sopradescritta, molte regioni hanno ricevuto maggiori finanziamenti rispetto al 2010 ad esempio: il Veneto ha ricevuto maggiori finanziamenti per 1,5 milioni di euro; il Lazio per oltre 3 milioni di euro; la Basilicata per quasi 1 milione di euro e la Campania per oltre 4 milioni di euro;
di conseguenza la maggior parte delle regioni ha subito una pesante riduzione del finanziamento rispetto al 2010, ad esempio: la Lombardia - 3,5 milioni di euro; la Toscana - 3 milioni; per l'Emilia Romagna la riduzione è stata di oltre 4 milioni -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

quali iniziative intende intraprendere il Governo per rendere più omogenea la distribuzione agli uffici regionali scolastici dei fondi destinati alle scuole paritarie.
(4-14066)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento ha delegato il Governo a «ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire l'esistenza del tribunale ordinario nei circondari di Comuni capoluogo di Provincia alla data del 30 giugno 2011»;
tale delega porterà alla riduzione delle sezioni distaccate dei tribunali e degli uffici dei giudici di pace, con conseguente soppressione ed accorpamenti di tali sedi;
in taluni casi la perdita degli uffici giudiziari potrebbe pregiudicare il buon funzionamento della giustizia ed il servizio reso alla cittadinanza sia in materia civile che penale, in un contesto già gravato da gravi problematiche di efficienza;
nel territorio di Empolese Valdelsa è messo in discussione il futuro dello stesso tribunale di Empoli, fondamentale per il mantenimento dell'autonomia del territorio quanto per il corretto funzionamento dei servizi legati all'amministrazione della giustizia -:
quali iniziative il Governo intenda attuare per scongiurare la chiusura dei tribunali e uffici giudiziari nel territorio dell'Empolese Valdelsa e di quelli che, come in tal caso, pregiudicherebbero un corretto ed efficiente funzionamento della giustizia e un servizio adeguato alla cittadinanza.
(4-14063)

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), in una nota urgente del 21 novembre 2011 diretta al capo dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta, al vice capo Simonetta Matone e al direttore generale del personale e della formazione del DAP Riccardo Turrini Vita, ha evidenziato le incongruenze che hanno interessato gli istituti penitenziari della Liguria per quanto concerne le sedi di assegnazione del personale del 163o corso agenti e la collegata mobilità del personale di polizia penitenziaria già in servizio;
il Sappe, in particolare, ha ritenuto utile evidenziare, per quanto concerne la casa circondariale di La Spezia, che l'istituto sta per tornare (dopo alcuni anni durante i quali sono stati realizzati molti lavori di ristrutturazione) al suo regime normale quanto a ricettività detenuti;
proprio per questo dal mese di ottobre 2010, in previsione dell'ultimazione dei lavori, diverse sono state le sollecitazioni per un adeguato incremento di poliziotti penitenziari utili a rendere operativa la nuova sezione detentiva e lo stesso provveditorato dell'amministrazione penitenziaria della Liguria aveva prospettato alla direzione generale del personale la necessità di un incremento organico del reparto dell'istituto di 26 unità complessive di polizia penitenziaria (due ispettori, due sovrintendenti, 22 agenti), prevedendo, nel piano di ripartizione dell'assegnazione dei neo-agenti del 163o corso, l'assegnazione di 8 unità;
alla casa circondariale di La Spezia, terminato il 163o corso, sono state assegnate invece solamente n. 5 unità di polizia penitenziaria;
il personale di polizia penitenziaria trasferito a La Spezia a seguito dell'interpello ordinario anno 2010 connesso all'assegnazione degli agenti di polizia penitenziaria del 163o corso, in origine, ammontava complessivamente a n. 11 unità;
da quel che risulta al Sappe, 4 hanno presentato istanza di revoca al trasferimento

(tutte accolte) e 2 hanno ottenuto un differimento di alcuni mesi dalla presentazione nella nuova sede;
ciò comporta che, concretamente, a La Spezia sono stati assegnati solamente 5 agenti di polizia penitenziaria del 163o corso e 5 unità dalla mobilità ordinaria a seguito dell'interpello ordinario anno 2010 connesso all'assegnazione dei neo agenti (alle quali solo fra qualche mese se ne dovrebbero aggiungere altre 2);
un numero assolutamente insufficiente per garantire la copertura dei posti di servizio previsti nella nuova sezione detentiva di imminente riapertura, peraltro ben al di sotto delle unità che le articolazioni periferiche dell'Amministrazione penitenziario hanno richiesto al Dap e comunicato alle organizzazioni sindacali;
è evidente come in tali condizioni non risulta possibile a La Spezia la riapertura di altre sezioni detentive, per ragioni di sicurezza più che ovvie -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda assumere rispetto alle citate problematiche che aggravano la situazione penitenziaria della casa circondariale di La Spezia e le condizioni lavorative delle donne e degli uomini del Corpo di polizia penitenziaria in servizio;
se ritenga opportuna e necessaria una complessiva rivalutazione del numero di unità di polizia penitenziaria da assegnare al reparto di La Spezia per l'apertura della nuova sezione detentiva.
(4-14068)

DI STANISLAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in occasione del 44esimo convegno nazionale delle Associazioni di volontariato penitenziario (Seac), sul tema «Dal carcere alle misure alternative. La dignità dei soggetti in esecuzione penale», è emerso che la condizione carceraria troppo spesso appare distante dal dettato costituzionale sulla funzione rieducativa della pena e sul rispetto dei diritti e delle dignità delle persone;
le carceri italiane, infatti, sono le più affollate d'Europa subito dopo quelle serbe: l'Italia ha una popolazione di detenuti di circa 67.000 unità su un totale di circa 46.000 posti a disposizione;
l'indice di sovraffollamento in Italia è 148,2; in condizioni peggiori c'è solo la Spagna con 153, mentre la media europea è 104 e nei Paesi virtuosi (Svizzera, Danimarca, Norvegia, Germania e Portogallo) l'indice si aggira intorno al 90;
il segretario generale dell'Osapp (l'organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria) ha dichiarato che nove regioni (Calabria, Emilia Romagna, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Valle d'Aosta e Veneto) hanno superato persino le capienze massime consentite, con 6.000 poliziotti penitenziari in meno su un organico di 45.109, 2.236 unità dei profili tecnici e amministrativi in meno su un organico di 8.737 e circa 150 milioni di debiti su forniture e utenze per il 2011. E per il 2012 c'è l'urgente necessità di reperirne altri 250;
a quasi 2 anni dalla dichiarata emergenza carceri con l'annuncio del piano carceri che non è mai stato avviato e che qualora si completasse non basterebbe in ogni caso a risollevare la drammatica situazione, non è stato messo in atto alcun provvedimento per colmare le lacune del settore e dare soluzioni alle molteplici problematiche;
le conseguenze più gravi sono 1 suicidio ogni 5 giorni tra i detenuti e un sistema carcerario che non funziona ridotto, a giudizio dell'interrogante, per la maggior parte dei casi, ad un sistema di tortura fisica e psicologica -:
come il Governo intenda affrontare le questioni dell'intero sistema carcerario, tenuto conto che ad oggi la condizione di detenuti e dipendenti è giunta ad un livello

insostenibile di degrado e di disagio con conseguenze drammatiche in termini di vite umane e di reinserimento sociale.
(4-14090)

MATTESINI e NANNICINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 23 giugno 2011 è stata presentata una interrogazione sui lavori di ristrutturazione che interessano la casa circondariale di Arezzo, già dal mese di luglio 2010, di cui era prevista la fine della prima fase per l'11 novembre 2011;
l'Istituto era rimasto aperto con una piccola sezione denominata «accettazione», di 10 detenuti, predisposta per l'accoglienza delle persone arrestate nel territorio della provincia di Arezzo, che a convalida avvenuta venivano rimessi in libertà o trasferiti ad altri istituto, mentre contravvenendo a tale accordo, in data 4 aprile 2011 è stata disposta la temporanea sospensione di tutte le attività amministrative e penitenziarie da parte del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, indicando a motivazione della suddetta sospensione l'esigenza di ristrutturare non solo la cinta muraria, ma anche i locali interni, nonostante fosse accertato che le celle che si trovano ubicate nella sezione femminile, che è indipendente ed autonoma rispetto al corpo detentivo maschile, sono agibili;
nella suddetta interrogazione veniva evidenziato che:
a) non risultavano atti amministrativi che indicassero con chiarezza i progetti, i relativi finanziamenti, le gare di appalto per la ristrutturazione delle celle;
b) la chiusura dell'Istituto porta con sé disagi ed aumento di costi, infatti con l'istituto chiuso, tutte le forze dell'ordine (polizia, carabinieri e guardia di finanza) sono costretti a trasportare gli arrestati a Firenze o nelle carceri delle città limitrofe, con grande spreco di risorsa, perché si determinano notevoli spese aggiuntive che devono essere sostenute dalla procura, dal tribunale, dagli organi di polizia giudiziaria;
c) diminuisce il tempo per il controllo del territorio, che è uno dei più vasti e popolosi della Toscana;
d) la chiusura dell'istituto aumenta il sovraffollamento già drammatico di Firenze Sollicciano tristemente noto alle cronache per il gran numero di detenuti ospiti oltre il numero consentito;
in data 7 luglio 2011 la suddetta interrogazione ha ricevuto risposta, con la quale è stato precisato che i lavori in corso di esecuzione riguardavano l'adeguamento strutturale e funzionale del muro di cinta per il suo intero perimetro, il rifacimento degli impianti di sicurezza (videosorveglianza, antintrusione-antiscavalcamento) ed il comparto degli interventi di manutenzione delle facciate del reparto detentivo maschile, anch'esso per il suo intero perimetro;
nella stessa risposta si precisava che in data 28 giugno 2011 erano stati discussi gli elaborati relativi al futuribile assetto della struttura penitenziaria e che gli atti progettuali sarebbero stati approntati entro l'autunno 2011;
ad oggi non è dato sapere se tali impegni siano stati rispettati, mentre risultano interrotti da qualche giorno i lavori, la cui motivazione, a quanto consta all'interrogante, sembra risiedere nel fatto che la ditta appaltatrice deve ancora essere pagata per un importo pari a circa 750.000 euro;
dal 27 giugno 2011, data dell'ultimo trasferimento di detenuti dalla casa circondariale di Arezzo, si è creata una situazione di seria difficoltà per tutte le forze dell'ordine che devono aggiungere al loro carico di lavoro, anche il trasferimento di detenuti; a ciò si sommano, come più volte denunciato dai locali mezzi di informazione, situazioni incresciose dovute alla mancanza di risorse, che hanno visto ad esempio magistrati pagare di tasca propria la benzina per potersi recare al

carcere, al fine di non far scadere i termini di convalida della detenzione -:
se il Ministro intenda fornire elementi in merito agli elaborati relativi al completo assetto della struttura penitenziaria, che così come annunciato in sede di risposta alla interrogazione in data 7 luglio 2011, doveva essere predisposto entro l'autunno 2011;
quali siano gli impegni economici previsti e se esista specifico e certo finanziamento;
quali siano gli intendimenti del Ministero rispetto al futuro della casa circondariale di Arezzo, per la cui riapertura e funzionamento la comunità aretina chiede certezza di tempi.
(4-14095)

MIGLIOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la sezione distaccata di Pavullo nel Frignano, è stata istituita nel 1998 come sezione distaccata del tribunale di Modena e vi operano due magistrati, uno civile e uno penale, un cancelliere, un assistente giudiziario e un collaboratore;
l'ufficio del giudice di pace è composto da un giudice, da un cancelliere, un assistente giudiziario, un operatore amministrativo ed un collaboratore;
nel tribunale di Pavullo nel Frignano risultano iscritte mediamente ogni anno 270 esecuzioni immobiliari, 434 cause civili, 257 procedure di volontaria giurisdizione e 122 cause penali, con un pronunciamento medio nell'anno di 173 sentenze civili, 101 sentenze penali e 270 decreti ingiuntivi;
dinnanzi al giudice di pace mediamente risultano iscritti ogni anno 397 cause civili e 40 procedimenti penali;
la sezione distaccata del tribunale di Pavullo si colloca in una posizione geografica strategica, in quanto la sezione distaccata comprende 14 comuni (Pavullo nel Frignano, Fanano, Fiumalbo, Lama Mocogno, Montecreto, Montese, Pievepellago, Polinago, Riolunato, Serra Mazzoni, Sestola, Zocca, Guiglia e Palagano) per una estensione territoriale di 1410 chilometri quadrati corrispondente a quasi il 50 per cento del territorio di tutta la provincia di Modena;
il giudice di pace comprende invece 11 comuni;
il numero di residenti interessati al circondato della sezione distaccata del tribunale di Pavullo è di circa 60.000 unità in un territorio quello montano dove il servizio del tribunale è un servizio essenziale non solo per la risoluzione del contenzioso civile e penale ma anche per tutta l'attività di giurisdizione volontaria (eredità, tutele e curatele, autorizzazioni ai cittadini ecc.) che si svolgono quotidianamente;
tutto questo con costi assai modesti a carico del bilancio statale e questo grazie anche al significativo contributo del comune di Pavullo nel Frignano che si fa carico di una spesa rilevante per il funzionamento degli uffici giudiziari;
una attenta e oculata riorganizzazione della dislocazione sul territorio degli uffici giudiziari così come previsto dal decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011 recante misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo che nell'articolo 1 comma 1 lettera d) prevede di «procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate dei Tribunali» non può e non dovrebbe tradursi in soppressione lineare di alcuni tribunali senza un'analisi preventiva ed obiettiva che considera le esigenze funzionali socio-economiche e territoriali di tutti gli uffici in cui si amministra la giustizia;
in particolare riguardo alle aree di pertinenza della sezione staccata del tribunale di Pavullo nel Frignano che opera in un'area quella montana in cui la viabilità non consente di raggiungere se non con tempi eccessivi le altre sedi di Modena e di Sassuolo, in particolare con avverse condizioni meteorologiche che si determinano in montagna nel periodo invernale;

aree montane già duramente colpite per chi vi abita e vi lavora da rilevanti riduzioni ai fondi per lo sviluppo e il sostegno alle aree deboli ad iniziare dai servizi essenziali quali la scuola, la sanità, i trasporti e altro;
per questo le istituzioni locali, comuni, comunità montana, le associazioni sindacali e di categoria, hanno assunto posizioni convergenti sulla necessità di mantenere in funzione la sezione distaccata del tribunale e dell'ufficio del giudice di pace di Pavullo nel Frignano -:
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza in relazione al mantenimento della sezione staccata di Modena e del giudice di pace a Pavullo nel Frignano, confermando la presenza di questo servizio essenziale per le comunità dei comuni interessati.
(4-14100)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LARATTA, OLIVERIO e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i tagli al sistema dei trasporti del nostro Paese hanno provocato tagli notevolissimi da parte di Trenitalia. I tagli colpiscono con inaudita violenza i collegamenti da e per il Mezzogiorno. Le aree interne risultano, in particolare, del tutto private di qualsiasi mezzo di collegamento;
le regioni del Sud risultano essere fortemente penalizzate; ai cittadini viene, di fatto, impedito di muoversi con i mezzi pubblici perfino per raggiungere il posto di lavoro; i pendolari sono, inoltre, costretti a sacrifici enormi con la perdita di diverse ore di tempo nel corso di una giornata -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto hanno prodotto i tagli ai trasporti operati nel corso degli ultimi anni e in particolare le recenti manovre finanziarie e se non intenda verificare le conseguenze con i presidenti delle regioni meridionali e con le forze sindacali;
se non intenda valutare, nei limiti delle proprie competenze, i possibili e necessari interventi correttivi che consentano ai viaggiatori di poter utilizzare i mezzi pubblici di trasporto, i treni in particolare, in condizioni accettabili.
(5-05774)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARTELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
attualmente il traffico dei treni notturni è svolto in Italia, sulla base di un affidamento dato da Trenitalia, da 865 lavoratori delle società Servirail e Wasteels International Italia (accompagnamento letti e cuccette) e da 89 operai della Rail Service International (manutenzione delle carrozze ferroviarie);
i lavoratori hanno ricevuto una lettera di licenziamento con ultimo giorno di lavoro il 10 dicembre 2011;
mentre ancora non si conosce il nome della società vincitrice per la parte nazionale, quella internazionale, in cui sono impiegati 182 lavoratori, sarà gestita dalla società francese Veolia;
le intenzioni di Veolia sono quelle di far svolgere il servizio a personale francese di nuova assunzione. Se la decisione fosse definitiva, per i 182 lavoratori della Wasteels (di cui 40 occupati sulla tratta Venezia-Parigi) si profilerebbe concretamente l'ipotesi del licenziamento;
per scongiurare questo scenario si rende dunque necessario un intervento che garantisca l'assunzione diretta di questi lavoratori da parte di Veolia, con

applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro attività ferroviarie -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione;
quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per il mantenimento del posto di lavoro dei 182 addetti di Wasteels International Italia e degli altri occupati nel settore dei treni notturni in Italia.
(4-14051)

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'orario invernale di Trenitalia prevede un generale ridimensionamento del trasporto ferroviario in Calabria tanto da far dire alle organizzazioni sindacali di categoria, proprio in questi giorni, sulla stampa regionale, che questa decisione provocherebbe il definitivo annullamento di ben il 70 per cento dei servizi ferroviari notturni;
le stesse organizzazioni sindacali, nel rendere noto l'elenco dei treni lunga percorrenza che rischierebbero la definitiva soppressione, hanno denunciato il fatto che Trenitalia sarebbe giunta a questa, così penalizzante, per la Calabria, decisione a seguito della riduzione dello stanziamento dei fondi previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il trasporto ferroviario;
attraverso la lista divulgata in questi giorni, appare chiaro ed evidente che sarà tutta la regione a subire ulteriori disservizi ed ennesimi disagi nell'utilizzo del treno, perché la prevista soppressione anche di varie coppie di treni, per un totale complessivo di ventuno, come intercity ed espresso a lunga percorrenza o notturni, renderà molto difficile raggiungere dalla Calabria il Centro ed il Nord Italia, ampliando di conseguenza il gap trasportistico nella Calabria;
questa decisione, inoltre, avrà ripercussioni gravissime sulla fascia ionica calabrese dove è ormai da decenni in atto un evidente disimpegno sia di Trenitalia sia dei Governi nazionali che si sono succeduti in questi decenni nei confronti di una tratta che, oltre a non essere elettrificata e per la maggior parte a binario unico, ha subito durante gli anni una costante riduzione nel numero delle corse;
la volontà di procedere in questa direzione da parte di Trenitalia sarebbe strettamente legata al fatto che il Governo nazionale avrebbe ridotto i fondi per il 2012 penalizzando l'applicazione del contratto di servizio che si finanzia con contributi pubblici a vantaggio delle aree depresse e poco sviluppate come il Mezzogiorno e la Calabria, in particolare -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere per evitare ulteriori danni al sistema del trasporto ferroviario in Calabria garantendo di conseguenza il diritto alla mobilità da parte dei calabresi.
(4-14054)

BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si presume che il budget RFI relativo a interventi di manutenzione straordinaria della rete ferroviaria siciliana inerente la «specializzazione armamento» sia, per l'anno 2012, di soli 7 milioni di euro circa, rispetto ai 40 milioni dell'anno in corso e ai 26 del 2010;
sette milioni che comprendono le spese di progettazione, forniture di materiali, corresponsione degli appalti alle ditte esecutrici, nonché il costo del personale degli uffici e dell'esercizio;
tale cifra, se confermata, renderebbe evidente l'assenza di una politica di sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria in Sicilia;
il budget 2012 sarebbe in grado di garantire lavori di rinnovamento del tracciato ferroviario per soli 7-8 chilometri, si tratterebbe pertanto di una cifra assolutamente inadeguata. Non sarebbe infatti

possibile appaltare l'ammodernamento e la velocizzazione della linea ferroviaria esistente tra Catania e Palermo;
tutto questo nel momento in cui, mentre nel Centro-Nord si investe sull'alta velocità, nel mezzogiorno Trenitalia persegue una politica di tagli dei collegamenti su ferro. Un clima di sfiducia appesantito dai licenziamenti, ormai prossimi, dell'indotto del trasporto passeggeri. Licenziamenti che il prossimo anno potrebbero coinvolgere l'indotto dell'armamento -:
se il Governo, attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista del gruppo FS, confermi o smentisca le cifre del budget 2012 di RFI per la Sicilia e se intenda chiarire le proprie intenzioni in merito all'ammodernamento e alla crescita dell'infrastruttura ferroviaria siciliana.
(4-14072)

GENOVESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si è conclusa l'analisi del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e il continente e le connesse opere infrastrutturali a terra, per quanto riguarda le osservazioni delle associazioni Italia Nostra, WWF e Legambiente;
la conclusione a cui sono giunte le suddette associazioni ambientalista è che il progetto presentato da Eurolink e approvato dalla società Stretto di Messina non può essere considerato tecnicamente come un progetto definitivo e andrebbe dunque respinto;
tale conclusione si basa su aspetti sia formali che sostanziali: 1) manca la progettazione di parti strutturalmente essenziali del progetto (stazione di Messina, raccordo ferroviario lato Calabria, progettazione della viabilità di accesso in Sicilia) che, demandata ad altro ente, rende incerta la localizzazione degli interventi, mettendo in forse l'assetto strutturale ed infrastrutturale dell'opera; 2) a fronte delle variazioni strutturali dell'impalcato (spostamento del blocco di ancoraggio, innalzamento delle torri, rotazione dell'asse del ponte, appesantimento della struttura) non è stata prodotta valutazione di impatto ambientale; 3) la progettazione non è raccordata con gli strumenti di programmazione territoriale; 4) il progetto non è corredato da piano economico e finanziario; 5) l'analisi traportistica del progetto non costituisce ottemperanza alla raccomandazione n. 1 con cui il Cipe aveva approvato il progetto preliminare nell'agosto 2003; 6) il progetto non è corredato da analisi costi-benefici e l'analisi multicriteriale proposta è tautologica ed inutile, mancando di confrontare l'opera con lo stato di fatto del territorio; 7) il progetto non è corredato da valutazione di impatto sanitario e la documentazione che pretende di essere di rilevanza per la salute pubblica non corrisponde a nessun requisito per tale tipo valutazione e documentazione;
inoltre, molti aspetti del progetto sono ad avviso dell'interrogante sostanzialmente mal redatti - apparentemente - con lo scopo di ottenere risultati positivi per la valutazione dell'opera non suffragati però da sufficienti basi;
per quanto sopra, si potrebbe ipotizzare secondo l'interrogante che Eurolink non ha onorato il contratto e la società Stretto di Messina non ha adempiuto al suo dovere di titolare di una concessione pubblica;
il progetto andrebbe dunque respinto ed il contratto rescisso per inadempienza, tagliando alla radice ogni ipotesi (seppur impropria, ai sensi di quanto lo stesso presidente Ciucci aveva affermato circa le clausole contrattuali) di penali;
inoltre, l'aver approvato - da parte della Stretto di Messina - un elaborato che si presume incompleto, per le ragioni sopra evidenziate, accreditando come definitivo un progetto che tale non sarebbe ed avviando le procedure per la sua approvazione da parte del Cipe, così come l'aver gettato le basi per eventuali pretese da parte del general contractor, costituirebbe

una grave violazione dell'obbligo di tutela dell'interesse pubblico da parte del concessionario -:
quali iniziative intenda adottare per verificare quanto rilevato dalle suddette associazioni ambientaliste e dall'interrogante sul mancato rispetto degli impegni assunti dalle società concessionarie Eurolink e Stretto di Messina in merito alla elaborazione ed alla successiva approvazione del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia ed il continente e le connesse opere infrastrutturali a terra.
(4-14093)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226, riserva i concorsi per l'accesso al ruolo degli agenti ed assistenti della polizia di Stato ai volontari in ferma prefissata annuale ovvero in rafferma di un anno in servizio o in congedo;
è disposto che detti concorsi debbano prevedere una prima aliquota del 55 per cento ed una seconda aliquota del 45 per cento dei posti messi a concorso per l'immediata assunzione e per le assunzioni al termine della ferma quadriennale nelle Forze armate;
con recente decreto ministeriale l'amministrazione della P.S. ha provveduto ad aumentare di 275 unità la prima aliquota di posti messi a concorso nell'ambito della selezione di 1600 allievi agenti della polizia di Stato;
ne consegue, a giudizio dell'interrogante, una situazione di non conformità alla legge, in quanto i posti messi a concorso superano per la prima aliquota la percentuale del 55 per cento prevista dalla legge n. 226 del 2004;
si deve tutelare effettivamente la posizione dei 900 giovani volontari in ferma prefissata quadriennale vincitori dei concorsi indetti dall'amministrazione della pubblica sicurezza onde consentire agli stessi di essere annoverati tra le fila della polizia di Stato ed agire fattivamente per la tutela dell'incolumità pubblica -:
se il Ministro non ritenga necessario adoperarsi, per quanto di competenza, affinché venga garantito il pieno rispetto della legge n. 226 del 2004 per consentire la tutela dell'accesso al ruolo tra le fila della polizia di Stato ai giovani volontari che attendono di farne parte a pieno titolo.
(5-05771)

PICIERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la notte del 25 novembre 2011 è stato vandalizzato il parco Don Diana nel comune di Casal di Principe (Caserta): sono state distrutte le panchine, le giostre per i bambini e sradicati da terra i bidoni di cemento;
si tratta dell'ennesimo atto compiuto ai danni del parco negli ultimi anni, nonostante il cospicuo dispiegamento di forze di polizia e la presenza di circuiti di sorveglianza in tutta la cittadina di Casal di Principe, costantemente sotto osservazione per la forte presenza di criminalità organizzata e teatro di numerosi blitz e arresti di latitanti;
le associazioni locali si sono battute sin dal giorno seguente l'omicidio di Don Peppe Diana per ottenere la trasformazione dell'antico cimitero in un parco intitolato alla memoria del parroco vittima della camorra e hanno costituito un comitato cittadino per reperire i fondi necessari, data la condizione di dissesto finanziario in cui versava e versa tutt'ora il comune di Casal Di Principe;
questo forte impegno civico, nonostante numerosi ostacoli e insensate opposizioni, ha portato dopo dieci anni all'inaugurazione del nuovo parco Don Diana, luogo simbolo del riscatto civile e della rinascita della città, nonché alla

realizzazione di un monumento alla memoria di Don Peppe Diana soltanto pochi anni fa;
dopo questo ennesimo atto vandalico, le associazioni, in primis il presidio cittadino di Libera, si sono nuovamente mobilitate per pulire e riparare i danni causati da questo vile gesto, ma chiedono con forza che niente di tutto questo debba ancora ripetersi;
segnalano, inoltre, che a quanto risulta alcuni cittadini della zona la sera del 25 novembre avrebbero più volte chiamato le forze dell'ordine, segnalando le devastazioni in atto, ma che queste sarebbero arrivate sul posto soltanto a vandalismo effettuato, quando i responsabili si erano già allontanati -:
se il Ministro intenda verificare come sia possibile che in una città dove si riscontra una forte presenza delle forze di polizia ancora non sia possibile prevenire ed impedire atti vandalici nei confronti del luogo simbolo della riscossa etica e civile di Casal Di Principe;
se il Ministro intenda promuovere azioni preventive perché tali atti vandalici non abbiano più a ripetersi.
(5-05779)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con l'avvio della campagna agrumicola nella Piana di Sibari in Calabria, ed in particolar modo a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, si assiste per l'ennesima volta all'ormai noto e conosciuto, anche e soprattutto dalle istituzioni competenti, fenomeno dell'utilizzo di manodopera straniera nella raccolta degli agrumi che provoca evidenti forme di illegalità diffusa per le modalità con cui avviene questo impiego;
la stragrande maggioranza di immigrati, che molto spesso si trasferiscono in queste zone con il proprio nucleo familiare, provengono da Paesi comunitari ed extracomunitari molto poveri alla ricerca di questo lavoro stagionale che permetta loro di guadagnare qualcosa, per poi ritornare nel proprio Paese di origine, si trovano, salvo rare eccezioni, nella condizione di lavoratori in nero e quindi non hanno alcun diritto, sono sfruttati e di conseguenza sottopagati dalle tante cooperative esistenti sul territorio che hanno il compito di reperire manodopera a basso costo sul mercato illegale delle braccia;
gli immigrati sono costretti a sopravvivere in pessime condizioni igieniche in alloggi di fortuna, come tende, edifici abbandonati, veri e propri accampamenti realizzati sotto i ponti o in prossimità di alcuni torrenti, o, i più fortunati, in appartamenti per nulla attrezzati che i residenti fittano senza stipulare alcun contratto di locazione, dando luogo, pertanto, ad ulteriori forme di illegalità;
questa situazione ha portato la Caritas diocesana ad aprire a Schiavonea, frazione marina di Corigliano Calabro, dove ormai da anni si concentra il più alto numero di immigrati clandestini utilizzati nella raccolta degli agrumi, un centro di accoglienza temporanea ed una mensa per i più poveri dove sono offerti più di 500 pasti al giorno;
analoga condizione si sta vivendo anche in altre frazioni di Corigliano Calabro dove la diocesi e le associazioni di volontariato tentano di dare una risposta concreta ai problemi ed ai bisogni di questi lavoratori;
mai come quest'anno la situazione risulta essere così degradata e ciò dimostra che le azioni di contrasto a questi fenomeni di illegalità, sia in termini di lotta al caporalato sia in termini di contrasto all'evasione fiscale, sono state poco incisive;
proprio in questo periodo è segnalata la presenza di più di cinquemila immigrati clandestini con tutte le problematiche che ne conseguono anche in termini di ordine pubblico tanto che sono stati registrati

episodi violenti che generano un clima di tensione tra gli stessi residenti che quindi temono per la propria incolumità -:
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per fronteggiare un fenomeno che viene ormai denunciato da anni da istituzioni, associazioni di volontariato, diocesi, parrocchie e organizzazioni sindacali e che, nonostante tutto, sta assumendo delle forme sempre più grandi che difficilmente potrebbero essere ridimensionate se non si interviene, questa volta però più celermente e concretamente di quanto sia stato fatto fino ad ora, per riportare un minimo di legalità in un settore che ha bisogno di più attenzione.
(4-14056)

MURA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la signora Adama Kebe, dopo aver denunciato alle autorità di polizia giudiziaria di essere vittima di ripetute violenze fisiche inflitte dal proprio compagno, si trova rinchiusa dal 26 agosto 2011 all'interno del Cie di Bologna, in quanto cittadina extracomunitaria senza permesso di soggiorno;
la vicenda che coinvolge la signora Kebe è stata resa nota dalle associazioni di volontariato Trama di Terre e Migranda ed essendo stata pubblicata sugli organi di comunicazione nei giorni immediatamente precedenti alla giornata mondiale contro le violenze alle donne, celebrata il 25 novembre di ogni anno, ha suscitato molto scalpore nell'opinione pubblica;
lo stesso Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri ha dichiarato pubblicamente che sarebbero state avviate scrupolose verifiche sulla vicenda che coinvolgeva suo malgrado la signora Kebe;
ad oggi nulla si è saputo in merito a quelle verifiche, ma l'unico atto ufficiale compiuto da parte della questura di Bologna è stato il respingimento della richiesta inoltrata dal legale della signora Kebe al fine di ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Per quanto riguarda invece la richiesta di far uscire la signora Kebe dal Cie nel quale è detenuta la questura si è rimessa alla procura di Forlì;
è evidente che senza il permesso di soggiorno la signora Kebe è destinata ad essere espulsa dal nostro Paese, ma è altresì evidente che un simile esito della vicenda produrrebbe effetti estremamente negativi incentivando ancora di più l'omertà delle donne vittime di violenze a denunciare gli orribili reati di cui sono fatte oggetto -:
quali siano le motivazioni che hanno portato la questura di Bologna a negare la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari alla signora Kebe e quali iniziative intenda adottare in proposito il Ministro, anche alla luce dell'esito delle verifiche scrupolose annunciate.
(4-14082)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Adama è una donna migrante arrivata in Italia nel 2006 dal Senegal. Qualche giorno fa ha chiamato i carabinieri per denunciare di essere stata derubata, stuprata e ferita alla gola dal suo ex compagno;
al controllo dei suoi documenti non in regola il 26 agosto 2011 è stata rinchiusa al CIE, il centro di identificazione ed espulsione, di Bologna;
in occasione della giornata contro la violenza alle donne le associazioni Migranda e Trame di Terra hanno denunciato a gran voce una doppia violenza come donna e come migrante;
in rete è stato diffuso un appello a tutte le donne e alle istituzioni cittadine: «Liberate subito Adama dal CIE, concedetele un permesso di soggiorno che le consenta di riprendere in mano la propria vita»;
come raccontato dalla donna, ella prima ha vissuto a Forlì, lavorando come operaia nell'attesa di ottenere il permesso di soggiorno. Un suo connazionale le ha

trovato casa, è diventato il suo compagno e presto si è trasformato nel suo aguzzino. L'uomo infatti la picchiava con il ricatto della clandestinità;
le associazioni per la tutela dei migranti hanno dichiarato che «ogni giorno lì dentro per Adama è un giorno di troppo, per quattro anni Adama è stata derubata del suo salario, ha subito violenze da un uomo che ha usato la sua clandestinità come arma in suo potere. Quando ha dovuto rivolgersi alle forze dell'ordine, l'unica risposta è stata la detenzione»;
gli stessi medici nella perizia scrivono che la sua compromessa situazione psicologica non è compatibile con la sua permanenza al CIE;
la legge Bossi-Fini obbligando le questure ad eseguire le espulsioni fa sì che le persone vittime di reato non possano esercitare i loro diritti nel processo, garantendo, in questo caso, impunità ai criminali -:
se il Governo intenda verificare nell'immediato la vicenda esposta in premessa e le condizioni della donna rinchiusa nel CIE e se intenda intervenire al fine di tutelare i suoi diritti.
(4-14089)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2012

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento, nell'ovvio rispetto della libertà di educazione e di insegnamento, ai fenomeni di esasperata politicizzazione che caratterizzano da sempre la scuola italiana ed in particolare bolognese ed emiliano romagnola;
anche recentemente a Bologna scioperi politici e manifestazioni interne ed esterne all'ambito scolastico, organizzate d'intesa con la CGIL scuola e sovente con interferenze degli enti locali, hanno reso difficile la normale attività scolastica e pongono il problema di una tutela della legalità scolastica, peraltro, secondo l'interrogante continuamente violata nella realtà bolognese e regionale da sempre condizionata pesantemente da una cultura di sinistra presente in modo significativo nel corpo docente e dirigente, a volte preoccupato più di mantenere rapporti organici con determinati partiti che non con le istituzioni scolastiche;
non si intende contestare, da parte dell'interrogante, la discussione soprattutto nelle scuole secondarie di fatti dell'attualità quotidiana bensì l'apologia di determinati partiti o la contestazione radicale del Governo o del Ministro dell'istruzione (segnatamente Berlusconi e Gelmini) con dileggi e diffusione di volantini, a volte con la connivenza dei dirigenti scolastici -:
se intenda attivare gli organi periferici del Ministero per definire in modo esplicito il confine che separa la funzione educativa dell'insegnante e l'attività meramente politica che, a parere dell'interrogante, deve rimanere estranea alla scuola.
(3-01953)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAVALLOTTO e RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione quotidiana «Striscia la notizia», andata in onda la sera del 28 novembre 2011 su Canale 5, ha portato alla luce una vicenda profondamente discriminatoria che coinvolge una studentessa non vedente, frequentante il liceo scientifico «Majorana» di Latina, nel Lazio;
alla studentessa è stata negata l'autorizzazione a far entrare all'interno della propria classe il cane guida, indispensabile per l'orientamento spaziale;
la dirigente della sopra citata istituzione scolastica ha emanato un provvedimento

che vieta la presenza del cane guida nella scuola, a cui sarebbe consentito esclusivamente l'accesso e l'attesa nel cortile della scuola medesima, fino all'uscita della studentessa;
i genitori della studentessa non vedente hanno richiesto, tramite un'azione legale, la sospensione in autotutela del provvedimento non giustificato dalla normativa in vigore: l'articolo 1 della legge 25 agosto 1988 n. 376 riconosce infatti, «al privo della vista, il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida»;
la legge 14 febbraio 1974, n. 37, al comma 3, riconosce altresì, «che i titolari degli esercizi aperti al pubblico, che impediscano od ostacolino, direttamente o indirettamente, l'accesso ai privi di vista accompagnati dal proprio cane guida sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria»;
secondo la famiglia della studentessa la presenza dell'animale avrebbe recato notevoli benefici alla propria figlia, la cui autonomia di movimento all'interno della scuola sarebbe garantita da una linea tracciata a terra e colorata di rosso, unico colore che la studentessa riuscirebbe a percepire;
progetti di ricerca hanno dimostrato che la presenza di un animale domestico risveglia l'interesse di chi gli è vicino: bambini e anziani, ma anche malati e disabili con problemi psichici e fisici possono migliorare la qualità della loro vita e le loro condizioni di salute grazie all'assistenza di animali: il contatto con un animale, oltre a garantire la sostituzione di affetti mancanti o carenti, è infatti particolarmente adatto a favorire i contatti inter-personali offrendo spunti di conversazione, di ilarità e di gioco, l'occasione, cioè, di interagire con gli altri per mezzo dell'animale stesso; la presenza del cane guida in parola potrebbe quindi svolgere la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualità nella classe -:
quali iniziative o provvedimenti immediati intenda assumere nei confronti della dirigente scolastica e quali iniziative intenda mettere in atto per garantire alla studentessa non vedente il proprio diritto allo studio tramite l'accesso alla scuola con il proprio cane guida.
(5-05775)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito nei mesi scorsi un concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di n. 2368 dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi per come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;
l'enorme partecipazione di concorrenti ha determinato l'espletamento di una prova preselettiva che si è svolta su base nazionale il 12 ottobre 2011 e che è consistita nello svolgimento di un test di 100 domande a risposta multipla della durata di 100 minuti;
in relazione a tale procedura di selezione sono stati evidenziate alcune anomalie come il tempo assegnato ai candidati per rispondere ai quesiti, tenendo presente che in un minuto dovevano leggere il numero (peraltro non progressivo) della domanda sul foglio-domande, cercare la domanda sul libro (male impaginato) contenente oltre 5.000 domande, leggere la domanda e le quattro risposte individuare la risposta esatta, annerire perfettamente il cerchietto sul foglio-risposte oltre alla necessità/diritto di leggere attentamente le quattro risposte, il cui testo era anche lungo, per poi annerire con cura ed attenzione con un pallino nero la casella corrispondente, senza sbavatura; tutto ciò ha inevitabilmente sottratto del tempo (è stato calcolato un arco di 15/20 secondi a domanda) utile per poter riflettere sulla

risposta giusta, e di conseguenza il tempo effettivo si è ridotto, con una evidente lesione dei diritti dei candidati;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 2008 insieme al bando sopra citato non prevede la consultazione del librone, ma solo la necessità di rispondere esattamente a 80 domande su 100 in 100 minuti;
si sarebbe registrata la non apposizione dei codici identificativi sul foglio risposte in contemporanea al cartoncino anagrafico;
fra le 100 domande sorteggiate ve ne sono diverse errate oppure quesiti che formulano domande parziali o dubbie e, dunque, consentono più risposte esatte, o quesiti parziali, poco chiari o mal formulati;
risulta evidente che la gestione della procedura di pre-selezione affidata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca al FORMEZ-ITALIA ha dato luogo a diverse anomalie, come ad esempio stringhe di domande inviate via web nelle diverse sedi solo alle ore 11.00, distribuite ai candidati in orari differenti dalle 11,30 alle 12,30 dando l'inizio della prova in orari differenti tra una sede e l'altra della medesima regione e di regioni differenti (ciò non ha rispettato quanto affermato, con un avviso, nel web ossia che l'estrazione della stringa delle domande sarebbe avvenuta alle ore 9.00, tanto da far chiedere ai concorrenti come mai sia trascorso così tanto tempo);
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non si è avvalso del proprio Istituto INVALSI che da almeno un decennio promuove la cultura della valutazione affermando invece di aver seguito la stessa procedura già sperimentata in altri settori della pubblica amministrazione, senza però tener conto del fatto che si trattava di una preselezione di dirigenti scolastici e quindi di una professione che negli ultimi anni ha subito profonde modificazioni e che non è assimilabile a quella di altri funzionari dello Stato ed al tempo stesso non ha organizzato la procedura di pre-selezione utilizzando le risorse che oggi offre il web in una piattaforma online come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 2008, articolo 5, comma 4 -:
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere in merito al suddetto concorso anche e soprattutto alla luce del fatto che sono pendenti di fronte al giudice amministrativo molteplici ricorsi che vanno nella direzione di chiederne un suo annullamento.
(4-14053)

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli insegnanti con incarico a tempo indeterminato all'entrata in vigore della legge n. 370 del 19 ottobre 1999, possono iscriversi al corso di laurea in scienze della formazione primaria in sovrannumero, senza sottoporsi alla selezione, in quanto essi non concorrono per i posti messi a disposizione dal Ministero per le nuove assunzioni, ma utilizzano il titolo per una migliore preparazione professionale o per la mobilità professionale. Dunque sono ammessi in sovrannumero derogando quindi rispetto alla normativa;
la legge n. 370 del 1999, all'articolo 8, comma 11, stabilisce «Al personale docente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della presente legge nelle scuole materne ed elementari, in possesso di titolo d'istruzione secondaria quadriennale, è consentito l'accesso, anche in soprannumero, al corso di laurea in scienze della formazione primaria», ma non precisa se tale diritto sia esteso anche ai docenti delle scuole pubbliche non statali;
molte scuole hanno, da alcuni giorni, portato all'attenzione dell'interrogante un problema che riguarda l'applicazione di tale norma;

da quanto ci è stato riportato sembrerebbe, almeno per gli insegnati delle scuole non statali, che il diritto di iscrizione non sarebbe più possibile in quanto la legge n. 370 del 1999, era valida esclusivamente per gli iscritti al vecchio ordinamento quadriennale, e quindi non per l'anno in corso, in cui il corso è diventato quinquennale -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se corrisponde al vero;
quale sia la reale interpretazione della legge n. 370 del 1999, in merito alla possibilità per i «docenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato», di iscrizione in sovrannumero al corso di laurea in scienze della formazione primaria, se tale diritto esista ancora e se sia esteso ai docenti delle scuole pubbliche non statali.
(4-14067)

GRIMOLDI, STUCCHI e RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il quotidiano il Sole 24 Ore ha pubblicato una classifica degli atenei «fuorilegge» per il carico di tasse imposto agli studenti;
al top di questa classifica (al secondo posto) c'è l'università degli studi di Bergamo, che richiede il 35,5 per cento di contribuzione agli studenti rispetto al finanziamento dello Stato;
la legge imporrebbe che le tasse non superino una somma pari al 20 per cento contributo ricevuto dall'ateneo sotto forma di finanziamento ordinario;
l'università di Bergamo si pone tra le università più virtuose del nostro Paese, sempre dalla classifiche stilate dal Sole 24 Ore;
l'ateneo di Bergamo è al secondo posto anche di un'altra classifica, quella degli atenei che ricevono meno contributi dallo Stato per studente: 2.422 euro a studente contro una media di quattro mila euro a livello nazionale (Sassari 5.376 euro, Siena 7.131 euro);
il sottofinanziamento è dovuto al fatto che il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) viene calcolato su parametri fermi da almeno un decennio; in questo periodo l'università di Bergamo è cresciuto moltissimo in termini di numero di studenti, docenti, offerta formativa e spazi;
lo Stato, pertanto, è debitore nei confronti dell'ateneo bergamasco di 15 milioni di euro all'anno su un bilancio di 35 milioni di euro;
evidentemente il tetto imposto dalla legge non verrebbe sforato se il Ministero colmasse il sottofinanziamento;
le tasse universitarie pagate dagli studenti di Bergamo potrebbero essere ridotte se lo Stato finanziasse in modo adeguato l'università di Bergamo allo stesso modo, con le ulteriori risorse che sono dovute si potrebbe ampliare ulteriormente l'offerta formativa;
inoltre, la media delle tasse universitarie negli atenei del Nord è notevolmente superiore a quelle degli atenei del centro sud, mentre i finanziamenti statali agli atenei sono in media più elevati al centro sud, rispetto che al nord -:
se il Ministro sia a conoscenza del problema e se non intenda intervenire al più presto affinché i parametri attuali di ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario vengano aggiornati affinché il decennale sottofinanziamento dell'università di Bergamo venga sanato.
(4-14069)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'apertura dell'anno scolastico i lavoratori ex Lsu della provincia di Lecce,

in forze presso le scuole del territorio salentino, sono, purtroppo, ciclicamente costretti a subire ingenti ritardi nei pagamenti pur garantendo quotidianamente l'espletamento dei servizi necessari all'utenza scolastica;
gli stessi lavoratori hanno chiesto, dato l'accumularsi dei giorni di ritardo, spiegazioni in merito e sembrerebbe che dall'ufficio scolastico regionale abbiano asserito che i fondi per i lavoratori socialmente utili siano stati già stanziati. Questa notizia, però, sembrerebbe essere in contrasto con quanto affermano le aziende facenti parte dei diversi consorzi, le quali, invece, asseriscono di vantare ancora ingenti crediti nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
in questa contraddizione di asserzioni, che andrebbe chiarita quanto prima, poiché è utile ricordare che si parla di appalti pubblici, risulta evidente che i soggetti maggiormente colpiti siano i lavoratori che nonostante i ritardi continuano ad assicurare i servizi e di conseguenza le loro famiglie ripiombate nel tunnel della disperazione economica -:
in che modo i Ministri interrogati ritengano di dover intervenire per risolvere, una volta per tutte, un disagio che purtroppo si manifesta e si consuma ogni anno a scapito dei lavoratori e delle loro famiglie;
se i Ministri interrogati, visto che si parla di risorse pubbliche, non intendano attivarsi con ogni iniziativa utile per rendere più chiara la tracciabilità delle risorse stanziate a favore di questi lavoratori.
(5-05770)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è fissato al 31 dicembre 2011 il termine previsto dal cosiddetto «collegato lavoro» (legge 4 novembre 2010, n.183), entro cui i lavoratori italiani detentori di contratto a termine (anche co.co.co.) in scadenza o scaduto potranno ricorrere in giudizio, impugnando il contratto contro il datore di lavoro, per vedersi riconosciuti come lavoratori dipendenti a tutti gli effetti ove ve ne fossero gli estremi, pena la perdita di tutti i diritti pregressi;
l'articolo 32 della legge n.183 del 2010, intitolato «Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato» dispone, al comma 1, che ora la risoluzione del rapporto, anche nei casi di sua invalidità, debba essere impugnata in forma scritta e a pena decadenza entro 60 giorni dal ricevimento della sua comunicazione;
i termini previsti inizialmente dalla normativa sono stati fatti slittare più avanti, per arrivare appunto al 31 dicembre 2011. La normativa sopra citata è stata impugnata in alcuni processi davanti al giudice del lavoro, e risulta all'interrogante che in alcuni casi il giudice abbia sottoposto la norma alla Corte costituzionale per verificarne l'eventuale incostituzionalità;
prima dell'entrata in vigore della legge n.183 del 2010, se in una vertenza di lavoro la configurazione del rapporto come «a termine» (anche sotto forma di co.co.co.) fosse stata dichiarata illegittima, il giudice provvedeva a convertire il rapporto, trasformandolo da determinato a indeterminato e stabilendo un risarcimento pari a tutte le retribuzioni non percepite fino al ripristino del rapporto stesso. Con la normativa suddetta il risarcimento del lavoratore va da un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;
nel settore giornalistico, a titolo di esempio, vi sono migliaia di giovani e non che lavorano con contratti co.co.co. rinnovati ogni anno, e validi per un anno, svolgendo spesso un vero e proprio lavoro dipendente pluriennale per la stessa

azienda, pagato un tanto ad ogni articolo pubblicato. Solo un giornalista su tre (secondo i sindacati del settore) oggi ha un vero contratto dipendente (cosiddetti «articoli 1»). L'attesa della durata di molti anni è la norma, prima di una vera assunzione: la possibilità di fare causa è concreta ma considerata «extrema ratio», perché nel momento in cui si impugna il contratto si è di norma costretti a cercare un altro lavoro e ricominciare l'iter da capo;
è inoltre evidente che l'attuale crisi ha reso ancora più grave questa difficoltà nel cercare un'occupazione, tanto più nel settore dei media;
Fnsi e le Assostampa regionali, organizzazioni sindacali del settore, si sono più volte pronunciate contro il suddetto «collegato lavoro», ritenuto un rischio e un danno per l'aspettativa di stabilità nel lavoro di migliaia di cronisti -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di risolvere anzitutto questa difficoltà immediata che vale per migliaia di co.co.co. italiani, che perderanno ogni diritto se entro il 31 dicembre non avvieranno una causa contro il proprio datore di lavoro;
se il Governo intenda assumere un'iniziativa normativa tesa a superare le situazioni, frequenti ad esempio nel settore del giornalismo, in cui il lavoratore co.co.co. ha il proprio contratto rinnovato annualmente e una paga determinata «a cottimo», configurandosi di fatto come un dipendente in tutto e per tutto ma vivendo un perenne precariato dovuto all'abuso di uno strumento (il contratto co.co.co.) pensato inizialmente con altre finalità.
(4-14055)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«Neet» sta per Not in Education, Employment or Training (in sostanza, indica coloro che non studiano, né lavorano) e descrive la situazione in cui si trova una quota consistente dei giovani italiani d'oggi. I più recenti dati della Banca d'Italia, contenuti nel rapporto «economie regionali», sono sconfortanti riguardo alla disoccupazione giovanile: le nuove generazioni italiane stanno perdendo qualsiasi fiducia nel futuro e una quota sempre maggiore di under 30 non studia, né lavora. La pessima congiuntura economico-finanziaria ha purtroppo investito negativamente le fonti da cui dovrà abbeverarsi il Paese nei prossimi anni;
nell'ultimo rapporto «economie regionali», la Banca d'Italia ha accertato che, nel corso del 2010, la quota di giovani che non studiano, né lavorano, i Neet, è cresciuta ulteriormente, arrivando a toccare i 2,2 milioni di persone. In sostanza, secondo la banca centrale, il 23,4 per cento delle persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni non è occupato, né impegnato in un corso di studio o formazione. Un dato preoccupante, perché significa - in sostanza - che un giovane su quattro è sostanzialmente sfiduciato rispetto al futuro (quota cui occorre, comunque, fare la tara di coloro che sono restii ad uscire dalle famiglie di origine);
un'analisi attenta dei dati raccolti da Bankitalia aiuta a evitare grossolane semplificazioni e luoghi comuni. L'aumento della quota di Neet è stato più marcato nel Nord e al Centro del Paese, meno pronunciato nel Mezzogiorno. Al Sud, tuttavia, l'incidenza di giovani «Neet» era prossima al 30 per cento già prima della crisi. In chiave di genere, poi, si nota che tra i Neet sono più le donne (26 per cento) che gli uomini (20 per cento) e che la crisi, in questo caso, ha svolto la funzione di ridurre le differenze tra i sessi;
non è semplice trovare le motivazioni del perché si sia arrivati ad un così grande numero di Neet, come rileva la Banca d'Italia, nel 2008 il 30,8 per cento dei Neet cercava un'occupazione (il 25,3 per cento tra le donne), nel 2010 tale percentuale ha toccato quota 33,8 (con livelli massimi del 40 per cento nel Nord Ovest e al Centro e del 38 per cento nel Nord Est e minimi,

del 30 per cento, al Sud). Leggendo i dati si intuisce come non sia nemmeno facile smettere «di essere Neet». Prima dell'esplosione della crisi economica (tra 2007 e 2008), il 32 per cento dei giovani Neet riusciva a trovare lavoro all'incirca in 12 mesi. Da allora fino a oggi, il periodo di completa inattività si è allungato: nel 2009, solo il 28,8 per cento dei Neet ha trovato lavoro un anno dopo. Da registrare, inoltre, che nel corso degli ultimi due anni è aumentata la percentuale di quanti hanno abbandonato la condizione di Neet intraprendendo attività formative (dal 25,5 per cento del 2008 al 30,5 per cento del 2010) ed è diminuita la quota di quelli che sono riusciti a farlo trovando un'occupazione (dal 74,5 per cento del 2008 al 69,5 per cento del 2010) -:
quali iniziative si intendano adottare, al fine di creare un sistema che permetta una ripresa del mercato del lavoro, con particolare attenzione ai giovani.
(4-14077)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
«I salari di ingresso nel mercato del lavoro sono oggi in termini reali su livelli pari a quelli di alcuni decenni fa». Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco lo afferma chiaramente al congresso dell'associazione magistrati minorili (Aimmf) che si svolge a Catania. Per Visco i giovani «che si affacciano oggi sul mercato del lavoro sembrano esclusi dai benefici della crescita del reddito occorsa negli ultimi decenni»;
«Per un riequilibrio strutturale e duraturo» dei conti pubblici «è necessario che il paese torni a crescere». Per Visco gli interventi adottati d'estate «miglioravano i conti ma non erano sufficienti». Secondo il governatore «innalzare il potenziale di crescita richiede interventi ad ampio spettro; tra questi, una riforma degli istituti di governo dell'economia per stimolare l'attività d'impresa e l'inserimento durevole nel mondo del lavoro, soprattutto delle donne e dei giovani». Visco ricorda come siano «note da tempo» le aree di intervento «più concorrenza, in particolare nei settori dei servizi protetti; un più ampio accesso al capitale di rischio, soprattutto per le imprese innovative; una regolamentazione del mercato del lavoro e un sistema di protezione sociale che, agendo congiuntamente, favoriscano la riallocazione delle risorse umane verso gli impieghi più produttivi; una giustizia civile più efficiente». «Vi è però - aggiunge il governatore - un ulteriore punto, almeno importante quanto i precedenti: l'aumento della dotazione di capitale umano del nostro paese»;
senza «meccanismi efficaci di integrazione» per gli studenti figli di cittadini stranieri in Italia «la dotazione di capitale umano del nostro paese», già su bassi livelli, «rischia di essere ulteriormente penalizzata» visto che questi saranno una parte sempre maggiore della popolazione studentesca. Questo l'allarme del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco secondo cui «già alla fine della scuola primaria circa un terzo di loro, contro il 2 per cento degli italiani, è in ritardo rispetto al corso di studi»;
in questo quadro per il Governatore sono importanti gli investimenti nell'istruzione: «Variabili chiave della nostra azione di politica economica» ma oltretutto «riducono gli incentivi a delinquere perché ne diminuisce il guadagno relativamente a quello conseguibile legalmente». Vi è poi «un effetto culturale che discende dalle maggiori e migliori opportunità di socializzazione di chi frequenta la scuola». «L'acuita tensione sui mercati finanziari negli ultimi mesi ha reso precario l'equilibrio» del debito pubblico italiano assicurato da bassi tassi di interesse e interventi per riequilibrare le finanze che consentiva di «sostenere l'onere di un elevato stock di debito» -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di rendere

più equi i salari di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani nonché di creare condizioni atte ad un inserimento e ad un ricambio generazionale più fluidi.
(4-14079)

SCHIRRU e MELIS. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Kistio s.r.l. è azienda leader nei servizi in outsurcing tecnologicamente avanzati e integrati che consentono la completa gestione dei rapporti con il cliente finale e il monitoraggio dell'azione posta in essere;
sul territorio sardo è presente con due siti - uno a Sassari e uno a Cagliari, che nei tempi di massima produttività ha offerto servizi di call center e integrati con importanti commesse per Tele 2 e Tiscali;
a seguito della crisi del settore, Kistio srl ha avviato due anni fa le procedure di cassa integrazione da quasi per i 184 dipendenti (di cui 140 impiegati nella sede di Cagliari e i restanti in quella di Sassari);
la decisione attuale è la chiusura dei due siti interessati per cessata attività in data 31 dicembre 2011;
come si apprende dalla stampa e dai comunicati delle organizzazioni sindacali in data 16 novembre 2011, si è tenuto un incontro tra i rappresentanti sindacali e con l'azienda Kistio s.r.l. durante il quale si è cercato di instradare l'azienda verso soluzioni diverse rispetto alla chiusura dei due siti con conseguente licenziamento di tutti i dipendenti, ma con nessun esito positivo nonostante fossero parse vagliabili alternative presentate alla chiusura;
nell'incontro è stato chiesto inoltre all'azienda di avere in tempi rapidi risposte sull'ammontare certo di trattamento fine rapporto, tredicesime, ferie e permessi mai fruiti e l'azienda ha confermato la sua disponibilità a fornire tali dati entro il 10 dicembre 2011;
lavoratori e sindacati si attendevano una ripresa ma dopo aver combattuto per arrivare giorno dopo giorno a fine mese, lamentano che l'azienda abbia smesso di credere nei propri dipendenti, tanto che attualmente solo una trentina di persone continuano l'attività nel call center Kistio -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali interventi possano essere messi in campo per evitare che i 180 dipendenti vengano licenziati, e dare risposte certe sui diritti acquisiti in modo di evitare di alimentare il triste bacino di disoccupazione che affligge la regione Sardegna.
(4-14088)

CAPARINI, VOLPI, STUCCHI, CONSIGLIO, VANALLI e COMAROLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dal 1o di luglio 2011, giorno in cui è partita la nuova gestione nell'ambito del contratto di affitto stipulato con la procedura del concordato preventivo della industriale Newcocot in liquidazione (ex Olcese di Cogno in provincia di Brescia), la nuova società Cotonificio Olcese spa ha realizzato 6 milioni di fatturato dando lavoro a circa 95 lavoratori;
il Cotonificio Olcese spa è gestito dalla bergamasca Fellicolor di Martinengo amministrata da Matteo Felli in cordata con il gruppo bresciano di Gianbattista Penna e la Filmar di Erbusco nei tre mesi operativi ha rilanciato l'attività dello stabilimento di Cogno (filati mélange in cotone) riavviando contatti con precedenti clienti e raccogliendo ordini da nuove realtà. Già un quarto dei ricavi e garantito dall'export: l'azienda è storica, il know how è elevato e l'attività è fortemente specializzata e, ormai, l'unica del genere in Italia;
notizie di stampa (BresciaOggi e Giornale di Brescia) paventano il rischio di fallimento che grava sulla procedura concorsuale della Newcocot: «il Tribunale di Monza, infatti, in queste ore sta valutando

di far virare il concordato in fallimento alla luce di alcune criticità che i commissari hanno evidenziato sull'intera procedura concordataria»;
l'ottimo lavoro svolto dal tribunale di Monza con gli accordi di affitto e di successivo acquisto del ramo d'azienda raggiunti dalla procedura concordataria è certificata dai 95 addetti occupati ben superiori alle 80 assunzioni inizialmente stimate ad avvio progetto -:
se il Ministro sia al corrente della ventilata ipotesi di chiusura del concordato preventivo e conseguente fallimento che vanificherebbe i brillanti risultati occupazionali sino ad ora raggiunti e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-14091)

MARINELLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il complesso industriale enologico «Kronion», recentemente acquisito dalla società Moncada Energy Group, situato nel territorio del comune di Sciacca in provincia di Agrigento, al cui interno fino a metà degli anni novanta si effettuava la lavorazione dei sottoprodotti della vinificazione (fecce e vinacce) e la distillazione dei vini delle cooperative consorziate, ha previsto, secondo quanto descritto dalla relazione tecnica predisposta dallo stesso comune e presentata il 22 luglio 2011, una implementazione dell'attività di distillazione, mediante il trattamento di una pianta: sorgo zuccherino, che darà origine ad un ciclo produttivo sino alla trattazione degli aspetti industriali dei processi di trasformazione dei sottoprodotti del trattamento;
il predetto progetto prevede altresì una serie di interventi, quali la rimozione, la demolizione e i ripristini delle aree dello stabilimento e la riqualificazione di un edificio esistente con rinnovamento delle finiture, ed un adeguamento degli impianti tecnologici, al fine di rendere efficiente l'intero sistema di produzione di bioetanolo, partendo dalle piante di sorgo zuccherino e contestualmente sfruttare il biogas ottenuto dal ciclo produttivo, alimentando i gruppi elettrogeni per la produzione di energia elettrica e di calore;
tra le numerose caratteristiche tecniche degli interventi da eseguire, secondo quanto risulta dalla medesima relazione tecnica, vi è la digestione anaerobica, che rappresenta un processo biologico, da cui si genera il cosiddetto «biogas», composto principalmente da metano e anidride carbonica, con percentuali rilevanti, nonché altre componenti quali: l'acido solfidrico, i solfuri, con percentuali ridotte;
la relazione tecnica evidenzia inoltre, che tra l'industria enologica e le aziende agricole locali, è previsto un accordo secondo cui quest'ultime si impegneranno annualmente a coltivare su una superficie di circa 3 mila ettari per un periodo di 15 anni il sorgo zuccherino, per la produzione della biomassa da filiera corta, e che comunque una parte della coltivazione di sorgo, che sarà successivamente lavorato presso la distilleria di Sciacca sarà prevista sui terreni in uso in Mozambico;
quanto predetto, a giudizio dell'interrogante, risulta aleatorio ed incerto, in considerazione che è difficilmente quantificabile le stime di coltivazione e di produzione, se si ritiene fra l'altro, che il sorgo zuccherino è stato abbandonato dalla maggior parte delle imprese agricole a livello nazionale, a causa di gravi problematicità in quanto lo zucchero estratto, a differenza del saccarosio, della bietola e della canna, non cristallizza e pone problemi insormontabili per la sua conservazione;
nel complesso, la produzione totale raccolta annualmente di alcol da sorgo stimata dall'industria enologica sarà circa di 450 mila tonnellate di prodotto fresco;
la predetta relazione tecnica, infine, evidenzia che la resa delle coltivazione di

sorgo zuccherino, risulta essere molto produttiva in termini di biomassa, raggiungendo valori superiori alle 100 tonnellate per ettaro di trinciato fresco;
la biomassa, il cui termine è stato introdotto per indicare tutti quei materiali di origine animale e anche vegetale che non hanno subìto alcun processo di fossilizzazione e che sono utilizzati per la produzione di energia, a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto precedentemente riportato, si ritiene sia pertanto utilizzata all'interno dell'impianto dell'azienda enologica «Kronion»;
una ricerca effettuata dall'università degli studi di Bari, sostiene inoltre, che nell'ambiente mediterraneo il sorgo da fibra fornisce rese oscillanti fra 20 e 30 tonnellate per ettaro; pertanto i 3000 ettari coltivati a sorgo zuccherino, nell'area agricola interessata e suesposta, utilizzando la produttività di tale studio avranno una resa di circa 75000 tonnellate circa ad anno;
le restanti 325 mila tonnellate di sorgo necessarie per raggiungere la produttività annuale prevista di 450 tonnellate presumibilmente, a giudizio dell'interrogante, giungeranno dal Mozambico;
quanto predetto, a giudizio dell'interrogante, non risulta essere corrispondente, con quanto indicato all'interno del «piano energetico ambientale siciliano» che, all'articolo 28, prevede che «la realizzazione di impianto a biomasse è subordinata all'utilizzazione di biomasse provenienti per almeno il 50 per cento del fabbisogno da aree dislocate in un raggio non superiore a 70 chilometri dall'impianto. Se tali biomasse non siano disponibili entro tale perimetro potranno essere utilizzate solo biomasse provenienti dal territorio regionale»;
l'area territoriale di circa 3 mila ettari, che sarà interessata per la coltivazione della pianta erbacea a discapito di altre colture di eccellenza, potrebbe subire ripercussioni negative e penalizzanti per l'economia agricola del territorio, nonché per le altre filiere interessate;
sarebbe utile altresì conoscere lo stato delle procedure previste per lo spandimento dei fanghi di depurazione sui terreni agricoli interessati;
in conclusione si fa presente che il sito scelto per tale lavorazione è allocato in una contrada di particolare interesse da un punto di vista sia agricolo che botanico ed inoltre nel territorio di Sciacca sono stati effettuati ingenti investimenti, e altri sono in programma per incentivare lo sviluppo turistico dell'area -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riferimento allo stato dello smaltimento dei sottoprodotti bagaspa e borlanda, utilizzati per la distillazione dell'azienda enologica;
di quali elementi disponga in relazione al fatto che il sorgo zuccherino, utilizzato per l'attività di distillazione all'interno dell'azienda enologica ex-Kronion, possa costituire, una coltivazione pericolosa, per la salute dei lavoratori dell'azienda interessata, nonché per le comunità locali limitrofe e per l'ecosistema dell'area circostante, in considerazione di alcune valutazioni riportate all'interno dalla relazione tecnica esposta in premessa;
in caso affermativo, quali iniziative nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di tutelare e salvaguardare la salute dei lavoratori dell'azienda enologica ex-Kronion e dell'intera area interessata, anche sotto l'aspetto della salvaguardia ambientale.
(4-14105)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CALLEGARI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la proposta legislativa relativa alla politica agricola comune per il periodo

2014-2020 recentemente presentata dalla Commissione europea ed attualmente all'esame dell'Europarlamento e del Consiglio ai fini della sua approvazione mediante procedura ordinaria, delinea gli elementi essenziali di una politica di importanza strategica per la sicurezza alimentare, l'ambiente e l'equilibrio del territorio di tutta l'Unione europea;
uno degli aspetti centrali della riforma proposta riguarda il criterio di ripartizione degli aiuti tra Stati membri in considerazione della necessità di allineare il valore dei titoli sia a livello comunitario, per cui è previsto un riequilibrio delle risorse tra vecchi e nuovi Stati membri basato sulla media dei pagamenti diretti per ettaro, che a livello nazionale (o regionale), per il quale si è stabilito l'abbandono del riferimento storico e l'adozione del criterio della superficie per la distribuzione del massimale assegnato;
la convergenza verso l'applicazione del modello «uniforme», calcolato in base alla superficie totale dichiarata, da realizzarsi gradualmente, attraverso un periodo di cinque anni risulta fortemente penalizzante per il nostro Paese con conseguenze finanziarie destabilizzanti per gli agricoltori i quali, in virtù del regime di pagamento unico basato sul modello storico hanno beneficiato di maggiori risorse rispetto a quelle che si vedranno assegnare in base al valore unitario uniforme;
al fine di contenere gli aspetti maggiormente critici del processo di convergenza, la proposta di regolamento recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori - COM (2011) 625/3, dispone, all'articolo 22, la possibilità per gli Stati membri che hanno applicato il regime di pagamento unico in conformità al regolamento (CE) 73/2009, di limitare il calcolo del valore unitario dei diritti all'aiuto ad un importo non inferiore al 40 per cento del massimale nazionale o regionale, e di utilizzare il restante 60 per cento per aumentare il valore di diritti all'aiuto nei casi ivi previsti -:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in merito a quanto riportato in premessa e quale sia l'orientamento del Governo in relazione alla possibilità concessa dall'articolo 22 della proposta di regolamento base, la cui applicazione, consentendo di tenere parzialmente in conto i fattori storici nel calcolo del valore dei diritti all'aiuto, limiterebbe, almeno temporaneamente, le conseguenze negative a carico degli agricoltori italiani.
(5-05773)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il rapporto Biofach 2010, sulla domanda dei consumatori di prodotti biologici segna un incremento di tale mercato. Nel 2010 nelle borse della spesa della clientela dell'intero globo hanno trovato posto prodotti bio per un valore di 59 miliardi di dollari, riferisce Amarjit Sabota, amministratore della società londinese di consulenza aziendale Organic Monitor. L'America del Nord continua a essere il maggiore mercato singolo davanti all'Europa. Nel 2010 il settore ecologico statunitense ha registrato un plus dell'8 per cento rispetto alla crescita dell'1 per cento segnalata dal mercato alimentare convenzionale (OTA, Organic Industry Survey 2011, USA). Stando ai dati ivi riportati il fatturato bio ha raggiunto i 28,6 miliardi di dollari (21,6 miliardi di euro). Nel comparto non food il ranking vede in testa gli integratori alimentari con un plus del 7 per cento, ovvero 681 milioni di dollari. Le fibre biologiche (cotone e lino) hanno realizzato un fatturato di 605 milioni di dollari (+16 per cento), i prodotti per la cura del corpo 490 milioni di dollari (+7 per cento);
«Nel continente europeo la superficie biologica è ulteriormente aumentata in modo consistente anche nel 2010 e sta ora per raggiungere i 10 milioni di ettari: sono stati coltivati secondo criteri biologici 9,7 milioni di ettari, vale a dire il 2 per cento dell'intera superficie agricola», spiega Helga Willer dell'Istituto di ricerche per

l'agricoltura biologica FiBL, Svizzera. L'esperta ritiene che il trend continui a essere positivo. Nell'Unione europea, considerata come unità politica, sono stati coltivati biologicamente poco meno di 9 milioni di ettari, ovvero il 5 per cento della superficie agricola. Rispetto al 2009 la superficie bio è cresciuta di mezzo milione di ettari. Campione d'Europa con la superficie bio più estesa è attualmente la Spagna con 1,5 milioni di ettari, seguita da Italia (1,1 milioni di ettari) Germania (0,99 milioni di ettari) e Francia (0,85 milioni di ettari). I maggiori incrementi di superficie in assoluto si registrano in Francia (170.000 ettari) e in Spagna (125.000 ettari), continua Willer. Si stima che, nel 2010, in Germania il fatturato totale realizzato con i prodotti biologici sia rimasto stabile rispetto all'anno precedente: con 5,9 miliardi di euro si è attestato nuovamente poco al di sotto dei 6 miliardi di euro (GfK, Nielsen, Biovista). Le attuali cifre per il primo semestre 2011 danno adito a soddisfazione nel commercio specializzato. Infatti, esso è riuscito a incrementare dell'8 per cento il fatturato di alimenti bio, questo il risultato di una prova a campione effettuata dalla società tedesca di consulenza comunicativa Klaus Braun su oltre il 10 per cento dei negozi e dei supermercati biologici. Da alcuni anni in Germania aumenta continuamente anche la superficie dedita all'agricoltura ecologica, ciò con tassi di crescita di circa il 5 per cento (2010: 4,6 per cento). A oggi si coltiva secondo criteri biologici il 6 per cento della superficie totale. Sul piano politico gli attori del settore intendono continuare a forzare l'agricoltura ecologica al fine di raggiungere una quota del 20 per cento nel 2020. Alla fine del 2010 in Germania risultavano coltivati biologicamente 990.702 ettari, nel 2011 essi potrebbero già toccare il milione;
la Francia occupa il secondo posto nel ranking europeo dei mercati bio più forti per fatturato. Il Paese registra dei tassi di crescita. Nel 2010 il fatturato bio ammontava a 3,4 miliardi di euro, la quota detenuta sull'intero mercato alimentare francese era del 2 per cento. Una delle ragioni principali di questo boom è la proposta convincente di vari supermercati bio di nuova apertura. In tal contesto fungono da motore trainante del mercato soprattutto i filialisti biologici regionali, il dettaglio e i network nazionali Biocoop e Biomonde. Nella ristorazione collettiva (mense scolastiche e aziendali) l'impiego di prodotti bio è triplicato tra il 2008 e il 2010. Nello stesso periodo, in Francia, il numero di aziende agricole biologiche è aumentato del 55 per cento, raggiungendo le 20.604 unità. Attualmente è coltivato ecologicamente il 3 per cento delle superfici a uso agricolo. Nel 2010 il Belgio ha registrato un plus di 7.300 ettari di superficie bio, arrivando ora complessivamente a 48.700 ettari. Nello stesso anno, stando ai dati forniti dall'associazione biologica belga Bioforum, il mercato bio locale è cresciuto di un rilevante 20 per cento, portandosi ora a 421 milioni di euro. Le spese sostenute per l'acquisto di alimenti prodotti ecologicamente ammontavano a 38 euro pro capite annui, come hanno rilevato le indagini svolte dalla GfK. Infatti, ci sono sempre più clienti nuovi che si appassionano al biologico, spendono mediamente di più a ogni acquisto e vanno a fare la spesa più spesso. Tuttavia, come accade anche in molti altri Paesi, il 78 per cento del fatturato bio è da ricondursi a una quota relativamente bassa di clienti fedeli, i cosiddetti heavy user;
in nessun altro Paese dell'Europa esiste un numero maggiore di aziende biologiche quanto in Italia: nel 2010 si contavano 47.663 agricoltori, trasformatori e commercianti. Attualmente la superficie bio occupa 1,1 milioni di ettari (SINAB-Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica, Italia). Per tradizione il mercato italiano degli alimenti ecologici è fortemente influenzato dai negozi biologici indipendenti che, nel 2010, hanno registrato una crescita da 700 a 800 milioni di euro (+ 14 per cento). Parimenti aumentato è anche il fatturato dei prodotti bio nella distribuzione convenzionale, per la precisione da 450 a 500 milioni di euro (+ 11 per cento). In Italia i negozi bio più importanti appartengono al gruppo EcorNaturasì,

la catena maggiore che conta 88 supermercati bio, due ristoranti e una macelleria. Nel 2010 il loro fatturato è salito di quasi il 20 per cento, raggiungendo i 112 milioni di euro. Sui comparti alimentazione fuori casa e altri canali di commercializzazione, come ad esempio la vendita diretta dall'azienda agricola e i mercati settimanali, sono ricaduti rispettivamente 250 milioni di euro. Sul mercato interno sono stati venduti prodotti biologici per 1,8 miliardi di euro, mentre le esportazioni hanno realizzato un ulteriore miliardo di euro. Con ciò nel 2010 il settore biologico italiano è cresciuto complessivamente di 300 milioni di euro (12 per cento);
nel 2010 in Svezia il fatturato del settore bio, convertito in euro, è salito da 793 milioni di euro a 897 milioni di euro, vale a dire un plus del 13 per cento. La quota detenuta dal biologico sull'intero mercato alimentare ammontava al 3,1 per cento (Ekoweb, Svezia). Il segmento della ristorazione collettiva ha registrato una crescita del 35 per cento, nel caso degli alberghi e dei ristoranti si è avuto un plus del 13 per cento. Per quanto riguarda il dettaglio hanno avuto incrementi vertiginosi specialmente i negozi provvisti di concessione statale della Systembolaget con il loro assortimento di bevande alcoliche: qui il numero di articoli bio è aumentato da 120 a 199, l'incremento di fatturato è stato del 41 per cento. In Finlandia, con un fatturato di 80 milioni di euro, nel 2010 il bio ha raggiunto una quota di mercato del 2 per cento (Nielsen; Finlandia). Per il 2011 si conta su un grosso salto di fatturato a 110 milioni di euro, come spiega Erkki Pöytäniemi dell'organizzazione esportatrice Organic Finland. Il leader di mercato dei Paesi nordici in ambito bio è la Danimarca: la quota sul mercato alimentare nazionale (7 per cento) è qui più di tre volte maggiore di quella della Finlandia e due volte tanto quella della Svezia. Dopo una forte crescita a due cifre dal 2006 al 2008, nel 2009 e 2010 in Danimarca il tasso di incremento è stato rispettivamente del 6 e del 4 per cento, come riporta l'associazione danese Organic Denmark. Nel 2010 il commercio al dettaglio ha realizzato con il bio un fatturato di 684 milioni di euro. A ciò si aggiungono altri 174 milioni di euro per vendite alla ristorazione, tramite servizi a domicilio, spacci aziendali e distributori di carburante. Per il 2011 gli esperti prevedono una crescita del settore bio pari al 6-10 per cento;
nel 2010 la Gran Bretagna ha registrato un fatturato bio di due miliardi di euro. Ciò rappresenta un minus del 5,9 per cento rispetto all'anno precedente (organic market report dell'associazione coltivatori britannica Soil Association). Le ragioni del calo della domanda sono: un'offerta ridotta di prodotti biologici negli scaffali dei supermercati e l'insicurezza della popolazione a causa della situazione economica del Paese. In Gran Bretagna i fatturati bio dipendono strettamente, per tradizione, dalla distribuzione convenzionale. È qui, infatti, che si vende il 72 per cento dei prodotti in qualità ecologica. Il classico negozio biologico che, in tempi di crisi, riesce talvolta a mobilizzare meglio la propria clientela fedele, non è molto diffuso in Gran Bretagna. Inoltre, nell'isola sono praticamente inesistenti i supermercati biologici, i motori dello sviluppo in Germania, Francia e Italia. Nonostante ciò l'associazione britannica Soil Association osserva segnali di un'evoluzione positiva: nel 2011 i fatturati realizzati con la carne di manzo biologica, gli alimenti per bambini e i prodotti tessili ecologici sono nettamente aumentati. In Gran Bretagna la superficie coltivata a bio è calata dello 0,6 per cento e, alla fine del 2010, occupava poco meno di 740.000 ettari, il che corrisponde pur sempre al 4,2 per cento della superficie agricola coltivabile -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, basandosi sulle stime del rapporto Biofach, al fine di incentivare la produzione agroalimentare biologica in Italia, che può costituire un potenziale settore di crescita dell'export del nostro Paese.
(4-14075)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da pochi giorni è stata autorizzata la vendita anche in Italia del farmaco ellaOne®, conosciuto come «la pillola dei cinque giorni dopo». L'Aifa, sollecitata dal Ministero della salute, aveva chiesto al Consiglio superiore di sanità di «escludere con certezza che il farmaco ellaOne® agisse dopo il concepimento», per valutarne la compatibilità con le leggi che tutelano sia la donna che il concepito;
il Consiglio superiore di sanità ha risposto che il farmaco non agisce dopo l'annidamento, puntualizzando che: «l'aborto è la rimozione dell'embrione già annidato in utero, che avviene dopo il sesto o settimo giorno da un rapporto potenzialmente a rischio. La nuova pillola è utilizzabile prima che si verifichi l'eventuale annidamento, e successivamente non ha effetto». La differenza fra il concepimento e l'annidamento è talmente evidente che rende inadeguata la risposta. Tuttavia, sulla base di questa risposta anomala l'iter è proseguito fino all'approvazione finale;
nel precedente Governo si è detto che poiché il farmaco era stato approvato dall'EMA e definito come «contraccettivo» (seppure di emergenza), era inevitabile che fosse immesso in commercio anche in Italia. Ma il termine «contraccezione» non è utilizzato in modo univoco;
negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone si parla di «contraccezione» includendovi metodi che agiscono anche dopo l'annidamento dell'embrione in utero, con un meccanismo francamente abortivo. La nostra cultura invece, i nostri principi e le nostre leggi, restringono il concetto di contraccezione alla prevenzione del concepimento. Il termine «contraccezione» fa riferimento a metodi che prevengono il concepimento, e non a metodi che impediscono l'annidamento;
su questa base la commissione tecnico scientifica dell'Aifa ha deciso che la prescrizione medica per l'acquisto di ellaOne® in Italia sia garantita solo ed esclusivamente alle donne che, preventivamente, si saranno sottoposte ad un test ematico di gravidanza: la ragione di questa precauzione sta tutta nell'ipotesi che ci possa essere una gravidanza in corso;
è difficile definite il meccanismo d'azione di ellaOne® (Ulipristal Acetato) come un semplice «contraccettivo», per cui la sua eventuale immissione in commercio richiede la massima chiarezza per offrire le necessarie garanzie per l'utilizzo;
si sostiene da parte dei produttori che Ulipristal somministrato nel periodo fertile del ciclo, e quindi nei quattro-cinque giorni che precedono l'ovulazione, abbia la capacità di posticipare l'ovulazione stessa e quindi impedisca l'incontro di uovo e spermatozoo. L'unico studio che valuta l'efficacia di ellaOne® (30 mg per os) sull'ovulazione, quando viene somministrato nel periodo fertile del ciclo, riguarda solo 34 donne, un campione troppo esiguo per valutare gli effetti del farmaco;
in ogni caso l'ovulazione risulta ritardata soltanto quando il farmaco è assunto all'inizio del periodo fertile e diminuisce progressivamente mano a mano che ci si avvicina al momento dell'ovulazione. Di fatto se è assunta nei due giorni che precedono l'ovulazione, i più fertili del ciclo mestruale, ellaOne® non è più in grado di interferire con l'ovulazione, che si verifica regolarmente e senza alcun ritardo. È quindi inesatto quanto è riportato nel foglietto illustrativo del farmaco, e cioè che ellaOne® assunta nel periodo fertile del ciclo, e quindi nei giorni immediatamente precedenti l'ovulazione, agisca con meccanismo anti-ovulatorio;
è invece dimostrato l'effetto che ellaOne® ha sull'endometrio, indipendentemente dal giorno di assunzione, perché

altera profondamente la recettività del tessuto, che risulta gravemente compromesso e inadeguato all'impianto. L'effetto inibitorio sulla maturazione dell'endometrio è legato alla inibizione dei recettori tessutali per il progesterone (lo stesso meccanismo della RU486) e si verifica anche con i dosaggi più bassi di Ulipristal (1 mg e 10 mg), dosaggi molto più bassi di quelli contenuti in ellaOne® (30 mg);
quindi, nelle donne che assumono il farmaco dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile può avvenire ugualmente l'ovulazione e possono concepire, ma l'endometrio risulta irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui il farmaco è assunto, e l'eventuale concepito non può annidarsi. Mentre l'azione antiovulatoria è dubbia, quella anti-annidamento è sicura. Ed è proprio questo effetto che rende elleOne non solo anticoncettiva ma decisamente abortiva;
c'è la tendenza ad assimilare levonorgestrel (la pillola del giorno dopo) ed ulipristal acetato, ElleOne o pillola dei 5 giorni, ma il primo è un progestinico ed ha effetto anticoncezionale, mentre il secondo è un antiprogestinico, analogo alla RU 486, per cui oltre ad essere anticoncezionale ed antifecondativo è anche un efficace aborigeno;
d'altra parte, la grande e reclamizzata novità di ellaOne®, presentata come «la pillola dei cinque giorni dopo», è proprio quella di essere sicuramente efficace anche se presa cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale. Ma questo effetto non è compatibile con i principi su cui si fondano le nostre leggi in materia;
sembrerebbe che la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa avesse deciso all'unanimità o quasi di introdurre nella delibera il «rischio abortigeno». Ma questo non è avvenuto e la precisazione, determinante per comprendere il funzionamento del farmaco e quindi offrire una informazione esatta, non è stata registrata. Il farmaco inoltre è disponibile sui siti internet e può essere gestito come una sorta di fai-da-te -:
se non ritenga urgente assumere ogni iniziativa di competenza volta a evitare che sia immesso in commercio un farmaco che contrasta con le leggi attuali e ad aggiornare il foglio informativo, che è ambiguo e contrasta con la verità scientifica, non trattandosi di un semplice anti-concezionale, ma di un farmaco potenzialmente abortigeno in quanto impedisce l'annidamento dell'embrione.
(3-01952)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una recente indagine condotta da Altroconsumo (associazione italiana per la tutela e difesa dei consumatori in collaborazione con il «Q-tech Research and study Centre» dell'università degli studi di Brescia ha evidenziato le conseguenze degli acquisti nel web di farmaci;
l'indagine è consistita in 64 prove d'acquisto online di un farmaco a base di fluoxetina, il generico del Prozac, un noto antidepressivo che agisce sul sistema nervoso centrale e la cui somministrazione deve avvenire sotto il controllo di un medico. È illegale venderlo senza ricetta del medico;
le analisi chimiche effettuate sulle pillole acquistate sul web hanno dato risultati molto preoccupanti, in particolare per la presenza di impurezze, oltre che di solventi e metalli inattesi (seppure in tracce);
l'indagine ha portato all'acquisto, con carta prepagata, del farmaco in 64 farmacie online facilmente rintracciate sul motore di ricerca google.it. L'acquisto è riuscito in 19 casi. E con successo, ovvero con reperimento del farmaco a un indirizzo di casella postale, solo in 13. Tra questi, si evidenziano anche un caso di doppio rinvio e uno di fermo in dogana;

oltre ai rischi, acquistare un farmaco online risulta essere spesso una perdita di tempo e denaro. Nel 31 per cento dei casi, infatti, dopo l'acquisto e il pagamento il farmaco non viene recapitato. E non sono previste modalità di rimborso. Il prezzo-affare, fra l'altro, che potrebbe tentare all'acquisto, molto spesso, secondo l'indagine, è un prezzo «civetta» dato che per una pillola che in farmacia costa 30 centesimi si arriva a pagare online anche 1 euro e 70 centesimi con le spese di spedizione;
i siti che vendono farmaci puntano su confidenzialità, rispetto della privacy, prezzi più bassi, qualità del prodotto, spedizione con tracciabilità, consegna in pochi giorni. Alcuni con spudoratezza rassicurano circa la legalità dell'acquisto di farmaci online e la possibilità di evitare il «filtro» del medico. Sono slogan che non resistono alla prova dei fatti. L'inchiesta dimostra che è un tipo di acquisto che offre zero garanzie. E che i consumatori potrebbero rimetterci soldi e salute. I farmaci venduti online sono risultati quattro volte più cari rispetto alla farmacia e di scarsa qualità;
la vendita di farmaci online è illegale e che nella maggior parte dei casi si punta sull'inganno del minor costo e sulla qualità dei prodotti;
con molta probabilità possono incappare in tali acquisti persone in condizioni di difficoltà e di fragilità facilmente influenzabili -:
se il Governo non ritenga di dover avviare una capillare azione di controllo e monitoraggio dei siti e delle farmacie online che vendono illegalmente farmaci, oltretutto scadenti, e provvedere al loro ritiro al fine di tutelare i consumatori e la loro salute.
(4-14065)

LARATTA, BERNARDINI, SERVODIO, STRIZZOLO, OLIVERIO, RUBINATO, BOSSA, VASSALLO e LENZI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 11 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122 comma 13, disposto che «Il comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione»;
il successivo comma 14 ha stabilito che «Fermo restando gli effetti esplicati d sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l'efficacia di provvedimenti emana fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto». Con recentissima sentenza del 9 novembre 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122;
la norma censurata aveva consentito al Governo di risparmiare ingiustamente l'erogazione di molte decine di milioni di euro a favore di cittadini gravemente danneggiati da emotrasfusioni di sangue infetto, che si contano nell'ordine di 20.000 persone;
l'AMEV (Associazione malati emotrasfusi e vaccinati) di Firenze, in persona suo presidente nazionale, avvocato Marcello Stanca, è intervenuta nel giudizio di costituzionalità nell'interesse di numerosi associati chiedendo anche che il Governo ponga rimedio ad una grave ingiustizia contraria alla Costituzione, che si protrae

ormai dal 31 maggio del 2010 a carico di cittadini, tutelati dall'Associazione, gravemente ammalati per HCV, HIV, spesso in fin di vita;
gli indennizzi mensili dovuti ai sensi della legge n. 210 del 1992 sui quali è stata operata l'illegittima riduzione tramite la norma censurata dalla consulta, sono erogati oggi dalle regioni tramite le Asl, così che tutti gli enti indicati saranno obbligati a restituire ai cittadini, con gli interessi di mora, solidalmente con il Ministero della salute, tutto quanto illegittimamente trattenuto per 17 mesi, sull'intero territorio nazionale -:
quali iniziative di natura finanziaria, ed in quali termini temporali, intendano adottare, con urgenza, al fine di restituire il maltolto ai cittadini danneggiati da emotrasfusioni anche al fine di evitare la proliferazione di azioni giudiziarie, sicuramente dannose per il bilancio dello Stato.
(4-14073)

PALADINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Gaslini, l'istituto scientifico di Quarto, ai vertici non solo in Italia è centro di riferimento di patologie rare che richiedono trattamenti terapeutici costosi;
si è preso atto con rammarico che anche per il 2012 il Parlamento non ha previsto finanziamenti statali destinati all'istituto Gaslini, mentre si stabilisce che siano assegnati ad altri ospedali;
la sua specificità, innovatività ed eccellenza in termini di sanità pediatrica sono riconosciute dalla comunità scientifica a livello nazionale e internazionale e molti sono i milioni di euro che sono stati promessi in più occasioni al Gaslini, considerato ospedale di riferimento nazionale con i suoi 1735 dipendenti, fra i quali più di un centinaio di precari, impegnati nella ricerca e nell'assistenza;
ritenuto che i finanziamenti devono essere destinati in base a precisi indicatori internazionali, appare giusto che venga sostenuto adeguatamente dallo Stato, in quanto ospedale di eccellenza con prestazioni di competenza unica e di alta complessità -:
se il Ministro, per quanto di competenza, non ritenga necessario verificare la possibilità di assumere iniziative, anche normative, volte a sostenere adeguatamente l'istituto Gaslini, in quanto ospedale di rilievo nazionale ed internazionale in termini di sanità pediatrica riconosciuto dalla comunità scientifica;
se, vista la composizione dell'utenza, proveniente in maggioranza da fuori regione e da fuori Italia e le prestazioni talora di competenza unica e comunque sempre di alta complessità, non si ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza per prevedere adeguato supporto anche all'istituto Gaslini.
(4-14094)

PATARINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 12 dicembre 2005 fu indetto dal capo del dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti un concorso pubblico, mediante quiz preselettivi e successivi colloqui, per il reclutamento di 50 operatori tecnici del settore della prevenzione, dell'assistenza, della vigilanza e del controllo sanitario, con contratto di lavoro a tempo determinato di durata triennale, presso gli uffici centrali e periferici nel Ministero della salute;
con successivo decreto, in data 5 luglio 2006, dallo stesso dipartimento, ultimato il previsto iter concorsuale, furono approvate le operazioni svolte dalla Commissione esaminatrice e la relativa graduatoria di merito;
conseguentemente, a far data dal 1o settembre 2006, i 50 candidati dichiarati vincitori furono assunti, in qualità di operatori, prendendo servizio presso le rispettive sedi degli uffici del Ministero della salute (centrali e periferici);

i predetti operatori tecnici sottoscrissero una proroga del contratto di lavoro a tempo determinato per l'impiego, tra l'altro, nel servizio di informazione al pubblico 1500 (cosiddetti Call Center 1500 attivato nel periodo 28 aprile 2009-29 gennaio 2010 in occasione dell'attività epidemica influenza A(H1N1)), fornendo, previa apposita formazione, indicazioni sulla malattia e sulle relative misure di prevenzione ininterrottamente, anche nelle giornate di sabato ed alla domenica, nonché in quelle festive;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2009 autorizzò la richiesta operata con nota protocollo n. 6948 del 27 febbraio 2009 dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, tesa alla stabilizzazione, tra l'altro, di 6 unità appartenenti al profilo professionale;
i medesimi operatori tecnici, in seguito, sottoscrissero una seconda proroga del contratto di lavoro a tempo determinato, per ulteriori 11 mesi, durante i quali furono assunte ulteriori 7 unità che, sommate alle citate 6 unità già «stabilizzate» nel mese di dicembre 2009, comportarono l'assunzione, con contratto a tempo indeterminato, dei primi 13 candidati utilmente collocati nella graduatoria del concorso di cui al citato decreto del 12 dicembre 2005;
la legge 4 novembre 2010, n. 183, unitamente alle note pregresse disposizioni emanate dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, ha bloccato la stabilizzazione del precariato introdotta dalle precedenti leggi finanziarie, fissando il termine ultimo di realizzazione delle procedure di stabilizzazione al 30 giugno 2009;
conseguentemente, i restanti 32 operatori tecnici vincitori del predetto concorso non hanno potuto usufruire dei medesimi benefici di cui hanno usufruito le predette 13 unità, stabilizzate con contratto a tempo determinato e senza aver dovuto affrontare alcuna ulteriore procedura concorsuale;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 2010 il Ministero della salute è stato autorizzato, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2011, ad avviare, nel triennio 2010-2012, le procedure di reclutamento, tra gli altri, di 32 «Assistenti del settore della prevenzione dell'assistenza della vigilanza e del controllo sanitario», posizione economica F2, area II;
in data 30 agosto 2011, il direttore della ex direzione generale del personale dell'organizzazione e del bilancio - ufficio III - gestione del personale, ha indetto uno speciale concorso pubblico, per esami, per l'attribuzione di trentadue posti nel profilo professionale di operatore tecnico del settore della prevenzione, dell'assistenza, della vigilanza e del controllo sanitario in prova - seconda area, fascia retributiva F2 - presso gli uffici centrali e periferici del Ministero della salute; il relativo bando prevede una riserva del 40 per cento dei posti a concorso (pari a 12/13 unità) riservato - ai sensi dell'articolo 17, comma 10, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 - al personale già titolare di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato nel profilo professionale oggetto della presente procedura concorsuale, in possesso dei requisiti previsti all'articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
quanto sopra comporta, ad avviso dell'interrogante una palese e grave discriminazione tra le 13 unità già stabilizzate e le restanti 32 unità che, per contro, dovranno sostenere una ulteriore prova concorsuale, con soli 12/13 posti riservati, e - conseguentemente - con la concreta possibilità per le restanti 19/20 unità, in caso di mancato superamento del concorso, di vedere interrotto il proprio rapporto di lavoro con il Ministero della salute dopo ben sei anni;
un simile atteggiamento, oltre a mettere in evidenza una inspiegabile diversità di trattamento tra due medesime categorie di lavoratori, determina, sempre ad avviso

dell'interrogante, anche la perdita, per il Ministero della salute, di professionalità acquisite/formate nel tempo e dei relativi oneri finanziari investiti in tal senso che risulterebbero - di fatto - spesi inutilmente;
sarebbe stato senz'altro più equo, in termini di opportunità concesse ai citati lavoratori, procedere all'ulteriore stabilizzazione delle restanti unità al fine di mantenere le professionalità acquisite nel tempo e, soprattutto, per evitare eventuali licenziamenti e sprechi di risorse, anche in termini economici, dovendo il Ministero della salute sostenere ulteriori spese per la relativa formazione e l'avvio alla fase del nuovo impiego, ove dovessero risultare vincitori del predetto concorso altri candidati rispetto a quelli provenienti dalle unità già a contratto di lavoro a tempo determinato, fascia retributiva F2, area II -:
quali iniziative di competenza intenda assumere, alla luce delle considerazioni svolte, al fine di evitare quella che all'interrogante appare una vera e propria ingiustizia.
(4-14101)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

MOLES, BERGAMINI e GAROFALO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto legislativo n. 58 del 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 aprile 2011, in attuazione della direttiva 2008/6/CE si è definitivamente liberalizzato il mercato dei servizi postali in Italia. Tale decreto ha comportato la chiusura della procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per la mancata trasposizione della direttiva del 2008;
il medesimo decreto legislativo ha istituito l'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, ai sensi dell'articolo 22 della direttiva 97/67/CE e successive modificazioni, alla quale sono trasferite le funzioni di cui al comma 2. Attualmente tali funzioni sono svolte dal Ministero dello sviluppo economico - direzione generale per la regolamentazione del settore postale - in contrasto con la direttiva 2008/6/CE per la mancata autonomia dell'organismo regolatore dal fornitore del servizio universale;
all'articolo 2, comma 15, del decreto si stabiliva, ad un mese dalla sua entrata in vigore, l'approvazione dello statuto dell'Agenzia con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
ad oggi non è ancora stata conclusa la procedura che renda pienamente operativa l'Agenzia, la quale si trova oggi nelle condizioni di non poter operare concretamente, regolando il mercato e vigilando sui diversi soggetti presenti ed a danno della concorrenza e del mercato stesso;
la Commissione europea, direzione servizi postali - riscontrando una situazione di stallo da parte del nostro Governo - ha iniziato in questi giorni un'attività di istruttoria sulla effettiva applicazione del decreto legislativo, in virtù della liberalizzazione del settore prevista peraltro a gennaio 2011 -:
alla luce dei nuovi impegni presi in questi giorni in sede comunitaria, in materia apertura dei mercati in chiave concorrenziale, come i Ministri interrogati intendano provvedere affinché possa esser dato nuovo slancio al mercato postale, che ad oggi soffre la mancanza di un regolatore e come saranno rimossi i vincoli allo sviluppo della concorrenza;
come i Ministri interrogati, intendano provvedere affinché la mancata presenza dell'Agenzia che regoli il libero mercato non inneschi una serie di asimmetrie tra operatori postali, con ulteriori disservizi e disagi che ricadono sulla collettività.
(3-01954)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCHIONI, VANNUCCI, GIOVANELLI, BRANDOLINI, MERLONI, SANGA, AGOSTINI, ANDREA ORLANDO, CIMADORO e MISIANI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Ferretti yachts è uno dei più importanti nel settore della cantieristica navale, con cantieri a Forlì, La Spezia, Ancona, Cattolica, Sarnico, Marotta di Mondolfo, San Giovanni in Marignano; conta circa 2mila dipendenti oltre ad una forte presenza di indotto nelle regioni Emilia Romagna, Liguria, Marche e Lombardia;
dopo la pesante crisi finanziaria del gruppo, causata dal disimpegno dei fondi di investimento Permira e Candover, accentuata della crisi economica mondiale che ha ridotto il fatturato, il nuovo management, chiamato a seguito dei nuovi assetti proprietari (tra i soci risulta essere anche Mediobanca) scaturiti dalla conversione del 50 per cento del debito in azioni, ha ridefinito gli assetti dell'attività aziendale e le politiche di sviluppo nel breve e medio termine. Tali assetti sono stati confermati dai risultati operativi del biennio 2010-2011;
il management dell'azienda ha annunciato un piano di rilancio, con la possibilità per i lavoratori, le aziende dell'indotto, le istituzioni locali, di un costante monitoraggio. Pur annunciato da mesi, il piano di rilancio non è a tutt'oggi stato presentato, mentre l'operatività dell'azienda risente pesantemente della mancanza di prospettive di medio e lungo periodo;
il gruppo industriale cinese Shantui heavy industry group ha presentato nel mese di settembre 2011 una proposta di acquisto e finanziamento dell'attività aziendale. Questa proposta è stata giudicata inadeguata dall'attuale proprietà detentrice della maggioranza delle azioni e dell'indebitamento; il rifiuto della proposta ha comportato un impegno delle banche, coordinate da RBS, che già hanno convertito due anni fa il 50 per cento del credito in azioni, a prevedere una nuova ristrutturazione del debito prevedendo altresì una immissione di nuovo capitale indispensabile allo sviluppo dell'impresa;
le incertezze che tuttora permangono, stanno creando notevoli problemi alla gestione operativa e rischiano di compromettere lo sviluppo dell'impresa e dell'indotto, che sta pagando duramente le difficoltà finanziarie dell'impresa che rischia di portare alla chiusura di piccole e medie imprese indispensabili per il futuro -:
se il Ministro sia informato della vicenda, se stia monitorando la situazione e quali iniziative intenda tempestivamente porre in essere per favorire la conclusione dell'operazione di ricapitalizzazione e scongiurare il blocco delle attività dei cantieri che produrrebbe gravissimi danni sociali ed economici;
se a tal fine intenda aprire un tavolo di crisi presso il ministero con il coinvolgimento delle parti sociali e dei rappresentanti delle istituzioni regionali e locali interessate, anche al fine di salvaguardare uno dei più prestigiosi marchi del made in Italy nel campo della nautica da diporto.
(5-05765)

MARCHIGNOLI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Mordano (Bologna) è ubicato uno stabilimento produttivo del gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a. (che dispone anche di altri stabilimenti nelle province di Modena e Reggio Emilia) nel quale si realizzano piastrelle monocottura;
lo stabilimento in questione attualmente occupa 61 persone in cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione dal 1o febbraio 2010;
durante l'incontro tra le organizzazioni sindacali e la direzione aziendale del

gruppo Ceramiche Ricchetti s.p.a., svoltosi a Mordano nella giornata di giovedì 10 novembre 2011, quest'ultima ha annunciato la chiusura dello stabilimento produttivo di Mordano, scelta ribadita successivamente nell'incontro tenutosi nella sede della provincia di Bologna nella data di lunedì 28 novembre 2011 -:
se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda intraprendere al fine di affrontare una situazione gravemente impattante sulle lavoratrici e sui lavoratori dell'azienda nonché sul tessuto sociale dell'intero territorio di Imola;
se il Governo intenda attivarsi per scongiurare la chiusura dello stabilimento produttivo e salvaguardare l'occupazione degli attuali dipendenti, nonché promuovere iniziative di sostegno pubblico alla ricerca e la formazione del personale condizione indispensabile per essere competitivi oggi e nel futuro nel settore ceramico coinvolto duramente dalla gravissima crisi economica.
(5-05768)

TULLO e ROSSA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 18 novembre 2011 è stata pubblicata una interrogazione con risposta in Commissione (5-05713) in cui si richiamava l'attenzione del Governo rispetto alla situazione generale di Finmeccanica nonché di Ansaldo StS, Ansaldo Breda e Ansaldo Energia, alla luce delle dichiarazioni avanzate dall'amministratore delegato Orsi, rispetto ad una possibile vendita delle stesse;
le ragioni di forte preoccupazione per le sorti di queste aziende sono legate non solo alle possibili ricadute negative sull'economia e sull'occupazione della realtà genovese ma più complessivamente ad una strategia sbagliata di uscita dal settore civile di Finmeccanica;
è del 22 novembre 2011 la notizia che per quanto riguarda un'altra controllata di Finmeccanica, Selex-Elsag nata lo scorso luglio dalla fusione tra Selex Comms ed Elsag Datamat sarebbe previsto, oltre alla cassa integrazione che ha già coinvolto tremila dipendenti del gruppo e trecento lavoratori destinati alla mobilità, l'esubero di trenta dirigenti su un totale di novanta della sede di Genova -:
se corrispondano al vero le ipotesi di riduzione di personale e di funzioni della sede genovese di Selex-Elsag;
quali iniziative, come già veniva chiesto nell'interrogazione 5-05713, il Governo intenda promuovere per favorire il rilancio delle aziende di Finmeccanica;
se non si ritenga opportuna la presentazione di un piano industriale complessivo, che superi la logica «azienda per azienda», che ha prevalso in questi anni, generando preoccupazioni legittime tra i lavoratori ed indebolendo una realtà industriale così importante per il Paese.
(5-05769)

GIAMMANCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
com'è noto, il made in Italy ed in particolare quello agroalimentare rappresenta una straordinaria leva per la competitività e la crescita del nostro Paese, in quanto contribuisce in modo essenziale al prodotto interno lordo nazionale;
risulta conseguentemente importante, a giudizio dell'interrogante, prestare la massima attenzione e vigilanza, affinché le istituzioni preposte evitino ulteriori fenomeni di contraffazione nel settore agroalimentare, con inevitabili ripercussioni economiche e commerciali che danneggiano la filiera interessata;
la Coldiretti a tal proposito, ha recentemente denunciato in modo dettagliato, un accordo stipulato dalla società Simest, la finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero,

costituita ai sensi della legge 24 aprile 1990, n. 100, il cui controllore risulta essere il Ministero interrogato, con il gruppo aziendale Parmacotto, attraverso un aumento del capitale sociale, pari a 11 milioni di euro, per la promozione e la vendita di alimenti tipici italiani quali i salumi, realizzati con materie prime non italiane, la cui produzione ed il confezionamento avviene negli Stati Uniti d'America, e successivamente pubblicizzati con etichette e marchi che evocano i prodotti tipici della gastronomia italiana e delle specialità regionali;
la vendita dei suddetti prodotti alimentari, sostiene la Coldiretti, avviene attualmente all'interno delle salumerie «Rosi» di New York facenti parte proprio del gruppo Parmacotto, il cui 49 per cento del capitale sociale è posseduto dalla stessa Simest, e i cui obiettivi societari, come precedentemente riportato, consistono nella promozione e nel sostegno economico e organizzativo di specifiche iniziative di investimento e di collaborazione commerciale e industriale all'estero da parte di imprese italiane, con preferenza per quelle di piccole e medie dimensioni anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche;
la stessa Coldiretti, ha inoltre denunciato un ulteriore caso di contraffazione nel comparto agroalimentare e della cosiddetta agro pirateria, in campo produttivo e commerciale, con effetti economici e di immagine, gravi ed imbarazzanti per le imprese italiane, rappresentato dall'acquisto di quote societarie da parte della Simest, della società rumena denominata Lactitalia con sede in Romania;
la predetta società, utilizzando latte di pecora rumeno o ungherese, secondo quanto sostiene l'associazione degli agricoltori, produce formaggi e successivamente rivenduti con nomi italiani, quali ad esempio: Dolce Vita, Toscanella e Pecorino, sui mercati internazionali, danneggiando pesantemente le imprese italiane, che hanno subito evidente perdite di vendita all'estero e in particolare nei Paesi europei dell'est;
appare evidente, a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto suesposto, come il contrasto alla contraffazione nel settore agroalimentare, abbia conseguenze economiche, commerciali e sanitarie di rilievo, tanto per le imprese quanto per i consumatori, come confermato in diverse occasioni da numerosi organismi quali: l'Abi, Alleanza cooperative italiane, Ania, Cgil, Cia, Cisl, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Reteimprese Italia, Ugl, Uil, i quali, in un documento unitario dello scorso 4 agosto 2011, hanno inserito tra le priorità sulle quali operare per rilanciare la crescita l'attuazione di politiche incisive volte alla promozione e alla difesa del made in Italy di qualità;
la stessa volontà del Parlamento, ed in particolare del Governo Berlusconi, nel tutelare l'identità e la territorialità del made in Italy agroalimentare è stata confermata anche dalle disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari (legge 3 febbraio 2011, n. 44) approvate al fine di assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti oltre che al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari;
la diffusione di prodotti che traggono inganno circa la vera origine geografica realizza inoltre, a giudizio dell'interrogante un evidente danno all'immagine della produzione agroalimentare nazionale, raggirando i consumatori che non vengono messi in condizione di scegliere in modo responsabile;
le operazioni di sostegno dell'Italian sounding, da parte della Simest, come quella suesposta, determinano di conseguenza, a giudizio dell'interrogante, danni ancora più gravi in quanto bloccano ogni potenzialità di crescita delle imprese italiane a causa della saturazione del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale;

il sostegno della Simest alle attività di commercializzazione di prosciutti ed altri salumi della tradizione italiana nei confronti del gruppo aziendale Parmacotto al fine di creare una rete di locali per la ristorazione si inserisce tra l'altro, in un periodo di grave crisi dell'allevamento di suini nel nostro Paese, determinando una concorrenza sleale nei confronti di numerosi imprenditori italiani del settore -:
quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, al fine di verificare i criteri con cui vengono scelti, da parte della Simest, i progetti da finanziare e se, ove fossero riscontrate veritiere le denunce da parte della Coldiretti, non ritenga opportuno sospendere gli attuali investimenti in attività di delocalizzazione di produzioni agroalimentari, al fine di evitare, fenomeni di concorrenza sleale;
se non ritenga opportuno documentare, attraverso una relazione annuale, i controlli che la Simest svolge sulle attività del settore agroalimentare delle quali acquisisce partecipazioni societarie;
se non ritenga opportuno altresì, prevedere ulteriori disposizioni al fine di verificare con maggiore scrupolo le necessarie ed indispensabili informazioni sulle partecipazioni ed i finanziamenti da parte della Simest in altre società del settore agroalimentare;
come intenda intervenire, ove fossero accertate le responsabilità e le attribuzioni di quanto esposto in premessa, rispetto alle imprese nazionali e al danno economico e d'immagine subito, a fronte dell'avvenuta occupazione del mercato da parte di aziende quali il gruppo Parmacotto, che utilizzando finanziamenti pubblici, attraverso la società controllata dal Ministero dello sviluppo economico, ha immesso prodotti soltanto imitativi di quelli autentici italiani;
se non ritenga infine opportuno prevedere conseguentemente adeguate iniziative sanzionatorie nei confronti della società Simest, in considerazione della sostanziale violazione da parte del gruppo Parmacotto, da essa partecipato, di quanto previsto in tema di protezione di denominazioni di origine protetta a proposito della promozione di un prodotto (salumi calabresi) riconosciuto a livello europeo.
(5-05780)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, come quelli che utilizzano olio vegetale, generano energia che viene pagata dal gestore per i servizi elettrici (GSE), ad una tariffa di 0,28 euro al chilowattora, con un versamento dilazionato in due rate;
la prima rata di 0,18 euro è pagata a 30 giorni dalla data della fattura, ovvero circa in 60 giorni dalla produzione di energia in quanto la proposta di fattura viene emessa dal gestore per i servizi elettrici (GSE) ma viene poi approvata dai produttori di energia;
la seconda rata di 0,10 euro è pagata in seguito, solo, dopo la verifica della tracciatura dell'olio utilizzato dall'impianto;
tale verifica richiede l'intervento del fornitore dell'olio combustibile e la comunicazione dei dati dell'olio agli enti di controllo che sono AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché allo stesso gestore per i servizi elettrici;
questa procedura richiede molto tempo anche in ragione del fatto che, come si desume da alcune segnalazioni pervenute all'interrogante, le procedure informatiche tese a ridurre i tempi sono in via di definizione;

avviene, pertanto, che i produttori si trovino in difficoltà finanziarie a causa dell'allungarsi dei tempi di attesa di conclusione dell'iter di tracciabilità dell'olio che non consente di incassare la seconda rata in tempi ragionevoli;
si precisa che i produttori, nel mentre attendono di poter incassare la seconda rata della tariffa, sono tenuti a pagare regolarmente i fornitori al momento della consegna dell'olio per poterlo acquistare ad un prezzo competitivo che consenta la remunerazione dell'investimento -:
quali iniziative o provvedimenti di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per addivenire ad una soluzione per una più rapida entrata in funzione del sistema informatico citato;
quali provvedimenti si intendano assumere per accelerare la definizione delle domande attualmente giacenti al fine di garantire una loro rapida liquidazione.
(4-14052)

DI PIETRO, FAVIA, ANIELLO FORMISANO e PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Best è una società italiana del gruppo statunitense Nortek specializzata nella produzione di motorini per cappe aspiranti;
l'azienda di Montefano ha chiuso il 7 novembre 2011, senza alcun preavviso, lasciando i suoi 125 dipendenti senza lavoro nonostante vi fosse la piena produzione, portando via i macchinari dallo stabilimento durante la notte;
a novembre si sono tenuti incontri tra l'azienda e le organizzazioni sindacali, al termine dei quali le parti hanno convenuto di proseguire il confronto sindacale al fine di pervenire alla sottoscrizione di un piano per la soluzione della vertenza. Ciò per favorire la cessione del sito industriale a possibili acquirenti, con l'obiettivo di impiegare la totalità dei lavoratori. A tutt'oggi nessun accordo è stato raggiunto;
è stato chiesto l'utilizzo della cassa integrazione straordinaria per il tempo massimo utilizzabile, individuando anche le condizioni che ne favoriscano il pieno utilizzo per tutti i dipendenti;
è stata inoltre chiesta l'integrazione del trattamento e il riconoscimento ai lavoratori, che lasceranno l'azienda durante o al termine del periodo di cassa integrazione, di un incentivazione all'esodo. Infine è stato chiesto un piano per favorirne la ricollocazione anche mediante incentivazioni da riconoscere alle aziende che li assumeranno e che preveda anche percorsi formativi e di riqualificazione;
nel periodo necessario alla definizione di questi passaggi, previsti entro il termine della procedura di mobilità, l'azienda deve impegnarsi al regolare pagamento delle competenze mensili; ciò che più colpisce gli interroganti è che la Best di Montefano non era una realtà in crisi, aveva molto lavoro, ma la proprietà ha voluto trasferire le lavorazioni in Polonia per avere utili maggiori; la chiusura della Best di Montefano (motori per cappe aspiranti) mette a rischio anche una trentina di imprese dell'indotto artigiano e di fornitura, situate tra Osimo, Castelfidardo e Recanati;
l'allarme è stato lanciato dalla Cgia di Ancona, che cita aziende terziste che producono semilavorati elettromeccanici e della plastica;
la Best di Montefano ha percepito sovvenzioni pubbliche che con la decisione della chiusura repentina dovranno essere recuperate per metterle a disposizione di quegli imprenditori che intendono investire e rimanere nel nostro territorio impegnandosi a non delocalizzare -:
se il Ministro, di fronte a un mancato accordo in sede locale, intenda convocare l'azienda, le organizzazioni sindacali e gli enti locali, a partire dalla

regione Marche, al fine di individuare un progetto industriale di reindustrializzazione dell'area e di occupabilità per l'insieme dei lavoratori, affidando tale compito a Invitalia.
(4-14057)

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'intera Val Tramontina (Pordenone) sta lamentando dei disagi prolungati e non più sostenibili in merito alla consegna della corrispondenza;
da più di un mese, infatti, il portalettere si reca in questa area geografica in modo discontinuo, a volte non presentandosi al domicilio dell'utenza anche per 4-5 giorni di seguito;
nella frazione di Campone, in comune di Tramonti di Sotto, risulta che la posta non venga recapitata addirittura da quattro settimane;
la valle è abitata in larga maggioranza da anziani, impossibilitati dal muoversi da casa;
la delicatezza della problematica appare palese se si pensa che l'inconveniente riguarda anche aziende e uffici pubblici, con ritardi nella partecipazione a gare di appalto e nella ricezione di comunicazioni di lavoro -:
se sia a conoscenza della vicenda indicata in premessa e quali iniziative intenda assume per risolvere al più presto la problematica;
quali siano le cause del disagio evocato e se lo stesso riguardi altre aree geografiche del Friuli Venezia Giulia.
(4-14060)

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
esistono numerose aree geografiche del Paese in cui l'avvio del digitale terrestre ha comportato disservizi o, comunque, non ha supplito in alcun modo alle precedenti carenze tecniche nella ricezione del segnale;
a titolo di esempio, si possono citare alcune borgate della montagna Pordenonese nelle quali la maggioranza o la totalità degli utenti si è dotata autonomamente di antenna parabolica pur di non restare privi del servizio televisivo nelle abitazioni;
persino alcuni consigli comunali e sindaci del pordenonese hanno cominciato a dubitare pubblicamente dell'opportunità di pagare il canone se il servizio non viene in alcun modo erogato al cittadino (il rischio di tensioni sociali e di mobilitazioni popolari pare, pertanto, sussistere a tutti gli effetti) -:
se e quali iniziative intenda assumere al fine di individuare delle forme di compensazione nei confronti di chi, pur versando regolarmente il canone, non gode del servizio televisivo e, magari, è dovuto ricorrere a proprie spese a sistemi alternativi per la captazione dei programmi pubblici.
(4-14061)

BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il settore dell'agroalimentare è per il nostro Paese una ricchezza significativa, sia come patrimonio di tradizioni e cultura, sia dal punto di vista economico, in ragione soprattutto del fatto che il settore rappresenta, nel suo insieme, quasi il 16 per cento del PIL prodotto ogni anno in Italia;
i numerosi primati detenuti dagli operatori del settore, come quello relativo alla quantità di vino prodotto annualmente o la qualità degli stessi, fanno della Italia il leader mondiale indiscusso nell'agroalimentare, e la valenza del settore è tale che in questi ultimi anni si sono diffuse in tutto il territorio nazionale dei specifici eventi e delle manifestazioni finalizzati

a sostenere i prodotti tipici di un territorio e denominati «prodotti a chilometro zero»;
la concorrenza contro le tipicità italiane si evidenzia molto spesso in modo illegale con la commercializzazione di prodotti che sottolineano un luogo di origine e di produzione del prodotto non veritiero, traendo così in inganno il consumatore e danneggiando in modo rilevante sia l'immagine del prodotto originale, sia i livelli economici degli operatori italiani;
al fine di salvaguardare il settore e i suoi prodotti, il 4 agosto 2011, tutte le parti sociali, da Confindustria a rete imprese Italia, da Coldiretti a Confagricoltura, oltre ad Abi e alle principali sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, hanno sottoscritto un documento unitario per la definizione delle priorità sulle quali operare per rilanciare la crescita del settore, ponendo l'attenzione, in particolar modo, sulla attuazione di «politiche incisive finalizzate alla promozione e difesa del made in Italy di qualità quale leva competitiva del Paese, in grado di valorizzare il lavoro, il capitale ed il territorio italiano, sfruttando il potenziale di penetrazione commerciale all'estero delle imprese italiane»;
in più occasioni, il Governo si è impegnato a dare una piena e formale attuazione ad una serie di disposizioni, come la legge n. 4 del 2011, in materia di introduzione del principio di obbligatorietà dell'indicazione in etichetta dei prodotti alimentari del luogo di origine della materia prima agricola, o come in relazione al finanziamento dei progetti all'estero in grado di scongiurare appropriazioni indebite delle denominazioni protette e impropri richiami all'origine italiana dei prodotti commercializzati;
la tutela e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari, peraltro, era stata espressa e messa in evidenza a più riprese anche dal precedente Ministro, il dottor Zaia che si era tanto impegnato contro la lotta alla contraffazione e il potenziamento del made in Italy arrivando anche a sottoscrivere specifici accordi con le autorità cinesi;
è notizia delle ultime settimane che SIMEST spa, società finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero e controllata dal Ministero dello sviluppo economico, destini parte delle proprie risorse, di natura pubblica, alla promozione e alla valorizzazione di prodotti alimentari assolutamente non italiani, determinando un blocco della crescita delle imprese italiane a causa della saturazione del mercato con prodotti non italiani ma e che inducono all'errore in fase di scelta dell'acquisto il consumatore -:
non ritenga opportuno assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze allo scopo di porre fine alla promozione da parte di SIMEST spa di prodotti non italiani valorizzando invece, coerentemente con le linee strategiche assunte dal Governo precedente e in linea con le disposizioni previste in materia di made in Italy, prodotti tipici e le peculiarità agroalimentari regionali.
(4-14062)

CAPARINI e PINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la R.B.M. editrice di Radio Carisma con sede a Ferrara operante su un unico impianto regolarmente censito a 93.800 megahertz dal 25 novembre del 2010 spento in modo coatto in forza di un'ordinanza di disattivazione a causa di interferenze con RadioRai;
il successivo ricorso al TAR di Bologna e al Consiglio di Stato hanno valutato legittima l'ordinanza di disattivazione in quanto vincolata alla compatibilizzazione elettromagnetica in campo all'ispettorato territoriale Emilia Romagna del Ministero per lo sviluppo economico;
l'emittente è quindi a tutt'oggi inattiva se pur legittimata, anche ai sensi della legge n. 66 del 2001 con conseguenti ingenti danni economici;
al 28 novembre del 2011 la ditta Towertel, incaricata di ospitare l'impianto

compatibilizzato, non ha ancora fornito nessuna indicazione operativa alla RBM -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra elencati e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per consentire il legittimo esercizio della libertà economica e di pensiero.
(4-14070)

MANCUSO, DE LUCA, BARANI e CICCIOLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'industria fotovoltaica italiana contribuisce al PIL per il 2 per cento;
l'industria fotovoltaica italiana ha superato quest'anno gli obiettivi di produzione fissati al 2020 dal Piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili (8 mila Mwp);
l'Italia si avvia a essere il primo mercato al mondo per potenza fotovoltaica installata nel 2011;
gli incentivi statali per le energie rinnovabili vanno considerate come un investimento e non come un costo;
manca una legislazione chiara di tali incentivi e della loro quantificazione e questo mette in ovvia difficoltà il settore;
il costo del sistema di incentivazione del settore delle energie rinnovabili, nel 2010, è stato di 826 milioni di euro;
gli oneri A3, relativi alla promozione delle fonti rinnovabili, complessivamente pagati dai consumatori in bolletta ammontano a circa 6 miliardi di euro l'anno;
gli investimenti in tecnologia fotovoltaica, di origine prevalentemente privata, nel 2010 sono ammontati a circa 10 miliardi di euro;
gli introiti per le casse dello Stato generati da tutti i componenti della filiera fotovoltaica, nel 2010, sono ammontati a quasi 4 miliardi di Euro;
gli incentivi incidono in bolletta solo per 2015 e, nel momento in cui il settore andrà a regime, diverrà finanziariamente autonomo;
il settore fotovoltaico ha creato occupazione per circa 20mila persone;

il 70 per cento del reddito generato dalla filiera industriale fotovoltaica resta in Italia -:
se il Governo intenda chiarire la normativa degli incentivi sulle energie alternative, anche in prospettiva;
quali azioni il Governo intenda mettere in atto al fine di incentivare la ricerca e l'utilizzo, da parte del consumatore finale, delle tecnologie di produzione di energie rinnovabili.
(4-14071)

DI PIETRO, FAVIA, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, MONAI e ROTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la sopravvivenza delle emittenti locali nel passaggio delle trasmissioni dal sistema analogico al digitale terrestre rappresenta un'esigenza cruciale per il nostro Paese;
le associazioni di categoria delle Tv locali da tempo denunciano l'«esproprio», subito con modalità di dubbia legittimità e, soprattutto, a fronte di un indennizzo gravemente irrisorio, dei canali dal 61 al 69;
le frequenze in questione, come noto, sono state assegnate, attraverso la procedura dell'asta pubblica, alle compagnie telefoniche per garantire alla loro fornitura di servizi in mobilità una maggiore capacità e velocità di trasmissione;
detta procedura (segnatamente l'asta per l'assegnazione delle frequenze in banda 800, 1800, 2000 e 2600), recentemente conclusasi, ha già superato il tetto dei 3,9 miliardi di euro;
ovviamente, ad avviso delle associazioni di categoria delle Tv locali, non può

essere contestata la circostanza che l'assegnazione agli operatori telefonici avvenga attraverso il ricorso ad un'asta pubblica. Ciò che dette associazioni ritengono inammissibile è che tale operazione sia avvenuta ad esclusivo carico delle emittenti locali. Sotto tale profilo, particolarmente criticabile appare, inoltre, come, attraverso un diverso tipo di procedura, ovvero un bando in modalità beauty contest, sei frequenze siano state, di fatto, assegnate praticamente a costo zero, quando invece l'applicazione dell'asta pubblica per l'assegnazione di tali frequenze avrebbe potuto produrre un introito stimato da 1 a 2 miliardi di euro, qualora le condizioni di gara avessero mirato realmente ad assicurare la massima valorizzazione economica delle frequenze da assegnare;
la problematica descritta rischia di infliggere, con tutta evidenza, l'ennesimo colpo sia al pluralismo televisivo nel nuovo scenario tecnologico digitale, sia all'informazione territoriale;
per quanto risulta agli interroganti, dei 3,9 miliardi di euro, incassati dallo Stato dalla vendita delle frequenze mediante la procedura di asta pubblica, non è stata destinata alcuna risorsa a titolo di indennizzo nei confronti delle emittenti televisive locali;
le emittenti locali risultano, peraltro, già fortemente penalizzate dalla mancata attuazione della legge n. 422 del 1993, tesa a garantire il pluralismo dell'informazione e lo sviluppo delle piccole e medie aziende in Italia;
la ratio legis della citata legge del 1993 risiede nella necessità di sostenere la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese che rappresentano il 70,8 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
numerosi sono gli ordini del giorno presentati in Parlamento e accolti dal Governo (e diversi anche nella XVI legislatura) che condividono l'azione trainante che l'emittenza locale svolge per le piccole e medie imprese, che, di fatto, hanno bisogno di Tv locali forti per poter pubblicizzare i loro prodotti e farne aumentare i consumi, con conseguente incremento della produzione, dei fatturati e dell'occupazione -:
se e quali iniziative urgenti si intendano adottare, già nell'ambito dei prossimi interventi di carattere finanziario, al fine di destinare a titolo di indennizzo una quota pari al 10 per cento degli introiti derivanti dall'asta per le frequenze 4G in favore del settore televisivo locale, con riferimento ad ogni singola regione del territorio nazionale e in modo proporzionale alla popolazione ivi residente, nonché, all'interno delle singole regioni, nei confronti di tutte le emittenti televisive locali in modo corrispondente ai relativi posizionamenti nelle graduatorie Corecom, e, infine, se e quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché venga data piena attuazione alla legge n. 422 del 1993, al fine di favorire l'azione trainante che l'emittenza locale esercita nel nostro Paese.
(4-14074)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio del Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'università di Milano, presentato da pochi giorni, metà delle famiglie italiane riesce «appena a far quadrare i conti». Il 15 per cento dei nuclei è in maggiori difficoltà e ogni mese deve intaccare i propri risparmi per sopravvivere e il 6,1 per cento è costretto a chiedere aiuti e prestiti. «È arrivata la povertà in un soggetto come la famiglia che fino a quattro-cinque anni fa era il presidio della nostra ricchezza», ha commentato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita;
inoltre, è da sottolineare l'allarme lanciato da Save the children nel secondo «Atlante dell'infanzia a rischio», nel quale si afferma che in povertà, in Italia, si

trovano 10 milioni 229 mila minori, il 16,9 per cento del totale della popolazione: uno su cinque (24,4 per cento) è a rischio povertà, il 18,3 per cento vive in povertà (1.876.000 minori, in famiglie che hanno una capacità di spesa per consumi sotto la media), il 18,6 per cento in condizione di deprivazione materiale e il 6,5 per cento (653.000 ragazzi) in condizione di povertà assoluta, privi dei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile. Secondo l'associazione, dal 2008 ad oggi sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell'1,8 per cento e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha due o più figli;
dal dossier emerge che nel nostro Paese due minori su tre che sono in povertà relativa e più di un minore su due che è in povertà assoluta vive nel Mezzogiorno. In particolare, è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2 per cento), seguita dalla Campania (31,9 per cento) e Basilicata (31,1 per cento), mentre Lombardia (7,3 per cento), Emilia Romagna (7,5 per cento) e Veneto (8,6 per cento) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa. Per quanto riguarda i bambini in povertà assoluta, anch'essi si concentrano nel Sud Italia dove rappresentano il 9,3 per cento di tutta la popolazione minorile;
inoltre, il 18,6 per cento di minori italiani versa in condizione di deprivazione materiale: nel Nord est il 7 per cento delle famiglie con minori non ha avuto soldi per cure mediche almeno una volta negli ultimi 12 mesi -:
quali interventi i Ministri interrogati intendano adottare al fine di migliorare le condizioni, sia economiche che sociali, in cui versa gran parte dei minori in Italia, con particolare riguardo alle regioni che, secondo il rapporto di Save the children, manifestano un tasso più alto di povertà.
(4-14078)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le adsl italiane stanno peggiorando, a causa dell'aumento del divario tra la velocità promessa e quella reale. Lo afferma uno studio di SosTariffe basato su 200mila test effettuati dagli utenti nel corso del 2011. Le adsl più comuni, quelle a 7 megabit, arrivano in media a 3,75 Mbps contro i 4 Mbps del 2010. Più deludenti, in proporzione, le adsl 20 megabit: si fermano a 7 Mbps, con una certa variabilità geografica. Più fortunati gli utenti delle province di Trieste (4,864 Mbps), Genova (4,348 Mbps), Cagliari (4,484 Mbps), Livorno (4,453 Mbps) e Aosta (4,294). Al contrario, le peggiori velocità sono registrate nelle province di Crotone (2,725 Mbps), Ragusa (3,125 Mbps), Teramo (3,184 Mbps), Rieti (3,098 Mbps) e Asti (3,312 Mbps). Il quadro è quello di un digital divide invisibile: la zona dove si abita incide sulle prestazioni a cui si può aspirare. Dipende dalla qualità delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel sottosuolo. L'Italia ha un record di lentezza, lo dice anche l'ultimo rapporto Akamai sullo stato di internet. L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di connessioni lente (0,9 per cento a meno di 256 Kbps reali). L'85 per cento delle connessioni italiane supera la velocità di 2 Mbps, ma solo l'11 per cento supera i 5 Mbps;
lo studio di SosTariffe è un termometro interessante; l'Autorità garante delle comunicazioni aveva in programma di realizzare un quadro delle prestazioni, con proprie sonde di test disseminate lungo la rete italiana, ma il progetto si è fermato a quattro regioni. «Contiamo anche di pubblicare statistiche nazionali basate sui test fatti dagli utenti con il nostro Misura Internet», dicono da Agcom. «Finora non l'abbiamo fatto perché gli operatori si oppongono, accampando motivi di privacy. Ma miriamo a farlo entro febbraio». Misura Internet è appunto il test ufficiale

dell'Agcom che si può eseguire quando si sospetta di andare troppo lenti su internet con l'adsl. Se i risultati sono inferiori alle promesse del nostro operatore, il test autorizza formalmente a inviargli una raccomandata di protesta. Se la situazione non migliora, si può fare un secondo test che eventualmente dà il diritto a una disdetta gratuita (risparmiando circa 40 euro). «Entro novembre uscirà la versione 2.0 del test», annunciano da Agcom. La miglioria è che «adesso non si blocca più quando rileva un minimo traffico Internet da alcune applicazioni attive sul computer dell'utente. Riesce a fare la misura al netto di quel traffico»;
purtroppo però gli operatori hanno trovato un escamotage: promettere una velocità piuttosto ridotta, così da non incappare nella cesoia del test. Le adsl 7 megabit hanno un minimo garantito di 2,1-2,5 Mbps, quelle a 20 megabit circa 5 Mbps; sono ben inferiori alle medie riportate da SosTariffe, che pure possono essere deludenti, visto che arrivano a metà della velocità reclamizzata. Né si può sperare, ragionevolmente, di andare più veloci con la banda larga mobile umts/hspa, nonostante velocità reclamizzate fino a 28 Mbps. In media la banda larga mobile va più lenta di una 7 megabit, infatti, con prestazioni peraltro piuttosto altalenanti e imprevedibili a seconda dell'ora e del giorno. È un'opzione valida solo se ci si trova in una zona dove l'adsl non riesce ad arrivare nemmeno a 2 Mbps. In altre parole, se l'adsl va come la media di SosTariffe, non si ha diritto ufficiale a protestare. Si può solo cambiare operatore, scegliendo un'offerta più cara, magari a 20 megabit (tutto sommato quasi il doppio più veloci di quelle a 7 megabit) -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di promuovere la realizzazione di una rete di banda larga, altamente efficiente e con costi contenuti per i fruitori, su tutto il territorio nazionale.
(4-14080)

DI PIETRO, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Finmeccanica, di cui il Ministero dell'economia e delle finanze, possiede il 30,2 per cento, lavora nell'aeronautica, nei trasporti, nell'energia, nella sicurezza. Costruisce aerei, treni, elicotteri, centrali elettriche; sviluppa tecnologia per lo spazio, sistemi di difesa. Ha 75.197 addetti nel mondo di cui oltre 40.000 in Italia, ricavi per 18 miliardi di euro e un patrimonio di 7 miliardi (dati del 2010). È una holding che ha delle professionalità di altissima specializzazione;
su Finmeccanica e i suoi vertici sono in corso inchieste della magistratura che stanno mettendo in luce inquietanti rapporti tra l'azienda e la politica. Inoltre, con le esternazioni delle scorse settimane l'amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, riconducibile alla Lega Nord nella logica dello spoil system (fonte il Sole 24 Ore, Il Giornale.it), ha:
dichiarato l'intenzione di cedere Ansaldo STS e Ansaldo Breda, due società controllate di Finmeccanica, leader mondiali nei sistemi ferroviari, nel segnalamento e nella costruzione di treni ad alta velocità e per il trasporto locale e metropolitano;
varato nell'ambito dell'aerospazio un piano di riorganizzazione che prevede 1.200 esuberi (circa il 10 per cento dell'organico), cassa integrazione per altri mille lavoratori e lo spostamento della direzione strategica e legale di Alenia dalla Campania a Venegono, in provincia di Varese;
non più presentato una seria offerta vincolante per l'acquisto di Firema, interrompendo un percorso positivo, già avviato prima della sua nomina, che porterebbe alla ristrutturazione dell'intero comparto delle costruzioni ferroviarie mettendo il nostro Paese all'altezza delle sfide del mercato mondiale;
tali vicende rendono sempre più concreto il rischio che si voglia procedere allo

spacchettamento delle aziende del gruppo Finmeccanica con la cessione e la vendita delle migliori realtà a investitori internazionali. La conferma arriva anche dalla stampa estera che in alcuni articoli pubblicati nei giorni scorsi dal Financial Times o dal Wall Street Journal, lasciano intendere come ci sia un concreto interesse straniero su uno dei più grandi patrimoni industriali italiani, quale è il gruppo Finmeccanica;
in particolare, esiste il rischio che si faccia «cassa» con aziende leader mondiali nel proprio settore, come nel caso di Ansaldo Energia;
Ansaldo Energia è il maggior produttore italiano di impianti termoelettrici, è presente sui mercati internazionali e si rivolge a enti pubblici, produttori indipendenti e clienti industriali. Ansaldo Energia offre al mercato della produzione energetica una vasta scelta di prodotti e servizi, con una capacità installata di oltre 176.000 megawatt in più di 90 Paesi, oltre 3.000 dipendenti, comprese le società estere;
Finmeccanica ha già venduto il 45 per cento di Ansaldo Energia a un fondo di investimento americano generando una plusvalenza netta di circa 450 milioni di euro nel 2011. È stata mantenuta la continuità della governance dell'azienda sia industriale che finanziaria: produce utili e ha carico di lavoro per i prossimi anni;
nell'attuale gestione di Finmeccanica, che agli interroganti appare contraria agli interessi nazionali e ad una corretta gestione aziendale, esiste concretamente l'ipotesi della vendita del restante 55 per cento a fondi di investimento, con la conseguenza che l'Italia perderebbe l'unica azienda attiva nel campo dei grandi impianti dell'energia tradizionali e rinnovabili e Genova perderebbe un'azienda che ha visto negli ultimi anni assumere 1000 giovani laureati e altamente qualificati, creando così un danno enorme anche al sistema universitario che non offrirebbe più ai giovani laureati uno sbocco occupazionale -:
se il Governo intenda fermare decisioni così gravi volte allo smantellamento e alla svendita del patrimonio industriale di Finmeccanica e, in particolare, di Ansaldo Energia, vista anche la necessità, ad avviso degli interroganti, di assumere iniziative per azzerare il vertice di Finmeccanica dimissionando tutto il consiglio di amministrazione compreso l'amministratore delegato.
(4-14081)

PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
trentotto lavoratori ex Telecom, facenti parte del ramo d'azienda che nel 2003 venne esternalizzato verso Tnt insieme alle attività di logistica e dei magazzini Telecom a partire dal 1o febbraio 2012, rimarranno senza lavoro a causa della reinternalizzazione della commessa da parte di Telecom Italia;
gli stessi lavoratori verranno licenziati con un verbale di esperita procedura e quindi senza nessun accordo sindacale, mediante quella che all'interrogante appare una finta cessione di ramo d'azienda alla Ceva Logistics;
una parte dell'attività, quella della logistica operativa che si occupa della gestione e del reintegro delle scorte dei materiali verso i negozi, a partire dal 1o febbraio 2012 verrà svolta di nuovo in-house, mentre Telecom dichiara di non voler riassorbire coloro che hanno operato sempre su tale attività;
la cessione del ramo d'azienda, fin dall'inizio, è apparsa come rispondente più all'obiettivo di una mera riduzione del personale che all'esigenza di razionalizzazione del processo produttivo; essa ha riguardato infatti settori diversi che non avevano autonomia funzionale e solo un segmento dell'intera attività logistica;
dall'avvio dell'esternalizzazione sono stati fortemente e sistematicamente ridimensionati personale e struttura; sono

stati chiusi i magazzini di Mestre, Firenze, Milano, Napoli e Termini Imerese; sono state aperte procedure di mobilità nel 2004 (74 lavoratori), nel 2005 (64 lavoratori), nel 2006 (20 lavoratori), di Cigs nel maggio del 2009 (29 lavoratori), di mobilità e contratti di solidarietà nel dicembre del 2010; una nuova procedura di mobilità e solidarietà è stata avviata nel maggio del 2011, fino al prossimo licenziamento di tutti i lavoratori della logistica operativa;
dall'avvio dell'esternalizzazione, han- no perso il lavoro 203 lavoratori a cui si aggiungono gli attuali 38 futuri licenziati, tutti tra quelli che nel 2003, con la cessione del ramo d'azienda, la Telecom aveva trasferito alla società Tnt -:
se, i Ministri, non ritengano necessario adoperarsi, affinché i 38 lavoratori ex Telecom, facenti parte del ramo d'azienda che nel 2003 venne esternalizzato verso Tnt possano conservare il proprio posto di lavoro;
se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per evitare un eventuale grave licenziamento che all'interrogante appare al momento rispondente più all'obiettivo di una mera riduzione del personale che all'esigenza di razionalizzazione del processo produttivo.
(4-14083)

VIOLA, MARTELLA, BARETTA e MURER. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni la griffe Armani ha comunicato di non voler rinnovare l'accordo di licenza con Safilo spa per la produzione di occhiali di alta qualità, motivata dal passaggio della stessa griffe alla società concorrente Luxottica;
la cessazione dell'accordo commerciale comporterà per la Safilo una riduzione del fatturato del 16 per cento (circa 170 milioni di euro) e del 30 per cento della produzione made in Italy, realizzata negli stabilimenti italiani;
l'annunciata decisione della società Armani ha sollevato forte preoccupazione sul futuro della Safilo e dei suoi lavoratori che negli ultimi anni hanno già dovuto fronteggiare una complessa e difficile riorganizzazione aziendale;
i posti di lavoro a rischio potrebbero essere alcune centinaia, su un totale di 3.780 addetti negli stabilimenti italiani situati a Santa Maria di Sala (Venezia), Padova, Longarone (Belluno) e Martignacco (Udine);
risulta incomprensibile che un rapporto commerciale consolidato come quello tra Safilo e Armani sia messo in discussione nonostante l'entità del fatturato prodotto e senza tener conto della grave crisi economica italiana e delle pesanti ricadute che questo comporterebbe sul piano occupazionale, economico-sociale locale;
è auspicabile che il Ministero dello sviluppo economico si faccia carico della vertenza intervenendo direttamente presso le società Armani e Luxottica per risolvere positivamente la delicata fase aziendale della Safilo spa e prolungare la collaborazione con Luxottica e il marchio Armani almeno fino a fine 2013 -:
se il Ministro intenda assumere iniziative per mettere in campo tutte le misure idonee ad evitare la crisi aziendale della Safilo spa e a salvaguardarne i livelli occupazionali, anche attivandosi presso la Safilo spa per conoscerne le reali volontà, derivanti dal cessato rapporto di collaborazione con la società Armani, riguardo al piano occupazionale, intervenendo nel contempo presso la società Luxottica spa affinché si possano trovare iniziative di collaborazione con la Safilo spa, per gestire al meglio la fase del passaggio della griffe Armani da un'azienda all'altra senza compromettere gli attuali livelli occupazionali ed avviando idonei interventi, anche con le parti sociali, per salvaguardare l'occupazione ed individuare con la società Safilo idonei strumenti e adeguati ammortizzatori al fine di evitare drammi sociali

e il tracollo occupazionale delle aree del territorio veneto coinvolte.
(4-14087)

CAPARINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il comune di Cevo ha realizzato nel 2010 un impianto fotovoltaico da 496 kWp con un piano economico rientrante nel secondo conto energia;
i lavori (esecuzione impianto, finanziamento ed espletamento pratiche) sono stati appaltati all'Ati Tibb srl di Rogno (Bergamo) e Ubi Leasng Spa con formula chiavi in mano sono stati ultimati il 30 dicembre 2010;
nella medesima data l'esecutore Tibb seguendo le modalità del decreto-legge n. 105 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 129 del 2010 (salva alcoa-secondo conto energia) ha comunicato al Gse il termine dei lavori dell'impianto con codice identificativo 41344132;
dal 20 aprile 2011, data di messa in funzione, il comune di Cevo è in attesa della tariffa;
l'esecutore Tibb ha seguito per conto del comune di Cevo l'evolversi della pratica con il gestore dei servizi energetici e da quanto oggi è emerso ha commesso ritardi o omissioni che hanno portato al rigetto della richiesta di ammissione al secondo conto energia è stata rigettata per mancanza di allegati come da comunicazione di preannuncio GSE/P20110051906 dell'8 settembre 2011;
la Tibb ad insaputa del comune di Cevo ha effettuato una nuova istanza sul terzo conto energia GSE/FTVA20111727805 con nuovo numero identificativo impianto 539471 il 20 settembre 2011 (peraltro senza richiesta del bonus del 5 per cento aggiuntivo per comuni sotto i 5.000 abitanti che rappresenta circa 15.000 euro/anno per 20 anni);
il cambio di tariffa incentivante comporta una imperdonabile perdita di opportunità di sviluppo e notevoli problematiche alla programmazione economico-finanziaria del comune in quanto la perdita economica sui 20 anni supera il milione di euro (oltre 50.000 euro all'anno) -:
se il Ministro, considerata la finalità pubblica dell'impianto e verificata il corretto svolgimento delle procedure ovvero l'esistenza del requisito di legge, ritenga possibile che al comune di Cevo possa essere riconosciuta la tariffa conto energia 2 e il bonus del 5 per cento.
(4-14096)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la quantità di elettricità quella prodotta, in particolare dalle fonti rinnovabili, non è potuta entrare nel sistema nazionale perché la rete non è grado di reggere il carico, come se non fosse mai stata prodotta, Anche se i cittadini, hanno pagato ugualmente gli incentivi alle compagnie interessate. L'allarme è stato lanciato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas nella sua ultima relazione al Parlamento: «Il forte sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili - si legge nel documento - sta comportando il manifestarsi di problematiche di carattere tecnico ed economico. Da attribuire all'aleatorietà della produzione da fonti rinnovabili non programmabili e accentuate dalle carenze infrastrutturali delle aree in cui tali fonti sono prevalentemente localizzate»;
una situazione che rischia di aggravarsi senza interventi mirati. Come spiega uno dei commissari dell'Autorità, Alberto Biancardi: «Gli impianti eolici e fotovoltaici, per lo più collocati nelle regioni del sud, sono cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni. Anche oltre le previsioni, spinti anche dal livello degli incentivi. E dal miglioramento delle tecnologie, con una crescita che solo due anni fa era impensabile. Al punto che già l'anno prossimo le fonti rinnovabili saranno in grado di soddisfare tutta la domanda di energia delle regioni meridionali. Il che comporta, però, dei seri problemi dovuti al fatto che le rinnovabili non producono energia in

modo continuativo»: l'eolico, ovviamente, solo quando c'è molto vento, il fotovoltaico solo di giorno. Di conseguenza, le rinnovabili hanno dei picchi e delle ore di produzione che non sono programmabili. Ma il sistema elettrico non sempre è in grado di reggere e di distribuire (dispacciare è il termine tecnico) tutta l'energia prodotta dagli impianti «verdi». In qualche caso, per impedire il sovraccarico dei cavi l'energia è andata perduta, semplicemente non mettendola in rete;
tra gli addetti ai lavori il tema è all'ordine del giorno già da qualche tempo. I tecnici di Terna, la società che gestisce in regime di monopolio la rete ad alta e altissima tensione in Italia, sono tra questi. La società ha preparato un dossier sull'argomento e ha proposto la realizzazione di «accumuli», sistemi che immagazzinano l'energia in eccesso prodotta dalle rinnovabili da essere poi usata nelle ore di punta. Proponendosi anche di realizzare questi impianti, ma scatenando una reazione da parte delle società di produzione, a partire da Enel, sostenuta da Assoelettrica, l'associazione di categoria, che propone, invece, di utilizzare gli impianti a gas, al momento inattivi per il calo della domanda conseguente alla crisi;
«Il problema - anticipa Biancardi - è che il sistema è in equilibrio sempre più precario. Per la stabilità del sistema sono state bloccate, in qualche occasione, le importazioni perché il sistema non avrebbe retto. Ma il nostro approccio per trovare la soluzione deve essere funzionale. Bisogna capire cosa conveniente fare e cosa sia più economico. Non è detto, per esempio, che sia la realizzazione di accumuli o l'utilizzo delle centrali. Se costa di meno ampliare la rete, la amplieremo. Ma anche se fossero più vantaggiosi gli accumuli, non è detto che sia Tema a realizzarli. Vedremo». In ogni caso, l'Autorità sta pensando anche a modificare il regime degli incentivi che vengono pagati tramite le bollette per sostenere gli investimenti di Terna: «Proprio per i cambiamenti in atto, Terna potrebbe non essere più remunerata in base agli investimenti realizzati, ma agli obiettivi raggiunti, anche perché avrà obbiettivi sempre più sfidanti» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di migliorare il dispaccio di energia rinnovabile in Italia, progettando una nuova rete, che non provveda soltanto all'immagazzinamento di quanto prodotto, ma anche alla sua rapida ed oculata distribuzione.
(4-14097)

DIMA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Made in Italy ed in particolar modo quello agroalimentare rappresenta una straordinaria opportunità per la crescita del Paese;
tra le organizzazioni di categoria, la Coldiretti ha più volte evidenziato una serie di iniziative poste in essere da società partecipate dal Ministero dello sviluppo economico che, secondo l'interpretazione di questa associazione, andrebbero nella direzione di non salvaguardare e tutelare con forza questo segmento di economia tanto da permettere lo sviluppo di un mercato della contraffazione dei prodotti agroalimentari;
sul contrasto alla contraffazione, tutte le parti sociali (Abi Alleanza cooperative italiane, Ania, Cgil, Cia, Cisl, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Reteimprese Italia, Ugl, Uil), con un documento unitario del 4 agosto 2011, nella definizione delle priorità sulle quali operare per rilanciare la crescita, hanno chiesto di «attuare politiche incisive volte alla promozione e difesa del Made in Italy di qualità quale leva competitiva del Paese in grado di valorizzare il lavoro, il capitale e il territorio italiano, sfruttando il potenziale di penetrazione commerciale all'estero delle imprese italiane»;
sull'argomento specifico, lo stesso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha più volte evidenziato la necessità di affrontare con decisione la

lotta alla contraffazione al fine di salvaguardare i prodotti italiani e garantire i consumatori;
in particolare, la Coldiretti ha denunciato, dopo il caso dell'azienda casearia Lactitalia, anche il caso «Parmacotto» in cui si segnala la partecipazione della società italiana per le imprese all'intero - SIMEST;
più in particolare, la società italiana per le imprese all'estero, che è una finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero, controllata per il 76 per cento dal Governo italiano, opera come partner qualificato delle imprese che scelgono l'internazionalizzazione per affermare la propria presenza sui mercati esteri;
la SIMEST avrebbe recentemente stipulato con il gruppo Parmacotto, azienda italiana leader nel settore dell'agroalimentare, un accordo che punterebbe alla realizzazione di un investimento di 11 milioni di euro nel capitale sociale dell'azienda, finalizzato ad una sua ulteriore espansione negli USA, Francia e Germania dove punta a consolidare la propria presenza;
l'azienda in questione, con il supporto di SIMEST, ha già avviato anche negli Stati Uniti un progetto che ha portato all'apertura di un punto vendita monomarca a New York e che punterebbe a strutturare una vera e propria catena di locali caratterizzati dall'offerta di prodotti italian sounding;
nei punti vendita già aperti nei diversi Stati, nell'Unione europea e negli Stati Uniti, dedicati alla salumeria tradizionale italiana, segmento di eccellenza del Made in Italy e sinonimo di qualità e genuinità, si vendono alimenti realizzati con ingredienti e materie prime non italiane confezionati sul posto con etichette e marchi che evocano prodotti tipici della gastronomia italiana e delle specialità regionali;
con deliberazione del 13 luglio 2010 è stata istituita un'apposita Commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione alimentare e che lo stesso Parlamento, sull'argomento specifico, proprio al fine di tutelare l'identità e la territorialità dell'autentico Made in Italy agroalimentare ha approvato importanti normative come quella sull'olio extravergine di oliva o ancora le disposizioni generali in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari (legge 3 febbraio 2011, n. 44) al fine di assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti oltre che al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari;
la diffusione di prodotti che traggono in inganno circa la vera origine geografica realizza un evidente danno all'immagine della nostra produzione agroalimentare nazionale, raggirando i consumatori che non vengono messi in condizione di scegliere in modo responsabile;
le operazioni di sostegno dell'italian sounding che la stessa SIMEST starebbe promuovendo, determinerebbero danni ancora più gravi in quanto bloccherebbero ogni potenzialità di crescita delle imprese italiane a causa della «saturazione» del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale, impedendo ai consumatori di effettuare una corretta comparazione sulla base della diversa qualità e convenienza con prodotti autentici del Made in Italy;
il sostegno della SIMEST alle attività di commercializzazione di prosciutti ed altri salumi della tradizione italiana da parte di Parmacotto si inserisce, tra l'altro, in un periodo di grave crisi dell'allevamento di suini nel nostro Paese -:
quali vantaggi per il sistema agroalimentare nazionale la SIMEST abbia promosso con una strategia di finanziamento all'estero di imprese che commercializzano prodotti con una falsa identità di origine, utilizzando manodopera, presentandosi quale soggetto d'imposta e creando valore aggiunto all'estero;
quali azioni intenda mettere in campo per verificare i criteri con cui

vengono scelti, da parte della Simest, i progetti da finanziare e se non sia da ritenere, comunque, urgente deliberare il blocco degli attuali investimenti in attività di delocalizzazione di produzioni agroalimentari che costituiscono secondo l'interrogante attività di concorrenza sleale;
quali chiarimenti intenda formulare a proposito del riscontro delle necessarie informazioni circa le partecipazioni e finanziamenti ad altre società del settore agroalimentare;
se ritenga che le imprese italiane abbiano subito un danno di fronte all'avvenuta occupazione di mercato da parte di imprese, come Parmacotto, che avrebbero immesso prodotti soltanto imitativi di quelli autentici italiani, eliminando o riducendo sensibilmente le future possibilità di scelta dei consumatori in termini di confronto di qualità e di prezzo;
se intenda deliberare iniziative sanzionatone nei confronti di una possibile irregolarità commessa dai responsabili di SIMEST di violazione nel commercio da parte della società Parmacotto delle norme in materia di protezione di denominazioni di origine protetta a proposito della promozione di un prodotto (salumi calabresi) che gode del riconoscimento europeo;
se non debba valutarsi gravemente lesivo delle linee programmatiche di sviluppo economico l'operato dei rappresentanti legali di SIMEST;
se intenda assumere l'impegno ad intraprendere progetti di promozione all'estero dei veri prodotti del Made in Italy attraverso una possibile riduzione delle barriere sanitarie che, proprio nel settore della carne, ostacolano il commercio con l'estero.
(4-14102)

DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il made in Italy e in particolare il made in Italy agroalimentare rappresenta una straordinaria leva competitiva per la crescita del Paese;
la Coldiretti ha denunciato in modo dettagliato e preciso una serie di iniziative poste in essere da società partecipate dal Ministero dello sviluppo economico di vera e propria svendita dell'economia e dei nostri territori che hanno fatto parlare, con una notevole eco su tutti gli organi di comunicazione, di una vera e propria «contraffazione di Stato»;
il contrasto alla contraffazione ha, del resto, conseguenze economiche e sanitarie di rilievo tanto per le imprese quanto per i consumatori, sì che tutte le parti sociali (Abi, Alleanza cooperative italiane, Ania, Cgil, Cia, Cisl, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Reteimprese Italia, Ugl, Uil) con un documento unitario del 4 agosto 2011, nella definizione delle priorità sulle quali operare per rilanciare la crescita, hanno chiesto di «attuare politiche incisive volte alla promozione e difesa del made in Italy di qualità quale leva competitiva del Paese in grado di valorizzare il lavoro, il capitale e il territorio italiano, sfruttando il potenziale di penetrazione commerciale all'estero delle imprese italiane»;
nelle dichiarazioni sugli indirizzi e le linee programmatiche esposte in Commissione agricoltura della Camera (audizione 19 aprile 2011) lo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali non ha lasciato dubbi sulla responsabilità di affrontare con decisione la lotta alla contraffazione; nella suddetta audizione, a proposito delle innumerevoli circostanze in cui i prodotti agroalimentari italiani sono preda di sofisticazioni e frodi, il Ministro ha rilevato: «intendo attivarmi per garantire una piena tutela informativa ai consumatori italiani e, al contempo, attraverso un'adeguata azione a livello europeo e mondiale, intendo supportare il vero made in Italy contrastando quei fenomeni degenerativi denominati, nel gergo italian sounding, che sono da considerarsi

altamente decettivi e ingannevoli (penso a prodotti con lo stivale, con la bandiera o con denominazioni che evocano malamente prodotti nazionali), i quali, in modo scorretto, speculano sulla nostra forza, sulla nostra cultura, sulla nostra tradizione per attivare meccanismi di vero illecito concorrenziale, vanificando ingiustamente il sacrificio dei nostri operatori e abusando del buon nome italiano nei mercati internazionali»;
la Coldiretti ha in particolare denunciato dopo il caso dell'azienda casearia Lactitalia, anche il caso Parmacotto di cui risulta proprietaria codesta Amministrazione tramite la partecipazione della Società italiana per le imprese all'Estero - SIMEST;
nella risposta scritta, pubblicata giovedì 10 marzo 2011, nell'allegato B al resoconto della seduta n. 447, all'interrogazione 4-08770, il Ministro allora in carica delle politiche agricole, alimentari e forestali ha parlato dell'adozione di «una serie di iniziative, avvalendosi della collaborazione del Ministero dello sviluppo economico e della società erogatrice del finanziamento pubblico "Simest spa"», in particolare, si è portato a conoscenza che «tutte le amministrazioni coinvolte stanno già predisponendo ulteriori criteri per l'assegnazione dei progetti di finanziamento nell'ambito dell'internazionalizzazione delle aziende agroalimentari, al fine di scongiurare qualsiasi tipo di appropriazione indebita delle denominazioni protette ed impropri richiami all'origine italiana dei prodotti ottenuti e commercializzati»; è stata data, inoltre, notizia dell'istituzione di «un tavolo tecnico di lavoro per predisporre le linee guida di settore (da inserire nei prossimi contratti di finanziamento delle iniziative imprenditoriali) il cui rispetto costituirà, non solo, un mezzo di valutazione per l'ammissibilità delle domande ma consentirà, al contempo, di evitare fenomeni di concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali»;
più in particolare, la Società italiana per le imprese all'estero finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero, controllata per il 76 per cento dal Governo italiano, opera come partner qualificato delle imprese che scelgono l'internazionalizzazione per affermare la propria presenza sui mercati esteri;
la SIMEST ha recentemente stipulato con il gruppo Parmacotto, azienda italiana leader nel settore dell'agroalimentare, un accordo che prevede un investimento di 11 milioni di euro nel capitale sociale dell'azienda, finalizzato ad una sua ulteriore espansione negli USA, Francia e Germania dove punta a consolidare la propria presenza;
l'azienda in questione, con il supporto di SIMEST ha già avviato anche negli Stati Uniti un progetto che ha portato all'apertura di un punto vendita monomarca a New York e prevede di strutturare una vera e propria catena di locali caratterizzati dall'offerta di prodotti italian sounding tanto è vero che Alessandro Rosi, amministratore delegato di Parmacotto, ha dichiarato: «la metà circa delle carni suine lavorate nel mio gruppo, che non produce solo prosciutto cotto, viene da fuori: Francia, Danimarca, Spagna e Germania, per lo più» ... «Ciò che conta è il know how, la lavorazione delle carni. È un fatto di cultura» ... «Prendiamo il caso del salame. Negli Stati Uniti ne è proibita l'esportazione, perciò nel nostro emporio di Manhattan non possiamo vendere i nostri prodotti italiani. Perciò un tecnico della nostra azienda di San Gimignano si è trasferito nel New Jersey importando lì metodi e processi di produzione in ogni passaggio, adottati in Toscana. Il risultato è che a Manhattan lei può trovare una finocchiona che non teme il confronto con quella toscana» ... «Dal punto di vista culturale è una finocchiona made in Italy. L'importante è che la carne sia di prima scelta, trattata nelle condizioni migliori...»;
nei punti vendita già aperti nei diversi Stati, nell'Unione europea e negli Stati Uniti, dedicati alla salumeria tradizionale

italiana, segmento di eccellenza del made in Italy e sinonimo di qualità e genuinità, si vendono alimenti realizzati con ingredienti e materie prime non italiane confezionati sul posto con etichette e marchi che evocano prodotti tipici della gastronomia italiana e delle specialità regionali;
con l'obiettivo di cogliere e segnalare anomalie, indicatori e forme nelle quali, anche al di fuori del nostro Paese, possono presentarsi le diverse modalità della contraffazione, è stata istituita il 13 luglio 2010 un'apposita Commissione parlamentare di inchiesta, rafforzando il contrasto a tale fenomeno;
la stessa volontà del Parlamento di tutelare l'identità e la territorialità dell'autentico made in Italy agroalimentare non è in discussione, se si fa riferimento non solo alla recente normativa settoriale sull'olio extravergine di oliva quanto, soprattutto, alle disposizioni generali in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari (legge 3 febbraio 2011, n. 44) approvate al fine di assicurare ai consumatori una completa e corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti oltre che al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari;
la diffusione di prodotti che traggono in inganno circa la vera origine geografica realizza un evidente danno all'immagine della nostra produzione agroalimentare nazionale, raggirando i consumatori che non vengono messi in condizione di scegliere in modo responsabile;
le operazioni di sostegno dell'italian sounding, da parte della SIMEST, determinano, tuttavia, danni ancora più gravi in quanto bloccano ogni potenzialità di crescita delle imprese italiane a causa della «saturazione» del mercato con prodotti che richiamano qualità italiane senza essere di origine nazionale, impedendo ai consumatori di effettuare una corretta comparazione sulla base della diversa qualità e convenienza con prodotti autentici del made in Italy;
il sostegno della SIMEST alle attività di commercializzazione di prosciutti ed altri salumi della tradizione italiana da parte di Parmacotto al fine di creare una rete di locali per la ristorazione si inserisce, tra l'altro, in un periodo di grave crisi dell'allevamento di suini nel nostro Paese -:
quali vantaggi per il sistema agroalimentare nazionale la SIMEST abbia promosso con una strategia di finanziamento all'estero di imprese che commercializzano prodotti con una falsa identità di origine, utilizzando manodopera, presentandosi quale soggetto d'imposta e creando valore aggiunto all'estero;
quali iniziative intenda mettere in campo per verificare i criteri con cui vengono scelti, da parte della Simest, i progetti da finanziare e se non sia da ritenere, comunque, urgente deliberare il blocco degli attuali investimenti in attività di delocalizzazione di produzioni agroalimentari che costituiscono attività di concorrenza sleale;
come intenda documentare i controlli che la Simest ha effettuato ed effettua sulle attività del settore agroalimentare delle quali acquisisce partecipazioni o che sostiene attraverso altre modalità affinché sia garantita la conformità allo scopo sociale;
quali chiarimenti, precisi e incontrovertibili, intenda formulare a proposito del riscontro delle necessarie informazioni circa le partecipazioni e finanziamenti ad altre società del settore agroalimentare;
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione al danno sofferto dalle imprese nazionali a fronte dell'avvenuta occupazione di mercato da parte di imprese, come Parmacotto, che grazie a cospicui finanziamenti hanno immesso prodotti che paiono soltanto imitativi di quelli autentici italiani, eliminando o riducendo sensibilmente le future possibilità di scelta dei consumatori in termini di confronto di qualità e di prezzo;

quali iniziative intenda assumere per sanzionare la più grave irregolarità commessa da SIMEST attraverso la società Parmacotto da essa partecipata in relazione alle norme in materia di protezione di denominazioni di origine protetta a proposito della promozione di un prodotto (salumi calabresi) che gode del riconoscimento europeo;
rispetto alla recente scelta del Parlamento di valorizzare l'effettiva origine geografica degli alimenti ed al sostegno dichiarato dal Governo pro tempore di procedere all'attuazione della legge sull'etichettatura attraverso l'adozione dei decreti attuativi, se non debba valutarsi gravemente lesivo delle linee programmatiche di sviluppo economico l'operato dei rappresentanti legali di SIMEST e, dunque, in che tempi e secondo quali modalità si intenda revocare il mandato agli attuali amministratori di SIMEST;
in che termini intende declinare l'impegno ad intraprendere progetti di promozione all'estero dei veri prodotti del made in Italy compatibilmente con la ricchezza dei nostri territori e la pluralità delle nostre produzioni anche più specificamente eliminando le barriere sanitarie che, proprio nel settore della carne, ostacolano il commercio con l'estero.
(4-14103)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Farina Coscioni e altri n. 4-13935, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Motta.

L'interrogazione a risposta scritta Berretta n. 4-13998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

L'interrogazione a risposta scritta Bitonci n. 4-14021, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Forcolin, Molgora.

L'interrogazione a risposta in Commissione Torazzi e altri n. 5-05751, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fedriga n. 5-05754, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Lo Monte n. 2-01259 dell'8 novembre 2011;
interrogazione a risposta immediata in Assemblea Di Pietro n. 3-01950 del 29 novembre 2011.