XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 20 ottobre 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'azienda Irisbus Italia spa è nata nel gennaio 1999 dalla decisione di due importanti gruppi industriali e commerciali europei (Fiat Iveco e Renault) di unire le loro attività nel campo del trasporto pubblico attraverso la fusione dei rispettivi settori autobus;
il principale stabilimento produttivo in Italia è quello di Valle Ufita di Flumeri (Avellino), che presenta una superficie totale di circa un milione di metri quadri, di cui 100.000 coperti, e che attualmente conta 684 dipendenti, di cui 561 operai e 123 impiegati, con un indotto che supera i 300 addetti;
nella giornata del 14 settembre 2011, la Fiat ha comunicato la decisione di dismettere il citato stabilimento Irisbus di Flumeri, che rappresenta, non solo per l'Irpinia, ma per l'intera regione Campania, un bacino industriale ed occupazionale di fondamentale importanza. Nella sola provincia di Avellino si contano ben 80.000 disoccupati, che rappresentano circa il 35 per cento della popolazione attiva, e la chiusura della Irisbus non farà altro che aggravare in modo irreversibile una situazione già particolarmente critica;
la vicenda della chiusura dello stabilimento dell'Irisbus di Flumeri, infatti, non può ridursi semplicemente all'ennesima storia di una grande fabbrica del Sud Italia che viene chiusa, ma ad un evento ben più ampio, che chiama in causa una serie di problemi di livello generale, che vanno dalla politica industriale del più grande gruppo meccanico nazionale alla gestione da parte del Governo delle crisi aziendali, dei problemi occupazionali, della politica della programmazione infrastrutturale e, in particolare, come peraltro evidenziato nell'ambito della mozione presentata dal gruppo dell'Italia dei Valori n. 1-713, di quella del trasporto pubblico locale nel nostro Paese;
appare grave e particolarmente preoccupante che il Governo italiano continui ad assistere inerme ad un disimpegno continuo del principale gruppo industriale del Paese, senza vincolarlo ad una coerente politica industriale, tanto più che lo Stato italiano nei decenni ha sempre generosamente contribuito a consolidare il fatturato della Fiat, intervenendo attraverso l'erogazione di risorse pubbliche ogni volta in cui l'azienda si è trovata in difficoltà;
da quando l'amministratore delegato del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, ha annunciato il progetto «Fabbrica Italia», che avrebbe dovuto portare in Italia investimenti per 20 miliardi di euro, le conseguenze sono state quelle che ormai tutti conoscono, ovvero: la cassa integrazione a Pomigliano, a Mirafiori, alla Bertone e in Iveco, la chiusura di Termini Imerese ed oggi la dismissione dello stabilimento di Irisbus a Flumeri;
in nessun Paese europeo la Fiat potrebbe permettersi quello che sta facendo in Italia. La differenza è che in Francia, in Germania, perfino in Polonia, esiste un Governo che ha una propria politica industriale. In Italia - ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo - questo non accade. La dirigenza Fiat, dopo aver già ottenuto negli ultimi anni tutto quello che chiedeva, ora beneficia grazie all'Esecutivo dell'inserimento dell'articolo 8 nell'ambito del decreto-legge n. 138 del 2011, chiudendo in tempi rapidissimi lo stabilimento della Irisbus di Flumeri e cancellando, giorno dopo giorno, migliaia di posti di lavoro;
il dramma sociale e occupazionale di Avellino non è altro che la fotografia di un Governo - a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo - eccessivamente attento alle richieste della dirigenza del gruppo Fiat, che, di fatto, sta perseguendo una politica di svendita del patrimonio industriale nazionale;

occorrerebbe una seria regia governativa per una strategia di rivisitazione e riqualificazione del parco mezzi del trasporto pubblico locale. Invece gli interventi di finanza pubblica adottati nel corso dell'ultimo biennio hanno pesantemente inciso sulla disponibilità delle risorse finanziarie per il trasporto pubblico locale, avendo, da un lato, drasticamente ridotto i trasferimenti statali destinati al pagamento dei servizi di trasporto pubblico e, dall'altro, di fatto interrotto il già previsto processo di fiscalizzazione che avrebbe condotto, per questa materia fondamentale per le regioni e per gli enti locali, al passaggio dal sistema di finanza derivata al sistema di finanza propria;
occorrerebbe una politica industriale ed occupazionale del Governo che ponga al centro della propria azione l'obiettivo primario della stabilità sociale e della valorizzazione della persona, nel quadro di un intervento reale per il rilancio del Sud del Paese, che sta pagando un prezzo altissimo sotto il profilo economico e sociale,


impegna il Governo:


a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad assicurare il sostegno e il rilancio del comparto automotive in Campania, scongiurando la cessazione dello stabilimento Irisbus di Valle Ufita di Flumeri e garantendo il pieno utilizzo degli impianti ed il livello occupazionale;
a dare seguito, nell'immediato, alle istanze provenienti dalla regione Campania, nonché dagli stessi lavoratori dell'Irisbus, per stanziare, già con le prossime iniziative di natura finanziaria, 700 milioni di euro per il 2012 ed il 2013 e 600 milioni di euro per il 2014 per il rinnovo del parco autobus delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale, tenendo conto che tali risorse potranno essere reperite a valere sulle destinazioni, nazionali e regionali, del fondo per le aree sottoutilizzate 2007-2013, ovvero sulla quota ancora utilizzata delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate 2000-2006 attraverso la rimodulazione dell'attuale programmazione dei fondi strutturali europei, sottoponendo al Cipe il provvedimento per l'individuazione della specifica fonte finanziaria e la ripartizione delle risorse tra le amministrazioni centrali e regionali, previa apposita concertazione con le regioni interessate;
ad assumere iniziative, anche normative, tese ad incrementare le risorse attualmente previste per il finanziamento del trasporto pubblico locale;
a predisporre in tempi celeri un piano nazionale per il trasporto pubblico locale che incentivi l'utilizzo delle modalità a più basso impatto ambientale, al fine di evitare l'ulteriore invecchiamento del parco autobus italiano.
(1-00732)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
nel «2004 Statistical Compendium on Allied Contributions to the Common Defense» il rapporto ufficiale reso noto dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, alla pagina «B-10» c'è la scheda che riguarda l'Italia in cui si legge che il contributo annuale alla «difesa comune» versato dall'Italia agli Usa per le «spese di stazionamento» delle forze armate americane è pari a 366 milioni di dollari. Tre milioni, spiega il documento ufficiale, sono versati cash, mentre gli altri 363 milioni arrivano da una serie di facilitazioni che l'Italia concede all'alleato: si tratta (pagina II-5) di «affitti gratuiti, riduzioni fiscali varie e costi dei servizi ridotti»;

nel caso delle basi americane, il 41 per cento dei costi totali di stazionamento sono a carico del Governo italiano: il dato è riportato alla pagina B-10. Alla tabella di pagina E-4 sono invece messi a confronto gli alleati: più dell'Italia pagano solo Giappone e Germania;
inoltre in base agli accordi bilaterali firmati da Italia e Usa nel 1995, se una base americana chiude, il nostro Governo deve indennizzare gli alleati per le «migliorie» apportate al territorio, con un ulteriore vincolo: se l'Italia intende usare in qualche modo il sito entro i primi tre anni dalla partenza degli americani, Washington riceverà un ulteriore rimborso;
l'allora Ministro della difesa Arturo Parisi ebbe a dichiarare, dinanzi alla Camera dei deputati, il 19 settembre 2006, che esistono ufficialmente otto basi Usa in Italia disciplinate sulla base accordi bilaterali Italia-Usa. Secondo una precisazione pubblicata dagli autori della prassi italiana diritto internazionale nell'Italian Yearbook of international Law, le otto basi (o meglio basi e infrastrutture) degli Stati Uniti in Italia sarebbero le seguenti: a) aeroporto di Capodichino (attività di supporto navale) b) aeroporto di Aviano, Pordenone (31o stormo e 61° gruppo di supporto regionale; c) Camp Derby (Livorno); d) la base di Gaeta, Latina; e) la base dell'Isola della Maddalena; f) la stazione navale di Sigonella; g) l'osservatorio di attività solare in San Vito dei normanni; h) una presenza in Vicenza e Longare;
il trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi americane in Italia è l'accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954. Tale trattato, noto agli specialisti come «accordo ombrello», non è mai stato pubblicato. Secondo un autorevole commentatore, esso fu firmato dall'allora Ministro italiano degli esteri (Giuseppe Pella) e dall'ambasciatrice Usa in Italia (Clara Booth Luce);
si tratta quindi di un accordo in forma semplificata che stabilisce, tra l'altro, il tetto massimo delle forze Usa che possono stazionare in Italia;
quanto alle armi convenzionali, proibite da trattati ratificati dall'Italia ma non dagli Stati Uniti, dovrebbe essere chiarito, come politica generale, che queste non possono essere detenute in basi americane in Italia;
studi di ricerca specializzati hanno affermato che pur considerando le basi americane come una bilateralizzazione dell'articolo 3 del Trattato Nato, bisognerebbe affermare che la base dovrebbe essere usata per scopi strettamente difensivi, cioè qualora l'Italia o altro membro dell'Alleanza sia oggetto di un attacco armato. Ma il reale uso della base smentisce questo assunto. Il concetto di sicurezza si è ampliato e la Nato ha ormai intrapreso una serie di missioni, che vanno ben oltre la nozione di legittima difesa contro un attacco armato. Anche la nozione di attacco armato si è ampliata con l'espandersi della minaccia terroristica e l'attacco alle Torri gemelle;
un uso delle basi per fini diversi da quelli stabiliti dal trattato, sia come missioni ex articolo 5 sia come missioni non-articolo 5 non dovrebbe essere consentito. Anche tale assunto, però, viene smentito dalla prassi. Durante il conflitto iracheno, la base di Vicenza fu usata, anche se l'uso consentito fu limitato, avendo l'Italia aderito ad una politica di non-belligeranza. Questa è prevedibile se si hanno basi straniere sul territorio nazionale, poiché la neutralità perfetta, che comporterebbe l'internamento di uomini e materiali, non può essere mantenuta;
c'è inoltre il pericolo di un utilizzo della base contrario al diritto internazionale. Da un rapporto del Consiglio d'Europa si apprende che la base di Aviano e quella di Ramstein (Germania) sarebbero state usate per operazioni di extraordinary rendition. L'individuo catturato sarebbe stato poi consegnato ad un paese dell'altra sponda del Mediterraneo e sottoposto a tortura. L'arresto di individui con procedure extragiudiziali è procedura in violazione

del diritto internazionale e costituisce un trattamento inumano e degradante - aggravato, a quanto sembra, dalla successiva sottoposizione a tortura dell'individuo. Ovviamente l'extraordinary rendition non rientra tra gli usi consentiti della base. Si tratta di un uso in violazione del diritto internazionale, la cui illiceità non è superabile neppure qualora lo stato territoriale abbia acconsentito all'operazione;
all'interno di questo scenario gli Stati Uniti mantengono 90 bombe nucleari in Italia, così come confermato da un rapporto dell'associazione ambientalista americana Natural Resources Defense Council: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Altre circa 400 sono dislocate in Germania, Gran Bretagna, Turchia, Belgio e Olanda. Sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima);
L'Italia per conciliare gli obblighi derivanti dal Trattato di non proliferazione con la presenza di armi atomiche ricorre al sistema della «doppia chiave». Le armi nucleari restano in possesso degli Stati Uniti e sotto il suo stretto controllo. Solo gli Usa potranno decidere se ricorrere all'arma nucleare. Tuttavia l'uso è consentito solo dopo autorizzazione dello stato territoriale, cioè dell'Italia. In questo modo solo formalmente l'Italia non esercita alcun controllo sulle testate nucleari Usa e quindi la loro presenza non è incompatibile con il Tnp. Tuttavia, non sono pubblici i dettagli del sistema connesso alla doppia chiave;
le bombe sono tenute in speciali hangar insieme ai caccia pronti per l'attacco nucleare: tra questi, i tornado italiani che sono armati con 40 bombe nucleari (quelle tenute a Ghedi Torre). A tal fine, rivela il rapporto, piloti italiani vengono addestrati all'uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Fra-sca (Oristano) e Maniago II (Pordenone);
ciò viene confermato ufficialmente, per la prima volta, nel Nuclear Posture Review 2010, dove si afferma che «i membri non nucleari della Nato posseggono aerei specificamente configurati, capaci di trasportare armi nucleari»;
il 26 febbraio 2010 i Ministri degli affari esteri di Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Norvegia hanno inviato una lettera al Segretario generale della Nato per richiedere l'apertura di un dibattito, già nel corso della conferenza dei Ministri degli affari esteri dell'Alleanza atlantica del 22 aprile 2010 a Tallin in Estonia, sul ritiro delle armi nucleari tattiche statunitensi presenti sul territorio europeo. L'istanza avanzata dai cinque Paesi europei sembra collocarsi all'interno di una prospettiva coerente con la nuova strategia anticipata da Obama;
ad aprile 2010 Barack Obama e Dimitri Medvedev firmano uno «storico» trattato per la riduzione delle armi nucleari. Annunciano «un mondo più sicuro». Parlano di una «nuova era» nelle relazioni tra le due superpotenze ex-nemiche della guerra fredda, proclamano il superamento di tensioni e diffidenze ancora recenti;
il 28 maggio 2010, dopo quasi un mese di lavori, si è conclusa a New York la conferenza quinquennale di revisione del trattato di non proliferazione nucleare: i 189 Paesi membri hanno approvato un documento finale di 28 pagine nel quale si dettagliano i passi successivi nella strada verso il disarmo globale. In sostanza le cinque potenze nucleari riconosciute (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) si impegnano ad accelerare la riduzione degli arsenali, a diminuire l'importanza strategica delle armi nucleari e a presentare un rapporto sui progressi di tali iniziative nel 2014. Inoltre, viene indetta per il 2012 una Conferenza internazionale «per la denuclearizzazione del Medio Oriente» e l'eliminazione dalla regione di altre armi di distruzione di massa;
la risoluzione n. 1887, adottata nel mese di settembre 2009 dal Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni

Unite (ONU), prefigura un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Il documento «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Tnp di entrare nel Trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima». Il primo pilastro del Tnp è il disarmo nucleare: ma si tratta di un Trattato discriminatorio, in quanto alcuni Paesi, i cinque che avevano effettuato un test nucleare prima del gennaio 1967 e che sono anche i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, sono autorizzati a possedere le armi nucleari, mentre ciò è interdetto agli altri Paesi aderenti al Trattato, che sono perciò definiti «Paesi non nucleari» nel Trattato stesso. Nello spirito del Tnp questa discriminazione è provvisoria. I Paesi nucleari sono infatti tenuti a procedere speditamente e in buona fede alle trattative per l'eliminazione delle loro armi nucleari. Il secondo pilastro è la non proliferazione: a nessun Paese membro del Trattato è consentito trasferire o ricevere armi o esplosivi nucleari o parti di essi. Nessun Paese nucleare può fornire assistenza per la costruzione di esplosivi nucleari a Paesi non nucleari, né affidare il controllo diretto o indiretto di armi nucleari a Paesi non nucleari. Inoltre, tutti i Paesi non nucleari devono concordare con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) di Vienna le procedure di controllo delle proprie attività nucleari pacifiche. Infine il terzo pilastro del Tnp riguarda il diritto inalienabile dei Paesi membri del Trattato a sviluppare energia nucleare per scopi pacifici e a ricevere l'assistenza relativa;
in questo scenario il Governo di coalizione tedesca ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i Paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito. La Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario;
l'Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armi nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. Il parere della Corte internazionale di giustizia, inoltre, ha confermato che il possesso delle armi nucleari e la stessa deterrenza nucleare non sono contrari al diritto internazionale. Il parere in questione, però, ha stabilito che l'uso dell'arma nucleare è sottoposto alle regole del diritto internazionale umanitario. L'Italia dovrebbe pertanto ritirare la riserva interpretativa al I Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari. Inoltre c'è l'obbligo di uno Stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto del Tnp;
durante il vertice di Lisbona tenutosi nel mese di novembre 2010 risulta che si sia presa in considerazione la possibilità da parte dell'Italia e della Turchia di accettare una riallocazione dell'arsenale europeo concentrandolo sul proprio territorio e precisamente nelle basi sotto controllo degli Usa di Aviano in Italia e Incirlik in Turchia;
risultano, inoltre, oltre ad Augusta e Napoli, altri nove porti italiani in cui vengono periodicamente ospitati sottomarini o unità navali a propulsione nucleare (Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Taranto e Trieste);
è altresì di dominio pubblico la presenza di oltre 100 basi ed installazioni

logistiche e militari USA e NATO che, dal 1945, occupano parcelle importanti del nostro territorio nazionale con statuto extra-territoriale;
tenuto conto che da recenti cablo sull'Italia venuti in possesso di WikiLeaks emerge che Washington, in cambio del sostegno al Governo Berlusconi, chiede la massima collaborazione in campo militare e considera l'Italia «una piattaforma strategica unica per le truppe Usa, permettendoci di raggiungere facilmente le aree turbolente del Medio Oriente, dell'Europa orientale e dell'Africa. E con Africom sarà partner ancora più significativo della nostra proiezione di forza». (Africom sta per Africa Command che è il comando responsabile delle operazioni militari americane in Africa che a fine 2009 si è insediato a Vicenza);
restano ferme la lealtà e la reciprocità dei rapporti con il Governo americano che devono sempre e comunque iscriversi in relazioni di pari dignità,


impegna il Governo:


a rendere noti e pubblicare gli accordi che regolano lo status delle basi USA presenti sul territorio italiano, al fine di una maggiore trasparenza sulle decisioni relative agli impegni convenzionali concernenti le basi;
a valutare se l'attuale regime delle basi e delle istallazioni USA sia ancora compatibile con il mutato assetto dei rapporti internazionali;
a rendere noto il sistema della «doppia chiave» e a ritirare la riserva interpretativa al I Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, che stabilisce che il I Protocollo non si applica alle armi nucleari;
a chiarire la posizione tenuta dall'Italia durante l'ultimo vertice di Lisbona relativa alla possibilità di ricevere parte dell'arsenale europeo di armi nucleari nella base di Aviano.
(1-00733)
«Di Stanislao, Di Pietro, Donadi».

Risoluzione in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
i servizi di trasporto pubblico locale costituiscono un elemento fondamentale nel perseguimento di nuovi modelli di mobilità che siano sostenibili sia in termini ambientali che dal punto di vista economico;
al trasporto pubblico locale sono legate le tematiche di enorme rilevanza sociale della mobilità dei cittadini, della qualità dell'aria, dello sviluppo sostenibile, della sicurezza stradale;
il rilancio del trasporto pubblico riveste, dunque, un ruolo essenziale nonché un indiscutibile rilievo nelle attività economiche del nostro Paese;
l'obiettivo principale da perseguire al fine del rilancio in termini di qualità, di efficacia, di efficienza di un settore come quello del trasporto pubblico, i cui oneri sono attualmente sostenuti per due terzi da risorse pubbliche e solo un terzo dalle tariffe rispondenti al servizio prestato, è quello di introdurre regole di concorrenzialità nel settore, mettendo a gara i servizi e creando le condizioni per l'ingresso di nuove imprese;
al fine di promuovere l'efficienza e l'economicità delle gestioni, garantendo un migliore servizio a disposizione dei cittadini, appare necessario il coinvolgimento di operatori privati con la contestuale enucleazione di meccanismi di finanziamento pubblico commisurati a una gestione economico-aziendale del servizio medesimo;
appare utile incrementare la domanda del trasporto pubblico locale soprattutto nelle grandi città in un momento

di crisi internazionale, come quella attuale, nel quale i prezzi del carburante sono elevatissimi ed i cittadini dispongono di minore liquidità, seppur con il contestuale incremento medio a livello nazionale delle tariffe pari al 20 per cento;
alla base di tali aumenti, accanto alla conclamata scarsa capacità di contenere i costi di produzione del servizio da parte degli attuali gestori, occorre rilevare l'aumento dell'età media del parco autobus che ha superato di non poco la media europea dei 7 anni;
tale oggettiva obsolescenza della flotta dei mezzi destinati al trasporto pubblico locale produce conseguenze negative in termini di consumo di energia, di inquinamento atmosferico, di costi per le imprese per la manutenzione dei veicoli che spesso non presentano neanche condizioni di sicurezza ed igiene accettabili;
a ciò si aggiunge la grave crisi, con pesanti risvolti in termini occupazionali, che ha colpito il mercato dei mezzi pubblici per il trasporto su gomma in Italia, con la registrazione di immatricolazioni in forte calo e come dimostrato anche dalla dismissione in atto da parte del gruppo Fiat Industrial dello stabilimento storico di Irisbus di Flumeri in provincia di Avellino, l'azienda maggiormente attiva nella produzione italiana di autobus per il trasporto urbano;
Fiat Industrial, infatti, ha aperto la procedura di mobilità per cessazione di attività per tutti i dipendenti Irisbus, nonostante numerose proposte di mediazione portate avanti nell'ambito di tavoli promossi dal Ministero dello sviluppo economico che avrebbero consentito tempestive manifestazioni d'interesse all'acquisizione del sito da parte di imprenditori, oltre alla DR Motor Company, azienda alla quale Fiat Industrial avrebbe dovuto inizialmente cedere il ramo d'azienda Irisbus;
il mancato accordo tra management dell'azienda e le organizzazioni sindacali ha impedito la positiva risoluzione della vicenda e, dunque, la salvaguardia dei livelli occupazionali nonché il mantenimento della vocazione industriale del sito Valle Ufita;
la predisposizione di interventi pubblici finalizzati alla realizzazione di un piano organico di rinnovo dei mezzi pubblici di trasporto locale finalizzato a ridurre progressivamente il numero di veicoli obsoleti e inquinanti, anche alla luce della vicenda Irisbus, rispetto alla quale tali interventi potrebbero risultare comunque tardivi, si mostra, dunque, come esigenza innegabile ed indifferibile, seppure in un contesto di forte riduzione della spesa pubblica;
le Commissioni VIII e IX della Camera, mediante l'approvazione della risoluzione 8-00074 in data 15 giugno 2010, considerata la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia (2008/2194) per il superamento delle concentrazioni in atmosfera di materiale particolato sottile (PM10) riguardante 55 zone ricadenti sul territorio nazionale, avevano impegnato il Governo a definire ed attuare tempestivamente un piano di interventi a sostegno del trasporto a basso impatto ambientale in particolare mediante l'adozione, anche attraverso iniziative normative, di misure di finanziamento volte a sostenere la sostituzione di veicoli inquinanti per i mezzi adoperati per il servizio di trasporto pubblico locale;
la legislazione vigente già contiene alcuni strumenti predisposti proprio con la finalità di migliorare la correlazione tra lo sviluppo economico, l'assetto territoriale e l'organizzazione dei trasporti e favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani in favore del trasporto pubblico locale, come la previsione contenuta all'articolo 1, comma 1031, della legge n. 296 del 2006 che istituisce il Fondo per la promozione ed il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale, rifinanziato ai sensi dell'articolo 63, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008, destinato alla concessione nella misura massima del 75 per cento del costo sostenuto per

l'acquisto di veicoli ferroviari da destinare ai servizi di competenza regionale, di veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie e di autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale;
tuttavia, tale strumento necessiterebbe di ulteriore ed adeguato rifinanziamento nell'ambito del quadro delle pur limitate risorse finanziarie che saranno messe in campo per il rilancio dell'economia,


impegna il Governo:


ad istituire un tavolo per il trasporto pubblico locale, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cui partecipino i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali, al fine di predisporre un piano di politica industriale nel settore, all'interno del quale inserire ogni iniziativa finalizzata al perseguimento degli obiettivi di qualità, efficacia, efficienza ed economicità del servizio con la specifica individuazione di meccanismi di finanziamento pubblico commisurati a una gestione economico-aziendale del servizio medesimo nonché di meccanismi incentivanti per la realizzazione del rinnovo dei veicoli delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale;
ad assumere iniziative per stanziare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, una quota congrua di risorse per rinnovo del parco veicoli delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale, destinata, in particolare, a rendere strutturale il fondo per la promozione ed il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale istituito dall'articolo 63, comma 12, del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge n. 296 del 2006 con le procedure e le modalità previste da tali disposizioni;
ad assumere iniziative per stanziare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, una quota congrua di risorse per rinnovo del parco veicoli delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale, destinata, in particolare, a rifinanziare il fondo per la promozione ed il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale istituito dall'articolo 63, comma 12, del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge n. 296 del 2006, con le procedure e le modalità previste da tali disposizioni, promuovendo l'introduzione di una specifica previsione nella legge di stabilita 2012;
ad adottare, anche attraverso iniziative normative, misure di finanziamento finalizzate a sostenere la sostituzione dei veicoli adoperati per il servizio di trasporto pubblico locale su rotaia e su gomma, a valere sulle destinazioni regionali del Fondo FAS 2007-2013, previa concertazione con le regioni interessate.
(7-00716)
«Garofalo, Bergamini, Biasotti, Cesaro, Colucci, Antonino Foti, Landolfi, Lupi, Nizzi, Piso, Simeoni, Testoni, Valducci, Verdini, De Girolamo».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

ALBINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, prevede all'articolo 2 «auto blu» che:
«1. La cilindrata delle auto di servizio non può superare i 1600 cc.

2.Fanno eccezione le auto in dotazione al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato e della Camera, del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Corte costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di pubblica sicurezza.
3.Le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite.
4.Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono disposti modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo»;
il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2011, ha disciplinato l'utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni al fine di conseguire obiettivi di razionalizzazione e di trasparenza, di contenimento dei costi e di miglioramento complessivo del servizio, anche attraverso l'adozione di modalità innovative di gestione;
il comma 2 dell'articolo 1 del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede l'applicazione del testo di esso alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, ed esclusi gli organi costituzionali e, salvo quanto previsto dall'articolo 5, le regioni e gli enti locali;
il comma 3 dell'articolo 1 del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede la non applicabilità alle amministrazioni che utilizzano non più di un'autovettura di servizio escludendo altresì le autovetture adibite ai servizi operativi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, della salute e incolumità pubblica, della sicurezza stradale, della difesa e della sicurezza militare, nonché ai servizi ispettivi relativi a funzioni di carattere fiscale e contributivo;
l'articolo 2, del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel disciplinare i soggetti legittimati all'uso delle autovetture di servizio, prevede al comma 2 che le autovetture di servizio possano essere attribuite, con provvedimento adottato da ciascuna amministrazione, in uso non esclusivo, ai seguenti soggetti:
a)Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri;
b)capi di gabinetto dei Ministri;
c)capi dei dipartimenti e degli uffici autonomi equiparati della Presidenza del Consiglio dei ministri;
d) segretari generali dei Ministeri, nonché capi dei dipartimenti o uffici di pari livello, anche periferici, delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2;
e) presidenti degli enti pubblici non economici, direttori delle Agenzie fiscali, presidenti degli enti di ricerca e delle altre pubbliche amministrazioni richiamate all'articoli 1, comma 2 prescrivendo altresì, al comma 3, che il personale delle magistrature, dell'Avvocatura dello Stato, dei Corpi militari, delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, hanno diritto all'assegnazione, in uso non esclusivo, dell'autovettura soltanto i soggetti titolari di incarichi equiparati a quelli di cui al comma 2. A tal fine i Ministri rispettivamente competenti trasmettono i provvedimenti che elencano gli incarichi equiparati, entro il 30 settembre 2011, alla Presidenza del Consiglio dei ministri che provvede a sottoporli alla Corte dei conti per la registrazione -:
se sia a conoscenza che, tra i Ministeri, solo il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con direttiva protocollo n. 17245 del 29 settembre 2011, ha ottemperato all'obbligo volto all'individuazione delle auto disponibili in uso

esclusivo e in uso non esclusivo e delle modalità di utilizzazione delle auto di servizio del Ministero medesimo;
se i corpi di polizia, le amministrazioni civili e militari abbiano ottemperato a quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011, articolo 2, comma 3;
se ritenga prioritario l'obbligo di provvedere a quanto sopra da parte delle amministrazioni anche in virtù dei consistenti tagli che le recenti manovre finanziarie hanno apportato sia ai Ministeri sia alle Forze armate e ai Corpi di polizia.
(4-13661)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 12 novembre 2010 il Ministro degli affari esteri, faceva trasportare al policlinico Gemelli di Roma, ventisei cristiani iracheni, rimasti feriti nella strage consumata nella cattedrale di Baghadad, attaccata da un commando terrorista il 31 ottobre 2010. Oltre ai feriti, prevalentemente donne e bambini, vi erano familiari e accompagnatori per un totale di 47 persone;
il 7 dicembre 2010 senza alcun preavviso, veniva comunicato dall'ufficio Taske Force Iraq del Ministro degli affari esteri che la maggior parte del gruppo iracheno doveva essere rimpatriato immediatamente. Di fronte all'opposizione dei feriti e dei loro familiari, e alla richiesta di essere almeno trasferiti in paesi terzi e non in Iraq, si creò al policlinico Gemelli una situazione di crisi che denotò una carenza operativa e strategici degli uffici del Ministero addetti all'intervento. L'Associazione Salvaimonasteri fu indotta a impegnarsi, vista la gravità della situazione, per risolvere l'emergenza ed affinché venissero accolte le istanze degli iracheni;
dal 2004 l'Associazione Salvaimonasteri opera in attività a favore dell'eredità cristiana in aree di crisi con progetti culturali e di comunicazione per la salvaguardia e la valorizzazione di siti religiosi e storici, la preservazione e la divulgazione del patrimonio e delle tradizioni culturali, con particolare attenzione alle comunità e alla minoranze cristiane in Medio ed Estremo Oriente. In particolare, l'Associazione ha eseguito fino al 2009 diversi progetti su incarico dell'ufficio Task Force Iraq del Ministero degli affari esteri riguardanti la condizione della minoranza cristiana in Iraq, del suo patrimonio culturale, della situazione dei profughi iracheni nei paesi limitrofi;
la presidente dell'Associazione Salvaimonasteri, e un sacerdote iracheno, in stretto contatto con la segreteria di Stato Vaticana e in diretto rapporto con l'ufficio Task Force Iraq del Ministero degli affari Esteri, si sono adoperati per risolvere l'emergenza dell'ospitalità degli iracheni che venivano licenziati dal policlinico Gemelli nonché per eseguire e risolvere le complesse procedure per l'espatrio degli iracheni negli stati esteri dove si trovavano dei familiari;
dopo una breve ospitalità ottenuta dall'amministrazione comunale di Roma, è stata ottenuta la disponibilità del centro dei padri rogazionisti di Morlupo e del rettorato siriaco del patriarcato di Antiochia a Roma per ospitare gli iracheni fino al 30 gennaio 2011. Poiché le procedure dei visti impegnavano molti più mesi, l'ufficio Task Force Iraq ha specificatamente indicato a Salvaimonasteri di informare il centro dei padri rogazionisti e il rettorato siriaco che il Ministero degli affari esteri avrebbe provveduto al rimborso delle spese dell'ulteriore ospitalità. Allo stesso tempo la segreteria di Stato Vaticana provvedeva all'erogazione di due contributi di 5.000 euro cadauno, suddiviso in acconti per le spese di ospitalità e per le primarie

necessità degli iracheni ospitati. In seguito l'Ufficio Task Force Iraq del Ministero degli affari esteri, nonostante le diverse successive sollecitazioni, tergiversava a prendere impegni formali sia con le strutture ospitanti che con Salvaimonasteri, adducendo che avrebbe inserito i diversi rimborsi nella convenzione stipulata con il Gemelli, di circa 400.000 euro, o in altri modi da definire;
nonostante l'associazione e le strutture ospitanti per nove mesi abbiano fornito assistenza e ospitalità agli iracheni, i costi materiali di questa assistenza sono sinora ricaduti sulle singole strutture e sull'associazione;
il rendiconto inviato al Ministero degli affari esteri dal centro dei padri rogazionisti ammonta a 27.179 euro, il rendiconto del rettorato siriaco a 7.990 euro, la fattura forfettaria di rimborso spese per 9 mesi di Salvaimonasteri a 18.000 euro. A settembre il Ministero ha trasmesso al policlinico Gemelli il rendiconto del centro dei padri rogazionisti perché venga inserito nella convenzione del Gemelli ma considerandolo solo per un terzo e suscitando, quindi, la contrarietà dei padri rogazionisti che richiedono l'ammontare totale. Inoltre, il Ministero non ha trasmesso al Gemelli il rendiconto del rettorato siriaco riggettandolo, insieme alla fattura di Salvaimonasteri, sostenendo che l'ufficio Task Force Iraq non aveva instaurato alcun rapporto contrattuale con Salvaimonasteri né con il rettorato siriaco, nonostante l'evidenza pratica, le assicurazioni ricevute e la corrispondenza intercorsa in tutto simili al caso del centro Rogazionista -:
se e con quali modalità il Ministero intenda procedere al rimborso delle spese sostenute dal centro dei padri rogazionisti di Morlupo, dal rettorato siriaco, e dall'associazione Salvaimonasteri e se il Ministero intenda rendere noti i criteri alla base della convenzione stipulata con il policlinico Gemelli.
(5-05571)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

VANNUCCI, MARCO CARRA, FIORIO e OLIVERIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 09 ottobre 2011 nel comune di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo, si è svolta una gara di enduro a carattere nazionale valida quale 5a prova Campionato italiano enduro 2011 Senior Under 23;
alla manifestazione hanno preso parte oltre 300 partecipanti che hanno sostenuto un percorso di circa 60 chilometri interamente immerso in aree boscate nei comuni di Castiglion Fiorentino, Arezzo e Cortona;
l'itinerario è stato individuato dal moto club «Fabrizio Meoni» di Castiglion Fiorentino e approvato dall'amministrazione provinciale di Arezzo;
risulta agli interroganti che il percorso abbia coinvolto intere aree sottoposte a vincolo idrogeologico e paesaggistico nonché, in parte, zone di protezione speciale, siti di interesse regionale e aree proposte a siti di interesse comunitario;
la competizione si è svolta nell'arco dell'intera giornata durante la quale i concorrenti hanno attraversato le predette aree per tre volte consecutive a cui va a sommarsi la circolazione dei veicoli e motocicli dell'organizzazione per la preparazione e lo sgombero del tracciato;
il dispositivo di controllo disposto dalla questura di Arezzo, composto da polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Corpo forestale dello Stato, ha accertato la presenza di numerosissimi cacciatori che

esercitavano l'attività venatoria in corrispondenza del tracciato nonché di altri utenti che ivi si trovavano al momento dello svolgimento della manifestazione tra cui, escursionisti, ciclisti, boscaioli, cavalieri e altro;
agli interroganti appare inopportuno che aree sottoposte a numerosi vincoli di protezione e salvaguardia ambientale siano trasformate in piste da motocross e più in generale che il nostro patrimonio forestale sia la sede, inappropriata e inidonea, per ospitare questo genere di manifestazioni;
l'apertura dei boschi a gare di enduro e/o di motocross pur rispondendo a una legittima passione danneggia l'ambiente e il paesaggio -:
se ritengano di assumere iniziative per vietare durante le competizioni di enduro o in occasione di motocavalcate o motosgassate, che si sviluppano, nella maggior parte dei casi, su strade aperte al pubblico transito, la circolazione di concorrenti con motocicli sprovvisti di targa immatricolazione;
se questo genere di manifestazioni, qualora avvengano, in assenza di sgombero e in percorsi non controllati attraverso un sistema di presidio permanente, non rappresentino un pericolo per la sicurezza pubblica, in quanto all'interno del tracciato, oltre agli enduristi si possono trovare altre tipologie di utenti che fruiscono del bosco in modo «dolce» tra cui, ciclisti, escursionisti, cavalieri naturopati, ricercatori, turisti e altri, cosa che può dare origine a incidenti o infortuni aggravati dal fatto che gli stessi spesso possono verificarsi in tratti particolarmente difficili da raggiungere anche per via aerea;
posto che nei boschi e soprattutto in aree di pregio esistono equilibri delicati da rispettare, se l'aggressione di aree soggette a dissesto con veicoli a motore, che causano anche un pesante inquinamento acustico che impatta sulla fauna e sull'ambiente non aggravi l'impoverimento del territorio;
quali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo, al fine di dare una risposta anche a quegli utenti che mantengono i sentieri, che curano il territorio, che ripristinano quella viabilità montana ancora oggi vitale a garantire la presenza dell'uomo.
(4-13667)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sabato 15 ottobre 2011, è stata inaugurata a Palazzo Té, a Mantova, la mostra «Virgilio. Volti e immagini del poeta» dedicata, ovviamente, al noto poeta mantovano;
la mostra rappresenta una parte consistente di una più ampia serie di eventi organizzati quale omaggio che la città di Mantova rende a Virgilio in occasione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
la cerimonia inaugurale e stata segnata da vivaci polemiche tra le forze politiche di maggioranza, che reggono l'amministrazione comunale di Mantova, in relazione alla cena di gala conclusiva che sembra essere costata ai contribuenti mantovani decine e decine di migliaia di euro;
in particolare, la Lega Nord mantovana ha sostenuto che con i soldi pubblici si è tenuta una convention del PDL (dalla Gazzetta di Mantova del 17 ottobre 2011);
attraverso il punto precedente, si rilevano accuse pesantissime che meriterebbero un'accurata verifica da parte della

Corte dei conti e della magistratura ordinaria in relazione al paventato utilizzo di soldi pubblici per fini politici di parte, non riconducibili all'interesse pubblico;
la questione assume connotati ancor più gravi ed attendibili se si considera che all'evento inaugurale era presente il Sottosegretario ai trasporti ed alle infrastrutture Mario Mantovani, attuale coordinatore regionale del PDL;
non c'è alcune collegamento tra l'evento culturale e la presenza di un Sottosegretario che nulla ha a che fare con la tutela e la valorizzazione dei beni e delle attività culturali, a maggior ragione alla luce della presenza del Ministro della cultura della Tunisia che avrebbe meritato ben altra rappresentanza del Governo italiano -:
se il Ministero interrogato abbia erogato contributi per la mostra in oggetto, e in quale misura;
perché nessun esponente del Ministero per i beni e le attività culturali fosse presente all'inaugurazione delegando inopportunamente un rappresentate del Governo con una delega totalmente fuori luogo con l'iniziativa mantovana.
(5-05574)

Interrogazione a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i nuraghi sono i monumenti più antichi e complessi non solo della Sardegna ma d'Italia;
non esistono altri manufatti umani così grandi e perfetti risalenti all'età del bronzo;
in Sardegna se ne contano almeno 7000, molti dei quali oramai crollati;
Orolìo presenta caratteristiche uniche - come si evince da una relazione del professor Giacobbe Manca - ed è ancora pressoché intatto all'esterno, alto quasi 15 metri, ed è inoltre dotato di caratteristiche architettoniche ardite e rarissime da trovare in altri monumenti analoghi;
purtroppo la struttura interna sta crollando e se non s'interviene presto farà la fine di tanti altri nuraghi perduti per sempre;
non hanno senso concreto i palliativi «puntiformi», del tutto inadeguati, attuati poco tempo addietro (e oggi osservabili all'interno del nuraghe), e praticati con improbabili bozze di cemento e insulsi paletti di legno;
durante una conferenza, tenutasi a Silanus il 24 novembre 2007, è emersa una diffusa preoccupazione per lo stato della torre, nonché un profondo scoramento all'eventualità della perdita del nuraghe, patrimonio di tutti;
la stessa conferenza ha altresì messo in luce un diffuso sentimento di attaccamento alle testimonianze del nostro passato ed un giusto sentimento di fierezza, orgoglio e identità che non deve essere perso -:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra riportati, non ritenga evidente la necessità di un intervento, tempestivo ed efficace, di messa in sicurezza e di restauro che consenta la fruizione di questo monumento considerato uno dei nuraghi più belli del mondo;
quali iniziative intenda attuare il Ministero per porre rimedio alla problematica precarietà strutturale del nuraghe, scongiurando così il pericolo di crollo e la malaugurata perdita di un monumento così importante per la nostra storia più antica e per il futuro.
(4-13663)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
come denunciato dalle associazioni di categoria, le aziende agricole che dal 1o febbraio 2011 hanno prodotto all'Agenzia delle entrate le istanze di rimborso per IVA a credito, maturato nel corso dell'anno precedente, hanno ricevuto l'accesso in azienda al fine di accertare il diritto al rimborso;
le aziende interessate al fine di completare l'iter istruttorio, hanno dovuto presentare polizze fideiussorie a garanzia del credito chiesto a rimborso, con oneri economici non indifferenti, nell'attesa che quanto anticipato per IVA, nell'anno 2010, venga loro rimborsato;
nel rimborso IVA si sarebbero verificati notevoli ritardi; a titolo esplicativo si espone il caso della provincia di Ragusa, dove il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe effettuato l'ultimo accredito alla SERIT, ente preposto al pagamento dei rimborsi, nel mese di luglio, quando sarebbe stata accreditata a tal fine la somma di 130.000 euro;
considerata la grave crisi economica che ha investito il comparto dell'agricoltura e le difficoltà nell'accesso al credito, le aziende che vantano rimborsi IVA per il 2010 e che hanno anticipato l'IVA per il 2011 si trovano in condizioni di grandi difficoltà economica e finanziaria a causa dei ritardi nei rimborsi IVA -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
in quali tempi e secondo quale calendario si intenda provvedere ad accreditare le somme necessarie al fine di rimborsare le aziende che vantano un credito IVA per l'anno 2010;
quali iniziative si intendano assumere al fine di evitare che tali ritardi nei rimborsi si verifichino nuovamente per il prossimo anno fiscale.
(2-01242) «Berretta».

Interrogazioni a risposta scritta:

MENIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 92 del 2004, istitutiva del Giorno del ricordo, riconosce due istituzioni scientifico-culturali, il Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata con sede a Trieste, e l'archivio storico di Fiume con sede a Roma. A tal fine, è espressamente prevista la concessione di un «finanziamento di 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2004 all'Istituto regionale per la Cultura istriano-fiumano-dalmata e di 100.000 euro annui per la Società di Studi fiumani»;
in realtà, nonostante la legge parli chiaro, l'importo previsto è stato via via ridotto scendendo a 85.000 euro nel 2006, poi a 70.000 euro e infine è stato più che dimezzato per l'anno in corso arrivando a 46.000 euro -:
se il Governo non intenda sollecitamente ripristinare l'erogazione del finanziamento alle citate istituzioni culturali nella misura prevista dalla legge dando, tanto più nell'anno del 150° dell'Unità nazionale, un segnale di doverosa attenzione alla storia, alla cultura e alle vicende delle popolazioni giuliano dalmate esuli per amore d'Italia.
(4-13662)

RENATO FARINA e FRASSINETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ormai da mesi è in corso, con ampia risonanza mediatica, il processo avviato su istanza della Banca d'Italia per la riforma delle regole di governo della più antica

banca cooperativa milanese, la Banca Popolare di Milano, i cui soci sono chiamati a rinnovare i vertici e a votare nell'imminente assemblea del 22 ottobre 2011 sul passaggio dall'assetto tradizionale (consiglio di amministrazione più collegio sindacale) al sistema dualistico che prevede un consiglio di sorveglianza, nominato dall'assemblea, con poteri di controllo ma senza ruoli operativi, e un consiglio di gestione, nominato dal primo, con il compito di amministrare la banca e di determinarne gli indirizzi strategici;
come noto in tutte le banche cooperative da sempre e secondo vincolanti disposizioni di legge i voti si contano per testa e non per quote di capitale posseduto, come avviene invece nelle società per azioni;
da quanto riportato dagli organi di stampa il nuovo meccanismo di elezione del consiglio di sorveglianza apparentemente «suggerito» dalla Banca d'Italia dovrebbe prevedere una deroga, anche se parziale, al voto capitario in quanto due consiglieri verrebbero automaticamente nominati da organismi di investimento collettivo del risparmia anche non soci, a patto che la lista da essi presentata sia supportata da almeno il 2 per cento del capitale sociale;
tale meccanismo è evidentemente incompatibile con il principio del voto capitario, che per legge contraddistingue inderogabilmente le banche popolari, ed altresì con il principio che i diritti amministrativi, fra cui il diritto di presentare liste di candidati per l'elezione alle cariche sociali, spettano solo ai soci, mentre restano preclusi ai meri azionisti;
in base al Testo unico bancario, infatti: «Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute» (articolo 30, comma 1); «Coloro ai quali il consiglio di amministrazione abbia rifiutato l'ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale» (articolo 30, comma 6); «La nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo spetta esclusivamente ai competenti organi sociali» (articolo 29, comma 3); sono poi dichiarate espressamente inapplicabili alle banche popolari tutte quelle norme del codice civile che comportano deroghe all'assolutezza del voto capitario, fra cui gli articoli 2346, comma 6, 2349, comma 2, 2538, comma 2, secondo periodo, 2541, 2543, 2544, comma 2, primo periodo, e comma 3 (articolo 150-bis, comma 1). L'articolo 2538, comma quinto, codice civile, inoltre, sancisce che nelle cooperative «le maggioranze richieste per la costituzione delle assemblee e la validità delle deliberazioni sono determinate dall'atto costitutivo e sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai soci». Si tratta di un principio confermato dal testo unico della finanza che stabilisce, quale principio generale per le società cooperative quotate, il criterio di calcolo rapportato al numero complessivo dei soci (articolo 135 Tuf);
le clausole statutarie contrarie a norme inderogabili di legge sono da ritenere nulle;
secondo quanto riportato dalla stampa mentre le modifiche statutarie erano ancora in itinere e comunque non ancora approvate dal Consiglio di amministrazione della banca popolare, la Banca d'Italia avrebbe manifestato pareri o gradimenti «informali» alle proposte di modifiche statutarie avanzate in parallelo da un esponente di una cordata sindacal-finanziaria, in quel momento peraltro nemmeno ufficializzata -:
quali elementi ulteriori abbia a disposizione e se non ritenga di adottare urgenti iniziative, anche di tipo normativo, volte a tutelare la natura cooperativistica di banche come la popolare di Milano.
(4-13672)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO, VERINI, BOCCI, SERENI e GOZI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti hanno recentemente visitato le case circondariali presenti sul territorio umbro (Perugia, Terni, Spoleto e Orvieto);
attraverso le visite effettuate è stato possibile rilevare una serie di criticità che, pur permanendo da tempo, non sono state affrontate adeguatamente e che, anzi, evidenziano un sistematico peggioramento. In alcuni casi, perfino elementari strumenti destinati all'igiene personale e degli ambienti sono assicurati solo da donazioni volontarie di associazioni esterne;
i dati forniti dal provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria consentono di avere un quadro esaustivo delle insostenibili condizioni in cui versano gli istituti penitenziari umbri;
al 31 dicembre 2010 i detenuti presso gli istituti di pena umbri erano 1.672 (alla data del 13 luglio 2011 i detenuti erano 1.751). Sempre nel 2010 il numero dei presenti nelle sezioni del circuito di media sicurezza è risultato superiore alla capienza tollerabile. Il tasso di sovraffollamento è del 75 per cento in rapporto alla capienza regolamentare degli istituti di pena, e del 6 per cento rapportato alla capienza tollerabile (capienza regolamentare 954 posti, capienza tollerabile 1.564 posti). La componente femminile (Perugia) costituisce circa il 3,5-5 per cento della popolazione detenuta umbra;
negli ultimi quattro anni il numero dei detenuti presenti negli istituti penitenziari umbri è quasi triplicato, passando da 650 ai circa 1.750 detenuti, con un conseguente e notevole aumento di spesa sociale e sanitaria per gli enti locali e le aziende sanitarie locali;
la dotazione del personale di polizia penitenziaria, prevista per i quattro istituti penitenziari dell'Umbria, è di complessive 1.060 unità. Il contingente di polizia penitenziaria in servizio in questa regione risulta di 804 unità (sia per assegnazione definitiva sia temporanea);
la carenza di personale di polizia penitenziaria, secondo i dati forniti dal provveditorato regionale amministrazione penitenziaria, fa registrare, per ciascuno degli istituti umbri, i seguenti dati: casa circondariale di Perugia carenza del 37 per cento, casa circondariale di Terni carenza del 24 per cento, casa di reclusione di Spoleto carenza del 18 per cento, casa di reclusione di Orvieto carenza del 21 per cento. A questi dati va aggiunta la quota di personale assente per temporanea inidoneità al servizio (che per il solo istituto di Spoleto è pari a 25 unità);
del tutto insufficiente la dotazione del personale dell'area educativa che, per i quattro istituti umbri, somma appena 21 unità. Durante il 2010 per ciascun educatore delle carceri di Perugia e Spoleto si computa, rispettivamente, una media di oltre 140 e oltre 130 detenuti a fronte di un dato medio regionale, già peraltro notevole, pari a 96 detenuti;
la situazione di sovraffollamento, la mancanza di spazi adeguati e la carenza di personale sia destinato all'area educativa sia di polizia penitenziaria determinano una situazione che rende difficile se non impossibile la differenziazione del trattamento e i percorsi di reinserimento delle persone detenute;
particolare allarme desta la situazione relativa al fenomeno della tossicodipendenza. Quasi un terzo della popolazione detenuta in Umbria manifesta problematiche di tossicodipendenza (il 28 per cento di questo totale risulta essere straniero). Tale condizione determina un'ulteriore serie di difficoltà di gestione: inevitabile promiscuità all'interno delle sezioni tra tossicodipendenti, ex-tossicodipendenti e non-tossicodipendenti, tentativi di introdurre all'interno dell'istituto sostanze stupefacenti,

violenze verso gli altri e atti autolesionisti, carenza di garanzia della continuità terapeutica rispetto ai trattamenti in atto al momento della carcerazione o da proseguire al momento della dimissione;
l'elevato numero di «eventi critici» (gesti di autolesionismo, tentato suicidio, violenza eterodiretta, rifiuto del vitto, eccetera), che rappresentano un sintomo eloquente del malessere che si diffonde sempre più nelle carceri dell'Umbria. Nel corso del 2010 si sono registrati: 1 suicidio, 20 tentati suicidi, 246 gesti di autolesionismo, 175 ferimenti, 102 scioperi della fame, 53 rifiuti del vitto e delle terapie;
la popolazione detenuta di nazionalità straniera è sempre stata significativa e spesso si accompagna a problematiche quali la tossicodipendenza che determinano complessità di difficile gestione. Particolarmente critica da questo punto di vista è la situazione degli istituti di Perugia Capanne e di Terni. Presso la casa circondariale di Perugia gli stranieri costituiscono oltre il 68 per cento del totale dei detenuti e presso la casa circondariale di Terni il 50 per cento circa;
di particolare delicatezza, è da segnalare la situazione dei figli minori di tre anni nei periodi di permanenza delle madri in carcere;
oltre alla grave situazione degli istituti di pena si segnala la sofferenza dell'area dell'esecuzione penale esterna che interfaccia più da vicino il lavoro degli enti locali ed in particolare quello del settore sociale;
in data 07 marzo 2001, è stato siglato un protocollo di intesa che verte sulla collaborazione tra il Ministero della giustizia-dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e la regione Umbria, al fine di realizzare programmi d'intervento congiunto in ambito regionale, nel comune obiettivo del recupero delle persone detenute ed ex-detenute, nonché di prevenzione e contenimento del fenomeno della criminalità -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
in quale maniera, e in quali tempi, intenda attivarsi per risolvere la grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari dell'Umbria;
in quale maniera, e in quali tempi, intenda risolvere la carenza di personale di polizia penitenziaria e dell'area educativa relativa agli istituti penitenziari dell'Umbria;
attraverso quali specifici interventi intenda affrontare le criticità legate al fenomeno della tossicodipendenza all'interno delle case circondariali e di reclusione dell'Umbria;
attraverso quali atti intenda dare seguito agli impegni presi in più occasioni negli ultimi anni, a partire dalla firma del protocollo di intesa del 2001.
(5-05565)

Interrogazione a risposta scritta:

CRISTALDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
se il Governo sia informato su quanta preoccupazione stia creando tra la popolazione del comune di Partanna (Trapani) l'eliminazione della locale sezione distaccata del tribunale di Marsala;
se in caso di attendibilità della notizia si siano valutate le ripercussioni negative che ci sarebbero non solo tra la popolazione della città trapanese ma anche sugli altri centri della Valle del Belice;
se il Governo non ritenga di attivarsi al fine di scongiurare la chiusura della sezione distaccata del tribunale di Marsala nella città di Partanna.
(4-13666)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO e DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la disciplina normativa dei veicoli eccezionali e dei trasporti in condizioni di eccezionalità, dettata dall'articolo 10 del codice della strada e dal regolamento di esecuzione e di attuazione del codice stesso, in questi ultimi anni ha subito numerose modifiche, volte a coniugare la sicurezza della circolazione stradale con le esigenze operative delle categorie interessate;
tuttavia, poiché la situazione del comparto dei trasporti eccezionali si è sensibilmente modificata negli ultimi anni, appare necessario riformare le norme che regolano il settore, rendendo le procedure più armoniche e semplificate di quanto non risultino attualmente;
la normativa vigente prevede infatti che i veicoli eccezionali ed i veicoli che effettuano trasporti in condizioni di eccezionalità, per poter circolare, devono essere muniti di idoneo documento autorizzativo, che deve accompagnare il veicolo durante tutto il viaggio;
l'autorizzazione può essere rilasciata, nei limiti della massa massima tecnicamente ammissibile, volta per volta, ovvero per più transiti, o ancora per determinati periodi di tempo;
nel provvedimento di autorizzazione possono essere imposti percorsi prestabiliti ed un servizio di scorta della polizia stradale o tecnica;
l'autorizzazione può essere data solo quando sia compatibile con la conservazione delle sovrastrutture stradali e con la stabilità dei manufatti e nel caso in cui il trasporto eccezionale sia causa di maggiore usura della strada in relazione al tipo di veicolo, alla distribuzione del carico sugli assi e al periodo di tempo o al numero dei transiti per i quali è richiesta l'autorizzazione viene determinato un ammontare di indennizzo dovuto all'ente proprietario della strada;
inoltre, l'autorizzazione è subordinata al pagamento delle spese relative agli eventuali accertamenti tecnici preventivi ed alla organizzazione del traffico eventualmente necessaria per l'effettuazione del trasporto nonché alle opere di rafforzamento necessarie;
per ogni domanda di autorizzazione, oltre a tutti i dati necessari ad individuare il richiedente e la dotazione dei mezzi tecnici di supporto eventualmente indispensabili per effettuare il trasporto, devono essere di norma indicati una numerosa serie di altri dati, quali la descrizione del carico, la natura del materiale, la tipologia di imballaggio, lo schema grafico del veicolo, i limiti dimensionali massimi del veicolo, la massa e la distribuzione del carico, le strade interessate al transito e il periodo di tempo per il quale si richiede l'autorizzazione;
le autorizzazioni hanno una durata assai limitata, variabile da uno a sei mesi a seconda della tipologia, e fino ad un anno per i soli veicoli e i trasporti eccezionali il cui carico risulti eccedente solo posteriormente per non più di quattro decimi la lunghezza del veicolo;
le domande di autorizzazione devono essere presentate all'ente proprietario o concessionario, in base alla tipologia di infrastruttura viaria interessata al trasporto, almeno quindici giorni prima della data fissata per il viaggio o della data di decorrenza del periodo di autorizzazione richiesto;
tali enti risultano essere assai numerosi: oltre 100 province, alle quali spettano la competenza e la manutenzione di moltissime strade statali prima gestite dall'ANAS, i compartimenti dell'ANAS, le società autostradali, e così via;
la procedura prescritta dalla normativa vigente, pur essendo dettata da ineludibili

esigenze di sicurezza della circolazione, appare eccessivamente gravosa dal punto di vista burocratico, e rischia di penalizzare fortemente le aziende italiane e di ostacolarle nella competizione con le aziende estere;
le stesse forze di polizia stradale hanno più volte lamentato il non chiaro dettato dell'articolo 10 del codice della strada e delle relative norme regolamentari;
durante l'esame alla Camera della proposta di legge 3209-bis-A/R, la I Commissione Affari Costituzionali ha approvato un emendamento, che ha inserito nel provvedimento l'articolo 8-bis, con il quale si stabilisce che il Governo modifichi le disposizioni del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada prevedendo che i trasporti di beni della medesima tipologia ripetuti nel tempo fossero soggetti ad autorizzazione periodica, rilasciata con modalità semplificate, da definirsi con successivo decreto;
in relazione a tale emendamento è stato presentato l'ordine del giorno 9/3209-BIS-A-R/9, a firma Montagnoli, accolto dal Governo, che impegna quest'ultimo a dare piena attuazione a quanto disposto dal suddetto articolo 8-bis, definendo e riconfermando che i limiti ai trasporti ripetitivi di beni indivisibili delle stessa tipologia, debbono verificarsi nel pieno rispetto di tutti i requisiti - fissati dall'articolo 13 comma 2, capoverso A), del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada - che devono ricorrere congiuntamente per permettere il rilascio delle autorizzazioni periodiche (ossia che i veicoli e i trasporti siano eccezionali solamente per il superamento dei limiti di sagoma fissati dall'articolo 61 del codice, che il carico possa sporgere per non più di quattro decimi rispetto alla lunghezza del veicolo, che gli elementi trasportati siano della stessa tipologia, che ci sia un franco minimo del veicolo e del carico di almeno 0,20 per tutto il percorso, che non ricorra alcune delle condizioni per le per le quali è prevista la scorta e che i veicoli rientrino nei limiti fissati, per ciascuna strada, dagli enti proprietari delle stesse), non escludendo quanto stabilisce la lettera a) del succitato capoverso (ossia che i veicoli e i trasporti siano eccezionali solamente ai sensi dell'articolo 61 del codice);
successivamente, l'articolo 6, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, ha stabilito che: per i trasporti eccezionali l'attuale autorizzazione prevista per ciascun trasporto venga sostituita, per i trasporti della medesima tipologia ripetuti nel tempo, da un'autorizzazione periodica da rilasciarsi con modalità semplificata; il Governo modifichi il regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, prevedendo che per i trasporti eccezionali su gomma sia sufficiente prevedere la trasmissione, per via telematica, della prescritta richiesta di autorizzazione, corredata della necessaria documentazione, all'ente proprietario o concessionario per le autostrade, strade statali e militari, e alle regioni per la rimanente rete viaria, almeno quindici giorni prima della data fissata per il viaggio -:
se il Ministro non ritenga necessario e improcrastinabile assumere un'iniziativa normativa in materia di veicoli eccezionali e trasporto in condizione di eccezionalità, provvedendo alla modifica del regolamento di attuazione del codice della strada, prevedendo procedure semplificate per il rilascio delle autorizzazioni, nel rispetto delle esigenze di sicurezza connesse a tale tipologia di trasporto.
(5-05572)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO e MOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per condurre i veicoli delle Forze armate e della Croce rossa italiana è

necessario essere in possesso della patente rilasciata ai sensi dell'articolo 138 del codice della strada;
l'articolo 49 del Testo unico delle norme per la circolazione dei veicoli della Croce rossa italiana, in linea con il codice, subordina la guida dei veicoli immatricolati CRI al rilascio della patente di servizio della stessa Croce rossa italiana;
il successivo articolo 51 specifica che «ai soggetti appartenenti al personale dipendente o ad una delle componenti volontaristiche della Croce rossa italiana, e riconosciuti idonei alla conduzione dei veicoli, è rilasciata una patente di servizio [...] valida esclusivamente per la guida dei veicoli nella disponibilità dell'Associazione»;
questa particolare patente è sottoposta ad una normativa ad essa dedicata; infatti le istruzioni sulla concessione, sul rinnovo, sulla sospensione e sulla revoca delle patenti di guida nell'ambito della Croce rossa italiana è determinano che «il rinnovo, la sospensione e la revoca delle patenti di guida della Croce Rossa Italiana è esercitata dal Comitato Centrale»;
la patente di guida rilasciata dalla Croce rossa italiana ha esclusiva validità per la condotta dei mezzi targati CRI;
la sospensione della stessa è disposta nel caso il titolare sia incorso in un incidente stradale derivante da infrazione grave;
gli autisti del mezzo di soccorso del servizio 118 non hanno bisogno di alcuna particolare qualifica di guida; l'articolo 117 codice della strada pone i soli vincoli del possesso della patente di tipo B, o superiore, ed un'età minima di anni 21;
l'ANPAS, Associazione nazionale pubbliche assistenze, opera nell'ambito dell'emergenza sanitaria 118, del trasporto sanitario e sociale, della donazione del sangue, della protezione civile e antincendio e della promozione della solidarietà;
questa associazione dispone di veicoli adibiti al soccorso, svolgendo un servizio volontario;
i conducenti di questi mezzi non posseggono la patente di servizio, ed utilizzano quella personale anche nell'espletamento delle operazioni di soccorso;
i conducenti che utilizzano la patente personale sono sottoposti alle norme del codice della strada per quanto riguarda il rinnovo, la sospensione e la revoca diversamente da quanto avviene per la patente di servizio della Croce rossa italiana;
per incidente stradale derivante da infrazione grave, quindi, non viene sospesa la seconda patente, di servizio, in possesso del conducente, ma quella personale -:
se il Ministro non ritenga di assumere iniziative volte a tutelare chi svolge questi particolari servizi di soccorso sanitario e di emergenza, valutandone requisiti e la professionalità ma garantendo, come avviene per i conducenti della Croce rossa italiana, l'ottenimento di una patente professionale.
(4-13665)

CRISTALDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel territorio di Mazara del Vallo esiste un cantiere aperto da 40 anni per la realizzazione di un'arteria sopraelevata come raccordo tra la statale 115 ed il porto della città;
il completamento dell'opera è stato finanziato con i piani ufficiali Accordo di programma quadro Sicilia 2007-2011 (fondi ordinari piano decennale 2003-2012, rimodulazione piano decennale 2003-2012);
il bando di gara per il completamento dell'opera è stato pubblicato il 29 febbraio 2008 con un importo lavori a base d'asta di 11.800.000 euro circa;
aggiudicataria della gara è risultata la ditta Deanco srl di Ganci (Palermo) (aggiudicazione definitiva nel giugno 2009);

il 14 luglio 2009 i lavori sono iniziati e che si sarebbero dovuti concludere in 720 giorni e, quindi, entro il 4 luglio 2011;
nella primavera del 2010 sono state effettuate delle sospensioni dei lavori e che alla ditta Deanco srl è stato revocato l'affidamento dei lavori;
l'Anas ha proceduto a redigere un nuovo progetto di completamento dell'opera per un importo pari a 9.077.124,59 euro, prevedendosi il completamento dei lavori in 600 giorni;
questo ultimo bando di gara è stato pubblicato il 6 aprile 2011 e la gara si sarebbe svolta il 21 giugno 2011. Alla data del 18 ottobre 2011 il procedimento risulterebbe chiuso ma l'esito non risulta pubblicato sul sito web dell'Anas;
il mancato completamento dell'opera, oltre a costituire danno ingente per il territorio, è un esempio perverso delle tante opere italiane incomplete che non contribuiscono alla buona immagine del nostro Paese -:
quali notizie abbia il Governo sulla questione;
se non ritenga il Governo di avviare un'indagine al fine di verificare la legittimità dei vari passaggi anche al fine di accertare eventuali responsabilità su quanto si sta verificando intorno al completamento dell'opera pubblica in questione;
quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per la definitiva soluzione del problema.
(4-13668)

ARACRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per il personale delle Ferrovie dello Stato le carte di libera circolazione (CLC) sono parte integrante del contratto di lavoro in tutte le sue tipologie; le stesse sono concesse, per i dipendenti e per i familiari, sin dal momento dell'entrata in servizio;
allo stesso modo i ferrovieri che vanno in pensione, e loro famigliari, accedono automaticamente al godimento del diritto della carta di libera circolazione;
l'articolo 23, comma 9, del contratto Ferrovie dello Stato, prevede che la modifica della disciplina dei «titoli di viaggio», che comprende le carte di libera circolazione, è oggetto di concertazione tra le parti alla scadenza dell'accordo contrattuale;
il gruppo FS - Ferrovie dello Stato, con ordine di servizio n. 9 del 2011, ha proceduto, con decorrenza 1o marzo 2011, ad un aumento degli importi dei «diritti di ammissione» per accedere ai treni AV, ES, ES City per i titolari di smart card e carte di libera circolazione, cioè per i ferrovieri in pensione e per i loro familiari;
tale provvedimento differenzia i costi tra personale in servizio e in quiescenza per l'utilizzo dello stesso strumento, le carte di libera circolazione, parte integrante del trattamento retributivo del personale delle Ferrovie dello Stato, ed è stato assunto senza la concertazione con i destinatari;
consta all'interrogante che in particolare, le Ferrovie dello Stato non avrebbero convocato ai tavoli di concertazione le associazioni rappresentative dei pensionati, tra cui l'ANMIFC-FS e la C.I.L. Pensionati -:
se risultino le motivazioni in base alle quali il gruppo Ferrovie dello Stato ha ritenuto di procedere a detti aumenti nei modi e nei termini suddetti, posto che all'interrogante tali aumenti paiono contrastare con le norme vigenti.
(4-13670)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il consorzio A.T.O. Lecce 2 nasce nel 2007; lo scopo, come si evince dallo statuto dello stesso, si sostanzia nell'esercizio di funzioni attinenti all'organizzazione, all'affidamento e al controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, nonché nell'esercizio di ogni altra competenza trasferita, per legge, dai comuni consorziati. Vale la pena precisare che il consorzio A.T.O. Lecce 2 alla sua costituzione ha scelto l'applicazione del regime contabile pubblico e pertanto, dovrebbe obbligatoriamente attenersi nella predisposizione e approvazione degli strumenti finanziari e contabili a quanto dettato dal decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL);
notizie di stampa segnalano che i sindaci di Alezio, Cannole, Carpignano Salentino, Corigliano d'Otranto, Cursi, Giuggianello, Melpignano, Nardò, Otranto, Palmariggi, Sannicola, Scorrano, Sogliano Cavour, Soleto, Uggiano La Chiesa, tutti comuni salentini facenti parte del Consorzio A.T.O. Lecce 2, nel corso della seduta del 14 ottobre che poneva all'ordine del giorno l'approvazione del conto consuntivo 2009 e il bilancio di previsione e consuntivo 2010, nonché quello di previsione 2011, hanno sottoscritto un documento nel quale contestano al presidente del consorzio, dottor Silvano Macculi, la «palese violazione di norme per ciò che concerne i princìpi che regolano la gestione degli enti locali e dei loro consorzi»;
nella fattispecie le contestazioni mosse dai sindaci sopra citati riguardano l'assenza nel consorzio del collegio dei revisori dei conti, l'iter e i tempi di approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto di gestione ed in particolare la convocazione dell'organo assembleare in seduta quasi contemporanea a quello del consiglio di amministrazione in palese violazione di quanto disposto dall'articolo 227 del testo unico enti locali;
i sindaci firmatari del documento assicurano di aver sempre sostenuto, con senso di responsabilità istituzionale e fiducia, l'attività dell'A.T.O. anche «approvando in sanatoria ben tre bilanci di previsione, rivenienti agli anni 2007, 2008, 2009 e due rendiconti di gestione del 2007 e 2008, nonostante l'Assemblea non abbia mai provveduto ad istituire il Collegio dei Revisori, organo indispensabile per l'approvazione dei bilanci»;
nel documento si chiede, inoltre di porre a verifica, attraverso un esame puntuale degli atti, i criteri e le procedure di selezione sulla base dei quali sono stati individuati i tecnici e liberi professionisti incaricati dal consorzio; le procedure di trasparenza e pubblicità adottate dal consorzio nell'assegnazione degli incarichi al fine di verificarne la legittimità e se gli stessi siano stati resi pubblici nei confronti di tutti i soci partecipanti all'organo consortile; tutti gli atti gestionali inerenti a impegni di spesa e liquidazione dei pagamenti; i criteri e le modalità di affidamento a molteplici aziende di servizi diversi in assenza di procedure comparative o di un albo delle ditte di fiducia preventivamente regolamentato e/o pubblicato presso i soci partecipanti all'organo consortile;
dalle notizie riportate dai media emerge, infatti, che il presidente dell'A.T.O. Lecce 2 abbia conferito incarichi, tra gli altri, al presidente dell'A.T.O. Lecce 1, dottor Gianni Garrisi, il quale è anche vicesindaco ed assessore all'ambiente del comune di Lecce. Nello specifico sembrerebbe che il 20 novembre 2008 il dottor Macculi abbia incaricato l'avvocato Garrisi per tutelare gli interessi del consorzio nella controversia avviata da una ditta del servizio di raccolta rifiuti. «L'impegno di spesa per pagare l'avvocato è di appena quattromila euro ma non sarebbe stato

specificato il capitolo di spesa cui attingere la somma». Dopo la controversia, il 26 aprile 2009 l'avvocato Garrisi ha emesso una parcella di 57.586,92 euro, liquidata allo stesso dopo pochi mesi dal dirigente dell'A.T.O. Lecce 2 dottor Fernando Bonocore che risulta essere anche dirigente del servizio ambiente del comune di Lecce. Inoltre, il 17 marzo 2009 il presidente Macculi incarica l'avvocato Garrisi per difendere il consorzio in una causa al Consiglio di Stato. La spesa presunta in questo caso è di circa cinquemila euro, all'esito della causa, il 17 gennaio 2011, l'avvocato Garrisi emette una parcella di 62.305,00 euro che il dirigente Bonocore liquida;
l'azione di controllo richiesta da parte dei 15 sindaci risulta essere anche a tutela dei cittadini e della razionalizzazione dei costi, poiché nei comuni facenti parte del consorzio, in questi ultimi anni, la Tarsu (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) è aumentata notevolmente;
da quanto accertato risulterebbe che il consorzio non abbia rispettato quanto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 che al capo III - trasparenza e rendicontazione della performance, articolo 11, comma 8, lettera i), dispone «ogni amministrazione ha l'obbligo di pubblicare su proprio sito istituzionale in apposita sezione di facile accesso e consultazione, e denominata "Trasparenza, valutazione e merito" gli incarichi, retribuiti e non retribuiti, conferiti ai dipendenti pubblici e a soggetti privati»;
l'ambito della organizzazione, gestione, raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani è un settore delicato che interessa l'intera collettività, sia dal punto di vista della tutela ambientale e della salute, sia dal punto di vista prettamente economico e rispetto al quale sarebbe buona prassi mantenere un alto livello di vigilanza. A parere dell'interrogante in merito ad un tema così rilevante, non è consentito, dunque, porre in deroga i princìpi di legalità, trasparenza e controllo dell'operato di tutti coloro che sono preposti ad assicurare un servizio alla comunità -:
se i Ministri interrogati, in virtù di quanto sopra esposto non intendano intervenire con urgenza, ognuno per le proprie competenze, per verificare quanto sopra riportato, eventualmente effettuando le segnalazioni opportune anche alla Corte dei conti, affinché non vi siano ombre, nelle questioni di interesse pubblico e nella fattispecie in merito all'operato sulla gestione, trasparenza e legalità del consorzio A.T.O. Lecce 2.
(5-05569)

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quando riportato dal quotidiano Il Mattino, in data 11 ottobre 2011, la polizia municipale di Napoli avrebbe aperto una indagine sul mercato dei pastori di San Gregorio Armeno, con il sospetto di pesanti infiltrazioni e condizionamenti della camorra;
il mercato dei pastori di San Gregorio Armeno è un appuntamento suggestivo e storico, non solo per la città di Napoli ma per tutto il Paese; è animato ogni anno da artigiani straordinari e richiama l'attenzione di decine di migliaia di persone;
l'indagine si sarebbe attivata da alcune segnalazioni e si starebbe concentrando sul grosso giro di denaro che ruoterebbe intorno alla fabbricazione e alla vendita delle preziosi statuine natalizie;
le ipotesi di indagini, in particolare, sono due: le richieste estorsive e la sostituzione dei bancarellari autorizzati con persone mandate dalla camorra;
il primo episodio, quello delle richieste di pizzo, sembra che abbia già un precedente che risale a qualche anno fa, anche se nella zona raccontano che non sia andato a buon fine; a dicembre del 2009, infatti, pare siano arrivate richieste

di denaro da parte della criminalità, respinte da tutta la comunità di artigiani;
per gli uomini della polizia municipale che stanno assumendo informazioni sulla vicenda, sarebbe molto più plausibile l'ipotesi della sostituzione dei bancarellari con persone del clan; anche in questo caso i commercianti di San Gregorio Armeno sono convinti di aver fatto muro;
l'indagine della polizia municipale nasce con la doverosa necessità di fare chiarezza e di perseguire eventuali azioni di reato e di proteggere gli artigiani onesti dalla criminalità; tuttavia, in questa fase, viene vissuta dagli artigiani come un atto di accusa, che rischia di rovinare la reputazione dell'antico mercatino -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di attivarsi, per quanto di sua competenza, per intensificare l'attività di indagine e arrivare, rapidamente, ad un punto di chiarezza in modo da tutelare, effettivamente, l'antico mercato dei pastori di San Gregorio dalla criminalità e, al tempo stesso, di preservarne l'immagine.
(4-13669)

TESTO AGGIORNATO AL 26 OTTOBRE 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

CAPITANIO SANTOLINI e CICCANTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
lo schema di regolamento concernente «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244», istituisce per l'abilitazione degli insegnanti il tirocinio formativo attivo (TFA), ossia un corso abilitante all'insegnamento istituito dalle università;
il tirocinio formativo attivo avrebbe una durata annuale e, tramite un esame finale, sostenuto davanti a una commissione mista composta da docenti universitari, da un insegnante e da un rappresentante dell'ufficio scolastico regionale, attribuirebbe il titolo di abilitazione all'insegnamento;
il regolamento, ad oggi, prevedrebbe che possano accedere al tirocinio, senza dover superare il concorso necessario, solo i «congelati» della scuola di specializzazione di insegnamento superiore, ossia persone che hanno ottenuto l'accesso alla Ssis e poi non hanno potuto terminare il ciclo previsto dalla stessa scuola, ma nulla sarebbe previsto nel caso di persone che, pure idonee all'accesso alla scuola, non abbiano potuto frequentarle per numero limitato di posti;
ugualmente non sarebbe previsto alcun canale privilegiato per coloro che hanno svolto presso la scuola pubblica un periodo di 360 giorni di servizio; difatti, coloro che insegnano e che vogliono ottenere l'abilitazione a seguito del tirocinio formativo abilitante, dovrebbero comunque effettuare una prova d'accesso;
lo stesso Consiglio di Stato, a seguito della richiesta di un parere promosso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul punto dell'ammissione di precari della scuola a questo tipo di tirocini, nel 2010 (00008/2010) ha indicato come fosse necessario un maggior favor al fine di consentire un canale di accesso privilegiato a coloro che già lavorano nella scuola, dato che «tutti coloro che, pur essendo stati utilizzati in attività di insegnamento nelle scuole statali, non superino le prove di accesso nel (breve) periodo transitorio, non potranno più conseguire il titolo abilitante, atteso che lo svolgimento del tirocinio e l'esame con valore abilitante saranno possibili solo a chi abbia conseguito la laurea magistrale a numero programmato»;
questa situazione di mancata possibilità di accesso all'abilitazione da parte di molti che lavorano nella scuola porterebbe

alla perdita di molti posti di lavoro e molte persone con anni di esperienza alle spalle si vedrebbero superate da altre inesperte -:
quale sia lo stato effettivo degli interventi ministeriali in materia, anche alla luce dell'incontro avuto in data 10 settembre presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel quale lo stesso Ministro ed altri esponenti del Governo, hanno affrontato l'argomento prospettando, alle parti interessate, una situazione tesa a tener conto delle esigenze dei giovani, della difesa dell'occupazione e di un più agevole inserimento nell'ambito professionale di riferimento.
(3-01903)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CENTEMERO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 18 giugno 1998 contempla tra le finalità del dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche: «garantire l'efficace esercizio dell'autonomia prevista dall'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59»; conseguire «obiettivi didattico-pedagogici programmati» grazie all'inserimento degli alunni in una comunità educativa; consentire alle istituzioni scolastiche «la necessaria capacità di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nell'ambito territoriale di pertinenza»;
l'articolo 19, comma 4 del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011 precisa che «gli istituti comprensivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»; si è così innalzato il parametro numerico per la costituzione di istituti autonomi precedentemente stabilito dall'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 e fissato tra i 500 e i 900 alunni (300 nel caso di piccole isole, comuni montani, aree con specificità etnico-linguistiche);
l'articolo 19, comma 4 del citato decreto-legge n. 98 stabilisce che «per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, [...] la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado», riconoscendo in questo modo la possibilità di garantire unitarietà del percorso didattico e dei servizi in un'ottica di crescente verticalizzazione dei diversi livelli di scuola;
in sede di Conferenza unificata Stato-regioni i criteri di dimensionamento degli istituti saranno oggetto di discussione -:
se il Ministro ritenga opportuno considerare, ai fini di un equilibrato dimensionamento delle scuole, altri criteri - oltre al rispetto della continuità didattica - che contemperino il parametro numerico, quali:
a) la territorialità, da intendersi non certamente come rispetto dei confini comunali, ma come ambito in cui le scuole, grazie alle potenzialità dell'autonomia, possano svilupparsi in coerenza con il territorio;
b) lo stato dell'edilizia scolastica e la razionalizzazione degli spazi, perché ci si confronti anche con le problematiche oggettive inerenti la sicurezza e i vincoli finanziari legati al patto di stabilità che in molti casi limitano interventi sugli istituti;
c) comprovate esigenze delle scuole, determinate, ad esempio, dall'alta presenza di immigrati o da gravi fenomeni di devianza giovanile.
(5-05567)

SIRAGUSA, BACHELET e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge «Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università», n. 137 del 1° settembre 2008, l'esame di laurea in scienze della formazione primaria ha valore di esame di stato e abilita all'insegnamento rispettivamente nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria;
tali disposizioni si applicano anche a coloro che hanno sostenuto l'esame di laurea tra la data di entrata in vigore della legge n.244 del 2007 e l'entrata in vigore del decreto-legge n.137 del 2008;
l'articolo 1 del decreto ministeriale 4 aprile 2011, n. 139, al comma 1, lettera c) istituisce i tirocini formativi attivi (TFA) per la formazione degli insegnanti di scuola secondaria di primo e secondo grado di cui all'articolo 15, commi 1 e 17, e successivamente i TFA di cui all'articolo 10;
ad oggi, pertanto, non vi è un modo divergo di abilitarsi all'insegnamento della scuola primaria se non attraverso il conseguimento della laurea in scienza della formazione primaria;
con l'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le graduatorie provinciali permanenti del personale docente sono state trasformate in graduatorie «ad esaurimento»;
il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 249 del 10 settembre 2010 recante il regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, non prevede un nuovo sistema di reclutamento;
risultano pertanto esclusi dal vecchio sistema di reclutamento, ovvero dall'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, i docenti iscritti ai corsi universitari successivi al 2008 ancorché già abilitati, e verosimilmente i ragazzi che si iscriveranno quest'anno al corso di laurea in scienze della formazione primaria;
tali corsi sono stati attivati a seguito della nota 81 del 5 agosto 2011 che ha fornito alle università le indicazioni per la programmazione dei tirocini formativi attivi e dei corsi di laurea magistrale per la scuola secondaria di I grado;
non è chiaro per quale motivo si continuino ad abilitare giovani alla docenza senza consentire loro l'accesso alle graduatorie;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora predisposto la riforma del reclutamento dei docenti annunciata da tempo: tale ritardo sta creando una situazione paradossale;
in data 17 maggio 2011 il Governo, nella persona del Sottosegretario Pizza, rispondendo all'interpellanza urgente 2-01079 dichiarava che: «i titoli conseguiti da coloro che si sono iscritti successivamente all'anno accademico 2007-2008 alle SSIS o agli altri percorsi abilitanti non sono idonei a consentire l'inclusione nelle graduatorie ad esaurimento. Il titolo abilitante conseguito dagli interessati è, comunque, utile per l'inserimento nelle graduatorie d'istituto di seconda fascia e permette l'accesso alla future procedure di reclutamento, da attivarsi in coerenza con quanto previsto dal regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, approvato con decreto ministeriale n. 249 del 2010»;
appare agli interroganti contraddittorio consentire nuove immatricolazioni ai corsi di laurea in scienza della formazione primaria, mantenendo in vigore la previsione normativa del valore abilitante della laurea, senza però consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei laureati/abilitati;
la mancanza di chiarezza danneggia gravemente i giovani che laureandosi in scienza della formazione primaria ritengono, come la legge prevede, di ottenere

un'abilitazione utile all'inizio dell'attività professionale, e invece si vedono esclusi da questa possibilità -:
se non ritenga urgente definire al più presto e in modo chiaro la questione dell'accesso all'insegnamento nella scuola primaria.
(5-05573)

TESTO AGGIORNATO AL 20 FEBBRAIO 2012

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per alcuni dirigenti scolastici residenti a Palermo, al momento di essere collocati a riposo a domanda e/o per raggiunti limiti di età, l'ufficio di ambito territoriale di Palermo, allora ufficio scolastico provinciale di Palermo, ha predisposto - per il competente ufficio Inpdap sede provinciale di Palermo - una base pensionabile senza la computazione della maggiorazione del 18 per cento;
tale maggiorazione è prevista dall'articolo 15 della legge n. 177 del 1976;
la cosiddetta quota A della pensione è stata di fatto calcolata senza la maggiorazione della quota relativa alla IIS nonostante questa risultasse conglobata nello stipendio tabellare annuo lordo a decorrere dal 31 dicembre 2001 (articolo 40, comma 3, del contratto collettivo nazionale del lavoro 1o marzo 2002, Area V dirigenza scolastica) e senza tenere conto della retribuzione di posizione dirigenziale espressamente prevista dalla lettera d) dell'articolo 37 del CCNL area V del 1o marzo 2002 e dalla lettera c) dell'articolo 52 del CCNL area V dell'11 aprile 2006;
la suddetta IIS è stata conglobata nello stipendio dei dirigenti scolastici ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 agosto 1981, n. 432;
con il CCNL area V del 2002 viene stabilito che la struttura della retribuzione dei dirigenti scolastici si compone delle seguenti voci: a) stipendio tabellare; b) indennità integrativa speciale; c) retribuzione individuale di anzianità (ove acquisita e spettante); d) retribuzione di posizione, parte fissa e parte variabile; e) retribuzione di risultato;
il successivo articolo 40, comma 3 testualmente recita: «Per effetto dell'incremento di cui al comma 1, del conglobamento nella voce stipendio, dell'importo di cui al comma 2 e dell'intero importo dell'indennità integrativa speciale, il nuovo stipendio tabellare annuo lordo è determinato, come indicato nella Tabella B) in euro 36.151,98 (lire. 70.000.000) inclusa la tredicesima mensilità, a decorrere dal 31 dicembre 2011»;
il successivo CCNL area V dei dirigenti scolastici, sottoscritto in data 11 aprile 2006, l'articolo 52 concernente la struttura della loro retribuzione, non distingue in modo separato ed autonomo la voce dell'indennità integrativa speciale da quello dello stipendio tabellare, in considerazione del fatto che essa con decorrenza dal 1o gennaio 2002 ha cessato di

esistere come voce retributiva autonoma, poiché era stata conglobata nell'intero stipendio tabellare, andandone a costituire un'unica voce, a differenza delle restanti voci, già indicate nell'articolo 37 del precedente CCNL area V e che continuavano ad esistere come voce retributiva autonoma;
al riguardo si richiama la sentenza n. 380 del 3 novembre 2008 della Corte dei conti per le Marche, che in sede giurisdizionale, in tema di maggiorazione del 18 per cento dell'ex voce retributiva dell'IIS, ha accolto il ricorso prodotto da alcuni dirigenti scolastici cessati dal servizio dal 1o settembre 2002 al 1o settembre 2007, riconoscendo loro testualmente «il diritto alla riliquidazione dei rispettivi trattamenti pensionistici previa valorizzazione nel calcolo della quota A delle pensioni, della maggiorazione del 18 per cento su tutto l'importo dello stipendio tabellare»;
nello specifico la suddetta sentenza ha affermato che in termini di applicazione del beneficio pensionistico nei confronti della specifica categoria di personale si osserva che, ai sensi dell'articolo 40, comma 3 del CCNL biennio normativo ed economico 2000-2001, il conglobamento dell'IIS nello stipendio tabellare è stato dalle parti contraenti concordato con decorrenza 31 dicembre; ne consegue che, ai fini pensionistici, risulta aver maturato il diritto alla maggiorazione del 18 per cento il personale dirigenziale in servizio alla predetta data, non giustificandosi per l'effetto quella diversa (di stipula del secondo CCNL), dall'Amministrazione scolastica presa in considerazione;
inoltre nel richiamare le sentenze della Corte di Cassazione Civile sezione lavoro n. 10296 del 22 novembre 1996, n. 4057 dell'8 luglio 1982, n. 1567 dell'8 marzo 1986, n. 3748 dell'11 aprile 1998, n. 4885 del 14 maggio 1998, va anche aggiunto che ogni emolumento corrisposto dal datore di lavoro, comunque denominato, ha natura retributiva e, se caratterizzato da continuità, obbligatorietà, determinabilità, va considerato parte della retribuzione valutabile ai sensi dell'articolo 2121 del codice civile, atteso anche l'ampio concetto di retribuzione desumibile dall'articolo 36 della Costituzione Italiana che espressamente fa riferimento alle esigenze familiari del lavoratore;
da quanto sopra illustrato ne consegue che la maggiorazione del 18 per cento della retribuzione di posizione compresa nella base pensionabile e riconosciuta dagli articoli 37, lettera d), del CCNL 2002 e 52, lettera c), del CCNL del 2006 è legittima -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e del trattamento diverso riservato a soggetti nelle medesime condizioni e se non intenda riconoscere a tutti i dirigenti scolastici in quiescenza il riconoscimento del medesimo trattamento pensionistico, comprensivo della maggiorazione del 18 per cento - prevista dall'articolo 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, all'intera voce «stipendio tabellare».
(5-05568)

LOLLI e BARETTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n.122 del luglio 2010 il Governo ha previsto l'esenzione di alcune categorie di lavoratori in mobilità dall'applicazione delle disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici previste nel decreto stesso;
le categorie di lavoratori individuate erano: lavoratori collocati in mobilità, in mobilità lunga, sulla base di accordi sindacali e collettivi stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, purché maturino i requisiti entro il periodo di fruizione dell'indennità;
la deroga per dette categorie si applica nei limiti del numero di 10.000 lavoratori;
nella legge vengono individuate anche altre categorie di lavoratori per le quali è prevista la deroga;
nella manovra di cui al decreto-legge n. 98 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n.111 del 15 luglio 2011 il Governo ha deciso che sono esclusi dalle disposizioni in materia di decorrenza dei termini del pensionamento: collocati in mobilità ordinaria ai sensi dell'articolo 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 per effetto di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 giugno 2011 a condizione che maturino i requisiti entro il periodo di fruizione dell'indennità; collocati in mobilità lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della stessa legge per effetto di accordi collettivi stipulati anteriormente al 30 giugno 2011; titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n.662 del 1996, alla data del 17 luglio 2011;
queste categorie di lavoratori devono aver maturato 40 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2011;
la deroga per dette categorie si applica nel limite di 5.000 lavoratori ed è aggiuntiva al numero di lavoratori previsti nel 2010;
circa mille lavoratori della provincia dell'Aquila, in virtù di accordi sindacali, sono usciti dalle aziende in gravi difficoltà, anche per gli effetti del terremoto del 6 aprile 2009, con la certezza che, attraverso la mobilità, avrebbero raggiunto la pensione;
questi lavoratori rientrano nelle categorie previste dalle manovre del Governo sia del 2010 che del 2011 ma è circolata voce che rischierebbero di essere esclusi dalla lista di coloro che usufruiranno delle deroghe;
il limite di lavoratori che potrebbe accedere alle deroghe previste nei decreti sullo slittamento di un anno per le finestre pensionistiche individuato nel numero di 15.000 è in netto contrasto con il calcolo fatto dall'Inps che individua in circa 45.000 lavoratori il numero di soggetti che rientrano nei criteri previsti per la deroga;
non è chiaro come si prevede che vengano selezionati i lavoratori che rientrano nelle deroghe e quelli che non ci rientrano oltre al fatto che dopo oltre un

anno dal primo decreto ancora non sono stati individuati i primi diecimila lavoratori;
l'esclusione dei lavoratori aquilani dalle deroghe previste li lascerebbe con un anno di scopertura sia pensionistica che lavorativa in quanto, con un accordo sindacale, questi lavoratori hanno lasciato il loro posto calcolando di arrivare alla pensione tramite la finestra prevista prima degli interventi legislativi. Lo slittamento di un anno della finestra stessa ora lascerebbe i mille lavoratori in una situazione intollerabile e ingestibile -:
cosa intenda fare il Ministro per rispondere alle esigenze delle migliaia di lavoratori che aspettano una risposta ed in particolare dei circa 1.000 lavoratori aquilani, colpiti dalla crisi industriale, dal terremoto ed ora dalla beffa di aver concordato l'uscita dal lavoro per accedere alla pensione con il rischio che per interventi legislativi successivi si crei una situazione di assenza di lavoro e di pensione.
(5-05570)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dalla Coldiretti, con il caldo torrido di fine estate si è verificato un forte anticipo di maturazione delle castagne, ma un insetto rivelatosi letale, e denominato «Cinipide galligeno del castagno», arrivato in Italia dalla Cina, ha già dimezzato la produzione italiana;
il nostro Paese, che detiene il primato di produzione di castagne in Europa, classificandosi al quarto posto al mondo, dopo la Cina, la Corea del sud e la Turchia, rischia pertanto di essere gravemente penalizzato sia sotto il profilo della competitività che della stessa produttività, con evidenti danni sul piano occupazionale per l'intera filiera, che garantisce, attraverso gli oltre 780 mila ettari di bosco di castagno presenti su tutto il territorio nazionale, lavoro a circa centomila addetti, attraverso 34.160 imprese agricole specializzate;
se dal punto di vista quantitativo la situazione risulta preoccupante, sul piano qualitativo, a giudizio della Coldiretti, il primato italiano è confermato dalla presenza di dodici tipi di castagne che hanno ottenuto il riconoscimento europeo, con il Piemonte ad esempio che può vantare importanti indicazioni geografiche protette quali la castagna Cuneo Igp e il marrone della Valle di Susa Igp;
contro l'insetto letale, che provoca nella pianta la formazione di galle, ovvero ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni, sostiene la Coldiretti, non possono essere utilizzati prodotti, ma è stato avviato un conflitto biologico capillare attraverso lo sviluppo e l'accurata diffusione dell'insetto Torymus sinensis, che rappresenta un antagonista naturale, nonostante occorra molto tempo per ottenere un adeguato contenimento;
quanto suesposto richiede, a giudizio dell'interrogante, urgenti misure volte a fronteggiare il fenomeno e contemporaneamente a tutelare l'intero settore produttivo, in considerazione del fatto che a rischio non c'è soltanto il prelibato frutto autunnale dal quale si ottiene il gustoso castagnaccio, ma, come peraltro precedentemente riportato, l'intera filiera direttamente coinvolta -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di fronteggiare e debellare il fenomeno dei virus letale che sta provocando seri danni su tutto il territorio nazionale, nei confronti della raccolta delle castagne;
se non intenda prevedere attraverso un'iniziativa normativa ad hoc, volta a

tutelare il comparto interessato, misure agevolative anche temporanee, che possano garantire per le imprese agricole interessate il proseguimento dell'attività specifica della produzione delle prestigiose castagne italiane.
(4-13664)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VIOLA, MURER, MARTELLA, BARETTA e DONADI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
presso l'Azienda sanitaria locale n. 12 di Venezia a maggio 2011 erano operativi 41 posti hospice che servivano anche i territori limitrofi di hospice della regione Veneto;
nel mese di maggio 2011 l'Azienda sanitaria locale ha deciso di sopprimere 25 di questi posti presso il policlinico San Marco di Mestre (struttura hospice peraltro recentemente accreditata dalla regione Veneto e pertanto in regola con i requisiti assistenziali) operando una riduzione della disponibilità per malati oncologici terminali del 60 per cento, mentre la stessa ASL dichiarava alla stampa «la situazione oncologica in questa ASL è particolarmente pesante: abbiamo 600 malati oncologici in più ogni anno rispetto a quanti muoiono per tumore, in 5 anni siamo da 12.229 a 17.072 esenzioni dal ticket per malattie oncologiche; nelle altre Aziende sanitarie locali non c'è un aumento di questo genere: in una simile situazione vanno valorizzate le ipotesi di nuovi hospice perché rispondono ad un bisogno reale e primario per questo territorio»;
tale scelta ha provocato una fortissima mobilitazione popolare con una raccolta di 16.350 firme in due settimane su una petizione che chiede la riapertura di questi posti e una azione politica dei 4 sindaci dell'ASL Tomasi, Conte, Orazio ed Orsoni che hanno scritto all'assessore alla sanità regionale Luca Coletto di riattivarli;
questa mobilitazione civica e della pubblica amministrazione ha accelerato l'apertura di 10 posti presso una struttura privata prevista nel primo semestre 2012 con una riduzione finale comunque del 30 per cento dei posti per questi malati;
le conseguenze di questa drammatica scelta ovviamente ricadranno sulle persone malate e le loro famiglie con ricovero in reparti di ospedale dove c'è posto come pediatria, lungo degenza, ortopedia oppure a casa in lista d'attesa per l'assistenza domiciliare che è già sovraccarica e comunque con un livello di assistenza di gran lunga inferiore a quello di un hospice infraospedaliero e a costi maggiori;
la recente approvazione della legge sulle cure palliative ha tra i suoi obiettivi quello di favorire la disponibilità a livello territoriale proprio di questa tipologia di servizio per i cittadini e si rende quindi necessaria una sua coerente applicazione sul territorio nazionale mantenendo posti in hospice laddove esistono e implementando tale servizio dove deficitario -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa e se, anche nell'ambito delle attività di monitoraggio per le cure palliative e per la terapia del dolore, sia stato verificato o si intenda verificare il rispetto degli standard previsti per il servizio di hospice nell'area di cui in premessa e quali altre iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(5-05575)

Interrogazione a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il settore della sanità in Calabria è stato commissariato a causa dell'enorme

disavanzo ed il relativo piano di rientro ha imposto regole ferree anche per quanto riguarda gli atti amministrativi;
in tal senso all'interrogante ha da subito destato perplessità l'atto stipulato tra le regioni Calabria e Lombardia con il quale si faceva ricorso alle infrastrutture Lombarde s.p.a. (società interamente partecipate dalla stessa Regione Lombardia) per supporto alla progettazione di quattro nuovi ospedali calabresi;
la convenzione in questione inciderà sulle casse della sanità calabrese il 2,7 per cento sul costo complessivo dei lavori di realizzazione dei 4 ospedali, compresi gli oneri per la sicurezza ed i costi per attrezzature ed arredi;
su tale convenzione tra le regioni Calabria e Lombardia è stata avviata un'indagine da parte della procura della Repubblica di Catanzaro, ma è anche intervenuta l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in data 6 settembre 2011, ha osservato che «l'affidamento diretto nella forma in-house a ILSPA di servizi non qualificabili come strumentali (in quanto non rivolti alla Regione Lombardia) in violazione dell'articolo 13 della legge n. 248/2006 costituisce condotta idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali che dovrebbero governare l'affidamento di servizi pubblici...»;
la citata Autorità garante ha auspicato una revisione delle modalità di affidamento dei servizi di supporto, di project & construction management e di alta sorveglianza in relazione agli interventi di realizzazione dei presidi ospedalieri calabresi;
sempre nel rispetto del piano di rientro sul disavanzo della sanità in Calabria, conseguente al commissariamento del settore, l'interrogante denunzia la mancata approvazione del bilancio 2009-2010 dell'ASP di Reggio Calabria, già commissariata per infiltrazione mafiosa;
l'interrogante ritiene ancora che il Ministero della salute non potrebbe esimersi dal controllare le varie convenzioni e gli incarichi di consulenza affidati presso gli ospedali riuniti di Reggio Calabria -:
se al tavolo «Massicci» sia stato portato l'atto stipulato tra le regioni Calabria e Lombardia per il ricorso all'ILSPA e se lo stesso sia stato autorizzato;
se, al di là dell'osservazione prodotta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sia stata verificata per quanto di competenza, la regolarità dell'atto stipulato tra le due regioni in questione, anche alla luce del fatto che l'ILSPA è qualificata società strumentale della sola regione Lombardia;
se l'atto stipulato tra le regioni Calabria e Lombardia nonché le convenzioni affidate presso gli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, possano essere considerati compatibili con il piano di rientro del disavanzo della sanità in Calabria.
(4-13671)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CARELLA, META, MORASSUT e GASBARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da circa sei anni, 1.300 dipendenti della società Vdc Tecnhologies sono in cassintegrazione, in seguito a una vertenza che, per la dimensione occupazionale, è la più importante del Paese;
la Videocon è un'impresa vitale per l'economia del territorio della provincia di Frosinone e del Lazio ed è necessario che si faccia tutto il possibile affinché l'azienda possa continuare la sua attività

e affinché venga salvaguardata l'occupazione;
la società Vdc Tecnhologies, facente capo al magnate indiano Venugopal Dooth, ha presentato al tribunale di Frosinone la richiesta per l'ammissione al concordato preventivo;
in attesa del pronunciamento ufficiale sull'ammissibilità della procedura di concordato preventivo, venerdì 14 ottobre 2011, si è riunito un tavolo di lavoro presso la regione Lazio, convocato dall'assessore regionale Mariella Zezza, da cui è emersa chiara la necessità di riportare la vertenza ai massimi livelli istituzionali, auspicando il pieno coinvolgimento del Governo;
il 23 marzo 2011, sulla medesima vicenda è già stata presentata l'interrogazione 3-01541, a cui, tuttora, nonostante la drammaticità della situazione, non è stata fornita risposta, lasciando nella più totale incertezza il futuro occupazionale dei 1.300 lavoratori della Videocon -:
quali siano le ragioni per le quali la vicenda non sia stata ancora assunta dal Governo come una priorità, al fine di favorire l'individuazione di un progetto in grado di garantire il rilancio del sito produttivo e il mantenimento dei livelli occupazionali.
(5-05566)

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Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Ventucci e altri n. 7-00713, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Barbato, Fogliardi, Comaroli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Borghesi e altri n. 2-01237, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Bitonci n. 5-05552, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rainieri, Stucchi.