XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
l'autonomia universitaria è un valore costituzionalmente sancito all'articolo 33, comma 6, della Costituzione;
il decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, definisce i titoli di studio rilasciati dalle università, tra i quali il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca, e consente che le università attivino, disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente successivi al conseguimento della laurea;
l'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210 (Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo) ha provveduto a modificare profondamente la natura e l'organizzazione dei dottorati di ricerca, trasferendo l'istituzione dei corsi di dottorato alle singole università che, con proprio regolamento, ne disciplinano anche le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi ed il relativo programma di studi, la durata, il contributo per l'accesso e la frequenza, le modalità di conferimento e l'importo delle relative borse di studio;
in questo sistema di autonomie, la rinuncia da parte del Governo ad un controllo ravvicinato e burocratico delle università ha indotto eterogeneità e differenziazione istituzionale, quindi attività didattiche e di ricerca non uniformi per qualità, quantità e costi, che hanno portato recentemente il Governo a varare una riforma universitaria che superi questi limiti;
l'articolo 19 della legge n. 240 del 2010 (cosiddetta Riforma Gelmini), infatti, novella il suddetto articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, modificando, al comma 1, le modalità di istituzione e gestione dei corsi di dottorato;
mentre la precedente normativa rimetteva ogni aspetto della regolamentazione dei corsi interamente alle istituzioni universitarie (riservando al Ministero solo la determinazione dei criteri di ripartizione tra gli atenei delle risorse disponibili per le borse di studio nonché la fissazione di criteri generali e di requisiti di idoneità delle sedi), la nuova disciplina dispone che i corsi di dottorato di ricerca debbano essere accreditati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
le modalità di accreditamento - che rappresentano una condizione necessaria per l'istituzione dei corsi ad opera dell'università e degli altri soggetti citati - dipendono da un decreto che, ai sensi del comma 2 del citato articolo 19 della legge n. 240 del 2010, deve essere adottato dal Ministro su proposta dell'ANVUR e con il quale saranno anche definiti i parametri in base ai quali il soggetto accreditato (università, istituto di alta ricerca, consorzio) disciplina i vari aspetti del corso: regolamento, modalità di accesso, conseguimento del titolo, obiettivi formativi, programmi, contributi per l'accesso e la frequenza, numero delle borse di studio e modalità per il loro conferimento;
dei 38 decreti attuativi di stretta competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, soltanto 4 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale e sono entrati, dunque, in vigore: quello sull'importo minimo degli assegni di ricerca; quello sulla definizione dei settori concorsuali per il conseguimento dell'abilitazione scientifica; quello sulla rideterminazione del numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in medicina e chirurgia e la loro distribuzione su base regionale; infine, quello sui criteri per l'individuazione con regolamento d'ateneo degli standard qualitativi per la valutazione dei ricercatori a tempo determinato in possesso di abilitazione;
la mancata emanazione dei suddetti decreti attuativi, malgrado l'entrata
in vigore della riforma, sta generando negli atenei una situazione di caos che rischia di innescare una serie di disfunzioni che riguardano molteplici aspetti della vita accademica e di produrre un blocco delle attività universitarie anche, e soprattutto, per l'assenza di linee-guida da seguire;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora neanche fornito un'interpretazione univoca dell'articolo 19, relativo al dottorato, e fino a quando non sarà emanato il regolamento attuativo che sciolga questa ambiguità, le università e gli altri enti di ricerca non potranno bandire i nuovi concorsi per il dottorato;
a tutt'oggi, tra gli atti del Governo sottoposti al previo parere parlamentare, non risulta lo schema di decreto di accreditamento dei dottorati di ricerca con grave danno per l'avvio dei nuovi cicli di dottorato;
il delicato e complesso ingranaggio che regola il funzionamento dei dottorati di ricerca nel nostro Paese sta subendo un rallentamento forzato a causa di queste mancate risposte ministeriali e - in attesa dei decreti attuativi e in mancanza di norme transitorie o almeno di circolari interpretative - università ed enti di ricerca hanno bloccato l'emanazione di nuovi bandi;
i precedenti regolamenti attuativi delle università - ante riforma - hanno conferito sicuramente ai dottorati di ricerca un percorso formativo meglio definito che in passato, consentendo ai singoli corsi - in base alle proprie specificità disciplinari e scientifiche - di scegliere un modello organizzativo che si muove tra il modello di scuola di dottorato (con all'interno curricula offerti agli studenti tramite veri e propri corsi d'insegnamento, oltre naturalmente alla ricerca personale e diretta) e il modello di corsi di dottorato più specifici e non strettamente riconducibili a settori disciplinari né a curricula predeterminati;
la ricerca universitaria, come la didattica, sono punti cardine per la produzione e la diffusione della conoscenza in grado di influenzare il progresso di ogni forma di attività umana. La scoperta, la conservazione, la ridefinizione e la trasmissione della conoscenza sono, infatti, direttamente connesse alla crescita del capitale umano;
attualmente, la maggior parte degli atenei prevede che le commissioni giudicatrici siano costituite da professori appartenenti alla facoltà, criterio che però non garantisce trasparenza ed imparzialità. Inoltre, il più delle volte, gli stessi conoscono già i candidati sui quali dovranno andare ad esprimere un giudizio, essendo stati loro docenti o comunque membri della commissione di esami. Il fatto di nominare docenti di altre facoltà non creerebbe un aggravio ingiustificato dei costi della commissione, in quanto, rispetto all'attuale sistema, si andrebbero ad aggiungere solo le spese di viaggio. A questo proposito, una maggiore trasparenza sarebbe addirittura garantita dalla nomina di esperti «esterni», ma questo, nel contemperamento degli interessi in gioco, imporrebbe un sacrifico patrimoniale eccessivo della pubblica amministrazione;
in queste condizioni lo spazio di discrezionalità dei commissari, i quali, oltre a tenere conto della quantità dei titoli, devono valutare la qualità del lavoro scientifico dei candidati, rischia di dilatarsi indebitamente fino a travalicare nel mero arbitrio;
con riferimento ai corsi di specializzazione medica, il comma 1 dell'articolo 19 della legge n. 240 del 2010 introduce anche il comma 6-bis all'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210, stabilendo che: «È consentita la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In caso di frequenza congiunta, la durata del corso di dottorato è ridotta ad un minimo di due anni»;
i dati oggettivi di previsione (piano sanitario nazionale 2011-2013) dimostrano che esiste in Italia una forte concentrazione
di personale medico nella fascia di età superiore o uguale ai 60 anni, per cui è possibile stimare che circa 17 mila medici lasceranno il Servizio sanitario nazionale entro il 2015;
a partire dal 2013, avuto riguardo al numero medio di laureati in medicina e chirurgia per l'anno accademico e la quota di questi che viene annualmente immessa nel Servizio sanitario nazionale, è ipotizzabile un saldo negativo fra pensionamenti e nuove assunzioni, scenario che risulterà ancora più marcato nelle regioni impegnate con i piani di rientro a causa del blocco delle assunzioni;
anche per il corrente anno accademico 2011/12 la programmazione nazionale dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, non si è svolta secondo criteri, analisi e stime ponderate dell'effettivo fabbisogno formativo che, dalle tabelle predisposte dal Ministero della salute il 27 aprile 2011, suddivise per regioni e province autonome, per i medici chirurghi risultava di 10.566 unità (secondo le associazioni rappresentative di gran lunga superiore);
stante l'evidente insufficienza del numero dei posti assegnati dal Ministero della salute rispetto all'effettivo, reale ed accertato fabbisogno formativo, risultano doverosi un ampliamento del 20 per cento dei posti per immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e chirurgia ed il superamento dell'attuale sistema del numero chiuso per le immatricolazione agli stessi,
impegna il Governo:
a prevedere, nell'ambito del decreto di attuazione di cui all'articolo 19, commi 1 e 2, della legge n. 240 del 2010, in materia di obiettivi formativi, di criteri di selezione e valutazione degli aspiranti partecipanti al concorso per dottorato di ricerca, e di nomina delle commissioni giudicatrici:
a) la garanzia di maggiore trasparenza nei criteri di selezione degli aspiranti attraverso la valutazione del curriculum accademico con attribuzione di determinati punteggi in base al voto di laurea, così da poter assicurare l'accesso ai più meritevoli, e l'attribuzione di un punteggio ulteriore a coloro i quali durante il cursus studiorum abbiano inserito, nel piano di studi, insegnamenti opzionali o specializzanti attinenti al dottorato al quale ci si intende candidare;
b) l'inserimento di criteri oggettivi nelle modalità di selezione degli aspiranti, come la sostituzione del colloquio, fonte di discriminazioni, clientelismo, potere dei professori in ordine all'accesso ai corsi di dottorato e arbitrarietà della valutazione, con una prova scritta a risposta multipla in modo da garantire il rispetto di un parametro oggettivo;
c) la costituzione delle commissioni giudicatrici con professori delle medesime discipline di diverso ateneo, in modo da garantire imparzialità e trasparenza del procedimento selettivo;
d) un periodo di work experience nelle aziende, obbligatorio soprattutto per i dottorati nei settori scientifici, da espletarsi nel triennio di frequenza, che funga da ponte tra le eccellenze nel mondo dell'università ed il mondo aziendale;
a promuovere un miglioramento, al fine di attenuare la carenza strutturale di personale medico, del sistema di rilevamento (criteri ed analisi) del fabbisogno formativo della facoltà di medicina e chirurgia, nonché dei corsi di laurea in area sanitaria;
ad aumentare in modo significativo, almeno del 20 per cento, l'offerta formativa a partire dall'anno in corso, dei corsi di laurea in medicina e chirurgia;
ad assumere iniziative per superare il sistema del numero chiuso, sostituendolo ove necessario con una seria selezione meritocratica e con regole rigorose riguardanti l'obbligo di un regolare percorso di studi;
a promuovere l'aumento del numero dei posti messi a concorso delle scuole di
specializzazione nelle professioni mediche, anche tenendo conto delle esigenze del mercato del lavoro.
(1-00731)
«Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».
Risoluzione in Commissione:
La IX Commissione,
premesso che:
l'azienda IRISBUS, di proprietà del gruppo FIAT IVECO, ha aperto la procedura di mobilità per i lavoratori del sito di Flumeri (AV), il 30 settembre 2011 dopo il ritiro dalle trattative di vendita dell'unico candidato a rilevare lo stabilimento;
la decisione del gruppo di chiudere lo stabilimento irpino, unico sito italiano di produzione di bus è motivato dall'azienda quale effetto della grave crisi del comparto di produzione di autobus urbani, che ha determinato un drastico calo dei volumi produttivi;
la cessazione dell'attuale produttività specifica costituirà una perdita significativa per il settore industriale italiano e per tutto il territorio irpino, il cui indotto è legato quasi interamente alla produzione dello stabilimento di Flumeri. Oltre al grave risvolto socio-economico, essa comporterà altresì la perdita delle eccellenze acquisite anche in termini di attrezzature, dal momento che lo stabilimento è attrezzato di un impianto di cataforesi altamente sofisticato e unico in Italia;
la chiusura determinerà dunque la quasi totale cancellazione della rappresentanza italiana nella produzione di veicoli per il trasporto pubblico su gomma. In tal modo il nostro Paese si troverà a dipendere interamente dall'estero per una produzione sulla quale può a ben diritto vantare un ottimo livello;
anche per questa ragione, è logico ipotizzare un interesse per lo stabilimento da parte di altri operatori del settore, europei o internazionali, di cui ci si deve augurare che l'attuale proprietà vagli le eventuali offerte sulla base della loro concretezza e serietà;
va inoltre ricordato che le scelte aziendali nei confronti dello stabilimento della Valle Ufita hanno determinato, nel corso degli anni, un graduale restringimento dell'offerta, che all'apice della produzione vantava una gamma diversificata di autobus - interurbani a medio e lungo raggio, urbani, turistici e autotelai da carrozzarsi - oggi ridotta ad una sola tipologia;
non si può fare a meno di ricordare che il gruppo Fiat è stato beneficiario, lungo tutto il corso della sua storia aziendale, di aiuti statali di diversa natura, il cui ammontare, secondo fonti di stampa, si attesta intorno ai 200 mila miliardi di lire. A fronte di tale sostegno, sarebbe auspicabile che l'azienda stessa, nelle situazioni di criticità, fornisca delle risposte in grado di tutelare i lavoratori e l'eccellenza italiana, bilanciando la fiducia che le istituzioni dello Stato hanno sempre dimostrato nei suoi riguardi;
a fronte di ciò, si evidenzia quello che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare un ricorrente atteggiamento dimissionario del gruppo nei confronti delle tante strutture industriali presenti sul territorio nazionale, che, seppure motivato da esigenze di mercato, non sembra corrispondere adeguatamente al forte sostegno statale conseguito sul territorio nazionale;
le criticità dello stabilimento irpino coinvolgono direttamente i circa 700 lavoratori che da mesi affrontano una condizione lavorativa e personale di totale precarietà e di incertezza sulle future sorti dell'attività e del proprio posto di lavoro. A questa si aggiungono le perplessità dell'intero territorio della Valle Ufita, il cui indotto è quasi interamente legato alle attività dello stabilimento Irisbus;
le recenti circostanze insistono dunque su una situazione di criticità di lunga data, sulla quale ci sono stati ripetuti
interventi del Ministero dello sviluppo economico per identificare un percorso di mediazione tra le parti, che permettesse di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e allo stesso tempo fosse in linea con la vocazione industriale del sito. Ma allo stato attuale non si è riusciti a raggiungere un punto di proficua mediazione, dato che, nell'ottica dei firmatari del presente atto di indirizzo, getta molte perplessità sulle reali capacità del Governo di fornire risposte concrete e adeguate alle esigenze dei lavoratori italiani e dell'economia nazionale. Emerge altresì la necessità di intensificare l'impegno anche attraverso la presentazione di piani di crescita strutturale;
analoghe situazioni interessano, infatti, stabilimenti industriali di varia natura le cui attività costituiscono spesso esempi unici ed eccellenti non solo per il Paese, ma spesso anche a livello comunitario;
caratteristiche sintomatiche e preoccupanti, che rendono evidente la necessità di varare urgentemente piani strutturali di sostegno e, ove serva, di risanamento dei comparti industriali;
nel caso dello stabilimento di Flumeri, alle criticità evidenziate si associano le gravi carenze di natura strutturale che sono legate in primo luogo alla mancanza di un piano di finanziamento del trasporto pubblico nazionale, con conseguente calo delle immatricolazioni di autobus;
le recenti manovre finanziarie hanno colpito in maniera determinante i bilanci comunali determinando inaccettabili tagli ai servizi con particolare riferimento al settore del trasporto pubblico;
le circostanze evidenziate impediscono di provvedere al, pur necessario, rinnovo del parco di autoveicoli circolanti, sebbene in moltissimi casi si tratti di modelli euro 0 o euro 1, obsoleti e non in linea con gli standard di sostenibilità ambientale richiesti in sede europea. D'altra parte, tale situazione imporrà nel medio periodo la stringente richiesta di sostituzione dei veicoli, la cui produzione, a seguito della chiusura della Irisbus in Italia, sarà interamente demandata ad aziende produttrici estere, rendendo il nostro Paese ulteriormente dipendente da queste,
impegna il Governo
ad elaborare un efficace piano per il trasporto pubblico urbano, assumendo tutte le iniziative necessarie allo stanziamento delle risorse, da reperire all'interno dei fondi FAS residui o ancora da destinare, per il rinnovo del parco degli autoveicoli circolanti, con un conseguente beneficio per le aziende operanti nel settore.
(7-00712)
«Toto, Di Biagio».
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta scritta:
ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'economia italiana continua a trascinarsi nella stagnazione, come il Governo ha ultimamente confermato, rivedendo la crescita, nel prossimo triennio, a meno dell'1 per cento all'anno, e il nostro Paese ha urgente bisogno di accompagnare, al necessario rigore finanziario, un programma di riforme strutturali e di stimoli alle attività produttive per rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, ma, principalmente, per dare un futuro a quella massa di giovani, di lavoratrici, di forze di lavoro del Sud che non riescono ad inserirsi attivamente nel sistema produttivo;
in questa, prospettiva, più che ingegnarsi nella messa a punto di profonde riforme di struttura, atte a rilanciare la competitività e gli investimenti, è tornato ad essere proposto, ad avviso dell'interrogante sconsideratamente, da più parti, il ricorso all'ennesimo condono fiscale per «fare cassa», con la pretestuosa motivazione dell'abbattimento del debito pubblico;
un condono fiscale, in una fase economica così difficile, si tradurrebbe in un aumento del prelievo di risorse da cittadini ed imprese;
risulta, dall'analisi economica, in modo incontrovertibile, che i cosiddetti benefici del condono fiscale sono di brevissima durata, mentre i costi, in termini di perdita di gettito fiscale, diventano notevoli, nel medio termine;
il ripetersi di condoni, dopo la serie di quelli attuati nel Paese nell'ultimo ventennio, rafforzerebbe nei contribuenti la propensione ad evadere le imposte nell'aspettativa che, presto o tardi, interverrebbe un nuovo condono, con sostanziali riduzioni del carico fiscale;
un condono fiscale avrebbe effetti nettamente contrari alle politiche di lotta all'evasione fiscale, messe in atto con gli ultimi provvedimenti sulla stabilità economico-finanziaria, volte sia a recuperare stabilmente gettito, sia a radicare in tutti i contribuenti la convinzione che tutti debbano pagare le imposte, perché ciascuno ne paghi un po' meno;
un condono fiscale andrebbe anche contro le più volte dichiarate politiche di contrasto del riciclaggio del denaro sporco;
occorre fare chiarezza rispetto alle dure decisioni di politica economica e di rilancio dello sviluppo che attendono il Paese -:
quanti condoni fiscali, di diverso tipo, dallo scudo fiscale alle varie sanatorie di imposte e contributi, siano stati attuati in Italia negli ultimi 20 anni;
quale sia l'ammontare del gettito, nel breve termine, realmente ottenuto da tali condoni e quale sia lo scostamento verificato, in positivo o in negativo, rispetto ai risultati attesi e preventivati in bilancio;
quali siano, a giudizio dell'amministrazione finanziaria, le ragioni degli scostamenti verificati;
quanta base imponibile tali condoni abbiano consentito di recuperare negli anni successivi;
quale rapporto intercorra, in termini qualitativi e quantitativi, tra l'andamento dei condoni fiscali e quello, purtroppo sempre crescente, dell'evasione fiscale;
quali benefici, al netto dei costi menzionati, un nuovo condono possa apportare allo sviluppo dell'economia italiana;
quale incidenza potrebbe avere un nuovo condono fiscale sul fenomeno dell'evasione fiscale, la cui dimensione, a seconda del metodo usato, oscilla tra il 16 e il 22 per cento del prodotto interno lordo;
quale effetto in termini di immagine sul piano della coerenza delle scelte del nostro Governo, potrebbe avere un nuovo condono fiscale sulle valutazioni delle autorità monetarie europee e dei mercati finanziari.
(4-13630)
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta in Commissione:
RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
pervengono all'interrogante da personale dell'Agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo gravi notizie circa la gravissima situazione dei profughi eritrei, su cui è già stata presentata l'interrogazione 5-05399, ma la drammaticità della situazione non conosce fine;
nel mese di settembre 2011 sono state torturate a morte 4 persone, sono a rischio 41 persone di cui 7 donne, una di queste ultime è in stato di gravidanza. In un altro gruppo ci sono altre 44 persone di cui 11 donne e 32 maschi, di cui 3 minorenni; i prigionieri gridano tutta la loro disperazione al telefono, chiedono aiuto, raccontano la loro segregazione in strutture sotterranee, continui maltrattamenti e torture con scariche elettriche, plastica fusa bollente sulla pelle, abusi sessuali sulle donne. Sono centinaia gli altri profughi in simili condizioni nel Sinai, non si sa quante persone hanno perso la vita per mano dei trafficanti, perché non hanno soldi per pagare il riscatto preteso dai predoni;
molti hanno riferito di aver già pagato fino a 15 mila dollari, circa 17 persone hanno già versato una media di 25 mila dollari e sono stati rilasciati in territorio dello Stato di Israele. L'inerzia degli Stati fa la fortuna dei criminali che si arricchiscono, un giro di affari milionari per questo traffico sta costringendo centinaia di famiglie ad indebitarsi per somme che non potranno pagare per decenni, ma pur di salvare la vita al proprio figlio/figlia o marito vendono tutto, o come molti finiscono nelle mani degli usurai. Le casse dei trafficanti hanno base in Israele, Dubai, Khartoum, Cairo, Asmara. Sarebbe auspicabile che l'ONU e l'Unione europea si impegnassero a fondo per stroncare questo traffico di esseri umani, sulla base delle convenzioni internazionali per la lotta contro la tratta di esseri umani. Non sono gli strumenti che mancano, ma la volontà politica degli Stati;
da un anno l'agenzia Habeshia denuncia questi crimini contro l'umanità, umanità più indifesa perché in fuga dal proprio Paese, senza che nessuno Stato reclami la violazione dei loro diritti; si tenta di dare voce a questi uomini e donne privati di ogni loro sacrosanto diritto di vivere in pace, il diritto di trovare protezione presso gli Stati dove sono andati a chiedere asilo; molti vengono privati anche del diritto alla vita, per mano dei trafficanti come per mano dei soldati di confine in nome della sicurezza nazionale; il dispiegamento di forze contro la pirateria in mare, come il recente blitz della marina inglese che ha liberato la nave Monte Cristo, ci vorrebbe, a giudizio dell'interrogante, anche per ottenere la liberazione di più di 500 profughi in ostaggio nel Sinai -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati o se intenda effettuare una verifica presso le autorità eritree;
se il Governo non ritenga di dover attivarsi presso le competenti sedi internazionali perché vengano tutelati i diritti umani.
(5-05527)
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZACCHERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Taranto vi, è una forte presenza industriale sul territorio;
Taranto, come è noto, è purtroppo una delle città più inquinate d'Italia e - al momento dell'entrata in vigore della legge regionale sulla diossina, risultava essere, località dove venivano emesse in atmosfera quantità preoccupanti di diossine industriali, oltre ad altri agenti altamente cancerogeni come benzo(a)pirene, pcb, arsenico e altro;
oltre agli stabilimenti industriali dell'ENI spa e ILVA spa fra gli altri stabilimenti di notevole dimensione sul territorio di Taranto è presente la «Cementir Italia», adiacente al centro siderurgico di cui ne utilizza le «loppe di alto forno»;
dai mass media locali si apprende che la Cementir di Taranto avrebbe recentemente
ricevuto l'autorizzazione d'impatto ambientale riguardo un potenziale «raddoppio»;
la stessa industria, in cambio del potenziamento, sta offrendo delle cosiddette compensazioni o royalty consistenti nella costituzione di una rotatoria stradale, la piantumazione di alberi nella zona industriale e il rifacimento della pista di atletica del centro sportivo Campo Scuola nel quartiere Salinella di Taranto -:
se lo stabilimento della Cementir di Taranto rientri fra quelli a rischio di incidente rilevante di cui all'articolo 3 della legge n. 334 del 1999 e successive modifiche;
qualora l'impresa rientrasse tra quelle a rischio di incidente rilevante, secondo quanto previsto dall'articolo 3 della legge n. 334 del 1999 e successive modificazioni se sia stato comunicato:
a) in cosa consiste l'annunciato «raddoppio» dello stabilimento in termini di produzione e di dimensioni fisiche e quali eventuali spazi andrebbe ad occupare sul suolo cittadino;
b) l'incremento della produzione a seguito del «raddoppio» autorizzato;
c) se la stretta vicinanza ad altre grandi presenze industriali ad incidente rilevante come l'ENI e l'ILVA, possano aumentare i rischi alle persone per «effetto domino» di cui all'articolo 12 modifiche della predetta legge n. 334 del 1999;
d) se sia stata data informazione alla popolazione ai sensi dell'articolo 22 e successive modificazioni della stessa legge;
e) se risultino dati specifici rilevati sull'emissioni di agenti inquinanti relativi alla suddetta industria e le previsioni di inquinamento prodotto dallo stabilimento dopo le modifiche;
f) se in merito alla trasformazione dell'impianto, in dimensioni e/o in produzione, sia avvenuta una consultazione fra la popolazione e i rappresentanti della società civile, in considerazione che un nuovo stabilimento potrebbe comportare variazioni alla urbanizzazione del territorio;
se vi siano delle direttive ministeriali che regolano e quantizzano le cosiddette «royalty o compensazioni» che la Cementir vorrebbe dare al comune di Taranto in cambio del «raddoppio» e quali sono i criteri secondo cui vengono determinati.
(4-13621)
ZAZZERA, DI STANISLAO, PALAGIANO e PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato sul sito internet della prefettura di Taranto, lo stabilimento siderurgico Ilva s.p.a e la Raffineria di Taranto Eni s.p.a sono obbligati alla redazione del rapporto di sicurezza ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, in quanto a rischio di incidente rilevante per le attività che svolgono, per le sostanze o preparati utilizzati o prodotti;
l'articolo 8 del succitato decreto prevede al comma 2, lett. d), che il rapporto di sicurezza deve evidenziare che «sono stati forniti all'autorità competente (...) gli elementi utili per l'elaborazione del piano d'emergenza esterno al fine di prendere le misure necessarie in caso di incidente rilevante»;
l'organo competente a predisporre il piano di emergenza esterno è la prefettura, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa consultazione della popolazione (articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999);
nel caso specifico dell'Eni, tuttavia, la prefettura non ha potuto definitivamente approvare il piano di emergenza esterna, in quanto non risulta ancora completata l'istruttoria del rapporto di sicurezza da parte dell'Eni. Il provvedimento prefettizio n. 4213/2008/P.C. del 30 giugno 2008 ha infatti carattere meramente provvisorio;
il documento di aggiornamento del piano di emergenza esterno dell'area industriale di Taranto è stato pubblicato sul sito della prefettura ai fini della consultazione preventiva della popolazione per circa un mese, ed è scaduto il 10 settembre 2011. Da questa data non si hanno più notizie relative al suddetto piano -:
se al Ministro risulti che la popolazione e gli enti interessati siano stati adeguatamente informati dei piani di emergenza esterni degli stabilimenti Eni ed Ilva di Taranto come previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 334 del 1999, ed in caso affermativo, se siano state opportunamente pubblicizzate tutte le misure atte a prevenire i rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto ministeriale 24 luglio 2009, n. 139.
(4-13622)
PES, BRATTI, SCHIRRU e FADDA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 27 gennaio 1999 la società «Puma Petroleum» (controllata dalla australiana «Key Petroleum») ha presentato la richiesta di permesso e concessione (pubblicata sul n. 2 del Bollettino ufficiale degli idrocarburi e della geotermia in data 28 febbraio 1999) per la ricerca di petrolio e idrocarburi al largo della costa centro- occidentale della Sardegna;
le ispezioni riguardano 683 chilometri quadrati di mare nel golfo di Oristano (da Cabras a Bosa) a una profondità compresa tra gli ottanta e i duecento metri con una distanza media di 10 chilometri dalla costa;
la «Key Puma Petroleum», da quanto si apprende nel suo sito internet, ritiene che vi sia la possibilità di trovare «gas contenuto in arenaria risalente al Pliocene e Miocene intrappolato in blocchi di faglia inclinati»;
in caso di ritrovamenti utili la «Key Puma Petroleum», come si legge nel sito internet, si prepara a ulteriori perforazioni esplorative;
il Bollettino ufficiale degli idrocarburi del giugno 2011 conferma il proseguo del progetto dell'esplorazione della «Key Puma Petroleum»;
nel 2010 in Italia sono state estratte 5 milioni di tonnellate di petrolio (700 mila a mare) che rappresentano meno del 7 per cento dei consumi totali nazionali di greggio;
secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico le riserve stimate ammontano a 187 milioni di tonnellate (di cui 11 a mare) che, agli attuali tassi di consumo, verrebbero consumate in 30 mesi;
in Italia al 31 maggio 2011, stando ai dati del Ministero, sono stati rilasciati 117 permessi in mare per 11.689 chilometri quadrati;
se alle aree di permesso già rilasciate si sommano le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca delle società petrolifere, l'area di estende fino a 30 mila chilometri quadrati;
le attività di ricerca, oltre alla costa centro occidentale della Sardegna, coinvolgono il canale di Sicilia e la tratta di mare a sud dell'isola, e il mare Adriatico centro meridionale;
le perlustrazioni in Sardegna si svolgono in prossimità di un'area marina protetta «Penisola del Sinis - Isola di Mal di Ventre» istituiti ai sensi della legge n. 979 del 1982, integrata dalla legge n. 394 del 1991, con decreto del Ministero dell'ambiente del 12 dicembre 1997, successivamente modificato con il decreto ministeriale del 17 luglio 2003;
ad attirare le grandi compagnie è il fatto che, come denuncia Legambiente nel rapporto «Un mare di trivelle» pubblicato il primo agosto 2011, in Italia si ottengono facilmente le autorizzazioni e i canoni di concessione annuali sono solo di 5 euro per chilometro quadrato (dieci volte in meno che in Gran Bretagna);
il Mediterraneo è un mare chiuso: una tragedia come quello del Golfo del Messico, che aveva visto esplodere la piattaforma
della Bp nell'aprile del 2010 con la fuoriuscita di 780 milioni di litri di greggio, avrebbe effetti centro volte più devastanti, determinando una catastrofe ecologica inimmaginabile;
il Ministero, nel giugno 2011 (Bollettino ufficiale degli idrocarburi) ha bocciato due richieste di ricerca di idrocarburi nel mare in Sardegna del gruppo Saras («Progetto Eleonora mare» nella provincia di Oristano e nel golfo di Cagliari);
quanto esposto in premessa, a giudizio degli interroganti, contrasta con lo spirito di quanto disposto dal decreto legislativo n. 128 del 2010 e in particolare con l'articolo 17, che prevede, ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, il divieto di attività di ricerca, di prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni -:
quale motivazioni abbia portato ad autorizzare il progetto della Key Puma Petroleum;
se non ritenga opportuno adoperarsi per tutelare aree protette a terra e a mare, impedendo la devastazione di territori ad elevato pregio ambientale;
se non ritenga importante, nell'assumere le decisioni in merito, coinvolgere regioni e gli enti locali delle aree interessate.
(4-13629)
REALACCI, MARGIOTTA e LUONGO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come riportato dalla stampa nazionale e locale lucana, in particolare da un'inchiesta de La Repubblica pubblicata il 12 ottobre 2011, i carabinieri hanno eseguito due provvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari per Vincenzo Sigillito, ex direttore generale dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, e Bruno Bove, coordinatore del dipartimento provinciale del sopraccitato Ente nell'ambito dell'operazione «Fenice»;
secondo le indagini dei magistrati, l'impianto di termovalorizzazione dei rifiuti «Fenice» di Melfi ha inquinato le falde acquifere almeno dal 2002, ma l'Arpab Basilicata non avrebbe comunicato i dati sull'inquinamento ambientale agli enti pubblici lucani;
dalle indagini è emerso un grave e pericoloso inquinamento della falda acquifera prodotto da metalli pesanti e solventi organici, anche cancerogeni;
la presenza e la quantità di alcuni metalli pesanti, inoltre, non sarebbe mai stata verificata. Da questo è derivata. Infine, anche la «mancata e tempestiva attivazione delle procedure di salvaguardia del territorio» come riportato dagli inquirenti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e di ulteriori dettagli della vicenda;
se per tramite degli uffici territoriali competenti non si intenda verificare immediatamente l'entità dei danni all'ambiente circostante ed alle falde acquifere e con urgenza tutelare la popolazione dai rischi per la salute;
in particolare se il Ministro non intenda chiarire se il perdurante funzionamento dell'impianto di termovalorizzazione «Fenice» possa produrre ulteriori effetti inquinanti.
(4-13631)
...
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interrogazione a risposta scritta numero 4-12681 afferente
alla questione della tutela dalla speculazione edilizia e sul tema della valorizzazione di Villa Arrigoni-Muti, sita nel comune di Grottaferrata (Roma), il Ministro per i beni e le attività culturali, senatore Giancarlo Galan, tra le diverse considerazione fatte ha basato la risposta sulle seguenti affermazioni: «Il complesso monumentale (di Villa Arrigoni-Muti, ndr) è stato oggetto, in data 27 luglio 2011, di un sopralluogo espletato dalla competente Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, congiuntamente a rappresentanti del Comune di Grottaferrata e della Polizia municipale e, nell'occasione, non è stato rilevato alcun intervento in atto. Per quanto concerne la questione della vendita, agli atti della suddetta Soprintendenza non risultano avviate procedure per l'alienazione di parti, né dell'intero immobile. Relativamente alla trasformazione in condominio di appartamenti della Villa Muti, lo Soprintendenza ha sempre sostenuto l'illegittimità del progetto concessionato, come anche di recente ribadito, su specifica richiesta dell'Amministrazione Comunale di Grottaferrata. La contestata Concessione Edilizia n. 49 del 2007 menzionata nell'atto di sindacato ispettivo in esame, è stata finalmente dichiarata decaduta dal Comune di Grottaferrata, che ne ha dato comunicazione alla competente Soprintendenza in data 8 agosto 2011, con nota acquisita in atti il 25 agosto 2011, n. protocollo 25666.»;
la sopraccitata risposta è simile nei termini a quella trasmessa al circolo ECODEM del Partito democratico «Colli Tuscolani» dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, redatta in data 12 agosto 2011 a firma del Soprintendente ad interim, architetto Pierdominici;
quanto enunciato nella sopraccitata missiva della Soprintendenza non risulta completamente aderente alla realtà poiché, come accennato nell'atto 4-12681, l'annuncio di vendita pubblicato sui siti di due società specializzate nella vendita di immobili di grande pregio è senza alcun dubbio veritiero;
la Sa. Mo. Italia S.r.l., sul suo sito, ha in effetti pubblicizzato la vendita di 16 appartamenti ricavati proprio dal corpo centrale dell'immobile storico più altri 3 in un annesso, così come ha fatto «Roma investimenti di ASP Finance SpA». A sua volta sul sito: http://www. romainvestimenti.com/it/i-nostri-immobili /5-nobile-villa-arrigoni-muti anche se con qualche differenza nella composizione dell'offerta rispetto alla Sa. Mo. si legge: «L'articolazione della Villa è su quattro unità situate all'interno del corpo principale, per una superficie totale degli immobili pari a 6.500 mq, circondata dall'ampio parco di 68.500 mq. L'edificio principale è costituito da cinque livelli (piano terra, piano ammezzato, piano primo "nobile", piano secondo e piano terzo». L'attenta opera di ristrutturazione della Villa ha interessato il consolidamento dei solai e delle facciate, il rifacimento del tetto, intonaco e tinteggiatura, recupero dei soffitti storici, restauro conservativo degli affreschi. Il restauro degli interni è attualmente in fase di ultimazione. Sulla base dei due progetti approvati, lo destinazione d'uso dell'immobile è residenziale (17 appartamenti) e ad attività terziaria (albergo, ristorante, sale convegni);
la risposta poi non chiarisce inoltre la delicata questione del restauro, già posta dalle segnalazioni di privati cittadini e dalle notizie apparse sulla stampa locale che, nell'ottobre del 2007, le quali descrissero alcune trasformazioni edilizie, lucernari e coperture poco coerenti con il restauro conservativo di un bene storico vincolato. Trasformazioni forse più compatibili con un cambio di destinazione d'uso ad interesse speculativo che, a quanto pare, avrebbero stravolto irrimediabilmente una stupenda e unica villa storica trasformandola in un qualcosa di dubbia classificazione. Il risultato contrasta con il significato stesso di restauro se per azione di restauro si intende l'impegno
di riportare alla funzionalità e fruibilità originarie un immobile di pregio, tutelato anche dalla Legge;
la sopraddetta ristrutturazione è stata, come già sottolineato, finanziata con 216.544,44 euro dalla «Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio del Lazio» e segnalata al Ministro per i beni e le attività culturali ed al comune di Grottaferrata oltre che alla stessa Soprintendenza, anche da varie associazioni locali -:
se il Ministro per i beni e le attività culturali, anche per tramite degli uffici territoriali competenti, ai profili dubbi riportati nelle premesse e che già erano stati segnalati nella precedente interrogazione n. 4-12681, se non ritenga utile verificare la conformità alle leggi e alla prassi del restauro architettonico di Villa Arrigoni-Muti;
se non intenda, come peraltro il Ministro propone nella sua precedente risposta, farsi reale promotore di un «tavolo tecnico con l'amministrazione comunale e con la proprietà [...] al fine di addivenire ad una soluzione condivisa delle problematiche che hanno impedito finora la risoluzione della questione con l'individuazione di forme di rifunzionalizzazione del compendio monumentale» optando per una fruibilità a carattere universale ovvero pubblica.
(4-13619)
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DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
PALOMBA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Sardegna è la regione italiana maggiormente interessata dalle servitù militari ospitando il 60 per cento delle basi presenti in territorio italiano; in questa regione si spara l'80 per cento delle bombe sparate in Italia in tempo di pace;
per questi motivi, al fine di ottenere una compensazione economica a favore dei comuni sardi interessati dalle installazioni e dalle esercitazioni militari, il 9 agosto del 1999 la regione Sardegna siglava con l'allora Presidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema, un protocollo d'intesa sulla regolamentazione degli indennizzi riconosciuti ai comuni stessi;
i comuni sardi che hanno ottenuto il diritto agli indennizzi sono dieci: La Maddalena, Arbus, Villasor, Decimomannu, Villaputzu, Perdasdefogu, Villagrande Strisaili, Ulassai, Teulada e Sant'Anna Arresi;
nel 2007 sono stati erogati gli indennizzi relativi al quinquennio 2000/2004, ma lo Stato non ha ancora pagato quelli relativi al periodo 2005/2009;
si tratta di circa 14 milioni di euro che il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto mettere a disposizione di quello della difesa per essere accreditati alla regione Sardegna e assegnati pro quota ai comuni interessati dai vincoli militari per la realizzazione di opere pubbliche;
il mancato versamento dei dovuti 14 milioni di euro, che pare non siano più disponibili per decisione del Governo, ha suscitato l'indignazione dei sindaci dei comuni interessati, che ora chiedono alla regione Sardegna di sollecitare il Governo al mantenimento degli impegni presi nel 1999 -:
se il Ministro della difesa sia consapevole del gravissimo danno che l'incomprensibile ritardo nell'erogazione degli indennizzi produce ai comuni interessati e alle loro popolazioni, considerato che tali risorse, essendo un diritto acquisito per i comuni sardi interessati dalle servitù militari, rappresentano un'entrata fondamentale per la realizzazione di essenziali servizi pubblici e di importanti opere pubbliche;
se i Ministri interrogati siano consapevoli che gli enti locali sardi, già messi in ginocchio dai tagli del Governo, ora si vedono privati anche di queste risorse;
quali strumenti si intendano porre in essere, a cominciare dalla verifica della disponibilità delle risorse occorrenti per detti indennizzi;
se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda procedere all'immediato versamento delle somme dovute ai comuni sardi, in modo che il Governo adempia finalmente agli impegni presi con la regione Sardegna.
(4-13625)
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GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
LEO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
cinque appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale «Brissogne» di Aosta vedevano, in data 17 agosto 2010, definitivamente archiviata la notizia di reato di calunnia sollevata a loro carico;
la motivazione della richiesta di archiviazione faceva pensare che, se di calunnia si era trattato, detta fattispecie sarebbe stata perpetrata non dai suddetti cinque ma a danno degli stessi. E che, quindi, le indagini, qualora dovute, avrebbero dovuto rivolgersi contro altri soggetti che, stando a quanto risulta dagli atti, potevano essere identificati con estrema precisione. Tutto ciò non è stato fatto, nonostante le richieste di prosecuzione delle indagini motivate dai cinque agenti succitati;
non solo, dall'istruttoria e da quanto risulta nel decreto di archiviazione emergevano ulteriori gravi comportamenti di appartenenti al Corpo, non sanzionati né redarguiti dall'attuale direttore della casa circondariale di Aosta, il quale, in luogo di intervenire come avrebbe meritato la situazione, formava una serie di atti e gravemente pregiudizievoli nei confronti di alcuni soggetti fra i quali si stigmatizza, tra gli altri, la riduzione del giudizio complessivo annuale ai rappresentanti della sigla sindacale OSAPP (alla quale peraltro aderivano i cinque ex indagati);
in tale contesto il direttore non si peritava nemmeno, come prassi cautelare suggerirebbe, di procurare l'allontanamento di quei soggetti che, in concorso tra loro, avevano denunciato chi sapevano innocente, soggetti che erano, e sono, come sopra accennato, ben identificabili;
in tale contesto non si hanno elementi conoscitivi in ordine all'attività svolta dalla procura di Aosta con riferimento alle denunce sporte dagli ex indagati tanto che taluno di questi ha chiesto alla procura delle Repubblica di Torino l'avocazione delle indagini sollecitate vanamente alla procura di Aosta -:
se si ritenga utile disporre una ovvero più ispezioni presso la casa circondariale di Aosta allo scopo di accertare l'operato del direttore e dei membri del Corpo di polizia penitenziaria di cui in premessa;
se si ritenga utile ed opportuno accertare le cause della mancata attivazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel disporre, come in altri casi, accertamenti sui fatti descritti in premessa;
se si ritenga utile e doveroso, nel caso di accertata inattività da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, assumere per quanto di competenza iniziative di natura disciplinare nel caso nel quale, a seguito delle ispezioni, si rilevino fattispecie rilevanti sotto questo profilo;
se si ritenga utile ed opportuno porre rimedio, per quanto di competenza, alla situazione del personale della casa circondariale di Aosta descritta in premessa.
(5-05529)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il numero degli incidenti ferroviari, per deragliamento di convogli adibiti al trasporto di merci, risulta essere cospicuo e, in taluni casi, primariamente quello occorso il 29 giugno 2009 nei pressi della stazione di Viareggio, anche disastroso e letale;
la notte tra giovedì 6 e venerdì 7 del mese di ottobre 2011, lungo la linea ferroviaria Roma-Napoli, in prossimità della stazione di Monte San Biagio (provincia di Latina) si è verificato un ulteriore sinistro, a causa dello sviamento di quattro carri, impiegati nella manutenzione della tratta ferroviaria e carichi di pietrisco, in un punto di sdoppio dei binari. L'incidente, ancorché non abbia registrato né perdite umane né feriti, provocava, tuttavia, seri e notevolissimi disagi all'utenza, a seguito del blocco del traffico ferroviario instauratosi lungo la tratta interessata dall'evento e perdurato fino al termine, nel giorno seguente, dei lavori di ripristino del tracciato ferroviario;
nella circostanza, i disagi a carico dell'utenza erano resi ancora più acuti, innanzitutto, dalle inefficienze del call-center di Trenitalia, inidoneo a sostenere il traffico telefonico riversatosi sulle linee dedicate e, in specie, non in grado di fornire previsioni circa la ripresa del normale traffico ferroviario, lungo la predetta linea e, in secondo luogo, dall'inadeguato servizio di trasporto sostitutivo, allestito, con autobus, sulle tratte, rispettivamente, Latina-Formia e Formia-Napoli. Appare, poi, pleonastico segnalare che i passeggeri coinvolti nel sinistro e quelli interessati dal blocco della linea ferroviaria raggiunge
vano le proprie destinazioni con gravissimo ritardo rispetto agli orari programmati -:
se il Governo non intenda esercitare i poteri di verifica e di controllo per riscontrare, in relazione al sinistro descritto in premessa, occorso in Monte San Biagio, il puntuale rispetto della normativa in materia di sicurezza ferroviaria e fornire elementi sugli esiti;
se il Governo non intenda, in relazione al medesimo incidente, accertare la corrispondenza dei mezzi impiegati e dell'organizzazione del lavoro alla natura e alla quantità e qualità dei necessari interventi di ripristino della linea ferroviaria e, altresì, la corretta valutazione e la correlata informazione all'utenza circa i tempi manutentivi verosimilmente indispensabili per l'esecuzione delle opere di straordinaria qualificazione richieste dall'effettività dei danni arrecati alla porzione di tracciato ferroviario della quale si trattava.
(5-05528)
TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2011
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INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la criminalità organizzata, sia nazionale che autoctona, si è ormai stabilmente insediata in ampie aree del territorio nazionale mostrando di saper abilmente sfruttare qualsiasi smagliatura del sistema legislativo e giudiziario;
ha un volume d'affari quantificato in 311 miliardi di euro nei 27 Paesi dell'Unione europea, classifica nella quale l'Italia è seconda, con 81 miliardi, secondo quanto emerso in un convegno tenuto a Napoli a maggio scorso, nel prologo del Festival dell'economia di Trento: stima inferiore al reale per la difficoltà di quantificare risorse sottratte all'economia attraverso corruzione e controllo di attività illegali;
secondo un dossier della Banca d'Italia intitolato «I costi economici della criminalità organizzata», le mafie sottraggono al Mezzogiorno il 15 per cento del prodotto interno lordo procapite;
tali dati confermano che le mafie rappresentano un grave problema di sicurezza pubblica ed un ancor più pressante problema di ordine economico impedendo lo sviluppo delle regioni del Sud e falsando l'economia del Nord;
i sistemi di contrasto necessitano di continue evoluzioni che consentano non solo di reprimere ma anche soprattutto di prevenire gravi fenomeni di inquinamento della società civile;
il Governo ha fatto della lotta alla criminalità organizzata una dei pilastri fondanti della sua politica sulla sicurezza senza che alla parole abbia fatto seguito l'adozione di misure coordinate e di adeguati investimenti;
a fronte di un'organizzazione ormai sempre più strutturata secondo criteri imprenditoriali che fa della pianificazione del proprio agire uno dei pilastri della gestione delle attività illecite vengono riproposti modelli di contrasto inefficaci consistenti nell'adozione di misure tampone verso eventi che appaiono gestiti come se si versasse di continuo in una situazione emergenziale;
a tale, ad avviso degli interpellanti, incomprensibile logica risponde la creazione di sempre più numerosi, settoriali, gruppi di lavoro chiamati ad occuparsi di singole realtà criminali, parcellizzando l'attività antimafia, come sta accadendo nel caso degli appalti per la ricostruzione dell'Aquila, nel caso dell'Expo Milano 2015, e dalla TAV, lavori pubblici per i quali sono stati creati, presso la direzione centrale della polizia criminale, nuovi organismi interforze con notevole dispendio di risorse economiche nonché di personale;
ai proclami del Governo in tema di lotta al crimine organizzato hanno fanno riscontro una serie di tagli indiscriminati che hanno colpito le forze dell'ordine e gravemente compromesso la funzionalità dell'attività di contrasto al crimine, dando agli operatori di polizia una sensazione di isolamento mai avuta prima, come dimostrano le sempre più frequenti proteste di piazza;
tra le struttura maggiormente penalizzate in termini di risorse umane e professionali figura al Direzione investigativa antimafia creata nel 1991 con la legge n. 410, fortemente voluta da Giovanni Falcone, al fine di allineare il sistema di contrasto italiano a modelli organizzativi già efficacemente collaudati in altri Paesi, dotando il nostro Paese di un organismo omologo a strutture investigative, quali FBI e BKA, con una forte vocazione al contrasto del crimine organizzato;
dalla data della sua creazione si è assistito ad una costante riduzione dei fondi passati dai 28 milioni di euro nel 2001 agli attuali 15 milioni di euro nel corrente anno, di cui 5 accordati in un secondo momento, ed attinti dal fondo, «spese impreviste», non sufficienti neanche a pagare le spese correnti ed i contratti in corso, stimati in 9 milioni di euro;
tale «naturale» depauperamento, scaturito dalla mancata attuazione del dettato normativo, è stato in parte assorbito dalla continuità garantita dal personale formatosi, nel corso degli anni, anche attraverso complesse attività addestrative, finalizzate all'elaborazione di metodologie di contrasto alla mafia, sempre più professionali, fondate non solo sulla mera repressione dei delitti ma specialmente sulle attività di analisi dei fenomeni criminali;
nonostante questo, grazie alla professionalità degli operatori della direzione investigativa antimafia, sono in aumento i risultati conseguiti in materia di monitoraggio degli appalti e di sequestri che, dal 2009 al primo semestre 2011 la direzione investigativa antimafia hanno raggiunto l'importo di 5,7 miliardi di euro di beni sequestrati e 1,2 miliardi di euro di beni confiscati;
tutto ciò rende la direzione investigativa antimafia in termini aziendalistici, «un'azienda in attivo» che contribuisce in maniera consistente ad implementare le risorse del Ministero dell'interno e della giustizia -:
quali siano le ragioni per cui si prospettino ulteriori tagli che renderebbero inoffensiva la direzione investigativa antimafia invece di proporre risparmi di spesa ottenuti da una gestione più oculata delle strutture se solo si ha riguardo ai costi di locazione dello stabile che ospita direzione investigativa antimafia, direzione centrale servizi antidroga e direzione centrale della polizia criminale, pari a circa 17 milioni di euro l'anno o destinando parte dei patrimoni confiscati alla stessa direzione investigativa antimafia che in tal modo si autoalimenterebbe;
per quali motivazioni si continui a mortificare la struttura distaccando personale altamente qualificato in gruppi di lavoro, ad avviso degli interpellanti, superflui, laddove quella stessa attività è già svolta efficacemente dall'«osservatorio centrale sugli appalti» (O.C.A.P.), istituito presso la direzione investigativa antimafia preposto a svolgere l'attività di monitoraggio con riguardo alle opere pubbliche di carattere strategico, individuate ai sensi della legge n. 443 del 2001, istituito per coniugare le esigenze di vigilanza centralizzata con quelle di intervento mirato sul territorio;
per quali motivi non si sia mai data attuazione alle previsioni della legge n. 410 del 1991, in particolare alla norma che conferisce alla struttura il coordinamento delle indagini in materia di criminalità organizzata, facendo obbligo agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di fornire ogni possibile collaborazione ed alla norma che prevede la creazione di un ruolo unico del personale della direzione investigativa antimafia ponendo fine alla mortificazione del personale continuamente scavalcato nella progressione in carriera;
perché non si smentisca con chiarezza l'ipotesi di cancellare il trattamento economico aggiuntivo corrisposto a tutto il personale in servizio presso le sedi della direzione investigativa antimafia, che comporterebbe una chiara ed irreversibile demotivazione di chi l'antimafia la fa quotidianamente con ottimi risultati nonostante i tagli;
se sia in alcun modo allo studio del Governo l'obiettivo di chiudere un importante strumento dell'antimafia come la direzione investigativa antimafia.
(2-01236)
«Fiano, Villecco Calipari, Ventura, Minniti, Meta, Naccarato, Garavini, Andrea Orlando».
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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta scritta:
PALOMBA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il taglio indiscriminato delle ore dei docenti di sostegno previsto nella riforma scolastica costituisce uno degli aspetti più drammatici di una scuola senza più fondi, in quanto compromette, di fatto, il diritto allo studio degli studenti disabili;
è allarmante in particolare la situazione della Sardegna dove, in tante scuole, finora all'avanguardia nell'integrazione e nel processo formativo dei giovani con disabilità, attualmente vi sono classi con quattro o addirittura cinque o sei ragazzi con seri handicap riuniti tutti insieme, nonostante per il buon andamento della classe e il successo sia loro che dei ragazzi normodotati non dovrebbero essere più di due;
questa difficile situazione ha suscitato la protesta delle famiglie dei bambini disabili, pronte a mobilitarsi per salvaguardare i diritti dei loro figli. A Sestu, ad esempio, il papà di uno studente il primo giorno di scuola si è incatenato al
cancello della scuola di suo figlio, in cui ben tredici alunni disabili si dividono sei soli insegnanti di sostegno;
dal 2005 ad oggi un centinaio di famiglie di alunni portatori di handicap hanno già adito le vie legali e si sono rivolte al tribunale amministrativo regionale affinché vengano ripristinate le ore di lezione stabilite dalla legge. E solo alla fine del precedente anno scolastico il Tar ha stabilito che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrà dare ad una ventina di famiglie di bambini disabili, cui erano state tagliate le ore dell'insegnante di sostegno, 3.500 euro di risarcimento;
per gli stessi motivi circa altre trenta famiglie sarde sono pronte a rivolgersi ai giudici amministrativi della Sardegna;
per organizzare una sempre più vasta mobilitazione e portare avanti un'iniziativa unitaria per la salvaguardia dei diritti dei ragazzi disabili il 14 ottobre 2011 si è tenuta a Cagliari una grande assemblea di famiglie e persone con disabilità e di operatori della scuola organizzata dall'ABC Sardegna, associazione che riunisce familiari di bambini cerebrolesi e disabili -:
se il Ministro sia a conoscenza del danno irreparabile conseguente al taglio indiscriminato degli insegnanti di sostegno previsto nella riforma e quali siano gli urgenti e risolutivi interventi che il Ministro intende porre in essere per garantire agli studenti con disabilità che frequentano le scuole sarde un effettivo diritto allo studio, evitando così anche nuovi ricorsi al Tar della Sardegna.
(4-13624)
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LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Sole 24 Ore, nella sua edizione del 10 ottobre 2011 ha pubblicato un articolo del giornalista Giampiero Falasca, nel quale in sintesi si sostiene che «neolaureati, disoccupati, categorie disagiate e studenti» si vengono a trovare «con quattro diversi insiemi di norme» per quel che riguarda gli stage, un «groviglio di regole» in virtù del quale ogni regione italiana disciplina in modo autonomo gli istituti di formazione;
in particolare l'articolo evidenzia come con la manovra estiva (decreto-legge n. 138 del 2001 convertito dalla legge n. 48 del 2011) si sia evidenziata una nuova cornice di regole per l'utilizzo di questi contratti, con la finalità di prevenire abusi e utilizzi scorretti degli stessi;
per attuare questa finalità, l'articolarsi è stabilito che i tirocini «non curriculari» (quelli cioè svincolati da percorsi formali di istruzione) non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese; è stato inoltre introdotto un limite invalicabile circa il momento di stipula del contratto: i tirocini non curriculari possono essere sottoscritti con neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento dei relativo titolo di studio; cosicché dopo l'approvazione di questa normativa, le imprese che fanno un uso corretto del tirocinio hanno lamentato l'eccessiva rigidità dei nuovi vincoli;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provato a rispondere a queste osservazioni, con una circolare che opera una ricostruzione, per certi versi sorprendente, delle condizioni di utilizzo dei tirocini, che sono stati così ricondotti a ben quattro possibili categorie;
la prima tipologia esclusa, secondo la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sarebbe quella dei «tirocini formativi e di orientamento»; secondo il Ministero rientrano nella nozione solo
quei tirocini finalizzati ad agevolare le scelte professionali mediante una formazione in ambiente produttivo e una conoscenza diretta del mondo del lavoro. Solo questa forma di tirocinio sarebbe soggetta ai nuovi limiti: sarebbero invece escluse dalla riforma altre tipologie di tirocinio, come quella dei «tirocini di reinserimento o inserimento al lavoro»;
la definizione introdotta dal Ministero con la sua circolare costituisce una novità assoluta, perché prima dell'emanazione della circolare non esisteva una disciplina autonoma degli stage di inserimento, che erano ricondotti alla normativa generale. Possono essere utilizzati con questi rapporti, i disoccupati (quindi, tutte quelle persone che avevano un lavoro e lo hanno perso, compresi i lavoratori in mobilità), e i soggetti riconducibili alla nozione di inoccupati (quindi, di tutte quelle persone che non hanno mai avuto un impiego). Per questi rapporti, non trova applicazione il limite temporale introdotto dalla manovra estiva (divieto di stipula del periodo successivo ai 12 mesi dal conseguimento del diploma o della laurea), mentre la durata massima è sempre di sei mesi, in quanto si applica l'articolo 7, comma 1, lettera b) del decreto ministeriale n. 142 del 1998, che prevede proprio questo limite. La disciplina cambia ancora nel caso in cui i tirocini siano promossi in favore di categorie «disagiate». Rientrano in questa nozione diverse categorie di soggetti, inclusi disabili, invalidi fisici, psichici e sensoriali, tossicodipendenti, alcolisti, detenuti, immigrati, soggetti svantaggiati; tirocini disciplinati dalla norme speciali (ad esempio la legge n. 68 del 1999) e regionali;
infine, si applicano regole diverse anche per i cosiddetti «tirocini curriculari»: rapporti che possono essere promossi nei confronti di studenti che partecipano a percorsi di istruzione secondaria o universitaria. I tirocini devono essere inclusi nei piani di studio delle università e degli istituti scolastici, e devono realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro. La circolare ricorda che tali tirocini devono soddisfare specifiche condizioni: essere promossi dall'istituzione formativa, essere destinati agli studenti, e svolgersi nel periodo di frequenza del corso di studi. La disciplina di questi stage si trova nei regolamenti degli istituti che li promuovono;
da quanto sopra esposto si deduce che per una vicenda tutto sommato semplice, si possono avere ben quattro diversi insiemi di norme, dentro i quali si possono trovare regole che cambiano da regione a regione -:
in che modo tutto ciò si armonizzi i ripetuti propositi di semplificazione e razionalizzazione più volte ribaditi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Governo.
(4-13627)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Stampa nella sua edizione del 10 ottobre 2011 pubblica un articolo del giornalista Bruno Benelli, intitolato «Colf pagata con i voucher dell'INPS»;
in detto articolo si denuncia quello che viene definito «un sistema agevole, ricercato dai datori di lavoro, sbrigativo e anti-burocratico», che consiste nel pagamento di una decina di euro l'ora con i «buoni lavoro» Inps, senza denunciare l'assunzione; e infine addivenire alla cessazione del lavoro della colf, evitando anche di versare i contributi con i bollettini Mav;
detto sistema risulta essere diffusissimo sono ormai milioni i voucher finora venduti, in quanto al termine del lavoro si paga per ogni ora di lavoro un buono, in precedenza acquistato, da 10 euro; 7,50 di questi euro, esentasse, finiscono in tasca al lavoratore, e 2,50 all'Inps per la pensione e all'Inail per gli infortuni;
la dottoressa Teresa Benvenuto dell'Assindatcolf sostiene che «il lavoro domestico spesso è svolto per poche ore alla settimana: l'esiguità della prestazione può indurre in errore e far ritenere che si tratti di un lavoro occasionale accessorio e come tale retribuito con il sistema dei buoni lavoro. Ma nella maggioranza dei casi il sistema viene usato in modo improprio»;
in sostanza, si deve trattare di lavori non regolamentabili a priori, e soprattutto non riconducibili a contratti di lavoro subordinato;
ulteriore confusione viene creata anche dal limite massimo dei compensi netti, che il prestatore d'opera occasionale/accessoria può ricevere da parte di ciascun datore di lavoro per anno solare (non superiore a 5 mila euro netti, ridotto a 3 mila per i cassintegrati, lavoratori in mobilità, beneficiari di indennità di disoccu- pazione), il cui importo massimo equivale al costo totale annuo di un lavoro della colf pari a circa 12/13 ore settimanali -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, quando sia possibile usare il sistema dei voucher e quando questo uso si riveli essere in realtà un abuso;
se si sia in grado di quantificare le dimensioni del fenomeno.
(4-13628)
SAVINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 1991 l'alta velocità venne concepita ad uso esclusivo dei treni di Stato ed infatti la delibera n. 971 dell'Ente Ferrovie dello Stato del 7 agosto 1991, stabilisce che «l'esercizio e l'utilizzo delle infrastrutture realizzate dalla società concessionaria è riservato, in via esclusiva, alla gestione unitaria dell'Ente Ferrovie dello Stato»;
vent'anni dopo è nato il primo operatore privato italiano sulla rete ferroviaria ad alta velocità, NTV (Nuovo trasporto viaggiatori), che avvierà la sua operatività nel 2011 con il nome «Italo»;
si sta consentendo ad un'azienda privata, quindi, di utilizzare una rete statale, realizzata con i soldi dei contribuenti, senza corrispondere per tale utilizzo alcun prezzo a fronte dell'investimento effettuato;
NTV si avvarrebbe dei treni delle ferrovie francesi fabbricati in Francia e «travestiti» a Savigliano, in danno delle imprese italiane produttrici di treni, provocando, automaticamente, la perdita di numerosissimi posti di lavoro nel nostro Paese;
inoltre NTV si limiterebbe a fornire servizi sui tratti più remunerativi del servizio passeggeri, a scapito del servizio nazionale (ad esempio, NTV avrebbe abbandonato la tratta Roma-Bari perché non sufficientemente remunerativa), mentre le Ferrovie dello Stato devono garantire il servizio su tutte le tratte e i collegamenti locali;
il gruppo NTV, a giudizio dell'interrogante in contrasto con quanto stabilito dall'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, che impone l'applicazione del contratto nazionale di settore anche a tutte le imprese private di trasporto che entrino nel mercato ferroviario, ha sottoscritto recentemente un contratto collettivo di lavoro con le organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL-UGL-FAST;
i contenuti della recente intesa raggiunta tra i sindacati e NTV derogherebbe ampiamente ed in peius al contratto collettivo nazionale di lavoro di settore per quanto riguarda l'orario di lavoro, i turni, la flessibilità nel suo complesso, nonché il sistema retributivo, previdenziale e l'assistenza sanitaria e assicurativa sugli infortuni sul lavoro;
le nuove compagnie ferroviarie sempre più spesso non rispettano i contratti collettivi nazionali di lavoro, applicando
invece contratti individuali che ledono i diritti e le normative in materia di lavoro e di rapporti sindacali a favore del profitto d'impresa;
la normativa riguardante tutti i settori liberalizzati dei trasporti (aeroportuali, portuali e postali) impone di adottare il contratto nazionale di lavoro;
anche le direttive europee sulla liberalizzazione del mercato ferroviario riguardano i trasporti merci e i trasporti internazionale, non il trasporto nazionale o regionale, che rimane, quindi, sottoposto a regole uniformi in tutti i settori;
il gruppo Ferrovie dello Stato è un'azienda pubblica che svolge un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo del Paese e il cui interesse particolare coincide con quello nazionale e che pertanto, in quanto azienda strategica del Paese, deve, a giudizio dell'interrogante, essere fortemente difeso -:
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere nei confronti dell'azienda privata NTV, al fine di assicurare il pieno rispetto e la piena attuazione di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, anche in considerazione del fatto che l'attuale situazione, ad avviso dell'interrogante danneggia ingiustificatamente il gruppo Ferrovie dello Stato.
(4-13632)
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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta scritta:
GALATI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
anche quest'anno si è svolta in Italia la cosiddetta Biodomenica, campagna nazionale per il biologico di AIAB, Coldiretti e Legambiente, realizzata con il patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di Roma Capitale, della Fondazione Campagna Amica e del Comitato italiano per la sovranità alimentare;
il biologico può sicuramente essere una risposta concreta alla crisi economica e climatica, e grazie al suo sviluppo, così come ricordato da Andrea Ferrante, presidente nazionale dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB) «si può proporre un modello economico che crea occupazione in particolare giovanile e pone il rispetto dell'ambiente e la qualità del cibo al centro del nostro agire»;
come evidenziato nel dossier I valori del bio curato dalle associazioni promotrici di Biodomenica, un diverso modello di distribuzione e consumo esiste già e continua ad attrarre nuovi estimatori. L'analisi degli ultimi sei anni di consumi biologici italiani e dei relativi canali di distribuzione - gruppi di acquisto solidale, spaccio in azienda, mercatini bio, e-commerce, consumi extra-domestici, agriturismo, mense scolastiche - dimostra che questi sistemi di distribuzione alternativi sono cresciuti mediamente del 76,4 per cento e che sono ormai competitivi con i sistemi tradizionali - grande distribuzione organizzata innanzitutto - perché riescono a garantire la qualità del prodotto insieme a un ritorno economico, sociale e ambientale conveniente per tutti, e a lungo termine;
i dati confermano che la filiera corta, grazie all'eliminazione di alcuni passaggi commerciali, consente di abbattere il prezzo finale, con vantaggi per il consumatore ma anche per il produttore, che sempre più spesso utilizza questo canale alternativo. Nella formazione del prezzo, infatti, il peso della produzione supera molto raramente il 50 per cento del prezzo finale, mentre è notevole il peso percentuale del ricarico del punto vendita (dal 30 per cento al 40 per cento);
Ma il bio non è solo buono, giusto e conveniente, è anche «green». Un fattore che, in epoca di mutamenti climatici, diventa
sempre più determinante. Non a caso la Commissione europea, per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale di riduzione delle emissioni di gas serra dell'80-95 per cento entro il 2050 (rispetto ai livelli del 1990), ha fissato degli obiettivi di mitigazione al settore agricolo che dovrebbero prevedere una diminuzione tra il 42-49 per cento delle emissioni;
per quanto riguarda l'Italia, le emissioni di gas serra dell'agricoltura hanno già mostrato un trend in riduzione del 15 per cento, ma l'agricoltura e la silvicoltura hanno le potenzialità per raggiungere ulteriori obiettivi di mitigazione, a condizione che vengano messe a disposizione risorse aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste, per l'incentivazione delle pratiche agricole orientate a una migliore gestione dei suoli agricoli, dei pascoli, dell'irrigazione, al recupero dei suoli organici e alla produzione di bioenergia -:
quali siano, alla luce di quanto sopra descritto, gli intendimenti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, rispetto alla produzione biologica;
se il Ministro abbia intenzione di indicare linee guida di promozione confacenti con lo sviluppo capillare in tutto il territorio italiano di produzioni e quindi, consumi biologici;
se il Ministro intenda impegnarsi per promuovere il consumo di prodotti cosiddetti biologici e quindi di maggiore qualità a partire dai servizi di mensa (scuole, ospedali, uffici ecc.);
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per garantire minori emissioni di gas serra dell'agricoltura incentivando le bioenergie ed in generale tutte quelle pratiche agricole orientate a una migliore gestione dei suoli agricoli;
se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, considerata l'attuale situazione di stallo dell'economia italiana e soprattutto dell'occupazione giovanile, intenda promuovere iniziative di agevolazione nella definizione di un innovativo modello economico e occupazionale basato sulla produzione biologica.
(4-13623)
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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
HOLZMANN. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72 (commi da 1 a 6) del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, relativo alle nuove norme per chi è prossimo alla pensione, ha introdotto l'istituto dell'esonero dal servizio che ha come obiettivo il risparmio e la riduzione dei dipendenti pubblici;
l'esonero consente la sospensione dal servizio per un periodo massimo di cinque anni e possono chiederlo coloro che hanno maturato almeno 35 anni di contributi. La possibilità di chiedere l'esonero era valida fino al 2011; con l'entrata in vigore del decreto-legge mille-proroghe, l'opportunità per coloro che stanno maturando i quarant'anni di contributi di richiedere la sospensione dal servizio nei cinque anni antecedenti la maturazione del requisito viene prorogata al triennio 2012-2014;
con l'approvazioni del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è stato introdotto l'accesso al pensionamento di vecchiaia e di anzianità è previsto decorsi 12 mesi (18 mesi per i trattamenti pensionistici in regime di totalizzazione) dalla maturazione dei requisiti; ciò costringe anche chi ha richiesto e avuto l'autorizzazione all'esonero, con relativo decreto prima dell'approvazione del decreto-legge n. 78 del 2010 della legge n. 122 del 2010, a dover restare un anno in più in regime di esonero, quindi con il 50 per cento o il 70 per cento di retribuzione,
senza alcuna possibilità, stante le mutate condizioni definite dal Governo, di poter rientrare in servizio; questo modo di procedere costringe i lavoratori interessati e le relative famiglie a rivedere i propri obiettivi, procrastinare i propri bisogni non potendo disporre nel periodo a suo tempo determinato per la fine dell'esonero, sia del trattamento di fine servizio che del reddito da pensione -:
se non ritenga il Governo di assumere iniziative, anche normative, per consentire a coloro che hanno richiesto l'esonero di poter ottenere la pensione come da decreto di accoglimento dell'esonero o rientrare in servizio a richiesta.
(4-13626)
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SALUTE
Interrogazione a risposta scritta:
GALATI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le malattie reumatiche sono la prima causa di dolore e disabilità di Europa. In Italia più di 5 milioni di persone soffrono di malattie reumatiche e di queste circa 734mila di forme croniche come l'artrite reumatoide e le spondiloartropatie. Si tratta di malattie dai grandi numeri anche nei costi: la spesa farmaceutica in Italia è di circa 1,5 miliardi di euro l'anno e di 3 miliardi in termini di perdita di produttività. Ogni anno un malato spende 8 mila euro l'anno, ai quali vanno aggiunti i costi a carico del Servizio sanitario nazionale. Ogni anno solo l'artrite reumatoide comporta 13 milioni di giornate di assenza dal lavoro;
sono dati diffusi dall'Associazione nazionale dei malati reumatici (Anmr) in occasione della Giornata mondiale del malato reumatico, celebrata il 12 ottobre. «I malati reumatici in Italia - dice Gabriella Voltan, presidente dell'Anmr - sono oltre cinque milioni e chiedono solo le migliori cure possibili». Sono condannati ad una vita di dolore e invalidità perché non sempre hanno accesso alle migliori cure possibili, a differenza dei malati reumatici del resto d'Europa. Come se non bastasse, nel nostro Paese ci sono politiche sanitarie così differenti da trasformare la cura della malattia in una lotteria tra chi ha avuto la fortuna di nascere nella regione giusta e chi no;
secondo Giovanni Minisola, presidente della Società italiana di reumatologia, la vita del malato reumatico è caratterizzata da gravi difficoltà ed è notevolmente compromessa;
per fronteggiare tale malattia serve l'aiuto della società civile affinché anche nel nostro Paese i malati possano tutti contare sulle migliori cure possibili ma soprattutto l'impegno delle istituzioni per assicurare rapidi e concreti interventi a favore dei malati -:
quali siano gli intendimenti del Ministro con riferimento alle questioni concernenti la cura delle patologie reumatiche;
quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare interventi concreti in favore dei malati reumatici.
(4-13620)
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
BINDI e BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la comunità di Pisticci Scalo (Matera) denuncia il disagio relativo agli orari di apertura del locale ufficio postale;
detto ufficio postale, come rendono noto i cittadini, a partire dal 7 luglio 2008 resta aperto solo tre giorni a settimana e il sabato è chiuso già da diverso tempo, sia in estate che in inverno;
la decisione assunta di tenere chiuso l'ufficio postale in un'area industriale quale quella della Valbasento e con una utenza che va ben oltre quella locale sicuramente suscita molte perplessità;
tale decisione fa crescere il sospetto tra gli abitanti di Pisticci Scalo e gli utenti che ne usufruiscono, che sia il preludio ad una possibile chiusura che sarebbe una iattura per l'intero territorio -:
quali iniziative il Governo, nell'ambito delle sue competenze e in qualità di azionista pressoché unico dell'azienda Posteitaliane, intenda assumere affinché venga ripristinata l'apertura quotidiana dell'ufficio postale di Pisticci Scalo in considerazione della rilevanza sociale che tale servizio pubblico riveste nel territorio in questione.
(3-01891)
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Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Bindi n. 5-00226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Burtone.
L'interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-01107, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Compagnon.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Fiano n. 3-01886 del 13 ottobre 2011.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bindi e Burtone n. 5-00226 del 16 luglio 2008 in interrogazione a risposta orale n. 3-01891.
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ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta orale Burtone n. 3-01746 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 499 del 12 luglio 2011. Alla pagina 23260, prima colonna, dalla riga trentaseiesima alla riga trentasettesima deve leggersi: «BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere -» e non «BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere -», come stampato.