XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 10 ottobre 2011

TESTO AGGIORNATO AL 27 OTTOBRE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il trasporto pubblico locale in tutto il mondo adempie la funzione sociale di garantire a tutti i cittadini un adeguato diritto di mobilità, in particolare nelle aree urbane e metropolitane;
la carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'articolo 16 della Costituzione riconoscono il principio di libera circolazione e garantiscono la libertà di soggiorno e di mobilità per ogni singolo cittadino;
recentemente la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha lanciato l'allarme sulla negativa incidenza degli ultimi provvedimenti finanziari disposti dal Governo sul settore del trasporto in generale e, in particolar modo, sul trasporto pubblico locale, denunciando un considerevole taglio alle risorse che compromette fortemente la qualità del servizio se non addirittura il totale azzeramento dei servizi;
il rendiconto dello Stato per l'anno 2010 e la successiva nota di aggiornamento evidenziano come nell'ambito della missione relativa al «Diritto alla mobilità» gli stanziamenti di competenza iscritti diminuiscono di più del 30 per cento, passando da 8.381 milioni di euro nel 2009 a 5.109,3 milioni di euro nel 2010;
con il decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, si è adottato un intervento indirizzato al trasporto ferroviario regionale, attribuendo più di 1.400 milioni di euro alle regioni per consentire la definizione di contratti pluriennali, ma il successivo decreto-legge n. 78 del 2010 ha azzerato i trasferimenti alle regioni per il trasporto pubblico locale per 1.635 milioni di euro;
molte regioni sono state costrette ad un incremento delle tariffe e ad un esborso di risorse proprie per coprire i costi di mantenimento del servizio a causa del mancato trasferimento di risorse, pari a più di 1.300 milioni di euro, promesso dal Governo nell'accordo siglato nel dicembre del 2010 con le stesse, ma mai in realtà ad oggi assegnato;
risultano ancora non completamente attuate le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 68 del 2011 che, tra l'altro, ha disciplinato il trasporto pubblico locale nella parte in cui si prevede, al fine di garantire un'integrazione straordinaria di risorse, che il Governo promuova intese con le regioni per prorogare al 31 dicembre 2012 l'accordo per l'utilizzo del Fondo sociale europeo per gli anni 2009-2010;
il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, contenente ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, non ha previsto disposizioni e impegni di spesa da riferire al settore del trasporto pubblico locale;
i tagli delle risorse al settore e quelli sostenuti dagli enti locali nell'ambito delle due manovre estive porteranno, entro breve, alla paralisi totale del sistema, alla sospensione di un servizio costituzionalmente garantito e alla perdita di numerosi posti di lavoro di dipendenti del comparto;
l'insufficiente erogazione di fondi al comparto del trasporto su ferro penalizza investimenti in funzione dell'adeguamento tecnologico del materiale rotabile e delle vetture e delle misure volte alla sicurezza e alla manutenzione degli stessi, nonché al rispetto dei parametri ambientali a fronte invece delle realtà dei maggiori Paesi europei (Francia e Germania tra tutti) che hanno concluso accordi-quadro con l'industria nazionale per svariati miliardi di euro;
sono sempre più numerosi i disagi e i disservizi, non degni di un Paese

occidentale, denunciati da milioni di cittadini che ogni giorno necessitano dell'utilizzo dei mezzi di trasporto per raggiungere il proprio posto di lavoro, di studio o i luoghi di interesse sociale diffusi nel territorio;
negli ultimi allegati infrastrutture al documento di economia e finanza si è ribadito che quella del trasporto pubblico locale rappresenta l'emergenza più grave dell'intera offerta trasportistica, ammettendo inoltre una netta responsabilità del Governo nel definire un'azione organica mirata al superamento dell'emergenza;
l'attuale assenza di risorse finanziarie adeguate per il settore dei trasporti e della circolazione colpisce, in particolar modo, le fasce meno abbienti della popolazione;
poiché oltre i due terzi della spesa sostenuta complessivamente per il servizio sono garantiti dall'intervento pubblico e solo la restante parte deriva dai proventi del traffico, è necessario avviare una riforma organica mirata alla riorganizzazione dell'intero comparto;
garantire un'elevata qualità del servizio di trasporto regionale consente una riduzione di oltre il 30 per cento del costo che le famiglie pagano annualmente per le proprie esigenze di trasporto in ambito locale (dato quantificato dal recente allegato infrastrutture in 38 miliardi di euro circa),


impegna il Governo:


ad assumere le necessarie iniziative dirette a destinare urgentemente adeguate risorse finanziarie per realizzare i necessari investimenti nel settore, al fine di garantire ai cittadini un'adeguata offerta del servizio e il mantenimento di elevati standard di qualità ed efficienza;
a valutare l'opportunità di destinare prioritariamente al settore del trasporto regionale su rotaia e su gomma una quota delle risorse introitate con il superiore gettito dell'iva stabilito dai recenti provvedimenti di stabilizzazione finanziaria;
a promuovere iniziative mirate all'ottimizzazione della spesa relativa al servizio di trasporto pubblico locale, al fine di migliorare sia il beneficio per l'utenza sia il rapporto costi-benefici del servizio stesso;
a promuovere misure di defiscalizzazione a favore delle regioni per favorire il recupero delle risorse anticipate e garantire l'offerta di trasporto pubblico locale;
a promuovere, d'intesa con le regioni, politiche volte a rendere più efficiente il settore del trasporto collettivo su gomma in ambito extra-urbano e il trasporto urbano su gomma e su guida vincolata in funzione di:
a) individuare su scala nazionale le soglie che caratterizzano i livelli legati all'offerta di servizio pubblico;
b) garantire il ripiano del disavanzo;
c) favorire l'aggregazione delle aziende regionali preposte alla gestione;
d) garantire un riassetto generale delle reti secondarie;
e) programmare interventi in materia di sicurezza dei sistemi di trasporto.
(1-00723) «Mereu, Compagnon, Galletti, Ciccanti, Volontè, Naro, Anna Teresa Formisano, Libè, Occhiuto, Toto».

La Camera,
premesso che:
il trasporto pubblico locale rappresenta oggi il più significativo generatore di spesa pubblica nel settore dei servizi pubblici locali. I costi di produzione del servizio, che risultano essere doppi rispetto ad esempio al Regno Unito e più elevati rispetto agli altri Paesi europei, derivano da una serie di elementi legati, molte volte, alle problematiche inerenti alla scarsa capacità

delle imprese e delle amministrazioni di contenere i costi di produzione del servizio;
il trasporto pubblico locale, in tutto il mondo, è caratterizzato dalla funzione sociale di garantire a tutti i cittadini un adeguato diritto alla mobilità, in particolare nelle aree urbane e metropolitane. In un momento di crisi economica internazionale ed in condizioni di ristrettezze economiche, quali quelle che si riscontrano nell'attuale fase congiunturale del Paese e nell'economia mondiale, risulta difficile pensare a nuove espansioni del servizio;
è anche necessario riflettere sulle possibili aree di ottimizzazione della spesa in un settore in cui oltre i due terzi della spesa sostenuta complessivamente per il servizio sono garantiti dall'intervento pubblico e solo un terzo deriva dai proventi del traffico. Quindi, è opportuno considerare se esistano servizi scarsamente utilizzati che possono essere adeguatamente riorganizzati, al fine di migliorare sia il beneficio per l'utenza sia il rapporto costi-benefici del servizio stesso. Questo obiettivo è in gran parte oggi affidato alla potestà regolamentare delle regioni e degli enti locali, chiamati a concorrere, assieme allo Stato, all'allineamento ai parametri economici, che garantiscono il rispetto dei vincoli per la stabilità economica del Paese;
è, quindi, necessario riconsiderare le risorse complessive di cui il settore abbisogna per sostenere adeguati livelli qualitativi e quantitativi di offerta di servizi in un quadro di crescente processo di liberalizzazione dei servizi socialmente sostenibile e consentire uno sviluppo qualitativo e quantitativo delle infrastrutture e dei servizi finalizzato alla massimizzazione dei benefici per gli utenti e per tutti i cittadini e da realizzarsi attraverso il riequilibrio e l'efficientamento del sistema;
in questo quadro economico c'è l'esigenza di realizzare un metodo programmatorio nel settore del trasporto pubblico locale che è determinato dalla necessità di dare all'azione della mano pubblica un'ordinata coerenza con gli obiettivi più generali di sviluppo di un settore che assorbe risorse finanziarie sempre più rilevanti a tutti i livelli di spesa sia centrali che periferici;
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, all'articolo 21, comma 3, ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con una dotazione di 400 milioni di euro annui, il cui utilizzo è escluso dai vincoli del patto di stabilità. Dall'anno 2012 il fondo è ripartito, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sulla base di criteri premiali individuati da un'apposita struttura paritetica da istituire senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il 50 per cento delle risorse può essere attribuito, in particolare, a favore degli enti collocati nella classe degli enti più virtuosi; tra i criteri di virtuosità è, comunque, inclusa l'attribuzione della gestione dei servizi di trasporto con procedura ad evidenza pubblica;
l'obiettivo principale, in questo contesto di crisi economica internazionale, che genera evidenti problemi sul bilancio dello Stato, è proprio quello di ridurre l'incidenza finanziaria in tale settore sul bilancio pubblico, anche favorendo una maggiore concorrenza fra operatori e, di conseguenza, migliorando l'efficienza dei servizi a disposizione dei cittadini;
è in ogni caso anche da sottolineare che il trasporto pubblico locale è un settore in cui va valorizzata la procedura di gara ad evidenza pubblica per permettere un'effettiva concorrenza tra i soggetti affidatari in modo da ridurre gli sprechi e i costi di gestione. Sarebbe, quindi, importante anche intervenire normativamente attraverso la privatizzazione delle imprese pubbliche che gestiscono tali servizi, garantendo il superamento degli aspetti monopolistici, introducendo regole di concorrenzialità nell'affidamento dei servizi ed incentivando l'incremento della

qualità, dell'efficacia, efficienza ed economicità;
è, inoltre, opportuno, alla luce della crisi economica internazionale, imprimere nuovo slancio a processi di liberalizzazione socialmente sostenibili in un quadro di necessaria riconsiderazione delle risorse complessive di cui il settore debba poter disporre per sostenere adeguati livelli qualitativi e quantitativi di offerta dei servizi;
è necessario, quindi, assicurare regole chiare e risorse certe, compatibilmente con le esigenze di bilancio, a sostegno di un reale processo di efficienza e di liberalizzazione,


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa idonea a ricercare, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le risorse necessarie a garantire nell'immediato la regolarità e la continuità dei principali servizi pubblici di trasporto esistenti;
a definire un piano di politica industriale nel settore dei trasporti che incentivi la ricerca e l'utilizzo delle modalità a più basso impatto ambientale, che non prescinda da un'efficace riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale, anche avvalendosi di strumenti quali l'osservatorio sul trasporto pubblico locale, istituto ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007;
ad assumere le necessarie iniziative coerenti con gli obiettivi e le finalità individuate a livello comunitario con il piano d'azione sulla mobilità urbana, nonché con le indicazioni delineate nel parere espresso dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati, approvato all'unanimità nella seduta del 21 luglio 2010, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, in occasione dell'esame del suddetto piano;
a prevedere una politica di integrazione tariffaria tra le varie modalità di trasporto diretta anche ad un adeguamento delle tariffe ai livelli medi europei;
a procedere, nell'ambito di una politica di liberalizzazione e rilancio del settore del trasporto pubblico locale, all'attivazione di una politica industriale connotata dall'esigenza di determinare processi di aggregazione aziendale tali da assicurare una sufficiente competitività anche a livello europeo, anche al fine di superare l'attuale livello di parcellizzazione degli operatori del settore.
(1-00724) «Valducci, Desiderati, Pionati, Baldelli, Bergamini, Garofalo, Simeoni, Biasotti, Bernardo, Marsilio».

La Camera,
premesso che:
l'Alenia aeronautica s.p.a., facente parte della holding italiana Finmeccanica, è un'azienda che vanta una leadership mondiale quanto alla progettazione, realizzazione, certificazione e supporto di velivoli di impiego sia civile che militare;
i dodici stabilimenti della società (compresi quelli delle società controllate Alenia Aeronavali, Alenia Aermacchi, Alenia Composite, Alenia Improvement, Alenia SIA), dislocati in cinque regioni d'Italia ed organizzati secondo lo schema dei centri di eccellenza, impiegano una forza lavoro complessiva di circa 13.907 persone, il 40 per cento delle quali ingegneri e tecnici altamente qualificati;
la filiera aeronautica e spaziale ha nell'area metropolitana di Napoli uno dei suoi poli di eccellenza ed impiega nei soli quattro stabilimenti di Pomigliano d'Arco, Casoria, Capodichino e Nola, oltre 5.000 persone;
sempre nelle regioni meridionali, l'azienda aeronautica impiega più di 1.000 lavoratori nella provincia di Foggia e circa 840 addetti a Monteiasi/Grottaglie (Taranto);
gli impianti industriali dell'Alenia Aeronautica s.p.a. generano un indotto con rapporto occupazionale del 100 per cento;

nel mese di luglio del 2009, la B.E.I. (Banca europea per gli investimenti) ha accordato un prestito di 500 milioni di euro al Gruppo Finmeccanica, ed in particolare all'Alenia Aeronautica, allo scopo di supportare il ruolo industriale di Finmeccanica nelle regioni meridionali;
detto finanziamento, come spiegato dalla B.E.I., è stato concesso sulla base di due criteri di attività della Banca stessa: il finanziamento di attività di ricerca e sviluppo e la destinazione di risorse all'ampliamento dei siti produttivi localizzati in Campania (Pomigliano d'Arco) e Puglia (Foggia e Grottaglie), regioni italiane entrambe localizzate in zona di convergenza secondo i parametri comunitari;
contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato e a quanto sarebbe stato giusto fare, l'azienda ha annunciato un piano industriale che penalizza decisamente i propri siti nelle regioni meridionali a vantaggio degli insediamenti nelle regioni del nord;
è stato avviato il processo di fusione tra Alenia Aeronautica s.p.a. (la controllante) e la controllata Alenia Aermacchi s.p.a.;
non si comprende la logica aziendale per la quale la più piccola società controllata, peraltro meno nota e di minori prospettive industriali, l'Alenia Aermacchi, debba guidare il processo di fusione rispetto alla capofila Alenia Aeronautica;
addirittura è stata previsto lo spostamento della storica sede legale di Alenia da Pomigliano d'Arco (Napoli) a Venegono (Varese) con la conseguente perdita per la regione Campania di un importante centro decisionale, da un lato, e la refusione di un consistente gettito di imposte;
l'annunciato piano industriale pare rispondere più che a precise logiche industriali a precise indicazioni politiche;
la crisi economica ha inciso e sta incidendo in misura significativa sulla produzione, sui consumi, sull'attività delle imprese soprattutto allocate nel mezzogiorno d'Italia, ridimensionando fortemente l'occupazione e facendo continuare a crescere, come sottolineato dallo Svimez, il divario tra le due aree del Paese,


impegna il Governo:


ad intervenire per evitare un ingiustificato depauperamento delle capacità progettuali e produttive della già precaria economia meridionale;
ad adottare le iniziative di competenza affinché la più grande holding industriale e finanziaria pubblica non sottragga alle regioni meridionali i centri decisionali e produttivi ma, anzi, predisponga ed illustri un preciso e cospicuo piano di investimenti;
ad adottare le opportune iniziative perché si proceda ad una revisione del piano industriale annunciato dalla Alenia Aeronautica s.p.a. che, se così realizzato, comporterebbe una evidentissima contraddizione rispetto all'annunciato e tanto pubblicizzato «piano per il sud», caposaldo del programma di Governo;
a fornire precise indicazioni su quali siano le reali intenzioni del Governo in tema di politiche industriali e di sviluppo del Paese, con riferimento, in particolar modo, per le regioni meridionali in cui si concentra un terzo della popolazione e un quarto del prodotto interno lordo dell'Italia e dove, ancora, come evidenziato anche dal rapporto di Bankitalia, sono racchiuse le potenzialità di crescita del Paese e di azione della politica economica per lo sviluppo.
(1-00725) «Nunzio Francesco Testa, Paolo Russo, Bossa, Palagiano, Muro, Iannaccone, Pisicchio, Commercio, Galletti, Di Caterina, Graziano, Cirielli, Landolfi, D'Anna, D'Antoni, Occhiuto, Adornato, Mussolini, De Girolamo, Vico, Milo, Sardelli, Ruggeri, Nicolais, Iapicca, Castiello, Cosenza, Savino, Scalera, Mario Pepe (PD), Di Virgilio,

Pionati, Ria, Saltamartini, Lorenzin, Iannuzzi, Margiotta, Carlucci, Di Cagno Abbrescia, Patarino, Vaccaro, De Luca, Concia, Ginefra, Cesaro, Gioacchino Alfano, Piccolo, Mazzarella, Anna Teresa Formisano, Aniello Formisano, Pedoto, Cera, Dionisi, Zinzi».

La Camera,
premesso che:
tra il 29 novembre e il 1o dicembre 2011 si svolgerà il quarto Forum mondiale di Busan (in Corea del Sud) per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo. A prendervi parte saranno i rappresentanti di Governi da tutto il mondo, Paesi donatori e Paesi in via di sviluppo, organizzazioni no profit e imprenditori del settore privato;
il Forum di Busan è il quarto appuntamento mondiale sull'efficacia degli aiuti, dopo Roma nel 2003, Parigi nel 2005 e Accra nel 2008. A Parigi sono stati delineati i principi dell'efficacia e stabiliti gli impegni a livello globale; ad Accra sono state coinvolte nel processo, in maniera diretta e concreta, le organizzazioni della società civile;
il tema centrale dell'aiuto pubblico allo sviluppo è costituito oggi dalla necessità di una maggiore trasparenza. Un maggior livello di informazioni consentirebbe un più facile coordinamento tra i diversi attori (Governi, istituzioni internazionali, organizzazioni non governative e altro) e faciliterebbe la pianificazione delle priorità d'intervento dei Paesi partner;
la trasparenza negli aiuti allo sviluppo costituisce la precondizione per una maggiore efficacia degli aiuti stessi. Con una maggiore trasparenza aumenterebbero le capacità di valutazione e le probabilità di apprendere da successi e fallimenti del passato, nonché si determinerebbe un maggiore controllo pubblico da parte dei contribuenti dei Paesi donatori e dei cittadini dei Paesi fruitori degli aiuti, riducendo di conseguenza corruzione e sprechi;
sedici Paesi donatori hanno firmato, nel febbraio 2009, l'iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati). L'Italia non ha ancora aderito a questa importante iniziativa;
nel giugno 2011, 97 organizzazioni della società civile di tutto il mondo si sono riunite e hanno lanciato una campagna denominata Make Aid Transparent che chiede ai Paesi donatori di aumentare il loro livello di trasparenza. Si tratta di aderire ad un codice di condotta condiviso che metta a disposizione on line informazioni sugli esborsi e previsioni d'esborso degli aiuti suddivise per settore e distretto geografico;
sulla base del primo indice di trasparenza dei donatori, di Publish what you fund l'Italia occupa la ventisettesima posizione in quanto a trasparenza delle informazioni relative ai propri aiuti allo sviluppo. Su trenta tipi d'informazione individuati come importanti per gli aiuti, l'Italia ne pubblica in modo sistematico soltanto quattro, trovandosi nella parte bassa della classifica assieme a Portogallo, Grecia, Polonia e Ungheria;
a questo si aggiunge che l'aiuto pubblico dell'Italia allo sviluppo nel 2010 è pari allo 0,15 per cento del prodotto interno lordo, percentuale (peraltro in continuo calo) di gran lunga inferiore a quella di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea,


impegna il Governo:


al fine di migliorare l'efficacia dell'aiuto pubblico allo sviluppo, ad adottare ogni iniziativa affinché sia ridotta la corruzione e sia assicurata la trasparenza e vengano pubblicati puntualmente tutti i dati relativi agli aiuti pubblici del nostro Paese allo sviluppo;

a sottoscrivere l'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a prevedere, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, una sistematica informazione e pubblicazione on line di tutti i documenti sulla cooperazione allo sviluppo, con le previsioni di spesa delle risorse impegnate e l'indicazione di quelle effettivamente erogate;
ad impegnarsi, compatibilmente con il momento di forte difficoltà dei conti pubblici, ad un sostanziale aumento degli aiuti pubblici allo sviluppo raggiungendo una percentuale del prodotto interno lordo paragonabile alla media degli altri Paesi donatori.
(1-00726) «Oliveri, Lo Monte, Commercio, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
i cittadini italiani residenti all'estero possono esercitare il diritto di voto nel luogo di residenza sia per le elezioni del Parlamento europeo che per le elezioni politiche nazionali, i referendum abrogativi e quelli costituzionali indetti rispettivamente sulla base dell'articolo 75 e dell'articolo 138 della Costituzione;
per le elezioni politiche nazionali e i referendum, ciò è stato reso possibile dall'entrata in vigore della legge 27 dicembre 2001, n. 459, e del relativo regolamento attuativo (decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2003, n. 104). Essi hanno dato attuazione alle modifiche dell'articolo 48 della Costituzione (legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1) e degli articoli 56 e 57 della Costituzione (legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1) che hanno istituito la circoscrizione estero;
i cittadini italiani residenti all'estero sono iscritti nelle liste elettorali della circoscrizione estero e votano per corrispondenza;
l'elettore, una volta espresso il voto, spedisce la scheda elettorale votata all'ufficio diplomatico consolare nella cui circoscrizione è residente. Spetta poi ai consolati inviare le suddette buste in Italia;
problemi e inefficienze del sistema e veri e propri brogli si sono riscontrati in occasione delle ultime tornate elettorali per le elezioni politiche ed irregolarità, disservizi e difformità delle anagrafi consolari sono stati sollevati a seguito della recente consultazione referendaria,


impegna il Governo:


ad attivare presso le sedi competenti le indagini necessarie per verificare e approfondire quanto accaduto in occasione delle ultime consultazioni politiche e referendarie;
ad avviare iniziative normative volte a modificare la disciplina del diritto di voto degli italiani residenti all'estero al fine di assicurare trasparenza e regolarità a procedure di voto garantite costituzionalmente, prevedendo al contempo che vengano assicurati insieme il diritto al voto e alla sua segretezza, nonché quello alla tempestività e correttezza dello scrutinio.
(1-00727) «Lo Monte, Commercio, Lombardo, Oliveri, Brugger».

La Camera,
premesso che:
è ampiamente riconosciuto che per uscire positivamente dalla crisi il Paese ha bisogno di riforme economiche e sociali strutturali, incentrate anche su riconversioni produttive, e di nuovi stili di vita dei cittadini;
quello del trasporto pubblico locale è uno dei settori fondamentali sui quali operare per realizzare un moderno sistema necessario allo sviluppo del Paese, intervenendo con scelte politiche strategiche che assicurino il diritto alla mobilità per tutti i cittadini attraverso il trasporto intermodale collettivo ferro-gomma e il

trasporto merci, sempre più orientato all'utilizzo di un adeguato sistema ferroviario e marittimo. Ciò consentirebbe di contenere l'uso del mezzo individuale, realizzando nel contempo una sensibile riduzione della spese per le famiglie, una forte riduzione di consumi energetici di cui il Paese ha bisogno, un forte contenimento dell'inquinamento delle nostre città, una consistente riduzione dei costi sanitari e produttivi, una migliore qualità della vita e della salute dei cittadini;
un trasporto pubblico efficiente è un modo concreto ed immediato per migliorare la qualità della vita dei cittadini e per ridurre il traffico privato e l'inquinamento delle città;
la recente manovra economica adottata dal Governo per il contenimento della spesa pubblica e la conseguente e consistente riduzione di trasferimenti alle regioni e agli enti locali vanno, invece, nella direzione opposta e rischiano di produrre ripercussioni pesantissime, sia sul versante della spesa di gestione che su quello dell'investimento del trasporto pubblico locale, con un impatto che avrà effetti negativi sulla quantità e sulla qualità dei servizi: una riduzione di risorse non assorbibili da semplici manovre di efficientamento e di incremento della produttività, che pure è necessario perseguire, che comporterà una profonda ristrutturazione del sistema dell'offerta dei servizi;
per la parte a carico di regioni ed enti locali, quest'ultima manovra prevede nuovi tagli al trasporto pubblico locale, aggiungendoli a quelli già determinati dalla manovra correttiva dell'estate 2010, oltre a cancellare i provvedimenti di parziale rifinanziamento previsti dalla legge di stabilità 2011 e dal cosiddetto decreto-legge mille proroghe 2011;
le residue risorse che l'ultima manovra economica lascia nella disponibilità delle amministrazioni locali per l'erogazione dei servizi indeboliscono fortemente la mobilità locale collettiva, arrivando a determinare un taglio del servizio fino al 50 per cento dei livelli attuali, imponendo pesanti incrementi tariffari, colpendo così, in modo insostenibile, attraverso il peggioramento del servizio e l'aumento del prezzo di biglietti ed abbonamenti, l'utenza pendolare, le fasce sociali più deboli, gli studenti, nonché i livelli occupazionali del settore e del sistema dell'indotto di forniture di mezzi e di servizi accessori;
i suddetti tagli, infatti, non riguarderanno solo una riduzione degli sprechi, ma implicheranno soppressioni del servizio di base, costituito da treni ed autobus, senza i quali a milioni di famiglie verrà impedito di spostarsi per raggiungere scuole e luoghi di lavoro;
l'obiettivo di ridurre le risorse statali nella misura prevista è stato perseguito dal Governo anche attraverso il sacrificio di quelle misure di federalismo fiscale, già introdotte nell'ordinamento sin dal 2008, che erano intese a garantire risorse finanziare proprie delle regioni per il trasporto ferroviario regionale di Trenitalia, come quelle previste dall'articolo 1, comma 302, della legge n. 244 del 2007, legge finanziaria per il 2008, successivamente abrogato dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010;
per tali ragioni e per denunciare quanto il peso dell'ultima manovra economica, drammaticamente sproporzionata e tutta a carico delle autonomie locali, li esporrà, al punto da non poter più garantire le funzioni di governo, i presidenti delle regioni italiane, in segno di protesta ed in attesa di risposte concrete, hanno simbolicamente riconsegnato nelle mani del Governo i contratti per il trasporto su ferro e gomma, non essendo in alcun modo possibile, da parte loro, adempiere alle relative obbligazioni, una volta venute meno le risorse sulle quali era stato posto legittimo affidamento;
negli ultimi anni il settore del trasporto pubblico locale è stato il destinatario di un'intensa produzione normativa, con leggi, decreti e regolamenti rivolti più a sconfessarsi l'un l'altro che a disegnare

un quadro chiaro e definitivo, all'interno del quale rilanciare un settore ormai stabilmente in crisi;
i contratti di servizio per il trasporto ferroviario regionale di Trenitalia attualmente vigenti sono stati sottoscritti dalle regioni sulla base di una norma di legge statale che ne ha previsto espressamente la stipula, quale è l'articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 185 del 2008, e riponendo oggettivo affidamento sulla norma prevista dall'articolo 1, comma 302, della legge n. 244 del 2007, successivamente abrogato dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, che, attraverso la fiscalizzazione delle risorse necessarie a decorrere dal 2011, garantiva risorse certe e continuative;
gli interventi di finanza pubblica adottati nel corso dell'ultimo biennio hanno sovvertito il quadro di riferimento finanziario, che, pur con le sue criticità, ha governato per molti anni la materia del trasporto pubblico locale. Più precisamente, essi hanno pesantemente inciso sulla disponibilità di risorse finanziarie per il settore, avendo, da un lato, drasticamente ridotto i trasferimenti statali destinati al pagamento dei servizi di trasporto pubblico, ormai limitati a circa un quarto, e, dall'altro, interrotto il già previsto completamento del processo di fiscalizzazione che avrebbe condotto, per questa materia fondamentale per regioni ed enti locali, al passaggio dal sistema di finanza derivata al sistema di finanza propria;
nel 2010 per finanziare il trasporto pubblico locale le regioni avevano a loro disposizione 1.714 milioni di euro. Con la manovra per il 2011 gli stessi stanziamenti erano diminuiti, potendo confidare in 977 milioni di euro (di cui 425 milioni ottenuti solo dopo le proteste dei presidenti delle regioni, ma in realtà mai trasferiti alle regioni). Per il 2012 i presidenti delle regioni dovranno accontentarsi di soli 400 milioni di euro;
l'attuale quadro delle risorge finanziarie per il trasporto pubblico locale dal 2012 in poi è costituito proprio dall'articoli 21, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, che ha istituito il fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, con dotazione di 400 milioni di euro annui, il cui utilizzo è escluso dai vincoli del patto di stabilità;
il suddetto ammontare complessivo delle risorse da fiscalizzare risulta essere assolutamente inadeguato alle esigenze reali del settore del trasporto pubblico locale, così come risultanti dalla spesa sostenuta nel corso degli anni;
i cittadini e le imprese del Mezzogiorno si confrontano tutti i giorni con un'offerta di servizi di trasporto pubblico locale decisamente inferiore, sia dal punto di vista quantitativo, in termini di vetture-chilometri, che qualitativo, in termini di età media del materiale rotabile, puntualità e tecnologie, rispetto al resto del Paese, che pure offre mediamente standard di servizio ben al di sotto dei livelli medi europei,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative volte a ristabilire le misure di federalismo fiscale, già introdotte nell'ordinamento sin dal 2008, che erano intese a garantire risorse finanziarie proprie delle regioni per il trasporto ferroviario regionale di Trenitalia, in particolare quelle di cui all'articolo 1, comma 302, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), abrogato dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010;
ad assumere iniziative per incrementare, al fine di soddisfare il fabbisogno finanziario del settore la dotazione del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, di 1.700 milioni di euro, portandola almeno ad un totale di 2.100 milioni di euro;
a rispettare l'intesa già sottoscritta con le regioni per la fiscalizzazione del trasporto pubblico locale, unica misura in

grado di riorganizzare il settore, completandone il processo normativo e prevedendone la messa a regime a partire dal 1o gennaio 2012.
(1-00728) «Commercio, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
l'articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha apportato tagli agli emolumenti peculiari delle forze armate e delle forze di polizia;
tali tagli discendono principalmente dall'introduzione di un tetto salariale individuale coincidente con il trattamento economico complessivo percepito nel 2010 che di fatto pregiudica la maturazione di alcuni istituti specifici del comparto difesa-sicurezza, quali la cosiddetta «omogeneizzazione», l'assegno funzionale, oltre che gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, nonché dal blocco di adeguamenti annuali indicizzati, classi/scatti stipendiali ed effetti economici delle progressioni di carriera;
con lo stesso provvedimento è stato istituito dall'articolo 8, comma 11-bis, un fondo con una dotazione di 80 milioni di euro annui, per il biennio 2011-2012, con lo scopo di riconoscere al personale del Comparto stesso «misure perequative» da quantificare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
considerata l'inadeguatezza del richiamato stanziamento a garantire il rispetto degli impegni a ristorare pienamente il personale di forze armate, forze di polizia e vigili del fuoco dei tagli apportati ai loro peculiari istituti retributivi, il decreto-legge n. 27 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 74 del 2011, ha incrementato il fondo con 115 milioni di euro annui, sottraendoli alle disponibilità del «riordino dei ruoli» ed ha, contestualmente, denominato «assegni una tantum» le «misure perequative» da concedere; consentito il ricorso al fondo anche per compensare la mancata corresponsione, per effetto del tetto salariale, dei trattamenti di «omogeneizzazione», degli assegni funzionali e degli incrementi parametrali non connessi a promozioni; previsto la possibilità di finanziamenti aggiuntivi, da attingere ai risparmi delle missioni internazionali di pace e al fondo unico giustizia; prescritto che i trattamenti «perequativi» siano omogenei tra il personale equiordinato delle diverse componenti del comparto;
l'articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, ha inoltre previsto la possibilità di emanare regolamenti volti a prorogare i suddetti tagli alle retribuzioni fino al 31 dicembre 2014;
nonostante le misure perequative adottate risultino inadeguate, il personale interessato a percepirle, è, a tutt'oggi, in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che non è ancora stato emanato e quindi dell'esecutività delle misure adottate,


impegna il Governo:


a provvedere, senza ulteriori indugi, all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo all'anno 2011, in modo da garantire al personaleinteressato l'integrale ristoro dei tagli subiti al più tardi entro il 31 dicembre 2011;
a provvedere tempestivamente, per i due anni seguenti, all'adozione degli ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, uno per ciascun anno, utilizzando integralmente le risorse disponibili per il singolo anno di riferimento, come eventualmente integrate anche secondo le modalità previste dal citato decreto-legge n. 27 del 2011, e prevedendo di poter utilizzare nell'anno 2012 le risorse eventualmente eccedenti stanziate per l'anno 2011;

a garantire la pensionabilità delle misure perequative e al personale interessato l'integrale ristoro dei tagli subiti per l'anno 2011;
a garantire, anche attraverso l'approvazione di norme specifiche, ai volontari di truppa delle Forze armate in ferma prefissata annuale o raffermati con rapporto di servizio a tempo determinato, in ragione della particolare natura del rapporto di servizio contratto, e della particolare disciplina che esso comporta, il riconoscimento di un beneficio fiscale prevedendo che il reddito derivante dal trattamento economico percepito concorre a formare il reddito complessivo per l'importo eccedente i 13.000 euro annui.
(7-00710) «Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico».

La XII Commissione,
premesso che:
circa l'80 per cento della popolazione adulta gioca: lotteria, Lotto, Totocalcio, scommesse sportive, Bingo, giochi che per la maggior parte delle persone rappresentano un passatempo innocuo che non mette a repentaglio la vita familiare, lavorativa e sociale;
tuttavia un numero sempre più crescente di persone, stabilisce con il gioco d'azzardo una vera e propria relazione di dipendenza: questi sono giocatori compulsivi o patologici;
negli ultimi anni è stata data un'attenzione crescente al gioco d'azzardo patologico (GAP), vale a dire l'incapacità cronica e progressiva a resistere all'impulso di giocare elevate somme di denaro, cui segue un danneggiamento al giocatore stesso, alla sua famiglia o alla sua attività lavorativa. In Italia la percentuale dei pazienti con GAP varia dall'1 al 3 per cento della popolazione adulta, ossia circa 700.000 italiani sono affetti da tale patologia;
secondo lo psicologo Marvin Zuckerman dell'università del Delaware, il giocatore patologico fa del gioco il centro della propria vita; «egli dipende dal gioco, in quanto è la sua unica fonte di ricreazione ed eccitamento». Il giocatore viene definito come un vero e proprio «cercatore di emozioni», in quanto alla base della patologia vi è la ricerca continua di novità, di stimoli eccitanti ed inusuali e la propensione a correre forti rischi per trovarli e ogni volta aumenta il livello di rischio da correre per ottenere emozioni più forti;
si possono distinguere tre macrocategorie di giocatori: il giocatore condizionato, che gioca in quanto riceve una ricompensa positiva (vincita immediata di grandi somme di denaro) a cui seguono distorsioni e false credenze che lo inducono a giocare in modo continuativo; il giocatore emotivo, che gioca per il desiderio di regolare il proprio stato umorale disforico (umore depresso accompagnato da agitazione ed irritabilità) e soddisfare specifici bisogni psicologici; il giocatore impulsivo antisociale, il quale presenta disturbi psicologici precedenti al GAP che possono sfociare in comportamenti antisociali (comportamenti criminali), impulsività e deficit di attenzione;
nell'era multimediale il gioco d'azzardo comprende i videopoker, le slot machines e il gioco d'azzardo virtuale (casinò virtuali, aste on line eccetera). Oggi, numerosi sono i «drogati virtuali», quelli del videopoker, quelli che navigano nei siti di gioco virtuale su internet, ma anche quelli degli spericolati investimenti in borsa;
una categoria particolarmente a rischio è rappresentata dai giovani, che cercano in questo modo di assumere una identità che non hanno. Il gioco d'azzardo mal si accompagna ad uno sviluppo armonico del rapporto tra libertà e responsabilità, anche per l'oggettiva difficoltà di

rendersi conto in tempi brevi delle conseguenze delle loro decisioni. È soprattutto nel loro interesse e in quello delle loro famiglie che vanno individuati limiti legali adeguati. In Italia non esiste una normativa che proibisca o regoli la diffusione del gioco d'azzardo on line;
sono in discussione assegnate alla XII Commissione Affari sociali di questo ramo del Parlamento delle proposte di legge inerenti disposizioni per la cura e la prevenzione delle dipendenze comportamentali e del gioco d'azzardo patologico,


impegna il Governo:


ad attuare campagne informative in grado di sensibilizzare i cittadini, fin da giovanissimi, sui rischi in cui incorrono anche attraverso l'uso smodato del gioco come attività ludica, indirizzando a mantenere il gioco entro i confini di un'attività responsabile, controllato dal soggetto, anche attraverso il coinvolgimento della sua famiglia;
a prevedere ogni utile strumento normativo atto ad inserire detta patologia nei livelli essenziali di assistenza individuando all'interno dei dipartimenti di salute mentale ambulatori ad hoc.
(7-00709) «Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Pezzotta, Calgaro».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
come pubblicato dall'agenzia di stampa aeronautica Avionews - WAPA sembrerebbe che il gruppo Alenia-Finmeccanica abbia intenzione di procedere a delle operazioni di «ristrutturazione» industriale che sembrerebbero ripercuotersi, nell'immediato, con i soliti e scontati licenziamenti, esuberi ed accompagnamenti alla pensione;
i siti produttivi e gli uffici periferici interessati da dette operazioni sono quelli di Tessera, Casoria e Roma;
secondo alcune fonti sindacali le ricadute occupazionali supereranno le migliaia di unità con costi sociali inaccettabili per il nostro Paese, ancor più inaccettabili visto il periodo di forte crisi economica che l'Italia sta attraversando;
il gruppo industriale pubblico di Finmeccanica è forte, stabile economicamente ed essenziale per la nostra sicurezza strategica e per le nostre prospettive internazionali;
le caratteristiche del nostro maggior gruppo industriale, da sempre proiettato verso le economie di tutto il mondo, non possono però prescindere dal considerare il suolo patrio come il core-business e la caratteristica principale della qualità della nostra produzione bellica, aeronautica, ferroviaria spaziale e delle telecomunicazioni;
sarebbe opportuno che il gruppo dirigente di Finmeccanica chiarisse al Parlamento, magari nelle competenti commissioni, i progetti futuri a medio e lungo termine così da tranquillizzare i lavoratori del Gruppo e le aziende italiane dell'indotto entrambi preoccupati per il loro futuro -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per sollecitare i vertici di Alenia-Finmeccanica nel senso indicato in premessa.
(4-13500)

TESTO AGGIORNATO AL 14 FEBBRAIO 2012

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, LUPI, VIGNALI, TOCCAFONDI, PAGANO e CENTEMERO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Iraq a Kirkuk due cristiani sono stati assassinati nel fine settimana a colpi di arma da fuoco: Bassam Isho è morto per mano di un gruppo armato questa domenica nel quartiere di Muthana, mentre sabato è stato trovato a Baghdad il corpo senza vita di Emmanuele Hanna Polos, come reso noto dall'agenzia AsiaNews;
Bassam Isho, di 30 anni, lavorava in un ristorante del quartiere di Muthana. I suoi resti mortali riposeranno a Telkef;
Emmanuele Hanna Polos era nato nel 1951. Il suo cadavere giaceva questo sabato nella cunetta della strada che unisce Kirkuk alla capitale irachena;
questi omicidi si sommano a una lunga storia di sangue e violenza. Il 15 agosto 2011 sono scoppiate varie bombe contro la chiesa siro-ortodossa di Sant'Efrem a Kirkuk, vicino alla cattedrale caldea, nel centro della città, il 2 agosto un'autobomba è scoppiata di fronte alla chiesa siro-cattolica della Sacra Famiglia e ha ferito quindici persone; nello stesso giorno, un'altra bomba collocata in una macchina parcheggiata accanto a una chiesa presbiteriana è stata disattivata prima che esplodesse;
a Kirkuk, che ha 900.000 abitanti, i cristiani subiscono la violenza del fondamentalismo islamico e di dispute locali;
con i suoi enormi giacimenti petroliferi, i più importanti dell'Iraq, la città soffre un conflitto etnico-politico tra arabi, turcomanni e curdi;
come ha ricordato dal Ministro degli affari esteri Franco Frattini davanti ai leader religiosi riuniti al XXV incontro internazionale per la pace organizzato da S. Egidio a Monaco di Baviera, in Germania: «In varie zone del mondo sta dilagando una crescente cristianofobia. Penso all'impennata di episodi di abusi e discriminazioni contro le minoranze religiose» -:
se ci siano passi in avanti nella difesa della libertà religiosa nel Vicino e Medio Oriente;
se e come il Governo intenda rimediare alla «cacciata» dei cristiani dall'Iraq.
(5-05485)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la risoluzione unitaria approvata dalla Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati 27 luglio 2011, riguardante la drammatica situazione di siccità e carestia che si è abbattuta sul Corno d'Africa e che ha causato la morte e la fuga di migliaia di persone e che tuttora minaccia la sopravvivenza di milioni di persone, prevedeva l'impegno del Governo «a mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali aiuti utili a fronteggiare questa emergenza, accogliendo l'invito del Santo Padre; a sostenere una forte campagna di informazione per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana alla tragedia di luoghi verso cui abbiamo particolari responsabilità storiche a incrementare lo sforzo diplomatico per dare alle popolazioni del Corno d'Africa sistemi statuali e Governi stabili e democratici»;
mercoledì 5 ottobre 2011 il Santo Padre ha ricordato che la situazione permane grave e ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale -:
se il Governo intenda fornire notizie aggiornate su quella zona di crisi;
come procedano gli aiuti del Governo in quei territori;

se sia stata incrementata la dotazione di fondi per contrastare l'estrema emergenza;
come il Governo abbia proceduto da allora e intenda ulteriormente procedere al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica dinanzi alla drammatica situazione.
(5-05490)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
giunge notizia da fonti autorevoli che la libertà religiosa sia minacciata negli Stati Uniti al punto da giustificare un nuovo comitato ad hoc che affronti questa preoccupazione crescente, annunciato venerdì scorso dalla Conferenza dei vescovi cattolici e presieduto dal vescovo Lori di Bridgeport, Connecticut, che ha affermato di accogliere così «l'opportunità di lavorare con i confratelli vescovi e con uomini e donne esperti di diritto costituzionale per difendere e promuovere il dono divino della libertà religiosa riconosciuto e garantito dal Bill of Rights della Costituzione degli Stati Uniti»;
nella sua lettera ai vescovi per annunciare il comitato l'arcivescovo Timothy Dolan, presidente della USCCB, ha affermato che la libertà religiosa «nelle sue tante e varie applicazioni per i cristiani e la gente di fede è ora sempre più sotto attacco in America, in modi che non trovano precedenti, ciò vale soprattutto per un numero sempre maggiore di programmi o politiche del Governo federale che violerebbero il diritto di coscienza delle persone di fede o danneggerebbero il principio di base della libertà religiosa»;
l'arcivescovo ha fornito una lista relativa alle preoccupazioni per la libertà religiosa che si sono presentate da giugno: tra cui le norme dei Federal department of health and human Services (HHS) che autorizzerebbero la copertura della contraccezione (inclusi i farmaci abortivi) e della sterilizzazione in tutti i piani di assistenza sanitaria privati; la preoccupazione dei Catholic relief services che l'Agenzia per lo sviluppo interno degli Stati Uniti, dipendente dal Dipartimento di Stato, stia aumentando sempre più la distribuzione di preservativi nei programmi di prevenzione dell'Hiv e richiedendo la contraccezione nei programmi internazionali di sostegno e sviluppo; l'attacco del Dipartimento per la giustizia al Defense of Marriage Act (DOMA), presentando il matrimonio tradizionale come bigotteria; l'attacco in un processo alla Corte suprema degli Stati Uniti fatto dal Dipartimento per la giustizia verso l'eccezione ministeriale, una dottrina costituzionale accettata da ogni tribunale d'appello nel Paese che lascia alle Chiese (e non al Governo) il potere di prendere decisioni di impiego relative a persone che lavorano in una posizione ministeriale; la nuova legislazione dello Stato di New York che ridefinisce il matrimonio, con una dispensa religiosa decisamente ristretta; gli impiegati della contea affrontano già un'azione legale per essersi rifiutati di partecipare a unioni dello stesso sesso per sottolineare che, a differenza dei sostenitori dei diritti dei gay, persone e gruppi che non accettano questo tipo di matrimoni godono di poca difesa della libertà religiosa -:
se il Governo non condivida queste preoccupazioni e, forte dell'amicizia con i nostri alleati, non intenda farsi portatore di queste osservazioni al Governo amico degli Stati Uniti.
(5-05493)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dalla stampa nazionale e locale, in particolare Il Tirreno del 5 settembre 2011, si apprende che il comune di Marciana Marina (Livorno), si è appellato al Presidente del Consiglio dei ministri per proseguire la procedura iniziata in sede di

Conferenza di servizi relativa all'«adeguamento» del sentiero de «La Cala» che, in realtà, non è altro che la costruzione di una nuova strada all'interno del Parco nazionale «Arcipelago Toscano», in zona di protezione speciale (ZPS) istituita in base alla cosiddetta direttiva uccelli dell'Unione europea, e di un sito di interesse comunitario (SIC) istituito in base alla direttiva Habitat dell'Unione europea, di un sito di importanza regionale (SIR) in forza della legge regionale n. 56 del 2000 (ZPS/SIC/SIR Monte Capanne-Promontorio dell'Enfola - codice natura 2000 IT5160012);
l'intera area ricade in una importante Bird Area di Natura 2000 ed è gravata pertanto di protezioni e vincoli che si assommano a quelli paesaggistici in base ai quali la regione Toscana e il parco nazionale «Arcipelago Toscano» hanno espresso più volte parere negativo rispetto alle proposte avanzate dal comune di Marciana Marina alle quali si aggiunge l'evidente dissesto geologico in atto nell'area interessata dall'apertura di una nuova strada;
è importante evidenziare che dalla lettura di una nota del comune di Marciana Marina pubblicata sulla stampa locale emerge che: «... Al posto dell'attuale sentiero dovrebbe essere realizzata una strada lunga circa 700 metri e larga 3. Il tracciato corrisponde in gran parte a quello esistente, ma devia in alcuni punti per ovviare a problemi di pendenza. Sono previsti anche alcuni interventi di sbancamento e riempimento oltre che opere di contenimento del versante». Pertanto è chiaro che la richiesta del comune di Marciana Marina, oltre che essere in contrasto con i suddetti vincoli e direttive dell'Unione europea e il piano del parco (che pure è stato approvato dallo stesso consiglio comunale di Marciana Marina), appare all'interrogante basata su presupposti inconsistenti che ne nascondono altri reali e più preoccupanti;
inoltre, sembrerebbe che si voglia passare sul terreno di privati, come si evince anche dalla lettera (PROT. No 8957) inviata il 14 settembre 2010 dal comune di Marciana Marina ai proprietari del sentiero e dei terreni;

la decisione di realizzare una strada del genere non si giustifica assolutamente;
l'accesso alla località La Cala infatti non è precluso. Nessuno preclude l'accesso alle abitazioni estive e alle seconde case de La Cala, essendo la zona servita dai due sentieri comunali che costituiscono gli storici accessi e collegamenti de La Cala con il resto dell'isola: uno sul territorio del comune di Marciana Marina e l'altro su quello di Marciana (essendo La Cala ai confini tra i due Comuni ed in parte ricadente nel comune di Marciana), infatti i clienti dell'unica pensione elbana raggiungibile a piedi continuano a soggiornarvi e non vogliono nuove strade perché la località perderebbe il suo fascino e la sua esclusività;
il sentiero privato costiero, stretto, dissestato e in fortissima pendenza all'interno di un'area in evidente dissesto idrogeologico e con frane in atto sui versanti, non è affatto l'unica via d'accesso a La Cala; lo si evince con estrema chiarezza anche dalla sentenza del tribunale di Livorno - sezione distaccata di Portoferraio del 30 settembre 1999;
è altresì importante evidenziare che l'associazione ambientalista Legambiente, a firma del suo presidente nazionale, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli altri soggetti interessati alla vicenda con la quale chiede di bloccare, viste le violazioni del piano del parco, del decreto istitutivo del parco, delle direttive Habitat e Uccelli e della legge regionale n. 56 del 2000, la costruzione della nuova strada. Inoltre annuncia che in caso contrario si vedrà costretta a chiedere all'Unione europea di intervenire per tutelare un'area di indiscutibile importanza per la tutela e valorizzazione dell'ambiente e degli ecosistemi quale quella dell'arcipelago toscano;

è stato presentato un atto di sindacato ispettivo a firma dei senatori Ferrante e Della Seta sulla medesima vicenda -:
se non intenda intervenire immediatamente per bloccare ogni iniziativa atta alla realizzazione all'interno del parco nazionale «Arcipelago Toscano» di una strada che sicuramente inciderà negativamente sull'ecosistema a favore di proprietari di seconde case per vacanza;
se non intenda al contempo intervenire al fine di trovare una soluzione per migliorare l'accesso pedonale già consentito attraverso i sentieri comunali di Marciana Marina e Marciana e garantito attraverso il posizionamento della cremagliera monorotaia proposta dal parco che potrebbe essere un impianto pilota anche per altre aree dell'Elba e dell'Arcipelago.
(4-13521)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie pubblicate su corriere.it si apprende che è stata rinvenuta dalla polizia a Castel Volturno, sulla base di dichiarazioni rilasciate da Emilio Di Caterino, ex componente il clan dei casalesi, una discarica abusiva nel sottosuolo di un club privato «Ippocampos» con diverse tonnellate di rifiuti pericolosi, alcuni dei quali radioattivi;
lo sversamento abusivo sarebbe avvenuto nel l994 e avrebbe riguardato rifiuti pericolosi provenienti dal Nord gettati in una discarica che si estende su un'area di circa 7 mila metri quadri e su cui oggi sorge un circolo privato affacciato sul Volturno, molto frequentato, che comprende un ristorante, un bar, una piscina e un maneggio;
per verificare la presenza di sostanze radioattive è stata utilizzata una speciale apparecchiatura in dotazione ai vigili del fuoco attivatasi in più punti. I tecnici dell'Arpac, l'Agenzia regionale per l'ambiente, hanno quindi fatto prelievi a campione e nelle prossime settimane saranno in grado di dire con precisione quali sostanze sono state sotterrate. I rifiuti, contenuti in sacchi di juta, si sono induriti a tal punto che le ruspe non riescono a spostarli -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito a quanto riferito in premessa;
se risulti in particolare se e come si intenda provvedere allo smantellamento della discarica e al trattamento dei rifiuti rinvenuti a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-13531)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il signor Luca Marco Comellini a seguito di alcuni procedimenti disciplinari di stato, avviati nei suoi confronti fin dall'anno 2006, tutti comunque definiti a suo favore per infondatezza della pretesa sanzionatoria avanzata dall'amministrazione militare, in data 28 gennaio 2009 fu dichiarato «non idoneo permanentemente al servizio militare da collocare in congedo assoluto [...] ma idoneo nei ruoli civili dell'amministrazione o in altre [...]»;
l'impegno del signor Comellini per il riconoscimento dei diritti che la Costituzione riconosce senza distinzioni ai militari e agli appartenenti alle Forze di polizia, al pari di tutti gli altri cittadini, lo ha portato, nel luglio, del 2009, a dare vita a un movimento politico denominato «Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm)», convintamente

supportato dagli interroganti e che, oggi, riscuote ampi consensi nell'ambito della compagine militare e delle Forze di polizia per le numerose e concrete iniziative politiche realizzate;
a seguito della domanda di transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, avanzata a suo tempo dal Comellini ai sensi dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, la direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa, con la nota protocollo n. 78572 del 20 ottobre 2010, indirizzata all'U.T.T. di Santa Severa comunicava di aver ultimato l'istruttoria sulla domanda di transito e quale sede di assegnazione «l'U.T.T. SANTA SEVERA- NETTUNO». Con la medesima nota la Direzione generale dispose che il Comellini fosse sottoposto ai previsti accertamenti medici da parte dei competenti organi sanitari, nonché alla verifica dell'idoneità professionale nelle mansioni proprie del profilo individuato;
con il foglio protocollo 436/12 del 17 gennaio 2011 a firma del direttore interinale tenente colonnello Riccardo G. Daprà, l'UTTAT ha chiesto al dipartimento militare di medicina legale C.M.O. di Roma di sottoporre il Comellini a visita collegiale allo scopo di accertare l'idoneità fisica all'impiego nel profilo professionale di area 2a F3 «assistente amministrativo» facendo esplicito riferimento al «verbale BL/B n. A50916658 del 2 febbraio 2010». Successivamente, però, con il foglio protocollo 1038/12 del 28 gennaio 2011, indirizzato alla direzione generale del personale civile del Ministero della difesa, il direttore dell'UTTAT, colonnello De Giorgi, dopo aver espresso i propri «dubbi e perplessità» in ordine all'opportunità di assegnare il Comellini presso il dipendente poligono di S. Severa, al punto 2 della nota scrive «A tal proposito si ritiene auspicabile che venga considerata opportunità di disporre il reimpiego del nominato in oggetto presso altro E/D/R al fine di scongiurare il verificarsi di situazioni a rischio, delle quali potrebbe essere chiamata a rispondere anche giudizialmente tutta l'A.D., ai vari livelli, tenuto conto che, a parere dello scrivente, sussisterebbe una sorta di incompatibilità tra la patologia del dipendente in argomento ed il tipo di attività istituzionale che viene svolta nel dipendente poligono di S. Severa, potendo l'interessato facilmente venire a contatto con esplosivi ed armi portatili»;
con la nota protocollo n. 20116 del 23 marzo 2011, la direzione generale del personale civile del Ministero della difesa comunicò al Comellini che l'UTTAT di Nettuno, in data 28 gennaio 2011, aveva chiesto «il riesame della sede assegnata al signor Luca Marco Comellini, in quanto la patologia dell'interessato, non risulterebbe compatibile con attività istituzionali particolarmente sensibili nel settore munizionamento, esplosivi ed armamento svolte nel dipendente Poligono di S. Severa.» e, al riguardo, di aver richiesto a Segredifesa di voler individuare una nuova sede a cui assegnare il Comellini medesimo;
in data 3 ottobre 2011 il signor Comellini riceveva la nota protocollo n. 65440, del 27 settembre 2011, con la quale il Ministero della difesa-direzione generale per il personale civile-1°reparto-1°divisione-1°sezione, ha invitato il Comellini «[...] a presentarsi il giorno 2 novembre 2011, presso il Centro Logistico Tecnico Interforze NBC (CETLI NBC) di Civitavecchia (Roma) per la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato e l'assunzione in servizio in qualità di "Assistente amministrativo" profilo professionale cod. SA31 del settore amministrativo, giudiziario, storico-culturale e linguistico-Area 2° fascia retributiva F3 [...]»;
ad avviso degli interroganti, con riferimento a quanto scritto al punto 2 della nota protocollo 1038/12 del 28 gennaio 2011, appare chiaro che l'autore ha voluto insinuare che il Comellini è un soggetto potenzialmente pericoloso per l'amministrazione militare e per terzi, in grado di compiere chissà quali azioni potendo facilmente venire a contatto con esplosivi ed

armi portatili ed appare altresì evidente che il colonnello De Giorgi, senza attendere l'esito degli accertamenti medico-legali disposti dalla direzione generale per il personale civile, abbia formulato delle considerazioni che contrastano palesemente con quanto precedentemente disposto dai competenti organi valutatori del Ministero della difesa;
risulta agli interroganti che negli ambienti militari la custodia delle armi e degli esplosivi è rigorosamente disciplinata da apposite norme e da disposizioni interne, e quindi l'affermazione «potendo l'interessato facilmente venire a contatto con esplosivi ed armi portatili.», oltre ad essere secondo gli interroganti particolarmente calunniosa e diffamatoria è certamente strumentale e volutamente utilizzata allo scopo di non avere alle proprie dipendenze un dipendente - il Comellini - particolarmente attento alla condizione del personale militare ma anche di quello civile della difesa. Quanto affermato dal colonnello De Giorgi inoltre, solleva negli interroganti il dubbio che in particolari e delicate strutture della difesa la custodia e la cura per le armi e gli esplosivi sia particolarmente trascurata se finanche il comandante di un ente militare giunge ad affermare che per un dipendente civile è facile venire a contatto di armi ed esplosivi;
presso il centro tecnico logistico interforze NBC (CETLI NBC) si svolgono attività afferenti il settore nucleare, batteriologico e chimico, tra cui lo stoccaggio e distruzione degli ordigni bellici a carica chimica rinvenuti sul territorio nazionale;
agli interroganti la scelta operata dall'amministrazione della Difesa appare contraddittoria, discriminatoria e follemente lesiva degli interessi della pubblica amministrazione e dei diritti del signor Comellini, perché se fosse vero il pericolo prospettato dal colonnello De Giorgi non si comprenderebbe allora quali siano state le ragioni che hanno portato l'amministrazione della Difesa ad assegnare il Comellini presso una sede dove, al pari della precedente, vi potrebbe essere la medesima possibilità che lo stesso possa venire a contatto con armi ed esplosivi, oltre ai ben più pericolosi ordigni bellici a carica chimica, e non invece uno dei numerosi enti o reparti della Difesa che hanno sede nel territorio del comune di residenza del Comellini medesimo -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa, quali siano state le ragioni per cui il direttore dell'ufficio tecnico territoriale armamenti terrestri, colonnello Co. Ing.t. SG Carmelo De Giorgi, abbia espresso considerazioni, ad avviso degli interroganti, così gravemente lesive della dignità e dell'immagine del signor Comellini;
quali siano state le ragioni e i criteri adottati dall'amministrazione della difesa per determinare quale nuova sede di servizio il centro tecnico logistico interforze NBC (CETLI NBC) e non invece uno dei numerosi enti o reparti della difesa o di altre amministrazioni pubbliche che hanno sede nel territorio del comune di Cerveteri;
se non ritengano di dover intervenire con opportune iniziative volte a garantire il pieno rispetto dei diritti del signor Luca Marco Comellini, anche in relazione alla patologia dallo stesso sofferta, e conseguentemente se intendano avviare ogni opportuna iniziativa affinché gli organi competenti valutino la possibilità di assegnare il dipendente in premessa presso una sede dell'amministrazione militare, o di altre, ubicata nel territorio del comune di Cerveteri;
se intendano trasmettere gli atti del procedimento di cui in premessa alle procure competenti affinché ne valutino la correttezza e l'eventuale sussistenza di un danno dovuto all'eccessiva durata del procedimento medesimo avviato su istanza del Comellini in data 5 febbraio 2009;
quali provvedimenti ritengano di dover adottare nei confronti di coloro che anche con comportamenti omissivi e commissivi abbiano permesso che i fatti di cui

in premessa si realizzassero con il conseguente danno per gli interessi dell'amministrazione militare e civile della difesa nonché per i diritti e per gli interessi del signor Comellini.
(4-13533)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA, LUPI, VIGNALI, TOCCAFONDI, PAGANO e CENTEMERO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
durante la 66a sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU la Santa Sede attraverso il discorso di monsignor Mamberti, segretario della Santa Sede per i rapporti con gli Stati, ha esortato il gruppo di otto Paesi di grande peso politico, economico e sociale noto come G8 a rispettare gli impegni presi negli ultimi anni riguardo agli aiuti allo sviluppo;
a Gleneagles, città scozzese, i Paesi del G8 si sono impegnati nel 2005 ad aumentare i propri aiuti all'Africa a 25.000 milioni di dollari, ma questa promessa non è stata mantenuta;
il rappresentante della Santa Sede ha indicato che le attività economiche e commerciali orientate allo sviluppo dovrebbero essere capaci di far diminuire efficacemente la povertà e di alleviare le sofferenze dei più indifesi; a nome della Santa Sede ha ribadito l'importanza di una nuova e profonda riflessione sul senso dell'economia e i suoi obiettivi, così come di una revisione lungimirante dell'architettura finanziaria e commerciale globale, nel contesto dell'elaborazione di un nuovo modello di sviluppo, per correggere i problemi di funzionamento e le distorsioni, richiesto soprattutto dalla crisi culturale e morale dell'uomo, i cui sintomi sono evidenti ovunque da tempo;
di fronte al prolungamento della crisi economica e finanziaria mondiale, monsignor Mamberti ha sottolineato il deficit etico nelle strutture economiche come elemento fondamentale della crisi attuale; poiché ogni decisione economica ha una conseguenza morale ha ribadito la necessità di un'etica centrata nella persona e capace di offrire prospettive alle nuove generazioni; rivolgendosi al presidente dell'Assemblea, gli ha ricordato che il suo contributo alla costruzione di un mondo più rispettoso della dignità umana dimostrerà l'effettiva capacità dell'ONU di compiere la sua missione;
monsignor Mamberti ha anche espresso la preoccupazione della Santa Sede per gli eventi che hanno luogo in alcuni Paesi dell'Africa del Nord e del Medio Oriente; ha rinnovato l'appello del Santo Padre Benedetto XVI affinché tutti i cittadini, in particolare i giovani, facciano tutto il possibile per promuovere il bene comune e per costruire società in cui si vinca la povertà e ogni opzione politica si ispiri al rispetto della persona umana -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione ai contenuti forniti da monsignor Mamberti;
se il Governo non ritenga utile verificare l'attuazione degli impegni assunti nel G8;
quali siano le intenzioni del Governo per rendere effettiva la dichiarazione di impegni assunti a Gleneagles.
(5-05486)

Interrogazione a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno reso nota la notizia che si è svolto in Sicilia, nei giorni scorsi, un ampio dibattito in Commissione Sanità convocata dal presidente per discutere del «Piano di riordino dei punti-nascita»;

la decisione è stata presa perché il piano citato ha lo scopo di chiudere alcuni presidi sanitari attualmente operanti sul territorio siciliano;
l'assessore competente ha spiegato le ragioni che fondano la decisione presa, con il supporto di esperti i professori della materia, tutti membri della società italiana di ginecologia, i quali hanno illustrato dati e criteri seguiti per l'analisi svolta, sfociata nella istanza di considerare la necessità di realizzare la chiusura di numerosi presidi sanitari;
soffermandoci sulla specifica situazione inerente lo splendido arcipelago delle Eolie, gli esperti hanno paradossalmente sostenuto che, attraverso la chiusura del presidio di ostetricia e ginecologia, fatto che si è generato notevole malcontento nei comuni interessati ad evitarne la chiusura, si otterrebbe una riqualificata rete di assistenza per garantire meglio le puerpere, volendo così privilegiare la sicurezza di ogni intervento effettuato e la qualità delle prestazioni fornite;
le affermazioni si basano sul fatto che i centri dove avvengono un numero di parti inferiori ai 500, come accade nel presidio di Lipari, si fornirebbe un servizio di qualità inferiore;
a conclusione dell'incontro, vista la gravità della misura proposta, è stata chiesta ed ottenuta la sospensione per un mese del decreto assessoriale. Nelle more, anche in considerazione dell'impatto registratosi in alcuni centri, in questo atto di sindacato ispettivo più specificamente riferito delle isole Eolie e segnatamente del presidio esistente, si auspica ancora per lungo tempo, a Lipari, la Commissione ha deciso di convocare un nuovo incontro esteso alla partecipazione dei sindaci dei territori interessati oltre che agli esponenti della società di ginecologia per giungere a una revisione dei criteri delle deroghe e far si che anche laddove è previsto l'accorpamento dei punti nascita si realizzi una unica sede operativa con la guardia ostetrica che dovrebbe essere operativa 24 ore su 24;
lo spostamento del presidio al di fuori dell'arcipelago eoliano costringerebbe le donne incinte e le loro famiglie a lunghi, costosi e disagevoli trasferimenti al di fuori della propria casa, del proprio ambiente, subendo la decisione come un'imposizione poiché, dalla comparazione degli eventuali benefici rispetto ai costi certi, si ripete, non solo economici, la popolazione residente ha chiaramente dimostrato di non gradire la soluzione prospettata dalle autorità competenti -:
se i Ministri interrogati abbiano valutato opportunamente il fatto che l'eventuale chiusura del presidio sanitario possa pregiudicare realmente e gravemente i livelli essenziali di assistenza, se la decisione sia stata valutata in ragione del contenimento della spesa sanitaria, posto che il piano di rientro, nell'isola, non ha visto la nomina di un Commissario ad acta, essendo i Ministri interrogati competenti a sovrintenderlo, poiché eventuali motivazioni di natura economica non possono in nessun modo influenzare l'opera dell'amministrazione sanitaria sino al punto di violare in modo fattuale e concreto l'inviolabile diritto costituzionale alla salute, e di conseguenza quali iniziative gravi ed urgentissime intendano porre in essere per dare soluzione ai fatti narrati.
(4-13504)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI del 4 ottobre 2011, oltre 200 detenuti del carcere di Enna hanno inviato una lettera alle più alte cariche dello Stato, al Csm, al Garante per i diritti dei detenuti e al presidente del tribunale di sorveglianza di Caltanissetta;

nella lettera i detenuti dicono di «accettare le pene inflitte, ma non di essere privati dei diritti e della dignità», nonché di «voler essere considerati esseri umani e non sentirsi vittime di logiche giustizialiste»;
nella lettera gli scriventi denunciano che nel carcere di Enna in una cella di 21 metri quadrati vivono 7 persone con brande a 4 piani e sottolineano di non ottenere, pur avendone diritto, benefici riconosciuti dalla legge, per i ritardi del tribunale di sorveglianza di Caltanissetta -:
quali iniziative intenda assumere il Governo in relazione al grave sovraffollamento in cui versa la struttura penitenziaria di Enna;
se con riferimento alla struttura penitenziaria in questione intenda verificare urgentemente: a) il rispetto degli spazi previsti per legge; b) lo stato in cui si trovano le celle, con specifico riferimento alla possibilità di cucinare e mangiare, ai servizi igienici, all'ingresso di luce naturale e artificiale, all'aerazione diurna e notturna, al riscaldamento, in rapporto anche al numero di soggetti ristretti in ciascuna cella; c) lo stato degli arredi posti nelle celle, ivi compresi letti e materassi;
entro quali termini, in media, vengano evase dal tribunale di sorveglianza di Caltanissetta le istanze dei detenuti e qualora sussistessero ritardi a quali cause siano riconducibili gli eventuali ritardi nell'emissione dei provvedimenti.
(4-13514)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 7 ottobre su La Gazzetta di Modena, è stato pubblicato un articolo intitolato: «I detenuti protestano: non possiamo farci inviare saponi e cibi dai parenti»;
l'artico in questione dà conto di una lettera scritta dai detenuti del carcere Sant'Anna al Ministro della giustizia, al magistrato di sorveglianza di Modena, dottore Mazza, e a Marco Pannella, quest'ultimo da mesi in sciopero della fame per ridurre il sovraffollamento delle carceri; nella lettera i detenuti denunciano le condizioni di scarsa vivibilità all'interno del S. Anna, per quello che riguarda gli spazi e soprattutto il cibo: «Ogni giorno dobbiamo convivere con una situazione che è fuori dagli standard europei. Abbiamo due docce per 72 detenuti e l'acqua esce o gelida o tanto calda da ustionare. Ma non è questo il peggio perché dobbiamo fare anche i conti con la pulizia delle nostre celle: gli stracci sono stati soppressi per carenze di bilancio, come dice la direttrice, mentre i detersivi ci vengono consegnati così allungati con acqua da essere poco utilizzabili. E la carta igienica? Un rotolo a settimana. Quando usciamo nel cortile per l'ora d'aria dobbiamo condividere 220 metri per 200 detenuti: la media è di 1,20 metri quadrati a testa. Ma quello che è peggio è che i nostri familiari non riescono più a portarci da casa né il cibo già preparato né i detergenti per le pulizie, a differenza di quanto avviene nelle altre carceri italiane. Il tutto, ovviamente, pagato dai nostri cari e che non costerebbe nulla all'amministrazione del carcere. Persino la frutta fresca è stata vietata: in compenso il sopravvitto da acquistare allo spaccio interno è aumentato di prezzo. A loro i prezzi non li tagliano mai?»
secondo l'articolo sopra citato, fonti ufficiose dalla direzione del carcere avrebbero spiegato che gli aumenti di prezzo sono previsti dai contratti d'appalto e che i controlli sono mensili. La regola prevede che i prezzi siano tarati su quelli del supermercato più vicino entro un raggio di 250 metri: di conseguenza i rincari innescati dall'aumento dell'iva sarebbero arrivati a valanga anche nello spaccio interno del carcere;

per quanto riguarda, invece, il problema dell'arrivo dei cibi dall'esterno, un mese fa la direttrice del carcere di Modena si giustificò dicendo che «il regolamento prevede controlli per i cibi non confezionati e per igiene non si possono usare le stesse posate per controllare tutti i cibi portati» -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
cosa intenda fare il Ministro dell'interno per riportare il numero complessivo dei detenuti del carcere di Modena a quanto previsto dalla normativa;
cosa intenda fare per rendere pienamente conformi alla legge le condizioni di detenzione delle persone recluse nel carcere S. Anna, per fornire loro gli strumenti necessari a mantenere l'igiene delle celle e quella personale, per assicurare la fornitura di acqua fredda o calda a temperature non eccessive e per aumentare il numero delle docce per detenuti presenti;
per quali motivi i familiari dei detenuti non possano portare in carcere cibi e saponi per i loro familiari e se e quali provvedimenti intenda adottare affinché tutto ciò possa invece avvenire, ovviamente nel rispetto del regolamento e delle norme sulla sicurezza interna del carcere;
quali siano le voci che compongono l'elenco del cosiddetto sopravvitto e se il relativo listino prezzi sia soggetto ad un qualche visto di congruità secondo le disposizioni vigenti;
se ritenga che la procedura adottata negli istituti di pena italiani sia corretta sotto il profilo del controllo dei prezzi, della vendita dei prodotti, e del controllo delle merci sottoposte alla vendita;
cosa intenda fare per controllare i prezzi praticati all'interno degli istituti di pena per la vendita ai detenuti di generi di varia natura.
(4-13516)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - Premesso che:
secondo quanto pubblicato da Vita il 4 ottobre 2011, in Sardegna sette carceri su dodici non hanno un direttore;
secondo Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme»: «per le carceri sarde la condizione è insostenibile posto che da diversi anni l'Amministrazione Penitenziaria infatti non assume direttori»;
più in particolare: Gianfranco Pala, direttore della casa circondariale di Cagliari, quella che ospita un quarto delle persone private della libertà in Sardegna, regge anche l'istituto di pena di Iglesias; Pierluigi Farci, responsabile di Oristano, anche la colonia penale di «Is Arenas»; Gabriella Incollu, oltre all'Istituto di Nuoro, dirige anche la colonia penale di «Mamone»; Marco Porcu, titolare a Isili, deve curare anche Lanusei, mentre Teresa Mascolo, oltre al «San Sebastiano» di Sassari dirige anche Tempio Pausania;
non è possibile che un direttore debba reggere fino a quattro strutture, anche perché questa situazione porta gli amministratori dei penitenziari sardi a svolgere solo l'ordinaria amministrazione con grave nocumento di tutte quelle attività volte alla rieducazione e al reinserimento sociale dei detenuti;
a giudizio della prima firmataria del presente atto è paradossale che non sia stata prevista alcuna nuova assunzione di direttori, considerando che nell'isola in questione sono in costruzione quattro nuove strutture penitenziarie -:
se intenda adottare iniziative urgenti al fine di garantire a tutti gli istituti di pena sardi i necessari direttori;
cosa intenda fare, per quanto di competenza, per ridurre il numero dei detenuti presenti in Sardegna, per rafforzare gli educatori e gli psicologi nonché per rendere meno pesante il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria.
(4-13517)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il sette ottobre 2011 l'agenzia di stampa Adnkronos ha diramato la seguente, preoccupante, notizia: il carcere di Sollicciano è infestato dalle zecche dei piccioni;
a lanciare l'allarme sulla presenza delle zecche all'interno dell'istituto di pena fiorentino è stata la Uil-Pa Penitenziari che, tramite il suo segretario generale, Eugenio Sarno, ha prontamente sollecitato «vivamente le competenti autorità del Provveditorato e del Dipartimento, nonché le autorità sanitarie locali ad attivarsi con immediatezza per garantire le necessarie attività disinfestanti»;
qualche settimana fa gli operatori giuridici-pedagogici di Sollicciano hanno direttamente rilevato la presenza di nidi, residui nidiacei e di escrementi di piccioni negli ambienti penitenziari, tanto che si è dovuto procedere alla chiusura preventiva e cautelare per la disinfestazione di una sala colloqui ubicata presso l'infermeria del carcere;
gli escrementi, i nidi, i residui, le carcasse sono fattori veicolanti non solo di parassiti, ma anche di pericolose patologie infettive (alcune contagiose e persino mortali) tra le quali si ricordano salmonellosi, criptococcosi, istoplasmosi, ornitosi, aspergillosi, candidosi, clamidosi, coccidiosi, encefalite, tubercolosi. È necessario, quindi, non solo procedere a sistematiche disinfestazioni, quanto prevedere un piano di contenimento delle presenze dei volatili infestanti;
l'installazione di sistemi di allontanamento dei volatili o l'apposizione di materiale anti-posatoio per i piccioni eviterebbero il pericolo della diffusione di malattie infettive e contribuirebbero al contenimento delle spese di disinfestazione;
è del tutto evidente che in una situazione igienico-sanitaria all'interno dei nostri istituti di pena già compromessa dal sovraffollamento ogni ulteriore elemento critico potrebbe far precipitare la situazione in brevissimo tempo -:
se, negli ambiti di competenza, il Governo intenda attivarsi con immediatezza al fine di garantire le necessarie attività disinfestanti all'interno del carcere di Sollicciano;
se non si intenda prevedere quanto prima un piano di contenimento delle presenze dei volatili infestanti mediante l'installazione di sistemi di allontanamento degli stessi o l'apposizione di materiale anti-posatoio per i piccioni.
(4-13519)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI la sera del 7 ottobre 2011, verso le 22.30, Fabrizio Piras, 23 anni, è morto in una cella del carcere di San Sebastiano di Sassari;
l'uomo era stato arrestato il 14 aprile per rapina e si trovava in carcere in stato di custodia cautelare in attesa di essere processato;
il fatto è avvenuto mentre Piras era da solo nella sua cella. Sul posto sono intervenuti il pubblico ministero di turno, dottor Gianni Caria, e il medico legale, dottor Francesco Lubinu, insieme ai carabinieri della sezione investigazioni scientifiche del reparto operativo di Sassari per i rilievi;
a seguito dell'ispezione sul cadavere dell'uomo, il dottor Lubinu avrebbe attribuito la causa della morte a «soffocamento per dilatazione dell'epiglottide, causata da volontaria inalazione da gas da

bombola», probabilmente di un fornelletto da campeggio -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, nel rispetto e indipendentemente dall'inchiesta che sulla vicenda ha aperto la magistratura, un'indagine amministrativa interna volta a verificare eventuali responsabilità amministrative o disciplinari dell'amministrazione penitenziaria, anche alla luce della forte carenza di personale che limita inevitabilmente le possibilità di vigilanza sui detenuti;
se e quali urgenti iniziative di carattere normativo il Governo intenda adottare al fine di ridurre i tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, ed il conseguente potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010.
(4-13520)

CICCHITTO, CORSARO, TORRISI, SANTELLI, VITALI, DIMA, SALTAMARTINI, OSVALDO NAPOLI, BERTOLINI, LAFFRANCO, BERNARDO, ROMELE, PIANETTA, BACCINI, GIOACCHINO ALFANO, ANTONINO FOTI, DE LUCA, BOCCIARDO, MARINELLO, MARSILIO, PALMIERI, CALDERISI, BALDELLI, BIANCONI, CICU, HOLZMANN, SCALERA, LORENZIN, BIANCOFIORE, GIANFRANCO CONTE, PILI e MURGIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 19 settembre 2011 il tribunale di Milano, presso il quale è pendente il cosiddetto «processo Mills» nei confronti del presidente Berlusconi, ha revocato circa dieci testimonianze, richiesti dalla difesa e precedentemente ammesse. Ciò, peraltro, con la dichiarata finalità di addivenire in ogni caso al pronunciamento di una sentenza di primo grado di un processo comunque prossimo alla prescrizione, e già viziato da un opinabile e arbitrario slittamento in avanti di due anni dei termini della prescrizione stessa;
in data 26 settembre, analoga decurtazione della lista dei testimoni richiesti dalla difesa dell'onorevole Berlusconi è stata operata dai giudici del tribunale di Milano dinanzi ai quali è pendente il cosiddetto «processo Mediaset»;
sempre presso il tribunale di Milano è pendente il cosiddetto «processo Ruby» nei confronti del Presidente del Consiglio, la cui tesi accusatoria è per lo più sostenuta da atti di indagine compiuti ad avviso degli interroganti in aperta violazione della legge n. 140 del 2003 (cosiddetta «legge Boato») in materia di intercettazione delle comunicazioni di membri del Parlamento, dell'articolo 68 della Costituzione e di una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale. Rispetto all'eccezione di tali violazioni, documentate in atti parlamentari di sindacato ispettivo e segnalate dalla difesa dell'onorevole Berlusconi in sede processuale, il tribunale non ha ritenuto di motivare adeguatamente il rigetto delle eccezioni difensive;
nonostante la chiara finalizzazione degli atti di indagine nei confronti del Presidente del Consiglio, l'iscrizione dell'onorevole Berlusconi sul registro degli indagati per il cosiddetto «caso Ruby» si è verificato, sempre ad avviso degli interroganti, con inspiegabile ritardo, al punto da non potersi escludere che tale procedura di garanzia sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell'attività intercettiva in violazione della legge;
nell'ambito del medesimo «caso Ruby», diversi organi di stampa hanno pubblicato trascrizioni di telefonate intercettate tra l'avvocato Luca Giuliante e Karima El Mahroug, sua assistita nel periodo al quale tali conversazioni si riferiscono;
nel rigettare in data 3 ottobre una richiesta di custodia cautelare agli arresti

domiciliari avanzata dalla difesa dell'onorevole Alfonso Papa, sottoposto a regime di carcerazione preventiva nell'ambito del cosiddetto «caso P4» nonostante l'avvenuto rinvio a giudizio immediato con tanto di fissazione della prima udienza, il giudice per le indagini preliminari di Napoli, seppur sollecitato dal collegio difensivo, avrebbe omesso di acquisire la cartella clinica del detenuto, comprovante uno stato di salute difficilmente compatibile con il regime carcerario (già di per sé di dubbia rispondenza ai requisiti di legge in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari);
il perdurare del regime di carcerazione preventiva ha indotto gli avvocati difensori dell'onorevole Papa a rimettere il proprio mandato, motivando fra l'altro tale decisione con l'impossibilità di esercitare correttamente il diritto di difesa in considerazione dell'ingente quantità di atti d'inchiesta prodotti dalla procura della Repubblica di Napoli e della difficoltà di esaminare gli stessi unitamente all'accusato in stato di detenzione;
secondo notizie di stampa, nell'ambito di un procedimento penale a carico di Valter Lavitola, Gianpaolo Tarantini e Angela Devenuto, con l'accusa di estorsione nei confronti del Presidente del Consiglio onorevole Silvio Berlusconi, la procura della Repubblica di Napoli - successivamente dichiarata priva della competenza territoriale dal giudice delle indagini preliminari e dal tribunale del riesame - avrebbe disposto una perizia sulla memoria del telefono blackberry del Tarantini apparentemente al fine di conoscere i contenuti delle comunicazioni intercorse mediante un sistema di messaggistica tra il Tarantini stesso e il suo difensore, avvocato Nicola Quaranta, tutelate dal codice di procedura penale (articolo 103) e dalla stessa Costituzione (articoli 24 e seguenti inerenti il diritto di difesa);
i sostituti procuratori di Napoli avrebbero altresì proceduto all'assunzione di informazioni nei confronti dei difensori di un indagato, i quali sarebbero stati obbligati a rispondere in quanto sollevati dal segreto professionale da essi opposto in virtù di un decreto adattato dalla stessa procura della Repubblica. Il codice di procedura penale circoscrive tale possibilità ai casi eccezionali nei quali, solo dopo aver svolto accertamenti, l'opposizione del segreto professionale risulti infondata;
nell'emettere ordinanze restrittive della libertà personale - a dispetto della chiara incompetenza territoriale e senza aver preventivamente escusso la presunta vittima lesa dell'ipotizzata estorsione -, l'autorità giudiziaria di Napoli ha disposto fra l'altro la custodia cautelare in carcere di Angela Devenuto, madre di due bambine una delle quali di due anni di età, nonostante il codice di procedura penale (articolo 275) vieti tale misura, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, nei confronti di madri con prole convivente inferiore a tre anni di età. Solo in un secondo momento la misura cautelare è stata commutata negli arresti domiciliari, e successivamente revocata unitamente a quella emessa a carico del Tarantini;
interpellato nel corso di un'intervista sul percorso attraverso il quale la procura di Napoli sarebbe arrivata a Giampaolo Tarantini, il procuratore Giandomenico Lepore ha risposto: «È il sistema delle intercettazioni, l'unico mezzo di prova rimasto. Scavando scavando, si arriva a fatti di reato che certo non possiamo far finta di non sentire», con ciò ad avviso degli interroganti di fatto ammettendo l'utilizzo delle cosiddette «intercettazioni a strascico», ovvero delle intercettazioni come mezzo di ricerca del reato e non come mezzo di ricerca della prova come previsto dal codice di procedura penale;
la procura della Repubblica di Napoli ha notificato all'onorevole Silvio Berlusconi una citazione a comparire in qualità di persona informata sui fatti. Tuttavia, in una ordinanza di custodia cautelare nell'ambito del medesimo procedimento penale, il giudice per le indagini preliminari aveva qualificato come «fatti indubbiamente

collegati» le circostanze oggetto di indagine a Napoli e quelle oggetto del cosiddetto «processo Ruby» in corso a Milano nei confronti dello stesso Presidente del Consiglio. Le affermazioni del giudice per le indagini preliminari avrebbero pertanto reso incompatibile la convocazione del presidente Berlusconi come persona informata sui fatti, e dunque in assenza dell'avvocato, con l'esercizio del diritto di difesa così come declinato dal codice di procedura penale (articoli 363 e 210). L'ipotesi che le iniziative assunte dalla procura di Napoli potessero essere finalizzate a una strumentale aggressione mediatico-giudiziaria nei confronti del Presidente del Consiglio - oltreché dall'ennesimo caso di intercettazione indiretta e dunque illegittima delle comunicazioni di un parlamentare, dalla divulgazione di atti non ancora depositati e dunque coperti dal segreto istruttorio, e dalla paventata assunzione di iniziative eclatanti come l'accompagnamento coatto pur in presenza di una palese incompetenza territoriale successivamente riconosciuta dal giudice per le indagini preliminari - pare del resto suffragata dalle affermazioni pronunciate a suo tempo dal dottor Lepore, che nel corso di una trasmissione radiofonica ha definito «memoria difensiva» la dichiarazione scritta consegnata all'autorità giudiziaria dal presidente Berlusconi, ufficialmente non indagato e dunque non bisognoso di difendersi da alcunché;
in base a dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Napoli, l'audizione dell'onorevole Berlusconi sarebbe stata essenziale per verificare la competenza territoriale. Se ne deduce ad avviso degli interroganti, che atti restrittivi della libertà personale come l'emissione di ordinanze di custodia cautelare in carcere siano stati compiuti in assenza della certezza della competenza stessa, difatti successivamente negata dal giudice per le indagini preliminari;
poche ore prima che il giudice per le indagini preliminari dichiarasse la incompetenza territoriale dell'autorità giudiziaria di Napoli, i pubblici ministeri all'epoca titolari delle indagini hanno depositato presso il tribunale del riesame numerosi atti per nulla pertinenti con l'oggetto del procedimento penale allora in essere per estorsione ma attinenti ad una indagine pendente presso la procura della Repubblica di Lecce nei confronti del procuratore di Bari Antonio Laudati, con il prevedibile risultato di ottenere la divulgazione degli stessi alla vigilia dell'audizione del dottor Laudati presso il Consiglio superiore della magistratura. I medesimi atti sono stati oggetto di critica da parte di taluni dei testimoni escussi in ordine alla mancata registrazione e alla modalità di verbalizzazione;
per quanto attiene il cosiddetto filone «Tarantini-Lavitola», all'esito del moltiplicarsi di iniziative penali vertenti sui medesimi soggetti e su vicende fra loro analoghe, talune delle quali oggetto di dichiarazioni di incompetenza territoriale fra loro difformi, secondo le ricostruzioni di stampa potrebbe profilarsi la situazione certamente singolare di quattro uffici giudiziari - Napoli, Lecce, Roma e Bari - procedenti con ipotesi investigative sovrapposte, incrociate quando non addirittura contraddittorie -:
se non ritenga che i fatti esposti, la cui elencazione non si ritiene esaustiva ma certamente esemplare, non configurino una lesione grave e continuativa del diritto di difesa costituzionalmente sancito, tale da richiedere l'urgente adozione di ogni iniziativa di sua competenza.
(4-13535)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia della nomina del curatore fallimentare

dell'azienda Arenaways, compagnia ferroviaria privata con oltre 70 dipendenti;
l'agenda, prima ad aver offerto un servizio ferroviario alternativo a quello offerto da Trenitalia sulle direttrici regionali tra Piemonte e Lombardia, ha decretato il fallimento prima dell'estate e ora è in esercizio provvisorio;
il curatore fallimentare si è detto ottimista in merito alla vendita dell'azienda, e ha affermato che si tenterà di ricollocare tutti i dipendenti e di pagare i creditori;
i problemi dell'azienda sono iniziati a seguito della decisione dell'ufficio per la regolazione del traffico ferroviario che non ha autorizzato le fermate intermedie sulla linea Torino-Milano, con evidenti ripercussioni economiche per la società, la quale ha presentato due ricorsi all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Commissione europea;
tale imposizione ha subito fatto emergere una latente forma di ostilità con finalità oggettivamente anticoncorrenziali, e palesemente in contrasto con le direttive sulla liberalizzazione del mercato dei trasporti su rotaia;
la vicenda dell'azienda Arenaways purtroppo dimostra come chiunque tenti di offrire servizi alternativi a Trenitalia sia costretto ad operare in condizioni impari e nettamente svantaggiate;
la finalità della liberalizzazione del mercato dei trasporti su rotaia è quella di offrire servizi concorrenziali a vantaggio dei cittadini che quotidianamente usano i mezzi di trasporto per raggiungere il proprio posto di lavoro e per tutti quelli che non hanno alternative per spostarsi;
purtroppo l'azienda non avrebbe potuto contare nemmeno sull'appoggio della regione Piemonte, schieratasi dalla parte di Trenitalia, negando che il limite imposto dall'ufficio per la regolazione del traffico ferroviario abbia arrecato disagi economici alla compagnia ferroviaria e affermando che le fermate intermedie della linea Torino-Milano non avrebbero risolto il problema del trasporto piemontese;
è indubbio che la soluzione al problema del trasporto locale non sia riconducibile alla sola concessione o limitazione di una singola tratta, ma è altrettanto evidente come scelte di carattere palesemente anticoncorrenziale non contribuiscano a rendere più efficienti e variegati i servizi offerti ai cittadini, né a dare applicazione a quanto previsto per favorire la liberalizzazione del mercato dei trasporti ferroviari -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di favorire la libera concorrenza nel mercato dei trasporti ferroviari, alla luce delle limitazioni imposte all'azienda Arenaways, riportate in premessa;
se vi siano, ad oggi, offerte concrete in merito all'acquisto dell'azienda in questione e quale sia il futuro degli oltre 70 dipendenti che stanno rischiando il proprio posto di lavoro.
(3-01881)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da anni si cerca di trovare un'adeguata alternativa al pericoloso passaggio a livello presente sulla strada provinciale che collega Centallo a Fossano (provincia di Cuneo);
il passaggio a livello si trova in un tratto ad elevato volume di traffico e, rimanendo chiuso per periodi prolungati (20-30 minuti) per motivi di esercizio ferroviario, genera enormi disagi sia alla circolazione locale che al transito di mezzi di soccorso;
il sindaco di Centallo si è rivolto alla regione Piemonte per sapere se ci siano dei fondi da stanziare per poter realizzare un'alternativa più sicura all'attuale passaggio

a livello, e confermato la disponibilità del comune a predisporre 50mila euro;
al vaglio dei tecnici della Rete ferroviaria italiana vi sarebbero due progetti: uno prevedrebbe il ripristino di una vecchia strada che consentirebbe il superamento del passaggio a livello con un cavalcavia, già presente, per un importo di circa 350mila euro, e l'altro la realizzazione di un sottopassaggio per le autovetture, per il quale si sta valutando la possibilità di reperire i fondi rinunciando alla realizzazione di una parte del primo lotto del raddoppio dei binari da Cuneo a Fossano, rendendo così disponibili tali risorse per l'attuazione del sottopassaggio;
ad oggi, infatti, soltanto il primo dei tre lotti in cui è suddiviso il raddoppio di binari da Cuneo a Fossano risulterebbe finanziato;
è indubbio che, qualunque sia il progetto che verrà approvato, è necessario farlo in tempi certi soprattutto alla luce dei gravi disagi, in termini di sostenibilità e di sicurezza per la viabilità locale, che si riscontrano quotidianamente percorrendo questo tratto stradale -:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di sollecitare la Rete ferroviaria italiana all'approvazione di un progetto definitivo per il superamento delle attuali criticità presenti sulla strada provinciale in questione e al reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell'opera, in merito alla quale il comune di Centallo ha dichiarato di voler mettere a disposizione 50mila euro.
(5-05491)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ancora una volta Trenitalia e il suo management penalizzano fortemente tutta la Puglia con la decisione di sopprimere, dal 4 ottobre 2011, due corse Eurostar tra Roma e Bari, cosa peraltro avvenuta senza avvertire in modo adeguato l'utenza, a partire da quanti nei giorni precedenti avevano regolarmente acquistato il biglietto per i convogli in partenza da Bari alle ore 10 e in partenza da Roma alle ore 18.45;
ancor più nello specifico, va a penalizzare ulteriormente la provincia di Barletta-Andria-Trani. Appena quattro mesi fa, infatti, l'azienda ferroviaria aveva deciso di ripristinare, sulla medesima tratta, due fermate a Barletta. Salvo poi fare marcia indietro, creando enormi problemi all'utenza della sesta provincia, nel momento in cui la fermata di Barletta veniva spostata all'improvviso a Trani;
come già ribadito dall'interrogante sul medesimo tema nell'interrogazione n. 4-05397, è davvero paradossale che, proprio nel periodo in cui l'alta velocità ferroviaria sta compiendo passi da gigante, vi siano interi territori del nostro Paese (peraltro quasi tutti nel Mezzogiorno) assolutamente penalizzati -:
quali iniziative, per quanto di sua competenza, ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa e in relazione alla necessità di garantire anche agli utenti della Puglia, e in generale di tutto il Mezzogiorno, servizi ferroviari adeguati e all'altezza.
(4-13502)

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da articoli apparsi sui quotidiani «il Tirreno» e «La Nazione» di giovedì 6 ottobre 2011 una società di Aosta, la Seva s.r.l. (società energia Valle d'Aosta), avrebbe presentato un progetto di campo eolico nelle acque antistanti il Parco di San Rossore per quasi quattro decine pale eoliche alte 100 metri in mezzo al mare, a 4 chilometri a largo dalla foce del

Serchio per produrre energia elettrica e collegate alla rete nazionale con dei cavi sottomarini;
il predetto parco eolico off-shore prevede la messa in opera di 38 aerogeneratori con una potenza prevista di 3.6 megawatt ciascuno ed una potenza complessiva installata pari a 136.80 megawatt. Essi verranno posizionati su 4 file a largo della coste dei comuni di Pisa, Vecchiano (Pisa) e San Giuliano Terme (Pisa) occupando un'area complessiva di circa 9.3 km quadrati all'interno delle acque di competenza della Capitaneria di Porto di Livorno;
il sopraccitato progetto si trova affisso all'albo dei comuni dell'area pisana interessata e segue due iter paralleli: uno per la concessione demaniale marittima al competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il secondo per la valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
numerose sono le manifestazioni di stupore da parte delle amministrazioni locali che non sono state debitamente informate dalla società promotrice del progetto, come si apprende anche da dichiarazioni pubbliche riportate dalle agenzie di stampa -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del sopraccitato progetto e se essi non intendano informare le amministrazioni comunali, provinciali e regionali sullo stato dell'iter autorizzativo per il progetto di parco eolico off-shore nello specchio di mare antistante il Parco di San Rossore e se non ritengano utile, per quanto di competenza, promuovere un tavolo di confronto tra le parti.
(4-13508)

FUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la tragedia verificatasi il 3 ottobre 2011 a Barletta - con il crollo di una palazzina che ha causato la morte di cinque persone - ha colpito nel profondo del cuore un'intera comunità;
fermo restando il doveroso momento di cordoglio nazionale seguito alla tragedia, deve porsi davanti alle istituzioni una profonda riflessione sulle cause che nello specifico hanno causato - soprattutto in termini, di mancata precauzione - questo dramma;
inoltre non ci si può non chiedere quante altre potenziali situazioni simili vi siano in Italia alla luce del fatto che nel nostro Paese (e soprattutto nel Mezzogiorno) è diffuso anche un tipo di patrimonio edilizio composto da edifici vecchi e privi di manutenzione oppure da edifici più recenti che sono frutto di un tipo di edilizia diffusasi nei primi decenni del dopoguerra non in grado di garantire la sicurezza e la stabilità delle strutture -:
quali iniziative siano in corso di attuazione, da parte delle autorità competenti, per comprendere in tempi realmente rapidi le cause della sciagura di Barletta e quali siano le prime indicazioni emerse dagli accertamenti effettuati;
quali urgenti e non più rinviabili iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di rafforzare gli strumenti di prevenzione, controllo e repressione nei confronti dei responsabili al fine di riqualificare e rendere sicuro il patrimonio edilizio italiano, evitando così il ripetersi di altre tragedie simili.
(4-13510)

ROSATO, STRIZZOLO e MARAN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in riferimento ai collegamenti ferroviari in partenza dalla stazione di Trieste centrale verso le maggiori città italiane, risulta all'interrogante, che l'offerta dei collegamenti verso la capitale sia articolata in maniera molto debole;
gli unici collegamenti diretti verso Roma con partenza dalla stazione ferroviaria

di Trieste centrale sono un intercity diurno ed un intercity notturno, quindi nessuno di questi collegamenti diretti è coperto da un treno ad alta velocità;
i restanti collegamenti con Roma presuppongono un cambio di treno alla stazione di Venezia Mestre, collegamenti che, nonostante il cambio, hanno una durata complessiva di percorrenza ridotta rispetto i collegamenti diretti;
inoltre, sulla linea Roma-Trieste esiste una sola opzione valida dal tardo pomeriggio, ossia dopo le ore 17, nonostante sia l'orario di maggiore richiesta per il rientro dalla capitale;
sono molti gli utenti che, durante la settimana per motivi specialmente lavorativi, ma anche nel corso del week end, necessitano il raggiungimento della capitale partendo dal capoluogo giuliano e viceversa;
risulta all'interrogante che da circa tre mesi non è più possibile acquistare i biglietti validi per il vagone letto sulla tratta Trieste-Roma;
sono giunte segnalazioni dall'utenza che, onde ovviare a questo disservizio, con conseguente aggravio del prezzo dei biglietto, in molti sono costretti a viaggiare seduti fino alla stazione ferroviaria di Venezia Mestre dove, aspettata la composizione unica del convoglio con il treno proveniente da Udine, dove invece il medesimo acquisto è consentito, e si dirigono nella vettura letto, dove riescono a coricarsi superata abbondantemente la mezzanotte -:
quali siano le intenzioni del Governo circa un rafforzamento e miglioramento del collegamenti diretti e non diretti sulla linea Trieste-Roma e viceversa;
se il Ministro sia già a conoscenza dei disagi verificatisi nell'acquisto dei biglietti validi per i vagoni letto alla stazione ferroviaria di Trieste e quali misure abbia già intrapreso o intende intraprendere per giungere ad una soluzione.
(4-13525)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con le ordinanze numeri 397, 398, 399, tutte del 6 ottobre 2011, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione prima, ha accolto le domande cautelari proposte dalle parti ricorrenti, comune di Tresnuraghes e associazione Italia Nostra, contro l'installazione di sistemi radar in aree ricadenti nell'ambito n. 6 «Carbonia ed Isole Minori» e n. 8 «Arburese» del Piano paesaggistico regionale;
in buona sostanza collegio giudicante ha rilevato che:
a) l'interesse nazionale perseguito con la realizzazione dell'opera pubblica qui all'esame cede di fronte al superiore interesse pubblico costituito dalla tutela della salute;
b) la tutela della salute nell'ordinamento italiano è pacificamente intesa come diritto soggettivo della persona e come interesse della collettività ad un ambiente salubre;
c) è del tutto evidente che la salute può subire nocumento dalla degradazione dell'ambiente;
d) i due beni, ambiente e salute sono pertanto caratterizzati da una forte interazione reciproca tanto che, lo stesso legislatore ha da tempo sottolineato il nesso tra salute e condizioni ambientali (si vedano a tal proposito gli articoli 2 e 4 della legge n. 833 del 1978 in cui si fa espresso riferimento ai fatti aggressivi provenienti dall'ambiente naturale tra le possibili cause di lesione della salute umana);
e) il legame del diritto all'ambiente salubre con la tutela della salute attribuisce a tale tutela il valore della assolutezza; ciò significa che esso va protetto, come afferma attenta dottrina, contro ogni iniziativa

ostile da chiunque essa provenga e con la conseguenza che esso ha anche una valenza incondizionata;
f) la tutela deve ritenersi ampliata fino a comprendere le ipotesi in cui i rilievi scientifici non hanno raggiunto una chiara prova di nocività a lungo termine per cui occorre applicare il principio di minimizzazione che costituisce il corollario del principio di precauzione di derivazione comunitaria;
g) nel caso sottoposto all'attenzione del collegio il parere dell'ARPAS non sembra reso (stante anche la complessità della questione dal punto di vista scientifico) sulla base di una approfondita istruttoria ma, per stessa ammissione della amministrazione procedente, in modo frettoloso «per non perdere i finanziamenti per questa opera di interesse nazionale»;
h) il Collegio rileva che l'interesse alla percezione di finanziamenti, quale che sia la rilevanza degli stessi è sicuramente recessivo rispetto al rischio, anche solo potenziale per la salute umana; non si può inoltre non ricordare che la salubrità dell'ambiente va intesa non solo come assenza di danno ma anche e soprattutto come assenza di alterazione irreversibile o comunque permanente di fattori ambientali la cui cura è affidata alla pubblica amministrazione in modo prioritario rispetto ad altri interessi, tanto più se economici;
i) risulta dagli atti di causa che l'ARPAS, in un primo momento, ha espresso parere negativo relativamente al radar di Tresnuraghes, di caratteristiche analoghe se non identiche rispetto a quello di Sant'Antioco in un sito, le cui condizioni ambientali non sembrano essere più sfavorevoli per l'installazione rispetto a quelle interessanti il sito qui all'esame, in cui è evidente e nota la presenza di cittadini e di turisti -:
se i Ministri interrogati, a fronte di così articolati e puntuali rilievi che hanno determinato l'accoglimento della misura cautelare richiesta dalle parti ricorrenti, non ritengano di dover rivedere i propri intendimenti e se non ritengano che vi siano sufficienti e valide motivazioni per trasmettere gli atti dei procedimenti oggetto dei giudizi in premessa alle procure della Repubblica competenti per territorio affinché sia accertata l'esistenza di eventuali ipotesi di reato.
(4-13528)

RAISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la linea ferroviaria tra Mantova e Milano serve quotidianamente un gran numero di utenti che si spostano tra le province di Mantova e Cremona e la città di Milano;
tale linea ferroviaria è caratterizzata da guasti frequenti e continui ritardi, ed in particolare, da ultimo:
a) in data 26 settembre 2011 il diretto 2663 per Mantova, in partenza alle 19.15 da Milano Centrale, ha accumulato 130 minuti di ritardo. Il treno, partito da Milano con un ritardo di 12 minuti, dovuto al ritardo del materiale corrispondente (diretto 2660 da delle 16.50 da Mantova), ha proceduto per tutto il viaggio a velocità ridotta, aggravando via via la situazione;
a causa del ritardo e della mancata coincidenza col treno link da Cremona, il diretto 2663 ha effettuato, comprensibilmente, fermate straordinarie a Villetta Malagnino, Gazzo Pieve San Giacomo e Torre dei Picenardi ed è giunto a Piadena con un ritardo di 75 minuti, praticamente l'orario di transito del successivo diretto 2665:
b) in data 29 settembre 2011 il treno 2655 in partenza alle 14.20 da Milano Centrale ha avuto un guasto ed è giunto a destinazione con oltre un'ora di ritardo: nello stesso giorno il treno 2660 in partenza da Mantova per Milano alle 16.50 è giunto a destinazione con oltre 40 minuti di ritardo dopo trasbordo dei passeggeri a Cremona;

questi frequenti guasti e continui ritardi si uniscono ai disagi creati all'utenza da un materiale rotabile spesso non adeguato a garantire condizioni di viaggio decenti;
in ogni caso, la durata del viaggio tra Mantova e Milano Centrale non è - al netto dei ritardi - mai inferiore ai 110'; si tratta di un tempo di percorrenza senz'altro eccessivo, considerando che le due città distano tra loro meno di duecento chilometri -:
se non ritenga di fornire informazioni circa le ragioni dei continui ritardi che vessano i pendolari utenti della linea ferroviaria Mantova-Milano;
quali iniziative, anche di carattere infrastrutturale (lavori sul sistema dei passaggi a livello e sulla segnaletica), intenda assumere per tutelare il cittadino utente, che paga costi elevati per servizi spesso non all'altezza del prezzo pagato, al fine di evitare il ripetersi di spiacevoli eventi come quelli descritti a mero titolo di esempio, posto che tali eventi rappresentano il grave stato di degrado del sistema del trasporto ferroviario che si manifesta in modo particolare tra Mantova e Milano ed in particolare sui treni locali che trasportano i lavoratori pendolari;
se non ritenga opportuno incoraggiare da parte della società Trenord, la quale gestisce il servizio passeggeri sulla tratta Mantova-Milano, l'uso dei nuovi treni VivAlto, i quali garantiscono più elevati standard di comodità, al posto delle carrozze Medì;
quali prospettive di miglioramento dei tempi di percorrenza dei convogli tra Mantova e Milano si possono determinare nel breve e medio periodo.
(4-13532)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

SIRAGUSA, LIVIA TURCO e ZAMPA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 23 settembre 2011 alcune centinaia di migranti provenienti da Lampedusa, dopo l'incendio del centro di primo soccorso ed accoglienza di Imbriacola nel quale erano trattenuti già da diversi giorni, sono stati trasferiti nel porto di Palermo e rinchiusi su tre navi, la Moby Fantasy, Moby Vincent, e l'Audacia;
la nave Moby Fantasy, in data 25 settembre 2011, sarebbe partita alla volta della Sardegna;
le navi sarebbero state utilizzate come centri di raccolta in attesa dell'espulsione verso la Tunisia;
in data 26 settembre 2011, l'interrogante si è recata in visita ai migranti trattenuti sulle navi Moby Vincent e Audacia attraccate al porto di Palermo;
nel corso della visita l'interrogante ha potuto rilevare con preoccupazione la presenza a bordo di alcuni giovanissimi che, a richiesta, hanno risposto di essere minori fornendo le proprie generalità: Marwen Relgi, nato il 30 maggio 1995; Chiheb Ayari, nato il 7 dicembre 1993; Mabrouk Rarras, nato il 9 dicembre 1993; Osama Tej, nato l'8 novembre 1994; Ahfidh Jonaiche, nato il 14 ottobre 1994;
di questi minori non si ha notizia e si teme che siano stati espulsi con gli altri migranti in Tunisia;
se ciò fosse vero a questi minori non sarebbero stato concesso di godere delle garanzie e delle procedure previste dalla legge come la comunicazione al tribunale dei minori ed al giudice tutelare -:
se il Ministro non intenda verificare con urgenza se corrispondano al vero le generalità fornite dai ragazzi, se si tratti di minori non accompagnati e quale sia stata la loro sorte.
(4-13501)

MADIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante apprende che il sindaco del comune di Fiumicino si sarebbe dimesso il 27 settembre 2011, comunicando ufficialmente le proprie dimissioni al segretario comunale e al prefetto e successivamente al presidente pro-tempore del consiglio comunale Raffaello Biselli. La conferenza dei capigruppo in consiglio avrebbe calendarizzato, pur in assenza di un presidente del consiglio, un consiglio comunale straordinario sulle dimissioni del sindaco per il giorno 7 ottobre 2011 -:
se il consiglio convocato per il 7 ottobre debba intendersi valido in quanto mancante di presidente;
da quale data debba decorrere il termine di 20 giorni di cui all'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico sugli enti locali» per il quale le dimissioni del sindaco siano irrevocabili ed effettive e si proceda allo scioglimento del consiglio comunale;
se avendo il sindaco ufficialmente comunicato le proprie dimissioni il 27 settembre 2011 e mancando un consiglio comunale valido al quale comunicare le dimissioni, il termine per il definitivo scioglimento del consiglio debba decorrere, in questo caso, da quella data e non dal 7 ottobre.
(4-13511)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 6 ottobre 2011 l'agenzia di stampa AGI ha diramato la notizia relativa alla morte di un detenuto rumeno che durante l'arresto si sarebbe tatto male da solo «sbattendo violentemente il viso sul pavimento»;
Marcel Vitiziu, 30 anni, ristretto nella casa circondariale di Gazzi, a Messina, è morto lunedì 3 ottobre per arresto cardiaco, mentre in ambulanza veniva trasferito al policlinico;
l'uomo era stato arrestato il venerdì precedente dai carabinieri in una rivendita di tabacchi di Camaro inferiore. Al momento, dell'arresto sarebbe stato ubriaco e si sarebbe scagliato contro i militari con calci e pugni, tanto è vero che, secondo alcuni, i carabinieri sarebbero riusciti a mettergli le manette con molta fatica e che, ciò nonostante, Marcel Vitiziu sarebbe riuscito ugualmente a divincolarsi perdendo l'equilibrio, cadendo e sbattendo il viso sul pavimento. Vista la situazione, per metterlo sull'ambulanza sarebbe stato addirittura necessario legarlo alla lettiga e ammanettarlo. Al pronto soccorso dell'ospedale «Piemonte» l'uomo viene sedato e giudicato guaribile in 30 giorni atteso che lo stesso presenta lesioni al naso ed all'arcata sopraccigliare. Viene trasferito in carcere poco dopo la mezzanotte;
il giorno seguente, alle 11, sull'uomo, che nel frattempo era stato portato di nuovo in ambulanza al policlinico e sottoposto alla tac, è stato rilevato un trauma cranico-facciale, la rottura del setto nasale e un edema;
condotto in carcere, le condizioni di Marcel Vitiziu peggiorano e domenica due ottobre, alle 8,18, viene sottoposto al policlinico ad un'altra tac che conferma la diagnosi precedente. Ma nonostante le sue precarie condizioni di salute, dopo gli esami di rito, viene riportato nuovamente in carcere;
lunedì 3 ottobre, alle 9.30, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Messina, dottor Massimiliano Micali, non riesce nemmeno a convalidare l'arresto a causa delle gravi condizioni psicofisiche in cui versa il detenuto portato al suo cospetto;
nel corso della stessa giornata, alle 11,15, l'uomo ha un arresto cardiaco, mentre un'ambulanza corre verso il policlinico.

Inutili i tentativi di rianimarlo: a mezzogiorno viene dichiarato il decesso;
sulla vicenda la procura della Repubblica territorialmente competente ha avviato un'inchiesta -:
di quali elementi dispongano in merito alle cause esatte del decesso dell'uomo;
da dove eventualmente derivino e da che cosa siano state provocate le lesioni interne patite dal detenuto, se da traumi o da percosse;
se la morte del detenuto sia stata provocata da lesioni interne non correttamente diagnosticate tra venerdì sera (momento dell'arresto) e lunedì mattina (momento del decesso);
per quali motivi l'uomo - che al momento dell'intervento dei carabinieri stava dando in escandescenze, oltre ad essere ubriaco e visibilmente sovraeccitato - sia stato portato in carcere in stato d'arresto per resistenza a pubblico ufficiale e non invece sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio.
(4-13515)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 2 ottobre 2011 è apparso un articolo su Il Corriere della Sera intitolato: «Rivolta nel CIE di Brindisi, fuggono 18 tunisini, 11 poliziotti feriti»;
nell'articolo si dà conto della fuga in massa che si è verificata dal centro di identificazione ed espulsione di Restinco, alle porte di Brindisi: diciotto tunisini sono riusciti a dileguarsi nel corso di scontri con le forze dell'ordine che hanno provocato il ferimento di undici tra poliziotti, finanzieri e militari del reggimento San Marco;
la rivolta si è protratta per alcune ore all'interno della struttura e ha visto coinvolti gli 84 ospiti, tutti provenienti da Lampedusa. I rivoltosi hanno sradicato le porte per utilizzarle come grimaldello per creare un varco nella recinzione attraverso cui sono fuggiti in diciotto. Quattro di loro sono stati rintracciati e ammanettati. Devono rispondere di violenza, resistenza, minacce, lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento del patrimonio dello Stato -:
se intenda avviare un'ispezione ministeriale all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Restinco;
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e se intenda aprire una rigorosa inchiesta sui motivi della rivolta degli immigrati e sulla susseguente evasione di alcuni di loro;
se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di migliorare le condizioni degli immigrati ristretti all'interno del centro di Restinco.
(4-13518)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
durante un'intervista rilasciata dal prefetto di Messina, nel mese di agosto 2011, ad una media locale durante una visita in uno degli arcipelaghi del mediterraneo più suggestivi, quello delle isole Eolie, specificamente nell'isola di Lipari, lì recatosi per partecipare ad un incontro per dare soluzione a moltissimi disagi e problemi che affliggono soprattutto gli abitanti, ma anche i tanti turisti che in estate le affollano, è accaduto un fatto che si stenta a credere: dall'intervista è emersa una notizia relativa alle caserme dei carabinieri, che sono assenti a Lipari e a Panarea;
l'argomento della loro realizzazione è stato messo all'ordine del giorno del consiglio comunale, ma, nel corso dell'intervista è stato fatto un collegamento, si spesa infondato, tra la costruzione di caserme e di case. L'investitore, la cui opera può essere consultabile sul sito http://www.bartolinoleone-eolie.it/alecc05082011.wmv,

a tal proposito ha domandato lumi al prefetto, sostenendo che: «In cambio dovrebbero costruirsi centoquaranta appartamenti, a Lipari e a Vulcano. Ovviamente è esploso un caso politico. Ecco, ma non c'è la possibilità di far finanziare le caserme per, insomma, eliminare questa diatriba che purtroppo si trascina da qualche settimana? Consideri che due sedute del consiglio sono andate deserte»;
il prefetto ha commentato il riferimento alle sedute andate deserte col fatto che non vi era «maturazione adeguata nel convincimento dei consiglieri», proseguendo poi nella risposta così: «In termini generali, da cittadino.... Da prefetto le dico che le caserme, i carabinieri ce le hanno. Diciamo che vanno alla ricerca di soluzioni migliori, o comunque vanno a definire rapporti contrattuali più sereni, più appropriati anche al prestigio, alla serietà, (...) ci sono delle soluzioni che vanno migliorate. Ci sono delle situazioni che vanno migliorate. Dovendo essere migliorate si tende ad andare in realtà alloggiative, quindi operative, migliori»;
ci si riferisce al fatto, che sia i carabinieri che la Guardia di finanza, hanno la propria sede in abitazioni private;
il prefetto continua nella risposta nel seguente modo: «Ho letto anch'io che nelle scelte che si vanno a fare, tutto questo sarebbe possibile se.... Preferisco astenermi dal commentare: è impossibile accettare, da cittadino, che per avere una caserma appropriata io debba, come dire, concedere (...) Forse non è neanche vero in assoluto tutto questo, non lo so. Penso comunque che l'intelligenza degli amministratori eoliani farà in modo tale che alla fine si troverà la soluzione. L'arma dei Carabinieri non si può prestare a questa situazione»;
svolgendo la propria professione con attenzione e grande preoccupazione, l'intervistatore ha ribadito al prefetto che: «Ma intanto c'è questa situazione»: il Prefetto ha risposto che: «Infatti le sto dicendo che sono certo che, alla fine di un percorso giuridico-amministrativo che è quello che si dovrà ancora concretizzare perché le sedute deserte, tra le altre cose, significa che non si adottano i provvedimenti, gli atti determinativi di competenza del Consiglio comunale. Sono certo che alla fine l'intelligenza prevarrà e non si potrà mai dire che per sistemare meglio dei carabinieri, abbiamo dovuto cedere a dei, tra virgolette, ricatti oppure abbiamo dovuto offrire in alternativa chissà cosa;
imperterrito l'intervistatore prosegue con le sue domande al Prefetto sull'argomento: «Ma, mi perdoni, ecco, il Ministero competente prevede dei finanziamenti per la realizzazione delle caserme? Ci sono? Esistono?»;
la risposta del prefetto è la seguente: «C'è il Ministero dell'interno, che è il dicastero competente per sostenere la spesa per costruire nuove caserme, o per dismettere soluzioni alloggiative e a trasferirsi in altre migliori, in questo momento non può sostenere, perché ha avuto dei tagli enormi. Quindi, l'invarianza di spesa, è il concetto fondamentale. Se l'ente locale costruisce e mette a disposizione del Ministero dell'interno una realtà nuova e più adeguata alle esigenze operative, il Ministero dell'interno pagherà un canone di locazione. E lì si può anche discutere: se prima ne pagavo cento, ora ne vado a pagare centodieci, ma costruirle ex novo con fondi dell'amministrazione dell'interno, le posso garantire che né a Messina e nella sua provincia, né nel resto del territorio nazionale si può fare. D'altronde, vede, quando si parla in questi termini, si crea imbarazzo in chi parla e si crea angoscia in chi ascolta. Ma possibile che lo Stato non riesce a sistemare i Carabinieri in soluzioni più acconce? Ecco, noi ci dobbiamo ricordare tutto quello che in questi giorni stiamo sentendo, ed è fondato, ed è vero, sulla necessità di ridimensionare il profilo di spesa complessiva dello Stato italiano. Questi ridimensionamenti, consistono poi in questo ad esempio, nella impossibilità di trovare, a volte, soluzioni appropriate: ecco allora

che bisogna lavorare sulla buona disponibilità degli amministratori locali, che devono trovare soluzioni acconce, senza utilizzare l'esigenza, direi sacra, di trovare una giusta soluzione immobiliare per l'Arma dei carabinieri, per poi fare passare situazioni, francamente disdicevoli» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgentissime intendano porre in essere per scongiurare che la situazione che sembrerebbe confermata dal prefetto dia luogo a centoquaranta appartamenti in una zona la cui tutela paesaggistica è preminente, anche in considerazione del fatto che l'arcipelago eoliano è inserito dall'Unesco tra i 691 siti al mondo protetti per le loro caratteristiche ambientali e/o culturali.
(4-13534)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'attuale contesto di maggiore mobilità e migrazione, frutto dei rapidi mutamenti determinati dalla globalizzazione, la padronanza delle lingue e delle culture straniere è fondamentale per favorire l'integrazione e lo svolgimento di un ruolo attivo nella società e per interagire con controparti in altri Paesi, dove un numero sempre più crescente di persone vive o lavora;
in Europa, nel contesto delle cosiddette «lingue di lavoro», cioè quelle utilizzate comunemente nella circolazione dei documenti di lavoro, si continua a registrare una supremazia di fatto dell'inglese, seguito dal tedesco che rappresenta la seconda lingua straniera più richiesta dai datori di lavoro, anche alla luce della centralità e dell'importanza del ruolo che la Germania occupa nella vita politica ed economica europea;
in Italia, che dal punto di vista economico è strettamente legata alla Germania, divenuta il primo partner commerciale sia per quanto concerne le importazioni che le esportazioni, si registra tuttavia un'inversione di tendenza rispetto agli altri Paesi europei e ad oggi il tedesco è una lingua molto meno studiata e diffusa di altre, mentre anche in altri settori strategici della vita economica del Paese, come ad esempio il turismo, la lingua tedesca si presenta come uno strumento comunicativo di sicura utilità e la sua conoscenza può sicuramente concorrerne al rilancio;
tale fenomeno colpisce in modo particolare il settore scolastico dove, a fronte di un aumento dei posti per l'insegnamento della lingua spagnola, in molte scuole secondarie di primo e di secondo grado le cattedre di tedesco vengono soppresse e formate nuove cattedre di spagnolo;
tale situazione pone un duplice problema che, nel primo caso vede un numero sempre più crescente di docenti di ruolo di lingua tedesca, diventare soprannumerari con conseguente aggravio di spesa per un non adeguato utilizzo di docenti di ruolo e di docenti «precari storici» e nel secondo caso permette che il tedesco, nonostante rappresenti anche in Italia la lingua più richiesta sul mercato del lavoro, per i motivi sopra citati, venga di fatto cancellato dal percorso formativo;
uno studio recente della Commissione europea sulle conseguenze economiche della scarsa conoscenza linguistica nelle imprese comunitarie ha rilevato che probabilmente l'11 per cento delle imprese esportatrici dell'Unione europea subisce perdite a causa di ostacoli linguistici;
sempre lo stesso studio sottolinea come nonostante il ruolo dominante dell'inglese come lingua commerciale a livello mondiale, saranno le altre lingue a dare un vantaggio concorrenziale alle imprese

comunitarie e a consentire loro di conquistare nuovi mercati, partendo dall'assunto che: il miglioramento delle competenze linguistiche aiuta le imprese a conquistare nuovi mercati e i singoli ad accrescere le proprie prospettive di lavoro in patria e all'estero;
migliori conoscenze linguistiche rappresentano un vantaggio in tutte le attività, non solo quelle commerciali, ma sono alla base anche delle relazioni sociali, culturali e di varia natura esistenti tra cittadini di Paesi diversi;
lo stesso Protocollo di cooperazione culturale tra Italia e Germania sottoscritto anche dai delegati del MIUR il 24 aprile 2002, sulla base dell'Accordo di cooperazione culturale tra Italia e Germania dell'8 febbraio 1956, sottolinea l'impegno a favorire la diffusione del tedesco in Italia sulle base delle strette relazioni di varia natura esistenti tra i due Stati e partendo dal principio fondamentale del plurilinguismo;
non va affatto dimenticato che per l'Italia lo studio della lingua tedesca è legato ad intense relazioni culturali e scientifiche fra le due comunità nazionali, che affonda le sue radici nella storia dei due popoli e che la letteratura, la filosofia, il diritto, l'arte, la teologia, la storiografia e moltissime altre discipline scientifiche e mondi culturali trovano nella relazione intensa fra cultura tedesca e cultura italiana e nelle sue intersezioni creative uno dei cardini della cultura moderna e che anche questo fenomeno, che si è manifestato da secoli in una vivissima reciproca attrazione di intelletti e di interessi, rischia ora di essere messo in discussione dalla difficoltà di garantire un adeguato livello di diffusione della lingua tedesca nel nostro Paese, anche come strumento per l'esplorazione della cultura che proviene da quell'area linguistica -:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra menzionati ritenga opportuno:
a) promuovere, in un'ottica di sviluppo economico e di mantenimento delle intense relazioni culturali in essere, l'emanazione di provvedimenti che agevolino lo studio anche del tedesco come seconda lingua straniera, tenendo conto delle effettive esigenze del territorio;
b) ristabilire una giusta proporzione tra le seconde lingue straniere studiate nel nostro Paese, attraverso l'individuazione di un numero di cattedre che garantisca almeno stabilmente l'impiego dei docenti già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sia nella scuola secondaria di primo che di secondo grado e la formazione di nuovi docenti e studiosi, per formulare un'offerta linguistica completa ed articolata sul territorio anche per la lingua tedesca;
c) sostenere progetti atti a promuovere la diffusione della lingua tedesca in Italia e della lingua italiana in paesi di lingua tedesca, anche al di fuori del contesto scolastico, puntando sullo sviluppo delle nuove tecnologie, sulle attività culturali e ricreative, su esperienze di lavoro all'estero.
(5-05487)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Alpitour ha annunciato, nei giorni scorsi, la chiusura della sede di Cuneo e il relativo trasferimento di tutti gli uffici a Torino;
la comunicazione del trasferimento sarebbe stata data a seguito di una convocazione d'urgenza dei sindacati da parte dell'azienda senza alcun preavviso né confronto con le organizzazioni sindacali e motivata dalla necessità di sviluppo e crescita aziendale;
nella sede cuneese lavorano 300 dipendenti, di cui i due terzi sono donne e molte delle quali con contratti part-time;

la chiusura della sede cuneese e il conseguente trasferimento a Torino avrà delle ripercussioni negative soprattutto per i dipendenti part-time, in gran parte donne con figli o genitori da seguire, che se impossibilitati a trasferirsi saranno costretti a licenziarsi;
subito dopo la comunicazione dell'azienda, le organizzazioni sindacali si sono mobilitate per manifestare il loro disappunto condannando metodo e merito della decisione sulla delocalizzazione, che sarà completata entro il secondo semestre del 2012;
la rabbia dei lavoratori nei confronti della decisone aziendale sarebbe esplosa soprattutto dopo gli enormi sacrifici affrontati durante l'estate con un turnover durissimo e il ricorso alla cassa integrazione, nonché dopo il rifiuto dell'azienda a firmare il contratto integrativo;
nonostante l'azienda abbia escluso l'ipotesi di vendita durante l'incontro con i sindacati, sia i rappresentanti degli enti locali che le stesse organizzazioni sindacali sono profondamente preoccupati per il futuro dei dipendenti della sede cuneese e per questa ragione hanno annunciato una lunga mobilitazione;
è, secondo l'interrogante, vergognoso che un'azienda nata a Cuneo e che da oltre sessanta anni opera in questo territorio, decida unilateralmente la chiusura e il trasferimento di una sede senza un confronto aperto con le organizzazioni sindacali, e metta i dipendenti di fronte al fatto compiuto;
la maggior parte dei dipendenti, soprattutto donne con contratti part-time si vedrà costretta a perdere il proprio posto di lavoro se impossibilitata a trasferirsi;
soprattutto in un periodo come questo, dove le famiglie devono fare enormi sacrifici per arrivare alla fine del mese, perdere il proprio posto di lavoro per una scelta aziendale di cui non si comprendono le effettive finalità, vuol dire perdere le proprie prospettive per il futuro e vanificare quanto fatto finora;
non risulta chiaro il motivo per cui l'azienda debba necessariamente trasferire la propria sede a Torino, se le finalità auspicate sono il miglioramento dell'efficacia delle attività aziendali e l'opportunità di confronto e sviluppo professionali; obiettivi che potrebbero essere raggiunti mantenendo la sede a Cuneo;
il ruolo delle professionalità presenti nella sede di Cuneo è fondamentale e strategico non solo per l'azienda ma per l'economia cuneese, in quanto da sempre gestiscono i sistemi informativi che rappresentano, di fatto, l'intera struttura produttiva;
gli incontri a livello provinciale e locale, con la presenza dei rappresentanti dell'azienda, hanno fatto emergere la ferma volontà di accorpare tutte le attività a Torino, senza aver illustrato un piano industriale adeguato;
per queste ragioni è necessario che tutte le forze sindacali e istituzionali collaborino per poter mantenere attiva una sede che da tanti anni opera nel territorio cuneese e che impiega 300 dipendenti -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto il gruppo Alpitour a programmare la chiusura della sede di Cuneo per trasferire tutti gli uffici a Torino, in mancanza di un adeguato piano industriale;
quali urgenti iniziative intenda adottare per attivare subito un tavolo di confronto, di concerto con le organizzazioni sindacali, i rappresentanti degli enti locali e del gruppo Alpitour, al fine di verificare la possibilità di mantenere attiva la sede di Cuneo, dove sono impiegati 300 dipendenti, di cui i due terzi sono donne, molte delle quali con contratti part-time e con figli o genitori da seguire, che potrebbero perdere il proprio posto di lavoro se impossibilitate a trasferirsi.
(5-05489)

BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Eikon s.n.c. è una società nata nel 1989, conta 6 dipendenti (tutte donne) e ha come principale cliente Loquendo spa cui fornisce consulenza informatica;
Loquendo spa del gruppo Telecom Italia, è una società italiana nata nel 2001 che opera nel settore delle tecnologie vocali, producendo sistemi per la sintesi vocale e l'interazione vocale automatica uomo-macchina come il riconoscimento ed autenticazione vocale o l'esecuzione di un determinato comando tramite ordine vocale. È considerata leader a livello mondiale del settore;
il 13 agosto 2011 Telecom Italia ha pubblicamente annunciato la cessione dell'intero pacchetto azionario in suo possesso di Loquendo spa pari al 99,98 per cento del totale, all'americana Nuance Communications Inc., nonostante la preoccupazione nei lavoratori di Loquendo che temevano lo smembramento del gruppo di ricerca e sviluppo e la scomparsa dall'Italia di un marchio eccellente e delle conoscenze acquisite in quarant'anni di attività, essendo Nuance Communications Inc. una diretta concorrente dell'azienda italiana;
il 30 settembre 2011, Telecom Italia ha perfezionato la cessione di Loquendo al gruppo statunitense Nuance Communications Inc.;
Nuance Communications Inc. ad oggi non ha ancora presentato un piano industriale e con molta probabilità opererà un piano di ridimensionamento aziendale, tagliando posti di lavoro;
Eikon s.n.c. è nata come società di sviluppo software e come tale fornisce dal 2001 consulenza esterna a Loquendo spa, la quale si avvale di varie consulenze esterne per contenere l'assunzione di personale impiegato a tempo indeterminato;
Eikon s.n.c. è costretta a licenziare i propri dipendenti a seguito della risoluzione del suo contratto con Loquendo spa e il mancato rinnovo dello stesso da parte di Nuance Communications Inc. -:
se non si ritenga doveroso e necessario garantire ai lavoratori di Eikon Informatica l'estensione dei benefici di mobilità, eventualmente previsti per quelli della Loquendo spa.
(5-05492)

Interrogazioni a risposta scritta:

LUCÀ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 31 luglio 2010, veniva convertito in legge il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, dal titolo «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»;
l'articolo 12 dal titolo «Interventi in materia previdenziale», del citato decreto-legge, ha introdotto una serie di variazioni in materia pensionistica modificando tra l'altro, con i commi da 1 a 6, la disciplina relativa ai termini di decorrenza dei trattamenti pensionistici (cosiddette finestre). In particolare, i commi 1 e 2 dispongono per i soggetti che, a decorrere dal 2011, maturino il requisito anagrafico per il diritto, rispettivamente, alla pensione di vecchiaia e alla pensione di anzianità, che il termine di decorrenza della pensione di vecchiaia (compresi i trattamenti liquidati interamente con il sistema contributivo) sia pari a 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per i lavoratori autonomi;
il comma 5 prevede l'applicazione della normativa previgente, a condizione che i lavoratori maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011, di cui al successivo comma 6, e comunque nei limiti di 10.000 soggetti beneficiari, a favore: 1) dei lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, sulla base di accordi

sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità (articolo 7, comma 2, legge n. 223 del 1991) (lettera a); 2) dei lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010 (lettera b); 3) dei lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in esame, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996 (lettera c);
il comma 6 prevede un monitoraggio, da parte dell'INPS, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate ai sensi del citato comma 5, che intendano avvalersi, a decorrere dal gennaio 2011, del regime previgente delle decorrenze. Nel caso in cui dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite di 10.000 domande in precedenza richiamato, l'INPS non può prendere in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzato alla fruizione dei benefici di cui al precedente comma;
in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2010, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/3638/113, prima firma onorevole Damiano, con il quale si impegnava l'esecutivo a «monitorare l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 5, del decreto-legge in esame, al fine di valutare l'opportunità adottare ulteriori iniziative normative volte a derogare al limite di 10 mila soggetti beneficiari»;
sono migliaia i lavoratori, infatti, che pur potendo giovare della deroga ed avendo presentato regolare domanda non hanno ancora ricevuto una risposta dall'Inps;
con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-05343, il gruppo del Partito democratico chiedeva conto del monitoraggio di cui al comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 31 luglio 2010, n. 122, ancora non effettuato da parte dell'INPS;
pur non avendo in alcun modo fornito i dati del monitoraggio, il Governo in occasione della risposta alla interrogazione citata ha dichiarato che «l'INPS sta provvedendo a predisporre la graduatoria dei lavoratori potenziali destinatari della salvaguardia prevista dall'articolo 12, comma 5, del citato decreto-legge e che comunque, allo stato, secondo quanto comunicato dal Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della ragioneria generale dello Stato, i lavoratori in mobilità ordinaria, lunga ed i lavoratori esondati, potenziali destinatari delle disposizioni innanzi richiamate nell'anno 2011 sono complessivamente 1.200», con ciò implicitamente ammettendo che, ad oltre un anno dall'approvazione della norma, l'INPS non ha ancora provveduto alla quantificazione dei lavoratori che hanno presentato domanda e che da mesi si trovano ad attendere una risposta dall'Istituto senza percepire alcuna indennità;
secondo un autorevole quotidiano nazionale: «Il monitoraggio delle domande è ancora aperto, ma alcune fonti consultate dal Sole 24 Ore segnalano che le richieste sarebbero già più di 40 mila. La CGIL parla di almeno 30 mila lavoratori a rischio»; tale rilevazione contrasta fortemente con quanto affermato dal Governo in sede di replica all'interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-05343 -:
se non ritenga di dover fornire con la massima celerità l'esito del monitoraggio di cui al comma 6 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2010, n. 122, al fine di stabilire il numero preciso dei lavoratori aventi diritto a quanto stabilito dal comma 5 del medesimo articolo;
se non ritenga di dover adottare urgentemente il decreto di cui all'articolo 12, comma 5-bis, del citato decreto-legge (comma inserito dall'articolo 1, comma 37,

lettera b), della legge n. 220 del 2010) che prevede che in favore dei lavoratori appartenenti alle categorie di cui al comma 5, dell'articolo 12 citato che non dovessero rientrare nel contingente dei 10.000 beneficiari del «congelamento» dei requisiti pensionistici, possa essere disposta, in luogo dell'applicazione della disciplina previgente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, la concessione del prolungamento dell'intervento di sostegno al reddito per il periodo intercorrente tra lo scadere del periodo di fruizione dell'ammortizzatore sociale e la finestra per l'accesso al pensionamento.
(4-13506)

CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un gruppo di ex dipendenti di Tributi Italia S.p.a., sede di Margherita di Savoia, si trova attualmente in cassa integrazione;
si è tenuto in data 26 settembre 2011 un incontro presso il comune di Margherita di Savoia in merito alla possibilità di trovare una collocazione presso l'ente locale nell'ambito degli uffici che svolgeranno il servizio di accertamento e riscossione tributi, in seguito all'espletamento della gara di appalto relativa;
in occasione del suddetto incontro è venuta alla luce la problematica riferita a coloro che avessero superato i 40 anni di età e che di fatto troverebbero difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro; in particolare, diversi ex dipendenti di Tributi Italia S.p.A, pur avendo sostenuto diversi colloqui, anche nei casi in cui la loro figura professionale era in linea con i requisiti richiesti dall'azienda, si sono visti rifiutare la loro domanda per aver superato il limite di età di 40 anni;
in definitiva questi lavoratori risultano troppo anziani per trovare un lavoro ma troppo giovani per la pensione, quindi per gli ex dipendenti di Tributi Italia S.p.a., in questo momento in cassa integrazione, è reale lo spettro del licenziamento collettivo per il prossimo anno;
tale eventualità, costituirebbe un affronto alla loro dignità di lavoratori, un grave problema sociale e un intollerabile spreco di risorse professionali -:
quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per individuare una soluzione finalizzata ad uno sbocco professionale per gli ex dipendenti di Tributi Italia S.p.a. fino al raggiungimento dell'età pensionabile o altrimenti per compensare gli anni mancanti per usufruire, con effetto immediato, del pensionamento anticipato.
(4-13507)

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010, dalla legge n. 122 del 2010 ha inserito il comma 1-bis all'articolo 11 del decreto legislativo n. 285 del 2005, con il quale si dispone che «I servizi di linea di competenza statale non possono essere soggetti ad obblighi di servizio, come previsto dalla normativa comunitaria in materia, e a fronte del loro esercizio non viene erogata alcuna compensazione od altra forma di contribuzione pubblica»;
anche a seguito di ciò, e constatata l'impossibilità di vedersi riconoscere dalla regione Molise le compensazioni per gli oneri di trasporto pubblico locale, il 4 aprile 2011 la società «Molise Trasporti s.r.l» di Campobasso, ha attivato una procedura di licenziamento collettivo (legge n. 223 del 1991) per 9 unità lavorative, riguardanti l'autolinea Termoli-Campobasso-Vallecupa-Roma in conseguenza della riduzione delle corse statali da Campobasso a Roma, portandole da 10 corse a 5;
il 14 giugno 2011, si è chiusa la procedura di mobilità, con la conversione della mobilità in cassa integrazione guadagni in deroga, senza il criterio di rotazione

(articolo 1 della legge n. 223 del 1991), così come si evince dal verbale del 14 giugno;
nel suddetto verbale, la società «Molise Trasporti s.r.l.» ha si indicato il perché della mancata rotazione su tutte le sedi aziendali, ma non ha indicato perché non è possibile la rotazione fra le qualifiche fungibili, autisti, nella sede di Campobasso. A tal proposito si evidenza anche che l'azienda utilizza normalmente gli autisti fra corse statali e corse regionali;
a seguito al reclamo dei lavoratori presso la direzione regionale del lavoro, la società sottolineava come la cassa integrazione a rotazione era possibile solo se condivisa da tutti i sindacati, e che, in definitiva, non era nelle sue intenzioni chiedere la cassa integrazione, né aveva un piano di risanamento. In realtà a giudizio degli interroganti, la ditta ha omesso la doverosa richiesta della cassa integrazione guadagni con il principio della rotazione, anche se era suo dovere far rispettare la regola della rotazione medesima;
la mancanza di rotazione, principio basilare nelle procedure degli ammortizzatori sociali, ha provocato le proteste dei lavoratori, anche perché l'individuazione è stata fatta, come suesposto, solo sui lavoratori licenziandi delle corse statali e non sulla sede aziendale di Campobasso (i lavoratori sono tutti autisti, quindi con mansioni fungibili);
va peraltro ricordato che la suddetta società, che non vuole accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa vigente, svolge un servizio pubblico con contributi pubblici -:
se non intenda attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, affinché la società «Molise Trasporti s.r.l.» applichi il suddetto principio di rotazione, e comunque per favorire una soluzione positiva per i lavoratori interessati dalle procedure di licenziamento indicate in premessa.
(4-13513)

RAISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a mezzo stampa è stato dato ampio risalto alla grave situazione occupazionale in cui versa l'azienda mantovana Csp spa di Ceresara (Mantova), specializzata nella produzione di calze, collant, intimo;
l'azienda Csp spa ha dato inizio da ieri, 3 ottobre 2011, ad una cassa integrazione ordinaria della durata di otto settimane avendo risentito particolarmente di questa fase di mercato sfavorevole che ha prodotto un consistente rallentamento degli stabilimenti da cui escono calze marchiate Sanpellegrino, Oroblù e delle strutture che commercializzano per Puma, Miss Sixty ed Energie;
la cassa integrazione dell'azienda Csp spa interesserà per la durata di due mesi ben 282 dei 360 lavoratori totali -:
se non ritenga utile e necessario convocare al più presto un tavolo di confronto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con i vertici della ditta interessata ed i sindacati, al fine di trovare soluzioni occupazionali e di sviluppo legate al settore calza che possano permettere all'azienda interessata ed al comparto produttivo in toto di poter tornare ad essere competitivo sul mercato europeo e mondiale.
(4-13522)

RAISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a mezzo stampa è stato dato ampio risalto alla drammatica situazione occupazionale in cui versa la ditta Isvi di Borgofranco Sul Po (Mantova);
la ditta Isvi, che si occupa di verniciature su grandi stabili, in particolare ospedali, centrali elettriche ha risentito recentemente della grave crisi che ha colpito l'Italia;
a dicembre 2010 presso la ditta Isvi è scattata la cassa integrazione ordinaria per una quindicina di dipendenti a cui sarebbe dovuta seguire nel mese di luglio 2011 la cassa integrazione straordinaria;

i dipendenti che ora si trovano a casa dal lavoro (un terzo dell'organico lavora a rotazione) lamentano di non percepire il compenso dal mese di aprile 2011 pur avendo la certezza dell'approvazione dei mesi aprile e maggio da parte dell'Inps;
i dipendenti ormai da sei mesi non percepiscono un euro, il che comporta conseguenti difficoltà familiari connesse al dover vivere senza alcun tipo di reddito;
ad alcuni dipendenti risulta che per la ditta Isvi ad oggi lavorino sempre e solo alcuni dipendenti, sempre quelli, di fatto escludendo oltre 15 operai dai turni previsti;
alcuni operai data la incertezza lavorativa in cui versano, si trovano oggi nella condizione di non poter più pagare le bollette, pagare l'affitto di casa, incapaci persino di poter garantire un futuro ai propri figli -:
se non ritenga utile e necessario convocare al più presto un tavolo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con i vertici della ditta interessata ed i sindacati, al fine di far luce realmente sul piano industriale dell'azienda e di trovare, dove possibile, soluzioni condivise per permettere ad oltre 20 operai di poter perlomeno sopravvivere.
(4-13523)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 22 giugno 2010 è stato firmato il decreto da parte del Ministro interrogato, che autorizza l'istituto della cassa integrazione straordinaria per le lavoratrici dell'azienda tessile Grinta srl di Orvieto, da oltre un anno senza salario e prospettive occupazionali;
lo scorso mese di maggio il giudice ha decretato il fallimento dell'ex azienda tessile Grinta di Bardano e ora si profila per il 30 novembre 2011 la scadenza della cassa integrazione in deroga;
la situazione riguarda 85 donne per le quali si prospetta ora una possibile fase di mobilità;
al momento per la ripresa dell'attività dello stabilimento Grinta non c'è nessun segnale incoraggiante nonostante l'interesse manifestato da grandi nomi del settore -:
se il Ministro sia a conoscenza della preoccupante situazione in cui versano le 85 donne lavoratrici dell'azienda tessile Grinta;
se e quali azioni intenda promuovere per assicurare la possibilità alle 85 operaie di continuare a lavorare.
(4-13527)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il fermo biologico è il periodo durante il quale si decreta lo stop alla pesca per raggiungere una doppia finalità: favorire il ripopolamento del mare e delle specie ittiche sovrasfruttate e cercare di risollevare le sorti delle marinerie italiane, sempre più in difficoltà a causa del costante calo di pesce pescato;
da un lato il fermo biologico rappresenta certamente una misura indispensabile per la tutela del mare e della fauna marina, dall'altro il risultato più evidente della paralisi nel mar Adriatico è il venir meno del pescato di quelle acque che costituisce circa la metà della produzione nazionale;
a fronte della necessità di preservare e ripopolare la flora e la fauna acquatiche, in esecuzione del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, è stato disposto, anche per il corrente anno, il fermo biologico per le attività

di pesca per le imbarcazioni autorizzate all'uso del sistema a strascico e/o volante;
il decreto ministeriale del 14 luglio 2011 stabilisce, per quanto riguarda le imbarcazioni di cui sopra iscritte nei compartimenti marittimi da Trieste a Bari, un periodo di arresto temporaneo alle attività di pesca di 60 giorni, decorrente dal 1o agosto 2011, con possibilità demandata alle regioni di prolungare il fermo, ma non di variarlo a seconda delle diverse specificità territoriali ed ambientali;
il malcontento, tra gli operatori ittici (i commercianti) si è fatto sentire anche quest'anno, non solo per il modo in cui viene effettuato il fermo biologico, ma anche perché ancora una volta non sono stati inseriti all'interno del riparto per gli indennizzi. Da tempo infatti la marineria termolese e gli operatori ittici protestano contro il provvedimento rivendicando un fermo biologico effettuato in tempi e zone diverse. Il fermo biologico così come effettuato arreca danni non solo economici, lasciando anche il territorio a corto di prodotti ittici nel periodo di maggiore richiesta;
il fermo ad agosto crea un danno enorme, proprio nel periodo di maggiore afflusso turistico, quando i turisti villeggianti vorrebbero gustare il prodotto locale. Succede così, che anche i grossisti vanno alla ricerca di altri mercati e così comprano pesce in Albania e in Croazia. Tutto ciò a danno dell'economia locale;
il problema sta proprio in questo: nel periodo del fermo biologico nei mesi estivi, perché un mese non è sufficiente per far crescere il novellame, ma anche perché il pescato si riproduce nei mesi di maggio, per cui il fermo biologico sarebbe utile in questo periodo o, in alternativa a gennaio febbraio;
in molti sostengono che il fermo biologico abbia senso solo se effettuato con criterio e su basi scientifiche certe, altrimenti fermare la pesca proprio nel momento di massima richiesta produce soltanto un effetto di «calma prima della tempesta» a cui segue necessariamente un momento di sovrasfruttamento delle risorse, con conseguenze ecologiche disastrose nelle zone interessate dalla pesca -:
se e quali provvedimenti intenda assumere il Governo, per quanto di propria competenza, a tutela del comparto della pesca molisano in particolare e, più in generale, delle marinerie interessate nel bacino adriatico centro settentrionale, al fine di effettuare il fermo biologico in tempi e zone diverse anticipandolo ai mesi primaverili, allorquando il pescato è in una fase di riproduzione, per contrastare efficacemente i fenomeni di cui in premessa.
(4-13503)

CAPARINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 36 del 2004, assicura la vigilanza, la prevenzione e la repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela del patrimonio faunistico e, in quanto Forza di polizia, interviene e si attiva per assicurare all'autorità giudiziaria i responsabili di reati;
il Nucleo operativi antibracconaggio (NOA) del Corpo forestale dello Stato è la struttura incaricata di dirigere e coordinare le grandi operazioni antibracconaggio di rilievo nazionale, organizzate, con cadenza annuale, nelle zone maggiormente coinvolte in tale pratica illecita, al fine di garantire il rispetto della relativa normativa comunitaria e nazionale;
numerose sono state le attività poste in essere dal Nucleo e, per quanto concerne l'ambito territoriale interessato dalle principali rotte migratorie dell'avifauna tra cui le valli della provincia di Brescia, un rilievo particolare ha assunto l'operazione Pettirosso effettuata dal 29 settembre al 28 ottobre 2010 da un contingente suddiviso in due turni operativi composti, ciascuno, da 29 operatori con qualifiche di

Polizia giudiziaria, incluso un funzionario responsabile che ha comportato una spesa aggiuntiva di trasferta pari a circa 50.000 euro come dichiarato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali;
per procedere alla perquisizione di iniziativa (articolo 252), nel rispetto delle norme vigenti e delle prerogative connesse alle qualifiche rivestite, secondo procedure ormai consolidate, devono sussistere fondati motivi per ritenere che sulla persona o nel veicolo si trovino occultati oggetti pertinenti all'illecito riscontrato il personale operante (che ha qualifica di Polizia giudiziaria, ex articolo 57 del codice di procedura penale);
il Ministro in risposta all'interrogazione Senato 4-03817 ha altresì confermato l'esistenza di una «attività di controllo "a campione", in strade di montagna e in aree ove è più intenso il fenomeno del bracconaggio» e che tale tipologia di verifiche «propria di ciascuna Forza di polizia al fine di un più efficace servizio di controllo del territorio e, nel caso specifico, di contrasto al fenomeno del bracconaggio» assuma i contorni di veri e propri controlli indiscriminati ai danni dei cacciatori che esercitano l'attività venatoria in forma di appostamento fisso alla selvaggina migratoria nel rispetto delle norme di legge;
il Corpo forestale dello Stato (CFS) ha comunicato che durante il periodo intercorrente tra la fine del mese di settembre e gli inizi del mese di novembre, allorché il flusso migratorio dell'avifauna proveniente dal Paesi del Nord Europa è più intenso, nelle valli bresciane e bergamasche si riversano numerosi volontari iscritti a varie associazioni ambientalistiche e animaliste, tra cui presumibilmente anche gli appartenenti alla Lega per l'abolizione della caccia (LAC) che ha lanciato sul proprio sito la notizia del via al cosiddetto «Campo antibracconaggio» nelle valli bresciane in collaborazione con il «Komitee gegen den vogehnord»;
da quanto riportato nell'articolo pubblicato sul sito della LAC alcune decine di volontari giunti da tutta Italia e da Germania, Polonia, Gran Bretagna e Stati Uniti avrebbero percorso le valli bresciane e bergamasche e, contrariamente a quanto sostenuto dal Corpo forestale dello Stato l'attività di questi gruppi di volontari si è svolta in collaborazione e raccordo col Nucleo operativo antibracconaggio (NOA) del Corpo forestale dello Stato;
già nel 2006 il prefetto di Brescia avrebbe ricevuto una denuncia-esposto da parte dell'Associazione cacciatori lombardi (ACL) che segnalava la presenza nelle valli bresciane dei citati «volontari» della LAC;
a seguito di detta denuncia-esposto la prefettura avrebbe inibito ogni attività alla LAC;
le valli bresciane e i valichi di provincia sono già adeguatamente presidiati sia dai componenti di stanza a livello locale del Corpo forestale dello Stato sia dai numerosi agenti di Polizia provinciale e locale che, quotidianamente e proficuamente, svolgono le loro mansioni -:
quali siano i motivi e i criteri in base ai quali si è proceduto all'invio di agenti dei NOA sul territorio nazionale;
quale sia l'onere economico per detti trasferimenti di agenti in aggiunta a quelli già operanti sul territorio;
se e quali azioni siano state intraprese al fine di evitare che le attività svolte dalla citata LAC interferissero con quelle degli organi di vigilanza e di polizia preposti e quali provvedimenti intendano porre in essere al fine di evitare che episodi analoghi a quello descritto abbiano a ripetersi;
se risulti che da parte di alcuni agenti dei NOA si proceda ad indiscriminate perquisizioni personali e domiciliari, come sopra riportato, e con quali esiti;
se risultino casi di agenti dei NOA sanzionati per eventuali comportamenti difformi rispetto alla norma.
(4-13509)

RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le associazioni bieticole Anb, Cnb, Nuova Abi e Cast lamentano da tempo il grave problema riguardante il ritardo del pagamento degli aiuti previsti per gli anni 2009 e 2010 da parte dell'amministrazione pubblica;
gli aiuti governativi al comparto bieticolo-saccarifero nazionale per gli anni 2009 e 2010 ammontano ad euro 86 milioni (OCM zucchero 2005);
il perdurante stato di difficoltà dell'intero settore bieticolo-saccarifero che porterà probabilmente anche al blocco delle operazioni per le semine autunnali ormai imminenti, con il rischio di chiusura dello zuccherificio di Termoli -:
se non ritenga opportuno convocare urgentemente al Ministero tutte le associazioni bieticolo-saccarifere coinvolte in questa grave crisi, al fine di concordare con i diretti interessati un piano di aiuti;
quali azioni intenda predisporre per tutelare un settore che nonostante varie risoluzioni votate all'unanimità dalle Commissioni agricoltura di Camera e Senato e con il parere favorevole del rappresentante del Governo ad oggi nulla ha fatto per salvaguardare la produzione italiana di bietole.
(4-13524)

DI VIZIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la castanicoltura, significativa e presente da secoli in quasi tutte le regioni italiane, rappresenta un segmento particolare e caratterizzante dell'agricoltura italiana;
è nota infatti la rilevanza economica e sociale del castagno che in molte aree del paese ha costituito elemento essenziale per il sostentamento dei nuclei familiari, con l'apporto di frutti, di farina e di legname divenendo presidio del territorio a tutela dell'habitat ambientale e dell'assetto idrogeologico;
dal 2000 la coltura in questione è stata attaccata da un insetto proveniente dalla Cina conosciuto con il nome di «cinipede galligeno del castagno» che dagli iniziali vivai contaminati si è rapidamente diffuso attraverso la distribuzione di giovani piantine infestate, provocando una drastica riduzione della produzione, stimata intorno al 60-80 per cento della resa di ogni pianta;
in alcune regioni l'emergenza legata alla malattia del castagno si sta rilevando particolarmente preoccupante; in Liguria l'endemia colpisce quasi l'intero territorio regionale che conta circa 300.000 ettari di bosco di cui almeno 70.000 a castagneto, il 5 per cento dei quali nell'Alta Val di Vara e, secondo il decreto n. 662 del marzo 2011, dell'autorità fitosanitaria, risulterebbe sempre più difficile l'eradicazione dell'organismo nocivo;
non è possibile combattere l'insetto in questione con prodotti chimici, la lotta può essere soltanto biologica e allo stato si effettua con l'introduzione di un altro insetto noto con il nome di «torymus sinesis» che si nutre di cinipide ma che ha tempi di riproduzione lenti e difficili e che, a tal fine, il tavolo del castagno, istituito per affrontare l'emergenza «cinipide», ha già proposto, di intesa con le regioni di far nascere in ogni regione uno o più centri di riproduzione del torymus -:
di quali elementi ed aggiornamenti disponga il Ministro in relazione ai fatti sommariamente espressi in premessa e se non ritenga opportuno prevedere specifiche misure volte tutelare gli operatori interessati anche al fine di scongiurare il verificarsi, per effetto dei danni prodotti dall'insetto e dell'aggravarsi della crisi del settore, di fenomeni di spopolamento con grave conseguente pregiudizio anche dell'equilibrio idrogeologico delle aree collinari e montane.
(4-13526)

DI PIETRO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la razionalizzazione dei costi portata avanti da qualche tempo dal Governo italiano, si è abbattuta come una scure sugli enti locali;
proprio in quest'ottica, nel 2010, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha predisposto la chiusura di molte caserme facenti capo al Corpo forestale dello Stato, lungo tutto il territorio nazionale;
in Molise si è deciso di tagliare quattro caserme, la metà nella provincia di Isernia;
designate all'eliminazione sono state, in un primo momento, le stazioni di Pescopennataro e Capracotta; successivamente, la seconda è stata sostituita dalla caserma di San Pietro Avellana;
questa decisione non è stata, naturalmente, accolta con favore dall'amministrazione sanpietrese che si è subito attivata, attraverso l'allora sindaco Antonio Di Ludovico, per chiedere un incontro con il Ministro Zaia (sostituito nell'aprile del 2011 dal Ministro Francesco Saverio Romano), purtroppo senza esito;
a giugno del 2011 è stata la volta di Francesco Lombardi, nuovo sindaco di San Pietro Avellana, che ha sollecitato una risposta alla lettera scritta dal suo predecessore, attraverso un'altra missiva recante in allegato la delibera n. 68 del 25 giugno 2011 della giunta comunale sanpietrese nella quale si azzeravano i costi di affitto, di smaltimento rifiuti e di acqua alla caserma della forestale, onde superare il pretesto della riduzione della spesa, portato avanti a giustificazione della soppressione;
purtroppo, però, nemmeno questo lodevole tentativo ha sortito effetto alcuno poiché il capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, ha emesso ugualmente il decreto di chiusura, sulla base delle indicazioni scaturite dal tavolo tecnico regionale, in forte difficoltà nel giustificare le scelte adottate, tanto da non rispondere alle lettere di protesta dei sindaci dei paesi coinvolti dalla chiusura della caserma;
va sottolineato che la chiusura della caserma di San Pietro Avellana rischia di risolversi in uno spreco, anziché un risparmio per le casse pubbliche;
infatti il sindaco Lombardi ha dichiarato in un comunicato stampa ripreso dai quotidiani regionali nel mese di luglio: «Il caso sanpietrese è un esempio di come, sotto la bandiera dei tagli e dei ridimensionamenti, si nascondano sprechi e costi esponenzialmente maggiori a quelli attualmente sostenuti»; «la caserma di San Pietro Avellana ha subito, non più di quattro anni fa, interventi di adeguamento igienico-strutturali per circa duecentomila euro. Ora lo stabile è in ottime condizioni e risponde a tutti gli standard di conformità richiesti, mentre la caserma di Capracotta - che dovrebbe rimanere aperta e accorpare il nostro comando - è attualmente ospitata in una stanza del Comune di quel paese; dovrà perciò cambiare sede e spostarsi in uno stabile, sempre comunale, il quale però necessita di interventi per circa duecentomila euro, già stanziati, che pare possano diventare addirittura trecentocinquantamila! Ricapitolando, in nome di una del tutto ipotetica riduzione dei costi, si buttano a mare i duecentomila euro spesi qui a San Pietro e se ne sprecano dai duecento ai trecentocinquantamila in un altro comune per adeguare uno stabile fatiscente. Oltre mezzo milione di euro... non pare un'operazione molto furba né vantaggiosa per la collettività!»;
fondate ragioni di ordine ambientale e paesaggistico dimostrano l'errore compiuto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
il territorio dei paesi di San Pietro Avellana e Vastogirardi, i due comuni sui quali il comando-stazione da sopprimere ha competenza, ha una superficie complessiva di 10.564 ettari, quasi doppia rispetto a quella di Capracotta e Castel del

Giudice; la superficie forestale, indicatore fondamentale nel caso in esame, è addirittura quasi il triplo (3.523 ettari contro 1.270 ettari); le superfici di «area protetta nazionale» e di «area protetta regionale» ricadenti sul territorio sanpietrese sono, rispettivamente, pari a 291 e a 755 ettari, mentre quelle del territorio capracottese sono pari a zero;
inoltre, nello stesso territorio ricadono ben undici chilometri di tratturo, il Celano-Foggia, che richiede un'opera costante di tutela e prevenzione, portata avanti proprio dagli agenti del Corpo forestale; infine San Pietro Avellana, insieme ad altri sei comuni (ai quali sarà fatta firmare l'ennesima lettera di protesta e tra i quali non figura Capracotta) fa parte del consorzio ASSOMaB che sta promuovendo presso l'Unesco una candidatura per l'allargamento della riserva MaB da 600 a ben 25.000 ettari, con un alto valore turistico e pedagogico che avrà necessariamente bisogno di presidi Corpo forestale dello Stato sul territorio; inoltre va detto che San Pietro Avellana è una delle pochissime città del Tartufo, e che la vigilanza del Corpo forestale dello Stato è di importanza fondamentale per la tutela del tartufo bianco;
vi è inoltre anche un dato storico da sottolineare, in quanto il comando di stazione a San Pietro Avellana esiste dagli anni venti del secolo scorso, mentre a Capracotta solo da 1996;
gli enti locali stanno appoggiando questa battaglia al fianco dei piccoli comuni alto molisani: la provincia di Isernia ha disapprovato la chiusura delle caserme con la delibera n. 49 del 17 maggio 2011, mentre l'assessore all'ambiente della regione Molise, Muccilli, ha inviato una lettera di protesta al Ministero, firmata congiuntamente ai sindaci, spingendosi ad annunciare perfino che, se i tagli avvengono per una mera questione economica, la regione è pronta ad accollarsi le eventuali spese in esubero e minacciando azioni eclatanti in caso di risposta negativa da parte del Ministero. Ma ad oggi nessuna risposta è ancora pervenuta -:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti e dati riportati, non ritenga con urgenza di assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia revocato il decreto di chiusura firmato dal capo del Corpo forestale dello Stato.
(4-13529)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la somministrazione di psicofarmaci per l'iperattività in Italia è rigidamente regolata da protocolli dell'Agenzia del farmaco pubblicati in Gazzetta ufficiale e vincolanti per tutte le strutture pubbliche e private accreditate;
lopsicofarmaco ha un mero effetto «sintomatico» che non porta alla remissione del problema, ma in certi casi limite può essere utile per «normalizzare» il comportamento aggressivo ed incontrollabile del bimbo permettendo così l'avvio di terapie non farmacologiche, tali protocolli prevedono com'è noto la somministrazione dello psicofarmaco solo appunto per un numero limitato di casi (cosiddetta «ADHD grave»), e comunque in abbinamento a terapie meno invasive e in grado di modificare «strutturalmente» l'atteggiamento del minore nei confronti dell'ambiente;
le linee guida ministeriali prevedono che i genitori devono entrambi essere posti a conoscenza di tutti i potenziali effetti collaterali del farmaco, e delle eventuali alternative terapeutiche;
in ogni caso non dovrebbe essere somministrato lo psicofarmaco per i casi di «iperattività lieve», sui quali si può intervenire agevolmente con terapie scientificamente validate ma non farmacologiche;
il rispetto di tali prudenti linee guida è essenziale allo scopo di evitare nel

nostro Paese la prescrizione disinvolta di questi prodotti potenzialmente pericolosi, prescrizione in crescita invece in molti paesi del mondo;
da rilievi giornalistici pubblicati già mesi fa dal comitato indipendente di farmacovigilanza pediatrica «Giù le Mani dai Bambini», al quale pure aderiscono università, ospedali e ASL del nostro Paese, parrebbe che non sempre il consenso informato al trattamento farmacologico venga correttamente raccolto dalle strutture accreditate;
una nuova intervista a un genitore pubblicata in questi giorni dal Comitato, e scaricabile dal loro sito web, parrebbe che presso l'Asl di San Donà di Piave si siano effettuate prescrizioni di metanfetamine somministrate in casi non gravi di iperattività e distrazione infantile, peraltro senza mettere al corrente i genitori dei potenziali effetti collaterali dello psicofarmaco e negando le cure non farmacologiche la cui erogazione è prevista come obbligatoria per legge;
tale ASL è stata già al centro delle cronache giornalistiche nel 2009 per i «viaggi della speranza» di genitori dell'Emilia Romagna, che vedendosi negare la prescrizione dello psicofarmaco dalla neuropsichiatria di Bologna in quanto non necessario (casi con sintomi lievi, trattabili diversamente) ed esigendolo a tutti costi si rivolgevano appunto a San Donà di Piave per avere «prescrizioni facili» di metanfetamine e stimolanti per migliorare il comportamento scolastico dei propri figli;
se - come pare dalla registrazione audio - la denuncia si rivelasse fondata, sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante addivenire a una revoca dell'accreditamento di quell'Asl e all'individuazione sul territorio di un'Asl più attenta nell'applicazione delle linee guida obbligatorie -:
quali iniziative ad ampio spettro intenda intraprendere per monitorare l'applicazione delle linee guida presso tutte le altre Asl italiane autorizzate alla prescrizione di psicofarmaci ai bambini;
se non ritenga opportuno aumentare i fondi a disposizione dell'Istituto superiore di sanità per il monitoraggio anti-abuso sul territorio, inserendo così nel registro nazionale di controllo non solo i farmaci Ritalin (Novartis) e Strattera (Eli Lilly) attualmente monitorati, ma tutti gli psicofarmaci somministrati ai bambini, aumentando così l'efficacia di uno strumento di controllo che è considerato all'avanguardia nel mondo nella prevenzione delle prescrizioni e dell'uso disinvolto di questi discussi prodotti farmaceutici per minori.
(3-01882)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Corriere della Sera nella sua edizione del 7 ottobre 2011, cronaca di Roma, pubblica la lettera della signora Anna Procaccino;
la signora lamenta che il marito di 95 anni dalla scorsa primavera ha necessità di usare una sedia a rotelle per neuropatia;
la signora Procaccino racconta che ignorando se fosse una cosa stabile o meno, per il primo mese ne ha affittata una; successivamente si è rivolta al CAD (S. Maria della Pietà) per attivare la procedura;
a inizio luglio è stato comunicato che sarebbe stata effettuata una visita geriatrica, e solo, in seguito alla sua valutazione, sarebbe partita la pratica di assegnazione dell'ausilio;
a ottobre, scrive la signora Procaccino, il geriatra ancora non si è visto; se la sua valutazione sarà positiva, dovrà essere fatto un preventivo e verrà attivata la pratica;
nel frattempo, in attesa che i tempi della burocrazia siano espletati, alla signora Procaccino restano due possibilità: o

continuare ad affittare la sedia a rotelle, a circa ottanta euro mensili che non saranno rimborsabili; o tenere il marito inchiodato sul letto 24 ore su 24;
il CAD del S. Maria della Pietà contattato da una giornalista del Corriere della Sera, ha fatto presente che si rispetta unicamente la normativa nazionale: «I diversi passaggi che compongono l'iter sono ineludibili e discendono da precisi obblighi normativi nazionali e regionali»: l'autorizzazione per l'ausilio-dispositivo protesico va «rilasciata dalla ASL previa verifica dell'invalidità civile»; esiste una sola eccezione, «riferita ai pazienti in dimissione da strutture ospedaliere, per accelerare e semplificare tempi e procedure dell'autorizzazione». La stessa normativa nazionale prevede «dopo l'acquisizione del presidio da parte del paziente, il collaudo del medico proscrittore»;
appare comunque intollerabile agli interroganti un tempo così lungo per la definizione di una pratica che potrebbe essere risolta in pochi giorni -:
quanti siano i casi simili a quello lamentato dalla signora Procaccino, di persone in attesa da mesi di una semplice sedia a rotelle;
quali iniziative, anche normative, di competenza intenda promuovere o adottare affinché le procedure siano snellite.
(4-13512)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 OTTOBRE 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO, MARTELLA e FARINONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le televisioni locali rappresentano una componente significativa del sistema televisivo del nostro paese, la loro adeguata presenza offre un contributo importante al pluralismo dell'informazione e delle culture; sono oltre 600 in tutta Italia e solo nel mese di luglio, secondo i dati fomiti dall'auditel, hanno raggiunto circa 7 milioni di contatti al mese;
ogni anno il Corecom predispone le graduatorie delle emittenti televisive locali beneficiarie delle provvidenze statali previste dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 1998 n. 448 che attribuisce il punteggio a ciascuna emittente sulla base del decreto ministeriale n. 292 del 2004 «Regolamento per la concessione alle emittenti locali dei benefici previsti dall'articolo 45, comma 3 della legge 448/1998» e sulla base dello specifico «bando di concorso» emanato annualmente dal ministero dello sviluppo economico;
per l'anno 2010, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 26 maggio 2010 (10A10896) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 209 del 7 settembre 2010, è stato emanato il Bando di concorso per l'attribuzione di contributi, alle emittenti televisive locali, per l'anno 2010, e che tale somma risulta ammontare a euro 66.360.100,72;
le associazioni di categoria lamentano che a tutt'oggi tali somme non sono state ancora erogate, nonostante risulti che gli uffici abbiamo provveduto a trasmettere alla ragioneria la quasi totalità dei mandati di pagamento, relativi ai contributi 2010;
tali ritardi nell'erogazione dei contributi aggravano la situazione in cui versano le emittenti; l'ultima manovra economica di luglio del Governo oltre all'approvazione di misure penalizzanti per il settore, ha totalmente disatteso le promesse del Ministro, in merito all'eventuale aumento dell'indennizzo per le tv locali da 240 a 480 milioni di euro;
i ritardi nella liquidazione dei contributi, ormai risultano essere pratica consueta di questo Governo, a conferma di ciò i fondi per l'anno 2009, furono liquidati a fine 2010;
è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, parte prima n. 213 del 13 settembre 2011, a cura del Ministero dello sviluppo

economico, il decreto 17 giugno 2011, avente per oggetto: «Concorso per l'attribuzione di contributi, alle emittenti televisive locali, per l'anno 2011 -:
quali iniziative urgenti intendano intraprendere affinché la consuetudine dei ritardi sia annullata e l'erogazione rientri nella normalità e si proceda immediatamente alla liquidazione delle somme spettanti alle emittenti locali.
(5-05488)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRANATA e PATARINO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la lunga mobilitazione civile contro le estrazioni petrolifere in Adriatico può eleggere diversi luoghi simbolo a sostegno della protesta. Tra tutti le isole Tremiti meritano un posto di rilievo;
l'area marina protetta del Parco nazionale del Gargano è l'unico arcipelago italiano nel mar Adriatico;
in virtù di tali ricchezze proprio in questi ultimi mesi le popolazioni dei Paesi europei membri dell'Unesco che si affacciano sul mare Adriatico e sullo Ionio hanno avviato, a giusta ragione, una raccolta di firme per poter dichiarare l'Adriatico «Patrimonio naturale culturale dell'Umanità»;
lo stesso promontorio del Gargano prospiciente le isole Tremiti, dal dicembre 2009, ha assunto, suo malgrado, un alto valore emblematico per la mobilitazione contro le trivellazioni, ovvero lo spiaggiamento simultaneo di ben sette capodogli (Physeter macrocephalus);
su questo caso particolarmente interessante, recenti studi multidisciplinari sono stati pubblicati da Mazzariol e altri, nel maggio 2011 sulla prestigiosa rivista PloS-One, con dati e analisi effettuate sui sette esemplari spiaggiati il 10 dicembre 2009 sul litorale Nord del Gargano (istmo di Varano);
per la prima volta un tale spiaggiamento di massa di capodogli viene riportato in letteratura a queste latitudini; infatti, questi esemplari si sono spinti molto più a nord dell'abituale habitat della fossa del basso adriatico, dirigendosi verso il Promontorio del Gargano, incontrando condizioni ambientali e di mare proibitive;
i capodogli potrebbero essere stati disturbati dalla loro normale rotta nella più mite corrente marina adriatica orientale in cerca di calamari, loro dieta preferita;
proprio l'analisi dei contenuti stomacali evidenzia come quegli animali, debilitati e spiaggiati sul Gargano, fossero digiuni da almeno tre-sette giorni. Questo tempo giustifica il loro viaggio dopo essere stati disturbati precedentemente, avvistati e identificati molto più a sud verso Otranto;
tale stato viene spiegato sufficientemente con gli studi di Cummings 2009 e di Miller e altri 2009 (Deep-Sea Research), che hanno effettuato ricerche nel Golfo del Messico, approfondendo gli studi sul comportamento dei capodogli riguardo il condizionamento/richiamo verso il cibo, simulando esplosioni analoghe agli airgun con frequenze progressive e decrescenti;
negli studi effettuati nel Golfo del Messico, l'effetto di disturbo è stato registrato a distanze ben superiori (oltre i 10 chilometri, a quelle disciplinate e ammesse di rito nei decreti autorizzativi per le prospezioni geosismiche (circa 6 chilometri) per l'uso degli airgun nella ricerca petrolifera in Adriatico. Vale a dire che il comportamento alimentare dei capodogli non è condizionato dallo scoppio degli airgun nelle immediate vicinanze della sorgente (un fucile ad aria compressa), bensì viene influenzato con la perturbazione fisica dello spettro di onde esplose;
i risultati presentati da Mazzariol e altri (2011), confrontati con i dati di

Cummings 2009 e Miller e altri (2009), documentano inoltre come sui resti di ben tre dei sette capodogli esaminanti siano presenti i tipici segni della variazione di pressione di ossigeno polmonare dovuta ad emersione rapida. Gli stessi esemplari mostravano già altri sintomi di embolia con presenza di bolle negli interstizi cardiaci. Tali effetti fisiologici descrivono la tipica risposta comportamentale di animali che, spaventati, emergono rapidamente;
molti studi internazionali concordano su come quantificare e calcolare il danno realmente arrecato con gli airgun. Esso infatti va commisurato al numero di individui disturbati e spiaggiati, in relazione alla effettiva dimensione della popolazione presente nell'area;
nel caso dei sette capodogli piaggiati sul Gargano, essi non sono semplicemente sette individui, ma membri di una famiglia della sub-popolazione del basso-Adriatico; pertanto essa risulta irrimediabilmente e pesantemente falcidiata, con un danno ambientale incommensurabile già ampiamente consumato -:
se la morte dei sette capodogli piaggiati sul Gargano nel 2009 di una stessa famiglia della sub-popolazione del basso-Adriatico equivalga o meno ad un danno ambientale rilevante, o a quale grado intendano riferirlo;
se, dati i pareri V.I.A. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che autorizzava attività petrolifere proprio in quel periodo del 2009, e autorizzava lavori di prospezioni sismiche nel basso Adriatico (a 60 chilometri a est di Bari e a 70 chilometri a Nord Ovest di Brindisi), i Ministri siano a conoscenza di attività di prospezioni geosismiche già autorizzate a fini di ricerca petrolifera o altra attività similare, effettuate nel basso adriatico tra fine novembre e inizi dicembre 2009;
se, analogamente, possano fornire ulteriori informazioni su eventuali eventi sismici con emissioni di onde di disturbo alla etologia dei capodogli piaggiati, o comunque fornire informazioni circa ogni altra presenza ed attività marina, o giustificazione soddisfacente, plausibile, che possa avere interferito con la rotta di quella intera famiglia di capodogli, inducendoli ad una via di fuga verso nord, verso condizioni idrologiche e batimetriche non adatte, conducendoli inevitabilmente alla morte;
se gli effetti del disturbo alimentare - che si aggiungono al già previsto disturbo riproduttivo quale conseguenza della esposizione agli airgum - siano stati sufficientemente indagati e contemplati nelle prescrizioni dei decreti V.I.A. che autorizzavano (e autorizzano) tali prospezioni;
se, vista la letteratura scientifica che asserisce che le modificazioni dell'onda emessa dall'airgun con un profilo sinusoidale diverso nell'onda di ritorno, con effetti significativi sull'etologia dei cetacei, siano funzione dell'idrografia, della batimetria, della disomogenea morfologia degli ambienti marini circostanti e che di tali fattori morfologici ampia descrizione si ritrovi negli studi scientifici e nella cartografia del margine Adriatico-Apulo prodotti dall'istituto di scienze marine (ISMAR) del CNR, non si ritenga che detti studi scientifici debbano essere maggiormente approfonditi per eventualmente supportare il parere autorizzativo delle prospezioni geosismiche con airgun, tanto più se si effettuano in un ecosistema marino semi chiuso con una eterogeneità di habitat come quelli che caratterizzano il Mare Adriatico;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha competenze dirette per la gestione dell'ente del parco del Gargano e della stessa area marina delle isole Tremiti, arcipelago punto forte delle risorse naturalistiche, ittiche e turistiche del nostro Adriatico, nel firmare i decreti di V.I.A. per le attività petrolifere, non intraveda un palese contrasto amministrativo e giuridico con l'interesse principale della missione istituiva delle aree protette, ovvero se non intenda

favorire politiche di sviluppo sostenibile, oltre che di tutela di detto patrimonio, azioni prioritarie e assolute nelle politiche ambientali del suo dicastero;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda esercitare con maggiore effetto tale tutela istituzionale, che invece appare minima a giudizio delle associazioni e istituzioni locali che avversano i provvedimenti autorizzativi, poiché a tutti appare chiaro che delle prospezioni geosismiche, riguardo la presenza di petrolio in Adriatico, non ci sarebbe proprio la necessità e poiché i dati di fonte ENI già assicurano la presenza di giacimenti in quella zona;
quali rimedi di sicurezza ambientale e alla salute siano stati predisposti al fine di prevenire un ipotetico incidente alle piattaforme, e quali misure di intervento previste nel caso di incidente in un mare chiuso su cui vivono ecosistemi fragili (dal parco nazionale del Conero al promontorio del parco del Gargano) le cui spiagge con le falesie bianche sarebbero a forte rischio, con paesaggi incantevoli, centri storici straordinari e nelle quali intere comunità adriatiche vivono di pesca e turismo grazie a queste risorse che, quando curate e gestite correttamente, danno prospettive di vita e di benessere a milioni di persone, per le quali nessun principio di massima precauzione potrebbe mai tutelare sufficientemente la particolare ricchezza di valori ambientali ed economici presenti nel bacino Adriatico.
(4-13505)

RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a mezzo stampa il gruppo Mauro Saviola con sede a Viadana (Mantova) leader in Italia e nel mondo per quanto riguarda il settore legno e chimica, ha annunciato di aver inoltrato richiesta per la cassa integrazione ordinaria che coinvolgerà in totale 450 operai divisi tra gli stabilimenti Silla di Sustinente, Viadana e Mortara (Pavia);
il gruppo Mauro Saviola in tanti anni di attività nel settore, ad oggi non aveva mai fatto ricorso alla cassa integrazione;
il settore legno italiano, non solo in provincia di Mantova, versa in una situazione di grave difficoltà;
ad oggi è difficile immaginare una pronta ripresa dei consumi che possa permettere al comparto di risollevarsi in tempi brevi -:
quali iniziative intenda proporre agli imprenditori del comparto-legno al fine di aiutare concretamente un settore cardine dell'economia italiana ad uscire dalla crisi in cui versa.
(4-13530)

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Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Renato Farina n. 2-01225, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 529 del 5 ottobre 2011.

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il 13 settembre 2011 il dipartimento di Stato USA ha pubblicato il suo ultimo rapporto sulla libertà religiosa internazionale. Il rapporto, relativo al 2010, copre solo gli ultimi sei mesi dell'anno, nella sua presentazione Michael H. Posner, vicesegretario dell'ufficio per la democrazia, i diritti umani e il lavoro, ha detto che tra i Paesi di particolare preoccupazione (CPC - Countries of Particular Concern) figurano gli stessi dello scorso anno: Birmania, Cina, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, Sudan e Uzbekistan; ciononostante, vi sono anche altri Paesi in cui avvengono gravi violazioni della libertà

religiosa, tra cui particolare apprensione suscita la situazione dei cristiani in Siria, dove l'instabilità e le violenze stanno portando a numerose violazioni dei diritti umani, così come Pakistan, Iraq, Vietnam ed Egitto sono altri Paesi individuati da Posner per le gravi offese alla libertà religiosa;
il rapporto cita diversi modi in cui la libertà religiosa è ostacolata: repressione attiva da parte delle autorità e impunità. In Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come al-Qaeda, che lo scorso anno ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2010 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani. Anche in Nigeria vi è stato un significativo aumento degli episodi di violenza contro cristiani e musulmani. Nel febbraio di quest'anno si è verificato un ulteriore caso di violenza che ha provocato circa 96 morti;
altri ostacoli alla libertà religiosa sono le leggi contro l'apostasia e la blasfemia. Queste leggi sono spesso utilizzate a discriminazione delle minoranze religiose. La blasfemia e la conversione dall'islam o apostasia può essere punita con la morte in Afghanistan, Iran, Pakistan e Arabia Saudita. Queste leggi sono anche spesso utilizzate in modo strumentale nell'ambito di contrasti personali o di controversie sulla proprietà immobiliare;
secondo il dipartimento di Stato, lo scorso anno vi è stato un aumento o un mantenimento dei livelli di antisemitismo in ogni continente. Gli atti di questo tipo comprendono la profanazione di cimiteri, il diniego dell'Olocausto, la pubblicazione di un certo tipo di letteratura e anche di cartoni animati;
una serie di Paesi ha approvato o sta approvando leggi che restringono la libertà religiosa in ragione della necessità di proteggere la sicurezza nazionale. Alcuni Governi hanno posto restrizioni alle attività di gruppi che considerano pericolosi: nella sezione sulla Birmania, il rapporto osserva che il Governo ha continuato a monitorare gli incontri e le attività praticamente di ogni organizzazione religiosa. I gruppi religiosi, inoltre, sono tenuti a chiedere l'autorizzazione per poter svolgere qualsiasi evento pubblico di grandi dimensioni. Secondo il dipartimento di Stato, le autorità si sono spesso rifiutate di autorizzare la celebrazione delle feste tradizionali cristiane o islamiche; è anche difficile ottenere l'autorizzazione ufficiale per la costruzione di nuove chiese o luoghi di culto, e in alcuni casi persino la ristrutturazione di edifici esistenti viene bloccata. La censura di Stato ha continuato ad applicare le restrizioni sulla pubblicazione della Bibbia, del Corano e di altri testi cristiani e islamici; risulta anche che, nella promozione del buddismo, il Governo abbia affidato orfani e senzatetto ai monasteri buddisti anziché a gruppi cristiani per sottrarli all'influenza dei missionari; inoltre, l'adesione o conversione al buddismo continua ad essere un obbligo non scritto per coloro che vogliono arrivare ai gradi più elevati del Governo;
passando alla Cina, il rapporto inizia osservando che solo i gruppi religiosi che rientrano tra le cinque associazioni religiose patriottiche ufficialmente riconosciute (buddista, taoista, musulmana, cattolica e protestante) sono autorizzati a svolgere funzioni religiose; altri gruppi, tra cui quelli protestanti o quelli cattolici fedeli al Vaticano, non possono registrarsi ed essere legali. In alcuni luoghi, le autorità hanno accusato i membri di gruppi non ufficiali di reati come lo svolgimento di attività religiose illegali o il disturbo della stabilità sociale. Il livello di rispetto del Governo per la libertà religiosa nelle leggi e nella pratica si è ridotto nel corso del periodo considerato. I leader musulmani della regione autonoma di Xinjiang Uighur e i religiosi buddisti tibetani hanno subito maggiori discriminazioni lo scorso anno. Coloro che vogliono entrare in un

seminario ufficiale devono avere il sostegno della loro associazione religiosa patriottica. Inoltre, il Governo richiede agli studenti di dimostrare la loro «affidabilità politica» e impone che le questioni politiche siano anche oggetto di esame per tutte le scuole religiose; nel periodo coperto dal rapporto, le autorità hanno continuato a monitorare e talvolta a vessare sia i gruppi non registrati che quelli registrati. Un certo numero di leader religiosi e di fedeli è stato arrestato o condannato alla reclusione a causa delle loro attività religiose;
per quanto riguarda il Vietnam, il rapporto afferma che si è registrata una serie di violazioni della libertà religiosa. Per esempio, molti cattolici e protestanti affermano di essere stati discriminati nel fare domanda di lavoro nell'ambito dell'amministrazione pubblica. Una serie di credenti ha subito vessazioni o repressioni, soprattutto se appartenenti a gruppi privi del riconoscimento ufficiale. Tra le azioni prese dalle autorità figurano la cessazione forzata di riunioni religiose, la chiusura di chiese domestiche non registrate e pressioni sugli individui perché rinuncino alla loro fede religiosa. Vi sono stati gravi contrasti, nel gennaio dello scorso anno, tra i parrocchiani della chiesa cattolica di Dong Chiem che protestavano contro la demolizione di una grande croce di cemento da parte della polizia. La folla di diverse centinaia di persone è stata attaccata dalla polizia, che ha usato gas lacrimogeni e ha picchiato circa una dozzina di individui. Secondo il rapporto, due settimane dopo un monaco cattolico è stato percosso dalla polizia fino a perdere i sensi, mentre cercava di accedere alla parrocchia vicina al luogo in cui è stata demolita la croce. Più tardi, a febbraio, un gruppo di suore e di altri cattolici di Ho Chi Minh City si è recato in pellegrinaggio a quella parrocchia ed è stato fermato dalla polizia, che gli ha impedito l'accesso;
mentre il dipartimento di Stato afferma il suo continuo interesse nel difendere la libertà religiosa, la commissione USA per la libertà religiosa internazionale ha espresso il suo disappunto per la mancata introduzione di altri Paesi nella lista di quelli di particolare preoccupazione (CPC), come per esempio Egitto, Iraq, Nigeria, Pakistan, Turkmenistan e Vietnam;
in particolare a proposito dell'Egitto, la stampa internazionale riferisce di tragici episodi al Cairo e dopo che una chiesa cristiana è stata distrutta da integralisti islamici, di una manifestazione di protesta dei copti che è stata funestata da gravissimi episodi di repressione armata con l'uccisione di 24 persone;
il premier Sharaf ha giudicato questa manifestazione non come esito delle crescenti persecuzioni, ma come provocazione di forze, non ben definite, che agirebbero contro la nuova primavera egiziana -:
se il Governo condivida le conclusioni cui è giunto il rapporto del Dipartimento di Stato americano;
se, in particolare, a proposito della situazione in Egitto, sia in grado di fornire ulteriori notizie anche con riferimento alla visione degli eventi fornita dal premier egiziano;
quali iniziative sia del Governo italiano sia di altri Paesi siano in corso presso l'ONU e altre organizzazioni internazionali per tutelare la libertà religiosa, definita «madre di tutte le libertà» nella mozione unitaria Mazzocchi e altri del 12 gennaio 2011;
quali siano gli orientamenti del Governo in merito all'impegno dell'Unione europea, ed in particolare di Lady Ashton, a riguardo della libertà religiosa e contro la cristianofobia;
come il Governo stia procedendo presso i singoli Governi, in specie oggi quello dell'Egitto, per implementare l'impegno preso con la risoluzione Mazzocchi

e altri, in particolare contro la cristianofobia.
(2-01225)
«Renato Farina, Garagnani, Angeli, Mottola, Centemero, Porcu, Mariarosaria Rossi, Bertolini, Di Centa, Stracquadanio, Razzi, Palmieri, Vignali, De Luca, Cesaro, Pagano, Vella, Lehner, Biancofiore, Zacchera, Pionati, Lanzarin, Soglia, Romele, Scandroglio, Polledri, Gottardo, Taddei, De Camillis, Aprea, Mussolini, Lupi, Paroli, Toccafondi, Pianetta, Volpi, Aracu».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-01863 del 3 ottobre 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05489.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BIASOTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto idrografico della Marina (I.I.M.) è l'organo cartografico dello Stato designato alla produzione della documentazione nautica ufficiale nazionale, dipende dal Ministero della difesa ed è unico nel suo genere in Italia;
tale ente, dapprima denominato «ufficio idrografico della Regia Marina» ed in seguito, con l'avvento della Repubblica italiana, «Istituto idrografico della Marina», fu istituito con regio decreto in data 26 dicembre 1872 con sede a Genova nell'edificio di Forte S. Giorgio, già sito dell'Osservatorio astronomico;
per assolvere il suo compito l'Istituto idrografico della Marina conduce il rilievo sistematico dei mari italiani, avvalendosi delle navi idro-oceanografiche della Marina militare, appositamente attrezzate, e di proprie spedizioni, valorizza e controlla i dati raccolti per organizzarli e finalizzarli alla produzione della cartografia e documentazione nautica, sia tradizionale sia in formato elettronico ed, infine, cura la diffusione delle informazioni nautiche in ambito nazionale ed internazionale;
la missione dell'Istituto idrografico della Marina è quella di «concorrere alla difesa nazionale, alla sicurezza della navigazione e alla conoscenza e valorizzazione di tutto quanto legato al mare, da un punto di vista scientifico, tecnologico e ambientale»;
la collocazione di tale ente all'interno dell'edificio di Forte S. Giorgio, sito nel comune di Genova, risale a 139 anni fa e oggi la sede non risponde più ai requisiti richiesti ad un moderno stabilimento di lavoro, con ovvie ripercussioni sul funzionamento e con la conseguenza che, in mancanza di una idonea alternativa nell'area genovese, potrebbe profilarsi il trasferimento dell'Istituto in altra zona d'Italia, nonostante le rassicurazioni espresse negli anni dai diversi Capi di stato maggiore della Marina;
attualmente l'unità logistica (autoreparto e barche) è situata all'interno dell'ex caserma Gavoglio nel quartiere genovese del Lagaccio;
il 4 maggio 2007 il Ministero della difesa e il comune di Genova firmavano un'intesa «per la riallocazione, ristrutturazione e razionalizzazione delle infrastrutture militari site in Genova e per il riassetto stradale e la riqualificazione urbanistica dell'area del Lagaccio» nella quale veniva ipotizzato, tra l'altro, il reperimento di una struttura in grado di soddisfare le esigenze allocative dell'Istituto idrografico della Marina militare;

l'individuazione di una nuova sede dell'Istituto idrografico della Marina in un contesto più funzionale consentirebbe una migliore gestione dell'unità logistica di cui sopra e, soprattutto, consentirebbe non solo di liberare l'ex caserma, offrendo nuove opportunità di recupero dell'intera area, ma anche di alleggerire il traffico del quartiere già fortemente congestionato, proprio perché una tale soluzione risolverebbe il problema di dover di trasportare le barche con mezzi pesanti, così come previsto nell'intesa del 2007 firmata da Ministero della difesa e comune di Genova;
di conseguenza, è necessario identificare al più presto una nuova sede per l'Istituto idrografico della Marina al fine di garantire la continuità dell'importante servizio compiuto da tale ente a livello nazionale e salvaguardare a livello cittadino una importante realtà produttiva ed occupazionale;
in data 21 giugno 2007, giornata sancita dalle Nazioni Unite quale celebrazione mondiale dell'idrografia, è stato sottoscritto un accordo tra regione Liguria (prima regione in Italia) e l'Istituto idrografico della Marina per attivare scambi di dati e collaborazioni nel settore della cartografia nautica e terrestre, accordo preso ad esempio da altre importanti regioni, quali Veneto, Friuli, Sicilia e altre;
va tenuto conto dell'alto valore tecnico e scientifico di questo Istituto e della possibilità di positive sinergie con altre realtà del tessuto economico e scientifico genovese (il futuro Parco scientifico e tecnologico degli Erzelli, l'I.I.T., l'acquario, l'università e altri;
a Genova ha sede anche l'UTNAV, l'Ufficio tecnico territoriale costruzioni ed armamenti navali dipendente dalla direzione generale degli armamenti navali (NAVARM) della Marina militare italiana, che in materia di cantieristica navale ha il compito di:
a) vigilare, controllare e collaudare l'esecuzione di forniture e lavori affidate ad industrie da organi centrali ed enti periferici della Marina militare;
b) analizzare le offerte economiche delle ditte e compilare i relativi verbali di congruità;
c) elaborare le certificazioni amministrative legate agli adempimenti contrattuali;
per quanto riguarda, poi, la costruzioni di nuove unità navali presso i cantieri l'UTNAV provvede a:
a) esaminare ed approvare la documentazione tecnica della progettazione esecutiva;
b) verificare gli ordini impartiti ai sub-fornitori;
c) sorvegliare l'avanzamento contrattuale;
d) partecipare alle prove in porto ed in mare sino alla consegna dell'unità;
e) gestire la garanzia e le procedure post-contrattuali;
infine, la realizzazione di una nuova sede dell'IIM potrebbe consentire alla Marina militare italiana di concentrare presso un unico complesso anche le attività svolte dall'UTNAV, ad oggi collocato nella sede di via dei Pescatori di Genova -:
se e quali iniziative intenda assumere per salvaguardare la presenza storica a Genova dell'Istituto idrografico della Marina, mantenendone così tutte le figure e le competenze da tempo impegnate nelle funzioni dell'Istituto ed, in particolare, per individuare un sito atto ad ospitare una nuova sede più funzionale all'adempimento dei compiti stessi dell'Istituto, considerati i problemi citati della struttura di Forte S. Giorgio di Genova.
(4-12411)

Risposta. - Sottolineo, in premessa, che allo stato attuale non risultano progetti di riordino dell'Istituto idrografico della Marina (IIM) che prevedano un trasferimento dalla sede di Genova.
Tengo, tuttavia, a precisare che, poiché l'attuale collocazione dell'IIM all'interno di Forte San Giorgio, a Genova, non risponde più ai requisiti richiesti a un moderno stabilimento di lavoro, lo Stato maggiore della Marina ha incaricato il dipartimento militare marittimo di la Spezia, da cui logisticamente l'IIM dipende, di verificare la possibilità di una localizzazione diversa da quella attuale, da individuare sempre nel territorio genovese.
A tal riguardo, sono in corso incontri con tutte le autorità locali (regione, provincia e comune) per verificare le possibilità alternative all'attuale sistemazione logistica.
Ciò posto, in esito al protocollo d'intesa firmato in data 4 maggio 2007 tra il Dicastero, l'agenzia del demanio e il comune di Genova, l'IIM si è reso disponibile a lasciare l'unità logistica dell'ex-caserma Gavoglio, località Lagaccio-Genova (comprensiva dell'autoreparto, zona rimessaggio imbarcazioni idrografiche, magazzini stoccaggio carta eccetera) qualora, come previsto nel protocollo, il comune di Genova provveda ad assegnare all'Istituto analoghi spazi in altra zona di gradimento dell'amministrazione militare.
Al momento, tale soluzione alternativa non è stata proposta dal comune di Genova e, pertanto, l'IIM non ha ancora lasciato gli spazi sopra indicati.
Mi sembra doveroso precisare che, sino ad oggi, le possibili soluzioni nell'area genovese (area nei pressi dell'aeroporto,
ex ospedale psichiatrico di Genova Quarto, Silos Hennebique all'interno del porto, ex Istituto nautico San Giorgio) sono decadute, o per sopravvenuta indisponibilità, o per insufficienza degli spazi offerti.
Sottolineo che, ad ogni buon conto, si trattava di soluzioni insistenti su edifici molto datati e, quindi, con necessità di importanti opere di ristrutturazione, difficilmente affrontabili con mere operazioni di permuta di edifici a costo zero.
Per avere, comunque, una stima del patrimonio in carico alla Marina Militare nell'area genovese, ai fini di un'eventuale permuta, sono state avviate iniziative anche presso l'Agenzia del demanio.
Per completezza d'informazione segnalo, altresì, che le ricerche sino ad ora esperite hanno evidenziato quale ulteriore possibilità (a titolo oneroso) l'area denominata Erzelli, all'interno del costituendo Parco scientifico e tecnologico.
In conclusione, nel ribadire che la Marina militare è pienamente consapevole del legame esistente tra l'Istituto idrografico e la città di Genova, confermo che la Difesa è impegnata nella ricerca di ogni possibile soluzione che consenta di individuare la nuova sede mediante una ricollocazione nell'area genovese, senza prescindere dal trovare una soluzione condivisa e concordata con le Autorità locali.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», dispone che «1. Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. 2. Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette Unità sanitarie locali ed Aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie»;
per la particolare situazione di precarietà finanziaria del comparto della sanità

della regione Lazio, al fine di salvaguardare il mantenimento di livelli minimi di servizio e l'erogazione delle prestazioni sanitarie all'utenza, il governatore della regione Lazio è stato nominato commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro sanitario;
all'interno della ASL (Azienda sanitaria locale) di Frosinone, in seguito a provvedimenti assunti dalla dirigenza della stessa in attuazione al piano per il rientro sanitario, si paventa il rischio di licenziamento per i lavoratori assunti con tipologia di contratto a tempo determinato che, allo stato, non costituirebbero un esubero per la pianta organica delle varie strutture in cui sono impiegati, ma rappresentano un cardine importante per l'espletamento delle normali attività giornaliere di servizio dei reparti, che senza la loro presenza sarebbero costretti a chiudere poiché non potrebbero garantire i livelli minimi di assistenza sanitaria all'utenza;
i lavoratori con contratto a tempo determinato sono più 380 unità, compresi i dirigenti medici, e quasi tutti questi dipendenti hanno un rapporto lavorativo con la citata ASL che si protrae da molti anni e sempre con contratti a tempo determinato, nonostante gli accordi ratificati con la regione Lazio di concerto con le varie sigle sindacali come da accordi sottoscritti nel 2007-2008 e seguenti per la «stabilizzazione» dei dipendenti a tempo determinato che rispondevano ai requisiti identificati e richiesti per la trasformazione del proprio contratto a tempo indeterminato e le procedure stabilite a tal fine;
nonostante ciò la direzione aziendale della ASL citata ha indetto nuovi avvisi pubblici per l'assunzione di altri dipendenti a tempo determinato e a tempo indeterminato;
a ciò deve aggiungersi che molti di coloro che sono assunti con contratto a tempo determinato sono idonei collocati utilmente nelle graduatorie, tutt'ora valide, per l'assunzione a tempo indeterminato da parte della AUSL citata, a seguito di procedure concorsuali concluse;
a titolo di esempio si segnala che la ASL (Azienda sanitaria locale) di Frosinone con delibera 1338 del 9 maggio 2002, ha bandito un concorso pubblico per 20 posti di dirigente medico - Area medica e delle specialità mediche - Disciplina di cardiologia, presso la Azienda unità sanitaria locale - Frosinone e che detta procedura concorsuale si è conclusa con la pubblicazione della graduatoria approvata con delibera della AUSL - Frosinone n. 279 del 4 marzo 2003 e che l'articolo 5 della legge 27 febbraio 2009, n. 14, dispone che «Il termine di cui all'articolo 1, comma 100, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è prorogato al 31 dicembre 2009 e si applica alle graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 1° gennaio 1999 relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
la AUSL citata, pur continuando ad avvalersi di dirigenti medici con contratto a tempo determinato al fine di garantire il servizio all'utenza, nel 2006 bandiva un nuovo concorso per l'assunzione a tempo indeterminato di 5 dirigenti medici - area medica e delle specialità mediche - Disciplina di cardiologia, che si concludeva con la pubblicazione della graduatoria approvata con deliberazione n. 424 del 9 maggio 2007 e nei primi mesi del 2009, nonostante la graduatoria del concorso precedentemente citato fosse stata prorogata, procedeva alla chiamata dei vincitori del secondo concorso per la loro assunzione a tempo indeterminato;
alla luce di quanto esposto, l'interrogante ritiene che sarebbe utile, in virtù dell'esigenza di ottemperare a quanto disposto dal piano di rientro sanitario e nel contempo assicurare il livelli minimi assistenziali e di erogazione delle prestazioni sanitarie all'utenza, anche al fine di evitare ogni possibile controversia da parte dei lavoratori assunti dalla AUSL citata con contratti a tempo determinato e collocati utilmente per l'assunzione nelle graduatorie

vigenti, ogni possibile riflesso negativo sull'attuazione del citato piano di rientro sanitario della regione Lazio, assumere iniziative normative, anche di interpretazione autentica, sia in via generale e per il futuro volte a disporre che nelle proroghe delle graduatorie relative a concorsi già conclusi ed in coerenza con i principi costituzionali di accesso per concorso ai pubblici uffici, non possano essere bandite dalle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, nuove procedure concorsuali per l'assunzione di figure professionali per le quali siano in vigore graduatorie non ancora esaurite, anche al fine del ripristino di una corretta situazione di diritto nella vicenda descritta -:
se il Ministro interrogato ritenga di assumere iniziative normative, anche di interpretazione autentica, in via generale e per il futuro, volte a disporre che nelle proroghe delle graduatorie relative a concorsi già conclusi ed in coerenza con i principi costituzionali di accesso per concorso ai pubblici uffici, non possano essere bandite dalle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, nuove procedure concorsuali per l'assunzione di figure professionali per le quali siano in vigore graduatorie non ancora esaurite.
(4-03893)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche sulla base delle informazioni acquisite dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo di Frosinone, e degli elementi trasmessi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
L'azienda unità sanitaria locale di Frosinone ha rappresentato di aver espletato nell'anno 2003 un concorso pubblico per titoli ed esami a n. 20 posti di dirigente medico di cardiologia, provvedendo ad immettere in ruolo i vincitori.
Dei 20 candidati risultati vincitori del concorso, n. 4 hanno rinunciato alla nomina in ruolo.
L'amministrazione, pertanto, ha ritenuto di procedere all'indizione, nell'anno 2006, di un concorso pubblico per dirigente medico di cardiologia, considerata la grave carenza di personale dipendente nella disciplina di cui trattasi, in quanto per una migliore appropriatezza delle attività da assicurare all'utenza, ha dovuto far ricorso alle prestazioni del personale dipendente in regime di PEC (Prestazione di «emergenza cardiologica).
In attuazione delle direttive emanate dalla regione Lazio in ordine ai criteri e alle procedure per il superamento del precariato del personale del servizio unitario regionale, l'azienda ha effettuato una ricognizione dei posti di lavoro ricoperti dal personale precario alla data del 31 dicembre 2008, sottoponendo tale ricognizione alla concertazione con le organizzazioni sindacali.
L'AUSL di Frosinone ha ricordato che, per quanto riguarda i posti già ricoperti a tempo determinato dal personale appartenente ai profili dirigenziali, alla data del 31 dicembre 2008, le Aziende sanitarie sono tenute alla copertura degli stessi, mediante procedure concorsuali pubbliche, le quali dovranno assicurare, tra l'altro, la piena valorizzazione delle esperienze professionali maturate all'interno delle stesse aziende con contratti di lavoro a tempo determinato, nel rispetto della normativa vigente ed, in particolare, dell'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) e dell'articolo 3, comma 115, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).
Le suddette procedure per la copertura dei posti individuati dovranno essere espletate nel triennio 2009/2011, con l'obiettivo di portarle definitivamente a conclusione entro il 31 dicembre 2011.
In merito alla questione in esame, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha inteso precisare che il diritto dei vincitori di concorsi ad essere assunti dalle pubbliche amministrazioni può essere garantito solo nell'ambito e nel rispetto del regime di assunzioni previsto dalla normativa vigente.


I vincoli posti dalla normativa di natura finanziaria e gli impegni assunti in sede europea al fine del contenimento della spesa per il personale pubblico hanno determinato una consistente riduzione delle assunzioni presso le pubbliche amministrazioni.
L'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha previsto che, per l'anno 2010, le Amministrazioni «possono procedere, previo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente».
Analoghe limitazioni sono state introdotte dalle successive leggi di natura finanziaria, che hanno confermato l'obiettivo della riduzione dei costi delle amministrazioni pubbliche.
In tale ambito, occorre considerare sia che le risorse finanziarie destinate al reclutamento di personale pubblico sono limitate sia che, per l'utilizzo di tali risorse, ciascuna amministrazione è chiamata a valutare autonomamente le proprie esigenze organizzative, ad esempio scegliendo quali graduatorie utilizzare, se procedere all'esaurimento delle stesse, ovvero, in alternativa, all'indizione di nuovi concorsi pubblici.
Infatti, le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono di competenza delle stesse amministrazioni e devono essere fondate sulla programmazione del fabbisogno di personale.
Pertanto, la corretta programmazione di tale fabbisogno è indispensabile ai fini di una efficace gestione delle politiche di assunzione, in quanto idonea ad evitare che i concorsi pubblici vengano banditi senza tener conto delle reali necessità di personale.
Ciò è quanto disposto dalla vigente disciplina normativa in materia di ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).
Questo Ministero ritiene opportuno rammentare che l'utilizzo della graduatoria costituisce una facoltà dell'amministrazione di potersi avvalere delle graduatorie valide per la copertura di ulteriori posti disponibili, in luogo dell'avvio di nuove procedure concorsuali, e non determina da parte dei candidati alcun diritto all'assunzione.
Le amministrazioni, prima di attingere alle graduatorie, sono comunque tenute a rispettare le disposizioni concernenti il «blocco» delle assunzioni.
Peraltro, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 668 del 10 febbraio 2010, ha affermato che l'amministrazione, qualora abbia assunto la decisione di assumere, è vincolata ad attingere alla graduatoria concorsuale ancora valida ed efficace, se vi sia corrispondenza tra i profili professionali e non soccorrano particolari ragioni per motivare l'indizione di un nuovo concorso.
Ciò anche ai fini del conseguimento dell'interesse pubblico, evitando un'inutile dispersione di tempo e di risorse finanziarie e consentendo l'immediata provvista del personale già utilmente selezionato.
Alla luce delle considerazioni finora sviluppate, e tenuto conto della normativa in vigore e della giurisprudenza in materia, pertanto, non appare necessario uno specifico intervento normativo.
Per completezza, tuttavia, è opportuno segnalare, in merito all'AUSL di Frosinone, che dalla documentazione acquisita emerge che le motivazioni da essa poste a fondamento dell'attivazione delle nuove procedure selettive, seppur apprezzabili poiché rivolte al superamento del precariato, non sembrano far rilevare le ragioni giustificatrici del lungo lasso di tempo intercorso tra il concorso espletato nel 2003, l'indizione del bando nel 2006 e la ricognizione del personale precario alla data del 31 dicembre 2008, effettuata successivamente all'indizione del citato bando.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel pacchetto sicurezza 2011 è stato previsto un piano per il controllo del

territorio a partire dal 4 agosto 2011, per la durata di sei mesi e con un'eventuale proroga per altri sei, attraverso l'impiego di 3.000 uomini dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e dei Carabinieri in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia; il piano di impiego del personale delle Forze armate nel controllo del territorio è stato firmato dal Ministro dell'interno Roberto Maroni e da quello della difesa Ignazio La Russa;
questo significa che corpi addestrati ad altre funzioni potrebbero ritrovarsi, senza l'adeguata preparazione ed equipaggiamento, a far fronte a situazioni di vigilanza o di emergenza non potendo garantire la necessaria efficacia dell'azione di controllo;
ciò potrebbe, di conseguenza, creare delle complicazioni nello svolgimento delle funzioni di polizia, dovendosi in questo caso preoccupare anche per i colleghi non altrettanto addestrati;
l'esercito destinato a queste diverse funzioni viene retribuito maggiormente, al pari di una trasferta, rispetto ai normali corpi naturalmente destinati a quelle funzioni; se ne deduce che, quindi, al contribuente tale servizio comporterebbe un aggravio di costi senza alcuna garanzia circa lo stesso grado di sicurezza -:
se, alla luce dell'esperienza, non ritengano opportuno voler rivedere questa disposizione, ovvero prevedere che le diverse forze impiegate possano garantire lo stesso livello di preparazione adeguata allo scopo.
(4-12439)

Risposta. - Il Ministero della difesa ha affrontato con particolare attenzione e sensibilità la questione relativa al concorso per il contrasto della criminalità e l'azione di controllo del territorio, nell'ottica di garantire il necessario livello di sicurezza a favore della collettività.
Ciò è avvenuto e continua ad avvenire attraverso il contributo delle Forze armate all'operazione «Strade sicure» che si può ritenere ragionevolmente adeguato dal punto di vista quantitativo e qualitativo.
Le Forze armate hanno messo a disposizione 4.250 militari in possesso di adeguata preparazione tecnico-professionale e delle conoscenze giuridiche necessarie per questa tipologia d'impiego.
Ciò è stato possibile in quanto fin dall'avvio dell'operazione sono stati svolti corsi specifici presso l'Arma dei carabinieri a favore di istruttori delle Forze armate che sono stati successivamente impiegati sia per addestrare direttamente il personale impiegato per il controllo del territorio, sia per formare ulteriori istruttori con effetto a cascata.
Per quanto riguarda l'aspetto relativo alla retribuzione, si fa osservare che il trattamento economico percepito dal personale militare è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa, e rinnovato per ogni periodo di proroga d'impiego.
Tale decreto prevede la corresponsione di un'indennità giornaliera onnicomprensiva commisurata all'indennità di ordine pubblico prevista per il personale delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 20 della legge 26 marzo 2001, n. 128, in aggiunta al compenso per lavoro straordinario nella misura media mensile di 14,5 ore
pro capite (stesso limite applicato dalle Forze di polizia per analoghi servizi), da considerare in deroga alla vigente normativa, ivi incluse le disposizioni concernenti i limiti individuali massimi stabilite per le amministrazioni di appartenenza.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

CONSOLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98, contenente «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011», all'articolo 39 («Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria»), quarto comma, prevede che, al fine di coprire 960 posti vacanti, alla data di

entrata in vigore del decreto-legge, presso le commissioni tributarie, il consiglio di presidenza della giustizia tributaria provveda ad indire, entro due mesi dalla predetta data, senza il previo espletamento della procedura di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 545 del 1992 (concorso interno) apposite procedure concorsuali riservate ai magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili che non prestino già servizio presso le predette commissioni;
in applicazione della predetta norma, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con delibera n. 1556 del 19 luglio 2011, ha revocato le procedure concorsuali avviate prima dell'entrata in vigore del decreto-legge, approvate con delibere pubblicate il 5 luglio 2011, per l'assegnazione di incarichi a favore dei componenti in servizio (concorso interno), preannunciando l'indizione di procedure concorsuali destinate alla copertura dei posti vacanti con accesso riservato ai magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili che non prestino già servizio presso le predette commissioni;
la normativa richiamata conduce all'esclusione dei magistrati in servizio presso le commissioni tributarie dalle procedure concorsuali, per la copertura dei posti vacanti, ponendosi a giudizio dell'interrogante in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, introducendo un'ingiustificata discriminazione all'interno della medesima categoria magistratuale e penalizzando proprio coloro che vantano una professionalità specifica nella materia tributaria;
escludere dalle procedure dirette alla copertura dei posti vacanti proprio i magistrati in servizio presso le commissioni tributarie e, perciò, coloro che sono connotati da una specifica professionalità in materia, si pone, ad avviso dell'interrogante, in aperta contraddizione anche con la finalità dichiarata dal comma 1 del medesimo articolo 39 di «assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria»;
per rendere la norma pienamente conforme al dettato costituzionale e alle finalità dichiarate, sarebbe opportuno procedere, per la copertura dei suddetti posti vacanti, come per le altre magistrature, in due fasi successive: in una prima fase, con una procedura concorsuale si provvede alla selezione di personale magistratuale, senza l'assegnazione dei posti; in una seconda fase, si procede all'assegnazione dei posti, con priorità per i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili che prestano già servizio presso le predette commissioni, al fine di valorizzarne la professionalità e assicurare l'efficienza del sistema -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di carattere normativo per far fronte alla problematica descritta in premessa.
(4-12855)

Risposta. - Con il documento in esame, l'interrogante fa presente che l'articolo 39, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dispone che, al fine di coprire, a decorrere dal 1o gennaio 2012, i posti vacanti alla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede ad indire apposite procedure ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, senza previo espletamento della procedura di cui all'articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo, per la copertura di 960 posti vacanti presso le Commissioni tributarie. Tali concorsi sono riservati ai magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili che non prestino già servizio presso le predette commissioni.
L'interrogante, pertanto, riferisce che, in applicazione della predetta norma, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con delibera n. 1556 del 19 luglio 2011, ha revocato le procedure concorsuali avviate prima dell'entrata in vigore del decreto legge, preannunciando l'indizione delle suddette procedure concorsuali.
Ad avviso dell'interrogante, tuttavia, l'esclusione dei magistrati in servizio presso

le commissioni tributarie dalle procedure concorsuali, per la copertura dei posti vacanti, si porrebbe in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, introducendo un'ingiustificata discriminazione all'interno della medesima categoria magistratuale, ed, inoltre, penalizzando proprio coloro che vantano una professionalità specifica nella materia tributaria, si porrebbe in aperta contraddizione con la finalità di «assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria» di cui al comma 1 del medesimo articolo 39 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.
Al fine di rendere l'applicazione della norma conforme al dettato costituzionale ed alle finalità dichiarate, l'interrogante riterrebbe opportuno procedere, per la copertura dei suddetti posti vacanti, come per le altre magistrature, in due fasi successive: in una prima fase, con una procedura concorsuale si dovrebbe provvedere alla selezione di personale magistratuale, senza l'assegnazione dei posti; in una seconda fase, poi, si dovrebbe procedere all'assegnazione dei posti, con priorità per i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili che prestano già servizio presso le predette commissioni, al fine di valorizzarne la professionalità e assicurare.
In ordine a quanto sopra rappresentato, l'interrogante chiede di conoscere quali siano le iniziative di carattere normativo che il Governo intenda adottare in materia.
Al riguardo, il Dipartimento delle finanze ha fatto presente che, in via generale, è opportuno premettere che le finalità dell'articolo 39 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che presiedono al «riordino» della giustizia tributaria sono quelle di assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria, garantendo altresì imparzialità e terzietà degli organi giudicanti.
Le nuove disposizioni rispondono all'esigenza di ammodernare la composizione delle commissioni tributarie, alla luce dell'evoluzione del processo tributario dagli anni novanta ad oggi, che ha risentito del sempre maggiore tecnicismo della materia tributaria e, nel contempo, di garantire i principi di terzietà e neutralità propri del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione.
Relativamente al punto oggetto dell'interrogazione in esame, il Dipartimento ha rappresentato che la riserva a favore dei magistrati tributari togati, nell'ambito delle previste procedure di reclutamento, risponde all'esigenza di permettere un riequilibrio dei collegi giudicanti, come già rilevato più sopra, a favore di professionalità comunque qualificate in campo tecnico-giuridico.
La disposizione normativa in argomento (articolo 39 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98) mira ad assicurare in tempi brevi, e cioè a partire dal 1o gennaio 2012, il reclutamento di 960 giudici tributari; infatti, il comma 4 dell'articolo 39 del decreto sopra citato prevede che il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria debba indire, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, le apposite procedure di reclutamento.
In merito ai timori rappresentati dall'interrogante, il Dipartimento ha rappresentato che il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, con delibera adottata nella seduta del 3 agosto 2011, ha indetto un concorso pubblico, per titoli, per la copertura di 960 posti vacanti di giudice presso le Commissioni tributarie regionali e provinciali riservato a magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili in servizio, che non prestino già servizio presso le predette Commissioni, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 16 agosto 2011.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Bruno Cesario.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultima «Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate», consegnata in questi giorni dal Ministero della difesa al Parlamento è emerso che

nel 2009 sono stati segnalati un caso di mobbing e ben 11 di molestie sessuali, tutti all'esame della magistratura. La relazione consegnata dal Ministero della difesa al Parlamento non entra nel merito dei singoli episodi, sui quali non vengono forniti particolari. Si sottolinea però che su questi fenomeni deve esserci particolare attenzione, considerato soprattutto che il numero delle donne nelle caserme è in continuo aumento;
nella relazione si legge, «seppure il fenomeno del nonnismo sembra debellato, si ritiene che razione di prevenzione e di contrasto contro qualsiasi episodio di sopraffazione fisica e morale all'interno delle strutture militari continui con livelli di attenzione elevati, in modo da cogliere sul nascere anche altre forme di comportamenti devianti (con particolare attenzione all'aspetto relativo alle molestie sessuali), direttamente connessi ad una sempre maggiore presenza di personale femminile nelle Forze armate»;
discutibile è la maniera in cui gli episodi vengono affrontati e classificati, dimostrando ancora una volta l'arretratezza culturale in cui vive e lavora il mondo delle Forze armate in questo Paese. Non ai fa un'analisi sociologica dei fenomeni, quasi sempre atti di prevaricazione fisica o psicologica molto violenti e gravi, spesso a danno di ragazzi molto giovani e si archivia quasi sempre ogni questione come «scherzi» più o meno lievi -:
quale sia nel concreto l'azione di vigilanza e monitoraggio che ora le Forze armate stanno mettendo in atto anche nei confronti di tutti quei «fatti e situazioni riconducibili al mobbing e alle molestie sessuali», fenomeni sostanzialmente nuovi per il mondo militare;
quali siano altresì le azioni di prevenzione e contrasto tese sia alla miglior efficienza delle strutture che alla tutela del personale.
(4-10736)

Risposta. - La componente femminile nelle Forze armate - in progressiva crescita sia sotto il profilo numerico, sia sotto l'aspetto del livello gerarchico conseguito - assolve, al pari dei colleghi di sesso maschile, i compiti istituzionalmente previsti senza alcuna limitazione per l'accesso e senza discriminazioni in termini funzionali e di possibilità di carriera.
Sulla base delle esperienze già maturate dai principali paesi
partners con i quali operiamo nei vari contesti multinazionali, l'immissione delle donne nelle Forze armate è avvenuta nel pieno rispetto dei principi di pari opportunità e di equità di trattamento.
Oggi, sebbene non si rilevino particolari problematiche connesse al reclutamento del personale femminile, si continua ad essere impegnati nel favorire e nel monitorare l'integrazione del citato personale.
La condanna di ciascun evento di natura lesiva dell'integrità fisica e morale della persona è sostanziata da azioni di continuo monitoraggio, con periodici richiami nei confronti di tutto il personale, ai differenti livelli ordinativi, relativamente alla necessità di non sottovalutare gli episodi denunciati; anche le segnalazioni informali vengono, infatti, attentamente vagliate e verificate, al fine di far emergere l'eventuale sussistenza delle citate fenomenologie.
Sono effettuate, inoltre, visite periodiche nei reparti per verificare la sicurezza e la «qualità della vita» nelle caserme e, in tali occasioni, viene generalmente ascoltato un gruppo di persone che costituiscono un campione rappresentativo.
Tutte le componenti dello strumento militare - impegnate nell'opera di sensibilizzazione/formazione del personale - hanno elaborato proprie direttive sulla tematica e svolgono attività di prevenzione/comunicazione/indottrinamento sia in forma diretta, attraverso colloqui, seminari, incontri periodici, sia tramite la realizzazione di opuscoli dedicati.
In proposito, lo Stato maggiore della difesa, già nel 2002, ha emanato una direttiva sull'«Etica Militare» che fornisce indicazioni alla linea di comando per prevenire e contrastare eventuali comportamenti critici di interrelazione tra il personale, sollecitando l'azione dei Comandanti

nelle fasi di prevenzione, di accertamento e di adozione dei provvedimenti ritenuti necessari.
Le Forze armate e l'Arma dei carabinieri sono fortemente impegnate, a tutti i livelli di comando, nel contrasto di ogni forma di prevaricazione fisica e morale, nell'ottica di prevenire o, quantomeno, far emergere i fenomeni devianti, laddove sussistenti, sia per poterli adeguatamente e prontamente gestire, sia per salvaguardare il personale dipendente e preservare la disciplina e l'armonia negli ambienti di lavoro.
I fenomeni del nonnismo, come pure quelli relativi al
mobbing e alle molestie sessuali sono, peraltro, riportati nella relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate, resa annualmente dal Ministro della difesa al Parlamento, in base all'articolo 10 del citato decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
Da tale attività di osservazione è emerso che le fattispecie riconducibili ad atti di nonnismo sono pressoché scomparse (1 caso dal 2006 al 2009): ciò a testimonianza dell'efficacia e della determinazione con cui l'azione di vigilanza viene posta in essere quotidianamente per prevenire e per scoraggiare qualsiasi atto di prevaricazione e di vessazione.
La stessa azione di vigilanza viene svolta nei confronti di fatti e situazioni riconducibili al
mobbing e alle molestie sessuali - fenomeni sostanzialmente nuovi per il mondo militare - allo scopo di dotarsi di idonei mezzi di salvaguardia e di contrasto.
Sebbene in presenza di una contrazione di tali fenomeni - come affermato anche dal Presidente della Corte militare d'appello nella relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario del 25 febbraio 2011 - il livello di attenzione rimane sempre elevato, così da individuare tempestivamente eventuali sintomi di malessere del personale ed evitare l'insorgenza di fattori di rischio.
Preciso, ancora, che l'attuazione della normativa in materia di pari opportunità, la problematica di genere e quelle relative alla violazione dei diritti delle donne, hanno carattere di priorità nei piani di studio degli istituti di formazione, a tutti i livelli, delle Forze armate e nei programmi addestrativi destinati al personale che partecipa a missioni militari di pace, nei quali è previsto l'inserimento di moduli formativi su tali tematiche.
Analogamente, la diffusione della cultura di genere e della conoscenza delle problematiche connesse con l'attuazione della normativa in materia di pari opportunità sono inserite in tutti i corsi già in programmazione, in materia di stato giuridico del personale e organizzazione del lavoro, presso la scuola di formazione del personale civile della Difesa, il cui accesso è aperto anche al personale militare.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel 2001, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21 maggio «Giornata mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo» al fine di sottolineare l'importanza dei valori della pace e della solidarietà. La giornata si ripropone di fungere da segnale per coloro che cercano di seminare divisioni tra gli esseri umani, per mostrare che tali tentativi saranno sempre contrastati da coloro che credono nelle ben più grandi forze della tolleranza e della comprensione reciproca;
sia l'attività economica globale che gli sviluppi nel campo delle comunicazioni mostrano la crescente interconnessione dell'umanità ma allo stesso tempo, continuano a persistere barriere, diffidenza ed animosità tra popoli e culture. Il contatto crescente ha anche generato timori, immaginari e reali, di perdere le proprie amate lingue, identità e costumi;
nell'ambito dell'osservazione della Giornata mondiale della diversità culturale

di quest'anno, l'Alleanza delle civiltà e l'UNESCO assieme ad altre entità, dalle grandi imprese fino a giungere alla base popolare, hanno realizzato il 21 maggio la campagna «Fai un gesto» a favore della diversità e dell'integrazione;
la campagna invita tutti, dai giovani agli attori politici, dai leader religiosi ai giornalisti, imprenditori e altri che influenzano opinioni e tendenze, a rendere nota la ricchezza morale, sociale ed economica che deriva dalla diversità culturale -:
quali siano gli intendimenti del Governo in questo contesto, se abbia aderito alla campagna «Fai un gesto» e se abbia intenzione di mettere in campo iniziative che rafforzino i legami, approfondiscano la comprensione del valore della diversità culturale e aiutino a vivere meglio tutti insieme.
(4-12066)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame con cui si chiede quali iniziative si intendano promuovere per rafforzare i legami tra i popoli approfondendo la comprensione del valore della loro diversità culturale, si rappresenta quanto segue.
Questo Ministero, considerata l'importanza di creare momenti di incontro e dialogo tra cittadini e immigrati ed in linea di continuità con le precedenti campagne di comunicazione realizzate nel corso del 2008 e del 2009, ha promosso e realizzato nel primo semestre del 2011, un progetto dedicato alla comunicazione e sensibilizzazione sulla tematica dell'integrazione sociale degli immigrati.
Tale progetto, denominato «Identità e Incontro» e finanziato con risorse del Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi 2007-2013-Programma annuale 2009 e del Fondo politiche migratorie, ha avuto l'obiettivo di far incontrare cittadini di diversa origine e provenienza nel segno del rispetto e della solidarietà. Il medesimo progetto ha risposto all'esigenza di creare, attraverso il linguaggio universale dello sport e della musica occasioni di aggregazione e di dialogo interculturale, nonché di diffusione delle informazioni utili al positivo inserimento degli immigrati nella società italiana.
Il progetto è stato realizzato in
partnership con il CONI e con le città italiane coinvolte nell'iniziativa: Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Latina, Modena, Prato, Roma, Torino e Treviso, scelte tra quelle che registrano la maggior presenza di popolazione immigrata sui rispettivi territori.
«Identità e Incontro» è stato un tour per le città italiane con lo scopo di sensibilizzare l'intera comunità nazionale utilizzando ogni aspetto della vita sociale. Sono state organizzate attività enogastronomiche, musicali, espositive, sportive, tutte a carattere multietnico. In ogni tappa è stata allestita anche una struttura con personale qualificato che, attraverso la distribuzione del «Piano governativo per l'integrazione nella sicurezza Identità e Incontro» - approvato dal Consiglio dei ministri il 10 giugno 2010 - ed il
vademecum plurilingue «L'immigrazione: come, dove, quando», ha fornito informazioni e indicazioni utili ad accompagnare i cittadini stranieri nel loro percorso di integrazione.
In particolare, per quanto riguarda lo sport, con la collaborazione del CONI che ha messo a disposizione strutture sportive e
testimonial scelti tra atleti professionisti di varie discipline, sono stati organizzati gare e tornei sportivi ai quali hanno partecipato italiani ed immigrati di ogni età. Con riferimento agli eventi musicali, nelle piazze e nei teatri delle città coinvolte si sono tenuti concerti gratuiti con la partecipazione di artisti italiani e stranieri di rilievo nazionale o internazionale, che hanno consentito di raggiungere un'ampia platea verso la quale diffondere il messaggio di sensibilizzazione sulla tematica dell'integrazione sociale degli immigrati.
Al fine di condividere l'importanza delle tematiche di maggiore attualità relative all'integrazione degli immigrati nella società di accoglienza, si sono svolti anche incontri con i rappresentanti delle istituzioni locali,

delle parti sociali e degli organismi del terzo settore interessati all'argomento.
Rispetto a quanto chiesto dall'interrogante, il Governo, nel manifestare interesse per la questione segnalata dall'interrogante, ha già realizzato le iniziative volte a rafforzare i legami tra i popoli.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Musumeci.

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 9 luglio 2011 verrà proclamata l'indipendenza del Sud Sudan, il 55° stato dell'Africa;
la Commissione di giustizia e pace e salvaguardia del Creato dei missionari Comboniani in Italia chiede al popolo italiano di solidalizzare con il nuovo stato, al Governo di rivedere i suoi rapporti «petroliferi» con Khartoum, ai cristiani e alla chiesa di essere vicini al popolo nuba sotto attacco, ai giornalisti di seguire con continuità queste vicende;
è infatti dal 1820 che i popoli del Sud Sudan hanno lottato contro schiavisti e colonizzatori, sia arabi che europei. Ma anche dopo l'indipendenza del Sudan (1956), il Sud resistette ai regimi oppressivi di Khartoum con due guerre civili, durate quasi 40 anni. Guerre spaventose che hanno fatto almeno due milioni di morti e milioni di rifugiati. L'accordo di pace fra il Nord e il Sud del Sudan siglato a Nairobi nel 2005, prevedeva anche un referendum in cui i popoli del Sud potessero liberamente esprimersi sul loro futuro;
il referendum del 9 Gennaio 2011 nel Sud Sudan ha sanzionato la sua indipendenza, ma il regime di Khartoum sta rendendo la vita difficile al nuovo Stato che i vescovi cattolici hanno definito «una unica nazione di tante tribù, lingue e popoli»;
i missionari sostengono che il Governo di Khartoum, sta scatenando una guerra militare ed economica contro il Sud. Il 21 maggio scorso, dopo due giorni di pesanti bombardamenti, le Forze armate sudanesi, hanno occupato la cittadina di Abyei, al confine tra i due Stati, ricca di petrolio e di importanza strategica. Ben 100.000 persone sono fuggite. Sembra che, tramite l'Unione africana si sia raggiunto il 21 maggio 2011 un'intesa che prevede l'invio ad Abyei di 4.000 caschi blu dell'Onu e il ritiro dei soldati di Khartoum. Il Governo di Khartoum ha poi deciso che, a partire dal primo giugno, tutti i soldati Spla (Esercito di liberazione del Sud Sudan) trovati nelle regioni del Nord, dovevano consegnare le loro armi o essere attaccati;
anche nel nord del Paese si registrano guerriglie ed inoltre il Governo di Khartoum ha deciso la guerra economica contro il nuovo stato: chiusura delle vie di comunicazione verso il Sud dove ora scarseggiano i viveri e il carburante;
i missionari comboniani in particolar modo chiedono al Governo italiano di rivedere i suoi forti legami con il regime di Khartoum di Omar El-Bashir, che ora potrebbe ripetere i crimini commessi in Darfur, anche contro il popolo Nuba. Pare sia in atto, infatti, un «genocidio Nuba», così afferma il vescovo anglicano di Kadugli, Andudu Adam Elnail, è in atto la «distruzione del nostro stile di vita e della nostra storia»;
tenuto conto, tra l'altro, che l'Italia partecipa alla missione UNAMID in Sudan autorizzata a porre in atto, nell'area di competenza e nei termini del mandato conferito, le azioni necessarie a: garantire le condizioni di sicurezza per consentire le attività di assistenza umanitaria; monitorare l'andamento della tregua delle ostilità sottoscritta nel 2004; proteggere le strutture, le installazioni e gli equipaggiamenti della missione e assicurare la libertà di movimento e la sicurezza del personale e degli operatori umanitari -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati in premessa, se ritenga di poter valutare le giuste richieste dei missionari

comboniani che operano in Sudan e attivarsi affinché questo Paese e il suo popolo ritrovino la pace e la giustizia che meritano.
(4-12602)

Risposta. - L'Italia ha riconosciuto immediatamente la nuova Repubblica del sud Sudan, tramite lettera, del Ministro Frattini, che il Sottosegretario Mantica, presente alla cerimonia di indipendenza in rappresentanza del Governo italiano, ha consegnato al nuovo Ministro degli esteri sud sudanese, Deng Alor.
L'indipendenza di Giuba è stata altresì accolta da un comunicato congiunto dell'Unione europea e degli Stati membri. Il 9 luglio 2011 è stato inoltre notificato alle autorità di Giuba, come delegato speciale del Governo italiano, il consigliere d'ambasciata Carlo Gambacurta, che avrà il compito di consolidare le relazioni diplomatiche con il nuovo Stato e di favorire lo sviluppo dei rapporti economico-commerciali bilaterali.
Dal 14 luglio 2011, a pochi giorni dall'indipendenza, il sud Sudan fa parte delle Nazioni unite: l'Assemblea generale ha infatti approvato per acclamazione la Risoluzione A/RES/65/308 con la quale il sud Sudan viene ammesso come 193o membro. Tale Risoluzione, proposta dal Rwanda, come presidente del gruppo africano, è stata cosponsorizzata anche dall'Italia.
A sostegno del nuovo Stato, il Consiglio di sicurezza aveva intanto approvato all'unanimità l'8 luglio 2011 la Risoluzione 1996, con la quale istituiva, dal giorno successivo, la United nations mission in South Sudan (UNMISS), per la durata iniziale di un anno. Tale missione agisce in virtù del capitolo VII della Carta ONU e si prevede che sia composta da personale militare per un massimo di 7000 unità, da 900 poliziotti e da personale civile di sostegno. UNMISS, che si fonda sul «capacity-building» e sulla protezione dei civili e dello stato di diritto, ha il compito di assistere il Governo nel consolidamento della pace e della sicurezza, nello sviluppo delle sue capacità istituzionali e nell'elaborazione delle decisioni strategiche.
Il Ministero degli esteri ha monitorato con la massima attenzione le complesse fasi che hanno portato alla dichiarazione di indipendenza del sud Sudan. Sino al 9 luglio 2011, infatti, l'Italia, in qualità di testimone dell'Accordo di pace del 2005 (il «Comprehensive peace agreement/CPA») ha seguito l'evoluzione della situazione nel Paese partecipando ai lavori dell'Assessment and evaluation commission/AEC, l'organismo internazionale incaricato di monitorare l'attuazione del CPA, a cui ha erogato nel 2011 200.000 euro (già erogati circa 1 milione di euro tra il 2008 ed il 2009), e nel cui quadro ha presieduto l'importante gruppo di lavoro sul
power sharing.
Come ricordato dall'interrogante, le fasi finali di attuazione del CPA sono state segnate da una escalation della violenza tra Khartoum e Giuba. Il bombardamento e l'occupazione della regione contesa di Abyei da parte delle truppe di Khartoum (Forze armate sudanesi), il 31 maggio 2011, hanno rappresentato una palese violazione di tale accordo di pace, mettendo in atto una reazione sproporzionata rispetto all'attacco di forze sud sudanesi sferrato contro un convoglio di militari nord-sudanesi, appartenenti alle Joint integrated units (JIÙs) che, sotto il controllo di UNMIS, si stava ridispiegando in un'area ad esse assegnata. L'Italia ha continuato a sostenere la mediazione del panel dell'Unione africana, guidato dal Presidente Mbeki, che ha portato le parti a firmare due accordi, nei giorni immediatamente precedenti al 9 luglio: quello del 20 giugno 2011 sulla regione contesa di Abyei e quello del 29 giugno sulla sicurezza del confine, che istituisce una «Safe Demilitarized Border Zone».
Con la risoluzione 1990, approvata all'unanimità il 26 giugno 2011, il Consiglio di sicurezza ha istituito la nuova missione United nations interim security force for Abyei (UNISFA), che prevede la demilitarizzazione della regione di Abyei, il ritiro delle truppe appartenenti alle Forze armate sudanesi (SAF) ed il posizionamento, al loro posto, di forze etiopiche (tre battaglioni). UNISFA, che avrà una durata iniziale di 6 mesi, sarà composta da 4.200

unità di personale militare (di cui faranno parte i suddetti battaglioni etiopici), da 50 unità di polizia e da un numero adeguato, non specificato, di civili. UNISFA sarà l'unica presenza militare nel territorio, con l'eccezione della Abyei police service. Il mandato di UNISFA prevede: il monitoraggio del ritiro da Abyei delle Forze armate sudanesi e dello Sudan's people liberation army movement (SPLA), come stabilito dalla Corte permanente di arbitrato; la partecipazione alle istituzioni create dell'Accordo per la gestione di Abyei; l'assistenza e consulenza per lo sminamento dell'area; la facilitazione dell'assistenza umanitaria; il rafforzamento delle capacità della polizia locale e, se necessario, la protezione delle infrastrutture petrolifere dell'area.
La missione, inoltre, agisce in virtù del capitolo VII per quanto concerne la protezione del personale, delle strutture e degli equipaggiamenti ONU, per assicurare la libertà di movimento e la sicurezza dello stesso personale e la protezione dei civili in caso di rischio imminente di violenza e per garantire la sicurezza della regione di Abyei.
Nell'incontro che ha avuto con l'omologo sudanese Ali Kharti, il 5 gennaio 2011 a Roma, il Ministro Frattini ha sottolineato che il rispetto dei princìpi ispiratori dell'Accordo di pace è essenziale anche dopo il periodo transitorio, con particolare riferimento alla protezione delle minoranze religiose.
Tali argomenti sono stati sollevati altresì dall'onorevole Margherita Boniver nel corso della sua missione in Sudan dal 15 al 17 marzo 2011, in qualità di inviato speciale del Ministro degli esteri per le questioni umanitarie, ove ha incontrato il Ministro degli esteri Kharti e il Ministro di Stato per la cooperazione internazionale, Yahia Hosein Babiker. L'argomento è stato oggetto inoltre dell'Assessment and evaluation commission (che ha esaurito il suo mandato il 9 luglio 2011) e, anche su impulso italiano, dell'Ue e dell'ONU. L'ambasciata italiana a Khartoum proseguirà ad assicurare un attento monitoraggio delle vicende anche nella fase successiva alla nascita del nuovo Stato del sud Sudan.
Il Governo italiano condivide le preoccupazioni dei missionari comboniani riguardo alla la situazione nelle regioni del sud Kordofan e del Blue Nile che suscita preoccupazione e ritiene necessario garantire, con azioni appropriate, il rispetto dei diritti dell'uomo. La nostra ambasciata a Khartoum ha fornito pronta assistenza alla connazionale suor Rosangela Boschi, unica cittadina presente nella regione contesa. Grazie al tempestivo intervento della nostra rappresentanza, la cittadina è stata ospitata, insieme a circa 400 operatori umanitari, nella base UNMIS presso Kadugli, prima che il gruppo venisse scortato verso Khartoum da un convoglio dell'ONU.
È comunque necessario considerare attentamente le cause degli scontri in atto e, in tale congiuntura, continuare ad esercitare pressione su entrambe le parti affinché proseguano senza indugio i negoziati sulle questioni ancora pendenti quali la ripartizione delle risorse naturali, il debito ed i confini. La soluzione di tali importanti temi costituiscono la garanzia alla base delle relazioni pacifiche tra due Stati sovrani, unico antidoto ai foschi scenari di guerre commerciali e per procura. A tal fine, l'Italia in ambito europeo favorisce un rafforzamento del dialogo politico con entrambe le parti e di sostegno degli sforzi in corso del «Panel Mbeki».
Per quanto attiene al Darfur, la missione ibrida Unione africana/ONU nella regione (UNAMID) citata nell'interrogazione in esame è stata istituita il 31 luglio 2007 con la Risoluzione 1769 del Consiglio di sicurezza, sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni unite, con il compito principale di proteggere la popolazione civile. Tale mandato prevede, nello specifico, che la missione ristabilisca le condizioni di sicurezza necessarie all'assistenza umanitaria e di facilitare il pieno accesso al territorio da parte degli operatori umanitari; contribuisca alla protezione dei civili e prevenendone gli attacchi; vegli sull'attuazione dei diversi accordi di cessate il fuoco siglati a partire dal 2004; sostenga l'attuazione dell'Accordo di pace per il Darfur (DPA); favorisca un processo politico «inclusivo»

che faciliti la mediazione congiunta Nazioni unite/Unione africana; assicuri le condizioni idonee al ritorno degli sfollati e dei rifugiati nelle terre di origine; riferisca sulla situazione di sicurezza lungo il confine tra il Ciad e la Repubblica Centro-africana.
Al 18 luglio 2011 sono state impegnate nella missione UNAMID 23.080 unità in uniforme su un totale di 25.987 autorizzate, tra cui: 17760 militari; 239 osservatori militari; 5074 ufficiali di polizia. A tali unità offrono sostegno 1145 esponenti del personale civile internazionale, 2835 di quello locale e 486 volontari delle Nazioni unite. L'Italia contribuisce con un ufficiale di staff presso il comando di El Fasher.
Il 14 luglio 2011 è stato firmato a Doha un accordo tra il Governo sudanese ed il Movimento per la liberazione la giustizia (LJM), uno dei principali gruppi ribelli, che riprende il documento elaborato a Doha in occasione della conferenza di tutti i principali attori darfuriani. Esso non stabilisce, per ora, una ricomposizione onnicomprensiva del conflitto e non è stato firmato dagli altri gruppi ribelli, ma costituisce un passo positivo. La situazione di sicurezza in Darfur rimane attualmente volatile, con scontri e combattimenti sporadici in tutta la regione, con un ulteriore incremento degli sfollati e dei rifugiati. UNAMID continua ad avere problemi di accesso alle aree degli scontri. Si registrerebbero comunque alcuni progressi: UNAMID e Ufficio per la coordinazione degli affari umanitari (OCHA) sono riuscite a portare assistenza umanitaria a Jebel Marra Est e nelle regioni centrali (zone per lungo tempo completamente inaccessibili). Si stima che 400.000 saranno le persone che avranno beneficiato dell'assistenza umanitaria e il 92 per cento delle forze autorizzate è sul terreno mentre si conta di completare il dispiegamento a fine ottobre.
Dall'inizio del 2011 il Consiglio di sicurezza insiste sul principio della «responsibility to protect» anche con riferimento ad UNAMID, riaffermando il suo sostegno all'atteggiamento più proattivo assunto dalla missione, che mira alla completa attuazione del suo mandato per la protezione dei civili e per garantire l'assistenza umanitaria. Come affermato dal Segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki Moon, nell'aprile 2011, gli eventi di questi mesi (ivi inclusa la nascita del nuovo stato) sono cruciali per il futuro del Darfur. L'impegno delle autorità di Khartoum, dei movimenti ed in generale di tutti gli attori che operano nella regione sono ora più importanti che mai.
Il Segretario generale dell'ONU ha in più occasioni invitato la comunità internazionale a mantenere elevato il suo impegno costruttivo nei confronti di tutti gli attori sudanesi, incoraggiandoli a lavorare attivamente per una pacifica e durevole soluzione delle diverse criticità. Alla luce di quanto esposto, il Governo italiano intende proseguire nel suo impegno a favore della pace, anche attraverso il dialogo con tutti gli stakeholder dell'area.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Etiopia, la Somalia, il Kenya e il Sud Sudan e adesso anche Burundi, Gibuti, Sud Sudan e Uganda; in sostanza buona parte delle regioni dei Grandi Laghi e del Corno d'Africa si trovano a fronteggiare una crisi che riguarda 11 milioni di persone in un'area delle dimensioni della Francia, colpiti da quella che l'ONU ha definito la peggiore siccità registrata negli ultimi 60 anni;
Oxfam Italia l'ha definita la peggiore crisi umanitaria del ventunesimo secolo e ha lanciato un appello affinché si trovi una soluzione a lungo termine grazie agli investimenti e alla volontà politica dei Governi e delle organizzazioni internazionali;
anche l'Unicef sta intervenendo, soprattutto in Somalia, dove oltre mezzo milione di bambini soffrono di mal nutrizione acuta e necessitano di urgenti aiuti umanitari, unitamente a Save the Children che sta sfamando e curando migliaia di

bambini, ma scarseggiano le risorse per il moltiplicarsi dei bisognosi;
non ci sono ancora stime attendibili sulle morti, ma gli operatori che in questi giorni sono in prima linea dicono di non aver mai visto nulla del genere e che anche la carestia che colpì l'Etiopia tra il 1984 e il 1985 e fece un milione di morti non aveva assunto queste dimensioni;
le cause di questa situazione sono da ricercarsi nelle scarse precipitazioni verificatesi nel corso delle ultime due stagioni delle piogge. Si tratta di una conseguenza dei cambiamenti climatici in atto sul pianeta che, secondo il Centro scientifico intergovernativo per il cambiamento climatico, colpiscono con particolare gravità l'area del Corno d'Africa;
le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative presenti sul campo affermano che questa è una crisi che è stata annunciata da mesi, ma che ancora oggi, nonostante la sua gravità, non trova una attenzione diffusa da parte dei media e dei donatori;
il servizio informatico dell'ufficio dell'Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari ha dichiarato che quella in Kenya è diventata la più grande concentrazione di profughi al mondo. Oltre 370.000 persone divise nei tre campi di Ifo, Hagadera e Dagahaley;
secondo il Cesvi, una delle organizzazioni non governative da tempo operanti nel corno d'Africa, due successive stagioni delle piogge particolarmente scarse hanno determinato una situazione drammatica, con conseguenze che potrebbero ulteriormente aggravarsi nel medio periodo. In alcune aree della regione il prezzo del grano è salito tra il 100 e il 200 per cento riducendo la disponibilità di alimenti per le famiglie e per il bestiame, che rappresenta una delle principali fonti di sussistenza nell'area;
in Somalia la siccità si somma a una crisi politica e militare che non trova soluzione ormai da vent'anni, con migliaia di persone che stanno lasciando le loro case per rifugiarsi nei Paesi vicini, anch'essi allo stremo a causa della siccità;
secondo l'analisi di Development Initiatives altro elemento di valutazione è la rigidità della macchina degli aiuti: nonostante quest'anno si sia registrato un aumento della cifra destinata agli interventi umanitari, per un totale pari a 16,7 miliardi di dollari, la quota destinata alla prevenzione dei disastri resta sempre molto bassa: 75 centesimi ogni 100 dollari raccolti. E denuncia che il risultato è che quella comunità internazionale che non ha trovato 800 milioni di dollari quando il disastro si poteva evitare, adesso dovrà sborsare 1,6 miliardi, cifra chiesta come sforzo supplementare dalle Nazioni Unite ai principali donatori per superare l'emergenza -:
se e come il Governo intenda intervenire nell'immediato con soccorsi e aiuti umanitari a sostegno delle organizzazioni non governative e delle organizzazioni internazionali che operano per fronteggiare una crisi umanitaria di proporzioni insostenibili;
se il Governo non ritenga di dover intervenire nelle opportune sedi internazionali al fine di valutare un processo di uscita dalla crisi umanitaria e politica che ha colpito il Corno d'Africa.
(4-12846)

Risposta. - La regione del Corno d'Africa sta attraversando una delle più gravi siccità degli ultimi 60 anni. Il combinato effetto di incrementi nei prezzi dei generi alimentari di base e scarsità delle precipitazioni delle ultime due stagioni delle piogge ha prodotto conseguenze gravissime sulle popolazioni locali di Etiopia, Kenya, Somalia e Gibuti. In Somalia, la situazione è ulteriormente aggravata dal perdurare di gravissime condizioni di instabilità.
Il Governo non è ovviamente rimasto insensibile innanzi a questa tragica situazione umanitaria e si è immediatamente attivato per fronteggiarla, sia direttamente che attraverso una forte azione di sensibilizzazione internazionale. Il Ministro Frattini ha ribadito nelle scorse settimane la

massima priorità che il Governo attribuisce alla regione del Corno d'Africa, sia per i nostri legami storici, che per le ragioni umanitarie su cui lo stesso Santo Padre ha voluto autorevolmente attirare l'attenzione della comunità internazionale.
Siamo tuttavia ben coscienti del fatto che gli urgenti problemi umanitari che stiamo affrontando non potranno essere pienamente avviati a soluzione se non si porranno delle basi per una stabilizzazione dei paesi del Corno e, più in particolare, della Somalia. Proprio per questa ragione, parallelamente alla sua azione umanitaria, il Governo continua ad agire con determinazione per favorire il processo di pacificazione della Somalia e la cooperazione regionale.
Per quanto riguarda l'azione umanitaria, gli interventi nel Corno d'Africa costituiscono una delle aree prioritarie della cooperazione allo sviluppo italiana ai sensi delle sue linee guida 2011-2013. Soltanto nell'ultimo biennio l'impegno umanitario della nostra cooperazione in quella regione, di un valore di circa 11,3 milioni di euro, ha consentito l'avvio di progetti di sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, accesso all'acqua, educazione e sostegno agli sfollati e alle fasce più vulnerabili della popolazione, realizzati per lo più per il tramite delle più importanti Agenzie delle Nazioni unite e con il concorso di varie ONG.
Nel quadro dell'appello consolidato delle nazioni unite del 2010, sono stati infatti finanziati interventi dell'Alto commissariato per i rifugiati delle nazioni unite di protezione degli sfollati e altri gruppi vulnerabili e di risposta umanitaria per il trattamento e la prevenzione della malnutrizione acuta. Abbiamo inoltre sostenuto l'unità di analisi e nutrizionale gestita dalla FAO, la quale si occupa di valutare i bisogni alimentari in caso di emergenza.
In Somalia, tra il 2010 e il 2011, abbiamo realizzato un'iniziativa bilaterale del valore di 2 milioni di euro a sostegno della popolazione somala del corridoio di Afgoye, della regione del Basso Scebeli e delle regioni centrali del Galgaduud e del Mudug per l'esecuzione di progetti nei settori salute, agricoltura, sicurezza alimentare, accesso all'acqua e tutela delle comunità più vulnerabili. Sempre in Somalia abbiamo erogato un contributo di 2 milioni di euro al Fondo umanitario comune delle Nazioni unite volto a sostenere attività nei settori della protezione degli sfollati, della sicurezza alimentare e dell'accesso all'acqua. Abbiamo inoltre erogato un contributo di circa 500 mila euro in favore del fondo umanitario per l'Etiopia gestito da OCHA, l'Ufficio per il coordinamento umanitario delle NU. Infine abbiamo avviato delle iniziative bilaterali di emergenza del valore complessivo di 1,1 milioni di euro a beneficio dei profughi somali presenti nei campi di Dadaab, in Kenya, e della comunità ospitante.
A fronte del drammatico acutizzarsi della crisi umanitaria nei paesi del Corno d'Africa, ed in modo particolare di quella che colpisce la popolazione somala, la cooperazione italiana ha realizzato il 2 agosto 2011 un primo volo umanitario che, in collaborazione con la Croce rossa kenyota, ha permesso il trasporto e la distribuzione di 40 tonnellate di beni alimentari destinati ai campi di accoglienza per rifugiati di Dadaab. È stato quindi effettuato il 19 agosto 2011 un secondo volo umanitario per il trasporto di generi di prima necessità quali tende, contenitori per l'acqua potabile, generatori elettrici, coperte, set da cucina per famiglie per complessive 30 tonnellate. Giunti a Nairobi, i beni sono stati presi in carico da rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ed impiegati sempre a Dadaab. È stato, infine, recentemente erogato un contributo volontario di 500.000 euro a favore del Programma alimentare mondiale.
Attualmente sono in avanzata fase di studio nuove ulteriori iniziative. In particolare, è in fase di lancio l'iniziativa di emergenza - dal valore complessivo di 1,3 milioni di euro - per la riduzione del rischio nei settori dell'acqua, dell'igiene ambientale e della salute da realizzare nel sud dell'Etiopia. In Somalia, la cooperazione italiana ha recentemente programmato un intervento da affidare alla FAO del valore di 1 milione di euro per realizzare un progetto

finalizzato a migliorare i mezzi di sussistenza e lo stato delle comunità pastorali in Puntland.
Con risorse messe a disposizione dal decreto missioni, si finanzieranno, inoltre, interventi, per un importo complessivo di 2,3 milioni di euro, a sostegno di programmi realizzati sul canale multilaterale da agenzie internazionali appartenenti alla famiglia delle Nazioni unite o della Croce rossa. In questo quadro complesso d'interventi, sottolineo che il Governo mantiene dei rapporti costanti con il Programma alimentare mondiale per predisporre, qualora la situazione lo richiedesse, nuovi invii di beni umanitari.
Alla nostra risposta umanitaria ha continuato ad affiancarsi una forte azione di carattere politico-diplomatico volta a favorire la stabilizzazione dei paesi del Corno d'Africa e, più in particolare, della Somalia. Vorrei ricordare infatti come il Corno d'Africa sia un'area dove antiche rivalità tra stati si amalgamano a conflitti localizzati ma con spiccate propensioni transnazionali. Al fine di interrompere questo ciclo di violenze il Governo sostiene un approccio regionale, che si ponga come obiettivo sia la soluzione dei conflitti
inter ed intra-statuali, sia il rafforzamento delle istituzioni e della loro capacità di fornire servizi di base alle popolazioni.
L'azione italiana nella regione parte dunque dal presupposto che la stabilizzazione del contesto regionale rappresenti una condizione necessaria per favorire l'avvio di un graduale processo di rafforzamento delle Istituzioni dei paesi del Corno d'Africa e di una loro democratizzazione. Per questo motivo, l'Italia è impegnata sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale (in particolare a Bruxelles e New York) ad appoggiare e propiziare l'avvio a soluzione dei vari conflitti presenti nella regione, nella consapevolezza che la loro risoluzione non potrà che avere un forte impatto positivo sulle condizioni di vita delle popolazioni locali.
In tale contesto, il rafforzamento del mandato nel settore della pace e della sicurezza dell'organizzazione interstatuale del Corno d'Africa, l'Inter-governmental authority on development (IGAD), costituisce un elemento tradizionale della nostra strategia politica regionale. Tale sforzo, riconosciutoci dai paesi dell'area e dai principali
partner internazionali, ci è valsa la nomina a co-presidenti dell'IGAD partners forum (IPF). Quest'anno sono stati quindi impegnati ulteriori 1,5 milioni di euro a sostegno del Segretariato IGAD e nel corso di una mia missione nel Corno d'Africa del luglio 2011, ho presieduto una riunione IPF ad Addis Abeba per avviare un coinvolgimento dell'organizzazione più incisivo e proattivo nelle problematiche somale, ed in particolare nel monitoraggio delle riforme poste in essere dalle Istituzioni federali transitorie di Mogadiscio fino alla scadenza del periodo di transizione (20 agosto 2012).
Nello specifico della crisi somala, come noto, questa ha effetti destabilizzanti nel Corno d'Africa e sul piano internazionale, riassumendo i problemi e le fratture che attraversano il quadrante geopolitico regionale: sicurezza e governabilità, povertà e sviluppo, islam e fondamentalismo, migrazioni e rifugiati, pastoralismo e agricoltura, proliferazione delle armi leggere, competizione per l'uso delle risorse idriche.
Nel disegnare la propria politica verso la Somalia, il Governo italiano tiene dunque in debita considerazione lo scenario interno della crisi ed il contesto regionale. L'Italia sostiene in particolare la ricostruzione della sovranità statuale in Somalia sia al livello centrale di Mogadiscio (e quindi sostenendo le istituzioni federali transitorie, le Forze di sicurezza somale e la missione di peace-keeping dell'Unione africana, AMISOM), sia presso quelle Autorità locali che hanno saputo garantire un controllo effettivo del territorio lottando attivamente contro l'insorgenza qaedista, quali il Puntland e il Galgaduud.
Se a Mogadiscio il sostegno al Governo federale transitorio avviene con interventi per un totale dal 2009 ad oggi di 3,8 milioni di euro volti a migliorare l'erogazione di servizi da parte di alcuni uffici governativi chiave, in Puntland il sostegno del Governo italiano è condizionato ad un maggiore impegno da parte delle autorità regionali nelle attività di contrasto ai pirati, i quali

hanno lì installate alcune delle loro basi. In occasione di un mio recente incontro con il Presidente del Puntland Farole, ho fatto esplicito riferimento all'opportunità di ri-orientare i flussi economici scaturenti dalle attività illecite collegate al fenomeno della pirateria verso attività nel settore della pesca e dell'industria di trasformazione del pesce, anche attraverso l'utilizzo di fondi stanziati dal Governo italiano in favore della FAO. I nostri interventi in Galgaduud, si inseriscono invece nel più generale sostegno italiano al movimento politico-militare noto come «Ahlu Sunna Wal Jama'a» (ASWJ), emerso sullo scacchiere somalo nel 2008 come genuina opposizione agli Shabaab, in accordo con il Governo federale transitorio.
Nel quadro della nostra azione di sostegno al Governo somalo, spicca l'impegno politico assunto dal Ministro Frattini di riaprire la nostra Rappresentanza diplomatica a Mogadiscio quando condizioni minime di sicurezza saranno garantite (auspicabilmente entro la fine del 2011). Lo stesso Ministro Frattini si è fatto promotore, congiuntamente con i propri omologhi del Regno unito e dell'Uganda, dell'organizzazione di una riunione a livello ministeriale sulla Somalia in settembre a New York, a margine della prossima sessione dell'Assemblea generale delle NU.
Tale riunione, che sarà presieduta dal Segretario generale delle NU Ban Ki Moon e che si terrà il 23 settembre 2011, vuole testimoniare il nostro costante impegno politico verso la Somalia e riconfermare il nostro tradizionale ruolo di perorazione di tale causa in tutti i
fora internazionali, inclusa l'Unione europea e le stesse Nazioni unite. Il nostro obiettivo è che la comunità internazionale continui a dedicare, ai più alti livelli, le proprie attenzioni alla crisi somala nella piena consapevolezza che se non si risolverà il principale problema della mancanza di uno stato effettivo ed efficace nel Paese, l'assistenza internazionale alle popolazioni locali non potrà che avere effetti parziali e comunque non destinati ad essere durevoli.
Nel quadro della propria azione ad ampio raggio, il Governo ha, quindi, accolto con grande favore l'importante mozione unitaria sull'emergenza in Corno d'Africa approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 7 settembre 2011. Sulla base del forte mandato politico ricevuto con questo significativo atto di indirizzo parlamentare, il Governo proseguirà attivamente il proprio impegno a favore delle popolazioni civili e a sostegno della stabilizzazione politica dell'area.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti dell'istituto di studi e analisi economica (ISAE);
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dall'istituto di studi e analisi economica (ISAE).
(4-06960)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente l'Istituto di studi e analisi economica (ISAE); in particolare, si chiede quanti siano i dipendenti, nonché a quanto ammontino le spese sostenute nell'anno 2009 e quali siano le relative voci.
Al riguardo, occorre premettere che il citato Istituto è stato soppresso dall'articolo 7, comma 18, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010.
Successivamente, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2010 sono state trasferite le relative funzioni e risorse al Ministero dell'economia e delle finanze ed all'Istituto nazionale di Statistica. Il rendiconto finale è stato redatto al 31 maggio 2010, data di soppressione dell'ISAE.
Con riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, si riportano di seguito le tabelle trasmesse dal rappresentante di questa amministrazione nel Collegio sindacale dell'ISAE con i dati richiesti.

DIPENDENTI DELL'ISAE

Tipologia Pianta organica In servizio al 31 dicembre 2009
Ricercatori 46 36
Tecnologi 17 13
Dirigente amministrativo 1 0
Collaboratore 21 15
Funzionario amministrativo 2 1
Collaboratore amministrativo 27 16
Operatore tecnico o amministrativo 27 20
Totale 141 101

SPESE SOSTENUTE NELL'ANNO 2009
(PRECONSUNTIVO) E RELATIVE VOCI

Funzionamento: organi dell'Ente 179.019,44
Spese per il personale in attività di servizio 9.070.157,07
Acquisto beni e servizi 2.936.410,62
Trasferimenti passivi 56.857,00
Oneri finanziari 5.550,17
Oneri tributari 69.491,94
Poste correttive e compensative di entrate correnti 27.366,54
Uscite non classificabili in altre voci 12.982,27
Totale Uscite correnti 12.357.835,05
Acquisizione di immobilizzazioni tecniche 11.316,11
Concessioni di crediti e anticipazioni 329.474,89
Indennità di anzianità e similari del personale cessato dal servizio 2.780.911,27
Totale Uscite in conto capitale 3.121.702,27

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Alberto Giorgetti.

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Amor Khediri, impiegato a contratto locale presso l'ambasciata d'Italia di Tunisia, è stato licenziato senza preavviso;
l'ambasciata d'Italia in Tunisi, con una comunicazione dell'11 gennaio 2011, contestava anomalie nella concessione di visti di ingresso condizionati alla prova di rientro, secondo l'ambasciata disattese, alla quale Khediri forniva proprie giustificazioni ed indicava prove, documentali e testimoniali, da acquisire;
in data 11 marzo 2011, Amor Khediri presentava formale richiesta di accesso agli atti del provvedimento e tale accesso veniva autorizzato unicamente in data 8 aprile 2011;
con provvedimento del 12 aprile 2011, l'ambasciata d'Italia in Tunisi provvedeva ad irrogare la sanzione del licenziamento;
Amor Khediri ha maturato un'esperienza ventennale nel settore dei servizi consolari e negli anni gli sono state riconosciute, sia dal personale di ruolo che

diplomatico e dagli stessi Capo missione, impegno, capacità e professionalità;
Amor Khediri ha anche dimostrato di saper lavorare in una squadra di personale altamente qualificato, in grado di gestire con efficienza e trasparenza la gestione dei visti in Tunisia, rispondendo sempre alle indicazioni ed istruzioni operative del personale di ruolo;
l'ufficio visti della sede consolare in Tunisia ha negli anni garantito competenza ed efficienza nella gestione dei visti, con personale in grado di assicurare assoluta trasparenza, assicurata anche dalla qualità ed esperienza del personale oltre che dal sistema «gerarchico» di controllo incrociato e verifica dei dati svolto dal personale di ruolo;
Amor Khediri è impiegato a contratto, dipendente a legge locale con mansioni esecutive, quindi non ha alcuna competenza dispositiva e valutativa nel merito del rilascio dei visti, competenza che invece appartiene al personale di ruolo;
Amor Khediri non dispone di una delega alla firma e l'attività al front office degli impiegati a contratto è caratterizzata, secondo le disposizioni vigenti, da un continuo monitoraggio da parte del capo ufficio, il quale deve essere collocato anche logisticamente nelle immediate vicinanze dello sportello proprio per adempiere ai propri compiti di supervisione ed è espressamente fatto divieto di assegnare agli impiegati a contratto mansioni superiori rispetto a quelle previste dal messaggio n. 306 del 2005 -:
quale sia la motivazione che ha indotto il Ministero degli affari esteri ad assumere una decisione di licenziamento, misura disciplinare ad avviso dell'interrogante spropositata sia per la causa scatenante, sia per le responsabilità d'ufficio assegnate ad Amor Khediri dalla normativa vigente;
quali siano le eventuali ulteriori misure disciplinari assunte nei confronti di altro personale dell'ufficio visti del consolato di Tunisi;
se sia stata effettuata una verifica relativamente al rientro in Tunisia delle persone a cui era stato concesso il visto, acquisendo in tal modo, direttamente dai soggetti coinvolti, fondamentali elementi di valutazione e giudizio, oppure chiedendo la collaborazione delle autorità tunisine;
se non si ritenga comunque necessario acquisire dalle competenti autorità tunisine la documentazione relativa al rientro in Tunisia dei cittadini tunisini per i quali vi era stata concessione dei visti;
se non si ritenga opportuno procedere ad una verifica delle ragioni e condizioni oggettive che hanno portato al licenziamento di Amor Khediri, fornendo anche ulteriori elementi di valutazione, incluse verifica ed eventuale conferma del rientro in Tunisia dei titolari dei visti oggetto di contenzioso;
se non si ritenga comunque opportuno procedere alla revoca da parte dell'amministrazione degli affari esteri dell'autorizzazione al licenziamento di Amor Khediri tenendo conto del fatto che lo stesso si è attivato personalmente per rintracciare due delle quattro fotocopie dei passaporti dei richiedenti il visto riportanti il timbro di rientro in Tunisia;
se non si ritenga indispensabile, infine, procedere ad acquisire gli elementi probatori richiesti dal Khediri che risultano rilevanti ed essenziali per garantirne il diritto alla difesa del posto di lavoro, evitando il rischio di licenziamento senza giusta causa.
(4-11929)

Risposta. - L'assistente amministrativo a contratto Amor Khediri, cittadino italiano e tunisino, ha prestato servizio presso l'ambasciata d'Italia a Tunisi, da ultimo presso la sezione visti della cancelleria consolare, fino al 12 aprile 2011. In tale data, la sede ha irrogato nei suoi confronti, al termine di un procedimento disciplinare avviato in base agli articoli 164 e 166 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967 n. 18, la sanzione del licenziamento senza preavviso.


Come risulta dalla contestazione di addebiti elevata al dipendente dall'Ambasciata a Tunisi l'11 gennaio 2011, nell'ambito di una periodica verifica interna sull'attività della predetta sezione visti, ove l'interessato prestava servizio quale operatore di sportello addetto alla ricezione delle domande di visto, furono riscontrate anomalie relativamente a quattro pratiche conclusesi con la concessione di visti di ingresso condizionati alla cosiddetta «prova di rientro», in tutti i casi disattesa sulla base di quanto comunicato dalla sede.
La medesima contestazione rilevava come risultasse «evidente» che un più accurato controllo dell'impiegato, in quanto impiegato di sportello, al momento dell'esame della pratica, avrebbe potuto evidenziare le incongruenze rilevate nella documentazione di supporto ed impedire il rilascio dei visti. L'impiegato avrebbe in particolare «omesso una seria, prima valutazione dei documenti posti a corredo della domanda di visto, rientrante tra i suoi doveri d'ufficio in quanto impiegato di sportello, e avrebbe fornito personale garanzia autografa di "conoscenza diretta" nonché, in alcuni casi, di garanzia di rientro, con il presumibile scopo di influenzare la valutazione dell'ufficio».
L'Ambasciata ha inoltre contestato all'impiegato di aver «ovviato al sistema in uso presso la sezione visti di fissazione dell'appuntamento attraverso il ricorso al servizio esterno di call center, ricevendo le domande di visto in questione al di fuori della lista ordinata di appuntamenti e senza previa autorizzazione del Capo della cancelleria consolare e/o del Capo servizio». Tali comportamenti hanno motivato la contestazione di addebiti per la fattispecie di «commissione in genere di atti o fatti dolosi di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro», cui la legge ricollega la sanzione dei licenziamento senza preavviso.
Sulla base delle risultanze agli atti, la successiva istruttoria si è svolta nel rispetto delle garanzie riconosciute all'impiegato dalla legge. L'ambasciata ha, infatti, in primo luogo concesso al signor Khediri un differimento del termine previsto per la presentazione delle sue controdeduzioni, portato da 10 a 24 giorni, per dare modo all'interessato di predisporre le proprie difese nella particolare situazione interna e di ordine pubblico attraversata in quel momento dalla Tunisia. Successivamente, la sede ha inoltre riconosciuto al signor Khediri l'accesso agli atti del procedimento ancor prima della sua conclusione e dell'adozione di un formale provvedimento di irrogazione della sanzione.
Ultimata l'istruttoria senza il deposito di altra documentazione da parte dell'interessato oltre le proprie giustificazioni, il procedimento si è concluso, il 12 aprile 2011, con il suo licenziamento senza preavviso.
Inoltre, l'8 maggio 2011, l'ambasciata a Tunisi ha irrogato la sanzione disciplinare della censura nei confronti dell'assistente amministrativo di ruolo in servizio presso la sezione visti della sede, per insufficiente rendimento nella trattazione delle medesime pratiche di visto ricevute dal signor Khediri, fattispecie riconducibile ad un comportamento colposo.
In data 6 maggio 2011, il signor Khediri ha infine presentato a questo Ministero un'istanza di riesame da lui denominata «ricorso gerarchico» contro la sanzione disciplinare irrogata.
La Farnesina ha, quindi, disposto un supplemento di istruttoria per esaminare le considerazioni di fatto e di diritto presentate a fondamento di tale istanza. Le argomentazioni addotte dall'interessato non hanno peraltro introdotto elementi tali da giustificare il riesame del provvedimento, che è stato pertanto confermato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

FORMICHELLA, LEHNER e SOGLIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
presso l'ospedale civile «San Luca» di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, il 4 agosto 2009, è deceduto Francesco Mastrogiovanni;

il ricovero presso detto nosocomio fu conseguenza di un provvedimento del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, che disponeva il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale nei confronti del Mastrogiovanni;
in quella circostanza, il sindaco del suddetto comune aveva ritenuto necessario che lo stesso fosse sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, ex articolo 2 legge n. 178 del 1980, perché affetto da patologia psichica che ne alterava i comportamenti;
nello specifico, il motivo alla base del provvedimento, sembra essere stato esclusivamente un episodio di guida in direzione opposta al senso di marcia consentito e, dunque, di violazione di una norma del codice della strada;
non emergono, infatti, anche dal racconto di testimoni, altri episodi tali da giustificare il provvedimento;
del resto Francesco Mastrogiovanni non era affetto da disturbi psichici tanto gravi da determinarne un'apprezzabile diminuzione delle capacità cognitive; né teneva comportamenti violenti o contrari alle regole della convivenza civile;
questi, infatti, svolgeva, proficuamente, la professione di maestro elementare, per la quale era particolarmente apprezzato da alunni e dirigenti scolastici;
viceversa, il sindaco, riteneva necessario disporre il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, modalità che, la legge n. 180 del 1978, consente solo in casi eccezionali, vale a dire «se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere» (articolo 2 comma 2);
in ogni caso, qualunque trattamento sanitario, a norma della legge n. 180 del 1978 deve assicurare «il rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura» (articolo 1 comma 2);
Francesco Mastrogiovanni, al contrario, venne prelevato, probabilmente sul territorio di un comune diverso da quello di Pollica, con uno spiegamento di forza pubblica del tutto sproporzionato e trasportato, assolutamente contro la sua volontà, presso l'ospedale civile «S. Luca» di Vallo della Lucania al reparto di psichiatria;
giunto in ospedale, per tutti e quattro i giorni di degenza, Francesco Mastrogiovanni è stato sottoposto, da parte dei sanitari del reparto citato, esclusivamente ad un trattamento di contenzione;
il Mastrogiovanni, così come risulta dalle registrazioni video operate da una telecamera a circuito chiuso presente in reparto ed acquisite al fascicolo delle indagini, è stato contenuto ininterrottamente con legature rigide che ne impedissero ogni minimo movimento;
i medici legali nominati dal magistrato del pubblico ministero di Vallo della Lucania hanno stabilito che la morte è stata causata essenzialmente dalla contenzione operata dai sanitari;
dallo stesso esame autoptico del cadavere i medici legali hanno anche appurato che Francesco Mastrogiovanni non è stato né oggetto di specifiche attenzioni terapeutiche e neanche alimentato nel corso della degenza -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda citata e se non ritengano necessario disporre accertamenti di competenza presso l'Ospedale Civile «San Luca» di Vallo della Lucania per verificare se siano stati perpetrati altri comportamenti simili a danno di altri pazienti del reparto di psichiatria e comunque per scongiurare che possano essere posti in essere altri episodi del genere.
(4-05362)

Risposta. - Nel rispondere, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'interrogazione in esame, si ritiene opportuno precisare, in via preliminare, che il Trattamento sanitario obbligatorio (TSO) è disciplinato dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, la quale fornisce indicazioni precise e cogenti in merito alle procedure, alle modalità e alle strutture relative alla corretta esecuzione di tale provvedimento restrittivo.
La disciplina normativa introdotta dalla legge n. 833 del 1978 tutela primariamente i diritti civili del paziente, prevedendo che i servizi per la salute mentale, organizzati in forma dipartimentale, debbano garantire la presa in carico e la continuità dei trattamenti terapeutico-riabilitativi. È proprio nell'ambito di tale concetto che il TSO deve essere inquadrato, vale a dire come una fase di trattamento nel contesto della continuità di cura che prosegue, dopo le dimissioni, negli altri servizi dipartimentali.
Esistono, inoltre, delle garanzie per il paziente, che permettono l'accertamento del rispetto effettivo della normativa vigente in materia di TSO.
In particolare, la normativa prevede innanzitutto che, prima di avviare un intervento obbligatorio, i servizi territoriali compiano tentativi mirati a coinvolgere il paziente e a motivarlo all'intervento. La legge, inoltre, per ridurre il ricorso ai TSO, indica la necessità di iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria, soprattutto per i casi in cui siano stati attivati TSO ripetuti.
Il ricorso al ricovero in regime di TSO prevede, poi, una convalida amministrativa (da parte del sindaco), cui segue la convalida giurisdizionale (da parte del giudice tutelare).
Vi è anche una garanzia supplementare, data dalla possibilità del ricorso dell'interessato al tribunale civile competente per territorio.
L'attuazione di una corretta applicazione delle procedure di questo intervento a tutela dei diritti del malato è, dunque, garantita e convalidata dalla partecipazione e dal coordinamento di tutte le istituzioni coinvolte, delle autorità sanitarie e giudiziarie, nonché dall'obbligo dei medici responsabili dell'intervento di fornire una relazione sull'andamento del medesimo.
Il servizio psichiatrico che si assume la titolarità della presa in carico di un paziente deve offrire un supporto complessivo in tutto il percorso del paziente stesso (interventi territoriali, ospedalieri, di emergenza/urgenza, residenziali e semiresidenziali) ed assumere la responsabilità di tutte le fasi del trattamento, nonché la continuità terapeutica, in quanto il paziente è riconosciuto, comunque, parte attiva di una relazione di cura che si fonda su un rapporto di alleanza e di fiducia con il paziente stesso, i suoi familiari e le persone del suo ambiente di vita.
Tale percorso di presa in carico si basa operativamente sull'integrazione di attività specifiche cliniche e riabilitative, di assistenza, di intermediazione e di coordinamento, e deve prevedere un piano di trattamento individuale, contenuto nella cartella clinica e regolarmente aggiornato in funzione dell'andamento clinico, recante le indicazioni delle caratteristiche funzionali del paziente, le motivazioni del programma di cura e la tipologia delle prestazioni erogate dall'«equipe».
Per quanto riguarda la vicenda segnalata nell'interrogazione in esame, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Salerno ha segnalato che nei confronti del paziente venne emesso un TSO dal sindaco di Pollica (Salerno), a seguito della manifestazione di evidenti disturbi comportamentali mentre era alla guida di una autovettura il 31 luglio 2009.
Il paziente venne ricoverato nel reparto di psichiatria dell'ospedale civile di Vallo della Lucania, dove morì dopo quattro giorni.
L'autorità giudiziaria ha disposto gli accertamenti medico-legali per individuare le cause del decesso.
Da una prima ricognizione della salma sono stati riscontrati segni riconducibili al presunto utilizzo di mezzi di costrizione fisica durante il ricovero.
Al fine di individuare eventuali responsabilità, è stato aperto un procedimento penale presso la procura della Repubblica di Vallo della Lucania.


L'azienda sanitaria locale di Salerno il 18 agosto 2009 istituiva una commissione tecnica e, sulla base della relazione conclusiva della stessa, nonché del parere dei sub commissari delle aree amministrativa e sanitaria, adottava, in data 8 ottobre 2009, la deliberazione n. 776, con cui, riservandosi ogni ulteriore provvedimento alla fine dell'inchiesta penale, procedeva alla revoca dell'incarico del direttore del dipartimento di salute mentale della disciolta Asl Sa 3, altresì direttore della struttura complessa di psichiatria del plesso ospedaliero.
La prefettura-ufficio territoriale del Governo di Salerno ha precisato che non risulta che siano stati perpetrati comportamenti simili a danno di altri pazienti nel reparto di psichiatria del plesso ospedaliero di Vallo della Lucania.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

IANNACCONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti hanno appreso dagli organi di stampa locale da alcuni consiglieri comunali che l'amministrazione del comune di Montemiletto (Avellino) sarebbe al centro di gravi illeciti e irregolarità amministrative tali da violare totalmente i principi costituzionali del buon andamento, dell'imparzialità e della legalità della pubblica amministrazione;
in particolare, risulterebbero evidenti situazioni di gravi e persistenti violazioni della legge riconducibili alla progettazione e alla realizzazione di opere nei terreni demaniali denominati fondi Bosco alla località «Lomba» di Montemiletto (Avellino), di circa 45 ettari, i quali sono gravati dagli usi civici e assegnati alla categoria B) ossia alla coltura agraria, come risulta dal decreto del reale commissariato degli usi civici di Napoli emesso in data 10 aprile 1937; successivamente concessi in temporanea assegnazione al comune di Montemiletto;
infatti, in merito alla realizzazione delle opere, nonostante si tratti di fondi di natura demaniale gravati dagli usi civici sottoposti per legge a vincolo paesaggistico e su parte dei quali è stato apposto anche un vincolo archeologico da parte della soprintendenza archeologica di Salerno, il comune di Montemiletto ha realizzato, beneficiando anche di contributi regionali cui non avrebbe avuto titolo, le seguenti opere: un anfiteatro con annessi spalti in cemento armato, una piscina, due strade, un parco giochi, due sbancamenti di terreno;
secondo quanto appreso, inoltre, le predette opere sarebbero state realizzate senza effettuare una necessaria variante urbanistica dell'area che tutt'ora ha una destinazione agricola;
pertanto, tutte le opere, in violazione delle norme contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio ed in violazione del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, sarebbero state realizzate anche in difformità al piano regolatore generale vigente;
la realizzazione delle opere ha comportato, quindi, oltre al danno economico per i contadini per il mancato godimento dei fondi, anche danni al paesaggio e agli importanti rinvenimenti archeologici di età preistorica (fondi di capanni riconducibili all'antica età del bronzo, fornaci di età romana attive fino all'età medioevale e a tombe di età romana);
infine, in ordine alla progettazione, il comune di Montemiletto, ha anche approvato un preliminare e definitivo «Parco Bosco», candidandolo al parco progetti regionale per un importo di 4.500.000 euro. A tale proposito, secondo quanto appreso, è a dir poco singolare che tutti gli elaborati del predetto progetto definitivo non sono mai stati rinvenuti presso l'ufficio preposto tanto che è stato chiesto l'intervento dei Carabinieri, facendo così figurare un tentativo di truffa finalizzato all'ottenimento di finanziamenti pubblici comunitari;

i terreni in questione pertanto sono demanio di uso civico e non potevano essere sottratti alla loro destinazione se non nelle forme previste dalla legge n. 1766 del 1927 e dal regio decreto n. 332 del 1928 e successive modificazioni secondo cui sono necessari provvedimenti di legittimazione o di sdemanializzazione, di mutamento di destinazione o di alienazione, nel caso di specie, non si poteva
né progettare, né realizzare opere, senza il previo espletamento del procedimento amministrativo che ciò consenta, cosa che non è stata assolutamente fatta nel caso di specie del comune di Montemiletto;
vi sarebbero elementi significativi che consentono di poter affermare che il comune di Montemiletto è al centro di gravi e persistenti violazioni di legge configurabili nella violazione delle leggi urbanistiche, delle prescrizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, nonché della devoluzione illegittima di contributi regionali per la realizzazione di parte delle predette opere e nel tentativo ottenere finanziamenti comunitari mediante la candidatura di un progetto esecutivo di 4.500.000 di euro al parco progetti regionale sul falso presupposto che il comune fosse proprietario dei terreni e che le opere da realizzare fossero conformi alla destinazione urbanistica del piano regolatore generale vigente (progetto per il quale è stata denunciata ai Carabinieri l'assenza presso l'ufficio competente del comune di tutti gli elaborati ad esso allegati); il tutto con evidenti danni economici ai contadini unici legittimati al godimento dei terreni in questione -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze, in ordine alla realizzazione delle opere citate in premessa e alla suddetta progettazione, intenda verificare con urgenza eventuali danni arrecati sui citati terreni demaniali i quali, essendo gravati dagli usi civici, sono riservati per legge alla sua esclusiva tutela;
se il Ministro dell'interno, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui in premessa, non intenda delegare il prefetto competente per territorio a disporre ogni opportuno accertamento, chiedendo informazioni al procuratore della Repubblica competente, in ordine alla sussistenza di elementi per lo scioglimento dell'attuale consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 141 del testo unico sugli enti locali.
(4-13133)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ha chiesto di conoscere gli accertamenti che il Ministro dell'interno intende promuovere per il tramite della prefettura di Avellino sulla regolarità degli atti amministrativi posti in essere dal comune di Montemiletto, in relazione alla progettazione e realizzazione di alcune opere pubbliche.
Sulle vicende segnalate si forniscono le seguenti informazioni acquisite dal prefetto di Avellino.
I terreni che si trovano in località «Bosco», estesi su un'area di circa 44 ettari interamente di proprietà del comune di Montemiletto, sono stati sempre ritenuti, dalle diverse amministrazioni comunali succedutesi negli ultimi decenni, idonei alla destinazione a parco pubblico.
Gran parte dell'area, tuttavia, è stata data in affitto ad alcuni agricoltori, in violazione della normativa sugli usi civici; mentre la restante parte ha subito, nel corso degli anni, una serie di interventi che hanno compromesso l'assetto del paesaggio.
L'attuale amministrazione, nell'avviare la realizzazione del parco (recinzione dell'area, controlli sanitari, realizzazione di aree attrezzate e di una piscina), ha revocato i contratti di affitto.
Inoltre, il comune, venuto a conoscenza dell'esistenza degli usi civici sull'area, ha adottato il relativo regolamento di disciplina, trasmettendolo agli uffici regionali per la successiva approvazione, a seguito della quale si procederà alla regolarizzazione degli interventi già realizzati, tutti compatibili con le previsioni della legge regionale n. 13 del 2008.


Al momento sono state già predisposte le relazioni di compatibilità paesaggistica che saranno sottoposte al vaglio della Commissione integrata per la successiva trasmissione alla soprintendenza di Avellino.
Per quanto riguarda, invece, la compatibilità urbanistica delle opere eseguite, l'area è indicata quale «F1 - Attrezzature» negli strumenti urbanistici approvati dall'ente.
In merito alla compatibilità archeologica, infine, il relativo vincolo apposto dalla soprintendenza riguarda solo parte dell'area soggetta ad usi civici: per le opere pianificate e non ancora eseguite nelle zone soggette a tale vincolo, il comune ha acquisito l'autorizzazione della soprintendenza.
Questa la ricostruzione della vicenda che viene fornita nei limiti dell'attività conoscitiva entro i quali può muoversi legittimamente il Prefetto competente per territorio.
Resta il fatto che le iniziative auspicate dell'interrogante richiedono una serie di condizioni e presupposti al momento non sussistenti sui quali, tuttavia, il prefetto di Avellino mantiene una costante attenzione.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MELANDRI e TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 20 luglio 2011, la FAO ha pubblicato un report sulla crisi alimentare che da mesi attanaglia alcune province della zona meridionale della Somalia, Bakool e Lower Shabelle, decretando ufficialmente lo stato di carestia;
la carestia viene formalmente riconosciuta quando i tassi di malnutrizione acuta superano il 30 per cento della popolazione infantile (0-5 anni), se si verificano almeno 2 casi di morte per fame ogni 10.000 abitanti al giorno, e se la popolazione ha difficoltà ad assimilare 2.100 calorie al giorno, il minimo per la sopravvivenza. Oggi, in alcune parti delle regioni di Bakool e Lower Shabelle la malnutrizione arriva al 50 per cento della popolazione ed il tasso di mortalità supera i 6 casi ogni 10.000 abitanti giorno;
in Somalia, a causa delle crisi umanitarie, il numero di persone che richiedono assistenza è salito, negli ultimi 6 mesi, da 2,4 a 3,7 milioni. Oltre 12 milioni di persone hanno attualmente bisogno di assistenza nel corno d'Africa;
la FAO ha stimato siano necessari, per far fronte alla crisi nel Corno d'Africa, circa 120 milioni di dollari, di cui 70 milioni per l'emergenza in Somalia e 50 milioni per l'Etiopia, Kenya, Gibuti ed Uganda;
il Segretario Generale dell'ONU ha rilevato che per i prossimi due mesi d'emergenza sarà indispensabile un fondo di almeno 300 milioni di dollari;
il 25 luglio 2011 si terrà a Roma, un incontro internazionale per affrontare tempestivamente la crisi nel Corno d'Africa -:
quali misure il Governo Italiano intenda adottare per sostenere la richiesta della FAO e delle Agenzie ONU nell'affrontare la crisi alimentare nei paesi del corno d'Africa.
(4-12800)

Risposta. - La regione del Corno d'Africa sta attraversando una delle più gravi siccità degli ultimi 60 anni. Il combinato effetto di incrementi nei prezzi dei generi alimentari di base e scarsità delle precipitazioni delle ultime due stagioni delle piogge ha prodotto conseguenze gravissime sulle popolazioni locali di Etiopia, Kenya, Somalia e Gibuti. In Somalia, la situazione è ulteriormente aggravata dal perdurare di gravissime condizioni di instabilità.
Il Governo non è ovviamente rimasto insensibile innanzi a questa tragica situazione umanitaria e si è immediatamente attivato per fronteggiarla, sia direttamente che attraverso una forte azione di sensibilizzazione internazionale. Il Ministro Frattini ha ribadito nelle scorse settimane la massima priorità che il Governo attribuisce alla regione del Corno d'Africa, sia per i

nostri legami storici, che per le ragioni umanitarie su cui lo stesso Santo Padre ha voluto autorevolmente attirare l'attenzione della comunità internazionale.
Siamo tuttavia ben coscienti del fatto che gli urgenti problemi umanitari che stiamo affrontando non potranno essere pienamente avviati a soluzione se non si porranno delle basi per una stabilizzazione dei paesi del Corno e, più in particolare, della Somalia. Proprio per questa ragione, parallelamente alla sua azione umanitaria, il Governo continua ad agire con determinazione per favorire il processo di pacificazione della Somalia e la cooperazione regionale.
Per quanto riguarda l'azione umanitaria, gli interventi nel Corno d'Africa costituiscono una delle aree prioritarie della cooperazione allo sviluppo italiana ai sensi delle sue linee guida 2011-2013. Soltanto nell'ultimo biennio l'impegno umanitario della nostra cooperazione in quella regione, di un valore di circa 11,3 milioni di euro, ha consentito l'avvio di progetti di sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, accesso all'acqua, educazione e sostegno agli sfollati e alle fasce più vulnerabili della popolazione, realizzati per lo più per il tramite delle più importanti agenzie delle Nazioni unite e con il concorso di varie ONG.
Nel quadro dell'appello consolidato delle Nazioni unite del 2010, sono stati infatti finanziati interventi dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite di protezione degli sfollati e altri gruppi vulnerabili e di risposta umanitaria per il trattamento e la prevenzione della malnutrizione acuta. Abbiamo inoltre sostenuto l'unità di analisi e nutrizionale gestita dalla FAO, la quale si occupa di valutare i bisogni alimentari in caso di emergenza.
In Somalia, tra il 2010 e il 2011, abbiamo realizzato un'iniziativa bilaterale del valore di 2 milioni di euro a sostegno della popolazione somala del corridoio di Afgoye, della regione del Basso Scebeli e delle regioni centrali del Galgaduud e del Mudug per l'esecuzione di progetti nei settori salute, agricoltura, sicurezza alimentare, accesso all'acqua e tutela delle comunità più vulnerabili. Sempre in Somalia abbiamo erogato un contributo di 2 milioni di euro al Fondo umanitario comune delle Nazioni unite volto a sostenere attività nei settori della protezione degli sfollati, della sicurezza alimentare e dell'accesso all'acqua. Abbiamo inoltre erogato un contributo di circa 500 mila euro in favore del fondo umanitario per l'Etiopia gestito da OCHA, l'Ufficio per il coordinamento umanitario delle NU. Infine abbiamo avviato delle iniziative bilaterali di emergenza del valore complessivo di 1,1 milioni di euro a beneficio dei profughi somali presenti nei campi di Dadaab, in Kenya, e della comunità ospitante.
A fronte del drammatico acutizzarsi della crisi umanitaria nei paesi del Corno d'Africa, ed in modo particolare di quella che colpisce la popolazione somala, la cooperazione italiana ha realizzato il 2 agosto 2011 un primo volo umanitario che, in collaborazione con la Croce rossa kenyota, ha permesso il trasporto e la distribuzione di 40 tonnellate di beni alimentari destinati ai campi di accoglienza per rifugiati di Dadaab. È stato quindi effettuato il 19 agosto 2011 un secondo volo umanitario per il trasporto di generi di prima necessità quali tende, contenitori per l'acqua potabile, generatori elettrici, coperte, set da cucina per famiglie per complessive 30 tonnellate. Giunti a Nairobi, i beni sono stati presi in carico da rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ed impiegati sempre a Dadaab. È stato, infine, recentemente erogato un contributo volontario di 500.000 euro a favore del Programma alimentare mondiale.
Attualmente sono in avanzata fase di studio nuove ulteriori iniziative. In particolare, è in fase di lancio l'iniziativa di emergenza - dal valore complessivo di 1,3 milioni di euro - per la riduzione del rischio nei settori dell'acqua, dell'igiene ambientale e della salute da realizzare nel sud dell'Etiopia. In Somalia, la Cooperazione italiana ha recentemente programmato un intervento da affidare alla FAO del valore di 1 milione di euro per realizzare un progetto finalizzato a migliorare i mezzi di sussistenza e lo stato delle comunità pastorali in Puntland.

Con risorse messe a disposizione dal decreto missioni, si finanzieranno, inoltre, interventi, per un importo complessivo di 2,3 milioni di euro, a sostegno di programmi realizzati sul canale multilaterale da agenzie internazionali appartenenti alla famiglia delle Nazioni unite o della Croce rossa. In questo quadro complesso d'interventi, sottolineo che il Governo mantiene dei rapporti costanti con il Programma alimentare mondiale per predisporre, qualora la situazione lo richiedesse, nuovi invii di beni umanitari.
Alla nostra risposta umanitaria ha continuato ad affiancarsi una forte azione di carattere politico-diplomatico volta a favorire la stabilizzazione dei Paesi del Corno d'Africa e, più in particolare, della Somalia. Vorrei ricordare infatti come il Corno d'Africa sia un'area dove antiche rivalità tra stati si amalgamano a conflitti localizzati ma con spiccate propensioni transnazionali. Al fine di interrompere questo ciclo di violenze il Governo sostiene un approccio regionale, che si ponga come obiettivo sia la soluzione dei conflitti inter- ed intra-statuali, sia il rafforzamento delle istituzioni e della loro capacità di fornire servizi di base alle popolazioni.
L'azione italiana nella regione parte dunque dal presupposto che la stabilizzazione del contesto regionale rappresenti una condizione necessaria per favorire l'avvio di un graduale processo di rafforzamento delle istituzioni dei paesi del Corno d'Africa e di una loro democratizzazione. Per questo motivo, l'Italia è impegnata sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale (in particolare a Bruxelles e New York) ad appoggiare e propiziare l'avvio a soluzione dei vari conflitti presenti nella regione, nella consapevolezza che la loro risoluzione non potrà che avere un forte impatto positivo sulle condizioni di vita delle popolazioni locali.
In tale contesto, il rafforzamento del mandato nel settore della pace e della sicurezza dell'organizzazione interstatuale del Corno d'Africa, l'Inter-governmental authority on development (IGAD), costituisce un elemento tradizionale della nostra strategia politica regionale. Tale sforzo, riconosciutoci dai paesi dell'area e dai principali partner internazionali, ci è valsa la nomina a co-presidenti dell'IGAD Partners forum (IPF). Quest'anno sono stati quindi impegnati ulteriori 1,5 milioni di euro a sostegno del Segretariato IGAD e nel corso di una mia missione nel Corno d'Africa del luglio 2011, ho presieduto una riunione IPF ad Addis Abeba per avviare un coinvolgimento dell'organizzazione più incisivo e proattivo nelle problematiche somale, ed in particolare nel monitoraggio delle riforme poste in essere dalle Istituzioni federali transitorie di Mogadiscio fino alla scadenza del periodo di transizione (20 agosto 2012).
Nello specifico della crisi somala, come noto, questa ha effetti destabilizzanti nel Corno d'Africa e sul piano internazionale, riassumendo i problemi e le fratture che attraversano il quadrante geopolitico regionale: sicurezza e governabilità, povertà e sviluppo, islam e fondamentalismo, migrazioni e rifugiati, pastoralismo e agricoltura, proliferazione delle armi leggere, competizione per l'uso delle risorse idriche.
Nel disegnare la propria politica verso la Somalia, il Governo italiano tiene dunque in debita considerazione lo scenario interno della crisi ed il contesto regionale. L'Italia sostiene in particolare la ricostruzione della sovranità statuale in Somalia sia al livello centrale di Mogadiscio (e quindi sostenendo le Istituzioni federali transitorie, le forza di Sicurezza somale e la missione di peace-keeping dell'Unione africana, AMISOM), sia presso quelle autorità locali che hanno saputo garantire un controllo effettivo del territorio lottando attivamente contro l'insorgenza qaedista, quali il Puntland e il Galgaduud.
Se a Mogadiscio il sostegno al Governo federale transitorio avviene con interventi per un totale dal 2009 ad oggi di 3,8 milioni di euro volti a migliorare l'erogazione di servizi da parte di alcuni uffici governativi chiave, in Puntland il sostegno del Governo italiano è condizionato ad un maggiore impegno da parte delle autorità regionali nelle attività di contrasto ai pirati, i quali hanno li installate alcune delle loro basi. In occasione di un mio recente incontro con il

Presidente del Puntland Farole, ho fatto esplicito riferimento all'opportunità di ri-orientare i flussi economici scaturenti dalle attività illecite collegate al fenomeno della pirateria verso attività nel settore della pesca e dell'industria di trasformazione del pesce, anche attraverso l'utilizzo di fondi stanziati dal Governo italiano in favore della FAO. I nostri interventi in Galgaduud, si inseriscono invece nel più generale sostegno italiano al movimento politico-militare noto come «Ahlu Sunna Wal Jama'a» (ASWJ), emerso sullo scacchiere somalo nel 2008 come genuina opposizione agli Shabaab, in accordo con il Governo federale transitorio.
Nel quadro della nostra azione di sostegno al Governo somalo, spicca l'impegno politico assunto dal Ministro Frattini di riaprire la nostra Rappresentanza diplomatica a Mogadiscio quando condizioni minime di sicurezza saranno garantite (auspicabilmente entro la fine del 2011). Lo stesso Ministro Frattini si è fatto promotore, congiuntamente con i propri omologhi del Regno Unito e dell'Uganda, dell'organizzazione di una riunione a livello ministeriale sulla Somalia in settembre a New York, a margine della prossima sessione dell'Assemblea generale delle NU.
Tale riunione, che sarà presieduta dal Segretario generale delle NU Ban Ki Moon e che si terrà il 23 settembre, vuole testimoniare il nostro costante impegno politico verso la Somalia e riconfermare il nostro tradizionale ruolo di perorazione di tale causa in tutti i
fora internazionali, inclusa l'Unione europea e le stesse Nazioni unite. Il nostro obiettivo è che la comunità internazionale continui a dedicare, ai più alti livelli, le proprie attenzioni alla crisi somala nella piena consapevolezza che se non si risolverà il principale problema della mancanza di uno stato effettivo ed efficace nel Paese, l'assistenza internazionale alle popolazioni locali non potrà che avere effetti parziali e comunque non destinati ad essere durevoli.
Nel quadro della propria azione ad ampio raggio, il Governo ha, quindi, accolto con grande favore l'importante mozione unitaria sull'emergenza in Corno d'Africa approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 7 settembre 2011. Sulla base del forte mandato politico ricevuto con questo significativo atto di indirizzo parlamentare, il Governo proseguirà attivamente il proprio impegno a favore delle popolazioni civili e a sostegno della stabilizzazione politica dell'area.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la sede dell'archivio di Stato di Como è, dal 1965, in via Briantea 8, all'interno di un palazzo che fu sede di un'importante seteria, oggi di proprietà di un gruppo privato; nel 1985 i proprietari proposero al Ministero per i beni e le attività culturali l'acquisto dell'intero palazzo, o, in subordine, dei 2.500 metri quadri che allora l'archivio occupava; a seguito della mancata risposta da parte del Ministero, venne avviata la causa di sfratto, conclusa nel 1989, confermata dalla corte d'appello e divenuta esecutiva;
a partire dal 1994 sono stati recapitati una trentina di avvisi di sloggio al Ministero, che, ad oggi, non ha rilasciato l'immobile e versa annualmente alla proprietà 200.000 euro per un'occupazione che giuridicamente è senza titolo;
dal 1989 ad oggi il Ministero non è stato in grado di trovare una sede alternativa a quella di via Briantea, nonostante nel territorio della città di Como ci siano molti immobili di proprietà pubblica disponibili; nel 2005 venne ipotizzato il trasferimento nella caserma De Cristoforis, nel frattempo diventata centro documentale; nonostante fosse ben tenuta e disponesse di un'ala libera, le risposte del demanio militare e del Ministro della difesa furono negative;
da anni a Como è in corso una girandola di sedi e di uffici pubblici e diversi sono i palazzi liberi: un esempio

per tutti è Villa Giovio, di proprietà dell'Inail, costruito quindi con le risorse delle imprese e dei lavoratori che giace inutilizzato; liberi sono anche la ex caserma della Guardia di finanza in via Parini e l'ex carcere di San Donnino;
molti sono poi gli immobili che il demanio ha ceduto al fondo immobili pubblici per essere messi in vendita sul libero mercato e sui quali paga un lauto affitto: sede dell'Inps di via Pessina, (607.000 euro di affitto), palazzina di Brogeda (260.000 euro di affitto), motorizzazione civile (433.000 euro di affitto), solo per fare alcuni esempi;
a pochi giorni dal varo di una manovra finanziaria da più di 40 miliardi, che chiederà sacrifici a tutte le categorie sociali, emerge una spaventosa inefficienza nella gestione in generale degli immobili pubblici ed in particolare nella zona di Como dove molti edifici rimangono inutilizzati e dove invece si spendono centinaia di migliaia di euro per affitti di edifici privati;
a parere dell'interrogante è inconcepibile che il Ministero continui a pagare 200.000 euro l'anno per uno stabile privato, per il quale lo sfratto è già esecutivo da anni, senza che nessuno si muova per reperire sul territorio un'altra struttura, stavolta pubblica, per l'archivio di Stato -:
a quanto ammontino complessivamente i canoni di affitto pagati dal Ministero per l'immobile di via Briantea 8 dall'inizio dell'utilizzo ad oggi e come il Ministro intenda intervenire per trovare al più presto una nuova sede di proprietà pubblica all'Archivio di Stato, facendo risparmiare allo Stato italiano centinaia di migliaia di euro l'anno in affitti inutili, quando esistono sul territorio numerose strutture sottoutilizzate o, addirittura, abbandonate.
(4-12513)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame relativa all'archivio di Stato di Como, si premette che l'agenzia del demanio di Roma, direzione operativa, coordinamento operation, servizi alla Pubblica amministrazione, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 222 della legge finanziaria 2010, ha promosso con tutte le amministrazioni dello Stato, a livello centrale e periferico, tavoli tecnici di lavoro al fine di elaborare piani di razionalizzazione volti all'individuazione di soluzioni migliorative e di contenimento della spesa per locazioni passive.
I tavoli tecnici istituiti tra l'agenzia del demanio e la direzione generale per gli archivi hanno generato accordi su un numero consistente di operazioni di razionalizzazione, relativamente a cambi di sede o rinnovi contrattuali, alcune già concluse, alcune ancora
in itinere.
Nell'ambito delle operazioni in argomento sono state elaborate soluzioni logistiche tese a soddisfare la particolare necessità di ampliamento degli spazi utilizzati in considerazione dell'attività di raccolta ed archiviazione di documentazione ovviamente sempre crescente negli anni. Tuttavia, tenuto conto dell'attuale spesa per locazioni passive sostenuta dall'amministrazione archivistica, l'agenzia del demanio ha rilevato che, a seguito del perfezionamento delle azioni previste nel piano di razionalizzazione degli spazi, sarà generato un risparmio annuo complessivo di circa 2.000.000,00 di euro dalla direzione generale per gli archivi.
Tutto ciò premesso, si fa presente che l'archivio di Stato di Como occupa dal 1995 in modo extracontrattuale, pagando una indennità di occupazione annuale che attualmente ammonta ad euro 184.605,28 + Iva, i locali siti in Como, via Briantea n. 8, di proprietà della «Sampietro Tessitura Serica S.p.a.» in quanto alla scadenza del contratto stipulato il 3 febbraio 1965, più volte rinnovato, non è stato possibile concludere con la proprietà la trattativa avviata per la stipula di un nuovo contratto di locazione.
La proprietà, pertanto, ha notificato nel novembre 1994 a questo Ministero, in persona del Ministro
pro tempore, presso l'avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, l'avviso di sloggio.
La proprietà, pur manifestando successivamente la volontà di non procedere in

tempi brevi al rilascio forzato dell'immobile per non creare situazioni di grave disagio e di pericolo per il prezioso patrimonio archivistico, ha in ogni caso la possibilità di alienare l'immobile quando lo riterrà opportuno.
Considerato, altresì, che i locali di deposito della sede non erano in grado di accogliere ulteriore materiale, l'amministrazione per i beni e le attività culturali, si era già attivata per reperire una nuova sede per l'archivio sunnominato richiedendo nell'aprile 1994 al Ministero delle finanze se esistevano in Como beni di proprietà del demanio da destinare ad uso archivio.
A seguito della risposta negativa del Ministero sunnominato, comunicata nello stesso mese, l'archivio, sempre nello stesso mese, ha richiesto alla soprintendenza ai beni ambientali e architettonici della Lombardia l'elenco degli immobili soggetti a vincolo esistenti in Como ed ha intrapreso, nel maggio 1994, una trattativa con l'INAIL per l'acquisto del compendio immobiliare «Villa Giovio» ritenuto idoneo a quell'uso.
Solo nell'aprile del 1998 il Ministero delle finanze concedeva il nulla osta all'acquisto ma l'INAIL comunicava, nel maggio dello stesso anno, che l'immobile in parola non era compreso nel programma straordinario di dismissioni di cui alla legge n. 140 del 1997 e che, pertanto, non era più alienabile e sarebbe stato destinato a centro per la ricerca, documentazione e formazione in Europa relativamente all'assicurazione obbligatoria, alla prevenzione degli infortuni, alla sicurezza del lavoro e alla riabilitazione, in collegamento con i centri di Bilbao e Dublino.
Se, pertanto, «Villa Giovio», come si legge nell'interrogazione in esame, costruita con le risorse delle imprese e dei lavoratori, giace inutilizzata non è certo imputabile a questa Amministrazione.
Dopo varie trattative che non è stato possibile concludere, nel 2000, era stato individuato un immobile, denominato «Palazzo Mugiasca», ritenuto idoneo ad essere destinato a nuova sede dell'archivio in questione.
Purtroppo, le disponibilità di bilancio non hanno permesso l'acquisizione del complesso suddetto (lire 8.500.000.000 costo acquisto + lire 10.000.000.000 costo presunto per l'adeguamento strutturale e funzionale dell'immobile) per cui, considerata la necessità e l'urgenza di reperire una nuova sede, veniva invitato, nel dicembre 2000, il direttore dell'archivio ad effettuare una nuova ricerca rivolta, in primo luogo, verso la possibilità di reperire immobili demaniali disponibili e poi, rivolta verso il mercato immobiliare di edifici privati da prendere in locazione o da poter acquistare se di interesse storico-artistico. Si era invitato, altresì, il direttore ad effettuare la ricerca di mercato anche verso immobili ubicati in zone non centrali al fine di abbattere i costi di acquisizione o locazione.
Nei primi mesi del 2001 il direttore dell'archivio ha comunicato che il sunnominato «Palazzo Mugiasca», che non era stato possibile acquistare per i motivi suddetti, era stato venduto ad un imprenditore comasco e che lo stesso lo aveva offerto in locazione a questa Amministrazione.
Nello stesso periodo è stato comunicato che non era possibile accettare l'offerta, che prevedeva l'esborso di un miliardo annuo per la locazione del piano terra e primo piano (il canone per locare anche il secondo piano ed il giardino doveva essere concordato), anche a causa dell'allora disastrosa situazione del capitolo-fitto locali ed oneri accessori.
Nel maggio 2001, poiché lo stato maggiore della Difesa intendeva dismettere un immobile, già sede del distretto militare, denominato «Caserma Venini», questa Amministrazione ha chiesto all'agenzia del demanio per la Lombardia di voler esaminare la possibilità di assegnare in uso governativo parte della caserma sunnominata.
L'archivio, dopo vari solleciti all'agenzia del demanio per la Lombardia febbraio 2002 e febbraio 2003, per avere informazioni in merito all'assegnazione della caserma in argomento, comunicava nel maggio 2003 che la stessa era stata assegnata al comando provinciale dei carabinieri.
Nel 2004 il direttore dell'archivio, a seguito di contatti istituzionali, è venuto a conoscenza che la caserma De Cristoforis, sede dell'allora distretto militare di Como,

era in parte inutilizzata e, pertanto, si è provveduto a richiedere all'agenzia del demanio di Roma che parte della caserma in parola venisse concessa in uso governativo a questa Amministrazione al fine di essere destinata a nuova sede dell'archivio, dopo la restituzione della stessa al demanio dello Stato da parte dello stato maggiore dell'Esercito.
Poiché i tempi per l'assegnazione della caserma si stavano allungando, nel luglio 2006, si richiedeva nuovamente all'agenzia del demanio per la Lombardia di conoscere se erano disponibili immobili demaniali da poter adibire a nuova sede dell'archivio di Stato di Como. L'agenzia del demanio, nell'ottobre dello stesso anno rispondeva negativamente.
L'agenzia del demanio, nel novembre 2009, in risposta alla richiesta dell'amministrazione archivistica di assegnazione della caserma De Cristoforis, ha richiesto di confermare la permanenza di un interesse per l'immobile e di voler, altresì, riferire in ordine alla sussistenza di fondi per la realizzazione dei necessari lavori di ristrutturazione e di adeguamento del bene alle specifiche esigenze dell'archivio. L'agenzia faceva, inoltre, presente che tale ultima circostanza costituiva condizione necessaria affinché la stessa potesse attivarsi per l'espunzione del bene dall'elenco già predisposto dal Dicastero della difesa e per l'assegnazione dello stesso in uso governativo a questa Amministrazione.
L'amministrazione archivistica, nel dicembre 2009, a tale richiesta ha risposto che, pur permanendo l'interesse per l'immobile, non disponeva al momento dei fondi necessari per la realizzazione dei lavori sunnominati, che ammontavano allora a 4.500.000,00/5.000.000,00 di euro e che, comunque, si sarebbe impegnata, pur non garantendo il buon esito dell'operazione, per reperire nei successivi esercizi finanziari i fondi.
Nell'aprile 2011 il direttore dell'archivio ha comunicato che la curia vescovile della diocesi di Como ha proposto quale nuova sede dell'archivio un immobile di metri quadrati 3.500 i cui costi di ristrutturazione sarebbero interamente a carico della proprietà.
Il direttore, nel maggio dello stesso anno, è stato autorizzato dalla direzione generale degli archivi ad intraprendere l'
iter amministrativo per l'acquisizione in locazione di nuovi locali da destinare a sede dell'archivio ricordando che prima di effettuare la ricerca di mercato, è necessario richiedere alla competente, locale agenzia del demanio la dichiarazione d'indisponibilità di immobili demaniali e patrimoniali da destinare ad uso archivio.
È stato ricordato, inoltre, che in caso di indisponibilità di tali immobili occorre effettuare, altresì, gli accertamenti presso gli enti territoriali beneficiari di un canone agevolato da parte dello Stato, onde verificare l'indisponibilità di immobili di proprietà degli stessi, in base al principio di reciprocità ex comma 439 legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005).
Si è ricordato, infine, che in caso di risposta negativa da parte di regione, provincia e comune, si potrà procedere alla ricerca di mercato alla quale potrà rispondere anche la curia vescovile della diocesi di Como, qualora sia ancora interessata a presentare un'offerta economica per un immobile di sua proprietà.
Si è in attesa di notizie in merito.
Poiché, per motivi non dipendenti da questa Amministrazione, non si è ancora provveduto al pagamento dell'indennità di occupazione extracontrattuale per l'anno 2011, si fa presente che i canoni di locazione e le indennità di occupazione extracontrattuale versate alla proprietà dal 3 febbraio 1965 fino al 31 dicembre 2010 (45 anni circa), per l'immobile attualmente occupato dall'archivio, ammontano a complessivi euro 4.005.678,00.
Per quanto suesposto e per l'esperienza maturata nel campo della ricerca di immobili da destinare ad uso archivio, può essere asserito che le ormai croniche carenze di bilancio dell'Amministrazione archivistica non permettono, e presumibilmente non permetteranno nel breve periodo, di sostenere gli altissimi costi per l'adeguamento strutturale, funzionale ed

impiantistico di immobili pubblici sottoutilizzati o abbandonati come quelli citati nell'interrogazione in esame.
Pertanto, al fine di risolvere l'annoso problema della nuova sede dell'archivio, è necessario un finanziamento straordinario che permetta di adeguare un immobile pubblico, da individuare, per renderlo idoneo all'uso in questione.
L'alternativa è il pagamento di un canone di locazione per un immobile privato se si vuole mantenere e, possibilmente, aumentare il contributo alla cultura brillantemente offerto fino ad oggi dall'archivio di Stato di Como.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
presso il personale delle forze armate ed, in particolare, presso quello dell'Arma dei carabinieri, è molto diffusa l'opinione secondo cui i militari non avrebbero il diritto di iscriversi ai partiti politici né quello di esercitare attività politica fuori servizio;
l'articolo 49 della Costituzione sancisce il diritto di tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale;
la potestà di limitare - mediante legge - tale diritto così come previsto dal successivo articolo 98 della Costituzione, non è stata mai esercitata dal parlamento nei confronti dei militari;
in base al combinato disposto degli articoli 5 e 6 della legge 11 luglio 1978 n. 382, ai militari è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti associazioni ed organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni politiche ed amministrative, esclusivamente ai militari che: a) svolgono attività di servizio; b) sono in luoghi militari o destinati al servizio; c) indossano l'uniforme; d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali;
allo stato attuale, fuori dalle predette ipotesi, tutti i militari possono iscriversi ai partiti politici e svolgere attività politica -:
quali siano le prerogative dei militari al di fuori dei punti sopra esposti e se si intendano adottare gli opportuni provvedimenti idonei ad informare debitamente il personale militare quanto al diritto di iscriversi ai partiti politici e di esercitare - fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 3, della legge n. 382 del 1978 - attività politica.
(4-05509)

Risposta. - Allo stato, non risulta esistere una disposizione di legge che dia espressa e diretta applicazione al divieto di iscrizione ai partiti politici, di cui all'articolo 98 della Costituzione che, al fine di salvaguardare l'imparzialità e la sottrazione a strumentalizzazioni di appartenenti a categorie speciali dei pubblici dipendenti, consente di stabilire con legge limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per magistrati, militari di carriera in servizio attivo, funzionari ed agenti di polizia, nonché rappresentanti diplomatici e consolari all'estero.
Le disposizioni riguardanti l'esercizio dei diritti politici da parte dei militari, previste dall'articolo 6, primo e secondo comma, della legge n. 382 del 1978, sono state riassettate nell'articolo 1483 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, che non ha operato, né avrebbe potuto operare, alcuna innovazione di istituti preesistenti, in ragione dei limiti imposti alla codificazione dall'articolo 14, comma 14, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ivi richiamati. Al riguardo preciso che, con decreto legislativo già deliberato preliminarmente dal Consiglio dei ministri, ora ai previsti pareri, si provvederà a un perfezionamento formale del riassetto con la sostituzione all'articolo 1483 delle parole

«di cui all'articolo 1350» con le parole «che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 dell'articolo 1350», ripristinando l'identico testo dell'articolo 6 della legge n. 382 del 1978 in rapporto all'articolo 5.
Tutto ciò chiarito, confermo che, per le forze armate, non esiste né è mai esistita una disposizione di legge ordinaria che, dando attuazione alla previsione dell'articolo 98 della Costituzione, abbia imposto espressamente il divieto di iscrizione ai partiti politici per i militari.
Ciò a differenza di quanto avvenuto per i magistrati, per i quali ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera
h), del decreto legislativo n. 109 del 2006 l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici costituisce illecito disciplinare ancorché al di fuori dell'esercizio delle funzioni, e per le forze di polizia, a seguito di quanto disposto dall'articolo 114 della legge n. 121 del 1981 e successivi provvedimenti legislativi di proroga.
Quanto alle forze armate, il citato articolo 6 della legge n. 382 del 1978 (ora articolo 1483 del Codice dell'ordinamento militare) ha espressamente previsto che esse debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche e che ai militari che si trovino nelle condizioni attinenti alle attività di servizio di cui al terzo comma dell'articolo 5 (ora articolo 1350, comma 2, del citato codice), è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative.
Le forze armate hanno pertanto dato e danno attuazione alle citate disposizioni assumendo di non poter ravvisare per i militari, nel descritto quadro normativo di riferimento, la possibilità di iscrizione ai partiti politici, in quanto essa stessa costituisce espressione di militanza politica attiva e, come tale, in antitesi rispetto al dovere di preservare, in ogni circostanza, l'estraneità delle stesse forze armate da qualsivoglia competizione politica.
Al riguardo, mentre non si ha contezza di pronunce in materia della Corte costituzionale, risulta che recentemente il Consiglio di Stato, nell'unico intervento del quale si ha notizia, abbia affermato, ancorché in sede cautelare, che in ragione del quadro normativo attuale non possa considerarsi legittima l'assunzione di cariche attive da parte di militari all'interno di organizzazioni partitiche.
Questo è quindi il quadro normativo e la situazione in materia di possibilità di iscrizione dei militari ai partiti politici; un quadro di riferimento che potrebbe essere ulteriormente definito con chiare disposizioni legislative idonee a coniugare i diritti dei singoli con l'esigenza di terzietà delle forze armate.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

PORTA, GIANNI FARINA, GARAVINI, FEDI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la conversione delle patenti di guida a livello internazionale è una delle esigenze più dirette e concrete della mobilità che in ambito globale coinvolge milioni di persone;
per il nostro Paese, i persistenti flussi in uscita di concittadini diretti in realtà estere e il crescente afflusso di stranieri nella società italiana rendono il problema della conversione delle patenti un passaggio obbligato e un impegno da affrontare con misure amministrative improntate a celerità e agilità procedurale;
si moltiplicano i rapporti bilaterali volti a risolvere le questioni connesse alla conversione delle patenti con Paesi che hanno consistenti comunità in Italia e nei quali non è meno significativa la presenza di nostri connazionali, come dimostra l'accordo di riconoscimento reciproco delle patenti siglato con l'Ecuador nelle ultime settimane;
l'interesse per una celere definizione dei rapporti con il Brasile in materia di riconoscimento reciproco delle patenti è molto forte, in considerazione dell'intensità

dei rapporti tra i due Paesi e della consistenza dei flussi dall'Italia e verso l'Italia;
nel documento di partenariato strategico tra la Repubblica italiana e la Repubblica federativa del Brasile, firmato esattamente un anno fa a San Paolo, si legge testualmente: «Le parti si impegnano ad assicurare la rapida conclusione dell'Accordo di riconoscimento reciproco in materia di patenti di guida nazionali»;
oltre alla stipula dell'accordo di cui si parla nel documento di partenariato strategico, sono necessari gli atti operativi che consentano concretamente agli interessati di attivare le procedure amministrative di riconoscimento delle patenti -:
se sia stata data esecuzione e in che modo all'accordo di partenariato strategico di cui in premessa relativamente al punto del riconoscimento reciproco delle patenti;
in quali tempi potrà compiersi il quadro delle azioni operative e in quali tempi gli interessati potranno richiedere il riconoscimento dell'idoneità della propria patente nel Paese di residenza.
(4-12585)

Risposta. - Il Governo segue con attenzione gli sviluppi del negoziato volto a definire l'accordo bilaterale in materia di conversione reciproca delle patenti di guida.
Il negoziato ha registrato negli ultimi mesi un'intensa attività con un fitto scambio di contatti. Nel gennaio 2010, le autorità brasiliane hanno trasmesso una proposta di testo di accordo ed alcune osservazioni sul testo presentato dall'Italia nel 2009. Nel febbraio 2010, abbiamo fatto pervenire alle autorità brasiliane alcune osservazioni ed una richiesta di chiarimenti sulla predetta proposta brasiliana. Successivamente su richiesta brasiliana è stato stabilito per il 13-14 ottobre 2010 un incontro per permettere un avanzamento del negoziato e per formulare il testo finale. Nell'ottobre 2010 la controparte brasiliana ha chiesto il rinvio dell'incontro a data da concordare, indicando la necessità di approfondire e risolvere preliminarmente le questioni ancora pendenti.
Nel dicembre del 2010 le autorità brasiliane hanno trasmesso una nuova proposta di accordo sotto forma di scambio di note il cui testo è stato esaminato dal competente servizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, dopo attento esame, ha comunicato alla controparte, nel febbraio 2010, la presenza di alcune incongruenze e difficoltà interpretative in numerosi punti, risultando pertanto di difficile applicazione pratica. La direzione generale della motorizzazione ha pertanto invitato le autorità brasiliane a voler mantenere come base negoziale, per la definizione del testo finale dell'accordo, la bozza di testo originariamente trasmessa dal nostro Paese nel 26 marzo 2009. In tale sede si è inoltre ribadita la necessità di disporre celermente delle informazioni, già da tempo richieste, relative alle modalità di rilascio e di validità della patente di guida brasiliana, sollecitando l'invio dei fac simili dei modelli di patente brasiliani, necessari per predisporre le tabelle di equipollenza, per trattare con celerità ed obiettività le domande di riconoscimento delle patenti di guida.
Le autorità italiane sono ancora in attesa delle osservazioni delle autorità brasiliane in merito all'ultima proposta, e della trasmissione delle informazioni tecniche, più volte sollecitate. Tali elementi informativi risultano indispensabili per il perfezionamento del negoziato e la firma del relativo accordo, con il quale verranno determinate le modalità ed i tempi necessari per la conversione delle patenti di guida.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

REGUZZONI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
esistono notevolissime disparità tra regione e regione circa il rapporto tra lavoratori attivi e pensioni di invalidità;

le disparità in argomento sono frutto, a quanto consta all'interrogante, di false pensioni, falsi certificati e falsi invalidi -:
quali siano i numeri reali delle pensioni di invalidità;
se e quali azioni il Governo abbia attivato o intenda attivare ai fini di individuare i falsi invalidi, sanzionare i colpevoli, sospendere le erogazioni non dovute, recuperare il denaro ingiustamente corrisposto ed infine arginare il fenomeno, ripristinando i corretti rapporti statistici.
(4-05164)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede di conoscere alcuni dati relativi alle prestazioni di invalidità civile e le misure attivate dal Governo per arginare il fenomeno dei falsi invalidi.
Con riferimento alla prima questione, sono stati acquisiti dall'INPS i dati relativi al numero di prestazioni richieste e liquidate nel 2009 e nel 2010, suddivise per tipologia e per regione e riassunti nelle tabelle che si riportano di seguito.
Riguardo, invece, ai controlli effettuati nei confronti dei titolari di provvidenze economiche di invalidità civile, si rappresenta che l'INPS ha portato a termine il piano straordinario di verifiche per il 2009, ha avviato, in data 30 giugno 2010, il piano per il 2010, ora in fase conclusiva e, a partire dall'8 luglio 2011, sta proseguendo nell'attuazione del piano straordinario per il 2011.
Con riferimento al 2009, l'articolo 80 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 ha stabilito che l'Istituto nazionale della previdenza sociale attui, dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, un piano straordinario di 200.000 accertamenti di verifica nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
A tal fine, l'INPS ha proceduto ad un campionamento dei beneficiari di prestazioni di invalidità civile, selezionando un campione di soggetti con età compresa tra i 18 e i 78 anni, tratti dal casellario delle pensioni alla data del 4 novembre 2008.
Sono stati esclusi i minori, i soggetti titolari di prestazioni sospese, gli invalidi inviati o da inviare a visita sanitaria di revisione rispettivamente dopo il 1o luglio 2007 o entro il 30 giugno 2010 e i residenti nelle province autonome di Trento e Bolzano e nella regione Valle d'Aosta, ove le verifiche vengono effettuate secondo quanto previsto dai rispettivi Statuti e dalla relative norme di attuazione.
Durante il procedimento di formazione del campione si è tenuto conto dell'incidenza territoriale dei beneficiari di prestazioni rispetto al totale della popolazione residente e rispetto alla dinamica territoriale delle nuove prestazioni liquidate negli anni successivi.
Al campione così formato sono stati aggiunti due sottoinsiemi costituiti dai titolari di prestazioni in attività lavorativa con contributi versati per lavoro dipendente e/o autonomo e dai titolari di prestazioni di invalidità civile che riscuotono direttamente la prestazione.
I controlli non hanno riguardato le prestazioni assistenziali sostitutive riconosciute agli invalidi civili e ai sordi civili ultrasessantacinquenni, rispettivamente ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 18 del 1971 e dell'articolo 10 della legge n. 381 del 1970.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 4 del 2006, convertito dalla legge n. 80 del 2006, sono stati esonerati da ogni visita medica, a condizione che la documentazione agli atti valutata dalla commissione medica territoriale avesse confermato l'esclusione a visita, i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusa la sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione. In attuazione della citata disposizione, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, con decreto ministeriale 2 agosto 2007, ha individuato le patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di controllo e di revisione.
Le verifiche compiute in esecuzione del piano straordinario del 2009 hanno portato,

a fronte di 200.025 soggetti verificati, alla sospensione/revoca di 4.802 prestazioni per irreperibilità del titolare, di cui oltre il 50 per cento riattivate a seguito di successiva sottoposizione a visita.
Inoltre, dei 182.005 verbali definiti dalle commissioni medico legali territoriali, per 160.723 si è avuta la conferma dei giudizi medico-legali, per 21.282, invece, sono state revocate le prestazioni per mancata conferma dei requisiti sanitari. Si evidenzia che nel corso delle verifiche sono deceduti 16.034 soggetti e che per i comuni abruzzesi colpiti dal sisma il piano straordinario è stato revocato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3754 del 9 aprile 2009.
Successivamente, il comma 2 dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009, ha previsto che l'Istituto, per il triennio 2010-2012, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, effettui, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l'anno 2010 e di 250.000 per ciascuno degli anni 2011 e 2012.
Il piano straordinario per il 2010 prevede l'effettuazione di 100.000 visite su soggetti estratti fra i titolari di indennità di accompagnamento in erogazione da oltre 10 anni alla data del 1o aprile 2007, con età inferiore ai 67 anni al momento dell'estrazione per la verifica e fra i titolari di assegni di invalidità in godimento con data di decorrenza nei 5 anni antecedenti il 1o aprile 2007, con età compresa fra 45 e 60 anni al momento dell'estrazione per la verifica.
I criteri adottati hanno consentito, da un lato, di escludere tutti i soggetti in condizioni gravi che comportano il ricovero in strutture protette e tutte le situazioni già verificate dalle commissioni mediche decentrate, dall'altro, hanno permesso di concentrare le verifiche sulle situazioni di invalidità riconosciute in un
range di età lavorativamente produttiva (37-52 anni).
Nel 2010, sono stati sottoposti a verifica 115.908 soggetti, di cui 7.080 sono risultati irreperibili. Inoltre, dei 95.875 verbali definiti dalle commissioni mediche legali territoriali, per 86.074 si è avuta la conferma dei requisiti sanitari, mentre sono state revocate per carenza dei requisiti sanitari 9.801 prestazioni.
Infine, si fa presente che l'istituto nell'ambito delle verifiche ordinarie, ha proseguito sia nella convocazione a visita dei soggetti invalidi che svolgono attività incompatibili con il proprio stato di salute, ai fini dell'accertamento della permanenza dei prescritti requisiti sanitari, sia nella denuncia alla competente autorità giudiziaria dei presunti reati di cui abbia avuto notizia.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Nello Musumeci.

REGUZZONI, MONTAGNOLI, TORAZZI e MAGGIONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere quali risultati recentemente siano stati conseguiti nella lotta al fenomeno deprecabile delle false pensioni di invalidità, con particolare riferimento all'ultimo biennio.
(4-10681)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, concernente l'attività del Governo nel contrasto del fenomeno delle false pensioni di invalidità, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dell'INPS, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (convertito dalla legge n. 102 del 2009), ha disciplinato il riordino e la semplificazione complessiva del procedimento di concessione delle prestazioni in favore degli invalidi civili e minorati civili. Il medesimo articolo 20 ha assegnato all'Istituto la funzione di accertare la permanenza dei requisiti sanitari che hanno dato luogo alla concessione dei benefici economici.
Tale articolo dispone che l'Istituto effettui per il triennio 2010/2012, in aggiunta all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di verifiche straordinarie che prevede 100.000 verifiche per l'anno 2010 e 200.000 per ciascuno degli anni 2011 e 2012. A tal proposito l'INPS ha fatto sapere di aver concluso il piano straordinario 2009 e di aver quasi terminato quello per il 2010, mentre è ancora in corso lo svolgimento di quello relativo all'anno 2011.
A questo proposito sono stati acquisiti dall'INPS i dati relativi ai risultati del 2009 con suddivisione regionale nonché, per il 2010, sempre con distinzione su base regionale, i risultati relativi all'attività dei centri medico legali e della Commissione medica superiore, contenuti nelle tabelle di seguito riportata.
Va chiarito, da ultimo, che al fine di omogeneizzare l'utilizzo dei criteri sanitari su tutto il territorio nazionale e sulla base dei risultati delle verifiche per l'anno 2009, è stato inserito nel 2010 il controllo centrale della citata commissione medico superiore.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Nello Musumeci.

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-05821, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, afferma che l'ufficio nazionale per il servizio civile, di seguito UNSC, al fine di individuare nuove modalità di pagamento dei volontari in servizio civile «ha svolto un'indagine di mercato, cui ha partecipato anche Poste Italiane SpA, a seguito della quale la soluzione presentata dalla Banca Nazionale del Lavoro, consistente nel prodotto "Conto BNL Revolution under 27" è risultata essere la più vantaggiosa, sia per l'amministrazione che per i volontari, e pertanto si è proceduto alla stipula di una convenzione con il suddetto Istituto bancario»;
ciononostante, nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)» nella parte «premessa», si afferma a pagina 17 che «è stata sottoscritta una convenzione con la Banca Nazionale del Lavoro, aggiudicataria di un appalto, per l'accredito delle spettanze ai volontari»;
appare quindi evidente che sulla questione sono state date al Parlamento due informazioni contraddittorie sui rapporti tra BNL ed UNSC per ciò che riguarda le modalità di pagamento delle spettanze ai volontari;
nel caso in cui corrisponda al vero l'informazione sullo svolgimento di una «indagine di mercato», è evidente, secondo gli interroganti, come la scelta operata da UNSC, e la successiva convenzione stipulata con BNL, abbia posto tale istituto bancario in una posizione privilegiata, rispetto agli altri istituti bancari nazionali, per ciò che riguarda l'apertura di decine di migliaia di conti correnti bancari intestati a giovani, ovverosia un target particolarmente interessante per ogni banca -:
quale delle due informazioni date al Parlamento sia veritiera, e per quale ragione ne sia stata fornita una non corrispondente alla realtà;
nel caso in cui l'informazione veritiera consista nel regolare svolgimento di una gara d'appalto, dove lo stesso sia stato reso noto al pubblico, e quali istituti bancari vi abbiano partecipato;
quali siano il numero e la denominazione degli istituti bancari a cui UNSC si è rivolto per lo svolgimento della «indagine di mercato» sopra menzionata;
quali siano il numero di protocollo e le date di invio delle richieste di informazioni fatte da UNSC in tal senso;
quali siano gli istituti bancari che hanno risposto alle richieste di UNSC e quali siano stati i prodotti offerti, con relativo numero di protocollo e data di ricevimento delle risposte;
quali siano stati i «criteri di valutazione» dettagliati sulla base dei quali UNSC ha effettuato la scelta tra i vari prodotti offerti;
se sia stata redatta da UNSC una «griglia di valutazione» dei vari prodotti offerti in proposito dagli istituti bancari e da quali elementi essa sia composta;
quali siano i risultati dettagliati di tale valutazione svolta da UNSC per ogni prodotto offerto da ogni istituto bancario contattato;
quale sia la composizione della commissione di UNSC che ha proceduto alla valutazione dei prodotti offerti, ovverosia, in mancanza di tale commissione, il dirigente di UNSC che si è assunto la responsabilità della scelta del prodotto poi oggetto della convenzione tra UNSC e BNL Paribas.
(4-08751)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, gli interroganti sostengono che le informazioni fornite dal Governo in merito alla questione dei rapporti tra la Banca nazionale del lavoro (Bnl) e l'Ufficio nazionale per il servizio civile, risulterebbero contraddittorie. Mentre nella risposta all'interrogazione n. 4-05821, il Sottosegretario

di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega al servizio civile, Carlo Giovanardi, ha sostenuto che l'Ufficio nazionale per il servizio civile (Unsc) avrebbe svolto un'indagine di mercato al fine di individuare nuove modalità di pagamento delle spettanze ai volontari, a seguito della quale l'offerta della Bnl sarebbe risultata la più vantaggiosa, nella parte introduttiva della relazione al Parlamento per l'anno 2009 sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile, pagina 17, invece, si fa riferimento a una convenzione sottoscritta dall'Unsc con la Banca nazionale del lavoro, risultata aggiudicataria dell'appalto per l'accredito delle spettanze ai volontari.
Al riguardo, gli interroganti chiedono al Governo di conoscere quale delle due informazioni fornite sia veritiera e, nel caso in cui l'informazione veritiera sia quella contenuta nella Relazione annuale al Parlamento per l'anno 2009, essi chiedono una serie di chiarimenti in merito alla procedura di aggiudicazione dell'appalto alla Bnl.
Al riguardo, è opportuno chiarire innanzitutto che l'affidamento alla Bnl della gestione degli accrediti dei compensi liquidati ai giovani del servizio civile nazionale si inquadra a pieno titolo nell'ambito degli appalti di servizi nell'interesse delle pubbliche amministrazioni. In proposito si fa presente che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 novembre 2010, concernente la disciplina dell'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei ministri, prevede, agli articoli 49 e seguenti, che la fornitura di beni e servizi occorrenti per il normale funzionamento e per lo svolgimento delle attività istituzionali degli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, possa avvenire con le procedure in economia entro i limiti d'importo stabiliti dalla vigente normativa in materia di appalti pubblici. In particolare, dalla lettura dell'articolo 125 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche, concernente il «Codice dei contratti pubblici», si evince che il ricorso ad una gara con integrale applicazione della normativa europea è obbligatorio solo per l'affidamento di appalti con un valore stimato che ecceda l'importo di 125.000,00 euro circa. Sulla metodologia di calcolo del valore stimato dei contratti pubblici si fa espresso rinvio all'articolo 29, comma 12, lettera
a) del sopraccitato decreto legislativo, che disciplina il sistema di determinazione del valore stimato degli appalti inerenti servizi bancari e altri servizi finanziari.
Con riferimento alla fattispecie in esame, si evidenzia che la necessità di individuare un nuovo contraente per l'affidamento dell'appalto per il servizio di accredito dei compensi spettanti ai volontari è stata dettata dall'esigenza dell'Ufficio nazionale per il servizio civile di contenere i costi delle commissioni (0,98 euro ad operazione) fino a quel momento dovute a Poste italiane Spa, quale corrispettivo per l'accredito dei suddetti compensi mediante libretto postale nominativo ordinario. Dal momento che il valore dell'appalto del servizio in questione non superava la soglia comunitaria, l'ufficio ha legittimamente avviato una procedura in economia, provvedendo ad effettuare le necessarie indagini di mercato tra una serie di primarie aziende di credito potenzialmente interessate all'esecuzione del servizio di cassa. A seguito dell'esame e della valutazione delle offerte pervenute sulla base di criteri previamente stabiliti, il citato ufficio ha provveduto ad aggiudicare l'appalto a Bnl-Bnp Paribas, istituto che ha prodotto l'offerta migliore, avendo proposto i propri servizi a condizioni vantaggiose per i correntisti potenziali e a costo zero per l'amministrazione. Tale esito ha pertanto consentito all'ufficio di eliminare dal proprio bilancio finanziario i costi precedentemente sostenuti per il servizio di accredito dei compensi spettanti ai volontari.
Alla luce di tali considerazioni, si evidenzia che non sussiste alcuna contraddizione tra le due affermazioni cui fanno riferimento gli interroganti.
Appare, inoltre, del tutto priva di fondamento l'affermazione degli interroganti secondo la quale «la scelta operata dall'Ufficio e la successiva convenzione stipulata con BNL abbia posto tale istituto bancario in una posizione privilegiata, rispetto agli altri istituti bancari nazionali

per ciò che riguarda l'apertura di decine di migliaia di conti correnti bancari intestati a giovani ovverosia un target particolarmente interessante per ogni banca». Difatti, la sottoscrizione di detta convenzione non implica affatto l'obbligo per i volontari in servizio civile nazionale di aprire un conto corrente dedicato presso l'istituto Bnl. Al volontario in servizio civile viene imposto il solo vincolo di non aprire altri libretti postali nominativi ordinari, essendo venuta meno la convenzione a suo tempo stipulata dall'ufficio con Poste italiane. All'infuori di tale limite, ciascun volontario può decidere di rivolgersi ad un diverso istituto di credito oppure comunicare all'ufficio gli estremi di un conto corrente già attivo, anche cointestato e, al limite, fornire un diverso prodotto bancario (ad esempio carta di credito prepagata) corredato dal codice Iban.
Infine, per quanto concerne gli ulteriori chiarimenti richiesti dagli interroganti si forniscono di seguito le informazioni specifiche sulla procedura ad evidenza pubblica seguita dall'ufficio per la selezione dell'istituto di credito prescelto, che si è conclusa con la convenzione sottoscritta in data 22 ottobre 2009 dal capo dell'Ufficio nazionale per il servizio civile.

1. Istituti bancari interpellati:
Poste italiane Spa;
Banca di credito popolare di Torre del Greco società cooperativa per azioni;
Bnl Spa;
Icbpi Istituto centrale delle Banche popolari italiane;
Iccrea Holding Istituto centrale del Credito cooperativo;
Intesa Sanpaolo S.p.a.;
Monte dei Paschi di Siena Spa;
Unicredit Banca di Roma Spa.

2. Data e numeri di protocollo che contrassegnano ciascuna lettera d'invito:
Poste italiane S.p.a. (Prot. n. 7547 del 23 febbraio 2009);
Banca di credito popolare di Torre del Greco - Società cooperativa per azioni (Prot. 7534 del 23 febbraio 2009);
Bnl Spa (Prot. n. 7538 del 23 febbraio 2009);
Icbpi Istituto centrale delle Banche popolari italiane (Prot. n. 7541 del 23 febbraio 2009);
Iccrea Holding Istituto centrale del Credito cooperativo (Prot. 7600 del 23 febbraio 2009);
Intesa Sanpaolo S.p.a (Prot. n. 7544 del 23 febbraio 2009);
Monte dei Paschi di Siena Spa (Prot. n. 7528 del 23 febbraio 2009);
Unicredit Banca di Roma (Prot. n. 7549 del 23 febbraio 2009).

3. Operatori bancari che hanno risposto all'interpello dell'Ufficio nazionale per il servizio civile:
Poste italiane Spa;
Bnl Spa;
Intesa Sanpaolo Spa
Monte dei Paschi di Siena Spa.

4. Composizione della commissione che ha proceduto alla valutazione delle offerte:
dottor Salvatore Pulvirenti;
dottor Giovanni Battista Scotti;
signor Sebastiano Scardaci.

5. Criteri di valutazione cui la commissione di valutazione si è attenuta per la scelta dei vari prodotti offerti:
tasso d'interesse attivo (previa indicazione dei criteri di determinazione del tasso d'interesse), da corrispondersi di norma su base trimestrale sulle giacenze sul conto corrente di servizio dell'ufficio, espresso in aumento o in sottrazione del tasso di riferimento

Banca centrale europea, in tempo vigente ovvero sulla base di altro parametro in uso sul mercato;
valutazione delle specificità della/e procedure operative proposte con la predisposizione del progetto tecnico;
nel caso di non gratuità del servizio di accredito delle spettanze sui c/c bancari postali dei volontari all'estero, saranno presi in considerazione i minori costi a carico dell'ufficio per le relative operazioni di accredito mensile;
per quanto riguarda gli accrediti delle spettanze su carta prepagata ricaricabile (senza obbligo per i volontari di accendere un conto corrente bancario collegato), sono valutati eventuali oneri economici a carico dell'ufficio o dei volontari;
per quanto riguarda gli accrediti delle spettanze su conto corrente acceso dal singolo volontario del servizio civile nazionale presso l'offerente, sono state prese in considerazione: la data valuta in relazione a quella di esigibilità, le caratteristiche del conto stesso e le principali condizioni economiche praticate ai volontari per l'accensione del predetto conto corrente;
grado di diffusione, su tutto il territorio nazionale, degli sportelli della società interpellata o di quelli afferenti al gruppo bancario cui la stessa appartiene;
eventuali servizi similari gestiti con buon esito, nel triennio 2006/2008, a favore di enti e organismi pubblici;
disponibilità dell'offerente a integrare il servizio con la previsione di un sistema di finanziamento ai volontari, tramite prestiti che potrebbero essere richiesti sia durante l'attività di servizio civile, sia al termine della stessa;
disponibilità dell'offerente a integrare il servizio, in aggiunta ai prodotti di cui alla lettera
h) della lettera d'invito, con la previsione di forme di previdenza complementare a favore dei volontari stessi (Fondi pensioni in cui investire una quota dei compensi).

6. Griglia di valutazione dei vari prodotti offerti: non richiesta dalla procedura.
7. Risultati dettagliati della valutazione; si rinvia a quanto contenuto nel verbale del 30 marzo 2009 della commissione di valutazione, disponibile presso il Servizio Assemblea.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

SBROLLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la scorsa settimana le Nazioni Unite hanno ufficialmente dichiarato la Somalia in uno stato di «carestia» a causa del persistente periodo di siccità che ha ormai compromesso il raccolto agricolo e causato la morte di migliaia di capi di bestiame;
secondo l'Onu si può parlare di stato di carestia quando su base giornaliera muoiono per fame due adulti, o quattro bambini, ogni 10.000 e quando il 30 per cento della popolazione è affetta da malnutrizione acuta;
la comunità internazionale e tutte le principali organizzazioni umanitarie si sono mobilitate per portare soccorso alla popolazione già provata da vent'anni di guerra civile; sussiste la difficoltà di portare gli aiuti nelle zone interne della Somalia, per la maggior parte sotto il controllo delle milizie di Al-Shabab, un gruppo islamista affiliato ad Al Qaeda che impedisce alle istituzioni internazionali e ai gruppi di volontariato di intervenire e sta spingendo la popolazione somala a cercare rifugio oltre confine;
la crisi si sta così allargando delle regioni dei Grandi Laghi e del Corno d'Africa con l'Etiopia, il Kenya, il Sudan, Burundi, Gibuti, e Uganda; una crisi che riguarda 11 milioni di persone e che Oxfam Italia ha definito la peggiore crisi umanitaria del ventunesimo secolo, lanciando un appello affinché si trovi una soluzione a lungo termine;

secondo il Cesvi, una delle organizzazioni non governative da tempo operanti nel Corno d'Africa, la crisi potrebbe ulteriormente aggravarsi nel medio periodo; il prezzo del grano è salito tra il 100 e il 200 per cento, riducendo la disponibilità di alimenti per le famiglie e per il bestiame, che rappresenta una delle principali fonti di sussistenza nell'area;
in Somalia la siccità va a sommarsi ad una situazione politica e militare già drammatica, che si trascina da un ventennio e che vede migliaia di persone sistematicamente in fuga dalle violenze;
come sempre succede in crisi così terribili, a pagare il prezzo più alto sono i bambini, soggetti deboli, già sottoposti a un durissimo percorso di crescita tra malnutrizione e problemi igienico-sanitari;
l'Unicef ha stimato, soprattutto in Somalia, che oltre mezzo milione di bambini soffrono di mal nutrizione acuta e necessitano di urgenti aiuti umanitari; stesso appello è arrivato da Save the Children, che sta sfamando e curando migliaia di bambini;
secondo gli esperti che seguono l'emergenza in Somalia, 800 mila bambini sono a rischio della vita nel Corno d'Africa. Solo pochi di loro sono arrivati negli affollatissimi campi profughi del Kenya (soprattutto in quello di Dadaab);
nuovo rapporto, Amnesty International ha denunciato i crimini di guerra di cui sono vittime le bambine e i bambini in Somalia, tra cui il sistematico arruolamento di soldati di età inferiore a 15 anni da parte dei gruppi armati islamisti; il rapporto di Amnesty International denuncia, oltre agli arruolamenti forzati, anche il diniego dell'accesso all'istruzione e le uccisioni e i ferimenti nel corso degli attacchi indiscriminati contro aree densamente popolate;
«È una crisi dei diritti umani e una crisi delle bambine e dei bambini» - ha dichiarato alla stampa Michelle Kagari, vicedirettore per l'Africa di Amnesty International «Se sei un bambino in Somalia rischi la vita in ogni momento: puoi essere ucciso, reclutato e spedito al fronte, punito da al-Shabab perché ti hanno trovato mentre ascoltavi musica o indossavi "vestiti sbagliati", costretto ad arrangiarti da solo perché hai perso i genitori o puoi morire perché non hai accesso a cure mediche adeguate»;
il Governo federale di transizione della Somalia è a sua volta accusato dalle Nazioni Unite di aver reclutato, impiegato, ucciso e ferito i bambini nel conflitto armato; sebbene esso si sia impegnato a rispettare i diritti dei minori, non ha ancora preso alcuna misura concreta per porre fine all'uso dei bambini nei ranghi delle forze che combattono dalla sua parte; l'istruzione è stata compromessa a causa degli attacchi indiscriminati che hanno distrutto o danneggiato gli edifici scolastici; nella capitale, Mogadiscio, molte scuole sono state chiuse perché gli alunni e gli insegnanti hanno paura di essere uccisi o feriti lungo il percorso per raggiungerle;
a causa delle violazioni subite o cui hanno assistito, la dimensione del trauma tra i rifugiati somali, inclusi i bambini, è elevata. La comunità internazionale deve aumentare le misure di protezione riguardanti il crescente numero di bambini somali separati dalle loro famiglie e accrescere il sostegno psicosociale e i programmi d'istruzione -:
come il Governo intenda intervenire a sostegno e a protezione delle popolazioni colpite da tale tragedia; se intenda intervenire a sostegno delle organizzazioni non governative e delle organizzazioni internazionali che operano per fronteggiare una crisi umanitaria di proporzioni insostenibili o in quale altro modo; se il Governo intenda avviare, in particolare, un piano di aiuto per i bambini colpiti e segnati in modo drammatico da una crisi umanitaria devastante alla quale non si può rimanere indifferenti.
(4-12948)

Risposta. - La regione del Corno d'Africa sta attraversando una delle più

gravi siccità degli ultimi 60 anni. Il combinato effetto di incrementi nei prezzi dei generi alimentari di base e scarsità delle precipitazioni delle ultime due stagioni delle piogge ha prodotto conseguenze gravissime sulle popolazioni locali di Etiopia, Kenya, Somalia e Gibuti. In Somalia, la situazione è ulteriormente aggravata dal perdurare di gravissime condizioni di instabilità.
Il Governo non è ovviamente rimasto insensibile innanzi a questa tragica situazione umanitaria e si è immediatamente attivato per fronteggiarla, sia direttamente che attraverso una forte azione di sensibilizzazione internazionale. Il Ministro Frattini ha ribadito nelle scorse settimane la massima priorità che il Governo attribuisce alla regione del Corno d'Africa, sia per i nostri legami storici, che per le ragioni umanitarie su cui lo stesso Santo Padre ha voluto autorevolmente attirare l'attenzione della comunità internazionale.
Siamo tuttavia ben coscienti del fatto che gli urgenti problemi umanitari che stiamo affrontando non potranno essere pienamente avviati a soluzione se non si porranno delle basi per una stabilizzazione dei paesi del Corno e, più in particolare, della Somalia. Proprio per questa ragione, parallelamente alla sua azione umanitaria, il Governo continua ad agire con determinazione per favorire il processo di pacificazione della Somalia e la cooperazione regionale.
Per quanto riguarda l'azione umanitaria, gli interventi nel Corno d'Africa costituiscono una delle aree prioritarie della cooperazione allo sviluppo italiana ai sensi delle sue linee guida 2011-2013. Soltanto nell'ultimo biennio l'impegno umanitario della nostra cooperazione in quella regione, di un valore di circa 11,3 milioni di euro, ha consentito l'avvio di progetti di sicurezza alimentare e nutrizionale, sanità, accesso all'acqua, educazione e sostegno agli sfollati e alle fasce più vulnerabili della popolazione, realizzati per lo più per il tramite delle più importanti agenzie delle Nazioni unite e con il concorso di varie ONG.
Nel quadro dell'appello consolidato delle Nazioni unite del 2010, sono stati infatti finanziati interventi dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni unite di protezione degli sfollati e altri gruppi vulnerabili e di risposta umanitaria per il trattamento e la prevenzione della malnutrizione acuta. Abbiamo inoltre sostenuto l'unità di analisi e nutrizionale gestita dalla FAO, la quale si occupa di valutare i bisogni alimentari in caso di emergenza.
In Somalia, tra il 2010 e il 2011, abbiamo realizzato un'iniziativa bilaterale del valore di 2 milioni di euro a sostegno della popolazione somala del corridoio di Afgoye, della regione del Basso Scebeli e delle regioni centrali del Galgaduud e del Mudug per l'esecuzione di progetti nei settori salute, agricoltura, sicurezza alimentare, accesso all'acqua e tutela delle comunità più vulnerabili. Sempre in Somalia abbiamo erogato un contributo di 2 milioni di euro al Fondo umanitario comune delle Nazioni unite volto a sostenere attività nei settori della protezione degli sfollati, della sicurezza alimentare e dell'accesso all'acqua. Abbiamo inoltre erogato un contributo di circa 500 mila euro in favore del fondo umanitario per l'Etiopia gestito da Ocha, l'Ufficio per il coordinamento umanitario delle NU. Infine abbiamo avviato delle iniziative bilaterali di emergenza del valore complessivo di 1,1 milioni di euro a beneficio dei profughi somali presenti nei campi di Dadaab, in Kenya, e della comunità ospitante.
A fronte del drammatico acutizzarsi della crisi umanitaria nei paesi del Corno d'Africa, ed in modo particolare di quella che colpisce la popolazione somala, la Cooperazione italiana ha realizzato il 2 agosto 2011 un primo volo umanitario che, in collaborazione con la Croce rossa kenyota, ha permesso il trasporto e la distribuzione di 40 tonnellate di beni alimentari destinati ai campi di accoglienza per rifugiati di Dadaab. È stato quindi effettuato il 19 agosto 2011 un secondo volo umanitario per il trasporto di generi di prima necessità quali tende, contenitori per l'acqua potabile, generatori elettrici, coperte, set da cucina per famiglie per complessive 30 tonnellate. Giunti a Nairobi, i beni sono stati presi in carico da rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ed

impiegati sempre a Dadaab. È stato, infine, recentemente erogato un contributo volontario di 500.000 euro a favore del Programma alimentare mondiale.
Attualmente sono in avanzata fase di studio nuove ulteriori iniziative. In particolare, è in fase di lancio l'iniziativa di emergenza - dal valore complessivo di 1,3 milioni di euro - per la riduzione del rischio nei settori dell'acqua, dell'igiene ambientale e della salute da realizzare nel sud dell'Etiopia. In Somalia, la Cooperazione italiana ha recentemente programmato un intervento da affidare alla FAO del valore di 1 milione di euro per realizzare un progetto finalizzato a migliorare i mezzi di sussistenza e lo stato delle comunità pastorali in Puntland.
Con risorse messe a disposizione dal decreto missioni, si finanzieranno, inoltre, interventi, per un importo complessivo di 2,3 milioni di euro, a sostegno di programmi realizzati sul canale multilaterale da agenzie internazionali appartenenti alla famiglia delle Nazioni unite o della Croce rossa. In questo quadro complesso d'interventi, sottolineo che il Governo mantiene dei rapporti costanti con il Programma alimentare mondiale per predisporre, qualora la situazione lo richiedesse, nuovi invii di beni umanitari.
Alla nostra risposta umanitaria ha continuato ad affiancarsi una forte azione di carattere politico-diplomatico volta a favorire la stabilizzazione dei paesi del Corno d'Africa e, più in particolare, della Somalia. Vorrei ricordare infatti come il Corno d'Africa sia un'area dove antiche rivalità tra stati si amalgamano a conflitti localizzati ma con spiccate propensioni transnazionali. Al fine di interrompere questo ciclo di violenze il Governo sostiene un approccio regionale, che si ponga come obiettivo sia la soluzione dei conflitti
inter- ed intra-statuali, sia il rafforzamento delle istituzioni e della loro capacità di fornire servizi di base alle popolazioni.
L'azione italiana nella regione parte dunque dal presupposto che la stabilizzazione del contesto regionale rappresenti una condizione necessaria per favorire l'avvio di un graduale processo di rafforzamento delle istituzioni dei paesi del Corno d'Africa e di una loro democratizzazione. Per questo motivo, l'Italia è impegnata sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale (in particolare a Bruxelles e New York) ad appoggiare e propiziare l'avvio a soluzione dei vari conflitti presenti nella regione, nella consapevolezza che la loro risoluzione non potrà che avere un forte impatto positivo sulle condizioni di vita delle popolazioni locali.
In tale contesto, il rafforzamento del mandato nel settore della pace e della sicurezza dell'organizzazione interstatuale del Corno d'Africa, l'
Inter-governmental authority on development (IGAD), costituisce un elemento tradizionale della nostra strategia politica regionale. Tale sforzo, riconosciutoci dai paesi dell'area e dai principali partner internazionali, ci è valsa la nomina a co-presidenti dell'IGAD partners forum (IPF). Quest'anno sono stati quindi impegnati ulteriori 1,5 milioni di euro a sostegno del Segretariato IGAD e nel corso di una mia missione nel Corno d'Africa del luglio 2011, ho presieduto una riunione IPF ad Addis Abeba per avviare un coinvolgimento dell'organizzazione più incisivo e proattivo nelle problematiche somale, ed in particolare nel monitoraggio delle riforme poste in essere dalle Istituzioni federali transitorie di Mogadiscio fino alla scadenza del periodo di transizione (20 agosto 2012).
Nello specifico della crisi somala, come noto, questa ha effetti destabilizzanti nel Corno d'Africa e sul piano internazionale, riassumendo i problemi e le fratture che attraversano il quadrante geopolitico regionale: sicurezza e governabilità, povertà e sviluppo, islam e fondamentalismo, migrazioni e rifugiati, pastoralismo e agricoltura, proliferazione delle armi leggere, competizione per l'uso delle risorse idriche.
Nel disegnare la propria politica verso la Somalia, il Governo italiano tiene dunque in debita considerazione lo scenario interno della crisi ed il contesto regionale. L'Italia sostiene in particolare la ricostruzione della sovranità statuale in Somalia sia al livello centrale di Mogadiscio (e quindi sostenendo le Istituzioni federali transitorie, le forza di

sicurezza somale e la missione di peace-keeping dell'Unione africana, AMISOM), sia presso quelle autorità locali che hanno saputo garantire un controllo effettivo del territorio lottando attivamente contro l'insorgenza qaedista, quali il Puntland e il Galgaduud.
Se a Mogadiscio il sostegno al Governo federale transitorio avviene con interventi per un totale dal 2009 ad oggi di 3,8 milioni di euro volti a migliorare l'erogazione di servizi da parte di alcuni uffici governativi chiave, in Puntland il sostegno del Governo italiano è condizionato ad un maggiore impegno da parte delle autorità regionali nelle attività di contrasto ai pirati, i quali hanno lì installate alcune delle loro basi. In occasione di un mio recente incontro con il Presidente del Puntland Farole, ho fatto esplicito riferimento all'opportunità di ri-orientare i flussi economici scaturenti dalle attività illecite collegate al fenomeno della pirateria verso attività nel settore della pesca e dell'industria di trasformazione del pesce, anche attraverso l'utilizzo di fondi stanziati dal Governo italiano in favore della FAO. I nostri interventi in Galgaduud, si inseriscono invece nel più generale sostegno italiano al movimento politico-militare noto come «Ahlu Sunna Wal Jama'a» (ASWJ), emerso sullo scacchiere somalo nel 2008 come genuina opposizione agli Shabaab, in accordo con il Governo federale transitorio.
Nel quadro della nostra azione di sostegno al Governo somalo, spicca l'impegno politico assunto dal Ministro Frattini di riaprire la nostra Rappresentanza diplomatica a Mogadiscio quando condizioni minime di sicurezza saranno garantite (auspicabilmente entro la fine del 2011). Lo stesso Ministro Frattini si è fatto promotore, congiuntamente con i propri omologhi del Regno unito e dell'Uganda, dell'organizzazione di una riunione a livello ministeriale sulla Somalia in settembre a New York, a margine della prossima sessione dell'Assemblea generale delle Nu.
Tale riunione, che sarà presieduta dal Segretario generale delle NU Ban Ki Moon e che si terrà il 23 settembre, vuole testimoniare il nostro costante impegno politico verso la Somalia e riconfermare il nostro tradizionale ruolo di perorazione di tale causa in tutti i
fora internazionali, inclusa l'Unione europea e le stesse Nazioni unite. Il nostro obiettivo è che la Comunità internazionale continui a dedicare, ai più alti livelli, le proprie attenzioni alla crisi somala nella piena consapevolezza che se non si risolverà il principale problema della mancanza di uno stato effettivo ed efficace nel Paese, l'assistenza internazionale alle popolazioni locali non potrà che avere effetti parziali e comunque non destinati ad essere durevoli.
Nel quadro della propria azione ad ampio raggio, il Governo ha, quindi, accolto con grande favore l'importante mozione unitaria sull'emergenza in Corno d'Africa approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 7 settembre 2011. Sulla base del forte mandato politico ricevuto con questo significativo atto di indirizzo parlamentare, il Governo proseguirà attivamente il proprio impegno a favore delle popolazioni civili e a sostegno della stabilizzazione politica dell'area.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

SCHIRRU, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, DAMIANO, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, FARINA COSCIONI, GRASSI, LENZI, MIOTTO, MURER, PEDOTO, SARUBBI, SBROLLINI, LIVIA TURCO, TRAPPOLINO e SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 20, ha ridefinito i percorsi relativi all'accertamento e al riconoscimento delle minorazioni civili, prevedendo:
a) che a decorrere dal 1° gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di

invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo;
b) che in ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS;
c) che a decorrere dal 1° gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS, secondo modalità stabilite dall'ente medesimo. L'Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle aziende sanitarie locali;
l'INPS con determinazione del commissario straordinario del 20 ottobre 2009, n. 189, e con la circolare INPS 28 dicembre 2009, n. 131, ha fissato le linee guida e le modalità operative dei procedimenti precisando in particolare:
a) che la presenza del medico INPS in commissione di accertamento ASL consente, nel caso di unanimità di giudizio, un iter accelerato di convalida dei verbali di invalidità, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999) a vantaggio del cittadino;
b) che tutti i passaggi dei procedimenti sono gestiti con uno specifico software INPS per via telematica al fine di garantire celerità e trasparenza degli atti;
c) che i tempi massimi fra la domanda e la concessione delle eventuali provvidenze possono essere contenuti entro i 120 giorni;
d) che i tempi - di norma - per le convocazioni a visita ordinaria devono essere contenuti in 30 giorni (15 per i malati oncologici);
dai cittadini con disabilità, dalle loro famiglie, dalle organizzazioni che li rappresentano e dai patronati sindacali giungono numerose e diffuse segnalazioni di ritardi pari o superiori alla precedente gestione che in alcuni casi giungono ad un anno di attesa;
da numerose ASL e patronati sindacali giungono segnalazioni di difficoltoso funzionamento del software gestito dall'INPS, tale da comportare la trasmissione degli atti su supporto cartaceo;
l'INPS ha affidato a fine 2010 a Postel l'incarico dell'inserimento di dati relativi ai procedimenti in questione;
secondo l'ordinamento vigente, le persone con disabilità, per accedere a qualsiasi agevolazione, prestazione, servizio a loro destinato devono essere in possesso di un verbale che ne certifichi lo status, e tale verbale decade nella data in cui è prevista una eventuale rivedibilità anche nelle more della revisione;
risulta infine che dopo la prima visita di verifica della Asl, l'Inps richiami senza distinzioni tutti i disabili a visita, spesso attraverso sms, non garantendo quindi il corretto ricevimento della comunicazione, specialmente quando si tratta di anziani -:
in quale misura sia stata garantita la presenza del medico INPS all'interno delle commissioni al fine di conformarne la composizione al dettato normativo;
in quanti casi e con che indicazioni si sia applicata l'ipotesi di «validazione» accelerata sugli atti in caso di approvazione all'unanimità dei verbali di accertamento;
in quale misura, a distanza di un anno, siano state informatizzate le pratiche relative all'invalidità civile di nuova presentazione;
dopo l'entrata a regime delle nuove procedure, quali siano i tempi medi di attesa per le diverse fasi (convocazione, conferma, concessione, erogazione) dei procedimenti; con quali differenze territoriali e con quali differenze rispetto agli anni precedenti;
se tali ritardi nell'ordinaria amministrazione siano imputabili alla contestuale

conduzione dei piani straordinari di verifica sulle invalidità civile (200 mila controlli nel 2010, 100 mila controlli nel 2009);
quanti ricorsi giurisdizionali risultino pendenti al 31 dicembre 2010 in materia di minorazioni civili e quale sia la soccombenza;
quante domande di accertamento vi siano state nel 2009 e nel 2010 e quale sia il trend rispetto agli anni precedenti;
quali siano i contenuti e quali le motivazioni del coinvolgimento di Postel da parte di INPS nella gestione delle nuove procedure.
(4-10927)

Risposta. - L'interrogazione in esame concerne il nuovo procedimento di riconoscimento dell'invalidità civile adottato ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009.
La citata normativa prevede che il riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità avvenga con il diretto coinvolgimento dell'INPS, attraverso l'integrazione della Commissione medica delle aziende sanitarie locali (ASL) con un medico dell'Istituto, al fine di realizzare una gestione coordinata delle fasi sanitaria ed amministrativa, nella prospettiva di garantire ai cittadini maggiore trasparenza e celerità. All'INPS spetta, in ogni caso, il compito di accertare in via definitiva la sussistenza dei requisiti che possono dare luogo ai benefici di legge.
Per gestire il nuovo flusso procedurale, l'INPS ha comunicato di aver sviluppato un'apposita applicazione informatica idonea a gestire in via telematica l'intero
iter che, a partire dal 1o gennaio 2010, è stata messa a disposizione di tutti i soggetti coinvolti (cittadini, patronati, associazioni di categoria, medici certificatori, ASL, personale sanitario e amministrativo dell'Istituto).
Il cittadino che intende presentare domanda di accertamento per il riconoscimento dell'invalidità civile deve preliminarmente recarsi presso un medico abilitato alla compilazione e alla trasmissione telematica del certificato medico introduttivo che attesti le infermità invalidanti.
In seguito all'acquisizione del certificato medico, il sistema genera una ricevuta che il medico provvede a consegnare al cittadino; tale ricevuta riporta il numero del certificato che deve essere indicato sulla domanda di accertamento per l'abbinamento informatico dei due documenti.
Il procedimento prosegue, quindi, con la presentazione, sempre in via telematica, della domanda di accertamento da parte dell'interessato, direttamente tramite il pin rilasciato dall'Istituto o con l'assistenza dei patronati o delle associazioni di categoria dei disabili: Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC), Unione italiana ciechi (UIC), Ente nazionale sordi (ENS), Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (ANFFAS).
L'Istituto ha fatto sapere che con riguardo a questa prima fase non si sono verificate particolari criticità. Infatti, dopo un breve periodo transitorio, a partire dal mese di aprile 2010, il flusso di presentazione delle istanze viene effettuato quasi esclusivamente in via telematica su tutto il territorio nazionale.
A fronte di 1.092.588 domande presentate nel 2010, la percentuale di trasmissione telematica si è attestata intorno al 93 per cento.
La seconda fase del procedimento consiste nell'accertamento sanitario da parte della Commissione medica dell'ASL integrata da un medico dell'INPS.
Al riguardo, l'INPS ha rappresentato che la presenza del medico dell'Istituto si è realizzata solo parzialmente e limitatamente ad alcune aree territoriali. Nel corso del 2010, le Commissioni mediche integrate hanno effettuato 113.959 sedute, di cui 58.314 con partecipazione del medico dell'INPS, pari a 51 per cento del totale.
La convocazione del cittadino a visita è prevista entro 30 giorni dalla presentazione della domanda oppure entro 15 giorni per le patologie oncologiche ai sensi del decreto legislativo n. 80 del 2006 o per le patologie

più gravi ricomprese nel decreto ministeriale 2 agosto 2007.
Nel caso dei malati oncologici, gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione medica periferica di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti.
Il verbale della visita viene, quindi, inoltrato al centro medico legale dell'INPS, che procede alle operazioni di verifica mediante controllo sugli atti o tramite visita diretta.
A partire da settembre 2010, la verifica finale dei verbali è affidata alla commissione medica superiore dell'INPS, la quale interviene per assicurare uniforme applicazione dei principi valutativi e omogeneità ai giudizi medico-legali applicati sul territorio.
Anche presso la commissione centrale sono previsti canali privilegiati per i malati oncologici e per le patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007.
In seguito alla conferma da parte della commissione di cui sopra, il verbale diviene definitivo ed è trasmesso al cittadino, al patronato o alla associazione all'uopo delegati.
Con riferimento a questa fase, l'Istituto ha comunicato che le istanze vengono definite secondo l'ordine cronologico di presentazione sia nel caso in cui la commissione medica integrata dell'ASL si sia espressa all'unanimità che a maggioranza.
Infatti, dopo un primo periodo di applicazione del nuovo procedimento, l'INPS ha adottato interventi di razionalizzazione degli aspetti organizzativi, informatici e medico-legali, al fine di garantire la massima omogeneità dei comportamenti e delle valutazioni mediche.
In tale ottica, si è potenziato il ricorso all'accertamento sanitario diretto sulla persona, con lo scopo di consolidare, già in sede di primo riconoscimento, il giudizio medico-legale ed evitare ulteriori disagi al cittadino conseguenti a successive verifiche sanitarie straordinarie.
Con riguardo all'informatizzazione della fase sanitaria, l'Istituto ha rilevato che l'utilizzo dell'applicazione informatica messa a disposizione dall'INPS o in alternativa la realizzazione di cooperazioni applicative con i sistemi utilizzati dalle varie ASL è stata parziale e ha presentato forti disomogeneità territoriali.
Infatti, la maggior parte dei verbali di accertamento vengono trasmessi dalle ASL in forma cartacea, tanto che, al 31 dicembre 2010 a fronte di 1.125.699 verbali redatti dalle commissioni mediche integrate, solo 296.945, pari al 26,4 per cento, sono formati e trasmessi con modalità telematiche.
Lo scarso utilizzo della procedura informatica da parte delle commissioni mediche dell'ASL comporta che la maggior parte dei verbali di accertamento vengano trasmessi in forma cartacea, con evidenti ripercussioni sui tempi di svolgimento delle visite e in generale, sui tempi di definizione delle istanze.
Per porre rimedio a tale situazione, l'Istituto, si è trovato nella necessità di operare una implementazione della procedura informatica al fine di acquisire i verbali cartacei e recuperare in forma telematica le informazioni ivi contenute.
Tenuto conto dell'elevato numero di verbali da acquisire e del notevole impegno di risorse necessario, l'INPS ha dovuto affidare il servizio alla società Postel spa.
A conclusione del descritto
iter di accertamento sanitario, prende avvio la fase amministrativa che si conclude, previo esperimento dei controlli anche reddituali, con la concessione della prestazione economica o con provvedimento di rigetto.
Tale ultima fase, seppure sia interamente informatizzata e di competenza esclusiva dell'INPS, subisce i ritardi dovuti alla scarsa fluidità della fase di accertamento sanitario, i cui rallentamenti si ripercuotono anche sulla liquidazione ed erogazione delle prestazioni economiche.
Posto, quindi, che una parte del procedimento viene gestita in completa autonomia dalle ASL, le quali operano con tempi e modalità differenziate, l'Istituto, fino all'integrale informatizzazione del procedimento, non avrà la possibilità di monitorare in maniera completa i tempi di attesa per le diverse fasi dell'
iter.


In ogni caso, l'INPS ha fatto sapere di aver speso e di continuare a spendere il massimo impegno per garantire il contenimento della fase accertativa ad esso affidata entro i termini previsti dalla legge.
Si evidenzia comunque che l'Istituto prosegue con la realizzazione di tutte le iniziative utili ed opportune al fine della contrazione dei tempi procedurali, in particolare il direttore generale con i messaggi n. 2036 del 28 gennaio 2011 e n. 2886 del 4 febbraio 2011, ha introdotto alcune innovazioni tese a snellire il procedimento di riconoscimento dello stato invalidante senza ridurre i controlli. L'Istituto ha riferito che tali innovazioni hanno già prodotto i primi risultati.
Relativamente alla questione delle verifiche straordinarie, con riferimento al 2009, l'articolo 80 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, ha stabilito che l'Istituto previdenziale effettui, dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, un piano straordinario di 200.000 accertamenti di verifica nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
Per il triennio successivo, il comma 2 dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, demanda all'INPS il compimento, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l'anno 2010 e di 250.000 per ciascuno degli anni 2011 e 2012.
In attuazione delle citate disposizioni, l'Ente previdenziale ha portato a termine il piano straordinario di verifiche per il 2009, ha avviato, in data 30 giugno 2010, il piano per il 2010, ora in fase conclusiva e, a partire dall'8 luglio 2011, sta proseguendo nell'attuazione del piano straordinario per il 2011.
L'INPS ha reso noto che tale attività non ha causato ritardi nell'espletamento delle verifiche ordinarie, anzi ha consentito, in alcuni casi, di garantire la continuità nell'erogazione delle prestazioni poiché si è proceduto ad accertare, in sede di verifica straordinaria, la permanenza dei requisiti sanitari anticipatamente rispetto alla data di scadenza delle prestazioni soggette a revisione (confrontare messaggio del direttore generale n. 6763 del 16 marzo 2011).
Per quanto riguarda, poi, i dati relativi al contenzioso giudiziario, per l'anno 2010, risultano pendenti 362.642 giudizi di invalidità, a fronte di un totale di 843.436 procedimenti.
L'indice di soccombenza giudiziaria, nell'anno 2010, si è assestato al 45,99 per cento, con un netto miglioramento rispetto agli anni precedenti, in quanto nel 2008 era pari al 67,46 per cento e nel 2009 al 51,43 per cento.
Circa il numero delle prestazioni richieste, nel 2010 ammontano a 1.823.374, nel 2009 sono state invece 2.195.246, con una flessione del 20 per cento circa.
Da ultimo, vale la pena evidenziare che l'articolo 18, comma 22, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, con l'obiettivo di assicurare maggiore omogeneità e snellezza a tutto il procedimento, ha introdotto la possibilità per le regioni di stipulare, anche in deroga alla normativa vigente, specifiche convenzioni con l'INPS per l'affidamento delle funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Nello Musumeci.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i giudici dell'ottava sezione penale del tribunale di Milano il giorno 12 luglio 2010 hanno condannato il generale dell'Arma dei carabinieri Giampaolo Ganzer alla pena di 14 anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre a 65.000 euro di multa;
con la medesima sentenza sono stati condannati anche altri 12 militari dell'Arma;

dalla lettura di numerose sentenze pronunciate dai tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato, facilmente consultabili sul sito web della giustizia amministrativa è possibile apprendere che l'amministrazione militare, nei casi di procedimento penale nei confronti di un appartenente alle Forze armate o alle Forze di polizia a ordinamento militare, ha adottato immediati provvedimenti, ai sensi delle leggi 10 aprile 1954, n. 113 e 31 luglio 1954, n. 599, a tutela del superiore interesse pubblico dell'amministrazione anche dove l'ipotesi di reato o delitto contestato all'indagato, o all'imputato, prevedesse una pena edittale nettamente inferiore a quelle dei previste dai reati contestati ai predetti militari, condannati a rilevanti pene detentive dal tribunale di Milano -:
quali immediati provvedimenti intenderà adottare il Ministro interrogato nei confronti dei predetti militari, quale sia la loro posizione di stato alla data del pronunciamento della sentenza e quali siano le motivazioni addotte dall'amministrazione.
(4-08009)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante relativamente al Generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, si osserva che relativamente all'eventuale applicazione della sospensione:
obbligatoria dal servizio, la disamina della sentenza di condanna non definitiva n. 8255/2010, resa dal tribunale ordinario di Milano, consente di escludere la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 4 della legge 97/2001, recante «norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche». Ciò in quanto tale condanna non afferisce ad alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3 della citata legge;
precauzionale facoltativa dall'impiego, non risulta che il Comandante di corpo abbia ravvisato ragioni di opportunità per avviare il relativo provvedimento.

L'ufficiale, peraltro, non è stato destinatario di misure cautelari né interdittive nemmeno nel corso delle indagini preliminari e, voglio precisarlo, la vigente normativa in materia di esame della posizione di stato a seguito di condanna (non definitiva), riferita allo specifico caso in esame, richiede che ai fini dell'eventuale adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa, l'amministrazione debba valutare sia l'eventuale esistenza di ragionevoli dubbi sulla solidità degli addebiti, che nel caso di specie vanno collegati con la piena assoluzione dall'imputazione più grave riferita al reato associativo, sia l'effettiva sussistenza di esigenze cautelari, tali da sospendere il rapporto di fiducia tra il militare e l'istituzione, connesse con la necessità di non turbare regolare svolgimento della funzione istituzionale.
Con riferimento, invece, agli altri dodici militari condannati nello stesso procedimento (citati dall'interrogante nell'atto n. 4-08009), rendo noto che solo cinque di essi prestano ancora servizio nell'arma e nei confronti di essi non è stato adottato alcun provvedimento di sospensione, sulla base delle stesse considerazioni svolte per il generale Ganzer.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un'agenzia stampa del 27 dicembre 2010, (Il Velino) riportava la notizia secondo cui «Il generale dei Ros Giampaolo Ganzer avrebbe avuto "accordi e contatti con pericolosi trafficanti ai quali avrebbe garantito di poter rendere in Italia ingenti quantitativi di droga nell'assoluta impunità". È quanto si legge nelle motivazioni dei giudici dell'ottava sezione penale di Milano per la condanna a 14 anni di reclusione (contro i 27 richiesti dall'accusa), nel processo per le presunte irregolarità

commesse da Ganzer durante alcune operazioni antidroga. Il 12 luglio 2010, Ganzer era stato condannato per traffico internazionale di droga in riferimento a operazioni sotto copertura, insieme ad altre 13 persone, tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dei carabinieri. Ganzer era stato assolto dall'accusa di associazione per delinquere ma condannato per episodi singoli legati al traffico internazionale di stupefacenti. Secondo i giudici, Ganzer e gli altri imputati non avevano costituito una struttura autonoma e gerarchizzata con lo scopo di commettere reati. Da parte loro, infatti, ci sarebbe stata soltanto l'intenzione di seguire alcune operazioni proprio per dare lustro e visibilità ai Ros davanti ai propri superiori e all'opinione pubblica. Al generale dei Ros non sono state concesse le attenuanti generiche non solo per "l'estrema gravità" dei reati commessi ma soprattutto per quella che i giudici hanno definito "preoccupante personalità", che renderebbe Ganzer capace di "commettere gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione". Durante il processo, Ganzer si sarebbe difeso con "la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi sottoposti", preferendo inoltre passare per un "distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti".»;
il medesimo giorno fonti di stampa riportavano anche la notizia che il generale Ganzer non si sarebbe dimesso dall'incarico di comandante del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell'Arma;
il 20 dicembre 2010, il maresciallo del corpo militare della Croce Rossa Vincenzo Lo Zito, con ordinanza commissariale n. 643-10, in attuazione della previsione normativa contenuta nel codice dell'ordinamento militare, emanato con il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, veniva sospeso dal servizio a tempo indeterminato per essere stato rinviato a giudizio innanzi al tribunale militare di Roma;
con il decreto ministeriale n. 453/III-7/2010 del 15 ottobre 2010, il maresciallo dell'Esercito Gelsomino Iannarone veniva sospeso dal servizio per mesi due a seguito della sentenza della corte militare d'appello n. 94/09 emessa il 14 ottobre 2009, divenuta irrevocabile il 29 novembre 2009, che lo aveva assolto dal reato di disobbedienza aggravata con la formula «il fatto non costituisce reato» -:
quali siano stati i criteri adottati per disporre le citate sospensioni dal servizio dei militari Lo Zito e Iannarone e quali siano i motivi che invece hanno determinato il mantenimento in servizio del generale Ganzer;
quanti siano i militari appartenenti ai ruoli dei graduati di truppa dei sergenti e dei marescialli attualmente sospesi dal servizio per motivi disciplinari o penali, quanti gli ufficiali inferiori e superiori, quanti gli ufficiali generali;
quanti siano attualmente gli ufficiali generali in servizio nelle forze armate compresa l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza che sono imputati di reato o condannati per reati comuni o militari;
se non si ritenga di dover disporre la revoca dei provvedimenti della sospensione dal servizio nei confronti di tutti quei militari che si trovino nella condizione di imputato di reato o che siano stati assolti con le formule perché «il fatto non sussiste» ovvero perché «il fatto non costituisce reato», in caso contrario quali siano i motivi e quali conseguentemente i provvedimenti che adotterà nei confronti del generale Ganzer.
(4-10295)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante relativamente al Generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, si osserva che relativamente all'eventuale applicazione della sospensione:
obbligatoria dal servizio, la disamina della sentenza di condanna non definitiva n. 8255/2010, resa dal tribunale ordinario di Milano, consente di escludere la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 4 della legge 97/2001, recante «norme sul

rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche». Ciò in quanto tale condanna non afferisce ad alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3 della citata legge;
precauzionale facoltativa dall'impiego, non risulta che il Comandante di corpo abbia ravvisato ragioni di opportunità per avviare il relativo provvedimento.

L'ufficiale, peraltro, non è stato destinatario di misure cautelari né interdittive nemmeno nel corso delle indagini preliminari e, voglio precisarlo, la vigente normativa in materia di esame della posizione di stato a seguito di condanna (non definitiva), riferita allo specifico caso in esame, richiede che ai fini dell'eventuale adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa, l'amministrazione debba valutare sia l'eventuale esistenza di ragionevoli dubbi sulla solidità degli addebiti, che nel caso di specie vanno collegati con la piena assoluzione dall'imputazione più grave riferita al reato associativo, sia l'effettiva sussistenza di esigenze cautelari, tali da sospendere il rapporto di fiducia tra il militare e l'Istituzione, connesse con la necessità di non turbare il regolare svolgimento della funzione istituzionale.
Con riferimento, invece, al fatto che «con il decreto ministeriale n. 435/III-7/2010 del 15 ottobre 2010, il maresciallo dell'Esercito Gelsomino Iannarone veniva sospeso dal servizio per mesi due a seguito della sentenza della corte militare d'appello n. 94/09 emessa il 14 ottobre 2009, divenuta irrevocabile il 29 novembre 2009, che lo aveva assolto dal reato di disobbedienza aggravata con la formula "il fatto non costituisce reato"», si osserva che la sentenza stessa ha precisato che la condotta tenuta dal militare:
rileva in ambito disciplinare con particolare riferimento alla violazione dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 545/1986 (ora confluito nell'articolo 721 del decreto legislativo n. 66 del 2010, recante codice dell'ordinamento militare);
non appare decorosa in un militare, peraltro di grado avanzato e, quindi, non consona ai canoni e ai dettati disciplinari.

A seguito della definizione del procedimento penale in parola, è stata disposta dalle competenti autorità militari l'apertura di un'inchiesta formale, al termine della quale è stato proposto il provvedimento disciplinare di stato della sospensione dall'impiego per due mesi, poi adottato dalla direzione generale per il personale militare, nel rispetto della normativa in materia, con il decreto citato dall'interrogante.
Relativamente al maresciallo Vincenzo Lo Zito, rappresento che competente a definire la posizione disciplinare del personale della CRI è il commissario straordinario dell'associazione, senza alcun intervento di organi del Ministero della difesa, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 97/2005 che prevede che «il corpo militare della Croce Rossa ed il corpo delle infermiere volontarie sono corpi ausiliari delle Forze armate e dipendono direttamente dal Presidente nazionale dell'Associazione».
Si osserva, infine, che, per quanto concerne il Ministero della difesa, sono stati imputati o condannati in procedimenti giudiziari non definitivi 6 ufficiali generali, mentre nel periodo 2010-2011 i provvedimenti sospensivi adottati, per motivi disciplinari/penali, hanno interessato 18 ufficiali (nessun generale, 13 superiori e 5 inferiori), 139 sottufficiali e 97 militari di truppa.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota di agenzia stampa dell'Ansa del 30 gennaio 2011 ha riportato la notizia secondo cui il «caporalmaggiore della Brigata Sassari, Beniamino Cabras, 31 anni di Selargius (Cagliari), si è tolto la vita ieri sera sparandosi con il fucile d'ordinanza

mentre era in servizio nella caserma Gonzaga di Sassari»;
sempre secondo le fonti di stampa il militare «aveva partecipato a cinque missioni all'estero: in Kosovo, Albania, Iraq e di recente due volte in Afghanistan.»;
negli elementi di risposta all'interrogazione n. 4-08181 il Ministro interrogato ha precisato che «Ogni singola Forza Armata ha attivato, per le attività di supporto psicologico/psichiatrico, consultori psicologici - inseriti nelle proprie strutture sanitarie - con accesso facilitato per il personale militare, mentre nei teatri operativi sono sempre presenti, al seguito dei contingenti militari, ufficiali medici specialisti in psichiatria/psicologia clinica, con il compito di valutare ogni possibile disagio o sindrome da stress post-traumatico che si manifesti nel corso di attività operative» -:
se il personale militare sia sottoposto a periodici controlli presso i consultori psicologici di cui in premessa per verificarne il mantenimento dei requisiti di idoneità al servizio militare incondizionato e, in caso contrario, se non ritenga di dover impartire adeguate disposizioni al fine di predisporre maggiori e più rigorosi controlli al fine di prevenire altri drammatici eventi;
negli ultimi dieci anni quanti siano stati i suicidi fra gli appartenenti alle Forze armate.
(4-10648)

Risposta. - Confermo quanto già rappresentato in sede di risposta fornita all'interrogazione n. 4-08181 e richiamato dall'interrogante.
In merito, invece, al quesito riguardante l'effettuazione di «periodici controlli presso i consultori psicologici», nell'osservare che l'accesso dei militari presso tali consultori avviene in forma volontaria, sottolineo che costituisce un dovere per il personale rappresentare il proprio stato di salute al medico dell'ente/reparto di appartenenza che provvede, dopo le valutazioni del caso e qualora ritenuto opportuno, ad attivare i canali specifici.
Ciò, proprio al fine di individuare le cause - di natura ambientale e personale - del possibile disagio e le linee di azione più appropriate per prevenire condotte autolesive.
Per quanto riguarda i suicidi fra gli appartenenti alle Forze armate, registratisi negli ultimi dieci anni, nell'arco temporale 1o gennaio 2001-30 giugno 2011, si sono verificati n. 88 casi presso le Forze armate e n. 141 presso l'Arma dei Carabinieri.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 13 giugno 2005, il giudice dell'udienza preliminare (GUP) di Milano, dottor Andrea Pellegrino, al termine dell'udienza preliminare dispose il rinvio a giudizio nei confronti del generale Giampaolo Ganzer, anche per taluni dei delitti espressamente previsti dall'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97;
l'articolo 3 citato prevede l'obbligo per l'amministrazione di appartenenza di trasferire il dipendente rinviato a giudizio, per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale, ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti e, qualora in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità;
con la sentenza n. 8255/10 del 12 luglio 2010 il Tribunale ordinario di Milano, VIII Sezione penale, depositata il 27 dicembre 2010, il generale Ganzer «viene condannato alla pena di anni 14 di reclusione ed euro 65.000,00 di multa così determinata: ritenuta la continuazione, pena base per il reato più grave da individuarsi

nella contestazione di cui al capo F1 (operazione Cobra) anni 7 e mesi 6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, aumentata per l'aggravante dell'ingente quantitativo (articolo 80, comma secondo del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90) di anni 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per complessivi anni 11 e mesi 6 di reclusione ed euro 50.000,00 di multa, ulteriormente aumentata per la continuazione implicata dal reato rubricato al capo G1 (operazione Cedro Uno) di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro 15.000,00 di multa per complessivi anni 14 di reclusione ed euro 65.000,00 di multa. Nei confronti di Ganzer Giampaolo viene pronunciata declaratoria di improcedibilità con riferimento ai reati a lui ascritti ai capi C1 (limitatamente alle armi nell'ambito dell'operazione Lido), C2 e C3 (reati di peculato e falso nell'operazione Lido) D1 e D2 (operazione Shipping), F2 (reato di falso nell'operazione Cobra), G2 e G3 (reati di peculato e falso nell'operazione Cedro Uno) perché estinti per intervenuta prescrizione. Ganzer Giampaolo viene assolto dai reati a lui ascritti al capo A, perché il fatto non sussiste, e al capo C1 (importazione di hashish nell'operazione Lido), per non aver commesso il fatto. Seguono l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'interdizione legale durante l'espiazione della pena.» -:
se e quando l'amministrazione militare sia venuta a conoscenza del provvedimento emesso dal giudice dell'udienza preliminare di Milano nei confronti del generale Ganzer, quali siano stati i conseguenti provvedimenti adottati, a chi e con quali motivazioni;
se il generale Ganzer dalla data di rinvio a giudizio abbia ricoperto sempre il medesimo incarico e in tal caso quali siano le ragioni che abbiano impedito la corretta applicazione dell'articolo 3 in premessa;
se e quando l'amministrazione militare sia venuta a conoscenza della sentenza di condanna nei confronti del generale Ganzer, quali siano stati i conseguenti provvedimenti adottati, da chi e con quali motivazioni;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover sollecitare l'autorità militare competente a disporre l'immediato trasferimento ad altro ufficio/incarico del generale Giampaolo Ganzer, in caso contrario quali le motivazioni.
(4-11410)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante relativamente al Generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, si osserva che relativamente all'eventuale applicazione della sospensione:
obbligatoria dal servizio, la disamina della sentenza di condanna non definitiva n. 8255/2010, resa dal tribunale ordinario di Milano, consente di escludere la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 4 della legge 97/2001, recante «norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche». Ciò in quanto tale condanna non afferisce ad alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3 della citata legge;
precauzionale facoltativa dall'impiego, non risulta che il Comandante di corpo abbia ravvisato ragioni di opportunità per avviare il relativo provvedimento.

L'ufficiale, peraltro, non è stato destinatario di misure cautelari né interdittive nemmeno nel corso delle indagini preliminari e, voglio precisarlo, la vigente normativa in materia di esame della posizione di stato a seguito di condanna (non definitiva), riferita allo specifico caso in esame, richiede che ai fini dell'eventuale adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa, l'amministrazione debba valutare sia l'eventuale esistenza di ragionevoli dubbi sulla solidità degli addebiti, che nel caso di specie vanno collegati con la piena assoluzione dall'imputazione più grave riferita al reato associativo, sia l'effettiva sussistenza di esigenze cautelari, tali da sospendere il rapporto di fiducia tra il militare e l'istituzione, connesse con la

necessità di non turbare regolare svolgimento della funzione istituzionale.
Con riferimento, invece, agli altri dodici militari condannati nello stesso procedimento (citati dall'interrogante nell'atto n. 4-08009), rendo noto che solo cinque di essi prestano ancora servizio nell'arma e nei confronti di essi non è stato adottato alcun provvedimento di sospensione, sulla base delle stesse considerazioni svolte per il generale Ganzer.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
un'agenzia di stampa (Adnkronos) del 1° aprile 2011 ha riportato la notizia che «Oltre mezzo chilo di hashish è stato scoperto nascosto nelle canne dei fucili rientrati nelle casse dell'Afghanistan nella caserma Feruglio degli alpini della Julia di Venzone (Udine). Il pm che coordina le indagini, Alessandra Burra, conferma la notizia. Nel dettaglio, la prima quantità di droga, 362 grammi, è stata ritrovata il 27 marzo casualmente da un armiere, che ha denunciato l'episodio. Il secondo quantitativo, 167 grammi, è stato ritrovato il 29 marzo dagli investigatori, ma nessuno si è presentato nell'armeria a ritirare la droga. È accaduto infatti che la notizia del primo ritrovamento sia passata in un lampo di bocca in bocca, mettendo in guardia chi attendeva di riprendersi la droga. Così è sfumata la possibilità di cogliere con le mani nel sacco l'autore del traffico di hashish. Le indagini sono condotte dalla tenenza della Guardia di finanza e dai Carabinieri della Compagnia di Tolmezzo. Visto però come sono andate le cose, sarà assai difficile che gli investigatori riescano a scoprire il responsabile o i responsabili della vicenda.»;
sono numerose negli anni le notizie di questo tipo riportate dai mezzi di informazione che, in alcuni casi, hanno riguardato anche il traffico di armamenti destinati alla malavita organizzata;
ad avviso degli interroganti, l'episodio descritto rende evidente la necessità che anche i trasporti/spedizioni dei materiali militari che rientrano nel territorio italiano, provenienti dalle zone dove operano i contingenti delle Forze armate impegnati nelle missioni internazionali, siano assoggettati ai controlli da parte degli organi di polizia competenti, perché se in questa occasione si è trattato solo di un modico quantitativo di droga non è chiaro se sia stato solo un «caso isolato» oppure la «riservatezza» dei trasporti militari abbia favorito anche altri traffici illeciti -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e se non ritenga opportuno impartire immediate disposizioni affinché i trasporti/spedizioni dei materiali militari in uso alle Forze armate effettuati verso l'Italia dalle zone dove si svolgono le missioni internazionali siano sottoposti ad accurati controlli al fine di prevenire traffici illeciti e, in caso contrario, quali immediate azioni intenda intraprendere in tal senso.
(4-11477)

Risposta. - In via preliminare, si deve sottolineare che la vicenda affrontata con l'interrogazione in esame è attualmente all'attenzione sia della procura della Repubblica di Tolmezzo che di quella militare di Verona e che le indagini risultano tuttora in corso, circostanza che ai sensi dell'articolo 329 del codice di procedura penale impone il vincolo del segreto istruttorio.
Ciò premesso, si fa osservare che la materia oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in esame è riconducibile alla previsione di cui al combinato disposto degli articoli 4 e 5 del decreto ministeriale 18 maggio 2004, che fa rientrare, tra i compiti della polizia militare, il concorso nelle operazioni di frontiera in caso di invio o rientro di personale o di reparti per o da attività all'estero.
I controlli su bagagli e materiali del personale e del contingente militare in rientro o in afflusso nello specifico teatro

operativo vengono effettuati, presso la Base operativa avanzata di Herat, secondo procedure consolidate e standardizzate, dalla polizia militare, ovvero, sulla base di specifiche disposizioni del Comandante di Corpo, anche da personale non appartenente alla stessa.
Ulteriori approfondite verifiche sono attivate in presenza di risultanze info-investigative.
In tale quadro, i competenti organi tecnico-operativi militari hanno sottolineato la costante azione di sensibilizzazione della Forza armata nei confronti dei comandanti ai vari livelli in materia di prevenzione, dissuasione e contrasto del «fenomeno droga», con attenzione particolare ai teatri operativi.
Il ritrovamento della droga, nei caso di specie, ad opera del personale militare con l'immediata segnalazione agli organi giudiziari pare confermare l'efficacia di questa azione di contrasto in materia.
In tale ottica, l'esercito ha delineato una efficace politica di contrasto del fenomeno emanando rispettivamente nel 2003, nel 2005 e nel 2009 tre specifiche disposizioni sulla materia, quale punto di riferimento per i Comandanti a tutti i livelli.
In estrema sintesi, sulla base della citata normativa di Forza armata, ogni Comandante deve sempre operare in modo da:
svolgere, nel modo più incisivo possibile, l'attività di dissuasione e di contrasto in ossequio del principio della «tolleranza zero» e in considerazione della assoluta incompatibilità tra uso di sostanze psicotrope e condizione militare;
riservare una particolare attenzione soprattutto ai teatri operativi, dove situazioni ambientali stressanti, unite alla presenza di traffici illeciti e di criminalità organizzata, innalzano i rischi di comportamenti devianti;
effettuare controlli periodici a campione (
drug test) allo scopo di assicurare i requisiti psico-fisici previsti e la necessaria efficienza operativa;
sviluppare una capillare informazione del personale, a tutti i livelli, a cura dei Dirigenti del servizio sanitario di Forza armata con riguardo non solo ai rischi derivanti per la salute, ma anche alle possibilità di recupero e dei trattamenti terapeutici di cui il personale può eventualmente avvalersi;
organizzate, periodicamente e sin dal momento dell'immissione in Forza armata del militare, «conferenze dibattito» di educazione alla salute e di prevenzione delle dipendenze in senso lato (tossicodipendenza, alcolismo, farmacodipendenza, tabagismo e gioco d'azzardo);
effettuare un costante controllo all'interno delle caserme, da estendersi anche all'esterno delle stesse, con il coordinato concorso dell'Organizzazione territoriale dell'Arma dei carabinieri e dell'impiego delle unità cinofile;
sviluppare e mantenere relazioni sane e soddisfacenti all'interno dei Reparti e dei luoghi di lavoro, osservando attentamente i comportamenti del personale, al fine di cogliere eventuali indicatori utili per intervenire tempestivamente e per prevenire la degenerazione di pericolose situazioni interne.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 5 ottobre 2009 a Napoli risulta che un cedimento strutturale e il crollo della controsoffittatura del secondo piano dell'istituto professionale «Rossini» per le professioni alberghiere, situato a Bagnoli, hanno causato il ferimento, a cui è seguito il ricovero ospedaliero, di un'alunna della scuola, che si trovava al suo posto nell'aula dell'istituto napoletano;
si tratta dell'ennesima tragedia sfiorata, che ricorda il crollo di un altro soffitto, quello dell'aula della 4a D avvenuto

al liceo scientifico Darwin di Torino all'inizio dell'anno scolastico 2008, quando il bilancio fu ben più grave e Vita Scafidi, un ragazzo di soli 17 anni morì per la caduta dei calcinacci e altri quattro giovani rimasero feriti -:
quali iniziative urgenti intendano adottare per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio nazionale e di quello scolastico in particolare.
(4-04436)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le scuole italiane sono vecchie e poco ecologiche, secondo «Ecosistema scuola», la ricerca annuale di Legambiente sullo stato dell'edilizia scolastica nel nostro Paese, presentata in data 24 febbraio 2010 a Napoli;
il dossier di Legambiente denuncia che molte delle 42 mila scuole italiane continuano ad avere problemi, come dimostrato dal fatto che negli ultimi cinque anni la metà degli edifici è stato sottoposto ad interventi di manutenzione straordinaria e il 30 per cento ne ha ancora bisogno urgente;
finora sono stati spesi oltre 270 milioni di euro, pari a 42 mila euro per edificio, eppure in alcune zone d'Italia non sembra essere stato sufficiente;
i valori d'eccellenza sono per Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Toscana, mentre nel meridione la Sicilia ha speso moltissimo ma solo in manutenzione straordinaria;
i problemi sono confermati dal mancato completamento dell'anagrafe scolastica, ma soprattutto dall'anzianità delle scuole: il 60 per cento di queste è antecedente al 1974. Nel sud, tuttavia, quasi la metà degli edifici ha meno di quarant'anni (il 53 per cento nelle isole), mentre il 23 per cento sono stati costruiti addirittura dopo il 1990;
sono proprio le amministrazioni sud e delle isola a segnalare le necessità di interventi urgenti (rispettivamente per il 47 per cento e il 40 per cento delle scuole), mentre al centro hanno problemi il 26 per cento nel nord il 21 per cento;
se, da una parte, la raccolta differenziata viene attuata in quasi l'87 per cento delle amministrazioni e la metà delle scuole usa inoltre un'illuminazione a basso consumo mentre il 25 per cento risparmia energia in altre forme, dall'altra, tuttavia, appaiono carenze per quanto riguarda lo sviluppo della bioedilizia (che coinvolge solo lo 0,34 per cento delle scuole) e delle energie rinnovabili, di cui si avvale solo il delle amministrazioni. Un dato fermo da anni;
oltre il 7 per cento delle scuole continua ad essere situato a meno di un chilometro dalle industrie, mentre sono diminuite le azioni di bonifica dall'amianto (dall'8 per cento al 4 per cento in un anno) e sono aumentati i casi certificati della presenza di questo materiale, passati dal 5,50 per cento al 10 per cento;
per quanto riguarda il rischio terremoti, il 73,5 per cento delle scuole del centro Italia è antisismico ma solo il 51 per cento possiede il certificato di idoneità statica e il esegue prove d'evacuazione. Percentuali che nel sud scendono rispettivamente all'11 per cento e al 62 per cento, nonostante gli edifici a rischio siano oltre il 60 per cento;
gli interventi da attuare, dunque, sono tanti ma i fondi restano incerti;
una delibera del Cipe un anno fa ha stanziato un altro miliardo di euro, poi ridotto a 773 milioni, a seguito del trasferimento alle scuole abruzzesi -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, ove ne sussistano i presupposti, verificare la situazione dell'edilizia scolastica del Paese;

se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare, per quanto di competenza, un'ampia indagine per la tutela della salute pubblica, sia relativamente alla presenza di edifici bisognosi di urgente manutenzione sia alla presenza di amianto;
se e come i Ministri interrogati intendano provvedere al completamento dell'anagrafe scolastica;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per un intervento immediato e strutturale di manutenzione per quel 60 per cento di edifici scolastici antecedenti al 1974;
se e con quali mezzi si intenda procedere per rispondere alla necessità di interventi urgenti segnalata dalle amministrazioni del sud Italia e delle isole;
se si intenda procedere con strumenti immediati per un'azione di bonifica dall'amianto degli edifici interessati;
se corrisponda al vero il fatto che solo il 51 per cento o delle scuole del centro Italia e solo l'11 per cento di quelle del sud possiede il certificato di idoneità statica;
se intendano assumere iniziative volte ad aumentare gli stanziamenti per le misure necessarie all'edilizia scolastica e se intendano provvedere immediatamente al trasferimento agli enti locali dei fondi stanziati appositamente per interventi concreti.
(4-06295)

Risposta. - Si risponde congiuntamente alle interrogazioni in esame, aventi entrambe ad oggetto la sicurezza degli edifici scolastici.
Risulta al riguardo che sull'argomento l'interrogante ha presentato anche l'interrogazione n. 4-08147, rivolta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e a questo dicastero, alla quale in data 24 marzo 2011 ha fornito risposta il suddetto Ministero anche per conto di questa amministrazione, sulla base degli elementi di competenza a tal fine comunicati.
Pertanto, si rimanda a quanto già comunicato all'interrogante dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in risposta al citato atto n. 4-08147.
Per quanto concerne specificamente l'episodio segnalato dall'interrogante nell'interrogazione n. 4-04436, riguardante l'edificio dell'Istituto professionale «Rossini» di Bagnoli, la Direzione scolastica regionale per la Campania, con nota del 22 dicembre 2009, confermata con nota del 20 luglio 2011, ha comunicato che, in seguito all'incidente verificatosi il 5 ottobre 2009 (distacco di un pezzo di pannello della controsoffittatura), sono intervenuti i Vigili del fuoco e l'ufficio tecnico della competente provincia di Napoli; il giorno seguente la situazione è stata portata alla normalità.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di martedì 3 agosto 2010, in Calabria, scavando nei pressi della strada statale 18 che corre accanto alla spiaggia e lo svincolo da cui risale l'autostrada verso nord, vicino a Portavecchia di Nocera Terinese, è venuta alla luce una vasta necropoli ellenica, di rilievo mondiale, che dimostra la presenza nelle vicinanze di una città antica: forse Terina o l'omerica Temesa del mitico viaggio di Odisseo;
luoghi di città antichissime, depositari di memorie che vanno dal XIV secolo a.C. fino al caos edilizio e agli scempi urbanistici di oggi. Un patrimonio scoperto per sbaglio sotto il solco di cemento e di asfalto del tracciato della A3, strapazzato periodicamente dalle frane;

non si sarebbe provveduto finora alla tutela e valorizzazione dell'area archeologica di Terina, pertanto, a causa dell'incuria, la necropoli rimane alla mercé di chiunque, con reperti e spoglie incustodite, tombe aperte e tombe ancora chiuse che potrebbero celare patrimoni di valore immenso;
quest'area è uno dei punti più caldi del traffico nord-sud, interessata da uno dei «cantieri permanenti»" aperti nell'infelice tratto calabrese dell'A3. Una delle zone in cui, pare, la parola d'ordine sia mandare avanti i cantieri, nonostante tutto;
eppure, in via ufficiale, in occasione dell'inizio dei lavori di ripristino e ammodernamento di questo tratto dell'autostrada, proprio il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, congiuntamente al Ministero per i beni e le attività culturali, aveva diramato, il 23 gennaio 2003, un'ordinanza che stabiliva i limiti e le modalità di esecuzione dei lavori sull'A3 nei pressi di «un'area oggetto di tutela ai sensi della legge n. 1089 del 1939 ubicata in prossimità di Timpa delle Vigne (Terina) che è ai margini del percorso attuale e di quello in progetto e non sarà interessata, neanche marginalmente, da alcun tipo di intervento» -:
se e quali misure si intendano intraprendere per il rispetto dell'ordinanza del 23 gennaio 2003 a tutela dell'area descritta in premessa e oggetto di protezione ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e comunque a tutela del sito archeologico emerso e per l'approfondimento delle ricerche.
(4-08349)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si osserva quanto segue.
Tutti i lavori che interessano i 18 chilometri del tracciato autostradale compreso tra Altilia Grimaldi (Cosenza) e Falerna (Catanzaro) sono stati oggetto di regolare autorizzazione da parte dei competenti Uffici di questo Ministero previe indagini preventive volte ad individuare le aree a maggiore rischio archeologico, tramite una approfondita ricognizione dei luoghi interessati dal progetto, con identificazione di ogni emergenza antica.
Tali ricerche hanno costituito la base per una lettura stratigrafica del territorio interessato dalle opere infrastrutturali e là dove sono state individuate zone archeologiche a rischio, sono state realizzate prospezioni geofisiche di tipo archeologico che hanno integrato la lettura di superficie.
Le aree a maggiore indizio archeologico sono state esaminate con l'esecuzione di sondaggi stratigrafici.
Una delle zone che ha restituito significativi risultati scientifici è quella in località Portavecchia di Nocera Terinese, dove si sta completando la messa in luce di una necropoli di età greca.
Tali lavori, commissionati dall'impresa Pizzarotti,
General Contractor che risultano condotti sul campo con perizia metodologica e qualità scientifica dalla ditta Tetis di Roma, specializzata in scavi archeologici, sono finalizzati alla raccolta dei dati che consentiranno una migliore conoscenza storica del territorio ed una puntuale ricostruzione del paesaggio antico nelle sue più diverse sfaccettature, dalle tipologie insediative alle aree necropolari, dallo sfruttamento del territorio alla circolazione ed agli scambi commerciali.
Nella fattispecie il cantiere archeologico della necropoli, cui si fa riferimento nell'interrogazione parlamentare, è uno dei punti su cui è concentrata maggiormente l'attenzione della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, dell'Anas e della impresa Pizzarotti sopramenzionata.
Non si tratta di un ritrovamento casuale, così come altri intercettati nel corso dell'attività di archeologia preventiva, ma di una sistematica azione di conoscenza sul territorio che si concluderà soltanto quando sarà esaurito lo scavo o la raccolta di tutto il materiale che insiste negli strati antropici antichi, eseguita con i moderni metodi della ricerca archeologica; con la dovuta attenzione al sito e ai materiali che di volta in volta vengono raccolti e rigorosamente custoditi in locali sicuri, messi a disposizione dal G.C., approvati dalla Soprintendenza.


Così come già da diverso tempo concordato dalla stessa Soprintendenza con l'amministrazione comunale di Nocera Terinese e per essa con l'assessorato alla cultura che segue da vicino e con grande interesse l'evolversi delle indagini, i risultati complessivi del lavoro che si sta conducendo saranno oggetto di un incontro pubblico previsto alla conclusione dei lavori, quando il quadro interpretativo dei dati raccolti potrà essere il più possibile attendibile e utile ad una precisa ricostruzione delle dinamiche insediative e storiche del territorio.
Si sta anche raccogliendo tutta la documentazione necessaria per una futura ricostruzione in 3D dell'area necropolare, nel momento in cui si procederà alla esposizione in luogo da concordare con il comune, di quanto emerso dagli scavi in corso.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Gianni Lannes pubblicato sul sito www.costruendo.lindro.it si apprende che ad Orta Nova, in provincia di Foggia vi sono circa 6 impianti per telefonia mobile (Telecom, Vodafone, H3G, Wind) concentrati in un'area dove sono presenti asili pubblici e privati, le due scuole elementari, la scuola media, l'istituto tecnico Olivetti ed il liceo;
inoltre sarebbero in fase di autorizzazione da parte del comune altre stazioni radiobase, con anche un impianto abusivo nel cuore del paese;
l'articolo 8 della legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico (legge n. 36 del 2001) ha stabilito espressamente che i comuni possano adottare un regolamento che disciplini il corretto insediamento territoriale degli impianti per ridurre al minimo l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici;
ad Orta Nova non esiste il regolamento sul corretto insediamento territoriale degli impianti per ridurre al minimo l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici;
quanto al monitoraggio, il 13 maggio 2007 l'Arpa Puglia ha inviato al sindaco di Orta Nova e alla Telecom Italia un documento attestante la verifica dei campi elettromagnetici (nell'area interessata dall'antenna) che rientrerebbero nei limiti di legge che risulta però fatta in data 17 maggio 2007 il che suscita negli interroganti dubbi sulla serietà della verifica;
sempre l'Arpa, dice: «È necessario comunicare, da parte della Telecom Italia s.p.a. al comune di Orta Nova e al dipartimento prov. ARPA FOGGIA, l'attivazione dell'impianto suddetto per la predisposizione dei controlli finalizzati al rilascio del certificato di conformità post attivazione» ma a tutt'oggi il certificato di conformità post attivazione non esiste;
ad Orta Nova si sarebbero registrati gravi casi di leucemia;
numerosi studi e studiosi citati nell'articolo (studi compiuti in Australia e in Inghilterra, professor Gianni Mattioli, docente di Fisica matematica all'università La Sapienza di Roma, Giulio Brautti, docente di Struttura della materia all'università di Bari, il rapporto del 1989 dell'Istituto superiore di sanità «Istisan 99», Livio Giuliani, responsabile dell'unità radiazioni dell'ISPEL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, Codacons e WWF) documentano la pericolosità per la salute dell'esposizione ad onde elettromagnetiche -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai danni alla salute da esposizione ad onde elettromagnetiche;
se si intenda promuovere un'ampia indagine su tutto il territorio nazionale sui rischi da esposizione ad onde elettromagnetiche;

se e quali azioni si intendano promuovere per colmare le lacune normative in merito all'esposizione a frequenze da telefonia mobile;
se corrisponda al vero quanto segnalato nel comune di Orta Nuova e quali iniziative di competenza si intendano adottare.
(4-10606)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti nell'atto parlamentare in esame, è opportuno precisare preliminarmente che si risponde sulla base non solo degli elementi di competenza in possesso di questo Ministero, ma anche di quelli provenienti dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente (ARPA) Puglia, tramite il Ministero dell'interno, con specifico riferimento alla vicenda che riguarda il comune di Orta Nova (Foggia).
In primo luogo, sul tema generale dei rischi dovuti all'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici in radiofrequenza e microonde, incluse le frequenze della telefonia mobile, il Ministero della salute fa presente che le attuali valutazioni del rischio sanitario associato alle esposizioni ai campi elettromagnetici, si basano su numerosissimi studi condotti negli ultimi decenni in ambito epidemiologico e sperimentale e che tale problematica è stata ed è tuttora oggetto di numerosi piani di ricerca coordinati ed armonizzati a livello internazionale.
La Commissione europea ha promosso e finanziato negli ultimi anni diversi programmi di ricerca, ai quali hanno partecipato decine di istituzioni scientifiche dei paesi europei, promuovendo un'azione di interpretazione condivisa del complesso degli studi disponibili attraverso il progetto EMF-NET.
Anche l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha in corso uno specifico progetto sui campi elettromagnetici ed ha pubblicato importanti documenti scientifici sulla valutazione dei rischi sanitari, avvalendosi di
panel di esperti in grado di rappresentare tutte le discipline interessate e indispensabili alla problematica (biologia, medicina, fisica, ecc.).
Il tema è stato, inoltre, posto all'attenzione dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) che, nel 2001, ha classificato i campi elettromagnetici alla frequenza di rete. Anche in ambito nazionale, numerosi paesi europei hanno affidato a
panel di esperti il compito di fornire esaustive interpretazioni complessive dei dati scientifici; in tal senso si possono menzionare la Svezia, il Canada, il Regno Unito, l'Australia, l'Olanda. Anche lo «Scientific committee on emerging and newly identified healt risks» (SCENIHR), organo scientifico della Commissione europea, è stato interessato al tema.
Questa premessa si è ritenuta necessaria allo scopo di evidenziare il vastissimo e ricchissimo quadro di riferimento internazionale che caratterizza l'argomento, e l'elevato grado di condivisione a livello mondiale delle valutazioni complessive di rischio e delle politiche di protezione. Ogni articolo o rapporto pubblicato, inclusi quelli menzionati nell'interrogazione in esame, devono peraltro essere sempre interpretati nel contesto complessivo estremamente vasto di posizioni e riferimenti nazionali ed internazionali.
Nel merito della questione, va posto in rilievo che alcune indagini epidemiologiche relative a popolazioni residenti nelle vicinanze di grossi impianti radiotelevisivi hanno presentato risultati complessivamente contraddittori e inconcludenti, mentre in relazione alla recente espansione della telefonia mobile sono stati intrapresi studi epidemiologici per indagare l'eventuale associazione tra uso del cellulare e insorgenza di patologie, in particolare tumori del cervello.
Gli utenti del telefono cellulare rappresentano infatti la categoria di popolazione maggiormente esposta, a causa delle peculiari caratteristiche di esposizione (stretta prossimità alla testa) che implicano livelli di assorbimento di energia elettromagnetica circa mille volte superiori a quelli in gioco

nelle esposizioni dovute agli impianti fissi (stazioni radio base).
I risultati sinora disponibili non evidenziano, nel loro complesso, eccessi di mortalità per patologie tumorali dell'encefalo nelle popolazioni di soggetti adulti esaminati o in corso di
follow-up. Anche i recenti risultati dello studio epidemiologico Interphone, coordinato dalla IARC, non forniscono nel complesso un supporto convincente all'ipotesi di esistenza di nessi di causalità tra l'utilizzo del cellulare e lo sviluppo di patologie tumorali.
Solo tra diversi anni sarà possibile trarre conclusioni definitive in merito, sia perché le patologie considerate possono avere tempi di latenza molto lunghi a fronte dei pochi anni trascorsi dalla diffusione della tecnologia, sia perché sarà necessario indagare eventuali associazioni con altre patologie (ad esempio, le malattie neuro-degenerative) e con le malattie gravi dell'infanzia.
Sul versante sperimentale, l'insieme delle evidenze di effetto
in vitro ed in vivo delle radio frequenze, ai diversi livelli della scala biologica e in relazione a diversi parametri fisiopatologici è debole e contraddittorio, ed il complesso dei risultati non permette di identificare alcun razionale biologico, in termini di meccanismi d'azione, che sia in grado di supportare l'ipotesi di effetti a lungo termine in relazione a livelli di esposizione inferiori ai limiti per gli effetti accertati legati al riscaldamento dei tessuti.
Il quadro normativo italiano in materia (risultante dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36 e dai decreti attuativi dell'8 luglio 2003) è basato sul principio di precauzione, fondato sul concetto di «
prudent avoidance» («evitare con prudenza»). Prevede la definizione di valori di attenzione, quali la misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine, nonché di obiettivi di qualità per la progressiva riduzione delle esposizioni, oltre ai limiti di esposizione per gli effetti acuti accertati.
I limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità da rispettare in determinate condizioni, sono fissati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, che reca «Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz». All'interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili, esclusi di lastrici solari, si assumono valori di attenzione pari a 6 V/m per ogni frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz.
L'ISPRA afferma che, sulla base delle attuali conoscenze, nel campo della telefonia mobile, i livelli di immissione in ambiente sono abbastanza contenuti e l'introduzione della tecnologia
Universal Mobile Telephone System (UMTS) ha ulteriormente abbassato tali livelli, i cui valori risultano ben al di sotto dei limiti imposti dalla normativa in vigore.
L'ISPRA suggerisce, inoltre, la consultazione del sito
web www.agentifisici.apat.it/campielettromagnetici/public/index.asp,at traverso il quale chiunque sia interessato alla problematica dei campi elettromagnetici, ha la possibilità di accedere all'«Osservatorio CEM» (campi elettromagnetici), che rappresenta una raccolta di informazioni riguardanti il numero di impianti presenti nei territorio (impianti radiotelevisivi-RTV, stazioni radiobase per telefonia cellulare - SRB ed elettrodotti per le frequenze estremamente basse - ELF) e lo stato dei controlli, con eventuali azioni di risarcimento finalizzate al rispetto della normativa vigente sui campi elettromagnetici.
Limiti di esposizione precauzionali per possibili effetti a lungo termine sono stati adottati da alcuni Paesi oltre all'Italia (nell'U.E., ad esempio, da Polonia, Ungheria, Belgio e Olanda) ma, nel complesso dei Paesi dell'U.E. vigono limiti relativi alla sola protezione degli effetti accertati (Raccomandazione europea n. 519/1999), così come negli Stati Uniti d'America e in Canada.
In merito, si ritiene opportuno ribadire che le attuali conoscenze scientifiche non

forniscono elementi convincenti per la determinazione di soglie di rischio nei confronti di possibili effetti sanitari a lungo termine dei campi elettromagnetici, la cui esistenza e natura non è stata determinata. La definizione numerica dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità è, quindi, per necessità operazione affetta da ampi margini di arbitrarietà, e ciò vale anche per i valori indicati nei decreti dell'8 luglio 2003.
Pertanto, come per tutte le misure adottate in applicazione del principio di precauzione (per definizione indicato nelle situazioni di incertezza conoscitiva sui rischi di un particolare agente), il reale beneficio in termini di salute pubblica derivante dall'adozione dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, o il danno conseguente alla loro eventuale mancata applicazione, è allo stato impossibile da quantificare.
Per quanto riguarda le procedure di autorizzazione, l'ISPRA precisa che la tutela della popolazione viene assicurata attraverso la verifica del rispetto delle prescrizioni normative in sede di
iter autorizzativo. Prima di qualunque attività inerente all'installazione di un nuovo impianto, infatti, il suddetto procedimento prevede, nell'ambito del più ampio processo di competenza dell'amministrazione comunale, l'emissione di un apposito parere tecnico da parte delle ARPA territorialmente competenti. Tale parere tecnico, oltre a verifiche di tipo modellistico, generalmente cautelative e quindi a maggior tutela della popolazione, può essere supportato anche da misure in campo per la verifica preventiva del clima elettromagnetico nell'area interessata dalla nuova installazione.
L'ISPRA assicura, altresì, che le immissioni in ambiente abitativo e di vita da impianti operanti ad alta frequenza, come è il caso proposto nell'interrogazione in esame, sono oggetto, nel nostro Paese, di un attento e consolidato quadro normativo, di livello nazionale e regionale, ormai vigente da anni. Peraltro, l'intero processo di autorizzazione, realizzazione, controllo e gestione degli impianti per la telefonia mobile rimane di competenza prettamente locale senza alcun coinvolgimento delle autorità nazionali.
In conclusione della trattazione riguardante gli aspetti normativi e generali, si fa presente che l'eventuale modifica, anche in senso più restrittivo, dei valori attualmente previsti dai decreti dell'8 luglio 2003 non potrebbe essere ad oggi giustificabile sulla base di considerazioni di carattere sanitario.
Si segnala anche che, nel rispetto dei principi generali della citata legge n. 36 del 2001, il Ministero della salute, riconoscendo l'importanza di una corretta informazione e comunicazione nel settore della tutela dagli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici, ha finanziato presso il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) il progetto «Salute e campi elettromagnetici (CAMELET)».
Il progetto, di durata triennale, è stato sviluppato dall'Istituto superiore di sanità (ISS), ed ha avuto come obiettivo la creazione, presso il CCM, di una struttura di riconosciuta competenza nei campi elettromagnetici per la valutazione dei dati scientifici, la stima dei rischi sanitari e la relativa comunicazione al pubblico.
Tra i principali risultati figura, tra l'altro, la creazione di un sito
web tematico (www.iss.it/elet), con lo scopo di fornire ai cittadini non solo un quadro globale dei risultati delle ricerche, ma anche una guida alle più autorevoli organizzazioni nazionali e internazionali, alle normative di protezione e alle loro basi razionali, alle strutture preposte al controllo dei campi elettromagnetici. Dopo la conclusione del progetto CCM, alla fine del 2010, l'ISS ha deciso di mantenere attivo tale sito.
Dopo la necessaria esposizione delle argomentazioni di carattere generale, in merito alla questione delineata nell'atto ispettivo in esame con riferimento al caso del Comune di Orta Nova (Foggia), si risponde sulla base delle informazioni acquisite presso l'ARPA Puglia dal Ministero dell'interno.
L'ARPA Puglia fornisce il profilo di mortalità comunale, per causa e genere, dei residenti nel Comune di Orta Nova negli anni dal 2000 al 2005.

Lo studio è basato sui dati provenienti dall'Atlante delle cause di morte dei comuni della regione Puglia, elaborato dall'Osservatorio epidemiologico della regione Puglia (OER-Puglia).
Sono state esaminate, in totale, 33 cause di morte per le femmine e 31 per i maschi, codificate secondo la 9a versione della Classificazione internazionale delle malattie (ICD-9), tra cui la mortalità per tutte le cause, per tutte le cause tumorali e per un insieme di specifiche cause di morte.
Sono stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità (SMR), come rapporto fra decessi osservati e decessi attesi, per 100; i rapporti Bayesiani di Mortalità (BMR), corredati di intervalli di confidenza al 90 per cento, che rispetto agli SMR migliorano la qualità delle stime di rischio, tenendo conto della forte variabilità causale delle cause rare e di eventuali strutture di aggregazione spaziale.
In particolare, gli SMR e i BMR sono le misure di associazione utilizzate in epidemiologia per confrontare l'esperienza di mortalità del territorio di interesse (il comune di Orta Nova) con quella di una popolazione di riferimento (in questo caso la popolazione della regione Puglia). Valori superiori a 100 indicano un eccesso di mortalità nel comune di Orta Nova rispetto a quella regionale. Di seguito, vengono riportati i risultati dell'analisi.
Tali analisi sono state effettuate nel periodo 2000-2005. Le cause di morte esaminate e l'elenco dei corrispondenti codici ICD-9 sono riportati nelle tabelle dei risultati (Tabella 1 per gli uomini e Tabella 2 per le donne) riportate di seguito.
Complessivamente, nel periodo 2000-2005 si sono registrati 377 decessi per tutte le cause negli uomini e 276 nelle donne. Sia tra i maschi sia tra le femmine, i decessi per malattie dell'apparato circolatorio rappresentano la causa più frequente di morte (il 36,3 per cento tra i maschi, il 48,9 per cento tra le femmine). Tra quelle non tumorali, seguono le malattie respiratorie nei maschi (9,8 per cento) e i disturbi circolatori dell'encefalo tra le femmine (10,5 per cento).
Tra i maschi, i decessi per tutti i tumori rappresentano il 27,3 per cento della mortalità totale, mentre tra le femmine il 24,3 per cento. Tra tutti i tumori, quello al polmone rappresenta la causa di morte più frequente tra gli uomini (24,3 per cento di tutti i tumori: 6,6 per cento di tutte le cause); tra le donne, invece, i decessi per tumore più frequenti riguardano la mammella (21 per cento di tutti i tumori e 5,1 per cento di tutte le cause).
Le leucemie sono responsabili del 10,4 per cento della mortalità per tumori e del 2,5 per cento dei decessi per tutte le cause nelle femmine (rispettivamente 3 e 0,8 per cento tra i maschi). In entrambi i sessi la mortalità per leucemia risulta più elevata (circa +13 per cento) dei valori regionali, ma gli eccessi osservati non sono statisticamente significativi (tabella 1 e 2). L'unico eccesso di mortalità statisticamente significativo si osserva tra le femmine per il tumore maligno dello stomaco.
Al contrario, la mortalità per malattie del sistema nervoso nelle femmine, e dell'apparato urinario nei maschi, risulta in difetto statisticamente significativo rispetto ai valori regionali.
Nonostante l'assenza di disponibilità di informazioni a livello individuale e la bassa numerosità dei casi esaminati, che può condizionare la capacità interpretativa dei risultati emersi, l'analisi effettuata mostra che la mortalità nel comune di Orta Nova non differisce sostanzialmente da quella regionale: gli eccessi di mortalità non raggiungono mai, tranne nel caso dei tumori allo stomaco nel sesso femminile, la significatività statistica e devono, pertanto, essere formalmente considerati come una possibile fluttuazione casuale.
Alla luce delle considerazioni espresse, l'ARPA Puglia conclude che l'indagine condotta non supporta motivi di preoccupazione circa la mortalità per il periodo e le cause esaminate (come le leucemie) nel comune di Orta Nova.
Da ultimo, la stessa Agenzia regionale ha comunicato che dal gennaio 2011 è stata avviata l'attività della sezione ASL Foggia del registro tumori della Puglia, relativa alla registrazione dei casi incidenti di neoplasia

del periodo 2006-2008: l'ARPA Puglia, insieme alla ASL Foggia e all'IRCCS «Istituto Tumori Giovanni Paolo II» di Bari, sede del centro regionale di coordinamento, è impegnata a conseguire l'obiettivo di acquisire tutti i dati di incidenza relativi al 2006 entro la fine del corrente anno.
Tale attività consentirà il concreto dimensionamento del fenomeno neoplastico, attraverso la stima dell'incidenza (ovvero la quantificazione dei nuovi casi di tumore a partire da un dato periodo) anche per tumori non letali, che non sono del tutto correttamente evidenziati dai comuni indici di sorveglianza.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.