XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 27 settembre 2011

TESTO AGGIORNATO ALL'11 OTTOBRE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
come già riscontrato in occasione delle elezioni politiche del 2006 anche nel corso delle ultime consultazioni referendarie si sono registrate inefficienze e disorganizzazione rispetto all'invio e alla ricezione dei plichi contenenti il materiale elettorale per l'esercizio del voto da parte dei nostri concittadini residenti all'estero;
attualmente l'esercizio del voto per i cittadini italiani residenti all'estero si svolge per corrispondenza attraverso l'invio presso le sedi consolari dei plichi contenenti le schede contrassegnate dal voto;
oltre alla cattiva gestione della corrispondenza esiste anche un problema di scarsa sincronizzazione tra le banche dati dell'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero e quella del Ministero dell'interno;
si tratterebbe di una forbice che, anche qualora fossero eliminate le difficoltà di recapito dei plichi, comporterebbe la negazione del diritto di voto ad una consistente percentuale di cittadini italiani residenti all'estero (si stima un buon 20 per cento);
la cattiva o scarsa partecipazione al voto rappresenta un vulnus all'applicazione dell'articolo 48 della Costituzione che prevede il diritto di voto per ogni cittadino italiano, residente sia in Italia che all'estero;
nel caso dei referendum, poi, tale problematica ha, un'ulteriore implicazione in quanto comporta il raggiungimento o meno del quorum,


impegna il Governo


ad adoperarsi per evitare ulteriori inefficienze organizzative in previsione dei prossimi appuntamenti elettorali nazionali, europei o referendari, al fine di tutelare il principio costituzionalmente garantito dell'esercizio di voto, per eliminare alla radice possibili brogli elettorali e per un più generale principio di trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione.
(1-00716) «Tassone, Adornato, Mantini, Scanderebech, Volontè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Ricardo Antonio Merlo».

La Camera,
premesso che:
il primo periodo del terzo comma del vigente articolo 48 della Costituzione impone alla legge, oltre a stabilire i requisiti e le modalità per l'esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero, di «assicurarne l'effettività»;
nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento del 2006 è stata applicata per la prima volta la legge n. 459 del 2001, che ha disciplinato l'esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero: a prescindere dalla scelta, di natura politica, del voto per corrispondenza le prime difficoltà emerse sul voto nella circoscrizione estero, di natura tecnica ed organizzativa, sono le medesime con le quali ci si deve confrontare oggi;
alla prima applicazione della legge hanno fatto seguito la denuncia di presunti brogli, l'attenzione di inchieste giornalistiche, le dichiarazioni di testimoni diretti, la loro diffusione mediatica attraverso video e su internet, oltre all'emersione di criticità tecniche, confermate anche nel corso di audizioni in Parlamento dei responsabili dei procedimenti elettorali;
la tornata elettorale estera del 2008 confermò i problemi e la loro natura: dagli organi mediatici si possono trarre casi più

o meno documentati di vendita di schede, di una loro stampa in esubero, di presunta corruzione di addetti postali e di funzionari consolari, di fascicoli aperti dalle procure in seguito a diversi esposti relative a presunte irregolarità, di fascicoli aperti finanche prima delle consultazioni estere: il «caso» più eclatante, tuttavia, fu quello che occorse alla circoscrizione estero del Senato della Repubblica, nella quale un senatore - nel prosieguo del procedimento giudiziario arrestato per violazione della legge elettorale e di scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso - riuscì ad essere candidato ed eletto in assenza dei requisiti prescritti dalla legge;
il «caso» Di Girolamo indusse, un anno or sono, giornalisti, politici e giuristi a chiedere dei correttivi alla legge sul voto all'estero; il «caso», infatti, oltre a mostrare la tensione permanente in cui versa la normativa per il voto degli italiani all'estero, ha dimostrato la fragilità del sistema elettorale, diventando un caso non solo giudiziario, ma giuridico e politico;
le notizie più recenti in ordine all'elenco degli italiani iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) risalgono a molti mesi fa - nel frattempo, si sono succedute diverse interrogazioni parlamentari indirizzate ai Ministri dell'interno e degli affari esteri; nel novembre 2010, in accordo con il Ministero degli affari esteri, il dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno ha inviato la «circolare urgentissima n. 33», con la quale tutti gli enti competenti dell'amministrazione centrale erano chiamati a vigilare sulla regolare tenuta ed aggiornamento delle anagrafi degli italiani residenti all'estero e sul corretto e tempestivo invio dei propri dati da parte di tutti i comuni all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) centrale; la circolare assegnava precisi compiti in ordine alla verifica della correttezza dei dati, al fine di evitare sottostime dei dati, mancate cancellazioni, posizioni duplicate; la circolare, inoltre, invitava le amministrazioni centrali competenti e le singole amministrazioni locali a «valutare gli interventi organizzativi necessari per risolvere eventuali situazioni di arretrato, sia a livello anagrafico che a livello di trascrizione degli atti di stato civile»;
da gennaio 2011, con la dichiarazione di ammissibilità dei quesiti referendari in materia di servizio idrico, legittimo impedimento e produzione di energia nucleare, al Governo è stato noto che gli italiani residenti all'estero sarebbero stati chiamati a votare, al più tardi, alla metà di giugno 2011;
nel corso delle consultazioni referendarie, il Ministro dell'interno rilasciò la seguente dichiarazione: «la proiezione fatta dagli esperti del Ministero dell'interno rispetto al dato di ieri fa pensare che si raggiungerà il quorum per tutti e quattro i referendum anche senza considerare il voto degli italiani all'estero e questo risolve un problema non da poco»;
la questione è, infatti, tutt'altro che marginale, poiché la dimensione del corpo elettorale non corrisponde a tutti gli aventi diritto e ciò determina - e ha già determinato - rilevanti problemi in occasione delle consultazioni referendarie abrogative, per le quali è previsto un quorum strutturale, ma è suscettibile di crearne ogni qual volta il corpo elettorale estero sia chiamato a votare;
i problemi endemici del voto dei nostri connazionali all'estero restano e l'ampia maggioranza che ha caratterizzato l'avvio della XVI legislatura può aver dato agio ad una certa trascuratezza nel risolverli;
il raggiungimento del quorum ha messo al riparo le recenti consultazioni referendarie dalle conseguenze delle anomalie del «sistema» di voto estero, ma, stando alle denunce dei comitati referendari, alle segnalazioni di plichi non recapitati, ricevuti incompleti, tornati indietro per invii errati, le anomalie, i problemi ed i ritardi si sono, in realtà, riproposti, semplicemente non hanno avuto conseguenze;

la legge n. 459 del 2001 ha mostrato dal principio e continua a mostrare profili di criticità, sia con riferimento alle garanzie previste per il voto per corrispondenza, sia per l'efficienza del procedimento elettorale nel suo complesso;
oltre i confini, nella circoscrizione estero sono iscritti oltre tre milioni di elettori, il cui voto è un diritto sancito dalla Costituzione; l'obbligo di garantirne la possibilità e l'effettivo esercizio spetta alla legge;
questione dirimente è il meccanismo di voto, che ha mostrato gravi lacune e causato irregolarità anche gravi; questione cruciale è l'individuazione del corpo elettorale, a fronte del disallineamento tra i dati dell'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) e i dati degli schedari in possesso dei consolati, dall'intreccio dei quali dipende la predisposizione delle liste elettorali da parte del Ministero dell'interno;
le maggiori criticità si rinvengono: nella lacunosità dei controlli e nell'organizzazione delle operazioni elettorali preliminari e successive al voto, nelle modalità di gestione delle schede elettorali e della stampa delle stesse, nel loro passaggio dal consolato all'elettore,


impegna il Governo


ad avviare un'indagine sulle modalità di organizzazione e svolgimento delle operazioni di voto inerenti alle ultime con sultazioni referendarie - che preveda il coinvolgimento della rete consolare e di tutti gli uffici competenti e coinvolti - ed una disamina delle maggiori criticità, e a riferire sui risultati in Parlamento, fornendo anche elementi utili e proposte per l'adozione di una più adeguata normativa e di meccanismi migliorativi per garantire la massima regolarità del sistema di elezione.
(1-00717) «Leoluca Orlando, Borghesi, Donadi, Favia».

La Camera,
premesso che:
i referendum del 12 e 13 giugno 2011 hanno messo in evidenza tutte le criticità e le difficoltà delle procedure di voto degli italiani residenti all'estero;
l'articolo 48 della Costituzione è chiaro nel garantire il diritto di voto a tutti i cittadini, compresi quelli residenti all'estero: il primo periodo del terzo comma afferma, infatti, che «la legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività»;
a tal fine, secondo la normativa vigente - che assegna agli italiani che risiedono all'estero iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire) e a particolari categorie di italiani temporaneamente all'estero il diritto di partecipare al voto - i consolati italiani hanno inviato entro il 25 maggio 2011 i plichi con i quattro quesiti referendari;
le schede utilizzate per esprimere il voto dovevano essere restituite ai consolati entro le ore 16.00 del 9 giugno 2011, per poi essere inviate in Italia per lo scrutinio affidato all'ufficio competente per la circoscrizione estero, istituito presso la corte d'appello di Roma;
ciò nonostante non sono mancati problemi e disfunzioni già con riferimento al fatto che i residenti all'estero hanno votato un quesito, quello sul nucleare, diverso da quello votato in Italia, a seguito della riformulazione da parte della Corte di cassazione;
moltissime, inoltre, sono state le segnalazioni e le denunce relative alla mancata ricezione dei plichi contenenti le schede per votare, alla scarsa diffusione di informazioni, alla presenza di vistosi errori di carattere anagrafico, che hanno, di fatto, impedito ai molti connazionali presenti all'estero di esprimere il proprio voto;
l'esempio più significativo è l'episodio che si è verificato in Germania, dove risulta che «l'inconveniente tecnico»,

come definito dal Ministro Vito nel corso dello svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati nel mese di giugno 2011, «ha determinato la restituzione dello 0,8 per cento dei circa 485.000 plichi inviati in Germania». «I plichi restituiti dalle Poste tedesche sono stati, quindi, prontamente registrati in un apposito elenco e, dopo la sostituzione della busta esterna e l'apposizione del corretto cognome del coniuge delle elettrici, sono stati nuovamente recapitati alle destinatarie in tempo utile per la restituzione entro il termine del 9 giugno»;
appare, pertanto, evidente che sussistono gravi problemi di organizzazione e gestione delle procedure necessarie per consentire il voto degli italiani all'estero: un sistema macchinoso a cui si aggiunge la mancata corrispondenza dei dati posseduti dal Ministero degli affari esteri con quelli registrati dall'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire), che rappresenta un ostacolo all'esercizio del sacrosanto diritto di voto;
secondo il Ministero dell'interno, le ultime consultazioni referendarie hanno interessato 3.300.496 cittadini residenti all'estero, con una partecipazione del 23,08 per cento, pari a 761.752 votanti. Si tratta di un dato importante, che non può essere in alcun modo sottovalutato, ma che, al contrario, va incentivato e valorizzato attraverso una migliore organizzazione dei meccanismi di votazione,


impegna il Governo:


a svolgere presso le competenti sedi le indagini necessarie per approfondire quanto accaduto in occasione delle ultime consultazioni referendarie;
a promuovere una revisione della normativa in materia, al fine di migliorare e rendere più certi ed affidabili i meccanismi di votazione degli italiani che risiedono all'estero, non solo semplificando le modalità di voto, ma soprattutto garantendo loro l'eguaglianza nelle condizioni di voto con i cittadini residenti in Italia;
a prevedere una revisione dei dati in possesso dei consolati e una riorganizzazione dell'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire), al fine di consentire una reale corrispondenza tra i dati in possesso degli uni e dell'altra.
(1-00718) «Mosella, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il passaggio dall'analogico al digitale terrestre ha liberato cinque multiplex, ossia i pacchetti di frequenze utilizzabili per la trasmissione televisiva. I multiplex sono suddivisi in tre gruppi e, attraverso un bando in modalità beauty contest, sei frequenze verranno assegnate - a costo zero - a Rai e Mediaset (con la Rai in posizione subalterna e frequenze meno appetibili);
per potenziare i servizi wireless italiani come il WiMax e la telefonia mobile (LTE), è stata prevista una nuova gara per le frequenze dello spettro elettromagnetico da destinare ai servizi della banda larga mobile. Le frequenze per le telecomunicazioni saranno recuperate attraverso riduzione delle frequenze alle tv locali ossia: delle 56 esistenti, 9 frequenze sono state sottratte all'emittenza locale;
i canali 61-69 della banda 800 dovranno essere liberati entro il 31 dicembre 2012, in cambio di un indennizzo pari a 240 milioni di euro come risarcimento del danno subito, e saranno assegnati agli operatori;
le associazioni di categoria delle tv locali lamentano che la somma loro destinata, pari ad un decimo dell'incasso previsto per la gara della telefonia 4G, risulta insufficiente per coprire i costi sostenuti dalle emittenti per il digitale;
tuttavia, il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla

legge n. 111 del 2011, all'articolo 25, comma 1, lettera a), n. 2, ha previsto, altresì, che: «alla scadenza del predetto termine in caso di mancata liberazione delle frequenze, l'amministrazione competente procede senza ulteriore preavviso alla disattivazione coattiva degli impianti avvalendosi degli organi di polizia delle comunicazioni»;
le tv locali rimaste senza canali potranno affittare uno spazio nei multiplex delle emittenti che hanno mantenuto la possibilità di essere operatori di rete; ciò nonostante, per far transitare il segnale, occorrerà chiedere un passaggio,


impegna il Governo


ad assumere iniziative di carattere normativo, per quanto di competenza, volte a modificare la regolamentazione in materia - ferme restando le indicazioni comunitarie - per salvaguardare le tv locali, e ripartire la riduzione delle frequenze per 1/3 a carico delle tv locali e per 2/3 a carico di quelle nazionali, come suggerito da diverse associazioni di categoria.
(1-00719) «Peluffo, Antonino Russo, Esposito, Vassallo, Schirru, Lenzi, Tidei, Misiani, Fontanelli, Trappolino, Bellanova, Quartiani, Velo, Farinone, Marantelli, Losacco, Codurelli, Fiano, Cavallaro, Vannucci, Laratta, Verini, Vico, Fioroni, Grassi, Capano, Mattesini, Strizzolo, Carella, Fluvi, Bossa, Cenni, Rubinato, Capodicasa, Brandolini, Duilio, Realacci, Froner, Martella, Braga, Mariani, Giorgio Merlo, Rigoni, Ginefra, Pizzetti, Lulli, Rosato, Marco Carra, Ghizzoni, Lovelli, Miglioli, Miotto».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a descrivere i primi casi di cocaina contaminata con levamisolo, che ha procurato lesioni necrotiche della pelle sia sul viso sia in altre parti del corpo di chi ne ha fatto uso, è stata la rivista Journal of the American Academy of Dermatology. Secondo il Department of Justice, il 70 per cento della cocaina circolante negli Stati Uniti potrebbe essere contaminata e la situazione non sembra essere migliore nemmeno nel nostro Paese. La presenza di levamisolo infatti è stata evidenziata in circa il 50 per cento dei campioni di cocaina analizzati dalla tossicologia forense dell'università Cattolica di Roma. Ma a preoccupare maggiormente è l'effetto che il levamisolo ha nei confronti del sistema immunitario. Una banale infezione infatti potrebbe risultare fatale;
il levamisolo è una sostanza che viene impiegata con successo in medicina già dagli anni settanta. «Attualmente è utilizzata come chemioterapico per il trattamento di alcune particolari forme di cancro al colon. Oltre all'applicazione terapeutica sull'uomo la molecola è correntemente prescritta dai veterinari come antiparassitario e antielmintico» spiega Santo Raffaele Mercuri, responsabile del reparto di dermatologia all'ospedale San Raffaele di Milano. Accanto a questi usi tradizionali, il levamisolo è sempre più utilizzato come sostanza per tagliare le dosi di cocaina. La ragione del suo successo è data dal fatto che la molecola è in grado di mimare gli stessi effetti della cocaina poiché agisce a livello cerebrale sugli stessi recettori e l'effetto di questo mix micidiale risulta essere più duraturo;

tra i sintomi più diffusi che i medici statunitensi si sono trovati davanti agli occhi vi è sicuramente quello delle lesioni necrotiche, note anche con il nome di porpora retiforme. Esse sono causate proprio dal levamisolo unito alla cocaina. «Una delle caratteristiche dell'antitumorale - spiega Mercuri - è quello di restringere i vasi sanguigni e ciò avviene prevalentemente sul viso e nelle orecchie. Alla lunga quello che viene a mancare a queste parti del corpo è l'apporto di ossigeno necessario alla sopravvivenza. Questo spiega la necrosi dei tessuti osservata dai medici statunitensi»;
quello che preoccupa maggiormente non è tanto il danno alla pelle quanto il potente effetto che il levamisolo ha, se utilizzato costantemente, nei confronti del sistema immunitario. In particolare causa l'agranulocitosi, ovvero una drammatica riduzione nel numero dei globuli bianchi circolanti a livello sanguigno. «Nel caso particolare della pelle, la follicolite e il conseguente prurito che si sviluppa è dovuto all'infezione da parte di alcuni microrganismi che il corpo di una persona sana può controllare tranquillamente. In questi soggetti le infezioni sono invece un evento estremamente comune perché il loro corpo non è in grado di rispondere in maniera sufficiente agli agenti esterni. Così, un germe banale può diventare molto pericoloso e scatenare un'infezione dalle conseguenze nefaste» conclude Mercuri -:
se il Governo sia già a conoscenza degli effetti della nuova sostanza con cui recentemente viene tagliata la cocaina;
quali iniziative si intendano adottare al fine di contrastare l'aumento incipiente dell'uso di droghe, in particolar modo, come evidenziato dalle premesse, l'uso di cocaina tagliata con levamisolo.
(4-13333)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il piccolo comune di Monsampietro Morico (che si estende per 11 chilometri quadrati), a seguito dell'evento calamitoso abbattutosi sull'entroterra della provincia di Fermo, il 1o e 2 marzo, versa in uno stato gravissimo;
la profondità delle voragini che si sono aperte, delle frane, degli smottamenti hanno obbligato la chiusura d'urgenza di n. 4 strade comunali e vicinali di uso pubblico (strade delle Fontane, Rivo, Fonte Pescara, Montanelle); tale ultima ha altresì comportato l'evacuazione di molti nuclei familiari, l'isolamento di aziende agricole (con forti disagi per il raggiungimento del bestiame, cavalli, ovini), blocco dell'attività cantieristica edilizia di ristrutturazione, oltre all'interruzione della viabilità provinciale, che collega il comune di Monsampietro Morico ai principali centri come Fermo e Porto S.Giorgio; infatti, la strada Montanelle è totalmente scomparsa dal tracciato viario ed era l'unica strada che collegava l'agglomerato urbano alla strada provinciale montottonese;
il disagio e l'esasperazione degli evacuati (tra cui anziani e malati con gravi patologie che, se impossibilitati a raggiungere il primo pronto soccorso, sono in pericolo di vita) spontaneamente si sono manifestati, appieno, con una manifestazione di massa, lo scorso 11 aprile, nel corso di una seduta ordinaria del consiglio comunale. Infatti, dopo accese richieste per ritornare alla normalità, i rappresentanti delle varie famiglie evacuate, hanno formalmente, con documento assunto al protocollo dell'ente, richiesto la ricostruzione di un tracciato stradale che consenta il ritorno alla normalità;
l'effettivo stato della viabilità del comune di Monsampietro Morico, come risulta dalla relazione dei geologi dell'Autorità di bacino, della Protezione civile della regione Marche e del Genio Civile della provincia di Fermo, è stato definito pessimo;
il verbale di somma urgenza a firma dell'ufficio tecnico comunale ha stimato, per fronteggiare, soltanto i lavori di pronto

intervento, la somma di euro 495.000,00 che per le casse del comune di Monsampietro Morico risulta impossibile sostenere;
dover accendere un mutuo per fronteggiare tale emergenza significherebbe dissesto finanziario, a causa dei 140 mutui che sono stati ereditati dalle precedenti amministrazioni cui l'amministrazione attuale è subentrata a seguito delle consultazioni elettorali del 8 e 9 giugno 2009;
il territorio che l'amministrazione comunale in carica sta governando è depositario di magnifiche risorse storiche, culturali, economiche ed enogastronomiche; al momento risulta altamente penalizzato da tale emergenza che ci si trova ad affrontare -:
se e quali iniziative, nell'ambito della propria competenza, il Ministro interrogato intenda tempestivamente assumere per garantire una rinnovata efficienza delle infrastrutture nei confronti dei cittadini, anche al fine di poter rendere di nuovo disponibile a tutti il godimento delle realtà storiche, culturali economiche ed enogastronomiche che hanno reso famoso il territorio di Monsampietro Morico.
(4-13342)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata:

MURO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal mese di febbraio 2011 sono state poste sotto sequestro, unitamente agli equipaggi, la moto nave «Savina Caylyn» e, dal mese di aprile 2011, la moto nave «Rosalia D'Amato»;
nonostante le numerose rassicurazioni arrivate dal Governo, e nonostante l'assoluta ragionevolezza dimostrata dalle famiglie degli undici marittimi italiani sequestrati, il tempo intercorso dal sequestro non risulta più tollerabile;
a sostegno delle legittime aspettative dei marittimi e delle loro famiglie si sono mobilitati cittadini ed istituzioni, che il 7 settembre 2011 sono intervenuti a Roma ad una manifestazione molto partecipata, a margine della quale le famiglie hanno incontrato i vertici istituzionali e, in particolare, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta;
ad oggi, non sembra essere stata messa in opera dal Governo, e soprattutto dall'armatore, alcuna azione significativa;
nei giorni scorsi sono giunte telefonate allarmanti alle famiglie da parte dei marittimi sequestrati, i quali dichiarano di essere allo stremo delle forze e sotto la costante minaccia di torture;
in una situazione così critica, appare all'interrogante «pilatesco» il comunicato del Ministero degli affari esteri dal quale si evince, dietro burocratiche e vaghe frasi di circostanza, che di fatto si intenderebbe scaricare sulle famiglie l'onere di una scelta sul da farsi al fine della liberazione dei marittimi;
l'interrogante, insieme ad altri parlamentari, ha più volte sollecitato il Governo ad impegnarsi più attivamente e concretamente per liberare i nostri connazionali, anche in considerazione del fatto che le navi sono, secondo la legge vigente, territorio italiano ovunque si trovino -:
quali iniziative il Governo, per quanto di sua competenza, intenda porre in essere per ottenere l'immediata liberazione dei cittadini italiani sequestrati.
(3-01855)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

TEMPESTINI, PISTELLI, VILLECCO CALIPARI, BARBI, NARDUCCI e CORSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 5 agosto 2011, durante il processo che la vede imputata per abuso di potere per un contratto di fornitura di gas con la Russia, firmato nel 2009 quando era a Capo del Governo, l'ex Premier ucraina Julija Tymoshenko è stata arrestata per oltraggio alla Corte e ai testimoni;
prima dell'arresto, l'ex Premier era stata imputata per «abuso d'ufficio», in quanto accusata di aver imposto alla società ucraina Naftogaz di accettare un accordo da 450 dollari per ogni mille metri cubi di gas proveniente da Mosca, accordo che se da una parte aveva posto termine alla cosiddetta «guerra del gas» del 2008-2009, dall'altra sarebbe costato circa 130 milioni di euro a Kiev; per tale imputazione la Tymoshenko rischia fino a 10 anni di prigione;
successivamente all'arresto per oltraggio alla Corte e ai testimoni, e a seguito del rifiuto dei giudici di rilasciarla sotto condizionale, centinaia di sostenitori sono scesi in piazza a Kiev contro quello che hanno definito «una montatura ed un accanimento politico», mentre nei giorni successivi il presidente del Parlamento europeo Buzek ha sollevato forti dubbi sulle modalità di «applicazione della legge in Ucraina», esortando il Governo di Kiev a mantenere «i princìpi e i valori comuni che definiscono le nostre relazioni»;
la Commissione europea ha poi sollecitato le autorità di Kiev a garantire alla leader dell'opposizione filo-occidentale non soltanto la libertà personale, ma anche la possibilità di svolgere regolarmente attività politica. Il 16 settembre 2011 il Commissario europeo all'allargamento e alla politica di vicinato - Stefan Fule - durante un colloquio avuto a Yalta con il Presidente dell'Ucraina, ha ribadito che, in caso contrario, gli accordi di libero commercio e di associazione con l'Ucraina (Repubblica ex sovietica), che dovrebbero essere firmati il prossimo dicembre e che costituirebbero il primo passo verso l'ingresso a pieno titolo nella stessa Unione, potrebbero non essere ratificati -:
quali siano le valutazioni del Governo sui fatti riportati e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere, nelle opportune sedi europee.
(5-05404)

Interrogazione a risposta in Commissione:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel triennio 2008-2011 la cooperazione allo sviluppo gestita dal Ministero degli affari esteri ha complessivamente fatto registrare un taglio del 78 per cento ed è risultata essere la spesa più penalizzata nel bilancio statale. La direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) è quella che ha subìto le maggiori riduzioni tra le direzioni del Ministero degli affari esteri, mentre le direzioni per la mondializzazione e la promozione del sistema Paese sono le meno colpite dai tagli;
gli stanziamenti per la legge n. 49 del 1987 hanno così raggiunto il minimo da quando sono stati inseriti nel bilancio dello Stato (175 milioni di euro nel 2011), con una riduzione del 61 per cento rispetto al precedente minimo storico registrato nel 1997, un calo del 168 per cento in termini reali. Le poste di bilancio per finanziare organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative (ONG) e interventi bilaterali hanno subito tagli tra il 44 per cento e il 50 per cento;
nel 2011, la cooperazione allo sviluppo gestita dal Ministero degli affari esteri pesa sul bilancio dello Stato per lo 0,025 per cento; era lo 0,042 per cento nel 2010 e lo 0,1 per cento nel 2008. Sempre nel 2011, l'aiuto allo sviluppo dell'Italia iscritto nel bilancio del Ministero degli

affari esteri è pari all'11 per cento del totale iscritto nel bilancio dello Stato - era del 28 per cento nel 2008 - mentre il restante transita sul bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze;
tra il 2008 e il 2011 gli esperti di cooperazione allo sviluppo a tempo indeterminato sono passati da 87 a 67 e quelli a contratto da 233 a 140;
fin dal primo taglio delle risorse, la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha puntato tutto sull'efficacia dell'aiuto, intesa come rispetto degli obiettivi internazionali e razionalizzazione amministrativa. Va detto che, senza attendere una riforma legislativa della materia, promessa da tempo, la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha tentato di dimostrare che si poteva fare meglio anche con meno risorse finanziarie. Alla fine di quest'anno si saprà se l'Italia è stata in grado di rispettare gli obiettivi d'efficacia, a seguito dello sforzo fatto;
nonostante questo impegno per una maggiore efficienza, per effetto di dotazioni finanziarie così ridotte sulla legge n. 49 del 1987, l'incidenza dei soli salari degli esperti di cooperazione sul totale dello stanziamento disponibile è quasi quintuplicata, passando dall'1,2 per cento al 5,2 per cento nel periodo 2008-2011, escludendo i salari del personale di ruolo e dei funzionari diplomatici. Il paradosso è che a causa dei costi fissi le scarse risorse disponibili rischiano di essere utilizzate tutte per i salari, aumentando in maniera continua l'incidenza dei costi di amministrazione -:
a quanto ammonti e quanto sia variato nel periodo 2008-2011 il costo del personale di ruolo e dei funzionari diplomatici che operano nel settore della cooperazione allo sviluppo, che non gravano necessariamente sul bilancio della legge n. 49 del 1987.
(5-05403)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati della Goletta Verde in Calabria il mare è meno blu che nel resto d'Italia. Lì, oltre la metà dei cittadini (il 60 per cento) scarica reflui non depurati secondo la legge. Anche in Campania e in Sicilia le acque marine vengono violentate dall'inquinamento microbiologico. Il resto d'Italia non è più virtuoso: ogni 51 chilometri di costa si riscontra un punto critico, cui si aggiungono 112 foci di fiumi a rischio, oltre all'allarme cemento da Nord a Sud e la minaccia di nuove trivellazioni. Ma ci sono anche le regine, quelle che hanno un mare sempre più blu, che se ne preoccupano, che lo valorizzano, che lo proteggono. E che sono state premiate con le 5 vele blu: Sardegna, Puglia, Toscana. La Goletta Verde è partita da Genova il 22 giugno 2011, per un viaggio lungo 55 giorni, durante i quali si sono battuti i 7 mila chilometri di coste del nostro Paese, osservandoli, fotografandoli, analizzandoli e prelevandone acqua e liquami. Il 16 agosto 2011 è stata presentata a Capalbio la fotografia del Mare Nostrum: «Scarichi fognari illegali, cementificazione selvaggia delle coste e progetti energetici basati sulle fonti fossili sono i principali nemici del mare italiano, ha detto Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente. Servirebbe «un green new deal - dice - per la tutela delle coste e per il rilancio dell'economia turistica del Belpaese, fondato sulla realizzazione di opere pubbliche davvero utili alla collettività. Si devono aprire nuovi cantieri per realizzare i depuratori per quel 30 per cento di cittadini che ne è ancora sprovvisto, per migliorare un sistema fognario inadeguato a fronteggiare i picchi turistici estivi, per abbattere gli ecomostri di cemento che deturpano le coste»;

il viaggio di Goletta Verde ha rilevato che almeno 18 milioni di cittadini non usufruiscono di un sistema di depurazione corretto, il che porta a dei livelli altissimi di inquinamento microbiologico. I volontari di Legambiente hanno prelevato e analizzato acque e liquidi lungo le coste e alle foci dei fiumi: 112 di quest'ultime sono risultate off limits «a conferma che il problema della mancata depurazione riguarda in primo luogo i comuni dell'entroterra». Con 20, 19 e 16 punti critici emersi dalle analisi del laboratorio mobile di Goletta Verde, Calabria, Campania, Sicilia si distinguono a livello nazionale per presenza di scarichi illegali o impianti non a norma o mal gestiti, «nonostante l'indiscutibile bellezza dei loro litorali». Le regioni dal mare più cristallino sono invece la Sardegna, dove si è registra un punto critico ogni 346 chilometri di costa, e la Puglia, una criticità ogni 96 chilometri. Il monitoraggio scientifico, spiegano da Legambiente, «conferma il preoccupante quadro che emerge dalla procedura di infrazione europea nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto della normativa comunitaria sulla depurazione degli scarichi fognari». Ma il problema riguarda anche le coste. Troppo cenato. Il podio è per la Sicilia, (682 infrazioni), seguita da Calabria (665) e Campania (508): insieme rappresentano il 53 per cento del totale nazionale dei reati sul cemento illegale. Solo nel 2010 le forze dell'ordine hanno accertato 3.495 infrazioni per abusivismo edilizio sul demanio, quasi 10 reati al giorno. Il discorso è nazionale: dal Veneto, con progetti di nuove darsene, porti turistici e urbanizzazioni sulla costa in provincia di Venezia, al Friuli Venezia Giulia, con l'espansione urbanistica che riguarda la città di Grado (Gorizia). Ma anche le Marche e l'Emilia Romagna, con la cementificazione costiera passata e recente, o il Lazio, con il nuovo porto a Fiumicino (Roma);
sopravvivono ancora «ecomostri» che Legambiente mette nella lista degli abusi edilizi da abbattere al più presto. Le ville mai finite costruite dalla mafia a Pizzo Sella, la «collina del disonore» di Palermo; le 35 ville abusive di Capo Colonna a Crotone che, nonostante una sentenza di confisca, sfregiano l'area archeologica; l'albergo di Alimuri a Vico Equense sulla penisola sorrentina; le «villette» sulla spiaggia di Lido Rossello a Realmonte nell'Agrigentino. A completare il quadro, il villaggio abusivo di Torre Mileto nel comune di Lesina (Foggia) in Puglia. L'ultima minaccia, inoltre, è data dal petrolio, cioè dalle nuove trivellazioni proposte dalle società petrolifere: «Il mare italiano - sottolinea Legambiente - è vittima di un vero e proprio assedio con 25 permessi di ricerca già rilasciati al 31 maggio 2011 al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini, per un totale di quasi 12 mila chilometri quadrati in mare, pari a una superficie di poco inferiore alla Campania». Secondo Goletta Verde, «dodici permessi riguardano il Canale di Sicilia, sette l'Adriatico settentrionale, tre il mare tra Marche e Abruzzo, due in Puglia e uno m Sardegna. Se ai permessi rilasciati, sommiamo anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l'area coinvolta diventa di 30 mila kmq, una superficie più grande della regione siciliana». Le aree di mare oggetto di richiesta di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche, Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di Taranto, e 1 nell'Adriatico settentrionale. «Agli attuali tassi di consumo (73,2 milioni di tonnellate nel 2010) le riserve di petrolio presenti nei fondali marini - pari a 11 milioni di tonnellate - verrebbero esaurite in meno di due mesi»;
nel capitolo positivo delle rilevazioni di Goletta Verde ci sono però anche le tre regioni regine del mare pulito: Sardegna, Toscana e Puglia spiccano per la conquista delle cinque vele, massimo punteggio attribuito dalla Guida blu. La Sardegna si conferma la regione con la media più alta di vele (3,5) migliorata ancora rispetto a quella dell'anno scorso (3,4) e vede anche una nuova entrata nella rosa delle 5 vele, Villasimius (Cagliari) che si aggiunge a Posada (Nuoro), Bosa (Nuoro) e Baunei (Ogliastra). Stabili la Toscana e la Puglia

che, rispettivamente, si aggiudicano le 5 vele in tre e due località, Capalbio (Grosseto), Castiglione della Pescaia (Grosseto), isola di Capraia (Livorno), Ostuni (Brindisi) e Otranto (Lecce). Il viaggio 2011 si è concluso, ma Goletta Verde già rilancia quello per l'estate 2012 -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di risolvere le problematiche sollevate da Goletta Verde relative alle coste italiane.
(4-13322)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la riflessione su un nuovo modo di concepire e di vivere si fonda sulla nascita di città e Paesi indipendenti dal petrolio e dai suo derivati, che vivano salvaguardando l'ambiente e cercando di recuperare il senso critico e la collaborazione tra abitanti che vivono vicini, in un tempo massimo previsto di 15-20 anni. Fra gli «strumenti» utilizzati ci sono: i gruppi di acquisto solidale, i pannelli solari, gli orti condivisi, le banche del tempo, i condomini solidali o anche solo semplici gesti di scambio tra dirimpettai. Questa nuovo modo di vivere la città si basa sul concetto di «Transizione» maturato dal lavoro di Rob Hopkins (esperto di pratiche agricole sostenibili) e degli studenti del Kinsale Further Education College, culminato nel saggio «Energy Descent Action Plan». E se l'approccio a energia, salute, istruzione, economia e agricoltura, è multidisciplinare ed espresso sotto forma di road map. Louise Rooney, uno degli studenti di Hopkins, decide di metterlo in pratica e lo propone al consiglio cittadino di Kinsale Town, in Irlanda. Idee economiche e picchi del petrolio a parte, alla base del movimento sta soprattutto il concetto di «resilienza», ossia la capacità di un ecosistema di autoripararsi dopo un danno utilizzando strumenti già esistenti. Il tutto facendo sì che i suoi componenti riprendano fiducia l'uno nell'altro, a partire dalla strada e dal quartiere in cui vivono. Nessuno è escluso, nessuno comanda. Sembrava impossibile ma il piano di Rooney convinse tutti, venne adottato e oggi la città lavora alla propria indipendenza energetica. Nel 2006 anche a Totnes (Gran Bretagna) è iniziata la transizione, e così via, nel corso degli anni. Fino a oggi, con oltre cinquanta comunità riconosciute nel Regno Unito, in Irlanda, Australia, Nuova Zelanda;
negli ultimi tre anni le iniziative di transizione hanno contagiato anche l'Italia. Primo caso è stato Monteveglio, in provincia di Bologna dove, sono state coinvolte anche le istituzioni, con amministratori giovani che hanno capito il meccanismo. Se arriva un fondo europeo si cerca di decidere tutti insieme cosa farne, mentre ciascuno mette a disposizione degli altri la propria «cassetta degli attrezzi» anche a costo di non guadagnarci nell'immediato. La mappa delle Transition Town si sta allargando. A San Lazzaro, sempre in provincia di Bologna, si è partiti dagli orti sinergici. Poi il comune ha messo a disposizione il tetto di una scuola per montare pannelli fotovoltaici, in modo da raccogliere i fondi per realizzare un modello di solare condiviso. All'Aquila, invece, l'inizio del processo è coinciso con il terremoto: il momento di incontro negli orti è diventato occasione per rielaborare una tragedia e tentare di ricucire gli strappi di una comunità lacerata. E, ancora, si inizia a parlarne a Ferrara, Granarolo, Budrio, in Emilia. A Modica, in Sicilia. Con gli urban garden e le fattorie che consentono al processo di muovere i primi passi;
convincere i cittadini è molto semplice. Si parte dal presupposto che non si deve convincere nessuno; il meccanismo inizia nel condominio, nel gruppo di villette, nella strada. Il primo risultato è più sociale che ecologico: persone distanti tra loro da anni, seppur vicine nello spazio, ricominciano a parlarsi. E anche se si decide di investire soldi per i pannelli solari, piuttosto che per i semi dell'orto senza guadagnare nell'immediato, c'è la soddisfazione di aver toccato con mano un

nuovo modo di vivere. Semplificando ancora di più, si cerca di passare dal cittadino solo davanti al suo schermo al plasma, al pannello solare acquistato in accordo con il suo vicino di casa. L'obiettivo futuro è quello di includere anche i Governi nel processo di transizione. Transition Scotland è ora interamente finanziato dalle istituzioni scozzesi che hanno messo a disposizione 8 milioni di sterline (13 milioni di euro) -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di regolamentare e di promuovere a livello nazionale, con un'apposita normativa, le molteplici e diversificate attività che costituiscono la base per l'inizio del processo di «transizione» relativo ad un nuovo modo, maggiormente sostenibile, di vivere le città.
(4-13324)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
entro il 2050, quando la popolazione mondiale raggiungerà quota 9 miliardi di individui, servirà il doppio dell'acqua utilizzata attualmente per garantire la sicurezza alimentare della popolazione. Lo afferma un rapporto del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) in collaborazione con l'Istituto internazionale di gestione dell'acqua (Iwmi), pubblicato in occasione dell'apertura a Stoccolma della settimana mondiale dell'acqua alla quale partecipano 2.500 delegati provenienti da 130 nazioni. «Attualmente 1,6 miliardi di persone vivono in zone già colpite dalla siccità e potranno rapidamente arrivare a due miliardi se tutto resterà come ora», sottolinea l'indagine. «Se rimangono le stesse attività agricole» e «i regimi alimentari attuali», se «continua a crescere l'urbanizzazione, la quantità d'acqua necessaria per l'agricoltura che oggi è di 7.130 chilometri cubici, aumenterà dal 70 al 90 per cento per nutrire nove miliardi di persone entro il 2050», avverte il documento;
il punto centrale in discussione a Stoccolma è l'approvvigionamento idrico delle grande megalopoli del futuro. «Più che mai abbiamo bisogno di nuove tecnologie e nuove politiche» per compensare la mancanza di acqua che colpisce una percentuale sempre maggiore della popolazione, e in particolare nelle città, ha detto nel suo discorso d'apertura della conferenza Gunilla Carlsson, Ministro degli aiuti internazionali della Svezia. «Nelle zone urbane 830 milioni di persone mancano dei servizi di base di approvvigionamento idrico», ha aggiunto. «Ciò rappresenta la seconda causa di mortalità infantile e contribuisce alla mortalità delle madri. Di contro, le classi medie aumentano nelle città contribuendo a un incremento del consumo di acqua». Gli investimenti in infrastrutture idriche non hanno seguito il ritmo dell'urbanizzazione, ha ricordato Anders Bemtell, direttore esecutivo dell'Istituto internazionale dell'acqua di Stoccolma;
«In Italia purtroppo siamo molto indietro sulla gestione sostenibile dei corsi d'acqua», afferma Andrea Agapito, responsabile acque del Wwf Italia. «Siamo gli ultimi in Europa nell'applicazione della direttiva quadro acque 2000/60/CE per la protezione delle acque superficiali e sotterranee, che attraverso una serie di misure, come l'istituzione delle autorità di distretto, ci avrebbe consentito di provare a raggiungere il buono stato ecologico dei corsi d'acqua entro il 2015». L'applicazione della direttiva europea, prosegue il Wwf Italia, consentirebbe di avere piani di gestione dei fiumi che permetterebbero di rivedere le concessioni per l'utilizzo dell'acqua in modo da un lato di evitarne l'ipersfruttamento, e dall'altro di consentirne un uso equilibrato da parte dei diversi settori, dall'agricoltura all'energia elettrica -:
se siano al vaglio del Ministro misure atte al recepimento della direttiva quadro acque n. 2000/60/CE;
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di diminuire la dispersione d'acqua presente strutture idriche italiane;

quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di adottare i consigli relativi alla diminuzione del consumo di acqua da parte dell'Unep.
(4-13325)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
se si parla di gas serra è opinione diffusa pensare soltanto all'anidride carbonica. Senza dubbio questa molecola è la regina dei gas che intrappolano il calore negli strati più bassi dell'atmosfera terrestre, ma, secondo alcuni scienziati americani, per decenni è stata trascurata l'importanza di altri gas prodotti dalle attività umane e che contribuiscono al cambiamento climatico. Una «svista» non da poco, si capisce da uno studio in pubblicazione su Nature. Per stabilizzare il riscaldamento dovuto alla CO2 dovremmo abbattere le emissioni dell'80 per cento (anche perché il gas emesso oggi rimarrà nell'atmosfera per millenni). Un taglio, questo, che a molti appare impossibile. Secondo gli esperti, quindi, sarebbe opportuno iniziare a ridurre le emissioni di altri gas serra, obiettivo sicuramente raggiungibile i cui risultati positivi sarebbero visibili già in poche decine di anni;
concentrati sulla CO2, attivisti, economisti, pianificatori, e forse una buona parte della comunità scientifica, hanno infatti sottovalutato il ruolo di gas come il metano (CH4), l'ossido di diazoto (N2O), l'esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) ed i perfluorocarburi (PFCs). Gas di minore impatto sul clima, ma che le attività umane hanno prodotto per secoli e immesso nell'atmosfera del pianeta senza porsi troppe questioni. «È chiaro - ammettono Stephan Montzka ed i colleghi della agenzia oceanica e atmosferica americana (Noaa), autori dell'analisi - che il cambiamento climatico recente è principalmente dovuto alla anidride carbonica emessa dall'impiego dei combustibili fossili, e sappiamo anche che questo sarà un problema a lungo termine perché si tratta di un gas molto persistente nell'atmosfera. Ma ridurre l'emissione di altri gas serra contribuirebbe già a un miglioramento dell'atmosfera, in tempi molto brevi». Questi altri gas serra sono presenti nell'atmosfera in concentrazioni molto basse, spiegano gli esperti della Noaa. Ma contribuiscono fino al 35-45 per cento al riscaldamento dovuto alle emissioni causate dalle attività umane;
il contenuto atmosferico di metano, per fare un esempio, è oggi ad un livello mai raggiunto negli ultimi 800 mila anni: lo dimostrano le perforazioni nei ghiacci artici ed antartici. Secondo i ricercatori il picco attuale è da imputarsi all'agricoltura ed ai processi industriali. «In assenza di sforzi di mitigazione notevole, sia le emissioni umane che quelle naturali di metano sono destinate a crescere a causa dell'aumento della popolazione e del riscaldamento globale», dice Montzka. Il discorso è simile per altri gas serra. Quello che promettono i ricercatori non è la risoluzione del problema, ma una attenuazione importante e soprattutto sul breve periodo (già entro il 2050-2060). Che, sottolineano più volte gli esperti della Noaa, darebbe risultati impossibili da raggiungere nei prossimi decenni agendo sulla sola CO2. «Un drastico taglio delle emissioni degli altri gas - dice Montzka - è possibile a costi ragionevoli, grazie alle tecnologie attualmente disponibili e ciò faciliterebbe le future azioni di mitigazione.» Per il futuro più remoto, conclude l'analisi, bisognerà comunque imporsi forti riduzioni sulle emissioni di CO2. Ma senza più trascurare gli altri gas serra, suoi stretti collaboratori -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, alla luce dei risultati dello studio effettuato dagli esperti della Noaa, al fine di ridurre l'impatto di gas serra emessi dal nostro Pianeta, con una conseguente riduzione di anidride carbonica.
(4-13326)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con circa 12 gigawatt l'Italia si avvia a diventare entro la fine di quest'anno il

Paese con il più alto tasso di potenza fotovoltaica installata nel mondo. A certificare il pronostico di questo lusinghiero record, a dire il vero nell'aria ormai da qualche settimana, è stato il Gestore servizi energetici, nel corso di un forum sulle energie rinnovabili e sulle opportunità di investimento delle aziende italiane in America Latina;
secondo le elaborazioni dell'ufficio studi del Gse, a fine 2011 l'Italia raggiungerà un livello di potenza di 12 gigawatt con un numero di impianti che toccherà 300 mila unità. Un risultato straordinario raggiunto con uno sprint negli ultimi due-tre anni dopo un lungo sonno e malgrado le tante difficoltà e incertezze che le scelte del Governo hanno imposto al settore;
per rendersi conto della portata di questa rivoluzione basti pensare che il previsto nuovo reattore nucleare dell'impianto finlandese di Olkiluoto con una potenza di 1.600 megawatt una volta ultimato sarà grado di produrre circa 9,6 GWh di elettricità l'anno, mentre la capacità produttiva del solare italiano può arrivare a circa 13,2 GWh. Parlando in termini percentuali, la produzione solare italiana coprirà quest'anno circa il 3 per cento dei consumi elettrici, mentre quella ottenuta in Germania, Paese leader malgrado la svantaggiata posizione geografica, nel primo semestre di quest'anno è stata del 3,5 per cento. Stando a stime del direttore scientifico del Kyoto Club Gianni Silvestrini, nel 2012 è preventivabile l'allaccio alla rete nazionale di un'ulteriore potenza di 4.000 megawatt, il che porterebbe la produzione al livello di circa due centrali nucleari. Una quantità - sempre secondo i calcoli di Silvestrini - pari ai consumi elettrici nazionali e alla metà della produzione delle centrali a carbone attualmente in funzione;
ottimismo per i prossimi anni un po' più contenuto viene espresso invece dal ricercatore presso il Politecnico di Milano Federico Frattini. «Il nostro Paese - spiega - continuerà a sperimentare tassi di crescita piuttosto consistenti, con una nuova potenza installata di circa 2-2,5 gigawatt nel 2012 e 2013 e di circa 1,5 gigawatt nel 2014, per una potenza cumulata intorno ai 17 gigawatt a quella data» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di continuare ad incentivare l'attività di produzione di energia relativa agli impianti fotovoltaici.
(4-13330)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per quanto riguarda l'ozono, l'Italia è una delle nazioni che soffrono di più questa problematica. Se è presente in dosi eccessive, l'ozono provoca malattie respiratorie, se manca provoca problemi oculistici e tumori alla pelle. Poiché quest'ultimo caso è una problematica a livello globale, le Nazioni Unite hanno istituito nel 1995 la giornata internazionale per il mantenimento dello strato di ozono. La scelta del 16 settembre è legata alla data in cui nel 1987 venne firmato il protocollo di Montreal, con il quale vennero messi al bando i cfc, ossia i gas principali imputati per la distruzione dello strato di ozono sopra i poli, trattato che è stato ratificato finora da 196 nazioni, cinque in più del protocollo di Kyoto;
l'ozono è una particolare molecola di ossigeno formata da tre atomi al posto degli abituali due dell'ossigeno che si respira. La Terra è circondata da uno strato naturale di ozono che si trova nella stratosfera tra 15 e 35 chilometri di altitudine. A causa delle basse temperature, l'ozono tende a dissolversi sopra le regioni polari (più sull'Antartide che sull'Artico) seguendo il ciclo delle stagioni. Negli ultimi decenni però le emissioni umane hanno accelerato il processo, fino a creare veri e propri «buchi» al polo Nord e al polo Sud. Lo strato di ozono è fondamentale per la presenza della vita, sotto qualsiasi forma, sul nostro pianeta. L'ozono ha infatti la capacità di assorbire le radiazioni

ultraviolette emesse dal Sole, in particolare quelle di lunghezze d'onda più nocive (Uv-B). Se queste arrivassero al suolo, danneggerebbero il dna delle cellule;
il buco dell'ozono è una faccenda tremendamente seria e i dati scientifici così evidenti che la messa al bando dei cfc ha trovato subito una rapida risposta politica da parte di tutti gli Stati del mondo. Il programma dell'ambiente delle Nazioni Unite (Unep) ha messo a punto un apposito canale su YouTube per ripercorrere la storia del trattato di Montreal e le azioni che vengono messe in atto in occasione della giornata internazionale, che quest'anno ha come tema «L'opportunità unica di mettere fuori gioco gli Hcfc», i gas che hanno preso il posto dei famigerati cfc e che dal 1° gennaio 2015 saranno anch'essi messi fuori produzione. Hcfc che provocano ancora molte polemiche;
in Antartide le cose stanno andando meglio. Rispetto alle dimensioni massime raggiunte il 24 settembre 2006 (29,6 milioni di chilometri quadri), il buco dell'ozono si è ridotto a 22,6 milioni il 25 settembre dello scorso anno. Si spera che i dati 2011 (che saranno noti tra qualche settimana perché il minimo si raggiunge tra l'ultima decade di settembre e la prima di ottobre) facciano registrare un ulteriore miglioramento. Per quanto riguarda la quantità di ozono presente, il minimo venne toccato l'8 ottobre 2006 con 84 unità Dobson (l'unità di misura dello strato di ozono). Si parla di «buco nello strato di ozono» quando si scende sotto le 220 unità Dobson. Purtroppo le cose vanno meno bene a nord. Sull'Artico a inizio 2011 c'è stata un'inaspettata perdita di ozono con un calo del 40 per cento tra l'inizio dello scorso inverno e la fine di marzo a conferma che, nonostante la messa al bando dei cfc risalga a oltre vent'anni fa, la lunga vita di questi gas condiziona e condizionerà ancora a lungo lo strato di ozono -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, al fine di adottare misure volte ad un maggior contenimento dell'inquinamento, causa del peggioramento dello strato dell'ozono.
(4-13331)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultima classifica delle città più attente alla riduzione di PM10, Berlino si posiziona al primo posto, mentre Roma e Milano occupano le ultime posizioni. Al primo posto si trova la città europea più diligente a mettere in atto buone pratiche per ridurre le emissioni di anidride carbonica. La classifica è stata stilata dal City Ranking Project, un'iniziativa promossa da Friends of the Earth Germania e dall'European Environmental Bureau (EEB, la più grande federazione europea di associazioni ambientaliste) nell'ambito della campagna sul clima «Zero emissione» che, in base a nove categorie ha stilato una classifica delle più virtuose (e di quelle meno) nel ridurre i livelli di inquinamento da PM2,5, PM10 e NO2, prodotto, soprattutto, dal traffico veicolare: Roma e Milano sono ultime in Europa nell'attuazione di regole adeguate. Ogni anno, si legge nel City Ranking Project, mezzo milione di morti premature sono causate dall'inquinamento nei 17 Paesi esaminati;
in realtà, nessuna delle 17 città messe sotto esame ha raggiunto il massimo dei voti, cioè la A, e perfino la capitale tedesca deve «accontentarsi» di una B, seguita di pochissimo da Copenaghen, Stoccolma, Vienna e Zurigo. Ma Roma e Milano non sono sole con la loro F che le fa volare negli ultimi due posti. Sopra di loro, di non moltissimo, si trovano Düsseldorf (Germania), Stoccarda (Germania), Madrid (Spagna), Londra (Regno Unito), Bruxelles (Belgio). Tutte con un punteggio molto basso che, per una o per l'altra, significa una bocciatura nelle politiche per incentivare l'uso di trasporti pubblici, o nelle modalità di comunicazione ai cittadini, o nello stimolo al muoversi a piedi

o in bicicletta, o nella limitazione del traffico delle auto;
«Nel voto negativo assegnato a Milano - ha detto Andrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente che fa parte della federazione EBB - ha pesato, forse anche al di là del merito, la scarsissima valutazione dei provvedimenti regionali (Low emission zone) di limitazione della circolazione dei mezzi più inquinanti, soprattutto camion, che circolavano nonostante i divieti e senza applicare filtri». La metropoli lombarda prende la sufficienza sull'uso dei mezzi pubblici in città. «La capitale supera per meno giorni di Milano i limiti per PM10 ma va peggio di quest'ultima e di qualsiasi città europea in tutti gli altri indicatori». «All'estero - conclude Andrea Poggio - anche quando cambia l'amministrazione, non si interrompono tutte le attività intraprese: la lotta al traffico, gli investimenti per i mezzi pubblici o le multe agli inquinatori, in Italia invece basta un cambio di assessore o di consiglio d'amministrazione di una società per ribaltare ogni scelta» -:
quali iniziative il Ministro intende adottare, a livello nazionale, volte alla diminuzione del livello di PM10 nelle grandi metropoli italiane.
(4-13332)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'assegnazione dei riconoscimenti di Legambiente alle città con gli indici più alti di raccolta differenziata ha visto Salerno in cima alla classifica, addirittura prima di Varese. Ogni anno Legambiente assegna gli oscar «verdi» alle città più efficienti nel recupero dei rifiuti e quest'anno è stato assegnato a Salerno il riconoscimento di città più virtuosa di tutto il sud Italia, con trend di crescita molto positivi. In soli cinque anni il comune è passato dal 9 al 70 per cento grazie al successo della raccolta porta a porta. Numeri elevati anche paragonati a quelli dei comuni del nord Italia, dove per esempio Varese, che conta 40mila abitanti in meno della città campana, si ferma al 47,8 per cento di rifiuti riciclati;
Ponte delle Alpi in provincia di Belluno, con il suo 86,4 per cento, si conferma per il secondo anno il comune più virtuoso d'Italia. Sono 1.290 le località che vantano indici di raccolta differenziata sopra il 60 per cento, la soglia stabilita dalla legge finanziaria per il 2007. Tra i capoluoghi, oltre alla già citata Salerno al sud, Pordenone guida la classifica di quelli del nord. Nel centro, nessun capoluogo riesce a raggiungere livelli così alti di raccolta differenziata. Dalla classifica sono assenti le grandi città. Milano resta ferma attorno al 35 per cento a livelli analoghi a quindici anni fa, anche se il capoluogo lombardo ha avviato su 200 mila abitanti la raccolta dell'umido da cucina, ottenendo ottimi risultati. Poco più in alto Torino, a quota 42 per cento, mentre non c'è traccia della capitale, dove la raccolta domiciliare col sistema misto sembra non funzionare;
altre sorprese arrivano dalla classifica per regioni. Con quasi trenta punti percentuali di vantaggio sui secondi, il Veneto è capofila tra le regioni virtuose con un 65,6 per cento di amministrazioni con maggiore attività di riciclaggio sul totale dei comuni. Molto al di sotto il Friuli Venezia Giulia con il 34,2 e il Trentino Alto Adige al 28,3. Al sesto posto, davanti a regioni come Lazio, Liguria, Umbria e Toscana, trova spazio la Campania, con 60 dei 551 comuni sopra la soglia del 60 per cento di rifiuti riciclati. La menzione speciale al comune di Acerra, patria del termovalorizzatore più controverso d'Italia. Qui, a seguito della stipula di un protocollo d'intesa tra comune e Consorzio nazionale imballaggi, l'amministrazione ha introdotto il nuovo servizio di raccolta domiciliare, portando la raccolta differenziata al 70 per cento in pochissimo tempo nell'area servita. «L'impegno profuso da tutti i soggetti coinvolti, CONAI, l'amministrazione di Acerra e cittadini, assume un particolare rilievo alla luce del contesto territoriale non privo di difficoltà e dimostra ancora una volta che è possibile

anche in queste aree raggiungere risultati concreti», si legge nella motivazione -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché tutte le città d'Italia raggiungano percentuali soddisfacenti, nella raccolta differenziata, secondo quanto è stato stabilito dalla legge finanziaria per il 2007.
(4-13336)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
mille litri d'acqua in bottiglia costano al consumatore che li acquista 250 euro, mentre la stessa quantità di acqua del rubinetto costa solo 1,50 euro. A parte l'evidente risparmio, per quanto riguarda la qualità, ci si chiede se la spesa in più corrisponde a un proporzionale aumento della «bontà» dell'acqua. Il gruppo Hera - che cura tra le altre cose la distribuzione di acqua potabile - ritiene di no, in particolare se chi gestisce gli impianti assicura la qualità con 400 mila analisi all'anno (circa 1.100 al giorno) compiute su campioni d'acqua prelevati presso 326 impianti di potabilizzazione, 1.415 punti di captazione e lungo oltre 31 mila chilometri di rete di distribuzione. Ai controlli direttamente eseguiti da Hera si aggiungono le oltre 300 mila analisi effettuate dalle Usl del territorio;
i dati sono contenuti nella terza edizione del rapporto «In buone acque» di Hera, che da lunedì 5 settembre 2011 è disponibile anche on-line, dopo la presentazione ufficiale al Festival dell'acqua di Genova. Digitando il nome del proprio comune si potranno visualizzare i parametri chimico-fisici (ammonio, cloruro, pH, durezza, fluoruro, nitrato, nitrito, residuo secco a 180oC, sodio) dell'acqua che esce dal rubinetto. Il rapporto, afferma orgogliosamente la multiutility, è un'esperienza unica in Italia nel settore idrico e assimilabile solo a poche altre realtà europee, soprattutto di area anglosassone, in cui i gestori sono tenuti per norma di legge a rendere conto pubblicamente della qualità dell'acqua erogata. Oggetto di controllo sono state anche le concentrazioni di sei parametri, selezionati in quanto a più alto tenore di tossicità secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (clorito, trialometani-totale, tetracloroetilene + tricloroetilene, nitrato, nitrito, antiparassitari-totale), misurate da Hera lungo la rete di distribuzione e confrontate con le concentrazioni massime ammissibili nell'acqua potabile: nei diversi territori, le concentrazioni medie risultano fra il 75 per cento e il 90 per cento inferiori ai limiti di legge;
un parametro che sta assumendo sempre maggiore importanza e sta entrando nel patrimonio culturale quotidiano dei consumatori più sensibili all'ambiente, è l'impronta ecologica. Alla quale non sfrigge nemmeno l'acqua. Mille litri di acqua del rubinetto «consumano» fra 1,20 e 2,10 metri quadri di terreno, mentre mille litri di acqua in bottiglia «consumano» fra 469 e 613 metri quadri. Altra misura del beneficio ambientale del consumo di acqua di rete è l'emissione di anidride carbonica. Il rapporto evidenzia come, considerando gli 11 miliardi di litri di minerale consumati (con 192 litri pro capite, l'Italia è al primo posto in Europa per consumo di acqua in bottiglia), l'Italia utilizza per la produzione dell'imballaggio 350 mila tonnellate di plastica Pet (il 78 per cento dell'acqua consumata in Italia è in bottiglia di plastica), pari a 665 mila tonnellate di petrolio e provoca l'emissione di 1 milione di tonnellate di CO2. L'indicatore Carocibo della facoltà di agraria dell'Università di Bologna evidenzia inoltre che più del 9 per cento della spesa alimentare di una settimana (4,22 euro) è dedicato all'acqua minerale -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di controllare costantemente la qualità dell'acqua delle reti idriche italiane fornendo annualmente dettagliate informazioni sull'esito di tale verifica, al fine di promuovere il consumo.
(4-13345)

TESTO AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE 2011

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la stampa quotidiana riporta la notizia che il signor Valter Lavitola, direttore de L'Avanti, ora latitante, avrebbe raccomandato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina ai vertici della Guardia di finanza del generale Emilio Spaziante;
in particolare, i giornali riportano estratti di un'intercettazione di una telefonata con il Presidente del Consiglio del Lavitola, interpretandola come un tentativo di quest'ultimo di favorire la nomina del generale Spaziante a vice comandante della Guardia di finanza;
in realtà, la predetta intercettazione fa emergere, in modo ancora più grave, la precisa volontà del Lavitola di facilitare la nomina del generale Spaziante come successore del generale Nino Di Paolo nel ruolo di Comandante generale della Guardia di finanza;
emergerebbe, infatti, che, prima ancora del completamento dell'iter parlamentare dell'intervento legislativo col quale si è recentemente introdotta la possibilità di nominare il Comandante generale della Guardia di finanza tra gli appartenenti al corpo, e dopo qualche giorno dalla predetta telefonata tra Lavitola e il Presidente del Consiglio Berlusconi, il predetto Lavitola intrattenesse rapporti con il Presidente del Consiglio e con il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti per stabilire che il successore del generale Di Paolo avrebbe dovuto essere il generale Spaziante;
sempre secondo notizie riportate dagli organi di informazione emergono rapporti molto stretti e continui tra il medesimo generale Spaziante e il deputato Marco Milanese, all'epoca consigliere politico del Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso incontri che si sarebbero addirittura tenuti presso gli uffici della Guardia di finanza diretti dallo Spaziante, siti in Roma in via Sicilia, e sarebbero continuati anche dopo che il predetto deputato è stato raggiunto da provvedimento restrittivo;
ancora da notizie di stampa si apprende di incontri tra lo stesso generale e il dottor Borgogni, esponente di Finmeccanica, che si sarebbero svolti presso ristorante «Il ceppo» di Roma;
appare del tutto sconvolgente anche solo l'ipotesi che possa assurgere al ruolo di Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza una persona raccomandata da un latitante, il quale, per di più, intrattenga rapporti col Capo del Governo e col Ministro dell'economia e delle finanze per ottenere tale obiettivo;
risulta altresì paradossale, sempre alla luce delle circostanze sopra riportate, la ventilata intenzione del Governo di ricollocare il generale Spaziante ai vertici dei servizi segreti -:
se e in che modo intenda fare assoluta chiarezza, dinanzi agli organi parlamentari, su tale inquietante vicenda, in particolare in merito al coinvolgimento diretto dello stesso Ministro dell'economia e delle finanze e del deputato Marco Milanese, nella sua qualità di consigliere politico del Ministro, e se intenda illustrare quali siano, al di là degli aspetti meramente formali, gli effettivi metodi e criteri di scelta dei vertici del Corpo della Guardia di finanza, al fine di ridare dignità ed autorevolezza ad un'istituzione, quella della Guardia di finanza, che svolge un molo indispensabile a presidio della legalità e per il contrasto all'evasione fiscale ed alla criminalità economica, nonché al fine di salvaguardare l'onorabilità degli appartenenti al Corpo.
(2-01212)
«Barbato, Donadi, Messina, Cambursano, Zazzera».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
in data 12 luglio 2011, il primo firmatario del presente atto, depositava interrogazione n. 5-05088, che veniva pubblicata in allegato al resoconto della seduta n. 499, per portare a conoscenza dei ministri interpellati l'operato e la gestione della Sogin, società di Stato con unico socio il Ministero dell'economia e delle finanze, che ne detiene interamente il capitale sociale, relativamente all'impianto di cementazione CEMEX, destinato alla solidificazione delle scorie liquide, fra esse il D2, deposito per migliaia di metri cubi di rifiuti nucleari, sito in Saluggia, provincia di Vercelli;
nel citato atto di sindacato ispettivo si chiedeva di verificare che Sogin avesse rispettato tutte le procedure previste dalla legislazione vigente, ed in particolare se fosse in possesso di tutte le autorizzazioni delle autorità competenti e di tutti i requisiti necessari per costruire nell'area citata, con particolare attenzione agli obblighi previsti ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 230 del 1995 sulle «direttive Euratom sulle radiazioni ionizzanti» per la costruzione del deposito per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi cosiddetto «D2», e se sia stata data comunicazione alla Commissione esecutiva dei dati generali del progetto in questione;
la Commissione europea, nella sua risposta E-006949/2011 all'interrogazione presentata dall'onorevole Gianluca Susta, sulle medesime problematiche, precisava quanto segue: «Le autorità italiane sono tenute a presentare alla Commissione, a norma dell'articolo 37 del trattato Euratom, il progetto relativo all'attivazione del deposito per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi denominato "D2"». Per poi proseguire: «Conformemente all'articolo 42 del trattato Euratom, il progetto in questione deve essere comunicato alla Commissione al più tardi tre mesi prima della conclusione dei primi contratti con i fornitori, ovvero tre mesi prima dell'inizio dei lavori, quando questi debbano essere compiuti dall'impresa con mezzi la Commissione affermava inoltre: «sono in corso alcune discussioni tra l'impresa interessata e l'autorità preposta al rilascio delle licenze per lo stoccaggio del "D2" di una quantità limitata di rifiuti cementati che in pochi anni diventeranno da rifiuti di categoria III a rifiuti di categoria II. La Commissione esaminerà la questione dopo il ricevimento delle notifiche ufficiali da parte degli organi italiani competenti.»;
la risposta della Commissione europea dimostra in modo puntuale che SOGIN, allo stato attuale, non ha i requisiti per proseguire con i lavori e che qualora qui si costruisse un deposito e vi venissero stoccate le scorie di categoria III, vi resterebbero davvero per sempre, visto che ad oggi non risulta che vi siano in Italia e all'estero siti in grado di stoccare le scorie e le ricerche in merito sono state quindi sospese;
il 22 settembre 2011, un'agenzia di stampa riprendendo anche le dichiarazioni del sindaco del comune di Saluggia, Marco Pasteris, rendeva noto: «Il Comune di Saluggia, che, lo scorso 29 luglio, con un'ordinanza, aveva disposto la sospensione dei lavori evidenziando alcune prescrizioni, ha dato il proprio "Via libera" dopo aver verificato che tali prescrizioni "erano state completamente rispettate". La decisione è stata comunicata sia alla società Monsud, incaricata dei lavori, sia alla Sogin.» (ANSA);
la ripresa dei lavori è stata possibile grazie alla mera decadenza della precedente ordinanza sospensiva, in quanto trascorso il termine utile di 45 giorni;
per il termine dei lavori occorre una tempistica triennale, mentre l'autorizzazione alla costruzione ha scadenza tra circa un anno;
appare evidente agli interpellanti, in assenza delle autorizzazioni da parte dell'ISPRA

e quindi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, così come in assenza di documentazione e della trasmissione dei progetti in sede europea, l'illegittimità dell'ordinanza del comune di Saluggia che consente il prosieguo dei lavori di costruzione del deposito D2 per le scorie nucleari;
nel 2009 l'architetto Ravetto, assessore all'urbanistica, presidente della commissione edilizia e responsabile del servizio tecnico urbanistico del comune di Saluggia, ha rilasciato alla Sogin una proroga al permesso di costruire il deposito per rifiuti nucleari in un'area in cui il piano regolatore vieta nuove costruzioni, in palese conflitto di interessi, in quanto lo stesso Ravetto risulta essere consulente della Sogin, così come documentato nell'interrogazione n. 5-03406, depositata dal primo firmatario del presente atto;
per la suddetta tipologia di rifiuti di categoria III, non esistendo un sito di smaltimento né in Europa né in Italia, se gli stessi fossero stoccati nel «D2» non sarebbe possibile stabilire il loro allontanamento;
il costo dei lavori per la costruzione del deposito «D2» ammonta a circa 12 milioni di euro, una spesa onerosa per il nostro Paese, visto il disagio economico in cui versa l'Italia -:
se non si intenda con estrema urgenza verificare l'operato di Sogin e garantire il rispetto della legislazione europea e nazionale vigente.
(2-01213)
«Bobba, Mattesini, Gnecchi, Bellanova, Mariani, Castagnetti, Ginefra, Farinone, Capano, Esposito, Bernardini, Servodio, Miotto, Rampi, Trappolino, Damiano, Narducci, Lovelli, Lucà, Grassi, Pes, Livia Turco, Boccuzzi, Codurelli, Marchi, Bucchino, Portas, Carella, Morassut, Mecacci, Calvisi, Realacci, Cilluffo, Sarubbi, Braga, Rosato, Martella, Miglioli, Rubinato, Froner, Tidei, Barbi, Iannuzzi, Berretta, D'Incecco, Cavallaro, Pedoto, De Micheli, Fogliardi, Vannucci, Quartiani, Federico Testa, Albonetti, Zucchi, Oliverio, Sposetti, Zunino, Schirru, Benamati, Cenni, Capodicasa, Baretta, Fiorio, Ginoble, Fioroni, Vaccaro, Rossa, Touadi, Giorgio Merlo, Gianni Farina».

Interrogazione a risposta immediata:

VANNUCCI, BOCCIA, VENTURA, MARAN, NARDUCCI, GIANNI FARINA, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono stati siglati recentemente due accordi bilaterali, fra Svizzera e Germania e fra Svizzera e Gran Bretagna, relativi all'introduzione di un meccanismo di prelievo, in forma anonima, più ampia dell'attuale «euroritenuta», da applicare ai cittadini tedeschi e britannici non residenti in Svizzera ma che detengono conti correnti, capitali o altri beni patrimoniali nella Confederazione elvetica;
tali accordi prevedono l'applicazione di un'aliquota del 27 per cento su redditi da capitale, dividendi ed interessi, quale prelievo alla fonte da riconoscere allo Stato di residenza dei contribuenti interessati, nel caso in cui i contribuenti stessi optino per non dichiarare il patrimonio detenuto all'estero e mantenere in tal modo il segreto;
nel caso invece in cui il contribuente non richieda di mantenere la riservatezza sulle proprie attività detenute all'estero, si prevede la sottoposizione al normale regime di tassazione nel Paese di residenza;
in tale contesto si prevede inoltre un prelievo, mediamente del 25 per cento, variabile (in un ambito compreso tra il 19

e il 34 per cento) a seconda degli importi e della durata della detenzione all'estero delle attività, per sanare le violazioni relative alla mancata dichiarazione delle attività detenute all'estero;
sulla base di questi accordi, i quali saranno operativi a partire dal 2013, è previsto il versamento da parte della Svizzera ai predetti due Paesi, a titolo di anticipo sul gettito futuro di tale imposta, di un ammontare pari a 500 milioni di franchi svizzeri per quanto riguarda la Gran Bretagna, e di 2 miliardi di franchi svizzeri per quanto riguarda Germania, che sarà recuperato in seguito a valere sul gettito dell'imposta stessa;
da recenti stime si apprende che i capitali italiani che si trovano in Svizzera non dichiarati al fisco ammontano a circa 200 miliardi di euro, con un mancato gettito per l'erario statale quantificato in oltre 50 miliardi di euro;
se si applicassero a tali cespiti le medesime aliquote di tassazione previste dai citati accordi bilaterali fra Svizzera, Germania e Gran Bretagna, si potrebbero incassare ingenti risorse e regolamentare una pratica illegale piuttosto diffusa e altamente dannosa per il fisco italiano;
l'esperienza della normativa sul cosiddetto «scudo fiscale», adottata nel corso della XVI legislatura dal Governo, è risultata, secondo gli interroganti, altamente negativa e diseducativa, oltre che poco redditizia per lo Stato rispetto alle effettive potenzialità di gettito;
diversa appare invece l'impostazione dei due accordi sopra richiamati, ai quali si aggiungeranno probabilmente analoghi accordi con molti altri Paesi, tra i quali gli Stati Uniti d'America, che dimostrano una forte attenzione su tale tema;
un'iniziativa in tal senso da parte dello Stato italiano potrebbe risultare utile per migliorare lo stato dei rapporti fra Svizzera e Italia, che appaiono deteriorati dalle improvvide dichiarazioni e dalle inutili «prove muscolari» del Governo italiano -:
se il Governo, attraverso il Ministro interrogato, intenda giungere alla stipulazione di un accordo con la Confederazione svizzera sulla falsariga di quelli firmati dalla Germania e dalla Gran Bretagna, se tale ipotesi possa essere ostacolata da pregresse frizioni nei rapporti tra Italia e Svizzera, quali iniziative siano state finora intraprese per definire tale accordo ed entro quali tempi ritenga possibile giungere a questo fondamentale obiettivo.
(3-01854)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

CERA e OCCHIUTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca di Credito Cooperativo di Cosenza è una realtà importante del sistema creditizio calabrese, con 17 milioni di euro di patrimonio di vigilanza, 2.500 soci, 20 mila clienti; 64 dipendenti distribuiti in otto filiali e trentasette i comuni in cui la banca opera;
dopo essere stata commissariata a seguito di alcune ispezioni della Banca d'Italia, nel maggio dello scorso anno, la Banca di Credito Cooperativo di Cosenza non ha ottenuto dal fondo di garanzia - Federazione nazionale Banca di Credito Cooperativo, il contribuito di capitale richiesto di 10 milioni, necessario per il rilancio dell'istituto, da restituire nel tempo;
il diniego del contributo da parte del Fondo di garanzia alla BCC di Cosenza risulterebbe tuttavia immotivato e illogico, sia perché l'azione dei commissari (la cui gestione scadrà il prossimo 6 novembre) ha condotto la banca sulla via del pieno risanamento, sia perché il caso di Cosenza presenta una situazione e numeri assai migliori rispetto ad altre realtà che, invece, presentavano irregolarità gestionali, mancanza di controlli e maggiori rischi e che comunque sono state salvate;

secondo notizie di stampa e in base alle dichiarazioni di politici locali, dietro il diniego del prestito vi sarebbe il disegno della Banca Sviluppo, che, dopo aver già acquisito la BCC di San Vincenzo, vorrebbe accorpare, a costo zero e senza alcun esborso, anche la banca di Cosenza;
la BCC di Cosenza rappresenta il fulcro su cui si regge la Federazione regionale, per cui con l'acquisizione della BCC di Cosenza da parte della Banca Sviluppo, di fatto, verrebbe soppressa la Federazione regionale calabrese delle Bcc, per consegnare il sistema calabrese alla Federazione pugliese, il cui uomo forte è lo stesso che dirige il Fondo di garanzia - Federazione nazionale Bcc;
con una nota la Fiba Cisl Cosenza ha espresso perplessità «sul fatto che ormai diffuse voci parlino di una "quindicina di esuberi" quando ancora non sembra neppure definito l'esito del commissariamento»;
il Sottosegretario all'economia Antonio Gentile in relazione alle notizie sul possibile accorpamento dell'istituto di credito a Banca sviluppo ha dichiarato: «il mio interessamento si rende possibile solo in presenza di un valido progetto industriale guidato da persone competenti che possano traghettare la Banca verso una gestione sana ed equilibrata a favore della nostra comunità. Per tale problematica mi incontrerò a breve con il dottor Azzi, presidente di Federcasse» -:
se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire la stabilità dell'istituto, a tutela dei depositanti, e di favorirne il salvataggio anche con soluzioni finalizzate a valorizzarne l'autonomia, salvaguardando in tal modo un patrimonio ormai secolare del territorio cosentino e calabrese, oltre che un efficace strumento di sostegno dell'economia locale, che rappresenta un elemento fondamentale del sistema creditizio regionale.
(5-05405)

BERNARDO e GOLFO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 120 del 2011, approvata in sede legislativa dalla Commissione finanze, ha introdotto un'importante novità nella disciplina delle società quotate sui mercati regolamentati italiani, prevedendo, in via temporanea, che negli organi di amministrazione e controllo delle stesse società, il genere meno rappresentato debba ottenere almeno un terzo dei componenti eletti;
si tratta di un'innovazione di notevole rilievo, che pone l'Italia all'avanguardia a livello mondiale nelle politiche attive per la parità tra i sessi e per una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro;
in tale contesto la legge prevede l'emanazione di una disciplina secondaria di attuazione, ai fini dell'applicazione delle nuove regole;
in particolare, l'articolo 1, comma 1, demanda alla CONSOB il compito di statuire con proprio regolamento in ordine alla violazione, all'applicazione ed al rispetto delle predette disposizioni in materia di quota di genere;
l'articolo 3, comma 2, prevede invece che, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con regolamento governativo siano stabiliti termini e modalità di applicazione delle citate previsioni anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni, non quotate in mercati regolamentati -:
quali siano i tempi per l'emanazione della predetta disciplina secondaria di attuazione, che deve consentire la concreta applicazione di tale importante intervento legislativo.
(5-05406)

BARBATO, MESSINA, DI GIUSEPPE e ROTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del decreto-legge n. 70 del 2011,

convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, stabilisce i termini per il riconoscimento della ruralità degli immobili che non sono stati accatastati in A6 e D10;
la normativa citata specifica che entro il 30 settembre 2011 deve essere inoltrata all'Agenzia del territorio la domanda di variazione catastale degli immobili rurali e che le modalità applicative e la documentazione necessaria ai fini della presentazione della certificazione, nonché ai fini della convalida della certificazione medesima, dovranno essere stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
la norma intende chiarire la ruralità dei fabbricati abitativi e non abitativi mediante la domanda di variazione della categoria da parte dei soggetti interessati; di fatto, offre la possibilità di precisare la natura dell'immobile allo scopo di porre fine al contenzioso esistente specialmente in materia di ICI;
il Ministro dell'economia e finanze ha emanato il decreto attuativo per l'accatastamento degli immobili rurali il 14 settembre che è stato pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» il 21 settembre 2011;
il termine dettato dalla norma per depositare la richiesta rimane comunque il 30 settembre 2011, rimanendo dunque pochissimi giorni, per migliaia di proprietari per predisporre la documentazione necessaria;
dopo mesi di attese, annunci e rinvii, l'accatastamento degli immobili rurali, che sembrava un traguardo si sta trasformando in un incubo per tutti coloro che in una settimana dovrebbero predisporre tale domanda con la relativa documentazione -:
se non ritenga opportuno adottare un'iniziativa normativa urgente al fine di prorogare il termine già citato in premessa al giugno 2012, visti i tempi ristretti dettati dal ritardo del decreto attuativo, per garantire ai tanti proprietari interessati la possibilità di richiedere la variazione catastale del proprio immobile.
(5-05407)

FORCOLIN, FUGATTI, COMAROLI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha rivisto il regime fiscale dei contribuenti minimi;
in particolare, a partire dal 1o gennaio 2012, il regime introdotto con la finanziaria per il 2008 si applicherà per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'hanno intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007, con l'applicazione di un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento;
i contribuenti che, per effetto del nuovo regime, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non possono beneficiare del regime semplificato per i contribuenti minimi, ovvero ne fuoriescono, sono esentati dal pagamento dell'IRAP e sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini dell'IVA; gli stessi hanno, però, l'obbligo di conservare i documenti ricevuti ed emessi e, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi e sono assoggettati agli studi di settore;
nella norma non si fa esplicito cenno, per i contribuenti che rientrano nel «regime degli ex minimi», alla permanenza o meno dell'imposta sostitutiva con aliquota pari al 20 per cento, né vengono dettati i

criteri di determinazione del reddito da essi prodotti, generando non poca incertezza nei contribuenti, all'avvicinarsi del periodo d'imposta 2012; d'altra parte non è stato ancora emanato alcun provvedimento, da parte del direttore dell'Agenzia delle entrate, per l'attuazione delle disposizioni in oggetto, come previsto, invece, dal comma 6 del citato articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011 -:
quali saranno, a decorrere dal periodo di imposta 2012, i criteri di determinazione del reddito e le modalità di tassazione (Irpef ordinaria a scaglioni o imposta sostitutiva) per i contribuenti che rientrano nel «regime degli ex minimi».
(5-05408)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GATTI, FONTANELLI, DAMIANO, BELLANOVA, MADIA, SCHIRRU, CODURELLI, RAMPI, MIGLIOLI, BERRETTA, BOCCUZZI e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 20 settembre 2011 si è tenuto, presso la sede della regione Toscana, un incontro avente per oggetto la difficile situazione riguardante i cantieri di Pisa, appartenenti al gruppo Baglietto, il quale opera anche in Liguria, presso i cantieri navali di La Spazia e Varazze;
i dipendenti della Baglietto, di cui circa 60 impiegati presso la sede di Pisa, sono in cassa integrazione straordinaria dall'8 luglio 2010 fino (tramite una proroga accordata nel mese di giugno 2011) a inizio gennaio 2012;
il tema della riunione, convocata dall'assessore regionale al lavoro e alle attività produttive, Gianfranco Simoncini, e alla quale hanno partecipato, oltre ad altri esponenti delle istituzioni provinciali e comunali pisane, il liquidatore del gruppo Baglietto, Federico Galantini, e il segretario provinciale della CGIL, Gianfranco Francese, ha riguardato le prospettive relative al futuro del gruppo e dei suoi dipendenti;
da diversi mesi, dopo l'inattesa ed incomprensibile rottura avvenuta tra il liquidatore ed il Gruppo EFFEBI Overmarine che aveva avanzato una proposta irrevocabile di acquisto del Gruppo Baglietto, si inseguono voci e promesse relative all'acquisizione del gruppo Baglietto, ma, a oggi, non vi è nessuna proposta che possa ritenersi seria;
anche nel corso della riunione di cui sopra, il liquidatore del gruppo ha, genericamente, parlato dell'interessamento all'acquisto da parte di due fondi di investimento e di un magnate arabo, suscitando la reazione del rappresentante della CGIL che ha manifestato una profonda insoddisfazione per le ipotesi prospettate, le quali, anche nel caso fossero attendibili, «non corrispondono al soggetto industriale che ci serve»;
il timore riguarda la possibilità di uno «spacchettamento», con la prospettiva di una vendita separata dei cantieri che potrebbe vedere danneggiato il sito pisano rispetto a quelli liguri;
ancora più preoccupanti sono le parole del liquidatore, relativamente alla possibilità di fare uscire dallo stabilimento pisano lo yacht commissionato da un armatore e in attesa di essere completato da un anno e mezzo; il sindacato ha contrastato tale ipotesi, prospettando la possibilità di interrompere la cassa integrazione e far lavorare i dipendenti pisani fino al completamento della barca;
a pochi mesi dalla scadenza del periodo di cassa integrazione straordinaria la situazione dei dipendenti dei cantieri navali pisani è più incerta che mai; ad aggravare questo stato di disagio contribuisce, a parere degli interroganti, l'atteggiamento poco chiaro del liquidatore del gruppo Baglietto (del quale era anche stata chiesta la revoca del mandato, poi rientrata, dalla Camuzzi, società azionista di riferimento) il quale, durante questi ultimi mesi sembra, con il suo operato, non aver garantito una soluzione pienamente sod disfacente

al problema occupazionale e di ripresa industriale -:
se sia a conoscenza della situazione e se non ritenga di garantire l'obiettivo del rilancio dei Cantieri di Pisa e della salvaguardia dei posti di lavoro di tutti i suoi dipendenti.
(5-05402)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei conti delle società di capitali il 2010 ha riportato il segno positivo sui ricavi e la redditività, secondo i dati dell'Osservatorio Cerved Group. L'analisi, realizzata elaborando ed aggregando 113mila bilanci depositati relativi all'ultimo esercizio, mostra «un'inversione di rotta importante dopo il terremoto della crisi», come spiega Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group. La ripresa, però, si rivela ancora troppo debole per riuscire ad agganciare i livelli del 2007, anno nel quale già si manifestavano segnali di rallentamento dell'economia, ma che non lasciava immaginare gli effetti negativi della caduta Lehman. Il quadro d'insieme è ancora appesantito da incognite e fattori di debolezza, e le piccole e medie imprese, in un contesto di forti tensioni, soffrono più delle grandi aziende;
il rapporto Cerved Group - il primo sui bilanci d'esercizio 2010, costruito su una base statistica ampiamente rappresentativa dell'universo delle imprese - indica innanzitutto una discreta crescita dei fatturati, più marcata per le società a maggiori dimensioni (l'aumento è del 5,8 per cento rispetto al 2009), modesta per le piccole (più 2,8 per cento). I valori pre-crisi restano un miraggio: quasi un'impresa su due (il 42,8 per cento) denuncia, in confronto al 2007, una forte caduta dei ricavi (oltre il 10 per cento). Va però detto, a parziale conforto, che emerge anche un 33,3 per cento di società con ricavi in crescita di oltre il 10 per cento, dunque auspicabilmente fuori dalla spirale negativa. La redditività, pur ritrovata, si ferma sotto i livelli pre-crisi: il Roi, indice di redditività del capitale investito, è stato l'anno scorso del 4 per cento (era al 6,4 per cento nel 2007) mentre il Roe, che misura la redditività del capitale proprio, sale a quota 5,5 per cento ma, per restare al confronto con l'esercizio 2007, si arresta poco oltre la metà del 9,1 per cento di allora. Complessivamente, nel 2010, hanno chiuso l'esercizio in utile il 71 per cento delle società analizzate, una percentuale superiore di cinque punti a quella dell'anno precedente, ma di sei punti inferiore al 2007;
si conferma pesante, anzi si aggrava, secondo il rapporto, lo squilibrio delle partite correnti: le difficili condizioni di mercato e la stretta al credito bancario hanno accentuato il deterioramento delle condizioni di liquidità, soprattutto tra le micro-imprese. Per quanto riguarda, invece, il capitale circolante commerciale, che esprime la consistenza del fabbisogno finanziario derivante dal ciclo operativo, nell'ultimo anno gli indicatori sono rimasti stabili tra le piccole e medie imprese, in aumento per le realtà più piccole e in diminuzione per le grandi. I problemi di gestione della liquidità spingono le aziende a negoziare termini di pagamento più favorevoli con clienti e fornitori, ma l'inizio dell'anno in corso ha segnato una nuova inversione di tendenza, portando gradualmente la situazione verso la normalità: la rilevazione, sempre di fonte Cerved, sul primo trimestre 2011 parla di un 42,2 per cento di società che saldano le fatture entro la scadenza concordata, rispetto al 40,9 per cento del quarto trimestre 2010;
l'andamento dei costi conferma che le imprese hanno compiuto notevoli sforzi di contenimento: se nel caso delle materie prime i risultati riflettono in maniera diretta le tensioni sui prezzi e l'andamento della produzione, nelle spese per il personale, dopo il modesto +0,3 per cento del 2009 sul 2008, l'incremento è stato del 4

per cento l'anno scorso sul 2009. Una dinamica di qualche decimo inferiore a quella del valore aggiunto, che ha fatto segnare più 4,8 per cento. «Restano segnali di sofferenza tra le micro e le piccole imprese, che peraltro rappresentano il cluster più numeroso», osserva De Bernardis. «Siamo, infatti, in presenza di una ripresa lenta e fragile, con difficoltà nell'intervenire sui fattori strutturali e, di conseguenza, con scarsa propensione ad assumere rischi»;
una chiave di lettura confermata da Stefano Manzocchi, professore di politica economica internazionale alla Luiss di Roma, per il quale «le piccole e medie imprese hanno fatto ogni sforzo per contenere i costi, anche con strategie e strumenti innovativi. Hanno razionalizzato tanto le catene di fornitura quanto la rete distributiva, e hanno imparato a sfruttare le potenzialità del web. Ora, coerentemente con il contesto generale, tendono a non esporsi sul terreno finanziario». «Anche perché - aggiunge Guido Corbetta, professore di strategia aziendale all'università Bocconi di Milano - il problema della liquidità persiste. Le imprese, soprattutto se piccole, hanno difficoltà nell'accesso al credito bancario, ma al tempo stesso non presentano risultati tali da rendere praticabile l'autofinanziamento. La situazione, così, resta bloccata. La tendenza a non distribuire gli utili è una risposta ma, ovviamente, può funzionare solo nel breve termine. Sul piano strategico, visto che sono le piccole e medie imprese a soffrire di più, appaiono necessarie operazioni di messa in comune delle rispettive risorse» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di garantire alle piccole e medie imprese italiane condizioni atte ad un progressivo incremento della loro produzione e, conseguentemente, dei loro fatturati.
(4-13323)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere, premesso che:
Domenica 25 settembre il quotidiano irpino Ottopagine ha pubblicato un reportage sul carcere di Bellizzi Irpino in cui è scritto: «Provate a vivere in pochi metri quadri. Non da soli, ma in nove. Con un bagno proprio lì, nel centro della stanza. Niente acqua calda. Carta igienica razionata. Così come il sapone, il disinfettante, il detersivo e il dentifricio. E immaginate tutto questo in piena estate. Caldo torrido. Aria irrespirabile. E non potete uscire da li. Mai, o meglio: un'ora al giorno. Un'ora d'aria, a passeggio in un recinto di trenta metri quadrati. Ebbene, se avete messo fuoco quest'incubo, non pensiate di dover andare lontano per osservarlo. Migliaia di avellinesi lo vedono ogni giorno, mentre percorrono la variante. È il carcere di Bellizzi. Dall'esterno non sembra così minaccioso. Dentro è l'inferno. Proprio come altre case circondariali. (...) Già oggi è molto, molto al di là del sopportabile. Fino al punto di poter affermare che le carceri italiane sono illegali. Nel vero senso: non rispettano la legge, non rispettano i diritti umani. «Siamo allo stremo - racconta Cristina Mallardo, coraggiosa, è il caso di dirlo, direttrice del penitenziario avellinese. Ospitiamo oggi 535 detenuti. Ma il massimo previsto è di 350 unità. Andiamo avanti così da diversi mesi, in un clima che è sempre più difficile e inevitabilmente teso. Al sovraffollamento si aggiunge la carenza di fondi. Nel giro di qualche anno sono stati ridotti del sessanta, settanta per cento. Stiamo razionando tutto. A partire dai generi di pulizia personale. Anche la carta igienica. Sembra assurdo, ma non possiamo fare altrimenti»;
«Le celle del carcere di Bellizzi - si legge ancora nell'articolo - sono piccole.

Tra otto e dodici metri quadrati. Lì dentro sono stipati otto, nove detenuti. Se camminano i reclusi rischiano di pestarsi i piedi. «Con il caldo torrido di questa estate - continua la direttrice -, certe situazioni sono inevitabilmente peggiorate. Così come le condizioni igieniche. Si può parlare di allarme sanitario. Ma in quella assurda promiscuità anche un mal di testa diventa insopportabile. I controlli medici sono sempre più frequenti». Se quello che abbiamo descritto non vi sembra ancora simile all'inferno, è forse perché il pregiudizio per chi ha sbagliato ed è stato condannato ad una pena è più forte di un sentimento di umana solidarietà, beh allora sappiate che c'è di peggio. Perché questo dramma riguarda anche i bambini, quelli al di sotto dei tre anni. Reclusi anche loro, insieme alle mamme. Molti lo sanno, qualcuno ancora lo ignora: ma il carcere di Bellizzi ospita anche donne e bambini. In questo momento, trentatré mamme e sette piccoli, molti di loro neonati. In pochi metri quadri, due mamme e i bambini. Tutti insieme. Pochi servizi igienici. E quel caldo che molti di voi - nonostante l'aria condizionata - hanno mal sopportato in questi mesi d'estate. C'è anche un asilo, ma non pensate all'asilo dei vostri figli. Gli agenti di polizia penitenziaria fanno quello che possono per renderlo accogliente. Forse anche di più. Ma è difficile non pensare che si tratti di un carcere per bambini. Nonostante i giocattoli. Una mamma detenuta una volta ci ha raccontato: sono stata reclusa con il mio primo figlio. È stato due anni con me. Ora è fuori e piange ogni volta che sbatte una porta o sente il rumore delle chiavi. È il suono delle celle. Lo accompagnerà forse per tutta la vita. Ma la vita dietro le sbarre non è dura solo per i detenuti. C'è anche chi è recluso senza nessuna condanna. Sono gli agenti di polizia penitenziaria. «A loro devo solo dire grazie - dichiara convinta la direttrice Mallardo -. Siamo sotto organico. Mancano cento unità. In tanti sono andati in pensione in questi anni. C'è stata la possibilità e lo hanno fatto, il lavoro era diventato insostenibile. Chi è rimasto si sobbarca turni doppi, notti ripetute ed è costretto ad operare in condizioni difficili. Cerchiamo di svolgere al meglio il nostro lavoro, di rendere il meno dura possibile l'esistenza dei detenuti. Anche a costo di sacrifici enormi. Ma a volte anche i sacrifici non bastano»;
nel carcere di Bellizzi Irpino, si legge ancora nell'inchiesta «Le condizioni di vita dei reclusi hanno amplificato i disagi psicologici e psichiatrici già connessi alla detenzione. "Un paio di volte alla settimana un medico specializzato è presente nel penitenziario. Ma non basta. Non è sufficiente. Ci sono spesso casi di autolesionismo, di proteste estreme. In questo periodo ci preoccupa molto un detenuto straniero. Vive nel nord, ma è stato trasferito qui, lontano dalla sua famiglia. Siamo costretti a intervenire di continuo. E francamente comprendo la sua frustrazione: che senso ha tenerlo lontano dai suoi affetti. Ma ci sono anche altre storie al limite - continua la Mallardo -. Come la ragazza costretta su una sedia a rotelle dopo un incidente stradale e che attende da tempo di essere sottoposta a intervento chirurgico. Di lei si prende cura la detenuta con la quale divide la cella. Non avevamo una soluzione diversa". E poi ci sono i paradossi. È stato da tempo realizzato un nuovo padiglione nel penitenziario. Potrebbe ospitare un centinaio di detenuti. Ma mancano alcuni lavori e il ministero non dispone di fondi sufficienti per completarlo. "Sì, è così. Ma al momento non saremmo in grado di gestirlo - commenta amara la direttrice -. Non c'è personale sufficiente per l'attuale struttura, figurarsi per un altro padiglione. E poi..." Non completa la frase, ma la immaginiamo: e poi, in pochi mesi sarebbe sovraffollato anche l'altro padiglione. Risultato: la moltiplicazione dei problemi. Non c'è via d'uscita. Servirebbe un intervento parlamentare. Le tanto sbandierate misure alternative al carcere per i reati minori. La detenzione extramuraria. Ma si parla, si parla. E non si fa nulla. Occuparsi dell'inferno dietro le sbarre non crea consensi. Poco importa che le nostre prigioni violano tutte le leggi europee in

materia (e anche quelle italiane). Che i più elementari diritti umani siano quotidianamente calpestati. Che il carcere dovrebbe rieducare e non solo punire. Ora lo sapete. E se in auto mentre percorrete la variante il vostro sguardo incrocia quel carcere, pensate a quello che accade li dentro. Magari provando solidarietà per le persone costrette a viverci. Per i detenuti, certo. Ma anche per gli agenti di polizia penitenziaria» -:
se siano a conoscenza di quanto riportato dal quotidiano Ottopagine in merito alle condizioni del carcere di Bellizzi Irpino;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per riportare il numero complessivo dei detenuti a quanto previsto dalla normativa;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per rendere legali le condizioni di detenzione, per fornire gli strumenti necessari a mantenere l'igiene delle celle e quella personale di ciascun detenuto, per eliminare i wc a vista che tolgono ogni dignità all'essere umano, per assicurare la fornitura di acqua calda indispensabile per l'igiene personale;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per assicurare la prevista territorializzazione della pena e per l'assistenza psicologica alla popolazione detenuta;
cosa intendano fare i Ministri interrogati per garantire la dovuta assistenza sanitaria a tutta la popolazione detenuta e, in particolare, ai casi segnalati nell'inchiesta;
se non si intendano effettuare per quanto di competenza le opportune verifiche in merito all'allarme sanitario lanciato dalla direttrice d'Istituto di Bellizzi Irpino;
cosa intenda fare il Ministro della giustizia per coprire la gravissima carenza di agenti di polizia penitenziaria;
che notizie intenda fornire in merito all'apertura del nuovo padiglione realizzato da tempo che potrebbe ospitare cento detenuti, previa assegnazione del personale necessario;
se non ritenga contraddittoria la prevista costruzione di 20 nuovi padiglioni e 11 nuovi istituti in tutta Italia, quando per mancanza di fondi e di personale non si riescono ad aprire le strutture nuove, già pronte.
(4-13346)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la più grande operazione di cyber-spionaggio della storia è stata scoperta dalla società di sicurezza informatica McAfee che ha riscontrato la violazione dei database di 72 organismi tra cui l'Onu, i Governi di Usa, Canada, Corea del sud, India e Taiwan e decine di società americane del settore hi-tech e della difesa. Esaminando i log di un unico server, la società ha identificato le probabili fonti degli attacchi informatici. Come riporta il quotidiano statunitense The Washington Post, infatti, la McAfee non ha identificato l'origine degli attacchi, ma ha detto di credere che ci sia un «soggetto statale» dietro gli attacchi, che non ha voluto identificare, anche se un esperto a conoscenza dossier ha spiegato che tutti gli indizi puntano sulla Cina. In particolare, secondo il Centro internazionale per gli studi strategici, la lista dei bersagli si concentrerebbe su Taiwan e le organizzazioni olimpiche nel periodo precedente alle Olimpiadi di Pechino. Alcuni attacchi sono durati solo un mese, ma il più lungo, al Comitato olimpico di una nazione asiatica non precisata, è andato avanti a intermittenza per 28 mesi, secondo McAfee;

la lunga lista di vittime in cinque anni di campagna include anche l'Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean), il Comitato olimpico internazionale (Cio), l'Agenzia mondiale anti-doping e una serie di società, dalla difesa all'high-tech. Nel caso delle Nazioni unite, gli hacker sono entrati nel sistema di computer del segretariato Onu a Ginevra nel 2008, dove sono rimasti nascosti per circa due anni, secondo McAfee. Tra i 72 obbiettivi degli attacchi vi sono anche 49 aziende statunitensi: lo scopo era quello di procurarsi materiali sensibili su sistemi militari, tecnologia elettronica e in particolare relativa alle comunicazioni satellitari: «Siamo di fronte ad un massiccio trasferimento di ricchezze, sotto forma di proprietà intellettuali, che non ha precedenti», ha piegato il vicepresidente per la ricerca delle minacce della McAfee, Dmitri Alperovich, in un rapporto di 14 pagine. «Anche noi siamo rimasti sorpresi dall'enorme diversità delle organizzazioni vittime e dall'audacia degli esecutori - ha proseguito Alperovitch -. Cosa stia accadendo a tutti questi dati è ancora una domanda ampiamente aperta. In ogni caso, se anche una sola frazione è stato usata per costruire prodotti migliori della concorrenza o per battere un concorrente in una negoziazione chiave, la perdita rappresenta un'enorme minaccia economica»;
anche l'Italia, nelle ultime settimane, è stata vittima di alcuni attacchi hacker, fra i quali il più importante è quello che ha coinvolto i server della polizia: il gruppo di pirati informatici Nkwt, nell'ambito di un'operazione lanciata da Lulzsec e Anonymous - già responsabili di attacchi di alto profilo, tra cui uno contro la Cia - ha comunicato di essere penetrato all'interno dei server del Cnaipic, il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche della polizia italiana trafugando migliaia di documenti di ogni tipo. Il gruppo ha annunciato l'intenzione di mettere tutti i documenti on-line e ne ha pubblicata una piccola parte, poco più dell'1 per cento. Secondo quanto si apprende i server violati farebbero capo a un'azienda che fornisce assistenza tecnica al Cnaipic. Il Cnaipic è il centro incaricato «in via esclusiva - come si legge sul sito della polizia - della prevenzione e della repressione dei crimini informatici, di matrice comune, organizzata o terroristica, che hanno per obiettivo le infrastrutture informatizzate di natura critica e di rilevanza nazionale». Il livello di interesse dei documenti che sono nel suo archivio, se diventassero di pubblico dominio, è quindi evidente;
se tra le decine di documenti già pubblicati ci sono anche file poco rilevanti (inviti a convegni e foto di agenti probabilmente per comunicati stampa), altri possono dare un'idea del tipo di materiali in possesso della polizia e ora degli hacker. Ci sono ad esempio decine di documenti fotocopiati di individui d'origine medio-orientale, ricostruzioni dello scandalo Madoff, lettere ufficiali (in russo e in arabo) inviate a dirigenti di azienda e Ministeri, oltre a ricostruzioni di attacchi informatici contro la procura di Genova, contro la Bank Medici (indagata dall'Fbi per riciclaggio nell'ambito del caso Madoff) e contro le compagnie petrolifere come Petrovietnam e Gazprom. In un appunto per il capo della polizia si sottolinea la debolezza della rete degli uffici giudiziari di Genova sottolineando la «possibilità che gli attacchi informatici (130 computer violati) siano di provenienza interna»;
in un altro documento, inviato da un agente al Viminale, si raccomanda, in seguito all'attacco contro Bank Medici di «sigillare tutte i documenti» (..), in attesa del completamento delle indagini su quello che viene definito «un attacco hacker su larga scala». Il gruppo responsabile dell'attacco ha annunciato l'hackeraggio su un sito dedicato alla pubblicazione anonima di documenti di testo, giustificando la diffusione con le seguenti accuse: «Abbiamo deciso di far trapelare tutto quello che è stato raccolto da quella task force cibernetica chiamata Cnaipic. Questa organizzazione corrotta ha raccolto prove da tutti i computer sequestrati e li ha utilizzati in operazioni illegali con agenzie di

intelligence straniera e con le oligarchie per assecondare il loro desiderio di denaro e potere, mentre non le hanno mai usate per le indagini (...) Tutto il materiale è stato protetto per anni nei server con gente che aspetta un processo mentre il Cnaipic ha usato le prove per un gioco spionistico globale». Questo nuovo attacco arriva a poche settimane dall'arresto di tre esponenti della cellula italiana di Anonymous e fa parte dell'offensiva che questi gruppi identificano come Antisec;
nel documento sul web con il quale i pirati informatici annunciano l'azione contro la polizia italiana (intitolato «Legion of Anonymous Doom»), c'è anche una lista delle istituzioni e delle aziende alle quali si riferiscono i fascicoli che saranno pubblicati: il dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, l'americana Exxon Mobil, il Ministero egiziano dei trasporti e della comunicazione, il Ministero della difesa australiano, le società russe Atomstroyexport, Diaskan, Sibneft e Gazprom, molte ambasciate e consolati in Ucraina, il Ministero degli esteri del Nepal, quello vietnamita delle risorse naturali. E ancora, la PetrolVietmam e varie società con sede a Gibilterra, Cipro e le Isole Cayman. Secondo gli esperti, sia a livello internazionale che italiano, i gruppi di hacker sono poco strutturati, con legami più o meno fluidi a seconda del momento e dell'azione. I membri fanno parte di più gruppi allo stesso tempo e gli attacchi sono coordinati fra gruppi diversi di volta in volta. Lulzsec è infatti un gruppo indipendente, ma cugino, di Anonymous. Molti esponenti dell'uno fanno parte dell'altro, e quest'attacco al Cnaipic è stato coordinato da entrambi i movimenti -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di incrementare le difese informatiche dei più importanti database nazionali e di prevenire e contrastare attacchi di hacker, analoghi a quello che ha colpito il server del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche della polizia italiana.
(4-13339)

MOSELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 23 settembre 2011 il sito www.repubblica.it ha pubblicato la testimonianza di una signora che passava nei pressi di viale Angelico, a Roma, nella tarda serata del 22 settembre 2011 e che afferma di aver assistito al brutale pestaggio di un giovane da parte di due agenti motociclisti della polizia municipale di Roma;
intorno alle 22.40, infatti, afferma ancora la signora, i due agenti della polizia municipale hanno fermato, strattonato, preso a spinte, ammanettato, ed infine malmenato il giovane, colpendolo con pugni e con il casco di una moto;
durante il pestaggio si è formato un capannello di una decina di persone che ha assistito ai fatti, anche riprendendo con il telefonino l'accaduto;
mezzora dopo l'accaduto è sopraggiunta la polizia di Stato che non ha potuto fare altro che raccogliere la rabbia e l'indignazione dei testimoni, cercando per quanto possibile di mantenere l'ordine;
al commissariato Prati risulta esserci un'annotazione della pattuglia della polizia di Stato giunta sul posto nella quale si racconta di un pestaggio, riferito da testimoni, da parte di un agente della polizia municipale;
cosa ben diversa è arrestare una persona che abbia commesso reato, altra cosa è picchiarla, come afferma la testimone, dopo averla ammanettata e quindi resa inerme -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto, e cosa intenda fare, per quanto di sua competenza, per chiarire cosa sia effettivamente accaduto, se nell'immediato sia stata contattata la polizia affinché intervenisse, se siano state depositate denunce in modo da tutelare la sicurezza dei cittadini e nello

stesso tempo anche il buon nome dei vigili urbani e in genere delle forze dell'ordine.
(4-13343)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in seguito al decesso di Mario Conte - nato a Padova il 6 aprile 1917, di professione commerciante di pelli - avvenuto il 13 ottobre 2008, è emerso uno scritto a sua firma datato 2 settembre 1999, inizialmente interpretato come testamento olografo. Secondo il documento l'unico erede del patrimonio di Conte, quantificabile in circa 90 milioni di euro, sarebbe Luciano Cadore, 63 anni, ex autista e maggiordomo del commerciante padovano, come risulta dagli articoli pubblicati dal quotidiano II mattino di Padova il 18 luglio 2009 dal titolo «Lascia 50 milioni al maggiordomo», e il 4 agosto 2009 dal titolo «Sotto sequestro il tesoro lasciato da Conte»;
in base all'esposto depositato alla procura della Repubblica di Padova da Elena Fontani, 77 anni, cugina di Conte - come riportato da Il mattino di Padova il 21 dicembre 2009 in un articolo dal titolo «Eredità Conte, parla la cugina: quel testamento è falso» - l'ufficio giudiziario ha disposto l'apertura di un apposito fascicolo d'indagine, unitamente a una perizia calligrafica per stabilire l'autenticità del documento. La perizia è giunta a conclusione che il testamento olografo non è attribuibile a Conte, come risulta dall'articolo pubblicato da Il mattino di Padova il 31 ottobre 2009 dal titolo «Conte, il testamento è un falso»;
su indicazione del pubblico ministero Sergio Dini, la Guardia di finanza di Padova ha disposto accertamenti al fine di recuperare «l'eredità Conte». A novembre 2009 gli inquirenti hanno individuato circa 12 milioni depositati su un conto intestato a Cadore, mentre altri 15 risultano depositati alle Isole Bahamas - Stato nella lista dei cosiddetti paradisi fiscali - dopo essere transitati per conti in banche svizzere, come riportato da Il mattino di Padova l'11 dicembre 2009 in un articolo dal titolo «Eredità Conte: 15 milioni sono nel paradiso fiscale delle Bahamas»;
Cadore avrebbe donato 1 milione di euro a Libera Fondazione, ente culturale con sede in piazza Garibaldi n. 8 a Padova, nel cui Comitato scientifico siedono Mario Bertolissi, Alessandra Carini, Franco Marin, Gianlorenzo Martini, Paolo Messa, Franco Miracco, Alessandro Nicosia, Roberto Papetti e Anna Pellanda, come specificato sul sito internet dell'ente (www.liberafondazione.it). Tale circostanza è stata dettagliata da Il mattino di Padova il 4 novembre 2009 in un articolo dal titolo «Il giudice ordina il sequestro dei beni»;
Cadore risulta, altresì, aver versato circa 8 milioni di euro a favore della società di intermediazione immobiliare Aurora Srl con sede in piazza Garibaldi n. 8 a Padova, riconducibile al commercialista Alessandro Castellini, come riportato da Il mattino di Padova il 10 dicembre 2009 in un articolo dal titolo «Il tesoriere delle sfide di Degani e Marin al centro della lite per l'eredità Conte»;
attualmente Cadore risulta indagato per falso e appropriazione indebita, come riportato da Il mattino di Padova il 18 marzo 2010 in un articolo dal titolo «Eredità Conte, chiusa l'inchiesta sul testamento da 90 milioni di euro»; mentre la moglie Flora Cagnin e la figlia Silvia Cadore, dipendente dell'istituto di credito Antonveneta, devono rispondere di ricettazione, a seguito del ritrovamento di conti correnti bancari a loro intestati, come riportato dal medesimo quotidiano il 17 novembre 2009 in un articolo dal titolo «Indagate anche Flora e Silvia Cadore. Scattato il sequestro dei beni»;
allo stato attuale anche il commercialista Castellini risulta indagato dalla procura della Repubblica per ricettazione e riciclaggio nell'ambito dell'inchiesta sull'eredità Conte, come rilevato da Il mattino di Padova il 2 giugno 2011 in un articolo

dal titolo «Il commercialista Castellini indagato alla Procura per ricettazione e riciclaggio» in cui viene riportata la notizia che: «Castellini è accusato di ricettazione e riciclaggio in quanto avrebbe seguito il trasferimento di circa 15 milioni di euro nel paradiso fiscale delle Bahamas, attraverso il canale di una banca di Lugano». Lo stesso organo d'informazione il 25 settembre 2011 in un articolo dal titolo «In 7 mesi occultati 44 milioni» rileva come «Secondo la tesi dell'accusa il commercialista Alessandro Castellini è il braccio finanziario di Luciano Cadore: è l'uomo che permette al maggiordomo di spostare 15 milioni di euro in un conto off-shore alle Bahamas (...) La consulenza finanziaria di Castellini ha un prezzo che viene quantificato dagli inquirenti in un milione di euro che il 13 febbraio il commercialista riceve in assegni circolari da Cadore»;
l'interrogante esprime preoccupazione in quanto dagli episodi sopra descritti emerge il rischio concreto che una parte dell'«eredità Conte» sia stata trasferita in conti bancari esteri con l'obiettivo di riciclare il patrimonio nei paradisi fiscali;
i fatti descritti hanno provocato lo sconcerto e la preoccupazione nell'opinione pubblica della città di Padova, soprattutto in relazione alle inquietanti modalità in cui si sarebbe svolta la truffa a danno del commerciante di pelli;
i fatti emersi dall'inchiesta, così come i risultati degli accertamenti posti in essere dagli inquirenti, dimostrano la diffusione di pratiche illegali finalizzate alla truffa e al riciclaggio di denaro -:
se i Ministri siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali concrete misure di competenza i Ministri intendano adottare per prevenire e contrastare l'attività di esportazione illecita di capitali nei paradisi fiscali;
in che modo i Ministri intendano implementare la capacità preventiva e repressiva degli organi dello Stato preposti alla lotta al riciclaggio, anche mediante la dotazione di strumenti, mezzi e risorse economiche alle unità operative della Guardia di finanza, impegnata nell'azione di contrasto della tipologia di reati descritti.
(4-13347)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Pisa prevede un corso di laurea in scienze infermieristiche pediatriche; si tratta di un corso di laurea ad accesso limitato, in quanto è previsto un test d'ammissione sulla base dei cui risultati avviene l'assegnazione dei posti disponibili il cui numero è definito ogni anno dalla facoltà di medicina e chirurgia, di concerto con la regione Toscana, sulla base delle effettive richieste del mercato del lavoro;
il corso di laurea in infermieristica pediatrica mira a formare operatori sanitari responsabili dell'assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, di natura tecnica, relazionale, ed educativa; dunque i laureati in infermieristica pediatrica svolgono principalmente funzioni di prevenzione delle malattie, d'assistenza dei malati e dei disabili in età evolutiva e d'educazione sanitaria;
quest'anno il corso di laurea in scienze infermieristiche presso l'università di Pisa è stato soppresso, infatti non sono stati svolti i test di ammissione al primo anno e il corso proseguirà soltanto per gli iscritti al secondo e al terzo anno;
l'università ha dato la possibilità di transitare al secondo anno del corso di laurea di scienze infermieristiche generali,

convalidando tutti gli esami e il tirocinio, soltanto se si supera il test d'ingresso del primo anno;
gli iscritti al secondo anno di scienze infermieristiche pediatriche hanno già superato un test di ingresso l'anno precedente e gli esami previsti il primo anno sono sostanzialmente identici a quelli previsti per il corso di laurea in scienze infermieristiche generali;
le preoccupazioni per gli studenti iscritti agli anni successivi al primo riguardano la possibilità concreta che, essendo un corso di laurea in estinzione, sia dimenticato anche da futuri concorsi finalizzati all'assegnazione di posti di lavoro -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno prendere in considerazione la possibilità di agevolare il passaggio da un corso di laurea così specifico a corso di laurea più generale, adottando ogni iniziativa di competenza per eliminare l'obbligo di ripetere i test di ingresso, tra l'altro già superati una prima volta, applicando così le possibilità di lavoro di questa importante categoria di operatori sanitari.
(4-13321)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a mezzo stampa è stato dato recentemente grande risalto alla situazione occupazionale in cui versa la ditta Bioservice di Poggio Rusco (Mantova);
i lavoratori dipendenti della ditta Bioservice e le rispettive famiglie vivono il loro presente con estrema incertezza a causa di alcuni provvedimenti recentemente adottati dalla dirigenza, quali ad esempio: ricorso alla cassa integrazione, ritardo nel saldo degli stipendi e trasferimento ormai da mesi di numerosi macchinari all'estero, precisamente in Tunisia;
la ditta Bioservice con sede a Poggio Rusco (Mantova) con i suoi attuali 50 dipendenti ha una forte incidenza su un comune di circa 7.000 abitanti complessivi -:
quali iniziative intenda adottare per fronteggiare la grave situazione di incertezza occupazionale in cui versano oltre 50 dipendenti della ditta Bioservice;
se non ritenga utile e necessario convocare al più presto un tavolo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con i vertici della ditta interessata ed i sindacati al fine di far luce realmente sul piano industriale dell'azienda e di trovare una soluzione positiva per preservare i 50 posti di lavoro attuali.
(4-13341)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Jean Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, ha recentemente allertato l'Europa in merito allo spettro dell'inflazione, segnalando un «aumento dei rischi» per le prospettive di inflazione nell'Eurozona;
sempre il presidente Trichet ha aggiunto a tal riguardo che sarà necessaria in futuro una «forte vigilanza» da parte dell'Eurotower, invitando di fatto la BCE a monitorare attentamente gli sviluppi geopolitici;
questa situazione e la conseguente instabilità finanziaria che ne deriva, stanno creando numerosi problemi di cash-flow alle imprese agromeccaniche

italiane, come recentemente denunciato anche a livello di stampa da APIMA Mantova;
a questa situazione si aggiunge il costo del denaro, raddoppiato nel giro di pochi mesi con spread che sono passati dal 1,70 per cento al 3,80 per cento e oltre;
l'attuale sistema di pagamento delle imprese agricole relativamente ai servizi forniti dagli agromeccanici consta nel saldo a distanza di molti mesi ed in alcuni casi da una campagna all'altra (anno per anno);
il sistema di pagamento degli operatori agromeccanici genera un grave problema negli operatori stessi, i quali si vedono costretti ad onorare nei tempi prestabiliti: salari, oneri previdenziali, finanziari e rincari di carburante -:
quali iniziative intenda adottare per fronteggiare la grave crisi economica che sta colpendo il comparto agromeccanico, ridotto al collasso dal raddoppio del costo del denaro e da incassi differiti.
(4-13344)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il sistema della pubblica amministrazione è stato interessato, nell'ultimo biennio, da un rilevante processo riformatore, nell'ottica della razionalizzazione e del contenimento della spesa pubblica, per un verso, e dell'ottimizzazione della produttività del lavoro e dell'efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, per l'altro;
la legge n. 15 del 2009 ed i decreti legislativi attuativi della medesima - il tutto comunemente noto come «riforma Brunetta» - hanno dettato numerose nuove disposizioni aventi per obiettivo la lotta all'assenteismo, la riforma della dirigenza, la responsabilità disciplinare, la premialità, la trasparenza ed il controllo;
nella fattispecie, sono state oggetto di revisione normativa le prescrizioni in materia di eccedenze di personale e mobilità collettiva di cui al testo unico sul pubblico impiego (articoli 33, 34, 34-bis, del decreto legislativo n.165 del 2001);
nel comparto pubblico gli esuberi di personale sono gestiti secondo una peculiare procedura che pone in capo alle amministrazioni interessate l'obbligo di informare preventivamente le organizzazioni sindacali, con una comunicazione che contenga: le ragioni che determinano la situazione di eccedenza; i motivi tecnici e organizzativi che impediscono di adottare misure di riassorbimento entro la medesima amministrazione; le caratteristiche quantitative e professionali del personale in esubero e di quello normalmente impiegato; il compito di ricollocare il personale eccedente presso altre amministrazioni è affidato sia alla contrattazione decentrata, ossia agli accordi gestionali stipulati al termine delle procedure di mobilità, sia alla contrattazione nazionale di comparto, mediante le clausole per la gestione delle eccedenze attraverso il «passaggio diretto». Tale procedura di mobilità collettiva si applica solo qualora l'eccedenza riguardi un numero

di almeno dieci dipendenti, mentre per eccedenze inferiori alle dieci unità si applica direttamente il collocamento in disponibilità dei dipendenti in sovrannumero, con un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale;
la novella significativa apportata dalla «riforma Brunetta» alla predetta procedura è la previsione di una responsabilità per danno erariale in capo al dirigente responsabile in caso di mancata individuazione delle eccedenze delle unità di personale, ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, inserito dall'articolo 50, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009 -:
quali siano i dati numerici, ripartiti per regione, delle eccedenze di personale rilevate in forza delle citate disposizioni e, in caso di mancata attuazione della norma, quali ne siano le ragioni e conseguentemente quante procedure per danno erariale siano state avviate.
(3-01848)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
i recenti proclami lanciati dal leader Umberto Bossi dal palco della festa della Lega Nord sono da ascriversi, ad avviso dell'interrogante, a delitti di vilipendio politico, ambito che ricomprende i reati puniti dagli articoli 290, 291 e 292 del codice penale: rispettivamente, il vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate, il vilipendio alla nazione italiana, il vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato;
il delitto di cui all'articolo 291 (vilipendio alla Nazione) si differenzia da quello previsto dal precedente articolo 290 (vilipendio alla Repubblica) perché oggetto del vilipendio è la Nazione italiana, cioè «la comunità degli italiani, in quanto costituisce una unità etnica e sociale, originata dalla comunione millenaria di lingua, di costumi, di bisogni e di aspirazioni» (Antolisei, manuale di diritto penale); «la previsione di tali reati risponde all'esigenza di evitare che le istituzioni, le entità e i simboli considerati siano scalfiti nella loro considerazione generale, con conseguente pregiudizio del principio di autorità» (così la «Relazione ministeriale al progetto definitivo di codice penale», 1930);
i suddetti proclami, rilanciati dagli organi della stampa, risultano del seguente tenore: «In Padania milioni di persone sono disposte a combattere per la libertà della Padania. È grande l'esercito della Padania (...) Piano piano non possiamo illuderci di fare senza la secessione»; «La Padania esiste e paga per tutti»; «Proporremo un referendum per la secessione»; «Quelli che mettono fuori il tricolore sono somari»;
a completezza del florilegio, sono da aggiungersi le parole rivolte dal leader della Lega Nord ai giornalisti presenti, parole, ad avviso dell'interrogante, velate di antica minaccia squadrista: «Io lo dico ai giornalisti: prima o poi prenderete una mano di botte»;
nel corso degli anni, le dichiarazioni del leader Umberto Bossi, non nuovo ad estremismi verbali, sono state derubricate a battute di spirito, ad espressioni che farebbero parte di un supposto e ormai tollerato folklore, ma, ad avviso dell'interrogante, tale esuberanza linguistica, oltre che sulla verifica dei presupposti di reato, induce a riflettere sulla sua compatibilità con la carica di Ministro della Repubblica e con lo spirito costituzionale, ai sensi del vigente articolo 54 della Costituzione, laddove è prescritto che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore;
ad avviso dell'interrogante, le incessanti esternazioni, in un crescendo di

volgarità ed aggressività antistorica, rischiano di avere conseguenze drammatiche in ordine alla coesione sociale ed all'unità dello spirito repubblicano che fonda ed informa il Paese e la sua Costituzione; esse potrebbero sembrare di carattere solamente nazionale, ma rimbalzano anche fuori dal nostro Paese - come si evince facilmente scorrendo la stampa internazionale degli ultimi mesi - mettendone in pericolo la già precaria credibilità, in un momento storico in cui il prestigio e l'autorevolezza del nostro Paese a livello internazionale sono già ai minimi storici -:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo, anche nel suo massimo vertice, per porre fine a tali atteggiamenti che, ad avviso dell'interrogante, risultano incompatibili con il ruolo di Ministro della Repubblica.
(3-01853)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

LO MONTE, COMMERCIO, LOMBARDO e OLIVERI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i dati oggettivi di previsione (piano sanitario nazionale 2011-2013) dimostrano che esiste in Italia una forte concentrazione di personale medico nella fascia di età superiore o uguale ai 60 anni, per cui è possibile stimare che circa 17 mila medici lasceranno il servizio sanitario nazionale entro il 2015;
a partire dal 2013 è ipotizzabile, avuto riguardo al numero medio di laureati in medicina e chirurgia per l'anno accademico e la quota di questi che viene annualmente immessa nel servizio sanitario nazionale, un saldo negativo fra pensionamenti e nuove assunzioni;
tale scenario risulterà ancora più marcato nelle regioni impegnate con i piani di rientro a causa del blocco delle assunzioni;
anche per l'anno accademico 2011-2012 la programmazione nazionale dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia non si è svolta secondo i criteri, le analisi e le stime ponderate dell'effettivo fabbisogno;
lo stesso rilevamento del fabbisogno formativo, ancora una volta, è stato accertato oltre la naturale scadenza del 30 aprile 2011, con la conseguenza che i Ministeri della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno dovuto adottare il provvedimento che stabiliva il numero degli studenti iscrivibili e la relativa ripartizione fra le università soltanto in base ai dati forniti dalle regioni e della «potenzialità formativa» dichiarata dagli atenei;
infatti, nel corso di una riunione tecnica svoltasi l'11 maggio 2011, «le regioni e le province autonome ed il Ministero della salute, in considerazione dell'urgenza di perfezionare l'accordo in oggetto, hanno concordato di eliminare la tabella relativa al confronto fabbisogni associazioni vs regioni»;
nonostante la gravità di tale omissione, il Ministero della salute ha comunque effettuato, ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, la rilevazione relativa al fabbisogno professionale del medico chirurgo per l'anno accademico 2011-2012, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 18 maggio 2011;
dalle tabelle predisposte Ministero della salute il 27 aprile 2011 il fabbisogno formativo, suddiviso per regioni e province autonome, di medici chirurghi risultava di 10.566 unità (secondo le associazioni rappresentative di gran lunga superiore);
com'è noto, per medicina, rispetto alla media di 7.500 posti annui degli ultimi

14 anni, durante i quali il totale è stato di 104.000 invece dei 130.000 stimati con il turnover al 2,7 per cento, per l'anno accademico 2011-2012 sarebbe stata necessaria un'offerta formativa di almeno 11.000 posti, ovvero l'aggiunta di almeno 1.500 ai 9.500 posti dell'anno accademico 2010-2011;
a conclusione di tale tortuoso procedimento i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute hanno quantificato in 9.501 i posti disponibili per l'accesso al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2011-2012;
il Ministro interrogato, ancora un anno fa, nel corso dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata (n. 3-01223) aveva affermato che: «Per quanto concerne poi la professione medica il concetto è diverso, perché il trend è invece in costante diminuzione. Si stima che a partire dal 2014 il numero dei medici comincerà a decrescere, e che nel 2018 avremo 22 mila professionisti in meno; quindi i Ministeri, le regioni e la Federazione dei medici hanno chiesto un aumento dell'offerta formativa, cui l'università ha risposto progressivamente incrementando il numero da 7.366 dell'anno accademico 2007-2008 a 8.800 per il prossimo anno. Dunque, come si vede, entrambi i Ministeri, e il nostro in particolare, sono impegnati con queste iniziative e con altre iniziative innovative, in sinergia con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di promuovere politiche attive per fronteggiare la carenza di personale sanitario»;
a causa del sistema di rilevamento del fabbisogno, verosimilmente approssimativo, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per gli anni accademici 2009-2010 e 2010-2011, è già stato costretto ad ampliare, in modo forfettario (10 per cento) e con buona pace dei criteri di rilevamento, il numero di posti per immatricolazioni al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia;
gli atenei, inspiegabilmente, a fronte di precedenti comunicazioni circa il numero massimo di posti per l'offerta formativa, nulla hanno obiettato con riferimento ai predetti ampliamenti;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel 2009, seppure con riferimento ai corsi di laurea in odontoiatria (medesimi criteri con numero chiuso) ha inviato, tra gli altri, al Parlamento, a sensi dell'articolo 21 della legge n. 287 del 1990, una segnalazione circa le modalità di individuazione del numero chiuso per l'accesso ai corsi di laurea, auspicando «il massimo ampliamento possibile dei posti universitari disponibili» e rendere «trasparente il relativo processo decisionale»;
anche per l'anno accademico 2011-2012, stante l'evidente insufficienza del numero dei posti assegnati dal Ministero della salute rispetto all'effettivo, reale ed accertato fabbisogno formativo, risulta doveroso un ampliamento del 20 per cento dei posti per immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e chirurgia -:
quali immediate iniziative intenda adottare al fine di attenuare la carenza strutturale di personale medico e di migliorare il sistema di rilevamento (criteri ed analisi) del fabbisogno formativo delle facoltà di medicina e chirurgia, nonché dei corsi di laurea in area sanitaria.
(3-01849)

BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, DE POLI, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, DELFINO, OCCHIUTO, CAPITANIO SANTOLINI, ANNA TERESA FORMISANO e CALGARO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si è celebrata in questi giorni la diciottesima giornata mondiale sull'alzheimer che ha dato il via a livello mondiale ad una doverosa campagna di sensibilizzazione;
nel mondo si stimano 36 milioni di malati di alzheimer e di altre demenze, un milione nel nostro Paese, 20 mila nella sola città di Milano. Tre quarti dei 36 milioni non ricevono una diagnosi;

il rapporto mondiale alzheimer 2011, intitolato «I benefìci di diagnosi e interventi tempestivi», presentato in questi giorni dalla federazione alzheimer Italia in concomitanza con la diciottesima giornata mondiale, rileva che la mancata diagnosi è spesso il risultato del falso convincimento che la demenza faccia parte del normale invecchiamento e che non ci sia nulla da fare;
a stilare lo studio presentato nel rapporto mondiale alzheimer 2011 è stata un'equipe di ricercatori coordinati da Martin Prince, docente all'istituto di psichiatria del King's college di Londra. L'indagine mette in luce un dato allarmante: quasi tutti i casi di demenza - i cui sintomi sono l'alterazione della memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento, personalità e comportamento severo - sono stati riconosciuti e quindi curati con grave ritardo. Da qui, il peggioramento dei sintomi del paziente, così come dello stress dei familiari che lo affiancano;
la conseguenza di quanto evidenziato è costituita dalle pesanti ricadute nel sistema sanitario e nella società. Facendo ricorso alla prevenzione, i Governi nazionali potrebbero risparmiare 10 mila dollari per malato all'anno. La percentuale maggiore, seppure del 20-50 per cento, dei casi diagnosticati in tempo si concentra negli Stati ricchi. Mentre in quelli poveri, ciò accade soltanto per il 10 per cento delle situazioni;
l'urgenza di «strategie nazionali» ad hoc mirate alla «diagnosi tempestiva» e a un «percorso di cura» è legata alle dimensioni crescenti di questa patologia che sta divenendo una vera e propria emergenza sociale, così come hanno avuto modo di precisare gli studiosi interpellati;
il rapporto 2011 rileva, inoltre, che farmaci e trattamenti psicologici migliorano le capacità cognitive, l'autonomia e la qualità di vita dei soggetti nella fase iniziale della patologia;
è necessario, altresì, promuovere ogni utile iniziativa atta a migliorare i servizi creando una rete assistenziale intorno al malato e alla sua famiglia e che non li lasci soli ad affrontare il lungo e difficile percorso della malattia -:
quali siano le iniziative di competenza previste, da attuare tempestivamente, atte a promuovere attività di formazione rivolte non solo ai medici specialistici e ai medici di medicina generale, ma anche agli altri operatori sanitari, per la pronta individuazione della demenza, impedendo che il fenomeno venga sottovalutato e fatto rientrare nel normale processo di invecchiamento dell'essere umano.
(3-01850)

BALDELLI e PALUMBO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato che 36 dei 57 milioni di morti che ogni anno si verificano nel mondo dipendono da patologie non trasmissibili legate allo stile di vita: diabete (spesso dovuto all'obesità), patologie cardiovascolari, cancro, malattie respiratorie indotte dal fumo o dall'inquinamento;
in tutto il mondo obesità e diabete, soprattutto di tipo 2, sono in preoccupante aumento e rientrano a pieno titolo tra le malattie cronico-degenerative più impattanti sulla salute dei cittadini;
le proiezioni dell'Organizzazione mondiale della sanità prevedono per il 2015 circa 2,3 miliardi di individui in sovrappeso, più di 700 milioni di obesi e parallelamente più di 300 milioni di diabetici;
in Italia il diabete colpisce oltre il 5 per cento della popolazione: più di quattro milioni di persone, se si considera quell'1-2 per cento di diabetici che non sanno di esserlo;
nel 1998, la malattia incideva sulle casse dello Stato per circa 5 miliardi di euro, pari al 6,7 per cento della spesa sanitaria totale; nel 2006, a fronte di quasi un raddoppio, dal 3 al 5 per cento del numero di malati, si è passati a oltre 8

miliardi, circa l'8 per cento della spesa sanitaria, mentre per il 2011 sono previsti costi che supereranno i 10 miliardi di euro: più che raddoppiati, quindi, in meno di 15 anni;
in Italia sono, secondo le ultime stime, circa 5 milioni gli obesi, a cui si aggiungono almeno 20 milioni di persone in sovrappeso;
l'aumento delle percentuali di incidenza del diabete e dell'obesità sul totale della popolazione italiana comporta un danno per la salute pubblica e per le casse delle Stato-:
quali siano le iniziative intraprese dal Ministero della salute per definire i criteri appropriati per la prevenzione, la diagnosi e la cura di diabete e obesità, patologie croniche strettamente correlate tra loro.
(3-01851)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
uno studio multicentrico internazionale ha individuato 29 nuove varianti genetiche associate alla sclerosi multipla (Sm), fornendo un contributo chiave alla conoscenza dei meccanismi biologici di questa invalidante malattia neurologica. La maggior parte dei geni individuati ha un ruolo nel sistema immunitario, confermando così la natura «autodistruttiva» della malattia ed incominciando a far luce sui meccanismi di sviluppo della Sm. La ricerca, che ha coinvolto scienziati guidati dalle università di Cambridge e Oxford e finanziata dalla Wellcome Trust, è stata da poco pubblicata sulla rivista Nature. Si tratta del più grande studio di genetica della sclerosi multipla mai condotto a cui hanno partecipato centinaia di ricercatori membri dell'«International multiple sclerosis genetics consortium» (Imsgc) e del «Wellcome Trust Case Control Consortium». In Italia la ricerca è stata coordinata da Filippo Martinelli Boneschi (istituto di neurologia sperimentale del San Raffaele di Milano) e da Sandra D'Alfonso (dipartimento di scienze mediche dell'università del Piemonte Orientale «Amedeo Avogadro» di Novara), entrambi componenti dell'Imsgc. Diventano così oltre 50 i geni coinvolti nella suscettibilità alla malattia, mentre fino al 2006 era stato identificato soltanto un gene;
la sclerosi multipla è una delle più frequenti malattie neurologiche fra i giovani adulti e colpisce circa 2,5 milioni di individui nel mondo. È causata da un danno alle fibre nervose e al loro rivestimento protettivo, la guaina mielinica, a livello dell'encefalo e del midollo spinale. Le vie coinvolte - responsabili del corretto svolgimento di attività quotidiane quali il vedere, il camminare, la sensibilità, il pensiero e il controllo delle funzioni sfinteriche - non sono più in grado di trasmettere correttamente gli impulsi e alla fine vengono distrutte. È come se i rivestimenti in plastica dei fili elettrici cominciassero a disgregarsi fino a permettere il contatto tra le condutture metalliche che così vanno in cortocircuito. Solo che i cavi elettrici poi si possono cambiare, mentre le fibre nervose se danneggiate non si cambiano. Almeno per le conoscenze attuali della medicina. Le scoperte annunciate oggi mettono in luce il ruolo fondamentale del sistema immunitario nel causare il danno, cioè è il naturale sistema di difesa dell'organismo ad attaccare e distruggere il rivestimento delle fibre nervose (la guaina mielinica). È come se diventassero «nemici» arrivati dall'esterno, come i virus o i batteri. Quelli attaccati dalle cellule T, una sottocategoria dei globuli bianchi. È interessante notare come un terzo dei geni identificati sono stati precedentemente implicati in altre malattie autoimmuni (quali la malattia di Crohn e il diabete di tipo I). Questo conferma che stessi meccanismi possono innescare più di una malattia autoimmune;
precedenti studi avevano suggerito anche un collegamento fra un deficit di vitamina D e un aumento del rischio di sviluppare la sclerosi multipla. Interessante

anche in questo caso il fatto che i ricercatori hanno anche individuato due geni coinvolti nel metabolismo della vitamina D. Afferma Alastair Compston, dell'università di Cambridge: «Si chiude un lungo dibattito. Adesso è chiaro che la Sclerosi multipla è primariamente una malattia immunologica». E Boneschi aggiunge: «Si aprono importanti prospettive anche in campo terapeutico». Lo studio è stato cofinanziato in Italia dalla fondazione italiana sclerosi multipla (Fism), dal Ministero della salute (progetto giovani ricercatori), dalla regione Piemonte e dalla Fondazione CRT -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di applicare lo studio citato nelle premesse a nuove cure sperimentali riguardanti la sclerosi multipla, nonché di avviare una fase di ricerca più approfondita per addivenire ad un possibile brevetto dei nuovi farmaci che potranno essere creati.
(4-13327)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è recente la notizia di una nuova terapia volta a combattere la distrofia muscolare; si tratta di una particolare terapia genica, in grado di superare parte degli ostacoli incontrati durante lo studio di una possibile cura per la malattia, e che ha permesso di traghettare il gene terapeutico nelle cellule muscolari di topi affetti dalla stessa forma di distrofia muscolare. A metterla a punto è stata un'équipe di scienziati guidati da Giulio Cossu e Francesco Saverio Tedesco, del San Raffaele e dell'università di Milano, che sono riusciti a migliorare i sintomi negli animali, aprendo così nuove prospettive per contrastare la malattia anche nell'uomo, anche se è molto difficile fermare o far regredire la perdita progressiva di fibre muscolari nella distrofia di Duchenne, una malattia genetica dovuta alla mutazione di un gene che si trova sul cromosoma X, che negli individui malati rende impossibile produrre la distrofina, una proteina essenziale che compone l'impalcatura delle cellule muscolari;
da anni i ricercatori italiani stanno combattendo con questa patologia per cui ad oggi non esiste una cura. Molte speranze sono riposte nella terapia genica, il cui scopo sarebbe quello di inserire il gene sano della distrofina all'interno dei muscoli dei pazienti, anche se il percorso della ricerca richiede ancora molto tempo: il gene della distrofina è infatti troppo grande per poter essere trasportato da un semplice vettore virale, senza considerare che vettore e gene andrebbero iniettati in tutti i muscoli del corpo. Ad oggi, il professor Cossu e colleghi, in un lavoro pubblicato su «Science Translational Medicine», hanno trovato il modo di aggirare il problema, battendo una strada nuova, in grado di far portare una copia sana del gene della distrofina direttamente ai muscoli senza usare un vettore virale, combinando, invece, la terapia con cellule staminali e un cromosoma artificiale umano. «È da molto che ci concentriamo su queste ricerche», racconta il professor Cossu. «Circa dieci anni fa abbiamo identificato un tipo particolare di cellule staminali normalmente associate ai vasi sanguigni, i mesoangioblasti, che, in studi condotti su due modelli di distrofia, nel topo e nel cane, hanno mostrato di riuscire a fondersi con le fibre muscolari esistenti, producendo distrofina sana e rigenerando il tessuto muscolare. Finora però eravamo riusciti ad utilizzare solo cellule sane provenienti da un donatore, il che comporta la necessità di immunosoppressione per evitare il rigetto delle cellule trapiantate»;
pensando che queste cellule - che riescono a superare le barriere dei vasi sanguigni e possono differenziarsi anche in fibre muscolari - potessero portare il gene sostitutivo della distrofina ai muscoli dei topi malati, l'equipe, in collaborazione con un gruppo giapponese, ha fatto un ulteriore passo in avanti, creando un vettore cromosomico artificiale per traghettare il gene sano. Il vettore, con il suo carico, è stato poi trasferito nei mesoangioblasti, iniettati successivamente nei muscoli degli animali distrofici. Gli effetti sono «significativi», spiega il professore.

«I sintomi della malattia nel topo si sono attenuati e sono state prodotte fibre muscolari funzionali, con un miglioramento della patologia». Se i risultati nel topo sono incoraggianti, «ora il passo successivo sarà farlo nell'uomo», conclude Cossu, «anche se rimangono da risolvere diversi problemi pratici, per cui ci vorrà ancora del tempo» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di incentivare il filone di ricerca sviluppato dall'équipe del professor Cossu, relativo alla distrofia muscolare.
(4-13328)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la terapia virale potrebbe rivelarsi in futuro un'arma chiave nella lotta contro il cancro. Risultati incoraggianti arrivano da una sperimentazione clinica in cui, per la prima volta, una terapia anti-tumorale a base di un virus parente del vaiolo, iniettato per via endovenosa, si è dimostrata efficace nell'attaccare solo le cellule malate, lasciando invece intatti nell'uomo i tessuti sani. Il trial, coordinato dal dottor John Bell dell'Ottawa Hospital Research dell'università di Ottawa, in Canada, è stato effettuato su 23 pazienti colpiti da diversi tipi di cancro, in fase avanzata. Su di loro, documentano Bell e colleghi su Nature, è stato utilizzato il virus JX-594, ottenuto modificando geneticamente un ceppo virale usato comunemente come vaccino contro il vaiolo, reso ancora più potente contro i tumori. Che si è rivelato capace di distinguere le cellule sane da quelle malate, attaccando solo queste ultime. E, ancora più inaspettatamente, per una fase di sperimentazione iniziale come quella descritta dagli scienziati, è riuscito a tenere sotto controllo la crescita della malattia e in alcuni casi a farla regredire, con pochissimi effetti collaterali per i pazienti;
«Da diversi anni si studiano i virus oncolitici - capaci cioè di uccidere le cellule tumorali - come possibile strada per combattere il cancro, ma finora non c'erano stati risultati neppure paragonabili a quelli descritti in questo lavoro», spiega il dottor Francesco Bertolini, direttore dell'unità laboratorio di ematoncologia clinica dell'Istituto europeo di oncologia. «C'era un generale scetticismo sulla reale possibilità di riuscire a colpire selettivamente le cellule tumorali, senza effetti collaterali», continua, «e per questo il risultato ottenuto è molto importante». Un altro articolo a firma di Evanthia Galanis, della Mayo Clinic di Rochester, sempre su Nature, lo definisce una «pietra miliare». Bell e colleghi hanno testato sui pazienti cinque diverse dosi del virus JX-594 e dopo una decina di giorni hanno effettuato delle biopsie. In sei degli otto pazienti trattati con le dosi più elevate si è vista una regressione o stabilizzazione del tumore. Con effetti collaterali molto lievi, paragonabili ai sintomi di una leggera influenza, durati meno di un giorno;
«È la prima volta nella storia medica che una terapia virale ha mostrato in modo coerente e selettivo una replicazione nei tessuti cancerosi, dopo la somministrazione endovena», ha dichiarato il dottor Bell, senza nascondere il proprio entusiasmo, convinto che un giorno virus ed altre terapie biologiche potranno davvero trasformare il nostro approccio nella cura del cancro. Il fatto di essere riusciti a veicolare uno specifico gene solo nelle cellule tumorali è un progresso significativo, conferma il dottor Bertolini, che apre nuovi scenari: «Potrebbe rappresentare l'approccio giusto per far arrivare là dove servono, farmaci specifici, che oggi non si veicolano con la stessa efficacia». In più il metodo si è rivelato efficace in pazienti affetti da diversi tipi di tumore, dal mesotelioma al cancro al polmone o alle ovaie. E l'efficacia del controllo della crescita tumorale, che ha sorpreso i ricercatori, è «davvero poco comune in una fase di sperimentazione, volta a valutare la sicurezza di un trattamento sui pazienti e la sua fattibilità», aggiunge l'esperto;
la cautela però rimane d'obbligo, sottolinea il professor Alberto Mantovani,

direttore scientifico dell'istituto clinico Humanitas e docente all'università di Milano. Si tratta di una sperimentazione iniziale «in cui sono state viste risposte, ma non guarigioni», commenta il professore. Di certo l'approccio è originale, e combina due strade che hanno fatto registrare i progressi più interessanti nella lotta contro la malattia, supportate storicamente dall'Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro, aggiunge: «Le strategie mirate contro le alterazioni delle cellule tumorali e l'attivazione del sistema immunitario contro la malattia». Ora il virus andrà testato su un maggior numero di pazienti per verificarne la reale efficacia. E la strada davanti «è ancora lunga», conclude Mantovani -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare, alla luce dei risultati dati dalla ricerca sul virus anti-tumorale condotta dall'équipe del dottor Bell, al fine di avviare una prima fase di sperimentazione controllata anche in Italia.
(4-13334)

JANNONE. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dagli ultimi controlli, nelle mense scolastiche genovesi abbondano i pesticidi; ne sono stati riscontrati nel pane e nella frutta, definendo la situazione «la peggiore d'Italia». Le scuole prese a campione da un'indagine nazionale di Altroconsumo sono risultate «positive»: alla scuola Cantore nel pane sono stati trovati residui di diclorvos, un insetticida utilizzato per trattare i cereali dopo il raccolto, alla scuola Andersen sono stati trovati sia diclorvos nel pane che il pirimetanil (un funghicida utilizzato per proteggere le mele dalla muffa) nella frutta. L'indagine si è svolta alla luce del sole. I tecnici di Altroconsumo sono andati, nel mese di aprile, in dieci refettori (gli altri sono a Milano, Roma, Napoli, Torino, Bari, Verona e Bologna), hanno effettuato rilievi su tutti gli alimenti cercando 253 pesticidi. Mentre le amministrazioni di Bari, Verona e Bologna hanno scelto di non collaborare, le altre cinque hanno dato la loro disponibilità;
i risultati sono arrivati tre mesi più tardi, a scuole chiuse, e Altroconsumo li ha segnalati, nel mese di agosto, alle amministrazioni comunali. Da Genova, però, nessuna risposta «e così - spiegano nella redazione del mensile - abbiamo deciso di anticipare la pubblicazione dell'inchiesta, proprio per lanciare l'allarme. Il caso più preoccupante emerso segnala due problemi: il primo, la carenza di controlli puntuali e ricorrenti che possano fotografare l'anomalia e risalendo nella catena delle forniture, eliminarla alla fonte; il secondo, la carenza di informazione alla cittadinanza, pur non essendo in una situazione di reale allarme per la salute pubblica. I genitori hanno il diritto di sapere. Segnalata tempestivamente all'amministrazione genovese, la denuncia ha prodotto solo una risposta interlocutoria, dove si confermava che il fornitore di pane era lo stesso per entrambe le scuole, pur gestite da due società di refezione scolastica diverse. Una gestione responsabile del servizio comprende prevenzione attraverso analisi e controlli e, se il problema si verifichi, intervento tempestivo e trasparente. Altroconsumo chiede per l'anno scolastico che comincia, che la refezione scolastica ripristini e mantenga queste caratteristiche di qualità». La gestione del servizio di refezione nelle scuole genovesi è appaltata a sei società esterne. I pasti serviti quotidianamente sono quasi trentamila, di cui oltre la metà nelle scuole primarie -:
se si intendano assumere iniziative volte a promuovere una verifica sulla situazione relativa alla qualità della distribuzione dei pasti nelle scuole italiane;
quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare al fine di intensificare i controlli all'interno delle mense scolastiche italiane, nonché per le società di distribuzione dei pasti.
(4-13337)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

RUVOLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'ultima indagine dello Svimez sulla condizione del Meridione d'Italia restituisce un quadro estremamente preoccupante, a conferma di quanto la crisi globale stia penalizzando fortemente quest'area del Paese;
in tale indagine si conferma che nel 2011 il prodotto interno lordo italiano dovrebbe far registrare un incremento dello 0,6 per cento e che il Nord e il Sud continueranno a prendere strade diverse: il prodotto interno lordo del Centro-Nord è previsto allo 0,8 per cento, quello del Mezzogiorno allo 0,1 per cento, con la conseguenza che, per «il secondo anno consecutivo, nel Mezzogiorno si registrerà una stagnazione economica, dopo il forte calo del prodotto interno lordo nel biennio di crisi 2008-2009»;
tutte le regioni meridionali presentano valori inferiori al dato medio nazionale e oscillano tra un valore minimo del -0,1 per cento della Calabria e un valore massimo del + 0,5 per cento di Basilicata e Abruzzo; in mezzo, Molise e Campania segnano + 0,1 per cento, la Puglia + 0,3 per cento, Sicilia e Sardegna ferme allo zero per cento;
lo stesso discorso vale per il tasso di disoccupazione che cresce in tutto il Paese, ma che colpisce in maniera particolare, ancora una volta, il Mezzogiorno, con una vera e propria emergenza che riguarda i giovani. Nel Sud il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7 per cento (nel 2009 era del 33,3 per cento): praticamente al Sud lavora meno di un giovane su tre;
altrettanto drammatica è la situazione per le giovani donne, ferme nel 2010 al 23,3 per cento, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5 per cento);
tale situazione è ben presente al Governo che ha approvato un piano per il Sud nella consapevolezza che ogni ipotesi di ripresa e di rilancio economico del Paese non può essere prospettata se non attraverso la possibilità di fare svolgere al Mezzogiorno un ruolo primario;
è innegabile che tra le risorse possibili sulle quali puntare per il rilancio economico e la ripresa dell'occupazione nel Sud vi sia, proprio per la posizione geografica di tale territorio, la produzione di energia da fonti rinnovabili;
in tal senso appare necessario prospettare delle politiche che incrementino gli investimenti e siano di sostegno a tale produzioni -:
quali siano i programmi e i finanziamenti che si intendono destinare al Mezzogiorno per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili alternative e se siano stati fatti studi di settore sulla ricaduta positiva a livello occupazione che si potrebbe determinare in questo settore.
(3-01852)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
a beneficiare del commercio equo-solidale, contro la fame e lo sfruttamento nel Sud del mondo, sembra essere anche il Nord Europa, dove agricoltori, produttori e consumatori sono messi a dura prova dalla crisi dei mercati. Alter Eco, colosso del fair trade francese, ha appena lanciato una nuova gamma di prodotti locali rendendo possibile acquistare alla Coopérative Regionale d'Agriculture Biologique di Saint Jean d'Angely in Charente Maritime, cereali e legumi, quali lenticchie e fagioli, di coltivazione biologica francese. Un passo fatto, secondo Laurent Muratet, direttore marketing e comunicazione del consorzio, per appoggiare i contadini del settore bio: «Difendiamo un modello agricolo

di policoltura. Valido in ogni regione del pianeta. E se non possiamo coltivare in Francia cioccolato e caffè, per ogni altro prodotto daremo privilegio a quelli nostrani ottenuti secondo criteri bio, locali, sostenibili e solidali»;
dalla Francia all'Italia il passo è breve. Nel nostro Paese un commercio equo-solidale che funzioni sul binario Nord-Nord ha iniziato a prendere forma a partire da realtà più di nicchia, quali le cooperative carcerarie (che producono cibi, tessuti, miscellanee varie) e le organizzazioni come Libera (prodotti agricoli e non solo) che si battono contro la criminalità, già inserite nei più grandi circuiti dell'equo-solidale. Poca partecipazione degli agricoltori, dunque. Ma qualcosa inizia a muoversi in un senso più generale. «Già nel 2010 Altromercato ha lanciato una linea "solidale italiano"», spiega Giorgio Dal Fiume, presidente di Wfto Europe, World fair trade organization. Tavolette di cioccolato, biscotti, taralli, stoffe e tessuti, che finiscono nelle botteghe. «Ed è una realtà che ci auguriamo di veder crescere», continua Dal Fiume. Con due precisazioni. «È necessaria chiarezza dei criteri, perché la scelta delle organizzazioni del Nord deve avere avvenire secondo criteri simili o uguali a quelli usati per il Sud, pur tenendo conto delle diversità. Ma non solo. Ci vuole anche un'etichettatura dei prodotti diversa per il commercio Nord-Nord che mantenga ben distinto il confine con il fair trade con il Sud». Il motivo di tanta precisione consiste nell'«evitare la competizione interna, per il bene dei consumatori, dei distributori e dei produttori»;
complice involontaria di questo processo di sdoppiamento nel mondo equo-solidale è la crisi. Secondo il rapporto nazionale 2011 di Agisces, a livello internazionale il fair trade gode di ottima salute, con un incremento delle vendite del 15 per cento rispetto al 2008 e 3,4 miliardi di euro di fatturato. In Italia si parla poi di 79 milioni di euro e 4.700 volontari impiegati. Altrettanto interessante è il riflesso positivo sul mercato del lavoro. Perché, oltre i benefici che porta agli agricoltori del Sud del mondo, questo settore presenta «in casa» una percentuale di contratti a tempo indeterminato (il 40 per cento) abbastanza alta per il terzo settore. E se a questo si aggiunge lo sviluppo del canale Nord-Nord, le prospettive potrebbero essere davvero buone. «Perché», conclude Dal Fiume, «il commercio equo non va più solo a beneficio dell'Africa. La crisi gli ha dato un valore universale e i fatti hanno dimostrato come il fair trade possa rappresentare una buona soluzione» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di creare un'etichettatura che certifichi le modalità di produzione dei prodotti equo-solidali;
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di creare condizioni atte ad un ulteriore sviluppo del commercio equo-solidale in Italia.
(4-13329)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della gioventù, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
un giovane su tre è senza occupazione, con la gran parte dei contratti di lavoro del nuovo millennio ispirati alla flessibilità e a tipologie para-subordinate e a partita iva, poco tutelate anche dal punto di vista sindacale. Ad aggravare la situazione c'è anche il problema casa: il 36 per cento degli under 40 è costretto all'affitto, in un Paese in cui i canoni sono i più alti d'Europa. Se il noto centro studi Censis certifica l'esistente, dando una base statistica alla nota tendenza che parla di una fortissima domanda di contratti di locazione presente soprattutto nelle grandi città (e che alimenta spesso un meccanismo perverso secondo il quale i canoni d'affitto schizzano sempre più verso l'alto data la mole di studenti e lavoratori alla ricerca di una stanza in condivisione) sorprende che a pagare le conseguenze di questo trend sia soprattutto il settore immobiliare.

Dice Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, che le difficoltà del comparto da congiunturali rischiano di diventare strutturali: «La domanda dei giovani e dei nuovi nuclei familiari alimenta sempre meno il mercato della casa. Ecco perché è urgente prospettare un'offerta di abitazioni di proprietà che incontrino le esigenze delle nuove generazioni»;
in un settore che ha sempre fatto da volano al prodotto interno lordo il rischio che si staglia nell'immediato è l'esaurimento. In altre parole: non c'è più richiesta di nuove abitazioni residenziali, perché non si può sostenerne la spesa. D'altronde in un Paese in cui circa otto famiglie su dieci vivono in una casa di proprietà i margini di crescita del mercato residenziale si restringono notevolmente e il fattore che conta davvero per chi vuole acquistare casa è il welfare di tipo familiare, unico ammortizzatore sociale per i giovani alla ricerca di un'abitazione. Il fattore casa finisce per configurare un paradosso, per una società che veleggia ormai versa il trionfo dei lavori nel settore dei servizi e richiede sempre manodopera nell'agricoltura e nell'industria: accertato che il mercato del lavoro offre maggiori opportunità solo a chi vive nelle grandi città metropolitane, contenitori delle occupazioni del terziario, il settore immobiliare offre invece maggiori possibilità per chi vive in provincia e nelle regioni meridionali. Scrive il Censis che «nel nord-Est (patria delle piccole imprese a vocazione familiare) e nel Mezzogiorno si registra una maggiore incidenza di casi in cui le famiglie più giovani vivono in una casa che appartiene a un parente, di fatto appoggiandosi al patrimonio della famiglia allargata». E soprattutto nei comuni fino a 30mila abitanti l'accesso alla proprietà appare meno problematico per le famiglie più giovani, data una domanda minore e un prezzo per forza di cose più alla portata;
se da un punto di vista sociale più generale lo schema che si profila all'orizzonte è quello di cinture metropolitane sempre più allargate (con un pendolarismo sempre più diffuso) è chiaro che per intercettare questa tendenza bisognerà fare qualcosa visto che l'Italia è uno dei pochi Paesi europei che disincentiva le nuove generazioni a uscire dall'alveo familiare: in Francia il 28,7 per cento dei giovani è in una casa con contratto d'affitto calmierato -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di porre in essere misure economico-finanziarie volte a garantire un maggior accesso, da parte dei giovani, all'acquisto della prima casa.
(4-13335)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei primi cinque mesi del 2011 l'export manifatturiero italiano ha fatto segnare un risultato positivo del 17 per cento, quasi quanto la Germania, che, nello stesso periodo, ha incrementato le proprie vendite all'estero del 17,7 per cento. Tale dato proviene dall'analisi dei settori industriali che Prometeia e IntesaSanpaolo redigono periodicamente. L'Italia delle imprese, grandi e piccole, si batte dunque giorno per giorno sui mercati esteri. Nel contempo il sistema italiano del commercio estero è chiamato a una profonda e rapida riorganizzazione all'indomani della soppressione dell'Ice. Inoltre, alla ripresa dopo la pausa estiva si proverà a concordare con le imprese un piano per il sostegno all'internazionalizzazione. Ad ottobre, annuncia Catia Polidori, Sottosegretario allo sviluppo economico con delega al settore, si riuniranno gli Stati generali; nei giorni scorsi, al Ministero, si sono insediati i sei tavoli di lavoro per preparare l'appuntamento di autunno. «Ascolteremo gli imprenditori - spiega il Sottosegretario - suddivisi in gruppi di lavoro e competenze settoriali, sarà una sorta di "campus" che metterà a frutto le esperienze, le proposte e le idee innovative per un impegno comune a sostegno del made in Italy»;

i tavoli tematici, presieduti da altrettanti consiglieri per l'internazionalizzazione riguardano i seguenti ambiti: agroalimentare/artigianato, ambiente/energia/materie prime, arredo/sistema casa, automazione/meccanica/mobilità, abbigliamento/sistema persona, servizi. «Per la composizione dei tavoli - sottolinea il Sottosegretario allo sviluppo - ho lavorato insieme al consigliere personale per l'export del premier, Massimo Calearo Ciman. Nella due giorni finale di ottobre ascolteremo i risultati dei gruppi di lavoro e metteremo gli operatori faccia a faccia con chi costruisce le regole (Governo, Ue, Wto) e poi prenderemo decisioni concrete». Il tutto nell'ottica di riuscire a fare dell'export un volano per cercare di uscire dalla crisi. L'annuario dell'Istat, appena diffuso, offre sul tema un risultato dalla doppia lettura: nel 2010, nonostante le turbolenze dell'economia internazionale, le esportazioni italiane sono aumentate del 15,8 per cento ma la nostra quota sul commercio mondiale è scesa dal 3,3 al 3 per cento. Pertanto le eccellenze del made in Italy devono essere difese per non perdere posizioni, anche con politiche più incisive rispetto a quanto fatto finora;
il Sottosegretario afferma «Sarebbe stato auspicabile - dice - avere un soggetto dinamico e operativo cui far svolgere le attività in occasione di fiere, eventi b2b, Expo, missioni di sistema. Credo tuttavia che quanto previsto dalla manovra rappresenti in realtà un primo passo per il riordino: stiamo lavorando per garantire efficacia anche in questa fase di riorganizzazione». Esigenza fortemente sentita dalle imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che avevano puntato su eventi di promozione all'estero che, con l'improvvisa cancellazione dell'Ice, sono diventati a rischio o sono stati messi in archivio. Anche su questo punto, il Sottosegretario tranquillizza: «La situazione è sotto controllo, stiamo provvedendo a mantenere e a presidiare le posizioni e gli appuntamenti in cui il sistema Paese è chiamato a sostegno delle imprese». Compito al quale dovranno lavorare i funzionari ex Ice insieme ai Ministeri coinvolti (affari esteri, sviluppo economico, economia e finanze), a Confindustria, Abi ed Unioncamere -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di riordinare tempestivamente le direttive a cui le imprese, produttrici ed esportatrici di made in Italy, devono far riferimento per la loro partecipazione ad eventi internazionali, nel ruolo di testimoni della qualità dei nostri prodotti.
(4-13338)

MARINELLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato da numerosi siti internet, da alcuni mesi molti destinatari, ricevono attraverso il proprio indirizzo di posta elettronica, lettere da parte di una sedicente società spagnola che sostiene di gestire il sistema della lotteria di Stato iberica e che comunica presunte vincite di importi tra l'altro rilevanti, attraverso l'estrazione di numeri vincenti;
il documento che attesta la presunta vincita risulta essere visibilmente articolato e studiato in maniera fittizia e contiene anche il timbro della lotteria di Stato spagnola, con un indirizzo della città di Barcellona, la data della scadenza per il reclamo dei presunti premi vinti e alcuni numeri di telefono per eventuali comunicazioni o contatti con i responsabili;
all'interno della lettera che notifica la vincita del premio, vi è la richiesta che, prima dell'erogazione della presunta somma spettante al vincitore, è necessario sbloccare il certificato di assicurazione che tra tassi e bolli raggiunge la somma di 1.800,00 euro;
a seguito del pagamento della predetta somma i responsabili di quella che appare una truffa on line si svincolano non senza avere precedentemente avvisato

il presunto vincitore, che senza l'invio del denaro richiesto, la presunta vincita non sarà più erogata a suo favore, sottoponendolo tra l'altro a rischio furto d'identità, in considerazione che i dati comunicati, come ad esempio le proprie generalità anagrafiche, possono essere resi accessibili a chiunque attraverso l'uso di internet;
a giudizio dell'interrogante, il suesposto inganno rappresenta un fenomeno d'illegalità crescente che coinvolge non solo il nostro Paese e che richiede interventi immediati e risolutivi al fine di contrastarne la diffusione delle truffe, connesse alla distribuzione on line dei giochi con vincite in denaro -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di rendere più efficace e incisiva l'azione di contrasto ai siti internet illegali;
se non intenda promuovere iniziative di sensibilizzazione sui rischi collegati alle cosiddette truffe on line il cui fenomeno come esposto in premessa, si registra in notevole aumento e che coinvolge in particolare le giovani generazioni.
(4-13340)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Galletti n. 4-13243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Libè.

Ritiro di un documento di indirizzo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Barbieri n. 7-00653 del 21 luglio 2011.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta immediata in Commissione Fugatti n. 5-05361 del 20 settembre 2011;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Barbato n. 5-05363 del 20 settembre 2011;
interpellanza urgente Evangelisti n. 2-01208 del 22 settembre 2011;
interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-01840 del 22 settembre 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Di Giuseppe n. 5-05397 del 26 settembre 2011.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in Commissione Giulietti e Boccuzzi n. 5-05400 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 524 del 26 settembre 2011. Alla pagina 24509, seconda colonna, dalla riga trentesima alla riga trentaduesima deve leggersi: «oltraggiata la memoria di un "grande italiano" -:» e non «oltraggiata la memoria di un "grande italiano" (per opportuna conoscenza si allega anche il testo della petizione) -:», come stampato.