XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
la gravissima carestia che affligge il Corno d'Africa ed, in particolare, la Somalia mette a rischio, secondo la Fao, la vita di dodici milioni di persone;
la siccità e le successive alluvioni e il triplicarsi dei prezzi dei generi di prima necessità, inducono ad una migrazione in condizioni disumane miriadi di persone, le quali si dirigono verso campi profughi, come quello di Dadaab in Kenia, ormai ridotto ad un immenso lazzaretto dove le condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza fisica sono fuori controllo;
secondo Jacques Diouf, direttore generale della Fao, sulla base di un summit svoltosi a Roma il 25 luglio 2011, servono 1,6 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro) nei prossimi dodici mesi per scongiurare o almeno limitare la tragedia; a tutt'oggi mancano all'appello circa 800 milioni di dollari;
la situazione è particolarmente critica in Somalia, dove l'Onu ha decretato formalmente lo stato di carestia per due regioni del sud, controllate dai gruppi estremisti islamici shabaab, che impediscono l'accesso alle organizzazioni non governative;
le principali vittime della carestia sono i bambini: dall'inizio del 2011 ne sono già morti oltre 400 per fame, con un tasso di mortalità dell'86 per cento nelle regioni centro-meridionali. Nelle regioni meridionali di Bakool e della Bassa Shabelle, la malnutrizione acuta supera il 50 per cento, con tassi di mortalità infantile superiori a 6 (su 10.000) al giorno in alcune zone. Secondo l'Unicef questa è soprattutto la carestia dei bambini: ha meno di 18 anni la metà dei 3,7 milioni di persone colpiti dall'emergenza alimentare; 1 su cinque ha meno di 5 anni; circa 554.000 bambini sono oggi gravemente malnutriti;
«È vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e degli assetati» queste le parole, durante l'Angelus di domenica 31 luglio 2011, di Papa Benedetto XVI, che già il 17 luglio aveva fatto proprio l'allarme che viene dagli operatori umanitari e dalle organizzazioni internazionali che appaiono impotenti dinanzi alle dimensioni immani e crescenti della catastrofe;
il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha espresso la volontà del Governo di soccorrere con un grande sforzo le popolazioni colpite, sostenendo che «di fronte a drammatiche emergenze umanitarie, l'Italia è pronta a fare sino in fondo la sua parte anche come donatore. Gli aiuti ci sono, ci saranno, e consistenti. Soprattutto, si tratta di aiuti concepiti non solo per alleviare nell'immediato le sofferenze della popolazione, ma anche per contribuire a gettare le basi di un futuro sviluppo autonomo di quei Paesi». Il Ministro ha affermato altresì che è «urgente e indispensabile un corridoio umanitario e aereo per portare beni di prima necessità dove servono, sfidando, se occorre, i terroristi Shabaab, che hanno detto di non volere gli aiuti perché per loro purtroppo la vita delle persone non vale niente»;
risultano essere di circa 11 milioni di euro i fondi messi a disposizione dal Governo per il 2010-2011 per l'emergenza in Corno d'Africa;
risulta, altresì, che il Governo sarebbe in procinto di stanziare ulteriori 9 milioni di euro per effettuare interventi bilaterali di cooperazione in ambito sanitario, alimentare, idrico e agricolo a favore delle popolazioni maggiormente colpite, per finanziare le iniziative delle Agenzie ONU, in particolare quelle del programma alimentare mondiale e della FAO, volte ad alleviare le difficoltà delle popolazioni, e per rispondere alla dichiarazione delle Nazioni Unite sulla siccità in Somalia del 20 luglio 2011;
la Farnesina ha organizzato per il 2 agosto 2011 un volo umanitario con la presenza del Sottosegretario Mantica per trasportare dalla base di Brindisi al campo di Dadaab in Kenya, dove sono ospitati profughi somali, prodotti alimentari ed aiuti di prima necessità, che verranno distribuiti tramite la Croce rossa internazionale e dall'UNHCR, e si prevede nei prossimi giorni anche un secondo volo umanitario con viveri ed aiuti diretto a Mogadiscio;
«AGIRE onlus - Agenzia italiana per la risposta alle emergenze», il comitato che raggruppa autorevoli organizzazioni non governative italiane, ha avviato una campagna d'informazione e raccolta fondi con il patrocinio del Ministero degli affari esteri;
la III Commissione (Esteri) della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione di analoghi contenuti,
impegna il Governo:
a mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali aiuti utili a fronteggiare questa emergenza-carestia, incrementando i fondi stanziati a tal fine e coinvolgendo il più possibile le associazioni della società civile;
a contribuire alla forte campagna di informazione in atto per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana alla tragedia di luoghi e popoli con cui l'Italia ha particolari legami storici;
a incrementare lo sforzo diplomatico per dare alle popolazioni del Corno d'Africa sistemi statuali e Governi stabili e democratici.
(1-00702)
«Renato Farina, Baldelli, Nirenstein, Pianetta».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni IX e X,
premesso che:
da oltre un mese il personale dello stabilimento Irisbus di Flumeri è in mobilitazione permanente per opporsi al piano industriale della FIAT che prevede la chiusura dello stabilimento che produce autobus;
lo stabilimento che impiega settecento dipendenti, più altre centinaia legati all'indotto, rappresenta, non solo per l'Irpinia, ma per l'intera regione, un bacino industriale fondamentale e irrinunciabile;
la sua chiusura o cessione, senza garanzie occupazionali, sarebbe un duro colpo per l'economia dell'intero territorio, con gravi contraccolpi anche da un punto di vista sociale, visto che nella provincia, a fronte di 440 mila abitanti, già vi sono 80 mila disoccupati;
gli ultimi incontri tra le rappresentanze sindacali e la Fiat, tenutisi presso il Ministero dello sviluppo economico, hanno portato ad un sostanziale nulla di fatto, confermando la volontà del management del lingotto di cedere lo stabilimento al gruppo industriale DR;
in tale occasione va sottolineato che, pur essendo presenti dei funzionari del Ministero, non vi è stata la presenza di alcun esponente del Governo;
se ciò dovesse ripetersi nei futuri incontri si determinerebbe una frattura profonda tra la realtà sociale, politica e istituzionale irpina che all'unanimità si è schierata a fianco dei dipendenti dell'Irisbus e il Governo;
tale chiusura appare immotivata anche perché il settore potrebbe avere un forte impulso stante la necessità, espressa in più d'una occasione, delle aziende di trasporto pubblico di favorire lo svecchiamento dei mezzi di trasporto pubblico circolanti la cui età media in Italia si aggira intorno ai 12 anni, di gran lunga superiore a quella europea che si attesta intorno ai 7 anni di vita,
impegnano il Governo:
ad elaborare ed approvare, dopo il necessario confronto in un tavolo tecnico
con tutte le istituzioni locali e nazionali coinvolte e la direzione nazionale della Fiat, un piano teso a determinare la non cessione dello stabilimento di Valle Ufita da parte dalla Fiat e la continuazione, nel medesimo, della produzione autobus;
ad assumere l'impegno di elaborare e finanziare il piano trasporti nazionale, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, assumendo iniziative per la rimodulazione delle risorse destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale e ammodernamento del parco bus;
ad affrontare concretamente la vertenza Irisbus all'interno di un piano più complessivo legato all'ammodernamento dei mezzi di trasporto pubblico in Italia, garantendo una presenza attiva nella vertenza in corso, a partire dal prossimo incontro previsto per il 3 agosto 2011 e per quelli futuri, prevedendo la partecipazione dei rappresentanti politici di tutti i Ministeri coinvolti ed in particolare di quello dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Presidente della Conferenza Stato-regioni.
(7-00680) «Iannaccone, Pionati».
La V Commissione,
premesso che:
la legge finanziaria 2006 (legge 266 del 23 dicembre 2005, articolo 1, commi 331-334) ha disciplinato la corresponsione del cosiddetto «bonus bebé» del valore di 1.000 euro per ogni nuovo nato e adottato nel 2005. Tra i requisiti la legge ha previsto il limite di 50.000 euro di reddito complessivo per il nucleo familiare;
la comunicazione alle famiglie è avvenuta mediante lettera firmata dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, rivolta direttamente al nuovo nato con tono colloquiale e amichevole utilizzato; nel testo della norma non era chiaro se il limite di reddito da considerare fosse quello netto o il lordo;
nelle scorse settimane sono state recapitate alle suddette 8.000 famiglie lettere che contestano l'indebita riscossione del bonus bebé - la missiva, inviata dal Ministero dell'economia e delle finanze-dipartimento della ragioneria generale dello Stato, intima la restituzione dei 1.000 euro «illecitamente» riscossi, oltre al pagamento della sanzione amministrativa (3.000 euro) nel caso sia accertata la violazione del citato articolo 316-ter del codice penale. A tale proposito, la lettera informa che il pagamento dell'importo «a titolo di sanzione amministrativa dovrà essere effettuato solo dopo che il giudice penale si sarà pronunciato in merito alla punibilità della falsa autocertificazione»;
nella legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi (legge 296 del 2006) erano contenuti i due seguenti commi: «1287. Le somme di cui all'articolo 1, comma 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, erogate in favore di soggetti sprovvisti del requisito di cittadinanza italiana, ovvero comunitaria, non sono ripetibili.» «1288. Le ordinanze-ingiunzioni emesse a norma dell'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, in applicazione dell'articolo 1, comma 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono inefficaci»;
in sostanza le norme sul bonus bebé riguardavano i cittadini italiani o comunitari residenti in Italia; tuttavia numerosi immigrati (circa 10.000) avevano riscosso la somma dichiarando il falso; il Governo Prodi intervenne allora con una sanatoria;
la relazione illustrativa al ddl Finanziaria 2007 evidenziava altresì che «in caso di contenzioso, l'esito sarebbe quasi sicuramente negativo per l'Amministrazione»,
impegna il Governo
ad adottare i provvedimenti e le iniziative necessari per ritirare la richiesta dell'Agenzia delle entrate, sia in considerazione della enorme disparità di trattamento
tra cittadini italiani in buona fede e cittadini extracomunitari, sia in ragione del fatto che in caso di contenzioso, l'esito sarebbe quasi sicuramente negativo per l'Amministrazione.
(7-00681)
«Marinello, Pagano, Gioacchino Alfano».
La VII Commissione,
premesso che:
Sant'Anna di Stazzema è da sempre un luogo capace di esprimere una grande spiritualità che deriva non solo da essere un luogo di memoria di avvenimenti dolorosi, ma soprattutto dalla capacità che ebbero negli anni successivi i superstiti e i custodi di quella memoria di trasformare l'orrore di quel tragico 12 agosto 1944 in un impegno perenne per la costruzione di un mondo in cui episodi analoghi non avessero più luogo e sparissero dalla storia dei popoli;
con la legge n. 381 dell'11 dicembre 2000 è stato istituito a Sant'Anna di Stazzema il parco nazionale della pace con lo scopo di promuovere iniziative culturali e internazionali, ispirate al mantenimento della pace e alla collaborazione dei popoli, per costruire il futuro anche sulle dolorose memorie del passato, per una cultura di pace e per cancellare la guerra dalla storia dei popoli;
ogni anno si svolgono manifestazioni, incontri nazionali ed internazionali, convegni, mostre permanenti e temporanee, proiezioni di film e spettacoli sui temi della pace e del disarmo, si promuovono e si pubblicano studi e documentazioni; si ospita inoltre una biblioteca specializzata sui temi della pace e sul movimento pacifista italiano e internazionale;
il museo di Sant'Anna di Stazzema è il museo toscano non statale più visitato con oltre 50.000 presenza certificate, ed oltre 200 scolaresche che ogni anno salgono in questo piccolo paese della Versilia, molte delle quali vengono dall'estero e in gran parte dalla Germania;
al mantenimento delle attività che si svolgono al parco nazionale di Sant'Anna di Stazzema, ovvero l'accoglienza, le visite, la elaborazione di programmi e progetti, le relazioni con realtà analoghe in Italia e nel mondo, si provvede con risorse del comune di Stazzema, con un finanziamento annuale della regione Toscana e con i contributi previsti dalla legge n. 381 dell'11 dicembre 2000 che all'articolo 5, comma 2, recita: «Per le spese di funzionamento del "Parco nazionale della pace" è autorizzato un contributo in favore del comune di Stazzema nel limite massimo di lire 100 milioni in ragione di anno a decorrere dal 2000. Al relativo onere si provvede, per gli anni 2000, 2001 e 2002, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa»;
in questi anni il comune di Stazzema si è accollato l'onere di fare da organo di gestione del parco nazionale della pace in attesa che la regione Toscana stabilisse (l'articolo 3, comma 2, della legge 381 del 2000) le modalità di gestione del parco stesso;
con legge regionale della Toscana n. 81 del 28 dicembre 2009 è stato dato mandato al comune di Stazzema per la costituzione di una fondazione per la gestione del parco nazionale della pace che entrerà in funzione nei prossimi mesi prima dell'estate 2011;
il contributo dello Stato non è stato erogato dal 2001 al 2006: le sei annualità furono recuperate a partire dal 2007. L'erogazione nel 2007, 2008, 2009 è avvenuta invece, in maniera regolare;
la mancata erogazione dell'annualità 2010 e 2011 ha messo in crisi la funzionalità del detto Parco nazionale della Pace, nonostante l'intervento costante
del comune di Stazzema e della regione Toscana per garantire il valore culturale dell'iniziativa in parola; far venire meno un significativo impegno per la pace, visto anche lo scenario mondiale di recrudescenza dei fenomeni di intolleranza e guerra tra i popoli assume un significato simbolico molto pesante,
impegna il Governo:
a provvedere all'erogazione dell'annualità 2010 e 2011 del contributo di euro 50.000,00 che si deve corrispondere per il funzionamento del parco nazionale della pace di Sant'Anna di Stazzema;
a provvedere affinché il finanziamento stabilito per legge pari a 50.000,00 euro venga corrisposto ad ogni esercizio finanziario dallo Stato con la necessaria puntualità a cadenza annuale.
(7-00679)«Ghizzoni, Aprea, Mariani».
La XIII Commissione,
premesso che:
la nutria, mammifero roditore originario del Sud America appartenente alla famiglia Myocastoridae, è stata introdotta in Europa per lo sfruttamento commerciale della sua pelliccia; a causa del fallimento degli allevamenti per la produzione della pelliccia, moltissime nutrie sono state liberate intenzionalmente, per evitare i costi di abbattimento e smaltimento delle carcasse. Da queste immissioni volontarie, unite alle fughe accidentali, si è originata una numerosa popolazione di nutrie che ben si è adattata agli ambienti umidi europei, compresi quelli più inquinati;
la diffusione delle nutrie ha causato gravi squilibri ecologici nelle aree in cui è stata introdotta ed è stato necessario adottare drastiche misure per il suo contenimento; nelle aree - e sono la maggior parte - dove il controllo della nutria da parte dei predatori viene meno per scarsità di numero o totale assenza di questi ultimi - nel suo habitat naturale il principale predatore è il caimano, mentre nelle aree in cui è stata introdotta mancano predatori naturali e soltanto i soggetti più giovani o in cattive condizioni fisiche possono essere in modesta misura predati da cani randagi, mustelidi, volpi, linci, felini selvatici, uccelli rapaci e ciconiformi - il conseguente sovrappopolamento del mammifero può arrecare ingenti danni economici alle coltivazioni agricole di cui si nutre. Inoltre, la nutria, prediligendo gli argini fluviali per la costruzione della propria tana, è divenuta una delle maggiori cause di formazione di cunicoli negli argini molto pericolosi in periodi di forti piogge;
la nutria è stata inserita nell'elenco delle 100 specie alloctone più dannose del mondo dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUNC International Union for the Conservation of Nature), una organizzazione non governativa (ONG) internazionale con sede a Gland (Svizzera);
in Italia la sua diffusione ha subito un notevole incremento negli ultimi anni espandendosi soprattutto nella pianura padana, lungo la costa adriatica sino all'Abruzzo e sul versante tirrenico sino al Lazio; presenze di nutrie si hanno anche nell'Italia meridionale in Sicilia e Sardegna;
i danni provocati alle colture e agli argini dei corsi d'acqua hanno reso necessaria, in talune aree la adozione di misure per il suo contenimento. L'ISPRA ha elaborato linee guida per il controllo della nutria pubblicate nella collana i «Quaderni di conservazione della natura». In particolare, il numero 5 di tale collana è dedicato all'individuazione di linee guida per il controllo della nutria;
in particolare, la nutria, attraverso l'escavazione di cunicoli lungo gli argini dei fiumi, crea seri danni alla stabilità delle arginature e determina un rischio idrogeologico non trascurabile, mettendo a dura prova la tenuta degli argini, e determinando anche cedimenti in prossimità di manufatti e attraversamenti dei fiumi stessi;
in alcune zone della pianura padana la presenza numerosa degli animali mette a rischio anche la sicurezza stradale; i loro frequenti attraversamenti della sede stradale costituiscono innegabile elemento di rischio per automobilisti, motociclisti e ciclisti;
a livello legislativo la legge venatoria nazionale n. 157 del 1992 individua quali strumenti atti a contrastare i gravi danni arrecati alle colture agricole e all'ambiente, dalla fauna selvatica, in specie le nutrie, quelli di cui all'articolo 26, che prevede la costituzione, a cura delle regioni, di un fondo per far fronte ai danni, non altrimenti risarcibili, causati alla produzione agricola e al pascolo dalla fauna selvatica, in particolare quella protetta. Parimenti, si può far riferimento anche alla disciplina relativa al controllo della fauna selvatica, introdotta dagli articoli 19 e 19-bis della predetta legge nazionale. È in ogni caso esclusa la possibilità di introdurre la specie in questione, ossia le nutrie, tra quelle cacciabili ai sensi dell'articolo 18 della legge quadro n. 157, in quanto non compresa nell'elenco comunitario delle specie cacciabili;
nonostante gli strumenti suddetti la diffusione della nutria continua ad essere di difficile contenimento e di scarsa gestione; in Lombardia si è diffusa in tutta la fascia di pianura e le province maggiormente interessate sono Pavia, Cremona, Lodi, Brescia, Mantova, Milano e Bergamo, territori dove si trovano i principali corsi d'acqua che sono le vie preferenziali di diffusione di questa specie. Tenuto conto che la porzione di pianura della Lombardia presenta appunto un notevole sviluppo della rete idrografica (valutata in 30.000 km di corsi idrici), l'attuale consistenza della nutria nella sola regione lombarda è stimabile in circa 500.000 esemplari;
l'esperienza della regione Lombardia testimonia la difficoltà di arginare l'espansione della nutria; infatti nonostante le azioni di controllo avviate da circa un decennio dalle province coinvolte che - in applicazione della normativa vigente sulla tutela della fauna selvatica hanno incrementato il prelievo delle nutrie (da 39.199 nutrie nel 2004 a 127.891 nutrie nel 2009) - la specie sta ampliando progressivamente la sua area di distribuzione, che è passata dagli 867.538 ettari del 2004 agli 1.032.488 ettari nel 2009;
l'attuale incidenza del prelievo annuo come individuato dall'università di Pavia, dipartimento biologia animale è stimabile nell'ordine del 25 per cento della consistenza complessiva della specie e non sta comportando risultati significativi sulla diminuzione del numero degli effettivi; i piani di contenimento provinciali riguardanti il controllo numerico della specie non producono, quindi, risultati apprezzabili;
il documento approvato dalla XIII Commissione il 20 luglio 2011, a conclusione dell'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, afferma chiaramente che «sulla pratica l'esercizio degli abbattimenti, ampiamente adottato dalla maggior parte delle amministrazioni pubbliche, non avrebbe risolto completamente il problema, limitandosi in alcuni casi solo ad un contenimento del danno limitato nel tempo e nello spazio e di fatto limitato altresì dalla normale dinamica delle popolazioni delle specie di fauna selvatica oggetto dei prelievi»,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative urgenti per definire un piano di gestione complessivo a livello nazionale per le nutrie, anche predisponendo una normativa specifica per il controllo delle specie, al fine di pianificare un effettivo contenimento degli esemplari di nutrie, in particolare, nei territori a vocazione agricola;
ad accelerare i tempi dei risarcimenti dei danni provocati dalla fauna selvatica alle colture agricole e a pianificare un coinvolgimento operativo degli agricoltori nella gestione della fauna selvatica;
ad assumere iniziative per inserire le nutrie tra le specie non tutelabili dalla legge nazionale venatoria di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 157 del 1992.
(7-00677)
«Zucchi, Pizzetti, Marco Carra, Cenni, Sani, Fiorio».
La XIII Commissione,
premesso che:
il 2020 è stato dichiarato dall'ONU anno internazionale delle foreste;
il bosco riveste una funzione ambientale imprescindibile, concorrendo all'immagazzinamento della CO2, alla difesa idrogeologica, alla regolazione del ciclo idrico ed alla conservazione della biodiversità, oltre ad avere un ruolo centrale nella valorizzazione del paesaggio e di quei territori normalmente privi di importanti risorse economiche alternative;
l'aumento quantitativo dei boschi rappresenta dunque un investimento in termini di salvaguardia del territorio, di miglioramento delle condizioni ambientali che incidono sulla salute umana, di difesa della qualità dell'aria dell'acqua, di arginamento ai cambiamenti climatici;
l'obiettivo di incrementare la superficie boscata, con particolare riferimento alla pianura, è presente in diversi strumenti di pianificazione e programmazione regionale, il programma nazionale quadro per il settore forestale (PQSF), il piano azione dell'Unione europea per la gestione sostenibile delle foreste del 2006;
i boschi di pianura spesso realizzati in stretta correlazione con azioni più complessive di tutela della biodiversità (zone umide, macchie, radure ed altro) ricoprono superfici - ad esempio nella regione Emilia-Romagna vengono stimate in appena il 2 per cento del territorio disponibile, pari a 12.000 ettari - per cui l'aumento dell'indice di boscosità rappresenta uno degli obiettivi ambientali strategici per il prossimo futuro;
la ristrettezza delle risorse finanziarie disponibili ha impedito negli ultimi anni di realizzare un rilevante intervento pubblico teso al miglioramento ed all'incremento del patrimonio forestale, limitato spesso ai demani forestali regionali, peraltro in grandissima parte collocati al di fuori dei territori di pianura;
gli aumenti di superfici boscate, in pianura e di azioni di tutela della biodiversità sono dipesi pressoché esclusivamente dall'adesione degli operatori agricoli alle apposite misure agro ambientali del piano di sviluppo rurale;
il regime contrattuale con l'Unione europea che consente ai singoli operatori agricoli allo scadere del contatto di poter ritrasformare le superfici boscate e rinaturalizzate create ex novo in altro tipo di coltivazione risulta in conflitto con alcune normative di carattere ambientale e territoriale nel frattempo intervenute, generando contenziosi giuridico amministrativi e incertezze tra gli operatori;
si rende indispensabile un intervento chiarificatore in materia in quanto, nell'eventualità che possa venir meno ogni forma di indennizzo e di sostegno al reddito degli agricoltori, è realistico prevedere che nei prossimi anni si verifichi una diminuzione consistente della superficie forestale realizzata sulle aree agricole della pianura, con una grave perdita dei servizi eco-sistemici che i boschi e le aree rinaturalizzate svolgono, soprattutto nelle aree a minore intensità di biodiversità e di qualità ambientale complessiva come sono quelle della pianura;
appare pertanto sempre più urgente e necessario adottare precise iniziative al fine di evitare il depauperamento di questo patrimonio e, al tempo stesso, per incrementare le aree boscate di pianura e di biodiversità;
per affrontare in maniera organica questa problematica, che riguarda tutte le regioni della pianura padana, occorrerebbe un vero e proprio programma forestale
nazionale pluriennale promosso dal Ministero e dotato, per la parte boschiva, di adeguate risorse finanziarie,
impegna il Governo
a predisporre, di concerto con le regioni, un programma forestale nazionale in previsione della nuova programmazione dei fondi dell'Unione europea (2014-2020), che preveda l'adozione di azioni specifiche per garantire la salvaguardia e l'incremento dei servizi eco-sistemici forniti dalle foreste - a partire dalla definizione di un «programma pluriennale forestale regionale integrato» - dedicate alla forestazione di pianura da realizzare nelle aree pubbliche e private disponibili (proprietà degli enti locali, demani idrici, terreni incolti e altro), individuando misure finanziarie finalizzate al mantenimento delle aree boscate in scadenza di contratto.
(7-00678)
«Brandolini, Dal Moro, Fiorio, Zucchi, Marco Carra, Bratti».
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il 25 luglio 2011 in occasione dell'iniziativa nazionale organizzata dalla FNSI (Federazione nazionale stampa italiana) «lasciateCIEentrare» gli interroganti si sono recati presso il Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Bari in qualità di membri del Parlamento della Repubblica;
al termine della visita ispettiva gli interroganti hanno constatato lo stato di degrado in cui versa la struttura dove mancano le condizioni minime di sicurezza e igienico-sanitarie;
il sistema di videosorveglianza, andato distrutto a seguito della sommossa di circa un anno fa, non è stato ancora ripristinato, nonostante lo stanziamento di fondi straordinari pari a 700mila euro;
non sono stati neppure eseguiti i lavori di ammodernamento dell'edificio per i quali è stata stanziata e non ancora utilizzata la somma di un milione e settecento mila euro, e pertanto 2 moduli restano da ottobre 2010 inutilizzabili;
sempre secondo quanto accertato dagli interroganti, le condizioni igienico sanitarie sono inesistenti: alcuni bagni non funzionano, vi sono porte divelte, i materassi sono privi di cuscini e lenzuoli. Nei moduli che ospitano i nordafricani ci sono murales raffiguranti una svastica e l'effigie di Bin Laden;
agli interroganti è stato denunciato da ospiti del CIE che il personale militare del battaglione San Marco, che ha il compito di presidiare la struttura, effettua «visite» anche all'interno dei moduli riservati agli ospiti;
agli interroganti è stato riferito che nel CIE di Bari vi sarebbero ospiti provenienti da paesi per cui è prevista la richiesta di diritto di asilo politico e che, pertanto, dovrebbero essere ospitati in strutture CARA, così come sono state segnalate situazioni di ritardi burocratici incomprensibili;
agli interroganti, inoltre, risulta che gli ospiti presenti non sono adeguatamente informati sulla normativa vigente che prevede il prolungamento del trattenimento a diciotto mesi -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
quali siano le ragioni per cui non sono stati ancora utilizzati i fondi per la ristrutturazione del CIE di Bari;
se abbiano valutato i rischi di disordini all'interno dei CIE una volta che il decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari, che prevede il prolungamento a 18 mesi del fermo degli extracomunitari, sarà convertito in legge;
quali siano i compiti e gli ambiti di competenza dell'esercito posto a presidio della struttura del CIE di Bari.
(2-01176)
«Zazzera, Ginefra, Servodio».
Interrogazione a risposta in Commissione:
CODURELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
tra il 7 ed il 13 luglio 2011 precipitazioni di eccezionale intensità hanno colpito pesantemente il territorio della provincia di Lecco, provocando ingenti danni all'ambiente, alle infrastrutture, in particolare all'intera rete viaria provinciale, alle strutture pubbliche e private, con conseguenti profondi disagi alla popolazione locale che solo per coincidenze favorevoli non ha subito perdite di vite umane;
tale evento calamitoso ha interessato diversi comuni della provincia (Lecco città, Valmadrera, Merate, Olgiate Molgora, Monticello Brianza, Rovagnate, Molteno, Brivio) e, particolarmente, il comune di Mandello del Lario, dove la violenta tromba d'aria che si è abbattuta nella giornata del 13 luglio 2011 ha divelto piante, scoperchiato tetti, danneggiato l'asfalto, che in più punti si è sollevato, e provocato l'interruzione sia della linea ferroviaria per l'intero pomeriggio, a causa di un albero che ha centrato il locomotore del treno, sia della strada provinciale 72, a causa di due enormi alberi che, da una proprietà privata si sono abbattuti sulla carreggiata;
a causa della violenza delle precipitazioni la linee ferroviaria Lecco-Sondrio, è stata di fatto interrotta e gravi ritardi si sono registrati sulla linea Lecco-Milano; inoltre, la presenza di tronchi di albero divelti sui binari della linea Lecco-Mandello ha reso molto critico e rischioso l'intero tratto ferroviario;
a fronte di tali eventi il sindaco di Mandello del Lario ha tempestivamente inviato, in data 15 luglio 2011 con nota n. 13482 VI-9, alla regione Lombardia, la scheda R.A.S.D.A. relativa al primo accertamento dei danni sul territorio che vede una quantificazione dei danni ammontante ad euro 150.000,00;
successivamente, con nota n. 13375 VI-9, in data 18 luglio 2011, è stata trasmessa alla provincia di Lecco la richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale allegando sia la scheda R.A.S.D.A. precedentemente inviata alla regione Lombardia, sia tutte le fotografie comprovanti i danni arrecati sia al territorio che ai privati, nonché una relazione dettagliata sull'accaduto;
con nota n. 13484 VI-9 in data 19 luglio 2011 è stata trasmessa alla regione Lombardia e alla sede di Lecco dell'ERSAF la relazione di valutazione dei danni al patrimonio boschivo - quantificabile in euro 240.200,00;
con la nota n. 13584 VI-9 in data 19 luglio 2011 è stata trasmessa alla provincia di Lecco la medesima relazione di cui sopra;
infine, con nota n. 13942 VI-9 in data 26 luglio 2011, sono state trasmesse alla prefettura di Lecco tutte le denunce pervenute al comune di Mandello del Lario, fino a quella data, da parte dei privati;
allo stato attuale, rispondendo in via informale, ad una precisa richiesta del dirigente del settore lavori pubblici, territorio e ambiente del comune di Mandello, risulta che la regione Lombardia non abbia al momento disponibilità di fondi e che il successivo riscontro formale confermerà questo dato;
la mancata richiesta da parte della regione Lombardia al Governo del riconoscimento
dello stato di emergenza solleva di fatto da ogni competenza il dipartimento della protezione civile in ordine all'assunzione di provvedimenti conseguenti a favore del comune di Mandello del Lario e dei soggetti privati che hanno subito danni dagli eventi alluvionali in questione;
con la delibera del 1o dicembre 2010 n. IX/924 la giunta regionale lombarda ha stabilito nuove modalità di intervento nei casi di frane o altre calamità naturali che necessitino di interventi di «somma urgenza» effettuati dai comuni per la messa in sicurezza di strade, infrastrutture e strutture pubbliche, prevedendo che per gli interventi di somma urgenza al di sotto di 75 mila euro di costo, la regione intervenga coprendo l'80 per cento dei costi e lasciando il restante 20 per cento a carico dei comuni coinvolti;
a seguito di un ordine del giorno approvato dal consiglio regionale in relazione all'assestamento al bilancio per l'esercizio 2011, la regione Lombardia si è impegnata comunque a garantire la copertura totale degli importi relativi agli interventi urgenti effettuati nei comuni sotto i 1.000 abitanti, in conseguenza di eventi calamitosi;
purtroppo nessuna rassicurazione è stata data riguardo al risarcimento dei danni subiti da immobili civili e produttivi privati, in quanto in base alla delibera della giunta regionale del 22 dicembre 2008 n. VIII/8755, la regione Lombardia eroga contributi ai privati che abbiano subito la perdita o il grave danno della propria residenza principale per effetto di una calamità naturale unicamente in seguito ad eventi dichiarati di livello b) - regionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 225 del 1992; il mancato riconoscimento dello stato di calamità esclude, allo stato attuale, il riconoscimento di risarcimenti regionali ai privati che hanno subito danni anche ingenti -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare affinché sia dichiarato in tempi rapidi lo stato di calamità naturale nel comune di Mandello del Lario e negli altri comuni colpiti dall'alluvione, consentendo in tal modo l'individuazione di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza, che aumenta alla luce dei vincoli del patto di stabilità;
in quali tempi e secondo quali modalità si provvederà all'inserimento del comune di Mandello del Lario nell'accordo di programma sulla difesa del suolo siglato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Lombardia, ai sensi della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
in quale misura e con quale tempistica le risorse attivabili in base al suddetto accordo di programma potranno essere destinate al risarcimento dei danni subiti, anche da soggetti privati, a seguito degli eventi alluvionali del 7 e del 13 luglio 2011.
(5-05237)
Interrogazioni a risposta scritta:
TOCCAFONDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 2005, con una lettera, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi informò le famiglie che, per i loro nascituri, avrebbero potuto riscuotere un assegno da mille euro, denominato, «bonus bebè»;
in questi giorni molte famiglie, stanno ricevendo attraverso una raccomandata del Ministero dell'economia e delle finanze, la richiesta della restituzione del bonus;
all'interno della lettera del Ministero dell'economia e delle finanze, oltre alla restituzione del debito, viene richiesto il pagamento di una sanzione amministrativa pari a tremila euro e, qualora dovesse essere accertata la violazione del codice penale (in questo caso l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) una multa tra i 5 e i 25 mila euro;
tale situazione si è venuta a verificare a seguito delle richieste della direzione centrale dei servizi del tesoro, fatte all'Agenzia delle entrate, di verificare le autocertificazioni che le famiglie erano tenute a presentare per ricevere il bonus;
l'agenzia delle entrate ha rilevato che non tutti coloro che avevano ricevuto la lettera del Presidente del Consiglio avevano diritto a ricevere la somma di mille euro;
a seguito di quanto precedentemente descritto, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e delegato alle politiche per la famiglia, Carlo Giovanardi, ha inviato una lettera nella quale scrive: «Come delegato per la Presidenza del Consiglio dei Ministri alle politiche per la famiglia, mi scuso per i toni sgarbati e minacciosi della lettera che gli uffici del Ministero dell'Economia vi hanno inviato». E prosegue: «chi ha ricevuto la lettera può prendere contatto con gli uffici che vi hanno scritto per dimostrare la correttezza dell'autocertificazione e non procedere alla restituzione. Se questo non fosse possibile, perché per esempio c'è stato un equivoco fra reddito lordo e reddito netto, tutto potrà venire sanato con la restituzione dei mille euro, senza interessi e se necessario anche a rate» -:
quante siano in totale le lettere inviate alle famiglie, con cui è stata richiesta dal Ministero dell'economia e delle finanze la restituzione del bonus bebè;
quali ulteriori iniziative intenda intraprendere il Governo, per evitare che le famiglie non solo debbano restituire i mille euro ricevuti, ma pagare anche eventuali sanzioni.
(4-12930)
GIRLANDA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i servizi per le tossicodipendenze (SerT), o servizi per le dipendenze (SerD) sono i servizi pubblici del sistema sanitario nazionale dedicati alla cura, alla prevenzione ed alla riabilitazione delle persone che hanno problemi conseguenti all'abuso di sostanze psicoattive che generano dipendenza dalle stesse;
i SerT attuano interventi di primo sostegno e orientamento per i tossicodipendenti e le loro famiglie, operando anche a livello di informazione e prevenzione, particolarmente nei confronti delle fasce giovanili di popolazione;
nello specifico accertano lo stato di salute psicofisica del soggetto, definendo programmi terapeutici individuali da realizzare direttamente o in convenzione con strutture di recupero sociale e valutano periodicamente l'andamento e i risultati del trattamento e dei programmi di intervento sui singoli tossicodipendenti in riferimento agli aspetti di carattere clinico, psicologico e sociale;
la direzione generale della prevenzione sanitaria, attraverso il dipartimento della prevenzione e della comunicazione effettua una rilevazione annuale dell'attività nel settore delle tossicodipendenze che viene periodicamente presentata al Parlamento, così come accade per la relazione sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, a cura del dipartimento sulle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri;
il tasso di mortalità rilevato sulla base della popolazione residente nelle singole regioni e degli assistiti nelle strutture pubbliche rappresenta il dato più allarmante della relazione stessa, soprattutto a fronte della disparità dello stesso rispetto a regioni con analoghe percentuali di centri, di personale e di assistiti, come si può evincere, ad esempio, mettendo a confronto i dati di regioni come l'Umbria, la Liguria e la Basilicata -:
se il Governo intenda attuare indagini specifiche volte ad appurare l'utilità, il funzionamento e l'efficacia dei Sert su tutto il territorio nazionale;
quali siano le ragioni di tale disparità degli effetti legati alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione delle persone
con problemi di tossicodipendenza in relazione alle regioni dove il tasso di mortalità è più elevato.
(4-12936)
TESTO AGGIORNATO AL 7 SETTEMBRE 2011
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
l'ISPRA è chiamato ad esprimere un parere in merito all'applicazione da parte delle regioni delle deroghe previste dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE sulla conservazione degli uccelli selvatici;
tale parere è una delle condizioni necessarie per addivenire all'adozione di provvedimenti conformi alla sopracitata direttiva e all'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992;
dal 2005 l'Istituto dichiara di non essere in grado di fornire i dati richiesti per il calcolo della «piccola quantità» cacciabile, con la motivazione che i dati attualmente disponibili a livello europeo non costituirebbero una solida base scientifica;
la mancanza di un riscontro alle richieste regionali di quantificazione delle piccole quantità è fra le cause che hanno determinato l'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia e che hanno portato a pronunce sfavorevoli della Corte di giustizia e della Corte costituzionale;
rientra nelle competenze istituzionali dell'Istituto «esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti... dalle regioni» (cfr. articolo 7, comma 3, della legge n. 157 del 1992);
il diniego di parere è quindi, a parere degli interpellanti, illegittimo per violazione di un preciso obbligo di legge, oltre ad essere di ostacolo all'esercizio, da parte delle regioni, di una competenza espressamente riconosciuta dal sopracitato articolo 19-bis a disciplinare l'esercizio delle deroghe;
l'Istituto è vigilato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare -:
se il Ministro interpellato intenda:
a) adottare ogni iniziativa utile affinché l'ISPRA renda i pareri richiesti nei termini;
b) verificare la sussistenza di eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare;
c) verificare altresì la sussistenza dei presupposti per procedere al commissariamento dell'Istituto, secondo quanto previsto dall'articolo 12, comma 6, del regolamento dell'Istituto (decreto ministeriale n. 123 del 2010);
d) adoperarsi, nelle sedi opportune, affinché nel caso di perdurante inerzia, possano essere utilizzati e validati gli studi compiuti da istituti riconosciuti a livello regionale;
e) adoperarsi affinché vengano ricercate a livello comunitario soluzioni in ordine al problema del calcolo della «piccola quantità».
(2-01177)
«Renato Farina, Gregorio Fontana, Stucchi, Centemero, Scandroglio, Cassinelli, Aprea, Corsaro, Minasso, Nastri, Romele, Massimo Parisi, Palmieri, Barbieri, Gottardo, Vella, Toccafondi, Bocciardo, Migliori, Antonio Martino, Paolo Russo, Beccalossi, Bianconi, Laffranco, Cirielli, Porcu, Vignali, Colucci, Ascierto, Cristaldi, Stracquadanio».
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI e CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Chiusi della Verna (Arezzo), in località Maggiore Corsalone, si
trova uno stabilimento abbandonato, ex cementeria, ubicato a soli 100 metri dalla riva dell'Arno, in un centro abitato di circa 800 abitanti;
il cementificio, ormai da oltre 10 anni in stato di abbandono, appare in pessime condizioni con presenza nell'area anche di materiale, quale eternit, probabilmente in cattivo stato di conservazione, le cui fibre di amianto, se disperse nell'ambiente, potrebbero determinare seri danni alla salute dei cittadini;
l'area, ex cementeria Sacci, di proprietà privata, vide in passato un intervento di sistemazione e riqualificazione in accordo con l'amministrazione di Chiusi della Verna, almeno per la parte situata in questo comune;
lo stabilimento, per la porzione già demolita, è ubicato nel comune di Bibbiena in una zona periferica rispetto al paese; questa parte di fabbricato risulta non ben custodita e troppo facilmente accessibile anche dai non addetti ai lavori;
questa situazione di stallo sta determinando notevoli disagi per tutta la vallata del Casentino e danni al comune di Chiusi della Verna;
la proprietà dell'immobile ha sospeso qualsiasi intervento, compresa la presentazione di un piano di utilizzazione dell'area, per il non raggiungimento di accordi per l'area interessata dai lavori, con le precedenti amministrazioni comunale di Bibbiena e provinciale di Arezzo;
la presenza di manufatti in cemento-amianto, che non costituisce di per sé rischio per la salute dei cittadini e/o per la tutela ambientale, può diventare un pericolo nel momento in cui il deterioramento del materiale porta ad aumentare le probabilità di dispersione di fibre di amianto in aria e/o nel suolo;
peraltro, l'area, di importante pregio ambientale e paesaggistico, è riconosciuta anche per la sua vocazione turistica e rappresenta una zona di considerevole passaggio di villeggianti -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga opportuno intervenire per quanto di competenza affinché siano intraprese iniziative volte a superare lo stallo che caratterizza l'area ex-cementificio Sacci, dando impulso alle indispensabili e non più rinviabili operazioni di bonifica, attraverso il recupero, il ripristino e la messa in sicurezza dell'intero comparto.
(4-12932)
DI BIAGIO e PROIETTI COSIMI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti il crescente allarme dei cittadini residenti nel comune di Orbetello (Grosseto) a motivo del progetto di realizzazione dell'Autostrada tirrenica a cura della Società Autostrada Tirrenica (SAT), nel tratto a sud di Grosseto, tra Fonteblanda e Ansedonia;
l'intera comunità locale è venuta recentemente a scoprire che il nuovo progetto portato avanti da SAT, senza che i cittadini ne avessero conoscenza e con il beneplacito della precedente amministrazione locale, potrebbe avere un impatto devastante sul territorio;
il progetto originario, approvato dalla delibera CIPE 18 dicembre 2008 con prescrizioni e raccomandazioni è altamente condiviso da tutte le parti sociali, tutelava le aree protette della Laguna di Orbetello, della costa e l'area carsica dei Poggi;
il CIPE 2008 prevedeva inoltre che «la copertura finanziaria dell'intero costo dell'intervento, pari a 3.787,8 milioni di euro, dovrà essere assunta completamente a carico della Società concessionaria S.A.T. S.p.A»;
nel 2010 la SAT, che si occupa di gestire i lavori in concessione, ha modificato
il progetto sostituendo il tracciato autostradale, che verrebbe a passare nell'area compresa tra la Laguna di Orbetello e le colline prospicienti, in sovrapposizione alla SS1-Aurelia;
la modifica sarebbe legata a motivazioni economiche seguite alla delibera CIPE del 13 maggio 2010, con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'approvare la convenzione tra SAT e ANAS, respingeva il costo di subentro a fine concessione richiesto e ne fissava un valore nullo. Infatti tale costo di subentro a carico dello Stato italiano, per il 2046, sarebbe stato pari a 3,7 miliardi di euro, cifra pressoché identica all'investimento fissato per il progetto e previsto a totale carico di SAT;
a seguito dell'eliminazione del subentro a copertura totale, fu definito un nuovo progetto con delibera CIPE del 22 luglio 2010;
la valutazione di impatto ambientale (VIA) per il progetto CIPE 2010 è ancora in fase di elaborazione, eppure la SAT ha già posto online gli avvisi di esproprio e incaricato la Spea di effettuare rilievi per i lavori. In questo modo non sembra essere rispettata la procedura prevista dalla legge che, per tali indagini, prevede una richiesta di autorizzazione all'autorità competente e la notifica ai diretti interessati. Fonti di stampa riferiscono che i cittadini che protestavano per questa violazione della procedura, sono stati minacciati di esproprio immediato;
uno dei maggiori quotidiani nazionali riferisce un problema di conflitto di interessi sulla questione. Infatti il presidente di SAT, Antonio Bargone, è stato posto nel 2010 come commissario straordinario per il Governo per la costruzione della Tirrenica, venendo così a ricoprire due cariche di natura antitetica, di controllore e controllato. La nomina sarebbe stata effettuata dall'attuale Ministro Trasporti, che al tempo era anche sindaco di Orbetello;
il nuovo progetto presenta delle serie criticità di natura ambientale paesaggistica nonché socioeconomica, per le forti ripercussioni che esso avrebbe su un territorio la cui vocazione caratteristica è legata all'agricoltura e al turismo paesaggistico;
il tratto Fonteblanda-Ansedonia è interessato da 5 aree naturali protette, tra cui la laguna di Orbetello, che è uno dei SIC (sito di interesse comunitario) per la presenza di una zona di protezione speciale dell'Unione europea per l'avifauna e una zona speciale di conservazione, entrambe parte della rete Natura 2000 sulla biodiversità. Essa è inoltre una zona umida di interesse internazionale, inserita nella Ramsar List. La zona è soggetta ad ulteriori vincoli di tipo ambientale, paesaggistico e idrogeologico, sanciti dai decreti ministeriali del decreto ministeriale 4 dicembre 1964 del decreto ministeriale 6 febbraio 1976 del decreto ministeriale 14 febbraio 1979 e del decreto ministeriale 14 aprile 1989;
il progetto, che prevede la sovrapposizione dell'autostrada sulla SS1-Aurelia, nel tratto Fonteblanda-Ansedonia, comporterebbe la totale privatizzazione di una strada pubblica che nel tratto in questione svolge una funzione strategica come principale arteria di collegamento tra gli insediamenti di Orbetello, Orbetello Scalo, Albinia e Talamone, nonché fondamentale infrastruttura di servizio per le attività e i residenti locali;
i residenti si troverebbero privati di una delle principali funzionalità del territorio e costretti a pagare pedaggi che sono tra i più alti a livello nazionale, senza una previsione di viabilità alternativa;
la realizzazione, per come è pensata, comporterebbe 1049 espropri locali di case, terreni edificabili, terreni agricoli, vigneti, terreni legati ad attività di turismo e campeggio, attività di bar e ristorazione, attività alberghiere, agriturismi. L'impatto di questa manovra sull'economia locale sarà altissimo e difficilmente stimabile anche per la bellezza del luogo e il consolidamento di un tradizionale fermento di attività sorte e cresciute in simbiosi con il territorio;
un'intera comunità rischia di essere defraudata dei suoi gioielli paesaggistici e della propria attività. Intere famiglie si troveranno senza casa e senza attività. In molti casi, le persone coinvolte negli espropri ne sono venute a conoscenza solo per la solerzia e il buon cuore delle associazioni;
la stessa cantierizzazione dell'area, la costruzione delle complanari, la deviazione del traffico su strade poderali dalla capienza altamente risibile rispetto agli attuali flussi supportati dall'Aurelia, comporterà enormi difficoltà per il territorio -:
se si intenda prendere in considerazione tra i parametri di valutazione del progetto anche l'impatto sulla vita socio-economica del territorio, nonché per tutelare il territorio della laguna di Orbetello ed evitare che un'intera comunità veda devastato il proprio patrimonio ambientale e colpita la propria sopravvivenza socio-economica;
quali misure intendano predisporre perché ci sia piena trasparenza sul progetto infrastrutturale della Tirrenica, eliminando gli attuali conflitti dovuti ad accumuli di cariche a totale detrimento della garanzia e tutela del territorio, con particolare riferimento al commissario straordinario per il Governo sul tratto autostradale in questione;
se non ritengano opportuno valutare e predisporre lo studio di un tracciato alternativo al tracciato previsto dal CIPE 2010, affinché sia attuato un progetto più in linea con le peculiarità del luogo;
quali misure intendano predisporre per garantire che qualsiasi misura inerente eventuali lavori sia vincolata ad una completa valutazione dell'impatto ambientale sul progetto CIPE 2010 e tutelare i cittadini dalle violazioni procedurali tentate da SAT s.p.a..
(4-12942)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
CARLUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della soppressione dell'Ente teatrale italiano, il Ministero per i beni e le attività culturali ha assorbito circa 160 persone (parastato e privati), fra dirigenti, funzionari, impiegati e operai, provenienti dall'ex ETI direzione generale italiano (24 persone) e dai teatri gestiti dall'ex ente, come il teatro Pergola e il teatro Valle (108 persone), oltre ad altre 17 persone provenienti dal dismesso e privatizzato teatro Quirino, e 11 dal disciolto teatro Duse di Bologna;
recentemente, sono venuti alla luce - a seguito della costituzione da parte del direttore generale del personale del Ministero per i beni e le attività culturali, di una commissione formata da funzionari esperti in materia di inquadramento e analisi di posizioni funzionali, come riportato da organi dell'informazione privi ancora di smentita, gravi irregolarità ed abusi relativi alla gestione del personale dell'ex ETI sia a ridosso del 31 maggio 2010 (data di scioglimento dell'ente), sia dopo la soppressione dello stesso. Tali irregolarità sarebbero da imputare all'ultimo direttore generale Eti dottor Onofrio Cutaia, ora «funzionario delegato» nominato dal direttore generale dello spettacolo dal vivo del Ministero per i beni e le attività culturali, e, laddove riscontrate positivamente, potrebbero configurare profili di responsabilità;
al passaggio della disponibilità del Ministero per i beni e le attività culturali a Roma Capitale del Teatro Valle, il più antico teatro della capitale ed uno tra i più importanti d'Italia, bene storico e vincolato, ai sensi del federalismo demaniale, deve far seguito, come espressamente dichiarato e deliberato dal sindaco e dall'assessore allo cultura del comune l'emanazione
di un bando europeo ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione del teatro;
nelle more delle procedure e dei ritardi amministrativi per la definizione del bando, la gestione transitoria della sala per la prossima stagione teatrale è stata affidata, con delibera del consiglio comunale, da Roma capitale al teatro di Roma per non creare un vuoto di programmazione;
da 50 giorni circa il Teatro Valle è oggetto di occupazione da parte di manifestanti, che promuovono manifestazioni, spettacoli ed incontri, ostacolando le procedure per l'affidamento transitorio del teatro e l'effettuazione della gara pubblica per la futura gestione della sala, senza rispettare le prescrizioni e gli obblighi di legge correlati all'apertura della sala stessa con le connivenze a quanto consta all'interrogante, di parte del personale ex Eti, ora transitato al Ministero per i beni e le attività culturali e pagato quindi dal Ministero per i beni e le attività culturali stesso;
tale situazione che ancora persiste, qualora dovessero verificarsi imprevedibili accadimenti, potrebbe comportare gravi responsabilità agli organi preposti in termini non solo di gestione, del patrimonio pubblico ma anche di sicurezza del personale che lì opera nonché della struttura teatrale -:
quali misure urgenti intenda assumere il Ministero per i beni e le attività culturali per:
a) chiarire la legittimità del percorso e delle motivazioni relative ai contratti di nomina direttoriale ed all'avanzamento di carriera di alcuni dipendenti dell'ex ETI, nonché la legittimità e le motivazioni di avanzamenti e promozioni decise in prossimità e anche dopo il 31 maggio 2010 con aggravio per l'erario;
b) preservare il patrimonio storico del Teatro Valle, tutelandosi da coloro che ad avviso dell'interrogante immotivatamente e illegittimamente lo stanno occupando e rivalendosi economicamente per gli eventuali danni a cose e persone e per i costi nel frattempo sostenuti dallo Stato;
c) ripristinare tutte le condizioni per consentire il tempestivo rilancio sul piano nazionale ed internazionale della sala e non disperdere l'interesse sin qui manifestato dai privati per la gestione del teatro, a seguito, ovviamente di obbligate «procedure di evidenza pubblica» in adesione alle vigenti normative comunitarie e nazionali.
(4-12937)
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DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
AGOSTINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito del delitto di Melania Rea, a cui è stato dato ampio risalto da tutti i media nazionali, le cui indagini hanno portato ad indagare, ed a mettere in stato di fermo in carcere il marito della vittima Salvatore Parolisi sottoufficiale dell'esercito, in servizio presso la caserma «Clementi» di Ascoli Piceno in qualità di istruttore;
da diversi giorni la stampa locale e nazionale hanno divulgato notizie sull'esistenza di azioni violente di «nonnismo» esistenti all'interno della caserma, quando di veri e propri ricatti nei confronti delle reclute;
caserma «Clementi» di Ascoli Piceno è oramai da più di un decennio stata individuata come caserma di addestramento per soldatesse donne, e quindi atti violenti di «nonnismo» sarebbero ancora più gravi perché rivolti nei confronti di reclute femminili;
nella città di Ascoli Piceno e dell'intero territorio queste notizie hanno creato disorientamento e sconcerto, anche perché la presenza della caserma individuata come prima in Italia per l'addestramento
di reclute femminili, ha avuto sempre un riscontro positivo nella opinione pubblica cittadina;
recentemente c'è stato il cambio del comandante del 235o reggimento Piceno -:
quali iniziative il Ministero intenda assumere per verificare se le notizie riportate dalla stampa, circa atti di violenza e di ricatto abbiano un qualche riscontro;
se eventualmente ci siano stati riscontri, quali misure il Ministro intenda prendere al fine di debellare qualsiasi atto di violenza e di ricatto messo in atto nei confronti delle reclute;
se si intendano assumere iniziative per il rilancio dell'attività e dell'immagine della caserma «Clementi» di Ascoli Piceno, già duramente provata da queste notizie;
se corrisponda al vero la notizia diffusasi in città di una possibile delocalizzazione di attività di addestramento di reclute femminili;
se si intendano coinvolgere gli enti locali del territorio in una azione di rilancio della immagine della attività della caserma e quindi dell'Esercito;
quali siano le ragioni alla base del recente cambio del comandante del 235o reggimento Piceno.
(4-12938)
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il costo dei carburanti ha subito notevoli e costanti rincari nel corso degli ultimi mesi. Sulla scia della risalita delle quotazioni internazionali e della crisi dell'euro nei confronti del dollaro, il costo della benzina è salito alla quota record di 1,63 euro al litro, con picchi di 1,67 euro al Sud per la benzina verde, mentre il diesel è andato oltre quota 1,5 euro al litro. L'aumento deciso da Ip arriva dopo dieci giorni di stasi e fa aumentare, anche se lievemente, la media ponderata nazionale tra i diversi marchi: la benzina a 1,624 euro e il gasolio a 1,507 euro. Anche Quotidiano Energia parla di «rottura della tregua» dopo «la calma piatta degli ultimi giorni», e fissa il prezzo di Ip leggermente al di sotto di Staffetta, a 1,636 euro. I prezzi praticati sul territorio, secondo Quotidiano Energia, appaiono sempre più differenziati a seconda del livello di competizione locale, con fasce piuttosto ampie soprattutto nel caso della benzina per la quale, tra picchi massimi e picchi minimi, si riscontrano scarti anche di 10 centesimi. Secondo quanto rilevato da Staffetta Quotidiana, la media nazionale dei prezzi è salita di 1 centesimo sia per la benzina verde, sia per il gasolio;
la leggera risalita delle quotazioni internazionali di benzina e diesel dopo un giorno di tregua e, soprattutto, l'inarrestabile tracollo dell'euro nei confronti del dollaro stanno condizionando pesantemente i margini lordi delle compagnie, che da oltre una settimana faticano non poco a riagganciare la media dei tre anni precedenti. Così, nuovi aumenti dei prezzi raccomandati sulla rete italiana sono arrivati questa mattina. Nel dettaglio, Ip è salita di 0,6 centesimi sulla benzina e di 1,5 centesimi sul diesel, Q8 e Shell rispettivamente di 0,5 e 1 centesimi, Tamoil di 0,6 e 1,4 centesimi e TotalErg di 0,5 centesimi in entrambi i casi. In fuga anche i prezzi praticati sul territorio. L'analisi per macroaree evidenzia, come di consueto, che i picchi massimi si registrano al Sud, dove la verde tocca 1,67 euro/litro, mentre il gasolio sfiora 1,53 euro/litro. A livello Paese, il prezzo medio praticato della verde (in modalità servito) va dall'1,621 euro/litro degli impianti Esso all'1,629 euro/litro di quelli Ip (no-logo in salita a 1,540). Per il diesel si passa dall'1,495 euro/litro dei punti vendita TotalErg all'1,505 euro/litro degli impianti Ip (le no-logo avanzano fino a 1,419 euro/litro).
Il gpl, infine, si posiziona tra lo 0,731 euro/litro di Eni allo 0,744 di Shell (no-logo in discesa a quota 0,719 euro/litro);
i rincari sono legati prevalentemente alle elevate quotazioni del greggio, anche se in realtà sul prezzo effettivo peso considerevole hanno molte «tasse» che esistono da oltre 70 anni. Infatti il prezzo complessivo dei carburanti è composto da varie voci: dal costo del prodotto raffinato, al trasporto primario, al costo di stoccaggio, alle varie spese di ufficio e punto vendita, fino al margine per il gestore. Sembrerebbero molte, ma tutte queste voci - che contemplano spese e guadagni per diversi soggetti - ammontano solo al 30 per cento del costo del carburante. Le accise, al contrario pesano per il 52 per cento costo del totale, comportando un dovuto di circa 25 centesimi al litro. Oltre ciò, bisogna ricordare che sui 25 centesimi dovuti dalle accise viene calcolata anche l'iva del 20 per cento, aggiunta poi al costo finale. A causa degli eccessivi rincari, per il 27 e il 28 luglio 2011 è stato annunciato uno sciopero degli impianti di rifornimento carburanti, sia di quelli che si trovano sulla rete ordinaria sia si quelli situati nelle autostrade;
è da notare, come sottolinea, grazie ad un grafico interattivo, il sito www.prezzibenzina.it, che quando il prezzo del petrolio aumenta, i prezzi alla pompa di benzina e diesel salgono immediatamente. La stessa cosa, tuttavia, non avviene al contrario: i prezzi di petrolio e carburanti non diminuiscono con la stessa velocità. Alcune associazioni di consumatori affermano che questa è la verità, i petrolieri, invece, considerano falsa tale constatazione. Diventa allora interessante osservare l'andamento dei valori dei costi negli ultimi 10 anni. Luca Squeri, presidente nazionale Figsic Confcommercio afferma che «nella settimana corrente la quotazione del greggio Brent spot è lievemente diminuito (-0,54 euro/barile, -0,004 euro/litro), in presenza di un apprezzamento del cambio euro/dollaro, con movimentazioni limitate del prezzo dei prodotti «finiti» Platt's: per la benzina in misura pari a -0,008 euro/litro, per il gasolio pari a -0,007 euro/litro. I prezzi medi in Italia sono rimasti stabili: da venerdì 16 luglio, infatti, nessuna variazione per la benzina e solo +0,001 per il gasolio. Il saldo tra variazioni internazionali e variazioni nazionali è, dunque, per questa settimana pari a +0,008 euro/litro per la benzina ed a +0,008 per il gasolio, importi, cioè, che sono stati scaricati in più sui prezzi interni». Squeri, nei prossimi giorni, prevede una tendenza alla stabilità dei prezzi dei carburanti: «Mentre le quotazioni del greggio Brent sono ancora sui 118 dollari/barile, le chiusure del Platt's di giovedì 21 luglio hanno fatto registrare una variazione in aumento di circa 0,25 eurocent/litro per ambedue i prodotti, IVA compresa. Per i prossimi giorni, quindi, ci si può attendere ancora una sostanziale stabilità dei prezzi». Per quanto riguarda l'ultima settimana, le quotazioni del greggio sono diminuite dello 0,6 per cento (-0,54 euro al barile), in presenza una ripresa della valuta comunitaria sul dollaro, attestatosi su 1,42 dollari per 1 euro. Sul mercato interno, i prezzi alla pompa per la benzina sono rimasti stabili con variazioni nulle (prodotto che sul mercato Platt's registra una flessione di -0,008 euro/litro con IVA) e limitate a +0,001 euro/litro per il gasolio (che sul mercato Platt's è diminuito in ragione di -0,007 euro/litro). Nel panorama europeo dei prezzi, l'Italia - in una classifica decrescente dal prezzo più caro a quello meno caro - a causa dell'aumento delle accise di fine giugno (+0,048 euro/litro con IVA) è attestata al quarto posto sia per il prezzo della benzina che per il prezzo del gasolio;
nel febbraio 2011, il Governo ha varato una Commissione per la valutazione delle dinamiche dei prezzi dei carburanti. L'organo è stato istituito dal Ministro dello sviluppo economico ed è concepito per rilevare statisticamente i prezzi delle benzine ed il loro andamento nel nostro Paese in relazione a quelli europei. Servirà inoltre per sottolineare eventuali incongruenze fra crescita del costo del greggio e quello alla pompa. All'atto costitutivo
l'organismo doveva essere composto da rappresentanti del Ministero dello Sviluppo economico, del Garante per la sorveglianza dei prezzi, dei consumatori, delle associazioni di categoria delle aziende petrolifere e dei gestori. «Con l'istituzione della commissione - ha dichiarato il Ministro Paolo Romani - si risponde in modo concreto a una richiesta delle associazioni dei consumatori. Il Governo procede verso la riforma strutturale del settore carburanti» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, grazie all'attività di controllo della Commissione per la valutazione dei prezzi delle dinamiche dei carburanti, al fine di monitorare costantemente e calmierare il costo dei carburanti, diminuire il peso eccessivo delle accise nonché assicurare l'applicazione di un prezzo finale corretto da parte delle compagnie petrolifere.
(4-12924)
GRIMOLDI e CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'agente di riscossione Equitalia di fatto sta causando, attraverso le sue azioni giudiziali, il fallimento di numerose aziende;
per fare un esempio, nella sola data del 19 maggio 2011, presso la sezione fallimentare del tribunale di Latina, Equitalia risultava richiedere, quale creditore, il fallimento di 44 imprese;
peraltro, Equitalia sottopone già i contribuenti a ipoteche, pignoramenti immobiliari, fermo dei veicoli, pignoramento dei conti correnti;
in molti casi, la trafila burocratica è di difficile gestione e causa evidenti danni economici;
la situazione economica che sta vivendo il nostro Paese, ed in generale tutta l'eurozona, impone un'attenta politica economica, che però non può prescindere dal sostegno alle imprese, anche attraverso operazioni di sburocratizzazione;
l'azione del Governo, con il cosiddetto decreto sviluppo, ha permesso di mettere un freno a queste prassi inopportune -:
se e come il Ministro abbia intenzione di intervenire per arginare i problemi sopra esposti.
(4-12927)
DE POLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la regione del Veneto (per la quota del 90 per cento ed il comune di Battaglia Terme (PD) (per la quota del 10 per cento), in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della legge 24 ottobre 2000, n. 323 (secondo le modalità di cui all'articolo 22 della legge 15 marzo 1997, n. 59), con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 307649 del 21 marzo 2002, hanno acquisito dall'INPS la piena proprietà, a titolo gratuito, del complesso termale Pietro d'Abano del comune di Battaglia Terme (PD);
il trasferimento è stato attuato a seguito della approvazione di apposito piano di rilancio dello stabilimento termale, approvato e proposto, di concerto con il comune di Battaglia Terme, dalla giunta regionale con D.G.R. n. 322 del 16 febbraio 2001, D.G.R. n. 1213 del 17 maggio 2001 e D.G.R. n. 2963 del 3 ottobre 2003, nonché dal comune di Battaglia Terme con i propri relativi provvedimenti;
in attuazione a quanto sopra, le amministrazioni regionale e comunale, che avevano previsto la realizzazione delle opere attraverso l'istituto del project financing, hanno dapprima inserito nel programma triennale dei lavori pubblici tale intervento e successivamente provveduto a pubblicare, nelle forme previste dalla legge, il relativo avviso, al fine di consentire ai promotori di presentare la relativa proposta;
nonostante avessero manifestato il proprio interesse 9 società, nella scadenza prevista non è stata presentata alcuna proposta di piano di bilancio dello stabilimento termale in questione;
a seguito di ciò, la regione e il comune hanno avviato un'indagine esplorativa ed è emerso che la formulazione del piano di rilancio, così come concepita, è stata considerata non sufficientemente conveniente per i promotori tenuto conto anche della situazione di crisi in cui versa il settore del termalismo (come si evince dai rapporti ufficiali di organismi competenti);
tenuto conto delle proposte di rilancio termale contenute nel rapporto «Federterma» le amministrazioni interessate hanno deliberato di riformulare il piano di rilancio dello stabilimento termale, che, pur mantenendo il rispetto delle funzioni trasferite in materia di termalismo, tendesse all'incremento della percentuale di quelle attività rivolte al benessere, alla ricerca, alla formazione ed all'attività motoria, prevedendo altresì attività di tipo alberghiero-ricettizio, in modo da stimolare gli investitori a proporsi quali futuri promotori;
a tal fine la proposta di modifica del piano di rilancio è stata presentata al ministero dell'economia e delle finanze, invitando il competente organo statale a trasmettere le proprie considerazioni;
sono in molti a ritenere doveroso precisare che il complesso immobiliare in questione si trova in una situazione di progressivo degrado che ha comportato in questi anni l'adozione, da parte dell'amministrazione regionale, di due provvedimenti urgenti di ripristino del patrimonio che ha comportato ingenti spese;
dunque l'immobile attualmente è legato alla esclusiva destinazione termale, rappresentando un ostacolo alle iniziative messe in campo di project-financing e dialogo competitivo per eventuali prospettive progettuali di natura privata in collaborazione con la parte pubblica;
la regione veneto ad oggi grazie all'ostinazione e pressione dimostrata per addivenire ad una soluzione condivisa per la valorizzazione dello stabilimento termale «Pietro d'Abano» ha ottenuto una prima risposta in merito dal Ministero competente;
le amministrazioni competenti ritengono sia essenziale che la proposta venga esaminata e definita in tempi brevi -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per dare la possibilità alle amministrazioni proprietarie dell'immobile di emettere un nuovo bando che preveda attività non solo incentrate sul termalismo ma anche legate al benessere, alla ricerca, alla formazione e all'attività motoria, prevedendo altresì attività di tipo alberghiero-ricettizio, al fine di rendere possibile lo sviluppo di nuove iniziative e proposte finanziarie necessarie per una progettazione intesa a valorizzare l'intero complesso immobiliare e di conseguenza a far crescere tutto il territorio.
(4-12934)
...
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
TASSONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 venne bandito un concorso pubblico, per esami, a complessivi centotrentatré posti di vice commissario in prova del Corpo di polizia penitenziaria;
il concorso è giunto a conclusione, dopo una lunga e rigorosa selezione, con il conseguimento dell'idoneità da parte di circa trecento giovani laureati, di cui solo i primi centoquarantadue sono stati dichiarati vincitori (a seguito di un ampliamento disposto dall'amministrazione penitenziaria di sole nove unità);
i dirigenti del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), a
fronte di un esubero di circa centoquaranta idonei in graduatoria, hanno più volte manifestato la volontà di procedere all'assunzione dei soggetti sopraindicati, sia in considerazione delle gravi criticità che affliggono attualmente le carceri italiane, sia coerentemente con il progetto di riallineamento delle carriere del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria, per cui si prevede possano palesarsi aggiuntive carenze organiche;
alle motivazioni legate allo stato di emergenza delle carceri, si affianca la concreta esigenza della costruzione di nuovi padiglioni, comportando certamente la necessità di assunzioni straordinarie anche nel ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria;
la legge 26 novembre 2010, n. 199 («Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno»), ha stabilito, tra l'altro, l'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria, occorrente per fronteggiare la situazione emergenziale in atto. A tale ultimo fine e per assicurare, inoltre, la piena operatività dei relativi servizi, il Ministro della giustizia è autorizzato all'assunzione di personale nel ruolo degli agenti e degli assistenti del Corpo di polizia penitenziaria, nei limiti numerici consentiti dalle risorse a disposizione;
l'articolo 4 della legge suddetta, novellando la legge finanziaria per il 2010, prevede che le risorse derivanti dalla gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia possano essere destinate all'adeguamento dell'organico del Corpo di polizia penitenziaria;
recentemente il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha richiesto l'autorizzazione ad assumere 1.145 unità di personale nel Corpo di polizia penitenziaria, per effetto dell'autorizzazione Turn Over anno 2010, (ai sensi dell'articolo 2, comma 208, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 - legge finanziaria). Tra le unità previste, centodiciotto sarebbero assunte attingendo alla graduatoria vigente di idonei non vincitori del concorso in questione;
la professionalità, la preparazione e l'entusiasmo dimostrato dai giovani laureati, già giudicati idonei e desiderosi di entrare a far parte quanto prima del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria, sarebbe svilita qualora non fosse prevista anche l'assunzione dei restanti idonei non vincitori -:
quali preliminari iniziative di responsabilità intenda intraprendere al fine di risolvere una emergenza carceraria ormai nota, compatibilmente con l'esito di un concorso svolto correttamente, secondo le modalità previste dalla legge.
(3-01787)
Interrogazioni a risposta scritta:
EVANGELISTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la polizia penitenziaria è un corpo di polizia ad ordinamento civile, istituito con legge 15 dicembre 1990 n. 395, posto alle dipendenze del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nell'ambito del Ministero della giustizia;
essa opera al servizio del Paese nella difesa della legalità e per la sicurezza dei cittadini;
l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria avviene mediante concorso pubblico per il ruolo degli agenti, per quello degli ispettori oppure per il ruolo direttivo (commissari), mentre per accedere al ruolo dei sovrintendenti (che non prevede un concorso pubblico), al ruolo degli ispettori e al ruolo direttivo speciale (commissari), sono previsti concorsi interni per titoli ed esami;
i concorsi della Polizia penitenziaria sono regolamentati dal decreto legislativo 30 ottobre 1992 n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria);
con provvedimento del 24 marzo 2006 del direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stato bandito un concorso pubblico per il conferimento di 133 posti di vice commissario in prova del ruolo dei commissari della polizia penitenziaria;
nel bando era previsto che ventisette unità, pari al 20 per cento dei posti disponibili fosse riservato al personale del Corpo di polizia penitenziaria, mediante la previsione di due distinte graduatorie, una per gli esterni ed una per gli interni;
recentemente l'amministrazione penitenziaria ha deciso di assumere altri 118 commissari da attingere dalla graduatoria degli idonei non vincitori, ma il reclutamento è avvenuto non già nel rispetto della predetta percentuale riservata agli interni - così come previsto dal bando - bensì con la creazione di una unica graduatoria;
la modalità adottata, ad avviso dell'interrogante in contrasto con il bando di concorso, la originaria costituzione di due distinte graduatorie e il princìpio della riserva per il personale già appartenente al corpo, appare non supportata da alcune ratio logico-giuridica, per di più, in netto contrasto con quanto previsto da una recente normativa che, tra le altre cose, impone alle amministrazioni di coprire, a decorrere dal 1° gennaio 2010, i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi con riserva non superiore al 50 per cento a favore del personale interno (articolo 24, decreto legislativo n. 150 del 2009);
questo comportamento della pubblica amministrazione ha generato un senso di profonda delusione ed amarezza, in capo a quanti, interni al corpo, hanno partecipato al concorso, risultando tra gli «idonei non vincitori» che sarebbero risultati vincitori se fosse stata rispettata la riserva del 20 per cento anche per gli ulteriori posti di commissario messi a concorso; -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare il rispetto della quota di riserva, stabilita dal bando di concorso richiamato, con riferimento agli ulteriori posti di commissario messi a concorso.
(4-12922)
TASSONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la corte di appello di Catanzaro ha richiesto l'applicazione di un funzionario contabile in misura continuativa e per sei mesi presso la medesima corte di appello, previa interpella del personale appartenente alla figura professionale in servizio presso il tribunale di Catanzaro, circa la disponibilità ad essere applicato presso la suddetta corte di appello di Catanzaro così come indicato ai sensi dell'articolo 14 titolo V, dell'accordo con le organizzazioni sindacali del 27 marzo 2007, che recita: «L'applicazione è istituto temporaneo ed eccezionale per sopperire alle esigenze di Uffici aventi sedi nei distretti, al fine di assicurare la funzionalità di detti uffici», ed inoltre, «L'applicazione non può avere durata superiore a sei mesi, prorogabile con il consenso dell'interessato per altri sei mesi»;
a fronte del rifiuto di un funzionario, il quale è stato applicato nel semestre 1o giugno 2010 - 1o dicembre 2010 che non aveva manifestato le disponibilità ad essere nuovamente applicato, il Ministero, Ufficio IV - con nota 8 giugno 2010 n. 146/SP/SDA suggeriva alla corte di appello di risolvere il problema attingendo ai soprannumerari, che, ad esempio, si possono reperire presso la procura generale ed il tribunale di sorveglianza, senza per questo svuotare uffici importanti che funzionano molto bene;
tale indicazione, consentirebbe certamente, una migliore funzionalità di tutti gli uffici del tribunale -:
quali iniziative intenda adottare per garantire l'efficienza degli uffici.
(4-12933)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
MOLES, PUGLIESE, MAZZONI, PAGANO, ANTONIO PEPE, GIULIO MARINI, BONCIANI, BERGAMINI, CICU, FALLICA e RAMPELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che in data 2 marzo 2011 sulla strada statale 407 basentana (SS 407), all'altezza di Calciano, crollava il ponte basentana, crollo che secondo la stampa locale è stato provocato dai danni prodotti dal nubifragio e descritto come fatto imprevedibile, addebitabile alla eccezionale piena del fiume Basento;
secondo, invece, internauti di Blog e Social Network il crollo è stato definito come cronaca di una «morte annunciata», poiché a quanto pare era stato più volte segnalato ad ANAS, regione, provincia, prefettura, che entrambi i viadotti di «Calciano 1» (Cal.1), sito al chilometro 32, e «Calciano 2» (Cal.2), erano in condizioni di rischio a causa dello scalzamento delle fondazioni di alcuni piloni e la «venuta a giorno» dei relativi pali di fondazione;
anche l'autorità di bacino evidenziava nel 2003 la stessa situazione sotto il viadotto Calciano 1: con foto di plinti scalzati e pali fuori terra;
in riferimento ai viadotti, i fenomeni erosivi in alveo sono prevedibili e molto frequenti nei corsi d'acqua a fondo mobile (di sabbia e ghiaia) - qual'è appunto il Basento - le cui piene sono, tra l'altro, caratterizzate da forte apporto solido, che proprio nel tratto di Calciano inizia a depositarsi; gli accumuli di materiale deviano la corrente e la «costringono» sotto una sola campata, e il restringimento della sezione di deflusso provoca l'aumento di velocità dell'acqua, che a sua volta provoca l'escavazione del fondo alveo fino a scalzare le fondazioni ed a scoprirne i pali sottostanti;
i pali di fondazione sono fatti per rimanere assolutamente interrati, mentre quando vengono allo scoperto e sono sottoposti all'azione erosiva dell'acqua e del materiale che essa trasporta, finiscono prima o poi per essere demoliti (e ciò sarebbe quanto accaduto al pilone crollato del viadotto di Calciano 2; i tratti di testa dei pali di fondazione esposti per lungo tempo all'azione della corrente, sono stati demoliti);
già dagli anni ottanta le fondazioni scalzate ed i pali scoperti sono comparsi sotto entrambi i viadotti; tant'è che nel 1985 l'ANAS realizzò due briglie parziali, a fronte di tre sole campate per ciascun viadotto, opere che già dopo qualche anno furono aggirate ed abbandonate dalla corrente, a causa degli accumuli di materiale sopra descritti;
da allora in poi il fiume continua a divagare, spostando l'erosione da una campata all'altra;
mentre il viadotto Cal. 2 è rimasto abbandonato al suo destino, dal 1995 in poi l'ANAS è intervenuta più e più volte per il Cal.1 non con briglie in alveo ma con opere di consolidamento intorno ai plinti di fondazioni (gabbioni, macigni, micropali) senza risolvere il problema, poiché la corrente scombussola, travolge, distrugge e spazza via questi interventi, che nel loro insieme si sono rivelati un inutile spreco di risorse;
di recente sono state realizzate delle robuste sovrastrutture in cemento armato che collegano tra loro alcune coppie di plinti delle due carreggiate con il rischio che, in caso di cedimento di una carreggiata, possa venir giù anche l'altra;
sull'incidente del 2 marzo la procura della Repubblica di Matera ha avviato un'indagine sulle cause che l'hanno provocato, dando incarico per la perizia tecnica a due professori dell'università di
Basilicata, auspicando che individuino effettivamente le vere cause del disastro;
l'altro problema gravissimo che assilla quei due viadotti riguarderebbe la soletta su cui posa il manto stradale che verrebbe trascurato dall'ANAS: mentre plinti, piloni e travi presentano uno stato di conservazione tale da garantire altri cento anni di vita, la soletta si presenta in stato di degrado (calcestruzzo deteriorato e ferro scoperto e arrugginito);
anche in relazione a tale problematica urgerebbe un intervento di manutenzione straordinaria, al fine di evitare lo sprofondare di molti settori (cosi come del resto è già accaduto qualche anno fa ad uno dei settori del viadotto Cal. 2)
sarebbe auspicabile che l'ANAS vigili con più attenzione sui due viadotti e che la regione Basilicata destini maggiori risorse alla manutenzione e alla conservazione delle strade esistenti anziché al finanziamento di nuove strade;
nella zona di Calciano Grassano-Giardini si è potuta sviluppare nei decenni scorsi una preziosa ed intensiva agricoltura (fatta di colture pregiate, frutteti, insediamenti e serre) che tanto reddito produce per le comunità locali, e ciò si deve anche al lavoro ininterrotto di manutenzione fatto da aziende estrattive locali per trenta anni (1965-1995) attraverso la sistematica e puntuale rimozione dei centinaia di migliaia di metri cubi di materiale in eccesso, che altrimenti avrebbe già da tempo distrutto la zona Giardini;
nel 1995 è arrivato il blocco della attività estrattiva, blocco determinato non da scarsa volontà di proseguire da parte delle aziende estrattive locali, o da cause oggettive legate al Basento, ed ancor meno da carenze legislative; infatti sin dalla sua nascita la regione Basilicata si è dotata di un'ottima legge, la n. 12 del 1979 che disciplina la materia: «in funzione della esigenza primaria del governo idraulico dei fiumi», e che grazie a questa legge - ed alla qualità ed abbondanza di materiale presente nei fiumi lucani - si era sviluppato il settore estrattivo, con oltre trenta aziende, in grado di garantire la manutenzione a costo zero in tutti i fiumi, come anche una notevole entrata erariale e 400 posti di lavoro;
inspiegabilmente nell'anno predetto è arrivato il blocco della attività estrattiva, nonostante gli attestati di pubblica utilità degli interventi estrattivi che hanno caratterizzato l'attività delle trenta aziende estrattive dal 1965 al 1995, ed una lunga serie di concessioni pluriennali;
il blocco dell'attività estrattiva si è perfezionato con l'adozione ed approvazione dei seguenti atti regionali:
uno studio regionale (1995), che ha sostenuto che l'erosione costiera sarebbe causata dal prelievo di materiale dai fiumi, e che ha negato l'abbondanza di materiale presente in alveo;
una delibera del consiglio regionale (360/1996) che recita: visto il predetto Studio (...) al fine di eliminare il prelievo degli inerti dagli alvei fluviali, il Consiglio impegna la Giunta a favorire la delocalizzazione degli impianti, in aree diverse dai fiumi;
un piano approvato dallo stesso consiglio (361/1996), che impone quantitativi irrisori, e costringe le aziende ad operare con concessioni «virtuali»;
una legge regionale (n. 19/2005) che stravolge la citata legge n. 12 del 1979;
un vincolo ambientale di area SIC-ZPS in zona Giardini (...per tutelare gli alberi in alveo (?) e le specie rare di fauna e flora...) che però è servito a motivare l'ultimo diniego (2009) a istanze, di aziende estrattive, del 1998;
da più parti si sostiene che se fossero stati permessi interventi estrattivi sopra elencati a costo zero per la pubblica amministrazione (ed in più con un'entrata erariale rilevante) oggi avremmo avuto una diversa situazione dell'area, con la zona Giardini in piena sicurezza e le aziende estrattive in piena attività;
mentre non è stata più consentita la manutenzione a costo zero, attraverso l'attività estrattiva, del fiume Basento, invece sono stati autorizzati interventi nel torrente S. Nicola di Nova Siri, dove non esisterebbero né acqua né pericolo di esondazione;
se tutto ciò risultasse vero l'obiettivo della messa in sicurezza del territorio risulterebbe essere stato perseguito in modo non utile e corretto, senza tenere nella giusta considerazione altre forme di prevenzione ed ogni forma di manutenzione, specie se attuabile a costo zero, con il risultato che l'emergenza non ha fine con spreco di risorse finanziarie -:
se siano a conoscenza dei fatti suesposti;
quali atti ispettivi di competenza intendano intraprendere al fine di riscontrare per quanto di competenza se vi siano stati incuria e negligenza nel territorio di Calciano Grassano-Giardini ed in relazione alla gestione del governo idraulico del fiume Basento;
se e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di verificare se l'Anas stia svolgendo idonei ed efficaci interventi sul viadotto citato in premessa e perché gli interventi finora adottati da tutti gli enti preposti siano stati inefficaci, producendo solo uno spreco di risorse;
se non ritengano necessario attuare a livello nazionale un programma per la sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico, superando l'attuale frammentazione di competenze, fonti normative, fonti di finanziamento e di livelli di responsabilità, mediante iniziative normative che sostengano la manutenzione dei fiumi, anche attraverso l'attività estrattiva ed a costo zero come descritto in premessa, l'individuazione di risorse pluriennali certe e costanti e l'effettuazione di puntuali verifiche sulla realizzazione di tale programma, ai sensi della normativa nazionale vigente tra cui:
il decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1993 - che stabilisce gli interventi utili «per la manutenzione dei corsi d'acqua:
1) eliminazione delle alberature dagli alvei;
2) rimozione dei materiali litoidi, entrambi pregiudizievoli al regolare deflusso delle acque;
3) ripristino della sezione di deflusso, adeguata alle piene di ritorno trentennale, sulla base di misurazioni di carattere idraulico e idrologico;
nonché l'articolo 2 della legge n. 365 del 2000 - che stabilisce infine che la Regione provveda «a rilevare le situazioni di pericolo, a identificare gli interventi di manutenzione, con particolare riferimento all'accumulo di inerti» nonché alla luce dell'indubbio risparmio che la prevenzione consentirebbe di conseguire rispetto alle politiche emergenziali.
(3-01788)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DELFINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in risposta ad una precedente interrogazione, discussa nella seduta del 16 febbraio 2011, relativa alla realizzazione della bretella autostradale prevista dall'articolo 2-bis della concessione dell'autostrada Torino-Savona, il Viceministro Castelli aveva affermato che le attività previste dagli obblighi contrattuali della convenzione unica stipulata tra l'Anas s.p.a. e la società autostradale Torino-Savona (efficace a decorrere dal 22 dicembre 2010) erano state avviate;
il Viceministro aveva, altresì, dichiarato che l'ispettorato di vigilanza sulle autostrade di Anas s.p.a. aveva già provveduto a convocare la società concessionaria per la predisposizione di un crono-programma per la definizione di tutte le attività inerenti alla realizzazione dell'opera in questione;
ad oggi, dunque, risulta più che mai indispensabile dare risposte certe al territorio circa l'effettiva tempistica di tutte le attività inerenti alla realizzazione definitiva della predetta bretella autostradale da parte dell'autostrada Torino-Savona, considerata la valenza strategica che la realizzazione di tale bretella autostradale verso Savigliano-Saluzzo ha per lo sviluppo di tutte le attività economiche presenti in questo vasto comprensorio -:
quale sia l'effettivo crono-programma predisposto dalla società concessionaria, già convocata dall'ispettorato di vigilanza sulle autostrade di Anas s.p.a., relativo alla definizione di tutte le attività connesse alla realizzazione di questa opera fondamentale per il territorio e per il relativo sviluppo economico e produttivo.
(5-05234)
DI CAGNO ABBRESCIA, DISTASO, FRANZOSO, VITALI, CARLUCCI, BARBA, LISI, LAZZARI, SISTO, FUCCI e ANTONIO PEPE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le interruzioni di numerose tratte ferroviarie nazionali, avvenute a partire dalle ore 7 del 1o agosto 2011, a seguito dell'occupazione della rete ferroviaria da parte degli immigrati ospitati nel Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari e durate per tutta la giornata, a giudizio degli interroganti, in misura oltremodo ingiustificabile e intollerabile, rappresentano l'ennesima vicenda negativa e penalizzante nei riguardi dei viaggiatori che utilizzano il servizio di Trenitalia;
le vessazioni e gli assurdi comportamenti tenuti dal personale viaggiante della rete ferroviaria interessata, in servizio nelle stazioni di Bari e di Foggia, nei confronti di centinaia di passeggeri che in estrema difficoltà chiedevano informazioni auspicando una maggiore assistenza in considerazione dell'accaduto, richiedono interventi urgenti da parte dei Ministri interrogati, in particolare nel presente periodo estivo in cui l'utilizzo dei treni è particolarmente intenso;
quanto accaduto nella stazione ferroviaria di Bari, più specificatamente, sul treno 9350 in partenza alle ore 7.12 e diretto a Roma Termini il cui orario d'arrivo avrebbe dovuto essere alle 11, costituisce, a giudizio degli interroganti, elemento di preoccupazione e di approfondimento, per lo scarso livello di assistenza da parte del personale viaggiante di Trenitalia nei riguardi di centinaia di viaggiatori ed, in particolare, nel gestire fasi emergenziali come quella suesposta;
dopo oltre cinque ore di snervante attesa, nonché di dichiarazioni contraddittorie e discordanti da parte del personale viaggiante, in particolare del capotreno e degli assistenti del suddetto convoglio,questi ultimi, dopo aver invitato i passeggeri ad essere più tolleranti, avrebbero abbandonato il marciapiede dove sostava il treno 9350, lasciando in balìa degli eventi i medesimi viaggiatori;
a seguito di reiterate e tumultuose proteste i passeggeri interessati, alle ore 16 circa, sono riusciti a raggiungere la stazione di Foggia, non senza ulteriori problemi e disservizi, tramite il servizio sostitutivo di autobus, certi delle rassicurazioni fomite durante il trasferimento a Foggia, secondo cui avrebbero trovato già disponibile il treno eurostar, per raggiungere Roma;
nel frattempo, il treno in questione, invece, era stato fatto già partire senza attendere i vari autobus provenienti dalla stazione di Bari che trasportavano i viaggiatori;
nonostante le inefficienze è le disorganizzazioni da parte del servizio di Trenitalia che centinaia di passeggeri sono stati costretti ad affrontare e subire dopo un'intera giornata, i medesimi hanno riscontrato ulteriori disfunzioni e scarsa efficienza da parte del personale della stazione di Foggia, il quale, nello specifico nella persona di colui che si è dichiarato essere il capostazione, avrebbe cercato di
persuadere i viaggiatori interessati a servirsi del treno intercity delle ore 17.37, ancorché già soppresso -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di garantire una maggiore sicurezza della viabilità ferroviaria, considerando che non è possibile mettere a repentaglio intere tratte ferroviarie su quasi tutto il territorio nazionale, bloccando i binari, come è accaduto il 1o agosto 2011;
se non ritengano opportuno prevedere degli interventi più tempestivi, al fine di ripristinare l'ordine pubblico violato da parte di manifestanti, che interrompendo la viabilità ferroviaria, come accaduto a Bari, hanno provocato evidenti danni, non solo economici, nei riguardi dell'intero sistema nazionale di viabilità ferroviaria;
se non ritengano infine opportuno, per quanto di competenza, verificare il grado di efficienza del personale di Trenitalia, il cui livello, negli ultimi anni è notevolmente peggiorato, come confermato dalla suesposta vicenda, che ha dimostrato l'assoluta incapacità organizzativa di assistenza e di coordinamento tra i diversi servizi (personale viaggiante e personale di stazione), nel gestire una fase emergenziale come quella riportata in premessa.
(5-05235)
MARCHIONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a fine maggio 2011 l'Anas ha inviato una nuova proposta di variante, di sua spontanea volontà, alla Commissione VIA incaricata di esprimersi in merito al progetto definitivo di variante alla strada statale 16 «Adriatica» in provincia di Rimini. A seguito di ciò, ad inizio del mese di luglio, su indicazione della commissione, la direzione generale per le valutazioni ambientali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso una nota all'ANAS chiedendo di inviare il nuovo progetto definitivo e chiedendo altresì che le modifiche fossero pubblicate secondo le prescrizioni di legge. Da ANAS non è stato inviato alcun progetto secondo le istruzioni ricevute e per questo l'istruttoria della commissione è stata sospesa, con il conseguente effetto di causare ulteriori ritardi sull'inizio dei lavori previsti e lungamente attesi dal territorio della provincia di Rimini;
l'«Adriatica» è una delle strade statali più pericolose di Italia e sopporta flussi di considerevole entità, arrivando a sfiorare 50.000 transiti giornalieri. Il tutto a ridosso dei centri urbani dei comuni costieri, come ampiamente documentato da studi condotti congiuntamente da ANAS, regione e provincia di Rimini. Si tratta di un territorio che ha investito molto nel turismo con importanti opere pubbliche, come la Fiera di Rimini ed i Palacongressi di Rimini e Riccione, e che continua tuttavia ad essere intollerabilmente penalizzato da una viabilità insufficiente;
la variante alla strada statale 16 in provincia di Rimini è un'infrastruttura che il territorio richiede da oltre vent'anni e che la regione, così come tutta la programmazione territoriale degli enti lo cali, pone tra le priorità assolute. Durante l'istruttoria per la redazione del progetto definitivo, sono stati condotti approfondimenti tecnici e si sono formalizzate intese tra i comuni, la provincia, il compartimento regionale dell'ANAS e la regione; la regione era pronta a deliberare il parere di propria competenza, così come concordato in commissione e quindi a fare in modo che le procedure si concludessero in maniera positiva, con tutte le prescrizioni del caso;
l'attuale intervento dell'ANAS appare all'interrogante quantomeno sconcertante, con la presentazione di una nuova variante che si aggiunge alla progettazione giunta ad una fase definitiva, per il tratto compreso da Bellaria Igea Marina fino a Misano Adriatico, con il solo risultato di allungare le procedure e di aggiungere ritardi a ritardi, anche perché allo stato
attuale la commissione VIA è decaduta e la sua ricostituzione richiede un certo lasso di tempo -:
quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per fare in modo che presso la nuova commissione non sia vanificato il lavoro fin qui svolto e che la conclusione della nuova istruttoria abbia tempi brevi e certi, anche in relazione alla verifica della conformità urbanistica.
(5-05240)
MARIANI, BARETTA, ESPOSITO, IANNUZZI, BRAGA, MARANTELLI, BOCCI, GINOBLE, MARGIOTTA, REALACCI, MORASSUT, SERENI, VANNUCCI, VIOLA, BRATTI, MOTTA e BENAMATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 98 del 2001 (manovra finanziaria) ha visto - per le ragioni a tutti note - un passaggio molto rapido presso le due Camere, che non ha permesso l'approfondimento né le correzioni ai numerosi articoli, anche non strettamente connessi ad esigenze di carattere finanziario;
il suddetto decreto-legge prevede, all'articolo 36, la ridefinizione delle funzioni e competenze in materia di gestione della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale attraverso l'istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2012, dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
contemporaneamente si dispone la trasformazione di ANAS s.p.a in società in house del Ministero dell'economia e finanze e del Ministero delle infrastrutture e trasporti;
la relazione illustrativa precisa che tale nuovo assetto si giustifica con la necessità di far cessare la commistione in Anas dei ruoli e delle funzioni di concedente della rete autostradale e di concessionario ex lege della rete stradale di interesse nazionale, peraltro più volte sottolineata dal gruppo parlamentare del Partito democratico, che nel conflitto controllore-controllato della stessa Anas aveva più volte ravvisato la criticità di molte scelte e, soprattutto, la oggettiva mancanza del ruolo terzo a garanzia dell'interesse pubblico generale nonché i connessi limiti alla concorrenza e trasparenza in un settore molto delicato come quello delle concessioni autostradali;
il comma 1 dell'articolo 36 attribuisce il potere di indirizzo, di vigilanza e di controllo sull'Agenzia al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che lo esercita ci concerto, quanto ai profili finanziari, con il Ministero dell'economia e delle finanze;
il successivo comma 2 individua le attività e i compiti dell'Agenzia che possono essere svolti anche avvalendosi di Anas spa, tra i quali le funzioni di «proposta di programmazione della costruzione di nuove strade statali, della costruzione di nuove autostrade, in concessione ovvero in affidamento diretto ad Anas spa ... nonché ... di affidamento diretto della concessione di gestione di autostrade per le quali la concessione sia in scadenza ovvero revocata»;
all'Agenzia è inoltre attribuita la funzione di proposta in ordine alla regolazione e alle variazioni tariffarie per le concessioni autostradali;
tali compiti ad avviso degli interroganti sono in palese conflitto tra loro: infatti, la funzione di regolazione e controllo del settore di competenza non può coincidere con la funzione di stazione appaltante che l'Agenzia, anche per il tramite di Anas o delle società miste regionali, è chiamata a svolgere, se non perpetuando il grave conflitto di interessi già segnalato con riferimento ad Anas, più volte, all'Autorità della concorrenza e del mercato e dalla Corte dei conti;
il comma 3 elenca quindi i compiti di Anas spa, a decorrere dal 1o gennaio 2012, che ricomprendono, tra l'altro: costruire e
gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali; realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica; curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali;
già i precedenti provvedimenti del Governo Berlusconi avevano definito ex lege l'approvazione delle convenzioni con la società autostrade (articolo 8-duodecies del decreto-legge n.59 del 2008, come integrato dall'articolo 2, comma 202, della legge finanziaria 2010) nonché eliminato l'obbligo per le concessionarie - introdotto dalla legge finanziaria per il 2007 - di effettuare gare d'appalto per tutti i lavori, autorizzando affidamenti diretti per il 60 per cento dei medesimi (articolo 29, comma 1-quinquies e 1-sexies, del decreto-legge n.207 del 2008), impedendo di fatto, lo svolgimento di gare per l'affidamento in concessione di tratte autostradali e limitando ulteriormente la concorrenza nel mercato degli appalti;
d'altra parte, come ha rilevato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato le concessioni autostradali non sono affidate con lo svolgimento di gara, mentre le convezioni in essere con le concessionarie continuano ad essere approvate per effetto di decreti-legge, saltando tutta la procedura amministrativa di verifica e controllo;
è necessario tener conto dei rilievi della Corte dei conti, dell'Autorità della concorrenza e del mercato e, da ultimo, della Banca d'Italia su quella che appare una inefficienza delle scelte governative inerenti alla distinzione delle competenze tra controllori e controllati, sulla esiguità degli investimenti avviati dalle concessionarie e sulla scarsa concorrenza degli affidamenti di lavori da parte delle concessionarie -:
come intenda il Governo garantire con l'ennesima riorganizzazione di Anas spa la definizione di un sistema in grado di assicurare terzietà, trasparenza e concorrenza a partire dall'affidamento della gestione del sistema autostradale nel rispetto della normativa comunitaria;
come intenda il Governo garantire la distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo e le funzioni di stazione appaltante che l'Agenzia si troverà ad esercitare;
a quale scopo sia stata scelta per Anas spa la funzione di organo in house del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e come intenda il Ministro garantire che tale scelta non sottrarrà la predetta società alla pubblicità degli atti ed alla verifica del Parlamento, oltre che al controllo contabile cui sono soggetti tutti gli organismi pubblici, per non parlare del danno alle imprese in termini di partecipazione al mercato degli appalti pubblici;
se da tale riordino deriveranno risorse da destinare al finanziamento del sistema complessivo delle infrastrutture ovvero se, come paventato da alcuni articoli di stampa, si rischi di avere un effetto negativo sul conto economico di Anas s.p.a, negli esercizi a partire dal 2012, di circa euro/migliaia 130.000 con la evidente conseguenza che gli esercizi futuri saranno ben lontani dal raggiungimento dell'equilibrio economico, ponendo a rischio la stessa continuità aziendale, a maggior ragione qualora il capitale sociale dovesse risultare manifestamente limitato.
(5-05242)
Interrogazione a risposta scritta:
MOSCA e FARINONE.- Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con «Accordo di programma per il recupero del parco militare di Barlassina/Lentate sul Seveso» e relativa convenzione attuativa, entrambi sottoscritti il 18 giugno 2003 dal comune di Lentate sul Seveso, dal comune di Barlassina, dalla regione Lombardia,
dalla provincia di Milano, dall'Agenzia del demanio filiale di Milano, dalle Ferrovie nord Milano esercizio e da RFI, è stata disciplinata la soppressione del passaggio a livello lungo la linea ferroviaria Milano-Chiasso nel comune di Lentate contestualmente alla realizzazione di una nuova viabilità di connessione, sottopassante le sedi ferroviarie di RFI e delle Ferrovie del Nord in prossimità del chilometro 27-350 della linea Milano-Chiasso, sfociante in via Padova nel comune di Lentate;
a fronte dell'originaria previsione di ultimazione dei lavori, la nuova viabilità sostitutiva dei passaggi a livello è stata consegnata il 20 ottobre 2009. Il comune di Lentate sul Seveso ha chiesto a tutela dei residenti e per garantire i cittadini che si muovono a piedi e in bicicletta e che hanno sempre utilizzato il passaggio a livello, di poter soprassedere alla chiusura dello stesso al chilometro 27-914 sino alla completa realizzazione di un sottopasso con strutture idonee a permettere attraversamenti ciclo-pedonali in corrispondenza, cosa che RFI ha comunque successivamente programmato (l'iniziale progetto non lo prevedeva) di realizzare nella stazione di Camnago-Lentate. RFI ha avviato le opere di realizzazione dell'attraversamento ciclo-pedonale del sottopasso (consegna del lavori all'impresa appaltatrice avvenuta il 14 marzo 2011), che saranno concluse entro novembre 2011;
in accordo con RFI, il comune di Lentate nel mese di giugno 2011 ha ordinato la chiusura definitiva della via XXIV in corrispondenza del passaggio a livello posto al chilometro 27-194 della linea ferroviaria Como-Chiasso a decorrere dal giorno 1o agosto 2011;
da tale data i residenti e i cittadini nell'area interessata al sottopasso (più di 600 abitanti), che raggiungono i diversi servizi posti nel centro della frazione (scuole, ufficio postale, farmacia, ambulatorio medico, banca, biblioteca, negozi alimentari, chiesa, la stessa stazione ferroviaria), e i numerosi lavoratori in bicicletta e a piedi che raggiungono le fabbriche poste al di là della ferrovia, potranno raggiungere il centro del paese solo utilizzando un sottopasso veicolare particolarmente pericoloso per pedoni e ciclisti (senza marciapiede e ciclabile);
nonostante le numerose richieste al sindaco da parte dei cittadini per soprassedere alla chiusura del passaggio a livello prima della conclusione dei lavori del sottopasso, l'amministrazione comunale di Lentate ha ribadito che la data del 1o agosto 2011 è inderogabile;
successivamente gli abitanti del quartiere hanno quindi presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato contro l'ordinanza di chiusura del passaggio a livello fatta dall'amministrazione comunale di Lentate -:
se il Ministro, per quanto di competenza, intenda adottare nei confronti di Rete Ferroviaria italiana tutte le iniziative idonee ad assicurare ai cittadini il passaggio in sicurezza fino al termine dei lavori del sottopasso.
(4-12928)
...
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BELLANOVA, SERVODIO, GRASSI e GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 12 maggio 2011, a causa dell'emergenza flussi immigratori, cento persone provenienti dall'Africa, sono state ospitate dal comune di Andrano, in provincia di Lecce e nello specifico collocati presso la struttura Antica Masseria del Monte sita in Castiglione d'Otranto, la quale fino a pochi mesi addietro si configurava come una struttura a ricezione turistica. Si parla di immigrati sbarcati sulle coste di Lampedusa, persone che hanno chiesto lo status di rifugiati politici;
il 23 luglio 2011, dagli organi di stampa, si apprende la notizia che queste persone stavano dando avvio ad una manifestazione di protesta per portare all'attenzione degli organi preposti le condizioni di vita, a loro dire poco consone, nonché quelle della struttura presso la quale sono ubicati;
in data 30 luglio 2011 l'interrogante si è recata presso la struttura Antica Masseria del Monte per incontrare gli stessi migranti e verificare la fondatezza delle loro proteste. Il primo dato emerso è che esiste un oggettivo sovraffollamento nella struttura;
queste persone si ritrovano a vivere in un plesso che di fatto è omologato per contenere circa 50 unità e vi sono camere nelle quali sono posizionati ben 10 letti. Questo elemento è stato, peraltro, certificato in data 26 luglio 2011 da un sopralluogo effettuato dai tecnici della prevenzione della asl di Lecce che refertavano: «la situazione di sovraffollamento riscontrata, oltre ad incidere sul benessere degli ospiti, costituisce un fattore di rischio per la diffusione di eventuali malattie infettive e diffusive»;
si è potuto riscontrare, inoltre, una totale assenza di sostegno sociale a queste persone, vale a dire, non vi è la presenza di alcun mediatore culturale, nessun educatore ed assistente sociale, alcun interprete. Vi è, inoltre, la presenza di un solo medico. Si è in presenza di cento persone che parlano, in molti casi, lingue differenti e che non riescono a comunicare tra di loro, né tantomeno con i gestori della struttura. Nel parlare con gli immigrati sono emerse le motivazioni delle proteste, vale a dire che gli stessi hanno rappresentato una serie di difficoltà oggettive, quali la mancanza di acqua calda, l'impossibilità di conoscere allo stato attuale a che punto sia l'iter burocratico inerente ai permessi di soggiorno ed al rilascio degli eventuali documenti, l'assenza di vestiario idoneo e prodotti per curare l'igiene personale, nonché la possibilità di avere alcun contatto con le organizzazioni preposte, quali l'ONU;
a questi ragazzi, la cui età va dai 25 ai 35 anni, non è stato dunque offerto alcun programma di integrazione sociale e si capisce come in carenza di una rete sociale tutto il meccanismo, già farraginoso, circa la documentazione che attesti, ad esempio, lo status di rifugiato politico tardi ad avere un effettivo avvio. Gli immigrati si trovano, di fatto, a passare tutta la giornata senza svolgere alcuna attività, nemmeno di tipo educativo. Allo stato attuale queste persone si ritrovano ad essere lontane dalle proprie famiglie di origine senza usufruire, seppur previsto dalla normativa vigente, di alcun tipo di ticket con il quale poter acquistare una scheda telefonica o quant'altro per far fronte a piccole esigenze quotidiane;
ad avviso dell'interrogante, in una comunità costituita da circa mille abitanti, come quella di Castiglione d'Otranto, quando si decide di dare assenso ad ospitare un numero di immigrati così cospicuo, si rende necessaria una programmazione capillare degli interventi e ciò a favore degli stessi immigrati, ma anche della tutela di una effettiva integrazione con la cittadinanza. In queste condizioni precarie, invece, il rischio che si corre è alto, poiché si è dinanzi ad una situazione che risulta essere non gestita secondo la buona prassi e rischia di innescare condizioni di conflitto dentro e fuori la struttura;
va detto, inoltre, che il contributo riconosciuto a favore dei comuni, enti, associazioni che forniscono accoglienza agli immigrati è di 40 euro circa giornaliere per erogare servizi essenziali, ma anche facoltativi. In questo contesto risulta evidente, però, che nessun servizio dei sopra citati viene di fatti erogato in favore di queste persone;
il Salento, per la sua posizione geografica, vanta una lunga tradizione di accoglienza e rispetto in favore degli immigrati e questa situazione rischia di macchiare fortemente gli stessi concetti di accoglienza, integrazione e supporto sociale. Il rischio maggiore che si corre in
questo contesto è quello di far penetrare nella concezione di molti soggetti l'idea che vi sia la possibilità di speculare su una situazione umanitaria che, invece, andrebbe tutelata e monitorata;
va sottolineato che i rilievi degli organismi preposti a monitorare questa situazione giungono a quasi tre mesi dal collocamento di queste persone presso Castiglione d'Otranto. Questa inadempienza ha prodotto come unico risultato che cento persone fuggite dalle proprie realtà, fatte di violenza e pericolo sociale, di fatti hanno finito per traslocare solo fisicamente da una realtà ad un'altra, ma sono comunque rimaste trasparenti dinanzi alle istituzioni preposte che invece avrebbero dovuto agire per tutelarli -:
cosa il Ministro interrogato, vista il contesto sopra esposto, intenda fare per accelerare l'iter burocratico circa la documentazione utile agli immigrati, che attendono da tre mesi una notizia in merito alla propria situazione;
se il Ministro, alla luce di quanto riportato, non ritenga urgente intervenire, per quanto di competenza, al fine di verificare la condizione di sovraffollamento nella struttura di Castiglione d'Otranto, ponendo in essere misure adeguate affinché nella stessa venga accolto un numero idoneo di persone.
(5-05232)
PILI e VELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco e il segretario generale della Cisl Federazione della sicurezza Nino Manca hanno sottoposto all'interrogante la grave situazione in cui versa la situazione relativa al servizio antincendio e l'apporto dei vigili del fuoco alla stessa campagna antincendio;
i vigili del fuoco della Sardegna non partecipano alla campagna estiva antincendi 2011 nonostante la convenzione sottoscritta il 29 giugno 2011 fra la direzione regionale dei vigili del fuoco e la regione Sardegna;
i distaccamenti stagionali dei vigili del fuoco previsti in quella convenzione sono ancora chiusi;
i contenuti della convenzione secondo le principali organizzazioni sindacali e la Cisl in particolare sarebbero lesivi della dignità e della professionalità dei vigili del fuoco, prevedendo solamente soluzioni «tampone» e non risolutive degli annosi e non più procrastinabili problemi della Sardegna;
nella convenzione era prevista l'assegnazione definitiva, entro e non oltre il mese di giugno 2012, del personale necessario per garantire la piena operatività del neo distaccamento di Porto Torres, la cui istituzione è stata decretata solo il 18 luglio 2011 e di quelli di Arzachena, La Maddalena, Tortolì e Ghilarza, già decretati dal 2004;
si rende indispensabile il riconoscimento alla Sardegna, da parte del Ministero dell'interno, della specificità attribuita alle Isole siciliane di Pantelleria e Lampedusa, garantendo con uomini e mezzi, il soccorso tecnico urgente alla regione Sardegna;
è inderogabile l'esigenza dell'immediato pagamento di tutti gli emolumenti maturati e dovuti al personale che ormai attende da oltre un anno;
il personale del reparto volo dei vigili del fuoco di Alghero, ad esempio, non riceve le indennità previste da ben 19 mesi;
risulta indispensabile che venga rivista e modificata la convenzione siglata, senza il consenso delle organizzazioni sindacali il 29 giugno 2011, nelle parti in cui, secondo le organizzazioni sindacali, vengono lese la dignità e la professionalità dei vigili del fuoco;
risulta necessario altresì l'adeguamento della tariffa oraria prevista per la partecipazione, in turno libero, dei vigili
del fuoco alla campagna estiva antincendi 2011, considerata l'inadeguatezza di un compenso di sette euro l'ora;
risulta indispensabile che entro la fine dell'anno corrente, il personale che volontariamente decida di partecipare alla C.E.A. 2011, percepisca quanto dovuto dal punto di vista economico;
risulta urgente l'anticipo della prevista mobilità del personale capo squadra dislocando, da subito, quelli sardi in servizio nelle sedi della penisola insieme ad un contingente di vigili permanenti -:
se non ritenga urgente attivare le procedure tecnico-amministrative per l'attuazione di quanto richiamato in premessa, con particolare riferimento all'attivazione dei quel servizio di sicurezza che il corpo dei vigili del fuoco ha sempre con grande professionalità garantito nell'ambito della campagna estiva antincendio in Sardegna;
se non ritenga, con urgenza, di dislocare il personale coposquadra di origine sarda nella stessa regione, al fine di facilitare la stabilizzazione del personale nell'ambito operativo della regione Sardegna;
se non ritenga indispensabile assumere iniziative per adeguare i compensi dei vigili del fuoco, al fine di riconoscere il notevole apporto di professionalità che gli stessi forniscono nell'ambito della campagna antincendi in Sardegna.
(5-05233)
Interrogazioni a risposta scritta:
PORFIDIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
in data 5 maggio 2010 l'ex Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, soppressa con il decreto-legge n. 78 del 2010, ha sottoscritto un accordo sindacale per disciplinare le modalità di espletamento del corso SEFA (accesso fascia A del contratto collettivo nazionale di lavoro). Detto accordo, all'articolo 1, prevede che i partecipanti al corso, prima del colloquio finale, devono sostenere in aula una prova scritta articolata in quattro prove teorico pratiche collegate a ciascun modulo;
nonostante il predetto accordo, la Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale (Sspal), articolazione della ex Agenzia, ha provveduto - autonomamente - a prevedere ben 8 prove scritte (due per ogni modulo), assegnando il tempo massimo di complessive 8 ore;
il corso di cui trattasi si è svolto presso la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (Ssai) con sede a Roma alla via Veientana, 346;
i segretari comunali ammessi sono stati organizzati in n. 3 gruppi di circa 60 persone, che hanno partecipato alla fase residenziale una settimana al mese per singolo gruppo, a partire da gennaio 2011, fino al mese di aprile 2011. Il corso è stato articolato in n. 4 moduli, uno per settimana, distribuiti mensilmente da gennaio ad aprile;
al termine della fase residenziale, e precisamente il giorno 27 giugno 2011, si sono tenute presso l'Hotel Ergife di Roma le prove scritte;
in considerazione dei quesiti proposti, dell'aggravio delle 8 prove scritte (su 4 concordate con le organizzazioni sindacali) e del limitato tempo a disposizione, emergerebbero alcune perplessità in ordine alla strutturazione del corso e all'articolazione delle prove;
il procedimento è in itinere pertanto non è dato conoscere il numero degli ammessi alla prova orale, ma da una stima degli interessati si presume siano circa 60 gli idonei su oltre 200 partecipanti iniziali, di cui solo 168 ammessi agli scritti;
a quanto consta all'interrogante, la Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale ha ritenuto di costituire la commissione d'esame con un segretario
generale presidente, un vice prefetto ed un componente esterno, tutti incaricati della docenza per il medesimo corso;
inoltre, la Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale a fine anno 2010 risulta che abbia attivato un master Academy segretari presso l'università Bocconi di Milano, ammettendo n. 54 segretari con spese a carico della stessa Scuola, ivi compreso vitto e alloggio;
tra i discenti di detto master spiccherebbero i nomi di coloro che nel predetto corso SEFA 2010 hanno assunto le funzioni di docenza. Dal regolamento del master si evince che i partecipanti non saranno sottoposti a 8 prove scritte in 8 ore, ma dovranno presentare un mero progetto da elaborare presso la struttura in cui operano. Inoltre, sempre tra i discenti del master, comparirebbe un segretario generale, docente e responsabile di un modulo didattico del corso SEFA e incaricato anche di docenza proprio presso l'università Bocconi;
da ultimo, considerato che il Ministero dell'interno è dotato di una propria struttura per la formazione del personale, e precisamente la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (Ssai), non si comprende, a giudizio dell'interrogante, quali siano i motivi che inducano a mantenere in essere un'ulteriore struttura, quale la Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale, ancor più a seguito del passaggio dei segretari comunali e provinciali nel ruolo del Ministero dell'interno ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010 -:
se non si ritenga opportuno verificare la sussistenza di elementi d'incompatibilità e/o conflitti d'interessi riguardanti i commissari d'esame e quali eventuali iniziative si intendano assumere a tutela dell'imparzialità e del buon andamento dell'attività della Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale e del corretto svolgimento del corso SEFA 2010;
per quali ragioni e a seguito di quali procedure di selezione la Scuola superiore per la pubblica amministrazione locale abbia concordato il master Academy segretari con l'università Bocconi di Milano;
per quali motivi, in relazione al master, non sia stata prevista nessuna valutazione finale (ovvero 8 prove scritte in 8 ore) e per quali ragioni, sul piano logistico, non si sia usufruito della sede della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (Ssai) di via Veientana in Roma.
(4-12923)
CASINI, BUTTIGLIONE, CESA, CERA, RIA e RUGGERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a distanza di sei mesi non si è ancora proceduto alla nomina del sostituto del prefetto Schilardi che ha lasciato l'ufficio territoriale di Bari nel mese di febbraio 2011;
si tratta di una situazione che ha pochi precedenti, che mina la credibilità delle istituzioni e che si presenta di estrema delicatezza, tenuto conto che nei prossimi giorni sono previsti nel capoluogo pugliese incontri internazionali -:
per quali motivi non si sia proceduto alla nomina del prefetto di Bari e quando si intenda provvedervi.
(4-12925)
BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da diversi mesi, lungo le sponde del fiume Brenta e più precisamente nel territorio del comune di Curtarolo (Padova), viene segnalata la presenza non autorizzata di persone che sostano per giorni interi nell'area;
a seguito di ripetute segnalazioni dei residenti, infastiditi da tali occupazioni abusive e dal disagio arrecato da tali persone (disturbo della quiete pubblica con musica elevata, abbandono di rifiuti in prossimità dell'area, e altro), il gruppo consigliare della Lega Nord ha presentato una interrogazione comunale per chiedere
delucidazioni e proponendo la chiusura totale dei varchi di accesso alle rive del fiume -:
se non ritenga opportuno, in riferimento alla vicenda sopra descritta e in relazione ad analoghi episodi occorsi, assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, allo scopo di garantire la sicurezza pubblica dei cittadini.
(4-12926)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 19 luglio 2011 a seguito di una convocazione telefonica, è stato comunicato verbalmente al giornalista d'inchiesta Gianni Lannes, della prefettura di Foggia, che la tutela della sua persona, in atto dal 22 dicembre 2009, sarebbe stata interrotta a partire dal 22 agosto 2011;
le motivazioni addotte secondo quanto riferito agli interroganti da Gianni Lannes, risulterebbero legate al fatto che sono state archiviate le indagini della procura della Repubblica di Foggia sugli attentati subiti da Lannes, anche se non sono stati individuati mandanti ed esecutori materiali, senza che né a Lannes né al suo legale di fiducia, avvocato Antonio Martino, fosse giunta notizia di alcuna istanza di archiviazione dalla magistratura competente;
a fronte dell'archiviazione dunque, il prefetto di Foggia avrebbe inviato la richiesta di revoca della scorta all'Ucis che l'ha approvata;
come già segnalato con interrogazioni dei firmatari del presente atto, a partire dal 2 luglio 2009 e fino alla primavera recente, Gianni Lannes è stato oggetto di alcuni attentati, minacce di morte a mezzo di telefonate anonime, furti, danneggiamenti ed intimidazioni, estese anche alla sua famiglia, che avrebbero semmai reso necessario un rafforzamento delle misure di protezione;
Gianni Lannes è notoriamente impegnato in attività di indagine giornalistica sfociate in procedimenti giudiziari di un certo spessore come ad esempio quelli relativi alla strage di Ustica (procura della Repubblica di Roma), alle cosiddette «navi dei veleni» affondate nel Mediterraneo, ai traffici di rifiuti nucleari (procura della Repubblica di Piacenza; DIA Liguria e più recentemente NOE carabinieri di Roma); alle ecomafie internazionali; alla strage Nato del peschereccio Francesco Padre (procura della Repubblica di Trani);
il prefetto Antonio Nunziante nel corso di un'audizione alla Commissione bicamerale sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti del 26 gennaio 20011 in merito inceneritore dell'Eta della presidente di Confindustria Marcegaglia in costruzione a Borgo Tressanti, contrada Paglia, agro di Manfredonia la cui costruzione non appare conforme alle normative di protezione sanitaria ed ambientale e alla legge n. 108 del 2001 di ratifica della Convenzione di Aarhus, ha detto: «Per quanto riguarda la Marcegaglia, dopo tutte le autorizzazioni - tra cui la regione e così via - i lavori sono iniziati 6-7 mesi fa. Io ho ricevuto l'amministratore unico della Marcegaglia Energy, di cui - mi perdoni - non ricordo il nome. Con lui abbiamo fatto anche un piano della sicurezza. I lavori stanno andando avanti, però dai primi accertamenti dei carabinieri e delle forze dell'ordine in generale, non sembra ci sia un interesse acché i lavori non procedano. Il tutto presidente, viene fuori da un giornalista, Gianni Larmes, che un po' fomenta queste situazioni e quindi fa presa sulle preoccupazioni intorno a questo termovalorizzatore»;
in merito alle procedure per l'inceneritore dell'Eta, il comune di Cerignola ha presentato, all'inizio dell'anno 2011, un ricorso straordinario al Capo dello Stato, mentre un altro inceneritore targato Marcegaglia è stato sequestrato per gravi irregolarità a Modugno dalla procura della Repubblica di Bari; per l'inceneritore di
Massafra (proprietà Marcegaglia) l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea;
quanto al prefetto vicario Michele di Bari, un articolo di Gianni Lannes (Narcomafie settembre 2007), ha diffuso la notizia che la moglie, Rosalba Bisceglia, è socia de «Il Principe srl», società affidataria di un intervento pari a 21.108,84 metri cubi di volume in area protetta che beneficia, tra l'altro, di un finanziamento pubblico del contratto d'area sipontina;
dalla situazione descritta si evidenzia che la prefettura di Foggia non sarebbe, ad avviso degli interroganti, in una condizione di indipendenza di giudizio nei confronti di Gianni Lannes -:
sulla base di quali informazioni l'UCIS abbia approvato la richiesta di revoca della scorta per Gianni Lannes da parte del prefetto di Foggia ed, in particolare, se l'UCIS abbia provveduto autonomamente a verificare la sussistenza o meno delle ragioni per cui si rende necessario il mantenimento o meno della scorta;
se non si ritenga di rivedere comunque la decisione sulle misure di sicurezza nei confronti di Gianni Lannes e della sua famiglia.
(4-12943)
...
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DE TORRE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'anno scolastico 2009-2010 tre ragazzi down (uno di 16 e due di 18 anni) che frequentavano rispettivamente la seconda e la terza liceo scientifico di Gorizia con buoni risultati grazie all'utilizzo della comunicazione facilitata (CF) quale forma di comunicazione aumentativa e alternativa a quella verbale (AAC - augmentative and alternative communication) mediante la quale, riuscendo a riorganizzare le funzioni neuropsicologiche compromesse dalla loro patologia, hanno potuto dimostrare di possedere capacità di pensiero e di rielaborazione dei contenuti trasmessi dalla scuola;
i docenti di sostegno si erano resi disponibili a sperimentare la comunicazione facilitata quale forma di AAC e i docenti delle diverse discipline avevano valutato molto positivamente il profitto raggiunto, tanto da orientare la sedicenne al liceo scientifico di Monfalcone (Gorizia) e da certificare, nel caso di uno dei diciottenni e della sedicenne, la loro idoneità ad affrontare il triennio;
i problemi sono cominciati quando la scuola, nonostante i buoni risultati conseguiti in precedenza, su indicazione dell'ufficio scolastico provinciale (che tra l'altro non ha alcuna competenza per entrare nel merito dell'autonomia didattica), ha deciso di non continuare nell'applicazione della comunicazione facilitata quale forma di AAC, creando notevoli difficoltà ai ragazzi, non più messi in condizione di esprimere i loro saperi coadiuvati da uno strumento a loro congeniale e obbligati a svolgere tutto in autonomia qualora avessero voluto proseguire con il programma della classe. In alternativa, avrebbero dovuto accettare il percorso differenziato. Il rendimento scolastico è precipitato con grossissimi danni a livello psicologico per i ragazzi;
non è stato possibile trovare un soluzione accettabile per i ragazzi e, per il loro benessere, le famiglie della sedicenne e di uno dei diciottenni li hanno ritirati dal liceo che frequentavano a Gorizia per iscriverli allo scientifico di Cervignano (Udine), scuola che, in un primo tempo, si era dichiarata disponibile ad avviare una sperimentazione sulla comunicazione facilitata quale forma di AAC con l'appoggio dell'azienda sanitaria;
con il nuovo anno le cose sono cambiate in modo radicale, riproducendosi inspiegabilmente nel liceo di Cervignano le stesse chiusure rispetto alla sperimentazione
della comunicazione facilitata subite nelle scuole dell'anno precedente e peggiorando sensibilmente la situazione già precaria della sedicenne nella scuola che continuava a frequentare;
di fronte a questa situazione, l'Associazione di volontariato onlus «diritto di parola» di Gorizia, formata da genitori di ragazzi disabili, ha organizzato, nel mese di maggio 2010, un convegno pubblico con vari esponenti di livello nazionale per avere un confronto e dare la possibilità a chi non riteneva utile l'utilizzo della comunicazione facilitata quale forma di AAC di esporre le proprie perplessità. Erano stati invitati tutti i rappresentanti scolastici sia provinciali che regionali che hanno tutti declinato ufficialmente l'invito;
la suddetta associazione ha, inoltre, fatto richiesta di ispezione alla scuola al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma tale richiesta è stata girata all'ufficio scolastico regionale che ha designato il provveditore, che non riconosceva l'utilità della comunicazione facilitata quale forma di AAC, tanto che già al momento dell'iscrizione dei ragazzi al liceo ne aveva preannunciato il fallimento perché «questi ragazzi non possono pensare di avere le necessarie capacità cognitive»;
come per l'anno scolastico precedente, anche per il 2009-2010, si poteva svolgere con l'insegnante di sostegno un progetto, oltretutto già sovvenzionato, per apprendere la tecnica della comunicazione facilitata quale forma di AAC, ma tale possibilità è stata scartata a priori dalla direzione;
nel mese di settembre 2010, con la nomina del suddetto provveditore a provveditore a Udine, si è determinato un immediato cambiamento di atteggiamento del preside del liceo di Cervignano che si era dichiarato disponibile ad avviare una sperimentazione della comunicazione facilitata con l'appoggio dell'azienda sanitaria e che da quel momento è stato condizionato dalle direttive provenienti dall'ufficio scolastico provinciale, quali il divieto di utilizzo della tecnica della comunicazione facilitata quale forma di AAC, non accettazione di facilitatori esterni, verifiche in autonomia, e altro;
dopo un quadrimestre in cui i ragazzi non sono stati valutati, sebbene svolgessero le verifiche, a marzo è stato proposto un programma differenziato o, in caso di PEI per obiettivi minimi, verifiche uguali a quelle della classe «per tipologia, contenuti e tempi» da svolgere in autonomia senza l'ausilio della comunicazione facilitata;
la mamma di uno dei ragazzi affetti dalla sindrome di down nei mesi scorsi ha avuto un incontro con alcuni funzionari del Ministero i quali hanno confermato che tutte le azioni svolte dalla scuola non corrispondono a quanto previsto dalla normativa, ma si sono dichiarati impossibilitati ad intervenire presso la direzione regionale, considerata di pari grado rispetto al Ministero. In ogni caso, uno dei funzionari ha telefonato al dirigente del Liceo di Cervignano, ma il suo intervento non è servito a modificare l'atteggiamento verso i ragazzi;
ogni verifica dei ragazzi è diventata pertanto un fallimento, una sequela di voti pesantemente negativi che lede l'autostima dei ragazzi. Ciò naturalmente è imputato dalle scuole alle famiglie, «colpevoli» di non riconoscere la disabilità dei propri figli, quasi che queste avessero rifiutato la certificazione e il conseguente sostegno, ovvero come se il sostegno equivalesse tout-court alla differenziazione del programma e non appunto alla messa in atto di tutti quei supporti ritenuti utili a colmare il gap che la disabilità comporta;
oltre ai voti negativi, ciò che è peggio è che i ragazzi hanno iniziato a sentire attorno a sé un clima di sospetto. Ciò li ha fatti precipitare in uno stato di sofferenza fino alla depressione, certificata dal neuropsichiatra che ha in cura uno dei ragazzi e che ha, inoltre, raccomandato come indispensabile il proseguimento dell'utilizzo della comunicazione facilitata per permettere alla sua paziente «livelli di
apprendimento adeguati alle sue indubbie potenzialità». Anche la direzione dell'A.S.S. di Gorizia, pur non potendo validare lo strumento della comunicazione facilitata in quanto di competenza scolastica, con una nota diretta al dirigente scolastico dell'istituto di Cervignano frequentato da una delle ragazze, ha ritenuto di equiparare la «comunicazione facilitata» agli altri ausilii utilizzati nel campo della disabilità e quindi di non ritenerne d'ostacolo l'utilizzo, come peraltro previsto dalla normativa per quanto attiene alla possibilità di impiego di mezzi e strumenti alternativi a quelli tradizionali, come la comunicazione aumentativa e alternativa a quella verbale;
per cercare di risolvere queste situazioni e consentire non solo a questi tre ragazzi ma anche a tutti quelli che necessitano di tecniche alternative per comunicare e svolgere il lavoro scolastico, l'Associazione ha avviato una petizione popolare a livello nazionale, e sono già state raccolte oltre 5.000 firme online;
lo scorso mese di aprile le due ragazze affette da sindrome di down, su consiglio dei rispettivi specialisti che le hanno in cura hanno smesso di frequentare la scuola per tutelare la loro salute psicofisica, fortemente compromessa dalle continue frustrazioni subite a scuola. Per il ragazzo, invece, i genitori hanno alla fine accettato il PEI differenziato;
nel frattempo, l'Ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia nelle linee guida per l'«integrazione», fatte approvare dai vari gruppi di lavoro interistituzionali provinciali, ha esplicitamente previsto che «eventuali altre tecniche di intervento che non siano il PEI proposte da soggetti esterni all'istituzione privi di accreditamento formativo non rientrano nelle competenze professionali obbligatoriamente richieste all'insegnante di sostegno e/o di classe (punto 9 - linee guida: criteri regionali per assegnazione degli interventi di sostegno - ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia - direzione generale, Udine, 4 aprile 2011);
è palese che un ufficio amministrativo non possa dare indicazioni ai docenti sulle scelte didattiche e il punto 9 delle suddette linee guida non può impedire ad un docente che lo ritenga valido, un metodo di valutazione diverso da quelli ufficiali, laddove non espressamente vietato. È vero che, se trattasi di interventi non convalidati, non possono essere imposti ai docenti; ma non possono neppure essere vietati a chi li ritenga validi, stante il diritto di libertà di insegnamento che comporta anche la libertà di valutazione;
nelle linee guida 2009 per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità del Ministero dell'istruzione, viene espressamente indicato al punto 2) La corresponsabilità educativa e formativa dei docenti: «La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti gli insegnanti perché l'intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le attività d'aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni. Non in altro modo sarebbe infatti possibile che gli alunni esercitino il proprio diritto allo studio inteso come successo formativo per tutti, tanto che la predisposizione di interventi didattici non differenziati evidenzia immediatamente una disparità di trattamento nel servizio di istruzione verso coloro che non sono compresi nelle prassi educative e didattiche concretamente realizzate. Conseguentemente il Collegio dei docenti potrà provvedere ad attuare tutte le azioni volte a promuovere l'inclusione scolastica e sociale degli alunni con disabilità, inserendo nel Piano dell'offerta formativa la scelta inclusiva dell'istituzione scolastica e indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l'inclusione (gruppi di livello eterogenei, apprendimento cooperativo, eccetera). I Consigli di classe si adopereranno pertanto al coordinamento delle attività didattiche, alla preparazione dei materiali e a quanto può consentire all'alunno con disabilità, sulla base dei suoi bisogni e delle sue necessità,
la piena partecipazione allo svolgimento della vita scolastica nella sua classe» e in relazione alle strategie didattiche e agli strumenti (punto 2.2) viene esplicitato: «La progettualità didattica orientata all'inclusione comporta l'adozione di strategie e metodologie favorenti, quali l'apprendimento cooperativo, il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, l'apprendimento per scoperta, la suddivisione del tempo in tempi, l'utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici, di software e sussidi specifici»;
pur non essendo la comunicazione facilitata un metodo comunicativo ad oggi validato scientificamente, è stato rilevato da varie associazioni di familiari di persone con disabilità grave e da alcuni esperti e specialisti in disabilità grave, che l'utilizzo della comunicazione facilitata quale forma di AAC nel 5 per cento dei casi tale metodo produce risultati positivi, documentati sperimentalmente, a tal punto che la provincia di Roma, ancora nel 2006, ne ha finanziato la sperimentazione con un progetto dal titolo «Facilitazione della comunicazione»;
è notizia di questi giorni che sette ragazzi vicentini disabili sono riusciti a raggiungere un obiettivo fino a vent'anni considerato una chimera: diplomarsi misurandosi con le stesse prove degli studenti normodotati. Sette ragazzi che nella vita hanno dovuto fare i conti con prove ben più difficili che il tema d'italiano, il saggio di psicopedagogia, la storia o la matematica. Con prove chiamate sindrome di down, paralisi infantili, autismo o disprassia. Che sia una storia di successo quella di questi ragazzi lo testimonia il fatto che tutti e sette, da una vita, devono fare i conti con importanti disturbi della comunicazione verbale: per loro una qualsiasi conversazione è praticamente impossibile. Nonostante questo, grazie ad alcune tecniche di comunicazione facilitata - tutti frequentano un centro educativo-riabilitativo di Thiene -, ad una volontà di ferro e al sostegno incondizionato delle loro famiglie che non hanno mai dubitato un attimo delle loro capacità, questi giovani sono riusciti a diplomarsi;
pertanto, la prassi dimostra che la comunicazione facilitata quale forma di AAC, pur non essendo uno strumento validato scientificamente, può essere un supporto utile, accanto agli strumenti tradizionali, per tanti studenti e negarne l'utilizzo può privare questi ragazzi di uno strumento favorevole al proseguimento di un percorso scolastico positivo e gratificante, ledendo un loro diritto allo studio, sancito dalla normativa e, in particolare, dalla Convenzione universale dei diritti delle persone con disabilità, approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU nel dicembre 2006, di cui il Governo italiano è uno dei 50 Stati firmatari. L'articolo 24 comma 3, infatti, garantisce la partecipazione e la socializzazione nel campo degli apprendimenti attraverso linguaggi appropriati alle diverse tipologie di minorazione;
l'utilizzo di un facilitatore in comunicazione non comporta alcun costo aggiuntivo per le istituzioni scolastiche che consentano la presenza, in quanto trattasi dello stesso insegnante di sostegno che ha già appreso la tecnica della comunicazione facilitata quale forma di AAC o che potrebbe apprenderla nell'ambito di progetti già finanziati o di facilitatori esterni a carico delle famiglie richiedenti -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere affinché fermo restando l'impatto a costo zero sul bilancio scolastico, le istituzioni scolastiche autonome possano applicare le linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009 emanate da codesto Ministero, prevedendo la sperimentazione della comunicazione facilitata quale forma di comunicazione aumentativa alternativa a quella verbale (come peraltro previsto dalla normativa per quanto attiene alla possibilità di impiego di mezzi e strumenti alternativi a quelli tradizionali), che seppur sia uno strumento non validato scientificamente, avendo in alcuni casi dimostrato di essere una possibilità da affiancare
ad altre opzioni favorenti l'integrazione degli alunni con disabilità - fosse anche solo con effetto placebo ma ritenuto utile e d'ausilio dalle famiglie - adempiendo cosi all'indicazione che «la progettualità didattica orientata all'inclusione comporta l'adozione di strategie e metodologie favorenti, quali l'apprendimento cooperativo, il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, ecc..» e conseguentemente si eviti che, impropriamente, uffici scolastici provinciali e uffici scolastici regionali, intervengano sulla programmazione delle istituzioni scolastiche autonome che intendano avvalersi dell'utilizzo di facilitatori della comunicazione sia in ambito didattico che di verifica dei risultati ottenuti dagli studenti con disabilità che si avvalgono della comunicazione facilitata quale forma di comunicazione aumentativa e alternativa a quella verbale.
(5-05231)
PILI e VELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il rappresentante di Parlamentares, gruppo di democrazia partecipativa, il professor Ignazio Perra ha sottoposto all'interrogante la situazione di disparità di trattamento nei confronti dei diplomati al conservatorio di musica in merito ai titoli di accesso richiesti per il concorso di dirigente scolastico;
in attuazione dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 10 luglio 2008, n. 140, è indetto un concorso (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 56 del 15 luglio 2011) per esami e titoli per il reclutamento, nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica, di dirigenti scolastici dei ruoli regionali per n. 2386 posti complessivi;
al concorso di cui in premessa è ammesso a partecipare il personale docente ed educativo in servizio nelle istituzioni scolastiche statali che sia in possesso della laurea magistrale o titolo equiparato ovvero di laurea conseguita in base al precedente ordinamento e che abbia maturato, dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni in qualsiasi ordine di scuola;
con nota datata 19 luglio 2011 protocollo n. AOODGPER.6012 (inerente a chiarimenti sui titoli di accesso al concorso per dirigente scolastico) il direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha precisato che per i titoli rilasciati dalle Accademie di belle arti e dai conservatori di musica, si richiama la legge 21 dicembre 1999 n. 508, di riforma delle Accademie di belle arti, dei conservatori di musica, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica e degli istituti musicali pareggiati, che ha considerato il settore artistico allo stesso livello delle università ed ha definito le accademie e le altre istituzioni artistiche, quali sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale;
nella medesima circolare si precisa che il comma 3-bis dell'articolo 4 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, aggiunto dall'articolo 6 del decreto legge 25 settembre 2002, n. 212, convertito, con modificazioni, con legge 22 novembre 2002, n. 268, ha equiparato, ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi, i diplomi rilasciati dalle predette istituzioni in base all'ordinamento previgente alla legge n. 508 del 1999, alle lauree previste dal regolamento di cui al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, purché conseguiti da coloro che siano in possesso anche del diploma di istruzione secondaria di secondo grado;
nella circolare datata 19 luglio 2011 protocollo n. AOODGPER.6012 in riferimento ai titoli rilasciati dai conservatori di musica si evidenzia che ai fini della partecipazione al concorso sono validi solo i diplomi accademici di secondo livello;
nel bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004 relativamente al reclutamento, nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica, di dirigenti scolastici
dei ruoli regionali per la scuola primaria e secondaria di primo grado, per la scuola secondaria superiore e per le istituzioni educative per n. 1500 posti complessivi, si era stabilito che il titolo culturale da possedere fosse la laurea o titolo equiparato (diploma di educazione fisica ai sensi della legge n. 136 del 2002; diploma, congiunto con un diploma di secondaria superiore, rilasciato dall'accademia di belle arti, accademia nazionale di danza, accademia nazionale di arte drammatica, dagli istituti superiori per le industrie artistiche, dai conservatori di musica);
le limitazioni previste dall'attuale bando inerente al concorso per dirigenti scolastici danno origine ad un'evidente disparità di trattamento: fra coloro che sono in possesso dei titoli di studio rilasciati dai conservatori di musica (in merito alla validità del titolo stesso e agli anni di studio fra coloro che hanno conseguito il diploma di conservatorio, con il percorso tradizionale di studi sulla base dell'ordinamento previgente) e del diploma di scuola di secondaria superiore (ai quali viene riconosciuto il solo titolo di I livello) e coloro che hanno conseguito i diplomi accademici di secondo livello e fra coloro che hanno potuto sostenere il concorso per dirigenti scolastici con i requisiti di accesso previsti dal bando del 2004, periodo in cui la legge n.508 del 1999 era comunque già vigente, dando origine ad una palese ed ingiusta disuguaglianza sia nell'applicazione delle medesime norme che nel formulare le opportunità di accesso ad un'analoga tipologia di concorso;
le attuali norme ledono i diritti acquisiti sia da coloro che (in relazione al proprio ambito formativo) hanno conseguito il titolo rilasciato dai conservatori statali di musica in base all'ordinamento previgente (nei confronti dei quali risulta un vero e proprio declassamento del titolo stesso) sia nei termini del decreto del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica n. 509, del 3 novembre 1999, articolo 3, comma 5;
tali norme creano disparità trattamento tra corsi di studio diversi, poiché, attraverso il decreto ministeriale 5 maggio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004) tutte le lauree quadriennali conseguite presso le università italiane sono state equiparate alle lauree di II livello; l'anomalia, quindi, è rimasta solo in merito agli studi musicali per i quali i possessori di un diploma di conservatorio statale di musica dovrebbero, per ottenere la parificazione al II livello, compiere ulteriori due anni di studio -:
se non ritenga necessario e inderogabile che (analogamente a quanto disposto per i diplomi di laurea attraverso il decreto ministeriale 5 maggio 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004) i diplomi rilasciati dai conservatori statali di musica e dagli istituti musicali pareggiati in base all'ordinamento previgente (uniti al diploma di istruzione secondaria di secondo grado, conseguito anche successivamente all'acquisizione del diploma di conservatorio) siano parificati (ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi) alle lauree di II livello in analogia a quanto stabilito per i diplomi di laurea conseguiti con il vecchio ordinamento (decreto ministeriale 5 maggio 2004).
(5-05236)
GHIZZONI, DE PASQUALE, BACHELET, COSCIA, ROSSA, NICOLAIS, PES e ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 15 luglio 2011 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (4o serie speciale n. 56) il bando di concorso a 2386 posti di dirigente scolastico con una scadenza di presentazione delle domande fissata per il 16 agosto;
la pubblicazione del detto bando risulta essere tardiva - come denunciato in precedenti atti di sindacato ispettivo - e soprattutto contraddetta dalle gravi riduzioni che la recente manovra di stabilizzazione finanziaria arrecherà all'organico della dirigenza scolastica;
rispetto alle disposizioni previste dal bando sono stati, da più parti, sollevati rilievi in merito a:
a) i tempi stabiliti per il conseguimento dei titoli da valutare fissati allo stessa data del 16 agosto e la conseguente necessità di una precisazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che indichi che tali titoli sono comunque validi purché conseguiti entro la scadenza delle prove;
b) la mancanza di indicazione della data della preselezione nazionale che vanifica la promessa, ampiamente ribadita in varie sedi, che tale prova, da svolgersi in tutte le regioni lo stesso giorno, avrebbe avuto luogo entro il 15 settembre anche al fine di non pregiudicare la possibilità di una assunzione dei vincitori per l'anno scolastico 2012-2013;
c) la mancata indicazione della data di pubblicazione della batteria dei test e del loro numero tenendo conto che in tutte le preselezioni che utilizzano questo sistema, le batterie di test sono rese pubbliche 45 giorni prima della prova e non in tempi più ravvicinati. Il bando non indica invece né di quanti quiz consisterà la batteria pubblica, né la data della pubblicazione e né, conseguentemente, quanti giorni prima della prova sarà resa pubblica;
d) rinvio agli uffici scolastici regionali della individuazione delle date di svolgimento delle due prove scritte, che dovrebbero essere collocate entro un arco temporale di riferimento, prefissato e pubblicato, mediante apposito avviso, sulla rete intranet e sul sito internet del Ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca. Questa soluzione suscita molte riserve perché in questo modo l'amministrazione centrale sembra rinunciare ad assicurare uniformità al meccanismo di selezione dei dirigenti scolastici sull'intero territorio nazionale. Ciò in quanto le commissioni d'esame nominate presso le singole direzioni generali regionali potrebbero redigere testi per le due prove scritte che presentino un diverso grado di difficoltà nelle diverse regioni -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato al riguardo e le eventuali misure correttive che intende adottare.
(5-05239)
PILI e VELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il gruppo di democrazia partecipativa Parlamentares dell'università di Cagliari, attraverso i suoi rappresentanti, ha segnalato all'interrogante la situazione di forte penalizzazione con riferimento all'accesso alle scuole di specializzazione mediche degli studenti iscritti al corso di medicina e chirurgia del suddetto ateneo che conseguiranno la laurea nel mese di dicembre;
con decreto del Magnifico Rettore dell'università di Cagliari, in data 5 aprile 2011, si è disposta, per l'anno accademico 2010/2011, l'attivazione, ai sensi del decreto ministeriale 1o agosto 2005, delle scuole di specializzazione afferenti alla facoltà di medicina e chirurgia e l'indizione del concorso per titoli ed esami per l'ammissione al primo anno delle sopra riferite scuole di specializzazione;
gli ordinamenti didattici dei corsi di studio sono stati formulati ai sensi del decreto ministeriale del 1o agosto 2005 e successive modificazioni e integrazioni e approvati con decreto rettorale del 6 aprile 2009, n. 669;
i vincitori del concorso sono stati ammessi alle scuole di specializzazione a condizione che avessero conseguito l'abilitazione per l'esercizio dell'attività professionale, «ove ancora non posseduta», entro la data di inizio delle attività didattiche di dette scuole, fissata con decreto ministeriale per il 30 giugno 2011;
la prova scritta del concorso è stata sostenuta dai candidati il 6 giugno 2011 per tutte le scuole di specializzazione afferenti all'area medica, il 7 giugno 2011 per tutte le scuole di specializzazione
afferenti all'area chirurgica e il 10 giugno per tutte le scuole di specializzazione afferenti all'area dei servizi;
con ordinanza ministeriale del 22 novembre 2010 sono state indette per l'anno 2011 la prima e la seconda sessione degli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo;
l'esame di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo consiste in un tirocinio pratico e una prova scritta;
il tirocinio è una prova pratica a carattere continuativo della durata di tre mesi svolto presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 2 del decreto ministeriale 19 ottobre 2001 n. 445 e si svolge secondo le modalità previste dai successivi commi del predetto articolo 2; la data di inizio del predetto tirocinio, a norma dell'ordinanza ministeriale del 22 novembre 2010, è fissata al 1o aprile 2011 per la prima sessione e al 2 novembre 2011 per la seconda;
la prova scritta, a norma della suddetta ordinanza ministeriale, si svolge il giorno 13 luglio 2011 per la prima sessione e il 9 febbraio 2012 per la seconda sessione;
dal combinato disposto del decreto rettorale e dell'ordinanza ministeriale emerge l'impossibilità per i laureati in medicina e chirurgia nella sessione di dicembre di accedere al concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione mediche prima dei 17 mesi dal conseguimento del titolo accademico -:
se non intenda il Ministro assumere, nell'ambito delle proprie competenze, un'apposita iniziativa normativa o istituzionale diretta ad assicurare condizioni d'accesso alle scuole di specializzazione mediche non eccessivamente penalizzanti anche per gli studenti laureatisi in medicina e chirurgia nella sessione di laurea di dicembre attraverso la previsione di un'ulteriore sessione dell'esame di Stato, oltre alle due già previste a luglio e febbraio, o, in alternativa, attraverso l'ammissione con «riserva» al concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione mediche, consentendo cioè l'accesso al concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione (con riserva appunto) anche a coloro che stiano ancora svolgendo il tirocinio precedente al superamento della prova scritta dell'esame di Stato.
(5-05241)
Interrogazioni a risposta scritta:
GHIZZONI, PES, ANTONINO RUSSO, SIRAGUSA, BACHELET, DE PASQUALE, ROSSA, COSCIA e NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Tar del Lazio ha emesso in data 14 aprile 2011 alcune sentenze che:
a) annullano i decreti sugli organici del personale della scuola per gli anni scolastici 2009/10 e 2010/11, che hanno prodotto tagli per 67.000 posti docente e 33.000 posti di personale Ata;
b) sollevano la questione di legittimità costituzionale del decreto che cancella i posti del personale non docente «per mere esigenze di cassa»;
c) annullano il decreto del 1o luglio 2010 che decurta del 20 per cento l'orario di lezione delle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici e seconde e terze dei professionali con la motivazione che tale decreto, colpendo a posteriori l'offerta scolastica, in particolare delle materie professionalizzanti, mette in discussione «il diritto degli alunni al compimento del patto formativo formalizzato all'atto della loro iscrizione ai diversi percorsi di studio»;
in conseguenza alle suddette sentenze il decreto sugli organici per il prossimo anno scolastico 2011/12, che prevede altri tagli per 19.700 posti docente e circa 14.000 posti Ata, avrebbe dovuto essere sottoposto prima di essere emanato ai pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, della Conferenza unificata
Stato-regioni e delle competenti Commissioni parlamentari. Infatti, la sentenza di merito del TAR del Lazio n. 3271/2011 obbligava l'amministrazione a riesaminare i decreti annullati mediante la previsione di una proposta coerente con le motivazioni della medesima sentenza, che avrebbe dovuto essere sottoposta al C.N.P.I. ed alla Conferenza unificata;
a tale proposito, il TAR prevedeva un complesso di misure «di risarcimento del danno» atte ad assicurare: la ricostruzione delle posizioni dei docenti nelle rispettive graduatorie rispetto ai tagli di orari e di organici operati per effetto degli atti impugnati, relativamente agli anni scolastici di riferimento, mediante il riconoscimento di una apposita priorità di reinserimento nelle cattedre oggetto di soppressione dei rispettivi titolari; l'idonea facoltà per le famiglie degli alunni o degli studenti di operare apposito transito da uno ad altro istituto in conseguenza della rimodulazione dell'offerta formativa, oppure previsione di corsi aggiuntivi o attività di recupero per integrare l'offerta formativa carente nell'istituto di iscrizione, a favore degli studenti che hanno subito le riduzioni di orario nelle materie di insegnamento degli istituti tecnici e professionali;
nell'udienza del 29 luglio 2011 sono stati discussi in Consiglio di Stato gli appelli del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca contro le richiamate sentenze del TAR Lazio che avevano dichiarato illegittimi i tagli agli organici della scuola;
il Consiglio di Stato ha riconosciuto il pieno diritto dei genitori e dei lavoratori della scuola e dei comitati della scuola ad impugnare gli organici anche per far valere le prerogative delle regioni. Nel merito ha accolto le censure dedotte dai difensori dei molti soggetti ricorrenti, dichiarando l'illegittimità dei decreti interministeriali con i quali sono stati determinati i tagli agli organici del personale della scuola;
questa sentenza è destinata ad avere influenza sul ricorso che genitori e docenti hanno presentato al TAR del Lazio contro i tagli agli organici previsti per il prossimo anno scolastico 2011/12 -:
come intenda ottemperare prima dell'avvio dell'anno scolastico e quanto previsto dalla sentenza del TAR, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 29 luglio 2011 o se, al contrario, voglia deliberatamente esporre la propria amministrazione a ormai certi conseguenza legali e gravi danni erariali.
(4-12940)
CONTENTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
sta suscitando interesse e clamore un video caricato sul sito internet Youtube dal sedicente Fabio Mauthe e intitolato «chiamami ancora amore parodia»;
nel documento, disponibile cliccando su http://www.youtube.com/watch?v=nAS8s XCBfUQ, appaiono immagini di prostituzione, volgarità varie e riferimenti inequivocabilmente diretti non solo al Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, bensì all'intera istituzione parlamentare;
quel che fa più specie è che lo scimmiottatore del Presidente del Consiglio Berlusconi sarebbe un dirigente scolastico siciliano -:
se siano a conoscenza dell'episodio citato in premessa;
se il filmato in questione sia realmente attribuibile al signor Fabio Mauthe e se lo stesso svolga effettivamente un incarico pubblico di preside didattico;
in caso di risposta affermativa al precedente quesito, quali iniziative di competenza intendano adottare con la massima urgenza nei confronti del diretto interessato, non risultando ammissibile che un esponente della pubblica amministrazione colpisca con volgari oscenità e attacchi personali il Parlamento e il Governo intero, travalicando così ad avviso
dell'interrogante ogni limite del diritto di critica, oltre che di umano decoro e di elementare educazione.
(4-12944)
TESTO AGGIORNATO AL 3 AGOSTO 2011
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
NICCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società Xerox spa, operante nel settore del document management, in particolare nella vendita ed assistenza di apparecchiature per ufficio e nella gestione di servizi stampa per clienti sia pubblici che privati, denuncia una seria crisi del settore di riferimento con calo dei consumi, riduzione delle commesse e conseguenti ricadute negative sulla redditività e sui risultati economici della società;
in tale contesto, la società Xerox, in data 27 giugno 2011, ha comunicato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la decisione di procedere, «con carattere di urgenza», ad una riduzione delle maestranze delle sedi di Milano, Roma, Pont-Saint-Martin (Aosta), Firenze, Bologna, Genova e Parma, per le quali è stata richiesta la cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, ai sensi della legge n. 223 del 1991, articolo 1, comma 5;
la riduzione delle maestranze è stata richiesta per 112 unità, per 12 mesi, a zero ore, a decorrere dal 1° agosto 2011;
in particolare, per quanto riguarda la sede di Pont-Saint-Martin tutto il personale è stato collocato in cassa integrazione straordinaria a zero ore e senza possibilità di rotazione, coinvolgendo anche gli otto lavoratori di una cooperativa che svolgono attività complementari per la Xerox;
il 20 luglio presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è svolto un incontro tra la Xerox e le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali per un esame congiunto della situazione, ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, che si è concluso con un mancato accordo tra le parti -:
quali iniziative intenda assumere per contribuire ad individuare soluzioni alla situazione di crisi aziendale che sappiano coniugare positivamente il piano di risanamento prospettato dall'azienda con la salvaguardia dei siti produttivi e della relativa occupazione, tenendo in debito conto che per il sito di Pont-Saint-Martin è possibile la chiusura definitiva, con quanto di negativo ne consegue sia per il tessuto industriale della Valle d'Aosta, già fortemente provato dalla crisi, sia per gli stessi lavoratori la cui eventuale ricollocazione lavorativa nel gruppo Xerox potrebbe essere a Milano, come sede più prossima.
(5-05230)
POLLEDRI, FEDRIGA e BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'approvazione della recente manovra economica (decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011), è stata chiarita l'obbligatorietà di iscrizione e contribuzione agli enti previdenziali privatizzati dei soggetti già pensionati;
la situazione previgente all'entrata in vigore della citata manovra, infatti, vedeva alcune casse professionali aver adottato delibere secondo le quali soggetti che al momento del pensionamento avessero proseguito l'attività avrebbero potuto essere esonerati dal versamento dei contributi alle stesse, mentre altre muoversi nella direzione opposta, prevedendo comunque l'obbligo della prosecuzione dei versamenti, altre ancora, pur confermando l'obbligo del versamento contributivo, avevano previsto l'applicazione di un'aliquota ridotta;
tali delibere, pur se adottate nell'ambito dell'autonomia gestionale di ciascuna
cassa professionale sancita per legge, avevano di fatto creato un enorme contenzioso, giacché il principio contenuto negli statuti e regolamenti delle casse privatizzate secondo il quale la contribuzione è volontaria una volta liquidato il trattamento pensionistico contrasta con quello generale per il quale i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, portando l'Inps a ritenere che i pensionati professionisti avrebbero dovuto iscriversi alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, altrimenti si configurava un'evasione contributiva;
con il comma 11 dell'articolo 18 della manovra economica è stato pertanto disposto l'obbligo dell'iscrizione e della contribuzione a carico dei soggetti, già pensionati, che risultino aver percepito un reddito derivante dallo svolgimento della relativa attività professionale, imponendo, altresì, agli enti di diritto privato di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 di adeguare a tale scopo i propri statuti e regolamenti entro sei mesi dalia data di entrata in vigore della manovra medesima;
il successivo comma 12 del medesimo articolo 18, nel fornire un'interpretazione autentica dell'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che ha istituito la gestione separata Inps, in merito all'ambito soggettivo di iscrizione alla gestione stessa, precisa che i soggetti che svolgono per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo e tenuti all'iscrizione presso appunto la gestione separata Inps sono esclusivamente coloro che svolgono attività non subordinata all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti privatizzati, ferma restando comunque la possibilità di includere i propri iscritti nella gestione separata Inps, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 103 del 1996;
il successivo comma 15 prevede poi che le disposizioni attuative dei predetti commi 11 e 12 siano demandate ad un apposito decreto interministeriale, ma non prevede alcun termine per la sua emanazione;
singolare è la posizione degli ingegneri libero professionisti-dipendenti, obbligati attualmente a versare alla propria cassa di appartenenza - INARCASSA - il contributo integrativo, ma esonerati dalla stessa a versare il contributo soggettivo in quanto dipendenti -:
quali siano gli intendimenti del Ministro sui fatti esposti in premessa, con particolare riguardo alla situazione degli ingegneri libero-professionisti-dipendenti, e se non ritenga di dovere emanare il decreto di cui al comma 15 dell'articolo 18 citato in premessa il più celermente possibile, chiarendo se e quali soggetti, che esercitano attività per cui è richiesta l'iscrizione in appositi albi professionali ed hanno una propria cassa professionale di appartenenza, siano comunque tenuti all'iscrizione e ai relativi versamenti presso la gestione separata Inps di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
(5-05238)
Interrogazione a risposta scritta:
BELLANOVA, GINEFRA e VICO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 18 luglio 2011 il sindacato dei lavoratori della comunicazione SLC Cgil provinciale di Bari, nella persona del suo segretario pro-tempore signor Nicola Di Ceglie ha presentato ricorso in virtù dell'articolo 28 della legge del 20 marzo 1970 n. 300 nei confronti dell'azienda Poste italiane spa;
nella fattispecie l'organizzazione sindacale SLC nel documento depositato presso il tribunale di Bari - sezione lavoro, denuncia una politica di gestione aziendale delle risorse umane di Poste, italiane, nella regione Puglia, caratterizzata sin dall'anno 2008 da una sistematica e progressiva marginalizzazione del sindacato
Cgil e dei suoi lavoratori affiliati. Dal ricorso sopra citato si legge che l'organizzazione SLC «ha registrato da qualche tempo un attacco aziendale nei confronti dei propri attivisti sindacali ed in generale dei propri iscritti, che ha apportato una grave lesione all'immagine ed alla credibilità del sindacato, comportando ricadute dirette sull'affiliazione sindacale, così integrando una condotta antisindacale»;
dal documento si evidenzia come attraverso l'atteggiamento discriminatorio tenuto dell'azienda nei confronti degli iscritti Cgil si sia radicato tra i lavoratori il convincimento che l'affiliazione alla sopracitata organizzazione sindacale risulti dannosa per il proprio rapporto di lavoro e l'eventuale progressione di carriera. Il ricorrente, nel merito, denuncia che la società Poste italiane abbia perseguito il proprio disegno antisindacale attraverso «l'esclusione dei quadri iscritti alla Cgil dall'assegnazione della responsabilità di uffici importanti» e che le eventuali nomine avverrebbero «con discrezionalità aziendale a discapito degli affiliati Cgil»;
dal ricorso si evidenzia, inoltre, come la politica di marginalizzazione della sigla sindacale SLC Cgil abbia prodotto una situazione che, allo stato attuale, vede su un totale di 18 uffici centrali, solo 2 uffici retti da direttori aderenti alla Cgil. Questi ultimi peraltro risultano attributari di uffici centrali in quanto «la loro applicazione riviene da un accordo stragiudiziale intervenuto a seguito di contenzioso promosso dagli stessi dipendenti». Nel ricorso viene, inoltre, evidenziato che la prassi di marginalizzazione della Cgil ha subito una forte accelerazione con l'avvento, nell'anno 2010, del nuovo responsabile delle risorse umane di Poste italiane in Puglia, il dottor Antonio Sergio Cicchiello;
tra i numerosi casi lavorativi, citati dal ricorrente, che avrebbero subito una severa penalizzazione all'interno dell'azienda solo per essere iscritti al sindacato SLC Cgil, vi è citato quello del signor Angelo Nitti, il quale è stato responsabile, fino a luglio 2011, dell'ufficio postale di Bari Sud e che ha ricoperto funzioni di direttore di ufficio postale dal 1999. Tutto ciò realizzando, si legge, ottimi risultati commerciali tanto da ricevere apprezzamenti da parte dell'azienda sull'operato svolto e giudizi annuali che rinviano all'ambito dell'eccellenza che gli sono stati riconosciuti anche attraverso riconoscimenti economici di merito. Dall'anno 2008, vale a dire quando il signor Nitti è stato eletto RSU - quadro e dunque rappresentante per la SLC Cgil, si legge nel ricorso, è stata intrapresa da parte dell'azienda una pressione continua e costante sul dipendente con la finalità di mortificare professionalmente lo stesso ed ostacolare il libero esercizio della sua attività sindacale. Dal 2008 al 2010 sarebbero stati fissati per il signor Nitti obiettivi commerciali difficilmente raggiungibili, sarebbero stati intensificati i controlli da parte dell'azienda sull'operato dello stesso tanto da attuare un'ispezione tra il 19 ed il 24 agosto 2010, periodo programmato per le ferie. Il signor Nitti, con nota dell'azienda Poste italiane, datata 6 luglio 2011, è stato rimosso dalla prestigiosa posizione lavorativa con trasferimento presso altro ufficio, nonostante l'ufficio postale facente capo al direttore sopra menzionato fosse risultato «a premio» su quasi tutti i prodotti aziendali per l'anno 2011;
più volte l'interrogante ha presentato atti di sindacato ispettivo, che ancora attendono risposta, per portare all'attenzione del Governo una politica attuata dall'azienda di Poste italiane, circa la programmazione delle risorse umane, gli orari di agibilità all'utenza degli uffici postali e la chiusura di plessi in centri abitati che poco si adatta con le esigenze della cittadinanza. Nondimeno sugli organi di stampa sono emerse in questi mesi le numerosissime proteste da parte dei cittadini pugliese in merito alle numerose disfunzioni registrate negli uffici postali che hanno visto penalizzati oltre agli stessi fruitori anche gli stessi lavoratori;
a parere dell'interrogante se si vuole efficientare concretamente un servizio la
gestione delle risorse umane da parte di un'azienda dovrebbe avere come mission le ricadute positive in termini di prestazioni offerte ai cittadini e non certo essere stabilita con discrezionalità ed a seconda delle tessere sindacali di appartenenza -:
se e come il Ministro interrogato intenda intervenire per accertare quanto riportato scongiurando il rischio di una caduta di democrazia all'interno dell'azienda Poste italiane rispetto al pluralismo sindacale che certamente avrebbe un riverbero non costruttivo non solo sui lavoratori ma anche sui servizi offerti ai cittadini.
(4-12939)
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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
SANGA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16 della legge n. 183 del 2010 recita: «In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008»;
dopo la scadenza dei 180 giorni di legge (24 maggio 2011), alcune amministrazioni pubbliche hanno emesso decreti di revoca di part-time, e taluni di questi sono stati disposti senza che ai dipendenti sia stato richiesto di esprimere le proprie attuali necessità di permanenza in rapporto di lavoro a tempo parziale;
l'ispettorato della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 71 del decreto legislativo n. 150 del 2009, che gli attribuisce, tra l'altro, «compiti ispettivi e di vigilanza sulla conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure», ha emesso la nota prot. n. 23375 P-4.17.1.16.3 del 17 aprile 2011 la quale, al 2o paragrafo, recita «...la norma attribuisce alle Amministrazioni (in un arco temporale quasi prossimo al termine) la potestà...» da cui si evince che il termine entro cui definire eventuali revoche era da intendersi il 24 maggio 2011; proseguendo nella lettura, la stessa nota al 3o paragrafo, recita: «In osservanza dei principi di correttezza e buona fede l'Amministrazione dovrà comunque motivare, non rinviando a generiche esigenze di servizio, ma in specifica relazione con quanto dichiarato dal dipendente all'atto della richiesta e in sede di attuale consultazione, il provvedimento di conferma, modifica o revoca (con conseguente rientro a tempo pieno) del rapporto di lavoro a tempo parziale concesso...»;
la revoca dei rapporti di lavoro part-time disposta da talune pubbliche amministrazioni, senza il consenso dei lavoratori, ha comportato un grave danno a quei lavoratori che si trovano nelle condizioni di impossibilità ad assumere un impegno a tempo pieno e/o debbano affrontare serie difficoltà per conciliare la propria vita familiare con quella lavorativa al rientro full-time per non rinunciare al posto di lavoro;
l'articolo 16 della legge n. 183 del 2010, così com'è stato interpretato dalla quasi totalità delle pubbliche amministrazioni e cioè come potere unilaterale delle stesse di rivalutare i contratti di lavoro part-time e
procedere anche alla loro revoca è, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con l'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che sancisce la volontarietà di ogni prestazione lavorativa;
l'articolo 16 della legge n. 183 del 2010, interpretato come potere Unilaterale dell'amministrazione appare altresì in conflitto con la direttiva comunitaria n. 97/81/CE del 15 dicembre 1997, discriminando il lavoratore a tempo parziale, soggetto all'incertezza della sua prestazione lavorativa modificabile dalla pubblica amministrazione anche senza il consenso del dipendente, rispetto a quello a tempo pieno per il quale non esiste questa possibilità;
la stessa direttiva comunitaria n. 97/81/CE del 15 dicembre 1997 recepisce l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 il quale evidenzia alla clausola 1):
a) di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;
b) di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori;
ciò appare in netto contrasto con quanto hanno disposto molte amministrazioni pubbliche in Italia facendo ricorso all'articolo 16 della legge n. 183 del 2010;
in un periodo di crisi economica, il lavoro part-time è una risorsa da incentivare, funzionale all'incremento dei posti di lavoro, indispensabile per alcuni lavoratori, spesso donne, per permanere nel mondo del lavoro e integrare così con il proprio stipendio il reddito familiare disponibile; le maggior parte delle famiglie italiane monoreddito, infatti, non riesce a superare la soglia di povertà -:
se l'interpretazione dell'articolo 16 della citata legge n. 183 del 2010 debba intendersi esclusivamente come possibilità di «sottoporre» a nuova valutazione il rapporto di lavoro part-time da parte della pubblica amministrazione, alla quale possa far seguito una revoca o nuova forma del rapporto di lavoro part-time solo con il consenso del lavoratore;
se non intenda valutare l'opportunità di avviare eventuali iniziative ispettive di competenza, al fine di assicurare una corretta osservanza dei princìpi di correttezza e buona fede, verificando lo specifico riferimento, nei provvedimenti di revoca, alle motivazioni espresse dai dipendenti in sede di attuale revisione e verificando il rispetto del termine del 24 maggio 2011, entro il quale le operazioni di «nuova valutazione» di cui all'articolo 16 della legge n. 183 del 2010 avrebbero dovuto essere concluse.
(4-12929)
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SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle salute. - Per sapere - premesso che:
il 31 luglio 2011 il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato un articolo a firma Mauro Evangelisti, dal titolo: «Così è morta mia madre parcheggiata su una sedia»;
nel citato articolo si riferisce della tragica vicenda di cui - suo malgrado - è stata protagonista la signora Licia Puglielli, 82 anni, che, nonostante stesse male, per ben ventuno ore è stata lasciata abbandonata su una sedia a rotelle del pronto soccorso dell'ospedale San Camillo di Roma, fino a quando non è deceduta;
si riferisce che, addirittura, «la signora Licia ha dovuto fare i suoi bisogni per terra, riparata dalle figlie, perché non le hanno dato neanche il catetere»;
la signora Licia, classificata come «codice verde», è deceduta dopo 48 ore, a causa di una emorragia cerebrale. Come racconta la signora Antonella Marcellini, figlia della signora Puglielli: «Ha vissuto le sue ultime ore in modo indegno, insieme a decine di altre persone sofferenti ammassate in pronto soccorso, senza che i medici per molte ore la visitassero»;
la signora, sofferente di diabete, sentendosi male era stata condotta all'ospedale San Camillo e visitata sommariamente da un medico, il quale avrebbe diagnosticato il «codice verde», aggiungendo che anche se fosse stato un ictus ormai era tardi, non era un caso urgente; cosicché la signora Puglielli viene parcheggiata sulla sua sedia a rotelle; secondo il racconto della signora Marcellini su quella sedia la signora Puglielli «ci trascorre la notte. Nel pronto soccorso c'erano decine di persone, tutte sulle barelle, in condizioni inaccettabili. L'umiliazione maggiore quando ha dovuto fare la pipì, riparata come si poteva. Trascorrono le ore, nessuno si occupa di lei. Io e mia sorella ci diamo il cambio. Mia madre...dorme su quella sedia, appoggiando le gambe come può su una poltrona. Ci dicono i parenti di altri pazienti: funziona così, ci sono anche codici rossi parcheggiati da due o tre giorni. Le hanno fatto solo due elettrocardiogrammi e due prelievi di sangue...»;
la mattina successiva, la signora Puglielli, stremata e la figlia, chiedono un cambio di lenzuola e l'assistenza di un'infermiera; l'elementare richiesta avrebbe provocato la reazione alterata del personale: «Ho dovuto farla mangiare appoggiando il vassoio per terra. Eppure eravamo arrivati alle 17 del giorno prima»;
le condizioni della signora Puglielli nel frattempo si sono ulteriormente aggravate, e finalmente viene disposta una TAC, in seguito alla quale, finalmente, alla signora Puglielli viene riconosciuto «il codice rosso» e viene intubata. Trascorre così una seconda notte di agonia, questa volta nel reparto medicina d'urgenza, fino a quando non sopraggiunge la morte;
in estrema sintesi: la signora Puglielli arriva al pronto soccorso il 14 luglio 2011 alle 17, viene classificata come codice verde. Trascorre la notte su una sedia a rotelle. Dopo trenta ore è in coma. Il 16 luglio alle 17,45 muore per un'emorragia cerebrale;
appare agli interroganti ingiustificabile che un medico risponda alle legittime richieste dei parenti che «anche se fosse stato un ictus ormai era tardi, non era un caso urgente» -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa e, in particolare, se sia vero che la signora Puglielli ha dovuto soddisfare le sue esigenze corporee per terra, sul pavimento di un pronto soccorso, malamente celata dai corpi delle figlie e che pazienti in «codice rosso» sono «parcheggiati» all'ospedale «San Camillo» anche per due o tre giorni;
se e quali disposizioni siano state diramate con riferimento alle emergenze sanitarie, posto che è inaccettabile che casi urgenti ricevano trattamenti sanitari non adeguati con la motivazione che «ormai è tardi» come nel caso di cui in premessa;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare per fare piena luce sull'accaduto.
(4-12935)
PALAGIANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso su Il Fatto Quotidiano del 2 agosto 2011, si apprende la notizia che il governatore della regione Puglia, Nichi Vendola, ha intenzione di investire 200 milioni di euro regionali per la realizzazione del più grande ospedale pubblico del mediterraneo, il San Raffaele del Sud a Taranto;
da quanto si evince, il finanziamento per la realizzazione di tale opera sarà interamente a carico dei cittadini, mentre la gestione dell'ospedale resterà privata, in particolare nelle mani della Fondazione San Raffaele di Don Verzé;
nelle ultime settimane, la Fondazione San Raffaele appare vicina all'orlo del fallimento, con un buco che si aggira attorno al miliardo di euro, dal quale difficilmente sarà in grado di risollevarsi;
sempre dall'articolo suddetto, si apprende che la regione Puglia ha già anticipato al San Raffaele, per la realizzazione dell'opera, circa 60 milioni di euro e che stanno per arrivare, sempre a carico dei contribuenti pugliesi, altri 150 milioni di euro;
nei progetti del governatore della Puglia il mega ospedale di Taranto servirà a rimpiazzare i due nosocomi (SS. Annunziata e Moscati) già presenti nella zona, con un totale di 580 posti letto. I due ospedali suddetti, però, pur necessitando di importanti interventi di ammodernamento, vantano, ad oggi circa 680 posti letto, 100 in più di quelli previsti dalla nuova struttura del San Raffaele;
la Puglia è una delle regioni italiane che presentano un bilancio sanitario dissestato ed in evidente difficoltà, come, peraltro, diversi casi di cronaca hanno dimostrato negli ultimi mesi. Un bilancio tale da richiedere l'intervento del Governo centrale e la conseguente stesura di un piano di rientro;
in particolare, il piano di rientro sanitario 2010-2012 della regione Puglia, siglato alla fine del 2010, prevede lo sblocco di 500 milioni di euro di maggiori risorse del Fondo sanitario nazionale vincolate in attesa della verifica dei conti;
la strategia di questo piano è impostata su una serie di interventi che vanno dal riordino della rete ospedaliera con il trasferimento di oltre 150.000 ricoveri in setting assistenziali alternativi alla riduzione della mobilità sanitaria;
a avviso dell'interrogante sarebbe più opportuno un investimento volto a potenziare ed innovare i due nosocomi esistenti nel tarantino, per la tutela della salute dei cittadini ed anche nell'ottica - prevista dal piano siglato tra regione e Governo - della riduzione della mobilità sanitaria, piuttosto che dirottare le risorse pubbliche su una struttura che, una volta completata, sarà in grado di garantire comunque meno posti letto per gli abitanti della regione Puglia -:
se, a fronte delle notizie riportate in premessa e delle esigenze di razionalizzazione della spesa di cui al piano di rientro, non si ritenga poco efficiente un tale investimento di soldi pubblici in una struttura che, di fatto, sarà gestita da privati, anche in riferimento ai finanziamenti statali alla regione Puglia, previsti proprio per il settore sanitario.
(4-12941)
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
BURTONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2003 cessò la produzione della Nylstar 2 di Pisticci (Matera) impianto dedito alla produzione di filati;
l'anno precedente aveva già cessato anche l'impianto di Nylstar 1, più vecchio ma sempre impegnato nella produzione di filati;
suddetti impianti erano nati sulla base dell'accordo di programma per la reindustrializzazione dell'area della Valbasento ed inizialmente erano del gruppo Snia Bpd;
è evidente che la localizzazione di queste produzioni avvenne anche a seguito della previsione di incentivi pubblici la cui quantificazione per il Ministero non sarà di difficile individuazione;
i 113 lavoratori di Nylstar 2 e gli altrettanti di Nylstar 1 sono attualmente sotto trattamento di indennità di mobilità in deroga essendo scadute le proroghe previste per legge;
si era parlato inizialmente di ipotesi di ripresa produttiva e di verificare l'interesse di eventuali gruppi industriali;
il dato di fatto è che nelle ultime settimane, a quanto consta all'interrogante, gli impianti sono stati smantellati per essere ricollocati in altri siti produttivi all'estero, con grave danno al sito industriale che ha visto sfumare l'eventualità di una ripresa produttiva;
si è in presenza di un atto estremamente dannoso per il territorio della Valbasento che non può essere taciuto -:
se il Governo intenda acquisire elementi su quanto accaduto rispetto agli impianti di Nylstar2 e verificare la possibilità di convocare i soggetti istituzionali e le organizzazioni sindacali per l'attivazione di un tavolo specifico per il sito industriale della Valbasento.
(3-01789)
Interrogazione a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la regione Veneto è stata interessata nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause, non ultima l'attività di estrazione di fluidi dal sottosuolo, con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni; il fenomeno della subsidenza è conosciuto dalle popolazioni dei territori colpiti che ne hanno subito gli effetti nel passato e le preoccupazioni sono state evidenziate da tutte le amministrazioni interessate (regione, comuni e province), oltre che dagli altri enti territoriali (consorzi di bonifica e altri) ed interessa in particolare la parte meridionale e la costa del Veneto al punto da aver indotto la stessa regione a svolgere un monitoraggio continuo;
nell'area polesana l'estrazione di metano venne interrotta nel 1963 a causa, appunto, del fenomeno di subsidenza;
nonostante questa grave situazione, in provincia di Treviso la società inglese «Celtique Energie Petroleum» ha avuto il permesso dal Ministero dello sviluppo economico per i prossimi sei anni di scavare alla ricerca di gas e petrolio (4 chilometri di profondità) su un'area di oltre 500 chilometri quadrati mentre la «AleAnna Resources» società con sede legale a S. Antonio in Texas e con sede secondaria a Matera, risulta aver avanzato oltre che alla regione Veneto, anche al Ministero dello sviluppo economico, la richiesta per due progetti di ricerca di idrocarburi nei territori di Saline - tra Padova e Rovigo per 579 chilometri quadrati - e di Tre ponti nell'area bassopolesana per 640 chilometri quadrati;
da notizie di stampa risulta che AleAnna Resources «ha un eccellente posizionamento nella valle del Po, uno dei più prolifici bacini di gas d'Europa ed è il secondo possessore di permessi nell'area dietro a Eni/Agip» e che «possiede undici permessi di esplorazione nella valle del Po e nel bacino del Bradano, per un totale di 3.100 chilometri quadrati», sottolineando come quello denominato «BUGIA» sia stato autorizzato il 28 settembre 2010, mentre per gli altri quattro «permessi addizionali» che riguardano la valle del Po si attenda l'autorizzazione entro la fine del 2011 o inizio 2012;
nonostante i progetti riguardano gli studi sismici preliminari, per verificare se nelle aree vi siano presenze di quantità di gas metano tali da giustificare l'apertura di un pozzo esplorativo, notizie di stampa (la Gazzetta del Mezzogiorno 5 settembre 2010) riferiscono che la «AleAnna Resources», che ha interessi, oltre che nel Veneto
anche in Basilicata e in Puglia, oltre ai rilievi sismici non esclude affatto pozzi esplorativi fino a 3500 metri di profondità;
nel decreto ministeriale 28 settembre 2010, n. 170, conferimento del permesso di ricerca «BUGIA» alla Società AleAnna Resources LLC (pubblicato sul BUIG - Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse - anno LIV n. 10 - 31 ottobre 2010) si sottolinea che il titolare del permesso è tenuto a corrispondere allo Stato il canone annuo anticipato di euro 5,16 per chilometro quadrato di superficie, che è pari a 197,80 chilometri quadrati;
nonostante gli impegni assunti in tal senso dal Governo, non si è ancora proceduto alla definizione di una strategia energetica nazionale, in assenza della quale risulta improvvido procedere in attività estrattive di combustibili fossili;
l'attività di indagine proposta contrasta inoltre, a giudizio degli interroganti, con gli indirizzi per il sistema della difesa del suolo;
appare inaccettabile agli interroganti ricevere limitate compensazioni a fronte di inevitabili e costosi interventi di riassetto idrogeologico, di difesa idraulica e di rinascimento delle coste -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
se il Ministro dello sviluppo economico intenda negare le autorizzazioni per i tentativi di sfruttamento degli idrocarburi presenti nel sottosuolo veneto;
quando il Governo intenda definire il proprio modello di sviluppo sulla base della definizione della strategia energetica nazionale;
se i Ministri interrogati intendano rispettare il principio di precauzione, a fronte dell'esempio offerto da quanto accaduto in occasione delle estrazioni di metano avvenute in Polesine dal 1938 al 1964 che provocarono abbassamento del suolo fino a 30 centimetri l'anno.
(4-12931)
...
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in commissione Trappolino e altri n. 7-00641, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pepe Mario (PD).
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Pini e altri n. 4-12898, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.
L'interrogazione a risposta immediata in commissione Fugatti n. 5-05227, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.
Pubblicazione di un testo riformulato
Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Alessandri n. 7-00669, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 509 del 28 luglio 2011.
L'VIII Commissione,
premesso che:
con una superficie di pianura di 46.000 chilometri quadrati, il bacino del Po risulta essere il più grande bacino idrografico di Italia. Su di esso è allocato il 37 per cento dell'industria nazionale, il 47 per cento dei posti di lavoro: sono oltre 16 milioni gli abitanti che vi insistono, dei quali circa 6 milioni sono lavoratori dell'industria e del terziario;
dal punto di vista rurale, con un'area di 34.000 chilometri quadrati di superficie coltivata, di cui il 50 per cento irrigato, l'area padana rappresenta circa il 35 per cento della produzione nazionale
con un patrimonio zootecnico che supera il 55 per cento della consistenza allevatoriale italiana;
va ad ogni modo evidenziato che numerose questioni oggi gravano sull'areale del Po e la loro risoluzione richiede un'azione urgente e condivisa, sia da parte delle competenti istituzioni regionali, locali e nazionali, sia da parte degli organismi di programmazione e di intervento preposti alla gestione del bacino idrografico padano;
innanzitutto vanno affrontate alcune problematiche di recente evidenziazione, tra cui la crescente artificializzazione dell'alveo o l'estrazione di ingenti quantitativi di materiale sedimentario che hanno provocato in lunghi tratti del Po un abbassamento del fondo del fiume di alcuni metri, con un dissesto generalizzato delle opere per la navigazione, opere di presa, ponti. Il cambiamento della morfologia del fiume, legato alla maggiore profondità in molti tratti, favorisce anche rischi per la stabilità delle sponde e degli argini maestri presenti in prossimità del fiume (froldi). Assai grave è anche il fenomeno di degrado della qualità ambientale determinato dalla disconnessione dell'alveo di piena ordinaria dalle piane golenali che ha comportato la scomparsa di aree di fondamentale valore ambientale (lanche, rami laterali, e altro). Per tali motivi andrebbero sviluppati interventi di modifica del sistema delle opere di navigazione e di difesa necessarie per riavviare la continuità nel trasporto solido e ridurre la capacità erosiva della corrente. Tali interventi ricollegando l'alveo di piena con la piana golenale permetterebbero il ripristino di condizioni favorevoli allo sviluppo degli ecosistemi ripariali;
non meno preoccupanti sono gli impatti dell'agricoltura sull'ambiente padano, che a causa dell'incremento delle produttività delle maggiori colture tipiche della pianura, ha concorso ad erodere gli equilibri idrologici e la qualità delle risorse idriche del Po. In tal senso andrebbero attivati interventi volti a promuovere la riduzione degli impatti inquinanti (ad esempio riducendo l'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, adottando metodi di coltura tradizionali, l'agricoltura biologica o integrata) ed a proteggere il paesaggio agrario e la naturalità del territorio. Altrettanto necessario risulterebbe il recupero della biodiversità lungo l'ambiente ripariale tramite la progettazione della rete ecologica lungo l'asta del Po con interventi di consolidamento del sistema primario della rete ecologica e di rinaturalizzazione diffusa;
la gestione di tali problematiche, connesse con un comprensorio così vasto e popolato, richiede certamente un approccio integrato e di tipo programmatico, volto da un lato a conservarne la qualità ambientale, la sicurezza territoriale e l'integrità delle risorse naturali, dall'altro lato a mettere in gioco progetti ed operazioni capaci di stimolare lo sviluppo, sostenere l'occupazione e rilanciare l'economia dell'area del Po;
tra le iniziative attivate in materia di valorizzazione e di rafforzamento del fiume Po, rientrano il progetto «Valle del fiume Po», di cui è capofila l'autorità di bacino del fiume Po, nonché il «progetto di regimazione del fiume Po» promosso dall'Agenzia interregionale del fiume Po (AIPo);
in tale ottica il 29 maggio 2005 l'autorità di bacino del fiume Po ha sottoscritto con le province rivierasche della Consulta delle province del Po un protocollo d'intesa per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po;
sempre nel maggio 2005 è stato inoltre sottoscritto un protocollo di intesa tra autorità di bacino, UNCEM e cinque comunità montane di Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto per la realizzazione di cinque progetti pilota di manutenzione del territorio;
il progetto in questione, denominato «valle del fiume Po», come si può
evincere dai documenti di cui si compone, ha lo scopo di sostenere, in un'ottica territoriale fortemente integrata, il raggiungimento di obiettivi qualificanti per il miglioramento delle condizioni di sicurezza delle popolazioni insediate nella valle, la tutela delle fasce fluviali, il potenziamento della rete ecologica e la conservazione quali-quantitativa della risorsa idrica, promuovendo, al contempo, la fruizione delle risorse ambientali e storico-culturali e il turismo fluviale;
il predetto protocollo di intesa siglato nel maggio 2005, dall'autorità di bacino con 13 province riunite nella Consulta delle province del Po (capofila Piacenza), per la tutela e la valorizzazione del territorio e la promozione della sicurezza delle popolazioni della valle del Po aveva tra i propri obiettivi la definizione un programma di azioni vertente su:
a) l'uso dei suoli e delle risorse idriche agrarie, forestali ed estrattive;
b la manutenzione e la gestione dei sedimenti;
c) la sicurezza idraulica;
d) la rinaturalizzazione delle fasce fluviali;
e) la promozione dell'agricoltura eco compatibile;
f) la valorizzazione del patrimonio architettonico rurale;
g) la qualità delle acque;
h) la promozione dell'immagine del Po;
i) la navigabilità e il turismo fluviale;
nel novembre 2006, dando seguito agli accordi sottoscritti nel protocollo di intesa, fu redatta una prima bozza di programma che prevedeva tre macro linee di interventi:
a) sicurezza, difesa del suolo e gestione delle risorse idriche;
b) tutela e valorizzazione ambientale;
c) sviluppo locale e promozione del territorio;
il progetto per la sua configurazione generale e operativa rientra nella strategia del quadro strategico nazionale 2007 -2013 per ambiti tematici (principalmente, priorità 3 - uso sostenibile ed efficiente delle risorse naturali e priorità 5 - valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l'attrattività e lo sviluppo) e interseca, in parte, altre priorità del quadro. Inoltre, esso riguarda un ambito sovraregionale con rilievo strategico nazionale, poiché nella sua configurazione coinvolge un territorio ampio, circoscritto dalla caratteristica comune di appartenere alla valle del Po, la cui forte integrazione territoriale è assicurata da un soggetto istituzionale sovraregionale, quale è l'autorità di bacino;
grazie a queste caratteristiche è stato possibile individuare, nella delibera del CIPE del 21 dicembre 2007, n. 166, di attuazione del quadro strategico nazionale 2007-2013, il progetto strategico speciale «valle del fiume Po», a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). Per tale progetto il CIPE aveva previsto una dotazione finanziaria di 180 milioni di euro;
il progetto, attualmente, prevede quattro linee di azione:
a) riassetto idraulico, aumento della capacità di laminazione nelle fasce fluviali e ricostruzione morfologica dell'alveo di piena;
b) conservazione dell'integrità ecologica della fascia fluviale e della risorsa idrica del Po2;
c) sistema della fruizione e dell'offerta culturale e turistica;
d) sistema della governance e delle reti immateriali per la conoscenza, formazione e partecipazione;
in proposito, occorre segnalare che, per quanto la delibera CIPE n. 166 del 21 dicembre 2007 avesse previsto uno stanziamento di 180 milioni a valere sulle risorse FAS al progetto strategico speciale (PSS) denominato «valle del fiume Po», e la successiva delibera CIPE n. 62 del 2008 avesse approvato con prescrizioni il predetto progetto, le stringenti esigenze di bilancio pubblico, ma soprattutto la gravissima situazione di crisi economico finanziario a livello mondiale hanno reso necessario ridefinire le priorità e le modalità di intervento del fondo per le aree sottoutilizzate;
pertanto, l'articolo 18 del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) ha previsto la riprogrammazione delle risorse nazionali disponibili del fondo per le aree sottoutilizzate, ivi comprese quelle del PSS «valle del fiume Po», in coerenza con gli indirizzi assunti dall'Unione europea ed in attuazione dell'accordo stipulato da Stato e regioni il 12 febbraio 2009;
pur in assenza, allo stato attuale, dell'assegnazione delle risorse, le amministrazioni interessate hanno ritenuto opportuno mantenere l'impegno politico programmatico volto all'attuazione del progetto strategico in questione;
per quanto riguarda le amministrazioni centrali, il protocollo è già stato sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico, dall'allora Ministro per l'innovazione e le tecnologie, dal Ministero per i beni e le attività culturali e dal Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali (Presidenza del Consiglio dei ministri - Protezione civile e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare);
il progetto strategico speciale Valle del fiume Po, in data 13 aprile 2010, è stato portato all'attenzione del tavolo tecnico per le integrazioni richieste dal decreto DSA-DEC-2009-000939;
riguardo al tema della navigabilità del fiume Po, si evidenziano le ipotesi progettuali che la AIPo sta elaborando in questi anni e che concernono lo sviluppo della navigazione nel nord Italia. L'Agenzia, oltre ad eseguire interventi per la gestione e la manutenzione delle idrovie e delle opere ad essa connesse, sta promuovendo l'approfondimento di alcune ipotesi progettuali che, se realizzate, potranno definitivamente portare ad un concreto sviluppo dell'uso della via d'acqua nel bacino padano veneto, come alternativa al traffico su gomme, che al momento è nettamente prevalente;
l'AIPo dal febbraio 2010 oltre a gestire le idrovie lombarde (fiumi Ticino, Oglio, Adda - ove navigabili - fiume Mincio, Canale Mantova Venezia, limitatamente al territorio lombardo) ha ricevuto dalla regione Emilia Romagna le competenze della ex Agenzia regionale-ARNI. Sono, dunque, competenza di AIPo, la gestione dell'intera asta del Fiume Po e dei rami navigabili del suo delta;
i progetti dell'Agenzia si pongono l'obiettivo di dare un definitivo impulso allo sviluppo dell'uso dell'acqua come comunicazione per lo scambio delle merci. Tale obbiettivo sarà possibile se si verificheranno due condizioni, ossia se la navigazione sarà garantita per 365 giorni l'anno e se verranno collegate, con vie di navigazione interna, le principali aree economiche con i porti marittimi;
il progetto di sostegno idraulico del fiume Po, alla fase preliminare, ha ricevuto nel mese di giugno 2011 un finanziamento da parte della regione Lombardia grazie al quale verranno sviluppate le problematiche connesse con le dinamiche del trasporto solido nei confronti del tratto regimato e del delta del Po, le connessioni con la rete dei consorzi di bonifica e della qualità delle acque (direttiva 2000/60 CE), nonché lo studio di impatto socio economico, mettendo in relazione le prospettive di sviluppo (logistica, agricoltura, turismo) che le aree interessate potranno avere, con la realizzazione delle opere. Deve essere evidenziato che l'intervento, pur nascendo come progetto
per la navigazione, rappresenta, di fatto, una sistemazione multi obiettivo del fiume Po tra Cremona e la foce del Mincio che, oltre a consentire buone e costanti condizioni di navigazione, punta a perseguire i seguenti obiettivi: riequilibrio idraulico/morfologico del fiume (ripristino di un assetto fluviale meno canalizzato e quindi pluricursuale), produzione di energia idroelettrica da fonte rinnovabile, miglioramento delle possibilità di derivazione a fini irrigui, innalzamento e stabilizzazione delle falde idriche, maggiore disponibilità di risorsa idrica da gestire durante i periodi siccitosi, riqualificazione paesistica ed ambientale;
è il caso di sottolineare che con l'intervento di regimazione proposta dall'AIPo, si otterrà anche un innalzamento del livello idrico del fiume Po in condizioni ordinarie e la possibilità di utilizzare l'incremento di flusso idrico per fini energetici rinnovabili. Si tratta della realizzazione di 4 sbarramenti che possono alimentare altrettante centrali idroelettriche da circa 50 MW ciascuna per un totale di oltre 200 MW. Tale potenza rappresenta la producibilità equivalente di una centrale elettrica nucleare e a seguito dell'abbandono del nucleare sancito dal referendum del giugno 2011, ciò rappresenta una formidabile risposta alternativa;
il lavoro di interazione dell'AIPo con la Commissione europea ha portato a far inserire nelle reti Core il futuro tratto navigabile da Milano al mare. Le strategie di co-finanziamento da parte della Commissione, per il periodo 2014-2020, stanno difatti subendo una revisione. La Commissione investirà prioritariamente sulle reti di interesse europeo, appunto Core, lasciando agli Stati l'eventuale sviluppo delle reti di interesse nazionale (comprensive). L'obbiettivo della Commissione è di spostare i flussi di trasporto merci da gomma ad acqua per il 30 per cento entro il 2030 e del 50 per cento entro il 2050;
in tale ambito diventa un obbiettivo primario dare sviluppo alle due ipotesi progettuali, arrivando ad una fase di definizione dei principali contenuti di fattibilità dell'intervento, che prevedono prioritariamente lo sviluppo della navigazione interna con obbiettivo 2020, la produzione di energia da fonte rinnovabile, il trasporto plurimodale acqua, ferro, gomma, il piano della logistica, la minor emissione di CO2 (protocollo di Kyoto). La mancata esecuzione del progetto comporterebbe la perdita di ulteriori finanziamenti da parte della Commissione europea per la navigazione nel nord Italia;
l'AIPo si sta attivando per partecipare al bando in vista di pubblicazione nel mese di settembre 2011, per candidare la progettazione a livello definitivo del progetto preliminare di collegamento Milano-Adriatico, consentendo di avviare le procure per la valutazione di impatto ambientale, e poter procedere alla definizione del bando (o dei bandi) di gara per la concessione;
la partecipazione dell'Unione europea copre il 50 per cento del finanziamento necessario per poter conseguire il livello di progettazione prefissato, stimato in 3.000.000 di euro, mentre la restante quota può a carico delle regioni interessate e, per la parte interregionale riguardante la regimazione nel fiume Po, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
un'azione fondamentale per sostenere la condivisione e l'attuazione del progetto dell'AIPo, e della sua fattibilità, è l'inserimento del progetto stesso nella legge obiettivo. Per tale scopo potrebbe essere valutata l'opportunità di attivare il procedimento di ricognizione previsto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 novembre 2010, volto a disciplinare in sede di prima applicazione, ai sensi dell'articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, la ricognizione degli interventi infrastrutturali, propedeutica alla perequazione infrastrutturale, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la
rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali, nonché i servizi afferenti al trasporto pubblico locale e il collegamento con le isole. La ricognizione e l'individuazione degli interventi infrastrutturali sono mirate al recupero del deficit infrastrutturale del Paese nella fase transitoria e sono attuate in coerenza con l'azione strutturale a sostegno delle aree sottoutilizzate per la rimozione degli squilibri economici e sociali mediante risorse aggiuntive e l'effettuazione di interventi speciali regolati ai sensi dell'articolo 16 della medesima legge 5 maggio 2009, n. 42,
impegna il Governo:
a confermare l'impegno circa la realizzazione del progetto valle del fiume Po, volto alla tutela e alla valorizzazione del territorio, nonché alla sicurezza delle popolazioni della valle del Po, quale proprio obiettivo di rilevanza strategica ed in ragione della forte valenza sociale, economica e ambientale del progetto ed in tale sede a reperire le risorse finanziarie necessarie, in particolare a valere sui fondi FAS relativi alla programmazione 2007-2013;
ad intraprendere le necessarie iniziative affinché il progetto di regimazione, sfruttamento energetico rinnovabile e navigabilità del fiume Po, promosso dall'Agenzia interregionale del fiume Po, sia inserito tra le opere strategiche previste della legge obiettivo.
(7-00669) «Alessandri».