XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 19 luglio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la globalizzazione dei mercati ha portato con sé la globalizzazione della contraffazione: l'Ocse stima che siano 149 i Paesi d'origine di prodotti contraffatti, 27 dei quali della stessa area Ocse, quindi altamente industrializzati, mentre cinque Paesi sono indicati come fonte principale da cui deriva l'80 per cento delle merci contraffatte, tra cui Cina, Hong Kong e Thailandia;
i prodotti contraffatti riguardano tutti i settori: dalla pelletteria ai cosmetici, all'abbigliamento, ai giocattoli, ai beni destinati all'infanzia, all'informatica, ai medicinali, agli alimenti, fino alla pirateria audiovisiva; il fenomeno investe la maggior parte dei beni di consumo;
le aziende italiane interessate all'italian style e colpite dalla contraffazione dei propri prodotti sono sottoposte non solo al danno della concorrenza sleale, ma anche alle spese derivanti dal contenzioso e dal contrasto del fenomeno;
è grave la distorsione del mercato del lavoro: le ditte regolari che occupano manodopera regolare si vedono surclassate da attività che utilizzano il lavoro nero, quindi, molto più competitive;
la contraffazione è, pertanto, un fenomeno di dimensioni amplissime, che non è stato affatto toccato dalla crisi e che continua ad operare tranquillamente, inducendo, anzi, un peggioramento della crisi nei Paesi manifatturieri, come l'Italia, che del valore qualitativo dei propri prodotti ha fatto un marchio Paese;
l'entità di questo mercato, nel nostro Paese, sta erodendo spazi di legalità e provocando danni consistenti al sistema economico e sociale;
si tratta di un fenomeno trasversale: la contraffazione è intimamente connessa con l'evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, con il riciclaggio e il reimpiego di proventi illeciti, posti in essere da organizzazioni strettamente legate agli ambienti della criminalità organizzata;
i prodotti soggetti a contraffazione non sono più soltanto beni di lusso di costo elevato, ma le più svariate merci di uso comune; la situazione economica, infatti, ha dato impulso alla domanda di prodotti a basso costo per far fronte alle difficoltà legate alla recessione;
il mercato del falso finisce per diventare più appetibile, proponendo ai consumatori prodotti dalle caratteristiche simili a quelle ufficiali ma a prezzi più bassi, cioè alla portata di molte famiglie in crisi di liquidità;
la contraffazione in Italia alimenta un giro d'affari di quasi 10 miliardi di euro l'anno e la regione Campania, con circa la metà dei prodotti sequestrati su tutto il territorio nazionale, guida con largo margine la classifica delle regioni produttrici di beni contraffatti, mentre tra le regioni più colpite si annoverano Piemonte, Calabria, Toscana e Marche;
tuttavia, una parte molto grande della contraffazione segue rotte internazionali e attraversa le Alpi - soprattutto le merci dirette lungo la dorsale adriatica - sbarcando preferibilmente ad Amburgo, a Rotterdam e altrove;
uno dei maggiori problemi che l'Italia è chiamata ad affrontare in tema di contraffazione è rappresentato dal cosiddetto Italian sounding, ossia la diffusione all'estero di prodotti che presentano nomi, loghi, colori o slogan riconducibili all'Italia;
nella seduta del 13 luglio 2010 la Camera dei deputati ha approvato il testo unificato Doc. XXII, n. 12-16-A, che ha istituito una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sui fenomeni

della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. La deliberazione di inchiesta parlamentare è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2010;
la Commissione ha svolto numerose audizioni che hanno impegnato i rappresentanti delle principali istituzioni che si occupano di contraffazione, oltre ai rappresentanti di associazioni di categoria, esperti e giornalisti;
dalle audizioni svolte nella sede della Commissione si deducono i seguenti dati:
a) il giro di affari dell'industria del falso è stimato fra il 2 e il 7 per cento dell'intero commercio mondiale. I dati del Censis, per quanto riguarda il nostro Paese, indicano che il mancato gettito è di 5 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del totale delle entrate tributarie;
b) l'industria del falso ha registrato negli ultimi anni una crescita di dimensioni esponenziali: secondo dati della Guardia di finanza, si è passati da 34 milioni di beni sequestrati nel 2003 ad oltre 110 milioni nel 2010;
c) i settori dell'alta moda, dell'abbigliamento e degli accessori si confermano i settori in cui la contraffazione e il falso del made in Italy sono sempre fortemente diffusi; nel 2010 i sequestri dei beni di consumo in Italia sono aumentati del 36 per cento rispetto al 2009 e tra questi spiccano i cosmetici, la bigiotteria, i ricambi per auto, gli accessori, la meccanica di precisione, nonché l'utensileria domestica;
d) negli ultimi tre anni si è, altresì, registrata una crescita dei prodotti pericolosi per la salute degli acquirenti e per la sicurezza pubblica, soprattutto giocattoli, prodotti per l'infanzia, prodotti per la pulizia della casa o medicinali; per questi settori i beni sottoposti a sequestro sono più che quadruplicati, da 9 milioni di pezzi ritirati nel 2008, ad oltre 40 milioni nel 2010;
e) per i prodotti alimentari gli ultimi dati, aggiornati al marzo 2010 da Federalimentare, descrivono un fenomeno che vale circa 60 miliardi di euro in termini di export, di cui 24 miliardi diretti al solo mercato nordamericano, 26 a quello europeo e oltre 10 agli altri mercati;
f) nel campo della contraffazione è sempre più forte l'ingerenza della criminalità organizzata, sia endogena sia straniera; il 47 per cento, quasi la metà dei soggetti segnalati per contraffazione all'autorità giudiziaria, e italiano;
g) per quanto riguarda gli stranieri, il 40 per cento è formato da extracomunitari; di questi, il 16-17 per cento è senegalese, l'11 per cento cinese, mentre i cittadini comunitari che si dedicano alla contraffazione costituiscono il 7-8 per cento, dato che, tuttavia, è salito al 16 per cento nel primo semestre del 2010, dando luogo a un nuovo fenomeno di espansione del trend, dovuto sia all'allargamento delle frontiere che alla crisi economica;
h) secondo l'ultimo rapporto della Commissione europea, il 64 per cento della produzione di merci contraffatte riguarda articoli che provengono dalla Cina, mentre nel bacino del Mediterraneo la fonte principale dei traffici è localizzata nell'area orientale;
i) l'89 per cento dei sequestri effettuati dalla Guardia di finanza sono stati eseguiti al di fuori degli spazi doganali; sempre più importante e pericoloso è il ricorso a internet, nuova frontiera della contraffazione e della pirateria; la Guardia di finanza ha sequestrato negli ultimi tre anni 42 siti web e oscurato, per la prima volta in Europa, un sito allocato sulla piattaforma estera in Svezia;
l) nel campo dei medicinali, se nella vendita al minuto in Italia la contraffazione è irrisoria, si calcola che circa il 50 per cento dei prodotti farmaceutici venduti via internet, soprattutto i surrogati, siano oggetto di contraffazione;
le audizioni svolte dalla Commissione hanno, altresì, messo in luce il ruolo

della criminalità organizzata, che va orientando le sue scelte verso questa forma di investimento, ed in particolare:
a) gli affari della criminalità organizzata nella contraffazione sono agevolati dalla crisi degli ultimi anni che spinge le fasce più deboli della popolazione a surrogare, mediante prodotti contraffatti, gli acquisti che non potrebbero permettersi;
b) la lotta alla contraffazione è particolarmente difficile proprio a causa della complicità delle vittime: da una larga fascia di popolazione questo fenomeno non viene percepito come un problema criminale di grande rilevanza;
c) il maggiore allarme sociale è destato dalle attività svolte dai cinesi; il grosso della produzione contraffatta, completa o di parti assemblate nel nostro Paese, avviene, infatti, in Cina, dove il costo del lavoro è minimo rispetto a quello italiano, l'utilizzazione degli impianti è molto superiore a quella italiana, le aziende sono molto più grandi, i costi dell'energia elettrica risultano essere del 30 per cento più bassi rispetto all'Italia, il cambio è favorevole ai prodotti cinesi. In Cina non esistono o sono irrisorie le tutele ambientali e sociali; i cinesi, infine, costruiscono e producono utilizzando un know how senza costi, acquisito quasi sempre per imitazione;
d) i cinesi in Italia sono concentrati in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Veneto e Lombardia e per primi hanno trovato forme di connivenza con la criminalità organizzata, in particolare la camorra, per estendere le proprie attività illecite;
e) tale sistema di criminalità organizzata agevola l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento, dando impulso alla tratta degli esseri umani;
dal punto di vista economico è finita l'illusione che una globalizzazione deregolamentata sia in grado di sviluppare automaticamente benessere e deve, quindi, esser posto in tutte le sedi internazionali il tema dell'avvio di un nuovo ordine economico mondiale;
deve essere definita una nuova governance che coinvolga varie filiere, tra loro interrelate: meccanismi aggiornati di vigilanza sui mercati finanziari per garantirne la stabilità ed una efficienza duratura; la tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; l'esigenza di conseguire nuove regole commerciali nei vari settori primario, secondario e terziario, a beneficio dei Paesi avanzati, dei Paesi emergenti e dei Paesi che sono ancora oggi fuori dai circuiti economici internazionali;
l'Europa sta prendendo lentamente consapevolezza del problema che attualmente è condiviso soltanto dai Paesi membri le cui economie si reggono sul manifatturiero: in una comunicazione del 22 novembre 2010 della Commissione europea inviata al Parlamento e al Consiglio si sottolinea l'importanza nell'economia del fenomeno di penetrazione attraverso la contraffazione e la pirateria;
senza un coordinamento europeo ed internazionale, infatti, si determina da parte delle organizzazioni criminali la possibilità di investire nei Paesi dove è maggiore la possibilità di proteggere al meglio i propri traffici e proventi illeciti;
il mercato dell'illegalità si nutre della mancanza di regole nell'organizzazione del commercio mondiale, essendo quelle esistenti del tutto irrilevanti, a partire dall'ambito della proprietà intellettuale;
il consumatore deve essere posto in grado di riconoscere la qualità dei prodotti acquistati attraverso un sistema di tracciabilità a livello internazionale, europeo e nazionale, anche per evitare lo sviluppo di una zona grigia tra mercato legale e illegale, che sempre più si sta estendendo e che rischia di divenire essa stessa «il mercato»;
i vettori fondamentali della contraffazione sono le navi feeder, che attraccano

prevalentemente presso i terminal e non solo; esse sono in mano a sei-sette compagnie, cinque delle quali sono di Hong Kong, Shanghai o Taiwan;
di fronte alle modifica profonda delle regole e dei comportamenti, pochi piccoli aggiustamenti legislativi non potranno fare argine alla marea montante della contraffazione; l'asticella del livello di contrasto va alzata e sempre più forte deve diventare l'interrelazione, dal punto di vista istituzionale, tra Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Direzione investigativa antimafia, Direzione nazionale antimafia, Guardia di finanza e Agenzia delle dogane;
la Direzione investigativa antimafia, nel 2010, ha trattato oltre 30.000 operazioni finanziarie sospette; la legge prevede che le banche, le società di intermediazione mobiliare, i notai siano tenuti a segnalare un'operazione finanziaria sospetta, ma la linea di confine tra necessità di riservatezza e legalità rimane incerta e bisogna, dunque, operare anche sul piano legislativo affinché gli obblighi degli istituti di credito e di altri soggetti analoghi siano più stringenti;
la tracciabilità dei prodotti è il vero punto di forza di una guerra preventiva alla contraffazione ed è l'unico modo per contrastare facili arricchimenti, tali da tentare la criminalità organizzata, che sempre si attiva laddove a ingenti capitali da investire fanno riscontro facili guadagni,


impegna il Governo:


a sostenere con risorse adeguate le aziende e i distretti che operano nel made in Italy, dotando le dogane italiane di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci e le forze di polizia di personale e strumenti adeguati al contrasto della vendita di prodotti contraffatti via internet;
ad adottare con urgenza ogni iniziativa, presso le competenti sedi europee, volta a conseguire:
a) azioni preventive comuni fondate sulla tracciabilità dei prodotti, tali da contrastare forme potenziali di contiguità o di sovrapposizione tra mercato legale e mercato illegale;
b) una nuova dimensione della lotta alla contraffazione, che coniughi il contrasto effettuato attraverso il controllo del territorio e dei confini europei con il problema dei traffici illeciti e dei luoghi ove in Europa si ricevono le merci;
c) l'armonizzazione della normativa comunitaria in tema di sequestri preventivi e di contraffazione in generale, fino a giungere ad attività di «euroconfisca», ovvero al reciproco riconoscimento delle decisioni relative a confische e sequestri patrimoniali in tutti i Paesi membri dell'Unione europea;
a rendere più stringenti gli obblighi degli istituti di credito, delle società finanziarie, dei professionisti riguardo alla segnalazione di operazioni sospette;
ad effettuare campagne pubbliche d'informazione per invitare i consumatori a comportamenti etici nei confronti dell'economia legale.
(1-00696) «Lulli, Sanga, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, De Micheli, Merloni, Sani, Zucchi, Marco Carra, Trappolino».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627 (le cui previsioni sono ora confluite nell'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2010), ha previsto che il Ministro della

difesa predisponga un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e le ristrutturazioni di alloggi di servizio al fine di soddisfare una necessità pianificata dallo stesso Ministero della difesa pari a circa 51 mila unità abitative, da attuarsi anche attraverso l'alienazione di alloggi non più utili alle esigenze dell'amministrazione della difesa;
in attuazione di quanto sopra è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio 2010 recante il «Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione l'acquisto, e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, di cui all'articolo 2, comma 629, della legge 24 dicembre 2004 n. 244 (legge finanziaria 2008);
con decreto direttoriale n. 14/2/2010 del 22 novembre 2010 è stato individuato un primo lotto di alloggi in uso al Ministero della difesa (Gazzetta Ufficiale n.70 del 26 marzo 2011) da alienare, per un totale di 3.020 unità;
con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione nel canone degli alloggi di servizio militari occupata da utenti senza titolo ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010;
agli alloggi appena individuati con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la imminente alienazione e vendita debbono seguire ulteriori elenchi di alloggi non più utili, superando momentanei impedimenti determinati da contenziosi amministrativi o da difficoltà di accatastamento, che potrebbero essere risolti nel breve periodo;
ad un attento esame del regolamento n. 112 del 18 maggio 2010, sono emerse alcune evidenti discordanze rispetto alle tutele dei conduttori degli alloggi, non osservate, relativamente alle famiglie ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dall'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010, che prevede il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, e nel quale viene in particolare sancito che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliare e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT;
nello stesso regolamento di cui al decreto n. 112 del 18 maggio 2010 all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), vengono previsti meccanismi reddituali che ad avviso dell'interrogante artificialmente e senza motivazione tendono ad annullare il sistema di abbattimento del prezzo su cui esercitare il diritto di opzione descritto nella legge 24 dicembre 2007, n. 244;
nel decreto del Ministro della difesa 16 marzo 2011 sui canoni di mercato pubblicato sulla del Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011, all'articolo 2, comma 3 vengono introdotti con lo stesso metodo, aumenti del reddito reale ad avviso dell'interrogante non corretti, tendenti a determinare un canone più oneroso;
inoltre, nello stesso decreto sui canoni di mercato, all'articolo 2, comma 6, viene stabilito che ai fini dell'aumento annuale dei canoni, venga applicata per intero (100 per cento la misura dell'aggiornamento annuale ISTAT anziché quella ridotta, universalmente applicata, anche per i canoni privati, pari al 75 per cento,


impegna il Governo:


ad individuare a breve termine, altri alloggi da alienare, anche risolvendo i contenziosi eventualmente ancora in essere e definendo la natura di eventuali servitù militari da applicare in loco;

ad assumere le iniziative di competenza volte a sospendere nello stesso periodo ogni azione eventualmente intrapresa o da intraprendere finalizzata al recupero forzoso dell'alloggio;
a riallineare nella sostanza e nella lettera, anche all'interno del regolamento del 18 maggio 2010, n. 112, le tutele previste per gli utenti titolari di reddito compreso nelle fasce protette, così come previsto dall'articolo 306, comma 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
a rendere esplicito il diritto alla permanenza, senza alcuna limitazione temporale, in presenza delle condizioni di reddito individuate con decreto ministeriale emanato annualmente, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, modificando quanto previsto dall'articolo 7, comma 14, lettere a) e b), del decreto ministeriale n.112 del 2010 sia per quanto riguarda il reddito che per quanto riguarda la durata della permanenza nella conduzione dell'alloggio, palesemente discordanti;
a estendere la concessione dell'usufrutto di cui all'articolo 7, comma 4, lettera a) del regolamento, adottato con il decreto del Ministro della difesa n. 112 del 18 maggio 2010 anche al coniuge superstite, qualora il decesso dell'usufruttuario avvenga in data posteriore all'atto di acquisto dell'usufrutto, mantenendo inalterato il tetto massimo del canone da corrispondere nella misura non superiore al 20 per cento del reddito;
a sopprimere le norme previste all'articolo 7, punto 11, lettere a) e b), del decreto del 18 maggio 2010, n. 112, che non trovano corrispondenza nelle norme in vigore in materia di diritto di opzione nell'acquisto di alloggi pubblici oggetto di dismissione o valorizzazione;
a sopprimere le norme previste all'articolo 2, comma 3, del decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011 relativo ai canoni di mercato;
a ricondurre al valore del 75 per cento della variazione annualmente accertata dall'ISTAT quale indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati ai fini dell'aggiornamento del canone annuale, in luogo del 100 per cento, dello stesso indice, come ora previsto all'articolo 2, comma 6, del decreto ministeriale 16 marzo 2011 sui canoni di mercato.
(7-00647) «Rugghia, Villecco Calipari, Garofani, Laganà Fortugno, Mogherini Rebesani, Vico».

La VI Commissione,
premesso che:
da tempo si discute, sia a livello europeo sia a livello internazionale, sul ruolo delle agenzie di rating, anche alla luce di episodi che hanno evidenziato un serie di criticità particolarmente preoccupanti, soprattutto in relazione all'incapacità dimostrata da alcune di esse nel valutare con il dovuto anticipo alcune patologie registratesi con riferimento ai mutui sub prime da cui si è innescata la crisi economico-finanziaria globale;
al fine di superare tali elementi critici l'Unione europea è intervenuta di recente con l'adozione del regolamento (UE) n. 153 del 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle agenzie di rating del credito, che ha modificato il previgente regolamento (CE) n. 1060/2009 con l'obiettivo di rafforzare ulteriormente il quadro normativo in materia;
il documento finale approvato da questa Commissione il 19 ottobre 2010 in esito all'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, della proposta del predetto regolamento di modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009, dopo aver sottolineato che le carenze riscontrate nell'operatività delle agenzie di rating sono imputabili tra l'altro all'assenza di un quadro regolatorio e di vigilanza adeguato sulla loro attività, nonché ad alcune caratteristiche delle stesse agenzie,

evidenziava la necessità di sciogliere alcuni nodi fondamentali che ne condizionano negativamente l'operatività, con particolare riferimento a:
a) i conflitti di interesse tra l'attività di valutazione svolta dalle agenzie e la prestazione, da parte di queste ultime, di servizi di consulenza nei confronti dei soggetti che emettono gli strumenti finanziari oggetto della loro valutazione;
b) le distorsioni nei meccanismi di remunerazione dei servizi di rating, i quali sono pagati dai soggetti che emettono i prodotti finanziari sottoposti al rating;
c) il sostanziale oligopolio esistente nel mercato dei servizi di rating, che, soprattutto in alcune aree del mondo, appare ristretto alle tre principali società, operanti nel settore;
d) l'insufficiente trasparenza nei meccanismi e nelle procedure per la realizzazione dei rating stessi;

le iniziative adottate da alcune tra le più autorevoli agenzie hanno avuto un impatto negativo assai rilevante sugli andamenti dei mercati dell'area euro e appaiono tali, specie per la tempistica, da suscitare forti e diffuse critiche;
in particolare, la Consob ha recentemente convocato i rappresentanti di Standard & Poor's per chiedere chiarimenti in merito alla diffusione, effettuata a mercati aperti, di un comunicato sulla manovra correttiva adottata dal Governo italiano con il decreto-legge n. 98 del 2011, prima ancora della pubblicazione del testo definitivo della manovra stessa;
tali valutazioni hanno avuto gravi ripercussioni sull'andamento delle quotazioni in borsa, mettendo a repentaglio la stabilità dei mercati;
a molti è inoltre apparso assai azzardato il declassamento, da parte di Moody's, del debito pubblico portoghese, che ha prodotto effetti destabilizzanti sui mercati finanziari dell'intera zona euro;
il ripetersi di simili episodi induce a ritenere che possano esservi gravi superficialità, da parte di alcune agenzie di rating, nel sottostimare le conseguenze delle loro iniziative sulle aspettative di mercati già fortemente condizionati da spinte speculative e timori anche irrazionali;
l'accentuazione della volatilità dei mercati determinata dalle anticipazioni intempestive dei giudizi di rating smentisce inoltre clamorosamente la funzione, che proprio le agenzie di rating dovrebbero svolgere, di concorrere alla stabilizzazione dei mercati e alla diffusione, tra gli intermediari e i risparmiatori, della consapevolezza circa le condizioni reali dei mercati stessi, attraverso un'accurata valutazione della solvibilità degli emittenti, sia pubblici sia privati;
l'impatto che può essere determinato da tali giudizi, amplificato dalla rapidità nella circolazione delle notizie, sta mettendo a repentaglio la tutela del risparmio e può produrre costi elevatissimi in termini di peggioramento delle condizioni di collocamento del debito sovrano di alcuni Paesi, in particolare quelli gravati da un più elevato stock di debito pubblico, esasperando le condizioni di recessione e di contrazione della domanda,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le necessarie iniziative, anche in vista dell'imminente ulteriore revisione, in sede di Unione europea, del citato regolamento (CE) n. 1060/2009, per:
a) contrastare in sede di Unione europea comportamenti, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo sostanzialmente riconducibili ad ipotesi di aggiotaggio o simili, tra i quali alcuni recentemente posti in essere dalle agenzie di rating suscettibili di alterare l'equilibrio e di destabilizzare i mercati finanziari e di incidere sulle condizioni di collocamento del debito, eventualmente sottoponendo la questione alla neocostituita European Securities

Market Authority (Esma), cui è affidata a livello europeo la complessiva azione di vigilanza sulle agenzie di rating, nonché valutando l'opportunità di inserire apposite previsioni in merito nella direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato, in vista della sua imminente revisione preannunciata dalla Commissione europea;
b) introdurre efficaci ed effettivi meccanismi di responsabilizzazione delle agenzie di rating nel caso in cui le loro valutazioni sugli emittenti risultino scorrette o gravemente viziate, e prevedere, nel caso in cui le loro decisioni e i loro comportamenti non siano ispirati al rispetto di doverose regole di deontologia professionale, puntuali misure sanzionatorie di carattere pecuniario;
c) individuare nuovi obblighi volti a realizzare la massima trasparenza per quanto riguarda gli elementi di informazione sottostanti i giudizi di rating;
d) valutare la possibilità di istituire un'agenzia di rating creditizio pubblica e indipendente, al fine di controbilanciare il potere delle tre maggiori agenzie di rating e di migliorare il livello di concorrenza nel mercato dei servizi di rating, il quale è invece connotato da una pericolosa condizione di sostanziale oligopolio.
(7-00649) «Bernardo, Fluvi, Fugatti, Comaroli, Ventucci, Fogliardi, Strizzolo, Bitonci».

L'XI Commissione,
premesso che:
la legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
l'articolo 3 «Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva» della legge n. 68 del 1999, al comma 1, stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette con quote di riserva proporzionali al numero totale dei dipendenti dell'azienda;
più volte il Parlamento è intervenuto per riconfermare i principi della legge n. 68 del 1999 messi in discussione da iniziative legislative che rischiavano di comprometterne l'attuazione;
i progetti speciali di inserimento lavorativo a tempo determinato per lavoratori diversamente abili sono progetti speciali finalizzati a realizzare la prosecuzione del rapporto lavorativo a tempo determinato tra gli enti pubblici e i lavoratori diversamente abili che hanno svolto esperienze lavorative (borse-lavoro, tirocini formativi, azioni positive e altro) della durata di 24 mesi, presso le medesime amministrazioni pubbliche. Sono consentiti, quindi, la possibilità di assunzione, con chiamata nominativa, di soggetti disabili iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio ed il loro computo ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di cui all'articolo 3 della legge n. 68 del 1999, da parte del datore di lavoro pubblico presso il quale i soggetti siano stati impiegati in attività di tirocinio o di lavoro, anche se in modo non continuativo e presso le pubbliche amministrazioni diverse, per la durata di almeno due anni;
per favorire il raccordo tra le esigenze delle aziende e quelle dei lavoratori disabili sono previste apposite convenzioni (articoli 11 e 12). Attraverso le convenzioni, sottoscritte dalle parti interessate (lavoratori, datori di lavoro, uffici provinciali per l'inserimento lavorativo dei lavoratori disabili e enti che possono favorire l'integrazione lavorativa) è possibile definire un programma personalizzato di interventi, per risolvere nella maniera più efficace gli ostacoli che si incontrano nell'inserimento sui luoghi di lavoro. Le convenzioni perseguono l'obiettivo prioritario di assicurare la stabilizzazione, seppure progressiva, del rapporto di lavoro. Gli enti pubblici dando attuazione all'articolo 5 della legge n. 381 del 1991 possono

stipulare convenzioni, con le cooperative di tipo B, assegnando appalti dove i disabili particolarmente difficoltosi da occupare svolgono in particolare lavori di bassa specializzazione; come servizi di pulizia, manutenzione, giardinaggio e gestione servizi per la pubblica amministrazione e le grandi aziende. Servizi importanti, che però, non possono essere le sole forme di occupazione per i disabili. In questo senso, infatti, persistono difficoltà sul collocamento obbligatorio e vi è una richiesta maggiore di flessibilità e di contratti atipici dei rapporti lavoro, gli stessi contratti a termine nella pubblica amministrazione o degli insegnanti con incarico annuale nella scuola;
al fine di evitare l'esclusione di questi soggetti dal mercato del lavoro e l'aumento delle rinunce dei titolari di pensione o di assegno d'invalidità ad intraprendere e sperimentare l'accesso al lavoro se pur precario, offerto anche attraverso il collocamento obbligatorio, occorre dare loro l'opportunità di cumulo o il diritto all'opzione;
le amministrazioni provinciali, attraverso i centri per l'impiego, giocano un ruolo fondamentale, istituzionale, di certificazione e di servizio, nella gestione ordinaria di attività di orientamento, tutoraggio e ricerca occupazionale dedicate specificamente alle persone disabili, inserite in particolari liste sulla base della normativa vigente, agendo altresì a livello territoriale per sensibilizzare il tessuto imprenditoriale rispetto all'ottemperanza dei doveri prescritti dalla legge n. 68 del 1999 in merito all'assunzione di personale con disabilità;
tali strumenti vanno valorizzati e sostenuti con interventi finanziari; il percorso di inserimento all'interno del mondo del lavoro delle persone appartenenti alle categorie protette e la legge n. 68 del 1999 possono rappresentare un'opportunità per le imprese;
dal prossimo anno, il Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (legge n. 68 del 1999) sarà «tagliato» del 75 per cento e la riduzione delle risorse sulla scuola sarà causa di rinnovati gravi disagi per gli studenti con disabilità;
va ribadita la necessità di una deroga per le assunzioni relative alle categorie protette nella pubblica amministrazione e con urgenza, andrebbe predisposto un elenco delle aziende esonerate secondo quanto stabilito dalla legge n. 68 del 1999 dalle assunzioni dei cittadini invalidi. Vanno altresì quantificate e specificate le ispezioni fatte nelle aziende pubbliche e private e nella pubblica amministrazione, nell'ambito della manovra finanziaria;
occorre garantire la maggiore autonomia della persona disabile e promuoverne la piena integrazione nella scuola, nella famiglia, nel lavoro e, più in generale, nella società, e chiarire, che nel previsto blocco del turn-over nella pubblica amministrazione sono fatti salvi gli obblighi di copertura delle aliquote obbligatorie riservate dalla legge n. 68 del 1999 al collocamento dei lavoratori disabili,


impegna il Governo


ad attivare tutti gli interventi, anche sperimentali, al fine di creare le migliori opportunità per una reale integrazione dei portatori di disabilità nel mondo del lavoro, in coerenza con quanto sancito dalla Convenzione Onu sulla disabilità.
(7-00648) «Schirru, Bellanova, Codurelli, Damiano, Rampi, Berretta, Gnecchi, Gatti, Castagnetti, Marchi, Livia Turco, Capodicasa, Pedoto, Farinone, Bucchino, Brandolini, Strizzolo, Miglioli, Mattesini, Siragusa, Coscia, Laratta, Braga, Murer, Motta, Sbrollini».

La XIII commissione,
premesso che:
il nostro Paese si colloca tra i primissimi al mondo nel settore della cunicoltura ed è leader in Europa con il 54

per cento della produzione comunitaria, seguito da Francia e Spagna che registrano percentuali di molto inferiori a quella italiana;
l'allevamento del coniglio da carne rappresenta il quarto settore della nostra zootecnia e impegna circa il 9 per cento della produzione agricola con alcune grandi aziende collocate soprattutto al centro nord e altre medio-piccole sparse su tutto il territorio nazionale;
nonostante il consumo di carne di coniglio sia in costante aumento, anche in virtù delle sue eccellenti proprietà nutritive, la cunicoltura nazionale attraversa una fase di grave crisi strutturale le cui cause appaiono poco chiare mentre le conseguenze, e segnatamente il drastico abbassamento dei prezzi, precipitati tra il 2007 e il 2008 sotto il livello dei costi di produzione, inducono a ritenere che l'intero comparto sia interessato dal verificarsi di fenomeni poco trasparenti a danno degli allevatori;
a partire dal 2007 infatti le quotazioni del prezzo del coniglio registrano forti diminuzioni, con una media di 1,45 euro al chilo a fronte di un costo di produzione cresciuto per gli aumenti record dei mangimi e dei carburanti, con una perdita netta per gli allevatori di oltre 0,30 euro per chilogrammo di coniglio vivo prodotto;
dopo la timida ripresa del 2008, nel 2009 i listini sono crollati a meno di 0,20 euro il chilo influenzati negativamente dalla crescita delle importazioni e dalla probabile presenza di fenomeni fraudolenti da parte degli importatori a seguito dei quali l'ANLAC (Associazione nazionale liberi allevatori di conigli), ha presentato all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato due denunce concernenti distorsioni della concorrenza nel settore cunicolo e, in particolare, nel processo di formazione dei prezzi alla produzione, l'abuso di posizione dominante ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 287 del 1990 e la mancata attivazione delle misure anticrisi che i produttori possono autonomamente adottare, riducendo i volumi immessi sul mercato, in base all'articolo 8 del decreto legislativo n. 102 del 2005;
i mancati redditi delle imprese determinano la chiusura di molti allevamenti, con il rischio di un progressivo abbandono e una crisi di liquidità finanziaria senza precedenti con gravi ripercussioni sul made in Italy sull'occupazione e sull'intero indotto del comparto;
a fronte della grave crisi che investe l'intero comparto, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali già nel 2008 ha istituito un tavolo della filiera cunicola al fine di evidenziare le criticità strutturali e congiunturali del settore nonché le priorità di intervento per il rilancio della filiera;
anche a seguito dell'approvazione di alcuni atti di indirizzo, che impegnano il Governo a fronteggiare la crisi del comparto cunicolo, il Ministero ha definito, nell'aprile 2010, in sede di Conferenza Stato-regioni, un piano di intervento volto a rilanciare la filiera attraverso il superamento delle maggiori criticità, quali la contrazione generalizzata della redditività, conseguenza anche di un'accentuata stagionalità e ciclicità di mercato;
alcune regioni hanno già deliberato lo stato di crisi del settore chiedendo l'attivazione del Fondo per le crisi di mercato di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, attivazione a cui ancora non si è proceduto anche a seguito delle rilevate incompatibilità con la vigente normativa comunitaria;
il 6 luglio 2011 il Parlamento europeo ha ratificato l'accordo tra i suoi rappresentanti e quelli del Consiglio e della Commissione approvando quindi il regolamento relativo alla fornitura di informazioni sui prodotti alimentari ai consumatori che estende l'obbligo di etichettatura d'origine a tutte le carni fresche esclusa quella di coniglio,


impegna il Governo:


a promuovere le iniziative necessarie al controllo dei prezzi nel settore cunicolo

e valutare l'opportunità di definire un sistema di rilevazione delle quotazioni dei conigli a periodicità trimestrale, in linea con le esigenze della moderna distribuzione e l'individuazione di un mercato unico nazionale neutrale e trasparente;
ad intervenire con urgenza presso le competenti istituzioni comunitarie al fine di includere l'obbligo di etichettatura d'origine anche alle carni di coniglio al fine di garantire una maggior certezza giuridica a tutti gli operatori della filiera e una corretta informazione ai consumatori;
a monitorare l'attuazione del piano di intervento predisposto nel 2010 e fornire con urgenza gli elementi sullo stato di realizzazione degli impegni assunti a seguito dell'approvazione dei numerosi atti di indirizzo presentati;
ad avviare una campagna di controlli per reprimere le vendite sottocosto e soprattutto la vendita della carne di coniglio di importazione, peraltro priva delle indicazioni dei requisiti di qualità e delle informazioni in etichetta dei Paesi di allevamento di origine, presentata come prodotto made in italy;
a promuovere un accordo tra le associazioni degli allevatori e la grande distribuzione organizzata mirato a favorire l'incremento delle vendite dei conigli italiani;
a dichiarare lo stato di crisi per il settore cunicolo, attivando urgentemente le risorse del Fondo per le crisi di mercato di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per il rilancio del comparto e per il sostegno al reddito degli allevatori;
ad adottare le iniziative necessarie a consentire l'accesso al credito in favore degli allevamenti cunicoli in stato di crisi, anche al fine di ripianare le passività e risolvere i casi di insolvenza e sofferenza delle imprese in conseguenza dello stato di crisi del settore.
(7-00645) «Callegari, Fogliato, Bitonci».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore ortofrutticolo italiano risulta essere leader nel mondo per molte produzioni sia in termini qualitativi che quantitativi. Storicamente il nostro Paese rappresenta un punto di riferimento e si colloca a primi posti della produzione ortofrutticola mondiale;
l'attuale crisi dei mercati nazionali vede un punto acuto di crisi nel comparto frutticolo. La contrazione dei prezzi alla produzione non assicura la remunerazione dei costi di produzione e determina effetti rilevanti sui redditi delle aziende frutticole;
i disastrosi risultati commerciali dell'attuale campagna in particolare per le pesche nettarine che stagionalmente sono esposte in questo periodo rendono peculiarmente la situazione ormai insostenibile per i produttori che da tre-quattro anni vedono i loro redditi annullarsi a causa dei bassi prezzi praticati e dalla riduzione dei consumi;
in generale poi i ricavi delle imprese agricole da diversi anni sono compressi tra costi di produzione in aumento e prezzi all'origine non remunerativi e caratterizzati da forte volatilità ed i prezzi alla produzione di queste settimane per pesche e nettarine non permetteranno neanche di remunerare le spese di produzione. Il perdurare di questo andamento negativo costringerà gli agricoltori a drastici ridimensionamenti degli impianti, con il grave rischio di fare aumentare in futuro le importazioni di pesche e nettarine da altri paesi europei o da paesi terzi produttori;
a maggio i prezzi al consumo dei beni alimentari hanno ripreso a crescere (+0,7 per cento rispetto ad aprile), con un sensibile aumento congiunturale per la frutta fresca (+6,9 per cento). Ma, nello stesso periodo, i prezzi all'origine sono continuati a diminuire, registrando, in base ai dati Ismea, un - 0,5 per cento che segue al - 3,3 per cento di aprile; in

particolare a maggio i prezzi ai produttori della frutta sono calati del 7,1 per cento;
tale situazione di volatilità si sta facendo sentire in modo marcato anche a seguito dell'allarme Escherichia coli in Germania, tutto il mercato dell'ortofrutta è stato fortemente appesantito con cali generalizzati degli ordinativi aggravando ulteriormente i conti delle aziende ortofrutticole;
gli ortofrutticoli sono prodotti deperibili, la produzione è (...) sensibile agli eventi climatici ed atmosferici e la presenza di eccedenze anche non eccessive può creare turbative considerevoli sul mercato che possono essere evitate se le organizzazioni di produttori dispongono di strumenti più flessibili che consentono risposte più adeguate anche in relazione alla specificità dei prodotti offerti sul mercato;
dai dati fomiti dalle organizzazioni dei produttori e dalle organizzazioni professionali agricole regionali, i prezzi del prodotto destinato al mercato del fresco, nella prima parte della campagna, si sono ridotti del 35 per cento rispetto alla media del triennio precedente. Questo fatto, unito all'aumento dei costi di stoccaggio e condizionamento, comporterà una riduzione del prezzo al produttore di circa il 45 per cento;
le cause sono in parte imputabili alla produzione superiore alla media, per l'andamento climatico favorevole, ma anche alla crisi economica nei Paese tradizionalmente importatori del nostro prodotto e ai prezzi imposti dalle grandi catene distributive, che continua ad avere comportamenti non collaborativi al fine di trovare un accordo in sede di organismo interprofessionale, rischiando in questo modo di gettare sul lastrico migliaia di imprese;
i rapporti con la grande distribuzione organizzata non sempre risultano essere dei migliori, in particolare in questa fase che paradossalmente avrebbe bisogno di forte collegialità di decisioni: infatti la posizione dominante all'interno della filiera condiziona le relazioni;
si evidenzia in questo senso lo squilibrio tra distributori e trasformatori da un lato e imprese agricole dall'altro, tanto più rilevante per frutti, quali pesche e nettarine caratterizzati da tempi di conservazione ridotti che impediscono ai produttori di affrontare periodi critici anche brevi;
il mercato delle pesche e nettarine sta attraversando una fase pesantissima. A risentirne di più sono soprattutto le aziende più giovani e attive che hanno maggiori esposizioni bancarie. Questo importante comparto agricolo nazionale (che fa dell'Italia il secondo produttore al mondo, con circa 14 milioni di quintali di prodotto e con un fatturato di circa 23 miliardi di euro) ha già attraversato ben cinque crisi negli ultimi anni, con ricadute pesanti anche per l'indotto che coinvolge migliaia di posti di lavoro;
la rappresentanza dell'ortofrutta italiana deve diventare un punto di forza di tutta la filiera per passare finalmente dalla semplice analisi alla soluzione dei problemi congiunturali per giungere ad una fase decisionale strategica che detti regole di una nuova fase produttiva,


impegna il Governo:


a porre più attenzione per l'agricoltura e per gli imprenditori agricoli, i coltivatori diretti per quello che sono e per quello che fanno a favore della nostra salute, delle qualità del nostro cibo e dell'integrità del nostro territorio;
a individuare un piano di interventi dettagliato e mirato al fine di rilanciare e promuovere la competitività dell'agroalimentare nazionale, promuovendo inoltre misure per assicurare maggiore liquidità alle imprese agricole e tutelarne il reddito.
a predisporre progetti promozionali realmente efficaci per lo sviluppo dei consumi;

a disporre un coordinamento nazionale delle azioni di ritiro di prodotto invenduto già previste e finanziate dall'Unione europea con l'organizzazione comune di mercato ortofrutticola;
a inserire pesche e nettarine tra le specie ortofrutticole che possono accedere ai contributi straordinari stanziati dall'Unione europea per far fronte ai danni provocati dall'allarme escherichia coli;
ad intervenire, per quanto di sua competenza, al fine di arrivare in tempi brevissimi alla firma di un accordo interprofessionale di settore, stigmatizzando i sottoscrittori del presente atto di indirizzo le motivazioni che hanno indotto i rappresentanti della grande distribuzione organizzata a rigettare la chiusura dell'intesa lo scorso 24 giugno 2011.
(7-00646) «Di Giuseppe, Messina, Rota».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Terni è in atto una grave crisi industriale che affligge il territorio nel suo polo chimico, a causa della decisione della multinazionale Basell di trasferire la produzione da Terni a Ferrara e di non vendere il sito produttivo alla Novamont, ritenendo troppo basse le sue offerte, che pur consentirebbero la salvaguardia dei posti di lavoro nella zona e nel polo siderurgico, con le preoccupanti notizie che giungono dalla multinazionale Thyssenkrupp che ha deciso di scorporare e quotare in borsa la sua divisione Inox, dopo un risultato negativo che si aggira sui sette miliardi di euro di debito (lo stabilimento AST di Terni, infatti, appartiene a questa divisione Inox della multinazionale che ha ottenuto risultati cosi negativi);
il territorio dispone di risorse naturali non indifferenti (e di grandi potenzialità occupazionali) specialmente nel territorio della Valnerina, legate alla valorizzazione del fiume Nera, della cascata delle Marmore e del lago di Piediluco;
il lago di Piediluco, che dista un centinaio di chilometri da Roma, a meno di un'ora in automobile con la prossima apertura della Terni-Rieti, ha già un suo centro di canotaggio gestito dal Coni che, nonostante le caratteristiche idonee a questo sport e le peculiari bellezze naturali, è raramente utilizzato per gare d'interesse internazionale (i prossimi europei di canotaggio del 2012 si svolgeranno a Varese);
con investimenti minimi a basso impatto ambientale, utilizzando come paddock il vecchio e inutilizzato stabilimento di Cinecittà a Papigno, è possibile realizzare sul fiume Nera, partendo dalla cascata delle Marmore, un moderno campo di slalom fluviale;
la cascata delle Marmore e Piediluco sarebbe un ottimo biglietto da visita per sponsorizzare la candidatura di Roma 2020; l'utilizzo di tale territorio abbatterebbe i costi economici ed ambientali del parco fluviale artificiale, che si vorrebbe creare a Roma nord e che parrebbe essere destinato a suscitare le stesse polemiche e denunce che sono nate dall'utilizzo dello Sport Salaria Village per i mondiali di nuoto del 2009 -:
se e in che tempi si intenda aprire il tratto di strada Terni est-Piediluco e se si intenda riprendere il progetto iniziale che prevedeva una doppia galleria al posto di quella singola realizzata, per collegare la Valnerina al fiume Velino in relazione allo svincolo Orte-Terni-Rieti, raddoppio quanto mai necessario in previsioni di sviluppo del turismo sportivo internazionale nella zona;

se in Governo intenda farsi sponsor della candidatura di Piediluco e della Valnerina come sede di manifestazioni sportive internazionali, a partire da quelle di Roma 2020, con il comitato Roma 2020, e con il comune di Roma.
(4-12742)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 5 ottobre 2010 è stato perfezionato l'accordo tra Sogin e Ansaldo nucleare spa concernente l'affidamento dell'appalto misto di lavori, forniture e servizi relativi all'impianto di cementificazione di una soluzione liquida radioattiva denominata «prodotto finito» e all'edificio deposito per lo stoccaggio di manufatti cement/task presso l'impianto Itrec di Trisaia, in provincia di Matera;
in data 24 giugno 2011 la Sogin ha comunicato alla società Ansaldo nucleare di voler sottoporre il sopra indicato contratto alla condizione risolutiva, facendo riferimento ad una delle clausole - invero vessatoria - del medesimo accordo, secondo cui una delle condizioni risolutive dello stesso andava ricercata nella mancata realizzazione dei lavori e delle annesse autorizzazioni entro 365 giorni dalla firma del contratto;
nello specifico la Sogin nella sopra indicata comunicazione ha precisato che, a seguito della sottoscrizione del contratto di cui sopra, aveva ottenuto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il rilascio del provvedimento di impatto ambientale, di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 2006, il quale con riferimento al progetto affidato ad Ansaldo nucleare spa ha previsto tutta una serie di adempimenti propedeutici alla realizzazione del progetto stesso, oggetto dell'accordo del 2010;
secondo la Sogin, quindi, stando ai citati adempimenti richiesti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «non sarà consentito né possibile iniziare la realizzazione dei lavori di cui al contratto indicato in premessa sino a quando il progetto esecutivo non sarà rielaborato nel rispetto delle prescrizioni alle quali il Ministero dell'ambiente ha subordinato la realizzazione dell'intervento»;
inoltre, attualmente il sito Itrec di Trisaia è oggetto di opere di bonifica la cui conclusione sarebbe prevista per il giugno 2013, tale da rendere impossibile il prosieguo delle attività sancite dal contratto con Ansaldo nucleare spa ed il rispetto della clausola di cui al contratto con Sogin del 2010;
risulta all'interrogante che la Sogin - all'indomani della notifica di avvio di risoluzione del contratto con Ansaldo - abbia avviato un nuovo bando per l'esecuzione del medesimo progetto di cui in premessa, annoverando tra i requisiti di partecipazione delle società potenzialmente coinvolgibili i medesimi dell'Ansaldo nucleare spa, con l'aggiunta di una certificazione nel settore delle costruzioni, del tutto irrilevante ai fini della realizzazione del progetto sopra indicato;
l'attuale stallo delle attività, oggetto del progetto affidato ad Ansaldo nucleare spa, se prorogato nei tempi identificati dalla Sogin nella sua comunicazione, potrebbe comportare dei rischi non trascurabili per l'ambiente nell'area di Trisaia;
a parere dell'interrogante, emergono dei dubbi in capo alle procedure di risoluzione contrattuale della Sogin e di repentina indizione di un nuovo bando, tali da lasciare emergere l'ipotesi di una volontà da parte della società incaricata del decommissioning degli impianti nucleari di sciogliere i vincoli contrattuali con Ansaldo

nucleare spa, al fine di coinvolgere nel sopra indicato progetto altre realtà operative nel medesimo settore -:
quali iniziative si intendano predisporre - nei limiti delle proprie competenze - al fine di chiarire quanto verificatosi in merito al sito di Trisaia, anche al fine di esorcizzare l'ipotesi che presunte manovre economiche di una società di Stato possano comportare deleterie quanto evitabili conseguenze sul fronte ambientale.
(3-01764)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:

GIANNI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'attuale situazione economica sta imponendo grossi sacrifici e la recente manovra economica, fatta soprattutto di tagli, ne è stata la dimostrazione più evidente;
è indubbio che, stante le attuali difficoltà, sia necessario esplorare nuove strade per rilanciare e rafforzare la nostra economia;
i nostri beni culturali rappresentano, da questo punto di vista, sicuramente un patrimonio unico al mondo e, di conseguenza, la possibilità di creare, intorno a loro, il rilancio dell'economia locale, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno;
la recente vicenda di Pompei e i danni enormi che il sito ha subito, a causa della trascuratezza e dei mancanza dei fondi, sono lì a testimoniare come non si debbano gestire i beni culturali nel nostro Paese;
in altre aree del Paese, altre opere uniche nel loro genere non solo non vengono utilizzate nelle loro potenzialità per rafforzare l'economia locale, ma stanno subendo gravi danni, con il rischio che si ripetano disastri simili a quelli di Pompei;
in Sicilia, regione con il più alto numero di siti archeologici e culturali (oltre il nove per cento dell'intero patrimonio nazionale e un terzo dei beni archeologici presenti in Italia), si sta registrando una flessione del 25 per cento delle presenze nei siti di maggiore interesse;
allo stesso tempo non si deve dimenticare che la Sicilia è sede del maggior numero di patrimoni dell'umanità dell'Unesco per regioni in Italia: La Villa del Casale di Piazza Armerina, dal 1997; il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, dal 1997; le isole Eolie, dal 2000; gli otto comuni appartenenti al Val di Noto: Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Ragusa, Modica, Noto, Palazzolo Acreide e Scicli, dal 2002; il centro storico di Siracusa e la Necropoli di Pantalica, dal 2005;
tutto ciò dimostra con tutta evidenza quale ruolo fondamentale potrebbe avere per l'economia dell'isola un uso appropriato ed efficiente delle strutture culturali e archeologiche;
la diminuzione delle presenze nei siti archeologici in Sicilia si deve sia alla mancanza di una promozione adeguata che alla scarsa e insufficiente manutenzione dei siti archeologici;
ad esempio, ad Augusta, il Castello federiciano avrebbe bisogno di interventi urgenti di manutenzione, ma la mancanza di fondi ne sta determinando il progressivo deterioramento, così come un maggiore utilizzo si potrebbe fare del Teatro greco di Siracusa, se solo fosse attrezzato per ospitare spettacoli culturali in una cornice unica;
gli esempi citati non sono che una piccola parte delle mancanze e dei ritardi con i quali viene gestito, troppo spesso, il patrimonio culturale ed archeologico nel nostro Paese e sono la dimostrazione evidente dell'urgenza con la quale bisogna invertire la rotta e rafforzare gli investimenti

in questo campo, al fine di rilanciare l'economia e il lavoro a livello territoriale -:
se si intenda avviare in tempi rapidi, per favorire il rilancio economico nel Paese e soprattutto nel Mezzogiorno ed in Sicilia, un piano promozionale del patrimonio culturale ed archeologico esistente in Italia, prevedendo allo scopo gli stanziamenti economici necessari per avviare piani effettivi di ristrutturazione e conservazione di tali siti, anche attraverso forme di partenariato pubblico privato.
(3-01761)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 16 luglio 2011 sul quotidiano Il Manifesto è stato pubblicato un articolo dal titolo «Signornò, soldati contro le missioni farsa in città»;
l'articolo offre una sintetica ma efficace ricostruzione di come si svolga il servizio dei militari impegnati nell'operazione «strade sicure» in atto nella città di Milano, e su alcuni dei fatti che hanno portato circa 30 militari impiegati nell'espletamento dei servizi oggetto della missione a segnalare problematiche anche gravi sulla sicurezza degli obiettivi e sulla logistica: mancanza o carenza di acqua durante il servizio, mancanza di briefing o de-briefing pre e post turno di servizio, mancanza di servizi igienici, gravi carenze igieniche dei servizi sanitari e inadeguatezza della sistemazione alloggiativa, mancanza di coordinamento con le scorte personali delle autorità oggetto della missione, gravosità degli spostamenti dalla zona «logistica» a quella «operativa»;
ad avviso degli interroganti, il quadro complessivo che emerge dall'articolo è desolante e dimostra ancora una volta la scarsa - se non inesistente - considerazione che il Ministro interrogato e i vertici militari hanno dei problemi rappresentati dal personale di truppa impegnato in operazioni come quella a cui si riferisce il giornalista, che appaiono sempre più orientate a garantire la visibilità personale del Ministro della difesa, e quindi sono percepite dai cittadini come spot pubblicitari privi di una concreta valenza ai fini della sicurezza -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esistenza delle problematiche segnalate dall'articolo di cui in premessa;
quale sia il costo complessivo dell'operazione «strade sicure» a carico del bilancio della Difesa;
quali siano i provvedimenti che intende adottare e se non si ritenga opportuno sospendere la prosecuzione dell'operazione «strade sicure» nella città di Milano è nelle altre città in cui è attualmente in corso e conseguentemente destinare i fondi stanziati al potenziamento dell'operatività delle forze di polizia a ordinamento civile e militare.
(4-12743)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

BARBATO e DONADI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
recenti notizie di stampa gettano una luce molto inquietante sul possibile coinvolgimento di esponenti della Guardia di finanza in alcune vicende oggetto di indagine da parte della magistratura;

in tale contesto suscitano notevole preoccupazione e perplessità le notizie relative a dichiarazioni che sarebbero state rese dal Ministro dell'economia ai magistrati napoletani che indagano sulla vicenda cosiddetta P4, relative al possibile coinvolgimento di ufficiali della Guardia di finanza in atti di rilievo penale, in alcuni casi ipoteticamente volti a gettare discredito sullo stesso Ministro dell'economia e delle finanze;
a tale riguardo il Ministro avrebbe lamentato la situazione di conflittualità in cui si troverebbero alcune figure di vertice della Guardia di finanza, l'eccessiva competizione tra loro, nella prospettiva della nomina a Comandante generale, ed il conseguente eccessivo attivismo relazionale di alcuni generali del Corpo in servizio a Roma, invitando addirittura il Comandante generale ad emanare direttive nei confronti dei predetti ufficiali, invitandoli a tenere una vita più sobria, e a disporre in caso contrario la loro consegna in caserma;
in tale occasione lo stesso Ministro avrebbe espresso le sue perplessità in merito alle modifiche intervenute sulla disciplina relativa alla nomina del Comandante generale del Corpo, in quanto, secondo il Ministro, l'introduzione della possibilità di nominare un Comandante generale proveniente dai ranghi del Corpo comporterebbe il rischio di favorire la nascita, all'interno del Corpo stesso, di «cordate», volte a favorire questo o quel candidato alla nomina;
si tratta, come è evidente, di preoccupazioni molto gravi, che rischiano di creare ombre assai pesanti su un importantissimo segmento dell'amministrazione finanziaria e dell'intera amministrazione pubblica italiana, e che testimoniano, ulteriormente, dello scollamento interno alla compagine governativa, la quale appare ormai dilaniata dalla politica in corso tra lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze ed il Prendente del Consiglio, che sembra, secondo quanto emerso sulla stampa, coinvolgere in qualche modo la stessa Guardia di finanza, la quale risulterebbe divisa ai suoi vertici in due fazioni, una favorevole al Ministro Tremonti ed un'altra più vicina al Presidente del Consiglio;
la Guardia di finanza svolge un essenziale ruolo di tutela della legalità, nell'esercizio della sua funzione di polizia economico-tributaria, e dovrebbe costituire, pertanto, uno degli strumenti principali per contrastare i fenomeni dell'evasione fiscale e del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita;
in tale prospettiva appare urgente fare piena luce sulle vicende riportate dalla stampa che interessano alcuni esponenti della Guardia di finanza, al fine di fugare anche il solo dubbio che essa possa essere utilizzata come strumento di competizione politica, nonché chiarire, senza infingimenti, quale sia la posizione unitaria del Governo nei confronti del Corpo, al fine di salvaguardarne l'autorevolezza e di assicurare che la sua operatività sia costantemente ed esclusivamente diretta alla tutela degli interessi erariali, nel pieno rispetto della normativa vigente -:
quali iniziative urgenti intenda assumere, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza e di indirizzo sul Corpo della guardia di finanza, nonché di massimo vertice politico del Corpo stesso, per fare assoluta chiarezza circa i comportamenti dei suoi componenti, e quale sia la posizione del Governo rispetto all'eventualità di adottare iniziative normative volte ad assicurare l'assoluta imparzialità, trasparenza e legalità nell'azione istituzionale e nei comportamenti individuali di tutti gli appartenenti alla Guardia di finanza, anche con riferimento alla disciplina concernente le procedure di selezione ed avanzamento interne al Corpo.
(5-05138)

Interrogazione a risposta scritta:

VACCARO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 30 dicembre 2010, n. 238, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 13

gennaio 2011, ha previsto la concessione di incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia, al fine di contribuire allo sviluppo del Paese e valorizzare le esperienze professionali maturate dai cittadini all'estero; tali incentivi sono concessi sotto forma di riduzione del reddito imponibile;
il comma 5 dell'articolo 3 della citata legge prevede che i benefici attribuiti ai lavoratori dipendenti vengano computati, su richiesta dei lavoratori stessi, da parte dei datori di lavoro ai fini del calcolo delle ritenute fiscali;
ai fini dell'applicazione di tale disposizione al comma 5 si stabilisce altresì che debba essere emanato un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
i termini di emanazione sono stati ampiamente disattesi stante l'entrata in vigore della legge il 28 gennaio 2011 -:
quali siano le ragioni della mancata emanazione nei termini previsti del provvedimento in questione;
a che punto sia l'iter relativo e quali tempi il Ministro interrogato preveda siano ancora necessari all'emanazione di tale provvedimento.
(4-12741)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, MECACCI, BELTRANDI, MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 18 luglio 2011, la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Pistoia insieme a due esponenti radicali, Matteo Angioli e Manila Michelotti e al consigliere dei Verdi al comune di Pistoia Lorenzo Lombardi; la visita è stata guidata dall'ispettore Giuseppe Catullo;
al momento della visita nel carcere costruito nel 1905 erano presenti 117 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 74 posti; i detenuti in attesa di giudizio sono 70 (46 giudicabili, 18 appellanti e 6 ricorrenti) mentre coloro che hanno una condanna definitiva sono in tutto 47; quanto alle nazionalità, sono presenti 17 albanesi, 2 algerini, 12 rumeni, 1 polacco, 1 pachistano, 1 cileno, 1 colombiano, 1 macedone, 1 croato, 1 della ex Jugoslavia, 1 egiziano, 2 serbi, 3 tunisini, 1 uruguaiano, 1 bulgaro, 2 della Repubblica dominicana, 1 spagnolo, 1 georgiano, 11 marocchini, 1 nigeriano e 55 italiani; i tossicodipendenti presenti nel carcere erano 31;
forte è la carenza che si registra nel corpo degli agenti di polizia penitenziaria: infatti, rispetto ad una pianta organica che prevede 79 unità, gli agenti effettivamente in servizio sono 45 di cui uno, prossimo alla pensione;
nel carcere di Pistoia c'è una guardia medica h 24; gli educatori sono 2; vi è un solo psichiatra che si occupa anche dei colloqui del nuovi giunti e - da ciò che viene riferito alla delegazione - è in grado di intervenire entro le 12 ore successive all'ingresso di un nuovo detenuto; fortemente scoperto è il settore dell'assistenza psicologica: c'è un solo psicologo ex articolo 80; il direttore, occupandosi anche di altri istituti, presta servizio due volte a settimana;
quanto agli eventi critici, c'è da segnalare un suicidio lo scorso anno e, quest'anno, 37 casi di autolesionismo in cui la direzione comprende anche gli scioperi della fame;
il lavoro per i pochi detenuti che vi accedono, si limita alle mansioni domestiche e alla manutenzione ordinaria: in tutto si tratta di 26 lavoratori; da segnalare che in questi dati sono compresi 7 ex collaboratori di giustizia che nel carcere di

Pistoia sono in tutto 10 in una sezione a loro dedicata con celle aperte dalle 9 alle 18 e con a disposizione un biliardino e un piccolo campo di calcetto, basket e pallavolo;
quanto alla scuola ci sono solo corsi di alfabetizzazione anche perché, per le scuole medie, dovendo le classi, secondo le disposizioni del Ministero, essere formate da un minimo di 15 alunni è difficile raggiungere questo numero per il forte turn over che si verifica ogni anno nella casa circondariale di Pistoia, dove l'anno scorso, fra detenuti entrati ed usciti, si sono registrate ben mille movimentazioni;
le celle nella zona isolamento e transito sono indecenti: pareti scrostate e sporche, poca luce, gabinetto alla turca; la delegazione ha trovato anche tre detenuti in celle di circa 6 metri quadri destinate originariamente ad una persona; in tale degrado igienico, civile e umano i detenuti vi passano 21 ore al giorno; in una cella dove erano presenti tre detenuti, da quattro mesi si trovava un giovane sieropositivo respinto dagli altri detenuti delle sezioni comuni; in isolamento c'era un detenuto iracheno - T.B.S. - che affermava di trovarsi lì perché da una settimana, non riuscendo a parlare con l'educatrice, aveva intrapreso uno sciopero della fame di protesta; l'educatrice, presente durante la visita, smentiva le affermazioni del detenuto che però denunciava un fatto veramente accaduto: quando stava nel carcere di Lucca era stato programmato un intervento chirurgico alla cistifellea che è saltato a causa del trasferimento a Pistoia; ora, protesta il detenuto, dovrà ricominciare tutta la trafila, comprese le analisi cliniche che aveva fatto in vista dell'intervento;
nel reparto «comuni» (media sicurezza), al piano terra, quasi tutte le celle di sei metri quadrati ospitano 3 detenuti sistemati in letti a castello a tre piani, il che rende praticamente impossibile perfino il semplice stare in piedi tutti nello stesso momento; le celle sono fatiscenti e, nonostante la buona volontà dei detenuti, in condizioni igienico-sanitarie precarie; i detenuti usufruiscono di 4 ore d'aria al giorno e di conseguenza, passano 20 ore chiusi nelle condizioni sopra descritte, subendo - ad avviso della prima firmataria del presente atto trattamenti disumani e degradanti -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire civili condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Pistoia; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti, soprattutto per quanto riguarda le sezioni media sicurezza (piano terra) ed isolamento e transito;
cosa intenda fare - e in che tempi - per aumentare l'organico degli agenti penitenziari e degli psicologi presso il predetto istituto, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone ivi ristrette;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di lavoro, studio e fisica per non costringerli a subire i trattamenti disumani e degradanti insiti nel modo in cui si svolge di fatto la loro detenzione;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà offerta un'adeguata assistenza psicologica;
in che tempi intenda stanziare i fondi necessari alla manutenzione dell'istituto da tempo trascurata tanto da rendere invivibili sia i luoghi frequentati dai detenuti che la stessa caserma degli agenti;
in che modo si intenda intervenire nei confronti del detenuto sieropositivo da quattro mesi relegato nella sezione isolamento e transito perché respinto dagli altri detenuti;
se sia noto quando il sopracitato detenuto iracheno verrà sottoposto all'intervento chirurgico già programmato ma rinviato per via del trasferimento da Lucca a Pistoia;

se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-12744)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'8 febbraio 2006 il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza la legge n. 54 (cosiddetto affido condiviso), contenente disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento dei figli;
il principale enunciato di questa norma, in linea con la cultura dominante, in tema di famiglie separate, vigente nei Paesi dell'Unione europea, afferma che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale»;
il signor Fabrizio Adornato, maresciallo capo e vice comandante del comando stazione carabinieri di Ronco Scrivia (Genova), genitore separato di una bambina di cui avrebbe l'affidamento condiviso, per via di decisioni discutibili adottate dai tribunali non riesce più a condurre una vita normale e altissimo è il rischio di non potersi più relazionare adeguatamente con la propria figlia;
negli anni, i magistrati avrebbero emesso sentenze ad esclusiva tutela della figura materna, e stando a quanto pubblicamente sostiene il signor Adornato, avrebbero dato prova di accanimento giudiziario, perseguendo interessi personali e commettendo chiare omissioni in fase processuale;
così, dal 2001 lo stipendio del maresciallo Adornato è stato decurtato di una cifra pari a circa 500 euro, e dal mese di febbraio 2011 la decurtazione, per effetto di un pignoramento richiesto dalla ex moglie e incondizionatamente accolto dai giudici, è salita ad euro 820 mensili;
con i rimanenti 700 euro il maresciallo Adornato, in dispregio della documentazione da cui ben si evince la sua situazione reddituale, dovrebbe pagare l'affitto del nuovo immobile, la rata dell'autoveicolo, il vitto suo e della bambina, le utenze di luce, gas ed acqua, nonché condurre una pur minima vita sociale;
l'impossibilità di rispettare gli impegni economici, evidentemente superiori al reddito disponibile residuo, non consentirà al maresciallo Adornato di continuare a sostenere i costi di una abitazione e seguire la crescita della figlia in un ambiente familiare adeguato;
il maresciallo Adornato ha sporto denuncia nei confronti di tre pubblici ministeri di tre vice procuratori onorari della procura di Genova per omissione di atti d'ufficio ed interesse privato in atti di ufficio;
in relazione a tali esposti/querela, nonostante sia trascorso molto tempo, a quanto consta agli interroganti, non v'è ancora alcun riscontro da parte della magistratura competente;
tale stato di cose, inoltre, ha costretto il maresciallo Adornato ad un estenuante sciopero della fame che lo ha portato ad un grave stato di debilitazione fisica, e solo l'intervento di amici e persone che gli vogliono bene ha scongiurato peggiori conseguenze;
vicende come quella del maresciallo Adornato rappresentano, ad avviso degli interroganti, un danno per la collettività intera, per i figli e per tutti i familiari. Migliaia di cittadini italiani oggi versano nelle medesime condizioni del signor Adornato, non trovando alcuna tutela all'interno

di prassi giudiziarie che perseguono, in tal modo, l'interesse di un solo genere, discriminando l'altro;
la Repubblica italiana si basa sul principio dello Stato di diritto e del rispetto della legge -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa per rendere inequivocabili la necessità di bilanciamento tra i due generi nelle cause di separazione e affidamento dei figli.
(4-12746)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, all'articolo 32, commi da 2 a 7, prevede la revoca dei finanziamenti assegnati dal Cipe per le opere della «legge obiettivo» e non ancora attivati;
le risorse provenienti da tali revoche sono destinate alle opere della «legge obiettivo»;
l'asse alta velocità/alta capacità Torino-Milano-Venezia è inserito tra le opere della «legge obiettivo» ed è considerato elemento portante della rete ferroviaria italiana ai fini dell'incremento della quota modale del trasporto per ferrovia di passeggeri e merci;
la linea Verona-Venezia costituisce parte integrante della direttrice Lione-Torino-Milano-Venezia-Trieste-Lubiana e si inserisce così nella rete transeuropea ad alta velocità in costruzione, ponendosi quale componente fondamentale per lo sviluppo del V corridoio continentale di congiunzione lungo l'asse est-ovest;
il completamento di tale tratta garantisce il passaggio delle persone e delle merci dal nostro Paese ed evita una preferenza del passaggio a nord delle Alpi e l'esclusione del nostro territorio dai traffici internazionali;
il tratto rimasto ancora da completare è quello della Verona-Padova per il quale la progettazione è ancora a livello preliminare;
il completamento dell'opera è previsto per il 2016;
la prosecuzione delle attività è subordinata all'assegnazione da parte dello Stato delle risorse finanziarie necessarie, allo stato attuale non disponibili -:
se il Ministro interrogato, a seguito dell'individuazione dei finanziamenti revocati ai sensi dei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 32 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, intenda assumere iniziative dirette a garantire comunque l'assegnazione dei finanziamenti occorrenti per la progettazione e la prosecuzione della realizzazione di tutti i tratti dell'asse alta velocità/alta capacità Verona-Venezia.
(3-01763)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dagli ultimi episodi di cronaca, gli operatori del commissariato di Lamezia Terme sono costretti a svolgere la propria attività professionale in una situazione di emergenza e precarietà;
il recente omicidio del giovane Torcasio, avvenuto il 17 luglio 2011 per mano della criminalità organizzata locale, costituisce l'ennesima dimostrazione di quanto sia urgente una soluzione finalizzata alla tutela dell'incolumità degli abitanti della zona interessata;
una delegazione della segreteria provinciale catanzarese del Sindacato Indipendente di Polizia ha rilevato l'insufficiente organicità del personale di sicurezza, manifestando una significativa preoccupazione circa l'impossibilità di assicurare le azioni necessarie rientranti nelle normali funzioni di sicurezza locale;
ataviche sono le difficoltà del commissariato: una pianta organica del personale ridotta addirittura a quella prevista dal lontano 1989 (oggi sono presenti 90 operatori con un calo, tra trasferimenti e personale andato in pensione e mai sostituito, di oltre il 10 per cento), unitamente ad una squadra che si occupa di polizia giudiziaria composta da circa 10 persone;
le volanti presenti sul territorio dovrebbero essere due in città - già dimezzate per la quarta città della Calabria - ma a stento se ne riesce a garantire una sola;
oltre a Lamezia Terme il personale è impegnato su altri dieci comuni limitrofi alla città, con significativa insufficienza di mezzi di trasporto, attrezzature informatiche, linea adsl per il collegamento ad internet, ed è costretto a ore di straordinario eccessive e allo stesso tempo insufficienti a fronteggiare i numerosi episodi malavitosi (il monte ore dello straordinario è di 1.000 ore al mese, vale a dire mediamente circa 10 ore pro capite, che, ad esempio, con un solo intervento per omicidio si elimina in un'unica giornata -:
quali misure urgenti intenda adottare al riguardo, al fine di risolvere una situazione a dir poco «emergenziale», sia per la popolazione che per gli organi di polizia, attualmente impossibilitati a svolgere la propria funzione di pubblica sicurezza particolarmente gravosa per un'area geografica più volte sottoposta ad escalation criminali.
(5-05134)

BRESSA e RUBINATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la questura di Treviso, afflitta da una perdurante e gravissima carenza di organico, è oramai vicina al tracollo, nonostante il grandissimo impegno e la dedizione degli agenti in servizio e di chi attualmente vi opera per garantire la sicurezza dei cittadini e del territorio;
solo negli ultimi due anni l'organico, secondo i dati forniti in primo luogo dal sindacato Siap, ha subito una riduzione di quasi 30 elementi, oltre a tre funzionari nel ruolo direttivo. Si è inoltre registrato il mancato rinnovo del contratto di lavoro a favore di 10 lavoratori interinali, non più confermati dal Ministero dell'interno per la mancanza di fondi; dal lo gennaio 2011 ad oggi altri 17 elementi di vari ruoli hanno cessato il servizio;
la situazione appare particolarmente grave ove si consideri, secondo quanto confermato anche dal Silp/Cgil, che la questura può contare su soli cinque dirigenti/funzionari (ai quali si aggiunge il dirigente dell'unico commissariato distaccato, quello di Conegliano Veneto), chiamati ad un carico di lavoro e all'attribuzione

di competenze del tutto fuori linea rispetto alla normativa generale. In particolare, è assegnato un doppio incarico al dirigente della Digos particolarmente gravoso, visto che, seppure privo di un funzionario che lo coadiuvi nel proprio ufficio, dirige anche l'intero ufficio di gabinetto, rimasto anch'esso privo di qualsiasi funzionario; inoltre la sezione volanti, uno degli uffici principali di ogni questura, che gestisce il pronto intervento e amministra una percentuale considerevole dell'intero organico, da alcuni anni non vede al proprio vertice un funzionario ed è retta da un sostituto commissario; analoga sorte accomuna l'ufficio del personale e l'ufficio tecnico logistico, anch'essi privi di un funzionario dirigente;
per nulla migliore, anzi per molti versi decisamente peggiore, è la situazione per quanto riguarda tutto il restante personale, di ogni ruolo e qualifica, da quello operativo a quello addetto ad attività più amministrativa o tecnica: sulla base di una comparazione con i dati di Vicenza (realtà, tra quelle regionali, assai simile per composizione di popolazione, indici di criminalità e presenza di cittadini stranieri), la questura di Treviso ha 60 persone in meno;
appare del tutto fondata, pertanto, la denuncia del Siap secondo la quale in tale contesto, la questura non è in grado di assicurare un adeguato servizio di controllo del territorio attraverso almeno due equipaggi delle volanti, per la quale ragione il gestore ha annunciato ai sindacati la decisione di aggregare a tal fine, in modo provvisorio, tutto il personale impiegabile per ragioni di età e competenza professionale secondo una turnazione «equa» tutte le volte in cui l'ufficio prevenzione generale non sia in grado di garantire le due pattuglie per turno per mancanza di agenti; in conseguenza di tale decisione si riduce ulteriormente il personale in altri settori (squadra mobile, digos, ufficio immigrazione) con grave pregiudizio delle attività in delicati settori, quale quello investigativo;
inoltre una recente ordinanza del questore ha disposto con riferimento al corpo di guardia della nuova sede, in cui la questura si è trasferita da poco più di 4 mesi, il ripristino alla situazione in vigore nella precedente sede, per cui alla predetta funzione, nelle ore serali e notturne, è impiegato un solo dipendente, una condizione unica in tutta la regione (a Verona 4 o 5 addetti, a Venezia 3 o 5, Rovigo 2, a Padova 3), pur essendo state segnalate dai sindacati di polizia le evidenti criticità funzionali della nuova sede, collocata in sostanza in un «condominio», senza un rinforzo dell'organico adeguato a mantenere la sicurezza dello stabile;
in tali condizioni gli impieghi giornalieri dell'intera questura vengono gestiti ed elaborati da un unico ufficio servizi, all'interno del quale opera un solo dipendente (in teoria coadiuvato dall'ufficio servizi delle volanti), sul quale ricade una mole di compiti e di termini da rispettare che sta mettendo a dura prova la sua resistenza;
inoltre tutto ciò comporta che vi sono numerosi agenti, nell'ordine di decine di singole posizioni, che contano fino a 8-9 riposi da recuperare e quasi tutti debbono ancora fruire delle ferie del 2010. Inevitabilmente poi gli agenti si vedono negare la concessione del recupero del riposo, pena l'impossibilità di predisporre i necessari ed indispensabili servizi, non superando il bacino di personale al quale attingere per i servizi di ordine pubblico (sia feriale che festivo, per la moltitudine di manifestazioni di varia natura che caratterizzano la vivace provincia trevigiana) le 30 persone; per di più, da ultimo, viene riferito anche il taglio dei pagamenti per le ore di straordinario per la scarsità delle risorse a disposizione;
la situazione, già di emergenza, è destinata ad aggravarsi ulteriormente, visto che entro la fine dell'anno altri agenti andranno in quiescenza;
a ciò si aggiunge la problematica relativa all'aggregazione - per la temporanea sospensione dei voli all'aeroporto

Canova di Treviso per lavori di adeguamento e potenziamento - all'ufficio di polizia di frontiera di Venezia di un numero eccessivo di unità di polizia di frontiera di Treviso, compromettendo la funzionalità minima di quest'ultimo;
eppure una provincia con quasi 900 mila abitanti, caratterizzata da un tessuto produttivo molto diffuso costituito da moltissime piccole e medie imprese, da un elevato numero di stranieri regolarizzati (112.000 circa) e da un elevato numero di richieste di passaporti (circa 70.000), necessiterebbe di un organico adeguato a far fronte alle aumentate esigenze, mentre per garantire la presenza minima di due pattuglie si deve ridurre il personale in altri settori. Anche il posto di polizia dell'ospedale è rimasto quasi privo di tutto l'organico, ovvero di ben quattro elementi che erano in servizio due anni fa;
la situazione della questura di Treviso è stata oggetto di due lettere al Ministro degli interni, rispettivamente del 15 dicembre 2009 e del 23 settembre 2010, con le quali l'onorevole Simonetta Rubinato chiedeva di conoscere quali iniziative intendesse assumere il Ministro dell'interno a tal riguardo, anche alla luce delle annunciate assunzioni di oltre 4.000 tra carabinieri e poliziotti: le lettere tuttavia sono rimaste ad oggi senza riscontro;
nell'ultima tornata di trasferimenti di personale della polizia a Treviso sono giunti solo 2 operatori, mentre, per fare un confronto con una realtà provinciale analoga, a Varese ne sono stati inviati 29 e nel mese di aprile dieci operatori aggregati sono stati richiamati dall'amministrazione e destinati ad altri compiti, per cui si ha l'impressione che la provincia di Treviso sia considerata dal Ministero dell'interno, sotto questo profilo meno importante di altre -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire con urgenza, predisponendo misure atte ad adeguare l'organico della questura di Treviso agli effettivi bisogni di sicurezza del territorio e dei cittadini ed ad assicurare più decorose e sostenibili condizioni di lavoro per gli operatori addetti.
(5-05135)

FAVIA e ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'escalation degli episodi di violenza registrati nella città di Bari sta provocando gravi problemi di pubblica sicurezza sul territorio. Lo stesso Sottosegretario per l'interno Alfredo Mantovano ha dichiarato che «a Bari la situazione è seria, desta allarme nella popolazione [...]» (Corriere del Mezzogiorno.it);
in questo allarmante contesto, il prefetto assume fondamentale rilevanza perché è l'organo rappresentante del Governo in grado di coordinare a livello regionale la lotta alla criminalità organizzata;
nel mese di febbraio 2011 il prefetto di Bari Carlo Schilardi, dopo più di cinque anni di intensa attività, ha lasciato l'ufficio territoriale per andare a ricoprire l'incarico di consigliere di Stato presso il Consiglio dei ministri;
un mese dopo il Sottosegretario per l'interno Alfredo Muovano ha annunciato la nomina del successore di Schilardinella in persona del dottor Antonio Nunziante, già prefetto di Foggia;
più precisamente, il 25 marzo 2011 il Sottosegretario ha affermato che la suddetta nomina sarebbe stata formalizzata nel Consiglio dei ministri immediatamente successivo alla sua dichiarazione;
ad oggi, la carica di prefetto è ancora vacante e l'attività ordinaria di pubblica sicurezza è assolutamente insufficiente ad arginare il crescente fenomeno di criminalità che sta profondamente turbando il territorio barese -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di provvedere alla nomina del nuovo prefetto di Bari, e quali siano le cause della mancata ufficializzazione del dottor Antonio Nunziante in occasione delle sedute del Consiglio dei ministri convocate in data successiva alla dichiarazione del Sottosegretario Alfredo Mantovano citata in premessa.
(5-05136)

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 15 luglio 2011, il consigliere regionale del Pdl Alberico Gambino, eletto nel maggio 2007 sindaco del comune di Pagani, provincia di Salerno, poi dimessosi per incompatibilità con la carica regionale, è stato arrestato, insieme ad altre sei persone, dai carabinieri del comando provinciale di Salerno, nel corso di un'operazione coordinata dalla procura della Repubblica, con le accuse di concussione ed associazione per delinquere finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso;
insieme con Gambino sono stati arrestati, tra gli altri, un consigliere comunale del Pdl (Giuseppe Santini), un architetto dell'ufficio tecnico del comune di Pagani (Giovanni De Palma), il dirigente del consorzio di bacino Salerno 1 (Michele Petrosino D'Auria, figlio del boss di camorra detenuto Gioacchino Petrosino D'Auria);
Gambino e gli altri, secondo l'accusa, avrebbero creato un sistema che, con la complicità di politici locali e di livello regionale, gli consentiva di gestire la pubblica amministrazione per controllare le principali attività economiche e imprenditoriali della zona ottenendo finanziamenti alla campagna elettorale, assunzioni pilotate, affidamento di appalti a ditte di fiducia e sponsorizzazioni alla squadra di calcio;
incastrare Gambino e gli altri sarebbero state le rivelazioni di alcuni imprenditori, stretti nella morsa di continui ricatti e intimidazioni che il gip di Salerno Gaetano Sgroia non ha esitato a definire, nella sua ordinanza, di estrema gravità e pericolosità;
a Pagani, scrive il giudice Sgroia, «il dissenso praticamente non esiste più, compresso dalle intimidazioni e dalle minacce che un cartello camorristico è riuscito a portare ad ogni livello della vita pubblica e imprenditoriale»;
Gambino, è emerso dalle indagini, avrebbe preso parte anche alla cena organizzata da un pregiudicato per festeggiare l'assoluzione ottenuta dall'accusa di estorsione aggravata dalla finalità mafiosa. Episodio che secondo il giudice appare «indicativo del grado di connessione esistente tra camorra e politica» nel territorio di Pagani;
negli atti si fa inoltre riferimento alla vicenda di un immobile lasciato da una famiglia al comune di Pagani al fine di istituirvi una borsa di studio, ma di fatto occupato dai fratelli D'Auria Petrosino, risultati inadempienti da anni nel pagamento dei relativi tributi; sentito agli inizi di luglio un dipendente dell'amministrazione ha spiegato di aver attivato la procedura per chiedere i pagamenti; «Il sindaco mi chiese conto di tale attività - ha dichiarato il teste secondo quanto scritto nell'ordinanza - e senza mezzi termini mi fece comprendere che non avrei dovuto proseguire in quanto per i fratelli D'Auria era lui che rispondeva di persona. Mi spiegò che erano "cosa sua" e che di tale questione assumeva lui in prima persona tutte le responsabilità di legge»;
Gambino è considerato l'uomo forte del Pdl a Pagani e in parte della provincia di Salerno. È stato eletto primo cittadino di Pagani nel maggio 2002, poi consigliere provinciale di Salerno nel giugno 2004, poi di nuovo sindaco di Pagani, con un larghissimo consenso (più di 17mila voti), nel 2007, infine consigliere regionale nel 2010;
nel 2005 finì al centro di un'indagine avviata dalla procura di Nocera Inferiore per far luce su spese comunali non rispondenti a ragioni d'ufficio. Gambino fu indagato per il reato di peculato, accusato di aver fatto un uso improprio della carta di credito comunale in relazione a una somma complessiva di oltre ventimila euro, tra cene, feste e spostamenti vari. In primo grado, in sede di giudizio abbreviato, fu condannato a un anno e sei mesi con pena sospesa. La sentenza fu confermata in secondo grado. In seguito a tale condanna Gambino è stato sospeso per

diciotto mesi dalla carica di sindaco di Pagani; analoga sospensione è intercorsa per la carica di consigliere regionale; di recente, però, la condanna è stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione e Gambino è rientrato tra i banchi del consiglio regionale mentre ha lasciato, per incompatibilità, la carica di sindaco di Pagani -:
se non ritenga urgente e indispensabile, alla luce di quanto sopra esposto, disporre l'accesso, con le modalità previste dalla normativa vigente, presso il comune di Pagani (Salerno) per acquisire dati, documenti e notizie in merito ai fatti sopra riferiti e per accertare se nell'ambito dell'apparato politico-amministrativo, emergano elementi su collegamenti, diretti e indiretti, con la criminalità organizzata ovvero sussistano forme di condizionamento degli amministratori che possano compromettere la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale.
(4-12745)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

NUNZIO FRANCESCO TESTA, GALLETTI, PEZZOTTA, LIBÈ, DE POLI, POLI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Alenia aeronautica s.p.a., facente parte della holding italiana Finmeccanica, è un'azienda che vanta una leadership mondiale quanto alla progettazione, realizzazione, certificazione e supporto di velivoli di impiego sia civile che militare;
oltre a rappresentare un motivo di orgoglio nazionale, l'Alenia aeronautica s.p.a. garantisce la diretta occupazione di oltre 10.000 lavoratori su tutto il territorio italiano, nonché l'impiego di un numero decisamente superiore di lavoratori nelle aziende dell'indotto ad essa inerente;
la filiera aeronautica e spaziale ha nell'area metropolitana di Napoli uno dei suoi poli di eccellenza ed impiega nei soli quattro stabilimenti di Pomigliano d'Arco, Casoria, Capodichino e Nola circa 5000 persone;
nel mese di luglio del 2009, la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha accordato un prestito di 500 milioni di euro al gruppo Finmeccanica, in particolare all'Alenia aeronautica s.p.a., allo scopo di supportare il ruolo industriale di Finmeccanica nelle regioni meridionali;
detto finanziamento, come spiegato dalla Banca europea per gli investimenti, è stato concesso sulla base di due criteri di attività della banca stessa: il finanziamento di attività di ricerca e sviluppo e la destinazione di risorse all'ampliamento dei siti produttivi localizzati in Campania (Pomigliano d'Arco) e Puglia (Foggia e Grottaglie), regioni italiane entrambe localizzate in zona di convergenza secondo i parametri comunitari;
il 10 novembre 2010, in un'audizione alla 10a Commissione permanente industria, commercio, turismo al Senato della repubblica, l'amministratore delegato dell'Alenia aeronautica s.p.a., dottor Giuseppe Giordo, nell'illustrare il piano strategico aziendale, ha sottolineato l'attenzione e l'interesse della società alle sole due regioni della Puglia e del Veneto;
il dottor Giordo, ha, altresì, genericamente dichiarato che per la Campania è, invece, prevista una riduzione dell'attività manifatturiera in favore di un'attività di tipo «ingegneristico»;
ad oggi, sussiste uno stato di assoluta incertezza e preoccupazione, peraltro aggravato dalle dichiarazioni dell'amministratore delegato, sul futuro degli stabilimenti partenopei, non avendo i vertici aziendali presentato un chiaro piano industriale,

né assegnato una nuova missione produttiva all'industria aeronautica campana;
i dati Istat sull'occupazione hanno ulteriormente evidenziato che il gap Nord-Sud sta continuando a crescere e che l'ultima impennata della disoccupazione riguarda soprattutto le aree più deboli e, quindi, quelle meridionali, con effetti dirompenti sul territorio campano -:
se non ritenga di adottare urgenti iniziative volte a favorire la salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti Alenia localizzati nella regione Campania, già oggetto di tensioni sociali per la nota vicenda Fiat di Pomigliano d'Arco e che non può, pertanto, essere ulteriormente penalizzata.
(3-01759)

BALDELLI e CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
gli ultimi dati pubblicati dall'Istat il 1o luglio 2011 comunicano la sostanziale stabilizzazione della disoccupazione giovanile su tassi superiori al 28 per cento (28,9 per cento nello specifico), oltre 20 punti percentuali oltre il tasso di disoccupazione nazionale (sceso all'8,1 per cento);
sono ancora superiori alla media europea i dati italiani relativo alla dispersione e all'abbandono scolastico;
sempre più frequentemente organi di stampa e istituti di ricerca segnalano l'anomalia italiana dell'inattività giovanile, riassunta nel censimento di oltre 2 milioni di cosiddetti neet (not in education, employment or training), giovani fra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione, aumentati, secondo l'Istat, di 134 mila unità nel 2010, fino a rappresentare il 22,1 per cento della popolazione di riferimento;
la prima rilevazione trimestrale su base provinciale del sistema informativo Excelsior pubblicata da Unioncamere nel mese di luglio 2011 ha stimato in 162.600 le assunzioni che le imprese italiane hanno programmato di effettuare tra luglio e settembre 2011, quasi 23.000 in più dello stesso periodo del 2010. Sarebbero di difficile reperimento circa il 19,5 per cento delle assunzioni non stagionali e oltre 64.000 posizioni sarebbero dedicate a giovani, che le imprese trovano con fatica;
il Ministro interrogato ha annunciato la riforma del contratto di apprendistato, presentata in Consiglio dei ministri e discussa con regioni e parti sociali -:
quali siano le iniziative intraprese per contrastare la persistente disoccupazione giovanile e favorire l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e quali siano i tempi e i contenuti della annunciata riforma del contratto di apprendistato.
(3-01760)

...

RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:

D'ANTONI, VICO, MARAN, BOCCIA, QUARTIANI e GIACHETTI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
nell'estate 2009 il Governo dava inizio a una campagna di comunicazione incentrata sul «varo imminente di un grande piano Berlusconi» avente per oggetto il rilancio delle zone deboli del Mezzogiorno. Sotto i riflettori dei principali media nazionali, nell'agosto 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri assumeva direttamente il controllo dell'operazione, dichiarando che «occorre concepire l'intervento straordinario come un grande new deal rooseveltiano». Negli Stati Uniti, sottolineava in quella circostanza Berlusconi, «gli squilibri territoriali furono rimossi attraverso un'agenzia di livello federale,

non dei singoli Stati. Anche nel nostro caso il ruolo di guida non può essere che del Premier»;
a tali dichiarazioni si aggiungevano poche settimane dopo quelle dell'allora Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola, secondo cui «con il piano Berlusconi per il Mezzogiorno che presenteremo nei prossimi giorni ci impegneremo per fare del Sud un ambiente più favorevole all'impresa, con una pubblica amministrazione più efficiente, una più ricca dotazione infrastrutturale, maggiore sicurezza e legalità»;
a tali annunci non è seguito alcunché fino al 26 novembre 2010, quando il Consiglio dei ministri ha licenziato, con grande clamore mediatico, un documento programmatico denominato «piano per il Sud». Una lista di titoli largamente sovrapponibile alle 10 priorità previste dal quadro strategico nazionale, in cui, però, mai si identificano i progetti specifici che si intendono finanziare. Nel piano mancano totalmente le modalità di trasposizione delle priorità in un reale programma operativo. La genericità regna sovrana, in quanto manca l'individuazione delle linee d'azione, delle risorse e dei risultati attesi, così da poter verificare la realizzazione delle varie fasi;
a tale documento programmatico si accostava un decreto di rimodulazione dei fondi esistenti. I roboanti annunci circa i «100 miliardi stanziati per il Sud» nascondono una realtà ben diversa. Il decreto non prevede un euro di risorse aggiuntive, limitandosi a riorganizzare le varie dotazioni e inferendo persino un nuovo taglio a danno delle aree sottoutilizzate. Il Governo decurta, infatti, 5 miliardi di euro dal fondo per le aree sottoutilizzate, 2,9 dalla dotazione regionale e 2,1 da quella nazionale;
sommando tutte le voci presenti in questa riallocazione ci si rende conto, inoltre, dei tagli inflitti alle risorse del Mezzogiorno in questi tre anni. Sul versante dei fondi nazionali, il Governo rastrella circa 35 miliardi di euro in gran parte dalla dotazione regionale del fondo per le aree sottoutilizzate. A questa quota, l'Esecutivo tenta, poi, di aggiungere i 40 miliardi di euro di fondi strutturali europei, 20 dei quali sono ancora una volta di competenza regionale. Anche volendo sommare tutte queste componenti, si arriva, quindi, a una riallocazione da 75 miliardi di euro. Quasi la metà dei 120 stanziati dal precedente Governo;
una dura critica ai decreti di novembre 2010 è arrivata anche dalla Commissione europea. In una missiva inviata ai Ministri competenti, il Commissario alle politiche regionali Johannes Hahn ha rilevato, tra l'altro, che sostanzialmente il provvedimento licenziato dal Governo difetta della pur minima concretezza realizzativa e non prevede risorse aggiuntive;
di quello che doveva essere il provvedimento qualificante del Governo sul piano per il Sud rimane, dunque, solo una tabella di marcia, peraltro già ampiamente disattesa. Il 2 febbraio 2011 il Ministro interrogato, rispondendo ad un analogo atto di sindacato ispettivo, affermava che «nel mese di febbraio il Governo proporrà i primi atti concreti, rispettando la tabella di marcia indicata nell'approvazione del piano nei mesi scorsi»;
sollecitato dalle critiche europee e incalzato dai più recenti sviluppi politici, nel corso dell'informativa resa alla Camera dei deputati il 22 giugno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di voler assumere su di sé la responsabilità del piano, forse immemore di aver reso la stessa identica dichiarazione nel luglio del 2009;
nonostante l'impegno assunto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel solenne contesto del Parlamento, le ragioni del piano per il Sud non hanno trovato spazio in alcuno dei decreti economici varati del Governo. In particolare, non se ne trova traccia all'interno del cosiddetto decreto sviluppo, né tra le pagine della manovra di bilancio appena approvata dal Parlamento. Che anzi integra misure gravemente antisociali e colpisce,

in particolare, i ceti e le aree più deboli, come l'introduzione universale del ticket sanitario;
si chiude così un cerchio aperto due anni fa dagli stessi proclami del Presidente del Consiglio dei ministri. Gli interroganti rilevano con preoccupazione che da allora nulla di concreto è stato fatto. Al contrario, si è proceduto al drenaggio di ulteriori risorse dalla dotazione nazionale destinata alla convergenza del Mezzogiorno. Senza alcun riguardo né per il vincolo di assegnazione dei fondi al Sud, né per il criterio di assegnazione in conto capitale, il fondo per le aree sottoutilizzate è stato impiegato in questi anni per coprire ogni ordine di spesa nazionale;
intanto, nei due anni passati, le condizioni sociali ed economiche del Mezzogiorno sono ulteriormente peggiorate. Secondo elaborazioni Svimez, nel biennio 2009-2011 la contrazione dell'occupazione nelle regioni meridionali è stata di intensità tripla rispetto al Centro-Nord. In tutti i comparti la flessione produttiva del Sud è stata maggiore di quella del Centro-Nord. Il prodotto interno lordo pro capite del Sud risulta inchiodato al 58,8 per cento di quello del Centro-Nord, percentuale simile a quella di 30 anni fa e peggiore di quella degli inizi degli anni '80. Il programma nazionale di riforma (pnr) indica come il tasso di occupazione meridionale sia strutturalmente più basso del Centro-Nord di circa 20 punti percentuali, attestandosi al 45 per cento;
sul versante sociale, secondo i dati diffusi recentemente dall'Istat, il 49 per cento delle famiglie in stato di povertà assoluta vive nelle regioni del Mezzogiorno, che ospitano tuttavia solo un terzo della popolazione italiana. Nel suo ultimo rapporto la Caritas conferma che la povertà è un fenomeno che riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove le famiglie sono mediamente più numerose e tendenzialmente monoreddito -:
se intenda spiegare che fine abbia fatto il progetto del piano per il Sud, dal momento che a due anni dal primo annuncio si è ancora al punto di partenza, chiarendo l'esatto stato di salute del fondo per le aree sottoutilizzate e provando il rispetto dei vincoli territoriali imposti dall'utilizzo della dotazione nazionale, con particolare riferimento al fondo infrastrutture e al fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale.
(3-01758)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, BRANDOLINI, OLIVERIO, SERVODIO, AGOSTINI, ZUCCHI, TRAPPOLINO e SANI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Italia sono attualmente presenti 50.000 apicoltori con 1,1 milioni di alveari, per un fatturato complessivo di 60 milioni di euro che arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all'agricoltura;
a seguito della moria di api verificatasi nell'anno 2008 che ha messo in crisi l'intero comparto apistico nazionale sono state intraprese numerose e diversificate iniziative, a livello istituzionale, per comprendere la causa di tale fenomeno;
uno specifico monitoraggio è stato predisposto, nel 2009, dal progetto «Apenet» coordinato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali: i risultati dell'indagine (supportata da studi specifici realizzato da centri di ricerca come l'università di Padova, l'università di Bologna e l'Ispra) hanno evidenziato che una delle maggiori cause della moria di api era da attribuirsi all'impiego dei neonicotinoidi nella concia delle sementi di mais;
numerosi e prestigiosi studi e ricerche effettuate a livello mondiale hanno rilevato una connessione tra la mortalità

delle api e l'utilizzo dei neonicotinoidi nella concia delle sementi di mais. La Francia, la Germania e recentemente la Slovenia hanno vietato l'impiego di tali sostanze;
l'utilizzo dei neonicotinoidi è inoltre una delle cause principali della morte di tutte le specie di insetti impollinatori: con conseguenze quindi che si ripercuotono sulla quantità e qualità delle produzioni agricole e sulla fertilità dei suoli;
la moria di api è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi atti di sindacato ispettivo, di denunce delle associazioni di categoria e di iniziativa da parte di molte regioni;
al tempo stesso la direttiva 2010/21/UE (recepita con il decreto ministeriale del 15 ottobre 2010) ha imposto agli Stati membri di definire ulteriori disposizioni, comprese misure di attenuazione dei rischi per gli organismi non bersaglio, con particolare riferimento alle api da miele, e di verificarne la reale fattibilità, con precipuo riguardo alle modalità di preparazione delle sementi e delle attrezzature impiegate per la semina, al fine di garantire un elevato grado di incorporazione del seme nel suolo e di ridurre ai minimo le perdite ed il rilascio di polveri;
il Ministero della salute, a seguito di tali indicazioni, ha emesso, il 17 settembre 2008, un decreto dirigenziale relativo alla «Sospensione cautelativa dell'autorizzazione di impiego per la concia di sementi dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290»; tale sospensione è stata prorogata successivamente fino al 30 giugno 2011 dal decreto dirigenziale 16 settembre 2010;
la sospensione cautelativa ha contrastato in maniera efficace la moria di api: negli anni 2009, 2010 e 2011 è stato infatti registrato un netto miglioramento dello stato di salute e dei livelli di produttività degli allevamenti apistici. Al tempo stesso il divieto dell'utilizzo dei neonicotinoidi nella concia delle sementi di mais non avrebbe comportato danni a tali produzioni;
le associazioni di categoria hanno richiesto conseguentemente che l'utilizzo dei neonicotinoidi fosse quindi sospeso definitivamente anche nel nostro Paese;
tale richiesta sembrava essere condivisa dallo stesso Ministero della salute. In merito alla proroga dei divieto di impiego dei neonicotinoidi in agricoltura da parte della Commissione consultiva fitofarmaci del Ministero della salute, il Sottosegretario alla salute, onorevole Francesca Martini, ha infatti dichiarato a mezzo stampa martedì 21 giugno: «esprimo la mia soddisfazione per la proroga cautelativa del divieto dell'impiego dei neonicotinoidi per la concia delle sementi a causa dei suoi possibili effetti negativi sulla salute delle api. Detto divieto, ispirato al principio di precauzione ed alla salvaguardia dell'apicoltura italiana, è valido fino al 31 dicembre di quest'anno. Auspico che entro quella data vengano prodotti dati scientifici condivisi con le Regioni e con le Associazioni dei produttori per arrivare ad una valutazione congiunta che porti ad una posizione definitiva sulla questione che tuteli tutte le produzioni agricole»;
la data indicata dal Sottosegretario alla salute, onorevole Francesca Martini, è stata smentita dal decreto direttoriale del 28 giugno 2011 che ha prorogato la sospensione cautelativa, non al 31 dicembre ma al 31 ottobre 2011. Tale decreto motivava inoltre la sospensione con la necessità di dover esaminare approfonditamente i risultati del progetto «Apenet» relativi alla tematica «Effetti del mais conciato sulle Api - anno 2011» (elaborato dal Cra - Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), di «prendere in considerazione gli studi ed i monitoraggi condotti negli altri paesi europei, attualmente non disponibili agli atti della Direzione generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione» e di «acquisire il parere delle regioni più direttamente

coinvolte nella produzione maidicola nonché i dati degli eventuali monitoraggi effettuati dalle medesime»;
questa decisione sta causando un giustificato allarmismo da parte di tutte le associazioni di categoria in quanto la data del 31 ottobre 2011, qualora non venisse prorogata la sospensiva in atto, può permettere alle aziende agricole di poter utilizzare l'impiego dei neonicotinoidi per le semine autunnali. Risulta quindi evidente come tale possibilità (alla luce degli studi e dei monitoraggi fino ad oggi effettuati in campo nazionale ed internazionale) rappresenti un reale pericolo per l'intero settore apistico italiano -:
per quale motivo, alla luce di quanto esposto in premessa, la sospensiva inizialmente annunciata fino al 31 dicembre 2011 dal Sottosegretario alla salute Francesca Martini sia stata prorogata soltanto fino al 31 ottobre 2011;
se non ritenga opportuno assumere provvedimenti urgenti per tutelare il comparto apistico nazionale a partire dall'estensione della sospensiva fino al 31 dicembre 2011 per escludere almeno l'utilizzo dei neonicotinoidi per le semine autunnali;
se non ritenga opportuno salvaguardare con efficacia e continuità il comparto apistico nazionale (e conseguentemente le specie di insetti impollinatori che rappresentano un soggetto vitale per la produzione agricola nazionale), introducendo anche in Italia il divieto assoluto dell'impiego dei neonicotinoidi per la concia delle sementi.
(5-05133)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, ANIELLO FORMISANO, PALAGIANO, BARBATO e PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Irisbus è un'azienda controllata al 100 per cento da Iveco, e quindi dal gruppo Fiat industrial. Tale azienda si è creata nel 1999 per fusione della divisione autobus di Renault con la divisione autobus europea dell'Iveco e con l'acquisizione di Ikarus-bus sul finire del 1999;
dal 2001 la società è interamente controllata dal gruppo Fiat Iveco ed è divenuta oggi il secondo produttore mondiale di autobus dopo la Daimler, che controlla i marchi Mercedes-Benz, Setra ed Orion. Recentemente la Ikarus è uscita dal gruppo, in compenso Irisbus ha acquisito la ditta della Repubblica ceca Karosa. Irisbus ha l'intera proprietà del costruttore francese Heuliez. L'Irisbus costruisce non solo autobus di linea e da turismo, ma anche filobus di nuova concezione;
la Fiat Iveco nei giorni scorsi ha comunicato che dal 1o ottobre 2011 la Irisbus Italia spa lascerà lo stabilimento in Valle Ufita (Avellino) ed ha annunciato che sono in corso contatti per la cessione del ramo d'azienda alla società DR group;
nello stabilimento di Grottaminarda lavorano direttamente 700 lavoratori e molti di più nell'indotto che tra il 19 e il 20 luglio 2011 saranno messi tutti in cassa integrazione;
questa operazione appare agli interroganti simile a tante altre fatte da Fiat per liberarsi di centinaia di lavoratori, addossando, di fatto, le responsabilità su altri. Mentre in tutta Europa vi è la ricerca di prodotti per il trasporto pubblico a minore impatto ambientale, in Italia la Fiat chiude l'unico stabilimento che costruisce autobus e concentra le proprie produzioni in Francia e Repubblica ceca. È inaccettabile secondo gli interroganti il comportamento della Fiat nel nostro Paese;
da quando Marchionne ha annunciato il progetto Fabbrica Italia, con investimenti per 20 miliardi di euro, i risultati sono: cassa integrazione a Pomigliano, cassa integrazione a Mirafiori, cassa integrazione alla Bertone, cassa integrazione

in Iveco, chiusura di Termini Imprese e di uno stabilimento di Cnh e oggi vendita di Irisbus;
i ripetuti tagli alle risorse delle autonomie locali, inoltre, pesano sui trasporti pubblici locali e hanno provocato una riduzione delle commesse, a dimostrazione - secondo gli interroganti - della visione miope che ha ispirato le manovre di finanza pubblica di questo Governo, manovre che hanno ridotto in maniera non selettiva le spese e che non si sono conformate ad un modello di sviluppo più rispettoso dell'ambiente e che privilegi la mobilità collettiva rispetto a quella individuale;
in provincia di Avellino la situazione occupazionale è pesante: si contano ben 80 mila disoccupati, che rappresentano circa il 35 per cento della popolazione attiva. La chiusura del citato stabilimento aggraverebbe tale difficile situazione;
in nessun Paese europeo la Fiat potrebbe permettersi quello che sta facendo in Italia. La differenza è che in Francia, in Germania, perfino in Polonia esiste un Governo che fa politica industriale. In Italia - a parere degli interroganti - questo non accade. La fuoriuscita dell'azienda dal perimetro Fiat avrebbe come conseguenza un drastico ridimensionamento dello stabilimento dal punto di vista occupazionale e il prezzo da pagare sarebbe altissimo e insostenibile per tutto il tessuto economico e sociale della regione;
il 15 luglio 2011 più di duemila persone, con la partecipazione degli amministratori locali, sono scese in piazza contro la chiusura dello stabilimento Irisbus di Grottaminarda, rallentando il traffico automobilistico sull'autostrada Napoli-Bari in entrambi i sensi;
il Ministero dello sviluppo economico ha convocato per il 20 luglio 2011 Fiat industrial spa ed i sindacati nazionali dei metalmeccanici;
la Fiat deve spiegare le strategie del gruppo a fronte di tutte le risorse pubbliche che ha ricevuto e che riceve, posto che, ad avviso degli interroganti, tale gruppo industriale persegue una politica di svendita del patrimonio industriale nazionale -:
quali iniziative il Governo intenda mettere in campo al fine di conoscere il piano industriale, le garanzie occupazionali e le risorse messe a disposizione dal nuovo acquirente ed affinché la Fiat mantenga comunque vincoli e garanzie, soprattutto in un territorio come quello della provincia di Avellino, che sarebbe devastato da una crisi o peggio ancora dalla chiusura dello stabilimento Irisbus.
(3-01762)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BIASOTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la fase di switch-off che riguarda la regione Liguria s'ipotizza possa diventare operativa dal prossimo 10 ottobre fino al 4 novembre 2011;
le province liguri che hanno iniziato una serie di incontri per verificare le fasi del passaggio al digitale terrestre hanno riscontrato alcune criticità cui potrebbero derivare evidenti problemi di natura tecnica, in quanto la Liguria risulta essere la Regione con il maggior numero di impianti da aggiornare;
gli ostacoli evidenziati dipendono da tre fattori base quali: l'orografia complessa del territorio, i ripetitori non del tutto adeguati e la percentuale molto alta di popolazione anziana direttamente interessata dalla transizione alla televisione digitale;
non si conoscono attualmente le date precise del passaggio che saranno diverse da comune a comune;
le maggiori problematiche, a giudizio dell'interrogante, sarebbero riconducibili per quegli enti locali dell'entroterra, che rischierebbero la mancanza di fornitura di

energia elettrica, le cui conseguenze risulterebbero negative e penalizzanti;
le emittenti più a rischio inoltre, sarebbero quelle locali private, che risultano essere, tra l'altro, quelle maggiormente seguite dalla comunità anziana delle aree interessate, il cui numero risulta essere approssimativamente diciotto;
per le suesposte emittenti locali private, si teme fra l'altro, una maggiore esposizione finanziaria dovuta ai costi di adeguamento, nonché il pericolo che non vi sia sufficiente spazio per soddisfare tutte sulle frequenze disponibili;
ulteriore fonte di preoccupazione per gli operatori del settore è rappresentata dall'eventualità di interferenze dannose, causate dalle regioni confinanti e da quelle della vicina Francia -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e conseguentemente quali iniziative nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere al fine di evitare la possibile interruzione di fornitura di energia elettrica per quelle comunità locali ligure interessate dalla fase di transizione dello swich-off e definire conseguentemente il passaggio al digitale terrestre nella maniera più agevole possibile, per le aree interessate dal fenomeno della regione Liguria.
(5-05132)

TRAPPOLINO e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la trattativa in corso tra LyondellBasell e Novamont per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, dello stabilimento di produzione di polipropilene di Terni di proprietà della multinazionale olandese è giunta ad un punto di delicata criticità. Così come comunicato dalla stampa e dalle istituzioni ternane e umbre, LyondellBasell avrebbe richiesto per la vendita dello stabilimento ternano dedicato alla produzione di polipropilene 120 milioni di euro. L'entità della cifra risulterebbe del tutto fuori misura sia in relazione al valore attuale degli impianti (fermi da un anno e con dotazioni tecnologiche obsolete) sia rispetto all'offerta avanzata da Novamont;
le produzioni di polipropilene costituiscono la fondamentale materia prima delle altre attività industriali di trasformazione presenti all'interno del polo chimico ternano su cui sono impegnati oltre mille addetti. Il piano industriale di Novamont relativamente allo stabilimento di Terni prevede la realizzazione di un ciclo di produzioni chimiche ecosostenibili («chimica verde») che rappresenta senz'altro uno dei principali driver per il rilancio su filiere di forte innovazione nell'intero comparto chimico nazionale;
in tal senso, non si ritengono né praticabili né auspicabili soluzioni differenti da quella di un rilancio industriale del polo chimico attraverso le opportunità offerte dalla «green economy»;
il trasferimento di 97 dipendenti della LyondellBasell di Terni negli stabilimenti di Ferrara, ai quali va la solidarietà degli interroganti, segnala il perdurare di un clima di incertezza e la necessità, da parte del Governo, di seguire e affrontare, con particolare sollecitudine, il percorso della trattativa tra le due imprese, posto che l'esito della stessa determinerà il permanere di un polo chimico industriale a Terni e la possibilità del rilancio del comparto chimico nazionale basato su produzioni sostenibili, innovative, in grado di non disperdere e valorizzare un prezioso know-how accumulato dal dopoguerra ad oggi;
il piano industriale di Novamont, per la qualità del progetto, la sostenibilità ambientale e i contenuti tecnico-scientifici, non deve e non può essere concepito al pari di un'operazione di «salvataggio industriale»; piuttosto, si candida a diventare una delle più interessanti e innovative esperienze italiane nel settore della «green

economy» e delle bioplastiche. Si tratta di un piano la cui realizzazione potrebbe consentire al nostro Paese di riacquisire un primato in un settore della chimica a rapido e incrementale sviluppo -:
se il Governo, a fronte delle complessità evidenziata dai progetti destinati al rilancio del polo chimico ternano e del valore strategico rappresentato dalla realizzazione di un innovativo polo della chimica verde ai fini di un rafforzamento dell'industria nazionale, intenda attivare, all'interno di una cornice di sistema, le iniziative normative, così come indicato dalle istituzioni umbre, più adeguate al caso ternano.
(5-05137)

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Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Cazzola ed altri n. 1-00690, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Fedriga e altri n. 7-00625, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crosio.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Grimoldi e Comaroli n. 5-04551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Goisis.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Nunzio Francesco Testa n. 3-01618 del 27 aprile 2011.
interrogazione a risposta in Commissione Rubinato n. 5-05029 del 30 giugno 2011.