XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 18 luglio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la possibilità di praticare qualsiasi confessione religiosa - e quindi anche quella cattolica - in Cina è ostacolata dalle autorità, nonostante la Costituzione cinese garantisca la libertà religiosa. In occasione delle recenti celebrazioni organizzate dalla conferenza dei vescovi di Cina e dall'Associazione cattolica patriottica per il 50o anniversario dall'avvio della politica nazionale delle nomine dei vescovi «patriottici» (cioè nominati sotto il controllo del Governo centrale), i cattolici cinesi sono stati richiamati a proseguire nella politica di indipendenza da Roma, mentre al Vaticano è stato rivolto l'invito a non interferire negli affari interni cinesi, con particolare riguardo alla nomina dei vescovi, come condizione per il ristabilimento dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Pechino;
i cristiani in Cina sono divisi tra «ufficiali» appartenenti alle chiese sotto tutela del Partito comunista cinese (23 milioni secondo Pechino) e i fedeli alle «Chiese del silenzio» clandestine, stimati in 50 milioni; i cattolici ufficiali, stimati in 5,7 milioni, e i cattolici non ufficiali-clandestini, stimati in circa 9 milioni, sono in costante crescita: oltre 100.000 persone l'anno, nel corso degli ultimi sei anni, si sono convertite. Per i cattolici non è possibile individuare una separazione netta tra fedeli obbedienti alle direttive delle autorità cinesi e clandestini, in quanto questa condizione è dettata dall'atteggiamento di volta in volta conciliatorio o repressivo delle autorità;
prima del 2010 le ultime ordinazioni di vescovi senza consenso del Vaticano erano avvenute nel 2006; nel giugno 2007 Sua Santità Benedetto XVI ha inviato una lettera ai cristiani cinesi tesa alla riconciliazione ed al superamento della divisione tra comunità cattoliche ufficiali e clandestine; nello stesso scritto tuttavia ha definito l'attività e la natura dell'Associazione cattolica patriottica «inconciliabile» con la fede cattolica; dal 2006 al 2010 si sono avuti segnali ambivalenti: fenomeni di repressione nei confronti di alcuni dei 40 vescovi scelti dal Vaticano, con l'accusa di servire la Chiesa non registrata, (cosiddetta sotterranea), ma anche i pellegrinaggi in comune, il riconoscimento dei vescovi non ufficiali da parte della Chiesa ufficiale, nonché la registrazione di sacerdoti e di luoghi di culto della Chiesa non ufficiale, senza che tale atto comportasse necessariamente il dover aderire alla Associazione patriottica. Ma soprattutto per 4 anni è stata adottata una prassi di gradimento congiunto in relazione alle nomine dei nuovi vescovi;
la politica di riavvicinamento ha subito una brusca fermata quando, il 20 novembre 2010 l'Associazione cattolica patriottica ha proceduto all'ordinazione di padre Giuseppe Guo Jincai a vescovo di Chengde nella provincia di Hebei (quella con maggior concentrazione di cattolici), senza alcuna forma di consultazione col Vaticano; Pechino ha reagito alle critiche Vaticane, affermando che tale nomina costituiva una genuina espressione della «libertà di religione» in Cina. Tale formula si è discostata da quella tradizionalmente usata dall'autorità, che in passato aveva sempre rivendicato le nomine dei vescovi cinesi come espressione della sovranità nazionale;
l'8 e il 9 dicembre 2010, si è tenuta a Pechino l'ottava Assemblea nazionale dei delegati cattolici, che ha eletto i nuovi vertici della gerarchia cattolica ufficiale cinese, nominando i presidenti e vice presidenti dell'Associazione cattolica patriottica e della Conferenza episcopale cinese. Le nomine fatte dall'Assemblea nazionale dei delegati cattolici hanno ulteriormente alimentato il disagio, con l'elezione di tre vescovi, solo uno dei quali considerato legittimo dal Vaticano, alle massime cariche della Conferenza episcopale; la Santa

Sede non riconosce il Collegio dei vescovi cattolici di Cina come Conferenza episcopale in quanto non ne fanno parte i vescovi in comunione con il Papa;
altra questione dolorosamente di rilievo sono gli arresti e i sequestri di vescovi e sacerdoti non riconosciuti da parte delle autorità cinesi: il 7 luglio 2010 è stato liberato, dopo 15 mesi di detenzione e 13 arresti in 6 anni, monsignor Julius Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di Zhengding nella provincia dell'Hebei; durante la detenzione il presule è stato sottoposto a sessioni politiche e pressioni personali, in cui si è cercato di convincerlo a sottoscrivere l'appartenenza all'Associazione patriottica; secondo l'agenzia del Pontificio Istituto Missioni AsiaNews, l'ultimo arresto del presule «voleva colpire al cuore i tentativi del Vaticano nel voler riconciliare Chiesa ufficiale e sotterranea dell'Hebei»; restano nelle mani delle autorità due vescovi sotterranei scomparsi da anni (monsignor Giacomo Su Zhimin di Baoding; monsignor Cosma Shi Enxiang di Yixian) e numerosi sacerdoti che scontano pene di isolamento o che sono ai lavori forzati senza nemmeno essere stati condannati da un tribunale;
quanto ai sequestri, questi sono finalizzati essenzialmente a costringere i vescovi (nominati in accordo) a partecipare alle ordinazioni non approvate dal Vaticano o ad altri eventi di rilevanza pubblica; in occasione della citata assemblea dell'Associazione patriottica nel dicembre 2010, decine di vescovi sono stati deportati a forza a Pechino e obbligati a parteciparvi; uno di loro, monsignor Giuseppe Li Lian Gui, titolare della diocesi di Cangzhou (Xian Xian), non si è fatto rintracciare ed è stato ricercato dalla polizia in tutto il Paese come «pericoloso criminale»;
nell'aprile 2011 la Santa Sede, accogliendo le conclusioni della Commissione vaticana per la Chiesa in Cina, ha chiesto ai vescovi riconosciuti dal Papa, ai sacerdoti e ai fedeli di non porre gesti che contraddicano la comunione con Roma e di resistere alle pretese del regime; nei mesi tra aprile e giugno 2011 si sono acuite le persecuzioni contro i cattolici cinesi, rei di partecipare a riunioni non approvate, che sino allo scorso anno venivano tollerate; decine di sacerdoti sono stati arrestati nel Nord della Cina, altre decine a Shanghai;
il 26 giugno 2011 la polizia cinese ha arrestato un prete cattolico, Padre Sun Jigen, prima della sua ordinazione a vescovo decisa dal Vaticano; il 4 luglio la Santa Sede ha dichiarato la scomunica automatica di padre Paolo Lei Shiyn nominato vescovo di Leshan senza placet pontificio, membro della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (un organismo consultivo del parlamento cinese) e vice-presidente dell'Associazione patriottica nazionale; una nomina dunque di grande valenza politica, la cui natura ha impedito di applicare le attenuanti del diritto canonico che riconoscono lo stato di costrizione;
l'11 luglio quattro vescovi del Guangdong, riconosciuti dalla Chiesa, sono stati portati via dalla polizia e sono risultati scomparsi per giorni; il 14 luglio sono stati costretti ad assistere ad una ordinazione episcopale illegittima;
che le persecuzione dei fedeli o gli arresti di sacerdoti e cariche ecclesiastiche siano episodi incresciosi di natura locale in contrasto con aperture a livello di Governo centrale non è più sostenibile, se si considera la vastità del fenomeno; più veritiera appare, ai firmatari del presente atto di indirizzo, l'ipotesi opposta, di un disegno centralizzato, la cui esecuzione è poi demandata alle autorità locali; altrimenti, non si spiega come i vescovi arrestati in provincia, siano poi portati a Pechino contro la loro volontà per assistere ad eventi di portata nazionale; in tale quadro la politica conciliante adottata dalle autorità cinesi tra il 2006 ed il 2010 può apparire dettata da una logica di riemersione, individuazione, schedatura e controllo di soggetti considerati potenzialmente pericolosi per l'ordine costituito;

del tutto impropria, oltre che del tutto arbitraria, è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la richiesta avanzata dalle autorità cinesi alla Santa Sede di interrompere le relazioni con Taiwan in cambio della partecipazione alla nomina dei vescovi, perché la Chiesa è per sua natura ecumenica (178 sono le rappresentanze diplomatiche vaticane nel Mondo) ed ha una natura ed un'essenza del tutto diversa dagli Stati nazionali, Stati ai quali la Cina peraltro richiede di non riconoscere o di interrompere le relazioni con Taiwan, senza tuttavia imporre questa condizione come obbligo per proseguire nelle relazioni commerciali o politiche;
nettamente in contrasto con il riconoscimento costituzionale della libertà religiosa è la pretesa di nominare politicamente e senza concorso della Santa Sede, i rappresentati del governo pastorale;
la questione della libertà religiosa, per l'importanza che riveste come diritto fondamentale ed inalienabile, è uno dei temi su cui si concentra l'attenzione dell'Italia e dell'Unione europea nei confronti della Cina. Nel recente rapporto sullo stato dei diritti umani predisposto dalle ambasciate dell'Unione europea si ribadisce che permangono in Cina difficoltà nell'esercizio della libertà religiosa nonostante essa sia garantita costituzionalmente;
anche nell'ambito delle Nazioni Unite, l'Italia è impegnato a seguire attentamente la questione delle libertà religiose in Cina. Essa è stata infatti oggetto precipuo della proposta di raccomandazione formulata dall'Italia in occasione della recente «Universal Periodic Review», del mese di febbraio 2011, di semplificare i requisiti per l'autorizzazione delle pratiche religiose al fine di permettere una maggiore libertà di credo e di culto e di rispettare i diritti religiosi delle minoranze;
pur nel rispetto che è dovuto alla millenaria propensione del popolo cinese a guardare con diffidenza a qualsiasi ingerenza politica e religiosa esterna, è opportuno sottolineare che la politica adottata dalle autorità cinesi, con la creazione di milioni di potenzialmente perseguitabili, rischia di ottenere il risultato opposto a quello preventivato e cioè l'ordinato sviluppo della società; viceversa il cattolicesimo, qualora operi in armonia con le autorità civili, costituisce un potente stabilizzatore sociale,


impegna il Governo:


ad inoltrare per via diplomatica le riserve del Governo italiano sulla situazione della Chiesa cattolica in Cina;
ad avviare le opportune consultazioni con la Santa Sede per l'adozione di azioni internazionali comuni per il pieno riconoscimento della libertà religiosa in Cina, nel rispetto del principio della separazione tra Stato e Chiesa e dei poteri dell'autorità costituita;
ad attivarsi in sede di Unione europea per l'adozione di una linea comune sulla persecuzione dei cattolici in Cina;
ad attivarsi in sede Onu per l'adozione di atti che impegnino la Cina, in quanto Stato membro, al rispetto delle disposizioni internazionali sulla libertà religiosa.
(1-00695)
«Pagano, Nirenstein, Renato Farina, Pianetta, Toccafondi, Franzoso, Bocciardo, Sbai, Pelino, Scalera, Razzi, Minasso, Di Cagno Abbrescia, Traversa, Porcu, Mussolini, Saltamartini, Formichella, Aracri, Picchi, Palmieri, Murgia, Germanà, Santelli, Del Tenno, Angela Napoli, Simeoni, Abrignani, Nastri, Calderisi, Faenzi, Zacchera, Di Virgilio, Gottardo, Lunardi, Toto, Capitanio Santolini, Antonio Pepe, Giorgio Conte, Cristaldi, Barani, Ceroni, Mancuso, Di Caterina, Di Biagio, Muro, Paglia, Stracquadanio, Pili, Nizzi, Vella, Galati, Baccini, Lo Presti,

Patarino, Polledri, Soglia, Alessandri, Calabria, Crosio, Scelli, Mistrello Destro, Garagnani, Castiello, Cosentino, De Camillis, Berardi, Bruno, Mannucci, Savino, Torrisi, Sisto, Holzmann, Contento, Catanoso, Cassinelli, Biancofiore, Corsaro, Aprea, Scandroglio, Stagno D'Alcontres, Bertolini, Dima, Biava, Landolfi, Ventucci, Paolo Russo, Orsini, Vignali, Cuperlo, Vincenzo Antonio Fontana».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore del tabacco rappresenta per il nostro Paese una realtà agricola e industriale importante con un grande effetto trainante per l'economia, che colloca l'Italia al primo posto tra i Paesi comunitari produttori e al settimo posto a livello mondiale;
in Italia il tabacco viene coltivato principalmente in Campania, Umbria, Veneto e Toscana con l'impiego di circa 27.000 ettari di terreno destinato alla sua coltivazione e di ben oltre 60.000 lavoratori;
la quantità di lavoro del settore è enorme rispetto a qualsiasi altra produzione agricola, dove si registra una media di oltre il 50 per cento di occupazione femminile;
dopo la cessazione degli aiuti diretti alla produzione agricola del tabacco in Europa, dal 2010 il tabacco italiano ha perso parte della competitività;
dal 2010 il 50 per cento della dotazione finanziaria per il sostegno al settore è stato trasferito all'interno del pagamento unico, mentre il rimanente 50 per cento è stato trasferito come sostegno supplementare ai fondi del programma di sviluppo rurale (PSR) nelle regioni dove storicamente si produceva tabacco;
per i produttori di tabacco è stata concessa la possibilità di accesso ad una misura agro-ambientale straordinaria, previa adesione ad una serie di impegni mirati ad accrescere la sostenibilità ambientale della coltura del tabacco, ma ad oggi risulta accordata dall'Unione europea solo alla regione Umbria;
risulta, dunque, ingiustificato che, nonostante dalla campagna 2010 i produttori abbiano già adottato criteri di produzione rispettosi della misura agro-ambientale per circa il 50 per cento della produzione di tabacco, non siano ancora definite le modalità di accesso ai benefici previsti;
la filiera del tabacco sta attraversando una fase di grave crisi; infatti lo scorso anno la produzione italiana è scesa da oltre 100.000 tonnellate a circa 85.000, cifra che è destinata a diminuire ulteriormente;
alla luce della grave crisi che sta attraversando l'intero comparto, destano profonde preoccupazioni le iniziative fin qui dimostratesi parziali e i mancati accordi con larga parte delle manifatture, pur avendo quest'ultime manifestato continuamente la disponibilità a sottoscrivere accordi quadro con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali,


impegna il Governo:


ad attivarsi urgentemente per la sottoscrizione degli accordi di programma con tutte le manifatture, indispensabili per accompagnare la fase già avviata della razionalizzazione della filiera e dei processi di ristrutturazione che le regioni si apprestano ad attuare;
ad assumere iniziative volte a definire in modo chiaro le misure previste per l'accesso ai benefici da parte dei produttori del comparto e a dare alle stesse tempestiva attuazione;
ad incentivare e a favorire la coltivazione del tabacco, visti anche i positivi

aspetti produttivi legati all'occupazione femminile nella coltivazione di tale coltura.
(7-00644) «Delfino».

...

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il regime eritreo sta causando l'esodo della popolazione perché nega ogni forma di libertà e diritti civili ed umani nel Paese, nega al suo popolo la costituzione, il giusto processo per i prigionieri politici, la libertà di stampa, la libertà di movimento, la libertà religiosa, la libertà di associazione e il diritto ai giovani di lavorare in proprio;
appare in un'agenzia del Velino datata 7 luglio 2011 la notizia di una delegazione di imprenditori in Eritrea: «Rafforzare la cooperazione economico-commerciale con l'Eritrea, investendo su settori-chiave come la pesca, il turismo e l'energia. Questo l'obiettivo di una missione imprenditoriale ad Asmara appena conclusasi, guidata dal direttore centrale per i Paesi dell'Africa sub-sahariana della Farnesina, Rosa Anna Coniglio. Nella delegazione anche Gianni Piccato, della direzione generale per il Sistema Paese. Fitta l'agenda di incontri con le autorità eritree, cui hanno partecipato anche responsabili di Federpesca e Assafrica, associazione di Confindustria che riunisce e rappresenta le imprese che operano in Africa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Particolarmente importanti gli incontri con il ministro delle Risorse marine, Tewelde Kelati, con il quale si è discusso della possibilità di investimenti nel settore ittico, e con il titolare del Turismo, Askalu Menkerios. Quest'ultimo ha in particolare riferito di piani per l'ampliamento delle infrastrutture turistiche e lo sviluppo di risorse umane nel settore, nel rispetto del principio di eco sostenibilità. Significativo anche l'incontro con funzionari del ministero dell'Energia e delle miniere, soprattutto per il potenziale che deriva dal settore estrattivo, e per la possibilità di collaborazioni in materia di rinnovabili. La delegazione è stata infine ricevuta anche dal ministro dell'Educazione, Semere Russom, con il quale si è discusso del rinnovo dell'accordo tecnico sullo status delle scuole italiane di Asmara. Durante i colloqui, il governo di Asmara ha infine annunciato di voler avviare le procedure per l'inserimento di 15 siti nella lista del patrimonio Unesco, trovando da parte italiana disponibilità a collaborare nell'adempimento delle procedure burocratiche»;
nei confronti del Paese eritreo gli italiani devono ritenersi, ad avviso degli interpellanti, due volte responsabili, per il passato coloniale e per via dei respingimenti dei profughi della Libia che coinvolgono inevitabilmente anche gli eritrei che transitano per quel Paese;
la risoluzione Mazzocchi e altri approvata il 12 gennaio 2011 impegna il Governo a tener conto del rispetto dei diritti umani nei paesi con cui ci sono scambi economici e risulta agli interpellanti acclarato che con tale condizione non sussiste in riferimento all'Eritrea -:
se siano state sviluppate, prima o durante quegli incontri, pressioni morali e o commerciali per la libertà religiosa;
se non sia il caso che, in occasioni future, in relazione a Paesi con le stesse situazioni, siano avviati i necessari contatti con la Presidenza delle Camere affinché sia valutata, la possibilità di includere nella delegazione italiana una rappresentanza parlamentare o comunque ne sia data comunicazione preventiva al Parlamento.
(2-01165)
«Renato Farina, Cristaldi, Mazzocchi, Di Centa, Pagano, Bergamini, Biancofiore, Mussolini, Toccafondi, Corsaro, Porcu».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo le segnalazioni ricevute da parte di numerosi cittadini, sono state nei giorni scorsi riscontrati nuovi episodi di inquinamento sui corsi d'acqua che scorrono nel territorio di Cassino e nelle zone limitrofe;
dalle prime verifiche effettuate dagli organi competenti si riscontrano ripetuti episodi di presenza di sostanze schiumose e maleodoranti lungo il letto del Rio Pioppeto che sembrerebbero provenire in particolare dai siti industriali adiacenti il corso d'acqua e localizzati tra le aree di Cassino e Villa Santa Lucia, che determinerebbero uno sversamento nel fiume di liquidi oleosi e di colorazione responsabili, tra l'altro, del fenomeno della moria di pesci avvenuto qualche tempo fa;
si tratta dell'ennesimo, reiterato e grave episodio di inquinamento delle acque dei bacini idrografici che scorrono nell'area del cassinate e che mette a repentaglio l'integrità delle acque e delle specie animali presenti ed espone fortemente a rischio la salute dei cittadini che vivono nelle zone;
sono numerose da parte dei cittadini le segnalazioni e le richieste d'intervento e di verifiche sulla tossicità degli elementi ritrovati, che sono state puntualmente disattese;
la vicenda è già stata più volte segnalata dall'interrogante con precedenti specifici atti di sindacato ispettivo e ripetuti solleciti, ma ad oggi, purtroppo, non hanno ricevuto riscontro positivo;
è necessario un intervento urgente di bonifica e messa in sicurezza dell'intera zona interessata per ripristinare il recupero dell'ecosistema circostante e soprattutto scongiurare ripercussioni sulla salute dei cittadini, fortemente minacciata dalla presenza di materiali altamente tossici e inquinanti -:
di quali elementi dispongano in relazione a quanto sopra esposto e quali urgenti iniziative in loro potere intendano adottare per pervenire al superamento delle criticità di cui in premessa;
se non intendano attivare le procedure e i controlli di rito, ognuno per le proprie competenze, al fine di accertare definitivamente le reali cause che provocano il disastro ambientale nei bacini idrografici nell'area di Cassino.
(3-01757)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente indagine, a causa di comportamenti alimentari sbagliati, si sprecano milioni di tonnellate di acqua ogni anno. Ad esempio, riferendosi al 2009, le 177.479 tonnellate di mele non colte perché non più fruibili sia dal punto di vista economico che dai consumatori, avevano necessitato di circa 124 milioni di metri cubi di acqua per crescere. Per i pomodori, invece, si sono rese necessarie circa 3,5 milioni di tonnellate, che equivalgono a 644 milioni di metri cubi di acqua; per le olive non utilizzate (3,4 milioni di tonnellate) si arriva a 6,5 miliardi di metri cubi. In totale in Italia nel 2010 sono stati sprecati 12,6 miliardi di metri cubi di acqua per colpa di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli non raccolti;
per arginare questa emorragia, il Parlamento europeo ha chiesto ufficialmente di proclamare il 2013 anno europeo contro lo spreco alimentare. «È un percorso che abbiamo iniziato nel 2010 con il Libro Nero contro lo spreco alimentare promosso da Last Minute Market e che continua quest'anno con il Libro Blu contro lo spreco idrico», spiega il presidente

della Commissione agricoltura europea Paolo De Castro. «Ora, con il rapporto Caron, siamo passati a una fase operativa: dobbiamo mettere a punto misure concrete per vincere questa battaglia». Anche se la Terra è avvolta per il 70 per cento dall'acqua, solo una piccola quota degli 8 milioni di chilometri cubi di acqua dolce è effettivamente utilizzabile e la pressione congiunta di crescita demografica, aumento dei consumi pro capite e inquinamento sta rendendo la risorsa idrica un bene sempre più prezioso e sempre più conteso, come dimostra la moltiplicazione dei conflitti per il controllo dei fiumi in un mondo in cui 1,4 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile;
«La favola a lieto fine che ci avevano insegnato a scuola, con l'acqua che arriva al mare, poi sale sotto forma di nuvoletta e torna a scendere con la pioggia in un ciclo infinito che permette a tutti di bere, non è più vera», spiega Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria a Bologna e animatore della campagna contro lo spreco. «I conti non tornano perché stiamo usando più acqua di quella disponibile senza impoverire le riserve e, soprattutto, ne utilizziamo una quantità incredibile per produrre alimenti che poi buttiamo via al momento della raccolta, della distribuzione o del consumo: in Italia ogni anno si spreca una quantità di cibo che basterebbe a sfamare, nello stesso periodo, tutti gli spagnoli». La dieta mediterranea aiuta a contenere il consumo idrico (500 metri cubi di acqua pro capite all'anno contro i 900 della dieta anglosassone), ma l'equilibrio tra zone assetate e zone capaci di acquistare acqua virtuale importando i cibi che la contengono si fa sempre più precario. Nella campagna last minute market contro lo spreco idrico, si precisa che l'88 per cento delle risorse idriche è consumato dall'11 per cento della popolazione mondiale. Un abitante di un paese povero sopravvive con 20 litri al giorno, in Italia si arriva a 213, negli Stati Uniti a 600. L'Italia, che ha il record europeo dei consumi idrici domestici, è in testa alla classifica anche per il consumo di acqua minerale che, secondo i dati di last minute market, incide per il 9 per cento sul costo della dieta tipo di un uomo adulto che scelga questa opzione -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere attività volte ad un uso consapevole delle risorse idriche nel nostro Paese, in coerenza con le linee programmatiche del Parlamento europeo.
(4-12724)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel territorio di Ferrandina insiste un complesso monumentale denominato Castello di Uggiano;
le origini di questo castello non sono documentate, le prime notizie in merito riguardano il periodo normanno intorno al XII secolo e poi le successive dominazioni;
il castello rappresenta comunque un importantissimo plesso monumentale che suscita un notevole interesse culturale;
purtroppo la mancanza di interventi sta determinando il rischio di un aggravamento delle condizioni di degrado e da pochi giorni si è registrato un ulteriore abbassamento dell'arco di volta del castello che rischia di crollare;
sulla titolarità del castello esiste un contenzioso non risolto che rischia di far perdere un enorme patrimonio artistico monumentale -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per intervenire con la massima urgenza al fine di scongiurare danni irreparabili a ciò che rimane del castello di Uggiano e, attraverso la Soprintendenza competente, per stanziare le adeguate risorse finalizzate alla messa in sicurezza del sito e per avviarne una migliore tutela vista la rilevanza culturale.
(3-01756)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito web http://www.osservatorio-sicilia.it/info/ è pubblicato un articolo dal titolo «Afghanistan. Per i militari italiani, ADL a 70/130 euro mese per un'ora al giorno! Il Ministero della Difesa tace»;
dall'articolo si apprende che «[...] i militari italiani possono utilizzare internet utilizzando a turno, le postazioni installate nei vari accampamenti o accasermamenti ma, ci fanno sapere, devono sottoscrivere un contratto privato con la società CIANO Trading & Service di Livorno, per un'ora di collegamento giornaliero, al costo di circa 70/130 euro [...]» -:
se i fatti descritti nell'articolo di cui in premessa corrispondano al vero e quale sia il rapporto tra l'amministrazione della difesa e la società CIANO Trading & Service di Livorno;
se sia stata bandita una regolare gara d'appalto relativa al servizio di cui all'articolo, quali siano state le ditte partecipanti, quali le offerte e quale il prezzo di aggiudicazione.
(4-12728)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito online piacenza24.eu lo scorso 13 luglio 2011, un detenuto piacentino di 60 anni, originario della Liguria, sarebbe stato brutalmente aggredito all'interno del carcere piacentino. L'uomo è stato picchiato da più persone che gli hanno procurato diverse fratture al volto;
la procura di Piacenza ha avviato un'indagine e disposto il trasferimento dell'uomo in un altro carcere, così come per un'altra persona aggredita insieme all'uomo. Per ora, ci sono tre indagati, accusati di lesioni volontarie aggravate: un sudamericano, un nordafricano e uno slavo. Gli investigatori della squadra di polizia giudiziaria della procura stanno sentendo diversi detenuti e nei prossimi giorni saranno sentiti anche alcuni agenti della penitenziaria;
l'aggressione sarebbe avvenuta il primo luglio, ma in precedenza l'uomo era già stato picchiato. Quel giorno, il 60enne è stato prima picchiato, in un corridoio, mentre la persona che era con lui ha ricevuto una gomitata. Il 60enne, poi, dopo essere stato medicato in infermeria, all'uscita è stato aggredito di nuovo da altri detenuti. Gravi le lesioni riportate: fratture alla mandibola, al naso, allo zigomo, all'orbita oculare -:
quali siano le cause che hanno portato ad un gesto così violento all'interno di una struttura penitenziaria;
come mai nei confronti del detenuto, già oggetto di pestaggio in precedenza, non siano state adottate tutte le misure di protezione e di isolamento atte a tutelare la sua incolumità;
se non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il carcere di Piacenza per fare luce sull'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione.
(4-12727)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul sito di Ristretti Orizzonti, l'11 luglio 2011, sotto il titolo: «Assordante

silenzio sulla morte di un detenuto paraplegico», è stato pubblicato il seguente articolo: «C'è indifferenza e insensibilità sul dramma delle carceri da parte delle istituzioni, degli esponenti politici e dei media». Lo afferma in una nota il leader del Movimento diritti civili, Franco Corbelli. «Il silenzio - aggiunge - sull'ultimo drammatico caso del detenuto paraplegico cosentino, lasciato morire in carcere, denunciato da Diritti Civili è vergognoso. Ancora una volta sono stato lasciato da solo a combattere l'ennesima battaglia civile per una giustizia giusta e umana. Quello che più colpisce e provoca, in me, tanta delusione e grande amarezza è l'assordante silenzio mediatico su questa ultima disumanità delle carceri, una inaudita vergogna. Tacciono le Istituzioni e i politici ma i media no, non possono tacere, non può una stampa libera chiudere gli occhi, non può non dare spazio e ascolto alla legittima e dignitosa richiesta di verità e giustizia che arriva dai familiari di questo recluso». «Il detenuto morto - prosegue Corbelli - è un essere umano, non è un fantasma, ha un nome e cognome, si chiamava Ennio Manco, 52 anni, paraplegico, è morto nel carcere di Palermo e ai suoi familiari è stato di fatto addirittura impedito di poter vedere la salma che è stata poche ore dopo il decesso subito chiusa in una bara e il giorno dopo trasferita dalla Sicilia in Calabria. Questo è un fatto gravissimo» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intendano avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare il modo in cui siano avvenuti i fatti e se nei confronti del detenuto Ennio Manco siano state messe in atto tutte le misure di cura e assistenza che le sue precarie condizioni fisiche richiedevano;
per quali motivi sia stato impedito ai parenti del detenuto di vedere la salma del loro familiare.
(4-12729)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, un detenuto di 46 anni, Antonio Padula, di Francavilla Fontana (Brindisi), si è tolto la vita nella cella del supercarcere di Borgo San Nicola a Lecce, impiccandosi con i lacci delle scarpe;
a scoprire l'accaduto la mattina del 14 luglio 2011 è stato un agente di custodia. L'uomo si trovava in carcere per l'omicidio di Donato Andrisani, di 60 anni, originario di Francavilla Fontana, avvenuto nel gennaio scorso e confessato da Padula. Andrisani venne soffocato con una busta di plastica e poi dato alle fiamme -:
se non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il carcere Borgo San Nicola di Lecce per fare luce sull'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione;
in che modo fosse seguito dal personale medico il detenuto in questione e a quando risalga l'ultimo incontro che lo stesso aveva avuto con lo psicologo, con l'educatore, con gli assistenti sociali;
se, in particolare, risulti se l'uomo fosse stato visitato dallo psichiatra del carcere e se quest'ultimo avesse riscontrato un rischio suicidario;
quali misure più in generale il Ministro interrogato intenda adottare nell'immediato per arginare il fenomeno dei suicidi all'interno delle nostre strutture penitenziarie.
(4-12734)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano il Gazzettino del 13 luglio 2011, le telecamere interne del carcere Due Palazzi avrebbero ripreso il tentato omicidio per mafia accaduto la mattina di

lunedì 11 luglio nel reparto di alta sicurezza dell'istituto patavino. Nel caso di specie le telecamere, che riprendono sia all'interno della cella che all'esterno, ricostruiscono minuziosamente la dinamica dell'aggressione. Mostrano chiaramente che Giovanni Di Giacomo voleva uccidere Francesco Bruno, entrambi ergastolani di mafia;
a seguito della brutale aggressione, Francesco Bruno, sessant'anni, palermitano, sta lottando tra la vita e la morte nel reparto di neurochirurgia del policlinico. Di Giacomo, cinquantaseienne, killer di Totò Riina e in passato molto vicino anche a Bernardo Provenzano, ha sulle spalle sette delitti. Ha partecipato alla guerra di mafia tra il 1977 e il 1982. Poi ha anche condanne per droga;
Francesco Bruno non usciva mai dalla cella per l'ora d'aria giornaliera. E forse non aveva neanche contatti con Giovanni Di Giacomo, che era detenuto in un'altra cella del reparto di alta sicurezza. Ma lunedì mattina, di ritorno dalla sua ora d'aria, l'ex killer di Riina è piombato praticamente indisturbato nella cella di Bruno. La dinamica dell'aggressione è molto semplice. Le immagini mostrano che Di Giacomo è entrato nella cella di Bruno e lo ha scaraventato a terra, sbattendogli la testa sul pavimento fino ad aprirgliela. Dopodiché lo ha colpito anche con una bombola. L'aggressione è avvenuta prima di pranzo senza che vi fosse nei paraggi un agente di polizia penitenziaria pronto ad intervenire. Evidentemente Giovanni Di Giacomo era convinto di aver ucciso il concittadino palermitano. Perché dopo il fatto è andato tranquillamente a mangiare. Ed era a tavola quando gli agenti sono andati a prenderlo. Voleva soltanto sapere se Francesco Bruno era ancora vivo. Il movente dell'aggressione non andrebbe ricercato nei rapporti in carcere dei due ergastolani. L'ordine di uccidere sarebbe venuto da fuori -:
come sia possibile che in un reparto di alta sicurezza, all'interno del quale sono detenuti ergastolani per delitti di mafia, un detenuto sia riuscito quasi ad ammazzare un altro uomo, aggredendolo brutalmente, il tutto al di fuori della benché minima misura di vigilanza e controllo da parte degli agenti di polizia penitenziaria;
se non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il carcere Due Palazzi per fare luce sull'esatta dinamica dell'episodio e per appurare se vi siano state negligenze da parte della direzione e/o del personale della polizia penitenziaria.
(4-12736)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 12 luglio 2011, una detenuta di 32 anni è stata trovata morta nel proprio letto, in una cella del carcere di Trani. Lo ha reso noto il vicesegretario generale nazionale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Domenico Mastrulli, il quale ha dichiarato quanto segue: «A Trani, su disposizione della Asl e della Regione, è stata soppressa la figura della guardia medica h24 ed il servizio prima funzionante è stato trasferito in quello della casa circondariale maschile e il carcere femminile è costretto a rivolgersi al 118 ed alla Guardia medica dell'Ospedale Civile Cittadino in casi anche di piccola somministrazione di terapia, tra cui quella della tossicodipendenza e delle medicine riguardanti la sfera psico-mentale». Mastrulli chiede «l'immediato riassetto medico sanitario e paramedico infermieristico in tutte le Carceri della Puglia senza alcuna interruzione del servizio al fine di evitare ulteriori tragedie umane»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 che stabilisce «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di

lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria» all'allegato C, nella parte dedicata a «monitoraggio e valutazione» prevede che «Al fine di valutare l'efficienza e l'efficacia degli interventi a tutela della salute dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale, garantendo, nel contempo, l'efficacia delle misure di sicurezza, viene realizzato in ogni Regione e Provincia autonoma un Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria, con rappresentanti della Regione, dell'Amministrazione penitenziaria e della Giustizia minorile, competenti territorialmente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Contestualmente, ai fini del coordinamento nazionale, viene realizzato presso la conferenza Unificata fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e le Autonomie Locali, un Tavolo di consultazione, costituito da rappresentanti dei dicasteri della Salute e della Giustizia, delle Regioni e Province autonome e delle Autonomie locali, con l'obiettivo di garantire l'uniformità degli interventi e delle prestazioni sanitarie e trattamentali nell'intero territorio nazionale. Parimenti, allo scopo di assicurare la necessaria coerenza tra le misure connesse alla sicurezza e le misure connesse alla tutela della salute, è opportuno prevedere una struttura di riferimento presso il Ministero della Giustizia, sia nell'ambito del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria sia in quello del Dipartimento della Giustizia Minorile». -:
se la situazione relativa al carcere di Trani sia stata oggetto di verifica da parte degli organi previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, o in ogni caso, comunicata al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, e quali iniziative per quanto di competenza intenda adottare perché non siano pregiudicati i livelli essenziali di assistenza per i detenuti.
(4-12739)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante, anche sulla base della recentissima esperienza personale, un consistente ripetersi di situazioni di disagio dei passeggeri della compagnia low cost «Ryan Air», per la resistenza degli addetti della compagnia stessa ad accettare documenti di identità e riconoscimento diversi dal passaporto o dalla carta di identità, anche quando esplicitamente riconosciuti dall'ordinamento vigente, ivi inclusa, ad esempio, la tessera del deputato;
il testo unico sulla documentazione amministrativa (decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000), all'articolo 35, comma 2, ritiene documenti di riconoscimento equipollenti alla carta di identità (C.I.) «il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d'armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un amministrazione dello Stato»;
la norma menzionata permette di qualificare come documento di riconoscimento equipollente alla carta di identità anche la tessera del deputato, documento regolarmente accettato, tra l'altro, dalle compagnie di linea;
l'articolo 2.2.1 delle condizioni generali di trasporto del vettore Ryan Air afferma che esse «sono applicabili a condizione che non siano in contrasto con la legge applicabile, nel qual caso prevarrà tale legge». In questo senso, la legge vigente in Italia, anche per quanto concerne i documenti di identità e riconoscimento, è la legge applicabile in primo luogo anche sulle condizioni di trasporto dei vettori aerei sul territorio nazionale;

a dispetto degli intenti che sembrerebbero perseguiti dalla compagnia nel regolamento, i passeggeri incorrono sovente nella spiacevole situazione di vedersi negata la possibilità di fare il check in o di accedere alla porta di imbarco, per questioni legate a documenti di riconoscimento validi in Italia, ma non accettati dal vettore;
infatti, allo stesso tempo, l'articolo 3.1.1 afferma che «Ryanair richiederà al Passeggero(i) di provare la propria identità e di rispettare le proprie norme relative alla documentazione», dalle quali norme sono esclusi molti dei documenti ritenuti equipollenti alla carta di identità, tra i quali la patente di guida e la tessera del deputato -:
quali iniziative intenda assumere per tutelare i passeggeri rispetto alle compagnie non di linea che effettuano servizio sul nostro territorio nazionale;
se non ritenga opportuno definire un vademecum obbligatorio per le compagnie non di linea, esplicitando i documenti da considerarsi equipollenti alla carta d'identità e includendo in maniera chiara ed evidente, nella documentazione valida, la tessera del deputato o altra tessera o documento riconosciuto equipollente alla carta d'identità, attualmente a disposizione delle personalità istituzionali.
(4-12720)

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INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

BIAVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Pontinia (Latina), con delibera di consiglio comunale del 17 maggio 2004, ha dichiarato il dissesto finanziario ai sensi e per gli effetti dell'articolo 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL);
gli amministratori in carica, proprio in ragione del dichiarato dissesto finanziario, non potendo disporre aumenti di spesa corrente, hanno continuato a percepire fino alla cessazione anticipata del mandato amministrativo (anno 2006) le indennità di funzione determinate nella tabella A del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 4 aprile 2000, n. 119, ridotte del 50 per cento nella vigenza di una delibera di giunta comunale n. 32 del 21 febbraio 2000;
l'articolo 1, comma 54, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ha statuito che «per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, sono rideterminati in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005» gli emolumenti di cui all'articolo 82 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
il 21 novembre 2005 fu approvato, da parte del Ministero dell'interno, il bilancio stabilmente riequilibrato e la giunta comunale con delibera n. 110 del 10 novembre 2005 ha confermato le stesse indennità ridotte del 50 per cento già stabilite con la cennata deliberazione rispettando i dettami di cui alla richiamata disposizione della legge finanziaria per il 2006 (cioè stabilendo una decurtazione superiore al 10 per cento);
nel 2006 si svolgono le elezioni ed i nuovi amministratori, in occasione primo bilancio di previsione (esercizio 2007), con atto del consiglio comunale n. 29 del 30 aprile 2007 di approvazione del bilancio di previsione esercizio 2007, deliberano, raddoppiandole rispetto a quelle stabilite con la precedente richiamata delibera del 2000, confermata nel 2005, le indennità al sindaco, assessori e consiglieri nella misure prevista dal decreto del Ministro dell'interno n. 119 del 2000 decurtate del 10 per cento;
il revisore contabile del comune, nel parere allegato al bilancio, non contesta la scelta -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto riportato in premessa e se la delibera del comune di Pontinia, insediatisi a seguito della tornata amministrativa

del 2006 sia da considerarsi o meno compatibile con il regime di dissesto finanziario del comune e in tal caso se gli amministratori siano tenuti a restituire al proprio comune le maggiori somme indebitamente percepite.
(4-12737)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni stanno concludendosi le prove orali degli esami di Stato, ma ancora una volta rimangono non noti i tempi nei quali i docenti ed i presidenti che hanno condotto gli esami saranno retribuiti;
in più pare che quest'anno i compensi slitteranno a data da stabilirsi, forse addirittura a dicembre, per via del fatto che le competenze accessorie andranno sul cedolino dello stipendio mensile;
oltretutto, la circolare ministeriale vigente in materia prevede che il 50 per cento del compenso andrebbe erogato come acconto se il docente non risiede nel comune dove è chiamato a svolgere l'incarico di commissario. Detta prescrizione non è stata, a tutt'oggi, ottemperata -:
in che tempi verranno erogati i compensi di cui in premessa e per quale ragione non sia stato liquidato il prescritto anticipo del 50 per cento del compenso dovuto sopra indicato.
(5-05130)

Interrogazione a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Itc Ciusa, di Nuoro, è una scuola che sa accogliere gli alunni diversamente abili;
il 21 giugno 2011 ha ricevuto, dall'ufficio scolastico provinciale di Nuoro, una nota con la quale si annunciava che per il prossimo anno scolastico non sarebbero stati assegnati i docenti di sostegno per tre alunni;
per Gabriele Piredda, Michele Pes e Grazia Gaddari, affetti da disabilità, l'ingresso della scuola, nell'anno scolastico che partirà tra due mesi, a meno di cambiamenti dell'ultimo minuto, sarà inesorabilmente sbarrato;
la colpa, a quanto pare, è degli ormai noti «tagli» alla scuola pubblica e di una circolare ministeriale piuttosto contestata;
questa volta, a essere oggetto delle operazioni di razionalizzazione sono diversi insegnanti di sostegno;
il taglio, in questo caso, è avvenuto perché la direzione regionale, e l'ufficio scolastico provinciale, hanno applicato una norma di una circolare ministeriale, la n. 101 del 31 dicembre 2011;
la norma recita: «l'alunno con disabilità che consegua, in sede di esame di Stato, l'attestato comprovante i criteri formativi maturati, ha titolo ad iscriversi, se non ha superato i 18 anni, alla scuola secondaria di secondo grado»;
Gabriele Piredda, Michele Pes e Grazia Gaddari, al momento dell'iscrizione all'Ite Ciusa, non avevano ancora compiuti 18 anni;
la stessa preside dell'Istituto, Lisetta Bidoni, ammette che si trova a gestire una situazione di una grande complessità e delicatezza sotto il punto di vista umano, didattico e sociale;
è inaccettabile che siano i soggetti più deboli a subire i «tagli» delle varie manovre finanziarie;
la situazione che si è venuta a creare lede i diritti fondamentali dei nostri figli -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per garantire ai tre

ragazzi il diritto di stare insieme ai loro coetanei.
(4-12721)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GNECCHI, CODURELLI, VELO, GATTI, MIGLIOLI e BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si sta assistendo da mesi a quello che agli interroganti appare uno smantellamento dell'Inps, celato da campagne pubblicitarie per promuovere la rivoluzione tecnologica dell'istituto e spostare l'attenzione sul cambiamento per evitare che ci si accorga dei servizi «tagliati», esternalizzati dolo per conseguire risparmi improbabili o comunque da dimostrare;
l'istituto sta attuando una riorganizzazione interna di tutte le sue funzioni-operazioni, affidando tale compito ad una ditta esterna; si parla di un incarico molto impegnativo economicamente; notizie di stampa stimano che la spesa superi i 15 milioni di euro e la riorganizzazione comporta ricollocazione del personale ad altre mansioni, spostamenti logistici, modifiche sostanziali all'iter di gestione degli infiniti prodotti gestiti, esternalizzazione di servizi strategici, mentre gli organici subiscono pesanti riduzioni a causa dei pensionamenti ed è ancora incerto il futuro dei vincitori di concorso e dei lavoratori interinali;
l'Inps non ha svolto il servizio di assistenza fiscale per la compilazione dei 730, né per i pensionati, né per i suoi dipendenti: tutti costretti a rivolgersi ai Caf e quindi pagare un servizio che finora era stato gratuito;
di punto in bianco, sono stati telematizzati, cioè resi accessibili solo via computer, una serie di servizi: dalla gestione del rapporto di lavoro domestico alla presentazione delle domande di disoccupazione;
se possono essere condivisibili l'introduzione di nuove tecnologie all'interno dell'Istituto e una razionalizzazione dei costi, ciò non deve tuttavia far scomparire la funzione sociale dell'Inps a discapito, di chi, ed è la stragrande maggioranza degli utenti, non dispone di conoscenze informatiche e di mezzi per accedere ai servizi, come pensionati, stranieri e invalidi;
in occasione delle audizioni degli enti previdenziali svolte nelle scorse settimane dalla Commissione lavoro della Camera, il problema delle esternalizzazioni, della carenza di personale, dei costi che aumentano progressivamente per queste scelte è stato argomento molto interessante per i commissari presenti e vale la pena di approfondire la questione e avere dati precisi -:
quanti siano gli incarichi/esternalizzazioni affidati/effettuate dall'Inps a società esterne dall'anno 2009 ad oggi e i relativi costi sostenuti dall'Istituto, quante società/aziende siano interessate ai servizi di esternalizzazione, quali compiti istituzionali e non dell'Istituto siano stati esternalizzati e come si conciliano i comportamenti di cui sopra, posti in essere dall'Istituto, con quanto stabilito dalle linee di indirizzo per la predisposizione del bilancio sociale che recita: «rispettare la trasparenza del documento di rendicontazione sociale al fine di rendere possibile la verifica dell'azione amministrativa, rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi resi, e dimostrando la capacità di interpretazione delle aspettative di tutti gli utenti» e poi ancora: «realizzare una rete di ascolto e di interazione con le rappresentanze delle diverse parti sociali ed i portatori di interesse, prevedendo specifiche responsabilità e referenti, favorendone la partecipazione per la costruzione del Bilancio sociale annuale ed il coinvolgimento nella individuazione delle scelte politiche».
(5-05131)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
gli anziani italiani da un lato si sentono più soli di qualche anno fa, tanto da sfiorare l'emarginazione; dall'altro vorrebbero avere un ruolo maggiore, maggiori relazioni e sentirsi più integrati nella società. È il ritratto che emerge dal IV rapporto nazionale Auser-Filo d'argento, presentato a Roma e frutto di un anno di contatti diretti e testimonianze raccolte dai volontari attraverso il numero verde (800-995988). Sono stati 443 mila gli anziani che si sono rivolti all'Auser (+0,8 per cento rispetto al 2009) che ha fornito quasi 2 milioni e mezzo di prestazioni spostando così da 4,7 a 5,1 il rapporto tra servizi erogati e utenti. La domanda di sostegno nel 2010 è cresciuta soprattutto in Liguria, Lombardia e Piemonte al Nord e in Calabria al Sud. L'indagine conferma che la terza età è più difficile nelle regioni del Nord dove molto più spesso al Sud viene a mancare il ruolo di contesto della famiglia. Se il 76,4 per cento degli anziani vive da solo (a fronte di un 23,6 per cento che vive in famiglia), questa percentuale balza al 93,4 per cento in Piemonte, mentre è quasi dimezzata in Puglia e Calabria;
a rivolgersi ai servizi Auser sono soprattutto le donne (70 per cento dato medio nazionale) sopra i 65 anni, vedove o comunque sole, in precarie condizioni di salute ed economiche, con pensioni basse, nella gran parte dei casi (88 per cento) residenti al Nord. Il 65 per cento degli utenti ha superato i 75 anni, mentre un buon 20 per cento è ultra 85enne. In calo invece, la richiesta d'aiuto che viene dagli uomini: -3 per cento nel 2010 con punte che toccano -8 per cento in Emilia Romagna e -4 per cento in Veneto. Ma anche qui conta il fattore geografico e la domanda maschile cresce del 3 per cento nelle regioni del centro Italia. La crisi economica invece incide nell'aumento degli utenti «giovani», fra i 50 e i 55 anni, passati al 16 per cento dal 13,7 per cento nel 2008. «A parte la tradizionale domanda sociale data nelle città dai "grandi vecchi" e dall'"emergenza donne sole e malate", si intravedono cambiamenti importanti, trainati dai nuovi stili di vita - sottolinea Francesco Montemurro, direttore Ires "Lucia Morosini" di Torino, responsabile dell'indagine Filo d'argento; oggi gli anziani vogliono vivere al di là della malattia e andare oltre lo stereotipo della "riparazione del bisogno"; vorrebbero avere nuove opportunità di sostegno che includono l'integrazione, l'aggregazione, il divertimento, il contatto diretto con l'ambiente in cui vivono». Sempre meno, infatti, a quanto risulta dal rapporto, chiedono la consegna a casa di farmaci o della spesa o la compagnia a domicilio. Hanno più voglia di uscire, di spostarsi facilmente, magari con una macchina attrezzata, per sbrigare semplici pratiche, andare dal medico, al mercato o al cinema, incontrare gli amici. Quello che emerge, in sostanza, è il rifiuto dell'emarginazione e l'aspirazione a un benessere affettivo che passa attraverso un maggiore coinvolgimento sociale, civile, «attivo» nel proprio contesto di appartenenza;
queste aspirazioni si traducono in uno spostamento qualitativo della domanda di servizi rispetto a quella dell'assistenza tradizionale: mobilità, trasporto sociale, compagnia. Quasi il 47 per cento degli utenti richiede l'accompagnamento con trasporto in auto attrezzate (+21 per cento nel 2010). Si chiede più compagnia ma solo per uscire (anche per andare alle poste o dal medico) e per socializzare, mentre la domanda cala per quella a domicilio (-15 per cento) come per la consegna di farmaci (-58 per cento) a casa. In crescita è anche la richiesta di compagnia telefonica (+18,5 per cento). Secondo l'indagine Auser, il 90 per cento delle persone che chiede aiuto al Filo d'Argento non è inserito in modo continuativo in un piano di assistenza pubblica né da enti privati, solo il 6,4 per cento degli anziani è seguito da servizi socio-assistenziali e il 3,6 per

cento da cooperative e privati. Quello che sorprende è che il 34,2 per cento delle richieste di informazione ed aiuto pervenute ai volontari Auser arrivino proprio dalle Asl, dai servizi sociali e comunali e di altri enti pubblici. Le altre richieste arrivano dai diretti interessati nel 48 per cento dei casi, dai familiari nell'11 per cento e da partner di Auser nel restante 7 per cento. Un capitolo del rapporto riguarda il gradimento rispetto ai servizi prestati dall'Auser e conosciuti attraverso amici, passaparola, familiari e pubblicità. In generale il 72,2 per cento si dichiara molto soddisfatto degli aiuti ricevuti e un 23,6 per cento abbastanza contento -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere un quadro generale di percorsi ed attività degli anziani, all'interno delle diverse realtà istituzionali.
(4-12722)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 luglio 2011 un operaio di 39 anni è deceduto all'interno di una cava di Spoleto; l'uomo, secondo quanto è dato sapere, era alla guida di un autocarro che si è ribaltato per cause ancora da accertare -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
se siano state rispettate le normative previste sulla sicurezza del lavoro;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a vicende come quella sopra segnalata, che per dimensioni - dall'inizio dell'anno risultano essere decedute almeno 270 persone per incidenti sul lavoro, 457.260 sono stati gli infortuni, 1.080 gli invalidi - assume i connotati di quella che non è esagerato definire una strage.
(4-12733)

PISICCHIO, PICCOLO, BURTONE, CUOMO, GIORGIO MERLO e IANNUZZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, «Soppressione ed incorporazione di Enti ed organismi pubblici» ha disposto, tra l'altro, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, la soppressione dell'Ispesl e dell'Ipsema e la loro contestuale incorporazione nell'Inail;
la stessa disposizione, al comma 4, ha previsto inoltre che le risorse strumentali, umane e finanziarie degli enti soppressi, sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura delle relative gestioni alla data del 31 maggio 2010 siano trasferite con decreti interministeriali di natura non regolamentare, da adottare entro sessanta giorni dalla data in vigore del citato decreto-legge;
tra le motivazioni di tale drastico provvedimento vi era il contenimento della spesa;
l'Ispesl, prima dello scioglimento (31 maggio 2010) era in gestione commissariale dall'aprile 2008, per scadenza del mandato del consiglio di amministrazione, con una sostanziale paralisi dell'attività del medesimo;
a svolgere i compiti di commissario era stato chiamato il professor Antonio Moccaldi, già presidente dell'Istituto, a cui era stato affiancato un sub commissario nella persona del direttore generale dottor Umberto Sacerdote;
dei circa 850 lavoratori dell'ex Ispesl 450 sono i lavoratori precari che svolgono una parte rilevante dell'attività dell'ex Ispesl e che aspettano la trasformazione a tempo indeterminato;

con una recente nota pubblica, la Uil ricerca ha evidenziato una serie di problematiche relative al personale ed ha avanzato seri dubbi sull'efficacia di provvedimenti che vengono firmati da figure non aventi titolo e addirittura denunciato la permanenza, a tutt'oggi, nella sede dell'ex Ispesl dell'ex commissario ed ex sub commissario;
risulterebbe, quindi, mantenuto, nel ruolo di sub commissario dell'ex Ispesl, il dottor Umberto Sacerdote con rispettiva retribuzione, come peraltro denunciato dal Corriere della Sera dell'8 luglio 2001, mentre l'ex commissario non percepirebbe alcun compenso;
a tutt'oggi i previsti decreti interministeriali, che dovevano essere emanati entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della predetta legge di conversione, non sono stati adottati;
pertanto a distanza di un anno dallo scioglimento dell'ex Ispesl, non solo non si è provveduto ad adempiere a quanto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010 ma, addirittura, si continua a mantenere in piedi l'ex struttura dell'ex vertice dell'Ispesl con quello che agli interroganti appare uno sperpero di denaro pubblico, mentre non vengono definite le posizioni dei lavoratori precari, che svolgono attività fondamentali in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro, e di prevenzione di infortuni, di garanzia della qualità degli ambienti di lavoro;
l'onorevole Antonio Cuomo, già con un'interrogazione presentata il 25 febbraio 2010 (4-06289) aveva posto una serie di quesiti circa il piano di ricerca, la mancata autorizzazione a bandire concorsi per 100 posti a tempo indeterminato, nonostante la carenza di personale più volte denunciata dalle organizzazioni sindacali, l'utilizzo indiscriminato, senza avviso e selezione pubblica, benché le normative non lo prevedessero incarichi di collaborazione coordinata e continuativa per personale di vari livelli e per tali delicate motivazioni auspicava l'accorpamento dell'ex Ispesl all'Inail;
il bilancio dell'ex Ispesl non sarebbe stato approvato come previsto dalla predetta normativa;
non sarebbero stati trasmessi al Ministero, né pubblicati sul sito, né inviati al collegio dei revisori gli elenchi degli incarichi esterni, l'elenco dei co.co.co e le notizie relative ai compensi, percepiti dai vertici dell'ex Ispesl, (come invece era stato assicurato in una precedente risposta del Ministero della salute) e che sembrerebbero essere di gran lunga superiori a quelli consentiti dalla normativa «Brunetta»;
risulta all'interrogante a seguito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-05028 del senatore Pedica, pubblicato il 13 aprile 2011-seduta n. 540, i Ministri abbiano disposto il 9 maggio 2011, per il tramite dell'Inail, la revoca immediata dalle funzioni del dottor Sacerdote e l'immediato allontanamento dagli uffici dell'ex Ispesl, anche se il giorno 10 maggio con le stesse modalità hanno disposto la revoca delle decisioni del giorno precedente;
addirittura nelle «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», recentemente approvate dal Parlamento, all'articolo 18, comma 21, si modifica l'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e si tende a confermare fino al 31 dicembre 2011 il direttore generale dell'ex Ispesl (che sarebbe stato sciolto il 31 maggio 2010 secondo la norma suindicata) e non si conferma il direttore generale dell'ex Ipsema, ente sciolto con la stessa norma;
con tale modifica si ripropone la figura del «direttore generale» dell'ex Ispesl cessata sin dall'aprile 2008, cioè da quando essa è stata commissariata -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
quali motivazioni abbiano portato allo scioglimento dell'ex Ispesl considerato che ad oggi non sono stati attuati piani di risparmio economico;

quali iniziative o provvedimenti urgenti intendano adottare i Ministri interrogati per rimuovere i ritardi accumulati nell'attivazione delle graduatorie dei concorsi già espletati e per regolarizzare l'attuale precariato al fine di evitare tensioni sociali tra i lavoratori, che da anni svolgono un'attività fondamentale con grande professionalità e dignità;
quali siano le motivazioni che hanno indotto i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze a revocare la revoca del 9 maggio 2011, e quali iniziative intendano avviare per non incorrere nell'eventuale danno erariale, così come indicato nell'atto n. 4-05028 del senatore Pedica;
se la previsione dell'articolo 18 comma 21 del decreto-legge n. 98 del 2011 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», produca l'effetto di circoscrivere la responsabilità amministrativo-contabile;
quali siano i motivi che abbiano indotto a riconoscere la qualifica di «direttore generale» dell'ex Ispesl a chi, allo stato, svolge funzioni di fatto di sub commissario di un ente che è stato sciolto con legge fin dal 30 maggio 2010;
quale sia la motivazione per cui non è stato adottato lo stesso trattamento per il direttore generale dell'ex Ipsema, che, contrariamente, alla situazione dell'ex Ispesl, era regolarmente in carica;
se intendano promuovere l'adozione di misure di auto-tutela, a seguito di ispezioni volte a verificare la legittimità degli atti adottati a seguito del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
se intendano promuovere l'abrogazione delle disposizioni di cui all'articolo 18, comma 21 del decreto-legge n. 98 del 2011 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» al fine di non creare una disparità di trattamento tra i due enti disciolti.
(4-12740)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la società italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO) nella sua ultima newsletter ha rilanciato i dati del rapporto «L'assicurazione italiana 2010/11» di ANIA (Associazione delle imprese assicuratrici): tra il 1994 e il 2009, il numero dei contenziosi in ambito medico è più che triplicato, passando da 9.500 cause (civili e penali) alle attuali 34 mila, il che è il risultato della crescita esponenziale delle denunce sia contro singoli medici che nei confronti delle strutture sanitarie;
l'esplodere del contenzioso giudiziario in campo medico è preoccupante perché, accanto a casi nei quali vi sono realmente gli estremi per intervenire, ve ne è una grande massa nella quale in realtà non vi sono i presupposti;
tale situazione ha una serie di conseguenze molto gravi per l'intera categoria dei medici:
a) lo spargersi nell'opinione pubblica dell'idea, in realtà sbagliata, che i medici non sappiano fare il loro lavoro e che, quindi, curarsi in Italia (in realtà ai primi posti al mondo per qualità e preparazione della categoria) sia pericoloso;
b) l'aumento delle polizze assicurative pagate da medici e strutture sanitarie;
c) il crescente ricorso alla cosiddetta «medicina difensiva» la quale ha in definitiva, concretizzandosi nella scelta del medico di prescrivere cure ed esami a volte inutili pur di mettersi al riparo dall'eventualità di cause giudiziarie, anche conseguenze economiche negative sul bilancio sanitario nazionale;
il tema è al centro di una serie di utili proposte di legge all'esame dal Senato,

ma vista la complessità della materia i tempi di questo iter si stanno rivelando molto lunghi e quindi, a parere dell'interrogante e per le ragioni sopra esposte, sarebbe necessario compiere dei primi interventi per arginare il fenomeno del contenzioso giudiziario in campo medico in attesa dell'approvazione e dell'entrata in vigore di una riforma definitiva -:
quali eventuali iniziative, per quanto di sua competenza, il Governo intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-12718)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella edizione del 17 luglio 2011 riferisce del caso del signor Giorgio Manni, per sei volte andato al pronto soccorso, in quattro differenti ospedali, sofferente e con difficoltà respiratorie, chiedeva di essere ricoverato;
da quanto si apprende per ben cinque volte il signor Manni è stato rimandato a casa, e il 15 luglio è deceduto;
la sorella del signor Manni, signora Teresa, ha invano implorato i medici di fare qualcosa perché suo fratello stava sempre peggio, ma al pronto soccorso di Subiaco le hanno risposto scrivendo: «Si ribadisce l'assoluta incongruità di accessi al pronto soccorso, ancor più se effettuati utilizzando il servizio 118, per una sintomatologia cronica»;
secondo la ricostruzione che si è potuta fare, il signor Manni un mese fa avrebbe accusato forti dolori alla schiena; si sarebbe sottoposto a una cura a base di punture che non gli avrebbero procurato alcun giovamento, il medico di famiglia consiglia una risonanza magnetica, ma c'è posto solo per il 30 luglio. Le condizioni del signor Manni si aggravano, sente dolori forti all'altezza dei reni;
«il 4 luglio», racconta la signora Teresa, «chiamiamo il 118, l'ambulanza lo porta al pronto soccorso di Subiaco. Ha il volto giallo. Il medico lo visita e scrive che ha una lombosciatalgia resistente a terapia medica. Gli dicono di andare a casa e di fare quattro punture al giorno». La situazione non migliora, il signor Manni ha dolori sempre più forti, fatica a respirare: «L'8 luglio chiamiamo di nuovo l'ambulanza, soffre come un cane. Al pronto soccorso di Subiaco non gli fanno quasi nulla: una flebo, misurano la pressione, rilevano la frequenza cardiaca». Il medico scrive: «Paziente già valutato tre giorni fa e dimesso con chiara indicazione alla terapia domiciliare, torna alla nostra osservazione lamentando la medesima sintomatologia». Stessa terapia con tre medicinali. Aggiunge il medico: «Si ribadisce l'assoluta incongruità di accessi in pronto soccorso, ancora più se effettuati utilizzando il servizio 118»;
la notte del 9 luglio viene chiamata la guardia medica. Dopo la visita il responso. «Andate al pronto soccorso di Tivoli»;
il signor Manni viene condotto per la terza volta in pronto soccorso a Tivoli, è la mattina del 10 luglio. Stesso verdetto: lombosciatalgia resistente alla terapia, stesse punture; a questo punto i familiari del signor Manni si rivolgono al pronto soccorso dell'ospedale Umberto I di Roma; Qui, secondo il racconto della signora Teresa, il signor Manni viene respinto per la quarta volta: «Mio fratello entra al pronto soccorso dell'Umberto I alle 13.41, lo mettono su una sedia, dicono che c'è da aspettare. Lui non respira, perde la testa e comincia a urlare. Solo a sera lo portano in un altro stanzone con decine di altri pazienti sulle barelle. Lui mi sussurra: questo è un inferno, me sto a morì»;
il giorno successivo il giorno dopo il medico di base, dottor Filippo Pizzicaroli firma una richiesta di ricovero e consiglia di rivolgersi al CTO;
al CTO il signor Manni viene sottoposto ai raggi x rachide lombosacrale, una visita generale, e rimandato a casa;

secondo quanto riferito dalla signora Teresa, «mio fratello ha implorato il medico, tenetemi qua solo due giorni, io non respiro, sto morendo. Inutile. Ci hanno detto di comprare una bombola di ossigeno. Ma ogni notte mio fratello stava peggio. Quella notte l'ho trascorsa ad accudirlo, cercavo di dargli sollievo con asciugamani bagnati, lo portavo in balcone, non respirava. Al mattino Giorgio però è divenuto cianotico, ho capito che stava morendo. Ho telefonato al 118, ho urlato di correre»; la scena finale è tragica: codice rosso, Giorgio nel pronto soccorso perde conoscenza, alla fine un medico dice alla sorella che ci sono poche speranze: «la situazione è seria. Aveva un versamento polmonare, bisognava operarlo, mi hanno detto che lo portavano a Tor Vergata;
Giorgio Manni muore il 15 luglio 2011 al Policlinico Tor Vergata -:
di quali elementi disponga in relazione alla sconcertante vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per far piena luce sull'accaduto.
(4-12726)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di informazioni «ANSA» il giorno 17 luglio 2011 ha diffuso la notizia che all'obitorio dell'ospedale «Papardo» di Messina il signor Francesco Tortorici, cognato del signor Mario Petralia, deceduto in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale, ha scoperto che la salma del defunto era abbandonata - così si è espresso - «assieme con altre in un ambiente di circa 40 gradi, gonfia come se la morte fosse avvenuta da 15 giorni, e sul corpo vi erano formiche e insetti»;
il signor Tortorici ha fatto intervenire la polizia e sulla vicenda ha presentato un esposto;
l'episodio segue quello, non meno sconcertante, denunciato dai familiari di un paziente ricoverato nel reparto di rianimazione del policlinico di Messina, che hanno scoperto larve di mosca nei naso del loro congiunto in coma -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche promuovendo gli opportuni controlli da parte di carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità, in merito a episodi e situazioni che legittimamente sconcertano l'opinione pubblica.
(4-12730)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa, notiziari televisivi e siti internet hanno riferito di un gravissimo episodio che si sarebbe verificato presso il reparto di rianimazione del policlinico di Messina a un paziente di 55 anni, ricoverato da due mesi per un'emorragia celebrale causata da un aneurisma;
in particolare, risulta che i congiunti abbiano scoperto delle larve sul corpo del paziente; la moglie del paziente, signora Maria Napoli, ha riferito: «Da 10 giorni vedevamo volare dei moscerini nella stanza dove si trova ricoverato mio marito, ma nonostante avessimo chiesto più volte un intervento dei sanitari loro non hanno fatto nulla. Avevo chiesto insieme a mia figlia di coprire con una garza il naso e la bocca di mio marito per evitare che questi insetti deponessero uova o si appoggiassero su di lui ma siamo state quasi derise. Poi ieri sui peli interni del naso abbiamo notato le larve. È stata una scena agghiacciante, mio marito sembrava un morto. A quel punto abbiamo chiamato la polizia che subito è intervenuta»;
il direttore dell'unità operativa, il professor Sinardi, avrebbe poi asserito di

aver tolto le larve dal naso del paziente e fatto intervenire un otorino per una visita, scusandosi per l'accaduto;
lo stesso professor Sinardi avrebbe confermato: «È vero erano presenti delle piccole larve sul naso di un nostro paziente ricoverato, ma subito siamo intervenuti eliminandole. L'uomo è stato sottoposto ad una visita da parte di un otorino che ha escluso la presenza di altre larve» -:
di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo gli opportuni controlli da parte dei carabinieri del Nucleo antisofisticazioni e sanità, in relazione a una vicenda che appare agli interroganti inqualificabile e scandalosa.
(4-12731)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal quotidiano L'Arena di Verona, un neonato, venuto alla luce il 5 luglio 2011 dopo un intervento con parto cesareo, eseguito all'ospedale di Borgo Trento, sarebbe deceduto quattro giorni dopo;
il neonato, secondo quanto si è potuto apprendere, presenterebbe uno «strano taglio» alla pancia;
la vicenda, stando alla denuncia presentata dal padre del neonato, sarebbe cominciata il 3 luglio, quando la futura mamma, alla ventottesima settimana di gravidanza, si presenta in ambulanza al pronto soccorso della maternità dell'ospedale di Borgo Trento. La donna sarebbe stata visitata e rimandata a casa, in quanto il ricovero non sarebbe stato ritenuto necessario. Al pomeriggio, la dolorosa situazione si ripete e stavolta viene disposto subito il ricovero. La giornata del 4 luglio trascorre tra esami e iniezioni, mentre il martedì 5 luglio viene effettuata un'ecografia, dai risultati, stando almeno a quanto riferito dai sanitari al padre, tranquillizzanti;
nonostante ciò, la situazione si modifica: viene cosi chiamato un medico e un'ostetrica e la donna portata in sala operatoria, dove viene effettuato il cesareo. Qui la ricostruzione si fa concitata: il padre viene informato dai medici che il bambino era nato, ma aveva uno «strano taglio alla pancia», e per questo motivo si decide di trasferirlo al policlinico di Borgo Roma;
in quella struttura viene effettuato un nuovo intervento, stavolta sul bambino. L'operazione dura tre-quattro ore, ma il risultato è sconvolgente: un medico informa il padre che «lo strano taglio» è stavolta un «taglio vistoso dal quale erano fuoriusciti i visceri», con alcuni organi danneggiati e spostati»; e non si fa nessun cenno a malformazioni;
dopo l'intervento, il bambino è sopravvissuto quattro giorni -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza abbia assunto o intenda assumere per fare piena luce sull'accaduto.
(4-12732)

D'INCECCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 18 novembre 2010, la sottoscritta ha presentato un'interrogazione a risposta scritta n. 4-09532 al Ministro della salute sul caso di un piano specifico della ASL di Pescara, di procedere a nuove assunzioni di personale medico nonostante il Piano di rientro dal disavanzo sanitario;
in particolare si segnalava la scelta insolita della Asl di Pescara di assumere, dentro un piano rivolto all'assorbimento di sette nuovi direttori medici e ventuno nuovi dirigenti medici, anche figure non indispensabili per il funzionamento dei

presidi, come quella del direttore dell'Utic (Unità di terapia intensiva cardiologica), che risultava accorpata alla struttura della cardiologia e veniva, invece, scorporata mentre in altri presidi (Teramo, l'Aquila) si faceva esattamente il contrario; il tutto mentre il piano di risanamento prevedeva esplicitamente, nel quadro della riduzione dei costi, l'accorpamento di strutture funzionalmente omogenee ed integrate;
alla interrogazione sopra richiamata il Ministro ha risposto in data 28 giugno 2011, con una nota scritta in cui si sostiene che «per quanto attiene alle assunzioni programmate nel limite del 10 per cento del turn over, nelle quali rientrano anche quelle relative a sette nuovi direttori medici tra cui il direttore dell'unità di terapia intensiva cardiologica cui si fa espresso riferimento nell'atto parlamentare in questione, la presidenza della giunta regionale ha precisato che tali assunzioni non sono state autorizzate dall'organo commissariale»;
da notizie a conoscenza della interrogante, il concorso per la figura di direttore dell'unità di terapia intensiva cardiologica è stato, però, effettuato in data 27 giugno 2011, nonostante il parere contrario del sub commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro disavanzi del settore sanitario della regione Abruzzo, Giovanna Baraldi;
quanto sopra esposto va, secondo l'interrogante, nella direzione contraria agli indirizzi di contenimento della spesa sanitaria fissati in sede di definizione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto; se non ritenga, nei limiti delle proprie competenze, di favorire un intervento del Governo in considerazione degli indirizzi di contenimento della spesa sanitaria fissati in sede di definizione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo.
(4-12738)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi un rapporto dell'ufficio statistico del Ministero dell'interno ha certificato che attualmente in Puglia sarebbero ben 3.700 le famiglia a rischio sfratto (nell'85 per cento dei casi a causa della morosità e nel 15 per cento a causa di finita locazione);
in tutte le province pugliesi di cui si hanno dati disponibili, su base annua nel 2010 gli sfratti sono cresciuti (fino alla punta del 12 per cento in quella barese) in modo evidente prefigurando così l'emergere di problemi di carattere economico e sociale -:
quali iniziative, per quanto di sua competenza, ritenga di assumere il Governo in merito a quanto esposto in premessa.
(4-12719)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
grazie al sostegno dell'Associazione artigiani di Bergamo, le imprese del territorio bergamasco stanno avviando nuovi progetti volti all'aumento della propria internazionalizzazione e competitività. Tali progetti sono rivolti alle aziende che vogliono allargare il proprio pacchetto clienti per misurarsi sui mercati europei distaccandosi dalla tradizione che spesso le vede legate a pochi committenti e ai loro andamenti, soprattutto nel settore della subfornitura. Per il momento sono otto le realtà impegnate nella fornitura di beni industriali che a settembre 2011 parteciperanno in forma aggregata a «Swi.ch», il progetto attuato dall'ufficio internazionalizzazione di via Torretta e cofinanziato da regione e Unioncamere Lombardia, rivolto al mercato svizzero. Si tratta di ditte accomunate dall'avere già avviato un percorso di internazionalizzazione;

per un anno i partecipanti saranno supportati da un team di consulenti nelle diverse fasi previste per avviare e consolidare un piano di sviluppo commerciale sul mercato elvetico: dalle analisi di settore alla ricerca di partner e potenziali clienti, fino ad arrivare alla gestione delle trattative e, quindi, alla concretizzazione stessa dell'ordine. «Abbiamo scelto la Svizzera come mercato di riferimento - spiega il presidente dell'Associazione artigiani Angelo Carrara - non solo perché è il terzo Paese europeo dopo Francia e Germania ad assorbire buona parte delle esportazioni bergamasche, ma anche perché qui abbiamo già sperimentato progetti che hanno dato esiti soddisfacenti alle nostre imprese che guardano a nuovi canali per superare la crisi. Si tratta inoltre di un Paese vicino e sappiamo quanto per le piccole realtà i costi di trasporto incidano sul prezzo finale dei prodotti. Per tutte la aziende aggregate, poi, l'offerta di servizi collaterali al prodotto lavorato, come la coprogettazione, la rapidità della consegna, il know-how è ormai fondamentale per continuare a competere con realtà strutturate. Questo progetto nasce e si sviluppa partendo proprio da questi presupposti»;
continuerà fino alla fine dell'anno, invece, il progetto «bussola artigiana» (sempre cofinanziato da regione e Unioncamere Lombardia) per orientarsi sui mercati esteri, che dal 1° gennaio 2011 vede coinvolte 10 piccole imprese produttrici di articoli finiti di alta gamma appartenenti a diversi settori. «Questo progetto - dice Carrara - vuole aiutare le aziende a prendere decisioni di natura strategica, facendo leva su un articolato lavoro di marketing e comunicazione utile per costruire, grazie a consulenze specifiche e ai suggerimenti raccolti nelle interviste alla clientela, una progettualità a lungo termine. Alle nostre imprese, infatti, occorre proprio questo concetto che, in termini più semplici, si traduce in sviluppo e futuro aziendale»;
il lavoro svolto finora è consistito in una prima fase di mappatura dei bisogni e delle potenzialità di tutte le realtà imprenditoriali coinvolte, alla ricerca di obiettivi condivisi su cui lavorare. La seconda, tuttora in corso, ha visto per ogni singola impresa (assistita da consulenti) l'avvio di un'analisi interna sulle caratteristiche del prodotto, il tipo di clientela, i canali distributivi adottati, il tutto per delineare nuovi confini di mercato. Su queste premesse partirà ora il vero e proprio test di marketing sul nuovo target di clientela individuato, con l'obiettivo di creare un database di contatti commerciali. Infine, è grazie ai risultati dell'indagine, si passerà alla fase finale che metterà in luce i nuovi obiettivi, che potranno essere il cambio dei mercati di riferimento, delle strategie di comunicazione fino ad arrivare, in alcuni casi, anche a modifiche del prodotto offerto -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere ed incentivare progetti di internazionalizzazione e di incremento di competitività delle imprese artigiane, in analogia a quelli avviati dalla provincia di Bergamo.
(4-12723)

REALACCI e MARIANI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 2008-2009 il progressivo spegnimento del vecchio segnale analogico delle trasmissioni televisive, chiamato «switch-off», e il passaggio al digitale terrestre ha comportato e comporta per molti cittadini italiani notevoli disagi sia per la necessità di dotarsi di un decoder che permetta di decriptare il nuovo segnale, sia per la difficoltà di sintonizzazione che per la frequente mancanza del nuovo segnale. Anche nelle regioni in cui è in corso questo passaggio, come in Toscana, sarà molto probabile il crearsi di situazioni di disagio per i cittadini, specie per coloro che abitano nelle zone montane o comunque in aree d'ombra del segnale televisivo;
il digitale terrestre trasmette infatti il segnale orizzontalmente rispetto alla crosta terrestre e di conseguenza a causa

dell'orografia dei territori montani la copertura non potrà essere omogenea. Per ovviare alla probabile criticità sarà necessaria un'infrastruttura molto costosa a causa dell'elevato numero di ripetitori e trasmittenti da collocare in molti siti, considerando che la penisola italiana si caratterizza per il suo 35 per cento di territorio montuoso;
il problema del servizio televisivo nei territori montani è stato un punto cruciale del passaggio nazionale dalla televisione analogica a quella digitale. Negli ultimi decenni in questi territori si sono finalmente stabilizzate le condizioni di ricezione dei segnali televisivi tradizionali. Fatto salvo il miglioramento del segnale RAI in ragione degli obblighi derivati dal contratto di servizio, l'emittenza privata, nazionale e locale, si è generalmente diffusa nei territori montani per un lento accrescimento dovuto sia ad interesse economico sia ad interesse degli abitanti di queste aree che sono stati disposti ad investire somme di denaro, anche di rilievo, per vedere altri programmi;
con lo switch-off sia per quanto riguarda RAI, sia per quanto riguarda le emittenti private nazionali e locali, si verificherà un importante ridimensionamento del servizio verso le aree montane: come si è già detto si tratta di territori che richiedono forti investimenti a basso rendimento;
esiste un preciso richiamo normativo previsto dalla proposta di legge per «il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni», approvato alla Camera il 5 aprile 2011 e ora in discussione al Senato, in cui si impegna il Ministero dello sviluppo economico a «provvedere ad assicurare che nel contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo sia previsto l'obbligo di prestare particolare attenzione, nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei comuni di cui all'articolo 2 e di garantire nei medesimi comuni un'adeguata copertura del servizio»;
nella conversione al digitale delle trasmissioni televisive sussiste inoltre il forte pericolo che nell'assegnazione delle frequenze siano fortemente penalizzate le emittenti televisive private più legate ai territori. Esse svolgono spesso un servizio fondamentale per la libertà e la completezza dell'informazione;
paradossalmente a fronte di un miglioramento tecnologico con il digitale terrestre si verificherà per alcuni cittadini una progressiva perdita del segnale televisivo (con lo switch-off infatti lo spegnimento del segnale analogico sarà completo) in aree nelle quali la ricezione dei programmi è, oltre che un importante fattore sociale soprattutto in prossimità della stagione invernale, anche un diritto per cui si paga un tributo annuale;
secondo UNCEM Toscana, ad esempio, le pubbliche amministrazioni con contratti FOC o non FOC (fuori obbligo di convenzione RAI-Stato) in Toscana sono più di 60. Nei prossimi mesi necessiteranno di un rinnovo delle attrezzature che con gli enti locali senza risorse per gli interventi e la messa a norma rischiano di peggiorare la criticità della situazione;
lo scorso 1o luglio 2011 nel convegno promosso dalla regione Toscana sulla nuova tecnologia televisiva è poi emerso che le regioni dove è già avvenuto il passaggio al digitale terrestre hanno dichiarato che per coloro che abitano nei territori montani, esistono ancora situazioni di disagio «televisivo»;
se non vi sarà alcun intervento di coordinamento con gli enti locali si rischierà di avere parte dell'utenza senza ricezione del segnale per periodi anche lunghi, emittenti non attrezzate e che non avranno la licenza di gestori di rete ed un forte aumento dei costi di adeguamento tecnologico -:
quali iniziative urgenti intenda mettere in campo il Ministro dello sviluppo economico per scongiurare l'impossibilità di ricezione del nuovo segnale digitale nei territori montani per la mancata copertura;

se non si ritenga poi opportuno promuovere, anche per tramite delle amministrazioni locali e delle comunità montane, il censimento delle zone a scarsa o nulla ricezione del segnale televisivo della RAI, delle emittenti nazionali e delle emittenti locali che raggiungono normalmente il resto del territorio di proprio riferimento al fine di risolvere le sussistenti situazioni di «disagio televisivo», specie in montagna;
se non si ritenga altresì utile assumere iniziative normative dirette ad inserire uno sgravio fiscale per l'ammodernamento delle apparecchiature televisive in territori geograficamente disagiati.
(4-12725)

VICO, LULLI e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è prassi, invalsa da più anni, che le imprese dei settori industriali «afferenti» al Ministero dello sviluppo economico, e nello specifico quelle del settore energetico, ed in particolare quelle di grandi dimensioni, provvedano a distaccare presso il Ministero proprio personale al fine di supportare gli uffici;
tali distacchi, in tutta evidenza, presentano particolari aspetti di sensibilità e delicatezza, per l'ovvia ragione che personale a libro paga delle aziende si trova ad operare nel luogo nel quale vengono assunte scelte operative che hanno rilevanti ricadute sulle aziende stesse, con potenziali aspetti di conflitto d'interesse;
per questi motivi risulta assolutamente determinante la capacità del personale ministeriale, ed in particolare dei dirigenti amministrativi e degli organi di direzione politica, di saper utilizzare tali risorse nel rispetto della dovuta riservatezza degli atti e della parità di condizioni per gli operatori, con particolare riferimento a quelli di ridotte dimensioni -:
se ritenga compatibile con quanto sopra esposto la partecipazione di personale distaccato da aziende del settore a convegni ed iniziative esterne, in nome e per conto del Ministero, come risulta da La Staffetta Quotidiana del 13 luglio 2011, che riporta l'intervento dell'ingegner Giovanni Di Scipio (dipendente dell'Enel) al convegno sul fotovoltaico organizzato da Business International in collaborazione con Ravano Green Power.
(4-12735)

...

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-12697 del 14 luglio 2011.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa narrano i seguenti fatti: la società «Arcus s.p.a», controllata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, è deputata ad elargire fondi di provenienza statale per progetti a valenza culturale. Come noto, una società per azioni, cioè un soggetto comunque privato, non è tenuto ad indire gare o comunque procedure di evidenza pubblica per l'assegnazione di fondi, e così può elargire questi fondi pubblici con quelli che agli interroganti appaiono criteri piuttosto «lassi», per non dire ambigui;
secondo tali fonti, Arcus ha finanziato Propaganda Fide - il cui dominus incontrastato era il cardinal Crescenzio Sepe, - per un progetto, non realizzato, dell'importo di 2,5 milioni di euro. Nel frattempo lo stesso ex Ministro Lunardi, colui il quale aveva dato il via libera al finanziamento acquistava come privato, da Propaganda Fide, a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato (pare un terzo), un palazzetto nel centro storico di Roma, per la cifra di 4,16 milioni di euro;
nel frattempo, l'attuale Ministro per i beni e le attività culturali Bondi, si è affrettato a chiedere conto al direttore generale di Arcus della situazione descritta, tramite una dettagliata relazione, contemporaneamente sospendendo ulteriori erogazioni da parte della stessa società;
il Ministro Bondi, in seguito all'indagine effettuata, ha accertato che devono essere erogati ulteriori fondi per il palazzo borrominiano di piazza di Spagna, nonché altri per la Pontificia Università Gregoriana;
l'erogazione dei fondi appare connotata, ad avviso degli interroganti, dall'assenza di controlli preventivi, con il rispetto di regole che appaiono opinabili. Regole che sembra vengano rispettate da tempo, poiché che la società Arcus è operativa da diversi anni;
a monte di tutto ciò, una questione di fondo si pone come dirimente: comprendere e divulgare tra i cittadini, contribuenti, elettori, come questi fondi pubblici, cioè dei cittadini stessi, possano essere devoluti alle casse del Vaticano. Capire perché, oltre al meccanismo dell'otto per mille, ad avviso degli interroganti iniquo, si trovi il modo di finanziare ulteriormente la Chiesa;
poiché si versa in un momento storico e politico nel quale l'azione di Governo appare improntata alla lotta contro gli sprechi e alla razionalizzazione dei trasferimenti finanziari a causa della grave crisi economica in corso, le prime misure

da prendere, ad avviso degli interroganti, dovrebbero essere quelle di chiudere i rubinetti verso le istituzioni confessionali, capaci di versare un fluido profondamente inquinato da interessi di parte, contemporaneamente rendendo più trasparente l'amministrazione della cosa pubblica -:
a quanto ammonti il finanziamento effettivo erogato dalla società Arcus a favore di Propaganda Fide;
a quanto ammonti, effettivamente, l'entità annuale dei finanziamenti che il nostro Stato, direttamente o indirettamente, eroga a favore dello Stato Città del Vaticano e a persone giuridiche o fisiche direttamente o indirettamente, a questo riconducibili, a partire dalla sottoscrizione della novella concordataria dei 1984;
in base a quali norme, secondo quali procedure, e sotto la responsabilità di chi tali fondi siano stati erogati.
(4-07785)

Risposta. - Le attività di controllo del ministero dell'interno sull'utilizzazione della quota dell'otto per mille del gettito complessivo Irpef, da parte della Chiesa cattolica, vengono espletate in ottemperanza a disposizioni legislative vigenti in materia.
Tra queste, innanzitutto, la legge 20 maggio 1985, n. 222, che reca «disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi» ed è frutto del lavoro svolto da una commissione paritetica italo-vaticana. Le sue disposizioni, pertanto, si collocano a pieno titolo nel contesto concordatario e potrebbero essere modificate solo bilateralmente.
Il relativo regolamento di attuazione (il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1987, n. 33) all'articolo 22, prevede la trasmissione al ministro dell'interno - da parte della conferenza episcopale italiana - del rendiconto sulla effettiva utilizzazione dei fondi derivanti dalla quota dell'otto per mille. Tale trasmissione deve avvenire entro il mese di luglio dell'anno successivo a quello di esercizio.
Il controllo del ministero dell'interno si esplica nella verifica della rispondenza delle spese riportate nel rendiconto alle finalità indicate dall'articolo 48 della richiamata legge n. 222 del 1985 - esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di altri paesi del terzo mondo - e nell'invio, nei trenta giorni successivi, della copia della documentazione pervenuta, con allegata relazione, al ministero dell'economia, per gli aspetti di competenza.
Dal 1990 - anno a partire dal quale è possibile la destinazione dell'otto per mille - la Chiesa cattolica ha sempre regolarmente adempiuto agli obblighi di legge, accompagnando il rendiconto con alcune annotazioni esplicative e pubblicando il testo sul notiziario della conferenza episcopale italiana, nonché su altri organi di stampa. Si tratta, peraltro, di documentazione accessibile a tutti sul sito internet della conferenza episcopale italiana. Da esso possono agevolmente dedursi le destinazioni dei fondi in relazione alle finalità previste dalla legge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i Vigili del fuoco italiani sono stati i primi civili dopo l'Aeronautica militare a portare soccorso con l'ausilio degli elicotteri. Si pensi che dal 1954 fino agli anni 70 la Polizia di Stato volava con i loro osservatori a bordo degli elicotteri dei Vigili del fuoco;
a fronte della richiesta paventata negli anni dagli operatori vigili del fuoco in servizio presso i nuclei elicotteri, presso i nuclei navali e sommozzatori di avere riconosciuta l'erogazione della medesima indennità corrisposta al resto dei Corpi dello Stato dotati di aeromobili, natanti ed attrezzature per tutela, ricerca e soccorso in ambienti acquatici, in particolare della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato ad oggi nulla è cambiato;

nonostante le attività prestate dai vigili del fuoco presentino un'identità funzionale per quanto riguarda le finalità di pubblica sicurezza, difesa e conservazione del patrimonio boschivo dagli incendi, vi è una palese ed ingiustificabile disparità di trattamento retributivo a fronte di mansioni e responsabilità equivalenti tanto che gli aeronaviganti, i nautici ed i sommozzatori VV.F. si trovano ultimi in fatto di riconoscimenti giuridici ed economici: le indennità di volo, navigazione e di immersione della componente del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco sono determinate in maniera completamente diversa (natura provvisoria, non pensionabile e per la sola indennità di volo senza la legge cosiddetta di trascinamento) rispetto agli altri Corpi dello Stato;
esse vengono considerate come indennità accessorie rispetto alla normale retribuzione (viene pagata come indennità accessoria al di fuori dello stipendio e sempre con mesi di ritardo);
l'indennità di volo per i vigili del fuoco prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 269 del 18 maggio 1987 che contempla una copertura equiparata a quella prevista per il personale della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato non è stata riconosciuta;
l'indennità di navigazione e d'immersione previste da analoghi decreti del Presidente della Repubblica non è riconosciuta per gli operatori vigili del fuoco;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 314 del 23 dicembre 2002 relativo al nuovo inquadramento economico, posizioni economiche e profili professionali del personale aeronavigante dei vigili del fuoco è attuato parzialmente;
gli Elicotteristi dei vigili del fuoco ancora oggi sono l'unico Corpo dello Stato ai quali non viene pagata l'indennità di allievo pilota ed allievo specialista durante il corso basico di un anno di durata, che si tengono rispettivamente a Frosinone presso l'Aeronautica militare e presso l'Agusta;
a differenza degli altri Corpi dello Stato che volano come ad esempio Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato, Carabinieri, Aeronautica, Esercito, Marina, ecc. ai soli vigili del fuoco non viene erogata l'indennità di «pronto impiego aereo operativo»;
a differenza degli altri Corpi dello Stato non viene corrisposta l'indennità di generi di conforto mensili previste: euro 90 circa per tutti i Corpi dello Stato, euro 15 per i vigili del fuoco;
tutti i Corpi dello Stato con una specifica legge adeguano la loro indennità di volo agli aumenti che l'Aeronautica applica al proprio personale per arginare l'esodo verso ditte private, ma i vigili del fuoco anche qui si distinguono negativamente per le occasioni mancate;
il personale elicotterista che spesso viene inviato in missione per corsi, per copertura del servizio presso altre sedi o per visite mediche, non solo non gode dell'istituto della trasferta (unico Corpo a non godere del summenzionato trattamento), ma deve molto spesso anticipare le spese vive (vitto e alloggio) mentre i rimborsi delle spese già anticipate dal personale dipendente avvengono con svariati mesi di ritardo;
tutte queste discriminazioni portano l'operatore aeronautico in servizio presso i nuclei elicotteri dei vigili del fuoco a percepire nella sua globalità circa 500/600 euro in meno rispetto agli appartenenti alla Polizia di Stato che fra l'altro fanno parte del medesimo ministero dell'interno e degli altri Corpi dello Stato, sempre a parità di anzianità di servizio e di brevetto;
attualmente lo stipendio medio mensile di un pilota dei vigili del fuoco con anzianità di servizio di circa 22 anni, che pilota aeromobili del valore pari o superiori a 8 milioni di euro, che rischia la vita in operazioni di soccorso in condizioni estreme è di poco superiore ai 1.900 euro (al netto delle RPA e compresa l'indennità di volo), mentre un pilota elicotterista dei

vigili del fuoco di Trento guadagna oltre 3.000 euro al mese;
il mancato riconoscimento di adeguate retribuzioni sta provocando un inarrestabile esodo di professionisti e specialisti formati dallo Stato; tale situazione, oltre che generare amarezza, rappresenta anche un importante sperpero di denaro pubblico investito per le professionalità dei tecnici al servizio dello Stato -:
se il Ministro interrogato non intenda adottare tutte le opportune ed idonee iniziative per ovviare a questa lampante situazione di disparità di trattamento economico fra Corpi dello Stato;
quali iniziative legislative, così come richiesto dalla Confsal vigili del fuoco, sindacato maggiormente rappresentativo della categoria in ambito nazionale, intenda adottare al fine di attuare le previsioni del decreto del Presidente della repubblica n. 314 del 23 dicembre 2002 relativo al nuovo inquadramento economico, posizioni economiche e profili professionali del personale aeronavigante dei vigili del fuoco.
(4-00290)

Risposta. - Il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco garantisce l'incolumità pubblica e la tutela dei beni e dell'ambiente, attraverso le missioni istituzionali del soccorso pubblico, della prevenzione incendi, della protezione e della difesa civile.
Per gli insostituibili compiti ad esso attribuiti nel sistema generale della sicurezza del Paese, la legge 30 settembre 2004, n. 252 ha opportunamente ricondotto il rapporto di impiego del personale del Corpo nell'ambito del regime pubblicistico - proprio di altri apparati dello Stato - parimenti chiamati alla difesa di valori fondamentali della Repubblica.
Pur costituendo parte integrante del sistema di sicurezza complessivamente inteso, il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco assolve, come è noto, compiti diversi da quelli del mantenimento dell'ordine pubblico e della prevenzione e repressione dei reati, nonché da quelli di difesa esterna dello Stato, rispettivamente assicurati dall'Amministrazione della pubblica sicurezza e dalle Forze armate, apparati tradizionalmente ricompresi nei comparti sicurezza e difesa.
In questa prospettiva si colloca la scelta legislativa di non comprendere i Vigili del fuoco nella categoria delle Forze di Polizia, individuate dalla legge 1o aprile 1981, n. 121, così come l'istituzione di un apposito comparto di negoziazione: «Vigili del fuoco e soccorso pubblico», operata con la citata legge n. 252 del 2004.
Negli ultimi anni un'ampia serie di interventi normativi ha segnato sul piano ordinamentale e retributivo un progressivo avvicinamento tra i predetti apparati dello Stato.
La riforma attuata dal decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, incentrata su una ristrutturazione di ruoli, qualifiche e avanzamenti professionali sostanzialmente corrispondente a quelli propri delle Forze di Polizia, introduce, rispetto al passato, un sistema basato su progressioni di carriera più rapide, anche attraverso promozioni a ruolo aperto.
Le differenze tuttora esistenti, specie con riferimento al trattamento economico e previdenziale, tra il personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e quello delle Forze di Polizia, sono in via di progressivo superamento, come dimostrano i più recenti interventi legislativi, specificamente rivolti ad affermare il ruolo di centralità del Corpo nazionale.
Su questo piano, particolarmente significativo è il riconoscimento della specificità del ruolo assegnato al personale del comparto «soccorso pubblico», previsto dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2; specificità condivisa dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco con le Forze armate e con le Forze di Polizia nonché pienamente ribadita dall'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ai fini della definizione degli ordinamenti e della tutela economica, pensionistica e previdenziale.
Il processo di armonizzazione del trattamento economico del personale del Corpo nazionale a quello delle Forze di Polizia ha

trovato, inoltre, riscontro nel già richiamato decreto-legge n. 185 del 2008, con il quale, in sede di conversione, sono state destinate risorse aggiuntive per i patti per il soccorso pubblico, da stipularsi annualmente tra Governo e parti sindacali, e per una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all'esterno.
Ulteriori passi in avanti, sotto il profilo dell'armonizzazione del trattamento economico, si sono registrati sia con il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito nella legge 24 giugno 2009, n. 77, con il quale è stata ripristinata l'indennità di missione anche per il personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, analogamente a quanto già previsto per il personale dei comparti sicurezza e difesa, sia con il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102, col quale sono state assegnate, per la speciale indennità di soccorso esterno, risorse per ulteriori 15 milioni di euro.
Inoltre, con il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, è stata riconosciuta l'indennità di trasferimento anche in favore del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, risolvendosi cosi, sul piano ordinamentale, una disarmonia esistente tra i comparti sicurezza e difesa e quello del soccorso pubblico.
Sussistono ancora, dal punto di vista previdenziale e pensionistico, alcune differenze rispetto alle Forze di Polizia, che potranno essere colmate nell'ambito del percorso di progressiva omogeneizzazione avviato nel corso della legislatura.
Le misure adottate per l'armonizzazione dei trattamenti economici si inseriscono, peraltro, in un contesto di disposizioni nel cui ambito il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, diversamente dal passato, risulta espressamente ricompreso assieme ai comparti sicurezza e difesa.
È stato, infatti, istituito - ai sensi all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 - un Fondo destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze armate, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco interessato dal blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali, con dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012. Tale disposizione è stata, di recente, integrata con ulteriori misure perequative, introdotte dal decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, che ha disposto la durata triennale del fondo e l'incremento dello stesso fino a 115 milioni per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, riconoscendo, tra i beneficiari dell'assegno una tantum, anche coloro nei cui confronti ha trovato l'applicazione il blocco della progressione economica di cui al comma 1 dell'articolo 9 del medesimo decreto-legge n. 78.
Con particolare riferimento all'indennità di volo della componente aerea dei Vigili del fuoco si rappresenta quanto segue:
il legislatore con legge 23 dicembre 1970, n. 1054 ha esteso le indennità già previste per Aeronautica, Esercito, Marina alle altre organizzazioni civili e militari dello Stato dotate di mezzi aerei (Pubblica sicurezza e Guardia di finanza);
con legge 5 maggio 1976, n. 187, e con il successivo aggiornamento effettuato con legge 23 marzo 1983, n. 78, si provvedeva ad estendere le indennità di volo per gli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa dei reparti di volo del Corpo della guardia di finanza e per il personale dei reparti di volo della polizia di Stato in possesso dei requisiti previsti dalla legge;
con legge 6 marzo 1981, n. 41 si provvedeva, per la prima volta, alla corresponsione dell'indennità di volo agli elicotteristi del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, e che quest'ultima veniva nuovamente disciplinata dall'articolo 104 della legge 18 maggio 1987, n. 269;
con le leggi finanziarie 2003 e 2004 venivano fornite risorse economiche aggiuntive per avviare il progressivo adeguamento alle indennità percepite dai piloti e specialisti delle altre componenti aeree dello Stato.

Risulta evidente come le differenze retributive e previdenziali tra elicotteristi del

Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e della Polizia di Stato debbano essere ricondotte al diverso meccanismo di adeguamento che è automatico solo per questi ultimi ed è, invece, connesso ad un espresso provvedimento legislativo per i primi.
È auspicabile, comunque, che, nell'ambito del percorso di progressiva omogeneizzazione avviato nel corso dell'attuale legislatura e nel rispetto dei vincoli finanziari, si possa rimuovere tale asimmetria, ricorrendo ad un meccanismo di adeguamento automatico anche per i componenti del nucleo elicotteri del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, analogamente a quanto avviene per le Forze di Polizia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante l'incontro del 7 ottobre 2009 fra i rappresentanti delle organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed i vertici dell'amministrazione avente per oggetto l'emergenza Abruzzo, secondo quanto riferisce la Confsal vigili del fuoco, a proposito della partenza dei prossimi contingenti di allievi vigili permanenti da assumere nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco previsti per il 3 novembre 2009 (301 unità) ed entro la fine dello stesso anno (735 unita), le graduatorie interessate da cui sarebbero assunti i vari contingenti sarebbero secondo i vertici del dipartimento dei vigili del fuoco quelle degli ex ausiliari 2004, ex ausiliari 2005 e della stabilizzazione del precariato;
a seguito del varo della legge 27 febbraio 2009, n. 14, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 2007, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, che disciplina, tra l'altro, la validità delle graduatorie dei concorsi e delle selezioni svolte dalle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, il termine di cui all'articolo 1, comma 100, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 è prorogato al 31 dicembre 2009 e si applica alle graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 1° gennaio 1999 relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
dal prospetto consegnato dal dipartimento dei vigili del fuoco alle medesime organizzazioni sindacali l'8 ottobre 2009 si evince che, riguardo alla prossima assunzione di un contingente pari a 445 unità, l'articolo 17, commi 35-sexies e seguenti, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, stabilisce che per dette assunzioni occorre attingere da graduatorie di concorsi pubblici o in difetto dalla graduatoria della stabilizzazione e a decorrere dal 31 ottobre 2009;
attualmente le graduatorie aperte a seguito dell'approvazione del decreto-legge «Milleproroghe», per quanto attiene al corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono quelle per 173 posti da discontinuo, 184 a mestieri, ex ausiliari 2004 e 2005, stabilizzazione del precariato, volontari in ferma breve e 28 direttori antincendio;
a giudizio dell'interrogante e della Confsal vigili del fuoco il dipartimento avrebbe dovuto attingere anche dalle altre due graduatorie, anch'esse valide fino al 31 dicembre 2009 e con un bacino di idonei ancora importante e desideroso di essere assunto nel Corpo -:
se il Ministro interrogato, non intenda intraprendere le opportune iniziative affinché si proceda all'assunzione anche dalle altre graduatorie di idonei dei vigili del fuoco italiani.
(4-04576)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si fa presente che il meccanismo di accesso ai ruoli operativi del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco segue, anche in ragione della specificità delle funzioni svolte, un percorso parallelo e derogatorio

rispetto a quello previsto per l'accesso alla generalità delle Amministrazioni dello Stato.
Il regime derogatorio che opera per i Vigili del fuoco mantiene in vita, per i concorsi destinati ai ruoli operativi, il limite triennale di validità delle graduatorie di cui alla legge n. 609 del 1996.
Le graduatorie dei concorsi a 173 posti ed a 184 posti nella qualifica di Vigile del fuoco - peraltro più volte prorogate da disposizioni di legge - sono scadute, rispettivamente, al 31 dicembre 2007 e al 31 dicembre 2008. Del pari risultano scadute le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami riservati ai Vigili volontari ausiliari collocati in congedo negli anni 2004-2005 e la graduatoria del concorso a 28 posti per i volontari in ferma breve.
Nell'ambito del processo di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale avviato negli anni passati, sono state assunte oltre 1550 unità, già inserite nei comandi provinciali.
Per altre 295 unità provenienti dal graduatoria dalla stabilizzazione, da assumere ai sensi della legge finanziaria per il 2008, nel giugno 2011 è stato avviato il corso di formazione per Vigile permanente.
Sono state, inoltre, recentemente autorizzate le assunzioni di ulteriori 95 unità di Vigili discontinui ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2009, convertito dalla legge n. 133 del 2009.
Nel prossimo triennio le assunzioni nella qualifica di Vigile del fuoco potranno avvenire attraverso la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti, nell'ambito della quale è comunque prevista una significativa riserva, pari al 25 per cento, in favore del personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
La legge finanziaria n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), confermata anche dalla manovra economica di cui alla legge n. 122 del 2010, ha previsto la copertura del turn-over al 100 per cento nel prossimo triennio.
Copertura alla quale, nella qualifica indicata, si potrà provvedere attingendo dalla graduatoria dei vincitori e degli idonei del citato concorso a 814 posti per Vigile permanente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la nascita della cosiddetta «vertenza Sicilia» risale al lontano 2003, ed è un'iniziativa condivisa da tutte e cinque le organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e tratta delle problematiche dei vigili del fuoco della Sicilia;
agli incontri partecipano rappresentanti del dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, il dipartimento regionale della Protezione civile ed i rappresentanti della regione siciliana. Gli incontri hanno permesso, grazie al fattivo contributo fornito da ciascuno degli intervenuti, di redigere un progetto finalizzato a potenziare il dispositivo di soccorso tecnico urgente in ambito regionale;
per raggiungere questo obiettivo, a giudizio dell'interrogante e di tutti gli attori, istituzionali e sindacali, della «vertenza Sicilia», occorrerebbe l'apertura di nuovi distaccamenti permanenti per migliorare la copertura del territorio dell'isola ed assicurare tempi d'intervento compatibili con quelli attesi dalla cittadinanza, l'acquisto, la ristrutturazione e l'adeguamento di alcune sedi di servizio già esistenti, la realizzazione del cosiddetto progetto «isole minori», l'ammodernamento ed il potenziamento della colonna mobile regionale, l'acquisto e la dislocazione di un elicottero a Palermo per la copertura del territorio della Sicilia occidentale;
vi sono altri temi che potrebbero determinare un efficace ed efficiente potenziamento della macchina dei soccorsi e consentire il conseguimento del prioritario obiettivo dell'autonomia del soccorso regionale siciliano;

il numero di vigili del fuoco, in ambito regionale, è fortemente deficitario. Tale condizione, già di per sé negativa poiché non consente di garantire un adeguato standard di sicurezza rispetto a quello erogato in altre regioni, è stato ancor di più accentuato in conseguenza delle recenti calamità che hanno interessato il territorio, dalle problematiche connesse ai passaggi di qualifica e in previsione dall'approssimarsi della stagione estiva che determinerà una nuova emergenza in funzione della recrudescenza degli incendi boschivi ormai tristemente nota e che si manifesta con particolare recrudescenza ogni anno;
a giudizio dell'interrogante e delle maggiori organizzazioni sindacali di categoria, tra le quali la Confsal-vigili del fuoco, occorre un potenziamento di uomini sul territorio assicurabile magari attraverso una mobilità straordinaria dei sottufficiali capi reparto e dei capi squadra per rimpinguare le forti carenze esistenti in tutti i comandi provinciali siciliani così com'è già avvenuto in passato;
occorre, inoltre, uno sforzo da parte del Ministro interrogato e del Governo tutto per reperire le risorse finanziarie da destinare al pagamento dello straordinario effettuato dal 1° ottobre 2009, data successiva all'evento calamitoso in provincia di Messina e quello effettuato dal personale intervenuto nell'occasione dell'emergenza a Lampedusa e per la campagna antincendi boschiva 2009 e 2010 di prossima definizione -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-07115)

Risposta. - In relazione alla cosiddetta «vertenza Sicilia» il ministero dell'interno, dopo un'attenta analisi condivisa con la direzione, regionale vigili del fuoco della Sicilia, ha elaborato un piano di potenziamento legato agli obiettivi del progetto «Soccorso Italia in 20 minuti».
A seguito dei gravi dissesti idrogeologici iniziati nel 2009 nel territorio della provincia di Messina, tale progetto è stato rivisitato attivando un piano ancor più ampio e teso sempre più ad un sensibile miglioramento della situazione attuale sviluppando la struttura del sistema di soccorso su diversi fronti.
Sono stati stipulati con la regione Sicilia apposito accordo di programma quadro ed annuali convenzioni per la campagna antincendi boschivi al fine di incentivare lo sviluppo e il potenziamento del dispositivo di soccorso tecnico urgente in Sicilia, alla cui realizzazioni ha contribuito il dipartimento regionale della protezione civile con l'erogazione di euro 1.200.000 circa.
La convenzione ha consentito, nella scorsa estate, di attivare presidi stagionali con personale dei vigili del fuoco (sia permanente che volontario) anche nelle isole minori.
È in corso la procedura di attivazione di un presidio nel territorio del comune di Cefalù (PA) ed è tuttora attivo il presidio di Roccalumera (ME).
Per assicurare la piena funzionalità del dispositivo di soccorso è stato previsto l'avvio di un piano di ristrutturazione nell'ambito del quale saranno attuati interventi per la sistemazione e la messa a norma delle sede centrale del comando provinciale di Palermo, la rivisitazione dei distaccamenti cittadini di Messina e delle sedi del distaccamento permanente di Petralia Soprana e di quello aeroportuale di Comiso (RG).
Il piano prevede anche il potenziamento della colonna mobile regionale, strumento assolutamente strategico per migliorare l'attività di soccorso sull'isola e sulle isole minori.
Si sta definendo anche il progetto relativo alla riorganizzazione dei nuclei elicotteri sul territorio nazionale che prevede l'assegnazione, presso il nucleo di Catania, di un ulteriore elicottero da dislocare a Boccadifalco (PA), allo scopo di garantire una migliore copertura del soccorso aereo nella Sicilia Occidentale.
L'annosa problematica della carenza di organico, peraltro comune a tutte le regioni d'Italia, sta cominciando a trovare una concreta soluzione.
Prossimamente, infatti, avranno luogo consistenti movimentazioni di personale a

seguito della conclusione della procedura concorsuale per il passaggio di qualifica a capo squadra con decorrenza 1o gennaio 2008.
Ciò comporterà la riduzione dal 9,86 per cento al 7,48 per cento della carenza complessiva nelle qualifiche di capo reparto, capo squadra e vigile del fuoco.
Ulteriori unità di personale saranno reclutate grazie alla definizione delle procedure connesse al concorso per 814 posti di vigile del fuoco, espletato nel 2010 e la cui graduatoria potrà costituire, sulla base dell'ordinamento vigente, un cospicuo serbatoio dal quale attingere anche nei prossimi anni.
È stata rinnovata al Presidente della regione Siciliana la richiesta di assegnazione di complessivi 17.417 milioni di euro per il rimborso delle spese sostenute in relazione alle attività di soccorso nel territorio della provincia di Messina ed al mantenimento (protrattosi fino al maggio 2011) dei presidi operativi nelle zone interessate dai gravi dissesti idrogeologici dell'ottobre 2009 e del febbraio 2010.
Le prestazioni di lavoro straordinario rese dai vigili del fuoco in occasione degli eventi del 18 febbraio 2009, presso il centro di prima accoglienza per immigrati di Lampedusa, sono state retribuite, in assenza di specifiche assegnazioni derivanti da ordinanze di protezione civile, direttamente dal Ministero dell'interno, con ricorso ai fondi ordinari di bilancio.
A tal fine, sono stati disposti, in data 27 aprile 2010, accreditamenti pari a euro 148.000 a favore del comando provinciale dei vigili del fuoco di Agrigento, euro 44.403 a favore del comando di Catania ed euro 55.500 a favore del comando di Palermo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CODURELLI, TEMPESTINI, MOGHERINI REBESANI e BRAGA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
martedì intervenendo in assemblea in ricordo di Vittorio Arrigoni la prima firmataria del presente atto ha chiesto al Governo di adoperarsi per accertare tutte le responsabilità di questo barbaro assassinio, ma anche di facilitare le operazioni di rientro della salma, rientro avvenuto ma con l'assenza del governo sia a Roma che nel giorno dei funerali a Bulciago;
questa vicenda ripropone in tutta la sua drammaticità la questione del conflitto israelo-palestinese e, in particolare, della situazione dell'embargo di Gaza;
Vittorio Arrigoni, attivista presso il movimento di solidarietà internazionale per la Palestina (ISM, international solidarity movement) e reporter italiano, operava nei territori palestinesi dal 2008;
in un video pubblicato sul sito dell'ISM il cooperante raccontava di essere arrivato a Gaza attraverso le navi del «free Gaza movement» insieme a un gruppo di attivisti internazionali, rompendo così un assedio via mare che durava dal 1967;
durante i giorni dell'operazione militare israeliana «Piombo fuso», Arrigoni - unico Italiano presente sul posto - aveva scelto di rimanere a Gaza, testimoniando la sofferenza dei palestinesi;
giovedì 14 aprile 2011 un gruppo estremista salafita della «Brigata dei valorosi compagni del profeta Mohammed bin Moslima» rivendicava su YouTube il sequestro del cooperante, avvenuto a Gaza City, minacciando di ucciderlo se entro 30 ore, a partire dalle ore 11 locali del 14 aprile (ore 10 in Italia), il Governo di Hamas non avesse liberato alcuni detenuti salafiti;
il giorno successivo l'ufficio stampa di Hamas denunciava il criminale sequestro e omicidio di un attivista italiano per la solidarietà aggiungendo inoltre che il corpo è stato ritrovato dalle forze di sicurezza appeso in una casa abbandonata -:
se e quali iniziative il Governo italiano abbia intrapreso non appena sia venuto a conoscenza del sequestro e della minaccia di morte nei confronti del cooperante italiano Vittorio Arrigoni;

quali azioni siano state avviate per conoscere l'esatto svolgimento dei fatti che hanno portato alla morte del nostro connazionale e per far piena luce sui numerosi punti oscuri che le ricostruzioni fino ad oggi fornite, anche in ordine alla dinamica del sequestro, non hanno contribuito a chiarire;
quali misure siano state adottate per garantire la sicurezza della nave italiana «Stefano Chiarini» la cui partenza a sostegno della Freedom Flotilla 2 è prevista per il prossimo mese di maggio.
(4-11746)

Risposta. - Il Governo italiano si è immediatamente attivato per avere notizie chiare relative al sequestro dell'attivista italiano, Vittorio Arrigoni.
È opportuno sottolineare che il Consolato generale italiano a Gerusalemme, conformemente alla posizione comune decisa in seno all'Unione europea, non intrattiene rapporti con le Autorità di fatto della Striscia di Gaza, espressione di Hamas. Pertanto, le informazioni che è stato possibile raccogliere con impegno e sollecitudine sono state acquisite tramite stampa o da fonti indirette e, trattandosi di notizie piuttosto confuse, necessitavano di una nota di cautela nelle valutazioni.
Dal momento in cui si è appresa la notizia del sequestro a Gaza del connazionale Arrigoni, l'Unità di crisi ha mantenuto costanti rapporti con i familiari in Italia, informandoli sulle attività poste in essere dal Consolato generale d'Italia a Gerusalemme per accertare i fatti, prima, e per assistere nelle procedure del rimpatrio della salma quando, purtroppo, si è appreso della sua morte. La famiglia ed il suo rappresentante legale sono stati quindi costantemente rassicurati sull'impegno e sull'attenzione da parte delle Istituzioni.
In seguito all'omicidio, secondo quanto riportato dalla stampa locale, ripresa da quella internazionale, le forze di sicurezza delle Autorità di fatto di Hamas hanno arrestato due cittadini palestinesi di Gaza, Farid Bahar e Tamer al-Hasasnah, ritenuti rispettivamente l'esecutore materiale dell'omicidio e il «basista», ma tale notizia è stata in seguito smentita. Le Autorità di Hamas hanno infatti diffuso sul proprio sito internet le foto di tre ricercati, considerati i responsabili dell'omicidio di Arrigoni: Abdelrahman Mahmud Al Birizait, noto anche come «Muhammad Hassan», di nazionalità giordana, Mahmud Muhammad Nemer Al Salfiti (membro delle forze di sicurezza di Hamas) e Bilal Al Omari. I rapporti tra questi ricercati ed i primi due arrestati e le relative responsabilità non risultano ancora chiari. È quindi iniziata una vera e propria caccia all'uomo nella Striscia per catturarli ed è stata disposta la chiusura dei «tunnel» che collegano Gaza all'Egitto per evitare la loro fuga, proponendo addirittura un premio in denaro per chiunque fornisse notizie utili per la loro individuazione. Si tratta di un'iniziativa senza precedenti e testimonia quanto l'assassinio di Arrigoni abbia imbarazzato le locali Autorità, mettendone pubblicamente in dubbio la capacità di controllo del territorio e l'efficienza nel campo della sicurezza.
Secondo il sito internet «la rete di Al Aqsa», riferibile ad Hamas, i tre ricercati sarebbero espressione di gruppi salafiti, ed in particolare di «Monoteismo e Jihad», «l'Esercito dell'Islam» e «Jaljalat» (nome di una Sura del Corano). Il leader salafita Abu Al Barah Al Masri avrebbe confermato la loro responsabilità specificando però che essi avrebbero agito a titolo personale e non su istruzione dei relativi gruppi.
Il 20 aprile 2011 si è svolto un blitz delle forze di sicurezza di Hamas, conclusosi con l'uccisione di due dei sospettati (Al Birizait e Al Omari) e la cattura del terzo, ferito lievemente (Al Salfiti). Le Autorità di fatto di Hamas hanno comunicato che, ritenendo di aver individuato tutti i responsabili del rapimento e omicidio di Arrigoni, considererebbero chiuse le indagini. Resta poco chiaro l'iter processuale che sarà seguito per i tre catturati (i due palestinesi catturati inizialmente ed il terzo ferito e catturato nel blitz), ma le Autorità di fatto hanno indicato che perseguiranno quanti in custodia «assicurando che ricevano la massima pena possibile secondo la legge palestinese».
La salma del connazionale Arrigoni, il 18 aprile 2011, è stata affidata al legale rappresentante della famiglia, Signor

Osama Al Qashoo, ed è stata traslata verso l'Egitto attraverso il valico di Rafah, senza incidenti. Ciò è potuto avvenire grazie all'efficace azione del nostro Consolato generale e dell'Ambasciata al Cairo, in costante contatto con la famiglia del connazionale. Pur essendo Rafah un passaggio di frontiera non riconosciuto e aperto ad intermittenza, gestito sul lato palestinese esclusivamente da Hamas, organizzazione con cui, come già riferito, non si è autorizzati ad intrattenere alcun tipo di rapporto, il Consolato generale ha comunque proceduto ad assicurare tutta l'assistenza richiesta.
La salma è arrivata all`ospedale italiano del Cairo la sera del 18 aprile 2011, è stata trasferita in aeroporto, per restarvi le richieste 24 ore, e poi ripartire il giorno 20 aprile 2011 verso Fiumicino. L'Unità di crisi ha svolto un'azione di coordinamento, in collaborazione e diretto contatto con il Consolato generale di Gerusalemme e con l'Ambasciata al Cairo, per facilitare le procedure di rimpatrio della salma del connazionale.
In relazione alle voci secondo cui nuove flottiglie si accingerebbero a salpare in direzione della Striscia di Gaza da alcuni Paesi del Mediterraneo, compresa l'Italia, abbiamo segnalato come il modo migliore per portare assistenza agli abitanti di Gaza sia quello di inviare gli aiuti umanitari attraverso i valichi terrestri, evitando ogni tipo di provocazione che può avere come unico effetto un aumento della tensione. Ciò in linea con la medesima opinione espressa dalle Nazioni unite, il cui Segretario generale ha richiesto a tutti i governi interessati di scoraggiare tali flottiglie che possono provocare escalation della tensione, ribadendo come - sulla base di quanto espresso dal Quartetto il 21 giugno 2010 e dall'AHLC di Bruxelles del 13 aprile 2011 - tutti gli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza vadano incanalati attraverso i valichi terrestri preesistenti. Abbiamo altresì sottolineato che le misure adottate da Israele per l'ingresso dei materiali per la ricostruzione e l'aumento delle importazioni nell'ultimo anno vanno nella giusta direzione, così come quelle recenti per incrementare l'export della Striscia di Gaza. Anche se, certamente, occorre fare di più per uscire dalla fase dell'emergenza ed entrare in quella dello sviluppo socio-economico, che dovrà basarsi su un forte ruolo del settore privato.
Il Processo di Pace sta attraversando una fase di stallo resa ancora più preoccupante dalle trasformazioni politiche che stanno investendo alcuni Paesi della regione mediorientale che, come l'Egitto, svolgevano un importante ruolo di mediazione nel negoziato israeliano-palestinese. In queste circostanze, temiamo che i vuoti creati dall'assenza di un'iniziativa diplomatica possano causare un innalzamento della tensione. In un simile contesto il recente discorso pronunciato dal Presidente Obama il 19 maggio 2011 a Washington rappresenta un nuovo tentativo di far ripartire il dialogo ed evitare quelle soluzioni unilaterali che si profilano a settembre.
A tal fine, l'Italia e l'Unione europea guardano anche con attenzione alla prossima riunione del Quartetto, lavorando affinché venga adottata anche in quella sede una dichiarazione sostanziale volta a sostenere la ripresa dei negoziati. Nel corso dei recenti contatti al più alto livello con le autorità israeliane e palestinesi abbiamo veicolato alle parti un forte messaggio di incoraggiamento a utilizzare le poche settimane di tempo prima di settembre per compiere decisivi progressi in questa direzione.
L'Italia continua inoltre a rimanere impegnata con la comunità internazionale, sia in via bilaterale che in ambito dell'Unione europea, anche per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi e la crescita economica nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

D'INCECCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dei Ministri, l'undici dicembre 2009, ha nominato il presidente della giunta regionale dell'Abruzzo, Gianni

Chiodi, commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario;
l'Abruzzo ha ottenuto nel 2010 dal Fondo di riparto nazionale per la sanità, 62 milioni 470 mila di euro, il 2,8 per cento in più rispetto al 2009. Tale risultato colloca l'Abruzzo, in termini percentuali, al quarto posto, dopo Lombardia, Veneto e Lazio, per incremento rispetto al 2009;
al 31 dicembre 2008 la spesa sanitaria in Abruzzo era pari a 700 milioni 244 mila euro, mentre al 31 dicembre 2009 era 689 milioni 793 mila euro, con un contenimento superiore a 10 milioni;
secondo il governatore della regione Abruzzo, nel 2009 la regione è stata la più incisiva nel contenimento della spesa per la medicina convenzionata di base, garantendo gli stessi livelli essenziali di assistenza degli anni precedenti. Infatti, secondo il presidente, i tagli hanno inciso esclusivamente sulle prestazioni facoltative erogate dai medici di base;
il governatore della regione Abruzzo, a proposito del suo ruolo di commissario ad acta per la Sanità, rispondendo a un'interpellanza in consiglio regionale sul piano di rientro e sulla nomina a commissario, ha tenuto a precisare che percepisce un compenso pari a zero euro e che i costi della struttura commissariale sono molto bassi;
i piano di rientro dal debito pubblico, firmato dal presidente-commissario della regione Gianni Chiodi e dal subcommissario alla sanità Giovanna Baraldi comporterà in realtà anche la rimodulazione di strutture ospedaliere (Popoli e Penne) e un duro intervento sui servizi territoriali;
parallelamente a questi sacrifici, si prevede, però, con un Piano specifico della ASL di Pescara, di procedere a ben 120 nuove assunzioni di personale medico e infermieristico entro la fine del 2010 e altre 35 nel primo trimestre dell'anno successivo; nello specifico saranno assunti sette nuovi direttori medici e ventuno nuovi dirigenti medici; tra questi, anche figure che non risultano certo indispensabili per il funzionamento dei presidi, come, ad esempio, quella del direttore dell'Utic (Unità di terapia intensiva cardiologica), che risultava accorpata alla struttura della cardiologia e viene, invece, scorporata mentre in altri presidi (Teramo, l'Aquila) si fa esattamente il contrario;
il Piano di risanamento prevede esplicitamente, nel quadro della riduzione dei costi, l'accorpamento di strutture funzionalmente omogenee ed integrate e indirizza specificatamente verso il contenimento della spesa per il personale mentre il Piano per nuove assunzioni va nella direzione esattamente contraria;
quanto sopra esposto va, secondo l'interrogante, nella direzione contraria agli indirizzi di contenimento della spesa sanitaria fissati in sede di definizione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se non ritenga, nei limiti delle proprie competenze, di favorire un intervento del Governo, per il monitoraggio costante del Piano di rientro dal disavanzo sanitario in Abruzzo, con particolare attenzione alla spesa per il personale.
(4-09532)

Risposta. - Il Ministero della salute effettua una costante attività di monitoraggio del piano di rientro, le cui risultanze sono oggetto di valutazione durante le periodiche riunioni del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza.
Per quanto riguarda il Piano di assunzioni dell'azienda Asl di Pescara, sono state richieste informazioni alla regione Abruzzo, la quale ha assicurato che detto piano di assunzioni è stato formulato in attuazione di quanto disposto dall'allegato 3 del programma operativo - anno 2010, approvato con delibera del commissario ad acta del 3 agosto 2010, n. 44.

In tale delibera si prevede che le aziende regionali, limitatamente ai profili sanitari e previo nulla osta commissariale, possano sostituire rapporti di lavoro a tempo determinato in essere con rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, inoltre, possano effettuare ulteriori assunzioni nel limite massimo del 10 per cento del turn-over, rispetto alle cessazioni di personale registrate nel corso del 2010.
Nella riunione di verifica del 2 dicembre 2010, il tavolo ha richiesto «chiarimenti sulle procedure di assunzione a tempo indeterminato, del personale a tempo determinato in ordine alla validità delle graduatorie e al relativo ordine di scorrimento delle medesime in progressione continua, senza che ciò comporti il travalicamento del limite del 10 per cento del turn-over.
La struttura commissariale ha confermato la validità delle graduatorie e che sta già procedendo nei termini richiesti».
È stato assicurato, quindi, che le eventuali assunzioni potranno effettuarsi nel limite massimo del 10 per cento del turn-over, rispetto alle cessazioni di personale che si verificano nell'anno 2010.
Inoltre, sempre sullo stesso argomento, la regione ha inoltrato ai Ministeri affiancanti, per la prescritta validazione, uno schema di decreto del Commissario ad acta recante «sostituzione rapporti di lavoro a tempo determinato con rapporti di lavoro a tempo indeterminato - anno 2011».
Su tale schema è stato espresso parere nel senso che, pur prendendo atto della precisazione secondo cui verrebbe corrispondentemente ridotta la spesa di personale a tempo determinato, l'iniziativa comporta un irrigidimento della spesa complessiva di personale senza determinarne una effettiva riduzione, ponendosi così in disarmonia con gli obiettivi perseguiti, relativi al conseguimento di effettivi risparmi di spesa.
Peraltro, i Ministeri affiancanti hanno espresso parere favorevole anche in virtù del fatto che non è ancora stato approvato il programma operativo 2011-2012, che il commissario si era impegnato ad inviare entro il 31 dicembre 2010, e che esso costituisce il quadro di riferimento di ogni intervento relativo all'anno 2011.
In merito alla sostituzione dei rapporti di lavoro, la presidenza della giunta regionale d'Abruzzo, per il tramite della prefettura - ufficio territoriale del governo dell'Aquila, ha comunicato che il ricorso a tale sostituzione sembrerebbe opportuno per un duplice ordine di motivi.
In primo luogo, esso è rivolto a soddisfare l'esigenza di una maggiore qualità e stabilità del sistema, a fronte del notevole incremento di assunzioni di personale a tempo determinato registratosi nel corso degli ultimi mesi, a causa del blocco delle assunzioni a tempo indeterminato.
In secondo luogo, verrebbe ridotta la spesa relativa al personale assunto a tempo determinato, come disposto dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito della legge n. 122 del 2010.
Tale disposizione stabilisce che la pubblica amministrazione può avvalersi di personale a tempo determinato, con convenzioni o contratti, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
La presidenza della giunta regionale abruzzese ha posto in evidenza che le assunzioni attuate mediante sostituzione di precedenti rapporti di lavoro a tempo determinato con rapporti a tempo indeterminato, possono essere autorizzate solo allorché l'azienda proceda alla contestuale riduzione della spesa per il personale a tempo determinato e per un importo corrispondente e, dunque, senza ingenerare un aumento complessivo della spesa.
La presidenza ha rilevato che le assunzioni programmate dall'azienda USL di Pescara attengono per la quasi totalità (144 su 155) all'ipotesi sopra descritta, per cui, anche qualora fossero tutte autorizzate con apposito nulla osta commissariale - il che non è avvenuto - non determinerebbero alcun aggravio di costo per l'azienda USL e, quindi, alcun aumento di spesa del personale rispetto a quanto si sarebbe comunque speso nel 2010.
Per quanto attiene, invece, alle assunzioni programmate nel limite del 10 per cento del turn-over, nelle quali rientrano anche quelle relative a sette nuovi direttori medici, tra cui il direttore dell'unità di

terapia intensiva cardiologica (UTIC) cui si fa espresso riferimento nell'atto parlamentare in questione, la presidenza della giunta regionale ha precisato che tali assunzioni non sono state autorizzate dall'organo commissariale.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
alla luce dell'emergenza che ha coinvolto il Giappone, nel mese di marzo 2011, in virtù dell'evento sismico e del conseguente allarme nucleare per i danni subiti dalla centrale di Fukushima, l'amministrazione ha predisposto, precauzionalmente, l'allontanamento dei dipendenti dell'ambasciata d'Italia da Tokyo a Osaka, sottoponendoli a comprensibili disagi;
all'indomani dell'incidente, il monitoraggio della radioattività da parte delle autorità locali ha subìto una non giustificata flessione, il cui fine è quello di non appesantire una situazione divenuta preoccupante per la popolazione della capitale e del comprensorio su cui sono drammatici anche i danni conseguenti al sisma;
risulta pertanto poco comprensibile il modus operandi delle autorità giapponesi nella gestione della questione e pertanto sarebbe auspicabile che il Ministero degli affari esteri garantisca un'adeguata attenzione - sebbene nei limiti delle proprie possibilità - verso gli effetti della contaminazione conseguente all'allarme della centrale di Fukushima -:
se non si ritenga di attivare nuovamente l'equipe della Protezione civile, per poter disporre di rilevamenti fedeli alla situazione che - per quanto è dato di sapere - non deve consentire di abbassare la guardia, al fine di non esporre a contaminazioni il personale della delegazione diplomatica italiana chiamato a fornire assistenza e tutela ai connazionali presenti nella circoscrizione di Tokyo.
(4-11907)

Risposta. - Fin dal momento in cui ha iniziato a profilarsi a Tokyo una situazione di emergenza, connessa inizialmente con gli eventi sismici che hanno interessato il nord est del Giappone e, subito dopo, con la possibile contaminazione ambientale dovuta all'incidente della centrale nucleare di Fukushima I, sono state adottate tutte le misure necessarie ad assicurare la sicurezza del personale in servizio presso l'Ambasciata.
In particolare, fin dai giorni immediatamente successivi alla notizia della criticità dei reattori della centrale di Fukushima I, l'Ambasciata è stata dotata di maschere protettive con filtri, tute NBC e dosimetri individuali per assicurare la tutela dalla eventuale esposizione alle radiazioni ed il personale è stato adeguatamente istruito in merito al relativo utilizzo.
Tali strumenti non si sono peraltro rivelati necessari in quanto le misurazioni effettuate presso l'Ambasciata dalla Protezione civile italiana fin dal 16 marzo 2011 hanno consentito di stabilire l'assenza di contaminazione radioattiva nella capitale tale da determinare qualunque effetto nocivo sulla salute. Le successive misurazioni effettuate in Ambasciata e in più punti della città di Tokyo fino al 20 marzo 2011, data di partenza dei primi team nazionali inviati in Giappone, hanno inoltre consentito di stabilire che la contaminazione ambientale si è costantemente mantenuta entro livelli di sicurezza.
Sulla base dei dati tosi acquisiti è stato possibile mantenere sempre operativa l'Ambasciata e solo una piccola parte dello staff è stata trasferita per una settimana presso il Consolato generale di Osaka, peraltro senza disagi di sorta, al fine di garantire una adeguata assistenza ai numerosi connazionali in partenza dall'aeroporto del Kansai, presso il quale sono stati temporaneamente trasferiti tutti i voli di collegamento con il Giappone operati dalla compagnia di bandiera. Il trasferimento è avvenuto sotto il coordinamento del personale diplomatico dell'Ambasciata ed il personale

è stato alloggiato presso una struttura alberghiera di adeguato livello.
A titolo puramente precauzionale, sulla base delle istruzioni fornite alla sede dal Ministero, al personale di ruolo dell'Ambasciata, a partire dal 22 marzo 2011, è stata data facoltà di fare rientro a Roma per assumere temporaneamente servizio presso l'Amministrazione centrale ai sensi dell'articolo 186 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 ovvero di fruire di un congruo periodo di congedo o di recupero delle ore di lavoro straordinario prestate durante l'emergenza.
Ai sensi del citato articolo, il personale all'estero può essere trattenuto in servizio in Italia per un periodo di 10 giorni, rinnovabili per altri 10 giorni, durante i quali compete l'indennità personale per intero. Tale periodo può essere prorogato per ulteriori 50 giorni durante i quali l'indennità personale viene ridotta della metà.
I trattenimenti in servizio a Roma sono definitivamente cessati a seguito della seconda missione della Protezione civile (giunta in Giappone dal 29 marzo al 2 aprile 2011) che - verificati i livelli di radioattività in loco - ha escluso ancora una volta pericoli per la salute umana.
Con il supporto degli esperti della Protezione civile, si è inoltre provveduto a predisporre un addendum al documento di valutazione dei rischi (ex decreto legislativo n. 626 del 1996 sostituito dal decreto legislativo n. 81 del 2008) dell'Ambasciata dedicato al rischio nucleare, che prevede le modalità di attivazione delle necessarie misure di emergenza e adeguate misure di informazione del personale. A titolo di raccomandazione preventiva è stato altresì diffuso tra i dipendenti un documento, predisposto dall'Ambasciata e validato dagli esperti del tema della Protezione civile, concernente le misure precauzionali suggerite in caso di rischio radiologico, precisando che le circostanze attuali non ne rendevano necessaria la concreta attuazione.
Fin dalle primissime fasi della crisi le Autorità giapponesi hanno fornito dati di misurazione della radioattività ambientale in Giappone che si sono rivelati conformi con le misure effettuate dagli esperti nazionali italiani e stranieri, nonché dalle principali organizzazioni internazionali.
L'Organizzazione mondiale della sanità ha confermato l'affidabilità delle misurazioni sugli alimenti effettuate dalle Autorità giapponesi, che non sono state contraddette in sede di controlli all'importazione dal Giappone operati da vari Paesi.
I dati forniti dalle Autorità giapponesi sono stati inoltre riscontrati da organismi indipendenti, esperti dei principali paesi partner e delle competenti organizzazioni internazionali, che sono stati oggetto di assidua verifica da parte dell'Ambasciata. Inoltre, quest'ultima ha operato in linea con le rappresentanze diplomatiche degli altri partner europei, che sono tuttora operative.
In questo quadro, l'Unità di crisi si è già attivata presso gli abituali interlocutori dei Vigili del fuoco e della Protezione civile, richiedendo di valutare l'opportunità di una nuova missione di esperti finalizzata al monitoraggio della radioattività.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Afghanistan Rights Monitor (ARM), l'osservatorio indipendente, pubblica il rapporto di metà anno sulle vittime civili del conflitto;
nonostante le dichiarazioni di alto profilo a Washington e Kabul circa i progressi compiuti in Afghanistan, il popolo afgano ha solo assistito e sofferto un conflitto armato intensificatosi negli ultimi sei mesi. Contrariamente alla promessa del Presidente Barack Obama, secondo cui il dispiegamento di altre 30.000 forze Usa nel paese avrebbe dovuto «distruggere, smantellare e sconfiggere» i ribelli talebani ed i loro alleati di Al-Qaeda nella regione, l'insurrezione è diventata più elastica, più strutturata e mortale;

le informazioni e i dati ricevuti, verificati e analizzati da Afghanistan Rights Monitor (ARM) dimostrano che circa 1.074 persone civili sono rimaste uccise e oltre 1.500 sono rimaste ferite negli episodi di violenza armata e negli incidenti dal 1° gennaio al 30 giugno 2010. Questo mostra un lieve incremento del numero di morti civili, rispetto allo stesso periodo del 2009, quando 1.059 decessi sono stati registrati;
in termini di insicurezza, il 2010 è stato l'anno peggiore dalla caduta del regime talebano nel 2001. Non solo il numero di incidenti è stato maggiore, ma lo spazio e la profondità della rivolta e le guerriglie connesse non aiutano a contrastare la violenza e hanno, altresì, ingrandito enormemente il pericolo di sicurezza. Fino a 1.200 incidenti per la sicurezza sono stati registrati nel mese di giugno, il più alto numero di incidenti, rispetto a un mese, dal 2002;
l'ARM è stato allo stesso modo analitico quando si trattava il tema della corruzione e dell'abuso dilagante nel Governo afgano e nella forza di polizia;
nonostante le preoccupazioni diffuse circa la corruzione dilagante e l'abuso di potere da parte della polizia, la NATO non solo ha continuato ad assumere i mal qualificati agenti, come riferito dai rapporti, ma ha ridotto il periodo di formazione a solo quattro settimane;
la stragrande maggioranza delle forze di polizia è analfabeta e vi è una mancanza di conoscenze adeguate circa i fondamenti della polizia per i diritti civili e umani. Molti agenti di polizia sono tossicodipendenti o hanno precedenti penali;
la corruzione dominante e l'abuso di autorità da parte della polizia hanno un impatto devastante sugli individui e sulla comunità civile che hanno un disperato bisogno di un senso di sicurezza, di proiezione e di regole di diritto. La corruzione e l'abuso delle forze di polizia hanno anche contribuito alla criminalità diffusa, all'impunità penale e al diniego di accesso del popolo alla giustizia e altri servizi essenziali -:
se il Governo sia a conoscenza dei dati emersi dal rapporto dell'Afghanistan Rights Monitor e quali siano gli eventuali coinvolgimenti o responsabilità del nostro Paese in questo contesto;
se il Governo non ritenga di doversi fare promotore, con gli alleati, di un maggiore controllo e monitoraggio sulle conseguenze che la missione in Afghanistan ha sulla popolazione civile.
(4-08288)

Risposta. - Alla conferenza di Kabul del luglio 2010, presente il Ministro Frattini, il Governo afgano e la comunità internazionale hanno nuovamente riconosciuto l'importanza della protezione della popolazione civile nel conflitto. Un impegno al quale le Autorità militari alleate hanno dato seguito, ponendo ancora maggiore attenzione allo svolgimento delle operazioni sul terreno, così da limitare al massimo il rischio di vittime civili. Possiamo a tale riguardo riconoscere che alcuni progressi sono stati pertanto realizzati.
Sebbene il rapporto annuale sulla protezione dei civili, pubblicato dalla missione Onu in Afghanistan (Unama) nel marzo 2011, faccia stato di un aumento delle vittime della violenza nel Paese nel 2010, esso evidenzia tuttavia che più di tre quarti delle vittime civili sono attribuibili agli insorti. Infatti, delle 2.777 vittime civili verificatesi nel 2010, con un incremento del 15 per cento rispetto al 2009, ben 2.080 sono caduti per mano delle forze anti-governative (+28 per cento rispetto al 2009), mentre le vittime imputabili alle forze locali o alla coalizione internazionale sono diminuite del 25 per cento rispetto al 2009. È intenzione del Governo tuttavia adoperarsi, assieme agli alleati, alla Nato ed al Governo afgano per ridurre ulteriormente le vittime, che restano ancora troppo elevate e, sebbene la linea di tendenza è positiva. Più della metà delle vittime dei talebani sono state uccise a seguito di attacchi suicidi e da ordigni esplosivi improvvisati e, rispetto al 2009, abbiamo assistito al raddoppio degli omicidi di funzionari governativi: una tattica terroristica diretta contro la popolazione inerme.

Un importante aspetto sul quale possiamo incidere per ridurre il numero di vittime civili è quello dell'addestramento e della formazione delle Forze di sicurezza afgane. È evidente infatti che un esercito preparato e consapevole delle migliori tecniche di condotta delle operazioni è in grado di minimizzare i danni nei confronti della popolazione. Infatti l'Italia sta rafforzando la componente di addestratori all'interno del proprio contingente in Afghanistan. Qualche risultato positivo è stato raggiunto, visto che l'esercito afgano gode della fiducia della popolazione più di qualunque altra istituzione pubblica o privata (90 per cento della popolazione, secondo un sondaggio dell'Asia Foundation).
Su un piano più generale, si resta convinti che la soluzione in Afghanistan non possa essere solo militare e oggi siamo a Kabul, e ad Herat, per dare il nostro contributo ad una nuova fase del processo di stabilizzazione e sviluppo del Paese, inaugurata alla Conferenza di Londra, proseguita con la Conferenza di Kabul e con il Vertice Nato di Lisbona.
Alla Conferenza di Kabul, in particolare, si è fatta strada una convinzione multidimensionale della sicurezza, che abbraccia (A) la sicurezza militare, comprensiva in prima istanza della formazione delle forze afgane ai fini dell'autosufficienza; (B) lo sviluppo economico e sociale; (C) la crescita delle istituzioni e della cultura istituzionale, vale a dire la capacità del settore pubblico di erogare i servizi per i cittadini.
L'Italia ha avuto un ruolo determinante nell'affermazione di tale visione che, oggi condivisa da tutti, ha tratto forza dalla Conferenza di Roma sullo stato di diritto in Afghanistan del 2007 e si è progressivamente rafforzata con il lavoro sul campo.
Al cuore di questo nuovo corso vi è il concetto di transizione, termine con cui si vuole indicare la progressiva assunzione di responsabilità del Governo afgano e la sua estensione a tutto il territorio nazionale, lasciando alla Comunità internazionale un ruolo di accompagnamento e assistenza. Il nostro Paese ha prontamente aderito a tali princìpi, condividendo con gli alleati la necessità di porre al centro di ogni azione la protezione della popolazione e il miglioramento delle sue condizioni di vita al fine di consentire una transizione pienamente sostenibile. La realizzazione di tale percorso non può che avvenire con la piena collaborazione ed il dialogo costante con gli interlocutori afgani, secondo un'impostazione che caratterizza la consuetudine dei rapporti da noi stabiliti con le autorità locali a Kabul come a Herat. E proprio la città di Herat, a testimonianza del buon lavoro svolto dal nostro Paese, rientra tra le prime sette aree del territorio afgano che dal luglio di quest'anno passeranno sotto piena responsabilità del Governo e delle forze di sicurezza afghane, come annunciato dal Presidente Karzai nel discorso del nuovo anno il 22 marzo 2011.
Gli episodi avvenuti anche recentemente in Afghanistan, che hanno purtroppo causato alcune vittime civili, confermano l'esigenza di adottare ogni possibile misura per fare in modo che le legittime operazioni della coalizione avvengano senza conseguenze sulla popolazione civile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 4 aprile è la giornata per la internazionale per la sensibilizzazione sulle mine e l'assistenza nell'azione contro le mine che rappresenta un'occasione opportuna per rammentare che l'attività di sminamento salva vite umane e protegge il sostentamento;
lo sminanento impedisce ad un'arma indiscriminata come la mina di causare danni anche molto tempo dopo la fine dei conflitti e costituisce inoltre una fonte di occupazione, trasformando zone pericolose in terreni produttivi e collocando le società lungo un cammino di sicurezza duratura;
l'anno scorso centinaia di migliaia di persone hanno ricevuto grazie alle Nazioni

Unite un'educazione sui rischi legati alle mine, che ha permesso di prevenire conseguenze tragiche a individui, famiglie e comunità. Solamente in Afghanistan 14.400 persone sono state impiegate nel settore delle mine, concorrendo alla distruzione di oltre un milione di residui bellici esplosivi;
le agenzie di sviluppo dell'ONU stanno cercando di collegare l'azione contro le mine con piani più ampi di sviluppo, in modo da promuovere le produzioni agricole, rafforzare le infrastrutture, migliorare l'approvvigionamento idrico e fornire una migliore istruzione e migliori servizi sanitari. Tutto ciò è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio;
nonostante i numerosi successi ben documentati, il finanziamento dell'azione resta insufficiente. Il complesso dei progetti per il 2011 si è assicurato solamente un quarto delle risorse necessarie, lasciando un divario di 367 milioni di dollari;
tra l'altro, l'Italia non ha ancora ratificato la convenzione per la messa al bando delle munizioni a grappolo fatta ad Oslo il 3 dicembre 2008 -:
se il Governo non ritenga di dover dare un maggior contributo per la sensibilizzazione sulle mine e sull'azione contro di esse affinché cresca la solidarietà nazionale a sostegno di questo elemento cruciale per costruire un mondo più sicuro e prospero per tutti.
(4-11505)

Risposta. - Intensa è l'attività degli operatori umanitari per bonificare i territori dei Paesi colpiti dalle mine antipersona e dai residuati bellici e soprattutto nell'assistenza alle popolazioni. Il disarmo umanitario infatti assume estrema importanza per assicurare alle popolazioni civili, principali vittime dell'utilizzo di tali armi, i cui effetti si prolungano ben oltre il periodo delle ostilità, non solo le condizioni di sicurezza ma anche la possibilità di perseguire il loro sviluppo socio-economico.
L'Italia già svolge una parte rilevante in tale settore per il quale godiamo di una forte credibilità in ambito internazionale, sia per quanto abbiamo già realizzato a sostegno della Convenzione di Ottawa e del bando delle mine antipersona, che per l'impegno concreto sul terreno svolto dai nostri operatori umanitari, dai nostri medici e dalla società civile. È stato infatti pubblicamente riconosciuto durante la II Conferenza del riesame della Convenzione, svoltasi a Cartagena de Indias (Colombia) nel dicembre del 2009.
La giornata del 4 aprile 2011 è stata ricordata con una serie di iniziative in tutta Italia fra le quali ricordiamo la Conferenza organizzata dall'onlus Campagna italiana contro le mine antipersona sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed alla quale è stato conferito il Patrocinio del Ministero degli affari esteri. È inoltre da ricordare che i rapporti tra il Dicastero degli esteri e la società civile in tale settore sono intensi ed improntati alla leale collaborazione nel rispetto dei reciproci ruoli, come confermato altresì dalle recenti riunioni del Comitato nazionale per l'azione umanitaria contro le mine antipersona.
È inoltre intendimento del Governo proseguire in tal senso, nella consapevolezza che proprio tale collaborazione consente al Paese di guadagnare sul campo quel ruolo di primo piano che gli viene universalmente riconosciuto.
L'Italia svolge, soprattutto nei Paesi dell'America Latina, dell'Africa sub-sahariana e del Bacino del Mediterraneo e in collaborazione con le principali Agenzie ed Organismi delle Nazioni unite operanti nel settore delle mine-actions diverse azioni sul fronte dello sminamento umanitario. A testimonianza di tale intensa attività, si può rilevare come nel 2010 i fondi stanziati a favore del Fondo per lo sminamento umanitario (istituito dalla legge 7 marzo 2001 n. 58) siano stati il doppio rispetto all'anno precedente, passando da 1,5 a 3 milioni di euro. Ciò si è reso possibile grazie allo stanziamento in Legge Finanziaria 2010 di 1 milione di Euro nonché di altri 2 milioni di Euro nei «Decreti missioni internazionali» relativi al I ed al II semestre dell'anno

in questione. Tali fondi hanno consentito alla cooperazione italiana di finanziare nel 2010 diversi interventi. In particolare, si è contribuito ad attività di sminamento, informazione ed educazione al rischio mine e di tutela dei gruppi vulnerabili (disabili) in Afghanistan, Mozambico e Bosnia-Erzegovina per un valore complessivo di 820 mila Euro. Si è potuto inoltre continuare a sostenere le attività di Organizzazioni a livello internazionale impegnate nell'azione contro le mine, quali l'Organizzazione Stati americani, l'Undp, l'Unicef e lo «United nations mine action service» (Unmas) per gli interventi in Perù, Colombia, Nicaragua, Sri Lanka, Angola, Senegal, Sud Sudan, Eritrea ed Etiopia, per un valore di 1,877 milioni di Euro. Tra queste, le attività finanziate in Sud Sudan, Eritrea, Etiopia e Bosnia hanno previsto, oltre alla componente sminamento, anche programmi dedicati alle bombe a grappolo. Tutto ciò in linea con la convinzione che il Fondo, costituito con la citata legge n. 58 del 2001, possa attivare iniziative umanitarie riguardanti sia le mine antipersona che le munizioni a grappolo, entrambi serio ostacolo allo sviluppo dei paesi colpiti ed al loro conseguente raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, in particolare quello relativi al debellamento della povertà (MDG 1).
Sono stati altresì erogati contributi per un totale di 285 mila euro a favore di Unmas per attività relative all'universalizzazione del Trattato di Ottawa, di supporto alla sezione italiana della «Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antipersona», e a favore del Geneve International Center of Humanitarian Demining (Gichd) per gli adempimenti derivanti dall'applicazione del Trattato di Ottawa.
Per quanto riguarda l'anno in corso, sia la legge di stabilità che il «decreto missioni» per il primo semestre 2011 hanno stanziato rispettivamente 1 milione di euro.
La recente ratifica da parte dell'Italia della Convenzione di Oslo, contro le bombe a grappolo, fortemente voluta dal Governo, conferma il convinto impegno del nostro Paese per la messa al bando universale degli strumenti d'arma indiscriminati, aventi effetti efferati sulle popolazioni civili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

FEDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
numerose università australiane con le quali il nostro Paese ha, nel corso degli anni, stabilito proficui rapporti, anche con la presenza di «lettori», esprimono forte preoccupazione in merito alla comunicazione di «nuovi criteri» che - di fatto - creando condizioni di conflitto con ben note e consolidate prassi universitarie locali, rischierebbero di compromettere il finanziamento e l'esistenza dei lettorati stessi;
in alcune circostanze, come per la University of South Australia, tali criteri non sono stati discussi ed hanno comportato l'esclusione della predetta università dal contingente per il triennio 2011-2014;
l'università del South Australia segnala di aver già ricevuto una comunicazione in tal senso dal consolato di Adelaide;
in alcune realtà come l'Australia il numero complessivo di alunni che frequentano corsi di lingua italiana è andato gradualmente aumentando e, nel corso degli anni, la presenza di lettori a livello universitario ha consentito un collegamento immediato e proficuo con il settore terziario, anche in termini di ricerca e di rapporti tra università;
il consistente taglio alle risorse finanziarie deciso dal Governo italiano non può ricadere meccanicamente e in maniera lineare sulle voci di bilancio ma al contrario dovrebbero essere salvaguardate le logiche di investimento e di produttività, anche in campo linguistico e culturale;
eventuali progressive e drastiche riduzioni dell'impegno dello Stato italiano in Australia, a livello universitario e di lettorati, costituirebbe un segnale gravissimo

di disattenzione nei confronti di una realtà politico-economica strategicamente collocata nell'Asia-Pacifico -:
se siano fondate le preoccupazioni sollevate dalle università australiane presso le quali il nostro Paese ha lettorati, in particolare l'università del Sud Australia, in relazione ai nuovi criteri comunicati alla rete diplomatico-consolare ed alla conseguente esclusione dal contingente 2011-2014;
se non si ritenga necessario intervenire affinché venga ripristinato il lettorato presso l'università del Sud Australia, anche alla luce dei positivi risultati raggiunti in termini di iscrizioni in modo che la lingua e la cultura italiane vedano una continuità di impegno anche a livello terziario nello Stato dell'Australia del Sud;
quali misure urgenti il Governo intenda adottare, immediatamente, per garantire continuità alla presenza italiana a livello universitario in Australia, e presso l'università del Sud Australia in particolare;
se non si ritenga indispensabile operare affinché, nel mondo, possa essere mantenuta alta l'immagine della lingua e cultura italiane, anche a livello terziario.
(4-11602)

Risposta. - Questo Ministero non ha adottato nuovi criteri restrittivi nella destinazione dei lettori presso le università straniere, consapevole dell'importanza che i lettorati rivestono per la diffusione della cultura e della lingua italiana nel mondo.
La decisione di chiudere il lettorato dell'università del Sud Australia di Magill dipende dal fatto che l'orario assegnato alla lettrice comprende solo 5 ore settimanali, aumentate da alcune ore di lezione a distanza «inviate sia via
mail, sia inserite nel sito del corso ....e da lezioni individuali trasmesse per telefono o via skype», come ha avuto modo di dichiarare la stessa lettrice nella sua relazione annuale. Risulta altresì esiguo il numero degli studenti frequentanti le lezioni che la docente sembrerebbe dover svolgere nel suo d'ufficio, per mancanza di aule disponibili.
Secondo il Contratto nazionale integrativo di categoria il personale docente deve svolgere 18 ore di lezioni frontali oltre alle attività relative alla correzione degli elaborati e al sostegno agli studenti nelle ore di ricevimento. Un'attività ridotta come quella esposta dalla lettrice, sia pur svolta con competenza e professionalità, secondo quanto attestato dal responsabile della cattedra di italiano presso la University of South Australia, non è compatibile con gli obblighi imposti dalle norme al personale docente e potrebbe esporre l'Amministrazione ad un procedimento per danno erariale.
Nel confermare quindi che non è intervenuta alcuna modifica in merito ai criteri di selezione ed individuazione dei lettori da destinare all'estero né, in generale, di quelli concernenti l'istituzione ed il mantenimento della rete dei lettorati, si ribadisce l'impegno di questo Ministero affinché, nell'ambito delle risorse disponibili, sia salvaguardata e rafforzata l'immagine della lingua e cultura italiana nei confronti delle nostre collettività nel mondo
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

GENOVESE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ormai da settimane l'equipaggio di un rimorchiatore d'altura italiano, l'Asso Ventidue della società armatrice «Augusta Offshore», è trattenuto nel porto di Tripoli da uomini armati;
a bordo dell'imbarcazione sequestrata vi sono undici uomini di equipaggio, fra cui otto italiani, ai quali non è concesso al momento di far ritorno in patria;
la Farnesina, oltre alle rassicurazioni generiche sullo stato di salute dei componenti l'equipaggio e sull'impegno del Governo italiano nell'attivare i canali necessari per risolvere il problema, non ha

fornito ai familiari notizie più precise sul sequestro della nave e sull'evolversi della situazione;
occorre, inoltre, sottolineare il fatto, estremamente spiacevole, che i congiunti dei marinai bloccati nel porto di Tripoli abbiano appreso la notizia direttamente dagli organi di informazione;
il protrarsi della vicenda, che si svolge in uno scenario di guerra civile, l'ansia dell'attesa e la parzialità delle informazioni amplificano ancora di più la sensazione di angoscia che vivono i familiari dei marinai fermati in Libia;
la necessità di operare con estrema riservatezza, metodo condiviso pienamente anche dai familiari dell'equipaggio dell'Asso Ventidue, non esime il Governo dall'assistere e dal mantenere costantemente informati questi ultimi -:
se intenda, nei limiti della riservatezza necessaria per il buon fine della vicenda, tenere maggiormente e costantemente informati, sull'evolversi della situazione, i familiari dell'equipaggio del rimorchiatore italiano trattenuto da uomini armati nel porto di Tripoli.
(4-11548)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri - pur in un contesto estremamente critico - ha seguito con il massimo possibile impegno l'emergenza derivante dal fermo del rimorchiatore «Asso 22» nel porto di Tripoli.
In particolare, è stato svolto senza soluzione di continuità un coordinamento con altri enti ed istituzioni italiane e internazionali competenti, oltre che con la società armatrice del battello. Tale lavoro di squadra ha consentito di fornire ai familiari, quando possibile, un contributo di informazioni sui movimenti del mezzo e sullo stato di salute dei congiunti. Gli stessi familiari hanno anche potuto, in alcune occasioni, stabilire contatti diretti con i propri parenti.
In considerazione della chiusura dell'Ambasciata d'Italia a Tripoli, il Ministero degli affari esteri ha continuato indirettamente - attraverso un Paese amico - ad esercitare la necessaria pressione diplomatica per addivenire ad uno sviluppo positivo del caso. L'impegno del Governo ha così consentito il rilascio di equipaggio e nave avvenuto il 22 aprile 2011.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

GHIZZONI e MIGLIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
al fine di garantire ai cittadini un servizio rapido ed efficace, nella provincia di Modena il sistema di soccorso è stato nel tempo improntato al decentramento dei punti di erogazione e alla collaborazione tra il Comando dei Vigili del Fuoco, gli enti locali e la Regione e il personale stesso dei Vigili;
l'obsolescenza dei mezzi e la carenza di personale, in analogia a quanto accade per il comparto a livello nazionale, rischia di compromettere l'efficacia del sistema sopra citato: del resto, come riconosciuto anche dall'attuale Governo nella risposta alla interrogazione 4-00158: «le gravi carenze finanziarie - di cui soffre il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco - incidono negativamente sulle attività operative, sulle esigenze strutturali e logistiche e sulle potenzialità organizzative sia in sede centrale che periferica»;
al progressivo ripianamento degli organici del Corpo sono intervenute le disposizioni di cui alle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 e, più recentemente, anche al decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008. Tuttavia i suddetti interventi normativi non si sono mostrati risolutivi del problema, che resta al centro delle iniziative delle organizzazioni sindacali di questi ultimi mesi;
in particolare, il distaccamento dei Vigili del fuoco di Carpi, istituito nel 1969, si riferisce ad un bacino di utenza di 170 mila persone, poiché l'area di diretta pertinenza comprende i comuni di

Carpi, Soliera, Novi, Bomporto, Bastiglia, Correggio, Rio Saliceto, Rolo e l'autostrada A22, ma è giusto ricordare che il personale del distaccamento è coinvolto nelle operazioni di soccorso su tutta la provincia ogni qual volta se ne renda necessario. Il numero annuo di interventi è di circa 1.400;
attualmente il distaccamento, pur essendo classificato come D2, dispone di un organico di soli 31 vigili permanenti - di cui 5 graduati, tra capisquadra e capireparto - e 9 volontari: tale carenza di organico impone, stante l'impossibilità di retribuire gli straordinari, la presenza in servizio effettivo al massimo di 7 unità. Tale situazione non consente la predisposizione contemporanee di due squadre: pertanto in caso di intervento il distaccamento viene chiuso, perché manca il personale per presidiarlo. Al contrario, in considerazione del bacino d'utenza e del comprensorio di competenza, dovrebbero essere garantite due squadre da 5 unità ciascuna;
il distaccamento di Carpi è inoltre caratterizzato da un parco mezzi obsoleto: a titolo di esempio, si ricorda che l'autoscala risale al 1993, l'autobotte al 1988 e l'autogru addirittura al 1982. Peraltro esso non è dotato di mezzi idonei per agire tempestivamente sull'autostrada A22 in quanto troppo ingombranti: la corsia d'emergenza - come segnalato alla direzione dell'autostrada, alla Prefettura di Modena e al Ministero degli Interni - misura 239 cm, mentre il mezzo in dotazione ai VVFF misura 245 cm -:
se il Ministro interrogato, in considerazione del bacino di utenza e del territorio di competenza, non ritenga opportuno elevare il distaccamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di Carpi da D2 a D3 e procedere con l'assegnazione del relativo personale (48 permanenti), al fine di consentirne il corretto funzionamento a garanzia di un soccorso rapido ed efficace.
(4-03434)

Risposta. - Il distaccamento permanente dei vigili del fuoco di Carpi, attualmente classificato quale D2, dipende dal comando provinciale dei vigili del fuoco di Modena.
Il livello di operatività è di circa 1.100 interventi l'anno, corrispondente, nella gran parte dei casi, all'operatività dei distaccamenti di categoria inferiore, tipo D1.
I distaccamenti di tipologia superiore (D3), in tutto undici sul territorio nazionale, per i quali è previsto un organico di 52 unità, hanno un bacino di utenza superiore a quello del distaccamento di Carpi ed un livello di operatività pari ad oltre 1.800 interventi annui.
Pertanto, in mancanza di appositi provvedimenti legislativi che prevedano un incremento della dotazione organica complessiva del corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'eventuale riclassificazione del distaccamento di Carpi comporterebbe la necessità di operare una riduzione nella dotazione di altre sedi.
Le carenze di personale presso il distaccamento di Carpi rispetto all'organico teorico di 36 unità sono in linea con altre analoghe realtà sul territorio nazionale.
Anche il parco mezzi in forza al comando di Modena è in linea, per numero e stato d'uso, con lo standard nazionale. Nello specifico, il comando dispone di due autogrù, di quattro autoscale e di ventidue autopompe serbatoio.
Al distaccamento di Carpi sono attualmente assegnati n. 21 automezzi di varia tipologia, con due autopompe serbatoio, un'autoscala ed una autogrù.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 2 ottobre scorso, il giornale ugandese, Rolling Stone ha pubblicato un articolo intitolato Divulgate 100 Foto dei Leader Gay Ugandesi;
nell'articolo, prima parte di una serie di 4 edizioni, si mostrano 100 foto di

persone gay o lesbiche, che sono correlate da: nomi, posizione professionale, descrizione della vita privata, ubicazione dell'abitazione sia privata che lavorativa;
in tale articolo, inoltre, si rendono note le seguenti affermazioni:
si sollecita «l'impiccagione degli omosessuali» in Uganda, chiedendo al Governo ugandese di intervenire pesantemente nei loro confronti.
si sostiene che gay e lesbiche sarebbero volti a «reclutare» entro il 2012 un milione di bambini sotto i dodici anni, in quanto ritenuti facilmente indirizzabili all'omosessualità ed alla bisessualità;
un anonimo dirigente della chiesa ugandese asserisce che: «Se il governo non farà un passo coraggioso per l'impiccagione di decine e decine di omosessuali, il vizio continuerà a mangiare la fibra morale e la cultura della nostra grande nazione»;
alcuni leader politici e della chiesa ugandesi, per anni hanno sostenuto che ci sia in atto una cospirazione internazionale delle Nazioni Unite e di alcuni governi occidentali, per convertire i giovani ugandesi all'omosessualità, con miliardi di dollari che sono incanalati segretamente verso associazioni gay ugandesi;
lo stesso articolo fa menzione della metodologia usata per l'indagine ossia l'uso di vari siti web sia nazionali che internazionali, di Facebook per rintracciare, collezionare per poi pubblicare, foto, identità e dati, nonché infiltrazioni effettuate anche con l'uso di telecamere nascoste sia in luoghi di ritrovo pubblici che in abitazioni private;
fonti locali riferiscono che una coalizione formatasi a seguito della pubblicazione del suddetto articolo, si è recata presso la sede del giornale per consegnare personalmente una lettera al redattore, in cui si chiede un atto pubblico di scuse e di non proseguire nella pubblicazione di ulteriori foto e dati personali come già annunciato nell'articolo del 2 ottobre 2010;
la lettera ha ricevuto risposta negativa da parte del direttore, che ha invece confermato la linea del giornale, ossia, la pubblicazione di nuove foto e dati personali nei prossimi quattro numeri;
come riportato da Apcom il 21 ottobre scorso, l'attivista ugandese per i diritti umani Julian Onziema ha denunciato che: «Almeno quattro omosessuali sono stati aggrediti e molti altri sono stati costretti a nascondersi dopo la pubblicazione sulla prima pagina della rivista ugandese Rolling Stone di nome, indirizzo e fotografia di 100 gay, con la scritta "Impiccateli«»;
il 10 novembre scorso Amnesty International ha, inoltre denunciato che: «il Presidente dell'ONG Minoranze Sessuali Uganda, Frank Mugisha, così come molte delle persone additate dal giornale ugandese Rolling Stone, hanno ricevuto minacce di morte e insulti, per telefono, in strada e dai vicini»;
il 25 settembre 2009, il deputato David Bahati ha presentato al Parlamento ugandese una proposta di legge contro l'omosessualità denominata «Anti Homosexuality Bill 2009»;
con tale proposta di legge, si prevede in particolare quanto segue:
per coloro che sono ritenuti colpevoli di atti omosessuali la pena detentiva è portata da 14 anni all'ergastolo;
la pena di morte è prevista per coloro che commettono atti omosessuali con minori o se malati di HIV;
pene severe sono stabilite, anche nei confronti di coloro che sono a conoscenza di persone omosessuali e non le denunciano, per esempio, ogni genitore che non denuncia alle autorità competenti la figlia lesbica o il figlio gay rischia multe salate e sino a 3 anni di carcere; lo stesso destino per gli insegnanti, mentre il padrone di casa che osasse affittare proprietà

a sospetti omosessuali rischia sino a 7 anni di prigione;
si minaccia anche di punire o rovinare la reputazione di chiunque sia a favore della legalizzazione dell'omosessualità e di chi lavora per la protezione dei diritti delle minoranze sessuali, e nella categoria sono compresi medici e attivisti della società civile;
il progetto in questione prevede l'annullamento, da parte dell'Uganda, di tutti gli impegni internazionali o regionali assunti dal paese che siano considerati in contrasto con le disposizioni di siffatto progetto;
la legge è già stata condannata dal Commissario europeo De Gucht, dai Governi britannico, francese e svedese, come pure dal Presidente degli Stati Uniti Obama e dal Presidente e dal vicepresidente della commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti;
il progetto di legge è stato anche denunciato da organizzazioni non governative di tutto il mondo e nella stessa Uganda come un grande ostacolo alla lotta contro l'HIV e l'AIDS nella comunità omosessuale;
in Africa l'omosessualità è legale soltanto in 13 Paesi ed è un reato punibile in 38 Paesi, tra i quali la Mauritania, il Sudan e la Nigeria settentrionale che prevedono per l'omosessualità addirittura la pena di morte, e l'approvazione di una legge siffatta in Uganda potrebbe avere effetti a cascata su altri paesi africani, nei quali le persone sono o potrebbero essere perseguitate in ragione del loro orientamento sessuale;
la risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2009 sulla proposta di legge contro l'omosessualità in Uganda sottolinea che: «l'orientamento sessuale è una questione che rientra nella sfera del diritto individuale alla vita privata, garantito dalla legislazione internazionale in materia di diritti umani, secondo cui l'uguaglianza e la non discriminazione dovrebbero essere promosse e la libertà di espressione garantita; condanna pertanto la proposta di legge del 2009 contro l'omosessualità»;
la Risoluzione, inoltre, chiede: «alle Autorità ugandesi di non approvare la proposta di legge e di rivedere la legislazione nazionale allo scopo di depenalizzare l'omosessualità» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra menzionati;
se alla luce di quanto riportato, il Governo italiano abbia intenzione di adottare, sia in sede bilaterale sia in quella internazionale, iniziative volte a spingere il Governo ugandese - vincolato dall'accordo di Cotonou del 23 giugno 2000 al rispetto dei diritti umani universali - a contrastare i reati di omofobia che mettono a rischio la vita dei cittadini ugandesi gay o lesbiche;
se il Governo italiano non intenda adoperarsi, sia in sede bilaterale sia internazionale, per chiedere alle Autorità ugandesi di non dar seguito alla proposta di legge che mira a discriminare le persone omosessuali.
(4-09481)

Risposta. - La tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali e la lotta ad ogni forma di discriminazione sono fra le priorità della politica estera italiana ed europea. Il 17 maggio 2011, in occasione della giornata internazionale contro l'omofobia, l'Alto rappresentante Catherine Ashton ha esortato tutti gli Stati a porre fine ad ogni tipo di discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, riaffermando altresì, a nome dell'Unione europea, il comune impegno anche attraverso misure specifiche di sostegno ai diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Nella stessa occasione è stato poi rivolto un particolare omaggio a David Kato e John Edison Ramirez, attivisti di spicco dei movimenti per i diritti delle lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbti), assassinati lo scorso anno, ed ha encomiato la scelta dell'attivista Lgbt ugandese Kasha Jacqueline

Nabagesera quale candidata per il prestigioso Premio Martin Ennals per i difensori dei diritti umani.
Anche l'Uganda, firmatario del Patto internazionale sui diritti sociali, civili e politici, è chiamato a rispettare la dignità di ogni singolo individuo nonostante si verifichino numerose violazioni anche per la scarsa familiarità di polizia ed esercito allo stesso concetto di diritti umani che per le lentezze burocratiche (e la corruzione) che ostacolano la pronta ricompensa delle vittime di abusi. Nel paese peraltro opera l'Uganda Human Rights Commission (Uhrc), con il fine di promuovere e tutelare il rispetto dei diritti umani.
Il Governo italiano ha seguito da vicino, con tutti gli altri partner comunitari, le vicende relative ai fenomeni di intolleranza e di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale che purtroppo si sono verificate e ancora si verificano in Uganda, anche al fine di valutare, d'intesa con l'Unione europea, eventuali azioni da intraprendere. Lo stesso Presidente Museveni, a seguito di tali pressioni, aveva detto al suo partito che occorreva «rallentare» l'iter della legge discriminatoria contro gli omosessuali, in quanto stava diventando «un problema di politica estera». Nonostante si sia tentato di riportare la bozza all'attenzione del Parlamento, prima del suo scioglimento a seguito delle elezioni generali del febbraio 2011, il Vice Ministro degli Esteri ugandese avesse rassicurato il Capo Delegazione europea di Kampala che la proposta di legge non sarebbe stata discussa neanche dalla futura Assemblea.
Nell'ambito del suo impegno volto a promuovere e tutelare i diritti umani, l'Unione europea ha accolto con particolare favore la dichiarazione comune formulata al Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni unite del 22 marzo 2011, a nome di 85 paesi di ogni continente, dal titolo: «Porre fine agli atti di violenza e alle violazioni dei diritti umani basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere». Quindici Stati membri dell'Unione europea hanno fatto parte del gruppo incaricato dell'elaborazione di tale dichiarazione e tutti gli Stati membri dell'Unione europea, hanno espresso pieno appoggio a questa iniziativa. Tale dichiarazione comune dimostra il crescente impegno della comunità internazionale nei confronti della promozione e tutela dei diritti umani, a prescindere dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Commissione diritti umani dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), il 9 luglio 2010 ad Oslo, ha approvato la risoluzione sulla situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali del personale delle forze armate;
l'Assemblea parlamentare dell'OSCE:
a) chiede ai Governi degli Stati partecipanti, in particolare a quelli che hanno preferito non rispondere al questionario, di impegnarsi per diffondere ampiamente le informazioni sui diritti umani e le libertà fondamentali tra gli appartenenti alle loro forze armate, tra il personale qualificato nel campo della difesa e tra i singoli e gli organi delle loro istituzioni politiche, riferendo anche le modalità secondo le quali tali diritti sono riconosciuti al di là dei confini nazionali. In particolare, ciò può esser realizzato traducendo e diffondendo il Manuale sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate;
b) invita i Governi degli Stati partecipanti, in particolare quelli che hanno preferito non rispondere al questionario, a impegnarsi per emendare le leggi in modo da consentire agli appartenenti alle forze armate di avere una gamma di tutele più ampia, al fine di attuare le norme che sono necessarie alla costruzione di un vero

esercito europeo e transnazionale i cui appartenenti abbiano le stesse regole e gli stessi diritti;
l'Italia è uno dei Paesi che non ha ritenuto opportuno rispondere al questionario promosso dall'ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE (ODIHR) e dal Centro di Ginevra per il controllo democratico (Centre for the democratic control of armed forces - DCAF);
a seguito di tale questionario è stato pubblicato il manuale sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate, al fine di raccogliere informazioni sulle politiche degli Stati partecipanti dell'OSCE sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate -:
quali iniziative il Governo stia intraprendendo per rispettare quanto prescritto dalla suddetta risoluzione.
(4-10892)

Risposta. - La Difesa partecipa attivamente, per quanto di competenza, alle iniziative dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), la cui attività si esplica in tre settori fondamentali: la dimensione politico-militare (affronta gli aspetti militari della sicurezza), la dimensione economico-ambientale (tratta, prevalentemente, i temi dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico) e la dimensione umana (dedicata alle tematiche dello stato di diritto e alla tutela dei diritti umani).
Secondo scadenzari annuali - o ogni qual volta si presenti la necessità - vengono puntualmente fornite al Ministero degli affari esteri, per la successiva diramazione in ambito Osce, tutte le informazioni richieste che sono finalizzate, con riferimento allo strumento militare, alla trasparenza e all'accrescimento della fiducia reciproca.
Si tratta, soprattutto, dei questionari relativi all'attuazione di Trattati e di Documenti internazionali sul controllo degli armamenti o per condividere con gli altri Stati membri la dottrina nazionale relativamente al personale; alle procedure con cui viene assicurato il controllo democratico delle Forze armate, ai provvedimenti normativi a tutela dello status di militare e alle modalità con cui vengono diffuse le informazioni utili a rafforzare una generale sensibilità nei confronti del Codice di condotta militare e del diritto umanitario.
Con specifico riferimento alla Risoluzione sulla situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali del personale delle Forze, armate, approvata il 9 luglio 2010 dall'Assemblea parlamentare dell'Osce, la stessa ha lo scopo precipuo di impegnare gli Stati partecipanti a:
diffondere ampiamente le informazioni sui diritti umani e le libertà fondamentali tra tutto il personale della Difesa;
garantire allo stesso personale la più ampia gamma di tutele.

Nel ricordare, in primo luogo, che l'ordinamento militare si conforma allo spirito democratico della Repubblica, sulla base di quanto previsto dalla nostra Costituzione, nonché dalle norme del diritto internazionale vigenti, preciso che l'Italia - che è parte di tutte le principali Convenzioni in materia - ha ratificato numerose Convenzioni nel settore dei diritti umani, tra cui:
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e i discendenti Patti internazionali sui diritti economici, sociali, culturali, civili e politici;
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950;
la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1969;
la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne del 1981;
la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989.

Vorrei aggiungere, per una maggiore completezza, che nelle operazioni militari all'estero, i contingenti nazionali - per

opinione consolidata - non sono più sottoposti esclusivamente alle norme di diritto umanitario, ma anche a quelle sui diritti umani, codificate in numerose Convenzioni, sia quelle universali, sia quelle regionali (come la menzionata Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Convenzione interamericana dei diritti umani, la Carta di Banjul dei diritti dell'uomo e dei popoli).
Infatti, il confine tra i diritti dell'uomo e il diritto internazionale umanitario - ambiti normativi che affondano le loro radici sia in epoche che in settori di riferimento diversi - è sempre più sottile, tanto che ormai vi è una sovrapposizione tra le due discipline.
Peraltro, il personale militare impiegato nei vari teatri operativi concorre, oltre che al rispetto delle norme del diritto umanitario - oggetto d'insegnamento sia in ambito interforze che di singola Forza armata - anche all'affermazione dei diritti umani in quei Paesi interessati da situazioni di crisi o da conflitti di varia natura.
Per ciò che riguarda, poi, i diritti e le tutele del personale delle Forze armate - esplicitamente riportati al paragrafo 7 della richiamata Risoluzione Osce - gli stessi sono garantiti, nel nostro Paese, anche dall'istituto della Rappresentanza militare, che costituisce oggetto di studio nell'ambito dei previsti corsi di formazione.
Si tratta di un sistema di organismi articolati su tre livelli (centrale, territoriale e periferico) che si pongono come la diretta espressione (mediante elezioni) delle istanze di tutte le componenti dell'ordinamento militare verso le corrispondenti autorità militari ai vari livelli.
Tale istituto è «...lo strumento con cui il legislatore ha salvaguardato le ragioni funzionali delle Forze armate e, al tempo stesso, ha dato attuazione al concetto costituzionale secondo cui l'ordinamento militare si informa allo spirito democratico della Repubblica ...» (sentenza della Corte Costituzionale n. 499 del 1999).
Nel tempo, il legislatore ha costantemente mostrato attenzione verso le istanze avanzate dagli organi della Rappresentanza militare, con riguardo a una più compiuta definizione degli spazi di intervento e di autonomia ad essi riservati. In tal senso, sono stati approvati, successivamente, ulteriori provvedimenti, tra cui - cito il più recente - la legge n. 183 del 2010 che, in aderenza a quanto sostenuto dagli Stati maggiori di Forza armata/Comandi generali e in linea con quanto auspicato dallo stesso organo centrale della Rappresentanza militare (Cocer), ha conferito a tale organo rappresentativo un ruolo più incisivo nell'attività dei periodici rinnovi contrattuali.
Quanto all'osservazione - riportata nella citata Risoluzione - che alcuni Stati partecipanti dell'Osce, tra cui l'Italia, non abbiano fornito risposta allo specifico questionario in materia (sebbene nel contesto della stessa Risoluzione non venga fatto alcun esplicito riferimento all'obbligo di ottemperanza da parte dei Paesi inosservanti), faccio presente che la compilazione del questionario è, allo stato, in fase di predisposizione da parte dei competenti organi del Dicastero.
Con riferimento, in ultimo, al «Manuale sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle Forze armate» - cui viene fatto cenno nell'interrogazione in esame - pubblicato dall'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odhir) dell'Osce, mi preme osservare che il documento, ancorché mai pervenuto ufficialmente (ma, comunque, disponibile sul sito dell'Osce), è stato tradotto e oggetto di approfondita analisi, con particolare riguardo alle forme di rappresentanza militare.
Quanto, invece, alla diffusione del documento in ambito Forze armate, tale esigenza sarà senz'altro valutata, non appena dovesse pervenire una richiesta ufficiale in tal senso.
L'obiettivo della pubblicazione è stato quello di effettuare una ricognizione dei diritti umani e delle libertà fondamentali riconosciuti ai militari nei paesi appartenenti all'Osce.
In tale ambito è stata effettuata un'analisi comparativa dei differenti ordinamenti statuali che, per quanto concerne il tema dei diritti civili e politici del personale delle Forze armate, ha differenziato i paesi aderenti

alla menzionata organizzazione internazionale, nelle tre categorie: highly/moderately/least restrictive policies of political neutrality.
In concreto, nella quasi totalità degli ordinamenti, sono risultate esistere delle norme costituzionali o legislative che pongono delle limitazioni ad alcuni diritti dei militari rispetto agli altri cittadini.
Ciò, sia per garantire la particolare funzione di difesa e sicurezza dello Stato a cui sono preposte le Forze armate, sia per il soddisfacimento dell'esigenza di «neutralità» delle stesse rispetto alle competizioni politiche. Su tale aspetto l'Italia è stata considerata uno Stato con «moderate restrizioni» nei confronti del personale appartenente alle Forze armate, analogamente a Paesi come il Belgio e il Regno Unito.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MIGLIORI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
al termine dei lavori del consiglio comunale di Cetona (SI), impegnato sui temi del bilancio di previsione 2011, il capogruppo dell'opposizione PdL Massimo Ceccobao veniva invitato nella stanza del sindaco, dove veniva prima offeso e quindi colpito dall'assessore al personale e ai lavori pubblici riportando un referto ospedaliero di sette giorni per trauma cranico e cicatrice sulla pupilla dell'occhio sinistro;
trattasi di eventi che in Toscana non hanno precedenti e che, ad avviso degli interroganti, testimoniano la gravità e l'arroganza nel rapporto maggioranza-opposizione operante in molte amministrazioni di sinistra -:
se siano state avviate indagini in relazione a quanto riportato in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare.
(4-11493)

Risposta. - In merito al grave episodio riferito dall'interrogante, la prefettura di Siena ha acquisito elementi dai responsabili delle forze dell'ordine, nonché dal sindaco di Cetona.
Quest'ultimo ha, tra l'altro, rappresentato di aver assistito personalmente a quanto accaduto, specificando che - contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa - l'episodio di violenza non si era svolto nella propria stanza bensì in un corridoio attiguo ed era scaturito, al termine dei lavori del consiglio comunale di Cetona del 1o aprile 2011, da una discussione tra l'assessore ai lavori pubblici appartenente al partito democratico e il capogruppo del Popolo delle Libertà Ceccobao.
L'episodio ha suscitato una vasta eco nella stampa locale, che ha anche riferito delle pubbliche scuse che l'assessore, autore del gesto di violenza - unitamente ai dirigenti locali del partito democratico - ha formulato al consigliere Ceccobao.
A seguito di specifica richiesta, il predetto consigliere e il segretario provinciale del Popolo delle Libertà sono stati ricevuti dalla prefettura; nel corso dell'incontro gli stessi hanno sottolineato la gravità dell'accaduto connessa al clima di tensione che avrebbe caratterizzato in quel periodo le sedute del consiglio comunale.
La prefettura di Siena ha, inoltre, riferito che il consigliere Ceccobao ha presentato querela nei confronti dell'assessore ai lavori pubblici ai Carabinieri di Cetona e che non risultano ulteriori dissidi o intemperanze tra le forze politiche locali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha già ricevuto risposta in merito alla deliberazione della Giunta Municipale di Firenze dell'8 marzo 2011 con la quale fu revocato il protocollo di intesa tra

comune di Firenze e corpo consolare circa la circolazione e la sosta di autoveicoli consolari nel territorio comunale;
da suddetta risposta precedente interrogazione (4-11489) emerge che la Convenzione di Vienna del 1963 e, particolarmente, l'articolo n.34 inerente al principio della libertà di movimento per i membri del corpo consolare sarebbe interpretabile liberamente da «regole di cortesia» adottabili dagli enti locali con conseguenza ovviamente differenziata tra comuni e comuni -:
se non si ritenga opportuno ed urgente stante la competenza costituzionale chiaramente in testa allo Stato per quanto concerne i rapporti con Stati esteri, diramare una circolare interpretativa valida per l'intero territorio nazionale sull'applicazione generale dell'articolo 34 della Convenzione di Vienna del 1963 al fine di assicurare una chiara cornice di prerogative specifiche atte a garantire al corpo consolare certezza di diritti e di doveri.
(4-12031)

Risposta. - Come già rappresentato nella risposta alla Sua interrogazione n. 4-11489, avente sempre come oggetto la revoca del permesso Zona a traffico limitato al corpo diplomatico-consolare in servizio a Firenze, la materia delle agevolazioni per la sosta delle autovetture recanti il contrassegno consolare è disciplinata da regole internazionali di cortesia adottabili dagli Enti locali. La concessione e la revoca di particolari privilegi alle suddette autovetture, pertanto, rispondono alla discrezionalità dell'Ente locale direttamente coinvolto.
Questo Ministero degli affari esteri non ha di conseguenza competenza ad emanare, nei confronti degli Enti locali, eventuali circolari interpretative su regole internazionali di cortesia che, per definizione, sono giustificate da contingenti motivi di opportunità ed adottabili o revocabili discrezionalmente dagli enti locali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tra i siti individuati dal Ministero della difesa per l'accoglienza degli immigrati figura l'area di Boceda nel comune di Mulazzo (MS);
l'area militare di Boceda nel comune di Mulazzo (MS), oggi in disuso, è un area un tempo utilizzata per gli addestramenti dei paracadutisti della Folgore;
l'area di Boceda è attualmente in stato di completo abbandono: i capannoni in essa presenti sono o semi-diroccati oppure dichiarati già da tempo pericolanti dagli stessi responsabili delle Forze armate interessate;
l'intero territorio in questione è senza acqua potabile, senza alcuna possibilità di attingere alle risorse idriche degli acquedotti comunali delle aree limitrofe che già risultano insufficienti per le attuali utenze, ed è privo di opere di urbanizzazione;
la realizzazione in quell'area di un'eventuale tendopoli creerebbe la sicura e completa ghettizzazione dei migranti in essa ospitati, senza il rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie;
considerata la pratica impossibilità di una qualsivoglia integrazione, tale ipotizzato centro di accoglienza porterebbe danni gravissimi al fragile tessuto sociale non solo del comune di Mulazzo, bensì all'intero comprensorio della Lunigiana, in modo particolare dei comuni limitrofi di Pontremoli, Villafranca in Lunigiana, Bagnone, Filacchiera e Presana;
il comune di Mulazzo è posto nel cuore di questo comprensorio, una terra ricchissima di bellezze naturali, di tesori storico-artistici e culturali di una storia plurimillenaria che viene testimoniata dalle statue, stele, reperti archeologici, costituiti da sculture in pietra che rappresentano figure umane, risalenti al quarto- quinto millennio avanti Cristo;

a circa trecento metri dal sito di Boceda, il comune di Mulazzo in collaborazione con la provincia di Massa Carrara e la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Lucca e Massa Carrara, sta allestendo il parco delle statue stele nell'area dove sono stati ritrovati ben otto splendidi reperti di questo tipo risalenti a oltre 4000 anni a.C. -:
se non si ritenga necessario ed urgente espungere dai siti individuati dal Ministero della difesa per l'accoglienza degli immigrati l'area di Boceda nel comune di Mulazzo.
(4-11432)

Risposta. - La rapida evoluzione della situazione internazionale relativa ai paesi dell'area sud del Mediterraneo ha imposto la necessità di procedere con urgenza all'individuazione di possibili soluzioni per fronteggiare l'eventuale afflusso in massa di profughi.
Conseguentemente, nella fase iniziale dell'emergenza, il competente organo tecnico operativo militare ha svolto una capillare attività d'indagine delle aree da individuare per essere messe a disposizione per tale esigenza.
La ricerca si è focalizzata su tutte quelle aree, non più in uso all'amministrazione difesa (a.d.), distribuite su tutto il territorio nazionale e al di fuori dei centri abitati, che si prestassero all'approntamento di campi ricezione con materiale di attendamento (capacità ricettiva calcolata sulla base dei criteri stabiliti dall'Unhcr: minimo 30 - massimo 45 metri quadri/persona).
Principalmente, l'attenzione è stata posta sulle aree aeroportuali dismesse - quale categoria d'infrastruttura più rispondente ai criteri fissati - e sulle aree addestrative la cui estensione garantisse l'approntamento di campi di accoglienza con ricettività stimata di circa 1.000 unità.

In un secondo tempo, tuttavia, in relazione alla necessità di mettere a disposizione ulteriori beni, si è proceduto all'individuazione di caserme/depositi, non più in uso e su tutto il territorio nazionale, dichiarate disponibili per l'alienazione/valorizzazione/permuta e prive di funzioni.
In tale caso, la scelta è ricaduta, secondo il seguente ordine di priorità, sui beni:
inseriti nei cosiddetti «pacchetti», ai sensi della Legge finanziaria 2007 (priorità 1);
inseriti nei due decreti direttoriali di valorizzazione degli immobili in uso all'a.d., di cui all'articolo 307, comma 10, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 «Codice dell'Ordinamento Militare» ex articolo 14-bis, legge n. 133 del 2008) (priorità 2);
segnalati dagli Stati Maggiori di Forza armata per l'alienazione/valorizzazione/permuta, non inseriti nei primi due decreti direttoriali (priorità 3).

In tale quadro, l'ex polverificio di «Boceda» di Mulazzo (Massa Carrara) è stato inserito tra i 27 beni potenzialmente idonei per il soddisfacimento di tale esigenza.
Tuttavia, alla data del 23 maggio 2011, risulta che dei predetti 27 siti, soltanto 6 sono stati effettivamente utilizzati e tra questi non figura l'ex polverificio di «Boceda», il quale, peraltro, in esito ad un sopralluogo congiunto (Organi tecnici dell'Amministrazione della difesa, Vigili del fuoco, Croce rossa italiana) sarebbe stato ritenuto dal Prefetto di Massa Carrara strutturalmente non idoneo per l'esigenza in questione.
Rammento, infatti, che tutti i beni individuati hanno richiesto o potranno richiedere la puntuale verifica in loco, di concerto con le locali prefetture e Protezione civile, per appurarne la concreta fruibilità, a premessa di un eventuale utilizzo.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

OLIVERIO e MINNITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il PON - Programma operativo nazionale sicurezza, programmato nell'ambito degli interventi comunitari 2007/2013 ed affidato alla responsabilità del Ministero

dell'interno, è la prosecuzione della positiva sperimentazione avviata già nella passata programmazione 2000/2006 ed oggetto in Calabria di un accordo di programma quadro;
in relazione agli indirizzi di programmazione degli interventi ricadenti in questa seconda edizione del PON sicurezza, il Ministero dell'interno ha conferito una particolare centralità alla prospettiva di collaborazione con le autonomie locali, secondo la logica prevalente del concetto di «sicurezza partecipata», in grado di assicurare un maggiore coinvolgimento del territorio (e non solo delle forze di polizia) nei processi di difesa della legalità;
la sicurezza è un processo che si realizza attraverso la convergenza di una pluralità di soggetti istituzionali, tra cui gli enti locali, e che la sicurezza e la legalità sono prerequisiti indispensabili per lo sviluppo socioeconomico territoriale;
all'interno di un tale quadro normativo e culturale, il comune di Catanzaro aveva presentato nel dicembre 2007 alla prefettura di Catanzaro un progetto dal valore di 700.000,00 euro, a valere sul PON sicurezza, a seguito della «chiamata di Progetti» della prefettura stessa presso i comuni della provincia di Catanzaro;
il progetto, definito nell'ambito delle misure 2.6 e 2.8 del PON sicurezza era finalizzato alla sperimentazione di un intervento di prevenzione della devianza, di integrazione sociale e di garanzia della sicurezza e legalità nei quartieri a rischio della zona sud di Catanzaro, interessati da una eccessiva presenza di nuclei familiari Rom che avevano di fatto espulso gli altri nuclei familiari catanzaresi e trasformato l'area in una vera e propria enclave di emarginazione e delinquenza organizzata;
tale progetto non è stato purtroppo ammesso a finanziamento, in quanto la prefettura ha dato priorità a interventi di «educazione alla legalità» e ad interventi di comuni minori a rischio marginalità;
la mancata attivazione di interventi di «sicurezza partecipata» come quelli descritti nel progetto di cui sopra ha determinato l'aggravarsi della situazione di degrado e di disagio dei quartieri ad alta intensità di presenza Rom a Catanzaro fino a farla diventare una vera e propria emergenza sociale e di ordine pubblico, più volte discussa tra comune, prefettura e questura;
sulla base di intese intercorse tra il sindaco di Catanzaro, il prefetto di Catanzaro ed il Ministro interrogato, il comune di Catanzaro ha aggiornato il progetto del dicembre del 2007, per presentarlo alla prefettura di Catanzaro, a seguito di una nuova «chiamata di progetti» (con scadenza al 20 novembre 2008) per l'anno 2008/2009 sul Pon sicurezza;
il nuovo progetto elaborato anche sulla base di successive intese con il partenariato sociale del territorio, insiste sulla misura del PON 2.8 per un importo di 2.700.000,00 euro e mira a realizzare una vera e propria azione di sistema sperimentale sul tema dell'integrazione dei Rom nei quartieri a rischio delle città al fine di risolvere l'annoso problema del coinvolgimento dei Rom stessi nelle attività delinquenziali;
il nuovo progetto verrebbe inoltre positivamente collegato e integrato con il finanziamento del programma «Contratto di quartiere 2» approvato dalla regione Calabria e che riguarda proprio l'area dell'insediamento rom nella città di Catanzaro. L'integrazione con il «Contratto di quartiere 2» sulle stesse zone potrebbe consentire l'attivazione di un processo di delocalizzazione in via sperimentale dei gruppi familiari Rom in nuove case popolari al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi di «rottura» del monopolio territoriale rom nei quartieri cittadini individuati;
ad oggi, il progetto concepito nella nuova versione, nonostante il parere positivo e l'approvazione di ben due prefetti

non ha ricevuto al momento alcuna risposta dall'Esecutivo nazionale -:
se il Ministro intenda approfondire le ragioni per le quali il comune di Catanzaro non ha ancora ricevuto dagli organi amministrativi competenti alcuna risposta sui contenuti e sul merito del progetto a suo tempo presentato, un progetto sicuramente conforme ai principi e alle linee-guida dettati dallo stesso Ministero in materia di sicurezza urbana e di «sicurezza partecipata» nei processi di difesa della legalità.
(4-06602)

Risposta. - In data 5 agosto 2010, entrambe le proposte progettuali per i quartieri a rischio nella città di Catanzaro - scaturenti da un'unica proposta progettuale iniziale - sono state inoltrate, con parere favorevole, dal Prefetto coordinatore di Reggio Calabria alla segreteria tecnico-amministrativa del PON «Sicurezza per lo Sviluppo Obiettivo Convergenza 2007-2013».
Tuttavia, essendo stata rilevata la carenza di alcuni elementi essenziali per il proseguo dell'attività istruttoria, la segreteria tecnico-amministrativa ha ritrasmesso, il successivo 19 agosto 2010, i progetti con richiesta delle integrazioni segnalate.
Alla luce di quanto sopra, il progetto rientrante nell'obiettivo operativo 2.8 («Per i quartieri a rischio per la presenza di nuclei Rom ad alta intensità delinquenziale nella città di Catanzaro: ristrutturazione - riutilizzo centro sociale aranceto», per un importo iniziale di euro 587.000,00) è nuovamente pervenuto - a seguito delle relative rielaborazioni presso la prefettura di Catanzaro e del parere favorevole di quella di Reggio Calabria - presso la citata segreteria.
Pertanto, lo stesso è stato sottoposto al comitato di valutazione che, nella seduta del 18 ottobre 2010, ne ha approvato l'ammissione al finanziamento per un importo complessivo di 606.882,72 euro.
Viceversa, l'altra proposta progettuale rientrante nell'obiettivo operativo 2.6 («per i quartieri a rischio per la presenza di nuclei Rom ad alta intensità delinquenziale nella città di Catanzaro», per un importo di euro 1.393.000) è stata rimodulata dal comune di Catanzaro e inviata alla prefettura di Reggio Calabria per essere sottoposta all'analisi del servizio di consulenza qualificata nell'apposito laboratorio tecnico-territoriale.
Quest'ultimo progetto risulta tuttora in fase istruttoria e, pertanto, non è stata assunta alcuna decisione in merito.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

SARUBBI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
giovedì 14 aprile 2011 un gruppo estremista salafita della «Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima» rivendicava su YouTube il sequestro dell'attivista italiano Vittorio Arrigoni, avvenuto a Gaza City, minacciando di ucciderlo se entro 30 ore, a partire dalle ore 11 locali del 14 aprile (ore 10.00 in Italia), il Governo di Hamas non avesse liberato alcuni detenuti salafiti;
Vittorio Arrigoni, attivista presso il movimento di solidarietà internazionale per la Palestina (ISM, International solidarity movement) e reporter italiano, operava nei territori palestinesi dal 2008. In un video pubblicato sul sito dell'ISM il cooperante raccontava di essere arrivato a Gaza attraverso le navi del «Free Gaza Movement» insieme a un gruppo di attivisti internazionali, rompendo così un assedio via mare che durava dal 1967. Durante i giorni dell'operazione militare israeliana «Piombo fuso», Arrigoni - unico italiano presente sul posto - aveva scelto di rimanere a Gaza, testimoniando la sofferenza dei palestinesi;
nel giro di poche ore le notizie che sembravano andare in una certa direzione si sono poi improvvisamente rovesciate; il 15 aprile l'ufficio stampa di Hamas denunciava «il criminale sequestro e omicidio di un attivista italiano per la solidarietà» aggiungendo che il corpo «è stato

ritrovato dalle forze di sicurezza appeso in una casa abbandonata»; in seguito alcune notizie stampa riferivano che la sua morte era avvenuta per strangolamento;
dopo il rinvenimento del cadavere di Vittorio Arrigoni, il Ministero dell'interno di Hamas ha diffuso le fotografie di tre persone ricercate per il suo omicidio, invitando la popolazione a fornire informazioni utili alla loro cattura; si tratta di un cittadino giordano, Muhammad Al-Breizat, conosciuto anche come Muhammad Hassan, e di due palestinesi, Bilal Al-Omari e Muhammad Al-Salfiti. Hamas ha sottolineato come i «principali ricercati dalla giustizia» siano Al-Breizat e Al-Omari, stando a quanto riferisce l'agenzia palestinese Wafa;
sulla morte di Vittorio Arrigoni, sulle ragioni e sulle modalità della barbara uccisione, avvenute in circostanze ancora misteriose e imprevedibili, a tutt'oggi non sembra esserci una completa chiarezza. Il capo dello Stato Napolitano, dopo l'omicidio del pacifista italiano a Gaza, ha invocato chiarezza immediata sulla sua uccisione. Anche il Ministro degli affari esteri italiano Franco Frattini, richiamando l'attenzione di movimenti iper-estremisti e ultraradicali che stanno scavalcando la stessa Hamas, ha rivelato la mancanza di una totale chiarezza sul vile attentato;
l'atroce assassinio di Vittorio Arrigoni ha riportato drammaticamente in primo piano gli effetti tragici di una mancata soluzione dell'annoso conflitto israelo-palestinese, un conflitto che da anni insanguina il Medio Oriente, con particolare riferimento alla situazione nella Striscia di Gaza, ogni giorno più drammatica e insostenibile per la popolazione palestinese, un'area che nell'ultimo periodo è stata sottovalutata dall'opinione pubblica internazionale e tenuta ai margini del dibattito pubblico -:
quali iniziative il Governo italiano abbia fino ad oggi intrapreso, all'indomani del sequestro e dell'annunciato assassinio del cooperante italiano Vittorio Arrigoni;
quali azioni siano state avviate per conoscere l'esatto svolgimento dei fatti che hanno portato alla morte del nostro connazionale, volte a far piena luce sui numerosi punti oscuri sulle ricostruzioni fino ad oggi fomite, anche in ordine alla dinamica del sequestro, ancora non del tutto chiari;
quali misure siano state adottate per garantire la sicurezza della nave italiana «Stefano Chiarini», la cui partenza a sostegno della Freedom Flotilla 2 è prevista per il prossimo mese di maggio;
quali iniziative intenda intraprendere per sbloccare lo stallo dei negoziati di pace, anche al fine di rimettere al centro dell'attenzione della comunità internazionale e delle politica estera italiana la soluzione del conflitto israelo-palestinese, che da anni produce morti e distruzioni in Medio oriente.
(4-11684)

Risposta. - Il Governo italiano si è immediatamente attivato per avere notizie chiare relative al sequestro dell'attivista italiano, Vittorio Arrigoni.
È opportuno sottolineare che il Consolato generale italiano a Gerusalemme, conformemente alla posizione comune decisa in seno all'Unione europea, non intrattiene rapporti con le Autorità di fatto della Striscia di Gaza, espressione di Hamas. Pertanto, le informazioni che è stato possibile raccogliere con impegno e sollecitudine sono state acquisite tramite stampa o da fonti indirette e, trattandosi di notizie piuttosto confuse, necessitavano di una nota di cautela nelle valutazioni.
Dal momento in cui si è appresa la notizia del sequestro a Gaza del connazionale Arrigoni, l'Unità di crisi ha mantenuto costanti rapporti con i familiari in Italia, informandoli sulle attività poste in essere dal Consolato generale d'Italia a Gerusalemme per accertare i fatti, prima, e per assistere nelle procedure del rimpatrio della salma quando, purtroppo, si è appreso della sua morte. La famiglia ed il suo rappresentante legale sono stati quindi costantemente rassicurati sull'impegno e sull'attenzione da parte delle Istituzioni.

In seguito all'omicidio, secondo quanto riportato dalla stampa locale, ripresa da quella internazionale, le forze di sicurezza delle Autorità di fatto di Hamas hanno arrestato due cittadini palestinesi di Gaza, Farid Bahar e Tamer al-Hasasnah, ritenuti rispettivamente l'esecutore materiale dell'omicidio e il «basista», ma tale notizia è stata in seguito smentita. Le Autorità di Hamas hanno infatti diffuso sul proprio sito internet le foto di tre ricercati, considerati i responsabili dell'omicidio di Arrigoni: Abdelrahman Mahmud Al Birizait, noto anche come «Muhammad Hassan», di nazionalità giordana, Mahmud Muhammad Nemer Al Salfiti (membro delle forze di sicurezza di Hamas) e Bilal Al Omari. I rapporti tra questi ricercati ed i primi due arrestati e le relative responsabilità non risultano ancora chiari. È quindi iniziata una vera e propria caccia all'uomo nella Striscia per catturarli ed è stata disposta la chiusura dei «tunnel» che collegano Gaza all'Egitto per evitare la loro fuga, proponendo addirittura un premio in denaro per chiunque fornisse notizie utili per la loro individuazione. Si tratta di un'iniziativa senza precedenti e testimonia quanto l'assassinio di Arrigoni abbia imbarazzato le locali Autorità, mettendone pubblicamente in dubbio la capacità di controllo del territorio e l'efficienza nel campo della sicurezza.
Secondo il sito internet «la rete di Al Agsa», riferibile ad Hamas, i tre ricercati sarebbero espressione di gruppi salafiti, ed in particolare di «Monoteismo e Jihad», «l'Esercito dell'Islam» e «Jaljalat» (nome di una Sura del Corano). Il leader salafita Abu Al Barah Al Masri avrebbe confermato la loro responsabilità specificando però che essi avrebbero agito a titolo personale e non su istruzione dei relativi gruppi.
Il 20 aprile 2011 si è svolto un blitz delle forze di sicurezza di Hamas, conclusosi con l'uccisione di due dei sospettati (Al Birizait e Al Omari) e la cattura del terzo, ferito lievemente (Al Salfiti). Le Autorità di fatto di Hamas hanno comunicato che, ritenendo di aver individuato tutti i responsabili del rapimento e omicidio di Arrigoni, considererebbero chiuse le indagini. Resta poco chiaro l'iter processuale che sarà seguito per i tre catturati (i due palestinesi catturati inizialmente ed il terzo ferito e catturato nel blitz), ma le Autorità di fatto hanno indicato che perseguiranno quanti in custodia «assicurando che ricevano la massima pena possibile secondo la legge palestinese».
La salma del connazionale Arrigoni, il 18 aprile 2011, è stata affidata al legale rappresentante della famiglia, Signor Osama Al Qashoo, ed e stata traslata verso l'Egitto attraverso il valico di Rafah, senza incidenti. Ciò è potuto avvenire grazie all'efficace azione del nostro Consolato generale e dell'Ambasciata al Cairo, in costante contatto con la famiglia del connazionale. Pur essendo Rafah un passaggio di frontiera non riconosciuto e aperto ad intermittenza, gestito sul lato palestinese esclusivamente da Hamas, organizzazione con cui, come già riferito, non si è autorizzati ad intrattenere alcun tipo di rapporto, il Consolato generale ha comunque proceduto ad assicurare tutta l'assistenza richiesta.
La salma è arrivata all'ospedale italiano del Cairo la sera del 18 aprile 2011, è stata trasferita in aeroporto, per restarvi le richieste 24 ore, e poi ripartire il giorno 20 verso Fiumicino. L'Unità di crisi ha svolto un'azione di coordinamento, in collaborazione e diretto contatto con il Consolato generale di Gerusalemme e con l'Ambasciata al Cairo, per facilitare le procedure di rimpatrio della salma del connazionale.
In relazione alle voci secondo cui nuove flottiglie si accingerebbero a salpare in direzione della Striscia di Gaza da alcuni paesi del Mediterraneo, compresa l'Italia, abbiamo segnalato come il modo migliore per portare assistenza agli abitanti di Gaza sia quello di inviare gli aiuti umanitari attraverso i valichi terrestri, evitando ogni tipo di provocazione che può avere come unico effetto un aumento della tensione. Ciò in linea con la medesima opinione espressa dalle Nazioni unite, il cui Segretario generale ha richiesto a tutti i governi interessati di scoraggiare tali flottiglie che possono provocare escalation della tensione, ribadendo come - sulla base di quanto espresso dal Quartetto il 21 giugno 2010 e dall'Ahlc di Bruxelles del 13 aprile 2011 - tutti gli aiuti umanitari alla Striscia

di Gaza vadano incanalati attraverso i valichi terrestri preesistenti. Abbiamo altresì sottolineato che le misure adottate da Israele per l'ingresso dei materiali per la ricostruzione e l'aumento delle importazioni nell'ultimo anno vanno nella giusta direzione, cosi come quelle recenti per incrementare l'export della Striscia di Gaza. Anche se, certamente, occorre fare di più per uscire dalla fase dell'emergenza ed entrare in quella dello sviluppo socio-economico, che dovrà basarsi su un forte ruolo del settore privato.
Il processo di pace sta attraversando una fase di stallo resa ancora più preoccupante dalle trasformazioni politiche che stanno investendo alcuni paesi della regione mediorientale che, come l'Egitto, svolgevano un importante ruolo di mediazione nel negoziato israeliano-palestinese. In queste circostanze, temiamo che i vuoti creati dall'assenza di un'iniziativa diplomatica possano causare un innalzamento della tensione. In un simile contesto il recente discorso pronunciato dal Presidente Obama il 19 maggio 2011 a Washington rappresenta un nuovo tentativo di far ripartire il dialogo ed evitare quelle soluzioni unilaterali che si profilano a settembre.
A tal fine, l'Italia e l'Unione europea guardano anche con attenzione alla prossima riunione del Quartetto, lavorando affinché venga adottata anche in quella sede una dichiarazione sostanziale volta a sostenere la ripresa dei negoziati. Nel corso dei recenti contatti al più alto livello con le autorità israeliane e palestinesi abbiamo veicolato alle parti un forte messaggio di incoraggiamento a utilizzare le poche settimane di tempo prima di settembre per compiere decisivi progressi in questa direzione.
L'Italia continua inoltre a rimanere impegnata con la comunità internazionale, sia in via bilaterale che in ambito Unione europea, anche per migliorare le condizioni di vita dei palestinesi e la crescita economica nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 settembre 2010, sul quotidiano Il fatto è stata pubblicata la lettera con cui il sindaco Antonio Scalzone ha cercato di vietare l'installazione della targa commemorativa degli immigrati uccisi a Castel Volturno. È indirizzata a un padre comboniano, ma è rivolta a tutti i movimenti antirazzisti del casertano. È stata inviata anche al prefetto e al questore di Caserta:
«Gentilissimo Padre,
Sono convinto almeno quanto lei che il 18 settembre sia un giorno da non dimenticare per la tristezza che ha colpito la nostra comunità fatta di castellani e di extracomunitari.
Tutti abbiamo sofferto soprattutto per la crudeltà e l'efferatezza con cui la camorra si è manifestata, una violenta ferocia che ha attirato l'opinione pubblica nazionale e internazionale e ha fatto conoscere nel modo peggiore la nostra città al mondo intero.
La strage di San Gennaro ha attirato nel nostro territorio decine di televisioni e di giornalisti della carta stampata sia nazionali che stranieri, l'immagine che ne è venuta fuori della città è stata sicuramente non edificante e gratificante e ha scosso le coscienze di noi castellani, ma ha anche ulteriormente appestato questa città dalla quale si fugge per lasciarla al definitivo e inarrestabile degrado.
Sono anche rammaricato perché la vostra rete antirazzista sembra essere sbilanciata solo verso un colore e non si è mai attivata per le altre vittime della camorra in questo territorio. Infatti, le vostre associazioni non ricordano che anche quella sera stessa fu ammazzato un altro cittadino, di colore bianco, in località Baia Verde.
Tralasciando le polemiche che non fanno bene alla nostra città, ritengo inopportuno e improponibile l'allocazione della scultura commemorativa della strage in ragioni di indagini che ancora non sono

concluse, ma che gettano più di un'ombra sulla strage.
Secondo notizie di stampa la sartoria Exotic Fashion era una base di spaccio per la droga gestita da un'organizzazione criminale di cui facevano parte immigrati dal Ghana. Pertanto invita le associazioni a rinunciare di commemorare, probabilmente, bande di criminali, e condividere la scelta dell'amministrazione comunale che nelle prossime settimane dedicherà una piazza a due poliziotti che dopo la strage sono morti nel compiere il loro dovere: Francesco Alighieri e Gabriele Rossi».
il 20 settembre sul quotidiano La Repubblica è stato pubblicato l'articolo «Castel Volturno, bufera sul sindaco. Mantovano: "Frasi poco felici"» in cui tra l'altro è scritto:
«Si è opposto alla scultura in memoria dei sei ghanesi assassinati nella strage del 18 settembre 2008 sostenendo che "le vittime forse spacciavano droga". Non ha rinunciato ad affermazioni pesanti nei confronti degli immigrati: "Vivono sulle nostre spalle, fosse per me farei come a Rosarno". E ha persino accusato le associazioni di volontariato di lucrare "su questa umanità disperata". Ma adesso è bufera sul sindaco di Castel Volturno Antonio Scalzone. Renato Natale, presidente una delle associazioni bersagliate, quella intitolata a Jerry Masslo, parla di "dichiarazioni sconvolgenti" e annuncia una querela per diffamazione. E anche il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano prende le distanze da Scalzone e, a Repubblica, spiega: "Con i sindaci e gli amministratori locali il Governo e il ministero dell'interno intrattengono un filo diretto costante, che per un verso impedisce di polemizzare. Per altro verso, però, non costringe a condividere tutto quel che si dice. Sicuramente il contesto ambientale in quella zona esercita una certa pressione. Personalmente, preferisco non polemizzare né giustificare. Mi pare però che si sia trattato di frasi poco felici, sono sicuro che il sindaco per primo se ne sarà già reso conto". Ricorda, il sottosegretario all'Interno, "che dalla strage di due anni fa è partito lo straordinario impegno quantitativo e qualitativo messo in campo dal governo nel territorio della provincia di Caserta: l'invio dell'esercito, di 500 uomini fra poliziotti e carabinieri, mezzi e strutture. Il progetto era già in incubazione prima di quel massacro, perché nella zona si erano verificati già altri delitti gravissimi. Ma da quel momento il "Modello Caserta" è entrato nel vivo»;
il 24 settembre il consiglio comunale di Castel Volturno ha approvato un documento con i voti di maggioranza ed opposizione e con il solo voto contrario dell'unico consigliere di opposizione del PD Caprio in cui tra l'altro si afferma che:
«Una città con circa 21.000 castellani e 15.000 extracomunitari: una follia che solo in un territorio accogliente e tollerante poteva accadere. Una follia avere circa 15.000 extracomunitari di cui solo 2.000 iscritti all'anagrafe del comune, il resto clandestini. Centinaia di case, in parte occupate abusivamente oppure detenute in affitti perlopiù a nero, in condizioni igienico sanitarie preoccupanti per la salute pubblica, una follia. Ogni mattina gli extracomunitari partono a migliaia con mezzi pubblici per tutta la provincia di Napoli e Caserta per trovare lavoro nero, decine di negozi gestiti da loro perlopiù attività che coprono presumibilmente altre attività illecite, attività di transfer money nelle quali transitano fiumi di danaro, quasi tutti i giorni la stampa locale riporta notizie di arresti tra extracomunitari, quintali di droga trafficati e spacciati in questi ultimi anni: Castel Volturno crocevia di traffico internazionale di droga. Solo dopo varie lotte siamo riusciti ad allontanare le centinaia di prostitute che affollavano la nostra tristemente famosa strada Domitiana. Negli ultimi cinque anni vi sono migliaia di arresti e di denunce a piede libero. Molti demagoghi ed alcuni affaristi continuano a ripetere che gli immigrati sono una risorsa, è vero lo sono per i proprietari che affittano porcilaie a nero, per datori di lavoro a nero, per la camorra e per la mafia nigeriana ed extracomunitaria.

Il 100 per cento degli immigrati in questa città non paga la tassa sui rifiuti, il 100 per cento non paga il trasporto pubblico, il 99 per cento viaggia su motoscooter sprovvisti di targa, il 99 per cento guida auto sprovviste di assicurazione rca, quasi tutti non pagano le multe, non pagano gli avvocati d'ufficio, non pagano i ricoveri, non pagano l'assistenza sanitaria, non pagano la tassa di possesso, non pagano le condanne giudiziarie, molti regolari ottengono il permesso di soggiorno su attività presumibilmente fittizie, alcuni hanno il permesso di soggiorno nonostante hanno riportato condanne penali passate in giudicato»;
il 30 settembre sul quotidiano «il Manifesto» è stato pubblicato l'articolo «Castelvolturno - Il sindaco accoglie Forza Nuova, la questura vieta il corteo - Dopo il rifiuto di sistemare una lapide nel luogo in cui vennero trucidati i sei lavoratori africani» nel quale si afferma:
«Stasera a Castelvolturno erano attesi i valorosi patrioti al seguito di Roberto Fiore in corteo: "Per Forza Nuova e per l'Italia è iniziata una sfida che avrà come esito o il crollo sociale di una città o la prima liberazione di una parte del territorio occupato da crimine e caos", scrivono sui loro blog. Chiedono l'espulsione di tutti i clandestini. La questura di Caserta, però, ha vietato la manifestazione. Se arriveranno lo stesso, daranno il loro contributo, in termini di tensione sociale, alla campagna di odio contro la popolazione migrante.
I riflettori si sono accesi il 18 settembre, quando il sindaco del Pdl Antonio Scalzone (la sua prima amministrazione sciolta nel '98 per infiltrazione camorristica, accusato da più di un pentito di collusione con i Casalesi) rifiutò di dare l'autorizzazione ai comitati che hanno posto un'installazione sul luogo della strage di sei migranti, due anni fa, ad opera del gruppo di fuoco capeggiato da Giuseppe Setola. La pubblica accusa, che sta processando mandanti ed esecutori, ha accertato che erano semplici lavoratori, in cinque avevano il permesso di soggiorno, il sesto aveva denunciato il datore di lavoro che si era rifiutato di metterlo in regola. Per il sindaco non è sufficiente, gli extracomunitari sono tutti criminali, o sospettati di esserlo, girano in macchinoni, aprono negozi di lusso, non pagano le tasse e hanno più soldi dei castellani.
Sulla manifestazione di Forza Nuova, poi, il primo cittadino risponde: "Vengono per portarmi la loro solidarietà, e io li accoglierò volentieri". Sabato prossimo chiama in piazza i suoi elettori contro lo sciopero delle rotonde proclamato l'8 ottobre (dove i migranti si presenteranno con il cartello "oggi non lavoro per meno di 50 euro"), corteo a Castelvolturno il giorno dopo. "Il sindaco invoca una nuova Rosarno a Castelvolturno e Forza Nuova accorre per fare proseliti", dice Mimma D'Amico del centro sociale ex Canapificio. "Evidentemente i razzisti di questo partitino si sentono esaltati dalle gesta di un sindaco", commenta il Forum antirazzista della Campania. Le associazioni, poi, si domandano a chi affitterebbero a nero le ville abusive i castellani, chi farebbe i lavori nei campi in tutto il sud e nell'edilizia, sempre in nero, fino all'Expo di Milano e chi sono i clienti delle prostitute».
detto documento appare agli interroganti un puntuale e preciso atto di denuncia contro il sindaco per violazione delle attuali leggi e in particolare dell'articolo 6 (Modifica del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, in materia di attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale) del testo coordinato del decreto-legge 23 maggio 2008 n. 92 (Gazzetta Ufficiale n. 173 del 25 luglio 2008);
va ricordato che Forza Nuova nel proprio programma su «immigrazione e sicurezza» propone che «Noi affermiamo il diritto degli italiani all'autodifesa dalla criminalità a livello di base, per lo meno dove lo Stato è palesemente incapace di proteggere i cittadini. Le strade e le piazze della nostra Patria che appartengono di diritto al popolo italiano devono tornare ad appartenergli anche di fatto. Lo Stato

deve riconoscere e tutelare il diritto naturale degli italiani alla pratica dell'autodifesa, individuale, familiare e comunitaria, a livello di paese, quartiere o città» -:
se quanto riportato nel documento adottato dal consiglio comunale sia vero e, in particolare, che Castel Volturno avrebbe 36.000 abitanti di cui 15.000 extracomunitari e di questi ben 13.000 clandestini e che vi sono «centinaia di case, in parte occupate abusivamente oppure detenute in affitti per lo più in nero, in condizioni igienico-sanitarie preoccupanti per la salute pubblica»;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che siano in vario modo sostenute attività di stampo razzista.
(4-08941)

Risposta. - La situazione del comune di Castel Volturno è seguita dal Ministero dell'interno, nei limiti consentiti dal rispetto dell'autonomia degli enti locali, sulla base di accertamenti disposti dalla Prefettura di Caserta.
Con riferimento al rifiuto del sindaco di Castel Volturno di installare un monumento commemorativo sul luogo «strage di Castel Volturno», avvenuta il 19 settembre 2008, confermo il fatto che lo stesso sindaco ha rappresentato a Padre Antonio Bonato, delegato al «deposito comunicazione Rete Antirazzista» e al prefetto di Caserta di ritenere intempestiva ed inopportuna la deposizione del scultura commemorativa, non essendo stati ancora del tutto chiariti i moventi della strage.
Lo stesso sindaco si è fatto portavoce, più volte, attraverso i locali organi di stampa, del generale malcontento dei cittadini di quel comune nei confronti della massiccia presenza di immigrati e del consolidarsi, sul litorale domitiano, della criminalità organizzata straniera.
Pur in assenza di episodi di razzismo e intolleranza, è indubbio che l'elevato numero di immigrati crea problemi di integrazione nel tessuto sociale.
Nell'intera provincia di Caserta risultano regolarmente soggiornanti circa 19 mila stranieri. Tuttavia sul territorio si riscontra anche una cospicua presenza di immigrati clandestini o irregolari.
La maggior parte degli irregolari è di nazionalità africana (nigeriani, senegalesi e ghanesi), dedita principalmente al lavoro stagionale nei campi e alla vendita ambulante. I cittadini dell'Est europeo, invece, sono impiegati nell'assistenza familiare e nel settore edilizio e gli stranieri provenienti dal continente asiatico prestano prevalentemente servizio nelle aziende agricole.
Gli immigrati tendono a stabilirsi nelle zone di provincia ove è alta la presenza di connazionali, spesso titolari di regolari contratti di locazione in grado di ospitarli.
In particolare, le persone provenienti dal continente africano prediligono Castel Volturno e le zone limitrofe del litorale domizio, anche in virtù delle possibili sistemazioni alloggiative che gli stessi trovano in abitazioni abbandonate o inutilizzate dai proprietari, in prevalenza nelle località situate sulla riva destra del fiume Volturno.
Di recente il comune di Castel Volturno ha avviato la realizzazione di opere di bonifica e di riqualificazione del territorio, quali la costruzione di strade e il rifacimento di una parte dell'impianto di illuminazione. Tali interventi hanno indotto alcuni privati a realizzare strutture ricettive e ricreative dirette al rilancio socio-economico ed occupazionale dell'area.
Le recenti modifiche alla normativa sull'immigrazione hanno consentito l'immediata espulsione di clandestini e la regolarizzazione di stranieri privi di permesso di soggiorno, facendo registrare un sensibile incremento di stranieri regolari residenti nel comune di Castel Volturno: a fronte di una popolazione di 24.135 abitanti, gli stranieri censiti sono 2.890, di cui 554 comunitari regolarmente soggiornanti. I dati forniti dall'Arma dei Carabinieri stimano in circa 10 mila gli immigrati irregolari presenti nell'area.
Significativa è stata l'attività delle Forze dell'ordine nel corso del 2010: solo sul territorio in questione, sono state accompagnate per l'identificazione 689 persone e 24 sono state espulse; 117 sono stati gli indagati in stato di libertà per reati vari, 13

gli arrestati in esecuzione di provvedimenti dell'A.G. e 16 gli arrestati in flagranza di reato.
Più in generale, nell'ambito della provincia, non si rileva la presenza di insediamenti abusivi di lavoratori stranieri a rischio di degrado socio-ambientale, anche se si registra la presenza di gruppi di immigrati la cui consistenza numerica varia in relazione alla disponibilità del lavoro stagionale.
Si assicura, comunque, che le inevitabili criticità collegate al fenomeno immigratorio, soprattutto a seguito della strage di Castel Volturno sono oggetto di un costante monitoraggio e periodicamente portate all'attenzione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2011 il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione n. 1973; la legge 11 dicembre 1962, n. 1746, ha esteso al personale militare che per conto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite abbia prestato o presti servizio in zone di intervento i benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti. Le zone di intervento sono indicate con apposite determinazioni dello Stato Maggiore della difesa -:
se il Ministro intenda impartire le necessarie disposizioni affinché al personale militare impiegato nelle operazioni direttamente o indirettamente connesse l'attuazione della risoluzione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in premessa siano riconosciuti benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti, in caso contrario quali siano le motivazioni.
(4-11408)

Risposta. - La legge 11 dicembre 1962, n. 1746 ha esteso al personale militare che ha prestato servizio in zone d'intervento per conto dell'Organizzazione delle nazioni unite (ONU) i benefici previsti dal decreto legislativo n. 137 del 1948 e dalla legge n. 390 del 1950 per i combattenti del secondo conflitto mondiale.
Le zone d'intervento per conto dell'Onu sono individuate con un'apposita determinazione del capo di stato maggiore della difesa, avente cadenza biennale.
I benefici s'identificano sostanzialmente in:
abbreviazione dell'anzianità di servizio corrispondente al periodo trascorso nelle zone d'intervento ai fini dell'attribuzione della successiva classe stipendiale. Stante tale dinamica applicativa, di fatto, l'attribuzione del beneficio si realizza solo nei confronti del personale destinatario di trattamento economico proprio della «dirigenza militare» (personale dirigente o con trattamento dirigenziale);
supervalutazione, da ricomprendere comunque nel limite quinquennale previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 165 del 1997, dei periodi trascorsi nelle zone d'intervento ai fini del computo dell'anzianità di servizio utile per la pensione e il trattamento di fine servizio.
Ciò premesso, posso rassicurare l'interrogante riguardo al diritto che il personale impegnato nell'iniziale operazione «Odyssey Dawn» e poi nella successiva operazione «Unified Protector» avrà di chiedere l'attribuzione dei benefici in questione.
Infatti, le predette operazioni, rientrando nella fattispecie definita dalla legge n. 1746 del 1962, in quanto condotte in esecuzione di una risoluzione Onu saranno inserite nella prossima determinazione del capo di stato maggiore della difesa, il cui perfezionamento dovrebbe avvenire, di massima, nei primi mesi dell'anno 2012.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si sono svolte il 19 dicembre 2010 le elezioni presidenziali in Bielorussia che hanno per l'ennesima volta riconfermato il presidente uscente Alessandro Lukashenko con oltre l'80 per cento dei voti espressi -

secondo gli osservatori internazionali - in parte in modo scorretto;
alla proclamazione dei dati si sono svolte vivaci dimostrazioni di piazza degenerate anche in atti violenti, ma a cui ha fatto seguito una durissima repressione della polizia con oltre 600 arresti, tra i quali anche diversi candidati alle elezioni presidenziali che nulla avevano a che fare con le dimostrazioni di piazza;
sono stati poi confermati 580 fermi di polizia;
la situazione in Bielorussia è oggettivamente molto grave -:
quali iniziative abbia assunto il Governo italiano in merito ai rapporti con questo Paese, quali iniziative siano state eventualmente assunte anche in accordo con gli altri Paesi europei e di quali elementi disponga in relazione allo svolgimento delle elezioni dal punto di vista della libertà e segretezza del voto.
(4-10165)

Risposta. - Il 19 dicembre 2010 si sono svolte in Bielorussia le elezioni presidenziali, che hanno riconfermato il presidente uscente Lukashenko con il 79,67 per cento delle preferenze ed un'affluenza elettorale del 90,66 per cento. Diffusi episodi di irregolarità e brogli si sono verificati in sede di conteggio dei voti, secondo la missione elettorale Osce/Odihr (Ufficio per le istituzioni democratiche ed i diritti umani), che è stata chiusa dalle Autorità locali il 31 dicembre 2010, con forte rammarico dell'Italia e della Comunità internazionale.
Nella serata del 19 dicembre 2010, quando sono stati diffusi i primi risultati, si sono verificati incidenti tra manifestanti sostenitori delle opposizioni e forze dell'ordine. Nel corso di tali incidenti e nella giornata seguente le forze di sicurezza hanno proceduto a numerosi fermi: particolarmente grave è stato l'arresto di numerosi candidati dell'opposizione.
A fronte delle notizie provenienti della Bielorussia, già il 20 dicembre 2010 il Ministro Frattini ha qualificato come «inaccettabili» gli episodi di violenza ed affermato che «tali eventi danneggiano il clima di fiducia ed ostacolano qualsiasi processo di reintegrazione della Bielorussia nella comunità internazionale». Il Ministro Frattini ha poi ribadito queste preoccupazioni in occasione del colloquio avuto con il Ministro degli esteri bielorusso Martynov, in visita a Roma il 22 dicembre 2010 per una cerimonia, prevista da tempo, con le famiglie di bambini bielorussi adottati. In seno al Parlamento europeo e al Consiglio d'Europa, inoltre, l'Italia e i partners europei hanno condannato le modalità di svolgimento delle votazioni e le successive violenze praticate dalle forze dell'ordine, adottando una risoluzione di condanna il 20 gennaio 2011.
Con il contributo dell'Italia, il 31 gennaio 2011, il Consiglio affari esteri dell'Unione europea ha inviato un messaggio chiaro alla dirigenza bielorussa, adottando sanzioni consistenti in restrizioni ai viaggi e congelamento dei beni per 117 persone, cui si aggiungono 41 persone oggetto di precedenti sanzioni, la cui efficacia è stata ripristinata. Fra le persone direttamente colpite dalle sanzioni figura il Presidente Lukashenko.
A fronte della mancanza di progressi da parte di Minsk, al Consiglio affari esteri di marzo 2011 l'Italia ha favorito l'inclusione di altre 19 personalità nella lista dei destinatari delle misure restrittive: si tratta, in particolare, di magistrati, giornalisti e alcuni rettori di Atenei rei di avere espulso alcuni studenti partecipanti alle manifestazioni del 19 dicembre 2010 dalle Università.
Nel maggio 2011, a fronte della condanna a 5 anni di reclusione contro Sannikov, candidato presidenziale dell'opposizione alle ultime elezioni, la Farnesina ha espresso forte preoccupazione, criticando la sentenza, che presenta «una motivazione politica ed è contraria ai princìpi europei dello Stato di diritto, volti alla tutela dei diritti fondamentali dei singoli individui, tra cui rientra la pacifica espressione delle proprie opinioni politiche». Le «motivazioni politiche» della sentenza sono state stigmatizzate anche dall'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, Ashton. Altri due candidati

presidenziali, Mikalay Statkevich e Dzmitry Uss sono stati condannati per motivi politici rispettivamente a 6, e 5 anni e mezzo di prigione.
Da ultimo, in seno al Consiglio affari esteri del 23 maggio 2011, l'Italia ha favorito l'adozione di ulteriori misure restrittive, con l'estensione di restrizione ai viaggi e congelamento dei beni nei confronti di ulteriori 13 funzionari coinvolti nella repressione dell'opposizione che è seguita alle elezioni del 19 dicembre 2010.
Da parte europea, grazie anche ad una forte azione italiana, è stata avviata con Minsk, da fine 2008, una linea improntata al critical engagement, ovvero un dialogo critico e rigoroso, in base al quale l'Unione europea è disponibile ad approfondire il proprio rapporto con la Bielorussia a fronte di progressi di quest'ultima nel settore del rispetto dei diritti umani.
Sul piano generale, l'Italia mantiene una linea improntata a fermezza (condanna dei brogli elettorali e della violenta repressione post-elezioni) ed equilibrio (mantenere aperto il dialogo con Minsk evitando l'isolamento del Paese). Coerentemente con tale politica, l'Italia si è opposta all'approvazione di eventuali misure comunitarie che prefigurassero un ritorno alla situazione sanzionatoria del 2008, che avrebbe determinato l'isolamento internazionale del Paese e rafforzato la deriva autoritaria del regime di Lukashenko. Pur rilevando la necessità di inviare un segnale forte nei confronti della dirigenza del Paese, l'Italia considera infatti fondamentale mantenere aperto il dialogo con la Bielorussia mantenendo sanzioni che siano mirate esclusivamente a coloro che hanno avuto precise responsabilità nella repressione postelettorale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato dal «Corriere del Mezzogiorno.it» del 31 gennaio 2011, il presidente della corte d'appello di Lecce Mario Buffa ha espresso forte preoccupazione per le possibili infiltrazioni mafiose in appalti e servizi pubblici e per i legami tra amministratori pubblici e criminalità organizzata nel Salento;
l'allarme lanciato da Buffa è la conseguenza di quanto è emerso dal rapporto stilato dal procuratore e capo della direzione distrettuale antimafia, Cataldo Motta, per l'inaugurazione dell'anno giudiziario;
nel rapporto il procuratore ha indicato i comuni di Monteroni e Galatina tra quelli particolarmente soggetti ad infiltrazioni mafiose e alla connivenza della criminalità organizzata con le amministrazioni pubbliche. In particolare, secondo quanto rilevato dal procuratore, i Coluccia e Notaro si sarebbero aggiudicati gli appalti per fornire i pasti alle scuole di Galatina. Né i Coluccia né i Notaro potrebbero partecipare alle gare pubbliche;
nel suddetto articolo Mario Buffa, riprendendo quanto riportato nel rapporto, ha precisato che: «Particolarmente rilevanti sono a Galatina i collegamenti con l'amministrazione comunale sia dei fratelli Coluccia sia di Mario Notaro, in virtù dei quali due appalti riguardanti il funzionamento delle mense dei setti plessi scolastici presenti sul territorio sono stati aggiudicati a loro familiari o persone loro vicine» . Si legge ancora nell'articolo, che «In particolare, alla ditta D.&B. di Notaro Maria Rosaria, sorella di Mario e moglie di Luigi Sparapane, entrambi condannati per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e indagati per usura commessa con metodo mafioso. L'altra azienda finita sotto la lente degli inquirenti è il Caseificio di Giannotta Rosa Chiara, moglie di Pietro Longo, vicepresidente della squadra di calcio del Galatina della quale Luciano Coluccia è socio fondatore e consigliere di amministrazione»;
il sindaco di Galatina, Giovanni Carlo Coluccia, si sarebbe però limitato a dichiarare che le gare d'appalto si sono sempre svolte con la massima trasparenza e nella piena legalità;

risulta infine dall'articolo del «Corriere del Mezzogiorno.it» che poche settimane prima il colonnello Maurizio Ferla avrebbe sollecitato «a una maggiore sinergia tra gli enti locali e le forze istituzionali e di polizia per frapporre un serio ostacolo e un serio impedimento alla criminalità organizzata e alle entità imprenditoriali soggette a infiltrazioni mafiose, impedendo il tentativo di impadronirsi con metodi solo apparentemente leciti e illegali del denaro pubblico». Anche il prefetto di Lecce, Mario Tafaro, avrebbe esortato maggiori forme di controllo, che sebbene facoltative sono essenziali per la cosa pubblica -:
se e quali iniziative, alla luce dei gravi fatti riportati in premessa, il Ministro intenda assumere al fine di verificare se vi siano condizionamenti esterni legati alla criminalità organizzata nel comune di Galatina e se non ritenga opportuno applicare il Testo unico degli enti locali nella parte relativa allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
(4-10955)

Risposta. - La prefettura di Lecce ha comunicato che, a seguito delle dichiarazioni rese nel corso della cerimonia dell'apertura dell'anno giudiziario in relazione a possibili infiltrazioni mafiose nel comune di Galatina, l'amministrazione comunale ha inoltrato una richiesta di informazioni, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 492 del 1994, nei confronti delle ditte risultate aggiudicatarie dell'appalto per il servizio mensa della scuola materna comunale, pur trattandosi di appalti sottosoglia ai sensi della citata normativa.
A tal riguardo, dall'istruttoria svolta dalla prefettura di Lecce, sono emersi, nei confronti di due ditte, elementi che, pur non configurando motivi ostativi in senso stretto al rilascio della certificazione antimafia, hanno comportato l'adozione di provvedimenti interdittivi cosiddetti atipici.
L'amministrazione comunale di Galatina, in merito, ha riferito di aver proceduto alla revoca degli appalti alle due ditte.
Si rappresenta che la situazione dell'amministrazione comunale è costantemente monitorata, anche ai fini di eventuali interventi ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.