XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di venerdì 15 luglio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):

La Camera,
premesso che:
in data 13 luglio 2011 la procura di Palermo, ottemperando all'ordine di imputazione coatta del competente giudice per le indagini preliminari, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio del Ministro Francesco Saverio Romano, imputato, quindi, formalmente di concorso in associazione mafiosa;
considerato che:
il Ministro ha manifestato la volontà di non dimettersi volontariamente, come sarebbe auspicabile per la credibilità dell'azione di governo;
per tali motivi:
visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del regolamento della Camera dei deputati;
esprime la propria sfiducia al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Francesco Saverio Romano.
(1-00694)
«Franceschini, Bersani, Ventura, Madia, Ghizzoni, Damiano, Giovanelli, Capodicasa, Lenzi, Maran, Gentiloni Silveri, Quartiani, Veltroni, Lo Moro, Berretta, Gatti, Miotto, Calvisi, Rossa, Zunino, Pes, Mattesini, Trappolino, Gozi, Melis, Soro, D'Antoni, Froner, Oliverio, Lovelli, Zucchi, Vassallo, Brandolini, Miglioli, De Torre, Nannicini, Marantelli, Picierno, Bucchino, D'Antona, D'Alema, Rosato, Pierdomenico Martino, Levi, Capano, Federico Testa, Bachelet, Gianni Farina, Concia, Margiotta, Iannuzzi, Realacci, Servodio, Benamati, Meta, Colombo, Rampi, Ginoble, Sbrollini, Fiano, Giacomelli, Villecco Calipari, Coscia, Bobba, Strizzolo, Schirru, Motta, Sarubbi, De Micheli, Arturo Mario Luigi Parisi, Pizzetti, Vico, Verini, Carella, Touadi, De Biasi, Mario Pepe (PD), Cuperlo, Mosca, Cavallaro, Bellanova, Sereni, Codurelli, Pedoto, Pistelli, Letta, Vannucci, Marchi, Mogherini Rebesani, Marchioni, Marchignoli, Albini, Murer, Sani, Fontanelli, Agostini, Gnecchi, Morassut, Lucà, Baretta, Velo, Cenni, Mazzarella, Mariani, Boffa, Antonino Russo, Lulli, Fadda, Pompili, Garofani, Sposetti, Scarpetti, Rugghia, Amici, Fluvi, Dal Moro, Losacco, Fassino, Fiorio, Bindi, Marco Carra, Corsini, Braga, Siragusa, Tocci».

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
nei confronti dell'onorevole Francesco Saverio Romano, Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali la procura di Palermo, in data 13 luglio, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio con l'imputazione di concorso in associazione mafiosa;
il GIP Giuseppe Castiglia non ha accolto la richiesta di archiviazione, presentata dalla procura, dell'indagine per concorso in associazione mafiosa a carico del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, e ha avanzato richiesta di imputazione coatta;
i pubblici ministeri hanno descritto i seguenti fatti: «Nella sua veste di esponente

politico di spicco, prima della DC e poi del CdU e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale, Romano avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell'associazione mafiosa, intrattenendo, anche al fine dell'acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell'organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttaduro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella»;
secondo i pubblici ministeri, inoltre, il Ministro avrebbe «messo a disposizione di Cosa Nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell'organizzazione tendente all'acquisizione di poteri di influenza sull'operato di organismi politici e amministrativi»;
in particolare nella richiesta, il pubblico ministero Di Matteo fa cenno «all'interessamento del Romano a candidare, su input del boss Guttaduro, Mimmo Miceli, poi condannato per associazione mafiosa, alle regionali del 2001». Romano si sarebbe inoltre adoperato per accreditare il Miceli e «il suo referente mafioso Guttaduro quali interlocutori da ascoltare nella gestione degli equilibri politici all'interno e all'esterno del CdU»;
infine, il Ministro, insieme all'ex governatore siciliano Totò Cuffaro, avrebbe assecondato le richieste del capomafia Nino Mandalà inserendo Giuseppe Acanto nelle liste dei candidati del Biancofiore per le regionali del 2001, «nella consapevolezza di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate»;
la compagine governativa è stata recentemente colpita da numerose dimissioni, conseguenti ad una stagione di fatti apparsi espressivi di collusione tra politica e sodalizi criminosi, di rapporti apparsi malsani tra politica ed interessi economici, concretizzatasi nella sensazione di una personalizzazione del potere, di titolari delle istituzioni pronti più ad un uso personale e distorto delle loro prerogative che a servire il Paese;
al fine di recuperare un senso alto delle istituzioni, senza il quale la democrazia muore,


impegna il Governo


ad adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, tutte le iniziative necessarie ad impedire che la condizione processuale del Ministro Francesco Saverio Romano, rinviato a giudizio con l'imputazione di concorso in associazione mafiosa, possa arrecare grave pregiudizio e danno all'Italia e alla sua immagine all'estero.
(1-00692)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall'alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
il disastroso evento ha colpito l'intera regione e parte dell'Abruzzo provocando tre vittime;
nelle Marche, si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto mille proroghe (legge del 26 febbraio 2011, n. 10);

la legge aveva introdotto, all'articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (Irpef, Irap e altro);
c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l'accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l'utilizzo del Fondo di protezione civile;
se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell'agenzia delle dogane deve disporre l'aumento dell'accisa sui carburanti corrispondente all'utilizzo del fondo per reintegrarlo;
praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l'aumento massimo dell'imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
l'imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l'ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni come furono quelli del Friuli, dell'Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell'Abruzzo;
comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall'aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l'articolo 119 della Costituzione che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell'affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
a tutt'oggi, non è stata emanata l'ordinanza di protezione civile pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);

l'ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalla nuove norme avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
l'enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
comuni e province che hanno dovuto far fronte all'emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità con negativi effetti sulla vita degli enti;
aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuto all'incertezza sul futuro;
risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
la mancata emanazione dell'ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, e non può esimersi dall'emettere la prevista ordinanza di protezione civile,


impegna il Governo:


nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d'emergenza deliberati successivamente all'approvazione della legge n 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati per effettuare gli interventi più urgenti;
a promuovere la revisione delle modifiche apportate alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni nello spirito delle premesse;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
«Vannucci, Ciccanti, Favia, Agostini, Cavallaro, Merloni, Giovanelli, Pistelli, De Torre, Margiotta, Ginoble».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
il Consiglio dei ministri ha deliberato il 10 marzo 2011 lo stato di emergenza per i territori della regione Marche colpiti dall'alluvione eccezionale dei primi giorni del mese di marzo 2011;
il disastroso evento ha colpito l'intera regione e parte dell'Abruzzo provocando tre vittime;
nelle Marche si sono registrate 52 zone allagate, 73 strade interrotte, famiglie evacuate, aziende allagate con blocco di attività e coste distrutte dalle mareggiate;
i danni stimati sono di circa 493 milioni di euro, oltre ai danni al settore agricolo di importo quasi corrispondente;
due giorni prima della calamità era entrata in vigore la legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto milleproroghe (legge 26 febbraio 2011, n. 10);
la legge aveva introdotto, all'articolo 2, i commi dal 2-quater al 2-octies, che prevedono la modifica della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che disciplina il servizio nazionale di protezione civile;
le nuove norme prevedono che, in caso di calamità, sia sempre il Consiglio dei ministri a decretare lo stato di emergenza, ma che gli oneri per gli interventi siano in primo luogo a carico della regione;
tutto è stato descritto e confermato dalla direttiva della Presidenza dei Consiglio dei ministri subito emanata secondo la seguente procedura:
a) la regione procede ad una ricognizione delle risorse disponibili nel proprio bilancio da destinare alla ricostruzione ed agli indennizzi;
b) se queste non sono sufficienti, delibera aumenti di tributi, addizionali, tasse sino al limite massimo (irpef, irap e altro);
c) se ancora le risorse non sono sufficienti, aumenta l'accisa sui carburanti sino a cinque centesimi al litro ulteriori rispetto alle precedenti eventuali decisioni;
solo dopo aver aumentato tutto questo può chiedere, se le risorse non fossero sufficienti, l'utilizzo del fondo di protezione civile;
se le risorse del fondo non sono sufficienti, si attiva il fondo per le spese impreviste ed a questo punto, automaticamente, senza ulteriori decisioni, in quanto è previsto dalla nuova normativa, il direttore dell'Agenzia delle dogane deve disporre l'aumento dell'accisa sui carburanti corrispondente all'utilizzo del fondo per reintegrarlo;
praticamente dal 26 febbraio 2011 tutte le calamità che prevedono la dichiarazione dello stato di emergenza sono finanziate dalle regioni stesse con l'aumento massimo dell'imposizione fiscale di loro spettanza e per le quote residue dello Stato con aumento automatico delle accise sul carburante per autotrazione;
l'imposizione fiscale di una singola regione, già oggetto di una situazione emergenziale, portata al massimo incide sulla competitività delle imprese della regione medesima con rischi di tenuta e stimoli di trasferimento di azienda in altra regione;
non vi è corrispondenza fra la capacità di una singola regione e l'ammontare delle calamità. Le Marche con 1,5 milioni di abitanti, anche se utilizzassero tutte le potenzialità fiscali previste, arriverebbero a coprire 20-25 milioni di euro contro 493 milioni di danni, ma le proprie imprese sarebbero in ginocchio;
le calamità nazionali caricate sulle accise della benzina inciderebbero sulla competitività del Paese e sul potere di acquisto delle famiglie;
uno schema del genere non potrebbe reggere di fronte a disastri di grosse proporzioni, come furono quelli del Friuli, dell'Irpinia, di Marche ed Umbria, nonché dell'Abruzzo;
comuni e province avrebbero in molti casi disponibilità di fondi per attuare alcuni interventi urgentissimi, ma non possono spenderli per i vincoli del patto di stabilità interno;
desta forti perplessità il nuovo regime normativo che sottopone le popolazioni, si ribadisce già colpite da un evento calamitoso che lo stesso Consiglio dei ministri ha riconosciuto di tipo c), che significa non affrontabile dalla regione con strumenti ordinari, ad ulteriori disagi aggiuntivi costituiti dall'aumento dei tributi. Tale disposizione, infatti, appare in netta «controtendenza» con le normative emergenziali precedenti e con l'articolo 119 della Costituzione, che prevede il vincolo di solidarietà tra le regioni. In passato, il legislatore nell'affrontare tali situazioni prevedeva addirittura la sospensione dei medesimi tributi;
a tutt'oggi, non è stata emanata l'ordinanza di protezione civile, pur essendo stato dichiarato uno stato di emergenza a seguito di evento calamitoso di tipo c);
l'ordinanza non è stata emessa, in quanto la regione Marche non ha potuto oggettivamente ottemperare a quanto previsto dalle nuove norme, avendo presentato ricorso davanti alla Corte costituzionale;
l'enorme lasso di tempo trascorso, la drammaticità delle condizioni in cui persistono i cittadini e le attività produttive di un distretto, come quello calzaturiero, già colpito dalla difficile congiuntura economica, la necessità di dimostrare una viva e convinta solidarietà nei confronti di coloro che sono stati colpiti, come avvenuto nel recente passato per altre parti del territorio nazionale, richiedono che lo Stato e la regione Marche si assumano le rispettive responsabilità ed intervengano con urgenza;
dopo cinque mesi dagli eventi non è stato adottato alcun intervento finanziario;
comuni e province che hanno dovuto far fronte all'emergenza non sono in grado di pagare le ditte chiamate ad eseguire gli interventi di somma urgenza e, se lo facessero, non rispetterebbero il patto di stabilità, con negativi effetti sulla vita degli enti;
aziende, famiglie, cittadini danneggiati non hanno ricevuto alcun indennizzo con forti danni al tessuto sociale e produttivo dovuti all'incertezza sul futuro;
risultano ancora strade chiuse, frane non rimosse, situazioni di pericolo incombente non affrontate;
la mancata emanazione dell'ordinanza di protezione civile impedisce alle imprese ed ai privati cittadini danneggiati di avanzare richiesta di risarcimento dei danni subiti, facendoli rimanere in una situazione di profonda incertezza;
è estremamente urgente, dopo cinque mesi di attuazione, rivedere le norme del decreto-legge n. 225 del 2010, come convertito, che hanno modificato la legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto hanno di fatto determinato la paralisi del servizio di protezione civile, con blocco delle ordinanze anche rispetto agli altri stati di emergenza successivi, riferiti, oltre che alle regioni Marche e Abruzzo, alla regione Basilicata e la fattispecie si ripeterà per i recenti eventi alluvionali avvenuti nel Nord Italia e per quelli che presumibilmente avverranno;
il Presidente dei Consiglio dei ministri ha dichiarato uno stato di emergenza di tipo c), riconoscendo, quindi, che la calamità di cui trattasi non è affrontabile dalla regione con strumenti ordinari e non può esimersi dall'emettere la prevista ordinanza di protezione civile,


impegna il Governo:


nelle more della definizione del contenzioso aperto dalle regioni innanzi la Corte costituzionale, ad emettere le previste ordinanze di protezione civile per gli stati d'emergenza deliberati successivamente all'approvazione della legge n. 10 del 2011, per far fronte agli indennizzi alle persone fisiche ed alle imprese colpite ed agli oneri di somma urgenza sostenuti dagli enti interessati e per effettuare gli interventi più urgenti limitatamente alle necessità inderogabili e alle risorse disponibili;
a promuovere la revisione della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per meglio definire il rapporto Stato-regioni;
a prevedere, anche mediante apposite iniziative normative, nei casi di dichiarazione dello stato di emergenza successivi alla legge n. 10 del 2011, la facoltà del Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica della disponibilità di cassa e delle capacità finanziarie degli enti territoriali, di autorizzare, con proprio decreto, le regioni interessate a derogare al patto di stabilità interno per un ammontare definito, ripartito fra regioni e singoli comuni o province, da destinare esclusivamente alla realizzazione di interventi di ripristino, manutenzione e prevenzione conseguenti allo stato di calamità.
(1-00693)
(Nuova formulazione) «Vannucci, Baldelli, Ciccanti, Favia, Paolini, Della Vedova, Tabacci, Abrignani, Agostini, Cavallaro, Ceroni, Ciccioli, De Torre, Ginoble, Giovanelli, Margiotta, Merloni, Pistelli, Cesa, Franceschini, Di Pietro, Galletti, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Lanzillotta».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
il comparto frutticolo delle pesche, delle nettarine e delle susine è particolarmente esposto alle crisi di mercato in quanto estremamente sensibile e dipendenti dalle variazioni climatiche, sia nei territori di produzione sia nelle aree di consumo;
la deperibilità dei prodotti impedisce lo stoccaggio e costringe i produttori a vendere la produzione realizzata anche in presenza di un prezzo inferiore a quello atteso;
il mercato della frutta estiva - ed in particolare per pesche e nettarine - è interessato da una pesante crisi che rischia di mettere a repentaglio molti posti di lavoro nell'ambito della produzione primaria e dell'intero indotto;
i motivi di questa grave situazione vanno ricercati nella sovrapposizione, per anomalie climatiche, dei tempi di maturazione fra Nord e Sud nelle aree italiane e anche con la Spagna, nonché dalla riduzione della domanda a seguito dell'allarme per l'escherichia coli, unitamente alla perdita di potere d'acquisto delle famiglie italiane e dalla contrazione dei consumi in Europa;
la crisi attuale, in relazione alle citate anomalie, è da considerarsi congiunturale e necessita di provvedimenti capaci di riportare il mercato in equilibrio in tempi rapidi, tenuto conto che gli attuali strumenti di intervento, basati sui ritiri da parte delle organizzazioni dei produttori (OP), non sono in grado di incidere sul mercato in modo rilevante a causa, soprattutto, dei prezzi troppo bassi riconosciuti ai produttori; inoltre queste misure, per essere effettivamente efficaci, dovrebbero interessare tutta la produzione e non solo quella organizzata in OP;
l'intero settore ha forti difficoltà ad organizzarsi a livello nazionale e, di conseguenza, subisce le condizioni imposte dalla grande distribuzione (GDO) la quale ha raggiunto livelli di alta concentrazione e quindi di controllo assoluto del mercato;
la situazione si è ulteriormente aggravata per la mancata intesa in sede di organismo interprofessionale, dovuta al rifiuto dei rappresentanti della GDO di sottoscrivere l'accordo, che prevedeva l'immissione sul mercato del fresco solo di pesche e nettarine di prima qualità, sia nazionali che di importazione, adducendo motivazioni del tutto strumentali, dal momento che l'accordo non prevede di favorire il prodotto italiano ma di acquistare prodotti che, a prescindere dalla provenienza, assicurino le stesse caratteristiche qualitative;
si ritiene pertanto necessario, come nel recente intervento straordinario autorizzato per fronteggiare l'emergenza provocata dai casi di intossicazione da escherichia coli, proporre e sostenere uno strumento di intervento in grado di agire sul mercato in modo trasversale,


impegna il Governo:


ad avanzare immediatamente all'Unione europea la richiesta di destinare risorse specifiche ad un intervento straordinario per pesche, nettarine e susine valido per tutti i produttori dell'Unione europea e di adeguare i prezzi di intervento con le medesime modalità adottate in occasione dell'intervento per la crisi escherichia coli;
ad intervenire con la massima urgenza, per istituire un tavolo di confronto al fine di superare le riserve che hanno impedito la sottoscrizione dell'accordo interprofessionale per la commercializzazione delle pesche e nettarine;
ad adottare una adeguata campagna di promozione a sostegno della salubrità della frutta fresca italiana anche per fronteggiare

la caduta dei consumi provocata dalla scarsa qualità dell'informazione rispetto al batterio escherichia coli;
a sostenere in sede della revisione dell'organizzazione comune di mercato (OCM), prevista nel medio periodo, la riforma delle attuali misure di prevenzione e gestione delle crisi che si sono dimostrate inadeguate e, in particolare, sostenere le seguenti proposte di modifica dell'organizzazione comune di mercato:
a) prevedere, per i pochi prodotti frutticoli fortemente deperibili come pesche, nettarine e susine, meccanismi collettivi, applicabili a livello europeo, per la gestione dei ritiri;
b) aumentare al 10 per cento la percentuale massima dei prodotti ritirabili per singola specie, incentivando la destinazione del prodotto ritirato ad uso energetico;
c) adeguare i massimali di aiuto previsti dalla normativa comunitaria per i ritiri dal mercato lasciando agli Stati membri, per i prodotti altamente deperibili, la definizione dei valori da applicare;
d) incentivare la destinazione dei prodotti alla distribuzione gratuita a favore di indigenti creando un capitolo di spesa al di fuori dell'aiuto previsto per la prevenzione e gestione delle crisi;
e) istituire un fondo destinato ad assicurare crediti derivanti da esportazioni verso Paesi terzi in quanto, ad oggi, le imprese non dispongono di alcun strumento a salvaguardia dei mancati pagamenti derivanti dall'insolvenza di aziende importatrici;
f) favorire la costituzione di fondi mutualistici, cofinanziati dall'Unione europea e gestibili direttamente dalle OP o dalle AOP, utilizzabili per integrare i produttori nel caso di crisi dei prezzi di mercato;
g) valutare nuove forme assicurative in grado di garantire una salvaguardia del reddito ai produttori che continuano a rappresentare l'anello debole di tutta la filiera.
(7-00643)
«Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Sani, Fiorio, Trappolino, Mario Pepe (PD), Cuomo, Servodio».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni il quotidiano la Repubblica ed il settimanale l'Espresso hanno diffuso in alcuni loro articoli della sezione inchieste la notizia che il Governo stia per ultimare l'acquisto di due nuovi elicotteri Agusta Westland Aw-139 equipaggiati con numerosi optional per un costo complessivo di oltre 50 milioni di euro;
risulta all'interrogante che circa la metà degli elicotteri operanti per la polizia di Stato siano impossibilitati a volare;
con percentuali diverse in tutti i porti dello Stato, molti elicotteri non possono volare per problemi di manutenzione e per una complessiva mancanza di finanziamenti -:
se corrisponda al vero la notizia relativa all'acquisto dei due nuovi elicotteri Aw-139 e quanto sia il costo complessivo di questi acquisti per il bilancio dello Stato;
quale sia il numero esatto delle ore di volo in cui sono stati impiegati i mezzi aerei in dotazione alla Presidenza del

Consiglio dei ministri o di quelli a disposizione dell'esecutivo e di proprietà della Aeronautica militare;
quante volte abbiano volato al servizio del Presidente del Consiglio e dei Ministri e a quanto ammontino i costi orari di questi trasferimenti; a quanto ammonti, se esiste, il credito che l'amministrazione dell'aeronautica vanta per le spese di carburante necessario ai voli di Stato.
(5-05127)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI e SORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi un vasto incendio - un Ansa del 14 luglio 2011 parla di un fronte del fuoco di 20 chilometri - ha colpito la Gallura, una delle zone più belle e rinomate della Sardegna. Il fatto, oltre a rappresentare un incalcolabile danno per l'ambiente e per l'economia della regione, desta particolare preoccupazione perché conferma la recrudescenza sul fronte degli incendi boschivi dolosi registrata nel primo semestre di quest'anno;
come sottolineato anche dalla Legambiente nell'annuale rapporto sugli incendi boschivi realizzato in collaborazione con il dipartimento di protezione civile e con il Corpo forestale dello Stato, contrariamente a quanto avvenuto negli ultimi anni e in cui si era assistito ad una diminuzione degli incendi, nel primo semestre 2011 si torna a registrare un peggioramento;
secondo i dati del Corpo forestale dello Stato, nel 2010 su tutto il territorio nazionale si sono verificati 4.884 roghi che hanno percorso una superficie di 46.537 ettari di cui 19.356 di bosco; la loro distribuzione, come succede da anni, si concentra pressoché sempre in alcune regioni. La Sicilia è stata la regione «più calda» del 2010 (anche rispetto alla Sardegna, la più colpita nel 2009): si è avuta la più estesa superficie percorsa dal fuoco (20.258 ettari, quasi il 50 per cento di tutto quello che è bruciato Italia) e anche il più alto numero d'incendi (1.159). In Sardegna, invece, nello stesso periodo, gli incendi sono stati quasi 800, in Calabria 652 e in Campania 543. In Puglia 473 roghi hanno mandato in fumo oltre 5 mila ettari di territorio;
il bilancio della stagione invernale 2011, poi, come sottolineato dal capo del dipartimento della protezione civile nel corso dell'audizione di fronte alla Commissione ambiente del Senato del 6 luglio 2011, segna un evidente aumento rispetto al corrispondente periodo del 2010, con quasi un raddoppio del numero degli incendi occorsi e una triplicazione dell'estensione delle aree percorse dal fuoco;
come è tristemente noto dietro agli incendi boschivi c'è quasi sempre la mano della criminalità, interessi loschi e affari illegali. Per questo è importante non abbassare la guardia contro un fenomeno che, oltre a rappresentare un enorme pericolo per l'incolumità pubblica, ogni anno provoca la perdita di un'inestimabile risorsa di ossigeno, di biodiversità e bellezze naturali;
la conferma che il fenomeno incendi sia spesso riconducibile alla criminalità organizzata arriva anche dall'ultimo rapporto Ecomafia che vede in testa alle regioni con più infrazioni accertate in questo ambito la Calabria con 838 illeciti, seguita dalla Sicilia (786), dalla Campania (632), dalla Puglia (598) e dalla Sardegna (524) -:
se per affrontare l'emergenza estiva degli incendi siano state messe in campo tutte le risorse, la Protezione civile e tutte le forze preposte per far fronte a questa gravissima calamità che devasta aree di grande pregio del nostro Paese.
(4-12712)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

MADIA, RUGGHIA, CARELLA, COSCIA, META, TIDEI e TOUADI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da numerose notizie di stampa gli interroganti apprendono che sarebbe in fase avanzata, da parte della regione Lazio, il progetto di costruzione di una discarica dell'estensione di 30 ettari e un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti nell'area di Castel Campanile e Palidoro nel comune di Fiumicino;
la discarica e il termovalorizzatore, secondo la presidente della regione Lazio Renata Polverini, dovrebbero completare il ciclo dei rifiuti del Lazio, dopo la chiusura di Malagrotta di cui è stata disposta la proroga dell'esercizio fino al 31 dicembre 2011;
la discarica e il termovalorizzatore produrrebbero un elevato aumento di concentrazione di diossine nell'aria mentre la discarica al di servizio produrrebbe percolato che inquina le falde freatiche;
la costruzione dell'impianto sarebbe fortemente contrastata dalla popolazione del comune di Fiumicino e delle sue frazioni; molti cittadini, non condividendo la scelta della regione, hanno manifestato la propria contrarietà attraverso delle occupazioni simboliche della Strada Statale 1 «Aurelia»;
l'area di Castel Campanile interessata dall'installazione è un'area storicamente a vocazione agricola e negli ultimi anni ha visto incrementarsi il turismo legato agli agriturismi ed alle fattorie didattiche, mantenendo intatto tutto il suo pregio naturalistico ed ambientale;
tutta la zona a nord del comune di Fiumicino è penalizzata da un elevato inquinamento causato dalla presenza dell'aeroporto Leonardo da Vinci, che ha proprio sulla zona i corridoi di atterraggio di due delle tre piste, ed è accertato che nella fase di atterraggio e decollo gli aeromobili producono polveri sottili e metalli pesanti che rilasciano nell'atmosfera;
nella zona limitrofa all'area di costruzione dell'inceneritore è presente a soli 6 chilometri di distanza la discarica di Cupinoro/Bracciano tutt'ora in funzione;
nella zona limitrofa all'area di costruzione dell'inceneritore sono presenti numerose scuole di ogni grado e l'ospedale pediatrico Bambino Gesù;
il sottosuolo delle colline di tutta la zona interessata alla costruzione è ricco di falde acquifere che scendendo alimentano i pozzi e i canali dei terreni di Maccarese e Torrimpietra;
le normative europee non escludono l'uso di inceneritori, ma prevedono espressamente il recupero energetico (incenerimento) della sola parte residua non altrimenti riciclabile, e solo quando siano state rispettate le priorità della riduzione del rifiuto e della raccolta differenziata; il recente decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 rimanda espressamente, per gli impianti di incenerimento e coincenerimento, alle disposizioni dell'articolo 82 del decreto legislativo 14 aprile 2006, n. 152 «che stabilisce che lo smaltimento dei rifiuti debba essere considerato residuale rispetto alle operazioni di riciclaggio e che a realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico. La stessa normativa stabilisce dei precisi livelli di raccolta differenziata dei rifiuti a livello di ATO nella misura del 65 per cento dei rifiuti prodotti entro il 31 dicembre 2012»;
la provincia di Roma dal 2008 ha messo a disposizione risorse per i comuni del territorio che avessero nel loro piano rifiuti privilegiato l'aspetto del riciclo e che il comune di Fiumicino pur avendo inoltrato richiesta per accedere ai fondi non

avrebbe tuttora completato l'iter previsto per il completamento del progetto -:
se il Governo sia informato della vicenda;
se intenda acquisire per il tramite dell'osservatorio nazionale sui rifiuti elementi del livello di raccolta differenziata e sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani effettivamente realizzato nella regione Lazio.
(4-12715)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul sito web www.forzearmate.org, è pubblicato un articolo intitolato «Militare perseguitata, a giudizio 5 marinai» in cui si legge: «MARSALA. Il giudice delle udienze preliminari di Marsala, Vito Marcello Saladino, ha rinviato a giudizio cinque militari della Marina accusati di stalking nei confronti di una militare (D.V., 31 anni, sottocapo di terza classe truppa) che sarebbe stata perseguitata da un suo superiore e costretta a subire abusi sessuali da un collega. All'epoca dei fatti, tra il 2007 e il 2009, la donna prestava servizio alla Capitaneria di porto di Mazara del Vallo (Trapani). Oltre che per stalking, il G.U.P. ha rinviato a giudizio anche per calunnia, abuso d'ufficio e omissione di denuncia il capitano di fregata Claudio Manganiello, di 41 anni, ex vice comandante della Capitaneria di porto di Mazara del Vallo. L'ufficiale è accusato di avere sottoposto D.V. ad una serie di atti persecutori, richiamandola «brutalmente» alla presenza di altri militari, sovraccaricandola di servizi, anche con mansioni non d'ufficio, sottoponendola a procedimenti disciplinari e sanzionandola per fatti di scarso rilievo. Rinviati a giudizio anche il capo di prima classe Gianluca Perrone, 39 anni, accusato di violenza sessuale, per avere abbracciato e baciato in bocca la collega, contro la sua volontà, durante turni di servizio notturni. Ed inoltre il maresciallo Alberto Urso, di 54 anni, che ha omesso di denunciare la violenza sessuale dopo il racconto della collega, il primo maresciallo Gualtiero Migliorini, di 45 anni, e il maresciallo capo Concetto Cappuccio, di 46, anche loro accusati di omessa denuncia e di avere cercato di convincere V.D. a rimettere la querela per atti persecutori contro il vice comandante. Il processo a carico dei cinque militari comincerà, davanti al Tribunale di Marsala, il 3 ottobre prossimo»;
l'articolo 7 e seguenti del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 convertito dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, introducono nel nostro ordinamento, peraltro con notevole ritardo rispetto agli altri ordinamenti europei, all'articolo 612-bis del codice penale, una nuova fattispecie di reato finalizzata a sanzionare la condotta persecutoria nei confronti, soprattutto, delle donne e per evitare delitti di gravità superiore -:
se abbia adottato le adeguate misure per prevenire e contrastare il fenomeno dello stalking e quali;
se non ritenga di dover sviluppare adeguate iniziative culturali nei confronti del personale civile e militare della Difesa;
quali siano i provvedimenti adottati nei confronti dei militari coinvolti nella vicenda di cui in premessa.
(4-12708)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il consiglio di base di rappresentanza del comando legione carabinieri «Friuli Venezia Giulia» con la delibera n. 123 allegata al verbale numero 113 del 21 giugno 2011, avente per oggetto «stato della rappresentanza: necessità di aprire un concreto dialogo - seguito 2.» ha reso

noti i risultati del primo incontro informativo avvenuto il 4 maggio 2011 con il personale del comando provinciale di Pordenone «96 votanti su circa 120 effettivi presenti in quella giornata nella sede (affluenza dell'80 per cento), 81 insoddisfatti dell'attuale sistema di rappresentanza (84,38 per cento dei votanti), 78 esplicitamente orientati ad un alternativa sostanzialmente di natura sindacale (81,25 per cento dei votanti), 10 soddisfatti dell'attuale sistema di rappresentanza (10,42 per cento dei votanti) - sette comunque orientati ad un cambiamento, di cui tre per la soluzione sindacale e gli altri per le diverse alternative fornite dal questionario -, 3 astenuti con scheda in bianco (3,13 per cento dei votanti)»;
con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-12034 gli interroganti hanno chiesto chiarimenti sui fatti segnalati dal Consiglio di base della rappresentanza militare della legione carabinieri «Friuli Venezia Giulia» con la delibera n. 122 allegata al verbale n. 112 dell'11 maggio 2011 con cui ha reso noto di aver preso atto della richiesta del comandante dell'Unità di base «di sospendere, nelle more di valutazioni superiori, la somministrazione di un questionario approntato per monitorare lo stato della Rappresentanza e le aspettative del personale al riguardo»;
i dati emersi dai risultati del questionario sottoposto al personale dall'organo di rappresentanza, nonostante si riferiscano a un solo Comando, rendono evidente che i carabinieri vogliono poter esercitare liberamente i diritti sindacali che la Costituzione afferma per tutti i cittadini e quindi liberarsi dell'attuale sistema di rappresentanza militare che, ad avviso degli interroganti appare inutile -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e se intenda impartire le opportune disposizioni affinché il questionario citato nella delibera n. 123, allegata al verbale numero 113 del 21 giugno 2011 del Consiglio di base di rappresentanza del Comando legione carabinieri «Friuli Venezia Giulia», sia somministrato a tutto il personale militare dell'Arma dei carabinieri e in tale caso quali i tempi e le modalità.
(4-12711)

PATARINO e PAGLIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella nota ufficiale del Consiglio supremo di difesa riunito al Quirinale il 6 luglio 2011 si afferma che: «con riferimento alla crisi libica, che riveste particolare interesse per l'Italia, è stato effettuato un bilancio sull'andamento delle operazioni in corso e sulle loro prospettive. Al riguardo, è stata sottolineata l'opportunità di valutare, insieme agli alleati, le possibili azioni da intraprendere nella situazione post-conflittuale che tende a delinearsi a conclusione della missione in corso su mandato dell'ONU»;
il 7 luglio 2011, dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri del decreto per il rifinanziamento delle missioni internazionali, il Ministro della difesa Ignazio La Russa ha annunciato di aver ridotto soprattutto il costo relativo alle spese per la Libia (da 142 milioni a meno di 60 milioni di euro), ritenendo «non necessaria la presenza della portaerei Garibaldi con i suoi tre aerei» e liquidando come inutile il lavoro della nostra nave;
sempre il Ministro della difesa, il 13 luglio 2011 in audizione davanti alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato, parlando del conflitto libico ha affermato che «L'impegno della Nato ha come scadenza il 30 settembre 2011 e noi a quella data abbiamo commisurato le risorse necessarie»;
il 9 giugno il Cocer della Marina militare ha chiesto che «il Governo dica apertamente se intende considerare i nostri marinai, in attività presso le coste libiche, alla stessa stregua di coloro che rischiano negli altri teatri fuori area o considerare le nostre navi in navigazione per crociere di piacere». «Il personale della Marina Militare - spiega l'organismo di rappresentanza - ha sempre interpretato la vita militare come servizio alla

Nazione, anche in circostanze di rischi per la propria incolumità e al limite della sopportazione fisica. Tale si sta dimostrando l'attività in Libia». E questo impegno sottolinea, «dopo mesi di navigazione, non trova ancora un minimo riconoscimento dal Governo neanche sotto l'aspetto economico» -:
se non intenda assicurare il pieno riconoscimento per il lavoro di tutti i nostri uomini e donne in uniforme impegnati nella difesa della pace nel mondo, senza delegittimare il compito parte di essi per convenienze politiche del momento;
se non intenda inoltre ristabilire il giusto riconoscimento anche dal punto di vista economico.
(4-12716)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i cittadini italiani non vedenti civili, se percepiscono un reddito, percepiscono una pensione di euro 280 al mese per la loro condizione di non vedenti;
i non vedenti di guerra percepiscono una pensione significativamente maggiore -:
quanti siano in Italia i cittadini che percepiscono una pensione di invalidità in quanto non vedenti civili;
a quanto assommi questa pensione per ognuno di loro e quale sia il costo complessivo per lo Stato;
quanti siano in Italia i non vedenti di guerra che percepiscono la pensione;
quale sia l'importo medio della loro pensione e quale sia il costo complessivo per lo Stato.
(5-05120)

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni sono entrati in vigore i nuovi importi del contributo unificato da versare al momento dell'iscrizione a ruolo di cause e ricorsi giudiziari;
numerosi professionisti hanno lamentato l'impossibilità di integrare i contributi unificati acquistati nei giorni immediatamente precedenti alla modifica, vedendosi oggi costretti a versare quanto meno l'importo minimo fissato per regolamento e pari a 15 euro;
l'inconveniente sarebbe legato allo speciale funzionamento del sistema informatico centrale;
la situazione potrebbe, comunque, essere risolta consentendo agli agenti della riscossione di accettare la restituzione dei tagliandi già emessi e, previo loro annullamento ed integrazione della somma ancora dovuta, stampare la marca da bollo corretta -:
se la soluzione prospettata in premessa rispetto alla problematica evocata possa ritenersi fattibile ed, in ogni caso, quali iniziative intenda adottare con estrema urgenza per evitare indebiti quanto ingiusti esborsi da parte dei cittadini che in queste ore debbano adire l'autorità giudiziaria.
(5-05124)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VELO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio al 30 giugno del 2011 si sono verificati 34 suicidi in cella. Nello stesso arco temporale in 135 istituti sono

stati tentati 532 suicidi, dei quali oltre duecento sventati in extremis dal personale di polizia penitenziaria;
è del 13 luglio 2011 l'ultimo tentativo di suicidio avvenuto nel carcere di Porto Azzurro e grazie all'intervento immediato ed efficace del personale della polizia penitenziaria di turno è stato scongiurato il peggio;
questo è il terzo caso negli ultimi tre mesi di tentato suicidio verificatisi nel carcere di Porto Azzurro, i due precedenti episodi risalgono al mese di maggio;
il sistema delle carceri in Italia versa in una situazione drammatica, il sovraffollamento ha raggiunto cifre elevate, ad oggi risulta che ci sia un surplus di 23.050 detenuti in più rispetto alla massima capienza, che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 52,5 per cento a fronte di tale sovrappopolamento si registra una grave carenza di personale di custodia e di trattamento;
in Toscana risultano 1.200 detenuti in più della tollerabilità regionale e carenze di organico del personale di polizia penitenziaria e di operatori amministrativi di circa 1.100 unità;
ad oggi, nonostante la dichiarazione dello stato di emergenza carceri e l'approvazione del piano carceri del 2010, il Governo, ad avviso dell'interrogante, non ha attuato interventi effettivi e concreti per risanare il sistema carcerario italiano -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire un miglioramento della drammatica situazione all'interno degli istituti penitenziari del nostro Paese ed, in particolare, all'interno del carcere di Porto Azzurro;
se siano previsti per il carcere di Porto Azzurro degli interventi strutturali nell'ambito del piano carceri e se sia previsto un aumento di organico del personale di polizia penitenziaria.
(5-05121)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a breve la procura della Repubblica di Pordenone rischia di dover affrontare una grave carenza di personale inquirente atteso che da tempo risulta vacante un posto di sostituto e entro l'autunno altri due pubblici ministeri lasceranno l'incarico;
la recentissima nomina del procuratore cittadino da parte del Consiglio superiore della magistratura non rende meno attuale e sentita la problematica in esame;
oltre al neonominato procuratore, a Pordenone opereranno, infatti, solo quattro rappresentanti dell'accusa a fronte dei precedenti sette/otto, con ovvi ritardi nella definizione dei procedimenti ed un eccesso di carico di lavoro da smaltire tra i pubblici ministeri già operativi -:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare con estrema urgenza per evitare situazioni di criticità all'interno della procura della Repubblica presso il tribunale di Pordenone a causa della carenza di personale inquirente.
(5-05125)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la stampa regionale riporta la notizia di un'aggressione avvenuta ai danni di cinque agenti di polizia penitenziaria in servizio presso la casa di reclusione di Rossano (Cosenza) da parte di un detenuto;
sull'episodio si sono registrate le posizioni delle organizzazioni sindacali di categoria che, nel condannare l'episodio, hanno anche evidenziato come la situazione vissuta dagli operatori di polizia penitenziaria sia particolarmente grave;
attraverso precedenti atti di sindacato ispettivo, si è avuto modo di porre

con forza all'attenzione del Ministero della giustizia e del dipartimento di polizia penitenziaria l'esistenza di alcune problematiche vissute dagli agenti di polizia penitenziaria in servizio presso la casa di reclusione di Rossano che hanno determinato la proclamazione dello stato di agitazione e l'avvio di alcune forme di protesta eclatanti come il mancato consumo dei pasti durante l'orario di servizio;
la situazione lavorativa è diventata ormai insostenibile a causa delle ormai croniche carenze di personale, che non permettono di varare un serio piano di turnazione del lavoro e di ferie, oltre alla presenza di ulteriori ritardi di natura organizzativa e strutturale;
alla luce dell'ultimo episodio, diventa più che mai necessario organizzare un incontro tra le sigle sindacali ed i vertici dell'amministrazione penitenziaria al fine di individuare un possibile percorso di soluzione delle questioni precedentemente evidenziate, alla luce di quel necessario confronto che non dovrebbe mai venire meno proprio in un settore così delicato come quello della gestione degli istituti di pena che stanno attraversando un evidente momento di tensione legato al sovraffollamento che fa da contraltare alla carenza di organici;
nonostante questa situazione, la polizia penitenziaria di Rossano sta svolgendo con serietà ed abnegazione il proprio dovere istituzionale e professionale ed a tutti gli agenti va espressa solidarietà e vicinanza alla luce soprattutto dell'episodio verificatosi -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda porre in essere per venire incontro alle richieste degli agenti di polizia penitenziaria e se ritenga sia giunto il momento di organizzare, attraverso i vertici dell'amministrazione penitenziaria, un momento di confronto sui problemi specifici della casa di reclusione di Rossano.
(4-12705)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 9 luglio 2011 la prima firmataria del presente atto ha visitato la casa di reclusione di Spoleto accompagnata da Irene Testa (segretaria dell'Associazione Radicale Il Detenuto Ignoto) e Liliana Chiaramello (Radicali Italiani); la visita è stata guidata dal direttore Ernesto Padovani e dal comandante;
quel giorno erano presenti in istituto 679 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 453 posti; in particolare, secondo un report del 29 giugno, quando i detenuti presenti erano 684, la situazione nei diversi circuiti penitenziari era la seguente: reclusione ordinaria, in 110 posti disponibili vi erano 258 detenuti; alta sicurezza 1, in 25 posti disponibili erano presenti 16 detenuti; alta sicurezza 3, in 125 posti disponibili erano presenti 233 detenuti; in 41-bis su 101 posti disponibili erano presenti 78 detenuti; nel circuito «protetti - promiscua» su 51 posti disponibili erano presenti 94 detenuti; non vi erano detenuti in infermeria, che ha una capienza di 21 posti, né nella sezione «transito» che ha 10 posti disponibili; dei 10 posti destinati ai semiliberi, vi erano 5 detenuti; nell'istituto non sono previsti, per mancanza di spazio e personale, le sezioni «prima accoglienza», «protetti omo/transessuali», «protetti/riprovazione sociale», «protetti/Forze dell'Ordine»; il sovraffollamento è così alto nelle sezioni AS3 e reclusione ordinaria che le stanze destinate alla socialità sono state sottratte alla ricreazione dei detenuti e occupate da 6/8 posti letto;
il Corpo degli agenti di polizia penitenziaria è fortemente carente; se ci si riferisce, come giusto, al personale effettivamente in servizio, mancano ben 115 unità e questo deficit di presenze si ripercuote inevitabilmente sulle attività trattamentali che nel carcere di Spoleto, nonostante la buona volontà del direttore, sono

molto limitate, arrivando a percentuali di accesso al lavoro sotto il 10 per cento nella sezione affollatissima dei detenuti comuni; il direttore ha fatto richiesta di qualche agente in più per garantire l'imminente piano ferie, ma ancora non ha ricevuto risposte;
pur disponendo il carcere di Spoleto di locali destinati alle lavorazioni adeguatamente attrezzati, questi sono praticamente inutilizzati a causa della mancanza dei fondi destinati al lavoro dei detenuti; ad avviso della prima firmataria del presente atto, che ha visitato la falegnameria, la sartoria e la tipografia, rappresenta un vero spreco lasciare inutilizzati tutti quei macchinari che potrebbero impiegare un numero consistente di detenuti indirizzandoli ad un effettivo percorso riabilitativo; inoltre, chiunque abbia la fortuna di accedere ad una qualsiasi forma di lavoro nell'istituto penitenziario, deve essere visitato da un medico che deve essere appositamente retribuito, sottraendo il compenso dovuto dai già esigui fondi destinati alle mercedi per i detenuti;
educatori e psicologi penitenziari sono figure professionali del tutto carenti nel carcere di Spoleto; infatti, sono solamente 4 gli educatori e 2 gli psicologi penitenziari ex articolo 80; questi ultimi possono dedicare solo qualche minuto al mese ai detenuti che hanno bisogno del loro supporto;
nel carcere di Spoleto ci sono 88 ergastolani le metà dei quali in 41-bis; l'istituto non è nelle condizioni di garantire agli ergastolani l'isolamento notturno e il lavoro;
per comprendere la mancanza di risorse, basti dire che per i lavori di manutenzione dell'istituto non ci sono risorse a disposizione e che è ormai inesistente il fondo destinato ai prodotti igienici, alla fornitura dei quali tenta di supplire la Caritas con sporadiche e comunque insufficienti donazioni;
quanto ai cosiddetti «eventi critici», quest'anno si è verificato un suicidio in alta sicurezza, mentre gli atti di autolesionismo riguardano soprattutto i detenuti comuni, in particolar modo gli stranieri;
quanto ai colloqui con i familiari, pur essendo stato abolito l'odioso e vietato muretto divisorio e pur concedendo la direzione la possibilità ai familiari di cumulare le ore mensili, il disagio dei visitatori è notevole per le file di ore che devono sopportare; anche per il personale di polizia penitenziaria lo stress è notevole visto che devono organizzare 700 colloqui differenziati per le diverse tipologie di detenuti;
fra i casi incontrati nel corso della visita durata più di cinque ore si segnalano:
G.R. ergastolano ostativo che ha rappresentato le sue continue idee suicidarie essendo materialmente impossibile per lui offrire una qualsiasi forma della «collaborazione» richiesta;
A.D. è un giovane che si è visto costretto ad interrompere il corso di laurea in «consulenza del lavoro e delle relazioni aziendali» intrapreso con profitto negli anni di detenzione a Modena. Il caso, era stato già segnalato nell'interrogazione n. 4-11466 che ancora non ha ricevuto risposta;
nel reparto di media sicurezza vi sono tantissimi detenuti che vivono lontanissimi dalla loro famiglia; per loro, lavorare in carcere è un miraggio; nella sezione 1A su 55 detenuti lavorano solo in due; in molti, pur essendo detenuti a Spoleto da molto tempo, affermano di non aver mai visto un educatore; tutti i detenuti sostengono che per un anno non ha funzionato il riscaldamento;
N.D. albanese, ha la famiglia residente a Trento; separato, ha una bambina di 6 anni che non vede da tre; 4 mesi fa ha presentato la domanda per essere trasferito nel carcere di Trento, ma non ha ricevuto alcuna risposta;
E.K. da lungo tempo attende di essere operata alla caviglia, afferma di essere

in lista di attesa all'ospedale Pedrera di Rimini, ma dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ancora non lo trasferiscono al a centro clinico;
S.D.M.A. da tempo ha presentato domanda di trasferimento a Padova o Treviso o Venezia perché moglie e figli vivono a Venezia-Mestre, ma non ha ancora ricevuto risposta; inoltre, soffre di emorroidi e perde molto sangue, è in lista di attesa per essere operato ma non viene chiamato e soffre tantissimo;
V.V. deve scontare ancora una lunga pena e vorrebbe intraprendere un percorso veramente riabilitativo impossibile a Spoleto; per questo, a marzo, ha chiesto di essere trasferito a Bollate, ma non ha ricevuto ancora risposta;
T.H. macedone di 45 anni ha il fine pena nel 2020 ed è completamente sdentato; nel 2009 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria lo ha spostato a Spoleto proprio per fargli avere la dentiera, ma ancora non l'ha ricevuta e non riesce a mangiare;
Z.A. deve scontare meno di due anni e da due anni è a Spoleto; ha fatto richiesta di trasferimento a Milano dove risiede la sua famiglia, non ricevendo risposta;
C.B. albanese che deve scontare una lunga pena; stava a Rebibbia Nuovo complesso e, dopo la condanna definitiva, aveva chiesto di potersi spostare di poche decine di metri, a Rebibbia Penale, per intraprendere un vero percorso riabilitativo, ma lo hanno mandato a Spoleto;
C.L. albanese che deve ancora scontare 9 anni e 4 mesi. Dal penale del carcere La Dozza di Bologna lo hanno spostato a Spoleto; a Bologna faceva colloqui ogni settimana col fratello che adesso è malato di tumore sotto chemioterapia e non può venire a trovarlo;
G.S. ha fatto richiesta di trasferimento per gli istituti di Bologna, Ferrara, Pesaro o Fossombrone perché la sua famiglia è a Cesena e sua moglie è detenuta nel carcere di Forlì. Il suo fine pena è molto lontano, nel 2029; il detenuto ha detto alla delegazione «una pena così lunga non si può scontare in queste condizioni», in condizioni di sovraffollamento, senza la possibilità di poter lavorare e senza poter svolgere una qualsiasi attività e, per di più, senza contatti con i familiari;
C.A. tunisino, deve ancora scontare 2 anni e sei mesi e da un anno è a Spoleto. Lamenta il fatto di non essere mai stato chiamato dal magistrato di sorveglianza nonostante almeno 10 richieste;
O.S. due mesi fa ha avanzato richiesta di trasferimento nel carcere di Trento dove vive la famiglia che non può venirlo a trovare fino a Spoleto;
V.P. anche lui ha fatto richiesta di trasferimento in un carcere dove ci sia la possibilità di lavorare; ha indicato Roma Rebibbia, Cassino, il vecchio istituto di Civitavecchia perché sua moglie vive a Napoli e potrebbe più facilmente venirlo a trovare;
P.K. albanese condannato a 7 anni, ha scontato 3 anni e 8 mesi e ha chiesto di poter andare al CEIS di Spoleto; ha sposato un'italiana dalla quale ha avuto un figlio che ora ha tre anni e vive a Milano-Legnano;
R.M. marocchino di 72 anni quasi cieco e diabetico che prende insulina quattro volte al giorno;
D.P. deve scontare una pena molto lunga; la sua famiglia a Torino e ha due bambine di 8 e 3 anni; ha bisogno di lavorare per mantenere le sue figlie e ha chiesto al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di essere trasferito a Bollate per intraprendere un vero percorso riabilitativo; l'UEPE di Torino ha fatto su di lui una relazione positiva;
D.C. da sette anni è dentro e da quando è in prigione non vede il padre ultraottantenne che vive a Firenze; ha

fatto domanda di trasferimento in Toscana dove ha ancora molti procedimenti in piedi;
l'ordinamento penitenziario prevede espressamente all'articolo 28 che «Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie» -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Spoleto; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti, soprattutto per quanto riguarda le sezioni AS3 e reclusione ordinaria;
se non si intendano adottare le opportune iniziative di competenza al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione, anche attraverso l'utilizzo di maggiori fondi da destinare alla falegnameria, sartoria e tipografia;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, se risulti entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare, per quanto di competenza, per aumentare l'insufficiente e totalmente inadeguato numero di educatori attualmente in servizio presso la struttura carceraria spoletina;
se non si ritenga di dover urgentemente intervenire per garantire il normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione ordinaria e al reperimento dei prodotti igienici;
cosa intenda fare per eliminare il notevole disagio e lo stress al quale i familiari dei detenuti devono periodicamente sottostare per poter avere un colloquio con i propri cari ristretti nel carcere di Spoleto;
se e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di rendere le condizioni di detenzione delle persone condannate all'ergastolo recluse all'interno dei circuiti alta sicurezza e penale conforme alle norme e ai princìpi dell'ordinamento giuridico italiano e dell'ordinamento penitenziario;
se il Governo non intenda intervenire facendosi promotore di una normativa volta alla abolizione del cosiddetto «ergastolo ostativo»;
se non si intenda adottare le opportune iniziative al fine di garantire al detenuto A.D. la ripresa del proprio corso di laurea in «consulenza del lavoro e delle relazioni aziendali», così come già sollecitato nella precedente interrogazione n. 4-11466;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di garantire il rispetto della cosiddetta «territorialità» della pena sì da riavvicinare i detenuti reclusi nel carcere di Spoleto, soprattutto quelli ristretti nel reparto di media sicurezza, ai propri familiari; ciò in particolare per quanto riguarda i detenuti N.D.; S.D.M.A.; V.V.; Z.A.; C.B.; C.L.; G.S.; O.S.; V.P.; P.K.; D.P. e D.C.;
se sia noto quando il detenuto T.H. potrà avere la dentiera di cui necessita per mangiare;

per quale motivo il detenuto E.K. non sia stato ancora trasferito al centro clinico;
quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per garantire il diritto alla salute di R.M.;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-12707)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI, PAROLI, ROMELE e BECCALOSSI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 settembre 2011 scadrà la concessione relativa alla tratta autostradale Piacenza-Cremona-Brescia della A 21 e, ad oggi, Anas non risulta avere avviato alcuna procedura per il nuovo affidamento della medesima concessione;
ai sensi di quanto disciplinato dalla convenzione attualmente in essere tra ANAS e Autostrade Centro Padane s.p.a., quest'ultima, può proseguire nella gestione dell'infrastruttura assentita in concessione e nella realizzazione degli investimenti previsti, sino alla scadenza dei 24 mesi successivi all'attuale termine della concessione, ossia sino al 30 settembre 2013;
pare invece agli interroganti che vi siano molteplici ragioni per procedere da subito ad un nuovo affidamento della concessione, quali:
a)il fatto che il raccordo autostradale tra il casello di Ospitaletto e l'aeroporto di Montichiari, incluso nella concessione, deve essere affidato a terzi mediante evidenza pubblica, in ottemperanza alle prescrizioni imposte dall'Unione europea in sede di archiviazione della relativa procedura d'infrazione;
b)il fatto che nel decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, in fase di conversione da parte del Parlamento, è espressamente previsto che l'affidamento diretto ad Anas delle concessioni scadute può avvenire solo a condizione che non comporti effetti negativi sulla finanza pubblica, condizione certamente non rispettata nel caso che qui interessa, atteso l'ingente indennizzo di subentro che Anas dovrebbe corrispondere ad Autostrade Centro Padane s.p.a.;
nella risposta resa in data 29 giugno 2011 all'interrogazione 5-04257, il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha testualmente affermato che «prima della scadenza del periodo di proroga dovranno essere attivate le necessarie procedure di gara nel rispetto del quadro normativo comunitario in tema di affidamento di servizi e di lavori»;
di recente è pervenuta ad Anas, per la tratta autostradale oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, una proposta di affidamento della concessione di servizi in finanza di progetto, presentata da Centro Padane s.p.a. ai sensi dell'articolo 278 del decreto Presidente della Repubblica n. 207 del 2010;
la presentazione di detta proposta potrebbe rappresentare, ad avviso degli interroganti, l'avvio della procedura di gara indicata dal Vice Ministro Castelli nella citata risposta all'interrogazione parlamentare 5-04257;
ai sensi della vigente normativa, la proposta presentata da Centro Padane s.p.a. deve essere valutata entro sei mesi dalla data di ricezione della stessa e, nell'eventualità sia ritenuta di pubblico

interesse, deve essere avviata la procedura di gara per l'affidamento della concessione -:
quali siano le intenzioni di Anas rispetto alla proposta presentata da Centro Padane s.p.a. e quali determinazioni siano state eventualmente assunte.
(5-05128)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MARCHIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i vigili del fuoco della provincia di Rimini prestano la propria attività di prevenzione e di soccorso alla popolazione della provincia che normalmente è di circa 320.000 abitanti, ma nel periodo estivo arriva ad un milione di presenze contemporanee e nove milioni complessivi tra giugno e settembre;
sotto la competenza dei vigili del fuoco è l'aeroporto, che si avvicina al milione di passeggeri/anno, e anche la fiera di Rimini che costituisce il terzo polo fieristico nazionale e conta nell'anno i 2 milioni di visitatori con le conseguenti necessità in termini di sicurezza preventiva e d'intervento dei vigili del fuoco;
inoltre nel 2008 è stato stipulato tra lo Stato Italiano e la Repubblica di San Marino un trattato di cooperazione che prevede che i vigili del fuoco di Rimini intervengano in caso di incendi o altre emergenze nel territorio della vicina Repubblica;
infine è stata di repente completata l'acquisizione sotto la competenza dei vigili del fuoco di Rimini del distaccamento vigili del fuoco di Novafeltria, con un incremento degli interventi di soccorso, dell'attività di vigilanza sul territorio e di attività di prevenzione incendi;
nel 2010 i vigili del fuoco di Rimini hanno effettuato in totale 5.475 interventi di soccorso di cui ben 3.888 presso la sede centrale che risulta cosi la ventesima sede in Italia per numero di interventi;
il Comando dei vigili del fuoco di Rimini è classificato di tipo S1, da cui consegue un organico di 84 vigili del fuoco in totale presso la sede centrale da suddividersi in 4 turni;
occorre tenere presenti i molteplici ambiti in cui i vigili di Rimini devono assicurare il loro impegno e dell'elevato numero di persone a cui devono prestare soccorso -:
se intenda modificare la classificazione per il comando dei vigili del fuoco di Rimini adeguando l'organico alle necessità di intervento testimoniate dall'alto numero di interventi almeno riconoscendo quella di Rimini come sede tipo S3 per un totale di 92 unità alla stregua di altre sedi, quali quelle delle vicine città di Pesaro, Forlì, Ravenna;
se intenda integrare anche l'organico del personale tecnico e del personale amministrativo al pari di quello dei comandi di analoghe dimensioni e caratteristiche.
(4-12706)

ANTONINO RUSSO e ZAMPA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la situazione dei minori migranti non accompagnati a Lampedusa ha di nuovo superato livelli di guardia;
l'organizzazione non governativa, Terres des Hommes, ha pubblicato sul suo sito web una straziante lettera ai più alti vertici istituzionali di alcuni minori che si trovano a Lampedusa, presso l'ex base militare Loran;
questi minori, come denunciato dalle organizzazioni non governative, sono stipati anche all'interno di stanze normalmente adibite ad uffici, in gravi condizioni di sovraffollamento, con i materassi per terra, in una situazione igienica precaria.

Non vi sono spazi ricreativi e ai minori, per motivi di sicurezza, non è consentito uscire dalle strutture;
nella lettera di cui sopra si legge: «Il luogo in cui ci troviamo non è adatto a noi. Continuiamo ad avere degli incubi perché siamo ancora vicini al mare. Troppo freddo e malattie a causa del vento del mare. Non abbiamo uno spazio in cui muoverci. Abbiamo bisogno di andare a scuola. La nostra permanenza qui è causa di stress dovuto alle incomprensioni tra di noi. Non ci sentiamo a casa. Abbiamo bisogno di socializzare»;
è intollerabile che questi adolescenti e bambini, costretti a lasciare il proprio Paese con la speranza di un futuro migliore, siano prigionieri a Lampedusa, in condizioni non adatte e che ancora, da quando in febbraio sono cominciati gli sbarchi, l'Italia non abbia adottato un protocollo di comportamento tale da garantire loro asilo e protezione;
la legge n. 176 del 1991, con la quale il nostro Paese ha ratificato la convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, sancisce che il nostro Paese si impegna a garantire ai minori stranieri non accompagnati tutti i diritti garantiti dalla convenzione stessa, tra i quali il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento, alla partecipazione alla vita sociale;
molti di loro sono potenziali richiedenti asilo in quanto provengono da Paesi tragicamente noti per le violazioni dei diritti umani e alcuni affermano di avere familiari regolarmente soggiornanti in Italia con cui vorrebbero ricongiungersi;
questi ragazzi sono invece di fatto privati da molti giorni della libertà personale ad avviso degli interroganti in contrasto con l'articolo 13 della Costituzione nonché con la convenzione di New York senza alcun provvedimento scritto, né alcuna convalida giudiziaria;
secondo la normativa italiana e il diritto internazionale, il nostro Paese deve assicurare a questi minori il collocamento in un luogo sicuro, deve disporre l'affidamento giudiziale e provvedere alla loro tutela;
essi hanno diritto al permesso di soggiorno e non possono essere espulsi in base al principio del superiore interesse del minore e al principio di non discriminazione contenuti nella convenzione di New York; hanno diritto all'assistenza sanitaria e all'istruzione;
i minori stranieri non accompagnati, non possono essere espulsi e devono essere accolti in comunità per minori iscritte all'apposito albo regionale -:
per quale motivo, alla luce di quanto illustrato in premessa, il Ministro interrogato non abbia ancora provveduto a trasferire questi minori presso le comunità della rete di accoglienza nazionale nel rispetto della normativa domestica ed internazionale.
(4-12710)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la cosiddetta «riforma Gelmini», prevedendo la seconda lingua straniera quale disciplina opzionale a carico delle scuole, rischia di determinare, di fatto, la soppressione, a livello nazionale, della lingua francese nei licei classici e scientifici, che, dati gli ingenti «tagli», difficilmente riusciranno a finanziarne i corsi di insegnamento nei prossimi anni;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha segnalato la volontà di attivare, a partire dal prossimo anno scolastico, il progetto «Esabac» nel triennio finale, importante progetto di eccellenza europeo che consente agli allievi italiani e francesi partecipanti di conseguire un diploma binazionale, solo in

quelle scuole che siano in grado di assicurare l'insegnamento della lingua francese già nel biennio;
la conoscenza della lingua francese è fondamentale soprattutto in alcune regioni come ad esempio in Piemonte, dove il rapporto culturale e commerciale con la Francia è prioritario;
il progetto educativo «Esabac» costituisce per gli studenti piemontesi partecipanti allo stesso una rilevante opportunità di crescita formativa e culturale, nonché un valore aggiunto nel mercato del lavoro;
la soppressione del francese nei licei potrebbe dar luogo ad un impoverimento culturale ed economico molto grave in regioni come il Piemonte -:
se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile aumentare l'investimento di risorse da destinare al precipuo scopo di consentire agli studenti un reale, completo e proficuo apprendimento di due lingue europee incentivando il numero delle ore di insegnamento delle lingue;
se, per le stesse finalità succitate, non ritenga opportuno assumere iniziative volte a garantire l'insegnamento della lingua francese già nel biennio, anche al fine di permettere agli studenti interessati, come quelli piemontesi, di continuare ad accedere ai sopraccitati progetti «Esabac».
(5-05118)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
appare molto grave la situazione degli organici tanto del personale docente, quanto del personale ATA nelle scuole del territorio della provincia di Firenze;
infatti, per il prossimo anno scolastico i numeri al momento parlano chiaro: per il 2011/2012 sono previste 224 cattedre e 148 unità di personale in meno, mentre saranno 148 le unità di personale ATA oggetto di riduzione;
quanto sopra ci saranno da aggiungere le 33 sedi vacanti su 120 istituti provinciali, dove la dirigenza sarà affidata a reggenti, che divideranno così il loro operato su due o più scuole;
tutto questo andrà ad inserirsi in un contesto provinciale generale che vede aumentare il numero dei ragazzi nelle scuole - in tutti gli ordini - a circa 120mila alunni;
dopo il terzo anno di consistenti «tagli» la situazione che si è venuta a prospettare nella provincia di Firenze è intollerabile;
infatti, la provincia di Firenze già da anni sta svolgendo un'azione di razionalizzazione del personale, riuscendo ad arrivare ad una media di 22 alunni per classe, ampiamente dentro i parametri ministeriali;
inoltre, per quanto riguarda il personale ATA il taglio su tutto il territorio è talmente pesante che alcuni plessi non avranno collaboratori scolastici. L'esempio paradossale è rappresentato dall'istituto comprensivo di San Casciano - già frutto dell'accorpamento di più istituti - dove l'apertura è affidata a personale che normalmente compie diverse mansioni, ed il comune probabilmente sarà costretto, per settembre, ad utilizzare personale proprio;
per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, a settembre saranno più di 40 le prime classi ad avere 30 o più alunni, compresi alcuni ragazzi diversamente abili;
i sindacati hanno fatto notare che è emblematica anche la situazione che riguarda 12 insegnanti di tedesco di ruolo della provincia, che rimarranno senza cattedra;
quali iniziative intenda assumere con riferimento ad una situazione insostenibile che mette in ginocchio le scuole della provincia di Firenze che non potranno non solo garantire un'adeguata qualità

dell'istruzione, ma nemmeno i più elementari servizi necessari per la conduzione dei servizi scolastici;
in considerazione dell'annosa virtuosità della provincia di Firenze che ha sempre razionalizzato la rete scolastica con conseguente accorpamento delle istituzioni scolastiche e mantenimento della media del numero degli alunni per classe così come richiesto dalla normativa a livello nazionale, se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile prevedere l'autorizzazione nell'organico di fatto delle istituzioni scolastiche della provincia di Firenze di 300 insegnanti e di 50 unità di personale ATA in più rispetto al taglio operato, al fine di garantire le condizioni minime per il mantenimento dei livelli di qualità richiesti dalla nostra Carta Costituzionale.
(5-05119)

PALOMBA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 21 settembre 2010 veniva affissa all'albo dell'Istituto comprensivo di Jerzu (provincia dell'Ogliastra) la circolare Prot. n. 2860 avente come oggetto: elezioni rinnovo consiglio d'istituto. Tale circolare recava l'indirizzo «All'albo e ai plessi loro sedi». Tuttavia nessuna circolare è arrivata nelle sedi di Osini e di Ulassai (scuole medie), cosicché né i docenti, né i genitori, sono stati avvertiti di tale importante appuntamento elettorale;
diversi docenti e genitori venuti a conoscenza ugualmente di tali scadenze presentavano nei tempi stabiliti le liste per le elezioni dei rappresentanti in seno al consiglio d'istituto;
dopo varie esclusioni e relativi ricorsi, vinti da tali liste, si andava finalmente alle elezioni, tenutesi 14-15 novembre 2010;
il 17 novembre 2010 veniva affisso all'Albo con prot. n. 27 il verbale di proclamazione degli eletti con firma del presidente del seggio n. 1 (unico seggio esistente);
mentre sembrava che tutto si fosse risolto in modo naturale e democratico compariva, affisso all'Albo, con prot. n. 3680 del 19 novembre 2010, una circolare con oggetto: Annullamento in autotutela proclamazione eletti consiglio d'istituto. Tale circolare era leggibile solo nella prima pagina perché le successive risultavano sovrapposte e non consultabili;
a questo punto genitori e docenti decidevano di mandare via fax individualmente a Cagliari al dirigente dell'Usr Sardegna, e a Nuoro all'Usp, una richiesta di chiarimento rispetto alla nota protocollo citata di auto annullamento ritenendo, assolutamente improponibile, riferito ad elezioni che si erano tenute in tutto il territorio nazionale, un provvedimento di autotutela. Venivano così inviati decine di fax in data 22 novembre 2010;
inoltre, il 26 novembre 2010 veniva fatta protocollare (prot. n. 3792) la richiesta di una copia del documento in questione visto che le richieste verbali erano state disattese. Nessun documento e nessuna risposta venivano però dati;
a questo punto genitori e docenti decidevano di chiedere l'accesso agli atti riguardanti le elezioni all'Usr della Sardegna, che accoglieva la richiesta con nota del 21 dicembre 2010. Da questi atti si apprendeva che il direttore generale Enrico Tocco il 10 dicembre 2010 aveva inviato al direttore scolastico dell'istituto comprensivo di Jerzu una nota in cui, oltre ad altra considerazione scriveva: «nessuna norma (...) attribuisce al direttore scolastico il potere di decidere sui ricorsi avverso i risultati delle elezioni. Sulla base delle argomentazioni di cui sopra... considerata l'importanza che il Consiglio d'Istituto riveste per le attività nella scuola (...), il Dirigente (...) provveda alla rimozione dell'atto avente per oggetto "Annullamento in autotutela..."»;
si apprendeva quindi che successivamente, in data 17 dicembre 2010, e cioè una

settimana dopo la lettera del direttore generale, il direttore scolastico con nota Prot. n. 4051 aveva «abrogato» l'atto di «Annullamento in autotutela...». Neppure tale atto il direttore scolastico ha mai provveduto ad affiggere all'albo della scuola;
a questo punto, vista la nota di «abrogazione», ci si sarebbe aspettati una convocazione degli eletti nel consiglio d'istituto; convocazione che non è, ad oggi, ancora avvenuta nonostante un'ulteriore richiesta scritta (prot. n. 190 del 18 gennaio 2011) che ha avuto una risposta solo dopo quasi un mese (prot. n. 535 dell'11 febbraio 2011), con una nota in cui il direttore scolastico dice: «Con riferimento all'istanza di cui all'oggetto si comunica che la Commissione elettorale non ha ancora concluso l'esame dei risultati elettorali. Non appena la Commissione elettorale adotterà le determinazioni conclusive lo scrivente procederà, con tempestività, ad assumere gli atti di propria competenza». La commissione elettorale di cui si parla è una nuova commissione costituita dal direttore scolastico perché la precedente ha confermato le dimissioni;
ciò appare in contrasto con le direttive generali perché tutte le elezioni del consiglio d'istituto sono regolate dall'ordinanza ministeriale n. 215 del 15 luglio 1991 e non da momentanee decisioni adottate dai dirigenti scolastici. Infatti, l'articolo n. 46 della citata ordinanza afferma che «i rappresentanti delle liste (...) possono presentare ricorso avverso i risultati (...) entro 5 giorni dalla data di affissione» e che «i ricorsi sono decisi entro 5 giorni dalla scadenza del termine sopra indicato (...)» Alla luce di quanto ora scritto, l'affermazione per cui «Non appena la commissione elettorale adotterà (...) lo scrivente procederà (...)», scritta dal direttore scolastico di Jerzu come giustificazione del non insediamento degli eletti, appare un atto che non ottempera alle disposizioni della cita ordinanza ministeriale n. 215;
nel perdurante silenzio dell'autorità scolastica, i genitori e gli insegnanti eletti in tre liste decidevano di presentare una nuova richiesta di immediata emanazione dei decreti di nomina dei consiglieri d'istituto eletti nelle elezioni di novembre (1o marzo 2011 prot. n. 812). Per tutta risposta il 12 marzo 2011 con nota prot. n. 1205 il direttore scolastico comunicava che... «la commissione elettorale non ha ancora concluso i suoi lavori...». Si sottolinea che l'Usr aveva ribadito (come scritto anche nei verbali della visita ispettiva del 16 novembre 2010) che il ricorso presentato da una lista del personale ATA sarebbe dovuto essere esaminato dalla prima commissione elettorale entro i termini stabiliti dalla legge. Peraltro, anche se una nuova commissione avesse potuto essere costituita, avrebbe dovuto convocare i rappresentanti delle liste regolarmente nominati all'atto di presentazione delle stesse e esaminare l'unico ricorso presentato, come più volte ribadito dall'Usr;
dopo un lungo silenzio, casualmente si veniva a sapere che nel sito internet della scuola, con nota del direttore scolastico non formalmente affissa all'albo e neanche notificata agli interessati, si comunicava a genitori e docenti che la commissione elettorale, con verbale n. 6 del 2 maggio 2011, aveva annullato le elezioni pur se in contrasto con le indicazioni ricevute dal direttore regionale dell'Usr secondo le quali l'unico compito della commissione era l'esame dell'unico ricorso presentato da una lista ATA;
ad avviso dell'interrogante il comportamento del dirigente scolastico appare contrario alla normativa nazionale che regola le elezioni del consiglio d'istituto ed alle direttive impartite dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale;
è grave che nell'istituto comprensivo di Jerzu si sia, di fatto, impedito che si tenessero le consultazioni democratiche per l'elezione del consiglio d'istituto (considerato che alle elezioni annullate in autotutela avevano partecipato circa 270 votanti, partecipazione massiccia in rapporto alla popolazione scolastica di 525 alunni) -:
perché nessuna autorità abbia posto rimedio a questa grave anomalia, a sette

mesi dalle consultazioni, con la nomina dei rappresentanti regolarmente eletti;
quali interventi il Ministro interrogato intenda porre in essere per ripristinare la legalità riconoscendo i giusti diritti di genitori e docenti, che con fiducia nelle istituzioni hanno espresso la loro volontà di partecipazione democratica;
quali iniziative anche di carattere disciplinare intenda porre in essere per sanzionare la condotta del dirigente scolastico qualora dovesse rilevare elementi di illegittimità.
(5-05129)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
fra tutti i militari facenti parte delle Forze di completamento, ogni anno sono richiamati in servizio dal congedo una piccola quantità di ufficiali (120 unità circa all'anno) in possesso di specifici requisiti, allo scopo di far fronte alle particolari esigenze delle Forze armate sempre a seguito di un provvedimento legislativo di autorizzazione che di anno in anno viene prodotto dal Parlamento per effetto dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 215 del 2001;
oltre ai periodi prestati come richiamati questi ufficiali hanno precedentemente svolto servizio di prima nomina, rafferma volontaria biennale o ferma prefissata, andando quindi complessivamente a maturare pluriennali periodi di servizio (che vanno da un minimo di tre anni a salire sino a casi estremi di sette anni o più);
per essere richiamati come riservisti i requisiti di età arrivano sino ai 45-48 anni, mentre per partecipare al concorso in servizio permanente il limite per gli appartenenti alle FDC è di 40 anni. Quindi da un lato si chiede di mantenere le caratteristiche operative considerandole valide per il richiamo, ma allo stesso tempo le si esclude dalla procedura concorsuale che darebbe la stabilità del lavoro; inoltre si concorre per il posto da ufficiale in servizio permanente nella stessa aliquota di posti riservata ai sergenti che possiedono ovviamente tanti anni di servizio in più e quindi già solo con i titoli di servizio scavalcano in partenza le altre figure;
alla luce del parere favorevole espresso dalla XI Commissione della Camera il 14 luglio 2010, dopo aver esaminato il disegno di legge atto Camera n. 3610 riguardante la stabilizzazione di talune categorie di personale precario delle Forze armate, ci si chiede se sarà possibile prevedere una delle due seguenti alternative;
un concorso straordinario per solo titoli (due bandi spalmati su 2 anni) ed accertamento dei requisiti psico-attitudinali esclusivamente riservato agli: ufficiali appartenenti alle Forze di completamento per esser stati richiamati in servizio per le esigenze delle Forze armate ai sensi del decreto legislativo n. 215 del 2001, articolo 25 e ponga come limite di età lo stesso limite proposto per i richiami;
il transito in servizio permanente per i soli ufficiali appartenenti alle Forze di completamento per esser stati richiamati in servizio per le esigenze delle Forze armate ai sensi del decreto legislativo n. 215 del 2001, articolo 25, a domanda se in possesso del requisito dei tre anni di servizio (sommando anche i periodi di prima nomina, ferma o rafferma contratte), come già avvenne nel 1980 dove gli ufficiali di complemento a domanda transitarono in servizio permanente (legge n. 574 del 1980, sul ruolo ad esaurimento);
tutto questo considerando che il numerico complessivo della categoria con i requisiti sarebbe intorno alle 100 unità e non costituirebbe per la Forza armata

squilibrio alcuno a fronte di oltre centomila unità che la costituiscono -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire con apposita iniziativa normativa che consenta l'attuazione di quanto la XI commissione della Camera ha osservato per l'espressione del parere favorevole.
(5-05117)

LUSSANA e FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è notizia riportata sui quotidiano Il Giornale di oggi 14 luglio 2011 quella della decisione choc di un'azienda di Bergamo di licenziare una lavoratrice in coma perché - è la motivazione - la sua malattia compromette il rendimento in azienda;
il 4 giugno 2011, infatti, la Nuova Termostampi di Lallio, ditta che si occupa di stampi e stampaggio di articoli tecnici per la quale la signora ha lavorato per 16 anni, le ha comunicato il licenziamento per superamento del periodo di malattia previsto dal contratto nazionale, precisando che il suo grave stato di salute causa «la discontinuità della sua prestazione lavorativa, con evidenti intralci all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al suo regolare funzionamento»;
l'interessata, madre 41enne di quattro figli, nel gennaio 2010 fu colpita da aneurisma cerebrale ed il 31 maggio del 2010 fece commuovere la pubblica opinione partorendo l'ultimogenito, una bimba, in stato vegetativo;
quando infatti venne ricoverata per emorragia celebrale, nel gennaio dell'anno scorso, la donna era all'inizio della gravidanza ed i medici, in accordo con i familiari, decisero di proseguire il decorso fino ad uno stadio che permettesse di far nascere la piccola, che oggi ha 14 mesi;
l'interrogante è pienamente consapevole che la malattia possa costituire causa di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (ad esempio quando il lavoratore, durante il periodo di malattia, svolga una diversa attività lavorativa, pur se non in concorrenza con quella del datore di lavoro) ovvero per giustificato motivo oggettivo, di cui all'articolo 3 della legge n. 604 del 1996, secondo il quale il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è determinato da «ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa», ed all'articolo 2110 del codice civile che, nel contemplare esplicitamente l'ipotesi della malattia quale causa di licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione, prevede appunto al secondo comma che il datore di lavoro possa recedere dal rapporto qualora il lavoratore, a causa di malattia, risulti assente per un periodo superiore a quello «stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità»;
l'interrogante è altrettanto a conoscenza dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui «il diritto di iniziativa economica si esprime nella ristrutturazione e nell'estinzione dell'impresa, non meno che nella creazione di essa, ed ancorché ciascuno di questi eventi possa avere riflessi socialmente rilevanti, tutti sono, allo stato attuale della legislazione, liberi da vincoli e controlli di merito, di talché qualunque controllo giudiziale sulle ragioni che hanno indotto l'imprenditore a porre in essere uno di quegli eventi e sulla congruità dei criteri seguiti, invaderebbe inevitabilmente la riserva di autonomia di cui all'articolo 41 della Costituzione» (Cass. - Sezione lavoro - n. 15894 del 16 dicembre 2000);
la tutela della libertà d'impresa non può prescindere dalla considerazione del fattore umano e lo stesso articolo 41 della Costituzione recita che non può svolgersi in modo da recare danno alla dignità umana -:
quali urgenti iniziative il Governo ritenga opportuno adottare riguardo alla vicenda riportata in premessa.
(5-05122)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Edilmora di Morstabilini spa di Ardesio (Bergamo), attiva nel settore delle costruzioni civili e industriali, composta di circa settanta dipendenti, ha comunicato nei giorni scorsi «di non essere più in grado di proseguire l'attività con l'organico attuale»;
le cause sarebbero da attribuire in particolare «alle difficoltà legate ai mercato delle seconde case, che negli ultimi anni ha sofferto a causa della generale situazione di crisi economica»;
sembra che l'azienda sia intenzionata a presentare a breve la domanda di concordato preventivo al tribunale di Bergamo, per verificare la possibilità di cedere il ramo d'azienda che si occupa di appalti in conto terzi in ambito industriale ad una newco, riassorbendo in questo modo solo una parte di lavoratori (forse una ventina dei circa settanta dipendenti) -:
quali iniziative intendano intraprendere, affinché in relazione alla situazione dell'azienda Edilmora di Morstabilini spa di Ardesio (Bergamo) siano verificate soluzioni alternative alla cessione di un ramo dell'azienda e al conseguente ridimensionamento del personale, acquisendo ulteriori elementi e ausili che consentiranno l'apertura di un tavolo istituzionale ad hoc.
(4-12709)

STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
una lavoratrice ricoverata dal gennaio 2010 in stato vegetativo nella struttura sanitaria Don Orione di Bergamo e residente nella provincia orobica è stata licenziata, dopo 16 anni di lavoro, perché secondo la Nuova Termostampi di Lallio (Bergamo) «la discontinuità della sua prestazione lavorativa crea evidenti intralci all'attività produttiva»;
il 31 maggio 2010 la signora era riuscita, nonostante le difficili condizioni, a dare alla luce una bambina: l'ultima dei suoi 4 figli;
la famiglia ha impugnato il provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro -:
se non ritengano doveroso e urgente intervenire, al fine di accertare quanto segnalato in premessa, verificando il pieno rispetto della normativa in vigore, riguardante il diritto alla conservazione del posto di lavoro, alla luce anche dei ricorsi presentati dalle organizzazioni sindacali e nel contempo sensibilizzare l'azienda in questione, ad assumere una diversa valutazione sul caso rappresentato.
(4-12713)

MISIANI, FIANO e BOCCUZZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 4 giugno 2011 una dipendente della Nuova Termostampi di Lallio (Bergamo), ricoverata presso la struttura sanitaria Don Orione di Bergamo e residente nella provincia orobica, in stato vegetativo a causa dell'aneurisma cerebrale che l'ha colpita nel gennaio del 2010, ha ricevuto lettera di «recesso dal rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto»;
nella lettera si rileva che la lavoratrice, dipendente dell'azienda da 16 anni, «ha effettuato le assenze per malattia di seguito riportate, 1o giugno 2010 al 3 giugno 2011.» Avendo effettuato n. 368 giorni di malattia nell'arco del periodo 1o giugno 2010 al 3 giugno 2011, alla dipendente viene comunicato il superamento del periodo di conservazione del posto di lavoro previsto dall'articolo 39, comma 7, parte 2a del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro (e pari a 365 giorni). «Comunque - prosegue il documento - la discontinuità della sua prestazione lavorativa crea evidenti intralci all'attività produttiva,

all'organizzazione del lavoro ed al suo regolare funzionamento, incide in modo sensibile sull'equilibrio dei rispettivi obblighi contrattuali»;
la lettera di licenziamento è successiva alla richiesta, formalizzata dal marito nell'interesse della signora, di godimento delle ferie e dei permessi maturati prima dello scadere del periodo di comporto di malattia;
il 31 maggio 2010 la signora era riuscita, nonostante le difficili condizioni, a dare alla luce una bambina: l'ultima dei suoi 4 figli;
la motivazione di presunti «intralci all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al suo regolare funzionamento» appare del tutto discutibile, poiché la dipendente è assente da molto tempo (ciò a conferma della gravità del suo stato) per cui nessun intralcio può essere occorso alla produzione, che certamente non poteva essere organizzata pensando ad un rientro nel breve periodo della lavoratrice;
secondo quanto affermato dal segretario provinciale della Filctem CGIL di Bergamo, in situazioni analoghe di lavoratori affetti da gravi malattie in procinto di superare il periodo di comporto per la conservazione del posto di lavoro, le aziende - anche grazie alla sostanziale assenza di costi per il datore di lavoro - non provvedono al licenziamento, ma, al contrario, mantengono in essere il rapporto di lavoro;
la scelta della Nuova Termostampi di licenziare la lavoratrice è dettata, a giudizio degli interroganti, da una grave sottovalutazione dell'aspetto umano della vicenda -:
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare che la decisione dell'azienda di far cessare il rapporto di lavoro sia conforme alla normativa vigente in materia, assicurando una piena tutela dei diritti della lavoratrice in questione e favorendo, per quanto possibile, una positiva conclusione della vicenda.
(4-12717)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
inaugurato nel 1994, l'Istituto europeo oncologico (IEO) rappresenta un modello innovativo nel campo della ricerca, della prevenzione e della terapia oncologica, diventato nel corso degli anni un centro di eccellenza a livello europeo. Ogni anno sono oltre 100 mila i pazienti che si rivolgono allo IEO, il 50 per cento dei quali provenienti da fuori regione Lombardia;
con l'obiettivo di farsi carico del paziente sin dalla prenotazione, l'IEO ha esteso i propri servizi a quell'oltre 50 per cento dei non residenti in Lombardia che ricorrono al centro attraverso il progetto IEO «Viaggiarefacile»: il centro si preoccuperà non solo della salute in senso stretto dei suoi pazienti, ma offrirà facilitazioni sia per l'alloggio che per i numerosi viaggi che un fuori sede deve affrontare;
lo scorso 11 luglio 2011, l'IEO e l'Alitalia hanno annunciato, tramite un comunicato stampa congiunto, di avere siglato un accordo che prevede tariffe agevolate a favore dei pazienti dell'IEO;
l'Alitalia, riconoscendo il grande valore dell'attività svolta dallo IEO, ha accolto favorevolmente la richiesta dell'Istituto di individuare agevolazioni tariffarie per i propri pazienti che si recano a Milano per esami, ricoveri, visite mediche o altre prestazioni ambulatoriali;
ilpaziente dopo aver prenotato una visita medica, un ricovero o un esame presso l'IEO riceverà una e-mail con tutte le informazioni per il suo accesso presso l'Istituto. Tra queste, una di esse sarà dedicata al viaggio e alle istruzioni per l'acquisto del biglietto aereo agevolato;
Alitalia - si legge nel comunicato stampa - si dichiara orgogliosa di collaborare con l'Istituto Europeo di Oncologia a questa iniziativa che, oltre a fornire un

sostegno ai pazienti che viaggiano in aereo, sottolinea il proprio ruolo di azienda di riferimento per la mobilità degli italiani;
l'accordo prevede che dal 1o luglio 2011 per i pazienti dell'Istituto Europeo di Oncologia e per un loro accompagnatore, saranno disponibili riduzioni fino al 35 per cento su determinate classi tariffarie (compatibilmente con la disponibilità al momento della prenotazione) e da tutti gli scali italiani serviti da Alitalia, ad eccezione di Crotone (collegamento operato in regime di continuità territoriale) per voli diretti a Milano Linate, andata e ritorno. Le tariffe non saranno soggette a limiti di permanenza;
non si capisce per quale motivo sia stata effettuata la scelta di escludere il solo scalo aeroportuale di Crotone, da questo importante accordo tra Alitalia e l'IEO;
un ulteriore elemento da tenere in considerazione riguarda il risanamento della sanità calabrese che ha inferto un duro colpo all'ospedale civile di Crotone e che ha comportato, tra l'altro, la declassificazione di strutture complesse importanti in strutture semplici. Gli interventi previsti nel piano sanitario elaborato dalla regione Calabria incidono negativamente sul territorio crotonese per quanto riguarda sia l'offerta sanitaria sia la garanzia della prestazione dei livelli essenziali previsti dalla programmazione sanitaria regionale, vincolo riconosciuto dalla Conferenza Stato regioni. Basti pensare che un malato oncologico della provincia di Crotone potrà sottoporsi a cure chemioterapiche soltanto a Catanzaro, ovvero ad oltre 100 chilometri di distanza, percorrendo la strada statale 106, arteria a due strette corsie denominata strada della morte;
ad aggravare ulteriormente la situazione concorre la non felice circostanza che, nell'intera provincia, si registra un numero particolarmente elevato di patologie tumorali dovute alla lavorazione di amianto nelle ormai chiuse industrie chimiche e al forte inquinamento, ancora in attesa di bonifica, delle aree industrili e di alcuni quartieri di città, in merito al quale pendono importanti procedimenti giudiziari per l'accertamento delle responsabilità -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, al fine di evitare che sia pregiudicato il pieno godimento del diritto costituzionale alla salute da parte dei cittadini crotonesi e di ripristinare condizioni di parità di trattamento con gli altri cittadini.
(5-05126)

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante la crescente preoccupazione della popolazione dell'Ossola, sia dei cittadini che dei referenti istituzionali, in merito alla recente chiusura del punto nascite presso la struttura ospedaliera San Biagio di Domodossola;
il presidio conta un numero pari a 373 parti annui, dato in parte viziato da una disposizione dell'Usl di Verbania, che prevede il trasferimento a Verbania dei parti sotto le 37 settimane e/o i 2 chilogrammi di peso, con un travaso di 100 parti nell'ultimo anno;
la suindicata struttura, già soggetta negli ultimi anni a una decurtazione di parte dei servizi, infatti ha visto recentemente un'improvvisa chiusura del punto nascite, motivata - stando ai riscontri dell'amministrazione - dall'impossibilità a sortire il piano ferie estivo del personale;
dal 2007 presso il punto nascite dell'ospedale San Biagio il personale era piuttosto esiguo: soltanto 3 ostetrici, in servizio 24 ore su 24;
la repentina decisione di chiusura estiva delle attività del San Biagio ha comportato la sospensione immediata, l'8 luglio 2011 di tutti i servizi di punto nascite e country pediatrico, con disposizione valida sino al 30 settembre senza

neanche l'apertura contestuale di servizi di supporto sostitutivi, per quanto comunque insufficienti;
la preoccupazione principale degli utenti riguarda l'eventualità che tale misura rientri in un piano di riordino regionale del comparto sanitario, tale da condurre eventualmente alla definitiva chiusura del punto nascita e del country pediatrico ivi presente ed il conseguente trasferimento delle funzionalità all'ospedale di Verbania;
ciò priverebbe i cittadini delle vallate ossolane di un fondamentale punto di riferimento sanitario e renderebbe impossibile garantire l'assistenza in situazione di emergenza per la posizione assolutamente periferica di Verbania rispetto al territorio dell'Ossola, distante anche novanta chilometri;
il servizio sostitutivo di sistema di trasposto assistito materno (Stam), conseguente alla suindicata chiusura «estiva», risulterebbe completamente inadeguato nell'eventualità di situazioni emergenziali non prevedibili;
l'intervento dello Stam sarebbe altresì fortemente ostacolato nel caso di condizioni meterologiche sfavorevoli, altamente plausibili in zone montane;
l'operazione di chiusura e trasferimento delle funzionalità della struttura si potrebbe presumibilmente collegare alla volontà di riorganizzare il comparto sanitario regionale, gravato da un bilancio negativo, in linea con il «patto per la salute 2010-2012» tra Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che individua come standard di riferimento per il mantenimento/attivazione dei punti nascita il numero di almeno 1000 nascite/anno;
tale parametro, ribadito dal piano sanitario nazionale 2011-2013 coinvolge la chiusura di almeno il 30 per cento delle strutture sul territorio nazionale, mettendo a regime, contemporaneamente, servizi sostitutivi, come ad esempio il citato sistema di trasposto assistito materno (Stam);
in deroga a quanto evidenziato, il Ministero della salute ha introdotto una specifica autorizzazione al mantenimento, anche per unità con numero inferiore di parti, «sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam», come ad esempio le aree montane. Anche in questo caso il piano fissa un parametro standard legato al numero di parti annui, menzionando che questa stessa specificazione riguarda punti nascita con numerosità «comunque non al di sotto dei 500 parti/anno»;
tale deroga non coinvolgerebbe la struttura ospedaliera di San Biagio: risulta infatti insufficiente a coprire in maniera adeguata le necessità di tutela sanitaria di queste aree geografiche. La situazione della regione Piemonte, e dell'area dell'Ossola in particolare, risulta particolarmente esemplificativa in questo senso: su 33 punti nascita, 17 sono sotto i 1000 parti, di cui 6 sotto i 500. Tra quelli che risultano indispensabili per coprire le specificità territoriali, tipiche delle zone montane, figura proprio l'ospedale San Biagio di Domodossola, con particolare riguardo al punto nascita e al country pediatrico;
la chiusura definitiva dello stesso, potenzialmente rientrabile in un piano di riorganizzazione, comporterebbe la necessità per i cittadini dell'area di effettuare spostamenti fino a 90 chilometri, con conseguente incapacità di supplire alle situazioni emergenziali;
appare inaccettabile e di dubbia legittimità la chiusura estiva di un punto nascite motivata dalla scarsità di personale -:
se si intendano assumere iniziative volte a rivedere la deroga indicata in premessa al fine di riconoscere alle strutture operanti in particolari aree del territorio nazionale la possibilità di mantenimento del punto nascite anche in caso di numerosità inferiore ai 500 parti l'anno;
se non ritenga opportuno promuovere, per quanto di competenza, l'istituzione di punti nascita «di confine», quali presidi territoriali individuabili sulla base

del rapporto tra popolazione, vastità territoriale e tempo necessario per raggiungere il presidio ospedaliero, per rispondere alle effettive necessità della popolazione in aree geografiche disagiate, potenziando i centri già funzionanti allo scopo con pediatri, ginecologi e anestesisti.
(4-12714)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO, GINEFRA, GRASSI, CAPANO, SERVODIO, BOCCIA, CONCIA e LOSACCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la stampa ha riportato nei giorni scorsi la drammatica notizia della chiusura dello stabilimento barese dell'OM Carrelli Elevatori s.p.a. del gruppo tedesco Kion, leader mondiale nella produzione di carrelli elevatori, con il conseguente licenziamento di 320 lavoratori e il rischio della medesima sorte per altri cento lavoratori dell'indotto;
la decisione dell'azienda è stata comunicata ai sindacati nel corso di un incontro tenutosi presso la sede di Confindustria il 5 luglio 2011;
il management di OM ha fatto sapere che la decisione sarebbe stata presa a causa di una crisi finanziaria e strutturale che durerebbe da 10 anni e che la strategia del gruppo è quella di concentrare e razionalizzare le proprie attività;
in meno di 10 anni il management dell'azienda ha depauperato il sito produttivo di Bari di prodotti, processi, strutture e mezzi, addebitando ad esso costi rivenienti da altri fattori gestionali quali la rete di vendita, i magazzini, le strategie di esternalizzazione;
da queste scelte ad avviso degli interroganti distruttive discende la decisione dell'azienda di chiudere il sito di Bari con il conseguente trasferimento nella sede centrale di Amburgo delle linee di produzione, nonostante solo il 14 aprile 2011 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali era stato annunciato dall'azienda stessa un piano di rilancio basato sulla richiesta di mobilità per soli 11 dipendenti e sulla chiusura del sito di Montataire (Francia) con il conseguente trasferimento delle linee di produzione nello stabilimento di Luzzara;
dopo 36 mesi di cassa integrazione, l'Om - Carrelli Elevatori di Bari chiude, senza che l'azienda si ponga assolutamente il problema del futuro occupazionale dei lavoratori;
il trasferimento ad Amburgo, ovvero in un Paese high-cost, di uomini, produzioni e dello sviluppo progettuale barese, potrebbe far pensare a un comportamento «predatorio» di KION, volta a impadronirsi del patrimonio e del valore aggiunto rappresentato dalle competenze, dalle professionalità e dal know-how dell'OM pugliese;
le condizioni imposte dal gruppo Kion comporterebbero sul territorio barese effetti devastanti in termini di occupazione ed economia locale, con il rischio che possano essere coinvolti anche gli altri due siti dell'azienda a Lainate e a Luzzara -:
quali iniziative istituzionali intenda adottare per impedire la chiusura dello stabilimento e per la difesa dei 320 posti di lavoro all'Om - Carrelli Elevatori di Bari, in questo momento drammatico per l'occupazione nel nostro Paese, anche evitando che la strategia, a giudizio dell'interrogante nefasta, del gruppo Kion possa estendersi ai siti produttivi di Milano e Luzzara.
(5-05123)

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti sono promotori di una serie di atti di sindacato ispettivo (4-03679, 4-04302, 4-05200, 4-05933, 4-06186, 4-07289, 4-12224, 4-12418), di cui alcuni con iter concluso, riguardanti l'inefficiente servizio erogato nella provincia di Bergamo dall'azienda Poste Italiane;

la situazione continua a peggiorare con ulteriori chiusure di uffici postali e disagi alla popolazione;
è stato chiuso temporaneamente l'ufficio postale sito a Berbenno (Bergamo) in via Papa Giovanni XXIII, in Valle Imagna e la cittadinanza, che teme sia una decisione definitiva, dovrà recarsi a Ponte Giurino, una frazione del comune, per usufruire dei necessari servizi postali, in un ufficio aperto solo tre giorni a settimana sui sei lavorativi;
a Nese, frazione di Alzano Lombardo (Bergamo), i residenti sono in rivolta per la chiusura al pubblico, di fatto, dell'ufficio postale, «convertito» in «Poste imprese», a servizio quindi soltanto delle aziende;
a Berbenno (Bergamo), il problema nasce dalle code, sempre più frequenti, che i clienti devono fare soprattutto in giornate di pagamento delle pensioni o di scadenza delle varie bollette;
da Bergamo l'azienda Poste Italiane ha fatto sapere al comune di Berbenno che dal 5 al 18 settembre 2011 l'ufficio postale resterà aperto non più sei giorni alla settimana, ma solo tre, solo di mattina;
la direzione di Poste Italiane di Bergamo risponde ad una richiesta di spiegazioni del comune di Berbenno che l'ufficio postale rientra in un progetto di «rimodulazione temporanea di apertura degli uffici postali durante il periodo estivo» -:
quali iniziative intenda assumere nei confronti di Poste Italiane, al fine di evitare continui disagi e disservizi alla popolazione bergamasca.
(4-12704)

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Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento)

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-09251 del 28 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05117.

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in Commissione Vannucci n. 5-05103 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 500 del 13 luglio 2011:
alla pagina 23292, prima colonna, alla riga diciassettesima deve leggersi: «nel triennio la medesima attività senza» e non: «nel triennio la medesima attualità senza», come stampato;
alla pagina 23292, prima colonna, alla riga ventitreesima deve leggersi: «in quanti casi l'azione di recupero» e non: «in quanti cosi l'azione di recupero», come stampato;
alla pagina 23292, dalla riga ventinovesima alla riga trentesima deve leggersi: «parziale in particolare per la fattispecie» e non: «parziale in particolare per la fattispecie di società di cui all'ultimo per la fattispecie», come stampato.