XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2011
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il fenomeno della contraffazione ha ormai assunto proporzioni mondiali, interessando tutti i settori economici, con particolare impatto sul tessuto produttivo italiano di eccellenza;
quasi ogni giorno le cronache riportano notizie di sequestri di merci contraffatte e fabbricate in Cina, i cui materiali risultano essere estremamente nocivi per la salute dei consumatori. È questo il caso dell'ultimo sequestro avvenuto in Veneto che ha interessato 560.000 paia di occhiali da sole con marchio CE non conforme, senza filtro uva e con tracce di nichel, mentre sono diversi i casi di sequestri di prodotti cosmetici contraffatti immessi sul mercato da ambulanti cinesi;
questi fatti recenti, così come la notizia del giugno 2011 del maxisequestro della Guardia di finanza di Padova di 700 milioni di articoli di bigiotteria contraffatti e potenzialmente pericolosi per la salute, fanno riemergere con forza la necessità di arginare la contraffazione, fenomeno contro cui la Lega Nord da anni lotta, sia nelle aule parlamentari sia fuori a fianco di cittadini ed imprenditori;
una delle ultime interrogazioni presentate dal gruppo Lega Nord alla Camera dei deputati, sulla tutela ed autenticità del marchio CE sui prodotti destinati al mercato europeo, ha ricevuto il consenso esplicito anche da parte della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, a testimonianza di quanto il mondo dell'artigianato e della piccola impresa sia seriamente minacciato e danneggiato dalla contraffazione;
in quel contesto è stato denunciato come diversi produttori cinesi hanno l'abitudine di copiare il marchio CE, che i produttori italiani devono apporre sui loro prodotti a dimostrazione della conformità degli stessi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee, facendolo risultare in tutto identico a quello originale ad eccezione del minor spazio lasciato tra le due lettere, ad indicare la versione cinese del marchio «China Export» quest'ultimo viene apposto sui prodotti cinesi destinati all'esportazione che non hanno eseguito alcuna prova di conformità agli standard di sicurezza europei;
la difficoltà nella distinzione tra i due marchi rappresenta una grave distorsione delle regole della concorrenza, anche in considerazione dei prezzi estremamente inferiori dei prodotti cinesi rispetto a quelli delle nostre imprese e reca un danno sia ai consumatori, che sono erroneamente indotti a pensare di acquistare un prodotto con determinate garanzie di qualità e di sicurezza certificate, sia ai produttori, con gravi ripercussioni sull'economia del Paese e sull'occupazione;
il Ministro per i rapporti con il Parlamento, nel rispondere alla citata interrogazione, ha sostenuto la fondatezza della questione denunciata, precisando che nella fattispecie esisterebbero due diversi livelli di illecito: non solo quando il marchio viene apposto in modo graficamente irregolare ma anche, e ancor più grave, quando lo stesso sottende l'effettiva assenza dei requisiti di sicurezza e conformità regolati dalle specifiche normative tecniche di settore. L'intervento non ha tuttavia chiarito quale strategia il Governo dovrà adottare per porre definitivamente fine all'uso del marchio contraffatto «China Export»;
la contraffazione è un fenomeno in continua espansione e risulta tanto più grave su quei prodotti come i farmaci, gli alimenti, il tessile ed i giocattoli che, venendo a contatto con i consumatori, rischiano di danneggiare la loro salute, a partire dalla nascita di allergie fino ad
arrivare ai casi di sviluppo di vere e proprie patologie;
l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dal mercato del falso perché ha una struttura produttiva composta per la grande maggioranza da imprese piccole e medio-piccole che, per la loro esperienza e capacità, sono in grado di offrire sul mercato prodotti di altissima qualità ed eccellenza;
secondo i dati forniti dal Censis, il mercato del falso nel nostro Paese ha realizzato nel corso del 2008 un «fatturato» di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro; sono 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
negli ultimi anni i sequestri di prodotti contraffatti hanno registrato un notevole aumento in quasi tutti i comparti, ad eccezione dell'elettronica, i cui prodotti sono ancora fortemente copiati. L'Italia, in particolare, nel recepire la direttiva 2004/108/CE con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 194, ha esplicitamente vietato di apporre sugli apparecchi e i relativi imballaggi ed istruzioni per l'uso segni che possano indurre in errore il consumatore in relazione al significato o alla forma grafica della marcatura CE, prevedendo l'applicazione di apposite sanzioni nel caso di violazioni della norma;
nonostante gli espliciti divieti e le sanzioni previste dal sopra citato decreto legislativo, l'utilizzo del marchio contraffatto «China Export» risulta ancora molto diffuso, come peraltro emerge dalle segnalazioni provenienti dal mondo delle imprese e dai consumatori,
impegna il Governo:
a farsi promotore, in ambito comunitario, di iniziative volte a porre fine all'uso fraudolento del marchio CE, quale acronimo di «China Export»;
a prevedere meccanismi di garanzia della conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive comunitarie, a tutela delle imprese e dei consumatori;
ad implementare i controlli sul territorio nazionale e alle dogane volti a bloccare l'ingresso di prodotti falsati che inducono in inganno i consumatori, creando un danno alle imprese e, più in generale, all'economia del Paese.
(1-00671)
«Reguzzoni, Baldelli, Lussana, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Dal Lago, Fava, Maggioni, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Stucchi, Mistrello Destro, Galati, Ascierto, Golfo, Cosenza, Luciano Rossi».
La Camera,
premesso che:
l'articolo 48 della Costituzione prevede il diritto di voto per ogni cittadino italiano, residente sia in Italia che all'estero;
le attuali norme per l'esercizio del voto per i cittadini italiani residenti all'estero prevedono il voto per corrispondenza, in base al quale ogni connazionale restituisce al consolato di appartenenza una doppia busta contenente le proprie schede votate sia in occasione delle elezioni politiche che dei referendum;
in particolare, il voto degli italiani all'estero può essere fondamentale per il
raggiungimento o meno del quorum per rendere validi i referendum abrogativi previsti dalla Costituzione;
anche in occasione dello svolgimento dell'ultima consultazione referendaria sono stati sollevati molti problemi circa l'esercizio del diritto di voto all'estero; sono state denunciate irregolarità e disservizi, mancato arrivo dei plichi elettorali, difformità delle anagrafi consolari e altro;
in passato, soprattutto in occasione delle elezioni politiche, si sono evidenziati veri e propri brogli elettorali che impongono adeguate ed immediate contromisure per assicurare - anche in continuità con la legge vigente - una maggiore trasparenza del voto all'estero,
impegna il Governo:
a fornire elementi in merito alle disfunzioni segnalate nel voto all'estero anche in occasione dei recenti referendum;
ad avviare in tempi brevi un'indagine consolare per verificare, caso per caso, quale sia il grado di trasparenza del voto, quanti siano i plichi inviati e ritornati, se vi sia o vi sia stato il fondato sospetto di operazioni irregolari da parte di singoli candidati o schieramenti;
a promuovere una riforma della legge in vigore per adeguare le operazioni di voto a criteri di trasparenza, segretezza, tempestività nell'esercizio del voto all'estero.
(1-00672)
«Zacchera, Pittelli, Berardi, Minasso, Cassinelli, Lisi, Ventucci, Cristaldi, Torrisi, Vitali, Stracquadanio».
La Camera,
premesso che:
sono 215 milioni i bambini lavoratori in tutto il mondo e di questi 115 milioni svolgono attività pericolose, secondo quanto affermato dall'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) nel rapporto 2011 pubblicato in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, che si svolge il 12 giugno 2011, per ribadire la necessità di adottare «misure urgenti per porre fine a questo stato di cose»;
il rapporto, intitolato «Children in hazardous work: what we know, what we need to do» (Bambini impiegati in lavori pericolosi: cosa sappiamo e cosa dobbiamo fare), cita una serie di studi realizzati nei Paesi industrializzati e nei Paesi in via di sviluppo da cui risulta che ogni minuto, in qualche parte del mondo, un minore lavora ed è vittima di un incidente, di una malattia o di un trauma psicologico legato alla sua attività professionale;
lo studio afferma che, anche se il numero totale di minori di età compresa tra i 5 e i 17 anni che svolgono attività lavorative pericolose si è ridotto nel periodo 2004-2008, il numero di quelli di età compresa tra i 15 e i 17 anni è aumentato del 20 per cento stesso periodo, passando da 52 a 62 milioni;
lo scorso anno, il Rapporto mondiale dell'Ilo sul lavoro minorile aveva già avvertito di un rallentamento negli sforzi attuati per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile. Il rapporto esprimeva preoccupazione sul fatto che la crisi economica avrebbe potuto arrestare del tutto i progressi verso il raggiungimento dell'obiettivo di abolizione dello sfruttamento del lavoro minorile entro il 2016. Un anno dopo, l'Ilo resta ancora estremamente preoccupata per l'impatto della crisi sui minori;
ilrapporto richiede, quindi, di rinnovare gli sforzi affinché ogni bambino possa frequentare la scuola almeno fino al raggiungimento dell'età minima legale per lavorare (a seconda delle legislazioni nazionali l'età minima è compresa tra i 14 e i 16 anni). E aggiunge che devono essere prese rapidamente delle misure per combattere i lavori più pericolosi svolti da quei minori che, pur avendo raggiunto l'età minima per lavorare, si trovano ad affrontare dei rischi sul proprio posto di lavoro.
Il rapporto richiede, poi, che ogni Paese fornisca una lista delle tipologie di lavoro pericoloso così come richiesto dalle convenzioni dell'Ilo sul lavoro minorile. Esso propone anche la realizzazione di attività di formazione destinate ai giovani lavoratori che hanno raggiunto l'età lavorativa minima per renderli coscienti dei rischi, ma anche dei propri diritti e delle proprie responsabilità sul posto di lavoro;
lostudio, inoltre, analizzando i settori dell'agricoltura, della pesca, del lavoro domestico, delle attività minerarie ed estrattive, dei servizi, del commercio e vendita ambulante di prodotti, evidenzia come l'esposizione ai rischi può avere un effetto particolarmente grave sui minori, il cui fisico e la cui mente sono ancora in piena fase di sviluppo anche alla fine dell'adolescenza;
del resto, il problema dei minori che svolgono lavori più o meno pericolosi non è limitato ai Paesi in via di sviluppo. Esistono, infatti, dati che mettono in evidenza la grande vulnerabilità dei giovani agli incidenti sul lavoro negli Stati Uniti e in Europa. Il numero più elevato di minori che svolgono lavori pericolosi si trova nei paesi dell'Asia e del Pacifico. Comunque, la maggiore incidenza di bambini impiegati in lavori pericolosi rispetto al totale dei minori si registra in Africa Sub-Sahariana;
ilrapporto dell'Ilo conclude che, se è necessario rafforzare la sicurezza e la salute di tutti i lavoratori, devono essere intraprese delle misure specifiche e particolari di protezione per gli adolescenti che si trovano tra l'età minima lavorativa e i 18 anni. «Queste misure - si legge - devono fare parte di un approccio coordinato nel quale le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché gli ispettorati del lavoro svolgono un ruolo particolarmente importante». Finora, 173 dei 183 Stati membri dell'Ilo si sono impegnati a combattere «con urgenza» il lavoro svolto da minori ratificando la convenzione n. 182 dell'Ilo sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile;
secondo l'organizzazione Save the Children, anche nel nostro Paese il fenomeno del lavoro minorile assume dimensioni preoccupanti: le ultime stime disponibili (ferme al 2002) parlano di circa 500.000 minori che, per svariati motivi, o perché vivono in una famiglia mono-genitoriale o in un nucleo familiare con più minori, o perché risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione o perché appartengono a famiglie monoreddito o con un reddito inferiore al 50 per cento della media nazionale, sono costretti ad abbandonare gli studi e trovare un'occupazione;
più in generale, appare necessario rilanciare l'impegno del nostro Paese per il contrasto dello sfruttamento del lavoro minorile, tenendo presente la necessità di un'azione che investa una pluralità di piani e veda un ruolo attivo delle istituzioni, del sistema delle imprese, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni del volontariato e della stessa sensibilità e consapevolezza dei cittadini-consumatori dei Paesi ricchi del nord del mondo;
in tale ottica, appare auspicabile l'adozione a livello nazionale, così come in ambito comunitario, di misure atte a garantire, anche ricorrendo ad uno specifico sistema di etichettatura, che i prodotti commercializzati sul nostro mercato non siano realizzati da qualunque impresa, anche con riferimento a singole fasi, attraverso lo sfruttamento del lavoro minorile, in contrasto con le convenzioni in materia. A tal fine, appare altrettanto auspicabile un'azione di sensibilizzazione e promozione del consumo responsabile e l'adozione di codici etici da parte delle nostre imprese;
sembra opportuno recuperare lo spirito e la volontà che portò il 16 aprile 1998 - in occasione del terzo anniversario della morte di Iqbal, il dodicenne pakistano ucciso per vendetta dai suoi datori di lavoro, produttori di tappeti, per la sua lotta in difesa della dignità umana dei bambini - alla firma della Carta di impegni per promuovere i diritti dell'infanzia
e dell'adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile - promossa dal Governo italiano, su iniziativa della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per la solidarietà sociale, in collaborazione con i sindacati, le associazioni imprenditoriali, l'Oil e l'Unicef;
tra i punti più qualificanti e impegnativi della Carta si segnalano:
a) il contrasto allo sfruttamento sessuale di minori originato da viaggi e turismo legiferando rapidamente in materia;
b) l'adozione di forme di incentivi-disincentivi affinché gli investimenti industriali all'estero comportino l'assunzione, da parte delle imprese, dell'impegno a non ricorrere allo sfruttamento del lavoro minorile;
c) la definizione di codici di condotta per i settori o le imprese che internazionalizzano in vario modo le proprie attività;
d) il rilancio della scuola come centro di promozione culturale e sociale sul territorio considerando che il lavoro minorile è anche l'altra faccia dell'abbandono scolastico. E quindi, oltre al prolungamento dell'obbligo scolastico, prevedere forme flessibili di rientro a scuola nei casi di lavoro minorile, monitorare le frequenze, coinvolgere le famiglie;
e) il sostegno alle famiglie bisognose attraverso lo strumento del reddito minimo di inserimento, prevedendo detrazioni fiscali per le spese scolastiche, riqualificando l'azione dei consultori;
g) l'applicazione delle leggi in materia di lavoro minorile, il rafforzamento e il coordinamento degli interventi ispettivi (anche aumentando gli organici dell'ispettorato del lavoro) e repressivi;
la lotta alla piaga del lavoro nero e sommerso;
a distanza di più di tredici anni è necessaria una verifica e un aggiornamento di tale piattaforma, anche attraverso la riconvocazione del tavolo di confronto e concertazione tra le pubbliche amministrazioni, le parti sociali, il mondo dell'associazionismo,
impegna il Governo:
a una precisa assunzione di responsabilità su questo problema, attraverso l'elaborazione di una nuova Carta di impegni per promuovere i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile, a tal fine provvedendo ad una sollecita convocazione del tavolo nazionale di coordinamento tra il Governo, le parti sociali e l'associazionismo;
a favorire l'adozione di una carta dei comuni e dei municipi contro lo sfruttamento minorile, finalizzata, attraverso la partecipazione delle forze sociali e del volontariato a promuovere campagne informative e di sensibilizzazione nei confronti della popolazione locale;
a promuovere, per quanto di sua competenza, un'approfondimento presso il CNEL in materia di lavoro nero e sfruttamento minorile, allo scopo di monitorare il fenomeno dello sfruttamento minorile e di proporre iniziative anche legislative di sostegno al contrasto dello stesso;
a favorire l'adozione da parte delle imprese operanti in Italia e nell'Unione europea, di «codici di condotta» atti a garantire in ogni Paese del mondo il rispetto dei diritti sociali e del lavoro fondamentali così come individuati dalle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (divieto di lavoro forzato - Convenzioni 29 e 105; libertà di associazione e diritto di negoziazione - Convenzioni 87 e 98; divieto del lavoro dei bambini - Convenzioni 138 e 182; non discriminazione nell'occupazione - Convenzioni 100 e 111) indipendentemente dalla legislazione vigente localmente;
a promuovere l'adozione di una disciplina comunitaria che assicuri l'esclusione dello sfruttamento del lavoro minorile
nei prodotti realizzati, distribuiti e commercializzati all'interno del mercato europeo;
ad assicurare la subordinazione di qualsivoglia erogazione di contributi o risorse nazionali e comunitarie, nonché la stipula (o la vigenza) dei trattati commerciali bilaterali/multilaterali, al rispetto delle clausole sociali e delle Convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro e delle linee guida sulle multinazionali dell'Ocse;
ad attivare, presso ogni prefettura, Comitati di contrasto allo sfruttamento sul lavoro dei minori comprendenti, oltre ai servizi ispettivi, i servizi sociali e scolastici, con particolare attenzione ai fenomeni di reclutamento da parte della criminalità organizzata e micro criminalità;
ad assicurare, per quanto di sua competenza, il rilancio degli osservatori provinciali e regionali contro la dispersione scolastica, attraverso anche meccanismi di premialità nei trasferimenti delle risorse nei confronti delle amministrazioni scolastiche che più si adoperano nel contrastare il fenomeno dell'abbandono;
a potenziare i sistemi di protezione per le vittime e per i minori a rischio;
a predisporre attività di formazione destinate ai giovani lavoratori che hanno raggiunto l'età lavorativa minima per renderli coscienti dei rischi, ma anche dei propri diritti e delle proprie responsabilità sul posto di lavoro;
a provvedere al rilancio e attuazione della legge quadro n. 328 del 2000 in materia di assistenza sociale, individuando le opportune risorse finanziarie, nonché a rifinanziare la legge n. 285 del 1998, «Disposizioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza»;
ad adottare specifiche campagne di comunicazione istituzionale volte a favorire il contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile e a favorire un consumo responsabile, rispettoso dei diritti dei minori, della loro dignità, della loro integrità e sicurezza, della loro salute, del loro diritto all'istruzione e al gioco;
a realizzare una nuova indagine nazionale sul fenomeno del lavoro minorile in Italia.
(1-00673)
«Schirru, Zampa, Bobba, Brandolini, Madia, Gnecchi, Siragusa, Ghizzoni, D'Antona, Cenni, Ferranti, Murer, Motta, Lenzi, Graziano, Trappolino, Grassi, Marchi, Miglioli, Servodio, Froner, Sbrollini, Villecco Calipari, Verini, Coscia, Castagnetti, Mogherini Rebesani, Cardinale, Narducci, Rampi, Codurelli, Damiano, Touadi, Mattesini, Zucchi, Bellanova, Gatti, Agostini».
Risoluzioni in Commissione:
L'VIII Commissione,
premesso che:
il SISTRI, sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, è stato previsto da specifiche disposizioni legislative (legge n. 296 del 2006 «legge finanziaria 2007», decreto legislativo n. 4 del 2008 e legge n. 102 del 2009), con le quali si innova, con sistemi elettronici adeguati ai tempi, l'attuale sistema informativo cartaceo finalizzato al controllo dell'intera catena di gestione dei rifiuti;
l'istituzione del sistema SISTRI costituisce una misura in linea con i più recenti indirizzi normativi comunitari, ivi compresa la nuova direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, che prevede l'obbligo per gli Stati membri di adottare misure volte a garantire la tracciabilità dei rifiuti pericolosi dalla produzione alla destinazione finale;
il prioritario obiettivo che il Governo ha inteso conseguire con il sistema SISTRI è stato quello della lotta ai fenomeni di illegalità, giacché esso può fornire,
in tempo reale, le informazioni necessarie sulla movimentazione dei rifiuti, in modo da consentire un rigoroso controllo della gestione dei rifiuti da parte delle autorità di controllo;
l'istituzione del SISTRI rappresenta una misura indispensabile e mira a favorire anche il sistema produttivo;
l'entrata in vigore del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti ha registrato diverse proroghe. Ciò è dipeso da molti fattori. Innanzitutto, dall'ampia gamma dei soggetti interessati, oltre 320.000 soggetti pubblici e privati coinvolti lungo tutta la filiera dei rifiuti, dalle dimensioni più differenziali ed appartenenti ai settori produttivi più diversi, con diverso grado di propensione all'innovazione tecnologica e con una molteplicità di situazioni specifiche da disciplinare, e, inoltre, dalla complessità della normativa in tema di rifiuti aggiornata, per ultimo, a seguito dell'avvenuta approvazione del decreto legislativo n. 205 del 2010 di recepimento della direttiva europea 2008/98/CE;
sul piano operativo vi sono stati ritardi sia nella fase di iscrizione dei soggetti obbligati al Sistri, sia nella successiva fase di distribuzione dei dispositivi elettronici che, in diversi casi, hanno scontato malfunzionamenti;
tenendo conto di queste situazioni nel loro complesso, il Governo ha mostrato senso di responsabilità, concedendo proroghe che si sono succedute nel tempo;
da ultimo, va ad ogni modo ricordato, che l'11 maggio 2011 le imprese iscritte al SISTRI hanno organizzato un test di operatività del nuovo sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti, per provare la tenuta e l'efficienza del sistema;
come meglio riportato anche dalla stampa, il risultato della prova generale (cosiddetto clic day) indetto dalle categorie produttive è stato, a detta di tutte costoro, un preoccupante insuccesso, con sito internet bloccato, chiavette usb non funzionanti, call center muto;
per tali motivi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato il 26 maggio 2011 un nuovo decreto, pubblicato il 30 maggio, con il quale sono stati rimodulati i termini dell'entrata in funzione del SISTRI. Sono state, quindi, recepite le indicazioni provenienti dal sistema produttivo per un rinvio graduale della partenza del sistema, in modo da consentire il superamento delle difficoltà riscontrate e mettere in condizione tutti di poter operare con maggiore tranquillità;
in tal senso, il Governo si è anche impegnato ad alleggerire il regime sanzionatorio nel periodo di avvio del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. L'ulteriore periodo di tempo a disposizione dovrà consentire, da un lato, alle imprese di collaudare e familiarizzare con i dispositivi elettronici e, dall'altro, di introdurre tutti quei miglioramenti sul piano procedurale e sul piano tecnologico ritenuti necessari per il superamento delle criticità manifestate dagli operatori;
il decreto-legge n. 70 del 2011, nel testo approvato dalla Camera, prevede che al fine di garantire che un adeguato periodo transitorio consenta la progressiva entrata in operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, per le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali pericolosi, ivi compresi i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, il relativo termine di applicazione dello stesso SISTRI, da individuare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, nei modi di cui all'articolo 28, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, non possa essere antecedente al 1o giugno 2012;
questa ultima disposizione di proroga potrebbe rischiare di incidere negativamente sull'applicazione del SISTRI secondo le scadenze temporali stabilite dal decreto ministeriale 26 maggio 2011, in quanto, in regime transitorio, potrebbero verificarsi problemi di difficile risoluzione come l'interconnessione tra soggetti obbligati e soggetti esclusi, l'applicazione delle sanzioni tra i predetti soggetti da interconnettere ma non tutti obbligati, oppure l'individuazione delle autorità da adire in caso di dette sanzioni;
la X Commissione attività produttive della Camera dei deputati ha chiesto che in merito all'applicabilità del sistema di tracciabilità dei rifiuti, in linea con gli indirizzi dello small business act sia previsto che l'applicazione della normativa sul SISTRI alle piccole e medie imprese avvenga nel rispetto dei principi di specificità, proporzionalità e sostenibilità, nonché più in generale, che sia stabilito che il sistema di tracciabilità si applichi solo per i rifiuti pericolosi, come previsto dalla disciplina europea, e che il sistema entri comunque in vigore a decorrere dal 2012 per tutti i soggetti obbligati;
andrebbe pertanto disposta una proroga dell'integrale applicazione del SISTRI almeno fino al 1o giugno 2012 anche al fine di pervenire alla definitiva risoluzione delle problematiche riscontrate ed in particolare per realizzare in tempi certi una revisione generale del sistema basata su specifici principi operativi,
impegna il Governo:
a valutare la necessità di prevedere, con i prossimi decreti relativi all'applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, una proroga generalizzata dell'operatività del SISTRI almeno fino al 1o giugno 2012 per tutti i soggetti obbligati ed in tale ambito ridefinire la disciplina regolamentare che organizza il SISTRI, garantendo nel contempo tempi certi per la revisione del sistema e assumendo iniziative per:
a) conciliare l'interesse pubblico a tracciare i movimenti dei rifiuti con le esigenze operative del lavoro, garantendo il controllo senza causare danno all'economia reale;
b) rendere semplice l'utilizzo del sistema attraverso regole minime e facili da applicare riducendo il più possibile tutti i «casi particolari» che richiedono un'analisi specifica prima dell'applicazione del Sistri;
c) applicare il sistema a tutti i soggetti prevedendo che gli adempimenti (iscrizione, movimentazione, registrazione) a carico di quelli di minori dimensioni possano essere semplicemente delegati agli operatori professionali (trasportatori, impianti, associazioni di categoria e altri);
d) introdurre la trasposizione in digitale del collaudato sistema cartaceo vigente, in particolare consentendo ai trasportatori professionali, che nel corso del trasporto sono gli effettivi detentori del rifiuto, di emettere le schede Sistri per conto dei produttori e di interagire in tempo reale con il sistema al fine di fornire le necessarie informative;
e) disporre l'entrata in funzione del sistema in maniera modulare sulla base di specifici programmi temporali, in tal senso applicando una graduale applicazione dei test su soggetti pilota scelti fino alla completa operatività scadenzati con precisione e certezza;
f) prevedere meccanismi di revisione periodica del sistema a regime che recepiscano immediatamente dal territorio disfunzioni da regolare, anche istituendo un gruppo di lavoro permanente che esamini tutte le istanze ricevute dagli iscritti e fornisca risposte in tempi brevi;
g) rivedere il sistema sanzionatorio sulla base dei seguenti criteri di «maggiore civiltà giuridica»:
1) individuare e definire con precisione le violazioni «minori» (non dolose e senza possibilità di far danno all'ambiente) distinguendole da quelle di maggiore gravità che vanno represse con assoluta decisione;
2) tenere conto della buona fede degli operatori introducendo per talune fattispecie l'istituto del ravvedimento operoso di modo che il soggetto in buona fede che sbaglia (occorre riconoscere che esiste un errore fisiologico) abbia la possibilità di denunciare senza timore l'errore agli organi competenti liberando così risorse sull'accertamento delle violazioni di maggiore gravità;
3) eliminare eventuali sproporzioni nell'entità di alcune sanzioni posto che vi sono violazioni per le quali sono previste più sanzioni che congiuntamente applicate comportano la cessazione del soggetto economico.
(7-00623)
«Togni, Guido Dussin, Lanzarin, Alessandri, Bitonci».
La Commissione XIII,
premesso che:
è ormai un dato acquisito - denunciato unanimemente dai produttori, dalla ricerca e dagli ambientalisti - che la maggior parte degli stock ittici soffre di sfruttamento eccessivo, ovvero superiore alla loro capacità di ricostituzione;
questo squilibrio ha portato a una generale contrazione della produzione, a una crescente dipendenza del mercato europeo dalle importazioni e, conseguentemente, a una riduzione della redditività complessiva del settore, che ricade sui pescatori e sulle comunità costiere;
la crescente consapevolezza del ruolo cruciale svolto dai nostri mari e la necessità sempre più pressante di preservarli e di garantirne lo sfruttamento razionale hanno fatto della sostenibilità ecologica nel medio e lungo periodo un aspetto fondamentale delle politiche della pesca a livello europeo e globale;
in particolare, è ormai generalmente condivisa la necessità di ridurre la pressione sull'ambiente marino, attraverso meccanismi di gestione dell'attività di pesca, che siano basati sulla condivisione e il coinvolgimento diretto degli operatori;
il fermo temporaneo di pesca è uno strumento ecobiologico di grande valenza ambientale, finalizzato al ripopolamento degli stock ed alla salvaguardia della biodiversità, che viene applicato da circa un ventennio;
questa misura coinvolge circa 2.600 motopescherecci abilitati ai sistemi a strascico e volante, per un totale di circa 7.500 marittimi imbarcati;
nei piani di gestione per GSA (Geographical sub-areas) per il sistema a strascico, presentati dall'Italia alla Commissione europea, è prevista una sospensione dell'attività di pesca fino a 45 giorni indicati prevalentemente nei mesi estivi;
appare quindi necessario finanziare anche per il 2011 le doverose misure di compensazione per le imprese di pesca soggette al fermo pesca, considerato anche che oltre all'evidente calo della redditività, dovuto alla scarsità delle risorse ittiche, esse devono affrontare anche un eccezionale rialzo dei costi di produzione, soprattutto energetici,
impegna il Governo
ad adottare con urgenza le iniziative normative necessarie per l'attuazione del fermo temporaneo dell'attività di pesca per l'anno 2011.
(7-00619)
«Agostini, Brandolini, Sani, Zucchi, Cenni, Trappolino, Cuomo, Fiorio, Servodio, Marco Carra, Mario Pepe (PD), Dal Moro, Oliverio».
La XIII Commissione,
premesso che:
il vino, unitamente al territorio e alla cultura di cui è espressione, è una delle ricchezze più rilevanti del sistema Italia, riconosciuto ed apprezzato a livello internazionale, è potenziale veicolo di sviluppo produttivo e turistico al pari del patrimonio artistico e monumentale;
l'interazione tra le diverse filiere produttive e quelle legate all'accoglienza, ha determinato, specialmente nel settore vinicolo, vere e proprie situazioni di sviluppo economico locale, dando luogo a marchi di successo e trasformando, in molti casi, la marginalità in opportunità;
il settore guarda con preoccupazione l'aumento della concorrenza da parte dei «nuovi Paesi produttori» quali Stati Uniti, Sud Africa e Australia in considerazione delle riconosciute particolarità del vino quale prodotto trasformato e della necessità di preservare alcune specificità settoriali;
nell'attuale crisi economica, l'offerta di vino prevale sulla domanda e la produzione dei Paesi «storici» si rileva superiore alla capacità di assorbimento, la liberalizzazione dei diritti di impianto del settore vitivinicolo, da attuarsi tra il 2015 e il 2018, proposta dal Regolamento (CE) n. 479/2008 - riforma dell'Organizzazione comune del mercato vino - rischia di destabilizzare ulteriormente l'intero comparto a livello nazionale e comunitario;
i diritti di impianto e reimpianto sono strumenti regolati dal diritto comunitario essenziali alla gestione del potenziale di produzione in base ai quali un viticoltore può impiantare soltanto se dispone dei diritti che gli sono concessi, nell'ambito delle riserve regionali, se il produttore è in grado di dimostrare l'esistenza di richieste di mercato per i suoi prodotti e dunque la necessità di ampliare i propri siti produttivi;
la deregulation stabilita dall'Europa porta di fatto ad una industrializzazione delle viticoltura e gli effetti negativi saranno particolarmente evidenti sul settore dei vini di origine controllata la cui eccessiva produzione porterà al crollo dei prezzi, ad una perdita consistente dei posti di lavoro (la formazione offerta ai giovani del settore registra già una stagnazione e una diminuzione degli effettivi), nonché ad una caduta della qualità. Le nuove regole della OCM vino se applicate nella loro versione attuale porterebbero per esempio la superficie del Chianti dagli attuali 17.000 a 35.000 ettari e quella della Rioja da 60.000 a 350.000 ettari;
i diritti di impianto oltre a consentire la regolazione dell'offerta, rappresentano anche uno strumento di gestione ragionata delle zone di produzione a beneficio del patrimonio viticolo collettivo e del binomio vigneto/regione; la perdita di tale strumento favorirà la delocalizzazione dei vigneti verso zone facilmente meccanizzabili e in cui la mano d'opera costa meno con conseguente spostamento degli investimenti e concorrenza sleale tra vini IG e vini che ne sono sprovvisti;
in alcune aree si assiste già ad un pre-posizionamento di operatori che dispongono di capitali in vista della espansione della propria azienda a svantaggio dei piccoli produttori; secondo stime recenti infatti l'applicazione a regime della liberalizzazione porterà ad un incremento di un milione di ettari di vitigno europeo a denominazione d'origine;
al fine di realizzare gli obiettivi di difesa del valore aggiunto e salvaguardare l'eccellenza del prodotto e il lavoro di produttori storici che detengono il patrimonio di conoscenze e capacità, è necessario mantenere le attuali licenze produttive a garanzia di un equilibrato rapporto tra produzione e mercato e tra superfici vitate e sviluppo delle varie denominazioni;
nello scorso mese di aprile il Consiglio agricoltura dell'Unione europea ed altri dieci Paesi membri tra cui l'Italia hanno chiesto formalmente al commissario Ciolos di rivedere la deregulation sui diritti di impianto;
la Commissione agricoltura del Parlamento europeo, nella risoluzione adottata sul testo della comunicazione della CE «la PAC 2020», ha chiesto il mantenimento dell'attuale sistema dei diritti di impianto,
impegna il Governo
ad attivarsi in sede europea, anche in considerazione dei sopravvenuti orientamenti comunitari, al fine di rivedere l'attuale regime transitorio dei diritti di impianto e verificare se strumenti alternativi di regolazione della produzione possano essere attuati per garantire il controllo e la gestione delle produzioni europee, con particolare riguardo ai vini italiani DOCG, DOC e IG.
(7-00620) «Callegari».
La XIII Commissione,
premesso che:
il nostro Paese si colloca al secondo posto nella lista mondiale dei Paesi produttori di kiwi (Actinidia chinesis), con una produzione che si attesta intorno alle 430 mila tonnellate, una superficie coltivata di quasi 29 mila ettari e una contribuzione all'export totale pari al 33 per cento (dati: CSO 2010);
la produzione del kiwi si concentra in alcune regioni del Nord Centro Italia, segnatamente Piemonte, Emila Romagna, Veneto e Lazio, dove la combinazione del clima e del suolo, molto simili a quelli della zona di sviluppo originaria, conferiscono al prodotto gradevolezza e serbevolezza uniche, tanto che il kiwi prodotto in Lazio ha ottenuto l'iscrizione nel registro comunitario delle indicazioni geografiche protette;
è ormai dal 2007, anno in cui si sono riscontrati i primi focolai, che le coltivazioni di kiwi sono colpite da una grave malattia riconducibile all'agente del cancro batterico dell'actinidia, causato da Pseudomonas Syringae Actinidiae PSA;
a fronte della gravità della condizione in cui versa l'intero comparto, sia per quanto riguarda il rischio fitosanitario associato a detto batterio che alla sua pericolosità per la generalità degli impianti di actinidia, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha attivato una serie di interventi, compreso lo stanziamento di fondi a sostegno di ricerche mirate ad individuare soluzioni indonee a fronteggiare la situazione e scongiurare il pericolo del verificarsi di nuove epidemie;
permane ancora lo stato di grave emergenza in considerazione della diffusione della batteriosi alla totalità degli impianti di actinidia con grave nocumento per le aziende produttrici, che devono, non solo fronteggiare una minor resa oltre alla perdita di prodotto per almeno sei anni - due di quarantena del terreno e quattro in attesa che le nuove piante possano di nuovo entrare in produzione - ma anche sostenere i costi dell'estirpazione e distruzione delle piante infette mediante incenerimento o interramento,
impegna il Governo:
a predisporre ulteriori specifiche iniziative di ricerca finalizzate, nel breve periodo, a contrastare la malattia in tutte le zone già colpite e contenere la diffusione del patogeno e, nel lungo periodo, a sviluppare tecniche di coltivazione innovative, quali il miglioramento genetico, per creare resistenze alle principali patologie;
a rafforzare le misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione del cancro batterico dell'actinidia, già attivate dal decreto ministeriale 7 febbraio 2011, al fine di garantire costantemente il controllo sanitario delle piante con immediata eliminazione di quelle infette,
anche attraverso un maggior coinvolgimento degli organi di controllo e prevenzione;
a mettere in campo tutte le misure necessarie a tutelare il prodotto ed i produttori, a cominciare dal sostegno, attraverso l'erogazione di aiuti diretti, alle aziende produttrici al fine di scongiurare la crisi dell'intero comparto e del suo indotto;
ad attivarsi presso la Commissione europea al fine di negoziare la messa a disposizione delle risorse comunitarie necessarie al contenimento dell'infezione, onde evitare il ricorso a consistenti importazioni di kiwi da Paesi terzi;
a predisporre misure di emergenza da applicare all'attività vivaistica e quindi al commercio delle piantine di kiwi destinate alla coltivazione.
(7-00621) «Callegari, Bitonci».
La XIII Commissione,
premesso che:
il regolamento (CE) n. 479/2008, che introduce una vasta riforma dell'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, coinvolge numerosi aspetti del comparto, fra cui l'abolizione, a decorrere dal 1o gennaio 2016 del sistema dei diritti di impianto a livello comunitario;
i diritti di impianto e reimpianto costituiscono un tema di particolare rilevanza nel contesto dell'economia nazionale e delle prospettive del comparto vitivinicolo, essendo considerati nell'esperienza storica e anche nel sistema tuttora vigente, come uno strumento, regolato dal diritto comunitario, di gestione del potenziale di produzione e funzionante secondo moduli semplici ed essenziali;
l'applicazione di tale sistema che prevede una gestione a lungo termine della produzione, rappresenta, inoltre, l'elemento determinante e fondamentale della crescita economica del comparto vitivinicolo che solo in tal modo può ottenere ed offrire precise garanzie di equilibrio tra domanda ed offerta, garantendo uno sviluppo durevole alla viticoltura;
in base a tale sistema un viticoltore può infatti impiantare soltanto se dispone di diritti di impianto, i quali sono concessi, nell'ambito delle riserve regionali, se il produttore è in grado di dimostrare l'esistenza di richieste di mercato per i suoi prodotti e la necessità di ampliare i siti produttivi, consentendo di controllare indirettamente la produzione, per evitare le crisi di sovrapproduzione e per stabilizzare i prezzi, senza impedire all'impresa interessata, che raggiunga dei risultati commerciali soddisfacenti, di continuare la propria espansione e gli investimenti;
l'applicazione dell'attuale sistema dei diritti di impianto, che complessivamente ha riscontrato risultati positivi, rischia tuttavia di essere fortemente compromessa a seguito della liberalizzazione dei diritti di impianto, prefigurata a livello comunitario, che non consente il mantenimento dell'equilibrio di mercato, ed espone il comparto vitivinicolo al rischio di fenomeni destabilizzanti, con effetti negativi sui redditi dei viticoltori e sulla qualità del prodotto, penalizzando oltre misura l'intera filiera nazionale, che rappresenta, come è noto, uno dei comparti d'eccellenza a livello mondiale del made in Italy;
le conseguenze decisamente negative e sfavorevoli, che la liberalizzazione determinerebbe nei riguardi dell'intero comparto vitivinicolo in particolare nei riguardi della qualità dei prodotti, appaiono pertanto evidenti in considerazione tra l'altro, del fatto che i rischi e le preoccupazioni di quanto suesposto risultano condivisi da dieci Stati membri dell'Unione europea, che ufficialmente si sono dichiarati contrari all'introduzione delle norme di liberalizzazione dei vigneti;
i suddetti Stati membri dell'Unione europea, fra cui in prima linea con l'Italia sono presenti la Francia e la Spagna, sostengono pienamente l'impostazione secondo la quale il controllo e la gestione del
potenziale produttivo rappresentano gli elementi chiave della riuscita economica del comparto e soltanto attraverso appropriati strumenti di gestione risulta possibile adattarsi alle richieste di mercato ed evitare dannose sovrapproduzioni che provocherebbero inevitabilmente una produzione standardizzata, a differenza di ciò a cui le tendenze del mercato sono invece orientate, ovvero una trasformazione delle abitudini del consumatore che privilegia sempre più la qualità e la tipicità;
risulta imprescindibile pertanto il raggiungimento del comune obiettivo che consiste nel tutelare e salvaguardare le produzioni nazionali e la garanzia del reddito dei vitivinicoltori italiani, le cui finalità non sono certamente perseguibili attraverso l'aumento incontrollato dei prodotti immessi al consumo, così come risulterebbe dalle disposizioni che la Commissione europea intende prevedere, attraverso la liberalizzazione dei diritti di impianto a partire dal 31 dicembre 2015, (data in cui l'attuale regime dei diritti di impianto cesserà di essere regolamentato), che rischiano irreparabilmente di compromettere i risultati positivi raggiunti dal comparto nazionale negli ultimi decenni,
impegna il Governo
ad intervenire, in sede comunitaria, al fine di pervenire ad una revisione delle disposizioni previste dal regolamento (CE) 479/2008, che stabiliscono a partire dal 1o gennaio 2016, la liberalizzazione dei diritti di impianto, i cui effetti negativi e penalizzanti esposti in premessa rischiano di determinare evidenti danni economici sull'intera filiera vitivinicola italiana, con innegabili ripercussioni sul piano occupazionale del comparto interessato.
(7-00622)
«Beccalossi, Biava, Catanoso Genoese, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Nastri, Romele».
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPARINI, MOLGORA, VOLPI e REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
i cambiamenti politici e gli eventi bellici in corso nel nord Africa hanno provocato un eccezionale afflusso di migranti sulle coste italiane;
la prima fase emergenziale si è sostanzialmente conclusa il 5 aprile 2011 quando il Governo italiano e le nuove autorità tunisine hanno ripristinato gli accordi bilaterali in materia di immigrazione. Da quella data i tunisini che arrivano in Italia in modo irregolare vengono rimpatriati;
oggi siamo nella seconda fase, quella delle persone provenienti dalla Libia. Si tratta di cittadini di varie nazionalità, in prevalenza africane, che lavoravano in Libia e sono in fuga dalla guerra. Per questa ragione vengono accolti nel nostro Paese per avviare la procedura per la richiesta di asilo. Si inseriscono, quindi, in un percorso regolare, già previsto dalle nostre leggi sull'immigrazione;
il 6 aprile 2011 è stato sottoscritto un accordo tra comuni, province, regioni e Governo centrale per condividere e coordinare l'accoglienza sull'intero territorio nazionale dei profughi provenienti dalla Libia;
l'accordo prevede che i profughi vengano accolti sull'intero territorio nazionale, suddividendoli nelle regioni in modo equo e proporzione alla popolazione residente;
la normale capacità di accoglienza per «richiedenti asilo» in Italia è di circa 7.000 persone all'anno. Si tratta di soluzioni per piccoli numeri (la rete dello SPRAR, e le piccole comunità di accoglienza)
oppure per numeri più rilevanti (i veri e propri C.A.R.A. Centri di accoglienza per richiedenti asilo, diffusi sull'intero territorio nazionale);
il conflitto bellico pone l'Italia di fronte ad un repentino incremento del fabbisogno di accoglienza. Sulla base degli scenari di evoluzione della guerra, il Governo ha prefigurato fino ad un massimo di 50.000 persone che si potrebbero riversare sulle nostre coste per richiedere asilo. Queste persone necessitano di un'accoglienza che la «rete» ordinaria non è in grado di offrire. Per gestire questo afflusso eccezionale è stato quindi predisposto un Piano nazionale di accoglienza suddiviso in scaglioni da 10.000, 20.000, 30.000, 40.000 e 50.000;
in Lombardia risiede una percentuale tra il 17 ed il 18 per cento dell'intera popolazione nazionale, questa stessa percentuale è quella che determina il numero di profughi da accogliere sul territorio regionale per ognuna delle 5 fasi del Piano. Traducendo in numeri, ciò significa che ogni 10.000 profughi che sbarcano a Lampedusa o sulle altre coste siciliane e che avviano la procedura di richiesta dell'asilo, tra 1.700 e 1.800 dovranno trovare accoglienza sul territorio lombardo. Nello scenario più pessimistico (quello dei 50.000 arrivi complessivi) in Lombardia dovranno trovare accoglienza circa 8.500 persone;
in Lombardia conta 1.546 comuni, suddivisi in 12 province. L'obiettivo a cui tendere è quindi quello dell'attivazione di un'azione di accoglienza diffusa sull'intero territorio, con l'obiettivo di individuare soluzioni appropriate, anche per piccoli numeri, tali da non comportare un impatto eccessivo sui singoli territori. Nella regione risiedono poco meno di 900.000 cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno. Il numero massimo di richiedenti asilo che potrebbe essere necessario accogliere per far fronte a questa emergenza nello scenario peggiore (8.500) è, infatti, inferiore all'1 per cento del totale;
l'accordo del 6 aprile 2011 dispone, pertanto, un piano di attività relativo ai richiedenti asilo in fuga dalla Libia, basato su questi quattro elementi:
1) utilizzo dell'esistente normativa sull'immigrazione senza creare percorsi diversi o atipici, e quindi obiettivo di accogliere i profughi preferibilmente ampliando la capacità di accoglienza delle strutture esistenti, idonee e già sperimentate;
2) suddivisione dei profughi sul territorio nazionale in misura equa, proporzionale ai cittadini residenti in ciascuna regione
3) coinvolgimento del sistema nazionale di protezione civile a tutti i livelli (comuni, province, regioni e Governo centrale) per assicurare la necessaria tempestività ed efficacia degli interventi;
4) assunzione degli oneri economici a carico del Governo centrale, con procedure di spesa decentrate e veloci;
la struttura di coordinamento nazionale provvede a ripartire i profughi giunti sulle coste siciliane, ad alloggiarli temporaneamente per qualche giorno nei centri di primo soccorso esistenti a Lampedusa, Manduria, e altre località per poi indirizzarli verso tutte le regioni, secondo i criteri proporzionali concordati tra comuni, le province, le regioni e il Governo centrale;
per gestire questa attività di accoglienza straordinaria in Lombardia, a partire dal 10 maggio 2011, sono state individuate due figure operative:
1) un soggetto incaricato di individuare le strutture di accoglienza (o di allestirle, dove necessario) per l'intero territorio regionale (questa finzione è temporaneamente svolta da un dirigente del dipartimento nazionale di protezione civile, nelle more della designazione di un soggetto a cura della regione Lombardia);
2) un soggetto attuatore competente per la gestione delle strutture individuate, con il compito di trattare tutti gli
aspetti relativi, ivi compresa la gestione della quota spettante alla Lombardia difendo straordinario e dei conseguenti pagamenti: questa funzione è svolta dal viceprefetto vicario presso la prefettura di Milano;
in Vallecamonica, provincia di Brescia, sono state rapidamente saturate tutte le strutture in grado di accogliere e assistere i richiedenti asilo nell'intero percorso di richiesta di asilo (rete SPRAR, cooperative sociali, comunità e centri di accoglienza, laici e religiosi);
in Vallecamonica l'alloggiamento temporaneo in alberghi che offrono la propria disponibilità ha comportato il flusso di centinaia di profughi avendo però ben presente il fatto che la soluzione alberghiera non è una soluzione sostenibile nel tempo e che, anche per un'accoglienza di durata limitata, è necessario accostare alla gestione alberghiera un supporto a cura del volontariato (associazioni già operative nel campo socio-assistenziale, Croce rossa italiana, organizzazioni di volontariato di protezione civile);
la predisposizione di un meccanismo di «supporto» con il coinvolgimento dei servizi sociali dei comuni interessati e del volontariato per supportare i profughi nella prima fase di accoglienza e per aiutare gli albergatori assicurando loro un punto di riferimento ed un sostegno per tutto ciò che esula dalla prestazione alberghiera di vitto e alloggio nei comuni di Corteno Golgi e Artogne è stata lacunosa e non attinente alle linee guida dell'accordo sottoscritto dall'ANCI;
a Montecampione, nel comune di Artogne in provincia di Brescia, un centinaio di profughi sono stati sostanzialmente ghettizzati in multiproprietà ad oltre 1.800 metri in assenza dell'assistenza necessaria ovvero quella ordinariamente prevista dalla legge per i richiedenti asilo che non sono soggetti a nessun tipo di sorveglianza a carico della strutture ospitanti fatto salvo l'obbligo di pernottare nella struttura assegnata. Chi si allontana senza giustificato motivo e senza comunicarlo preventivamente mette a rischio il processo di concessione dell'asilo e, collocandosi fuori dal percorso di regolarità, deve essere preso in carico dalle autorità di pubblica sicurezza;
in egual modo nel comune di Corteno Golgi malgrado l'imponente sforzo profuso da associazioni di volontariato, forze dell'ordine e presidi sanitari l'impatto dei profughi ha avuto un impatto negativo sul tessuto sociale;
la Vallecamonica Sebino comprende 42 comuni, con una popolazione complessiva di 99.129 abitanti e 8.000 stranieri regolarmente soggiornanti, ha sino ad ora accolto 300 profughi con un rapporto ben superiore alla media di altre aree e della programmazione definita in sede di ripartizione di un profugo ogni 2.000 cittadini -:
se la Presidenza del Consiglio dei ministri sia a conoscenza della situazione;
se la Presidenza intenda ripristinare i criteri e le linee guida per l'accoglienza dei profughi anche al fine di scongiurare grandi ammassamenti di richiedenti asilo.
(4-12536)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto del 26 giugno 2011, a firma Guido Viale, in merito alla nuova emergenza rifiuti a Napoli, si segnala l'esistenza, in provincia di Caserta, a Parco Saurino, in un terreno riconducibile alla proprietà della famiglia Schiavone, di una discarica vuota da 300 mila metri cubi (estensibile a 600 mila) a cui nessuno ha ancora fatto ricorso;
nell'articolo si evidenzia come nessuno abbia mai chiesto di usare la suddetta discarica avendo preferito, De Gennaro, aprire due nuove discariche illegali, che stanno franando, nelle province di
Benevento e di Avellino e trasformare in «depositi temporanei», ma perpetui come le ecoballe, numerosi edifici, tra cui un impianto di compostaggio nuovo di zecca nella vicina San Tammaro che in questo modo è divenuto inutilizzabile, mentre Bertolaso, nonostante gli ingenti mezzi a disposizione, ha preferito aprire una nuova discarica - delle 11 che aveva in programma - nel cuore di un'area urbana protetta, accanto a un ospedale e a un insediamento residenziale grande come una città;
anche se, come giustamente evidenzia l'articolo di Guido Viale, la soluzione del decennale problema dei rifiuti campani non si risolve certo con l'attivazione di una discarica, l'utilizzazione della stessa potrebbe essere utile nell'attuale fase critica per sversare i rifiuti delle strade di Napoli in attesa che la raccolta differenziata li riduca e compostaggio, trattamento meccanico ed estrusione realizzino un riciclo totale -:
se sia mai stato chiesto di usare la discarica di cui in premessa;
per quale motivo il Governo non l'abbia attivata e se, anche alla luce della nuova emergenza, risulti al Governo se si intenda farlo.
(4-12553)
...
AFFARI ESTERI
Interrogazioni a risposta scritta:
ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
le associazioni italiane di Istanbul hanno sottoscritto un documento - inviato anche al Ministero degli affari esteri - in cui richiedono la continuità didattica per la scuola materna ed elementare statale italiana, operante ad Istanbul dal 1989;
la scuola ha svolto un ruolo molto utile per la comunità ma anche una funzione importante e prestigiosa per la promozione del nostro Paese in questa città, vera porta europea nel vicino oriente;
nella regione di Istanbul sono presenti oltre 800 imprese italiane e molte vedono la presenza di dirigenti ed operatori italiani con le loro famiglie che si trovano senza più alcuna struttura ove far apprendere la lingua italiana ai propri figli -:
quali siano le motivazioni che hanno portato alla chiusura della scuola;
se si ritenga possibile un riavvio della continuità scolastica;
quale sia in meito a questa chiusura il parere della rappresentanza diplomatica italiana in Turchia.
(4-12541)
CATANOSO GENOESE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono numerose le notizie che dall'estero giungono all'interrogante circa una serie di difficoltà da superare da parte di cittadini extra-comunitari per l'ottenimento di visti d'ingresso turistici nel territorio nazionale;
numerosi nostri connazionali sollecitano l'interrogante al fine di superare le difficoltà che i consolati italiani frappongono al rilascio dei visti suddetti;
le maggiori difficoltà s'incontrano nei consolati d'oltreoceano e dell'est Europa;
il sospetto, però, che queste difficoltà siano solo conseguenza di affari poco chiari, forse anche illeciti, è molto forte in quanto nei pressi dei nostri consolati sorgono agenzie ed uffici «disbrigo pratiche» che dietro pagamento di qualche migliaia di euro garantiscono ed ottengono il rilascio del visto;
uno degli ultimi casi che mi sono stati sottoposti riguarda il consolato italiano di Santo Domingo;
a giudizio dell'interrogante è corretto e doveroso che le nostre strutture estere controllino attentamente i soggetti che intendono
entrare nel nostro territorio e ne valutino la bontà delle dichiarazioni rese, ma altrettanto importante è che il nostro Ministero controlli le stesse strutture affinché si eviti anche solo il sorgere del sospetto che il diniego sia solo un pretesto per ottenere guadagni illeciti da parte di terzi o, addirittura, da parte dei nostri stessi funzionari -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per ovviare alle problematiche esposte in premessa.
(4-12554)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta orale:
RUGGHIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il crollo del portale delle Mura dei francesi, alla Marcandreola, nel comune di Ciampino, ha suscitato profondo turbamento nell'opinione pubblica;
il monumento, capolavoro dell'arte barocca del '600, fu realizzato dall'architetto e scultore Girolamo Rainaldi, noto per aver progettato palazzo Pamphili a piazza Navona e terminato i lavori del Campidoglio dopo la morte di Michelangelo;
il portale, con decreto ministeriale del 9 febbraio 1935, del Ministro dell'educazione nazionale veniva dichiarato di importante interesse e sottoposto a tutela ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364;
in data 15 giugno 2009, la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, ha esteso il vincolo alle Mura dei francesi, dichiarandole di interesse particolarmente importante, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
nella relazione storico artistica, che è parte integrante del decreto, l'area dell'intero lotto delimitata dalle Mura dei francesi, è considerata di grande rilievo per la presenza dei casali, del Barco Colonna e delle gallerie sottostanti interamente scavate nel peperino, tutte dotate di pozzi di aria e luce, nelle quali si poteva accedere direttamente con i cavalli che trainavano i carri carichi delle uva della vendemmia;
nell'area della Marcandreola e delle Mura dei francesi, il tribuno Cola di Rienzo, nel 1347, fece accampare il proprio esercito durante la guerra intrapresa contro gli Orsini di Marino;
nella stessa area si accamparono i «francesi» della famigerata compagnia bretone, al soldo dell'antipapa Clemente VII, nel corso della battaglia di Marino, all'epoca dello scisma d'oriente;
l'intera area della tenuta delle Mura dei francesi è di grande importanza storica artistica e paesaggistica. Per tale motivo, attraverso il PRUSST Castelli romani - Prenestini, il comune di Ciampino l'ha destinata a Parco dei Casali, come elemento di congiunzione fra il parco dell'Appia Antica e quello dei Castelli romani;
in data 15 giugno 2011 si è svolto, presso la proprietà Marcandreola, un sopralluogo dei tecnici della Soprintendenza per i beni storici e artistici del Lazio, congiuntamente al sindaco e ai tecnici del comune di Ciampino oltreché ai tecnici incaricati dalla proprietà del sito, per l'avvio delle operazioni di recupero, consolidamento e restauro del portale, a carico della proprietà;
altri monumenti del territorio dei Castelli romani rischiano il crollo o il definitivo degrado:
nel comune di Marino il portale barocco del 1633, che segnava l'ingresso della tenuta Barberini al chilometro 21 della via Appia, può rappresentare un altro caso di «morte annunciata»;
sempre a Marino rischiano di andare irrimediabilmente e vergognosamente perduti i resti del circo di Boville, uno dei
più grandi di Roma, che superava per dimensioni sia il circo Vaticano sia il circo Agonale (piazza Navona);
l'area archeologica del Tuscolo è inserita nella lista rossa di Italia Nostra dei monumenti da salvare nel territorio nazionale;
villa Sciarra, nel comune di Frascati, voluta da Monsignor Ottaviano Vestri e costruita nel 1570, versa in condizioni di degrado;
sempre nel comune di Frascati la Villa dei Coccei, nel parco archeologico di Cocciano, è in uno stato di grave incuria e deterioramento;
tutta l'area territoriale dei Castelli, Appia Antica, Tuscolo è caratterizzata dalla presenza di beni archeologici, monumentali, architettonici, artistici e del paesaggio tra i più importanti d'Italia -:
quali iniziativi intenda assumere:
a) per assicurare che la proprietà provveda alla ricostruzione accurata del portale e ai necessari interventi di manutenzione dei Casali e delle gallerie nell'area delle Mura dei francesi;
b) per garantire la ricognizione, il restauro, il risanamento conservativo delle opere e dei monumenti a rischio, dell'immenso patrimonio archeologico e culturale dei Castelli Romani.
(3-01727)
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
è stato reso noto che la città di Monza è stata esclusa dalla lista dei siti longobardi del patrimonio mondiale dell'Unesco;
la città di Monza è stata capitale del Regno longobardo ed è depositaria del tesoro del Duomo e della celeberrima Corona ferrea;
insieme a Pavia, Monza rappresenta la storia della cultura longobarda ed è pertanto impensabile che sia esclusa dai siti dell'Italia Longobardorum, l'elenco delle località italiane che ospitano i monumenti longobardi scelti dall'Unesco per far parte della lista mondiale;
in tale lista sono state incluse altre città (Foggia, Brescia, Udine, Benevento, Perugia, Varese), nonostante alcune delle quali, al contrario di Monza, presentino monumenti diroccati;
i criteri dell'Unesco, infatti, tengono conto infatti della sola presenza di luoghi fisici, di monumenti di diretta origine longobarda, escludendo invece la storia della città, le fonti storiografiche ed il patrimonio artistico;
il Duomo di Monza, ad esempio, nonostante la sua fondazione sia legata alla regina Teodolinda, non è considerato dall'Unesco perché ha subito alcune successive modifiche;
è assurdo, ad avviso dell'interrogante, che l'Unesco insista con questo metodo chiuso che mortifica la storia e che, di conseguenza, rende di fatto pesantemente incompleto il circuito longobardo;
difatti, al di là dei criteri adottati, è impensabile che un appassionato o un turista che voglia conoscere i longobardi prescinda dal visitare il Tesoro di Monza o Pavia -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa se non intendano intervenire presso l'Unesco affinché il capoluogo brianzolo, cuore della cultura e della storia longobarda, possa essere reinserito nella lista dei siti longobardi, risolvendo questa grave anomalia e restituendogli il suo legittimo e storico ruolo.
(4-12539)
CARELLA, MADIA, TIDEI, MARCO CARRA, CAUSI e GRASSI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in vista della realizzazione di un piano integrato nel comune di San Cesareo
(Roma), durante l'esecuzione di saggi archeologici, sono rinvenuti resti di un complesso monumentale molto esteso e di grande importanza storico-archeologica, relativo probabilmente a una villa imperiale, forse proprio la grandiosa villa citata da illustri studiosi, nella quale si sarebbe trovato Massenzio il giorno in cui fu acclamato Augusto (306 dopo Cristo);
ad oggi sono state individuate una decina di stanze che presentano pavimenti di rara bellezza, una imponente struttura muraria di circa 400 metri quadrati e, sta emergendo, dai sondaggi archeologici in corso, una grande struttura termale, il cui solo caldarium, occupa una superficie di 500 metri quadrati;
secondo osservazioni di esponenti dell'opposizione al consiglio comunale di San Cesareo e attraverso un atto di sindacato ispettivo in regione Lazio del consigliere onorevole Mario Di Carlo, risulta che il «Piano integrato di intervento ai sensi della legge n. 172 del 1992» in località Pietrara con contestuale adozione di variante urbanistica adottato dal comune di San Cesareo e richiesto dalla società Due Gi. Immobiliare srl non garantirebbe la conservazione del sito archeologico nella sua interezza, rispetto alla sua presumibile entità e alla tipologia insediativa prevista dal piano; si prevede infatti l'edificazione di oltre 80 metri cubi tra edilizia residenziale, commerciale e una nuova chiesa;
il piano zona integrato originariamente autorizzato (prima del ritrovamento della villa) prevedeva una edificazione di circa 27.335 metri cubi su un'area di 28.618 metri quadri (indice 0,95) le costruzioni previste dovevano essere alte al massimo metri 10,50;
il piano di zona integrato autorizzato dopo il ritrovamento (quello in esecuzione) prevede una edificazione di circa 54.626 metri cubi su un'area di 34.566 metri quadri (indice 1,52 metri cubi) e le costruzioni previste saranno alte al massimo metri 18,50;
in pratica la società Due Gi. Immobiliare srl avrebbe ottenuto con la variante un indice edificativo maggiorato del 57 per cento rispetto al precedente;
non si comprende il ritardo a porre il vincolo di tutela al complesso monumentale da parte della sovrintendenza che rischia di produrre un danno grave ad un comune, quello di San Cesareo, che grazie a tale rinvenimenti potrebbe trasformarsi da semplice quartiere dormitorio di Roma a zona archeologica, con tutte le potenzialità che si possono trarre in termini di fruizione turistica, scientifica e didattica;
il rinvenimento di tale villa, se tutelata e valorizzata nella sua interezza, può costituire per il comune di San Cesareo quell'elemento identitario che può avviare un percorso di recupero della memoria e di emancipazione culturale e sociale -:
se il Ministro non ritenga che il rinvenimento dell'importante sito archeologico non imponga urgentemente di porre il vincolo sulla zona in questione, la sospensione del progetto di edificazione e l'avvio di un percorso per la tutela e la valorizzazione del sito.
(4-12540)
TOCCAFONDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
si apprende dai quotidiani locali che uno studio dell'università di Firenze, dimostra che il terreno sottostante il corridoio Vasariano, a Firenze, cede di 10 millimetri l'anno;
lo studio del dipartimento di scienze della terra dell'ateneo fiorentino dal 2003 al 2007 ha effettuato il monitoraggio satellitare degli effetti al suolo indotti da infrastrutture basato sulla tecnica interferometria radar e che permette di isolare il contributo della deformazione del suolo e di misurare movimenti con precisione millimetrica e ha rilevato il cedimento sopra citato;
l'amministrazione comunale ha recentemente attuato scelte che riguardano
la mobilità urbana e in particolare, ha pedonalizzato delle zone del centro storico (via Tornabuoni e piazza Pitti), costringendo il passaggio di molti veicoli, nelle strade adiacenti al corridoio Vasariano;
a quanto si apprende dai quotidiani locali, lo studio sopra citato, dimostrerebbe che far convergere il flusso del traffico sul Lungarno Acciaioli e Lungarno Archibusieri, potrebbe comportare il pericolo di crolli del corridoio Vasariano e degli Uffizi;
il centro storico di Firenze, è iscritto nella lista del patrimonio mondiale UNESCO dal 1982;
proprio dalla volontà di conservare e valorizzare l'immenso patrimonio della città è stato creato all'interno della direzione cultura del comune di Firenze un'apposita struttura, l'ufficio centro storico patrimonio mondiale UNESCO -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
se il Ministero per i beni e le attività culturali, sia stato adeguatamente informato da parte dell'ufficio centro storico del comune di Firenze, in merito ai cambiamenti riguardanti la mobilità cittadina, dato che l'ufficio ha come primaria esigenza di affrontare l'impegno della redazione del piano di gestione che l'ufficio lista presso il Ministero per i beni e le attività culturali abbia richiesto a tutti i siti italiani inseriti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo e in particolare il Ministro interrogato per salvaguardare, il corridoio Vasariano e tutta la zona degli Uffizi, riconosciuto come uno dei più importanti luoghi della cultura mondiale.
(4-12543)
TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2011
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DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
PES, CALVISI e SCHIRRU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la casa editrice Magenes ha pubblicato una guida ai relitti moderni nei mari italiani, «Relitti e navi sommerse» i cui autori, Gianluca Mirto, Sergio Pivetta e Giorgio Spazzapan, danno notizia, a pagina 276 della pubblicazione, della presenza di un relitto nelle acque di Is Arenas in provincia di Oristano;
il relitto in questione sarebbe un sommergibile che presenta diversi danni da attacchi di artiglieria e su cui pare che vi sia stato riversato sopra del cemento;
i frammenti analizzati dal laboratorio di Venezia, stando a quanto riportato dalla pubblicazione menzionata, confermano che si tratta di calcestruzzo;
nel testo su citato, è riportato con precisione la localizzazione del sommergibile, non lontano dalla costa, tra la scogliera di Is Benas e la spiaggia di Is Arenas: latitudine 40o03'22"N, longitudine 08o26'31"E, a una profondità marina di 11 metri;
ad oggi risulta che nessuna autorità civile o militare abbia ufficialmente segnalato il relitto e tanto meno abbia tentato di recuperarlo;
secondo gli autori dell'articolo il relitto potrebbe essere il sommergibile tedesco UC-35 o, il sommergibile Veniero del 1o gruppo sommergibili di base a La Spezia, le cui tracce sono state perdute nel giugno 1942;
l'equipaggio del sommergibile Veniero era composto, al momento della sua scomparsa, da 58 militari -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se i fatti corrispondano al vero;
quali siano i motivi per cui non vi sia mai stato un intervento da parte della Marina militare per recuperare il relitto;
se non ritenga opportuno, alla luce di quanto emerso, adoperarsi con ogni mezzo per verificare in maniera trasparente la presenza del relitto e del suo eventuale contenuto, anche per rispetto dei familiari dei 58 militari scomparsi.
(4-12535)
FRANCESCHINI, ROSATO, RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI, FIANO, MOGHERINI REBESANI, RECCHIA, LAGANÀ FORTUGNO, BRATTI e FARINONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la NATO sta procedendo ad una riorganizzazione delle proprie basi schierate in Europa in relazione alla mutata situazione geopolitica ed alle esigenze di carattere finanziario che impongono anche all'Alleanza risparmi di gestione;
entrambe le esigenze sono state poste, da ultimo, anche nel vertice di Lisbona, che ha approvato il nuovo concetto strategico dell'Alleanza;
il progetto di riorganizzazione, avviato da tempo, coinvolge sia le rappresentanze militari della NATO che quelle politiche;
in questo quadro si è tenuta agli inizi del mese di giugno 2011 a Bruxelles una importante riunione con la presenza delle massime autorità politiche dell'Alleanza;
i maggiori quotidiani nazionali hanno dato notizia, con un certo risalto della assenza del Ministro La Russa, arrivato in ritardo a Bruxelles, proprio in quella parte della riunione in cui si decideva la riorganizzazione di importanti comandi NATO in Europa;
a seguito delle decisioni prese in questa occasione, l'Italia si è vista privare del comando Nato-Caoc di Ferrara che dovrebbe essere riorganizzato come «Deployable Caoc Nato» probabilmente sulla stessa sede di Poggio Renatico;
senza entrare nel merito della decisione assunta in sede Nato, a parere degli interroganti, risulta inconcepibile l'assenza del rappresentate politico della Difesa italiana in una riunione che aveva all'ordine del giorno decisioni così rilevanti, mentre appare ancor più incomprensibile la mancata informazione al Parlamento, che sarebbe stato doveroso fornire nelle competenti commissioni, sull'insieme delle proposte e degli orientamenti con cui l'Italia partecipa alla discussione e alle scelte del progetto di riorganizzazione dei comandi europei dell'Alleanza -:
se ritenga doveroso illustrare al Parlamento le ragioni della sua assenza alla riunione citata in premessa, nonché le conseguenze, sia finanziarie che operative, che derivano dalle decisioni assunte per le Forze armate italiane e soprattutto il quadro più generale di proposte e richieste con cui l'Italia intende dare il suo contributo alla necessaria riorganizzazione dei comandi dell'Alleanza in Europa.
(4-12556)
TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2011
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
VICO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha pubblicato sul proprio sito, in data 7 giugno 2011, la delibera ARG/elt 67/11 «Determinazione a consuntivo del corrispettivo a copertura dei costi riconosciuti per il funzionamento del Gestore dei servizi energetici - GSE S.p.A. per l'anno 2010 e approvazione del corrispettivo di acconto per l'anno 2011». Con tale delibera l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha provveduto, come avviene annualmente, a riconoscere alla società Gestore dei servizi energetici SpA:
a) i costi sostenuti per l'assolvimento di vari compiti ad esso assegnati da diverse delibere dell'autorità stessa, principalmente in relazione al delicato compito di monitorare il mercato dell'energia elettrica;
b) i costi sostenuti per l'assolvimento dei compiti assegnati alla società Gestore dei servizi energetici dall'autorità secondo quanto previsto dall'articolo 27, comma 2, della legge n. 99 del 2009, essenzialmente in relazione a funzioni di tutela dei consumatori di energia;
c) la remunerazione del patrimonio netto della società Gestore dei servizi energetici SpA, detratto il valore delle partecipazioni del medesimo GSE nelle società controllate Acquirente unico e Gestore del mercato elettrico, dal momento che il capitale investito netto del GSE risente sensibilmente delle oscillazioni del capitale circolante netto, derivanti dalle modalità di finanziamento dei pagamenti dell'energia elettrica ritirata ai sensi del provvedimento CIP 6/92;
la delibera ARG/elt 67/11 introduce, lodevolmente, il concetto di «recupero di efficienza»: «l'Autorità è intenzionata a prevedere per il futuro, auspicabilmente già a partire dall'anno 2012, l'introduzione di meccanismi di regolazione della remunerazione del GSE di tipo incentivante, tali da indurre un progressivo recupero di efficienza.»;
tuttavia, il regolatore ritiene opportuno, per il momento, che «in coerenza con le determinazioni adottate dall'Autorità per gli anni 2008 e 2009, il valore del corrispettivo a copertura dei costi di funzionamento del GSE per l'anno 2010 sia tale da assicurare, al netto dei proventi delle partecipazioni, al GSE una remunerazione, prima delle imposte, del proprio patrimonio netto, detratto il valore delle partecipazioni del medesimo GSE nelle società controllate AU e GME»; e quindi «che il tasso da riconoscere ai fini della remunerazione di cui al precedente alinea sia pertanto fissato pari al 6,53 per cento, corrispondente al rendimento medio annuale, per l'anno 2010, del BTP decennale benchmark, rilevato dalla Banca d'Italia, maggiorato di 2,5 punti percentuali, in linea con il rendimento utilizzato ai fini del riconoscimento dei costi di funzionamento dell'Acquirente Unico S.p.A. per l'anno 2010». E cioè «di riconoscere un corrispettivo a copertura dei costi di funzionamento del GSE per l'anno 2011, a titolo di acconto, salvo conguaglio, pari a 38,9 milioni di euro»;
nel 2007, il corrispettivo era stato di 31,6 milioni di euro, salvo conguaglio;
nel 2008, però, l'esame dei conti aveva suggerito all'autorità di ridurre la suddetta cifra di complessivi 4,8 milioni di euro; per tale motivo i costi di funzionamento del GSE per l'anno 2007 vengono determinati nella misura di 26,8 milioni di euro;
nel 2009 il conguaglio porta ad una ulteriore riduzione dei costi, sebbene compaia, accanto alla copertura degli altri costi, anche la remunerazione del patrimonio netto del GSE. Il corrispettivo a copertura dei costi di funzionamento del Gestore dei servizi elettrici - GSE S.p.A. per l'anno 2008 viene quindi determinato nella misura pari a 20,3 milioni di euro;
nel 2010, la remunerazione del patrimonio netto del GSE viene indicizzata al rendimento medio annuale per il 2009 del BTP decennale benchmark, rilevato dalla Banca d'Italia, maggiorato di 1,3 punti percentuali. Ciò comporta un corrispettivo a copertura dei costi di funzionamento del Gestore dei servizi energetici - GSE S.p.A. per l'anno 2010, a titolo di acconto, salvo conguaglio, pari a 32 milioni di euro;
la remunerazione ultimamente determinata è quindi la più alta mai riconosciuta alla società Gestore dei servizi energetici Spa e suscita notevoli perplessità considerato che si tratta di una remunerazione aggiuntiva del patrimonio netto della società Gestore dei servizi energetici Spa di ben 2,5 punti percentuali;
la remunerazione del capitale, aggiuntiva rispetto al BTP decennale benchmark, di una società interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze configura, ad avviso dell'interrogante,
una vera e propria tassazione occulta a danno delle bollette di cittadini ed imprese -:
ferma restando l'autonomia dell'Autorità, essendo il Ministero dell'economia e delle finanze detentore della totalità delle azioni del Gestore, se la decisione dell'Autorità sia seguita ad una specifica richiesta in tal senso del Gestore e, in tal caso, in base a quali motivazioni sia stata avanzata una siffatta richiesta;
se non ritenga che il Gestore possa adottare misure nel senso della trasparenza e dell'economicità della gestione che consentano di ridurre i relativi costi.
(5-05032)
Interrogazioni a risposta scritta:
FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da anni si assiste a un sistematico rinvio delle scadenze fiscali dal 16 giugno al 6 luglio, in quanto l'amministrazione finanziaria non è in grado di fornire per tempo i dati e i software necessari;
in prossimità delle scadenze, quando i professionisti si sono affannati per evitare danni ai clienti, spesso si subisce un rinvio;
i rinvii causano una forte perdita di credibilità dell'amministrazione e altrettanto forti disagi per i contribuenti ed i professionisti che li assistono, perché comunque lo slittamento dei termini è concesso in misura di gran lunga inferiore ai notevoli ritardi dell'amministrazione finanziaria nel rilascio degli strumenti;
alcuni anni fa, una legge dello Stato aveva previsto che i dati per gli studi di settore avrebbero dovuto essere rilasciati entro il mese di settembre dell'anno in cui andavano applicati;
sempre in quel periodo era stato ipotizzato l'anticipo dei pagamenti a fine maggio e l'invio delle dichiarazioni entro luglio;
un Paese che vuole combattere veramente il «sommerso» e l'evasione deve innanzitutto dare l'esempio nel rispetto delle regole;
la certezza del diritto in materia fiscale è alla base del rispetto dello stesso;
in uno Stato pronto a trovare rinvii e scuse per gli errori della sua amministrazione e a sanzionare i ritardi dei contribuenti non ci può essere sviluppo né ripresa -:
quali misure il Ministro intenda assumere di fronte all'incapacità organizzativa descritta in premessa a maggior ragione nell'attesa del nuovo redditometro che sta assumendo i contorni di un vero e proprio studio di settore per famiglie.
(4-12537)
REGUZZONI, MONTAGNOLI, FUGATTI, FOGLIATO, CHIAPPORI, PINI, DESIDERATI, TORAZZI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza nei giorni scorsi ha presentato i risultati dell'attività condotta nei primi cinque mesi del 2011; nel Nord-ovest i risultati sono, in valore assoluto, importanti: 12 miliardi di euro sono i redditi non dichiarati recuperati a tassazione, 3,6 miliardi di euro è l'Iva evasa, 1.055 sono i soggetti denunciati per reati tributari, di cui 41 arrestati; 570 sono gli evasori fiscali smascherati, di cui 447 quasi totalmente sconosciuti al fisco, 360 milioni di euro è il controvalore dei beni sequestrati;
grazie al rafforzamento dell'attività di vigilanza doganale al confine con la Svizzera, nello stesso periodo, è stata accertata un'evasione da 1,2 miliardi di euro, riguardante il mancato versamento dell'imposta sull'estrazione e l'importazione di gas naturale, sono state sequestrate 7
tonnellate di sigarette di contrabbando, mentre è stata intercettata, nel tentativo di trasferirla all'estero, valuta per 23 milioni di euro;
i dati testimoniano un'attività intensa, coerente con gli obiettivi dettati dal Governo e dall'Agenzia delle entrate;
se si guardano i dati percentuali relativi al Nord-ovest rispetto al totale nazionale, si evince addirittura che il recupero di base imponibile in quest'area ammonta al 52,7 per cento del dato nazionale, mentre l'Iva evasa scoperta è il 65 per cento dell'Iva totale scoperta a livello nazionale;
tali percentuali evidenziano una preminente concentrazione dei controlli fiscali nella zona dove il reddito prodotto è più alto e, quindi, dove più alti sono i redditi non dichiarati recuperabili a parità di numero di controlli;
da alcune indagini condotte recentemente dall'Agenzia delle entrate, invece, è emerso chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
è necessario quindi distribuire sul territorio nazionale i controlli fiscali, tenendo conto non solo della ricchezza prodotta sul territorio, ma anche della scarsa «compliance fiscale», cioè della scarsa attitudine a pagare le imposte di alcune zone del Paese; è necessario, inoltre, che i giusti controlli per prevenire i fenomeni di elusione ed evasione fiscale non si trasformino in accanimento contro alcune particolari categorie del Nord del Paese; occorre trasformare l'immagine del sistema fiscale italiano, in modo che i cittadini possano vedere nell'amministrazione finanziaria anche una sorta di consulente e non solo di «poliziotto fiscale» -:
quanti siano stati, nei primi cinque mesi del 2011, i controlli operati dalla Guardia di finanza sul territorio nazionale suddivisi per singola regione e quali siano i controlli programmati da qui a dicembre 2011 per ciascuna regione.
(4-12551)
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GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
ZACCHERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
polemiche giornalistiche dei giorni scorsi accennano all'affitto a Bergamo di un vasto immobile a cura del Ministero della giustizia per ospitarvi una sede per i corsi di formazione e specializzazione dei magistrati;
a Verbania, sul lago Maggiore, il Ministero dispone di una scuola per la polizia penitenziaria di recente costruzione ma del tutto sottoutilizzata, e recentemente completata con aule, servizi scolastici, aula magna e sale minori, palestra, poligono di tiro ed oltre 250 posti letto tutti in camere con bagno;
la struttura è posizionata in una posizione invidiabile con una magnifica vista sul lago Maggiore ed ha tutte le caratteristiche di un centro scolastico adeguato ad ogni necessità;
nella scuola di Verbania l'attività svolta è minima, non si sono ivi concentrati corsi adeguati di allievi o di aggiornamento, ma solo attività a livello regionale;
la scuola di Verbania ha ospitato negli anni scorsi corsi di formazione professionale e riqualificazione per giudici iracheni che nella struttura hanno trovato ogni comfort -:
per quali motivi il Ministero della giustizia non utilizzi meglio questa struttura che è costata ingenti fondi pubblici e che, essendo di proprietà ministeriale, potrebbe essere destinata senza ulteriori costi ad ospitare i corsi di formazione e qualificazione dei magistrati italiani.
(4-12542)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta scritta:
PISICCHIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la ferrovia attraversa l'intera città di Trani ed, in particolare, separa dal centro cittadino un intero quartiere della zona ovest, denominato per brevità quartiere Stadio-Alberolongo, i cui residenti, circa novemila, sono costretti per raggiungere il centro cittadino ad attraversare un passaggio a livello situato in una zona centrale della città tra le vie De Robertis e S. Annibale Maria di Francia, che, per la sua pericolosità, ha mietuto nel corso degli anni decine di vittime;
la posizione di tale passaggio a livello (colpito, nel 2007, anche da provvedimento di sequestro dell'autorità giudiziaria a causa del malfunzionamento), è altamente strategica se si considera che è attraversato quotidianamente da migliaia di persone ed, in particolare, da centinaia di studenti anche di giovanissima età per raggiungere gli istituti scolastici situati oltre la ferrovia; inoltre, il martedì transitano i cittadini che dal centro si recano nel quartiere Stadio in occasione del mercato settimanale ivi ubicato;
è prevista la chiusura del passaggio a livello nell'ambito del progetto dell'alta velocità della società Rete ferroviaria italiana che ha stipulato una convenzione in tal senso con il comune Trani;
in data 5 agosto 2008 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dell'interrogazione parlamentare n. 4-00336 dell'11 giugno 2008 annunciava che «l'eliminazione del passaggio a livello al km 606+820, via Sant'Annibale di Francia, è prevista mediante la realizzazione di una sottovia carrabile in asse al passaggio a livello stesso. Allo stato attuale l'inizio dei lavori è subordinato allo spostamento da parte del comune di numerosi servizi interferenti con l'opera e si prevede che si possa dare inizio ai suddetti lavori entro il primo semestre del 2009»;
peraltro, lo spostamento dei sottoservizi da parte del comune di Trani non è mai iniziato, perché, in una conferenza di servizi tenutasi nel febbraio del 2009, si apprendeva della esistenza di un elemento ostativo alla realizzazione dell'opera;
la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici, infatti, comunicava l'esistenza di un vincolo gravante sul muro di cinta dell'ex opificio Lapietra sito nelle immediate vicinanze del passaggio a livello che di fatto impediva la possibilità di eseguire le opere per i sottoservizi ed il conseguente sottovia carrabile;
una delegazione composta da sindaco, assessore ai lavori pubblici, dirigente Utc, responsabile del progetto di spostamento dei sottoservizi, dirigente della ferrovie, responsabile della esecuzione del passaggio a livello, incontrava a Bari il responsabile della Soprintendenza, al quale veniva rappresentata una serie di considerazioni relative alla necessità strategica per la città di realizzare il sottopasso, ribadendo la disponibilità a smontare e rimontare il «muro», pur di rimuovere questa condizione di stallo;
il Soprintendente, nel prenderne atto, informava la delegazione che la richiesta di rimodulazione del vincolo era già stata trasmessa agli enti preposti, regionale e ministeriale. In verità, il muro di cui si parla, costituito da tufi ormai fatiscenti, era inserito in un'intera area definita di interesse archeologico-industriale, all'interno della quale insistevano una ciminiera in mattoni (unico vero cimelio architettonico) inspiegabilmente abbattuta ed un hangar, pian piano soppiantato da moderne costruzioni;
sino ad oggi alcuna risposta è pervenuta dalla Soprintendenza ed i lavori per i sottoservizi prodromici alla realizzazione
del sottovia sono bloccati con il rischio di isolare definitivamente un intero quartiere con altissima densità demografica dal resto della città;
risulta all'interrogante che la Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici di Bari con nota dell'11 gennaio 2011, prot. n. 285, abbia rivolto al Ministero per i beni e le attività culturali una richiesta di rimodulazione del vincolo che non avrebbe provocato alcun esito -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere al fine di rimuovere la condizione di pericolosità cui è costretta una parte della popolazione tranese a causa del passaggio a livello che taglia in due la città.
(4-12534)
GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 2005 l'Anas ha avviato i lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa con la realizzazione di 25 chilometri di nuova autostrada con un investimento pari a 723 milioni di euro;
detti lavori, riguardanti il tratto compreso tra la località di Passo Martino e il chilometro 130+400 della strada statale 114 «Orientale Sicula», eseguiti con affidamento a contraente generale, sono terminati nel dicembre 2009;
l'impresa esecutrice individuata è Pizzarotti & C. spa;
la Pizzarotti & C. si è aggiudicata la gara per il general contractor del valore netto di 473,6 milioni di euro;
il contraente generale Pizzarotti & C. spa ha affidato l'esecuzione dei citati lavori a ATI Sics-Cfc;
all'interrogante risulta che Pizzarotti spa avrebbe compiuto una serie di inadempienze contrattuali nei confronti di ATI e non avrebbe corrisposto i pagamenti in base agli avanzamenti dei lavori;
la legislazione vigente, decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, prevede che il soggetto aggiudicatore, in questo caso l'Anas, verifichi periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari; avendo la facoltà, ove risulti l'inadempienza del contraente generale, di applicare una detrazione sui successivi pagamenti e di procedere al pagamento diretto all'affidatario nonché di applicare le eventuali sanzioni;
le inadempienze contrattuali della Pizzarotti spa nei confronti dell'associazione temporanea di impresa Sics-Cfc che ha effettuato i lavori, oltre a far venire meno la corresponsione di numerosi mesi di stipendi a 2000 lavoratori, mette a rischio anche gli stessi livelli occupazionali;
è necessario e improrogabile effettuare tutte le verifiche relative alle inadempienze contrattuali della Pizzarotti & C. spa ovvero, se siano state effettuate e siano state confermate le inadempienze, procedere immediatamente con la detrazione e la sospensione dei successivi pagamenti, nel caso in riferimento ad altri lavori affidati alla citata impresa, e la corresponsione diretta all'associazione temporanea di impresa che ha effettuato i lavori;
l'intervento immediato nei confronti dell'impresa Pizzarotti si rende necessario per evitare una gravissima crisi occupazionale dalle conseguenze pesantissime sulle imprese Sics e Cfc e di conseguenza sui lavoratori -:
se siano effettuate le verifiche da parte di Anas sulle inadempienze contrattuali dell'impresa Pizzarotti e, in assenza di queste, quali siano i motivi per i quali dette verifiche non sono state poste in essere e di chi siano le responsabilità;
qualora risultino confermate le inadempienze contrattuali, che stanno avendo pesantissime ricadute sui 2000 lavoratori e le imprese affidatarie, se non si ritenga improrogabile procedere immediatamente
con la detrazione e la sospensione dei successivi pagamenti, nel caso in riferimento ad altri lavori affidati alla citata impresa, e con la corresponsione diretta all'associazione temporanea di impresa affidataria dei lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa, al fine di consentire a 2000 lavoratori la corresponsione degli arretrati e salvaguardare i loro posti di lavoro.
(4-12552)
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INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
è sempre più frequente la richiesta da parte di cittadine italiane di fede islamica di poter apporre su documenti ufficiali rilasciati dallo Stato, tra cui la patente di guida, foto di riconoscimento con il capo coperto;
l'articolo 289 del regolamento per l'esecuzione del Testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza in materia di rilascio della carta di identità stabilisce che la fotografia di riconoscimento sia «a mezzo busto, e senza cappello»;
la patente di guida nei casi contemplati dalla legge è considerata equipollente alla carta di identità;
in un parere del Ministero dell'interno, al quale si è conformato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, circolare del 14 marzo 1995 MI.A.C.E.L. n. 4, si prende che, nei casi in cui la copertura del capo sia imposta da motivi religiosi, i documenti con funzioni di identificazione, e quindi anche la patente di guida, possono recare la foto del titolare a capo coperto, sempre che i tratti del volto siano ben visibili;
la circolare prot. n. 88827 del 5 novembre 2010, in materia di rilascio del foglio rosa nel punto A. 3) su tariffe e diritti, prescrive di allegare, alla richiesta di conseguimento della patente di guida, due fotografie recenti del volto del conducente a capo scoperto e su sfondo bianco;
l'assenza di una normativa chiaramente univoca determina l'incertezza di numerosi uffici provinciali della motorizzazione civile che continuano a chiedere se è possibile accettare fotografie, da apporre sulla patente di guida, che ritraggono il conducente a capo coperto;
a fronte di questa indeterminatezza si può verificare che le direzioni territoriali generali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si pronunciano in modo diverso dando adito a possibilità di contenzioso con i conducenti dei veicoli;
è il caso di ricordare ancora una volta che chi è accolto in una società «altra» rispetto alla propria dovrebbe accettarne di buon grado le convenzioni sociali e le leggi, senza pretendere che queste siano modificate per adeguarsi alle esigenze di una minoranza religiosa, seppure riconosciuta e tutelata in base all'articolo 19 della Costituzione, che tutela la libertà di culto e di religione;
pone qualche interrogativo il fatto che si invochino i principi della propria fede islamica per una foto sulla patente che viene mostrata a richiesta dei soli organi di polizia, chiaramente in contrasto con il principio fondamentale e sovrano secondo cui gli organi di polizia sono preposti alla «pubblica sicurezza» dei cittadini;
si può ravvisare anche in questo atteggiamento la indisponibilità da parte di alcune minoranze di riconoscere la legittimità del nostro ordinamento, minandone dunque alla base i principi fondamentali -:
se i Ministri interpellati non intendano chiarire i dubbi esposti in premessa sulla disciplina applicabile in materia, al
fine di tutelare il ruolo degli organi di polizia, garantendone l'autorità di ufficiali di pubblica sicurezza, e se in nome dell'univocità della pubblica amministrazione, non ritengano opportuno assumere iniziative anche normative, che consentano una chiara e univoca interpretazione in materia di fotografie da apporre, sulla patente di guida.
(2-01138)
«Polledri, Bragantini, Caparini, D'Amico, Forcolin, Gidoni, Negro, Fogliato, Grimoldi, Isidori, Callegari, Dal Lago, Stagno D'Alcontres, Fedriga, Allasia, Pagano, Pugliese, Laura Molteni, Bitonci, Munerato, Pastore, Goisis, Buonanno, Romele, Paroli, Cicu, Grimaldi, Moles, Nola, Vanalli, Rivolta, Bertolini, Aracu, Osvaldo Napoli, Galati, Golfo, Garofalo».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione «Forza Nuova» ha annunciato che terrà a Mantova, il 16 luglio 2011, un presidio «contro l'immigrazione» che, da quanto si apprende dalla stampa locale, richiamerà militanti da tutta la regione Lombarda;
questo presidio viene organizzato quale risposta ad uno scontro fisico che si è verificato il 25 giugno 2011 a Mantova tra esponenti di Forza Nuova e cittadini extracomunitari;
è del tutto evidente che, in previsione del presidio di Forza Nuova del 16 luglio 2011, si pone un serio problema di ordine pubblico relativo alla pericolosa eventualità che si verifichino nuovi incidenti -:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda adoperarsi, di concerto con le autorità competenti locali quali la prefettura e la questura, per impedire lo svolgimento del presidio organizzato da Forza Nuova al fine di scongiurare possibili incidenti.
(5-05026)
RUBINATO e BRESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lo stato in cui versa la questura di Treviso, afflitta da una perdurante e gravissima carenza di organico, è oramai vicino al tracollo, nonostante il grandissimo impegno e la dedizione degli agenti in servizio e di chi attualmente vi opera per garantire la sicurezza dei cittadini e del territorio;
solo negli ultimi due anni l'organico, secondo i dati forniti in primo luogo dal sindacato Siap, ha subito una riduzione di quasi 30 elementi, oltre a tre funzionari nel ruolo direttivo. Si è inoltre registrato il mancato rinnovo del contratto di lavoro a favore di 10 lavoratori interinali, non più confermati dal Ministero dell'interno per la mancanza di fondi; dal 1o gennaio 2011 ad oggi altri 17 elementi di vari ruoli hanno cessato il servizio;
la situazione appare particolarmente grave ove si consideri, secondo quanto confermato anche dal Silp/Cgil, che la questura può contare su soli cinque dirigenti/funzionari (ai quali si aggiunge il dirigente dell'unico commissariato distaccato, quello di Conegliano Veneto), chiamati ad un carico di lavoro e all'attribuzione di competenze del tutto fuori linea rispetto alla normativa generale. In particolare, è assegnato un doppio incarico al dirigente della digos particolarmente gravoso, visto che, seppure privo di un funzionario che lo coadiuvi nel proprio ufficio, dirige anche l'intero ufficio di gabinetto, rimasto anch'esso privo di qualsiasi funzionario; inoltre la sezione volanti, uno degli uffici principali di ogni questura, che gestisce il pronto intervento e amministra una percentuale considerevole dell'intero organico, da alcuni anni non vede al proprio vertice un funzionario ed è retta da un sostituto commissario; analoga sorte
accomuna l'ufficio del personale e l'ufficio tecnico logistico, anch'essi privi di un funzionario dirigente;
per nulla migliore, anzi per molti versi decisamente peggiore, è la situazione per quanto riguarda tutto il restante personale, di ogni ruolo e qualifica, da quello operativo a quello addetto ad attività più amministrativa o tecnica: sulla base di una comparazione con i dati di Vicenza (realtà, tra quelle regionali, assai simile per composizione di popolazione, indici di criminalità e presenza di cittadini stranieri), la questura di Treviso ha 60 persone in meno;
appare del tutto fondata, pertanto, la denuncia del Siap secondo la quale, in tale contesto, la questura non è in grado di assicurare un adeguato servizio di controllo del territorio attraverso almeno due equipaggi delle volanti, per la quale ragione il questore ha annunciato ai sindacati la decisione di aggregare a tal fine, in modo provvisorio, tutto il personale impiegabile per ragioni di età e competenza professionale secondo una turnazione «equa» tutte le volte in cui l'ufficio prevenzione generale non sia in grado di garantire le due pattuglie per turno per mancanza di agenti; in conseguenza di tale decisione, si riduce ulteriormente il personale in altri settori (squadra mobile, digos, ufficio immigrazione) con grave pregiudizio delle attività in delicati settori, quale quello investigativo;
inoltre una recente ordinanza del questore ha disposto con riferimento al corpo di guardia della nuova sede, in cui la questura si è trasferita da poco più di 4 mesi, il ripristino alla situazione in vigore nella precedente sede, per cui alla predetta funzione, nelle ore serali e notturne, è impiegato un solo dipendente, una condizione unica in tutta la regione (a Verona 4 o 5 addetti, a Venezia 3 o 5, Rovigo 2, a Padova 3), pur essendo state segnalate dai sindacati di polizia le evidenti criticità funzionali della nuova sede, collocata in sostanza in un «condominio», senza un rinforzo dell'organico adeguato a mantenere la sicurezza dello stabile;
in tali condizioni gli impieghi giornalieri dell'intera questura vengono gestiti ed elaborati da un unico ufficio servizi, all'interno del quale opera un solo dipendente (in teoria coadiuvato dall'ufficio servizi delle volanti), sul quale ricade una mole di compiti e di termini da rispettare che sta mettendo a dura prova la sua resistenza;
inoltre, tutto ciò comporta che vi sono numerosi agenti, nell'ordine di decine di singole posizioni, che contano fino a 8-9 riposi da recuperare e quasi tutti debbono ancora fruire delle ferie del 2010. Inevitabilmente poi gli agenti si vedono negare la concessione del recupero del riposo, pena l'impossibilità di predisporre i necessari ed indispensabili servizi, non superando il bacino di personale al quale attingere per i servizi di ordine pubblico (sia feriale che festivo, per la moltitudine di manifestazioni di varia natura che caratterizzano la vivace provincia trevigiana) le 30 persone; per di più, da ultimo, viene riferito anche il taglio dei pagamenti per le ore di straordinario per la scarsità delle risorse a disposizione;
la situazione, già di emergenza, è destinata ad aggravarsi ulteriormente, visto che entro la fine dell'anno altri agenti andranno in quiescenza;
a ciò si aggiunge la problematica relativa all'aggregazione - per la temporanea sospensione dei voli all'aeroporto Canova di Treviso per lavori di adeguamento e potenziamento - all'ufficio di polizia di frontiera di Venezia di un numero eccessivo di unità dell'ufficio di polizia di frontiera di Treviso, compromettendo la funzionalità minima di quest'ultimo;
eppure una provincia con quasi 900 mila abitanti, caratterizzata da un tessuto produttivo molto diffuso costituito da moltissime piccole e medie imprese, da un elevato numero di stranieri regolarizzati (112.000 circa) e da un elevato numero di richieste di passaporti (circa 70.000), necessiterebbe di un organico adeguato a far fronte alle aumentate esigenze, mentre per
garantire la presenza minima di due pattuglie si deve ridurre il personale in altri settori. Anche il posto di polizia dell'ospedale è rimasto quasi privo di tutto l'organico, ovvero di ben quattro elementi che erano in servizio due anni fa;
la situazione della questura di Treviso è stata oggetto di due lettere al Ministro dell'interno rispettivamente del 15 dicembre 2009 e 23 settembre 2010, con le quali l'interrogante, chiedeva di conoscere quali iniziative intendesse assumere il Ministro dell'interno a tal riguardo, anche alla luce delle annunciate assunzioni di oltre 4.000 tra carabinieri e poliziotti, lettere che tuttavia sono rimaste ad oggi senza riscontro;
anzi, nell'ultima tornata di trasferimenti di personale della polizia a Treviso sono giunti solo 2 operatori, mentre, per fare un confronto con una realtà provinciale analoga, a Varese ne sono stati inviati 29 e nel mese di aprile dieci operatori aggregati sono stati richiamati dall'amministrazione e destinati ad altri compiti, per cui si ha l'impressione che la provincia di Treviso sia considerata dal Ministero dell'interno, sotto questo profilo, meno importante di altre -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire con urgenza, predisponendo misure atte ad adeguare l'organico della questura di Treviso agli effettivi bisogni di sicurezza del territorio e dei cittadini ed ad assicurare più decorose e sostenibili condizioni di lavoro per gli operatori addetti.
(5-05029)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAZZOLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 25 giugno 2011 si sono svolte, in diverse città, manifestazioni di protesta di lavoratori stranieri contro i tempi di attesa per il rilascio dei permessi di soggiorno che sono molto più lunghi di quelli previsti dalle leggi in vigore;
tali ritardi, che secondo quanto riportato da alcuni quotidiani e lamentato dagli stessi manifestanti possono arrivare - in alcuni casi - a parecchi mesi di attesa, sono causa di molte difficoltà per questi lavoratori che, inevitabilmente, si ripercuotono sulle attività lavorative, specialmente in quei settori dell'economia che si reggono sul lavoro dei migranti;
l'interrogante nel considerare che un Paese civile come l'Italia deve essere rigoroso nel pretendere il rispetto delle proprie regole da parte delle persone che vengono a cercare un'esistenza più libera e dignitosa ma che deve essere anche attento a rispettare i diritti loro riconosciuti da norme di legge, auspica che tali ritardi possano essere ricondotti nell'alveo della normalità del tempi previsti dalle norme in vigore, anche al fine di non creare situazioni di oggettiva difficoltà ai lavoratori extracomunitari regolarmente assunti che, in mancanza del permesso di soggiorno, corrono il rischio di dover tornare nel loro Paese di origine con inevitabile perdita della loro occupazione e inevitabile danno per le imprese che li hanno assunti sempre più numerosi, a causa dei troppi lavori che vengono rifiutati dagli italiani -:
quali iniziative, anche di carattere normativo ed organizzativo, il Ministro interrogato intenda avviare nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, al fine di garantire il rispetto dei tempi di rilascio del permesso di soggiorno ai cittadini extracomunitari che si recano nel nostro Paese per lavorare, così come stabilito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189.
(4-12530)
SBAI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia il reato di omicidio volontario è punito secondo l'articolo 575 del codice penale;
la pena è la reclusione con un tempo non inferiore ai 21 anni;
la ignobile pratica della lapidazione cagiona morte a colei che la subisce;
il signor Maher Selmi, mediatore culturale di origine tunisina residente a Padova, ne giustificherebbe a mezzo stampa la liceità;
l'Italia non è uno Stato confessionale, ma regolato dal diritto positivo;
il signor Maher Selmi afferma, sempre a mezzo stampa, di seguire scrupolosamente ed esclusivamente la legge religiosa;
il signor Maher Selmi, in virtù del suo ruolo di mediatore, si interfaccia con realtà sociali, familiari e istituzionali;
elogiare, con qualsiasi mezzo e a qualsiasi scopo, una condotta criminale o contraria alle leggi integra l'apologia di reato;
è stata già inoltrata dalla sottoscritta una lettera di denuncia al procuratore di Padova, affinché Selmi venga rimosso dal ruolo -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a questa gravissima vicenda;
quali iniziative il Governo intenda adottare per regolamentare definitivamente il ruolo e la posizione dei mediatori culturali, in modo da evitare che tale attività possa essere esercitata da chi come il signor Maher Selmi non fornisce adeguate garanzie sul piano del rispetto dei princìpi basilari dello stato di diritto.
(4-12538)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il segretario generale del Coisp, Franco Maccari, con la nota Prot. 962/11 S.N. del 30 giugno 2011 indirizzata al capo della Polizia - direttore generale della pubblica sicurezza - prefetto Antonio Manganelli, avente ad oggetto «Il Questore di Ragusa anziché premiare il personale che fronteggia l'emergenza immigrazione non esita a sanzionarlo», ha segnalato l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dell'ispettore della Polizia di Stato Giuseppe Maganuco, in servizio presso il commissariato di pubblica sicurezza di Modica;
nella nota del Coisp si leggono anche le motivazioni della contestazione disciplinare mossa nei confronti dell'ispettore Maganuco e più precisamente «Da atti d'ufficio risulta che la S.V. in data 28/05/2011 è stato comandato di servizio, unitamente a 10 elementi del Reparto Mobile di Catania, con turno 13-19 quale responsabile dei servizi di O.P. presso il Centro per Extracomunitari di Pozzallo ove erano ospitati nr. 13 cittadini extracomunitari minorenni. Risulta che intorno alle ore 14,30, mentre i suddetti cittadini extracomunitari erano intenti a giocare a palla nel piazzale antistante al cancello di ingresso principale, con la scusa di prendere il pallone, finito vicino alla recinzione, scavalcando le inferriate si davano a precipitosa fuga dirigendosi per i terreni adiacenti. Si osserva che le disposizioni di servizio prevedono che gli extracomunitari devono permanere esclusivamente all'interno e che nella circostanza nessuna autorizzazione era stata impartita acchè gli stessi potessero stare all'esterno e giocare a palla. Premesso quanto sopra, viste le disposizioni di servizio, considerato che il comportamento posto in essere dalla S.V., appare gravemente negligente in quanto non ha impartito le giuste direttive atte ad evitare l'accaduto e considerato che lo stesso potrebbe configurare la mancanza prevista dall'articolo 4 punto 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981, Ella, entro 10 giorni dalla notifica del presente atto, può presentare giustificazioni, documenti [...]»;
nelle giustificazioni del dipendente, anch'esse riportate nella nota del Coisp, è scritto «[...] nella specifica occasione, chi scrive si è quindi limitato a proseguire nella prassi consolidatasi nei turni precedenti, ispirata alla diligenza tipica del
bonus pater familias, acchè i minori, all'interno del Centro per extracomunitari, potessero giocare a palla per qualche minuto. ... Si era difatti formato il convincimento che i minori, che già avevano iniziato lo sciopero della fame, meritassero una maggiore benevolenza, per cui si era adottata simile tolleranza peraltro sia condivisa dall'Ufficiale dei Carabinieri comandato nella citata ordinanza sia non confutata dal Vicario sovrintendente dei servizi. Il tutto, si evidenza, già in turni antecedenti a quello in esame. Evidentemente, concedere pochi minuti di gioco negli spazi posti all'interno del Centro per extracomunitari avrebbe ben potuto alleggerire la tensione che era stata rilevata con lo sciopero della fame effettuato precedentemente, evitando così problematiche per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica. Infatti, all'atto di prendere servizio, notando già costituito, seppur con mezzi di fortuna, un campetto di calcio nel piazzale del C.P.S.A., lo scrivente sulla base del rilevato, del riferito (come sopra specificato) ed in assenza di un esplicito divieto ritenne pacifico continuare a far giocare i minorenni. ... In ogni caso, a riprova del proprio corretto comportamento professionale, lo scrivente adottava un adeguato sistema di vigilanza dei giovani i quali venivano controllati a vista dal personale del X Reparto Mobile di Catania, che cinturava l'area di gioco. Tuttavia, nonostante fosse stato fatto il possibile per evitare il pericolo di fuga, accadeva che nella concitazione del gioco, inseguendosi l'un l'altro con la scusa di inseguire il pallone, i minori si avvicinavano al muro e repentinamente, aiutandosi a vicenda, riuscivano a scavalcare in un baleno il muro e la recinzione metallica. Dall'interno del Centro, dove quindi si trovavano così come era disposto che fosse, i predetti riuscivano a portarsi all'esterno. Anche in questo frangente il comportamento dello scrivente non è stato biasimevole, perché si è immediatamente provveduto a disporre il loro inseguimento che, tuttavia, veniva ritardato da un problema al cancello automatico - tanto da doverlo spingere a mano -. Quindi, il ritardo nell'uscire all'inseguimento dei minori, dovuto al cancello, avvantaggiava i fuggitivi che comunque in parte venivano raggiunti e ricondotti al centro. ... Pertanto, lo scrivente ritiene di aver agito mantenendosi in linea con la prassi consolidatasi... Mutare registro avrebbe costituito, oltre che potenziale fonte di pregiudizio per l'O.P. o di gesti di autolesionismo, anche una possibile critica da parte della stampa, alla luce del fatto che, proprio il giorno prima, un quotidiano locale (il Corriere di Ragusa), scriveva: "Centro di prima accoglienza del porto ultra sorvegliato", mettendo in evidenza le estreme misure di vigilanza adottate nei confronti dei minori ...."nemmeno fossero criminali di guerra!". Il comportamento tenuto, insomma, era pure volto a tutelare l'immagine della Polizia di Stato. [...]» ;
dalle motivazioni poste a fondamento della richiesta di giustificazioni al dipendente da parte del questore di Ragusa si evince chiaramente il trattamento di massimo rigore che si pretende sia riservato ai cittadini extracomunitari ospiti del centro per extracomunitari di Pozzallo, quasi fossero dei reclusi da porre in totale isolamento;
gli interroganti non possono non notare che simili fatti si sono comunque verificati anche in altri centri di detenzione per extracomunitari, in modo molto più consistente, e che non risultano essere stati adottati procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti impiegati nei servizi di vigilanza -:
quali siano i provvedimenti adottati nei confronti dell'Ispettore Giuseppe Maganuco;
quali siano le effettive condizioni di restrizione dei cittadini extracomunitari detenuti presso il centro citato in premessa e quali le disposizioni di servizio impartite dal questore di Ragusa;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire affinché sia pienamente garantito il rispetto dei diritti
umani dei cittadini extracomunitari detenuti nel centro in premessa.
(4-12545)
PILI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Guardia di finanza ha pianificato la realizzazione in Sardegna di quattro radar all'interno di un piano nazionale di prevenzione delle coste;
i siti individuati sono a Capo Pecora nel comune di Fluminimaggiore, Capo Sperone (Sant'Antioco), Punta Foghe (Tresnuraghes) e all'Argentiera nel comune di Sassari;
la, denominazione conferita all'appalto è la seguente: installazione di cinque radar già acquisiti con le risorse del Fondo per le frontiere esterne - formazione, attraverso 4 corsi, del personale della Guardia di finanza - manutenzione evolutiva ed estensione della garanzia per ulteriori anni 5;
i radar si inquadrano nel progetto Potenziamento del sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer ed informazioni - C4l mediante l'installazione, l'integrazione e la remotizzazione presso le rispettive sale operative, di 5 radar già acquisiti con le risorse del Fondo per le frontiere esterne, con i programmi annuali 2007-2008, a seguito di gara informale esperita per la realizzazione di una Rete di sensori radar di profondità per la sorveglianza costiera - formazione, attraverso 4 corsi, del personale della Guardia di finanza - manutenzione evolutiva ed estensione della garanzia per ulteriori anni 5;
il valore finale totale degli appalti è di 5.461.669,67 euro;
la Commissione dell'Unione europea non è mai stata informata dalle competenti autorità italiane e non risulta che queste ultime abbiano mai provveduto a svolgere le necessarie valutazioni di incidenza previste dalla legge;
per la realizzazione dei radar si è seguita una procedura negoziata senza indizione di gara;
la motivazione della decisione di aggiudicare l'appalto senza la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea è la seguente:
a) i lavori/le merci/i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato fornitore/imprenditore/prestatore di servizi per ragioni: se alla tutela di diritti esclusivi;
b) lavori/forniture/servizi complementari ordinati conformemente alle rigorose condizioni fissate dalla direttiva. La «Almaviva» SpA, fornitrice dei materiali per i quali si deve procedere all'installazione, possiede le prescrizioni di natura tecnica e i diritti esclusivi previsti dal comma 2, lettera b) dell'articolo 57 del decreto legislativo n. 163 del 2006;
i consigli comunali dei comuni interessati hanno deliberato la propria contrarietà a tale insediamenti considerati i siti prescelti considerato il pregio paesaggistico e ambientale;
il rappresentante di parlamentares della provincia Carbonia-Iglesias, avvocato Ignazio Locci, capogruppo del Pdl nel consiglio provinciale di Carbonia-Iglesias e consigliere comunale, i rappresentanti del comitato contrario all'installazione del radar in località Capo Pecora-S. Antioco, amministratori comunali e provinciali hanno sottoposto all'interrogante, a seguito di un sopralluogo sull'area prescelta nel comune di S. Antioco, l'esigenza di proporre la questione all'attenzione dei Ministri competenti;
le aree indicate per posizionare i cosiddetti «radar antisbarco» non costituiscono una scelta di buon senso capace di rispettare i valori paesaggistico ambientali del patrimonio costiero della Sardegna;
si rende indispensabile promuovere un'azione di condivisione più approfondita che possa scongiurare ulteriori scontri istituzionali che possono essere evitati con valutazioni meno segrete e più condivise;
pur non entrando nel merito dell'utilità o meno di questi radar, anche se in tempi in cui i sistemi satellitari riscontrano l'accensione di una sigaretta a terra qualche dubbio si può averlo, è necessario revocare, anche in sede di autotutela, l'iter autorizzativo sia statale che regionale per consentire una più attenta valutazione che probabilmente è mancata nei passaggi decisionali iniziali;
è indispensabile una rapida rinegoziazione dei siti per evitare un percorso irto di contenziosi capace di bloccare sia l'installazione dei radar che qualsiasi progetto di valorizzazione di quelle stesse aree;
il posizionamento dei radar può facilmente essere modificato prevedendo lo spostamento in aree più consone e funzionali alle esigenze;
in pochi giorni si potrebbero riconsiderare i progetti e individuare nuovi siti con la piena condivisione delle istituzioni e delle comunità locali;
è indispensabile che i Ministri competenti si facciano carico delle sensibilità locali per trovare, com'è possibile fare, una rapida e condivisa soluzione;
i siti prescelti per l'installazione di questi radar sono tutti pianificati in prossimità di aree militari che, a loro volta, dispongono di stazioni di rilevamento che certamente non confliggono con i radar pianificati e che, anzi, possono essere integrate con le funzioni stesse dei radar;
l'eventuale installazione dei nuovi radar può avvenire senza contrasto alcuno all'interno delle stesse aree militari, garantendo anche l'opportuno presidio attivo di controllo;
appare improcrastinabile una riprogrammazione del posizionamento di tali radar al fine di accogliere le legittime osservazioni delle amministrazioni comunali e prevenire anche il giudizio dei tribunali amministrativi che, come nel caso di Tresnuraghes, stanno adottando provvedimenti di sospensione delle opere di installazione dei radar;
nel caso del radar nel comune di S. Antioco la giunta regionale della Sardegna con delibera N. 36/22 del 4 novembre 2010 ha concesso in comodato d'uso alla Guardia di finanza, reparto tecnico logistico amministrativo della Sardegna una porzione dell'immobile denominato «ex Stazione radio in Sant'Antioco, località Capo Sperone - Su Monti de su Semaforu», al fine di installare una rete di sensori radar di profondità per la sorveglianza costiera e a mare;
l'area interessata all'installazione del radar di profondità per la sorveglianza costiera si trova all'interno di una Zona di protezione speciale codice ITB043032 denominata «Isola di Sant'Antioco, Capo Sperone». L'area è individuata come zone H1 nel vigente PUC;
la sommità della collina de Su Semafuru prescelta per l'installazione del radar nel territorio del comune di S. Antioco è inserita in un contesto paesaggistico assolutamente delicato, si tratta di un sito di incomparabile pregio paesaggistico, da cui si ammira un panorama a 360o sul golfo di Palmas, sulla costa sud occidentale della Sardegna, sulle isole della Vacca e del Toro, sull'intero versante meridionale dell'isola di Sant'Antioco e sulla costa orientale dell'isola di San Pietro. Per questo motivo è infatti meta di tanti cittadini e visitatori;
nella cima della collina insistono dei fabbricati particolarmente significativi sotto l'aspetto storico-culturale e architettonico;
l'intera isola di Sant'Antioco è tutelata con vincolo paesaggistico (Codice Urbani decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42);
l'intera parte sud dell'isola è stata individuata quale Zona di protezione speciale
codice ITB043032 denominata «Isola di Sant'Antioco, Capo Sperone» per la presenza di specie di rilevante interesse faunistico, alcune a rischio di estinzione quali l'Alectoris barbara l'unica pernice presente in Sardegna e per l'importante presenza di emergenze botaniche alcune delle quali endemiche. L'isola di Sant'Antioco, e in particolare il tratto di costa a falesia del sud, è uno dei pochi siti in Italia in cui nidifica e si riproduce il falco della regina. Si tratta pertanto di un ecosistema sensibile che potrebbe subire ripercussioni negative dai potenziali effetti dell'inquinamento elettromagnetico;
qualunque intervento previsto in aree a protezione speciale (SIC o ZPS) deve essere sottoposto a un'appropriata valutazione di incidenza ai sensi della direttiva habitat 92/43 CEE del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, cosiddetta direttiva habitat, e del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 attuativo della suddetta direttiva;
nel sito interessato sono presenti numerose specie faunistiche protette di cui all'allegato 1 della legge regionale n. 23/98 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna) per le quali «durante il periodo di nidificazione dell'avifauna è vietata qualsiasi forma di disturbo della medesima»;
il Golfo di Palmas è stato inserito all'interno dell'Area marina di reperimento denominata «Isola di San Pietro» (ex articolo 36 legge n. 394 del 1991). Da tempo è stato avviato l'iter per la realizzazione nel Golfo di un'Area Marina Protetta;
gli interventi in aree S.I.N. devono essere preventivamente autorizzati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare previ specifici piani di caratterizzazione (articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni) ai fini delle opportune e necessarie bonifiche e risanamenti ambientali: il progetto del radar rientra nel sito di bonifica di interesse nazionale - S.I.N. (decreto ministeriale Ambiente n. 468 del 2001) perimetrato con decreto ministeriale Ambiente 12 marzo 2003 -:
se non ritengano i Ministri competenti di valutare la promozione delle giuste intese al fine di evitare il protrarsi di un contenzioso tra le amministrazioni dello Stato e gli enti locali;
se non ritenga in sede di autotutela di riconsiderare e se del caso revocare per quanto di competenza statale pareri, autorizzazioni amministrative o concessioni a favore dell'installazione dei radar, dei relativi tralicci, delle strutture di pertinenza e delle cabine destinate a contenere gli apparati di trasmissione, considerato che in alcuni casi si tratta di ambiti costieri vincolati dal punto di vista paesaggistico e caratterizzati dalla presenza di fabbricati, aventi oltre 50 anni, vincolati dal punto di vista storico-culturale ed architettonico;
se non ritenga il Governo di dover dare mandato alle autorità competenti affinché promuovano una soluzione condivisa che preveda la collaborazione tra soggetti delle forze dell'ordine, della sicurezza e lo stesso Esercito per valutare l'opportunità di installare tali radar all'interno delle strutture militari senza gravare ulteriormente sul territorio regionale sardo già pesantemente compromesso dalla presenza di rilevanti basi militari.
(4-12546)
RIA e BELLANOVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Lecce è stato un ente che non ha mai ricevuto i saldi per i trasferimenti dello Stato perché ha sempre avuto una cassa più che soddisfacente per i propri bisogni gestionali;
ciò ha consentito al Ministero competente di erogare quanto spettante sempre con il contagocce, creando di fatto una
grossa mole di residui attivi vantati proprio nei confronti dello stesso Ministero, principalmente negli anni 1999/2004;
i dati contabili della provincia di Lecce sono sempre stati allineati con i dati ufficiali riportati sul sito del Ministero dell'interno, sia dal punto di vista di quanto spettante per anno di competenza, sia dal punto di vista dei pagamenti; tanto è vero che anche nel 2005, quando si richiedeva ufficialmente al Ministero dell'interno, per la prima volta, la reiscrizione dei residui attivi perenti da più di due anni, la stessa direzione del Ministero non ha mai ufficialmente rilevato nulla, poiché i dati contabili della provincia di Lecce erano perfettamente allineati con quanto risultante sempre al Ministero dell'interno;
tale situazione permane perfettamente allineata addirittura fino a tutto il mese di aprile 2010, quando il Ministero dell'interno, probabilmente a seguito di un avvicendamento del funzionario/dirigente addetto a tali trasferimenti, comunicava, con nota n. prot. 2196 del 14 aprile 2010, dati completamente diversi, nella sostanza disallineati di circa 10.000.000 di euro;
ciò avveniva con evidente sorpresa da parte della provincia di Lecce, come da comunicazione via e-mail del 27 aprile 2010, da parte del responsabile dell'Ufficio entrate, che ricopre tale ruolo da circa 20 anni, il quale evidenziava che tanto le tabelle di fonte ministeriale quanto la contabilità dell'ente, almeno fino a quella data, erano perfettamente coincidenti e che tale situazione si protraeva da circa 6 anni, e cioè da quando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 270 del 2001, si richiede periodicamente la reiscrizione dei residui perenti;
a seguito di tali vicende, il nuovo referente del Ministero, con nota del 14 maggio 2010 comunicava una serie di dati da cui si evincerebbe che l'ente, a fronte di 21 milioni di euro circa di residui attivi - dato fino ad allora risultante dalle stesse tabelle ministeriali - ne dovesse incassare solo 11 milioni circa, per effetto di pagamenti di massa effettuati alla fine dell'anno 2004;
il dirigente dei servizi finanziari della provincia di Lecce, con nota del 07 giugno 2010 n. prot. 49107, segnalava al Ministero che non risultano effettuati, anche se riportati in altre precedenti comunicazioni, trasferimenti inerenti il contributo per sviluppo investimenti per l'anno 2003, pari ad 1.732.970,40 euro e per l'anno 2004 di 1.170.677,00 euro, per un totale, dunque, di 2.903.647,40 euro;
trascorsi circa 10 mesi da questa corrispondenza, il Ministero dell'interno, con nota del 15 aprile 2011, comunicava alla provincia di Lecce che: «..si è provveduto ad effettuare un controllo sui mandati di pagamento dell'anno 2004 [...] ed è emerso che i relativi mandati non sono stati emessi e, pertanto, le erogazioni di cui sopra sono state cancellate. Si provvederà a chiedere la reiscrizione di bilancio dei residui perenti», quasi a riconoscere un errore di valutazione da parte del Ministero stesso;
l'11 maggio 2011, l'attuale dirigente dei servizi finanziari della provincia di Lecce comunicava al Ministero dell'interno di avere «...necessità di acquisire chiarimenti in merito alla non concordanza tra quanto risultante sul sito finanzalocale.interno.it alla voce "pagamenti" e quanto da Voi comunicatoci in data 14 Maggio 2010 con nota 0003136, nonché con quanto risulta da noi incassato...»;
il Ministero dell'interno, con nota n. prot. 0019034 del 26 Maggio 2011, comunicava «... che si è provveduto all'aggiornamento del sito internet ufficiale di questa Direzione centrale», a distanza di 11 anni dalle prime richieste di chiarimenti da parte della provincia di Lecce;
tale situazione ha comportato per la provincia di Lecce la necessità di cancellare residui attivi per circa 7.000.000,00 euro con immediato impatto sul risultato di amministrazione dell'anno 2010, il che ha indotto l'attuale amministrazione provinciale
a ricorrere ad un aumento della pressione tributaria al fine di coprire il disavanzo derivante da tali ultime comunicazioni da parte del Ministero dell'interno -:
se il Ministro dell'interno sia a conoscenza della suddetta vicenda e quali iniziative intenda assumere per contribuire alla risoluzione della questione, posto che l'aggiornamento dei dati ufficiali del Ministero è avvenuto solo dopo oltre 10 anni dai periodi di riferimento (1999/2000/2001) e che la provincia di Lecce ha mantenuto i residui attivi in bilancio per tanti anni esclusivamente sulla base di comunicazioni ufficiali, da sempre intrattenute con il Ministero dell'interno, non potendo peraltro provvedere ad eliminare tali residui per insussistenza, viste le formali richieste di reiscrizione degli stessi, mai contestate ufficialmente nei vari anni;
se esista idonea e formale documentazione dell'epoca riferibile non solo ai pagamenti ma soprattutto alle spettanze per i relativi anni di competenza, regolarmente trasmessa alla provincia di Lecce ed eventualmente dalla stessa disattesa;
per quali ragioni le diverse richieste di reiscrizione dei residui attivi perenti della provincia di Lecce non siano state puntualmente verificate o contestate per tempo da parte della direzione ministeriale competente e quali misure intenda adottare il Ministero dell'interno nei confronti della competente direzione centrale della finanza locale o comunque nei confronti di chi ha indotto la provincia di Lecce in tale errore;
se e in quale misura il Governo intenda intervenire finanziariamente a supportare in tutto o almeno in parte, la provincia di Lecce, peraltro in un periodo in cui ha già subito, come tutti gli altri enti locali, una riduzione dei trasferimenti erariali che per l'anno 2011 pari è ad 6.158.428,72 euro.
(4-12550)
PATARINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
al termine della competizione amministrativa per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale a Barletta, del 15 e 16 maggio 2011, sul quotidiano locale La Gazzetta del Mezzogiorno sono stati pubblicati alcuni interventi sul fenomeno del voto di scambio, a firma degli avvocati Raffaele Fiore e Carmine Di Paola, competitori in occasione della campagna elettorale amministrativa dell'anno 1994, il primo eletto sindaco per il centro-sinistra ed il secondo candidato sindaco per il centro-destra. Entrambi hanno denunziato, senza mezzi termini, il coinvolgimento di tutti i partiti approdati poi in consiglio comunale nella pratica illegittima e oramai dilagante della compravendita dei voti e, di conseguenza, hanno eccepito la ricorrenza in città di una pesante alterazione della democrazia della rappresentanza;
analoghe accuse, sul piano della condotta commissiva (candidati che accaparravano consensi pagando in danaro ovvero in altri «favori») ed omissiva (partiti che accettavano supinamente i voti di riconosciuta provenienza illecita), sono state dai medesimi ribadite nel corso di una lunga trasmissione televisiva, di commento ai risultati elettorali, della emittente locale «Telesveva»;
l'autorevolezza dei professionisti che hanno così inteso interloquire con la propria città, con l'esplicita finalità di fermare una deriva prima che sia troppo tardi, lascia presumere che i fatti abbiano rispondenza nella realtà. Ciò anche alla luce di altri numerosi articoli di stampa, manifesti e striscioni apparsi per le strade, aventi analogo contenuto -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto descritto e se risulti che quanto denunciato corrisponda al vero;
se siano state avviate indagini in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-12555)
TESTO AGGIORNATO AL 20 LUGLIO 2011
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MOTTA, LENZI, GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 25 novembre 2010 le Commissioni riunite V e VII della Camera dei deputati hanno approvato la risoluzione n. 8-00099 concernente interventi in materia di edilizia scolastica in attuazione dell'articolo 2, comma 239, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
detta risoluzione impegna il Governo ad attenersi, nell'assegnazione delle risorse disponibili, alle priorità di cui all'elenco 1, allegato alla risoluzione stessa;
in detto elenco sono previsti interventi per la messa in sicurezza di edifici scolastici da parte di amministrazioni locali che, a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità interno, non potrebbero diversamente reperire le risorse necessarie per realizzare gli interventi di manutenzione straordinaria necessari;
nonostante siano trascorsi diversi mesi dall'approvazione della risoluzione, il Governo non ha ancora emanato l'atto con cui definire le modalità di erogazione dei contributi stanziati alle amministrazioni individuate -:
quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione e nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di assegnazione dei contributi di cui all'articolo 2, comma 239, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
se il Governo non ritenga di attivarsi al fine di completare quanto prima l'iter di assegnazione delle risorse individuate agli enti di spettanza, ai sensi della risoluzione n. 8-00099 approvata dalle Commissioni riunite V e VII della Camera dei deputati.
(5-05025)
Interrogazione a risposta scritta:
CONTENTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel quotidiano Messaggero Veneto, edizione di Pordenone, di venerdì 24 giugno 2011 è apparsa la seguente dichiarazione asseritamente rilasciata dal professor Michele Trotta, commissario di italiano nella sessione degli esami di maturità in corso in questi giorni: «riformare l'esame di Stato? Prima andrebbero "riformati" i ministri Gelmini e Brunetta, perché la scuola con i precari è la parte migliore dell'Italia: un bene pubblico»;
se l'affermazione di cui sopra dovesse essere confermata dal diretto interessato, ci si troverebbe dinanzi ad un caso particolarmente grave, atteso che non pare corretto che un docente che rivesta la delicata funzione di commissario d'esame si lasci andare a simili dichiarazioni a chiaro contenuto politico;
infatti, nel rispetto delle opinioni di chiunque e del diritto di critica, il professor Trotta parrebbe dimenticare il proprio ruolo istituzionale che, come tale, richiede anche la dovuta dose di imparzialità -:
se la notizia di cui in premessa corrisponda al vero o se risulti smentita;
in caso di risposta affermativa, se e quali iniziative intendano adottare, anche a livello disciplinare, nei confronti del docente.
(4-12544)
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARIANI e FLUVI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sin dal 1992 l'agenzia assicurativa Ras di Lucca aveva attivato convenzioni assicurative riservate ai dipendenti di due
grandi gruppi nazionali, Finmeccanica e Fincantieri. Queste convenzioni erano gestite, su tutto il territorio nazionale, dalla struttura organizzativa dell'agenzia di Lucca;
nell'agosto 2010 la compagnia assicurativa Allianz comunicava la disdetta unilaterale delle convenzioni riservate a Finmeccanica e Fincantieri. Le convenzioni rappresentavano circa l'80 per cento dell'intero portafoglio dell'agenzia in questione che, nel settembre 2010, impiegava 39 dipendenti e si avvaleva di circa 60 collaboratori sub-agenti sparsi su tutto il territorio nazionale;
dal 29 ottobre 2010, dopo la rottura del rapporto mandatario fra Allianz e gli agenti mandatari, l'agenzia di Lucca è in carico a Intermedia srl, società di servizi interamente controllata dal gruppo Allianz ed utilizzata da quest'ultima per le gestioni interinali delle agenzie già in libera gestione al momento in cui si trovino prive di agente mandatario;
mediamente la gestione interinale dura solo il tempo strettamente necessario alle operazioni tecniche di riaffidamento e subentro del nuovo agente. La gestione interinale dell'agenzia è chiaramente conservativa del portafoglio esistente sia nel caso in cui l'obiettivo sia il riaffidamento dell'agenzia a nuovo agente sia che il portafoglio sia acquisito ad una gerenza diretta della compagnia;
la prassi invalsa tra le imprese di assicurazione per gestire le fasi interinali nelle agenzie è quella di avvalersi di società di servizi, appartenenti al proprio gruppo e controllate direttamente e di fatto, nel ruolo di instintori. Il risultato è l'interposizione apparente di un terzo soggetto nei trasferimenti del rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti dell'agenzia. L'elemento anomalo introdotto dalla prassi vigente è la diretta collocazione di queste società nel settore dell'intermediazione assicurativa per cui non si è affatto di fronte ad una società di servizi controllata dalla compagnia stessa, ma ad un agente mandatario che rileva le agenzie passate in gestione interinale e sgrava la compagnia dal contratto di lavoro dei dipendenti e dalle clausole di salvaguardia occupazionale -:
se le agenzie assicurative in gestione da parte di società controllate direttamente dalle Compagnie di assicurazione possano ritenersi agenzie in libera gestione o siano invece agenzie in gestione diretta della Compagnia stessa, con conseguente applicazione delle previsioni normative, anche contrattuali e convenzionali, atte a impedire ingiustificate discriminazioni dei lavoratori;
se la gestione interinale delle agenzie assicurative a mezzo di società completamente controllate possa dichiararsi gestione interinale diretta delle imprese di assicurazione, con conseguente applicazione delle previste clausole nella normativa, anche convenzionale e contrattuale, di limite di durata e di salvaguardia occupazionale per i dipendenti delle agenzie;
se non debba essere esteso, per analogia, il termine di durata previsto per la gestione interinale diretta (60 giorni) ai casi di gestione interinale effettuata a mezzo di società controllata o di terzo soggetto, oltre il quale si entra in una gestione ordinaria; se sia quindi necessaria una ulteriore comunicazione inerente al contratto di lavoro dei dipendenti, che ufficializzi la fine della fase interinale anche in ipotesi di non riaffidamento a terzo agente dopo lo scadere dei 60 giorni, con l'indicazione del soggetto che ha definitivamente in carico il rapporto di lavoro.
(5-05031)
Interrogazioni a risposta scritta:
RUVOLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
numerose aziende che operano nel settore agricolo in provincia di Agrigento hanno dovuto fare ricorso avverso verbali di accertamenti redatti dagli ispettori di vigilanza della sede INPS di Palermo;
alle aziende agricole viene contestato di avere denunciato all'INPS, negli anni 2005 e 2006, per alcuni lavoratori, retribuzioni inferiori ai salari pagati effettivamente a partire dal 1 novembre 2003 che erano maggiorati rispetto a quelli stabiliti con contratti di riallineamento (contratto provinciale di lavoro per gli operai agricoli) in data 31 ottobre 2003;
il 1o dicembre 2004 è stato rinnovato il contratto provinciale di lavoro ed, al comma 2 dell'articolo 17, è stato previsto che «in tutte le aziende agricole che alla data di sottoscrizione del presente contratto non hanno raggiunto i minimi contrattuali provinciali le parti stabiliscono di procedere, così come previsto dall'articolo 29 del CCNL, con programmi di adeguamento contrattuali per il raggiungimento della paga provinciale entro la data del 31 dicembre 2007. Inoltre coloro che hanno raggiunto paghe superiori a quelle indicate dovranno adeguarsi a partire dalle paghe già raggiunte sempre alla data di sottoscrizione del presente contratto»;
in data 14 dicembre 2005 viene presentato all'INPS di Agrigento un integrativo del contratto provinciale di lavoro del 1o dicembre 2004, sottoscritto dalle tre sigle sindacali e le tre sigle professionali dei datori di lavoro dove si dava l'interpretazione autentica del comma 2, dell'articolo 17 del contratto provinciale di lavoro di Agrigento con il quale «si intendeva tutte le aziende che non hanno raggiunto i minimi contrattuali provinciali alla data del 31 ottobre 2003 e che hanno in corso programmi di riallineamento sottoscritti in applicazione del contratto del 23 marzo 2000 possono procedere, così come previsto dall'articolo 28 del CCNL, al completamento del suddetto programma di riallineamento già sottoscritto»;
il contratto provinciale di lavoro del 23 marzo 2003 prevedeva al termine del contratto e cioè al 1o novembre 2003 che tutte le aziende agricole aderenti al contratto di riallineamento dovessero pagare la differenza esistente tra salario corrisposto a seguito del contratto di riallineamento e quello contrattuale di qualifica;
molte aziende agricole hanno iniziato a pagare con una paga superiore rispetto a quella raggiunta in data 31 ottobre 2003, perché lo prevedeva il contratto e perché, in attesa di nuova contrattazione, non volevano essere eventualmente sanzionate;
il contratto provinciale di lavoro, sottoscritto dalle sigle sindacali di categoria dopo 14 mesi dalla scadenza del precedente, in data 1o dicembre 2004, prevedeva, secondo quanto disposto dall'articolo 17, comma 2, la possibilità di poter procedere con un programma di adeguamento per il raggiungimento della paga provinciale con aumenti salariali del 6 per cento annui, per coloro che avessero sottoscritto un accordo di gradualità nel 2000;
per tali motivi a partire dal 1o gennaio 2005, essendo servito tutto il 2004 per il rinnovo del nuovo contratto, tutte le aziende che al 31 ottobre 2003, non avevanoraggiunto la paga provinciale, hanno proceduto ad un programma di adeguamento iniziando a pagare in misura inferiore rispetto al periodo compreso tra 1o novembre 2003 e il 31 dicembre 2004;
tutto questo, hanno sottolineato le aziende agricole, era previsto dal contratto provinciale di lavoro provinciale e le medesime hanno conseguentemente ottemperato agli obblighi contrattuali;
non va dimenticato inoltre che i contratti in agricoltura per gli OTD (operai a tempo determinato) sono contratti a termine che vengono, con il nuovo anno, sottoscritti ex novo senza soluzione di continuità e che conseguentemente la paga del 2005 poteva, in ogni caso, essere inferiore a quella dell'anno precedente;
in questa situazione, aziende agricole che nel 2004 hanno pagato di più rispetto al contratto provinciale di lavoro provinciale, per il periodo 2004-2007, per i motivi sopra esposti, e che nel 2006 hanno pagato per quanto disposto sempre dal contratto provinciale di lavoro, rischiano assurdamente di perdere le agevolazioni contributive legate alla fiscalità di vantaggio
perché responsabili di avere pagato, per un periodo, più di quanto previsto dal contratto provinciale di lavoro;
tanta «meticolosità» negli accertamenti, da parte degli ispettori di vigilanza dell'INPS, nei confronti di aziende agricole rispettose, a parere dell'interrogante, delle norme attualmente in vigore suscitano più di una perplessità tenuto conto che le attività produttive da controllare e nelle quali si potrebbero contestare violazioni reali sarebbero, sempre a parere dell'interrogante, tutt'altre nel territorio della provincia di Agrigento -:
se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, verificare la correttezza o meno dei rilievi formulati ad alcune aziende agricole da parte degli ispettori di vigilanza dell'INPS e, nel caso, quali indicazioni si intendano dare affinché non vi sia un inutile accanimento nei confronti di un settore produttivo, fondamentale nella provincia di Agrigento, che soffre già in virtù della più globale crisi economica.
(4-12531)
BOBBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
R.D. ad agosto del 2008 ha avuto in collocamento provvisorio, poi diventato affido preadottivo, una bambina che ora ha 6 anni e nello stesso periodo ha vinto un concorso pubblico per dirigente, per il quale è stata assunta nel 2010 presso l'Agenzia delle dogane;
la signora R. è attualmente in congedo parentale e al termine di questo periodo, cioè fra circa un mese, sarà costretta a dare le dimissioni, in quanto l'Agenzia ha deciso il suo trasferimento a Messina, nonostante l'ampia disponibilità di posti in Toscana, regione dove risiede;
la signora R. dovrà scegliere tra il lavoro e la sua famiglia, in quanto il trasferimento a Messina, comporterebbe la disgregazione familiare, qualora andasse da sola, oppure la disoccupazione del marito, che lavora in una società informatica privata e che non avrebbe buone probabilità di collocamento in Sicilia;
essendo la bambina in affidamento preadottivo sono ancora in corso i controlli e i colloqui con i servizi sociali;
a seguito della notizia del trasferimento la signora R. ha presentato ricorso al giudice del lavoro senza vittoria, in quanto la legge (articolo 42-bis del decreto legislativo 151 del 2001) tutela i bambini fino a tre anni di età, non prevedendo che, in caso di adozione, si debba considerare la data di ingresso in famiglia, a prescindere dall'età anagrafica;
la signora R. ha cercato altre soluzioni, come la mobilità in un'altra pubblica amministrazione ma non ha ricevuto nessuna risposta, nonostante il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, favorisca lo stesso strumento della mobilità;
in occasione dello scorso otto marzo, tante sono state le affermazioni sul disagio lavorativo delle donne, purtroppo però, a parere dell'interrogante, in questo caso è proprio la pubblica amministrazione a non tutelare le donne mamme lavoratrici;
di recente è stato firmato un accordo tra Governo e parti sociali e nel testo dell'avviso comune si legge che le parti «condividono il valore di una flessibilità family friendly come elemento organizzativo positivo e l'importanza di una modulazione flessibile degli orari di lavoro» e ancora «si impegnano, fermi restando gli assetti della contrattazione collettiva, a valorizzare le buone pratiche di flessibilità family friendly e di conciliazione esistenti» -:
se non si ritenga urgente e doveroso intervenire affinché la signora R.D. veda garantito il proprio diritto al lavoro e alla famiglia;
se non si intenda promuovere un rafforzamento della normativa relativa
alla conciliazione e alla mobilità, al fine di garantire alle madri lavoratrici reali pari opportunità;
se non si intenda assumere iniziative normative per una modifica dell'articolo 42-bis del decreto legislativo 151 del 2001, - attualmente esposto al rischio di censura di illegittimità costituzionale prevedendo che, in caso affido/adozione, i tre anni decorrano dall'ingresso in famiglia.
(4-12532)
FRANZOSO, TERRANOVA, LISI, PESCANTE, PIANETTA, PICCHI, NICOLUCCI, FUCCI, FORMICHELLA, DELL'ELCE, ARMOSINO, MARINELLO, DE ANGELIS, SBAI, FALLICA, CERONI, TORRISI, BERNARDO, SISTO, LAZZARI, NASTRI, DIMA, CASTIELLO, GOTTARDO, DE CAMILLIS, DI CATERINA, SCELLI, STAGNO D'ALCONTRES, PELINO, DI CAGNO ABBRESCIA, DEL TENNO, GERMANÀ, BIAVA, SAVINO e BARBA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il mercato dei servizi di call center in outsourcing vale in Italia circa 1 miliardo di euro e consta di 80.000 addetti, dei quali circa 50.000 lavoratori dipendenti che si occupano prevalentemente di «assistenza clienti» (in modalità inbound) e 30.000 «a progetto», le cui maggiori attività sono quelle d'informazione commerciale e vendita (in modalità outbound);
il settore presenta notevoli difformità rispetto ad altri Paesi ed in generale viene considerato ancora dalla committenza come un servizio a basso valore aggiunto, da esternalizzare al più basso prezzo possibile;
lo sviluppo di nuove tecnologie per garantire al cliente finale servizi di elevata qualità, non ha infatti ancora avuto pieno riscontro in Italia: l'attenzione in molti casi è stata piuttosto rivolta al contenimento del costo del lavoro, facendo ricorso a forme di lavoro precario (o addirittura a cottimo) sull'outbound, essendo in tal caso consentita questa tipologia contrattuale, a tutto discapito di quelle realtà meritevoli che hanno invece effettuato importanti investimenti sia sul miglioramento dei processi che, soprattutto, sulla formazione delle proprie risorse;
il contratto collettivo nazionale di lavoro (il più diffuso nel settore è quello delle telecomunicazioni) presenta inoltre alcune rigidità che mal si adattano ad un lavoro «aleatorio» come quello del call center;
in particolare, costituiscono spunti di riflessione i temi legati alla gestione dell'orario di lavoro ed alle forme di retribuzione. È evidentemente problematico adattare gli orari di lavoro, specie per contratti part-time, ai volumi variabili di chiamate che il call center riceve, così come è problematico aumentare la retribuzione «netta in busta» degli operatori in considerazione del fatto che, probabilmente, otto ore consecutive al telefono non sono sostenibili e che, pertanto, si usano contratti part-time che non garantiscono retribuzioni adeguate;
vi sono altri aspetti cogenti che impattano sull'intero mercato e nella fattispecie sulle aziende del settore, che rischiano a breve di mettere a repentaglio circa 25.000 posti di lavoro, equivalenti alle stabilizzazioni frutto della circolare 17/2006 emanata dall'allora Ministro Damiano: tale circolare, prevedendo infatti l'obbligo di assunzione per i così detti «lavoratori in-bound», ha comportato una crescita dei costi fissi, che però in Italia - per i motivi sopra esposti - non ha implicato un parallelo adeguamento dei prezzi di tali servizi rimasti ai parametri antecedenti, per non citare l'annoso fenomeno delle gare al massimo ribasso da parte della committenza pubblica (PA);
il sistema in questi ultimi tre anni ha trovato un equilibrio grazie agli sgravi contributivi derivanti dall'applicazione della legge n. 407 del 1990, che consente un abbattimento del 50 per cento - o del 100 per cento nelle regioni obiettivo 1, dove risiedono al maggior parte dei call center - degli
oneri sociali, per tutti i dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato;
tali benefici hanno durata triennale ed essendo le trasformazioni dei contratti avvenute a partire dalla metà del 2007, questo ha significato che la maggior parte delle società del settore stanno entrando in crisi, non trovando più un equilibrio tra costi (lievitati del 40 per cento) e ricavi (che sono rimasti i medesimi);
alcuni primi esempi sono già alla luce delle cronache: il fallimento dei gruppi Phone Media ed Omnia Media ha causato la perdita di circa 10.000 posti di lavoro;
la soluzione potrebbe essere, a parere dell'interrogante, quella di prevedere per le imprese del settore una deroga alla legge n. 407 del 1990, una proroga che consenta di estendere di altri tre anni i benefici degli sgravi contributivi, durante il quale periodo gli attori in campo (sistema delle imprese, sindacati ed Istituzioni) dovranno poi lavorare alla costruzione di un sistema stabile ed in grado di garantire un allineamento dei prezzi da parte della committenza, sia pubblica che privata;
tale provvedimento, calcolato sui circa 25.000 addetti stabilizzati nel 2007 (dei quali però solo una parte ha avuto e avrebbero ancora diritto a tali benefici, per gli specifici requisiti previsti dalla legge), avrebbe per lo Stato un costo di circa 40-45 milioni di euro;
tale sacrificio da parte dello Stato sarebbe, a parere dell'interrogante, inferiore al danno economico che deriverebbe dal non prevedere alcuna misura a favore: il costo della mobilità e cassa integrazione (in deroga) applicabile a tali risorse, sarebbe infatti senz'altro superiore, con la conseguenza negativa della creazione di nuova disoccupazione e cancellazione di tante professionalità -:
se non ritenga necessario, in un'ottica di costruttiva collaborazione, aprire un tavolo di confronto - con le aziende del settore e le associazioni di categoria - sui temi illustrati in premessa, con l'obiettivo di costruire un sistema stabile ed in grado di garantire un allineamento dei prezzi da parte della committenza, sia pubblica che privata.
(4-12533)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un operaio di nazionalità polacca la mattina del 30 giugno 2011 è deceduto vittima dell'ennesimo incidente sul lavoro, questa volta a Pognano, in provincia di Bergamo;
secondo quanto riferito dall'agenzia «Ansa», l'uomo sarebbe stato travolto da una pesante lastra, forse di cemento, mentre lavorava in un'azienda lungo la strada provinciale nella zona industriale del paese -:
di quali elementi disponga in relazione alla dinamica dell'incidente;
se siano state rispettate le normative sulla sicurezza del lavoro;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a vicende come quella sopra segnalata, che per dimensioni - dall'inizio dell'anno risultano essere decedute almeno 259 persone per incidenti sul lavoro, 439.834 sono stati gli infortuni, 1.039 gli invalidi - assume i connotati di quella che non è esagerato definire una strage.
(4-12547)
...
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GNECCHI, MATTESINI, BELLANOVA, BOCCUZZI, BOBBA, CODURELLI, GATTI, MADIA, MOSCA, DAMIANO, GIOVANELLI, RAMPI, SCHIRRU, SANTAGATA e MIGLIOLI. - Al Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72 (commi da 1 a 6) del decreto-legge n. 112 del 2008, relativo alle nuove norme per chi è prossimo alla pensione, ha introdotti il nuovo istituto dell'esonero dal servizio che ha come obiettivi il risparmio e una spinta alla progressiva riduzione del numero dei dipendenti pubblici, visto che non ne viene prevista la sostituzione;
l'esonero consiste nella sospensione dal servizio per un periodo massimo di 5 anni e possono chiederlo coloro che hanno maturato almeno 35 anni di contributi, indipendentemente dalla età anagrafica dei richiedenti. La procedura di utilizzo dell'esonero era valida solo fino al 2011. Con l'entrata in vigore del cosiddetto decreto-legge mille-proroghe, la possibilità per i dipendenti pubblici che stanno maturando i 40 anni di contributi di richiedere la sospensione dal servizio nei 5 anni antecedenti la maturazione del requisito viene prorogata al triennio 2012-2014;
con l'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, novità sostanziale in materia di pensionamento dei dipendenti pubblici è data dalla cosiddetta finestra mobile a partire dall'anno in corso e cioè l'accesso al pensionamento di vecchiaia e di anzianità è previsto decorsi 12 mesi (18 mesi per i trattamenti pensionistici in regime di totalizzazione) dalla maturazione dei requisiti. Verrà, comunque, garantita la continuità tra stipendio e pensione, mantenendo in servizio i dipendenti fino alla data di decorrenza del trattamento della pensione. La nuova disposizione non si applica nei confronti di coloro che hanno maturato i requisiti prescritti (contributivi ed anagrafici) alla data del 31 dicembre 2010 e che possono accedere al trattamento pensionistico con le cosiddette 4 finestre in relazione al trimestre di maturazione dei requisiti;
ciò costringe anche chi ha richiesto e avuto l'autorizzazione all'esonero, con relativo decreto ante approvazione della legge n. 122 del 2010 a dover restare un anno in più in regime di esonero, quindi con il 50 per cento o il 70 per cento di retribuzione, senza alcuna possibilità, stante le mutate condizioni definite da questo Governo, di poter rientrare in servizio;
questo modo di procedere è, ad avviso degli interroganti, a dir poco singolare, oltre che molto contraddittorio, mina fortemente la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e crea nuovo contenzioso nei confronti della pubblica amministrazione; le persone dispongono di un decreto che verrà «automaticamente» prorogato di un anno, con relativo ritardo anche per il trattamento fine rapporto di lavoro e tutte le inevitabili e nocive conseguenze -:
se non ritenga il Governo di promuovere una modifica della norma al fine di consentire a coloro che hanno richiesto l'esonero, o lo richiedono in questa fase sperimentale prorogata, di poter ottenere la pensione come da decreto di accoglimento dell'esonero o rientrare in servizio su loro espressa richiesta e se il Ministro non ritenga necessario avviare una riflessione sulle regole per coloro che facciano richiesta da oggi.
(5-05028)
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SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
BINETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è in atto una intensa campagna pubblicitaria, a parere dell'interrogante e di esperti del settore, condotta con modalità non del tutto trasparenti, mirata all'inserimento di un nuovo psicofarmaco per bambini in Italia, di cui è ancora in corso la sperimentazione;
presso l'IRCCS Stella Maris di Pisa è, infatti, in corso una sperimentazione sulla
Guanfacina; nonostante esistano già altri due psicofarmaci per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) regolarmente approvati in Italia, una delle agenzie di pubbliche relazioni della Shire, la Ketchum, starebbe conducendo una campagna per creare le condizioni per la migliore accettazione del farmaco nel nostro Paese, mediante il supporto all'organizzazione di convegni e seminari in cui si magnifica questo prodotto farmaceutico, sottolineando come l'assenza dello stesso dal mercato italiano creerebbe nocumento ad almeno 300.000 bambini che sarebbero in attesa di vederselo somministrare;
detta campagna di pubbliche relazioni potrebbe porsi in contrasto con l'articolo 6 del «Codice di condotta degli associati alla Public Affairs Association», gli articoli 5, 6 e 16 del codice di comportamento della Federazione relazioni pubbliche italiana e gli articoli 1 e 2 del Codice internazionale di Bruxelles per la condotta degli affari pubblici;
il registro per l'ADHD, utile strumento di monitoraggio anti-abuso istituito in forza della determinazione del 19 aprile 2007 dell'Agenzia italiana del farmaco pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 95 del 24 aprile 2007 e gestito dall'Istituto superiore di sanità, ha visto un taglio graduale delle proprie spese di funzionamento da 150.000 euro l'anno del 2009 ad appena 30.000 euro l'anno del 2011, con serio pregiudizio al funzionamento dello stesso;
il consorzio interuniversitario non a scopo di lucro Cineca, che gestisce materialmente per conto dell'Istituto superiore di sanità il registro, con procedure di tutela dei dati dei bambini, è in arretrato di 2 anni nell'incasso del rimborso delle spese di gestione sostenute, ed entro il 31 dicembre 2011 interromperà quindi il servizio, obbligando così l'Istituto superiore di sanità a prendere in carico direttamente la complessa massa di informazioni, con un minore standard di sicurezza nel trattamento dei delicati dati sensibili sanitari dei bambini e le loro famiglie;
in caso di blocco delle attività del registro ADHD, si creerà pregiudizio grave al sistema di monitoraggio della somministrazione di questi psicofarmaci in Italia;
il «modello italiano» di sicurezza costituisce un'eccellenza assoluta nel mondo, in grado di garantire prescrizioni appropriate e non disinvolte di prodotti psicoattivi ai minori -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro per garantire non solo la conferma dei fondi originariamente a disposizione dell'Istituto superiore di sanità per la gestione di questo progetto d'avanguardia, ma - come richiesto dallo stesso Istituto superiore di sanità - l'incremento degli stessi al fine di permettere l'inserimento nel registro di tutti gli psicofarmaci per l'età pediatrica, quali ad esempio quelli per gli episodi depressivi, somministrati in misura quindici volte superiore come quantità a quelli per l'iperattività e quindi richiedenti un'attenzione anche maggiore;
se sia vero che questa sperimentazione - della quale la casa farmaceutica produttrice non ha dato alcuna notizia pubblica, con riguardo alla salvaguardia del diritto alla salute dei bambini italiani - sia funzionale all'approvazione del farmaco per uso pediatrico e quindi all'inserimento di un terzo psicofarmaco per l'infanzia in Italia;
quali iniziative ritenga opportuno adottare tempestivamente per rinnovare il registro sull'ADHD, utile strumento di controllo anti-abuso il cui decreto di funzionamento è scaduto e non rinnovato da mesi.
(3-01728)
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
riferisce l'ANSA del 29 giugno 2011 un bimbo di nove anni è deceduto nell'ospedale
infantile «Regina Margherita» di Torino per un incidente alla centrale di distribuzione dell'ossigeno dove erano in corso lavori -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito alla dinamica del gravissimo incidente;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere o adottare per fare piena luce sui fatti.
(4-12548)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono le agenzie di stampa del 29 giugno 2011, due donne sono decedute dopo aver partorito nell'ospedale di Cosenza nel giro di poche ore;
i familiari delle due donne si sono rivolte alla magistratura, per sapere se vi siano responsabilità dei medici;
nel primo caso la donna aveva 37 anni ed aveva accusato un'emorragia al settimo mese di gravidanza, e i medici sono riusciti a salvare il neonato, ma non la madre;
a distanza di poche ore, una puerpera di 27 anni è deceduta, dopo essere tornata a casa. Era stata sottoposta a parto cesareo -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alle modalità che hanno portato a questo duplice decesso;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere o adottare per fare piena luce sui due episodi sopra riferiti.
(4-12549)
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dalla Gazzetta di Mantova il 25 giugno 2011 si apprende che gli utenti dell'ufficio postale di Formigosa (località del comune di Mantova) devono sopportare lunghe attese «sul marciapiede esterno per pagare un vaglia o una bolletta. Succede quasi ogni giorno da anni. Gli utenti sono stanchi di aspettare il proprio turno con i piedi intirizziti d'inverno o fermi ad arrostire sotto il sole battente nelle giornate estive» (dalla Gazzetta di Mantova);
da anni, gli stessi utenti chiedono di ampliare l'ufficio postale includendo un appartamento attiguo inutilizzato di proprietà del comune di Mantova;
l'ufficio postale di Formigosa ha un bacino di utenza che comprende anche altre località dei comuni di Mantova e Roncoferraro, quali Castelletto Borgo, Barbasso, Ponte Merlano e, inoltre, viene utilizzato anche da molti cittadini che si recano nei vicini uffici della motorizzazione civile -:
se il Ministro interrogato intenda adoperarsi presso la direzione generale di Poste Spa, società controllata dallo Stato, affinché si apra un confronto con il comune di Mantova, proprietario di un locale inutilizzato attiguo all'ufficio postale di Formigosa, per addivenire ad una soluzione che consenta agli utenti di usufruire di un ufficio postale più ampio, tale da garantire condizioni confortevoli e rispettose dei diritti dei cittadini.
(5-05024)
LENZI e ALBINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 24 luglio 2008, a seguito dell'aggiudicazione di un bando di gara pubblico, Poste italiane s.p.a. e TNT hanno
stipulato un contratto d'appalto per lo svolgimento «del servizio di distribuzione e raccolta di corrispondenza e posta non indirizzata ed espletamento di servizi ausiliari»;
di conseguenza TNT ha assunto in alcune filiali, tra cui quella di Firenze, 60 dipendenti a contratto a termine scadenza 30 giugno poi prolungato fino al 23 luglio 2011;
Poste italiane ha utilizzato il personale all'interno di propri uffici in mansioni non diverse da quelle richieste a personale dipendente;
il 22 giugno 2011 è stato siglato un accordo con le organizzazioni sindacali con l'intento di ricercare una soluzione condivisa che tenga conto delle aspettative di occupazione dei lavoratori estromessi dall'azienda a causa della cessazione dell'appalto;
è prevista l'istituzione di una graduatoria dove verrà riconosciuto un diritto di precedenza nelle assunzioni di personale a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata minima di 4 mesi;
Poste italiane s.p.a. e TNT continuano ad assumere nuovo personale con contratti a termine o interinali -:
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per garantire la tutela dei lavoratori in graduatoria e il rispetto dell'accordo sindacale siglato tra Poste italiane s.p.a. e TNT.
(5-05027)
TULLO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
diverse iniziative parlamentari hanno posto al Governo di dare risposte alla grave situazione della cantieristica italiana ed in particolare del gruppo Fincantieri;
la gravità della situazione era già ampiamente nota al Parlamento, che già il 25 gennaio 2011, con la risoluzione 8-00104 approvata dalla X commissione (Attività produttive, commercio e turismo) aveva unanimemente impegnato il Governo ad attivarsi per la gestione e il superamento della fase;
a seguito delle manifestazioni dei lavoratori, della reazione delle comunità locali sedi di cantiere, il piano industriale annunciato il 23 maggio 2011 dalla direzione di Fincantieri che prevedeva 2.551 esuberi, la chiusura di Castellammare di Stabia, Genova Sestri Ponente, e il forte ridimensionamento di Riva Trigoso, il 3 giugno 2011, è stato ritirato, in quell'occasione è stato garantito un impegno del Governo per alcune commesse pubbliche, in grado di garantire continuità lavorativa per gli stabilimenti interessati a partire dal rispetto per quanto riguarda il programma FREMM;
tali impegni venivano riconfermati nella risposta fornita dal Governo all'interpellanza urgente 2-01111 del 7 giugno 2011;
nella giornata 22 giugno 2011, su diversi organi di stampa, il Ministro della difesa avrebbe affermato che il Governo non sarebbe nelle condizioni per proseguire l'impegno al fine di costruire le nuove unità previste dal programma FREMM e fondamentali per la nostra Marina ai fini dei suoi compiti nazionali ed internazionali come ripetutamente affermato dai suoi vertici -:
quali siano le reali intenzioni del Governo rispetto alla realizzazione delle nuove unità previste dal programma FREMM.
(5-05030)
...
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione De Biasi e Ghizzoni n. 5-05007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Levi.
L'interrogazione a risposta scritta Luciano Dussin n. 4-12519, pubblicata nell'allegato B
ai resoconti della seduta del 29 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Luciano Dussin n. 5-04816 del 30 maggio 2011;
interpellanza urgente Franzoso n. 2-01110 del 7 giugno 2011.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bobba e Gnecchi n. 5-04429 del 23 marzo 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12532.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BARANI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 sono state ridefinite le modalità relative all'accertamento e al riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità, al fine di contrastarne le frodi e di snellirne l'iter procedurale;
a decorrere dal 1° gennaio 2010, il medico che certifica l'invalidità del paziente invia il certificato per via telematica all'Inps;
a decorrere dalla medesima data, le commissioni mediche delle ASL devono essere integrate da un medico dell'Inps, quale componente effettivo, per accelerare l'iter di convalida dei verbali di invalidità in caso di unanimità di giudizio;
ad oggi, però, stando a quanto riferito dalle organizzazioni di settore e dai cittadini, risulterebbero giacenti centinaia di migliaia domande di invalidità in attesa di risposta e questo porterà tempi di attesa notevolmente dilatati, tutto per il malfunzionamento del software gestito dall'Inps, da parte delle stesse ASL;
il software usato dalle ASL e dall'INPS non è compatibile e quindi migliaia di pratiche sono ferme, a scapito di molti malati che attendono la pensione per inabilità totale -:
quali iniziative di propria competenza intendano assumere i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa, visto che la nuova procedura doveva rappresentare uno strumento atto a snellire l'iter burocratico di verifica e convalida e contribuire ad una consistente riduzione del fenomeno dei «falsi invalidi».
(4-11741)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di conoscere quali iniziative possano essere intraprese o siano in corso di attuazione, in merito alla comunicazione telematica fra uffici preposti al riconoscimento dell'invalidità civile o dell'handicap, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, è d'uopo chiarire che gli elementi di seguito riportati sono stati forniti all'esito di un'istruttoria avviata con l'Inps ente previdenziale alla cui competenza è affidato, in via principale, la gestione del procedimento per il riconoscimento delle invalidità civili.
Il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78. convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102. all'articolo 20 ha disposto la gestione coordinata delle fasi procedurali di competenza delle diverse amministrazioni coinvolte, disponendo la trasmissione telematica delle domande, in tempo reale, dall'Inps alle aziende sanitarie locali.
A tal riguardo, in relazione alle modalità attuative e procedurali con le quali l'Inps sta assolvendo ai compiti assegnati dal summenzionato articolo 20, si precisa che
queste sono state definite con la determinazione del commissario straordinario Inps n. 189 del 20 ottobre 2009 e diramate con la circolare n. 131 del 28 dicembre 2009.
Detta circolare ha fornito i necessari chiarimenti indicando le modalità per la gestione informatizzata del procedimento, le fasi di compilazione on-line delle domande e dei certificati, le specifiche per la redazione in formato elettronico degli atti e la loro trasmissione e l'accesso ai documenti via internet in operazione applicativa.
Sul punto, ed enucleando gli aspetti più significativi della riforma avviata con la norma indicata in premessa, emerge l'adozione del mezzo informatico per ottenere un uniforme iter procedurale della domanda di prestazione assistenziale, caratterizzato da trasparenza, da celerità e da efficacia del procedimento.
Allo scopo, sin dal 1° gennaio 2010 sono stati rilasciati e resi disponibili sul sito internet dell'Istituto appositi applicativi:
per acquisizione on-line del certificato medico attestante le patologie invalidanti ad uso dei medici certificatori;
per acquisizione delle domande ad uso del cittadino;
per acquisizione delle domande ad uso dei patronati e delle associazioni di categoria;
per l'acquisizione dei dati relativi alla gestione dell'agenda appuntamenti ad uso del personale delle Asl.
L'accesso alle applicazioni, nel rispetto della normativa sulla privacy, è consentito solo agli utenti muniti di Pin (Personal identification number), le cui modalità di assegnazione sono descritte nello stesso sito dell'Inps.
In maggior dettaglio, il cittadino che intende presentare domanda per il riconoscimento dello stato di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità e handicap, deve recarsi presso un medico abilitato alla compilazione telematica del certificato medico introduttivo che attesti le infermità invalidanti.
Completata l'acquisizione del certificato medico introduttivo, la procedura genera una ricevuta che il medico stesso provvede a stampare e consegnare al richiedente, con una numerazione specifica da riportare nella domanda, per l'abbinamento dei due documenti.
Una capillare campagna di sensibilizzazione è stata avviata al fine di coinvolgere il maggior numero di medici certificatori promuovendo incontri con tutti i professionisti operanti sul territorio sia presso le sedi degli ordini dei medici sia presso le strutture ospedaliere e presso i policlinici universitari, con consegna in tempo reale del Pin di accesso.
Anche la procedura di individuazione delle patologie da indicare nei certificati è stata resa particolarmente agevole, con proposizione, per esempio, di menù a tendina per reperire il codice nosologico ICD9 riferito alla patologia prevalente.
Infine, è prevista la realizzazione di specifici applicativi volti ad interfacciarsi con i software gestionali più diffusi negli studi di medicina generale.
Massima disponibilità è inoltre continuamente garantita da parte delle unità operative (U.o.) medico legali centrali e territoriali Inps per rispondere tempestivamente e fattivamente ad istanze di chiarimenti procedurali provenienti da associazioni rappresentative di cittadini.
Per quanto attiene alle modalità di presentazione della domanda, questa può essere presentata telematicamente dal cittadino in possesso del Pin rilasciato dall'Istituto e/o da soggetti da questi autorizzati.
Proprio tenendo conto dell'età avanzata in cui versa una elevata percentuale degli interessati e delle loro possibili difficoltà ad inoltrare le domande per via telematica si è ricorso al coinvolgimento dei patronati e delle associazioni di categoria, ai quali è possibile rivolgersi per la presentazione e per l'invio della domanda.
La gestione informatizzata delle domande consente la tracciabilità delle stesse durante tutte le fasi del procedimento, con possibilità di monitorare lo stato della
propria pratica tramite collegamento al sito dell'Istituto con le proprie credenziali di accesso (Pin).
Inoltre, al fine di consentire, ove possibile, la definizione delle date di visita contestualmente alla presentazione della domanda, l'Inps mette a disposizione delle Asl un sistema di invito a visita contenente una funzione per la calendarizzazione degli appuntamenti.
Dal 1° gennaio 2010 le commissioni mediche Asl sono integrate dal medico Inps quale componente effettivo. Il medico Inps che partecipa alle commissioni è designato di volta in volta, a rotazione, fra quelli in servizio presso l'Unità operativa medico legale territorialmente competente.
La commissione medica all'atto della visita accede, direttamente attraverso la rete internet o mediante cooperazione applicativa, al fascicolo elettronico dell'interessato contenente la domanda telematica completa del certificato medico.
I verbali delle sedute, anch'essi informatizzati, saranno sempre esaminati - con modalità che differiscono a seconda che il giudizio venga formulato all'unanimità o a maggioranza - da un medico Inps, atteso che all'Istituto spetta comunque il giudizio definitivo. Segnatamente, il responsabile dell'unità operativa medico legale dell'INPS potrà sospendere il verbale e dispone, se del caso, una visita diretta da effettuarsi entro i successivi venti giorni.
La visita sarà effettuata da commissioni costituite da medici Inps (uno dei quali con funzione di Presidente, al quale compete il giudizio definitivo), da un medico rappresentante delle associazioni di categoria (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, Ente nazionale sordi onlus, Unione italiana ciechi, Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettive e/o relazionale) e dall'operatore sociale nei casi previsti dalla legge.
L'organizzazione del nuovo processo dell'invalidità civile si basa essenzialmente sulla collaborazione tra l'Istituto e gli enti fino ad oggi interessati al processo stesso.
In relazione a quanto sopra l'Inps opera a stretto contatto con le regioni (in particolare le aziende sanitarie locali) e con le rispettive articolazioni territoriali e si attiva per rendere compatibili i flussi informatici delle domande d'invalidità civile con i sistemi attualmente in uso presso le Asl stesse, anche ai fini della concessione da parte degli enti competenti di altri benefici socio-sanitari connessi allo stato di invalidità civile.
L'insieme di tutte le attività inerenti il processo in questione è sottoposto a costante monitoraggio sia sotto l'aspetto della funzionalità del sistema sia sotto l'aspetto del controllo dei tempi di lavorazione.
A tal riguardo, si allega, la relazione inviata dall'Inps al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, contenente i dati ed i riferimenti più aggiornati in merito al procedimento di invalidità civile, handicap e disabilità, (disponibile presso il Servizio Assemblea).
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
BOSSA, PICCOLO e REALACCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con delibera 150 del 1° agosto 2008 la giunta comunale del Comune di Volla, provincia di Napoli, ha adottato la proposta di nuovo piano urbanistico comunale (Puc), approvata poi dal consiglio comunale in data 22 maggio 2010;
secondo la legge regionale n. 16 del 2004 la proposta di Puc va corredata dei pareri obbligatori dell'Asl, dell'autorità di bacino, della valutazione di impatto ambientale, e altri atti richiesti alle autorità competenti solo ad aprile 2009, dopo l'approvazione della proposta stessa di Puc;
con delibere n. 37 e n. 38 del 15 luglio 2009 il consiglio comunale di Volla ha proceduto alla valutazione delle osservazioni pervenute e alla adozione della proposta di Puc, senza che la stessa fosse corredata dei previsti pareri richiesti dalla legge, mentre alcune osservazioni presentate da assessori e consiglieri comunali sono state approvate con il parere contrario
del tecnico estensore del Puc, perché giudicate in contrasto con l'impianto urbanistico del Puc;
l'atto adottato prevede la completa cancellazione degli ultimi spazi verdi rimasti per far posto ad una imponente cementificazione del territorio; sono previsti, infatti, circa 5mila nuovi alloggi, che determineranno un incremento di popolazione tale da portare Volla ad almeno 50mila abitanti, su un territorio di 5 chilometri quadrati immediatamente a ridosso della città di Napoli, con un impatto ambientale elevato in termini di inquinamento da smog, da sovraffollamento, con carenza di servizi come scuole primarie, fognature, parcheggi, strade;
la direzione Urbanistica dell'amministrazione provinciale di Napoli, con proprio atto del 3 settembre 2010, ha dichiarato che l'atto urbanistico del Comune di Volla va «rimodulato, integrato e corretto» perché difforme da quanto previsto dalla legge regionale n. 14 del 1982;
il comune di Volla, come gran parte dell'area metropolitana di Napoli, è attraversato duramente anche dal fenomeno dell'abusivismo edilizio che crea danni nascosti e gravissimi all'ambiente, al sottosuolo, alla vivibilità, alla salute pubblica, come dimostra la recente tragedia di Afragola, con il crollo della palazzina del centro storico durante un nubifragio;
il comune di Volla è stato già oggetto, nel 2004, di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche e gran parte dei rilievi mossi allora dalla commissione d'accesso nominata dal prefetto di Napoli, che ha poi condotto allo scioglimento, riguardavano proprio l'intreccio tra politica, camorra e interessi legati al mondo dell'edilizia speculativa; inoltre alcuni degli esponenti politici indicati nella relazione della commissione d'accesso del 2004 sono stati rieletti in consiglio comunale;
sul tema delle infiltrazioni camorristiche e affaristiche nella vicenda dell'approvazione del Puc è in corso una indagine dei carabinieri, che stanno acquisendo documentazioni, atti e informazioni per riferirne all'autorità giudiziaria;
recentemente un assessore della giunta comunale ha ricevuto una lettera intimidatoria, con il bossolo di un proiettile e con frasi minacciose che lo invitavano a dimettersi; su tale episodio stanno indagando gli inquirenti ed è il segno tangibile del clima difficile di condizionamento e minacce nel quale gli organi istituzionali sono chiamati ad assumere le proprie decisioni;
una nuova ondata di cemento, delle proporzioni rappresentate dal Puc, è senza dubbio un tema sensibile per gli affari di camorra su un territorio ad altissima densità criminale, che, soprattutto lungo la linea di confine col comune di Casalnuovo, nella frazione «Casarea», è già assurta agli onori della cronaca nazionale, a febbraio 2007, per una vasta lottizzazione abusiva seguita da sequestri ed abbattimenti nonché da condanne penali inflitte proprio nei giorni scorsi nei confronti di costruttori, tecnici, proprietari dei suoli, dirigenti comunali ed esponenti della malavita locale;
l'enorme questione ambientale è sempre più aperta nel comune di Volla e in altri comuni dell'area metropolitana di Napoli, in considerazione sia del fenomeno dell'abusivismo edilizio, che erode il sottosuolo, e trasforma il territorio, sia delle decisioni assunte in alcuni casi dagli enti locali, che, a fronte di luoghi dissestati, invece di ridurre le volumetrie e aumentare gli spazi verdi, stanno conducendo i loro territori, con i Puc, ad una cementificazione estrema, massiccia, con un tale aumento di volumetrie e densità abitativa da mettere a rischio l'ambiente, la tenuta del territorio e la stessa pubblica incolumità -:
se e come il Ministro interrogato intenda attivarsi perché sia compiuto anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, un accesso agli atti al comune di Volla, per la verifica di eventuali infiltrazioni e condizionamento camorristici, dal
momento che le evidenze che nel 2004 hanno condotto allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, non sembrano superate e sembrano essersi acuite in occasione degli interessi legati alla costruzione dei 5mila vani previsti del nuovo Puc, come dimostrano sia la storia degli interessi criminali su quella zona sia alcune importanti inchieste avviate dall'autorità giudiziaria e dalle forze di polizia.
(4-09107)
Risposta. - In via preliminare si evidenzia che il procedimento di formazione del piano urbanistico comunale del comune di Volla è disciplinato dalla legge della regione Campania n. 16 del 2004 che al capo III, in particolare all'articolo 24, reca disposizioni in materia di pianificazione urbanistica comunale.
Consiglieri di minoranza del predetto comune hanno interessato la prefettura di Napoli in relazione ad una loro richiesta di convocazione del consiglio comunale, al fine di discutere le osservazioni istruttorie della provincia nonché le controdeduzioni formulate dal comune in seno alla conferenza dei servizi.
Nella circostanza è stato rilevato che l'intervento dell'organo consiliare, stante la già avvenuta convocazione della predetta conferenza dei servizi, è previsto dalla legge regionale esclusivamente per la ratifica degli esiti della conferenza entro il termine di venti giorni dalla loro comunicazione, pena la decadenza dei relativi atti.
Tuttavia, la prefettura di Napoli ha ritenuto di segnalare al sindaco e al presidente del consiglio comunale di Volla che la richiesta dei consiglieri di minoranza andava valutata nell'ottica di assicurare la massima partecipazione alle varie fasi procedurali finalizzate all'approvazione di uno strumento importante e di interesse pubblico per la gestione del territorio, quale il piano urbanistico comunale, nonché quale utile arricchimento cognitivo ai fini delle valutazioni e determinazioni dei rappresentanti del comune - sindaco o l'assessore delegato e i dirigenti comunali competenti - in seno alla conferenza di servizi presso la provincia di Napoli.
In ordine, poi, alle indagini in corso da parte dell'Arma dei carabinieri su presunte infiltrazioni camorriste e condotte affaristiche nell'ambito della vicenda connessa all'approvazione, del citato piano urbanistico, è stato interessato il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri per acquisire elementi informativi ai fini di ogni valutazione nel quadro di eventuali iniziative di prevenzione.
Allo stato, il prefetto di Napoli non ha richiesto al Ministero dell'interno l'attivazione della procedura per la verifica delle condizioni per lo scioglimento del comune di Volla.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
BRANDOLINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in seguito ad una segnalazione dell'Adiconsum - riunita ad una precedente segnalazione del Ministero della salute che riguardava anche altri soggetti in seguito citati - l'Autorità garante della concorrenza e del mercato con provvedimento del 31 luglio 2008 ha condannato la FIMP (Federazione italiana medici pediatri) e il Gruppo Novelli srl al pagamento di sanzioni amministrative per la commercializzazione di uova «Ovito» pubblicizzate con un messaggio presente sulle confezioni che recitava «Ovito: l'unico uovo approvato dalla Federazione italiana medici pediatri»;
in data 27 dicembre 2007 la Direzione Generale sicurezza degli alimenti e nutrizione dell'allora Ministero della salute ha segnalato alla Authority la presunta scorrettezza della pratica commerciale posta in essere da alcune imprese operanti nel settore commerciale in quanto le diciture «Approvato dalla Federazione italiana medici pediatri», riportate sulle etichette dei rispettivi prodotti destinati al consumo alimentare, potrebbero indurre nel consumatore la convinzione dell'esistenza, negli stessi, di una qualità superiore
rispetto agli altri della stessa categoria, quando in realtà si tratta di alimenti di uso corrente, che possono essere commercializzati senza alcuna preventiva approvazione da parte degli organismi istituzionali;
in data 9 gennaio 2008 l'Adiconsum ha segnalato alla Authority una presunta ipotesi di pubblicità ingannevole con riferimento ai messaggi relativi al prodotto «Ovito», nello specifico alle scritte presenti anche sulle confezioni «Ovito: L'unico uovo approvato dalla Federazione italiana medici pediatri» unitamente al logo «approvato dalla FIMP - Federazione italiana medici pediatri»;
dall'istruttoria dell'Antitrust è emersa la gravità del comportamento scorretto della FIMP che senza effettuare una doverosa attività di analisi e di ricerca medico-scientifica sui prodotti sui quali concedeva l'utilizzo commerciale del proprio logo;
dalla lettura integrale del dispositivo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato emerge inoltre:
1) la Fimp nella vicenda Ovito ha agito contravvenendo ad un impegno assunto con il Ministero il quale in precedenza l'aveva «invitata» ad astenersi da simili iniziative di uso del proprio logo;
2) il Comitato etico della Fimp stessa aveva espresso forti perplessità in merito alla concessione del marchio per la commercializzazione di Ovito;
3) il Garante specifica con chiarezza che la Fimp ha agito con scopi puramente commerciali del tutto privi di qualunque valutazione scientifica: «invero gli elementi acquisiti dimostrano che la dicitura» Approvato dalla FIMP «evocata e racchiusa nel logo non sottende una attestazione di qualità derivante dal superamento di una specifica procedura di approvazione bensì un accordo di natura commerciale, a titolo oneroso, avente ad oggetto la sponsorizzazione in esclusiva di un prodotto da parte della Fimp, per un periodo a tempo determinato»;
4) il Garante accompagna la sentenza con un pesante giudizio di ordine morale: «La gravità si apprezza anche per il fatto che è stata posta in essere da un organismo rappresentativo dei professionisti specializzati in pediatria, proprio sulla base della consapevolezza di godere di un particolare credito da parte dei consumatori»;
nella stessa sentenza e per lo stesso motivo (pratica commerciale scorretta) unitamente alla Fimp ed alla Novelli vengono sanzionate anche le ditte Littlebit, Biersdorf e Siport;
la sanzione dell'Antitrust ha colpito solo la Fimp perché l'Adiconsum in quella occasione ha segnalato casi di «approvazioni» rilasciate dalla stessa Fimp. È ben noto che anche altre associazioni e società mediche forniscono garanzie analoghe per prodotti commerciali senza subire alcuna sanzione;
il problema è altresì aggravato dalla circostanza che tali «approvazioni» sovente sono utilizzate per reclamizzare i prodotti su quotidiani e riviste a diffusione nazionale e pensino sugli autobus, diventando di fatto uno strumento di pubblicità attraverso i media;
Consumers International (CI), l'organizzazione mondiale dei consumatori, ha proposto di adottare in sede OMS un codice internazionale di autoregolamentazione sulla pubblicità degli alimenti e delle bevande destinate ai più piccoli; infatti, si collocano proprio in questo ambito i prodotti pubblicizzati attraverso le operazioni sanzionate dal Garante -:
quali iniziative intenda porre in essere per superare una situazione che oltre a trarre in inganno i consumatori, senza produrre benefici per la salute, rischia di distorcere le finalità delle organizzazioni dei medici a fini meramente economici;
se non ritenga urgente proporre un provvedimento legislativo che preveda da subito un codice etico vincolante, o quanto meno un codice di autoregolamentazione, fondato su principi di trasparenza e indipendenza,
che codifichi i rapporti delle associazioni, società e sindacati medici con le imprese industriali e commerciali, in particolar modo, ma non solo, relativamente alla partecipazione ad attività di educazione medica continua (EMC) e di ricerca.
(4-01455)
Risposta. - Come è noto, nelle etichette di prodotti alimentari o in messaggi pubblicitari, vengono inseriti, talvolta, attestati o riconoscimenti rilasciati da associazioni mediche specialistiche che mettono in risalto le caratteristiche salutistiche degli stessi.
Queste indicazioni, utilizzate dal produttore per rendere maggiormente attraente il prodotto, possono essere definite oltre che claims salutistici ai sensi del regolamento (CE) n. 1924 del 2006, anche pratiche pubblicitarie, aventi la funzione di enfatizzare le caratteristiche del prodotto medesimo, al fine di orientare la scelta del consumatore finale.
Pertanto, la legittimità delle attestazioni e/o indicazioni salutistiche, passa attraverso la verifica della conformità o meno alla normativa di cui al regolamento (CE) n. 1924 del 2006, sia alla disciplina relativa alla pubblicità ingannevole.
Considerato che il singolo operatore è tenuto ad utilizzare espressioni veritiere e fondate su prove scientifiche riconosciute, il criterio per stabilire la correttezza di queste attestazioni è quello di accertare che esse provengano da un'associazione prevista dall'articolo 11 del regolamento n. 1924 del 2006 e che sia possibile verificare da un punto di vista scientifico la veridicità della affermazione utilizzata.
In ogni caso, va segnalato che le associazioni di professionisti devono necessariamente operare in base ad un codice di condotta espressamente previsto dall'articolo 27-bis del codice del consumo e possono rilasciare attestazioni solo con il presupposto che esse abbiano comunque effettuato i controlli dichiarati sulle etichette.
In secondo luogo, va segnalato che, ai sensi della legge 283 del 1962, va tutelata la buona fede del consumatore e la necessità di non indurlo in errore circa le proprietà di un certo alimento.
Quanto sopra premesso, si fa presente che è allo studio del Ministero della salute la stesura di una nota circolare, indirizzata alle associazioni di categoria dei prodotti alimentari, necessaria per sensibilizzare ulteriormente gli operatori del settore e ribadire la necessità di mantenere un atteggiamento in linea con le regole vigenti, al fine di tutelare i consumatori non solo sotto il profilo della comunicazione ma anche dal punto di vista della tutela della salute.
In ogni caso, resta fermo l'impegno, da parte di questo Ministero, a prestare particolare attenzione al problema, contrastando i messaggi fuorvianti e ingannevoli affinché una etichettatura e una pubblicità chiara, comprensibile e corretta contribuisca ad elevare le conoscenze e tutelare la salute dei consumatori.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 2010 il Ministro interrogato, rispondendo all'interrogazione 4-05459 concernente il negoziato Italia-Moldavia sul traffico aereo, riferiva che le intese aeronautiche con la Moldavia prevedendo la monodesignazione, stabiliscono che la capacità venga determinata dai vettori di ciascuna parte in base alle esigenze del mercato e fino ad un massimo di tre frequenze settimanali sulla rotta Milano-Chisinau;
il Ministro proseguiva aggiungendo che l'ENAC, in deroga agli accordi bilaterali vigenti, al fine di incrementare la capacità di offerta, ha concesso per le stagioni 2009-2010 ulteriori autorizzazioni all'esercizio del traffico aereo tra i due Paesi e che il Ministero degli affari esteri in attuazione della legge n. 2 del 2009 ha avviato le procedure per la riapertura dell'accordo bilaterale Italia-Moldavia, il cui negoziato è tuttavia fermo a causa
dell'atteggiamento di chiusura delle competenti autorità di Chisinau -:
quale sia lo stato attuale degli accordi bilaterali Italia-Moldavia e se i negoziati bloccati siano stati riaperti al fine pervenire ad una maggior liberalizzazione in termini di designazione dei vettori, di scali sui rispettivi territori e di capacità di offerta complessiva.
(4-11088)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2011, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In primo luogo si conferma che le intese aeronautiche vigenti con la Moldavia prevedono la monodesignazione. Nel dettaglio, la compagnia italiana designata è Meridiana mentre la compagnia moldova designata è Air Moldova.
Nell'ambito di tali intese la capacità, in materia di trasporto aereo, non è espressa in termini di frequenze ma lascia, agli stessi vettori, la facoltà di determinarle congiuntamente (all'inizio di ogni stagione di traffico) in base alle esigenze del mercato e di ripartirle equamente tra di loro. Clausola, questa, cosiddetta «bermudiana della capacità».
Inoltre si informa che l'Ente nazionale per l'aviazione civile, ai sensi di quanto stabilito dalla legge n. 2 del 2009, ha concesso alla Air Moldova l'autorizzazione ad operare in via extrabilaterale tre frequenze settimanali sulla rotta Milano Malpensa - Chisinau in code sharing con il vettore Meridiana per la stagione Winter 2011 e per la prossima stagione Summer 2011. A fronte di tale disponibilità non si è registrata alcuna apertura da parte moldava ad accettare la designazione di due o più vettori da parte italiana.
Si informa inoltre che l'eventuale programmazione di futuri negoziati, tenuto conto delle priorità presenti, è stabilita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in coordinamento con il Ministero degli affari esteri e l'Ente nazionale per l'aviazione civile.
Per i profili comunitari si precisa che è in vigore un accordo cosiddetto «Orizzontale» tra l'Unione europea e la Moldova, che va ad integrare anche l'accordo bilaterale Italia/Moldova in essere, allo scopo di uniformarlo alla normativa europea.
Infine, si evidenzia che l'opera di rinegoziazione degli accordi avviata a seguito dell'emanazione della legge n. 2 del 2009 ha portato al raggiungimento, ad oggi, di ventidue nuove intese che, pur ciascuna diversa nella propria specificità, risultano comunque tutte di contenuto ampliativo rispetto alle capacità, alle frequenze ed al numero dei vettori ammessi ad operare.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'inquinamento, sia acustico che ambientale, crea gravi problemi per la salute pubblica e sono varie le norme, a livello nazionale e a livello locale, che disciplinano l'inquinamento prodotto dalle infrastrutture del trasporto aereo;
il trasporto aereo incide per il 10 per cento sul totale globale dell'effetto serra e gli sforzi e gli investimenti che si faranno nei prossimi 2 o 3 decenni avranno un grande impatto sulle opportunità di realizzare dei livelli di stabilizzazione più bassi e una diminuzione del rischio di impatti severi sui cambiamenti climatici;
il traffico aereo, e quindi l'inquinamento ad esso collegato, è la fonte di emissioni di gas serra che aumenta più in fretta, tanto che uno studio della Commissione europea ha stimato che nel 2004 le emissioni di gas serra prodotte dai voli aerei internazionali imputabili all'Unione europea sono cresciute dell'87 per cento rispetto al 1990 e l'effetto serra da aviazione civile si triplicherà entro il 2050;
il Parlamento europeo ha chiesto di includere dal 2012 il trasporto aereo nel sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas serra e questo comporta
anche che le compagnie aeree adottino procedure specifiche che riducano le proprie emissioni del 10 per cento rispetto al passato;
l'inquinamento acustico potrebbe essere ridotto utilizzando una serie di procedure antirumore relative all'uso delle piste, alle restrizioni al suolo, al divieto di volo per apparecchi vecchi e quindi particolarmente rumorosi, allo studio di nuove rotte che riducano il sorvolo delle aree residenziali;
anche le procedure di decollo e atterraggio che prevedano la riduzione dei motori a 1000 piedi, anziché 1500, potrebbero giovare molto alla riduzione dell'inquinamento ambientale e acustico, ma alcune compagnie aeree non tengono conto di questo semplice ed utilissimo criterio;
molte compagnie aeree europee hanno intrapreso azioni volte a ridurre le emissioni di gas inquinanti dei voli e a ridurre il rumore provocato dai propri aereomobili, adeguandosi alle norme europee antinquinamento e antirumore, presentando anche accordi tra compagnie aeree, aeroporti e costruttori;
l'articolo 3-ter del codice dell'ambiente stabilisce che la tutela dell'ambiente deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente -:
se i Ministri siano al corrente delle iniziative intraprese dalla compagnia aerea Alitalia per ridurre l'emissione di gas inquinanti e il rumore dei propri aeromobili, come per esempio le procedure di riduzione dei motori in fase di decollo, al fine di minimizzare l'impatto ambientale delle attività aeroportuali, e se non ritenga opportuno rendere note, a tal proposito, quali siano le azioni ispirate ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, così come previsto dall'articolo 3-ter del codice dell'ambiente, previste dal piano industriale di Alitalia, per una programmazione corretta e condivisa basata sull'utilizzo di procedure ad hoc e sull'impiego di strumenti e tecnologie avanzate.
(4-11310)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che allo scopo di limitare l'impatto ambientale della propria flotta la società Alitalia, in aggiunta alle previste procedure di decollo con abbattimento delle emissioni acustiche, definite dal progettista dell'aeromobile, normalmente effettua le operazioni di decollo dei propri aeromobili con regime dei motori in modalità flexible. Tale modalità comporta spinte inferiori ai valori massimi disponibili, con conseguente riduzione delle emissioni acustiche e gassose.
La suddetta procedura non viene applicata solo nei casi di decollo in condizioni atmosferiche o di caratteristiche particolari della pista, tali da richiedere l'uso della spinta normale di decollo per motivi di sicurezza.
Si comunica, infine, che l'Alitalia già all'inizio del 2009 ha avviato il programma di dismissione degli aeromobili MD80 e B767, considerati tra i più inquinanti, passando da 73 esemplari MD80 a soli 19 nel mese di gennaio 2009. Il programma completo di fuoriuscita dalla flotta Alitalia di tali aeromobili dovrebbe completarsi nel 2013.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia ANSA del 27 gennaio 2011, sono state rinvenute alcune partite di uova contaminate dalla diossina dalla ASL di Mantova in alcuni allevamenti
rurali di galline che si trovano vicino ad impianti industriali nel mantovano;
la ASL ha già emesso un'ordinanza di divieto di consumo e di commercializzazione di dette uova;
gli allevamenti dove sono stati trovati i prodotti contaminati sono di piccole dimensioni, si tratta di agricoltori che allevano animali ruspanti all'aperto e alimentati con becchime autoprodotto;
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere, sollecitare, adottare.
(4-10622)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Nell'agosto del 2010, la regione Lombardia ha pianificato un'attività di monitoraggio per la ricerca di residui di diossine e poli cloro bifenili (Pcb), in uova e in latte bovino di massa provenienti da allevamenti rurali posti in prossimità di potenziali fonti di contaminazione o aree identificate a rischio ambientale.
Gli esiti analitici non hanno fornito risultati non conformi per la matrice latte bovino, mentre sono state evidenziate non conformità per la matrice uova.
Pertanto, sono stati disposti immediati interventi atti a salvaguardare la salute pubblica, quali il divieto di consumo e cessione di uova e di animali allevati.
Si segnala che gli allevamenti in cui sono stati effettuati i campioni sono allevamenti per autoconsumo e, pertanto, le uova non vengono immesse sul mercato.
Dal momento che dai risultati ottenuti non è stato possibile stabilire se la causa della non conformità sia riferibile alla contaminazione ambientale derivante dagli impianti a rischio o a fonti di contaminazione locali conseguenti a cattive pratiche agronomiche, la regione Lombardia ha avviato ulteriori indagini per approfondire ogni singolo caso non conforme, attraverso l'intervento di uno specifico gruppo di controllo, all'uopo costituito.
Detto gruppo sta effettuando dei sopralluoghi in ogni azienda coinvolta al fine di registrare tutte le informazioni ritenute utili, disporre eventuali campionamenti e fornire indicazioni agli allevatori per la gestione del problema.
Il Ministero della salute mantiene uno stretto contatto con la regione Lombardia, al fine di conoscere l'evoluzione della situazione e di individuare modalità di intervento a tutela della sicurezza alimentare.
Inoltre, nella consapevolezza che l'ambiente dei luoghi di produzione degli alimenti influenza fortemente, oltre alla qualità degli alimenti stessi, anche la loro sicurezza, questo Ministero ha predisposto un piano nazionale di monitoraggio dei contaminanti ambientali in alimenti di origine animale (latte ovi-caprino, vongole/mitili ed uova) prodotti nei siti di interesse nazionale (Sin) o in prossimità degli stessi, al fine di raccogliere i dati necessari per una corretta definizione dei livelli di rischio.
Il piano ha avuto inizio il 17 febbraio 2011 e consentirà, nei tre anni di durata complessiva, di monitorare tutti Siti di interesse nazionale di interesse per garantire la sicurezza alimentare.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
FEDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che:
la legge 15 luglio 2009 n. 94 ha introdotto una modifica all'articolo 116 del codice civile - «Matrimonio dello straniero nella Repubblica» - introducendo, accanto alla dichiarazione che nulla osta rilasciata dalle autorità estere, l'obbligo di produrre «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»;
l'articolo 116 del codice civile fissava, per gli stranieri, analoghe condizioni per il matrimonio e che l'esibizione di un nulla
osta del Paese di origine consentiva il matrimonio nel territorio italiano;
la nuova legge stabilisce che lo straniero deve presentare anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
i matrimoni da celebrare all'estero non subiscono variazioni normative e lo straniero non deve produrre né documentazione attestante la regolarità del soggiorno, né nulla-osta al matrimonio;
i matrimoni da celebrare nei nostri consolati, per residenti AIRE o per delega alla rappresentanza da parte di nostri comuni, non risulterebbero possibili poiché lo straniero all'estero non potrà mai documentare la regolarità del soggiorno sul territorio italiano;
i matrimoni da celebrare in Italia saranno soggetti alla presentazione del detto documento sulla regolarità del soggiorno -:
se tale disposizione si applica anche per i cittadini extracomunitari, non residenti, che intendessero contrarre matrimonio in Italia;
se tale disposizione si applica anche per i cittadini extracomunitari, non residenti, che intendessero contrarre matrimonio in Italia con un cittadino italiano;
quali misure urgenti il Governo intenda adottare per garantire che i comuni, la rete diplomatico-consolare italiana all'estero e i cittadini italiani siano informati sulle modifiche inerenti il matrimonio in Italia.
(4-07253)
Risposta. - La prova della regolarità del soggiorno dello straniero nel territorio italiano, ai sensi dell'articolo 116 del codice civile, come modificato dalla legge 15 luglio 2009, è richiesta in tutti i casi di matrimonio da celebrarsi in Italia, indipendentemente dal fatto che l'altro nubendo sia cittadino italiano o straniero.
Ne consegue che, dall'entrata in vigore della suddetta legge, il matrimonio dello straniero in Italia risulta subordinato alla condizione che lo stesso sia regolarmente soggiornante sul territorio nazionale.
Tale disciplina non trova applicazione nel caso in cui la celebrazione del matrimonio avvenga all'estero presso le Autorità straniere o quelle consolari italiane, mancando il presupposto del soggiorno in Italia del nubendo.
Si rappresenta, inoltre, che con circolare n. 19 del 2009 questo Ministero ha fornito indicazioni operative in materia di anagrafe e stato civile, al fine di soddisfare le auspicate esigenze di informazione circa le modifiche inerenti il matrimonio dello straniero nel territorio italiano.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
FEDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'iscrizione all'anagrafe dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE) è regolata dalla legge n. 470 del 27 ottobre 1988 («Anagrafe e censimento degli italiani all'estero») e dal relativo regolamento di esecuzione, decreto del Presidente della repubblica n. 323 del 6 settembre 1989;
l'AIRE contiene i dati dei cittadini che hanno dichiarato spontaneamente, ai sensi dell'articolo 6 della citata legge n. 470 del 1988, di voler risiedere all'estero per un periodo di tempo superiore ai dodici mesi o, per i quali, è stata accertata d'ufficio tale residenza;
l'iscrizione all'AIRE è di norma effettuata a seguito della dichiarazione, resa dall'interessato, all'Ufficio consolare di residenza, attraverso la compilazione di un apposito modello (Cons/01);
tale modello viene trasmesso dall'ufficio consolare al comune italiano di ultima residenza dell'interessato oppure, in caso di nascita e residenza continuativa all'estero del cittadino, al comune di ultima residenza della madre, del padre o dei suoi antenati;
il consolato generale di Melbourne ha trasmesso al comune di Bianchi (CS), da oltre due anni, il modello Cons/01 per la pratica di registrazione AIRE del signor Silvano Marasco, nato a Melbourne il 21 maggio 1957, residente in Australia, senza che da quella data si sia concluso l'iter amministrativo di iscrizione -:
se non si ritenga di verificare il livello di efficacia amministrativa dello stesso comune, le procedure di iscrizione AIRE, i tempi di completamento delle pratiche di iscrizione, la trasparenza degli atti amministrativi e quindi il pieno rispetto delle leggi sulla trasparenza amministrativa e sui rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni;
se non si intenda adottare urgenti iniziative per garantire che l'iscrizione AIRE nei comuni italiani avvenga entro tempi ragionevoli, garantendo efficienza nello svolgimento delle attività, trasparenza nell'informazione ai cittadini, efficacia nel soddisfare i fabbisogni formativi interni, adeguati investimenti tecnologici e continuo monitoraggio delle procedure organizzative e dei tempi di completamento delle pratiche;
se sussistano fondate motivazioni per un tale ritardo nella registrazione AIRE del signor Silvano Marasco e dei suoi famigliari e se non si ritenga necessario intervenire presso il comune di Bianchi (CS) al fine di sollecitarne l'iscrizione AIRE.
(4-10707)
Risposta. - In relazione alla mancata iscrizione all'anagrafe dei cittadini italiani residenti all'estero del comune di Bianchi (Cosenza) del signor Marasco Silvano, si fa presente che questo Ministero richiama costantemente i comuni alla regolare tenuta dell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, monitorando le procedure organizzative, i tempi ai completamento dei procedimenti e i problemi tecnici e di comunicazione.
Di recente, in particolare, con circolare n. 33 del 10 novembre 2010, sono state impartite ai comuni istruzioni relative alla formazione dell'elenco aggiornato degli italiani residenti all'estero al 31 dicembre 2010, previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 104 del 2003, invitandoli, tra l'altro, a rispondere puntualmente alle comunicazioni degli uffici consolari, nonché a valutare, unitamente ai prefetti delle province interessate, specifici interventi organizzativi necessari per risolvere eventuali situazioni di arretrato esistenti a livello di trascrizione di atti di stato civile o di inserimento dei dati anagrafici.
Da ultimo, di comune accordo con il Ministero degli affari esteri, i comuni sono stati nuovamente sensibilizzati, con circolare n. 8 del 10 marzo 2011, a riscontrare tempestivamente le comunicazioni di iscrizione/variazione/cancellazione trasmesse dagli uffici consolari e a richiedere con sollecitudine, laddove mancante, la documentazione necessaria per la definizione delle procedure inevase.
Sulla specifica vicenda del signor Silvano Marasco, la direzione centrale dei servizi demografici di questo Ministero ha, in prima istanza, interessato, quale organo preposto alla vigilanza sulla regolare tenuta dell'Aire, la prefettura-Uffici territoriali del governo di Cosenza, affinché provvedesse alla verifica dei fatti oggetto dell'interrogazione, nonché all'accertamento del livello di efficacia amministrativa dello stesso comune nell'espletamento delle procedure relative all'iscrizione/variazione/cancellazione dei cittadini italiani residenti all'estero.
In base alla relazione trasmessa dalla Prefettura-Utg di Cosenza, contenente una nota esplicativa inviata dal comune di Bianchi, si evince che il ritardo nell'iter procedurale di trascrizione degli atti di nascita e, quindi, di iscrizione all'Aire, è stato determinato, fondamentalmente, dal fatto che la documentazione, trasmessa il 25 agosto 2008 dal consolato generale di Melbourne, è risultata incompleta ai fini dell'iscrizione in Aire e le successive integrazioni sono risultate difficoltose a causa delle carenze del Comune di Bianchi, di piccole dimensioni e dotato di limitati e poco funzionanti supporti informatici.
Allo stato, il comune di Bianchi ha provveduto all'iscrizione in Aire del signor
Silvano Marasco e del figlio Matthew Giuseppe Marasco, rispettivamente il 22 febbraio 2011 e il 22 marzo 2011.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
GRIMOLDI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
dopo lunga attesa, è stata approvata nel novembre 2010 la perizia di variante tecnica per i lavori inerenti alla strada statale 36 e il conseguente aggiornamento del relativo cronoprogramma delle lavorazioni;
operazioni di bonifica bellica sono necessariamente propedeutiche all'avvio di ognuna delle fasi previste dal nuovo programma dei lavori successivo alla perizia di variante tecnica del novembre 2010;
infatti, prima di svolgere qualsiasi tipo di operazione in profondità nel terreno è obbligatorio provvedere a un carotaggio dei terreni interessati agli scavi per verificare la presenza di residui bellici;
tale nuovo cronoprogramma, peraltro, già evidenzia una forte dilatazione dei tempi realizzativi inizialmente preventivati; questo comporta gravissimi disagi per la popolazione del territorio monzese e lombardo in genere;
i ritardi già registrati nel corso dei lavori e i conseguenti disagi provocati ai cittadini monzesi e milanesi e a tutti gli utenti della statale non possono avere ulteriore seguito;
pertanto si devono ridurre i tempi di tutte le operazioni necessarie allo svolgimento dei lavori, con la previsione di struttura in loco del genio militare;
tale struttura permanente è necessaria per ridurre i tempi morti e per permettere un lavoro di bonifica bellica continuativo e la gestione delle pratiche previste dalle norme vigenti -:
se il Ministro non ritenga opportuno prevedere che presso il cantiere di viale Lombardia della strada statale 36 sia presente un'apposita struttura del genio militare per la necessaria bonifica bellica operativa che vada così incontro alle necessità di una città e di un territorio che sono già duramente provati dal cantiere e che attendono da parte di tutti il massimo impegno nell'evitare lungaggini burocratiche e procedurali.
(4-10889)
Risposta. - Le attività di bonifica connesse con i lavori di riqualificazione della strada statale n. 36 «del Lago di Como e dello Spluga» rientrano tra quelle finalizzate alla tutela della pubblica incolumità e della sicurezza dei cantieri, nell'ambito della realizzazione di opere pubbliche.
Conseguentemente, tali attività vengono eseguite a cura e spese dell'impresa appaltatrice, su specifiche prescrizioni tecnico/esecutive degli organi territoriali del Genio militare, mediante ditte specializzate e qualificate nel settore e si limitano esclusivamente alla fase di ricerca, individuazione e scoprimento di eventuali ordigni esplosivi residuati bellici interrati (detta anche bonifica sistematica) nell'area di pertinenza dell'opera progettata.
Nei caso di rinvenimento di ordigni, è una precipua competenza della locale prefettura il coordinamento della fase di disinnesco, rimozione e/o brillamento degli stessi (detta bonifica occasionale), che viene espletata mediante il concorso del personale (militare o civile) dell'Amministrazione della difesa, in possesso della specifica qualifica Eod (Esplosive Ordinance Disposal).
Al riguardo, mi preme evidenziare che, ai fini dell'attività di bonifica sistematica in questione, l'amministrazione militare, attraverso
il competente 5° Reparto infrastrutture di Padova ha già provveduto ad impartire le prescrizioni alle quali la ditta specializzata prescelta dalla committenza dovrà attenersi per eseguire la ricerca.
Il predetto reparto, nell'ambito dell'esecuzione della bonifica sistematica, sarà chiamato ad assolvere alle previste funzioni di sorveglianza, consistenti nella verifica delle attrezzature e del personale specializzato impiegato.
Lo stesso reparto, soltanto dopo che la ditta specializzata avrà rilasciato, al termine di tale attività, la prescritta dichiarazione di garanzia, potrà provvedere ad eseguire un sopralluogo sul cantiere per constatare che la stessa abbia operato conformemente alle prescrizioni impartite.
È di tutta evidenza, dunque, che l'auspicata istituzione presso il cantiere di viale Lombardia di un'apposita struttura del genio militare, non appare necessaria ai fini del puntuale e tempestivo espletamento dei compiti rientranti nell'alveo di competenza dell'amministrazione della difesa.
Ciò, anche nella considerazione che la gestione delle pratiche e delle operazioni necessarie all'avanzamento dei lavori di riqualificazione della strada statale n. 36 sono a carico dell'impresa esecutrice delle opere, così come previsto dai relativi nulla osta e capitolato tecnico, sottoscritto per accettazione dalle parti e risottoscritto dalla sola impresa esecutrice.
Peraltro, per inciso, il predetto 5° reparto non dispone di risorse in termini di personale e mezzi adeguate per poter assolvere a tale compito, tenuto anche conto che nell'ambito del territorio di competenza esso è chiamato a gestire mediamente n. 350 attività di simile natura nel corso di ogni anno.
In conclusione, mi preme rassicurare l'interrogante riguardo al fatto che il predetto Reparto - cosi come ha sempre garantito finora per analoghe esigenze - provvederà, nel pieno rispetto delle tempistiche previste per legge, ad assicurare l'efficiente esercizio dei propri compiti di vigilanza, con particolare riguardo all'immediato espletamento dei sopralluoghi volti a constatare la corretta esecuzione dell'attività in questione.
Per completezza d'informazione, faccio osservare che il reparto in questione ha fornito, coerentemente con gli elementi di informazione sopra indicati, un puntuale riscontro ad una missiva ricevuta direttamente dall'assessore alla sicurezza del comune di Monza, che aveva sollevato la questione dei ritardi dei lavori oggetto d'esame dell'interrogazione.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
già nello scorso febbraio, la Provincia di Caserta aveva chiesto, a 16 comuni, la disattivazione degli impianti photored e autovelox, non aderenti alle norme. Il presidente dell'associazione Adoc, Alessandro Tartaglione aveva affermato che nonostante i moniti del prefetto, «quasi tutti i Comuni continuano indisturbati a notificare verbali di contravvenzione. È ora venuto il momento di attivare, come intendiamo fare, una massiccia azione contro iniziative che, più che prevenzione e sicurezza sulle strade, servono a fare solo cassa»;
è recente la notizia, riportata sui quotidiani nazionali, secondo cui più di 200 persone, tra cui molti sindaci, assessori e comandanti delle polizie municipali, sono indagate nel casertano nell'ambito di un'operazione condotta dal comando della compagnia dei carabinieri di Capua e della Polizia stradale di Caserta in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Le forze dell'ordine hanno inoltre provveduto al sequestro degli autovelox posti da 33 comuni su un terzo delle strade della provincia di Caserta. Il rilevamento delle infrazioni attraverso autovelox, photored e altri sistemi simili sarebbe stato alterato dalle società
responsabili dell'installazione, con il consenso degli stessi comuni;
secondo le prime indagini, il materiale prodotto dagli autovelox sarebbe stato visionato dalle stesse ditte che provvedevano anche alla stesura e alla notifica del verbale di infrazione, con false firme digitali di operatori della polizia municipale, che peraltro non erano presenti al momento del rilievo dell'infrazione stessa. Gli autovelox, inoltre, ponevano spesso limiti di velocità talmente bassi da rendere inevitabile l'infrazione;
gli inquirenti contestano le modalità di affidamento del servizio da parte dei comuni alle ditte private, la non corretta indicazione in bilancio delle somme ottenute dalle sanzioni, le illecite modalità di rilevazione delle infrazioni. I Comuni sono accusati di non aver comunicato al Ministero interrogato le infrazioni per il decurtamento dei punti. In complesso i reati contestati riguardano la truffa, l'abuso di ufficio, la turbata libertà degli incanti, la falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici, il rifiuto e l'omissione di atti di uffizio, oltre alla soppressione, la distruzione e la violazione del codice della privacy, per il trattamento dei dati personali -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per effettuare un'ampia e completa verifica delle macchine autovelox e photored poste sul territorio nazionale, al fine di evitare contenziosi simili a quello relativo alla Provincia di Caserta.
(4-04621)
Risposta. - Il Ministero dell'interno segue con particolare attenzione il problema dell'incidentalità stradale, che, nonostante una recente lieve flessione, mantiene livelli di mortalità molto elevati, dovuti, in buona parte, all'eccessiva velocità.
Per contrastare il fenomeno - il cui contenimento rientra, tra l'altro, nei programmi prioritari dell'Unione europea - vengono apprestati strumenti normativi ed operativi tali da consentire, da un lato, un'efficace azione preventiva e repressiva, scongiurando, dall'altro, il pericolo di un uso distorto del potere sanzionatorio, che non può costituire un improprio strumento per reperire risorse finanziarie da immettere nei bilanci degli enti pubblici.
Le strategie adottate negli ultimi anni hanno tenuto conto anche delle esigenze di razionalizzare l'utilizzo delle risorse umane disponibili, attraverso il ricorso a moderne tecnologie di controllo a distanza, adeguate a rilevare talune infrazioni particolarmente frequenti e pericolose per gli utenti della strada.
L'obiettivo, peraltro, va perseguito nel rispetto delle esigenze di tutela della riservatezza personale e del diritto di difesa delle persone sanzionate e tenendo presente che l'impiego di dette tecnologie - anche in alternativa alla contestazione immediata al trasgressore - deve essere sempre in stretta correlazione con l'effettiva finalità di contrasto del fenomeno infortunistico.
A tale proposito il Ministro dell'interno ha diramato, il 14 agosto 2009, una direttiva ai prefetti e agli organi di polizia stradale affinché gli strumenti di controllo della velocità siano utilizzati in modo efficace, garantendo il diritto di informazione degli utenti.
In particolare, la direttiva affida ai prefetti il compito di monitorare il fenomeno dell'eccesso di velocità e di pianificare le attività di controllo avvalendosi del contributo delle conferenze provinciali permanenti, in cui sono rappresentati tutti i soggetti pubblici interessati alla materia e nel cui ambito è prevista la costituzione di un apposito osservatorio.
La pianificazione, che consiste anche nella distribuzione dei servizi di controllo tra le diverse forze di polizia, consente di individuare i punti critici per la circolazione in cui è maggiore il numero - riferito al biennio precedente - degli incidenti stradali. Solo su tali tratti di strada saranno effettuati servizi di controllo con dispositivo di rilevamento della velocità.
Grazie al coordinamento territoriale, si evita la contemporanea effettuazione di più rilevamenti sul medesimo tratto di strada
ed ottimizzare le risorse disponibili per individuare e punire le condotte più pericolose.
Alla specialità polizia stradale della polizia di Stato è stato affidato il coordinamento operativo dei servizi, con il compito di monitorare i risultati dell'attività di controllo.
La direttiva, inoltre, incarica prefetti di effettuare la ricognizione e l'eventuale revisione dell'elenco dei tratti di strada in cui è consentito l'impiego di sistemi di controllo da remoto delle violazioni, senza la presenza di un operatore di polizia.
Unitamente alla direttiva, a tutte le forze di polizia ed alle polizie locali è stato trasmesso un protocollo operativo che detta le disposizioni di dettaglio a cui dovranno attenersi tutti coloro che impiegano i dispositivi di controllo della velocità.
Il protocollo - che abroga tutte le disposizioni contenute in precedenti circolari in materia, contrastanti con quanto in esso contenuto - rappresenta uno strumento di sintesi, nato dall'esigenza di fare chiarezza su molti aspetti, che in passato sono stati oggetto di questioni interpretative.
Il protocollo operativo chiarisce che la gestione delle apparecchiature è riservata esclusivamente agli operatori di polizia, impedendo, in ogni modo, il ricorso all'appalto dei servizi a società private, come, peraltro, previsto nei commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 201 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (nuovo codice della strada) recentemente riformato.
Il controllo della velocità costituisce, infatti, un «servizio di polizia» che non può essere delegato ad imprese che noleggiano gli strumenti di controllo. È consentita, pertanto, soltanto la locazione dell'apparecchio che, tuttavia, deve essere utilizzato, anche in tutte le operazioni successive all'accertamento, direttamente dagli operatori di polizia.
Infine - a riprova della finalità preventiva del controllo elettronico - è previsto che ogni postazione di controllo, sia fissa che mobile, debba essere preventivamente segnalata, ad adeguata distanza, con strumenti idonei.
In relazione all'impiego, da parte degli enti locali, dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità si ribadisce che l'autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali esclude ogni verifica statale sulla legittimità degli atti, ammettendo solo il controllo sugli organi, nei casi tassativamente previsti dalla legge.
Peraltro, per disciplinare in modo dettagliato l'utilizzo dei citati proventi il legislatore è intervenuto con la legge n. 120 del 29 luglio 2010.
L'articolo 25 della detta legge («modifiche all'articolo 142 del decreto legislativo n. 285 del 1992, in materia di limiti di velocità») introduce - ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater - disposizioni e adempimenti a carico degli enti locali, per fare in modo che l'attività di controllo dell'eccesso di velocità rappresenti sempre di più uno strumento reale di prevenzione e non un escamotage per fare cassa.
Il successivo articolo 40, inoltre, rivisita incisivamente il dettato dell'articolo 208 del codice della strada, introducendo norme che intendono impedire un utilizzo improprio dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie: in particolare il nuovo testo del comma 4, introdotto dal comma 1, lettera c), disciplina analiticamente le finalità e l'utilizzazione del 50 per cento dei proventi spettanti a regioni, province e comuni, per violazioni accertate dai rispettivi funzionari, ufficiali ed agenti.
I successivi commi 5 e 5-bis consentono agli enti stessi di determinare annualmente, con delibera di giunta, la destinazione del rimanente 50 per cento e definire le singole quote di destinazione, nonché individuare la quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 («altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale quali manutenzione strade, miglioramento dell'assetto delle strade, interventi a tutela degli utenti deboli - bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti - corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, assistenza e previdenza per gli organi di polizia stradale»), da utilizzare, tra l'altro, per le
assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratto a tempo determinato.
Il Ministero dell'interno viene inserito tra i dicasteri concertanti le determinazioni annuali delle quote dei proventi spettanti allo Stato da destinarsi alle finalità di cui al comma 2, rimaste immutate, e tra quelli che «trasmettono annualmente al Parlamento, entro il 31 marzo, una relazione sull'utilizzo delle quote dei proventi di cui al comma 2 effettuato nell'anno precedente».
I proventi relativi alle violazioni dei limiti di velocità accertate dalla polizia municipale mediante l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento, oppure con l'utilizzo di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza saranno ripartiti in misura uguale tra il comune e l'ente proprietario della strada, restando escluse le strade in concessione.
La disposizione entrerà in vigore dal primo esercizio finanziario successivo all'approvazione di un decreto ministeriale, che definirà le modalità di trasmissione in via informatica di una relazione sui proventi delle infrazioni accertate con l'autovelox. Tale relazione dovrà essere inviata ogni anno entro il 31 maggio ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno e dovrà indicare, per l'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di spettanza del comune, come risultante da rendiconto approvato nel medesimo anno e gli interventi realizzati sfruttando queste risorse, specificando gli oneri sostenuti per ciascun intervento.
Si prevede, altresì, che le spese del personale finanziate con la quota dei proventi ripartiti non potranno superare i limiti e i vincoli imposti dalla norma sul patto di stabilità interno e sul contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e che la percentuale dei proventi oggetto della ripartizione e spettanti al comune sarà ridotta del 30 per cento annuo se l'ente li utilizzerà in modo non conforme o se non trasmetterà la prescritta relazione.
Con lo stesso decreto che determinerà le regole relative ai proventi ripartiti, verranno definite anche le modalità di posizionamento e utilizzo di autovelox e telelaser.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
LATTERI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento per gli affari interni e territoriali - Direzione centrale per le risorse umane - divisione V del Ministero dell'interno, con circolare n. 51 prot. Nr. M/4112/9 del 2 settembre 2002 trasmetteva ai soggetti istituzionali competenti copia del decreto n. 215 emesso in data 10 maggio 2002 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con il quale venivano fissati i criteri per l'assegnazione degli alloggi, i requisiti di ammissione, i limiti di reddito, i criteri per la determinazione dei canoni di locazione;
il decreto n. 215 del 2002 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è un atto applicativo dell'articolo 18 della legge 12 luglio 1991, n. 203, che ha dato avvio ad un programma di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio;
uno degli enti attuatori del programma di cui all'articolo 18 della legge n. 203 del 1991, è il comune di Catania che con le convenzioni nn. 2323, 2324, 2325 del 4 giugno 1997 ha approvato tre programmi di edilizia sovvenzionata per complessivi 276 alloggi;
in data 2 luglio 2004 la direzione lavori pubblici e infrastrutture del comune di Catania trasmetteva con nota n. 3923 del 10 maggio 2002, alla prefettura di Catania lo schema di avviso relativo al bando di assegnazione degli alloggi di edilizia sovvenzionata;
al punto 7 dell'avviso di assegnazione sono riportate le cause della decadenza e revoca dell'assegnazione degli alloggi, queste sono 4: a) cessazione dell'incarico con il trasferimento in uffici di altra provincia; b) la cessazione dal servizio che ha costituito titolo per l'assegnazione; c) l'assegnazione ottenuta sulla base di dichiarazioni mendaci o falsità in atti; d) l'acquisto da parte dell'assegnatario di un alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare nello stesso comune;
queste norme sono state riportate nei decreti prefettizi di assegnazione integrate da altri motivi di decadenza dall'assegnazione relativi alla conduzione e utilizzo dell'unità immobiliare;
la prefettura di Catania da tempo sta agendo contro gli assegnatari, servitori dello Stato, che sono andati in pensione a vario titolo per giusta causa, ad esempio raggiunti limiti di età e causa di servizio, facendo rientrare tali mutate situazioni dello stato di servizio degli appartenenti alle forze di polizia e agli impiegati civili delle medesime forze dell'ordine, nella fattispecie delle cessazione dal servizio previsto dal punto 7, lettera B) dell'avviso di assegnazione;
le convenzioni stipulate tra comune di Catania e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prevedevano come unica causa di decadenza automatica dall'assegnazione la cessazione dell'incarico di servizio determinato dalla medesima assegnazione;
la prefettura ha inviato lettere di richiesta di rilascio dell'alloggio e decreti di revoca di assegnazione a oltre 30 assegnatari molti dei quali posti in quiescenza;
le lettere pervenute agli assegnatari hanno generato tra gli stessi, sgomento, ansia e forte preoccupazione tenuto conto che si tratta di cittadini che hanno servito lo Stato;
una soluzione a tutela delle famiglie interessate, potrebbe venire dalla possibilità di acquisire gli alloggi in questione, garantendo loro la stabilità abitativa;
al fine di affrontare la questione potrebbe essere proposta una disposizione normativa che permettendo di acquistare gli alloggi, anche al fine di evitare speculazioni, preveda: a) la possibilità di riscatto per chi va in pensione o che viene posto in quiescenza per invalidità sia essa dipendente da causa di servizio e non; b) la facoltà di rivendere l'alloggio solo dopo almeno 5 anni dall'acquisto, mentre per coloro che non hanno raggiunto gli anni di servizio per il pensionamento, ma che hanno comunque maturato un'anzianità di servizio non inferiore a 20 anni, l'acquisto potrebbe essere vincolato alla vendita dell'alloggio alle stesse condizioni, ma gli anni dall'acquisto alla possibilità di rivendita dovrebbero essere proporzionalmente aumentati, sommando la differenza tra età di servizio ed età pensionabile più i 5 anni previsti dalla normativa vigente -:
se non ritengano di assumere iniziative normative che consentano l'acquisto da parte degli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, evitando che persone che hanno servito lo Stato nel contrasto alla criminalità organizzata, con il collocamento in pensione, subiscano lo sfratto.
(4-08722)
Risposta. - L'articolo 18 del decreto legislativo 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio.
Le procedure attuative del programma sono state fissate dal Cipe con delibera del 20 dicembre 1991, la quale ha disposto che all'assegnazione degli alloggi in godimento o in locazione provveda il prefetto competente per territorio, al quale il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti comunica tempestivamente il numero e le caratteristiche degli alloggi progressivamente disponibili. La medesima delibera del Cipe ha attribuito al prefetto il compito di provvedere alle revoche, precisando che l'assegnazione decade automaticamente alla data di cessazione dell'incarico di servizio che ha determinato l'assegnazione.
A seguito di tali interventi di edilizia sovvenzionata, in data 4 giugno 1997, è stata stipulata tra il Ministero dei lavori pubblici ed il comune di Catania apposita convenzione, con la quale sono state precisate le condizioni per l'assegnazione dell'alloggio, condizioni che vengono riportate nel provvedimento di assegnazione (condizioni che vertono in particolare sulla necessità che i dipendenti svolgano attività lavorativa nella provincia di Catania e che non possiedano una casa di proprietà all'interno del perimetro del comune di Catania).
Successivamente, con decreto ministeriale 10 maggio 2002, n. 215, emanato in attuazione dell'articolo 5 comma 2 della legge 8 febbraio 2001, n. 21, recante «Misure per ridurre il disagio abitativo ed interventi per aumentare l'offerta di alloggi in locazione», sono stati fissati i limiti di reddito, i criteri per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione nonché i requisiti degli assegnatari degli alloggi di edilizia sovvenzionata ed agevolata realizzati con i finanziamenti del programma straordinario di edilizia residenziale, finalizzato a favorire la mobilità dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato.
Da quanto sopra detto emerge che l'assegnazione è temporanea ed è, altresì, legata allo svolgimento dell'attività lavorativa nella provincia di riferimento e che, di conseguenza, qualora si verifichi il venir meno di uno dei requisiti prescritti, l'alloggio deve essere rilasciato dall'assegnatario e rientra nella disponibilità del prefetto, che provvede alla riassegnazione dello stesso nel rispetto dei criteri indicati dalle norme vigenti.
La cessazione dal servizio costituisce una delle cause di decadenza automatica, atteso che, come rilevato dalla giurisprudenza, «non può dubitarsi che il pensionamento rappresenti un'ipotesi tipica di decadenza automatica per cessazione dal servizio che ha costituito titolo per l'assegnazione, fattispecie contemplata nello stesso provvedimento di assegnazione» (vedi sentenza Tar Toscana n. 704 del 2009). Infatti nel provvedimento di revoca eventualmente adottato dal prefetto sono indicate le cause di decadenza dall'assegnazione (cessazione dell'incarico con trasferimento in uffici situati in altra provincia o cessazione dal servizio che ha costituito titolo per l'assegnazione).
Per completezza si evidenzia che il Tar Sicilia - sezione distaccata di Catania - con sentenza del 15 luglio 2010 n. 913 ha confermato la legittimità del provvedimento prefettizio di revoca adottato nei confronti di un appartenente alle forze dell'ordine perché collocato in congedo.
La ratio complessiva del sistema è, infatti, quella di riconoscere il beneficio del godimento dell'alloggio al personale in attività di servizio sia per alleviare le difficoltà abitative che per salvaguardare le esigenze del buon funzionamento dell'amministrazione, assicurando un pronto ed efficace utilizzo dei dipendenti nelle rispettive sedi di servizio.
In ragione di tale ratio l'esistenza del rapporto di servizio e le esigenze ad esso connesse sono il presupposto per la concessione del beneficio dell'alloggio; pertanto la giurisprudenza ha più volte ritenuto legittima la revoca degli alloggi da parte dell'amministrazione qualora vengano meno le esigenze di servizio, come nell'ipotesi del collocamento a riposo del soggetto (cfr, Consiglio di Stato, 13 marzo 1998, n. 417).
In tale contesto, qualora fosse reso possibile il riscatto degli alloggi verrebbe meno la finalità originaria perseguita dall'articolo 18 della legge 203 del 1991, che ha inteso costituire una dotazione di alloggi da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazione dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
LOVELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 (cosiddetta riforma Brunetta) prevede, all'articolo 19 commi 1 e 2, che in ogni amministrazione la valutazione del personale, dirigenziale e non, avvenga attraverso una graduatoria nella quale il personale medesimo viene distribuito in differenti livelli di performance e cioè: a) il 25 per cento è collocato nella fascia di merito alta alla quale corrisponde l'attribuzione del 50 per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; b) il 50 per cento nella fascia di merito intermedia alla quale corrisponde l'attribuzione del 50 per cento delle risorse; c) il restante 25 per cento è collocato nella fascia di merito bassa alla quale non corrisponde l'attribuzione di alcun trattamento accessorio;
la disciplina di cui all'articolo 19 si applica alle amministrazioni dello Stato, mentre per le regioni, gli enti locali e il servizio sanitario nazionale, la suddivisione nelle fasce di merito, pur essendo obbligatoriamente prevista dall'articolo 31 comma 2 del decreto legislativo n. 150 del 2009, è disciplinata con più ampi margini di autonomia organizzativa;
la disciplina di cui all'articolo 19 in ordine alla previsione delle fasce di merito non è derogabile dalla contrattazione collettiva se non limitatamente agli aspetti concernenti le percentuali di personale e di risorse (vedasi comma 4 dell'articolo 19);
uniche deroghe all'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 150 del 2009 (demandate ad appositi OPCM), sono previste dall'articolo 74, comma 3 (per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri) e dal comma 4 (per il personale docente della scuola e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale nonché per i tecnologi ed ai ricercatori degli enti di ricerca);
in data 4 febbraio 2011 è stata sottoscritta tra Governo (Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro per la pubblica amministrazione) e organizzazioni sindacali CISL, UIL, CIOA, CONFSAL, UGL E USAE, un'«intesa per la regolazione del regime transitorio conseguente al blocco del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro nel pubblico impiego» in cui si scrive, tra l'altro: «... le parti convengono che le retribuzioni complessive, comprensive della parte accessoria, conseguite dai lavoratori nel corso del 2010, non devono diminuire per effetto dell'applicazione dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150/2009» e ancora «a tale scopo per l'applicazione dell'articolo 19 comma 1 del decreto legislativo 150/2009 potranno essere utilizzate esclusivamente le risorse aggiuntive derivanti dall'applicazione del comma 17 articolo 61 decreto-legge n. 112/2008 convertito con modificazioni dalla legge 133/2008 (cosiddetto dividendo dell'efficienza)»;
nell'intesa di cui sopra il Governo si impegna, inoltre, a definire un atto di indirizzo all'Aran per la stipulazione di un accordo quadro che regoli il sistema di relazioni sindacali nel pubblico impiego -:
come si collochi, nel contesto delle fonti regolatrici del rapporto di pubblico impiego, l'«intesa» del 4 febbraio 2011 e se tale strumento sia compatibile con la legge dello Stato, considerato che le fasce di merito sono state ritenute applicabili non in via generale come la legge preveda ma solo quando vi sia disponibilità di risorse aggiuntive appositamente destinate;
se l'intesa, sancendo l'intangibilità del trattamento accessorio per effetto dell'applicazione delle fasce di merito, imponga alle amministrazioni di corrispondere ai dipendenti non meno di quanto percepito nel 2010 anche in assenza di valutazione o in presenza di una valutazione negativa;
se l'atto di indirizzo del Governo all'ARAN per la stipulazione di un accordo quadro inteso a regolare il sistema delle relazioni sindacali, si discosterà dalla disciplina già delineata dalle modifiche introdotte al decreto legislativo n. 150 del
2009, in particolare da quella contenuta nell'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che esclude dalla contrattazione collettiva le materie riguardanti l'organizzazione degli uffici.
(4-11569)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione alcuni chiarimenti in merito all'articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e all'intesa sottoscritta tra Governo e organizzazioni sindacali in data 4 febbraio 2011 per la regolazione del regime transitorio conseguente al blocco del rinnovo dei contratti collettivi nel pubblico impiego, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, e d'uopo chiarire che una delle finalità principali della cosiddetta «riforma Brunetta», è costituita dall'incremento dell'efficienza e della trasparenza dell'azione amministrativa.
Nella citata prospettiva, una delle leve fondamentali è stata individuata nell'accentuazione della selettività nell'attribuzione degli incentivi economici e di carriera, in modo da premiare i capaci e i meritevoli, incoraggiare l'impegno sul lavoro e scoraggiare comportamenti improduttivi.
Per il trattamento accessorio, in particolare l'articolo 19 del sopra citato decreto detta una disciplina legale - derogabile dalla contrattazione collettiva solo entro limiti prefissati dalla legge - per la differenziazione delle valutazioni ai fini della attribuzione della quota di ricorse destinata alla performance individuale.
In tale ambito, l'intesa del 4 febbraio 2011, come ampiamente chiarito anche nella circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione n. 1 del 17 febbraio 2011, non apporta deroghe alla disciplina legale delle fasce di merito introdotta dal citato articolo 19 - né, peraltro, avrebbe potuto apportarle, stante la natura subordinata della fonte regolativa contrattuale rispetto a quella legislativa - ma si limita a prevedere che per l'applicazione del comma 1 di detto articolo potranno essere utilizzate esclusivamente le risorse aggiuntive derivanti dall'applicazione del comma 17 dell'articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, con la legge 6 agosto 2008, n. 133 (cosiddetto dividendo dell'efficienza).
Con l'intesa, pertanto, le parti hanno semplicemente delimitato l'ambito delle risorse da dedicare all'istituto previsto dall'articolo 19, esercitando le prerogative e facoltà che la norma riconosce alla contrattazione collettiva per quanto attiene la definizione del trattamento economico accessorio (confronta articolo 45 del decreto legislativo 165 del 2001), con l'obiettivo di evitare - stante anche la particolare situazione di finanza pubblica e gli interventi sul costo del lavoro pubblico introdotti con il decreto-legge n. 78 del 2010 - la diminuzione delle retribuzioni complessive comprensive della parte accessoria, conseguite dai lavoratori nel corso del 2010, che si determinerebbe per effetto dell'applicazione degli strumenti di differenziazione retributiva previsti dalla norma in parola.
D'altra parte, non appare possibile, stante il blocco della contrattazione collettiva previsto dall'articolo 9, comma 17, del citato decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010), ipotizzare un intervento unilaterale sulla struttura della retribuzione che stabilisca quali siano le componenti del trattamento accessorio da assoggettare al principio di cui all'articolo 40, comma 3-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 (nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 54 del decreto legislativo n. 150 del 2009) che stabilisce che alla performance individuale è destinata «(...) la quota prevalente del trattamento accessorio comunque denominato».
Detto diversamente, lo strumento atto ad identificare le componenti del trattamento accessorio, da destinare prevalentemente a produttiva individuale (secondo il meccanismo delle fasce di cui all'articolo 19) dovevano essere proprio quei contratti collettivi assoggettati alla moratoria triennale. Per cui nelle more del predetto blocco disposto, come ricordato, dall'articolo 9 del
decreto-legge n. 78 del 2010, l'intesa ha comunque individuato le risorse dedicate alla verificazione dei meccanismi redistributivi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2009.
Peraltro, le predette pattuizioni sono relative esclusivamente al citato articolo 19 e collocate in un orizzonte temporale limitato, ed infatti troveranno applicazione, come espressamente sancito nell'intesa «(...) in attesa della stipulazione dei nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro)».
Pertanto, successivamente alla stipulazione dei prossimi contratti collettivi nazionali di lavoro, la norma in commento sarà applicabile con riferimento al complesso delle risorse dedicate alla retribuzione della performance, con le modalità e nelle misure previste nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, numero 150.
L'intesa, inoltre, non impone, come prospettato nell'interrogazione in esame, alle amministrazioni di corrispondere ai dipendenti non meno di quanto percepito nel 2010, anche in assenza di valutazione o in presenza di una valutazione negativa. Resta, infatti, fermo l'obbligo per la contrattazione integrativa di rispettare, per il complesso delle ulteriori risorse dedicate alla retribuzione accessoria e in virtù dei princìpi di merito, premialità e selettività, il divieto di erogazione indifferenziata della retribuzione accessoria, sulla base dei princìpi dello stesso decreto legislativo n. 150 del 2009, delle altre disposizioni normative vigenti in materia di retribuzione accessoria e della giurisprudenza contabile (confronta articolo 7, comma 5, articolo 40, comma 3-bis, articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 165 del 2001; articolo 2, comma 32, della legge 203 del 2008; articolo 67, comma 9, del decreto-legge 112 del 2008, convertito nella legge 133 del 2008; articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 150 del 2009; articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 150 del 2009; confronta anche, ex multis, Sentenza Corte dei Conti, sezione Lombardia n. 287 del 2010 e parere ARAN n. 399-5F4; confronta, inoltre articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 165 del 2001).
Per quanto attiene, infine, l'atto di indirizzo del Governo all'agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni per la stipulazione di un accordo quadro inteso a regolare il sistema delle relazioni sindacai, lo stesso è finalizzato esclusivamente ad individuare le corrette modalità attuative del sistema di partecipazione sindacale delineato nel decreto legislativo 150 del 2009, in coerenza con le previsioni di cui agli articoli 5, comma 2, 6, comma 2, e 40, comma 1, dello stesso provvedimento. Tale accordo non ha, quindi, alcuna facoltà (che sarebbe normativamente illegittima) di derogare alle norme legati in materia di partecipazione sindacale.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
MINNITI, GARAVINI, GIOVANELLI, LO MORO, LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO, CESARE MARINI, OLIVERIO, VILLECCO CALIPARI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO e PICCOLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Calabria è molto diffuso il fenomeno degli attentati ad amministratori;
molto spesso si tratta di episodi criminosi finalizzati ad interferire sui risultati elettorali, tant'è che numerosi sono stati i casi di scioglimento dei consigli comunali causati da infiltrazioni mafiose in fase elettorale;
nel Comune di Filandari, che ricade nella provincia di Vibo Valentia, si vota per il rinnovo del Consiglio Comunale e l'elezione del Sindaco il 6 e 7 giugno 2009 e sono, pertanto, in corso le operazioni relative alla presentazione delle liste;
la provincia di Vibo è caratterizzata dalla presenza di cosche particolarmente pericolose e nel Comune di Filandari, secondo i dati risultanti dalla relazione antimafia predisposta nella precedente legislatura, opera la cosca dei «Soriano»;
numerosi sono stati gli attentati che si sono succeduti a Filandari nel corso degli ultimi anni, con un pericoloso incremento degli episodi negli ultimi tempi, in cui all'incendio dell'abitazione del segretario cittadino del Partito Democratico, Nazzareno Maccarone, hanno fatto seguito due attentati a beni di proprietà di assessori in carica, e precisamente l'incendio dell'autovettura dell'assessore Caterina Lo Schiavo e dell'abitazione dell'assessore Francesco Panzitta;
il Consiglio Comunale di Filandari, in data 20 marzo 2009, ha preso una posizione decisa contro «i metodi criminosi che tentano, senza riuscirvi, di condizionare la gestione della cosa pubblica», votando un documento contenente «l'esplicito rifiuto del consenso elettorale di chi delinque»;
nei giorni scorsi, però, si sono registrati due pericolosi segnali a persone che avevano espresso la volontà di candidarsi alla carica di consigliere comunale e di sostenere la ricandidatura del Sindaco in carica, avvocato Domenico Talotta. In particolare, in data 2 maggio 2009, venivano sparati alcuni colpi di arma da fuoco verso l'autovettura del sig. Fortunato Rotella e in data 3 maggio 2009, veniva incendiata l'abitazione di campagna del dottor Domenico Mazzitelli, entrambi i destinatari degli attentati erano in procinto di candidarsi;
si è pertanto, determinata una situazione molto delicata e pericolosa, in un contesto ambientale in cui operano cosche criminali e si registra la presenza in paese di noti pregiudicati destinatari della misura cautelare degli arresti domiciliari -:
quali iniziative urgenti si intendono assumere per garantire il rispetto della libertà e della sicurezza dei cittadini di Filandari nell'attuale fase di preparazione e presentazione delle candidature e nelle fasi successive di campagna elettorale ed elezioni.
(4-02964)
Risposta. - Nel comune di Filandari, interessato alle consultazioni elettorali del giugno 2009, si sono verificati alcuni episodi criminali che hanno avuto a bersaglio amministratori e possibili candidati alle elezioni.
Gli episodi, accaduti anche in altri comuni della provincia di Vibo Valentia, non costituiscono una novità e sono sintomatici, da un lato, dell'interesse delle cosche e della locale delinquenza verso la gestione degli enti locali e, dall'altro, del grado di compromissione degli enti stessi, la cui attività, peraltro, è costantemente monitorata dalla prefettura e dalle forze dell'ordine.
Al fine di dare al fenomeno una risposta complessiva da parte delle istituzioni, anche in vista della successiva tornata elettorale, in data 6 maggio 2009 si è tenuta presso la sede della prefettura di Vibo Valentia una riunione tecnica di coordinamento delle forze dell'ordine alla quale ha partecipato anche il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Vibo Valentia.
In quella sede è stata compiuta un'approfondita analisi dello stato dell'ordine pubblico, al fine di salvaguardare il regolare svolgimento della campagna elettorale ed evitare condizionamenti nella scelta delle candidature.
L'attenzione si è concentrata, in particolare, sugli episodi di intimidazione nei confronti di amministratori locali. È stato disposto un potenziamento del controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, soprattutto in quei comuni che hanno visto il succedersi di episodi di violenza ai danni di sedi di partiti o movimenti politici ovvero atti di intimidazione contro amministratori locali e candidati alle elezioni amministrative.
Una particolare attenzione è stata dedicata al comune di Filandari dove sembra esistere una situazione di rilevante condizionamento dovuto alla presenza di un pregiudicato, appartenente al clan «Soriano», agli arresti domiciliari, ma con facoltà di uscire per quattro ore al giorno dal proprio domicilio per «motivi di salute», che, con lettera indirizzata a varie sedi istituzionali, ha parlato del sostegno che avrebbe dato nella precedente campagna elettorale al Sindaco uscente, Domenico Talotta.
Costui, attraverso i media, ha opposto una secca smentita, lamentando anche il pesante clima di intimidazione incombente sul comune.
Il successivo 19 maggio 2009, si è tenuta, sempre presso la prefettura di Vibo Valentia, un'ulteriore riunione, con la presenza oltre che del procuratore della Repubblica, anche del procuratore distrettuale antimafia.
Nel corso della riunione è stata riaffrontata, tra l'altro, la situazione dell'ordine pubblico nella provincia, in considerazione di un ulteriore atto intimidatorio perpetrato il precedente 13 maggio 2009 ai danni di un candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Filandari.
In quella sede è stato confermato l'impegno delle forze dell'ordine ad intensificare ulteriormente l'attività investigativa e di vigilanza nel comune di Filandari mentre il procuratore della Repubblica ha assicurato il massimo impulso all'attività di indagine.
Nel corso della stessa riunione, inoltre, sono state esaminate tutte le possibili iniziative volte a contrastare tentativi di condizionamento della campagna elettorale da parte della criminalità organizzata.
Dopo le scorse consultazioni elettorali, l'interesse delle cosche operanti sul territorio si è poi indirizzato sugli amministratori neo eletti.
Nel mese di agosto 2010, infatti, ai neo eletti amministratori comunali sono pervenute lettere intimidatorie, contenenti frasi minacciose e cartucce, inviate all'indirizzo del sindaco, di un assessore di maggioranza senza delega e di un consigliere di maggioranza.
A seguito di tali episodi è stato convocato un consiglio comunale aperto.
La situazione generale del comune di Filandari è stata esaminata nel corso di diverse sedute di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, nel corso delle quali è stata disposta l'intensificazione dei servizi di controllo del territorio, con l'intervento anche del reparto di prevenzione criminale di Siderno e di Rosarno e l'inoltro al comando regionale dei carabinieri della richiesta di un ampliamento dell'organico del presidio dei carabinieri di Filandari, così come espressamente richiesto da quella amministrazione comunale con specifico atto deliberativo.
Alla riunione di coordinamento hanno anche presenziato il sindaco e l'assessore minacciato, unitamente ai quali è stato stabilito un incontro, poi tenutosi l'8 settembre 2010 presso il comune di Filandari, a cui hanno partecipato i vertici delle forze dell'ordine, il sindaco, l'amministrazione e i componenti del consiglio comunale.
Le iniziative assunte in prefettura sono state comunicate agli organi comunali con cui è stata concordata la presentazione di un apposito progetto, redatto unitamente ai vertici della locale Questura e del comando provinciale dei carabinieri, per la videosorveglianza delle zone ritenute più a rischio di quel centro urbano.
Il progetto è in fase di completamento e verrà presentato alla regione Calabria allorquando saranno pubblicati i relativi bandi a valere sui fondi europei di cui al piano operativo regionale (Por) Calabria 2007-2013. Dagli accertamenti esperiti dalla prefettura di Vibo Valentia presso i competenti uffici regionali, risulta che alla data del 3 marzo 2011 i bandi non risultavano ancora pubblicati.
Nel corso delle citate riunioni tecniche delle forze di polizia è stata, altresì, disposta l'adozione di specifiche misure di vigilanza a favore degli amministratori e dei consiglieri di maggioranza oggetto di minacce.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Filandari fa parte della provincia di Vibo Valentia, dove è imperante il potere delle locali cosche della 'ndrangheta e dove queste hanno mostrato di saper indirizzare anche il consenso elettorale verso quei candidati disposti a garantire affari e collusioni;
la cittadina di Filandari vedrà rinnovato il Civico Consiglio durante la tornata elettorale del 6 e 7 giugno 2009;
negli anni passati si sono susseguiti numerosi attentati e atti intimidatori nei confronti degli amministratori pubblici in carica ed anche verso il segretario cittadino del PD;
anche durante la fase di predisposizione delle liste per la prossima competizione elettorale sono stati perpetrati atti intimidatori nei confronti di possibili candidati, creando, di conseguenza, grandi preoccupazioni tra i cittadini tutti e ponendo le basi per una competizione elettorale che si paventa sicuramente poco serena e poco libera;
risulta, peraltro, che presso il Comune di Filandari risiedano noti pregiudicati, in atto agli arresti domiciliari, ma in grado di dettare ordini, anche di carattere elettorale -:
quali urgenti iniziative intenda attuare per far, sì che vengano garantite le dovute libertà di candidature ed elettorali e per far sì che durante la campagna elettorale venga assicurata la libertà e la sicurezza di tutti i candidati.
(4-02925)
Risposta. - Nel comune di Filandari, interessato alle consultazioni elettorali del giugno 2009, si sono verificati alcuni episodi criminali che hanno avuto a bersaglio amministratori e possibili candidati alle elezioni.
Gli episodi, accaduti anche in altri comuni della provincia di Vibo Valentia, non costituiscono una novità e sono sintomatici, da un lato, dell'interesse delle cosche e della locale delinquenza verso la gestione degli enti locali e, dall'altro, del grado di compromissione degli enti stessi, la cui attività, peraltro, è costantemente monitorata dalla prefettura e dalle forze dell'ordine.
Al fine di dare al fenomeno una risposta complessiva da parte delle Istituzioni, anche in vista della successiva tornata elettorale, in data 6 maggio 2009 si è tenuta presso la sede della prefettura di Vibo Valentia una riunione tecnica di coordinamento delle forze dell'ordine alla quale ha partecipato anche il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia.
In quella sede è stata compiuta un'approfondita analisi dello stato dell'ordine pubblico, al fine di salvaguardare il regolare svolgimento della campagna elettorale ed evitare condizionamenti nella scelta delle candidature.
L'attenzione si è concentrata, in particolare, sugli episodi di intimidazione nei confronti di amministratori locali. È stato disposto un potenziamento del controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, soprattutto in quei comuni che hanno visto il succedersi di episodi di violenza ai danni di sedi di partiti o movimenti politici ovvero atti di intimidazione contro amministratori locali e candidati alle elezioni amministrative.
Una particolare attenzione è stata dedicata al comune di Filandari dove sembra esistere una situazione di rilevante condizionamento dovuto alla presenza di un pregiudicato, appartenente al clan «Soriano», agli arresti domiciliari, ma con facoltà di uscire per quattro ore al giorno dal proprio domicilio per «motivi di salute», che, con lettera indirizzata a varie sedi istituzionali, ha parlato del sostegno che avrebbe dato nella precedente campagna elettorale al Sindaco uscente, Domenico Talotta.
Costui, attraverso i media, ha opposto una secca smentita, lamentando anche il pesante clima di intimidazione incombente sul comune.
Il successivo 19 maggio 2009, poi, si è tenuta, sempre presso la prefettura di Vibo Valentia, un'ulteriore riunione, con la presenza oltre che del procuratore della Repubblica, anche del procuratore distrettuale antimafia.
Nel corso della riunione è stata riaffrontata, tra l'altro, la situazione dell'ordine pubblico nella provincia, in considerazione di un ulteriore atto intimidatorio perpetrato il precedente 13 maggio 2009 ai danni di un candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Filandari.
In quella sede è stato confermato l'impegno delle Forze dell'ordine ad intensificare ulteriormente l'attività investigativa e di vigilanza nel comune di Filandari mentre
il procuratore della Repubblica ha assicurato il massimo impulso all'attività di indagine.
Nel corso della stessa riunione, inoltre, sono state esaminate tutte le possibili iniziative volte a contrastare tentativi di condizionamento della campagna elettorale da parte della criminalità organizzata.
Dopo le scorse consultazioni elettorali, l'interesse delle cosche operanti sul territorio si è poi indirizzato sugli amministratori neo eletti.
Nel mese di agosto 2010, infatti, ai neo eletti amministratori comunali sono pervenute lettere intimidatorie, contenenti frasi minacciose e cartucce, inviate all'indirizzo del sindaco, di un assessore di maggioranza senza delega e di un consigliere di maggioranza.
A seguito di tali episodi è stato convocato un consiglio comunale aperto.
La situazione generale del comune di Filandari è stata esaminata nel corso di diverse sedute di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, nel corso delle quali è stata disposta l'intensificazione dei servizi di controllo del territorio, con l'intervento anche del reparto di prevenzione criminale di Siderno e di Rosarno e l'inoltro al comando regionale dei carabinieri della richiesta di un ampliamento dell'organico del presidio dei carabinieri di Filandari, così come espressamente richiesto da quella amministrazione comunale con specifico atto deliberativo.
Alla riunione di coordinamento hanno anche presenziato il Sindaco e l'assessore minacciato, unitamente ai quali è stato stabilito un incontro, poi tenutosi l'8 settembre 2010 presso il comune di Filandari, a cui hanno partecipato i vertici delle forze dell'ordine, il sindaco, l'amministrazione e i componenti del consiglio comunale.
Le iniziative assunte in prefettura sono state comunicate agli organi comunali con cui è stata concordata la presentazione di un apposito progetto, redatto unitamente ai vertici della locale questura e del comando provinciale dei carabinieri, per la videosorveglianza delle zone ritenute più a rischio di quel centro urbano.
Il progetto è in fase di completamento e verrà presentato alla regione Calabria allorquando saranno pubblicati i relativi bandi a valere sui fondi europei di cui al piano operativo regionale (Por) Calabria 2007-2013. Dagli accertamenti esperiti dalla prefettura di Vibo Valentia presso i competenti uffici regionali, risulta che alla data del 3 marzo 2010 i bandi non risultavano ancora pubblicati.
Nel corso delle citate riunioni tecniche delle forze di polizia è stata, altresì, disposta l'adozione di specifiche misure di vigilanza a favore degli amministratori e dei consiglieri di maggioranza oggetto di minacce.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria è stato preceduto da costanti richiami alla necessità sia di far rispettare a tutti i candidati il codice etico, approvato all'unanimità dalla Commissione parlamentare antimafia, sia di non avvalersi dei voti della 'ndrangheta, sempre pronta a dirigere il proprio consenso per ottenere poi «favori» in cambio;
per tutti i candidati, eletti e non, la Commissione parlamentare antimafia, dopo aver acquisito le notizie necessarie, farà adeguate valutazioni;
nei giorni scorsi la stampa regionale calabrese ha riferito dei suffragi elettorali che la nota famiglia Tegano della 'ndrangheta reggina avrebbe riservato sul candidato della lista Federazione di Sinistra nella circoscrizione di Reggio Calabria e provincia, Nino De Gaetano, consigliere regionale uscente e rieletto con 8.765 preferenze, delle quali ben 4.820 voti ottenuti nella sola città di Reggio, quadruplicando addirittura le preferenze rispetto alla precedente tornata elettorale;
a fare campagna elettorale per De Gaetano sarebbero stati in prima persona
Bruno Tegano e la di lui moglie, donna che alcune settimane fa, davanti alla questura, all'arresto del boss Giovanni Tegano (latitante da 17 anni e cognato della donna), ha urlato, vedendo uscire il boss in manette: «è un uomo di pace»;
sempre secondo fonti giornalistiche il consigliere Nino De Gaetano, che alla scorsa legislatura regionale calabrese ha anche avuto l'incarico di presidente della commissione regionale antimafia, oltre che dalla famiglia Tegano sarebbe stato elettoralmente aiutato anche da altre cosche della 'ndrangheta reggina;
la notizia dei voti mafiosi elargiti al consigliere regionale sembra sia nata dalla divulgazione di una lettera anonima che era stata sottovalutata dall'interrogante, ritenendo che il suo contenuto potesse rappresentare solo la volontà di offuscare l'immagine di un consigliere rieletto;
l'allarme e la preoccupazione che, però, sulla notizia ha pervaso Rifondazione Comunista calabrese e lo stesso segretario nazionale, Paolo Ferraro, il quale si è affrettato a recarsi presso il procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno imposto all'interrogante di chiedere, con il presente atto di sindacato ispettivo, l'intervento dei Ministri interrogati;
gli uomini e le donne delle varie consorterie mafiose votano e fanno votare, così come sicuramente è avvenuto per l'ultima competizione regionale in Calabria, indirizzando il loro consenso anche su altri candidati del territorio regionale -:
se, per le parti di competenza, non ritengono necessario ed urgente accertare se siano state avviate indagini sulle elezioni regionali svoltesi in Calabria nell'ultima tornata, da parte della Direzione distrettuale antimafia di quella regione;
se il Ministro dell'interno non ritenga necessario ed urgente avviare un adeguato monitoraggio sulle candidature e sullo svolgimento delle elezioni regionali in Calabria;
se no ritengano necessario ed urgente assumere iniziative normative che, oltrepassando il vigente articolo 416-ter del codice di procedura penale, possono individuare e colpire il «voto di scambio».
(4-07356)
Risposta. - In occasione delle elezioni regionali in Calabria del 28 e 29 marzo 2010, nella provincia di Reggio Calabria sono state ammesse 16 liste con 173 candidati, di cui 14 risultati eletti.
Su questi ultimi, il prefetto di Catanzaro, competente al riguardo, ha disposto accertamenti al fine di verificare l'eventuale esistenza di cause di incandidabilità, previste dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55. La verifica, effettuata dalle forze di polizia, è stata negativa.
Per quanto riguarda la notizia riportata dalla stampa relativamente all'elezione del consigliere Nino De Gaetano, si rappresenta che, nel mese di maggio 2010, è pervenuto alla prefettura di Reggio Calabria uno scritto anonimo nel quale si riconduceva la significativa affermazione elettorale dello stesso al sostegno della criminalità organizzata. L'esposto è stato trasmesso alle forze di polizia che, nel settembre 2010, hanno riferito l'esito degli accertamenti ai magistrati inquirenti.
Sulla vicenda sono attualmente in corso indagini preliminari, coperte dal segreto investigativo, per verificare la sussistenza di ipotesi di reato in relazioni a condotte poste in essere in occasione delle elezioni regionali del 27 e 28 marzo 2010.
In ordine alla modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, volta ad introdurre la repressione del cosiddetto «voto di scambio», il Ministero della giustizia ha comunicato che, allo stato, non sono allo studio interventi normativi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
LEOLUCA ORLANDO e DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che martedì 5 aprile 2011 il Ministro interrogato si sia recato a Milano con un aereo P180 dell'Arma dei carabinieri proveniente da Roma, atterrato alle ore 18,30 circa, e sia poi ripartito alla volta della capitale intorno alle 23 con un aereo dell'Aeronautica militare, con l'identificativo MM62210;
nello spazio temporale tra arrivo e partenza era in programma la partita Inter contro Shalke04, alla quale il ministro risulta aver assistito;
risulta ancora che anche nel maggio 2009 il Ministro interrogato si sia recato, a bordo di Boeing 737 dell'Aeronautica militare all'aeroporto Baccarini di Grosseto per partecipare a un incontro elettorale a sostegno di un candidato del Pdl locale; vi sono stati nel passato analoghi precedenti di utilizzo di voli di Stato per trasferte private: nel settembre 2007, l'allora ministro della giustizia, Clemente Mastella, che si recò a Monza per il gran premio automobilistico, fu attaccato, anche e soprattutto dal centrodestra, per questo abuso; analogamente, anche il Presidente del Consiglio è stato al centro di un'indagine, poi archiviata, su alcuni viaggi con voli di Stato effettuati nel maggio-giugno del 2008 verso la sua residenza in Sardegna in compagnia di vari ospiti, non propriamente di carattere istituzionale;
in risposta a un'interrogazione a risposta scritta sui costi effettivi dei voli di Stato, lo scorso anno il Ministro per i rapporti con il Parlamento aveva comunicato che erano stati stanziati 36,8 milioni di euro (negli anni precedenti la cifra era pari a circa 28 milioni di euro); la direttiva sui voli di Stato, voluta proprio dall'attuale presidente del Consiglio nel luglio 2008, ha stabilito che per autorizzare i voli devono sussistere «comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali» e che non possono essere «disponibili voli di linea né altre modalità di trasporto compatibili con l'efficace svolgimento di dette funzioni»;
a fronte dell'ennesimo utilizzo inappropriato di un volo di Stato, è stata fornita un'ulteriore deroga all'utilizzo di tali aerei per «ragioni di sicurezza», come ha dichiarato lo stesso ministro interrogato, già precedentemente esplicitato sempre dal Ministro per i rapporti del Parlamento nel corso di un question time del luglio 2009, alla stregua del modello seguito per l'attribuzione delle scorte -:
quali siano state le reali «ragioni di sicurezza» che hanno indotto all'utilizzo del volo di Stato di cui alla premessa;
se non ritenga il Governo di voler codificare con maggior precisione le ragioni per le quali si possono utilizzare i voli di Stato i cui costi sono lievitati considerevolmente nel corso dell'attività dell'esecutivo attualmente in carica.
(4-11574)
Risposta. - Ringrazio gli interroganti perché con il presente atto mi danno l'opportunità di mantenere fede all'impegno che ho assunto di fornire tutti gli elementi d'informazione e di dettaglio, indispensabili per chiarire le ragioni e le circostanze del volo di Stato di cui ho usufruito il 5 aprile 2011 evitando interpretazioni fuorvianti dell'intera vicenda.
Desidero fornire una risposta motivata, dettagliata e trasparente per argomentare i motivi di sicurezza - che avevo, per ovvie ragioni, solo succintamente anticipato agli organi di stampa - che m'impongono, anche contro il mio volere, di non usare voli di linea, ma solo quelli della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi della disciplina vigente.
In tale ottica, faccio osservare che i competenti organi della Presidenza del Consiglio hanno, a suo tempo, stabilito che il sottoscritto si debba avvalere di voli di Stato per tutti i trasferimenti sul territorio nazionale e all'estero.
Il provvedimento è stato adottato in esito all'innalzamento, da parte degli organi
di sicurezza preposti, del livello di sicurezza per la mia incolumità a fronte di minaccia di natura criminale nei miei confronti.
La necessità di mantenere tale livello di sicurezza è stata poi confermata il successivo 29 marzo 2011, anche in relazione all'evoluzione della situazione internazionale e alle crisi in atto nei Paesi del nord Africa.
La conseguenza è stata una sorta di «divieto» a utilizzare i voli di linea salvo costringere me ad un plus di controlli e a far imbarcare, a spese dello Stato, sia l'intera squadra di scorta che lo staff eventualmente presente.
Tale situazione ha comportato in numerosissime occasioni la rinuncia a partecipare a impegni personali o familiari in varie parti d'Italia, pur di non richiedere, come peraltro avrei potuto lecitamente fare stante la disposizione appena ricordata, voli di Stato a ciò specificatamente destinati.
Entrando più nel dettaglio di quanto è avvenuto il 5 aprile 2011 faccio rilevare che il volo Roma-Milano in questione costituisce la tratta di un volo più articolato - peraltro, programmato da qualche tempo - per l'effettuazione di una mia visita istituzionale al nostro contingente militare schierato a Herat in Afghanistan.
In particolare, il mio ufficio di gabinetto, in ottemperanza alla direttiva richiamata dagli interroganti, ha avanzato formale richiesta alla Presidenza del Consiglio, in data 31 marzo 2011, ai fini del rilascio dell'autorizzazione per l'impiego di un velivolo nei giorni 3-5 aprile 2011.
Nella richiesta di autorizzazione sono stati indicati, nel dettaglio, sia la pianificazione delle diverse tratte dei voli di andata e ritorno (specificamente Ciampino-Milano Linate, Milano Linate-Herat, Herat-Abu Dhabi, Abu Dhabi-Milano Linate, Milano Linate-Roma Ciampino) sia i nominativi del personale da trasferire per ogni singola tratta.
Il velivolo messo a disposizione dalla Presidenza del Consiglio è partito da Ciampino alle ore 22.00 del 3 aprile 2011, alla volta di Milano Linate, ove mi sono imbarcato, ed è ripartito nella medesima giornata alle ore 24.00 per Herat, dove è atterrato alle 09.00 locali.
Il giorno 4 aprile 2011 l'aereo è partito alle ore 14.30 locali coprendo la tratta Herat-Abu Dhabi, dove è arrivato poco dopo le 18.00 locali, appena in tempo per il previsto incontro con il Ministro degli esteri emiratino.
L'indomani mattina, pur con un'inevitabile stanchezza, in relazione alla sopraggiunta esigenza di partecipare ai lavori previsti il giorno stesso presso l'Assemblea della Camera dei deputati, è stato necessario modificare la pianificazione iniziale del volo, prevedendo la partenza da Abu Dhabi non più alle 12.30 ma alle 09.40 locali, con scalo non più a Milano ma a Roma-Ciampino.
Solo al termine di tale mio impegno parlamentare, mi è stato, quindi, possibile concludere il volo in questione, che ab origine prevedeva già per il sottoscritto la destinazione finale di Milano, dove risiede la mia famiglia.
Il mio programma prevedeva, sin dall'inizio, il mio rientro a Roma nella giornata successiva al ritorno dall'Afghanistan con un volo al mattino del giorno 6 aprile 2011.
Tuttavia, arrivato a Milano-Linate e avuto conferma che nella tarda serata era previsto un volo, già autorizzato dalla Presidenza del Consiglio, che faceva ritorno a Roma dopo aver trasportato un altro componente del Governo a Milano, ho optato per rientrare in anticipo a Roma utilizzando tale volo.
Quanto precede anche e soprattutto nell'ottica di un opportuno risparmio di risorse, evitando il ricorso a un ulteriore volo nella mattinata successiva che oltre tutto avrei dovuto anticipare di orario per votazioni in Aula originariamente non previste.
Per quanto riguarda, invece, i richiami degli interroganti a «precedenti di utilizzo di voli di Stato» da parte di altre cariche istituzionali per presunte «trasferte private» non spetta a questo Ministero dare risposte; tuttavia, in base agli elementi d'informazione messi a disposizione dalla competente Presidenza del Consiglio, risulta che gli accertamenti disposti sia dalla magistratura
ordinaria, sia da quella contabile hanno effettivamente escluso la sussistenza di responsabilità sia penali, sia amministrative, per i voli effettuati dal Capo del Governo o da Ministri nelle circostanze citate.
In particolare, le motivazioni della richiesta di archiviazione da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, evidenziano sia l'assenza di aggravio patrimoniale apprezzabile a carico della collettività, sia di danno alla funzionalità della pubblica amministrazione, conformemente ad una consolidata linea giurisprudenziale.
La medesima Presidenza fa rilevare, così come evidenziato in sede di risposta a un'analoga interrogazione parlamentare (n. 4-06413 dell'onorevole Zamparutti), che la somma di 36,8 milioni resa inizialmente disponibile nel 2010, a differenza da quanto viene affermato dagli interroganti, era destinata per 31,3 milioni all'acquisto dei nuovi elicotteri (si ricorderà che quelli attualmente in linea sfiorano ormai i 40 anni di servizio), mentre solo 5.5 milioni andavano alle spese di esercizio della flotta.
Infine, in riferimento all'ultimo quesito, la procedura di autorizzazione di voli, conformemente allo spirito della direttiva in materia, valuta globalmente le esigenze di trasporto per l'efficace svolgimento delle funzioni ministeriali, compresi i tempi di trasferimento, la certezza degli orari degli impegni istituzionali e la sicurezza e, pertanto, appare coerente con le esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
MARIO PEPE (IR). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5 comma 2, lettera b), della legge n. 120 del 29 luglio 2010 di modifica del codice della strada, prevede la presenza in ambito autostradale di cartelli indicanti servizi di interesse pubblico ritenuti particolarmente utili all'utenza autostradale, presenti sia all'interno della rete autostradale, sia all'esterno, nelle immediate vicinanze della stessa e a tal fine la legge prevede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale attuativo -:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto stesso.
(4-11034)
MARIO PEPE (IR). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in Italia il sistema autostradale costituisce la principale scelta di percorrenza turistica e molte zone vengono attraversate senza che il turista ne abbia adeguata conoscenza;
è molto sentita la necessità di promozione del territorio attraverso cartelli indicanti in ambito autostradale siti di interesse turistico e culturale, con immagini relative a luoghi, paesaggi, monumenti, personaggi storici, avvenimenti culturali e turistici ovvero a produzioni tipiche, riferiti a regioni, province, comuni e zone territoriali di riconosciuta rilevanza turistica-economica-culturale;
l'articolo 5 comma 2, lettera b) della legge n. 120 del 29 luglio 2010 di modifica del codice della strada, consente in ambito autostradale i cartelli di valorizzazione e promozione del territorio indicanti siti d'interesse turistico e culturale e a tal fine la legge prevede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale attuativo -:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto stesso.
(4-11036)
Risposta. - In riferimento alle interrogazioni in esame si pone in evidenza come l'articolo 5, comma 2, lettera b), della legge n. 120 del 29 luglio 2010, pur prevedendo l'emanazione di un decreto ministeriale attuativo, che stabilisca i limiti e le condizioni per l'individuazione e l'installazione dei cartelli di valorizzazione e promozione del territorio indicanti tanto i siti di interesse turistico e culturale quanto i servizi di pubblico interesse, non esprime nessuna
tempistica in merito all'emanazione del provvedimento stesso.
Per la redazione del suddetto decreto è stata già predisposta la nomina di un gruppo di lavoro in cui è assicurata la presenza degli enti pubblici interessati oltre a rappresentanze del mondo imprenditoriale nel campo della pubblicità, parimenti coinvolti.
Preme infine sottolineare come, in attesa dell'emanazione del decreto in parola, non sia possibile l'autorizzazione all'installazione della cartellonistica di che trattasi e, quindi, la verifica di eventuali inadempienze da parte degli enti proprietari delle strade.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la normativa in vigore prevede che vengano posti cartelli segnaletici che avvertono l'automobilista circa la possibilità che possano essere messi in funzione autovelox o altri meccanismi per verificare la velocità del veicolo;
tale previsione normativa è stata recentemente rafforzata con una circolare del ministero dell'interno tesa ad evitare pattuglie «nascoste»;
alcuni proprietari di strade hanno posto cartelli di «avvertimento» lungo tutto l'asse viario, eludendo in tal modo la volontà di informare preventivamente il conducente dell'effettuazione di controlli (si vedano, ad esempio, i cartelli sulla strada statale 336 «Malpensa-Boffalora») -:
se e come il ministero intenda intervenire al fine di assicurare la corretta applicazione di quanto disposto con la circolare citata in premessa in modo che siano «pre-segnalati» i soli controlli effettivamente in corso.
(4-04248)
Risposta. - Il Ministero dell'interno segue con particolare attenzione il problema dell'incidentalità stradale, che, nonostante una recente lieve flessione, mantiene livelli di mortalità molto elevati, dovuti, in buona parte, all'eccessiva velocità.
Per contrastare il fenomeno - il cui contenimento rientra, tra l'altro, nei programmi prioritari dell'Unione europea - vengono apprestati strumenti normativi ed operativi tali da consentire, da un lato, un'efficace azione preventiva e repressiva, scongiurando, dall'altro, il pericolo di un uso distorto del potere sanzionatorio, che non può costituire un improprio strumento per reperire risorse finanziarie da immettere nei bilanci degli enti pubblici.
Le strategie adottate negli ultimi anni hanno tenuto conto anche delle esigenze di razionalizzare l'utilizzo delle risorse umane disponibili, attraverso il ricorso a moderne tecnologie di controllo a distanza, adeguate a rilevare talune infrazioni particolarmente frequenti e pericolose per gli utenti della strada.
L'obiettivo, peraltro, va perseguito nel rispetto delle esigenze di tutela della riservatezza personale e del diritto di difesa delle persone sanzionate e tenendo presente che l'impiego di dette tecnologie - anche in alternativa alla contestazione immediata al trasgressore - deve essere sempre in stretta correlazione con l'effettiva finalità di contrasto del fenomeno infortunistico.
A tale proposito il Ministro dell'interno ha diramato, il 14 agosto 2009, una direttiva ai prefetti e agli organi di polizia stradale affinché gli strumenti di controllo della velocità siano utilizzati in modo efficace, garantendo il diritto di informazione degli utenti.
In particolare, la direttiva affida ai prefetti il compito di monitorare il fenomeno dell'eccesso di velocità e di pianificare le attività di controllo avvalendosi del contributo delle conferenze provinciali permanenti, in cui sono rappresentati tutti i soggetti pubblici interessati alla materia e nel cui ambito è prevista la costituzione di un apposito osservatorio.
La pianificazione, che consiste anche nella distribuzione dei servizi di controllo tra le diverse forze di polizia, consente di individuare i punti critici per la circolazione
in cui è maggiore il numero - riferito al biennio precedente - degli incidenti stradali. Solo su tali tratti di strada saranno effettuati servizi di controllo con dispositivo di rilevamento della velocità.
Grazie al coordinamento territoriale, si evita la contemporanea effettuazione di più rilevamenti sul medesimo tratto di strada ed ottimizzare le risorse disponibili per individuare e punire le condotte più pericolose.
Alla specialità polizia stradale della Polizia di Stato è stato affidato il coordinamento operativo dei servizi, con il compito di monitorare i risultati dell'attività di controllo.
La direttiva, inoltre, incarica i Prefetti di effettuare la ricognizione e l'eventuale revisione dell'elenco dei tratti di strada in cui è consentito l'impiego di sistemi di controllo da remoto delle violazioni, senza la presenza di un operatore di polizia.
Unitamente alla direttiva, a tutte le forze di polizia ed alle Polizie locali è stato trasmesso un protocollo operativo che detta le disposizioni di dettaglio a cui dovranno attenersi tutti coloro che impiegano i dispositivi di controllo della velocità.
Il protocollo - che abroga tutte le disposizioni contenute in precedenti circolari in materia, contrastanti con quanto in esso contenuto - rappresenta uno strumento di sintesi, nato dall'esigenza di fare chiarezza su molti aspetti, che in passato sono stati oggetto di questioni interpretative.
Il protocollo operativo chiarisce che la gestione delle apparecchiature è riservata esclusivamente agli operatori di polizia, impedendo, in ogni modo, il ricorso all'appalto dei servizi a società private, peraltro, previsto nei commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 201 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada) recentemente riformato.
Il controllo della velocità costituisce, infatti, un «servizio di polizia» che non può essere delegato ad imprese che noleggiano gli strumenti di controllo. È consentita, pertanto, soltanto la locazione dell'apparecchio che, tuttavia, deve essere utilizzato, anche in tutte le operazioni successive all'accertamento, direttamente dagli operatori di polizia.
Infine - a riprova della finalità preventiva del controllo elettronico - è previsto che ogni postazione di controllo, sia fissa che mobile, debba essere preventivamente segnalata, ad adeguata distanza, con strumenti idonei.
Quanto al caso specifico segnalato dall'interrogante, lungo la strada statale 336 è presente regolare segnaletica di preavviso delle postazioni di controllo di velocità, effettuate con postazioni mobili e gestite da personale della polizia di Stato, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente in materia di distanza minima e massima delle postazioni dei cartelli di preavviso di controllo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sul sito web delle Ferrovie dello Stato risultano mancare, a partire dal 12 dicembre 2010, data di introduzione dei nuovi orari, molte delle corse in partenza da Trieste verso le maggiori città italiane, in diversi casi con un rilevante aumento delle tariffe sui collegamenti mantenuti;
nello specifico, in luogo delle attuali trentatré corse giornaliere per Venezia Mestre, ne partiranno appena cinque, solo sei su quattordici in direzione Roma, quattro su undici per Milano. Risultano inoltre soppressi i collegamenti diretti con Lecce (Intercity notte delle 19.46) e con Napoli (Intercity delle 7.04);
a proposito del treno per Napoli, oltre alla scomodità per il viaggiatore di dover affrontare uno o più cambi (a Bologna alle ore 11.14 oppure a Mestre alle 8.55 e a Roma alle 13.13), si verificherebbe anche un ingiustificato ed eccessivo aumento delle tariffe: dagli attuali 62 euro
per la seconda classe a 103,50 euro via Bologna o addirittura 129 euro via Mestre e Roma;
aumenti sulle tariffe nell'ordine dell'8 per cento circa sono previsti sulle tratte per Milano e del 16-17 per cento su quelle per Roma -:
se il Ministro ritenga opportune le modifiche agli orari proposte da Trenitalia SpA e intenda eventualmente agire, nell'ambito delle sue prerogative, per il ripristino di parte delle corse cancellate da Trieste in direzione Venezia Mestre, Roma e Milano, così da evitare il più possibile disagi ai passeggeri e scongiurare l'isolamento del capoluogo giuliano e del Triveneto dal resto del Paese;
se le decisioni di cui in premessa siano o meno in contraddizione con la politica di incentivo del trasporto su rotaia, e se contrastino con gli interessi nazionali di collegamento con l'Europa centro-orientale e balcanica.
(4-09825)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, riguardante l'offerta ferroviaria di media/lunga percorrenza interessante la stazione di Trieste, si forniscono i seguenti elementi di risposta forniti da Ferrovie dello Stato s.p.a.
Con l'orario in vigore a partire dal 12 dicembre 2010 l'offerta ferroviaria di media/lunga percorrenza da/per Trieste risulta così articolata:
3 coppie di Eurostar city Milano-Trieste e viceversa;
1 coppia di Intercity giorno Roma-Trieste e viceversa;
1 coppia di Intercity notte Lecce-Trieste e viceversa;
1 coppia di Intercity notte Napoli-Trieste e viceversa.
L'unica modifica apportata all'offerta precedentemente in vigore, consiste nella trasformazione del treno Intercity 584 Trieste-Napoli in Trieste-Roma.
Tale variazione ha consentito di rendere omogenea l'offerta diurna tra Trieste e Roma; il collegamento corrispondente in senso inverso, sud-nord, era già in precedenza attestato a Roma e non a Napoli. Tale rimodulazione è stata adottata anche in considerazione degli scarsi indici di frequentazione riscontrati tra Trieste e Napoli. Infatti sul collegamento di cui trattasi i dati rilevati evidenziano circa 5 passeggeri in media al giorno.
Inoltre, i viaggiatori che vogliono raggiungere Napoli usufruendo comunque del treno Intercity 584 Trieste-Roma in partenza alle ore 7.04, possono proseguire il viaggio verso il capoluogo campano utilizzando, da Roma, l'Intercity 707, in partenza dalla Capitale alle ore 15.39 ed in arrivo a Napoli alle 17.44. Tale viaggio ha tempi di percorrenza analoghi a quelli del precedente collegamento diretto Intercity Trieste-Napoli.
Peraltro, quest'ultima soluzione consente di effettuare il viaggio tra Trieste e Napoli ad un prezzo economicamente vantaggioso, sensibilmente inferiore a quello delle combinazioni, certamente più veloci, che prevedono la maggior parte del percorso con treni Alta velocità.
In riferimento invece ai collegamenti giornalieri tra Trieste e Mestre, si fa osservare che la programmazione dell'offerta ferroviaria di detti servizi regionali e la determinazione delle relative tariffe competono alle singole regioni i cui rapporti con Trenitalia sono regolati da appositi contratti servizio.
Nello specifico, relativamente alla relazione Trieste-Venezia Mestre e viceversa, Ferrovie dello Stato fa sapere che circolano attualmente, in un giorno feriale medio, oltre 50 treni del servizio regionale.
Da ultimo si informa che in data 3 marzo 2011 la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto, di questo Dicastero, recante la definizione dei compiti, delle funzioni e della composizione dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale (articolo 1, comma 300 della legge 244 del 2007). L'attivazione del suddetto Osservatorio consentirà di verificare eventuali
criticità a livello nazionale comunicandole agli enti territoriali competenti affinché adottino tutti i necessari provvedimenti per ovviarle.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il giorno 16 settembre 2010 sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno - Puglia - è stato pubblicato un articolo dal titolo «Cacciato dall'Aeronautica vinse ricorso al Tar. Scrive a Napolitano: mi aiuti»;
nell'articolo l'autore si rivolge chiaramente alle istituzioni affinché queste possano offrire una soluzione alla vicenda che sembra protrarsi sin dal 1985, a seguito della mancata esecuzione di una sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia, 6 giugno 1985, nr. 1113 -:
se siano a conoscenza dei fatti descritti nell'articolo di cui in premessa ed eventualmente quali siano state le ragioni che hanno impedito all'amministrazione militare di dare completa esecuzione alla sentenza in questione;
quali iniziative intenda assumere il Ministro della difesa per ristorare il grave danno eventualmente subito dal signor Gianvito Cristofaro e quali conseguenti provvedimenti intenda avviare nei confronti di coloro che, con un comportamento, ad avviso degli interroganti, innegabilmente omissivo, hanno disatteso l'ordine impartito dal giudice.
(4-08653)
Risposta. - Si evidenzia preliminarmente che, per il quadro di avanzamento riferito all'anno 1983, sono stati giudicati non idonei al grado di sergente maggiore e, pertanto, prosciolti dalla ferma, ai sensi dell'articolo 30 della legge n. 447 del 1964, ben undici (11) sergenti, tra i quali il signor Cristofaro Gianvito.
Quest'ultimo, arruolatosi nell'anno 1977 in qualità di allievo sottufficiale dell'Aeronautica militare e conseguito il grado di sergente nel 1980, è stato sottoposto a scrutinio valutativo per l'avanzamento al grado di sergente maggiore (che ai tempi comportava il transito nel servizio permanente) per l'anno 1983.
L'interessato è stato quindi giudicato, dalla competente commissione di avanzamento sottufficiali, «non idoneo all'avanzamento», con conseguente declaratoria di cessazione dal servizio.
Il Cristofaro, avverso il provvedimento di non idoneità adottato dall'amministrazione militare, ha proposto ricorso al Tar Lombardia che, con sentenza n. 1113 del 1985, lo ha accolto, annullando l'atto impugnato, ma salvaguardando gli ulteriori provvedimenti, adottabili dalla stessa amministrazione.
Ciò posto, in esecuzione di tale sentenza, la competente commissione, con ampia motivazione, ha rinnovato in data 4 luglio 1986 lo scrutinio valutativo, esprimendo nuovamente giudizio di «non idoneità all'avanzamento» nei confronti dell'interessato, in seguito confermato dal decreto ministeriale del 25 agosto 1986.
Di entrambi i citati provvedimenti è stata data comunicazione con nota del 25 agosto 1986, sottoscritta dall'interessato, per presa visione, il 26 agosto successivo.
Avverso il rinnovato giudizio di non idoneità ed il conseguente congedamento, il Cristofaro ha proposto nuovamente ricorso giurisdizionale al Tar per la Lombardia, con richiesta di sospensiva.
Il suddetto Tar, respinta l'istanza cautelare con ordinanza del 19 novembre 1986, ha successivamente rigettato nel merito il ricorso, con sentenza n. 702 del 30 maggio 1998, mai appellata.
Sulla base di quanto sopra esposto, non si ravvedono profili di illegittimità nell'operato dell'amministrazione che ha correttamente agito sia in relazione ai dettami della normativa che alla richiamata decisione del giudice amministrativo, addivenendo, solo in seguito ad una nuova valutazione, ad un
provvedimento di collocamento in congedo dell'interessato, ormai definitivo.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie stampa, i Nas di Brescia pedinando i camion diretti nel comprensorio bresciano, avrebbero scoperto un traffico di rifiuti illeciti lungo l'asse Lombardia-Campania;
emergerebbe un sistema orchestrato dagli autotrasportatori della Ve.Ca sud autotrasportatori srl di Maddaloni, in provincia di Caserta, incaricata dall'ex commissario di Governo per l'emergenza rifiuti campana alla mobilitazione delle scorie da incenerimento in base al quale venivano fatti viaggi di andata, già pagati con soldi statali, per il trasporto regolare di rifiuti speciali, provenienti dall'inceneritore A2A spa di Acerra destinati all'impianto di smaltimento e deposito di sostanze pericolose, tossiche e nocive gestito dalla Systema ambiente srl di Brescia (già Ecoservizi spa) e viaggi di ritorno, da nord a sud, con più di 80 quintali di mais con destinazione ultima gli allevamenti della Campania e del meridione rivenduti poi a prezzi concorrenziali. Il tutto all'oscuro della Systema ambiente srl e delle imprese che commercializzavano i mangimi;
una volta scaricati i rifiuti tossici, gli indagati provvedevano alla sostituzione della relativa segnaletica dello spostamento su gommato di merce pericolosa, ad un sommario lavaggio delle cisterne presso un impianto di Lonato e al nuovo carico di farina, mais e mangimi per bestiame da macello e mungitura, pronti a contaminare la catena alimentare;
un rischio, dunque, per l'ambiente e la salute confermato dalle prime analisi effettuate nelle cisterne utilizzate: indi- scussa la presenza di scorie, ceneri, metalli pesanti e reflui di ogni genere;
nel frattempo, si tenta di individuare le strutture, principalmente campane - tra cui pastifici, caseifici e supermercati - a rischio mais contaminato -:
di quali dati dispongano in ordine a quanto esposto in premessa;
se intendano avviare, per quanto di competenza, un'ampia verifica al fine di tutelare la salute pubblica e l'ambiente e quali iniziative intendano promuovere per evitare il ripetersi di casi analoghi.
(4-08344)
Risposta. - La scoperta, da parte del comando carabinieri per la tutela della salute-Nas di un traffico di rifiuti illeciti da parte di autotrasportatori rappresenta un evento doloso che non può essere ricondotto negli ambiti del controllo sanitario da parte dei servizi veterinari, la cui attività di controllo nel campo dell'alimentazione animale è svolta sia con ispezioni presso gli operatori del settore dei mangimi, al fine di valutare i requisiti strutturali e documentali previsti dal Regolamento (CE) n. 183 del 2005, «sull'igiene dei mangimi», sia attraverso il prelievo di campioni, per valutare la presenza di sostanze vietate, o di sostanze chimiche il cui impiego è consentito entro determinati limiti e per determinate specie animali.
Le disposizioni per armonizzare l'organizzazione generale dei controlli a livello territoriale, nonché le procedure e le azioni da intraprendere in caso di non conformità, sono emanate dalla direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della salute, attraverso un piano nazionale di sorveglianza e di vigilanza sanitaria sull'alimentazione degli animali (PNAA) il cui obiettivo fondamentale è, di assicurare, in conformità a quanto già stabilito dal regolamento (CE) n. 178 del 2002 e dal regolamento (CE) n. 682 del 2004, un sistema ufficiale di controllo dei mangimi lungo l'intera filiera alimentare, compreso il trasporto, al fine di garantire
un elevato livello di protezione della salute umana, animale e dell'ambiente.
In merito a quanto riportato nell'interrogazione in esame si precisa che la citata direzione generale ha provveduto a richiedere al comando carabinieri per la tutela della salute-Nas, informazioni ed elementi necessari, ovviamente non coperti dal segreto istruttorio, per rendere possibili i controlli presso i mangimifici coinvolti ed, eventualmente, anche per estendere tali controlli al trasporto dei mangimi.
In ogni caso, tenendo conto degli episodi accaduti, la medesima direzione generale ha già predisposto una nota indirizzata ai servizi veterinari regionali, al fine di accrescere i controlli sui trasportatori di mangimi.
In proposito, si comunica che il comando dei carabinieri per la tutela della salute, a cui è stato chiesto di fornire ulteriori dati utili ad indirizzare una più efficace attività di controllo da parte dei servizi veterinari territorialmente interessati, ha comunicato, con nota del 17 settembre 2010, (disponibile presso il Servizio Assemblea) i provvedimenti intrapresi, rappresentando, altresì, l'impossibilità di fornire nuovi elementi d'interesse in quanto sono ancora in corso indagini coperte dal segreto istruttorio.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su l'Unità il 14 gennaio 2011 risulta che secondo una rivelazione di Wikileaks che ha pubblicato un dispaccio scritto nel giugno del 2008 dal console generale Usa a Napoli, J. Patrick Truhn risulterebbe che in Campania la camorra farebbe affari anche con «importazioni a basso costo» che vanno «dalle mele cariche di pesticidi della Moldova al sale del Marocco infestato da E. coli», il temibile esterichia coli, con «etichette-made-in-Campania»;
nel file, il diplomatico cita le affermazioni di un «comandante dei carabinieri» di Napoli. Si parla anche dei panifici nelle mani della camorra dove si cucina il pane con materiali tossici e del fatto che secondo il diplomatico per 2/3 i panifici della regione sono in mano alla criminalità e cucinano il pane con materiali tossici. A Caserta - si legge nel dispaccio - «le fabbriche illegali che fanno mozzarella usano latte in polvere boliviano» -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo;
se non si ritenga di avviare un'ampia verifica sui prodotti alimentari campani.
(4-10427)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Le importazioni e la commercializzazione di prodotti alimentari, in forma clandestina, vengono effettuate da soggetti criminali affiliati a cosche mafiose o anche alla camorra.
Il contrasto di tali attività illecite rientra nelle competenze delle autorità di polizia, nonché dei carabinieri per la tutela della salute per gli eventuali aspetti sanitari.
I dati pubblicati da «Wikileaks» fanno riferimento ad un traffico clandestino di prodotti che vengono importati illegalmente e, come tali, al di fuori dei controlli svolti in frontiera dagli uffici periferici del Ministero della salute, posti di ispezione frontaliera-Pif ed uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera-Usmaf, e ancora prima dalle autorità doganali, o che vengono prodotti, lavorati o confezionati in stabilimenti non riconosciuti o registrati, sfuggendo al normale controllo delle Asl. Tuttavia, anche in questi casi, l'attività investigativa svolta dai carabinieri per la tutela della salute è finalizzata a contrastare tali fenomeni.
L'utilizzo di latte in polvere boliviano nella produzione di mozzarelle rientra in attività di frode alimentare che non riveste
carattere sanitario. Il nostro paese vieta l'utilizzo di latte in polvere per la produzione di prodotti caseari trasformati, per ragioni diverse da quelle sanitarie.
In relazione all'utilizzo di forni non autorizzati che impiegano legna non idonea ai fini alimentari, con possibile sviluppo di sostanze tossiche nella preparazione del pane in Campania, ma anche in altre regioni del Mezzogiorno, si assicura che tale problema è stato già segnalato alle autorità sanitarie delle regioni interessate ed ai carabinieri per la tutela della salute.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.